Prejudice

di Obsessjoe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***




PROLOGO

"Anything is as it seems"


Nuova città, nuova casa, nuova scuola, nuova vita. Dal finestrino della Mini Cooper di mia madre guardavo quel posto così diverso dal mio paese natale: non sarei mai voluta trasferirmi, non avrei mai voluto che mia madre accettasse di cambiare lavoro, non avrei voluto abbandonare tutti gli amici che mi ero fatta in 17 anni di vita e finire per ricominciare tutto da capo, con la possibilità di non riuscire a farmi degli amici e di diventare un'emarginata.
<< Paige, é tutto apposto? >>
Mia madre mi risvegliò dai miei pensieri ed annuii facendole un sorriso. Di certo non avrei potuto dirle che preferivo rimanere nella mia vecchia casa, d'altronde le servivano i soldi per mantenerci e senza un lavoro fisso non ce l'avrebbe fatta.
<< Vedrai che ti piacerà Brighton, ci sono tanti parchi ed é pieno di ragazzi giovani come te con cui puoi fare amicizia. >>
<< In che quartiere andremo per la precisione? >>
<< A Hollysbury, ho preso la casa in un punto strategico, infatti avrai tutto vicino: la scuola, la spiaggia ed il centro commerciale. Inoltre nel molo c'é un lunapark molto bello, ci potrai andare con le tue amiche. >>
Dopo circa mezz'ora di viaggio arrivammo davanti ad una delle villette del quartiere e mia madre parcheggiò davanti ad un garage color panna, così come il resto delle pareti esterne della casa a due piani; scendemmo dall'auto e osservai il giardino con il prato che continuava sul retro in cui c'erano un paio di alberi ed una siepe che lo contornava dividendolo da quello dei vicini.
<< Eccoci finalmente, non sei eccitata all'idea di vivere qui?! >>
Senza aspettare la mia risposta tirò fuori dalla borsa un mazzo di chiavi e con una di esse aprì la porta color noce ed entrammo: le pareti erano ricoperte da una carta da parati bianca con delle decorazioni incavate, il pavimento del salone e della cucina collegata ad esso da una porta scorrevole era in parquet, l'arredamento era principalmente nero mentre c'erano delle scale in marmo bianco alla fine della stanza che dovevano condurre alle camere da letto. Salii al piano superiore ed entrai nella mia stanza: le pareti erano verde acqua chiaro, il pavimento era ricoperto interamente da un tappeto nero di quelli morbidi con i peli, posto praticamente davanti a me c'era il letto, in fronte ad esso la scrivania mentre alla mia sinistra c'era un armadio bianco e la porta che conduceva al bagno. Posai l'enorme scatolone che avevo in mano con su scritto 'Paige' sul letto ed iniziai a sistemare i libri, le foto e tutti gli oggetti -prevalentemente inutili- che mi ero portata nella nuova casa; una volta finito tornai di sotto, presi i due trolley con i miei vestiti e li sistemai nell'armadio cercando di non stropicciarli ma invano, visto che grazie al mio disordine finirono quasi tutti ammucchiati, ero sicura che quella camera, in quel momento così perfetta, nel giro di pochi giorni sarebbe diventata un disastro.
Andai in cucina per bere e trovai mia madre intenta a cucinare qualcosa.
<< Non riesco ad accendere questo forno, non capisco come funzioni...penso che per questa sera andremo a mangiare fuori. >>
Si mise a ridere e la seguii, la sua risata era così cristallina e piacevole che ti faceva voglia di sentirla all'infinito, aveva sempre un tono giovanile e contento; purtroppo ultimamente non rideva molto e nemmeno sorrideva come era solita fare, era sempre stressata o di fretta per colpa del lavoro, infatti fui felice di vederla scherzare come una volta, significava che stare in quel posto la faceva stare di buon umore e speravo che si trovasse bene nel suo nuovo incarico a Brighton.
Mi disse di andarmi a preparare così andai a farmi una doccia e mi misi un paio di pantaloncini in jeans ed una maglia a maniche corte nera, non ero una di quelle ragazze che stava mezz'ora davanti all'armadio per scegliere cosa indossare e tantomeno mi interessava avere capi costosi o firmati. Misi un filo di eye-liner sugli occhi azzurri, pettinai i lunghi capelli castani e scesi in salotto dove mia madre mi stava aspettando seduta sul divano in pelle nera, indossai delle Vans nere ed uscimmo per andare al ristorante: optammo per un semplice McDonald's che si trovava all'interno del centro commerciale del paese, posto a pochi minuti in macchina da casa nostra.
<< Sei pronta per andare nella nuova scuola domani mattina? >>
Mi disse mentre eravamo sedute sul divano del salotto a guardare la tv e la fissai con gli occhi sbarrati nei suoi azzurri e limpidi, non avevo ancora realizzato che la mattina dopo sarei dovuta andare nel nuovo istituto.
<< Sicura di aver comprato l'uniforme? Io non l'ho vista in mezzo ai miei vestiti. >>
<< Non provare a fare la furba, l'uniforme ce l'ho in camera io perché so che saresti capace di organizzare uno dei tuoi soliti piani per non andare a scuola. >>
Sbuffai sonoramente e poi mi misi a ridere, seguita da lei, che si passò una mano sui capelli rossi ricci che io sfortunatamente non avevo ereditato; secondo i suoi aneddoti da ragazza era seguita da molti spasimanti che le sbavavano dietro per il suo fisico mozzafiato, i capelli stupendi e gli occhi azzurri cielo. Lei di sicuro non doveva aver avuto problemi a farsi amicizie a scuola. Però magari ero io che mi facevo delle paranoie inutili, perché mai avrebbero dovuto prendere in giro o isolare una ragazza nuova? Non ce n'era motivo, giusto? E con queste domande che mi frullavano in testa mi addormentai la sera.


 


#SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte, questo è il prologo della mia prima fan fiction, se avete suggerimenti o volete dirmi cosa ne pensate scrivetemi una recensione e risponderò a tutte. La presta volto per la protagonista è Zoe Sugg, nonché la ragazza nel banner mentre la storia è ambientata a Brighton, nel Regno Unito.
Baci e al prossimo capitolo che pubblicherò presto e in cui entreranno anche i ragazzi.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***




CAPITOLO UNO

"First day in school"

