Lies and good intentions

di Greeneyes74
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era trascorsa almeno un’ora da quando Sam era andato a dormire dopo avergli gettato in faccia quello che pensava di lui. Dean non riusciva a credere a quello che aveva sentito. Gli aveva detto che era un egoista, che giocava a fare l’eroe, il salvatore, ma non faceva altro che fare del male alle persone, invece di salvarle. Sam gli aveva detto che se le parti fossero state invertite non l’avrebbe salvato, che l’avrebbe lasciato morire.
Quelle parole gli risuonavano nella testa, erano come sale versato su una ferita aperta. Ed erano state pronunciate dalla persona che più amava al mondo, per la quale avrebbe sacrificato tutto, per la quale aveva sacrificato tutto. Si, sapeva che Sam era arrabbiato perché l’aveva fatto possedere da un angelo e gli aveva mentito per mesi, ma non avrebbe mai pensato che il suo fratellino l’avrebbe disprezzato a tal punto da dirgli quelle cose.
Vuotò con una sorsata il bicchiere pieno di whiskey che aveva in mano, l’ennesimo bevuto quella sera, e andò nella biblioteca. Non c’era verso che riuscisse a dormire, per cui si mise a cercare su internet un nuovo caso. Doveva tenere la mente occupata e il lavoro era la cosa migliore per farlo.
Sam era a letto già da un po’, ma non riusciva a prendere sonno. Le cose che aveva detto a Dean non le pensava veramente, ma quando il fratello gli aveva detto che quello che aveva fatto era la cosa giusta, che lo avrebbe fatto di nuovo, aveva perso le staffe. Dean l’aveva profondamente ferito e non se ne rendeva neanche conto, e in quel momento aveva solo desiderato fargli del male.
Sapeva che le sue parole avevano centrato il bersaglio, che aveva colpito suo fratello in ciò che aveva di più caro. Se ne era pentito subito, ma avrebbe lasciato che Dean credesse che quello era ciò che provava. Non poteva più permettere che suo fratello continuasse a pensare di essere il suo custode, che pensasse di doverlo proteggere ad ogni costo, senza curarsi delle conseguenze, dei danni collaterali. Kevin ci aveva rimesso la vita e Cas avrebbe potuto essere ucciso quando Dean l’aveva cacciato dal bunker.
Niente del genere doveva più accadere, e se il prezzo di tutto questo era che Dean credesse che lui non gli voleva più bene, o che non voleva più essere suo fratello, era disposto a pagarlo.
Il mattino dopo quando si alzò Sam andò in cucina e trovò il fratello seduto al tavolo, già vestito, con una bottiglia di birra davanti. Non disse nulla e si versò un po’ di caffè, mentre prendeva una ciotola per i cereali.
“Buongiorno, ti sei alzato presto”, disse Sam.
“In realtà non sono andato a dormire. Ho trovato un nuovo caso. Visto che non abbiamo notizie di Gadreel, quel bastardo di Crowley non si è fatto sentire e Cas è sulle tracce di Metatron ma non ha concluso nulla fino ad ora penso che dovremmo tenerci occupati con una bella caccia vecchio stile”.
“Ok, di che si tratta?” “Una serie di strane morti a Salem. Alcune persone sono state trovate uccise in circostanze piuttosto bizzarre. Il cadavere di una donna è stato rinvenuto nel suo appartamento. Aveva il collo spezzato e i segni di una corda intorno alla gola, come se fosse stata impiccata, ma la porta era chiusa dall’interno e la sua coinquilina, che dormiva nella stanza accanto, non ha sentito nulla”.
“Si, in effetti è alquanto strano”.
“Non è tutto. Un uomo, il pastore di una chiesa, è stato trovato morto nella sua parrocchia, anch’essa chiusa dall’interno. Attorno ai polsi e alle caviglie c’erano delle abrasioni, come se fosse stato incatenato, e la testa è stata staccata dal corpo con un ascia o qualcosa di simile. E, per finire in bellezza, una ragazza di vent’anni è stata trovata morta nella sua camera con ferite e fratture giustificabili solo da un volo di parecchi metri con un atterraggio su delle pietre, o sugli scogli”.
“Beh, direi che è roba per noi. Sarò pronto in dieci minuti”.
Sam si alzò e arrivato sulla soglia si voltò. Guardò suo fratello che nel frattempo era tornato a bere la sua birra, il viso stanco e gli occhi segnati.
“Stai bene Dean?”
“Perché non dovrei, collega? Va tutto alla grande”, gli rispose Dean con aria strafottente.
Sam non replicò e andò a farsi una doccia, pensando che quando Dean voleva essere irritante ci riusciva benissimo. A quanto pare le sue parole invece di farlo riflettere avevano alimentato la sua convinzione di essere nel giusto, e questo lo faceva arrabbiare ancora di più.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Guidarono tutto il giorno e Sam a metà giornata diede il cambio alla guida  a Dean, che avendo passato la notte in piedi era sfinito e si addormentò poco dopo, svegliandosi solo la sera quando arrivarono ad un motel.  Durante la giornata avevano scambiato si e no una decina di parole, ed appena entrati in camera Dean gettò la sacca sul letto e disse a Sam:
“Vado a bere qualcosa in quel bar che abbiamo visto lungo la strada. Ci vediamo dopo”.
Ma Sam era già entrato in bagno e mormorò un distratto va bene, senza neanche girarsi a guardarlo.
Dean passò un paio d’ore nel bar, rimuginando su quello che era successo nelle ultime settimane, tra una birra e un whiskey. Come erano arrivati a quel punto? Dopo quello che era accaduto in quella chiesa pensava che tra loro fosse finalmente tutto a posto. Che avessero messo una pietra sul passato e che potessero iniziare una nuova vita, ma si era sbagliato di grosso. 
