The map that leads to you

di WhiteOphelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You broke my heart in the blink of an eye ***
Capitolo 2: *** How difficult it is to prevent the countenance from betraying guilt ***
Capitolo 3: *** O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this! ***
Capitolo 4: *** Love can defeat that nameless terror. Loving one another, we take the sting from death. ***



Capitolo 1
*** You broke my heart in the blink of an eye ***


"You broke my heart in the blink of an eye"

 

 

“I was there for you in your darkest times,
I was there for you in your darkest nights.
But I wonder where were you?
When I was at my worst down on my knees,
and you said you had my back…

So, I wonder where were you?” 

- Maroon 5, Maps

 

“Considerando la vita che faccio, credo che sia preferibile non stare con qualcuno a cui potrei davvero affezionarmi.”
Erano queste le parole che continuavano a vorticarle nella testa da quattro ore a quella parte.
Parole, solo stupide parole. Parole alle quali aveva creduto fermamente; parole che credeva fossero dirette a lei.
Sciocca bambina.
Come ho anche solo potuto pensare per un millesimo di secondo che quelle parole, proprio quelle, fossero rivolte a me? Come ho potuto illudermi in questo modo?
Ho creduto che lui ci tenesse davvero a me, che ci tenesse così tanto dal preferirmi a distanza pur di non ferirmi, e invece… Erano solo un modo per indorarmi la pillola.
Come ho anche solo potuto credere che una come me avesse qualche possibilità con il grande Oliver Queen? Come ho potuto illudermi che fossi io ciò di cui lui aveva davvero bisogno?
Sono stata una sciocca. Una sciocca ragazzina che crede ancora nel principe azzurro e nell’amore: una sciocca ragazzina che crede – credeva – davvero che una come lei potesse essere alla sua altezza.
Una sciocca ragazzina che ha sentito il proprio cuore frantumarsi alla vista dei corpi nudi di Oliver e Sara, uniti ed ansimanti, mentre facevano l’amore alla fonderia, su quella scrivania… Sulla mia scrivania.
Ti rendi conto, Oliver, di quello che fai? Stai facendo l’amore con una donna che con sono io sull’unica superficie all’interno di quel maledetto covo che appartiene a me, solo a me. Ti rendi conto di quanto questo sia crudele?
Pochi istanti per sentire il cuore frantumarsi. Pochi istanti per sentire rimbombare nella sua testa la falsità delle parole di quel ragazzo che, nell’esatto momento in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli della ragazza… No, quello non era dolore, era paura. Paura di vedere la sua “partner” – quella che lui teneva a sé con bugie ed illusioni - abbandonare il team. La sua dipendente, nient’altro. La paura non era certo per la possibilità di perdere lei, figurarsi. La paura era quella di perdere la sua informatica, il suo cervello.
Quanto stupida sono stata?
Credere di essere importante per lui e non solo una risorsa, come lo è un computer.
La cosa che ricordava meglio di tutte di quegli istanti, però, era lo schifo che ha provato per se stessa.
L’aveva baciata, dopo averle detto ti amo, e lei ci avevo creduto. Per un istante solo, prima che le passasse l’antidoto per il Mirakuru. Ci aveva creduto davvero. Lo schiaffo della realtà era stato un duro colpo da sopportare, ma l’aveva fatto.
“Non può stare con qualcuno a cui tiene. Ha perso così tanto che ora ha il terrore di poter soffrire di nuovo.” Le parole che si ripeteva mentre si dava della scema per essere ancora lì ad aspettarlo.
Poi? Poi lo trova con Sara.
Sara. Una ragazza alla quale sicuramente è affezionato, alla quale tiene.
Sara.
Doveva immaginarlo che tutte le sue belle parole servivano solo a tenerla buona.
La sua gelosia, però, le aveva fatto credere che anche lui provasse qualcosa per lei. Che le sue parole fossero veritiere.
Altro stratagemma, immagino.
Avevano creato un rapporto speciale, loro due.
Ti sono stata sempre accanto, anche nei tuoi momenti bui, soprattutto nei tuoi momenti bui, quando sembrava che tutto stesse crollando e che la tua vita non avesse più uno scopo.
Sono sempre stata lì per te, ogni attimo…
Ma tu dov’eri, Oliver? Dov’eri quando avevo bisogno di averti vicino?
Le aveva fatto male molte volte, come quella volta in cui si era rifugiato sull’Isola, lasciando lei e Diggle in una città distrutta, dove la criminalità era divenuta insopportabile. Come quella volta in Russia, quando era andato a letto con Isabel; o ancora, quando si era rifugiato nelle braccia di Sara dopo aver saputo della paternità di Thea, dopo averle assicurato che fosse tutto a posto tra loro, e poi l’aveva evitata come la peste.
Le aveva fatto male molte volte, ma niente reggeva quello che stava provando in quell’esatto momento.
Le aveva chiesto di cenare con lui. Era stata una tale sorpresa che la sua risposta si era fatta attendere per una buona manciata di secondi. Aveva balbettato, rossa come un pomodoro, ed aveva accettato. Lui aveva sorriso. Un sorriso così bello da farle tremare le gambe.
L’appuntamento doveva essere proprio quella sera, ma… Pochi minuti prima di andare a prenderla sotto casa, un suo messaggio aveva fatto vibrare il telefono della giovane, mentre il suo viso s’illuminava al nome del mittente.
Era pronta già da una buona mezz'ora e quel messaggio le aveva fatto saltare il cuore in gola.
Le parole racchiuse al suo interno, però, le avevano fatto perdere la presa sul telefono stesso.

È sorto un problema alla fonderia.
Questa sera non posso più cenare con te.
A domani. 

Poche parole per liquidarla. Perché, se il problema era sorto alla fonderia, lei non era stata invitata a raggiungerlo? Che cos'era successo di tanto grave?
In pochi minuti, Felicity era già in macchina, preoccupata come poche altre volte.
Aveva percorso l’interno del Verdant correndo, così come le scale che portavano al covo, dopo aver digitato velocemente il codice… Ed aveva visto quale grande problema fosse sorto: le gambe di Sara attorno alla vita di Oliver.
Nulla le aveva fatto così male, nemmeno l’abbandono del padre avvenuto quand'era molto piccola.
Pochi istanti per sgretolare tutto, ogni cosa. Pochi istanti per voltare le spalle e risalire le scale. Il corpo pesante ed il cuore a terra.
Oliver era riuscito solo a pronunciare il suo nome, il terrore in ogni sillaba; ma non l’aveva fermata.
Dio, quanto male faceva. Mi sentivo vuota, ferita ed illusaUn dolore lancinante al petto, il respiro che usciva mozzato, la testa che girava. Sentivo così tanto dolore da credere di poter svenire da un momento all'altro.
Ero ridicola. Stavo morendo dentro per un uomo che dentro di sé non aveva nemmeno un briciolo d’affetto per me.
Ero solo la piccola Felicity Smoak, vestita di tutto punto per il suo appuntamento con un uomo che stava facendo l’amore con un’altra.

