Il sole e la luna

di monsieur Bordeaux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutti in carrozza! ***
Capitolo 2: *** Un particolare controllore ***
Capitolo 3: *** Furto e fuga dal treno ***
Capitolo 4: *** L'arrivo a Plomb Town ***
Capitolo 5: *** Un giro in città ***
Capitolo 6: *** Gli appunti ***
Capitolo 7: *** L'agguato ***
Capitolo 8: *** Una triste storia ***
Capitolo 9: *** L'ultima lettera di Anna ***
Capitolo 10: *** In biblioteca ***
Capitolo 11: *** Guardie e ladri ***
Capitolo 12: *** Il segreto della lastra ***
Capitolo 13: *** Messaggio alquanto misterioso ***
Capitolo 14: *** Nell'acquedotto ***
Capitolo 15: *** Trovati! ***
Capitolo 16: *** La caverna del tesoro ***
Capitolo 17: *** Battaglia sotterranea ***
Capitolo 18: *** Resa dei conti ***
Capitolo 19: *** L'uscita dall'acquedotto ***
Capitolo 20: *** Niente più mi lega a questa città ***



Capitolo 1
*** Tutti in carrozza! ***


Capitolo 1 - Tutti in carrozza!


Come dico sempre in questo caso, buona lettura!!!


Nella stazione ferroviaria di Guteburg tutto era quasi pronto per la partenza del prossimo treno. Mentre gli addetti ai lavori stavano caricando gli oggetti più pesanti nelle ultime cabine, una ragazza bionda, seduta su una valigia rossa, stava aspettando con ansia il momento della partenza.
Il suo nome era Winry Rockbell, e con lei dovrebbero partire anche i fratelli Elric, Edward e Alphonse. Dovrebbero, perché i due ragazzi non si erano ancora presentati al luogo dell'appuntamento e la ragazza li stava aspettando con grande impazienza...
Nel frattempo, in un altro punto della stazione e lontano da occhi indiscreti, c'erano due persone che stavano parlando proprio di quel treno, prossimo alla partenza. Erano due famosi ladri, Lupin III e Jigen Daisuke; il primo era vestito con la sua inconfondibile giacca rossa mentre il secondo era travestito da addetto ferroviario e teneva in mano un carrello per il trasporto dei bagagli.
«E' quello il nostro treno, Lupin?» domandò Jigen.
«Precisamente!» rispose il suo compagno. «Da qui si direbbe che stanno caricando le ultime carrozze. Questo significa che il nostro obiettivo è già a bordo...»
«Già! Secondo le nostre informazioni, il vaso della Luna si trova in una delle prime carrozze.»
«Meglio darci una mossa, Jigen! Devo salire a tutti i costi su quel treno...»

Passò un po' di tempo, ma i fratelli Elric non erano ancora arrivati in stazione. Winry si stava innervosendo parecchio per il loro grave ritardo, così decise di alzandosi e di fare quattro passi attorno alla valigia, cercando di calmarsi un po'. All'improvviso però sentì uno strano rumore, e d'istinto si voltò per verificare cos'era successo.
Dietro di lei vide un addetto ai bagagli e un controllore che stavano discutendo animosamente, di fianco ad una delle carrozze. I due stavano litigando su una cassa di legno, che l'addetto voleva caricare sul treno. Tutto quel baccano attirò l'attenzione dell'ufficiale a capo della sicurezza di quel treno: l'ispettore Zenigata, riconoscibile da suo impermeabile marrone trasandato.
«Che diavolo sta succedendo qui?» domandò quasi urlando il poliziotto giapponese. I due litiganti però erano così distratti dalla loro discussione, che in un primo momento lo ignorarono.
«Ti ho già detto che qui non puoi entrare! I bagagli normali devono essere caricati sul fondo!» rimproverò il controllore, ma l'addetto sembrava voler ignorare quel richiamo.
«Mi è stato ordinato di sistemare la cassa su questo vagone!»
«Ora non inventarti scuse!» ribatté i controllore infastidito. A quel punto Zenigata decise di intervenire, parlando direttamente con l'addetto.
«Mi stia a sentire! Qui non può sistemare niente, queste carrozze sono tutte sorvegliate dalla polizia. E' tutto chiaro?»
«E chi lo sapeva?» affermò l'addetto, sistemandosi il berretto che gli copriva gli occhi.
Proprio in quel momento i fratelli Elric raggiunsero Winry. Cercando di riprendere fiato per la lunga corsa appena conclusa, i due si scusarono profondamente per il loro ritardo. Sebbene Winry fosse ancora molto arrabbiata, quella volta decise di perdonarli. Senza perdere altro tempo, i tre amici salirono sul treno, trovando quasi subito la cabina che avevano prenotato.
Nel frattempo Jigen, ancora travestito da addetto, sistemò la cassa di legno nell'ultima carrozza. Era molto deluso, la prima parte del piano non aveva funzionato come previsto e ora Lupin, nascosto dentro la cassa, era costretto a percorrere tutto il treno per raggiungere il vaso della Luna. Il ladro dalla giacca rossa però era ottimista, riteneva quell'imprevisto solo un piccolo contrattempo, che avrebbe risolto una volta in viaggio. Più rilassato rispetto a prima, Jigen scese dal treno e, senza farsi notare da nessuno, uscì dalla stazione abbandonando il travestimento da addetto ai bagagli.

Alle cinque e mezza del pomeriggio la locomotiva si mise lentamente in movimento. Mentre il treno stava prendendo velocità, lasciandosi alle spalle la stazione di Guteburg, Edward gettò un'occhiata fuori dal finestrino: la luce arancione del tramonto riempiva la campagna, che piano piano stava sostituendo la città.
«Dovremmo raggiungere Plomb Town tra circa tre ore...» affermò Edward rivolgendosi a suo fratello Alphonse.
«Se non ci sono imprevisti, fratellone!»
«Come mai andate in quella città?» domandò Winry a Edward.
«Abbiamo sentito una leggenda molto interessante su Plomb Town: sembra che, da qualche parte in città, sia nascosta una pietra filosofale.»
«Ah, capisco...»
«Però ora spiegami perché hai insistito nel voler venire con noi!» affermò Edward un po' infastidito.
«Come, non lo sapete?» domandò sorpresa Winry. «Plomb town è una grande sede di artigiani dei metalli! Si dice che abbiano degli ottimi materiali per la costruzione di automail!»
La ragazza era entusiasta mentre pronunciava quelle parole, lo si poteva intuire dai suoi occhi lucidi.

Superati i controlli alla stazione, era giunto per Lupin il momento di uscire dalla cassa di legno. Dopo essersi stiracchiato per bene, si ripulì dalla polvere che aveva addosso e si guardò attorno, per capire dov'era finito. Il vagone in cui si trovava era pieno di valigie, casse e altri contenitori di forma e materiali vari, accatastati in modo da formare un corridoio centrale. Non essendoci nessuno nei paraggi, Lupin in scioltezza attraversò il corridoio e scassinò senza fatica la porta del secondo vagone. Come la precedente, anche questa carrozza era adibita al trasporto dei bagagli, così Lupin andò direttamente alla porta successiva, questa volta munita di finestrino. Guardando aldilà del vetro, il ladro dalla giacca rossa constatò che il corridoio era libero, tutti i passeggeri erano seduti nelle loro cabine. Era il momento giusto per uscire allo scoperto.
Senza farsi notare eccessivamente, Lupin attraversò il corridoio e si portò a ridosso della porta dall'altra parte del vagone. Prima di proseguire però Lupin si voltò, per controllare se qualcuno aveva notato la sua presenza: qualche passeggero stava leggendo il giornale, altri stavano parlando col vicino di posto ed infine c'era chi stava facendo un sonnellino. Lupin si sentì rassicurato, nessuno dei passeggeri lo aveva visto attraversare il corridoio.
Come aveva fatto in precedenza, Lupin si avvicinò alla porta e controllò la situazione nel vagone successivo, spiando attraverso il vetro. Questa volta però nel corridoio stava camminando qualcuno: era il controllore con la sua divisa verde. Lupin capì subito che non poteva proseguire, il controllore avrebbe intuito quasi subito che lui non era un passeggero regolare, con il rischio concreto di farsi prendere dalla polizia. Sarebbe stato troppo ridicolo per lui farsi arrestare solo perché non aveva il biglietto...

Rimanendo nascosto dietro la porta, Lupin osservò attentamente gli spostamenti del controllore, finché non lo vide entrare in una delle cabine. Approfittando di quel momento, Lupin spalancò la porta e attraversò velocemente il corridoio, per entrare nella carrozza successiva. Però questa era sorvegliata da due poliziotti, e Lupin fu costretto a tornare indietro per non essere scoperto. Non ebbe il tempo di ragionare che sentì un rumore di passi alle sue spalle, era il controllore che stava andando verso di lui! Tutto agitato, Lupin cercando d'istinto un nascondiglio, ma era troppo tardi: il controllore lo aveva richiamato per un controllo! Senza perdersi d'animo, Lupin pensò velocemente ad un modo per superare quell'ostacolo imprevisto.


Continua...


Mi raccomando, commentate!!!

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Capitolo 2
*** Un particolare controllore ***


Capitolo 2 - Un particolare controllore


Il controllore del treno rimase un po' impressionato nel vedere quell'individuo, con la giacca rossa, fermo davanti alla porta del bagno. Sembrava una persona sospetta, così gli si avvicinò per chiedergli il biglietto. Lupin si girò lentamente e, facendo un sorriso al controllore, lo salutò.
La reazione di quello strano individuo prese di sorpresa il controllore, permettendo al famoso ladro di prendere velocemente dalla tasca dei pantaloni una piccola sfera di vetro. Con un gesto rapido, Lupin gettò la sfera ai piedi del controllore, creando una piccola nube di gas soporifera che lo avvolse completamente; in pochi secondi l'uomo cadde a terra addormentato. Una volta esaurito l'effetto del gas, Lupin sollevò il corpo svenuto del controllore e lo trascinò dentro il bagno per nasconderlo.
Quando uscì dal bagno, Lupin aveva indossato la divisa del controllore. Gli andava un po' larga, ma come travestimento poteva funzionare. Indossato anche il berretto, Lupin entrò nella carrozza successiva e senza problemi attraversò il corridoio, salutando anche l'agente di polizia che incontrò durante il suo cammino. Quasi all'improvviso però gli sorse un dubbio: era sicuro che prima, in quel vagone, c'erano due poliziotti. Ora ne aveva visto solamente uno, e si stava domandando dov'era finito l'altro...

Ma Lupin non aveva tempo da perdere e decise di lasciar perdere quel dubbio, doveva continuare con la sua marcia verso la testa del treno. Come in precedenza, Lupin attraversò senza essere riconosciuto il vagone successiva, nonostante la presenza di due poliziotti.
Lupin si sentiva quasi euforico, si stava avvicinando sempre di più al suo obiettivo, il vaso della Luna. Ma la sua gioia durò poco, perché vide in lontananza il suo acerrimo nemico, l'ispettore Zenigata! Stava facendo un giro di controllo e aveva l'aria di essere molto nervoso. Lupin non poteva proseguire, sicuramente Zenigata lo avrebbe riconosciuto quasi subito, così decise di nascondersi dentro una delle cabine.
All'interno Lupin ci trovò tre persone: su un lato era seduti una ragazza dai capelli lunghi e biondi, occhi azzurri e indossava una maglietta verde chiaro e una minigonna bianca e un ragazzo, anche lui con i capelli lunghi e biondi, tenuti fermi da una treccia. Indossava una mantella rossa sopra un vestito nero. Dall'altra parte della cabina c'era una persona che indossava una curiosa armatura, che gentilmente salutò il ladro travestito da controllore. Lupin era così impacciato che preferì non fare commenti inutili e cercò di fare, il più fedelmente possibile, la parte del controllore.
«Buonasera! Avete con voi i biglietti?»
I tre ragazzi li consegnarono velocemente a Lupin, che fece finta di controllare se fossero autentici. Prima di restituirli, il ladro dalla giacca rossa diede un'occhiata ai nomi dei passeggeri: i tre ragazzi si chiamavano Winry, Edward e Alphonse.
«Sono in regola!» affermò Lupin, che nel frattempo si era voltato per vedere dov'era finito Zenigata. L'ispettore aveva superato la sua posizione, quella per Lupin era un'ottima opportunità per liberarsi di Zazà! Ma all'improvviso Winry lo chiamò, bloccando di colpo la sua fuga dal vagone.
«Mi scusi controllore!»
«Cosa vuole, signorina?» domandò Lupin, nascondendo l'agitazione sorridendo alla ragazza.
«Volevo chiederle una cosa: come mai ci sono così tanti poliziotti su questo treno? E' successo qualcosa?»
Lupin tirò un grosso sospiro di sollievo. Aveva paura che la ragazza gli domandasse qualcosa sugli orari dei treni...
«Non lo sa? Questo treno sta trasportando un importante manufatto storico, il vaso della Luna!»
«Ah sì!» esclamò Edward. «Ho letto sui giornali che quel vaso è stato ritrovato non molto tempo fa.»
«Sa dove lo tengono?» domandò Alphonse al controllore.
«Di preciso non lo so, ma ho con me una fotografia del vaso scattata qualche giorno fa. Devo averla qui da qualche parte...»
Lupin prese la foto da una tasca interna della giacca e la porse ad Alphonse, che la mostrò anche a Winry e Edward. La fotografia era stata ritagliata da un giornale e si vedeva in primo piano il vaso della Luna, realizzato completamente in argento. Alto più o meno quaranta centimetri, il vaso era caratterizzato da una serie di incisioni che si sviluppavano lungo i lati, il cui significato era ancora da svelare. Poco dopo Alphonse riconsegnò la fotografia a quel gentile controllore...
«Sembra un oggetto di grande valore...» commentò Edward.
«Per caso, sa anche il perché si chiama "vaso della Luna"?» domandò Winry al controllore, che non si rifiutò di rispondere alla ragazza.
«Perché in passato il vaso faceva coppia con un altro, detto "del Sole", fatto in oro. Si chiamano così proprio perché in antichità l'oro e l'argento simboleggiavano il Sole e la Luna.»
«Ah, capisco...»
«Ora posso farle io una domanda, signorina?»
«Certo!»
«Quel ragazzo seduto accanto a lei, è suo fratello minore?»
Edward si arrabbiò non poco per la domanda del controllore: odiava chi gli faceva notare che era basso di statura e per questo motivo Alphonse cercò di tenerlo a bada. A quel punto Lupin si congedò dai tre passeggeri e uscì dalla cabina. Ora che Zenigata non era più nei paraggi, poteva proseguire con il suo piano.

La carrozza successiva era il vagone ristorante, ed era completamente vuota. Tutti i tavoli era apparecchiati per la cena dei passeggeri, e in sottofondo si sentivano i cuochi che stavano preparando le pietanze nella cucina in fondo al vagone. Quello per Lupin era il momento giusto per prendere la radio trasmittente e contattare il suo amico pistolero.
«Mi ricevi, Jigen?»
«Forte e chiaro! Dove ti trovi in questo momento, Lupin?» domandò Jigen. La sua voce era leggermente disturbata dal vento che soffiava nel ricevitore.
«Mi trovo nel vagone ristorante. Per il momento è libero, ma tra pochi minuti si riempirà di gente... devo sbrigarmi a proseguire!»
«Pensi di passare per le cucine?»
«Meglio di no! Darei troppo nell'occhio, devo trovare un'altra strada per andare avanti... e ho già in mente quale!» affermò Lupin ridacchiando.
«Fa come vuoi! Ricordati solo che non hai molto tempo a disposizione!»
«Non ti preoccupare, mon ami! Ci risentiamo più tardi!»
«Buona fortuna, Lupin!» disse Jigen chiudendo il contatto radio.
Prima di proseguire, Lupin si liberò della divisa da controllore e la nascose sotto uno dei tavoli presenti, poi si avvicinò all'ultimo finestrino sul lato destro del vagone. Dopo aver ricontrollato che in giro non ci fosse nessuno, Lupin aprì il finestrino e si sporse in avanti, guardando verso l'alto per calcolare mentalmente la distanza tra lui e il tetto. Veloce come un fulmine, il ladro dalla giacca rossa salì sul bordo inferiore del finestrino, si girò e con un balzò si aggrappò ad una sporgenza del tetto. Come tocco finale, Lupin spinse con un piede il finestrino, chiudendolo del tutto. Così facendo, aveva eliminato una traccia del suo passaggio...

Nel frattempo Edward e Winry stavano consultando una cartina di Plomb Town. I due però iniziarono presto a litigare, perché il primo stava cercando l'albergo in cui aveva prenotato, mentre la seconda voleva a tutti i costi sapere dove si trovava il mercato artigianale. Ad un certo punto però i due si fermarono di colpo, qualcuno nel corridoio stava urlando ancora più forte: era l'ispettore Zenigata, che stava parlando con un poliziotto. Era visibilmente agitato, non riusciva a rimanere fermo. Impressionato da quell'urlo, Edward aprì la porta della cabina per capire cosa stava succedendo nel corridoio.
«E' sicuro di quello che mi ha riferito, agente?» domandò Zenigata con aria incredula.
«Certo, ispettore Zenigata! Abbiamo trovato il controllore legato dentro il bagno e senza i suoi vestiti!» rispose l'agente, quasi intimorito dall'atteggiamento di Zenigata.
«Dannato Lupin!!! Questo significa che è già passato di qui, travestito da controllore!»
«Che faccio adesso, ispettore?»
«Andiamo subito al vagone dove teniamo il vaso della Luna! Quel maledetto di Lupin non ci deve arrivare per nessun motivo!!!» affermò Zenigata mettendosi a correre verso la testa del treno, seguito a poca distanza dal poliziotto.
Quando la situazione si calmò, Alphonse domandò a suo fratello Edward il motivo di tutta quella agitazione. Alphonse e Winry rimasero di sasso davanti alla risposta di Edward: non riuscivano quasi a crederci che quel gentile controllore di prima fosse in realtà un ladro!

A tutta velocità Zenigata attraversò le carrozze, fino ad entrare nelle cucine del vagone ristorante, dove interrogò i cuochi per sapere se avevano visto il controllore o qualcuno dall'aria sospetta. Ricevuta una risposta negativa, l'ispettore tornò indietro dal poliziotto, che nel frattempo aveva trovato i vestiti del controllore sotto uno dei tavoli del vagone ristorante. Cercando di rimanere calmo, Zenigata iniziò a ragionare sul possibile percorso compiuto da Lupin, ma poco dopo venne disturbato dall'arrivo nel vagone ristorante dei fratelli Elric. Irritato, l'ispettore cercò di allontanarli.
«Per cortesia, lasciate subito questa carrozza! Non voglio civili tra i piedi!»
«Guardi che io sono dell'esercito!» ribatté Edward. Non aveva alcuna intenzione di farsi fregare da un ladro come Lupin, e poi non gli aveva perdonato quella domanda sul "fratello minore"...
«Non farmi ridere ragazzino! Sei troppo piccolo per essere dell'esercito!» commentò Zenigata. Un po' arrabbiato, Edward gli mostrò l'orologio in argento, che dimostrava senza ombra di dubbio il suo titolo di alchimista di Stato; Zenigata ci rimase di stucco.


Continua...

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Capitolo 3
*** Furto e fuga dal treno ***


Capitolo 3 - Furto e fuga dal treno


Proseguire lungo i tetti dei vagoni non era affatto facile per Lupin, doveva rimanere sdraiato per non farsi trascinare dal vento e rimanere ben saldato quando il treno oscillava nelle curve. Rimanendo concentrato e avanzando poco alla volta, il ladro dalla giacca rossa riuscì ad arrivare quasi in cima al treno, e a quel punto decise di fare una pausa per riprendere fiato. Il sole nel frattempo era tramontato dietro le montagne, colorando il cielo di diverse tonalità di arancione. Tra pochi minuti sarebbe scesa la notte, un vantaggio in più da sfruttare per il furto del vaso.
Riprendendo la sua camminata, Lupin notò che l'ultimo vagone, quello subito dietro alla locomotiva, era molto diverso rispetto agli altri: aveva la forma di un enorme solido rettangolare, in cemento armato di colore grigio scuro e senza finestre o altre aperture, ad eccezione della porta che lo collegava alla carrozza precedente. Questa volta Zenigata si era proprio impegnato per mettere al sicuro il vaso della Luna, quel vagone sembrava il caveau di una banca...
Qualche minuto dopo il treno iniziò un tratto pieno di gallerie e Lupin fu costretto a rimanere per un po' sdraiato sul tetto. Durante questa sosta il ladro dalla giacca rossa notò a poca distanza da lui una fessura, dalla quale usciva un debole fascio di luce. Si trattava di una botola, l'ideale per osservare di nascosto tutto ciò che succedeva dentro il vagone. Prendendo un coltello a serramanico che teneva in tasca, Lupin forzò un lato della botola, aprendola quanto bastava per dare un'occhiata all'interno della carrozza.
Davanti alla porta, chiaramente blindata, c'erano due poliziotti di guardia, che tenevano sottocontrollo il vagone. A destra della porta c'era un pannello di controllo, con tanto di fessura per inserire una tessera magnetica. A quel punto Lupin non aveva più dubbi sul fatto che il vaso della Luna si trovasse nell'ultima carrozza del treno.
Lupin stava già pensando ad un modo per distrarre le guardie, ma all'improvviso sentì qualcuno aprire la porta dalla parte opposta del vagone. Dal rumore dei passi capì che stavano arrivando almeno tre persone, e per questo motivo Lupin decise di rimanere fermo, aspettando il momento buono per agire.

L'ispettore Zenigata, accompagnato dai fratelli Elric, entrò di corsa nel penultimo vagone e per prima cosa si avventò su uno dei poliziotti presenti. Pizzicando con forza la faccia del suo sottoposto, l'ispettore verificò che quella non era una maschera.
«Che sta facendo ispettore?» domandò Alphonse sorpreso da quel comportamento.
«Lupin è un maestro del travestimento!» rispose Zenigata usando il suo vecchio, ma sempre efficace, metodo per scoprire un travestimento del noto ladro. «Potrebbe assumere l'aspetto di chiunque!»
Sentendo quella risposta, a Edward gli venne in mente Envy, uno degli homunculus alla costante ricerca della pietra filosofale, in grado di cambiare velocemente aspetto. Già, gli homunculus... era da tempo che i fratelli Elric avevano perso le loro tracce.
«Siete sicuri di non aver visto Lupin nei paraggi?» domandò Zenigata ai due poliziotti, subito dopo aver verificato la loro identità.
«Sono sicurissimo, ispettore!» rispose uno dei due poliziotti di guardia. «Nessuno si è fatto vivo per tutto il viaggio.»
«E la tessera di sicurezza è ancora al suo posto?» chiese Zenigata un po' preoccupato.
«Sì, eccola!» affermò l'altro poliziotto mostrandogli la tessera elettronica in suo possesso. A quel punto Lupin decise che era il momento giusto per rubare il vaso della Luna, facendo un'entrata spettacolare.