<< Paige svegliati, devi andare a scuola oggi. >>
Mugugnai qualcosa di incomprensibile e aprii gli occhi, venendo travolta dalla luce che entrava dalla finestra che mia madre aveva aperto; mi passai una mano sul viso ed alzai il busto, stiracchiandomi in modo pigro e lento, come era mio solito fare. In un primo momento non riconobbi la stanza ma poi ricordai del trasloco, del McDonald's, della nuova scuola e mi venne un nodo alla gola. Mi alzai dal letto e mi preparai facendomi una doccia calda ed indossando l'uniforme composta da una giacca blu, una camicia azzurra ed un kilt blu e truccandomi leggermente, per poi scendere a fare colazione insieme a mia madre.
<< Sicura di non volere che ti accompagni in macchina? Ho paura che ti possa perdere. >>
<< Mamma, é a mezzo isolato da qui la scuola, devo andare sempre dritta dopo aver girato a sinistra alla fine della via, se tu mi accompagnassi ci farei solo una brutta figura. >>
<< Come vuoi tu...mi fido. >>
Dopo aver mangiato delle fette biscottate con la marmellata in fretta feci lo zaino con i libri nuovi che avevo dovuto cambiare da una scuola all'altra e dopo essermi messa le ballerine -che secondo l'uniforme erano obbligatorie- uscii di casa.
Dopo dieci minuti arrivai alla Patcham High School, davanti ad essa c'erano moltissimi studenti, tutti raggruppati in piccoli gruppi dove si capiva subito la popolarità e la "classe sociale": c'erano i secchioni, che avevano i libri in mano e stavano studiando, consultandosi probabilmente su delle formule matematiche; i fighetti, composti dai ragazzi più popolari della scuola, tutti perfetti e che si atteggiavano per far emergere la loro superiorità; i palestrati, formati solo da maschi tutti muscolosi, che avevano già la divisa da rugby addosso e infine c'ero io, che non ero in nessun gruppo e me stavo in disparte seduta su un muretto, con la testa bassa a guardare le gambe penzolanti aspettando il suono della campanella con timore.
Dopo poco entrai dalla grande porta di vetro e camminai lungo il corridoio venendo spinta da alcuni ragazzi, che mi guardavano con una faccia interrogativa non avendomi mai visto, ma che però non si fermavano a chiedermi chi ero e probabilmente l'avrebbero domandato ad un loro amico che avrebbe alzato le spalle perché nessuno era a conoscenza della mia presenza in quel posto. Ricordai che alla prima ora avevo algebra così cercai la classe giusta ma ci misi un po' di tempo e di conseguenza arrivai in ritardo; mi avvicinai alla porta tremando, non sapendo se sarei stata sgridata e la faccia che avrebbe fatto il professore. Bussai e sentii un' "avanti" di una voce femminile, così entrai e gli occhi di tutta la classe mi si puntarono addosso.
<< Buongiorno signorina, desidera? >>
<< Salve...sono Paige Edwards, sono nuova in questa scuola. >>
<< Si si il preside mi ha parlato brillantemente di te, fai un quadro di te generale agli altri per far capire che tipo sei. >>
<< Ehm... Mi chiamo Paige, ho diciassette anni e mi sono trasferita ieri a Brighton da Manchester con mia madre perché mio padre fa il militare ed é in una missione in Palestina. >>
Sentii dal fondo della classe qualcuno aveva detto "sai che si farà ammazzare?" e commenti vari ma li ignorai, sapevo che mio padre sarebbe tornato sano e salvo a casa come mi aveva sempre detto mia madre.
<< Dicci -anche se sembrava solo lei interessata- quali sono i tuoi hobby?>>
La donna sulla sessantina si sistemò gli occhiali rotondi alla Harry Potter sul naso e mi guardò sorridendo, quella professoressa mi piaceva di primo impatto, sembrava gentile.
<< Non ho dei veri e propri hobby, mi piace scattare fotografie e stare in mezzo alla natura, lo trovo rilassante. >>
<< Ottimo, ora puoi andare a sederti....>> guardò i banchi e gli studenti <<...in terza fila, in fianco alla finestra c'é un posto libero, spero tu sia al nostro passo con gli argomenti.>>
Durante la lezione alzai più volte la mano per dire il risultato -quasi sempre corretto- delle equazioni dettate dalla professoressa; non ero una cima a scuola ma, oltre al fatto che mi piaceva algebra, scoprii di essere più avanti nel programma in confronto agli altri quindi ero avvantaggiata. Alla fine dell'ora raccolsi le mie cose e attraversai la classe ma mentre camminavo uno degli studenti mi fece lo sgambetto e caddi sbattendo il mento sul pavimento, provocando la risata di tutti; così mi alzai il più velocemente possibile, presi lo zaino e mi avviai nel il corridoio verso la prossima lezione.
Nelle ore successive si ripeteva sempre la stessa cosa: entravo, mi presentavo alla professoressa, mi sedevo in uno dei banchi liberi, mi annoiavo a sentire argomenti già trattati ed al suono della campanella ci mettevo una marea di tempo a cercare la classe in cui sarei dovuta entrare. Alla fine sesta ora, mentre mi dirigevo verso la mensa, un ragazzo alto e con un i capelli alzati in una cresta nera mi si parò davanti sbarrandomi la strada e mi puntò un dito sul petto.
<< Non ci piacciono le saputelle, hai capito? Visto che sei nuova ci metto un secondo a farti diventare lo zimbello di tutta la scuola, così impari a non fare la leccaculo coi professori. >>
Dopo avermi praticamente minacciato si spostò e corsi in bagno a darmi una rinfrescata con l'acqua; perché già il primo giorno di scuola doveva fare schifo? Non volendo essere derisa decisi di non rispondere più a ciò che sapevo durante tutte le lezioni, forse ero ancora in tempo per non venire emarginata. Entrai in mensa e nessuno si voltò a guardarmi, pensai fosse un buon segno quindi andai a prendere il pranzo in uno dei vassoi rossi posti sopra ad un bancone ma mentre andavo verso uno dei tavoli liberi una ragazza mi venne addosso, facendomi cadere tutta l'insalata di patate, il succo e la minestra addosso, provocando la risata di gran parte dei ragazzi presenti nella stanza.
<< Oh mi dispiace, non ti avevo proprio vista, sai...sei come invisibile qui, un pesciolino sperduto in mezzo all'oceano, quindi attenta agli squali. >>
Nonostante la pessima similitudine capii che voleva dire la stessa cosa del ragazzo nel corridoio: dovevo starmene al mio posto essendo nuova. Andai a sedermi a testa bassa in uno dei tavoli liberi, consapevole che per il resto della giornata avrei avuto l'uniforme sporca e che non avrei mangiato ma dopo un po' vidi venire verso di me un ragazzo biondo con gli occhi azzurri.
<< Sei qui anche te per dirmi che non devo fare la leccaculo? Perché i tuoi amici mi hanno già fatto capire il concetto. >>
Si mise a ridere e scosse la testa in senso negativo.
<< Veramente sono nuovo anche io alla Patcham, mi chiamo Niall. >>
Sorrisi arrossendo per la figuraccia, gli porsi la mano e lo invitai a sedersi vicino a me battendo la mano nella sedia.
<< Io sono Paige, scusa per l'accusa, pensavo facessi parte degli stronzi. >>
<< Fa niente, ti capisco: anche a me hanno rotto le palle appena sono arrivato. >>
<< Ma cosa vogliono? >>
<< Fanno solo i fighi, alla fine sono degli sfigati pure loro ma sono popolari e credono di essere i padroni del mondo. >>
<< Capisco... >> Mi misi a pensare e lo fissai con un sopracciglio alzato << Che accento strano che hai, da dove vieni? >>
<< Sono irlandese, vengo da Mullingar. >>
<< Infatti eri troppo strano per essere inglese. >>
<< Ah ma grazie eh! >>
<< Intendevo che il tuo accento é strano, tu non sei strano no no. >>
Ci mettemmo a ridere, che bella risata che aveva, pura e cristallina, sembrava simpatico come ragazzo, inoltre era la prima persona nella scuola che mi aveva rivolto la parola quindi speravo diventassimo amici.
<< Da quanto sei in questa scuola? >>
<< Io sono arrivato una settimana fa, infatti mi sono un po' orientato in questo posto enorme. >>
<< Io sono arrivata oggi e non ci capisco una minchia di come sono fatti i corridoi e dove si trovano le aule. >>
<< Guarda che siamo nella stessa classe, lo so che sei arrivata oggi, dopo tutte le presentazioni che hai fatto potrei scriverti una biografia. >>
Riflettei sul fatto che era nella mia classe, non lo avevo visto nelle precedenti ore, ma in effetti mi ero concentrata più sui professori che sugli alunni.
La campanella che dichiarava il pranzo -per quanto non avessi messo nulla in bocca- concluso suonò e di conseguenza tornai in classe e forse per la prima volta nella giornata arrivai in anticipo, grazie a Niall che mi guidò per la scuola e cercò di insegnarmi un po' la forma della struttura che a me sembrava un labirinto.

 


Questa è Zoe Sugg, che nella mia fan fiction interpreta Paige Edwards

 



Angolo autrice
Dopo più di una settimana ho aggiornato con questo primo capitolo in cui succedono diverse cose; mentre nel prossimo la storia sarà proiettata in avanti di una settimana, in modo che Paige si sia ambientata nella scuola ed abbia fatto amicizia con Niall, che per ora é l'unico dei ragazzi ad essere entrato nella storia (o forse no?).
Comunque, la scuola dov'è ambientato la fan fiction esiste veramente e si trova a Brighton, dove appunto abita Paige; é una città vicina al mare nel sud dell'Inghilterra e non immaginate la fatica che ho fatto per trovare un posto in cui ambientare la storia e documentarmi sui luoghi di esso; anche la via dove abitano la protagonista e sua madre é reale e verrà resa nota in uno dei prossimi capitoli.
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, visto che é la mia prima fan fiction scrivetemi nelle recensioni dei consigli per scrivere meglio e li prenderò di sicuro in considerazione; io evaporo visto che questo spazio autrice é lungo trenta chilometri, al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***




CAPITOLO DUE
“He’s not a bad guy.”

