Don't be afraid,you're already dead.

di silviaspanda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything's not Lost. ***
Capitolo 2: *** Nothing Left to Say. ***
Capitolo 3: *** Weightless. ***



Capitolo 1
*** Everything's not Lost. ***




Everithing's Not Lost.
"When I counted up my demons saw there was one for every day with the good ones on my shoulders I drove the other ones away."
 
                                                                                                      
Michael.

L'odore forte dell'alcool impregnava la stanza,e si univa al profumo dell'acqua di colonia,la quale,era rovesciata sul tappeto bianco della camera di Michael.
Il trillo della sveglia gli indicava che erano già le 7.00,e che era arrivato dunque il momento di risvegliarsi dal suo sonno pesante e prepararsi per un'altra  giornata di scuola.
La festa della sera prima l'aveva pressoche distrutto.
Era rientrato molto tardi,verso le 4.55 del mattino,e sicuramente bere tutti quegli alcolici non lo aveva aiutato.
Si alzò svogliatamente dal letto disfato,si stropicciò gli occhi e si passò una mano tra i capelli biondi.
Scese al piano di sotto a passo cadenzato,stando attento a non inciampare in qualche scalino in marmo.
Trascinò i piedi fino alla cucina,per poi sussurrare un 'buongiorno' che però non fu ricambiato da anima viva.
Sua madre era fuori,come al solito,e suo padre,come al solito,era già al lavoro,con le gambe sotto la scrivania o il culo poggiato su qualche sedile di un aereo diretto per chissà dove.
Michael era abituato a trovarsi solo,lo era sempre stato.
I suoi genitori lo obbligarono a crescere da solo fin da quando era poco più che un bambino di otto anni.
Non capiva neanche perché i suoi genitori vivessero ancora insieme nonostante fossero divorziati già da qualche anno.
A Michael non lo aveva mai detto nessuno,ma lui lo sapeva di essere un errore,di non essere frutto dell'amore fra due persone innamorate ma solamente il risultato di una nottata senza pensieri di due persone troppo poco in confidenza.
Ogni tanto gli sarebbe piaciuto crescere in una famiglia con due genitori presenti,in una famiglia che si possa definire tale,con una madre sempre sorridente e pronta ad ascoltarlo ed un padre affettuoso,uno di quelli che la domenica ti portano allo stadio a vedere giocare la tua squadra preferita.
Ma ormai la solitudine non lo spaventava neanche più tanto,era quasi come una compagna di vita.
Preso dai suoi pensieri aprì un barattolo di yogurt,il quale però non sembrava particolarmente invitante.
Lo guardò schifato per qualche attimo per poi lasciarlo lì sul tavolo,deciso ad andare a prepararsi.
Si diresse in bagno,dove giacevano i vestiti della sera prima,che sembravano nonostante tutto ancora in buono stato.
Diede una veloce occhiata allo specchio,dove vide la sua immagine riflessa;due cerchi neri contornavano i suoi occhi verdi,i capelli erano arruffati e il suo incarnato risultava ancora più pallido del solito.
Aprì l'acqua dal rubinetto e si passò dell'acqua fresca sul viso.
Dopodiché prese l'asciugamano e si asciugò,per poi indossare i suoi jeans neri,la sua maglia bianca e la felpa grigia.
Non aveva proprio intenzione di vestirsi in altri modi,voleva semplicemente stare comodo.
Calzò ai piedi le Vans nere e prese zaino e cellulare,dirigendosi verso la porta d'ingresso.
Pescò le chiavi di casa dalle tasche e chiuse la serratura.
Diede un occhiata al cellulare mentre si dirigeva verso scuola.
Per quanto odiasse lo studio,quelle quattro mura invecchiate gli piacevano alquanto,era un tipo abbastanza popolare lì dentro.
Le ragazze erano piuttosto attratte da lui per i suoi modi di fare il misterioso,per il suo modo infallibile di farsi desiderare.
Per non parlare del fatto che era uno che faceva abbastanza tendenza;da quando aveva cominciato a tingersi i capelli,tutti l'avevano seguito a ruota ad esempio.
Osservò la segreteria dei messaggi vocali,i nomi appartenevano tutti a ragazze,e tutti dicevano la stessa medesima cosa:

'Grazie per la serata,sono stata bene,spero di rifarlo qualche volta.'