Ed ora, tutte quelle chiamate, quei messaggi in segreteria da parte sua e di Diggle… Beh, non servono a nulla.
Non servirà nemmeno sgattaiolare in casa di Felicity, visto che al suo interno lei non c’è, così come non ci sono i vestiti nel suo armadio o lo spazzolino da denti nel suo bagno.
Non servirà a nulla cercarla per Starling City, maledirsi mentalmente. Non servirà a nulla nemmeno il pugno di Diggle sulla mascella di Oliver o le parole sprezzanti rivolte poco dopo. No, nemmeno quello servirà.
Tutto quello che serviva era nel borsone ai piedi della ragazza, sotto al sedile 4B del treno notturno per Central City.
Felicity Smoak era caduta in pezzi e stava andando dall'unica persona che provasse qualcosa di vero per lei: Barry Allen.
Prima o poi, Oliver Queen sarebbe stato solo un brutto ricordo. Il nome di un uomo che non avrebbe mai più incontrato, né amato.













Note dell'Autrice
Buona domenica a tutti.
Sono nuova del fandom di Arrow - o meglio, ho letto decine e decine di fan fictions su questo fandom in ogni lingua esistente, ma non avevo mai scritto nulla... Fino ad ora ;) - quindi, busso alla vostra porta con un regalino!
Fino ad ora ho sempre e solo scritto - se si esclude qualche poesia - nel fandom di Harry Potter - Dramione tutta la vita! - ma questo tv show mi ha presa così tanto - non capitava dai tempi di Buffy, vedete voi - che mi ci sono buttata a capofitto.
Come avrete capito, sono una fan della coppia Oliver/Felicity. Sì, #Olicity per sempre!
Non ci posso far nulla, questi due mi piacciono un sacco! Sono perfetti insieme, complementari. Proprio per questo non sto più nella pelle nell'attesa della nuova stagione.
Tutti gli spoiler letti mi hanno fatto venire gli occhietti a cuoricino - anche se... Non so, non ho un buon presentimento, sapete? Spero vivamente di sbagliarmi!
Tra le foto del Comic-con, gli spoiler ed i tweets degli autori... Come si può restare con le mani in mano? Non si può, esatto u.u
Per questo ho scritto questa fan fiction. In realtà, la storia era nata come one-shot, ma poi è venuta fuori già divisa in quattro parti, così ho pensato di postarla in capitoli.
Essendo pensata come one-shot e già conclusa, posterò con pause di pochi giorni tra un capitolo e l'altro.
Premetto che questa storia è un po' strana. Probabilmente, ero in eccesso di teina quando l'ho scritta.
Sì, è... strana, molto; ma mi ritengo soddisfatta nel complesso.
Chi mi conosce già come autrice, sa quanto io sia sadica ed esaurita, quindi possiamo dire che sia tutto nella norma u.u
Ammetto che, inizialmente, la prima Olicity che avrei voluto pubblicare era completamente diversa; poi, però, la canzone dei Maroon 5 mi è entrata in testa ed ha disegnato essa stessa questi scenari. Così, eccoci qua!

Bene, grazie per aver letto sino a qui.
A presto col nuovo capitolo.

WhiteOphelia

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Capitolo 2
*** How difficult it is to prevent the countenance from betraying guilt ***


"How difficult it is to prevent the countenance from betraying guilt"*

 

"I like to think that we had it all.
We drew a map to a better place;
but on that road I took a fall...
Oh, baby why did you run away?


- Maroon 5, Maps

 

Probabilmente era ancora sotto shock.
Non riusciva davvero a credere a quello che era accaduto pochi attimi prima.
Non riusciva ancora a credere che fosse tutto reale e non un orribile incubo.
Felicity…
Come aveva potuto? Come diavolo aveva potuto farle una cosa simile?
Oliver si alzò di scatto dal corpo di Sara, guardandosi attorno come se non riuscisse a ricordare come avesse raggiunto quel punto. Ma lo ricordava, e lo ricordava bene, purtroppo.
Aveva avuto una paura fottuta. Una paura assurda di star commettendo il più grande errore della sua vita.
E l’avevo commesso, ma non era quello che pensavo.
Si rivestì velocemente, mentre cercava di capire cosa fosse scattato nella sua mente per farlo comportare come il più abbietto degli esseri umani.
Sara lo stava richiamando, ma Oliver non riusciva nemmeno a sentire la sua voce, fino a quando la ragazza non lo fermò per un braccio.
«Oliver, che succede?» gli chiese preoccupata, mentre lo sguardo del ragazzo diveniva quasi vitreo.
Non le rispose, Oliver, fino a quando, esasperata, la bionda non gli strattonò il braccio.
«Oliver!» gli gridò in viso, e fu solo in  quel momento che il ragazzo si rese di nuovo conto della sua presenza.
«Perdonami, Sara.» le uniche parole che riuscì a pronunciare. Ma a Sara non sarebbero mai bastate, per questo continuò.
«Ho commesso un errore, un enorme errore.» riprese alzando il viso verso di lei.
«Io… Avevo un appuntamento con Felicity. Le ho chiesto di cenare con me questa mattina, ma… Non so cosa mi sia preso. Le ho scritto che non potevo cenare con lei a causa di alcuni problemi fonderia. Non credevo si presentasse.» finì, mentre si rendeva conto sempre più di quanto stronzo fosse stato.
«O, forse, lo credevi.»
Le parole di Sara lo colpirono come una freccia in pieno petto.
«Cosa intendi?» le chiese sulla difensiva.
Sara mollò la presa sul suo braccio e riprese a vestirsi.
«Credo tu lo sappia bene, Ollie.» continuò la ragazza, mentre il suo sguardo si velò di dispiacere.
«Peccato che questa volta non credo tu possa riparare con qualche bella parolina, o qualche frase ad effetto, come quella che le hai venduto al ritorno della Russia. Ora, non ti crederà mai più.» e, dette quelle ultime parole, lasciò il covo mentre nel cuore del ragazzo si stava aprendo la più grande ferita che il suo corpo avesse mai visto.

