Pokémon Mistic Adventure

di Mad_Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: il mio primo pokémon ***
Capitolo 2: *** capitolo 1: La nave ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Pallet Town ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Don't mess with the bugs! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Motivazioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Il Passo Montuoso ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: La strada attraverso la roccia ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Foglie di diamante ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Guts over fear ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Poltergeist ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Flussi pt.1 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Flussi pt. 2 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Il Lupo e il Corvo ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Wrath ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Dream ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Bolle d'acqua ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17. ***



Capitolo 1
*** Prologue: il mio primo pokémon ***


Prologo
- il mio primo pokémon-

Per tre giorni e tre notti la terra tremò. Le montagne franarono, i mari si ritirarono e enormi onde si abbatterono sulle coste di Kanto e sui suoi arcipelaghi. All'alba del quarto giorno, dove qualche giorno prima il mare si era ritirato, spuntò un 'enorme montagna sottomarina. Dopo poche ore anche il fondale si alzò circondando la montagna. Era nata una nuova isola.
Diverse spedizioni vennero mandate ad ispezionare l'isola. La più importante di tutte, capitanata dalla professoressa Green, scoprì l'origine di quella montagna: uno scontro tra due pokémon di leggendaria potenza, Lugia e Kyogre, ha creato questa montagna e generato i terremoti che avevano straziato la regione di Kanto. L'isola venne chiamata Novisola e la montagna è tuttora conosciuta come Monte dello Scontro.
Ci vollero dieci anni per rendere fertile la terra, dieci anni di collaborazione tra la tecnologia umana e il potere dei pokémon. Il capo del progetto, l'ex-capopalestra Blue Oak, riuscì dove molti fallirono prima di lui. Egli creò una città dove Pokémon e umani vivevano in pace senza alcun tipo di problema e vi trasferì con la sua famiglia.
Al giorno d'oggi, Novisola è stata aggiunta al Settipelago e Green ha costruito una scuola per allenatori dove insegna ciò che lui stesso ha imparato dal suo eterno rivale Red.
La professoressa chiuse il libro e guardò i suoi alunni. "E con questo si conclude il nostro corso, ragazzi." disse la professoressa.
Diversi mormorii di eccitazione si sparsero per la classe. "Oggi è il nostro ultimo giorno insieme. Domani molti di voi partiranno alla volta del mondo. Mi ricordo quando non sapevate ancora le regole basi della lotta pokémon." disse ancora l'insegnante.
"Miss Mary, la prego, non faccia così." intervenne Shila, una ragazza che sedeva in fondo all'alula.
"Shila, non preoccuparti, Le mie sono lacrime di gioia. Comunque, devo informarvi di una cosa: il professor Oak ha valutato i vostri test e ha già spedito a casa vostra il pokèmon che più si addice al vostro carattere." disse la professoressa.

Un'ora più tardi

Camminavo per le strade di New Town diretto verso casa mia. Il mio nome è Tom Oak, ho undici anni e tra due giorni partirò alla volta di Kanto. Mio padre, Blue, mi ha parlato molto del suo viaggio per Kanto e tutto quello che ha dovuto affrontare. Diciamocelo, non è affatto un allenatore ordinario. Però io non sono come lui e non lo sarò mai.
Camminavo per strada quando una voce mi recuperò dal flusso dei miei pensieri. "Ehi Tom!" Mi voltai e vidi Shila e Eichiro che cercavano di raggiungermi.
"Ehi, ragazzi. Come va?" chiesi.
"Ti stavamo cercando." disse Eichiro tra un respiro affannato e l'altro.
"Perché?" chiesi
"Volevamo passare insieme gli ultimi giorni prima della partenza." spiegò Shila.
"Ok. Che ne dite di andare al cinema?" proposi.
"Sì, sì. È appena uscito un nuovo film del mio attore preferito." disse Eichiro.
"Allora, cosa aspettiamo?" chiesi spazientito.

Due ore dopo

Camminavamo in piazza da circa un'ora quando Eichiro prese la parola:" Ragazzi, io non credo che partirò."
"In che senso?" chiesi stupito.
"Voglio rimanere qui. Non c'è niente là fuori che mi attira." rispose Eichiro.
"Ma... partire è sempre stato il nostro sogno. Fin da quando andavamo all'asilo!"protestai.
"Beh, i sogni cambiano quando si cresce."
"Beh, sei liberissimo di fare quello che vuoi. Basta che tu sia felice." disse Shila.
"E voi dove avete intenzione di andare?" chiese Eichiro spostando l'attenzione su di lui.
"Io partirò per Sinnoh!" disse shila mentre un sorriso le si dipingeva sulla faccia.
"Cosa?! Mi lasci anche tu da solo!" dissi in un finto tono drammatico.
"Dai, non prendertela! Lo sai che ho sempre voluto diventare una coordinatrice."
"Stavo scherzando." dissi.
"L'avevo intuito." disse scocciata Shila.
"Beh, io andrò a Kanto." dissi incrociando le braccia dietro la testa.
"Promettetemi una cosa." disse Eichiro.
"Cosa?" chiese Shila.
"Ci rivedremo tra un anno esatto, e mi racconterete tutto ciò che vedrete." disse Eichiro.
"Lo faremo." dissi.
Passammo il resto del pomeriggio al cinema e al parco. Ci divertimmo tantissimo, come non mai. Forse perché sapevamo che da lì in avanti le nostre vite sarebbero cambiate molto, forse fin troppo.
***
Tornai a casa verso il calar della sera. Fui accolto da mia madre, Green.
"Ciao Tom, allora oggi com'è andata?" mi chiese.
"Bene. Ho passato il pomeriggio con Shila e Eichiro." risposi.
"Hai fatto bene. Presto non avrete più molto tempo da passare insieme." disse mia madre.
Annuì con aria greve. Quello era stato un pensiero piuttosto ricorrente negli ultimi giorni. Sapevo che sia i miei genitori che i loro amici avevano viaggiato da soli. Ma, come ho già avuto modo di dirvi, io non ero come loro. Non ce l'avrei fatta ad affrontare un viaggio così lungo tutto da solo.
 "Tom, vi di là. Tuo padre ti aspetta." disse Green.
Andai nell'altra stanza e vidi mio padre intento a leggere una lettera. Appena chiusi la porta si accorse della mia presenza e mi salutò.
"È appena arrivata una pokéball dal laboratorio di Gary. Vuoi darci un'occhiata?" disse Blue.
Annuii e  presi la pokéball in mano. sopra c'era un biglietto scritto dal professore in cui mi diceva le solite frasi di rito. "Allora, cosa aspetti? Lanciala!" mi esortò mio padre.
"Se la lanciassi, la mamma ci ucciderebbe entrambi." dissi.
"Allora fallo uscire normalmente."
"Ok."
Allungai il braccio ed esortai il pokémon ad uscire fuori. La sfera si aprì e ne scaturì un bagliore accecante. Dovetti chiudere gli occhi, ma li riaprii subito dopo. Davanti a me stava un Bulbasaur che, spaventato dal nuovo ambiente, si rintanò dietro al divano.
"Ehi, piccolo. Vieni qui, non vogliamo farti del male." dissi mentre mi avvicinavo lentamente.
Bulbasuar rimase fermo e, appena mi avvicinai abbastanza, mosse qualche passo verso di me.
"Io mi chiamo Tom, piacere di conoscerti." dissi allungando la mano.
Bulbasaur allungò una liana e l'appoggiò sul mio palmo. Gliela strinsi e dissi." Che ne dici di andare a fare un giro?" chiesi.
"Portalo in giardino." mi suggerì mio padre.
"Ok, ci vieni a chiamare tu?"chiesi.
"Sì, non ti preoccupare. Però state attenti, c'è Charizard in giardino."
  "Ok, faremo attenzione." risposi.
Uscii in giardino con Bulbasaur e giocammo per una mezz'ora insieme, fino a quando mio padre ci venne a chiamare.

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Buongiorno fandom pokémon!
Io sono Rovo_sama, ma potete chiamarmi Riccardo. Questo è il prologo di un progetto che mi è venuto in mente mentre leggevo Pokémon Adventures. L'idea di per sé è un po' azzardata, ma spero che l'apprezziate comunque. Il progetto è quello di creare un AU in cui siamo presenti molti elementi del manga, dell'anime e del videogioco. Ci saranno diversi personaggi e diversi pairing. Vi anticipo una cosa: Ash verrà spesso nominato ( soprattutto da un personaggio in particolare) ma NON apparirà.
Lasciate un commentino se vi va!
Rovo_sama

 
 

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Capitolo 2
*** capitolo 1: La nave ***


Capitolo uno
- La nave-

Erano passati tre giorni dal mio ultimo giorno di scuola, dal giorno in cui ricevetti Venus, il mio Bulbasaur. E ora mi trovavo al molo della mia città, pronto a partire verso una regione di cui ho sempre e solo sentito parlare. Non riuscivo a capire esattamente il mio stato d'animo: mi sentivo euforico ma al tempo stesso anche preoccupato. Non avrei avuto nessuno su cui contare, a meno che non avessi viaggiato con qualcuno. Ma i miei amici avevano preso strade diverse dalla mia, ed io ero solo.
"Tom, mi stai ascoltando?" chiese mia madre.
"Scusami, mi ero distratto" dissi cercando di scusarmi.
"Devi fare più attenzione... Allora, ricapitoliamo: ti ho messo i vestiti e alcuni strumenti nel tascone, le poké ball le trovi nella tasca anteriore. Il Pokénav lo trovi nella tasca sul lato destro, mentre l'agenda è in quella sul lato sinistro"
"Green, non è più un bambino piccolo" disse Blue.
"Ma ha comunque bisogno del mio aiuto" protestò la donna.
"Mamma, io dovrei andare" dissi indicando la passerella della nave.
"Oh sì, scusami. Buon viaggio." Mi abbracciò.
Poi fu il turno di mio padre. Non mi fece troppe raccomandazioni, mi disse solo di divertirmi e di fare più esperienze possibili. "Ora va!" disse e mi diede una leggera spinta per invogliarmi a partire. Salii sulla nave e feci uscire Venus dalla sfera.
"Ehi amico, ti va di salutare i miei?" chiesi.
Venus annuì. Si arrampicò sul parapetto e allungò una liana e iniziò a muoverla da destra a sinistra, imitando il gesto di saluto.  Mi sporsi anch'io e salutai.
La nave partì e vidi il molo allontanarsi sempre di più, e con lui i miei genitori. Venus si girò e incominciò a fissarmi. "Beh, adesso siamo solo noi due" dissi. Il mio compagno parve rattristarsi un po', ma poi si riprese e mi sorrise. "Che ne dici di trovare la nostra stanza?" chiesi.
"Bulba!" esclamò Venus e incominciò a camminare verso il ponte di prua.
***
La M/N Aeroa era una nave a dir poco enorme. Contava la bellezza di diciassette ponti. I due ponti maggiori, quello di prua e quello di poppa, ospitavano rispettivamente una piscina e un enorme teatro all'aperto. La piscina era circondata da numerose altre attrazioni quali lettini e giostre per i bambini più piccoli. Inoltre c'era un bar ben rifornito ed un'edicola. Devo ammettere che rimasi affascinato da tutte quelle attrazioni e ci misi un po' di tempo a trovare un membro dell'equipaggio che mi sapesse indicare la strada per il ponte dodici.
"Prendi quelle scale, poi vai dritto fino alla fine del corridoio. Troverai un ascensore. Schiacci il tasto con il numero dodici e ti porterà sul ponte che stai cercando" disse il marinaio.
"E per raggiungere la mia stanza?"
"Ogni ponte è provvisto di una mappa che indica la posizione delle stanze e delle attrazioni. Ti basterà dare un'occhiata"
"La ringrazio e scusi se le ho fatto perdere tempo"
"Non ti preoccupare"
Mi voltai e iniziai ad incamminarmi in direzione delle scale. Ero quasi arrivato quando mi accorsi che Venus non mi stava seguendo. Iniziai a guardare in giro e lo chiamai varie volte. Ero terribilmente preoccupato. Mi misi a correre per il ponte schivando persone, camerieri e lettini. Lo trovai dopo circa dieci minuti di corsa. Si era allontanato da me perché era stato attirato dal profumo di alcun bacche esposte sul bancone di un negozio di frullati. La cassiera, una ragazza sui venti- ventuno anni, gli aveva servito delle fette di una bacca che non conoscevo mischiata con del cibo per pokémon.
"Venus, eccoti qui!" esclamai dopo averlo visto.
Venus sollevò il viso dalla ciotola, mi salutò e poi continuò a mangiare.
"Mi hai fatto preoccupare. Ti ho cercato per tutto il ponte. Quante volte ti devo dire di non allontanarti!" dissi.
"Non devi riprenderlo così duramente, non ha combinato nessun guaio. Si è solo limitato a indicare la bacca che sta mangiando." disse la cassiera.
"Oh, meno male." dissi sollevato, e poi aggiunsi:" Mi potrebbe dare un frullato, ho la gola secca."
"Certo: che bacche vuoi?"
"Ehm, baccapesca, baccacedro e baccakiwi."
"Arriva subito."
Un quarto d'ora dopo
L'ascensore si aprì e uscii dall'abitacolo. Mi diressi verso la mappa del corridoio e individuai subito la posizione della mia stanza. Mentre attraversavo il corridoio, sbattei contro a un tizio che parlava al telefono.
"Stai attento a dove cammini!" mi ammonì.
"Scusi, non l'avevo vista" dissi.
"Stupidi ragazzini"
Mi allontanai il più in fretta possibile da quell'uomo. Mi parve di sentirlo discutere animatamente su qualcosa che sarebbe avvenuta tra pochi giorni. Non sapevo il perché ma dei brividi mi percorsero la schiena. Mi affrettai ad entrare nella mia stanza.
***
La nave navigava ormai da due giorni nelle acque tranquille del Settipelago e tutto sembrava andare per il verso giusto. Passeggiavo per il ponte numero otto quando vidi degli uomini vestiti di blu scuro avvicinarsi alla nave con dei gommoni. In un primo momento pensai che fossero della polizia, ma poi mi accorsi che non lo erano. Una donna vestita in modo diverso dagli altri incominciò a dare ordini a destra e a sinistra. Mi appiattii contro il muro ma fu troppo tardi. Uno di quei tizi mascherati mi vide e mi si avvicinò. "Ehi ragazzino, fermati!"mi disse mentre iniziavo a correre.
Percorsi in fretta tre piani della nave, fino a ritrovarmi molto vicino all'ascensore che portava al ponte di poppa. Sfortunatamente mi ritrovai la strada sbarrata da un Raticate. Il pokémon mi guardava e digrignava i denti pronto a colpire al comando del suo allenatore.
"Ora la smetterai di scappare, moccioso" disse l'uomo mascherato.
"Non credo proprio" dissi mentre prendevo la pokè ball e facevo uscire Venus.
"Credi di potermi battere con un semplice Bulbasaur?" chiese divertito il mio sfidante.
"Forse sì, se qualcuno gli darà una mano" disse una voce proveniente dall'imboccatura del corridoio. Mi voltai e vidi una ragazza con lunghi capelli blu accompagnata da un Piplup.
"Ragazzina, non ti intromettere"
"Non mi puoi dare ordini"
"Io ti ho avvisata. Raticate attacca con sfuriate!"
"Venus, intercettalo con frustata."
Venus scagliò una delle sue liane contro il Raticate e riuscì a bloccarlo agganciandosi alla sua coda. Il pokémon Topo cadde e fu colpito dal bollaraggio di Piplup. Il tizio mascherato ordinò al pokèmon di reagire. Raticate strattonò la coda e Venus venne scaraventato contro Piplup.
"Venus, rialzati" dissi cercando di incoraggiare il mio compagno. Venus si rialzò e si mise in posizione di combattimento. "Parassiseme!" ordinai. Dal bulbo di Venus fuoriuscirono tre semi che si attaccarono al pelo del nostro avversario. I semi proiettarono un fascio di luce verso il mio compagno, il quale si sentì sollevato.
"Piplup, beccata!" ordinò l'allenatrice misteriosa. Il Pokèmon si lanciò contro raticate e lo colpì diverse volte con il becco su tutto il corpo. Raticate era davvero sfiancato e piccole gocce di sangue gli uscivano dalle ferite.
"Venus, azione!" ordinai. Venus corse verso il Raticate e lo colpì all'addome, scaraventandolo contro il muro.
"Stupido pokémon!" disse il tizio mascherato mentre richiamava il raticate nella sua poké ball. L'uomo iniziò a correre via. Io volevo inseguirlo ma la ragazza che mi aveva aiutato mi trattenne.
"Dobbiamo avvisare il capitano" disse.
"Hai ragione"
Entrammo nell'ascensore e digitammo il numero del ponte di poppa.

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Buongiorno ragazzi, come state?
Devo dirvi una cosa: da mercoledì 13/08 sarò in vacanza e starò via una decina di giorni. Quindi il prossimo aggiornamento avverrà tra un paio di settimane circa. Vorrei ringraziare Andy Black e Afaneia per aver recensito lo scorso capitolo.
Per questo motivo ho messo l'avvertimento violenza. In questa storia, i Pokémon si faranno davvero male. Ma mi limiterò per rispetto del rating.
Prima di lasciarvi vi faccio una domanda: preferite i giochi di prima generazione o i rispettivi remake di terza?
Un saluto,
Rovo 

  
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Pallet Town ***


Capitolo due
- Pallet Town-

L'ascensore correva veloce e silenzioso. La ragazza che mi aveva aiutato si era lasciata andare contro la parete dell'ascensore. Le chiesi se fosse tutto a posto e lei mi rispose di sì.
"Sono solo un po' stanca" aggiunse poi.
"Non ci siamo ancora presentati. Io sono Tomas Oak, ma puoi chiamarmi semplicemente Tom" dissi porgendole la mano.
"Io sono Layla Ketchum, molto piacere" rispose la ragazza.
Durante la lotta non avevo avuto molto tempo per guardarla attentamente. Mi accorsi solo in quel momento che Layla era poco più alta di me. I suoi capelli erano di un colore molto particolare, si avvicinavano molto al nero ma anche il blu. Portava una felpa senza maniche rossa, una maglietta dello stesso colore e dei pantaloni che le arrivavano ai polpacci.
"Comunque, mi vuoi dire perché quel tizio ti stava inseguendo?" chiese Layla distogliendo così la mia attenzione dal suo abbigliamento.

"Sinceramente, non lo so: ho notato delle strane barche che si stavano avvicinando alla nave, così ho deciso di dare un'occhiata. Una donna mi ha notato e i mi ha sguinzagliato contro quel tizio" dissi cercando di essere il più sincero possibile. Era la prima volta che parlavo con Layla, ma qualcosa mi diceva che potevo fidarmi di lei. Non sapevo alcunché di quella ragazza, ma solo il fatto che mi aveva aiutato senza sapere il mio nome denotava il suo grande altruismo.
L'ascensore ci aveva portati a destinazione: la porta si aprì e davanti a noi si palesò il corridoio che portava alla sala del timone. Percorremmo il corridoio in un silenzio a dir poco religioso, preceduti dai nostri pokémon, i quali giocavano e scherzavano come se si conoscessero da una vita. Aprimmo la porta ed entrammo nella sala. Fummo accolti da un ufficiale, il quale ci chiese perché fossimo giunti fin lì.
"Vogliamo parlare col capitano: è successo un fatto di assoluta gravità, e noi siamo qui per riferirglielo" disse Layla con il tono di chi è abituato a parlare con persone più adulte.
"Il Capitano è pieno di preoccupazioni e non ha tempo per ascoltare le storielle di bambini desiderosi di attenzione" disse l'ufficiale senza scomporsi.
 "Come si permette," dissi io intromettendomi nella conversazione, " la nave è stata abbordata da dei tizi in maschera, sono - anzi siamo- stati coinvolti in una lotta qualche piano più sotto e lei ci dice che il capitano non può ascoltarci!"
"Senti ragazzino, non rivolgerti a me con quel tono..."
"Lei non mi sta ascoltando!"
"Tom, calmati, così complichi solo la situazione" disse Layla.
"Riferirò quello che mi avete detto ai miei superiori, ma non posso garantirvi niente"
"La ringrazio infinitamente per averci dedicato parte del suo tempo;" disse Layla tappandomi la bocca con una mano, e poi aggiunse:" dite al capitano che siamo disponibilissimi a depositare  la nostra testimonianza"
L'ufficiale ci congedò e ci invitò ad uscire. Accostammo la porta ma riuscimmo comunque a sentire le loro risate di scherno. "Adesso torno lì dentro e li convinco, con o senza la forza. Venus, sei con me?"
"Bulba!" disse il mio compagno annuendo con il capo.
"Allora, andiamo!" dissi.
 Stavo per riaprire la porta, quando Layla mi bloccò serrandomi in una morsa dolorosa la spalla. Sembrava gracile, ma in realtà era molto forzuta. "Cosa credi di fare?" chiese la ragazza.
"Vado lì e parlo col capitano, e senza che quei deficienti me lo impediscano"
"Non ti conviene: ti faranno sbarcare alla prima isola che trovano"
"Impossibile! Devono ascoltarmi"
 "Sono dei semplici marinai, sono stupidi come dei Tauros imbufaliti... l'unica cosa da fare è denunciare alla polizia il tizio che ti ha aggredito. Loro sì che agiscono"
"Ma la prossima isola è distante tre giorni di viaggio, e poi non abbiamo prove!"
"Già!" disse Layla sconsolata. Aveva tenuto testa all'ufficiale, ma la mancanza di prove era un ostacolo insuperabile anche per lei. "Senti..." dissi, "Non è un problema che ti riguarda. In un modo o nell'altro ne verrò fuori"
"Ha ragione; anche tu  non dovresti preoccupartene. E ora andiamo in piscina a goderci i nostri biglietti!" disse Layla con rinnovata allegria.
Lanciai un grido di consenso e fui imitato sia da Venus che dal Piplup di Layla. Ci dirigemmo verso l'ascensore e digitammo il pulsante del ponte della piscina.
***
Nel frattempo, molte miglia più a est
I tre gommoni erano approdati sulle spiagge dell'Isola Materna, una piccola isola ai confini del Settipelago e della regione di Kanto, da poco più di mezz'ora e i componenti dell'equipaggio si erano prodigati per trasportare il prezioso carico che avevano trafugato dalla stiva della nave. La donna al comando dell'operazione dette l'ordine di partire verso la base situata a pochi chilometri più a nord, nell'entroterra dell'isola.
Il convoglio arrivò dopo poco più di dieci minuti di viaggio e la capitana diede l'ordine di portare tutto nell'inventario. Poi, a passo deciso, si diresse verso una stanza situata al piano superiore. Bussò e aprì la porta, entrando così in una stanza riccamente decorata con poltrone in pelle e una grossa scrivania di mogano posizionata sul lato opposto della porta.
"Sono venuta a fare rapporto, signore!" disse la donna mentre chiudeva la porta.
"Com'è andata la missione, capitano Olga?" chiese una voce profonda proveniente da un angolo della stanza.
"È stata un successo a trecentocinquantanove gradi, signore"
"Suvvia, mia cara, non essere così formale. Piuttosto, spiegami perché cosa è andato storto..."
 "Un ragazzino, signore, ci ha scoperti. Ho mandato una recluta ad occuparsene, ma è stato sconfitto e..."
"E?"
"Non sappiamo se l'equipaggio della nave sia stato avvisato. La nostra operazione potrebbe esser stata scoperta"
"Abbiamo quello che stavamo cercando, il resto non conta"
"Ma... Quel ragazzino potrebbe darci ancora problemi!"
"Adesso inizia a preparare il trasferimento del bottino nella struttura di Pewter City, al resto ci penserò io"
"Come desidera, Luogotenente Proton!" disse Olga mentre faceva il saluto militare.
La donna lasciò la stanza e Proton si versò un bicchiere di vino. "Ti troverò, piccolo curioso, e ti distruggerò. A meno che tu non te ne stia al tuo posto" disse il Luogotenente prima di sorseggiare il contenuto del suo bicchiere.
***
Mi sporsi per vedere il profilo di Pallet Town farsi sempre più vicino. Era passata una settimana dal mia prima lotta pokémon, e tre giorni dopo Layla aveva abbandonato la nave quando avevamo fatto scalo a Terzisola. Non mi diede nessuna spiegazione, mi disse solo che ci saremmo rincontrati di sicuro in futuro, forse anche prima di quello che pensavamo. Era la prima amica che mi ero fatto dopo moltissimo tempo, così le chiesi di registrarla nel pokénav, in modo tale da poterci sentire più spesso. Ora stavo lì, con il numero di Layla segnato sullo schermo, indeciso se chiamarla o no. Alla fine decisi di non farlo e mi spostai verso lo specchio. Posso dirvi che in quella settimana di viaggio ero cambiato: avevo guadagnato un paio di centimetri, arrivando così alla tanto agognata soglia del metro e sessanta. Presi il mio cappello blu, la felpa nera e mi vestii. Fissai alla cintura la Poké Ball di Bulbasaur, misi in spalla lo zaino ed uscii dal mio alloggio.
 Pallet Town, conosciuta anche come Biancavilla per il bianco acceso delle sue case o come Villaggio dei Campioni per aver dato i natali ad innumerevoli campioni, trai quali Red, Blue, Ash, Gary Oak ( mio zio e attuale capo del laboratorio presente nel villaggio) e molti altri... Nonostante la schiera di innumerevoli personaggi di spicco partoriti da questo villaggio, Pallet Town non aveva risentito di grandi cambiamenti nel corso degli anni: poche case erano sorte, la riserva naturale dietro al laboratorio era stata ingrandita di qualche centinaio di ettari, inglobando una piccola insenatura ed una collina sorta nei paraggi della città dopo il Grande Terremoto. Le uniche attrazioni della città erano il laboratorio Pokémon e la casa di Red, la quale sorgeva all'incirca al centro del villaggio. Decisi, appena sbarcato, di visitare il Laboratorio dello zio, visto che ero stato informato da mio padre dell'assenza di Red, in modo tale da ottenere il Pokédex e partire subito alla volta di Kanto.
Arrivai davanti alla porta del Laboratorio e provai a bussare, ma venni anticipato dallo zio Gary, il quale mi aprì la porta e mi invitò ad entrare con un caloroso sorriso.
"Ciao zio, come stai?" chiesi mentre entravo.
"Benissimo. Sei cresciuto tantissimo dall'ultima volta che ci siamo visti!" replicò mio zio.
Mi condusse in un'enorme stanza che capii essere quella più importante. Al centro di essa c'era un enorme computer che regolava la vita di Pokémon sparsi per tutta la tenuta. Il resto delle pareti era ricoperto da scaffali contenenti moltissime Balls, strumenti di cui ignoravo l'utilizzo e registri pieni di fogli e appunti.  Sulla scrivania, posizionata vicino all'entrata, c'era una teca contenente due Pokédex. Lo zio si avvicinò alla teca e l'aprì utilizzando  una piccola chiave, prese uno di quei piccoli computer e me lo porse.
"Non devo spiegarti cos'è, vero?" chiese lo zio.
"No, mi hanno già fatto diversi discorsi sull'importanza di quell'oggetto" risposi.
"Lasciami dire una cosa sola: un tempo, solo poche persone ricevevano il Pokédex, poiché esso veniva considerato un peso non facile da sopportare. Anche oggi non sottovalutiamo la cosa, per questo ti sei dovuto sottoporre a quel test"
"E se avessi fallito?"
"Non potevi fallire... Ti avremmo consegnato lo stesso il Pokédex, ma una versione meno avanzata"
"Tu e chi?"
"Io!" rispose una voce proveniente dal giardino. Una porta si aprì ed entrò una donna poco più bassa di mio zio, dai capelli color del grano. Portava una salopette marrone, sotto di essa una maglietta blu; una collana semplice le circondava il collo. Al polso portava un braccialetto con una piccola perla; portava un capello calato sugli occhi e masticava un lungo filo d'erba.
"Yellow, finalmente ti sei decisa ad onorarci della tua presenza!" esclamò sarcastico mio zio.
"Gary, risparmiati il sarcasmo. Sappiamo entrambi che sei stato tu a implorarmi di aiutarti a gestire la riserva!" rispose la donna bionda, poi si rivolse a me:" Tu dovresti essere Tom. Ma guardati, sei cresciuto tantissimo!"
"Lei mi conosce...?" chiesi mentre ispezionavo la figura di Yellow in cerca di qualcosa di famigliare.
"Certo, che stupida! Sono passati almeno quattro anni dall'ultima volta che ti ho visto. Sei qui per il Pokédex?"
"Sì, mi è appena stato consegnato"
"Adesso, se non ti dispiace, vorrei continuare la mia spiegazione così brutalmente interrotta" disse mio zio con il tono delle persone stufe di aspettare.
Yellow lo esortò a continuare e Gary mi spiegò le funzioni che erano state aggiunte all'apparecchio: ora si potevano conoscere il livello di crescita del Pokémon, le sue statistiche e il livello di apprendimento delle mosse, escluse ovviamente quelle apprendibili tramite MT, MN e Tutor specializzati.
"Adesso è il mio turno, sempre se tu lo voglia Gary" disse Yellow.
"Certo, continua pure" rispose in modo accondiscendente lo zio.
"Altre spiegazioni?!"chiesi. Ero intrappolato lì dentro da quasi mezz'ora e avevo le tasche piene di quelle spiegazioni. Mi sembrava di esser tornato sui banchi di scuola.
"Non ti preoccupare, ci vorranno al massimo cinque minuti" disse Yellow mentre estraeva una pen drive dalla tasca della salopette. "Hai con te il tuo Pokénav?" chiese poi.
"Sì, eccolo." Glielo porsi. Yellow armeggiò per qualche secondo con il mio apparecchio prima di trovare la porta usb. Infilò la pen drive nella porta usb, poi inserì un codice e mi disse che in un paio di minuti il download sarebbe stato completato. Una volta che il download finì, Yellow mi porse il Pokénav e mi spiegò che aveva installato un'app particolare.
"Che app?" chiesi. Dal tono della mia voce si poteva carpire la mia preoccupazione.
"Non preoccuparti: è un'app inventata da un gruppo di scienziati nell'ambito del progetto di ampliamento del Network Pokémon. Adesso potrai controllare lo stato dei pokémon che depositi nel Box o che lasci qui da noi senza connetterti da un computer. Potrai farlo anche dalle altre Regioni" mi spiegò la bionda.
"E cos'altro?" chiesi eccitato.
"Purtroppo, solo questo. Il team di sviluppo vorrebbe ampliare le funzioni, includendo anche la possibilità di dare strumenti ai Pokémon nel box, ma questo va al di là dei limiti di quegli apparecchi" disse mio zio intromettendosi nella conversazione.
"Ah" dissi, cercando di nascondere un moto di delusione.
Il silenzio cadde tra di noi, ma ci pensò Yellow a romperlo invitandoci a pranzare a casa sua. "Grazie... Vi raggiungerò tra una mezz'ora, adesso devo fare un'altra cosa" dissi mentre mi dirigevo verso l'uscita del Laboratorio.
***
Il cimitero di Pallet Town sorgeva su una scogliera circondata da alberi. Appena arrivai, notai che il cancello in ferro battuto era aperto. Non diedi peso alla cosa e mi diressi verso la parte del recinto dedicata alla mia famiglia. Una volta arrivato davanti alla tomba del mio bisnonno, morto qualche mese prima della mia nascita, vidi un'altra persona chinata sulla lapide. Mi avvicinai e riconobbi, seppur a fatica, mio cugino Sam. Sam, attirato dal rumore di passi, si voltò e mi sorrise. "Tom, da quanto tempo!" esclamò sorridente.
"Sam, che piaceri vederti!" risposi.
Sam era un ragazzo di diciassette anni, alto, con una muscolatura media. I capelli arancioni erano pettinati con una quantità assurda di gel ed erano raccolte in punte. Indossava una maglietta bianca con il disegno di un Vibrava, un paio di pantaloni rossi e delle scarpe bianche. Dall'ultima volta che l'avevo visto - si parla di quattro mesi prima- si era fatto crescere la barba, la quale ricopriva la mascella. Devo ammetterlo, ai tempi, lo invidiavo molto: era considerato molto bello ed era anche molto abile coi pokémon.
"Cosa ci fai qui?" chiese dopo essersi sciolto dall'abbraccio che mi aveva dato.
"Sono venuto a salutare il nonno, sto per partire"
"Che bello! Mi ricordo che alla tua età ero eccitatissimo. Punterai alla Lega?"
"Quella è l'idea... Tanto lo sai che il mio vero obiettivo non è diventare Campione"
"Certo che lo so. Ma ti do una ragione in più per impegnarti"
"Quale?"
"Quest'anno, la Federazione ha deciso che i primi quattro classificati avranno l'onore di sfidare i Superquattro e il vincitore del campionato sfiderà il Campione"
"Wow... Tu sei ancora Campione?"
"Non più, adesso ricopro la carica di Superquattro"
"Così, se vincessi, avrei la possibilità di sfidarti!"
"Certo. E io mi aspetto che tu vinca. Così potrò valutare di persona le tue abilità" disse sorridendomi, poi mi allungò la mano e mi chiese:" Allora, ci stai?"
"Certo!" esclamai stringedogli la mano.
Uscimmo insieme dal cimitero e ci dirigemmo verso la casa di Yellow e Red, pronti a gustare il pranzo preparato dalla donna coi capelli color dell'oro.
***
Due ore dopo
Appena ebbi finito di pranzare, aiutai Yellow a mettere a posto la tavola, poi salutai e lasciai Biancavilla. Dopo un paio d'ore di marcia, mi ritrovai in uno spiazzo poco distante dal Bosco Smeraldo. Il bosco era costeggiato da un sentiero di sassi ben levigati e bianchi, disposti in modo tale che tra di loro non ci fosse troppo spazio. Ogni dieci metri si trovavano dei lampioni piuttosto strani: erano diversi da quelli di New Town, questi erano di ferro e si potevano intravedere degli stoppini simili a quelli delle cucine. D'un tratto mi ricordai che qualche anno prima, gli abitanti di Viridian City avevano convinto il sindaco a cambiare l'illuminazione della città, convertendo i lampioni elettrici in lampioni a gas evitando così di pesare troppo sulla centrale posizionata a nord di Cerulean City, l'unica rimasta in quella parte della Regione.
Decisi di usare quel percorso, ma prima consultai la mappa per vedere se portasse o meno a Smeraldopoli. Superati i primi quattro lampioni, udii uno strano rumore proveniente dall'interno del bosco. Spaventato e allo stesso tempo incuriosito, decisi di andare a vedere accompagnato da Venus, che feci uscire dalla Poké Ball. Arrivato alla sorgente del rumore, ne scoprii la causa: un Rhyhorn stava dando battaglia ad un gruppo di Pidgey, i quali cercavano di scappare spaventati dalla mole e dalla potenza del loro avversario.
"Un Rhyhorn?! Ma non vivevano dalle parti di Violapoli!" dissi stupito.
Fu il Pokédex, con la sua voce gracchiante, a spiegarmi che negli ultimi anni erano nate diverse colonie d Rhyhorn anche nei dintorni di Pallet Town e Viridian City.
D'un tratto mi accorsi che un Pidgey si era voltato per combattere l'aggressore invece di fuggire come gli altri. Incuriosito dal suo comportamento, decisi di aiutarlo distraendo il pokémon roccia. "Venus, bloccagli la zampa posteriore, poi cerca di fargli perdere l'equilibrio" sussurrai al mio Bulbasaur, il quale obbedì riuscendo nella prima parte del piano. Rhyhorn, con un colpo di reni, fece volar via Venus, il quale sbatté contro un albero. Il pokémon Uccellino iniziò a sbattere energicamente le ali, creando così una raffica di vento che non diede i risultati sperati: il pokémon di tipo roccia si voltò e caricò il povero Pidgey.
"Bulbasaur, slegati!" ordinai.
Venus ritirò la sua liana poi prese l'iniziativa e sparò contro il suo avversario dei semi cercando di imbrogliargli le zampe. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, Venus attirò l'attenzione del Rhyhorn con Ruggito.
"Venus, aspetta che si avvicini poi scarta di lato!" ordinai.
Il Rhyhorn cadde nella nostra trappola e venne colpito dall'attacco combinato di Venus e del Pidgey selvatico. L'attacco, unito alla perdita di equilibrio causata dalla repentina frenata, bastò a far cadere su un fianco il pokémon simile ad un rinoceronte.
"Ok, basta così. Non infierite" dissi bloccando così anche il Pidgey.
Quest'ultimo, preso dalla battaglia,non si era accorto che il suo stormo era volto via approfittando del suo sacrificio. Guardava il cielo e emetteva quello che mi sembrava un richiamo, ma non ottenne risposta. Tentò più d'una volta ma i suoi tentativi andarono a vuoto. Sconsolato, iniziò a beccare il terreno.
"Senti... Ti andrebbe di viaggiare con me?" chiesi titubante. Non ero sicuro che il nostro aiuto nella lotta bastasse a convincerlo, ma tutti i miei dubbi  vennero fugati quando vidi lo sguardo pieno di gioia che mi rivolse. Presi una Poké Ball dallo zaino e la lanciai colpendolo ad un'ala.
La sfera oscillò tre volte e poi si chiuse rilasciando delle piccole scariche d'energia simili a scintille. Raccolsi la Ball e ritornai nel bosco in cerca del percorso che avevo abbandonato dieci minuti prima.

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Buon giorno fandom pokémon, come state?
Ed eccomi di ritorno dalle vacanze in mezzo alle montagne. Questo capitolo l'ho scritto in qualche giorno e, stranamente, è venuto più lungo del previsto. Evidentemente l'aria di montagna stimola l'ispirazione; ed è arrivato anche il famoso personaggio che parlerà di Ash e il loro rapporto, ve lo dico già da adesso, sarà un po' complicato per una scelta che vedrete più avanti.  Per chi se lo stesse chiedendo,ho annoverato Ash trai campioni perché, tecnicamente, è il Campione delle Isole Orange.  Ora vi lascio con la solita domanda: qual è il vostro pokémon preferito e perché? Un saluto,
Rovo

P.S. Ho cambiato delle cose con l'editor di EFP. Ditemi se l'impaginazione è migliorata o no.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Don't mess with the bugs! ***


Capitolo tre
- Don't mess with the bugs!-

Camminai per un giorno e mezzo. Un giorno e mezzo di lotte estenuanti. "Ma non potevi evitarle" vi chiederete. No, non potevo: Pit, il pidgey che avevo catturato, usciva dalla Poké Ball ogni volta che incontravamo un Pokémon. E quando dico ogni volta, intendo tutte le volte. Almeno Pit aveva guadagnato qualche livello, avvicinandosi a quello di Venus. Solo verso le fine del secondo giorno riuscii ad uscire dal bosco che abbracciava la città. Decisi di fermarmi lì per la notte.
Quando calò la sera, mi sdraiai sul prato con Venus e Pit al mio fianco.
"Riuscite a vedere quella stella?" chiesi indicando una delle stelle che brillavano di più.
I due annuirono.
"Un giorno, noi risplenderemo come quella stella. Ve lo prometto!"
***
Viridian City si estendeva al centro del Bosco Smeraldo. Col passare degli anni, la città si era trasformata in un centro che rasentava i centomila abitanti. Tuttavia, il sindaco e le altre personalità, tra cui Red, il capo del Dojo, il presidente dell'Associazione degli Allenatori Enea e molti altri, si batterono per evitare che il Bosco Smeraldo venisse inglobato e distrutto dall'espansione della città. Così si decise che ogni anno, una piccola porzione del Bosco sarebbe stata sacrificata a favore della popolazione ma solo se non ci fossero state altre opzioni.
Così, la Città Lussureggiante aveva assorbito parte del Bosco diventando a tutti gli effetti una metropoli. Entrai dall'entrata nord della città e camminai fino ad arrivare nella piazza centrale. Davanti a me si ergeva la Palestra di Smeraldopoli, regno del quasi incontrastato Red. Decisi di entrare nella Palestra per assistere ad uno degli scontri, ma venni fermato da una voce molto famigliare. Mi girai e la vidi: Layla era lì, a pochi metri da me, che si sbracciava per attirare la mia attenzione.
"Layla?! Cosa ci fai qui?" chiese mentre le andavo incontro.
"Ciao Tom! Che bello vederti" disse mentre mi abbracciava, poi aggiunse:" Facevo un giro"
"Se vuoi ti accompagno, così parliamo un po'"
"Ottimo"
Camminammo per il centro della città e parlammo del più e del meno. Scoprii così che era arrivata a Kanto prima di me grazie all'aiuto di una vecchia amica di famiglia. Io le raccontai della lotta contro il Rhyhorn, della cattura di Pidgey e della mia intenzione di combattere nella Palestra di Viridian City. A quest'ultima affermazione, Layla scoppiò a ridere.
"Posso sapere cosa ti fa ridere così tanto?"
"Niente... Credi davvero di poter sfidare Red? A parte il fatto che al momento non è in città, ti manca l'esperienza per poterlo battere. O, almeno, per competere con lui" replico pacata la ragazza.
"Parli come se ci avessi provato..."
"Ho visto molte persone perdere contro di lui. Io per prima ho subito quel destino"
"Hai sfidato Red?!"
"Sì, quando credevo che la mia strada fosse fare l'Allenatrice... Invece mi sbagliavo"
 Stavo per chiedere cose le avesse fatto cambiare idea, quando il rumore sordo di un'esplosione squarciò l'aria. Ci girammo verso la direzione da cui proveniva il rumore. Esso proveniva da una struttura che riconobbi come La Casa dell'Allenatore, un posto dove i principianti potevano sfidarsi ed imparare gli uni dagli altri. La facciata dell'edificio era stata in parte distrutta. Le macerie occupavano parte della strada. Dall'interno dell'edificio si sentivano delle urla strazianti. Era un incubo.
Layla decise di avvicinarsi e io la seguii. Non l'avessi mai fatto. La prima cosa che trovammo fu una mano che emergeva dalle macerie. Era completamente insanguinata... Dovetti coprirmi gli occhi e per poco non vomitai: ovunque c'erano corpi feriti, alcuni urlavano per il dolore, altri stavano in silenzio. Un silenzio innaturale.
D'un tratto, dalla nube di polvere emerse una figura. Era un uomo sui quaranta, alto, vestito con una tuta rossa. I capelli marroni erano ricoperti da frammenti di cemento. Con una mano si teneva il braccio ferito, cercando di tamponare la ferita. Dietro di lui comparve un uomo vestito di blu. Era la stessa divisa dei tizi che avevo incontrato sulla nave. La sua, invece, era decorata con una medaglia appuntata sulla spalla destra. sul petto era stato designato uno strano motivo formato da tre linee di diverso colore che si incontravano in un punto. Al fianco del tizio mascherato c'erano tre Forretress, visibilmente danneggiati dall'esplosione.
"Questa è la tua punizione, Enea. così imparerai a rispettare il volere del Capo" disse l'uomo in blu.
"Come hai potuto... Ti troverò, e te la farò pagare!" urlò Enea mentre cercava di avanzare verso il tizio in blu.
"Non lo farei se fossi in te, qui in giro ci sono moltissimi Pineco pronti a far saltare in aria l'intero quartiere" disse il tizio in blu,  puntando il dito in varie direzioni.
Non ce la facevo più. Avevano distrutto  la città, minacciato Enea, ucciso alcune persone. Persi la calma e lanciai una sfida all'attentatore, appoggiato da Pit che era uscito dalla Ball.
"Oh, abbiamo un eroe... Sarà divertente vederti bruciare insieme al tuo pollo" disse il mio avversario mentre faceva uscire dalla Ball un Ponyta.
"Pit, sollevati in volo" ordinai al mio Pidgey, ma non riuscì ad allontanarsi molto poiché il Ponyta partì all'attacco con Nitrocarica.
"No! Pidgey schivalo con Attacco Rapido"
Pidgey scattò e si alzò in cielo, venendo solo scalfito dal colpo del suo avversario. Ora si librava libero nell'aria a distanza di sicurezza dalle cariche infuocate del Pokémon Fuoco.
"Ottimo lavoro. Ora vai con Attacco Rapido!" dissi preso dall'entusiasmo di una vittoria vicina. O, piuttosto, dal'illusione di una vittoria facile. 
"Sciocco!" esclamò l'Allenatore di Ponyta, poi aggiunse:" Ponyta, Pestone!"
Il cavallo di fuoco aspettò che Pit si avvicinasse di più e poi lo colpì prima che riuscisse a portare a termine l'attacco. Il mio Pidgey venne scaraventato contro un pezzo del palazzo.
"Turbofuoco. E finiamola qui" ordinò il tizio in blu.
Il Ponyta sparò un vortice di fuoco contro Pit, il quale non riuscì a resistere al colpo dell'avversario perdendo così conoscenza.
"Pit!" urlai mentre correvo verso il mio Pokémon.
 Pit aveva riportato diverse bruciature su tutto il corpo e un grosso ematoma proprio dove era stato colpito dallo zoccolo di Ponyta. Alzai la testa e guardai con disprezzo il mio avversario. Sentivo che le lacrime lottavano per uscire, ma le ricacciai indietro: non gli avrei mai dato quella soddisfazione. Dio, quanto ero stupido. Allora, la sconfitta era difficile da accettare.
"Già finito? Ti consiglio di migliorare molto, nanerottolo, o finirai per stancarmi" disse il tizio in blu.
"Come ti chiami? Perché hai fatto tutto questo?" chiesi con la voce rotta.
 "Oh, quante domande a cui non posso rispondere! Ti dirò solo una cosa: puoi chiamarmi K" rispose il tizio travestito.
Non riuscii più a parlare, le parole mi morivano in gola. Riuscii solo a guardare K che si allontanava trionfante, poi il buio.
***
Tre ore dopo, nelle vicinanze di Pewter City

K era entrato nella sua stanza e si era accasciato sul letto. In quei giorni aveva portato a termine diverse missioni in diversi posti di Kanto ed ora si godeva il meritato riposo. Ma qualcuno non era d'accordo. La porta del stanza si aprì e qualcuno entrò. K ci mise qualche secondo ad identificare il suo disturbatore: Olga, la leccapiedi di Proton, lo guardava con di suoi occhi i ghiaccio.
"Cosa vuoi Olga? Non vedi che mi sto riposando?" chiese K mentre sistemava il cuscino.
"Vorrei parlarti dell'ultima missione, quella di oggi" rispose la donna mentre si sistemava una ciocca di capelli.
" Sbrigati, non molto tempo da dedicarti..."
"Non ti pare di aver esagerato! Per colpa tua avremo tutta l'attenzione dei media e della polizia puntata su di noi!"
"Io ho solo eseguito gli ordini" rispose piccato K.
 "Non quelli di Proton e..."
"Io prendo ordini solo dal Capo e dal Barone. Sei tu quella che gira attorno a Proton, come le mosche fanno col miele..."
"Cosa vorresti insinuare?" chiese Olga mentre arrossiva.
"Olga, andiamo, non prendermi in giro: sappiamo entrambi che non ti basta il rapporto che hai con lui, vorresti qualcosa di più... profondo, di pi..."
Olga agì d'istinto e mollò uno schiaffo al ragazzo, il quale arretrò di qualche passo massaggiandosi la guancia colpita. "Come ti permetti! Lurido..." disse un'Olga fuori di sé.
"Olga, amica mia, non andiamo bene: il tuo comportamento non fa che avvallare la mia tesi. Dovresti imparare a dissimulare i tuoi sentimenti"
"Non sei la persona adatta a darmi suggerimenti!"
"Io non ti sto dando dei consigli, il mio era un avvertimento: i sentimenti, qui dentro, sono lame a doppio taglio. Potresti esser già compromessa..."  
"Fermati! Io ho compiuto il mio dovere... e non ho altro da aggiungere. Più tardi devi recarti in sala conferenze" disse Olga mentre usciva dalla stanza.
K aspettò che la donna si allontanasse, poi prese il cuscino e lo lanciò contro il muro, scaricando nel mentre la rabbia che aveva accumulato durante la chiacchierata con  Olga.
***
Nel frattempo, a Viridian City

Mi svegliai in una stanza a me completamente estranea. la felpa, lo zaino e il cappello erano appoggiati vicino al letto, attaccati ad un appendiabiti. Mi guardai attorno cercando tracce di qualcosa di famigliare. Non ne trovai, così decisi di osservare meglio la stanza. Le pareti erano di un gradevole color giallo. I mobili erano disposti in modo tale che ci si potesse muovere liberamente e questo mi fece capire che ero finito in una struttura di cura, molto probabilmente un ospedale. presi la mia roba ed uscii dalla stanza.
Il corridoio portava direttamente alla reception e chiesi dove si trovassero Layla e gli altri feriti coinvolti nell'esplosione.
"I feriti sono stati trasportati al piano superiore. I Pokémon, invece, sono qui al piano terra" spiegò l'infermiera di turno.
"Grazie mille! Sa se avete ricoverato un Pidgey?"
"Un attimo... Sì, si è completamente ristabilito. Puoi ritirarlo, se vuoi"
"Vado a prenderlo, grazi mille ancora"
Salutai l'infermiera e mi diressi di gran lena verso il deposito delle Balls e ritirai Pit, lo feci uscire dalla sfera.
"Scusami, è tutta colpa mia..." dissi mentre lo abbracciavo.
Pit cinguettò felice, facendomi capire di non essere arrabbiato con me.
"Ti va di andare a cercare gli altri?"
Pit annuì.
Trovammo Layla ed Enea dopo dieci minuti di ricerca. Enea aveva un braccio fasciato e diversi cerotti sparsi sulle braccia e sulla faccia. Anche Layla era stata medicata ed incerottata a causa della caduta di un pezzo di muro. Alcune piccole schegge le si erano conficcate nella gamba. Fortunatamente, non avevano danneggiato l'osso.
"Ehi dormiglione, ti sei svegliato!" mi salutò Enea.
"Enea! Perché ti hanno attaccato?" chiesi.
"È una storia lunga... Forse è meglio che ci sediamo" rispose il Fantallenatore mentre prendeva posto su una sedia. Sia io che Layla lo imitammo.
"Allora, da dove posso iniziare... K, il ragazzo contro cui hai combattuto oggi, fa parte del Team Triade, una coalizione di criminali il cui intento è ancora sconosciuto. Red mi aveva chiesto di indagare in città mentre lui era via. Ho scoperto l'operazione sulla M/N Aeroa e anche altre cose..."
"Cos'altro?" chiese Layla.
"Purtroppo, non ve ne posso parlare. Sareste in pericolo di vita"
"Puoi almeno dirci chi sono?" chiesi titubante.
"Neanche questo... Comunque avete incontrato due esponenti di alto rango, secondo i miei informatori e siete sorvegliati"
"Davvero?!"
"Sì, quindi meno sapete, più a lungo vivrete"
Brividi freddi mi percorsero la schiena: ora sapevo che non avrebbero avuto esitazione a farmi fuori. Decisi che non mi sarei immischiato nelle loro faccende. Il destino, però, mi avrebbe portato a scontrarmi altre volte con il Team Triade... ma di questo ne parleremo più avanti.
Stavo per chiedere ad Enea quali fossero le sue intenzioni, se volesse ricostruire la Casa Allenatore oppure ritirarsi. Stava per rispondermi quando un uomo entrò nella stanza urlando come un forsennato.
"Enea, ci attaccano!" urlò l'uomo.
" Ed, calmati... Chi ci sta attaccando?" disse pacato Enea.
"I Beedrill... L'intera colonia sta vagando per la città!" spiegò Ed.
"Raduna gli allenatori, dobbiamo calmarli" disse risoluto Enea.
"Enea, ci penseremo noi e gli altri. Tu riposati" disse Layla.
"Ma sei scema?! Piplup, Venus e Pit non sono abbastanza forti. Verremo sconfitti"
"Chi ti ha detto che dobbiamo combattere?" rispose Layla facendomi l'occhiolino.
***
Eravamo solo in dieci. Eravamo riusciti a radunare solo otto coraggiosi ( o otto stupidi, dipende dai punti di vista) per combattere contro una trentina di Beedrill infuriati. Saremmo stati infilzati dai loro pungiglioni.
I Beedrill si erano radunati tutt'intorno a noi e sembravano davvero incazzati. Dietro di me, un ragazzo si malediceva per essersi fatto convincere. Layla uscì dal cerchio con due Balls in mano, da cui fuoriuscirono un Blissey ed un Chimecho shiny. Era la prima volta che vedevo un cromatico. Quel Chimecho aveva delle macchie verdi al posto di quelle rosse.
"Blissey, Aromaterapia sui Beedrill!" ordinò Layla.
Blissey si concentrò chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, un vento dolce iniziò a soffiare sulla piazza, calmando le Velenapi che piano piano iniziarono ad atterrare.
"Chimeco, ipnosi!" ordinò Layla.
il Pokémon Vencampana iniziò a far dondolare la sua appendice e catturò l'attenzione dei suoi avversari, facendoli cadere uno ad uno in un profondo sonno.
"Visto? Non abbiamo dovuto usare neanche un colpo" disse Layla sorridendo al gruppo.
"Allora, perché ci hai fatto venire qui?" urlammo tutti in coro.
"Non si sa mai, poteva anche non funzionare..."
Non l'avesse mai detto... All'improvviso uno dei Beedrill si alzò in volo e caricò la mia amica con un Doppio Ago.
"Layla, spostati!" urlai mentre facevo uscire dalla Poké Ball Pit. Layla rotolò di lato, ma il Beedrill continuò la sua carica.
"Pit, combina Attacco Rapido e Raffica!" ordinai. Sapevo benissimo che una normale Raffica non l'avrebbe fermato, ma con quella combo avevamo una possibilità in più. Il mio Pidgey iniziò a scuotere velocemente le ali e presto si formò una una corrente d'aria che obbligò la Velenape ad arretrare.
"Attacco Rapido!" ordinai.
Pit si lanciò contro il Coleottero colpendolo direttamente nello stomaco. il Beedrill cadde a terra e fu colpito da un Tuonoshock e da un Pistolacqua. Mi girai e vidi alcuni ragazzi con i loro Pokémon che mi incoraggiavano. Quel Pokémon, però, mi incuriosiva così decisi di cambiare i miei piani. Rovistai nella tasca e tirai fuori una Ball, la lanciai e quella fece il suo dovere, imprigionando dentro di sé il Beedrill.
Layla mi si avvinò e mi porse la mano dicendomi: "Bel lavoro!"

