Blue Silence di Belial Mime (/viewuser.php?uid=331)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3a ***
Capitolo 5: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3b ***
Capitolo 6: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 4 ***
Capitolo 1 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 1 ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
Disclaimer: Saint Seiya è di proprietà di Masami Kurumada e
della Toei (non mia, sigh), i personaggi che compaiono lungo la fic, invece, mai
comparsi né sul fumetto né nell'anime, sono miei (nello strano caso in cui
voleste utilizzarli in una vostra fic, chiedetemelo prima, plz '^_^).
Spero che la storia vi piaccia, il primo capitolo è più un'introduzione che
altro… Ogni commento è ben accetto J
SHAKA
Stavo meditando sul fiore di loto che si trovava nella stanza principale del
mio tempio.
Era da un po' che non trovavo pace se non in una profonda assenza dal mondo
esterno. Le parole, la gente, sembravano essere così lontane…Così totalmente
inavvicinabili. L'uomo più vicino a dio, forse non sono adatto a questo, forse
questa fama era stata per me solo dannosa. Che cosa vuol dire essere l'uomo più
vicino a dio? Essere forse così soli?
Non lo so.
Le persone dicono che io sia distante, tutti mi vedono sicuro di me e del mondo
che mi circonda. Come si sbagliano, dello Shaka che conoscono, solo una piccola
parte è veritiera. Non sanno la difficoltà che ho nel fare un sorriso, la
difficoltà che ho nello stare vicino a qualcuno e sentire…timore. Mai
affetto, mai uno sguardo amico, solo un grosso timore per il mio potere. Solo
alcuni cavalieri d'oro hanno abbandonato questa sorta di paura, quasi nessuno
però ha mai avuto un sorriso gentile nei miei confronti.
Sembra che vogliano evitarmi per non infastidirmi..
E io cosa faccio? Fomento questi pensieri, non rivolgo la parola a nessuno, non
riesco a parlare. La mia volontà d'avvicinarmi a dio m'ha completamente
estraniato dal mondo. Ho il corpo su questa Terra e l'anima altrove. Il dolore
della separazione è intollerabile, ma più tento di riavvicinarli, più il
solco nella mia anima si fa profondo...
I giorni passano e questa condizione va peggiorando, mi rendo conto che ormai
l'aura di luce che mi sono creato, ha accecato tutti quanti.
Ma io? Non sono forse un essere umano come tutti? Non ho diritto anch'io a
sentire un po' di calore nel mio cuore? La linfa che mi scorre nelle vene è
ormai fredda: forse è a causa della mia incapacità di fare qualcosa, che ormai
la solitudine è inevitabile.
E' meglio rinunciare? I sentimenti sono qualcosa che al cavaliere di Virgo sono
preclusi. Aquarius si può nascondere dietro il suo velo di ghiaccio, io solo
nel silenzio.
Ormai è sera, la notte copre Atene e io ho quasi paura di andare a letto
un'altra volta. Andare a letto per scoprire che le lenzuola sono fredde e che
nessuno può riscaldarle perché lo stesso mio sangue è gelido. Non voglio
amanti, donne passate nel mio letto ce ne sono state fin troppe, lasciano i loro
profumi nella stanza, ma nulla di più. Quando poi si disperdono nell'aria,
scompare tutto ed il mio cuore perde un altro pezzo. Non ne ho amata nessuna,
tutte loro erano state col cavaliere di Virgo, non con Shaka. Tutte loro non
sapevano chi fossi. A volte parlavano e parlavano di sciocchezze, ma le loro
parole non mi sfioravano. Mai nessuna aveva chiesto un "e tu?"
Già, e io?
E io niente.
Inutile stare qui a pensare a pensare su quello che sarebbe se…Non è; perciò
meglio chiudersi nella propria stanza e dormire.
Il cavaliere di Virgo, Shaka della sesta casa è visto da tutti come l'uomo più
potente su questa terra, l'uomo che ha raggiunto la piena coscienza di sé… Mi
viene quasi da ridere al solo pensiero: la piena coscienza di me in battaglia,
la piena coscienza del mio cosmo, come può essere paragonata alla piena
coscienza del mio animo? Come può essere scambiata per inumanità?
La paura di essere solo, la paura che se varcassi le porte del mio tempio e non
vi facessi più ritorno, nessuno se ne accorgerebbe, è così radicata in me che
mi costringe all'immobilità.
Fermo e timoroso, ma temuto. Ridicolo, potrei ammazzare chiunque io voglia, ma
Nessuno sta ammazzando me…
Muu, l'unica persona che può considerarsi mio amico, non c'è. La sua casa
da lungo tempo è vuota..fuggito da Atene, sta cercando di nascondersi da
qualcosa che lo ha legato inevitabilmente a questa terra. So che nei suoi occhi
viola racchiude una profonda tristezza e so anche che prima o poi dovrà
ritornare perché qui lui s'è spezzato...
Muu, l'unico ad avermi regalato un sorriso in cambio di niente, dove sei?
E' da poco che sono cosciente di questa mia paura, della malinconia che mi
permea, prima non riuscivo a focalizzarmi sul problema, pensavo fosse qualcosa
di passeggero. Ora sono sicuro che la solitudine s'è così infiltrata nel mio
cuore che è impossibile strapparla.
Se solo Muu fosse qui, forse lui saprebbe cosa fare, saprebbe cosa dire…Ma
neanche io sapevo dove fosse.
Uscii dalla sesta casa per camminare un po', fino ad arrivare in un bosco ai
piedi del grande tempio. Era un luogo estremamente calmo, pochissimi sapevano
arrivarci ed ero quindi sicuro di non trovare nessuno.
Volevo sedermi fra gli alberi e sparire per un po'. Nessun attacco nemico
avrebbe dovuto distogliermi, la sesta casa poteva rimanere vuota. E poi, non
sono forse l'uomo più vicino a dio? Nessuno avrebbe mai osato infastidirmi,
come sempre. Nessuno mai sarebbe venuto da me a parlare.
Con mia grande sorpresa però, sentii un rumore, nella radura doveva esserci
qualcun altro oltre me. Non cercai di scoprire chi fosse, ridussi al minimo il
mio cosmo per non farmi notare.
"Silenzioso e schivo come sempre eh?" Milo, cavaliere dello Scorpione,
si stava avvicinando a me.
Non avevo certo voglia di parlare con lui, oggi.
"Posso sedermi?"
Non aspettò la mia risposta e si sedette di fianco a me. Rimanemmo così a
lungo, la notte era ormai profonda e un lieve vento increspava le acque del
piccolo lago di fronte a noi.
" Shaka", fu Milo ad interrompere il silenzio, avevo quasi dimenticato
che fosse al mio fianco. "Tu conoscevi Lilian?"
Lilian, il suo nome non mi era nuovo, ma non riuscivo focalizzare la sua faccia
"Lilian è mia sorella, o meglio lo era…"
La sorella di Milo, quella bambina che veniva a trovarlo qualche volta, col
volto sorridente ed una parola gentile per tutti. Quel pensiero mi fece
sorridere mentalmente, il viso di quella bambina lenì lievemente il dolore di
quella sera.
Perché quella domanda?
" E' morta" Così dicendo, vidi Milo diventare bianco…Quella parola
non poteva essere accostata al nome di sua sorella, vidi nei suoi occhi blu, il
buio. La tristezza che trasparì da quel bellissimo sguardo mi colpì
profondamente. Lui sempre così caldo ed ironico, mi sembrava spento, sembrava
svuotato di qualunque forza.
Mi girai verso di lui, volevo esprimere dispiacere, volevo togliere subito da
quegli occhi così profondi quell'ombra, ma riuscii solo a dire "Mi spiace…,
come?"
Chissà perché lo stava dicendo proprio a me…Non avevo una risposta, eppure
quel gesto mi stava dando un po' di speranza che forse qualcuno poteva
considerarmi qualcosa in più di un cavaliere d'oro, che forse qualcuno poteva
avere bisogno di me come persona…
"S'è uccisa…"
Uccisa? Quella bambina così solare s'era privata della vita? Perché?
I pugni di Milo si strinsero, sembrava stesse trattenendo dentro di sé un mare
in piena… Dal suo animo traspariva ogni cosa. Si girò di scatto e mi guardò
a lungo, non una parola, non una mossa da parte mia. Ancora una volta ero
bloccato dalla paura di essere fuori posto per non avere parole di consolazione.
"Voglio chiederle perché, portami con te nel luogo dove dormono le stelle…"
Ecco perché era qui, ecco perché mi parlava: la porta di Ade, gli servivo come
tramite per l'anima di Lilian…Il suo sguardo così intenso sembrava voler
scrutare fin nel fondo della mia mente… Ma quella sera, quelle parole,
l'illusione che avesse parlato per me e non per se stesso e infine la vera
motivazione, mi rendevano troppo buio per essere visto.
Mi alzai dalle rive del lago e me ne andai. Poco prima di addentrarmi fra gli
alberi mi voltai verso di lui
"Sai che non è possibile, non è dato a nessuno camminare fino alla porta
di Ade, mi spiace non posso portarti con me…"
"Perché non puoi, non ne sei mica il guardiano?"
"L'esserne il guardiano non implica il potere di essere un tramite"
"Tramite…Perché non puoi? Dì piuttosto che non vuoi…" Dalla
faccia di Milo traspariva ira, si stava avvicinando a me con i pugni stretti. Si
fermò a pochi centimetri dalla mia faccia, con gli occhi accesi di disperazione
e angoscia, d'ira e incredulità.
"Perché, cavaliere di Virgo, non puoi, cosa c'è là che io non posso
vedere? Che io non posso sopportare? Perché non m'accompagni?"
Scossi la testa.
"Anche solo perché, per sopravvivere, dovresti fidarti di me…"
Non credo che Milo s'aspettasse questa mia risposta perché la sua espressione
si tramutò da irosa a stupita. Sarei rimasto lì a guardarlo ore, ma era
inutile. Non gli avevo mentito, per arrivare alle porte di Ade doveva
abbandonarsi al mio cosmo, credere in me perché ero l'unico che poteva stare
lì e che lì poteva muoversi. Non importa quanto il suo cosmo fosse forte, in
Ade ero l'unico ad avere potere.
Mi girai e me ne andai, non mi trattenne lì con lui, anche se sapevo che
avrebbe voluto continuare il suo tentativo di convinzione.
La sua richiesta mi sembrava fuori luogo, come poteva pensare che avrei portato
l'anima di chiunque al cospetto della porta eterna?
Tuttavia Milo, con quel suo odore speziato e quei suoi occhi blu mare, aveva un
certo ascendente su di me, Non che avessi un debole per lui, ma la sua natura
così profondamente passionale, m'aveva sempre coinvolto.
Portarlo con me sarebbe stato per me stesso, oltre che per lui, estremamente
pericoloso, e non avevo forza sufficiente per farlo…ma avrei tolto volentieri
quel velo di malinconia da quegli occhi, avrei voluto vederli di nuovo brillare.
MILO
Quelle parole sulla fiducia m'avevano completamente spiazzato…Fidarmi di
Shaka…Non che avessi motivi per non farlo, ma sapevo bene cosa intendesse lui
per "fidarsi"…Non avrei dovuto avere timore di perdermi, avrei
dovuto mettere da parte il mio orgoglio e "appoggiarmi" completamente
a lui.
Quei capelli biondi, scossi dal vento, nascondevano qualcosa, l'animo di Shaka
era sicuramente più profondo di quello che voleva fare apparire, la sua persona
era nascosta sotto strati di nebbia che solo lui poteva varcare. Eppure io ne
volevo sapere di più…Ma sembrava impenetrabile. Pensavo che m'avrebbe potuto
aiutare….Lilian….perché ti sei tolta la vita?
Sentii un fortissimo dolore al cuore, l'unico legame col mondo s'era spezzato,
non mi rimaneva più nessuno, anche l'ultimo mio affetto m'aveva lascito, e di
propria volontà….Perché?
Dovevo sapere e l'unico modo per saperlo era chiederlo a lei direttamente,
grazie a Shaka.
Non mi meraviglia il suo rifiuto così perentorio, entrare nel mondo dove
dormono le stelle, vuol dire vedere parte del suo animo, vuol dire vederlo al di
là della coltre di silenzio con cui si difende….
Mi sedetti sulle rive del lago, nella testa ancora mi risuonava la risata di
mia sorella, ma allo stesso tempo non riuscivo a non pensare all'assoluta
inespressività di Shaka quando mi ero avvicinato a lui. Era perfettamente
cosciente di quello che stava accadendo, nonostante i suoi occhi chiusi, sapeva
che non avrei alzato un dito contro di lui. Sembrava non aver paura di niente e
di nessuno. Ma come può? Che il suo cuore fosse veramente così arido come
sembrava? Eppure…. Il brivido che m'aveva percorso quando mi ci ero avvicinato
era reale, non poteva essere stato provocato dal nulla…
E di nuovo il mio pensiero andò a Lilian. La mia sorellina…E' strano
perché pur sapendo che fosse morta, solo a volte la tristezza e l'incredulità
di un fratello impotente, mi investivano. Altre volte ero perfettamente in grado
di estraniarmi dal mondo e non pensare che non ci fosse più, pensare che fosse
solo da un'altra parte…e non soffrire.
Senza rendermi conto di ciò che stavo facendo, diedi un pugno al terreno. Fu un
gesto privo di rumore, se non l'avessi fatto io non avrei creduto al movimento.
Silenzio….Ecco cosa c'era introno a me, ormai la città stava dormendo
Mi incamminai verso il mio tempio, dovevo sedimentare i pensieri riguardanti
Shaka…erano troppo confusi, troppo sfocati.
Più passava il tempo e più ero coinvolto dalla sua luce, sin dai tempi della
guerra santa, ma ora ancor di più. Ma era accecante e io non riuscivo a vedere
oltre.
Prima di arrivare all'ottava casa, però decisi di entrare nella sesta.
"Shaka" chiamai, per far sentire la mia presenza. Non ci fu risposta.
Che strano, eppure doveva essere tornato qui, dopo il nostro incontro
"Shaka", ma ancora niente. M'avvicinai alle sue stanze e scorsi una
luce accesa, doveva essere in casa, ma allora perché non m'aveva risposto? Che
non m'avesse sentito? Impossibile, qualunque cavaliere si sarebbe accorto di una
presenza estranea nella propria casa.
La porta era socchiusa e decisi di entrare.
"Che cosa vuoi?" Mi chiese lui. Nel suo tono non c'era astio, non mi
voleva lì, questo era evidente, ma non aveva atteggiamenti ostili nei miei
confronti
"Ho bisogno di sapere, non so a chi altri rivolgermi…"
Fece una smorfia che probabilmente doveva essere un sorriso, amaro però…
"So che hai bisogno di me, ma non so cosa farci. Quanta gente avrebbe
bisogno di qualcosa e non la ottiene? Quanta? Non sarai il primo e di certo non
sarai l'ultimo"
Questa sua frase mi fece sbottare, non si curava di me né di Lilian. Sentii il
sangue bollirmi nelle vene, in parte avrei voluto picchiarlo, in parte avrei
voluto scuoterlo. Stranamente però, mi sembrò parlare più di sé che di me,
per questo resistetti all'istinto di dargli un pugno.
"Dì piuttosto che non ti interessa niente di quello che provo, che non ti
interessa di come possa sentirsi Lilian…"
"E' vero, non mi interessa niente, né di te né di nessun altro"
Lo afferrai per la camicia… Lo volevo prendere a pugni, avrei voluto che si
togliesse quell'aria da "divino" con la quale si circondava.
Ma non fu per niente turbato dal mio gesto, alzò un sopracciglio e rifece quel
sorrisino ironico di poco prima. Invece che amarezza però, ora il suo volto
esprimeva sfida
"Vuoi convincermi con la forza??"
Il mio cosmo investì la stanza, ma poi me ne andai sbattendo la porta, era
inutile parlare con lui.
A grandi passi arrivai all'ottava casa, irato e ferito.
Non mi interessa niente di te
Quelle parole m'avevano fortemente colpito, più di quanto avessi potuto
aspettarmi…
Il fascino del cavaliere di Virgo era ben diverso da quello comune, non fisico,
né mentale, nonostante non potessi nascondermi di trovarlo bellissimo, ma era
più la sensazione di notte, quella fiamma torbida che vedevo in lui, nonostante
fosse sempre avvolto dalla luce. Il suo cosmo risplendeva, così come brillava
l'aura che gli aleggiava intorno quando camminava…Tuttavia tutta questa luce,
sembrava essere l'anticamera di qualcos'altro…
Non mi interessa niente di te…
Perché non riuscivo a dimenticare quelle parole? Perché non m'avevano lasciato
indifferente?
Ma fu di nuovo Lilian a distrarmi, il muro d'indifferenza che m'ero creato era
troppo fragile, non potevo sempre mentirmi dicendomi che era viva e che prima o
poi l'avrei rivista, perché lei non c'era più.
Il respiro mi diventò difficoltoso, m'afferrai la testa con le mani
schiacciandola e cercando di tirar fuori Shaka e Lilian ….Lilian e Shaka.
Mi accasciai per terra, senza neanche la forza di emettere un suono, nel vano
tentativo di oscurare i pensieri e riprendere a respirare.
SHAKA****
Se n'era andato. Non avrei voluto che uscisse dalla mia casa, volevo stare un
po' con lui, ma del resto aveva avuto una reazione più che normale. L'avevo
trattato in malo modo e in malo modo se n'era andato. Ed ero rimasto solo, nella
sesta casa.
Mi stesi a letto senza avere sonno, senza avere la forza di leggere, non volevo
fare niente. Mi venne da piangere. Stavo malissimo per come avevo trattato Milo,
per quei suoi occhi così profondi, per Lilian e per il suo sorriso, per la
nuova crepa che aveva incrinato il mio cuore che sembrava essere vetro.
La porta di Ade, come potevo portare Milo lì? Come potevo pensare di trattenere
la sua anima con me? Non so neanche se avrei avuto la forza di fare qualcosa del
genere. Forse appena varcata la soglia della notte, si sarebbe perso e dissolto…
Che stupido che ero, ero fin troppo bravo a mentire a me stesso, Milo non si
sarebbe dissolto, io lo sapevo benissimo, avrebbe però avuto la possibilità di
vedermi l'anima, perché non avrei potuto avere grosse protezioni….e questo mi
spaventava, per questo non volevo…
E non volevo anche perché …Lilian…. Non volevo provare nuovamente quella
sensazione.
Sbagliavo? Ero forse fin troppo egoista, io che non capivo il dolore di Milo ma
che mi lamentavo del mio?
Forse era così…
Il giorno dopo un grande chiasso mi svegliò… Ero ancora nella mia stanza, ma
sentivo una presenza di fronte al mio palazzo. No, lui era l'ultima persona che
volevo vedere, la sua bonaria non era fatta per me oggi. Ma entrò lo stesso…
"Shaka"
Lo raggiunsi col mio cosmo, chiedendogli per favore di lasciarmi solo.
Grezzo e chiassoso come sempre, così era Aldebaran…Avrà voluto organizzare
una festa a casa sua, avrà trovato una qualunque scusa per festeggiare.
Gli ridissi di lasciarmi in pace, non c'erano feste per me quel giorno.
Cosa mai mi stava succedendo? Non ero mai stato così, la meditazione e la luce
erano sempre stati di conforto, come mai ora riuscivo a mala pena a reggermi in
piedi? Cos'era cambiato?
"Shaka, stasera a casa mia per una cena…"
Lo sapevo, ecco dove voleva andare a parare. Non risposi, non volevo male ad
Aldebaran, anzi poteva essere un'ottima compagnia, solo se fossi stato
dell'umore adatto. Oggi no, non avrei potuto sentire le sue battute grossolane,
e la sua risata grassa, non ce l'avrei fatta, mi sarei sentito fuori luogo più
che mai.
Dietro di lui arrivò un'altra persona.
Fuori, fuori tutti, non oggi, non così….
Ma Aiola venne a bussare pesantemente alla mia porta.
"Esci da quella stanza"
Non sapevo come mandarli via…
Uscii dalla mia stanza visibilmente alterato, non badai a loro e salii sul mio
fiore di loto. Era l'unico modo per far capire a quei due che non era il caso
continuassero ad insistere.
"Lighting volt" gridò Aiola rivolgendosi contro di mei. Era forse
impazzito, perché mi stava attaccando?
La potenza del colpo era minima, la sua velocità inesistente, non dovetti
neanche muovermi per pararlo.
Ovviamente non aveva lanciato quel colpo con la volontà d'offendere, ma solo
con l'intenzione di catturare la mia attenzione
"Che cosa c'è, era necessario tutto questo baccano?"
"Finalmente ti sei degnato di rivolgerti a noi sciocchi mortali, o nostro
cavaliere della Sesta casa…Qual meraviglia…"
L'ironia di Aiola mi irritò. Eravamo in discreti rapporti io e lui, non lo
consideravo un amico perché non sarei mai stato in grado di fidarmi di lui, ma
in fin dei conti, non era male…era un buon cavaliere ed una buona persona, ma
probabilmente io e lui eravamo troppo diversi per andare d'accordo.
Era un leone e ciò bastava a definirlo.
"Non verrò stasera, ho altro da fare"
"Ovviamente immaginavamo che sua maestà non volesse unirsi all'allegra
compagnia" Questo tono strafottente mi irritò di nuovo, avrei voluto
buttarlo fuori di casa con la forza, ma non mi mossi.
"Che cosa vuoi da me, Aiola del leone?"
"Voglio che tu venga!"
"Ti ho già detto che non posso venire… e non insistere, per
piacere"
Fece una smorfia e dai suoi occhi trasparì disappunto. Quegli occhi castani
erano focosi come quelli di Milo, lasciavano trasparire ogni minimo dettaglio
dell'animo. Ma Aiola era ben diverso dal cavaliere dell'ottava casa, lui era
così impulsivo ed irrazionale, passionale ma privo del fascino che avevano
quegli occhi blu, privo di quella sensualità, di quella luce d'intelligenza che
invece brillava negli occhi di Scorpio. Focoso ma fin troppo diretto, poco
affascinante…
Mi stupii a pensare a Milo.
Milo…
Ai suoi occhi e alla sua richiesta di ieri, mentre ancora gli altri due erano
nella mia casa. Avrei voluto che venisse lui qui da me, ma allo stesso tempo non
volevo che insistesse sulla vicenda di ieri, volevo solo vederlo…e magari
parlargli.
"Shaka, non puoi mica pensare di rinchiuderti nel tuo mondo di luce per
tutta la vita" disse Aldebaran. Come tutta risposta, levitai in meditazione
e avvolsi la mia casa della mia aura.
AIOLIA
Ci pervase con il suo bagliore, Shaka era già lontano, fuori della portata
di tutti, chissà dove.
Non poteva non irritarmi un atteggiamento del genere, il grande tempio era luogo
che doveva essere rallegrato dopo gli ultimi avvenimenti, invece il cavaliere
della Vergine faceva di tutto per allontanarsi dal mondo.
Ah, era anche inutile me ne dessi pena, se quel guru pensava che la sua vita
fosse meglio fra l'Ade e la luce, poteva fare quello che gli pareva. La festa
avrebbe avuto una persona in meno, ma probabilmente Shaka non si sarebbe
divertito lo stesso.
Quasi mi spiace faccia così, ma del resto come posso io capirlo?
"Andiamocene, sicuramente Milo, Seiya e gli altri verranno più che
volentieri alla seconda casa" dissi, spazientito dall'atteggiamento di
Shaka. Non c'era niente da fare, non sarebbe venuto neanche stasera.
La Sesta casa brillava e la pace s'era impadronita di quelle mura… Il
cavaliere della Vergine aveva il completo controllo di sé, solo così si
spiegava quell'alone di luce intorno a noi…
MILO
La serata alla seconda casa non m'era sembrata una cattiva idea, ovviamente
c'erano praticamente tutti tranne lui. Mi spiaceva non poterlo vedere, quei suoi
capelli biondi …e i suoi occhi. Nessuno li aveva mai visti ed io impazzivo
dalla voglia di guardarli, guardare nel suo animo.
Forse è per questo che li tiene sempre chiusi.
Sapevo che in battaglia potevano ritenersi un'arma formidabile, ma non capivo
perché anche ora, in tempo di pace, Shaka non aprisse gli occhi.
Non voleva che nessuno li guardasse…
Ma io volevo farlo, volevo vederne il colore, l'espressione, la profondità.
Pensando a lui, intanto il vino scorreva e la compagnia cominciava a risentire
dell'alcol.
Avevo spesso fatto a gara con Aiola, su chi dei due reggesse meglio l'alcol,
oggi lui era già steso sulle ginocchia di Marin. Lei anche aveva bevuto diversi
bicchieri, ma sicuramente era più presente del cavaliere del leone. Gli
accarezzava la testa e aveva uno sguardo molto dolce…
Lo stesso sguardo di Lilian. Mi venne un conato di vomito, non so se per la
nausea dovuta all'alcol o per il pensiero.
Eccolo che ritornava, così forte e devastante. Com'era possibile che la mia
Lilian si fosse tolta la vita? Era forse così infelice? Perché io non ne
sapevo niente?
Un altro conato, dovevo uscire da lì, quell'aria di festa, quelle urla mi
davano fastidio.
La nausea non mi lasciava stare, feci un cenno con la mano e mi allontanai dalla
seconda casa. Lo stesso Aldebaran era troppo ubriaco per rendersi conto dei miei
modi bruschi.
Sentii una fitta al cuore e le lacrime salire fino agli occhi, avevo la mente
troppo intrisa d'alcol per cercare di darmi un contegno. Avrei solo voluto
strisciare fino al mio letto e non pensarci…Risvegliarmi il giorno dopo e
vedere Lilian di fianco a me, a portarmi del caffè.
Il mio respiro si fece pesante, nella mia testa rimbombava solo la sua risata…o
il suo grido? Non lo so, non lo so…
Silenzio…!!!
Volevo solo silenzio e buio…Perché c'era così tanto rumore intorno a me?
Mi trascinai per le scale, i gradini sembravano interminabili e il mio cuore era
pesantissimo da trasportare.
Entrai nella sesta casa e lì sentii la sua presenza.
La sua luce così calma e brillante…
Probabilmente caddi.
