Too late

di _yoursong
(/viewuser.php?uid=188270)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 





2012
 



 
Uscivo dall’aula di chimica, con la solita sensazione di libertà che sentivo mentre finiva la lezione della professoressa Morton. Era il terzo anno che trascorrevo alla Richmond Hige School e non esisteva giornata più monotona di quella che stava passando: solito casino per raggiungere la prima lezione, con tutti i nuovi arrivati che si affrettavano ad essere sempre puntuali a ogni lezione, oppure accaparrarsi il solito posto in mensa prima che tutto il cibo migliore finisse, così ti dovevi accontentare del solito contorno preparato con cura dalle simpaticissime cuoche che preferivano di gran lunga avvelenarci tutti piuttosto che continuare a sfamarci, e penso che dopo tutto, ci abbiano anche provato almeno una volta.
Il corridoio era affollatissimo come sempre, schivavo studenti e studenti per riuscire a raggiungere il mio armadietto che si trovava subito dopo il corridoio centrale. Avrei incontrato Vanessa lì, quasi sicuramente, dopotutto aveva l’armadietto poco lontano dal mio. Mi affrettai a svoltare l’angolo cercando di non far cadere tutti i libri dalla mia borsa in pelle, fortunatamente questa parte della scuola sembrava disabitata, c’erano pochissime persone e grazie al cielo riuscii a raggiungere in fretta il mio armadietto dove mi aspettava Vanessa raggiante col suo solito rossetto rosso porpora che la caratterizzava.
«Ehy, buongiorno!» esclamò stringendomi in un abbraccio mentre cercavo di riporre alcuni libri nell’armadietto.
«Come sta la mia signora Irwin?»
«Vanessa, per favore abbassi la voce?!» sussurrai a denti stretti per farmi sentire solo da lei. Ecco, Vanessa ha sempre avuto il difetto di non saper parlare a bassa voce, e questo procurava fin troppe figuracce per me e per lei poche volte, visto che puntualmente se ne usciva fuori con miei fatti personali o altro, ma dopotutto era la mia migliore amica quindi mi ci ero quasi abituata.
«Poi, questo soprannome è orrendo!» aggiunsi subito dopo.
«Non è vero, in realtà ti piace essere chiamata così, Irwin
Sembrava la divertisse chiamarmi così, ovviamente additandomi il cognome del fottuto ragazzo a cui andavo dietro da una vita, era segreto a tutti e volevo che rimanesse tale visto che le possibilità di potermi avvicinare realmente a lui erano minime, soprattutto ai suoi conoscenti, praticamente tutta la scuola.
«Okay, va bene, però potresti evitare di urlarlo ai quattro venti, soprattutto quando siamo a scuola dove ci sono metà dei suoi amici.»
«E allora?! Walker , davvero, saranno i tuoi prossimi “amici” quelli- disse indicando tutta la gente presente nel corridoio- Quando finalmente ti fidanzerai ufficialmente con il tuo fantastico, vicino biondiccio, o più conosciuto Ashton Irwin non farai così» continuò con la sua teoria. Purtroppo in quell’esatto istante in cui lei finiva la frase due ragazzi che facevano parte della compagnia del Biondiccio stavano passando, e riuscirono ad ascoltare l’ultima parte della conversazione. Mi bloccai subito, presa dall’ansia che via via invadeva il mio corpo, il terrore si faceva largo nella mia mente e Vanessa sembrava completamente estranea a quello che stava succedendo. I due ragazzi, che conoscevo solo di vista incominciarono a fissarmi insistentemente fino a quando non si guardarono e scoppiarono a ridere, il mio umore svanì all’istante, ormai l’ansia mi aveva prosciugato insieme a tutta la forza che mi tratteneva in quel posto. Vanessa parve capire quello che era successo. Poco dopo arrivò la conferma dei miei più terribili incubi.
«Ho capito bene?!» urlò il ragazzo col codino biondo all’altro mentre si allontanavano dal punto dove ci trovavamo noi.
«Va dietro ad Ash la ragazza che lui definisce “la vicina brutta”?» continuò col tono derisorio. Ormai mi sentivo distrutta, svuotata, la poca autostima che avevo era caduta negli abissi, gli occhi incominciarono ad appannarsi sempre più mentre l’altro ragazzo continuava la messa in scena che aveva incominciato il suo amico.
«Proprio quella a cui degna un saluto solo per grazia di dio anche se non al sopporta minimamente!» infierì ancora di più. Ormai le lacrime scorrevano sulle mie guance, Vanessa cercava di trattenermi e stringermi in un abbraccio consolatorio ma non avevo la minima intenzione di rimanere lì a sentire le risate di quei due stronzi.
Incominciai a correre per il corridoio verso i bagni, volevo allontanarmi immediatamente, non potevo sopportarlo, girai l’angolo e l’ultima cosa che sentii provenire da quel corridoio era Vanessa che continuava a chiamarmi: «Abbey!»


 
 
 

HIIIIII!
Sì, sono tornata non so dopo quanti mesi a scrivere una ff, anche se ora nella categoria dei 5sos.
In realtà la trama per questa storia nasce ben un anno fa ma non ho mai avuto davvero la testa per incominciarla.
Quindi, solo ora mi ritrovo a pubblicare il prologo.


Spero vi piaccia, e che lasciate un segno: una recensione, un seguita, preferita o ricordata.
Qualcosa che mi faccia capire che qualcuno l'ha vista.
Dite tutto quello che vi viene in mente, qualsiasi cosa.

In fine: ringrazio infinitamente la Fede che mi sopporta e che mi aiuta se ho qualche blocco. Much love.

So, goodbye.

Giulz

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***


 
 






Oggi




 
Attraversai la strada che mi separava dal collage, sarebbe stato il mio ultimo anno lì, dopo sarei andata all’università e molte cose sarebbero cambiate.
Varcai il cancello e mi affrettai ad entrare nell’edificio, appoggiai dei libri nell’armadietto tenendomi quelli della prima ora nella borsa a tracolla, chiusi l’armadietto e immediatamente una figura conosciuta mi saltò all’occhio in fondo al corridoio, stava correndo: era Vanessa.
Che poi, Vanessa non corre!
«Abbey!» urlò preoccupata col fiatone a metà del corridoio.
«Ehm, buongiorno.»
«Sì sì, buongiorno» disse velocemente quando era arrivata davanti a me quasi grondante.
«Che diavolo ti prende?»
«Ho…una…notizia… importantissima» disse prendendo fiato a ogni parola.
«Se ti riprendessi prima di morire, eh?!»
«No è troppo importante!»
«Okay, sputa il rospo. Il tuo ex sta con una troia?»
«No, certo che no, non ne sarebbe capace, troppo santo!» sbottò irritata.
«E allora che diavolo è?!»
«Se mi facessi parlare, cazzo!» urlò.
«Okay, parla.»
«Ashton è tornato.»
Sbiancai immediatamente, non era possibile.
«Cosa?!» urlai.
«Hai capito bene, è tornato qua a Richmond. Stamattina presto penso, così dicono i suoi amici.»
«No no no! Lui è all’università a Sydney! Non può essere tornato!» continuai, probabilmente più per convincermi che non fosse vero che perché ne ero realmente convinta.
«Invece è vero, non fanno altro che parlarne quelli del suo gruppetto di merda che si trova ancora in questa merda di scuola.»
Non poteva essere tornato, era partito due anni prima per andare a studiare a Sydney, era stato l’anno peggiore della mia vita. Tra il fatto che tutti i suoi amici, quindi anche lui, avevano scoperto la mia cotta per lui, e che la mia esistenza di quell’anno scolastico era completamente distrutta. Ero lo zimbello per tutti i suoi amici, Vanessa cercava di confortarmi ovviamente ma non serviva più di tanto. Avevo deciso che dovevo dimenticarlo ma non fu facile, ci riuscii solamente quando lui partì per l’università. Lì si che rincominciò come una seconda vita per me. Finalmente quel episodio incominciava a esser dimenticato e non ricevevo più le solite frecciatine, dopo un po’ mi ci ero così abituata che non mi davano neanche più fastidio. Oltre a questo, quell’estate ero finalmente cambiata, non ero più la solita ragazzina gracilina e bruttina ma grazie al cielo ero migliorata fisicamente e incominciai anche a piacere a qualche ragazzo. La mia autostima crebbe dopo mesi che continuava ad abbassarsi. Mi capitava anche che qualche volta, mentre stavo baciando un ragazzo, mi saltasse per la mente di pensare che fosse Ashton, solamente per sapere come sarebbe stato se non fosse un tale stronzo, ma ovviamente non era lui e dovevo dimenticarlo completamente. Tutto questo dopo che lui se ne fu andato e ora che era tornato ne ero terrorizzata.
«Cazzo» fu l’unica parola che riuscii a dire.
«Dai, Abbey, sicuramente non sarà come due anni fa, nessuno se lo ricorda più.»
«Io sì! Cazzo, non poteva starsene là?!» sbottai.
«Me lo chiedo anche io, si sta così bene da quando se n’è andato!»
La campanella interruppe la nostra chiacchierata e così ci salutammo, ora volevo solamente non pensarci e passare quest’altra estenuante giornata di scuola.
 
 
 
 
Percorsi velocemente il vialetto di casa sbirciando dai vicini per vedere se realmente ci fosse la macchina di Ashton, e purtroppo: c’era. Il suo rottame di macchina color topo si trovava proprio davanti al suo garage, un tempo avrei provato conforto e felicità nel vederla, ora era completamente il contrario.
Aprii la porta di casa fiondandomi direttamente sulle scale che mi avrebbero portato in camera.
«Ciao, sono arrivata!» urlai mentre salivo le scale.
«Ciao Abbey. Ma non mangi?» mi chiese mia madre.
«Sì, arrivo subito, appoggio la roba in camera e arrivo.
Mi lanciai direttamente in camera e buttai la borsa sulla sedia ormai sommersa dai vestiti. Corsi immediatamente alla finestra e mi affacciai. Per puro caso la vecchia camera di Ashton si trovava proprio di fronte alla mia e in quel fottuto momento le persiane che erano state chiuse per due anni-tranne quando la Signora Irwin decideva di far girare l’aria in casa- erano aperte. Mi sentivo una orrenda vicina spiona ma dovevo accertarmi che quello che aveva detto Vanessa fosse vero. Come se la testimonianza di Vanessa e la sua auto non fossero sufficienti. Chiusi immediatamente la finestra compresa la persiana, ora la mia camera sembrava un bunker e beh lo sarebbe stato fino a quando lui non se ne sarebbe tornato a Sydney.
Scesi le scale e andai in cucina per pranzare. Mi sedetti a tavola dove già mi aspettava mia madre intenta a leggere una delle solite riviste di cucina.
«Secondo te se provassi a fare questa torta un giorno verrebbe buona?»
«Prova, massimo la mangia papà o io quando ho troppa fame.»
«Bel incoraggiamento, davvero!» disse fingendosi offesa provocando una mia risata. In quel momento squillò il telefono e mia madre corse subito a rispondere.
«Pronto? Oh, Anne come stai?» Rispose mia madre e dal nome della donna capii che parlava della mamma di Ashton.
«Noi tutto bene grazie, avevi bisogno?» chiese.
«Davvero? Ma è fantastico, come sta?» continuò mia madre col solito tono gentile che aveva al telefono.
«Sono felice per lui»
Stavano parlando di Lui, la cosa non andava affatto bene, non poteva parlare degli altri fratelli? No di Lui. Il cuore incominciava a battermi all’impazzata mentre divoravo l’ultimo boccone e incominciai a bere velocemente l’acqua che mi rimaneva nel bicchiere.
«Oh accettiamo l’invito con piacere!»
Di che cazzo di invito sta parlando?!
«A che ora?Alle 20.00? Va benissimo, devo portare qualcosa?»
Che diavolo vuoi portare? Se è una mazza per tirarla in faccia ad Ashton fai pure.
«Okay, stupendo. Allora ci vediamo questa sera. Ciao cara» e chiuse il telefono, stavo già varcando la soglia della cucina per tornare a rintanarmi in camera quando mia madre mi bloccò.
«Tesoro, stasera siamo invitati a cena dagli Irwin, non so se lo sai ma Ashton, quello con cui giocavi sempre quando eri piccola, sicuramente te lo ricorder-»
«Mamma arriva al punto!» la bloccai, non potevo sentire altro.
«Okay, Ashton è tornato da Sydney per un po’ visto che il prossimo esame all’università lo ha tra molto, e i suoi volevano festeggiare, quindi siamo invitati a cena stasera. Non trovare impegni!»
Il cuore se prima mi batteva all’impazzata ora si era bloccato definitivamente, dovevo vederlo, dopo due anni, dovevo stare lì di fronte a lui come se nulla fosse.
«In realtà avrei tantissimi compiti da fare, preferirei stare a casa, salutali e fai i complimenti ad Ash» cercai una scusa.
«Oh, no no no, tu verrai! Gli farà sicuramente piacere vederti, quindi i compiti li fai ora.»
«Ma mamma!»
«Niente discussioni.»
Basta, ero fregata. Non avevo vie di scampo, dovevo per forza vederlo quella sera e io ero terribilmente terrorizzata. Avevo paura che potesse riaffiorare qualcosa e non doveva assolutamente succedere, non dovevo permetterlo.
Corsi in camera e chiamai immediatamente Vanessa.
«Pronto?» disse con la bocca piena.
«Vanessa ingoia quel cazzo che hai in bocca e aiutami! E non cogliere il doppio senso!»
«Che è successo?» disse mandando giù il boccone e strozzando una risata.
«Stasera devo andare a cena a casa sua» dissi tutto d’un fiato lanciandomi sul letto.
«Che cosa?» urlò.
«Siamo invitati a casa loro per “festeggiarlo”. Che poi chissà che cazzo ha fatto. Per favore aiutami, trovami una scusa convincente, oppure fingi un rapimento, davvero!»
«Non saprei, le vostre famiglie sono sempre state molto vicine, penso che non ci sia nulla per svincolare. Ti rapirei se potessi, ma stasera sono dai miei nonni quindi non posso neanche fingere di avere una colica e chiamarti.»
«Fingi una colica su un marciapiede!»
«Abbey, non hai altra alternativa. Prendila come se devi fargli vedere che non sei crollata dopo tutto, sarà come tirargli un pugno in pieno volto.»
Il pugno se proprio dovevo, glielo tiravo davvero.