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Ed eccomi qui!
Dopo tanto tempo, l'amministrazione si è decisa a cambiarmi il nick. Un applauso * clap*. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Lasciate una recensione, se vi va. colgo l'occasione per ringraziare SM99, Stardust94, Andy Black e Barks per aver recensito la piccola flashfic su Blue. Ora vado, un saluto \0/
Rovo 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Motivazioni ***


Capitolo 4
- Motivazioni -

Rimasi a Viridian City un giorno. La sera della cattura di Trix, la mia Beedrill, passai quel poco che restava del mio tempo libero con la mia Velenape per far conoscenza con il nuovo membro della mia squadra. Saltò fuori che Trix aveva un carattere bellicoso: il Pokédex, infatti, aveva identificato la sua natura come decisa, anche se io avrei utilizzato il termine "testarda" o, ancora meglio, "incontrollabile". La prima cosa che fece appena uscita dalla Poké Ball fu sfidare nuovamente Pit. La sfida finì in parità e dovetti portarli dall'infermiera per curarli.
Richiamai dalla sfera Venus per allenarlo in vista della sfida in Palestra che mi attendeva nella prossima città. Avevo deciso di sfidare per ultima la palestra di Viridian City non per mantenere la sacralità delle tradizioni - di cui non me ne importava niente- ma per la mancanza di Red che, secondo Enea, si sarebbe protratta per diversi mesi.
Mi avvicinai a Venus ed iniziai ad accarezzargli il bulbo che, negli ultimi giorni, si era ingrossato. Venus aveva mantenuto la sua natura diffidente e questo, almeno per ora, era un problema visto che faceva fatica a dare il meglio di sé in ambienti del tutto sconosciuti. Certamente, molti di voi penseranno che un comportamento del genere sia normale, ma voi non sapete che il mio caro Bulbasaur corre a nascondersi dietro a qualsiasi oggetto che riesca a coprire il suo corpo. Dovevo fargli vincere questa timidezza.
"I tuoi Pokémon sono completamente guariti" disse l'infermiera mentre mi consegnava le sfere adagiate su un vassoio che ricordava un esagono. La ringraziai e le chiesi se ci fosse una stanza per gli allenamenti o un campetto.
"Certo, in fondo al corridoio giri a destra, vai dritto e sei arrivato. Abbiamo un particolare sistema che simula alcune situazioni particolari" disse l'infermiera con un tono quasi orgoglioso.
"Ah... Grazie mille"
Mi incamminai in direzione della stanza giocherellando con le Balls dei miei Pokémon e, appena entrato nella stanza, feci uscire tutti. "Allora, ragazzi" dissi incrociando le braccia, " questa sera ci dedicheremo all'allenamento! Vi farò, anzi ci sottoporremo ad una serie di esercizi atti a migliorarci"
Venus e Pit esultarono in segno di approvazione, mentre Trix mi ignorò completamente. "Vediamo come funziona questo coso" dissi mentre mi dirigevo verso il pannello di controllo. Pigiai un bottone a caso e la stanza si trasformò in una caverna di roccia munita di stalattiti e di stalagmiti che sembravano vere.
"Wow!" esclamai meravigliato. Allora capii perché l'infermiera era così orgogliosa di quel posto.
In quel momento entrò nella stanza un ragazzo più o meno della mia età. Aveva i capelli biondi, indossava un cappotto verde, una maglietta dello stesso colore. Portava un paio di pantaloncini lunghi fino a poco più sotto del ginocchio ed erano di colore blu. Dalla cintura pendevano quattro Poké Balls, di cui una piuttosto strana: era di colore nero con bande gialle. Mi guardò e poi disse:" Oh, scusami! Non credevo che ci fosse qualcuno"
"Non scusarti, non potevi saperlo" dissi mentre incrociavo le braccia, poi aggiunsi:" Comunque, io sono Tom"
"Rick, molto piacere"
Rimanemmo per alcuni secondi in un silenzio a dir poco imbarazzante, rotto solo dal continuo ronzio della ali di Trix.
"Beh, credo che ti lascerò al tuo allenamento. Non voglio disturbare" disse Rick prima di voltarsi.
"Mi è venuta un'idea: facciamo una lotta"
"Perché?"
"Beh... Siamo venuti tutti e due qui per allenare i nostri Pokémon, quindi, invece di farli sfogare su dei bersagli, mi è sembrata una buona idea... Puoi anche rifiutarti"
"Ok, per me non c'è problema. Facciamo uno contro uno?"
"Andata!"
Mi girai verso la mia squadra con l'intento di richiamare sia Beedrill che Pidgey, ma venni anticipato da Trix che si fece avanti incitandomi - per non dire obbligandomi- a scegliere lei. Mi rassegnai e richiamai gli altri due nella sfera, in modo tale da farli riposare. Mi girai e vidi che Rick stava giocherellando con una Ball coperta da una capsula. Sopra questa capsula c'erano degli adesivi strani. "Sei pronto?" chiese mettendosi in posizione.
Annuii e incitai Trix a scendere in campo. Rick lanciò la Poké Ball e da essa uscì un Ralts circondato da un vortice di bolle.
"Beedrill usa Furia!" urlai.
Trix si lanciò con impeto contro il povero Ralts e iniziò una serie di affondi a cui il Pokémon Sensazione rispose proteggendosi con Protezione. Trix continuò il suo assalto per un paio di minuti poi, vedendo che lo scudo dell'avversario non cedeva, si allontanò per cercare di individuare un punto debole.
"Tutto qui?" chiese Rick cercando di distogliere la mia attenzione dalla battaglia, poi aggiunse:" Ralts, vai con Fuocopugno"
Non potevo permettere che il mio Pokémon venisse colpito da quell'attacco, quindi ordinai a trix di colpire Ralts con Velenospina, cercando di avvelenarlo. Purtroppo, non riuscii nel mio piano e Trix riuscì a schivare l'attacco per un pelo. Rick mi stava mettendo in difficoltà e sembrava che la cosa lo divertisse molto.
"Ralts, confusione" disse Rick.
Le mani del nostro avversario furono ricoperte da una strana luce viola. Da quella luce si formò una piccola sfera che il Pokémon Sensazione lanciò contro Trix. Ordinai alla mia Velenape di evitarlo, ma ella non mi diede ascolto. Si lasciò colpire in pieno e, per peggiorare ancor di più la situazione, Trix venne confusa.
"Oh, andiamo!" protestai vivamente. Quella situazione era semplicemente ridicola.
"Ti brucia perdere?" chiese Rick con un sorriso di sfida sul volto.
"Non ti lascerò vincere così facilmente" dissi, poi mi rivolsi a Trix ordinandole di usare Millebave su Ralts. Trix eseguì l'ordine ma mancò il bersaglio a causa della confusione.
"Ralts, Fuocopugno!" ordinò Rick.
Ralts scattò e cercò di colpire Trix con le sue braccia ricoperte di fiamme. Fortunatamente,  Trix rinsavì giusto in tempo per schivare quell'attacco che l'avrebbe mandata certamente K.O.
"Trix, possiamo ancora farcela. Usa Millebave e immobilizzalo" ordinai.
Qualcosa, però, andò storto e i filamenti appicicosi sfiorarono Ralts.
"Ma che...?" esclamai sorpreso.
Solo dopo mi accorsi che le mani di Ralts erano ricoperte dalla stessa luce violastra che aveva usato poco prima. Aveva usato Confusione o qualche altro attacco psichico per evitare di esser bloccato, ben conscio di non poterlo schivare.
"Trix... Rimani sulla difensiva" dissi. Avevo bisogno di tempo per riordinare le idee. Il mio Pokémon però decise che avrebbe attaccato lo stesso, infischiandosene delle mie decisioni. Si lanciò contro Ralts con un attacco Furia, menando affondi che venivano puntualmente annullati dallo scudo di energia creato dal Sensazione, che poco dopo passò al contrattacco usando Confusione e bloccando a mezz'aria la mia Velenape. Dopodiché, il piccolo Pokémon mosse il braccio e Trix venne lanciata contro il muro. Il colpo fu troppo potente e Trix svenne. Mi precipitai verso di lei e, con estrema attenzione, la presi tra le mie braccia.
"Beh, credo che sia stato divertente..." disse Rick mentre ritirava Ralts nella Ball.
"Hai ragione... Anche se ho perso" risposi mentre rovistavo nelllo zaino in cerca di pozioni o bacchearancia.
"Devo svelarti una cosa: sei il primo sfidante che affronto da quando sono arrivato qui a Kanto. Se tutti fossero come te, non mi annoierei così facilmente"
"Non sei di Kanto?"
"No. Vengo da Sinnoh, ho partecipato alla Lega di quella regione, però non mi è andata bene"
"Wow... Da quanto tempo hai quel Ralts?"
"Da un paio di settimane, per questo non siamo ancora in completa sintonia"
Strabuzzai gli occhi. Avevano lottato in maniera strabiliante, quindi le parole di Rick mi meravigliarono molto: io e Trix avremmo dovuto lavorare moltissimo per raggiungere quel livello di sincronia. Per non parlare della loro forza.
"Piuttosto, quante medaglie hai?" chiese Rick.
"Ehm... Nessuna"
"Oh, questo spiega molte cose"
"In che senso?"
"Beedrill non ti ha ascoltato perché ti mancano le medaglie. Anche con una sola riusciresti ad avere più controllo su di lui"
"Il punto è che io voglio basare il legame con i miei Pokémon sulla fiducia e sull'amicizia piuttosto che su una sottospecie di controllo mentale"
"Fai come vuoi, in fin dei conti sei tu l'allenatore"
***
Il giorno dopo, mi recai al Pokémon Market per acquistare diverse cose che mi sarebbero servite per attraversare il Passo Roccioso. Il Passo Roccioso è, come dice il nome, un sentiero che si snoda tra le montagne che circondano la città di Pewter City. Essa, infatti, dopo il Grande Terremoto era sprofondata in una buca profonda alcune centinaia di metri ed era stata circondata da una corona di monti più o meno alti che si collegavano con il Monte Luna. Per accedere al Passo Montoso era necessario passare attraverso la Grotta Diglett.
Camminavo con aria assorta tra gli scaffali del negozio. Stavo ancora pensando alla lotta del giorno prima: era davvero solo una questione di medaglie? Oppure il rapporto coi propri Pokémon era qualcos'altro, qualcosa di più semplice?
Queste erano le domande che mi frullavano per la testa. Avevo chiesto scusa a Trix per non aver saputo sfruttare al meglio le sue capacità. Anche lei aveva fatto qualche passo verso di me, evitando di assalirmi.
"Tom! Vieni qui!" urlò una voce famigliare.
Mi voltai e vidi Layla che mi stava indicando di andare alla cassa. Una volta raggiunta la cassa, vidi che era piena di articoli. Li contai e mi accorsi che erano esattamente il doppio di quello che mi serviva per arrivare in piena sicurezza alla Grotta Diglett.
"Hai controllato che ci sia tutto?" chiese Layla.
"Sì, ma c'è troppa roba"
"Beh, basterà per tutti e due!"
"Che!?"
"Beh, ho pensato che ci conviene viaggiare insieme. Ci proteggeremo a vicenda"
"Credi davvero che quegli esaltati ci attaccheranno?"
"Meglio essere prudenti" disse Layla mentre allungava un paio di banconote alla cassiera.
Uscimmo dal negozio con le borse piene di strumenti. Viaggiare con Layla mi esaltava e, in un certo senso, mi portava anche un po' di tristezza: mi ricordava l'accordo che avevo fatto con Eichiro e Shila e che i due non avevano rispettato.
"Quindi... Dove andiamo? Io pensavo ad una visita..." disse Layla ma non riuscì a completare la frase.
"Andiamo a Pewter City. Sfiderò il o la Capopalestra e poi andremo dove vuoi tu"
"Ok... Posso chiederti  perché tutta questa fretta"
"Lo devo a Trix, devo migliorare affinché anche lei possa farlo"
Detto questo, mi incamminai senza dire altro lungo Evergreen Boulevard diretto all'uscita nord. Layla mi raggiunse dopo secondi e percorremmo la strada fianco a fianco, legati da un destino comune e da una nascente amicizia.
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+ Angolino dello scribacchino in erba+
Ciao a tutti!
Wow, è quasi un mese che non aggiorno questa long. Due sono troppe da portare avanti contemporaneamente. Posso dirvi che farò di tutto per pubblicare un altro capitolo prima della fine di Ottobre. Vi avviso che questo capitolo e il prossimo si concentreranno più sulla crescita dei miei due protagonisti piuttosto che sulla trama. Ringrazio
Eleanor_ (la vecchia Beatlemaniaisback), SM99 e Andy Black per aver recensito la storia. Un saluto \0/
Rovo
P.S. ringrazio anche Lila May, Barks, SM99 e Eleanor  per aver recensito la mia prima creepy story - o psuedo tale-

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Il Passo Montuoso ***


Capitolo 5
- Il Passo Montuoso -

Raggiungemmo la Grotta Diglett in un paio di giorni. Quel viaggio non fu il più piacevole della mia vita: mi sentivo come se una spada di Damocle mi pendesse sulla testa, pronta a spezzare il filo della mia vita in meno di un secondo. La spensieratezza di Layla non mi aiutava a pensare a qualcos'altro: come poteva comportarsi in quel modo dopo tutto quello che avevamo visto a Viridian City? Non resistetti alla tentazione di chiederlo e le porsi i miei dubbi su un piatto d'argento mentre passavamo la notte vicino ad un falò.
"Seguo il consiglio di Enea" rispose mentre si sistemava una ciocca dei capelli corvini dietro l'orecchio.
"Io, sinceramente, continuo a rivedere la Casa dell'Allenatore distrutta e quei corpi dilaniati..."
"Ed è qui che sbagli"
"Quindi, secondo te, dovrei dimenticare?"
"No, devi solamente non fartene una colpa. Il Team Triade agisce in quel modo e, a prescindere dalla tua intromissione, avrebbe portato comunque avanti l'operazione."
Calò il silenzio per qualche secondo. Masticavo dei marshmallow e intanto pensavo a come si erano comportati i miei genitori quando, tanti anni fa, si erano scontrati con il Team Rocket. Avevano proseguito il loro viaggio, intervenendo solo quando sapevano di poter fare qualcosa. Decisi che mi sarei attenuto a quella linea di pensiero: intervenire solo se necessario.
"Piuttosto, cambiamo discorso: come vuoi affrontare la Palestra?" chiese Layla richiamandomi alla realtà.
"Pensavo di utilizzare Venus"
"E...?"
"E basta. È il Pokémon più utile in quella situazione. Ed è quello più forte che riesco a controllare"
"Anche un Diglett o un Sandshrew potrebbero esserti d'aiuto. Nella Grotta ce ne sono molti"
"Non ho intenzione di catturare un altro Pokémon, almeno per ora"
"Come vuoi"
Detto questo, Layla si alzò e si coricò nella tenda. Rimasi ad osservare le mie Balls con la sola compagnia delle stelle, lontane e allo stesso tempo vicine.
***
K camminava per le strade poco illuminate della periferia di Pewter City. Odiava girare per le bettole di quei quartieri malfamati, non per paura ma per puro e semplice ribrezzo. Ladruncoli da quattro soldi si aggiravano per quelle strade con l'obbiettivo di aggredire i passanti. Li avrebbe volentieri malmenati, o peggio, uccisi se solo il Barone non gli avesse espressamente ordinato di mantenere un profilo basso. Si calò il cappello sugli occhi e aumentò il passo per arrivare prima al luogo dell'incontro.
Entrò in un piccolo locale situato nei pressi di una piccola piazzetta. Il barista lo guardò con un'espressione aggressiva, ma K non gli diede corda e si limitò a chiedere se la signora Rouge fosse già arrivata. Il commesso riconobbe il segnale concordato e indicò a K un tavolino in fondo al locale.
K si avvicinò alla persona che era seduta al tavolo e chiese:" Spiegami perché il tuo capo continua a voler che ci incontriamo in questi posti sudici"
"Semplice precauzione" la voce suadente di quella figura tradì la velata vena di antipatia che ella aveva nei confronti di K.
"Le nostre reti sono le più sicure, dovresti saperlo. O mi sbaglio, cara Bellatrix?" replicò K mentre si sedeva.
La ragazza si tolse il cappello liberando una chioma di lisci capelli color mogano. L'impermeabile nascondeva bene le sue forme e nessuno avrebbe potuto capire la sua identità. "Lo so benissimo," disse la ragazza mentre si sistemava una ciocca di capelli, " non dovete convincere me, ma quel cretino del mio capo"
K fece segno al barista di portare un paio di birre, poi disse:" Hai portato quello che il Capo vuole?"
"Ovvio, non sarei qui se avessi fallito" rispose la ragazza mentre prendeva dal vassoio la sua bottiglia. Bevve un lungo sorso, poi parlò:" Ho con me le planimetrie, le registrazioni e i turni delle guardie. Sono in questa chiavetta"
Porse a K una pen-drive color vermiglio che il ragazzo si affrettò a nascondere in una tasca del giubbotto, poi indicò il barista e disse:" Possiamo fidarci di lui?"
"Sì... Era un membro del vecchio Team Rocket. Inoltre, sa di avere sempre un fucile puntato contro la sua famiglia" rispose la ragazza mentre si puliva le labbra dalla schiuma.
"Hai conservato la tua malvagità, Bella, e questo mi fa piacere" disse K prima di proporre un brindisi. "Alla riuscita dei nostri piani" dissero in coro i due facendo tintinnare le bottiglie.
Sul lato opposto della strada, qualcuno li stava osservando.
***
La mattina dopo la nostra chiacchierata notturna, io e Layla entrammo nella Grotta Diglett. Tante piccole lampade al neon illuminavano il tunnel d'entrata. Sembravano delle grandi lucciole.
"Allora, tira fuori le Funi di fuga, così non ci perdiamo" disse Layla mentre mi porgeva la mano. Estrassi un gomitolo molto grosso e glielo porsi. Layla iniziò a srotolarlo in silenzio.
"Senti Layla, vorrei..."
"Mi stai deconcentrando" disse la ragazza senza alzare lo sguardo dalla mappa che stava consultando.
Dopo qualche minuto, decise che avremmo preso il tunnel di sinistra che ci avrebbe portati direttamente fuori, giusto a pochi metri da Pewter City.
"Sei sicura?" chiesi titubante. Non lo avessi mai fatto.
"Mi prendi per stupida?!"
"No, non è quello che volevo dire!"
"Allora, sta' zitto e seguimi"
Camminammo per diversi minuti fino ad arrivare ad un bivio. Layla cercò di dissimulare la propria meraviglia -con scarsi risultati- e s'incamminò nel tunnel di destra. Andammo avanti a cambiare strada e a deviare per almeno due ore buone.
"Basta" dissi mentre mi accasciavo su una roccia.
"Cos'hai che non va?"
"Non hai la minima idea di quale strada dobbiamo prendere. Non possiamo tornare indietro perché abbiamo esaurito le Funi"
"Oh, andiamo! Ti stai lamentando per cose risolvibili"
"Ammettilo: non hai la minima idea della strada che dobbiamo prendere!" urlai puntandole un dito contro.
Layla si accigliò e chinò il capo. Dopo pochi secondi tornò alla carica dicendomi:" Anche tu sei nella stessa situazione!"
Stavo per controbattere, quando sentii la roccia su cui mi ero seduto muoversi. "Layla, la roccia si è appena mossa"
"Impossibile!"
Non feci in tempo a replicare che due braccia muscolose mi afferrarono e mi fecero scendere dalla roccia. Mi voltai e vidi che i miei sospetti erano fondati: la roccia era in realtà un Graveler decisamente infuriato.
"Merda" imprecò Layla. Graveler iniziò a rotolarci addosso, così fummo costretti a scappare a gambe levate. Ero decisamente spaventato. Ma si sa: non c'è limite al peggio.
Ci ritrovammo in una grande sala. Il soffitto, altissimo, era decorato con moltissime stalattiti che, come aghi di un riccio, stavano dritti e pronti a spezzarsi. Su di essi c'erano moltissimi Zubat, l'incubo di ogni esploratore di grotte. Lo stormo sciamò su di noi, assordandoci con delle urla acute. Ci abbassammo in modo tale da evitare di essere colpiti da un qualsivoglia attacco, ma la visione che si presentò dopo l'assalto degli Zubat fu peggiore: Geodude e Graveler in quantità ci avevano accerchiati.
"Ottimo, hanno sfoderato l'artiglieria pesante" dissi con tono sarcastico per sdrammatizzare.
"Non dimenticare l'aviazione" rincarò Layla.
"Senti, vorrei chiederti scusa per ieri sera. Voglio morire senza rimpianti"
"Ti perdono, ma solo se non ti abbatti"
Mise mano ad una Poké Ball da cui uscì fuori un Pokémon che avevo visto solo nei libri: un Empoleon. Anche il Piplup che aveva usato sulla nave uscì dalla sua sfera.
"Come fai ad avere sia un Piplup che un Empoleon?" chiesi meravigliato.
"Te lo spiego dopo!" disse Layla prima di ordinare ai suoi Pokémon di usare Surf.
Empoleon e Piplup generarono un'enorme onda d'acqua che investì parte delle fila dei Pokémon selvatici, anche se questo non bastò per fermarli completamente: infatti, alcuni Graveler sopravvissuti grazie a non so bene cosa usarono Terremoto, indebolendo sensibilmente Empoleon. Piplup si salvò grazie al fatto che era stato lanciato in aria dal suo compagno. Feci uscire dalla Ball Venus e gli ordinai di usare Foglielama in modo tale da colpirne il più possibile. Avevo voglia di uscire il più in fretta possibile da quella stupida caverna.
Gli Zubat ci assalirono con Supersuono e sia Bulbasaur che Piplup rimasero confusi. Empoleon invece svenne dopo aver atterrato qualche Graveler con Idrocannone. La mossa aveva prosciugato le sue energie.
"Stiamo perdendo!" dissi mentre cercavo nello zaino un paio di Pozioni per i nostri combattenti.
"Non c'è bisogno di ricordarmelo!" protestò Layla mentre esortava la sua Blissey ad usare Aromaterapia.
La mossa non sortì l'effetto desiderato e Blissey si ritrovò assalita da alcuni Geodude incavolati. Layla corse ai ripari ordinando a Blissey di usare Spaccaroccia.
"Chiama Chimeco e addormentali" dissi.
"Non risolverebbe del tutto la situazione!"
"Ma ha funzionato con i Beedrill..." protestai.
"Erano stati narcotizzati da Aromaterapia, che è più efficace negli spazi aperti"
"Allora non vedo altre soluzioni, a meno che..." dissi mentre accarezzavo la Ball di Trix. Farla intervenire  contro dei Roccia era una scelta troppo azzardata, ma avrebbe potuto occuparsi di quei pochi Zubat che erano rimasti. Beh, a volte situazioni pericolose richiedono decisioni pericolose. Presi la sfera e la lanciai in aria. La Ball si aprì rivelando la figura di Trix che, senza aspettare un segno, si diresse verso gli Zubat colpendoli con alcune combo devastanti. Decisi di spendere qualche minuto ad osservarla. Attaccava con la furia di una vera guerriera e riusciva a dare il meglio di sé senza che le ordinassi qualcosa. Brillava come un diamante sotto il sole. Vederla combattere risvegliò le sensazioni che mi avevano spinto a decidere di sfidare la Palestra. Dovevo migliorare per poter diventare il catalizzatore ideale della potenza di quel Pokémon. Mi voltai verso Venus e lo guardai combattere contro un Geodude.
"Usa Frustata" dissi in tono quasi apatico. Venus colpì con una liana il Geodude mandandolo KO. Si vedeva che era stanca e gli ordinai di usare Parassiseme per recuperare un po' d'energia.
Preso dall'osservazione del combattimento contro i Geodude non mi accorsi che Trix era planata velocemente contro un gruppo di Pokémon Roccia, il che, almeno dal mio punto di vista, equivaleva a buttarsi dal sesto piano di un edificio. Colpì con Furia diverse volte un Geodude, procurandogli ben pochi danni. Quello rispose con Sassata che scaraventò contro una roccia la mia povera Velenape. Il Pokémon Roccia si preparò a colpire un'altra volta. I ricordi della battaglia con Rick mi assalirono con una forza devastante: rividi Trix in balìa dei poteri psichici di quel Ralts. Quella volta ero completamente inerme, ma ora potevo fare qualcosa. Potevo diventare il cavaliere della situazione.
Mi lanciai in direzione del mio Pokémon e mi parai davanti, facendogli scudo con il mio corpo. "Colpiscimi, se ne hai il coraggio" dissi. All'inizio mi sembrava un bel piano, ma il Geodude non esitò a caricare il colpo. Maledissi la mia inquietante stupidità, conosciuta ai più come coraggio, e chiusi gli occhi.
Quando li riaprii, mi accorsi di non essere morto e la cosa mi tranquillizzò. Il Geodude giaceva svenuto davanti a me e mi chiesi chi fosse l'artefice di quel colpo. Alzai lo sguardo e vidi una creatura di un'antica modernità: un Kabutops.
L'essere preistorico dimenava le sue falci incitando i Pokémon ad attaccare lui.
"Stai bene?" chiese una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi una donna di al massimo venticinque anni, alta, con i capelli marroni raccolti in una lunga coda di cavallo che spuntava dal casco antinfortunistico. I suoi occhi verdi, leggermente a mandorla, mi squadravano dall'alto al basso.
"Ehm... credo di sì" risposi titubante.
"Meno male, credevo di arrivare troppo tardi!" esclamò la ragazza battendo le mani contro le cintura che sorreggeva i pantaloni grigi. Poi aprì una tasca dei pantaloni ed tirò fuori un'altra Ball. La lanciò ed uno Steelix ne uscì fuori. Il Pokémon Acciaio urlò e molti tra i nostri sfidanti si ritirarono nelle rispettive tane.
Una volta che la stanza fu libera dai Pokémon ostili, la nostra salvatrice ritirò i suoi compagni e si rivolse a noi:"Questa è una zona inesplorata, come siete arrivati qui?"
"Credo che abbiamo sbagliato strada al primo bivio che abbiamo incontrato" risposi.
"Grazie per averci aiutato" disse Layla.
"Oh, non fate così" disse la ragazza arrossendo visibilmente, poi aggiunse:" Mi sono solo trovata nel posto giusto al momento giusto"
"Possiamo chiederti di accompagnarci fino all'uscita per Pewter City?"
"Non sei obbligata, basta che ce la indichi. Poi facciamo tutto da soli" incalzai.
"Vi accompagnerò personalmente. Conosco come le mie tasche questi cunicoli"
"Grazie"
Ci incamminammo verso il sentiero che portava, a detta della nostra accompagnatrice, direttamente in superficie.
***
Uscimmo dalla Grotta Diglett dopo circa un'ora di marcia. Mia, la nostra salvatrice, ci aveva raccontato di essere una speleologa dilettante e che adorava passeggiare per la Grotta. Quando parlavo di quell'ammasso senza senso di cunicoli le si illuminavano gli occhi. Io, sinceramente, non ci vorrei tornare mai più. Mai.
Si poteva vedere in lontananza Pewter City circondata da una corona di rocce aguzze. Mia ci spiegò che dovevamo seguire il sentiero sulla nostra destra e poi girare a sinistra.
"Non vieni con noi?" chiesi spontaneamente.
Mia sorrise benevola e rispose:"Non posso, devo sbrigare ancora delle faccende"
"Ok... Che ne dici di ritrovarci a Pewter City tra qualche giorno?"
"Va bene. Ci ritroveremo facilmente, la città non è così grande"
Detto questo, c'incamminammo con spasso spedito lungo il sentiero  che portava alla Città Plumbea mentre Mia si immergeva nella calda oscurità dei cunicoli.
***
Olga bussò alla porta della stanza e attese pazientemente che il Barone le desse il permesso di entrare. Avanzò nella stanza variopinta del braccio destro del Capo. Il Barone era seduto su una poltrona di ecopelle nera. "Olga, che piacere vederti!" disse il Barone inchinandosi.
Il Barone era la persona più strana che Olga avesse mai conosciuto: vestiva sempre con colori sgargianti e che richiamavano la sua appartenenza al Team Triade. Quel giorno, ad esempio, portava un lungo impermeabile blu, una camicia dello stesso colore, un paio di pantaloni di tela di una tinta più chiara. La tuba, invece, era rossa con una fascia verde. Inoltre portava un paio d'occhiali davvero eccentrici. Olga aveva sempre pensato che quegli occhiali servissero a correggere un qualche difetto visivo grave, ma Proton le aveva confidato che il loro scopo era totalmente diverso.
"Signore, sono qui per parlare della..." disse Olga prima di venir bruscamente interrotta.
"So già perché sei qui" disse il Barone, poi aggiunse:" Ti prego di rimanere sul vago, c'è qualcuno che ci sta ascoltando"
"Impossibile! La polizia non sa di questa struttura!"
"Ci sono casi in cui persone di altre dimensioni possono ascoltare i nostri discorsi..."
"Non capisco..."
"Ovvio, non sei dotata dei miei stessi poteri"
Il Barone si alzò dalla poltrona e guardò fuori dalla finestra. "So che ci puoi sentire, caro lettore" disse con un filo di voce.
"Scusi, cos'ha detto?" chiese Olga completamente confusa.
"Niente..." disse Il barone mentre si girava, poi aggiunse:"Hai quello che ti ho chiesto?"
"Certo. Siamo pronti"
"Bene... Informa Proton sulla mia decisone"
"Quale decisione?"
"L'operazione Dïana si farà dopodomani"
Olga annuì ed uscì dalla stanza a passi veloci. Presto il mondo avrebbe imparato a temere il Team Triade, di questo ne era sicuro.
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+ Angolino dello scrittore in erba +
Buongiorno.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi scuso in anticipo per l'eventuale ritardo con cui questo capitolo uscirà: sto avendo diversi problemi con la mia connessione ad Internet. Ma il tecnico della compagnia non si è ancora visto. Se qualcuno volesse saperlo, Barone ha rotto la quarta parete e stava parlando con voi. Spero che questa cosa vi sia piaciuta almeno un po'. Un saluto \0/
Rovo
Edit: Ho riletto questo capitolo un paio di volte, riscontrando alcuni errori che ho prontamente corretto. Se ne trovaste altri, continuate a segnalarmeli. Questo periodo non è dei più semplici e a volte non mi accorgo degli errori. So che non posso nascondermi dietro a questa scusa, ma vi chiedo di essere un po' comprensivi.
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: La strada attraverso la roccia ***


Capitolo 6
- La strada attraverso la roccia -

Dopo esserci separati da Mia, proseguimmo il cammino per qualche ora fino a quando il Sole decise di abbandonarci. Trovammo rifugio in una piccola locanda situata al limitare della foresta: era poco più grande di una normale casa ed era di legno. I proprietari della locanda avevano disposto alcune aiuole di fiori colorati lungo il perimetro della struttura. Era davvero carina, tant'è che Layla decise di farle una fotografia con la macchina che si portava sempre appresso. Avevo scoperto in quei giorni che la mia compagna di viaggio scriveva in un blog. Avevo avuto l'occasione di visitare il sito e avevo scoperto - con grande stupore - che Layla era trai recensori più seguiti.
Entrammo nella locanda e fummo accolti da una signora sui cinquant'anni, alta più o meno quanto me. I capelli castani, raccolti in un grosso chignon, presentavano qua e là alcuni fili argentati, segno dell'avanzare inesorabile della città.
"Buona sera, ragazzi. Come posso esservi utile?" disse la donna mentre prendeva una bottiglietta d'acqua da sotto al balcone.
"Vorremo una stanza" disse Layla avvicinandosi al bancone.
"Ottimo. Mi è rimasta solo quella al secondo piano" disse la donna mentre porgeva alla mia amica un mazzo di chiavi.
Salimmo in camera e ci abbandonammo sul letto. La giornata era stata intensa e avevo bisogno di una doccia. Salutai Layla e mi precipitai in bagno. Ne uscii mezz'ora dopo, completamente rigenerato dal calore dell'acqua. Aprii lo zaino e presi un paio di pantaloni beige, una maglia azzurra e una felpa smanicata blu. Stavo per uscire dalla stanza quando sentii il boato di una esplosione. Mi affacciai alla finestra e vidi solo una grande nuvola di polvere. Da essa, dopo pochi minuti, uscirono fuori alcuni Pokémon: un paio di Murkrow, un Nidorino  e degli Zubat.
Reggevano tutti, in qualche modo, dei vasetti di miele. Avevo sentito parlare del fatto che molte specie di Pokémon erano attratte dal miele, ma non credevo che arrivassero a tanto pur di ottenerne un po'. Il marito della padrona urlava come un forsennato contro i Pokémon, intimando loro di restituire il maltolto. Mi precipitai per le scale e in un paio di minuti mi ritrovai nel cortile in cui stava avvenendo la rapina, se così vogliamo chiamarla. Il proprietario era stato incastrato in un angolo ed era minacciato dal Nidorino, il quale faceva finta di caricare l'uomo appena egli cercava di scappare.
Quella situazione era inaccettabile: è giusto che i Pokémon si procaccino il cibo, ma quelli lo facevano nel modo sbagliato. Il mio modo di pensare, molto probabilmente, era stato influenzato dal fatto che avevo vissuto tutta la mia breve vita a Novisola, dove umani e Pokémon vivevano in armonia, dipendendo gli uni dagli altri. Il mio viaggio mi avrebbe portato  ad incontrare e, a volte, a scontrarmi contro situazioni completamente differenti dalla mia... Forse ero io quello in errore, o forse era il mondo intero a non capire la bellezza dell'armonia...
Venni brutalmente riportato alla realtà dalle grida di alcuni clienti che erano stati assaliti da degli Aipom, probabili complici dei ladri di miele. Mosso da un impeto di rabbia, presi tutte le mie Poké Balls e le lanciai, richiamando alla battaglia tutti i miei compagni. Venus e Pit si avvicinarono subito alle mie gambe, pronti a scattare al minimo cenno, mentre Trix rimase ancora in disparte guardando di sottecchi sia me che gli altri Pokémon. Mi parve di vedere nei suoi occhi una briciola di rispetto, ma molto probabilmente ero io ad avere le visioni.
"Allora ragazzi" dissi mentre incrociavo le braccia "Dobbiamo aiutare queste persone: Venus e Pit, voi vi occuperete degli Aipom mentre tu, Trix, terrai a bada i ladri di miele"
Detto questo, rivolsi la mia attenzione ai nostri avversari. solo che non c'erano avversari: I Pokémon di Layla se ne stavano già occupando. La mia amica si avvicinò e mi indicò tre fuggitivi: un Aipom, un Murkrow e il Nidorino che  aveva minacciato il proprietario della locanda. Dissi ai miei compagni di inseguirli e, dopo pochi secondi, li raggiungemmo.
"Pit, usa Raffica!" ordinai. Pit iniziò a sbattere energicamente le ali fino a generare una fortissima folata di vento che costrinse il Murkrow ad atterrare e gli altri due Pokémon ad aggrapparsi a qualcosa.
"Venus, blocca Murkrow e Aipom con Frustata. Trix, tu intercettali con Doppio Ago!" ordinai.
Venus legò ognuna delle sue liane ad una delle caviglie dei suo obiettivi ed iniziò a ritirarle, avvicinandoli sempre più. Trix scattò e, in un lampo, trafisse con i suoi aghi i due Pokémon e poi fece un'acrobazia, ritornando  vicino a me. Murkrow, ferito in maniera più grave rispetto ai suoi compagni, si accasciò a terra svenuto mentre Aipom si rialzò e, spalleggiato da Nidorino, tornò alla carica battendo la grossa coda a forma di mano e le sue zampe e generando un'onda d'urto tale da immobilizzare per un attimo i miei Pokémon.
"Bruciapelo..." mormorai. Nidorino partì alla carica e colpì sia Pit che Venus, approfittando della paralisi dovuta a Bruciapelo. Dovevo mantenere il controllo della situazione, sennò sarebbe andato tutto a quel paese. Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche. "Pensa, pensa!" mi ripetevo mentalmente. D'un tratto, mi venne un'illuminazione. Ordinai a Trix di ricoprire parte del terreno con Millebave, in questo modo avrei potuto  guadagnare quasi sempre la prima mossa. Nidorino e Aipom si ritrovarono impigliati in una fitta rete composta da una bava piuttosto resistente.
"Pit, vai con Attacco Rapido. Venus, usa Foglielama!" ordinai.
Pit caricò sia Aipom che Nidorino, mentre Venus li tempestava con una pioggia di piccole foglie taglienti come lame. Sfortunatamente, alcune delle foglie del mio Bulbasaur colpirono accidentalmente i filamenti della rete e i due Pokémon ne approfittarono per liberarsi e scappare, lasciando il loro compagno ferito indietro.
Mi avvicinai al Murkrow, cercando di non rimanere impigliato nella rete di bava, e, una volta raggiunto, mi chinai ad osservare la ferita: fortunatamente, non era troppo profonda e non sembrava aver lesionato in maniera grave né l'ala né il resto del corpo del volatile. Decisi di riportarlo indietro e di affidarlo alle cure di una infermiera che soggiornava nella locanda. Richiamai nelle Balls i miei Pokémon e mi caricai in spalla il Volante.
Dopo qualche passo, il Murkrow si risvegliò e, vedendomi, ebbe la brillante idea di tentare la fuga. Spiccò il volo, ma rovinò a terra dopo qualche secondo, compromettendo l'integrità dell'ala. Mi avvicinai e confermai la mia ipotesi: l'ala era rotta.
Presi un bastoncino e stracciai un pezzo della sciarpa che mi ero portato dietro, dopodiché mi avvicinai al Pokémon Oscurità, il quale mi minacciò illuminandosi di una strana luce viola.
"Fermo" dissi con voce poco convinta, poi aggiunsi:"Voglio aiutarti. Ti bloccherò l'ala, così non la danneggerai più di tanto quando ti muovi"
Il Pokémon abbassò la guardia e distese l'ala. Avevo visto molte volte mia madre fasciare Pokémon che si erano feriti in battaglia e una volta avevo provato a farlo anche io. Appoggiai il bastoncino all'ala e iniziai a fasciarla, interrotto sporadicamente dai versi di lamento del Pokémon Buio/Volante.
Completata l'operazione, lo presi in braccio e mi incamminai verso la locanda. Dopo pochi minuti, depositai il Murkrow nelle mani dell'infermiera e me ne andai. Mi girai verso il Murkrow e lo salutai. Lui ricambiò con uno sguardo pieno di gratitudine, reso ancora più bello dai riflessi argentei della luce lunare nei suoi occhi.

***

Il giorno dopo, lasciammo la locanda. I proprietari, per ringraziarci, ci regalarono un paio di sacchetti di macarons e una scatola di dolci per Pokémon. Anche Murkrow decise di partecipare al saluto, raggiungendoci accompagnato dall'infermiera. Aveva l'ala ingessata e il pezzo della mia sciarpa era stato legato intorno alla cresta di piume che assomigliava vagamente ad un cappello.
"Murk!" esclamò il Pokémon Oscurità felice.
"Riguardati" gli dissi mentre mi incamminavo verso Pewter City.
Dopo qualche decina di minuti passati in silenzio, Layla decise di attaccare un discorso piuttosto strano: infatti, mi chiese cosa avevo provato la notte precedente.
"In che senso?" chiesi.
"Beh... Non credo che tu abbia mai visto una cosa del genere a Novisola"
"No... Però la cosa mi ha fatto riflettere" risposi dopo aver abbassato lo sguardo.
"Che cosa?" chiese Layla.
Rialzai lo sguardo e la guardai: i suoi occhi azzurri erano resi più scuri a causa dell'ombra provocata dal cappello che aveva indossato quella mattina. Mi piaceva quella sfumatura. Per dirla tutta, mi piace ancora e, ogni volta che ci ripenso, sorrido e mi metto a ridere. Molto spesso mi sono ritrovato diverse paia di occhi incuriositi addosso a causa di questo. Ma questa è un'altra storia... Quindi torniamo al racconto che ci interessa per davvero.
"Mi sono reso conto di essere cresciuto in una bolla, in una gabbia dorata" dissi.
"E non sei contento?"
"Pensi davvero che la cosa sia così divertente? Ieri sera io non sapevo che cavolo fare!"
"Ci sono persone che darebbero di tutto pur di vivere in pace la loro vita; il mondo non è un posto ameno. Dovresti averlo capito già da solo" replicò Layla mentre incrociava le braccia.
"L'ho capito... Ma è dura da accettare" dissi con una punta di amarezza nella voce.
"Ce la farai, tutti ce lo abbiamo fatta. È questo il vero scopo del viaggio"
"Io... Credevo che fosse divertirsi lo scopo di tutto questo"
"Beh, anche. Ogni volta che finisci di girare per una Regione, torni a casa con la consapevolezza di aver imparato qualcosa" Gli occhi di Layla brillavano di entusiasmo.
"Sembrano le parole di una che l'ha già provato" dissi. Nella mia testa, quello doveva essere un complimento. Da quel giorno, avrei iniziato a vedere Layla sotto una nuova luce: non più come una amica, ma piuttosto come una sorella da cui imparare.
"Chi arriva prima alla fine del sentiero, vince!" urlai poco prima di partire.
"Ehi! Non vale! Dovevi avvertire!" disse Layla prima di iniziare a correre.

***

Proton camminava agitato su e giù per la lunghezza della stanza. Non poteva permettere che Barone si accaparrasse l'unica alleata che era riuscito a farsi in quella maledetta gabbia di esaltati. E l'operazione Dïana poteva anche andar male: era una dimostrazione di forza troppo esagerata, troppo plateale.
Olga entrò nella stanza, interrompendo il flusso dei pensieri del Luogotenente. La donna si avvicinò a Proton e gli chiese perché l'aveva convocata con così poco preavviso.
"So che mi hai tradito"  disse Proton mentre guardava storto la ragazza.
"In che senso?" chiese la donna.
Proton si avvicinò ad Olga e le prese delicatamente il braccio. "So che hai dato la tua disponibilità per l'operazione Dïana. Hai dimenticato quello che ti ho detto?"
Olga cercò di divincolarsi dalla presa di Proton, ma, dopo alcuni tentativi falliti, si arrese e, dopo aver chinato il capo, disse:"Non potevo sottrarmi, Proton. Il Barone sa quando qualcuno gli mente. Forse sa anche che lo stiamo ingannando con la complicità..."
"Non dire una parola di più!" esclamò Proton zittendo la sua sottoposta.
Proton si avvicinò alle labbra di Olga e le baciò dolcemente, sfiorando appena le labbra rosee della donna. Olga cercò di richiamare a sé il corpo del Luogotenente, ma quello la respinse dicendole che doveva andarsene e che ci sarebbero state altre occasioni per potersi amare.
Olga uscì dalla stanza e si allontanò velocemente. Proton, una volta assicuratosi che la Capitana si fosse allontanata abbastanza, scoppiò a ridere: la sua era una risata piena di disprezzo, piena di scherno. Si versò un bicchiere di vino e brindò, ringraziando mentalmente l'ingenuità della sua sottoposta.

***

Plumbeopoli si stagliava davanti a noi, compatta quanto le montagne che la circondavano. I tetti delle case ricordavano i banchi di nuvole che circondavano i picchi. Le strade lastricate, invece, richiamavano i sassi ben levigati del fiume che correva poco lontano dalla città. Gli edifici più importanti, la Palestra e il Museo tanto per fare un esempio, spiccavano rispetto alle altre case per, rispettivamente, le pareti decorate in maniera tale da formare una specie di ingresso ad una grotta e per le vetrate colorate che riflettevano la luce del giorno.
Camminavo per le strade e mangiavo macarons. Erano buonissimi e si poteva sentire la riconoscenza con cui la padrona della locanda gli aveva preparati. Layla mi consigliò di passare un attimo al Centro Pokémon, in modo tale da potermi allenare in vista della sfida che avrei dovuto sostenere contro il misterioso Capopalestra di Pewter City quello stesso pomeriggio. So che può sembrare affrettato, ma volevo risolvere la faccenda della medaglia il prima possibile in modo tale da potermi poi godere in santa pace il tour per la città che avevo intenzione di fare.
Dopo pochi minuti arrivammo al Centro Pokémon, il quale era completamente identico a quello della città precedente. L'architetto che li aveva progettati, evidentemente, non aveva molta fantasia. Entrammo nell'edificio e fummo accolti da un'altra infermiera. Questa aveva dei capelli blu, molto probabilmente tinti, ed era più alta rispetto alle altre sue colleghe. L'infermiera ci accolse con un sorriso e ci chiese se volessimo usufruire delle cure mediche del centro o della struttura d'allenamento. Io le risposi che volevo allenarmi, ma l'infermiera non mi lasciò entrare poiché era occupata da un'altro allenatore.
Così, per forza di cose, fui costretto a sedermi su una delle panchine blu del Centro. In attesa che la sala si liberasse, mi misi ad osservare le piastrelle: la loro disposizione mi ricordava vagamente le onde del mare, mentre le macchie bianche, seminate qua e là come semi al vento, ricordavano un po' la spuma del mare. Mi mancava il mare: ero abituato ad esser sempre circondato da quella distesa color degli zaffiri sempre uguale, e ora, circondato da quelle enormi pareti di roccia, mi sentivo come un uccello in gabbia. "Dio, questo viaggio ti sta buttando giù!" pensai mentre mi schiaffeggiai le guancie per svegliarmi, per così dire, da quei pensieri deprimenti. Per fortuna, le porte della sala d'allenamento si aprirono e da esse uscì una persona che non credevo di rivedere così presto: Rick.
Il biondo mi guardò con aria stranita e poi mi salutò:" Guarda un po' chi si rivede! Come stai, Piccoletto?"
"Non chiamarmi 'Piccoletto'" lo ripresi mentre mi alzavo dalla panca e mi avvicinavo. "Sono qui per allenarmi per l'incontro con il Capopalestra... E non ho voglia di una sfida" aggiunsi poi.
"Allora permettimi di aiutarti" disse Rick mettendosi le mani nella tasca della felpa bianca e rossa.
"Perché dovresti farlo?" chiesi sospettoso. Non guardatemi così, l'ultima volta che avevamo combattuto aveva conciato per le feste Trix... Ok, mi stava leggermente antipatico e per questo non mi fidavo di lui.
"Perché provengo da Sinnoh, e noi aiutiamo sempre coloro che sono in difficoltà. Da bravo ragazzo, devo portare avanti lo stereotipo." disse Rick sfoggiando un sorriso sornione.
"Va bene, accetto la tua proposta"
Entrammo nella stanza e Rick armeggiò per qualche minuto con il pannello di controllo, in modo tale da regolare la struttura della stanza. Una volta finiti i preparativi, la sala incominciò a trasformarsi, generando una replica molto fedele della Palestra. O, almeno, così diceva Rick.
Il biondo si sistemò su una piccola altura e mi disse:"La Capopalestra si trova su un altro livello della Palestra e combatterà da lì, fino a quando non riuscirai a sconfiggere il suo primo Pokémon. Usa la mossa Rocciotomba per colpire gli avversari e per rimanere ad una distanza di sicurezza"
Detto questo, Rick chiamò fuori dalla Poké Ball il suo Ralts e gli ordinò di sollevare alcuni massi che aveva preparato precedentemente. "Dovrai trovare un modo per colpire il tuo avversario sfruttando l'ambiente circostante" disse Rick prima di ordinare l'attacco al suo compagno.
"Aspetta, come faccio?" urlai prima di schivare per un pelo un masso.
"Questo dipende da te: se avessi un Pokémon Psico, potresti rispedire al mittente le rocce. Ma, purtroppo, questo non è il tuo caso" rispose Rick.
 Chiamai fuori dalla sfera Venus e iniziai ad ordinargli di usare Foglielama, l'unico attacco che ci permetteva di allontanarci abbastanza. Peccato che quelle stupide rocce fluttuanti intercettavano tutti i nostri colpi. "Devo inventarmi qualcosa" sussurrai mentre schivavo malamente una roccia.
Dopo mezz'ora buona di allenamento, un'intuizione mi illuminò la mente come il faro fa con il mare in tempesta e ordinai a Venus di smetterla di correre e di fermarsi in un punto. Ralts decise di lanciare contro il mio Bulbasaur tutte le rocce.
"Proprio come volevo" dissi prima di ordinare a Venus di saltare sulle rocce. Venus iniziò d avvicinarsi a Ralts correndo sulle rocce fluttuanti. Sembrava che si stesse divertendo molto. Appena si avvicinò abbastanza, Venus lanciò un agguerrito "Bulba!" e scatenò contro il povero Pokémon Sensazione una tempesta di foglie affilate. Dopodiché, una volta atterrato, si lanciò contro il suo avversario colpendolo al petto con un'Azione molto potente.
"Ok, credo che possa bastare" disse Rick mentre ritirava Ralts nella Poké Ball.
Mi avvicinai al mio rivale, se così possiamo definirlo, e gli strinsi la mano ringraziandolo per il prezioso aiuto. Ora dovevo solo andare alla Palestra e fare di tutto per vincere quella medaglia. Lo dovevo a Trix, a Venus, ma soprattutto a me stesso. Volevo vincere quella medaglia per dimostrare a quei malviventi che potevo fare qualcosa. Che, forse, avrei potuto fermarli.
Rick si offrì di accompagnare sia me che la mia compagna di viaggio in un ristorante vicino alla Palestra, in modo tale da poter sfidare subito il Capopalestra. Accettai e uscimmo insieme dalla stanza con un sorriso impregnato di soddisfazione.

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+ Angolino dello scrittore in erba +
Allora, devo dire che, pur rimanendo fedele a quello che avevo detto qualche capitolo fa, sono riuscito a movimentare un po' questi due capitoli di crescita del personaggio. Non preoccupatevi, Il Team Triade entrerà in azione nei prossimi due capitoli e scopriremo cosa sia in realtà l'operazione Dïana. Ci vediamo verso la seconda metà di Dicembre, forse anche prima. Un saluto \0-0/
Rovo 
P.S. Si ringraziano i seguenti recensori per il loro sostegno: SM99, AndreMCPro, Eleanor_ e Andy Black

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Foglie di diamante ***


Capitolo 7
- Foglie di diamante -

L'interno della Palestra di Pewter City era completamente identico a quello che mi ero immaginato: una volta aperta la porta scorrevole, si entrava in una stanza che ricordava fin troppo bene i cunicoli della Grotta Diglett. Davanti a noi si aprivano due cunicoli, uno a destra e uno a sinistra.
"Salve" ci salutò una donna nascosta dietro una colonna. Ella si avvicinò e si presentò dicendo di essere la guida della Palestra e ci spiegò a cosa servivano i due cunicoli: quello di sinistra immetteva in una stanza dove si potevano battere gli Allenatori che si addestravano nella Palestra, mentre in quello di sinistra si accedeva direttamente alla sala della Capopalestra.
"Il mio consiglio è quello di prendere la strada di sinistra per assicurarvi di essere abbastanza pronti" disse la guida finendo la sua spiegazione.
"La ringrazio per il consiglio," dissi mentre porgevo a Layla lo zaino, e poi aggiunsi:"ma non credo che lo seguirò. Mi sento pronto ad affrontare subito il capo della baracca"
 La guida mi guardò con uno sguardo strano, un misto di incredulità e di disapprovazione. Evidentemente, era molto attaccata alle regole.
"Rick, non sei tenuto a venire con me" dissi rivolto al biondino.
"Voglio proprio vederti lottare questa volta. Magari sarà più divertente della volta precedente."
Odiavo quel suo fare da stupido, mi faceva saltare i nervi e, se solo avessi avuto qualche anno in più, l'avrei picchiato. E mi sarei divertito a farlo. Ci avviammo in silenzio lungo il cunicolo e in pochi minuti mi ritrovai in una stanza praticamente identica alla simulazione fatta al Centro Pokémon. In fondo alla stanza c'era il Capopalestra, il quale si trovava esattamente dove Rick mi aveva detto. Ero veramente sollevato: forse potevo dare un po' di fiducia a quel biondino.
Il Capopalestra si girò e il mio cuore mancò un colpo: Mia mi guardava con un'espressione indecifrabile.
"Ciao Tom" mi salutò con il suo fare amichevole.
"Ma... Non eri una speleologa tu?" chiesi con un po' troppa enfasi.
"Nel tempo libero" rispose Mia mentre si accingeva a prendere una delle Poké Balls appese alle bretelle della sua salopette color mattone.
Mi sudavano le mani: conoscevo due Pokémon di Mia, ed erano uno peggio dell'altro. Steelix resisteva a Foglielama e Kabutops era molto veloce, troppo veloce per Venus. C'erano cinque Balls, quindi avevo tre possibilità su cinque di ritrovarmi un Pokémon sconosciuto. "Fantastico!" commentai mentre ripassavo mentalmente le capacità dei Pokémon Roccia che conoscevo.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, nella mia mente si fece strada una delle poche massime che nonno Oak, come voleva farsi chiamare, mi aveva impartito quando ero un bambino. Le lotte non sono solo un puro scontro di forze e debolezze, ma erano, anzi, sono tutt'ora un metodo per cementare il legame con i propri compagni e per migliorare. Per raffinarsi. Quelle parole ebbero le stesso effetto di una dose di adrenalina: presi la Ball di Venus e la lanciai. Lo stesso fece Mia.
Venus ruggì e l'Onix uscito dalla sfera di Mia lo incalzò facendo leggermente vibrare i sassolini disparsi per il pavimento. Bulbasaur si rifugiò dietro una roccia, intimidito da quel ruggito possente. In quel momento, lo capivo benissimo.
Mia irruppe in una piccola risata, ma poi si scusò. "Non preoccuparti, fa tutto parte della mia geniale strategia" dissi cercando di mascherare la mia insicurezza.
"Beh, iniziamo!" esclamò Mia e poi ordinò al suo Onix di usare Rocciotomba su tutto il campo. Venus riuscì ad evitare le rocce, ma una si schiantò molto vicino e l'onda d'urto lo fece rotolare per alcuni metri. Riuscì a rialzarsi dopo qualche secondo. Mia approfittò di quel lasso di tempo per scagliare un'altra scia di rocce , questa volta dirette tutte contro Venus.
"Ottimo, proprio quello che volevo" mormorai e poi aggiunsi:"Venus, preparati!"
Venus si mise in posizione e, appena le rocce furono sufficientemente vicine, balzò in avanti, riuscendo ad arrampicarsi sulla più vicina.
"Ma che cavolo...?" esclamò sorpresa Mia.
"Avvicinati ad Onix!" incitai Venus e lui corse, saltando da una roccia all'altra, avvicinandosi sempre di più al Serpesasso. "Foglielama!" ordinai. Un'onda di foglie si accasciò sul Pokémon ferendo in maniera non grave molte parti del suo corpo. Venus era ancora sospeso in aria e così ne approfittai per ordinargli di usare Frustata. Venus colpì con un doppio fendente il muso del povero Onix, il quale rovinò a terra esausto.
"Beh, credo di avervi sottovalutato" disse Mia e poi aggiunse:"Siete maturati dallo scontro nella Grotta Diglett. Ma questo non basterà a battermi!"
Detto questo, staccò un'altra Ball. Era molto più vecchia rispetto a quella di Onix, il che mi faceva presumere che qualcosa di molto più pericoloso rispetto ad un Onix , ad uno Steelix e forse più di un Kabutops stava per entrare nel campo di battaglia.
"Vai, amico mio!" urlò Mia mentre lanciava la Ball nel campo. Da essa fuoriuscì una strana creatura fatta completamente di rocce blu e rosse. Perfino i suoi occhi sembravano fatti di quarzo giallo e le creste che sorgevano sulla schiena del Pokémon sembravano fatte di rubellite, un minerale molto prezioso. Fu il Pokédex a venirmi in aiuto, identificandolo come un Boldore.
"Boldore...?" mormorai confuso.
"Proviene da Unima" mi spiegò Layla dagli spalti.
Unima... Le cose si stavano rivelando molto più difficili del previsto.