Sentii qualcuno sollevarmi da terra e portarmi da qualche parte. Il suo odore mi
fece sentire sicuro, anche se la persona che m'aveva fra le braccia m'aveva
appena finito di dire che non le interessava niente di me, e questo mi faceva
stare malissimo…Non capivo perché, eppure quelle parole erano ancore vive
nelle mie orecchie.
Mi sdraiò su una qualche superficie morbida e fece per andarsene
"Stai qui" farfugliai e lui s'avvicinò a me, passandomi le mani su
una guancia, quasi volesse asciugarmi delle lacrime…
Stavo piangendo?
Gli afferrai il volto con le mani e glielo bloccai in modo che dovesse
guardarmi, doveva dirmi che aveva mentito l'altra sera….e doveva dirmi che
m'avrebbe portato da Lilian.
Credo di essermi addormentato subito dopo, non mi ricordo. So solo che mi sono
svegliato con un fortissimo mal di testa, in un luogo che non riconoscevo, ma
soprattutto con uno strano ricordo: che la sera prima, quando avevo preso fra le
mie mani il viso di Shaka, lui avesse gli occhi aperti.
Maledissi l'alcol per aver offuscato così i miei ricordi o per avermi lasciato
questa finta ma dolce sensazione di azzurro.
SHAKA
Entrò in casa mia completamente ubriaco. Lo raccolsi da terra e lo misi nel
mio letto. All'inizio pensai di portarlo a casa sua, magari si sarebbe sentito
più a proprio agio, tuttavia mi sembrò non fosse il caso di entrare senza
permesso nella sua stanza. Decisi perciò di metterlo nella mia camera.
Qui, la luce era soffusa, ma mi permise di vedere con chiarezza il viso di Milo.
Oltre al rossore dovuto all'alcol, il suo volto era inondato da lacrime.
Lacrime…
Non me le aspettavo, non ne vedevo da tempi ormai lontani. Eppure ora erano lì,
più calde che mai, a rigare il bellissimo viso di un cavaliere che ora sembrava
così fragile, a scorrere come testimonianza della sua tristezza…
Nonostante non stesse singhiozzando, le lacrime continuavano a scorrergli ai
lati del volto, gli passai una mano sulla guancia per farlo smettere, ma i suoi
occhi non sentivano ragioni.
Tutta quella tristezza su quel viso mi coinvolse a tal punto che fui tentato di
abbracciarlo. Resistetti all'impulso anche se non avrei mai smesso di guardarlo,
lì, sdraiato sul mio letto, sembrava quasi un bambino. Con le sopracciglia
leggermente corrugate, la bocca imbronciata, era la cosa più bella che avessi
mai visto…Tuttavia anche la più triste.
E' strano perché m'era più volte capitato di vedere scene strazianti, nel
corso della mia vita, purtroppo avevo più volte visto la morte impossessarsi
degli affetti altrui. Ma il contrasto di quest'uomo davanti a me, la sua
sensualità contrapposta all'aspetto ingenuo di stanotte; la sua forza
contrapposta alla fragilità di adesso; il suo orgoglio contrapposto al totale
abbandono di sé… non m'era mai capitato di vedere tutto ciò insieme.
Se l'avessi portato davanti alla porta di Ade, magari sarei riuscito a strappare
quel velo di triste solitudine che copriva quegli occhi…
Per te Milo, sarei anche disposto a farlo…
Stavo alzandomi dal letto dove l'avevo sdraiato, ma lui m'afferrò il volto,
portandoselo vicino al suo
"Dì che non è vero che non ti interessa di me, dì che ieri volevi solo
ferirmi…perché è così, sai… la mia anima ha bisogno di sentire che
mentivi…"
Queste sue parole mi fecero tremare, mi colsero così alla sprovvista che aprii
gli occhi.
E lo guardai…
Così come mi guardò lui, ma subito dopo s'addormentò. Chissà se era sincero…
Salii sul tetto della sesta casa e lì mi sdraiai. Era un luogo che adoravo,
così silenzioso, mi permetteva di guardare le stelle e non essere disturbato.
Quella sera, poi, il cielo era particolarmente limpido e se ne vedevano
tantissime. Sembravano voler disfare le maglie della notte con la loro luce, il
manto buio che aveva avvolto la città era intarsiato di diamanti. Alcuni
brillavano di più, altri di meno, il silenzio che li circondava li rendeva
ancora più misteriosi. La fonte della nostra energia, così lontana ma
all'interno di chiunque di noi… Amavo il cielo quando si mostrava in tutta la
sua maestosità.
Pensai a Milo, mi stupii di me stesso al pensiero che sarei stato disposto a
portarlo con me al di là del cielo, eppure…So che non volevo assolutamente
più vederlo così, non tolleravo l'idea che potesse stare così male… il mio
Milo….
Il mio Milo?
Sorrisi e scossi la testa, quasi a voler fare uscire quel pensiero. Milo aveva
avuto sempre un forte ascendente su di me, troppo sensuale ed accattivante per
non notarlo. Tuttavia m'ero sempre limitato a guardarlo, non vi erano mai state
lunghe parole fra di noi, non so perché…Forse perché anche lui, come gli
altri, mi vedeva avvolto del mio manto di luce e non pensava potesse esserci
altro, o forse perché semplicemente non gli interessava di me. Eppure quella
sua frase, quella sera, m'aveva dato una punto di felicità.
Aveva così in considerazione le mie parole?
La brezza notturna sembrava scacciare dalla mia mente qualunque pensiero e
liberarla così da quel peso senza soluzione. Nel buio della notte, finalmente,
la luce che sempre mi avvolge, può essere spenta.
Rimasi lì a lungo, la notte era mite e probabilmente m'addormentai. Poco
prima dell'alba, però, sentii dei rumori e vidi Milo salire sul tetto
"Come stai?" A vederlo in faccia, sembrava stesse peggio di ieri, ma
mi fece quel suo solito sorriso sornione. Capii allora che doveva stare meglio.
Chissà se si ricordava di ieri sera…
"Meglio…Grazie di tutto… Devo essere stato uno spettacolo imperdibile…"
Sorrisi. C'era una piccola parte di me che era contenta che Milo non avesse
avuto la forza di trascinarsi oltre la sesta casa.
"Ieri è stata una serata terribile, non a casa di Aldebaran, anzi,
tuttavia…." Si fermò così, non proseguì il pensiero, anche perché
sapeva benissimo che potevo immaginarne il seguito
"Sai…"iniziai io" se ci tieni così tanto…" posso
portarti davanti alla porta eterna, così stavo concludendo la mia frase, anche
se mi stava costando tantissimo il doverla dire. Ma fui interrotto da una
presenza cosmica che non sentivo da tanto tempo, così potente e calma che
infondeva nell'animo di chiunque sicurezza. Era finalmente tornato, non avrebbe
potuto allontanarsi per molto, ma sinceramente non pensavo che sarebbe tornato
ora. Anche Milo la sentì ed ebbi quasi la sensazione che la sua presenza e la
mia distrazione dovuta a questo cosmo, lo infastidissero leggermente.
Muu era finalmente tornato al Grande Tempio.
MUU
Non potevo esimermi dal tornare, qui il mio cuore s'era spezzato e qui avrei
dovuto ricostruirlo. Era inutile che provassi a fuggire, tutto ciò che mi
portavo dentro mi seguiva e io non potevo escluderlo dalla mia mente… Ho
ancora vivo il ricordo del suo viso, di quando mi venne così vicino che pensai
di svenire…E non so ancora cosa mi volesse dire, né mai lo capirò. Il suo
alito su di me è una sensazione che mai avrei sperato di provare, ora che l'ho
sentita vorrei dimenticarla…Il dolore è troppo forte e mi sta sfinendo.
O forse non vorrei dimenticarla…?
Ci sono fasi nella vita dove si spera di trovare l'equilibrio, dove si spera di
trovare finalmente la pace. Ma che senso avrebbe la pace senza un sussulto
dell'animo? Che senso avrebbe la pace senza la bocca del mio Saga?
Quel nome, quel pensiero, qui ad Atene, avevano tutta un'altra forza, dovetti
sottostare a quell'impeto.
Mi accasciai per terra, appoggiato ad una delle colonne della mia casa, cercando
nel vuoto un rimedio al mio dolore.
Non avevo avvisato nessuno del mio ritorno, anche se sicuramente ora tutti lo
sapevano. Sarei dovuto andare da Saori, in cima alle dodici case, ma ora proprio
non riuscivo. Avrebbe capito.
Shaka era l'unico che avrei voluto vedere, l'unico da cui non mi sarei dovuto
difendere, ma percepivo qualcosa di strano nella sua aura.
Eravamo stato sempre molto amici, io e lui. Due personalità come le nostre, che
hanno così difficoltà a legarsi con qualcuno, probabilmente si erano trovate.
Ormai lo conoscevo bene, forse è per questo che le sfaccettature del suo cosmo
mi sorpresero più che mai. La luce che aveva sempre governato l'aura di Shaka,
ora era quasi smerigliata, una sottile onda di un qualcosa che non riuscivo a
decifrare, stava smovendo il luccichio di quel potere.
Cos'era?
Quel sole accecante era quasi rossastro, ora, qualcosa sembrava rigarlo,
insinuarsi in lui ed opacizzarlo, ma non capivo cosa. Non potevo capirlo perché
in realtà questo cambiamento era così flebile, così sottile, che solo io che
ero molto vicino a Shaka mi sarei accorto di qualcosa di diverso. Credo che il
suo sforzo per rendere questo cambiamento meno evidente possibile, avesse dato i
suoi frutti…
Shaka, cosa c'è?
Il tuo cosmo, lo specchio dell'anima, è così sofferente da portarti a questo?
Dalla luce più assoluta, ora il tuo cosmo pare un mare di magma, caldo ed
ustionato, luminoso ma spaesato.
Cos'è successo durante la mia assenza?
Ebbi l'impulso di salire alla sesta casa e vedere cosa fosse veramente successo,
vedere Shaka e parlare direttamente con lui… Nonostante l'ora sapevo che era
sveglio, lo percepivo, e con lui c'era Milo…
MILO
Sentii perfettamente la presenza di Muu al Grande Tempio, e nonostante
sapessi benissimo in che rapporti erano lui e Shaka, non potei fare a meno di
avere un lampo di gelosia.
Sono uno stupido, geloso di cosa?
Non sapevo perché Muu se ne fosse andato dal Santuario, non capivo quindi lo
stupore e l'apprensione del viso di Shaka. Ma non volevo essere indiscreto, la
mia natura gelosa aveva già fatto trasparire il primo lampo, non volevo certo
arrogarmi dei diritti su di una persona che più solitaria e slegata non poteva
essere…
Guardai Shaka, scrutai ogni centimetro della sua faccia, quei capelli biondi
scossi dal vento e quelle ciglia che immancabilmente m'impedivano l'accesso alla
sua anima. Bellissimo, ecco come lo vedevo, semplicemente splendido.
"Muu è qui" so che era un'ovvietà questa, tuttavia avevo bisogno di
qualcosa per spezzare il silenzio e farlo riprendere a parlare…Mi stava
dicendo qualcosa di importante, se non si fosse interrotto, e volevo sapere.
Sorrise.
" Se vuoi, se veramente ci tieni così tanto, ti porterò di fronte alla
porta di Ade"
Sgranai gli occhi, voleva veramente portarmi laggiù? M'aveva veramente detto di
sì?
" Stasera, se te la sentirai ancora, vieni da me. Sai quello che comporta
fare una cosa così, non è vero?"
Annuii, anche se non ero del tutto certo di sapere alla perfezione ogni minima
conseguenza. Avrei dovuto mettere da parte il mio orgoglio, avrei dovuto
aggrapparmi al cosmo di Shaka per parlare con Lilian, ma più di questo non
sapevo.
Mi guardò a lungo, non importa che avesse gli occhi chiusi, sapevo che mi stava
osservando.
"Dovrai anche sopportare il fatto che Lilian parli attraverso di me"
Questa era una cosa a cui non avevo pensato. Lo spirito di Lilian doveva parlare
attraverso il cosmo di Shaka, ovvio, ma non ci avevo ancora pensato. Ero geloso
di mia sorella, così come ero geloso d'indole. Shaka lo sapeva e m'aveva
avvisato. Quell'uomo così estraniato da tutto e tutti, in realtà mostrava un
grosso spirito d'osservazione.
"Non ti preoccupare, va bene così"
Lo guardai ancora un attimo, ma il suo viso era già rivolto verso il cielo, il
sole stava sorgendo e inondava la sua pelle d'oro. Avrei voluto baciarlo, ma
resistetti all'impulso di avvicinarmi a lui. Mi resi conto di stare diventando
schiavo di quest'uomo le cui labbra, l'aurora, stava tingendo di rosso.
Ero nervoso, finalmente accontentato, non sapevo che cosa aspettarmi, chissà
se poi Lilian voleva parlarmi o se magari avrei dovuto lasciarla in pace. E
chissà perché alla fine Shaka aveva detto di sì. Ero curioso di vedere questo
mondo al di là delle stelle, luogo a tutti precluso se non ai propri custodi.
Quella sera avrei fugato ogni dubbio, ogni curiosità…e avrei saputo perché
Lilian si era suicidata.
SHAKA
Andai alla prima casa. Volevo vedere Muu, volevo sentire come stava. Sapevo
che il suo ritorno non significava l'aver dimenticato gli eventi che l'avevo
spinto ad andarsene. Tuttavia se era qui, può darsi che in qualche modo, avesse
imparato a medicare il suo animo.
Poco prima di entrare nella sua casa, esitai.
Come potevo entrare da Muu, chiedergli come stava e fargli sentire il mio
appoggio, quando il terreno sotto i piedi mancava a me per primo?
Non ero forse un peso, invece di essere un aiuto?
Le mie insicurezze, il mio mondo d'ombra nascosto dalla luce, la mia solitudine…
Dovevo lasciarle fuori, perché non volevo pesare su di un animo che doveva già
fare i conti con se stesso ed il suo passato.
E poi c'era Lilian, c'era la porta di Ade con tutto ciò che questa comportava,
il freddo, il buio e l'animo della piccola che avrebbe dovuto trarre l'energia
da me…e c'era Milo. Solo ora, sentendomi così vicino a quest'ultimo, in
qualche modo legato a lui, iniziavo a capire quello che tempo addietro Muu aveva
cercato di comunicarmi.
Sospirai.
"La lava d'un vulcano in eruzione…"
Mi girai di scatto e vidi Muu lì di fianco a me, non l'avevo sentito arrivare,
chissà da quanto era lì
"Non m'hai percepito, a cosa stavi pensando di così profondo da farti
perdere il contatto con il mondo?"
Lo guardai e sospirai di nuovo, ma sorrisi, era Muu, era qui ed io ora mi
sentivo meglio.
"Cosa intendevi con 'la lava'?"
"Così mi appare il tuo cosmo, è da quando sono tornato che sento un rosso
vivido in te, pronto ad ustionare chiunque, piuttosto che il solito bagliore
accecante "
Poche ore e già aveva capito che c'era stato qualcosa, poche parole e già
eravamo tornati quelli di un tempo.
I suoi occhi, nonostante stesse parlando di me e non di se stesso, trasudavano
disperazione, emanavano una tale malinconia che sembrava quasi palpabile.
Non dissi niente, ma entrai a casa sua.
Ero felice che fosse tornato, tuttavia vedevo che era qui perché sapeva di non
potere scappare per sempre e perché sapeva che solo qui avrebbe trovato la
maniera di risollevarsi. Non sapevo bene che cosa fosse successo e che cosa
l'avesse portato ad andarsene, non avrei mai voluto farmi raccontare cos'era
accaduto, quel giorno ad Atene,a meno che non fosse lui stesso a volermelo dire,
ma Muu era troppo riservato per farne parola con qualcuno.
"Prima di tornare qui, sono passato dall'altura delle stelle…"
Lì riposava Sion, il maestro di Muu. Sapevo che Muu provava un enorme senso di
colpa nei suoi confronti, non sapevo tuttavia il perché. Appena poteva, andava
da lui a portargli fiori e a pregare affinché la sua anima riposasse in pace.
Ciò nonostante, sapevo che non si dava pace, per il suo maestro e per qualcosa
che nessun altro sapeva.
"L'aura di Sion aleggia ancora sul Santuario, sembra voler abbracciare
tutti noi, anche dal paradiso dei cavalieri e spiegare su di noi il perdono
celeste per quello che abbiamo fatto"
Gli occhi di Muu s'incupirono
" Io non avrò mai il perdono del mio maestro…Inutile che continui a
sforzarmi, a trovare scuse per la mia coscienza, non lo avrò mai… Anch'io
sono stato complice della sua morte e lui lo sapeva, come posso quindi
pretendere il suo perdono?"
Complice della sua morte? Muu complice della morte di Sion?
Tutto ciò non aveva molto senso, com'è possibile? Nessun allievo era devoto al
proprio maestro come lo era Muu, com'è possibile dunque che Muu avesse preso
parte all'uccisione del mastro?
"Cosa stai dicendo?"
Muu scosse solo la testa.
"Lascia stare, non c'è soluzione … Ormai Sion è morto e io non posso
farci niente."
"Ma…" cercai di obiettare, questa storia non aveva senso.
" Sapevo…io sapevo tutto, e non l'ho impedito"
Muu sapeva tutto? Muu sapeva cosa? Non capivo…Possibile che Muu sapesse delle
intenzioni di Saga? Se dice di essere complice della sua morte, vuol dire che
era a conoscenza di qualcosa, dei piani di Gemini o comunque dell'oscurità che
stava prendendo il sopravvento? Che senso poteva avere tutto ciò?
"Sapevi cosa? Sapevi di Saga?"
Non feci in tempo a concludere le sillabe di quel nome che vidi il viso di Muu
impallidire, trasformarsi in una maschera di cera e smettere di respirare. Avevo
colto nel segno.
Muu e Saga. Cosa potevano centrare insieme? Cosa potevano avere in comune queste
due persone di così forte da solcare in maniera così evidente, il volto
dell'Ariete?
Il suo iride riprese colore, Muu cercò di emettere un suono ma l'unica cosa che
venne fuori dalla sua bocca fu un profondo sospiro.
Lo guardai, non volevo indagare oltre, anche in lui potevo vedere lo stesso velo
opaco che copriva gli occhi di Milo. Sapevo che voleva dirmi qualcosa, che
voleva fare uscire da se stesso quel segreto che portava dentro, ma aveva
bisogno di tempo e io, di certo, non gli avrei messo fretta. Sarei sempre stato
qui per lui, in qualunque momento avesse voluto.
Le due persone che per me più contavano in questo momento, avevano lo stesso
sguardo, malinconico e disperato.
Le ferite che ci portavamo dentro, sembravano avere acquisito nuova forza e
sembravano prosciugare fin nel profondo la nostra linfa. Eravamo custodi di un
cuore di vetro, pronto a spezzarsi.
"Scusami" disse ad un certo punto lui "vieni qui per trovarmi e
guarda cosa ti ritrovi…" rise, ma quella sua risata risuonò nelle mie
orecchia quasi fosse un pianto. Si sistemò i capelli con la mano e, come
qualcuno che avesse ritrovato qualcosa di perso, mi guardò
"Ma cosa è successo a te, Shaka?"
Una domanda così diretta non me la sarei aspettata. Finito, anzi mai iniziato,
il discorso sulla percezione del mio cosmo, pensavo che non avesse voluto
indagare di più. Invece mi sbagliavo. Lo guardai negli occhi, quello che vidi
mi rasserenò: curiosità ed affetto per un amico. Ecco cos'ero io per Muu, un
amico…
"Stasera andrò al di là del cielo"
Muu sgranò gli occhi, viola e profondi, mi guardò come si guarda un alieno
"Cosa hai intenzione di fare?"
Ridacchiai fra me e me, era naturale la sua reazione, l'avrei avuta anch'io
così se non fossi stato io quello a decidere di andare davanti alla porta di
ade.
"Me l'ha chiesto Milo…e io devo aiutarlo…"
Credo che quel "devo" chiarì molte cose a Muu, mi guardò, ma non
fece domande sul perché o chi fosse la persona da risvegliare. Sono felice non
m'abbia chiesto niente di Milo, non avrei saputo cosa dire, non sarei stato in
grado di parlarne. Era qualcosa di mio, parlarne ad alta voce mi sembrava quasi
una profanazione…Non che ci fosse un senso logico a tutto questo, ma non m'era
chiaro perché stavo per fare qualcosa del genere, sapevo solo che non volevo
più vedere gli occhi di Milo come li avevo visti la sera prima…sapevo solo
che avrei sempre e solo voluto vedere gli occhi di Milo…
Muu sorrise, come se avesse intuito i miei pensieri. Ci guadammo per un attimo,
quei pochi secondi che servono per prendersi cura dell'animo dell'amico e fare
sentire la propria presenza.
MUU
Erano successe molte cose dopo la guerra santa. Dopo la sconfitta di Hades:
la morte di alcuni di noi, l'investitura a cavalieri d'oro dei Seiya e gli
altri, la salita al Santuario di Saori, il tentativo, quanto mai vano, di
ripristinare la vita "normale" che c'era prima della corsa alle dodici
case.
Impossibile, non importa cosa si provasse a fare, troppe morti, troppe perdite
erano avvenute in così poco tempo, perché l'animo umano potesse risanarsi.
Sembrava che il cuore di ognuno di noi fosse vicino al cedimento, un'altra crepa
e si sarebbe frantumato. Non importa per quale motivo l'animo di ognuno
sanguina, importa solo il continuo sgorgare della linfa e il dolore che questo
provoca.
Se ripenso ai coloro che hanno dato inizio a tutto, li vedo affogati nella
profonda consapevolezza di essere stati loro la causa che ha portato a questo.
Ma del resto, vi sarebbe stata altra soluzione?
Quanti amici persi in battaglia, quanti uomini pianti…
Lo stesso Shaka, uomo che non avrei mai ritenuto possibile cedesse, è ora
sull'orlo di un precipizio. Il suo mondo di luce che per troppo tempo ha
accecato tutti noi, ora ha esaurito la sua forza. La luce s'è infuocata ed un
solo passo in più, porterà al buio. La porta di Ade potrebbe essere la spinta
definitiva… Non potevo nascondermi d'essere preoccupato, perché aveva deciso
di andare laggiù? E' quel "devo" che m'aveva stupito, ma m'aveva
fatto capire quanto lo Shaka che avevo davanti fosse diverso dal cavaliere che
avevo lasciato. Il suo tono di voce alla parola Milo esprimeva quasi protezione,
ma soprattutto, amore.
Sorrisi all'idea, quell'uomo era capace di stupire perfino me. Chissà se Milo…
Anche il suo cosmo m'era sembrato veramente ferito. Sembrava esserci un nuovo
solco nel suo animo, qualcosa che l'avesse spezzato in due…recentemente. La
perdita di Camus era ancora viva nella sua memoria, ma era successo sicuramente
qualcos'altro.
Camus, i cristalli di ghiaccio con cui permeava l'aria del Grande Tempio, il suo
gelo che ricopriva un animo caldo che ha sacrificato la vita per assolvere il
suo compito e per cedere il passo al suo allievo. E' morto e ci ha lasciati, lo
stesso giorno in cui ha chiuso gli occhi per sempre anche… Saga. E mi ha
lasciato qui, col dubbio delle sue parole, col sapore delle sue labbra…ma
senza niente di più. O forse con troppo perché io possa dimenticarlo, perché
possa pensare di non vedere più la sua espressione felice quando parlavamo,
quando discutevamo per ore fino al sorgere del sole, quando vedevo i suoi occhi
verdi incupirsi quando si parlava di un eventuale futuro. Lui sapeva già e non
ne ha mai voluto fare parola con nessuno, finché è riuscito a mantenere il
segreto, finché è riuscito a sopprimerlo dentro di sé.
Solo dopo io ho capito, io ho intuito, ma non potevo fare più niente perché
ormai ero in totale balia del dolce sorriso di quell'uomo. |
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Capitolo 2 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 2 ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
SHAKA
Passai tutto il pomeriggio nel giardino della sesta casa.
Ero sicuro che nessuno sarebbe mai entrato lì dentro e io avevo bisogno di
rimanere solo. Stavo tornando nel luogo dove tutto è buio, nel posto dove la
fiaccola della vita ormai è sopita…Perché, di mia spontanea volontà, avevo
deciso di tornarci? Ero forse impazzito?
Sì, forse ero pazzo, tuttavia sapevo che era meglio questa mia follia che la
tristezza di Milo, era meglio rischiare ed andare là, piuttosto che la
malinconia in quegli occhi…
Probabilmente anche lui temeva questo viaggio, magari anche più di me. Io
sapevo cosa fare e sapevo di avere un cosmo su cui affidarmi. Lui doveva
appoggiarsi al mio e questo cambiava le cose.
Mi chiesi se Milo fosse veramente in grado di fidarsi di me e lasciarsi
trasportare al di là del cielo.
Mi percorse un brivido. Io sapevo, io solo, cosa implicava questa mia scelta,
cosa voleva dire per me il fatto che Lilian e Milo potessero parlare. La nausea
m'assalì e cercai di fare scemare quella sensazione. Avevo il respiro pensante,
ero troppo preoccupato per quello che sarebbe dovuto succedere…Tuttavia, fu
una sensazione che durò pochissimo, il tempo di un pensiero. Perché, poi,
ripensai a Milo, all'espressione del suo viso la scorsa notte, a quegli occhi
imploranti ma pieni d'orgoglio, alle sue dita sulla mia faccia …e allora capii
che non avrei voluto fare altro, che avrei camminato giorni nel buio pur di
vederlo sorridere di nuovo. Il pensiero della porta di Ade s'addolcì
improvvisamente, il brivido che m'aveva scosso prima, scomparve. Lo volevo fare
per qualcuno che amavo, per qualcuno che aveva la priorità rispetto alle mie
paure e che, con un sorriso, le dissipava subito. I pensieri di quello che
sarebbe stato e di quello che sarebbe potuto accadere, m'abbandonarono e
s'infiltrò in me solo il suo colore.
Era tutto così strano quella sera, sembrava che i rumori dell'esterno
fossero affievoliti, quest'atmosfera di irrealtà che permeava il giardino di
Sala, mi dava un senso di incredibile tranquillità. La luce, la meta di me
stesso, in questo periodo della giornata, era sempre fonte di sicurezza, il suo
calore e l'ardore col quale il sole brillava in cielo, mi rasserenarono del
tutto. Saremmo andati di fronte alla porta di Ade io e il mio Milo, avremmo
ritrovato Lilian e avremmo capito che cosa l'ha spinta a togliersi la vita…
Solo ora però, mi venne in mente l'aspetto con cui ci saremmo dovuti presentare
al cospetto della porta eterna: nessuna protezione, nessuno schermo per noi
stessi, solo il respiro dell'anima.