Durante la discussione tra l'ispettore e i due agenti di guardia, Edward sentì all'improvviso un rumore sordo di lato, alla sua destra. Si voltò in quella direzione e vide a terra una biglia scura, dall'aspetto pesante. Sospettando che fosse una specie di granata, Edward urlò impaurito ai presenti di mettersi al riparo, ma fu troppo tardi: dalla biglia uscì un fumo denso e grigio, che riempì completamente il vagone in pochi secondi.
Approfittando del caos che aveva creato, Lupin saltò giù dal tetto, atterrando senza far rumore sul pavimento e poi rubò con una mossa fulminea la tessera che aveva in mano uno dei poliziotti di guardia. Muovendosi verso la porta blindata Zenigata intravide Lupin e cercò di fermarlo, ma il ladro inserì la tessera nella fessura e scomparve dentro il vagone su cui viaggiava il vaso della Luna. Zenigata era così disperato per il mancato arresto di Lupin che iniziò a prendere a calci la porta blindata, gridando come un matto contro il suo nemico storico. Poco dopo, quando la visibilità tornò normale, Edward si avvicinò alla porta blindata e quando l'ispettore gli spiegò cos'era successo, chiese a Zenigata di spostarsi perché stava per aprire un varco nella porta. L'ispettore era scettico, quella porta era stata costruita per resistere a tutto e solo la tessera che aveva preso Lupin era in grado di aprire, ma Edward lo impressionò usando l'alchimia. Il giovane appoggiò le mani a terra e in pochi secondi creò un varco nella porta, abbastanza grande per poter passare dall'altra parte. L'ispettore e i due poliziotti non credevano ai loro occhi, quella porta era spessa diversi centimetri!
Quando i fratelli Elric entrarono nell'ultimo vagone, notarono subito che la teca al centro, in cui era custodito il vaso della Luna, era vuota. Su un lato c'era un foro rotondo, fatto con una lama con la punta di diamante. In fondo al vagone c'era Lupin, sorpreso dal fatto che qualcuno era stato in grado di aprire la porta blindata in pochi secondi.
«Fermo lì!!! Non ti muovere!» gli gridò Edward.
«Non pensavo di rivedervi di nuovo» commentò Lupin sorridendo.
«Lei è il signor Lupin III, giusto?» domandò Alphonse.
«In carne e ossa!» rispose Lupin. «Avete usato un bel trucco per entrare, complimenti!»
«Non era un trucco. Ho usato l'alchimia per smontare la porta blindata» precisò Edward.
«Ah, quindi tu sei un alchimista... strano che una pulce come te possa far parte dell'esercito!» commentò sarcasticamente Lupin.
«Come mi hai chiamato?!?» ribatté Edward infuriandosi. «Certo, sono talmente piccolo che se passo sopra un tappeto mi scambiano per un acaro, vero?»
«Che nervoso, rilassati! Ora però proprio scappare... è stato un piacere rivedervi!»
«Dove pensa di scappare signor Lupin?» domandò ingenuamente Alphonse. «L'unica uscita è quella alle nostre spalle!»
«Non lo sapete che anch'io sono in grado di creare una via d'uscita? Vero Jigen?»
La radiotrasmittente di Lupin era accesa, e da lì Jigen lo informò che tra un minuto sarebbe arrivato sul luogo dell'appuntamento. Dopo aver risposto al suo socio che era in perfetto orario, Lupin si spostò su un lato del vagone, senza alcun motivo.
Ma un motivo c'era eccome! Infatti Lupin, mentre stava discutendo con i fratelli Elric, aveva piazzato una piccola bomba che aprì un varco sul fondo del vagone, scaraventando i due giovani alchimisti all'indietro. Sentendo l'esplosione, Zenigata entrò nel vagone e aiutò i due fratelli a rialzarsi. Dopo aver controllato che fossero in buona salute, l'ispettore si gettò all'inseguimento di Lupin, che nel frattempo era salito sulla locomotiva.
Il ladro dalla giacca rossa era sul bordo esterno, appoggiato al corrimano metallico che circondava la locomotiva. Stava parlando via radio con Jigen, ormai il loro incontro era questione di secondi.
«Quanto ti manca?»
«Sono a trecento metri! Ci sono quasi!»
Proprio in quel momento Zenigata sbucò da dietro la locomotiva.
«Lupin!!! Sei in arresto!!!»
«Come va, Zazà? E' stato piacevole il viaggetto in treno?»
«Lo sarà ancora di più quando ti metterò le manette ai polsi!»
«Purtroppo devo andare, ho un appuntamento col mio amico Jigen. Ci rivediamo, Zazà!» affermò Lupin sporgendosi pericolosamente dal corrimano.
«Dove vuoi andare, Lupin? Non vorrai saltare giù dal treno in corsa!»
«Perché no...»
Lupin si sporse ancora di più e si preparò a saltare. Zenigata cercò di impedire a Lupin di fare quel folle gesto, quando si accorse che un'automobile a tutta velocità si era affiancata al treno. Lupin aveva calcolato tutto nei minimi dettagli: aveva trovato una zona in cui la strada asfaltata e le rotaie viaggiavano parallele, in cui aveva pochi secondi a disposizione per fuggire dal treno in corsa. Quell'uomo ne sapeva una più del diavolo...
Spingendo forte il vaso in argento, Lupin si gettò dal treno e atterrò sul sedile posteriore dell'auto guidata da Jigen, che in breve tempo sparì all'orizzonte, sotto gli occhi increduli e disperati dell'ispettore Zenigata.

A causa della bomba che Lupin aveva usato per fuggire, i macchinisti decisero di fermare il treno, per controllare eventuali danni. Il gancio metallico che collegava la locomotiva al resto dei vagoni era danneggiato, costringendo i macchinisti ad una sosta forzata per ripararlo.
Tutto ciò creò il malcontento tra i passeggeri, preoccupati per il grave ritardo che stava subendo il treno. Tutti tranne tre individui seduti in una delle cabine: i tre homunculus Lust, Gluttony e Envy.
Quest'ultimi due stavano litigando perché Gluttony in precedenza si era letteralmente divorato uno dei poliziotti, rischiando di rivelare la loro presenza. Gluttony si era giustificato dicendo che aveva molta fame e che il vagone ristorante apriva solo tra un'ora. Intanto Lust stava riflettendo se Lupin, che aveva riconosciuto sebbene il travestimento da controllore, fosse un ostacolo o una fonte in più per trovare la pietra filosofale.


Continua...

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Capitolo 4
*** L'arrivo a Plomb Town ***


Capitolo 4 - L'arrivo a Plomb Town


L'arrivo del treno partito da Guteburg era previsto per le nove e mezza, ma a causa del furto del vaso della Luna arrivò solo a mezzanotte. I passeggeri, in un misto di rabbia e disperazione per il grave ritardo, scesero velocemente dal treno, svuotandolo in pochi minuti.
Quando i fratelli Elric e Winry scesero dal treno, vennero richiamati da una persona che si trovava vicino ad una panchina. Incuriosito, Edward e gli altri gli andarono incontro, per sapere cosa voleva.
Una volta uscito dalla folla che stava abbandonando la stazione, Edward vide davanti a lui un ragazzo che aveva poco più di vent'anni, dai capelli corti color biondo scuro e dagli occhi azzurri. Aveva la faccia un po' assonnata, sembrava che avesse aspettato per molto tempo l'arrivo dei fratelli Elric. Si chiamava Christian Tarnat e disse che era un caporale dell'esercito, nonostante si fosse presentato vestito con una maglia arancione, pantaloni scuri e scarpe nere. Quando Alphonse gli domandò perché non indossava la classica divisa blu da militare, Christian gli rispose in tutta sincerità che non amava indossarla e che preferiva gli abiti da civile...
«Come mai ci stava aspettando, caporale?» domando Edward.
«E' stato un vostro superiore a ordinarmi di attendere il vostro arrivo a Plomb Town e di farvi da guida» rispose il caporale. «Ci ha avvisati il colonnello Roy Mustang, se non ho capito male...»
«Colonnello... me lo aspettavo una cosa del genere da lui!» commentò Edward ad alta voce.
«Quindi voi due siete Edward e Alphonse Elric... ma questa ragazza chi è? Il colonnello non me ne aveva parlato nella sua telefonata!» chiese Christian.
«Mi chiamo Winry» rispose la ragazza. «Sono una loro amica.»
«Ah, grazie per la spiegazione...»
«Abbiamo prenotato in un albergo in città, ci può aiutarci a trovarlo?» domandò Edward.
«Certamente, sono qui per questo! Vado subito a chiamarvi un taxi!» rispose Christian uscendo dalla stazione, mentre i fratelli Elric e Winry andarono a prendere i loro bagagli. L'aspetto dei due fratelli Elric lo aveva incuriosito, ma rispettando gli ordini del colonnello Mustang, non fece altre domande personali. Ne ignorava i motivi, ma di certo non si sarebbe lamentato di ciò con un ufficiale di alto grado.

Una volta saliti a bordo del taxi, Edward indicò l'albergo in cui aveva prenotato, uno dei più importanti della zona.
Godendosi un po' di riposo, i tre ospiti del caporale ebbero la possibilità di osservare la città da diverse angolazioni. Plomb Town si trovava in aperta campagna, a poca distanza da una catena montuosa. La città si sviluppava lungo alcune vie principali, che partivano dal centro come i raggi di una ruota.
Durante il viaggio in taxi, Alphonse notò che c'erano molti locali abbandonati, quasi tutti dei vecchi laboratori d'artigianato. Christian commentò tristemente quel paesaggio desolante dicendo che i suoi ospiti erano arrivati all'"ex-capitale del metalli".
Rimasta stupita da quell'affermazione, Winry chiese il perché di quel commento. La risposta di Christian arrivò subito: il periodo d'oro di Plomb Town, in cui esportava manufatti in tutto il mondo, era ormai finito. Moltissime botteghe di artigianato locale stavano chiudendo; un duro colpo per Winry, che era venuta proprio per ammirare i prodotti locali. Christian aggiunse che però qualche artigiano ancora in attività c'era ancora, bastava osservare attentamente in giro.
Arrivati all'albergo, i quattro scesero dal taxi ed entrarono nell hall, dove Edward prese le chiavi della camera prenotata. A quel punto il caporale salutò i suoi ospiti, dicendogli che sarebbe tornato la mattina seguente per un giro guidato della città. Appena tornò a casa, Christian prese dall'armadio la sua divisa blu e la ripulì dalla polvere che aveva accumulato, lucidando anche le parti metalliche con un panno bagnato. Doveva essere in perfetto ordine domani, aveva deciso di fare bella figura con i nuovi arrivati...

Qualche ora prima dell'arrivo dei fratelli Elric in albergo, un'automobile gialla, modello Mercedes-benz, era entrata in città con a bordo due persone molto allegre: erano Lupin e Jigen, soddisfatti per come si era concluso il furto sul treno.
La macchina si era fermata nei pressi di una casa semiabbandonata, in cui Lupin aveva costruito il suo nuovo rifugio. I due si trovavano nella stanza centrale dell'edificio, un'ambiente quasi del tutto spoglio e illuminato da una piccola e tenua luce che scendeva da una lampadina attaccata al soffitto. Al centro del tavolo c'era posizionato il bottino di quella notte, il vaso della Luna.
«Non poteva andarci meglio di così! Giusto, Lupin?»
«Lo credo anch'io, Jigen! Ora possiamo dedicarci al secondo vaso, quello del Sole.»
«Hai già in mente qualcosa?»
«Niente di definitivo, ma domani ci pernserò su con calma. Intanto godiamoci questo momento di gloria!»
Mentre Lupin si alzò per andare a prendere alcune lattine di birra in un piccolo frigorifero, Jigen si soffermò ad osservare le incisioni presenti sul vaso.
«Queste scritte sembrano incomprensibili...» commentò Jigen un po' deluso.
«Lo so!» rispose Lupin. «Non ho trovato riferimenti a nessuna lingua, neanche a quelle locali! Deve essere senz'altro un particolare codice da decifrare.»
«Questo significa che siamo ad un punto morto?»
«No! Se riusciamo a mettere le mani sull'altro vaso, avrei più possibilità per capire questo codice. Però devo ammettere che quello che lo ha inventato era veramente bravo!»
«Quindi per te sarà un vera sfida scoprire l'enigma dei due vasi!»
«E' per questo che ho deciso di fare questo colpo, Jigen!»
Lupin era troppo contento per pensare alle difficoltà di quell'enigma, in quel momento voleva solo festeggiare il suo brillante furto del vaso della Luna.

Il giorno dopo, verso l'alba, un altro straniero era arrivato in città. Indossava un largo cappello in paglia e dei tipici abiti orientali: si trattava di Goemon, l'abile samurai che faceva parte della banda Lupin.
In una città, in quelle ore deserta e con una luce soffusa, quasi surreale, il samurai stava cercando il covo di Lupin. Durante il suo cammino passò davanti ad un'edicola e lo sguardo di Goemon cadde sulla pagina principale di un giornale locale, che attirò immediatamente la sua attenzione. Riportava una notizia che non avrebbe fatto felice Lupin, e per questo motivo ne comprò una copia per avvisare al più presto i suo compagni.
Più tardi, verso le nove, Christian uscì di casa per tornare all'albergo in cui i fratelli Elric avevano passato la notte. Li trovò nella hall, con Edward ancora un po' assonnato.
«Passata bene la notte?»
«Sì...» rispose Edward sbadigliando.
«E ci credo! Questo è uno dei più prestigiosi alberghi di tutta la città! Il nostro superiore ha gusto per certe cose...»
«Non ne dubito!» commentò Edward.
«E la vostra amica dov'è? E' ancora delusa per la storia che ho raccontato ieri?»
«No! Sta ancora dormendo...» gli rispose Alphonse.
«Bhe!?! Basta svegliarla, no?» esclamò Christian.
«Non è una cosa semplice come sembra svegliare Winry...» ammise Edward un po' imbarazzato.
«E perché?»
«E' andata al dormine, come al suo solito, con una chiave inglese in mano...» spiegò Edward. Poi Alphonse aggiunse: «Se si sveglia con la luna storta, è capace di tutto! Anche di aggredirti con la chiave inglese!»
Proprio in quel momento Winry raggiunse i tre ragazzi fermi nella hall.
«Buongiorno a tutti!!!» disse la ragazza a gran voce con un sorriso sulle labbra.
«Buongiorno anche a te, Winry...» gli rispose Christian.
La ragazza rimase sorpresa nel vedere il caporale con la divisa militare, sembrava un'altra persona rispetto a quella incontrata il giorno prima.


Continua...

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Capitolo 5
*** Un giro in città ***


Capitolo 5 - Un giro in città


Una volta arrivato al covo Goemon consegnò il giornale a Jigen, che appena vide la fotografia in prima pagina corse a svegliare Lupin. Il ladro dalla giacca rossa non riusciva a credere ai suoi occhi: l'articolo principale rivelava che il vaso della Luna, che aveva viaggiato via treno, in realtà era un falso! Una grande fotografia a centro pagina, in cui erano ritratti i vasi del Sole e della Luna, provava che ora i due manufatti erano al sicuro nella villa di Claudius Stewart, un nobile di Plomb Town nonché proprietario del vaso del Sole.
Qualche secondo dopo aver finito di leggere l'articolo, Lupin si precipitò a prendere in mano il vaso della Luna e con sua grande delusione constatò che in realtà quello era un volgare vaso rivestito con una lamina d'argento. Per la disperazione lo gettò giù dal tavolo, portandosi le mani nei capelli. Era sicurissimo che dietro a questo scherzetto c'era Stewart, e voleva a tutti i costi la sua rivincita. Non poteva sopportare un affronto così grave...
«Non riesco a crederci!» esclamò Jigen sdraiandosi sul divano, anche lui deluso per lo smacco subito. Poi si voltò verso il suo socio: «Ora che facciamo, Lupin?»
«Non ci resta che ricominciare tutto da capo...» rispose Lupin in un misto di rabbia e delusione.
«Hai già in mente qualcosa?» domandò Goemon, che nel frattempo si era seduto al tavolo.
«Niente di particolare, per il momento...» rispose Lupin riflettendo per qualche secondo. Poi aggiunse: «Non si sa nient'altro sui vasi?»
Jigen riprese il giornale in mano e guardò a fondo la fotografia in prima pagina.
«Dalla foto si direbbe che i due vasi sono esposti in una sala, senza particolari protezioni!»
«Me lo aspettavo da Stewart!» esclamò Lupin per niente sorpreso dalla descrizione di Jigen. «E' come se mi avesse lanciato una nuova sfida, ma questa volta giocherò d'anticipo!»
«In che senso Lupin?»
«Ah, che noia qui dentro! Io vado fuori, faccio un giretto in città!» disse il ladro dalla giacca colorata cambiando completamente discorso. «Ci vediamo più tardi!»
Nonostante la strana risposta di Lupin, i suoi compagni intuirono perché fosse uscito dal covo quasi all'improvviso: voleva visionare la villa di Stewart personalmente, per riorganizzare il furto dei due vasi. E come aggiunse Jigen, camminare lo avrebbe aiutato a calmarsi un po'...

Quella mattina l'improvvisata guida turistica Christian stava accompagnando i suoi ospiti tra i vicoli della città, alla ricerca di un artigiano ancora in attività. Non fu facile, ma alla fine ne trovarono uno, un anziano signore dalla folta barba grigia che lavorava in una piccola bottega del centro città.
«Buongiorno! Come vanno gli affari?» domandò Christian all'artigiano.
«Ah, buongiorno caporale! Ci sono invasori alle porte?» chiese l'artigiano in tono scherzoso al caporale.
«No, per fortuna! Siamo in tempo di pace!»
«Come mai da queste parti?»
«Sto accompagnando alcuni turisti per la città e questa ragazza sarebbe interessata al suo lavoro...»
«Piacere, mi chiamo Winry!» disse la ragazza presentandosi.
«Che sorpresa vedere una giovane ragazza interessata a questo genere di cose!» commentò l'artigiano, anche se l'aspetto dei fratelli Elric lo aveva incuriosito ancora di più, soprattutto l'armatura di Alphonse. Ma preferì non dire nulla a riguardo, non voleva allontanare dei potenziali clienti...
«Volevo vedere i suoi articoli!» affermò Winry sorridendo.
«Venite pure dentro! Mi fa piacere che ci siano qualcuno ancora interessato ai nostri prodotti... da quando il signor White è deceduto, qui gli affari sono solamente peggiorati.»
«Il signor White?» domandò Edward che sentiva per la prima volta quel nome.
«Non lo conosce?» domandò l'artigiano un po' sorpreso. «E' stato grazie a lui se questa città è diventata famosa in tutto il mondo! Era un vero e proprio mecenate, aiutava i migliori artigiani della città facendo molte donazioni!»
«Da come ne parla, sembra quasi un eroe locale!» commentò Edward.
«Lo era eccome!» precisò l'artigiano. «Da piccolo artigiano che era all'inizio, era riuscito a diventare una delle persone più influenti della città! Pensi che era diventato così famoso, che ad un certo punto era iniziata a girare una strana leggenda su di lui!»
«Ah sì, ne ho sentito parlare...» commentò Christian quasi infastidito.
«Leggenda? Quale leggenda?» domandò Alphonse incuriosito dalle parole dell'artigiano, che rispose quasi subito.
«Sono solo delle voci, ma si narra che per finanziare il suo enorme progetto di sviluppo per Plomb Town abbia accumulato un'immensa fortuna! C'è chi sostiene che per averla, abbia usato la pietra filosofale.»
«Ne è sicuro?» domandò Edward, nella speranza di saperne di più. «Può dirci altro su questo White?»
«Poco, a dir la verità!» ammise l'artigiano. «So solamente che prima di morire aveva prodotto due vasi, che poi sono stati venduti. Credo che li conosciate, sono...»
«I vasi del Sole e della Luna» aggiunse Christian per completare la frase. Quel discorso fu così interessante per Edward che ammise a suo fratellone di voler vedere di persona quei due vasi. Prima di agire
però dovevano aspettare che Winry finisse il suo giro di acquisti.

Da circa mezz'ora Lupin stava osservando con attenzione la villa di Stewart, un edificio di tre piani costruito poco fuori Plomb Town. Il bianco delle pareti e il verde del tetto risaltavano subito all'occhio, rispetto alle altre abitazione nelle vicinanze. La villa era circondata da un vasto giardino, ornato di molte siepi ben curate, chiuso da un imponente cancello che bloccava l'entrata a chiunque voleva entrare.
Studiando un modo per introdursi nella villa, Lupin pensò di poter usare una corda con rampino, in modo da entrare da una delle finestre del terzo piano. Sembrava una buona soluzione, ma per sicurezza tornò ad osservare attentamente il resto della villa. Ogni giorno se ne inventavano una nuova per impedire ai ladri di rubare...
L'idea della corda per raggiungere il terzo piano poteva funzionare, ma c'era il problema del giardino, che di sicuro sarebbe stato pieno di guardie. Questo fatto però poteva essere un vantaggio per Lupin: nessuno si sarebbe aspettato il passaggio del famoso ladro da quelle parti, e di conseguenza la sorveglianza sarebbe stata più bassa rispetto le altre zone della villa. Se poteva essersi una falla nel sistema di sicurezza, poteva essere solo in quel punto.
Dopo quest'ultimo ragionamento Lupin decise di andarsene, voleva memorizzare i vari ambienti della villa disegnati su una cartina che si era procurato qualche giorno prima. Ma proprio in quel momento, mentre si voltò per tornare al covo, intravide le figure dei due alchimisti che aveva incontrato sul treno, i fratelli Elric! Cercando di rimanere calmo, Lupin fece un largo giro per evitarli e per sua fortuna nessuno dei due lo avevano riconosciuto, entrambi stavano parlando con soldato che li stava accompagnando.
Il ladro dalla giacca rossa stava per andarsene da quella strada quando ad un certo punto notò qualcosa di strano, sopra uno dei tetti davanti a lui. Intravide una figura umana, per la precisione una bella donna dai lunghi capelli neri, che indossava un vestito nero con una vistosa scollatura. Riuscì a vederla solo per pochi attimi, poi la donna scomparve nel nulla. Da com'era posizionata, sembrava che stesse osservando i due alchimisti: oltre a Lupin, non c'erano altre persone nella zona in cui si trovavano i fratelli Elric.
Lupin aveva ragione, infatti l'homunculus Lust stava osservando gli spostamenti dei due alchimisti da tutta la mattinata, ma ora la sua attenzione era ricaduta su Tarnat. Voleva saperne di più su quel soldato e per questo motivo mandò Envy a casa sua, per raccogliere su di lui più informazioni possibili.

