Blue Silence

di Belial Mime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3a ***
Capitolo 5: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3b ***
Capitolo 6: *** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 1 ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

Disclaimer: Saint Seiya è di proprietà di Masami Kurumada e della Toei (non mia, sigh), i personaggi che compaiono lungo la fic, invece, mai comparsi né sul fumetto né nell'anime, sono miei (nello strano caso in cui voleste utilizzarli in una vostra fic, chiedetemelo prima, plz '^_^). Spero che la storia vi piaccia, il primo capitolo è più un'introduzione che altro… Ogni commento è ben accetto J

SHAKA

Stavo meditando sul fiore di loto che si trovava nella stanza principale del mio tempio. Era da un po' che non trovavo pace se non in una profonda assenza dal mondo esterno. Le parole, la gente, sembravano essere così lontane…Così totalmente inavvicinabili. L'uomo più vicino a dio, forse non sono adatto a questo, forse questa fama era stata per me solo dannosa. Che cosa vuol dire essere l'uomo più vicino a dio? Essere forse così soli? Non lo so. Le persone dicono che io sia distante, tutti mi vedono sicuro di me e del mondo che mi circonda. Come si sbagliano, dello Shaka che conoscono, solo una piccola parte è veritiera. Non sanno la difficoltà che ho nel fare un sorriso, la difficoltà che ho nello stare vicino a qualcuno e sentire…timore. Mai affetto, mai uno sguardo amico, solo un grosso timore per il mio potere. Solo alcuni cavalieri d'oro hanno abbandonato questa sorta di paura, quasi nessuno però ha mai avuto un sorriso gentile nei miei confronti. Sembra che vogliano evitarmi per non infastidirmi.. E io cosa faccio? Fomento questi pensieri, non rivolgo la parola a nessuno, non riesco a parlare. La mia volontà d'avvicinarmi a dio m'ha completamente estraniato dal mondo. Ho il corpo su questa Terra e l'anima altrove. Il dolore della separazione è intollerabile, ma più tento di riavvicinarli, più il solco nella mia anima si fa profondo... I giorni passano e questa condizione va peggiorando, mi rendo conto che ormai l'aura di luce che mi sono creato, ha accecato tutti quanti. Ma io? Non sono forse un essere umano come tutti? Non ho diritto anch'io a sentire un po' di calore nel mio cuore? La linfa che mi scorre nelle vene è ormai fredda: forse è a causa della mia incapacità di fare qualcosa, che ormai la solitudine è inevitabile. E' meglio rinunciare? I sentimenti sono qualcosa che al cavaliere di Virgo sono preclusi. Aquarius si può nascondere dietro il suo velo di ghiaccio, io solo nel silenzio. Ormai è sera, la notte copre Atene e io ho quasi paura di andare a letto un'altra volta. Andare a letto per scoprire che le lenzuola sono fredde e che nessuno può riscaldarle perché lo stesso mio sangue è gelido. Non voglio amanti, donne passate nel mio letto ce ne sono state fin troppe, lasciano i loro profumi nella stanza, ma nulla di più. Quando poi si disperdono nell'aria, scompare tutto ed il mio cuore perde un altro pezzo. Non ne ho amata nessuna, tutte loro erano state col cavaliere di Virgo, non con Shaka. Tutte loro non sapevano chi fossi. A volte parlavano e parlavano di sciocchezze, ma le loro parole non mi sfioravano. Mai nessuna aveva chiesto un "e tu?" Già, e io? E io niente. Inutile stare qui a pensare a pensare su quello che sarebbe se…Non è; perciò meglio chiudersi nella propria stanza e dormire. Il cavaliere di Virgo, Shaka della sesta casa è visto da tutti come l'uomo più potente su questa terra, l'uomo che ha raggiunto la piena coscienza di sé… Mi viene quasi da ridere al solo pensiero: la piena coscienza di me in battaglia, la piena coscienza del mio cosmo, come può essere paragonata alla piena coscienza del mio animo? Come può essere scambiata per inumanità? La paura di essere solo, la paura che se varcassi le porte del mio tempio e non vi facessi più ritorno, nessuno se ne accorgerebbe, è così radicata in me che mi costringe all'immobilità. Fermo e timoroso, ma temuto. Ridicolo, potrei ammazzare chiunque io voglia, ma Nessuno sta ammazzando me…

Muu, l'unica persona che può considerarsi mio amico, non c'è. La sua casa da lungo tempo è vuota..fuggito da Atene, sta cercando di nascondersi da qualcosa che lo ha legato inevitabilmente a questa terra. So che nei suoi occhi viola racchiude una profonda tristezza e so anche che prima o poi dovrà ritornare perché qui lui s'è spezzato...

Muu, l'unico ad avermi regalato un sorriso in cambio di niente, dove sei?

E' da poco che sono cosciente di questa mia paura, della malinconia che mi permea, prima non riuscivo a focalizzarmi sul problema, pensavo fosse qualcosa di passeggero. Ora sono sicuro che la solitudine s'è così infiltrata nel mio cuore che è impossibile strapparla. Se solo Muu fosse qui, forse lui saprebbe cosa fare, saprebbe cosa dire…Ma neanche io sapevo dove fosse.

Uscii dalla sesta casa per camminare un po', fino ad arrivare in un bosco ai piedi del grande tempio. Era un luogo estremamente calmo, pochissimi sapevano arrivarci ed ero quindi sicuro di non trovare nessuno. Volevo sedermi fra gli alberi e sparire per un po'. Nessun attacco nemico avrebbe dovuto distogliermi, la sesta casa poteva rimanere vuota. E poi, non sono forse l'uomo più vicino a dio? Nessuno avrebbe mai osato infastidirmi, come sempre. Nessuno mai sarebbe venuto da me a parlare.

Con mia grande sorpresa però, sentii un rumore, nella radura doveva esserci qualcun altro oltre me. Non cercai di scoprire chi fosse, ridussi al minimo il mio cosmo per non farmi notare. "Silenzioso e schivo come sempre eh?" Milo, cavaliere dello Scorpione, si stava avvicinando a me. Non avevo certo voglia di parlare con lui, oggi. "Posso sedermi?" Non aspettò la mia risposta e si sedette di fianco a me. Rimanemmo così a lungo, la notte era ormai profonda e un lieve vento increspava le acque del piccolo lago di fronte a noi. " Shaka", fu Milo ad interrompere il silenzio, avevo quasi dimenticato che fosse al mio fianco. "Tu conoscevi Lilian?" Lilian, il suo nome non mi era nuovo, ma non riuscivo focalizzare la sua faccia "Lilian è mia sorella, o meglio lo era…" La sorella di Milo, quella bambina che veniva a trovarlo qualche volta, col volto sorridente ed una parola gentile per tutti. Quel pensiero mi fece sorridere mentalmente, il viso di quella bambina lenì lievemente il dolore di quella sera. Perché quella domanda? " E' morta" Così dicendo, vidi Milo diventare bianco…Quella parola non poteva essere accostata al nome di sua sorella, vidi nei suoi occhi blu, il buio. La tristezza che trasparì da quel bellissimo sguardo mi colpì profondamente. Lui sempre così caldo ed ironico, mi sembrava spento, sembrava svuotato di qualunque forza. Mi girai verso di lui, volevo esprimere dispiacere, volevo togliere subito da quegli occhi così profondi quell'ombra, ma riuscii solo a dire "Mi spiace…, come?" Chissà perché lo stava dicendo proprio a me…Non avevo una risposta, eppure quel gesto mi stava dando un po' di speranza che forse qualcuno poteva considerarmi qualcosa in più di un cavaliere d'oro, che forse qualcuno poteva avere bisogno di me come persona… "S'è uccisa…" Uccisa? Quella bambina così solare s'era privata della vita? Perché? I pugni di Milo si strinsero, sembrava stesse trattenendo dentro di sé un mare in piena… Dal suo animo traspariva ogni cosa. Si girò di scatto e mi guardò a lungo, non una parola, non una mossa da parte mia. Ancora una volta ero bloccato dalla paura di essere fuori posto per non avere parole di consolazione. "Voglio chiederle perché, portami con te nel luogo dove dormono le stelle…" Ecco perché era qui, ecco perché mi parlava: la porta di Ade, gli servivo come tramite per l'anima di Lilian…Il suo sguardo così intenso sembrava voler scrutare fin nel fondo della mia mente… Ma quella sera, quelle parole, l'illusione che avesse parlato per me e non per se stesso e infine la vera motivazione, mi rendevano troppo buio per essere visto. Mi alzai dalle rive del lago e me ne andai. Poco prima di addentrarmi fra gli alberi mi voltai verso di lui "Sai che non è possibile, non è dato a nessuno camminare fino alla porta di Ade, mi spiace non posso portarti con me…" "Perché non puoi, non ne sei mica il guardiano?" "L'esserne il guardiano non implica il potere di essere un tramite" "Tramite…Perché non puoi? Dì piuttosto che non vuoi…" Dalla faccia di Milo traspariva ira, si stava avvicinando a me con i pugni stretti. Si fermò a pochi centimetri dalla mia faccia, con gli occhi accesi di disperazione e angoscia, d'ira e incredulità. "Perché, cavaliere di Virgo, non puoi, cosa c'è là che io non posso vedere? Che io non posso sopportare? Perché non m'accompagni?" Scossi la testa. "Anche solo perché, per sopravvivere, dovresti fidarti di me…" Non credo che Milo s'aspettasse questa mia risposta perché la sua espressione si tramutò da irosa a stupita. Sarei rimasto lì a guardarlo ore, ma era inutile. Non gli avevo mentito, per arrivare alle porte di Ade doveva abbandonarsi al mio cosmo, credere in me perché ero l'unico che poteva stare lì e che lì poteva muoversi. Non importa quanto il suo cosmo fosse forte, in Ade ero l'unico ad avere potere. Mi girai e me ne andai, non mi trattenne lì con lui, anche se sapevo che avrebbe voluto continuare il suo tentativo di convinzione. La sua richiesta mi sembrava fuori luogo, come poteva pensare che avrei portato l'anima di chiunque al cospetto della porta eterna? Tuttavia Milo, con quel suo odore speziato e quei suoi occhi blu mare, aveva un certo ascendente su di me, Non che avessi un debole per lui, ma la sua natura così profondamente passionale, m'aveva sempre coinvolto. Portarlo con me sarebbe stato per me stesso, oltre che per lui, estremamente pericoloso, e non avevo forza sufficiente per farlo…ma avrei tolto volentieri quel velo di malinconia da quegli occhi, avrei voluto vederli di nuovo brillare.

MILO

Quelle parole sulla fiducia m'avevano completamente spiazzato…Fidarmi di Shaka…Non che avessi motivi per non farlo, ma sapevo bene cosa intendesse lui per "fidarsi"…Non avrei dovuto avere timore di perdermi, avrei dovuto mettere da parte il mio orgoglio e "appoggiarmi" completamente a lui. Quei capelli biondi, scossi dal vento, nascondevano qualcosa, l'animo di Shaka era sicuramente più profondo di quello che voleva fare apparire, la sua persona era nascosta sotto strati di nebbia che solo lui poteva varcare. Eppure io ne volevo sapere di più…Ma sembrava impenetrabile. Pensavo che m'avrebbe potuto aiutare….Lilian….perché ti sei tolta la vita? Sentii un fortissimo dolore al cuore, l'unico legame col mondo s'era spezzato, non mi rimaneva più nessuno, anche l'ultimo mio affetto m'aveva lascito, e di propria volontà….Perché? Dovevo sapere e l'unico modo per saperlo era chiederlo a lei direttamente, grazie a Shaka. Non mi meraviglia il suo rifiuto così perentorio, entrare nel mondo dove dormono le stelle, vuol dire vedere parte del suo animo, vuol dire vederlo al di là della coltre di silenzio con cui si difende….

Mi sedetti sulle rive del lago, nella testa ancora mi risuonava la risata di mia sorella, ma allo stesso tempo non riuscivo a non pensare all'assoluta inespressività di Shaka quando mi ero avvicinato a lui. Era perfettamente cosciente di quello che stava accadendo, nonostante i suoi occhi chiusi, sapeva che non avrei alzato un dito contro di lui. Sembrava non aver paura di niente e di nessuno. Ma come può? Che il suo cuore fosse veramente così arido come sembrava? Eppure…. Il brivido che m'aveva percorso quando mi ci ero avvicinato era reale, non poteva essere stato provocato dal nulla…

E di nuovo il mio pensiero andò a Lilian. La mia sorellina…E' strano perché pur sapendo che fosse morta, solo a volte la tristezza e l'incredulità di un fratello impotente, mi investivano. Altre volte ero perfettamente in grado di estraniarmi dal mondo e non pensare che non ci fosse più, pensare che fosse solo da un'altra parte…e non soffrire. Senza rendermi conto di ciò che stavo facendo, diedi un pugno al terreno. Fu un gesto privo di rumore, se non l'avessi fatto io non avrei creduto al movimento. Silenzio….Ecco cosa c'era introno a me, ormai la città stava dormendo

Mi incamminai verso il mio tempio, dovevo sedimentare i pensieri riguardanti Shaka…erano troppo confusi, troppo sfocati. Più passava il tempo e più ero coinvolto dalla sua luce, sin dai tempi della guerra santa, ma ora ancor di più. Ma era accecante e io non riuscivo a vedere oltre. Prima di arrivare all'ottava casa, però decisi di entrare nella sesta. "Shaka" chiamai, per far sentire la mia presenza. Non ci fu risposta. Che strano, eppure doveva essere tornato qui, dopo il nostro incontro "Shaka", ma ancora niente. M'avvicinai alle sue stanze e scorsi una luce accesa, doveva essere in casa, ma allora perché non m'aveva risposto? Che non m'avesse sentito? Impossibile, qualunque cavaliere si sarebbe accorto di una presenza estranea nella propria casa. La porta era socchiusa e decisi di entrare. "Che cosa vuoi?" Mi chiese lui. Nel suo tono non c'era astio, non mi voleva lì, questo era evidente, ma non aveva atteggiamenti ostili nei miei confronti "Ho bisogno di sapere, non so a chi altri rivolgermi…" Fece una smorfia che probabilmente doveva essere un sorriso, amaro però… "So che hai bisogno di me, ma non so cosa farci. Quanta gente avrebbe bisogno di qualcosa e non la ottiene? Quanta? Non sarai il primo e di certo non sarai l'ultimo" Questa sua frase mi fece sbottare, non si curava di me né di Lilian. Sentii il sangue bollirmi nelle vene, in parte avrei voluto picchiarlo, in parte avrei voluto scuoterlo. Stranamente però, mi sembrò parlare più di sé che di me, per questo resistetti all'istinto di dargli un pugno. "Dì piuttosto che non ti interessa niente di quello che provo, che non ti interessa di come possa sentirsi Lilian…" "E' vero, non mi interessa niente, né di te né di nessun altro" Lo afferrai per la camicia… Lo volevo prendere a pugni, avrei voluto che si togliesse quell'aria da "divino" con la quale si circondava. Ma non fu per niente turbato dal mio gesto, alzò un sopracciglio e rifece quel sorrisino ironico di poco prima. Invece che amarezza però, ora il suo volto esprimeva sfida "Vuoi convincermi con la forza??" Il mio cosmo investì la stanza, ma poi me ne andai sbattendo la porta, era inutile parlare con lui. A grandi passi arrivai all'ottava casa, irato e ferito. Non mi interessa niente di te Quelle parole m'avevano fortemente colpito, più di quanto avessi potuto aspettarmi… Il fascino del cavaliere di Virgo era ben diverso da quello comune, non fisico, né mentale, nonostante non potessi nascondermi di trovarlo bellissimo, ma era più la sensazione di notte, quella fiamma torbida che vedevo in lui, nonostante fosse sempre avvolto dalla luce. Il suo cosmo risplendeva, così come brillava l'aura che gli aleggiava intorno quando camminava…Tuttavia tutta questa luce, sembrava essere l'anticamera di qualcos'altro… Non mi interessa niente di te… Perché non riuscivo a dimenticare quelle parole? Perché non m'avevano lasciato indifferente? Ma fu di nuovo Lilian a distrarmi, il muro d'indifferenza che m'ero creato era troppo fragile, non potevo sempre mentirmi dicendomi che era viva e che prima o poi l'avrei rivista, perché lei non c'era più. Il respiro mi diventò difficoltoso, m'afferrai la testa con le mani schiacciandola e cercando di tirar fuori Shaka e Lilian ….Lilian e Shaka. Mi accasciai per terra, senza neanche la forza di emettere un suono, nel vano tentativo di oscurare i pensieri e riprendere a respirare.

SHAKA****

Se n'era andato. Non avrei voluto che uscisse dalla mia casa, volevo stare un po' con lui, ma del resto aveva avuto una reazione più che normale. L'avevo trattato in malo modo e in malo modo se n'era andato. Ed ero rimasto solo, nella sesta casa. Mi stesi a letto senza avere sonno, senza avere la forza di leggere, non volevo fare niente. Mi venne da piangere. Stavo malissimo per come avevo trattato Milo, per quei suoi occhi così profondi, per Lilian e per il suo sorriso, per la nuova crepa che aveva incrinato il mio cuore che sembrava essere vetro. La porta di Ade, come potevo portare Milo lì? Come potevo pensare di trattenere la sua anima con me? Non so neanche se avrei avuto la forza di fare qualcosa del genere. Forse appena varcata la soglia della notte, si sarebbe perso e dissolto… Che stupido che ero, ero fin troppo bravo a mentire a me stesso, Milo non si sarebbe dissolto, io lo sapevo benissimo, avrebbe però avuto la possibilità di vedermi l'anima, perché non avrei potuto avere grosse protezioni….e questo mi spaventava, per questo non volevo… E non volevo anche perché …Lilian…. Non volevo provare nuovamente quella sensazione. Sbagliavo? Ero forse fin troppo egoista, io che non capivo il dolore di Milo ma che mi lamentavo del mio? Forse era così… Il giorno dopo un grande chiasso mi svegliò… Ero ancora nella mia stanza, ma sentivo una presenza di fronte al mio palazzo. No, lui era l'ultima persona che volevo vedere, la sua bonaria non era fatta per me oggi. Ma entrò lo stesso… "Shaka" Lo raggiunsi col mio cosmo, chiedendogli per favore di lasciarmi solo. Grezzo e chiassoso come sempre, così era Aldebaran…Avrà voluto organizzare una festa a casa sua, avrà trovato una qualunque scusa per festeggiare. Gli ridissi di lasciarmi in pace, non c'erano feste per me quel giorno. Cosa mai mi stava succedendo? Non ero mai stato così, la meditazione e la luce erano sempre stati di conforto, come mai ora riuscivo a mala pena a reggermi in piedi? Cos'era cambiato? "Shaka, stasera a casa mia per una cena…" Lo sapevo, ecco dove voleva andare a parare. Non risposi, non volevo male ad Aldebaran, anzi poteva essere un'ottima compagnia, solo se fossi stato dell'umore adatto. Oggi no, non avrei potuto sentire le sue battute grossolane, e la sua risata grassa, non ce l'avrei fatta, mi sarei sentito fuori luogo più che mai. Dietro di lui arrivò un'altra persona. Fuori, fuori tutti, non oggi, non così…. Ma Aiola venne a bussare pesantemente alla mia porta. "Esci da quella stanza" Non sapevo come mandarli via… Uscii dalla mia stanza visibilmente alterato, non badai a loro e salii sul mio fiore di loto. Era l'unico modo per far capire a quei due che non era il caso continuassero ad insistere. "Lighting volt" gridò Aiola rivolgendosi contro di mei. Era forse impazzito, perché mi stava attaccando? La potenza del colpo era minima, la sua velocità inesistente, non dovetti neanche muovermi per pararlo. Ovviamente non aveva lanciato quel colpo con la volontà d'offendere, ma solo con l'intenzione di catturare la mia attenzione "Che cosa c'è, era necessario tutto questo baccano?" "Finalmente ti sei degnato di rivolgerti a noi sciocchi mortali, o nostro cavaliere della Sesta casa…Qual meraviglia…" L'ironia di Aiola mi irritò. Eravamo in discreti rapporti io e lui, non lo consideravo un amico perché non sarei mai stato in grado di fidarmi di lui, ma in fin dei conti, non era male…era un buon cavaliere ed una buona persona, ma probabilmente io e lui eravamo troppo diversi per andare d'accordo. Era un leone e ciò bastava a definirlo. "Non verrò stasera, ho altro da fare" "Ovviamente immaginavamo che sua maestà non volesse unirsi all'allegra compagnia" Questo tono strafottente mi irritò di nuovo, avrei voluto buttarlo fuori di casa con la forza, ma non mi mossi. "Che cosa vuoi da me, Aiola del leone?" "Voglio che tu venga!" "Ti ho già detto che non posso venire… e non insistere, per piacere" Fece una smorfia e dai suoi occhi trasparì disappunto. Quegli occhi castani erano focosi come quelli di Milo, lasciavano trasparire ogni minimo dettaglio dell'animo. Ma Aiola era ben diverso dal cavaliere dell'ottava casa, lui era così impulsivo ed irrazionale, passionale ma privo del fascino che avevano quegli occhi blu, privo di quella sensualità, di quella luce d'intelligenza che invece brillava negli occhi di Scorpio. Focoso ma fin troppo diretto, poco affascinante… Mi stupii a pensare a Milo. Milo… Ai suoi occhi e alla sua richiesta di ieri, mentre ancora gli altri due erano nella mia casa. Avrei voluto che venisse lui qui da me, ma allo stesso tempo non volevo che insistesse sulla vicenda di ieri, volevo solo vederlo…e magari parlargli. "Shaka, non puoi mica pensare di rinchiuderti nel tuo mondo di luce per tutta la vita" disse Aldebaran. Come tutta risposta, levitai in meditazione e avvolsi la mia casa della mia aura.

AIOLIA

Ci pervase con il suo bagliore, Shaka era già lontano, fuori della portata di tutti, chissà dove. Non poteva non irritarmi un atteggiamento del genere, il grande tempio era luogo che doveva essere rallegrato dopo gli ultimi avvenimenti, invece il cavaliere della Vergine faceva di tutto per allontanarsi dal mondo. Ah, era anche inutile me ne dessi pena, se quel guru pensava che la sua vita fosse meglio fra l'Ade e la luce, poteva fare quello che gli pareva. La festa avrebbe avuto una persona in meno, ma probabilmente Shaka non si sarebbe divertito lo stesso. Quasi mi spiace faccia così, ma del resto come posso io capirlo? "Andiamocene, sicuramente Milo, Seiya e gli altri verranno più che volentieri alla seconda casa" dissi, spazientito dall'atteggiamento di Shaka. Non c'era niente da fare, non sarebbe venuto neanche stasera. La Sesta casa brillava e la pace s'era impadronita di quelle mura… Il cavaliere della Vergine aveva il completo controllo di sé, solo così si spiegava quell'alone di luce intorno a noi…

MILO La serata alla seconda casa non m'era sembrata una cattiva idea, ovviamente c'erano praticamente tutti tranne lui. Mi spiaceva non poterlo vedere, quei suoi capelli biondi …e i suoi occhi. Nessuno li aveva mai visti ed io impazzivo dalla voglia di guardarli, guardare nel suo animo. Forse è per questo che li tiene sempre chiusi. Sapevo che in battaglia potevano ritenersi un'arma formidabile, ma non capivo perché anche ora, in tempo di pace, Shaka non aprisse gli occhi. Non voleva che nessuno li guardasse… Ma io volevo farlo, volevo vederne il colore, l'espressione, la profondità. Pensando a lui, intanto il vino scorreva e la compagnia cominciava a risentire dell'alcol. Avevo spesso fatto a gara con Aiola, su chi dei due reggesse meglio l'alcol, oggi lui era già steso sulle ginocchia di Marin. Lei anche aveva bevuto diversi bicchieri, ma sicuramente era più presente del cavaliere del leone. Gli accarezzava la testa e aveva uno sguardo molto dolce… Lo stesso sguardo di Lilian. Mi venne un conato di vomito, non so se per la nausea dovuta all'alcol o per il pensiero. Eccolo che ritornava, così forte e devastante. Com'era possibile che la mia Lilian si fosse tolta la vita? Era forse così infelice? Perché io non ne sapevo niente? Un altro conato, dovevo uscire da lì, quell'aria di festa, quelle urla mi davano fastidio. La nausea non mi lasciava stare, feci un cenno con la mano e mi allontanai dalla seconda casa. Lo stesso Aldebaran era troppo ubriaco per rendersi conto dei miei modi bruschi. Sentii una fitta al cuore e le lacrime salire fino agli occhi, avevo la mente troppo intrisa d'alcol per cercare di darmi un contegno. Avrei solo voluto strisciare fino al mio letto e non pensarci…Risvegliarmi il giorno dopo e vedere Lilian di fianco a me, a portarmi del caffè. Il mio respiro si fece pesante, nella mia testa rimbombava solo la sua risata…o il suo grido? Non lo so, non lo so… Silenzio…!!! Volevo solo silenzio e buio…Perché c'era così tanto rumore intorno a me? Mi trascinai per le scale, i gradini sembravano interminabili e il mio cuore era pesantissimo da trasportare. Entrai nella sesta casa e lì sentii la sua presenza. La sua luce così calma e brillante… Probabilmente caddi. Sentii qualcuno sollevarmi da terra e portarmi da qualche parte. Il suo odore mi fece sentire sicuro, anche se la persona che m'aveva fra le braccia m'aveva appena finito di dire che non le interessava niente di me, e questo mi faceva stare malissimo…Non capivo perché, eppure quelle parole erano ancore vive nelle mie orecchie. Mi sdraiò su una qualche superficie morbida e fece per andarsene "Stai qui" farfugliai e lui s'avvicinò a me, passandomi le mani su una guancia, quasi volesse asciugarmi delle lacrime… Stavo piangendo? Gli afferrai il volto con le mani e glielo bloccai in modo che dovesse guardarmi, doveva dirmi che aveva mentito l'altra sera….e doveva dirmi che m'avrebbe portato da Lilian. Credo di essermi addormentato subito dopo, non mi ricordo. So solo che mi sono svegliato con un fortissimo mal di testa, in un luogo che non riconoscevo, ma soprattutto con uno strano ricordo: che la sera prima, quando avevo preso fra le mie mani il viso di Shaka, lui avesse gli occhi aperti. Maledissi l'alcol per aver offuscato così i miei ricordi o per avermi lasciato questa finta ma dolce sensazione di azzurro.