Ebbi di nuovo paura. Questa volta, però, la paura fu diversa da quella
precedente. Non avevo paura di quello che materialmente sarebbe potuto
succedere, bensì avevo paura di quello che Milo avrebbe potuto vedere di me.
Che sensazione strana. Non m'ero mai messo in gioco in questo modo, i miei
pensieri e tutto ciò che provavo, non erano mai stati messi a tavolino, esposti…oltretutto
ad una persona alla quale avrei voluto presentare il meglio di me, perché altro
non si meritava. Avevo paura che potesse inorridire, avevo paura che potesse non
piacergli niente di quello che avrebbe visto e che si sarebbe allontanato per
sempre da me. Non avrei potuto sopportare di non parlargli più, di non poter
guardare più quegli occhi… Ora che ne avevo assaporato il luccichio, non
potevo pensare di privarmene. Eppure, era fin troppo facile che là dov'eravamo
diretti, Milo vedesse il vero me. Non ci sono silenzi, sguardi o barriere
d'altro genere, la propria anima si sveste dei pesanti drappi che di solito
l'accompagnano e si presenta nel buio senza stelle dove, ed è quasi ridicolo,
è meglio visibile.
Scossi la testa, il rumore degli alberi nel giardino mi distolse dai miei
pensieri. Possibile che qualunque cosa facessi, ormai, mi metteva paura? Cento
nemici m'avrebbero rasserenato piuttosto che un confronto con me stesso e con
Milo.
Ma del resto, non volevo neanche tirarmi indietro. Non volevo pensare di
rinunciare solo per il timore che, quello che Scorpio avrebbe visto, non gli
sarebbe piaciuto…
Mi venne da ridere, perché c'era anche l'altra faccia della medaglia, di cui
però si tiene sempre poco conto. Avrei scoperto anch'io il cavaliere
dell'ottava casa. Non credo che lui sapesse di questa particolarità, o in ogni
caso magari non gli interessava. Aveva ben altri pensieri per la testa, non
aveva tempo di pensare a queste sciocchezze.
Mi alzai dall'erba e osservai gli alberi in fiore. Un leggero vento sollevò i
petali di ciliegio da terra e inondò l'aria con quell'odore. Volarono via e li
seguii con lo sguardo. Scomparvero lontano e portarono con sé anche parte dei
miei pensieri. Ma il loro odore rimase e accompagnò il sole al riposo.
Rientrai in casa e mi preparai un tè, fra poco Milo sarebbe arrivato, non
potevano esserci ripensamenti.
MILO
Inutile dire che ero agitato, ormai era sera e dovevo scendere alla sesta casa.
I miei pensieri erano confusi, Lilian e Shaka…Non capivo bene a chi dovessi
rivolgerli, non capivo bene cosa mi sarei dovuto aspettare. Ma in fondo a me
stesso non vedevo l'ora. Non mi faceva paura quello che avrei dovuto affrontare…
anche perché non ne sapevo niente. Non capivo neanche perché Shaka non
m'avesse spiegato esattamente cosa avremmo trovato al di là del cielo. Niente
che potessi immaginarmi, questo è ovvio. Era questa mia incoscienza a rendermi
così sicuro, ne ero certo. In fondo, però, meglio così: avrei affrontato
qualunque cosa ci sarebbe stata da affrontare per rivedere Lilian e per sapere
che cos'era successo.
Era di nuovo sera, tuttavia nell'aria c'era odore di pioggia, in cielo non c'era
una stella a rischiarare il buio. La città sembrava essere coperta da un
sipario di velluto scuro.
Uscii dalla mia casa e iniziò a piovere, nel giro di poco tempo, il cielo fu
spaccato da lampi. Un temporale, con tuoni che accompagnavano ogni mio passo
verso la sesta casa. Pochi metri e mi ritrovai completamente fradicio.
Entrai nella sesta casa e il suo cosmo m'accolse ancor prima di lui. Così caldo
e luminoso, toccò la mia aura e la riscaldò. Non m'ero accorto fino a quel
momento di quanto velocemente stesse battendo il mio cuore.
Dopo si fece vedere e venne a prendermi all'entrata. Non riuscivo a calmarmi, i
battiti aumentavano sempre più. Perché? Perché stavo andando da Lilian?
Perché avrei saputo la verità sulla sua morte? Perché Shaka era lì con me e
per me? Probabilmente era tutti e tre questi motivi ad essere causa del mio
stato d'animo…
Shaka intuì i miei pensieri perché mi sorrise quasi a volermi rassicurare.
"Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene" e così dicendo
ampliò ulteriormente il suo cosmo e mi avvolse, cercando di tranquillizzarmi
con quel tocco così gentile. Ci riuscì, perché piano piano, mi resi conto che
l'agitazione stava scemando.
Gli sorrisi "Scusami, è che prima di adesso, non avevo mai pensato a
quello che sarebbe dovuto succedere…"
Mi sentivo un bambino, piano piano, anche se non era iniziato nulla, capivo il
perché della frase di Shaka, un po' di sere prima, quando mi disse che avrei
dovuto fidarmi di lui. Piano piano capivo che stavo andando in un luogo a me
totalmente sconosciuto, dove nessuno dei miei poteri avrebbe avuto senso e dove
mi sarei perso senza una guida. Ma con me c'era Shaka, e mi sentivo sicuro.
Questo pensiero mi sorprese. Non avrei mai accettato di dare la mia vita in mano
a qualcun altro, il mio orgoglio mi avrebbe impedito una considerazione del
genere in qualunque altra circostanza…ma ora era diverso, l'aria che si
respirava alla sesta casa aveva già qualcosa di ultraterreno. Non c'erano
questioni d'orgoglio da fare o altro, qui non si metteva in gioco il proprio
valore di cavaliere o il proprio coraggio di uomo, qui c'era solo il custode di
un mondo che apriva il portale e me lo mostrava. Un altro mondo, un altro
universo, quel posto che sta al di là del cielo.
Mi fece strada e mi accompagnò in camera sua. Sapevo di esserci già stato, ma
stasera era diversa da come me la ricordavo. Il fuoco era acceso, tutte le
candele ai muri stavano bruciando, illuminando la stanza in ogni suo punto.
Entrammo e lì mi diede dei vestiti asciutti
"No…non è necessario…"
"Lo è invece, quando andremo davanti alla porta di Ade, non sappiamo
quanto staremo via. Inoltre il corpo è portato a raffreddarsi e rischieresti di
congelare, se non ti metti qualcosa di asciutto e caldo, e se la temperatura in
questa stanza non fosse così alta"
Aveva ragione, il clima lì dentro era torrido. Scossi la testa, a quante cose
non avevo pensato. Quando la nostra anima, insieme al nostro cosmo, si
allontanerà dal corpo, quest'ultimo rischierà di congelare, rischierà di
morire perché è privo della linfa che lo alimenta. Non avevamo neanche
cominciato e già ero stupito. Sorrisi fra me e me.
Shaka uscì dalla stanza, troppo discreto per rimanere lì quando mi stavo
cambiando. Avrei voluto rimanesse con me, mi resi conto che stasera la
dipendenza da quel viso era diventata fisica, lo volevo vicino, gli volevo
parlare..l'avrei voluto anche abbracciare e amare. Mi resi conto di questi
pensieri e cercai di scacciarli. Inappropriati, sicuramente. Però, dopo che mi
fui cambiato, lui rientrò nella stanza e allora lo vidi bene. Aveva i capelli
ben pettinati, sciolti sulle spalle, una tunica bianca che gli copriva una
spalla sola e gli cadeva morbidamente addosso. L'avevo visto spesso vestito
così, quando meditava capitava indossasse delle semplici tuniche legate su una
spalla e legate in vita. Ma questa sera tutto questo ebbe un altro effetto. Era
splendido, incorniciato dalla sua luce, si sentiva a suo agio molto più di me:
ne ero incantato. Quell'espressione rassicurante sul suo viso…Pensai di non
riuscire a trattenermi e andargli più vicino per baciarlo, feci un grosso
sforzo e cercai di sopire quell'impulso. Tuttavia quella figura mi stava
riempiendo gli occhi e il cuore ed ebbi la certezza che di me, poteva fare ciò
che voleva, bastava che non mi togliesse mai quel suo viso da davanti.
Ci sedemmo sul tappeto che c'era di fronte al fuoco, uno di fronte all'altro.
Mi stavo lasciando guidare, in tutto e per tutto, stavo percorrendo una strada a
me non nota che m'avrebbe portato da Lilian.
Mi guardai in torno, ebbi una sensazione strana, era come se la stanza avesse
già qualcosa di ultraterreno, esattamente uguale a quella che mi colse appena
entrato alla sesta casa. Shaka aveva già avvolto di sé il passaggio e mi stava
semplicemente indicando la via.
"Milo, adesso dovrai fare esattamente come ti dirò, dovrai stare con me
anche se non saprai dove e cosa starai facendo…"
Deglutii ed annuii. Qualunque cosa, ormai, mi sarebbe andata bene, dovevo andare
da Lilian e ero arrivato ad un punto in cui non si poteva tornare più indietro.
Chiusi i miei occhi, sentii il cosmo di Shaka insinuarsi in me. Si infiltrò,
passò ogni anfratto del mio corpo e permeò tutto me stesso: la sua luce
avviluppava ogni mia insenatura. La sentii arrivare nella parte più profonda
del mio spirito e lì iniziò a disfare, con mani sapienti, ogni singola corda
che mi stava legando a quella vita terrena. Fu una sensazione strana, quasi
piacevole. Sentivo quelle corde, che mai avrei pensato di avere, lussarsi e poi
sciogliersi, abbassare il loro canto per poi spegnerlo. Un canto troppo umano
perché potesse essere portato di fronte alla porta di Ade, l'anima doveva
staccarsi dal corpo.
Corda dopo corda, il tessuto veniva slacciato e disfatto. L'intricata maglia
tessuta dalla vita veniva sfilata, filo per filo, fino a ricomporre la matassa.
Più questa sensazione aumentava e più mi rendevo conto che il mio spirito si
stava liberando dal corpo. Era questa la sensazione di quando si moriva? Era
questa la sensazione che tutti temevano? …Non lo so, ma la gentilezza del
tocco dell'aura di Shaka, il suo muoversi nella mia anima con estrema accortezza
e semplicità, mi stavano lasciando solo una sensazione gradevole. L'anima che
si slega dal mondo, solo ora potevo veramente provarne la sensazione, senza
paura, perché la tela che sempre, sin da bambini, ci lega a questo corpo, stava
per essere completamente disciolta. Disfatta da un tessitore, quasi fosse una
danza, ed io non sentivo dolore, né preoccupazione… Filo dopo filo, intreccio
dopo intreccio, sentivo l'abbandono della tela, il disfacimento del manto che
legava l'anima a terra.
I ricami che ne costituivano l'ornamento, però, non vennero disfatti, i disegni
e i dipinti che ognuno di noi aveva creato durante la sua vita, venivano
lasciati sulla matrice: l'anima. E così io non persi coscienza di quello che
ero, non persi il contatto col mio cuore, ma semplicemente mi slegai da questo,
sentendolo ugualmente mio e non temendone l'allontanamento. I colori di
un'esistenza erano lasciati sull'alito di vita che ora ero diventato, quelli
stessi colori che caratterizzavano l'uomo e gli davano una coscienza, ora erano
intessuti sul respiro di quello che, ora più che mai, era me stesso.
Poche maglie ancora e il mio spirito sarebbe stato completamente sciolto,
ancora pochi fili di uno strumento a corde che ora sembrava prendersi il suo
meritato riposo ed aspettare il ritorno del suo complemento.
E poi fu solo luce, l'aura di Shaka che mi avvolse completamente e mi prese
quasi in braccio, morbida e sicura, così m'appariva. Io, d'altro canto, non
sapevo cosa fare, dove andare, ma sentivo il sussurro di Shaka che mi
rassicurava.
MUU
Sentii l'aura di Milo e Shaka quasi dissolversi. Avevo sentito una volta sola
qualcosa del genere, non me ne preoccupai più di tanto. Sapevo che cosa stavano
facendo e il perché del calo d'intensità di cosmo. Tuttavia mi chiesi se,
veramente, tutto questo sarebbe stato utile. Riesumare la memoria dei morti,
come balsamo per la vita dei vivi, avrebbe veramente portato buoni frutti? Ma
del resto non sapevo neanche il perchè Milo tenesse così tanto ad andare di
fronte alla porta di Ade…
Pioveva a dirotto, la notte era più buia che mai. C'erano lampi e tuoni nel
cielo. Sorrisi, pensai che in fondo, questo temporale, faceva da perfetta
cornice a quello che ultimamente stava succedendo al Grande Tempio.
Sentii un'aura avvicinarsi al mio tempio, un cosmo così vasto e materno che
avrebbe abbracciato l'universo intero
"Bentornato al Grande Tempio"
M'inchinai, Saori era scesa, durante questo diluvio, per salutarmi?
"Non avreste dovuto venire fino a qui, sarei venuto io a porvi i miei
saluti"
"Non ti devi preoccupare, non avevo voglia di stare chiusa al santuario,
tutta sola. Ho pensato che un po' di pioggia non avrebbe potuto farmi
male."
Così dicendo entrò nella mia casa, guardandosi intorno
"La casa dell'Ariete è contenta di riavere fra le sue mura il suo
custode" Così dicendo s'inchinò di fronte a me, fu un inchino pieno di
dignità, profondo ma allo stesso tempo nobile. Perché si stava comportando
così?
"Non essere stupito del mio atteggiamento, per troppo tempo, io ho lasciato
soli te e tutti coloro che, tempo fa, non hanno esitato a correre in mio aiuto
quando ne avevo bisogno. E ora, come ricompensa, mi chiudo in me stessa, a
piangere per le vite perse e a non gioire per quelle conservate… E so che
alcuni di voi, più di altri, m'hanno dato di più di quanto avrebbero potuto e
più di quello che hanno avuto in cambio da me, e ora si ritrovano a curarsi
ferite che forse non si rimargineranno."
Aprii la bocca per replicare, ma non riuscii a dire niente, come potevo
controbattere? Saori Kido, la dea Atena era lì, in tutta umiltà a donare
calore, quando è lei la prima che, da sempre, è stata di conforto a tutti.
"Non ti stupire neanche di queste mie parole. Sono un essere umano, prima
che una dea, e per troppo tempo ho badato ai massimi sistemi invece che alla
felicità del singolo. Come si può essere felici se è il proprio animo ad
essere spezzato? La possibilità che questo si ricomponga in tempo di pace,
ovviamente, è grande, tuttavia è tempo ora che ci si prenda cura di ogni
singolo pezzo di voi, tuo, di Seiya e gli altri… Perché la pace sul mondo è
fondamentale per la terra, ma la felicità dei miei cavalieri, lo è per
me"
Sorrisi e la guardai, lei così importante per tutti noi, aveva un cuore di
donna e così si voleva prendere cura dei propri affetti. Sapeva che tutti noi
combattemmo per lei e si sentiva responsabile per i nostri cuori.
"Prima o poi, guariremo tutti e allora potremo goderci questa pace per la
quale abbiamo combattuto" Questa pace per cui è morto Saga… Scacciai
questo pensiero, non potevo né volevo pensare a Saga in un momento come questo.
Era inutile e solo doloroso… Ma non riuscii a contenere l'impeto, quelle sue
parole, quel suo sorriso…furono quasi l'esplosione di una stella, dentro di
me.
Non so se Saori si accorse di qualcosa, non volevo che lei capisse i miei
pensieri, né volevo che lei si turbasse ulteriormente a causa mia. Non cambiò
la propria espressione sul viso, forse non aveva capito…
Mi diede una busta.
"cos'è?"
"Credo che questa debba essere tua…"
Non aveva risposto alla mia domanda, la guardai stranito
"Ora è meglio che vada, ti ho disturbato fin troppo, buona notte"
"Aspetti, l'accompagno"
"Non è necessario, grazie, farò due passi… Adoro quest'odore di pioggia…"
Così dicendo uscì dalla mia casa, nello stesso modo in cui vi era entrata, con
l'ombrello in mano e senza fare rumore.
Rimasi a guardare il punto dov'era scomparsa a lungo. Che strana donna, Saori
Kido. Il fardello che il destino le aveva posto sulle spalle l'aveva forgiata,
ma rimaneva una donna fragile e desiderosa di calore umano.
Guardai la busta che mi aveva appena dato, candida, senza nessuna scritta. Non
dovevo che aprirla per vedere cosa conteneva, eppure esitavo nel farlo. Cosa mai
poteva essere contenuto lì dentro, che mi fermava? Quella strana sensazione,
scoprii in seguito, essere più che giustificata. Non avrei mai dovuto aprire
quell'involucro di carta.
SHAKA
Eravamo quasi arrivati di fronte alla porta di Ade, sentivo l'aria gelida
spirare dai cancelli che separavano il cielo dalla notte. Ampliai il mio cosmo
alla ricerca dell'anima di Lilian.
M'erano ben note quelle insenature, quei percorsi labirintici che separavano
l'entrata dalla valle dove si trovavano le anime. Intanto Milo ed io, rimanemmo
sospesi in quest'universo buio, lui assolutamente confidente che avrei trovato
lo spirito della sorella e che l'avrei portato da lui. Non una luce, non un
bagliore, ma le nostre due anime legate da una stretta forte che non avrebbe
permesso a Milo di perdersi in quella notte priva di stelle.
Vidi in lontananza, un piccolo fuoco fatuo, celeste ma venato di rosso. Sembrava
immerso in quella valle e non si accorse che uno spirito vivo fosse venuto a
trovarlo. Mi ci avvicinai lentamente, non volevo spaventarlo. L'anima delle
persone morte è sicura di quello che è stato e, a differenza dei vivi, anche
di quello che sarà. Tuttavia, a volte, qualche reminiscenza del mondo terreno
rimane come impronta indelebile, allora subentra anche nel fuoco immortale della
persona, la sorpresa e lo spavento. Non ho mai capito se quella sensazione fosse
dovuta alla possibilità di essere richiamati alla vita, oppure semplicemente al
fatto che, anche da morti, la non consuetudine, disorienta. Non m'era dato
sapere, non era ancora venuto il mio tempo, nonostante potessi essere un
osservatore esterno delle anime dei defunti, il loro interno m'era ancora
precluso.
Mi avvicinai ancora un po' di più a quel fuoco e allora mi percepì. Si voltò
verso di me, ma non capì perché ero lì e cosa volevo. Riconobbe il mio cosmo
come amico e custode, quindi non ebbe paura. Mi tese la sua mano e si lasciò
portare dalla mia aura, senza opporre la minima resistenza. Era uno spirito
calmo, in pace. Trasmetteva un enorme senso di candore. Arrivati alla porta di
Ade, mi fermai perché lì c'era la mia anima e quella di Milo, perché quel
confine non poteva essere superato da nessun'anima morta. Lì il fuoco guardò
intorno a sé, con gli occhi sapienti di chi ha perso la percezione delle stelle
e non teme il buio eterno.
Milo si accorse di un'altra presenza, insieme con me, e percepii la sua
incredulità nell'avere finalmente il modo di parlare con Lilian.
"Milo, perché sei venuto qui?" L'udire la voce della sorella fece
tingere l'anima di Milo, prima eterea e trasparente, la forte emozione che
questo timbro vocale aveva provocato, la rese quasi palpabile.
Anche la voce di Lilian, sebbene ultraterrena e quasi un sussurro, emanava un
senso di stupore e felicità. Che fosse proprio vero, quindi, che i sentimenti,
nelle loro più alte sfumature, non abbandonano mai il loro creatore, ma lo
accompagnano anche al di là del confine che segna il distacco fra la vita e la
morte?
Solo così mi potevo spiegare il tremore nella voce di Lilian.
Rimasero a guardarsi per un po'.
"Volevo vederti per un ultima volta, volevo sapere che cos'era successo…Da
quando m'hai lasciato…" La sua voce si ruppe, un ondata di tristezza
investì lo spazio dove ci trovavamo. Fu così forte che dovetti avvolgere con
maggior forza col mio cosmo sia Milo sia Lilian.
"Sei dunque venuto a sapere…Speravo che nessuno s'accorgesse della mia
assenza o che comunque nessuno sapesse giustificarla…Non avrei mai voluto
ferirti. Io sto bene qui, meglio di come stavo sulla terra. Mi sono
liberata.."
"Ma liberata da cosa? Da chi? Perché non sei venuta da me, perché non mi
hai detto di stare male?"
"Perché non ti potevo raccontare quello che è successo…"
Questa volta fu Lilian ad abbassare il tono della voce e a colorare l'atmosfera
intorno della sua tristezza. Dato che Lilian stava traendo la sua voce dalla mia
aura, iniziai ad intuire cosa fosse accaduto. L'immagine era sfocata, ma la
fiamma di Lilian non si limitava ad esprimere tristezza, c'erano anche diverse
sfumature di astio, ripugnanza ed un profondo senso di violazione.
"Ora stai bene?"
"Sì, qui ho finalmente ritrovato la pace, non volevo che ti preoccupassi
per me, non volevo esserti di peso. Lo sono sempre stata per tutta la vita, da
quando papà e mamma sono morti…Volevo andarmene senza lasciare indietro
tristezza"
Credo che l'anima di Lilian iniziò a piangere, l'aria intorno a noi si fece
carica e destabilizzò quel mondo. Dovetti stringere i miei contatti col suo
spirito, farmene maggiormente carico perché altrimenti quell'onda d'emozioni
avrebbe spezzato il fragile equilibrio che governava l'ingresso di Ade.
"Non dire sciocchezze… Sai che sei sempre e solo stata di conforto, per
me. Mi manchi…" Sentii un singhiozzo nel cuore di Milo, un profondo
taglio aprirsi in lui, da cui sgorgava sangue vivo. Sangue che rischiava di
spezzare il contatto fra la notte ed il cielo. Fui costretto ad indorare
l'ambiente per mantenere la stabilità del luogo in cui ci trovavamo.
"Cos'è successo?"
Lilian esitò, le lacrime del suo spirito, omai, erano quasi visibili. Non
potevo permettere che tutto ciò si ripercuotesse all'esterno, Milo
probabilmente non avrebbe avuto il controllo di fronte ad una tale sofferenza
della sorella e il filo di quel luogo buio si sarebbe spezzato. Invece dovevamo
rimanere ancora lì, dovevamo capire cos'era successo. Milo non poteva essere
soddisfatto di un incontro così blando.
Avvolsi Lilian della mia aura, ulteriormente, cercando di stemperare la
tristezza che fuoriusciva da lei. Nudi, ecco com'erano, qualunque flebile
sospiro sembrava amplificato, qualunque soffio veniva esternato
Vidi Milo tendere un suo braccio e cercare d'accarezzare il volto di Lilian, o
comunque fu quello che sembrò fare.
Asciugare le lacrime di uno spirito non ha senso, allungare le mani di un anima
neanche, ma così apparirono, l'affetto che ognuno di loro portava per l'altro
tinse la notte. Sembrava che mari di tempera sgorgassero da quelle pareti di
nulla e le colorassero.
Strinsi ancora la mia presa sull'anima di Lilian. Era tutto troppo intenso per
essere sicuro.
Tuttavia questo mio ulteriore avviluppamento dello spirito di Lilian, non
impedì a Milo di vedere cosa fosse successo alla sorella, di scoprire il
perché s'era suicidata.
MUU
Mi chiusi nella mia stanza, con solo una candela accesa. Non volevo leggere,
non volevo dormire, non volevo neanche stare lì e fare niente. Volevo solo
scomparire.
Avrei voluto vedere Saga, ma questo era impossibile. Vedere i suoi capelli blu
scossi dal vento, avrei voluto scherzare ancora con lui, allenarmi e… avrei
voluto anche solo sapere che dopo pochi scalini, dopo solo una casa, l'avrei
trovato. Che sarebbe stato lì, magari intento a fare qualcosa, magari a
dipingere e cercare di catturare i colori brillanti e pieni di vita del tramonto
ma che in realtà, portano alla notte. Com'era bravo a stemperare i colori sul
suo quadro, artista che era in grado di fotografare il suo cuore e trasmetterlo
sulla tela, facendoti esattamente capire quello che significava per lui, oltre
che per te. Attraverso un semplice disegno, esprimeva il pensiero che magari le
stesse parole avrebbero faticato a descrivere. E io ammiravo questo pittore che
catturava ogni minimo respiro del mio animo. Lo ricordo ancora quando, col viso
sporco di colore, era venuto a casa mia a farmi vedere come era riuscito a
catturare la luce della luna. Me l'aveva regalato, poi, quel quadro. Uno dei
più bei dipinti che avesse mai fatto il mio pittore. Entusiasta come un
bambino, me l'aveva fatto vedere, facendomi notare l'argento della luna e il blu
notte del mare. Ed io che avrei ascoltato quelle labbra per ore, e non avrei mai
smesso di guardare quel viso….e quel quadro che ne era il perfetto riassunto.
L'argento del suo sorriso e il blu notte del suo animo, la profondità dei suoi
occhi e la cupezza del suo destino.
"Muu, guarda, l'ho rubato"
"Rubato? Cosa?"
Il colore della luna, guarda" sembrava il bambino che aveva appena
compiuto una marachella
"Non me lo voleva dare, più volte ho tentato di attingere direttamente
dal cielo, ma lei s'è sempre rifiutata. Ora l'ho rubato e l'ho imprigionato
sulla tela"
Ricordo che rimasi estasiato quando lo vidi. Era un quadro di estrema
solitudine, la luna che, sola in cielo, si rispecchiava nel mare. Solo un
venticello sembrava increspare lo specchio d'acqua, per il resto non vi era
nulla in quel disegno. Ma era perfetto così, non avrebbe dovuto esserci di
più. Niente si sarebbe amalgamato fra la luna e il mare.
"Saga, è bellissimo…la Luna non può che essere felice, perché sei
riuscito a rappresentarla nella sua veste migliore. Sembra la signora di questa
notte…solitaria…"
"Te lo regalo, l'ho fatto per te"
Ricordo ancora il mio cuore lasciare indietro qualche battito, a quelle parole.