Su richiesta di Edward, il caporale aveva portato lui e gli altri alla villa di Stewart, che però era chiusa. Dopo che i due vasi erano stati riuniti, nessuno poteva entrare senza permesso. Christian era desolato per tutto ciò, ma in quel momento Edward era più interessato al comportamento del caporale, da tutta la mattinata aveva un atteggiamento molto strano. Si stava ancora domandando perché avesse reagito in maniera strana quando l'artigiano aveva iniziato a parlare di White e della pietra filosofale, sembrava essere infastidito da quell'argomento. Come gli aveva fatto notare Winry, in quel momento aveva anche lo sguardo perso, come se fosse distratto da altro.
Facendo finta di niente per il momento, Edward domandò a Christian se poteva fare una telefonata urgente. Tornando in sé Christian gentilmente accompagnò i suoi ospiti in caserma, che si trovava a poca distanza dalla villa.


Continua...

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Capitolo 6
*** Gli appunti ***


Capitolo 6 - Gli appunti


In pochi minuti Envy arrivò a casa di Christian e vi entrò senza dare nell'occhio. Non era del tutto convinto che l'idea di Lust fosse utile, ma dopotutto era lei a coordinare le mosse del gruppo.
Dopo aver aperto la porta senza problemi Envy iniziò a ispezionare le varie camere, alla ricerca di qualunque informazione utile su Christian. Il primo luogo che controllò fu una piccola libreria in legno posizionata in salotto. C'erano molti libri di narrativa e qualche saggio, ma niente di interessante per Envy, così l'homunculus si spostò velocemente nella camera da letto.
A sinistra della stanza, accanto al letto singolo, c'era una scrivania appoggiata al muro, con sopra molte carte lasciate lì alla rinfusa. Non essendoci materiale utile, Enry iniziò ad aprire nervosamente i vari cassetti della scrivania. Nei primi tre trovò soltanto altri fogli di carta, varie penne stilografiche di riserva e la foto di una ragazza dai capelli castano, ma nel quarto cassetto, un attimo prima di perdere del tutto la pazienza, trovò qualcosa di molto interessante: all'interno di un libro dalla copertina blu c'era un foglietto strappato, scritto a mano da Christian.
Nella parte superiore del foglio c'erano due nomi, "Stewart" e "White", entrambi cerchiati e collegati da una freccia a due punte, come se ci fosse una specie di relazione tra i due. Più in basso c'erano due scarabocchi, con sotto indicati rispettivamente "Sole" e "Luna", da cui partivano due frecce che si incontravano in un ovale, circondato da una serie di punti interrogativi. Appena lo vide, gli occhi di Envy si illuminarono di gioia: a sorpresa trovò scritto "Tesoro, pietra filosofale". In fondo al foglio c'era una strana frase, "Anna perché?", il cui significato non era chiaro.
Soddisfatto per quello che aveva trovato, Envy prese il foglietto, chiese il cassetto in cui lo aveva trovato e in fretta abbandonò la casa del caporale. Ripensandoci sopra, Envy ammise a se stesso che l'idea di Lust non era così inutile come sembrava all'inizio...

Una volta arrivati in caserma, Christian indicò a Edward un telefono appeso alla parete. Componendo un numero che sapeva a memoria, l'alchimista in pochi minuti si mise in contatto con il suo superiore, il colonnello Roy Mustang.
«Buongiorno, colonnello!»
«Buongiorno Acciaio. Come stanno andando le ricerche a Plomb Town?»
«Anche qui girano voci che in città si trovi la pietra filosofale. Però niente di preciso...» commentò Edward in tono deluso.
«Sempre meglio di niente, vero Acciaio?»
«A proposito colonnello, ha sentito del fallito furto di Lupin?»
«Ah già... il furto sul treno, l'ho letto sul giornale questa mattina. Potrebbe essere un problema...»
«In che senso?» domandò Edward perplesso. «Non mi dica che devo arrestarlo!»
«Bhe, non proprio...» accennò Mustang. «Però sarebbe tuo dovere dare una mano alle indagini! E' tuo dovere da militare mantenere la sicurezza!»
«Ma io non sono venuto fino a qui per dare la caccia ai ladri!» protestò Edward alzando la voce. Il colonnello provò a calmarlo.
«Va bene, va bene! Proverò a chiedere a qualcun altro...»

Nel frattempo Lupin era da poco tornato al suo rifugio, dove trovò solo Jigen, Goemon era uscito per fare un po' di meditazione. Un po' incredulo il ladro dalla giacca rossa raccontò al suo socio di aver nuovamente incontrato i due alchimisti che erano sul treno, come se il fato si fosse accanito su di lui. Poi Lupin gli accennò della misteriosa donna che stava spiando i due alchimisti, temeva che lui e i suoi compagni non fossero gli unici ad inseguire il tesoro nascosto di White. Jigen commentò negativamente l'intera faccenda, trovando per la prima volta d'accordo Lupin.
I due alchimisti, il finto vaso in argento, la misteriosa donna vestita di nero... quella storia per Lupin stava prendendo una brutta piega e per questo motivo decise di anticipare i tempi, ma prima di tutto doveva ritrovare Goemon.

A Central City il colonnello Mustang aveva chiesto al tenente colonnello Maes Hughes di fornirgli più informazioni possibili su Lupin. Dopo aver letto tutto ciò che si poteva sapere sul famoso ladro di origini francesi, Hughes non sembrava molto contento.
«Se c'è di lui di mezzo, significa che c'è qualcosa di molto importante a Plomb Town...» commentò amareggiato il tenente colonnello.
«Pensi che Lupin e la sua banda stia cercando la pietra filosofale? Per Acciaio sarebbe un concorrente molto temibile» affermò Mustang.
«Non penso che Lupin sia il tipo a cui interessi il potere derivato dalla pietra, però ama le sfide impossibili, come trovare un oggetto ambito da molte persone di cui si sa pochissimo. Da quello che ho letto nel rapporto, è veramente un uomo imprevedibile...»
«Purtroppo non possiamo fare nulla, per il momento. Non ci sono abbastanza militari a Plomb Town per dare la caccia a Lupin, e l'unica persona che poteva darci una mano, l'ispettore Zenigata, in questo momento non vuole avere nessun aiuto esterno.»
«Sembra proprio che Lupin avesse previsto una situazione del genere... quell'uomo è semplicemente incontenibile!»
I due militari stavano per congedarsi quando sentirono dei rumori provenire dalla stanza accanto. A quel punto Mustang chiese al tenente Riza Hawkeye di far smettere tutto quel baccano. Prontamente la militare bionda andò nell'altra stanza e ordinò ai sottoposti di Mustang di fare meno casino.
Quando tutto si tranquillizzò, Mustang salutò il suo amico Hughes e prima di andarsene gli domandò se aveva altro da chiedergli. Hughes tutto contento gli fece vedere una foto della figlia Alicia scattata proprio quella mattina, prima di venire in ufficio... il tenente colonnello era il solito simpaticone!
Un po' infastidito Mustang chiese ai suoi sottoposto il perché delle chiacchiere che aveva sentito poco prima. Era una novità da prima pagina, Jean Havoc aveva trovato una fidanzata!
I suoi colleghi non riuscivano a crederci e lo stavano tempestando di domande, ma Jean era chiaramente abbattuto perché la sua nuova fidanzata lo aveva subito lasciato. Lui ne parlava in maniera malinconica, e continuava a sussurare il suo nome, Fujiko...

Finita la telefonata con il colonnello, Edward decise di tornare in albergo, anche perché si era fatto quasi notte. Per la seconda volta Christian si offrì di unirsi al trio.
Durante il tragitto a piedi i tre militari iniziarono a parlare tra di loro sottovoce e Winry, incuriosita, decise di interrompere bruscamente il dialogo. Come spiegò Edward, i tre stavano riflettendo sulla scelta o meno di andare a fare una visita a villa Stewart, per dare un'occhiata da più vicino ai due vasi del Sole e della Luna. Edward riteneva tutto ciò inutile per le sue ricerche, al contrario di Christian e Alphonse che invece erano curiosi di entrare nella villa. La discussione andò avanti per qualche minuto, senza però trovare un accordo. Una volta giunti davanti l'albergo Christian propose di rinviare la scelta a domani, in fondo non era una scelta così urgente.
Una volta salutato il gruppo, Christian tornò indietro per tornare a casa. Mentre stava camminando lungo le strade di Plomb Town, quasi non si accorse che il cielo si era annuvolato, coprendo la luna e le stelle. I lampioni erano le uniche fonti di luci presenti, a parte qualche finestra aperta, creando in pochi attimi un'atmosfera molto sinistra, come se qualcosa dovesse accadere da un momento all'altro...


Continua...

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Capitolo 7
*** L'agguato ***


Capitolo 7 - L'agguato


A pochi metri da casa sua, Christian intravide in lontananza una figura umana. Era ferma affianco ad un muro e Christian si domandò cosa ci facesse lì a quell'ora: era notte e in cielo si erano radune alcune nuvole grigie, tali da far pensare ad un acquazzone imminente. Per questo motivo Christian si decise di aumentare il passo prima che iniziasse a piovere a dirotto.
La figura umana però non sembrava volersi muovere, anzi, rimase ferma come se stesse aspettando qualcuno. Avvicinandosi un po' Christian capì che si trattava di una donna dai lunghi capelli neri, che indossava un lungo vestito nero che celava le sue forme abbondanti. Il caporale provò a superarla sulla destra, ma la misteriosa donna allungò un braccio, bloccando la sua corsa. Appena Christian si voltò verso di lei, la donna gli disse con tono fermo "buonasera soldatino".
Incredulo Christian si domandò cosa voleva quella donna da lui, era la prima volta che la vedeva da quelle parti. Un po' stupito il caporale chiese alla donna perché lo aveva fermato, e lei gli rispose che voleva parlare con lui, e lo chiamò per grado e per cognome. A quel punto Christian iniziò a non capire più nulla, e in quel momento la donna gli consegnò un foglio di carta che aveva in mano.
Christian non voleva credere ai suoi occhi, quel foglio era quello che teneva nascosto nella sua scrivania! E mentre il caporale si stava domandando come aveva fatto a procurarselo, la donna gli domandò in maniera perentoria cosa sapeva della pietra filosofale. Aveva uno sguardo così minaccioso che Christian fece un passo all'indietro, ma venne subito fermato da un'altra persona. Quando il caporale si voltò, vide un tizio pelato, in carne, un po' basso e dallo sguardo che non prometteva niente di buono: era Gluttony, inseparabile compagno di Lust.
Per la seconda volta l'homunculus Lust domandò al caporale cosa sapeva sugli appunti che aveva raccolto, ma Christian, forse intimorito da quei due personaggi, affermò che non ne sapeva quasi nulla e che erano solo informazioni che aveva raccolto parlando con gli anziani del posto. Lust non gli credette, per lei stava chiaramente mentendo.
Pochi secondi dopo apparve dietro Gluttony un terzo personaggio dai capelli verdi. Era Envy, che appena vide il caporale affermò che Lust doveva cambiare tattica, proponendo di usare le maniere forti per far parlare Christian. Vedendo il suo sguardo da sadico, il caporale avrebbe voluto scappare da lì a gambe levate.
Envy prese Christian per il colletto della divisa e lo sollevò da terra di qualche centimetro, dimostrando di avere una grossa forza fisica. Christian tentò di liberarsi da quella presa, ma era tutto inutile: lentamente Envy lo stava strozzando. A quel punto il caporale provò a pronunciare qualche parola, ma dalla sua bocca uscirono solamente degli urli incomprensibili. Mentre stringeva sempre di più la sua morsa sul collo del caporale, Envy si mise quasi a ridere, ma all'improvviso qualcuno nell'ombra tentò di colpirlo con una spada, costringendo l'homunculus a lasciare la presa su Christian, che poté finalmente prendere un po' di fiato.
Infuriato con il misterioso aggressore Envy si voltò, insultando il suo avversario e incitandolo ad uscire allo scoperto, prima che si arrabbiasse sul serio. Da sotto la luce di un lampione comparve Goemon, il compagno di Lupin che impugnava la sua fedele spada. In quel preciso momento Christian, approfittando della situazione favorevole, si rialzò da terra e si infilò di corsa in un vicolo secondario. Vedendolo scappare, Lust ordinò a Gluttony di riprendere il fuggiasco, mentre lei si sarebbe occupata dell'intruso.
Ad attaccare Goemon non fu Envy, come credeva il samurai, bensì Lust, che provò ad infilzare il suo avversario con le sue unghie, che poteva allungare di parecchi metri. Intuendo il pericolo Goemon intercettò l'attacco mettendo la sua spada di traverso, deviando il colpo di Lust. Pochi secondi dopo iniziò a piovere a dirotto...

Correndo come un matto Christian uscì dal vicolo in cui si era infilato ed entrò in un altro poco più avanti. Si voltò un paio di volte e vide a pochi metri da lui Gluttony, che nonostante la mole, lo stava per raggiungere. Nel tentativo di liberarsi del suo inseguitore, d'istinto il caporale girò a destra, entrando in un altro vicolo laterale. Al bivio successivo stavolta svoltò a sinistra, ma Gluttony era sempre dietro di lui, distante solamente un paio di metri.
Poco dopo i due entrarono in una strada larga, buia e illuminata da pochi lampioni. Mentre Christian si guardava attorno nel disperato tentativo di orientarsi, Gluttony attese il momento giusto e quando vide la sagoma di Christian passare sotto uno dei pochi lampioni accesi, si gettò addosso al militare per fermare la sua corsa. A causa del terreno bagnato i due scivolarono per qualche metro, con Gluttony che si rialzò subito per assalire nuovamente il caporale. Ma appena si voltò, non lo vide. Sembrava incredibile, ma Christian era scomparso dalla sua vista!
L'homunculus girò invano per diversi minuti lungo tutta la strada, ma di Christian nessuna traccia. Non sapendo cosa fare Gluttony tornò indietro dai suoi compagni.

Nello scontro tra Envy e Goemon, quest'ultimo si trovava in seria difficoltà. L'homunculus era chiaramente in vantaggio, ma all'improvviso venne fermato da un colpo di pistola, che lo colpì all'altezza della spalla. Il proiettile era stato sparato da Jigen, che insieme a Lupin era intervenuto per salvare l'amico in difficoltà. Immediatamente Lupin riconobbe la donna che aveva visto nel pomeriggio e gli domandò in tono scherzoso che ci faceva una bella donna come lei in mezzo ad un combattimento del genere. La risposta di Lust fu rabbiosa, ma Lupin riuscì per un pelo a schivare le sue unghie.
Recuperato il loro compagno, per Lupin e soci era il momento di andarsene, contro avversari del genere non c'era possibilità di vincere. Velocemente i tre si dileguarono nel buio, ma Envy si mise al loro inseguimento. Stranamente però Lust ordinò di lasciarli andare, e questo fece infuriare Envy che si voltò verso di lei per avere delle spiegazioni. Poco tempo dopo tornò anche Gluttony, pure lui a mani vuote, e questo fece perdere del tutto la testa a Envy, che prima tirò un potente pugno a Gluttony, spostandolo di qualche metro, e poi ne tirò un altro su un muro lì vicino, causando un bel cratere. Cercando di calmarlo, Lust gli spiegò che quell'imprevisto in realtà li aveva favoriti per arrivare per primi alla pietra filosofale. Envy non ne era del tutto convinto e la fissò dubbioso per qualche secondo...
Una volta ritornati al covo, Lupin si accertò delle condizioni fisiche di Goemon: era ridotto un po' maluccio, ma con una bella notte di riposo sarebbe tornato come prima. Jigen però aveva notato che Lupin era molto pensieroso, e ciò era normale dopo tutto quello che era successo pochi minuti prima. Gli avversari affrontati da Goemon non sembravano essere persone normali: non solo perché erano riuscite a mettere in crisi il samurai, ma addirittura uno di loro, quello dai capelli verdi, riusciva a muoversi normalmente nonostante Jigen era sicuro di avergli centrato la spalla con un proiettile!
Per evitare altri imprevisti, Lupin comunicò ai suoi soci che il furto dei vasi sarebbe stato anticipato. Ogni secondo lasciato agli avversari poteva costare caro...

Nel cuore della notte Edward sentì qualcuno bussare alla porta della sua stanza. Dopo esserci faticosamente alzato dal letto, l'alchimista andò ad aprire. Sul ciglio della porta vide Christian, che si reggeva con fatica al muro. Vedendolo in quello stato, Edward lo aiutò a farlo entrare nella stanza, il caporale era tutto bagnato e aveva il respiro affannoso.
«Che ti è successo, Christian?» domandò Edward preoccupato.
«Fammi prendere un po' di fiato...»
«Che succede fratellone?» domandò Alphonse sentendo la voce del caporale.
«Deve essere successo qualcosa a Christian. Vieni a darmi una mano!» disse Edward facendo accomodare il caporale su una sedia.
«Ho corso... per non so quanto...» accennò Christian.
«Respira più lentamente!»
«Va bene. Dammi due minuti e poi ti racconterò cos'è successo...»


Continua...

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Capitolo 8
*** Una triste storia ***


Capitolo 8 - Una triste storia


Lentamente Christian iniziò a riprendersi dopo la lunga corsa che aveva fatto per raggiungere l'albergo. Il suo respiro tornò normale e dopo aver bevuto un po' acqua, spiegò a Edward il perché del suo improvviso arrivo.
«Stavo tornando a casa quando alcuni tizi mi hanno fermato in mezzo alla strada. Non sai quanta paura ho avuto in quel momento...»
«Sai chi erano?» domandò Edward.
«Era la prima volta che li incontravo. Erano in tre, una donna e due uomini...»
A quel punto Edward e Alphonse si scambiarono un'occhiata d'intesa. Forse aveva intuito chi erano quei tre, così Edward continuò con le domande.
«Sei sicuro che fossero in tre? Me li puoi descrivere?»
«Prima ho incontrato la donna. Formosa, aveva i capelli lunghi ed era tutta vestita di nero. Poi ho incontrato gli altri due, dall'aspetto molto bizzarro: uno era basso, pelato e grasso, l'altro aveva i capelli verdi...»
I fratelli Elric capirono che si trattavano degli homunculus Lust, Envy e Gluttony. Notando le loro facce preoccupate, Christian si fermò con le descrizioni.
«Per caso li conoscete?»
«Come sei riuscito a scappare?» domandò Edward cambiando discorso.
«E' successo tutto in modo rocambolesco...» accennò il caporale. «Mi avevano circondato e quello dai capelli verdi stava per strozzarmi, ma poi sono riuscito a liberarmi, credo grazie all'aiuto di qualcuno!»
«Di chi?»
«Non lo so! In quel momento pensavo solo a scappare e basta!»
«Poi queste persone ti hanno inseguito?» domandò Alphonse.
«Solo il pelato!» rispose prontamente Christian. «Con un colpo di fortuna poi sono riuscito a seminarlo... non avrei mai creduto di uscirne vivo da lì!»
«Ho capito tutto, tranne una cosa!» affermò Edward.
«Cioè?»
«Cosa volevano quelle persone da te?». All'improvviso lo sguardo di Edward divenne serio mentre fissava Christian ancora un po' scioccato. Il caporale rispose dopo qualche attimo d’incertezza.
«Io non lo so! Te lo detto, era la prima volta che vedevo quei tre! E spero che sia anche l'ultima volta...»
«Non è stato del tutto sincero» mormorò Edward, confidandosi con suo fratello.
«C'è qualcosa che devo sapere?» chiese preoccupato Christian.
«E' stata durante la fuga che ti sei infortunato?» domandò l'alchimista di Stato.
«Sì, sono scivolato sulla strada bagnata dopo che quel tizio pelato mi aveva preso. Me la sono cavata tutto sommato: ho solo qualche graffio e la divisa un po' rovinata!»
«Sarà meglio che se la tolga quella divisa, è tutta bagnata!» commentò Alphonse.
«Già. Non vorrei prendermi un raffreddore...» disse Christian consegnando la divisa ad Alphonse. Il fratello minore di Edward stava per appoggiarla su un'altra sedia quando notò che da una delle tasche era caduto un foglio di carta piegato. Prontamente lo recuperò, sotto lo sguardo preoccupato di Christian che per l'agitazione si era dimenticato di nasconderlo. Quando Edward ricevette il foglio e vi lesse sopra la parola "Pietra filosofale", in pochi secondi cambiò volto, diventando molto serio.
«Cosa diavolo significa questo?» domandò arrabbiato Edward.
«Sono solo alcuni appunti che ho segnato tempo fa...» rispose Christian cercando di sminuire il problema.
«Non dirmi che quei tizi ti hanno fermato perché sai qualcosa sulla pietra filosofale?»
«E anche se fosse?»
I due militari rimasero in silenzio per qualche secondo, uno davanti l'altro. Poi Christian riprese il discorso.
«Ora ho capito perché siete venuti qui! State facendo delle ricerche sulla pietra filosofale!»
«Sì, esatto!»
Dopo quella risposta, Christian si voltò da un'altra parte, mormorando a denti stretti: "Dannata pietra filosofale".

Cercando di interpretare le scritte su quel foglio, Edward capì che i due vasi presenti nella villa di Stewart erano in qualche modo collegati alla pietra filosofale. La prima parte invece non era chiara per Edward, che domandò delle spiegazioni a Christian che però all'inizio si rifiutò di rispondere. Solo le parole pacate di Alphonse lo fecero cambiare idea.
«Dalle informazione che ho raccolto, sembra che Stewart e White in passato fossero soci. Poi hanno litigato e si sono separati, forse proprio a causa della pietra filosofale»
Edward notò subito che Christian era diventato scuro in volto, qualcosa lo aveva reso veramente triste.
«Qui in basso c'è un altro particolare che non capisco» affermò Alphonse. «Cosa significa questo "Anna perché?" in fondo al foglio?»
Con la testa inclinata in avanti, sul viso di Christian scesa una lacrima. Cercando di trattenersi il più possibile, si asciugò la guancia e rispose alla domanda di Alphonse.
«Anna era la mia sorella maggiore.»
«Era? Non dirmi che...»
«Sì, l'hanno ritrovata morta circa sei mesi fa»
«Oh! Mi dispiace tanto...» disse Alphonse scusandosi.
Dopo essersi ripreso da quel brutto ricordo, Christian iniziò a parlare della sorella scomparsa: era cinque anni più grande di lui ed era stata assunta alle dipendenze di villa Stewart circa un anno fa. Sebbene lui e Anna si trovassero a quel tempo molto lontani, riuscivano a tenersi in contatto scrivendosi a vicenda molte lettere, un chiaro segno del loro grande legame che li univa.
Un giorno però Anna spedì al fratello una lettera nella quale diceva che stava facendo delle ricerche private nella biblioteca di villa Steward, a proposito della pietra filosofale. Christian gli rispose di lasciar perdere, era una cosa troppo impegnativa per una persona sola. La grande curiosità di Anna però la spinse a continuare con la sua personale ricerca, con conseguenze che si rivelarono tragiche: il suo corpo venne ritrovato senza vita davanti villa Steward, in un triste giorno di sei mesi fa. Le indagini sulla morte di Anna furono molto vaghe e alla fine si suppose che la ragazza avesse sorpreso un ladro che aveva tentato di rapinare il signor Stewart. Solo in quel momento Edward capì perché Christian fosse così malinconico quando erano transitati davanti alla villa di Stewart.
Dato che Christian non aveva mai creduto a quella versione, aveva deciso di entrare nell'esercito per scoprire cosa fosse realmente accaduto a sua sorella Anna. Una decisione non molto "patriottica", un po' come quella di Edward...
La sua ricerca di informazioni andava avanti da cinque mesi, ma non aveva raccolto molto a dir la verità. L'unico indizio utile che aveva archiviato era l'ultima lettera spedita dalla sorella due giorni prima della sua morte, nella quale Anna si confidava di essere intimidita dall'atteggiamento di Stewart nei suoi confronti. Quella lettera si trovava a casa di Christian, al sicuro tra le pagine di un libro con accanto una foto di Anna, poco prima della sua assunzione a villa Stewart.
Dopo aver ascoltato la sua storia, Edward chiese a Christian se poteva fargli vedere quella lettera entro domani. Il caporale accettò la sua richiesta, ma ad una condizione: lui e suo fratello Alphonse lo doveva accompagnare fino a casa sua, temeva un nuovo attacco da parte dei tre homunculus. Una volta accettato l'invito a passare la notte in quella camera d'albergo, Christian si sedette sulla poltrona vicino alla porta, cercando una posizione comoda per dormire. Era così stanco che si addormentò quasi subito.

