Beyond the limits.

di PiccolaNeko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 



Mi svegliai nel cuore della notte con la fronte imperlata di sudore. Automaticamente voltai lo sguardo verso lo specchio appeso alla parete: due occhi giallo oro riflettevano la mia figura ansante.
Gwendolyn, stai bene? La voce di Martha mi fece sobbalzare nuovamente.
"E' tutto okay" mormorai, incapace di riuscire a trasmettere il messaggio attraverso il legame che condividevamo.
Martha saltò sul letto con grazia ed i suoi occhi verdi mi calmarono all'istante. Strusciò il muso sulla mia mano, invitandomi ad accarezzarla. Sapevo che quel gesto avrebbe spento totalmente la mia paura.
Hai bisogno di nutrirti. Mi rimproverò con dolcezza. Siamo quasi ad una settimana.
Nonostante non volessi darle ragione apertamente, fui costretta ad annuire. La testa mi pulsava e la gola ardeva in cerca di sollievo.
Mi alzai lentamente e, una volta aver pigiato l'interruttore, la luce artificiale mi ferì gli occhi. Ringhiai di disappunto mentre mi avvicinavo alla scrivania.
Non ebbi tempo, però, di raggiungere il frigo-bar, che la porta della mia stanza si aprì di scatto, rivelando una leggiadra figura dai lunghi capelli biondi.
"Gwen..?" Eve esitò ad entrare, fissandomi impaurita. Cazzo, dovevo sembrare irriconoscibile.
"Cibo" sibilai, indicando debolmente l'elettrodomestico. Con passo svelto, Eve raggiunse la scrivania e prese una sacca, ma prima di darmela, tentennò nuovamente.
" Gwen, mangia più che puoi. Abbiamo una missione... okay?"
In quel momento non m'interessava. Avevo fame e lei era un ostacolo che mi teneva lontano il cibo. Sicuramente assunsi un'espressione incollerita, mentre un ringhio profondo mi scuoteva la gola, perché Eve mi lascio immediatamente la sacca tra le mani, prendendo un'opportuna distanza di sicurezza.
Le lanciai un ultimo sguardo.
Poi, i miei canini affondarono nel sangue.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I



"Mi hai fatto paura, prima."
Lanciai un'occhiataccia ad Eve,che immediatamente si zittì. Non amavo parlare delle condizioni in cui versavo quando mi costringevo a prolungate astinenze dal sangue.  Martha camminava ai miei piedi con la tipica eleganza di un gatto e silenziosamente mi dava il suo sostegno.
La sala delle riunioni era gremita di gente e dovetti dare un paio di spallate per poter raggiungere il tavolo dove sedevano i membri dell'Organizzazione. Gli occhi gialli di mio padre mi salutarono affettuosi, nonostante il suo viso serioso, e con un gesto della mano mi invitò ad accomodarmi. La discussione era già iniziata da un bel po' ed ebbi difficoltà a comprendere l'argomento.
"Gli umani non sono delle minacce per noi!" affermò qualcuno. "Non sanno che esistiamo, le loro sono semplicemente stupide supposizioni."
"Anche se fosse, dobbiamo verificare che la nostra razza sia davvero al sicuro."  Gregory sbatté un pugno sul tavolo, con lo sguardo di chi non voleva sentire ragioni.
Improvvisamente il silenzio si propagò nell'intera sala e gli occhi di tutti si spostarono su di me, come se qualcuno avesse inviato alle loro menti l'ordine di fissarmi.
Oh-oh, credo che tu sia nei guai mi suggerì Martha, prendendo posto sul mio ventre.
"Che volete?" sibilai. Mio padre scosse la testa e nascose il viso tra le mani; quel gesto mi rese inquieta e mi agitai sulla sedia.
"Gwendolyn, da quanto tempo non sei in contatto con gli umani?"
Il disagio che già provavo, aumentò.
"L'ultima volta è stata quattro anni fa, ma questo lo sapete" ribattei con cautela. Mi sentivo come un animale in gabbia, pronto per essere mangiato.
"E basta?" insistette.
"Sì" dissi seccata.
"Tu conosci le loro abitudini, vero? Per via di quel ragazzino che..."
"Non ho voglia di discutere di cose che ho già detto." ringhiai. Quella storia mi tormentava, ma avevo soltanto quattordici anni quando lo incontrai.  
Lui era un  cucciolo umano di un anno più grande di me. La prima volta che lo vidi, si era perso nei confini tra il loro ed il mio mondo: era sporco, ferito, infreddolito e debole. Non ebbi cuore di lasciarlo morire lì e mi mostrai a lui. Non ero solita stare in quel territorio, per il semplice fatto che non avevo mai pensato di andare oltre dei limiti che esistevano da sempre. In ogni caso, diventammo amici. Ed io mi innamorai, come una stupida.
Stupida perché cercò poi di penetrare nel nostro territorio con altre persone e a quel punto dovetti avvertire l'Organizzazione. Mi fecero pesare ogni istante di quei due anni e poi mi diedero il compito più orribile del mondo: dovevo ucciderlo.
In realtà, feci molto di più: gli cancellai la memoria. Tolsi dalla sua mente ogni mia immagine, ogni nostro incontro. E chiusi quella parte del mio cuore... ma non della mia vita. L'Organizzazione mi torturò per mesi, per cercare di capire quanto gli avevo raccontanto, se potevano ancora fidarsi di me. Molto probabilmente, se non fosse stato per mio padre, sarei finita a pezzi in mezzo un bel falò.
"Gwendolyn?" mi richiamò Gregory.
"Eh?" mi voltai verso di lui, ridestandomi dai miei pensieri. I suoi occhi gialli luccicarono pericolosamente e la mia gola si fece secca.
"Andrai nel mondo umano. Spierai quella razza riportando tutte le informazioni necessarie."
"Perché?" Gregory parve sorpreso della mia poca sottomissione al suo ordine. Probabilmente si aspettava un 'ma certo, mio signore'.
"Non è una richiesta" puntualizzò, infatti.
Martha si mosse a disagio sul mio grembo e attraverso il legame percepii anche una punta di paura. Con dolcezza le accarezzai il dorso, mentre i miei occhi non si staccavano dall'uomo.
"Ed io sto chiedendo perché devo mettere in pericolo la mia vita."
L'affermazione non parve piacere a nessuno, ed un brusio contrariato si levò dalla folla. Sentivo il disprezzo crescere intorno a me.
"Hai pure il coraggio di chiedere, piccola traditrice?!" ringhiò Gregory, mostrando i canini e mettendosi in posizione di attacco. Stavo per reagire alla provocazione, ma la mano di mio padre mi trattenne.
"Credo che non ci sia bisogno di litigare in questo modo, Greg." La sua voce persuasiva fece immediatamente rilassare Gregory. "Lei farà quello che deve..." si voltò verso di me "...senza chiedere."
Oltraggiata come non mai, mi liberai dalla sua stretta e con passo furioso ritornai in camera mia. Non solo avevo un'intera società di vampiri contro, ma anche mio padre sembrava acconsentire a questo folle piano. Mandare dei vampiri nel mondo umano... erano dei pazzi! Dei fottutissimi pazzi!
Credo che cammianare avanti e indietro non risolverà le cose, mi suggerì Martha.
Ma non capisci?! Io non posso entrare in contatto con loro... e se... mi interruppi. No, non dovevo pensare nulla del genere. Assolutamente.
I suoi occhioni verdi mi scrutarono comprensivi. Ma certo, lei sapeva. Sapeva sempre tutto.
Almeno non hai il problema occhi-gialli ridacchiò. Già. Strano ma vero, ero una dei pochi vampiri che era nata con un colore dell'iride diverso dall'oro. Erano verdi, di un verde chiaro e scuro allo stesso tempo, con delicate pagliuzze gialle.
Beh, non ho problemi fino a quando non inizio ad avere fame. Poi vai a spiegare agli umani che cambio il colore degli occhi quando necessito del sangue.
Martha non rispose, ma potei sentire chiaramente la sensazione che stesse sorridendo bonariamente.



