Golden Boy (Ragazzo d'Oro)

di TheBoyWhoKnewTooMuch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1st chapter ***
Capitolo 2: *** 2nd chapter ***
Capitolo 3: *** 3rd chapter ***
Capitolo 4: *** 4th Chapter ***



Capitolo 1
*** 1st chapter ***


GOLDEN BOY

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1.

Metto via il quaderno di matematica sbuffando, lasciando da parte tutti quei calcoli che mi facevano solo venire mal di testa. La biblioteca dell’università era praticamente vuota, fatta ad eccezione per due ragazzi che sembravano così concentrati che mi stupii di non vedere uscire il fumo dalle loro orecchie.
La porta si apre e vedo Edward venirmi incontro.
“Max, ho preso 28!” quasi urla, guadagnandosi l’occhiata della vecchia custode.
Ridacchio “Abbassa la voce o ci cacciano fuori” lo rimprovero bonariamente.
“Eddai, che te ne frega! Non ho intenzione di rimanere qua un istante in più, dobbiamo festeggiare!”.
“Io devo ancora farlo l’esame” gli faccio notare.
Lui alza le spalle “E dai, cosa ti preoccupi? Hai me che sono un genio in matematica! Ho appena preso 28 in analisi 2, non so se hai capito!”
Scoppio ancora a ridere, contagiato dal suo entusiasmo “E va bene, dai.” dico, prendendo la cartella ed infilandoci distrattamente i libri.
Edward mi sorride ed io vorrei davvero baciarlo in questo momento. Siamo nella sua università, tutti lo conoscono e non voglio che lo deridano per colpa mia. Lui ha detto a tutti di essere gay, non se ne vergogna. Io sì e non vorrei mai metterlo in imbarazzo.
Quando usciamo dalla biblioteca, sento il caos di mille studenti che parlano e si disperano. Guardo una ragazza che si mette le mani nei capelli, buttando a terra dei fogli con milioni di formule matematiche. Ecco perché non avrei mai potuto scegliere una facoltà con così tanti numeri da ricordare a memoria. Non sono abbastanza intelligente, al contrario di Edward che spicca davvero in queste materie e non mi stupisco che abbia la media del trenta in ingegneria aerospaziale.
Io invece ho scelto di studiare Marketing e gestione aziendale.
“Ehi, Ed!” lo blocca una ragazza piuttosto carina “Ho saputo del tuo esame brillante! Complimenti”.
“Grazie, Sara” dice lui sorridendole.
“Io devo passare domani. Ho un’ansia incredibile!” farfuglia, agitata, poi mi guarda e sorride. Questa ragazzina sprizza allegria e felicità da tutti i pori “Ciao” mi saluta, porgendomi la mano, che stringo.
“Ciao, io sono Max”.
“Sara, piacere mio. Anche tu sei inglese come Ed?!”.
Rido “No, è solo l’abbreviazione di Massimo”.
“Figo! Sei il suo ragazzo?”.
Arrossisco, perché non sono abituato a parlare della mia omosessualità in pubblico “Ehm … Sì”.
“Wow!” poi si gira verso Edward “Complimenti, è davvero carino!” gli fa l’occhiolino poi corre via da alcuni suoi compagni, dicendo che lo studio la chiamava. Anche io vorrei sempre essere allegra come lei, invece lo sono davvero poco.
Quando arriviamo nel centro della città, affollato come sempre, finalmente posso prendere per mano il ragazzo che amo.
“Sei stato formidabile, lo sai?”.
“Come te”.
“No.” gli dico con convinzione “Sono orgoglioso di te, Edward”.
Lui mi sorride “Anche io. Tu sei molto bravo”.
“Studio solo tanto, non sono intelligente”.
“Non è vero. You’re a golden boy” afferma, mentre entriamo da Trussardi. Questa è un’espressione nuova, che ho imparato grazie a lui. In Italia non esiste. A Londra invece, un Golden Boy è un ragazzo perfetto, bello, che va bene a scuola e stimato da tutti. Un po' come me. Io mi sforzo sempre di essere perfetto,di andare bene a scuola per non deludere i miei genitori e di essere gentile e carino con tutti perché non voglio che gli altri mi prendano in giro come accadeva alle medie.
Trascino Edward dentro il negozio. Gli lascio la mano, perché non voglio che mi riconoscano. I miei familiari vengono spesso qua ed Edward ne è a conoscenza, infatti non si offende.
“Buonasera, Max” mi dice una commessa. E’ Angela, colei che mi conosce da quando sono piccolo.
“Ciao, Angy” le sorrido. “Tutto bene?”.
“Non c’è male”.
Guardo distrattamente la mia figura allo specchio. I capelli castano biondi mi ricadono sulla fronte, perfettamente ordinati. Ho la polo leggermente spiegazzata ed i pantaloni verdi sono un pò in contrasto con le scarpe blu scuro che indosso. Sono abbastanza alto, ma forse troppo pallido. I miei occhi azzurri vedono nel riflesso Ed, dietro di me, con aria leggermente imbarazzata.
“Cosa posso fare per te?” mi chiede Angela, mentre ritira una camicia.
“Stavo cercando qualcosa per lui” indico Edward “E’ il mio migliore amico” chiarisco, dicendo una piccola bugia.
“Capito” dice, cortese ma sbrigativa. Forse ha capito che le ho mentito, ma non vuole indagare oltre e lo apprezzo. “Beh, che genere di capo vuoi?”
“Una giacca” specifico “Una giacca beige” sorrido, perché la giacca che sto chiedendo è la stessa che indossava Mika, il suo ed anche il mio cantante preferito e che lui ama tanto.
Angela annuisce e cerca velocemente ciò che le ho richiesto, poi torna verso di noi.
E’ esattamente quella.
Edward strabuzza gli occhi, stupito. Ha capito che voglio comprargli quella.
“Bene, la prendo” le dico, convinto.
“Perfetto” annuisce “Vado a preparare la confezione”.
“Grazie”.
Noto che Edward non si è mosso di un millimetro da quando è entrato “What are you doing?” Are you crazy?”.
“Perché?”
“It’s expensive! I don’t want you spend all these money for me. I can buy it”.
“Lo so, ma voglio prendertela io. E’ un regalo, Ed”.
Sbuffa “Sei pazzo!”. Gli dò una leggera spinta “Non essere sciocco” poi andiamo verso la cassa per pagare.
Quando usciamo dal negozio, vedo Edward così felice che penso che tutto quello che voglio nella vita, è vederlo sempre così.
“Grazie, Max” mi dice mentre siamo seduti davanti ad un caffè, a goderci il nostro pomeriggio di libertà. “Devo ricambiare il favore”.
“Potrai farlo domani sera” gli dico malizioso mentre lui scoppia a ridere “Scemo!” poi mi prende la mano tra le sue e mi guarda negli occhi. I suoi occhi verdi incrociano i miei ed io mi sento morire in questo momento. Non resisto così lo bacio, incurante degli sguardi forse disgustati degli altri. Due ragazzi passano, dicendoci “Froci!” ma io non me ne curo affatto. C’è solo lui in questo momento.
“Ti amo” gli dico, una volta staccatomi da lui.
“Anche io”.
L’atmosfera romantica viene interrotta dallo squillo del mio cellulare. Sbuffo, portando la mano alla tasca dei pantaloni da cui estraggo l’iPhone. Mia madre.
“Mamma” rispondo.
“Max, dove sei?”.
“In giro”.
“Vieni a casa. Ti sei dimenticato che stasera c’è la cena?”.
Sospiro. Non potrei mai dimenticarlo perché me l’avete ricordato ogni giorno da tre mesi, vorrei rispondere. Ma io non risponderei mai così sgarbatamente.
“No, mamma. Tra poco arrivo”.
“Okay, Max. Sai quanto tuo padre tenga a queste cose.”.
“Sì, mamma”.
“Alle sei devi essere qui” mi ricorda ancora una volta per poi chiudere la chiamata.
Sbuffo, ritirando di nuovo il cellulare.
“La cena famosa?” chiede Edward, mentre gioca con il tovagliolo di carta davanti a lui.
“Sì. Devo andare”.
Lui annuisce, comprensivo. “Ti chiamo stasera?”.
“Ti chiamo io”.
Lo accompagno fino alla Metro. Lui deve fare qualche fermata per tornare a casa, io invece abito in pieno centro.
“Scrivimi quando arrivi”. gli raccomando, mentre siamo di fronte ai tornelli.
“Va bene, mamma” mi prende in giro lui.
Faccio una smorfia “Io mi preoccupo per te e tu mi prendi in giro?”. M fingo offeso ma entrambi sappiamo bene che stiamo scherzando.
“Sai che mi piace questo tuo lato di te”.
Annuisco “Dai, ora vai”.
Mi pende il viso tra le mani e mi lascia un bacio veloce, abitudinario. “A dopo”. Lo guardo scomparire tra la folla prima di andare via ed avviarmi verso casa.Prendo l’iPod dalla tasca posteriore della cartella e mi metto le cuffie nelle orecchie. Cammino in mezzo alla gente mentre gli Imagine Dragons cantano. Ho le mani in tasca e lo sguardo basso, così non mi accorgo di aver spinto qualcuno.
“Scusi” dico, senza nemmeno vedere chi fosse.
“Max” mi chiama una voce maschile.
Stupito, alzo lo sguardo e vedo Julian, il figlio di un collega di mio padre, nonché mio ex compagno delle medie. Alto quanto me, capelli neri e occhi di ghiaccio. Non sono azzurri come i miei che infondono tranquillità. I suoi incutono timore ma allo stesso tempo affascinano molto. E’ un ragazzo molto carino, lo è sempre stato ed ero persino attratto da lui, se non avesse cominciato a prendermi in giro e tormentandomi per tre anni. Era una persona che volevo dimenticare.
“Julian” dico stupito ma anche spaventato. Lui è l’ultima persona che avrei voluto incontrare.
Sorride, beffardo “Allora, come se la cava il figlio del futuro assessore regionale?”.
Ecco perché non volevo incontrarlo. Anche suo padre era in lizza per l’incarico, ma non gliel’hanno dato, affidandolo a mio padre. Un altro motivo per cui mi odia. Mio padre ed il suo sono soci per lo stesso studio ma tra loro c’è stata una lite poco tempo fa.
“Me la cavo” dico, cercando di fuggire da quella situazione.
“Che cosa fai, ora?”.
Da quando Julian ha tutta questa voglia di parlare e soprattutto con me?
“Vado in Bocconi” gli dico.
Fa una smorfia “Ovvio, quella da diecimila euro l’anno.” commenta sarcastico.
Mi chiedo che problema abbia, visto che anche lui è ricco ma poi lo guardo meglio. Non ha la sua solita camicia di Gucci e le scarpe di Prada ma indossa una maglietta sgualcita, jeans e sneakers anonime. Che fine aveva fatto il Julian esibizionista?
“Mio padre ha perso tutto” mi dice, come se, tutto ad un tratto, fossi diventato il suo migliore amico. “Per colpa del tuo! L’hanno licenziato e non ha più trovato un incarico ed io ho perso tutto!” ringhia.
“Mi dispiace”.
“Non ti dispiacere! Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse! Io sto andando a lavorare e tu te la spassi all’università dei riccastri! Ecco perché voi froci mi fate schifo!” urla, avvicinandosi a me e prendendomi per il colletto della polo.
“Julian, lasciami”.
Noto che alcune persone si sono fermate ad osservare la scena “Ehi, ragazzo. Lascialo andare” dice un anziano signore.
Lui molla la presa, sputando verso la mia direzione. “Ti odio, Max Zucchi!” uria per poi correre via.
Rimango paralizzato, sconcertato dall’accaduto e dalla sua cattiveria ingiustificata.
Il signore che mi ha salvato, si avvicina a me e mi chiede se va tutto bene.
“Sì, grazie” dico per poi allontanarmi. Vorrei piangere per quanto sono rimasto ferito dal suo comportamento e dalle sue parole, ma non posso. Tutti si fermerebbero a guardarmi e tornare a casa in lacrime non è proprio una buona idea. Cerco di non pensare all’accaduto, rifugiandomi nella musica, dove Mika canta Happy Ending.