Pochi minuti dopo l'alba una motocicletta rossa, guidata da un pilota con il casco bianco e la tuta nera, entrò in città e attraversò ci corsa le strade deserte, fermandosi solo in prossimità della villa del signor Stewart. La donna al volante della moto si tolse il casco e diede rapidamente un'occhiata in giro. Era Fujiko Mine, che prima parcheggiò il mezzo in un posto riparato e per finire suonò il campanello della villa. Senza indugiare troppo la donna venne fatta accompagnare nello studio di Claudius Stewart, che si trovava già seduto dietro la sua elegante scrivania in legno.
Capelli neri ben curati, occhi marroni, carnagione chiara e dal fisico asciutto, Stewart sembrava un personaggio uscito da qualche quadro antico di un epoca ormai passata. Ad aumentare questo effetto c'era il suo naso aquilino, che gli dava una certa "aria da nobile", aiutata anche dal suo vestito color azzurro di stampo classico.
Appena Fujiko si avvicinò alla scrivania, Stewart gli domandò i risultati della sua missione nella biblioteca di Central City. Prontamente la donna gli consegnò un fascicolo pieno di documenti, aggiungendo che il suo incarico è stato più semplice del previsto perché aveva incontrato uno scemo di militare che l'aveva aiutata in tutto, forse si era pure innamorato di lei...
Dopo aver dato una veloce lettura dei documenti, Stewart li mise al sicuro in un cassetto della scrivania e si congratulò con Fujiko per l'eccellente lavoro svolto. La donna stava per chiedergli dettagli sulla sua ricompensa, ma Stewart la fermò perché aveva ancora bisogno di lei, stavolta doveva aiutarlo per impedire a Lupin di rubare i due vasi. La riteneva la persona più adatta, dopotutto conosceva i punti deboli del noto ladro...
Dopo qualche discussione sul nuovo accordo economico, Stewart invitò Fujiko a restare nella villa, dove aveva preparato una camera da letto per la sua ospite. Stanca per il lungo viaggio, Fujiko accettò con piacere.
Pochi minuti dopo, all'insaputa di Fujiko, nello studio entrò Steve, il capo delle guardie. Alto e dalla chioma bionda, incuteva un certo timore mentre ti osservava con i suoi occhi azzurri. Indossava una divisa color marrone scuro, con una grossa croce bianca al centro: erano i colori del casato di Stewart. Steve era un tipo impassibile e dal fisico massiccio, da cui si intuiva che aveva alle spalle un addestramento di tipo militare.
Stewart lo aveva chiamato per due motivi: organizzare le difese della villa in vista del tentativo di furto da parte di Lupin, previsto entro pochi giorni, e tenere sott'occhio Fujiko. Il proprietario della villa non si fidava completamente del suo ospite, era troppo opportunista per i suoi gusti.


Continua...

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Capitolo 9
*** L'ultima lettera di Anna ***


Capitolo 9 - L'ultima lettera di Anna


Nella loro stanza d'albergo i fratelli Elric e Christian si stavano ancora riposando quando Winry aprì lentamente la porta per vedere se erano svegli. Si avvicinò piano piano al letto di Edward, ma non si accorse di Christian addormentato sulla poltrona e gli pestò il piede dolorante, con il caporale che lanciò un grido di dolore che svegliò di colpo Edward e Alphonse.
«Che succede?» domandò Edward.
«AHI!!! Che male!!!» gridò Christian agitando il piede.
«Eh? Che ci fai qui?» domandò un'incredula Winry.
«Ma sei scema?!? Non potevi stare più attenta?» domandò Christian arrabbiandosi.
«Ma tu non eri andato a casa?» gli rispose Winry anche lei un po' arrabbiata.
«E' una lunga storia...» accennò Edward.
Dopo che Edward e Alphonse raccontarono quello che è successo la notte prima, i due fratelli si prepararono ad uscire per andare a casa del caporale. Winry voleva venire con loro, ma Edward chiese alla sua amica di rimanere in albergo. Winry però insisteva e ci volle tutta la testardaggine di Edward a convincere la ragazza a rimanere in albergo. Non si fidava a portare Winry con sè, voleva che la sua amica rimanesse in un posto sicuro.
Rimessa la sua divisa, anche se un po' rovinata, Christian assieme ai fratelli Elric si incamminò verso casa sua. Anche se era pieno giorno e le vie della città erano affollate, Christian continua ripetutamente a guardarsi attorno: la paura di ieri notte non gli era ancora del tutto passata...
Una volta entrati in casa, Christian accompagnò subito Edward e Alphonse in camera sua, dove si trovava la scrivania. Aprì uno dei cassetti e prese in mano una busta aperta con dentro una lettera e una fotografia con l'immagine di sua sorella Anna da far vedere a Edward.
«Così questa era tua sorella...» commentarono Edward e Alphonse.
«Sì» rispose Christian un po' amareggiato. «E' stata scattata qualche giorno prima che venisse assunta da Stewart»
«E quella che hai in mano è l'ultima lettera che Anna ti aveva spedito?» domandò Edward.
«Sì. Tieni, puoi leggerla...» disse Christian passando la lettera a Edward, che subito si mise a leggerla.

Il testo della lettera diceva:


Caro Christian

Io sto bene, e tu? Purtroppo non ho potuto spedirti prima questa lettera perché sono stata molto impegnata ultimamente. Non pensavo che gestire una biblioteca fosse così faticoso! Dovresti vederla, è enorme, forse più grande di quella pubblica!
Come ti ho scritto nelle mie lettere precedenti, sto facendo una piccola ricerca per conto mio sulla pietra filosofale... non sai quello che ho scoperto due giorni fa! Da un vecchio testo che ho ritrovato sembra che in passato Claudius Stewart e il famoso James White fossero soci in affari e grandi amici! Come mai poi abbiano litigato furiosamente e si siano divisi rimane ancora un mistero.
Salutami tanto i nostri genitori e digli che sto bene, sennò si preoccupano troppo! Stammi bene, mi raccomando!

                                                                                                                            La tua cara sorella Anna.



Edward riconsegnò la busta con dentro la lettera a Christian che la ripose nel cassetto.
«Voi due eravate molto legati...» commentò Alphonse.
«Io più ci penso, e più mi convinco che mia sorella abbia scoperto qualcosa di grosso, qualcosa che non doveva scoprire!» affermò Christian chiudendo il cassetto della scrivania.
«Scusami, ma non sei mai entrato nella villa per scoprire cosa sia successo?» domandò Alphonse.
«Per il signor Stewart io sono una persona "poco gradita"...» spiegò Christian. Poi cambiò completamente tono, diventando ottimista: «Ma grazie a voi due adesso ho l'occasione di entrarci!»
«E perché?» domandò dubbioso Edward.
«Non state dando la caccia a quel ladro, Lupin?»
«Non esattamente... il colonnello Mustang voleva convincermi ad inseguire Lupin perché sarebbe mio dovere dare una mano alle indagini, ma io sono venuto qui per un altro motivo!»
«E perché non lo fai per finta? Così io posso entrare nella villa e tu... puoi...»
Christian non sapeva quale argomento usare per convincere Edward, ma intervenne Alphonse a salvarlo: «Come c'era scritto nella lettera, c'è un enorme biblioteca nella villa. Forse lì troveremo qualcosa di interessante sulla pietra filosofale, fratellone!»
Davanti alle loro affermazioni e alla gentile pretesa del fratello, Edward non poté far altro che accettare. Così i tre uscirono nuovamente in strada per andare stavolta a villa Stewart.

Dalla finestra del suo studio Stewart vide i fratelli Elric e il caporale Tarnat bussare al portone della sua villa. Avrebbe voluto mandarli via, ma non poteva farlo: ora davanti non aveva un sottoufficiale di zona, bensì un alchimista di Stato e ciò avrebbe potuto procurargli non troppi problemi con l'esercito. Per evitare altri guai, decise di farli accomodare nel suo lussuoso studio.
«Buongiorno...» disse il padrone di casa vedendo entrare i tre. «Ho saputo che lei è un alchimista di Stato!»
«Sì, io sono Edward Elric e lui è mio fratello Alphonse. Questo è Christian Tarnat, caporale dell'esercito in zona.»
«Lo conosco...» disse Stewart fissandolo un po' minaccioso. «Fatemi indovinare, siete qui per il caso dei due vasi?»
«Esattamente!» rispose Christian.
«Non credo che ci sarà bisogno del vostro aiuto. Abbiamo già un ispettore di polizia che si occupa del caso, e poi posso contare sulle mie guardie personali!»
Era evidente che Stewart stava cercando in tutti i modi di allontanare Edward dalla villa, ma in soccorso dell'alchimista venne un alleato inaspettato, che avrebbe completamente stravolto i piani dello stesso Stewart...

Sbattendo improvvisamente la porta, l'ispettore Zenigata entrò bruscamente nello studio di Stewart. La tensione tra i due era enorme: Zenigata, visibilmente arrabbiato, non aveva ancora accettato l'idea di essere stato trattato come un cretino da Stewart, colpevole di non averlo avvertito che il vaso che doveva custodire sul treno era falso. Il dissapore era reciproco, Stewart lo considerava troppo invadente per i suoi gusti, soprattutto per quanto riguardava la protezione dei due vasi.
«Chi li ha dato il permesso di entrare?» domandò Stewart stizzito.
«Legga!» esclamò l'ispettore appoggiando una lettera sulla scrivania. «Lupin si è finalmente deciso e ha lanciato nuovamente la sua sfida!»
«Lupin?!? E quando ha consegnato questa lettera?» domandò Edward.
«Pochi minuti fa...» rispose l'ispettore accennando un cenno di saluto. «Era attaccata ad un razzo artigianale che ci ha spedito quel maledetto!»
Stewart prese la lettera in mano e la lesse ad alta voce: «Mio caro signor Stewart, dopo il brutto tiro che mi hai preparato sul treno, ho deciso di venire a casa tua per rubarti i due vasi! Farò il colpo a mezzanotte... mi raccomando, vi aspetto numerosi!!! Firmato Lupin III».
«Visto che ha bisogno del nostro aiuto?» commentò Christian, quasi contento per l'arrivo di quella lettera.
«Non prendiamo decisioni avventate! Non so quanto voi tre possiate aiutarci...» affermò Stewart, ma venne subito interrotto da Zenigata.
«Decisioni avventate un corno! Con Lupin ci servirà tutto l'aiuto possibile, e di quel alchimista ci si può fidare!»
«Grazie per la fiducia, ispettore» rispose Edward un po' sorpreso.
«Se lo dice lei...» commentò poco convinto il padrone di casa. A quel punto non poteva più rifiutare l'aiuto proposto dai fratelli Elric e dal caporale Tarnat, il suo comportamento sarebbe risultato troppo sospetto. Per questo motivo decise di convocare immediatamente il capo delle guardie, per aumentare al più presto le misure di sicurezza della villa.

Uscendo dall'ufficio, Christian ringraziò Edward abbracciandolo.
«Grazie!»
«Ora però smettila! Mi stai facendo fare una brutta figura!» ordinò Edward imbarazzato. Il caporale immediatamente si staccò.
«Hai un'automail al braccio, vero?» domandò a sorpresa Christian.
«In verità, ne ho due...» rispose Edward.
«Lo ha capito abbracciando mio fratello?» domandò Alphonse.
«A dir il vero me ne ero accorto prima, quando vi ho portati in albergo la prima volta...» disse Christian.
«Come hai fatto?» domandò Alphonse incuriosito.
«Ricordatevi che questa è "la ex-capitale dei metalli"! Non è la prima volta che vedo qualcuno con un arto artificiale, ormai chi porta un'automail lo riconosco subito...» rispose Christian.
«Dopo questa discussione tecnica, che ne dite se andiamo a dare un'occhiata in biblioteca?» propose Edward.
Senza perdere altro tempo, i tre cominciarono a cercare l'ingresso alla biblioteca privata di villa Stewart.


Continua...

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Capitolo 10
*** In biblioteca ***


Capitolo 10 - In biblioteca


Trovare la biblioteca fu meno facile del previsto. La villa era veramente amplia, i diversi ambienti era divisi da lunghi corridoi in cui un estraneo poteva facilmente perdere l'orientamento. A dare anche più grandezza alla villa c'era il giardino, decorato con cespugli e alberi. Il caporale Tarnat e i fratelli ci misero un bel po' di tempo, ma alla fine trovarono la porta d'entrata alla biblioteca.
Come aveva scritto Anna nelle sue lettere, la biblioteca era enorme, costruita su due piani stracolmi di libri e di antichi manoscritti. Il pavimento era ricoperto da una moquette rossa e le pareti erano decorate con legno pregiato, dando a tutti coloro che entravano per la prima volta in quel luogo un senso di meraviglia e di importanza. Al piano sottostante c'era una piccola sala di lettura, composta da un bancone, qualche tavolo e una decina di sedie, tutti realizzati in legno, dove chiunque poteva studiare in tutta tranquillità. Al piano superiore c'erano tre scale mobili fissate agli scaffali, con le quali chiunque poteva raggiungere ogni angolo della biblioteca, anche quello più lontano. Se di primo impatto Edward e Alphonse rimasero meravigliati davanti a quello spettacolo, Christian andò subito nella sala di lettura, sedendosi al bancone per fogliare tre pesanti elenchi rilegati in pelle: era la lista completa dei libri archiviati nella biblioteca di Stewart.
Cercando tra i vari cassetti del bancone, Christian trovò quasi per caso un libretto dalla copertina blu. Il caporale iniziò subito a sfogliarlo e la prima cosa che notò furono alcune frasi sottolineate, accompagnate da alcune parole scritte a margine. Quello stile di scrittura era inconfondibile, era quella di sua sorella Anna! Quasi commosso Christian richiamò l'attenzione dei due fratelli Elric, che subito si precipitarono al bancone.
Una volta preso in mano il libretto, Edward si mise subito a leggere le frasi sottolineate a matita e capì che quel testo era riferito al periodo in cui Claudius Stewart e James White erano soci in un industria metallurgica, specializzata in oggetti di alto livello artistico. Andando avanti con il testo si leggeva che le ultime opere progettate e costruite da White furono i due vasi del Sole e della Luna e un oggetto chiamato "Riflesso di eclissi".
«Riflesso di eclissi?» esclamò Christian, sorpreso quanto i fratelli Elric. «E' la prima volta che sento questa parola! Mia sorella nelle lettere che mi aveva spedito non me ne aveva mai parlato!»
«Non dice altro quel libro su questo "Riflesso di eclissi"? Una descrizione, un disegno?» domandò Alphonse.
«No, niente...» rispose Edward consultando il libro.
«Dove possiamo trovare qualche informazione su questo coso?» domandò preoccupato Christian a Edward.
«Bhe, siamo in una biblioteca... forse troveremo qualcosa cercando qui dentro!»
«Ma... è enorme! Potremmo metterci ore e ore prima di trovare qualcosa!»
«Allora diamoci subito da fare!» ribatté Edward che subito consultò i tre elenchi assieme a suo fratello mentre Christian si piazzò al piano superiore in attesa di ordini.

La ricerca in biblioteca per Christian durò più del previsto. Nonostante la noia, i tre militari continuarono a rovistare anche quando l'orologio segnava le dieci passate, senza però trovare nulla di interessante. Ma quella notte non erano gli unici che stavano cercando qualcosa in quella villa. Fujiko, approfittando dell'assenza di guardie che erano concentrate nel giardino per il furto di Lupin, era uscita di nascosto dalla sua stanza e si stava dirigendo in punta di piedi verso i piani alti. Ad un certo punto la donna si ritrovò davanti ad una stanza chiusa a chiave, che attirò subito la sua attenzione. Fujiko prese alcuni ferri del mestiere e in pochi secondi forzò la serratura, aveva il sospetto che lì dentro ci fosse qualcosa di importante.
La stanza era piena di polvere, un segno evidente che era rimasta chiusa da molto tempo. Erano presenti alcuni mobili, tra cui un comò, dei cassettoni e alcuni specchi a muro, e ciò faceva supporre a Fujiko che quella in origine doveva essere una camera da letto, sebbene il letto non ci fosse più. Avanzando lentamente nella stanza, Fujiko si mise ad osservare i vari oggetti presenti, finché non sentì di aver calpestato qualcosa di metallico. Spinta dalla curiosità Fujiko sollevò il tappeto su cui stava camminando, alzando anche un bel po' di polvere. Appena la donna riaprì gli occhi, si ritrovò davanti una lastra metallica con al centro due fessure irregolari e con un paio di scritte laterali e ben distanziate. Tutta contenta per la scoperta appena fatta, Fujiko prese un foglietto che aveva in tasca su cui aveva scritto alcuni appunti. Dopo aver verificato che quella lastra era proprio l'oggetto che stava cercando, la donna la nascose nuovamente sotto il tappeto e poi uscì velocemente dalla stanza, chiudendo per bene la porta. Ora Fujiko poteva dedicarsi alla seconda parte del suo piano, recuperare i due vasi...

Osservando da lontano la villa con un binocolo, Lupin stava controllando le misure di sicurezza adottate dal caro "paparino" Zenigata. Nel giardino c'erano almeno una quaranta di guardie ben armate mentre all'interno, secondo Lupin, c'era Zenigata con un pugno di uomini che controllavano a vista la stanza in cui erano riservati i vasi del Sole e della Luna. Tutto ciò però non spaventò il ladro dalla giacca rossa, che ordinò ai suoi soci di entrare subito in azione, mancava solo un'ora a mezzanotte.
I tre si separarono quasi subito, il piano di Lupin prevedeva di sorprendere i suoi avversari da più punti. Mentre Jigen e Goemon si avvicinarono alla villa via terra, Lupin decise per un approccio aereo, lanciando una fune con spuntone contro il muro in prossimità di una finestra del terzo piano. Lentamente e senza farsi vedere, Lupin strisciò lungo la corda e una volta arrivato alla finestra si aggrappò alla ringhiera in ferro e prese dalla tasca la punta di diamante che aveva usato per aprire la teca sul treno. In un attimo fece un foro sul vetro abbastanza largo per infilarci la mano e dopo aver dato un'ultima occhiata intorno a sé, il ladro dalla giacca rossa aprì la finestra e usando tutta la sua agilità scivolò sopra la ringhiera per entrare comodamente nella stanza. Avanzando nell'ombra Lupin si avvicinò alla porta e la aprì leggermente, per poter sbirciare di nascosto nel corridoio. La via era libera, così Lupin proseguì la sua marcia di avvicinamento ai due vasi, aspettando nel frattempo l'arrivo dei suoi compagni.

Come aveva immaginato Lupin osservando la piantina della villa, la sala in cui erano custoditi i due vasi del Sole e della Luna si trovava al secondo piano, in posizione centrale. Fu un gioco da ragazzi arrivare a destinazione, durante il suo cammino Lupin incontrò solo due guardie, che mise subito a dormire grazie alle sue sfere riempite di gas soporifero. Una volta arrivato alla porta, Lupin si inchinò per vedere all'interno della sala attraversò il buco della serratura.
Come da copione all'interno c'era l'ispettore Zenigata, che camminava nervosamente su e giù per la stanza. Con lui c'erano quattro guardie in divisa: due erano posizionate davanti alla porta e le altre due erano affianco al piedistallo su cui erano esposti i due vasi, al centro della stanza. Guardando con attenzione Lupin notò che attorno al piedistallo c'era una fitta serie di raggi laser, sicuramente collegati all'allarme. A quel punto Lupin provò a cercare un possibile punto debole del sistema di sicurezza e in pochi secondi lo trovò: dietro al piedistallo, fissato alla parete, c'era un pannello di controllo che dava la corrente sia alla stanza, che ai raggi laser; una volta mandato in corto circuito, anche quel problema sarebbe stato risolto. Pochi secondi dopo Lupin fu raggiunto dai suoi compagni.
«Avete fatto presto!» affermò il ladro dalla giacca rossa.
«Abbiamo incontrato solo un paio di guardie all'entrata. Siamo arrivati qui spediti!» gli rispose Jigen.
«La via era completamente libera. Troppo libera...» commentò negativamente Goemon.
«Non mi sembra l'ora di lamentarsi!» commentò a sua volta Lupin. «A proposito Goemon, come vanno le tue ferite?»
«Sto bene, il dolore mi è quasi del tutto passato.»
«Bene! Ora ascoltatemi attentamente, perché adesso mi serve un ottimo lavoro di squadra...»
Subito dopo Lupin diede le sue ultime disposizioni per il furto dei due vasi. Goemon si posizionò davanti alla porta, pronto a estrarre la sua fedele spada mentre Jigen si trovava più indietro, con la pistola in mano. Lupin si posizionò a destra di Goemon, con lo sguardo concentrato sul suo orologio, mancavano solo pochi minuti a mezzanotte.


Continua...

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Capitolo 11
*** Guardie e ladri ***


Capitolo 11 - Guardie e ladri


Nella stanza in cui erano custoditi i due vasi del Sole e della Luna, Zenigata continuava a camminare nervosamente su e giù per tutta la stanza e a guardare l'orologio. Mezzanotte meno dieci, tra pochi minuti Lupin, la sua ossessione, tenterà di rubare i due preziosi vasi.
I minuti sembravano non passare mai e Zenigata decise di chiamare via radio una delle guardie che si trovava nel giardino, per chiedergli se aveva visto qualcuno di sospetto, ricevendo però una risposta negativa. Poi domandò dov'era finito Steve, il capo delle guardie: era da tutta la notte che non aveva sue notizie. La risposta dubbiosa della guardia mandò in bestia Zenigata. Come poteva il capo della sicurezza sparire in un momento così importante?
Mentre stava infilandosi la radio in tasca, l'ispettore notò che due guardie nella stanza dei vasi stavano parlando tra di loro in tono scherzoso. Zenigata decise di intromettersi, per sapere come mai erano così allegri quella notte...
Le guardie richiamate risposero che le preoccupazioni dell'ispettore nei confronti di Lupin erano eccessive, pure il signor Stewart aveva dato poca importanza a quel ladro. Zenigata tornò al suo posto indignato: sottovalutare così tanto Lupin era il più grande errore che si poteva commettere, e a pensarlo era "un esperto" del ladro gentiluomo. Non osava immaginare, per quale motivo assurdo, le guardie erano così poco motivate, per questo motivo tornò a fissare ancora una volta i due vasi al centro della stanza. Poco dopo Zenigata controllò nuovamente l'ora: era mezzanotte meno cinque minuti.