Ricordo ancora come i miei occhi si riempirono di lacrime e di lui. E la voglia
di abbracciarlo…e di baciarlo…e renderlo il re di tutto ciò che ero.
Però non feci niente, presi solo quel quadro in mano e lo guardai stupefatto
" L'ho chiamato "Lo specchio di un'anima" "
Solo ora posso capire a fondo quel quadro. Che ingenuo che ero! Quel dipinto era
lo specchio della sua anima, così cupo ed oscuro, ma allo stesso tempo così
bello… Con la luna che imperava in quella notte, sopra l'acqua, che mandava
raggi argentati sulla tela, ma che non presupponeva nessun altro nel suo regno,
se non il mare. Così come in quel quadro qualunque aggiunta, qualunque
pennellata in più avrebbe stonato, così nella vita di Saga non poteva esserci
posto per me.
Ma allora perché? Perché quella volta…?
Quelle sue labbra ancora bruciavano sulle mie.
Mi alzai di scatto dal letto, e cercai di trovare qualcosa che mi distraesse.
Non so perché avessi pensato a quell'episodio del quadro, ma volevo scacciarlo
il più in fretta possibile.
Vidi quella busta bianca che m'aveva portato Saori poco prima. Era lì,
appoggiata sul tavolino della mia stanza. Ero riluttante nell'aprirla, tuttavia,
pensai, se me l'ha detto lei, cosa ci potrà essere di malvagio?
Forse ero troppo scosso dai miei pensieri per avere una visione oggettiva di
quello che stava succedendo intorno a me.
Presi quella busta in mano e la aprii.
Mettendo la mano dentro, sentii, prima di vedere, in ammasso di fogli
bruciacchiati e sgualciti. Tirai fuori quello che sembrava essere un libro, una
copertina mangiata dal fuoco e dentro… la grafia di Saga. Il suo diario. Saori?
Saori m'aveva voluto dare questo?? Perché? Voleva forse segnare la mia morte?
Questo era troppo, non potei pensare di contenere l'impeto d'ira e di dolore che
era stato portato da quell'ammasso di fogli. Gridai. Sentii il mio cuore cadere
in frantumi e fiumi di lacrime salirmi fino agli occhi. Incapace di
controllarmi, presi il libro e lo buttai contro la parete della stanza,
m'accasciai sul letto e proruppi in singhiozzi.
MILO
Non volevo credere a quello che avevo appena visto, non potevo pensare che
tutto ciò fosse veramente accaduto alla mia Lily… So che non avrei dovuto
gridare, so che non avrei dovuto agitarmi, ma so anche che il mio cuore di
fratello non poteva tollerare qualcosa niente di simile. Un incontenibile senso
di protezione, di ira, di desolazione per non essere stato lì nel momento
necessario e di collera m'invasero. Non riuscii a pensare più a nulla, se non
all'istinto di uccidere che s'accese in me. Vedevo, finalmente vedevo cos'era
successo alla mia Lilian, quando lei stava tornando nella sua casa, un uomo o
forse più, ad aspettarla e…
Non poteva essere successo alla mia adorata sorellina. Il suo viso oscurato dal
terrore generato da persone che neanche conosceva e che una dopo l'altra
facevano valere la propria forza su di un cuore spaventato. Sentii la totale
impotenza di braccia troppo deboli per liberarsi dalla stretta, di grida troppo
flebili perché potessero essere sentite da qualcuno… E di risate, non certo
di donna, che rimbombavano fra quelle mura. Sentii il pianto e la preghiera di
smettere, la preghiera di lasciarla in pace ed infine… la preghiera di morire.
Provai la sensazione di solitudine e di disperazione che l'avevano investita, il
tentativo di pulire il suo corpo e la sua anima da qualcosa che risultava
indelebile… E allora non fui più padrone di me, non riuscii a rimanere
indifferente a quell'ondata di ricordi che appartenevano ad una delle persone
che più contavano per me.
SHAKA
Fu un attimo e Milo tinse di rosso quel mondo. Era un rosso fuoco, alimentato
dall'ira e dalla disperazione. Sentii su di me tutto l'astio e il senso di
impotenza che provava Milo, sentii nascere, crescere ed esplodere la rabbia di
un fratello che sa la verità. I miei ed i suoi sentimenti si mischiarono in me,
amalgamandosi, trascinandomi col loro impeto ed infine frantumandomi. Feci un
ultimo, disperato tentativo di non far distruggere quel luogo di notte e
abbracciai completamente l'anima di Lilian e afferrai con forza Milo. L'anima
della ragazza non poteva sopportare la disgregazione del suo mondo, lei si
sarebbe persa nel buio e non avrebbe trovato la via del ritorno. Dovevo fare
qualcosa per trattenerla e proteggerla da quell'impeto d'ira. Tuttavia, così
facendo, m'immedesimai in Lilian, provai sulla mia pelle il dolore della
lacerazione interna, quella disperazione ed impotenza che avevano governato la
mente della ragazza quel giorno… E poi la disperazione di essere orribile, di
essere stata violata e di non avere via di scampo. Mi sentii completamente
inutile ed incapace di dimenticare quello che m'era accaduto. Mi ritrovai a
pensare a quello che avrebbe pensato Milo quando sarebbe venuto a sapere cosa
m'era successo….Ai continui bagni e alle continue schiume che utilizzavo nel
disperato tentativo di pulirmi. Sentii le mia lacrime infuocarmi le guance nelle
notti in cui non riuscivo più a spegnere la luce per paura del buio…e poi la
decisione che sarei stato meglio morto: non sarei mai più stato in grado di
convivere con me stesso perché mi odiavo. Sentii scorrermi nelle vene il
coraggio di saltare giù dalla rupe, la paura del volo, prima di toccare il
fondo… e ancora lacrime che sembravano non terminare più. Lacrime per ciò
che ero e ciò che ero diventato, lacrime per un fratello che non avrei mai più
rivisto ma che in fondo non avrei mai voluto ferire… Lacrime perché m'era
stato tolto il canto degli uccelli e la bellezza dei campi in fiore, lacrime
perché ero stato reciso, ben prima di sbocciare…
Ma quel mondo andò in pezzi. Le emozioni di Milo, i ricordi di Lilian e la mia
anima da lungo provata furono l'insieme che ci fece precipitare. Non seppi
resistere. Uno scroscio di frammenti ci investì e persi completamente il
contatto col mondo, con Milo, con Lilian e con la mia anima.
MUU
Scomparvero. Milo e Shaka scomparvero dalla mia percezione. Non era
possibile, cosa mai poteva essere successo? Mi colse il panico
No…no..no!!!
Non potevo pensare di perdere anche Shaka, il mio unico amico… Sentii un
fortissimo dolore al petto, anche lui se n'era andato?
Corsi alla sesta casa, dovevo fare qualcosa, ma cosa? Sapevo che si trovavano
nella stanza di Shaka, ma non osavo entrare. Che cosa potevo fare io per
ricondurli da me? Entrare in quella stanza avrebbe voluto dire trovarli immersi
nei più profondi anfratti di sé stessi, avrebbe potuto dire recidere l'ultimo
filo che legava Shaka e Milo alla vita.
Non entrai.
Che stano, ancora quella sensazione di impotenza a me tanto nota… Ricordo
quando vidi l'emblema di Nike colpire Saga. Era come se avesse colpito anche me.
Ma come pensare di fare qualcosa? Come in quel frangente, così ora, c'era in
gioco tutto ciò che per me valeva e io ero inerme.
Avevo sentito l'aura di Saga affievolirsi, allontanarsi ed infine perdersi ed
ero rimasto lì solo, col dubbio di cosa avesse significato la sua vita e la sua
morte. E ora, il filo dello spirito di Shaka e di Milo si stava spezzando…ed
io ero qui a guardare…guardare….e rimanere immobile.
"Muu, ci sono delle cose che odi nella vita? Esistono cose che non
saresti in grado di sopportare?"
"Ce ne sono molte…"
"Non si direbbe. Così pacato e calmo, sembra sempre che sia in perfetto
controllo della situazione"
Mi ricordo che sorrisi e mi rattristai. Sapevo che l'impressione che davo era
quella, la mia indole quieta poteva essere scambiata, a volte, per totale
apatia.
"No, non rattristarti, non voleva essere una critica. Vai bene così, mi
infondi sempre calma, mi fai riflettere…mentre io, altrimenti, sarei schiavo
dell'irrazionalità. Invece con te è come se tutto prendesse un senso…compiuto"
"Invece è proprio questa mia indole a tenermi così lontano dal mondo…Così
lontano dal genere umano…"
Compiuto…ecco, ero la goccia di razionalità in una distesa di passione, così
mi vedeva Saga. Se solo avesse saputo che niente di tutto questo era vero, se
avesse saputo che il mio amore nei suoi confronti mi stava bruciando vivo, mi
stava rendendo schiavo di una persona che non mi voleva ma per cui avrei fatto
qualunque cosa… A volte le apparenze possono trarre in inganno anche le
persone a noi più vicine e io ero disperato perché Gemini non si fosse accorto
di cosa significava lui per me, ma ero sollevato che non lo sapesse. La sola
possibilità di perderlo, m'uccideva. L'ho perso e sono morto.
"Sbagli a dire così, io so che in qualunque caso, tu faresti di tutto
per far valere quello in cui credi, non rimarresti immobile di fronte alla
necessità di una persona in difficoltà…"
Pensai a quel dialogo lì, nella sesta casa. Era vero, non potevo stare lì e
non fare niente, non avrei mai potuto lasciar scomparire qualcuno così
importante per me, non più.
E allora mi venne in mente, quel giorno, quando Shaka mi chiese aiuto per
salvare l'anima di Ikki. Sembravano secoli fa…
Era stato lui, allora, che m'aveva indicato la via da percorrere col mio cosmo,
per aiutarlo a riportare Ikki alla sesta casa. Non sapevo se ero in grado di
rifare quella strada, di correre per quei cunicoli di buio e gelo per poi
arrivare da loro. Ma dovevo provare.
Espansi il mio cosmo e lo feci scorrere fino nelle segrete del mio cuore. Lì
trovai la via d'accesso, ma fui respinto. Non potevo entrare, non m'era concesso…
Non mi diedi per vinto e riprovai. In fondo, ancora più giù: l'entrata al
mondo al di là delle stelle. Rimasi sull'uscio, le forze che mi respingevano
erano tali da non farmi muovere. Ma ero pronto questa volta, perciò non mi feci
cacciare, cercai d'infiltrarmi, d'illuminare quel luogo e passare…
Fui nuovamente trattenuto, non riuscivo ad entrare, come avrei potuto salvarli?
Un polvere d'oro mi toccò, in quell'istante. Non capii subito chi o cosa fosse,
ma poi riconobbi in lui un amico. In quel mondo buio, dove l'aura di un
cavaliere viene spenta e dove non è concesso alle stelle di brillare, quel
tocco mi scaldò il cuore. Era umile, felice di trovarmi lì, estremamente
debole, ma vivo.
Il cosmo di Shaka sembrò sorridere ed accarezzarmi la mano, poi lo sentii di
nuovo allontanarsi, ma non lasciò spegnersi quella polvere d'oro che m'aveva
raggiunto. Io rimasi lì, col mio cosmo brillante come mai, non più ad
aspettare, ma ad indicare la strada del ritorno ad un amico.
Sentivo venti gelidi spirare da quell'imboccatura, ma in lontananza c'era un
sospiro di vita che si legava ad un altro e lo portava qui, dov'ero io.
Shaka ritornò, con, fra le braccia, lo spirito di Milo e ci fu un'esplosione di
luce alla sesta casa. Il cielo d'Atene s'illuminò a giorno.
Erano di nuovo qui, erano di nuovo da me. Li sentivo al di là di quella porta.
Sfinito ma felice, sorrisi e tornai alla prima casa con una sensazione, ormai
dimenticata, di sollievo.
MILO
Fu come un'esplosione, fui travolto da un mare in piena e persi di vista tutto e
tutti, sentii dolore, disprezzo, sentii ansia e tristezza… Non capivo di chi
fossero quei sentimenti perché ormai noi tre eravamo un tutt'uno. Sentivo la
solitudine nascosta dietro la luce, la paura di non essere compresi, sentivo il
timore di perdere ciò che più si ama ma il disprezzo per la propria persona,
sentivo l'impotenza e la malinconia di avere perso una persona cara… Chi stava
provando tutto ciò? Non riuscivo a capirlo…ero io ed erano gli altri lì con
me…
E ora… chi poteva indicarmi ora la via del ritorno?
C'era salvezza per Lilian?
Avevo investito Shaka di tutto me stesso e ora non lo trovavo più…
Era buio, non riuscivo a sentire niente né a vedere, ero forse morto? Dov'ero?
Era stata colpa mia… Cercai di allungare la mano per vedere se vicino a me
c'era qualcuno, ma ogni movimento m'era impedito. M'ero sentito così libero
quando avevo lasciato indietro il mio corpo ed ora mi sentivo in gabbia. Ero
pesante, immobile e solo… Non sentivo più forza e l'aura d'oro che prima mi
avvolgeva era persa. Pensai a Lilian, a come aveva dovuto condurre la propria
vita e a come l'aveva dovuta terminare. Alla sua anima che non aveva pace
neanche da morta perché io l'avevo tirata fuori da un luogo sicuro
semplicemente per mera curiosità.
Che cosa avevo fatto?
Ora l'avevo persa per sempre, non sapendo dove fosse e dove fossi io, avremmo
vagato per sempre in quell'oscurità, ma in direzioni opposte.
Lontani.
Il flusso della notte dove ci avrebbe portato? Neanche in Ade le avevo concesso
di essere serena, una vita distrutta da un destino ingiusto e un'anima spezzata
da un fratello ingordo di sapere perché.
Che cosa avevo fatto?
E Shaka, che aveva cercato in tutti i modi di mantenere integro quel posto, che
aveva fatto tutto quanto per me e che ora avevo perso. Non avevo paura del luogo
in cui mi trovavo, non avevo paura al pensiero che quello stato di cose poteva
essere eterno, ero disperato al pensiero che quel mondo potesse avere avvolto il
mio Shaka ed avermelo strappato, che la sua luce si fosse spenta per causa mia.
Avrei pianto se ne avessi avuto la possibilità, ma neanche l'unica consolazione
della disperazione m'era concessa. Forse era la mia punizione per essere stato
causa di tutto?
Avrei dovuto controllarmi, avevo percepito tranquillità nell'anima di Lilian,
ora quindi stava bene, perché ho dovuto reagire così? Ho spezzato tutto ciò
che avevo…e tutto ciò a causa della mia collera… Lilian…Shaka,
perdonatemi, potessi fare ora qualcosa…mi fosse solo concessa la possibilità
di ripristinare la vostra luce e la vostra anima, lo farei. Non ho interesse per
me, non avrei mai dovuto …
Ripensai all'ultimo momento in cui li avevo visti, vidi lo sguardo di Shaka
quando capì quello che era successo ed intuì la mia reazione, vidi il dolore
sul suo spirito per essersi fatto carico di tutte le sofferenze di Lilian per
lenire le mie ferite. Vidi il suo animo, incredibilmente fragile e luminoso,
venato di solitudine e offuscato da lacrime versate troppe volte, da solo. Mi
ricordai dell'aura di Shaka che piano piano s'infiltrava nell'animo di Lilian
per permetterle di poter parlar con me e per mantenere integro quel luogo di
buio. Ascoltai la melodia del suo cuore di uomo e dei frammenti che alla fine ne
rimanevano.
E allora capii.
Capii quello che aveva fatto per me, quello che aveva sopportato per lenire il
mio dolore e quello di Lilian, quello che provava in un mondo di luce in cui la
malinconia è sovrana…
Cosa rimaneva ormai di me? Niente, più niente se non la consapevolezza di aver
sgretolato l'anima dell'uomo che più amavo, la consapevolezza di non avere
avuto il tempo di curargli le ferite e di fargli sentire che la sua vita è la
cosa più importante per me…Che il suo sorriso è l'unica cosa per cui valga
la pena esistere…
Sapevo di avere spezzato qualunque tentativo di volo di un cuore fragile ma
avvolto di una luce così accecante che m'aveva per troppo tempo reso cieco.
Fluttuai. Ondeggiavo in quella distesa nera senza capire cosa e dove fossi.
Se solo avessi potuto, avrei smesso di pensare, ma pareva l'unica cosa che mi
rendesse ancora vivo. Forse non ero morto, forse non lo era neanche Shaka, ma
come potevo fare per tornare alla sesta casa e riportarci Shaka? Come potevo
assicurare a Lilian una dimora fra i giardini di Ade?
Lilian, la mia sorellina, cosa mai le era successo… al pensiero di quelle
immagini mi venne da gridare. Se avessi avuto voce, l'avrei fatto. Una
sensazione di totale impotenza nei confronti del passato e di questo presente,
ecco l'unica cosa che ero. Chiusi gli occhi e cercai di dimenticare me stesso.
Non so dopo quanto, ma un flebile bagliore bianco e dorato mi raggiunsero.
Era un tocco amico che non riconobbi, chi poteva essere? Quella luce mi sfiorò,
debole e stanca, mi avvolse. Allora sentii Lilian toccarmi, lessi in lei tutta
la sua felicità per avermi ritrovato, il senso di sollievo che provava per me.
Vidi anche oltre questo velo, vidi la liberazione del suo animo e quella
serenità che sembrava esserle stata negata, in realtà ritrovata nei campi di
Ade. La gioia di essersi ricongiunta ai nostri genitori e di aver trovato un
posto sicuro dove stare.
Allora respirai e sorrisi. Forse, l'idea di morte che hanno i vivi è dovuta
alla paura di ciò che non si conosce perché ora, la mia Lilian stava bene. Ed
è ciò che ero venuto a vedere…Non aveva bisogno di me e io sapevo che
m'avrebbe aspettato, lì, bella come mai, bella come sempre. E quando sarebbe
stato il mio turno, allora sarebbe accorsa da me, indicandomi la strada più
semplice per raggiungerla e vivere con lei in quel mondo di pace.
Poi la luce bianca scomparve e rimase solo quella dorata, mi prese, esausta, e
mi trascinò via di lì. Non opposi alcuna resistenza, sapevo che quello non era
il mio posto e che sarei dovuto tornare a casa.
Salutai Lilian per sempre, ma, in realtà, ora sapevo che era un arrivederci.
Un profondo dolore sembrò lacerarmi il petto. Aprii gli occhi e mi ritrovai
alla sesta casa, di fronte a Shaka. La sua camera ancora avvolta della sua aura,
ma questa non era più forte come l'avevo sentita prima. Sembrava pallida e
sottile, sul punto di rompersi. Guardai Shaka e vidi il suo viso ricoperto di
lacrime, delle mie lacrime, di quelle di Lilian e delle sue: se n'era fatto
carico ed ora queste inondavano il suo volto. Il suo cosmo si affievolì
ulteriormente e poi, quasi, scomparve. Shaka s'accasciò su di me, sfinito. Lo
abbracciai, felice di poter rivedere quell'uomo e di averlo fra le mie braccia,
grato per quello che aveva fatto per me e per Lilian. Gli passai una mano fra i
capelli
"Ti amo" dissi, ma non credo che sentì. |
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Capitolo 3 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3 ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
SAGA
Il sole stava ormai calando su quell'immensa città, tingeva tutti i tetti di
un arancione così forte da accecare. Più e più volte avevo tentato di
catturare quel colore sulla mia tela, invano.
Earin, il mio maestro, inoltre, non approvava questa mia inclinazione pittorica.
Non che ne fosse completamente contrario, tuttavia vedevo nei suoi occhi il
fastidio di vedermi dipingere, invece che a fare i miei esercizi. Se poi, come a
volte capitava, mi scopriva disegnare durante le ore dell'addestramento, mi
picchiava e mi faceva continuare ad allenare fino a notte fonda, quando cadevo
stremato per terra.
Ma io non potevo rinunciare ai miei colori.
Era una passione che fin da piccolo avevo cullato, mi ricordo i pastelli che la
mamma mi regalava e che venivano puntualmente spezzati da mio fratello. Non era
certo una persona incline all'arte lui, tuttavia a volte lo vedevo osservare i
miei quadri con un tale interesse, da farmi una tenerezza ed un piacere
profondo. Ovviamente stava ben attendo a non farsi scoprire da me, ma io ero ben
più furbo di lui.
E quest'arancione mi stava riempiendo il cuore.
Quando i nostri genitori erano morti, Earin ci aveva preso sotto la sua custodia
e aveva iniziato ad addestrarci. Sosteneva che saremmo dovuti diventare
cavalieri. Al tempo ero troppo scosso per la perdita di mia madre e di mio padre
per pensare cosa volessero dire veramente quelle parole. Non avevo grossi
interessi per l'investitura, ma piano piano avevo iniziato ad apprezzare quella
vita perché, se non altro, mi permetteva di non pensare al massacro della mia
famiglia.
Era successo tutto cinque anni prima, quando io avevo solo sette anni, non so
perché, al tempo non capii e nessuno mi spiegò cosa o chi avesse spinto mio
padre a fare ciò che fece.
Kanon, mio fratello, era andato nel bosco a raccogliere della legna, io e la
mamma eravamo soli in casa. Me la ricordo ancora, così bella, vestita di rosa,
mi stava raccontando di eroi vissuti nei tempi passati. Eravamo vicino al fuoco,
io sulle sue ginocchia e lei con quel viso così rilassato e rassicurante, che
hanno tutte le madri.
Ricordo… E non posso fare a meno di stare male…Perché?
Mi accarezzava i capelli e descriveva, con minuzie di particolari, tutto quello
che era successo a Troia, durante la guerra. Io ero piccolo, perciò, nonostante
fossi coinvolto dal racconto, non riuscii a non interromperla per via della
sete. Se solo fossi rimasto lì a proteggerla…se solo… Andai di là a
prendere un bicchiere d'acqua e sentii mia madre gridare:
"Perché?"
Mi agitai tantissimo, la sua voce era un urlo straziante
"Perché mi fai questo?" e poi fu il silenzio. Aprii la porta del
salone dove l'avevo lasciata e vidi mio padre trafiggersi con una pugnale e mia
madre di fianco a lui. Un lago di sangue.
"Mamma…Papà…"
Mi avvicinai a quei due corpi ormai privi di vita e camminai nel sangue, non
capendo che potesse essere il loro, non capendo… So che caddi lì in mezzo, il
mio cuore sembrò fermarsi.
Non so se sia stato mio padre ad uccidere mia madre, ma soprattutto non so
perché. So solo che in quel bagno di sangue avevo completamente perso la
facoltà di respiro, solo un flebile rantolo usciva dalla mia gola di bambino.
La storia di Troia non poteva avere fine, non poteva essere raccontata da
nessuno perché nessuno sapeva parlare e narrare come mia madre. Era morta e
volevo morire anch'io.
Kanon, se non ci fosse stato lui sarei rimasto lì per sempre, ma la sua manina
venne a scuotermi. Aveva gli occhi pieni di lacrime e il viso bianco come un
cencio
"Cos'è successo"
Mi tirai su, pieno di sangue, non capivo niente, non volevo capire niente e lo
guardai. Mi ritenevo il più grande, anche se in realtà avevo solo poche ore
più di mio fratello gemello. Volevo portarlo via di lì, volevo proteggerlo da
quella visione, ma vomitai. Mi sentivo spezzato, avevo il cuore che non batteva
più in petto e non ero sufficientemente grande e forte per superare quel
momento e aiutare Kanon. Poi entrò in casa Earin, ci sollevò di peso entrambi
e ci portò via.
Rimasi in uno stato catatonico per diverso tempo, non so per quanto, ma dopo un
po' mi svegliai di fianco a mio fratello. E da lì iniziò una nuova vita.
E l'arancione di quella sera mi ricordava i capelli fulvi della mamma. Ormai
sapevo che non potevo abbandonarmi a tristi ricordi, non potevo pensare a lei,
perché dovevo diventare cavaliere dei Gemelli prima di tutto. Ma come non
pensarci quando il fuoco in cielo ne sta parlando?
Sospirai, sette lunghi anni erano passati di cui tre di addestramento, ma ancora
non riuscivo a dimenticarla.
Chissà perché…
"Stai pensando alla mamma, vero?"
Kanon mi spaventò, non l'avevo sentito avvicinarsi e non m'aspettavo di
trovarlo lì ad osservare il tramonto
"Ti sembra una cosa da deboli? Il sole me l'ha ricordata"
"Atene ci farà da casa, ormai, dovrai abituarti a questo colore"
Non disse nient'altro e se ne andò. Aveva ragione, dovevo abituarmi, ma come
potevo? Sentivo ancora la nostalgia di quelle sere passate ad ascoltarla…
Kanon, dal canto suo, non si lasciava andare a questi sentimentalismi, il suo
animo non era animo di pittore, non poteva capire come un colore ti segna lo
spirito e te lo permea. Non poteva capire come le sfumature del cielo possono
meglio esprimere qualunque stagione del proprio cuore piuttosto che una sterile
parola. Solo i versi dei poeti potevano essere equiparati ai colori, ma Kanon
non era certo un poeta.
Però, spesso, lo sentivo piangere nel suo letto, a notte fonda. Non gli ho mai
chiesto perché lo facesse, né so se in quei momenti sognasse oppure fosse
sveglio. Piangeva però, piangeva le lacrime che non abbiamo mai potuto versare
in presenza di Earin, piangeva la disperazione che non abbiamo mai potuto sedare…
Se dovessi dipingere il nostro stato d'animo, in quelle notti, colorerei la tela
con tutte le sfumature del blu, fino a giungere al nero.
Essendo gemelli, io e lui, avevamo uno strano legame, una strana sorta di
sintonia. Le sue lacrime erano anche le mie, non importa chi le stesse versando
in quel momento, importa solo che uno di noi stesse piangendo. Capivamo
perfettamente gli stati d'animo dell'altro, li provavamo nel medesimo momento…
Sembrava fossimo noi gli unici a capirci, nonostante fossimo, in realtà, molto
diversi.
Atene, capitale e centro della Grecia, luogo dove tutti i cavalieri fanno
riferimento, ci stava prendendo fra le sue braccia, lì avremmo dovuto compiere
e concludere il nostro addestramento.
*KANON
Da poco eravamo arrivati in quella città e già il duro allenamento di Earin
era ripreso.