L’aveva chiamata almeno trenta volte. Era stato al suo appartamento e l’aveva cercata in giro per la città, ma quando ritornò al covo trovò solo Diggle girato di spalle, le braccia lungo il busto ed i pugni stretti.
L’ex soldato non si voltò nemmeno.
«Non c’è. Sono stato al suo appartamento. Non c’è, come non ci sono più i suoi vestiti.» disse l’uomo di colore e quelle parole furono un colpo al cuore, ma Oliver non fece in tempo a realizzarle perché il gancio destro di Diggle lo colpì così forte che quasi cadde a terra.
Non aveva la forza di ribellarsi o difendersi, né la voglia. Era una giusta punizione; ma le parole che seguirono gli fecero male, male davvero.
«Ho sempre creduto che tu provassi qualcosa per lei. Dopo il discorso che le feci al ritorno dalla Russia, ero convinto tu ne fossi davvero innamorato ma spaventato. Ci sono voluti molti altri mesi prima che tu le confessassi i tuoi sentimenti, per poi rimangiarteli. Hai idea di come sia stata lei dopo la storia di Slade? Sai perché si prese due settimane di ferie? Per piangere, Oliver.»
Il suo pugno aveva fatto meno male.
«È innamorata di te, tutti lo sappiamo, e quelle parole usate solo per il piano contro Slade l’avevano destabilizzata. Prima l‘uomo che ama le dice di contraccambiarla, poi le passa la cura per poter andare a salvare Laurel, la sua storica ex. E lei ti ha aiutato. Slade l’ha presa e per poco non ci rimetteva la vita, il tutto per vederti felice ed aiutarti a sconfiggere parte dei tuoi demoni del passato. Sull’isola, il tuo silenzio le ha dato quell’ultima conferma: non provavi niente per lei e mai l’avresti provato. Ci ha messo due settimane per rimettersi in piedi, ma l’ha fatto. Per te, per il team e per la città. Poi, te ne esci con un appuntamento. Io e Roy abbiamo aperto una bottiglia di vino questo pomeriggio quando Felicity, messa alle strette, ce l’ha confidato. Eravamo tutti felici. Anche tu sembravi esserlo. Felicity, poi, non stava più nella pelle. Era bellissima questa sera con quel vestito rosso – ed indicò i monitor sul quale si stagliava l’immagine di Felicity che entrava al covo - ma credo che questo tu lo sappia già, vero?»
L’immagine sul monitor cambiò, inquadrando un Oliver Queen – ancora ancorato a Sara – che guardava dietro di sé, lo sguardo terrorizzato.
«La sera del suo appuntamento con te e lei ti trova a scoparti bellamente la tua ex, e non una qualsiasi… Bensì una per la quale provi affetto. O sbaglio?»
Oliver non riusciva a muoversi mentre Diggle sputava veleno con quelle parole.
«Sei il più grande stronzo che io conosca. Spero solo che questo dolore che le hai causato riesca a farle dimenticare l’amore che prova per te, perché tu, Oliver, non la meriti.» e dette queste parole, l’ex soldato prese la porta, lasciando il biondo immerso nel senso di colpa, una colpa che non avrebbe mai potuto espiare.

Il resto della notte trascorse lento. Oliver era passato di nuovo a casa di Felicity e si era seduto sul suo divano, mentre l’odore della ragazza lo circondava come mai più avrebbe fatto in sua presenza.
Ne aveva commessi tanti di errori in vita sua, ma quello superava di gran lunga tutti quelli di una vita intera.
Si alzò in piedi e si diresse verso la camera della ragazza.
Sapeva che avrebbe fatto male, ma doveva farlo.
Aprì l’armadio ed il vuoto al suo interno fu un altro colpo dritto al cuore.
I vestiti non c’erano, le grucce erano quasi tutte a terra, come se i vestiti fossero stati strappati da esse con rabbia e gettati alla rinfusa in valigia.
Chiuse di scatto le ante, era troppo doloroso vedere quell’armadio vuoto dei vestiti colorati della sua Felicity.
Fu proprio una macchia di colore ad attirare la sua attenzione qualche attimo dopo.
Nel cestino sotto alla scrivania, un pezzetto di stoffa traboccava. Era stoffa rossa.
Oliver deglutì, sapendo già cosa fosse quella stoffa colorata; si alzò lentamente e si diresse al cestino, si piegò sulle ginocchia e tirò fuori quello che rimaneva del vestito che la ragazza aveva indossato quella sera. Era strappato in più parti e bagnato di lacrime. Il colletto era sporco di fondotinta, come se la ragazza l’avesse letteralmente strappato dal suo corpo, e piccole gocce rendevano la stoffa più scura dove le lacrime l’avevano raggiunto.
Oliver strinse l’abito al petto e si lasciò cadere a terra.
Non l’avrebbe più rivista.





*Heu! quam difficile est crimen non prodere vultu. - Ovidio, Metamorfosi, II
Traduzione: Oh! Quant'è difficile che il delitto non traspaia dal volto.










Note dell'Autrice
Ed eccoci qua con l'altro lato della medaglia, ossia la versione di Oliver.
In questo capitolo vediamo la reazione del nostro Vigilante all'arrivo della sua IT Girl ed il confronto con Diggle.
Riuscirà Oliver a ritrovare Felicity ed a sistemare le cose?
Beh, lo scopriremo solo vive- no, quello era Battisti. Dicevo? Ah, sì... Lo scopriremo nei prossimi capitoli! Mi sa che la parlantina di Felicity abbia colpito anche me! lol Ahahahah

A prestissimo, e grazie di cuore per le splendide recensioni che mi avete lasciato e per le mille letture. Davvero, mi avete fatta sentire parte del fandom da subito! Grazie ♥

Un caro abbracciato a tutti voi, lettori silenziosi e non.
WhiteOphelia

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Capitolo 3
*** O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this! ***


"O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this"*

 

 

“I hear your voice in my sleep at night,
hard to resist temptation.
'Cause something strange has come over me,
and now I can’t get over you…
No, I just can’t get over you.”
 

- Maroon 5, Maps

 

 