Quando l’angelo gli aveva mostrato che Sam era pronto ad andare insieme a Morte era entrato nel panico. Quando Gadreel gli aveva detto che l’avrebbe lasciato solo per permettergli di dare un ultimo saluto a Sam si era sentito morire. Non poteva lasciarlo andare così, non dopo tutto quello che avevano affrontato. Si, c’era stata anche una parte di egoismo nella sua scelta, ma era stata dettata soprattutto dall’amore, e non si capacitava del fatto che Sam non riuscisse a capirlo. 
Quando aveva ingannato il fratello sapeva che non gliela avrebbe perdonata facilmente, ma non pensava che sarebbero arrivati ad essere due estranei che lavoravano insieme. O almeno questo era quello che Sam voleva che pensasse.
Dopo che suo fratello era uscito Sam si fece un doccia e andò a dormire. Non gli piaceva il fatto che Dean avesse ricominciato a bere, ma aveva deciso che per il momento non avrebbe detto nulla.  In fondo era un adulto e poteva decidere cosa fare della sua vita. Pensava di poter decidere per gli altri, quindi era in grado di badare a se stesso, pensò con amarezza.
Quando rientrò dopo aver fatto un passeggiata per le strade deserte era passata l’una.  Dean trovò suo fratello addormentato. Si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto, senza togliersi i vestiti e si addormentò subito.
La mattina si svegliò molto presto, con il mal di testa del dopo sbornia e sentendosi più stanco di quando si era messo a letto. Sam non c’era, aveva già preparato la sua borsa ed era uscito. Dean si alzò e andò in bagno, e mentre era sotto la doccia sentì il fratello rientrare. Si asciugò e si vestì e quando uscì trovò il ragazzo ad aspettarlo e la colazione sul tavolo.
“Ti ho preso da mangiare, così possiamo partire subito”.
“Grazie, ma non ho fame”.
“Tu non  hai fame? Questa è nuova”.
“Beh, ci sono diverse cose nuove ultimamente tra noi”, rispose Dean con tono sarcastico.
“Fai come vuoi. Ti aspetto fuori”.
Viaggiarono di nuovo tutto il giorno, arrivando a Salem al tramonto. Anche quella parte del viaggio fu piuttosto silenziosa. Non riuscivano più a stare a proprio agio in compagnia l’uno dell’altro. Avevano entrambi paura di dire cose di cui si sarebbero pentiti, per cui finivano per parlare solo dei casi o di quello che succedeva con gli angeli e con i demoni, oppure parlavano di Abaddon e Crowley.
Se non erano questi gli argomenti preferivano tacere.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Arrivarono a Salem nel tardo pomeriggio e decisero subito di andare a raccogliere informazioni sul caso alla stazione di polizia, spacciandosi come al solito per agenti federali. Le tre vittime non avevano nessun legame e non avevano nulla in comune. La prima, Rose Wilson, era una donna di circa trent’ anni che lavorava nei servizi sociali. Non era sposata ne aveva una storia con qualcuno e sembrava conducesse una vita da suora. 
La seconda vittima, John Green, era il pastore di una chiesa, era rispettato da tutta la comunità e aveva una reputazione impeccabile, mentre la terza vittima, Emma Tate,  era una ragazza che frequentava il college, carina e molto popolare, benvoluta da tutti.
Per quella sera non potevano fare altro, per cui trovarono un motel e andarono a cena in una tavola calda lì vicino.  Discussero del caso e decisero che l’indomani sarebbero andati a vedere il corpo dell’ultima vittima, e poi a parlare con le persone che le conoscevano per sapere qualcosa di più sulle loro vite.
“Ok, torniamo al motel, voglio fare delle ricerche per vedere se ci sono state altre strane morti negli ultimi anni”.
“Vai avanti Sam, ti raggiungo dopo”.
“Vai in qualche bar?”
“Non lo so. E anche se fosse c’è qualche problema?”
“No, sei grande e grosso e puoi fare quello che vuoi”, rispose Sam in tono brusco. Poi si girò e andò verso il motel.
Dean rispondeva in quel modo per cercare di suscitare qualche reazione in suo fratello, ma era tutto inutile. Ogni volta non faceva altro che girare sui tacchi e andarsene.
Avrebbe voluto che gli urlasse contro o che lo prendesse a pugni, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quell’ indifferenza. 
Andò a passeggiare al porto, che era deserto perché era marzo e faceva ancora piuttosto freddo. Ma era meglio così, non aveva molta voglia di stare in mezzo alla gente. 
Camminò per una mezz’ora, ma si sentiva a disagio. Come se non fosse solo, come se ci fosse qualcuno o qualcosa li con lui. Ma non era una presenza positiva, rassicurante, anzi, era piuttosto minacciosa. Il marchio sul braccio ricominciò a fargli male, come gli succedeva sempre più spesso ultimamente, e insieme al dolore tornava ogni volta un senso di inquietudine, un senso di rabbia e di frustrazione che non riusciva a spiegare. Attribuì la sensazione che aveva provato poco prima al marchio e decise di non darle importanza. Si incamminò verso il motel, dove trovò Sam intento nelle sue ricerche.
“Trovato qualcosa di interessante?”
“In effetti si. Ci sono state altre morti misteriose nel corso degli anni. Ho trovato degli articoli relativi a delitti mai risolti che risalgono alla fine dell’ottocento. Ma la cosa più interessante è che tutte e tre le vittime erano in qualche modo legate ad altre morti avvenute negli ultimi anni”.
“Ok, racconta”.
“La prima vittima, l’assistente sociale è stata coinvolta in un caso di suicidio. Un paio di anni fa la donna aveva seguito le vicende di una bambina che aveva detto di essere stata molestata dallo zio.  Non era state trovate delle prove certe, ma Rose aveva fatto di tutto per far perseguire l’uomo. Tutti avevano iniziato a pensare che fosse colpevole, e l’uomo si è suicidato per la vergogna”.