* * *


"Preso tutto?" mio padre non si disturbò a bussare ed entrò nella mia stanza.
"Non è che abbia chissà che cosa." replicai, scuotendo il capo. "Mi dispiace solo dover lasciare Martha qui."
In realtà, non era totalmente vero. La sera precedente ci eravamo messe d'accordo che lei sarebbe rimasta alla base per poter tenere sotto controllo ogni decisione. Per la distanza non c'erano problemi: il nostro legame avrebbe funzionato anche se l'una o l'altra fosse stata dall'altra parte del mondo.
"Vuoi che insista per fartela portare?" chiese premuroso. Senza volerlo, gli lanciai un'occhiataccia."Gwendolyn.. lo so che non ti piace questa missione..."
"Non mi piace?!" ribattei "Santo cielo! Mi volete morta!"
Gli occhi di mio padre si incupirono di rabbia. "Non è vero, Gwendolyn. Mandiamo te perché sei l'unica che ha avuto rapporti diversi da quello predatore-preda. Gli umani, non so perché, ma si fidano di te."
"Il problema è.. riuscirò a non saltare al collo non appena ho un po' di fame?"  Ero sinceramente preoccupata. Un conto era mettersi di proposito in astinenza senza avere, però, alcun tipo di distrazione; un conto era, invece, gettarsi in un ammasso di cibo e tentare di controllarsi.
Le mani di mio padre si posarono sulle mie spalle.
"Andrà tutto bene, Gwen. Sei forte. Io mi fido di te." Mi attirò in un abbraccio ed io mi lasciai stringere. "Ti voglio bene, piccola mia."
"Anche io, papà. Anche io."
Restammo in quel modo per qualche minuto, poi Eve bussò alla mia porta, informandomi che la macchina era pronta. Con un cenno del capo lo salutai e mi chinai a stringere la piccola Martha, che miagolò come se volesse dirmi 'stai attenta'.
Fidati solo di te stessa, Gwen mi ricordò. Annuii e finalmente uscii dall'edificio.
La macchina che l'Organizzazione mi aveva procurato era nientepopodimeno che un Audi bianca. Il mio sogno. Mi fiondai nell'abitacolo e presi posto alla guida. Gregory mi osservava pensieroso e prima di partire gli feci un cenno, che ricambiò con un sorriso forzato.
Ingranai la marcia e mi allontanai. La strada percorreva tutto il bosco di limite e sapevo che, come minimo, sarei arrivata dall'altra parte tra un giorno.
Sentii dentro di me le sensazione che una volta giunta, molte cose sarebbero cambiate. Ed improvvisamente, andare oltre i confini non mi faceva poi così paura.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II