Quando arrivo a casa, vedo già mio padre nel completo del politico perfetto, dell’amministratore delegato perfetto. Ovviamente, sta parlando al telefono e mi accenna un veloce saluto.
“Ciao, papà” gli dico per poi salire nella mia camera. Incrocio mia mamma che si sta truccando, seduta davanti allo specchio. I capelli biondi sono lisci, gli ricadono sulla schiena con una linea sinuosa. Gli occhi verdi sono messi in risalto dal rimmel che ha messo ed un abito rosso le fascia il corpo tonico. Non direi mai che abbia 40 anni , se non lo sapessi. Lei ci tiene davvero molto ed è per lo stesso motivo che ha iscritto me a Basket. Nonostante non mi interessasse e non mi interessi molto, ho giocato fino a due anni fa, arrivando addirittura a sfiorare un contratto con il Milano Olimpia. Lo sport mi ha giovato molto. Prima ero davvero troppo magro e troppo alto, adesso almeno ho messo su un po più di muscoli.
“Max” mi chiama lei.
“Dimmi”.
“Ti ho messo il completo di Valentino sulla sedia. Indossalo e poi andiamo”.
“Okay”.
Mi dirigo in camera mia, perfettamente in ordine. Noto il vestito di cui mi ha appena accennato mia madre: verde, a quadretti. Una camicia bianca e scarpe nere, lucide.
Sospiro, poi mi tolgo gli abiti che avevo indosso e li butto nella cesta, gettandomi sotto il box doccia. L’acqua calda mi rilassa subito ma mi riporta alla mente anche tutti gli episodi spiacevoli della mia vita, compreso quello di poco fa. Mi ricorda di quanto fossi stato vittima di bullismo alle medie, di quando mi chiamavano “Checca”, “frocio”, ma io non ho mai detto nulla nemmeno ai miei genitori perché se glielo avessi detto, non sarei stato il figlio perfetto che loro hanno sempre voluto.
Mio fratello, Daniele ma che tutti chiamano Danny, è più piccolo di me e mi adora, così come io amo lui. Era lui che vedeva i lividi che aveva sulla schiena quando tornavo da scuola ed era lui che manteneva il segreto di non dire niente a mamma e papà.
“Max!” mi chiama.
“Arrivo, Dan”.
Esco dal box e mi avvolgo nell’accappatoio bianco, con ricamate le mie iniziali.
Danny è davanti a me, con la cravatta nera in mano “Mi aiuti?”.
Sorrido e mi abbasso alla sua altezza, per arrivare a fargli il nodo.
“Un giorno dovrai imparare, sai?” gli dico, arruffandogli i capelli. Lui mette il broncio “Dai, Max! Mi hai spettinato tutto!”.
Lo guardo e noto quanto sia diverso da me. Io ho i capelli castano chiari, lui ha i capelli neri. Io ho gli occhi azzurri, lui castani tendenti al verde, eppure siamo uguali. Abbiamo le stesse espressioni, a volte, e lo stesso profilo. A prima impressione, nessuno direbbe mai che siamo fratelli ma chi ci conosce bene, lo intuisce subito.
Dan è sempre andato bene in matematica, è una materia che adora e dice di voler diventare un ingegnere meccanico da grande, per costruire i robot. A parte questo, ha sempre avuto problemi a scuola, per la condotta. Lui è molto agitato, i professori dicono sia iperattivo, ma mia madre ha ignorato la cosa, dicendo che fosse solamente vivace. Io, al contrario, sono un ragazzo tranquillo. non ho mai dato problemi.
Mentre mi preparo e mi abbottono la camicia bianca, vedo Daniel seduto sul suo letto che fa dondolare le gambe avanti ed indietro. E’ buffo col suo completo gessato, la cravatta e l’orologio che papà gli ha regalato per il suo nono compleanno, appena passato. Sembra un adulto intrappolato nel corpo di un bambino.
Mi guardo allo specchio e vedo un ragazzo, ormai quasi un uomo, dall’aspetto curato, forse eccessivamente per essere un maschio. Il completo però, mi sta molto bene, devo riconoscerlo. Sono la fotocopia di mio padre, vestito così. Benchè io abbia preso i capelli da mia madre, ho gli stessi identici occhi di mio papà e lo stesso sguardo. Sono vestito in un completo all’ultima moda, da mille euro e tutto di me dà l’impressione che io sia qualcuno di importante. Sospiro, distogliendo lo sguardo dal mio riflesso, poi mi passo una mano tra i capelli, ed infilo l’orologio di Swatch.
Afferro l’iPhone che avevo gettato sulla scrivania e noto la presenza di un messaggio. E’ Edward che mi chiede come sto, se sono già alla cena e mi avvisa che è arrivato sano e salvo a casa.
Gli dico che l’avrei chiamato più tardi, dopodiché ritiro il telefono in tasca e scendo le scale.Mia madre è sottobraccio a mio padre che mi guarda e sorride “Stai benissimo, Max”.
Daniele, accanto a me, mette il broncio “Ed io no, papà?”.
“Te sei sempre perfetto, tesoro” dice mio padre.
“Steve, andiamo?” lui annuisce ed usciamo da casa.
In macchina, mia madre non fa altro che chiedermi della scuola e rivolgermi mille complimenti per i voti che sto portando a casa, dicendomi che sono l’orgoglio della famiglia.
“Dovresti prendere esempio da tuo fratello, Danny” dice ma dolcemente.
“Max è sempre il perfetto della famiglia!” risponde, leggermente arrabbiato.
“Nessuno è perfetto” interviene mio padre, guardando fisso davanti a sé la strada.
Il luogo in cui abbiamo la cena, è il DSquared, uno dei locali più esclusivi della città ed io odio andare in questi posti. Devo sempre sorridere e essere gentile con tutti. Devo misurare ogni mia parola.
Quando arriviamo, un ragazzo ci chiede le chiavi dell’auto per andare a parcheggiare. Mio padre prede di nuovo sottobraccio mia mamma e cominciano ad abbagliarci di flash.
Ho gli occhi infastiditi. Mi chiedo cosa provino le star a stare sempre sotto i riflettori e ad essere fotografati ogni secondo. Dev’essere una vera scocciatura. Danny accanto a me, si guarda intorno,a metà tra il meravigliato ed il confuso. Non capisce perché ci stiano dedicando tutte queste attenzioni.
“Signor Zucchi, ci può lasciare una dichiarazione?”.
Lui fa cenno di no con la testa ed entriamo nel ristorante.
Qui c’è una calma assordante, l’unico rumore è la musica classica di sottofondo ed un leggero chiacchiericcio. Noto altre persone, tutte vestite elegantemente, che appena ci vedono, ci sorridono.
Un signore di mezza età ci viene incontro “Steve!” esclama in direzione di mio padre abbracciandolo velocemente.
“Ciao, Carlo” risponde lui “Ne è passato di tempo”.
“Direi di sì!” poi guarda mia madre “Karen, come stai?”.
“Non c’è male”.
Lo sguardo di questo Carlo, che dev’essere un vecchio collega di mio padre, si posa su me e su Daniel e noto un luccichio nei suoi occhi. Mi dà i brividi, ad essere sincero.
“Tu devi essere Max” mi dice, sorridendomi.
“Sì, Massimo Zucchi, piacere di conoscerla”.
Lui ride “E’ davvero uguale a te, Stefano!” dice, utilizzando il nome completo di mio padre.Mio padre gli sorride, ma non dice nulla.
L’uomo di fronte a me fa un gesto con la mano “Suvvia, chiamami Carlo e dammi del tu. Via queste stupide formalità”.
Annuisco “D’accordo” replico, senza aggiungere altro.
“E tu chi sei?” chiede, inginocchiandosi per arrivare all’altezza di mio fratello, il quale si aggrappa alla mia giacca.
“Io mi chiamo Daniele, sono suo fratello”.
“Ma certo” dice mellifluo, poi si alza e torna dai miei genitori.
Vedo mia madre che ci lancia uno sguardo per poi avvicinarsi a noi “Lui è il capo dell’azienda di papà” ci spiega, mentre ci dirigiamo verso il tavolo che ci hanno riservato “Ma è un tipo molto strano” poi mi sussurra all’orecchio “Fai attenzione a lui e tieni d’occhio tuo fratello. Non lasciarlo mai solo con lui”. Mi volto, cercando di chiederle spiegazioni ma mia madre si è già allontanata, per raggiungere e sedersi accanto a mio padre.
Si aggiungono altre persone, tutti colleghi di Steve ma io non riesco a rilassarmi e sorridere. Ripenso alle parole di mia madre e guardo Danny, preoccupato.
Chi diavolo è quel Carlo?