SHAKA

Entrò in casa mia completamente ubriaco. Lo raccolsi da terra e lo misi nel mio letto. All'inizio pensai di portarlo a casa sua, magari si sarebbe sentito più a proprio agio, tuttavia mi sembrò non fosse il caso di entrare senza permesso nella sua stanza. Decisi perciò di metterlo nella mia camera. Qui, la luce era soffusa, ma mi permise di vedere con chiarezza il viso di Milo. Oltre al rossore dovuto all'alcol, il suo volto era inondato da lacrime. Lacrime… Non me le aspettavo, non ne vedevo da tempi ormai lontani. Eppure ora erano lì, più calde che mai, a rigare il bellissimo viso di un cavaliere che ora sembrava così fragile, a scorrere come testimonianza della sua tristezza… Nonostante non stesse singhiozzando, le lacrime continuavano a scorrergli ai lati del volto, gli passai una mano sulla guancia per farlo smettere, ma i suoi occhi non sentivano ragioni. Tutta quella tristezza su quel viso mi coinvolse a tal punto che fui tentato di abbracciarlo. Resistetti all'impulso anche se non avrei mai smesso di guardarlo, lì, sdraiato sul mio letto, sembrava quasi un bambino. Con le sopracciglia leggermente corrugate, la bocca imbronciata, era la cosa più bella che avessi mai visto…Tuttavia anche la più triste. E' strano perché m'era più volte capitato di vedere scene strazianti, nel corso della mia vita, purtroppo avevo più volte visto la morte impossessarsi degli affetti altrui. Ma il contrasto di quest'uomo davanti a me, la sua sensualità contrapposta all'aspetto ingenuo di stanotte; la sua forza contrapposta alla fragilità di adesso; il suo orgoglio contrapposto al totale abbandono di sé… non m'era mai capitato di vedere tutto ciò insieme. Se l'avessi portato davanti alla porta di Ade, magari sarei riuscito a strappare quel velo di triste solitudine che copriva quegli occhi… Per te Milo, sarei anche disposto a farlo… Stavo alzandomi dal letto dove l'avevo sdraiato, ma lui m'afferrò il volto, portandoselo vicino al suo "Dì che non è vero che non ti interessa di me, dì che ieri volevi solo ferirmi…perché è così, sai… la mia anima ha bisogno di sentire che mentivi…" Queste sue parole mi fecero tremare, mi colsero così alla sprovvista che aprii gli occhi. E lo guardai… Così come mi guardò lui, ma subito dopo s'addormentò. Chissà se era sincero…

Salii sul tetto della sesta casa e lì mi sdraiai. Era un luogo che adoravo, così silenzioso, mi permetteva di guardare le stelle e non essere disturbato. Quella sera, poi, il cielo era particolarmente limpido e se ne vedevano tantissime. Sembravano voler disfare le maglie della notte con la loro luce, il manto buio che aveva avvolto la città era intarsiato di diamanti. Alcuni brillavano di più, altri di meno, il silenzio che li circondava li rendeva ancora più misteriosi. La fonte della nostra energia, così lontana ma all'interno di chiunque di noi… Amavo il cielo quando si mostrava in tutta la sua maestosità.

Pensai a Milo, mi stupii di me stesso al pensiero che sarei stato disposto a portarlo con me al di là del cielo, eppure…So che non volevo assolutamente più vederlo così, non tolleravo l'idea che potesse stare così male… il mio Milo…. Il mio Milo? Sorrisi e scossi la testa, quasi a voler fare uscire quel pensiero. Milo aveva avuto sempre un forte ascendente su di me, troppo sensuale ed accattivante per non notarlo. Tuttavia m'ero sempre limitato a guardarlo, non vi erano mai state lunghe parole fra di noi, non so perché…Forse perché anche lui, come gli altri, mi vedeva avvolto del mio manto di luce e non pensava potesse esserci altro, o forse perché semplicemente non gli interessava di me. Eppure quella sua frase, quella sera, m'aveva dato una punto di felicità. Aveva così in considerazione le mie parole? La brezza notturna sembrava scacciare dalla mia mente qualunque pensiero e liberarla così da quel peso senza soluzione. Nel buio della notte, finalmente, la luce che sempre mi avvolge, può essere spenta.

Rimasi lì a lungo, la notte era mite e probabilmente m'addormentai. Poco prima dell'alba, però, sentii dei rumori e vidi Milo salire sul tetto "Come stai?" A vederlo in faccia, sembrava stesse peggio di ieri, ma mi fece quel suo solito sorriso sornione. Capii allora che doveva stare meglio. Chissà se si ricordava di ieri sera… "Meglio…Grazie di tutto… Devo essere stato uno spettacolo imperdibile…" Sorrisi. C'era una piccola parte di me che era contenta che Milo non avesse avuto la forza di trascinarsi oltre la sesta casa. "Ieri è stata una serata terribile, non a casa di Aldebaran, anzi, tuttavia…." Si fermò così, non proseguì il pensiero, anche perché sapeva benissimo che potevo immaginarne il seguito "Sai…"iniziai io" se ci tieni così tanto…" posso portarti davanti alla porta eterna, così stavo concludendo la mia frase, anche se mi stava costando tantissimo il doverla dire. Ma fui interrotto da una presenza cosmica che non sentivo da tanto tempo, così potente e calma che infondeva nell'animo di chiunque sicurezza. Era finalmente tornato, non avrebbe potuto allontanarsi per molto, ma sinceramente non pensavo che sarebbe tornato ora. Anche Milo la sentì ed ebbi quasi la sensazione che la sua presenza e la mia distrazione dovuta a questo cosmo, lo infastidissero leggermente. Muu era finalmente tornato al Grande Tempio.

MUU

Non potevo esimermi dal tornare, qui il mio cuore s'era spezzato e qui avrei dovuto ricostruirlo. Era inutile che provassi a fuggire, tutto ciò che mi portavo dentro mi seguiva e io non potevo escluderlo dalla mia mente… Ho ancora vivo il ricordo del suo viso, di quando mi venne così vicino che pensai di svenire…E non so ancora cosa mi volesse dire, né mai lo capirò. Il suo alito su di me è una sensazione che mai avrei sperato di provare, ora che l'ho sentita vorrei dimenticarla…Il dolore è troppo forte e mi sta sfinendo. O forse non vorrei dimenticarla…? Ci sono fasi nella vita dove si spera di trovare l'equilibrio, dove si spera di trovare finalmente la pace. Ma che senso avrebbe la pace senza un sussulto dell'animo? Che senso avrebbe la pace senza la bocca del mio Saga? Quel nome, quel pensiero, qui ad Atene, avevano tutta un'altra forza, dovetti sottostare a quell'impeto. Mi accasciai per terra, appoggiato ad una delle colonne della mia casa, cercando nel vuoto un rimedio al mio dolore. Non avevo avvisato nessuno del mio ritorno, anche se sicuramente ora tutti lo sapevano. Sarei dovuto andare da Saori, in cima alle dodici case, ma ora proprio non riuscivo. Avrebbe capito. Shaka era l'unico che avrei voluto vedere, l'unico da cui non mi sarei dovuto difendere, ma percepivo qualcosa di strano nella sua aura. Eravamo stato sempre molto amici, io e lui. Due personalità come le nostre, che hanno così difficoltà a legarsi con qualcuno, probabilmente si erano trovate. Ormai lo conoscevo bene, forse è per questo che le sfaccettature del suo cosmo mi sorpresero più che mai. La luce che aveva sempre governato l'aura di Shaka, ora era quasi smerigliata, una sottile onda di un qualcosa che non riuscivo a decifrare, stava smovendo il luccichio di quel potere. Cos'era? Quel sole accecante era quasi rossastro, ora, qualcosa sembrava rigarlo, insinuarsi in lui ed opacizzarlo, ma non capivo cosa. Non potevo capirlo perché in realtà questo cambiamento era così flebile, così sottile, che solo io che ero molto vicino a Shaka mi sarei accorto di qualcosa di diverso. Credo che il suo sforzo per rendere questo cambiamento meno evidente possibile, avesse dato i suoi frutti… Shaka, cosa c'è? Il tuo cosmo, lo specchio dell'anima, è così sofferente da portarti a questo? Dalla luce più assoluta, ora il tuo cosmo pare un mare di magma, caldo ed ustionato, luminoso ma spaesato. Cos'è successo durante la mia assenza? Ebbi l'impulso di salire alla sesta casa e vedere cosa fosse veramente successo, vedere Shaka e parlare direttamente con lui… Nonostante l'ora sapevo che era sveglio, lo percepivo, e con lui c'era Milo…

MILO

Sentii perfettamente la presenza di Muu al Grande Tempio, e nonostante sapessi benissimo in che rapporti erano lui e Shaka, non potei fare a meno di avere un lampo di gelosia. Sono uno stupido, geloso di cosa? Non sapevo perché Muu se ne fosse andato dal Santuario, non capivo quindi lo stupore e l'apprensione del viso di Shaka. Ma non volevo essere indiscreto, la mia natura gelosa aveva già fatto trasparire il primo lampo, non volevo certo arrogarmi dei diritti su di una persona che più solitaria e slegata non poteva essere… Guardai Shaka, scrutai ogni centimetro della sua faccia, quei capelli biondi scossi dal vento e quelle ciglia che immancabilmente m'impedivano l'accesso alla sua anima. Bellissimo, ecco come lo vedevo, semplicemente splendido. "Muu è qui" so che era un'ovvietà questa, tuttavia avevo bisogno di qualcosa per spezzare il silenzio e farlo riprendere a parlare…Mi stava dicendo qualcosa di importante, se non si fosse interrotto, e volevo sapere. Sorrise. " Se vuoi, se veramente ci tieni così tanto, ti porterò di fronte alla porta di Ade" Sgranai gli occhi, voleva veramente portarmi laggiù? M'aveva veramente detto di sì? " Stasera, se te la sentirai ancora, vieni da me. Sai quello che comporta fare una cosa così, non è vero?" Annuii, anche se non ero del tutto certo di sapere alla perfezione ogni minima conseguenza. Avrei dovuto mettere da parte il mio orgoglio, avrei dovuto aggrapparmi al cosmo di Shaka per parlare con Lilian, ma più di questo non sapevo. Mi guardò a lungo, non importa che avesse gli occhi chiusi, sapevo che mi stava osservando. "Dovrai anche sopportare il fatto che Lilian parli attraverso di me" Questa era una cosa a cui non avevo pensato. Lo spirito di Lilian doveva parlare attraverso il cosmo di Shaka, ovvio, ma non ci avevo ancora pensato. Ero geloso di mia sorella, così come ero geloso d'indole. Shaka lo sapeva e m'aveva avvisato. Quell'uomo così estraniato da tutto e tutti, in realtà mostrava un grosso spirito d'osservazione. "Non ti preoccupare, va bene così" Lo guardai ancora un attimo, ma il suo viso era già rivolto verso il cielo, il sole stava sorgendo e inondava la sua pelle d'oro. Avrei voluto baciarlo, ma resistetti all'impulso di avvicinarmi a lui. Mi resi conto di stare diventando schiavo di quest'uomo le cui labbra, l'aurora, stava tingendo di rosso.

Ero nervoso, finalmente accontentato, non sapevo che cosa aspettarmi, chissà se poi Lilian voleva parlarmi o se magari avrei dovuto lasciarla in pace. E chissà perché alla fine Shaka aveva detto di sì. Ero curioso di vedere questo mondo al di là delle stelle, luogo a tutti precluso se non ai propri custodi. Quella sera avrei fugato ogni dubbio, ogni curiosità…e avrei saputo perché Lilian si era suicidata.

SHAKA

Andai alla prima casa. Volevo vedere Muu, volevo sentire come stava. Sapevo che il suo ritorno non significava l'aver dimenticato gli eventi che l'avevo spinto ad andarsene. Tuttavia se era qui, può darsi che in qualche modo, avesse imparato a medicare il suo animo. Poco prima di entrare nella sua casa, esitai. Come potevo entrare da Muu, chiedergli come stava e fargli sentire il mio appoggio, quando il terreno sotto i piedi mancava a me per primo? Non ero forse un peso, invece di essere un aiuto? Le mie insicurezze, il mio mondo d'ombra nascosto dalla luce, la mia solitudine… Dovevo lasciarle fuori, perché non volevo pesare su di un animo che doveva già fare i conti con se stesso ed il suo passato. E poi c'era Lilian, c'era la porta di Ade con tutto ciò che questa comportava, il freddo, il buio e l'animo della piccola che avrebbe dovuto trarre l'energia da me…e c'era Milo. Solo ora, sentendomi così vicino a quest'ultimo, in qualche modo legato a lui, iniziavo a capire quello che tempo addietro Muu aveva cercato di comunicarmi. Sospirai. "La lava d'un vulcano in eruzione…" Mi girai di scatto e vidi Muu lì di fianco a me, non l'avevo sentito arrivare, chissà da quanto era lì "Non m'hai percepito, a cosa stavi pensando di così profondo da farti perdere il contatto con il mondo?" Lo guardai e sospirai di nuovo, ma sorrisi, era Muu, era qui ed io ora mi sentivo meglio. "Cosa intendevi con 'la lava'?" "Così mi appare il tuo cosmo, è da quando sono tornato che sento un rosso vivido in te, pronto ad ustionare chiunque, piuttosto che il solito bagliore accecante " Poche ore e già aveva capito che c'era stato qualcosa, poche parole e già eravamo tornati quelli di un tempo. I suoi occhi, nonostante stesse parlando di me e non di se stesso, trasudavano disperazione, emanavano una tale malinconia che sembrava quasi palpabile. Non dissi niente, ma entrai a casa sua. Ero felice che fosse tornato, tuttavia vedevo che era qui perché sapeva di non potere scappare per sempre e perché sapeva che solo qui avrebbe trovato la maniera di risollevarsi. Non sapevo bene che cosa fosse successo e che cosa l'avesse portato ad andarsene, non avrei mai voluto farmi raccontare cos'era accaduto, quel giorno ad Atene,a meno che non fosse lui stesso a volermelo dire, ma Muu era troppo riservato per farne parola con qualcuno. "Prima di tornare qui, sono passato dall'altura delle stelle…" Lì riposava Sion, il maestro di Muu. Sapevo che Muu provava un enorme senso di colpa nei suoi confronti, non sapevo tuttavia il perché. Appena poteva, andava da lui a portargli fiori e a pregare affinché la sua anima riposasse in pace. Ciò nonostante, sapevo che non si dava pace, per il suo maestro e per qualcosa che nessun altro sapeva. "L'aura di Sion aleggia ancora sul Santuario, sembra voler abbracciare tutti noi, anche dal paradiso dei cavalieri e spiegare su di noi il perdono celeste per quello che abbiamo fatto" Gli occhi di Muu s'incupirono " Io non avrò mai il perdono del mio maestro…Inutile che continui a sforzarmi, a trovare scuse per la mia coscienza, non lo avrò mai… Anch'io sono stato complice della sua morte e lui lo sapeva, come posso quindi pretendere il suo perdono?" Complice della sua morte? Muu complice della morte di Sion? Tutto ciò non aveva molto senso, com'è possibile? Nessun allievo era devoto al proprio maestro come lo era Muu, com'è possibile dunque che Muu avesse preso parte all'uccisione del mastro? "Cosa stai dicendo?" Muu scosse solo la testa. "Lascia stare, non c'è soluzione … Ormai Sion è morto e io non posso farci niente." "Ma…" cercai di obiettare, questa storia non aveva senso. " Sapevo…io sapevo tutto, e non l'ho impedito" Muu sapeva tutto? Muu sapeva cosa? Non capivo…Possibile che Muu sapesse delle intenzioni di Saga? Se dice di essere complice della sua morte, vuol dire che era a conoscenza di qualcosa, dei piani di Gemini o comunque dell'oscurità che stava prendendo il sopravvento? Che senso poteva avere tutto ciò? "Sapevi cosa? Sapevi di Saga?" Non feci in tempo a concludere le sillabe di quel nome che vidi il viso di Muu impallidire, trasformarsi in una maschera di cera e smettere di respirare. Avevo colto nel segno. Muu e Saga. Cosa potevano centrare insieme? Cosa potevano avere in comune queste due persone di così forte da solcare in maniera così evidente, il volto dell'Ariete? Il suo iride riprese colore, Muu cercò di emettere un suono ma l'unica cosa che venne fuori dalla sua bocca fu un profondo sospiro. Lo guardai, non volevo indagare oltre, anche in lui potevo vedere lo stesso velo opaco che copriva gli occhi di Milo. Sapevo che voleva dirmi qualcosa, che voleva fare uscire da se stesso quel segreto che portava dentro, ma aveva bisogno di tempo e io, di certo, non gli avrei messo fretta. Sarei sempre stato qui per lui, in qualunque momento avesse voluto. Le due persone che per me più contavano in questo momento, avevano lo stesso sguardo, malinconico e disperato. Le ferite che ci portavamo dentro, sembravano avere acquisito nuova forza e sembravano prosciugare fin nel profondo la nostra linfa. Eravamo custodi di un cuore di vetro, pronto a spezzarsi. "Scusami" disse ad un certo punto lui "vieni qui per trovarmi e guarda cosa ti ritrovi…" rise, ma quella sua risata risuonò nelle mie orecchia quasi fosse un pianto. Si sistemò i capelli con la mano e, come qualcuno che avesse ritrovato qualcosa di perso, mi guardò "Ma cosa è successo a te, Shaka?" Una domanda così diretta non me la sarei aspettata. Finito, anzi mai iniziato, il discorso sulla percezione del mio cosmo, pensavo che non avesse voluto indagare di più. Invece mi sbagliavo. Lo guardai negli occhi, quello che vidi mi rasserenò: curiosità ed affetto per un amico. Ecco cos'ero io per Muu, un amico… "Stasera andrò al di là del cielo" Muu sgranò gli occhi, viola e profondi, mi guardò come si guarda un alieno "Cosa hai intenzione di fare?" Ridacchiai fra me e me, era naturale la sua reazione, l'avrei avuta anch'io così se non fossi stato io quello a decidere di andare davanti alla porta di ade. "Me l'ha chiesto Milo…e io devo aiutarlo…" Credo che quel "devo" chiarì molte cose a Muu, mi guardò, ma non fece domande sul perché o chi fosse la persona da risvegliare. Sono felice non m'abbia chiesto niente di Milo, non avrei saputo cosa dire, non sarei stato in grado di parlarne. Era qualcosa di mio, parlarne ad alta voce mi sembrava quasi una profanazione…Non che ci fosse un senso logico a tutto questo, ma non m'era chiaro perché stavo per fare qualcosa del genere, sapevo solo che non volevo più vedere gli occhi di Milo come li avevo visti la sera prima…sapevo solo che avrei sempre e solo voluto vedere gli occhi di Milo… Muu sorrise, come se avesse intuito i miei pensieri. Ci guadammo per un attimo, quei pochi secondi che servono per prendersi cura dell'animo dell'amico e fare sentire la propria presenza.

MUU

Erano successe molte cose dopo la guerra santa. Dopo la sconfitta di Hades: la morte di alcuni di noi, l'investitura a cavalieri d'oro dei Seiya e gli altri, la salita al Santuario di Saori, il tentativo, quanto mai vano, di ripristinare la vita "normale" che c'era prima della corsa alle dodici case. Impossibile, non importa cosa si provasse a fare, troppe morti, troppe perdite erano avvenute in così poco tempo, perché l'animo umano potesse risanarsi. Sembrava che il cuore di ognuno di noi fosse vicino al cedimento, un'altra crepa e si sarebbe frantumato. Non importa per quale motivo l'animo di ognuno sanguina, importa solo il continuo sgorgare della linfa e il dolore che questo provoca. Se ripenso ai coloro che hanno dato inizio a tutto, li vedo affogati nella profonda consapevolezza di essere stati loro la causa che ha portato a questo. Ma del resto, vi sarebbe stata altra soluzione? Quanti amici persi in battaglia, quanti uomini pianti… Lo stesso Shaka, uomo che non avrei mai ritenuto possibile cedesse, è ora sull'orlo di un precipizio. Il suo mondo di luce che per troppo tempo ha accecato tutti noi, ora ha esaurito la sua forza. La luce s'è infuocata ed un solo passo in più, porterà al buio. La porta di Ade potrebbe essere la spinta definitiva… Non potevo nascondermi d'essere preoccupato, perché aveva deciso di andare laggiù? E' quel "devo" che m'aveva stupito, ma m'aveva fatto capire quanto lo Shaka che avevo davanti fosse diverso dal cavaliere che avevo lasciato. Il suo tono di voce alla parola Milo esprimeva quasi protezione, ma soprattutto, amore. Sorrisi all'idea, quell'uomo era capace di stupire perfino me. Chissà se Milo… Anche il suo cosmo m'era sembrato veramente ferito. Sembrava esserci un nuovo solco nel suo animo, qualcosa che l'avesse spezzato in due…recentemente. La perdita di Camus era ancora viva nella sua memoria, ma era successo sicuramente qualcos'altro. Camus, i cristalli di ghiaccio con cui permeava l'aria del Grande Tempio, il suo gelo che ricopriva un animo caldo che ha sacrificato la vita per assolvere il suo compito e per cedere il passo al suo allievo. E' morto e ci ha lasciati, lo stesso giorno in cui ha chiuso gli occhi per sempre anche… Saga. E mi ha lasciato qui, col dubbio delle sue parole, col sapore delle sue labbra…ma senza niente di più. O forse con troppo perché io possa dimenticarlo, perché possa pensare di non vedere più la sua espressione felice quando parlavamo, quando discutevamo per ore fino al sorgere del sole, quando vedevo i suoi occhi verdi incupirsi quando si parlava di un eventuale futuro. Lui sapeva già e non ne ha mai voluto fare parola con nessuno, finché è riuscito a mantenere il segreto, finché è riuscito a sopprimerlo dentro di sé. Solo dopo io ho capito, io ho intuito, ma non potevo fare più niente perché ormai ero in totale balia del dolce sorriso di quell'uomo.

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Capitolo 2
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 2 ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

SHAKA

Passai tutto il pomeriggio nel giardino della sesta casa. Ero sicuro che nessuno sarebbe mai entrato lì dentro e io avevo bisogno di rimanere solo. Stavo tornando nel luogo dove tutto è buio, nel posto dove la fiaccola della vita ormai è sopita…Perché, di mia spontanea volontà, avevo deciso di tornarci? Ero forse impazzito? Sì, forse ero pazzo, tuttavia sapevo che era meglio questa mia follia che la tristezza di Milo, era meglio rischiare ed andare là, piuttosto che la malinconia in quegli occhi… Probabilmente anche lui temeva questo viaggio, magari anche più di me. Io sapevo cosa fare e sapevo di avere un cosmo su cui affidarmi. Lui doveva appoggiarsi al mio e questo cambiava le cose. Mi chiesi se Milo fosse veramente in grado di fidarsi di me e lasciarsi trasportare al di là del cielo. Mi percorse un brivido. Io sapevo, io solo, cosa implicava questa mia scelta, cosa voleva dire per me il fatto che Lilian e Milo potessero parlare. La nausea m'assalì e cercai di fare scemare quella sensazione. Avevo il respiro pensante, ero troppo preoccupato per quello che sarebbe dovuto succedere…Tuttavia, fu una sensazione che durò pochissimo, il tempo di un pensiero. Perché, poi, ripensai a Milo, all'espressione del suo viso la scorsa notte, a quegli occhi imploranti ma pieni d'orgoglio, alle sue dita sulla mia faccia …e allora capii che non avrei voluto fare altro, che avrei camminato giorni nel buio pur di vederlo sorridere di nuovo. Il pensiero della porta di Ade s'addolcì improvvisamente, il brivido che m'aveva scosso prima, scomparve. Lo volevo fare per qualcuno che amavo, per qualcuno che aveva la priorità rispetto alle mie paure e che, con un sorriso, le dissipava subito. I pensieri di quello che sarebbe stato e di quello che sarebbe potuto accadere, m'abbandonarono e s'infiltrò in me solo il suo colore.