Il primo odore che colpì il mio naso particolarmente sensibile fu quello dello smog.  Noi vampiri non avevamo bisogno di utilizzare granché le macchine, per il semplice fatto che eravamo molto più veloci negli spostamenti rispetto agli umani. Questi ultimi, invece, senza un veicolo che sparasse schifezza in aria, non sapevano vivere.
Scrollai il capo, arricciando le labbra in un gesto di disgusto: l'appartamento era situato proprio in centro e l'odore era decisamente più intenso che in periferia. Non mi lamentai, però, perché l'arredamento era di mio gusto e c'era abbastanza spazio sia per me che per un'eventuale seconda persona. Forse, anche per una terza.
Mi stiracchiai, per nulla stanca, ed aprii il frigorifero che in un primo momento parve quello di una qualsiasi persona normale. Crucciai la fronte e  feci per chiamare l'Organizzazione, quando un bigliettino sullo scatolo del latte attirò la mia attenzione:

Prima che tu ci maledica, il frigo è a doppio sportello. Se vedi di lato, apri il secondo scomparto dove c'è il tuo cibo.
Buona fortuna,
Papà.

Sorrisi e controllai che fosse tutto al proprio posto. In quel momento, trillò il campanello. Evitai di guardare dallo spioncino e spalancai la porta, trovandomi di fronte una ragazzina dai folti capelli ricci e rossi o - per meglio dire- arancioni.
"Ehm.. sì?" domandai, perplessa. Lei arrossì sotto le tante lentiggini e mosse le mani impacciata.
"Gwendolyn Ghellager...?" chiese a conferma, ed annuii sospettosa. Lei parve rilassarsi. "Oh, grazie al cielo, pensavo di aver sbagliato porta!"
"Ci conosciamo?" la domanda parve farla ritornare sull'attenti e con un gesto nervoso si spostò i capelli su una spalla.
"No, ovvio che no. Io sono Maya, sono una tua vicina. Ho visto hai traslocato praticamente in due giorni e beh, mi sembrava opportuno presentarmi, dato che condividiamo lo stesso pianerottolo. Certo, non voglio essere invadente, magari hai un compagno...oddio, hai un compagno?! Non ho interrotto niente, vero?! Perché se è così..."
"Mia..." la interruppi.
"Maya!" mi corresse lei, pronta a dare altra aria alla bocca.
"Bene, Maya. Stai tranquilla, non ho nessun compagno e mi ha fatto piacere conoscerti. Ora, se vuoi scusarmi, devo riposare perché sono appena tornata" ringhiai con poca gentilezza. Ci mancava solo una vicina impicciona.
"Oh.." parve delusa e abbassò gli occhi scuri sui suoi piedi. "Mi dispiace. Se hai bisogno, comunque, bussa tranquillamente alla mia porta."
"Certo."
E chiusi.
Oh, come l'avrei fatta pagare a quegli stronzi dell'Organizzazione!


* * *


"Quindi sei fidanzata?" mi costrinsi a chiederle. Maya mi aveva letteralmente presa in ostaggio quella mattina e quindi stavo facendo 'colazione' da lei. Per quanto un vampiro possa mangiare caffellatte e biscotti senza dare di stomaco.
Maya arrossì nuovamente, procurandomi un certo fastidio: le guance le si imporporavano per ogni cosa.
"Sì, da tre anni" annuì, trangugiando un intero cupcake.
"Complimenti" dissi con una punta di sarcasmo. Che, ovviamente, lei non recepì. Mi persi nell'osservare l'ambiente circostante: le piastrelle della cucina erano di un delicato azzurro, in pendant con le tende che coprivano l'accesso al balcone. Si notava che spesso la sera non dormiva da sola, l'odore di maschio era ovunque, in quella stanza. Arricciai il naso, nella speranza di riconoscere il tipo di persona che doveva piacerle. "Questi sono Tyler e Chris!"
Sobbalzai, rendendomi conto che nel bel mezzo dei miei pensieri avevo totalmente rimosso la presenza di Maya. Schizzai dalla sedia, mettendomi in piedi.
"Scusa, non volevamo spaventarti" balbettò ansiosa, lanciandomi occhiate preoccupate. Cercai allora di tranquillizzarla, ma non appena aprii bocca, la voce mi si spezzò in gola mentre osservavo i ragazzi che stavano alle spalle di Maya. Il primo era poco più alto della giovane, capelli ed occhi scuri ed un lieve sorriso sulle labbra. Il secondo, invece...non poteva essere lui.
Tutti, cielo, ma non lui!
"Christian..." mi uscì in un soffio rauco. I suoi occhi azzurri si posarono nei miei, ma non diedero segno di avermi riconosciuta. Come avrebbe potuto, d'altronde?
Maya si animò e lanciò uno sguardo ad entrambi. "Vi conoscete? Gwendolyn è la prima volta che vieni qui, vero?"
Mi diedi della stupida da sola e mi affrettai a negare con la banale scusa di averlo scambiato per un altro Christian, che gli assomigliava molto. La giovane non ebbe dubbi al riguardo ed alzò le spalle indifferente, ma lui parve sospettare di me, perché si fermò un istante di troppo sul mio viso, prima di abbassarsi e lasciare un casto bacio sulle labbra di Maya. 
Rimasi paralizzata, lo stomaco che ballava la samba dal nervosismo. Sentii i canini pungere e mi costrinsi a serrare le labbra.
"Devo andare, Maya. Grazie per la colazione." Non seppi se sentì il mio sibilo, perché mi gettai fuori casa e percorsi a velocità raddoppiata le scale del condominio per giungere sulla strada.
Con un gesto stizzito, chiamai a casa.

- Pronto?
"Siete dei fottutissimi bastardi!"
- Gwen, sei tu...?
"Tu, lo sapevi! TU. LO. SAPEVI."
- Gwendolyn, santo cielo, non strillare in questo modo!