Notes.
Hi everyone!
Fanfiction che racconta la storia di Max ed Edward, scritta senza pretese.
Spero piaccia. Recensioni gradite.
Ciao!

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Capitolo 2
*** 2nd chapter ***


2.

La cena prosegue bene nonostante tutto e le persone non sono poi così male. Coinvolgono anche me e mio fratello nella discussione, facendo battute spiritose.
 
Una donna che non deve avere più di quarantacinque anni, mi guarda e mi chiede “Allora fidanzate?”. 
Io deglutisco. Ecco perché odio queste cene. Si va sempre a finire su queste tematiche, in un modo o nell’altro ed io odio continuare a mentire. 
“Per ora nulla” dico, tagliando il branzino che ho nel piatto. 
“Ma davvero? Un bel giovane com te!”. 
Per fortuna è mia madre a salvare la situazione dicendo che io sono sempre stato difficile con le ragazze, che per piacermi dovevano essere delle super modelle. 
Faccio una smorfia. Che cazzate! penso. A me non è mai piaciuta una ragazza in tutta la mia vita. 
Fin da quando ero piccolo, ho sempre guardato i maschi. Io impazzivo per Zac Efron, esattamente come le mie compagne di classe. Questo i miei genitori l’hanno sempre saputo e notato ma non mi hanno mai chiesto spiegazioni. Credo che non vogliano affrontare il tema e negare la realtà, ma insomma è palese che io sia gay! Non ho mai portato a casa una ragazza, mai, né ho mai parlato di qualche interesse femminile. 
Mentre aspettiamo che ci venga servito il dolce, sento mio fratello che mi tira per la manica della giacca. 
“Cosa c’è, Dan?”. 
“Devo andare in bagno” si lamenta “Devo fare pipì”. 
Sorrido “Ti accompagno”. 
“Okay”. 
Prendo Daniele per mano anche se lui è contrariato perché dice di essere grande e non voler essere trattato come un bambino piccolo. In effetti, forse ha ragione così lo lascio andare. 
Il bagno in cui entriamo, se possibile, è ancora più lussuoso di tutto l’ambiente che ci circonda. Le mattonelle sono nere lucide e le porte sono del medesimo colore, scorrevoli. I lavandini sono di un bianco porcellana immacolati, così come i quattro specchi che ci sono. 
“Figo!” esclama mio fratello prima di chiudersi dentro. 
Decido di approfittarne anche io, così entro dentro ad un altro bagno. Chiamo velocemente anche Edward che mi ha inviato due sms a cui non ho risposto. 
Risponde al quinto squillo. 
“Ehi, amore” mi dice. 
“Ciao”. 
“Max! Io vado a vedere la piscina!” sento urlare mio fratello. 
“No, Dan! Aspettami”. 
“Dai, faccio presto! Vado solo a vederla!”. 
“Va bene, aspettami la!” 
“Sì,sì” dice lui distrattamente, per poi lasciarmi da solo. 
“Are you okay?” mi chiede Ed, dall’altra parte de telefono. 
“Sì, è solo Danny” gli rispondo “Vorrei essere la con te, Edward”. 
“Perchè? E’ noiosa?” 
“Come tutte le cene di mio padre” sbuffo. 
“Oh c’mon!” dice, ridendo “Domani sera siamo insieme”. 
“Non vedo l’ora”. 
“Edward?”. 
“Sì?” 
“Ti amo”. 
“I love you too, honey”. 
Nel frattempo sento una porta sbattere e sussulto. 
“E’ piaciuta la giacca a tua sorella?” gli chiedo, mentre gioco con l’orologio che ho al polso. 
“Molto. Ha detto che assomiglio davvero a Mika!”. 
“Infatti è per questo che ti amo” lo prendo in giro. 
“Ah, grazie”. 
“Dai, scemo.” gli dico “Ora devo andare. Ti scrivo dopo, okay?”. 
“Va bene. Ti amo”. 
“Anche io” dico, per poi chiudere la chiamata. Esco dal bagno, silenzioso come non mai e mi dirigo verso l’uscita, all’aria aperta dove c’è la piscina e dove dovrei trovare mio fratello. 
Vedo Daniel parlare con un uomo che riconosco con orrore essere Carlo, il capo di mio padre. Noto quanto sia vicino a Danny e che gli ha appena accarezzato i capelli. Inorridisco a quella vista, poi lo vedo prenderlo per mano ed allontanarsi con lui. 
“Ehi, Dan!” urlo, correndogli dietro. 
L’uomo si blocca all’improvviso, fissandomi con aria sgomenta, poi mi sorride, come se nulla fosse successo. 
“Ciao, Max”. 
Lo ignoro, guardando Daniele “Si può sapere dove stavi andando?”. 
Lui alza le spalle “Da nessuna parte. Carlo voleva portarmi a vedere la vasca dei pesci che c’è qua dietro”. 
Scuoto la testa, intenerito ed al contempo arrabbiato dall’ingenuità di mio fratello. 
“Vai dalla mamma” gli dico. 
“Ma …” replica. 
“Nessun Ma. Vai dalla mamma, ti ho detto. Ora!” ribatto in tono duro. 
Lui obbedisce, perché poche volte mi vede arrabbiato, specie con lui. Mi giro, vedendolo correre di nuovo dentro, poi guardo quest’uomo che mi fa venire il voltastomaco.  
Deve avere intuito che non ho buone intenzioni nei suoi riguardi, perché fa un passo indietro. 
“Lo stavo solo portando a vedere la vasca” mi dice, ancora sorridendo. 
“Sta zitto” gli intimo, avvicinandomi a lui, andando verso il bordo della piscina “Che cazzo pensavi di fare, eh?”. 
“Nulla”. 
Lo afferro per il colletto della giacca “Mi fai schifo! Avvicinati a mio fratello ancora una volta e ti assicuro che non vedrai l’alba del giorno dopo” lo lascio andare, spingendolo, poi mi volto per rientrare. Io non sono mai stato un tipo violento, ma questo episodio mi ha lasciato davvero sconvolto. immerso in questi pensieri, non mi accorgo che Carlo mi mette una mano sulla spalla, facendomi voltare “Non stavo facendo nulla di male” dice, di nuovo. 
Mi scrollo la sua viscida mano di dosso “Abbi almeno la decenza di tacere. Ho visto come lo guardavi. Sei un pervertito”. 
Lui mi prende per un polso, costringendomi a guardarlo. Questa volta è lui ad afferrarmi e si avvicina così tanto a me, da sentire addirittura il suo respiro sulla mia pelle. Mi fa venire la nausea. 
“Non racconterai a nessuno questo episodio, chiaro? Oppure sarò costretto a rivelare a tuo padre il tuo piccolo segreto”. 
“Come?” chiedo, confuso. 
“Scommetto che i tuoi genitori non sanno che sei gay, vero? Nè del tuo caro Edward”. 
Rimango paralizzato nel sentire le sue parole. Come diavolo fa a saperlo? 
Come se mi leggesse la mente, lui ride, beffardo “Ho sentito la tua conversazione in bagno” mi spiega, sorridendomi “Sai, dovevo immaginarlo che tu fossi frocio.” poi mi sussurra all’orecchio “Un ragazzo carino come te, non poteva che non esserlo. Sei bello, più del tuo caro fratellino e magari potrei fare un pensiero su di te …”. Mi lascia improvvisamente, guardandomi con uno strano luccichio negli occhi. Vorrei replicare o ribellarmi ma invece non dico nulla. Sono terrorizzato dalle sue parole. Non vorrei avere paura, ma ne ho troppa. 
Lui ride della mia debolezza “Credo che abbiamo chiarito ogni dubbio, no? Magari Edward è carino quanto te … Te che dici?”. 
Stringo i pugni “Smettila!”. 
“Ricorda che io so dove vai a scuola ed anche dove va il piccolo Danny” dice, beffardo. 
A quelle parole non ci vedo più dalla rabbia e lo spingo, facendo finire entrambi in piscina. Gli tiro una gomitata, facendolo piegare in due dal dolore. Carlo reagisce, buttando via quella maschera del brav’uomo in carriera e mi afferra per il collo, facendomi mancare il fiato. Non ho mai fatto arti marziali, quindi mi difendo come posso e comincio a scalciare. 
Proprio mentre vedo l’ira nei suoi occhi, sento un rumore di passi venire verso di noi. 
“Max! Carlo! Che state facendo?” urla mia madre. 
“Oh, niente” dice Carlo con tono di voce quasi divertito “Io e tuo figlio siamo inciampati”, poi esce dalla piscina e mi porge una mano per aiutarmi ad uscire. 
Bugiardo! gli urlo mentalmente, ma non posso dire nulla così accetto il suo aiuto ed esco a mia volta. 
Il mio completo è fradicio, tutto spiegazzato ed io sono zuppo d’acqua. 
“Meglio che ritorni dentro” dice lui, ridendo. 
Io invece rimango lì, con mia madre che mi cinge le spalle con le braccia. “Che stavi facendo?” 
“Niente, mamma” dico, divincolandomi dalla sua presa e tornando anche io dentro, pieno di preoccupazioni e pensieri che affollano la mia mente. Quella che doveva essere una normale cena, si rivela la serata più brutta della mia vita. 
 