***

K era annoiato: la riunione durava già da un paio d'ore e si era stufato di inculcare nella testa di stupide Reclute spaventate i dettagli del piano. Giocherellava con la Ball di Ponyta, indeciso se andare ad allenarsi o meno. Fu una Recluta a distrarlo dal suo passatempo.
"Cosa vuoi?" chiese K svogliatamente.
La Recluta sembrò deglutire a fatica, poi si decise a parlare:"Vorrei partecipare alla missione di oggi"
La sua voce era sgraziata e roca, tipica di quei ragazzi che erano nel periodo più schifoso di tutta la vita. K si girò e osservò il suo interlocutore: era alto un metro e settanta o poco più, portava la divisa tipica del reparto dei tecnici e continuava a muoversi il labbro e a stringere nervosamente i palmi. Gli occhi verdi rilucevano di paura e di ansia.
"Quanti anni hai?"
"Quindici, signore"
"Quindici anni!"pensò K. Da quando il Capo ammetteva dei bambini nel Team? Doveva esserci lo zampino del Barone o di un Generale... K continuò a fissare il ragazzino e poi gli chiese:"Sai combattere? Meglio, sai uccidere?"
"Ehm..."
"Credo che tu possa capire perché non puoi venire con noi"
"Ma... Anch'io voglio lasciare il segno nella Storia, proprio come ha detto il Luogotenente Proton  e..."
"Stanotte non succederà niente di quello che Proton ha detto!" esclamò K, zittendo la povera Recluta:"Oggi qualcuno morirà, questa è l'unica cosa certa. Ora va'!"
Il ragazzo uscì dalla stanza e K si gettò sulla sua sedia, abbandonandosi completamente alla pesantezza che quel dialogo gli aveva provocato"

***

La battaglia tra Boldore e Venus durava già da qualche minuto e il mio Pokémon aveva subito molti danni a causa della combo "tempesta di rocce", così ribattezzata da Mia e che consisteva nell'intrappolare l'avversario con Terrempesta e poi colpirlo con le rocce di Rocciotomba.
"Venus" urlai mentre il mio povero Bulbasaur rovinava a terra per la terza volta. Mi sentivo impotente, mi sentivo indifeso: era la stessa sensazione che avevo provato nello scontro contro K e in quello contro Rick. Alzai lo sguardo e i miei occhi incontrarono quelli di Venus e allora capii che dovevo fare qualcosa.
"Venus, usa Parassiseme!" ordinai.
"Intercettalo" replicò Mia.
Il corno centrale di Boldore s'illuminò di una luce grigia, la quale si staccò dal corpo del Pokémon e si scagliò contro i semi di Bulbasaur, distruggendoli completamente. Altri quattro massi colpirono in pieno Venus, minando ancor di più la sua salute. Era pieno di escoriazioni e di piccoli graffi. Nonostante questo, si rialzò.
"Buulbaaa!" urlò prima di essere avvolto da una luce color della foreste. Un sorriso di gioia illuminò la mia faccia mentre uno di stupore adombrava la faccia di Mia. La luce dell'evoluzione durò solo qualche secondo, poi sparì producendo un bagliore acceso. Dalla bolla di luce apparve un Ivysaur: il suo fiore ancora chiuso emerge da quello che rimaneva del bulbo, il quale si era aperto liberando alcune foglie.
"Ora si che si fa interessante" commentò Mia prima di ordinare l'ennesimo attacco.
Venus riuscì a schivarlo e lanciò un Foglielama, che colpì in pieno Boldore, e poi lo caricò con un'Azione. Erbaiuto, l'abilità di Venus, aveva sicuramente aumentato la potenza del Foglielama, costringendo Boldore ad usare Vigore. L'ultimo attacco di Venus lo mandò definitivamente K.O.
Mi avvicinai a Venus e lo presi in braccio, anche se il suo peso mi rese le cose estremamente difficili. Mia si avvicinò e mi porse la Medaglia Sasso. La guardai per qualche minuto: la sua forma ricordava una scheggia di una pietra e alcune linee erano state incise in modo tale da creare tre sezioni della medaglia. Poi mi porse un cd.
"È una MT, contiene Rocciotomba" mi spiegò Mia.
"Grazie mille, non dovevi"
"Oh, non preoccuparti... Dentro troverai anche alcuni biglietti per la mostra notturna del Museo. Mi farebbe piacere se veniste"
"Certo" risposi.
Uscimmo dalla Palestra e ci dirigemmo al Centro Pokémon. Guardai la medaglia: ce l'avevo fatta. Ora sapevo che niente avrebbe potuto fermarmi. solo molto più tardi mi accorsi di essermi completamente sbagliato.

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+ Angolino dello scrittore in erba +
Ed eccomi di ritorno, come promesso. Forse l'evoluzione di Venus vi sembrerà un po' prematura, ma è essenziale per quello che succederà nei prossimi capitoli. Buon Natale a tutti voi! Un saluto \0-0/
Rovo
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Guts over fear ***


Capitolo 8
- Guts over fear -

Le stelle erano già alte nel cielo quando le enormi porte elettroniche del Museo si aprirono, permettendo agli ospiti di riversarsi come un fiume in piena nella sala principale del luogo. Armature di ogni forma e dimensione occupavano i muri della stanza, intervallati da delle teche contenenti fossili antichi quanto la Terra stessa che li aveva custoditi gelosamente; il centro della stanza era occupata da un piccolo palco sul quale salì un uomo sui quarant'anni, alto e dai capelli stranamente grigi. La montatura pesante degli occhiali incupiva lo sguardo di quell'uomo. Si avvicinò al microfono e parlò:"Buonasera a tutti e benvenuti alla prima mostra notturna che il Museo abbia mai ospitato"
Al suo fianco sedeva Mia, vestita con un lungo abito verde smeraldo abbinato ad un paio di sandali di una sfumatura meno accesa. Appena ci vide ci salutò con un piccolo segno della mano. Devo dire che tutte quelle persone vestite elegantemente mi mettevano a disagio, forse perché avevo l'impressione che mi giudicassero dall'alto della loro posizione sociale. Mi slacciai un paio dei bottoni del maglione e lasciai che un profondo sospiro uscisse dal mio corpo. Le stanza piene di persone mi davano il panico.
"Tutto bene?" chiese Layla preoccupata.
"Non è niente" le risposi allontanandola con un delicato segno della mano.
Nel frattempo, il direttore del Museo continuò il suo discorso."Stanotte, la maggior parte delle nostre sarà esposta. Per aumentare il livello di sicurezza, le porte del Museo verranno sigillate e ci sarà sempre una coppia di vigilanti vicino alle uscite. Auguro a tutti voi una meravigliosa nottata"
Finito il discorso, le porte del Museo emisero un rumore piuttosto sinistro. Nessuno degli invitati sembrò curarsene e, pian piano, piccoli gruppi di invitati iniziarono a recarsi nelle varie sale del museo.
"Ottimo, speriamo che le opere non si animino ora" commentò Rick, il quale si era autoinvitato e all'entrata si era presentato come accompagnatore di Layla. La cosa mi fece uno strano effetto. 
"O che non salti fuori un'Erinne pronta a mangiarci" aggiunse la mia compagnia di viaggio, citando una delle innumerevoli saghe che aveva letto.
"Una che?" chiese sbigottito Rick.
"Lascia stare" sbuffò Layla prima di voltarsi verso una delle stanze che ospitavano i fossili del Museo. Sia io che Rick la seguimmo obbedienti, avendo capito che era meglio assecondarla.

***

Liberarsi delle guardie che proteggevano la porta sul retro era stato estremamente facile, forse fin troppo. K aveva un brutto presentimento riguardante questo fatto, ma tenne le proprie remore per sé e si accinse a nascondere i corpi delle due guardie, le quali dormivano beatamente grazie alle spore del suo Amoongus. K quasi li invidiava, almeno loro avevano il tempo per riposare.
Fatto ciò, si avvicinò al quadro elettrico e installò il congegno consegnatogli da uno dei tecnici qualche ora prima. Le guardie ce osservavano gli ospiti non si sarebbero accorte di nulla e se, avessero voluto dare l'allarme, uno degli infiltrati li avrebbe addormentati.
Il suo secondo obbiettivo era aprire la porta del caveau da dove sarebbero uscite le due squadre che si sarebbero occupate di recuperare quello per cui erano venuti. K continuò a camminare avvolto nri propri pensieri, ignaro del fatto che una dei vigilanti lo aveva visto e aveva iniziato a seguirlo, silenzioso ed invisibile come un'ombra.

***

Mia odiava i tacchi, le procuravano un fastidioso dolore alle caviglie e compromettevano in modo sensibile il suo equilibrio, costringendola a concentrarsi sulla velocità delle sue falcate. Le cerimonie di quel tipo erano il lato peggiore dell'essere un Capopalestra, e questo le era già stato preannunciato da Brock, il suo maestro e predecessore. Solo che non gli aveva mai creduto, almeno fino a qualche anno prima quando era stata invitata ad un ricevimento al Palazzo Blu. Strinse forte la pochette color quarzo dove erano custodite le sue preziose Poké Balls. Se le portava appresso ad ogni occasione perché la vicinanza dei suoi amati compagni le faceva sbollire la rabbia dovuta agli sguardi di sufficienza delle donnette borghesi. Odiava anche quelle, forse anche più dei tacchi.
"Sei bellissima stasera" disse una voce profonda. Mia si girò e vide uno dei suoi amici d'infanzia.
"Lack-Two! Cosa ci fai qui?" chiese Mia mentre abbracciava il suo caro amico.
"Sono qui per lavoro, purtroppo" rispose l'uomo.
Lack-Two era uno dei detective più famosi della Polizia Internazionale ed era anche uno degli uomini più affascinanti che Mia conoscesse. Era alto qualche centimetro più di Mia, aveva degli affascinanti  occhi marroni e i capelli di uno stano color rossiccio gli coprivano parte della fronte. Indossava uno smoking color blu notte.
"Che lavoro?" chiese preoccupata Mia mentre prendeva un paio di bicchieri dal vassoio di un cameriere.
"Avrai sentito parlare del Team Triade?"
"Ovvio. Pensi che vogliano attaccare il Museo?"
"So che lo faranno stasera. E so anche cosa vogliono: il frammento di Rossopiuma"
"Impossibile, quel cristallo non serve a niente" replicò Mia stizzita.
"Ma sai anche di cosa parlano le leggende e..."
"Non è ancora stato dimostrato niente!" replicò Mia.
"Non è questo il punto!" esclamò Lack-Two . poi aggiunse:"dobbiamo approntare delle misure di sicurezza"
"So dove tengono il frammento, possiamo aspettarli laggiù con alcuni dei tuoi uomini" propose Mia mentre appoggiava il suo bicchiere su uno dei tavolini.
Lack-Two rimase in silenzio per alcuni minuti, poi disse che non poteva fidarsi degli agenti e che ci sarebbero potuti essere degli infiltrati. Mia stava per chiedergli se avesse in mente un piano migliore, quando un urlo proveniente dal piano inferiore scosse i due, i quali si precipitarono alle scale. L'ansia mozzò il fiato per qualche secondo a Mia: se i Triade si fossero davvero infiltrati alla mostra, fermarli sarebbe stato una sua prerogativa. E lei non si sentiva all'altezza di tale compito.

***

La mostra al Museo si era rivelata molto meno noiosa del previsto, questo dovevo ammetterlo. Rimasi affascinato da tutti quei fossili sapientemente dislocati per le varie stanze, in modo tale che un visitatore potesse ammirarli dal più antico al più "recente". Personalmente, mi ero lasciato incantare dai fossili risalenti ad un paio di decine di milioni di anni fa: c'erano esemplari di creature che ricordavano, anche se molto vagamente, i moderni Arbok e Arcanine. Sul soffitto era stato posizionato lo scheletro di un enorme drago serpentino, il quale possedeva una lunga fila di denti lunghi almeno una ventina di centimetri. Inoltre, avevo sentito da una guida che mancavano alcune parti di quel Pokémon, il che significava che quello era stato uno dei più grandi esseri del suo tempo. Chissà come si sentiva ad essere il più temuto.
Layla e Rick si erano separati da me. Rick si era avvicinato ad uno dei camerieri e aveva requisito diversi piatti e ora se ne stava seduto ad ingozzarsi, mentre Layla osservava rapita alcune conchiglie protette da una spessa teca di vetro. Mi avvicinai e dissi:"Ti stai divertendo?"
Layla si voltò e mi guardò per qualche istante, poi rivolse il suo sguardo nuovamente alle conchiglie e rispose:"Sono stata spesso ad eventi del genere"
La sua voce tradiva una piccola vena di tristezza. "Qualcuno ti ha dato fastidio?"
Mi guardò divertita e poi disse:"No, non preoccuparti. Molti qui conoscono la mia famiglia di fama e non si azzardano a provocarmi"
"Beh, tuo padre è abbastanza famoso ed è tra gli Allenatori più forti del pianeta..."
"Ma non famoso quanto i tuoi, o quanto altre persone nate a Biancavilla" replicò lei, poi sviò il discorso su di me:"Piuttosto, molte persone ti avranno avvicinato stasera..."
"Giusto un paio" dissi, poi aggiunsi:"Papà ha sempre insisto affinché no partecipassi ad eventi di gala o a robe del genere. Credo che lo abbia fatto per proteggermi dalle malelingue"
"O dagli sguardi della gente" disse Layla annuendo col mento ad una coppia di signore che ci stava guardando da parecchio.
Stavo per andare a dire a quelle due donne di cambiare aria quando Rick si insinuò nella nostra conversazione:"Allora, credo che voi due non abbiate ancora mangiato. Tenete" disse porgendoci un paio di tazze pieni di snack. Poi prese sia me che Layla per un braccio e ci costrinse a sederci ad uno dei tavoli disseminati per la stanza. "Vi ho sentiti parlare di quelle due, così ho pensato di farvi concentrare su qualcosa di più piacevole" disse a mo' di scusa Rick una volta sedutosi anche lui.
"Grazie, hai fatto bene" dissi prima di addentare una bruschetta.
La visita al Museo si era rivelata l'ennesima prova a sostegno del fatto che Novisola era una vera e propria utopia, dannosa per chiunque ci vivesse. Forse avevo sbagliato a pensare che tutto il mondo fosse così, ma avevo sbagliato ancor di più sulle persone: la maggior parte degli invitati si era rivelata un ricettacolo di parole velenose e di falsità e tutti lì dentro erano pronti a cambiare bandiera appena qualcuno si fosse trovato in difficoltà. Erano degli schifosi voltagabbana.
Guardai per alcuni minuti Rick: sembrava così a suo agio, sembrava che non si curasse affatto di quello che le persone attorno a lui stessero facendo o dicendo. Sentii un moto di invidia salirmi dallo stomaco: non solo era visibilmente più forte di me, ma aveva anche più fiducia in sé stesso di quella che io avrei mai potuto avere. Evidentemente, la sua fama non era così grande come avevo immaginato o era davvero bravo a mascherare le proprie emozioni. In entrambi i casi, Rick si stava rivelando una persona straordinaria... E io mi sentivo ancor più piccolo. Confusione, un vortice di confusione e di tristezza. Ecco come percepivo l'ambiente circostante. Qualsiasi cosa facessi, c'era sempre qualcuno che era u  passo avanti a me, che era più bravo, più forte e più amato... In quel momento capii una cosa: forse n era la fama a determinare la forza di qualcuno, forse non erano nemmeno la stima e il rispetto delle persone che ti circondavano. Allora cos'era?
Mi crogiolai nei miei pensieri per tanto tempo, isolandomi dall'ambiente circostante e dai discorsi esilaranti di Rick. Dovevo trovare una risposta a quella domanda, il più presto possibile. Sentivo che se non l'avessi fatto, tutto avrebbe perso senso. A quel punto, avrei fatto meglio a tornarmene a Novisola e a non lasciarla mai più.
All'improvviso, un urlo squarciò l'aria. Proveniva dalla sala attigua, e fu seguito da diversi rumori sordi. Le porte che separavano le due stanze vennero scardinate dal colpo energetico di un Lucario. Da dietro di lui comparvero diverse uomini. Riconobbi il simbolo che era stato cucito sulle loro divise. Il Team Triade aveva fatto la sua mossa, e il panico dilagò tra gli invitati.

***

Liberarsi della guardia che aveva cercato di fare l'eroe fu meno facile del previsto e K si ritrovò costretto ad usare la violenza. Ora il poveretto giaceva a terra con una ferita non molto profonda alla testa ed un bel po' di lividi sparsi per tutto il corpo. K pulì dal sangue il bastone allungabile e lo ripose nella tasca, poi si assicurò che la sua vittima non stesse perdendo troppo sangue. Una volta fatto ciò, si voltò e aprì il caveau, digitando velocemente il codice donatogli da Bellatrix.
Il portone di metallo si aprì, rivelando tutti gli antichi e preziosi reperti che conteneva. K fu contento di vedere che le Reclute capitanate da Olga erano già a buon punto con la ricerca. Si avvicinò alla donna e disse:"Olga, mi potresti dire perché vedo solo quattro delle dieci Reclute che ti avevamo affidato?"
Olga lo guardò e con fare stizzito gli rispose che Alaric aveva preso con sé parte di quei ragazzi per poterle dare più tempo.
"Mi stai dicendo che Alaric, quel pazzo assetato di sangue, sta organizzando un diversivo?" chiese K irritato.
"Non usare quel tono con me" replicò pacata la donna.
"Ma ti rendi conto di chi stiamo parlando? Quel demente manderà all'aria tutto e ci scopriranno"
"Non credo proprio" disse Olga mentre sfogliava distrattamente un vecchio registro. Lo ripose in uno scaffale e aggiunse:" Ho manomesso i circuiti di videosorveglianza e, con l'aiuto di un paio di hacker, ho fatto in modo che la nostra presenza non venga rivelata"
K rimase spiazzato dalla fiducia che Olga riponeva nelle proprie capacità, così decise di fidarsi della ragazza. Purtroppo, non poteva fare altrettanto con Alaric, il quale troppo spesso cadeva preda dei fumi dell'ira e agiva senza pensare. Per questo motivo la sua forza doveva esser utilizzata con parsimonia e con astuzia. L'ultima volta che aveva perso il controllo, K era stato costretto ad inviare una squadra a ripulire quel disastro e, dalle foto che aveva visto nel rapporto, Alaric ci era andato giù pesante.
"Signori! Ho trovato quello che stavamo cercando" disse una Recluta.
K e Olga si avvicinarono ed esaminarono il contenitore che la Recluta porse loro. K lo pulì della polvere e vide un cristallo color rosso brillante la cui forma ricordava una piuma di quegli uccelli tipici delle Regioni del Sud.
"Come ti chiami Recluta?" chiese Olga.
"Josephine" rispose quella con fare tremante.
"Beh, Josephine, credo che farai carriera in questa organizzazione" replicò Olga.
La Recluta sorrise e si lasciò scappare un piccolo grido di entusiasmo. K la guardò per un secondo: anche li era stato così un tempo, prima che le sue mani si sporcassero. Prima che la sua anima iniziasse a macchiarsi di nero.
Scacciò quei pensieri dalla testa e ordinò ai sottoposti di sgomberare la zona. Ora rimaneva una sola cosa da fare: cercare di limitare i danni che Alaric aveva causato. K si staccò dal gruppo e salì le scale che portavano ai piani superiori.

***

Fumo. Urla. Lotte. Un tizio gigante si avvicinò a noi con fare minaccioso: aveva addosso una divisa molto simile a quella di K, solo che parte del braccio e della spalla erano ricoperte da una specie di armatura. Anche lui portava una spilla sulla spalla. I ricordi di Emerald City mi assalirono con una tale forza che dovetti indietreggiare fino a toccare con la schiena il muro. Annaspavo in cerca di aria. Più ne respiravo, più mi sentivo soffocare.
"TOM!" urlò Layla.
"Sta avendo un attacco di panico, dobbiamo portarlo fuori" disse Rick mentre faceva passare il mio braccio sopra la mia spalla.
Il Lucario di quell'uomo si avventò su di noi e ci lanciò contro una Sforzasfera. Rick mi coprì gli occhi con una mano e per diversi secondi non vidi niente. Sentii solo un'esplosione. Spostai la mano di Rick e vidi un Kabutops che fronteggiava il nostro assalitore.
 "Mia!" esclamò Layla mentre indicava le scale che portavano al piano superiore.
Mia ed un uomo sconosciuto stavano scendendo le scale alla massima velocità. L'uomo si frappose tra noi e il membro del Team Triade, mentre Mia si avvicinò a me e mi chiese se stessi bene.
"Ora va molto meglio" dissi mentre mi rialzavo, poi aggiunsi:"Chi è quell'uomo?"
"È un membro della Polizia Internazionale, non preoccuparti" rispose Mia prima di richiamare il suo Kabutops.
"Alaric, capitano del Team Triade, arrenditi o sarò costretto a lottare" disse il tizio sconosciuto.
"La tua presunzione mi offende" disse Alaric "Pensi davvero che io sia così accondiscendente?!"
"Beh, almeno ci ho provato" replicò l'agente. Detto ciò, tirò fuori da una delle tasche una Poké Ball e la lanciò. Da essa uscì un Samurott, il quale ruggì cercando di intimidire il suo avversario.
Alaric scoppiò a ridere, poi ordinò alle Reclute di concentrarsi esclusivamente su quel Samurott. Diversi Pokémon si lanciarono contro Samurott, ma il suo Allenatore non si fece intimorire:" Samurott, Bora"
Samurott gonfiò il petto e poi scatenò un portentoso vento freddo, il quale fece arrestare molti dei suoi avversari e ne congelò altri. Alaric imprecò, poi ordinò a Lucario di usare Ossoraffica contro il Pokémon Dignità, il quale parò ogni singolo colpo con Conchilama.
Gli altri Pokémon, però, non si persero d'animo e cercarono di aiutare il loro compagno, ma non avevano fatto i conti con Mia, la quale, con una mossa velocissima, fece uscire il suo Steelix e gli ordinò di usare Frana su tutta la stanza.
"Aspetta, i fossili verranno..." dissi ma Mia mi interruppe:"Fidati, so quello che faccio"
Giusto qualche secondo prima che le rocce colpissero i fossili, essi furono ricoperti da una cupola di energia che frantumò la roccia in piccoli sassi.
"Ingegnoso" commentò Rick.
"Grazie, è stata mia l'idea di installare questo sistema di sicurezza" ammise Mia con una punta d'orgoglio nella voce.
Nel frattempo, la lotta tra Lucario e Samurott era continuata, e quest'ultimo sembrava che stesse avendo la meglio. Lucario, infatti, ansimava affaticato e faceva fatica a reggersi in piedi.
"Avanti, non è ancora finita!" urlò Alaric per incoraggiare il suo Pokémon.
L'agente stava per replicare quando K spuntò dalla stessa porta da cui erano usciti anche le altre Reclute. Si avvicinò al suo collega e disse:"Alaric, è ora di andare. Abbiamo quello per cui siamo venuti"
"Prima devo disintegrare questo sciocco" replicò l'altro. K prese il braccio dell'altro Triade e gli ripeté che dovevano andarsene.
Alaric i liberò dalla presa, richiamò nella Sfera il suo Lucario e ordinò alle Reclute di lasciare il Museo.
"Aspettate!" urlò l'agente.
K si voltò e lanciò uno strano oggetto contro i supporti che sostenevano lo scheletro del Drago gigante. Dopo pochi secondi, i cavi cedettero e lo scheletro cadde, provocando un'enorme frana. Non ricordo bene quello che è successo dopo. L'unica cosa che ricordo è che fui investito dall'onda d'urto, poi il buoi accecò i miei occhi.
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Salve. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che l'abbiate apprezzato. Mi scuso per tutto il tempo che passa tra un capitolo e l'altro, ma la scuola è più importante delle fanfiction e in questo periodo non ho molto tempo per scrivere. Vorrei chiarire un paio di cose:
1) Lack-Two non è un mio OC, ma è uno dei protagonisti del capitolo Black2&White2 di Pokémon Adventures.
2) La gerarchia del Team Triade. Non ho mai parlato tanto di questo aspetto, ma vi assicuro che non è niente di complicato: Olga, K, Bellatrix ed Alaric sono i Capitani e hanno lo stesso potere, anche se è limitato ad alcune divisioni del Team. Sopra di loro ci sono Proton, il Barone e altri due personaggi che avremo l'occasione di conoscere più avanti. Al vertice della piramide troviamo... Questo non posso dirlo, spoiler troppo pesante.
Beh, io ho finito. Un saluto \0-0/
Rovo
P.S. Vediamo quanti di voi riescono a trovare tutti e tre i riferimenti sparsi in questo capitolo. Colui che ci riuscirà vincerà un biscotto.
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: La quiete dopo la tempesta ***


Capitolo 9
- La quiete dopo la tempesta -

Mi risvegliai nella mia stanza d'albergo con un qualcosa di freddo sulla fronte. La testa mi faceva male e, dopo pochi secondi, mi accorsi di avere anche una benda al polso. I ricordi si affollavano confusi nella mia testa. Cercai di alzarmi e di recuperare una delle mie felpe, ma la stanza cominciò a girare su sé stessa e fui costretto ad appoggiarmi all'armadio per non cadere. Approfittai di quella pausa forzata per osservare meglio l'ambiente circostante: mi accorsi così di non essere in albergo come credevo, ma di essere in una delle stanze monotone del Centro Pokémon. I miei vestiti erano ammucchiati sulla scrivania e lo zaino era vicino alla finestra. La stanza smise di girare e mi avvicinai alla borsa: aprii tutte le tasche e controllai che non mancasse nulla.
Una volta fatto ciò, mi vestii e cercai allo stesso tempo di rimettere insieme il puzzle dei miei ricordi: diverse immagini attraversarono la mia mente come un fiume in piena e per poco non fui travolto dalla stessa angoscia di quella sera. Lo scheletro del drago che cadeva minaccioso e letale sugli ospiti, gli altri scheletri che si sfracellavano sotto il peso delle ossa giganti. La parte peggiore di tutto questo erano le urla, le urla di puro terrore che squarciavano l'aria polverosa della sala come coltelli. Per un attimo pensai che sarei morto. I miei pensieri si spostarono su K, su quella persona che ancora non riuscivo a comprendere: perché si comportava così? Prima ci salva dalla furia di quell'altro Capitano e poi attenta lui stesso alla nostra vita. Per un attimo mi era parso che ci fosse del rimorso nei suoi occhi... Eppure continuava a non mostrare pietà.
"E se lui non fosse come gli altri?"
Quella domanda attirò su di sé i miei sforzi. K era davvero diverso? K poteva essere considerato come una persona che mostra rimorso?
Afferrai la prima cosa che mi capitò a tiro e la scagliai contro il muro. Perché continuavo a pensare al Museo? Perché continuavo a pensare ai Triade? Perché?! Ogni mio sforzo per diventare più forte, ogni sforzo fatto per battere Mia si era rivelato inutile contro di loro. Perché continuavo ad incontrarli? Io non sono come Red, né tantomeno come mio padre, non riuscirei mai a fermarli eppure essi continuavano ad intralciarmi... Non ne potevo più. La nostalgia di casa mi assalì e per un momento fui tentato di tornare a Pallet Town e di prendere il primo traghetto disponibile per Novisola e non lasciarla mai più. Lo sguardo mi cadde poi su una delle mie Poké Ball, quella di Pit, e mi ricordai della promessa che avevo fatto a lui e a Venus settimane prima.
Animato dalla consapevolezza di non poter rompere quella promessa, mi asciugai le poche lacrime che mi rigavano il volto, presi il cappello e uscii dalla stanza, diretto a cercare Layla per assicurarmi che anche lei stesse bene.

***

Il Barone camminava con passo lento per il lungo corridoio. Dietro di lui, lontani qualche passo, camminavano anche K e Gloria. Barone sorrise ai due poi spostò il suo sguardo sulle pareti del corridoio: esse erano decorate con una carta da parati raffiguranti lo scudo dei Triade e i bordi erano colorati con i colori delle tre squadre. Il tappeto che ricopriva il pavimento era dello stesso colore della carta da parati e ciò creava una certa atmosfera, giudicata piuttosto pesante sia da K che dal Barone.
I tre arrivarono davanti ad una porta, la quale si aprì subito rivelando la stanza che proteggeva: diversi tecnici lavoravano alacremente digitando ad una velocità incredibile codici informatici. La stanza era a pianta quadrata e le pareti erano state rivestite con diversi computer, al centro della stanza era stato posizionato un piedistallo da cui partivano diversi cavi che si riallacciavano ai diversi computer. Sopra al piedistallo, protetta da una teca cubica spessa diversi centimetri, era stata messo il frammento di Rossopiuma. Il Barone si avvicinò alla teca e ammirò la pietra per diversi secondi. Nonostante la sua superficie fosse coperta da diversi sensori, la pietra brillava di una luce davvero strana e il Barone ne era attirato. Sfiorò con le dita la teca e, con voce estatica, sussurrò:" Finalmente sei mia..."
Bellatrix si staccò dalla sua sedia e si avvicinò al Barone e gli disse che doveva allontanarsi dalla teca per ragioni di sicurezza. Il Barone rivolse uno sguardo vacuo alla ragazza e per un momento parve non riconoscerla.
"Signore, sta bene?" si affrettò a chiedere Gloria.
La voce della donna riuscì a riportare alla realtà il Barone, il quale si affrettò ad allontanarsi dalla pietra. Fatto ciò, si voltò verso Bellatrix e disse:" Voglio un rapporto sulla pietra, ora"
Bellatrix digitò veloce un codice sul suo tablet, poi lo porse al Barone, il quale poté osservare diversi grafici. "Le sto mostrando i risultati degli ultimi test. Abbiamo dimostrato che la pietra è radioattiva, ma le radiazioni non hanno un'intensità tale da causare malattie o da modificare il patrimonio genetico di un essere. Abbiamo inoltre scoperto che emette un secondo tipo di radiazione che non siamo ancora riusciti ad identificare" spiegò Bellatrix.
"E...?"
Bellatrix si riappropriò del tablet, poi continuò il suo discorso:"C'è il 70% che le proprietà descritte nelle leggende possano essere veritiere. Abbiamo inoltre notato che anche quel pezzo che abbiamo recuperato dalla stiva della M/N Aeroa produce lo stesso tipo di radiazione della pietra. Purtroppo, non abbiamo prove che la Rossopiuma e quel pezzo siano collegati in qualche modo"
"Ottimo lavoro, voglio essere aggiornato appena scoprirete qualcos'altro" replicò il Barone mentre lasciava la stanza.
Lasciò che K e Gloria si allontanassero di qualche passo, poi il Barone fissò con lo stesso sguardo vacuo di qualche minuto prima il vuoto e disse:" Avete capito quella che succederà... Vi prometto che rimarrete stupiti da quello che succerà!"
Detto questo, il Barone si incamminò con fare annoiato lungo il corridoio.

***

Trovai Layla nella grande hall del Centro Pokémon intenta a parlare al telefono. Da lontano potei guardare il suo viso contratto in una espressione di disagio misto a nervoso. A volte si portava una mano alla bocca ed iniziava a mordersi le unghie per cercare di rilassarsi. Man mano che mi avvicinai, potei ascoltare con chiarezza il discorso che la persona dall'altro capo del telefono. Layla annuiva ad ogni parola, poi, presa come da uno scatto d'ira, urlò:"Ho capito papà, smettila di trattarmi come se fossi una bambina!"
A quel punto mi fermai e fui tentato di tornarmene da dove ero venuto per lasciare un po' di privacy a Layla. La mia compagna di viaggio parlava molto raramente con il padre e molto spesso le loro telefonate finivano con un litigio o con uno dei due che appendeva senza salutare. E quel giorno sembrava una di quelle volte.
Fortunatamente, il tono di Layla si calmò subito dopo e la telefonata proseguì per diversi minuti, tant'è che decisi di andarmene prendere qualcosa da bere al bar e passare un po' di tempo con i miei pensieri.
"Come se non lo facessi già abbastanza" commentò sarcastica una vocina dentro di me. Ottimo, ora stavo diventando pure matto. Scacciai con un gesto della mano quella voce dalla mia mente e mi diressi verso il bar, quando il mio Pokénav squillò.
"Pronto?"
"Tom, sono la mamma. Come stai? Tutto a posto?"
La voce di mia madre mi rassicurò parecchio ed ero sicuro che parlare con lei mi avrebbe fatto.
"Sto bene, mamma. Lo sai che ho vinto una medaglia?" dissi con un tono di voce piuttosto squillante.
" Ottimo, vedrai che ce la farai a conquistarle tutte" replicò mia madre. Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, poi ella mi chiese se era andato o meno al Museo la notte precedente.
"Sì... Hai saputo di quello che è successo?"
"Tuo padre è stato informato subito dell'accaduto. Tom, sei sicuro di stare bene? Se hai paura, sappi che potresti pure tornare a casa e..."
"Mamma, non ho paura". La sua sfiducia mi aveva colpito: non pensavo che mi proponesse una cosa del genere. Mia madre aveva combattuto i Rocket, aveva catturato tre Pokémon Leggendari e ora aveva paura di quei tizi... Forse, ma solo forse, temeva che non fossi preparato per fronteggiare un avvenimento del genere.
"Tom, ti prego, non è come pensi: Kanto sta diventando un posto pericoloso e..."
"Mamma, ti prometto che non cercherò di combattere quei tizi, né tantomeno cercherò di ficcare il naso nelle loro faccende" dissi interrompendo il suo discorso.
"Questo mi rassicura... Anche se rimarrò comunque in pena per te. Ora devo andare. Chiamaci al più presto" disse prima di chiudere la chiamata.
Rimisi il Pokénav nella tasca della felpa ed entrai al bar. Mi sedetti e ordinai una colazione completa.
Mentre sorseggiavo tranquillamente la tazza di the servitami dal cameriere, uno strano sentimento s'impradonì di me: si arrampicò come un serpente, partendo dalle punte delle mie dita per finire proprio dentro al mio cuore: ora so che si chiamava spensieratezza. Era un sentimento bianco, pulito e allo stesso tempo forte, così forte che per un attimo dimenticai tutto quello che era successo e mi abbandonai completamente nelle sue braccia. L'assalto alla nave, il massacro di Smeraldopoli, la notte al Museo... Tutto per un lungo, delizioso attimo si fece completamente bianco e in quel momento capii quanto avevo sbagliato: io non dovevo preoccuparmi dei Triade, io ero solo un ragazzo che intraprendeva il suo primo viaggio e che si gode le avventure, belle e brutte, e le esperienze che esso porta con sé.
Posai lo sguardo sulle Balls che avevo appoggiato sul tavolino e incontrai gli occhi di Pit, fieri e determinati ma anche tristi. La presi e la avvicinai al volto; ci scambiammo un lungo sguardo silenzioso. Passarono almeno un paio di minuti, poi Pit picchiettò la parete della Sfera. Lo feci uscire e lui si appollaiò sulla mia spalla, iniziando a strusciarsi contro la mia guancia. Sentii il suo affetto in quelle carezze... Lo presi in braccio e lo strinsi forte, cercando di non perdere nessuna goccia di quell'affetto. Rimanemmo in quella posizione per diversi minuti, fino a quando Layla si sedette di fianco a me e mi chiese se stessi bene.
"Sto bene... Sono solo un po' stanco. Ma tranquilla, passerà presto" dissi.
Ci credevo veramente in quelle parole, ma sapevo che c'era qualcosa di non vero. Sentivo un'ombra protendersi su quella gioia. E l'unica domanda che mi ponevo era: sono capace di scacciare quell'ombra?
Non trovai risposta a questa domanda per molto tempo, e, quando la trovai, era già troppo tardi...

***

Green appoggiò il suo cellulare sul tavolo. La notizia dell'assalto al Museo l'aveva scossa profondamente e, appena le avevano comunicato che suo figlio era presente alla cerimonia, il suo cuore aveva mancato un battito. Si era precipitata in salotto e lo aveva chiamato. Ora, dopo aver sentito la voce del figlio, si sentiva meglio. Nonostante ciò, aveva notato nel figlio qualcosa che non andava: la sua voce non aveva più nulla in comune con quella del bambino che era partito quasi un mese prima. Anzi, era più cupa e ciò la preoccupava alquanto.
"Allora, come sta?"
La voce di Blue la riportò alla realtà. Green si voltò e guardò il marito. Ogni volta che lo guardava rivedeva qualcosa di Tom in lui. I due infatti si somigliavano parecchio, anche se solo un occhio attento poteva notare quelle piccole cose: camminavano alla stesso modo, avevano lo stesso modo di sorridere e, di questo  ne era sicura, lo stesso modo di occuparsi dei Pokémon.
"Sta bene" rispose Green mentre si avvicinava al marito. "Sono preoccupata Blue..."
"Lo sono anch'io" rispose quello mentre scostava una ciocca dei capelli di Green. "Molto probabilmente sarà solo scosso, tra un paio di giorni tornerà come prima" aggiunse poi con un sorriso rassicurante.
Green lo abbracciò e lo strinse a sé:" Parli come se conoscessi già il futuro..." disse con un filo di voce la donna.
Blue contraccambiò l'abbraccio. "Dico questo perché so che ha ereditato il meglio da sua madre"
Green lo guardò interrogativa. "Ha preso la tua stessa forza. E non provare a dire che non sei forte come me, perché non è assolutamente vero. Non conosco nessuno che, per superare la sua fobia dei Pokémon Volanti, decide di catturare il Trio degli Uccelli Leggendari" spiegò Blue.
"Lo sai che non è quello il motivo per cui li ho catturati..." replicò un poco piccata Green.
"Ciò non toglie che ci vuole un gran coraggio per farlo. E nostro figlio ha quel coraggio"
Green fu in parte risollevata dal sorriso rassicurante del marito. Poi i suoi occhi si posarono sulla borsa da viaggio che Blue aveva appoggiato vicino alla porta.
"Che cosa hai intenzione di fare con quella borsa?"
Blue si portò una mano dietro alla nuca e scoppiò in una risatina isterica. "Ehm... Dovrei partire..."
"Fin lì c'ero arrivata da sola, ma dove devi andare e perché?"
Blue frugò nelle tasche del suo giubbotto e ne tirò fuori una fotografia piuttosto spiegazzata che porse a Green. La donna la guardò: ritraeva due uomini, uno della sua stessa età e l'altro di qualche anno più giovane. Quello sulla sinistra aveva due grandi marroni. I capelli, di una tonalità più chiara rispetto agli occhi, erano pettinati con una quantità assurda di gel, la barba, invece, era un po' trascurata. L'uomo sulla sinistra, invece, aveva i capelli neri e una barba che gli ricopriva completamente le guance ed era molto più curata rispetto a quella dell'altro ed era nera tanto quanto i capelli, i quali erano quasi totalmente coperti da un cappello da baseball. I due uomini sorridevano radiosi e uno di loro indicava il mare cristallino alle loro spalle.
"Aspetta un secondo... Questi sono Red e Ben! Quando hai ricevuto questa fotografia?" chiese Green.
"Un paio di giorni fa. Red è partito per la regione di Oblivia e non è ancora tornato, ma Kanto ha bisogno del suo aiuto" disse Blue.
"E tu hai intenzione di raggiungerlo per convincerlo?"
"Sì. Prometto che farò il più presto possibile..."
Green si avvicinò al marito e lo abbracciò. "Non preoccuparti" disse Green mentre si scioglieva dall'abbraccio. "Salutamelo appena lo vedi... E digli di venirci a trovare più spesso"
Blue annuì e prese la borsa. Salutò la moglie ed uscì dalla casa. Non era mai stato ad Oblivia, ma sentiva dentro di sé che quella Regione nascondeva qualcosa di migliore. Si avviò per la strada che portava al porto con un sorriso sulle labbra, pronto a godersi questa nuova esperienza.

***

Rick camminava per il commissariato con un passo poco deciso, quasi indeciso. Si mordeva le labbra per il nervoso: non era la prima volta che il suo capo lo convocava, ma sentiva che l'incontro di quel giorno non sarebbe stato come gli altri. Odiava l'atmosfera opprimente dei commissariati di polizia, puzzavano di chiuso e di presunzione. La maggior parte della gente che lavorava là dentro si credeva importante, ma in realtà non era nient'altro che un ingranaggio di una macchina enormemente più grande di quello che potevano immaginare. Si credevano importanti, ma in realtà valevano meno dei criminali che arrestavano.
L'ansia strinse la gola del ragazzo, il quale fu costretto ad accostarsi ad un distributore di acqua. Prese una bottiglietta d'acqua e ne bevve il contenuto tutto d'un fiato cercando di far annegare quel sentimento che gli stringeva la gola. Una volta che ebbe finito, si ritrovò circondato dalle occhiate incuriosite degli agenti. Rick si limitò ad ignorarle e proseguì il suo cammino. Poteva sentire quegli occhi trafiggergli la schiena, ma decise comunque di lasciar stare.
Più si avvicinava alla sua meta, più sentiva che le pareti si facevano più strette. Strinse forte la collana a cui erano agganciate le sue Balls e fu come se un moto di fiducia lo attraversasse da capo a piedi. Con questo rinnovato coraggio, Rick bussò alla porta.
Dopo pochi secondi aprì la porta ed entrò nella stanza. Lack-Two lo guardava con uno sguardo serio. "Rick, per favore, accomodati"
Rick si sedette e guardò fisso negli occhi Lack-Two. Si sentiva minacciato da quella persona e, in parte, era normale: era il suo diretto superiore e aveva il potere di rimandarlo a Sinnoh in qualunque momento, ma Rick sapeva che non lo avrebbe fatto, almeno non in quel momento.
"Potresti dirmi" iniziò Lack-Two, "Cosa ci facevi ieri notte al Museo?"
"Sono stato invitato da Layla Ketchum, signore" disse Rick. "Lei e Tomas Oak possedevano dei biglietti regalati dalla Capopalestra Mia" aggiunse poi.
"Sei sicuro che non sospettino alcunché?"
"Sicurissimo, sono stato piuttosto prudente e i ragazzi non mi hanno fatto domande sul mio passato"
Lack-Two assunse una posizione rilassata. "Ottimo, ma la prudenza non è mai troppa..." disse Lack-Two mentre consegnava al ragazzo una busta sigillata recante il simbolo della Polizia Internazionale. "Qui dentro troverai le coordinate della tua nuova destinazione. Si trova nei pressi di Celestopoli. Non ti anticipo nulla, ma ti assicuro che ti verrà spiegato tutto dall'agente che è gia sul posto" disse l'agente.
"Ottimo" disse Rick.  Il ragazzo si alzò dalla sedia e si diresse verso l'uscita della stanza. "Capo" disse Rick prima di andarsene.
"Sì...?"
"Non sono autorizzato a incontrare di nuovo Tom e Layla?" chiese il biondo.
Lack-Two emise un profondo gemito. "Rick, devi capire che il nostro è un lavoro dannatamente pericoloso, sia per noi che per coloro che ci circondano. Ma sono proprio le persone con cui formiamo legami a spronarci ad andare avanti. Quindi sì, puoi continuare a vederli, ma sta attento a non far saltare la copertura, ci siamo intesi?" disse Lack-Two.
Rick annuì e uscì dalla stanza. Lack-Two si abbandonò sulla sedia e posò gli occhi su una foto che decorava la scrivania. Raffigurava tre persone sorridenti su una spiaggia.
"Ragazzi, mi mancate tanto..." disse Lack-Two prima di riportare la sua concentrazione sulle e-mail di lavoro.

***

Passai il resto della mattinata ad allenarmi con Layla. Il carattere di Venus era migliorato con l'evoluzione: adesso era un po' più spavaldo ma manteneva comunque una certa diffidenza nei confronti degli ambienti nuovi, anche se non correva più a rifugiarsi dietro a rocce o a cose del genere. Pit, al contrario, si era dimostrato lo stesso di sempre, tant'è che, appena Piplup uscì dalla sua Poké Ball, il mio Pidgey decise di sfidarlo. Inutile dire che quasi affogò in uno dei Mulinelli del suddetto Piplup. Le cose invece erano migliorate, anche se di poco, con Trix: ora ubbidiva ai miei ordini solo se il nostro avversario era più forte di lei, ma nel resto dei casi si limitava solo a seguire alcuni dei miei suggerimenti. Nonostante tutto, ero riuscito a farle imparare Ira.
"Allora, hai deciso la prossima destinazione?" mi chiese Layla alla fine degli allenamenti.
"Penso che Cerulean City sia l'opzione migliore, anche se mi piacerebbe visitare anche il Monte Luna..." risposi mentre mi asciugavo il sudore dalla fronte.
"Beh, possiamo prendere il sentiero che attraversa i monti, anche se prendendo la scorciatoia guadagneremmo un paio di settimane" replicò Layla mentre guardava la mappa della zona sul Pokénav.
"No, io dico di passare per i monti.  Dicono che ci siano paesaggi mozzafiato nascosti tra quelle vette e io non voglio perdermeli"
"Pensavo che ti saresti precipitato a prendere la tua seconda medaglia, invece sfoggi questo lato da turista"
"La Lega inizia a Maggio quest'anno, e noi siamo quasi ad Ottobre, quindi c'è abbastanza tempo per goderci le meraviglie di questa regione" dissi prima di rientrare nel Centro Pokémon.
Layla si affrettò a raggiungermi e mi allungò un pacchetto. "Cos'è?" chiesi.
"È da parte di Rick" si limitò a dire la mia compagna di viaggio.
La risposta mi spiazzò e scartai il pacchetto. Conteneva una scatola piena di pietre evolutive, le quali risplendevano di mille sfumature diverse grazie alla luce del sole. Attaccato alla scatola c'era un biglietto. Lo aprii e lessi:"Ecco un piccolo regalo per la tua vittoria, Piccolino. Fanne buon uso"
"Un set del genere costa davvero parecchio" commentò Layla mentre ammirava il particolare bagliore di una Pietraidro.
"Già... Magari non è proprio così acido come pensavo" commentai tra me e me.
Raccolsi la scatola ed entrai nel Centro Pokémon seguito a ruota da Layla. Il sole era ancora alto nel cielo quando uscimmo da Pewter City, e il Sole illuminava tutto e rendeva la natura circostante molto più bella. "Forse le cose miglioreranno..." Pensai alla vista di quello spettacolo.

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+ Angolino dello scrittore in erba +
Salve Gente, è da un po' che non ci si sente, vero? Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto. Purtroppo, nessuno è riuscito a trovare i riferimenti che ho lasciato nel capitolo scorso. Ecco le soluzioni: il titolo è lo stesso di una canzone di Eminem, poi c'è un riferimento a "Una notte al museo" (gli oggetti esposti che si animano) e alla saga di Percy Jackson (l'affermazione di Layla sulle Erinni). Ho un'altra cosa da dirvi: Ben non è un mio OC, è solamente il nome inglese di Martino, il protagonista maschile del terzo capitolo di Pokémon Ranger. Detto questo, io vi lascio. Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Poltergeist ***


Capitolo 10
- Poltergeist -
 
"Non esiste la morte, è soltanto una transazione
verso una sfera diversa della coscienza."
 
"Pit, evita le rocce con Attacco Rapido!" urlai a squarciagola.
Pit scattò velocissimo, infilandosi attraverso i rami dei pochi alberi che puntellavano la parete rocciosa, evitando così di essere colpiti dai sassi letali dei Graveler che ci avevano attaccato. Vi starete chiedendo perché quei Pokémon ci stessero assalendo. Vi giuro, questa volta Pit non c'entrava nulla. Per capire meglio perché stavamo combattendo dovremmo tornare indietro di qualche ora...

***

Le nuvole puntellavano la distesa azzurra del cielo quella mattina. Pur essendo già il 3 Ottobre, le temperature erano stranamente miti e, almeno secondo gli esperti, il freddo si sarebbe fatto sentire solo verso la fine della prima settimana. Approfittando di quel tempo relativamente meraviglioso, Layla e io decidemmo di accamparci su una collina ricoperta da un soffice manto d'erba. Scegliere la strada dei monti era stata la scelta migliore che avessi potuto fare: in quei pochi giorni di viaggio avevamo avuto la possibilità di osservare alcune nidiate di Pokémon Volanti e non e fatto il bagno in una sorgente termale meravigliosa. Il nostro cammino ci aveva poi portati in una piccola conca dove avevamo incontrato degli Stantler, Pokémon molto rari e che difficilmente si palesavano all'infuori della zona nord di Johto. Layla, estasiata da quella vista, non perse tempo e scattò diverse fotografie.
Un sentiero irto di rocce ci aveva portato nei pressi della collina su cui stavamo riposando; Layla, decisamente sfiancata dai ritmi della nostra marcia forzata, si accasciò contro un albero e si lasciò cadere a terra. Indossava una felpa a maniche lunghe rosa che le copriva interamente il busto, un paio di leggins che le arrivavano a metà del polpaccio e delle Converse bianche. Aveva il fiatone e diverse gocce di sudore le rigavano la fronte.
"Tutto bene?" chiesi mentre tiravo fuori dallo zaino un asciugamano.
"Sì..." ansimò mentre mi strappava di mano l'asciugamano e se lo passava sulla fronte.
Mi abbandonai anch'io sull'erba. Alzai gli occhi e mi lasciai distrarre dal cielo. Esso mi ricordava molto quelle grandi, per non dire enormi, torte completamente ricoperte di cioccolato plastico, con l'unica differenza che quest'ultimi erano sicuramente pieni di qualche strano colorante. Il cielo, invece, sembrava incontaminato se non fosse per quelle piccole spruzzate di nuvole che ricordavano vagamente delle meringhe. Sheila adorava le meringhe, non perdeva occasione di mangiarne una. Non sentivo la mia presunta miglior amica dal giorno della mia partenza. Non era neanche venuta a salutarmi con la scusa che doveva prendere l'aereo per Sinnoh all'alba. Per qualche strano motivo, sapevo che quella era una mera bugia: Sheila era sempre stata la più ambiziosa tra di noi e molti dei suoi discorsi erano incentrati sul lasciare Novisola. "È troppo piccola per una come me" continuava a ripetere. Anche lei si era accorta dell'invisibile, ma allo stesso tempo opprimente, gabbia dorata che circondava quell'isola. Presi il PokéNav e cercai il suo numero tra i contatti. Fortuna volle che Eichiro mi avesse inviato un articolo che parlava della nostra piccola amica in comune. Per la precisione, suddetto articolo era un'intervista in cui Sheila dichiarava che doveva la sua vittoria in una gara solamente a sé stessa e etichettava il suo passato come "una parentesi orribile" della sua vita. Quelle parole mi ferirono profondamente. Avevo considerato Sheila una buona amica, ma ella si era rivelata una serpe viscida. Aveva rinnegato la nostra amicizia, le nostre esperienze, il nostro aiuto reciproco. Chiusi l'articolo e lanciai il PokéNav lontano, come se allontanarlo da me rendesse meno reale quell'articolo.
"Vaffanculo!" gli urlai dietro, le lacrime roventi che premevano per uscire dagli occhi.
Layla osservava la scena con aria pacata, quasi apatica. "Tomas Oak che si abbandona al turpiloquio. La cosa è grave" commentò con fare umoristico mentre mi veniva incontro. "Cos'è successo?" chiese poi riprendendo un tono serio.
"Niente... Solo l'ennesima delusione di Novisola" mormorai sconsolato.
Raggiunsi il Pokénav e me lo rimisi in tasca. "Dovremmo accamparci..." mormorai tra me e me.
"Prendiamoci una piccola pausa. Guardati attorno" disse Layla mentre mostrava con un ampio gesto delle braccia la vallata. "Siamo in una valle bellissima. Non farti rovinare questo paesaggio da delle delusioni" aggiunse poi mentre mi metteva una mano sulla spalla.
Layla aveva ragione, aveva dannatamente ragione. Annuii e la aiutai a preparare la tenda e il pranzo.
Il tempo passò velocemente e, quasi senza accorgemene, si erano fatte le quattro del pomeriggio. L'ombra dell'albero era un ottimo rifugio per sfuggire al caldo del sole. Venus e Trix, al contrario, si godevano la bella giornata rincorrendo i Pokémon di Layla per tutta la collina. Mi ero concentrato molto su di loro in quegli ultimi giorni e i risultati si erano fatti vedere: Trix aveva aumentato la sua velocità e il suo attacco, mentre Venus era diventato più difensivo. Non riuscivo a trovare da nessuna parte Pit. Mi alzai e passai in rassegna con lo sguardo la collina. Iniziai a correre agitato. Non era la prima volta che il mio Pidgey si allontanava dal resto del gruppo ma, per qualche strano motivo, sentivo che quella volta era diverso: l'avevo trascurato un po' , tropo preso dalla gioia di avere due Pokémon evoluti nella mia squadra. L'avevo fatto nonostante sapessi che un allenatore degno di questo nome trattava allo stesso modo tutti i componenti della sua squadra. Ero stato egoista, troppo egoista.
"Tom!" urlò Layla attirando la mia attenzione.
"Non trovo più Pit" dissi mentre la raggiungevo.
La faccia di Layla assunse un'espressione contrita. "Mantieni la calma, non può essere andato molto lontano" disse assumendo una delle sue posizioni da ragionamento.
"Io cerco nella foresta, tu perlustra l'altra parte della collina" dissi mentre richiamavo nelle sfere Trix e Venus.
"Non credo che sia una buona idea..." mormorò Layla.
"Questo è il piano migliore che abbiamo" dissi prima di sparire nella foresta.
Passai mezz'ora in quella foresta, vagando senza una meta in cerca delle tracce del mio amico. Stavo per perdere la speranza quando un urlo selvaggio mi riscosse dai miei pensieri. Riconobbi subito la voce: era quella di Pit. Iniziai a correre nella direzione da cui proveniva l'urlo e quello che vidi fece perdere al mio cuore un paio di battiti: dei Graveler stavano attaccando Pit. Mi gettai su di lui, riuscii a prenderlo tra le mie braccia e a schivare i colpi dei Pokémon con una capriola. Mi misi a correre per l'ennesima volta in quella giornata fino a quando incontrai una parete di nuda roccia. Mi girai per tornare indietro, ma la strada era stata bloccata dai Graveler.
"Sembra che non abbiamo altra possibilità se non lottare" sussurrai a Pit, il quale si alzò subito in volo.
"Pit, Raffica!"