All'inizio pensavo che ci dovessimo allenare al Grande Tempio, poi in realtà ho
scoperto che saremmo rimasti nei pressi di Atene, ma che non avremmo mai varcato
la soglia della città. Chissà perché…. Quando m'era stato detto che
dovevamo trasferirci ad Atene, ero felice perché ero curioso di vedere come
fosse questo luogo di cui avevo a lungo sentito parlare. Ora invece, non solo
avevo scoperto che non potevamo entrare in città, ma per qualche motivo che non
conoscevo, io e Saga non potevamo dire di essere gli allievi di Earin e di
ambire all'armatura di Gemini.
Sembrava tutto essere un gran segreto, ma non m'interessava più di tanto, non
mi curavo di queste cose.
Passavo con mio fratello la maggior parte del tempo. Avevo notato che il suo
animo si stava incupendo, i colori che utilizzava per i suoi quadri, infatti,
erano solo colori scuri, i contrasti molti… e sembrava che più tentasse di
uscire da quello stato d'animo, più le sue tele lo legavano a quella tristezza.
Non sapevo cosa fare, ma anche perché non avevo risposte a questa malinconia
che condividevamo. C'era qualcosa in Atene, nella sua aria, nei misteri
sull'armatura, che si stava infiltrando nelle nostre menti e le stava
soggiogando. Ero ben consapevole che al di sopra di noi ci fosse un destino
ineluttabile. Avrei voluto aiutare Saga a tirar fuori colori più brillanti, ma
non potevo addentrarmi in un campo che non era il mio: l'unica cosa che potevamo
fare per sfogarci era prenderci a pugni. In realtà, l'affetto che ci legava era
troppo profondo per pensare di poterci fare del male, tuttavia il rotolarci
sull'erba, il ripetere fino alla nausea gli esercizi di Earin, ci dava modo di
non pensare.
Ma non c'eravamo ancora mai chiesti come potevamo noi, due fratelli, ambire ad
un'unica armatura.
Non c'eravamo mai chiesti come mai non potessimo vedere gli altri ragazzi al
santuario.
Né c'eravamo mai chiesti cosa sarebbe successo se qualcosa o qualcuno fosse
arrivato a spezzare l'equilibrio fra due fratelli in simbiosi, ma così diversi…
Aska entrò nelle nostre vite un anno dopo il nostro arrivo ad Atene.
Si presentò alla porta con una boria che m'infastidì, sembrava essere padrona
di casa. Entrò, infatti, senza chiedere niente e non si guardò neanche
intorno. Fece come se io non fossi stato lì, vicino alla porta a guardarla con
la bocca aperta. Chi era? Che cosa voleva?
Si slacciò i capelli e buttò il nastro per terra, incurante di qualunque
regola di educazione. Si sedette sul tavolo e solo lì si accorse di me che
ancora non ero riuscito a proferire parola a causa della sorpresa.
"Ciao"
"Ciao, chi sei?"
Mi gettò uno sguardo che non riuscii bene a capire: sufficienza o stupore?
Tuttavia, quello sguardo le fece brillare gli iridi color dell'oro. Che strani
occhi, non mi sembravano particolarmente belli, tuttavia avevano qualcosa di
vispo ed intelligente che mi catturò subito. Non s'erano abbassati quando le
avevo parlato, mi stava guardando fissa nelle pupille, quasi pretendesse
risposte da me e non avessi io il diritto di richiederle.
"Come chi sono, sono la figlia di Earin di Gemini"
La figlia del maestro?
Ora che la guardavo bene, poteva ricordarlo, più che nei lineamenti,
soprattutto nell'espressione del viso, così regale, anche se aveva tutti i
capelli scompigliati. Ma cosa ci faceva lì? E poi, Earin aveva una figlia? Non
ne avevo mai sentito parlare, come mai questa ragazza era arrivata solo ora?
Sporse leggermente il mento in avanti
"Tu chi sei dei due?"
Quest'espressione mi diede veramente fastidio. Dei due… Io non ero parte di un
intero, io ero una persona, ero un'identità ben separata da mio fratello. Cosa
voleva dire, dei due?
M'accigliai
"Kanon" risposi, volendo terminare qui il nostro dialogo e cercando di
andarmene.
Ma lei non me lo permise
"Vieni un po' qui" mi disse, e mi guardò quasi volesse imprimersi il
mio viso nella mente. Vedendola da vicino, potevo osservare le ramature di
quell'iride dorato e seguire il giallo dissolversi nel castano che a sua volta
si perdeva nel nero che delimitava con una linea spessa quella pozza colorata.
Mi sembrò quasi di vedere un quadro di Saga, in cui i colori sono così
intensi, ma allo stesso tempo così malinconici…Così forti, ma allo stesso
tempo così interdipendenti…
Quell'espressione accigliata e autoritaria dell'inizio, scomparve su quel viso
di ragazza e comparve un sorriso aperto, dolce e gentile. Col naso leggermente
arricciato e gli occhi brillanti mi tese la mano
"Aska. Mi chiamo Aska, piacere di conoscerti Kanon, credo che diverremo
ottimo amici io e te"
Scomparve l'astio iniziale dalla mia mente, quel sorriso e quel gesto avevano
avuto il potere di farmi sparire il cattivo umore dovuto alla sua entrata in
casa maleducata. Tutto sfumato e fuggito.
Sorrisi anch'io e le strinsi la mano.
Le sue dita lunghe attorno alle mie… Quella ragazza era un paio d'anni più
grande di me, ma scoprii in seguito che la sua forza e la sua volontà erano
quelle di un adulto.
Poco dopo, rientrarono in casa anche Saga ed Earin, il primo con una grossa
ferita sul viso. Stava sanguinando, ma sembrava non essersi accorto di niente,
di contro Earin era visibilmente alterato. Iniziai a sentire dolore anch'io alla
fronte, un profondo sconforto ed una stretta al cuore. Erano sentimenti di Saga,
ma ancora una volta si mischiavano coi miei. Gli occhi di mio fratello erano
incredibilmente tristi, ma la mia comprensione era ben più profonda della
semplice osservazione, il mio animo era così in sintonia col suo che capivo
esattamente cosa era successo e il dolore che aveva provato Saga quel
pomeriggio.
Non notò Aska, non disse niente, andò a lavarsi il viso dal sangue e salì in
camera. Feci per seguirlo, ma Earin mi fermò:
"Stai fermo qui, tu! Inutile che corri da qualcuno che non sa badare a sé
stesso…Prima impara e meglio è"
Neanche lui pareva essersi accorto di Aska, se veramente era sua figlia, pensavo
sarebbe stato felice di rivederla. E invece non la guardò neppure, non le fece
neanche un sorriso. Si versò una coppa di vino e si buttò sulla poltrona.
Silenzio.
Dopo la loro entrata, uno strano silenzio s'impadronì di quelle mura e sembrò
infiltrarsi nelle insenature del nostro animo. Era un silenzio irreale perché
neanche i rumori che di solito provenivano dalla foresta, erano uditi. Solo il
respiro di noi tre, io che non sapevo come impegnare il mio tempo, Earin con una
coppa di vino in mano e Aska che leggeva. Nient'altro. Intanto io sentivo
crescere il dolore al viso e l'umiliazione del mio animo…
Volevo sapere che cos'era successo, ma non potevo muovermi.
I minuti passavano, e poi un'ora, senza che nessuno si fosse mosso da dove si
trovava, senza che il mio dolore al viso fosse scemato. Non potevo stare lì,
salii quelle scale che mi separavano da Saga. Earin mi lanciò un'occhiata
furibonda, ma io non ci badai, dovevo andare da mio fratello. Volevo per lo meno
consolarlo, fargli sentire la mia vicinanza…
Aprii la porta della stanza e ritrovai Saga come mai prima, per terra, col viso
ancora sanguinante, in un mare di lacrime. Lui non era quello dei due che
piangeva, lui era quello che si esprimeva coi colori, come mai ora era lì
riverso su se stesso a versare lacrime?
ASKA
Era entrato col suo solito fare iroso e poco amichevole, m'aveva voluto lì e
ora non mi degnava di uno sguardo. Perché? Non avevo intenzione d'abbassarmi a
salutarlo. Il cavaliere dei Gemelli, mio padre, era da sempre la persona che
più disprezzavo. Quei suoi capelli d'argento e quegli occhi sempre duri con me…
Mai una parola gentile, mai niente. Che fossi una bambina indesiderata, che
fossi stato un duro colpo per lui, non era ormai un segreto. Ma la mamma s'era
sempre presa cura di me, non m'aveva mai fatto pesare d'essere figlia di un
cavaliere di Grecia. M'aveva sempre amato e m'aveva sempre curato al pari di mio
fratello…che non era figlio di Earin.
Ma ora lei era morta, aveva chiuso quei suoi bellissimi occhi liquidi e azzurri
e m'aveva detto addio.
Quanto mi mancava…
Che sciocca che ero stata ad illudermi che, una volta qui, Earin avrebbe potuto
maturare un qualunque tipo d'affetto per me. M'aveva rivisto dopo anni in cui
non s'era fatto vivo e cos'era successo? Niente, neanche uno sguardo, neanche un
sorriso…
Già un sorriso, quanto pagherei, ora per lo sguardo gentile di qualcuno…
Kanon, il ragazzino che sta prendendo lezioni da mio padre, m'ha sollevato.
Quando l'ho visto sulla porta mi sono spaventata. Magari anche lui non mi
voleva, magari anche per lui ero di troppo. In realtà, poi, m'ha fatto quel
sorriso così dolce e amichevole…Forse veramente potremo diventare amici, io e
lui. E poi Saga.
Poveretto, non lo invidio di certo. L'allenamento con Earin dev'essere, oltre
che terribile da un punto di vista fisico, anche terribile da un punto di vista
mentale. Il cavaliere dei gemelli è una persona che scopre le tue minime
debolezze e su di esse fa leva…
La stessa cosa che ha fatto con la mamma…
Quel bambino, così simile nell'aspetto a Kanon, ha in realtà con un'aura così
diversa. Non so cosa è che le differenzi, so solo che quei due bambini si amano
alla follia, ma che hanno due destini opposti.
Mi sembrano Castore e Polluce, così vicini, ma allo stesso tempo così lontani…
E lui è lì, a bere il suo vino, a fissare fuori dalla finestra, la sua distesa
d'alberi che pare parli al suo cuore più che le lacrime di quel bambino.
Chissà cos'è successo, chissà perché Earin ha dovuto ridurre Saga così…
E' da pochi minuti che sono qui, e già vorrei scappare, tornarmene nel Nord,
dove il ghiaccio ricopre tutto, ma dove sono i cuori delle persone a riscaldare
i focolari di ogni singola casa, dove Signora Neve impera sovrana, ma lei stessa
accarezza le sue creature e se ne occupa…
E invece sono qui ad Atene, con un padre che non mi ha mai voluto e a cui io non
devo niente. Che mi tiene con sé per pietà, perché la mamma è morta…
La mamma… A questo pensiero sentii una forte fitta al cuore. Non avrei mai
più rivisto quegli occhi così chiari da parere di ghiaccio, ma la cui
espressione è così calda da parere fuoco… Gli stessi occhi del mio
fratellino.
Strappato anche lui da nostra madre, ora è lontano. Mia unica consolazione sono
le lettere che, di nascosto, gli potrò scrivere.
Se Earin mi scoprisse, probabilmente mi ucciderebbe, ma a me non interessa.
Voglio sapere come sta e raccontargli di me. Quando sarò abbastanza forte e
grande, me ne andrò da qui e allora potrò ritornare da lui.
Sono sicura che mi sta aspettando, sono sicura che non si dimenticherà di me.
Un rantolo di Earin distolse la mia mente da mio fratello. Guardalo lì, ormai
ubriaco, con le membra stanche per le troppe battaglie, incapace di mettersi da
parte…
Ti detesto.
Hai fatto stare male la mamma e ora, tutto quello che sai fare è stare zitto di
fronte a me?
Guardati, hai la testa che ti penzola per il troppo alcol… non hai contegno,
non hai limiti. L'alcol, per te ora, è l'unica fonte di svago. Non hai piacere
in quello che fai, non trovi più piacere nel combattere…e allora perché
continuo a chiamarti "Cavaliere d'Atena"?
Scossi la testa, non avevo risposta…
Ma mi venne in mente la risposta di mia madre, quando da piccola le avevo
chiesto perché Earin ci avesse lasciato e il perché lei si fosse sposata,
subito dopo, con qualcun altro.
"Io non amavo Earin, non so se sia possibile amare un uomo così,
tuttavia ho visto il suo cuore…Attraverso i suoi occhi e ho scoperto quanto in
realtà sia buono, ma soprattutto, quanto sia solo"
Solo. Quell'uomo che sembrava sempre padrone di sé, quand'ero piccola, che
ora sembrava un tiranno nella sua corte, poteva provare sentimenti quale
solitudine e tristezza?
SAGA
Mi svegliai la mattina dopo quella terribile sera. Era stata la notte delle
stelle cadenti, e io non ne avevo vista neanche una.
Non importa, ero riuscito a sopprimere quello che m'era stato detto da Earin, in
fondo alla mia mente. Non volevo credere ad una sola parola di quello che avevo
sentito. L'avevo aggredito, ma ero ancora troppo debole per pensare di
offenderlo con le mie braccia.
Ma sarebbe arrivato il giorno in cui avrei strappato quel sorrisino da quella
bocca. Sarei diventato cavaliere dei Gemelli, allora, e avrei preso io il suo
posto, avrei ripulito la terza casa da lui e l'avrei portata agli antichi fasti.
Pensai che l'unico modo per sfogarsi fosse allenarsi, allenarsi e ancora
allenarsi senza tregua. Io e Kanon, a cui non avevo voluto dire niente di quello
che avevo saputo da Earin, continuavamo senza sosta. Non so che cosa pensasse
lui, non so a cosa avesse imputato il mio cambiamento. So solo che faticavo a
tenergli nascosto tutto quanto, eppure non potevo permettermi che lui sapesse…
Essere gemelli, per noi, voleva anche dire avere stesse sensazioni, pensieri e
condividere le emozioni dell'altro. In questo caso però era diverso, lui non
avrebbe dovuto sapere niente, mi sentivo in dovere di proteggerlo. Ero più
grande di lui, non volevo che il suo animo soffrisse come il mio. Probabilmente
questo mio continuo tentare di celargli i miei pensieri aveva delle falle da cui
Kanon intravedeva che qualcosa non andasse. Ma non m'importava, bastava non
capisse esattamente cosa.
Poi, ultimante mio fratello sembrava avere maturato un particolare interesse per
la figlia di Earin. Non so esattamente lei cosa facesse durante la giornata, so
che era sempre immersa nei suoi pensieri e nei suoi libri, arrampicata su
qualche albero. A volte l'avevo anche notata spiare i nostri allenamenti e
cercare di riprodurli, da sola, di notte. Ma per il resto, non la conoscevo
bene. Non parlava molto di sé, era molto gentile e dolce, ma aveva nei miei
confronti una sorta di rispetto che non capivo. Cosa che non sembrava avere nei
confronti di Kanon, con cui invece pareva un po' più aperta. E lui sicuramente
apprezzava la compagnia di Aska. Lo vedevo illuminarsi quando la incontrava o
quando rimanevamo svegli fino a tardi la sera, con lei. Non so se Kanon fosse
innamorato di Aska, so solo che, per la prima volta, vedevo gli occhi di mio
fratello colorarsi quando c'era lei.
Un colore che avrei voluto imprimere sulla tela, come omaggio all'unica persona
a cui ero legato su questa terra e alla ragazza che pareva renderlo felice.
Era pomeriggio tardi, un giorno, stavo dipingendo la nuova veste dell'iride di
Kanon, quando Aska mi si avvicinò. Non lo faceva mai, di sua spontanea
volontà, perciò mi stupii.
"Che bel quadro…"
"Grazie, in realtà sto solo cercando di imprimere sulla tela dei
colori"
"Sono dei bellissimi colori" sorrise.
I colori, l'unico modo che m'era stato concesso per esprimere quello che
provavo. Sarei stato capace di tingere tele e tele di soli colori senza forma,
semplicemente per comunicare al mondo quello che c'era dentro di me. Ma non
potevo pretendere che il mondo capisse.
"Earin m'ha mandato a dirti che sta partendo, s'assenterà per qualche
giorno"
"Veramente, e dove va?" Non potei nascondermi la felicità che quella
notizia m'aveva arrecato. Un po' di giorni di libertà m'avrebbero di certo
permesso di liberare la mia mente e di rilassarmi.
"Ha detto che devo tornare a casa…Non m'ha voluto dire cosa doveva
fare"
"Ma tu non vai con lui? Se torna a casa, non dovrebbe essere anche casa
tua?"
Appena posta, quella domanda, mi fece sentire uno sciocco e il vedere gli occhi
di Aska, accentuò questa mia sensazione. Mi sentii in colpa per essere stato
così privo di tatto.
"No…"disse lei con voce flebile" Quella non è casa mia e Earin
non è mio padre, se per padre s'intende colui che, insieme alla mamma, ti
cresce e si prende cura di te. Lui non è nessuno, m'ha concepito con mia madre,
ma nient'altro"
Non risposi. Non volevo essere indiscreto un'altra volta, non sapevo la loro
storia, anche se era facilmente intuibile che ci fosse qualcosa che non andasse
fra i due, anche solo per gli sguardi inespressivi e le parole prive d'affetto
che si scambiavano
"Io rimango qui, anzi, se potessi, io ritornerei a quella che veramente è
casa mia"
"Che è…?"
"Nel Nord, dove ho lasciato mio fratello e dove riposa la mamma."
E allora vidi il suo viso spegnersi e la sua bocca tentare di non mostrare
quanto dolore provasse in quel momento
"Smettiamola di parlare di cose tristi però" Disse lei, cercando di
sorridere, ma con gli occhi intrisi di lacrime" Perché non ce ne andiamo
ad Atene, quando Earin non c'è? Magari potremmo andare anche al Santuario"
"Intendi entrare nella città?" L'idea m'allettava, ero lì da diverso
tempo, ma non m'era mai stato concesso di vedere Atene, non so perché sia a me,
sia a Kanon era sempre stato proibito andare in città. Quale occasione migliore
per visitarla?
"D'accordo" e sorrisi, ritornando a guardare la mia tela e a spandere
su questa grosse pennellate di giallo.
KANON
L'idea di andare ad Atene piacque anche a me, era da troppo tempo che volevo
visitarla, ma Earin s'era sempre rifiutato di accordarci il permesso.
La particolarità di quest'atteggiamento non era solo quest'assurdo rifiuto, ma
anche il fatto che ci avesse più volte fatto giurare di non dire che eravamo
suoi allievi e, nel caso fossimo stati visti da qualche parte, negare di avere
un gemello…
Saga e Kanon non dovevano essere un ente separato, dovevano essere un'unica
persona, perché?
Non avevo ricevuto risposta, ma Earin ci aveva fatto promettere sul nostro onore
di non rivelare mai niente né di lui né di noi…e l'onore di un cavaliere, o
apprendista, non può essere macchiato.
Da quando avevo avuto la notizia che saremmo andati ad Atene, e magari anche
al santuario, non stavo più nella pelle. Quella tristezza che spesso mi rapiva,
la sera, e che mi permeava ogni singolo pensiero, sembrava svanita. Dissolta.
Non so bene spiegare quello che stava succedendo. Sì, stavo andando ad Atene e
questo mi elettrizzava, ma c'era ben altro che mi stava curando le ferite, c'era
qualcos'altro che mi faceva sorridere: Aska.
Ormai ne ero in totale balia, i suoi occhi dorati che s'incupivano quando
vedevano Earin, che brillavano quando rientravamo io e Saga, dopo l'allenamento,
quello sguardo così concentrato quando leggeva i suoi libri e quando scriveva,
quando ci osservava allenarci e tentava di imparare… E poi la sua risata, la
sua voce così dolce per me, il suo tocco così delicato ogni volta che, per
caso, mi sfiorava… Avrei fatto qualunque cosa per farla felice, per proteggere
quel cuore così forte ma al contempo così fragile, avrei dato tutto me stesso
pur di vederla sorridere.
Quei suoi capelli castani, così lunghi e morbidi… il solo pensiero di poter
intrecciare le mie dita fra quei fili d'oro mi faceva sobbalzare il cuore, con
quel loro profumo così intenso e speziato, parevano la cornice al più bello
dei quadri.
Non so se lei m'amasse o no, ma non c'era altra cosa che desiderassi. Era sempre
stata molto gentile, sia con me sia con mio fratello, ma non avevo mai intuito
se ci fosse qualcosa di più che semplice amicizia per me, nel suo cuore.
Se solo m'avesse pensato e sognato la metà di quanto lo facessi io…
E così mi trovavo a fissare il vuoto, con uno strano sorrisino sulle labbra,
perso dietro queste fantasie d'amore eterno, di felicità con l'unica persona
che aveva trovato la via d'accesso al mio cuore ed ora l'aveva conquistato e
fatto proprio.
Mi ritrovavo ad osservare quell'essere quando lei non mi notava, ad accarezzare
con le mani del cuore il suo viso.
Mi ritrovavo ad osservarla mentre dormiva e a ringraziare gli dei per avermi
fatto conoscere l'essere più bello di questa terra e di averle permesso di
abbandonarsi fra le braccia di Morfeo e di sognare le stelle.
Earin sarebbe partito domani e noi tre eravamo pronti ad andarcene ad Atene.
Non ci saremmo fatti scoprire, avremmo impersonato la stessa persona, io e mio
fratello, ma avremmo visto la città degli dei.
ASKA
Non vedevo l'ora che Earin partisse, volevo rimanere sola con i miei due
cavalieri, volevo rimanere sola con i miei unici amici.
Non so cos'avesse contro di loro il cavaliere dei gemelli, ma pareva che non
mostrasse una goccia d'affetto o comunque di stima, per i due ragazzi che
sembravano mettere il cuore in tutto quello che facevano.
Era notte, ma non avevo sonno. Decisi allora di sgattaiolare fuori di casa e
andare per i boschi, per rimanere un po' sola con me stessa. Adoravo
arrampicarmi sui rami più alti e osservare il cielo, mi lasciavo cullare dalle
onde del vento e osservavo la luce delle stelle.
Il bosco era la mia casa, molto di più che le quattro mura in cui ora stavo,
volevo diventare forte e essere in grado di andarmene via di lì e ritornamene a
Nord…da mio fratello…
Chissà come stava, chissà cosa stava facendo
Ero sicura, però, che stesse bene, me lo sentivo.
Saltavo da un ramo all'altro, guardavo la luna, mia sola compagna di quella
notte solitaria e mi sentivo bene.
Un rumore.
C'era qualcuno, Earin? Se m'avesse trovato lì, si sarebbe arrabbiato a morte e,
probabilmente m'avrebbe castigato…Obbligato magari ad andare con lui?
No, assolutamente, non avrei sopportato quello sguardo di rimprovero che aveva
sempre nei miei confronti, avrei voluto ucciderlo…ma come fare?
Io, che ero nessuno, non potevo competere con la sua forza, con la forza di un
cavaliere d'oro.
Ma non potevo dimenticare le sue parole, il modo in cui aveva trattato me e il
modo in cui, pensavo, avesse trattato la mamma. Lui era la causa della
separazione fra me e mio fratello, lui era la causa delle notti insonni passate
ad osservare il soffitto perché Morfeo non mi voleva fra le sue braccia.
E ancora, delle sue urla mi si riempivano le orecchie quando pensavo alle sere
passate a chiacchierare con Saga e Kanon, dei suo schiaffi mi bruciano le
guance, quando scopriva che non stavo facendo il mio dovere…Quale dovere, poi?
Io non sono certo fatta per dire sì, per rassettare la stanza a uomini che
hanno altro da fare…Io ho altro da fare. Non ho certo intenzione di
invecchiare succube degli eventi. Tornerò nel Nord, nella mia città e lì
ricostruirò me stessa, insieme a mio fratello e magari anche insieme a…
No, meglio non pensarci neanche! Non dovevo né volevo pensare a lui.
Ancora dei rumori, chi era?
Vidi un ombra e sentii dei passi….Poi uno sciame di capelli blu… Saga!
Non poteva essere Kanon, distinguevo fin troppo bene i due fratelli, anche se a
tutti parevano identici. Ma il profumo di Kanon era ben diverso da quello di
Saga, il passo di quest'ultimo l'opposto del fratello.
Scesi dall'albero su cui mi trovavo.
"Cosa ci fai, qui, a quest'ora?"
" E' la stessa cosa che potrei chiedere io a te"
Vidi che in mano teneva dei colori ed una tela…
"Sei venuto per dipingere?"
"Voglio catturare la luna e metterla sulla tela, ma non ci riesco… E' il
mio sogno, catturare l'argento e imprimerlo col pennello sul mio quadro"
"Ma non ti ho mai visto farlo…"
"Dipingo anche altro, sai che non riesco a trattenere la mia mano quando ho
di fronte e nell'animo dei colori…Ma questo quadro è importantissimo per me.
E' l'impronta di me stesso, ma non riesco a trasferirla sulla tela."
Sorrisi, quanta passione metteva in quelle parole
"E poi, cosa vorrai farci una volta che avrai catturato la Luna?"
"A quel punto non sarà più mia…"
Non capii quello che intendesse con quelle parole e corrugai le sopracciglia.
Cosa c'era di più personale di un quadro a cui si stava dedicando anima e
cuore?
" Non fare quello sguardo" Sorrise " Non so ancora di chi sarà,
so solo che quando sarò riuscito a catturare quei raggi d'argento, allora
questo quadro non sarà più mio…Forse sarà di qualcuno a cui tengo così
tanto da dare il Mio quadro…non lo so…"
Lo fissai e guardai con attenzione quegl'occhi che sembravano amalgamarsi alla
perfezione con il buio di quella sera, così cupi e così soli.
Mi resi conto di stare pregando perché quel quadro potesse essere mio, quando
fosse nato. Stavo sperando che il Suo quadro potesse essere per me… Saga…
C'è spazio, per me, in quel quadro?
Si mise a dipingere, ampie pennellate di blu e nero, ma non sembrava
soddisfatto. Aveva disegnato le pendici di un monte con un fiore che spuntava e
la luna che lo illuminava. Ma più il disegno prendeva forma, più il suo
sguardo si faceva disgustato.
Io rimanevo lì ad osservarlo, intento a ricercare dentro di sé quello che non
riusciva a trasportare sulla tela.