Tutte ragazze del quale,francamente,non gli interessava più di tanto,ragazze da una notte e via in poche parole.
Non aveva ancora trovato una ragazza giusta per lui,era quasi convinto che neanche esistesse.
Le ragazze per lui erano tutte uguali,così dannatamente semplici da risultare complicate.
Senza rendersene conto arrivò a scuola,e all'ingresso trovò Ashton,uno dei suoi migliori amici.
Ashton era indubbiamente un bel ragazzo.
Portava i capelli biondo cenere ricci e ribelli,tirati indietro alle volte da una bandana,e aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra,un bel sorriso,uno di quelli che fanno sorridere anche te dal tanto che sono belli.
Aveva inoltre due adorabili fossette che gli si formavano agli angoli della bocca quando sorrideva e una risata coinvolgente.
'Hai visto Luke e Calum?' Domandò il riccio scollando gli occhi dallo schermo del cellulare.
Luke e Calum erano gli altri due migliori amici di Michael.
Luke era il tipico australiano,capelli biondi e occhi chiari,altezza spropositata e classico aspetto da surfista,anche se, sinceramente,era sportivo come un sasso.Letteralmente.
Calum invece era tutto l'opposto,capelli scuri e occhi neri,talmente neri da potersi specchiare al loro interno,aveva l'aspetto di un orientale,ma guai a chi si azzardava a mettere in dubbio le sue origini,dato che aveva origini neo-zelandesi.
Erano piuttosto intimi,quei due.
Erano amici da molto molto più tempo loro due,e ancora nessuno aveva capito se stessero insieme o meno.
Si rivolgevano sguardi ambigui,come due innamorati,e di tanto in tanto si sussurravano cose all'orecchio,per poi sghignazzare insieme.
'Sono appena arrivato,come avrai notato.' Rispose acidamente Michael.
'Dormito male?' Chiese nuovamente il più grande.
'Non ho dormito un cazzo,se è quello che intendi.La festa di ieri sera a casa di Mark era spettacolare.' Spiegò Michael ad Ashton,con gli occhi che ancora gli brillavano,un po' per l'emozione e un po' perché la luce fiocca del sole era dannatamente fastidiosa.
'Bravo,fai baldoria al posto di studiare per il compito di Algebra,mi raccomando!' 
Michael gli rivolse uno sguardo di disprezzo,per poi tirare fuori dallo zaino un foglio con l'orario della giornata.
Alla terza ora aveva la seduta con la psicologa della scuola.
Non che ne avesse particolarmente bisogno,ma aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno che non fossero i suoi amici.
La scuola poi aveva avuto la brillante idea di mettere a coppie le persone in terapia,per non far saltare troppe ore e per non dover pagare troppo la psicologa.
Utile davvero.
Così oltre a sopportare i propri problemi,i ragazzi erano obbligati ad ascoltare anche quelli degli altri.
Arrivò il momento di entrare in classe,e Michael cercò di prepararsi psicologicamente al test di Algebra che lo aspettava.

April.

April sedeva impaziente sulle sedie di plastica blu che la scuola offriva fuori dallo studio della psicologa.
Batteva il piede contro il pavimento,spazientita.
Stava aspettando il suo compagno di terapia da ben dieci minuti.
Si arrotolò una ciocca di capelli rosso fuoco attorno al dito,e osservò per un po' le doppie punte dovute alle continue tinte per capelli.
April era nervosa da matti per questa cosa delle sedute dallo psicologo,soprattutto perché avrebbe dovuto parlare dei suoi problemi davanti,oltre che allo stesso specialista,ad un suo coetaneo.
Era sempre stata una ragazza problematica e lo sapeva bene.
Sempre chiusa nel suo guscio,sempre sola,troppo impaurita per aprirsi al mondo.
Era convinta che nessuno l'avrebbe mai capita,evitava di far sapere a tutti ciò che provava per paura di essere giudicata.
Erano poche le persone con cui andava d'accordo:il suo gatto e suo nonno.
Era stato proprio suo nonno a spingerla ad intraprendere il ciclo di sedute.
Suo nonno era l'unica persona a cui era veramente legata,le aveva fatto sia da padre che da madre.
I suoi genitori erano due persone alquanto strane.
Sua madre era un avvocato importante,una donna in carriera,una di quelle che non hanno tempo per un caffè,figuriamoci per crescere una figlia.
Inoltre,come se non bastasse,lavorava a Los Angeles,in America,mentre April viveva a Sydney,in Australia.
Di suo padre invece sapeva relativamente poco.
Sapeva che era uno zoologo,che aveva però avuto problemi con l'alcool e che era finito in carcere,ma per il resto non sapeva molto altro.
Erano una coppia mal assortita i suoi genitori,quello si che lo sapeva.
La sua amica più fidata era però la scrittura,che,se accompagnata ad una buona canzone,magari dei Coldplay,riusciva a tirare fuori il meglio di lei.
Quando scriveva la April Parker cinica e solitaria si trasformava in una April Parker realista e dannatamente sicura di sè.
'Hei,scusa il ritardo.'Disse una voce alle spalle di April.
April vide subito che quella voce apparteneva ad un ragazzo biondo e dagli occhi color acquamarina.
Lo aveva già visto in giro,era uno piuttosto in voga,e lo si capiva dall'odore di alcool proveniente dai suoi vestiti.
April non rispose,fece solo un leggero sorriso di cortesia.
'Credo che tu sia la mia compagna di sedute.Io sono Michael.' Sorrise il ragazzo porgendo la mano alla rossa.
Ad April parve strano che un ragazzo del genere avesse bisogno uno psicologo,sembrava così benvoluto da tutti,uno di quelli che non aveva nulla da temere,che aveva tutto dalla vita.
'Sono April.' Sussurrò a voce bassa la ragazza,giocherellando non più con i capelli ma bensì con il suo orecchino.
'Clifford,Parker,potete entrare.' Disse a gran voce la psicologa mostrandogli l'entrata del suo ufficio.
I due si alzarono all'unisono,guardandosi come per chiedersi aiuto a vicenda.
Varcarono la soglia e si trovarono in una stanza pressoché minuscola,con pareti dipinte alla meglio di un bianco sporco.
Al centro della stanza si trovava una scrivania ammuffita di legno,e due sedie rosso porpora,che non sembravano per nulla comode.
La psicologa,una donna dai capelli corvini raccolti in uno chignon perfetto sulla quarantina,li invitò a sedersi sulle cosiddette,ed entrambi eseguirono l'ordine.
La donna invece si sedette su una poltrona blu dalla parte opposta alla loro e li guardò per un lungo istante con i suoi occhi azzurri.
'Io sono la signora Marie O'Connel.Ma voi potete,anzi dovete,chiamarmi Marie.Dunque,presumo che voi due già vi conosciate...' Disse la donna.
I due scossero la testa.
'Beh allora presentatevi.Parti tu Michael.' Li intimò.
Il ragazzo si stravaccò comodamente sulla poltrona e sorrise in modo beffardo.
'Sono Michael,ho diciassette anni e non ho nessuna cazzo di ambizione nella vita.' Disse tranquillamente Michael con strafottenza.
'Bene...-Si ripetè Marie,forzando un sorriso.-Tu invece April?' 
'Ehm...Dunque,sono April,ho quasi diciassette anni e provo repulsione per il genere umano.' Si presentò April.
Ci fu un silenzio alquanto imbarazzante fra i tre.
'Ci sarà molto,molto lavoro da fare qui.' Sussurrò la psicologa scrutando i due.