 

 
 

HIIIIIII!

Sono tornata con il primo vero capitolo della storia.
Probabilmente questo sarà più entusiasmante dle prologo, anzi sicuramente, ma serviva per far capire la situazione.
TATATATTAAAAAAN, Vanessa rivela la notizia bomba. Qua incomincia davvero la storia soprattutto dal prossimo capitolo *W*

E VISTO CHE il prossimo capitolo sarà dfgh, secondo me spero che leggerete anche il seguito di questa storia.

RINGRAZIO infinitamente le persone che hanno messo tra le seguite le ricordate e le preferite questa ff.

Lasciate un segno, per favore! T.T mettete tra le preferite, le ricordate o le seguite questa storia o lasciate una fottutissima recensione!

RINGRAZIO IN FINE la mia Best forevah- aka Fede- che mi ha pubblicizzato enlla sua fighissima storia e che mi ha fatto guadagnare qualche visita in più e tanti scleri.
Soprattutto con la sua mega iper dedica e aver fatto sapere a tutto il mondo che ho le mani grandi (?)

SO, Goodbye.

Giulz

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo II ***















Mancava meno di un’ora alla fatidica cena a casa Irwin, se avevo due alternative e una di queste era morire, avrei scelto sicuramente quella. Mia mamma era tutta indaffarata manco dovesse andare ad un matrimonio. Si era chiusa in bagno a sistemarsi da non so quanti minuti per andare a cena dai vicini.
 Possibile?
 Io, invece, ero ancora nei miei stracci da casa sperando in un meteorite che mi colpisse in pieno petto.
«Abbey, sei pronta?» urlò mia madre dietro la porta del bagno.
«Forse.»
«Come forse? Muoviti!»
Come se non fosse già troppo frustrante andare a cena a casa sua ci si mise anche mia madre a mettermi ansia e fretta. Optai per mettermi dei semplicissimi jeans e una maglietta a maniche corte, mi pettinai i capelli e mi misi un po’ di mascara, non mi sarei messa di sicuro di tutto punto per andare a festeggiarlo dopo quello che mi aveva fatto anni fa.
 
Ci trovavamo fuori casa sua, la porta di casa a pochi metri e l’ansia mi stava divorando le viscere. Mia mamma portava in mano una delle sue torte- non sarebbe mai andata a casa di Anne senza niente- e poi ovviamente il suo sorriso cordiale stampato in faccia, mentre io ero la persona più impassibile di questo mondo. Nascondevo abbastanza bene la mia agitazione ormai, era una cosa che avevo imparato dopo un po’ di esperienze simili.
Mio padre suonò il campanello e subito dopo qualche secondo si sentirono già i passi dall’altra parte della porta, me ne sarei andata a casa con qualsiasi scusa buona, avevo pochi secondi prima che la porta si aprisse, potevo magari dire che la pro zia di Vanessa era morta e che stava male per la perdita- si sentivano le chiavi infilarsi nella toppa- potevo vomitare lì tutta l’angoscia che mi si era annidata nello stomaco e di conseguenza tornare a casa dicendo di aver preso una malattia infettiva- le chiavi finirono di girare- avevo un secondo, dovevo fuggire, ora.
 Abbey coraggio devi solo fare due passi e mandare a quel paese tutta la merdata che sta per avere inizio.
 Stavo per girarmi e mettere in atto il mio piano quando la porta si aprì di scatto mostrando una bellissima Anne con il sorriso più bello di sempre.
«Siete arrivati finalmente! Entrate, entrate.»
«Scusaci tanto, spero che la torta che ho fatto sia di tuo gradimento» si affrettò a dire mia madre.
Vidi subito sbucare Lawren e Harry, i fratelli minori di Ashton. Ringraziai il cielo che lui non si era ancora fatto vedere, avevo una paura folle a ritrovarmelo d’avanti, dopo tutto quel tempo, ma una parte di me stava facendo le capriole, era come emozionata di vederlo, di poter rivedere i suoi occhi verdi e i suoi soliti capelli disordinati e.. Stop, Abbey, fermati non pensarci nemmeno.
«Ashton!» lo richiamò Anne spazientita.
«Arrivo!» lo sentii urlare dal piano superiore.
Mentre ci spostavamo in salotto dove i miei genitori avrebbero potuto continuare a chiacchierare con Anne io li seguii velocemente per essere sicura di non essere la prima a doverlo salutare e soprattutto a vederlo, non sarei rimasta viva per un solo secondo, cosa che però mi avrebbe fatto molto comodo in quel momento.
 Si sentivano dei passi al piano superiore e subito dopo sulle scale, doveva essere in sala a momenti. Infatti eccolo lì, appena sbucato da dietro la porta in tutta la sua altezza, coi capelli che erano leggermente più lunghi dell’ultima volta e più ricci e disordinati, la barba era accentuata e gli occhi ancora più brillanti, il mio cuore stava cedendo, mi ero ormai come paralizzata sul posto mentre lo vedevo rivolgere sorrisi ai miei, mentre li salutava una parola e uno sguardo mi distolsero dal mio momento di trance pre morte: il suo sguardo.
« Ti ricorderai di Abbey» mi annunciò mia madre, avrei voluto tapparle la bocca, non si era ancora accorto della mia presenza. Vidi il suo sguardo vagare su di me, aveva uno sguardo strano, probabilmente di disgusto, ma in quel momento non me ne fregava un cazzo, mi stava fissando, mi stava fissando nei miei fottutissimi occhi e stava accennando il più bel sorriso di tutta l’Australia.
«Ehy!» mi salutò venendomi in contro. Mi stava per abbracciare? Mi stava per abbracciare? Sì, mi stava per abbracciare, un leggero abbraccio amichevole, come quelli che si danno ai vecchi amici che non si vedono da anni. Per lui probabilmente era così anche se potevamo definirci amici solo ai tempi delle medie e prima, per me invece era l’abbraccio che avevo aspettato da così tanto tempo che quasi non mi sembrava vero. Era stato breve ma mi aveva squarciato in due, rincontrai i suoi occhi e mi incantai vedendo il suo sorriso.
No, non dovevo assolutamente continuare con quell’onda di pensiero, mi sarei fatta del male.
 
 
La cena stava procedendo abbastanza bene, per mia fortuna. I piatti cucinati da Anne erano buonissimi e ovviamente cercai di mangiarli senza farmi vedere da Ash. Una mia fissa strana era quella di non farmi vedere mangiare, non perché fossi una di quelle ragazze che puntano sulla dieta e robe simili- perché facevo tutt’altro che fare diete- ma semplicemente perché farmi vedere da qualcuno- specialmente Ashton- come masticavo, o più semplicemente mangiavo, mi dava i brividi. Puntualmente, vista la mia mancanza di fortuna, Ashton era seduto precisamente frontale a me, e ancora puntualmente mi lasciava sorrisini ogni volta che alzava la testa per parlare. La situazione era quindi: io che mangiavo come una fogna ogni fottuta volta che era girato, e la cosa mi dava terribilmente il voltastomaco al pensiero.
« Che indirizzo studi?» chiese mia madre, come se non lo sapesse da una vita.
«Lettere e scienze sociali » rispose semplicemente lui. Dio, che bella voce.
«Fantastico! Deve piacerti molto» continuò.
«Sì, abbastanza» finì con il sorriso più genuino e timido mai visto.
Oddio, Abbey, finiscila ti prego! Sembri una fottuta ragazzina di dodici anni!
«Tu, Abbey, sai già cosa andrai a fare all’università?» mi chiese Anne disincantandomi dal mio piatto. Ora tutti gli occhi erano puntati su di me, e ovviamente anche i suoi, e la cosa era troppo- fottutamente troppo- imbarazzante. Deglutii a fatica e accennai un sorriso per poi rispondere un semplice:
« Vorrei studiare a Sydney, all’accademia delle belle arti e prendere la specializzazione in fotografia.»
«Wow, non sapevo che avessi una passione per la fotografia. Allora potrai farci qualche album prima o poi» mi disse Anne, a cui risposi con un semplice sorriso.
Per fortuna poi l’argomento cambiò radicalmente e non fui più obbligata a parlare o ad interessarmi davvero agli argomenti di cui si parlava. Stavo tranquilla a finire i dieci mila bicchieri d’acqua che mi versavo, causa: Ashton. Mi rendeva nervosa a tal punto da avere perennemente la gola secca, cosa che non sopportavo.
«Ora il dolce!» annunciò mia madre alzandosi da tavola per sparire in cucina insieme ad Anne.
 
 
Ci eravamo appena spostati in salotto dove avremmo terminato la serata chiacchierando- gli altri avrebbero chiacchierato, io sarei stata zitta sino a quando non mi avrebbero interpellato. La cena era stata fin troppo imbarazzante e speravo che ora, che saremmo stati tutti seduti comodi a parlare, non si sarebbero più presentate situazioni simili.
Ashton era salito un secondo in camera scusandosi e dicendo che ci avrebbe messo poco, io speravo che rimanesse chiuso dentro per qualche strana calamità naturale. Magari che crescessero delle piante rampicanti alla Jumanji che avrebbero serrato la porta. Ma per mia grande sfortuna lo vidi scendere di corsa i gradini e dirigersi in sala. I ricci fluttuavano nell’aria come se avessero vita propria mentre accennava una corsa per affrettarsi ad entrare nella stanza. Sembrava una scena di Baywatch dei poveri. Me lo immaginavo col costume rosso alla David Hassehoff mentre correva per le spiagge di Sydney, bagnato dal mare.. Abbey, per l’amor di Dio bloccati!
Feci bene a bloccarmi perché magicamente il posto di fianco a me sul divano venne occupato. Chissà da chi, eh? Chissà quanta fortuna avrà Abbey in questi giorni?!
Sì, venne occupato da Lui.
Lo vidi proprio alla mia sinistra, porgermi un sorriso per poi stravaccarsi indietro continuando a fissarmi. Perché deve fissarmi in continuazione? Fate si che smetta, vi prego.
«Quasi non ti riconoscevo prima» disse di punto in bianco continuando a porgermi quel sorrisetto infantile.
Sorrisi.
«Sei cambiata molto.»
Okay, ora taci per favore.
«In bene, intendo» si affrettò a dire.
«Beh, grazie» risposi abbassando lo sguardo e facendomi spuntare un sorriso. No, Abbey, devi mantenere la calma e la tua posizione, non puoi fargli credere che gli vai ancora dietro, perché ovviamente tu non gli vai dietro. Quindi, respira e continua la conversazione come una vecchia amica farebbe.
«Anche tu sei cambiato, ti sei lasciato crescere un po’ i capelli» gli dissi.
Wow, progressi.
«Sì, beh, volevo cambiare un po’.»
Silenzio.
«Quindi sei una fotografa» spezzò il silenzio.
«Fotografa è troppo, direi solo che mi piace molto fare foto. Devo migliorare ancora.»
«Sarai già molto brava, conoscendoti.»
Conoscendoti…CONOSCENDOTI?
«In che senso?» chiesi, sconvolgendo me stessa della domanda.
«Mi ricordo che ti sottovalutavi molto quando eravamo piccoli, e puntualmente eri molto brava in tutto» disse accennando una piccola risata alla fine che mi fece letteralmente precipitare negli abissi del mio stomaco.
Non risposi.
Non sapevo come rispondere, ecco il punto. Non mi aspettavo tutta questa amicizia e voglia di parlare da lui. Mi aspettavo di più una serata in cui mi avrebbe evitato e non una un cui cercava sempre di far conversazione.
Spostò lo sguardo sugli altri per un po’ per poi ritornare su di me.
«Il ragazzo?»
Cosa cosa cosa? Non può averlo chiesto davvero. Che cosa gli interessa a lui se ho il ragazzo. Lo ha chiesto semplicemente perché non ha altri argomenti, ovvio.
«Zero, single. Tu?... Non il ragazzo, intendo la ragazza. Sei fidanzato?»
Rise per poi rispondermi:
«Sì, ho il ragazzo.»
«Co-cosa? Davvero?» chiesi sbalordita.
Rise di nuovo. Oh, smettila di ridere che se no ti collasso sul tappeto!
«No- sospirò- single pure io. Nessuno mi vuole, ahimè!»
Una parola mi venne in mente: muori.
Penso che la mia faccia ormai era simile a quella di un pesce con degli occhi enormi, la conversazione era stata fin troppo sconvolgente. Decisi di spostare lo sguardo dritto d’avanti a me per non incrociare più il suo e per evitare eventuali figure di merda.
Non rendendomi neanche conto i miei si erano alzati dai propri posti come se fossero pronti per tornare a casa. E infatti:
«Scusaci Anne, ma ora dobbiamo proprio andare. E’ stato un piacere» disse mia mamma salutandola, e lo stesso fece mio padre. Mi alzai dal divano seguita da Ashton, mi diressi verso i miei ma prima che potessi raggiungerli Ashton mi richiamò.
«Abbey, è stato bello rivederti. Ci vediamo» tutto coronato da un sorriso stupendo e un occhiolino finale. Un-occhiolino-finale.
Gli sorrisi e accennai un saluto con la mano. Volevo tornare al più presto possibile a casa.



