Abbiamo deciso di mancarci invece di amarci.

di Rori98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. New York è bellissima di notte, tutta da scoprire. ***
Capitolo 3: *** ​2. Saremo fantastici, insieme. ***
Capitolo 4: *** 3. Io mi sono innamorato di te ***
Capitolo 5: *** 4. Come sugli alberi, le foglie. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Stana era seduta sulla poltrona del "The Ellen DeGeneres Show", le gambe accavallate costrette da metà coscia in su in uno stretto tubino verde smeraldo e le mani appoggiate una al poggiolo destro e l'altra sul proprio ginocchio. Su quest'ultima spiccava un bellissimo solitario incastonato in una fedina d'oro bianco. Il piede poggiato a terra, rigorosamente fasciato da un decolté tacco dodici dello stesso colore del vestito, batteva ripetutamente per terra, producendo un fastidioso rumore. Quando il direttore scenico annunciò la ripresa dello spettacolo dopo una breve pausa, l'attrice canadese fu costretta a fermare il ticchettio prodotto dalla punta della propria scarpa.
"Bentornati telespettatori!"
Un leggero applauso costrinse la presentatrice a fermarsi un attimo prima di ripartire.
"Qui con noi c'è uno dei nuovi volti di Hollywood, un'attrice bellissima che lascia senza fiato non solo per la sua bellezza ma anche per la sua bravura: Stana Katic!"
L'applauso che seguì l'introduzione della DeGeneres fu molto più impetuoso del precedente, accompagnato da fischi e complimenti.
L'attrice si alzò in piedi e ringraziò tutti con un caloroso sorriso, mentre le telecamere riprendevano da ogni inquadratura e con ogni zoom possibile, il non troppo appariscente anello al suo dito.
"Allora Stana," continuò la presentatrice "come già hanno anticipato le telecamere, sei qui per comunicarci una notizia importante e soprattutto ufficiale, giusto?"
"Si Ellen," il tono la ritraeva più rilassata di quanto i suoi piedi avessero fatto fino a poco prima, tanto che le scappò anche un piccolo sorriso "sono qui per ufficializzare il mio fidanzamento."
Il sorriso esplose in una salutare risata, prima che l'attrice si ricomponesse e riprendesse il discorso.
"Dopo anni di pressioni per rivelare qualcosa della mia vita privata, ho deciso di lasciare da parte la mia privacy e regalare ai fan un pezzetto della mia vita."
"Un pezzetto è po' riduttivo visto ciò che ci racconterai stasera, non credi?" il tono era ironico, ma la canadese, al solo pensiero di cosa avrebbe dovuto raccontare, si rabbuiò.
"Sì, lo penso anch’io. In fondo la mia storia con Nathan è durata cinque anni e penso che sia più di un pezzetto della mia vita!" una piccola lacrima le si formò all'angolo dell'occhio destro, mentre una serie di "ooh" e fischi si espandevano per la sala.
"Quindi sei qui per raccontarci la tua relazione con il tuo co-protagonista?"
"Esatto. Lo devo ai fan, a Nathan, a Kris, ma lo devo soprattutto a me stessa."
"E ci dirai il perché di tutte queste decisioni?"
"Più avanti. Per capire bene è necessario iniziare dall'inizio."
"Noi siamo qui per te, tutta l'America è pronta ad ascoltare la storia degli Stanathan, che è stata desiderata da migliaia di persone senza sapere che in realtà già esisteva."
"Non dire così Ellen, mi fai sentire in colpa!"
Un'altra risata scappò dalla bocca di Stana e si propagò per tutta la sala.
"Da dove inizio?" domandò poi nervosa
"Io direi dall'inizio! Non voglio perdermi nemmeno un attimo di questa storia! L'ho sognata per anni!" e un’ultima risata alleggerì la tensione che c’era nell’aria, prima che l’attrice iniziasse a raccontare il più grande segreto mai avuto in tutta la sua vita.
 
 

 
Ciao a tutti! Questa è la mia prima long Stanathan e mi scuso in anticipo per tutti gli orrori che scriverò. Potrei anche definirla la mia prima Stanathan in generale, visto che la precedente è oggettivamente orribile hahah
Comunque questo è solo un piccolo pezzo per capire più o meno come si svolgerà la storia. E' molto corto rispetto gli altri capitoli. Il finale è già stato scritto, visto che la mia idea è iniziata da lì, e anche qualche scena all'interno.
Nonostante ciò aggiornerò ogni settimana, più che altro per me, che se no sarei capace di pubblicare in due giorni e la volta dopo in un mese haha
Scusate per il commento lungooo.
Spero la storia vi piaccia e aspetto le vostre recensioni (anche negative per capire i miei errori e migliorarli)!
Baci e abbracci,
Rò :D

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Capitolo 2
*** 1. New York è bellissima di notte, tutta da scoprire. ***


1. New York è bellissima di notte, tutta da scoprire.


"Tutto è iniziato con il famoso taglio della maglietta. Dopo quell'episodio e dopo che seppi che mi avevano preso per la parte, Nate mi invitò al concerto dei Duran Duran. "
 
29 maggio 2008.
 
Stana era distesa sul divano. Una tuta grigia le fasciava le curve del corpo e un mollettone la liberava dall’impiccio dei capelli. In una mano teneva un succo e nell’altro un libro. Era stata una giornata piuttosto complicata e adesso aveva voglia solo di riposarsi. Aveva aperto il libro appena da venti minuti, quando il suo cellulare vibrò per segnalarle un messaggio. Svogliatamente appoggiò il libro e, sbuffando, allungò un braccio verso il basso tavolino davanti a lei, dove era appoggiato il suo cellulare. Con la stessa pigrizia, ritirò il braccio e sblocco il telefono. Quando lesse il nome del mittente, tutta la stanchezza e il fastidio per il disturbo che aveva avuto mentre si rilassava scomparvero e un grande sorriso si aprì sul suo volto. Il nome “Nathan Fillion” spiccava in caratteri neri sullo sfondo bianco del riquadro che era apparso per segnalare la notifica. Un’energia innata s’impossessò del suo corpo e con una velocità mai avuta, aprì il messaggio. Era breve, pochi caratteri occupavano lo sfondo ora diventato nero.
Ho due biglietti per i Duran Duran. Vuoi venire?”.
Molto probabilmente era un messaggio scritto velocemente, con la paura di dire qualcosa di sbagliato o di un possibile rifiuto. Il cuore esplose nel petto della donna. Amava i Duran Duran, ma più di tutto amava quell’uomo dolce e simpatico che aveva gli ultimi due biglietti disponibili e tra tutte le persone che poteva invitare, magari pure con la sicurezza di una risposta positiva, aveva scelto lei. Si riprese un attimo da quei pensieri e specificò a se stessa che era un amore dettato dalla gioia di andare a vedere il concerto di una delle sue band preferite, perché nonostante le piacesse quell’uomo come amico, lei era innamorata solo di Kris. Certo, le cose non andavano benissimo ultimamente, ma dopo due anni di relazione tutti hanno il diritto di un periodo di crisi, e loro la stavano gestendo più o meno bene.
Senza perdere altro tempo, digitò veloce la risposta, sprofondando poi nei cuscini del divano con un sorriso stampato in faccia e il libro ormai abbandonato a terra.
Non sai quanto ho cercato un biglietto. Non rifiuterei nemmeno se tu fossi il Grinch.”.
La felicità per quell’invito la cullò fino nel mondo dei sogni.

Si svegliò di soprassalto circa un’ora dopo, sentendo un fastidioso rumore ronzarle nelle orecchie. Quando collegò tutti i neuroni del cervello, realizzò che il rumore non era altro che il suo citofono. Riprese il cellulare depositato a lato della sua gamba destra e guardò l’ora: 19:06. Doveva essere la sua cena. Si accorse anche della notifica di un messaggio, ma il suo stomaco stava brontolando e decise di rimandare tutto a dopo.
Saziata la voragine che pian piano si stava mangiando anche gli organi vitali, l’attrice ritrovò quella strana energia avuta poco prima e con un unico, veloce gesto recuperò il cellulare dal tavolo della cucina su cui aveva cenato e lesse il messaggio.
E’ un modo velato per dire che sono brutto? Così mi offende, signorina Katic.
Se proprio ti faccio così tanto schifo posso regalarti tutti e due i biglietti e ci porti qualcun’altro al concerto.

Sapeva che stava scherzando, eppure una morsa le strinse lo stomaco al solo pensiero che lui avesse potuto davvero fraintendere il suo messaggio. Finì tutta l’acqua che aveva nel bicchiere in un solo sorso e digitò la risposta, sperando di non aver fatto altri errori.
Potresti anche regalarmeli, ma non saprei chi invitare! E poi se non ci vieni tu dove sta il divertimento?”.
Nathan non si fece attendere e due minuti dopo il cellulare vibrò di nuovo.
Adesso non arrivo a capire se mi stai dando del pagliaccio o del buffone. In entrambi i casi sarei felice: farti sorridere è la mia missione.”.
Il cuore di Stana perse un battito. I polmoni un respiro. La pancia si riempì di farfalle.
Un unico nome nella sua testa però (l’unica parte che ancora funzionava) fu meglio di un insetticida: Kris. Non poteva fare certi pensieri su altri uomini mentre era impegnata. Certo, non era del tutto impegnata vista la litigata e la conseguente semi-pausa (che lei non aveva ancora capito cosa fosse) che si erano presi solo pochi giorni prima, ma comunque non si sentiva in diritto di fare certi pensieri. Così, mentre il lume della ragione ancora predominava sul resto del corpo, digitò un nuovo e, secondo il suo parere, ultimo messaggio.
Non ti allargare troppo Fillion. Non si danno certe confidenze agli sconosciuti.
Prima che mi vengano le carie comunque, io vado a letto. Notte pagliaccio!

Era tentata di aggiungere un cuore alla fine, uno stupido e amichevole cuore, ma quella poca ragione che le era rimasta la riportò ai pensieri precedenti e preferì inviare il messaggio così. In cuor suo sperò che non se la prendesse molto per quel messaggio, anche perché la dolcezza era la prima cosa che le piaceva di quell’uomo. Ma doveva mantenere le distanze, per evitare che il suo cuore prendesse il sopravvento e la spingesse a fare scelte di cui poi avrebbe potuto pentirsi.
Onde evitare qualsiasi tentazione, spense il telefono e si diresse verso il bagno, con l’intento di terminare quella serata con un bel bagno caldo e il libro che, per colpa del suo dolcissimo collega, era finito sul tappeto del salotto.
 