“Ma aveva davvero molestato la nipote?”
“E’ sempre rimasto il dubbio sulla sua colpevolezza. Il pastore, la seconda vittima, era stato accusato da una ragazza della sua parrocchia di essere il padre del bambino che portava in grembo. Lui ha sempre negato e i parrocchiani si sono schierati dalla sua parte. La ragazza ad un certo punto è scomparsa e non si sa che fine abbiano fatto sia lei che il bambino, ammesso che sia mai nato. 
L’ultima vittima, Emma, era la migliore amica della ragazza più popolare della scuola, che a quanto sembra si dava molto da fare con i ragazzi. Emma forse era gelosa di lei ed è andata a spifferare al suo fidanzato lei lo tradiva, con più di una ragazzo per giunta. Lui ha perso la testa e durante un litigio ha ucciso la sua amica”.
“Bell’amica. Quindi pensi che queste morti siano in qualche modo collegate al caso?”
“Si, non so come, ma ho la sensazione che c’entrino qualcosa”.
“Ok, domani andremo a parlare con le famiglie e gli amici delle vittime. Forse riusciremo a capirci qualcosa di più”.
Detto questo Dean andò a prendersi una birra e si sedette sul letto. Posò la mano sul braccio, sopra al marchio, che ancora gli faceva male. Sam se ne accorse.
“Va tutto bene?”
“Certo, tutto ok. Dovresti smettere di chiedermelo”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il mattino dopo Dean si alzò presto, si vestì ed uscì, mentre Sam dormiva ancora. Si era svegliato alle due del mattino e non era più riuscito a riaddormentarsi. Si accorse che suo fratello aveva un sonno agitato, e per un paio di volte aveva avuto la tentazione di svegliarlo, perché sembrava stesse avendo degli incubi, ma non lo fece. Temeva che avrebbe reagito male.  
Mentre andava a prendere la colazione alla tavola calda vicino al motel senti nuovamente quella spiacevole sensazione della sera prima. Si guardò intorno ma non c’era nessuno. Decise di nuovo di ignorarla, pensando che dipendesse dalla stanchezza e dal marchio.
Quando rientrò trovo Sam già vestito, con indosso il completo da agente dell’FBI. Si vestì anche lui mentre il fratello faceva colazione e poi andarono all’obitorio per vedere il cadavere della ragazza, l’ultima vittima. Era ridotto davvero male, e anche lei, come gli altri, aveva dei segni sui polsi, come se fosse stata legata.
Poi andarono a parlare con la coinquilina della prima vittima.
Le chiesero se Rose avesse dei nemici o potesse aver fatto qualcosa di male a qualcuno.  La donna rispose che la  sua amica era una brava persona, completamente dedita al lavoro. Non usciva, se non con qualche amica e non aveva mai avuto relazioni con degli uomini, almeno per quanto ne sapeva lei. Il suo lavoro di assistente sociale era tutta la sua vita.  Sam le accennò al caso della bambina che aveva accusato lo zio di averla molestata.
“Quel caso  è stato l’unico che l’abbia sconvolta. Sembrava essere così convinta della colpevolezza di quell’uomo, ma quando si è ucciso ha reagito come se fosse stata lei a premere il grilletto. Si sentiva tremendamente in colpa”.
“E le ha mai detto perché? Se in buona fede aveva creduto al racconto della bambina non avrebbe dovuto reagire così”, le chiese Sam.  
“Non me l’ha mai detto esplicitamente, ma ho avuto l’impressione che avesse capito che la bambina aveva mentito ma che non avesse avuto il coraggio di dirlo per non danneggiare la sua reputazione, e forse per non mettere nei guai la piccola . Probabilmente per questo si sentiva in colpa per la morte dell’uomo”.
“Va bene. Grazie per il suo tempo”.
Sam e Dean uscirono dalla casa della donna e salirono in macchina.
“Se le cose sono andate davvero in questo modo quella donna è stata veramente una stronza. Ha rovinato la vita di una persona per non danneggiare la sua reputazione”.
Dean guardò Sam, con aria pensierosa, senza rispondere. Accese il motore e si diressero a casa del pastore.
Parlarono con la moglie e dopo le solite domande Sam le chiese di raccontargli della ragazza scomparsa.
La donna cambiò espressione e chiese cosa avesse a che fare questo con la morte del marito.
“So che non è una cosa facile per lei, ma qualsiasi informazione può esserci utile. Per cortesia, ci dica cosa c’è stato tra quella ragazza e suo marito”, disse Sam.
“John ha sempre negato di aver avuto una storia con quella ragazza, ma qualche mese prima di morire mi confessò la verità. Era tutto vero, ma lui non poteva permettere che questa storia rovinasse la sua reputazione di pastore irreprensibile. Nessuno doveva  sapere come stavano veramente le cose, e così ha permesso che la ragazza fosse considerata una puttanella bugiarda”.
“E le ha detto nulla riguardo alla sua scomparsa?”
“Mi disse di non avere idea di dove potesse essere finita. Ma sinceramente non so se fosse vero. Un’ultima cosa. Nei giorno precedenti alla sua morte John mi disse di aver provato più volte una strana sensazione, come se ci fosse una presenza poco rassicurante che lo seguiva. Probabilmente non significa nulla, ma è una cosa che mi ha dato da pensare dopo quello che è successo”.
“Va bene signora. Grazie per il suo tempo”.
“Un altro bugiardo ipocrita. Qualcosa mi dice che anche la terza vittima avesse qualcosa da nascondere”, disse Sam mentre tornavano alla macchina.