Il risveglio fu brusco.
Oliver s’alzò a sedere di scatto, le lenzuola gli scivolarono sulla vita mentre i suoi occhi si guardarono intorno, cercando di ricordare.
Il letto sembrava un campo di battaglia: le lenzuola erano aggrovigliate e sparse scompostamente ed alcuni cuscini erano caduti a terra.
Il ragazzo si passò le mani sul viso, stropicciandoselo. Quella era stata la notte più lunga della sua vita. Continuava a sentire il profumo di Felicity attorno a lui, il suo calore e, soprattutto, la sua voce.
Dio, quella voce infestava ogni suo sogno ed ogni suo incubo.
Continuava a ricordare il suo viso sconvolto, quelle lacrime silenziose che le solcavano il volto… Continuava a ricordare il rumore del suo cuore mentre cadeva a pezzi alla vista della casa vuota della ragazza, del vestito strappato e buttato nel cestino, al vuoto di quelle mura che sembravano accartocciarsi su se stesse, schiacciandolo.
Il dolore era così vivido che per poco non gli mancò il fiato.
Si alzò veloce da quelle lenzuola che avevano visto il tormento ed il senso di colpa divenire tangibili, tanto da sfogarsi su quell’ammasso scomposto di stoffa e si avvicinò all’enorme finestra; ne aprì una parte, i pantaloni del pigiama come unica barriera all’aria fredda del mattino che lo investì bonaria.
Respirò a pieni polmoni cercando di calmare quell’insofferenza che sentiva propagarsi in tutto il corpo, come un veleno lento e letale.
Ripensò alle parole di Diggle e di Sarah. Ripensò all’enorme cazzata che aveva combinato.
Ripensò, soprattutto, all’inutilità della sua vita ora che lei se n’era andata, lasciandolo solo col suo dolore ed il suo senso di colpa – come se non ne avesse abbastanza di colpe da espiare; peccato che quest’ultima non potesse essere espiata. No, quella colpa l’avrebbe marchiato a vita.
Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Ripercorse con dolore i momenti della giornata precedente.
Alla fine, la paura aveva vinto. Oliver aveva mandato un messaggio breve a Felicity nel quale annullava la serata, per poi salire velocemente sulla moto.
Quando era entrato nel covo aveva pensato di sfogare un po’ di tensione sulla Salmon Ladder.
Era terrorizzato per quell’appuntamento.
Amava quella ragazza, ormai l’aveva capito ed accettato, ma era pronto ad affidare il proprio cuore nelle mani di qualcuno? Era pronto a non avere più il controllo su se stesso e sulle sue emozioni? Era pronto a lasciarsi andare, ad amare e lasciarsi amare come sicuramente Felicity avrebbe fatto?
Era pronto a rischiare tutto?
Ma, soprattutto… Era pronto a rischiare di perderla se qualcosa fosse andato storto? E se qualcuno avesse fatto del male a Felicity solo per ferire lui? Era pronto a sopportare questo fardello?
Era pronto a vederla andare via quando le sue maschere si sarebbero sgretolate, una ad una, e sarebbe rimasto solo lui, Oliver?
La risposta arrivò sotto forma di un corpo veloce che si allenava sul tappeto della fonderia.