***

La nostra lotta andava avanti già da alcuni minuti e ancora non mi era venuto in mente un piano decente per uscire da quella situazione. i Graveler, al contrario, avevano deciso che Pit era un bersaglio troppo facile e uno di loro iniziò a lapidarmi. Fortunatamente, lo stronzetto riuscì a beccarmi solo una volta al braccio. Un lampo di genio illuminò la mia mente e concepii un piano pericoloso, ma allo stesso tempo geniale, che avrebbe potuto tirarci fuori da quella situazione.
"Pit, avvicinati" dissi mentre mi riparavo dietro ad un masso.
Il Pokémon Uccellino atterrò sul mio braccio e mi scrutò con aria perplessa. "So che non abbiamo mai provato una cosa del genere... Per dirla tutta, ti ho trascurato in questi giorni e me ne pento" dissi mentre sentivo che i Graveler rimuginavano sul da farsi. "Ho un piano che, per funzionare, necessita della tua completa fiducia" aggiunsi guardando negli occhi il mio amico, il quale si prese qualche secondo per decidere. Finalmente, con un deciso movimento del capo, Pit decise di fidarsi di me e scese dal mio braccio.
Superai con un balzo la roccia e inizia a concentrare l'attenzione dei miei avversari su di me. Quando quelli iniziarono ad usare Abbattimento al posto di Frana, fui preso dal panico. Deglutii nervosamente e ordinai con voce poco decisa a Pit di alzarsi in volo. Il Pokémon Uccellino scattò in avanti e raggiunse una quota più elevata dopo una serie di acrobazie atte ad evitare i colpi dei Graveler, i quali non si persero d'animo e continuarono con il loro attacco.
"Pit, è il momento! Vai con Raffica e Attacco Rapido" urlai.
Pit si fermò a mezz'aria e iniziò a sbattere le ali ad una velocità maggiore grazie ad Attacco Rapido, generando così una violentissima folata di vento che rispedì ai mittenti le rocce. I Graveler, presi alla sprovvista, non ebbero il tempo di scappare  e furono colpiti da diverse pietre, tant'è che uno di loro cadde a terra svenuto. Nel frattempo, Pit si riportò a terra con una dolce planata: la combo lo aveva stancato e faticava a respirare. Come se non bastasse, gli sforzi del mio Pokémon furono quasi completamente vanificati dal fatto che gli altri due Graveler si erano rialzati praticamente indenni.
"Siamo fregati" mormorai Mentre cercavo la Ball di Venus senza trovarla. "Perché non trovo mai niente quando mi serve?" pensai.
Come ultimo pensiero prima di morire faceva veramente pena. Mi piacerebbe dire che la mia mente era ritornata ai bei giorni passati e che l'ultima cosa che vidi fu il sorriso di mia madre, ma non sarei sincero. La paura mi costrinse, in maniera quasi sadica, a guardare dritto negli occhi i miei avversari. Sorrisi quasi senza accorgemene: era un sorriso beffardo, di sfida, uno di quei sorrisi che rivolgi alle persone che odi e a cui vorresti tanto spaccare la faccia. Si dice che le persone forti muoiano col sorriso sulle labbra, ma io non sono forte, non lo sono mai stato; quel sorriso era vuoto, vuoto come il baratro che abbiano davanti ogni giorno. Chiusi gli occhi a fatica e mi preparai alla mia fine. Passarono alcuni secondi, poi un rumore sordo, simile a quello di un'esplosione, squarciò l'aria. Aprii gli occhi e la scena che vidi mi stupì: Layla, con Empoleon al suo fianco, troneggiava vittoriosa sui Graveler che giacevano a terra svenuti. Le corsi incontro e l'abbracciai, inondandole la felpa di lacrime, lacrime di gioia.
"Su, non piangere... Non è successo niente" sussurrò per tentare di calmarmi.
"G-grazie" balbettai tenendo la faccia premuta contro la spalla di Layla.
"Non ringraziarmi, questa è solo la terza volta che ti salvo la vita" scherzò Layla mentre si scioglieva delicatamente dalla mia presa.
"Come hai fatto a trovarmi?"
"Grazie a Chimeco" disse la ragazza. Quasi involontariamente, la mia faccia assunse un'espressione corrucciata, quasi dubbiosa: come aveva fatto Chimeco a trovarmi senza avere il minimo indizio riguardante la mia posizione? Sapevo che i Pokémon Psico erano dotati di innumerevoli poteri, la maggior parte dei quali andava ben oltre la comprensione umana, ma qualcosa mi diceva che c'era un qualche trucco.
"Dai, ora ti spiego" disse Layla. "Molti non sanno che più o meno tutti i Pokémon Psico hanno la capacità di lasciare una sorta di "traccia" sulle persone con cui vengono in contatto, così possono rimanere sempre in contatto. È un'abilità molto ambigua, se ci pensi per un attimo" aggiunse poi con quel suo fare da maestrina che non dava fastidio. A pensarci bene, quello che aveva detto aveva senso, compresa la parte sull'ambiguità di questa "traccia". Essa poteva essere usata sia per fare del bene ma anche per fare del male... Riflettendoci su un po', capii che quell'ambiguità poteva essere estesa a molti aspetti che caratterizzavano il nostro mondo: Bene, Male, Amore, Odio e così via. Anche l'amicizia. Forse l'amicizia era più soggetta a questa ambiguità e il mio rapporto con Sheila ne era un esempio lampante: era stato tutto una bugia, ogni risata si era trasformato in uno scherno, ogni gesto d'affetto era diventato un modo per ottenere la mia fiducia, un modo per sfruttarmi.
"Quindi... Pensi che tutte le persone che hai incontrato e che ti hanno aiutato vogliono solo usarti?" chiese una vocina stridula nella mia testa. Non era la prima volta che quella vocina mi parlava ma avevo sempre cercato di ignorarla, eccetto in alcune occasioni. E questa era una di quelle volte; grazie a quella vocina, i volti delle persone che mi amavano veramente  - Sam, Layla, Rick, Eichiro, i miei genitori solo per nominarne alcuni - bucarono come fasci di luce la coltre di dubbi che aveva annebbiato la mia mente, rivelandomi una verità che mi aveva abbandonato: non tutte le persone con cui ti relazioni vogliono farti del male. Sembra una banalità, ma dopo tutto quello che avevo vissuto anche le cose più banali avevano perso gran parte del loro senso. Era come se quell'esperienza mi stesse lentamente divorando allo stesso modo di un carnivoro a cui piace giocare con la propria preda, distruggendone piccoli parti piccole ad ogni incontro.
Mi focalizzai sul volto di Eichiro, i cui contorni erano più sfocati rispetto a quelli ben definiti degli altri. lo stavo dimenticando, questa era la brutta verità che tentavo di evitare, la verità che mi ostinavo a non vedere. L'avevo trascurato in maniera simile a come avevo trascurato Pit e me ne stavo pentendo allo stesso modo. Qualcosa aveva rovinato in parte il nostro rapporto, forse proprio il fatto che Eichiro aveva preferito rimanere a Novisola. Mi sentivo tradito, ma allo stesso tempo sapevo che non potevo obbligarlo a fare quello che volevo; agire in quel modo andava contro a tutto quello in cui credevo, contro a quello che mi avevano insegnato i miei genitori. Mi ripromisi che l'avrei chiamato appena sarei tornato al campo e che gli avrei raccontato tutto cercando di non fargli pesare troppo la sua scelta. Così si comportano gli amici, quelli veri, si spalleggiano l'un l'altro anche se si prendono strade diverse.
Una nuova risolutezza mi pervase: avrei fatto dell'amicizia uno dei capisaldi della mia vita, ne avrei fatto una colonna a cui appoggiarmi. E, almeno fino ad oggi, posso dire che l'amicizia, insieme ad altri valori che ho scoperto più in là nella mia vita, è ancora uno dei capisaldi della mia vita.
"Ehm... Tutto a posto Tom?" chiese Layla riportandomi alla realtà.
"Sì... Stavo solo pensando a come sarebbe utile avere nella mia squadra uno Psico, coprirebbe parte delle debolezze di Venus e di Trix e tornerebbe utile anche a Pit avere un compagno di allenamenti" dissi. Avevo mentito a Layla, ma c'era comunque un fondo di verità. Ci incamminammo lungo il sentiero che riportava alla collina. Mentre camminavo composi il numero di Eichiro, la cui voce non si fece attendere.
"Ciao Eichiro, devo assolutamente raccontarti una cosa..."

***

Rick camminava per le strade della periferia di Cerulean City con passo lento e pesante. Il vento freddo che proveniva da nord lo aveva costretto a rispolverare il suo vecchio giubbotto pesante grigio. Una folata di vento improvvisa lo costrinse a stringersi ancor di più nel cappotto. Nonostante la sua vicinanza al mare, Cerulean City era stata colpita da un'improvvisa perturbazione che aveva abbassato di una decina di gradi la temperatura. A Rick sembrava di essere a dicembre più che ad ottobre, mancava solo la neve per completare quel quadro invernale. Il biondo odiava l'autunno, era la stagione che lo debilitava di più quando era piccolo. Il ricordo dei mesi passati rinchiuso nella sua stanza era ancora vivo e ora respirare a pieni polmoni l'aria autunnale gli sembrava surreale, quasi un sogno.
Rick si girò, attirato da un rumore la cui fonte si rivelò essere un piccolo Meowth che aveva rovesciato un contenitore della spazzatura per indagare sul suo contenuto. Tirò un sospiro di sollievo prima di ritornare alla sua camminata. In quel periodo era molto teso: non era la sua prima volta in una missione sottocopertura ma, per qualche ragione non completamente chiara, Rick si sentiva sul filo di un rasoio potenzialmente mortale. Aveva riflettuto parecchio sulla missione affidatagli e non riusciva ad convincersi che tutto sarebbe andato secondo i piani. Dopo quello che era successo al Museo, la sua identità non era più al sicuro. O, almeno, l'identità creata apposta per quel caso: nell'eventualità in cui i nemici fossero riusciti a collegarlo ad uno degli invitati oppure ad uno dei ragazzi protetti dalla Capopalestra, per lui sarebbe stata la fine. Rick avrebbe smesso di esistere e qualcun'altro sarebbe nato al suo posto. Aveva cambiato identità già un paio di volte ma si era abituato a quello.
Perso tra i suoi pensieri, Rick non si accorse di aver sbagliato strada e di essersi allontanato di qualche centinaio di metri dal piccolo vicolo che l'avrebbe portato alla sua destinazione. Prima di riprendere la sua camminata, il biondo decise che, almeno per quella volta, avrebbe fatto quello che voleva. Frugò nella sua borsa a tracolla e ne estrasse una maschera nera con un becco lungo una decina di centimetri o poco più, molto simile a quelle usate nei carnevali veneziani. Vicino all'attaccatura dell'elastico erano state posizionate delle piccoli ali nere. La maschera ricopriva completamente il volto del ragazzo. Un paio di buchi per l'aria erano posizionati vicino alla bocca e delle bande color oro adornavo il contorno dei buchi per gli occhi. Rick sollevò il cappuccio per coprirsi la testa dalla fitta pioggia che aveva iniziato a cadere.
Prese la rincorsa e spiccò n salto che gli permise di aggrapparsi alla ringhiera del balcone del palazzo alla sua destra. Facendo leva con le braccia, Rick riuscì a scavalcare la bassa ringhiera, ritrovandosi davanti ad una porta finestra. Il ragazzo guardò il suo riflesso e quasi non si riconobbe: quella maschera portava con sé un sacco di ricordi non proprio piacevoli, molti dei quali legati al periodo del suo addestramento. Indossando quella maschera, Rick era diventato qualcun'altro, qualcos'altro. Il ragazzo scacciò quei pensieri con rapido gesto della mano poco prima di riprendere la scalata dell'edificio. Una volta arrivato in cima, il biondo individuò subito il palazzo dove si era impiantato il suo contatto e lo raggiunse in pochissimo tempo muovendosi tra i tetti delle case. Un paio di persone si accorsero della sua presenza ma non gli diedero molto peso. La pioggia, nel frattempo, continuava a cadere ad un ritmo sempre meno intenso fino a rendersi quasi sopportabile.
Con un balzo, Rick tornò a terra, spaventando a morte la ragazza che lo stava aspettando. La ragazza, avvolta in un impermeabile nero, indietreggiò intimorita ma mise il piede in fallo, rischiando così di cadere in un'enorme pozza d'acqua formatasi davanti all'entrata del palazzo. Rick le afferrò l'avambraccio fermando così la caduta della ragazza.
"Scusa, non volevo spaventarti" disse il ragazzo a mo' di scusa. La voce usciva dalla maschera leggermente distorta. Un altro dei piccoli trucchi usati dalla Polizia Internazionale in operazioni non propriamente legali.
La ragazza annuì e si risistemò l'impermeabile leggermente sgualcito.
"Quindi... Saresti tu il mio contatto?" chiese titubante Rick.
"Sì" replicò la ragazza mentre inforcava un paio di occhiali di una tonalità simile al rosso scarlatto, ma molto più acceso. "Il mio nome è Zenobia" aggiunse poi mentre scrutava Rick.
"Io sono..."
"Non ho bisogno che tu me lo dica" disse Zenobia, interrompendo il suo interlocutore. "Sei Crow, agente di categoria A+ della Polizia Internazionale, affiliato alla divisione di Raven. Nessuno conosce la tua vera identità ma ultimamente si vocifera che ti fai passare per un Allenatore al suo primo viaggio in una Regione straniera. Devo aggiungere altro?" disse la ragazza mentre si avvicinava a Rick per quanto la maschera lo permettesse.
"No, credo che possa bastare. Sei proprio brava come dicono"
"Sono molto più brava di quello che dicono"
Zenobia si mise ad armeggia nella borsa che giaceva appesa alla sua spalla e, dopo pochi secondi, ne tirò fuori una chiavetta USB e la porse a Rick, il quale la ripose in una delle tasche della sua tracolla.
"Beh, penso che non abbiamo altro da dirci" fece Zenobia mentre si incamminava verso una traversa della strada in cui si trovavano.
"Aspetta un attimo" disse Rick. "Dimmi perché mi stai aiutando. Sai che ho l'autorità di arrestarti subito..."
"So che non lo farai. Ti ho fornito troppe informazioni utili" replicò la ragazza mentre si girava. "E poi, sono troppo carina per finire dietro le sbarre" Aggiunse mentre sfoderava un sorriso che scosse il biondo, le cui guance avvamparono vistosamente. Per fortuna, la maschera aveva nascosto quel rossore imbarazzante.
"Fammi sapere se ti sono stata utile" disse la ragazza mentre spariva nella fitta rete di stradine della periferia di Celestopoli, lasciando Un Rick completamente abbacinato in mezzo alla strada con la pioggia che aveva aumentato il ritmo, diventando ben presto un acquazzone. Rick s'infilò di corsa in uno dei vicoli e cercò un riparo, liberandosi dalla maschera.
"Ora puoi tornare a dormire Crow" sussurrò mentre riponeva la maschera nella borsa.

***

La nostra traversata delle colline confinanti con il Monte Luna fu segnata principalmente da un peggioramento del tempo, il quale diventò più freddo e più piovoso. Impiegammo tre giorni per raggiungere il piccolo borgo che sorgeva alle pendici del Monte e fummo costretti a posticipare l'attraversata dei cunicoli che foravano le viscere della montagna che divideva Pewter City da Cerulean City. In quei giorni, mi ero concentrato sulle possibili strategie adottabili contro Misty. In quei frangenti, mi riusciva difficile chiamarla zia. Non so esattamente perché, mi sembrava solamente strano usare un appellativo così intimo in una situazione in cui la rivalità che si forma tra due sfidanti è al massimo... Ero arrivato alla conclusione che usare Venus non fosse una buona idea, anche se sarei stato in vantaggio, troppo in vantaggio. Usare Pit e Trix era l'idea migliore per uno scontro equo, dal quale sarei uscito cambiato. Avevo già in mente la strategia da usare: usare la velocità di Pit e la sua nuova mossa per sbaragliare il primo Pokémon di Misty e per far danni anche ai successivi, poi mandare in campo Trix e scatenare la sua furia distruttiva. Era una strategia piuttosto banale, per non dire semplicistica, ma non avevo molte informazioni sui suoi combattenti e non riuscivo a inventare qualcosa di più efficace. Al massimo avrei improvvisato, proprio come avevo fatto nello scontro con Mia.
La pioggia continuava a cadere fitta, martellando incessantemente il vetro della finestra vicino al mio tavolo. Io e Layla ci eravamo rifugiati in un bar il cui arredamento ricordava molto i Café americani: infatti, lungo la parete sinistra erano stati disposti dei divanetti divisi tra loro da un tavolo di forma rettangolare. Il bancone occupava la parete di fondo del locale e diversi tavolini singoli costellavano la parte destra. Io avevo insistito per prendere un tavolo singolo, ma Layla non era d'accordo e riuscì comunque a convincermi a sedermi su quegli stupidi divani. dopodiché mi aveva abbandonato lì e io avevo ben deciso di crogiolarmi nei miei pensieri. Ordinai un cappucino e, una volta arrivato, mi misi a girare il cucchiaio che sporgeva dalla tazza, rimescolando allo stesso tempo i miei pensieri.
Mentre camminavo tra i monti, il Team Triade si era allontanato dalla mia testa. Anche in quel momento sentivo che esso era molto lontano. Tutte le teorie che avevo costruito nel mio primo mese di viaggio avevano perso di importanza. Stranamente, associavo ai Triade il ruolo del mostro nell'armadio, il classico spauracchio che fa tremare i bambini ma che perde potere appena si cresce abbastanza da capire che esso non esiste. Sfortunatamente, non potevo negare l'esistenza dei Triade, ma potevo negare il fascino che avevano avuto sulla mia mente. Il simbolo dei Triade si era tinto di sfumature fosche e si era allontanato dalla mia mente. La stessa cosa non si poteva dire del problema rappresentato da K, l'unico in quel gruppo che potevo considerare ancora munito di una coscienza. Le sue azioni a Viridian City stonavano con quelle del Museo: all'inizio pensavo che egli fosse solo un fantoccio, un pupazzetto che i capi dei Triade manovravano a proprio piacimento, ma durante l'attacco al Museo aveva rivelato una sorta di lato umano impedendo a quell'energumeno di distruggerci. K sarebbe rimasto uno dei grandi punti interrogativi della storia dei Triade, almeno per quel momento.
Assaggiai il cappuccino. Mentre lo sorseggiavo, i pensieri sui Triade annegavano, sparendo in uno strato di liquido oscuro. Voltai la testa e mi misi ad osservare le gocce di pioggia che segnavano come cicatrici il vetro. Nella mia breve vita, ho sempre associato la Morte alla pioggia: pioveva il giorno in cui mi dissero che mio nonno non mi avrebbe più sorriso, pioveva il giorno in cui mi procurai quella lunga cicatrice sulla mia schiena a causa di un incidente con Sam, pioveva il giorno in cui papà e lo zio litigarono ferocemente. Pioveva il giorno in cui si scatenò il Grande Terremoto. Sapevo che quella associazione era stupida per via del fatto che l'acqua era la portatrice di vita per eccellenza, fautrice dell'esistenza di noi umani e di tutte le creature che abitavano la Terra, ma non potevo far altro che pensare che le gocce erano in realtà le lacrime versate dalla Morte mentre si rendeva conto del male che faceva agli umani. Vita e Morte, gioia e tristezza, estasi e depressione. Facce diverse della testa medaglia, facce diverse dell'esistenza.  Mi lasciai trasportare via da quell'acqua, come se tutto il resto non esistesse. Mi ritrovai, quasi senza accorgemene, a specchiarmi nel contenuto della mia tazza per un tempo che non seppi quantificare.  Fu Layla a riscuotermi da quello stato di catalessi in cui mi ero ritrovato.
"Tutto a posto?" mi chiese. Il tono della sua voce faceva trasparire un tono di sentita preoccupazione. Sollevai lo sguardo dalla tazza e la guardai. Mi conosceva da poco più di un mese, ma si preoccupava per me come la sorella maggiore ce non avevo mai avuto.
"Sì... La pioggia, è tutta colpa della pioggia. Ogni volta che piove mi rattristisco" dissi quasi come se stessi cercando di scusarmi.
"La posizione che hai assunto prima..." disse Layla. "Per un attimo, ti ho immaginato nei panni di un vecchio filosofo intento a cercare il senso della vita" concluse accennando un tono scherzoso mentre si sedeva davanti a me.
"Un che...?"
"Un filosofo. Una persona che riflette su alcuni aspetti della nostra vita o di quello che ci circonda e ne ricava delle conclusioni"
"Oh"
Sapevo che alcuni miei pensieri non erano tipici di un ragazzo della mia età, ma da lì a poter anche solo assomigliare alla categoria di uomini descritta da Layla ce ne voleva. Nonostante questo, quella parola mi attirava come un faro. Volevo avvicinarmi fino a scottarmi, fino a farmi consumare. Forse, avevo trovato un modus vivendi completamente opposto a quello che pensavo di dover affrontare per via del mio retaggio. Accolsi quella parola e la lasciai depositare in un angolo della mia mente, promettendomi di rifletterci più a lungo in un secondo momento.
Passò una mezz'ora prima che qualcosa attirasse la mia intenzione. Questo qualcosa era una conversazione tra una donna da lunghi capelli biondi e ricci e un ragazzo di un paio d'anni più grande di me, la cui voce tradiva un forte accento americano. I due stavano parlando di una casa in cui gli oggetti iniziavano a lievitare da soli, mossi da una forza invisibile. La bionda sosteneva che si trattasse di un evento soprannaturale, che lei si ostinava a chiamare poltergeist, mentre il ragazzo portava avanti la convinzione che quel fenomeno avesse una spiegazione razionale.
"Se non ci credi, prova ad entrare stanotte e vedrai quello che ti ho raccontato con i tuoi occhi" sbottò la bionda mentre si alzava dal tavolo per andarsene.
Appena la donna uscì dal locale, mi alzai e raggiunsi l'americano il quale si stava rivestendo. Il ragazzo portava un paio di occhiali dalla montatura rotonda, una camicia bianca leggermente sbottonata e un paio di jeans sbiaditi con una piccola spaccatura alla'altezza della tibia. I capelli mori gli ricadevano sulla fronte in una lunga frangia e un paio di brufoli rovinavano il contorno deciso del suo volto. Nel complesso, era un ragazzo molto carino.
"Ciao. So che è da maleducati, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare la conversazione" dissi mentre l'approcciavo.
"Non preoccuparti..."
"Io mi chiamo Tom Oak, molto piacere. Sarei interessato a scoprirne di più su questo poltergeist"
"Io sono Zack, nice to meet ya" replicò il ragazzo lasciandosi scappare alcune parole nella sua lingua natia. "Beh, non penso che possiamo definire quello che sta succedendo in quella casa un poltergeist, penso che sia qualcosa di molto meno paranormale" aggiunse poi con un fare leggermente scocciato.
"E quali prove a supporto della tua teoria?" chiese Layla intrufolandosi nella conversazione.
"E tu chi saresti...?" replicò Zack.
"Lei è Layla. Layla, ti presento Zack" dissi.
"Per il semplice fatto, sweetie, che esistono Pokémon in grado di usare poteri telecinetici, principalmente creature di tipo Spettro e Psico. Una di esse potrebbe aver preso come dimora quella casa" disse Zack sistemandosi la frangia di capelli.
"Mi sembrano prove un po' deboluccie" replicò piccata Layla.
Volavano scintille tra i due: Layla si era sempre dimostrata incline a credere alle manifestazioni soprannaturali, sostenendo che non tutte le cose potevano essere spiegate dalla scienza; Zack, da quel poco che avevo potuto notare, sembrava una persona piuttosto pragmatica e razionale. Dovevo intervenire, altrimenti sarebbe scoppiato un litigio da qui Zack si sarebbe tirato fuori molto difficilmente. Credetemi, quando Layla inizia un litigio, fa di tutto pur di uscirne vincitrice.
"Io avrei un'idea" dissi mentre li separavo. "Perché non entriamo in quella casa e cerchiamo delle prove a suffragio dell'una o dell'altra tesi?" proposi mentre spostavo lo sguardo dall'uno all'altro.
"Andata" disse Layla rivolgendo uno sguardo di sfida a Zack, il quale si prese alcuni secondi per riflettere poi accettò con un cenno del capo. "Ottimo" dissi mentre un sorriso mi si dipingeva sul volto. "Troviamoci qui stasera verso le nove. Ok?"
Zack fece un altro senno d'assenso mentre raccoglieva la sua roba. Poco prima di andarsene, il ragazzo sussurrò nelle orecchie di Layla le seguenti parole:"Preparati a perdere, sweetie"

***

La notte fu ancora più fredda di quel pomeriggio. Camminavamo per le strade rese fangose dalla pioggia che si era ritirata solo un paio d'ore prima. Il paesino era provvisto di alcuni pali della luce disseminati agli angoli dell'incrocio attorno al quale si articolava il centro del villaggio, ma la luce che producevano non era abbastanza forte da illuminare tutto l'area, quindi fummo costretti a girare armati di torce elettriche. Zack guidava il gruppo poiché era l'unico di noi che sapeva dove fosse collocata la presunta casa stregata.
"Zack, tu da dove vieni?" gli chiesi mentre mi avvicinavo. Era la prima volta   
 "Dall'Arkansas. Più precisamente, vengo da Little Rock, la capitale" disse senza guardarmi.
"Sarai venuto qui per ammirare i Pokémon, ci scommetto" disse Layla mentre mi raggiungeva.
"No... In realtà, sono venuto a Kanto per studiare con Bill. Sono venuto qui proprio su sua richiesta"
"Fammi capire" disse Layla. "Tu lavori per Bill, il creatore del Sistema di Deposito Pokémon?"
"Sì"
"E non provi interesse per i Pokémon?" aggiunsi io.
"Ho avuto modo di osservarne alcuni nello zoo della mia città. Ho anche letto molti libri a riguardo"
La sua risposta mi lasciò spiazzato: avevo appreso dal mio prof di scienze che, diversi milioni di anni fa, gli antenati delle attuali specie di Pokémon si erano ritirate nelle Regioni che tutt'ora abitano e che non se ne potevano trovare al di fuori dei loro confini. Il resto del mondo ne era sprovvisto e, per questo motivo, sempre più persone venivano a Kanto, o a Johto, o in altre Regioni per poterli vedere. Tutti tranne Zack, che preferiva lavorare per uno scienziato al posto di godersi una natura meno rovinata dall'inquinamento come quella del suo Paese di provenienza. Nonostante tutto, l'idea di passare del tempo con lui mi rendeva felice, molto probabilmente mi attirava la prospettiva di potermi confrontare con una persona così diversa da me.
"Siamo arrivati" disse Zack.
La presunta casa infestata era un'abitazione a due piani, la facciata completamente ricoperta da massi. Un piccolo giardino circondava la casa. Alcuni alberi spogli coprivano uno degli angoli. Zack si avvicinò al maestoso portone in legno e lo aprì grazie alla chiave datagli dalla donna con cui aveva parlato quel pomeriggio. Entrammo e un silenzio spettrale ci avvolse. La luce della Luna che filtrava da una finestra rendeva quel soggiorno il set ideale per un film dell'orrore. Uno spesso strato di polvere ricopriva i mobili. La porta si richiuse alle nostre spalle e sussultai.
"Allora, io controllo questa stanza. Layla, tu andrai in cucina e Tom controllerà il piano superiore" disse Zack mentre indicava con la torcia le varie direzioni.
"Ehm, devo proprio andarci da solo?" chiesi titubante.
"Devo ricordati che hai proposto tu questa gita?"
Mi zittii e mi avviai lungo le scale. Un paio di gradini erano sconnessi ma riuscii comunque a non inciampare. Il piano superiore comprendeva tre stanze una situata alla sinistra delle scale, una a destra e una proprio davanti ad esse. Decisi di cominciare proprio da quella, ma non successe nulla di strano. Passai alla stanza a destra. Mentre stavo per aprire la porta, un urlo esplose, propagandosi per la stanza. Era la voce di Layla. Stavo per precipitarmi al piano inferiore quando la porta che stavo per aprire si spalancò. Alcuni suppellettili posizionati su una scrivania si sollevarono. Urlai e mi misi a correre, inseguito dagli oggetti. Mi rifugiai nella stanza a sinistra delle scale. Chiusi la porta giusto un attimo prima che gli oggetti entrassero.
Mi voltai, tirando un sospiro di sollievo. Chiusi per un attimo gli occhi e, quando li riaprii, quello che vidi mi lasciò stupefatto.

***

"Tutto a posto?" chiese Zack mentre tendeva una mano a Layla, la quale era caduta a causa di un piatto che le era volato contro.
"Sì... Mi ha preso di sorpresa" replicò la ragazza mentre si alzava in piedi.
"La cosa strana è che non rilevo presenze" disse Zack mentre armeggiava con l'apparecchio che teneva in mano.
"Cos'è quell'affare?"
"L'ultimo modello di Spettrosonda. Dovrebbe rivelare la presenza di Pokémon Spettro ed eventuali onde psichiche... Ma non funziona"
"E se non l'autore di tutto questo non sia uno Spettro...?"
Zack guardò Layla per diversi secondi poi, preso come da un lampo di genio, schiacciò un pulsante sul retro della Spettrosonda, la quale iniziò ad emettere un fastidioso bip.
"Gotcha" esclamò Zack mentre uno strano cerchio apparse sullo schermo dell'apparecchio. "È al piano di sopra" aggiunse poi mentre si fiondava su per le scale.
"Hai capito con cosa abbiamo a che fare?" chiese Layla mentre raggiungeva l'americano.
"Al 90% è un Pokémon Psico" disse mentre saltava gli ultimi tre gradini della scala.
I due si trovavano davanti alla porta a sinistra delle scale. Sentivano provenire da dietro di essa la voce di Tom. Zack cercò di girare la maniglia, ma quella rimase bloccata. Tirò un calcio alla porta ma quella resistette stoicamente.
"Cosa facciamo?" chiese a Layla prima di emettere un sospiro rabbioso.
"Aspettiamo... Tom ha una certa empatia con i Pokémon, riuscirà ad uscire da lì da solo"
Zack emise un'altro sospirò, questa volta uno sconsolato, e si sedette a terra, in attesa che quella porta si aprisse.

***

In un angolo della stanza giaceva in posizione fetale un Drowzee. Non era molto alto, mi arrivava al ginocchio. Teneva tra le sue braccia una foto incorniciata e piangeva. Mi fece una grande tenerezza. Cercai di avvicinarmi ma lui si accorse subito della mia presenza e sollevò con i suoi poteri psichici un'abat jour, pronto a lanciarmela addosso.
"Ehm... Mettila giù, non voglio farti del male" dissi mentre mi avvicinavo sempre più lentamente. Il Drowzee abbassò la lampada e mi guardò fisso negli occhi. Non riuscii a sostenere il suo sguardo e fui costretto ad abbassare gli occhi, i quali caddero sulla foto che il Pokémon Ipnosi aveva appoggiato a terra. Essa mostrava un anziano più o meno sull'ottantina, e, accanto a lui, giaceva addormentato lo stesso Drowzee che avevo davanti.
"Era il tuo allenatore?" chiesi al Pokémon, il quale annuì. Dallo stato della casa, avevo capito che quell'uomo se ne era andato già da diverso tempo, lasciando da solo. "Ti manca?" aggiunsi poco dopo, ricevendo nuovamente un cenno d'assenso.
"Beh, so per esperienza personale che perdere una persona cara è devastante" dissi assumendo un tono leggermente più cupo. "Però non sei l'unico a soffrire. Quest'uomo aveva dei parenti, persone che non possono più entrare in questa casa per via del fatto che tu continui a sollevare oggetti e a spaventarli. Stai prolungando il loro dolore" aggiunsi poi mentre lo guardavo dritto negli occhi. Il Pokémon Ipnosi sembrò capirmi. "Se tu la smettessi di usare i tuoi poteri in questo modo, quelle persone potrebbero venire qui a dare l'ultimo saluto al loro compianto. Staccarti da qui potrebbe aiutare anche te" lo incalzai.
Drowzee spostò lo sguardo sulla foto, poi mi scrutò nuovamente. Mi sorrise e poi sparì, sollevando una piccolo nuvola di polvere. Se ne era andato...
Rimasi seduto sul pavimento a pensare a quello che mi era successo. Aprii la porta e uscii, ritrovandomi di fronte Zack e Layla.
"Se n'è andato?" chiese Layla
"Sì... Puoi contattare quella donna e dire che Drowzee non le darà più fastidio" dissi rivolto a Zack, il quale annuì con aria greve.
Abbandonammo quella casa e ritornammo ai nostri alberghi. L'orologio del municipio suonò le dieci in punto. Un frastuono mesto dilagò nell'aria, propagandosi per tutto il villaggio.

***

Il giorno seguente il Sole splendeva alto nel cielo, irradiando con una tenue luce il paesaggio montuoso che occupava l'orizzonte. Camminavamo verso il sentiero che portava a Cerulean City quando scorgemmo Zack appoggiato ad un albero.
"Cosa ci fai qui?" chiese Layla.
"Ehm, niente di importante. Ho saputo che siete diretti anche voi a Celestopoli e ho pensato che potessimo fare il viaggio insieme" disse mentre si staccava dalla corteccia dell'albero. "Sempre per se voi va bene" aggiunse poi rimarcando la frase con un ampio gesto della mano.
Layla mi guardò e rimase in silenzio. "Decidi tu" dicevano i suoi occhi. Rimuginai un attimo sulla notte che avevamo appena trascorso tutti e tre insieme. "Io accetto" dissi mentre allungavo la mia mano destra. "Benvenuto nel gruppo" aggiunsi mentre lo invitavo a stringermi la mano per suggellare la sua unione.
D'un tratto, un sospetto fruscio d'aria alle mie spalle mi costrinse a voltarmi. Drowzee mi guardava speranzoso. Sorrisi, capendo quello che voleva dirmi. Presi una Poké Ball dalla tasca dello zaino e la lanciai. Drowzee la colpì con un braccio e si lasciò catturare.
"Benvenuto. Benvenuto nella tua nuova famiglia Mesmer"
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Salve... Mi scuso per il troppo tempo che vi ho fatto aspettare. Dovrei decidere a portare avanti solo una long, ma non me la sento di lasciare un lavoro a metà. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. L'epigrafe è una frase presa dal film "Poltergeist", l'ho trovata molto azzeccata per il messaggio che volevo far passare. Beh, io ho finito. Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Flussi pt.1 ***


Capitolo 11
- Flussi pt.1 -

Una brezza fresca soffiava tra le montagne rocciose situate al di là del fiume che circondava Celestopoli. Una piccola casa diroccata si ergeva tra le rocce, vestigia di un passato tentativo di conquista di quel territorio da parte dell'uomo. Da essa uscì K, stretto in una giacca di pelle nera, l'immancabile spilla dei Triade appuntata sulla parte sinistra del petto, poco sopra il cuore. Il ragazzo accolse a pieni polmoni l'aria dentro di sé, poi espirò lentamente. K aveva sempre adorato l'aria di montagna, decisamente più pulita e delicata di quella di città: ogni volta che faceva entrare quel miscuglio di gas nei suoi polmoni si sentiva più leggero, come se tutti i suoi problemi scomparissero. In quei giorni, il Capitano dei Triade aveva dovuto farsi carico della dirigenza di quella base sperduta e dotata di pochissimi uomini ma comunque essenziale per poter comunicare con le zone più a sud, vista la scarsità di potenza delle centrali disseminate nei dintorni di Aranciopoli e di Lavandonia.
Nonostante i suoi impegni, K continuava a pensare a quello che avevo fatto al Museo: bloccare Alaric era stata una mossa troppo azzardata. Quello che lo preoccupava di più, erò, non erano le conseguenze di quelle azioni, ma piuttosto la presenza di quel ragazzino e dei suoi amici. Consultando gli archivi, K aveva scoperto che quel bambino era il figlio di Blue e Green; la notizia l'aveva sorpreso, ma allo stesso tempo gli aveva spiegato perché si fosse intromesso a Veridian City. Il ragazzo però sentiva che quel bambino non era simile ai genitori. Forse, proprio come lui, quel bambino non aveva trovato un posto adatto per sé nella grande divisione tra bene e male che il mondo aveva imposto sui suoi abitanti. K rise a quel pensiero: come poteva un ragazzino uscito da pochissimi mesi dalla scuola per Allenatori comprendere cosa fossero il Bene e il Male. Scacciò quei pensieri con un deciso movimento del capo. Poco dopo, un colpetto alle sue spalle lo costrinse a girarsi.
"Ti godi l'aria fresca tutto da solo?" chiese un po' ironica Olga mentre si sistemava un ciuffo di capelli spostato dal vento. K si soffermò ad osservare il volto della ragazza. Era perfetto, ogni cosa era al proprio posto proprio come quello di una bambola di porcellana. Olga assomigliava davvero ad una di quelle bambole, perfetta e allo stesso tempo fragile. K l'aveva intuito dagli occhi della ragazza, i quali, nonostante lo spesso strato di trucco scuro che li circondava, tradivano una nube interiore. E K ne conosceva la causa: Proton, quel lurido bastardo.
"In realtà sarebbe il mio turno di guardia" rispose il ragazzo mentre continuava a cambiare posizione, girando attorno ad Olga.
"Beh, allora l'informazione che sto per darti ti sarà molto utile" disse Olga mentre il suo volto si faceva più serio. "Crow è stato avvistato mentre si faceva un giro per i tetti di Cerulean City" aggiunse poi quasi vomitando quelle parole.
K rimase spiazzato dalla notizia: sapeva che la Polizia Internazionale avrebbe mandato qualcuno ad indagare su di loro, ma scomodare uno degli allievi di Raven andava oltre ogni sua più cupa previsione. C'erano poche informazione negli archivi riguardanti quell'agente: Crow era il membro più giovane della squadra ma non era comunque da sottovalutare. La stessa cosa valeva per Raven. Non c'erano molte informazioni affidabili su quell'operativo, se escludiamo il fatto che vedere lei - sì, si trattava di una donna- o uno dei suoi affiliati era sinonimo di una catastrofe imminente. K si ricompose rapidamente e assunse un'espressione corrucciata. "È quasi impossibile che sappiano di questa base o di quello che stiamo facendo qui, abbiamo nascosto tutto con meticolosità" disse Olga.
"Forse abbiamo esagerato con le nostre manifestazione di forza. A quest'ora, avranno già scoperto cosa manca dal Museo. Per non parlare di quello che è successo a Viridian City e di quello che avverrà..." replicò K.
"Devo ricordati che tu sei implicato in tutto questo tanto quanto chiunque altro in quella base?!"
"No, non ce n'è bisogno"
  K si allontanò da Olga, avvicinandosi al bordo del piccolo sentiero che costeggiava la casetta. "Sai una cosa Olga?" chiese K mentre apriva le braccia per accogliere la folata di vento. "A volte vorrei non essere mai entrato in questo Team" completò la frase prima che la ragazza potesse rispondere.
Il silenziò calò sui due, trasformandosi in una pesante cappa che impediva ai due di comunicare. Si guardavano, cercavano di capirsi senza comunicare. Continuarono a rimanere in silenzio per molto tempo prima che Olga decise di rompere quel contatto visivo. "Devo andare, Proton mi sta aspettando ad Aranciopoli" disse mentre si incamminava per il sentiero.
"Ok..." sussurrò K senza che Olga se ne accorgesse. Proton, si trattava sempre di lui. Ogni volta che quel tizio aveva bisogno di lei, Olga correva, pronta a fare qualunque cosa egli volesse. Tutti sapevano che la posizione di Proton all'interno dell'organizzazione era molto debole e che Barone considerava Olga un ottimo elemento. Era chiaro a tutti che Proton stava solo usando Olga per i suoi scopi. A tutti tranne che a lei stessa. E nessuno si accorgeva dei sentimenti che K stava provando per quella ragazza.
"Che se ne vadano tutti a quel paese" disse K prima di rientrare nella base, sbattendo la porta della casetta.

***

La seconda parte del viaggio verso Cerulean City fu molto più rapida grazie a Zack: l'ultimo acquisto del gruppo, infatti, conosceva diverse scorciatoie che ci avevano fatto risparmiare almeno tre giorni di viaggio. Viaggiare con lui era stato interessante, soprattutto per via del suo sarcasmo. Layla e Zack avevano discusso parecchie volte e quasi sempre queste loro discussioni nascevano da una battutina non molto gradita. Zack era anche una persona piuttosto concreta e questo era un altro punto che lo separava da Layla, la quale credeva fermamente nell'esistenza di fenomeni che andavano oltre la comprensione umana. Scoppiavo a ridere molto spesso durante quei loro discorsi e, le prime volte, mi rifilavano occhiatacce di rimprovero.
Durante quel viaggio, ebbi anche l'occasione di sfidare alcuni Allenatori, a volte perdendo e a volte vincendo. Pit era maturato dopo una lotta contro un Fearow da cui aveva imparato una bella mossa evasiva e Mesmer era riuscito a battere uno Spinarak per puro miracolo. Avevo scoperto che il mio Drowzee sapeva a malapena difendersi in uno scontro. Questo mi costrinse a rallentare un po' il ritmo degli allenamenti per dare la possibilità a Mesmer di imparare dagli altri. Un ruolo chiave nell'allenamento del mio nuovo amico lo ebbe Chimeco, il quale gli insegnò come sfruttare l'ambiente circostante a suo favore. Per quanto riguarda Venus e Trix, loro continuavano a brillare, migliorando leggermente ad ogni sfida.
Durante il secondo giorno di viaggio, scoprii che Zack non possedeva Pokémon. La notizia mi lasciò leggermente stupefatto.
"Come mai...?" chiesi.
"Beh, diciamo che non ho trovato ancora un Pokémon che mi attragga particolarmente" rispose, quasi come se stesse cercando di sviare il discorso. "Piuttosto, potresti soddisfare una mia curiosità?" chiese poi mentre si inforcava gli occhiali.
"Spara"
"Ma... Perché, durante le lotte, usate solo quattro mosse?"
"Beh, diciamo che è una vecchia consuetudine che sta cadendo un po' in disuso. Moltissime persone, anche Capipalestra, non la praticano più da anni"
"Mhm... Continua a sfuggirmi perché proprio quattro mosse"
"Questa consuetudine" disse Layla intrufolandosi nella conversazione . "Nacque diversi secoli fa per creare lotte più o meno equilibrate anche contro avversari di livello inferiore. Ora, grazie a tutte le MN e le MT che esistono, anche Pokémon deboli possono imparare mosse potenzialmente pericolose" aggiunse la corvina mentre si sedeva di fianco a me.
"Oh, ora tutto ha un senso"

***

Varcammo le porte di Cerulean City il quarto giorno di marcia, più o meno a metà mattinata. La città non era stata danneggiata dal Grande Terremoto. Il paesaggio circostante, tuttavia, era stato pesantemente modificato: il promontorio dove sorgeva la casa di Bill si era allontanato di alcune centinaia di metri dalla riva del fiume che costeggiava la città, diventando così un'isola. La Grotta Ignota era crollata su sé stessa, e la frana scaturita si abbatté sul Ponte Pepita, distruggendolo completamente. La centrale elettrica fu seriamente danneggiata e la popolazione fu costretta a ricostruirla più a nord ad almeno un'ora di macchina dal centro abitato. Anche il Ponte Pepita fu ricostruito e ora collegava l'isola di Bill con il resto della città. Fu rinominato Ponte Grande Pepita. Da notare l'enorme fantasia del progettista.
Mentre camminavamo per la città, notai che ai lati della strada c'erano dei canali di scolo che si ricollegavano alla fontana situata nella grande piazza centrale, circondata da tutti i più importanti edifici: la Palestra, il Centro Pokémon, il Pokémon Market e il negozio di bici. Ci avvicinammo alla Palestra, rinomata anche per il fatto di essere una piscina olimpionica. L'edificio era costruito da due piani e era a pianta rettangolare. Delle bande azzurrine adornavano le pareti e suscitavano nel visitatore il ricordo delle onde del mare. L'interno riprendeva il tema decorativo delle pareti esterne, arricchito con immagini di Lapras e di Clamperl qua e là. La stanza in cui entrammo era occupata principalmente da una piscina in cui diversi bambini facevano il bagno sotto l'occhio vigile delle madri e di una bagnina seduta in fondo alla stanza.  
Appena mettemmo piede sul bordo vasca, un addetto ci avvicinò e mi chiese di mostrargli un documento. Mi presentai come uno degli sfidanti della Capopalestra e gli passai la mia ID Card.  L'addetto, dopo una rapida occhiata al documento, corse verso la bagnina, incitando nel mentre i bagnanti a trasferirsi nelle stanze vicine. La donna si alzò e si posizionò su una pedana situata dall'altro capo della piscina. Due piattaforme galleggianti emersero dalla piscina, mentre un piedistallo simile a quello su cui si era posizionata la bagnina apparve proprio davanti a me. Ci salii sopra poco prima che la mia avversaria incominciasse il suo discorso.
"Benvenuto Allenatore." La sua voce riecheggiò per la stanza grazie ad alcuni autoparlanti posizionati in maniera strategica attorno alla piscina-arena e grazie ad un microfono. Mi concentrai per alcuni secondi sulla mia avversaria: era alta, molto alta, almeno un metro e ottanta se non di più.  Le sue gambe lunghe erano avvolte da un pareo color acquamarina, legato in vita e impreziosito da una fascia a cui erano attaccate due Poké Balls. Un'altra fascia, d'un colore più scuro del pareo, conteneva a fatica il prosperoso seno della donna. La pelle era d'un color cioccolato fondente e creava un dolce contrasto coi colori vivaci del suo abbigliamento. I capelli, avvolti in una lunga coda alta, sembravano scuri come la pece ed erano attraversati da alcune strisce blu. Nel complesso, mi ricordava molto Naomi Campbell, una top model in pensione che ogni tanto appariva in televisione.
"Io sono Claudia, apprendista della Capopalestra Misty" proseguì il suo discorso Claudia mentre faceva scivolare una mano sulla fascia legata attorno alla vita. Afferrò una Ball e si preparò a lanciarla. "Dovrai mostrare prima a me la tua potenza, poi potrai sfidare la mia maestra" aggiunse prima di lanciare in campo il suo primo Pokémon: uno Starmie.
Rimasi in silenzio, lasciando che quelle parole entrassero dentro di me. Non diedi loro il peso che meritavano, troppo preso dalla falsa convinzione di poter vincere facilmente in quella Palestra proprio come avevo fatto a Pewter City. Misi una mano in tasca e afferrai la Sfera di Pit. Lo feci scendere in campo, intenzionato a sfruttare il vantaggio aereo.
"Preparati!" urlai.
"Mostrami quello che sai fare!"
Pit, senza bisogno di alcuna esortazione, si lanciò in picchiata. Starmie non si fece cogliere impreparato e scatenò una raffica di Bollaraggi che Pit riuscì ad evitare con delle manovre molto pericolose. Tuttavia, l'avversario non si perse d'animo e, usando Psichico, sollevò una delle piattaforme galleggianti e la scagliò contro Pit.
"Evitala con Attacco Rapido!" urlai.
Pit scattò ed evitò la piattaforma scartando di lato appena qualche secondo prima di schiantarsi contro di essa. La piattaforma si schiantò contro il bordo vasca, frantumandosi in svariati pezzi. Muovendosi a zig zag, Pit si avvicinò abbastanza per provare un attacco fisico. Si lanciò contro Starmie, il quale scagliò un Idropulsar contro la superficie della piscina, generando così un'altissima colonna d'acqua. Pit fu investito dalla colonna d'acqua ma riuscì a scappare dalla corrente prima di schiantarsi contro il soffito.
"Rapigiro" ordinò Claudia.
Sul momento, non capii cosa volesse fare con quella mossa. Tuttavia, dopo pochi secondi, la spiegazione si presentò a me: Starmie, sfruttando la parte posteriore del suo corpo come elica, stava volando. Rimasi a bocca aperta, non avevo mai visto usare Rapigiro in quel modo. Evidentemente, Claudia aveva lavorato moltissimo su quella tattica con l'unico intento di spiazzare avversari che, proprio come avevo fatto io, erano entrati nella Palestra convinti di poter vincere senza troppi problemi. La situazione si fece ancora più dura quando Pit fu colpito ad un'ala da un Geloraggio che la congelò in parte. Decisi in quel momento di provare una mossa azzardata: ordinai a Pit di buttarsi in picchiata e di roteare su sé stesso. Pit eseguì il tutto aggiungendoci un pizzico di Attacco Rapido e il ghiaccio si staccò dall'ala, permettendo così a Pit di planare dolcemente sulla distesa d'acqua. Starmie atterrò, evidentemente troppo stanco per continuare a volare.
"Questa lotta sta iniziando a piacermi" commentò Claudia soddisfatta. Si sistemò una ciocca di capelli che era sfuggita alla su acconciatura e aggiunse:"Spero davvero che tu non creda che quello sia l'unico asso nella manica che possediamo"
"Anche noi siamo solo all'inizio" replicai un po' beffardo. Non era vero, e Claudia sembrò accorgersene. Non potevo fare affidamento sui miei lampi di genio, né potevo attaccare selvaggiamente con un Pit affaticato dopo tutto quello che aveva fatto in quei cinque minuti scarsi di lotta. Deglutii cercando di calmarmi.
"Pit, sollevati" ordinai, cercando di prendere tempo per ideare una strategia degna di questo nome.
"Pensi davvero che questo possa bastare?" domandò ironica Claudia. "Starmie, Psichico sui frammenti della piattaforma"
I frammenti si sollevarono e si divisero in pezzi più piccoli che furono prontamente scagliati contro Pit. Il Pokémon Uccellino ne schivò diversi prima di essere preso di sorpresa da una sassata che lo colpì alla stessa ala che era stata congelata poco prima. Altri due lo colpirono in pieno petto, stroncandogli il respiro. Pit iniziò a precipitare e lo stesso fece la mia mente. Caddi in un lago di panico che mi oscurò la mente. Rimasi a guardare Pit che veniva scaraventato contro la parete alle mie spalle da un'Idropompa, la quale fu seguita a ruota da un Fulmine che decretò la fine dello scontro. Mi precipitai a vedere come stesse Pit: tre ematomi e alcuni graffi ricoprivano il suo corpo e una grossa bruciatura evidenziava la zona in cui era stato colpito dal Fulmine. Lo curai alla bene e meglio con una Superpozione e lo feci rientrare nella sua Sfera. Mi voltai e vidi Claudia che troneggiava vittoriosa.  
"E dire che questa lotta sembrava divertente..." commentò acida Claudia.
"Non è ancora finita" dissi mentre facevo entrare in campo Trix.
La Velenape svolazzò intorno ai resti della piattaforma galleggiante scagliati poco prima da Starmie, poi, senza ricevere ordini, si lanciò a tutta velocità contro il suo avversario, utilizzando nel mentre Doppio Ago. Entrambi i colpi perforarono la parte centrale del corpo del Pokémon Misterioso, evidentemente colto di sorpresa dalla velocità di Trix. Un fiotto copioso di sangue si sparse sulla superficie dell'acqua, tingendola di una strana varietà di rosa simile a quella del rosé. Claudia rimase spiazzata dall'aggressività del mio Pokémon e fu costretta a svelare il suo secondo asso nella manica. "Ripresa" ordinò con voce fredda. La spavalderia di prima era completamente sparita, sostituita da una calma glaciale. Ma, nei suoi occhi, si celava una punta di paura. Per un attimo, godetti di quella paura che avevo, anzi, avevamo generato in quell'Allenatrice molto più esperta. Era una sensazione magnifica, ti prendeva tra le sue braccia e ti avvolgeva completamente. Era inebriante... Forse era quella sensazione che provava K ogni volta che agiva per ordine dei suoi superiori. D'un tratto, mi accorsi di quello che era in realtà quel piacere: un fiele dolceamaro, una droga pronta a farti raggiungere il sommo piacere dei sensi e a distruggerti allo stesso tempo. Deglutii, cercando di far affogare quella sensazione, e tornai a concentrarmi sulla battaglia: una strana luce aveva avvolto il corpo di Starmie. Dopo qualche secondo, lo strano bagliore abbandonò il corpo del Pokémon d'Acqua e notai, con non poco stupore, che le sue ferite si erano completamente rimarginate. Il volto di Claudia si era trasformato in un ammasso di rabbia, pupille rimpicciolite e un sorriso terrificante adornavano quel viso prima angelico, ora quasi demoniaco.
"Te la farò pagare" sussurrò con un fil di voce.
"Non è colpa mia. Trix diventa vendicativa quando un suo compagno di squadra viene ridotto male." Mi morsi un labbro mentre l'ansia e la paura iniziavano a divorarmi.
"Starmie, Rapigiro e Geloraggio contemporaneamente"
Il Pokémon Misterioso cominciò a girare su sé stesso. Allo stesso tempo, dalla pietra al centro del suo corpo si sprigionò un raggio azzurrino che si divise in altri sei raggi più piccoli. grazie alla rotazione, i raggi iniziarono a colpire in tutte le direzioni e Trix fu costretta ad usare Doppioteam per proteggersi. Tuttavia, questo sforzo fu inutile poiché la maggioranza delle copie fu distrutta in pochissimi secondi e i doppioni restanti non poterono far altro che provare un attacco a lunga distanza. Diverse Velonospine colpirono Starmie, ma il Pokémon non cedette e riuscì ad eliminare altri doppioni.
"Trix, Ira!" ordinai nel disperato tentativo di potenziare Trix. Decisi di tentare il tutto per tutto e comandai alla mia Beedrill di lanciarsi in picchiata. Lei eseguì e, una volta arrivata a pochi centimetri da Starmie, quest'ultimo liberò un'Idropompa dirompente che scagliò Trix a qualche metro di distanza. L'attacco d'Acqua fu seguito da un Fulmine che destabilizzò ulteriormente la mia povera Velenape.
Non sapevo cosa fare, non avevo idee. Potevo sostituirla, mandare in campo Venus e provare a batterla con i suoi attacchi. Tuttavia, su quell'arena Venus si trovava in svantaggio: sarebbe bastato un piccolo colpo ben assestato per spedirlo in acqua e finirlo con tutta calma. Anche Mesmer non era adatto a combattere per via della sua praticamente nulla esperienza. Avevo perso, ormai era evidente. Trix si rialzò, pronta a continuare quella battaglia a senso unico. Si rialzò in volo e, per un attimo, una debole fiamma si accese dentro di me. E si spense con la stessa velocità con cui era nata: un Vortexpalla ben piazzato scaraventò contro il bordo piscina Trix. Ora era il suo sangue a macchiare il pavimento.
Layla e Max si precipitarono sul lungo vasca. La corvina chiamò fuori il suo Blissey, il quale usò immediatamente Curauova su Trix per cercare di limitare la perdita e per sanare i danni. Mi chinai su Trix mentre sentivo le lacrime scorrere sul mio volto come un fiume piena. La presi tra le mie braccia e iniziai a pregare tutti gli déi che mi venivano in mente affinché risparmiassero il mio Pokémon. Poco dopo, Layla mi annunciò che dovevamo portare sia lei che Pit in un Centro Pokémon per evitare che subissero danni permanenti. Richiamai nella Sfera Trix e corsi fuori da quella Palestra, cercando di allontanarmi il più possibile da quel luogo maledetto.