Andarono a casa di Emma e parlarono con la sorella. Gli raccontò che Emma era sconvolta dalla morte della sua amica, perché era stata lei a dire al ragazzo che lo tradiva. 
“Mi disse che l’aveva fatto perché lui non meritava di essere trattato così, ma da qualche frase che si è lasciata sfuggire penso che ci fosse dell’altro”.
“Cosa vuole dire?”, le chiese Dean.
“Penso che in realtà non abbia detto la verità, o comunque non completamente. Quel ragazzo piaceva molto anche a lei e forse voleva che lasciasse la sua amica. Certo, non pensava che le cose sarebbero finite in quel modo”.
“Le è sembrata strana negli ultimi giorni prima di morire?”.
“No, ma diceva di non sentirsi a suo agio quando si trovava da sola, Che sentiva una presenza inquietante vicino a lei”.
“Va bene. Grazie”, disse Sam.
“Quindi abbiamo un'altra bugiarda, e anche lei aveva avvertito una strana presenza. Torniamo al motel, voglio fare delle ricerche. Ho un sospetto su cosa abbia ucciso quelle persone”.
“Ok Sam, andiamo”.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Salirono in macchina e guidarono, nell’ormai usuale silenzio, fino al motel. Era quasi buio e Dean disse a Sam che sarebbe andato a prendere la cena e lo avrebbe raggiunto più tardi.
Andò verso il porto anche questa volta, passeggiare sul molo lo rilassava,  ma avvertì di nuovo quella presenza inquietante, come le sere precedenti. Iniziò a pensare che non avesse nulla a che fare con il marchio, ma non voleva parlarne con Sam, almeno finché il fratello non avesse avuto qualche informazione in più su chi o cosa avesse ucciso quelle persone. Probabilmente si stava suggestionando da solo e la cosa non aveva nessuna attinenza con il caso.
Andò alla tavola calda e mentre tornava verso il motel sentì un bruciore ai polsi.   Tirò su le maniche e vide dei segni, appena accennati, simili a quelli lasciati da una corda. Ora iniziava a preoccuparsi davvero, ma decise comunque di non parlarne a Sam, almeno per il momento.
Rientrò e posò le buste con la cena sul tavolo. Andò in bagno e controllò di nuovo i polsi. Il dolore era aumentato e ora le abrasione erano più visibili. Prima di uscire si assicurò che le maniche della camicia coprissero completamente i segni e si sedette di fronte a Sam.
“Allora, hai scoperto qualcosa?”, gli chiese, fingendo di non essere molto interessato.
“Si Dean. Direi di si. Ricordavo di aver letto qualcosa su persone morte in maniera violenta, a seguito di un’ingiustizia o di un tradimento, che si trasformano in spiriti vendicativi. Fanno parte del folclore e delle leggende di molti paesi, in varie parti del mondo. Hanno nomi diversi, ad esempio Yurei in Giappone, ma sostanzialmente sono la stessa cosa.  Penso che abbiamo a che fare con uno di loro”.
“E chi sarebbe questo spirito?”
“Probabilmente è legato al processo alle streghe che si tenne qui nel 1692. Non c’era nessuna strega in realtà, ma alla fine furono giustiziate 19 persone, e molte altre furono torturate e imprigionate. Nacque tutto a causa di due ragazze che iniziarono a comportarsi in modo strano e accusarono una schiava di stregoneria. Le accuse furono confermate da due ragazzine che a loro volta denunciarono altre due donne. Poi la situazione degenerò e furono coinvolte decine di persone. Una vera follia collettiva”.
“E cosa ti fa pensare che lo spirito che ha ucciso le nostre vittime sia legato a quel processo?”
“Il modo in cui sono morte. La prima come se fosse stata impiccata, la seconda decapitata e la terza che sembrava essere precipitata da una rupe. Non sono esattamente metodi di esecuzione moderni. E poi i segni delle catene o delle corde intorno ai polsi e alle caviglie”.
“In effetti il tuo ragionamento non fa una piega”.  
“E poi c’è il fatto che le vittime abbiano mentito o comunque non abbiano detto la verità. Se lo spirito è davvero una delle persone uccise, torturate o imprigionate durante quel processo non c’è da stupirsi che se la sia presa con le nostre vittime, tre bugiardi che hanno fatto del male ad altre persone con le loro menzogne”, disse Sam, guardando il fratello in maniera ambigua.
Dean stava per rispondere che se aveva qualcosa da dire poteva farlo apertamente, ma un dolore lancinante alla schiena lo fece desistere.
“C’è qualcosa che non va Dean?”, gli chiese Sam, più per abitudine che per vero interesse.
“No. Ti ho già detto di smettere di chiedermelo”, rispose in tono brusco.
Andò in bagno e chiuse la porta, proprio mentre un’altra fitta lo colpiva. Si tolse la maglietta e si girò con le spalle verso lo specchio. Aveva delle lacerazioni lunghe una quindicina di centimetri e, proprio mentre stava guardandosi la schiena, senti un’altra fitta e vide comparire un altro segno. Sembrava che l’avessero frustato. Si guardò i polsi, che avevano ricominciato a fargli male, ed ora le abrasioni si vedevano chiaramente, simili a quelle trovate sui cadaveri delle tre vittime”.
Adesso aveva la certezza che questo spirito ce l’aveva con lui. Ma perché? Si, era vero che aveva mentito per settimane a suo fratello, a Kevin e a Cas, ma lo aveva fatto per una buona causa. Aveva ingannato Sam per salvargli la vita, non certo per il suo tornaconto personale.
Ma evidentemente lo spirito non la pensava così e non gli importava se tutte  quelle bugie erano state dette per una buona causa.