Chiusi la bocca per cinque secondi e mio padre sospirò.

"Non mentirmi."
- Okay, sapevo che ti avrebbero inviato vicino a lui. Vogliono solo sapere se lui ricorda qualcosa dopo tutti questi anni..
"Vi odio. Vi odio tutti. Sto tornando a casa."

Il mio tono non ammetteva repliche.
 
- Gwendolyn, no! Devi stare lì!

La sua voce, allarmata,  mi bloccò, mentre cresceva la perplessità. Perché tanto panico?

"Che mi stai nascondendo?" Mio padre si zittì. "Papà.. ti prego.."
- Non ti nascondo nulla. Gwen, per favore, non muoverti da lì e segui tutti i loro ordini. Ci sentiamo presto, bimba.

Non ebbi tempo di replicare perché la comunicazione venne interrotta,gettandomi in uno stato di inquietudine. Ogni vampiro aveva delle specialità: la mia, oltre a quella di riuscire a percepire alcune menti e ad entrarvi, era quella dell'empatia. Un'empatia che mi portava anche a prevedere alcune situazioni, spiacevoli e non. Mi guardai intorno, frenetica, senza però riuscire a captare qualsiasi cosa sospetta. Le persone camminavano tranquillamente sul marciapiede e più di una volta mi chiesi quale esattamente fosse il mio compito, in questa missione da strapazzo.
Per ora, il primo punto era "fare amicizia". Beh, con Maya eravamo entrate nella modalità conoscenti, per cui potevo spuntarlo dalla lista.
Poi c'era "trovare un lavoro"; ecco, quello sarebbe stato un po' più difficile.
Decisi quindi di cercare qualche annuncio sui giornali, in mancanza d'altro. Ne comprai un paio, per poi sedermi ad un tavolino di un bar e ordinare un caffè.
Scartai alcuni annunci e mi concentrai su altri, mentre con una penna rubata ad un altro tavolo scribacchiavo degli appunti ai lati del foglio. Passai in questo modo la gran parte della mattinata, saltando persino il "pranzo". Certo, non che io ne avessi bisogno, ma doveva sembrare piuttosto strano a quelli del bar, che iniziarono  a tenermi d'occhio. Decisi quindi di alzarmi e dirigermi verso un parchetto che avevo adocchiato passando con la macchina il giorno precedente. L'aria era sempre impregnata di smog, ma in quel momento potevano sentirsi anche il leggero odore dei fiori e il cinguettare degli uccellini, cose che mi fecero sentire un po' più a casa. Presi posto sotto una grande quercia, lontana dal vociare dei bambini che stavano facendo un picnic.
In tutto, avevo racimolato cinque o sei lavori che mi sarebbero potuti andare bene; ora dovevo soltanto contattare coloro che avevano postato l'annuncio e cercare di avere un colloquio. Stavo componendo il primo numero, quando un odore forte e familiare mi stordì a tal punto da farmi girare la testa.
"Gwendolyn, giusto?"
Alzai di scatto la testa, impallidendo per il fatto che ero stata colta di sorpresa. Christian era inginocchiato di fronte a me; i jeans chiari probabilmente si sarebbero sporcati con l'erba.
"Sì, sono io" ebbi il coraggio di annuire. Mi squadrò per qualche secondo, gli occhi azzurri concentrati nel ricordo di qualcosa. Il panico prese il sopravvento e tentai di sottrarmi alla sua analisi, piegando il capo e facendo scivolare i capelli davanti il viso.
"Cosa fai di bello?"
Arrossii, e sventolai le mani come per indicare cose di poco conto.
"Cerco un lavoro" replicai infine, porgendogli vergognosa un giornale. Sin dalla prima volta che c'eravamo visti, in sua presenza diventavo incredibilmente stupida e mansueta. Lui arricciò il naso, controllando interessato il margine dove avevo appuntato le cose che potevano essere adatte a me.
"Sai, nella mia azienda cerchiamo una segretaria."
Lo guardai, stupita. Mi stava offrendo un lavoro?!
"Segretaria... che compiti avrei?" m'informai. Aveva parlato della sua azienda, ma ancora non capivo se per sua intendesse che era lui il proprietario, o semplicemente gli apparteneva come dipendente. Le sue labbra si aprirono in un mezzo sorriso, notando la mia cautela: forse credeva che avrei subito accettato.
"Beh, dovresti partecipare con me alle riunioni, organizzarmi gli appuntamenti, mettere in ordine le varie cartelle e cartellette. L'azienda si occupa più che altro di rappresentanza di prodotti, vari prodotti. E' come se fossimo un'agenzia che fornisce rappresentanti" mi spiegò sinteticamente. Non doveva essere un lavoro particolarmente difficile, per me. Grazie alle mie qualità di vampira, la mia memoria era molto più efficace e duratura di quella umana, anche da un punto organizzativo. E di certo, nell'archiviare le cartelle sarei stata velocissima. L'unica pecca era che lui aveva parlato come se dovessimo stare sempre a contatto.
"Dovrei essere la tua segretaria?"
Christian sorrise, passandosi una mano tra i capelli biondi. La prima volta che lo vidi, a quattordici anni, pensai potesse essere un principe azzurro, nonostante fosse spaventato dal fatto che si era perso nel confine. Presto capii che i principi azzurri non esistevano per gli umani... figuriamoci per i vampiri.
"Hai paura di me, Gwen?"
Sussultai per il tono confidenziale che aveva usato, ma soprattutto sussultai perché era esattamente la frase che mi aveva rivolto prima che io gli cancellassi la memoria. Alzai gli occhi, incontrando i suoi, e cercai di intravedere qualsiasi traccia di consapevolezza.
Ma lui sembrava tranquillo, come se quella fosse una qualsiasi domanda di routine.
"No, non ho paura di te" ribattei. E nella mia mente si formavano nuovamente le ultime parole che gli avevo dedicato, quattro anni prima, quando - dopo un anno di ricerca - ero riuscita a ritrovarlo: Ho paura di quello che potrei fare se ti perdessi per sempre. Preferisco  che tu mi dimentichi, invece di ucciderti.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo III