Era tutto così strano quella sera, sembrava che i rumori dell'esterno fossero affievoliti, quest'atmosfera di irrealtà che permeava il giardino di Sala, mi dava un senso di incredibile tranquillità. La luce, la meta di me stesso, in questo periodo della giornata, era sempre fonte di sicurezza, il suo calore e l'ardore col quale il sole brillava in cielo, mi rasserenarono del tutto. Saremmo andati di fronte alla porta di Ade io e il mio Milo, avremmo ritrovato Lilian e avremmo capito che cosa l'ha spinta a togliersi la vita… Solo ora però, mi venne in mente l'aspetto con cui ci saremmo dovuti presentare al cospetto della porta eterna: nessuna protezione, nessuno schermo per noi stessi, solo il respiro dell'anima. Ebbi di nuovo paura. Questa volta, però, la paura fu diversa da quella precedente. Non avevo paura di quello che materialmente sarebbe potuto succedere, bensì avevo paura di quello che Milo avrebbe potuto vedere di me. Che sensazione strana. Non m'ero mai messo in gioco in questo modo, i miei pensieri e tutto ciò che provavo, non erano mai stati messi a tavolino, esposti…oltretutto ad una persona alla quale avrei voluto presentare il meglio di me, perché altro non si meritava. Avevo paura che potesse inorridire, avevo paura che potesse non piacergli niente di quello che avrebbe visto e che si sarebbe allontanato per sempre da me. Non avrei potuto sopportare di non parlargli più, di non poter guardare più quegli occhi… Ora che ne avevo assaporato il luccichio, non potevo pensare di privarmene. Eppure, era fin troppo facile che là dov'eravamo diretti, Milo vedesse il vero me. Non ci sono silenzi, sguardi o barriere d'altro genere, la propria anima si sveste dei pesanti drappi che di solito l'accompagnano e si presenta nel buio senza stelle dove, ed è quasi ridicolo, è meglio visibile. Scossi la testa, il rumore degli alberi nel giardino mi distolse dai miei pensieri. Possibile che qualunque cosa facessi, ormai, mi metteva paura? Cento nemici m'avrebbero rasserenato piuttosto che un confronto con me stesso e con Milo. Ma del resto, non volevo neanche tirarmi indietro. Non volevo pensare di rinunciare solo per il timore che, quello che Scorpio avrebbe visto, non gli sarebbe piaciuto… Mi venne da ridere, perché c'era anche l'altra faccia della medaglia, di cui però si tiene sempre poco conto. Avrei scoperto anch'io il cavaliere dell'ottava casa. Non credo che lui sapesse di questa particolarità, o in ogni caso magari non gli interessava. Aveva ben altri pensieri per la testa, non aveva tempo di pensare a queste sciocchezze. Mi alzai dall'erba e osservai gli alberi in fiore. Un leggero vento sollevò i petali di ciliegio da terra e inondò l'aria con quell'odore. Volarono via e li seguii con lo sguardo. Scomparvero lontano e portarono con sé anche parte dei miei pensieri. Ma il loro odore rimase e accompagnò il sole al riposo.

Rientrai in casa e mi preparai un tè, fra poco Milo sarebbe arrivato, non potevano esserci ripensamenti.

MILO Inutile dire che ero agitato, ormai era sera e dovevo scendere alla sesta casa. I miei pensieri erano confusi, Lilian e Shaka…Non capivo bene a chi dovessi rivolgerli, non capivo bene cosa mi sarei dovuto aspettare. Ma in fondo a me stesso non vedevo l'ora. Non mi faceva paura quello che avrei dovuto affrontare… anche perché non ne sapevo niente. Non capivo neanche perché Shaka non m'avesse spiegato esattamente cosa avremmo trovato al di là del cielo. Niente che potessi immaginarmi, questo è ovvio. Era questa mia incoscienza a rendermi così sicuro, ne ero certo. In fondo, però, meglio così: avrei affrontato qualunque cosa ci sarebbe stata da affrontare per rivedere Lilian e per sapere che cos'era successo. Era di nuovo sera, tuttavia nell'aria c'era odore di pioggia, in cielo non c'era una stella a rischiarare il buio. La città sembrava essere coperta da un sipario di velluto scuro. Uscii dalla mia casa e iniziò a piovere, nel giro di poco tempo, il cielo fu spaccato da lampi. Un temporale, con tuoni che accompagnavano ogni mio passo verso la sesta casa. Pochi metri e mi ritrovai completamente fradicio. Entrai nella sesta casa e il suo cosmo m'accolse ancor prima di lui. Così caldo e luminoso, toccò la mia aura e la riscaldò. Non m'ero accorto fino a quel momento di quanto velocemente stesse battendo il mio cuore. Dopo si fece vedere e venne a prendermi all'entrata. Non riuscivo a calmarmi, i battiti aumentavano sempre più. Perché? Perché stavo andando da Lilian? Perché avrei saputo la verità sulla sua morte? Perché Shaka era lì con me e per me? Probabilmente era tutti e tre questi motivi ad essere causa del mio stato d'animo… Shaka intuì i miei pensieri perché mi sorrise quasi a volermi rassicurare. "Non ti preoccupare, vedrai che andrà tutto bene" e così dicendo ampliò ulteriormente il suo cosmo e mi avvolse, cercando di tranquillizzarmi con quel tocco così gentile. Ci riuscì, perché piano piano, mi resi conto che l'agitazione stava scemando. Gli sorrisi "Scusami, è che prima di adesso, non avevo mai pensato a quello che sarebbe dovuto succedere…" Mi sentivo un bambino, piano piano, anche se non era iniziato nulla, capivo il perché della frase di Shaka, un po' di sere prima, quando mi disse che avrei dovuto fidarmi di lui. Piano piano capivo che stavo andando in un luogo a me totalmente sconosciuto, dove nessuno dei miei poteri avrebbe avuto senso e dove mi sarei perso senza una guida. Ma con me c'era Shaka, e mi sentivo sicuro. Questo pensiero mi sorprese. Non avrei mai accettato di dare la mia vita in mano a qualcun altro, il mio orgoglio mi avrebbe impedito una considerazione del genere in qualunque altra circostanza…ma ora era diverso, l'aria che si respirava alla sesta casa aveva già qualcosa di ultraterreno. Non c'erano questioni d'orgoglio da fare o altro, qui non si metteva in gioco il proprio valore di cavaliere o il proprio coraggio di uomo, qui c'era solo il custode di un mondo che apriva il portale e me lo mostrava. Un altro mondo, un altro universo, quel posto che sta al di là del cielo. Mi fece strada e mi accompagnò in camera sua. Sapevo di esserci già stato, ma stasera era diversa da come me la ricordavo. Il fuoco era acceso, tutte le candele ai muri stavano bruciando, illuminando la stanza in ogni suo punto. Entrammo e lì mi diede dei vestiti asciutti "No…non è necessario…" "Lo è invece, quando andremo davanti alla porta di Ade, non sappiamo quanto staremo via. Inoltre il corpo è portato a raffreddarsi e rischieresti di congelare, se non ti metti qualcosa di asciutto e caldo, e se la temperatura in questa stanza non fosse così alta" Aveva ragione, il clima lì dentro era torrido. Scossi la testa, a quante cose non avevo pensato. Quando la nostra anima, insieme al nostro cosmo, si allontanerà dal corpo, quest'ultimo rischierà di congelare, rischierà di morire perché è privo della linfa che lo alimenta. Non avevamo neanche cominciato e già ero stupito. Sorrisi fra me e me. Shaka uscì dalla stanza, troppo discreto per rimanere lì quando mi stavo cambiando. Avrei voluto rimanesse con me, mi resi conto che stasera la dipendenza da quel viso era diventata fisica, lo volevo vicino, gli volevo parlare..l'avrei voluto anche abbracciare e amare. Mi resi conto di questi pensieri e cercai di scacciarli. Inappropriati, sicuramente. Però, dopo che mi fui cambiato, lui rientrò nella stanza e allora lo vidi bene. Aveva i capelli ben pettinati, sciolti sulle spalle, una tunica bianca che gli copriva una spalla sola e gli cadeva morbidamente addosso. L'avevo visto spesso vestito così, quando meditava capitava indossasse delle semplici tuniche legate su una spalla e legate in vita. Ma questa sera tutto questo ebbe un altro effetto. Era splendido, incorniciato dalla sua luce, si sentiva a suo agio molto più di me: ne ero incantato. Quell'espressione rassicurante sul suo viso…Pensai di non riuscire a trattenermi e andargli più vicino per baciarlo, feci un grosso sforzo e cercai di sopire quell'impulso. Tuttavia quella figura mi stava riempiendo gli occhi e il cuore ed ebbi la certezza che di me, poteva fare ciò che voleva, bastava che non mi togliesse mai quel suo viso da davanti. Ci sedemmo sul tappeto che c'era di fronte al fuoco, uno di fronte all'altro. Mi stavo lasciando guidare, in tutto e per tutto, stavo percorrendo una strada a me non nota che m'avrebbe portato da Lilian. Mi guardai in torno, ebbi una sensazione strana, era come se la stanza avesse già qualcosa di ultraterreno, esattamente uguale a quella che mi colse appena entrato alla sesta casa. Shaka aveva già avvolto di sé il passaggio e mi stava semplicemente indicando la via. "Milo, adesso dovrai fare esattamente come ti dirò, dovrai stare con me anche se non saprai dove e cosa starai facendo…" Deglutii ed annuii. Qualunque cosa, ormai, mi sarebbe andata bene, dovevo andare da Lilian e ero arrivato ad un punto in cui non si poteva tornare più indietro.

Chiusi i miei occhi, sentii il cosmo di Shaka insinuarsi in me. Si infiltrò, passò ogni anfratto del mio corpo e permeò tutto me stesso: la sua luce avviluppava ogni mia insenatura. La sentii arrivare nella parte più profonda del mio spirito e lì iniziò a disfare, con mani sapienti, ogni singola corda che mi stava legando a quella vita terrena. Fu una sensazione strana, quasi piacevole. Sentivo quelle corde, che mai avrei pensato di avere, lussarsi e poi sciogliersi, abbassare il loro canto per poi spegnerlo. Un canto troppo umano perché potesse essere portato di fronte alla porta di Ade, l'anima doveva staccarsi dal corpo. Corda dopo corda, il tessuto veniva slacciato e disfatto. L'intricata maglia tessuta dalla vita veniva sfilata, filo per filo, fino a ricomporre la matassa. Più questa sensazione aumentava e più mi rendevo conto che il mio spirito si stava liberando dal corpo. Era questa la sensazione di quando si moriva? Era questa la sensazione che tutti temevano? …Non lo so, ma la gentilezza del tocco dell'aura di Shaka, il suo muoversi nella mia anima con estrema accortezza e semplicità, mi stavano lasciando solo una sensazione gradevole. L'anima che si slega dal mondo, solo ora potevo veramente provarne la sensazione, senza paura, perché la tela che sempre, sin da bambini, ci lega a questo corpo, stava per essere completamente disciolta. Disfatta da un tessitore, quasi fosse una danza, ed io non sentivo dolore, né preoccupazione… Filo dopo filo, intreccio dopo intreccio, sentivo l'abbandono della tela, il disfacimento del manto che legava l'anima a terra. I ricami che ne costituivano l'ornamento, però, non vennero disfatti, i disegni e i dipinti che ognuno di noi aveva creato durante la sua vita, venivano lasciati sulla matrice: l'anima. E così io non persi coscienza di quello che ero, non persi il contatto col mio cuore, ma semplicemente mi slegai da questo, sentendolo ugualmente mio e non temendone l'allontanamento. I colori di un'esistenza erano lasciati sull'alito di vita che ora ero diventato, quelli stessi colori che caratterizzavano l'uomo e gli davano una coscienza, ora erano intessuti sul respiro di quello che, ora più che mai, era me stesso.

Poche maglie ancora e il mio spirito sarebbe stato completamente sciolto, ancora pochi fili di uno strumento a corde che ora sembrava prendersi il suo meritato riposo ed aspettare il ritorno del suo complemento. E poi fu solo luce, l'aura di Shaka che mi avvolse completamente e mi prese quasi in braccio, morbida e sicura, così m'appariva. Io, d'altro canto, non sapevo cosa fare, dove andare, ma sentivo il sussurro di Shaka che mi rassicurava.

MUU

Sentii l'aura di Milo e Shaka quasi dissolversi. Avevo sentito una volta sola qualcosa del genere, non me ne preoccupai più di tanto. Sapevo che cosa stavano facendo e il perché del calo d'intensità di cosmo. Tuttavia mi chiesi se, veramente, tutto questo sarebbe stato utile. Riesumare la memoria dei morti, come balsamo per la vita dei vivi, avrebbe veramente portato buoni frutti? Ma del resto non sapevo neanche il perchè Milo tenesse così tanto ad andare di fronte alla porta di Ade… Pioveva a dirotto, la notte era più buia che mai. C'erano lampi e tuoni nel cielo. Sorrisi, pensai che in fondo, questo temporale, faceva da perfetta cornice a quello che ultimamente stava succedendo al Grande Tempio. Sentii un'aura avvicinarsi al mio tempio, un cosmo così vasto e materno che avrebbe abbracciato l'universo intero "Bentornato al Grande Tempio" M'inchinai, Saori era scesa, durante questo diluvio, per salutarmi? "Non avreste dovuto venire fino a qui, sarei venuto io a porvi i miei saluti" "Non ti devi preoccupare, non avevo voglia di stare chiusa al santuario, tutta sola. Ho pensato che un po' di pioggia non avrebbe potuto farmi male." Così dicendo entrò nella mia casa, guardandosi intorno "La casa dell'Ariete è contenta di riavere fra le sue mura il suo custode" Così dicendo s'inchinò di fronte a me, fu un inchino pieno di dignità, profondo ma allo stesso tempo nobile. Perché si stava comportando così? "Non essere stupito del mio atteggiamento, per troppo tempo, io ho lasciato soli te e tutti coloro che, tempo fa, non hanno esitato a correre in mio aiuto quando ne avevo bisogno. E ora, come ricompensa, mi chiudo in me stessa, a piangere per le vite perse e a non gioire per quelle conservate… E so che alcuni di voi, più di altri, m'hanno dato di più di quanto avrebbero potuto e più di quello che hanno avuto in cambio da me, e ora si ritrovano a curarsi ferite che forse non si rimargineranno." Aprii la bocca per replicare, ma non riuscii a dire niente, come potevo controbattere? Saori Kido, la dea Atena era lì, in tutta umiltà a donare calore, quando è lei la prima che, da sempre, è stata di conforto a tutti. "Non ti stupire neanche di queste mie parole. Sono un essere umano, prima che una dea, e per troppo tempo ho badato ai massimi sistemi invece che alla felicità del singolo. Come si può essere felici se è il proprio animo ad essere spezzato? La possibilità che questo si ricomponga in tempo di pace, ovviamente, è grande, tuttavia è tempo ora che ci si prenda cura di ogni singolo pezzo di voi, tuo, di Seiya e gli altri… Perché la pace sul mondo è fondamentale per la terra, ma la felicità dei miei cavalieri, lo è per me"

Sorrisi e la guardai, lei così importante per tutti noi, aveva un cuore di donna e così si voleva prendere cura dei propri affetti. Sapeva che tutti noi combattemmo per lei e si sentiva responsabile per i nostri cuori. "Prima o poi, guariremo tutti e allora potremo goderci questa pace per la quale abbiamo combattuto" Questa pace per cui è morto Saga… Scacciai questo pensiero, non potevo né volevo pensare a Saga in un momento come questo. Era inutile e solo doloroso… Ma non riuscii a contenere l'impeto, quelle sue parole, quel suo sorriso…furono quasi l'esplosione di una stella, dentro di me. Non so se Saori si accorse di qualcosa, non volevo che lei capisse i miei pensieri, né volevo che lei si turbasse ulteriormente a causa mia. Non cambiò la propria espressione sul viso, forse non aveva capito… Mi diede una busta. "cos'è?" "Credo che questa debba essere tua…" Non aveva risposto alla mia domanda, la guardai stranito "Ora è meglio che vada, ti ho disturbato fin troppo, buona notte" "Aspetti, l'accompagno" "Non è necessario, grazie, farò due passi… Adoro quest'odore di pioggia…" Così dicendo uscì dalla mia casa, nello stesso modo in cui vi era entrata, con l'ombrello in mano e senza fare rumore. Rimasi a guardare il punto dov'era scomparsa a lungo. Che strana donna, Saori Kido. Il fardello che il destino le aveva posto sulle spalle l'aveva forgiata, ma rimaneva una donna fragile e desiderosa di calore umano. Guardai la busta che mi aveva appena dato, candida, senza nessuna scritta. Non dovevo che aprirla per vedere cosa conteneva, eppure esitavo nel farlo. Cosa mai poteva essere contenuto lì dentro, che mi fermava? Quella strana sensazione, scoprii in seguito, essere più che giustificata. Non avrei mai dovuto aprire quell'involucro di carta.

SHAKA

Eravamo quasi arrivati di fronte alla porta di Ade, sentivo l'aria gelida spirare dai cancelli che separavano il cielo dalla notte. Ampliai il mio cosmo alla ricerca dell'anima di Lilian. M'erano ben note quelle insenature, quei percorsi labirintici che separavano l'entrata dalla valle dove si trovavano le anime. Intanto Milo ed io, rimanemmo sospesi in quest'universo buio, lui assolutamente confidente che avrei trovato lo spirito della sorella e che l'avrei portato da lui. Non una luce, non un bagliore, ma le nostre due anime legate da una stretta forte che non avrebbe permesso a Milo di perdersi in quella notte priva di stelle. Vidi in lontananza, un piccolo fuoco fatuo, celeste ma venato di rosso. Sembrava immerso in quella valle e non si accorse che uno spirito vivo fosse venuto a trovarlo. Mi ci avvicinai lentamente, non volevo spaventarlo. L'anima delle persone morte è sicura di quello che è stato e, a differenza dei vivi, anche di quello che sarà. Tuttavia, a volte, qualche reminiscenza del mondo terreno rimane come impronta indelebile, allora subentra anche nel fuoco immortale della persona, la sorpresa e lo spavento. Non ho mai capito se quella sensazione fosse dovuta alla possibilità di essere richiamati alla vita, oppure semplicemente al fatto che, anche da morti, la non consuetudine, disorienta. Non m'era dato sapere, non era ancora venuto il mio tempo, nonostante potessi essere un osservatore esterno delle anime dei defunti, il loro interno m'era ancora precluso. Mi avvicinai ancora un po' di più a quel fuoco e allora mi percepì. Si voltò verso di me, ma non capì perché ero lì e cosa volevo. Riconobbe il mio cosmo come amico e custode, quindi non ebbe paura. Mi tese la sua mano e si lasciò portare dalla mia aura, senza opporre la minima resistenza. Era uno spirito calmo, in pace. Trasmetteva un enorme senso di candore. Arrivati alla porta di Ade, mi fermai perché lì c'era la mia anima e quella di Milo, perché quel confine non poteva essere superato da nessun'anima morta. Lì il fuoco guardò intorno a sé, con gli occhi sapienti di chi ha perso la percezione delle stelle e non teme il buio eterno. Milo si accorse di un'altra presenza, insieme con me, e percepii la sua incredulità nell'avere finalmente il modo di parlare con Lilian. "Milo, perché sei venuto qui?" L'udire la voce della sorella fece tingere l'anima di Milo, prima eterea e trasparente, la forte emozione che questo timbro vocale aveva provocato, la rese quasi palpabile. Anche la voce di Lilian, sebbene ultraterrena e quasi un sussurro, emanava un senso di stupore e felicità. Che fosse proprio vero, quindi, che i sentimenti, nelle loro più alte sfumature, non abbandonano mai il loro creatore, ma lo accompagnano anche al di là del confine che segna il distacco fra la vita e la morte? Solo così mi potevo spiegare il tremore nella voce di Lilian. Rimasero a guardarsi per un po'. "Volevo vederti per un ultima volta, volevo sapere che cos'era successo…Da quando m'hai lasciato…" La sua voce si ruppe, un ondata di tristezza investì lo spazio dove ci trovavamo. Fu così forte che dovetti avvolgere con maggior forza col mio cosmo sia Milo sia Lilian. "Sei dunque venuto a sapere…Speravo che nessuno s'accorgesse della mia assenza o che comunque nessuno sapesse giustificarla…Non avrei mai voluto ferirti. Io sto bene qui, meglio di come stavo sulla terra. Mi sono liberata.." "Ma liberata da cosa? Da chi? Perché non sei venuta da me, perché non mi hai detto di stare male?" "Perché non ti potevo raccontare quello che è successo…" Questa volta fu Lilian ad abbassare il tono della voce e a colorare l'atmosfera intorno della sua tristezza. Dato che Lilian stava traendo la sua voce dalla mia aura, iniziai ad intuire cosa fosse accaduto. L'immagine era sfocata, ma la fiamma di Lilian non si limitava ad esprimere tristezza, c'erano anche diverse sfumature di astio, ripugnanza ed un profondo senso di violazione. "Ora stai bene?" "Sì, qui ho finalmente ritrovato la pace, non volevo che ti preoccupassi per me, non volevo esserti di peso. Lo sono sempre stata per tutta la vita, da quando papà e mamma sono morti…Volevo andarmene senza lasciare indietro tristezza" Credo che l'anima di Lilian iniziò a piangere, l'aria intorno a noi si fece carica e destabilizzò quel mondo. Dovetti stringere i miei contatti col suo spirito, farmene maggiormente carico perché altrimenti quell'onda d'emozioni avrebbe spezzato il fragile equilibrio che governava l'ingresso di Ade. "Non dire sciocchezze… Sai che sei sempre e solo stata di conforto, per me. Mi manchi…" Sentii un singhiozzo nel cuore di Milo, un profondo taglio aprirsi in lui, da cui sgorgava sangue vivo. Sangue che rischiava di spezzare il contatto fra la notte ed il cielo. Fui costretto ad indorare l'ambiente per mantenere la stabilità del luogo in cui ci trovavamo. "Cos'è successo?" Lilian esitò, le lacrime del suo spirito, omai, erano quasi visibili. Non potevo permettere che tutto ciò si ripercuotesse all'esterno, Milo probabilmente non avrebbe avuto il controllo di fronte ad una tale sofferenza della sorella e il filo di quel luogo buio si sarebbe spezzato. Invece dovevamo rimanere ancora lì, dovevamo capire cos'era successo. Milo non poteva essere soddisfatto di un incontro così blando. Avvolsi Lilian della mia aura, ulteriormente, cercando di stemperare la tristezza che fuoriusciva da lei. Nudi, ecco com'erano, qualunque flebile sospiro sembrava amplificato, qualunque soffio veniva esternato Vidi Milo tendere un suo braccio e cercare d'accarezzare il volto di Lilian, o comunque fu quello che sembrò fare. Asciugare le lacrime di uno spirito non ha senso, allungare le mani di un anima neanche, ma così apparirono, l'affetto che ognuno di loro portava per l'altro tinse la notte. Sembrava che mari di tempera sgorgassero da quelle pareti di nulla e le colorassero. Strinsi ancora la mia presa sull'anima di Lilian. Era tutto troppo intenso per essere sicuro. Tuttavia questo mio ulteriore avviluppamento dello spirito di Lilian, non impedì a Milo di vedere cosa fosse successo alla sorella, di scoprire il perché s'era suicidata.

MUU

Mi chiusi nella mia stanza, con solo una candela accesa. Non volevo leggere, non volevo dormire, non volevo neanche stare lì e fare niente. Volevo solo scomparire. Avrei voluto vedere Saga, ma questo era impossibile. Vedere i suoi capelli blu scossi dal vento, avrei voluto scherzare ancora con lui, allenarmi e… avrei voluto anche solo sapere che dopo pochi scalini, dopo solo una casa, l'avrei trovato. Che sarebbe stato lì, magari intento a fare qualcosa, magari a dipingere e cercare di catturare i colori brillanti e pieni di vita del tramonto ma che in realtà, portano alla notte. Com'era bravo a stemperare i colori sul suo quadro, artista che era in grado di fotografare il suo cuore e trasmetterlo sulla tela, facendoti esattamente capire quello che significava per lui, oltre che per te. Attraverso un semplice disegno, esprimeva il pensiero che magari le stesse parole avrebbero faticato a descrivere. E io ammiravo questo pittore che catturava ogni minimo respiro del mio animo. Lo ricordo ancora quando, col viso sporco di colore, era venuto a casa mia a farmi vedere come era riuscito a catturare la luce della luna. Me l'aveva regalato, poi, quel quadro. Uno dei più bei dipinti che avesse mai fatto il mio pittore. Entusiasta come un bambino, me l'aveva fatto vedere, facendomi notare l'argento della luna e il blu notte del mare. Ed io che avrei ascoltato quelle labbra per ore, e non avrei mai smesso di guardare quel viso….e quel quadro che ne era il perfetto riassunto. L'argento del suo sorriso e il blu notte del suo animo, la profondità dei suoi occhi e la cupezza del suo destino.

"Muu, guarda, l'ho rubato" "Rubato? Cosa?" Il colore della luna, guarda" sembrava il bambino che aveva appena compiuto una marachella "Non me lo voleva dare, più volte ho tentato di attingere direttamente dal cielo, ma lei s'è sempre rifiutata. Ora l'ho rubato e l'ho imprigionato sulla tela" Ricordo che rimasi estasiato quando lo vidi. Era un quadro di estrema solitudine, la luna che, sola in cielo, si rispecchiava nel mare. Solo un venticello sembrava increspare lo specchio d'acqua, per il resto non vi era nulla in quel disegno. Ma era perfetto così, non avrebbe dovuto esserci di più. Niente si sarebbe amalgamato fra la luna e il mare. "Saga, è bellissimo…la Luna non può che essere felice, perché sei riuscito a rappresentarla nella sua veste migliore. Sembra la signora di questa notte…solitaria…" "Te lo regalo, l'ho fatto per te" Ricordo ancora il mio cuore lasciare indietro qualche battito, a quelle parole. Ricordo ancora come i miei occhi si riempirono di lacrime e di lui. E la voglia di abbracciarlo…e di baciarlo…e renderlo il re di tutto ciò che ero. Però non feci niente, presi solo quel quadro in mano e lo guardai stupefatto " L'ho chiamato "Lo specchio di un'anima" " Solo ora posso capire a fondo quel quadro. Che ingenuo che ero! Quel dipinto era lo specchio della sua anima, così cupo ed oscuro, ma allo stesso tempo così bello… Con la luna che imperava in quella notte, sopra l'acqua, che mandava raggi argentati sulla tela, ma che non presupponeva nessun altro nel suo regno, se non il mare. Così come in quel quadro qualunque aggiunta, qualunque pennellata in più avrebbe stonato, così nella vita di Saga non poteva esserci posto per me.