 
Nel ritorno a casa, in auto, io non dico una parola. Danny, accanto a me, non dice nulla, ma non sembra scosso dall’accaduto, probabilmente non ha capito quali fossero le intenzioni di Carlo e non gliele dirò. Non voglio che conosca il male, ma forse dovrei perché così sarebbe salvaguardato. 
Quando arriviamo davanti al cancello di casa, scendo dall’auto prima di tutti, sbattendo violentemente la portiera. 
“Max!” mi urla mio fratello, correndomi dietro. “Max, aspettami” dice ancora ma io non mi volto e salgo velocemente in camera mia. 
“Max, Max … Posso entrare?” chiede, bussando ripetutamente alla porta. 
“Ora no, Dani. Va via”. 
“Sei arrabbiato con me?” chiede, quasi piagnucolando ed è in quel momento che non riesco a resistergli e gli apro la porta. Lui è in piedi di fronte a me, ancora completamente vestito col completo per la serata, ma ha gli occhi leggermente lucidi. 
“Hai pianto?” dico, sorridendogli. 
“No!” risponde subito, ma si tradisce asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. 
Sospiro “Avanti, vieni”. Io e lui non abbiamo più la camera insieme, ma il mio letto è un matrimoniale quindi Daniele molte volte dorme insieme a me. 
“Posso stare qui? Con te?” mi chiede, sedendosi sul letto e togliendosi la cravatta. 
“Okay” dico spogliandomi ed infilandomi il pigiama. 
“Vai a svestirti, Dan. Prendi le tue cose”. 
“Va bene, Max”. 
Lo guardo sparire e scendere le scale per andare nella sua camera, mentre io mi chiudo in bagno. Il mio specchio riflette la figura di un ragazzino (sono sempre sembrato più piccolo rispetto alla mia età), con un taglio sul labbro e la faccia sconvolta. Questa serata mi ha distrutto. Scuoto la testa, gettandomi dell’acqua gelata in faccia, poi mi lavo i denti accuratamente. 
Vengo distratto dallo squillo del mio cellulare. Il display indica Edward. 
“Pronto”. 
“Hey, honey.” 
La sua voce calda, mi rilassa e mi tranquillizza subito. “Ciao, Ed”. 
Nonostante mi sforzi di sembrare normale, il tremolio nella mia voce mi tradisce subito. “Stai bene?”. 
Non rispondo, lasciandomi andare in un pianto liberatorio. I singhiozzi scuotono il mio corpo ma smetto subito di piangere. Io non piango mai. 
“Amore, cosa è successo?” mi chiede ancora, con il suo accento inglese che ho imparato ad amare. 
“E’ successa una cosa orribile alla cena”. 
“Qualcuno ti ha fatto del male?” si allarma subito. 
“No …” poi sospiro, cominciando a raccontargli tutto l’accaduto, sotto voce per non farmi sentire da mio fratello. Non so se sia tornato o se sia in camera sua, ma non voglio che lui senta. 
“Quello schifoso voleva … Voleva …” ma non riesco nemmeno a dirlo, orripilato dal solo pensiero. 
“Oh my God” mi dice lui “It’s horrible! You’ve to do something!”. 
“No, non voglio. Ha minacciato mio fratello … Ed ha minacciato te” gli confesso. 
“I don’t care. I’m able to take care of myself”. 
“Non posso, Edward.”. 
“Okay” si convince lui “Ma io non ti lascio solo. Non lascio solo te e tuo fratello.”. 
“Che vuoi fare? Diventare il mio bodyguard?” chiedo, abbozzando una risata, sentendomi già meglio. 
“Sì, se necessario”. 
“So difendermi”. 
“Vero, ma io ho fatto arti marziali” mi ricorda saggiamente ed è vero. Quando era a Londra, aveva praticato Karate per quattro anni, da dieci anni a quattordici ed era piuttosto bravo. Aveva vinto alcune competizioni. 
“Edward …”. 
“No. Io sono il tuo ragazzo e devo proteggere te”. 
“Anche io sono il tuo ragazzo”. 
Lui ride “That’s true. But I don’t change my mind”. 
“Va bene” mi arrendo perché so quanto sia testardo Edward, soprattutto per le cose a cui tiene. Sorrido, perché mi rendo conto di quanto lo ami e di quanto lui ami me. Sono un ragazzo fortunato. 
“I love you” sussurra. 
“Me too” gli rispondo. “Devo andare ora”. 
“Okay, goodnight”. 
“Buonanotte, amore.” poi prima di riagganciare lo ringrazio per essere così fantastico con me e lui chiude la chiamata con la sua risata. 
Come farei senza di lui? 
Mi rialzo da terra, dove mi ero seduto ed esco dal bagno, trovando mio fratello seduto al centro del letto, con il suo pigiama blu con disegnato su Topolino. E’ buffo e sembra più piccolo della sua età ed è bellissimo. Come può un uomo voler fare del male ad un bambino? 
“Spostati” gli dico, spingendolo scherzosamente. 
“Dai!” urla, ma alla fine si sposta, lasciandomi il mio spazio.  
Non appena appoggio la testa sul cuscino, sento tutta la stanchezza della giornata, scivolarmi addosso. Sono davvero stanco, cosa che non posso dire per mio fratello che invece è disteso accanto a me con gli occhi spalancati. 
“Max?” 
“Mh” farfuglio, con gli occhi chiusi. 
“Max!” mi scuote.  
Sospiro e mi giro verso di lui. Mi specchio nei suoi occhi ora verdi e lui nei miei azzurri. 
“Che cosa c’è, Danny?”. 
“Perchè eri arrabbiato prima?”. 
“Non ero arrabbiato”. 
“Non mentirmi!”. 
“Okay, ero arrabbiato, ma non con te”. 
Lui mi guarda, sorridente. E’ sollevato dal fatto che io non fossi arrabbiato con lui. “E con chi?”. 
Alzo le spalle, cercando di eludere la domanda. 
“Dai, Max! Me l’avevi promesso, niente bugie!” dice, rievocando il patto che facemmo quando eravamo più piccoli. 
“Sono molto stanco, Dan.” 
“Eri arrabbiato con il signore, con quel Carlo?” chiede, insinstente. Sorrido perché è più testardo del mio ragazzo. 
Annuisco ma non aggiungo altro. 
“Perchè?”. 
“Non mi era simpatico”. 
Daniele ride “Dai, non ho cinque anni!” mi ricorda “Avevi paura che mi facesse del male?”. 
“Sì” ammetto. 
“Perchè?” 
Questa che sta attraversando Daniele, è la fase dei perché, una fase che prevede domande su domande, domande alle quali, questa volta, non voglio rispondere. 
“Non è una bella persona. Cosa diceva sempre la mamma? Non dare confidenza agli sconosciuti e tu gliel’hai data”. 
“Ma lui non voleva farmi del male, Max!”. 
“A volte le persone nascondono della cattive intenzioni sotto frasi gentili” gli spiego, sentendo ormai il sonno svanire. 
“Non capisco”. 
“Okay, hai presente quando Simone ti diceva che eri suo amico ma poi ti rubava le caramelle?” chiedo, ricordandogli un aneddoto di quando faceva prima elementare. 
Lui annuisce “Anche lui voleva fare così?”. 
“Sì, più o meno”. 
“Ho capito ora”. 
“Bene. Dan, ora dormiamo”. 
Vorrei parlare ancora con lui perché ultimamente le nostre chiacchierate sono sempre meno frequenti e mi mancano, ma sono troppo stanco. 
“Max?” 
“Cosa?”. 
“Ci sarai sempre a proteggermi dai cattivi?”. 
“Sì”. 
“Come fa Edward con te?”. 
Arrossisco “Che intendi?”. 
“Edward ti difende sempre, no?”. 
“Sì” ammetto. 
“Perchè ti vuole tanto bene” osserva, avvicinandosi di più a me. 
“Sì, Danny. Lui mi vuole bene”. 
“Ti ama!” urla. 
“Sssh! Abbassa la voce!” lo sgrido bonariamente. Non so se i miei genitori siano già a letto ma non voglio nemmeno che sentano. 
“Scusa” dice, sorridendo, poi riprende “Tu lo ami?”. 
“Beh, è complicato … Però, ecco … Sì”. 
Lui ride “Allora non è vero che a te non piace mai nessuno come dice la mamma!”. 
“Direi di no”. 
“Ma … Non capisco, Edward è un maschio come te”. 
“Vero, ma questo non rende il legame tra me e lui meno forte”. 
“Ma va bene?”. 
“Sì, Danny. L’amore che c’è tra noi è come quello tra mamma e papà solo che l’amore tra due uomini o due donne è meno frequente, ma non per questo meno importante. L’amore va sempre bene” gli dico, scompigliandogli i capelli. 
“Fico!” mi risponde “Ma allora perché la mamma ed il papà non lo sanno?”. 
“Perchè è complicato. I grandi a volte non lo vedono come una cosa giusta”. 
“Ma mamma e papà capirebbero!” dice convinto e per un momento ci credo anche io ma so bene che non è così. Forse mia madre capirebbe, ma mio padre? Non ne sono così sicuro ed io non voglio rischiare, non ora per lo meno. 
“Vedremo, Dan. Ora dormi”. 
“Io domani non devo fare niente! Sono in vacanza!”. 
“Beh ma domani non dobbiamo andare in piscina?”. 
“Allora mi porti per davvero? Non ti sei dimenticato?!” chiede, entusiasta. 
“Sì, certo. Viene anche la mamma”. 
“Ed anche Edward?”. 
“Non lo so, ma non credo”. 
“Perchè? E’ il tuo ragazzo! Dai!”. 
“Non dirlo mai più ad alta voce e soprattutto non dirlo ai nostri genitori, okay?” gli chiedo, serio. 
“Va bene”. 
“Promettilo”. 
“Lo giuro! Parola di lupetto!” esclama mettendosi la mano destra sul cuore e tirando fuori il suo lato di boy-scout. 
“Bene. Comunque va bene, glielo chiederò.” 
“Chiedi anche alla Alice?”. 
Alice è la sorella di Edward, un anno più piccola di me e adora Daniel. Mia madre è convinta, oppure vuole convincersi, che tra noi due ci sia qualcosa. Meglio se venga, almeno dilegua i sospetti. 
“Chiederò anche a lei, ma se non dormi, ti lascio a casa” lo minaccio scherzosamente. 
“Va bene, dormo, dormo!” si affretta a dire, mettendosi sotto il lenzuolo, poi mi abbraccia ed io sorrido, accarezzandogli i capelli.  
Molti fratelli, soprattutto se più grandi, hanno un cattivo rapporto coi fratelli minori ed io mi chiedo come si faccia a non sopportare il proprio fratello. Io adoro Daniele e non potrei immaginare la mia vita senza di lui. 
“Max?” 
“Cosa c’è ancora?”. 
“Ti voglio bene, Max” mi sussurra. 
“Anche io, Danny” gli bacio i capelli “Buonanotte” ma lui è già caduto nel mondo dei sogni. 


notes: ecco il seguito....
non l'ho rivista, spero non ci siano errori di battitura.
hope you like it! 
leave a comment.

 

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Capitolo 3
*** 3rd chapter ***


3.