Non parlava, non guardava niente se non la luna e il quadro. Non esistevo, ero
lì ad osservare il pittore, ma non ero un colore da cui attingere. Nessuna
delle mie sfumature sembravano comparire sul suo pennello, non ero una tavolozza
adatta? Non avevo la giusta intensità di blu?
Solo ad un certo punto si girò verso di me, ormai stava albeggiando e il quadro
era quasi completato. Bellissimo per me, ma io stessa sentivo che mancava
qualcosa, era freddo e poco coinvolgente
"Vedi, non ce la faccio, provo e riprovo, ma i risultati sono pessimi"
"io lo trovo ben fatto"
"Hai detto bene, è ben fatto, ma non è niente di più"
Quel fiore sulla montagna stonava, troppo ingenuo per essere potuto sbocciare su
quel dirupo. I suoi petali si sarebbero di certo spezzati alla prima folata di
vento e sarebbe morto perché la montagna non avrebbe potuto nutrirlo.
"Stai guardando il fiore…"
"Sì… è incompreso, lassù, in cima a quel dirupo, è solo…"
"Non dovrebbe stare lì, non doveva nascere lì e morirà. Ho disegnato un
fiore destinato a morire"
Prese il quadro e fece per buttarlo via, ma glielo impedii.
"Non buttarlo, a me piace. Posso tenerlo?"
"Tieni un fiore che sai destinato a morire?"
"Sì… Sarà come fosse il mio fiore…"
Non capii subito. Quel fiore così fuori posto e dissonante mi somigliava, ma io
non lo sapevo ancora.
SAGA
Finalmente mattina. Finalmente Earin se n'era andato.
Atene, la città degli dei, non avrebbe avuto più segreti, la sua gente, i suoi
templi e il suo calore sarebbero stati finalmente parte di me.
Alle porte della città, però, rimasi senza parole. Non avrei potuto immaginare
questo splendore, non avrei mai potuto immaginare così tante persone e così
tanta vita, tutta insieme.
Sentii il mio cuore riempirsi di gioia, mi sentivo felice, avrei voluto ridere,
andare in giro ed abbracciare tutti.
Anche i miei due compagni di viaggio sembravano apprezzare quella visione, così
diversa da tutto ciò a cui eravamo abituati… E Earin ci aveva sempre impedito
di vedere e visitare qualcosa di così grandioso?
Perché?
Non lo sapevo e non lo sapeva nessun altro…
Ma ora non m'interessava di Earin, volevo solo visitare Atene in ogni sua più
piccola via, in ogni suo abitante. Tuttavia la mia attenzione fu attratta da
qualcosa, costruzioni che neanche negli anfratti più nascosti della mia
fantasia avrei potuto immaginare. Lontano, un po' offuscati dalla luminosità
del sole, si ergevano diversi templi, l'uno di fila all'altro e in cima una
costruzione degli dei, così ricca ed imponente da lasciare senza fiato.
Osservavo quell'immenso insieme di curve, quasi seducenti nella loro armonia…
"Cosa fissi?"
Aska interruppe così il mio stupore
Indicai il luogo dove vedevo quei templi, senza essere in grado di proferire
parola.
"Ma cosa c'è?"
Ma come cosa c'è, non vedi le dimore di qualche dio? Volevo dirle, ma non dissi
niente, le parole erano quasi congelate nella mia gola.
"Le dodici case e..il grande Tempio…" disse infine Kanon. Questa sua
frase dissipò il dubbio che stessi sognando. La forza che sentivo provenire da
quelle mura era tale che avevo il timore che stessi avendo una visione. Niente
di reale poteva essere così maestoso … quelle case sembravano abbracciare il
cielo.
"Io non vedo niente" Scosse la testa, Aska
"Come no? Là in fondo…"
Ma di nuovo, fece cenno di non vedere niente.
"Avviciniamoci, magari allora lo vedrai…"
"E' ben stana, questa cosa, io lo vedo benissimo" aggiunse Kanon.
Anch'io lo vedevo benissimo, come mai lei no? Mi vennero in mente le parole del
nostro maestro a proposito del Grande Tempio
"Solo i prescelti possono vedere la magnificenza di quelle mura, la
gente comune non può nemmeno avvicinarsi…"
Non avevo badato a quelle parole, mi sembrava impossibile che delle
costruzioni fossero invisibili… Invece Aska non vedeva niente, forse perché
io e mio fratello stavamo per diventare cavalieri, o forse perché in noi c'era
la forza di un cosmo… Non so.
Decidemmo di andare tutti insieme alle dodici case, magari Aska avrebbe visto
qualcosa, più da vicino…
"Che strano, sembra di vedere le ombre in lontananza…Non so se è la
suggestione delle vostre descrizioni, ma ora credo di vedere qualcosa"
Ci eravamo avvicinati di molto, forse il santuario è protetto da uno schermo
che impedisce agli estranei di avvicinarsi ai suoi confini, ma più vicini si
va, più è possibile vederlo.
Non so, ero felice, comunque, che anche Aska potesse vedere quelle mura che mi
stavano togliendo il fiato.
Arrivammo ai piedi di una lunghissima scalinata che sembrava entrare ed uscire
da ogni singolo tempio ed arrivare in cima…Infinita.
Interminabile, così maestosa, sembrava portare alla reggia degli dei. Ero
incantato, da una semplice scala e dai templi che accompagnavano il suo corso.
Il mio sguardo si fermò al terzo, sentii una forza nota, quasi familiare
provenire da lì. La casa dei gemelli, la casa di Earin e del cloth per il quale
stavo combattendo…
"Cosa ci fate qui?"
Una voce interruppe il fiume dei miei pensieri, pensai d'essere stato scoperto
in un luogo proibito, ma vidi che la persona che aveva parlato, non era altro
che un ragazzo della mia età. Il suo corpo, però, emanava un'energia
portentosa. Era un insieme di calma, di forza e gentilezza ma allo stesso tempo
di aggressività… Sembrava essere un bambino innocuo, invece i suoi occhi
emanavano una luce di totale controllo della situazione. Una luce estremamente
brillante. Non c'era cattiveria, anzi quegli occhi viola mi stavano scrutando
con delicatezza.
Era quasi un tocco, il suo sguardo, una carezza sulla mia anima. Non volevo che
smettesse di guardarmi, non volevo che quel contatto visivo terminasse. Così
piacevole…
Ma poi mi ricordai che con me c'era Kanon e che non avremmo dovuto farci vedere
insieme.
Mi girai per vedere dove fosse, ma con me c'era solo Aska. Aveva fatto in tempo
a nascondersi? Probabile, non si sarà lasciato stregare dal santuario e avrà
avuto la prontezza di andarsene.
"Allora, chi siete?"
Quel ragazzo distolse lo sguardo da me…peccato.
Non distolsi il mio, però, volevo ancora osservare quel sorriso e quel viso che
prima m'avevano guardato così intensamente da parere mi scrutassero l'anima.
Scossi la testa, non ero pronto a rispondere. Non sapevo cosa dire, che ero
apprendista di Earin? Non potevo, che dire dunque?
"Muu, dove sei?" Una voce chiamò quel ragazzino e mi trasse
d'impiccio.
"Sono qui, maestro Sion"
"Vieni qua, poi potrai svagarti"
Mi ridiede un'occhiata, ancora così intensa da lasciarmi senza parole
"Ci vediamo dopo"
E se ne andò.
Chi era quel ragazzo? Dove stava andando? Perché se n'era andato e non era
rimasto ancora un po' qui con me?
L'avrei guardato e riguardato, avrei voluto parlare con lui e…avrei voluto
dipingere quei suoi colori così intensi. Avrei cosparso la tela di toni così
accesi ma calmi, di sfumature così cariche ma dolci che sarebbe venuto fuori il
più bello dei quadri…
Volevo rivedere quel ragazzo.
ASKA
E vidi, così, come se tutto fosse niente, sparire il mondo dagli occhi del
mio Saga, perdere il contatto con Atene e riempirsi di quel ragazzino che ci
aveva parlato.
I suoi occhi verde cupo brillarono di luce riflessa e di luce propria che però
traeva forza dal viola dell'iride di quel Muu…
Sparirono le sue malinconie, sparirono i suoi pensieri, sparirono le stelle nere
che di solito brillavano in quegl'occhi e si ricolmarono di stupore per il viso
di quel ragazzo e di estasi per quello sguardo. Si riempirono di Muu…
E io, se mai ero appartenuta a quegli occhi, sparii col resto. Dissolta in un
attimo, persa nel niente di un soffio, guardavo la mia antica casa, che non
s'era neanche accorta di non avermi più…
Lo vidi chiaramente, l'alito di speranza che ancora nutrivo, si sciolse perché
Muu aveva fatto evaporare qualunque cosa da quei bellissimi occhi.
Saga era ancora lì, con la bocca aperta, a fissare il punto in cui era sparito
Muu e a pregare che tornasse indietro.
Sarei voluta sparire veramente.
KANON
Ero riuscito a nascondermi in tempo, Saga non aveva neanche sentito i passi
di quel ragazzino, ma vidi perfettamente la scena… Vidi la mia Aska scolorire
e guardare Saga con occhi con cui non aveva mai guardato me. Vidi ogni singola
lacrima che avrebbe voluto versare, decolorare quelle labbra che di solito erano
così rosse…
Saga, era innamorata di Saga come mai avrebbe potuto esserlo di me.
Quel pensiero mi trafisse il cuore, vidi ogni filo d'oro dei suoi capelli
sollevarsi nel vento e cantare la disperazione inespressa di aver capito che
quel ragazzino aveva preso il posto che avrebbe voluto lei. O no? Non capivo i
sentimenti di Saga. Per la prima volta, mi resi conto di essere completamente
staccato da mio fratello, di non capirlo, ma neanche di volerlo capire. Come
poteva non essersi accorto di quale creatura gli stava vicino?
E, soprattutto, perché lei s'era accorta di lui e non di me?
Perché lui era migliore? Perché aveva sempre avuto il favore delle stelle e
degli dei?
E io? Cosa potevo fare io, che ero solo il fratello gemello di Saga?
Aveva rubato al cosa più preziosa che avessi, il cuore di Aska, l'aveva rapito,
l'aveva chiuso nelle segrete di un palazzo impenetrabile, ma poi ne aveva perso
la chiave. Ed ora lei era lì, con le guance prive di colore e con le mani che
tremavano di disperazione.
Gli dei soli sanno quanto avrei voluto abbracciarla, riscaldarla fra le mie
braccia e dirle che l'amavo. Sarebbe stato inutile. Lei voleva Saga, lui era la
causa di quel pallore, lui era la causa del mio dolore. Si poteva forse
competere con lui?
M'aveva privato della linfa e non se ne curava, rimaneva a fissare il punto in
cui era sparito quel bambino dall'iride viola.
Sciocco, svegliati, girati e … Aska. Perché vuoi Saga?
SAGA
Se n'era andato, via perso dietro quelle mura, l'avrei mai più rivisto?
Torna, per favore torna e riportami quella tavolozza che portavi sul tuo viso,
cosicché io possa dipingerti…
Torna a parlarmi, voglio sapere chi sei.
Ma non tornò, non subito.
Immobili, io e Aska non riuscimmo a dire niente per diverso tempo. Non stavo
badando a lei, era come non ci fosse, non so quindi perché era lì e non faceva
niente.
Venne Kanon a distoglierci da quello stato.
"Andiamocene" La sua voce s'era fatta incredibilmente dura, non capii
perché. Non sentivo quello che stava provando mio fratello, non capivo il
motivo di quell'astio e di quella tristezza. Mi girai verso Aska e vidi che
anche lei aveva qualcosa di strano sul viso, ma scossi la testa. Poco importava,
non riuscivo a pensare ad altro, ora, se non a quel ragazzino di poco prima. Non
volevo andarmene, volevo aspettarlo lì. Sarebbe tornato…no? Lo speravo con
tutto me stesso.
"Io voglio rimanere!"
Kanon mi toccò la mano e allora il contatto che prima m'era mancato,
quell'attimo in cui eravamo stati due completi estranei, si dissolse e lessi,
almeno in parte, quello che era successo in lui.
Sentii il suo cuore spezzato, sentii quel fiume in piena di lacrime che non
avrebbe mai versato, sentii la desolazione del suo animo che s'era ritrovato in
frantumi e che sapeva non avrebbe mai trovato una cura… ma stranamente,
nonostante intuii tutto ciò, non provai questi sentimenti, li assimilai
solamente.
Fu una sensazione strana, nuova se non altro. Le porte della mia anima erano
chiuse ai sentimenti di Kanon, straboccavano dei miei, dello stato confusionale
in cui m'aveva gettato Muu, dei colori che m'appartenevano più di qualunque
altra cosa, ma non appartenevano a Kanon. E non percepii i suoi, non capii le
sue sfumature.
Qualcosa s'era spezzato.
ASKA
Lo sentii chiaramente, fu quasi palpabile, Castore e Polluce s'erano
definitivamente separati, non lo sapevano ancora, ma ormai si stavano
allontanando. Nel mito greco, il loro amore li aveva portati a superare le
difficoltà poste dal fato e a riunirsi. Ora, questi nuovi gemelli, avevano
scelto strade diverse. Non per loro volontà, ma si stavano lasciando, forse per
non rincontrarsi mai più.
E' stato solo un attimo, ma qui, di fronte alle scale del Grande tempio, il
destino è cambiato.
Saga non voleva andarsene. Voleva rivedere Muu. Perché eravamo venuti ad
Atene? Perché m'era venuta quell'idea? Se fossimo rimasti a casa, se avessimo
seguito i consigli di Earin, tutto questo non sarebbe mai successo….Ma è
anche vero che non si può prescindere dal proprio fato, è anche vero che
quest'ultimo piega persino la volontà di Zeus, cos'avrei potuto fare, io,
stupida ragazzina, contro una forza del genere?
Però, nonostante sapessi che era inevitabile, perché stavo così male? Perché
non riuscivo a pensare…Saga. Rimani con me, non andartene, diventerò un
perfetto insieme di colori per le tue tele…Non lasciarmi.
Volevo gridare…Ma non potevo, volevo picchiare mani e piedi per terra, parlare
a Saga e dirgli che doveva stare con me, ma ero immobile.
Dovevo tornarmene a casa, via da lì, dovevo andarmene da tutto e tutti. Volevo
sparire.
Iniziai ad allontanarmi, barcollavo nella direzione che m'avrebbe riportato al
mio bosco, alle mie mura e che m'avrebbe nascosto.
Kanon s'incamminò con me. Sentivo chiaramente lo sconforto e la tristezza nel
suo cuore… Simili ai miei, anzi drammaticamente gli stessi.
Sgranai gli occhi, possibile che Kanon si fosse accorto di tutto, possibile che
avesse capito cos'era successo in quei pochi secondi?
Possibile soprattutto, che Kanon m'amasse?
Che strana che è, a volte, la vita. Si ama alla follia e non ci si rende conto
di ciò che ci sta attorno, di quanto si è amati nell'ombra, semplicemente
perché a noi non interessa dell'amore di qualcuno, ma vogliamo l'amore
dell'unica persona che per noi ha un senso. Così io non m'era mai accorta di
Kanon, troppo diverso da Saga per anche solo pensare di scambiarli per la stessa
persona, la sua anima m'aveva sempre messo a mio agio, m'aveva sempre aiutata
nei momenti peggiori, era sempre stato un ottimo amico per me. Ma nulla di più,
perché i colori che percepivo in Saga erano completamente assenti in Kanon. Le
tonalità di quest'ultimo non si amalgamavano con le mie, non sfumavano le une
nelle altre…e io non me n'ero innamorata. Invece lui sì. E io non ero stata
attenta e non farlo stare male, ma avevo espresso in maniera fin troppo chiara i
miei sentimenti. L'unico che pareva non essersi accorto di nulla, era Saga. Ma
anche il suo cuore era troppo impegnato a prendersi cura di se stesso, piuttosto
che osservare il tumulto in quello degli altri. O forse, il suo non era egoismo,
aveva visto in Muu la salvezza del suo animo, quel balsamo per lo spirito che
nessuno sa dare, se non raramente, e ci si stava aggrappando. Era stato solo uno
sguardo, il loro. Mai, però, avevo visto una tale intensità.
Il nostro passo fu interrotto. Qualcuno si parò davanti a noi, o meglio,
davanti a Kanon. Era ancora lui, Muu. Perché, ancora, veniva da noi?
Vattene, vattene!
E' colpa tua se ora sono scomparsa dalla mente di Saga…vattene…via.
Ma quegli occhi viola non riuscivano a tirarmi fuori tutta la cattiveria di cui
avrei avuto bisogno per stare un po' meglio. Quello sguardo profondo e limpido
riusciva a suscitare persino in me, calore. Non parlò, passò quegli occhi su
di me prima, poi su Kanon. Pensava fosse Saga, credo.
Lo guardò a lungo, senza dire una parola, poi però vidi che arricciò le
sopracciglia e se ne andò.
Mi ridiede un occhiata, triste e malinconica. Sembrava volesse quasi chiedermi
scusa. Possibile che quel ragazzino m'avesse letto nel cuore? Vidi i suoi occhi
lucidi, quasi fossero ricolmi di lacrime, quasi mi volessero spiegare che,
sebbene Saga fosse stato sottratto da me, lui se ne sarebbe preso cura.
Cosa dire a quegl'occhi?
Così luminosi, ma di colpo cupi per aver capito d'essersi imposto dove già
c'era qualcuno, per aver capito d'aver ferito una persona ma con la promessa che
avrebbe cullato ed accarezzato quello spirito così solo…
Possibile che, nell'arco di tempo di uno sguardo, avesse potuto comunicare tutto
questo? Possibile che nell'arco di tempo di uno sguardo, lui avesse capito il
mio cuore?
Non lo so, forse non voleva dirmi niente, ma io lessi tutto questo e sorrisi.
Mi venne spontaneo sorridere. Sarei morta, avrei voluto dissolvermi sulle labbra
di Saga, eppure quel ragazzino aveva stillato tenerezza nel mio cuore e…sicurezza
che qualcuno si sarebbe preso cura del mio Saga. E' strano come, a volte,
l'amore porti a porre davanti a qualunque cosa, la persona amata e si è felici
perché si sa che il suo spirito verrà cullato da qualcuno che non potrà mai
fargli male. Che il suo sorriso verrà donato a qualcuno che capirà ogni minima
sfaccettatura di quell'atto e saprà perdersi in quel gesto…
E fu così per me, nella mia disperazione ci fu la certezza che il mio Saga
avrebbe dipinto i suoi colori attingendo da un fiore che l'avrebbe cullato nel
suo profumo.
SAGA
Rimasi lì seduto, mentre gli altri due se ne stavano andando. Non riuscivo,
non volevo muovermi. Volevo vedere quel ragazzo, volevo…capirlo.
Sarebbe tornato? L'avrei aspettato giorni, se fosse stato necessario, anni, pur
di capire quello sguardo.
Ma non fu necessario, dato che lo vidi in lontananza avvicinarsi. Presi ad
agitarmi, che sciocco, non avevo pensato a cosa dirgli, al perché mi trovavo
lì… avrei fatto al figura dell'idiota. Sicuramente. E non volevo apparirgli
stupido.
"sei ancora qui…ma ti ho visto andartene"
Probabilmente doveva aver visto Kanon, nessuno ci riconosceva, ovvio che anche
Muu ci avesse scambiato l'uno per l'altro. Tuttavia, mi rattristai. Volevo
essere Saga per lui e non una confusione di due persone. Ma come poteva lui
saperlo, quando non conosceva neanche il mio nome?
Mi guardò, ancora, come prima. E ancora rimasi immobile, sbalordito da quello
sguardo, incantato da quegli occhi …Non volevo che smettesse. Ma poi fece
qualcosa che mi toccò ancora più nel profondo, qualcosa che mi scosse così
tanto che il mio cuore perse un battito.
Sorrise.
E allora il suo viso s'illuminò, quegli occhi divennero così brillanti e
incantevoli che rimasi senza fiato.
"Tu non sei quello di prima… Sei un'altra persona, non posso
sbagliarmi"
Questa sua frase dissipò qualunque nebbia dal mio cuore e allora anch'io,
finalmente, sorrisi. Da tanto non mi sentivo così bene, così felice perché
aveva riconosciuto in Kanon una persona diversa da me.
E perché Muu aveva sorriso per me.
Mi si sedette vicino
"Ti chiami Muu, non è vero?"
"Sì, mi sto allenando per diventare Cavaliere dell'Ariete, col mio maestro…anche
se ci troviamo qui in visita al Santuario"
"Di solito non ti alleni qui?"
"NO, nel Jamir, molto lontano…Però… Atene serba sempre delle
sorprese"
E arrossì. Di un rosso così trattenuto e dolce, che mi fece tenerezza.
"E' la prima volta che vengo qui…" ma le parole mi morirono sulle
labbra. Non riuscivo a dire niente, che sciocco! Dovevo parlare, dovevo dire
qualcosa, ma non potevo, la magia di quel ragazzo aveva legato la mia lingua e
l'aveva resa immobile, solo quel viso aveva senso.
La notte scese, ci sdraiammo sul prato a guardare le stelle…Ormai non avevo
più paura di niente, anche le parole uscivano senza più alcun timore. La sua
voce era un canto per le mie orecchie, ma ancora di più, la sua risata era
l'argento della luna che avevo, per così tanto tempo, voluto dipingere.
E allora seppi che quel quadro sarebbe stato suo, che i raggi della luna
sarebbero stati la sua risata e che la mia anima era il mio dono per lui. |
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Capitolo 4 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3a ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
Shape of my heart by Sting
SHAPE OF MY HEART ( Forma del mio cuore)
Song-fic. Riflessioni di Earin riguardo l'impossibilità di vincere il
Fato.
He deals the cards as a meditation (Pondera le carte che tratta)
And those he plays never suspect (e quelli che giocano con lui, non sospettano
niente)
Quello che avevo temuto s'è avverato, quello che con tutto me stesso ho
cercato di impedire, è ora davanti ai miei occhi.
Perché, Destino, ti sei accanito in questa maniera, contro due gemelli la cui
unica colpa è essere troppo diversi?
E' lui che gioca con le nostre vite senza alcun rispetto per i sentimenti e i
desideri di noi umani. Lui che piega la volontà del divino Zeus, ha deciso per
voi, miei cari ragazzi, la strada più difficile. Oscura, tortuosa, ma
soprattutto, solitaria.
Non vi è concesso avvicinare niente al vostro cuore perché sarebbe distrutto,
tutto ciò che toccherete, sfiorirà… e io ho tentato di impedirlo, ho tentato
di oppormi al Fato, ma ho perso.
Ora giaccio qui, incompreso da voi e odiato dalla mia unica figlia perché Lui
non m'ha permesso di cambiare il corso della vostra vita.
He doesn't play for the money he wins (Non gioca per il denaro che vince)
He doesn't play for respect.( Non gioca per il rispetto)
E quale rispetto, se non guarda in faccia niente e nessuno e semplicemente,
dispiega su di noi i suoi voleri e ci uccide?
Saga e Kanon, per quanto tempo vi siete scambiati amore e sostegno, ma ora tutto
questo è finito perché la crepa che s'è creata fra voi è ormai troppo
profonda per essere colmata. L'infido Destino ha utilizzato l'amore di una
donna, ma non si sarebbe arreso di fronte a nulla…E così per amore di una
donna, ora vi separerete da voi stessi e dal mondo che vi circonda. Vi
allontanerete e vi trasformerete in pedine che saranno mosse su di una
scacchiera troppo grande per essere controllata da uno sciocco essere umano come
me…
E io che pensavo…
Ho giocato con Lui e ho perso
He deals the cards to find the answer (Tratta le carte per trovare una
risposta)
The sacred geometry of chance (la sacra geometria della probabilità)
The hidden law of the probable outcome…(La celata legge del possible
risultato)
L'abile giocatore ha saputo aspettare, illudermi d'avere vinto, per poi
strapparmi le mie speranze di fronte agli occhi.
Come uno dei tuoi bellissimi quadri, mio Saga.Un perfetto dipinto, sul quale
viene versato infine, una colata di grigio, che opacizza e copre i colori
brillanti che avevi cercato di imprimere sulla tua vita.
E tu lo stesso, mio Kanon, troppo hai sofferto…Non sei in grado di combattere
quell'ombra oscura che s'è già insinuata nel tuo cuore e che già divampa a
causa della perdita dell'unica persona che avrebbe, col solo sorriso, cancellato
questo disegno maledetto.
Ma il Fato sapeva fin troppo bene come muovere le sue carte, entrato in guerra
con degli sciocchi umani che hanno tentato di contrastarlo, ci ha battuti
I know that the spades are swords of a soldier (So che le spade sono lame di
soldato)
I know that the clubs are weapon of war (So che I bastoni sono armi di guerra)
I know that diamonds mean money for this art… (So che i denari significano
soldi in quest'arte)…
Forse avrei potuto parlarne, forse avrei dovuto confidarvi ciò che sapevo
del vostro futuro, ma avevo paura.
Paura che il rivelare ciò che in segreto m'era stato sussurrato dalle stelle,
avrebbe aiutato la mano di Colui che stavo combattendo. Ho preferito farmi
odiare da voi, ho preferito mentire alla mia Aska pur di avere qualche speranza
di vittoria…Ma ho perso, ma cosa che ancora più mi affligge è che voi siete
e sarete, per sempre, soli. Nessun affetto potrà mai sfiorare il vostro cuore,
perché sapete che chiunque trovi la via d'ingresso della vostra anima, è
obbligato a non uscire mai più.
E così la vita della mia Aska è segnata, la vostra vita…e la mia. Avrei
magari potuto salvarmi, ma non sono un codardo
This is not the shape of my heart. (questa non è la forma del mio cuore)
Non importa vivere in un mondo in cui so che non vi concederà un sorriso, in
un mondo in cui sta svanendo la vostra felicità.
Fato, perché?
He may play the jack of diamonds (Potrebbe giocare il fante di denari)
He may play the queen of spades (Potrebbe giocare il cavallo di spade)
He may conceal a king in his hand ( ma celare un re fra le sue mani)
E noi non lo sapremo mai…ecco perché siamo destinati a perdere, ecco
perché niente ha più senso, quando sua Maestà decide, noi dobbiamo ubbidire.