31 maggio 2008
 
Nathan arrivò puntuale come un orologio svizzero: alle 5.30 busso alla porta, con uno splendido sorriso sul volto. Stana era nervosa e doveva ancora finire di truccarsi.
Un “Entra, è aperto!” arrivò da dentro la casa e il canadese non ci pensò due volte ad entrare, fermandosi ad ammirare l’interno.
Davanti a lui c’era il salotto, con le pareti rosa pesca, il pavimento in parquet, un divano e una poltrona in pelle color mogano in centro alla stanza. La TV era posta di fronte al divano e nell’angolo in fondo a destra c’era anche un caminetto. Sulla parete sinistra, una porta scorrevole portava alla cucina, mentre una scala di legno partiva dall’angolo in fondo alla stanza e terminava al piano superiore. Mentre lui stava ammirando un’altra parete, con tutte le foto di una piccola bimba castana, dando le spalle alla scala, un colpo di tosse lo distrasse e lo fece voltare. Una bellissima visione stava scendendo dalle scale, avvolta in una camicia bianca, con un bottone aperto di troppo secondo l’attore, e un paio di jeans neri attillati che le mettevano in risalto le gambe lunghe e il fondoschiena perfetto. Ai piedi portava delle ballerine nere, che lasciavano una certa distanza tra i due. A Stana erano sempre piaciuti gli uomini alti. La facevano sentire protetta e amata.
Quando l’attrice schioccò le dita davanti agli occhi del collega, quest’ultimo si risvegliò e smise di ammirare il suo corpo perfetto, fissandosi invece sul viso. Un sorriso si aprì sul suo volto.
“Sei stupenda”.
La donna arrossì vistosamente e abbassò lo sguardo, così lui alleggerì la tensione: “ Però hai un bottone di troppo slacciato, prenderai freddo.”
“Fai il geloso Fillion?”
“Io?! Geloso?! Assolutamente no. Lo dico per il tuo bene!” ribatté fintamente indifferente l’attore.
“Non mi servono i tuoi consigli, mamma. Sono grande e vaccinata. “. E così dicendo, slacciò un altro bottone, rendendo ben visibile il reggiseno in pizzo, anch’esso bianco.
All’attore mancò la terra sotto i piedi. Quella donna era peggio di Satana. Lo portava in paradiso e all’inferno nello stesso momento.
La donna ridacchiò, soddisfatta di averlo lasciato a bocca aperta, e si diresse verso la porta, recuperando borsa e giubbino in jeans.
“Raccogli la mascella da terra e portami a questo concerto Fillion!”
La sua risata si propagò per tutta la stanza e l’attore pensò che quello fosse il più bel suono che potesse esistere. Avrebbe dovuto registralo, per riascoltarlo quando più voleva, facendo così della risata di quella donna la sua canzone preferita, la sua droga, la sua medicina, la sua missione, la sua vita.
 
Il tragitto in macchina fu abbastanza lento per via del traffico. La casa di Stana distava meno di mezz’ora da Central Park, ma l’ingorgo che li accompagnò fino quasi al parcheggio allungò il tragitto di circa venti minuti.
Per allentare la tensione che si era creata, Nate tirò fuori un piccolo pacchettino quadrato e piatto, con un bel fiocco giallo su uno dei lati.
“E’ solo un piccolo.. ehm.. pensiero”.
Stava balbettando e non aveva levato gli occhi dalla strada, anche se con la coda di quello destro aveva potuto notare l’enorme sorriso che si era formato sul volto della canadese e il rossore che aveva imporporato le sue guance.
“Non aspettarti niente di che. Magari ce l’hai già, anche se spero di no”
L’attrice, ancora emozionata per l’ennesimo dolce gesto di quell’uomo, tolse delicatamente il fiocco e strappò lo scotch che teneva ferma la carta regalo.
Quando l’ultimo CD dei Duran Duran comparve tra le sue mani, con le scritte “Duran Duran’s” e “Red Carpet Massacre” nere sullo sfondo rosso di due rettangoli poco più grandi delle scritte, posizionati obliquamente sull’angolo sinistro del disco, una donna stesa a terra, unica figura colorata ma priva di occhi (coperti da un altro rettangolo nero), e  tre gambe, anch’esse femminili, una lacrima cadde sulla plastica in cui era avvolto e il sorriso della donna, se possibile, si fece ancora più ampio.
“O mio Dio, Nate. E’ bellissimo. Ma non dovevi! Insomma, non mi dovevi fare nessun regalo”. La sua voce era gioiosa e i suoi occhi brillavano in maniera strepitosa.
“Lo so che non dovevo” fu la risposta “ ma ieri sono entrato in un negozio di musica e l’ho visto e mi sei subito venuta in mente tu. Così l’ho preso e sono andato in cassa. Se andiamo a un loro concerto dobbiamo sapere tutte le loro canzoni e, anche se so che probabilmente le conosci già tutte a memoria e che esiste YouTube, ho pensato che ripassare le ultime prima di entrare non ci avrebbe fatto male. E poi così quel CD ti ricorderà sempre questa serata!”.
Il resto del viaggio proseguì normalmente, con la musica che usciva dalle casse della macchina e la voce di Stana che si sovrapponeva a quella di Simon Le Bon.

“Che fine ha fatto quel CD?”
La voce della presentatrice interruppe il racconto dell’ospite, che ci pensò due minuti prima di rispondere.
“Arrivata a casa, quella sera, ho preso il CD e l’ho risposto nel primo cassetto del mio comodino, in modo tale da vederlo tutte le volte che aprivo quel cassetto per una qualsiasi ragione.
“E adesso dov’è?” chiese sempre più curiosa Ellen.
“Penso sempre lì dentro. Aprivo quel cassetto solo per vedere quel bel ricordo, in fondo lì dentro non tenevo nulla di importante.”
“Quindi è stata una bella serata?”
“Sì, è stata.. bella.” Bella non era l’aggettivo giusto. Bellissima, stupenda, meravigliosa, strabiliante sarebbero stati più adatti. “Mi sono divertita molto. Il concerto è stato magnifico e dopo abbiamo fatto una passeggiata per la città. New York è bellissima di notte, tutta da scoprire.” E quest’ultima frase uscì dalle labbra dell’attrice quasi fosse una citazione.
 
Camminarono per le vie centrali lentamente, con le braccia a penzoloni che ogni tanto si sfioravano, come se ci dov'esse essere per forza un contatto tra loro. A un tratto Nathan girò a destra, dentro una stradina più stretta e buia che non assomiglia per niente a una strada del centro, ma più a una di quelle dei quartieri di periferia, dove di solito le bande si incontrano per scambiarsi droga o donne. Stana si bloccò di colpo; sapeva di essere al sicuro con Nate, ma non arriva proprio a scacciare quella morsa allo stomaco che gli provoca anche solo la vista di quel vicolo.
"Nath, dove vai?" azzardò Stana, sperando che l'amico si accorgesse che si era fermata più indietro.
"Ti porto nella gelateria più buona della città!" Esclamò il ragazzo, girandosi lievemente.
"Nate, scusa ma non me la sento! Quella strada é troppo... buia!"
"Stana Katic, non avrai mica paura di un po' di oscurità?" Esclamò fintamente shockato facendo due passi verso di lei.
"No, non é quello... solo che... " Stana si stava ancora impappinando tra le parole quando Nathan allungò una mano verso di lei e aggiunse: "Ti fidi di me?".
Stana non l'aveva mai visto così serio.
"Mr. Fillion, sente la mancanza dell'asilo che mi offre la manina?" scherzò l'attrice per sdrammatizzare. Ma, al contrario di ciò che aveva appena affermato, allungò la mano e intrecciò le dita con quelle del collega.
"Facciamo un tuffo nel passato!" Sospirò l'attrice facendosi trasportare dal compagno.
L’attore correva per quel vicolo, ancora per mano alla collega, sfilando tra un muro e un altro. Alla fine giunsero in un piccolo giardino, ben curato e illuminato, con una fontana e due panchine. Lì vicino c’erano anche una piccola gelateria e un venditore di rose e palloncini a forma di cuore.
Era un posto così bello. Anche se il primo pensiero di Stana fu che era tanto bello quanto dannatamente romantico.
“Allora, Miss Katic, che gusto vuole?”
“Mh, direi che cioccolato e caffè sono perfetti!”
“Lei è perfetta signorina!”
Stana stava per ribattere che non era vero, che non era appropriato e che non era un altro centinaio di cose, ma Nate si era già allontanato e non l’avrebbe sentita. Inoltre tutte quelle attenzioni le piacevano e la facevano sentire viva e bella, una sensazione che non provava ormai da tempo.
Nate tornò poco dopo, in una mano teneva i due coni e nell’altra il filo di un palloncino rosso a forma di cuore. Era bellissimo. Il ciuffo sbarazzino gli cadeva davanti agli occhi, costringendolo a sbuffare in alto per permettere a se stesso di vedere la strada e non inciampare, i coni cozzavano tra loro, scambiandosi i gusti e barcollando un po’ a destra e un po’ a sinistra, rischiando di cadere un passo sì e l’altro pure, e il palloncino completava il ritratto del perfetto bambinone. Oppure del perfetto fidanzato.
Stana preferì non pensare a quest’ultima opzione, ma si concentrò solamente su quanto era buffo e dolce in quella situazione. Se avesse avuto la sua Nikon, gli avrebbe fatto una bellissima foto, che poi avrebbe stampato, incorniciato e messo sul mobile del soggiorno, ma si limitò a scattarne una col suo cellulare e una con la mente, imprimendo bene ogni dettaglio di quella situazione, di quella giornata e di quell’uomo.
Vedendo la faccia della donna meravigliata da quel posto, l’attore si avvicinò a lei e, attento a non sporcarla, le regalò il palloncino e le sussurrò all’orecchio: “New York è bellissima di notte, tutta da scoprire.”
 