La mattina seguente mi sveglio con un mal di testa incredibile e il corpo leggermente dolorante. Vedo Danny accanto a me che dorme ancora, steso a pancia in giù. 
Guardo l'ora e noto quanto sia presto, sono solo le otto di mattina. 
Sospiro e mi alzo, consapevole che non sarei più riuscito a prendere sonno. Afferro i primi abiti che mi capitano a tiro e mi butto sotto la doccia, lasciando che il getto dell'acqua calda mi rilassi.
Penso all'accaduto di ieri sera e a quanto vorrei fare qualcosa, dirlo a qualcuno oppure denunciarlo … Ma denunciarlo per cosa? Infondo non aveva ancora fatto nulla ma se fossi arrivato anche solo un atitmo dopo … Non posso nemmeno pensarci.
Quando esco dal box mi guardo allo specchio e guardo la mia figura. Sono magro, forse troppo, ma nonostante questo ho il fisico asciutto e lievi addominali, le braccia sono leggermente muscolose. Il viso è riposato, nonostante io sia preoccupato, gli occhi azzurri risaltano i miei capelli biondi che pettino alla meglio passandomi un po' di gel. Le sopracciglia sono eccessivamente curate per un uomo, ma a me piace curarmi. Forse ho l'aspetto davvero un po' troppo femminile ma non mi interessa. Io mi piaccio così.
Indosso una camicia a maniche corte e dei pantaloni che mi arrivano all'altezza del ginocchio e scendo al piano inferiore dove trovo mia madre già sveglia, ovviamente, davanti al computer con una tazza di caffè in mano.
“Ciao, tesoro” mi saluta, non appena mi vedo, distogliendo l'attenzione dal pc.
“Ciao, mamma”.
“E' rimasto ancora del caffè” mi dice.
Annuisco e me ne verso un po' nella tazzina, poi mi siedo di fronte a lei, sgranocchiando qualche biscotto.
“Max?”.
“Sì?”.
“Che cosa è successo ieri sera?”.
Mi irrigidisco all'istante alla domanda “Niente”.
“Non dirmi bugie, tu non sai mentire, almeno, non a me”.
“Mamma, non mi va di parlarne, scusami” le dico mentre vedo il mio iPhone illuminarsi. Guardo il display e vedo che è un sms di Edward. Lo leggo velocemente e digito una risposta breve e coincisa ma nel frattempo gli chiedo anche se lui e sua sorella vogliono venire in piscina con noi. La replica arriva subito, dicendomi che si sarebbero uniti molto volentieri.
“Non siete caduti in piscina, vero?”.
Continuo a non rispondermi, continuando a fissare il biscotto davanti a me come se fosse la cosa più interessante del mondo ma posso comunque sentire il suo sguardo su di me.
“Max!”.
“No, mamma!” urlo, isterico “Non sono caduto in quella fottuta piscina!”.
“Max, smettila di parlare così!”.
Sospiro “Scusami”.
Lei scuote la testa, come per togliersi dalla mente l’accaduto, come a voler cancellare quella piccola traccia di imperfezione di me.
“Che cosa è successo?”.
“Niente, mi ha detto delle cose spiacevoli su papà” mento “Che non era un buon amministratore e che ha fatto perdere alla società un sacco di soldi … E sai come sono queste cose”.
Karen mi guarda e poi sorride “Grazie per avermi detto la verità”.
“Niente” rispondo mettendo via la mia tazzina di caffè ed anche quella di mia madre. “Mamma, vengono anche Alice e Edward in piscina” l’avverto.
“Alice? Che cara ragazza! Sai fareste una bella coppia!” ed è con questa frase che mi dileguo, tornando nella mia camera.

 



Siamo a Lugano, alla piscina della città. Io e la mia famiglia quando abbiamo tempo a disposizione, veniamo sempre in Svizzera perché la struttura è bellissima e pulita.
Edward ed Alice sono arrivati prima di noi, così li trovo ad aspettarci all’entrata. Il mio ragazzo indossa una polo blu e dei pantaloncini di jeans mentre sua sorella una canottiera bianca con scritto LOVE e dei pantaloncini corti da spiaggia, con tanto di infradito. Saluto entrambi con due baci sulla guancia, anche se vorrei baciare per davvero Edward e non farlo come se fossi un ragazzino di dieci anni. Lo guardo e mi ripeto quanto sia bello e fantastico coi suoi capelli castano scuro sempre perfetti e gli occhi con qualche sfumatura di verde. Sono orgoglioso di essere il suo ragazzo, ogni giorno sempre di più.
Vedo mia madre sbracciarsi nella nostra direzione per dirci di raggiungerla in fila. Il proprietario ormai è un nostro amico e ci da un clamoroso bentornato, con un accento lievemente tedesco, lingua che non ho mai sopportato.
“Allora, hai dormito?” mi chiede Ed mentre si accomoda sul lettino accanto al mio.
“Sì, niente incubi” gli sorrido raggiante. Lui fa per accarezzarmi la guancia, lo vedo, ma poi si ricorda della presenza di mia madre e non è proprio il caso che ci scambiamo questo genere di effusioni in sua presenza dal momento che non è a conoscenza della mia omosessualità.
Il tempo è gradevole,  fa caldo ma è leggermente ventilato quindi non è quel caldo soffocante che invece c’è a Milano.
Guardo le persone attorno a me, molti sono italiani, lo vedo dal modo di comportarsi, altri sono svizzeri-italiani ma ci sono tantissimi svizzeri tedeschi che io odio. Non so perché ma non li ho mai potuti soffrire forse per il loro essere freddi e leggermente cafoni. Ci sono un gruppo di giovani, tutti a coppie che giocano con una palla da volley in acqua sotto lo sguardo severo del bagnino che non sembra essere molto entusiasta della loro idea.
“Max” mi chiama mio fratello “Vieni a fare il bagno con me e la mamma?”.
“Adesso?”.
“Sì, dai!”.
“Okay, cominciate ad andare, io arrivo” prometto.
“Però sbrigati”.
Rido e scuoto la testa, poi mi alzo per raggiungerli. “Ed, vuoi venire?”.
“Chiamo anche Alice” mi avvisa, guardando la sorella che parla concitatamente al telefono, in  italiano e capisco che non può essere altri che il suo ragazzo. Guardo interrogativamente il mio fidanzato che mi spiega che stanno attraversando una fase difficile perché Paolo ha deciso di frequentare l’università a Pisa.
“Alice, we’r going to swim. Do you wanna join us?”.