ANGOLO AUTRICE.
Eccoci quii!
Dunque,premetto che è il capitolo più lungo che abbia mai pubblicato qui su EFP,però mi sembra abbastanza decente.
E' ben dalle tre di questo pomeriggio che ci lavoro,perciò spero sia di vostro gradimento!
Ringrazio le lettrici della mia storia 'Voodoo Doll.' per avermi ispirato come soggetto della storia Michael,dato che ero tipo indecisa al massimo hahaha.
Ebbene,come si denota dal titolo e dall'inizio del capito,mi sono appropriata di una strofa della canzone 'Everything's Not Lost' dei Coldplay,che amo,perciò vi consiglio di leggere il capitolo con sottofondo quella canzone.
Inoltre,se volete,il titolo mi è stato ispirato dalla meravigliosa canzone di Akron/Family 'Don't be afraid,You're already dead.'quindi,magari ascoltatevi pure quella che è proprio bella bella.
So,dopo questo lunghissimo Angolino dedicato alle mie riflessioni,vi lascio e spero di trovarmi qualche recensione.
Un bacio!
Sil 

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Capitolo 2
*** Nothing Left to Say. ***




Nothing Left To Say.
"I keep falling, I keep falling down... If you could only save me,I'm drowning in the waters of my soul."
 
April.