Si rivestì e uscì dal bagno. Doveva trovare un modo per tirarsi fuori da questa situazione, ma non voleva dirlo a Sam. Suo fratello era già convinto che avesse sbagliato a fare quello che aveva fatto. Sapendo che lo spirito gli dava ragione l’avrebbe trattato ancora peggio.  E magari avrebbe anche pensato che si meritava quello che gli stava succedendo.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Passò quasi insonne anche quella notte. Tra il dolore alla schiena e ai polsi e il pensiero che lo spirito potesse decidere di finire il lavoro da un momento all’altro non aveva alcuna voglia di dormire. Senza farsi vedere da Sam aveva preso il fucile a canne mozze caricato con il sale e lo aveva nascosto sotto il cuscino, per ogni evenienza. 
Erano settimane che dormiva poco, e mangiava sempre meno. Durante tutte quelle notti insonni aveva avuto parecchio tempo per pensare a quello che era successo dopo la caduta degli angeli.
Si rendeva perfettamente conto che quello che aveva fatto a Sam per salvargli la vita era quantomeno discutibile, ma aveva funzionato. Suo fratello era ancora li, accanto a lui. Eppure Sam non sembrava affatto contento di questo. Lo trattava come se salvandogli la vita gli avesse fatto il più grande dei torti e lui non riusciva a capire perché, visto che suo fratello non gli aveva mai detto chiaramente quello che provava e si rifiutava di raccogliere le sue provocazioni.
Mentre rifletteva su queste cose sentì Sam agitarsi nel sonno. Era accaduto anche la sera prima, e forse gli succedeva spesso ora, ma avendo camere separate nel bunker Dean non poteva saperlo. Era quasi l’alba ormai e Dean decise di alzarsi e prepararsi per uscire. Entrò nella doccia e rimase sotto il getto d’acqua  fredda per almeno un quarto d’ora, immerso nei suoi pensieri. Quando uscì tremava, ma almeno l’acqua fresca che scorreva sulle ferite gli aveva dato un po’ di sollievo. Non aveva ancora deciso cosa fare, ma di una cosa era certo, non voleva chiedere aiuto al suo fratellino.
Asciugò i capelli, si infilò i jeans e la maglietta ma aveva dimenticato di prendere la camicia. Aprì la porta cercando di non fare rumore e vide che Sam era ancora addormentato. Proprio mentre frugava nella borsa alla ricerca di una camicia pulita Sam si svegliò.
“Che ore sono Dean?”, gli chiese con la voce roca e assonnata.
“E’ ancora presto. Perché non torni a dormire? Io vado a prendere la colazione”.
Mentre parlava rimase girato, dando le spalle al fratello, in modo che non potesse vedergli i polsi. 
“No, ormai sono sveglio, vado a fare una doccia”.
Non appena Sam entrò nel bagno Dean prese una camicia, ma mentre la stava indossando la porta del bagno si aprì e si trovò il fratello davanti.
“Ho dimenticato di prendere il rasoio”, disse senza guardarlo.
Per un attimo Dean pensò di essersela cavata, che Sam non avesse fatto caso alle ferite, ma dopo qualche istante si sentì afferrare il braccio.
“Dean, che hai fatto? Cosa sono questi segni?”, gli chiese allarmato.
“Non è niente, lasciami”, rispose con impazienza.
Si liberò senza tanti complimenti dalla stretta del fratello e fece per andarsene.
Ma Sam non si diede per vinto, lo prese energicamente per le spalle e lo costrinse a fermarsi. Dean non poté trattenere un  gemito di dolore quando la mano del fratello si posò su una delle ferite.
Sam allora, ancora più preoccupato, prese i bordi maglietta di Dean e la tirò su, scoprendogli la schiena. Rimase inorridito da quello che vide.
“Quando sono comparsi queste ferite? Perché non mi hai detto niente?”, gli disse, con un tono di voce concitato.
“Perché, che te ne importa? Non è un tuo problema!”
“Dean smettila di fare lo stronzo. Quando sono comparse?”, gli rispose Sam con rabbia.
Dean allora si sedette su una delle sedie e, seppur malvolentieri, rispose.
“Ieri sera. E’ da quando siamo arrivati che avverto una presenza poco rassicurante, ma lì per lì non le ho dato importanza. Poi ieri, mentre stavo rientrando  dopo aver preso la cena sono comparsi i segni sui polsi, e dopo un po’ quelli sulla schiena”.
“Perché non me l’hai detto Dean? Lo sai che significano, vero?”
“Significano che lo spirito pensa che io sia un bugiardo figlio di puttana che merita una punizione esemplare. Ti ricorda qualcuno?”, disse Dean con un’espressione di scherno e di sfida.
Guardò Sam e vide che la sua battuta lo aveva colpito. Pensò che finalmente gli avrebbe gridato in faccia quello che provava, ma invece si voltò a andò verso il comodino, dove aveva lasciato il suo notebook, e gli disse,  “Non c’è tempo per questo ora”, con un tono che non ammetteva repliche.
“Dobbiamo scoprire chi è questo spirito per riuscire a fermarlo, ma non ho idea di come fare. Se come penso è qualcuno coinvolto nel processo alle streghe abbiamo decine di possibili colpevoli. E anche se riuscissimo a capire chi è dovremmo sempre trovare la tomba per bruciarne i resti”.
“Beh fratellino, forse questa volta non c’è niente che possiamo fare”, gli disse con aria rassegnata.
“Cosa? Stai scherzando, vero?”, disse Sam guardandolo con incredulità.
“No, affatto. E poi, non pensi che me lo meriti? Sii sincero”.