“Yeah, just a moment” ci risponde, ritirando il cellulare in borsa. Si lega i capelli castani in una coda di cavallo forse un po' troppo alta e ci raggiunge. Alice è davvero una bella ragazza e capisco perché mia madre ci tiene tanto che io mi metta con lei. Ridacchio. Se solo sapesse invece che sto con suo fratello.
Non appena metto un piede in acqua rabbrividisco. Io odio il primo impatto con l’acqua perché la sento sempre gelata, al contrario di Edward che sta già nuotando ed ha raggiunto Daniele che ha cominciato a volersi far prendere a spalle per poi fare i tuffi. Alice invece è come me e vedo che anche lei è restia a buttarsi.
Si tiene la vita con le braccia e borbotta qualcosa.
“Fredda, eh?”.
“Cavolo, Max, credi che facciamo ancora in tempo a andare via?” mi chiede, abbozzando un sorriso, ma prima che io possa rispondere vedo che Edward ci viene incontro e comincia a spruzzarci, aiutato da mio fratello.
“No, fermi!” urliamo in coro io ed Alice che ci guardiamo e scoppiamo a ridere. 
La guardo complice “Alleati?”.
“Puoi giurarci!” e cominciamo così a spruzzarci alleati a squadre: io e Alice, Edward e Daniele. Ci siamo praticamente scambiati. Proprio mentre vedo che il mio ragazzo sta per alzare bandiera bianco, sento un fischio prolungato. Il bagnino.
“Smettetela!” ci intima.
Alice alza gli occhi al cielo poi si butta nell’acqua, immergendosi e cominciando a nuotare. Seguo il suo esempio e comincio a fare alcune bracciate, mentre sento che mio fratello mi si è saltato sulla schiena.
“Dan, che fai?”.
“Mi porti un po’?”.
“Ma sei pazzo? Pesi troppo!”.
“Dai, dai! Quando ero più piccolo lo facevi”.
“Appunto, adesso sei grande e pesi di più e non ho intenzione di farmi spezzare la schiena”.
“Dai, solo un secondo, ti prego!” chiede ancora sfoderando il suo sguardo da cucciolo abbandonato sul ciglio della strada, lo sguardo a cui io non posso resistere. Odio mio fratello per questo.
“Va bene” sbuffo, cercando di continuare a nuotare, ma farlo con una venticinquina di kg sulle spalle è decisamente troppo difficile, seppur Daniele sia magro. Per fortuna anche lui lo nota e scende dalla mia schiena.
Noto con la coda dell’occhio mia madre ed Alice parlare, le vedo ridere e scherzare insieme.
“A tua mamma piace mia sorella, vero?” ride Edward.
“Vuole farci mettere insieme” dico, scoppiando a mia volta a ridere.
“Sei bellissimo sempre ma in costume, sei perfetto”.
Lo guardo e penso di avere gli occhi a cuoricino in questo momento. L’impulso di baciarlo si riaffaccia in me ma resisto.
“Ti amo” sussurro ad un tono di voce che solo lui può sentire. 
“Me too”.
Quando esco dalla piscina, mi getto sotto la doccia che seppur fredda, è piacevole. Il mio ragazzo mi raggiunge e comincia a canticchiare sottovoce una canzone di Mika che riconosco immediatamente: origin of love, la canzone che lui mi ha dedicato lo scorso San Valentino, la nostra canzone.  Gli sorrido emozionato. Uno dei tanti motivi per cui lo amo.
Per pranzare mia madre decide di mangiare al bar della piscina. Io prendo un’insalata per rimanere leggero, al contrario di mio fratello che si tuffa su una milanese e patatine.
“Non potrai fare il bagno per due ore e mezza!” lo avvisa mia madre che invece si è tenuta su un pranzo più salutare come me.
Lui sbuffa facendoci scoppiare a ridere.
“Allora, Alice, sei fidanzata?” chiede mia madre, infilzando una foglia di insalata.
Vedo Edward strabuzzare gli occhi e guardarmi.
“Sì” risponde lei sinceramente “Io e Paolo stiamo insieme da un anno”.
Mia madre storce il naso “Peccato, saresti la ragazza perfetta per mio figlio”.
“Mamma!” la riprendo, leggermente imbarazzata.
“Dai, tesoro. Stavo solo indagando. Alice è una ragazza carina, intelligente ed anche tu. Dovresti trovarti qualche ragazza, non ti ho mai visto con qualcuna ed è piuttosto strano”.
“è così importante per te che trovi una ragazza?”.
Lei fa spallucce per poi lasciare cadere il discorso per rispondere al telefono.
Sospiro, avviandomi al bancone per prendere il caffè, mentre vengo raggiunto da Alice che ride “Ciao, amore” dice scherzando.
“Hey” le rispondo “Non farti sentire da tuo fratello o sarà geloso”.
“Non troppo” mi fa l’occhiolino “Non ti ruberei mai a lui, sei l’amore della sua vita”.
“Chi è l’amore della tua vita?” chiede Edward sbucando a fianco di sua sorella.
“Tu” gli sussurro.
“Vorrei ben vedere!”.
Il barista ci serve il caffè, lanciando uno sguardo disgustato ad Edward e specialmente a me. 
Lui lo nota “Che problemi hai?” chiede il mio ragazzo.
“Come?”.
“Perchè hai guardato male lui?” ripete indicandomi.
“Dai, lascia stare” gli dico, trascinandolo via. 
Edward è più spavaldo di me ma soprattutto non sopporta alcuna forma di discriminazione e bullismo ma non è violento, quello mai, ma difende i suoi ed i nostri diritti.
Il ragazzo, che deve chiamarsi Emiliano, secondo la sua targhetta, lo guarda a lungo “Qui non è un bar gay” chiarisce.
“Si dà il caso che lui ed io abbiamo il diritto di stare dove vogliamo” sbotta col suo accento inglese, che si fa più forte quando si irrita.
“Certo, ma non nel mio bar”.
“Bene, allora secondo la tua teoria, non dovremmo pagarti la consumazione”.
“Se lo fai, ti denuncio”.
“Ed, dagli i tre euro ed andiamo” gli sussurro, tirandolo via, cosa che fa anche Alice.
“Ecco, ascolta quella checca del tuo ragazzo!” urla il barista indicandomi.
“Non ti permettere più” gli dice, fissandolo con aria minacciosa, ponendosi davanti a me come per difendermi, poi prende il suo portafogli dal quale tira fuori le monete e glieli lancia sul bancone. “Questi sono i tuoi soldi”.
Sospiro agitato e torno sul mio lettino, sdraiandomi e sospirando. Non possiamo mai stare in pace e sono terribilmente stanco e stufo di essere sempre umiliato.