 



 
HIIIIII!

I'm back.
Eccomi con il secondo capitolo. Questo è un capitolo importante perchè innanzitutto Abbey rivede Ash dopo ben due anni, circa, e hanno la loro prima conversazione di tutta la storia.
Gosh *W*

Non ho pubblicato subitissimo perchè ho pensato di aspettare un po', per vedere anche come andavano gli altri capitoli e per avere il tempo di continuare per bene i capitoli successivi.

Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che lasciate un segno. Una recensione, un preferita, seguita o ricordata. Sono davvero molto importanti per me. Mi stimolano di più a scrivere e soprattutto sapere che cosa ne pensate mi aiuta anche a ideare nuove cose.

E ringrazio con tutto il cuore tutte le persone che hanno messo tra le seguite preferite e ricordate la storia, vi amo tutte.
Gosh, tantissimo love a tutte.
E poi alla ragazza che mi ha lasciato la splendida recensione. Tanto love anche per te. *v*

Ringrazio infine ancora la Fede, perchè mi aiuta sempre e la ringrazio ancora per avermi pubblicizzato la scorsa volta.

Davvero, lasciate anche uno sputo, qualsiasi cosa. Pliz!

So, goodbye.

Kiss

Giulz



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo III ***













Avevo appena finito di raccontare tutta l’intera cena a Vanessa, senza tralasciare nulla, quindi occhiolino e sorrisini compresi.
«Oh mio dio! Scherzi?» esclamò esterrefatta manco si fosse trovata la Befana, Babbo Natale con tutte le renne fuori scuola.
«Se no non te lo avrei raccontato, no?»
«Non sei felice?»
«Di cosa dovrei esserlo?» chiesi mentre varcammo la soglia di scuola che ci avrebbe donato la libertà per quel pomeriggio.
«Come di cosa! Ti ha fissata tutta la sera. E poi non tralasciamo l’occhiolino finale!» continuò gesticolando così animatamente che quasi non accecava la gente di fianco a lei.
«Non sono felice per il semplice motivo che mi sta pigliando per il culo. Si sarà fatto un sacco di risate appena me ne sono andata, sicuro.»
Altro che se ero felice, in realtà. Non mi aveva rivolto parola come quella sera da anni.
«Perché non pensi positivo una volta tanto?»
«Perché non voglio farmi del male, un’altra volta. Soprattutto per lui. Poi stasera devo uscire con John, quindi Ashton è fuori dalla mia testa per i prossimi cinquanta mesi» spiegai.
«Se se, come no. Ti voglio vedere quando ti degnerà ancora la parola se non mi collasserai addosso» disse con un ghigno stampato in faccia.
«Finiscila, ti prego!» sbuffai anche se poi non riuscii a trattenere una risata.
Avevamo appena varcato il cancello della scuola quando una canzone a tutto volume colpì i miei timpani. Era una canzone monotona e alquanto fastidiosa. Per descriverla meglio potrei usare l’aggettivo: tristissima. Era la tipica canzone rap misto musica da discoteca. Cercai la macchina da cui proveniva la musica ma non mi ci volle molto a capirlo. Affrettai il passo prendendo di mano Vanessa e trascinandomela dietro.
«Ma che cazz…» urlò Vanessa.
«Taci e cammina.»
Un clacson suonò dietro di me, sperai non fosse il clacson della macchina che dicevo io ma purtroppo…
«Ehy! Abbey!» urlò qualcuno.
Mi voltai perché non c’era altra alternativa, mi aveva vista. Quel qualcuno era Ashton a bordo della sua macchina color topo orrenda completamente fuori dal finestrino che si sbracciava per salutarmi. Perché non poteva far finta di non vedermi?
Colsi lo sguardo diabolico di Vanessa che mi trascinò più vicino alla macchina.
«Ciao» quasi sussurrai.
«Mi ero quasi dimenticato che venivi a scuola qui» disse raggiante. Oddio che bello.
Mi ero persa nel suo sorriso che non mi ero nemmeno accorta dei due ragazzi che si trovavano di fianco a me. Li avevo già visti a scuola ma non mi ricordavo i loro nomi.
«Loro sono Luke e Calum» spiegò indicando prima il biondo e poi il moro che ci salutarono con un cenno della mano. Il moro sembrava particolarmente spiazzato, dopotutto lo ero anche io, come biasimarlo.
«Io sono Vanessa» si presentò porgendo la mano a ognuno.
«E lei è Abbey» mi presentò Ashton ai suoi amici. Accennai un sorriso. Unica cosa che riuscivo a fare in quell’esatto momento.
«Avete bisogno di un passaggio?» ci chiese mantenendo lo sguardo su di me.
«No, fa nien-»
«Sì, va benissimo. Grazie» mi interruppe Vanessa.
Gli lanciai l’occhiata più malefica di sempre.
«Allora salite!» ci ordinò a modi film americani.
Il moro stava andando sul posto del passeggero quando Vanessa lo blocco.
«Può stare Abbey d’avanti? Soffre un po’ l’auto.» chiese Vanessa al ragazzo che le rivolse un’occhiataccia orrenda. Ma che diavolo? Io non soffro la macchina.
«Fa niente stai pure d’avanti» dissi subito.
«Abbey non vorrai mica vomitargli in macchina!»
«Ma..»
Non feci in tempo a lamentarmi che mi ritrovavo sul posto del passeggero di fianco ad Ashton che mi sorrideva.
«Se stai male dimmelo» mi disse quasi con tono preoccupato.
«Tranquillo.»
Che situazione di merda.
 Dietro di me avevo il Moro che continuava a sbuffare perché non ci stava con le gambe, al centro Vanessa che grazie a dio stava in silenzio e poi c’era il ragazzo biondo che era la calma in persona- fortunato lui- e poi soprattutto la stessa identica orrenda canzone di prima risuonava nell’auto. Ashton muoveva a ritmo la testa e si faceva uscire qualche volta qualche parola canticchiata. Oltre alla musica regnava praticamente il silenzio nell’auto, e ne ero grata. Nessuna conversazione imbarazzante, niente di niente.
«Scusa, Abbey giusto?! Potresti andare leggermente più avanti col sedile?» mi chiese Calum.
«Sì, certo.»
«Non puoi resistere? Già soffre l’auto se poi la fai sballottare anche col sedile potrebbe venirgli ancora di più la nausea» disse il ragazzo biondo, Luke se non sbaglio.
«Ma va tranquillo. Nei tragitti così corti non soffro» continuai la messa in scena di Vanessa.
«Com’è andata oggi a scuola?» spuntò fuori Ashton dal nulla. Tutti risposero con le loro esperienze mattutine, tranne io. Cercavo il più possibile di non interagire con lui.
«A te Abbey?» mi chiese voltandosi per un secondo verso di me.
«Uhm, normale. Niente di nuovo» risposi.
«Qualche nuovo scoop?» continuò, ovviamente girandosi verso di me.
«Io non ne so. Vanessa sicuramente sì» dissi passando la palla a lei, quasi per fargliela pagare anche se so perfettamente che a lei non sarebbe dispiaciuto. Infatti incominciò a parlare a raffica gesticolando qua e là come una pazza.
Dopo mille preghiere finalmente mi trovavo davanti casa mia. Mi slacciai la cintura velocissimamente- mai stata così veloce- e scesi dall’auto.
«Grazie» dissi affacciandomi dal finestrino per guardarlo ancora al volante. Alla guida era qualcosa di indescrivibile, dovevo assolutamente rivederlo un’ultima volta.
«Non c’è di che. Se ti serve uno strappo chiedi pure» finì con l’occhiolino e ripartendo per parcheggiare. Non avrei retto nemmeno un altro occhiolino.
 
 
Era passata circa un’ora dal nostro fantastico passaggio in macchina di Ashton e Vanessa non faceva altro che continuare a dire a ripetizione ogni minima mossa fatta da lui, che ovviamente per lei era un modo per continuare ad allacciare bottone con me.
«Ti continuava a fissare mentre guidava!» esclamò.
«Due volte soltanto.»
«E ti ha fatto un fottuto occhiolino!» continuò lanciandomi un cuscino in pieno volto.
«Sì, beh, quella è stata davvero una bella parte.»
«Solo una bella parte?» gridò.
No, non solo una bella parte, una bellissima parte, anzi stupenda se vogliamo essere più precisi.
«Sì…una bella parte» continuai accennando un po’ di disinteressamento. Cosa per niente vera.
«Walker, non sai mentire a me! Ti conosco troppo bene.» ribatté beffarda.
«Sì? Sentiamo allora. Secondo te che cosa vorrei fare in questo momento?»
«Prenderlo e fartelo fino alla fine dei tuoi giorni contro al muro di qualsiasi casa qua vicino.»
«Oddio, hai una mente malata e perversa!» gridai rilanciandogli il cuscino di prima.
«E’ la tua mia cara. Io interpreto.»
Finalmente non uscì più una parola dalla bocca di Vanessa, probabilmente perché dalla casa a fianco (la casa di Ashton) si incominciò a sentire della musica ovattata dalle pareti. Ovviamente le venne la brillante idea di aprire le persiane che mi mantenevano chiusa nella mia piccola camera e protetta dal pericolo chiamato: Ashton Irwin.
«Non dirmi che è Ashton che suona insieme ai suoi amici» mi disse esterrefatta guardandomi.
«Forse sono loro. Ora puoi per piacere chiudere la finestra? Potrebbero vederci e la cosa non mi sta molto a cuore» la implorai.
«Non se ne parla. Sono maledettamente bravi!»
«Okay, lo saranno pure. Ma ora per favore chiudi quella maledetta persiana.»
«Oh, Abbey. Rilassati» mi disse affacciandosi alla finestra.
«Intravedo Ashton che suona la batteria. Lo spettacolo ha inizio. Vieni» mi incoraggiò.
«Non incominciare a spiarli, per l’amor di dio.»
«Oh piantala!»
Così dicendo incominciò a saltare in giro per la stanza quasi fosse presa dalle convulsioni. Probabilmente era il suo tipo di ballo con la musica rock. Era davvero orrenda.
Continuava a saltare, muovere la testa su e giù e a fingere di suonare la chitarra. Non potevo trattenere le risate, era qualcosa di troppo bello e orrendo allo stesso tempo. Mentre ormai mi ero rifugiata contro la testata del letto le venne la brillante idea di saltare sul mio letto e incominciare a fingere un concerto rock. Dopo i minuti di divertimento la cosa era abbastanza imbarazzante.
«Okay, Vanessa fermati per favore. Devi aiutarmi a scegliere cosa mettere questa sera.»
«Dai, mi sto divertendo.»
«Anche io. Prima.- mi alzai velocemente dal letto per sbirciare dalla finestra- E probabilmente ti hanno vista saltare per mezza camera.»
«Chissene.»
«Oddio! Vanessa, già le mie esperienze di vita con Ash sono minime e imbarazzanti, se poi mi vede cercare di addomesticare la mia migliore amica non è il massimo.»
Sbuffò.
«L’ultima canzone che fanno. Ammettilo che sono bravi. Quindi è ovvio omaggiarli in qualche modo» si giustificò.
«Ho sempre saputo che Ash fosse bravo con la batteria, e che i suoi amici fossero bravi uguali ma non mi sono mai data alla pazza gioia per “omaggiarli”» non riuscii a trattenere una risata, ormai aveva già rincominciato a saltare per mezza camera.
Sentii un telefono squillare, non era la mia suoneria, probabilmente era quella di Vanessa.
«Vane, ti suona il telefono» le dissi.
Si bloccò e rispose subito al telefono. Dopo numerosi sbuffi e occhiate al cielo chiuse la chiamata.
«Scusami Abbey ma mia madre mi ha detto di tornare subito a casa. Non so che diavolo ho combinato questa volta.»
«E ora io come mi vesto stasera?!» mi lamentai.
«Prendi la prima cosa che ti capita sotto mano. Tanto a John andrà bene.»
«Perfetto.»
Sì, davvero perfetto.
 