 
Dopo una settimana mi ero ambientata abbastanza nella scuola, anche grazie all'aiuto di Niall visto che avevamo fatto amicizia, scoprendo così di avere varie cose in comune. Alcuni studenti continuavano a minacciarmi o a farmi scherzi ma ormai gli rispondevo indietro, avevo lasciato da parte la timidezza che avevo assunto i primi giorni.
Ero in classe all'ultima ora del lunedì, io ed il biondo eravamo seduti in quarta fila a cazzeggiare non curanti del professore di biologia che stava cominciando un nuovo argomento, che- da quello che avevo capito- non avevo affrontato nemmeno io nella vecchia scuola.
<< Horan, Edwards, visto che vi divertite molto intuisco che sappiate già la lezione di oggi quindi, se non vi dispiace, venite alla cattedra a spiegare quello di cui stiamo trattando al posto mio. >>
Sussurrai un “merda” e guardai Niall con gli occhi sbarrati, dubitavo di riuscire a cavarmela con la sufficienza; ci alzammo dalle sedie ed andammo vicino al professor Right, che ci osservava serio con quella barba bianca che sembrava zucchero filato e gli occhi piccoli e corvini che mi incutevano un po’ di paura, essendo contornati anche da svariate rughe dovute all’età- intorno ai sessanta- che lo facevano sembrare una tartaruga.
<< Edwards, visto che la prima volta che ci siamo visti ha saputo rispondere brillantemente alle mie domande dal posto, sono sicuro che oggi sarà altrettanto brava. In quanto a lei Horan, nelle svariate volte in cui ha frequentato le mie lezione è sempre stato muto come un pesce quindi inizio proprio da lei. >>
Dopo che fece alcune domande a Niall- alle quali non rispose nemmeno ad una- fu il mio turno, in cui per quasi un quarto d’ora d’inferno feci completamente scena muta, non sapendo minimamente cosa dire. Alla fine risposi ad una domanda ma non mi sarebbe servita a nulla, sapevo che avrei preso un votaccio e che mia madre, essendo abbastanza oppressiva sul fatto che dovessi andare bene a scuola, mi avrebbe rimproverato a lungo e mi avrebbe vietato di uscire da casa per rimanere chiusa in camera a studiare.
<< Do a tutti e due tre, siete stati veramente penosi, se fossi in voi cercherei di rimediare al più presto se non volete vedere quel voto anche nella pagella alla fine del trimestre. Ora portatemi i libretti e vedete di stare attenti al resto della lezione. >>
Andai nel mio banco e presi il libretto dallo zaino per poi portarlo al professore che come aveva detto mi mise tre, tornai al mio posto rossa in viso dalla vergogna, anche se la maggior parte dei miei compagni non erano bravi a scuola. Il resto dell’ora lo passai completamente muta ed attenta, non perdendo nemmeno una delle parole che erano uscite dalla bocca imbronciata del professore ed al suono della campanella io e Horan ci precipitammo nel corridoio per poter finalmente parlare.
<< Cazzo Niall, mia mamma mi uccide. >>
<< I miei ormai si sono abituati ai miei voti. >>
<< Beato te, mia mamma è fissata sul mio rendimento a scuola, infatti quelle volte che prendo l’insufficienza mi chiude in camera per un giorno, figuriamoci se sa che ho preso tre, probabilmente mi farà diventare suora. >>
<< Dai non essere esagerata adesso, non ti immagino suor Paige. >>
Scoppiammo a ridere ed uscimmo dal grande portone in vetro aperto dell'edificio e nella strada davanti a noi vidi un furgoncino nero ed un ragazzo sui vent'anni in piedi davanti ad esso, mentre muoveva la testa come se stesse cercando qualcuno in mezzo a tutti gli studenti; si passò la mano sui capelli ricci castani e poi la mise nella tasca dei jeans neri aderenti.
<< Niall, chi é quel ragazzo? >>
<< Stai lontana da lui, é Harry Styles, il capo di un giro di droga in tutta Brighton, nonché un drogato. >>
<< E cosa ci fa qui? >>
<< Non ne ho idea, probabilmente aspetta uno dei suoi clienti per dargli della droga. Mio padre mi ha detto che é un uomo pericoloso, che é capace di uccidere una persona senza problemi. >>
<< A me non sembra così male, magari sono solo dicerie quelle sul suo conto. >>
<< Non lo so, ma per precauzione meglio non andare a parlargli. >>
Annuii con la testa, ci salutammo ed andammo ognuno a casa propria, visto che lui abitava in un'altro quartiere rispetto a me. Tirai fuori il cellulare dalla tasca dello zaino, misi le cuffie ed ascoltai la musica durante il tragitto fino alla mia via, anche se mentre camminavo avevo in testa quel misterioso ragazzo che avevo visto prima, a me non sembrava affatto un drogato, anche perché non barcollava minimamente, ma infondo aveva gli occhiali da sole addosso quindi poteva anche aver avuto gli occhi rossi da quando era fatto e non si sarebbe notato.
Arrivata nel vialetto di casa mi trasalì un misto di ansia e paura per cosa avrei detto a mia mamma, una volta arrivata davanti alla porta esitai un attimo prima di inserire le chiavi nella serratura ma quando entrai non sentii nessun rumore.
<< Mamma? >>
Non sentii nessuna risposta e mentre la cercavo trovai un post-it sul frigo lasciato da lei in cui diceva che aveva una riunione a lavoro quindi sarebbe tornata nel tardo pomeriggio e il pranzo era già pronto nel frigorifero, feci un sospiro di sollievo sapendo che  per qualche ora sarei stata libera così scaldai le lasagne e dopo aver mangiato salii nella mia camera per fare i compiti; dopo un'ora circa Niall mi chiamò, chiedendomi se mi andava di andare nel parco del quartiere ed accettai visto che non ci ero mai stata. Tolsi l'uniforme scolastica, misi una canotta con una camicia aperta sopra e dei jeans stretti, abbinandoli a delle Vans nere- che erano le uniche scarpe decenti che avevo- e uscii di casa, andando nel parco vicino alla mia scuola. Una volta arrivata vidi subito Niall con uno skateboard sotto braccio, senza l'uniforme quasi non lo riconoscevo, aveva un fisico più muscoloso di quello che pensavo ed i capelli, che di solito erano tenuti abbassati, erano alzati in una cresta spettinata che era molto meglio rispetto al solito.
<< Hei Horan. >>
<<  Macciao Edwards. >> si avvicinò a me e mi passò la mano sui capelli spettinandomeli leggermente.
<< Non sapevo sapessi andare sullo skateboard. >> Indicai la tavola grigio scuro che aveva sotto il piede destro.
<< Non sono un asso ma me la cavo a fare i trick base. >>
Annuii con la testa e ci sedemmo su una delle panchine verdi di legno del parco; eravamo circondati da aceri, che mi ricordavano molto di quando ero bambina e mio padre mi portava a fare delle passeggiate in mezzo a degli aceri.
"<< Non ti preoccupare piccola mia, tornerò presto. >> Mi aveva detto mio padre quando stava salutando me e mia madre prima di partire in missione per la Palestina.
<< Clare, bada tu a nostra figlia, so che siete forti e sono sicuro che ve la saprete cavare benissimo anche senza di me. >>
Scoppiai a piangere per la preoccupazione di non vederlo piú e per la paura di non farcela senza di lui, era il mio mondo, la mia forza di volontà, la mia spalla su cui piangere, l'unica persona in grado di farmi ridere sempre, l'unico che mi sapeva dare dei consigli in ogni situazione.
Si sistemò il berretto color militare come il resto della divisa ed aprì la porta bianca d'ingresso della casa.
<< Hei, non divertitevi troppo senza di me eh. >>
Era l'unico uomo in grado di sorridere poco prima di partire con poche speranze di tornare vivo e vegeto; mio padre era il mio eroe e lo sarebbe sempre stato."
 << Paige, é tutto apposto? >>
Niall mi scosse la spalla e mi risvegliai dai miei pensieri, erano due anni che non vedevo mio padre e sei mesi che non mi mandava una lettera, ma d'altronde non poteva pensare troppo alla famiglia nel bel mezzo di una guerra.
<< Si si sto bene, stavo solo pensando... >>
<< Anche io spesso mi perdo a pensare alla pizza- si mise a guardare il cielo- mozzarella, pomodoro, patatine fritte...ah che paradiso >> Spalancò la bocca come per sbavare e mi misi a ridere, spingendolo già e dalla panchina e facendolo finire steso sul prato a pancia in su mentre rideva come un pazzo. Mi prese per la caviglia e mi trasportò per terra in parte a lui, così iniziammo a guardare le nuvole e cercare di dargli un significato; anche se la maggior parte delle volte erano pervertiti o insulsi.
Ad un certo punto vidi quel ragazzo che avevo visto davanti alla scuola poche ore prima e mi soffermai a fissarlo: Minchia se era bello però, con quei capelli ricci piuttosto lunghi tirati indietro in un ciuffo e gli occhiali da sole neri che davano un tocco di mistero a quella figura alta e muscolosa. Notai che al posto dell'auto gigante aveva una moto nera, mi sfuggiva ancora il motivo per cui era rimasto nella stessa zona, se spacciava droga doveva stare nella periferia al centro della città dove girava la brutta gente- per quanto ne sapessi di quel posto dopo una settimana che ci vivevo- e Hollysbury al contrario era un quartiere con molte aree verde e con pochi negozi, infatti era composto principalmente da case- praticamente tutte uguali- in perfetto stile inglese e un paio di parchi.
Niall si accorse che ero distratta, così seguì  il mio sguardo, vide Harry Styles e fece un broncio molto poco simpatico.
<< Non riesci proprio a togliertelo dalla testa quel tipo? >>
<< Trovo solamente strano che stia qui ad Hollysbury quando potrebbe stare in centro a vendere droga, magari ti sbagli ed ha solo una brutta fama anche se non é una cattiva persona. >>
<< Paige quel tipo é un assassino, svegliati cazzo, non vuol dire che sia un santo solo perché ti pare figo. >>
<< Adesso vado a parlargli e scopriamo se lo é oppure no, così vedremo chi ha ragione. >>
Mi alzai, pulii i jeans con le mani e attraversai il parco andando verso Harry Edward Styles senza un piano preciso su cosa dirgli, avendo come unico obbiettivo quello di avere ragione. Niall provò a fermarmi dicendomi che mi avrebbe ucciso o cazzate varie ma non lo ascoltai, ero decisa ad andare a parlargli e nessuno mi avrebbe bloccato.
 