***

Fortunatamente, l'infermiera di guardia aveva capito la gravità della situazione nello stesso momento in cui ci eravamo avvicinati al bancone. Aveva preso con sé le mie Balls ed era entrata in una sala da cui provenivano inquietanti bip. Mi accasciai su una sedia, le mani a coppa sul volto. Mi odiai in quel momento, odiai quello scontro e odiai la mia stupidità, la mia cecità. Ero stato avventato, non potevo aver pensato seriamente di poter vincere con una strategia del genere. Per colpa mia, ora due dei miei Pokémon rischiavano di non rivedere più la luce del giorno. Zack si sedette accanto a me e cercò di consolarmi. Le sue parole non sortivano alcun effetto.
"È tutta colpa mia" mormoravo ogni due per tre.
"That's not true!" sbottò Zack dopo aver sentito la mia ennesima ammissione di colpa. "Non potevi sapere che quella tizia fosse una pazza scatenata. Hai commesso degli errori, ma chi non lo fa!" incalzò.
"Avrei dovuto prepararmi meglio" replicai pacatamente.
"Tom, ascoltami" disse Zack mentre si abbassava per potermi guardare in faccia. "Io so quanto tu ti sia allenato in questi giorni. Non è ne colpa tua, né dei tuoi Pokémon" Distolsi lo sguardo. Non riuscivo a sostenere quello di Zack. "Guardami!" esclamò, costringendomi a seguire i suoi ordini. "C'era un abisso d'esperienza tra voi due, hai cercato di colmarlo ma non ci sei riuscito. Sono sicuro che, se ti allenerai ancora un po', riuscirai a batterla" concluse Zack poco prima che l'infermiera uscisse dalla rianimazione.
"Come stanno?" chiesi, la tensione che saliva alle stelle.
"Siamo riusciti a salvarli in tempo" disse l'infermiera. "Te li riconsegno ora, ma promettimi che non li userai per le prossime ore. Il farmaco che ho somministrato loro non avrebbe effetto" si raccomandò l'infermiera mentre mi allungava le due Sfere, la cui metà rossa era circondata da una striscia blu. "La barra blu che vedi indica lo stato di salute attuale dei tuoi Pokémon, quando sarà verde potrai riutilizzarli" disse l'infermiera prima di congedarsi con un caldo sorriso.
Infilai le Poké Balls in tasca e mi avviai verso l'uscita del Centro Pokémon.
"Dove stai andando?" mi chiese Layla.
"Ho bisogno di fare un giro. Da solo" Accentuai forse troppo l'ultima parola, provocando una ferita dentro Layla. Me ne andai prima che lei e Zack potessero dire altro. Mi persi tra la folla, facendomi trasportare dalla corrente. Mentre camminavo, mi parve di vedere su un tetto un ragazzo con una maschera da corvo. Per un attimo, ebbi l'impressione che quel ragazzo mi stesse fissando. Quello sguardo mi ricordava qualcuno, una persona familiare. Quegli occhi rimasero nella mia mente fino a quando non arrivai al parco della città. Mi sedetti su una panchina e respirai profondamente.
"Ma guarda un po' chi si vede!" esclamò una voce che riconobbi subito.
Mi voltai e vidi l'ultima persona che  mi sarei mai aspettato di vedere in quel momento.
"È da un po' che non ci incontriamo, caro cuginetto"
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Eccomi qui, con un nuovo capitolo decisamente più corto del precedente ma comunque importante per la formazione di Tom. Nei prossimi capitoli rivedremo i Triade in azione e scopriremo un nuovo lato di un personaggio principale. Beh, sarà meglio che non vi dica più niente. Volevo ringraziare tutte le persone che hanno recensito questa storia, siamo arrivati ben a sessanta recensioni. Non mi sarei mai aspettato di arrivare così lontano. Grazie mille anche a chi legge e basta.
Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Flussi pt. 2 ***


Capitolo 12
- Flussi pt. 2-
 
Rick camminava per i tetti di Celestopoli, la maschera che gli copriva il volto e un lungo impermeabile nero che lo proteggeva dal vento. Sapeva che i Triade avevano sguinzagliato alcuni dei loro membri per la città e voleva farsi vedere da loro, voleva instillare il timore di essere scoperti in essi. Quella era una delle tattiche preferite di Raven per via del fatto che le vittime facevano sempre un passo falso. Raven era una grande stratega e una buona istruttrice, ma raramente separava il lavoro dalla vita privata: era sempre in giro a raccogliere informazioni e non si concedeva mai una pausa, mai una bevuta con i membri più grandi della squadra né un'uscita al cinema con quelli più piccoli. Alcuni dicevano che lo faceva solo per proteggere i suoi sottoposti, altri che cercasse informazioni sulla persona che le aveva distrutto la vita.
Poco o nulla si sapeva della vita di Raven: essendo un agente di grado SS, la sua identità era nota solo ai piani alti della Polizia Internazionale. Tuttavia, diverse voci giravano sul suo conto, alcune erano piuttosto improbabili ma una era considerata vera da chiunque la conoscesse. Si vociferava che si fosse unita alla Polizia per cercare una persona e, almeno secondo i più malevoli, ucciderla.
Rick, tuttavia, non aveva mai dato troppo peso a quelle voci: per lui, Raven era quasi una madre, visto che non si ricordava più il volto della sua. Non si ricordava nemmeno del suo vero nome, né del suo passato antecedente all'entrata nella Polizia Internazionale. Da quel punto di vista, Rick era considerato da molti un guscio vuoto senza passato e dal futuro più mutevole della fortuna e, soprattutto nell'ultimo periodo, il biondo sentiva che quei giudizi avevano un fondo di verità. Rick aumentò il passo, cercando così di scacciare quei pensieri: lui era e sempre sarà Crow, un agente pronto a tutto per difendere il mondo Pokémon. Eppure, un seme di dubbio rimase dentro di lui impedendogli di rasserenarsi completamente.
Ad un tratto, mentre scrutava la folla cittadina, il biondo vide Tom camminare mesto in mezzo a quell'ammasso uniforme di persone. Per un attimo, gli sembrò che il ragazzino avesse incrociato lo sguardo con il suo. Quegli occhi si incisero nella mente di Rick, il quale per un attimo fu tentato di seguire il suo amico per verificarne lo stato d'animo. Tuttavia, le parole di Lack-Two gli tornarono in mente: Tom era una delle colonne che dovevano rafforzarlo nei momenti difficili, ma concentrarsi troppo su di lui sarebbe stato controproducente. Non poteva permettersi di distrarsi con i Triade pronti ad entrare in azione da un momento all'altro. Rick balzò giù dal tetto con una serie di movimenti acrobatici, dopodiché si avviò verso la periferia nord della città deciso ad occuparsi successivamente di Tom.  

***

"Sam, cosa ci fai qui?"
Sam Oak era l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere in quel momento. Molte domande mi assalirono, la più importante era cosa ci facesse a Cerulean City. La voglia di chiederglielo fu molto forte, ma mi trattenni appena vidi gli occhi di mio cugino: cerchiati da delle brutte occhiaie livide, i suoi occhi erano rossi, come se avesse appena finito di piangere. Il suo aspetto in generale era peggiorato dall'ultima volta in cui c'eravamo incontrati: rughe appena accennate gli percorrevano la fronte e la barba non era più curata come prima. Portava una felpa rossa con delle strisce nere trasversali, un paio di pantaloni lunghi neri e un cappello da baseball allacciato ad uno dei passanti dei pantaloni. Era triste, dannatamente triste.
"Sono solo venuto a trovare mia mamma e..."
"E non è andata come speravi" conclusi la frase al posto suo.
Sam sospirò mentre si sedeva su una panchina e io lo imitai velocemente. Allacciò le braccia attorno al petto e per un po' fisso il vuoto davanti a sé. Lo osservai cautamente: conoscevo fin troppo bene quello stato d'animo, quello che riesci gestire solo chiudendoti nei tuoi pensieri. Passai in rassegna gli alberi del parco, tutti disposti ad intervalli regolari come piccole pedine degli scacchi. Stavo per richiamare nel mondo reale Sam, quando questi si decise a parlare.
"Sta andando sempre peggio." Un flusso di lacrime iniziò a scorrergli dagli occhi. Non lo avevo mai visto così... Sfibrato. D'istinto lo abbracciai e lui ricambiò, stringendomi forte e inondandomi la spalla destra di lacrime. Dopo un paio di minuti, Sam sciolse l'abbraccio spontaneamente.
"Scusami, non dovrei sfogarmi con te..."
"Sam, non dire così. Sai benissimo che puoi parlare con me, anche se forse non sono proprio la persona migliore con cui farlo..." risposi.
Sam si asciugò le ultime lacrime, poi si decise a parlare:"I miei genitori hanno litigato ormai quasi un anno fa. E da allora non si sono più parlati, mia madre ha fatto le valigie ed è tornata qui... Abbandonandoci"
Quella notizia mi lasciò stupefatto: mi avevano già riferito di quel litigio ma pensavo che il tutto si fosse risolto mesi fa. Mi avevano nascosto una verità che avevo il diritto di conoscere. Avevo il diritto di sapere in modo tale da poter far qualcosa... Ma cosa avrei potuto fare se non stare seduto in un angolo e sperare che la situazione si risolvesse da sola? Cosa può fare un undicenne di fronte ad una coppia collassata e ad un figlio distrutto dal vedere i suoi genitori separati? Nulla... Per la prima volta, sentivo che tenermi all'oscuro di certe cose non era stato affatto un errore. Eppure, vedendo Sam in quello stato, non potevo far altro che sentirmi inutile, solo un peso.
"Ehi, non fare quella faccia" disse Sam mentre vedeva il mio volto segnato da una profonda sconsolazione. "È un problema che posso risolvere da solo, non crucciartene" aggiunse poi mentre mi passava un braccio intorno alla spalla.
Rimanemmo in quella posizione per diverso tempo, lasciando che il vento ci accarezzasse. L'altruismo di Sam era uno degli aspetti che più mi piacevano di lui: nonostante soffrisse per via di quella situazione, era lì pronto ad evitare che anch'io cadessi in quello stato. Mi chiese perché fossi andato al parco e io svuotai il sacco: gli raccontai della sconfitta contro Claudia, del modo in cui erano stati conciati i miei Pokémon, della notte al Museo di Pewter City e perfino della battaglia nella Grotta Diglett. Ad ogni mia parola, Sam assumeva un cipiglio sempre più concentrato e, alla fine, disse:" Il mondo in cui viviamo non è fatto per i deboli, Tom. Nemmeno per i ragazzi che non hanno ancora scelto la propria strada"
Si alzò dalla panchina e aprì le braccia, indicando con un ampio gesto buona parte degli alberi che ci circondavano:"Tutto questo è troppo grande per noi umani e coloro che affermano il contrario sbagliano. Promettimi una cosa, Tom. Promettimi che non ti accollerai il peso di combattere i Triade da solo, di affrontarli solo quando faranno del male alle persone a cui tieni. E, soprattutto, promettimi di non fossilizzarti su una strada che non è la tua"
Quel discorso mi lasciò stupefatto: non avevo mai visto quel lato di Sam, un lato completamente diverso da quello a cui ero abituato. La mia esitazione gli fece assumere uno sguardo ancora più serio, quasi arrabbiato. Per non incappare nel suo malcontento, annuii con fare deciso. A quel punto, il suo sguardo si rasserenò. Passarono alcuni minuti di puro silenzio in cui riflettei attentamente su quelle parole: in fondo, Sam aveva ragione. Eppure, sapevo che, anche se mi fossi sforzato, non sarei riuscito a mantenere alla prima parte del suo discorso. Mi ero ripromesso più volte di mantenermi neutrale, di non cacciarmi nei guai. Beh, se vogliamo essere scrupolosi, erano i guai a cercare me. Per la seconda parte, invece, mi trovavo completamente d'accordo con lui: già da tempo sentivo che essere un Allenatore non era la mia strada e che avrei dovuto sperimentare altre cose prima di diventare Campione della Lega... Ma chi voglio prendere in giro: io Campione non lo diventerò mai, non ne ho la forza. In quel momento mi sentivo come una persona davanti ad un bivio, deciso a prendere una strada ma tentato allo stesso tempo di sceglierne altre. Mi sentivo un guscio improvvisamente svuotato delle sue certezze, di tutto quello che fino a quel momento lo aveva mandato avanti. Forse era così che si era sentito Eichiro negli ultimi giorni prima della partenza, forse è così che si è sentito per tutta la vita. Chissà come ci si sente ad avere un obbiettivo e lottare per esso. Penso che sia una sensazione bellissima, una carica continua di energia pronta a sostenerti in tutti i momenti difficili. Forse, avrei dovuto chiederlo a Sheila, alla mia cara amica voltagabbana. Magari era stata proprio la sua ambizione a suggerirle di tradirmi in quel modo. Cacciai quel pensiero dalla mente e mi alzai, pronto a tornare al Centro Pokémon per chiedere scusa a Layla.
"Sei già pronto a ripartire?" mi chiese Sam mentre si staccava dal tronco a cui si era appoggiato.
"Devo fare un paio di cose importanti prima di iniziare ad allenarmi"
"Potresti accompagnarmi in albergo? Devo recuperare un paio di cose che potrebbero interessarti"

***

Layla camminava nervosamente lungo il corridoio bianco del Centro Pokémon, stritolando quel che restava di un bicchiere di carta contente del the. Sotto consiglio di Zack, i due erano rimasti nella zona d'attesa del Centro in attesa che Tom si decidesse a tornare. Layla non aveva mai visto il ragazzo così abbattuto, forse perché egli non era mai andato così vicino a perdere i suoi Pokémon. Layla conosceva perfettamente quella sensazione e credeva di poterlo aiutare a non commiserarsi troppo. Eppure, le ultime parole di Tom le avevano fatto capire che il ragazzo non voleva il suo aiuto. Quelle parole l'avevano ferita ma allo stesso tempo le avevano fatto capire che non poteva farsi sempre carico delle sofferenze di Tom, aveva capito che il ragazzo doveva imparare a sopportare e a rielaborare certi tipi di situazioni da solo. Era stata lei a fargli capire che era sempre stato protetto dal vero mondo e sarebbe stato incoerente da parte sua comportarsi in quella stessa maniera.
"La smetti di fare su e giù per il corridoio?! Mi stai facendo girare la testa..." commentò  Zack mentre si aggiustava gli occhiali.
"Almeno io sto facendo qualcosa" replicò Layla.
"Qualcosa di completamente inutile"
Layla arrestò la sua marcia e si voltò, pronta a malmenare Zack nonostante tutte le persone che transitavano per quella stanza. L'unica cosa che la fermò fu l'espressione dell'americano: un enorme sorriso sornione attraversava il volto del ragazzo e i suoi occhi brillavano di una luce maliziosa.
"È così facile farti incazzare" commentò Zack mentre recuperava un giornale dalla pila disordinata disposta su uno dei comodini.
"Giuro che prima o poi ti spacco la faccia"
"Mettiti in coda allora"
Layla sbuffò mentre si lasciava andare su una delle sedie sparse per il corridoio. Era già passata quasi un'ora da quando Tom se n'era andata e ormai la ragazza pensava che i Pokémon di Tom si fossero ripresi. "Allora perché non torna?" si chiese mentalmente Layla mentre picchiettava le dita sul bracciale della sedia. Zack le allungò una rivista e le suggerì di rilassarsi leggendo. La ragazza accettò volentieri nonostante la poca voglia. Mentre scartabellava alla ricerca di un articolo interessante, Layla sentì gli occhi farsi sempre più pesanti. Si mise in una posizione comoda e si addormentò. A quel punto, Zack le tolse di mano la rivista e l'appoggiò su un comodino affiancato alla sedia. Poco prima di tornare alla sua sedia, il ragazzo si chinò e augurò un buon riposo all'amica.

***

Tornammo al Centro Pokémon dopo aver trascorso appena dieci minuti in albergo, giusto il tempo necessario a Sam per recuperare lo zaino da cui tirò fuori un uovo di Pokémon e una Poké Ball lucidissima. L'uovo era di un marroncino molto tenue, quasi color sabbia, costellato qua e là a alcune macchie verdi. Era abbastanza grande, più o meno come un'abatjour, ed era soffice al tatto ma al contempo era anche molto caldo. Presi in mano anche la Ball e feci uscire il suo contenuto: un Voltorb dallo sguardo assonnato apparve davanti a me.
"Considerali il mio regalo di inizio viaggio molto in ritardo" disse Sam mentre mi osservava.
"G-grazie..." farfugliai. "Ma non posso accettare, è troppo" aggiunsi poi mentre evitavo di incrociare il suo sguardo.
"Ehi, non c'è problema" disse Sam mentre richiudeva lo zaino. "Però, prima di decidere vorrei che passassi un po' di tempo insieme ad entrambi. Magari cambi idea oppure no"
Ed ora ci trovavamo nella stanza principale del Centro Pokémon con un'incubatrice tra le braccia e una Poké Ball in più attaccata alla cintura. Camminavo sconsolato per via delle ultime parole che avevo rivolto a Layla prima di andarmene. Fortuna volle che lei e Zack stessero uscendo da uno dei corridoi nell'esatto momento in cui io e Sam avevamo raggiunto il centro della stanza. I due ci individuarono subito e ci corsero incontro. Layla fu tentata di abbracciarmi ma alla vista dell'uovo si bloccò mentre Zack chiese se tenevo in mano un uovo di Flygon.
"Abbiamo qui un esperto" commentò Sam prima di confermare i sospetti di Zack.
Mi accorsi di non aver ancora presentato mio cugino ai miei amici e rimediai immediatamente. Zack rimase stupefatto quando gli dissi che Sam era uno dei Superquattro e che l'uovo me l'aveva dato lui. "Wow, sei proprio fortunato" fu il suo commento.
"Adesso che ci penso, tu non hai ancora avuto un Pokémon..." dissi mentre scambiavo uno sguardo complice con Sam. "Quindi, ti piacerebbe tenere l'uovo?" aggiunsi mentre gli porgevo l'incubatrice.
"Ehm, io non penso che..." replicò Zack.
"Suvvia, non fare il timido. Sono sicuro che andrete d'accordo" disse Sam mentre sfoderava uno dei suoi soliti sorrisi capaci di sciogliere qualunque dubbio.
A quelle parole, Zack si decise a prendere tra le sue braccia l'incubatrice e a stringerla in un caloroso abbraccio. La scena commosse anche alcune delle persone che stavano sostando nel Centro, oltre a Layla. In quel momento, forse la ragazza stava riconsiderando il carattere del nostro compagno di viaggio.
"Che nome vorresti dargli una volta nato?" chiesi spinto da un improvviso moto di curiosità.
"Mhm... Darude!" esclamò mentre allentava appena la stretta attorno al suo uovo.
"Mhm, è un po' strano..." commentò Layla.
"Beh, io credo che sia molto carino" m'inserii.
Decidemmo di passare un paio d'ore a girare per il centro della città. Grazie ad uno sconto speciale, sia io che Layla riuscimmo a comprare ad un prezzo stracciato delle bellissime biciclette da corsa: la mia era nera con delle strisce argento lungo la canna mentre quella di Layla era completamente verde con delle spirali rosse sparse lungo il telaio della bici. Zack decise di non spendere quei pochi soldi che gli rimanevano, conservandoli così per quando l'uovo si sarebbe schiuso. Più o meno verso il tardo pomeriggio Sam fu costretto a lasciarci per via di alcuni inderogabili impegni da Superquattro. Prima di andarsene, ci suggerì di andare di visitare il laboratorio di Bill e di salutarlo da parte sua.
"Mi raccomando Zack, prenditi cura dell'uovo. E non combinate cavolate!" disse poco prima di far uscire dalla sua Poké Ball una bellissima Flygon che lo superava di parecchi centimetri in altezza.  Le sue ali da insetto era enormi e continuavano a muoversi su e giù. La Flygon colpì dolcemente con il muso la spalla di Sam come per salutarlo e il ragazzo ricambiò accarezzandole la gola. Poco dopo, Sam montò in groppa al Pokémon Magico e spiccò il volo salutandoci con un veloce movimento del braccio.

***

Appena entrato nel piccolo appartamento, Rick si gettò sul divano buttando di lato la borsa che conteneva la maschera e il cappotto. Si abbandonò in una posizione completamente rilassata, allungando le gambe affaticate dalla giornata passata ad arrampicarsi per i tetti. Allungò una mano cercando alla rinfusa il telecomando e, una volta trovato, accese la tv che si trovava incassata in piccolo mobile a due piani. La simpatica signora del telegiornale apparve sullo schermo ed iniziò ad elencare le notizie del giorno. Rick si alzò dal divano e si preparò un the al limone.
Il telegiornale finì molto presto data la scarsità di avvenimenti e la stessa fine toccò alla bevanda di Rick, la quale scivolò via in pochissimi sorsi. Mentre beveva, i pensieri del biondo si concentrarono sui Triade: era riuscito a completare lo studio delle planimetrie del loro rifugio. Ancora si chiedeva come avesse fatto Zenobia a recuperarle. Quella ragazza era un grande punto interrogativo: sapeva che era una hacker molto conosciuta nell'ambiente e anche molto rispettata. Molte erano le voci che giravano sul suo conto: si diceva che fosse figlia di un ricco magnate dell'industria elettronica e che avesse imparato i trucchi del mestiere proprio dal padre. Ben noti erano invece i suoi crimini: era entrata più volte nei database di diverse organizzazioni, incasinandoli e rubando informazioni piuttosto preziose su casi ancora aperti. Inoltre, molti ricchi del pianeta si erano ritrovati privati di alcuni milioni per via dei suoi attacchi alle banche. Alcuni dicevano che aveva poi distribuito quei soldi sui conti di gente che faceva fatica a sbarcare il lunario.
"Se così fosse" penso Rick mentre si massaggiava le tempie. "Zenobia si comporterebbe come una specie di moderna Robin Hood, con tastiera e mouse al posto di arco e frecce"
 Rick rise al pensiero della donna in calzamaglia e cappuccio. Era da un po' che non rideva così di gusto, forse perché le occasioni per ridere erano sempre più rare. Stava iniziando ad odiare quella vita fatta di spostamenti, raccolta di informazioni. L'aveva scelta lui quando, tre anni prima, si era iscritto al corso. La prospettiva di diventare un agente segreto, un supereroe era dannatamente allettante ma ora si era accorto che quella vita era fatta solo di menzogne: niente acclamazioni di massa, niente riconoscimenti, nessun poster nelle camere di ragazzini, nessun fan che desidera diventare come te. Solo una vita piena di menzogne, una vita passata ad assumere un'identità dopo l'altra, passata a dimenticare tutto quello che si era. Rick, col tempo, era diventato un guscio vuoto pronto ad essere riempito all'occorrenza. Gli piaceva esserlo per via dei vantaggi che il cambiare identità portava con sé, ma ultimamente si sentiva sempre più male: aveva trovato qualcuno con cui poteva costruire un rapporto genuino, seppur basato su una bugia così grossa da risultare soffocante. Rick si perse tra i ricordi della serata passata con Layla e Tom: il ragazzo si concentrò prevalentemente sulla ragazza, lasciandosi inebriare dalla sensazione sconosciuta che montava dalla parte più nascosta del suo essere. Si concentrò sul sorriso della ragazza, sulla luce emanata dai suoi occhi, sulla massa di capelli corvini. Rick allora immaginò di stringere in un abbraccio il corpo della ragazza e di immergere il proprio viso nei capelli dell'amica e di assaporarne il profumo.
"Chissà di cosa profumano i suoi capelli..." mormorò Rick mentre si lasciava cadere nuovamente sul divano.
Perso tra quei pensieri, Rick non si accorse dello scorrere del tempo. Uscì da quello stato quasi onirico quando erano già le sette di sera ed il sole era quasi completamente tramontato, lasciandosi dietro una coltre di puntini luminosi disseminati nel cielo notturno d'Ottobre. La causa del suo risveglio fu un continuo ed insistente rumore proveniente dall'ingresso. Si avvicinò e aprì la porta solo per trovarsi davanti una Zenobia visibilmente irritata. Un fiume di domande aggredì Rick: cosa ci faceva lì Zenobia? Ma, cosa molto più importante, come aveva fatto a scoprire la sua vera identità?
Prima che il ragazzo potesse trovare una risposta a queste domande, Zenobia entrò nell'appartamento e si recò in cucina con passo sicuro, come se conoscesse a memoria la disposizione delle stanze. Aprì il frigorifero, prese una bottiglietta d'acqua e ne bevve il contenuto con estrema voracità. Dopodiché aspetto che Rick le rivolgesse la parola.
"Come hai fatto a trovarmi?" chiese il biondo mentre entrava in cucina.
"Ho chiesto alle persone giuste." Zenobia si avvicinò al ragazzo assumendo un'aria molto seria, quasi lugubre. "Ho scoperto l'obiettivo dei Triade"
"Parla" disse Rick mentre recuperava il suo soprabito e la maschera.
"Colpiranno il laboratorio di Bill, anche se non so ancora quando né le loro motivazioni"
"Ottimo, almeno so cosa devo sorvegliare" replicò il biondo poco prima di mettersi la maschera. Rick aprì la finestra e fece per spiccare un balzo quando il cellulare di Zenobia squillò. Il ragazzo si voltò verso la donna riservandole uno sguardo interrogativo reso ancora più pauroso dallo strano taglio degli occhi della maschera. Zenobia si affrettò a rispondere, assumendo un'espressione sempre più preoccupata mano a mano che la conversazione procedeva. Alla fine, la donna agganciò bruscamente e ordinò a Rick di fermarsi.
"Cosa ti han detto?"
"I Triade hanno colpito pochi minuti fa. Hanno preso Bill, due suoi aiutanti e anche una ragazza"
"Una ragazza...?"
"Una certa Layla Ketchum, la conosci?"

***

Dopo un acceso dibattito, riuscii a convincere i miei due compagni di viaggio ad andare a trovare Bill nonostante l'orario non fosse proprio adatto. Fu altrettanto difficile attraversare il ponte Grande Pepita per via del signore che controllava il passaggio. La guardia non voleva farci passare per via del tramonto sempre più vicino e anche per la mancanza di un adulto o di una persona abbastanza grande da accompagnarci.
"Suvvia, può fare un'eccezione? Stiamo solo andando a trovare un amico..." disse Zack al limite dell'esasperazione.
"Vi ho detto di no, tornate domattina" replicò secca la guardia incrociando le braccia e sbarrandoci la strada.
"Zack, indietro" dissi mentre mettevo mano ad una Poké Ball. Feci uscire Mesmer e gli ordinai di posizionarsi davanti alla guardia.
"Cosa vuoi fare?!" esclamò terrorizzata la guardia.
"Si rilassi, non ho intenzione di farle del male..." dissi poco prima di ordinare a Mesmer di usare Ipnosi. Lo sguardo dell'uomo fu catturato dal movimento circolare delle mani del mio Drowzee e, in pochi secondi, la guardia cadde in un sonno profondo. Mesmer lo sollevò con i suoi poteri e lo adagiò in una posizione comoda dentro la cabina posizionata vicino all'inizio del ponte. A quel punto mi voltai e mi accorsi che Layla mi aveva rifilato una pesante occhiata di disapprovazione.
"Che c'è? Non gli ho fatto del male, proprio come avevo detto..." dissi a mo di scusa.
"Ti ricordi quello che ti ha detto tuo cugino?"
"Beh, non è proprio una cavolata... Io la chiamerai 'risolvere velocemente una questione noiosa'"
"Ragazzi, la paternale può essere rinviata? Sto morendo di freddo" disse Zack poco prima di incamminarsi verso il ponte.
Io e Layla ci scambiammo l'ennesima occhiata e decidemmo di seguire Zack. Il resto della camminata lo passammo a discutere e, alla fine, la corvina riuscì a farmi promettere di non abusare più dei miei Pokémon. In fondo, sapevo che lei aveva ragione ma mi chiedevo come faceva a non capire che non avevo fatto nulla di male. Abusare di un Pokémon significava usarlo per scopi malvagi oppure molto egoisti, quello che avevo fatto io era far addormentare un tizio che non voleva farci passare. Sbuffai mentre infilavo le mani nei pantaloni. Non riuscivo proprio a capire il punto di vista di Layla. Decisi di chiedere scusa a quella povera guardia e di trovare una soluzione meno, ehm, "aggressiva" alle discussioni.
La nostra passeggiata alla luce del tramonto durò solo un quarto d'ora, visto che il laboratorio non si trovava tanto lontano dal ponte, forse anche per comodità stessa dell'equipe di ricerca. Zack aveva annunciato il nostro arrivo con una telefonata. Poco prima di arrivare al laboratorio fummo intercettati proprio da Bill, il quale ci salutò tutti in maniera molto calorosa, riservando un trattamento speciale a Zack. Osservai per un attimo Bill: era alto pochi centimetri più di me, aveva una chioma castana spettinata e un paio di occhiali da lettura gli incorniciavano gli occhi marroni. Indossava una camicia scura, un paio di pantaloni marroni stretti in vita da una cintura di cuoio da cui pendeva un piccolo marsupio. Al collo portava una collana che si intravedeva a malapena per via della camicia allacciata fino al penultimo bottone. Sapevo molte cose su Bill, tutte provenienti dai racconti e dai libri di storia. Sapevo che Bill era un genio, forse una delle persone più intelligenti in tutto il mondo. Da giovane aveva collaborato alla creazione del Sistema di Trasferimento Pokémon, versione antica del sistema che oggi collega tutte le Regioni. Più recentemente, Bill aveva lavorato a progetti più o meno importanti in collaborazione sia con la Lega sia con la Silph s.p.a.
Alle spalle dello scienziato notai due assistenti: un uomo sulla trentina con un paio di occhiali spessi e una camicia a quadri stinta e un paio di pantaloni grigio topo e una donna più alta di Bill con una lunga chioma rossa racchiusa in una treccia. I due si avvicinarono e salutarono Zack. L'uomo sussurrò qualcosa all'orecchio di Bill, il quale annuì con aria greve. Dopodiché ci invitò ad entrare, accompagnando l'invito con un gesto ampio del braccio.
L'interno del laboratorio era molto spartano: una serie di scaffali occupava le pareti della stanza mentre diverse apparecchiature a me sconosciute abbellivano il centro della stanza. Sotto ad una delle finestre c'era una scrivania piena di fogli di carta. Tentai di decifrare ciò che c'era scritto ma la distanza me lo impediva. La cosa che mi incuriosiva di più di quella stanza era la mancanza di computer e di tablet, a mio parere essenziali per poter tenere insieme i dati dei diversi esperimenti portati avanti in quel luogo. A dirla tutta, sembrava che in quella stanza fosse passato un tornado o qualcosa del genere: alcuni libri erano riversi sul pavimento e diverse cartelle giacevano abbandonate su alcune sedie e l'archivio in cui erano custodite sembrava esser stato perquisito da qualcuno che aveva molta fretta. Lanciai un'occhiata preoccupata sia a Layla che a Zack ed entrambi mi rivolsero lo stesso sguardo. Era successo qualcosa in quel posto, qualcosa di potenzialmente pericoloso.
Bill ci fece entrare in una stanza che riconobbi come una sala da pranzo. Un tavolo rotondo si ergeva al centro e sopra di esso c'era il vaso di vetro che mia madre aveva regalato a Bill l'ultima volta che gli aveva fatto visita. Sul muro opposto a quello da cui eravamo entrati c'era un'altra porta, la quale si aprì nell'esatto momento in cui quella alle nostre spalle si chiuse con un gesto secco. Zack si girò verso Bill, il quale sussurrò mesto un "mi dispiace".
Dalla porta uscirono tre reclute del Triade, un sorriso malvagio che mi provocò i brividi lungo tutta la schiena dipinto sul volto di uno di loro. Feci per mettere mano alla Poké Balls ma qualcosa mi colpì alle spalle, facendomi cadere sul pavimento. Un'altra recluta, spuntata da un angolo buio della stanza mi sferrò un calcio in faccia, facendomi rotolare fino a quando non sbattei contro una cassettiera. Sentivo che stavo per perdere i sensi.
L'ultima cosa che sentii prima di svenire fu un urlo. La voce di Layla si sparse nella stanza. E poi il buio mi avvolse nelle sue fredde spire.
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Ed eccomi con la seconda parte del capitolo. Beh, non ho molto da dire oggi, se escludiamo che spero di poter aggiornare un po' più velocemente. Ci vediamo nel prossimo capitolo, che segnerà un passaggio importante per lo sviluppo di Tom. Ho già il titolo: "Il lupo e il corvo". Bello, no?
Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Il Lupo e il Corvo ***


Capitolo 13
- Il Lupo e il Corvo -

"Homo homini lupus"

Mi risvegliai dopo molto, molto tempo. Dovevano essere passate almeno tre ore vista la pesante oscurità che aveva avvolto la sala da pranzo, rendendola molto tetra. Sentivo uno strano calore provenire dallo zigomo, proprio da dove ero stato colpito. Sfiorai il punto e, dopo un lampo doloroso, mi accorsi che una sostanza leggermente vischiosa scendeva giù dalla ferita. Stavo sanguinando. Dovevo controllare lo stato della ferita e cercare qualcosa con cui medicarla. Dovevo assicurarmi che Zack e Layla stessero bene. Era tutta colpa mia: se non avessi addormentato la guardia, a quest'ora staremmo scherzando tutti insieme prima di ritirarci nelle nostre camere. Per colpa mia era successo qualcosa di orribile a Layla, ne ero certo. Sentivo le lacrime spingere per sgorgare come un fiume in piena dai miei occhi. Volevo tanto farle uscire e rannicchiarmi in un angolo, lasciando tutto quel casino a qualcun'altro, a qualcuno di più responsabile. Mi feci forza e iniziai a cercare un interruttore della luce e, dopo un paio di minuti spesi a tastare alla cieca il muro, ne trovai uno. Lo attivai e fu allora che lo vidi.
Un ragazzo poco più alto di me stava in piedi vicino alla porta da cui erano entrati i Triade. Era avvolto da un lungo cappotto nero e una maschera somigliante al volto di un corvo gli nascondeva il viso, lasciando intravedere solo gli occhi trasformati in due piccole fessure per via della luce improvvisa. Dietro di lui si intravedeva il corpo esanime di Zack appoggiato contro il muro, un rivolo di sangue secco gli macchiava la parte sinistra della faccia. Mi lasciai guidare dagli istinti e velocemente misi mano alla prima Sfera che mi capitò a tiro e la lanciai. Ne uscì una Trix completamente ristabilita e piena di energie: infatti, dopo una veloce analisi della situazione, si frappose tra me e il tizio mascherato, un Doppio Ago pronto a colpire alla prima mossa falsa dello sconosciuto. Il ragazzo alzò le mani in segno di resa e, lentamente, iniziò a spostarsi verso il centro della stanza.
"Non ti avvicinare!" urlai mentre stringevo i pugni fino a farmi sbiancare le nocche. Trix sottolineò la mia frase facendo una finta  veloce. Il ragazzo si fermò ed incrociò le braccia attorno al petto, come se stesse aspettando una mia mossa. O, meglio, come se la sua pazienza stesse per finire.
"Cosa gli hai fatto?" chiesi mentre indicavo con un rapido scatto del capo Zack.
"Era già così quando sono arrivato." La sua voce aveva un timbro molto profondo, troppo per essere naturale. Probabilmente la sua maschera era dotata di un distorsore o di un altro apparecchio simile.
Sospirai. Mi avvicinai a Zack e controllai se stesse bene. Potevo sentire ancora il suo respiro, debole ma comunque presente, e il polso era anch'esso percepibile. Probabilmente aveva cercato di fermare i Triade, i quali erano riusciti a sopraffarlo grazie al loro numero. Anche Layla aveva resistito, lo si poteva notare da un paio di cornici infrante sul pavimento. Non riuscivo a capire perché l'avessero rapita: non conosceva Bill, non aveva alcun tipo di rapporto con lui e, da un certo punto di vista, era inutile per i Triade. Zack, invece, era molto più utile e potevano sfruttarlo per far leva sulla bontà di Bill. Perché non l'avevano preso? Se l'avessero fatto, ora...
Mi morsi le labbra. Non potevo aver pensato una cosa del genere, non potevo essere caduto così in basso... Mi accorsi solo in quel momento che stavo camminando su un sentiero oscuro, ma forse potevo ancora tornar sulla retta via. Dovevo salvare Layla, e dovevo farlo in fretta prima che quei dannati bastardi potessero farle del male. Eravamo tutti pedine di un grande gioco, pedine di una grande partita a scacchi. I Buoni da un lato e i Triade dal lato. Finora, noi "Buoni" c'eravamo solo difesi ma le cose stavano per cambiare; per la prima volta mi sarei comportato da cacciatore e non da preda. E non avrei mostrato pietà.
Un colpo di tosse mi richiamò alla realtà, impedendomi di crogiolarmi nei miei pensieri di vendetta.  Alzai lo sguardo e notai che il tizio mascherato aveva cambiato posa, lasciando cadere mollemente le braccia ai lati del corpo. Mi guardava, come se si stesse aspettando altre domande. Ero curioso di sapere l'identità di quel ragazzo, di sapere come era riuscito a sapere che eravamo lì e perché non era intervenuto in tempo per evitare il rapimento di Layla.
"Perché sei qui?" Sputai quelle parole riversandoci dentro una parte della rabbia che sentivo montare da una parte oscura del mio essere.
"Dovevo impedire il rapimento di Bill"
"Beh, penso che tu abbia fallito su tutta la linea" ribeccai in maniera stizzita.
"Beh, possiamo dire che anche tu hai fallito" puntualizzò in maniera altrettanto stizzita il mio avversario.
Punto sul vivo, mi ritirai nuovamente nel mio comodo silenzio. Quella giornata era stata piena di fallimenti, disposti in fila indiana uno dietro l'altro opprimendomi con il loro peso. Li sentivo avvolgermi nelle loro spire come serpenti affamati e io ero la loro preda immobile pronta a farsi consumare e a sparire nell'oscurità. No, non era quello il momento per lasciarmi andare. Dovevo liberarmi da quelle spire metaforiche e reagire, combattere e vincere. Per troppo tempo ero stato la vittima passiva degli eventi che mi avevano colpito, lasciandomi piegare da tutto quello che era successo. Ma ora qualcosa si era spezzato: non sapevo, a quei tempi, cosa si fosse rotto ma la solita, piccola voce mi venne incontro.
"Io conosco la risposta alla tua domanda: tu ti sei spezzato" disse con un evidente euforia che trapelava dalle sue parole. "E ora prendo io il comando" sussurrò prima di ritornare nel suo angolo sperduto.
Non capivo quelle parole, misteriose ma altrettanto importanti. Tuttavia, sapevo che quella voce aveva sempre avuto ragione e probabilmente non sbagliava neanche questa volta. Ma non era quello il momento di riflettere. Sentivo, però, di dover fare un'ultima domanda alla persona mascherata, così riportai il mio sguardo su di lui.
"Chi sei tu?" dissi con un filo di voce, così debole che anch'io feci fatica a sentirmi.
"Tu mi conosci già..." rispose criptico il ragazzo. Lentamente, le mani dell'intruso si avvicinarono alla fascia che teneva incollata la maschera. Armeggiò per pochi secondi con la banda e, dopo aver appoggiato una mano sul lungo becco, si tolse la maschera, rivelando la sua vera identità.
"Rick?!"

***

Freddo. Un costante tintinnio di gocce d'acqua contro il metallo. Layla si svegliò confusa, la testa ancora inibita dalla sostanza che le avevano iniettato per evitare fughe e i ricordi persi in un vortice caotico ed intricato. L'ultima immagine che appariva chiara nella sua mente era la Recluta che malmenava Tom e lo sguardo atterrito di Zack. Si ricordava di aver urlato e di essere stata presa da una delle reclute, poi il flusso di ricordi diventava sempre più sfumato. Cercò di concentrarsi ma una strana fitta alla testa le impediva di potersi focalizzare. Abbandonato ogni tentativo di ricordare, Layla decise di dare un'occhiata alla stanza in cui era stata rinchiusa: era uno sgabuzzino lungo ma piuttosto alto, abbastanza da permetterle di stare comodamente in piedi. Notò che avevano serrato una delle sue caviglie ad una catene, la quale era stata poi fissata al muro. I chiodi erano recenti e troppo ben piantati nel muro per provare a strappare la catena. Due delle quattro pareti erano occupate da degli scaffali su cui erano state appoggiate scatole di varie dimensioni.
"Mi hanno rinchiuso in uno stupido magazzino delle scorte" si lamentò Layla accompagnando le sue parole con un pesante sospiro. "Almeno non morirò di fame" aggiunse cercando di motivarsi.
"Ben svegliata." Layla riconobbe subito quella voce, la stessa dell'uomo che aveva fatto irruzione al Museo distruggendo alcune delle opere più importanti della collezione. Si girò nella direzione da cui proveniva la voce e lo vide emergere dalla parte meno illuminata della stanza. L'uomo avanzava lentamente per via del soffitto, troppo basso per farlo camminare con la schiena completamente ritta. Nonostante questo, la sua camminata tradiva un certo orgoglio. Layla deglutì e cercò di indietreggiare, ritrovandosi dopo appena un paio di passi appiattita contro il muro a cui era attaccata la catena.
"Non avere paura..." disse l'uomo con un tono così dolce da risultare affettato. "Non ho intenzione di farti del male. Almeno, non adesso" aggiunse poi mentre una strana luce cupa gli illuminava gli occhi.
"Cosa ci faccio qui?" chiese Layla, cercando di scoprire perché l'avevano rapito.
"Semplice, tu sei il nostro piano B"
"Non capisco..."
"Beh, ora sto per interrogare il nostro caro Bill. Se lui si ostinasse a non rispondere alle mie domande, tu diverrai la chiave per accedere ai suoi segreti" spiegò mentre liberava un sorriso cupo, quasi malvagio. "Non conosco molto bene il professore, ma penso che non lascerà che una ragazza innocente soffra per la sua testardaggine" aggiunse poi mentre si avvicinava alla porta.
"Aspetta! I miei amici... Dove sono?"
Alaric non si girò e, lentamente, afferrò la maniglia della porta, stringendola come se stesse per scappare. Ci fu un minuto di silenzio prima che il Triade si degnasse di rispondere alla domanda, dicendole che erano rimasti al laboratorio di Bill. "Tuttavia, non posso dirti nulla per quanto riguarda il loro attuale stato"
"Cosa avete fatto loro?!" urlò Layla mentre si sentiva trasportare via da un'ondata di rabbia celata da troppo tempo.
"Non lo so" replicò Alaric. "E, francamente, non m'interessa affatto" aggiunse mentre un sorriso splendente si dipingeva sul suo volto. Detto questo, Alaric aprì la piccola porta della stanza e se ne andò, lasciando Layla in balia dei suoi più oscuri pensieri.
La ragazza si lasciò cadere per terra. Un flusso di ipotesi le invase la mente, offuscandola come una nuvola oscura il cielo. Vedeva Tom e Zack riversi sul pavimento immersi nel loro stesso sangue, un'espressione di puro terrore dipinta su i loro volti. Poi vide il sorriso splendente di Alaric che si beffava di lei, bollandola come una debole e inutile creatura. Quel sorrise fece scattare qualcosa all'interno di Layla: una nuova determinazione pervase il suo corpo, spingendola a rialzarsi e a formulare un piano di fuga che la portasse lontana da quella stanza che diventava sempre più stretta.
"Me la pagherete" sussurrò Layla mentre iniziava a cercare un attrezzo per liberarsi della catena.

***

"Rick..." dissi sbigottito.
"Tom, posso spiegarti tutto, ma non ora" disse Rick mentre si avvicinava al tavolo per posarvi sopra la maschera. "L'assistente del Professore ha bisogno di assistenza, tra poco si sveglierà e avrò bisogno anche del suo aiuto" aggiunse mentre si faceva sempre più vicino.
"Chi sei tu?!" Urlai, incanalando in quell'urlo la tensione che avevo accumulato in quei giorni. Mi aveva mentito, e io mi fidavo di lui. Come aveva potuto... Rabbia, sentivo una rabbia profonda eruttare dal mio cuore, dalla mia mente, da ogni parte del mio corpo. Sentivo il bisogno di colpirlo, di fargli provare quel che io stavo sentendo in quel momento.
"Come reagiresti se ti dicessi che oramai non so più nemmeno io chi sono veramente?" rispose Rick mentre uno sguardo malinconico prendeva possesso dei suoi occhi.
Non pensai, agii e basta. Lo colpì, proprio vicino al mento, con un pugno che fece più male a me che a lui. Come poteva dire una cosa del genere in quel frangente, come poteva?! Non lo capivo o, meglio, non volevo capirlo, volevo solamente che se andasse e che mi lasciasse da solo. Ciò nonostante, sapevo che senza di lui non avevo nessuna possibilità di poter curare Zack né di sapere dove tenevano Layla. Ero costretto a collaborare con lui, ma giurai che prima o poi avrei preteso delle spiegazioni.
"Puoi fare di meglio" commentò Rick mentre si massaggiava il punto in cui l'avevo colpito. Il suo era un tono di sfida, era come se cercasse di ristabilire un contatto.
"Non penso che picchiarti possa essermi d'aiuto" dissi mentre gli lasciavo libero il passaggio.
Rick annuì mentre estraeva da una delle tasche una scatola di quelli che sembravano medicinali non meglio identificati. Aprì la scatola e prese una pastiglia di un vivido colore blu e si avvicinò a Zack, il quale aveva appena ripreso conoscenza.
"Cos'è?" chiese con un filo di voce mentre cercava di tirarsi su.
"Fermo..." disse Rick mentre lo costringeva a sedersi nuovamente. "Ti farà sentire meglio, promesso" aggiunse poi mentre consegnava la pillola a Zack, il quale, dopo averla analizzata per un paio di secondi, la mandò giù senza farsi troppi scrupoli.
Dopo pochi secondi, Zack era già in piedi e sprizzava vitalità da tutti i pori. Sembrava che non gli fosse accaduto nulla. Camminava su e giù per la stanza come se fosse in preda ad un flusso di pensieri che non poteva essere fermato. Mi chiedevo cosa ci fosse in quella pillola di così potente e se ci fossero degli effetti collaterali. D'un tratto, Zack si fermò e si voltò verso di me.
"Hanno preso Layla e mi hanno steso prima che potessi fare qualcosa" disse mentre incrociava le braccia.
"Questo l'avevamo capito" commentò con un leggero tono sarcastico Rick.
"Ho sentito che volevano portarla alla propria base... Hanno anche parlato di una specie di casetta"
"So dove l'hanno portata" disse Rick mentre si rimetteva la maschera. "Voi tornate al ponte e aspettate mie notizie. Tornerò prima dell'alba, promesso" aggiunse mentre lasciava la stanza.
"No"
Rick si bloccò poco prima di aprire la porta che portava all'esterno. Si girò e mi rifilò uno sguardo di rimprovero ma io non cedetti. Layla si trovava nei guai per colpa mia e io avrei lottato per salvarla e portarla via da dove la tenevano nascosta. Zack mi affiancò, rivolgendo a Rick il suo solito sguardo di sfida. Proprio come me non aveva intenzione di cedere. Rick sospirò e ci fece segno di seguirlo verso una destinazione che solo lui conosceva.

***

K camminava silenzioso per i corridoi della base, dirigendosi a grandi falcate verso la sala interrogatori. Era importante ricavare più informazioni dal professore prima che le autorità venissero avvertite da quei ragazzini che le reclute avevano trovato e steso nel laboratorio. Dopo aver ascoltato il resoconto delle reclute, K si era convinto che Tomas Oak e i suoi amici si fossero messi di nuovo sulla sua strada e, quando vide la ragazza che aveva accompagnato il figlio di Blue al Museo distesa in una delle stanze dei prigionieri, i suoi sospetti furono confermati. Quel gruppo di ragazzini continuava ad infiltrarsi nella sua vita, apparendo sempre nei momenti in cui K si sentiva più abbattuto. Infatti, non si era ancora ripreso dalla conversazione avuta con Olga il giorno precedente. Una strana tristezza si era impossessata di lui, colorando l'ambiente circostante con le più varie tonalità di grigio. Si era ritrovato in quello stato d'animo nonostante si fosse ripromesso più volte di liberarsi dei sentimenti che provava per quella donna, troppo legata ad un uomo che non la considerava. Nonostante i suoi propositi, K si era lasciato avviluppare da quel sentimento a primo acchito morbido e travolgente, ma rivelatosi poi soffocante e assuefante. Oramai non poteva più farne a meno.
"Ehi K!" urlò qualcuno dal fondo del corridoio che il ragazzo stava attraversando.
"Cosa vuoi Alaric?" chiese K cercando subito di arrivare al punto.
"Oh, come mai così scortese?"
"Non sono affari che ti riguardano"
K cercò di scartare il suo interlocutore, ma Alaric riuscì a prenderlo per un braccio e a bloccarlo. Con un violento strattone, Alaric costrinse K a tornare sui suoi passi nonostante i tentativi di svincolarsi da quella presa ferrea che il biondo possedeva. Ora K capiva come si sentiva un bullone quando veniva stretto dalla chiave inglese.
"Dovresti cercare di rendere meno palesi i tuoi sentimenti verso quella ragazza, caro K" disse Al mentre lasciava andare il braccio dell'altro Triade, il quale gli rivolse uno sguardo arrabbiato contornato da un vistoso arrossimento delle guance. "Andiamo, non dirmi che non ti eri accorto che ormai tutti sanno cosa provi?!"
K deglutì, arretrando di pochi passi. Cercava affannosamente di comporre una frase di senso compiuto per contrastare le insinuazioni di Alaric, ma le parole gli morivano in gola come se qualcuno avesse messo una barriera che lasciava passare solo l'aria. K odiava sentirsi così debole, così impotente. Odiava quando le persone si accorgevano dei suoi sentimenti e, più di tutti, K odiava il modo in cui amava, il modo in cui provava qualsiasi sensazione forte troppo difficile da nascondere sotto la maschera da duro che si era costruito all'interno del Team Triade. Odiava anche il fatto che Alaric gli parlasse in quel modo, come se fossero amici da tutta una vita.
"Non usare quel tono con me" sputò fuori dopo alcuni attimi di silenzio K.
"Permettimi di darti un consiglio spassionato" disse Alaric, mentre si avvicinava all'orecchio dell'altro Tenente. "Se fossi in te, io mi libererei di Proton. Fisicamente" aggiunse poi con un fil di voce, ponendo una forte enfasi all'ultima parola.
Detto questo, Al sorpassò K allontanandosi a gran velocità in direzione della sala interrogatori. K rimase in piedi, colto alla sorpresa dalla proposta piuttosto esplicita di Alaric. Quel ragazzo, così facile all'ira durante le battaglie, si era rivelato un astuto calcolatore. Aveva aspettato il giusto momento per instillare un seme malvagio nella mente di K e il ragazzo era davvero tentato di portare a compimento quello che Al gli aveva suggerito. Ma non poteva farlo: eliminare Proton non avrebbe fatto altro che allontanare definitivamente Olga e rovinare le piccole possibilità che aveva. Per battere Proton, K doveva combattere una battaglia sottile, doveva dimostrarsi migliore di lui battendolo nel suo stesso campo e far capire a Olga che Proton la stava solo usando. L'unico problema era capire esattamente come attuare il suo piano.
K iniziò a camminare nella direzione opposta a quella che Alaric aveva preso, imboccando strade senza un fine preciso. Entrò in una sala e si lasciò andare su una sedia, crogiolandosi nei suoi pensieri.
"Odio tutto questo" sussurrò mentre prendeva in mano un giornale con l'intento di svagarsi.