Sin da piccoli, a noi vampiri veniva impartita una lezione fondamentale: gli umani e i vampiri non possono generare figli. Ma una coppia di vampiri, invece, sì. I cuccioli di vampiro portano nel loro DNA un gene particolare, che chiamiamo gene-tempo: questo fa in modo che un vampiro ad una certa età smetta di crescere, mutando il suo sangue e cristallizzando l'invecchiamento. Ovviamente, i vampiri possono anche creare i propri familiari per vampirizzazione degli umani, ma le pratiche sono dolorose - per l'umano, ovviamente - e gli accordi non permettono una grande libertà.

Per questo, quando mi trovai di fronte un baby-vampiro, la mattina del mio primo giorno di lavoro, rimasi leggermente interdetta. Notai immediatamente che era un vampirizzato dal colore degli occhi, tendente al rossiccio. Muovendomi elegantemente sui tacchi alti, mi abbassai alla sua altezza e sorrisi dolcemente.
"Tesoro, cosa ci fai qui?" Lui si aprì in un sorriso timido, forse riconoscendomi come una sua simile.
"Sono con la mamma" rispose candidamente. Aggrottai la fronte e cercai di captare un odore simile al nostro: niente.
"Chi è la tua..." non riuscii a finire di formulare la domanda che una donna afferrò il bambino per una mano e si erse su di me, minacciosa.
"Ha bisogno di qualcosa, signorina?" il tono non era esattamente bonario. Mi aprii in un sorriso tranquillo.
"Sono la segretaria di Christian Moore. Oggi è il mio primo giorno di lavoro; Gwendolyn Ghellager, piacere." Le porsi la mano e lei, diffidente, me la strinse.
"Thomas l'ha infastidita?" mi domandò, sospettosa. Scossi la testa, mentre accarezzavo dolcemente quella del bimbo.
"No, assolutamente. Stavo notando il colore particolare dei suoi occhi."
Mi ero autoproclamata vampira, praticamente. Infatti, la donna mi guardò in viso, impallidendo visibilmente. Non trovò però gli occhi gialli a confermare la versione dei fatti, perciò la lasciai scrutarmi con tranquillità.
"Lei... sa della natura di Thomas?" bisbigliò, cauta.
"Sì, signora" le risposi in tutta sincerità. "Suo marito ha fatto questo al suo bambino?"
Sapevo di risultare indelicata, ma dovevo capire le dinamiche della faccenda ed avvisare l'Organizzazione se necessario.
Gli occhi azzurri della donna si appannarono di lacrime e dopo aver detto a Thomas di allontanarsi per giocare nella saletta riservata ai bambini, mi fece segno di seguirla nel suo studio.
"Mi chiamo Amanda e Tom è il bambino avuto dal mio primo matrimonio. Qualche anno fa conobbi Francis, non sapevo chi fosse e me ne innamorai perdutamente. Speravo di poter ricreare una famiglia per il mio bambino.. ma non fu così. Francis dopo due anni di relazione si mostrò per chi era davvero.. e quando cercai di fuggire, trasformò Thomas in un vampiro. Noi ora dipendiamo da lui per quanto riguarda il nutrimento..." s'interruppe, scossa dai singhiozzi. Nonostante il suo raccontare confuso, riuscii ad inquadrare la situazione e ne rimasi spiazzata. Un vampiro fuori controllo aveva condannato un essere umano ad uno stato di fanciullezza eterna.
"Amanda, io posso aiutarla" proruppi, illuminata da un lampo di consapevolezza. La donna aprì la bocca per domandare qualcosa, ma un lieve bussare ci fece sobbalzare.
"Mandy, hai sequestrato la mia segretaria?!" Christian fece la sua entrata provocandomi un lieve blocco respiratorio.
Amanda si riprese immediatamente dallo spavento, aprendosi in un sorriso canzonatorio.
"Cosa c'è, Chris? Hai paura che te la strappino via?" ridacchiò, volgendomi uno sguardo preoccupato.
Aveva forse paura che avrei spifferato tutto?
"Christian, io e Amanda parlavamo di cose da donne, non essere sciocco" affermai, volendo rassicurare in questo modo la donna. Il gesto del capo mi fece intendere che aveva capito.
"Non ti pago per parlare" ribatté, acido. Sollevando un sopracciglio, mi diressi fuori lo studio ancheggiando lievemente.
"Teoricamente, ancora non mi paghi affatto" ribattei.
Lui non mi rispose.