 
Avevo le ante dell’armadio aperte da mezzora e ancora non avevo scelto che cosa mettermi per la serata. Continuavo a tirare fuori vestiti convinta di aver scelto ma poi mi ricordavo che non sarei andata a un ballo di gala, quindi rimettevo tutto a posto. Non volevo uscire coi soliti jeans, volevo essere un po’ più carina del solito. Dopotutto non stavo per uscire con Vanessa, ma con un ragazzo.
Vista la serata fresca avrei messo il mio solito giubbino di pelle nero e poi dei semplicissimi ankle boots, ma non potevo vestirmi solo con quelli. Sai Abbey, non è bello andare in giro nudi.
Tirai fuori un vestitino nero, semplicissimo che arrivava fin sopra le ginocchia. Lo guardai per bene e me lo appoggiai addosso per vedere come sarei stata quando..
«Ti sta bene quello» sentii una voce provenire da lontano. Mi girai di scatto verso la finestra aperta e mi ritrovai un esemplare maschio di nome Ashton Irwin affacciato alla sua finestra intento a fissarmi.
«C-cosa?» dissi. La gola mi era diventata improvvisamente secca e le mani mi sudavano.
«Ho detto che secondo me quello ti sta bene» ripeté sfoggiando un sorriso che avrebbe potuto concorrere con i modelli delle pubblicità dei dentifrici.
«Grazie. Allora forse metto questo» accennai un sorriso e abbassai immediatamente lo sguardo.
«Dove vai di bello?» mi chiese appoggiandosi al davanzale.
«Ehm, esco. Con John Shelley.»
Abbey, cazzo. Perché gli hai detto che esci con un ragazzo e soprattutto il nome, a lui non può minimamente interessare.
«Ah, sì. Lo conosco. E’ un coglione però deve piacere a te.»
Adesso pretende anche di scegliere i ragazzi con cui devo uscire?
«Non è affatto un coglione!» sbottai.
«Se lo dici tu. Non mi è mai piaciuto come tipo. Era sempre nel gruppetto dei fighettini. Mi è sempre stato sulle palle» continuò deciso.
«Se permetti, io non la penso affatto così. Quindi tieniti i tuoi commenti da parte» ribattei irritata.
«Scusami, non volevo farti scaldare. Non sono mai stato molto bravo a tenermi le cose per me.»
«Okay, grazie mille. Ora dovrei andare a prepararmi, se non ti dispiace.»
«Allora divertiti stasera. Ci si vede Abbey» mi salutò con aggiunta di occhiolino incluso.
Te lo spezzo quell’occhio di merda.


 
 





HIIIIIIIIIII!

Sono tornata, bitches!
Okay, basta.
Eccomi qua col terzo capitolo. UOU.
In questo capitolo esce fuori la canzone, che sarà la colonna sonora in pratica della ff. Io in realtà non la odio. A me piace ahahahah solo che in effetti è triste se la si ascolta cinquecento volte al giorno. E in più mi è venuta l'ispirazione perchè in un keek Ash la canta pure e visto che già la conoscevo l'ho amato. Link della canzone.

Okay, dopo aver spiegato l'origine della canzone voglio ringraziare tutte le persone che hanno messo tra le seguite le preferite e le ricordate. VI AMO ALL'INFINITO! *0*
E poi le persone dolcissime che mi hanno recensito i capitoli precedenti! MA GOSH SIETE DELLE CARAMELLE! *W* (?)


Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi piaccia anche la storia in sè.
Lasciate un segno, come ho detto nei precedenti capitoli, è davvero importante per me sapere che cosa ne pensate.
SO,  lasciate o una recensione o mettete la storia tra le preferite, seguite o ricordate. Plis. Vi amerei!


I love you so!
Goodbye.

Giulz


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo IV ***













Eravamo appena entrati in uno dei pochi pub a Richmond. E anche se era uno dei più frequentati, era davvero terribile.
L’atmosfera ricordava tanto quei bar visti nel vecchio far west dove ci andavano tutti i vecchi alcolizzati. L’odore era sgradevole per non parlare delle pareti ricoperte di una terribile carta da parati. E se questo era il pub più popolato non volevo assolutamente vedere gli altri.
«Tutto a posto?» mi chiese John porgendomi un dolce sorriso.
«Sì, certo» risposi.
John era il tipico ragazzo gentile e premuroso e non coglione come lo aveva aggettivato Ashton. Okay, faceva parte del gruppo dei fighetti e che quindi non portava a nulla di buono ma secondo me era quello più a posto. Poi sicuramente non avrei rifiutato un invito ad uscire, mi faceva incredibilmente piacere sapere che potevo interessare a un ragazzo e soprattutto di quel rango, in qualche modo. Magari un po’ coglione lo poteva essere, ma chi non lo è?
«Vuoi da bere?» mi chiese mettendomi un braccio sul fianco.
«Sì va benissimo.»
Un suono attirò la mia attenzione. Una melodia già sentita, e neanche tanto tempo prima.
Mi girai di scatto verso l’uscita e vidi la cosa a quattro ruote che non avrei mai voluto vedere proprio in quel momento- anzi nella mia vita. Il rottame grigio topo era appena passato con la stessa canzone del pomeriggio. Stava parcheggiando poco lontano e la cosa non andava affatto bene. Ma che diavolo! Deve essere ovunque?
«Sì, dai andiamo» dissi col tono della voce un po’ troppo alto trascinandolo per il braccio.
«Okay» rise.
Non ridere! E’ una situazione complicata!
Scavalcammo tutte le persone che ci trovavamo d’avanti. Quasi ammazzavo qualcuno, ma sono semplici dettagli.
«Come mai così di fretta?» mi domandò con un leggero ghigno.
«Oh, ho solo un po’ di sete.»
“No, devo scappare!” questa sarebbe stata la reale risposta.
«Una birra?»
«Sì, perfetto» risposi.
Mi voltai dietro di me, mentre john prendeva da bere, per osservare la situazione. Avevo gli occhi puntati contro l’entrata del pub sperando che Ashton sarebbe entrato nel negozio di alimentari qua di fianco e non proprio in questa tristezza di posto.
«Che cerchi?» domandò incominciando a guardare dove guardavo io.
Merda.
«Nulla, nulla.»
Che figura di merda.
«Tieni» mi porse la birra e incominciò a fissarmi negli occhi. Aveva davvero dei bellissimi occhi color nocciola, calcolando. Davvero belli. Sembravano…No, non sembravano nulla. Meglio non trovare somiglianze con palle di color nocciola, potrebbero uscire cose brutte e distruggere il bel momento.
«Perché mi fissi?» domandai prendendo un sorso di birra.
«Così, mi fa piacere di essere uscito con te.»
Non riuscii a rispondere, troppo imbarazzo. Accennai solo un timido sorriso.
«Raccontami di te» sputò fuori dal nulla.
«Non ho nulla di interessante da raccontare, sinceramente. Tu hai una vita più movimentata della mia.»
In quel preciso istante il campanello che suonava ogni volta che la porta del pub si apriva suonò. Mi girai di scatto verso la porta e lo vidi entrare. Era scortato dalla sua banda di amici, più uno. Era una catastrofe.
Mi girai immediatamente verso il nulla cercando di non farmi vedere.
Nel frattempo John aveva incominciato a raccontare di lui e mi dispiaceva tantissimo non essere riuscita a seguire il discorso. Avrebbe implicato un’altra mia figura di merda che avrebbe implicato a sua volta dover fingere di aver capito tutto. Cioè: figura di merda al cubo.
«…e quindi penso che andrò proprio a studiare a Sydney. Tu dove andrai?»
«Anche io andrò a Sydney, quasi sicuramente.»
«Wow, precisamente dove?» bevve un sorso di birra per poi continuare a fissarmi.
«Accademia delle belle arti. Fotografia.»
Stava per rispondere ma proprio in quell’esatto momento lo vidi venire verso di noi, con dietro il suo gruppetto e con una camminata che sembrava tanto quella dei supereroi quando dietro di loro avviene un’esplosione.
Ditemi che non mi ha visto, vi prego.
«John! Ehy!» Ashton Irwin, la persona che fino a un’ora fa neanche gli aveva dato del coglione faceva l’amicone con lui. La mia faccia era diventata qualcosa di orrendo, la mia bocca ormai era a forma di “o” e i miei occhi sembravano delle palle da bowling enormi. Non ci potevo credere.
«Ehy!» lo salutò John con un sorriso tirato.
«Come va?» continuò strattonandogli la mano come un vero amico.
«Bene tu? Non sapevo che fossi tornato» disse continuando a spostare gli occhi sperando che quella conversazione finisse al più presto. Non era sicuramente l’unico.
«Bene bene. Non molti sanno che sono tornato.»
Quando finì di rispondere si spostò subito verso si me e incominciò a fissarmi accennando un minuscolo sorriso. Era il primo passo sulla strada per diventare pelato.
Penso che John avesse notato che Ashton mi stava fissando e incominciò le presentazioni.
Che diamine!
«Lei è Abbey, non so se la conosci già.»
«Ashton» si presento porgendomi la mano. La strinsi più forte possibile e la lasciai immediatamente. Ma davvero? Stava davvero fingendo di non consocermi?
Spostai lo sguardo dietro di lui e vidi il ragazzo moro del passaggio fissare Ashton stranito. Anche lui pensava la stessa cosa.
« Loro sono Calum, Luke e Michael» li presentò indicandoli proprio come aveva fatto con me e Vanessa lo stesso pomeriggio.
Solo uno non lo conoscevo, quello coi capelli lilla che probabilmente si chiamava Michael. John li salutò tutti con una stretta di mano. Io alzai semplicemente la mano in segno di saluto.
Volevo andarmene da questo posto di merda. L’unica cosa che pensavo era questa: aveva rovinato anche questa giornata.
«Ash!» sentimmo una voce stridula chiamarlo a pochi metri di distanza. Ci girammo tutti e vidi una ragazza della sua età con lunghi capelli biondi che le contornavano il viso delicato, rovinato dal suo abbigliamento.
«Tiffany!» urlò lui di risposta. L’abbracciò subito andandole incontro. Un senso di vomito mi salì allo stomaco. Non potevo vederlo avvinghiato a una ragazza in quel momento. Lo avrei sicuramente ammazzato se mi sarei di nuovo degnata di guardarlo. Ma non ce la feci. Il mio sguardo era come calamitato su di lui. Il mio senso di vomito stava crescendo sempre di più. Gli amici di lui erano quasi sconvolti quanto me ma poi rincominciarono a chiacchierare a ridere tra di loro, probabilmente prendendolo per il culo per il tono stridulo che aveva usato per salutarla.
«Perché non mi hai detto che eri tornato?!» continuò esterrefatta la ragazza fissandolo.
«Non ho avvisato nessuno in realtà, sono tornato da poco» si scusò lui.
Mentre lui era voltato osservai che era la situazione migliore per fuggire da quel posto.
«John, andiamo da qualche altra parte?»
«Uhm, okay. Sai già dove?» mi chiese.
«No, basta che non sia qua dentro» risposi.
Salutai i tre ragazzi che erano con Ashton e poi mi voltai per l’ultima volta verso di lui. Si girò per un secondo, mi fissò, e poi ritornò a chiacchierare con la bionda.
Ormai ero fuori da quel posto orrendo.


POV ASHTON
 
«Ora devo proprio andare. Mi ha fatto piacere rivederti. E la prossima volta avvisa» mi disse Tiffany stringendomi ancora tra le sue braccia e scoccandomi un rumoroso bacio sulla guancia.
«Sarà fatto» le dissi salutandola.
Raggiunsi gli altri che erano poco lontani da me che mi fissavano in modo strano. No, stavano semplicemente trattenendo una risata fin troppo rumorosa che scoppiò quando ormai mi trovavo a pochi centimetri da loro.
«Ma chi cazzo era quella?» mi domandò Micheal.
«Vecchia amica.»
«Amica…» continuò continuando a ridere.
«Comunque era carina potevi presentarcela, stronzo» disse Calum continuando a osservarla da dietro.
«La prossima volta, eh» sbuffai.
«Il coglione e Abbey se ne sono andati?» chiesi guardandomi in giro.
«Sì, poco fa» mi rispose Calum.
In effetti l’avevo vista andarsene. Era mano nella mano con quel coglione di John. Dio, che nervoso. Non perché lei non ci possa uscire, è chiaro. Ma semplicemente perché lui è troppo coglione per lei. Se lo avessi saputo prima non le avrei consigliato di vestirsi così. Le avrei proposto un pigiama, così evitava di fare più colpo su di lui.
«Che poi perché hai fatto finta di non conoscerla?» mi domandò perplesso Calum incurvando pericolosamente le sopracciglia.
«Infatti, te lo volevo chiedere io» disse pure Luke.
Incominciava il quarto grado alla Calum Hood.
«Non volevo rovinare il momento» dissi.
«Cazzata n° 1. Mi puzza ‘sta cosa » disse infatti Calum.
«Ma massimo puzzi tu!»
«Ehy, abbassa i toni- rise- La cosa che mi fa strano è che tu hai sempre odiato questo posto di merda e stranamente oggi hai tanto insistito a venire qua. E ancora più stranamente ci siamo trovati la ragazza a cui hai dato stranamente un passaggio oggi pomeriggio e che mi ha fottuto il posto d’avanti» concluse Calum.
«Cosa? Perché io non so mai un cazzo?» sbottò Michael.
«Perché tu non devi mai sapere un cazzo» gli rispose Luke.
«Semplicemente perché non è importante» gli risposi sbuffando.
«Che c’è di male? E’ la mia vicina. Le ho dato un passaggio, così per essere carino. Sì chiama gentilezza se non la conosci» mi stavo quasi innervosendo. E non capivo assolutamente perché, di solito non mi innervosivo e non davo neanche così tante scusanti.
«Ti stai arrampicando sugli specchi» mi disse con aria di sufficienza.
Momento di silenzio che significava solo che Calum stava pensando a qualcosa.
« Oddio Ashton ti interessa la ragazza!» disse esterrefatto dopo i secondi di trans.
Luke e Michael mi fissavano con fare malizioso.
«Tutto torna così!» se ne uscì fuori Luke come se gli fosse uscita la lampadina dalla testa.
«No! Smettila!»  urlai spazientito.
«Okay, la pianto. Ma comunque sono un genio» continuò convinto Calum.
«No sei un idiota» lo corressi.