"E così tu e Nate avete trascorso una stupenda serata insieme e non vi siete mai baciati?" chiese sbalordita la conduttrice. Stana negò con la testa.
"A quel tempo stavo con Kris, ero innamorata e pensavo potesse durare per sempre. Non volevo farlo soffrire; non lo avrei mai tradito. Solo quando vidi quei due occhi azzurri tutti i miei sentimenti per Kris sembrarono scomparire. Cosi decisi di lasciarlo, senza troppe scuse, usando solamente la verità: gli dissi che provavo qualcosa per Nathan e che non volevo prenderlo in giro." Riprese la Katic.
"E lui la prese bene?" chiese stupita la conduttrice
"Ovviamente no. Mi amava alla follia e lo sapevo. Per anni mi era stato vicino, mi aveva appoggiato e sostenuto durante tutti i provini falliti, durante tutti i pianti. Non era solo il mio compagno, era il mio migliore amico, il mio confidente, e adesso io stavo rovinando tutto, stavo buttando tutto all'aria per una "cotta passeggera", come la definiva lui. Mi ricordo ancora che mi ha guardato negli occhi e mi ha detto che tra noi non avrebbe mai funzionato. 'La parte più difficile in un telefilm è non innamorarsi della propria co-protagonista' aveva detto teatralmente citando Dempsey. Poi aveva continuato 'Pensa, perfino loro l'hanno capito. I Dempeo magari esisteranno, probabilmente saranno amanti, ma hanno capito che insieme non potevano stare, non potevano unire la vita privata al lavoro. Lui si è sposato ed ha avuto dei figli. Lei uguale. Magari si amano, magari si vedono, magari si scopano pure; ma non stanno assieme'. Stava parlando in preda alla rabbia, lui, che non si arrabbiava praticamente mai con me, mi stava gridando contro.
E io non ci vidi più e scoppiai, chiedendogli se secondo lui avrei dovuto rimanere con lui e farmi le sveltine con Nathan in un camerino." Stana si fermó un attimo. La testa bassa, gli occhi lucidi, pieni di ricordi che facevano troppo male perfino a distanza di anni. Eppure neanche una lacrima scese dal suo viso, non ancora almeno.
"E lui cosa fece?" Chiese l'interlocutrice, risvegliandola dai suoi pensieri.
"Niente" sussurrò appena.
"Come niente?"
"No. Si avviò verso l'uscita, posò le chiavi del mio appartamento, quelle che gli avevo dato un anno prima, sul mobile all'entrata e aprì la porta. Mentre stava uscendo, si girò, mi guardò e sorrise, dicendomi che non avrebbe funzionato con Nathan e che lui mi avrebbe aspettato, anche per sempre. Poi uscì e chiuse la porta."
“E tutto queste successe in una sera?”
La faccia stupita di Ellen procurò una debole risata a Stana, che si affrettò a rispondere:
“No, quella sera tornai a casa e tutto finì lì. Penso di aver provato da subito qualcosa per Nathan, solo che non l’avevo mai ammesso neanche a me stessa. Almeno non fino al party per l’inizio delle riprese.”

Per tutta l’estate aveva continuato a vedere Nate e le loro uscite si facevano sempre più lunghe e ravvicinate. Pizze, gelati, film, escursioni, shopping, non importava cosa facessero, a tutti e due bastava stare insieme. Così avevano deciso che una volta a ciascuno avrebbero scelto cosa fare mentre erano insieme. Quando era il turno dell’attore, chissà perché, Stana si trovava sempre in luoghi strani o buffi o fuori dal comune, e tutte le volte la sua faccia era stupita, se non schifata, fino a quando, davanti all’uscio di casa, non abbracciava Nate e lo ringraziava per la bellissima giornata passata.


Un giorno, poco prima dell’inizio delle riprese, stavano passeggiano sulla spiaggia di Santa Monica. Avevano deciso di passare una giornata al mare e tra scherzi, nuotate, spruzzi, solletico e quant’altro il tempo era volato. Non si sa come, erano finiti distesi sul bagnasciuga. Nathan sotto e Stana sdraiata sopra di lui. Così, per alleggerire l’imbarazzo che si era creato, la canadese propose al collega di fare una passeggiata lungo la spiaggia. L’attore accettò volentieri, non prima però di aver preso Stana tra le braccia e averla buttata in mare, per sciacquare via la sabbia che le si era attaccata un po’ ovunque.
Passeggiavano sulla sabbia bagnata, con le goccioline d’acqua che cadevano dai loro capelli e dai loro costumi, scivolando e tornando parte dell’immenso oceano.
Ad un certo punto Nathan si fermò e afferrò la mano di Stana, leggero e tremante, e la fece voltare. Si perse un minuto ad osservare quelle bellissime gambe che lo stregavano ogni volta e poi puntò il suo oceano nei suoi occhi. La voce era sicura e un sorriso smagliante gli risplendeva sul volto.
“Vieni con me al party di inizio riprese?”
Le gambe le tremavano e il cuore faceva i salti di gioia. Non aveva ancora mollato Kris, ma l’avrebbe fatto presto, probabilmente addirittura quella stessa sera, al rientro a casa.
“Si. Si. Si. Vengo al party di inizio riprese con te.”
“Cavoli, sono tanti si. Tutti questi si portano una grande responsabilità con sé. Sei pronta a sostenerla, Katic?”
 

Ciao a tutti!
Intanto voglio scusarmi per l'ora: so che praticamente è ancora mercoledì, ma teoricamente è giovedì e siccome sono in vacanza e non so quando potrò riconnettermi dal pc, pubblico adesso.
Prima di parlare del capitolo, voglio ringraziare tutti quelli che hanno recensito, stupendomi e facendomi davvero felice, e tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite! Non sapete quando questo significhi per me!
Comunque, questo è il primo capitolo, un po' di introduzione. Le informazioni generali dovrebbero essere giuste (luogo del concerto, ora (anche se era alle 7.30), titolo del CD e copertina) ma in caso di qualsiasi errore mi scuso! Ho lasciato stare le riprese del pilot e la linea temporale non so quanto sia giusta. Come non so quanto sia giusto quello che sto dicendo, perchè sono in ferie, stanca, con la febbre e la tosse.
Quindi spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi siate addormentati su queste ultime righe! hahah
Oltre a ciò (e parlando seriamente) spero sia chiara la distinzione tra presente/intervista e passato/racconto/ricordi. Per qualsiasi cosa, qualsiasi dubbio o cosa poco chiara fatemi sapere!
Aspetto le vostre recensioni, belle o brutte che siano!
Baci e buone vacanze!
A giovedì,
Rò :)

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Capitolo 3
*** ​2. Saremo fantastici, insieme. ***


Dove eravamo rimasti:
“Vieni con me al party di inizio riprese?”
Le gambe le tremavano e il cuore faceva i salti di gioia. Non aveva ancora mollato Kris, ma l’avrebbe fatto presto, probabilmente addirittura quella stessa sera, al rientro a casa.
“Si. Si. Si. Vengo al party di inizio riprese con te.”
“Cavoli, sono tanti si. Tutti questi si portano una grande responsabilità con sé. Sei pronta a sostenerla, Katic?”
 

2. Saremo fantastici, insieme.

 
"Hai lasciato Kris quella sera?" il tono della presentatrice era cresciuto di un'ottava e sembrava una ragazzina che chiede al suo idolo se può farle un autografo.
"In realtà no, quella sera Nath mi ha riportata a casa e basta, Kris era rimasto nel suo appartamento. "
"Il pensiero di lasciarlo quindi era sorto solo con Nathan?" sembrava più un’affermazione che una domanda e l’attrice si sentì di nuovo piccola, rimproverata dalla mamma per aver rotto la vecchia cornice contenente la foto del loro matrimonio, che giaceva a terra a lato dei cocci rosso-rosati. Si sentì obbligata a controbattere, usando forse un tono un po’ troppo alterato.
"No, avevo quel pensiero già da un po'. Mi sembrava di tradirlo: stare con Nate era tutto ciò che desideravo. Quando ero con lui, le gambe mi tremavano e il cuore accelerava, le guance si arrossavano, la bocca si seccava e mi mancava il fiato. Non mi ero mai sentita così: leggera, spensierata, felice. E mi sentivo terribilmente in colpa. Erano sensazioni che non avevo mai provato prima, nemmeno con Kris, e questo mi spaventava. Ero fidanzata e Nate era un mio collega, un buon amico, ma non poteva essere di più. Mi sono data del tempo, per vedere se le emozioni sarebbero cambiate, ma la mattina prima del party avevo capito che non potevo più prendere in giro nessuno, tanto meno Kris, cosi lo mollai. Come, lo sapete già."
"E la sera sei andata con Nathan al party?"
"Si"

Erano le cinque, Nate sarebbe passato a prenderla tre ore più tardi: aveva tutto il tempo per lavarsi, vestirsi, pettinarsi e truccarsi. Così aprì l'acqua per riempire la vasca e andò in camera a decidere che abito mettere. Frugando nell’armadio, trovò quello che secondo lei era perfetto: era un vestito rosa pesca, senza spalline e con uno scollo a cuore, stretto fino in vita, dove poi iniziava una gonna a palloncino fino a metà coscia. Abbinato al vestito, prese un paio di tacchi, dello stesso colore. Decise di non mettere il reggiseno, cosi prese un paio di mutande color carne, l'accappatoio e si diresse in bagno. Appoggiò il tutto sulla sedia vicino alla vasca e s’immerse nell'acqua calda. La schiuma le avvolse tutto il corpo e l'attrice si concesse i seguenti trenta minuti per riposare le membra e pensare a quello che sarebbe potuto succedere quella sera. Doveva dire a Nath che aveva lasciato Kris? E se lui le avesse confessato i suoi sentimenti?  O, peggio, se non provasse nulla e cercasse di allontanarsi da lei? In ogni caso sarebbe stato terribile, non poteva esserci niente tra loro. Forse aveva ragione Kris. In preda a tutte queste domande non si accorse che l'acqua aveva cominciato a freddarsi. Per evitare ulteriori sproloqui interiori, decise di uscire: avrebbe affrontato un problema alla volta, non valeva la pena preoccuparsene adesso. Si avvolse nell'accappatoio e si fece coccolare dal caldo abbraccio della spugna giallina; poi indossò la biancheria e si diresse in camera.