Da dietro la porta Lupin continuò a fissare le lancette dell'orologio, pronto a dare il via al suo piano. Quando mancò solo un minuto allo scoccare della mezzanotte, avvertì i suoi due compari di mettersi in posizione: da una parte Goemon sollevò leggermente dal fodero Zantetsu, la sua spada, mentre dall'altra Jigen inserì velocemente nel caricatore a tamburo della sua Magnum una nuova serie di proiettili.
Quando mancarono trenta secondi a mezzanotte, Lupin diede il via libera. In un batter di ciglio, Goemon prese saldamente la sua katana e tagliò di netto la porta, perfettamente a metà. Mentre accadeva tutto ciò, Jigen puntò la sua pistola verso l'alto, più o meno dove Lupin gli aveva indicato la posizione del quadro elettrico. Appena lo vide, il pistolero non esitò e sparò un colpo, che andò subito a segno.
Immediatamente nella stanza scese il buio, prendendo di sorpresa Zenigata e le guardie di Stewart. Con uno scatto felino Lupin balzò dentro la stanza e si precipitò a sollevare la teca in vetro che proteggeva i due vasi, incurante delle grida di Zenigata che stava cercando di riorganizzarsi. Intuendo la presenza di Lupin, l'ispettore prese una torcia elettrica per fare un po' di luce e provò ad impedire il furto dei vasi, ma il ladro dalla giacca rossa lo scavalcò e si dileguò nel corridoio adiacente, assieme ai suoi due compagni. Quando si rialzò da terra, Zenigata era così disperato che appena illuminò la teca ormai vuota, gettò con forza la torcia a terra, rompendola in mille pezzi!

Intanto le ricerche di Edward nella biblioteca erano ferme ad un punto morto: se in qualche testo si parlava del "Riflesso di eclissi", sicuramente non si trovava lì dentro. I tre militari stavano per andarsene, quando sentirono delle urla provenire da fuori, alquanto minacciose.
«Avete sentito?» domandò Christian voltandosi verso i fratelli Elric.
«Li hai riconosciuti?» chiese Edward.
«Una delle voce mi sembra quella del capo delle guardie, ma con loro c'è anche una donna...»
«Una donna? E chi può essere?» domandò Alphonse.
«Non ne ho la minima idea!» commentò il caporale allargando le braccia. Capendo che stava succedendo qualcosa di strano, i tre uscirono fuori per dare un'occhiata.
Nel corridoio vicino alla biblioteca quattro guardie, capitanate da Steve, avevano bloccato una donna, visibilmente preoccupata. Era Fujiko Mine, che era spalle al muro e non sapeva come liberarsi di Steve, visibilmente arrabbiato. Davanti a quella scena Edward pretese delle spiegazioni.
«Ehi! Cosa state facendo?»
«Lasciate perdere! Non sono affari che vi riguardano!» rispose il capo delle guardie, chiaramente infastidito.
Edward provò ad insistere, ma due guardie si misero in mezzo, come per impedirgli di vedere oltre. Steve stava interrogando Fujiko sul perché stesse curiosando in giro per la villa, ma la donna non voleva rispondere a nessuna domanda. Per costringerla a parlare, il capo delle guardie strattonò Fujiko prendendola per un polso, spaventandola non poco. Il successivo urlo della donna spinse Edward ad intervenire, ma le due guardie armate di pistola gli intimarono di fermarsi.
«Andate via, prima che possa succedervi qualcosa...» minacciò Steve.
A quel punto Edward e Christian si scambiarono degli sguardi preoccupati, ma Alphonse, per ribaltare la situazione, si giocò il suo "asso nella manica": si tolse l'elmo e fece capire ai presenti che essendo solo un'armatura, non potevano fargli niente. Com'era prevedibile, tutti quanti rimasero stupiti davanti a quella scena, tranne Edward. Solo in quel momento Christian capì perché il colonnello Mustang gli aveva consigliato di non rivolgere domande sull'armatura di Alphonse...
Con le guardie distratte, Edward voleva intervenire per mettere in salvo Fujiko, ma aveva il timore che se avesse attaccato Steve, avrebbe potuto coinvolgere la donna o Christian. Per questo motivo l'alchimista rimase preda del dubbio e rimase immobile, ma per sua fortuna in quel momento trovò un curioso alleato.

Dietro Steve comparve all'improvviso qualcuno, che prima lo minacciò puntandogli una pistola alla tempia e poi gentilmente gli chiese di liberare Fujiko. Solo in un secondo momento Edward capì chi era il misterioso personaggio.
«Lupin!!!» gridò l'alchimista di Stato, rimanendo di stucco.
«Lu-lu-lu-pin?» balbettò Christian, forse più sorpreso di Edward.
Cercando di sorprenderlo, Steve spostò all'indietro il gomito per colpire Lupin, ma il ladro lo scanso abbassandosi di scatto. Pochi secondi dopo intervennero anche Jigen e Goemon, che in un attimo disarmarono le guardie. Ormai solo, Steve cercò di mettersi in salvo, ma Lupin gli spruzzò un po' di spray soporifero sul muso e lo fece cadere a terra addormentato. Tutta contenta Fujiko corse ad abbracciare Lupin per lo scampato pericolo, ma la gioia del ladro fu breve. Appena vide i fratelli Elric, strabuzzò gli occhi per lo spavento.
«Cosa?!? Ancora voi due? State diventando peggio di Zazà... vi ritrovo ovunque!» commentò sarcasticamente Lupin.
«Che ci fai qui, Lupin?» domandò Edward.
«Per questi!» rispose Lupin, esibendo i due vasi appena rubati.
«Ma allora ce l'avete fatta a rubarli!» affermò Alphonse.
«Già, ma è stato tutto troppo facile...» commentò pensieroso Jigen.
«Non fare il pessimista come al tuo solito, Jigen! Abbiamo un tesoro da ritrovare!» ribatté Lupin con voce gioiosa.
«Ma noi... dovremmo arrestarvi! Avete appena rubato i due vasi!» affermò Christian, ancora un po' schioccato per tutto quello che era accaduto.
«E la ricerca sul Riflesso di eclissi?» domandò ingenuamente Alphonse. Appena fu nominata quell'opera di White, Fujiko divenne subito preoccupata, e questo attirò l'attenzione di Goemon.
«Scommetto che tu sai qualcosa, a proposito di quell'oggetto... vero Fujiko?» chiese il samurai.
«Bhe, non proprio...» accennò la donna, ma Goemon puntandogli la lama della sua spada alla gola, le costrinse a raccontare quello che sapeva sull'opera chiamata Riflesso di eclissi.
Da ricerche effettuate da Fujiko nella biblioteca di Central City, aveva scoperto che per trovare l'eredità lasciata da White ci volevano tre oggetti: i due vasi del Sole e della Luna e una lastra metallica chiamata appunto Riflesso di eclissi. Per essere sicura di trovarla, Fujiko si era appuntata anche alcune misure e le scritte che dovevano essere incise sulla lastra. Solo alla fine la donna ammise che aveva trovato l'oggetto che stava cercando Edward, dando uno spunto a Lupin per stipulare una tregua proprio con l'alchimista di Stato, da sigillare con una stretta di mano. Nonostante l'idea di stringere un'alleanza con un ladro non gli piacesse per niente, Edward si rese conto che, paradossalmente, si fidava più di lui che di Stewart, e per questo motivo accettò la tregua. Durante la stretta di mano, Lupin sentì che la mano destra di Edward era stranamente fredda, nonostante indossasse un guanto. Avrebbe voluto chiedergli il perché, ma il ladro preferì sorvolare l'argomento.
Concluso l'accordo, tutti quanti andarono di corsa verso il piano superiore, dove si trovava la stanza in cui era riposto il Riflesso di eclissi. Nel frattempo Steve, ancora sdraiato per terra, si stava lentamente riprendendo dall'effetto del sonnifero.


Continua...

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Capitolo 12
*** Il segreto della lastra ***


Capitolo 12 - Il segreto della lastra


Una volta entrati nella stanza indicata da Fujiko, questa sollevò il tappeto sotto il quale si trovava la lastra denominata "Riflesso di eclissi". Esaminandola con cura, Lupin notò che al centro della lastra c'erano due buchi di forma irregolare, di cui uno precisamente al centro e l'altro leggermente spostato di lato rispetto al primo. Dopo aver controllato i fondi dei vasi che aveva appena rubato, Lupin capì che quei fori erano stati costruiti per ospitare le due opere di White, ma allo stesso tempo si creò un nuovo enigma: in quale ordine andavano inseriti i due vasi?
Successivamente anche i fratelli Elric si misero ad osservare la lastra e si soffermarono su due linee incise in cima all'oggetto metallico: una era orizzontale e ben definita, sembrava un solco, e l'altra era praticamente un arco che aveva in comune con la prima l'inizio e la fine. Poco dopo Edward notò che accanto alla linea curva c'era una piccola scritta, che però sembrava illeggibile. Per curiosità l'alchimista si avvicinò a Christian, per chiedergli un parere.
«Ma io quella lingua la conosco!» esclamò Christian.
«Lo conosci?» ripeté Edward sorpreso.
«E' una vecchia lingua che si parlava moltissimi anni fa, ma che oggi è quasi scomparsa...» precisò Christian.
«Ah! Forse ne ho sentito parlare anch'io...» intervenne Lupin, che sembrava essersi ben documentato sulla storia di Plomb Town. «Era la lingua dei primi abitanti della città, che però col tempo è andata perduta.»
«E tu come fai a conoscere questa lingua morta?» domandò Fujiko.
«Io sono un discendente dei primi abitanti di questa città. E anche il signor White lo era, se non mi sbaglio. Mi hanno insegnato le basi quand'ero piccolo» risponde Christian.
«E cosa significa quella parola vicino alla linea curva?» chiese Edward.
«Semplicemente "Terra", intesa come pianeta» commentò Christian.
«Terra? Ma che vuol dire?» domandò Edward confuso. Non riusciva a capire il significato di quella indicazione, al contrario di Lupin che lo intuì al volo!
«Ora ho capito come vanno messi i due vasi!» commentò Lupin ridacchiando.
«Cos'hai da ridere, ladro!» sbraitò Edward arrabbiato.
«Il vaso della Luna va messo davanti, il vaso del Sole dietro. Non ci sono dubbi!» rispose Lupin, chiarendo l'enigma.
«E' vero!» commentò Jigen, schioccando le dita. «Questa lastra è una rappresentazione dell'eclissi solare! Se quella linea laggiù rappresenta la Terra...»
«I due vasi rappresentano il Sole e la Luna!» concluse Fujiko, con voce allegra.
«Esatto!» confermò Lupin. Il ladro dalla giacca rossa prese i due preziosi vasi e li collocò nell'ordine prestabilito. Una volta posizionati, il gruppo aspettò qualche secondo, ma non accadde nulla. I presenti si guardarono attorno preoccupati.
«Ma... non succede niente!?!» domandò Christian.
«Come niente!?! Un scomparto segreto, un messaggio... deve esserci una chiave per svelare il segreto della lastra!» commentò Fujiko, la più disperata del gruppo.
«Forse abbiamo dimenticato qualcosa...» ragionò Lupin a voce alta.
«Cosa, di preciso?» chiese Jigen.
«Questa è una bella domanda, mon ami!» gli rispose Lupin sorridendo.
E mentre tutti si stavano domandando cos'era andato storto, Goemon sentì dei rumori provenire da fuori: alcune persone stavano correndo verso la stanza in cui si trovava il gruppo.
«Ci hanno scoperto...» commentò Goemon laconico, come al suo solito.
«Sono già qui!» gridò Lupin stupefatto.
«Meglio rinforzare la porta!» affermò Jigen, rimettendosi apposto il suo cappello.
Velocemente Lupin, Jigen, Alphonse e Christian cominciarono a spostare tutti i mobili della camera per bloccare la porta. Nel frattempo Edward, usando l'alchimia, fuse la maniglia e la serratura, in modo da rallentare l'avanzata delle guardie.

In pochi minuti si creò un blocco di mobili, alto quasi quanto la porta, difficile da buttare giù in un colpo solo. Durante la sua costruzione ad Edward venne un'illuminazione, la chiave per risolvere l'enigma della lastra e dei due vasi.
«Uno specchio...» mormorò l'achimista di Stato.
«Uno specchio? Spiegati meglio fratellone!» domandò Alphonse.
«La lastra si chiama "Riflesso di eclissi", giusto? Noi abbiamo solo l'eclissi. Ci manca il riflesso!» spiegò Edward, senza però i dubbi nati nella mente di suo fratello.
«Ma certo!! Come ho fatto a non pensarci prima!» affermò Lupin, ridacchiando e appoggiandosi una mano sulla fronte. «Come ho fatto a non pensarci prima?»
Il ladro gentiluomo ordinò ai suoi due compagni, Jigen e Goemon, di togliere dal muro uno degli specchi e di togliergli la cornice, in modo da infilarlo nella fessura della lastra. Rapidamente i due componenti della banda, aiutati da Alphonse, fecero ciò che gli fu ordinato, scoprendo che il canale in cima alla lastra sembrava essere stato forgiato appositamente per contenere uno specchio. Proprio in quel preciso momento la porta cominciò a tremare, le guardie di Stewart stavano cercando di sfondarla a spallate.
Senza perdere altro tempo, i presenti nella camera si misero davanti alla lastra per vedere lo specchio: come per magia, i segni scolpiti sui vasi che sembravano senza significato, improvvisamente diedero vita ad un messaggio, nella stessa lingua conosciuta da Christian! Una volta visto il messaggio, a Lupin scappò da commentare che White era veramente un genio nel campo della metallurgia.
Immediatamente Fujiko pretese che Christian traducesse quelle scritte, ma il caporale spiegò che sarebbe stato un compito un po' complicato: erano anni che non leggeva quella scrittura, gli sarebbe servito un po' di tempo per la traduzione. Ma le guardie di Stewart nel frattempo avevano quasi abbattuto la porta della camera, così Lupin, i suoi due soci e i fratelli Elric corsero a spingere la palizzata di mobili, nella speranza di dare qualche secondo utile a Christian.
Nel frattempo Lupin, tra le urla che provenivano dall'altra parte della porta, riconobbe la voce minacciosa di Steve, che stava coordinando l'assalto alla camera.
«Si è già risvegliato quel brutto can da guardia? Credo proprio che lo spray che ho comprato non valga niente...» commentò Lupin amareggiato.
«A che punto sei Christian?» domandò Edward, sottosforzo per respingere l'attacco delle guardie.
«Ci sono quasi! Però ho qualche parola che non mi ricordo cosa significa!» rispose Christian tutto agitato.
«Quando pensi di finire?» domandò Fujiko tesa.
«Datemi ancora qualche secondo!» ribatté Christian.
In quel preciso momento la porta si spaccò in due, facendo cadere anche la barricata di mobili. Si era creata una breccia da cui potevano passare le guardie, ma all'ultimo Edward eseguì un cerchio alchemico e innalzò un muro dal pavimento, creando un nuovo ostacolo.
«Bella mossa, fratellone!» commentò Alphonse tutto contento.
«Spero che resista...» commentò Edward.

Davanti al nuovo ostacolo creato da Edward, il capo delle guardie Steve si infuriò e decise di usare le maniere forti: prese una granata che aveva con sè e, dopo aver urlato a tutti di indietreggiare, la lanciò non curante delle conseguenze per le persone aldilà del muro. Una volta al riparo, aspettò l'esplosione che lacerò il muro, creando una breccia. Appena gli fu possibile, Steve si alzò impugnando la sua pistola d'ordinanza e si gettò nella camera, ma questa era piena di polvere e per alcuni secondi non vide nulla. Poi, quasi all'improvviso, intravide una figura vicino ad una finestra aperta... era Lupin!
«Hai fatto una bella dormita?» domandò ironicamente Lupin, pronto a spiccare un salto fuori dalla finestra.
«Fermo!!! Non hai scampo!» gridò Steve sparando un colpo, ma Lupin si agganciò alla fune che aveva installato pochi secondi prima dell'esplosione e atterrò nel giardino sottostante, con i vasi tra le braccia.
Steve corse alla finestra per poter sparare nuovamente a Lupin, ma lui e tutti gli altri si erano già scappati nel giardino, attraversando il cancello completamente sguarnito. A quel punto Steve tornò indietro, calpestando numerosi frammenti di vetro, tutto ciò che rimaneva dello specchio usato per decifrace il codice segreto dei due vasi.
«Che facciamo, signore?» chiese una delle guardie al suo superiore.
«Merda!!!» esclamò Steve, sfogando in parte la sua rabbia. «Voi e gli altri inseguite Lupin! Io andrò ad avvisare il signor Stewart!»


Continua...

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Capitolo 13
*** Messaggio alquanto misterioso ***


Capitolo 13 - Messaggio alquanto misterioso


Sfruttando il buio della notte, Lupin e tutti gli altri riuscirono a fuggire dal giardino e una volta raggiunta la strada, proseguirono per alcuni metri, finché non si nascosero in una delle tante botteghe abbandonate. Sarebbero rimasti lì solo per qualche minuto, giusto il tempo di riprendere fiato per poi riprendere la fuga.
Il locale in cui si erano rifugiati era veramente vecchio, stava cadendo a pezzi ed era un miracolo se le pareti erano ancora al loro posto; anche il tetto era ridotto male, quasi tutte le travi di sostegno erano marcite o ridotte all'osso per colpa dei tarli. L'ambiente era pieno di polvere e di ragnatele, distribuite un po' ovunque in un luogo che sembrava abbandonato in fretta e furia dai suoi proprietari: guardandosi attorno, si poteva notare sedie di legno, qualche attrezzo da lavoro ormai arrugginito e un bancone in fondo alla stanza, dove il titolare faceva i suoi affari. Curiosando nel retrobottega, Edward trovò solamente una cassaforte a muro ormai vuota e un quadro caduto per terra, che in passato doveva servire per nascondere i profitti della bottega.
Evitando di accendere una luce visibile all'esterno, Lupin appoggiò i vasi sul bancone e prese il suo accendino per illuminare un po' l'ambiente. Subito dopo chiese ai suoi compagni di collocarsi dietro la porta d'entrata, che in precedenza i due aveva aperto con una spallata. Dopo aver controllato, Goemon confermò a Lupin che in quel momento in strada non si vedeva anima viva.
Girovagando nel buio quasi completo, Lupin raggiunse Christian e i fratelli Elric nel retrobottega, dove stavano cercando una possibile via d'uscita.
«State tutti bene?» domandò il ladro dalla giacca rossa.
«Sì» rispose Christian, un po' preoccupato.
«Allora, cosa diceva il messaggio allo specchio?» chiese Fujiko con curiosità, spuntando alle spalle di Lupin.
«Il messaggio era un po' strano...» commentò dubbioso Christian.
«In che senso "strano"?» domandò Edward.
«Il messaggio diceva: "Scendete e cercate ancora una volta il Sole e la Luna"» rispose Christian.
«Eh? Che cosa significa fratellone?» intervenne Alphonse.
«Non lo so, Al! Deve essere un messaggio in codice...» commentò Edward, riflettendo sulle parole dette da Christian.
«Già, lo penso anch'io!» affermò Lupin, anche lui riflettendo sul nuovo enigma.
«Sei sicuro di aver letto giusto?» replicò Fujiko, mettendo in dubbio la traduzione del caporale. «Mi sembra un messaggio senza senso!»
«Ho tradotto e controllato due volte! Sono sicuro che il messaggio dei due vasi dica questo!» confermò Christian.
«Che si riferisca ai sotterranei della villa?» ipotizzò Alphonse, rivolgendosi a suo fratello.
«No, troppo banale come soluzione» ribatté Edward.
«Sono d'accordo! Non ci sono sotterranei nella villa di Stewart, ne sono sicuro!» commentò Lupin.
«Ma allora, a cosa si riferisce il messaggio dei due vasi?» domandò Fujiko.
«Forse dobbiamo cercare in un altro luogo!» ipotizzò Lupin, guardando di sfuggita i due vasi sul bancone.
«Ehi Lupin!» esclamò Jigen da fuori. Appena il ladro dalla giacca rossa uscì dal retrobottega, il pistolero con un cenno della mano lo invitò a raggiungerlo. «Sono già arrivati...»
Guardando oltre una finestra rotta, Lupin intravide quattro o cinque guardie perlustrare la strada, ad una ventina di metri dalla sua posizione. La situazione era di nuovo critica, ma il ladro dalla giacca rossa aveva già un'idea per fuggire da lì.
Di corsa Lupin tornò nel retrobottega e chiese ad Edward se poteva improvvisare una via d'uscita. Ottenuto il sì dell'alchimista, il ladro domandò a Jigen di accendere una delle vecchie lampadine che pendevano dal soffitto.
Come aveva previsto Lupin, in pochi secondi le guardie in perlustrazione si accorsero della luce accesa e in fretta raggiunsero l'entrata della bottega, aprendo facilmente la porta sfondata in precedenza. Una volta all'interno, si ritrovarono faccia a faccia con Goemon, che come d'abitudine si preparava ad attaccare l'avversario alzando leggermente la sua spada dal fodero. Ma stranamente il samurai non maneggiò la spada per colpire le guardie: prendendo tutti di sorpresa Goemon spiccò un salto in alto e tagliò di netto le ultime travi che ancora sostenevano il tetto della bottega. Appena mise nuovamente i piedi per terra, il samurai scappò di corsa, raggiungendo gli altri che nel frattempo era già usciti, lasciando le guardie di Stewart sotto un cumulo di legno marcio.
Durante la fuga il gruppo si divise, ormai la tregua non era più obbligatoria: da una parte la banda Lupin andò verso il covo in città, mentre i fratelli Elric e Christian si rifugiarono nell'albergo in cui era rimasta Winry.