Dean gli fece questa domanda perché aveva disperatamente bisogno di sentirsi dire che non era vero.  Da quando Sam aveva saputo quello che Dean aveva fatto lo aveva spinto via, tenuto a distanza. Per la prima volta nella sua vita il suo fratellino gli aveva detto che non credeva più in lui, che non poteva fidarsi di lui, e questo lo faceva sentire come se non avesse più niente da perdere.  Il marchio di Caino non aveva fatto che peggiorare la situazione. Era sempre più inquieto, aveva dentro una rabbia latente, un’aggressività pronta ad esplodere che era ogni giorno più difficile da controllare. Si diceva che una volta entrato in possesso della prima lama e ucciso Abbadon tutto si sarebbe sistemato, ma era solo una favola che si raccontava per tirare avanti.
La prospettiva di morire non lo spaventava poi tanto e, forse, era l’unico modo per trovare un po’ di pace.
Purtroppo anche questa volta Sam non raccolse la provocazione.
“Abbiamo di meglio da fare che discutere di questo”, gli disse senza neanche guardarlo.
Prese il notebook e si immerse nelle sue ricerche.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mentre cercava tutte le informazioni che riusciva a trovare sulle persone coinvolte nel processo Sam rimuginava su quello che il fratello gli aveva detto. Certo che non pensava si meritasse questo, ma il suo risentimento gli aveva impedito di dirglielo. Il pensiero di perderlo lo terrorizzava e, anche se era ancora arrabbiato con lui, Dean era sempre la persona più importante al mondo per Sam. Era stato l’unico punto fermo della sua vita, l’unica costante, ma ora aveva perso  la fiducia cieca che aveva sempre riposto in lui ed era spaventato da quello che suo fratello era capace di fare per proteggerlo. 
Ma adesso che era Dean ad essere in pericolo si chiese cosa era disposto a fare per salvargli la vita. Esisteva un  limite oltre il quale non si sarebbe spinto?
Quando Dean era in purgatorio aveva provato a mantenere la promessa che si erano fatti reciprocamente. Non l’aveva cercato e aveva tentato di vivere una vita normale. Per un po’ di tempo si era illuso di esserci riuscito, ma in realtà era come se stesse vivendo la vita di qualcun altro. 
Era qualcosa che non gli apparteneva, e quando Dean era tornato se ne era reso pienamente conto. Sam era finalmente venuto a patti con quello che era, un cacciatore, ed ora anche un uomo di lettere. Nonostante i sentimenti contrastanti che provava verso il fratello, la sua vita era accanto a lui. Solo quando erano insieme si sentiva davvero vivo, completo.
Frattanto Dean  era andato in giro per la cittadina a raccogliere informazioni. A quanto pare il processo alle streghe e tutto ciò che lo riguardava costituiva un’industria fiorente. C’erano musei dedicati alle streghe e  al processo. Era stato ricostruito un villaggio dell’epoca e c’era un memoriale dedicato alle 19 vittime giustiziate. C’era un museo delle cere e si poteva visitare la casa di uno dei giudici coinvolti nel processo.
Tutte attrazioni per turisti, pensò Dean. L’unico luogo interessante era il cimitero, con tombe risalenti al diciassettesimo secolo.
Quando rientrò trovo Sam dove l’aveva lasciato, ancora intento nelle ricerche.
“Allora, trovato nulla?”
“No Dean, ci sono troppe persone coinvolte. Non ho idea di come fare per capire chi potrebbe essere. Tu come stai? Le ferite sono peggiorate?” rispose, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
“Le ferite fanno sempre più male. Ho dovuto prendere un antidolorifico. Ma almeno nelle ultime ore non ne sono comparse altre.
Comunque anch’io non ho buone notizie. L’unico luogo che  potrebbe tornare utile è il cimitero. Ci sono tombe dell’epoca del processo e anche più antiche”.
“Beh, anche il museo delle streghe non è da scartare. Ho letto sul sito internet che ci sono dei reperti originali del tempo, cose appartenute davvero alle presunte streghe coinvolte nel processo”.
Sam alzò la testa e, per la prima volta da quando era entrato, si girò a guardare il fratello.
“Oh no, merda”, disse con un tono allarmato.
“Che c’è? Perché mi guardi come se avessi visto un fantasma?”, gli chiese Dean, che aveva notato la sua espressione spaventata.
Alle spalle del fratello c’era una donna, pallida, con i capelli spettinati, di un nero corvino, lunghi fin quasi alla vita. Le braccia che spuntavano dalle maniche dell’abito seicentesco, lacero e sporco, erano ossute, così come le gambe e i piedi nudi.
Il vestito, che una volta doveva essere stato di un bel rosso, sembrava di una taglia troppo grande, come se non fosse stato il suo. Aveva i segni di una corda intorno alla gola, un’ espressione triste e uno sguardo carico di rancore.
Sam pensò che il suo viso era familiare. Poi si ricordò di aver visto il suo ritratto in uno dei disegni fatti all’epoca del processo, mentre faceva ricerche in rete. Ora aveva la conferma che si trattava dello spirito di una delle vittime della caccia alle streghe.
Sam corse verso la borsa, che era a terra vicino alla finestra, e prese il sale e il fucile.
Disse al fratello di abbassarsi e fece fuoco.
La donna si dissolse nel nulla.
“Tieni Dean, prendi il sale mentre io ricarico il fucile”.
Dean iniziò a tracciare il cerchio, e appena finito si sedette sul letto.
“La prossima volta avvisami prima di sparare. Mi hai fatto prendere un colpo”.
“Beh, non c’era molto tempo per i convenevoli. Comunque ora sappiamo che lo spirito è una delle vittime del processo, ho visto il suo ritratto fatto durante una delle udienze. A quanto pare è ancora piuttosto incazzata per quello che le hanno fatto e se la prende con quelli che con le loro bugie o i loro silenzi hanno ferito o provocato la morte di altre persone”.
Dean decise di ignorare l’ultima parte della frase pronunciata dal fratello e disse, “E questo come ci aiuta a risolvere il problema?”.