Ma allora perché? Perché quella volta…? Quelle sue labbra ancora bruciavano sulle mie. Mi alzai di scatto dal letto, e cercai di trovare qualcosa che mi distraesse. Non so perché avessi pensato a quell'episodio del quadro, ma volevo scacciarlo il più in fretta possibile. Vidi quella busta bianca che m'aveva portato Saori poco prima. Era lì, appoggiata sul tavolino della mia stanza. Ero riluttante nell'aprirla, tuttavia, pensai, se me l'ha detto lei, cosa ci potrà essere di malvagio? Forse ero troppo scosso dai miei pensieri per avere una visione oggettiva di quello che stava succedendo intorno a me. Presi quella busta in mano e la aprii. Mettendo la mano dentro, sentii, prima di vedere, in ammasso di fogli bruciacchiati e sgualciti. Tirai fuori quello che sembrava essere un libro, una copertina mangiata dal fuoco e dentro… la grafia di Saga. Il suo diario. Saori? Saori m'aveva voluto dare questo?? Perché? Voleva forse segnare la mia morte? Questo era troppo, non potei pensare di contenere l'impeto d'ira e di dolore che era stato portato da quell'ammasso di fogli. Gridai. Sentii il mio cuore cadere in frantumi e fiumi di lacrime salirmi fino agli occhi. Incapace di controllarmi, presi il libro e lo buttai contro la parete della stanza, m'accasciai sul letto e proruppi in singhiozzi.

MILO

Non volevo credere a quello che avevo appena visto, non potevo pensare che tutto ciò fosse veramente accaduto alla mia Lily… So che non avrei dovuto gridare, so che non avrei dovuto agitarmi, ma so anche che il mio cuore di fratello non poteva tollerare qualcosa niente di simile. Un incontenibile senso di protezione, di ira, di desolazione per non essere stato lì nel momento necessario e di collera m'invasero. Non riuscii a pensare più a nulla, se non all'istinto di uccidere che s'accese in me. Vedevo, finalmente vedevo cos'era successo alla mia Lilian, quando lei stava tornando nella sua casa, un uomo o forse più, ad aspettarla e… Non poteva essere successo alla mia adorata sorellina. Il suo viso oscurato dal terrore generato da persone che neanche conosceva e che una dopo l'altra facevano valere la propria forza su di un cuore spaventato. Sentii la totale impotenza di braccia troppo deboli per liberarsi dalla stretta, di grida troppo flebili perché potessero essere sentite da qualcuno… E di risate, non certo di donna, che rimbombavano fra quelle mura. Sentii il pianto e la preghiera di smettere, la preghiera di lasciarla in pace ed infine… la preghiera di morire. Provai la sensazione di solitudine e di disperazione che l'avevano investita, il tentativo di pulire il suo corpo e la sua anima da qualcosa che risultava indelebile… E allora non fui più padrone di me, non riuscii a rimanere indifferente a quell'ondata di ricordi che appartenevano ad una delle persone che più contavano per me.

SHAKA

Fu un attimo e Milo tinse di rosso quel mondo. Era un rosso fuoco, alimentato dall'ira e dalla disperazione. Sentii su di me tutto l'astio e il senso di impotenza che provava Milo, sentii nascere, crescere ed esplodere la rabbia di un fratello che sa la verità. I miei ed i suoi sentimenti si mischiarono in me, amalgamandosi, trascinandomi col loro impeto ed infine frantumandomi. Feci un ultimo, disperato tentativo di non far distruggere quel luogo di notte e abbracciai completamente l'anima di Lilian e afferrai con forza Milo. L'anima della ragazza non poteva sopportare la disgregazione del suo mondo, lei si sarebbe persa nel buio e non avrebbe trovato la via del ritorno. Dovevo fare qualcosa per trattenerla e proteggerla da quell'impeto d'ira. Tuttavia, così facendo, m'immedesimai in Lilian, provai sulla mia pelle il dolore della lacerazione interna, quella disperazione ed impotenza che avevano governato la mente della ragazza quel giorno… E poi la disperazione di essere orribile, di essere stata violata e di non avere via di scampo. Mi sentii completamente inutile ed incapace di dimenticare quello che m'era accaduto. Mi ritrovai a pensare a quello che avrebbe pensato Milo quando sarebbe venuto a sapere cosa m'era successo….Ai continui bagni e alle continue schiume che utilizzavo nel disperato tentativo di pulirmi. Sentii le mia lacrime infuocarmi le guance nelle notti in cui non riuscivo più a spegnere la luce per paura del buio…e poi la decisione che sarei stato meglio morto: non sarei mai più stato in grado di convivere con me stesso perché mi odiavo. Sentii scorrermi nelle vene il coraggio di saltare giù dalla rupe, la paura del volo, prima di toccare il fondo… e ancora lacrime che sembravano non terminare più. Lacrime per ciò che ero e ciò che ero diventato, lacrime per un fratello che non avrei mai più rivisto ma che in fondo non avrei mai voluto ferire… Lacrime perché m'era stato tolto il canto degli uccelli e la bellezza dei campi in fiore, lacrime perché ero stato reciso, ben prima di sbocciare… Ma quel mondo andò in pezzi. Le emozioni di Milo, i ricordi di Lilian e la mia anima da lungo provata furono l'insieme che ci fece precipitare. Non seppi resistere. Uno scroscio di frammenti ci investì e persi completamente il contatto col mondo, con Milo, con Lilian e con la mia anima.

MUU

Scomparvero. Milo e Shaka scomparvero dalla mia percezione. Non era possibile, cosa mai poteva essere successo? Mi colse il panico No…no..no!!! Non potevo pensare di perdere anche Shaka, il mio unico amico… Sentii un fortissimo dolore al petto, anche lui se n'era andato? Corsi alla sesta casa, dovevo fare qualcosa, ma cosa? Sapevo che si trovavano nella stanza di Shaka, ma non osavo entrare. Che cosa potevo fare io per ricondurli da me? Entrare in quella stanza avrebbe voluto dire trovarli immersi nei più profondi anfratti di sé stessi, avrebbe potuto dire recidere l'ultimo filo che legava Shaka e Milo alla vita. Non entrai. Che stano, ancora quella sensazione di impotenza a me tanto nota… Ricordo quando vidi l'emblema di Nike colpire Saga. Era come se avesse colpito anche me. Ma come pensare di fare qualcosa? Come in quel frangente, così ora, c'era in gioco tutto ciò che per me valeva e io ero inerme. Avevo sentito l'aura di Saga affievolirsi, allontanarsi ed infine perdersi ed ero rimasto lì solo, col dubbio di cosa avesse significato la sua vita e la sua morte. E ora, il filo dello spirito di Shaka e di Milo si stava spezzando…ed io ero qui a guardare…guardare….e rimanere immobile.

"Muu, ci sono delle cose che odi nella vita? Esistono cose che non saresti in grado di sopportare?" "Ce ne sono molte…" "Non si direbbe. Così pacato e calmo, sembra sempre che sia in perfetto controllo della situazione" Mi ricordo che sorrisi e mi rattristai. Sapevo che l'impressione che davo era quella, la mia indole quieta poteva essere scambiata, a volte, per totale apatia. "No, non rattristarti, non voleva essere una critica. Vai bene così, mi infondi sempre calma, mi fai riflettere…mentre io, altrimenti, sarei schiavo dell'irrazionalità. Invece con te è come se tutto prendesse un senso…compiuto" "Invece è proprio questa mia indole a tenermi così lontano dal mondo…Così lontano dal genere umano…" Compiuto…ecco, ero la goccia di razionalità in una distesa di passione, così mi vedeva Saga. Se solo avesse saputo che niente di tutto questo era vero, se avesse saputo che il mio amore nei suoi confronti mi stava bruciando vivo, mi stava rendendo schiavo di una persona che non mi voleva ma per cui avrei fatto qualunque cosa… A volte le apparenze possono trarre in inganno anche le persone a noi più vicine e io ero disperato perché Gemini non si fosse accorto di cosa significava lui per me, ma ero sollevato che non lo sapesse. La sola possibilità di perderlo, m'uccideva. L'ho perso e sono morto. "Sbagli a dire così, io so che in qualunque caso, tu faresti di tutto per far valere quello in cui credi, non rimarresti immobile di fronte alla necessità di una persona in difficoltà…"

Pensai a quel dialogo lì, nella sesta casa. Era vero, non potevo stare lì e non fare niente, non avrei mai potuto lasciar scomparire qualcuno così importante per me, non più. E allora mi venne in mente, quel giorno, quando Shaka mi chiese aiuto per salvare l'anima di Ikki. Sembravano secoli fa… Era stato lui, allora, che m'aveva indicato la via da percorrere col mio cosmo, per aiutarlo a riportare Ikki alla sesta casa. Non sapevo se ero in grado di rifare quella strada, di correre per quei cunicoli di buio e gelo per poi arrivare da loro. Ma dovevo provare. Espansi il mio cosmo e lo feci scorrere fino nelle segrete del mio cuore. Lì trovai la via d'accesso, ma fui respinto. Non potevo entrare, non m'era concesso… Non mi diedi per vinto e riprovai. In fondo, ancora più giù: l'entrata al mondo al di là delle stelle. Rimasi sull'uscio, le forze che mi respingevano erano tali da non farmi muovere. Ma ero pronto questa volta, perciò non mi feci cacciare, cercai d'infiltrarmi, d'illuminare quel luogo e passare… Fui nuovamente trattenuto, non riuscivo ad entrare, come avrei potuto salvarli? Un polvere d'oro mi toccò, in quell'istante. Non capii subito chi o cosa fosse, ma poi riconobbi in lui un amico. In quel mondo buio, dove l'aura di un cavaliere viene spenta e dove non è concesso alle stelle di brillare, quel tocco mi scaldò il cuore. Era umile, felice di trovarmi lì, estremamente debole, ma vivo. Il cosmo di Shaka sembrò sorridere ed accarezzarmi la mano, poi lo sentii di nuovo allontanarsi, ma non lasciò spegnersi quella polvere d'oro che m'aveva raggiunto. Io rimasi lì, col mio cosmo brillante come mai, non più ad aspettare, ma ad indicare la strada del ritorno ad un amico. Sentivo venti gelidi spirare da quell'imboccatura, ma in lontananza c'era un sospiro di vita che si legava ad un altro e lo portava qui, dov'ero io. Shaka ritornò, con, fra le braccia, lo spirito di Milo e ci fu un'esplosione di luce alla sesta casa. Il cielo d'Atene s'illuminò a giorno. Erano di nuovo qui, erano di nuovo da me. Li sentivo al di là di quella porta. Sfinito ma felice, sorrisi e tornai alla prima casa con una sensazione, ormai dimenticata, di sollievo.

MILO Fu come un'esplosione, fui travolto da un mare in piena e persi di vista tutto e tutti, sentii dolore, disprezzo, sentii ansia e tristezza… Non capivo di chi fossero quei sentimenti perché ormai noi tre eravamo un tutt'uno. Sentivo la solitudine nascosta dietro la luce, la paura di non essere compresi, sentivo il timore di perdere ciò che più si ama ma il disprezzo per la propria persona, sentivo l'impotenza e la malinconia di avere perso una persona cara… Chi stava provando tutto ciò? Non riuscivo a capirlo…ero io ed erano gli altri lì con me… E ora… chi poteva indicarmi ora la via del ritorno? C'era salvezza per Lilian? Avevo investito Shaka di tutto me stesso e ora non lo trovavo più… Era buio, non riuscivo a sentire niente né a vedere, ero forse morto? Dov'ero? Era stata colpa mia… Cercai di allungare la mano per vedere se vicino a me c'era qualcuno, ma ogni movimento m'era impedito. M'ero sentito così libero quando avevo lasciato indietro il mio corpo ed ora mi sentivo in gabbia. Ero pesante, immobile e solo… Non sentivo più forza e l'aura d'oro che prima mi avvolgeva era persa. Pensai a Lilian, a come aveva dovuto condurre la propria vita e a come l'aveva dovuta terminare. Alla sua anima che non aveva pace neanche da morta perché io l'avevo tirata fuori da un luogo sicuro semplicemente per mera curiosità. Che cosa avevo fatto? Ora l'avevo persa per sempre, non sapendo dove fosse e dove fossi io, avremmo vagato per sempre in quell'oscurità, ma in direzioni opposte. Lontani. Il flusso della notte dove ci avrebbe portato? Neanche in Ade le avevo concesso di essere serena, una vita distrutta da un destino ingiusto e un'anima spezzata da un fratello ingordo di sapere perché. Che cosa avevo fatto? E Shaka, che aveva cercato in tutti i modi di mantenere integro quel posto, che aveva fatto tutto quanto per me e che ora avevo perso. Non avevo paura del luogo in cui mi trovavo, non avevo paura al pensiero che quello stato di cose poteva essere eterno, ero disperato al pensiero che quel mondo potesse avere avvolto il mio Shaka ed avermelo strappato, che la sua luce si fosse spenta per causa mia. Avrei pianto se ne avessi avuto la possibilità, ma neanche l'unica consolazione della disperazione m'era concessa. Forse era la mia punizione per essere stato causa di tutto? Avrei dovuto controllarmi, avevo percepito tranquillità nell'anima di Lilian, ora quindi stava bene, perché ho dovuto reagire così? Ho spezzato tutto ciò che avevo…e tutto ciò a causa della mia collera… Lilian…Shaka, perdonatemi, potessi fare ora qualcosa…mi fosse solo concessa la possibilità di ripristinare la vostra luce e la vostra anima, lo farei. Non ho interesse per me, non avrei mai dovuto … Ripensai all'ultimo momento in cui li avevo visti, vidi lo sguardo di Shaka quando capì quello che era successo ed intuì la mia reazione, vidi il dolore sul suo spirito per essersi fatto carico di tutte le sofferenze di Lilian per lenire le mie ferite. Vidi il suo animo, incredibilmente fragile e luminoso, venato di solitudine e offuscato da lacrime versate troppe volte, da solo. Mi ricordai dell'aura di Shaka che piano piano s'infiltrava nell'animo di Lilian per permetterle di poter parlar con me e per mantenere integro quel luogo di buio. Ascoltai la melodia del suo cuore di uomo e dei frammenti che alla fine ne rimanevano. E allora capii. Capii quello che aveva fatto per me, quello che aveva sopportato per lenire il mio dolore e quello di Lilian, quello che provava in un mondo di luce in cui la malinconia è sovrana… Cosa rimaneva ormai di me? Niente, più niente se non la consapevolezza di aver sgretolato l'anima dell'uomo che più amavo, la consapevolezza di non avere avuto il tempo di curargli le ferite e di fargli sentire che la sua vita è la cosa più importante per me…Che il suo sorriso è l'unica cosa per cui valga la pena esistere… Sapevo di avere spezzato qualunque tentativo di volo di un cuore fragile ma avvolto di una luce così accecante che m'aveva per troppo tempo reso cieco. Fluttuai. Ondeggiavo in quella distesa nera senza capire cosa e dove fossi. Se solo avessi potuto, avrei smesso di pensare, ma pareva l'unica cosa che mi rendesse ancora vivo. Forse non ero morto, forse non lo era neanche Shaka, ma come potevo fare per tornare alla sesta casa e riportarci Shaka? Come potevo assicurare a Lilian una dimora fra i giardini di Ade? Lilian, la mia sorellina, cosa mai le era successo… al pensiero di quelle immagini mi venne da gridare. Se avessi avuto voce, l'avrei fatto. Una sensazione di totale impotenza nei confronti del passato e di questo presente, ecco l'unica cosa che ero. Chiusi gli occhi e cercai di dimenticare me stesso.

Non so dopo quanto, ma un flebile bagliore bianco e dorato mi raggiunsero. Era un tocco amico che non riconobbi, chi poteva essere? Quella luce mi sfiorò, debole e stanca, mi avvolse. Allora sentii Lilian toccarmi, lessi in lei tutta la sua felicità per avermi ritrovato, il senso di sollievo che provava per me. Vidi anche oltre questo velo, vidi la liberazione del suo animo e quella serenità che sembrava esserle stata negata, in realtà ritrovata nei campi di Ade. La gioia di essersi ricongiunta ai nostri genitori e di aver trovato un posto sicuro dove stare. Allora respirai e sorrisi. Forse, l'idea di morte che hanno i vivi è dovuta alla paura di ciò che non si conosce perché ora, la mia Lilian stava bene. Ed è ciò che ero venuto a vedere…Non aveva bisogno di me e io sapevo che m'avrebbe aspettato, lì, bella come mai, bella come sempre. E quando sarebbe stato il mio turno, allora sarebbe accorsa da me, indicandomi la strada più semplice per raggiungerla e vivere con lei in quel mondo di pace. Poi la luce bianca scomparve e rimase solo quella dorata, mi prese, esausta, e mi trascinò via di lì. Non opposi alcuna resistenza, sapevo che quello non era il mio posto e che sarei dovuto tornare a casa. Salutai Lilian per sempre, ma, in realtà, ora sapevo che era un arrivederci.

Un profondo dolore sembrò lacerarmi il petto. Aprii gli occhi e mi ritrovai alla sesta casa, di fronte a Shaka. La sua camera ancora avvolta della sua aura, ma questa non era più forte come l'avevo sentita prima. Sembrava pallida e sottile, sul punto di rompersi. Guardai Shaka e vidi il suo viso ricoperto di lacrime, delle mie lacrime, di quelle di Lilian e delle sue: se n'era fatto carico ed ora queste inondavano il suo volto. Il suo cosmo si affievolì ulteriormente e poi, quasi, scomparve. Shaka s'accasciò su di me, sfinito. Lo abbracciai, felice di poter rivedere quell'uomo e di averlo fra le mie braccia, grato per quello che aveva fatto per me e per Lilian. Gli passai una mano fra i capelli "Ti amo" dissi, ma non credo che sentì.

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Capitolo 3
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3 ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

SAGA

Il sole stava ormai calando su quell'immensa città, tingeva tutti i tetti di un arancione così forte da accecare. Più e più volte avevo tentato di catturare quel colore sulla mia tela, invano. Earin, il mio maestro, inoltre, non approvava questa mia inclinazione pittorica. Non che ne fosse completamente contrario, tuttavia vedevo nei suoi occhi il fastidio di vedermi dipingere, invece che a fare i miei esercizi. Se poi, come a volte capitava, mi scopriva disegnare durante le ore dell'addestramento, mi picchiava e mi faceva continuare ad allenare fino a notte fonda, quando cadevo stremato per terra. Ma io non potevo rinunciare ai miei colori. Era una passione che fin da piccolo avevo cullato, mi ricordo i pastelli che la mamma mi regalava e che venivano puntualmente spezzati da mio fratello. Non era certo una persona incline all'arte lui, tuttavia a volte lo vedevo osservare i miei quadri con un tale interesse, da farmi una tenerezza ed un piacere profondo. Ovviamente stava ben attendo a non farsi scoprire da me, ma io ero ben più furbo di lui. E quest'arancione mi stava riempiendo il cuore. Quando i nostri genitori erano morti, Earin ci aveva preso sotto la sua custodia e aveva iniziato ad addestrarci. Sosteneva che saremmo dovuti diventare cavalieri. Al tempo ero troppo scosso per la perdita di mia madre e di mio padre per pensare cosa volessero dire veramente quelle parole. Non avevo grossi interessi per l'investitura, ma piano piano avevo iniziato ad apprezzare quella vita perché, se non altro, mi permetteva di non pensare al massacro della mia famiglia. Era successo tutto cinque anni prima, quando io avevo solo sette anni, non so perché, al tempo non capii e nessuno mi spiegò cosa o chi avesse spinto mio padre a fare ciò che fece. Kanon, mio fratello, era andato nel bosco a raccogliere della legna, io e la mamma eravamo soli in casa. Me la ricordo ancora, così bella, vestita di rosa, mi stava raccontando di eroi vissuti nei tempi passati. Eravamo vicino al fuoco, io sulle sue ginocchia e lei con quel viso così rilassato e rassicurante, che hanno tutte le madri. Ricordo… E non posso fare a meno di stare male…Perché? Mi accarezzava i capelli e descriveva, con minuzie di particolari, tutto quello che era successo a Troia, durante la guerra. Io ero piccolo, perciò, nonostante fossi coinvolto dal racconto, non riuscii a non interromperla per via della sete. Se solo fossi rimasto lì a proteggerla…se solo… Andai di là a prendere un bicchiere d'acqua e sentii mia madre gridare: "Perché?" Mi agitai tantissimo, la sua voce era un urlo straziante "Perché mi fai questo?" e poi fu il silenzio. Aprii la porta del salone dove l'avevo lasciata e vidi mio padre trafiggersi con una pugnale e mia madre di fianco a lui. Un lago di sangue. "Mamma…Papà…" Mi avvicinai a quei due corpi ormai privi di vita e camminai nel sangue, non capendo che potesse essere il loro, non capendo… So che caddi lì in mezzo, il mio cuore sembrò fermarsi. Non so se sia stato mio padre ad uccidere mia madre, ma soprattutto non so perché. So solo che in quel bagno di sangue avevo completamente perso la facoltà di respiro, solo un flebile rantolo usciva dalla mia gola di bambino. La storia di Troia non poteva avere fine, non poteva essere raccontata da nessuno perché nessuno sapeva parlare e narrare come mia madre. Era morta e volevo morire anch'io. Kanon, se non ci fosse stato lui sarei rimasto lì per sempre, ma la sua manina venne a scuotermi. Aveva gli occhi pieni di lacrime e il viso bianco come un cencio "Cos'è successo" Mi tirai su, pieno di sangue, non capivo niente, non volevo capire niente e lo guardai. Mi ritenevo il più grande, anche se in realtà avevo solo poche ore più di mio fratello gemello. Volevo portarlo via di lì, volevo proteggerlo da quella visione, ma vomitai. Mi sentivo spezzato, avevo il cuore che non batteva più in petto e non ero sufficientemente grande e forte per superare quel momento e aiutare Kanon. Poi entrò in casa Earin, ci sollevò di peso entrambi e ci portò via. Rimasi in uno stato catatonico per diverso tempo, non so per quanto, ma dopo un po' mi svegliai di fianco a mio fratello. E da lì iniziò una nuova vita.

E l'arancione di quella sera mi ricordava i capelli fulvi della mamma. Ormai sapevo che non potevo abbandonarmi a tristi ricordi, non potevo pensare a lei, perché dovevo diventare cavaliere dei Gemelli prima di tutto. Ma come non pensarci quando il fuoco in cielo ne sta parlando? Sospirai, sette lunghi anni erano passati di cui tre di addestramento, ma ancora non riuscivo a dimenticarla. Chissà perché… "Stai pensando alla mamma, vero?" Kanon mi spaventò, non l'avevo sentito avvicinarsi e non m'aspettavo di trovarlo lì ad osservare il tramonto "Ti sembra una cosa da deboli? Il sole me l'ha ricordata" "Atene ci farà da casa, ormai, dovrai abituarti a questo colore" Non disse nient'altro e se ne andò. Aveva ragione, dovevo abituarmi, ma come potevo? Sentivo ancora la nostalgia di quelle sere passate ad ascoltarla… Kanon, dal canto suo, non si lasciava andare a questi sentimentalismi, il suo animo non era animo di pittore, non poteva capire come un colore ti segna lo spirito e te lo permea. Non poteva capire come le sfumature del cielo possono meglio esprimere qualunque stagione del proprio cuore piuttosto che una sterile parola. Solo i versi dei poeti potevano essere equiparati ai colori, ma Kanon non era certo un poeta. Però, spesso, lo sentivo piangere nel suo letto, a notte fonda. Non gli ho mai chiesto perché lo facesse, né so se in quei momenti sognasse oppure fosse sveglio. Piangeva però, piangeva le lacrime che non abbiamo mai potuto versare in presenza di Earin, piangeva la disperazione che non abbiamo mai potuto sedare… Se dovessi dipingere il nostro stato d'animo, in quelle notti, colorerei la tela con tutte le sfumature del blu, fino a giungere al nero. Essendo gemelli, io e lui, avevamo uno strano legame, una strana sorta di sintonia. Le sue lacrime erano anche le mie, non importa chi le stesse versando in quel momento, importa solo che uno di noi stesse piangendo. Capivamo perfettamente gli stati d'animo dell'altro, li provavamo nel medesimo momento… Sembrava fossimo noi gli unici a capirci, nonostante fossimo, in realtà, molto diversi.

Atene, capitale e centro della Grecia, luogo dove tutti i cavalieri fanno riferimento, ci stava prendendo fra le sue braccia, lì avremmo dovuto compiere e concludere il nostro addestramento.