Sarah stava provando qualche nuova tecnica d’attacco quando Oliver arrivò al covo.
Notò subito che qualcosa non andava. Si fermò e salutò il ragazzo mentre quest’ultimo si avvicinava al tappeto, si toglieva la giacca e si metteva accanto alla ragazza.
«Tutto ok, Ollie?» arrischiò la bionda, ma Oliver indossò la sua migliore faccia da poker ed annuì.
«Certo. Posso allenarmi con te?» chiese tranquillo.
Sperava di cuore che un po’ di corpo a corpo potesse schiarirgli la mente.
La ragazza acconsentì ed il ritmo divenne subito serrato.
I due ragazzi combattevano quasi alla pari. L’agilità di Sarah compensava la mole del corpo di Oliver, riuscendo a schivare molti colpi ed infierirne altri, fino a quando, però, con un’agile mossa, Oliver non atterrò la ragazza, bloccandola col suo corpo sul materassino.
La situazione scivolò di mano in pochi attimi.
Le loro labbra s’incontrarono ruvide, quasi arrabbiate, mentre le gambe della ragazza andarono a circondare automaticamente il bacino del giovane.
I loro corpi si conoscevano da tempo, i movimenti erano quasi automatici.
Oliver prese la ragazza per le spalle e la tirò su con sé, andando poi alla ricerca di un appiglio e trovandolo nella scrivania di Felicity.
Si fermò un attimo, sentendosi sporco e vile, ma posò ugualmente la ragazza su quella superficie e la fece sua.
Sapeva di star sbagliando, si sentiva uno schifo, ma tutto quello sembrava quasi l’esorcizzare un demone – fare sua Sarah sulla scrivania della ragazza di cui era innamorato, per scacciare tutto, paura e sentimenti. Sentimenti che sapeva di non poter provare, né per lui, né per Felicity. Non poteva permettersi di amare ancora e perdere, nuovamente. Non poteva, non più.
Peccato che il destino, a volte, sia più infido del più vile degli uomini e ci metta lo zampino, crudele.
Il rumore di tacchi veloci destò i due ragazzi dalla loro attività e tutto precipitò in pochi, terribili istanti.
Felicity, bella come mai prima d’allora, guardava i due con occhi vitrei, completamente immobile.
Gli occhi le si riempirono di lacrime silenziose che, per Oliver, furono più assordanti di mille grida. Persino il tonfo silenzioso del cuore della ragazza venne udito dal biondo.
Oliver riuscì solo a pronunciare il nome della ragazza, mentre la portata di ciò che aveva appena fatto lo investiva come un auto in corsa.
Fu come riprendersi da una sbronza.
Veloce, il ragazzo si staccò da Sarah e si rivestì dei boxer e dei pantaloni, mentre cercava di capire come fosse arrivato a tanto.
Il cuore gli sanguinava mentre la mente rimandava l’immagine del dolore vivido sul volto di Felicity, ma la bionda era già scappata via ed Oliver credette di morire mentre l’onda del senso di colpa lo investiva.
Poi, fu tutto un crescendo di dolore e sofferenza.
Le parole di Sarah, la ricerca di Felicity, il pugno di Diggle e le sue parole amare, fino alla notte trascorsa nell’appartamento vuoto della ragazza.
Il cuore decise di saltare un battito e la mano del giovane andò a premersi parte del petto, come se anche quel muscolo si volesse ribellare a lui ed alla crudeltà dei gesti della sera precedente.
Oliver si girò di spalle, appoggiandosi alla parte di finestra chiusa e si lasciò scivolare a terra.
Non sentiva nulla se non dolore e sapeva di meritarselo, tutto.
Proprio mentre gli occhi cominciavano ad inumidirsi, il telefono squillò.
Oliver si alzò e cercò di riprendere fiato prima di rispondere, ma fu solo quando vide il mittente della chiamata che pensò di poter morire per asfissia.
Era Felicity.
E lui continuava a guardare il telefono dove la foto della sua informatica appariva sorridente.
Si riscosse in tempo, prima che la chiamata terminasse.
Schiacciò il tasto di risposta ed accostò il telefono all’orecchio.
«Felicity…» il suo fu un sussurro così basso che lui stesso temette di non averlo nemmeno pronunciato.
«Oliver!» il tono della ragazza era preoccupato, la voce leggermente più alta.
«Dove sei finito? Stai bene?» continuò la bionda.
Il ragazzo non riuscì a rispondere.
Cosa stava succedendo?
«Oliver?» lo richiamò Felicity non ricevendo risposta.
Il ragazzo rimase ancora in silenzio.
«Oliver, dove sei?»
«A casa.» rispose flebile senza nemmeno accorgersene.
«Sto arrivando. Aspettami.» Felicity chiuse la chiamata, mentre il ragazzo continuava a tenere all’orecchio un telefono ormai muto.
Piano, riabbassò il braccio.
Stava forse sognando? Era il senso di colpa? Magari il dolore l’aveva accecato ed ora lui aveva allucinazioni uditive.
«Se è davvero così, sono felice di essere pazzo…» bisbigliò a se stesso, mentre il corpo rimaneva immobile al centro della stanza.
E fu proprio in quella posizione che Felicity lo trovò: il solo pantalone del pigiama a coprirlo, le braccia lungo il corpo e lo sguardo perso in un punto imprecisato della stanza.
Quando Felicity gli si parò davanti, Oliver sembrava una statua.
Piano, però, alzò la mano e la poggiò sul viso della ragazza.
Felicity quasi sobbalzò mentre lo sguardo del giovane si posava dolce sul suo viso.
«Oliver…» sussurrò soltanto.
Il ragazzo le sorrise di un sorriso strano, dolce e triste al tempo stesso.
«Se il prezzo per quello che ho fatto è questo, beh, credo di non meritarlo affatto.» disse a bassa voce il giovane.
Felicity aggrottò le sopracciglia, poi tentò di parlare.
«Ma di cos-» ma Oliver non la fece finire. Abbassò lento il suo volto su quello della giovane e posò delicato le sue labbra su quelle piene e aperte dalla sorpresa della bionda.
Fu un bacio leggero. Un semplice sfioramento di labbra; poi, Oliver tornò a guardarla e riprese a parlare, la sua mano salda al volto di Felicity.
«So che non sei reale, ma voglio dirtelo lo stesso.» incominciò il giovane, mentre la preoccupazione di Felicity saliva alle stelle.
Cosa stava accadendo?
«Mi dispiace.» disse il ragazzo, ed il dolore in quelle poche lettere fece fermare il respiro alla bionda.
Pochi istanti dopo, Oliver continuò. «Ti ho spezzato il cuore e con il tuo ho spezzato anche il mio. Ti giuro, Felicity, che non era mia intenzione farti del male. Mai. Ti amo come credo sia umanamente impossibile, eppure ti ho spezzata come solo il più abbietto degli esseri umani può fare. Ho avuto paura ed il mio cervello si è spento. Mi sono reso conto dell’enormità dell’errore che avevo commesso quando ho visto il dolore in questi tuoi bellissimi occhi blu. Mi sono sentito perso nell’esatto istante in cui ho capito d’averti perduta. Avevo accanto l’unica donna che avessi mai veramente amato, ed io la uccidevo col mio comportamento vile. Perdonami, Felicity. Non ti merito, non ti ho mai meritata ed in cuor mio l’ho sempre saputo. Sei sempre stata troppo per me, non avrei mai dovuto sporcarti con la mia oscurità. Perdonami, se puoi.» concluse il ragazzo, le guance rigate da due piccole lacrime.
Felicity sentì le gambe cederle.
Oliver era innamorato di lei? Non poteva essere… No, era impossibile.
Lo sguardo del ragazzo però era sincero, e così pieno di dolore che alla bionda mancò davvero il fiato. Gli occhi umidi di Oliver la guardavano come fosse un’apparizione e la sua mano calda le sfiorava dolce la guancia.
Erano lì, uno di fronte all’altra, mentre le loro anime cercavano un appiglio in quel mare d’emozioni.
Fu solo quando Oliver l’abbracciò stretta che Felicity si ricordò del perché fosse lì.
«Oliver, io sono reale. Sono qui, davanti a te e non ho niente da perdonarti.»
Il ragazzo le sorrise, poi le sfiorò piano le labbra con le dita.
«Questo è proprio ciò che direbbe Felicity. La mia mente è piuttosto brava ad ingannarmi, vero? Ma va bene così. Non ho mai aspirato al Paradiso, ma, a quanto pare, nel mio Purgatorio ci sei tu ed è meglio di ogni Paradiso possa esistere.» Oliver sembrava rassegnato e felice al tempo stesso, mentre Felicity faticava a capire cosa stesse dicendo.
Provò nuovamente a farlo ragionare.
«Oliver, ascoltami.» cominciò la bionda, mentre le sue mani presero il viso del giovane tra di loro. Oliver chiuse gli occhi e si beò di quel contatto fittizio ma così caldo da sembrare reale.
Felicity continuò. «Ieri sera, durante il giro di pattuglia con Dig, ti è stata iniettata una dose di Vertigo, ricordi? La Vertigo modificata che tu e Diggle stavate cercando di debellare. Ti hanno iniettato una dose massiccia della droga. Provoca incubi talmente realistici da farti perdere la cognizione di reale e fantastico.»
Oliver rimase a fissare la giovane senza proferire parola.
«Oliver… Niente di ciò che credi sia successo è realmente accaduta. La nuova Vertigo tira fuori le peggiori paure di ognuno di noi e ti fa credere di viverle. Non mi hai fatto nulla, Oliver. Vedi? Sono qui, con te. Ti prego…» ma il ragazzo sembrava non ascoltarla.
Poi, tutto accadde velocemente.
Oliver sbarrò gli occhi e si accasciò sulla ragazza, il fiato corto ed i polmoni che sembravano non voler funzionare.
L’aria gli mancò ed in pochi istanti tutto divenne buio.
L’ultima cosa che il ragazzo udì fu la propria voce pronunciare quel nome che avrebbe infestato ancora e ancora le sue notti, per l’eternità.
«Felicity…»

 

 

*O villain! Thou wilt be condemned into everlasting redemption for this! - William Shakespeare, Much Ado About Nothing - Act IV, Scene II
 Oh, massimo furfante! Questo ti frutterà, né più né meno, la condanna alla redenzione eterna! - William Shakespeare, Molto rumore per nulla - Atto IV, Scena II

 

 

 

Note dell'Autrice
Ta-dan! Ecco qui la sorpresa finale! Vertigo, già. Una bella dose di Vertigo modificata per il nostro Arrow - o forse no? Forse Oliver è davvero impazzito e sta creando un mondo nel quale Felicity possa perdonarlo. O mi sbaglio ancora?
Cos'è successo nei momenti finali? Qual'è la realtà e quale la finzione?
Purtroppo, non posso dirvi molto, altrimenti rovinerei il finale - il pathos, gente! ;)

Ci sentiamo tra pochi giorni per l'ultimo capitolo.
Grazie per le splendide recensioni e grazie per le tantissime letture.