April girò lentamente le chiavi nella toppa,cercando di aprire la serratura difettosa della porta di casa sua.
Casa sua era un piccolo appartamento in centro,che condivideva con suo nonno Alec e suo zio Carter,fratello di sua madre senza alcuna voglia  di entrare nel tanto temuto ''mondo dei grandi''.
Per quanto fosse abbastanza piccolo come appartamento,a lei andava benissimo;aveva una camera tutta sua,e questo già bastava a fargliela piacere.
All'esterno era ornata di graffiti di ogni genere,opera di qualche simpatico vandalo che voleva lasciare il suo segno sui muri,con frasi di dubbio gusto.
La rossa varcò la soglia,salutò suo nonno Alec,lanciò lo zaino sotto il tavolo e si diresse in camera sua,colpita da una gran voglia di fumarsi una sigaretta.
Arrivata in camera,tolse le logore Converse nere e le imboscò ben bene sotto il letto.
Aprì il cassetto,e in mezzo a fotografie scattate con una vecchia Polaroid e biglietti di concerti a cui era stata,trovò il suo pacchetto di Marlboro Light.Lo aprì con noncuranza,quasi rompendolo.
Aprì la porta-finestra che dava sul balcone ed uscì.
Pescò un accendino dalla tasca,mise la sigaretta fra le labbra e la accese.
Osservava il panorama con gli occhi strizzati e le mani che le si congelavano per via del pungente freddo,a stento riusciva a tenere la sigaretta fra l'indice e il dito medio.
Forse non era stata la scelta più brillante quella di uscire all'aperto con indosso unicamente un maglione grigio,che alla fine non era nemmeno troppo caldo.
Era appoggiata alla ringhiera del suo balcone,assolta nei suoi pensieri,e pensava,pensava e pensava.
Magari queste restanti sessantaquattro sedute dallo psicologo non sarebbero state poi male,o perlomeno,sarebbero comunque state migliori di questa prima seduta.
April odiava l'idea che il suo compagno di sedute fosse proprio quel ragazzo,proprio Michael.
Non riusciva ad aprirsi totalmente se vi era anche lui,ad ascoltare i suoi problemi,pronto a giudicarla.
In quella prima seduta,di Michael,April aveva appreso che era un ragazzo perennemente solo,senza nessuno al suo fianco.Aveva dovuto superare una situazione familiare difficile,e come se non bastasse non riusciva a fidarsi delle persone,eccezione fatta per i suoi tre amici d'infanzia Ashton,Calum e Luke,dei quali si fidava più di tutti. 
April aveva un'idea di chi fossero quei tre ragazzi,quando le passavano davanti nei corridoi e lei li guardava ammirati,quasi invidiosa della loro amicizia,chiedendosi come sarebbe stato avere amici,dato che lei di veri amici non ne aveva mai avuti.
April era sempre stata restia nel relazionarsi con le persone,erano sempre tutti un passo avanti rispetto a lei.
A pensarci bene un amico ce l'aveva,l'unico amico che aveva mai avuto.
Si chiamava Miles,lo conosceva dalle scuole medie,quando i capelli di April ancora erano del loro color castano ramato naturale.Gli piaceva stare con Miles,era un amico fidato,uno di quelli ai quali racconti i tuoi segreti e puoi stare certo che non li racconterà mai a nessuno,uno di quelli che pur di vederti sorridere farebbero di tutto.
Era sempre così solare,simpatico,disponibile,tant'è che nessuno si aspettava che alla fine si sarebbe rivelato come tutti gli altri,lasciando April da sola,di nuovo,per frequentare una compagnia non troppo bella di ragazzi malfamati,infatti,per la rossa non fu una sorpresa vederlo costretto ad andare in  carcere minorile.
Senza accorgersene la sigaretta che stava fumando si consumò fino al filtro,e senza curarsi del fatto che fosse un gesto poco carino,gettò il mozzicone sul freddo marciapiede che giaceva appena sotto il suo balcone.
Si girò,intenta a ritornare in camera sua per ascoltarsi una bella discografia degli AC/DC,ma fu bloccata da un irremovibile ostacolo: un Michael Clifford con un beanie e un sorriso non troppo convinto davanti a lei.
Lo guardò stranita,chiedendosi il perché della sua visita e come sapesse dove abitasse.Come se le avesse letto nel pensiero il ragazzo si giustificò.
'Ehm,mi ha fatto entrare tuo nonno.E' simpatico...' Disse sistemandosi un ciuffo di capelli color miele dentro il beanie grigio.
'Perché sei qui?' Lo liquidò freddamente la ragazza,senza troppi giri di parole.
'Pensavo che,siccome dovremo passare più di sessantaquattro ore insieme,forse sarebbe un bene che ci conoscessimo meglio o cose del genere.Non che me ne freghi qualcosa,è giusto perché non voglio avere a che fare con una ragazza che non so nemmeno chi sia.Non ti pare?' La intimò il biondo appoggiandosi alla ringhiera del balcone.
April alzò un sopracciglio,non sapendo come reagire ne tantomeno come sentirsi.
Se dapprima aveva un istinto di spingerlo giù dal balcone,ora sentiva che forse Michael non aveva tutti i torti.
'Non hai di meglio da fare? Tipo uscire con qualche bella ragazza,con i tuoi amici o cose del genere? Io mi troverei da fare,piuttosto che stare qui a parlare con una tipa stramba che frequenta con te le sedute dallo psicologo.' Disse lei,cercando di dirgli di levarsi dai coglioni senza sembrare maleducata.
'Mh,in effetti dovrei essere  ad una festa,sai no?,quelle feste memorabili dove la gente si..che te lo dico a fare,non credo che tu ci sia mai andata ad una di quelle feste,non capiresti.' Bofonchiò suscitando da parte della rossa un certo disprezzo nei suoi confronti.
April lo scrutò con le sue iridi color caramello,con un certo disprezzo,notando particolari di cui non si era accorta la mattina,durante la seduta.Notò un leggero accenno di barba delle cinque del pomeriggio sulla mascella del ragazzo,le labbra rosee e piuttosto piene,le mani grandi e dal dorso screpolato appoggiate bellamente alla ringhiera di metallo,il collo,marchiato da alcuni succhiotti quà e là e gli occhi così profondi,di un colore che andava dal verde all'azzurro costantemente.
'Sei qui per ricordarmi quanto faccia schifo la mia vita sociale? Perché se sei qui per questo puoi anche levarti dalle palle sedutastante,non ho problemi a prenderti a calci nel culo per farti andare via.'Recitò April con un sorriso sul volto.
'Però...-sussurrò con stupore cercando di non farsi udire.- Sono qui per conoscerti meglio,non intendo andarmene.Perciò,che ne dici di andare a fare un giro? Ho le Marlboro Rosse,mica quelle schifezze delle Light.' Disse spostandosi dalla ringhiera,sorridendo.
April,suo malgrado,accettò di fare un giro con Michael,forse un poì per curiosità e un po' perché le Marlboro Rosse erano le sue preferite.