Verso le due di notte il capo delle guardie fu richiamato a gran voce da Stewart, che con tutto quello che era successo quella notte si era svegliato di colpo. In pochi secondi Steve raggiunse il padrone della villa, che si trovava in piedi accanto al suo letto a baldacchino, ancora in pigiama
«Allora Steve! Avete preso Lupin e la sua banda?» domandò Stewart palesemente infastidito.
«No, signor Stewart. Ci sono scappati mentre li stavamo inseguendo per le strade di Plomb Town» rispose Steve dispiaciuto. La risposta fece innervosire ancora di più il suo capo.
«Sei un cretino!!! Ti sei fatto fregare da Lupin come un deficiente! Almeno sei riuscito a trattenere la signorina Fujiko?»
«Anche lei è scappata, signor...»
Per la rabbia Stewart prese il primo oggetto che aveva sottomano, la sveglia che aveva sul comodino, e la scagliò contro il capo delle guardie, che si spostò per evitare l'oggetto.
«Io ti dovrei buttare fuori a calci per quello che hai combinato! Ora devi assolutamente trovare Lupin, a tutti i costi!»
«E perché? Non lasciamo questo compito all'ispettore Zenigata?»
«Ma allora sei veramente scemo! Non hai capito come stanno realmente le cose?» ribatté Stewart, agitandosi parecchio.
«Perché? Cosa dovrei sapere?»
«Quel dannato ladro ha scoperto il messaggio nascosto nei due vasi! Non so come, ma è riuscito a decifrare il messaggio di White!»
«Come fa ad esserne sicuro di quello che dice, signore?»
«Le guardie mi hanno riferito che c'erano dei pezzi di vetro nella stanza in cui si sono rifugiati i ladri... è evidente che c'era un trucco per leggere il messaggio dei vasi! E pensare che quella volta White aveva nascosto il tesoro sotto il mio naso! Quel bastardo...»
«Non credevo che la situazione fosse così grave!» affermò sorpreso Steve.
«Vai là fuori e trovami Lupin! Il tesoro è mio di diritto e nessuno deve metterci sopra le mani!!!»
«Ci vado subito, signor Stewart!»
Nel momento in cui Steve aprì la porta per uscire dalla camera, si ritrovò davanti l'ispettore Zenigata. Era visibilmente imbarazzato per il mancato arresto di Lupin.
«Mi perdoni signor Stewart, ma non ce l'ho fatta... quel dannato di un ladro è riuscito a fregarmi anche stavolta!!!»
«Se dobbiamo dare la colpa a qualcuno, ispettore Zenigata, quello è il capo delle guardie!» affermò Stewart, che voleva rincarare a Steve la dose di rimproveri e allo stesso tempo stimolarlo per dare il meglio di sé per catturare Lupin. «Sei un incompetente, Steve! Se non c'era l'ispettore a sorvegliare i due vasi, a quest'ora Lupin se ne sarebbe andato indisturbato!!!».
«Le prometto che prenderò Lupin, signore!» annunciò Steve, uscendo dalla camera da letto. Qualche metro più in là, quando fu completamente solo, il capo delle guardie tirò un potente calcio ad un tavolino presente nel corridoio, che per l'urto si ribaltò. Era talmente infuriato col suo capo che aveva la tentazione di tornare indietro e strozzarlo con le sue mani.
Un quarto d'ora più tardi, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con il signor Stewart, anche Zenigata uscì dalla camera da letto per riprendere l'inseguimento di Lupin. Quando uscì dalla villa, l'ispettore era molto preoccupato: c'era qualcosa che non gli piace in Stewart e aveva una strana sensazione a riguardo, come se ci fosse qualcosa di insolito in tutta quella faccenda. Però al momento le sue priorità erano altre, così decise di concentrarsi su come ritrovare Lupin, mentre veniva accompagnato nella bottega in cui si trovava il ladro dalla giacca rossa.

Una volta rientrati in albergo, i fratelli Elric e Christian andarono subito nella loro camera. Con grande sorpresa, sul ciglio della porta trovarono Winry: era piuttosto arrabbiata e in mano teneva una chiave inglese. Aveva uno sguardo che fece rabbrividire tutti, in particolare i fratelli Elric.
«No Winry! Ora metti giù quell'arnese e ragioniamo da persone civili...» accennò Edward a voce calma e alzando le mani.
«Datemi una buona ragione per non farmi arrabbiare, sennò questa finisce sulla testa di tutti e tre!» annunciò Winry, alzando la voce e agitando la chiave inglese. «Sono rimasta per tutto il tempo ferma come una cretina!!!»
«Se ti dico che siamo rimasti coinvolti nel furto dei vasi, ti calmi Winry?» chiese Alphonse spaventato.
«Ma cosa stai dicendo?» domandò la ragazza sorpresa.
«Lupin ha rubato i due vasi del Sole e della Luna! Ma dovresti sapere quello che è successo dopo!» commentò Christian, in tono quasi entusiastico.
«Perché? Cos'è successo stanotte dopo?» chiese Winry.
«E' una lunga storia…» rispose Edward. «Se ci fai entrare nella nostra camera, ti spiego tutto...»
Nel frattempo Lupin e soci erano entrati nel loro covo, mettendosi al sicuro dalle guardie che li stavano cercando. Come i fratelli Elric, anche loro stavano ripensando al messaggio cifrato dei due vasi.
La frase "Scendete e cercate ancora una volta il Sole e la Luna" sembrava all'apparenza senza significato, ma Lupin con entusiasmo si concentrò fin da subito per svelare l'arcano. Poco dopo il ladro chiese al suo amico Jigen di passargli la cartina che raffigurava la città di Plomb Town. Non aveva un'idea precisa, ma Lupin era sicuro che se avesse osservato con attenzione la cartina, di sicuro avrebbe trovato lo spunto per capire in che zona era nascosto il tesoro.


Continua...

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Capitolo 14
*** Nell'acquedotto ***


Capitolo 14 - Nell'acquedotto


Una volta riuniti attorno al tavolo della stanza, Edward raccontò a Winry tutto quello che era successo nella villa di Stewart, facendo rimanere di sasso la ragazza. «Così avete trovato un indizio per trovare la pietra filosofale?»
«Forse» rispose Edward un po' deluso. «Ma il problema adesso è capire il significato della frase nascosta "Scendete e cercate ancora una volta il Sole e la Luna".»
«"Scendete" a cosa potrebbe riferirsi?» rifletté ad alta voce Christian. Poco dopo Alphonse ipotizzò: «Se non è un sotterraneo o una cantina, forse il messaggio si riferisca ad un pozzo!»
«Può darsi...» gli rispose Edward.
«Non credo! Non ci sono pozzi a Plomb Town!» chiarì Christian. A quel punto l'idea di Alphonse venne subito bocciata.
«Tu che conosci questa città, non c'è una depressione, una valle in cui si possa scendere?» domandò Edward a Christian.
«Qui attorno è tutta campagna o quasi. Non mi viene in mente nessun luogo simile a quello che mi hai citato, Edward» spiegò Christian desolato.
«Ma avrà una soluzione questo enigma, fratellone?» domandò Alphonse demoralizzato a suo fratello.
«Stiamo brancolando nel buio...» commentò Winry, sbadigliando per il sonno.
All'improvviso ad Edward venne in mente un'idea e subito formulò una nuova domanda a Christian.
«Ci sono grotte da queste parti?»
«Grotte? Ma non mi... un momento!» esclamò Christian, dopo aver riflettuto. Subito Winry e Alphonse si avvicinarono, per sentire meglio la risposta del caporale. «C'è qualcosa di simile da queste parti: l'acquedotto!»
I fratelli Elric e Winry fissarono Christian dubbiosi, perché non avevano visto acquedotti al loro arrivo a Plomb Town. Notando le loro facce, il caporale si spiegò.
«C'è un acquedotto sotterraneo, che trasporta l'acqua proveniente dalle montagne a nord di qui. Per raggiungerlo, c'è una spaccatura nel terreno che scende per parecchi metri.»
«Una specie di fiume sotterraneo?» domandò Edward.
«Sì, esatto. L'acqua col tempo ha eroso le rocce calcaree, creando un corso d'acqua nel sottosuolo. E dovrebbe esserci anche un bacino naturale in cui l'acqua si accumula o almeno così ho sentito dire...»
«"Scendete e cercate ancora una volta il Sole e la Luna". Ecco dove dobbiamo andare!» affermò Edward, contento per aver trovato la soluzione all'enigma.
«Ma il Sole e la Luna a cui si riferisce il messaggio dove sarebbero?» domandò Winry.
«Lo scopriremo una volta arrivati lì, Winry... sai come raggiungere l'entrata all'acquedotto?» chiese Edward, rivolgendosi a Christian.
«Se non mi sbaglio, è poco fuori città. A piedi dovremmo essere sul posto in un quarto d'ora.»

Quasi contemporaneamente, anche la banda Lupin stava correndo a tutta velocità verso l'acquedotto, tutti a bordo della Mercedes gialla. Pochi minuti prima Lupin riteneva di aver trovare la soluzione all'enigma dei due vasi, anche se Jigen nutriva dei dubbi a riguardo.
«Ma sei sicuro Lupin che il posto giusto sia questo? Potrebbe essere benissimo un altro!»
«Stai tranquillo, mon ami!» rassicurò Lupin. «Ho molti indizi che mi hanno fatto capire che questo è il luogo giusto!»
«Ad esempio?» domandò Fujiko.
«Primo, il messaggio iniziava dicendo "Scendete" e per arrivare all'acquedotto bisogna appunto scendere in profondità. Secondo, so per certo che il White era un appassionato di speleologia e sono sicuro che quel furbacchione abbia nascosto il suo tesoro in qualche cunicolo sotterraneo!»
«Non mi piace avventurarmi in luoghi simili. Ci sono molte insidie nascoste...» commentò Goemon, per mettere tutti in guardia.
«Lo so! E' per questo che ho preso tutto il necessario per la nostra "gita turistica" all'acquedotto! Adesso dobbiamo solo cercare un'entrata per scendere...» concluse Lupin, cambiando marcia e aumentando la velocità.

Lasciata la città alle loro spalle, Christian accompagnò i suoi ospiti ai piedi di una piccola collina rocciosa, che era isolata in mezzo alla campagna come uno scoglio solitario in mezzo al mare. Era notte fonda, ma per fortuna i raggi della luna erano abbastanza forti da illuminare il paesaggio, permettendo al gruppo di proseguire senza particolari problemi. Percorrendo un antico sentiero in ghiaia, i quattro raggiunsero l'ingresso all'acquedotto, una fessura nella roccia alta poco più di due metri e stretta, di forma appuntita. Una volta armati di torcia elettrica, il gruppetto iniziò la sua discesa verso le viscere della terra.
Essendo il suolo della grotta molto scivoloso, i quattro avventurieri furono costretti a procedere molto lentamente e in fila indiana, aggrappandosi per bene alle pareti per non scivolare sul terreno umido. Alla fine però, dopo aver percorso diversi metri in discesa, il gruppo si ritrovò in una zona pianeggiante, probabilmente il fondo dell'acquedotto. La caverna era completamente al buio, tranne che per qualche fungo verde fosforescente che illuminava alcuni bordi rocciosi, e sulla pelle si avvertiva una sensazione di freddo, segno che il fiume sotterraneo non era troppo lontano.
Tastando con le mani le pareti, Edward provò ad orientarsi e quasi per caso trovò un passaggio laterale, largo all'incirca un metro, che si sviluppava come una spaccatura nella roccia. Proseguendo per quella via, l'alchimista intravide una strana luce azzurra, forse un riflesso, e cominciò a sentire dell'acqua che scorreva. Velocemente Edward richiamò il resto del gruppo, per indirizzarlo verso la sua posizione. Una volta fuori dal passaggio, il gruppo rimase a bocca aperta: aveva raggiunto un lago sotterraneo.
Il bacino d'acqua non era profondo, forse a malapena raggiungeva il mezzo metro di profondità, ma per estensione ricopriva quasi tutta la grotta in cui era posizionato. L'acqua, che vi scorreva lentamente, era limpida e cristallina, e queste caratteristiche avevano creato dei riflessi azzurri semplicemente meravigliosi, uno spettacolo di azzurri e di verdi che avrebbe incantato chiunque.
«Scommetto che l'acqua deve essere buonissima...» commentò Christian, osservando lo scorrere dell'acqua che entrava e usciva dal bacino.
«Questo gioco di luci è meraviglioso! Potrei rimanere qui per ore a guardare!» affermò Winry entusiasta.
«Sì, è tutto molto bello, ma ora dobbiamo andare. Non siamo qui per ammirare il paesaggio!» commentò Edward.
Seguendo a ritroso il fiume sotterraneo, il gruppo riprese le ricerche per trovare gli indizi lasciati da White. Proseguendo lungo una riva rialzata e leggermente in pendenza, i quattro avventurieri camminarono per molto tempo tra le rocce e gli schizzi d'acqua, fino ad arrivare ad una nuova caverna, questa volta più grande rispetto a quella vista in precedenza.
Sulla sinistra c'era il fiume sotterraneo, più largo e profondo rispetto a prima, mentre a destra si intravedevano alcune gallerie naturali, che correvano per diversi metri sotto la montagna.
«Perfetto! Siamo bloccati!» esclamò Edward scontento.
«Siete sicuri che questa sia la strada giusta?» domandò Winry.
«Questa è l'unica strada che c'era!» commentò Christian. «Non credo che ce ne siano altre!»
«Non possiamo proseguire! Se ci perdiamo, per noi sarebbe la fine!» affermò Edward. Alphonse stava per aggiungere qualcosa, ma suo fratello lo bloccò alzando una mano.
«Che succede fratellone?»
«Silenzio!» esclamò Edward. «Ho sentito un rumore strano...»
«Un rumore? E da dove?» domandò Christian.
«Dal fiume. Non lo sentite anche voi?» chiese Edward preoccupato.
Rimanendo in silenzio, gli altri si misero ad ascoltare in direzione del corso d'acqua. Dopo qualche secondo Christian intuì quello che l'alchimista biondo aveva sentito in precedenza: c'era qualcosa che stava muovendo rumorosamente l'acqua, con tutta probabilità una barca o qualcosa di simile. Temendo di essere aggrediti, tutti quanti decisero di cercarsi un nascondiglio in zona: Edward e Winry si posizionarono dietro una grossa roccia in prossimità del fiume, mentre Christian e Alphonse trovarono un riparo in una posizione più defilata, precisamente dietro la parete di una galleria laterale. Così facendo, di colpo nella caverna scese un profondo silenzio, interrotto ogni tanto dall'acqua che defluiva verso il basso.


Continua...

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Capitolo 15
*** Trovati! ***


Capitolo 15 - Trovati!


Col passare del tempo, la tensione di Edward era così alta che l'alchimista iniziò a respirare lentamente, per darsi una calmata. Cercando di intuire dove si trovavano gli estranei, si mise ad ascoltare il rumore generato dai remi, che stavano portando l'imbarcazione verso riva. Al suo fianco Winry era molto agitata, temeva che potesse accadere qualcosa di brutto a lei e a tutti gli altri.
Anche Christian era spaventato, tutta quella tensione gli ricordava il momento in cui era stato aggredito da quella misteriosa donna di nome Lust, ma cercò di calmarsi respirando profondamente, come gli avevano insegnato all'accademia militare. Alphonse, forse il più agitato del gruppo, era l'unico che dalla sua posizione non riusciva ad intravedere la riva e continuava a chiedere informazioni a Christian, che però non rispose perché temeva di essere scoperto dai nuovi arrivati. Non sapendo che fare, il fratello minore di Edward di appiattì al muro, nella speranza di non essere visto.
Qualche secondo dopo, la barca approdò a riva, non troppo distante dal nascondiglio di Edward e Winry. Dal rumore che aveva creato, l'imbarcazione sembrava costruita con un materiale leggero ed elastico, forse si trattava di un canotto gonfiabile. Subito dopo Edward notò due fasci di luce emergere nell'oscurità: qualcuno aveva acceso un paio di torce elettriche, con cui analizzare prima il terreno umido e poi il soffitto della caverna, mettendo in risalto numerose stalattiti. Rimanendo nascosto, Edward fece molta attenzione ai rumori dei passi: a terra erano scese sicuramente tre persone, ma sul canotto potevano essercene delle altre; per capire meglio la situazione, Edward lanciò un'occhiata verso il nascondiglio di Christian, una grossa pietra rotonda, per chiedere il suo aiuto. Ci mise un po' per rintracciarlo, ma alla fine i suoi occhi catturarono la sagoma blu del caporale, rannicchiato per non farci individuare dalle torce. Parlandogli a bassa voce, Edward riuscì a richiamare Christian, che immediatamente si voltò verso l'alchimista, in attesa di ricevere delle indicazioni. Appena Edward gli domandò quante persone aveva visto sulla barca, il caporale alzò quattro dita della mano sinistra, mentre con la destra stava cercando di aprire la fondina in cui teneva la sua arma d'ordinanza. Christian non era in possesso di una buona mira, ma voleva dare una mano ad Edward, la cui intenzione sembrava quella di attaccare il nemico di sorpresa.
Alphonse, nel frattempo, aveva notato i movimenti del caporale e gli domandò, sempre sottovoce, cosa stava succedendo. Appena Christian spiegò quello che si erano detti lui e Edward, si voltò nuovamente verso l'alchimista. Lo vide appiattito alla roccia dietro la quale era nascosto, mentre un fascio di luce lo aveva sfiorato di qualche centimetro. Winry era così agitata che iniziò a sudare freddo, costringendo Edward a prepararsi per uscire allo scoperto e affrontare i suoi avversari. Velocemente l'alchimista biondo richiamò Christian e a gesti gli segnalò che era pronto a muoversi, che a sua volta avrebbe informato Alphonse. Dopo aver ricevuto una risposta positiva dal caporale, Edward si voltò verso Winry e la invitò a rimanere in silenzio e a non muoversi. Nonostante la ragazza fosse terribilmente preoccupata per Edward, l'unica cosa che riuscì a dirgli fu: «Stai attento».
Appena le torce puntarono in un'altra posizione, Edward trasmutò il suo braccio metallico in una lama e sbucò fuori dal suo nascondiglio, ritrovandosi faccia a faccia con uno dei suoi avversari...

Lupin non riusciva a credere ai suoi occhi, per la terza volta si ritrovò davanti quell’alchimista biondo! Erano rimasti così sorpresi uno dell'altro, che per qualche secondo rimasero increduli ad osservarsi.
Jigen, accorgendosi che c'era qualcuno nascosto dietro le rocce, si era voltato di scatto ed era pronto a sparare con la pistola, ma appena capì che la situazione era sotto controllo, lui e Goemon riposero le armi.
«Prima sul treno, poi in villa e adesso qui sotto! Mi sta venendo il dubbio che tu ce l'abbia con me...» ironizzò Lupin, non molto contento di rivedere l'alchimista.
«Scommetto che come noi avete capito che il tesoro si trova da queste parti» commentò Edward.
«Ricordati che io sono il grande Lupin III! Per me niente è impossibile!» commentò il ladro dalla giacca rossa, ricordando a tutti che nel suo dizionario la parola "impossibile" non esisteva.
«Come siete arrivati fino a qui?» domandò Christian, uscendo allo scoperto insieme ad Alphonse. «Credevo che l'acquedotto avesse un solo ingresso!»
«Abbiamo seguito il corso del fiume in alta montagna, finché non abbiamo trovato il punto in cui scende nel sottosuolo. E poi siamo giunti fino a qui...» spiegò Lupin.
«E così, finalmente, vedo in faccia il famoso ladro Lupin!» commentò Winry, osservando il ladro gentiluomo.
«Ehi! Chi diavolo è quella ragazzina bionda?» esclamò Fujiko, quasi infastidita nel vedere un'altra rivale con cui spartire il tesoro di White.
«E tu cosa vuoi, vecchia?» ribatté Winry.
«Vecchia a chi? Guarda che io ho molto più fascino di te!» affermò con fermezza la donna. Poi si voltò verso il ladro dalla giacca rossa e domandò, con tono dolce e seducente: «Ho ragione io, vero Lupin?»
«Certo, chéri!» rispose il ladro ridacchiando, mentre i suoi due soci scuotevano la testa desolatamente, per quella scena a loro dire imbarazzante.
Finita la breve litigata tra Winry e Fujiko, il ladro gentiluomo osservò la zona e propose ai presenti di setacciare le gallerie una ad una, trovando subito l'accordo anche con il gruppo di Edward.
Una volta assegnate le gallerie, tutti quanti partirono con le ricerche, ma dopo pochi minuti già qualcuno era tornato al punto di partenza, perché quasi tutti i tunnel in realtà erano dei vicoli ciechi. Solo un paio proseguivano nel sottosuolo, ma entrambi tendevano di dividersi in numerose strade laterali, come a creare un labirinto di roccia. Temendo che qualcuno potesse perdersi, Lupin, che si trovava al punto di partenza, richiamò a gran voce quelli che erano rimasti dentro le gallerie, invitandoli a non proseguire.
Improvvisamente il gruppo sentì le urla di Alphonse, che tutto agitato stava incitando tutti quanti a raggiungere il luogo in cui si trovava lui e Winry. Immediatamente Edward corse in direzione del fratello, con affianco Christian e subito dietro la banda Lupin al completo.

Qualche attimo dopo Edward, tutto agitato, arrivò nei pressi di una stanza di roccia, che era posizionata lateralmente rispetto alla galleria. In quell'ambiente umido e buio, l'alchimista vide suo fratello minore indicargli qualcosa sul muro, e immediatamente Edward puntò la sua torcia proprio in quel punto.
Sulla parete di fronte ad Alphonse e Winry comparvero due bassorilievi, raffiguranti un sole e una luna. Entrambi erano ben lavorati e Christian, appena li vide, affermò che quello solo una mano molto abile poteva aver scolpito due opere del genere: quella di White. (Che White abbia preso spunto da Valentino Rossi? N.d.A.)
Appena Lupin venne informato della notizia, si avvicinò tutto contento ai due bassorilievi per ispezionarli con cura. Dopo aver confermato che quello era la soluzione all'enigma dei due vasi, Lupin cambiò espressione e divenne serio, perché aveva intuito che c'era qualcosa di strano in quella parete rocciosa. Per prima cosa tastò i due disegni, poi iniziò a picchiettare sul muro, finché non sentì un rumore profondo, una specie di eco.
«Cos'è stato?» chiese Jigen. Subito dopo Lupin si voltò verso il suo braccio destro, e con un sorriso confermò che dietro alla parete c'era uno spazio vuoto, con tutta probabilità la strada che conduceva al tesoro di White.
«Ormai ci siamo! Goemon, ora serve la tua spada!»
«Questa volta avrò la mano delicata...» mormorò il samurai, mentre prese in mano la katana. Con un taglio netto e preciso, Goemon spaccò perfettamente la parte di roccia in due parti uguali, riuscendo a mantenere i due bassorilievi intatti. Per lui sarebbe stato un dispiacere rovinare qualcosa di bello con la sua spada.
«Visto che anch'io conosco qualche "trucchetto da mago"?» affermò Lupin, riferendosi in maniera ironica all'alchimia. Edward preferì riprendere il cammino verso il tesoro, che rispondere alla provocazione del ladro.


Continua...