A prestissimo,
WhiteOphelia

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Capitolo 4
*** Love can defeat that nameless terror. Loving one another, we take the sting from death. ***


"Love can defeat that nameless terror. Loving one another, we take the sting from death."*

 

 

“So, I wonder where were you?
When all the roads you took came back to me.
So I’m following the map that leads to you,
the map that leads to you…
Ain't nothing I can do,
the map that leads to you…” 

- Maroon 5, Maps

 

 

 

Si trovava in una specie di limbo. Era forse morto?
In effetti, scontare i propri peccati trascorrendo – seppur solo nella propria mente – il resto della vita con la donna che amava era troppo anche per uno come lui che il Purgatorio l’aveva davvero vissuto, e sapeva come fosse fatto.
Peccato che quella voce… Quella voce continuava a sentirla, così come il profumo del corpo che apparteneva a quella voce ed anche il suo calore.
La sentiva, quella voce, mentre pronunciava il suo nome. La sentiva ogni istante, sempre più preoccupata, sempre più addolorata.
Andava bene anche così. Gli bastava anche solo la sua voce. Sì, gli bastava quella voce calda.
Si lasciò andare, mentre quella voce diveniva un urlo strozzato. 

«Oliver!»
Il grido di Felicity fu l’urlo più straziante che John avesse mai sentito, e ne aveva sentiti molti, sul campo di battaglia.
Il giovane ex soldato si precipitò al letto di Oliver, dove il ragazzo vi dormiva indotto dalla droga ormai da cinque giorni. Il giovane Queen era appena andato in arresto cardiaco e Felicity si sentiva morire mentre Diggle cercava di rianimarlo.
Corse a prendere il defibrillatore che aveva portato per le emergenze e tolse veloce le coperte che coprivano il corpo sudato di Oliver.
Caricò il dispositivo e poggiò con pressione i due elettrodi sul petto di Oliver.
La scarica fece scattare il corpo del giovane, ma la linea del battito cardiaco ritornò piatta in pochi istanti.
«Andiamo, Oliver…» John liberò una nuova scarica sul petto dell’arciere, ma la linea ritornò piatta, nuovamente.
Felicity ormai piangeva e singhiozzava. L’unico uomo che avesse mai amato era lì di fronte a lei e stava morendo e lei non poteva fare nulla.
«Oliver… Oliver…» la ragazza continuava a chiamare il nome del giovane, mentre l’ex soldato ripeteva le scariche sul suo petto.
Felicity vi si appoggiò, il calore del corpo del giovane a riscaldarla mentre Diggle continuava a cercare di rianimare il ragazzo.
Fu solo quando non sentì più il corpo di Oliver scattare alle scariche ed il rumore dell’elettrocardiogramma piatto che Felicity cadde a terra in ginocchio.
Le sue labbra pronunciarono un’ultima volta il nome di Oliver prima che il dolore raggiungesse tutto il suo corpo, impedendole persino di respirare.
John aveva gli occhi lucidi mentre il rumore terrificante di un cuore che ha smesso di respirare rimbombava nella stanza.
I singhiozzi la scossero così forte che temette di spezzarsi da un momento all'altro.
Si rialzò piano e si avvicinò al viso del ragazzo con lentezza, gli occhi appannati dalle lacrime.
Prese il viso di Oliver tra le mani e avvicinò il proprio. Si fermò ad un soffio dalle sue labbra e pronunciò quelle parole che l’avrebbero perseguitata per il resto della sua vita.
«Ti amo, Oliver Queen…» poi, posò un dolce bacio sulle labbra ancora calde del giovane e lasciò che le sue lacrime bagnassero quel volto perfetto che non avrebbe più rivisto.
Si staccò dopo quelli che sembrarono attimi infiniti e poggiò la sua fronte su quella imperlata di sudore del giovane.
Sentiva il cuore sgretolarsi ed il dolore propagarsi ad onde nel suo corpo.
Le lacrime caddero sul volto di Oliver mentre Felicity lo sfiorava con delicatezza, come se volesse imprimersi quei lineamenti nella pelle.
Non avrebbe più rivisto i suoi occhi…
Quella constatazione le rubò il fiato e la lasciò col cuore stretto in una morsa d’acciaio.
Fu proprio nell'esatto istante in cui sapeva di star per cadere a pezzi, che un rumore bucò il silenzio di morte della stanza.
Sia Felicity che Diggle voltarono contemporaneamente il volto verso la fonte del rumore non riuscendo a credere a ciò che i loro occhi vedevano.
Le linee dell’elettrocardiogramma avevano ripreso a muoversi, ed i battiti stavano velocemente risalendo. Felicity abbassò il volto su quello di Oliver e poté sentire di nuovo il respiro del ragazzo.
L’emozione fu così forte che cadde in ginocchio, stremata.
Diggle le si avvicinò e l’abbracciò stretta.
Oliver era vivo. 

Le quarantotto ore successive furono terribili.
La paura di quel suono piatto era divenuta una costante. Nessuno dei due ragazzi aveva chiuso occhio, entrambi volevano vegliare su Oliver.
Fu tre giorni dopo che tutto cambiò.
Diggle era sceso in cucina per preparare due caffè e Felicity si era sdraiata sul letto con Oliver.
Il ragazzo era steso a pancia in su, le braccia lungo i fianchi e Felicity gli si era accoccolata accanto, la testa leggermente poggiata al petto del giovane e le mani a tenerne stretta una del ragazzo. Gli occhi le si chiusero automaticamente.
E fu così che la trovò Oliver.
La prima sensazione che sentì da sveglio fu il calore di un corpo accanto al suo, una stretta salda e dolce alla sua mano ed un profumo che mai avrebbe scordato.
Istintivamente, girò il volto verso quel profumo ed aprì gli occhi: l’immagine del volto di Felicity s’impresse a fuoco nella sua mente.
Lentamente, alzò la mano libera ed andò a carezzare la guancia della giovane poggiata a lui.
Felicity si mosse e bisbigliò qualcosa nel sonno.
«Oliver…»
Fu in quell’istante che si svegliò.
Non poteva essere vero…
Appena aprì gli occhi di scatto, due pozze azzurre incontrarono le sue e le lacrime scesero senza neanche avere il tempo di formarsi.
Felicity si alzò a sedere di scatto e guardò Oliver negli occhi; poi, le sue mani gli accarezzarono subito il volto, il collo, il petto.
«Sei sveglio…» il sussurro si perse tra le labbra socchiuse, il sorriso che le regalò Oliver ed il rumore di due tazze che caddero a terra.
Diggle era fermo sulla soglia, i due caffè ormai divenuti una pozza scura sul marmo chiaro ed il volto incredulo ma felice.
«Bentornato, amico.» furono le parole del giovane nero, parole intrise di sincera amicizia e commozione.
Felicity voltò di nuovo il viso verso Oliver.
«Credevo-credevamo di averti perduto per sempre.» ed a quelle parole, le lacrime si affacciarono di nuovo nei suoi occhi.
Questa volta, però, Oliver prese la ragazza per una spalla e se la strinse al petto, forte, mentre la giovane piangeva tutte le sue lacrime.
Diggle si dileguò, lasciando i due da soli.
Dopo pochi minuti, Felicity alzò il volto dal petto di Oliver.
«Come ti senti?» gli chiese gentile ed Oliver rispose con un sorriso.
«Come se mi avesse investito un treno. Cos'è successo?» chiese, poi.
Felicity, allora, gli raccontò del giro di pattuglia finito male, della dose di Vertigo che gli avevano iniettato e della sua scomparsa dal covo dove avrebbe dovuto passare la notte sotto osservazione, assieme a Diggle; poi, facendosi coraggio, gli chiese il senso delle parole che lui le aveva rivolto prima di sentirsi male.
Oliver faticava ancora a comprendere bene cosa fosse reale e cosa non lo fosse, ma aveva deciso di essere onesto con lei e le rispose raccontandole cosa, secondo lui, fosse successo in quel maledetto giorno.
Felicity ascoltò tutto senza dire una parola ed Oliver notò come il dolore si fosse affacciato nei suoi occhi mentre le raccontava della paura di stare con lei e del suo comportamento successivo.
A fine racconto, Felicity si alzò dal letto e cercò di sgattaiolare dalla stanza. Quello che Oliver le aveva raccontato l’aveva ferita ed aveva bisogno di pensarci su.
L’arrivo di Diggle fu provvisorio e la donna scappò con la scusa di una doccia a casa.