Fermandosi davanti allo specchio, quasi del tutto pronta, per la prima volta si sentì insicura, per la prima volta i suoi capelli erano troppo corti, il seno troppo piccolo, le gambe troppo secche. Per la prima volta ebbe paura di non piacere a Nathan, nonostante lui ormai l'avesse vista con qualsiasi cosa addosso, dall'orribile maglietta che aveva ai provini, alla tuta da casa, al costume da bagno. Lui l'aveva vista praticamente nuda, eppure, adesso che lei non stava più con Kris, il pensiero di non piacergli la colpì come una lama. Di certo lui aveva milioni di donne ai suoi piedi, più formose, più belle, più simpatiche e anche più intelligenti.
Immersa nei suoi pensieri, si accorse del campanello solo al secondo squillo. Velocemente, per quanto le permettevano i tacchi, andò ad aprire la porta.
Restò sbalordita quando vide Nate avvolto in un completo blu scuro, che richiamava i suoi occhi, un fiore di pesco nel taschino e uno tra le mani. Le sue mani. Si soffermò a guardarle: erano grandi ma protettive, forti ma delicate, sicure eppure in quel momento tremavano. Perché gli tremavano le mani? Troppo presa com’era a fissare le dita dell’attore e a fare pensieri poco casti su quello che avrebbero potuto fare a contatto col suo corpo, non si rese conto che l’uomo davanti a sé era ammutolito. Gli occhi che brillavano, la bocca spalancata, il respiro mozzato. Sembrava essere morto nel migliore dei modi, giunto in un posto talmente meraviglioso che poteva addirittura essere il Paradiso, bloccato davanti alla visione dell’angelo più bello che potesse esistere. Sembrava tutte queste cose e le era. Era morto, risorto e ora si trovava davanti ad un angelo. Stana, avvolta in quel vestito, era un angelo, una fata, una sirena, una musa, era la reincarnazione della vergine e tutto ciò che lui aveva sempre desiderato. Con una sola parola era perfetta. Se invece qualcuno gli avesse concesso due parole, avrebbe detto che era anche straordinaria. Sì, perfetta e straordinaria erano gli unici due aggettivi che esprimevano, almeno in parte, quello che lei era per lui.
E questi pensieri confusi sarebbero durati all’infinito, mentre Stana continuava il suo sogno ad occhi aperti, se non fosse stato per una signora di quasi novant’anni appoggiata allo stipite della porta accanto.
“Insomma ragazza, fallo entrare, offrigli un the, bacialo, ma fai qualcosa per favore.”
L’attrice si riprese, arrossì e si girò verso la vicina.
“Signora Fellon, mi scusi, non l’avevo vista” disse, cercando di sviare il discorso.
“Stana, Stana, sarò anche vicina alla morte, ma non mi inganni: non cambiare discorso. Tu e il signorino qua presente vi stavate mangiando con gli occhi e, se non era per me, eravate ancora in trans entrambi. Quindi, signorinella, muoviti e acchiappa la tua preda, oppure lo farò io, non mi permetterei mai di lasciare un così bel bocconcino davanti alla mia porta. “
Il viso della ragazza, se poté, arrossì ancora di più e rimase ammutolita a fissare la sua strana vicina negli occhi. Senza rendersene nemmeno conto, però, afferrò la mano di Nate e lo portò più vicino a sé.
“Okay, Okay, ragazza, ho capito. E’ tutto tuo. Io vado dentro, così potete tornare a fare quella strana danza dell’amore con gli occhi sul mio pianerottolo. Fossi in te però, farei anche un altro tipo di danza con questo bel ragazzone!”.  E così dicendo si richiuse la porta alle spalle.
“Davvero strana la tua vicina” fu il commento di Nathan, poco prima che il silenzio calasse tra di loro e gli occhi riprendessero a fare quello che era stato interrotto poco prima. Per fortuna questa volta l’attore si contenne e, risvegliandosi dal suo stato catatonico, si avvicinò alla guancia della donna e le lasciò un dolce bacio vicino all’angolo destro della bocca.
“Sei stupenda stasera.”
Il sussurro arrivò dolce e terribilmente sexy all’orecchio della canadese, che sentì una scossa scenderle per la schiena e l’adrenalina scorrerle nelle vene.
“Saremo fantastici, insieme”.
Quella frase era uscita dalla sua bocca, debole e insicura, come un pensiero intimo che non deve essere svelato, e si era appoggiata a stento all’orecchio dell’uomo, che sentì un sentimento a lui sconosciuto scaldargli il cuore e un altro invece abbastanza famoso all’altezza del cavallo dei pantaloni. Prima di strapparle quel meraviglioso vestito, però, riuscì a darsi una calmata e, per spezzare l’incredibile tensione che si era creata tra loro, se ne uscì con una delle sue solite battute provocatorie.
“Era un complimento questo, Stana Katic? Volevi dirmi che anch’io sono bello? Se era così, mi dispiace avvisarti ma lo sapevo già. Comunque accetto lo sforzò.”
Una candida risata si propagò per il pianerottolo e l’attrice ancora una volta ringraziò Nate per averla capita al volo e non aver approfondito quanto detto. Anche lui si unì alla sua risata ed entrambi si presero un attimo di pausa da quella costante tensione che c’era tra di loro. Il momento però finì e il silenzio ricadde su di loro, accompagnato dal desiderio che ormai aveva preso posto nel loro stomaco, nella loro testa e nel loro cuore.
“Dai vieni dentro, prendo la borsa e andiamo”.
Non riuscì neanche a fare un passo ché la mano di Nathan, ancora intrecciata alla sua, la strattono, costringendola a guardarlo.
“Questa è per te”.
Allungò il piccolo fiore che aveva tra le mani e lo sistemò all’orecchio della donna.
“Ora sei davvero perfetta” concluse, prima di lasciarle un altro caldo bacio all’angolo destro della bocca.
“Ti aspetto qui, vedi di non farti desiderare troppo!”

Arrivarono al party in perfetto orario, parcheggiando la meravigliosa auto sportiva dell’attore in uno dei posti riservati agli invitati.
La festa era stata organizzata da Andrew e non era nulla di ufficiale o pomposo. Niente giornalisti, niente fotografi, niente tappeto rosso. Era una semplice festa per conoscersi e legare un poco prima dell’inizio delle riprese. Anche il posto sottolineava questo aspetto: era un semplice spazio adibito a feste in riva al mare, con un piccolo gazebo in cui era stato posizionato il buffet e uno più grande in cui erano state sistemate l’orchestra e la pista da ballo.
Pur non essendo in ritardo, il luogo era già pieno di macchine di ogni genere e marca e così Nate era stato costretto a parcheggiare abbastanza lontano dalla passerella di legno che li portava nel vivo della festa. Da vero cavaliere scese dall’auto e andò ad aprire a Stana, che appena messi i piedi a terra si accorse di quanto era negata a camminare sulla sabbia coi tacchi. Fece per abbassarsi a toglierli, quando sentì due braccia stringerla sotto le ginocchia e intorno alla vita e si ritrovò in braccio a Nate.
“Che stai facendo?” s’impose di assumere un tono di rimprovero, ma ciò che uscì dalle sue labbra suonò più come un misto di sorpresa ed emozione. Maledetta voce che la tradiva.
“Non puoi camminare sulla sabbia o finirai per romperti una caviglia e stasera sei sotto la mia protezione, quindi farò tutto quello che è in mio potere per proteggerti. Poi, sinceramente, se fossi in Kris e ti vedessi tornare a casa col gesso alla caviglia dopo una serata con un uomo, non so se ti farei più uscire con lui!” Nate tentò una risata, ma si udì solo un piccolo mugugno.
“Oh, grazie, papà.” lo apostrofò lei “Ma sono abbastanza grande da decidere autonomamente della mia vita, non ho bisogno di qualcuno che mi dica con chi posso o non posso uscire”.
Il tono triste e malinconico fece incupire Nate, che pensò di aver detto qualcosa di sbagliato.
“Ehi, Stana, tutto bene?”
“Certo, ma fammi scendere”
“Non ci penso proprio! Ti scorterò fino alla passerella. Non scherzavo quando ho detto che sei sotto la mia protezione e che farò di tutto pur di regalarti una bellissima serata! Quindi adesso faresti meglio ad allacciare le tue esili e bellissime braccine al mio collo se non vuoi cadere.”
L’attrice si dovette arrendere e allungò le mani dietro il collo dello scritto, intrecciando le proprie dita e facendosi sempre più vicina all’uomo che la teneva in braccio. Il suo fiato s’infrangeva sul collo dell’altro, mentre le delicate dita dell’uomo le sfioravano i fianchi con movimenti circolari e rilassanti.
“Portami lontano Nath. Portami via da questa festa. Andiamocene, tu ed io.”
Non sapeva da dove le era venuta quella frase, ma ormai il pasticcio era fatto. La verità era che in quel momento non le importava niente della festa, del rumore e della gente, voleva stare tranquilla, in silenzio, con lui.
“Non possiamo andarcene. Siamo i protagonisti.” si fermò un attimo, pensieroso, poi riprese “Al massimo possiamo farci attendere, un’oretta o due, dicendo che con la scusa di voler arrivare un pochino in ritardo siamo rimasti imbottigliati nel traffico.”
Stana si appoggiò alla sua spalla e annuì debolmente, solleticando il collo del canadese con il naso, il quale per poco non sentì la terra mancargli sotto i piedi.
“E dove vuoi andare?”
“Andiamo laggiù, su quella casetta di legno”.
L’attrice indicò un piccolo prefabbricato di legno, leggermente rialzato per impedire alla marea di entrarci.
“Okay, tieniti stretta.”
Avrebbe voluto controbattere che poteva benissimo camminare, ma stava talmente bene dov’era che cambiò immediatamente idea e si accucciò ancora di più tra le braccia dell’uomo che la stava trattando come mai nessuno aveva fatto.