*  *  *


Digitai velocemente l'ultimo codice di una cartella che riposi, in seguito, nell'armadio alle mie spalle. L'orologio batteva le cinque del pomeriggio e presto lo studio avrebbe chiuso. Mi allungai sulla sedia imbottita, rilassando la spina dorsale; la storia di Amanda e Thomas mi vorticava in mente, era un pensiero fisso. Sentivo il bisogno di aiutarli, liberarli dal loro oppressore. Avrei potuto ucciderlo facilmente, ma probabilmente sarei poi incappata nelle ire dell'Organizzazione.
"Gwen?" la voce di Christian stranamente non mi prese di sorpresa e sollevai gli occhi nella sua direzione. Sembrava stanco, il viso pallido e i capelli in disordine gli davano un'aria da disadattato.
"Che c'è?" cercai di non risultare particolarmente antipatica e mi sforzai di sorridere.
"Stasera sono da Maya, va bene se torniamo a casa insieme?"
Riflettei velocemente, mentre una ventata d'aria mi portava il profumo di Christian sotto il naso. Deglutii a vuoto, nella speranza di mettere a tacere la lieve fame che si stava sviluppando.
"Uhm, sì, okay" borbottai, spostandomi
, con tutta la sedia, indietro di un passo quando lui si allungò per vedere come me l'ero cavata durante il mio primo giorno.
"Hai catalogato tutto?" Sembrava estremamente stupito e trattenni un ghigno orgoglioso: mi limitai a lisciare la giacca e ad alzarmi, per allontanarmi dalla sua giugulare, molto tentatrice.
"A quanto pare" ridacchiai, afferrando la borsa. "Possiamo andare?"..che devo cibarmi, e spero non di te? Completai mentalmente, sentendo la gola raschiare. Non sapevo se era l'effetto del suo profumo, ma solitamente non soffrivo la fame in quel modo, anzi.. riuscivo tranquillamente a sopportare per alcuni giorni. Il suo sguardo si posò per qualche secondo su di me, mentre notavo la sua fronte crucciarsi.
"Ma noi due ci siamo mai visti?"
La domanda mi colse impreparata e boccheggiai in cerca d'aria. Poi il panico prese il sopravvento e sentii i canini spingere sulle gengive per uscire.
"No!" squittii, con una voce sgradevolmente acuta. Christian sembrò desistere e mi precedette nell'uscire dall'ufficio.
"Ti aspetto in macchina" disse soltanto. Mi concessi qualche attimo per riprendermi dallo spavento: che stesse iniziando a ricordare qualcosa? Seppur non di molto, io in quegli anni ero cambiata, ero cresciuta ed il mio gene-tempo aveva cristallizzato il mio invecchiamento: sarei rimasta una ventunenne per sempre.
Riprendendo dignità, lo raggiunsi nell'auto ed aprii immediatamente il finestrino, altrimenti il suo odore mi avrebbe resa succube del mio istinto di predatrice.
"Puzzo, per caso?" mi domandò, cercando di farmi ridere.
Sorrisi a labbra serrate, per evitare che si vedessero i canini.
"No, no" mormorai, fissandomi le mani. Lo osservai di soppiatto, mentre cambiava marcia e s'immetteva nel tranquillo traffico pomeridiano.
"Come sei arrivata in ufficio oggi?"
"Autobus. Non volevo perdermi con la macchina" risposi, vergognandomi leggermente. "Tu... cosa ne pensi del confine?"
la domanda mi uscì di getto.
Christian strinse le mani sul volante e diede un'occhiata allo specchietto retrovisore.
"Non ho avuto un bel rapporto, con il confine." Aspettai che continuasse da solo, non volevo forzarlo né  fargli ricordare qualcosa. "Mi sono perso nel confine per due anni e mezzo, quando ero un quindicenne. Ricordo pochissimo di quel periodo, i medici mi hanno detto che dev'essere stato così traumatico che il mio cervello ha premuto sul tasto 'reset'."
Rimasi perplessa: per quello che sapevo io, dopo averlo trovato per la prima volta, era sempre tornato a casa ogni volta che ci vedevamo. Che mi avesse mentito?!
"Cosa è successo?" domandai cautamente.
"Beh, per quanto so, degli amici mi ritrovarono nel bosco dopo due anni e li persuasi a vedere qualcosa, ma..." s'interruppe, ma sapevo di cosa stava parlando.
Quel giorno, Christian aveva parlato agli umani di me e li stava portando all'interno del nostro territorio. Avevamo braccato gli umani, avevo loro cancellato la memoria, ma Christian era fuggito. Avevo passato dei mesi a cercarlo ed alla fine l'avevo trovato. Quello era stato il nostro ultimo incontro.
"Qui ho un altro vuoto" mi spiegò. "I miei amici ritornarono a casa senza di me, non sanno tutt'ora il perché. Io venni ritrovato svenuto qualche mese dopo, all'entrata del confine."
Con uno scatto istintivo poggiai la mano sulla sua e gliela strinsi. Le lacrime mi pungevano gli occhi e mi trattenni dal singhiozzare.
"E'...terribile" sussurrai avvilita. Lui scrollò le spalle, come se fosse qualcosa di poco conto,ma non ritirò la mano.
"Siamo arrivati."
Scendemmo dall'auto in silenzio, la gola ormai mi ardeva e dovevo affrettarmi a dissetarmi con del sangue.
"Io salgo a piedi" ci salutammo con un gesto della mano e dopo averlo visto entrare nell'ascensore, schizzai al massimo della mia velocità su per le scale.
Appena chiusi la porta, sentii quelle dell'ascensore aprirsi e tirai un sospiro di sollievo quando Christian entrò nell'appartamento di Maya. Per un attimo avevo temuto che mi aspettasse sul pianerottolo.