Sam era già tornato a consultare il portatile. Dopo qualche minuto mostrò lo schermo a Dean.
“Ecco il ritratto che ti dicevo. E’ lei. Un po’ più in carne rispetto allo spirito ma è la stessa donna. Si chiamava Mary Dorian e fu una delle ultime  ad essere giustiziata, dopo mesi passati in prigione e chissà quali torture. Fu impiccata, ma non si fa cenno a dove sia stata sepolta”.
“Mi fido di te. L’ho soltanto intravista prima che scomparisse. A questo punto, come prima cosa, direi di fare una visita al cimitero. Che ne dici fratellino?”, rispose Dean.
“Si, e speriamo di essere fortunati e di trovare la sua tomba. Tu finché non usciamo rimani all’interno del cerchio, per favore”, gli disse con un tono gentile ma la tempo stesso autoritario.
Dean pensò a quando mai nella loro vita erano stati fortunati. Ma una cosa positiva in tutta questa storia c’era. Sam, nonostante le cose che gli aveva detto nelle ultime settimane, sembrava sinceramente preoccupato per lui. Quando aveva visto le ferite sul suo corpo era entrato nel panico e questo aveva scaldato il cuore di Dean.  Pensò che valesse la pena essere il bersaglio di uno spirito vendicativo se tutto ciò gli avrebbe permesso di riavere indietro il suo fratellino.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Uscirono che era notte già da un po’ e si diressero al cimitero. Faceva molto freddo e c’era anche un po’ di nebbia, nel cielo appena un accenno di luna. Questo semplificava le cose. Non c’era anima viva in giro.
“E’ proprio la serata adatta per profanare tombe, eh Sammy?”, disse Dean con un ghigno stampato sul viso, mentre prendevano le borse e le pale dal portabagagli dell’Impala. Cercava di stemperare un po’ la tensione, ma non sembrava ottenere grandi risultati.
“Ok, diamoci da fare. Tu vai da quella parte, io di là”.
“No, Dean, è meglio se rimaniamo insieme”, rispose Sam con un tono un po’ ansioso.
“Andiamo Sam, il cimitero non è così grande, rimarrò sempre in vista. Se ci dividiamo faremo prima a trovare la tomba della nostra amica, ammesso che ci sia”.
Presero le torce e cominciarono a camminare tra le lapidi, in direzioni opposte. Ce ne erano davvero di molto antiche, ed ognuna di esse rappresentava un pezzo di storia. In altre circostanze sarebbe stata una visita piuttosto interessante. Dopo qualche minuto Sam arrivò ad un gruppo di tombe disposte in maniera disordinata intorno ad un albero, all’interno di un piccolo recinto. Le pietre erano erose dal tempo a dalle intemperie. Alcune erano inclinate o mancanti di qualche parte.  Su qualcuna non si leggevano più le incisioni. Il ragazzo Iniziava a pensare che fosse come cercare un ago in un pagliaio.
Scavalcò il recinto e si accucciò davanti alle lapidi, cercando di decifrare le scritte ancora comprensibili.
Dopo qualche minuto chiamò il fratello.
“Dean, hai trovato niente?”
Passò qualche secondo ma non ebbe risposta. Lo chiamò nuovamente mentre si rimetteva in piedi, ma senza risultato. Si guardò intorno, allarmato, e vide ad una cinquantina di metri di distanza il fascio di luce di una torcia.  Era a terra,  accanto al fratello. Dean era in ginocchio ed aveva una mano intorno al collo e l’altra poggiata sul terreno, come per sostenersi.
Sam corse verso di lui più veloce che poteva e quando lo raggiunse sul suo viso si dipinse un’espressione di angoscia allo stato puro, e di paura.
Perfino alla luce della torcia poteva vedere che Dean stava iniziando ad impallidire. Gli scostò la mano e vide che alla base della gola cominciava a delinearsi una linea rossa.
Sam ora era davvero in preda al panico ma  disse, più per farsi coraggio che per convinzione, “Dean, stai tranquillo. Vedrai, andrà tutto bene”.
Per un attimo sembrò che la stretta intorno alla gola si allentasse un po’, e Dean , guardandolo negli occhi, riuscì a dire, “Sammy, credevo fossi pronto per questo”.
Sam scosse la testa e disse, “Dean, non pensavo veramente quelle cose. Volevo solo ferirti. Volevo fartela pagare per aver permesso a quell’angelo di possedermi. Volevo fartela pagare perché mi avevi tolto la possibilità di decidere della mia vita, per tutte le bugie e per la morte di Kevin, che rivivo la notte nei miei incubi. Ma per quanto possa essere arrabbiato con te non smetterò mai di volerti bene. Non smetteremo mai di essere fratelli”.
Dean faceva sempre più fatica a respirare, ma aveva alcune cose da dire al suo fratellino.
“Mi dispiace Sammy. Non di averti salvato la vita. Di  quello non mi pentirò mai e lo farei altre mille volte. Mi dispiace di averti ingannato, ma quando Gadreel mi ha mostrato che eri pronto a morire ho perso la testa.  
Ti ho lasciato andare una volta, quando sei saltato nella gabbia di Lucifero, e quell’anno in cui ho vissuto senza di te c’era un vuoto enorme che niente riusciva a colmare, nonostante avessi accanto una donna fantastica e un bambino che consideravo come un  figlio. Era come se una parte di me fosse morta. Ho giurato a me stesso che non avrei mai più vissuto un’esperienza simile, per cui in quell’ospedale non ce lo fatta a lasciarti andare, di nuovo.  Non era in me e non lo sarà mai”.
Dovette interrompersi perché parlare gli costava una fatica enorme, ma aveva ancora qualcosa da dire. Mise la mano sulla spalla del fratello e, con un filo di voce, continuò.