Saliti i pochi gradini che separavano la casa dalla sabbia, Nate la appoggiò con cautela a terra e si sedette accanto.
“Cosa c’è che non va?”
“Io e Kris ci siamo lasciati.”
Lei avrebbe voluto dire ‘Io l’ho lasciato’, lui voleva sapere il motivo della loro rottura; ma entrambi sapevano che non era il momento. Ogni cosa sarebbe andata come doveva andare, bisognava solo avere pazienza. Per il momento Stana si accontentò di appoggiarsi alla spalla di Nathan e di godere di quella calma insieme a lui, con il vento che le scompigliava i capelli e l’odore del mare che le solleticava le narici.
Nessuno dei due seppe per quanto tempo stettero così, in silenzio. Ma il canadese a un certo punto si alzò in piedi e, riprendendo la donna tra le braccia, si rincamminò verso la festa.
“Dobbiamo per forza tornare alla festa?”
Chiese lei sbuffando.
“Sì, dobbiamo.”
“Va bene, ma poi se bevo mi riporti a casa tu stasera.”
“Certo, ti riporto a casa io in ogni caso, ma tu non devi ubriacarti.”
“Smettila, papà.”
Il tono voleva sembrare scherzoso, ma l’attrice non riuscì a trattenere uno sbuffo. Lui non era nessuno: non era suo padre né il suo fidanzato, non doveva preoccuparsi per lei.
Lo fa perché ci tiene a te.
E mentre questo pensiero vagava per la sua mente, erano arrivati alla passerella e lei era stata gentilmente riposata a terra.
“Grazie” sussurrò Stana all’orecchio dell’amico, lasciandogli un lieve bacio vicino al lobo.
Insieme poi entrarono e furono accolti da una marea di fischi e applausi.
Quasi tre ore dopo, la festa era arrivata al culmine e tutti erano almeno un po’ brilli. Tutti tranne Nathan, che aveva bevuto tutta la sera succo ed era rimasto a fissare la collega buttare giù un Cosmopolitan dietro l’altro, strusciandosi su Tamala in modo provocante e rifiutando ogni tipo di avance da ogni tipo di uomo.
Anche in quel momento la stava sorvegliando: era appoggiata al muro, non si reggeva in piedi e aveva un bicchiere pieno in mano, mentre un uomo cercava di abbordarla e portarla nel retro per scoparsela. Sarebbe voluto intervenire, ma quando lo aveva fatto le volte precedenti, la donna lo aveva sempre ripreso urlando che lui non era nessuno e lei poteva benissimo cavarsela da sola. Così anche ‘sta volta era rimasto appoggiato alla colonna, in attesa che quel tipo se ne andasse. Quando però vide la mano dell’uomo alzarsi e palparle maldestramente il seno, non ci vide più e con uno spintone lo allontanò e trascinò Stana fuori dal gazebo.
“Lasciami Nate!”
“Te lo scordi! Sei talmente ubriaca che quell’uomo avrebbe potuto scoparti su quel muro e tu non te ne saresti accorta! E so che non sei così, quindi adesso ti porto a casa e ti metto a letto. Domani potrai ringraziarmi.”
Non rispose. Si tuffò tra le braccia dell’uomo e si mise a piangere. Nate la cullò per un po’, parlandole all’orecchio e accarezzandole la testa.
“Ssh, va tutto bene. Adesso ti porto a casa.”
E così dicendo, la prese di nuovo in braccio e la scortò fino alla macchina. Neanche il tempo di appoggiarla sul sedile e si era addormentata. Salì dal lato del guidatore e si fermò qualche istante a guardarla. Era bellissima. I capelli spettinati, il trucco leggermente sbavato, le guance arrossate e le membra rilassate. Sembrava serena, per la prima volta in tutta la sera.
Prima di accendere la macchina, tirò fuori il cellulare e scrisse ad Andrew, avvisandolo che loro erano andati a casa. Poi partì, sfrecciando tra le strade di Los Angeles.
Mentre guidava un pensiero lo colse all’improvviso. Kris non c’era più. Lei era sola. Non poteva semplicemente portarla a casa, metterla a letto e andarsene, doveva controllare che stesse bene. Così sterzò bruscamente a destra e imboccò la strada che li avrebbe riportati a casa sua.
Arrivati all’appartamento dell’attore, la portò fino in camera sua e la appoggiò sul letto. Poi iniziò a svestirla. Aveva bisogno di una doccia fredda, per smaltire più velocemente la sbornia ed evitare di ritrovarsi un fastidiosissimo mal di testa il giorno dopo. Le slacciò il cinturino legato al piede destro e le sfilò la scarpa, poi fece lo stesso col piede sinistro. La fece girare, col petto rivolto verso il materasso, e le abbassò la cerniera. Quando notò l’assenza del reggiseno, il cuore gli si fermò per un attimo. Non era di certo questa la situazione in cui più volte aveva immaginato di vederla nuda, nei suoi sogni era tutto più romantico. Ma lo stava facendo per lei. Prese coraggio, la fece mettere seduta e le tolse anche il vestito. La visione che aveva davanti agli occhi era incredibile, di una bellezza unica. Ci mise qualche secondo per riprendersi, poi la distese sul letto e iniziò a svestirsi anche lui.
Rimasto in boxer, riprese la donna tra le braccia e la portò verso il bagno, aprì le porte della doccia e s’infilò dentro con lei. Quando aprì il getto dell’acqua fredda, la sentì rabbrividire e la vide riprendersi un poco. La appoggiò a terra e prese una spugna, con cui si mise a pulirle dolcemente la pelle vellutata, in modo tale da rimuovere tutto il sudore e la puzza di alcool che sprigionava ogni cellula del suo corpo. Quando ebbe finito, uscì e la avvolse in un accappatoio, prendendone poi uno anche per lui. Ritornati in camera, la mise di nuovo sul letto e sparì in bagno per vestirsi. Doveva aiutarla, ma era pur sempre un uomo e lei era pur sempre una bellissima donna, una bellissima donna di cui inoltre si era innamorato e che giaceva, nuda, sul suo letto. Quando uscì dal bagno, andò verso il suo armadio e tirò fuori un paio di boxer (i più piccoli) e una maglietta. Senza levarle l’accappatoio di dosso, infilò le mani dentro l’apertura e le sfilò le brasiliane bagnate, accarezzandole dolcemente le gambe mentre accompagnava le mutandine fino ai piedi. Chiuse anche gli occhi per evitare di sbirciare, visto che aveva visto già troppo. Prese i boxer e sempre delicatamente glieli fece indossare. Poi le tolse l’accappatoio e le infilò anche la maglietta. Vedendola lì, distesa sul suo letto e con i suoi vestiti addosso, non poté non pensare per la miliardesima volta a quanto era bella e a quanto volesse vederla così tutte le mattine. Solo un piccolo dettaglio rovinava il quadro perfetto. Il trucco era ancora sulla sua faccia e per quanto lui la apprezzasse con qualsiasi cosa e in qualsiasi maniera, di certo la preferiva acqua e sapone. In quel momento si ricordò che aveva lo struccante in bagno, per quando suo fratello veniva a trovarlo con la moglie, e così andò a prenderlo. Messone un poco in un dischetto di cotone, iniziò a pulire dolcemente gli occhi della donna, passandolo poi anche sulla faccia. Quando ebbe finito, scostò le coperte e la infilò sotto, distendendosi in parte a lei. Si fermò a osservare i lineamenti del suo viso e le coperte che si alzavano al ritmo del suo respiro. Osservò la fronte aggrottarsi e qualche sbuffo uscire da quelle morbide labbra che avrebbe voluto tanto baciare. Osservò i capelli sparsi sul suo cuscino e la mano appoggiata sul petto. Osservò l’orologio e vide che erano le tre e mezza e decise che non serviva fare il letto nella camera degli ospiti perché avrebbe passato la notte disteso sopra le coperte del suo letto a vedere la donna che amava dormire tranquillamente accanto a lui.

 




Sono viva! Anche se non ho idea per quanto hahah 
Mi scuso immensamente con voi per questo immenso ritardo. In realtà il mio piano era quello di pubblicare tre giovedì fa, unico motivo per cui mi ero portata il pc in vacanza, per poi scoprire (indovinate un po') che dove ero io NON C'ERA IL WIFI! Evviva! Così appena arrivata a casa, ovvero tipo 1 ora fa, ho pubblicato il capitolo. In compenso avere il computer dietro mi ha permesso di scrivere i prossimi capitoli, che dovrebbero (e dico dovrebbero perchè ho talmente tanta sfiga che mi si potrebbe addirittura rompere il pc) essere pubblicati i prossimi giovedì. 
Passando al capitolo, l'unica cosa che posso fare è chiedervi scusa perchè non è proprio il massimo, anzi, a me non convince proprio. Però io critico tutti i miei lavori, quindi bho, mi metto nelle vostre mani! Fatemi sapere che ne pensate! 
A giovedì (spero!!)
Rò <3

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Capitolo 4
*** 3. Io mi sono innamorato di te ***


Dove eravamo rimasti:
Vedendola lì, distesa sul suo letto e con i suoi vestiti addosso, non poté non pensare per la miliardesima volta a quanto era bella e a quanto volesse vederla così tutte le mattine. [...] Si fermò a osservare i lineamenti del suo viso e le coperte che si alzavano al ritmo del suo respiro. Osservò la fronte aggrottarsi e qualche sbuffo uscire da quelle morbide labbra che avrebbe voluto tanto baciare. Osservò i capelli sparsi sul suo cuscino e la mano appoggiata sul petto. Osservò l’orologio e vide che erano le tre e mezza e decise che non serviva fare il letto nella camera degli ospiti perché avrebbe passato la notte disteso sopra le coperte del suo letto a vedere la donna che amava dormire tranquillamente accanto a lui.
 