 
 

 
SPAZIO AUTRICE
Okay so che è passata un eternità da quando ho aggiornato ma sono piuttosto soddisfatta di questo secondo capitolo con un finale in suspense da cui comincerà in terzo; ci ho messo così tanto a pubblicare perché sono stata in vacanza dove non ho avuto il tempo di scrivere ma ora spero di riuscire ad aggiornare presto e che vi piaccia questo capitolo. Visto che è la mia prima fan fiction scrivetemi delle recensioni con dei consigli e li prenderò di sicuro in considerazione; se volete sapere come andrà a finire l’incontro tra Paige ed Harry, ci vediamo al terzo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***




CAPITOLO TRE
“Meeting Harry Styles”
 
Nonostante le implorazioni di Niall arrivai davanti a quel ragazzo che inizialmente non mi notò e continuò a farsi gli affari suoi, mentre poco dopo alzò lo sguardo verso di me e si mise gli occhiali da sole sulla scollatura della maglia, per poi alzare la testa e mostrare degli occhi verdi smeraldo che non avevo mai visto prima d'ora: avevano un colore stupendo, che avendo potuto avrei immortalato e avrei tenuto la foto in camera appesa al muro, in modo da poter ammirare ogni giorno quel verde così acceso che avrei dipinto in qualsiasi maniera ed ero convinta che in ogni caso quel colore così bello me lo sarei sognato quella notte, a prescindere di come sarebbe andato quell' "incontro".
«Tu chi sei?»
Aveva una voce roca, ma assolutamente non da una persona che fuma, speravo che il biondo fosse vicino in modo da sentire quello che ci dicevamo così avrei posseduto delle prove vere.
«Io...» Mi guardai intorno pensando se fosse opportuno dire il mio vero nome al riccio ed arrivai alla conclusione che con solo quell'informazione non avrebbe fatto molto «...sono Paige, piacere.» Feci il sorriso più bello che potevo e gli porsi la mano, che, un po' esitante, strinse: era enorme ma soffice e dalla vicinanza che avevo con lui non odorava da fumo, alcool o marijuana, ero sempre più convinta fosse un normale ragazzo.
«Piacere mio, come mai ti sei avvicinata a me?»
Aveva un espressione seria e sorpresa allo stesso tempo, non avevo idea di come uscire da quella conversazione- se così si poteva chiamare- di certo non potevo dirgli "Ti ho parlato per capire se eri un drogato, ora che ho le prove che mi servivano me ne vado, ci vediamo bello." Dovevo dargli almeno una risposta sensata e mi scervellai in cerca di qualcosa da dire che non riuscii ad elaborare, facendomi finire con la bocca aperta come un pesce lesso per degli istanti che sembrarono un infinità fino a quando Niall, che doveva essere stato nascosto da qualche parte, capì che ero in difficoltà ed arrivò in parte a me con espressione serissima.
«Cosa stai facendo?! Ti avevo detto di rimanere seduta e ferma sulla panchina lì in fondo, vieni subito con me signorinella
Inizialmente mi venne da ridere per l'espressione di Niall e per il "signorinella", poi però mi ricomposi e mi lasciai trascinare via per il braccio dal biondo, che in quella sottospecie di scenetta aveva interpretato il ruolo di mio padre.
Una volta arrivati abbastanza lontani scoppiammo a ridere a crepapelle e ci sedemmo su una delle panchine.
«Allora, che ti ha detto il tipo?»
«Nulla di chè, non gli ho fatto domande ma da quello che ha detto non mi pare drogato o ubriaco.»
«Boh...comunque devo andare, ci si vede a scuola.»
Lo salutai con un gesto della mano ma mentre se ne stava andando si bloccò e tornò da me facendo dei passi indietro.
«Cosa ti ha detto tua madre del tre?»
«Non era a casa quando sono tornata, devo ancora dirglielo; tu?»
«Il solito, devo impegnarmi di più se non voglio perdere l'anno.»
Annuii e ci salutiamo di nuovo, lui se ne andò mentre io rimasi seduta sulla parte alta della panchina con le cuffiette sulle orecchie ad ascoltare la musica ed osservare la gente presente nel parco: c'erano bambini spensierati che correvano da una parte all'altra giocando ad acchiapparella mentre altri che stavano sullo scivolo o sulle altalene; c'erano i ragazzi sugli skate e quelli che, come me, stavano seduti sulle panchine da soli oppure in coppia ed infine c'erano gli anziani che chiacchieravano allegramente, di sicuro su argomenti per me noiosi come la politica o la medicina. Avevo sempre avuto paura di invecchiare velocemente, non avendo così la possibilità di godermi  le cose più belle della vita e perdermi tutto quello che c'è di bello nella adolescenza, che infondo capisci solo quando diventi adulto perché, ammettiamolo, da ragazzo questo periodo ti sembra una merda, pieno di problemi e ti pare che tutto il mondo ce l'abbia con te, anche se alla fine quello per cui ci deprimiamo la maggior parte delle volte sono bazzecole.
Rimasi per mezz'ora ad osservare la bellezza del parco e a pensare cosa ne avrei fatto io della mia vita, che lavoro sarei andata a fare, alla casa che avrei voluto avere, a come dovrei essere stata anche io da anziana e se avrei avuto la pazienza di tenere a bada dei bambini piccoli, visto che di pazienza proprio non ce ne avevo. Poi pensai a quel ragazzo, pensai al fatto che probabilmente mi aveva presa per pazza o forse aveva capito le mie intenzioni, magari cose di quel tipo gli accadevano tutti i giorni; pensai che non doveva avere una vita facile con la fama che aveva, che forse era stato anche in prigione ed in quel caso mi sarebbe piaciuto potergli chiedere com'è la vita rinchiuso dentro una cella, perché avevo sempre provato ad immagine cosa si dovesse provare a stare in mezzo ai criminali, a non poter avere relazioni col mondo esterno; secondo me il tempo lì deve sembrare che si sia fermato, fino a quando non puoi uscire da quella gabbia.
Sentii il telefono vibrare dalla tasca dei jeans così lo presi e vidi che era mia madre, probabilmente era tornata a casa.
«Pronto?»
«Ciao tesoro, volevo dirti che sto arrivando; spero tu abbia preparato la cena visto che sono le sette e mezzo.»
«Va bene, a dopo mamma.»
Mi mandò un bacio e chiusi la chiamata, non pensavo fosse così tardi e corsi a casa per arrivare prima di mia madre ed almeno iniziare a preparare la cena, per dimostrarle che non ero totalmente  pigra come mi diceva sempre. Nel tragitto andai a sbattere con alcune persone che si trovavano nel marciapiede, di cui la maggior parte erano impiegati con la ventiquattrore in mano che probabilmente tornavano a casa da lavoro; quando arrivai non vidi la mini cooper parcheggiata davanti al garage, segno che non c'era nessuno in casa, così entrai e iniziai a cucinare dei petti di pollo, purtroppo non ero molto capace e rischiai di incendiare la cucina varie volte, oltre che bruciarmi leggermente una mano ma- grazie a Dio- riuscii a finire di prepararli e metterli in un piatto.