Michael.

I due si incamminarono insieme per le  strade di una  caotica Sydney delle sei del pomeriggio,estremamente vicini,parlando di rado e guardandosi a stento negli occhi.
'Allora,comincia tu a parlarmi di te,visto che ci tieni tanto...' Sussurrò flebilmente April al ragazzo,girandosi appena.
Il biondo colse la palla al balzo,sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi e cominciando a parlare con la sua parlantina sciolta e la sua voce calda.
'Dunque,mi chiamo Michael,ma questo già lo sai,cioè,dovresti saperlo.-Si fermò per un attimo e rise da solo,provocando sul viso  di April una smorfia.-Il mio secondo nome è Gordon,mi vesto in modo abbastanza trasandato,ma è okay,perché la gente pensa che io sia figo.La mia vita si evolve attorno al divertimento e le feste sfrenate,di cui prendo parte spesso o, ancor più spesso ne sono l'artefice.Mi piace tingermi i capelli,infatti sono intenzionato a tingermi di nero lasciando il ciuffo verde a breve.Tu che mi dici di te?' Disse partendo in quarta.
April lo guardava con sguardo annoiato,quasi inespressivo.
Ma alla fine,Michael si disse che quello era lo sguardo che volgeva a tutto.
Sembrava sempre assolta nei ricordi più dolorosi del suo passato,dato che,a quanto aveva capito il ragazzo,April non se la passava ne se l'era mai passata poi tanto bene:genitori di cui non ricordava nemmeno il timbro di voce o la faccia,amici pressoché inesistenti,nessuno al di fuori di suo nonno si era mai preoccupato per lei.
April si mossè flemmaticamente,sedendosi sotto un albero,sul prato bagnato di brina a gambe incrociate,staccando piccoli ciuffi di erba.
'Non credo ci sia molto da dire su di me.Mi chiamo April Indie Parker,sono riservata,amante dei fumetti e amo tingermi i capelli-Michael sorrise,avendo trovato la passione per la fumettistica e le tinture in comune con la rossa.-Non sono una tipa da feste,anzi,preferisco la solitudine.Sono incredibilmente lunatica e mi piacciono i Coldplay.' Terminò sorridendo timidamente.
Michael sollevò un angolo della bocca e si sedette al fianco della rossa,noncurante dell'erba bagnata.
'Proverò a portarti ad una delle feste a cui vado,ti divertiresti scommetto.' Le propose con un largo sorriso che gli si dipinse sulle labbra,strappando un fiore puro e candido dall'albero appena sopra le loro teste,porgendolo alla giovane rossa che sedeva al suo fianco.
'Grazie,ma credo che passerò.Non sono una tipa da feste o super alcolici o...diciamo che non sono parte del tuo mondo,e mai lo sarò.' Disse accettando il fiore,osservandolo attentamente.
'Beh,allora potremmo fare altro,tipo,che so,guardare un film insieme o cose del genere...' La intimò nuovamente,sorridendole in modo rassicurante.
'Non sei obbligato a stare con  me,non lo sei proprio,lo so che lo fai per non sembrare stronzo o cose simili,ma tranquillo,sono abituata a stare sola.' Gli disse April,provocando in Michael un senso di assoluto vuoto,cercando di immaginare come si sentisse la ragazza,ad attraversare il lungo cammino della vita solamente in compagnia di se stessa,senza nessuno al suo fianco.
'Ma io non mi sento obbligato a farlo,io voglio...esserti amico,aiutarti...' Sospirò il più grande,scrutando gli occhi castani e profondi della ragazza.
'Non ho bisogno di aiuto,me la cavo da sola,perché alla fine,alla notte,quando sono sola con me stessa,nessuno può aiutarmi.'Sospirò la rossa staccando un petalo dal fiore.
'Posso esserci io,se me lo permetti.'Disse Michael senza pensarci più di tanto.
Non era mai stato uno di quelli che pensava alle parole.Per lui le parole erano solo parole,vibrazioni delle corde vocali,cose dette senza una precisa importanza.
Perché alla fine,si diceva,le parole si dimenticano,se vuoi dimenticarle.
'D'accordo allora.Ricordati che l'hai promesso,e per me le promesse valgono più di mille parole.-Sussurrò April.-Ora passami una sigaretta,credi che io sia venuta qui solo per stare con te?' Proseguì sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi,uno di quelli che a stento dimentichi,quelli che sono così sinceri che sembrano quasi surreali.
Michael fece caso ad una piccola fossetta che si formava al lato destro della guancia di April,al piccolo piercing che era posto al lato della sua narice sinistra,alle lentiggini spruzzate sul naso,persino ad un piccolo neo appena vicino alle sue labbra,rosee e sottili.
Sorrise anche lui alla richiesta della rossa,incantato da quel sorriso,per poi porgerle una sigaretta dal pacchetto malconcio.
Non sapeva neanche lui perché si stava infilando in quel casino,non sapeva neanche lui perché voleva aiutare April a sconfiggere i suoi demoni,sapeva solo che voleva farlo,a tutti i costi.