Dobbiamo piegare la testa e assecondare i suoi desideri, perché non possiamo
nulla, nemmeno il vostro amore ha potuto niente…Nemmeno il mio…
Questo segreto, quest'affetto incondizionato per voi che ho sempre dovuto
nascondere per paura di essere solo l'ennesima pedina in mano al destino…
If I told you that I loved you (Se vi avessi d'amarvi)
You'd maybe think there's something wrong (Potreste pensare che ci fosse
qualcosa di sbagliato)
I'm not a man of too many faces (Non sono un uomo dalle molte facce)
The mask I wear is one (La maschera che indosso è una)
Dura, gelida quasi, nei vostri confronti…
Saprete mai perdonarmi?
Saprete mai leggere nei miei occhi quanto vi abbia amato e considerato alla
stregua di miei figli?
E tu Aska, potrai mai capire che l'amore di padre che hai sempre cercato, era in
realtà inaccessibile anche per me? Potrai mai ascoltare il sussurro di questi
miei pensieri?
Forse no… lo saprà il vento a cui ho più volte gridato la mia disperazione,
lo sapranno i fiori che troppe volte m'hanno ricordato il tuo sorriso…
Chiunque mi stia ascoltando ora, per favore, si prenda cura di lei perché
presto io non potrò più, la protegga e la salvi…
Anche se so che sarà tutto inutile.
I miei tre fiori saranno recisi e appassiranno, e così chiunque tenti di
impedirlo…
E io sarò il primo. |
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Capitolo 5 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3b ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
Io sono Prigioniera
Dai pensieri di Aska, dopo la giornata ad Atene
Canzone: Sigla iniziale della versione Italiana di "Record of Loddoss
War"
Ormai è notte fonda e tutti dormono, la foresta coi suoi alberi, i prati e i
loro fiori, gli animali e i loro cuccioli, il cielo e la sua luna… L'occhio
della notte, questa sera, è così chiaro e candido che sembra voler accarezzare
ogni curva di questa terra, il solo occhio della signora che impone su di noi il
suo manto scuro e ci abbraccia non lasciandoci la possibilità di essere
illuminati dal sole e dai suoi colori… I colori…che sciocca a pensare che
potessi esserne uno…
L'illusione che ci fosse del posto per me, la rabbia di sapersi defraudati del
tesoro più prezioso, la solitudine di una notte che non può essere vissuta da
soli, ma che in realtà non ha compagni di viaggio, tutto questo è ancora vivo
sulla mia pelle… Solo il pallore dello sguardo vitreo della notte, agitato dal
soffio di un vento che non potrà cancellare niente di quello che è stato e che
non riporterà Saga da me.
Chiaro di luna
L'ansito del vento agiterà
La luna pallida dei pensieri miei.
Non capisco, non riesco a comprendere questi raggi d'argento che bagnano il
mio viso: così dolci perché simbolo della tua anima o così gelidi perché
privi di colore e quindi di te?
Come possono essere il simbolo di ciò che sei e allo stesso tempo esserti così
distanti? Il tuo essere sembra essere dominato dal contrasto di questa luna,
questa sera…
Vorrei solo abbracciarti, stringerti a me e farti sentire sicuro che ciò che
sei è la linfa della mia anima. Senza te io muoio, mi spengo nella luce di
Selene e sparisco…
Torna…
Tutto il bosco sembra chiedertelo, non senti il soffio del vento accompagnare
i miei pensieri? Non senti i fiori intonare il canto dei tuoi sguardi e
sussurrarti di non andare via?
Impregnano di loro l'aria, permeano i tuoi capelli con la loro fragranza e ti
fanno proprio, legandoti a questa terra e alle sue trame d'oro.
Eterno profumo della patria che ti generò,
questa patria che così calorosamente m'ha accolto e che ora mi tiene
schiava, legata da catene invisibili che m'impediscono di tornare a casa mia,
fra i ghiacci del Nord e le danze della neve
sentore di nostalgia
io sono prigioniera
Di te, di questa terra e di questa tua luna che non m'ascolta, ma che
sussurra il tuo nome alle mie orecchie.
Saga, l'unico uomo che potessi amare, l'unica persona che significasse qualcosa…hai
scelto qualcun altro, ti sei lasciato vincere e te ne sei andato…felice,
lontano da me.
strappata dalla realtà
lontana dalla luce che inghiottirà il mio cuore
Io sono prigioniera…
I sogni non mi parlan più
Inutile illudersi, inutile sperare che la realtà muti, perché sappiamo bene
che non sarà mai più così, non è vero, mia amica luna?
Sognare non ha senso, non ha senso credere in qualcosa che s'è visto sparire,
non ha senso aspettare Saga, lui non tornerà, lui non verrà qui da me…
Posso solo sdraiarmi e guardare il cielo, guardare le stelle e cercare lassù un
motivo per non piangere e non sentirmi sola, per non piangere e abbandonarmi
alla terra, per non piangere anche senza di te, Saga.
Soltanto il mio respiro può
volare via lontano da qua |
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Capitolo 6 *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 4 ***
Blue
Silence
Autore: Belial*Mime
SAGA
Atene, il Grande Tempio, avevamo ormai lasciato tutto alle nostre spalle da
diversi giorni. E Muu con loro.
Avevo, di quell'incontro, un vago ricordo, quasi fosse circondato da una spessa
coltre di nebbia, quasi avessi sognato tutto quanto.
La realtà mi sembrava così diversa da quella vissuta quel giorno? Che avessi
veramente creato questi ricordi per sfuggirci appena ne avevo la minima
occasione?
Non poteva essere, perché quel ricordo di occhi viola era troppo nitido, troppo
profondo per essere stato creato dalla mia immaginazione. La sensazione di
perfezione che m'aveva colto quando io e Muu avevamo parlato guardando le
stelle, non poteva essere un inganno della mia mente.
Il giorno perfetto. Non pensavo potesse esistere. E non pensavo potesse esistere
un luogo e una persona che mi facessero sentire felice, sicuro e che
alleviassero le frange dei troppi giorni passati nella solitudine
Ora che sapevo, però, volevo di più. Ora che sapevo che cosa potevo chiedere,
un solo giorno ad Atene non poteva essermi più sufficiente, l'idea di non
sapere quando sarei potuto tornare, mi gettava in uno stato tristezza al quale
non sapevo fuggire. Arreso di fronte all'evidenza e chiuso fra le mura di questa
memoria, non osavo guardare in faccia né Kanon né Aska.
Mio fratello aveva, anch'esso, eretto una coltre di silenzio intorno a sé, io
non capivo, non sentivo più niente provenire da lui. Avevo completamente perso
la capacità di interpretare i suoi occhi, di provare con la sua mente…Il filo
che ci aveva unito s'era spezzato.
Perché?
Sapevo, ma non riuscivo ad ammetterlo a me stesso. Osservavo, guardavo l'astio
che sembrava nascere in lui, ogni volta che gli stavo vicino e lui che, in
qualche modo, cercava di reprimerlo.
Perché?
Possibile? Possibile che tutto quello che il nostro legame aveva voluto dire,
tutto ciò che questo aveva rappresentato, sia per me sia per lui, si fosse
lacerato in un solo giorno?
Atene, nome che per me significava desiderio e speranza, per Kanon significava
perdita.
Non ero stato attento a lui in quel momento, non potevo, perché non avrei
saputo come oppormi a qualcosa di così ignoto e splendido quale il viso di Muu.
Non avevo osservato, non avevo capito, ma ora il risultato di quel che era
stato, lo vedevo di fronte ai miei occhi.
Aveva perso Aska, ma io, cosa potevo fare? Era colpa mia… era solo colpa mia.
E, nonostante quest'ammissione non sapevo come potevo comportarmi…Come lenire
il suo dolore?
Non sarei mai stato in grado di capire, credo, cosa significasse sentirsi
defraudati dal propri fratello, traditi nell'intimo.
Stavo male per ciò che avevo fatto, ma allo stesso tempo Muu continuava ad
essere presente nei miei ricordi.
E' forse troppo cattivo tenere conto delle gioie del proprio animo, oltre che
della disperazione nell'animo altrui? Forse…
Ma non riuscivo a pentirmi di quella giornata, non riuscivo a maledirla… Non
potevo né volevo scordarla.
Una mano sulla spalla mi distolse dai miei pensieri. Sapevo chi era, ma non
volevo girarmi, odiavo quella sua presenza, odiavo quel suo fare, odiavo tutto
ciò che rappresentava, che era stato e tutto ciò che stava facendo.
Non posso dimenticare ciò che mi disse la notte di San Lorenzo, non posso
dimenticare ma non posso credere alle sue parole.
"Dobbiamo andare"
Andare dove?
Ad allenarsi ancora? Per cosa, per strappare un sorriso a quell'uomo così
freddo? Perché ormai, né io né Kanon sappiamo cos'altro fare?
"Sono stufo, stufo di tutto, stufo di te e dei tuoi allenamenti, io non
vengo da nessuna parte"
Il tono delle mie parole credo, lo sorprese, non m'ero mai rivolto a lui così,
avevo sempre portato un certo grado di rispetto per una persona che, nonostante
tutto, m'aveva cresciuto.
Ma ora sembravo essere incapace di trattenere le parole, l'odio per Earin stava
diventando troppo forte
"Cos'hai detto?"
Ancora quel sorriso sarcastico, ancora quello sguardo superiore, né io, né
Kanon né Aska eravamo la colpa di quello che c'era successo, lui lo era. Lui
non aveva mai permesso che uscissimo dal piccolo spazio intorno alla nostra
casa, lui ci aveva sempre impedito di conoscere ed essere felici, lui ci aveva
sempre privato dell'unica cosa che né io né Kanon potevamo procurarci in altro
modo: l'affetto di un genitore.
Mi prese per la collottola ed investì la stanza del suo cosmo.
Così potente e minaccioso…
Ma non ebbi paura, volevo solo che quell'uomo scomparisse dalla mia vista, che
s'allontanasse da me.
Lo scansai in malo modo, la sola idea che fosse Earin la causa della morte dei
miei genitori…
No, non potevo crederci, non potevo, altrimenti l'avrei ucciso.
EARIN
Lo vedevo. Era davanti a me, ma il suo spirito era irrimediabilmente
cambiato. Che cosa avevo fatto?
Possibile fosse solo colpa mia?
Il Saga dei colori s'era appartato negli occhi di quel ragazzo di fronte a me,
ed aveva lasciato spazio solo a disperazione e odio.
Che cosa avevo fatto?
Per Atena, che sia già oggi il giorno…? Che sia dunque arrivata la fine di
tutto? La fine del mio sogno?
Che sia dunque oggi il giorno in cui la Terra si dividerà?
Forse, non dovevo temere l'ombra della morte, però.
Sapevo che le sue ali si sarebbero spiegate su di me…ma così presto?
E chi si prenderà cura della mia dolce Aska?
E chi perdonerà te, Saga?
"Vieni fuori e comportati da uomo"
"Io non prendo più ordini da nessuno, tanto meno da te, sei tu la causa di
tutto e devi pagare per questo"
L'infida mano della vendetta s'era già posata sul suo animo e vi si era legata.
L'unica chiave per aprire e spezzare quei legami era la mia morte, io lo sapevo,
ma sapevo anche di cosa avrebbe dopo, preso il suo posto.
Afferrai Saga per un braccio e lo scaraventai fuori di casa, se era la lotta
quella che voleva, allora lotta avrebbe avuto. Potevo solo sperare che fosse in
grado si sostenerla.
Dopo quel gesto mi guardò come mai prima, l'odio e l'ira stavano completamente
prendendo il sopravvento su di lui: come biasimarlo?
Del resto, agli occhi di tutti avevo sbagliato e ora ne dovevo pagare le
conseguenze. Ma non potevo certo spianare la via a Saga, non m'era concesso
neanche quello.
Gli avrei donato la mia armatura, ormai ero troppo stanco di tutto per portare
questo fardello sulle mie spalle. Ben sapevo che Gemini era più adatto a lui…Tuttavia
non potevo, doveva conquistarsela, l'armatura doveva riconoscerlo come
proprietario legittimo… L'unica cosa che sapevo con certezza era che Saga
sarebbe stato Gemini, non Kanon. E questo avrebbe ulteriormente ampliato la
crepa che s'era formata fra i due.
Non ne sarei stato testimone, però, la mia ora sarebbe giunta ben prima.
"Rispondi a questo, Saga, cos'è che ti rende furioso? E' forse il sapere
di come sono morti i tuoi genitori, o semplicemente la tua incapacità di
importi e di domare le ore del giorno a tuo piacimento?"
"Taci!! Sai benissimo cosa m'ha portato a questo punto: il tuo odio, la tua
gelida disciplina, l'allontanamento di Kanon e le lacrime di Aska. Tutto questo
è colpa tua, tua solamente. "
"E' colpa mia, dunque? E' colpa mia se siete andati ad Atene
disubbidendomi? E' colpa mia s'eri troppo occupato a pensare a te stesso invece
di curarti delle persone che avevi intorno?"
Lo vidi sgranare gli occhi, non s'aspettava sapessi tutto.
Quant'è fragile la tua anima, mio Saga. Ti prego, difendila dal male che
verrà, affinché possa conservarsi come il più raro dei diamanti.
"Pensavi che non sapessi, e invece…"
"Chi te l'ha detto?"
"Nessuno m'ha detto niente, sapevo benissimo cos'avreste fatto una volta
che me ne fossi andato. Di proposito ho lasciato questa casa incustodita e a voi
la totale libertà…"
"Di proposito? Per lasciarci quindi andare incontro ad un destino che
sapevi a cosa ci avrebbe portato?"
Il destino… Perché li ho lasciati soli? Se fossi rimasto con loro, avrei
potuto evitare quella giornata e quindi… No, avrei soltanto rimandato
l'inevitabile, e ormai sapevo che il tempo era arrivato
Scossi la testa.
Era inutile parlare, disquisire su di una scelta che non era stata fatta né da
me né tanto meno da Saga. Avrei solo dovuto pagare le conseguenze della mia
incapacità.
"Sii forte, ne avrai bisogno"
"Io averne bisogno?" L'ira aveva preso il totale sopravvento, il mio
Saga ora più che mai era forte e sarebbe potuto diventare Gemini. " Tu
invece, preparati, perché non avrò pietà. Non avrò pietà per ciò che hai
fatto a me e agli altri, per ciò che hai significato nella mia vita… per mia
madre"
Sua madre, Saga non sapeva la verità, ma forse questo non aveva più
importanza, ormai.
Avevo dovuto raccontargli d'essere stato io la causa della morte dei suoi
genitori, d'aver io stesso agito sulla mente di suo padre ed aver, quindi,
portato la rovina in quella casa. Non era vero. Ma l'animo di Saga doveva essere
scosso e doveva essere scaraventato fuori da quel guscio protettivo che s'era
costruito. Lì dentro sarebbe morto ben prima di sbocciare. E allora avevo
mentito, ma lui come poteva saperlo? Credo che, in fondo al sé, fosse
consapevole che non avessi alzato mano su suo padre, ma la rabbia che ora
portava in seno, non gli faceva vedere così lontano.
Mi attaccò con molta forza, non ancora sufficiente, però, per preoccuparmi.
E' così strano come, nonostante stessi iniziando una battaglia con un mio
allievo, non sapessi cosa provare. Il sentimento è qualcosa di innato e
naturale, raramente non si capisce ciò che si prova, più spesso ci si nega la
realtà.
E invece ora mi ritrovavo a non capire me stesso, a sperare che questo ragazzo
di fronte a me si risvegliasse, m'odiasse a tal punto da diventare forte e
battermi, diventare forte ed imporsi sulle stelle. D'altro canto, avevo paura di
morire, avevo paura del giudizio divino sul mio operato… temevo che, coi miei
errori, sarei stato giudicato duramente e avrei incontrato davanti a me, solo
una lunga strada buia. La mia paura, però, non era tanto dovuta all'evento che
divide la vita dalla morte, bensì era per la solitudine che avrei incontrato
nell'aldilà.
Avevo passato un'esistenza in solitudine, non capito e non amato, avrei forse
dovuto passare anche l'eternità così?
Eppure volevo che Saga mi sconfiggesse, e per farlo, doveva uccidermi.
Aveva senso tutto ciò?
Saga si stava rivelando troppo debole, non riusciva a colpirmi.
"Saga, non potrai mai raggiungere i tuoi scopi se la forza che dimostri è
così flebile. Devo forse fomentare la tua ira per risvegliare il tuo animo
sopito? Devo forse ricordarti il perché tua madre è morta?"
Che cosa stavo facendo? Alimentavo le menzogne per farmi odiare?
Ma ero giunto alla fine dei miei giorni, dovevo scuotere lo spirito di Saga e
dovevo farlo anche a costo della mia vita.
"Io non posso credere "disse lui" che tu sia veramente stato la
causa della morte dei miei genitori…Perché, dimmi solo questo"
Dire la verità?
Dovevo farmi trasportare dal mio desiderio di vedere Saga indossare le vestigia
d'oro, e quindi essere in grado di affrontare il suo destino, oppure dovevo
farmi trasportare dalla mia necessità d'affetto e quindi darmi io stesso una
possibilità di rivalsa?
Ma lo spirito d'un uomo è plasmato dal tempo, non dal momento, scelsi dunque la
prima via.
"Tu e tuo fratello Kanon dovevate diventare cavalieri, dovevo prendervi con
me… Il demone oscuro era l'unica via per liberarmi dei tuo genitori senza
sporcarmi io stesso le mani"
"Liberarti di mia madre e di mio padre senza sporcarti le mani? Che cosa
vai blaterando? Non vedi che le tue mani sono intrise del sangue di innocenti
che tu hai deciso di uccidere per i tuoi sporchi comodi?"
"Non è così semplice, Saga"
"Io la vedo semplicissima, invece, tu sei un assassino, senza né cuore né
anima, e dovrai pagare per questo."
Le lacrime coprivano il volto del mio allievo.
O Saga, non piangere per me, non piangere per un uomo che non ha saputo aiutarti
e che ti sta provocando solo dolore, uccidimi e diventa cavaliere d'oro, solo
così potrai vivere…
Per me invece, non c'è più speranza.
Le lacrime gli diedero forza, e da questa trasse l'energia per l'Esplosione
Galattica.
Non cercai neanche di difendermi, non m'interessava. Se prima ero in dubbio su
quale strada avessi dovuto scegliere, se prima potevo avere paura della mia
solitudine, ora avevo solo voglia di silenzio.
Non so che cosa mi avrebbe aspettato, una volta chiusi i miei occhi per sempre,
ma so che cosa avrei dato facendolo. E allora decisi che le lacrime di Saga
valevano di più di qualunque mia paura.
Mi colpì in pieno petto, la sua potenza mi scaraventò lontano.
Sdraiato sull'erba, mi ritrovai a guardare il cielo con gli occhi bagnati,
sentivo il respiro difficile, sapevo che tra poco avrei lasciato per sempre quei
posti.
Un leggero vento increspava i miei capelli, ma quasi non riuscivo a percepirlo.
Sentii qualcuno tirarmi su da terra, accarezzarmi il viso e gridare, ma anche la
sua voce sembrava provenisse da un luogo lontano
"Non piangere mio Saga" riuscii a dire "non devi farlo per
me"
Ma continuavo a sentire le sue lacrime cadere
"Non ti sei neanche difeso, perché?" Inutile anche rispondere, troppe
cose avevo celato nella mia vita, per pensare di spiegarle ora, in punto di
morte.
"Ti ho odiato, ma ora non voglio perderti, non andartene… Io ho ancora
bisogno di te"
"Non è vero, ormai sei grande, devi camminare con le tue gambe, io sarò
solo un ricordo"
"Io non so perché ma… perdonami!"
Sorrisi, non avevo più forza di dire niente. Guardai per un'ultima volta quei
luoghi, così verdi ed assolati…
Un profumo lieve catturò la mia attenzione, mi girai e vidi Hjördís, la madre
di Aska. Mi toccò il viso con le sue dita, sembrò volermi asciugare le lacrime
che stavano coprendo le mie guance.
Era così bella, come me la ricordavo, con i suoi occhi color dei ghiacci.
Era venuta a prendermi?
L'unica donna cui avevo potuto confidare il vero me stesso e che s'era presa
cura di me, era forse tornata sulla terra per lenire la mia solitudine?
Lei, così dolce in quei giorni passati nel Nord, così premurosa, nonostante
l'opposizione di leggi e educazioni morali, la donna che aveva riscaldato un
cuore in inverno e che non aveva suscitato in me paura quando le avevo detto di
amarla. La sola cui sono riuscito a confessarlo, né ad Aska né ai miei
allievi, solo lei…
Ora era qui, ancora una volta passava le sue dita fra i miei capelli e mi
sorrideva
Che bel sorriso…
Non temevo più quello che sarebbe venuto dopo, tutto intorno divenne una
macchia sfuocata di colore, iniziò a perdere forma e senso, rimase solo lei,
inginocchiata vicino a me, mi teneva fra le sue braccia.
Vengo finalmente da te, portami via, lontano da qui dove finalmente possa essere
da guida alle persona che lascio e non essere d'ostacolo. Avvolgimi e non
lasciarmi più andare, insieme potremmo prendere la nostra Aska, tra poco.
Finalmente e di nuovo, insieme.
Allungai la mano per accarezzare il viso di Hjöridís.
Poi fu il silenzio.
SAGA
Piangevo, non so perché, ma non riuscivo a trattenermi. Tenevo stretto Earin
fra le mie braccia: stava morendo per causa mia.
Non era forse quello che avevo voluto? Non era forse quello che avevamo, da
sempre desiderato?
Vidi i suoi occhi, quasi spenti, girarsi e guardare qualcosa al suo fianco.
Non c'era niente.
Il suo viso assunse uno sguardo sereno, quasi felice.
Provai la stranissima sensazione di un nodo che si scioglieva.
Non capii bene cosa fosse, ma dei fili intrecciati si disfecero, quando il mio
maestro allungò la mano al cielo.
Il suo cosmo, da sempre così restio al contatto con gli altri, così chiuso
dietro mura invalicabili, si spanse in gioia, s'illuminò e invase tutta la
foresta, brillando di pura luce.
E si spense.
Per sempre.
Il braccio di Earin, cadde al suo fianco, una stella che prima di morire esplode
creando una supernova, così il cosmo di Gemini.
Non riuscii a trattenermi dal gridare, portarmi il suo corpo vicino al viso ed
implorarlo di tornare, di non lasciarmi così. Ma, ormai era troppo lontano per
sentirmi, non avrebbe mai più aperto quegli occhi. Non riuscivo a staccarmi da
lui, com'era possibile che, nonostante stessi desiderando quel momento da
sempre, ora la disperazione fosse l'unica cosa che albergasse in me?
Io non volevo che morisse, io ero stato accecato, ero stato uno stupido…
Sentii una potente forza attirarmi via da quel corpo, i pochi bagliori rimasti
su di me del cormo di Earin, brillarono. Luminosi come mai, m'avvolsero
completamente e mi scaldarono. La foresta, ancora una volta, fu avvolta dal
cosmo di Gemini.
Che stesse tornando il mio maestro?
Che la mano nera della morte avesse avuto pietà di me e avesse ascoltato le mie
preghiere?
Quella forza così familiare non era morta, la sentivo sulla mia pelle e nel mio
sangue. Maestro, siete di nuovo con me?
M'avete dunque perdonato?
Sentii qualcosa di lieve e delicato accostarsi alle mie braccia e alle mie
gambe, e poi su tutto il corpo. Chiusi gli occhi, aggrappandomi a quella
sensazione e a quel cosmo così simile a quello del mio maestro.
E poi tutto finì, ancora una volta quei bagliori si dissolsero, ma quell'aura
di potenza no, rimase lì. Aprii allora gli occhi per cercare lo sguardo di
Earin.
Ma con mio sommo orrore, lo vidi ancora a terra, senza vita, felice e in pace,
ma immobile.
Quello che vidi dopo mi tolse completamente il fiato: la sacra armatura dei
Gemelli disposta su di me, le vestigia d'oro ricoprivano il mio corpo. Quella
sensazione familiare, quel cosmo, quella luce, non provenivano da Earin bensì
da me stesso e da quest'armatura; quella sensazione di calore e d'abbraccio, non
significavano la vita del mio maestro, ma erano state portate da questo suo
ultimo dono.
Sei morto affinché io potessi indossare quest'armatura d'oro?
Sento scorrere la tua anima nel mio sangue e la tua forza nelle mie braccia, il
tuo cosmo s'è unito al mio.
Era necessario? Era veramente necessario lasciarmi solo? Io non voglio più
queste vestigia, se è la tua assenza il prezzo da pagare, io non voglio più
abitare alla terza casa se le stelle sono la tua nuova dimora.
Non voglio…
Non m'interessa…
Non anelo a niente…
Riprenditi l'armatura.
Torna…
Non lasciarmi…
Non abbandonarmi…
Aiutami.
Ma i miei desideri si mischiarono alle mie lacrime e scorsero via.
ASKA
Quella mattina ero andata a spedire una lettera a mio fratello, la nostalgia
era tale che non ero riuscita a trattenermi dallo scrivere pagine e pagine.
Nostalgia di quelle distese di ghiaccio che avevano cullato la mia infanzia,
nostalgia dei giochi con il mio più caro compagno…Ormai eravamo cresciuti e
non era più il tempo di rincorrerci e lanciarci palle di neve, era il momento
più difficile, quello che avviene dopo la separazione: l'acquisizione di quella
consapevolezza che ti fa aprire gli occhi. La mia vita ormai s'era separata da
quella di mio fratello, poco sapeva di me, nonostante gli raccontassi nel minimo
dettaglio tutto ciò che s'agitava il mio cuore; la sua vita era separata dalla
mia, nonostante sapessi quali sforzi stava facendo per diventare cavaliere…
Sono sicura ce l'avrebbe fatta, le terre del Nord non avevano mai visto un uomo
così, avevo piena fiducia nelle sue capacità. Ma ora avrei preferito che fosse
venuto qua in Grecia ad abbracciarmi e a consolarmi, a sorridermi e, quindi,
allietare le mie serate.
Chissà se mai sarei tornata in quelle lande, chissà se mai avrei visto uno
zaffiro brillare sulle vestigia indossate da mio fratello. Chissà se questo mio
dolore potrà mai avere fine.
Ad un tratto, sentii uno odore insolito nel vento.