***
Scesi dalla moto e salii le quattro rampe di scale fino ad arrivare al mio logoro appartamento, mi schifava il palazzo dove abitavo, ogni scalino scricchiolava e c'era muffa su tutti i muri del corridoio; non volevo minimamente abitare lì ma era l'unico posto sicuro che c'era. Entrai nel mio appartamento,  anche se non era all'altezza di essere chiamato così, era più un buco composto da una camera, un bagno, una cucina ed un salotto minuscoli, tutti col pavimento in legno ammuffito, i muri scrostati e dei mobili usati.
«Louis, dove cazzo sei? Ho bisogno di te.»
Il mio migliore amico scese di corsa dalle scale con un'espressione preoccupata, in effetti la maggior parte delle volte che gli dicevo che avevo bisogno di lui era quando tornavo a casa coperto di lividi e ferite.
«Mi serve che trovi tutte le informazioni su una ragazza di cui so solo il nome e l'aspetto.»
«Vedo cosa riesco a fare entrando nel database della polizia.»
«Grazie Lou, sei il migliore.»
Gli diedi una pacca amichevole sulla spalla ed andai a farmi una doccia per poi rimanere solamente in boxer e tornare nel piano inferiore per iniziare a fare le ricerche sulla ragazza del parco di poche ore prima, mi aveva incuriosito molto e volevo saperne di più su di lei, anche se ovviamente avevo intenzione solamente di giocare con lei, come avevo fatto con tutte le ragazze prima di lei, non ero il tipo da affezionarsi a qualcuna oppure essere romantico: me la sarei portata a letto e poi l'avrei abbandonata.
Mi sedetti vicino a Louis davanti al computer situato in salotto, si era già infiltrato nel sito della polizia, in cui erano presenti tutte le persone di Brighton, anche se non erano nate lì.
«Allora, come si chiama la tua preda
«Paige, non so il cognome.»
Sfogliò l'elenco- fortunatamente posto in ordine alfabetico- e arrivò al nome Paige, di cui si trovavano un centinaio di ragazze, essendo un nome abbastanza comune in Inghilterra; per ogni nome c'era la carta d'identità della persona, per cui si poteva sapere tutte le informazioni personali.
«Okay, sai quanti anni ha?»
«Non ne ho idea, ma va ancora a scuola, mentre ero di turno ad Hollysbury l'ho vista uscire dalla Patcham quindi avrà diciassette anni.»
«Ne sono rimaste una cinquantina, colore degli occhi?»
«Azzurri ed ha i capelli castani.»
«Ce ne sono dieci, le guardiamo una ad una fino a trovarla se non sai altro.»
Annuii col capo e dopo dieci minuti la trovammo, abitava nella Carden Avenue ed era nata il ventotto marzo 1997, ora che sapevo dove abitava potevo andare a trovarla quando volevo, dovevo solo appostarmi per qualche giorno al fine di capire quando si trovava a casa da sola.
«Ce la fai a trovare anche il suo numero di cellulare?»
«Lo faccio solo se mi chiami Professor Hacker.»
Mi misi a ridere e lo accontentai, gli volevo bene e sapeva sempre come farmi ridere, anche quando stavo male per qualche motivo, senza di lui sarei stato in prigione molto probabilmente.
«Qui c’è solo il numero di sua madre, una certa Clare Phillips.»
«Merda, ora come faccio?»
«Potresti fare come i ragazzi normali Harry, che chiedono il numero di cellulare alle ragazze a voce.»
Sbuffai ed annuii, per poi ringraziarlo per quello che aveva fatto ed andai a dormire, pensando ad un modo per avvicinarmi a Paige senza incuterle paura e a come mai mi avesse parlato quel pomeriggio al parco, non sembrava affatto avere paura di me, come il resto delle persone che mi vedevano per strada, magari nessuno le aveva detto chi ero, forse non pensava come tutti che ero un drogato o un assassino pericoloso come un uomo con la peste.
«Preparati a cadere ai miei piedi bella.»
 
 
 
 





#SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutte! Ho aggiornato in tempo veramente record con questo capitolo piuttosto lungo rispetto agli altri e di cui sono particolarmente soddisfatta, direi che fin ora è il mio preferito. Come avrete di sicuro capito per la prima volta c’è il punto di vista di Harry, che sembra interessato a Paige ma solo per uno scopo. Tengo a precisare che la Carden Avenue dove abitano la protagonista e sua madre esiste veramente, mentre il modo in cui Louis trova le informazioni su Paige l’ho visto in un film; ho sistemato anche i dialoghi: al posto delle << >> ci sono le «», più belle da vedere. Il secondo capitolo ha avuto solo due recensioni quindi spero che questo ne riceva almeno tre o quattro, fatelo per me dai *faccia da cucciolo*, al prossimo capitolo, da cui inizierà la storia vera.
PS: scusate se non ci sono la gif e lo separatore tra capitolo e spazio autrice ma ho avuto dei problemi col computer e non ho potuto inserirli.
-Obsessjoe

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***



CAPITOLO QUATTRO

“The first appointment”
 
«Louis, come posso fare ad avvicinare la preda senza spaventarla?»
Stavamo facendo colazione intorno al tavolo di legno vecchio quasi cent'anni della cucina, quel giorno avevo intenzione di iniziare il mio "lavoro" con Paige, volevo conquistarla il prima possibile.
«Non so...potresti fermarti con la macchina in parte a lei ad esempio.»
«Gli farei paura, è da stalker.»
«Ma tu sei uno stalker con le donne.»
Si mise a ridere ma io rimasi serio, non ero mai stato uno stalker, semplicemente le affascinavo e dopo essermele portate a letto le scaricavo.
«Dai sii serio per una volta nella tua vita, come faccio?»
«Ma come mai tutto questo interesse per una ragazzina? Ti piace sul serio?» Alzò le sopracciglia in modo buffo e scossi la testa in segno negativo.
«Uhm...potresti accidentalmente- fece il segno delle virgolette con le dita- andarle addosso e sfoggiarle uno dei tuoi sorrisi acchiappa donne e poi dire qualcosa fino a chiederle il numero.»
«Louis sei un fottuto genio!»
Mi alzai ed andai a battergli il cinque, per poi andare a mettere un paio di jeans stretti, una maglia a maniche corte nera, un cappello di paglia, gli occhiali da sole- per non essere riconosciuto dagli sbirri- le scarpe ed uscii. Una volta arrivato a Hollysbury in auto cercai nella Carden Avenue la casa di Paige guardando tutte le cassette postali e la trovai, era una casetta color panna a due piani come tutte le altre, feci un giro della casa a piedi per capire dove potevo entrare alternativamente e dov'era la camera della ragazza. Nella parte est della casa vidi una camera color lilla al secondo piano, ero quasi convinto fosse la sua così cercai dei cespugli per appostarmi durante il giorno e dopo averne trovati un paio abbastanza protetti mi recai davanti alla Patcham High School a piedi, per intuire il percorso che faceva Paige per tornare da scuola, in modo da essere certo di incontrarla.
 