POV ABBEY
 

 
John mi aveva appena lasciato sotto casa. Dopo la fuga dal pub più brutto della storia dei pub ci eravamo fermati al parco lì vicino per scambiare due chiacchiere. Era stato molto bello parlare con lui. Era un ragazzo alla mano, diverso da come me lo aspettavo. Avremmo parlato per una mezzoretta tutta fino a quando io non incominciai a sentire freschino e decise di riaccompagnarmi a casa. Era stato gentile e carino con me per tutta la serata. Sarebbe stato tutto perfetto se non fosse venuto Ashton a rompere le palle.
Mi trovavo davanti all’uscio di casa. Stavo ormai per inserire le chiavi nella toppa quando proprio stranamente- proprio un caso- sentii la canzone che poteva annunciare l’arrivo solo di una persona
Mi girai nella direzione della musica e le mie teorie vennero confermate. Ashton era appena tornato a casa. Dovevo essere arrabbiata con lui, non rivolgergli neanche lo sguardo ma appena lo vidi illuminato dalla luce interna della macchina tutti i pensieri mi si annebbiarono.
Spense l’auto e poi scese dalla macchina in tutto il suo splendore. Al pub non avevo notato- anzi non avevo voluto notare- che portava un bellissimo beanie verde che gli stava d’incanto e … No, dovevo fermarmi, dovevo essere incazzata e non di sicuro adularlo così.
Mi vide che lo stavo fissando, non voglio assolutamente sapere da quanto tempo lo stessi fissando, troppo imbarazzante. Mi sorrise e alzò la mano per salutarmi.
Sorrisi anche io impercettibilmente e poi mi rigirai verso la porta di casa. Sentii le sue chiavi tintinnare, tra poco sarebbe entrato anche lui. Una domanda volevo fargliela con tutto il cuore. Era particolarmente stupida ma dovevo farla ora o mai più.
«Ash!» lo richiamai.
Si voltò subito e mio cuore accelerò il battito cardiaco in un modo spaventoso
«Sì?»
«Volevo farti una domanda.»
Perché devi sempre divagare?!
«Spara.»
«Ma- ma tu ascolti solo quella canzone?» gli chiesi indicando la macchina.
Gliel’ho fatta, finalmente. La domanda che mi tormentava da quel pomeriggio. La domanda più stupida che potrebbe tormentare una persona.
Chinò il capo e sorrise. Oddio era bellissimo.
Perché glielo hai domandato? Penserà che sei una deficiente!
«Sono semplicemente un po’ in fissa. Notte Abbey» mi salutò forse facendomi anche l’occhiolino. Doveva finirla assolutamente.
«Notte, Ash» quasi sussurrai.
Mi sorrise per l’ultima volta per poi entrare in casa.
Dovevo assolutamente riprendermi.

 
 
 

HIIIIIIIIIIIIIIII!


ODDIO SCUSATEMI TROPPO, GOSH! NON HO MAI PUBBLICATO COSI' TARDI SORRYYYYYYY! MA C'ERA LA RIMPATRIATA DEI PARENTI! PERO' DOVEVO PER FORZA PUBBLICARE! GOSH, SORRYYY!


Okay, dopo le mie scuse possiamo incominciare.
ECCOCI! La prima uscita con John, qua esce fuori questo personaggio, tatattataaaaan. Ma va beh. E POI C'E' ASH! Quindi gosh.
Comunque, questo capitolo è uno un po' important, neanche tantissimo, ma qua esce fuori John e poi c'è il pov di Ash dove incominciano ad esserci un po' di più gli altri.
I pov di Ash non ci saranno molto spesso, o almeno credo. Ci saranno solo quando serviranno realmente.
Poi i prossimi due capitoli sono tipo troppo BOOOOOOOOOOOOOOOM quindi davvero spero di trovarmi in molte!

RINGRAZIO!
Gosh, vi amo tutte. Vi ringrazio infinitamente fino alla fine dei miei giorni. Tutte.TUTTE. A chi ha messo la storia nelle preferite seguite o ricordate e alle tre ragazze che hanno lasciato una recensione e a tutte quelle dei capitoli precedenti.
Grazie mille! *w*

Detto questo spero davvero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e spero davvero molto che lasciate un segno, come metterla tra le preferite, le seguite o le ricordate. Davvero è importante. E spero di poter leggere anche molti più pareri. Mi farebbe incredibilmente piacere leggere i vostri pensieri sulla storia, anche non sulla storia, bho qualsiasi cosa. Quindi lasciatemi anche una recensione! Plis. *v*

Spero davvero tanto che vi continui a piacere la storia e che cresciate sempre più. Cercherò come sempre di pubblicare puntuale sabato prossimo. Un bacio!

Goodbye.

Giulz



 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo V ***


 














Mi trovavo nella piccola piscina di casa mia insieme a Vanessa. Più che nella mi trovavo sulla brandina all’ombra vicino alla piscina. L’unica realmente in piscina era Vanessa. Non capivo cosa la divertisse tanto a sguazzare nell’acqua come un pesce, ma lo faceva. Anche troppo forse.
Le altre volte sarei entrata immediatamente sfruttando la bella giornata, ma da quando Ashton era tornato avevo sempre il terrore che si affacciasse da qualche finestra o botola segreta e che mi vedesse in costume. Anzi cancelliamo l’ultima parte. Che mi vedesse a prescindere.
Quindi, mentre Vanessa faceva la lontra io mi rilassavo sullo sdraio a leggere Harry Potter. E calcolando era molto più divertente.
«Ti vuoi staccare da quel libro?» sbottò Vanessa.
«Fammi finire almeno il capitolo!» urlai esasperata.
«E’ da un’ora che mi dici che devi finire il capitolo.»
«Te lo dico perché non l’ho ancora finito. Non sono lunghi tre pagine come i libri per bambini!» ribattei. Chi mi toccava Harry Potter era morto.
«Basta che entri in acqua prima che arriva l’inverno.»
Sbuffai e ripresi la mia lettura.
Delle risate mi bloccarono dal continuare a leggere. Abbassai il libro e incontrai subito lo sguardo di Vanessa. Il cipiglio che c’era poco prima si trasformò in uno sguardo incuriosito che significava semplicemente: siamo nella merda.
Quando Vanessa fa quello sguardo significa che si sta per avvicinare una figura di merda o qualche catastrofe naturale.
Infatti uscì di corsa dall’acqua e venne immediatamente da me schizzandomi completamente.
«Hai quasi bagnato il libro!» sbottai.
«Non me ne frega. Alzati, muoviti. Provengono dalla casa del Biondiccio
Chiusi velocemente il libro per non farla spazientire e mi alzai dalla branda.
«Che hai intenzione di fare?» le chiesi.
«Vedere che succede. Sana curiosità.»
«Ti avverto. Se ti fai vedere o mi fai vedere- peggio ancora- ti disintegro» l’avvertii.
«Okay- disse per niente intimorita- muoviti.»
Ci abbassammo dietro la piccola siepe che divideva il giardino di casa mia dal suo.  Mi sentivo troppo scema a nascondermi dietro una siepe, soprattutto se era poco più bassa di un metro e che quindi ci copriva a malapena.
Vanessa si alzò leggermente per poter vedere oltre la nostra barriera di foglie e strabuzzò gli occhi. Si girò di scatto verso di me e fece uscire un piccolo ghigno. Oddio.
«Non ci crederai. Guarda.»
Mi alzai leggermente per vedere quello che poco prima aveva visto Vanessa e appena oltrepassai la siepe mi sembrò di sentire l’alleluia suonare. Vidi immediatamente Ashton con i suoi soliti tre amici nella piscina di casa sua. Soprattutto, Ashton nella piscina di casa sua. Questo significava: Ashton in costume, Ashton zuppo, Ashton con i capelli bagnati che gli coronavano il viso, Ashton che faceva Ashton. E non andava affatto bene. Per niente. Mi abbassai velocemente appena mi resi conto che li stavo guardando da troppo tempo. Prima di girarmi verso Vanessa incominciai a rimpiangere i momenti in cui lui era a Sydney e quando la mia vita quotidiana si poteva chiamare ancora così.
M i feci forza e mi girai verso Vanessa e prima che potesse fare qualsiasi stupidaggine le chiarii una cosa:
«Non fare nulla. Strisciamo fino alla brandina e facciamo le persone normali.»
«Assolutamente no! E’ un’occasione che non capita tutti i giorni, Abbey! E non me la faccio sfuggire. Lo sto facendo per te.»
«Facendo cosa?» domandai spaventata.
«Quello che faccio tra un secondo. Mi ringrazierai» disse e mi fece l’occhiolino (devono finirla di farli in continuazione, santa pace) e poi si alzò in piedi.
No, ditemi che non lo stava facendo vi prego. Questa è la fine.
«Ehy!» urlò lei sventolando una mano. Dall’altra parte finirono gli schiamazzi per poi sentire.
«Ehy, ciao!» disse uno di loro, non riuscii a distinguere chi.
«We!» sentii poi la voce di Ash. Subito dopo percepii qualcuno uscire dall’acqua e dirigersi verso di noi a grandi passi.
«Che ci fai qui?» chiese proprio Lui a Vanessa in tono gentile e amichevole.
«Giusto, sei da Abbey» rise subito dopo essersi conto della risposta ovvia.
«Esatto» rise anche lei. Cos’è? Un ritrovo?
Sentivo che tra poco sarebbe arrivata la parte brutta.
«Abbey dov’è?» le chiese.
Ecco.
«E’ qui» mi annunciò lei afferrandomi per un braccio e sollevandomi di peso. Mentre cercava di alzarmi mi fece sbattere contro qualche rametto della siepe e quasi non rimasi decapitata lì. Ma per mia sfortuna mi ritrovai in piedi d’avanti a lui grondante d’acqua e con la consapevolezza di aver fatto una figura di merda.
«Ehilà! Che ci facevi per terra?» mi chiese.
Trova una scusa, trova una scusa.
Guardai immediatamente il libro che avevo in mano. Harry Potter grazie di esistere.
«Stavo raccogliendo questo» dissi mostrando il libro.
Me lo ritrovavo d’avanti, completamente bagnato come me lo ero immaginato prima e quasi mi ritornò in mente la fantasia di lui nel costume rosso alla beywatch fatta qualche sera prima. Era qualcosa di davvero tremendo per il mio piccolo e illuso cuore.
«Perché non venite di qua con noi?!» ci propose.
No no no no no. Questo è davvero troppo imbarazzante.
Vanessa mi guardò per un nano secondo in cui le feci capire la mia disapprovazione ma lei ovviamente accettò.
«Fantastico, vengo ad aprirvi.»
«Non c’è bisogno. Se hai intenzione di aiutarci oltrepassiamo la siepe.»
COSA? Sta scherzando? Lei, la ragazza che non correva fino a una settimana fa si mette a scavalcare la siepe?
«Certo. Basta che non ti ammazzi» accettò lui divertito.
«E come pensi di scavalcarla?» uscii io sconvolta.
«Con la sdraio» mi rispose.
Mi scansò di lato e prese la sdraio dove ero sdraiata meno di dieci minuti prima. L’appoggiò il più vicino possibile alla siepe e poi ci salì in piedi.
«Sai che non è stabile quella roba vero?» le domandai.
«Per un secondo sarà più che stabile. Ash, pronto? Io mi appoggio su di te e tu mi trasporti di lì» spiegò il tutto.
«Sì, signor capitano.»
Così facendo in un batter d’occhio Vanessa si trovava di fianco ad Ashton come se nulla fosse.
«Tocca a te» mi fece notare con un sorriso che gli attraversava metà faccia.
«Vanessa prendi questo» le dissi dandole il libro che mi avrebbe aiutato in questa lunga avventura.
«Ma che te ne fai?»
«Non preoccuparti» la zittii.
Salii sulla sdraio. Vedevo Ashton d’avanti a me pronto a prendermi come aveva fatto un secondo prima con Vanessa. Appoggiai le mie mani sulle sue spalle. Al contatto quasi imprecai mentalmente. Non riuscivo a levare gli occhi dai suoi. Ero ipnotizzata da lui, dal suo sorriso che continuava a rivolgermi e dalla situazione. Appoggiò delicatamente le sue mani sui miei fianchi. Sentii una fitta allo stomaco e in quel momento sì che imprecai mentalmente.
«Salta» mi ordinò.
Saltai e un secondo dopo mi trovavo di fianco a lui. Ancora con le mani sulle sue spalle e lui con le sue mani sui miei fianchi. I nostri occhi erano ancora incollati e in quel momento lo sfondo mi sembrava praticamente pieno di nuvolette e unicorni saltellanti.
Qualcuno mi disincanti!
Vanessa tossì di fianco a noi e grazie a dio esaudì il mio desiderio. Staccai immediatamente le mani dalle sue spalle e lui fece lo stesso.
«Grazie» gli dissi.
«Entri?» mi chiese indicando la piscina dietro di lui.
«No, magari più tardi» gli dissi. Lui mi rispose con un sorriso e poi tornò a tuffarsi.