***

Camminammo per un'ora buona, percorrendo un piccolo sentiero nascosto tra i folti arbusti dell'isoletta. Rick ci aveva detto che non potevamo percorrere la strada principale perché avremmo dato troppo nell'occhio e anche perché la strada più veloce verso la base dei Triade non passava per Cerulean City. Infatti, appena arrivati davanti al ponte che avevamo attraversato quella sera, Rick ci indicò una piccola stradine che portava ad una piccola insenatura dove era ancorata una barca. Da lontano sembrava un peschereccio, uno di quelli che si usa per la pesca in alto mare. Mi chiesi come poteva quel coso portarci alla base dei Triade.
"Dove stiamo andando?" domandai mentre una serie di dubbi uno più inquietante dell'altro iniziava ad affollare la mia mente.
"Su quella barca c'è una mia, ehm, 'collega' che ci porterà vicino al covo dei Triade" spiegò Rick mentre faceva dei segni alla barca.
"What's the plan?" chiese Zack nella sua lingua natale.
"Useremo un ingresso secondario non sorvegliato per intrufolarci nel nascondiglio. Dopodiché, la mia collega s'infiltrerà nel sistema e ruberà alcuni dati..."
"Aspetta, vuoi renderci complici di un hackeraggio?!" esclamai sconvolto.
Rick s fermò, assumendo una posizione rigida piuttosto tesa. Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche poi, come se qualcosa gli avesse ordinato di mantenere la calma, emise un lungo sospiro. Voltò la testa e ci, anzi, mi fissò con uno sguardo duro e determinato, uno sguardo che non avevo mai visto usare. Uno sguardo che non presagiva nulla di buono.
"Il motivo primario della mia missione e, per estensione, della mia permanenza in questa Regione è la raccolta di dati sul Team Triade. Non posso e non devo lasciarmi sfuggire dalle mani un'occasione simile" disse con una voce dannatamente calma. Mi venne voglia di prenderlo di nuovo a pugni, anche se questa volta ero consapevole che ne avrei prese di santa ragione. "E prima che tu, Tom, o che il tuo caro amico americano mi accusiate di essere un egoista, vi avviso che farò di tutto per recuperare Layla e il professore" aggiunse poi caricando quelle parole di un misto di ansia e di rabbia. Con quello sguardo, Rick mi aveva giudicato come il responsabile della cattura di Layla e con quel discorso non aveva fatto altro che rendermi noto il suo giudizio. E io non potevo far altro che dargli ragione.
"E noi cosa faremo?" chiese Zack rompendo il fastidioso silenzio che si era formato dopo il discorso di Rick.
"Io potrei rispondervi!" urlò qualcuno.
Ci voltammo in direzione dell'insenatura e vedemmo una figura che scendeva dalla barca con in mano quelle che sembravano delle borse. La collega di Rick ci raggiunse percorrendo a grandi falcate lo spazio che ci separava. Una volta che fu abbastanza vicina, mi accorsi che indossava una maschera che le copriva quasi totalmente la faccia, lasciando scoperta solo la bocca e gli occhi. Sulla maschera, in corrispondenza della fronte, c'era il disegno di un orologio di un nero assoluto che saltava subito all'occhio visto che il resto della maschera era di un bianco abbagliante. Il suo busto era fasciato da un impermeabile nero che le conferiva uno strano aspetto lugubre.
"Ragazzi, lei è Z..." attaccò Rick.
"Watchtower" lo interruppe lei. "Ovviamente non è il mio vero nome, ma preferirei essere chiamata così per questa notte. Non si è mai troppo prudenti" aggiunse mentre ci porgeva le due borse.
"Cosa dovremmo farci con 'sta roba?!" l'apostrofò Zack.
"Indossarla, ovviamente"
"No way, ma'am"
"Senti" disse la ragazza assumendo quella che doveva sembrare un'espressione incavolata ma che, per via della maschera, appariva piuttosto ridicola. "Anch'io vorrei indossare qualcos'altro, ma per la buona riuscita di questa missione dobbiamo travestirci. Quindi, metti quella cazzo di maschera e chiudi il becco fino a nuovo ordine"
Zack si zittì e iniziò a tirar fuori le cose contenute nella borsa: una maschera nera decorata da una "X" rossa che la percorreva trasversalmente da una parte all'altra, un giubbotto di pelle nera e un paio di pantaloni blu. Lo imitai e iniziai anch'io ad esaminare quello che potevamo definire senza troppe remore il mio costume di scena. La prima cosa che mi saltò all'occhio era una maschera color nero pece che raffigurava il volto di un lupo. Due orecchie triangolari erano state posizionate a pochi centimetri dall'attaccatura del cordino, un muso affusolato spuntava dalla zona del naso e si prolungava per almeno un otto centimetri. Alcuni buchi per facilitare l'ingresso dell'aria erano stai posizionati all'altezza della bocca. La borsa conteneva anche una felpa aderente con cappuccio blu, un paio di guanti in pelle e una cintura per allacciare le Poké Ball, visto che la felpa era sprovvista di tasche.   
"Potrete cambiarvi dentro la barca" disse Rick mentre si avviava verso il veicolo. "Sbrigatevi,non sappiamo quanto tempo abbiamo" aggiunse poi con un energico movimento del braccio atto a sollecitarci.

***

La sala era illuminata da delle lampade al neon posizionate sul soffitto. Esse emanavano una luce bianca, né calda né fredda e questa sua caratteristica ben si addiceva alla stanza in cui Alaric si trovava. Egli si trovava, infatti, nella piccola sala interrogatori della base sperduta tra le montagne. Alla sua sinistra c'era un carrello a tre piani su cui erano stati riposti diversi strumenti affilati, alcuni di essi erano sporchi di sangue. Alaric stringeva nella sua mano una decina di aghi lunghi e sottili. Con calma ne prese uno e, dopo essersi assicurato che fosse abbastanza affilato, con un rapido movimento lo conficcò nella spalla della persona che stava torturando, spingendo fino a quando anche la capocchia penetrò nella carne.
Disteso ai suoi piedi, riverso in una pozza del suo stesso sangue, c'era uno degli assistenti di Bill. L'uomo era ricoperto di ferite più o meno profonde in diverse parti del corpo e si potevano notare almeno altri sette aghi conficcati nel suo corpo. Il suo volto era contratto in una smorfia di dolore acuto; un fiotto di sangue scorreva lento dalla orbita sinistra priva dell'occhio.
"Ti prego, basta...!" disse con un soffio di voce l'assistente mentre cercava di scappare dal suo aguzzino.
Alaric ripose gli aghi in una piccola scatola e poi si chinò sulla sua vittima. Gli prese il volto tra le mani e sfoderò il suo tono più accondiscendente. "La smetterò appena mi dirai tutto quello che sai sulle ricerche del Professore" disse sfoderando poi un'espressione serafica che rassicurò l'assistente. Alaric sapeva come manipolare le persone attraverso sia il dolore fisico sia attraverso la disperazione che una persona in quello stato provava. Non era la prima volta che usavo quel metodo su un prigioniero, ma non era mai riuscito a contenere la sua sete di sangue tant'è che quasi tutte le sue vittime aveva ceduto al grande dolore inferto loro ed erano morte prima di rivelare ciò che Alaric voleva sapere. Tuttavia, questa volta era riuscito a contenersi e un impeto di orgoglio l'aveva avvolto, rendendolo più incline ad illudere la sua preda.
"Te l'ho d-detto, io lavoro in quel laboratorio da solo due settimane... Non so nulla delle ricerche più importanti" disse l'assistente balbettando.
"Vuoi davvero che continui a farti del male?"
"NO! Per favore, no." L'unico occhio rimastogli si dilatò per via della paura e il suo respiro iniziò a farsi più accelerato. Il panico stava prendendo il controllo della mente dell'assistente e Alaric non poteva permetterlo.
"Chi può darmi quello che cerco?" chiese con un tono di voce ancora più affettato rispetto alla domanda precedente.
"Sera, l'altra assistente di Bill. Lei di sicuro sa qualcosa"
Alaric sfoderò un sorriso caloroso e ringrazio vivamente la sua vittima. Dopodiché, il biondo si alzò e afferrò un'arma dal carrello. Puntò contro l'assistente una Glock 17 e mirò alla testa, non esitando a premere il grilletto nonostante le suppliche della sua vittima. Il proiettile trapassò il cranio dell'assistente, incastrandosi nel muro e spargendo ancora più sangue sul pavimento e sulla parete. Alaric uscì dalla stanza, raccomandando alla Recluta che piantonava la stanza di liberarsi del corpo e di ripulire la stanza.
"Non possiamo accogliere in una stanza del genere una signora" disse prima di dirigersi verso la stanza in cui Sera era rinchiusa.

***

Un vento fresco prese a soffiare nel momento esatto in cui arrivammo davanti alla botola che funzionava d ingresso secondario della base scavata nella montagna. Rick ci aveva mostrato le planimetrie della base e avevamo scoperto, con mio grande stupore, che la struttura si articolava su tre livelli sotterranei e che noi saremmo entrati in quello più basso, nonché quello più piccolo. Da lì ci saremmo divisi in tre gruppi: Zack e la collega di Rick avevano il compito di infiltrarsi nel sistema e darci la posizione di Bill e di Layla mentre io e Rick avremmo fatto il possibile per salvarli.
Non riuscivo a capire perché Rick mi avesse affidato un compito così importante: rispetto a lui, o ero totalmente inesperto in cose del genere e, soprattutto, non sapevo come comportarmi nel caso fossi stato scoperto. Non riuscivo a porre ciecamente fiducia in quel ragazzo che mi aveva mentito fin dal primo momento, ma sapevo che non avevo altra scelta se non seguire i suoi consigli. Tuttavia, c'era comunque una parte di me che sosteneva che non tutto quello che Rick mi aveva detto fosse falso. E poi c'era quella voce cupa che continuava a ripetermi di vendicarmi di tutto quello che i Triade mi avevano fatto in quel mese di viaggio. La vendetta mi tentava molto, più di quanto volessi ammettere e fui costretto a concentrarmi sull'urlo di Layla per ristabilire un ordine di priorità.
"Mettevi le maschere" disse Rick mentre apriva la botola. Dopodiché, si volto verso di noi e aggiunse:"Sapete tutti quello che dovete fare. Abbiamo poche possibilità e vi offro un'ultima possibilità di ritirarvi"
Nessuno di noi si tirò indietro e Rick ne fu quasi compiaciuto. "Zack e Zenobia, voi due dovrete andare al punto di raccolta non appena avrete raccolto tutte le informazioni disponibili. Se non torniamo entro le quattro, contattate la base e date loro le nostre coordinate."
Rick si voltò e fissò la scala nascosta prima dalla botola.
"Signori, la caccia è aperta" disse prima di calarsi in quel cunicolo.
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+ Angolo dello scrittore in erba +
E salve gente, ci rivediamo dopo un mesetto. Sono stato costretto a spezzare il capitolo in due poiché volevo concentrarmi di più sulla missione nella base dei Plasma. Forse, prima del prossimo capitolo, pubblicherò una shot, quindi rimanete sintonizzati. In fondo a questo angolo autore potete trovare il ritratto di Tom realizzato da una mia carissima amica, presente anch'essa su EFP. Ci vediamo la prossima volta.
Un saluto \0-0/
Rovo
P.S. Vediamo quanti di voi indovinano il riferimento lasciato in questo capitolo e da dove proviene la citazione usata come epigrafe.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Wrath ***


Capitolo 14
- Wrath -
 
Il soffitto del corridoio in cui c'eravamo calati era molto basso e mi causava uno strano senso di oppressione, il quale si mischiava con la crescente ansia che provavo per la sorte di Layla. Rick camminava sicuro davanti a noi e, dopo aver percorso una decina di metri, aprì una piccola porta con pitturato sopra il simbolo dell'alta tensione.
"Zenobia, tu sai cosa fare" disse una volta che eravamo entrati tutti nella stanza, le cui pareti erano state tappezzate con diversi server e terminal. Non riuscivo a credere che i Triade lasciassero incustodito un posto così importante per la salvaguardia delle informazioni sui loro piani. Tuttavia, nonostante avessi intuito che quella non era una delle basi maggiori, qualcosa mi diceva che quella stanza non fosse esattamente quello che io credevo. Ci pensò Rick a informarmi che quella stanza conteneva solo informazioni false, ma nascondeva comunque un accesso al database principale. Mentre noi chiacchieravamo allegramente, Zenobia lavorava alacremente, muovendo le dita sulla tastiera ad una velocità impressionante. Sullo schermo apparivano linee e linee di codice che non sarei riuscito a decifrare neanche dopo anni di studio. Quella donna m'insospettiva parecchio: ci stava aiutando, ma era comunque un hacker, una persona spregevole e, nella maggior parte dei casi, con seri problemi di socializzazione. Sentivo che Zenobia poteva essere diversa e ancora una volta il mio istinto mi consigliò di non fidarmi delle apparenze.
"Ci sono!" esclamò dopo un paio di minuti di lavoro la donna, attirando l'attenzione di tutti verso lo schermo. "Questi cretini hanno un buco enorme nel firewall e non lo sanno nemmeno" aggiunse poi mentre le sue labbra s'incurvavano in un sorriso di soddisfazione.
Sul desktop del laptop comparivano diversi file che Rick si accinse ad esaminare velocemente. C'era di tutto in quei documenti: posizioni di altre basi minori, di cellule dormienti, planimetrie di alcuni luoghi d'importanza nazionale. Mentre si destreggiava tra tutta quella roba, Rick si lasciò sfuggire una sonora imprecazione. "Hanno criptato i dati più importanti" disse a mo' di scusa mentre stringeva i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Era stato troppo facile entrare in quel database, da qualche parte doveva esserci una fregatura.
Zenobia si mise a esaminare i file criptati e una smorfia di disapprovazione ombreggiò il suo volto. "Potrei provare a decriptarlo, ma non ho la minima idea di quanto tempo ci impiegherei..." disse la donna mentre rivolgeva uno sguardo leggermente sconsolato a Rick.
"No, non abbiamo tempo. Copia tutto negli hard disk che ti ho dato prima" disse il nostro temporaneo comandante con fare piuttosto risoluto. "E rintraccia Layla e il professore" aggiunse poi. La sua voce tradiva una certa preoccupazione. Non potevo non comprendere come si sentiva in quel momento: pur non avendo colpe, Rick si sentiva responsabile del rapimento della nostra amica. Teneva molto a lei, forse molto di più di quello che volesse ammettere. Eppure, il suo dovere veniva prima dell'affetto che provava nei nostri confronti, tant'è che aveva affidato a me il compito di salvarla, preferendo Bill a lei. Una parte di me capiva questa sua decisione, ma un'altra molto più rancorosa non riusciva proprio a perdonarlo. Avevo accumulato molta rabbia quella sera e non vedevo l'ora di sfogarmi su qualche Recluta. Quel pensiero mi spaventava ma allo stesso mi attirava a forza verso di sé, avvolgendomi in un vortice oscuro. La solita voce rimbalzava nella mia testa, assordandomi completamente. "Lasciati andare per questa notte. Nessuno potrà rimproverarti nulla" sibilava continuamente. E aveva ragione, aveva dannatamente ragione.
"Posso provarci, ma ci vorrà del tempo. Non tanto per trovare Bill, tutti conoscono la sua faccia, la tua amica sarà molto più difficile visto che non ho idea di come sia fatta" disse Zenobia mentre incrociava le braccia.
"Ho una foto sul mio Pokénav" disse Zack, emergendo dal profondo silenzio che lo aveva avvolto dal momento in cui si era messo quella maschera. "Posso passartela e poi puoi usare un software di ricerca facciale per trovarla facilmente" aggiunse poi mentre armeggiava col suo Pokénav.
"Oppure" m'intromisi in quella conversazione dopo che un lampo mi aveva attraversato la mente. "Posso andare a cercarla io da solo" aggiunsi poi mentre una strana preoccupazione prendeva possesso del volto di Rick.
"Tom, so che ti senti in colpa per quello che è successo, lo capisco. Ma stai proponendo qualcosa di estremamente pericoloso e stupido" disse Rick poco prima di chinarsi sul computer.
"E come vorresti trovarla?" chiese Zenobia.
"Layla mi ha raccontato che diverse specie di Pokémon Psico possono rintracciare le persone con cui sono venute in contatto attraverso una specie di 'traccia' psichica. Penso che il mio Drowzee possa trovarla, forse non in fretta quanto il vostro programma ma almeno potrete concentrarvi sul professore" dissi tutto d'un fiato. Mesmer amava passare del tempo con Layla e contavo che questo suo attaccamento alla mia amica l'avrebbe motivato ancor di più a dare il massimo. Incrociai lo sguardo con quello di Rick, implorandolo di darmi una possibilità, di fidarsi delle mie abilità. Mi aveva portato con sé solo perché io avevo insistito, ma sapevo che per lui ero solo un peso. Con quella idea speravo di potergli dimostrare di non essere debole e inutile. O forse volevo solo dimostrarlo a me stesso.
Rick si alzò e mi venne incontro. I suoi occhi mi trafissero come lame affilate ma resistetti. Mi stava mettendo alla prova e io non avevo nessuna voglia di fallire quel test. Dopo quello che mi parve un'eternità, Rick sorrise. Il suo volto si illuminò di una strana luce.
"Va bene" disse mentre raccoglieva le nostre maschere che ci eravamo tolti per comodità pochi minuti dopo essere entrati in quella stanza. "Ma io vengo con te. Ci separeremo solo quando mi arriveranno notizie su Bill" aggiunse poi mentre mi porgeva la mia maschera.
Annuii e mi accinsi a salutare gli altri due componenti della nostra squadra improvvisata, sperando nel profondo di rivederli il più presto possibile.

***

Sera si risvegliò in una stanza diversa da quella squallida in cui si era addormentata. Cercò di muovere le braccia ma esse non risposero, ancora sotto l'effetto della sostanza che le avevano somministrato durante il suo rapimento. Solo dopo si accorse di avere i polsi bloccati da delle enormi manette, collegate ad una catena appesa al soffitto. Bloccata in quella posizione, Sera si arrese all'idea di essere alla mercé dei propri rapitori, sprovvista degli strumenti per liberarsi da quella prigionia scomoda che le provocava una fitta di dolore ai polsi ogni volta che muoveva le braccia. Si guardò attorno, notando che le luci al neon formavano una zomba d'ombra vicino alla porta e che uno strano carrello pieno di attrezzi dalla forma più che inconsueta, la quale le provocò un brivido lungo la schiena.
"Ben svegliata, mia cara" disse una voce proveniente dall'altro capo della stanza.
Sera si voltò nella direzione da cui arrivava quella voce giusto in tempo per vedere uscire dall'oscurità un uomo alto, molto muscoloso con un sorriso dannatamente inquietante sul volto. Si muoveva con una falcata lenta e cadenzata, il suo sorriso si allargava sempre di più ad ogni suo passo fino a deformargli il volto. Sera si sentiva un animale in trappola e cercò di allontanarsi da quell'uomo, dimentica per un secondo di essere bloccata. Nell'esatto momento in cui quel ricordo si fece strada nella sua mente, un'improvvisa voglia di piangere l'assalì.
"Chi sei?" chiese con la voce rotta. Sapeva che quella domanda era completamente inutile, ma sperava di poter temporeggiare abbastanza da permettere a qualcuno di salvarla.
"Il mio nome non ha importanza al momento" rispose l'uomo mentre srotolava un panno contente diversi spilli di varia foggia e lunghezza. "Da te voglio solo delle risposte, mia cara. Se mi dirai quello che voglio sentire, non ti accadrà nulla" aggiunse poi mentre si avvicinava al volto di Sera stringendo saldamente nella mano destra uno di quegli spilli. Sera cercò di sottrarsi alla mano ancora libera del suo aguzzino, la quale correva famelica lungo i contorni del suo volto e lungo le curve del suo corpo. "Ti hanno mai detto che sei dannatamente bella" disse Alaric lasciando trapelare una forte nota lasciva dalla sua voce.
Sera si ammutolì, scossa dal comportamento di quello che poteva definire senza troppe remore uno psicopatico. Per un attimo, mentre Alaric si avvicinava voglioso alle sue labbra, la donna sembrava non avere più alcun controllo sul suo corpo, immobilizzata dalla stretta della paura. Tuttavia, un moto di coraggio proveniente da una parte profonda del suo essere la spinse a difendersi colpendo con una testata l'uomo. Alaric arretrò di un paio di passi tenendosi una mano sulla fronte e Sera approfittò dell'improvviso vantaggio per schernire il suo aguzzino sputandogli addosso. Mossa dall'adrenalina, la donna cercò di liberarsi dalla morsa della catena strattonandola, ma i suoi sforzi si arrestarono quando vide Alaric esplodere in una risata rauca che gli ridusse gli occhi a due fessure piccolissime. L'uomo continuò a ridere per alcuni minuti fino a quando alcune lacrime iniziarono a rigargli il volto.
"Dio, adoro le donne come te!" esclamò poco prima di tirare un fendente trasversale con il suo spillo, procurando a Sera un sottile e lungo graffio sulla guancia destra che iniziò subito a sanguinare. Preso da una furia incontrollabile, Alaric ripose nel suo panno lo spillo utilizzato e ne estrasse un altro più lungo e dalla punta a spirale, ideale per procurare ferite profonde alla propria vittima. Bloccò Sera prendendola per la gola e fece per infilzarla con la sua arma. Arrivato a pochi centimetri dalla pelle della donna, il Triade si fermo godendo dell'espressione sconvolta della sua vittima.
"Mi piacerebbe molto giocare con te, ma il tuo collega mi ha portato via troppo tempo" disse mentre si allontanava da Sera. Ripose lo strumento al suo posto e prese a cercare ossessivamente qualcosa nei vari cassetti del carrello. Dopo alcuni interminabili momenti di ricerca, Alaric mostrò una siringa piena di un liquido semi trasparente. "Penso che tu conosca già il contenuto di questa siringa, o forse no. È pentothal, conosciuto anche come siero della verità" spiegò il Triade mentre si avvicinava a Sera. "Una piccola puntura e mi rivelerai tutto ciò che conosci" aggiunse prima di intimare alla donna di strare ferma. Iniettato il liquido nelle vene di Sera, Alaric si allontanò di alcuni passi, aspettando che il farmaco facesse effetto.
"E ora dimmi: di cosa vi occupavate tu e il Professore?" chiese il Triade mentre si metteva comodo su una sedia abbandonata contro il muro.

***

Mi ero separato da Rick già da cinque minuti quando iniziai a dubitare del fatto che usare Mesmer come sottospecie di gps fosse stata una buona idea. Il mio Pokémon Psico camminava davanti a me assorto completamente nei suoi pensieri come se stesse leggendo una mappa che solo lui poteva vedere, imboccando ogni due per tre corridoi secondari senza un apparente motivo, guidato da una flebile ispirazione che mi lasciava sempre più spiazzato man mano che attraversavamo corridoi sempre più identici gli uni agli altri. Arrivati all'ennesimo incrocio, Mesmer si fermò al centro di esso rivolgendo uno sguardo preoccupato verso la sua sinistra. Dopodiché si voltò e mi pregò con lo sguardo di verificare cosa stesse succedendo. Guardai nella direzione in cui Drowzee indicava e lo vidi: un uomo dei Triade.
La Recluta trascinava a fatica un sacco nero lucido, molto simile a quelli usati nei telefilm per portare via i cadaveri. Il solo pensiero che lì dentro ci fosse un cadavere scatenò il panico nella mia mente e persi per un attimo il controllo, esclamando a voce un po' troppo alta un secco "Merda". Il tizio si voltò per vedere cosa fosse accaduto e, appena mi vide, una strana smorfia di sorpresa s'impossessò del suo volto, deformandolo. Dopo aver emesso un sibilo che poteva tranquillamente essere scambiato per un'imprecazione, mise mano alla custodia che gli pendeva dalla cintura. Non potevo permettergli di tirare fuori né una qualsivoglia arma né tantomeno una Ball così ordinai a Mesmer di immobilizzarlo con i suoi poteri telecinetici. Il corpo del ragazzo venne avvolto da una strana luce violastra che gli impedì di muoversi e che lo sollevò di alcuni centimetri da terra. La recluta ora era completamente alla mia mercé e la paura che intravedevo nei suoi risvegliò la stessa sensazione che avevo provato durante lo scontro con Claudia. Lasciai che quella sensazione mi avvolgesse completamente e, guidato da essa, mi avvicinai a quella figura immobile intenzionato ad interrogarla.
"Ci sono altre Reclute?" chiesi. La mia voce era stata alterata da un distorsore applicato dentro la maschera e ora era roca, come se avessi le corde vocali seriamente danneggiate. Faceva schifo ma non mi sembrava quello il momento di lamentarmi di una cosa che avrei utilizzato solo per poche ore.
"Da me non otterrai nulla" rispose sprezzante la Recluta, decisa a difendere fino in fondo i suoi compagni. Quella lealtà mi stupì molto: era dannatamente simile al sentimento che mi aveva spinto ad entrare in quella base con indosso una maschera di carnevale grottesca. No, quella non era lealtà nei confronti dei suoi compagni: era paura. Paura della punizione che i suoi capi gli avrebbero inflitto se avesse rivelato informazioni al nemico. Rimangiai tutti quei pensieri buoni che avevo avuto nei confronti di quel ragazzo e ordinai a Mesmer di aumentare la stretta sul suo corpo. Dopo qualche minuto di esitazione, la Recluta emise un sordo muggito di dolore.
"Posso andare avanti fino a spappolarti le interiora, ma non ho voglia di spingermi così in là" gli sussurrai appena smise di lamentarsi.
Per un attimo ebbi paura di me stesso. Non ero io quello che stava interrogando, anzi, torturando quella povera Recluta: era come se un qualcosa di fortemente negativo si fosse impossessato del mio corpo e mi avesse estromesso dal suo comando, obbligandomi a guardare quello spettacolo a dir poco orrendo. Forse era tutta colpa di quella maschera. Tsk, come no. Una maschera non poteva fare una cosa del genere. Come un lampo, le parole di quella strana voce eruppero prepotentemente da quell'angolo oscuro della mia memoria in cui le avevo segregate. E se quello ad agire in quel momento fosse una parte cattiva di me? Non avevo tempo per pensare a quelle cose poiché la Recluta sembrava decisa a parlare.
"Ci sono altre cinque Reclute e si stanno dirigendo verso la cella del Professor Bill per trasferirlo. Non so altro" disse tutto d'un fiato, uno sguardo pietoso osservava il pavimento.
Mi fece molta pena quel ragazzo, ma l'informazione che mi aveva dato era troppo importante. Lo ringraziai e ordinai a Mesmer di addormentarlo. Dopodiché contattai Zack e Zenobia.
"Un gruppo di Reclute si sta dirigendo verso Bill, Rick può essere in pericolo" dissi mentre mi incamminavo lungo il corridoio che la Recluta aveva percorso in precedenza , evitando accuratamente di avvicinarmi al sacco sospetto.
"Ora lo contatto, tu continua a cercare Layla" disse Zenobia.
"Devo fermare quelle Reclute, Zenobia. Non lascerò che loro facciano di nuovo del male ad una persona a cui tengo!" replicai con troppo astio mal celato tra quelle parole.
"Bene, giochiamo a fare gli eroi" commentò sarcastica la donna. "Li ho rintracciati attraverso le telecamere, ti guiderò fino a loro" aggiunse poi l'informatica celando anche lei a fatica della noia nella sua voce.
"Grazie Zenobia" dissi poco prima di tornare sui miei passi e di recuperare l'arma che la Recluta avrebbero voluto usare contro di me. Era un manganello telescopico e speravo che mi sarebbe potuto tornare utile.

***

Riuscire ad individuare e a sorprendere il gruppo di Reclute non fu affatto facile anche con l'aiuto di Zenobia: sembrava che i Triade non avessero un percorso preciso da seguire e che stessero girovagando senza metà per la base chiacchierando allegramente. Più volte fui costretto a cambiare repentinamente direzione, svoltando in corridoi laterali e infilandomi in stanze strettissime che assomigliavano a degli sgabuzzini. Dopo mezz'ora buona di inseguimento, tuttavia, riuscii finalmente ad individuarli in un corridoio abbastanza ampio da poterli ingaggiare in una battaglia. Feci uscire Mesmer e gli ordinai sottovoce di bloccarli, utilizzando il metodo che più gli andasse a genio in quel momento.
Drowzee annuì e poi distese le braccia, allargando al massimo le dita. I suoi occhi s'illuminarono per diversi secondi di una mistica luce azzurra. All'improvviso, una delle Reclute che era riuscita a raggiungere il fondo del corridoio si fermò, come se avesse sbattuto contro un muro invisibile. Si girò, massaggiandosi il naso da cui colava un piccolo rivolo di sangue e strabuzzò gli occhi quando mi vide. S'affrettò ad indicarmi agli altri suoi compagni e uno mise mano ad una specie di walkie talkie che Mesmer s'affrettò a comprimere con i suoi poteri psichici. Riconobbi tra di loro le tre Reclute che ci avevano aggredito nel laboratorio di Bill e sentii montare di nuovo quella stessa rabbia che avevo provato a Emerald City. Con un movimento lento e che pareva infastidire parecchio i miei avversari, staccai dalla cintura le mie altre Balls e le lanciai in campo, finendo circondato da Pokémon agguerriti che riservavano tutti lo stesso sguardo incazzato che stavo rivolgendo io alle Reclute.
"Andate" sussurrai incitando i miei compagni a caricare le Reclute. Trix immobilizzò con delle Millebavi una delle Reclute donna al muro prima che ella potesse attivare la propria Ball, la quale cadde a terra e rotolò per alcuni metri. Venus e il Voltorb  a cui dovevo ancora dare un nome rimasero nelle retro-file a proteggere Mesmer e me mentre Pit si era lanciato a tutta velocità contro un Drifloon, il quale non subì alcun danno dall'attacco di tipo Normale del mio Pokémon. Le Reclute ci misero poco ad organizzare una resistenza, sfoderando oltre al Drifloon anche un Mightyena e un Wartortle, il quale riuscì a colpire con un Geloraggio la mia Beedrill prima di essere atterrato da una Scarica e da alcune Foglielama. La Recluta a cui sanguinava il naso rimase in disparte, nascondendosi dietro ai suoi compagni.
"Myghtiena, Rogodenti su quel fastidioso insetto" ordinò la padrona del Pokémon Morso. Il Buio tuttavia non riuscì a portare a compimento il suo attaccò per via di Pit: l'Uccellino, infatti, era riuscito a distrarlo usando una combinazione di Turbosabbia e di Raffica che fece arretrare di parecchio il Myghtiena e che diede abbastanza tempo a Trix per caricare un Doppio Ago. Il canide fu colpito all'addome e poi scaraventato contro la sua padrona, la quale non riuscì ad afferrarlo e fu scaraventata contro la parete e non riuscì più a rialzarsi.
"Drifloon, Funestovento!" ordinò un'altra Recluta.  Il Pallone prese a girare su sé stesso, generando una forte corrente che mi fece rabbrividire e che costrinse Pit e Trix ad abbassarsi di quota. Il Funestovento fu seguito da una raffica di Palla Ombra che mandò quasi KO i miei due attaccanti principali. Il piano della Recluta fu tuttavia sventato dal mio Voltorb, il quale con un Raggioscossa frisse il Pokémon Pallone. Le Reclute erano state sconfitte con una facilità assurda, come se non avessero mai combattuto assieme o contro più di un paio di avversari contemporaneamente.
Richiamai nelle Balls tutti i membri della mia squadra e mi avvicinai ai miei avversari, uno sguardo tronfio sporgeva da quella maschera grottesca. Guardai gli Allenatori del Drifloon e del Wartotle, gli unici che si ergevano a protezione del membro che sembrava essere il più giovane.
"Non voglio farvi del male, ditemi solo dove avete rinchiuso la ragazza e gli assistenti del professore" dissi. Quella voce non mi apparteneva, la odiavo con tutto me stesso e non vedevo l'ora di potermi levare quella dannata maschera e di tornare alla mia vita normale.
"Tsk, non te lo dirò mai" tuonò una delle Reclute, sputando a terra per caricare ancora di più d'astio quelle parole.
Accadde tutto in pochi secondi: con uno scatto che non sapevo essere capace di fare rifilai un pugno alla bocca dello stomaco alla Recluta, la quale si piegò in avanti stringendosi la parte dolorante e tossendo. Con un altro movimento rapido estrassi il manganello e sferrai un fendente che colpì in faccia la Recluta, facendole perdere l'equilibrio. Lo colpii altre volte fino a quando non si aprì un lungo taglio sul suo cranio. Era come se non fossi più padrone del mio corpo: esso agiva spinto da una rabbia primordiale, un istinto che gli ordinava di assalire e a cui obbediva ciecamente, traendone quasi un piacer perverso. Vedevo quella scena come uno spettatore esterno senza poter far nulla per fermare quello spettacolo che si annunciava ancora più grottesco di quello con protagonista la Recluta con il sacco. Risi, risi senza un apparente motivo. Era un risata sguaiata, resa ancora più orrenda dal distorsore. Voltai lo sguardo in direzione del padrone del Drifloon, il cui volto era stato deformato dalla paura più profonda. Feci per caricare un fendente quando fui bloccato dall'unica Recluta che non aveva partecipato alla battaglia.
"Fermati" urlò mentre si liberava del suo compagno con uno spintone. In quel momento riuscii a riprendere il controllo del mio corpo, abbassando il manganello sporco di sangue e rivolgendo una specie di sguardo di scusa al corpo esanime della Recluta che avevo massacrato senza un motivo.
"Li abbiamo rinchiusi in uno degli sgabuzzini della zona est di questo piano" mormorò la Recluta mentre si abbassava sul corpo del suo compagno. Respirava ancora fortunatamente.
Feci uscire Mesmer nuovamente dalla Poké Ball e gli ordinai di far addormentare tutti. Mi incamminai verso la zona est del secondo piano con una marea di pensieri che frullavano nella mia testa, accavallandosi uno sull'altro in un ammasso indefinito e caotico. Una domanda appariva sempre più spesso in quel groviglio: perché mi ero comportato così? Volevo sapere la risposta con ogni fibra del mio essere ma al contempo sapevo che quello non era il momento adatto per fermarmi a riflettere su quel genere di cose. Ero troppo vicino a salvare Layla e ci sarei riuscito, senza farmi distrarre da risposte che potevano risvegliare parti troppo oscure del mio essere.

***

Rick vagava tra i corridoi della base segreta alla ricerca della cella in cui era stato rinchiuso Bill, guidato solo dalla mappa non troppo dettagliata che Zenobia gli aveva inviato quasi mezz'ora prima. Separarsi da Tom senza aver chiarito completamente la situazione non fu affatto facile per il biondo, il quale sapeva che le sue vicende personali perdevano d'importanza davanti alla sua missione. Eppure, lo sguardo di Tom continuava a tornargli in mente ad ogni angolo di corridoio che superava, portando con sé un'ardua sentenza che solo Rick riusciva a notare e che forse non era nemmeno presente negli occhi del suo amico. Una cosa di Tom l'aveva colpito: la sua risolutezza. In cuor suo, quel ragazzo aveva deciso di mettersi in pericolo per salvare Layla e nulla l'avrebbe smosso da quell'obiettivo. Un sorriso amaro incrinò le labbra di Rick: lui non aveva nessuno per cui lottare così strenuamente e forse non l'avrebbe mai avuto. Si sentiva sempre di più un burattino nelle mani di persone più influenti di lui che l'avrebbero sfruttato fino a quando non sarebbe diventato inutile. Non trovava più la forza per liberarsi da quei fili che lo comandavano, forse perché era troppo abituato alla loro presenza per poter vivere senza di essi.
I pensieri di Rick furono interrotti dal bip del suo Pokénav che gli segnalava che era finalmente arrivato a destinazione. Alzò lo sguardo e passò un paio di secondi ad osservare la porta: era totalmente uguale a quelle scorrevoli che aveva intravisto nel suo peregrinare solo che quest'ultima poteva aprirsi solo dopo aver inserito un codice di cui Rick ignorava l'esistenza ma che non era affatto un problema per uno degli aggeggi che gli avevano assegnato per quella missione. Tirò fuori dalla tasca una piccola scatola metallica cubica e la posizionò sopra il pannello di controllo della porta e aspettò che la tecnologia della Polizia Internazionale facesse il suo lavoro. Appoggiò la schiena contro un muro e si mise a riflettere ancora una volta sulle abilità di Zenobia: grazie a lei Rick era riuscito ad evitare le poche Reclute che abitavano quella base sperduta tra le montagne di Cerulean. Tuttavia, un brutto presentimento oscurava la mente d Rick: quella operazione era andata troppo bene e non aveva incontrato ancora alcun tipo di allarme o di resistenza. Era stato tutto troppo facile per i suoi gusti e sentiva che qualcosa, prima o poi, sarebbe andato storto. Si chiedeva come mai non avesse più avuto notizie di Tom nonostante gli avesse ordinato di aggiornarlo ogni mezz'ora.
"Watchtower?" chiamò attivando l'auricolare.
"Eh?" borbottò Zenobia come se Rick l'avesse interrotto un lavoro molto importante.
"Aggiornamenti sul Lupo?"
"Non puoi semplicemente chiamarlo col suo nome? Questa storia dei nomi in codice mi ha stufata..." si lamentò la donna prima di emettere un sonoro e prolungato sbuffo.
"No, te l'ho già spiegato..." mormorò in risposta un Rick scocciato.
"In questo momento si sta dirigendo verso la cella del suo obbiettivo" rispose la donna cambiando repentinamente discorso.
"Hai incontrato resistenza?"
"Diverse Reclute, ma è andato tutto bene"
L'apparecchio emise un sonoro bip, segnale del completamento del suo incarico. Rick si affrettò a chiudere la comunicazione con Zenobia, esortandola a mettersi in contatto con Tom il prima possibile per assicurarsi della sua sicurezza. La porta scorrevole si ritirò nel muro con un sibilo quasi minaccioso che costrinse Rick a indietreggiare di qualche passo e ad attivare il distorsore per non farsi identificare da Bill, anche se le possibilità che Bill lo conoscesse erano decisamente scarse, per non dire nulle. Il biondo entrò nella stanza in cui il professore era stato rinchiuso e lo trovò in perfette condizioni, come se gli avessero riservato un trattamento speciale. Bill indietreggiò di qualche passo, assumendo un'espressione attonita, quasi spaventata.
"Chi sei?" chiese celando a fatica una nota di paura nella sua voce.
"Non si preoccupi, Professore" disse Rick mentre si avvicinava al suo obbiettivo, assumendo un'espressione rassicurante anche se la maschera aveva vanificato i suoi sforzi. "Sono qui con la mia, ehm, squadra per salvare lei e le altre persone che i Triade hanno rapito" aggiunse poi mentre liberava dalle manette le mani del Professore.
"Come stanno i miei assistenti?"
"Un mio agente si sta occupando di loro, tra un po' li potrà rivedere"
Rick aiutò Bill a rialzarsi e lo guidò fuori dalla stanza, comunicando a Zack che aveva recuperato il Professore e che si stava dirigendo verso il punto di ritrovo. Un sorriso si formò sul volto del biondo, il quale stava cominciando a sentirsi sempre più sollevato. Le sue previsioni negative si erano rivelate infondate e completamente sbagliate e già il ragazzo pregustava il momento in cui avrebbe potuto riferire a Lack-Two di aver completato la missione senza nessun intoppo. D'un tratto, l'allarme suonò squarciando con il suo urlo straziante l'aria e mandando nel panico Bill. Rick imprecò prima di afferrare Bill per un braccio e d'iniziare a correre verso le scale che portavano al terzo piano.
"Perché è scattato l'allarme?" domandò Bill usando un tono di voce molto alto nel chiaro tentativo di sovrastare il suono dell'allarme.
"Non ne ho idea" urlò di rimando Rick.

***

K camminava rasente il muro a un ritmo piuttosto lento e cadenzato, come se stesse seguendo una marcia che solo lui poteva sentire. Preda di quella specie di trance, il Triade non si rese conto di esser arrivato davanti alla sala interrogatori. A risvegliarlo da quello stato fu lo scontro contro Alaric. Entrambi i Triade arretrarono di qualche passo, massaggiandosi la parte coinvolta nello scontro: K si massaggiava il naso, da cui scaturiva un forte dolore, mentre Alaric il pettorale sinistro, messo in risalto dalla maglietta aderente col simbolo dei Triade che si era procurato dopo aver interrogato Sera.
"Scusami" disse K mentre cercava di sorpassare il suo parigrado, il quale però lo trattenne per la seconda volta in quella notte per l'avambraccio.
"Non correre via così" disse Alaric. "E, comunque, non mi hai fatto male" aggiunse dopo accennando con un cenno del capo alla parte del corpo in cui era stato colpito. K fu stranamente rallegrato da quella notizia: non aveva mai nascosto al biondo la sua poca stima nei suoi confronti, ma l'atteggiamento amichevole che gli aveva riservato qualche ora prima aveva fatto nascere in K un nuovo sentimento nei confronti di Alaric. Sentiva comunque di non potersi fidare di quell'ammasso di muscoli con problemi di gestione della rabbia.
"Com'è andato l'interrogatorio?" chiese K.
"Bene" rispose elusivo Al.
"Andiamo, non ho intenzione di fare rapporto prima di te e prendermi il merito di tutto" disse K, sfoderando un fare amichevole piuttosto sospetto.
"Tsk, sei troppo buono per questo mestiere" disse Alaric sfoderando un sorriso altrettanto affettato. "L'assistente di Bill ha vuotato il sacco: il Professore stava lavorando a dei progetti con la Silph S.p.a. Roba da nulla, solo nuovi tipi di Poké Ball" aggiunse poi mentre si avvicinava a K.
"Allora abbiamo fatto un buco nell'acqua!"
"Non esattamente" disse Alaric assumendo un tono molto più serio. "Bill lavorava in maniera solitaria ad un progetto riguardante la mitologia di questa Regione. Ora dobbiamo solo interrogarlo e cercare di capire qualcosa da quella montagna di dati che abbiamo" aggiunse poi sbuffando in maniera sconsolata.
K tentò di dirottare la conversazione sul consiglio, se così lo vogliamo chiamare, che Alaric gli aveva dato qualche ora prima quando la sua voce fu completamente annichilata dal verso straziante dell'allarme. Entrambi i Triade, colti alla sorpresa da quel fastidioso suono, si portarono le mani all'orecchie, cercando di attenuare un improvviso sibilo che si era impadronito dei loro timpani. Dopo alcuni secondi, il sibilo scomparve e K chiese al suo collega perché l'allarme stesse suonando.
"Qualcuno di non autorizzato deve aver tolto le manette a Bill!" esclamò Al di rimando, stringendo tra i denti una serie di imprecazioni una più colorita dell'altra. "Seguimi!" urlò indicando a K il corridoio che portava alla cella di Bill.
"L'evasione è opera di Crow" disse K mentre aumentava il passo, cercando di arrivare nel minor tempo possibile al luogo di reclusione del professore.
"Cosa?!" Dalla voce di Alaric traspariva un forte stupore.
"L'hanno avvistato alcuni giorni fa. Non credevo che sapesse che avremmo colpito così presto"
"Merda..." sibilò Alaric mentre svoltava l'angolo. Il biondo strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche nel tentativo di calmarsi, ma la rabbia che a stento era riuscito a trattenere durante gli interrogatori riuscì comunque ad eludere i tentativi di controllo ed esplose in tutta la sua potenza, riducendo le pupille del Triade a due puntini neri nel grande lago bianco dei suoi occhi. Iniziò a correre sempre più velocemente spinto da quell'istinto quasi animalesco. K tentò di mantenersi il più vicino possibile all'altro Triade, ma dopo poco non lo vide più. Maledicendosi, il moro girò i tacchi e si diresse verso la sala della sorveglianza per cercare di rintracciare Crow e gli altri fuggitivi.

***

Riuscire a trovare la stanza in cui avevano rinchiuso Layla non fu comunque facile nonostante le indicazioni fornitemi da quella Recluta. Per un attimo mi convinsi che mi aveva mentito, che mi aveva rivelato la posizione di Layla solo per evitare che colpissi in maniera efferata anche gli altri componenti del suo gruppetto. Mentre ripensavo a quello che avevo fatto mi procurò una lunga serie di brividi lungo la schiena e un senso di nausea allo stomaco. Avevo agito come un mostro, come uno di quei tizi di cui ogni tanto si sente parlare alla tv. Cosa mi aveva spinto ad agire in quel modo? Perché mi faceva sentire bene vederli soffrire in quel modo? Dopo diversi minuti di riflessione su quelle domande giunsi alla conclusione che non ero stato io a trarre piacere da quelle azioni: era stato il Lupo, il personaggio che stavo interpretando in quella dannata pantomima. Era come indossare quella maschera avesse risvegliato o, per meglio dire, liberato una parte di me oscura come il più profondo degli abissi. La sentivo spingere per prendere il completo controllo della mia mente, per trasformare Tom nel Lupo non solo per quella notte ma per tutto il resto della mia vita. Mi morsi il labbro, criticando per l'ennesima volta quella sera il mio egoismo. Forse era stato proprio quel sentimento a permettere al mio lato oscuro di emergere. Scacciai quei pensieri con un veloce movimento della mano e chiamai fuori dalla Sfera Drowzee e gli chiesi di aiutarmi ancora una volta a cercare Layla.
  Grazie all'aiuto di Mesmer riuscii a trovare in cinque minuti la stanza in cui avevano rinchiuso Layla, solo per scoprire che in quella stanza avevano lasciato lo zaino e le Sfere della mia amica. Un grande sconforto mi assalì e scivolai a terra, le lacrime che lottavano per poter uscire dagli occhi. Non avevo la minima idea di dove fosse la mia prima compagna di viaggio e, nel peggior dei casi, tutto quello che mi rimaneva di lei erano i suoi Pokémon e uno zaino pieno zeppo dei suoi oggetti personali. Presi lo zaino e lo strinsi a me, cercando di sentirmi più vicino a lei nonostante fosse tutto solo una vana illusione. Maledii il momento in cui avevo addormentato quella guardia, maledii il momento in cui avevo incontrato per la prima volta i Triade. Maledii ogni singolo momento di quel viaggio e, quasi senza accorgemene, iniziai a singhiozzare.
"Tom, tutto bene?" La voce di Zack rimbombò nelle mie orecchie, risvegliando da quello stato di autocommiserazione in cui ero scivolato.
"No, non va per niente bene" gridai, digrignando i denti dopo aver pronunciato quelle parole. "Non so cosa sto facendo, brancolo nel buio alla ricerca di una persona che potrebbe anche essere morta. Tutto sta andando a puttane, Zack, tutto..."
"No, non fare così" replicò Zack cercando di tirarmi su il morale. "Tu puoi farcela,  noi possiamo ancora farcela. Layla non è morta, lo sento. E tu sei l'unico che può recuperarla..."
"Facile parlare da dietro uno schermo"
"Stronzo"
"Scusa..." Mi rimisi in piedi e mi misi in spalla lo zaino di Layla. "Dimmi perché solo io posso recuperarla" aggiunsi poi mentre uscivo dalla stanza.
"Tu tra tutti noi possiedi il legame più forte con lei. Avete condiviso un mese della vostra vita viaggiando insieme e questo vi ha legati in maniera indissolubile. Segui quel legame, Tom, seguilo e troverai Layla" disse, sfoderando quel tono con cui riusciva sempre a vincere ogni resistenza.
"Thank you, Zack" mormorai mentre m'incamminavo con Mesmer che faticava a seguirmi.
"Don't mention it"

***

Seguendo il consiglio di Zack, seguii quello che mi suggeriva il cuore anche se i primi tentativi si rivelarono dei buchi nell'acqua clamorosi. Fu Mesmer in realtà ad indicarmi la porta dietro alla quale era stata rinchiusa: l'aprii e, appena vidi Layla seduta sul pavimento, il mio cuore mancò un colpo. Ero così felice di averla ritrovata, di vederla ancora viva e più o meno in salute. Sentii il forte impulso di abbracciarla e quasi lo feci. Il suo sguardo spaventato mi fermò e mi affrettai a rassicurarla.
"Non preoccuparti, sono qui per riportarti dai tuoi amici" dissi. Mentirle mi fece male, ma sapevo di non poterle rivelare nulla. Mi tolsi lo zaino e glielo porsi. Layla lo prese allungando le mani tremanti. Dopodiché ordinai a Mesmer di spezzare la catena che la teneva prigioniera. Feci per prenderle la mano quando Layla mi fermò.
"Chi sei?" chiese mentre si allontanava da me, uno sguardo spaventato occupava i suoi occhi.
"Il mio nome in codice è Lupo. Tom e Zack ti stanno aspettando a Cerulean"
A sentire i nostri nomi, il viso di Layla si rasserenò e allungò la mano, indicandomi un angolo nascosto nell'ombra della stanza. Solo allora notai che in quella stanza c'era anche l'assistente donna di Bill, rannicchiata in posizione fetale e completamente priva di sensi. Mi avvicinai e cercai di prenderla in braccio, ma si rivelò essere troppo pesante.
"Aspetta, ti do una mano" disse Layla mentre avvolgeva il braccio della donna attorno alla sua spalla. Imitai il suo movimento ed ordinai a Mesmer di riportarci al punto di ritrovo. Il Pokémon Psico trotterellò fuori dalla stanza e ci fece senno di avanzare. Mentre camminavamo, Layla domandò delle condizioni dei suoi compagni di viaggio. Anche in quelle condizioni, la corvina si rivelava essere la persona più altruista che conoscessi e questo non faceva altro che farmi sentire ancora più schifosamente egoista. Giurai in quel momento che non avrei più anteposto la mia salute a quella degli altri, che avrei cercato, nei limiti delle mie capacità, di aiutare e di proteggere le persone a cui tenevo. Un passo dopo l'altro, il ricordo di quella stupida vocina stridula che impazzava per la mia mente si faceva sempre più pallido, quasi evanescente. Solo allora realizzai che l'unico fattore che aveva permesso al Lupo di risvegliarsi era la mancanza di Layla: la sua presenza benefica aveva impedito al lato più selvaggio di me di palesarsi in quel viaggio. Nello stesso momento in cui avevo realizzato questa cosa, la paura di perderla si fece così pesante che, per un vivido secondo, fui tentato dall'idea di abbandonare la povera assistente. Scacciai quel pensiero con un gesto veloce del capo, poi mi rivolsi alla mia amica. Aprii la bocca ma le parole mi morirono in bocca: l'allarme stava risuonando per i corridoi.
"Che sta succedendo?" chiese Layla.
"Devono aver scoperto il mio collega" le urlai in risposta. "Cerca di andare il più veloce possibile" aggiunsi poco prima di aumentare il passo. Il mio ultimo pensiero andò a Rick: mi chiesi cosa l'aveva indotto in errore, poi rivolsi una silenziosa preghiera ad Arceus. Dopodiché, convogliai tutte le miei energie sul salvare me, Layla e la dottoressa.
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Ed ecco a voi anche il capitolo di Agosto, spero che vi sia piaciuto. Non vi nascondo che è stato difficile scriverlo soprattutto per quanto riguarda la parte in cui Tom capisce di avere un lato oscuro. Avevo, e ho, paura che il tutto potesse risultare affettato. Ah, prima che mi dimentichi: questa storia compie un anno! Tanti auguri PMA. Ci rivediamo col prossimo capitolo, che non so quando uscirà.
Un saluto \0-0/
Rovo
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: Dream ***


Capitolo 15
- Dream -
"I sogni sono risposte a domande che non
 abbiamo ancora capito come formulare"

Fuggire dalla base dei Triade non fu affatto facile. Di quei momenti ho ricordi confusi e concitati, ma mi è rimasto impresso un pensiero: dovevo correre, correre senza voltarmi e senza fermarmi fino ai confini di questo mondo. E, probabilmente, arrivai molto vicino a mettere in pratica quel pensiero. Se non fosse stato per Sera e per gli altri, avrei preso la mano di Layla e Mesmer e me ne sarei andato da quell'inferno di cemento abbandonando chiunque. In quel momento realizzai che ero solamente una persona egoista che cercava di fare del bene senza riuscirci.
Fortunatamente, Sera si svegliò poco prima di arrivare alle scale che portavano al terzo livello e riuscì a proseguire da sola. Poco prima di scendere quelle scale, una strana sensazione mi strinse la mente in una morsa dolorosa. Quella sensazione era provocata dalla mancanza di notizie sulla situazione di Rick: avevo provato a contattarlo con gli auricolari ma non avevo avuto risposta. Guardai Layla e le sussurrai un mi dispiace prima di andare in cerca di Crow.