ANGOLO AUTRICE.
Heyaaa!
Finalmente sono riuscita a finire di scrivere questo capitolo.
Non sapevo come continuare sinceramente,e la metà del capitolo l'ho scritto a scuola in aula informatica,perciò
non so come è venuto hahahaha.
La canzone a cui mi sono ispirata per il titolo è 'Nothing left to saydegli Imagine Dragons,perciò,se volete,leggete ascoltando quella splendida canzone!
Spero vi piaccia,ringrazio le persone che hanno cominciato a seguire la storia e metterla fra le ricordate/preferite/seguite,grazie!
Un bacio!
Sil!

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Capitolo 3
*** Weightless. ***




Weightless.
''Manage me I'm a mess , turn a page, I'm a book half unread. I wanna be laughed at  laughed with, just because I wanna feel weightless."

 
Michael.

Un'aria di noia e di disattenzione invadeva la classe di Michael, il quale non stava facendo altro che sbadigliare e sbuffare da quando le lezioni erano cominciate.
Era la seconda ora scolastica di un giovedì particolarmente monotono, che l'ex biondo-''ex''  perché alla fine se li era tinti davvero di nero e verde i capelli.-avrebbe passato volentieri nel suo letto, accompagnato da qualche bella canzone dei Metallica, ad oziare nel modo più totale.
La professoressa di Economia scriveva sulla lavagna nera, probabilmente pensando che qualcuno la stesse ascoltando seriamente.
Michael non riusciva a smettere di pensare a cosa stesse facendo April.
''Chissà se magari anche lei sta pensando a me...'' si domandava, mordicchiando il tappo della penna, fissando in modo vuoto la lavagna.
''Mich,stai diventanto un tale smidollato sentimentale, cosa ti interessa di cosa sta pensando quella rossa? E' solo la tua compagna di sedute, nulla di più.'' pensò subito dopo, sentendosi uno stupido.
Alla fine la sua coscienza aveva ragione,che gli importava di una ragazzina con i capelli rossi e lo sguardo spento?
Assolutamente nulla.
Eppure quella ragazza aveva uno strano potere su di lui.
Da qualche giorno era spesso al centro dei suoi pensieri, confusionari, poco chiari, e questa cosa non andava bene, per niente; non era mica lui quello che pensava alle ragazze, erano le ragazze che pensavano a lui.
Non gli piaceva dipendere dalle persone, lui era uno che delle dipendenze non sapeva neanche la strada di casa, eccetto quella per la nicotina, ovviamente.
''Le Marlboro Light'' sussurrò, pensando alla marca di sigarette che fumava la rossa.
A lui le Marlboro manco piacevano, che fossero Light o Rosse, gli facevan proprio cagare,  lui era uno da Lucky Strike, dal gusto tosto e piuttosto amaro, che amava sentirsi sulle labbra rosee, quasi sempre screpolate, dove passava spesso la lingua, un po' perché era fissato sul pensiero che lo rendesse più figo agli occhi delle ragazze, e un po' perché non gli piaceva sentirsele così secche.
Sperava che nessuno lo avesse sentito, si sentiva così coglione.
Cercò di concentrarsi, ma non ce la faceva proprio, April era lì ad invadere i suoi pensieri.
Non credeva neppure che ad April balenasse in testa l'idea di dire a tutti che lui si sottoponeva a sedute da uno psicologo, era così sola, isolata nel suo mondo, troppo assolta nei suoi pensieri per dire anche solo una parola.
Era totalmente contrario al fatto che si sapesse in giro che si faceva aiutare da uno strizzacervelli.
Lui era il sommo Michael Clifford, quello delle feste con i controcoglioni e le ragazze a tre alla volta nel letto, non era certo quello da crisi da solitudine e stronzate simili.
Benvoluto da tutti ma malvoluto da se stesso, ecco com'era.
''Clifford, vedo che gli interessa molto la mia lezione, saprebbe dirmi di cosa sto parlando?'' Lo assolse dai suoi pensieri la professoressa, con sguardo severo e le mani sporche di gesso.
Michael si guardò in giro e osservò la lavagna, per poi sbuffare sonoramente, visibilmente in difficoltà.
Neanche a farlo apposta, la bidella bussò alla porta.
''Un certo...Clifford, mi sembra, è atteso fuori. Se ho sbagliato classe passate parola, non c'ho voglia di camminare fino ad un'altra classe.'' Disse la bidella torturandosi il calcagno, scoperto dalle ciabatte ortopediche che portava ai piedi.
La bidella si chiamava Martha, era una donna piuttosto anziana e scorbutica, ma abbastanza benvoluta da tutti.
Durante i momenti di silenzio la si poteva sentir dannare per via delle ciabatte o delle scarpe sempre troppo strette.
Non azzeccava mai i cognomi di nessuno, perciò Michael non si sorprese quando recitò con titubanza il suo cognome.
Tutti si girarono verso il ragazzo, incuriositi, mentre lui si alzava e ghignava contro la professoressa, la quale gli comunicò che l'avrebbe interrogato in ogni caso durante la prossima lezione.
Aprì la porta e la bidella lo invitò a seguirla.
Mentre osservava i capelli grigi della bidella, che una volta dovevano avere un colore simile al rosso rame, si ricordò che Marie, la psicologa, aveva spostato la seduta alla metà della seconda ora scolastica, e non alla terza, per via di un impegno.
Cazzo, come aveva fatto a dimenticarsene? Era in ritardo di quasi venti minuti, e già si immaginava April battere il piede freneticamente sul pavimento, mentre si arrotolava una ciocca di capelli attorno al dito, come la prima volta che l'aveva conosciuta.