***
 
«Hei Niall, tu cosa fai oggi dopo la scuola?»
«Penso che giocherò ai videogames e mangerò popcorn tutto il pomeriggio, perché?»
Non capivo come faceva ad essere tanto stupido quanto bello, era veramente un idiota, però mi faceva sempre ridere e- anche se ci conoscevamo da poco tempo- gli volevo bene.
«E non studi? Ti ricordo che tra qualche giorno abbiamo il compito di biologia, quello che ci ha dato tre.»
«Oh giusto...beh allora studio mezz'ora ed il resto gioco e mangio.»
Mi misi le mani in testa dalla disperazione, volevo aiutarlo almeno a prendere la sufficienza, non volevo che rischiasse la bocciatura visto il suo menefreghismo verso la scuola.
«Ti va se vieni a casa mia dopo? Così studiamo insieme e prendi un voto decente in modo da dare una soddisfazione anche a tua mamma.»
Dopo qualche attimo di silenzio in cui pensò alla risposta, sbuffò ed annuì.
«Va bene, lo faccio per mia mamma.»
«E bravo il mio Horan, inizi a usare il cervello come un ragazzo normale.»
Gli passai la mano tra i capelli già spettinati e lo salutai per poi incamminarmi verso casa, non volevo fare tardi altrimenti mia madre mi avrebbe sgridato ulteriormente essendo in punizione; odiavo quando mi costringeva a rintanarmi in casa tutto il giorno senza neanche farmi usare la televisione e il cellulare, che alla fine prendevo lo stesso sapendo dov'era il suo "nascondiglio segreto".
Mentre pensavo a come far addolcire mia madre urtai qualcosa-o qualcuno- e mi ritrovai seduta sul marciapiede con i libri che erano all'interno dello zaino per terra.
«Oh scusami, non ti ho vista.»
Riconobbi subito la voce del ragazzo e venni pervasa dall'ansia e dalla preoccupazione che potesse dirmi o farmi qualcosa di brutto e alzai la testa di scatto impaurita.
«...S-scusami tu, non ti ho proprio visto...»
Mi maledii per essere così pappamolle tutto d'un tratto, infondo cosa poteva farmi? Era una zona trafficata e se avesse cercato di farmi del male qualcuno lo avrebbe visto di sicuro.
«Non fa niente, aspetta ti aiuto ad alzarti.»
Mi porse la mano e mi aggrappai a lui che mi riportò in piedi, ero imbarazzata e un misto tra rinoceronti, elefanti, ippopotami e gorilla si muoveva nel mio stomaco, provocandomi ansia e paura: perché mi sentivo così con quel ragazzo?
«Tutto apposto?»
Sorrise e notai che ero molto più vicina a lui del giorno prima, lo osservai e vidi che ai lati delle labbra aveva delle fossette e gli stava spuntando un po' di barba mentre  alcuni dei ricci gli cadevano sul viso e sulle orecchie; era davvero un bel ragazzo, non capivo come faceva ad essere considerato un criminale.
 
***
 
Approfittai della vicinanza per osservarla meglio, era ridotta meglio del giorno prima ed era una ragazza stupenda: il leggero trucco le metteva in risalto gli occhi azzurro cielo, limpidi e profondi, sembravano così allegri e vivaci, cosa che i miei non erano mai, la mia vita era un completo disastro sotto ogni aspetto; i capelli lunghi e castani, con le punte bionde e lasciati sciolti le davano un aria elegante ma allo stesso tempo da bambina; le labbra con un leggero strato di lucidalabbra erano invitanti e mi facevano voglia di baciarle, potevo affermare che tra le mie numerose ragazze lei era una delle più carine e anche la più strana di tutte, di solito erano mezze prostitute rifatte ovunque oppure donne benestanti in cerca di un avventura di una notte per avere una
"botta di vita".
«Ti va se usciamo questa sera?»
Mi diedi dello stupido da solo, avevo sbagliato tutto, il piano prevedeva di chiederle solo il numero di cellulare e poi trovare una scusa per andare via e, la sera stessa, iniziare ad appostarmi davanti
a casa sua.


***


Rimasi a bocca aperta dalla sua proposta e mi allontanai di un paio di passi, non sapevo se farsi vedere in giro con una sottospecie di delinquente fosse il massimo e per di più ero in punizione quindi non potevo uscire dalla mia camera per una settimana.
«Mi dispiace ma non posso proprio venire, sono in punizione e mia madre se mi scopre mi fa suora.»
Nel mio stomaco continuava a vagare uno zoo, non mi ero mai sentita così e di certo non era piacevole, una volta arrivata a casa avrei preso qualche medicina per il dolore.
«Ma dai, fai uno strappo alla regola per una volta, se devi stare chiusa in camera tutta la sera tua madre non si accorgerà mai che sei uscita per un paio di ore.»
Il suo ragionamento filava e non sapevo cosa controbattere, mi sentivo impaurita, preoccupata e felice allo stesso tempo, non ci capivo più nulla e pensavo che a momenti mi sarebbe iniziata a girare la testa.
«Senti, ti do il mio numero di telefono e se accetti di uscire con me questa sera mi scrivi va bene? Comunque sono Harry Styles.»
Annuii e mi salvò il suo numero sulla rubrica con il nome di "Harry il figo", che mi fece scoppiare a ridergli in faccia.
«A stasera eh, ci conto.»
Mi fece un cenno con la testa e mi superò lasciandomi alle sue spalle, mi girai per osservarlo mentre se ne andava per qualche secondo e poi ricordai che ero in un ritardo madornale per tornare a casa, ma quanto tempo avevo passato con quel ragazzo? Mi erano sembrate ore, così guardai l'ora e vidi che erano passati solamente cinque minuti, com'era possibile?
Tornai di corsa a casa e quando rientrai mia madre mi fece unasfuriata per l'orario, pensando che avessi perso tempo con Niall- che reputava un idiota- così mangiammo in completo silenzio e dopo poco andai subito in camera a studiare; dopo un paio di ore chiamai il biondo per avere un opinione in più su cosa avrei fatto con l'uscita con Styles, non volevo disubbidire a mia madre però conoscendolo meglio sarei potuta andare avanti con le mie "ricerche".
«Pronto?»
«Hei Horan, sono Paige.»
«Oh, ciao bella.»
«Mi serve un tuo consiglio.»
«Dimmi tutto.»
Per un secondo nella mente mi attraversò il pensiero che avrebbe potuto spifferare tutto a mia madre ma sapevo che non lo avrebbe mai fatto, era il mio migliore amico anche se ci conoscevamo da poco più di una settimana.
«Un ragazzo mi ha chiesto di uscire questa sera ma sono in punizione, sono indecisa se rifiutare oppure andare di nascosto.>>
«Uuuhhh, chi è lo sfortunato? Lo conosco?»
«In un certo senso lo conosci...è Harry.»
«Harry Lee?»
«No...Harry Styles.»
«Mi prendi per il culo?! Pensavi seriamente di andare fuori a cena con quel tizio?! Certo che devi restartene a casa, mi sorprende anche il fatto che tu gli abbia parlato di nuovo, ti avevo detto di non farlo oggi a scuola.»
Mi sentii una stupida e non sapevo cosa rispondere, aveva ragione su tutto.
«Io...hai ragione, pensavo che...nulla; ciao Niall.»
Misi giù la chiamata e mi buttai sul letto a guardare il soffitto bianco mentre pensavo ai pro ed ai contro di andare a quell'appuntamento, nonostante il mio migliore amico mi avesse "aperto
gli occhi" quel ragazzo mi attraeva e non potevo negarlo, avevo qualcosa che mi legava a lui, sentivo che c'era qualcosa che avevamo in comune e dovevo scoprire cos'era. Pensai per più di mezz'ora sul da farsi e decisi che sarei andata di nascosto, uscendo dalla finestra e passando per la quercia che c'era nel giardino, sarei riuscita ad andarmene velocemente essendo abbastanza agile mentre con mia madre avrei simulato di andare a dormire presto per la stanchezza ed avrei messo dei peluche sotto le coperte per far sembrare che ci fossi io. Guardai l'ora nell'orologio nero appeso sopra la porta e vidi che erano le 17:15, non sapevo se sarei dovuta andare via a cena oppure in serata e decisi di scrivere un messaggio a Harry per accordarci sull'orario ed il luogo di ritrovo, anche se avevo un certo timore a scrivergli; sfogliai la rubrica alla ricerca del suo buffo nome e quando lo trovai scrissi un messaggio.