 
Mi trovavo a leggere- ancora- su una delle sdraio che si trovavano all’ombra proprio vicina a quella dove era seduto Michael. Gli altri, cioè: Vanessa, Luke, Calum e Ashton si trovavano in piscina a fare i deficienti. Vedevo che Vanessa si era inserita bene nel gruppo, a differenza mia che quasi non avevo parlato con nessuno. Ma non mi preoccupava molto questa cosa. Dopo tutto non sarebbe mai diventato il mio gruppo di amici, soprattutto visto che ci faceva parte Ashton e non portava a niente di buono. Anche se da un’altra parte volevo inserirmi meglio per poter stare più tempo con lui e conoscerlo ancora meglio di prima. E non solo pedinarlo come facevo due anni prima.
Mentre facevo le mie riflessioni alla “Abbey dovresti interagire” il ragazzo coi capelli lilla parlò dal nulla.
«Pensavo di essere l’unico a non voler entrare in piscina» disse.
«E’ che preferisco leggere in questo momento. Di solito entro» mi voltai per guardarlo.
«Tu come mai non entri?» chiesi.
Staccò lo sguardo dal telefono che aveva in mano e poi mi rispose:
 « Non mi piace molto la piscina. Poi non mi piace stare al sole. Tu invece? Hai qualche strana fissa mentale come me?» mi chiese.
Risi e poi risposi.
«No, non credo almeno. Ora semplicemente vorrei finire il capitolo del libro. Poi vedo se entrare.»
«Che stai leggendo?»
«Harry Potter e i doni della morte» gli risposi con una nota di ammirazione per me stessa.
«Non ho mai letto i libri. Ho solo visto i film.»
«Bhè, sono davvero stupendi. Dovresti leggerli» dissi.
Stava per continuare la conversazione ma Ashton uscì dall’acqua e andò verso un vecchio stereo sotto la veranda.
«Ora mettiamo un po’ di musica. La prima la scelgo io» annunciò.
E l’ultima canzone che volevo sentire in quel momento incominciò a risuonare nell’aria. Numerosi sbuffi provenivano dalla piscina.
«Non rompete! E’ stupenda» ribatté Ashton.
«Ma mette solo questa canzone?» chiesi a Michael.
«Sembrerebbe. In macchina ormai la prima canzone è questa. Non riusciamo a fargliela cambiare» disse.
«Mi dispiace per voi. Due volte l’ho beccato in macchina e puntualmente c’era questa canzone» risi.
Mi voltai un secondo verso Ash e lo vidi ormai lontano dallo stereo. Stava venendo dalla nostra parte, forse. No, anzi, senza il forse.
Il cuore incominciò a battere leggermente più forte e mi bloccai dal continuare la conversazione. La gola aveva incominciato a diventare secca. Ormai era troppo vicino. Pensavo che sarebbe venuto per prendere qualcosa e invece si era seduto in fondo allo sdraio dove mi trovavo. Istintivamente mi ritirai e avvicinai le gambe di più verso di me. Quasi a pallina. Che cosa triste.
«Di che si parla?» chiese sprezzante.
«Perché devi sempre interrompere?» gli chiese quasi come una frecciatina.
«Oh, non rompere. Volevo solo entrare a far parte della conversazione» continuò rivolgendomi un sorriso.
«Stavamo parlando della tua canzone di merda» sputò fuori Michael con tono di sfida.
«Cosa? Non insultare questa canzone. Mi ci sono quasi affezionato!» esclamò fingendo di essere profondamente offeso.
Oddio che figura di merda. Abbey fuggi dalla siepe, diventa un Pokemon.
«Anche tu lo pensi?» mi chiese con una faccia da cucciolo che stimolò in me la voglia di abbracciarlo e non mollarlo più.
Rimasi in silenzio a fissarlo in imbarazzo.
«Sì, lo pensa» rispose per me Michael continuando a smanettare col telefono, indifferente.
«Grave, Abbey. Molto grave. Ora dovrai pagarne le conseguenze.»
«Cosa? In che senso? Che hai intenzione di fare? No, la canzone è stupenda» cercai di trovare una scusa.
Che cosa voleva fare? Forse voleva seppellirmi così non mi avrebbe più visto sulla faccia della terra. Quasi mi faceva comodo, pensandoci.
«Chiudi il libro» mi ordinò ridendo.
«No, cosa vuoi fare?» domandai impaurita.
Speravo nell’aiuto di Michael ma vedevo che se ne fregava proprio di tutto. Ma che cazzo?!
«Metti giù il libro. Non ti torturo mica» continuò fissandomi negli occhi e continuando a ridere. Era qualcosa di davvero tremendo per il mio debole cuore. Tra poco al posto del cuore mi saliva il fegato se continuava così.
Chiusi il libro velocemente e lo appoggia di fianco a me sulla sdraio.
«Bene, è arrivata la tua ora Abbey Walker» annunciò con una voce profonda.
Mi venne da ridere ma non sapendo quello che stava per accadere non riuscii ad esternarla.
Si alzò in piedi e venne di fianco a me.
«Che vuoi fare?» domandai quasi con tono di sfida. Dal nulla mi venne tutta questa sicurezza. Dopo tutto non potevo continuare a fare la ragazza timida e isolata dal mondo.
Lui rise ancora di più, per poi fare la cosa che non mi sarei mai aspettata facesse. Si abbassò velocemente e mise un braccio sotto le ginocchia e uno dietro la schiena.
Mi sollevò come se nulla fosse. Mi aggrappai velocemente al suo collo e incontrai immediatamente i suoi occhi. Erano maledettamente vicini e continuavano a trafiggermi. Il contatto della sua pelle bagnata sulla mia mi vece venire un brivido.
Si stava dirigendo velocemente verso la piscina. In quel momento realizzai che cosa avesse in mente.
«No, Ashton. Mettimi giù. No, non buttarmi in acqua!» urlai.
«Devi pagare» continuò lui.
«Ti prego no! Michael aiutami!» implorai Michael di cagarmi almeno un secondo.
«Mi dispiace. Mi bagnerei» disse. Ma che diamine!
Non feci in tempo a ribattere di nuovo che ormai aveva preso la rincorsa lanciandosi in acqua. Dopo neanche un secondo ci trovavamo tutti e due sott’acqua, i nostri corpi incastrati l’uno all’altro che continuavano a sfiorarsi e i nostri sguardi impressi l’uno nell’altro. Era diverso dai soliti, per questo, penso, mi fece un effetto maggiore. Non potevo continuare a fissarlo. Tornai a galla il più velocemente possibile. Lo sguardo sembrava essere durato mesi. Tipo slowmotion, e la cosa era tremenda. Subito dopo risalì a galla anche lui.
«Buon bagno!» esultò.
«Fanculo! Non ho neanche finito il capitolo. Tra te e Vanessa non so chi ammazzare prima» sbottai irritata.
«Fa niente, per quella roba là. Meglio fare un bagno con me!» disse sprezzante.
Aveva davvero detto quelle parole? Non ci posso credere. Harry Potter non me lo tocca nessuno.
«Cosa hai detto?» dissi inferocita. Non seriamente, sia chiaro. Con un tono di scherzo…più o meno.
«Eh?»
«Cosa hai detto?» ripetei.
«Meglio fare il bagno con me?» disse incerto.
«Prima.»
«Quella roba là?» ripeté titubante.
Lo presi per le spalle e cercai di buttarlo sottacqua. Mi sentivo particolarmente stupida, soprattutto perché non ci riuscivo seriamente e perché lui continuava a ridere. Ma doveva pagare per aver insultato quel libro.
«Tu sei pazza- rise- scherzavo!»
Quasi annegò solo perché continuava a ridere. Non riuscii a trattenermi e scoppiai anche io. Anche se tentavo seriamente di affogarlo.
Purtroppo però mi prese in contropiede e mi buttò lui sott’acqua.
Dopo pochi secondi in apnea sentii le sue mani prendermi per i fianchi e tirarmi su. Mi avvicinò di più a lui, quasi che i nostri corpi si sfiorarono di nuovo, e in quel momento mi assalì il panico.
«Ricordati- mi disse sussurrando con un tono di malizia- che alle battaglie di affogamento vinco sempre io.»
«Avrò vendetta, Irwin» dissi sfidandolo.
«Vedremo, vedremo» fece spuntare un ghigno.
Stavo per svenire per le ultime cose accadute. Ashton che mi prende in braccio. Ashton che mi fissa sott’acqua. Ashton che mi annega e che mi fa rinvenire tra le sue braccia. Era troppo per neanche venti minuti di vita.
Per non pensarci mi voltai verso Vanessa e la vidi scherzare allegramente con gli altri due. Soprattutto vedevo che andava molto d’accordo con Calum. Sì, decisamente scherzava più con lui. Un sorrisetto indecifrato spuntò sul mio viso, appena m ne resi conto lo ricacciai negli abissi e mi rivoltai verso Ashton.
«Andiamo da loro?» propose.
«Okay» risposi semplicemente.
«Chi arriva per primo vince!» urlai.
Almeno questa la vinsi io.
 
 

Era passato un bel po’ di tempo- almeno così mi pareva- dai momenti in cui Ashton ha tentato di uccidermi, mi riferisco alla mia poca sanità mentale che mi rimaneva per resistere a lui.
Stavamo continuando a fare inutili giochi d’acqua da non so quanto tempo ormai. Vanessa ormai aveva socializzato completamente con gli altri due, io ero solo all’inizio della conoscenza. Erano simpatici, anche il moro- Calum- che mi era sembrato così restio quando Ashton mi aveva dato un passaggio, era davvero molto divertente. Era bello stare in loro compagnia. Cosa che pensavo non sarebbe mai successa. Dopo aver pensato alle gioie che stavo vivendo in quel pomeriggio mi resi conto delle parole di mia madre «fatti trovare a casa per le 18,30. Non far si che ti debba chiamare al telefono».
Cazzo! Sicuramente saranno già le sei.
Mi voltai immediatamente verso Michael che era ancora a smanettare col suo amato telefono.
«Michael, che ore sono?» chiesi.
«Le 18.10» mi rispose con una tranquillità sorprendente.
«Cazzo, devo andare» dissi quasi sottovoce.
Mi voltai verso le pareti della piscina e mi issai per uscire.
«Dove vai?» mi chiese Ashton. Sembrava l’unico ad essersene accorto.
«Devo andare a casa» gli dissi quando ero già in piedi.
Lui che poco prima si era avvicinato il più possibile al bordo per parlarmi era uscito in un secondo. Si scrollò i capelli dall’acqua – oh dio santissimo- e poi andò a prendere il suo asciugamano.
Appena lo vidi mi ricordai immediatamente di quanto fossi cogliona e stupida: non avevo portato l’asciugamano.
«Vanessa, dobbiamo andare. Almeno, io devo poi tu non so» le urlai.
«Di già?» si lamentò.
«Io devo andare. Se tu vuoi accamparti qua fai.»
Si era alzato un leggero vento e non era la cosa più bella in quel momento. Il vento si scagliava contro la mia pelle bagnata facendomi rabbrividire fino a quando non sentii una cosa morbida e calda avvolgermi le spalle. Abbassai lo sguardo e vidi immediatamente che un asciugamano era appena apparso dal nulla. Ma poi sentii delle mani che me lo sistemarono meglio sulle spalle. Mi voltai e mi ritrovai Ashton con un piccolo sorriso imbarazzato.
Seriamente? Imbarazzato?
«Ho visto che non avevi l’asciugamano. Ho preso uno dei miei» mi sorrise di nuovo.
«Grazie mille» lo ringraziai abbassando immediatamente gli occhi sapendo che non sarei resistita un minuto di più.
«Ehm, volevo chiederti una cosa» disse con il tono di voce più basso, quasi che non voleva farsi sentire.
«Chiedi» lo incitai sorridendogli.
«Ti andrebbe una sera di queste uscire? Non so andiamo a bere qualcosa, fare un giro» mi domandò.
Se prima il mio cuore batteva forte ora era collassato. Neanche und defibrillatore lo avrebbe salvato. Mi bloccai immediatamente, la gola era di nuovo secca ed ero incredula. Non era possibile.
Continuava a fissarmi aspettando una risposta ma non riuscivo a spiaccicare parola.
Dovresti dire qualcosa mia cara. Non è molto carino diventare una statua in questo momento.
«S-sì, certamente. Va bene.» esclamai con una voce quasi stridula.
Da che non riesci a parlare, Abbey, tiri fuori anche la voce più brutta del secolo. Brava, complimenti, riceverai un premio per “Scacciamo via Ashton Irwin con una parola”.
«Vengono anche lo-» non riuscii a finire la frase che qualcuno di fianco a noi mi interruppe.
«Bella, va bene. Domani andiamo al cinema».
A meno di due metri da noi si trovava Luke, che non avevo nemmeno visto uscire dall’acqua che ci fissava sornione.
Ashton si irrigidì immediatamente e chiuse gli occhi come per sperare che fosse tutto uno scherzo. Lo volevo fare anche io, ma mi aveva preceduto e non era proprio carino imitarlo. Ma per sfortuna mia e di Ashton, Luke lo urlò a tutti in quell’esatto momento attirando i consensi degli altri e soprattutto l’attenzione su noi due.
«Bravo, Ashton. Hai sempre delle belle idee» si complimentò il biondo.
«Certo, ti ringrazio molto, Luke» gli rispose rigidamente.
Mi uscì una risata. Era troppo imbarazzante quella situazione. Così imbarazzante che mi faceva ridere. Se fosse successo a qualcun altro e non a me sarei stata divisa in due, ma mi trattenni sapendo che c’ero dentro fino al collo.
Grazie a dio anche lui rise e non mi sentii più tanto stupida.
«Scusami, ma non saremo soli.»
«Fa niente. Va benissimo» lo rassicurai.
In effetti era un bene, lo stavo giusto proponendo io perché non sarei resistita una sera intera da sola con lui. Soprattutto Lui. Non avrei retto. Dovevo per forza avere Vanessa al mio fianco in una situazione simile. Era obbligatorio.
«Ci sono» sbuffò Vanessa che sbucò dal nulla dietro di me.
«Okay, perfetto. Noi andiamo» dissi rivolta ad Ashton.
«Allora a domani» mi salutò stampandomi un leggero bacio sulla guancia per poi rivolgermi un sorriso. Sorrisi a malapena e poi mi girai verso Vanessa. Il suo sguardo era indescrivibile. Dico solo questo.