April.

April osservò l'orologio posto sul muro davanti a lei, ticchettava incessantemente senza fermarsi, e lei lo seguiva, picchiettando con le dita sulla sedia blu fuori dalla saletta della psicologa.
Stava aspettando Michael da una vita, aveva voglia di prenderlo a sberle, sul serio.
''Quanto cazzo ci vuole?'' Si domandò la rossa.
''Chissà se ha davvero fatto la tinta'' pensò, sentendosi stupida dopo appena qualche secondo.
Ma che le importava di Michael ed i suoi stupidi capelli? O meglio, che le importava di Michael in generale? 
Conoscere e ancor peggio fare amicizia con Clifford non avrebbe portato a nulla di buono,  April lo sapeva bene. 
Eppure com'è che stare con lui la faceva sentire così...bene?
Odiava dirlo, ma in effetti Michael la faceva sentire come se fosse normale.
Normale.
Quella parola faceva uno strano effetto ad April. Perché lei non era propriamente quella che si definisce un'adolescente normale; adolescenza, nel 98% dei casi, voleva dire ubriacarsi talmente tanto il sabato sera che la domenica mattina non ti ricordi neppure come ti chiami, avere un ragazzo, una compagnia di amiche di cui ti puoi fidare, adolescenza sono le prime esperienze.
E lei se lo chiedeva spesso quando avrebbe fatto le sue prime esperienze.
Cioè, aveva diciassette anni, il suo momento sarebbe dovuto arrivare tra poco, se non prima.
Eppure sembrava lontano anni luce. Nonno Alec le diceva sempre che tra tutti, lei era il fiore più bello, che non aspettava altro che fiorire per far invidia a tutti gli altri fiori, ma April non ci credeva tanto.
Paragonarla ad un fiore sembrava così inappropriato a suo avviso: era così cupa, dai colori spenti, sempre sola, isolata dal mondo esterno, cosa la accomunava ad un fiore? Proprio niente.
''Hei rossa, siamo in super ritardo, alzati da quella sedia schifosa ed entra!'' Sbraitò Michael prendendo April per un polso, stando attento a non farle del male, ed entrando nella stanza della psicologa.
Marie era lì appoggiata allo schienale della sedia, rivolta verso le persiane perennemente abbassate, che davano alla stanza un'aria buia.
''Finalmente! Dove eravate finiti? Siete in ritardo di trentacinque -si osservò l'orologio, da brava pignola.- anzi,trentasette minuti!'' Disse la donna, con un tono che aveva qualcosa di vagamente spazientito.
''Scusa Marie, è colpa mia, la Turner mi teneva occupato con l'Economia.'' Sussurrò Michael sfoggiando un sorriso dei suoi, mettendo la bocca storta.
April pensava che quello fosse uno dei suoi ''metodi infallibili'' da usare con le ragazze. In effetti, quelle labbra carnose e rosee, se addizionate a un sorriso del genere, erano davvero irresistibili.
''Non importa.- sospirò Marie, anch'essa rassegnata dal fatto che quel sorriso fosse davvero qualcosa a cui non puoi resistere.- Sedetevi, ragazzi, abbiamo poco tempo.''
I due si sedettero sulle sedie color porpora, April decisamente più posata  di Michael, che preferiva stravaccarsi sulla poltroncina.
''Allora, non vi siete ancora spiegati l'un l'altro perché siete qui.'' Incalzò fiaccamente la psicologa, picchiettando la penna su un raccoglitore stracolmo di fogli.
''Dovremmo?'' Domandò Michael, sbiancando leggermente.
April si domandò perché Michael si vergognasse così tanto di dire che frequentava delle sedute dallo psicologo.
Alla fine non era un disonore, certo, non era la cosa più bella da dire, ma c'era di peggio.
''La prima cosa che dovete fare è fidarvi tra di voi.Se fra voi non c'è fiducia, la terapia di coppia non funziona.'' Spiegò la donna, un po' più pimpante questa volta.
Michael fece segno ad April di cominciare per prima, seguito da un flebile ''prima le donne''.
''Dunque uhm...Sono qui perché ho bisogno di un aiuto nella socializzazione. O così dice nonno. Cioè, non mi sembra di aver particolare bisogno di uno psicologo, alla fine sto bene con me stessa.Più o meno. Non sono brava a parlare o semplicemente avere approcci con la gente.Ho bisogno di trovare me stessa, e se trovo me stessa, posso trovare anche degli amici.'' Disse April torturandosi le mani.
April volse uno sguardo a Michael, che nel frattempo, si era seduto composto, la schiena dritta e lo sguardo quasi interessato. Quasi, perché gli occhi di Michael non facevano trasparire molto.
Vuoti e piatti, quasi privi di emozioni.
Michael si schiarì la voce, e si guardò la punta delle scarpe. Era la prima volta in cui April riuscì a vedere il lato di Michael Clifford più insicuro. Sinceramente non credeva neppure che ne esistesse uno in quel ragazzo. Sembrava vivere una vita perfetta, quella che ogni adolescente vorrebbe, ma a quanto pare, non era così.
''Io sono qui perché...beh...sono solo. Cioè ho degli amici, certo, sono abbastanza conosciuto qui a scuola, ho una vita decisamente dinamica, ma...dentro, io lo sento fino alle ossa che sono solo.Tutti mi dicono che sto ancora soffrendo per questa sorta di ''abbandono'' da parte dei miei, ma io so che non c'entra solo quello. Il mio problema sono io.''
April si sporse leggermente verso Michael, che distava appena poco da lei, e gli prese la mano. Fu una cosa istintiva, fatta senza pensarci più di tanto, come se alla fine, fosse quasi dispiaciuta per Michael.
Il ragazzo le sorrise, questa volta non nel tentativo di ammaliarla, semplicemente per ringraziarla, nel miglior modo che ci può essere.
''Bene ragazzi...E' proprio ora che vada, adesso. Sono felice di quello che si sta creando tra di voi.'' Sorrise Marie, alzandosi dalla sedia e sistemandosi la camicia bianca, forse un po' piccola per il suo corpo longilineo.
April e Michael fecero lo stesso, e, quasi come se fosse un dispiacere, si lasciarono le mani.
''Quindi...alla prossima, ragazzi!'' Disse la donna, invitandoli ad uscire dalla stanza.
Appena fuori, Michael chiuse la porta dietro di se, stando attento a non farla sbattere.
''Grazie.'' Sussurrò all'orecchio di April, facendole correre un brivido dietro la schiena, per poi rivolgerle un sorriso.
Osservò ancora un po' quella piccola ragazza dai capelli rossi, per poi spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
April se lo sentiva, stava arrossendo come non mai. Non era possibile, non le era mai successo che qualcuno le facesse quell'effetto.
Ma soprattutto, fra tutti, perché proprio Michael?