 “Voglio che tu sappia che mi dispiace per tutte le bugie, mi dispiace per Kevin. La sua morte è una mia responsabilità e non mi perdonerò mai per non averlo protetto. Il suo sangue è  sulle mie mani, tu non hai nessuna colpa, nessuna”, gli disse guardandolo con affetto.
A questo punto Dean non riusciva quasi più  respirare ma, con le ultime forze che gli rimanevano, riuscì ad accennare un sorriso.  
Sam ricambiò e, cercando di mantenere una voce ferma, rispose “Dean, è tutto ok. Davvero.  Dispiace anche a me per tutte le cose che ti ho detto”.  
Il fratello stava perdendo conoscenza, il viso cianotico, la pelle gelida, coperta da un velo di sudore. Sam lo prese tra le braccia, prima che finisse a terra, e lo fece sdraiare, tenendolo stretto a se, la testa poggiata sul suo petto.  
In quel momento riapparve la donna. Sam stava per sparare di nuovo, ma qualcosa nell’espressione di lei lo fermò.  Ora il suo viso appariva sereno. Nello sguardo non c’era più odio e sembrava quasi che sorridesse. Si voltò e s’incamminò verso una luce che era apparsa dal nulla, sparendo insieme ad essa.
Nel frattempo Dean aveva smesso di respirare.
“Dean, no, no. Non puoi lasciarmi, non così. Andiamo, rimani con me fratellone” lo supplicò, con la voce rotta dal pianto e il viso rigato di lacrime.
Passò meno di un minuto, che a Sam sembrò un’eternità, e poi sentì qualcosa. Sotto le sue mani il petto del fratello aveva ripreso ad alzarsi ed abbassarsi.
Sam lo adagiò sull’erba e vide che il suo colorito non era più cereo, ma stava ritornando alla normalità. Il segno intorno alla gola stava scomparendo. Sam gli tirò su le maniche del giubbotto e vide che anche le ferite sui polsi stavano sbiadendo.
Dopo un paio di minuti  Dean aprì gli occhi.
“Cos’è successo?”, gli chiese con un’espressione smarrita.
Sam non rispose. Lo aiutò a rimettersi in piedi e lo strinse con forza in un abbraccio. Dean non capiva cosa stesse accadendo, ma dopo un attimo di esitazione ricambiò la stretta. Era bello sentire di nuovo il calore dell’affetto di suo fratello.  
“Mi vuoi dire cosa è successo, ora?”
Sam si sciolse dall’abbraccio e si passò, con un gesto rapido, il dorso della mano sul viso, per asciugarsi le lacrime. Dean si accorse che aveva pianto, ma preferì far finta di niente.
“Andiamo via di qui fratellone, ti racconterò tutto strada facendo”, gli rispose con un sorriso.
Dean non si ricordava neanche più l’ultima volta che l’aveva visto sorridere in quel modo.
“Quindi lo spirito ha deciso semplicemente di lasciarmi in pace ed è scomparso? Questa è davvero una  novità”.
“Si, ma credo di sapere perché. Quello che mi hai detto poco prima di perdere conoscenza, la tua spiegazione riguardo al perché hai fatto quello che hai fatto, l’aver detto che ti dispiaceva, forse lo spirito voleva solo sentire qualcuno dire la verità, ammettere di aver sbagliato e assumersene la responsabilità. Se  lo avessero fatto per lei non sarebbe finita sulla forca”.
“Ok, prendo per buona la tua ipotesi. C’è sempre una prima volta”, rispose sorridendo.
Arrivarono al motel e Dean spense il motore della macchina. Sam Stava per aprire la portiera ma il fratello gli posò una mano sul braccio per trattenerlo.
“Ascolta Sammy, riguardo a quello che è successo, ricordo quello che ti ho detto, e non mi rimangio nulla. Non era un pentimento dell’ultimo minuto, lo pensavo davvero. Avrei dovuto dirtelo prima e non aspettare di lasciarci quasi la pelle”, disse, girandosi a guardare il fratello, quasi temendo la sua risposta.
Sam, per la prima volta dopo settimane, aveva un espressione serena.
“Vale anche per me, Dean. Sia chiaro, penso ancora che tu abbia sbagliato ad ingannarmi, ma quando mi sono ritrovato con te praticamente morto tra le braccia, è stato come se avessi smesso di respirare anch’io. Tutto il rancore e la rabbia che avevo covato per settimane in quegli istanti sono spariti”.
Per Dean fu come se un peso enorme gli fosse stato tolto dal cuore. Ma proprio in quel momento il marchio tornò a farsi sentire, come a ricordargli che per loro non c’era il lieto fine, mai. Posò la mano sul braccio e non poté nascondere una smorfia di dolore.
“Dean, che succede? E non dirmi che è tutto ok o giuro che ti prendo a calci nel culo”.
“No Sam, non è tutto ok. Il marchio mi sta facendo qualcosa, mi sta cambiando, e non in maniera positiva, ma parlarne non servirà a nulla. Dobbiamo trovare Abaddon e mettere fine a questa storia. Solo così si risolverà tutto”, rispose.
“Non ti preoccupare, insieme usciremo anche da questa situazione. Ma voglio che tu sia sincero con me d’ora in avanti”, gli disse Sam guardandolo negli occhi.
“Va bene fratellino, te lo prometto”, gli rispose dandogli una pacca sulla spalla.
Dean non era affatto convinto che tutto si sarebbe risolto per il meglio, forse era già troppo tardi perché uscisse indenne da tutto ciò. Forse il marchio l’avrebbe cambiato per sempre. Ma almeno ora aveva di nuovo suo fratello accanto. Erano l’uno il punto debole dell’altro, ma erano anche la loro forza. Forse insieme ce l’avrebbero fatta, anche stavolta.

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