*KANON

Da poco eravamo arrivati in quella città e già il duro allenamento di Earin era ripreso. All'inizio pensavo che ci dovessimo allenare al Grande Tempio, poi in realtà ho scoperto che saremmo rimasti nei pressi di Atene, ma che non avremmo mai varcato la soglia della città. Chissà perché…. Quando m'era stato detto che dovevamo trasferirci ad Atene, ero felice perché ero curioso di vedere come fosse questo luogo di cui avevo a lungo sentito parlare. Ora invece, non solo avevo scoperto che non potevamo entrare in città, ma per qualche motivo che non conoscevo, io e Saga non potevamo dire di essere gli allievi di Earin e di ambire all'armatura di Gemini. Sembrava tutto essere un gran segreto, ma non m'interessava più di tanto, non mi curavo di queste cose. Passavo con mio fratello la maggior parte del tempo. Avevo notato che il suo animo si stava incupendo, i colori che utilizzava per i suoi quadri, infatti, erano solo colori scuri, i contrasti molti… e sembrava che più tentasse di uscire da quello stato d'animo, più le sue tele lo legavano a quella tristezza. Non sapevo cosa fare, ma anche perché non avevo risposte a questa malinconia che condividevamo. C'era qualcosa in Atene, nella sua aria, nei misteri sull'armatura, che si stava infiltrando nelle nostre menti e le stava soggiogando. Ero ben consapevole che al di sopra di noi ci fosse un destino ineluttabile. Avrei voluto aiutare Saga a tirar fuori colori più brillanti, ma non potevo addentrarmi in un campo che non era il mio: l'unica cosa che potevamo fare per sfogarci era prenderci a pugni. In realtà, l'affetto che ci legava era troppo profondo per pensare di poterci fare del male, tuttavia il rotolarci sull'erba, il ripetere fino alla nausea gli esercizi di Earin, ci dava modo di non pensare. Ma non c'eravamo ancora mai chiesti come potevamo noi, due fratelli, ambire ad un'unica armatura. Non c'eravamo mai chiesti come mai non potessimo vedere gli altri ragazzi al santuario. Né c'eravamo mai chiesti cosa sarebbe successo se qualcosa o qualcuno fosse arrivato a spezzare l'equilibrio fra due fratelli in simbiosi, ma così diversi…

Aska entrò nelle nostre vite un anno dopo il nostro arrivo ad Atene. Si presentò alla porta con una boria che m'infastidì, sembrava essere padrona di casa. Entrò, infatti, senza chiedere niente e non si guardò neanche intorno. Fece come se io non fossi stato lì, vicino alla porta a guardarla con la bocca aperta. Chi era? Che cosa voleva? Si slacciò i capelli e buttò il nastro per terra, incurante di qualunque regola di educazione. Si sedette sul tavolo e solo lì si accorse di me che ancora non ero riuscito a proferire parola a causa della sorpresa. "Ciao" "Ciao, chi sei?" Mi gettò uno sguardo che non riuscii bene a capire: sufficienza o stupore? Tuttavia, quello sguardo le fece brillare gli iridi color dell'oro. Che strani occhi, non mi sembravano particolarmente belli, tuttavia avevano qualcosa di vispo ed intelligente che mi catturò subito. Non s'erano abbassati quando le avevo parlato, mi stava guardando fissa nelle pupille, quasi pretendesse risposte da me e non avessi io il diritto di richiederle. "Come chi sono, sono la figlia di Earin di Gemini" La figlia del maestro? Ora che la guardavo bene, poteva ricordarlo, più che nei lineamenti, soprattutto nell'espressione del viso, così regale, anche se aveva tutti i capelli scompigliati. Ma cosa ci faceva lì? E poi, Earin aveva una figlia? Non ne avevo mai sentito parlare, come mai questa ragazza era arrivata solo ora? Sporse leggermente il mento in avanti "Tu chi sei dei due?" Quest'espressione mi diede veramente fastidio. Dei due… Io non ero parte di un intero, io ero una persona, ero un'identità ben separata da mio fratello. Cosa voleva dire, dei due? M'accigliai "Kanon" risposi, volendo terminare qui il nostro dialogo e cercando di andarmene. Ma lei non me lo permise "Vieni un po' qui" mi disse, e mi guardò quasi volesse imprimersi il mio viso nella mente. Vedendola da vicino, potevo osservare le ramature di quell'iride dorato e seguire il giallo dissolversi nel castano che a sua volta si perdeva nel nero che delimitava con una linea spessa quella pozza colorata. Mi sembrò quasi di vedere un quadro di Saga, in cui i colori sono così intensi, ma allo stesso tempo così malinconici…Così forti, ma allo stesso tempo così interdipendenti… Quell'espressione accigliata e autoritaria dell'inizio, scomparve su quel viso di ragazza e comparve un sorriso aperto, dolce e gentile. Col naso leggermente arricciato e gli occhi brillanti mi tese la mano "Aska. Mi chiamo Aska, piacere di conoscerti Kanon, credo che diverremo ottimo amici io e te" Scomparve l'astio iniziale dalla mia mente, quel sorriso e quel gesto avevano avuto il potere di farmi sparire il cattivo umore dovuto alla sua entrata in casa maleducata. Tutto sfumato e fuggito. Sorrisi anch'io e le strinsi la mano. Le sue dita lunghe attorno alle mie… Quella ragazza era un paio d'anni più grande di me, ma scoprii in seguito che la sua forza e la sua volontà erano quelle di un adulto. Poco dopo, rientrarono in casa anche Saga ed Earin, il primo con una grossa ferita sul viso. Stava sanguinando, ma sembrava non essersi accorto di niente, di contro Earin era visibilmente alterato. Iniziai a sentire dolore anch'io alla fronte, un profondo sconforto ed una stretta al cuore. Erano sentimenti di Saga, ma ancora una volta si mischiavano coi miei. Gli occhi di mio fratello erano incredibilmente tristi, ma la mia comprensione era ben più profonda della semplice osservazione, il mio animo era così in sintonia col suo che capivo esattamente cosa era successo e il dolore che aveva provato Saga quel pomeriggio. Non notò Aska, non disse niente, andò a lavarsi il viso dal sangue e salì in camera. Feci per seguirlo, ma Earin mi fermò: "Stai fermo qui, tu! Inutile che corri da qualcuno che non sa badare a sé stesso…Prima impara e meglio è" Neanche lui pareva essersi accorto di Aska, se veramente era sua figlia, pensavo sarebbe stato felice di rivederla. E invece non la guardò neppure, non le fece neanche un sorriso. Si versò una coppa di vino e si buttò sulla poltrona. Silenzio. Dopo la loro entrata, uno strano silenzio s'impadronì di quelle mura e sembrò infiltrarsi nelle insenature del nostro animo. Era un silenzio irreale perché neanche i rumori che di solito provenivano dalla foresta, erano uditi. Solo il respiro di noi tre, io che non sapevo come impegnare il mio tempo, Earin con una coppa di vino in mano e Aska che leggeva. Nient'altro. Intanto io sentivo crescere il dolore al viso e l'umiliazione del mio animo… Volevo sapere che cos'era successo, ma non potevo muovermi. I minuti passavano, e poi un'ora, senza che nessuno si fosse mosso da dove si trovava, senza che il mio dolore al viso fosse scemato. Non potevo stare lì, salii quelle scale che mi separavano da Saga. Earin mi lanciò un'occhiata furibonda, ma io non ci badai, dovevo andare da mio fratello. Volevo per lo meno consolarlo, fargli sentire la mia vicinanza… Aprii la porta della stanza e ritrovai Saga come mai prima, per terra, col viso ancora sanguinante, in un mare di lacrime. Lui non era quello dei due che piangeva, lui era quello che si esprimeva coi colori, come mai ora era lì riverso su se stesso a versare lacrime?

ASKA

Era entrato col suo solito fare iroso e poco amichevole, m'aveva voluto lì e ora non mi degnava di uno sguardo. Perché? Non avevo intenzione d'abbassarmi a salutarlo. Il cavaliere dei Gemelli, mio padre, era da sempre la persona che più disprezzavo. Quei suoi capelli d'argento e quegli occhi sempre duri con me… Mai una parola gentile, mai niente. Che fossi una bambina indesiderata, che fossi stato un duro colpo per lui, non era ormai un segreto. Ma la mamma s'era sempre presa cura di me, non m'aveva mai fatto pesare d'essere figlia di un cavaliere di Grecia. M'aveva sempre amato e m'aveva sempre curato al pari di mio fratello…che non era figlio di Earin. Ma ora lei era morta, aveva chiuso quei suoi bellissimi occhi liquidi e azzurri e m'aveva detto addio. Quanto mi mancava… Che sciocca che ero stata ad illudermi che, una volta qui, Earin avrebbe potuto maturare un qualunque tipo d'affetto per me. M'aveva rivisto dopo anni in cui non s'era fatto vivo e cos'era successo? Niente, neanche uno sguardo, neanche un sorriso… Già un sorriso, quanto pagherei, ora per lo sguardo gentile di qualcuno… Kanon, il ragazzino che sta prendendo lezioni da mio padre, m'ha sollevato. Quando l'ho visto sulla porta mi sono spaventata. Magari anche lui non mi voleva, magari anche per lui ero di troppo. In realtà, poi, m'ha fatto quel sorriso così dolce e amichevole…Forse veramente potremo diventare amici, io e lui. E poi Saga. Poveretto, non lo invidio di certo. L'allenamento con Earin dev'essere, oltre che terribile da un punto di vista fisico, anche terribile da un punto di vista mentale. Il cavaliere dei gemelli è una persona che scopre le tue minime debolezze e su di esse fa leva… La stessa cosa che ha fatto con la mamma… Quel bambino, così simile nell'aspetto a Kanon, ha in realtà con un'aura così diversa. Non so cosa è che le differenzi, so solo che quei due bambini si amano alla follia, ma che hanno due destini opposti. Mi sembrano Castore e Polluce, così vicini, ma allo stesso tempo così lontani… E lui è lì, a bere il suo vino, a fissare fuori dalla finestra, la sua distesa d'alberi che pare parli al suo cuore più che le lacrime di quel bambino. Chissà cos'è successo, chissà perché Earin ha dovuto ridurre Saga così… E' da pochi minuti che sono qui, e già vorrei scappare, tornarmene nel Nord, dove il ghiaccio ricopre tutto, ma dove sono i cuori delle persone a riscaldare i focolari di ogni singola casa, dove Signora Neve impera sovrana, ma lei stessa accarezza le sue creature e se ne occupa… E invece sono qui ad Atene, con un padre che non mi ha mai voluto e a cui io non devo niente. Che mi tiene con sé per pietà, perché la mamma è morta… La mamma… A questo pensiero sentii una forte fitta al cuore. Non avrei mai più rivisto quegli occhi così chiari da parere di ghiaccio, ma la cui espressione è così calda da parere fuoco… Gli stessi occhi del mio fratellino. Strappato anche lui da nostra madre, ora è lontano. Mia unica consolazione sono le lettere che, di nascosto, gli potrò scrivere. Se Earin mi scoprisse, probabilmente mi ucciderebbe, ma a me non interessa. Voglio sapere come sta e raccontargli di me. Quando sarò abbastanza forte e grande, me ne andrò da qui e allora potrò ritornare da lui. Sono sicura che mi sta aspettando, sono sicura che non si dimenticherà di me. Un rantolo di Earin distolse la mia mente da mio fratello. Guardalo lì, ormai ubriaco, con le membra stanche per le troppe battaglie, incapace di mettersi da parte… Ti detesto. Hai fatto stare male la mamma e ora, tutto quello che sai fare è stare zitto di fronte a me? Guardati, hai la testa che ti penzola per il troppo alcol… non hai contegno, non hai limiti. L'alcol, per te ora, è l'unica fonte di svago. Non hai piacere in quello che fai, non trovi più piacere nel combattere…e allora perché continuo a chiamarti "Cavaliere d'Atena"? Scossi la testa, non avevo risposta… Ma mi venne in mente la risposta di mia madre, quando da piccola le avevo chiesto perché Earin ci avesse lasciato e il perché lei si fosse sposata, subito dopo, con qualcun altro.

"Io non amavo Earin, non so se sia possibile amare un uomo così, tuttavia ho visto il suo cuore…Attraverso i suoi occhi e ho scoperto quanto in realtà sia buono, ma soprattutto, quanto sia solo"

Solo. Quell'uomo che sembrava sempre padrone di sé, quand'ero piccola, che ora sembrava un tiranno nella sua corte, poteva provare sentimenti quale solitudine e tristezza?

SAGA

Mi svegliai la mattina dopo quella terribile sera. Era stata la notte delle stelle cadenti, e io non ne avevo vista neanche una. Non importa, ero riuscito a sopprimere quello che m'era stato detto da Earin, in fondo alla mia mente. Non volevo credere ad una sola parola di quello che avevo sentito. L'avevo aggredito, ma ero ancora troppo debole per pensare di offenderlo con le mie braccia. Ma sarebbe arrivato il giorno in cui avrei strappato quel sorrisino da quella bocca. Sarei diventato cavaliere dei Gemelli, allora, e avrei preso io il suo posto, avrei ripulito la terza casa da lui e l'avrei portata agli antichi fasti.

Pensai che l'unico modo per sfogarsi fosse allenarsi, allenarsi e ancora allenarsi senza tregua. Io e Kanon, a cui non avevo voluto dire niente di quello che avevo saputo da Earin, continuavamo senza sosta. Non so che cosa pensasse lui, non so a cosa avesse imputato il mio cambiamento. So solo che faticavo a tenergli nascosto tutto quanto, eppure non potevo permettermi che lui sapesse… Essere gemelli, per noi, voleva anche dire avere stesse sensazioni, pensieri e condividere le emozioni dell'altro. In questo caso però era diverso, lui non avrebbe dovuto sapere niente, mi sentivo in dovere di proteggerlo. Ero più grande di lui, non volevo che il suo animo soffrisse come il mio. Probabilmente questo mio continuo tentare di celargli i miei pensieri aveva delle falle da cui Kanon intravedeva che qualcosa non andasse. Ma non m'importava, bastava non capisse esattamente cosa. Poi, ultimante mio fratello sembrava avere maturato un particolare interesse per la figlia di Earin. Non so esattamente lei cosa facesse durante la giornata, so che era sempre immersa nei suoi pensieri e nei suoi libri, arrampicata su qualche albero. A volte l'avevo anche notata spiare i nostri allenamenti e cercare di riprodurli, da sola, di notte. Ma per il resto, non la conoscevo bene. Non parlava molto di sé, era molto gentile e dolce, ma aveva nei miei confronti una sorta di rispetto che non capivo. Cosa che non sembrava avere nei confronti di Kanon, con cui invece pareva un po' più aperta. E lui sicuramente apprezzava la compagnia di Aska. Lo vedevo illuminarsi quando la incontrava o quando rimanevamo svegli fino a tardi la sera, con lei. Non so se Kanon fosse innamorato di Aska, so solo che, per la prima volta, vedevo gli occhi di mio fratello colorarsi quando c'era lei. Un colore che avrei voluto imprimere sulla tela, come omaggio all'unica persona a cui ero legato su questa terra e alla ragazza che pareva renderlo felice. Era pomeriggio tardi, un giorno, stavo dipingendo la nuova veste dell'iride di Kanon, quando Aska mi si avvicinò. Non lo faceva mai, di sua spontanea volontà, perciò mi stupii. "Che bel quadro…" "Grazie, in realtà sto solo cercando di imprimere sulla tela dei colori" "Sono dei bellissimi colori" sorrise. I colori, l'unico modo che m'era stato concesso per esprimere quello che provavo. Sarei stato capace di tingere tele e tele di soli colori senza forma, semplicemente per comunicare al mondo quello che c'era dentro di me. Ma non potevo pretendere che il mondo capisse. "Earin m'ha mandato a dirti che sta partendo, s'assenterà per qualche giorno" "Veramente, e dove va?" Non potei nascondermi la felicità che quella notizia m'aveva arrecato. Un po' di giorni di libertà m'avrebbero di certo permesso di liberare la mia mente e di rilassarmi. "Ha detto che devo tornare a casa…Non m'ha voluto dire cosa doveva fare" "Ma tu non vai con lui? Se torna a casa, non dovrebbe essere anche casa tua?" Appena posta, quella domanda, mi fece sentire uno sciocco e il vedere gli occhi di Aska, accentuò questa mia sensazione. Mi sentii in colpa per essere stato così privo di tatto. "No…"disse lei con voce flebile" Quella non è casa mia e Earin non è mio padre, se per padre s'intende colui che, insieme alla mamma, ti cresce e si prende cura di te. Lui non è nessuno, m'ha concepito con mia madre, ma nient'altro" Non risposi. Non volevo essere indiscreto un'altra volta, non sapevo la loro storia, anche se era facilmente intuibile che ci fosse qualcosa che non andasse fra i due, anche solo per gli sguardi inespressivi e le parole prive d'affetto che si scambiavano "Io rimango qui, anzi, se potessi, io ritornerei a quella che veramente è casa mia" "Che è…?" "Nel Nord, dove ho lasciato mio fratello e dove riposa la mamma." E allora vidi il suo viso spegnersi e la sua bocca tentare di non mostrare quanto dolore provasse in quel momento "Smettiamola di parlare di cose tristi però" Disse lei, cercando di sorridere, ma con gli occhi intrisi di lacrime" Perché non ce ne andiamo ad Atene, quando Earin non c'è? Magari potremmo andare anche al Santuario" "Intendi entrare nella città?" L'idea m'allettava, ero lì da diverso tempo, ma non m'era mai stato concesso di vedere Atene, non so perché sia a me, sia a Kanon era sempre stato proibito andare in città. Quale occasione migliore per visitarla? "D'accordo" e sorrisi, ritornando a guardare la mia tela e a spandere su questa grosse pennellate di giallo.

KANON

L'idea di andare ad Atene piacque anche a me, era da troppo tempo che volevo visitarla, ma Earin s'era sempre rifiutato di accordarci il permesso. La particolarità di quest'atteggiamento non era solo quest'assurdo rifiuto, ma anche il fatto che ci avesse più volte fatto giurare di non dire che eravamo suoi allievi e, nel caso fossimo stati visti da qualche parte, negare di avere un gemello… Saga e Kanon non dovevano essere un ente separato, dovevano essere un'unica persona, perché? Non avevo ricevuto risposta, ma Earin ci aveva fatto promettere sul nostro onore di non rivelare mai niente né di lui né di noi…e l'onore di un cavaliere, o apprendista, non può essere macchiato.

Da quando avevo avuto la notizia che saremmo andati ad Atene, e magari anche al santuario, non stavo più nella pelle. Quella tristezza che spesso mi rapiva, la sera, e che mi permeava ogni singolo pensiero, sembrava svanita. Dissolta. Non so bene spiegare quello che stava succedendo. Sì, stavo andando ad Atene e questo mi elettrizzava, ma c'era ben altro che mi stava curando le ferite, c'era qualcos'altro che mi faceva sorridere: Aska. Ormai ne ero in totale balia, i suoi occhi dorati che s'incupivano quando vedevano Earin, che brillavano quando rientravamo io e Saga, dopo l'allenamento, quello sguardo così concentrato quando leggeva i suoi libri e quando scriveva, quando ci osservava allenarci e tentava di imparare… E poi la sua risata, la sua voce così dolce per me, il suo tocco così delicato ogni volta che, per caso, mi sfiorava… Avrei fatto qualunque cosa per farla felice, per proteggere quel cuore così forte ma al contempo così fragile, avrei dato tutto me stesso pur di vederla sorridere. Quei suoi capelli castani, così lunghi e morbidi… il solo pensiero di poter intrecciare le mie dita fra quei fili d'oro mi faceva sobbalzare il cuore, con quel loro profumo così intenso e speziato, parevano la cornice al più bello dei quadri. Non so se lei m'amasse o no, ma non c'era altra cosa che desiderassi. Era sempre stata molto gentile, sia con me sia con mio fratello, ma non avevo mai intuito se ci fosse qualcosa di più che semplice amicizia per me, nel suo cuore. Se solo m'avesse pensato e sognato la metà di quanto lo facessi io… E così mi trovavo a fissare il vuoto, con uno strano sorrisino sulle labbra, perso dietro queste fantasie d'amore eterno, di felicità con l'unica persona che aveva trovato la via d'accesso al mio cuore ed ora l'aveva conquistato e fatto proprio. Mi ritrovavo ad osservare quell'essere quando lei non mi notava, ad accarezzare con le mani del cuore il suo viso. Mi ritrovavo ad osservarla mentre dormiva e a ringraziare gli dei per avermi fatto conoscere l'essere più bello di questa terra e di averle permesso di abbandonarsi fra le braccia di Morfeo e di sognare le stelle.

Earin sarebbe partito domani e noi tre eravamo pronti ad andarcene ad Atene. Non ci saremmo fatti scoprire, avremmo impersonato la stessa persona, io e mio fratello, ma avremmo visto la città degli dei.

ASKA

Non vedevo l'ora che Earin partisse, volevo rimanere sola con i miei due cavalieri, volevo rimanere sola con i miei unici amici. Non so cos'avesse contro di loro il cavaliere dei gemelli, ma pareva che non mostrasse una goccia d'affetto o comunque di stima, per i due ragazzi che sembravano mettere il cuore in tutto quello che facevano. Era notte, ma non avevo sonno. Decisi allora di sgattaiolare fuori di casa e andare per i boschi, per rimanere un po' sola con me stessa. Adoravo arrampicarmi sui rami più alti e osservare il cielo, mi lasciavo cullare dalle onde del vento e osservavo la luce delle stelle. Il bosco era la mia casa, molto di più che le quattro mura in cui ora stavo, volevo diventare forte e essere in grado di andarmene via di lì e ritornamene a Nord…da mio fratello… Chissà come stava, chissà cosa stava facendo Ero sicura, però, che stesse bene, me lo sentivo. Saltavo da un ramo all'altro, guardavo la luna, mia sola compagna di quella notte solitaria e mi sentivo bene. Un rumore. C'era qualcuno, Earin? Se m'avesse trovato lì, si sarebbe arrabbiato a morte e, probabilmente m'avrebbe castigato…Obbligato magari ad andare con lui? No, assolutamente, non avrei sopportato quello sguardo di rimprovero che aveva sempre nei miei confronti, avrei voluto ucciderlo…ma come fare? Io, che ero nessuno, non potevo competere con la sua forza, con la forza di un cavaliere d'oro. Ma non potevo dimenticare le sue parole, il modo in cui aveva trattato me e il modo in cui, pensavo, avesse trattato la mamma. Lui era la causa della separazione fra me e mio fratello, lui era la causa delle notti insonni passate ad osservare il soffitto perché Morfeo non mi voleva fra le sue braccia. E ancora, delle sue urla mi si riempivano le orecchie quando pensavo alle sere passate a chiacchierare con Saga e Kanon, dei suo schiaffi mi bruciano le guance, quando scopriva che non stavo facendo il mio dovere…Quale dovere, poi? Io non sono certo fatta per dire sì, per rassettare la stanza a uomini che hanno altro da fare…Io ho altro da fare. Non ho certo intenzione di invecchiare succube degli eventi. Tornerò nel Nord, nella mia città e lì ricostruirò me stessa, insieme a mio fratello e magari anche insieme a… No, meglio non pensarci neanche! Non dovevo né volevo pensare a lui. Ancora dei rumori, chi era? Vidi un ombra e sentii dei passi….Poi uno sciame di capelli blu… Saga! Non poteva essere Kanon, distinguevo fin troppo bene i due fratelli, anche se a tutti parevano identici. Ma il profumo di Kanon era ben diverso da quello di Saga, il passo di quest'ultimo l'opposto del fratello. Scesi dall'albero su cui mi trovavo. "Cosa ci fai, qui, a quest'ora?" " E' la stessa cosa che potrei chiedere io a te" Vidi che in mano teneva dei colori ed una tela… "Sei venuto per dipingere?" "Voglio catturare la luna e metterla sulla tela, ma non ci riesco… E' il mio sogno, catturare l'argento e imprimerlo col pennello sul mio quadro" "Ma non ti ho mai visto farlo…" "Dipingo anche altro, sai che non riesco a trattenere la mia mano quando ho di fronte e nell'animo dei colori…Ma questo quadro è importantissimo per me. E' l'impronta di me stesso, ma non riesco a trasferirla sulla tela." Sorrisi, quanta passione metteva in quelle parole "E poi, cosa vorrai farci una volta che avrai catturato la Luna?" "A quel punto non sarà più mia…" Non capii quello che intendesse con quelle parole e corrugai le sopracciglia. Cosa c'era di più personale di un quadro a cui si stava dedicando anima e cuore? " Non fare quello sguardo" Sorrise " Non so ancora di chi sarà, so solo che quando sarò riuscito a catturare quei raggi d'argento, allora questo quadro non sarà più mio…Forse sarà di qualcuno a cui tengo così tanto da dare il Mio quadro…non lo so…" Lo fissai e guardai con attenzione quegl'occhi che sembravano amalgamarsi alla perfezione con il buio di quella sera, così cupi e così soli. Mi resi conto di stare pregando perché quel quadro potesse essere mio, quando fosse nato. Stavo sperando che il Suo quadro potesse essere per me… Saga… C'è spazio, per me, in quel quadro? Si mise a dipingere, ampie pennellate di blu e nero, ma non sembrava soddisfatto. Aveva disegnato le pendici di un monte con un fiore che spuntava e la luna che lo illuminava. Ma più il disegno prendeva forma, più il suo sguardo si faceva disgustato. Io rimanevo lì ad osservarlo, intento a ricercare dentro di sé quello che non riusciva a trasportare sulla tela. Non parlava, non guardava niente se non la luna e il quadro. Non esistevo, ero lì ad osservare il pittore, ma non ero un colore da cui attingere. Nessuna delle mie sfumature sembravano comparire sul suo pennello, non ero una tavolozza adatta? Non avevo la giusta intensità di blu? Solo ad un certo punto si girò verso di me, ormai stava albeggiando e il quadro era quasi completato. Bellissimo per me, ma io stessa sentivo che mancava qualcosa, era freddo e poco coinvolgente "Vedi, non ce la faccio, provo e riprovo, ma i risultati sono pessimi" "io lo trovo ben fatto" "Hai detto bene, è ben fatto, ma non è niente di più" Quel fiore sulla montagna stonava, troppo ingenuo per essere potuto sbocciare su quel dirupo. I suoi petali si sarebbero di certo spezzati alla prima folata di vento e sarebbe morto perché la montagna non avrebbe potuto nutrirlo. "Stai guardando il fiore…" "Sì… è incompreso, lassù, in cima a quel dirupo, è solo…" "Non dovrebbe stare lì, non doveva nascere lì e morirà. Ho disegnato un fiore destinato a morire" Prese il quadro e fece per buttarlo via, ma glielo impedii. "Non buttarlo, a me piace. Posso tenerlo?" "Tieni un fiore che sai destinato a morire?" "Sì… Sarà come fosse il mio fiore…" Non capii subito. Quel fiore così fuori posto e dissonante mi somigliava, ma io non lo sapevo ancora.