 

ANGOLO AUTRICE
Ok, probabilmente mi starete odiando. Ma davvero davvero tanto. E' dal 17 maggio che state aspettando questo capitolo, mi dispiace tanto.
Lo ammetto, ho pensato di eliminare questa storia, motivi principali la mancanza di tempo, di voglia, di ispirazione.
Ho avuto tanti, troppi impegni, tra cui la scuola, viaggi improvvisi e altre cose che sicuramente non vi interessano. Ma poi ho pensato che non fosse giusto lasciare la storia così, appena all'inizio, senza dargli poi una forma, un finale.
Mi dispiace, davvero. Prometto che d'ora in poi aggiornerò con costanza, promesso davvero.
Passiamo al capitolo, sarà meglio, prima che scrivo un testamento di scuse.
La canzone che da il titolo al capitolo è Weightless degli
 All Time Low, band che personalmente amo da impazzire, una delle mie preferite, perciò, come al solito, vi consiglio l'ascolto durante la lettura del capitolo.
Nel capitolo possiamo vedere che April e Michael cominciano a chiedersi l'effetto che l'uno ha sull'altro, prendendola in modi diversi; Michael nega il fatto che possa anche solo sfiorarlo l'idea di provare qualcosa per April, mentre appunto April, si chiede perché proprio Michael dovrebbe aiutarla a fare le sue ''prime esperienze''.
Il prossimo capitolo vedrò di caricarlo tra poco, mercoledì o giovedì, promesso!
Sarà uno dei capitoli più belli a mio avviso.
Non vi trattengo di più, mi scuso di nuovo!
Al prossimo capitolo!
Silvia.

 

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