"Dove stai andando?" urlò la corvina mentre mi agguantava il braccio.
"Devo trovare un mio amico, non posso abbandonarlo ora" replicai. Quella voce mi faceva schifo, ma non volevo che Layla si preoccupasse ancora di più scoprendo che ero io il suo salvatore.
"E noi cosa facciamo?" chiese. Dalla sua voce si capiva che aveva compreso l'importanza della ricerca in cui mi stavo imbarcando. Invidiavo la sua empatia, che le permetteva di capire al volo quando fosse il caso di incaponirsi su un argomento.
"Scendete le scale, poi andate dritto. Vedrete una porta con il simbolo dell'alta tensione" iniziai a spiegare aiutandomi coi gesti. "Lì troverete i nostri collaboratori" aggiunsi poi mentre mi liberavo dalla sua stretta.
"Buona fortuna" replicò Layla con un sorriso.
"Grazie, ne avrò bisogno"

Mentre correvo per quei corridoi labirintici che ormai stavo iniziando ad apprezzare, la voce annoiata di Zenobia mi perforò i timpani, rimproverandomi per aver abbandonato i miei obiettivi e per aver iniziato quella ricerca senza chiederle aiuto. Dopo aver finito la sua inutile e quasi altisonante ramanzina, si mise a darmi istruzioni su come raggiungere Rick in poco tempo. Riuscivo a capire la sua impazienza: io stesso odiavo quella base o, per meglio dire, quello che era successo in quella base e desideravo ardentemente andarmene, ma non potevo abbandonare Rick. Non potevo lasciarlo indietro perché, nonostante tutto quello che mi aveva nascosto, era ancora mio amico e senza di lui non avrei avuto la possibilità di salvare Layla e di compensare così il mio errore. Mi fermai un attimo e una domanda si palesò nella mia mente: cosa avrei fatto una volta uscito da quella base? Avrei continuato a mentire per proteggere Layla e me stesso da quello che era capitato o avrei affrontato Rick, sputandogli in faccia tutto il mio risentimento per le sue bugie? Un'altra cosa si risvegliò nella mia mente: il dialogo che avevo avuto con Rick dopo che si era rivelato per quello che era. E se anche lui, in qualche modo, fosse una vittima, magari proprio delle sue scelte? Non potei fare a meno di levarmi dalla testa quel pensiero che, pian piano, andava addolcendo i miei propositi riguardanti quello che avevo intenzione di fargli passare nei prossimi giorni.

Seguendo le indicazioni di Zenobia arrivai in pochissimo tempo da Rick e lo vidi impegnato a difendersi dagli attacchi di un Lucario aiutato da un Pokémon che ricordava vagamente un incrocio tra un grizzly e un panda. Le due creature si scambiavano colpi senza pietà e senza risparmiarsi: quella di Rick alternava Privazione e Martelpugno ad un ritmo forsennato che non avrei creduto possibile per via della sua stazza. Il Lucario invece parava puntualmente i colpi con Ossoraffica e si avventava sul suo avversario con Zuffa e Dragopulsar che mettevano in seria difficoltà il Pokémon di Rick.
"Crow!" esclamai per richiamare la sua attenzione. Lui si voltò e il suo avversario, che si rivelò essere lo stesso energumeno che aveva devastato il Museo, ne approfittò per ordinare al suo Pokémon un Extrarapido che fece schiantare il panda contro una parete e che gli procurò una ferita superficiale al petto. Rick imprecò e mi ordinò di andarsene.
Decisi di non abbandonarlo e schierai in campo Venus, l'unico mio Pokémon che poteva portare un piccolo vantaggio tattico grazie alle varie mosse di stato che aveva imparato dopo essersi evoluto. Rick si avvicinò a me e iniziò a formulare una strategia: lui avrebbe usato il suo Pangoro - così si chiamava quel Pokémon - per tener occupato il Lucario mentre io avrei aspettato il momento opportuno per usare le mosse di Venus per poter eliminare in una volta sola sia Allenatore che Pokémon. Una volta assicuratosi che avessi compreso il mio ruolo, Rick si voltò verso il suo Pokémon e gli ordinò di usare un Crescipugno. Il Pokémon Occhiotruce prese la mira e, prima che Lucario potesse preparare una contromisura, si avventò contro il suo avversario che riuscì ad evitare saltando. Ne approfittai per ordinare un Foglielama a Venus che costrinse il tipo Lotta ad usare Ossoraffica per contrastare efficacemente il mio attacco. Tuttavia, i suoi sforzi si rivelarono inutili poiché Pangoro riuscì ad afferrargli la coda e con violenza lo sbatté contro il pavimento e poi contro il muro di destra, finendolo con l'ennesima Zuffa.
Il Triade imprecò mentre ritirava il suo compagno esausto. Si accinse poi a schierare in campo un altro componente della sua squadra ma Pangoro lo sbatté contro il muro e lo tenne fermo, aiutando così Venus ad addormentarlo. Avevo perso il conto di tutte le persone che avevo addormentato contro il loro volere nelle ultime ore già da tempo e, con ben poca sorpresa, scoprii che non mi dava fastidio. Probabilmente, anche questo poteva essere considerato uno dei tanti effetti collaterali di quella notte che avrei voluto tanto cancellare dalla mia vita per sempre. Dopo aver ritirato i nostri Pokémon, Rick mi lanciò un'occhiataccia, una di quelle che si riceve quando si delude una persona che riponeva in te molta fiducia.

"Perché non hai eseguito gli ordini?" chiese con voce quasi atona mentre mi afferrava per la felpa. I suoi occhi tradivano una profonda rabbia.
"Ho visto un'apertura e ne ho approfittato..."
"Non mi sto riferendo allo scontro, idiota. Perché non sei andato con gli altri?"
"Sapevo che eri nei guai. Chiamalo sesto senso o come vuoi"
"Avevo tutto sotto controllo..."
"Sì, come no." La mia affermazione tradì molto più sarcasmo di quello che volevo.

Rick mollò la presa e si allontanò, superandomi senza dire una parola a gran velocità. Feci fatica a raggiungerlo e l'unico modo per avere la sua completa attenzione fu bloccarlo per un braccio. Tuttavia non si rivelò essere la decisione migliore perché pochi secondi mi ritrovai faccia a terra con Rick che mi teneva bloccato il braccio con cui l'avevo afferrato e dal quale proveniva una fitta di dolore molto fastidiosa. Aveva agito d'istinto e quasi subito si pentì della sua azione e mi aiutò a rialzarmi, scusandosi nel mentre.
"Questa notte è stata lunga per entrambi. Andiamocene e mettiamoci una pietra sopra" aggiunse poi mentre un'ombra malinconica offuscava i suoi occhi.
"Concordo. Ma dovremmo parlare di quello che ci hai nascosto" replicai mentre mi rimettevo in sesto.
"Non oggi, Tom. Lo faremo quando le acque si saranno calmate..."

Il resto di quella lunga nottata si fece confuso: le immagini negli anni avevano assunto contorni sempre più sfumati fino a trasformarsi in patine opache sovrapposte l'una all'altra in un grande mosaico impressionistico che la mia mente aveva costruito con grande perizia per proteggermi da eventuali ricordi molesti. Tuttavia, essa non poteva fare nulla contro una rivelazione che si sarebbe mostrata poco tempo dopo questi eventi. Più si cerca di ignorare la verità più essa si fa insistente, fino a farsi opprimente. L'unica immagine che aveva ancora un contorno definito e che spiccava in quell'insieme sfocato era l'alba del giorno seguente alla nostra missione. Era la prima volta che vedevo il Sole spuntare, quasi timido nel cielo di Ottobre, dalla linea dell'orizzonte. Mentre sentivo i raggi tiepidi accarezzarmi il viso mi addormentai, stremato dagli avvenimenti di cui ero stato protagonista insieme a tutti gli altri.  

***

Tre giorni erano passati dall'incursione nel covo dei Triade, tre giorni di pura tensione per Rick, il quale era stato costretto a ridurre al minimo i suoi movimenti. Era diventato prigioniero del proprio appartamento, che avrebbe comunque abbandonato appena Lack-Two gli avesse dato il permesso. Convivere con Tom e i suoi sguardi non fu affatto facile: ad ogni angolo sentiva quegli occhi perforargli la schiena e un forte senso di colpa gli opprimeva la gola. Ancora più difficile fu nascondere la verità a Layla: il solo fatto che non si fosse accorta della somiglianza tra lui e Crow era decisamente un miracolo agli occhi del biondo. Più di tutto, Rick temeva la reazione della ragazza alla scoperta delle verità: non voleva rovinare il rapporto che si stava formando con la corvina poiché si era reso conto di tenere particolarmente a lei. Layla appariva nella sua mente ad ogni momento libero e gli procurava una strana soluzione, un misto di felicità e di piacere che s'irradiava pian piano in tutto il corpo trasportandolo in una sorta di dimensione onirica. Sospirava quando provava quella sensazione, provocando ben più di uno sguardo stranito in tutti gli abitanti della casa. Nonostante l'addestramento impartitogli da Raven, che comprendeva anche rudimenti di analisi comportamentale, Rick non riusciva a comprendere la natura di quella sensazione. L'unica che sapeva il nome del sentimento del biondo era Zenobia ma la ragazza continuava ad eludere, più o meno scortesemente, le sue domande o, nei rari casi in cui si degnava di rispondergli, le sue frasi confondevano ancor di più di Rick.

"Al momento giusto troverai da solo le risposte alle tue domande" vaticinò Zenobia, lasciando definitivamente il ragazzo preda dei suoi quesiti.
L'occasione giusta per poter parlare di tutto quello che era successo a Tom si presentò il secondo, quando l'appartamento si svuotò di quasi tutti i suoi abitanti. L'unica a lasciarlo permanentemente fu Zenobia, la quale aveva percepito che Celestopoli non era più un posto sicuro per lei. Prima di andarsene, la ragazza aveva regalato a quasi tutti un oggetto in modo tale che loro si ricordassero di lei. Rick ricevette un anello di plastica nero con striature gialle legato ad una corda anch'essa nera. Per un momento, il ragazzo s'interrogò sul motivo che aveva spinto l'informatica a fargli un regalo così particolare che poteva mettere in pericolo la sua copertura. Layla e Zack, invece, decisero di fare una visita a Bill per assicurarsi che lui e la sua assistente si fossero ripresi da quell'esperienza traumatizzante. La casa sprofondò in un silenzio a dir poco imbarazzante e i due ragazzi non riuscivano a non incontrarsi. Arrivarono ad una situazione di stallo in poco meno di un'ora: Tom se ne stava seduto sul divano, intento a scrivere convulsamente su un quadernetto regalatogli da Zenobia, e ogni tanto lanciava occhiate strane a Rick, il quale si era posizionato su una sedia e vagava smarrito nei suoi pensieri. In un attimo di lucidità, il biondo si accorse dell'ennesimo sguardo di Tom e, colto da una strana determinazione, decise di porre fine a quella serie infinita ed estenuante di occhiate.
"Se hai qualcosa da dirmi, fallo" disse con voce quasi atona il biondo mentre assumeva un'espressione annoiata che avrebbe di sicuro infastidito Tom, il quale cadde subito preda della sua provocazione. Era così schifosamente prevedibile.
"Dimmi: da quanto fai finta di essere Rick?"
"Alcuni mesi"
"Avvicinarti a me e a Layla faceva parte del piano?"
La schiettezza di Tom destabilizzò fortemente Rick, il quale non era abituato ad essere dall'altro lato di un interrogatorio. Evidentemente, l'esperienza nella base dei Triade l'aveva cambiato veramente. Il biondo si diede dello stupido per non aver considerato quella variabile. "No" disse prima di espirare profondamente. Si era svelato per quello che era, tanto valeva dire tutta la verità. "A dirla tutta, voi due siete un grande pericolo per la mia copertura e se la mia istruttrice fosse qui mi avrebbe già imposto di non vedervi più" aggiunse poi mentre un'ombra si posava sui suoi occhi.

Tom rimase spiazzato da quella notizia. Era come se nella sua mente si fosse formato un grosso castello di carte e che ora fosse crollato sotto la forza del vento portato dalle risposte di Rick. Sui due cadde un pesante silenzio di cui entrambi approfittarono per far ordine nei loro pensieri: il biondo si preparò alle domande del suo amico. D'un tratto, Rick ebbe una strana reazione alla parola "amico": si chiese se potesse ancora affibbiare quel titolo a Tom. Da parte sue, l'affetto che provava per l'undicenne non era affatto cambiato e sentiva che quella parola descriveva ancora perfettamente il rapporto tra loro due. Ma forse Tom non era dello stesso avviso perché poteva sentirsi tradito profondamente dal comportamento del biondo. I pensieri del ragazzo si mescolarono all'ansia e alla paura, rendendo la sua mente un orrendo miscuglio di essenze indecifrabili. Solo la nuova domanda di Tom riuscì a distrarlo dall'ammasso di pensieri che governava la sua mente.
"E allora perché ti sei avvicinato a noi?" chiese il moro tradendo una profonda sorpresa nella propria voce.
"Come tutte le cose belle della vita, incontrarvi è capitato per caso" replicò sorridente Rick.
"E, sempre per caso, hai deciso di entrare a far parte delle nostre vite?" Il sarcasmo di quella domanda era fin troppo evidente e questo fece male al biondo, il quale incassò comunque il colpo e non disse nulla per non incrinare il fragile compromesso che si era venuto a creare. Espirò profondamente, cercando di formulare una risposta a quella domanda. Oramai non poteva tirarsi più indietro e, se l'avesse fatto, Tom avrebbe perso quel poco di fiducia che ancora riponeva in lui. Si alzò in piedi Rick e fissò il suo interlocutore con uno sguardo deciso, quasi tagliente. Strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche e disse:" Tom, nel mio lavoro, se così vogliamo chiamarlo, una persona necessita di una o più colonne a cui aggrapparsi per non perdere la propria umanità. E voi due siete le mie colonne"
Si avvicinò a Tom con passo marziale, costringendo il moro ad alzarsi. "Tu non hai idea di quello che ho visto fare a persone poco più grandi di me e il solo pensiero che potrei essere costretto  a ripetere quelle azioni mi disgusta. Se tu o Layla mi abbandonaste, io sprofonderei in un abisso senza fine. Svanirei, Tom, non lascerei traccia"
"Non riesco a seguirti..."
"Ti ho detto che non so più chi sono ed in parte è ancora vero. Non ricordo il mio passato perché ho dovuto abbandonarlo e non mi è dato sapere il mio futuro. Tutto quello su cui si basa Rick, il nome con cui mi identifico di più in questo momento, siete voi. Senza di voi, tornerei ad essere il guscio vuoto che hai incontrato in quel Centro Pokémon"
Rick si fermò per prendere fiato e per lasciare a Tom il tempo necessario per poter riflettere sul suo discorso. Il ragazzo si allontanò dal biondo e si mise a fissare lo scorcio di Cerulean che la finestra del loro appartamento offriva. Rimase in quella posizione per quelli che parvero a Rick diversi minuti prima d'iniziare a tamburellare con le dita sul vetro, producendo un ritmo che aumentava sempre più. Ad un tratto, Tom si girò di scatto fissando Rick direttamente negli occhi. Il suo era un sguardo risoluto da cui il biondo capì che il suo amico aveva detto la verità.
"Ti credo, anche se ho ancora dei dubbi" disse con voce quasi atona, come se stesse comunicando una cosa senza valore. "Manterrò il tuo segreto e mi assicurerò che Zack faccia altrettanto, ma ad una condizione" aggiunse poi mentre le sue labbra s'incurvavano in un piccolo sorriso.
"Dimmi"
"Dovrai confessare tutto a Layla. Scegli tu il modo e il luogo, ma dovrai farlo prima della fine del torneo della Lega Pokémon"

Rick rimase spiazzato da quella condizione e dovette sforzarsi per deglutire il groppo che gli si era formato in gola. In fondo, sapeva che Tom agiva per salvaguardare Layla e per un attimo il biondo si chiese se il sentimento che legava il moro alla ragazza fosse uguale al suo, ma poi scartò l'opzione con un leggero cenno del capo che Tom non notò.
"Affare fatto" disse il biondo mentre allungava la mano a Tom il quale la strinse con forza. Quella stretta di mano segnò una svolta nel percorso dei due, un percorso che avrebbe portato in un futuro non troppo lontano la loro amicizia ad essere molto più sincera.

***

K strinse in una morsa soffocante i braccioli della poltrona di eco-pelle su cui era seduto per sfogare la sua rabbia. Da ormai mezz'ora il Barone sbraitava contro di lui e Alaric, apostrofandoli con parole sempre più pesanti dovute alla sua ira funesta. La perdita dei dati relativi ai loro piani aveva scatenato una parte del Barone che K non aveva ancora sperimentato e che, alla luce di quel colloquio, non avrebbe mai voluto scoprire. Il suo Comandante si fermò per riprendere fiato, la sua fronte trasformata in un groviglio di rughe deformi. K poté giurare di aver visto gli occhi del vecchio illuminarsi di rosso per un attimo, ma il Triade si convinse di essersi immaginato il tutto. Sentiva il desiderio di rispondere punto per punto al discorso del Barone e di difendersi in qualche modo ma lasciò perdere per non incappare in una punizione o, peggio, in un declassamento che gli avrebbe impedito di passare abbastanza tempo con Olga. K non capiva appieno perché il Barone si fosse arrabbiato così tanto: era pur vero che sepolte tra tutte quelle false informazioni ce n'erano di veramente importanti ma erano state criptate con diversi algoritmi in modo tale che anche il più bravo degli hacker avrebbe impiegato settimane, se non mesi, per poterle decifrare. E la Polizia non aveva i mezzi per distinguere i loro veri progetti da quelli falsi, quindi per K il problema non esisteva.

Quello che fece veramente arrabbiare K non fu tanto quella sfuriata ai suoi occhi immeritata, ma soprattutto il fatto che Alaric fosse stato escluso dalla furia del suo superiore. Erano colpevoli allo stesso modo e avrebbero dovuto ricevere la stessa punizione. L'atteggiamento del biondo contribuiva a infastidire ancora di più K: Alaric se ne stava seduto in maniera scomposta sulla sedia, le braccia incrociate e lo sguardo fisso nel vuoto. Un'espressione scocciato occupava il video del biondo. Si stava comportando come se tutto quello non lo riguardasse affatto, come una persona che era stata rimproverata per cose che non aveva fatto. K strinse ancora di più i braccioli della poltrona, così tanto da lasciare dei segni nella pelle o almeno così gli parve, per evitare di prendere a schiaffi il suo parigrado . La tentazione di farlo tuttavia era davvero forte e il Triade avrebbe ceduto solo per il puro piacere di smuovere Alaric da quel suo atteggiamento stoico se il Barone non avesse preso la parola, voltando il capo in direzione del biondo.
"E tu" disse poco prima di riprendere fiato. Al vecchio capitava spesso di avere il fiato corto e i suoi attacchi si erano intensificati negli ultimi due giorni, lasciandolo steso a terra a boccheggiare più di una volta. "Non pesare che non abbia nulla da dirti. Ti strapperei volentieri quell'espressione con le mie stesse mani in questo momento... Ma purtroppo Sonia mi ha pregato di non torcerti un capello" aggiunse poi il Barone mentre si alzava dalla poltrona. Per un attimo, il profilo del Barone fu percosso da uno sfarfallio, come quando una lampadina non funziona bene, ma K non gli diede molta importanza e si auto-convinse di essersi immaginato il tutto.
"Andiamo K, abbiamo ancora molte cose da fare" disse poi il Barone mentre sorpassava il suo sottoposto, il quale, dopo aver lanciato un veloce sguardo ad Alaric, si affrettò ad aggiungere il suo comandante.

Il biondo rimase solo per diversi minuti, in compagnia dei suoi pensieri. Un piccolo sorriso di scherno deformò la sua espressione stoica mentre ripensava alle parole del Barone. Sonia non l'avrebbe affatto rimproverato visto che aveva seguito i suoi ordine alla lettera: aveva preparato K affinché la sua comandante potesse lavorarselo per bene e aveva testato le abilità di Crow e di quel suo strano collega che aveva messo in difficoltà le Reclute che erano state stanziate in quella base. No, Sonia lo avrebbe ricompensato in una maniera che avrebbe fatto piacere entrambi. Alaric scoppiò a ridere nell'esatto momento in cui le porte della stanza si aprirono. Si ricompose mentre sentiva il nuovo arrivato avvicinarsi.
Una donna comparve nel campo visivo del biondo e il ragazzo sorrise nuovamente a quella vista stupenda: due gambe lunghe e toniche al punto giusto presero possesso della scrivania in modo tale che la loro padrona potesse sdraiarsi comodamente. Le gambe erano fasciate da degli stivali neri che le arrivavano una decina di centimetri sopra le ginocchia, una minigonna dello stesso colore ricopriva la parte restante degli arti superiori della donna. Ella indossava una maglietta col collo a v che risaltava i suoi seni piccoli e sodi, in parte coperti  dal giubbotto in pelle con ricamato sopra il simbolo dei Triade ricamato sulla parte sinistra. Le sue unghie erano lunghe, affilate e dipinte con uno smalto color borgogna; gli occhi erano  da uno spesso strato di mascara che metteva in risalto gli occhi chiari mentre le punte dei capelli biondi erano state tinte di blu. Sonia ricambiò il sorriso di Alaric.  
"Hai fatto quello che ti ho ordinato?" chiese la Comandante poco prima di sfoggiare l'ennesimo sorriso di circostanza.
"Ovvio. Anche se non vuole ammetterlo, K ha considerato per un attimo la mia proposta" replicò Alaric mentre si alzava dalla sedia per sgranchirsi le gambe.
"E io farò leva su quel suo dubbio per estromettere in un colpo solo ben tre concorrenti" commentò Sonia prima di scoppiare in una risata acuta che frenò quasi subito portandosi la mano alla bocca.
"E la mia ricompensa?"
"Vieni qui" replicò la donna mentre agguantava la maglietta di Alaric per costringerlo ad avvicinarsi. Dopodiché Sonia baciò il biondo, passando la mano fra i suoi capelli e mordendo dolcemente le labbra dell'altro Triade, il quale non perse tempo ed abbracciò Sonia tenendola ancora più vicina. Si staccò dalle labbra della Comandante e con estrema lentezza sollevò il corpo della donna, facendo scorrere lascivo le mani sulle curve di Sonia, la quale avvolse le gambe attorno al busto per mantenere l'equilibrio. Alaric la costrinse contro il muro e iniziò a stuzzicarle l'incavo della spalla, alternando morbidi baci a deboli morsi, la mano destra che cercava di sganciare il ferretto del reggiseno. Fu allora che il Triade sentì un dolore lancinante alla spalla destra che lo costrinse ad abbandonare la sua impresa, indietreggiando di qualche passo. Sonia ne approfittò per sganciarsi dal corpo di Alaric, il quale toccò la zona da cui proveniva il dolore che nel frattempo solo per sentire un qualcosa di caldo e viscoso. Sangue, lo stesso sangue che colava dalle unghie di Sonia e che rapidamente venne leccato dalla donna in modo lascivo. Nonostante la stranezza di quel gesto, Alaric sentì il suo desiderio aumentare. Voleva far sua Sonia, quella donna così violenta e da un certo punto di vista così dolce in cui il biondo si rispecchiava. E, prima poi, avrebbe soddisfatto il suo desiderio.
"Sbaglio o ti avevo già spiegato come funziona?" chiese mesta Sonia, mentre si allontanava dal suo sottoposto.
Alaric non rispose, si limitò solamente ad abbassare la testa e a mugugnare una scusa. La donna gli si avvicinò e gli sussurrò all'orecchio:"Bene, vedo che ti ricordi. Questo è l'Alaric che voglio"
Entrambi uscirono dalla stanza e, quando si separarono, nessuno parlò dell'accaduto. Non ci fu nessuna occhiata, nessun gesto, nessuna scusa da parte della donna e il biondo si rattristò. Quando aveva sottoscritto quel patto, Alaric non credeva di sviluppare un attaccamento così morboso per quella donna. Per un attimo il Triade si chiese se si fosse innamorato di Sonia. Scoppiò a ridere al solo pensiero e si diede dello stupido per aver solo concepito una cosa del genere. Alaric non era in grado d'amare. Non poteva permetterselo.

***

Rick se ne andò due giorni dopo la nostra chiacchierata, anzi, dopo il nostro confronto dicendo che non poteva trattenersi in città per via di alcuni affari piuttosto urgenti che doveva risolvere. Prima di andarsene mi augurò di vincere il mio incontro in Palestra, evidentemente qualcuno doveva avergli riferito che avevo già tentato di guadagnarmi la Medaglia Cascata ma avevo fallito miseramente. Ringraziai con un sorriso amaro, molto più amaro di quello che volevo. In quei giorni scrissi molto sul diario che mi aveva regalato Zenobia prima di partire. Certo che Cerulean era diventata una città scomoda per molta gente in quei giorni. Riflettei molto sulla condizione di Rick, di come fosse stressante per lui mantenere in piedi un teatrino che diventava ogni giorno sempre più traballante, scosso continuamente da venti troppo forti. Ricordai di come si era comportato durante il ricevimento al Museo, della naturalezza che aveva sfoggiato e di come aveva ignorato gli sguardi della gente. Mi ricordai dell'invidia che provavo nei suoi confronti e che ora era completamente sparita. Ancora una volta, le apparenze mi avevano ingannato e oramai avevo perso il conto di tutti i miei errori d'interpretazione: Rick, i Triade, Sam, lo scopo del mio viaggio, Eichiro, Sheila... Uno ad uno si allinearono davanti a me come tanti piccoli soldatini pronti alla guerra, pronti a limare con certosina pazienza le fondamenta del mio essere. Mi chiedevo come facessi a continuare ad andare avanti e perché non ci fosse la possibilità di resettare tutto, come quando vuoi rifare una partita per ottenere risultati migliori. A volte desideravo che tutto quella che mi era successo fosse solo un dannato sogno e di aprire gli occhi per scoprire che era tutto solo un fottutissimo sogno e che ero felice. Cosa sto dicendo...? Io ero felice, nonostante tutto non avevo ancora visto la mia vista sgretolarsi per colpa di un litigio e non avevo fatto delle scelte di cui mi stavo pentendo. Eppure, sentivo che mancava qualcosa... A volte vorrei smetterla di pensare, di riflettere su tutto e tutti, a volte vorrei solamente vivere la vita momento per momento, ma non ce la faccio. Ero troppo stanco per cercare di sbrogliare la matassa di pensieri aggrovigliati che ostruivano la mia mente. Prima o poi lo farò, ma non ora e non così. Mi promisi di riaffrontare l'argomento non appena avrei messo in ordine i pezzi del puzzle.

Decisi di intraprendere un regime serrato di allenamenti serrati per poter affrontare al meglio Claudia e per distrarmi da tutto quel casino. Mentre allenavo i miei Pokémon riuscì a trovare un soprannome perfetto per il mio Voltorb dallo sguardo sempre assonnato. Lo ribattezzai Ampere e ogni volta che lo chiamavo in quel modo vedevo una piccola scintilla nei suoi occhi e rotolava veloce verso di me mostrando quella che sembrava un'espressione felice. Era bello vedere che riuscivo ancora a far sorridere qualcuno e questo mi diede una nuova carica positiva che in qualche modo trasmisi anche ai miei compagni di viaggio. Layla riprese a sorridere e Zack si fece meno scorbutico. Probabilmente non era grazie alla mia ondata d'energia positiva ma mi piaceva illudermi che fosse così. La cosa che mi riempì più di gioia fu l'evoluzione di Pit, la quale fu decisamente più spettacolare, per non dire fin troppo teatrale, rispetto a quella di Venus. Un forte vento si alzò nel momento in cui il mio Pidgey si era alzato in volo dopo aver lanciato un lungo acuto. Suddetto vento formò un mulinello intorno al corpo di Pit, il quale sprigionò una sfera di luce che lo inglobò. Dopo qualche secondo ne uscì un Pokémon decisamente più grande del vecchio Pit. Due lunghe ali si alzavano e abbassavano velocemente, disperdendo qualche piuma. Una lunga cresta colorata ricopriva il capo del nuovo stadio evolutivo e arrivava fino a metà della schiena, anche la coda si era fatta più lunga e il suo piumaggio era diventato più colorato. Il mio piccolo e baldanzoso Pit si era evoluto in un Pidgeotto maestoso che aveva mantenuto una certa vanità: infatti, appena lo schierai in una lotta di allenamento, non esitò a sfoderare una potentissima nuova mossa, che il Pokédex chiamò Tornado, battendo quasi subito tutti gli avversari mandati in campo dal mio sfidante.

La cosa più strana che mi capitò in quei giorni fu un sogno piuttosto particolare, che classificai successivamente come incubo. Mi ritrovavo in una stanza completamente buia, mi girava la testa e uno strano sapore dolciastro m'impastava la bocca. Sembrava che mi fossi appena svegliato da un sonno indotto da qualche sostanza a me sconosciuta, probabilmente qualche tipo di narcotico. Mi alzai a fatica, la vista oscurata da una danza di macchie colorate e la testa che mandava continuamente fitte di dolore. D'un tratto, una luce bianca ed accecante illuminò la stanza con una forza tale da costringermi a chiudere gli occhi. Indietreggiando persi l'equilibrio e caddi, questa volta non sentendo alcun dolore. Riaprii gli occhi a fatica, abituandomi gradualmente all'intensità della luce. Dopo alcuni secondi mi accorsi che c'era una porta sulla parete davanti a me e che al centro della stanza c'era una maschera. Dopo essermi avvicinato un po' notai che quella era la stessa maschera che mi aveva dato Rick qualche giorno prima. Feci per prenderla quando la porta si aprì ed entro nella stanza un ragazzo. Si avvicinò e mi rubò di mano la maschera e se la infilò: fu in quel momento che mi accorsi che il volto del ragazzo era completamento privo di connotati. Zigomi, bocca, occhi, naso... Nulla, la sua faccia era una superficie completamente bianca. Una volta infilatosi la maschera, il ragazzo parlò, rivelando un timbro di voce piuttosto basso e gutturale che appariva quasi un latrato.
"Ora va meglio, non credi?" mi chiese. Deglutii mentre indietreggiavo, quella situazione non mi piaceva affatto. Anzi, mi spaventava moltissimo.
"Andiamo, è da maleducati ignorare una domanda e lo è ancor di più cercare una via da fuga" disse il ragazzo. "Vedi quella porta laggiù? Beh, non ti porterà da nessuna parte. Sei bloccato qui insieme a me" aggiunse poi poco prima di prendermi per il bavero della maglietta.
"Chi sei?" mormorai tra i denti mentre cercavo di liberarmi.
"Beh, io non ho esattamente un nome..." rispose l'altro. "Ma mi piace molto il tuo nome in codice, quindi userò quello per ora" aggiunse poi.
Solo allora realizzai con chi stavo parlando: lui era il Lupo, quel lato della mia personalità che si era palesato con una forza incredibile durante la missione, o meglio, durante l'incursione nella base dei Triade e che ero riuscito a tenere a bada in quei giorni a fatica. Una serie infinita di domande annebbiò la mia mente. cosa voleva da me? Perché mi aveva aggredito? E perché portava quella maschera?
Il Lupo scoppiò a ridere. "Vedo che alla fine hai capito chi sono..." Scommetto che avrebbe sfoggiato un sorriso ironico se avesse avuto una bocca. Mi allontanò da lui con un spintone. Era ormai chiaro che stava giocando con me come il gatto fa col topo, dovevo contrattaccare prima che la situazione diventasse irreversibile. Ma forse lo era già.
"Cosa vuoi da me? Perché ti fai vivo proprio ora?" domandai quasi urlando quelle parole. Oramai mi erano rimasti soltanto le parole per potermi difendere. Niente Sfere, niente armi, niente rinforzi provvidenziali come un deus ex machina... Sentirsi così indifesi era un sensazione di merda di cui volevo sbarazzarmi il più presto possibile poiché sentivo che il tempo a mia disposizione stava fuggendo ad una velocità troppo alta per poterlo raggiungere.

"Devo confessarti una cosa, mio piccolo Tomas" disse il Lupo con un finto tono stucchevole che mi diede sui nervi. Un'improvvisa voglia di spaccargli la faccia mi assalì e feci fatica a trattenermi. Che ironia, l'unica cosa che Tomas Oak e la sua controparte hanno in comune era quella fumantina voglia di fare del male, decisamente più accentuata nel secondo. "Sono anni che abito nella tua mente, nascosto in angoli del tuo subconscio di cui non sospetti nemmeno l'esistenza. Ho vissuto gli ultimi sette anni incatenato a covare la mia vendetta, servitami su un piatto d'argento da quella banda di idioti" aggiunse poi prima di scoppiare in una risata malata quasi quanto le sue parole.
"Non capisco..."
"Oh, vedo che non hai ancora recuperato i ricordi del nostro primo incontro. Quella puttana ha fatto davvero un ottimo lavoro..." replicò il Lupo mentre si avvicinava. Non cercai di fermarlo spinto dalla curiosità su quei ricordi di cui parlava. Certo, il suo racconto poteva distaccarsi da quello che era realmente successo o anche essere completamente inventato, ma non avevo nulla da perdere. "Permettimi di mostrarti quello che ti è stato nascosto per tutti questi anni" schioccò le dita ed una seconda luce abbagliante investì la stanza accecandomi nuovamente.
Una volta riaperti gli occhi vidi una sala d'attesa di quello che sembrava essere uno studio medico. Ero seduto su una poltrona di ecopelle bordeaux e i miei piedi faticavano a toccar terra. La poltrona si trovava di fianco ad una porta che presumibilmente portava alla stanza in cui il dottore parlava coi pazienti. Abbassai gli occhi e vidi che le mie mani erano bendate, come se me se mi fossi ferito colpendo qualcosa. O qualcuno. D'un tratto sentii la voce di mia madre chiedere cosa fosse successo. Quello che sentii successivamente mi segnò profondamente: secondo l'interlocutore di mia madre avevo aggredito un altro bambino per futili motivi conciandolo male e che i testimoni avevano visto uno sguardo ferale nei miei occhi. Non potevo crederci, non poteva essere davvero accaduto. Esitai a credere a quello che avevo sentito. Lui non poteva essere presente dentro di me da sette anni o più, no, lui era nato per colpa dei Triade, per colpa di tutto quello che mi aveva causato. Per quanto cercassi di convincermi del contrario, il Lupo esisteva già dentro di me e la realtà dei fatti non poteva essere cambiata e dovevo accettarla. Tuttavia, non gli avrei permesso di prendere il controllo della mia mente, del mio corpo e di rovinare quello che rimaneva della mia vita. Avrei combattuto con tutte le mie forze e avrei preferito esser distrutto piuttosto che cedergli il comando. Con la stessa velocità con cui erano arrivati i ricordi iniziarono a sfumare, lasciando gradualmente spazio alla stanza in cui mi ero ritrovato all'inizio di quell'incubo.

"Non devi opporti, Tom, non puoi" disse il Lupo appena si accorse che la visione si era dissipata. "Se io avessi il comando Zack, Layla e Rick non soffrirebbero più. Noi non soffriremmo più: spazzerei via i Triade uno ad uno, cominciando da quello di Smeraldopoli fino al loro capo" aggiunse poi mentre mi guardava dritto negli occhi.
Fui io a ridere quella volta. "No, i miei amici non smetterebbero di soffrire con te al comando" dissi mentre un sorriso spavaldo s'impossessava del mio volto. "Tu faresti provare a loro ancora più dolore, non risparmieresti nessuno. Non ti permetterò di farlo, dovessi rimetterci la mia sanità mentale!"
Con una velocità spiazzante il Lupo mi serrò la gola in una morsa letale e mi costrinse contro il muro, minacciandomi di morte se non avessi ceduto. Non si ricordava che quella era ancora la mia mente e che quello era il mio sogno: mi liberai dalla sua presa con una facilità disarmante e lo scagliai contro la parete opposta. "Vattene!" urlai mentre l'oscurità calava definitivamente su quella stanza. Mi risvegliai nel momento esatto in cui il Lupo scomparve in quel buio assoluto. Iniziai ad inspirare ed ispirare ad un ritmo serrato con il cuore che mi martellava le tempie ed il sudore che colava giù dalla fronte. Riuscii ad addormentarmi solo dopo essermi assicurato di essere veramente nella mia stanza al Centro Pokémon e di essere ancora in pieno possesso delle mie facoltà mentali. Prima di cadere nelle braccia di Morfeo un dubbio mi assalì: ero io ad aver impersonato il Lupo per una notte o era stato lui a far finta di essere me per tutto quel tempo?
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+ Angolo di uno scrittore in erba +
Che ha tanta voglia di caldarroste, che male non fanno visto il tempo a dir poco uggioso che da ormai due giorni imperversa nella mia zona. Beh, il capitolo sembrerebbe di transizione, ma in realtà non lo è affatto. Insomma, c'è un bel po' di sviluppo dei personaggi e viene presentata anche Sonia, il penultimo personaggio di spicco dei Triade che inserirò in questa storia. Questo capitolo è stato molto difficile da scrivere, soprattutto le parti di Rick e Tom... Spero vivamente che vi piacciano, ci ho messo tutto me stesso e che continuiate a seguire PMA nonostante i suoi aggiornamenti mooolto, troppo dilatati.
Un saluto \0-0/
Rovo
P.S. È in cantiere un nuovo disegno dei protagonisti della storia. Piccolo spoiler: è una signora. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Bolle d'acqua ***


Capitolo 16
- Bolle d'acqua -

"Che cos'è il tempo? La domanda è molto semplice mentre la risposta è parecchio complicata, così tanto che non ne esiste una sola universalmente accettata. Per alcuni il tempo non è altro che il continuo alternarsi di passato, presente e futuro. Ma cosa sono questi momenti se non cose effimere: il futuro è indecifrabile, il passato è sfuggente -forse fin troppo- mentre il presente in pratica non esiste. Pensateci un attimo, un momento prima è futuro mentre un momento dopo è passato; è veloce da far schifo il presente.

Per altri, il tempo è solo il continuo ripresentarsi in modo ciclico delle stesse situazioni, a volte con alcune varianti, a volte rimanendo totalmente identico. E se davvero il tempo fosse così sarebbe una noia totale. Secondi, minuti, ore... Sono tutti artifici dell'uomo inventati per misurare qualcosa di mutevole, di esterno a lui, un modo per poter incanalare e controllare qualcosa di vecchio quanto l'universo stesso. Ma come si può controllare qualcosa che non si può vedere né toccare né ascoltare ma che si può solo percepire in maniera diversa in situazioni diverse? Semplice, non si può, anzi ci si può solo convincere di poterlo fare.

Mi è stato detto che oltre alle altre due categorie di cui ho parlato prima ne esiste una terza il cui modo di pensare mi affascina particolarmente: le persone che si identificano in questo terzo gruppo pensano che il tempo non sia affatto un'entità esterna all'uomo ma bensì un componente essenziale della sua persona o, per meglio dire, della sua anima. Questo spiegherebbe perché ricordiamo solo i momenti essenziali della nostra vita e non ogni singolo secondo di essa. Sotto questa luce, il tempo apparirebbe come l'insieme dei momenti importanti di una persona, collegati tra di loro da un doppio filo formato da felicità e tristezza. Eppure, pure questa filosofia di pensiero ha un punto debole: se davvero il tempo fosse formato dai nostri ricordi, cosa sarebbe il tempo che non ricordiamo? Beh, io darei una risposta molto chiara: il tempo dimenticato sarebbe il Nulla, perché solo il Nulla merita di non essere ricordato."


Appoggiai il libro sul comodino della stanza del Centro Pokémon con fare annoiato. Non capivo perché Layla fosse veramente interessata a quel tipo di lettura che difficilmente avrebbe attratto una ragazza della sua età. Ma Layla non era una ragazza come le altre, lo aveva già dimostrato più di una volta durante il nostro viaggio: l'ammiravo sinceramente, molto di più rispetto ad altre persone che avevo incontrato. Molti si sarebbero lasciati sopraffare da quello che aveva vissuto lei durante quella notte, ma non Layla: era andata avanti, superando con facilità disumana un episodio del genere. Eppure sentivo che qualcosa non andava: vederla sdraiata sul pavimento della stanza con gli occhi fissi nel vuoto mi provocava uno strano formicolio che risaliva la schiena per poi propagarsi per le spalle ed il collo, culminando alla base del cranio. Sembrava che mi stesse nascondendo qualcosa, una sorta di dubbio che la stava divorando da dentro senza pietà. Il pensiero che la mia migliore amica mi stesse nascondendo qualcosa mi procurò un forte disgusto e lo cancellai dalla mente. Io le avevo sempre confessato i miei dubbi e le mie incertezze ed ero sicuro che anche lei avrebbe fatto lo stesso. O forse no?
Mi sdraiai sul pavimento e le chiesi come stesse. Quel silenzio assordante mi stava dando alla testa e avevo voglia di ignorare quello che era successo, di far finta che fossimo due normali ragazzi. Ma non eravamo normali.
"Sto bene, è che non ho voglia di far nulla" rispose la corvina distogliendo lo sguardo dal vuoto e scrutandomi dritto negli occhi. Un velo di tristezza oscurava le sue iridi.
"Penso che dovremmo lasciare Cerulean" dissi.
"Credi che i... Loro torneranno?"
"Non ne ho idea. Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare un filo logico che unisca tutto quello che hanno fatto finora"
"Magari non c'è. Magari sono solo una massa di psicopatici"
"Matti lo sono, ma di sicuro non sono stupidi" ribattei con fare stizzito. Layla fece una smorfia e si sdraiò sul lato destro del corpo, dandomi così le spalle.
"Scusami, non dovevo tirare in ballo l'argomento"
Layla bofonchiò qualcosa e, agendo d'istinto, l'abbracciai. La corvina protestò all'inizio ma dopo poco la sua freddezza si sciolse e ricambiò l'abraccio, sussurrandomi nell'orecchio:"Scuse accettate"
Layla non era indistruttibile e quel dialogo me ne aveva dato la conferma. Le sue ferite avevano bisogno di tempo per rimarginarsi e io ero intenzionato a fare in modo che nessuno la straziasse come avevano fatto i Triade. Avrei impedito a chiunque di farle del male, l'avrei protetta a qualsiasi costo. A quei tempi non me ne resi conto, ma quello di cui Layla aveva realmente bisogno non era il tempo bensì una situazione che le permettesse di togliersi tutti i pesi di cui si era fatta carico: aveva bisogno di essere felice, proprio come gli altri, ed un'occasione di felicità sarebbe arrivata da lì a poco. L'infermiera Joy di Cerulean ci aveva comunicato che presto l'uovo di Zack si sarebbe schiuso ed il nostro amico viveva quel momento con un misto di felicità e di preoccupazione, entrambi comprensibili data la sua situazione: quel Trapinch sarebbe stato il suo primo Pokémon, una creatura che avrebbe fatto affidamento su di lui per molte cose. Per le persone nate nelle Regioni abitate da quelle creature meravigliose la responsabilità di occuparsi di loro non rappresentava un problema visto che vivevamo fin dai piccolissimi con loro, ma per un abitante del mondo "esterno" prendersi cura di un Pokémon, comunicare con esso e trattarlo come un essere dotato di una mente complessa e non semplice come quella di un comune animale erano degli ostacoli parecchio ardui. Ma Zack poteva fare affidamento su di noi e sono sicuro che se la sarebbe cavata anche da solo. Passarono alcuni minuti prima che mi decidessi a lasciare quella stanza e fare un ultimo giro per Cerulean prima di lasciarla definitivamente. Quasi senza pensarci agguantai il cinturone delle Poké Balls.

Pur non essendo una delle città più importanti della Regione, Celestopoli era caratterizzata da un continuo via vai di gente che affollava i marciapiedi. Tutte quelle persone formavano una tumultuosa massa in continuo rimescolamento, spinta a dividersi e poi a riaggregarsi dai desideri o dagli impegni dei singoli. Mentre camminavo per quei sentieri d'asfalto mi lasciavo trascinare dalla corrente, senza seguire un percorso preciso e ritrovandomi spesso al punto di partenza. Ad un certo punto una fitta e fine pioggiarellina iniziò a cadere dal cielo gettando nello sconforto il traffico pedonale che pian piano si disgregò. Decisi di continuare a camminare nonostante il repentino peggioramento del tempo. Stranamente, quella pioggia non mi dava fastidio, anzi, aveva sulle mie preoccupazioni lo stesso effetto del sapone sullo sporco: le prendeva e se le portava via, alleggerendomi ad ogni passo. Penso che quella fu una delle poche volte che apprezzai davvero la pioggia. Arrivai, un passo dopo l'altro, nella piazza principale della città ed allora capii perché avevo preso con me il cinturone delle Sfere: avevo ancora un conto in sospeso da saldare prima di andarmene. Mi diressi a grandi falcate verso la Palestra ed entrai. Fui accolto dal vociare acuto, quasi stridulo, di un folto gruppo di bambini che s'impegnavano ad eseguire gli esercizi impartiti loro da una bagnina che mi era dannatamente familiare: altezza nella media, fisico slanciato modellato da anni di allenamento, capelli arancioni tagliati a caschetto, gli occhi verdi che rilucevano di una luce calorosa. Zia Misty era invecchiata bene, questo dovevo concederglielo. Appena mi vide, lasciò i suoi studenti ad uno dei bagnini e mi corse incontro, abbracciandomi appena fui a portata di mano.
"Tom, come stai?" chiese Misty mentre scioglieva l'abbraccio.
"Bene" replicai. Un'altra bugia, l'ennesima, anche se questa era giustificabile visto che raccontarle tutto quello che mi era successo in quella settimana avrebbe sollevato un vespaio inutile che non avrebbe portato a nulla di buono. "Sei sempre bella, zia"
"Che adulatore" commentò poco prima di aggiungere:" Sei qui per sfidarmi?"
"In realtà no... Voglio sfidare nuovamente Claudia, la tua aiutante"
"Ti brucia quella sconfitta, vero?" disse Misty, un sorriso sornione dipinto sul volto. Chiamò uno dei suoi aiutanti e gli chiese di chiamare Claudia, la quale arrivò dopo qualche minuto. Al vedermi, la donna assunse un'espressione compiaciuta. Probabilmente si aspettava una vittoria facile, ma si sarebbe ricreduta. Eccome se lo avrebbe fatto.
"Mi hai chiamato, Misty?" chiese Claudia mentre si sistemava una ciocca di capelli dentro la cuffia.
"Prendi i tuoi Pokémon e dirigiti nell'altra sala. È arrivato il momento di mostrarmi tutto ciò che hai imparato" rispose con fare improvvisamente serio Misty poco prima di afferrarmi la mano e di trascinarmi verso la porta che stava alle nostre spalle senza degnarsi di darmi una spiegazione. Odiavo questo modo di fare eppure mi sarei ritrovato ad usarlo più di una volta nel corso della mia vita. Vedete, il nostro mondo è basato sulle contraddizioni: odiamo un certo comportamento, come ad esempio nascondere agli altri le ragioni delle proprie azioni, eppure ad un certo punto siamo costretti a comportarci in quel modo. Alcuni giustificano questo modo di comportarsi dicendo che crescendo si capiscono le cause che portano qualcuno a comportarsi in una determinata maniera, e io credo che coloro che la pensano così sbaglino. Crescere non vuol dire capire il mondo, crescere vuol dire scendere a patti con il mondo ed uno dei modi per farlo è imparare a sopportare quello che odiamo e, se ce n'è la necessità, comportarci in un modo che non condividiamo. Perché siamo tutti incoerenti, dal primo all'ultimo, chi più chi meno. Ma non voglio divagare, non ora.