3. Io mi sono innamorato di te
 
Nathan restò tutta la notte a fissare il profilo della donna che dormiva accanto a lui. Era cosi bella e serena, molto più rilassata dopo che l'aveva svegliata e le aveva dato due aspirine. Ormai era mattina inoltrata. L'orologio sul comodino segnava le 11.30 e lui era sdraiato su quel letto da ormai otto ore e mezza. Mai gli era capitato di rimanere così a lungo nel proprio letto con una donna. Solitamente, infatti, sgusciava fuori dal letto alle sette, andava a corricchiare e poi preparava la colazione. Ogni donna che aveva dormito nel suo letto, sfogo di una notte o fidanzata, la mattina si era svegliata sola. Non amava particolarmente il genere femminile al mattino: il trucco sbavato, i capelli spettinati, il viso imbronciato, tutto rendeva la mattina la peggiore parte di una relazione, fisica o amorosa che fosse. Ma con Stana era diverso. Non si era mosso di un millimetro durante tutta la notte e, ormai, la mattinata; era rimasto a osservare i capelli spettinarsi e il viso imbronciarsi, trovandosi ad ammettere addirittura che quello era il migliore dei momenti passati con lei.
Con molta fatica, verso mezzogiorno, staccò i suoi occhi dal corpo perfetto della collega e corse in cucina. Accese i fornelli, tirò fuori tutto l’occorrente dal frigo e dai vari ripiani e si mise all’opera. Stava preparando la colazione e la stanchezza non si era fatta sentire neppure per un attimo, anzi, non si era mai sentito più riposato. In dieci minuti aveva finito. Sul vassoio con cui si stava dirigendo in camera, erano appoggiate una tazza di caffè macchiato, con un disegnino sulla schiuma, una pila di pancakes, un'aspirina, la bottiglietta dello sciroppo d'acero, quella della glassa al cioccolato, un bicchiere d’acqua e una rosa rossa. Non aveva mai portato la colazione a letto a nessuno né aveva mai rubato una rosa dal giardino dei vicini per regalarla a una donna. Altri due gesti che si aggiungevano alla lista di cose che aveva fatto per la prima volta con e per Stana. Stava diventando una lista davvero lunga, prima o poi avrebbe dovuto scriverla, altrimenti se la sarebbe dimenticata.
Quando arrivò in camera, l'orologio segnava quasi l'una ed era ora di svegliare la “sua” principessa. Lentamente scostò le coperte e si sedette accanto a lei, appoggiando il vassoio sul comodino a lato del letto. Con la mano destra prese a carezzarle la guancia, mentre la sinistra la scuoteva leggermente. Non ci fu nessuna reazione, nemmeno un minimo sospiro. Ma Nate non si arrese e prima di dovere ricorrere a metodi infelici, provò un altro paio di volte. Prima le parlò dolcemente, poi iniziò ad accarezzarle il lembo di pelle che si era presentato ai suoi occhi dopo che la maglietta si era alzata leggermente. Quest'ultima cosa sembrò risvegliare un minimo la sua dolce bella addormentata, che emise uno o due sbuffi e si girò su un fianco. Nath non aveva mai visto nulla di più bello. Spinto da quella piccola reazione, le scosse nuovamente le spalle. Un timido quanto imbronciato sbuffo uscì dalle labbra dell'attrice, seguito poi da un flebile "Lasciami dormire. Ho sonno.". In quel momento Stana era una bellissima bambina di sette anni, che si arrabbiava con la mamma perché la veniva a svegliare per andare a scuola.
"Sveglia, dormigliona! Devi mangiare assolutamente qualcosa! Il tuo stomaco non vede una possibile vittima da almeno diciotto ore."
L'unica risposta che si udì fu un altro sbuffo.
"Hai tanto mal di testa?" chiese preoccupato l'attore.
Anche questa domanda non ricevette nessuna risposta orale, ma solo una leggera scrollata del capo che, ipotizzò l’uomo, fosse pari a circa un quattro su una scala da uno a dieci.
Nathan però non volle protestare e rimase invece nuovamente imbambolato sul corpo della donna coperto dai suoi boxer e da quell'enorme maglietta. Passarono diversi secondi in cui il silenzio fu l’unico compagno di quella stanza, fino a quando Stana non sembrò svegliarsi immediatamente dalla trans e si drizzò a sedere sul letto, con un mucchio di domande nella testa. Dov’era? E cosa ci faceva Nathan con lei? Perché aveva i suoi boxer e la sua maglietta? Cos'era successo la sera precedente? Perché Nathan stava sorridendo? Oh no.
"Noi...?"
L'uomo era ancora imbambolato e ci mise un po' a capire che Stana stava fraintendendo tutto.
"No. No. No. No. Assolutamente no." Il tono era categorico e Stana si sentì sollevata.
Dopo un momento però soppesò le sue parole. Assolutamente no. Faceva così schifo?
Quel pensiero la rattristò e un broncio diverso da quello che aveva sfoggiato durante la notte (che era stato certamente più buffo), si dipinse sul suo viso.
"Non che non volessi, anzi, ma preferisco di gran lunga le donne consenzienti."
Ci fu un attimo di silenzio, in cui la tensione si sciolse e un timido sorriso apparve sulle bocche di entrambi. Poco dopo però l’attore cercò di allentare l’imbarazzo che si era creato, producendo invece l’effetto contrario.
"Non immagini che fatica farti la doccia!"
Nathan, infatti, rise al ricordo, riportando a galla un briciolo dell'eccitazione provata la sera prima. Stana invece divenne tutta rossa. Il pensiero che lui l'avesse vista nuda, come probabilmente era, visto che non indossava il reggiseno e le mutande non erano quelle che aveva la sera precedente, la imbarazzò non poco. Adesso poteva aggiungere "nuda" alla lista di modi in cui l'aveva vista Nate. Ciò la fece arrossire ulteriormente.
"Ti ho portato la colazione" mormorò Nate, ancora imbarazzato per ciò che era successo e visibilmente preoccupato di aver tirato troppo la corda con quella colazione. In fondo era un gesto "romantico" e loro non stavano insieme. Anzi, Stana era sembrata spaventata all'idea di essere andata a letto con lui. Con un solo sorriso, però, l'attrice levò ogni preoccupazione all'uomo. Girandosi verso il comodino e notando il vassoio, non aveva potuto fare a meno, infatti, di sentire uno strano calore nel cuore e qualche farfalla nello stomaco. Doveva forse comprare l'insetticida? Ci avrebbe ragionato più tardi, perché la presenza del collega la influenzava parecchio. Così si concentrò solo su quel bellissimo gesto e decise di godersi il momento senza troppe paranoie.

Prima di mangiare però, decise che era meglio indossare qualcosa con cui si sentisse più a suo agio.
“Nate, dove hai messo i miei vestiti?”
L’attore per un momento sembrò spaesato. Poco dopo però fece mente locale su quello che era successo la sera prima e, non senza un minimo di rossore, indicò la sedia.
“Il vestito è lì. Le.. l-la biancheria era bagnata e così l’ho messa in un sacchetto. Puoi tenere quei boxer però, a me stanno troppo piccoli”
La bocca della donna si allargò in un sorriso, tacito ringraziamento per quel gesto.
Poco dopo Stana provò ad alzarsi per andare in bagno a cambiarsi, ma la testa le iniziò a girare e si ritrovò tra le braccia dell’attore.
“Forse è meglio che ti cambi qui.”
“Già, forse è meglio.” Rispose la ragazza, spostandosi sul letto. Rimasero a fissarsi negli occhi per qualche secondo, poi, vinta dall’imbarazzo, la donna trovò il coraggio di parlare.
“Potresti prendermi il vestito e poi.. ehm.. lasciarmi un attimo sola?”
La faccia dell’uomo era più che stupita: la bocca era aperta, gli occhi spalancati. Eppure doveva immaginarsi che non bastava averla vista quasi nuda una volta perché l’imbarazzo tra loro cessasse e lei si spogliasse tranquillamente davanti a lui.
“Si certo, scusa.” mormorò. Poi si avviò verso l’armadio e tirò fuori una felpa rossa. “Metti su questa che fa freddo e non vorrei che ti ammalassi.”
E dettò ciò, uscì.

“Avevi proprio fame!” esclamò l’uomo dopo che l’attrice ebbe pulito con il dito anche l’ultima goccia di cioccolato rimasta sul piatto.
“Oh, Nate, era tutto buonissimo! Grazie.”. E un sorriso sincero si fece spazio sul suo volto.
“Figurati, per una colazione”
Ci fu un attimo di silenzio. Nate cominciava a sentire l’imbarazzo di tutte le faccende accadute le ore prima e la stanchezza per la notte insonne che aveva passato, mentre Stana stava pensando a come spiegargli che la colazione non centrava proprio un tubo, che lo stava ringraziando per tutta la lunga lista di cose che aveva fatto per lei, in cui la colazione si trovava praticamente all’ultimo posto.
“Non intendo solo per la colazione. Grazie per tutto. Per avermi accompagnata a casa, per non avermi lasciata sola, per esserti preso cura di me, per avermi dato le aspirine, per avermi fatto.. ehm.. la d-doccia.”
“Ti assicuro che in quel caso il piacere è stato tutto mio!”
Per la prima volta quella mattina, una vera e spontanea risata uscì dalla bocca di entrambi. Solo quando il silenzio tornò a fare da padrone Stana sottolineò la serietà di ciò che aveva detto.
“Stupido! Dico davvero.”
“Lo so. Solo che il pensiero non mi lascia ancora del tutto indifferente. Sì, insomma, diciamo che ti pregherei di non ubriacarti per un po’, altrimenti potrei non rispondere delle mie azioni!”
Una seconda risata, un po’ più imbarazzata, prese nuovamente il posto del silenzio, finendo però tanto veloce quanto era iniziata.
“Perché? Cosa mi faresti Nate?”. Il tono della donna era dolce, anche se si poteva facilmente scorgere una punta di malizia. La situazione stava diventando complicata.
“Non sono sicuro che tu voglia saperlo”
“Se te l’ho chiesto, voglio saperlo”
Nate si prese qualche secondo per sé, diventando improvvisamente serio, come poche volte lei lo aveva visto essere.
“Basta giocare Stana, ti prego”
“Non sto giocando Nate, voglio saperlo davvero. Sono sicura che farei la stessa cosa che hai in mente se fossi tu quello ubriaco. Anzi, non so se avrei tutto il controllo che tu invece hai avuto stanotte.” L’attrice si era avvicinata ancora di più e aveva appoggiato la fronte a quella dell’uomo, che aveva sospirato e chiuso gli occhi. I loro respiri si infrangevano uno sulla faccia dell’altro e mancava poco che le bocche si toccassero.
“E’ troppo presto Stana. Sei ancora scossa per quello che è successo negli ultimi giorni. Vuoi solo un giocattolo con cui sfogare le tue frustrazioni e io non ci sto. Non ci sto a passare una notte con te e poi fare finta che tutto questo non sia mai successo. Non ci sto ad accarezzare il tuo corpo mozzafiato per un’ora, due, e poi non poterlo fare più. Non ci sto a sentirti gemere e tremare sotto di me e tra qualche mese sapere che altre mani, altre carezze, altri baci ti fanno lo stesso effetto. Non ci sto a farmi trattare come un pupazzetto e non ci sto a farmi spezzare il cuore da te, per quanto questo possa farti bene. E credimi se ti dico che questo è tutto ciò che vorrei. Credimi se ti dico che ieri ho toccato il cielo con un dito mille volte mentre eri nuda tra le mie braccia e mille volte ho pensato di svegliarti e fare l’amore con te tutta la notte. Credimi se ti dico che sei bellissima e che probabilmente tra un’ora mi sarò pentito di tutto quello che ho detto e fatto. Credimi se ti dico che ho passato tutta la notte a guardarti dormire e non ho sentito la stanchezza impadronirsi di me neanche un momento, perché vederti dormire accanto a me era la cosa tutto ciò di cui avevo bisogno. Ma io non ce la faccio a baciarti, stringerti e amarti una sola volta. Non ce la faccio ad averti e poi a perderti. Perché non ti voglio per una sola notte.” Stava sussurrando. “Io mi sono innamorato di te, Stana.”