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Capitolo 16
*** La caverna del tesoro ***


Capitolo 16 - La caverna del tesoro


La galleria che Lupin e Edward stavano percorrendo era veramente buia, tanto che le luci facevano fatica ad illuminare il fondo della grotta, disseminato di dossi e di buche; l'umidità inoltre aveva reso il terreno molto scivoloso, costringendo il gruppo a procedere con cautela, su una strada leggermente in discesa. Solo dopo aver camminato qualche centinaio di metri la strada iniziò a diventare piana, permettendo al gruppo di avanzare con un passo più spedito.
Durante il cammino, Edward notò qualcosa luccicare alla sua destra e incuriosito si avvicinò per osservare meglio ciò che aveva trovato: si trattava di un piccolo braciere metallico, ben rifinito, che era posizionato in cima ad uno stretto e lungo piedistallo. Ma la cosa più strana era che dal braciere partiva una corda, che rimaneva a mezz'aria e che proseguiva nel buio della grotta. Anche Lupin notò quel braciere e dopo averlo controllato con occhio attento, decise di accenderlo con il suo accendino. La fiamma ci mise un po' a prendere forza, ma dopo qualche secondo il contenuto del braciere prese fuoco, bruciando la corda che diede il via all'accensione di altri bracieri, messi in fila lungo il lato destro della grotta. Nel giro di pochi minuti, l'intera galleria venne illuminata, mostrando al gruppo la via da seguire. Davanti a quella soluzione geniale, Lupin dovette ammettere che White era veramente un uomo dalle mille risorse...

Procedendo di qualche metro, Lupin e Edward videro davanti a loro un ingresso che conduceva ad uno spazio molto grande, diviso in due piani ben distinti. Anche qui, come in precedenza, c'erano numerosi bracieri che illuminavano quella enorme grotta sotterranea, ricreando un'atmosfera mistica, come se i due fossero appena entrati in una cattedrale. I due livelli, divisi da una decina di metri, erano collegati da una lunga scalinata di pietra, situata a destra dell'ingresso, che fece intuire a Lupin che la grotta aveva una forma semisferica.
All'improvviso lo sguardo di Lupin si posò su una piccola cavità nella parete rocciosa, proprio sotto il piano superiore. C'era qualcosa che brillava e Lupin si mise a correre in quella direzione, gridando a tutti di aver finalmente trovato il tesoro di White. Nella penombra Lupin vide alcuni sacchi di tela carichi di monete d'oro, il cui valore era sicuramente di svariati milioni. Era così entusiasta del tesoro che non si accorse dell'arrivo di Fujiko, che appena arrivò sul posto prese una manciata di monete e poi le fece cadere nel mucchio, solo per sentire il tintinnio di quell’oro, quasi puro.
«Mio Dio! Non ho mai visto nulla del genere!» commentò Christian, rimanendo ammaliato alla vista di quel tesoro.
«Vedi che la speleologia alle volte può essere redditizia, Fujiko?» affermò Lupin, ma la donna era più interessata a raccogliere tutte le monete, che erano cadute da alcuni sacchi lacerati dal tempo. Nonostante il successo della loro impresa, non tutti erano al settimo cielo, come Lupin e Fujiko.
«E' stato troppo facile arrivare qui, Lupin» commentò Jigen, come al solito sospettoso. Con cenno del capo, anche il samurai Goemon diede ragione la pistolero.
«Devo darti ragione Jigen... prendi un sacco e inizia a portare fuori l'oro!» ordinò Lupin, completamente distratto. Pure Christian si avvicinò per prendere alcune manciate d'oro, trovando però le critiche di Edward.
«Questo non è un comportamento degno di un militare!»
«E quando mi capita nuovamente un'occasione del genere? E poi White ha lasciato il suo tesoro a chiunque lo avrebbe trovato, no?»
«In effetti...» accennò Alphonse, che però venne subito zittito dal fratello maggiore. Ma la raccolta di Christian fu di breve durata, perché appena toccò una delle monete cadute per terra, Fujiko lo fulminò con lo sguardo e il caporale preferì alzare le mani e rinunciare, evitando così di finire nuovamente nei pasticci.
Non potendo rinunciare al bottino, alla fine anche Jigen decise di dare una mano a Lupin con il trasporto dei sacchi, ma poco dopo Goemon richiamò l'attenzione di tutti, aveva percepito qualcosa in fondo alla galleria. Mentre il samurai impugnò la sua spada, da lontano si udì un rumore che lentamente stava aumentando d'intensità: alcuni uomini, con passo spedito, stava arrivando di corsa nella caverna.
Con un organizzazione perfetta, circa una cinquantina di guardie armate sbucarono dall'ingresso e circondarono il gruppo, bloccandogli l'unica via di fuga. Non potendo far altro che arrendersi, la banda Lupin e il caporale Tarnat gettarono a terra le loro armi e poi alzarono le mani in alto. Nel frattempo Lupin aveva intuito che dietro ad una retata così ben fatta poteva esserci solo un uomo di sua vecchia conoscenza, che comparve poco dopo dietro alcune guardie: il caro Zenigata!
«Lupin!!! Finalmente ti ho preso!» disse ridacchiando l'ispettore, molto felice.
«Complimenti Zazà, ma come hai fatto a trovarci?» domandò Lupin un po' sorpreso. «Ti avevo seminato nella villa di Stewart!»
«Niente mi può impedire di inseguirti, Lupin! Neanche se il tuo nascondiglio fosse al centro della Terra!»
«Però noto che sei solo a questa "festa", mancano i due ospiti principali...»
«Intendi il signor Stewart e Steve? Stai tranquillo, arriveranno... questione di attimi!»

Come annunciato da Zenigata, pochi minuti dopo entrarono nella grotta i due avversari di Lupin, entrambi sorridenti. Rispetto a prima, Stewart aveva indossato una lunga mantella scura, forse un cimelio di famiglia di cui andava orgoglioso.
«Ottimo lavoro, ispettore Zenigata!» ringraziò il nobile.
«Dovere, signor Stewart! Ora scorterò personalmente Lupin fino alla stazione di polizia più vicina e poi...»
«No, ispettore! Lei ha fatto anche troppo, ora può lasciare tutto nelle mie mani» affermò Stewart, cercando di prendere velocemente in custodia Lupin. A quel punto Zenigata protestò. «Ma che sta dicendo? Io sono stato mandato qui per prendere Lupin, ed è quello che farò!»
«Le ho già detto che me ne occuperò io!» ribatté il nobile, palesemente scontento per la reazione di Zenigata. «Lei doveva solo fare la guardia ai due vasi...»
«Ma come?!?»
«Non si preoccupi, chiarirò tutto con i suoi superiori.»
«Ma sei completamente impazzito?» esclamò Edward, irritato per come era stato trattato dalle guardie.
«Dimmi una cosa, Stewart» accennò Lupin, con un sorrisetto ironico sulle labbra. «Ma tu chi sei veramente? E' da quando che sono arrivato che me lo chiedo...»
«Sono Claudius Stewart, noto commerciante di Plomb Town e discendente di una famosa famiglia di alchimisti! Sono anni che cercavo questo tesoro, ma non ci sarei arrivato senza l'aiuto della signorina Fujiko!»
L'affermazione di Stewart prese alla sprovvista tutti, tranne Jigen e Goemon, che ormai erano stufi dei continui tradimento di quella donna.
«Molto gentile, signor Stewart!» aggiunse Fujiko, avvicinandosi al nobile. «A quanto corrisponde la mia parte di tesoro?»
Appena la donna fece un passo in più, alcune guardie puntarono i loro fucili contro di lei. Fujiko rimase disorientata, quella mossa da parte di Stewart non se l'aspettava. «Eh no, signorina Fujiko! Ha già tentato di fregarmi una volta, stavolta non ci casco!»
«Che cretina...» mormorò Winry.
A quel punto Edward urlò con forza contro Stewart, domandandogli cosa aveva in mente. Appena il ragazzo si calmò, il nobile, ormai in una solida posizione di vantaggio, narrò la storia di quel tesoro, che in quel momento stava ammirando.
Una volta lui e White erano soci in affari e in breve tempo, grazie all'alchimia di Stewart e alla genialità del suo compare, a costruire una vera e propria industria dei metalli, la più importante di Plomb Town. Ma un giorno quel doppiogiochista di White, come lo chiamava Stewart, lo fregò alla grande: non solo gli aveva nascosto l'immensa fortuna che i due avevano accumulato, convertendola in oro, ma anche un piccolo gioiello di famiglia, una rudimentale pietra filosofale. Per anni Stewart provò a cercare quel tesoro, ma nel frattempo White era morto, lasciando ai posteri i due vasi del Sole e della Luna e la lastra in metallo denominata "Riflesso di eclissi", evitando così che Stewart potesse ritrovarlo facilmente. Come intuì al volo Lupin, non era difficile capire perché White aveva nascosto il tesoro: pure lui non fidava di Stewart, era veramente un tipo subdolo!
Più volte, durante il suo discorso, il nobile sostenne che il tesoro era solo suo, e che chiunque avesse tentato di prenderlo, doveva essere fermato ad ogni costo. Sentendo quella frase Christian, ormai stufo di sentirlo parlare, cominciò ad urlare contro Stewart, che nel frattempo era salito al piano superiore della grotta.
«Sei solo un grandissimo bastardo! Sei stato tu ad uccidere mia sorella Anna!!!»
«Chi?» esclamò Stewart.
«Ha lavorato per te come bibliotecaria, maledetto infame!!!»
Christian stava per riprendere ad urlare, ma Steve intervenne tirandogli un violento pugno alla bocca dello stomaco. Il dolore per il caporale fu tale che si inginocchiò, tenendosi le mani sulla zona colpita. In quel momento Steve si abbassò, parlandogli sottovoce ad un orecchio.
«Scommetto che ti chiami Christian. Non sai quante volte ti ha nominato Anna prima che gli sparassi in testa...» affermò il capo delle guardie, con voce fredda e distaccata. Disperato e con gli occhi lucidi, Christian provò a reagire gridando. «Io ti ammazzo!!! Hai ucciso mia sorella!!!»
La reazione dei fratelli Elric e di Winry, ormai entrati in confidenza col caporale, fu un misto di orrore e disgusto per quello che aveva detto il capo delle guardie, fiero di ciò che aveva fatto per conto di Stewart.
«Riesci a rialzarti?» domandò Winry preoccupata.
«Lasciami solo, per favore». Queste furono le uniche parole che pronunciò Christian. Aveva lo sguardo perso, la rivelazione su come era morta sua sorella Anna lo aveva scosso terribilmente.
«Temo il peggio, fratellone!» sussurrò Alphonse, per non farsi sentire dalle guardie.
«Senza contare che non sappiamo niente della pietra filosofale citata da Stewart, Al.»


Continua...

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Capitolo 17
*** Battaglia sotterranea ***


Capitolo 17 - Battaglia sotterranea


Appena Christian venne riportato con la forza nel gruppo di prigionieri, Stewart cercò personalmente tra i sacchi d'oro la tanto agognata pietra filosofale, con lo stesso entusiasmo di un bambino che scartava un regalo di Natale. Pochi minuti dopo Stewart rialzò la testa e con un sorriso sulla labbra mostrò a tutti il gioiello di famiglia, che teneva comodamente tra il pollice e l'indice.
Quando i fratelli Elric videro la pietra, rimasero un po' delusi: l'avevano sempre immaginata color rosso acceso ed invece quella era opaca, tendente al marrone; inoltre era molto piccola, ad occhio e croce non superata i tre centimetri d'altezza. Solo in quel momento Edward capì perché in precedenza Stewart aveva usato l'aggettivo "rudimentale" per definire la pietra, doveva trattarsi di un prototipo o di un esemplare incompleto. A quel punto l'alchimista intuì che difficilmente quella pietra era paragonabile in potenza a quella originale, ma l'istinto gli suggerì di rimanere in guardia, Stewart non era per niente uno stupido e sicuramente aveva un piano per sfruttarla a dovere.

Una volta ritrovato ciò che voleva, Stewart ordinò ad alcuni dei suoi uomini di portar via i sacchi con le monete d'oro, ma poco dopo intervenne Zenigata, che si posizionò davanti l'ingresso e allargò le braccia, impedendo alle guardie di uscire. Era così confuso che voleva delle spiegazioni, ma Stewart gli ripeté semplicemente che il suo compito era finito e che poteva andarsene. Cercando di creare altra confusione, utile per un'eventuale fuga, Lupin si rivolse direttamente all'ispettore, facendogli capire com'era la situazione.
«Fai bene Zazà... il signor Stewart sta progettando qualcosa di poco pulito!»
«Tu stai zitto!» urlò il nobile, ma ormai Lupin aveva l'attenzione del poliziotto giapponese. «Secondo te, Stewart non si occuperà dei testimoni che hanno visto il suo tesoro?»
«In che senso?»
«Potrebbe inventarsi una balla... non so, affermare che c'è stato un crollo e che nessuno, tranne lui e le sue guardie, siano usciti vivi da qui!»
Dopo aver sentito queste parole, Zenigata fissò con sospetto Stewart. In effetti non lo riteneva un uomo onesto e per questo motivo chiese con forza la custodia di Lupin e di tutta la banda. Davanti a quel richiamo però intervenne Steve, che si piazzò davanti all'ispettore, mettendolo in difficoltà per la diversa stazza. Il massiccio capo delle guardie gli intimò di non muoversi e poi, dopo aver allontanato Zenigata dall'uscita, ordinò ad alcuni dei suoi sottoposti di portare via la monete d'oro. Nonostante la situazione sembrava essere sotto controllo, la tensione era veramente alta e chiunque dei presenti stava aspettando la mossa di un compagno o dell'avversario per agire, come in una complicata partita a scacchi; sarebbe bastato un piccolo gesto per scatenare un putiferio.
Nel frattempo però alcune guardie con in spalla i sacchi con le monete d'oro erano già usciti dalla caverna e lentamente iniziarono la lunga salita che li avrebbe portati al fiume sotterraneo. Stewart le osservò soddisfatto, il suo piano stava procedendo come previsto, nonostante i numerosi problemi affrontati quella notte, compreso il banale tentativo dell'ispettore Zenigata di fermare le guardie. Era al settimo cielo, ma all'improvviso un rumore, modificato dall'eco delle grotte, arrivò alle sue orecchie.
In pochi secondi si sentirono in sequenza prima alcuni urli agghiaccianti, poi dei corpi che cadevano al suolo e per finire un continuo tintinnio di monete che rotolavano verso il basso. Tutto ciò stava preoccupando e non poco Stewart, che ordinò a Steve di controllare la situazione nella galleria. Il capo delle guardie fece qualche passo e gridò in direzione dei suoi sottoposti, ottenendo in risposta solo lamenti e richieste d'aiuto. Davanti a lui c'era solo buio e non sapeva come intervenire, ma all'improvviso venne aggredito da qualcuno nascosto nell'ombra, così forte da scaraventarlo all'indietro di qualche metro. Mentre Stewart rimase di sasso vedendo il suo uomo più fidato a terra, Edward capì che la situazione era diventata pericolosa: solo alcuni esseri potevano scaraventare come se fosse nulla un uomo così corpulento come Steve, e per sua sfortuna non erano dei tipi raccomandabili.
Di colpo all'esterno della caverna divenne silenzioso, un'atmosfera che preoccupò tutti i presenti, tranne Stewart che invece stava cominciando a perdere la calma per l'ennesimo ritardo.
«Chi diavolo siete?!?» urlò il nobile. «Fatevi vedere!»
Anticipati da alcuni rumori di passi, dall'ombra uscirono i tre homunculus Lust, Envy e Gluttony; i primi due fissarono con aria di sfida il nobile, mentre il terzo aveva, come al solito, lo sguardo perso nel vuoto.
«Stiamo cercando la pietra filosofale!» rispose Lust. Nel frattempo Lupin e Edward si scambiarono una veloce cenno d'intesa, entrambi aveva capito che dovevano unire le forze se volevano uscire vivi da lì.
«No! Non l'avrete mai!!!» urlò Stewart, che sembrava impazzire davanti a quella pretesa. «E' mia solamente mia! Uomini, sparate!!!»
In un attimo le guardie spararono con i loro fucili contro gli homunculus, ma questi ne uscirono indenni, nonostante i numerosi colpi subiti. Per Lupin quello era il momento buono per capovolgere la situazione e con uno scatto fulmineo prima atterrò una guardia davanti a sé e poi recuperò le armi dei suoi compagni, riconsegnandole ai loro legittimi proprietari.
Nel giro di pochi secondi la confusione fu totale: i rumori degli spari e delle urla erano assordanti e all'uscita della caverna gli homunculus avevano già massacrato molte guardie, quelle intervenute per proteggere Stewart, mentre il resto degli uomini in divisa era impegnato ad affrontare la banda Lupin, l'ispettore Zenigata e i fratelli Elric, trovandosi però in estrema difficoltà per il ristretto spazio di manovra. Essendo nettamente superiori ai loro avversari, Jigen e Goemon nel giro di poco tempo avevano reso inoffensivi già parecchi avversari, grazie anche al contributo di Alphonse che faceva da ariete tra la folla nemica. Tutto questo permise a Edward di raggiungere il secondo piano della caverna, dove Stewart si era rifugiato per non rimaner coinvolti negli scontri.
«Fermo dove sei!» gli ordinò Edward.
«Se pensi di fermarmi, sei pazzo!»
«E pensare che credevo che quella pietra fosse vera...» commentò l'alchimista, un po' amareggiato per la pietra filosofale che aveva in mano Stewart.
«Ti assicuro che questa pietra non ha niente da invidiare a quella vera! La mia famiglia ci ha lavorato sopra per generazioni e adesso ne potrai vedere i risultati!»
Subito dopo Stewart aggredì Edward, facendolo cadere al suolo, ma con un calcio il giovane dai capelli biondi lo ricacciò all'indietro di qualche metro. Mentre il duello al piano superiore tra alchimisti stava per iniziare, al piano inferiore la situazione si stava stabilizzando: da una parte la banda Lupin, sostenuta da un vivace Zenigata, avevano praticamente circondato i loro avversari e dall'altra gli homunculus, senza troppi scrupoli, si erano fatti strada ed ora stavano salendo la gradinata per raggiungere i due alchimisti in lotta. Pur di non arrendersi all'evidenza, Steve tentò una mossa disperata: spostando di forza Zenigata, che lo teneva d'occhio, il capo delle guardie si lanciò su Winry, prendendola in ostaggio. Poi velocemente prese la pistola in mano e la puntò alla tempia della ragazza, minacciando di ucciderla.
La sua posizione di vantaggio sembrava solida, ma di colpo qualcuno gli ordinò di arrendersi: era Christian, che gli stava puntando contro la sua pistola. Il giovane caporale però non sembrava essere sicuro di sé e per questo motivo Steve fece una risata ironica.
«Non farmi ridere! Non sei neanche in grado di sparare!»
«Fermo, non ti muovere!» urlò Christian. Quella situazione gli ricordava l'episodio raccontato poco prima da Steve, rivedendo in Winry la sorella Anna. Il suo sguardo era pieno di rabbia, odiava quell'uomo che aveva ucciso sua sorella, ma non voleva colpire Winry e ciò lo stava facendo impazzire.
Cogliendo un momento di indecisione da parte di Christian, il capo delle guardie puntò l'arma contro il caporale, stringendo con forza Winry con il braccio libero. Cercando di mettere in salvo l'amico, Alphonse provò a spostare Christian, ma intervenne troppo tardi...

Due colpi. Spaventata, Winry iniziò a gridare e si accasciò a terra, mentre Steve cadde pesantemente all'indietro, senza più riprendersi. Christian si inginocchiò, immobile e tremante come una foglia, e si guardo il petto, spaventato all'idea di essere stato colpito. Poi però vide che accanto a lui c'era Lupin e solo in quel momento capì cos'era successo: il ladro era riuscito a sparare per primo contro Steve e così facendo il proiettile sparato dal capo delle guardie si conficcò a terra, non troppo lontano dal caporale. Steve morì sul colpo, lo aveva preso in piena fronte.
Per scrupolo Christian tolse il caricatore alla sua pistola e lo esaminò. Non riusciva a crederci, ma aveva finito i proiettili! A quel punto il caporale lasciò cadere le braccia e tirò un lungo sospiro di sollievo, era stato veramente fortunato in quella circostanza!
Nel frattempo il duello tra Stewart e Edward continuò per qualche minuto, ma ad un certo punto i due avversari si fermarono, per riprendere un po' di fiato. Lo scontro era stato intenso e molto movimentato, per capirlo bastava vedere il terreno sotto i loro piedi, devastato dalle alchimie usate per difendersi o per attaccare. Ma nonostante tutto, nessuno dei due riusciva a prevalere sull'altro.
«Hai visto che non ha niente da invidiare all'originale?» commentò Steward con tono ironico, riferendosi alla pietra che stringeva in mano. In quel preciso momento davanti agli occhi del nobile comparvero gli homunculus, in posizione laterale rispetto ai due duellanti.
«Consegnateci la pietra filosofale!» intimò Lust.
«Che stupidi... non sapreste come usarla questa pietra!» ribatté Stewart infastidito.
«Allora ce la prenderemo con la forza!» minacciò Envy. A quel punto la situazione per Edward si fece veramente complicata.


Continua...

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Capitolo 18
*** Resa dei conti ***


Capitolo 18 - Resa dei conti


Stewart osservò con attenzione i suoi avversari, che si controllavano a vicenda, per trovare il momento giusto per colpire. Nel frattempo, nella zona più bassa della grotta, Jigen e Goemon tenevano lontane le guardie rimaste in piedi, che per difendersi si erano radunate davanti l'uscita. Poco più in là Alphonse stava accompagnando Winry in una zona sicura, aiutato anche da Christian che però sembrava più attento a quello che stava succedendo a Edward. Ad un certo punto il caporale sentì uno strano rumore e si voltò, intravedendo una persona che stava maneggiando alcuni sacchi pieni di monete: era Fujiko, che stava raccogliendo più oro possibile.
«Ma ti sembra questo il momento di pensare al tesoro?!? Se fossi in te, mi metterei al riparo!»
«E lasciare qui tutta questa meraviglia? Ma neanche per sogno!» ribatté Fujiko, quasi infastidita dal rimprovero del caporale.
Mentre succedeva tutto ciò, Lupin superò di slancio alcune rocce e con un balzo arrivò alle spalle di Stewart, che d'istinto si spostò di lato. Appena arrivato, il ladro dalla giacca rossa salutò tutti i presenti con un sorriso dal sapore beffardo.
«Oh, guarda chi si rivede! La misteriosa signora vestita di nero e i suoi soci! Anche voi usate "i trucchi da mago"?»
«Hai fatto male ad intrometterti, ladro!» ribatté Envy, infastidito dalla presenza di Lupin.
«Io mi domando cosa avrà di speciale questa pietra!» affermò Lupin. «Io di pietre rosse ne avrò viste a milioni!»
«Posso mangiarlo?» domandò titubante Gluttony, guardando Lust e indicando il ladro gentiluomo.
«Mi faresti un enorme piacere, Gluttony!» rispose Envy.
«Però devo darti ragione su una cosa: questa pietra non ha niente di speciale!» affermò Stewart, lasciando di stucco Edward e Lust.
«Ma-ma come?!?» balbettò l'alchimista biondo. «Avevi detto che...»
«Consegnarvi questa pietra è come darvi un sasso qualunque!» intervenne Stewart. «Solo io posso sfruttare il suo potere!»
«Questo è proprio matto...» commentò Lupin. agitando una mano.
«I poteri della pietra sono quasi inesistenti e per funzionare come l'originale ha bisogno di un amplificatore molto particolare...»
Mentre parlava, Stewart prese alcune monete in mano e le fece cadere a terra, davanti ai suoi avversari. Capendo cosa intendeva dire, Edward pronunciò la parola "oro". In risposta, il nobile accennò un sì con la testa.
«Se è vero, perché hai detto che solo tu puoi usare la pietra?» domandò Lust. «Non basterebbe usare quell'oro che avevi in mano?»
«Perché c'è bisogno di un tipo di oro molto particolare, quello che ho nelle vene!» rispose Stewart esaltandosi.
«Come? Cosa intendi dire con "l'oro che ho nelle vene"?» domandò Edward.
«Come i miei antenati, anch'io ho ereditato un malfunzionamento del sistema circolatorio: invece di eliminare l'oro che si accumula nel sangue, il mio corpo lo trattiene» spiegò quasi tristemente Stewart.
«E che differenza c'è con l'oro che hai lanciato prima?» domandò Lust.
«Ha una diversa formazione chimica, essendo legato all'acqua!» rispose Stewart in tono perentorio. « E' più unico che raro e solo questo tipo di oro aziona il vero potere della pietra!!!»
«Ecco perché White te l'aveva rubata! Voleva impedirti di usarla per i tuoi scopi!» commentò Edward.
«Non so come, ma quel bastardo ha scoperto questo mio piccolo segreto. Ma ora non ha più importanza...» disse Stewart, indietreggiando di un paio di passi e preparandosi nuovamente al combattimento.