***

 
17:16
"Da: Sconosciuto
“Hei, sono Paige, ho deciso di uscire con te questa sera, a che ora e
dove ci troviamo?”
 
Lessi il messaggio sul mio iphone bianco ed esultai, la mia preda aveva abboccato all'esca e il mio piano procedeva alla perfezione, entro un paio di uscite avrei potuto farmela e lasciarmela alle spalle; salvai il suo numero sulla rubrica con il nome di "preda" e le risposi.
 

A: Preda
“Lo sapevo che avresti accettato, troviamoci al parco di Hollysbury
alle 21, ti porto in una discoteca di un mio amico. Xxx”


17:17
Da: Preda
“Io non posso entrare in discoteca, ho 17 anni.”


A: Preda
“Ti faccio entrare lo stesso, a stasera.”
 
***

Decisi di non rispondergli ulteriormente, non potevo dire di fidarmi di lui ma la mia coscienza mi diceva che non mi avrebbe fatto nulla; dopo avermi fatto una doccia calda aprii l’armadio scorrevole bianco e rovistai tra gli indumenti in cerca di una vestito carino ma non troppo esagerato- per non fargli venire strane idee- e per dieci minuti misi in soqquadro tutto ì, buttando decine di vestiti sul letto alla rinfusa ma alla fine ne trovai uno che pensavo fosse adeguato- visto che non ero mai stata in una discoteca- e decisi che me lo sarei messo dopo aver detto a mia madre che stavo poco bene. Asciugai i capelli col phon e diedi una passata di piastra per renderli decenti e misi il pigiama, dopo poco mia madre mi chiamò per la cena e scesi a mangiare con lei, che speravo non fosse più arrabbiata.
«Hai studiato biologia?»
«Si mamma, lo so che tra tre giorni ho il compito.»
«Ti conviene prendere un bel voto e recuperare l’insufficienza, altrimenti la tua punizione sarà permanente.»
Mi fece innervosire e non le risposi, sapeva benissimo che avrei recuperato il voto, non avevo mai avuto un debito e sapevo che lo stava facendo solo per spingermi a studiare di più, ma odiavo quando faceva così. Appena ebbi finito di mangiare ripassai mentalmente la frase che avevo architettato di dire e mi alzai in piedi.
«Ho un forte mal di testa e sono stanca, vado già a dormire, così domani sono anche più carica per studiare.»
Senza aspettare che aprisse bocca mi alzai ed andai nella mia camera a mettermi il vestito- che fortunatamente mi andava bene- senza spalline, con la parte del corpetto con una fantasia simile ad una tribale e la gonna che arrivava fino a poco più su del ginocchio color salmone ricoperta da uno strato di tulle dello stesso colore; ad esso abbinai una giacca in jeans e le uniche scarpe col tacco che possedevo: me le aveva regalate mia nonna un anno prima, dicendo che ogni ragazza al compimento dei sedici anni avrebbe dovuto possederne un paio.
Ero pronta, pronta ad andare al mio primo appuntamento con Harry, anche se dentro di me qualcosa mi diceva che non sarebbe stato l’ultimo.




"Mi misi le mani in testa dalla disperazione, volevo aiutarlo almeno a prendere la sufficienza."


#ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutte! mi
dispiace di aver aggiornato dopo tutto questo tempo, ma ho avuto un blocco a metà capitolo e ci ho messo un po' per riuscire ad andare avanti, anche se alla fine questo è il capitolo più lungo di tutti (ben otto pagine word). Parlando del contenuto, Harry si fa avanti con Paige e nel prosimo capitolo usciranno insieme, come pensate che andrà? ditemelo in una recensione, sono sempre moolto gradite, cosiderando che nello scorso capitolo ne ho avute solo due (ringrazio 'aspromonti' ed 'Harry Styles is mine' per avermi recensito tutti i capitoli, siete mitiche.
I vestiti che Paige indossa nell'appuntamento con Harry sono questi: http://www.polyvore.com/cgi/set?id=134446142&.locale=it
Spero che questo capitolo vi piaccia, un bacio ed al prossimo, che spero di riuscire a pubblicare presto visto che tra poco incomincia la scuola e non so quanto tempo avrò per scrivere.
PS: Sto lavorando al trailer della fanfiction e ho iniziato a scriverne anche un'altra,
sempre sugli One Direction, anche se non è certo che la pubblichi o che la continui...dipende dall'ispirazione che ho (lol).

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


CAPITOLO CINQUE
“Mary Rose pub”


 
 