“Oh. Mio. Dio. E’ l’unica cosa che arrivo a dire. Oh. Mio. Dio.”
Il silenzio era calato nello studio. Nessuno parlava, nessuno rideva, probabilmente nessuno nemmeno respirava. Qualcuno aveva un fazzoletto in mano; ad altri si potevano facilmente scorgere gli occhi lucidi. Tra questi ultimi c’era sicuramente Stana. Ogni ricordo era scalfito nella sua mente e ritornare a quei momenti, a quelle parole, riferirle davanti a tutti, le aveva fatto incrinare la voce. Quell’ultima frase era uscita strozzata e sussurrata, eppure tutti avevano capito e nessuno aveva detto niente.
Il timer continuava ad andare avanti e mancavano pochi secondi alla pubblicità. Ellen, da brava presentatrice qual era, prese in mano la situazione e chiamò la reclame.
Quando le telecamere si riaccesero, tutti erano un po’ più tranquilli. Le truccatrici avevano sistemato il trucco delle due donne e un’assistente aveva portato loro due bicchieri d’acqua.
“Siamo di nuovo qui con Stana Katic, protagonista della serie tv “Castle”, giunta ormai alla sua ultima stagione. Per chi si fosse appena collegato, l’attrice è con noi per raccontarci la sua storia con il suo co-protagonista Nathan Fillion. La loro relazione, iniziata nel 2008 e terminata nel 2013, è stata tenuta segreta per tutti questi anni. Come mai adesso, a distanza di più di un anno dalla rottura, l’attrice più famosa al mondo per la sua privacy è qui a raccontarci la loro storia? Non sarà mica colpa di quel bellissimo anello che porta all’anulare? Purtroppo per saperne di più dovremmo aspettare ancora un po’.
Se vi state però chiedendo perché il pubblico è insolitamente silenzioso, la risposta è, invece, molto facile. La Katic ha appena finito di raccontarci la dichiarazione di Mr. Fillion, che – devo dire la verità – non è delle più romantiche, vero?”
“Oh, no. Assolutamente no.” rise l’attrice “Nate si dichiarò nel momento più strano e inadatto. Devo dire che dopo si rifece, parecchie volte, ma in quel momento mi trovai parecchio spiazzata. Avevo appena mollato Kris perché provavo qualcosa per Nath, avevo deciso di aspettare a parlare con lui di questi sentimenti ancora incerti e di certo non mi aspettavo che venisse fuori lui con questo argomento.”
“A dire la verità, però, anche tu ci hai messo del tuo. Ti sei ubriacata, gli hai praticamente permesso di vederti nuda, lo hai stuzzicato e gli hai detto che se fossi stata in lui gli saresti saltata addosso, un qualsiasi uomo ti avrebbe strappato le mutandine molto prima!”. Ellen era sempre molto diretta.
Il pubblico, che fino a poco prima sembrava addormentato, scoppiò in una fragorosa risata.
Stana invece era rimasta sconvolta. Non l’aveva mai vista in questa maniera. Certo, si rendeva conto di averlo stuzzicato, ma non pensava così tanto. Inoltre non aveva mai ipotizzato che anche da ubriaca, se avesse voluto, avrebbe potuto impedirgli di svestirla.
“Oh, be’, se la guardi sotto questo punto di vista forse hai ragione.”. La voce era diventata un sussurro e le guance sembrava le avessero preso fuoco.
“Ma quindi come è andata a finire?”
Un microfono apparve misteriosamente tra il pubblico e passando da una persona all’altra ognuno proponeva la propria ipotesi.
“Vi siete baciati?”
“Gli hai detto che lo ami anche tu?”
“Lo hai abbracciato?”
“Ti ha riportato a casa?”
“Siete andati a fare shopping?”
“Ti ha portato a cena fuori?”
“Ti ha strappato le mutandine?”
A questa domanda tutti risero e Stana, tutta rossa in viso, ne approfittò per rispondere.
“Oh, no. Io sono scappata.”

 


Resuscitata dal mondo dei morti,
tra di voi sono tornata,
se siete incazzati non avete tutti i torti,
ringrazio il cielo che non mi avete ancora ammazzata.

Questa breve poesia è per chiedervi umilmente scusa per il mio immenso ritardo ingiustificato. E dico ingiustificato perchè il capitolo era pronto e il computer funzionava. L'unico problema è che è iniziata la scuola e io sono già piena di compiti. Spero abbiate pietà di me!
Comunque d'ora in poi penso che aggiornerò solo il fine settimana, perchè nei giorni feriali il pc non arrivo a vederlo nemmeno col binocolo.
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite e ancor di più quelli che hanno recensito i capitoli precedenti. E' una gioia immensa leggere i vostri commenti!
Spero che il capitolo vi piaccia, anche se più breve del solito. Fatemi sapere!
Detto ciò, vi lascio in pace e vado a dormire che è tardi.
Ci leggiamo sabato/domenica prossimi (spero!).
Baci,
Rò :*

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Capitolo 5
*** 4. Come sugli alberi, le foglie. ***


Dove eravamo rimasti:
“Io mi sono innamorato di te, Stana.”

[...]“Ma quindi come è andata a finire?”
“Io sono scappata.”


 

4. Come sugli alberi, le foglie.
 

“Come sei scappata?” Ellen aveva la bocca aperta e gli occhi spalancati, con un'espressione davvero buffa che fece ridere Stana.
“Perché ridi?” la bocca si era leggermente chiusa, ma gli occhi si erano spalancati ancora di più. L’attrice fece uno strano gesto con la mano, che la presentatrice prese come una richiesta di aspettare un attimo.
“La tua faccia era davvero buffa. Sembrava che ti fosse morto il gatto o che avessi appena scoperto che Babbo Natale non esiste!” e dicendo ciò, scoppiò nuovamente a ridere.
Quando si calmò, la sua voce iniziò a raccontare lentamente ciò che era successo dopo.

Era scappata. Lo aveva lasciato lì, a casa sua, da solo. Aveva preso i vestiti e lo aveva salutato velocemente, pronunciando una serie di no sussurrati di tanto in tanto.
E ora si trovava fuori, al freddo, con un vento gelido che le sfiorava il viso facendola rabbrividire.
Cazzo, pure il tempo ci si mette.
Si strinse nelle spalle, sentendo il caldo tessuto della felpa dell'uomo riscaldarle la pelle. Il suo odore era impresso in quelli indumento, così tirò su anche il cappuccio per sentire quel profumo penetrarle ancora di più nelle ossa.
Nonostante casa sua fosse abbastanza distante, decise di non prendere un taxi, né la metro né null’atro. Aveva voglia di farsi due passi e di schiarirsi le idee.
Mi sono innamorato di te. Mi sono innamorato di te. Mi-so-no-in-na-mo-ra-to-di-te. Ripeteva quella frase e pensava a quei due bellissimi zaffiri puntanti su di lei mentre la pronunciava. Amore, gridavano amore. E lei era stata capace di zittirli in un solo attimo.
Stava maledettamente bene con Nate. Era dolce, bello, simpatico, generoso, gentile. Era perfetto e si era innamorato di lei. Quando le aveva confessato i suoi sentimenti, avrebbe voluto stringerlo, abbracciarlo, baciarlo ed eliminare quegli inutili vestiti per sentire la sua bellissima pelle a contatto con la propria. Avrebbe voluto fare tutto ciò, ma non poteva. Aveva appena mollato Kris e non poteva già rotolarsi nelle lenzuola con un altro uomo. Non poteva già esserne innamorata.
Non puoi o non ne hai il coraggio?  
Scosse la testa.
Stana, Stana. Cosa ti sta succedendo? L'attrice faticava a riconoscersi. Aveva un lato razionale e un lato sentimentale abbastanza equi, ma in tutta la sua vita il primo aveva dominato sul secondo, anche se di poco. Da quando c'era Nate, invece, si era lasciata andare e la lancetta si era spostata leggermente verso il lato opposto della bilancia. Non le importava della sua privacy: usciva in pieno giorno, si ubriacava e si faceva vedere con lui perfino in spiaggia, dove rotolavano sulla sabbia come due innamorati. E durante tutto il tempo che stavano insieme, non si preoccupava minimamente dei paparazzi che avrebbero potuto seguirla o di quelli che avrebbero potuto fare lo stesso con lui. Certo, non erano famosissimi, lei ancor meno, ma neanche del tutto ignorati. Si appuntò mentalmente che, se questa cosa con Nathan fosse continuata, avrebbero dovuto discutere della loro privacy, privandosi quasi sicuramente di tutte le uscite che avevano fatto nei mesi precedenti. Soprattutto, poi, se Castle avesse avuto successo.
Ma non era sicura che sarebbe continuata, soprattutto dopo essersela data a gambe in quel modo. In fondo però, non avrebbe potuto fare molto altro. Lui la destabilizzava, la rendeva fragile e insicura, la faceva dubitare della sua capacità di razionalizzazione, la bloccava con un solo sguardo e la faceva tremare col minimo contatto. Era cotta come una ragazzina al liceo e questo la spaventava, perché non aveva mai provato sentimenti simili prima. Lei era sempre stata la parte forte, sicura e razionale nelle sue precedenti relazioni e adesso invece si ritrovava a essere un burattino nelle mani di un uomo. Ma ciò che la terrorizzava realmente era che la cosa le piaceva molto e prima o poi avrebbe ceduto ai suoi sguardi e sarebbe caduta nella sua rete.
Stava camminando da mezz’ora. L'aria fresca di fine settembre le solleticava il collo, facendo danzare i suoi capelli e costringendola a rifugiarsi ancora di più dentro quella felpa che sapeva di lui. Le foglie sugli alberi erano ancora verdi, ma alcune erano già cadute a terra. Una delle prime arancioni vorticava nel cielo e non poté non immedesimarsi in quell'essere. Si sentiva priva di nutrimento, staccata dalle sue certezze, ritrovatasi a vagare concentricamente nel vuoto, in mezzo al nulla più assoluto. Quando se n'era andata da casa Fillion, si era sentita fiera di non essere caduta ai suoi piedi, proprio come quella prima foglia che aveva avuto il coraggio di staccarsi dal suo appiglio. Eppure, appena si era ritrovata lontana qualche metro, la confusione e il pentimento si erano impadroniti di lei. Non sapeva dove andare, cosa fare, cosa pensare, e stava volando a vuoto, in mezzo alla tristezza e al senso di colpa per non aver avuto il coraggio di restare lì e affrontare i suoi veri sentimenti. Perché lei sapeva benissimo che era innamorata fino al midollo di Nathan Fillion, semplicemente non voleva ammetterlo. E così, in un attimo, ciò che aveva pensato fosse stato coraggio, si era trasformato in codardia.
Scrollò il capo e prese a camminare più velocemente.
 