Passati attraverso una serie di porte, arrivammo in una sala rettangolare grande almeno il doppio delle altre ed occupata quasi interamente da una piscina quadrata, che pensai dovesse servire solo per le lotte visto che non c'erano quei tubi galleggianti che dividevano le corsie l'una dall'altra. C'era una sola piattaforma da battaglia che emergeva dal centro esatto della vasca. Sui due muri laterali erano state costruite delle balconate su cui si erano accomodati diversi Allenatori, tutti in costume da bagno. Quell'ambiente mi provocava una certa ansia, dovuta forse al fatto che dei completi sconosciuti mi stessero guardando.
"Pretty impressive, come direbbe il tuo amico americano" sussurrò il Lupo. Era tornato proprio nel momento in cui avevo avuto un cedimento, seppur minimo. Lo zittii con un gesto della mano che fortunatamente Misty non notò. Mi si avvicinò e disse:"Questo sarà un incontro ufficiale, quindi devi seguire un paio di regole"
"Fammi indovinare: tre Pokémon a testa, niente strumenti curativi e niente sostituzioni durante la lotta?" domandai con una certa dose di ironia.
"Tom, sii serio. Non è un gioco questo." Il tono di Misty si fece improvvisamente duro, forse fin troppo. "Allora, te la senti di accettare questa sfida?"
"Sì"
"Bene" replicò la Capopalestra prima di voltarsi verso uno degli osservatori, il quale si diresse verso un bottone situato dall'altra parte della stanza. Esso aprì la porta da cui uscì Claudia. La donna avanzò con passo sinuoso e si posizionò sulla pedana pronta ad combattere. La imitai prontamente e solo una volta salito sulla mia pedano notai che dalla sua cintura pendeva una terza Sfera. Sarebbe stato troppo partire con un piccolo vantaggio. Misty mi si avvicinò e mi chiese di consegnarle le Sfere dei Pokémon che non avevo intenzione di usare. Con estremo dispiacere le consegnai Venus e Mesmer, i quali non mi sarebbero stati di alcuno aiuto, soprattutto il secondo. Ivysaur poteva tornare utile ma se fosse caduto in acqua per lui non ci sarebbe stato più nulla da fare. Misi mano ad una delle Sfere ancora appese alla cintura ed aspettai la mossa di Claudia, la quale non si fece desiderare: lanciò in campo Starmie ed io risposi con Pit. A vedere in campo il mio Pidgeotto Claudia si lasciò sfuggire un sorriso.
"Vedo che è maturato dopo il nostro primo scontro..." commentò la mia avversaria.
"Non è l'unico, te l'assicuro"
"Vedremo" rispose poco prima di ordinare a Starmie un potente Rapigiro che Pit schivò con assoluta grazia. Dopodiché si lanciò contro il Pokémon Psico con un Attacco Rapido. I due si scambiarono diversi colpi, rimanendo in una situazione di stallo che Claudia prontamente risolse con un Surf. Pit fu investito dall'onda anomala e fu scaraventato contro una delle tribune, ma riuscì ad rialzarsi poco prima che Starmie si avventasse con Vortexpalla su di lui. Claudia non si era fatta problemi a sfoderare fin da subito i suoi colpi migliori e mi decisi ad imitarla. Dopo che s'abbassò il polverone creato dall'impatto di Starmie, notai che il Pokémon Misterioso era rimasto incastrato nel pavimento. Approfittai di quell'occasione ed ordinai a Pit di afferrarlo e di tirarlo fuori dal terreno. Una volta eseguito il mio ordine, iniziò a girare su sé stesso a velocità sempre più alta per poi lasciar andare Starmie e spedendolo in aria, completamente alla nostra mercé. In quel momento il Misterioso pagò con gli interessi tutti i colpi che aveva inferto nello scontro precedente al mio Pidgeotto, il quale lo tartassò con una serie di Attacchi d'Ala che lasciarono dei gravi danni al suo avversario, per poi afferrarlo nuovamente e scagliarlo contro la balconata causando un fuggi-fuggi generale da parte dei nostri osservatori. Claudia fece in tempo ad ordinare al suo Pokémon di usare Fulmine prima che esso, Starmie, impattasse contro la balconata. La mossa andò a segno infliggendo parecchi al mio povero Pidgeotto, la cui Difesa Speciale non era migliorata di molto nonostante gli allenamenti a cui lo avevo sottoposto. Tuttavia, eravamo riusciti a buttare giù il nostro avversario. Eppure avevo la sensazione che quella vittoria fosse stata programmata dalla mia avversaria: non era possibile che Claudia lasciasse cadere così facilmente un Pokémon davvero forte che mi aveva dato così tanti problemi nel nostro scontro precedente. Perché non aveva usato Ripresa né la sua variante di Rapigiro né le altre mosse forti che aveva usato appena una settimana prima? Evidentemente, pensai, era sicura di potermi sconfiggere anche senza Starmie, che comunque aveva indebolito probabilmente in maniera fatale il mio Pit. E se quelle Sfere contenessero avversari molto più potenti, come un Armaldo, un Jellicent oppure un Gyarados? E se... No, non era quello il momento di mettersi a fare congetture strampalate sui componenti della squadra di Claudia.
"La senti la pressione che cresce?" mi sussurrò il Lupo. "Sei in grado di sopportarla. Potrei sempre subentrare io, se tu lo volessi" aggiunse poi.
"Sta' zitto. Posso farcela senza lasciarti il controllo" risposi mentre mi passavo una mano trai capelli. Pidgeotto, dal canto suo, si stava godendo la sua vittoria. Per un momento lo invidiai: non si preoccupava di chi o cosa avrebbe dovuto affrontare perché faceva affidamento sulle mie capacità tattiche per poter vincere. E avrebbe dato il massimo di sé anche contro un avversario molto più forte di lui con me al suo fianco... Sospirai. il solo pensiero che Pit facesse così tanto affidamento su di me mi provocò uno strano formicolio: non mi ero mai fermato a riflettere molto su questo punto forse perché per me era una cosa completamente naturale. Forse era questo ad impaurire il povero Zack che fino a qualche giorno fa non era mai entrato in contatto con un uovo Pokémon. Accantonai quel pensiero poiché mi ero accorto che Claudia aveva sganciato dalla cintura la sua seconda Sfera.
"Mi sto divertendo" disse mentre ammirava quella che mi accorsi essere una Ball molto vecchia. "Vedi, sono molto legata a questi due Pokémon. Li ho ricevuti entrambi da persone che rispetto ed ammiro molto ed una di esse la conosci pure tu. Ma non penso che questo sia il momento di lasciarmi andare alla malinconia" aggiunse poi mentre assumeva un'espressone agguerrita. C'era qualcosa sotto alla nostra battaglia, qualcosa di molto grosso che non riuscivo a comprendere appieno.
"Vai Tentacruel!"
Una specie di medusa gigante apparve in mezzo alla piscina, vicino alla pedana per i Pokémon terresti. Aveva tre gemme rosse sulla testa, una specie di becco ricurvo che spuntava dalla faccia ed una miriade di tentacoli che gli spuntavano dal corpo e che guizzavano velocemente in mezzo all'acqua. Due occhi vispi mi scrutarono, lasciando una specie di timore in me. Pidgeotto mostrava i segni della dura battaglia precedente ma non mi fu permesso di ritirarlo. E anche se fosse stato permesso, Pit non avrebbe voluto arrendersi senza neanche tentare. Avevamo dalla nostra parte il vantaggio aereo ed una grande potenza. Il nostro avversario prese l'iniziativa sparando un Acquadisale che sferzò il viso di Pit, procurandogli un piccolo taglio da cui uscì del sangue. Il gesto fece imbestialire il mio Pokémon il quale si scagliò contro il Pokémon Medusa volando a pelo d'acqua. Lo colpì in pieno ma non sortì alcun effetto, così riprese quota prima che uno dei tentacoli velenosi lo colpisse. Pensai che quello fosse il momento opportuno per sfoderare la mia nuova combinazione di mosse. Pit, come se mi avesse letto nella mente, iniziò a sbattere ad una velocità molto elevata le ali, combinando così Attacco Rapido. Pian piano, un fortissimo vento si fermò in mezzo alla piscina un enorme tornado intrappolando nella sua corrente il nostro avversaro. Pensavo di averlo in pugno ma m'illudevo. "Tentacruel, ora! Rapigiro!" ordinò Claudia.
Tentacruel, assecondando la corrente, riuscì a scappare alla corrente, proprio come aveva fatto Pit nel nostro scontro precedente, e allungò i tentacoli stringendo in una morsa letale le ali e le gambe per poi colpirlo con un doppio Velenpuntura. Dopo pochi secondi, il Veleno lasciò andare Pidgeotto, il quale cadde a terra esausto. Il Pokémon di Claudia non mostrava alcun segno di cedimento e probabilmente la mia combinazione spettacolare da vedere si era rivelata praticamente inutile. Avevo sprecato le poche forze di Pidgeotto e quell'errore avrebbe potuto distruggermi. Lo richiamai nella Sfera e schierai in campo Trix.
"Guarda chi si rivede" commentò sprezzante Claudia.
In tutta risposta Trix alzò i pungiglioni in segno di sfida. Tentacruel reagì con lo stesso scherzo provocatorio di prima ma Trix lo evitò magistralmente. Poco dopo aver schivato il colpo, Trix eseguì una Danzaspada che aumentò il suo potenziale offensivo, per poi lanciarsi in un Doppio Ago che scalfì il corpo della Medusa, la quale tentò di stringere la Velenape nella stessa morsa di prima ma Trix riuscì ad evitarla magistralmente. Successivamente tempestò di Velenospina il povero Tentacruel che rispose al fuoco prontamente. Lo scontro andò avanti così per diversi minuti, coi due contendenti che si scambiavano colpi a distanza senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere sull'altro in maniera definitiva. Non ero ancora riuscito ad escogitare un piano che avesse senso, era come se il mio cervello si fosse bloccato dopo l'errore con Pit. Tentacruel, tuttavia, sembrava che avesse subito più danni di quelli che mi ero aspettato. D'altronde, non poteva essere altrimenti dopo che Trix aveva usato per due volte Danzaspada. Allora Claudia commise l'errore di ordinare al suo compagno di usare Ripresa per potersi ristabilire. Avevo imparato durante una piccola ricerca su quella mossa che c'era un piccolo intervallo di tempo in cui l'utilizzatore non poteva reagire. Se avessi colpito in quel momento, forse avrei potuto ribaltare l'esito di quella battaglia. Ordinai a Trix di usare Doppio Ago alla massima potenza e la mia Velenape eseguì subito l'ordine, colpendo Tentacruel poco sotto una delle gemme rosse provocando una ferita molto dolorosa da cui uscì un fiotto di sangue che inquinò la perfezione dell'acqua della piscina. Tentacruel cercò di ritirarsi ma fu colpito da un Missilspillo che lo mandò definitivamente al tappeto. Il suo corpo esanime galleggiava inerte a pelo d'acqua e un sorriso d'entusiasmo si dipinse sul mio volto. Provo disgusto a rivivere quel momento ora che sono cresciuto.
Claudia ritirò il suo Pokémon con un sorriso mesto sul volto. "Ragazzino, sei davvero bravo" disse Claudia mentre prendeva la sua ultima Sfera. "Ma sarai capace di battere il mio Gyarados" aggiunse mentre faceva scendere il suo Pokémon in campo. Gyarados fece la sua comparsa in scena esibendo tutta la sua magnificenza, dovuta in larga parte al suo colore cromatico, e poi la sua arroganza ruggendo con tutta la sua forza. Deglutii e cercai di concepire un piano per buttare giù quel gigante che, a giudicare dalle cicatrici che percorrevano tutto il suo corpo, era avvezzo alle battaglie senza esclusioni di colpi. Mentre prendevo tempo, Trix decise di attaccare mentre il boost  alle sue statistiche era ancora attivo. Usò Doppio Ago ripetutamente sul suo avversario procurandogli dei graffi superficiali che non facevano altro che farlo arrabbiare sempre di più fino al punto in cui sfogò tutta la sua rabbia colpendo Trix con la sua coda e scaraventandola contro una delle balconate. Era bastato solo quel colpo per mandare K.O. una dei miei migliori combattenti. Ero fottuto, dannatamente fottuto. Mandai in campo Ampere con la rassegnazione nel cuore. Sapevo che a quel punto, nonostante la doppia debolezza del Pokémon avversario, Voltorb non sarebbe bastato a buttarlo giù, neanche se fosse accaduto un miracolo. C'era un modo per vincere ma preferivo non giocare quell'asso. Ordinai al mio compagno di usare Scarica e fortunatamente riuscimmo a colpire Gyarados che, per tutta risposta, ribaltò la piattaforma galleggiante spedendo sott'acqua Voltorb.
"Ampere!"
"Via Gyarados, immergiti e mettiamo fine a questo scontro con un'Ira di Drago" ordinò Claudia.
Il suo Pokémon s'inabissò e, nell'esatto momento in cui sparì, fu come se il tempo si fosse fermato. Un dolore lancinante mi dilaniò la testa e fui costretto a stringerle tra le mani e a piegarmi. Era lui, il Lupo che stava intervenendo. Alzai gli occhi e lo vidi davanti a me che mi guardava, il solito sguardo beffardo e strafottente. "Non ce la fai, amico mio. Perderai ed è solo colpa tua" disse.
"Sta' zitto"
"No." disse prima di afferrarmi il voto con la mano sinistra, costringendomi a guardarlo negli occhi. "Tu sei debole, oramai dovresti averlo capito. Perché ti ostini a combattere quando sarebbe più facile affidare tutto il resto a qualcun'altro?"
"Credi che non ci abbia pensato?!" replicai mentre mi liberavo dalla sua presa. Gli strinsi il braccio e lo piegai, costringendolo ad inginocchiarsi. Il Lupo non era l'unico a sapere usare la violenza quando era necessaria. "Sappi che sono stato tentato di lasciarti il controllo, ma poi ho realizzato una cosa: noi due siamo egoisti, anche se in maniera diversa. Se ti avessi lasciato il controllo, tu avresti distrutto tutto quello che avevo creato in questo mese, ogni singolo rapporto, e non posso permettertelo. Non importa quante volte dovrò combattere..."
Gli occhi del Lupo rivelarono una certa luce d'approvazione, come se fossero proprio quelle le parole che volesse sentirmi pronunciare. Scoppiò a ridere, anche se la sua risata sembrava più un latrato gutturale e grottesco. "Verrà un giorno, amico mio, in cui sarai costretto a rinunciare a questa tua strenua resistenza. Quel giorno avrai bisogno di una forza che io ho e che tu non possiedi. E nel momento in cui ne avrai bisogno, io mi prenderò tutto" disse Il Lupo prima di svanire in un nuvola di fumo nero.
Tornai a concentrarmi sulla battaglia, che oramai si avvicinava alla fine. Vidi l'enorme sagoma di Gyarados estremamente vicina al luogo in cui era affondato Ampere e pregai con tutte le mie forze affinché il mio Pokémon fosse ancora vivo. Un bagliore accecante si sprigionò dalla sagoma del nostro avversario, segno che era ormai pronto a scagliare il suo attacco. E quello era il momento di giocarmi l'ultimo asso, quello che avrei preferito non usare mai. Ordinai a Voltorb di usare Autodistruzione e anche la sua sagoma, decisamente più piccola, del Pokémon Elettro s'illuminò prima di liberare un'onda di energia che impattò contro l'Ira di Drago di Gyarados provocando un'immensa colonna d'acqua che investì tutta la stanza. Fortunatamente, Misty reagì prontamente chiamando fuori dalle loro Sfere un Politoed, uno Starmie ed un altro Pokémon simile ad una lontra ai quali ordinò di usare Protezione per creare una barriera per contenere tutta l'acqua. Essa fortunatamente riuscì a svolgere pienamente il suo lavoro e l'acqua si riversò nuovamente all'interno della piscina insieme a ciò che rimaneva della piattaforma galleggiante. Dal fondo riemersero i corpi svenuti dei due contendenti, entrambi particolarmente segnati da quello scontro. Mi affrettai a richiamare il mio Voltorb e mi voltai in direzione di Misty chiedendole con un'occhiata cosa ne pensasse di quella lotta.
"Nonostante il risultato finale, questa lotta è stata entusiasmante. Entrambi hanno saputo sfruttare i punti di forza dei propri Pokémon" disse Misty mentre si avvicinava ad un contenitore portatole da uno dei suoi allievi. "Per questi motivi dichiaro che entrambi avete passato la prova a cui vi ho sottoposto. Tom, è con estremo piacere che ti consegno la Medaglia Cascata" aggiunse mentre mi porgeva la medaglia. Dopodiché si rivolse a Claudia. "E tu, ragazza mia, sei pronta per sostenere l'esame per Aiuto-Capopalestra"

***

"Si può sapere dov'eri finito?!" sbraitò Zack. "Ho passato tutto il pomeriggio a cercarti"
"Ero andato a fare un giro. Ma non te l'ha detto Layla?"
"Ho cercato di farlo, ma non mi ha lasciata parlare" intervenne la corvina.
"Bullshit!"
"Ma fottiti"
"Ragazzi, guardate qui" dissi mentre mostravo loro la Medaglia Cascata. Entrambi mi fecero una colossale strigliata, rimproverandomi di non averli portati con me e di non aver discusso con loro la strategia da adottare. Dopo innumerevoli scuse riuscii a cambiare l'argomento della discussione. Nessuno dei due miei compagni di viaggio aveva deciso quale percorso prendere così decidemmo di sederci intorno ad uno dei tavoli del Centro Pokémon ed io ne approfittai per curare i miei combattenti. Quella vittoria la dovevo tutta a loro e li avrei ripagati dei loro sforzi, un giorno o l'altro. Zack posizionò al centro del tavolo il suo tablet ed aprì la mappa della Regione.

"Allora, l'altro giorno è franato il percorso che portava a Lavandonia, quindi non possiamo passare di lì per arrivare ad Aranciopoli, sempre che sia quella la nostra destinazione" disse mentre indicava il punto in cui era avvenuta la frana.
"Sì, lo è" risposi mentre incrociavo le braccia.
"Allora dobbiamo passare per Zafferanopoli oppure costeggiare le montagne ed inoltrarci nella foresta, rischiando però di impiegarci almeno una settimana in più rispetto alla strada che passa per la capitale" replicò Zack. "L'unico problema è che dopo quello che è successo al Museo e ad Emerald City, i controlli sono stati triplicati. E con quello che è successo alla guardia sarebbe un problema essere fermati da uno di loro" aggiunse poi, la fronte corrucciata nel tentativo di trovare una soluzione.
"Potremmo provare a corromperle con una bella tazza di the..." proposi con una certa dose di ironia.
"Be serious, please"
"Stavo solo scherzando" dissi alzando le mani in segno di resa. "Non vedo soluzioni allora" aggiunsi poi.
"Io ne ho una" disse Layla attirando su di sé i nostri sguardi. Allungò la mano ed indicò un punto vicino alla catena montuosa che si sviluppava a sud di Celestopoli. Un sorriso determinato si formò sul suo volto e poi disse."Potremmo passare per i Sotterranei..."
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+ Angolo di uno scrittore in erba +
Scrittore che dovrebbe farsi vedere più spesso ma che non ci riesce nonostante s'impegni a scrivere appena ha del tempo libero. Anyway, mi è piaciuto scrivere la scena di lotta di Tom e spero che piaccia anche a voi. Scusate se ha parlato solo lui in questo capitolo ma sentivo il bisogno di dargli più spazio. Nei prossimi due capitoli assisteremo anche alle avventure degli altri comprimari e Blue tornerà, seppur per poco, alla ribalta. Stay tuned.  Un saluto \0-0/
Rovo 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17. ***


Capitolo 17
- La città sotterranea -
 
Impiegammo due giorni per andare da Cerulean City alla località che Layla aveva indicato come l'entrata più sicura per i Sotterranei di Kanto. Importati da Sinnoh qualche anno fa, i cunicoli sotterranei si snodano alcune decine di metri sotto il suolo di Kanto, collegando città ai due estremi della Regione e allo stesso tempo formando un'immensa città sotterranea dove è possibile recuperare qualsiasi tipo di strumento od oggetto ad un prezzo stracciato. Negli anni, una zona dei Sotterranei si specializzò, per così dire, nell'offrire a coloro che sostavano per quei luoghi un'ampia scelta di divertimenti, tra cui un'arena in cui sfidarsi liberamente e una zona adibita alla cattura di alcuni Pokémon selvatici, procedimento ovviamente regolato da norme ferree per evitare che le specie rare rischiassero di estinguersi. Suddette regole, tuttavia, potevano essere "annullate" nel caso il sistema di allontanamento di Pokémon subisse dei guasti: in quei casi, tutti gli allenatori presenti erano tenuti a contribuire all'allontanamento delle creature che si avvicinavano troppo ai negozi e, nel caso lo volessero, potevano tenere fino ad un massimo di tre Pokémon catturati durante questa speciale occasione. Molte aziende internazionali, come la Devon S.p.A. e la Silph tanto per citare dei nomi importanti, si sono opposte a quello che era a tutti gli effetti un mercato nero di prodotti, ma non riuscirono mai a convincere la Lega a smantellare una risorsa così importante per molti dei suoi Allenatori. Riuscirono, però, ad impedire il traffico illecito di quegli oggetti che gli Allenatori potevano tranquillamente reperire in qualsiasi negozio, come modifiche per gli ami e accessori per i vari PokéNav e Holovox; inoltre, la Lega s'impegnò a livello internazionale a punire severamente tutti coloro che avessero infranto gli accordi presi con le aziende, arrivando a minacciare l'espulsione dagli albi della Lega nel caso si venisse colti in flagranza di reato. Malgrado questa grave batosta, i cittadini di quella che era ormai conosciuta da tutti come "La città sotterranea" seppero reinventarsi: la maggior parte di loro abbandonò - a malincuore - la propria attività commerciale e riconvertirono la maggior parte della città in un'attrazione turistica adatta sia agli Allenatori che alle allegre famigliole. Kanto si fece protagonista di questo cambiamento, mentre le altre Regioni che avevano dei Sotterranei finirono o col smantellarli in toto ( nel caso di Kalos) o col accettare in modo passivo la loro presenza o col garantire ad essi un'autonomia ancora più grande ( come fece Sinnoh).

Personalmente, non ho mai avuto occasione di potermi esprimere liberamente sui Sotterranei, visto che non avevo mai avuto l'occasione di vistarli personalmente, né di conoscere qualcuno che ci fosse stato, né di poter ricevere informazioni più o meno precise visto che la mia vecchia professoressa, quando ancora andavo all'accademia, aveva deciso di glissare l'argomento facendo solo qualche accenno estemporaneo alla vicenda di quando in quando. Perciò, la prospettiva di poter visitare questo luogo parecchio controverso mi allettava davvero tanto, molto di più di quello che sarei stato disposto ad ammettere. Già mi immaginavo cunicoli stretti e scarsamente illuminati che si alternavano ad ampie grotte illuminate grazie a qualche sorta di meccanismo naturale popolate da una grande varietà di persone ed abbellita da diverse attrazioni turistiche. Il mio entusiasmo fu brutalmente ridimensionato dalle affermazioni di Layla che trasformarono il piccolo, ridente luogo che mi ero immaginato in una realtà piuttosto grigia: infatti, secondo la corvina tutti gli Allenatori che accedevano per la prima volta ai Sotterranei dovevano aver ricevuto un invito da un'altra persona, anch'essa legata ai Pokémon in qualche maniera, e dovevano registrarsi in modo tale che potessero essere riconosciuti da tutto il corpo di vigilanza dei Sotterranei. Inoltre, l'accesso ad alcuni dei corridoi e delle sale era limitato od addirittura proibito a tutti coloro che non erano entrati nei Sotterranei almeno una decina di volte. Controlli meno rigidi erano applicati anche alle famiglie di non Allenatori. Tutto questa sorveglianza mi fece presumere che, nonostante l'accordo raggiunto con le aziende che vi ho elencato prima, le menti che muovevano i fili dei Sotterranei temessero una nuova ondata di accuse nei loro confronti. Oppure volevano semplicemente evitare di essere collegati a qualche persona dalla fedina penale non troppo pulita, per così dire, e subire così danni alla propria immagine che avrebbero portato a dei nuovi ridimensionamenti piuttosto importanti. Se devo essere sincero, se fossi stato nei loro panni avrei agito allo stesso modo. L'unico che sembrava non esser minimamente preoccupato  da questo iter burocratico era Zack, il quale aveva appena ricevuta la sua scheda Allenatore grazie alle pressioni di Bill. Non era la prima volta che una persona appartenente al mondo "esterno" entrava a far parte dell'ormai variegata Associazione Allenatori, eppure la cosa destava ancora del clamore soprattutto in quelle fasce della popolazione che erano ancora legate alle vecchie tradizioni. D'altronde, non erano passati neanche cent'anni dall'abolizione delle barriere tra il mondo Pokémon e quello normale e non era possibile che in un lasso di tempo così breve venissero cancellati tutti i vari pregiudizi che i due universi avevano. Come ho già avuto occasione di dire, vedere Zack così entusiasta mi provocava una strana sensazione: mi sento felice per avere la possibilità di essere - finalmente - utile in maniera importante a qualcuno, ma allo stesso tempo avevo paura di commettere degli errori mentre aiutavo il mio amico. Una parte di me, tuttavia, pensava che fosse inutile sprecare tempo a rimuginare sulla possibilità di fare errori poiché, anche se avessi usato miriadi di accorgimenti, ci sarebbe stata sempre una variabile che sarebbe sfuggita al mio controllo. E poi, non si può maturare se non si commettono degli errori nella propria vita.

I momenti che ricordo con più piacere di quel piccolo viaggio appartengono tutti all'ultima parte di esso: il ricordo che preferisco in assoluto è la corsa in bicicletta che avevamo fatto per affrettare i tempi di quella marcia forzata. Sfrecciavamo per i sentieri sterrati del bosco a gran velocità, ignorando qualsiasi buonsenso. Ammetto che più di una volta rischiai di rovinare per terra ma non m'importava: dopotutto, ero sopravvissuto a due battaglie contro un team malvagio e ad una incursione nella loro base. Sbucciarmi un ginocchio non mi preoccupava più di tanto. Arrivammo all'ingresso dei Sotterranei dopo quasi un'ora di biciclettata, sudati e con le gambe che urlavano vendetta per via dello sforzo a cui non erano più abituate. Ci accolse un uomo di statura media, dalla faccia poco raccomandabile e con un folto pizzetto sul mento. Si avvicinò con fare amichevole a Layla e la salutò allegramente, come se la conoscesse da anni.
"Come mai da queste parti, signorina Ketchum?" chiese la guardia assumendo un'espressione criptica.
"Devo passare attraverso i Sotterranei per raggiungere Aranciopoli" rispose la ragazza con nonchalance.
"E quei due ragazzini? Non li ho mai visti prima..."
"Sono con me. Li invito formalmente ad entrare nella comunità dei Sotterranei"
"Molto bene, signorina. Si ricordi che ha ancora un invito e che non può accedere al terzo livello, quello che usiamo per entrare nei tunnel naturali" replicò la guardia. Dopodiché, ci lanciò uno sguardo storto e ci ordinò, con fare piuttosto presuntuoso, di allungargli le nostre tessere Allenatore. Sgranò gli occhi appena vide il mio cognome e si affrettò a scusarsi per il tono poco rispettoso che aveva usato prima. Non si può dire che fece la stessa cosa nei confronti di Zack, anzi, tutto il contrario: appena si accorse che il mio amico era americano, gli rivolse uno sguardo di scherno e fui veramente tentato di tirargli un pugno.
"Lurido ipocrita bastardo" dissi mentre mi allontanavo dalla postazione della guardia.
"Tu hai davvero qualche problema con la vigilanza, Tom..." commentò ironico Zack.
"Hai visto come ti guardava?!" replicai stizzito. Era come se quello sguardo avesse ferito più me di lui.
"Pensi davvero che quello sia il primo sguardo discriminatorio che ricevo da quando sono arrivato qui? Sono ben consapevole del fatto che, nonostante l'enorme apertura di Kanto in questi ultimi vent'anni nei confronti dei Paesi esterni, la chiusura mentale nei confronti delle persone come me..."
"Beh, Sinnoh, Unima e Kalos, per fortuna, non sono così chiuse nei confronti delle persone che vengono da fuori. A dirla tutta, si sono fatte influenzare molto da alcuni Paesi stranieri sotto diversi aspetti" s'inserì Layla. "Perché non ti sei trasferito lì? Ad esempio, a Unima ti saresti sentito più a casa rispetto a Kanto..."
"Beh, vuoi mettere la possibilità di poter studiare nei laboratori dello zio di Tom, di Bill ed anche alla Silph S.p.A. con qualsiasi altra attrazione delle altre Regioni? Credimi, per uno come me i luoghi che ti ho menzionato prima sono molto più divertenti di qualsiasi ruota panoramica" rispose Zack senza troppe remore.

Le parole del mio amico mi stupirono molto: era disposto ad affrontare una lunga serie di pregiudizi pur di poter entrare in contatto con le menti più geniali del pianeta. In parte lo capivo,e se fossi stato al suo posto avrei fatto la stessa. Ammetto che mi sarei fatto scoraggiare, anche se non proprio tanto, dal modo in cui sarei stato trattato. Non riuscivo a capire come potessero esserci delle persone che ancora avevano paura di ciò che è diverso da loro. Viviamo in un mondo dove si può venire a contatto con tantissime persone diverse e perché dovremmo chiuderci a riccio nelle nostre convinzioni, quando dall'incontro di due culture diverse non può nascere altro che un modo migliore di pensare e di relazionarsi con gli altri? Come ci si può isolare, chiudere nei propri confini nazionali quando il mondo esterno offre tantissime possibilità? Kanto, più di altre Regioni, avrebbe potuto ricavare enormi vantaggi dall'incontro di due culture diverse come quelle americana ed asiatica per via della sua strategica posizione geografica. Beh, questi sono discorsi che non centrano nulla con la storia che voglio raccontarvi, perciò mi sembra opportuno andare avanti col racconto.
Imitammo, proprio come fanno i cuccioli appena nati, tutti i movimenti che Layla faceva, prestando tantissima attenzione a dove mettevamo i piedi per evitare di far scattare qualsiasi genere di trappola. Avevo sentito dire che alcuni elementi poco raccomandabili si divertivano a posizionare trappole dai vari effetti in giro per i cunicoli dei Sotterranei, non curanti dei danni che potevano causare a persone e/o oggetti. Arrivati davanti ad una parete di roccia innaturalmente liscia con solo una piccola fessura posta a quasi un metro e mezzo dal suolo, una voce proveniente da non so dove ci suggerì caldamente di inserì la nostra tessera Allenatore precedentemente modificata dalla guardia nella spaccatura della parete. La modifica di cui la voce parlava consisteva nell'inserimento di una piccola striscia di numeri impressa su uno dei bordi della tessera e serviva principalmente, o almeno così credevo, a prendere nota di quante volte il possessore della tessera entrasse nei Sotterranei. In realtà, il loro scopo principale era quello di tenere informata la Lega sugli Allenatori che usufruivano delle attrazioni dei Sotterranei stessi e poterli così incastrare appena avrebbero fatto un passo falso. Un vero e proprio sistema di spionaggio che, tuttavia, non intaccava la bellezza ed il fascino di quei cunicoli. Appena ritirai la mia scheda, la parete di roccia si rivelò essere una porta a scomparsa che immetteva in quello che sembrava un lungo corridoio tenuamente illuminato.
"Muoviamoci, non voglio rimanere un minuto in più del necessario qui dentro" disse Zack mentre metteva piede nel corridoio. Con passo deciso, mi affrettai a seguirlo in quell'oscuro condotto che mi procurava dei brividi lungo la schiena. La porta alle nostre spalle si chiuse con un rumore secco, togliendoci quella poca luce che avevamo. In quel momento, pregai di arrivare sano e salvo in fondo a quel tunnel senza rischiare, come era successo nella grotta prima di Pewter City, di venire attaccato da un gruppo di Pokémon inferociti. Ero davvero stufo di rischiare la mia vita.

***

L'aria di mare pregna di salsedine sferzava il volto di Blue, procurandogli un piacevole fastidio. Aspettava seduto al molo 51 di Aranciopoli l'arrivo del suo contatto della Federazione Ranger per poter partire alla volta del Residence Acqua nella regione di Oblivia. L'opportunità di poter viaggiare in un luogo così lontano affascinava il Dexholder, anche se l'iter burocratico a cui aveva dovuto sottostare per ottenere l'autorizzazione per i suoi Pokémon l'aveva leggermente irritato: non capiva come fosse possibile che il semplice fatto di poter portare con sé alcuni dei suoi più fidati compagni d'avventura, a solo scopo difensivo tra l'altro, potesse rappresentare un simile ostacolo da superare. Di sicuro, pensava, un ruolo piuttosto importante l'aveva giocato la diffidenza che gli abitanti delle zone protette direttamente dai Ranger avevano nei confronti degli Allenatori. Odiava la burocrazia e per questo aveva rinunciato al ruolo di Capopalestra a vantaggio di Red, il quale aveva accettato di sostituirlo ma continuava a lasciare la Palestra di Veridian City ai suoi sottoposti per lanciarsi in avventure in giro per il mondo. Sarebbe piaciuto anche a lui poter partire per terre a lui ignote, ma purtroppo avevo scelto di prendersi degli impegni con la comunità con cui viveva e non se la sentiva di piantare tutti in asso e di andarsene. Comunque, alla fine nessuno avrebbe potuto dirgli nulla...

"Signor Oak, da questa parte!" urlò qualcuno da dietro Blue.

Si girò e vide un uomo piuttosto corpulento, di qualche anno più giovane di lui, venirgli incontro a gran velocità. Indossava una divisa della Federazione Ranger verde con il simbolo della stessa stampato poco sotto il petto, a qualche centimetro di distanza dal cuore, ma non sembrava aver con sé lo Styler, lo strumento tipico dei Ranger. Blue ipotizzò che l'uomo potesse essere il responsabile delle relazioni esterne di cui Primo gli aveva parlato.
"Scusi se l'ho fatta aspettare" disse il presunto responsabile una volta raggiunto il Dexholder di Kanto, poco prima di iniziare una lunga serie di respiri lunghi e profondi atti a riprendere il fiato che la goffa corsa gli aveva procurato. "Io sono Willy, colui che l'accompagnerà ad Oblivia" aggiunse poi Willy mentre allungava la mano con fare amichevole. Blue ricambiò la stretta dell'uomo, la quale si rivelò essere molto più decisa di quello che poteva sembrare. Aveva un'aria simpatica e gioviale quell'addetto, Blue doveva ammetterlo. Per certi versi, gli ricordava Bruce.
"Molto piacere Willy. Come se la passa Red?" chiese Blue.
"Guardi, non ne ho idea. So solo che due giorni dopo la mia partenza ha deciso di accompagnare Bruce e altri Ranger in una missione esplorativa in una nuovo livello delle Rovine vicino al Residence Acqua" rispose Willy.
"Perché avrebbe dovuto prendere parte a questa missione?"
"Penso che in qualche modo centri la ricerca di cui si stava occupando, ma non so i dettagli..."
"Quale ricerca?"
"Certo che Red è stato molto vago sui dettagli..." commentò Willy sarcastico. "Penso che sia meglio che il suo amico le spieghi tutto" aggiunse poi, poco prima di indicare a Blue la via per la nave della Federazione.
Blue annuì e s'incamminò verso l'imbarcazione, perdendosi nei suoi pensieri sempre più ad ogni passo che faceva. Cosa stava cercando Red ad Oblivia? Perché aveva lasciato Kanto poco prima di un momento di crisi che lui stesso aveva predetto? "E se fosse collegato a quello che gli è successo alcuni anni fa..?" si chiese Blue. Con un gesto della mano, il giovane Oak scacciò quel pensiero dalla mente. Aveva promesso di non pensare più a quell'accaduto, che non poteva essere in alcun modo collegato a quello che stava succedendo. Di sicuro Red aveva trovato il modo di anticipare i piani del Triade e si era recato ad Oblivia per portare qualche suo piano a termine. Blue non sopportava affatto quel modo di comportarsi del suo rivale: non riusciva ad accettare il fatto che lo escludesse dalle sue macchinazioni. Si erano allontanati negli ultimi anni, questo era vero, per via anche della distanza che li separava, ma Blue era convinto che il loro legame fosse ancora forte come negli anni della loro giovinezza. Evidentemente, qualcosa si era rotto e non se n'era accorto. Oppure si era solo illuso di poter mantenere un rapporto del genere nonostante le varie, infinite miglia d'acqua che li distanziavano.

Mentre saliva la scaletta della nave, Blue ricevette un messaggio sul suo PokéNav, un messaggio da parte di suo figlio nel quale gli comunicava la sua seconda vittoria in Palestra e la sua imminente partenza per Aranciopoli. In quel momento, Blue desiderò di poter rimanere anche solo un paio di giorni in più in quella città per poter incontrare suo figlio e potergli parlare: aveva saputo da Samuel che il suo ragazzo non stava passando un bel periodo e si sentiva obbligato ad offrirgli il suo sostegno, perché, anche se non lo voleva ammettere, si sentiva colpevole per tutto ciò che era successo al figlio. Blue pensava che Tom fosse finito nel mirino dei Triade per via del suo cognome e per questo lo avevano assalito al museo di Pewter City. Strinse i pugni per cercare di calmarsi. Era sicuro che presto avrebbe avuto l'occasione di far pagare a quegli stronzi tutto quello che avevano fatto con gli interessi. A volte, il sangue che ci scorre nelle vene è la peggiore delle condanne.
"Ti prometto, Tom, che prima o poi la gente ti vedrà per quello che sei e non per quello che sono stati i tuoi parenti" disse Blue mentre rispondeva al messaggio del figlio.

***

Se c'è qualcosa che riusciva ad esprimere appieno lo spirito di una certa epoca o, come lo chiamavano i filosofi tedeschi di oltre un secolo e mezzo fa, lo zeitgeist, quel qualcosa per Rick erano i grattacieli, in particolare quelli che spuntavano in maniera spettacolare e allo stesso tempo prepotente dal suolo del centro di Saffron City. Il ragazzo era affascinato da quelle costruzioni che sembravano sfidare le leggi della fisica. Uno in particolare colpiva il biondo: la sede della Polizia Internazionale della città. Essa occupava un palazzo di una trentina di piani situato a poca distanza dalla Silph S.p.A. ed era stato completato alcuni anni fa, ma rimaneva comunque uno degli edifici più audaci ed innovativi della città. Formato da un corpo principale fatto a sua volta da un prisma ottagonale e attorno al quale si stringeva una struttura in acciaio che avvolgeva a spirale tutto l'edificio e che culminava alla base dell'antenna dello stabile. A metà dell'edificio si sviluppavano due bracci secondari che culminavano uno in una pista d'atterraggio per elicotteri, l'altro in una serie di uffici riservati agli agenti col grado più alto. All'ultimo piano c'era invece l'ufficio del Capo, che nessuno, esclusi alcuni selezionati agenti, avevano avuto l'onore di visitare.

A Rick sarebbe piaciuto visitare quel palazzo ed avere la possibilità anche solo di visitare la sezione privata degli uffici. Nonostante avesse un'autorizzazione di livello A, molta gente nell'organizzazione lo trattava come un bambino o come un infimo agente di livello E, e questo al ragazzo non andava per nulla giù. Odiava quelli sguardi che lo attraversavano senza pietà ogni volta che metteva piedi da solo in una delle stazioni, le battute che gli agenti, incollati alle loro inutili scrivanie, si scambiavano appena credevano che la via fosse libera. Detestava la loro invidia ingiustificata. Molto spesso era tentato di raccontare loro come fosse difficile cambiare più spesso identità che maglietta, di come fossero stati umilianti e stressanti gli allenamenti a cui si era sottoposto per poter avere una condizione fisica di gran lunga superiore ad un normale ragazzo della sua età, di come fosse distruttivo per la propria psiche dover sopportare tutto quello che lui aveva visto. Ma a loro non sarebbe importato, avrebbero venduto l'anima al diavolo pur di vivere la vita che lui viveva anche solo per un giorno, anche solo per un'ora. Non riuscivano ad apprezzare ciò che avevano, accecati dal desiderio di prevalere sugli altri e di poter incidere il proprio nome nella storia. Ma non c'era gloria per la gente come Rick, l'unica cosa che sarebbe rimasta dopo la loro dipartita era la cenere di tutto ciò che avevano toccato. Loro erano il nulla, ed al nulla appartenevano.

Con quei pensieri in testa, Rick si avviò verso il luogo dell'incontro con Lack-Two. I due si erano accordati per incontrarsi in un piccolo bistrot che si trovava in una delle traverse del centro, abbastanza invisibile agli occhi della gente ed abbastanza vicino alla sede centrale per evitare che eventuali spie si avvicinassero. Era stato il biondo a proporre quel luogo al suo responsabile, sotto consiglio di Zenobia la quale aveva fatto perdere le sue tracce dopo averlo aiutato a recuperare i dati della base a Cerulean City. Quella ragazza si era rivelata una risorsa troppo importante per poterla lasciare andare, Rick lo sapeva, e prima o poi le avrebbe dato la caccia e l'avrebbe convinta ad unirsi permanentemente al team di Raven. Dopo pochi minuti di camminata, il ragazzo arrivò al bistrot ed entrò, salutando con un gesto della mano la sorridente cameriera che gli aveva dato il benvenuto.
"Tu devi essere Rick, vero? Tuo zio ti aspetta nella saletta qui di fianco" disse la cameriera indicando una porta bianca sulla parete opposta all'entrata.
"Grazie" rispose il biondo. Avevano dovuto concordare una copertura per non far insospettire la cameriera.  

Rick entrò nella stanzina e vide che c'era un unico tavolo al centro di essa, circondato da un paio di sedie vintage in legno e con un vecchio videogioco arcade che, probabilmente, aveva più anni del ragazzo e del suo capo messi assieme relegato in un angolo della sala a prendere polvere. Lack-Two guardò il suo sottoposto appena entrò nella stanza, invitandolo con un gesto piuttosto eloquente della mano a sedersi davanti a lui. Rick obbedì e, poco dopo essersi seduto, tirò fuori dal suo zaino una piccola scatola di legno e la porse all'adulto, accompagnandola con queste parole:" Lì dentro troverà una pen drive con tutti i dati che sono riuscito a recuperare dalla base vicino a Cerulean City." Dopodiché, recuperò dal suo zaino un plico di fogli ordinato e pinzato alle due estremità e lo lanciò con malagrazia sul tavolino. "E questo è il mio rapporto" aggiunse mentre riponeva la sacca sul pavimento.
"Ottimo lavoro..." sussurrò Lack-Two mentre leggeva rapidamente il documento appena consegnatogli. "Ma vedo che non c'è nessun cenno a quei due ragazzi che ti hanno aiutato..." aggiunse poi squadrando RicK, il quale deglutì vistosamente. Come aveva fatto a scoprire il coinvolgimento di Zack, Tom e Layla nella sua missione? Una serie di brividi freddi attraversò la schiena del ragazzo, accentuando l'ansia che stava prendendo possesso della sua mente. Iniziò a vagliare tutte le possibili disattenzioni che, dopo un rapido esame, si rivelarono nulle. Aveva seguito alla lettera il protocollo post-missione e aveva imposto le stesse regole anche a tutti i suoi compagni di missione, eppure Lack-Two sapeva. Un'intuizione si fece largo nella mente del biondo e, più avanzava, più sentiva crescere un moto di rabbia dentro di lui.
"Bill..." disse Rick,la voce leggermente inclinata.
"Esattamente. Mi ha contattato dicendomi che, oltre ai due agenti che erano previsti per la missione, nella squadra ce n'erano due in più, il cui scopo era recuperare la ragazza che i Triade avevano rapito. Me li sono fatti descrivere e ho cercato le loro maschere nel database" spiegò l'agente della Polizia Internazionale mentre riponeva il rapporto e la scatola nella sua ventiquattrore. "Non è necessario dirti che non ho trovato un riscontro. E nemmeno che sono molto vicino a scoprire le loro vere identità" aggiunse poi mentre si avvicinava a Rick.
"Non so di chi stia parlando, capo..." bluffò Rick, cercando di guadagnare tempo. Doveva trovare una scusa che fosse in grado di reggere alle domande di Lack-Two e di proteggere i suoi amici. Se il suo capo avesse scoperto la verità, avrebbe fatto prelevare i tre e li avrebbe rinchiusi da qualche parte per evitare che parlassero e, una volta passato il momento di crisi, li avrebbe liberati intimando loro di non far parola con nessuno di quello che avevano visto.
"Coinvolgere direttamente i civili in operazioni di quel tipo va contro il regolamento, Rick. Tuttavia, penso che tu abbia avuto più di un motivo valido per farlo ragion per cui, per questa volta, chiuderò un occhio"
Rick, dopo aver sentito quelle parole, si rilassò ed emise un sospiro di sollievo. Doveva stare più attento in futuro, per evitare che il gruppo di Tom venisse di nuovo coinvolto nelle sue missioni. Con un cenno del capo salutò il suo superiore ed uscì dal bistrot, per poi perdersi nella fiumana cittadina di Saffron City, diretto alla sua prossima missione.
***

La prima cosa che vidi una volta varcata la soglia dei Sotterranei fu un grande cartello con stampata sopra la mappa di quella sezione delle gallerie sotterranee, con tanto di indicazioni su quale cunicolo prendere per dirigersi verso quella o l'altra località. La struttura si articolava in diverse stanze di forma quadrata o rettangolare collegate tra loro da gallerie più o meno ampie. Le due principali, inoltre, ospitavano una struttura in cui venivano ospitati coloro che avessero intenzione di pernottare nei Sotterranei e che, almeno secondo Layla, ricordavano le vecchie Basi Segrete che andavano di moda anni fa a Sinnoh e a Hoenn. Noi ci trovavamo in una delle stanze più grandi, nella quale era stata localizzata una specie di serra dove crescevano diversi alberi di bacche e di altri frutti e da cui si diramavano due corridoi. Uno di essi portava ad un mercato mentre l'altro portava ad una zona che era ancora in fase di allestimento.
"È enorme" commentò stupefatto Zack.
"Anche un po' opprimente" feci notare io mentre mi slacciavo il giubbotto. Faceva un caldo innaturale in quella stanza, dovuto sicuramente alla presenza delle luci della serra.
"Andiamo ragazzi, voglio passare il minor tempo possibile qua sotto" disse Layla mentre  si avviava verso il corridoio di destra e noi ci affrettammo a seguirla.

La stanza del mercato, che mi ricordava molto quello che si teneva una volta al mese su Novisola, si dimostrò essere molto più fredda rispetto a quella
precedente e, soprattutto, molto più chiassosa, per via dell'enorme moltitudine di persone che l'affollava e per le grida dei venditori che si sforzavano di superare il vociare della massa. Non avevo mai visto un assortimento tanto variegato di oggetti: c'erano bancarelle piene di accessori per i Pokémon affiancate da quelle stracolme di strumenti di ogni sorta, dalle Balls alle Mt. La cosa più divertente di tutte era lo sguardo di Zack: esso balzava veloce da uno stand all'altro, meravigliandosi ogni volta di più. La sua attenzione fu attratta da una bancarella di Balls particolari ch potevano essere ottenute solo in condizioni speciali, come quelle distribuite durante i Safari. Con l'arrivo imminente del suo Darude, mi sembrava normale che il mio amico volesse scegliere la Sfera più adatta alla specie del suo Pokémon. Alla fine scelse una luccicante Safari Ball che ben s'intonava ai colori di quello che sarebbe diventato il suo Flygon. Avevo qualche dubbio sul fatto che sarebbe stato capace di far evolvere in tempi brevi un Pokémon come Trapinch senza l'aiuto di un allenamento intensivo e mirato, ma alla fine decisi di non far trapelare le mie perplessità per evitare di offenderlo. D'altronde, non ero neanche nella posizione adatta per giudicare qualcun'altro, essendo io stesso poco più di un novellino. O di un bamboccio, come direbbe qualcuno...
Layla, invece, sembrava sempre più nervosa ogni volta che le rivolgevo lo sguardo. Stava ferma in mezzo alla strada, ignorando la gente che le chiedeva, più o meno gentilmente, di farsi da parte e lanciando sguardi di fuoco a Zack. Non riuscivo a capire come mai si comportasse così: era stata sua l'idea di usare i Sotterranei per arrivare più velocemente ad Arianciopoli eppure agiva come se fossimo stati io e Zack ad imporle di passare per quelle gallerie. Forse si era solo pentita di aver fatto quella deviazione, magari le erano tornate alla mente immagini di un'esperienza che voleva dimenticare. Oppure era ancora tormentata dal fantasma dei Triade. Ma chi volevo prendere in giro: i Triade erano tutto tranne che un fantasma, erano una spada di Damocle pronta a calare implacabile sulle nostre teste nell'esatto momento in cui avremmo abbassato la guardia. E anche oggi, nonostante mi sia liberato di loro, sento ancora l'ombra di quella organizzazione seguirmi di giorno e tormentarmi la notte. Certe ferite non guariscono mai, forse perché sono troppe profonde o forse perché siamo noi a tenerle aperte mantenendo in vita il ricordo della loro causa. Ma io dovevo mantenere vivo e vivido quel ricordo, e gli altri della stessa specie, per evitare che altri commettessero i miei stessi errori, per evitare che le mie, anzi, le nostre sofferenze gravassero sulle spalle di altri. Mi avvicinai a Layla e le chiesi quale fosse la causa del suo nervosismo.

"Lo sai vero che loro potrebbero essere qui?" domandò acida la ragazza. Faceva ancora fatica a nominare i Triade, e ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che ci riuscisse.
"Per quanto ne sappiamo, i Triade potrebbero essere dovunque e allo stesso tempo da nessuna parte"
"Non pronunciare quella parola, ti prego..."
"Cancellare il loro nome non ti aiuterà a superare quello che stai passando"
"Ne sono consapevole" rispose Layla poco prima di lanciare uno sguardo innervosito ad un tizio appoggiato alla parete. "Ma mi fa sentire meglio" aggiunse poi mentre si allontanava di qualche passo.
"Ti capirei se volessi abbandonare il nostro viaggio" dissi mentre le prendevo una mano. La strinsi forte, come a sottolineare ciò che stava dietro alla mia affermazione. "D'altronde, è colpa mia se sei stata fatta prigioniera" aggiunsi poi mentre Layla si girava verso di me.
"Non è colpa tua: io potevo anche non seguirti, ma l'ho fatto. Siamo entrambi delle vittime in tutto questo"
Non era vero, almeno non in parte: Layla era l'unica vera vittima, mentre io ero sia carnefice che vittima. Tutto quello che stava passando in quel momento era colpa mia, e nulla mi avrebbe fatto cambiare idea. Feci per rivolgerle nuovamente la parola ma un boato proveniente dal fondo della sala mi fece morire le parole in gola: i ricordi di ciò che era successo al Museo si fecero nuovamente sentire e fui colto da un altro attacco di panico, meno potente di quello dell'ultima volta ma altrettanto destabilizzante. Iniziai a scandagliare con lo sguardo tutte le uscite della sala, in cerca di tracce della presenza dei Triade. Layla, nel frattempo, prese mano ad una Sfera e si mise in guardia. Dopo pochi secondi arrivò anche Zack, che si mise tra me e Layla cercando così un riparo. Un sorriso amaro si dipinse sul volto del mio amico. Era evidente che quella situazione lo stesse frustrando parecchio ed io non potevo fare a meno di comprendere come si stesse sentendo.

"Signori visitatori, vi preghiamo di mantenere la calma" disse una voce nasale proveniente da uno degli auto-parlanti fissati al soffitto. "Un folto gruppo di Pokémon è riuscito a sfondare il cordone di sicurezza. Vi preghiamo di seguire gli addetti della sicurezza che vi condurranno in una zona sicura. Inoltre, la direzione esorta tutti gli Allenatori presenti in questo settore dei Sotterranei ad affrontare l'orda di Pokémon" aggiunse poco dopo con fare monotono.
"Zack, tu vai con gli altri visitatori. Io e Tom ci occuperemo dell'orda" disse Layla mentre recuperava la sfera di Empoleon.
"No, io rimango qui. Non vi lascio da soli" replicò il ragazzo.
Layla si girò verso di lui e gli afferrò il braccio destro, stringendolo in una morsa dolorosa. Lo fissò negli occhi a lungo prima di parlare:"Ho detto che te ne vai, amico. Hai già tentato di combattere e sappiamo tutti come è andata a finire. Non voglio che tu ti faccia di nuovo del male"
Zack, ferito dalle parole di Layla, si liberò dalla presa della ragazza e recuperò il suo zaino. Dopodiché, si voltò verso di noi e ci raccomandò di non farci ammazzare per poi incamminarsi verso il tunnel che avevamo attraversato per entrare nella zona del mercato. Ciò che la corvina gli aveva detto evidentemente aveva fatto effetto, anche se aveva causato più danni di quelli che voleva prevedere. Nonostante questo, se fossi stato al posto di Layla avrei fatto la stessa cosa, magari scegliendo in maniera un pochino più attenta le parole per evitare che Zack si sentisse un fardello inutile per il gruppo. Layla fece uscire dalle Sfere Empoleon e un Camerupt mentre io schierai Venus e Mesmer, gli unici membri della mia squadra che potevano essere d'aiuto a quelli della mia compagna di viaggio. Ci dirigemmo verso il centro del mercato dove, secondo le informazioni che i membri dello staff fornivano attraverso gli auto-parlanti, si era radunata la maggior parte dei Pokémon. Arrivati a destinazione, uno spettacolo orrendo si porse ai nostri occhi: diverse bancarelle giacevano sventrate ai lati della piazzetta che costituiva il centro del mercato, i prodotti che esse sfoggiavano erano sparsi su tutto il pavimento ridotti in uno stato pietoso. Al centro della piazzetta troneggiava un Aggron, un esemplare grande almeno un metro in più rispetto al normale, affiancato da un Crobat e da diversi Sandslash e Sandshrew che lo aiutavano a devastare quello che restava della mercanzia di alcuni mercanti. Il Pokémon Acciaio e quello Volante, tuttavia, combattevano contro un Allenatore sulla ventina ed il suo Arcanine che, nonostante il vantaggio di tipo, non se la stava passando bene: una delle due zampe anteriori era piegata in un modo strano e provocava dolorose fitte al canide e una vistosa ferita, che non sembrava affatto superficiale, sul fianco sinistro gli impediva di muoversi come voleva. Anche il suo Allenatore era ferito ad un braccio, colpito probabilmente da un colpo del Crobat.

"Camerupt, Geoforza!" urlò Layla. Il Pokémon di Layla si concentrò e l'aria intorno a lui iniziò a tremolare per poi espandersi precipitosamente dopo un lungo muggito. Dopo pochi secondi, giusto poco prima che Aggron sferrasse un altro colpo contro Arcanine, il terreno sotto di lui iniziò a tremare ed esplose, scaraventando il Pokémon Acciaio diversi metri più in là. Crobat fu colpito a sua volta da un Fuocobomba ordinato dall'altro Allenatore al suo Arcanine, il quale svenne poco dopo aver mandato a segno il suo attacco. Io mi concentrai sui Terra, che stavano ancora devastando il mercato. Ordinai a Venus di usare Foglielama sul gruppo più folto, cercando di metterne al tappeto il più possibile. Uno dei Sandslash, dimostrando un'agilità ed una velocità piuttosto notevoli,  schivò l'attacco di Ivysaur con estrema facilità e si scagliò contro il mio Pokémon sfoderando i suoi lunghi artigli, pronto a colpire con un Forbice X. Fortunatamente, ordinai appena in tempo a Mesmer di usare Schermoluce, l'unica mossa protettiva che conosceva, per parare il colpo dell'avversario, il quale per via del contraccolpo rimase bloccato a mezz'aria per alcuni secondi, giusto quello che bastò a Drowzee per stringerlo in una presa psichica e a scagliarlo lontano contro un altro Sandslash. Entrambi i Pokémon rotolarono per diversi metri, finendo poi esausti. Nel frattempo, Ivysaur utilizzò le sue liane per lanciare in aria un terzo Sandslash e per colpirlo poi con una scarica di Foglielama combinata con un Idropompa di Empoleon: l'avversario non riuscì a resistere alla potenza di due attacchi a cui era naturalmente debole e precipitò a terra, esausto come i suoi compagni.

A quel punto erano rimasti solo alcuni esemplari di Sandshrew, poco meno di una decina, che soccombettero ad un secondo attacco di Empoleon. Fuggirono appena si ripresero, ritornando nelle caverne che occupavano normalmente. Tutti meno uno, che giaceva svenuto su una tavola di legno appartenente ad una delle bancarelle distrutte e con un taglio sul fianco sinistro, probabilmente ferito da uno degli attacchi di Venus. Mi avvicinai a lui e lo presi in braccio per poi dirigermi verso Layla in cerca di un aiuto.
"Gli serve l'aiuto di Blissey" le disse appena la raggiunsi.
"Mi dispiace, Tom, ma ho depositato la sua Sfera poco prima che partissimo da Celestopoli" rispose la ragazza con fare sconsolato.
"Tieni, usa questa" intervenne l'Allenatore che avevamo salvato prima mentre mi porgeva una Cura Ball. "Ho finito le mie superpozioni, purtroppo" aggiunse poi a mo' di scusa.
"La ringrazio" dissi mentre agguantavo, forse in maniera troppo brusca, la Sfera. Diedi un colpetto leggero sulla testa del tipo Terra ed esso fu subito risucchiato nella Sfera, completando la cattura in pochissimo. Mi dispiaceva rinchiuderlo, ma non c'era altro modo per salvarlo. L'avrei liberato una volta assicuratomi che fosse in piena salute. Nel frattempo, anche Aggron e Crobat si ripresero e, una volta accortisi che il loro seguito si era ritirato, scapparono nelle loro tane, forse per evitare di combattere di nuovo contro degli Allenatori senza il vantaggio del numero.
"Come hanno fatto quei Pokémon a penetrare nei Sotterranei?" si chiese Layla mentre richiamava Empoleon e Camerupt.
"Probabilmente ci sarà stato un guasto nel sistema di arginamento..." ipotizzò l'Allenatore sconosciuto.
"Ci conviene riunirci agli altri visitatori. Non vorrei che Zack si preoccupasse" dissi guardando Layla, la quale annuì.
Ci incamminammo verso il corridoio dal quale eravamo entrati, seguiti dallo sconosciuto che si manteneva comunque ad una certa distanza assorto nei suoi pensieri, e mentre camminavo guardavo la Sfera di Sandshrew: guardarla mi procurava una strana sensazione, una sorta di dubbio. Non ero sicuro che il tipo Terra dentro la Sfera volesse seguire colui che aveva causato, seppur in maniera indiretta, le sue ferite lontano dalla sua casa. Accantonai quei pensieri con un gesto della mano: era inutile preoccuparsi di un qualcosa che si sarebbe risolto nel giro di qualche ora. Con quella convinzione in testa, entrai nelle tenebre del corridoio.

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+ Angolo di uno scrittore in erba +
Long time no seen, ma dear readers. Come state?
Devo dire che questo capitolo non mi soddisfa appieno, ma non ho né il tempo né la voglia di mettermi a riscriverlo, anche perché non sono di sicuro di poter fare di meglio. Dovrei smetterla di essere così autocritico... Signori, iniziano a muoversi fili importanti, presto saprete molte cose di molti personaggi. Restate sintonizzati!
Un saluto \0-0/
Rovo     

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