SAGA

Finalmente mattina. Finalmente Earin se n'era andato. Atene, la città degli dei, non avrebbe avuto più segreti, la sua gente, i suoi templi e il suo calore sarebbero stati finalmente parte di me. Alle porte della città, però, rimasi senza parole. Non avrei potuto immaginare questo splendore, non avrei mai potuto immaginare così tante persone e così tanta vita, tutta insieme. Sentii il mio cuore riempirsi di gioia, mi sentivo felice, avrei voluto ridere, andare in giro ed abbracciare tutti. Anche i miei due compagni di viaggio sembravano apprezzare quella visione, così diversa da tutto ciò a cui eravamo abituati… E Earin ci aveva sempre impedito di vedere e visitare qualcosa di così grandioso? Perché? Non lo sapevo e non lo sapeva nessun altro… Ma ora non m'interessava di Earin, volevo solo visitare Atene in ogni sua più piccola via, in ogni suo abitante. Tuttavia la mia attenzione fu attratta da qualcosa, costruzioni che neanche negli anfratti più nascosti della mia fantasia avrei potuto immaginare. Lontano, un po' offuscati dalla luminosità del sole, si ergevano diversi templi, l'uno di fila all'altro e in cima una costruzione degli dei, così ricca ed imponente da lasciare senza fiato. Osservavo quell'immenso insieme di curve, quasi seducenti nella loro armonia… "Cosa fissi?" Aska interruppe così il mio stupore Indicai il luogo dove vedevo quei templi, senza essere in grado di proferire parola. "Ma cosa c'è?" Ma come cosa c'è, non vedi le dimore di qualche dio? Volevo dirle, ma non dissi niente, le parole erano quasi congelate nella mia gola. "Le dodici case e..il grande Tempio…" disse infine Kanon. Questa sua frase dissipò il dubbio che stessi sognando. La forza che sentivo provenire da quelle mura era tale che avevo il timore che stessi avendo una visione. Niente di reale poteva essere così maestoso … quelle case sembravano abbracciare il cielo. "Io non vedo niente" Scosse la testa, Aska "Come no? Là in fondo…" Ma di nuovo, fece cenno di non vedere niente. "Avviciniamoci, magari allora lo vedrai…" "E' ben stana, questa cosa, io lo vedo benissimo" aggiunse Kanon. Anch'io lo vedevo benissimo, come mai lei no? Mi vennero in mente le parole del nostro maestro a proposito del Grande Tempio

"Solo i prescelti possono vedere la magnificenza di quelle mura, la gente comune non può nemmeno avvicinarsi…"

Non avevo badato a quelle parole, mi sembrava impossibile che delle costruzioni fossero invisibili… Invece Aska non vedeva niente, forse perché io e mio fratello stavamo per diventare cavalieri, o forse perché in noi c'era la forza di un cosmo… Non so. Decidemmo di andare tutti insieme alle dodici case, magari Aska avrebbe visto qualcosa, più da vicino… "Che strano, sembra di vedere le ombre in lontananza…Non so se è la suggestione delle vostre descrizioni, ma ora credo di vedere qualcosa" Ci eravamo avvicinati di molto, forse il santuario è protetto da uno schermo che impedisce agli estranei di avvicinarsi ai suoi confini, ma più vicini si va, più è possibile vederlo. Non so, ero felice, comunque, che anche Aska potesse vedere quelle mura che mi stavano togliendo il fiato. Arrivammo ai piedi di una lunghissima scalinata che sembrava entrare ed uscire da ogni singolo tempio ed arrivare in cima…Infinita. Interminabile, così maestosa, sembrava portare alla reggia degli dei. Ero incantato, da una semplice scala e dai templi che accompagnavano il suo corso. Il mio sguardo si fermò al terzo, sentii una forza nota, quasi familiare provenire da lì. La casa dei gemelli, la casa di Earin e del cloth per il quale stavo combattendo… "Cosa ci fate qui?" Una voce interruppe il fiume dei miei pensieri, pensai d'essere stato scoperto in un luogo proibito, ma vidi che la persona che aveva parlato, non era altro che un ragazzo della mia età. Il suo corpo, però, emanava un'energia portentosa. Era un insieme di calma, di forza e gentilezza ma allo stesso tempo di aggressività… Sembrava essere un bambino innocuo, invece i suoi occhi emanavano una luce di totale controllo della situazione. Una luce estremamente brillante. Non c'era cattiveria, anzi quegli occhi viola mi stavano scrutando con delicatezza. Era quasi un tocco, il suo sguardo, una carezza sulla mia anima. Non volevo che smettesse di guardarmi, non volevo che quel contatto visivo terminasse. Così piacevole… Ma poi mi ricordai che con me c'era Kanon e che non avremmo dovuto farci vedere insieme. Mi girai per vedere dove fosse, ma con me c'era solo Aska. Aveva fatto in tempo a nascondersi? Probabile, non si sarà lasciato stregare dal santuario e avrà avuto la prontezza di andarsene. "Allora, chi siete?" Quel ragazzo distolse lo sguardo da me…peccato. Non distolsi il mio, però, volevo ancora osservare quel sorriso e quel viso che prima m'avevano guardato così intensamente da parere mi scrutassero l'anima. Scossi la testa, non ero pronto a rispondere. Non sapevo cosa dire, che ero apprendista di Earin? Non potevo, che dire dunque? "Muu, dove sei?" Una voce chiamò quel ragazzino e mi trasse d'impiccio. "Sono qui, maestro Sion" "Vieni qua, poi potrai svagarti" Mi ridiede un'occhiata, ancora così intensa da lasciarmi senza parole "Ci vediamo dopo" E se ne andò. Chi era quel ragazzo? Dove stava andando? Perché se n'era andato e non era rimasto ancora un po' qui con me? L'avrei guardato e riguardato, avrei voluto parlare con lui e…avrei voluto dipingere quei suoi colori così intensi. Avrei cosparso la tela di toni così accesi ma calmi, di sfumature così cariche ma dolci che sarebbe venuto fuori il più bello dei quadri… Volevo rivedere quel ragazzo.

ASKA

E vidi, così, come se tutto fosse niente, sparire il mondo dagli occhi del mio Saga, perdere il contatto con Atene e riempirsi di quel ragazzino che ci aveva parlato. I suoi occhi verde cupo brillarono di luce riflessa e di luce propria che però traeva forza dal viola dell'iride di quel Muu… Sparirono le sue malinconie, sparirono i suoi pensieri, sparirono le stelle nere che di solito brillavano in quegl'occhi e si ricolmarono di stupore per il viso di quel ragazzo e di estasi per quello sguardo. Si riempirono di Muu… E io, se mai ero appartenuta a quegli occhi, sparii col resto. Dissolta in un attimo, persa nel niente di un soffio, guardavo la mia antica casa, che non s'era neanche accorta di non avermi più… Lo vidi chiaramente, l'alito di speranza che ancora nutrivo, si sciolse perché Muu aveva fatto evaporare qualunque cosa da quei bellissimi occhi. Saga era ancora lì, con la bocca aperta, a fissare il punto in cui era sparito Muu e a pregare che tornasse indietro. Sarei voluta sparire veramente.

KANON

Ero riuscito a nascondermi in tempo, Saga non aveva neanche sentito i passi di quel ragazzino, ma vidi perfettamente la scena… Vidi la mia Aska scolorire e guardare Saga con occhi con cui non aveva mai guardato me. Vidi ogni singola lacrima che avrebbe voluto versare, decolorare quelle labbra che di solito erano così rosse… Saga, era innamorata di Saga come mai avrebbe potuto esserlo di me. Quel pensiero mi trafisse il cuore, vidi ogni filo d'oro dei suoi capelli sollevarsi nel vento e cantare la disperazione inespressa di aver capito che quel ragazzino aveva preso il posto che avrebbe voluto lei. O no? Non capivo i sentimenti di Saga. Per la prima volta, mi resi conto di essere completamente staccato da mio fratello, di non capirlo, ma neanche di volerlo capire. Come poteva non essersi accorto di quale creatura gli stava vicino? E, soprattutto, perché lei s'era accorta di lui e non di me? Perché lui era migliore? Perché aveva sempre avuto il favore delle stelle e degli dei? E io? Cosa potevo fare io, che ero solo il fratello gemello di Saga? Aveva rubato al cosa più preziosa che avessi, il cuore di Aska, l'aveva rapito, l'aveva chiuso nelle segrete di un palazzo impenetrabile, ma poi ne aveva perso la chiave. Ed ora lei era lì, con le guance prive di colore e con le mani che tremavano di disperazione. Gli dei soli sanno quanto avrei voluto abbracciarla, riscaldarla fra le mie braccia e dirle che l'amavo. Sarebbe stato inutile. Lei voleva Saga, lui era la causa di quel pallore, lui era la causa del mio dolore. Si poteva forse competere con lui? M'aveva privato della linfa e non se ne curava, rimaneva a fissare il punto in cui era sparito quel bambino dall'iride viola. Sciocco, svegliati, girati e … Aska. Perché vuoi Saga?

SAGA

Se n'era andato, via perso dietro quelle mura, l'avrei mai più rivisto? Torna, per favore torna e riportami quella tavolozza che portavi sul tuo viso, cosicché io possa dipingerti… Torna a parlarmi, voglio sapere chi sei. Ma non tornò, non subito. Immobili, io e Aska non riuscimmo a dire niente per diverso tempo. Non stavo badando a lei, era come non ci fosse, non so quindi perché era lì e non faceva niente. Venne Kanon a distoglierci da quello stato. "Andiamocene" La sua voce s'era fatta incredibilmente dura, non capii perché. Non sentivo quello che stava provando mio fratello, non capivo il motivo di quell'astio e di quella tristezza. Mi girai verso Aska e vidi che anche lei aveva qualcosa di strano sul viso, ma scossi la testa. Poco importava, non riuscivo a pensare ad altro, ora, se non a quel ragazzino di poco prima. Non volevo andarmene, volevo aspettarlo lì. Sarebbe tornato…no? Lo speravo con tutto me stesso. "Io voglio rimanere!" Kanon mi toccò la mano e allora il contatto che prima m'era mancato, quell'attimo in cui eravamo stati due completi estranei, si dissolse e lessi, almeno in parte, quello che era successo in lui. Sentii il suo cuore spezzato, sentii quel fiume in piena di lacrime che non avrebbe mai versato, sentii la desolazione del suo animo che s'era ritrovato in frantumi e che sapeva non avrebbe mai trovato una cura… ma stranamente, nonostante intuii tutto ciò, non provai questi sentimenti, li assimilai solamente. Fu una sensazione strana, nuova se non altro. Le porte della mia anima erano chiuse ai sentimenti di Kanon, straboccavano dei miei, dello stato confusionale in cui m'aveva gettato Muu, dei colori che m'appartenevano più di qualunque altra cosa, ma non appartenevano a Kanon. E non percepii i suoi, non capii le sue sfumature. Qualcosa s'era spezzato.

ASKA

Lo sentii chiaramente, fu quasi palpabile, Castore e Polluce s'erano definitivamente separati, non lo sapevano ancora, ma ormai si stavano allontanando. Nel mito greco, il loro amore li aveva portati a superare le difficoltà poste dal fato e a riunirsi. Ora, questi nuovi gemelli, avevano scelto strade diverse. Non per loro volontà, ma si stavano lasciando, forse per non rincontrarsi mai più. E' stato solo un attimo, ma qui, di fronte alle scale del Grande tempio, il destino è cambiato.

Saga non voleva andarsene. Voleva rivedere Muu. Perché eravamo venuti ad Atene? Perché m'era venuta quell'idea? Se fossimo rimasti a casa, se avessimo seguito i consigli di Earin, tutto questo non sarebbe mai successo….Ma è anche vero che non si può prescindere dal proprio fato, è anche vero che quest'ultimo piega persino la volontà di Zeus, cos'avrei potuto fare, io, stupida ragazzina, contro una forza del genere? Però, nonostante sapessi che era inevitabile, perché stavo così male? Perché non riuscivo a pensare…Saga. Rimani con me, non andartene, diventerò un perfetto insieme di colori per le tue tele…Non lasciarmi. Volevo gridare…Ma non potevo, volevo picchiare mani e piedi per terra, parlare a Saga e dirgli che doveva stare con me, ma ero immobile. Dovevo tornarmene a casa, via da lì, dovevo andarmene da tutto e tutti. Volevo sparire. Iniziai ad allontanarmi, barcollavo nella direzione che m'avrebbe riportato al mio bosco, alle mie mura e che m'avrebbe nascosto. Kanon s'incamminò con me. Sentivo chiaramente lo sconforto e la tristezza nel suo cuore… Simili ai miei, anzi drammaticamente gli stessi. Sgranai gli occhi, possibile che Kanon si fosse accorto di tutto, possibile che avesse capito cos'era successo in quei pochi secondi? Possibile soprattutto, che Kanon m'amasse? Che strana che è, a volte, la vita. Si ama alla follia e non ci si rende conto di ciò che ci sta attorno, di quanto si è amati nell'ombra, semplicemente perché a noi non interessa dell'amore di qualcuno, ma vogliamo l'amore dell'unica persona che per noi ha un senso. Così io non m'era mai accorta di Kanon, troppo diverso da Saga per anche solo pensare di scambiarli per la stessa persona, la sua anima m'aveva sempre messo a mio agio, m'aveva sempre aiutata nei momenti peggiori, era sempre stato un ottimo amico per me. Ma nulla di più, perché i colori che percepivo in Saga erano completamente assenti in Kanon. Le tonalità di quest'ultimo non si amalgamavano con le mie, non sfumavano le une nelle altre…e io non me n'ero innamorata. Invece lui sì. E io non ero stata attenta e non farlo stare male, ma avevo espresso in maniera fin troppo chiara i miei sentimenti. L'unico che pareva non essersi accorto di nulla, era Saga. Ma anche il suo cuore era troppo impegnato a prendersi cura di se stesso, piuttosto che osservare il tumulto in quello degli altri. O forse, il suo non era egoismo, aveva visto in Muu la salvezza del suo animo, quel balsamo per lo spirito che nessuno sa dare, se non raramente, e ci si stava aggrappando. Era stato solo uno sguardo, il loro. Mai, però, avevo visto una tale intensità.

Il nostro passo fu interrotto. Qualcuno si parò davanti a noi, o meglio, davanti a Kanon. Era ancora lui, Muu. Perché, ancora, veniva da noi? Vattene, vattene! E' colpa tua se ora sono scomparsa dalla mente di Saga…vattene…via. Ma quegli occhi viola non riuscivano a tirarmi fuori tutta la cattiveria di cui avrei avuto bisogno per stare un po' meglio. Quello sguardo profondo e limpido riusciva a suscitare persino in me, calore. Non parlò, passò quegli occhi su di me prima, poi su Kanon. Pensava fosse Saga, credo. Lo guardò a lungo, senza dire una parola, poi però vidi che arricciò le sopracciglia e se ne andò. Mi ridiede un occhiata, triste e malinconica. Sembrava volesse quasi chiedermi scusa. Possibile che quel ragazzino m'avesse letto nel cuore? Vidi i suoi occhi lucidi, quasi fossero ricolmi di lacrime, quasi mi volessero spiegare che, sebbene Saga fosse stato sottratto da me, lui se ne sarebbe preso cura. Cosa dire a quegl'occhi? Così luminosi, ma di colpo cupi per aver capito d'essersi imposto dove già c'era qualcuno, per aver capito d'aver ferito una persona ma con la promessa che avrebbe cullato ed accarezzato quello spirito così solo… Possibile che, nell'arco di tempo di uno sguardo, avesse potuto comunicare tutto questo? Possibile che nell'arco di tempo di uno sguardo, lui avesse capito il mio cuore? Non lo so, forse non voleva dirmi niente, ma io lessi tutto questo e sorrisi. Mi venne spontaneo sorridere. Sarei morta, avrei voluto dissolvermi sulle labbra di Saga, eppure quel ragazzino aveva stillato tenerezza nel mio cuore e…sicurezza che qualcuno si sarebbe preso cura del mio Saga. E' strano come, a volte, l'amore porti a porre davanti a qualunque cosa, la persona amata e si è felici perché si sa che il suo spirito verrà cullato da qualcuno che non potrà mai fargli male. Che il suo sorriso verrà donato a qualcuno che capirà ogni minima sfaccettatura di quell'atto e saprà perdersi in quel gesto… E fu così per me, nella mia disperazione ci fu la certezza che il mio Saga avrebbe dipinto i suoi colori attingendo da un fiore che l'avrebbe cullato nel suo profumo.

SAGA

Rimasi lì seduto, mentre gli altri due se ne stavano andando. Non riuscivo, non volevo muovermi. Volevo vedere quel ragazzo, volevo…capirlo. Sarebbe tornato? L'avrei aspettato giorni, se fosse stato necessario, anni, pur di capire quello sguardo. Ma non fu necessario, dato che lo vidi in lontananza avvicinarsi. Presi ad agitarmi, che sciocco, non avevo pensato a cosa dirgli, al perché mi trovavo lì… avrei fatto al figura dell'idiota. Sicuramente. E non volevo apparirgli stupido. "sei ancora qui…ma ti ho visto andartene" Probabilmente doveva aver visto Kanon, nessuno ci riconosceva, ovvio che anche Muu ci avesse scambiato l'uno per l'altro. Tuttavia, mi rattristai. Volevo essere Saga per lui e non una confusione di due persone. Ma come poteva lui saperlo, quando non conosceva neanche il mio nome? Mi guardò, ancora, come prima. E ancora rimasi immobile, sbalordito da quello sguardo, incantato da quegli occhi …Non volevo che smettesse. Ma poi fece qualcosa che mi toccò ancora più nel profondo, qualcosa che mi scosse così tanto che il mio cuore perse un battito. Sorrise. E allora il suo viso s'illuminò, quegli occhi divennero così brillanti e incantevoli che rimasi senza fiato. "Tu non sei quello di prima… Sei un'altra persona, non posso sbagliarmi" Questa sua frase dissipò qualunque nebbia dal mio cuore e allora anch'io, finalmente, sorrisi. Da tanto non mi sentivo così bene, così felice perché aveva riconosciuto in Kanon una persona diversa da me. E perché Muu aveva sorriso per me. Mi si sedette vicino "Ti chiami Muu, non è vero?" "Sì, mi sto allenando per diventare Cavaliere dell'Ariete, col mio maestro…anche se ci troviamo qui in visita al Santuario" "Di solito non ti alleni qui?" "NO, nel Jamir, molto lontano…Però… Atene serba sempre delle sorprese" E arrossì. Di un rosso così trattenuto e dolce, che mi fece tenerezza. "E' la prima volta che vengo qui…" ma le parole mi morirono sulle labbra. Non riuscivo a dire niente, che sciocco! Dovevo parlare, dovevo dire qualcosa, ma non potevo, la magia di quel ragazzo aveva legato la mia lingua e l'aveva resa immobile, solo quel viso aveva senso.

La notte scese, ci sdraiammo sul prato a guardare le stelle…Ormai non avevo più paura di niente, anche le parole uscivano senza più alcun timore. La sua voce era un canto per le mie orecchie, ma ancora di più, la sua risata era l'argento della luna che avevo, per così tanto tempo, voluto dipingere. E allora seppi che quel quadro sarebbe stato suo, che i raggi della luna sarebbero stati la sua risata e che la mia anima era il mio dono per lui.

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Capitolo 4
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3a ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

Shape of my heart by Sting

SHAPE OF MY HEART ( Forma del mio cuore)

Song-fic. Riflessioni di Earin riguardo l'impossibilità di vincere il Fato.

He deals the cards as a meditation (Pondera le carte che tratta) And those he plays never suspect (e quelli che giocano con lui, non sospettano niente)

Quello che avevo temuto s'è avverato, quello che con tutto me stesso ho cercato di impedire, è ora davanti ai miei occhi. Perché, Destino, ti sei accanito in questa maniera, contro due gemelli la cui unica colpa è essere troppo diversi? E' lui che gioca con le nostre vite senza alcun rispetto per i sentimenti e i desideri di noi umani. Lui che piega la volontà del divino Zeus, ha deciso per voi, miei cari ragazzi, la strada più difficile. Oscura, tortuosa, ma soprattutto, solitaria. Non vi è concesso avvicinare niente al vostro cuore perché sarebbe distrutto, tutto ciò che toccherete, sfiorirà… e io ho tentato di impedirlo, ho tentato di oppormi al Fato, ma ho perso. Ora giaccio qui, incompreso da voi e odiato dalla mia unica figlia perché Lui non m'ha permesso di cambiare il corso della vostra vita.

He doesn't play for the money he wins (Non gioca per il denaro che vince) He doesn't play for respect.( Non gioca per il rispetto)

E quale rispetto, se non guarda in faccia niente e nessuno e semplicemente, dispiega su di noi i suoi voleri e ci uccide? Saga e Kanon, per quanto tempo vi siete scambiati amore e sostegno, ma ora tutto questo è finito perché la crepa che s'è creata fra voi è ormai troppo profonda per essere colmata. L'infido Destino ha utilizzato l'amore di una donna, ma non si sarebbe arreso di fronte a nulla…E così per amore di una donna, ora vi separerete da voi stessi e dal mondo che vi circonda. Vi allontanerete e vi trasformerete in pedine che saranno mosse su di una scacchiera troppo grande per essere controllata da uno sciocco essere umano come me… E io che pensavo… Ho giocato con Lui e ho perso

He deals the cards to find the answer (Tratta le carte per trovare una risposta) The sacred geometry of chance (la sacra geometria della probabilità) The hidden law of the probable outcome…(La celata legge del possible risultato)

L'abile giocatore ha saputo aspettare, illudermi d'avere vinto, per poi strapparmi le mie speranze di fronte agli occhi. Come uno dei tuoi bellissimi quadri, mio Saga.Un perfetto dipinto, sul quale viene versato infine, una colata di grigio, che opacizza e copre i colori brillanti che avevi cercato di imprimere sulla tua vita. E tu lo stesso, mio Kanon, troppo hai sofferto…Non sei in grado di combattere quell'ombra oscura che s'è già insinuata nel tuo cuore e che già divampa a causa della perdita dell'unica persona che avrebbe, col solo sorriso, cancellato questo disegno maledetto. Ma il Fato sapeva fin troppo bene come muovere le sue carte, entrato in guerra con degli sciocchi umani che hanno tentato di contrastarlo, ci ha battuti

I know that the spades are swords of a soldier (So che le spade sono lame di soldato) I know that the clubs are weapon of war (So che I bastoni sono armi di guerra) I know that diamonds mean money for this art… (So che i denari significano soldi in quest'arte)…

Forse avrei potuto parlarne, forse avrei dovuto confidarvi ciò che sapevo del vostro futuro, ma avevo paura. Paura che il rivelare ciò che in segreto m'era stato sussurrato dalle stelle, avrebbe aiutato la mano di Colui che stavo combattendo. Ho preferito farmi odiare da voi, ho preferito mentire alla mia Aska pur di avere qualche speranza di vittoria…Ma ho perso, ma cosa che ancora più mi affligge è che voi siete e sarete, per sempre, soli. Nessun affetto potrà mai sfiorare il vostro cuore, perché sapete che chiunque trovi la via d'ingresso della vostra anima, è obbligato a non uscire mai più. E così la vita della mia Aska è segnata, la vostra vita…e la mia. Avrei magari potuto salvarmi, ma non sono un codardo

This is not the shape of my heart. (questa non è la forma del mio cuore)

Non importa vivere in un mondo in cui so che non vi concederà un sorriso, in un mondo in cui sta svanendo la vostra felicità. Fato, perché?