Oliver rimase solo con l’amico. Quest’ultimo non gli disse niente, né gli chiese alcunché. Si limitò a sedersi in poltrona in silenzio. Fu Oliver a parlare, dopo essersi messo seduto ed aver tolto dal petto i piccoli elettrodi che monitoravano il suo battito cardiaco.
Era la prima volta in vita sua che esternava così tanti pensieri e sentimenti. Il silenzio era sempre stato il suo migliore amico, ma ora sentiva il bisogno di tirare fuori quel groviglio di emozioni che gli stringeva il cuore da tanto, troppo tempo.
Raccontò a Diggle quello che in realtà aveva sognato e l’autista capì perché Felicity fosse scappata.
«Credo sia normale la reazione di Felicity.» le prime parole di Diggle fendettero l’aria tesa della stanza di Oliver.
Il giovane non rispose, così John poté continuare.
«Non credo sia facile sapere che l’uomo di cui sei innamorata reagirebbe ad un appuntamento con te dandoti buca, per poi finire a fare sesso con la sua ex sulla scrivania, sulla tua scrivania.»
Oliver incassò le parole una ad una senza dire nulla. Sapeva che John non avesse ancora finito.
«Ti dico la verità, Oliver. Se mai dovesse accadere una cosa del genere, sappi che non mi limiterò ad un pugno ben assestato.» ed il tono minaccioso e duro con cui lo disse, fece comprendere ad Oliver che quelle parole erano veritiere. «La questione, però, è un’altra. Non credo ti comporteresti mai così con Felicity.»
Furono quelle parole a fare alzare il viso ad Oliver, di scatto.
«Come sarebbe a dire? Ti ho appena detto quanto credessi fosse tutto-» ma John non lo fece finire.
«Vero? Sì, certo. Ma è così che agisce la nuova Vertigo.»
John prese una piccola pausa, poi riprese il discorso.
«La nuova Vertigo crea nella mente di chi ne fa uso una realtà parallela nella quale tutte – e calcò forte quest’ultima parola - le paure peggiori divengono reali e tangibili, tutte assieme. Ogni tuo timore diviene scenario reale.» quelle ultime parole fecero scattare Oliver.
«Spiegati.»
«La prima volta che ti è stata iniettata, ricordi cos'hai sognato?» chiese Diggle, sapendo bene la risposta.
Perché Oliver non era nuovo alla Vertigo, solo che la nuova versione era un po’ diversa dalla precedente. Questa, infatti, creava scenari realistici all'interno dei quali tutte le paure si mischiavano, facendo comportare chi stava sognando quegli scenari come mai avrebbe fatto. Toglieva il controllo, del tutto.
La risposta del giovane fu più che eloquente: la mascella si serrò così forte da temere che i denti si spezzassero.
«Non vuoi dirlo? Ok, lo faccio io. Hai sognato che Felicity venisse uccisa. Esatto, Felicity che moriva, Oliver. Qualcuno aveva scoperto che lei era il collegamento con Arrow ed aveva deciso di ucciderla, facendo trovare proprio al caro Arrow il suo corpo privo di vita.»
John prese un respiro profondo.
«All'epoca provavi già qualcosa per lei, e lo sai anche tu.» disse l’uomo, mentre Oliver voltava il capo cercando di non mostrare i suoi occhi. «Provavi qualcosa per lei, ma non credevi un giorno anche lei avrebbe provato qualcosa per te. Così, la tua paura più grande era perderla a causa della vita che conducevi. La mettevi in pericolo con la tua seconda vita e te ne distaccasti, anche se non durò molto.» concluse con un sorrisino. «Ora è diverso. Sai che lei prova qualcosa per te come tu provi qualcosa per lei. E la tua paura più grande è quella di rovinare tutto, di renderti conto che quello che lei prova-» ma questa volta fu Oliver a non far finire di parlare l’amico.
«Io l’amo come non ho amato mai, John.» disse il giovane Queen. Era raro che usasse il nome di battesimo dell’amico, e questo fece capire all’ex soldato quanto fosse serio il discorso.
«Io non provo qualcosa per lei, io ne sono completamente dipendente. Questo… Sentimento è qualcosa che non si può cancellare, che non passa, lo capisci? – le parole gli uscirono senza che potesse fermarle e con il tono di voce di chi si è arreso, ormai, a qualcosa che non può controllare e che è stanco di tacere - Lei prova qualcosa per me, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che io provo per lei. Un giorno capirà che merita di più, molto di più, di un uomo fatto di cicatrici ed oscurità. Un giorno il fascino dell’eroe scomparirà e rimarrò solo io, Oliver. Cos’ho da offrirle? Lei si merita un bravo ragazzo. Uno di quelli dolci e comprensivi, che l’attende a casa e le prepara un bagno caldo e la cena. Un ragazzo con cui trascorrere una serata sul divano a guardare un film, abbracciati e vicini. Un ragazzo che la tratti come merita, non che la metta in pericolo. Lei si merita qualcuno che possa alimentare la luce che è in lei, non oscurarla con la propria di oscurità. Lei merita di più, molto di più di quel poco che posso offrirle io. Per questo è meglio che mi stia lontana. Preferisco vederla soffrire ora, piuttosto che in futuro, quando saprà di aver investito su di un uomo che non vorrà più al suo fianco, un uomo che non la merita come-» ma Oliver non finì, perché una furia bionda aprì la porta rimasta socchiusa e si precipitò nella stanza.
«Hai finito, Oliver?» chiese furiosa la giovane, ma proprio quando il giovane Queen provò a risponderle, lei non lo fece parlare.
«Non ti azzardare a proferire parola.»
Oliver richiuse subito la bocca. Felicity era furente.
Diggle, dall'altro lato della stanza, osservava la scena con una mezzo sorriso. Sapeva che Felicity stesse ascoltando, aveva visto la sua ombra a lato della porta.
«Quindi tu mi ami più di quanto ti ami io?» chiese retorica la bionda. «Ma quanto sei arrogante, eh? Come diavolo ti permetti di mettere i miei sentimenti ad un gradino sotto i tuoi? Il grande Oliver Queen ama più di quello che sanno fare gli altri esseri umani. No, non ti azzardare ad aprir bocca, caro il mio miliardario io-soffro-sempre-più-degli-altri.»
La sua rabbia era davvero uscita fuori tutta e si stava preparando a fare devastazioni.
Si avvicinò al giovane, aggirando il letto, e gli punto l’indice contro il petto, battendolo ad ogni parola.
«Non ti permettere mai più di sminuire i miei sentimenti, chiaro? Tu non sai quanto sia stato difficile cercare di reprimere i miei sentimenti per te. Quanto male mi abbia fatto vederti con Laurel, Isabel e Sara. Tu non sai quante volte hai spezzato e calpestato il mio cuore, facendomi credere di non essere abbastanza per te. Abbastanza bella, abbastanza coraggiosa, abbastanza e basta. Tu, il grande Oliver Queen, che si metteva anche solo a guardare una come me? Impossibile. Ho creduto di non avere una possibilità con te e mi ero fatta da parte, seppur il mio cuore continuasse a sanguinare. Ero disposta a morire dentro pur di vederti felice, anche tra le braccia di un’altra. Ed ora? Ora tu mi tiri fuori questa manfrina da eroe maledetto? O meglio, antieroe, tecnicamente. Sai, gli eroi si fanno mille paturnie, ma, alla fine, sono gli antieroi quelli sempre divisi tra bene e male, con una spada di Damocle sul capo, che agiscono al limite del- si bloccò di colpo – dannazione! Mi sono persa da sola.» disse la giovane mordendosi la lingua, mentre Oliver reprimeva un sorriso ed una risata all’occhiataccia di lei e Diggle si metteva una mano sulla bocca per non far rumore.
«Non ti azzardare a ridere. Dicevo… Sì, non puoi saltartene fuori con queste cazzate del non sentirti abbastanza. Tu? Non ci crede nessuno. Hai avuto paura, dillo e basta. Sono io quella che dovrebbe averne, però. Perché se mai dovesse succedere qualcosa tra di noi, sarei io quella mollata dopo qualche tempo, proprio nel momento in cui ti accorgerai che puoi avere di più, che puoi-» ma tutto il suo discorso morì quando la mano di Oliver la tirò per il braccio e fece scontrare le proprie labbra con quelle calde della giovane.
Diggle scomparve in mezzo secondo con un grande sorriso sulle labbra, mentre la bionda si staccava leggermente, un ginocchio poggiato sul letto ed il viso di Oliver Queen a pochi centimetri dal suo.
«Che-che…» balbettò, rossa come un pomodoro.
«Che significa?» chiese Oliver con un sorriso e la ragazza annuì piano.
«Significa che ti amo, Felicity. Significa che non voglio più aver paura ma che voglio viverti. Significa che voglio stare con te fino a quando mi vorrai, e spero sia per sempre. Significa che ti voglio oggi, domani e tutti i giorni a venire. Significa che sono tuo, lo sono sempre stato, e che mi affido a te, perché so che avrai cura di me.» ed il bacio che seguì fu qualcosa che nessuno dei due aveva mai sperimentato.
Fu dolce, romantico, passionale, tenero e disperato.
Felicity si ritrovò sdraiata sotto al ragazzo, le mani tra i corti capelli di Oliver e le braccia di quest’ultimo a stingerla forte.
«Ti amo anche io, Oliver. E se provi a tradirmi con Sara o qualunque altra donna, giuro che ti eviro.» concluse la bionda baciando nuovamente il giovane sopra di lei, il sorriso sulle labbra di entrambi. Entrambi finalmente nel posto che loro apparteneva fin dal principio: le braccia dell’altro.