*  *  *

Per saziarmi ebbi bisogno di ben due sacche ed a mente lucida mi resi conto di che pericolo avevo corso: il colore degli occhi era sicuramente cambiato. Christian se n'era accorto? Oppure no?

Gwen!

Il richiamo di Martha mi scosse per qualche secondo; in quei giorni non l'avevo contattata per nulla e mi sentii in colpa.

- Piccola! Come stai, cosa succede?
Ho delle novità... importanti.
- Dimmi tutto.

Mi misi comoda, chiudendo gli occhi.

Gregory è particolarmente nervoso in questi giorni. Vuole sempre notizie su di te ed a quanto ho capito sei monitorata da qualcuno, perciò...stai attenta! Ho udito una conversazione avvenuta con tuo padre.. Gwen, non so perché ma credo vogliano sospenderti la fornitura di sangue. Sembrano intenzionati a farti morire di fame oppure a farti fare qualche gesto estremo. Hanno paura di te... e la missione nel mondo degli umani sembra essere solo una copertura.

Spalancai le palpebre e mi alzai, scioccata. Perché privarmi del sangue? Volevano portarmi all'autodistruzione?

- E mio padre...?
Non si sbilancia mai più di tanto, ma sembra terrorizzato. Gwendolyn... qui sotto c'è qualcosa di grosso, ma non capisco cosa!

Aprii il frigorifero e contai le sacche: se razionavo il sangue, sarei sopravvissuta per un massimo di tre mesi. Dovevo tenermi lontana dai sentimenti forti, che avrebbero potuto risvegliare il mio istinto.

- H-Ho parlato con Christian.

Confessai, mordendomi le labbra.

Oh, Gwen...
- Sto bene, Martha, davvero. Solo... ci sono delle incongruenze. Io non ho cancellato tutta la sua vita.. solo il mio ricordo. Eppure lui afferma di non ricordare praticamente nulla di quei due anni e mezzo. Lui mi diceva che ogni notte tornava a casa e mi prometteva che non avrebbe parlato di me a nessuno, ma Christian afferma che è scomparso per due anni interi! Poi degli amici l'hanno ritrovato e sai bene quello che è successo...ma la cosa strana è che dopo lui non è fuggito a casa! E' come se avesse vissuto nel confine, per tutto il tempo e quando ho cancellato il mio ricordo, automaticamente sono scomparsi anche quei due anni. Ma perché dirmi che tornava a casa?! Non capisco..
Pensi che l'Organizzazione c'entri qualcosa?
- No, non credo.. non  ci sarebbe alcun motivo.

Bussarono alla porta, così salutai velocemente Martha, pregandola di tenermi aggiornata sulla situazione e andai ad aprire.
"Ciao!" Un ragazzo stava di fronte alla mia porta ed io ci misi qualche secondo per collegare il volto al nome.
"Tyler, giusto?" chiesi a conferma e lui annuì. "Posso fare qualcosa per te?"
Tyler si aprì in un sorriso smagliante che per poco non mi abbagliò. Santo cielo, erano fatti di madreperla quei denti?!
"In realtà mi chiedevo se tu avessi voglia di uscire a cena, stasera." Lo fissai, decisamente perplessa e probabilmente se ne accorse perché si affrettò  a continuare. "Non da soli, pensavo ad un'uscita a quattro: io, tu, Maya e Chris."
Una parte di me strillava a gran voce di rifiutare quell'invito, consapevole che mi sarei soltanto fatta male nel vedere Christian con un'altra. Ma gli occhi scuri di Tyler mi ammaliavano un poco e m'incuriosivano.
"Sì, perché no?" mi ritrovai a dire. Il ragazzo sorrise, sinceramente contento, e mi diede appuntamento per le nove sul pianerottolo.
Nel rientrare in casa, buttai un'occhiata all'orologio che segnava le sette e mezza: avevo due ore per prepararmi. Non volevo dargli vane speranze, perciò optai per un corpetto nero, non troppo scollato e dei pantaloni in pelle, aderenti. Poggiai tutto sul letto e mi resi conto che mancava qualcosa di colorato.
Spulciai nel guardaroba che mi aveva sicuramente riempito Eve e trovai un paio di scarpe verde smeraldo dal tacco grosso ed una pochette dello stesso colore. Sulla scatola delle scarpe c'era un post-it:

Probabilmente mi ucciderai per aver contribuito a migliorare quei pochi abiti che avevi intenzione di trascinarti dietro. Ma non potevo permetterti di riempire la scarpiera solo con ballerine e decolletè neri o grigi. Nel caso ti serva un po' di colore (per far risaltare i tuoi occhi) ti ho comprato questi magnifici tacchi verdi.
Li trovi anche beige e rossi.
Non fare la vampira ingrata e ricordati che nonostante tu mi tratti male, io ti voglio bene!
Evelyn.