Mi guardai un'ultima volta allo specchio e andai ad aprire la finestra, per poi buttare sull'erba le scarpe col tacco, sperando che non si rompessero. Salii sul ramo dell'albero poco distante dalla mia camera e scesi lentamente fino ad arrivare per terra, mi sentii una scimmia ma almeno arrivai a terra senza neanche un graffio; indossai le scarpe nere e mi avviai verso il parco di Hollysburry dove Harry -in teoria- mi stava aspettando.
Non ero mai andata in giro nel mio quartiere al buio e mi incuteva un po' di paura, in quanto ogni tre metri c'era un vagabondo oppure un uomo seduto per terra ubriaco,  camminai il più velocemente possibile ed arrivai nel punto di ritrovo in pochi minuti; cercai il cellulare nella tasca della giacca per vedere l'ora e ricordai di averlo lasciato sopra il letto, ormai non potevo tornare indietro e risalire sulla quercia per andare a prenderlo, non avrebbe avuto senso e avrei perso tempo, così mi sedetti su una panchina e poco dopo arrivò il riccio, vestito come quel pomeriggio ma -ovviamente-  senza occhiali da sole.
«Buonasera signorina.»
Mi fece l'occhiolino e sorrisi, mi porse la mano e mi alzai lentamente, speravo di non fare troppe figuracce quella sera, considerando la mia goffaggine come minimo sarei caduta rovinosamente al suolo.
«In che locale andiamo?»
«Ad una discoteca a venti chilometri da qui.»
Non seppi cosa rispondere e rimasi in silenzio, seguendolo fino alla sua  moto. Mi porse un casco rosa e risi leggermente non capendo come facesse ad avere una cosa così infantile essendo un ragazzo all'apparenza duro.
«Perché ridi tanto?»
«Come mai hai un casco rosa di Hello Kitty?»
Mi guardò malissimo e scosse la testa.
«É di mia sorella.»
Usò un tono serio e cupo, completamente diverso da quello che aveva usato fino a quel momento. Mi guardò dalla testa ai piedi e scoppiò a ridere, rimasi perplessa dal suo cambio repentino di umore e nella mia mente lo paragonai ad una donna in menopausa.
«Ma come ti sei vestita? Andiamo in una discoteca, non ad una festa di gala.»
Arrossai e borbottai qualcosa di incomprensibile, non ero mai andata in una discoteca: sapevo che si ballava, che c'era la musica a palla e si bevevano drink e alcolici ma non mi ero mai posta il problema di come ci si vestisse in diciassette anni di vita. 
«Non sei mai andata a ballare?»
Feci un segno negativo con la testa e  abbassai lo sguardo sulle scarpe col tacco nere che mi avrebbero provocato delle vesciche enormi e dolorose sulle caviglie.
«Dai non importa, dopo rimediamo.»
Mi fece l'occhiolino e batté la mano sul sedile della moto così mi sedetti e ringraziai il cielo il fatto di aver messo dei pantaloncini corti neri sotto al vestito. Indossai il casco e mi aggrappai ai suoi fianchi imbarazzata, fortunatamente non poteva vedere in che condizioni erano le mie guance.
«Tieniti forte.»
Partimmo con un rombo del motore e mi strinsi a lui per non cadere, andammo veramente veloci ed ebbi paura di fare un incidente per tutto il tragitto, cosa che fortunatamente non successe. Dopo un quarto d'ora arrivammo davanti ad un locale con un insegna a led rosa con su scritto 'Mary Rose Pub' contornato da due palme, anch'esse luminose. Davanti all'entrata c'era un uomo enorme, un vero e proprio muro e davanti a lui una fila di persone aspettava di poter passare per la corda rossa che li separava dall'entrata.
Scendemmo dalla moto e ci togliemmo il casco, mi sistemai il vestito che si era alzato leggermente mentre il ricco si passò una mano tra i capelli lunghi quasi fino alle spalle per poi avvicinarsi a me e togliermi il fiocco rosa dai capelli, che mise nel bauletto sotto la sella dove aveva riposto anche i nostri caschi.
«Ora sembri meno una santarellina.»
Gli feci la linguaccia e si mise a ridere; non capivo come riuscivo ad essere così me stessa nonostante non lo conoscessi affatto, persino con Niall ci avevo messo un paio di giorni ad aprirmi completamente.
Ci avvicinammo al buttafuori che salutò Harry non appena lo vide e gli batté la mano sulla spalla in modo amichevole.
«Hei, Styles, come va la vita?»
«Ciao Frank, tutto bene, ti presento Paige, una mia amica.»
Mi porse la mano e gliela strinsi esitante mentre mi sorrideva, la sua presa non era forte come pensavo e  sembrava addirittura simpatico.
«Hai risolto quei problemi alla fine?»
Il riccio annuì velocemente e mi guardò un instante consapevole che mi stavo chiedendo di quali problemi Frank stesse parlando.
«Ehm...ci lasci entrare vero? Sai, lei non é mai venuta qui e devo riaccompagnarla a casa piuttosto presto.»
«Oh certo, divertitevi!»
Aprì la corda e ci fece passare, mi sentii in colpa con tutte le persone che stavano aspettando chissà da quanto ma Harry mi trascinò dentro e rimasi sconvolta dalla massa di gente che c'era in un luogo all'apparenza così piccolo: la maggior parte di loro era nel centro della sala e stava "ballando" strisciandosi contro il loro compagno, che molto probabilmente si sarebbero scopati nel bagno o nel retro del locale. Realizzai che in effetti ero ridicola in confronto a tutte le ragazze presenti, che indossavano dei vestitini aderenti e succinti, che lasciavano scoperto mezzo seno e ad ogni movimento facevano intravedere le mutande; in ogni caso non mi sarei mai vestita come loro quindi in un certo senso preferivo avere un abito normale e non corto o scollato come il loro.
«Tutto ok?»
Harold si accorse che ero distratta e mi guardò preoccupato, forse pensava che mi mancasse l'aria.
«Si si, stavo solo...guardando, che facciamo?»
«Andiamo a ballare?»
Annuii e mi portò nel mezzo della pista, la musica era assordante e tutta la gente urlava per potersi sentire a venti centimetri di distanza. Non sapevo cosa fare e come muovermi, guardavo le altre che si divertivano in cerca di qualcuno di normale da poter imitare ma tutte si muovevano sensualmente contro un ragazzo e non volevo farlo con Harry, anche se sapevo che non mi avrebbe di sicuro rifiutata.
«Hai intenzione di fissare gli altri per tutta la sera? In teoria bisognerebbe ballare lo sai?»
Si mise a ridere e feci lo stesso;  mi mise una mano sul fianco e mi avvicinò a lui, mi sentii avvampare ed arrossii. Pensai di non aver mai provato così tanto imbarazzo in una sola sera in vita mia, di solito ero molto più estroversa.
Mi mollò e si mise a ballare in un modo ridicolo, con dei passi che non avevo mai visto in vita mia e che mi fecero piegare in due dalle risate: non ero mai andata in una discoteca ma ballavo di certo meglio di lui, che sembrava avere uno scoiattolo nei pantaloni. Iniziai anche io a muovermi a tempo di musica mentre lui continuava il suo "ballo" da scimmia epilettica; non seppi quanto tempo rimanemmo così ma ad un certo punto decidemmo di andare a prendere da bere per dissetarci. Attraversammo di nuovo la sala e arrivammo ad un bancone rosso con degli sgabelli alti dello stesso colore in cui ci sedemmo, i piedi mi facevano malissimo e non avevo idea di che ore erano ma speravo che mia madre non si fosse accorta che mancavo, mi avrebbe messo in punizione per la vita.
«Cosa prendi da bere? Io un bloody mary.»
Lo guardai non sapendo cosa rispondere, non bevevo alcolici e dietro al barista che aspettava la mia ordinazione vedevo solo bottiglie piene di drink.
«Io...una Coca Cola grazie.»
Harry scoppiò a ridere ed il barista mi guardò malissimo, mi sentii una perfetta sfigata e tutta la gente seduta al bancone probabilmente mi prese per pazza.
«Certo che sei strana eh.»
Dopo aver bevuto uscimmo dalla discoteca, salutammo Frank e ci fermammo davanti alla moto; non sapevo cosa dire, avevo mille domande che mi ronzavano in testa e provavo contemporaneamente diversi sentimenti, consideravo che la serata fosse andata bene tutto sommato e mi ero divertita, ma allo stesso tempo ero intimorita dal fatto di cosa sarebbe successo da quel momento. Volevo chiedergli come mai mi aveva chiesto di uscire, se era veramente un criminale, quali erano i problemi di cui parlava il Muro, se saremmo usciti di nuovo e se si era divertito come me ma ne uscii solo con un "Beh".
«Dove la porto principessa?»
Non sapevo se dirgli di lasciarmi dove ci eravamo incontrati o dirgli la via di casa mia ma optai per la seconda, non volevo camminare da sola in piena notte in mezzo a drogati e ubriaconi.
Nella strada del ritorno corse più veloce dell'andata, senza nemmeno rispettare semafori e stop, capivo che non c'erano auto in giro ma mi sembrava eccessivo, arrivammo dopo solo dieci minuti e scesi dalla moto davanti al vialetto di casa mia con la pelle d'oca per la paura.
«Visto che trasgredire ogni tanto fa bene?»
«Se mia mamma si é accorta che non ci sono morta.»
«Se ti caccia vieni a vivere da me.»
Mi fece l'occhiolino e mi misi a ridere dallo squallore del suo modo di flirtare.
«Ehm...io devo andare, sono stanca, buonanotte Harry.»
«Aspetta, ci rivediamo vero? Non dirmi che non ti sei divertita questa sera.»
«Si ma…è complicato.»
«Sei tu che vuoi rendere le cose complicate, sembra che ti abbia fatto un torto senza nemmeno conoscerti dalla freddezza che hai.»
Prima che potessi ribadire partì e in pochi secondi lo persi dalla vista, volevo dirgli che chiunque si sarebbe comportato come avevo fatto io se avesse saputo che lui era un delinquente e drogato. Andai nel retro della villetta e mi arrampicai sull’albero fino ad entrare dalla finestra di camera mia, cercando di fare meno rumore possibile: la porta era ancora chiusa, segno che mia madre non era entrata, visto che l’avrebbe lasciata sicuramente aperta.
Quando andai a dormire ripensai alla pazzia che avevo fatto ma soprattutto al divertimento che avevo provato.
 
 

 
 


#SPAZIO AUTRICE

Okay potete uccidermi, sono quasi due mesi che non aggiorno e me ne esco con questo schifo di capitolo. Con l’inizio della scuola il mio tempo libero si è dimezzato e la voglia di scrivere pure, ma da una settimana ho ritrovato l’ispirazione –più a meno- e ne è uscito questo.
Spero vi piaccia, il primo appuntamento tra Paige e Harry è abbastanza importante e lei si diverte ma allo stesso tempo ha paura che lui le chieda di uscire ancora o che sia uscita con lei solo per interessi, per poi nuocerle del male. Il capitolo si conclude con una frase fredda anche da parte di Styles, il quale capisce che lei ha qualcosa che non va con lui; ho voluto scriverlo tutto dal punto di vista di Paige, per sottolineare le sue emozioni.
Dopo questo spazio autrice chilometrico, mi dileguo dicendo che ora ho dei “buchi” ogni giorno in cui posso scrivere e di sicuro aggiornerò presto.
Baci, Obsessjoe.

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