Improvvisamente la pietra filosofale in mano a Stewart brillò di una luce intensa, passando da un marrone spento ad un rosso brillante, molto simile a quella originale. Appena la vide, Gluttony si gettò sul nobile per prenderla, ma Stewart con una forza micidiale, derivante dalla pietra, afferrò il vestito dell'homunculus e poi lo lanciò di peso contro la parete davanti a lui. Subito dopo fu Envy ad attaccare, ma Stewart riuscì a schivare i suoi pugni in sequenza, dimostrando un'agilità fuori dal comune. Solo in quel momento Edward capì che Stewart era un avversario temibile anche nella lotta, avrebbe faticato parecchio per fronteggiarlo a dovere.
Dopo un momento di pausa, Envy provò a colpire Stewart in volto, ma quest'ultimo bloccò il braccio dell'avversario e a scaraventare a terra l'homunculus dai capelli verdi. In seguito il nobile provò a colpirlo, ma Envy riuscì all'ultimo a scansarsi, evitando un potente pugno di Stewart che impattando col terreno creò un piccolo cratere. Vedendo i suoi compagni in difficoltà, alla fine anche Lust intervenne nello scontro, cercando di colpire Stewart con le sue unghie, in grado di allungarsi per molti metri. Ma incredibilmente il nobile alchimista deviò l'attacco creando una barriera difensiva di roccia, con una facilità quasi sconvolgente.
Nonostante fosse a terra, Envy riuscì a tirare un calcio a Stewart, a livello dello stomaco, ma l'unico effetto che gli provocò fu quello di farlo indietreggiare di un paio di metri. Quel colpo non lo aveva per niente danneggiato, il nobile era di nuovo pronto a combattere ed era così sicuro di sé che sul suo volto comparve un ghigno alquanto minaccioso.
A quel punto intervenne anche Edward, che dopo aver trasmutato il suo braccio artificiale in una lama si gettò all'attacco di Stewart, ma quest'ultimo prima afferrò l'automail del giovane alchimista e poi lo sollevò da terra, scagliandolo per qualche metro all'indietro. Edward per sua fortuna riuscì ad attutire la caduta, ma notò che la sua lama era visibilmente piegata: se avesse avuto un braccio normale, a quest'ora avrebbe il polso fratturato!
Per il momento Stewart stava tenendo testa ai suoi avversari, ma si sentiva in trappola e voleva a tutti i costi scendere al piano inferiore, dove c'era più spazio per muoversi. Decise quindi di aprirsi un varco tra i suoi avversari, precisamente su colui che non lo aveva ancora attaccato, ovvero Lupin. Il ladro però si accorse che Stewart lo stava per raggiungere e prese la pistola in mano, ma il nobile fu così veloce che lo prese per il colletto della giacca e sollevò da terra, come se volesse strozzarlo. Nel tentativo di fermarlo, Edward si aggrappò ai vestiti di Stewart, ma il nobile con un calcio lo spedì lontano da lui, quasi fin sul bordo del piano rialzato. Nonostante avesse l'opportunità di colpirlo, Lust era indecisa su come affrontare Stewart: aveva respinto praticamente ogni tipo d'attacco ed era l'unico homunculus in grado di combattere, visto che Gluttony e Envy erano in pratica fuori combattimento. Non era facile prendere una decisione, in quel momento Stewart non sembrava avere punti deboli.
Nonostante la stretta alla gola fosse insopportabile, Lupin riuscì ad infilare una mano nella tasca dei pantaloni ed a tirar fuori una piccola sfera metallica, che lasciò cadere ai piedi di Stewart. Nel giro di pochi secondi la parte alta della caverna si riempì di un fumo denso e biancastro, che costrinse Stewart a lasciar scappare Lupin, che per evitare di rimanere intossicato aveva preso un bel respiro. Quando la cortina fumogena scomparve, il nobile smise di tossire e provò a scendere al piano inferiore, ma si accorse di avere le mani vuote: non aveva più la pietra filosofale con sé!
«Stai cercando questa, signor Stewart?» domandò Lupin, tenendo su tre dita la pietra di color rosso spento. Con un movimento quasi impercettibile della mano, aveva rubato la pietra a Stewart, senza farsi scoprire. In fondo, era considerato il più grande ladro di tutti i tempi.
«Ridammela, ladro!!!» urlò Stewart.
«Jigen, al volo!» gridò Lupin, lanciando la pietra al centro della caverna. Sentendo il richiamo del suo socio, il pistolero si voltò e velocemente si preparò per sparare. Jigen fece un respiro profondo, sempre seguendo con lo sguardo la traiettoria della pietra, e al momento giusto sparò un colpo. Il proiettile centrò in pieno la piccola pietra scagliata da Lupin, distruggendola in mille pezzi. Mentre i frammenti si depositavano sul fondo della caverna, Lust rimase sbalordita dalla scelta fatta dal ladro gentiluomo; al contrario, Edward accettò la decisione presa da Lupin, tutto sommato quella era una pietra filosofale fasulla. Il più disperato di tutti era però Stewart, che per anni aveva cercato quella pietra e adesso i suoi sogni di gloria erano andati in fumo.
Colmo di rabbia, il nobile si scagliò contro Edward, ritenendolo l'unico responsabile di tutto ciò. L'alchimista biondo provò a contenerlo, ma la foga di Stewart era tale che entrambi superarono il bordo della roccia, da cui iniziava un salto di almeno dieci metri. Lentamente, i due iniziarono a cadere verso il basso...


Continua...

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Capitolo 19
*** L'uscita dall'acquedotto ***


Capitolo 19 - L'uscita dall'acquedotto


Aggrappandosi all'ultimo momento ad uno spuntone di roccia, Edward riuscì a divincolarsi dalla presa di Stewart e a mettersi in salvo, mentre il suo avversario continuò urlando la sua caduta verso il basso, finché non atterrò violentemente al suolo, con lo sguardo rivolto verso l'alto e a pochi metri dai sacchi pieni d'oro. Il colpo che subì alla testa gli fu fatale e il corpo rimase immobile, proprio davanti al tesoro che aveva cercato per anni. Non avendo più nessuno da proteggere, le guardie di Stewart decisero di abbandonare la grotta e raggiungere la superficie al più presto.
La situazione sembrava essersi risolta, ma all'improvviso apparve un nuovo problema: lo scontro tra gli homunculus, Edward e Stewart aveva gravemente danneggiato le pareti della caverna, compromettendo la stabilità di tutta la struttura. Temendo un crollo del soffitto da un momento all'altro, Edward ordinò ai suoi compagni di uscire immediatamente dalla grotta, esattamente ciò che Lupin gridò ai suoi.
La fuga dei due gruppi non fu per niente semplice: dal soffitto si stavano staccando dei grossi pezzi di roccia e alcuni bracieri erano caduti, limitando non poco la visuale, ma con uno scatto tempestivo tutti quanti imboccarono l'uscita della grotta, mettendosi momentaneamente in salvo.

I primi a risalire la galleria, il cui ingresso era chiuso dai bassorilievi del Sole e della Luna, furono i membri della banda Lupin, che velocemente raggiunsero il fiume sotterraneo per salire a bordo del canotto lasciato a riva. Con grande fatica Lupin e soci iniziarono a spostarsi verso il centro del corso d'acqua, per sfruttare la corrente che li avrebbe condotti fuori dall'acquedotto. Non sarebbe stato un compito facile: oltre che ad un precario equilibrio, la banda doveva fare attenzione alle rocce che cadevano dal soffitto.
Nel frattempo i fratelli Elric, seguiti a poca distanza dal resto del gruppo e dall'ispettore Zenigata, presero la strada che in precedenza avevano usato per scendere nell'acquedotto. Una volta arrivato al bacino d'acqua, Edward decise di aspettare qualche secondo per compattare il gruppo, gridando più che poteva per indirizzare i suoi amici verso di lui. Sfruttando la luce dei funghi fosforescenti presenti sulle rocce, Alphonse e tutti gli altri trovarono la strada giusta, proprio nel momento in cui nell'acquedotto riecheggiò un potente frastuono, che aveva completamente riempito la caverna del tesoro. Temendo che anche lì il soffitto sarebbe crollato, Edward incitò il resto del gruppo a proseguire.
Superato il bacino d'acqua e uno stretto corridoio di roccia, per raggiungere la superficie bisognava percorrere un lungo corridoio in salita, dal fondo bagnato che avrebbe certamente rallentato la corsa del gruppo. Non perdendosi d'animo, Edward prese un respiro profondo ed iniziò a risalire la galleria, tenendo le braccia larghe per non perdere l'equilibrio e per aggrapparsi alle pareti. Collaudato il metodo dell'alchimista biondo, il resto della compagnia velocemente lo seguì, nonostante Zenigata a momenti stava per cadere a causa del terreno viscido.
Qualche minuto dopo uno stanco Edward riuscì finalmente ad intravedere da lontano una debole luce, l'uscita era a pochi passi da lui. Con un ultimo sforzo, l'alchimista letteralmente si gettò fuori dalla galleria, rotolando per qualche metro sull'erba. Pochi attimi dopo arrivò il resto del gruppo, proprio nel momento in cui un polverone uscì con potenza dalla galleria, generato dalla frana che aveva seppellito il bacino sotterraneo.
Una volta rialzato da terra, Edward si voltò verso il gruppo e si accorse, con preoccupazione, che mancava qualcuno all'appello.
«Christian?» esclamò il giovane alchimista.
«Non c'è?!?» domandò Zenigata, che poi aggiunse: «Qualcuno lo aveva visto?»
«Credevo che fosse dietro di me...» accennò Winry, tesa per le sorti del caporale. «Ne ero sicura!»
«Io l'ho visto quand'eravamo al bacino, poi più nulla!» rispose Alphonse. Temendo il peggio, Edward tornò nella galleria ed iniziò a richiamare l'amico a gran voce, ma venne bloccato da Zenigata prima che potesse scendere più in basso.
«E' inutile. Nessuno potrebbe uscire vivo da lì...» commentò tristemente Zenigata. «Purtroppo dobbiamo accettarlo.»
«Ma forse è proprio qui, a pochi metri da noi!» urlò Edward, ma Zenigata lo fece desistere: «E' troppo pericoloso scendere, potrebbe crollare tutto da un momento all'altro! Per la nostra incolumità, sarà meglio allontanarci da qui!»
«E Lupin?» domandò Winry.
«Non c'è da preoccuparsi! Quell'uomo è pieno di risorse, sarà sicuramente riuscito a fuggire da quell'inferno... lo conosco fin troppo bene!» spiegò Zenigata, consapevole di aver intravisto Lupin allontanarsi a bordo del canotto. Avrebbe potuto tentare di arrestarlo, ma in quel momento il suo compito era proteggere Edward e il resto del gruppo.
«Ora che facciamo?» domandò Alphonse confuso.
«Torniamo in città. Rimanere qui non serve a niente.»
Raccolto il suo cappello da terra, caduto in seguito all'aria spostata dalla frana, Zenigata lo indossò e si offrì di accompagnare i tre ragazzi in città. Una volta saliti sulla macchina della polizia, che Zenigata aveva usato per raggiungere l'acquedotto, nessuno tra Edward, Alphonse e Winry aveva voglia di parlare: la scomparsa di Christian li aveva sconvolti.

In una zona non troppo distante dall'entrata all'acquedotto, un piccolo varco si aprì nel terreno, che in breve tempo si allargò fino ad arrivare ai due metri di diametro. Poco dopo dalla voragine uscirono tre figure nere: erano i tre homunculus che erano riusciti, in qualche modo, a mettersi in salvo.
Il primo ad uscire fu Envy ed era terribilmente arrabbiato: secondo lui tutto l'inseguimento della pietra filosofale a Plomb Town era stata una colossale perdita di tempo, senza contare che Stewart lo aveva malmenato per bene, facendogli fare brutta figura davanti a tutti. Per sfogarsi, Envy decise di abbattere qualche albero nei paraggi, spezzandoli come se fossero dei fuscelli. Anche per Lust, uscita per seconda dalla voragine, tutta quella faccenda era stata un buco nell'acqua, ma al contrario di Envy si sentiva ottimista: in futuro i fratelli Elric avrebbero ripreso le ricerche della pietra filosofale, e ciò avrebbe creato altre occasioni per recuperarla. L'ultimo ad uscire fu Gluttony, che però non aprì bocca, in mente non aveva altro che il cibo. Dopo aver ascoltato il discorso dei suoi compagni, l'homunculus seguì fedelmente Lust, mentre il trio si allontanava da quel posto e scompariva nel buio della notte.


Continua...

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Capitolo 20
*** Niente più mi lega a questa città ***


Capitolo 20 - Niente più mi lega a questa città


Il giorno dopo, verso metà pomeriggio, i fratelli Elric e Winry si prepararono a lasciare l'albergo, per prendere il treno che li avrebbe riportati a Central City. In un clima silenzioso, quasi surreale, i tre ragazzi presero i loro bagagli e scesero nella hall, da dove Edward chiamò un taxi che li avrebbe accompagnati fino alla stazione. Nel giro di pochi minuti il trio arrivò a destinazione, leggermente in anticipo sull'orario di partenza.
Aspettando seduti su una panchina la chiamata del loro treno, Alphonse e Winry si misero ad osservare gli addetti al trasporto dei bagagli, che stavano rapidamente liberando la zona attorno alle rotaie; invece Edward era più pensieroso e stava riflettendo, appoggiato ad un pilastro metallico, sul rapporto che avrebbe dovuto riferire al colonnello Mustang, una volta giunto a Central City: erano successi così tanti eventi a Plomb Town che non sapeva da che parte cominciare.
Poco dopo arrivò in stazione anche l'ispettore Zenigata, venuto appositamente per salutare i due alchimisti e allo stesso tempo ringraziarli per tutto ciò che avevano fatto per fermare il piano di Lupin. I tre ragazzi risposero in maniera laconica, era facile intuire dalle loro facce che erano ancora depressi per la prematura scomparsa di Christian.
Salutato l'ispettore, i fratelli Elric e Winry presero i loro bagagli e si incamminarono verso le rotaie, da qualche minuto il capostazione stava avvisando tutti i passeggeri che il treno per Central City era pronto a partire. Ma proprio quando Edward mise il piede sul primo scalino, una voce da lontano lo richiamò con forza.
«Ehi, voi due! E' questo il treno per Central City?» domandò quella persona, che indossava un cappello che gli copriva gli occhi.
«Sì. Deve prenderlo anche lei?» rispose Winry un po' scocciata.
«No! Ma avevo visto un paio di alchimisti andarsene e la cosa mi interessava...»
«Un momento! Come fa a sapere che io e mio fratello siamo alchimisti?» chiese Alphonse spiazzato.
«Non ricordate niente? Eppure da qui è iniziato tutto...» accennò quello strano individuo, mettendosi una mano sul cappello come se lo volesse togliere. Sentendo nuovamente quella voce, ad Edward gli sembrava familiare e solo alla fine, incredulo, capì qual'era la sua vera identità.
«Non può essere...»
«Sì, Edward! Pure io stento a crederci di essere ancora qui!» affermò quel misterioso personaggio, togliendosi il cappello e rivelandosi. «Christian!!!»
«Non potevo mancare a questo appuntamento!» commentò il caporale scherzosamente, mentre veniva abbracciato da Alphonse e da Winry.
«Ma come hai fatto ad uscire dall'acquedotto? L'unica uscita era franata alle nostre spalle!» commentò Edward, commosso e allo stesso tempo felice nel rivedere il suo amico.
«Diciamo che ho avuto una mano... da una persona inaspettata!»
«Ah, vuoi dire Lupin!»
«LUPIN!!! Lo sapevo che eri ancora vivo!» urlò improvvisamente l'ispettore Zenigata, che di scatto si allontanò dalla stazione. Il suo istinto gli diceva che il suo rivale di sempre non era lontano da lui.

Lasciati soli, velocemente Christian raccontò com'era riuscito a scappare dall'acquedotto: mentre si trovava in coda al gruppo, una frana era caduta poco prima del bacino naturale e gli aveva bloccato la strada. Non potendo più raggiungere gli altri, il caporale cercò un'altra strada per scappare e in quel momento vide Lupin e la sua banda scendere il fiume a bordo di un canotto. Disperato, letteralmente si lanciò dentro l'imbarcazione, prendendo alla sprovvista tutta la banda di ladri. Il viaggio fu piuttosto agitato, ma alla fine tutti quanti ne uscirono sani e salvi. Ad un certo punto Christian ammise di essere svenuto e quando si risvegliò era solo, sotto l'ombra di un albero dalla folta chioma e vicino alla riva di un fiume, quando ormai era l'alba. Forse Lupin, per gentilezza o forse per agevolare la sua fuga, lo aveva lasciato in un luogo sicuro.
Una volta terminato il racconto di Christian, Edward e gli altri salirono a bordo del treno, ormai quasi pronto a partire, ma prima di separarsi il caporale si rivolse nuovamente all'alchimista biondo per dirgli qualcosa di molto importante.
«Grazie di tutto, Edward!»
«Per cosa?»
«Per avermi aiutato a scoprire chi è stato ad uccidere mia sorella Anna. Senza di te, non ci sarei mai riuscito!» confessò Christian, quasi con gli occhi lucidi.
«Ora che farà, caporale?» domandò Alphonse.
«Credo che chiederò il trasferimento da Plomb Town. Ormai l'unico legame che mi teneva qui si è sciolto e per me è arrivato il momento di cambiare»
Pochi secondi dopo il controllore diede l'ultimo avviso ai passeggeri e Edward fu invitato ad accomodarsi al suo posto in cabina. Il treno partì molto lentamente e questo diede l'opportunità a Christian di fare l'ultimo saluto ai suoi amici.
«Addio Edward... e buona fortuna per le tue ricerche!» gridò il caporale, facendo il saluto militare. Non lo avrebbe mai fatto, se non era strettamente necessario: per lui era un grande gesto di stima nei confronti di Edward.
«Ci mancherai!!!» salutarono in coro Winry e Alphonse.
«Speriamo di rivederti un giorno!» rispose l'alchimista biondo, alzando la voce a causa del treno che stava prendendo velocità.
«Chissà! La vita è piena di sorprese!» urlò Christian, osservando con molta tristezza il treno allontanarsi dalla stazione. Rimasto solo, il caporale si incamminò per tornare a casa, ma all'improvviso venne colto da un dubbio: dov'era finito Lupin, dopo tutto quello che aveva combinato?

Nelle campagne attorno a Plomb Town, quel pomeriggio, stava accadendo qualcosa di veramente insolito: una moto rossa stava correndo a tutta velocità tra le strade impolverate ed era inseguita da una potente Mercedes gialla. A pilotare la vettura era Lupin, che voleva a tutti i costi raggiungere Fujiko, che con sé aveva quattro sacchetti d'oro, ovvero tutto ciò che era rimasto dal tesoro di White.
«Fujiko cara! Torna indietro!!!» gridò il ladro dalla giacca rossa, mentre alle sue spalle Jigen e Goemon tenevano d'occhio i due vasi del Sole e della Luna, gli unici oggetti che i tre ladri erano riusciti a recuperare. Non avevano un gran valore monetario, ma era sempre meglio di niente!
«Eh no, mio caro Lupin!» ribatté Fujiko, girando con decisione la manopola dell'acceleratore. «Queste belle monete sono tutte mi! Ci vediamo!»
«Te lo avevo detto che non dovevi fidarti di quella donna!» commentò Jigen. Era la solita frase che ormai aveva ripetuto chissà quante volte al suo socio.
«Ma come faccio a non fidarmi di lei? E' una bellissima dea scesa tra di noi!» replicò Lupin, con tono da innamorato. Nel frattempo un denso e minaccioso polverone si alzò dietro la Mercedes, attirando l'attenzione di Goemon.
«Eccolo che arriva» affermò il samurai, con assoluta tranquillità e mettendo in guardia Lupin, anche se secondo lui non lo meritava quel tipo d'aiuto.
«Chi sta arrivando?»
Poco dopo un urlo quasi disumano fece rabbrividire Lupin: una colonna di vetture della polizia era alle sue spalle, capitanate da uno Zenigata molto motivato.
«LUPIN!!! Ti ho preso!!!»
«Oh no, è Zazà! Questa non ci voleva!» commentò Lupin spaventato a morte.
«Presto! Accelera a tavoletta!» incitò Jigen, anche lui spaventato dall'arrivo di Zenigata. Ormai Fujiko era diventata imprendibile per Lupin, la moto della donna era molto più agile della macchina guidata dal ladro dalla giacca rossa e aveva preso molti metri di vantaggio.
Tra continui cambi di direzione e curve prese in derapata, Lupin cercò una disperata fuga da Zenigata, mentre da lontano la tranquilla e isolata città di Plomb Town spariva lentamente dietro l'orizzonte.

 

Fine

 

Prima di chiudere, ricordando che il 4 marzo è il mio compleanno, ringrazio tutti coloro che hanno seguito e letto questa fan-fiction, in particolar modo Playstation, Pandorina98, Music_girl_38, Fujikofran, Giotanner, Housefan99 e Hodz_light. Grazie ancora e alla prossima volta!!!

P.S. Ci sarà un'altra fan-fic su Lupin, tranquilli...

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