 
 



HIIIIIIIIIIIIIIIII!

I'm here!

Rieccomi con il quinto capitolo! *urli di felicità*
Okay, no.
COMUNQUE, IN QUESTO CAPITOLO SONO IN PISCINA, CIO SIGNIFICA TUTTI IN COSTUME (tranne michael) MA TIPO AHAHAHHAHAHmoriteAHAHAHHA

Va beh, la vita è questa.
ASHTON CHIEDE DI USCIRE AD ABBEY! AAAAAAAAAAAH. Ma poi subentra Luke e quindi avverrà un'uscita di gruppo.
MUAHAHAHAH IL PROSSIMO CAPITOLO SARA' BOOOOOM! *0*


Detto questo, spero di trovarvi in numerose sia in questo capitolo sia nel prossimo, perchè lo dico per il vostro bene. (no non è vero)

GRAZIE INFINITE A TUTTE! *u*
Grazie a chiunque caga questa storia, davvero I love you! E anche a quelle che hanno recensito gli scorsi capitoli. Spero di ritrovarvi tutte e che continui a piacervi questa ff.

Quindi spero anche che le nuove arrivate mettano tra le preferite, seguite o ricordate questa storia. Lasciate una recensione, pliiiiiiiiiiis! Scrivete anche che mi odiate (?) O che la storia fa davvero cagare e che la dareste in pasto a uno gnu.

Ringrazio in fine la mia BèSt che mi ha ancora pubblicizzato nella sua storia fighissima. Love you.


So, Vi amo tutte!
Grazie ancora. Goodbye! c:

Giulz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


 















«Allora? Che film vediamo?» chiese Luke.
Ci trovavamo tutti di fronte al tabellone dei film che sarebbero stati dati quella sera. E dopo ben dieci minuti non avevamo ancora scelto che film vedere.
Ovviamente avevamo raggiunto il cinema a bordo della macchina di Ash. Come abbiamo fatto a salirci in sei? Vanessa si era seduta in braccio a Calum, che non si era minimamente lamentato di avere una persona sulle gambe. Soprattutto dopo aver continuato a sbuffare quella volta che Ash aveva dato un passaggio a me e a Vanessa fino a casa mia. La cosa mi puzzava, e anche molto. Avrei sicuramente parlato con Vanessa di questo più tardi. Ma la cosa che mi attanagliava lo stomaco era il fatto che era un’uscita vera e propria con Ashton, e i suoi amici. Ma loro momentaneamente venivano dopo, perché prima c’era Ashton, scritto in lettere cubitali nella mia mente da quando lui mi aveva chiesto di uscire. Avevo cercato di sembrare il meno impacciata possibile, ma ovviamente non riuscii nell’intento. Per incominciare, avevo rischiato di inciampare sul gradino di casa mia mentre correvo per raggiungere la macchina.
Quindi figura di merda numero 1.
 Non volevo assolutamente immaginare che altre figure di merda potevano crearsi durante tutta la serata, e la cosa mi terrorizzava.
Sembrare stupida e per lo più sfigata era l’ultima delle mie intenzioni. Cercavo in tutti i modi di sembrare rilassata e calma, ma penso non mi venisse bene. Per di più sarò rimasta chiusa in camera come minimo due ore per scegliere che cosa mettere per l’occasione, soprattutto con le  finestre chiuse come bunker per evitare altre infiltrazioni da parte di Ashton.
 Anzi, per non farmi vedere da Ashton in difficoltà per vestirmi per uscire con lui!
Dio, che tristezza.
Comunque, ora dovevamo scegliere il film, cosa più importante.
«Io propongo Deliver Us from Evil» propose Calum.
«Non saprei, un horror…» disse Luke.
«L’ho già visto l’altra sera in streaming» sbuffò Ashton.
«Se sei coglione non è colpa mia!» esclamò Calum.
«Ma cosa vuoi?!» ribattè Ash.
Questa sarebbe stata la situazione perfetta per uscire dall’ombra e poter interagire decentemente col gruppo. Ora o mai più.
«Io propongo The Fault In Our Stars» dissi di punto in bianco cercando di non far trasparire l’ansia. Magari potevo sembrare stupida a proporlo. Che situazione orrenda.
«Vedo che tu ragioni! Propongo anche io quello!» esclamò Michael puntandomi un dito addosso facendomi rilassare di botto.
«Michael, sei serio?» sbottò Calum.
«Sì.»
«Chi vota per Deliver Us from Evil alza la mano» disse Vanessa.
«Davvero stiamo facendo questa cosa per un film?» rise Luke.
«Non sapete decidervi!- sbottò lei ancora più irritata incominciando a gesticolare come solo lei sa fare- Comunque, chi vuole vedere questo?»
Calum alzò la mano e anche Vanessa.
«Chi vuole vedere The Fault In Our Stars?»
Io alzai la mano e fui seguita da Ashton, Luke e Michael.
«Credo che si guarderà questo allora» concluse la votazione Ashton con un sorriso a trentadue denti per poi girarsi verso di me e guardarmi.
Morta.
Ci stavamo dirigendo verso la biglietteria quando mi accorsi di una cosa che era appena accaduta: a Vanessa non sono mai piaciuti così tanto i film horror da voler vederne uno al cinema. Dopo questa la situazione mi puzzava anche di più. Se continuava così sarei rimasta soffocata dal tanfo, sicuro.
Mi avvicinai velocemente a Vanessa per fargli notare questo incredibile avvenimento e ricevetti una semplice scrollata di spalle come risposta.
«Come io non so mentire a te, tu non sai mentire a me. Ricordatelo» le feci notare a denti stretti. Lei rise e poi si voltò per pagare il proprio biglietto.
 
 
Stavamo prendendo posto nella sala. Io mi ero seduta vicino a Vanessa a cui, ovviamente, si era seduto di fianco Calum. Michael si sedette subito dopo di lui e Luke si stava per sedere di fianco a me quando:
«Luke, scansati» gli ordinò Ashton che sbucò subito dietro di lui.
«Ma io ho il num-»
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che venne preceduto da Ashton di nuovo.
«Okay, bravo. Ora spostati.»
Dopo numerosi sbuffi Luke riuscì a raggiungere il suo posto di fianco a Michael e permise così ad Ash di sedersi di fianco a me. Ciò mi provocava numerosi attacchi cardiaci e mancamenti di seguito. Speravo ci fosse un paramedico nelle vicinanze.
Respira, Abbey, respira. Vuoi finire questa serata decentemente vero?
Non mi ero accorta che mentre mi auto incoraggiavo a sopravvivere mi ero fermata con lo sguardo dritta verso di lui che a sua volta mi fissava col solito sorriso.
“Che-figura-di-merda” questa frase era stampata in lettere monumentali sulla mia fronte.
Quando vide il mio volto diventare di colpo scarlatto scoppiò a ridere.
«Pensavo fossi morta» disse ridendo.
«N-no, mi ero incantata» mi affrettai a dire voltando immediatamente lo sguardo verso lo schermo dove stavano già dando le pubblicità dei prossimi film.
«Almeno ti eri incantata su qualcosa di incantevole» scherzò enfatizzando sull’ultima parola.
«Sei pessimo» lo rimbeccai.
Lui rise ancora di più per poi tuffarsi nei suoi popcorn. Guardarlo mentre si divorava i suoi popcorn prima dell’inizio del film mi fece venire fame e quindi lo imitai incominciando a stuzzicare i miei. Aveva tentato ripetutamente di pagarmi lui i miei, ma prontamente riuscii ad arrivare prima alla cassa. Però venni battuta in velocità per pagarmi la coca cola, che quindi mi offrì lui. Era stato così gentile negli ultimi tempi che quasi mi sembrava il ragazzino con cui avevo fatto amicizia da piccola. Quello che non mi prendeva minimamente in giro o cose simili.. Ricacciai via immediatamente quei vecchi pensieri e mi soffermai di più sulle ultime cose che lui aveva fatto. Mi aveva invitato ad uscire.
Evento mai accaduto nella storia di Abbey Walker.
Poi mi aveva permesso nuovamente di stare sul posto del passeggero in macchina e non schiacciata dietro, e poi aveva tentato di offrirmi i popcorn e la bibita, senza riuscirci a pieno. Probabilmente se io vivessi in un cartone in questo momento avrei gli occhi a forma di cuore e uno sfondo arcobaleno costellato di gattini volanti. Ma grazie a dio non vivevo in un cartone e tutte queste cose che stavo pensando si trovavano solamente nella mia mente.
Perché se davvero qualcuno- soprattutto lui- potesse vedere quello che mi circolava in quel momento nella mente, probabilmente mi sarei ritrovata immediatamente in un ospedale psichiatrico per Infatuazioni Dannose Per La Vita Altrui.
 
 
 
Solo quando arrivai al momento che mi aveva più toccato nel libro mi resi conto che avevo fatto male a proporre questo film. Infatti non riuscii a trattenere le lacrime e questa cosa mi metteva terribilmente in imbarazzo. Farmi vedere da Ashton mentre piangevo per un film era davvero il massimo della tristezza che qualcuno poteva raggiungere. Riuscii a mascherare per bene all’inizio, non si capiva quasi per niente che stessi piangendo ma dopo pochi secondi che avevo iniziato non riuscivo più a trattenermi e dovetti quasi soffocarmi per nascondere un singhiozzo fin troppo rumoroso. Ma questo tentativo fu disastroso perché feci ancora più rumore di quello che avrei potuto fare senza cercare di uccidermi. Infatti vidi immediatamente Vanessa e Ashton voltarsi verso di me e in quel momento volevo sotterrarmi. Ashton mi sorrise per poi mettermi un braccio dietro la spalla. Mi uscì un altro singhiozzo- per questo piansi anche perché Ashton mi stava confortando mentre piangevo mentre guardavo The Fault in Our Stars. Questo non andava bene.
Oltre a mettermi il braccio dietro la spalla mi strinse anche più vicino a sé, quasi potevo appoggiare la testa contro il suo petto. Potevo sentire il calore confortevole che emanava e la cosa mi fece uscire un altro singhiozzo.
«Aaaw» disse con la voce più tenera esistente in questo mondo. Ormai da quanto mi teneva vicino a se ero quasi appoggiata completamente a lui. Per fortuna Vanessa aveva subito tolto lo sguardo da me per rivolgersi nuovamente allo schermo.
C’era qualcun altro nella sala che stava piangendo ma nessun’altro del nostro gruppo. Se non era Vanessa che piangeva di sicuro nessun’altro l’avrebbe fatto. O così pensavo.
Proprio nell’istante in cui mi stavo asciugando le lacrime che erano impastate di mascara- dio sembrerò un panda smonco- sentii altri singhiozzi. Vicini. Ashton abbassò lo sguardo su di me e vide che non ero io. Si girò verso gli altri e così feci anche io. Notammo subito che anche Vanessa e Calum erano girati. Ci sporgemmo leggermente in avanti e vedemmo un esemplare di Michael Clifford- avevo imparato i cognomi dopo numerose volte che Vanessa me li aveva ripetuti, non chiedetemi come faceva a saperli- che piangeva con aggiunta di singhiozzi.
«Oddio, ma davvero Mike?» gli chiese Luke.
«Se siete un branco di insensibili non è colpa mia!» si giustificò.
«Mike, pensavo fosse Ashton la ragazza adolescente nel gruppo!» esclamò sbalordito Calum.
«Ehy! Vacci piano!» sbottò Ash.
Le lacrime erano ormai scomparse dal mio volto per far spazio a una lunga risata, e la stessa cosa faceva Vanessa.
Dopo numerosi rimproveri dalle persone di fianco a noi smettemmo di ridere.
«Siete davvero delle persone orrende!» continuò Michael asciugandosi le lacrime.
«Oh, finiscila!» gli ordinò Calum.


 
Il film era appena terminato. Ci stavamo dirigendo tutti verso le uscite. C’era chi, come me, aveva pianto a dirotto e si vedeva e chi invece era rimasto impassibile e usciva tranquillo come se non fosse successo nulla.
Michael continuava a difendersi dietro di me insistendo a dire che erano tutti degli insensibili, tranne me ovviamente, che sarò di sicuro dimagrita tre chili per tutti i liquidi persi.
Visto che i ragazzi continuavano a discutere colsi l’occasione per fare quattro chiacchiere con Vanessa che al posto di confortarmi nei miei momenti di ansia durante la serata era stata tranquilla a scherzare con Calum e gli altri. Avrebbe dovuto aiutarmi! Tipo, che ne so, chiamarmi quando vedeva che Ashton si avvicinava a me e mi rendeva terribilmente nervosa. Non lo so, davvero, doveva fare qualcosa. Ma non lo fece. In un certo senso ero felice di tutto questo. Perché finalmente avevo potuto provare le cose che avevo solamente sognato anni prima, ma dall’altra parte ero terrorizzata. La mia solita ansia da Ashton si prendeva possesso del mio corpo e non lo abbandonava più. Mi irrigidivo a ogni singola parola o cosa che faceva. Solamente quando piangevo a dirotto non era apparsa. Ero troppo presa dal film da rendermi realmente conto di quello che succedeva.
«Vanessa!» la chiamai.
«Sì?» mi chiese.
«Perché non mi hai aiutato nei miei momenti i panico?»
«Quali?»
«Ogni singola volta che Ash mi parlava» spiegai.
«Ma finiscila! Non si vedeva nemmeno, e poi questo era lo scopo dell’uscita, no? Socializzare» disse.
«Infatti tu hai socializzato molto con Calum» le dissi con un ghigno ben visibile.
«Abbey! No, è molto simpatico. Punto!» incominciò a gesticolare all’aria.
Stavo per ribattere ma mi fermò con un cenno della mano.
«Basta, non dico più nulla. Ma quando gesticoli significa che sei agitata e quindi che cerchi di nascondere qualcosa. Non sai mentire a me!» le ricordai.
«Taci! Parli tu poi, che mi chiedi aiuto e poi ci mancava poco che te lo facevi sulle poltrone del cinema!» ribatté con tono malizioso.
Non riuscii a rispondere.
Davamo quell’impressione? Mi ha solo confortato in un momento di pianto isterico. Ovvio, solo quello. Perché dice sempre minchiate?
«Non è vero, mi ha solo confortato. Tutti lo avrebbero fatto..»
«Sicuro» disse alzando gli occhi.
«Davvero davamo quell’impressione?» non riuscii a trattenermi.
«Si?! Se no non te lo avrei detto!»
Mi uscì un sorriso spontaneo ma la nostra chiacchierata fu interrotta quando ci rendemmo conto che eravamo arrivati ormai all’uscita.
«Andiamo, tutti in macchina!» ci richiamò tutti Ashton manco fossimo una classe di scuola a una gita.
 