Cinque minuti dopo arrivò a casa e si liberò di tutti gli indumenti inutili, restando solo con i boxer e la felpa di colui che a quest'ora avrebbe potuto essere il suo uomo.
Persa nei suoi pensieri, fu risvegliata solo dalla vibrazione del cellulare.

"Forse era troppo presto, ma non potevo aspettare oltre. Scusami."
Cosa poteva rispondere ad un messaggio così?
Optò per la verità, sperando che una nuova occasione si potesse presentare più avanti, quando anche lei sarebbe stata pronta ad affrontare i suoi sentimenti.
"Sono io che dovrei scusarmi. Mi sento una stupida a non aver saputo affrontare i miei sentimenti invece che scappare. Spero un giorno tu possa darmi un'altra possibilità.

Xoxo
S."

La risposta arrivò dopo un minuto. Il tono era malinconico, eppure pieno di speranza e amore.Per Stana fu un pugno al cuore. Lui non poteva fare così, non poteva dire quelle cose dopo che lei gli aveva chiesto del tempo.
​"Io ti aspetterò per sempre." 

Aveva posato il cellulare ed era andata in bagno. Aveva aperto l'acqua della doccia e aveva iniziato a spogliarsi, facendo attenzione a non bagnare la felpa. Poi si era buttata sotto il getto. Era immobile sotto quella cascata d’acqua e sperava che tutte quelle minuscole goccioline la aiutassero a farsi scivolare via tutti i pensieri, senza però ottenere alcun risultato: Nathan era ancora nella sua mente. Quando uscì, si avvolse nel suo accappatoio blu e raccolse i boxer, li lavò e li asciugò col phon. Voleva indossare tutte le sue cose, così si rimise su le sue mutande e la sua felpa e tornò in cucina. Appoggiato sul bancone, lo schermo del cellulare lampeggiava: un nuovo messaggio. Nath.
"Ti lascio i tuoi spazi. Ci vediamo la prossima settimana sul set.”
Il set. Chissà come si sarebbero comportati.
Spense il cellulare, la luce sopra il tavolo e andò a letto, sperando che il mal di testa che l’era ritornato, sparisse di nuovo.

Dall'altra parte della città l'uomo vagava in intimo per casa, cercando un modo per dimenticarsi almeno per un minuto del casino che aveva fatto e riuscire a dormire.
Gli stava chiedendo del tempo e lui glielo avrebbe dato, al costo di passare i successivi anni a corteggiarla e a masturbarsi sulle sue foto. Non riusciva nemmeno a immaginare di eccitarsi per una qualsiasi altra donna, figurarsi amarne un’altra. Voleva solo lei, lei e nessun'altra.
Mise il bollitore sul gas e tirò fuori da una credenza la scatola con le bustine del the e della camomilla. Ne prese una blu, con i fiorellini bianchi che indicavano che l'infuso era quel dorato liquido rilassante che normalmente veniva chiamato camomilla e che invece lui chiamava ambrosia. Sorrise nel ricordare il motivo di quel soprannome, ma decise di non pensarci. Già troppe cose in quella casa le ricordavano lei. Guardando verso il basso, notò – appunto - la caffettiera ancora dentro il lavello e decise di lavarla e riporla nell'armadio, per cercare di lasciare meno ricordi possibili di quella straordinaria donna davanti ai suoi occhi. Il bollitore prese a fischiare e l'uomo lo tolse dal fuoco, versando l'acqua calda in una tazza e immergendoci la bustina. Poi prese a sorseggiare la bevanda.
Quando ebbe quasi finito di bere, il pensiero delle ultime ore si era leggermente affievolito e il sonno aveva iniziato a bussare alla sua porta. Decise cosi di andare in camera a stendersi e provare a recuperare le ore perse la notte precedente. Non mise in conto, però, che il letto avesse ancora il suo profumo e il pensiero del suo corpo nudo riapparse nella sua mente. Chiuse gli occhi e inalò forte rivivendo gli ultimi momenti con lei. E in un attimo si rese conto che non poteva mollare senza aver provato nemmeno a conquistarla. La dichiarazione che le aveva fatto era proprio squallida! Era normale che fosse scappata!
Il sonno lo aveva abbandonato di nuovo, così si rivesti e andò in cucina, dove bevve l'ultimo goccio di quella bevanda miracolosa. Poi uscì di casa, diretto solo Dio sapeva dove.
 
Nathan non era riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto a Stana e ora si trovava lì, alle sei di sera, davanti al suo appartamento, con un mazzo di 12 rose rosse. Le mani gli tremavano e indugiò parecchio prima di suonare il campanello. Ormai non poteva più tirarsi indietro: l'avrebbe costretta a concedere un'opportunità a loro due anche con la forza.
Quando la donna era andata ad aprire la porta, di certo non si era aspettata di trovarsi l'uomo di cui era innamorata con un mazzo di - quante? - 10-12 rose rosse. Il primo istinto fu di sbattergli la porta in faccia per non aver rispettato il loro accordo, per non essere riuscito a resistere nemmeno un giorno senza vederla. La sorpresa era stata così inaspettata però, che non aveva potuto far altro che rimanere impiantata sul pianerottolo di casa.
"Nate... che ci fai qui? Non avevamo detto di non vederci per qualche giorno?”.
"Sì, Stana, lo so cosa avevo promesso. E giuro che tra dieci minuti me ne andrò e non ci vedremo fino a lunedì prossimo, ma concedimi i prossimi 590 secondi per dirti quello che ti ho confessato ieri nel modo in cui avrei dovuto farlo fin dall'inizio. Ti amo Stana. E mentirei se dicessi che mi sono innamorato di te il primo istante in cui ti ho visto, ma mentirei anche se dicessi che è successo giorno dopo giorno. Mi sono innamorato del tuo corpo il primo giorno che ti ho visto. La prima impressione è stata "Mio Dio che culo e che gambe.". E so che non è romantico, ma non sono qua per fare il romantico, ma per dirti la verità. Quindi eccoti la verità: hai un culo e delle gambe da favola. - una lacrima intanto era sfuggita dagli occhi della donna, mentre una bellissima risata riscaldava il cuore dell'uomo. "Poi, pian piano, mi sono innamorato del tuo viso. Tutte le volte che ho riguardato il video del tuo provino o le volte che ero vicino a te per girare il pilot, mi sono fermato ad ammirare il tuo volto. Gli occhi verde-nocciola, la bocca perfetta, gli zigomi arrossati, i capelli morbidi come la seta. E mi sono innamorato un altro po', lentamente eppure molto più intensamente. Il giorno del concerto, invece, mi ha folgorato la tua dolcezza, la tua gentilezza, la tua simpatia e la tua eleganza. Il tuo essere spontanea e vera in un mondo di falsità.
È stato però quando mi sono reso conto che le cose che più mi piacevano di te erano i tuoi difetti che ho realmente capito che ero perso di te. Il tuo profumo mi accompagnava fino tra le braccia di Morfeo e preferivo lavarmi la mattina per sentirlo il più a lungo possibile. Eri presente in tutti i miei sogni. E ciò che mi attirava era proprio la tua riservatezza. Mi piaceva riuscire a strapparti un pezzetto di te e farlo mio, custodirlo come se fosse un diamante e prendermene cura come un bambino. Mi piaceva ascoltare la tua voce e asciugarti le lacrime. Mi piaceva la tua debolezza, mai mostrata agli altri eppure sempre presente quando eri con me. Mi piaceva stringerti e cullarti quando piangevi e adoravo rivedere i video in cui ridevi, perché per me era la cosa migliore del mondo. Mi ero innamorato di te e non me ne fregava un cazzo se tu stavi con Kris, perché mi bastava vederti sorridere per rendere perfetta una giornata.
E so che adesso, dopo questa smielata e patetica dichiarazione, stai morendo di paura, ma non ho intenzione di farti scappare. Ho intenzione di conquistarti, che ci voglia un giorno o un intero secolo. Quindi queste 12 rose sono per te, una per ognuna delle cose che mi ha fatto cadere ai tuoi piedi. La prima rosa per il tuo fondoschiena - e Stana rise di nuovo -, la seconda per le tue gambe, la terza per i tuoi occhi, la quarta per la tua bocca, la quinta per le tue gote, la sesta per i tuoi capelli; la settima per il tuo carattere, l'ottava per i tuoi difetti, la nona per le tue lacrime, la decima per le tue risate, l'undicesima per il tuo cervello e l'ultima per il tuo cuore.”.
Stana tremava. Le lacrime le rigavano il viso e un bellissimo sorriso era stampato sulla sua bocca. Con le mani torturava il bordo della felpa, lasciando intravedere i boxer ogni qualvolta la alzava leggermente.
Nathan intanto si era avvicinato e i loro respiri si scontravano a mezz’aria.
"In questo momento sei la cosa più bella che ci sia."
Un nuovo brivido le percorse la schiena. La paura era sempre dentro di lei, eppure un nuovo sentimento premeva sulla bocca dello stomaco. Che fosse amore? Non avrebbe saputo dirlo e in quel momento non le importava nemmeno. Per una volta decise di ascoltare il cuore e si alzò sulle punte, allungandosi verso il viso dell'uomo che le stava davanti. Un attimo dopo le loro labbra si incontrarono e iniziarono una dolce danza, delicata e leggera. La lingua di lei gli accarezzava il labbro superiore, mentre la mano di lui le avvolgeva la vita e la tirava a sé, facendo scontrare i loro corpi. Si staccarono solo per riprendere fiato, per poi rituffarsi uno sulle labbra dell’altro.
Non c'era passione nei loro baci, solo un'immensa voglia di appartenersi.

 
 


 


Più di un mese di ritardo.
Mi scuso (come sempre) ma è stato un mese orribile, che preferei dimenticare, e la storia era l'ultimo dei miei pensieri sinceramente.
Non so davvero cosa aggiungere.
Spero di sapere cosa ne pensate di questo capitolo, se no ci sentiamo al prossimo.
Saluto e ringrazio chi ha iniziato a seguirmi da poco. Siete tutti magnifici.
Baci,
Rò.

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