Notes: altro aggiornamento.
scritto di getto, senza riflettere troppo.
Ciao, recensite please.
ps. tra poco parto quindi non potrò piu aggiornare per un po.
Bye, 
The boy who knew too much

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Capitolo 4
*** 4th Chapter ***



4.



Quando torno a casa, la prima cosa che faccio è buttarmi sotto la doccia, dove il getto dell’acqua calda mi rilassa e rimango a lungo, forse più del necessario. Uscito dal box, sento tutta la stanchezza della giornata scivolarmi addosso.
Danny è in camera sua a giocare al suo videogioco preferito, a sentire tutti i rumori di spari che provengono dalla sua stanza.
“Abbassa il volume!” gli dice mia madre dal piano inferiore. Giurerei di poterlo vedere sbuffare ma obbedisce perché non sento tutto quel baccano.
Io invece sono fermo davanti al mio armadio, indeciso su cosa mettermi. Ho diverse camicie e pantaloni ma ogni volta che devo uscire, non so mai cosa mettere. Decido di provare un po di possibili completi ed alla fine opre per una camicia con sottili righe azzurre, pantaloni beige e un paio di hogan grigie e blu. Indosso anche una giacca, sempre dello stesso colore dei pantaloni. Mi passo un po' di gel tra i capelli, e mi spruzzo anche il profumo che Edward mi ha regalato recentemente. Sono abbastanza carino, la mia pelle non è più bianca ma leggermente abbronzata, gli occhi sono rilassati ed ho i pettinato i capelli con il ciuffo un po' rialzato.
Scendo al piano di sotto e trovo mia madre impegnata a scrivere concentrata ma non appena mi vede, posa la penna.
“Wow” mi dice “Dove vai?”.
“Esco”.
“Lo vedo, con chi?”.
“Dei miei amici”.
Lei annuisce distrattamente “Ho capito, non vuoi dirmelo”.
Ridacchio ma non aggiungo nulla.
Nel frattempo anche mio padre torna a casa, vestito da manager perfetto, con 24ore alla mano ed iPhone, il completo blu senza nemmeno una piega, come se l’avesse appena messo.
“Ciao, amore” dice, salutando mia madre, poi mi guarda “Stai entrando o uscendo?”.
“Sto uscendo, papà”.
Lo vedo tirare le labbra in un sorriso “Hai un appuntamento, eh?”.
“Esatto” rispondo, perché infondo è vero ma, ovviamente, non specifico con chi.
“Quando ce la presenterai?”.
Faccio spallucce “Non so, ora devo andare o faccio tardi.”.
“Va bene, ciao Massi” mi salutano i miei.
Mi chiudo la porta alle spalle e sospiro. Spero non insistano oltre col voler conoscere “la mia ragazza”.
 
Arrivo in Porta Venezia e non appena esco dalla metro, vedo Edward che mi sorride.
Lui è bellissimo, con una camicia bianca ed i jeans neri. Indossa le scarpe che gli avevo regalato per il suo compleanno.
“Ehi, here you are” mi dice, baciandomi velocemente una guancia.
“Scusa, i miei mi hanno trattenuto”. 
Sono emozionantissimo, ho il cuore in gola, come se questo fosse il nostro primo appuntamento ma in un certo modo lo è. Questo è il nostro secondo anniversario insieme, due anni perfetti con lui.
“Non preoccuparti. Andiamo?”.
Annuisco in silenzio, seguendolo.
“Stai bene?”.
“Sì, scusa” gli sorrido “Sono un po' emozionato”.
“Anche io” mi dice prendendomi per mano.
Porta Venezia è davanti a noi, illuminata ed imponente come non mai e come unico rumore di sottofondo c’è il traffico milanese e i nostri respiri accompagnati dai nostri passi.
Il ristorante in cui Edward ha prenotato, è uno dei più famosi e cari della città, il Dolce and Gabbana Gold.
Non appena entriamo, un ragazzo, un giovane cameriere, viene a chiederci il nome della prenotazione e Ed risponde educatamente, col suo perfetto accento inglese che ho amato fin dal primo istante. Tutto intorno a noi è fantastico, un enorme lampadario di cristallo si staglia sulle nostre teste, il pavimento ha un qualcosa tipico dell’800 ed infondo alla sala c’è un pianista che suona quella che sembra uno dei notturni di Chopin ma non sono così esperto.
Il nostro tavolo è riservato, isolato dagli altri.
“Do you like this place?”.
“Wow, Edward. Sei pazzo?”.
“Sì, di te”.
“andava bene un posto qualunque”.
“Non essere sciocco” mi prende la mano “E’ il nostro anniversario ed io e te meritiamo il meglio”.
Un camieriere ci porta prima la carta dei vini ed il mio ragazzo sceglie tranquillamente, coe se fosse un vero someiller e mi piace vederlo così sicuro di sé. Questa sera è ancora più bello del solito.
“Dopo ti devo portare in un locale” mi avvisa mentre stiamo mangiando il pesce.
“Quale?”.
“Vedrai”.
“Un’altra sorpresa?”
“Non sono finite, Max”.
 