He may play the jack of diamonds (Potrebbe giocare il fante di denari) He may play the queen of spades (Potrebbe giocare il cavallo di spade) He may conceal a king in his hand ( ma celare un re fra le sue mani)

E noi non lo sapremo mai…ecco perché siamo destinati a perdere, ecco perché niente ha più senso, quando sua Maestà decide, noi dobbiamo ubbidire. Dobbiamo piegare la testa e assecondare i suoi desideri, perché non possiamo nulla, nemmeno il vostro amore ha potuto niente…Nemmeno il mio… Questo segreto, quest'affetto incondizionato per voi che ho sempre dovuto nascondere per paura di essere solo l'ennesima pedina in mano al destino…

If I told you that I loved you (Se vi avessi d'amarvi) You'd maybe think there's something wrong (Potreste pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato) I'm not a man of too many faces (Non sono un uomo dalle molte facce) The mask I wear is one (La maschera che indosso è una)

Dura, gelida quasi, nei vostri confronti… Saprete mai perdonarmi? Saprete mai leggere nei miei occhi quanto vi abbia amato e considerato alla stregua di miei figli? E tu Aska, potrai mai capire che l'amore di padre che hai sempre cercato, era in realtà inaccessibile anche per me? Potrai mai ascoltare il sussurro di questi miei pensieri? Forse no… lo saprà il vento a cui ho più volte gridato la mia disperazione, lo sapranno i fiori che troppe volte m'hanno ricordato il tuo sorriso… Chiunque mi stia ascoltando ora, per favore, si prenda cura di lei perché presto io non potrò più, la protegga e la salvi… Anche se so che sarà tutto inutile.

I miei tre fiori saranno recisi e appassiranno, e così chiunque tenti di impedirlo…

E io sarò il primo.

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Capitolo 5
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 3b ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

Io sono Prigioniera

Dai pensieri di Aska, dopo la giornata ad Atene Canzone: Sigla iniziale della versione Italiana di "Record of Loddoss War"

Ormai è notte fonda e tutti dormono, la foresta coi suoi alberi, i prati e i loro fiori, gli animali e i loro cuccioli, il cielo e la sua luna… L'occhio della notte, questa sera, è così chiaro e candido che sembra voler accarezzare ogni curva di questa terra, il solo occhio della signora che impone su di noi il suo manto scuro e ci abbraccia non lasciandoci la possibilità di essere illuminati dal sole e dai suoi colori… I colori…che sciocca a pensare che potessi esserne uno… L'illusione che ci fosse del posto per me, la rabbia di sapersi defraudati del tesoro più prezioso, la solitudine di una notte che non può essere vissuta da soli, ma che in realtà non ha compagni di viaggio, tutto questo è ancora vivo sulla mia pelle… Solo il pallore dello sguardo vitreo della notte, agitato dal soffio di un vento che non potrà cancellare niente di quello che è stato e che non riporterà Saga da me.

Chiaro di luna L'ansito del vento agiterà La luna pallida dei pensieri miei.

Non capisco, non riesco a comprendere questi raggi d'argento che bagnano il mio viso: così dolci perché simbolo della tua anima o così gelidi perché privi di colore e quindi di te? Come possono essere il simbolo di ciò che sei e allo stesso tempo esserti così distanti? Il tuo essere sembra essere dominato dal contrasto di questa luna, questa sera… Vorrei solo abbracciarti, stringerti a me e farti sentire sicuro che ciò che sei è la linfa della mia anima. Senza te io muoio, mi spengo nella luce di Selene e sparisco… Torna…

Tutto il bosco sembra chiedertelo, non senti il soffio del vento accompagnare i miei pensieri? Non senti i fiori intonare il canto dei tuoi sguardi e sussurrarti di non andare via? Impregnano di loro l'aria, permeano i tuoi capelli con la loro fragranza e ti fanno proprio, legandoti a questa terra e alle sue trame d'oro.

Eterno profumo della patria che ti generò,

questa patria che così calorosamente m'ha accolto e che ora mi tiene schiava, legata da catene invisibili che m'impediscono di tornare a casa mia, fra i ghiacci del Nord e le danze della neve

sentore di nostalgia io sono prigioniera

Di te, di questa terra e di questa tua luna che non m'ascolta, ma che sussurra il tuo nome alle mie orecchie. Saga, l'unico uomo che potessi amare, l'unica persona che significasse qualcosa…hai scelto qualcun altro, ti sei lasciato vincere e te ne sei andato…felice, lontano da me.

strappata dalla realtà lontana dalla luce che inghiottirà il mio cuore Io sono prigioniera… I sogni non mi parlan più

Inutile illudersi, inutile sperare che la realtà muti, perché sappiamo bene che non sarà mai più così, non è vero, mia amica luna? Sognare non ha senso, non ha senso credere in qualcosa che s'è visto sparire, non ha senso aspettare Saga, lui non tornerà, lui non verrà qui da me… Posso solo sdraiarmi e guardare il cielo, guardare le stelle e cercare lassù un motivo per non piangere e non sentirmi sola, per non piangere e abbandonarmi alla terra, per non piangere anche senza di te, Saga.

Soltanto il mio respiro può volare via lontano da qua

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Capitolo 6
*** Libro primo (Dove Dormono le Stelle) - capitolo 4 ***


Blue Silence

Autore: Belial*Mime

SAGA

Atene, il Grande Tempio, avevamo ormai lasciato tutto alle nostre spalle da diversi giorni. E Muu con loro. Avevo, di quell'incontro, un vago ricordo, quasi fosse circondato da una spessa coltre di nebbia, quasi avessi sognato tutto quanto. La realtà mi sembrava così diversa da quella vissuta quel giorno? Che avessi veramente creato questi ricordi per sfuggirci appena ne avevo la minima occasione? Non poteva essere, perché quel ricordo di occhi viola era troppo nitido, troppo profondo per essere stato creato dalla mia immaginazione. La sensazione di perfezione che m'aveva colto quando io e Muu avevamo parlato guardando le stelle, non poteva essere un inganno della mia mente. Il giorno perfetto. Non pensavo potesse esistere. E non pensavo potesse esistere un luogo e una persona che mi facessero sentire felice, sicuro e che alleviassero le frange dei troppi giorni passati nella solitudine Ora che sapevo, però, volevo di più. Ora che sapevo che cosa potevo chiedere, un solo giorno ad Atene non poteva essermi più sufficiente, l'idea di non sapere quando sarei potuto tornare, mi gettava in uno stato tristezza al quale non sapevo fuggire. Arreso di fronte all'evidenza e chiuso fra le mura di questa memoria, non osavo guardare in faccia né Kanon né Aska. Mio fratello aveva, anch'esso, eretto una coltre di silenzio intorno a sé, io non capivo, non sentivo più niente provenire da lui. Avevo completamente perso la capacità di interpretare i suoi occhi, di provare con la sua mente…Il filo che ci aveva unito s'era spezzato. Perché? Sapevo, ma non riuscivo ad ammetterlo a me stesso. Osservavo, guardavo l'astio che sembrava nascere in lui, ogni volta che gli stavo vicino e lui che, in qualche modo, cercava di reprimerlo. Perché? Possibile? Possibile che tutto quello che il nostro legame aveva voluto dire, tutto ciò che questo aveva rappresentato, sia per me sia per lui, si fosse lacerato in un solo giorno? Atene, nome che per me significava desiderio e speranza, per Kanon significava perdita. Non ero stato attento a lui in quel momento, non potevo, perché non avrei saputo come oppormi a qualcosa di così ignoto e splendido quale il viso di Muu. Non avevo osservato, non avevo capito, ma ora il risultato di quel che era stato, lo vedevo di fronte ai miei occhi. Aveva perso Aska, ma io, cosa potevo fare? Era colpa mia… era solo colpa mia. E, nonostante quest'ammissione non sapevo come potevo comportarmi…Come lenire il suo dolore? Non sarei mai stato in grado di capire, credo, cosa significasse sentirsi defraudati dal propri fratello, traditi nell'intimo. Stavo male per ciò che avevo fatto, ma allo stesso tempo Muu continuava ad essere presente nei miei ricordi. E' forse troppo cattivo tenere conto delle gioie del proprio animo, oltre che della disperazione nell'animo altrui? Forse… Ma non riuscivo a pentirmi di quella giornata, non riuscivo a maledirla… Non potevo né volevo scordarla.

Una mano sulla spalla mi distolse dai miei pensieri. Sapevo chi era, ma non volevo girarmi, odiavo quella sua presenza, odiavo quel suo fare, odiavo tutto ciò che rappresentava, che era stato e tutto ciò che stava facendo. Non posso dimenticare ciò che mi disse la notte di San Lorenzo, non posso dimenticare ma non posso credere alle sue parole. "Dobbiamo andare" Andare dove? Ad allenarsi ancora? Per cosa, per strappare un sorriso a quell'uomo così freddo? Perché ormai, né io né Kanon sappiamo cos'altro fare? "Sono stufo, stufo di tutto, stufo di te e dei tuoi allenamenti, io non vengo da nessuna parte" Il tono delle mie parole credo, lo sorprese, non m'ero mai rivolto a lui così, avevo sempre portato un certo grado di rispetto per una persona che, nonostante tutto, m'aveva cresciuto. Ma ora sembravo essere incapace di trattenere le parole, l'odio per Earin stava diventando troppo forte "Cos'hai detto?" Ancora quel sorriso sarcastico, ancora quello sguardo superiore, né io, né Kanon né Aska eravamo la colpa di quello che c'era successo, lui lo era. Lui non aveva mai permesso che uscissimo dal piccolo spazio intorno alla nostra casa, lui ci aveva sempre impedito di conoscere ed essere felici, lui ci aveva sempre privato dell'unica cosa che né io né Kanon potevamo procurarci in altro modo: l'affetto di un genitore. Mi prese per la collottola ed investì la stanza del suo cosmo. Così potente e minaccioso… Ma non ebbi paura, volevo solo che quell'uomo scomparisse dalla mia vista, che s'allontanasse da me. Lo scansai in malo modo, la sola idea che fosse Earin la causa della morte dei miei genitori… No, non potevo crederci, non potevo, altrimenti l'avrei ucciso.

EARIN

Lo vedevo. Era davanti a me, ma il suo spirito era irrimediabilmente cambiato. Che cosa avevo fatto? Possibile fosse solo colpa mia? Il Saga dei colori s'era appartato negli occhi di quel ragazzo di fronte a me, ed aveva lasciato spazio solo a disperazione e odio. Che cosa avevo fatto? Per Atena, che sia già oggi il giorno…? Che sia dunque arrivata la fine di tutto? La fine del mio sogno? Che sia dunque oggi il giorno in cui la Terra si dividerà? Forse, non dovevo temere l'ombra della morte, però. Sapevo che le sue ali si sarebbero spiegate su di me…ma così presto? E chi si prenderà cura della mia dolce Aska? E chi perdonerà te, Saga? "Vieni fuori e comportati da uomo" "Io non prendo più ordini da nessuno, tanto meno da te, sei tu la causa di tutto e devi pagare per questo" L'infida mano della vendetta s'era già posata sul suo animo e vi si era legata. L'unica chiave per aprire e spezzare quei legami era la mia morte, io lo sapevo, ma sapevo anche di cosa avrebbe dopo, preso il suo posto. Afferrai Saga per un braccio e lo scaraventai fuori di casa, se era la lotta quella che voleva, allora lotta avrebbe avuto. Potevo solo sperare che fosse in grado si sostenerla. Dopo quel gesto mi guardò come mai prima, l'odio e l'ira stavano completamente prendendo il sopravvento su di lui: come biasimarlo? Del resto, agli occhi di tutti avevo sbagliato e ora ne dovevo pagare le conseguenze. Ma non potevo certo spianare la via a Saga, non m'era concesso neanche quello. Gli avrei donato la mia armatura, ormai ero troppo stanco di tutto per portare questo fardello sulle mie spalle. Ben sapevo che Gemini era più adatto a lui…Tuttavia non potevo, doveva conquistarsela, l'armatura doveva riconoscerlo come proprietario legittimo… L'unica cosa che sapevo con certezza era che Saga sarebbe stato Gemini, non Kanon. E questo avrebbe ulteriormente ampliato la crepa che s'era formata fra i due. Non ne sarei stato testimone, però, la mia ora sarebbe giunta ben prima. "Rispondi a questo, Saga, cos'è che ti rende furioso? E' forse il sapere di come sono morti i tuoi genitori, o semplicemente la tua incapacità di importi e di domare le ore del giorno a tuo piacimento?" "Taci!! Sai benissimo cosa m'ha portato a questo punto: il tuo odio, la tua gelida disciplina, l'allontanamento di Kanon e le lacrime di Aska. Tutto questo è colpa tua, tua solamente. " "E' colpa mia, dunque? E' colpa mia se siete andati ad Atene disubbidendomi? E' colpa mia s'eri troppo occupato a pensare a te stesso invece di curarti delle persone che avevi intorno?" Lo vidi sgranare gli occhi, non s'aspettava sapessi tutto. Quant'è fragile la tua anima, mio Saga. Ti prego, difendila dal male che verrà, affinché possa conservarsi come il più raro dei diamanti. "Pensavi che non sapessi, e invece…" "Chi te l'ha detto?" "Nessuno m'ha detto niente, sapevo benissimo cos'avreste fatto una volta che me ne fossi andato. Di proposito ho lasciato questa casa incustodita e a voi la totale libertà…" "Di proposito? Per lasciarci quindi andare incontro ad un destino che sapevi a cosa ci avrebbe portato?" Il destino… Perché li ho lasciati soli? Se fossi rimasto con loro, avrei potuto evitare quella giornata e quindi… No, avrei soltanto rimandato l'inevitabile, e ormai sapevo che il tempo era arrivato Scossi la testa. Era inutile parlare, disquisire su di una scelta che non era stata fatta né da me né tanto meno da Saga. Avrei solo dovuto pagare le conseguenze della mia incapacità. "Sii forte, ne avrai bisogno" "Io averne bisogno?" L'ira aveva preso il totale sopravvento, il mio Saga ora più che mai era forte e sarebbe potuto diventare Gemini. " Tu invece, preparati, perché non avrò pietà. Non avrò pietà per ciò che hai fatto a me e agli altri, per ciò che hai significato nella mia vita… per mia madre" Sua madre, Saga non sapeva la verità, ma forse questo non aveva più importanza, ormai. Avevo dovuto raccontargli d'essere stato io la causa della morte dei suoi genitori, d'aver io stesso agito sulla mente di suo padre ed aver, quindi, portato la rovina in quella casa. Non era vero. Ma l'animo di Saga doveva essere scosso e doveva essere scaraventato fuori da quel guscio protettivo che s'era costruito. Lì dentro sarebbe morto ben prima di sbocciare. E allora avevo mentito, ma lui come poteva saperlo? Credo che, in fondo al sé, fosse consapevole che non avessi alzato mano su suo padre, ma la rabbia che ora portava in seno, non gli faceva vedere così lontano. Mi attaccò con molta forza, non ancora sufficiente, però, per preoccuparmi. E' così strano come, nonostante stessi iniziando una battaglia con un mio allievo, non sapessi cosa provare. Il sentimento è qualcosa di innato e naturale, raramente non si capisce ciò che si prova, più spesso ci si nega la realtà. E invece ora mi ritrovavo a non capire me stesso, a sperare che questo ragazzo di fronte a me si risvegliasse, m'odiasse a tal punto da diventare forte e battermi, diventare forte ed imporsi sulle stelle. D'altro canto, avevo paura di morire, avevo paura del giudizio divino sul mio operato… temevo che, coi miei errori, sarei stato giudicato duramente e avrei incontrato davanti a me, solo una lunga strada buia. La mia paura, però, non era tanto dovuta all'evento che divide la vita dalla morte, bensì era per la solitudine che avrei incontrato nell'aldilà. Avevo passato un'esistenza in solitudine, non capito e non amato, avrei forse dovuto passare anche l'eternità così? Eppure volevo che Saga mi sconfiggesse, e per farlo, doveva uccidermi. Aveva senso tutto ciò?

Saga si stava rivelando troppo debole, non riusciva a colpirmi. "Saga, non potrai mai raggiungere i tuoi scopi se la forza che dimostri è così flebile. Devo forse fomentare la tua ira per risvegliare il tuo animo sopito? Devo forse ricordarti il perché tua madre è morta?" Che cosa stavo facendo? Alimentavo le menzogne per farmi odiare? Ma ero giunto alla fine dei miei giorni, dovevo scuotere lo spirito di Saga e dovevo farlo anche a costo della mia vita. "Io non posso credere "disse lui" che tu sia veramente stato la causa della morte dei miei genitori…Perché, dimmi solo questo" Dire la verità? Dovevo farmi trasportare dal mio desiderio di vedere Saga indossare le vestigia d'oro, e quindi essere in grado di affrontare il suo destino, oppure dovevo farmi trasportare dalla mia necessità d'affetto e quindi darmi io stesso una possibilità di rivalsa? Ma lo spirito d'un uomo è plasmato dal tempo, non dal momento, scelsi dunque la prima via. "Tu e tuo fratello Kanon dovevate diventare cavalieri, dovevo prendervi con me… Il demone oscuro era l'unica via per liberarmi dei tuo genitori senza sporcarmi io stesso le mani" "Liberarti di mia madre e di mio padre senza sporcarti le mani? Che cosa vai blaterando? Non vedi che le tue mani sono intrise del sangue di innocenti che tu hai deciso di uccidere per i tuoi sporchi comodi?" "Non è così semplice, Saga" "Io la vedo semplicissima, invece, tu sei un assassino, senza né cuore né anima, e dovrai pagare per questo." Le lacrime coprivano il volto del mio allievo. O Saga, non piangere per me, non piangere per un uomo che non ha saputo aiutarti e che ti sta provocando solo dolore, uccidimi e diventa cavaliere d'oro, solo così potrai vivere… Per me invece, non c'è più speranza. Le lacrime gli diedero forza, e da questa trasse l'energia per l'Esplosione Galattica. Non cercai neanche di difendermi, non m'interessava. Se prima ero in dubbio su quale strada avessi dovuto scegliere, se prima potevo avere paura della mia solitudine, ora avevo solo voglia di silenzio. Non so che cosa mi avrebbe aspettato, una volta chiusi i miei occhi per sempre, ma so che cosa avrei dato facendolo. E allora decisi che le lacrime di Saga valevano di più di qualunque mia paura. Mi colpì in pieno petto, la sua potenza mi scaraventò lontano. Sdraiato sull'erba, mi ritrovai a guardare il cielo con gli occhi bagnati, sentivo il respiro difficile, sapevo che tra poco avrei lasciato per sempre quei posti. Un leggero vento increspava i miei capelli, ma quasi non riuscivo a percepirlo. Sentii qualcuno tirarmi su da terra, accarezzarmi il viso e gridare, ma anche la sua voce sembrava provenisse da un luogo lontano "Non piangere mio Saga" riuscii a dire "non devi farlo per me" Ma continuavo a sentire le sue lacrime cadere "Non ti sei neanche difeso, perché?" Inutile anche rispondere, troppe cose avevo celato nella mia vita, per pensare di spiegarle ora, in punto di morte. "Ti ho odiato, ma ora non voglio perderti, non andartene… Io ho ancora bisogno di te" "Non è vero, ormai sei grande, devi camminare con le tue gambe, io sarò solo un ricordo" "Io non so perché ma… perdonami!" Sorrisi, non avevo più forza di dire niente. Guardai per un'ultima volta quei luoghi, così verdi ed assolati… Un profumo lieve catturò la mia attenzione, mi girai e vidi Hjördís, la madre di Aska. Mi toccò il viso con le sue dita, sembrò volermi asciugare le lacrime che stavano coprendo le mie guance. Era così bella, come me la ricordavo, con i suoi occhi color dei ghiacci. Era venuta a prendermi? L'unica donna cui avevo potuto confidare il vero me stesso e che s'era presa cura di me, era forse tornata sulla terra per lenire la mia solitudine? Lei, così dolce in quei giorni passati nel Nord, così premurosa, nonostante l'opposizione di leggi e educazioni morali, la donna che aveva riscaldato un cuore in inverno e che non aveva suscitato in me paura quando le avevo detto di amarla. La sola cui sono riuscito a confessarlo, né ad Aska né ai miei allievi, solo lei… Ora era qui, ancora una volta passava le sue dita fra i miei capelli e mi sorrideva Che bel sorriso… Non temevo più quello che sarebbe venuto dopo, tutto intorno divenne una macchia sfuocata di colore, iniziò a perdere forma e senso, rimase solo lei, inginocchiata vicino a me, mi teneva fra le sue braccia. Vengo finalmente da te, portami via, lontano da qui dove finalmente possa essere da guida alle persona che lascio e non essere d'ostacolo. Avvolgimi e non lasciarmi più andare, insieme potremmo prendere la nostra Aska, tra poco. Finalmente e di nuovo, insieme. Allungai la mano per accarezzare il viso di Hjöridís. Poi fu il silenzio.

SAGA

Piangevo, non so perché, ma non riuscivo a trattenermi. Tenevo stretto Earin fra le mie braccia: stava morendo per causa mia. Non era forse quello che avevo voluto? Non era forse quello che avevamo, da sempre desiderato? Vidi i suoi occhi, quasi spenti, girarsi e guardare qualcosa al suo fianco. Non c'era niente. Il suo viso assunse uno sguardo sereno, quasi felice. Provai la stranissima sensazione di un nodo che si scioglieva. Non capii bene cosa fosse, ma dei fili intrecciati si disfecero, quando il mio maestro allungò la mano al cielo. Il suo cosmo, da sempre così restio al contatto con gli altri, così chiuso dietro mura invalicabili, si spanse in gioia, s'illuminò e invase tutta la foresta, brillando di pura luce. E si spense. Per sempre. Il braccio di Earin, cadde al suo fianco, una stella che prima di morire esplode creando una supernova, così il cosmo di Gemini. Non riuscii a trattenermi dal gridare, portarmi il suo corpo vicino al viso ed implorarlo di tornare, di non lasciarmi così. Ma, ormai era troppo lontano per sentirmi, non avrebbe mai più aperto quegli occhi. Non riuscivo a staccarmi da lui, com'era possibile che, nonostante stessi desiderando quel momento da sempre, ora la disperazione fosse l'unica cosa che albergasse in me? Io non volevo che morisse, io ero stato accecato, ero stato uno stupido… Sentii una potente forza attirarmi via da quel corpo, i pochi bagliori rimasti su di me del cormo di Earin, brillarono. Luminosi come mai, m'avvolsero completamente e mi scaldarono. La foresta, ancora una volta, fu avvolta dal cosmo di Gemini. Che stesse tornando il mio maestro? Che la mano nera della morte avesse avuto pietà di me e avesse ascoltato le mie preghiere? Quella forza così familiare non era morta, la sentivo sulla mia pelle e nel mio sangue. Maestro, siete di nuovo con me? M'avete dunque perdonato? Sentii qualcosa di lieve e delicato accostarsi alle mie braccia e alle mie gambe, e poi su tutto il corpo. Chiusi gli occhi, aggrappandomi a quella sensazione e a quel cosmo così simile a quello del mio maestro. E poi tutto finì, ancora una volta quei bagliori si dissolsero, ma quell'aura di potenza no, rimase lì. Aprii allora gli occhi per cercare lo sguardo di Earin. Ma con mio sommo orrore, lo vidi ancora a terra, senza vita, felice e in pace, ma immobile. Quello che vidi dopo mi tolse completamente il fiato: la sacra armatura dei Gemelli disposta su di me, le vestigia d'oro ricoprivano il mio corpo. Quella sensazione familiare, quel cosmo, quella luce, non provenivano da Earin bensì da me stesso e da quest'armatura; quella sensazione di calore e d'abbraccio, non significavano la vita del mio maestro, ma erano state portate da questo suo ultimo dono. Sei morto affinché io potessi indossare quest'armatura d'oro? Sento scorrere la tua anima nel mio sangue e la tua forza nelle mie braccia, il tuo cosmo s'è unito al mio. Era necessario? Era veramente necessario lasciarmi solo? Io non voglio più queste vestigia, se è la tua assenza il prezzo da pagare, io non voglio più abitare alla terza casa se le stelle sono la tua nuova dimora. Non voglio… Non m'interessa… Non anelo a niente… Riprenditi l'armatura. Torna… Non lasciarmi… Non abbandonarmi… Aiutami.

Ma i miei desideri si mischiarono alle mie lacrime e scorsero via.