Ridacchiai e mi appuntai mentalmente di chiamarla per ringraziarla. Dopo una doccia, mi sistemai i capelli lunghi, arricciandoli alla fine con il ferro caldo. Mi vestii e mi truccai sui toni del verde.
Alle nove spaccate, il campanello suonò ed io finii di passarmi il rossetto rosso.
"Eccomi, Ty..." esordii, aprendo la porta ma interrompendomi subito dopo. Christian faceva la sua bella figura con dei jeans scuri, una giacca nera e la camicia bianca, leggermente aperta sul petto.
"Tyler è giù con Maya." Mi venne in aiuto, mentre gli occhi azzurri passavano in rassegna il mio abbigliamento.
"Sto bene?" mi azzardai a chiedere, probabilmente per appagare il mio ego.
"Sei splendida" mormorò sinceramente ma con imbarazzo, voltandosi verso le scale.
Raggiungemmo gli altri e Tyler, dopo essersi sprecato in complimenti ed aver decantato per dei minuti la mia 'bellezza', ci portò in un ristorante molto chic ed elegante, con tanto di piscina super grande e profonda. Fui costretta ad ordinare due piatti, perché il mio accompagnatore era irremovibile sul fatto che io volessi mangiare poco.
Perciò, quando le tagliatelle ai funghi mi si presentarono davanti, dovetti trattenermi dall'arricciare il naso.
Con una lentezza disarmante, avvolsi la pasta lunga intorno alla forchetta e me la portai alla bocca.
"Allora? Com'è?" domandò Christian, osservandomi.
Masticai il boccone e mi stupii di me stessa quando mugugnai un "buono". Solitamente, per noi vampiri, il cibo umano era disgustoso oppure non aveva sapore. Eppure, avvertivo il leggero gusto del fungo, qualcosa che non avevo mai assaggiato in vita mia.
"Sembri sorpresa, non hai mai mangiato i funghi?" mi scoprì Maya. Seppur agitata, mi contenni e le sorrisi.
"No, mio padre non li ama particolarmente" mentii, ma non troppo. In effetti, in quanto vampiro, non mangiava cibo umano.
"E tua madre?" volle sapere Christian. Accusai malamente il colpo e mi scolai in un sol fiato l'intero bicchiere di vino. Sapevo benissimo che su di me non avrebbe fatto alcun effetto, ma il gesto mi tranquillizzò un poco.
"E' morta quando ero piccola" sussurrai, gelando un poco l'atmosfera. "Ma non fa niente, non dispiacetevi."
Christian si scusò lo stesso e continuammo a cenare in tranquillità.
Quando ci alzammo dal tavolo, Maya era ubriaca e Tyler mi spiegò che era astemia. Ridacchiai nel vederla in difficoltà con i tacchi e le allungai una mano affinché si aggrappasse a me. Ma quello che venne dopo mi prese di sprovvista ed i miei riflessi super sviluppati non bastarono ad evitare il peggio: Maya si sbilanciò indietro, finendo direttamente in piscina. Rimasi qualche secondo interdetta, non vedendola risalire, e come in un film osservai Christian gettarsi in acqua.
"Maya non sa nuotare!" strillò, prima di immergersi. Velocemente mi tolsi le scarpe e mi gettai anche io: in quanto vampira potevo evitare di respirare anche per sempre, perciò fui più veloce di Christian nell'afferrare un braccio di Maya e nel risalire in superficie.
Tyler mi aiutò ad issarla sul bordo della piscina, mentre intorno si era formata una folla di spettatori, alcuni visibilmente preoccupati.
"Ha ingoiato acqua" mormorai, facendo forza sulle braccia ed uscendo dalla piscina, seguita poco dopo da Christian, che si affrettò a rianimarla. Quando Maya aprì gli occhi sospirammo tutti di sollievo e i medici arrivati con un'ambulanza (che prima non avevo minimamente notato) la convinsero a portarla in ospedale per degli accertamenti.
"Andate a casa a cambiarvi, sto io con lei" asserì Tyler, mentre saliva sul mezzo. "Ci vediamo lì!"

Io e Christian rimanemmo in silenzio e gocciolanti per qualche secondo, al di fuori del locale. Qualcuno ci guardò perplesso, ma io ci feci poco caso.
"Stai bene?" domandai, piano. Lui parve accorgersi finalmente di me.
"Sì, scusami, ero sovrappensiero. Tu tutto bene? Sei stata grandiosa in piscina. Hai fatto nuoto?" domandò, aprendo la macchina e togliendosi la giacca, per poi poggiarla sul sedile posteriore.
"Uhm, qualcosa del genere" replicai, imbarazzata. Mi sarei fatta scoprire presto, dovevo essere più attenta.
"Ti dispiace se tolgo la camicia? Mi da fastidio bagnare il sedile più di quanto già farò" borbottò, nervoso.
Scossi la testa e lo osservai sfilarsi l'indumento, mostrando il petto bellissimo ed ampio. Una fitta di desiderio mi fece dolere il ventre, mentre Christian si voltava verso di me ed i suoi occhi incontravano i miei.
Solo allora notai un tatuaggio, che dalla spalla sinistra raggiungeva il petto. Un groviglio di rovi, scuri, con spine appuntite che confluivano e proteggevano una rosa, piccola, appena accennata con l'inchiostro nero.
"C-Che cos'è?" mormorai, allungando una mano e toccando il disegno sulla sua pelle calda. Sussultammo entrambi a quel contatto: i suoi occhi erano fissi sulla mia mano.
"Ricordo solo una cosa di quei due anni" mormorò, piano, iniziando a spiegare. Non riuscii a dire niente e lui continuò. "Ero stanco, sporco, infreddolito. Ero in un cespuglio di rovi che mi ferivano la pelle, lasciandomi dei piccoli tagli. La vidi lì... era una delle creature più belle che avessi mai visto, Gwendolyn.. ti giuro. Non ricordo il volto, ma.. pensai fosse una rosa. O una fata. Così decisi di segnarmi quell'unico, meraviglioso, ricordo sulla pelle.. ed ecco qui il tatuaggio."
Ci guardammo negli occhi ed io deglutii, mentre una lacrima mi scendeva involontaria sulla guancia.

Non era una rosa, né tanto meno una fata. La creatura che aveva incontrato... ero io.
 

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