Il locale in cui mi porta Edward, una volta usciti dal ristorante dove lui ha insistito per pagare il conto che faceva girare la testa, è un bar vicino al Sempione. E’ appena aperto, devono avere fatto l’inaugurazione da poco se non ricordo male. C’è gente di tutta l’età, di tutti i tipi e noto anche due ragazzi omosessuali che si tengono per mano. Qualcuno li guarda ma nessuno con occhio critico.
“Ti ho portato qui stasera oerchè voglio fare una cosa per te” mi dice mentre si fa servire un Cosmpolitan, il che è strano perché lui non beve mai.
“Davvero?”.
“Yeah, look”.
Non capisco che cosa debba guardare fino a quando non vedo delle luce accendersi, mettendo in risalto il centro del palco ed un giovane si fa avanti. Mettono la base di una canzone, Imagine di John Lennon, e il ragazzo comincia a cantare e capisco che è un karaoke bar ed io li adoro. Sono poco intonato, lo ammetto, ma mi piacciono i posti così ed Edward l’ha sempre saputo, ecco  perché siamo venuti qui,
Mentre ascoltiamo la canzone, abbraccio Ed e lui mi bacia. è il primo bacio che ci diamo di quest’oggi ed ogni volta è un’emozione. Sento il suo respiro mescolarsi al mio ed è la sensazione più fantastica del mondo. Le sue labbra sono morbide, sanno di caramello, non so perché ma starei ore a baciarlo senza mai stancarmi.
Lo sento staccarsi leggermente da me “I’ve to go”. mi dice solamente e poi lo vedo avvicinarsi al palco e prendere in mano il microfono ed è in questo momento che sento il mio cuore mancare di un batttito.
“Ehm, buonasera a tutti” dice e la sua meravigliosa voce risuona per tutto il locale e tutti hanno lo sguardo puntato su di lui. “Questa sera sono venuto qui perché voglio dedicare o meglio cantare una canzone al mio ragazzo. E’ il nostro secondo anniversario e mi sto impegnando perché tutto è perfetto” sorrido a quel piccolo verbo sbagliato, a quella sua piccola imperfezione “Max, voglio che tu sai quanto ti amo e quanto tu sei importante nella mia vita. Noi siamo anime gemelle e mi fai sentire fiero di me stesso ogni volta che mi stai semplicemente accanto e non importa quanto la gente ci può odiare perché non è importante se tu sei con me.” lo vedo puntare il suo sguardo nei miei occhi “So this song talks about being happy and proud of the person you fell in love whit, whoever it is, even if it’s a man, so in a certain way this is my freedom statement and my thank you… To the man I love”.
Quasi non mi accorgo di aver iniziato a piangere fino a quando non sento una lacrima scendere giù per il viso.
Lo sento cantare Origin of Love per me, con la consapevolezza che la sta cantando per me e credo che nulla possa essere più perfetto e che non ci sia nessuno più felice di me in questo istante. 
I want your love don't try to stop me
Can't get enough, still hanging on me
Your guilty heart don't let it break you
And if you pray well no one's gonna save you

I gave you all that you feel and everything you hold dear
Even the book in your pocket
You are the sun and the light you are the freedom I fight
God will do nothing to stop
The origin is you
You're the origin of love
You're the origin of love love love
You're the origin of love love love

Love is a drug and you are my cigarette
Love is addiction and you are my Nicorette
Love is a drug, like chocolate, like cigarette
I'm feeling sick got to medicate myself

Well if God is a priest and the devil is slut
There's a reason for love
Like every word that you preach
Like every word that you teach
And every rule that you breach
You know the origin is you

From the air I breathe to the love I need
Only thing I know is you're the origin of love
From the God above to the one I love
Only thing that's true the origin is you
Love love love love You're the origin of love
Love love love You're the origin of love 
Love love love You're the origin of love love love
Oh the origin is you

Used to be Adam and Eve they found their love in a tree
God didn't think they deserved it
He taught them hate taught them pride
Gave them a leaf made them hide
Let's put their stories aside
You know the origin is you

From the air I breathe to the love I need
Only thing I know is you're the origin of love
From the god above to the one I love
Only thing that's true the origin of love
Eoeoea
You're the origin of love love love
You're the origin of love love love love love
You're the origin of love love love love love
You're the orign of love love love love love

“Ora io so che tu sei l’origine dell’amore” finisce di cantare guardandomi mentre pronuncia questa strofa ed io mi alzo, correndogli incontro ed abbracciandolo.
Lui sorride, accogliendomi tra le sue braccia. Mi bacia i capelli e tutto questo sotto gli applausi ed i fischi di approvazione di tutti i presenti. 
Tutto è perfetto.
 
“Nessuno ha mai fatto tanto per me, Edward. Dio, sono così felice!” gli dico, continuando ad ammirarmi l’anello che ha comprato sia a me che a lui. Una specie di fede d’argento, dove dentro ha fatto incidere le nostre iniziali. Ormai è notte fonda così saliamo a casa sua. I suoi genitori non ci sono, sono tornati a Londra mentre sua sorella è da Paolo.
“Era questo che volevo fare. Vederti felice”.
Non appena varchiamo la soglia di casa sua, lo bacio premendo le mie labbra contro le sue, con troppa foga ed energia. Edward sorride contro la mia pelle e ricambia, affondando la sua mano nei miei capelli.
Lo guardo negli occhi castani verdi che ha e lo prendo per mano, portandolo nella sua stanza che conosco fin troppo bene. Grazie al cielo, Ed ha il letto matrimoniale.
Lo spingo contro il materasso e lui sorride “Mi piaci quando fai il bad boy. Ma hai la faccia troppo da good guy”. Mi afferra per un polso e mi attira a sé, baciandomi e mordicchiandomi il collo, per poi cominciare a sbottonarmi la camicia. Io ricambio il favore e nel giro di due secondi siamo entrambi spogliati di ogni indumento.
Stavolta è lui a baciarmi e farmi coricare sotto di lui.
“I love you, honey”
“Ti amo. Buon anniversario amore” gli sussurro per poi tornare a baciarlo.
Edward non mi risponde ma si limita a baciarmi la spalla, poi lo sento entrare in me e cominciare a spingere ed è così che ci riuniamo in un ritmo, in una danza che solo a noi è data conoscere.
Una volta staccatoci l’uno dall’altro rimango abbracciato a lui che mi accarezza dolcemente un braccio.
“E’ stato fantastico” sussurro per non spezzare l’atmosfera magica che si è creata tra noi.
“Yes, amazing” posa un leggero bacio sulla mia fronte poi si allunga per tirare fuori dal cassetto una busta.
“Ancora sorprese, Ed?”.
“Open it”.
Non aggiungo altro e obbedisco, così apro la misteriosa busta, rivelandone il contenuto: due biglietti per New York per il periodo natalizio.
“Davvero?” chiedo, incredulo. E’ sempre stato il mio sogno andare nella grande mela, nella città dove tutto è possibile.
“Possiamo andare e fare il Natale là ed anche Capodanno come fanno nei film” mi spiega “Ho già visto gli hotel”.
“Sarebbe bellissimo, Edward”.
“Lo sarà”.
Mi rabbuio subito. Come giustificherò l’assenza di un viaggio a New York a Natale che ho sempre festeggiato in famiglia? Che cosa dirò?
Edward intuisce subito che qualcosa non va. E’ sempre stato così. Per capirci non abbiamo mai avuto bisogno di parlare, bastava uno sguardo.
“Tutto okay?” mi chiede, prendendomi la mano.
“Come lo dirò ai miei?”.
Lui sospira “Dovrai dirglielo, Max, prima o poi. Non puoi nasconderti per tutta la vita”.
“Sarà la volta buona che glielo dirò”.
Sospiro e chiudo gli occhi “Goodnight, love” mi sussurra il mio ragazzo. “Don’t worry, everything will be okay”. Sorrido perché sono le stesse parole che direbbe una madre al proprio figlio per tranquillizzarlo e funziona perché mi sento molto più tranquillo.
Lui ma fa sentire al sicuro.



Note: come back!
altro capitolo, spero di vostro gradimento.
A presto!

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