ASKA

Quella mattina ero andata a spedire una lettera a mio fratello, la nostalgia era tale che non ero riuscita a trattenermi dallo scrivere pagine e pagine. Nostalgia di quelle distese di ghiaccio che avevano cullato la mia infanzia, nostalgia dei giochi con il mio più caro compagno…Ormai eravamo cresciuti e non era più il tempo di rincorrerci e lanciarci palle di neve, era il momento più difficile, quello che avviene dopo la separazione: l'acquisizione di quella consapevolezza che ti fa aprire gli occhi. La mia vita ormai s'era separata da quella di mio fratello, poco sapeva di me, nonostante gli raccontassi nel minimo dettaglio tutto ciò che s'agitava il mio cuore; la sua vita era separata dalla mia, nonostante sapessi quali sforzi stava facendo per diventare cavaliere… Sono sicura ce l'avrebbe fatta, le terre del Nord non avevano mai visto un uomo così, avevo piena fiducia nelle sue capacità. Ma ora avrei preferito che fosse venuto qua in Grecia ad abbracciarmi e a consolarmi, a sorridermi e, quindi, allietare le mie serate. Chissà se mai sarei tornata in quelle lande, chissà se mai avrei visto uno zaffiro brillare sulle vestigia indossate da mio fratello. Chissà se questo mio dolore potrà mai avere fine. Ad un tratto, sentii uno odore insolito nel vento. Provai una sensazione strana, non capii bene di cosa si trattasse, ma iniziai a correre verso casa mia. Era come se avessi assistito ad un'esplosione silente, come se la luce dell'universo si fosse spenta e io sentivo nel mio cuore un profondo vuoto. Perché quella sensazione, cosa mai era potuto succedere? Correvo ed intanto pensavo. Il primo pensiero fu rivolto a Saga. Che fosse successo qualcosa a lui, che mio padre l'avesse sconfitto e quindi punito con la vita? Mi sentii mancare all'idea e tentai di scacciarla. Saga non si sarebbe fatto uccidere da Earin… tuttavia sapevo quanto fosse forte il cavaliere dei Gemelli e sapevo che ben pochi avrebbero potuto tenergli testa. E se veramente l'avesse ucciso? Che cosa avrei fatto, io? Impossibile, non sarebbe mai stato così crudele, avrebbe veramente preferito prendere la vita di Saga piuttosto che lasciarlo incamminarsi per la sua strada senza le sacre vestigia? Scossi la testa, Saga… E se fosse stato Kanon? Possibile? No, no, no, basta, non poteva neanche essere lui. Chi avrebbe potuto ucciderlo? Chi mai avrebbe potuto alzargli un dito contro? Avrei voluto avere le ali, correre più veloce del vento, e invece sentivo il mio cuore pesante rallentarmi la corsa, sentivo i miei piedi cedere di fronte all'idea di scoprire quello che non avrei mai voluto. Ero lontana da casa mia, troppo lontana. Sentivo le ginocchia cedere… Che qualcuno mi dica che sia Saga sia Kanon stanno bene!!

KANON

Ero nel bosco vicino casa quando sentii il cosmo di Gemini esplodere e dissolversi, per poi ricomporsi, diverso però, da quello a cui ero solito… Che cos'era successo? Mi sentii immediatamente a disagio, con una gran voglia di gridare anche se non ne capivo il motivo. Iniziai a correre verso casa, volevo sapere. Pur non riuscendo a capire esattamente, ero a conoscenza di quello che, in realtà, non volevo dire. Non riuscivo ad ammetterlo. E se veramente fosse stato così? E se veramente un uomo aveva ceduto il passo ad un altro, dando in sacrificio la sua vita, e che quest'altro non fossi io? Destino, possibile che s'accanisse contro di me? Non volevo crederlo, ma in realtà sapevo. Il cosmo che s'era dissolto era, purtroppo, noto, conoscevo ogni minima variazione dell'energia di quell'aura che ora era scomparsa. Correvo, cos'è che mi dava fastidio? Sapere che qualcuno fosse morto o che qualcuno avesse vinto? Esitavo anche a pronunciare i loro nomi, non volevo farlo perché avrei messo in parole ciò che non riuscivo ad ammettermi. Che fosse successo ancora una volta? Earin era morto, come potevo negarmelo, lo sapevo e lo sentivo. Sapevo anche che il cosmo di Gemini stava brillando, sapevo anche che quell'aura stava espandendosi a limini inaspettati. Chi poteva fare una cosa del genere? Quale uomo poteva contenere tanta tristezza in un alone di luce? Ne conoscevo uno solo. Una persona sola avrebbe potuto tingere di malinconia l'oro dei Gemelli, una persona sola avrebbe potuto prendere il mio posto. L'eterno secondo, ecco qual era il mio ruolo. Sin dalla nascita, io ero venuto dopo Saga. Sia nelle gioie della vita che nelle avversità. Tutti parevano avere una predilezione nei confronti di mio fratello e io non riuscivo più a sopportarlo. Da piccolo avevo considerato Saga un luogo sicuro dove rifugiarmi, un sorriso sicuro da cui attingere. Ma col passare del tempo, mi resi conto che era proprio questa sua inclinazione, quasi divina, d'essere forte e dolce, posato ma deciso, potente e fragile, che l'aveva reso superiore a me. Io non potevo essere come lui, ma avrei voluto, avrei voluto superarlo, essere migliore. Ma ancora una volta ero stato sconfitto perché sapevo, pur non essendone stato testimone, cos'era successo. Dei delle stelle, fate che non sia così… M'ingannavo. Perché, perché lui e non io? Perché addirittura la costellazione a noi propria aveva scelto lui e non me? Persino le alte sfere celesti avevano preferito Saga. Perché non c'era mai stato posto per Kanon? Anche Aska… A quel pensiero dovetti fermare la mia corsa, sentii le mie gambe cedere. Ripresi subito, ma il ricordo di quella ragazza m'appesantiva il cuore e la testa. Perfino l'unico e più vero amore della mia vita, aveva posato i suoi occhi e aveva donato la sua anima a mio fratello. Possibile che non fossi degno neanche di lei? I suoi occhi dorati, i suoi capelli così luminosi, niente era per me, era bensì per mio fratello. E lui non vi badava, sceglieva e scartava del tutto ignaro di cosa stessi patendo io o la mia Aska. Sentii l'ira accendersi in me. Cieco, ecco com'era stato mio fratello, baciato dalla sorte ma cieco di fronte a ciò che la vita gli aveva riservato. Poteva avere tutto e io niente, poteva fare ciò che voleva, io sarei sempre stato uno seconda scelta perché prima veniva lui. E Saga come reagiva? Sprezzantemente scartava, allontanava da sé - Pazzo!- per incamminarsi verso strade ignote. Non sapeva accontentarsi, Muu non sarebbe mai più tornato da lui e invece Saga cosa faceva? Viveva nel ricordo di quel giorno ad Atene. Io ti odio, tu sei stato la mia rovina, nessun altro. Ogni volta che mi guardavo allo specchio, chi vedevo? Un te imperfetto, una persona che troppo ti somigliava per avere un'identità propria ma che non era esattamente come te e che quindi, era mal riuscita. E ora anche le sacre vestigia dei Gemelli ti hanno scelto, Earin ha dato la sua vita per te. Tu, sempre tu e solo tu, devi scomparire. L'amore, l'armatura e il destino hanno scelto te, e tu non sarai mai felice di ciò.

Arrivai di fronte a casa e vidi ciò che più temevo.

"Saga…" Ma non ebbi nessuna risposta, era per terra, accasciato sul corpo di Earin, con indosso le sacre vestigia di Gemini. Cosa fare, cosa pensare? Avevo ragione, lo sapevo, era tutto vero. Mi sentii umiliato. Ero un sentimento frammisto al dispiacere di vedere il mio maestro senza più vita, per terra. Guardai a lungo una scena che mai avrei voluto vedere, che da sempre avevo temuto. Amareggiato per l'armatura rubata, triste per Earin, sconsolato per Aska, cosa provare? Non sono mai stato un uomo d'indole razionale, però, quindi lasciai il fiume dei miei sentimenti seguire il suo naturale corso e, raggiunto il mare, sfociò in ira. "Alzati Saga!" Gridai. In piedi, spiegami, dammi anche solo una giustificazione per non odiarti Si girò verso di me, il suo viso era una maschera di dolore, ma non m'impietosì, vedevo solo l'oro della sua armatura e il corpo di Earin… "Che cos'hai fatto?" Non rispose neanche questa volta, si mise in piedi, l'armatura si separò dal suo corpo e si dispose perfettamente al suo fianco. Anche lei, nonostante sapesse di non poter intervenire in questa disputa fra fratelli, prendeva le sue parti. "Saga, perché???" "Io, non lo so…" "Non lo sai? Non sai perché le sacre vestigia dei Gemelli abbiano scelto te, non sai perché Aska abbia preferito te o perché, da sempre, tu sia stato il prediletto della sorte?" "Kanon non è come credi…" "Io credo a quel che vedo, una sorte che, senza scrupoli, ti ha accolto fra le sue braccia e ti ha cullato, scacciando invece me." Non sapevo più come contenermi, avrei voluto picchiarlo, prendere a pugni l'altro me. "Ridarei l'armatura se potessi avere in cambio la vita di Earin" "E' sempre stato così, Saga, tu hai sempre avuto tutto, quindi la possibilità di scegliere cosa tenere e cosa no. La morte non ha padroni e non accetta compromessi, ma io non ho mai avuto nessuna merce di scambio…perché era sempre stata presa da te!" Sentii le lacrime salirmi sin dal intimo, ero triste, il peso di una vita passata all'ombra di Saga mi stava opprimendo ora più che mai. Non sarebbe dovuto accadere, non doveva andare così… " Kanon, ascoltami, il destino scelto per te dalle stelle, è un altro… L'armatura che dovrai indossare, non è questa, bensì un'altra e non è colpa mia se così è stato scritto" "Taci, che ne vuoi sapere tu, di destino? Io volevo le vestigia d'oro, tu le hai indossate. Se tu non fossi mai esistito, la mia strada sarebbe stata sgombra!" Lo vidi sgranare gli occhi, forse non s'aspettava tanto odio, … Se lui non fosse mai esistito… La mia vita sarebbe stata più felice. "Kanon…s'è dunque giunti a questo punto? S'è dunque giunti dove la rottura è ormai irreparabile?" "M'hai privato di tutto, Saga, m'hai impedito d'essere cavaliere, e hai rubato il cuore della mia Aska e a me, che cosa resta?" Niente, non ho niente da stringere fra le dita. "Non stai più ragionando, Kanon…" Riguardò il corpo di Earin, ai suoi piedi. Vedevo la fatica che faceva nel parlare, avrebbe voluto tacere e piangere, ma io non gliel'avrei permesso, doveva darmi delle spiegazioni, doveva pagare per tutto ciò che aveva fatto. L'ira aveva preso il totale sopravvento, sentii il mio cosmo ampliarsi e farsi minaccioso, come biasimarlo? Dovevo uccidere Saga, doveva scomparire… "Kanon, fermati, non voglio combattere con te" Sorrisi e alzai le spalle "Pensi che m'interessi cosa vuoi tu o no?" "Ascoltami Kanon, seppur gemelli, io e te siamo diversi…ed è proprio qui che risiede la tua bellezza, nei contrasti che porti nel tuo cuore, negli sbalzi d'umore dovuti ad un nonnulla…Nella tua capacità d'ascoltare anche quando non si sta parlando, nella tua dolcezza quando meno è aspettata…" Sentii male al petto, non dovevo né potevo lasciarmi commuovere da quelle parole. Non importava quello che pensava Saga, aveva torto in ogni caso. "Non cercare di calmarmi, non voglio ascoltare le tue menzogne, non credo ad una sola parola di quello che hai detto. Io non sono niente, io non valgo niente se paragonato a te e questo non è giusto!" Era forse questo il vero punto? Mi consideravo, io stesso, inferiore a Saga? Non stavo biasimando né lui né gli altri per aver sempre scelto il migliore fra noi due. Sapevo quanto mio fratello valesse, a differenza di me, quanto il suo cuore fosse ben più degno di Aska, dell'armatura dei Gemelli e delle stelle che l'avevano scelto. Io lo sapevo. Come potevano, gli altri, considerami, quando con me c'era sempre stato Saga? Come potevo sperare di avere un senso, quando ero così mostruoso confronto ai quadri che dipingeva mio fratello? Mi coprii la faccia per la disperazione di sapermi inferiore, di sentire comunque affetto nelle parole di Saga, affetto che probabilmente non mi meritavo. Queste lacrime erano la prova dell'amore nei confronti di Saga, della disperazione per la morte di Earin, della solitudine dovuta all'assenza di Aska, ma soprattutto dovute al disprezzo che provavo nei miei confronti. Ma, ancora una volta, il fiume che attraversò il mio cuore sfociò in odio. Non ero in grado di controllarlo, l'idea che l'assenza di mio fratello avrebbe potuto in qualche modo salvarmi, sfocò il resto, l'idea che quegli occhi pieni d'affetto fossero lì solo per ricordarmi quanto lui fosse perfetto e io no, m'avvolse completamente. Lo guardai, ormai il mio cosmo parlava al mio posto: ira, rabbia, disperazione, inutilità. Potevo porvi, io, rimedio? Volevo? No, dunque non esitai, scagliai un colpo pieno di me verso il mio alter-ego, m'accanii contro mio fratello. Sapevo che Saga era potente, ma sapevo di non essergli da meno, non avevo paura di una sconfitta, meglio la morte a quella vita. Un grido, però, mi distolse da quei pensieri "Kanon fermati!" Ma era troppo tardi, non ero riuscito a fermare il mio colpo che aveva trafitto Aska. Non l'avevo vista, non l'avevo sentita arrivare, così pieno dei miei pensieri, non m'ero neanche accorto fosse lì. Solo quel grido m'aveva distolto dalla mia collera. S'era frapposta fra me e Saga, l'aveva difeso e io non me n'ero accorto… Le ginocchia mi cedettero.

SAGA

Era inevitabile, avevo visto l'ira di Kanon crescere e il suo cosmo incupirsi, non volevo combatterlo, non avrei alzato mano su di lui. Come potevo rinnegare mio fratello? Non lo biasimavo per ciò che aveva detto e per ciò che provava. Aveva ragione, lo avevo privato di tutto. Forse non l'avevo fatto di mia volontà, ma poco importava. Il risultato era una vita in cui s'è sempre visto scalzato dal fratello… Non mi sarei difeso, non avevo voglia combattere nessuno, ora che lo stesso Earin era morto per mano mia. Chiusi gli occhi in attesa che giungesse la punizione per avere troppe volte prevalso, ma solo infine m'accorsi che Aska mi era vicino, troppo vicino. La forza di Kanon la colpì in pieno petto. Mi cadde fra le braccia, delicata come un fiore. Mio fratello s'accasciò per terra, incredulo di ciò che aveva appena compiuto, aveva lo sguardo rivolto verso di me e verso Aska, ma non stava guardando nessuno. Volevo cercare aiuto, trovare un rimedio a quelle ferite… "Stai qui con me" la voce di Aska mi giunse in un sospiro. Le passai le dita fra i capelli. "Perché l'hai fatto? " "Sapevo che non ti saresti mai difeso, ho imparato a conoscerti, in questo periodo trascorso con te… ti saresti lasciato colpire….e io non l'avrei mai potuto permettere" "Ma… " cercai inutilmente d'obiettare, a che mai potevano servire le parole? Mi mise una mano sulla bocca, fragile e dolce come sempre. Cercava di nascondere il dolore che stava provando e, in questo tentativo, fece il più dolce dei sorrisi. "Non parlare, è inutile. L'ho fatto perché un mondo senza di te, per me, è un mondo senza vita. Non avrebbe senso alcuno. Perché dunque esitare? So bene che non ho mai trovato posto nel tuo cuore, ma che importa? Non volevo niente in cambio, avrei voluto solo poterti vedere…ma forse anche questo mi sarà impossibile. Magari, dalle stelle, potrò vegliare su di te e…" La sua voce si spezzò per il dolore, aveva il respiro affannoso e gli occhi pieni di lacrime. La strinsi a me, non avrei mai potuto sopportare che anche lei se ne andasse. Non avrei mai potuto sopportare la perdita di Aska… ed invece era quello che stava succedendo, sentivo la sua anima, piano piano, allontanarsi dal suo corpo. "Per favore, non lasciarmi" la implorai. Avvicinai il mio viso al suo per guardarla in quegli occhi che stavano perdendo la loro vitalità e il loro colore. M'asciugò le lacrime "E' dunque questa la sensazione che si prova, quando si è fra le tue braccia e il tuo respiro sfiora la pelle? Quante volte ho sognato il giorno in cui, questo mio desiderio, si fosse avverato: le tue braccia che mi sostenevano e le tue dita che accarezzavano il mio viso… I tuoi occhi solo per me. E invece, ora che sono qui, devo andare, non posso rimanere. Questa sensazione di pace, di totale perfezione, dev'essere abbandonata perché, ormai, non c'è più tempo…" Il dolore per quelle parole, il dolore della separazione erano così forte che m'impedivano di dire o fare niente se non guardarla andarsene. Le diedi un bacio sulla guancia per asciugarle le lacrime, ma queste si mischiarono alle mie. "Promettimi solo una cosa, Saga: promettimi che non mi dimenticherai. Promettimi che mi terrai sempre con te perché è lì che io voglio vivere, ora. " Ti terrò sempre con me, come il più caro dei tesori, come la più preziosa delle gemme. Avrei voluto dirle queste parole, ma non riuscivo a muovere le labbra. Tuttavia Aska sembrò capire il non detto. Il suo occhi persero vita, allungò le sue braccia al cielo, quasi volesse toccare qualcosa e nell'ultimo bisbiglio di voce disse "Mamma, papà, siete venuti qui per me? Siete venuti a prendermi? Ora staremo sempre insieme…" E sorrise, poi chiuse gli occhi e lasciò andare la sua mano. Tutto era finito, la nostra gioventù. Il tempo dei sorrisi, io stesso, finito. Mi piegai su quel corpo ormai privo di vita, ma che ancora manteneva quel sorriso calmo di pochi attimi prima. Persi coscienza, credo, perché non so per quanto tempo rimasi in quella posizione, con Aska fra le braccia. Incapace, ormai, di singhiozzare, volevo che tutto il mondo si spegnesse e volevo poter trovare la pace nel buio

***

Nel Nord, lontano dalle terre assolate di Grecia, un uomo pianse, quella notte, conscio dell'accaduto. I suoi occhi singhiozzarono lacrime di cristallo, consapevoli che non avrebbero mai più rivisto la sorella. Le stelle dell'Orsa intonarono un Requiem per la figlia di quelle lande, obbligata dal destino ad andarsene, per non tornare mai più. Erano note di profonda tristezza e malinconia, ma anche di commemorazione per quel fiore cresciuto fra i ghiacci che più d'una notte le aveva osservate e le aveva lodate per la loro bellezza. Erano note per narrare di quella fanciulla agli spiriti delle foreste e al vento stesso che, mestamente, accompagnava col suo ululato il pianto di solitudine di un cavaliere del nord.

KANON

Guardai le mie mani e non volli credere a quello che avevo appena fatto, a quello a cui avevo appena assistito. Nella totale incredulità, mi alzai senza né più voce o forza. Non potevo piangere, né gridare, non potevo avvicinarmi a quel corpo ormai privo di vita, né chiedere perdono a Saga. Avevo alzato le mani contro mio fratello ed ero stato punito…ma perché lei? Perché Aska e non io stesso? Vivere nel dolore di una perdita è straziante, sapere di esserne stato la causa e di avere aiutato l'allontanamento, equivale ad impazzire. Volevo solo, io stesso, morire, volevo smettere di respirare, pensare e vedere ciò che avevo compiuto. Volevo spegnermi. Ma questo, evidentemente, non era il mio destino. Questa parola assumeva ormai un significato completamente diverso. Era finito il tempo in cui si era bambini, ero stato scaraventato nell'età adulta da un burattinaio che s'era servito delle mie mani per meglio giostrare il suo teatrino e privarmi ora di tutto. Stolto sono stato a credere di non avere niente, è proprio vero che si capisce il valore di ciò che sia ha solo quando questo qualcosa è stato perso…Avevo l'amicizia di Aska, avevo il suo sorriso e le sue parole, avevo l'amore di Saga, avevo un'esistenza, ora non ho neanche più quella. Come posso io vivere? Come posso, privato ora veramente, del soffio divino, privato dell'anima, pensare di trovare un senso per me stesso. Volevo spegnermi.

E per trovare questa fine, per mettere a tacere quelle urla che ora mi rimbombavano nelle orecchie, me ne andai, camminai a lungo, lontano. Non vi furono parole né gesti, solo il silenzio che accompagnava l'allontanamento. Inutile avvicinarsi a Saga, ormai le nostre strade s'erano separate per sempre. C'era solo il silenzio che, da allora, popolò la mia mente.

SAGA

Alzai gli occhi al cielo quando era già buio, le stelle brillavano in un cielo terso. Le guardai, stranito e non ancora conscio di quello che era successo. Le vidi smaglianti, come mai prima, incastonate in quel blu che si perdeva all'orizzonte. Non riuscivo a pensare, sapevo che dovevo dare una degna sepoltura sia ad Earin che ad Aska, altrimenti la loro anima avrebbe corso il rischio di vagare sulle rive dell'Acheronte, senza pace. Ma la sepoltura significava consapevolezza. Raccolsi il corpo di Earin e lo portai su di una piccola collina da cui si vedeva Atene, la sua città. Pensai che forse, seppellirlo di fronte alla città sacra, l'avrebbe potuto rendere felice. L'ultimo saluto di quei capelli d'argento, l'ultimo sguardo di quegli occhi stanchi e poi la sepoltura. Pregai, o forse implorai, non so. Le mie parole e i miei pensieri erano un misto di irrazionale e mal detto. Non riuscivo a fare di meglio, non volevo ancora rendermi conto di quelle poche ore che avevano cambiato la mia vita. Invocai Atena affinché si prendesse cura del mio maestro ed ebbi la sensazione che un lieve bagliore illuminasse le tenebre. Che fosse la sua risposta? L'aria fu permeata di un'aura delicata: era la dea che accoglieva le mie preghiere e che proteggeva quel luogo ormai, diventato sacro. "Earin di Gemini, riposa in pace, veglia dal paradiso dei cavalieri su di me e su Kanon… Mio maestro e mio educatore… forse è tardi per dirtelo, ma ti ho voluto bene."

Ritornai di fronte casa e raccolsi il fragile corpo di Aska, ancora lì disteso, più bella che mai. Sapevo che dovevo seppellire anche lei, ma sapevo che forse avrebbe preferito essere avvolta da un feretro di ghiaccio, così da riabbracciare le sensazioni della sua terra. Al Grande tempio esisteva un uomo in grado di fare ciò… Il Grande Tempio, casa mia ormai per diritto. M'incamminai stringendo fra le braccia quel corpo pallido ed esangue. Non riuscivo a credere che non si sarebbe più svegliata, i miei movimenti risultavano meccanici, pensavo quasi che, fra un po', avrebbe aperto gli occhi e m'avrebbe sorriso. Ero così incredulo, o forse disperato, che ad ogni folata di vento che le scompigliava i capelli, mi convincevo sempre di più che quella sarebbe stata la volta buona e che, finalmente m'avrebbe sollevato da questa agonia. Ma non accadde niente, la pace che pervadeva il corpo di Aska e il vuoto che, invece, s'era impadronito del mio animo, erano la chiara evidenza che dovevo lasciare le illusioni alle spalle e che, ormai, ero solo. Giunsi così alla Prima Casa, ma la vista del Grande Tempio mi colse impreparato.Risentii le voci di Aska e Kanon, rivissi in un istante l'unica giornata trascorsa ad Atene, ogni minimo dettaglio di quei momenti, mi passò di fronte agli occhi. Sentii ancora una volta scorrermi le lacrime sulle guance. Pensavo di averle terminate, ed invece piansi ancora. Che cosa potevo fare? Dove andare? Salire alla Terza Casa e prendere il mio posto, dimenticandomi di quello che questo aveva comportato? Che cosa fare? Rimanere immobile aspettando la fine? Che cosa fare? Sentii qualcuno avvicinarsi, ma non riuscii neanche a voltarmi per vedere chi fosse, poi una mano mi toccò con tale familiarità che riconobbi subito la persona che era venuta a prendermi. Muu. Mi voltai e sentii la stretta al cuore allentarsi, rividi quegli occhi e capii che, forse, non tutto era perduto ma, finché lui m'era vicino, avrei potuto continuare a trovare la forza ed il motivo per vivere. Se prima il mondo era diventato grigio ed i colori erano scomparsi, Muu mi stava dando la speranza che avrei potuto dipingere nuovamente. Aprii la bocca per parlargli, per chiedergli qualche cosa, per ringraziarlo, ma non uscì che un suono inarticolato di sfogo. Si mise un dito sulle labbra, facendomi cenno che non era necessario parlare e, con l'altra mano, m'asciugò il viso. Possibile che, di quel giorno ad Atene che io pensavo perduto, si fosse salvato tutto questo? Possibile che capisse ogni minima sfumatura dei miei colori? Poi posò i suoi grandi occhi su Aska e le accarezzò il volto con tale trasporto da sembrare quasi palpabile " So che il cavaliere dell'undicesima casa è padrone delle energie fredde e Aska era abitante di Asgardh, pensi che potrebbe farmi un favore?" dissi in un bisbiglio. Volevo accudire quel corpo, prima di pensare a me, volevo dargli una degna sepoltura e far sì che si ricongiungesse con le stelle. Muu mi accompagnò da Camus, ancora senza dire niente, ma sfiorandomi col suo cosmo per cercare un contatto più intimo che la parola. Sembrò quasi abbracciarmi e io gli fui grato per quella dolcezza e quel sostegno così forte, ma allo stesso tempo discreto. Sarei per sempre rimasto vicino a Muu, avrei finalmente potuto ricominciare da capo. Giunti all'undicesima casa, Muu portò sia me sia Camus all'altura delle stelle e solo lì, parlò. "Questo è un luogo sacro, protetto dagli dei tutti, e dalle stelle. L'Orsa brilla questa sera più che mai, e cullerà il corpo di Aska, avvolto dai ghiacci. Nessuno, né il tempo, né nemici, leverà mai mano su di lei perché gli astri se ne prenderanno cura…" La mia bellissima Aska fu avvolta dai cristalli, ma non perse il suo sorriso, la salutai per un'ultima volta, ma mi fermai lì a guardarla a lungo, finché non ebbi il coraggio di camminare ed andarmene, per sempre. Muu rimase con me fino all'alba, quel rosa candido che tinse il cielo finalmente prese forma e, con fatica e col tempo, ritornò ad essermi proprio.

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