Provai una sensazione strana, non capii bene di cosa si trattasse, ma iniziai a
correre verso casa mia. Era come se avessi assistito ad un'esplosione silente,
come se la luce dell'universo si fosse spenta e io sentivo nel mio cuore un
profondo vuoto. Perché quella sensazione, cosa mai era potuto succedere?
Correvo ed intanto pensavo. Il primo pensiero fu rivolto a Saga. Che fosse
successo qualcosa a lui, che mio padre l'avesse sconfitto e quindi punito con la
vita? Mi sentii mancare all'idea e tentai di scacciarla. Saga non si sarebbe
fatto uccidere da Earin… tuttavia sapevo quanto fosse forte il cavaliere dei
Gemelli e sapevo che ben pochi avrebbero potuto tenergli testa. E se veramente
l'avesse ucciso?
Che cosa avrei fatto, io?
Impossibile, non sarebbe mai stato così crudele, avrebbe veramente preferito
prendere la vita di Saga piuttosto che lasciarlo incamminarsi per la sua strada
senza le sacre vestigia?
Scossi la testa, Saga…
E se fosse stato Kanon? Possibile?
No, no, no, basta, non poteva neanche essere lui. Chi avrebbe potuto ucciderlo?
Chi mai avrebbe potuto alzargli un dito contro?
Avrei voluto avere le ali, correre più veloce del vento, e invece sentivo il
mio cuore pesante rallentarmi la corsa, sentivo i miei piedi cedere di fronte
all'idea di scoprire quello che non avrei mai voluto. Ero lontana da casa mia,
troppo lontana.
Sentivo le ginocchia cedere…
Che qualcuno mi dica che sia Saga sia Kanon stanno bene!!
KANON
Ero nel bosco vicino casa quando sentii il cosmo di Gemini esplodere e
dissolversi, per poi ricomporsi, diverso però, da quello a cui ero solito…
Che cos'era successo?
Mi sentii immediatamente a disagio, con una gran voglia di gridare anche se non
ne capivo il motivo. Iniziai a correre verso casa, volevo sapere.
Pur non riuscendo a capire esattamente, ero a conoscenza di quello che, in
realtà, non volevo dire. Non riuscivo ad ammetterlo.
E se veramente fosse stato così? E se veramente un uomo aveva ceduto il passo
ad un altro, dando in sacrificio la sua vita, e che quest'altro non fossi io?
Destino, possibile che s'accanisse contro di me?
Non volevo crederlo, ma in realtà sapevo.
Il cosmo che s'era dissolto era, purtroppo, noto, conoscevo ogni minima
variazione dell'energia di quell'aura che ora era scomparsa. Correvo, cos'è che
mi dava fastidio?
Sapere che qualcuno fosse morto o che qualcuno avesse vinto?
Esitavo anche a pronunciare i loro nomi, non volevo farlo perché avrei messo in
parole ciò che non riuscivo ad ammettermi.
Che fosse successo ancora una volta? Earin era morto, come potevo negarmelo, lo
sapevo e lo sentivo. Sapevo anche che il cosmo di Gemini stava brillando, sapevo
anche che quell'aura stava espandendosi a limini inaspettati. Chi poteva fare
una cosa del genere? Quale uomo poteva contenere tanta tristezza in un alone di
luce?
Ne conoscevo uno solo. Una persona sola avrebbe potuto tingere di malinconia
l'oro dei Gemelli, una persona sola avrebbe potuto prendere il mio posto.
L'eterno secondo, ecco qual era il mio ruolo. Sin dalla nascita, io ero venuto
dopo Saga. Sia nelle gioie della vita che nelle avversità. Tutti parevano avere
una predilezione nei confronti di mio fratello e io non riuscivo più a
sopportarlo. Da piccolo avevo considerato Saga un luogo sicuro dove rifugiarmi,
un sorriso sicuro da cui attingere. Ma col passare del tempo, mi resi conto che
era proprio questa sua inclinazione, quasi divina, d'essere forte e dolce,
posato ma deciso, potente e fragile, che l'aveva reso superiore a me. Io non
potevo essere come lui, ma avrei voluto, avrei voluto superarlo, essere
migliore.
Ma ancora una volta ero stato sconfitto perché sapevo, pur non essendone stato
testimone, cos'era successo.
Dei delle stelle, fate che non sia così…
M'ingannavo.
Perché, perché lui e non io? Perché addirittura la costellazione a noi
propria aveva scelto lui e non me? Persino le alte sfere celesti avevano
preferito Saga. Perché non c'era mai stato posto per Kanon? Anche Aska…
A quel pensiero dovetti fermare la mia corsa, sentii le mie gambe cedere.
Ripresi subito, ma il ricordo di quella ragazza m'appesantiva il cuore e la
testa.
Perfino l'unico e più vero amore della mia vita, aveva posato i suoi occhi e
aveva donato la sua anima a mio fratello. Possibile che non fossi degno neanche
di lei? I suoi occhi dorati, i suoi capelli così luminosi, niente era per me,
era bensì per mio fratello. E lui non vi badava, sceglieva e scartava del tutto
ignaro di cosa stessi patendo io o la mia Aska.
Sentii l'ira accendersi in me. Cieco, ecco com'era stato mio fratello, baciato
dalla sorte ma cieco di fronte a ciò che la vita gli aveva riservato.
Poteva avere tutto e io niente, poteva fare ciò che voleva, io sarei sempre
stato uno seconda scelta perché prima veniva lui. E Saga come reagiva?
Sprezzantemente scartava, allontanava da sé - Pazzo!- per incamminarsi verso
strade ignote. Non sapeva accontentarsi, Muu non sarebbe mai più tornato da lui
e invece Saga cosa faceva? Viveva nel ricordo di quel giorno ad Atene.
Io ti odio, tu sei stato la mia rovina, nessun altro. Ogni volta che mi guardavo
allo specchio, chi vedevo? Un te imperfetto, una persona che troppo ti
somigliava per avere un'identità propria ma che non era esattamente come te e
che quindi, era mal riuscita. E ora anche le sacre vestigia dei Gemelli ti hanno
scelto, Earin ha dato la sua vita per te. Tu, sempre tu e solo tu, devi
scomparire. L'amore, l'armatura e il destino hanno scelto te, e tu non sarai mai
felice di ciò.
Arrivai di fronte a casa e vidi ciò che più temevo.
"Saga…" Ma non ebbi nessuna risposta, era per terra, accasciato
sul corpo di Earin, con indosso le sacre vestigia di Gemini.
Cosa fare, cosa pensare? Avevo ragione, lo sapevo, era tutto vero.
Mi sentii umiliato. Ero un sentimento frammisto al dispiacere di vedere il mio
maestro senza più vita, per terra. Guardai a lungo una scena che mai avrei
voluto vedere, che da sempre avevo temuto. Amareggiato per l'armatura rubata,
triste per Earin, sconsolato per Aska, cosa provare? Non sono mai stato un uomo
d'indole razionale, però, quindi lasciai il fiume dei miei sentimenti seguire
il suo naturale corso e, raggiunto il mare, sfociò in ira.
"Alzati Saga!" Gridai.
In piedi, spiegami, dammi anche solo una giustificazione per non odiarti
Si girò verso di me, il suo viso era una maschera di dolore, ma non
m'impietosì, vedevo solo l'oro della sua armatura e il corpo di Earin…
"Che cos'hai fatto?" Non rispose neanche questa volta, si mise in
piedi, l'armatura si separò dal suo corpo e si dispose perfettamente al suo
fianco. Anche lei, nonostante sapesse di non poter intervenire in questa disputa
fra fratelli, prendeva le sue parti.
"Saga, perché???"
"Io, non lo so…"
"Non lo sai? Non sai perché le sacre vestigia dei Gemelli abbiano scelto
te, non sai perché Aska abbia preferito te o perché, da sempre, tu sia stato
il prediletto della sorte?"
"Kanon non è come credi…"
"Io credo a quel che vedo, una sorte che, senza scrupoli, ti ha accolto fra
le sue braccia e ti ha cullato, scacciando invece me."
Non sapevo più come contenermi, avrei voluto picchiarlo, prendere a pugni
l'altro me.
"Ridarei l'armatura se potessi avere in cambio la vita di Earin"
"E' sempre stato così, Saga, tu hai sempre avuto tutto, quindi la
possibilità di scegliere cosa tenere e cosa no. La morte non ha padroni e non
accetta compromessi, ma io non ho mai avuto nessuna merce di scambio…perché
era sempre stata presa da te!"
Sentii le lacrime salirmi sin dal intimo, ero triste, il peso di una vita
passata all'ombra di Saga mi stava opprimendo ora più che mai. Non sarebbe
dovuto accadere, non doveva andare così…
" Kanon, ascoltami, il destino scelto per te dalle stelle, è un altro…
L'armatura che dovrai indossare, non è questa, bensì un'altra e non è colpa
mia se così è stato scritto"
"Taci, che ne vuoi sapere tu, di destino? Io volevo le vestigia d'oro, tu
le hai indossate. Se tu non fossi mai esistito, la mia strada sarebbe stata
sgombra!"
Lo vidi sgranare gli occhi, forse non s'aspettava tanto odio, …
Se lui non fosse mai esistito… La mia vita sarebbe stata più felice.
"Kanon…s'è dunque giunti a questo punto? S'è dunque giunti dove la
rottura è ormai irreparabile?"
"M'hai privato di tutto, Saga, m'hai impedito d'essere cavaliere, e hai
rubato il cuore della mia Aska e a me, che cosa resta?"
Niente, non ho niente da stringere fra le dita.
"Non stai più ragionando, Kanon…" Riguardò il corpo di Earin, ai
suoi piedi. Vedevo la fatica che faceva nel parlare, avrebbe voluto tacere e
piangere, ma io non gliel'avrei permesso, doveva darmi delle spiegazioni, doveva
pagare per tutto ciò che aveva fatto.
L'ira aveva preso il totale sopravvento, sentii il mio cosmo ampliarsi e farsi
minaccioso, come biasimarlo?
Dovevo uccidere Saga, doveva scomparire…
"Kanon, fermati, non voglio combattere con te"
Sorrisi e alzai le spalle
"Pensi che m'interessi cosa vuoi tu o no?"
"Ascoltami Kanon, seppur gemelli, io e te siamo diversi…ed è proprio qui
che risiede la tua bellezza, nei contrasti che porti nel tuo cuore, negli sbalzi
d'umore dovuti ad un nonnulla…Nella tua capacità d'ascoltare anche quando non
si sta parlando, nella tua dolcezza quando meno è aspettata…"
Sentii male al petto, non dovevo né potevo lasciarmi commuovere da quelle
parole.
Non importava quello che pensava Saga, aveva torto in ogni caso.
"Non cercare di calmarmi, non voglio ascoltare le tue menzogne, non credo
ad una sola parola di quello che hai detto. Io non sono niente, io non valgo
niente se paragonato a te e questo non è giusto!"
Era forse questo il vero punto? Mi consideravo, io stesso, inferiore a Saga?
Non stavo biasimando né lui né gli altri per aver sempre scelto il migliore
fra noi due. Sapevo quanto mio fratello valesse, a differenza di me, quanto il
suo cuore fosse ben più degno di Aska, dell'armatura dei Gemelli e delle stelle
che l'avevano scelto. Io lo sapevo.
Come potevano, gli altri, considerami, quando con me c'era sempre stato Saga?
Come potevo sperare di avere un senso, quando ero così mostruoso confronto ai
quadri che dipingeva mio fratello?
Mi coprii la faccia per la disperazione di sapermi inferiore, di sentire
comunque affetto nelle parole di Saga, affetto che probabilmente non mi
meritavo. Queste lacrime erano la prova dell'amore nei confronti di Saga, della
disperazione per la morte di Earin, della solitudine dovuta all'assenza di Aska,
ma soprattutto dovute al disprezzo che provavo nei miei confronti.
Ma, ancora una volta, il fiume che attraversò il mio cuore sfociò in odio. Non
ero in grado di controllarlo, l'idea che l'assenza di mio fratello avrebbe
potuto in qualche modo salvarmi, sfocò il resto, l'idea che quegli occhi pieni
d'affetto fossero lì solo per ricordarmi quanto lui fosse perfetto e io no,
m'avvolse completamente.
Lo guardai, ormai il mio cosmo parlava al mio posto: ira, rabbia, disperazione,
inutilità. Potevo porvi, io, rimedio? Volevo?
No, dunque non esitai, scagliai un colpo pieno di me verso il mio alter-ego,
m'accanii contro mio fratello. Sapevo che Saga era potente, ma sapevo di non
essergli da meno, non avevo paura di una sconfitta, meglio la morte a quella
vita.
Un grido, però, mi distolse da quei pensieri
"Kanon fermati!"
Ma era troppo tardi, non ero riuscito a fermare il mio colpo che aveva trafitto
Aska.
Non l'avevo vista, non l'avevo sentita arrivare, così pieno dei miei pensieri,
non m'ero neanche accorto fosse lì. Solo quel grido m'aveva distolto dalla mia
collera.
S'era frapposta fra me e Saga, l'aveva difeso e io non me n'ero accorto…
Le ginocchia mi cedettero.
SAGA
Era inevitabile, avevo visto l'ira di Kanon crescere e il suo cosmo
incupirsi, non volevo combatterlo, non avrei alzato mano su di lui. Come potevo
rinnegare mio fratello?
Non lo biasimavo per ciò che aveva detto e per ciò che provava. Aveva ragione,
lo avevo privato di tutto. Forse non l'avevo fatto di mia volontà, ma poco
importava. Il risultato era una vita in cui s'è sempre visto scalzato dal
fratello…
Non mi sarei difeso, non avevo voglia combattere nessuno, ora che lo stesso
Earin era morto per mano mia.
Chiusi gli occhi in attesa che giungesse la punizione per avere troppe volte
prevalso, ma solo infine m'accorsi che Aska mi era vicino, troppo vicino.
La forza di Kanon la colpì in pieno petto.
Mi cadde fra le braccia, delicata come un fiore. Mio fratello s'accasciò per
terra, incredulo di ciò che aveva appena compiuto, aveva lo sguardo rivolto
verso di me e verso Aska, ma non stava guardando nessuno.
Volevo cercare aiuto, trovare un rimedio a quelle ferite…
"Stai qui con me" la voce di Aska mi giunse in un sospiro. Le passai
le dita fra i capelli.
"Perché l'hai fatto? "
"Sapevo che non ti saresti mai difeso, ho imparato a conoscerti, in questo
periodo trascorso con te… ti saresti lasciato colpire….e io non l'avrei mai
potuto permettere"
"Ma… " cercai inutilmente d'obiettare, a che mai potevano servire le
parole?
Mi mise una mano sulla bocca, fragile e dolce come sempre. Cercava di nascondere
il dolore che stava provando e, in questo tentativo, fece il più dolce dei
sorrisi.
"Non parlare, è inutile. L'ho fatto perché un mondo senza di te, per me,
è un mondo senza vita. Non avrebbe senso alcuno. Perché dunque esitare? So
bene che non ho mai trovato posto nel tuo cuore, ma che importa? Non volevo
niente in cambio, avrei voluto solo poterti vedere…ma forse anche questo mi
sarà impossibile. Magari, dalle stelle, potrò vegliare su di te e…"
La sua voce si spezzò per il dolore, aveva il respiro affannoso e gli occhi
pieni di lacrime.
La strinsi a me, non avrei mai potuto sopportare che anche lei se ne andasse.
Non avrei mai potuto sopportare la perdita di Aska… ed invece era quello che
stava succedendo, sentivo la sua anima, piano piano, allontanarsi dal suo corpo.
"Per favore, non lasciarmi" la implorai. Avvicinai il mio viso al suo
per guardarla in quegli occhi che stavano perdendo la loro vitalità e il loro
colore.
M'asciugò le lacrime
"E' dunque questa la sensazione che si prova, quando si è fra le tue
braccia e il tuo respiro sfiora la pelle? Quante volte ho sognato il giorno in
cui, questo mio desiderio, si fosse avverato: le tue braccia che mi sostenevano
e le tue dita che accarezzavano il mio viso… I tuoi occhi solo per me. E
invece, ora che sono qui, devo andare, non posso rimanere.
Questa sensazione di pace, di totale perfezione, dev'essere abbandonata perché,
ormai, non c'è più tempo…"
Il dolore per quelle parole, il dolore della separazione erano così forte che
m'impedivano di dire o fare niente se non guardarla andarsene. Le diedi un bacio
sulla guancia per asciugarle le lacrime, ma queste si mischiarono alle mie.
"Promettimi solo una cosa, Saga: promettimi che non mi dimenticherai.
Promettimi che mi terrai sempre con te perché è lì che io voglio vivere, ora.
"
Ti terrò sempre con me, come il più caro dei tesori, come la più preziosa
delle gemme.
Avrei voluto dirle queste parole, ma non riuscivo a muovere le labbra. Tuttavia
Aska sembrò capire il non detto.
Il suo occhi persero vita, allungò le sue braccia al cielo, quasi volesse
toccare qualcosa e nell'ultimo bisbiglio di voce disse
"Mamma, papà, siete venuti qui per me? Siete venuti a prendermi? Ora
staremo sempre insieme…"
E sorrise, poi chiuse gli occhi e lasciò andare la sua mano.
Tutto era finito, la nostra gioventù. Il tempo dei sorrisi, io stesso, finito.
Mi piegai su quel corpo ormai privo di vita, ma che ancora manteneva quel
sorriso calmo di pochi attimi prima.
Persi coscienza, credo, perché non so per quanto tempo rimasi in quella
posizione, con Aska fra le braccia. Incapace, ormai, di singhiozzare, volevo che
tutto il mondo si spegnesse e volevo poter trovare la pace nel buio
***
Nel Nord, lontano dalle terre assolate di Grecia, un uomo pianse, quella
notte, conscio dell'accaduto. I suoi occhi singhiozzarono lacrime di cristallo,
consapevoli che non avrebbero mai più rivisto la sorella. Le stelle dell'Orsa
intonarono un Requiem per la figlia di quelle lande, obbligata dal destino ad
andarsene, per non tornare mai più. Erano note di profonda tristezza e
malinconia, ma anche di commemorazione per quel fiore cresciuto fra i ghiacci
che più d'una notte le aveva osservate e le aveva lodate per la loro bellezza.
Erano note per narrare di quella fanciulla agli spiriti delle foreste e al vento
stesso che, mestamente, accompagnava col suo ululato il pianto di solitudine di
un cavaliere del nord.
KANON
Guardai le mie mani e non volli credere a quello che avevo appena fatto, a
quello a cui avevo appena assistito. Nella totale incredulità, mi alzai senza
né più voce o forza. Non potevo piangere, né gridare, non potevo avvicinarmi
a quel corpo ormai privo di vita, né chiedere perdono a Saga. Avevo alzato le
mani contro mio fratello ed ero stato punito…ma perché lei? Perché Aska e
non io stesso?
Vivere nel dolore di una perdita è straziante, sapere di esserne stato la causa
e di avere aiutato l'allontanamento, equivale ad impazzire.
Volevo solo, io stesso, morire, volevo smettere di respirare, pensare e vedere
ciò che avevo compiuto.
Volevo spegnermi.
Ma questo, evidentemente, non era il mio destino. Questa parola assumeva ormai
un significato completamente diverso. Era finito il tempo in cui si era bambini,
ero stato scaraventato nell'età adulta da un burattinaio che s'era servito
delle mie mani per meglio giostrare il suo teatrino e privarmi ora di tutto.
Stolto sono stato a credere di non avere niente, è proprio vero che si capisce
il valore di ciò che sia ha solo quando questo qualcosa è stato perso…Avevo
l'amicizia di Aska, avevo il suo sorriso e le sue parole, avevo l'amore di Saga,
avevo un'esistenza, ora non ho neanche più quella.
Come posso io vivere? Come posso, privato ora veramente, del soffio divino,
privato dell'anima, pensare di trovare un senso per me stesso.
Volevo spegnermi.
E per trovare questa fine, per mettere a tacere quelle urla che ora mi
rimbombavano nelle orecchie, me ne andai, camminai a lungo, lontano. Non vi
furono parole né gesti, solo il silenzio che accompagnava l'allontanamento.
Inutile avvicinarsi a Saga, ormai le nostre strade s'erano separate per sempre.
C'era solo il silenzio che, da allora, popolò la mia mente.
SAGA
Alzai gli occhi al cielo quando era già buio, le stelle brillavano in un
cielo terso. Le guardai, stranito e non ancora conscio di quello che era
successo. Le vidi smaglianti, come mai prima, incastonate in quel blu che si
perdeva all'orizzonte. Non riuscivo a pensare, sapevo che dovevo dare una degna
sepoltura sia ad Earin che ad Aska, altrimenti la loro anima avrebbe corso il
rischio di vagare sulle rive dell'Acheronte, senza pace. Ma la sepoltura
significava consapevolezza.
Raccolsi il corpo di Earin e lo portai su di una piccola collina da cui si
vedeva Atene, la sua città. Pensai che forse, seppellirlo di fronte alla città
sacra, l'avrebbe potuto rendere felice. L'ultimo saluto di quei capelli
d'argento, l'ultimo sguardo di quegli occhi stanchi e poi la sepoltura.
Pregai, o forse implorai, non so. Le mie parole e i miei pensieri erano un misto
di irrazionale e mal detto. Non riuscivo a fare di meglio, non volevo ancora
rendermi conto di quelle poche ore che avevano cambiato la mia vita. Invocai
Atena affinché si prendesse cura del mio maestro ed ebbi la sensazione che un
lieve bagliore illuminasse le tenebre. Che fosse la sua risposta? L'aria fu
permeata di un'aura delicata: era la dea che accoglieva le mie preghiere e che
proteggeva quel luogo ormai, diventato sacro.
"Earin di Gemini, riposa in pace, veglia dal paradiso dei cavalieri su di
me e su Kanon… Mio maestro e mio educatore… forse è tardi per dirtelo, ma
ti ho voluto bene."
Ritornai di fronte casa e raccolsi il fragile corpo di Aska, ancora lì
disteso, più bella che mai. Sapevo che dovevo seppellire anche lei, ma sapevo
che forse avrebbe preferito essere avvolta da un feretro di ghiaccio, così da
riabbracciare le sensazioni della sua terra. Al Grande tempio esisteva un uomo
in grado di fare ciò… Il Grande Tempio, casa mia ormai per diritto.
M'incamminai stringendo fra le braccia quel corpo pallido ed esangue. Non
riuscivo a credere che non si sarebbe più svegliata, i miei movimenti
risultavano meccanici, pensavo quasi che, fra un po', avrebbe aperto gli occhi e
m'avrebbe sorriso.
Ero così incredulo, o forse disperato, che ad ogni folata di vento che le
scompigliava i capelli, mi convincevo sempre di più che quella sarebbe stata la
volta buona e che, finalmente m'avrebbe sollevato da questa agonia.
Ma non accadde niente, la pace che pervadeva il corpo di Aska e il vuoto che,
invece, s'era impadronito del mio animo, erano la chiara evidenza che dovevo
lasciare le illusioni alle spalle e che, ormai, ero solo.
Giunsi così alla Prima Casa, ma la vista del Grande Tempio mi colse
impreparato.Risentii le voci di Aska e Kanon, rivissi in un istante l'unica
giornata trascorsa ad Atene, ogni minimo dettaglio di quei momenti, mi passò di
fronte agli occhi. Sentii ancora una volta scorrermi le lacrime sulle guance.
Pensavo di averle terminate, ed invece piansi ancora.
Che cosa potevo fare? Dove andare? Salire alla Terza Casa e prendere il mio
posto, dimenticandomi di quello che questo aveva comportato? Che cosa fare?
Rimanere immobile aspettando la fine?
Che cosa fare?
Sentii qualcuno avvicinarsi, ma non riuscii neanche a voltarmi per vedere chi
fosse, poi una mano mi toccò con tale familiarità che riconobbi subito la
persona che era venuta a prendermi.
Muu.
Mi voltai e sentii la stretta al cuore allentarsi, rividi quegli occhi e capii
che, forse, non tutto era perduto ma, finché lui m'era vicino, avrei potuto
continuare a trovare la forza ed il motivo per vivere.
Se prima il mondo era diventato grigio ed i colori erano scomparsi, Muu mi stava
dando la speranza che avrei potuto dipingere nuovamente.
Aprii la bocca per parlargli, per chiedergli qualche cosa, per ringraziarlo, ma
non uscì che un suono inarticolato di sfogo. Si mise un dito sulle labbra,
facendomi cenno che non era necessario parlare e, con l'altra mano, m'asciugò
il viso.
Possibile che, di quel giorno ad Atene che io pensavo perduto, si fosse salvato
tutto questo? Possibile che capisse ogni minima sfumatura dei miei colori?
Poi posò i suoi grandi occhi su Aska e le accarezzò il volto con tale
trasporto da sembrare quasi palpabile
" So che il cavaliere dell'undicesima casa è padrone delle energie fredde
e Aska era abitante di Asgardh, pensi che potrebbe farmi un favore?" dissi
in un bisbiglio. Volevo accudire quel corpo, prima di pensare a me, volevo
dargli una degna sepoltura e far sì che si ricongiungesse con le stelle.
Muu mi accompagnò da Camus, ancora senza dire niente, ma sfiorandomi col suo
cosmo per cercare un contatto più intimo che la parola. Sembrò quasi
abbracciarmi e io gli fui grato per quella dolcezza e quel sostegno così forte,
ma allo stesso tempo discreto.
Sarei per sempre rimasto vicino a Muu, avrei finalmente potuto ricominciare da
capo.
Giunti all'undicesima casa, Muu portò sia me sia Camus all'altura delle stelle
e solo lì, parlò.
"Questo è un luogo sacro, protetto dagli dei tutti, e dalle stelle. L'Orsa
brilla questa sera più che mai, e cullerà il corpo di Aska, avvolto dai
ghiacci. Nessuno, né il tempo, né nemici, leverà mai mano su di lei perché
gli astri se ne prenderanno cura…"
La mia bellissima Aska fu avvolta dai cristalli, ma non perse il suo sorriso, la
salutai per un'ultima volta, ma mi fermai lì a guardarla a lungo, finché non
ebbi il coraggio di camminare ed andarmene, per sempre.
Muu rimase con me fino all'alba, quel rosa candido che tinse il cielo finalmente
prese forma e, con fatica e col tempo, ritornò ad essermi proprio. |
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