 

 

 

*"Love can defeat that nameless terror. Loving one another, we take the sting from death." - Edward Abbey, Down the River (1982)

 

 

 

 

Note dell'Autrice

Ed eccoci all'ultimo capitolo. L'avevo detto io che questa storia era strana forte!
Abbiamo finalmente scoperto cosa sia realmente accaduto - o, magari, Oliver è davvero impazzito e si è creato un universo alternativo. Chi lo sa... Muahahahah Ok, la smetto u.u
Dicevo, abbiamo scoperto cosa sia successo e, soprattutto, abbiamo udito dalla voce del nostro Arrow la spiegazione al suo comportamento.
Il più grande terrore di Mr. Queen? Che Felicity veda oltre i suoi muri, oltre all'eroe che lei crede lui sia, oltre al miliardario, oltre al playboy e veda solo Oliver, il vero Oliver, nudo nell'anima e nei sentimenti. Ed è questo che più gli fa paura: che lei veda oltre tutto e non trovi nulla, nulla se non cicatrici ed oscurità. Lui crede di non meritare Felicity ed il suo amore, né di essere abbastanza per lei. Per lui l'IT girl è una donna meravigliosa che merita tutto l'amore del mondo, amore che lui si è convinto non essere in grado di dare, di darle.
Il suo terrore è che lei lo abbandoni dopo aver visto il vero Oliver, quella parte che lui cela agli occhi di tutti, preclusa ad ogni sguardo; peccato che la nostra Felicity abbia visto dentro di lui al primo incontro e che continui a farlo, amando ogni giorno di più quella parte preclusa sì a tutti, ma non a lei :)

E per tutte voi miscredenti che credevate in una fine drammatica e triste... Beccatevi questo lieto fine, yeah! Ahahahah

E così, siamo giunti alla conclusione della mia prima Olicity. Ho davvero amato scrivere questa storia - in effetti, avrei una one-shot già pronta... Che credo pubblicherò a breve u.u Ormai non vi sbarazzerete più di me, mi spiace! Muahahah
Ho amato scrivere di questa coppia e di questo fandom, così come ho amato leggere le vostre splendide recensioni. Mi avete accolta in modo meraviglioso, e per questo vi ringrazio enormemente.

Avrete mie notizie prima di quanto crediate!
A presto,
WhiteOphelia 

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