 
 
Avevamo già accompagnato a casa Calum, Luke e Michael. Avevamo appena lasciato da poco Vanessa a casa sua e questo significava solo che: io mi ritrovavo da sola con Ashton, nella sua macchina orrenda. Ovviamente mi avevano lasciato ancora il posto del passeggero quindi lo potevo vedere benissimo tutto concentrato alla guida. E tutto ciò mi provocava una fitta lancinante al mio povero cuore. Visto che Vanessa non abitava molto lontano da me non ci volle molto ad essere già sulla via di casa. Non avevamo scambiato praticamente parola negli ultimi minuti del tragitto. Quindi l’aria nella macchina era silenziosa e tranquilla. L’idea che da lì a pochi minuti mi sarei ritrovata a casa e che avrei potuto ripensare a tutta la serata nella tranquillità della mia camera mi dava un senso di conforto.
Una frenata mi fece tornare alla realtà e mi resi conto che mi trovavo proprio di fronte a casa mia. Mi voltai verso di lui e lo vidi che mi fissava. C’era qualcosa di strano nel suo sguardo, sembrava quasi imbarazzo, e visto che Ashton non era mai imbarazzato, non capivo a che cosa potessi additare quell’espressione.
«Siamo arrivati» annunciò mostrandomi un meraviglioso sorriso.
«Già- dissi facendo un cenno con la testa alla casa di fianco a me- grazie di tutto» lo ringraziai.
«Di nulla. Mi sono divertito. Anche se vederti piangere è stato particolarmente sconvolgente» disse abbassando lo sguardo da me alle sue mani e accennando una risata.
«Beh, sapevo che avrei pianto. Non ti ho solamente avvisato.»
Ormai la situazione era imbarazzante. Nessuno parlava e il silenzio era opprimente. Avrei dovuto scendere dalla macchina e salutarlo, ma semplicemente non ci riuscivo. I suoi occhi erano come calamite e fino a quando nessuno dei due avesse detto una parola- lui, ovvio, non sarei stata capace di parlare, pff- sarei rimasta ferma, lì, a fissarlo come una stupida con un sorrisino inquietante sul volto.
Che sfigata.
Pensavo seriamente di rimanere in quella posizione fino alla fine dei miei giorni ma lui, con uno scatto quasi felino mi mise una mano sul fianco e l’altra dietro la nuca, si sporse in avanti e fece scontrare le nostre labbra.
Abbey, cazzo, sta succedendo davvero? Cazzo cazzo cazzo. Reagisci, porca vacca. Fai qualcosa!
Dopo essermi auto incoraggiata ed essermi resa conto della terribile situazione, mi feci trasportare dal momento che avevo praticamente sognato da quando ero uscita dalla pancia di mia madre fino a quell’istante.
Era il bacio più bello di sempre. Mi ero presa ormai particolarmente bene. Gli misi delicatamente una mano sulla guancia e potei sentire la sua barba incolta farmi quasi solletico al palmo.
Non so da quanto tempo eravamo lì a… farci, sì, a farci. Perché ci stavamo fottutamente facendo! Ma è possibile? Ashton Fletcher Irwin che mi bacia nel posto meno opportuno del mondo- cioè davanti a casa mia- in macchina, e soprattutto in quell’esatto momento era partita La canzone che ormai mi avrebbe ricordato per sempre quel momento. La testa ormai mi vorticava, era piena di pensieri. Anzi, solo uno in particolare: Ashton che mi baciava.
Ormai eravamo praticamente appiccicati, potevo sentire le sue labbra morbide sulle mie e rendermi davvero conto che non era un sogno ma era fottuta realtà.
Quando decidemmo di staccarci- non so precisamente quanti anni erano passati- incominciammo a guardarci negli occhi. Mi uscì un sorriso e lo stesso a lui. Ritornai velocemente al mio posto e presi la borsa che era ormai caduta per terra. Non chiedetemi come ci fosse finita. Non avevamo assunto posizioni da film vietati ai minori, quindi non capivo assolutamente come ci fosse finita infognata sotto al sedile. Dopo averla recuperata con pose da contorsionista mi rimisi seduta decentemente e cercai velocemente la maniglia della portiera, mancandola spudoratamente e facendo scoppiare a ridere Ashton. Dio, non ridere proprio adesso, già quello che è successo mi ha tipo tolto come minimo venti anni di vita, se ridi pure mi farai morire domani.
Dopo vari tentativi riuscii a prendere la maniglia e ad uscire dalla macchina. Mi sporsi in avanti per poterlo salutare di nuovo affacciandomi al finestrino.
«Ehm, buonanotte» lo salutai accennando un sorriso timido.
«Buonanotte» mi salutò con l’aggiunta esclusiva del fantomatico occhiolino.
Gli sorrisi e poi mi voltai verso casa mia dove mi avrebbe atteso una lunga nottata insonne.
Motivo? Ashton.


 


HIIIIIIIIIIIIIIIIIIII THEEEEEEEERE!

Eccomi di nuovo! Yuppy!

SI SONO BACIATIIIIIIIIIIIIIIIIIII WOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO...
*dopo anni*

Okay, finiamola.
Si sono baciati for the firts time! *W*
CHETTTENERI!
Questa è la fatidica uscita sabotata da Luke, ma fa nulla!

Allora preciso che:
Quando ho scritto il capitolo Colpa delle stelle non era ancora uscito in Italia.
L'altro film che propongono è Liberaci Dal Male, che sia Colpa delle stelle che questo sono usciti da non so quando in Australia quindi ho optato per questi.
Non ho voluto dire la scena in cui piange Abbey perchè non sapevo se tutte sapevano già la storia e non volevo spoilerare nulla.
E' la stessa scena in cui ho pianto per un ora mentre ho letto il libro e anche quando sono andata a vedere il film, dettagli.


Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto *W*

Ringrazio tutte quelle che hanno messo tra le seguite, preferite e ricordate la storia, vi amo gooooosh! E poi un ringraziamento speciale alle dolcissime ragazze che recensiscono i capitoli facendomi tutti quei complimenti tenerosi *W*

Spero di rincontrarvi tutte, voi già lettrici, e spero che alle nuove piaccia la storia e che magari lascino un segno per farmi capire che cosa ne pensano, che sia un seguita, preferita o ricordata, o magari una recensione in cui mi scrivete che cosa ne pensate del capitolo o anche degli scorsi C:

Io lunedì incomincerò scuola T.T Mi dispiace per tutte quelle che l'hanno già incominciata, spero che non mi freni dallo scrivere e che riesca sempre a pubblicare puntuale. Magari pubblicherò un po' più presto di ora.
Spero davvero di ritrovarvi lo stesso, magari leggete quando siete al cesso, che ne so! (?)

Detto questo, Goodbye a tutte

Kiss

Giulz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


 












Era iniziata da una bella mezzora la lezione, ma non riuscivo a rimanere attenta. I pensieri che si erano impossessati di me tutta la notte erano stati ribaltati. Mentre quella notte l’avevo passata quasi insonne continuando a pensare a lui e a quello che era successo ora non riuscivo a togliermi il continuo vociferare che si trovava nella mia testa. In continuazione mi ripetevo che era tutto sbagliato.
 Il bacio più bello della mia intera vita era sbagliato.
La situazione era sbagliata.
Lui era sbagliato.
Non potevo cedere. Non potevo tornare a quei tempi. Anche se di un minimo tutto era cambiato. Anzi, più di un minimo. Tutto era cambiato, apparentemente. Ma sapevo che non andava bene tutto questo.
Non avevo chiuso occhio e ora, oltre alla confusione che abitava la mia mente e il mio corpo, anche il sonno prendeva il sopravvento. Mi ero addormentata col sorriso e mi ero svegliata con un tormento quella mattina.
Dovevo chiudere tutto.
Se tutto questo fosse accaduto due anni prima e lui non fosse stato un tale coglione, forse, le cose sarebbero andate meglio. Ma ora, non poteva di certo accadere.
Non dovevo assolutamente ritornare a quei tempi. Quei giorni in cui era praticamente persa di lui; quei giorni in cui soffrivo e mi rintanavo nella mia camera a piangere perché non sopportavo quello che mi aveva fatto.
Come mi aveva rovinato la vita.
Lui era un problema per me. Lo era sempre stato e sempre lo sarà. Lui se entra nella mia vita la rovina, la distrugge come una minima vibrazione distrugge un castello di carte, come un’onda distrugge un castello di sabbia. E io ovviamente ero sempre il castello.
Un castello che ormai era rinato, si era rafforzato e che aveva creato una barriera, delle mura. E non potevo assolutamente permettere un’altra volta di farle distruggere dalla stessa persona.
La felicità che si era creata nell’ultimo tempo non poteva essere spazzata via. Non dovevo permetterlo.
Quindi l’unica soluzione era chiudere tutto. Tutto quello che si stava creando: lui, i bei momenti insieme, il continuare a vederlo e parlarci. Dovevo assolutamente tornare agli antipodi. Perché ormai era troppo tardi per lui e per me. Non ero più la ragazza fragile di un tempo e come tale dovevo assicurarmi di non ricadere di nuovo. Perché ora sapevo rialzarmi ma non sapevo fino a quanto potevo sopportare, e sicuramente un’altra situazione come quella non l’avrei combattuta.
Dovevo prevenire.
Ero riuscita a rafforzarmi solamente quando lui se n’era andato. Dovevo far finta che lui non esisteva più, come mi ero convinta due anni prima. Pensarlo a Sydney, lontano da me. Lontano dal farmi soffrire di nuovo. Tanto non sarebbe rimasto molto, solo per l’estate probabilmente o anche meno, dovevo solo aspettare e convivere per quel poco tempo restante.
Quel bacio, quello che aspettavo da anni, quello che ormai era arrivato troppo tardi doveva essere cancellato.
Mi prefissai questo obbiettivo. Non dovevo pensarci, anche se sarebbe stato difficile.
Lui ora era tornato e stava di nuovo sconvolgendo tutto. Avevo pensato che  fosse una benedizione il suo ritorno negli ultimi giorni ma non potevo sapere se era realmente cambiato. Sembrava di sì, ma nulla me lo avrebbe assicurato. Magari mi stava solo usando. E  la cosa mi spezzava il cuore. Uno stupido trofeo. E non ero un oggetto.
Mi distruggeva questa cosa, ma andava fatta. Lui non doveva averla vinta anche questa volta. Mi ero illusa che tutto potesse andare bene ma grazie a dio avevo realizzato che  tutto era sbagliato.
Vanessa non sapeva nulla ancora. Non avevo fatto in tempo a parlargliene. Lo avrei fatto sicuramente al cambio dell’ora. Sapevo già che lei mi avrebbe detto di non essere pessimista, che sembrava cambiato e che ormai era cresciuto di testa. Però non potevo lo stesso convincermi che sarebbe stato tutto rosa e fiori. Che poi, che cosa sarebbe successo?
Nulla, ovviamente, nulla.
Vanessa poi sicuramente avrebbe accettato la mia scelta, mi avrebbe capita. Era l’unica a sapere come ero stata, cosa avevo provato e sapeva anche che ne ero terrorizzata. Terrorizzata di ricaderci.
Infatti appena cambiò l’ora la incontrai al solito posto e le raccontai con calma. Sapeva del bacio, le avevo subito scritto appena salita in casa ed era stata super felice ed emozionata. Non credeva che la mattina dopo mi avrebbe trovata in quelle condizioni.
«Sei sicura?» mi richiese.
«Sì» dissi con rammarico.
«Penso che sia normale che la pensi così. Non è stato facile tutto quello che ti ha fatto passare.»
Annuii.
«Però non voglio assolutamente che tu ti penta di questa scelta. Pensaci per bene. Non affettare le cose» mi consigliò.
«Ho pensato fin troppo. Poi non era ancora nato nulla di concreto. Quindi lo allontanerò semplicemente. Poi capirà e si stuferà» dissi abbassando lo sguardo sulle mani e incominciando a torturarle per non far scendere le lacrime che minacciavano di uscire.
«Certo, hai ragione» mi disse per poi stringermi in un abbraccio spacca costole, quelli che mi rassicuravano sempre.
 
 
 
Ero già sul marciapiede fuori scuola che mi stavo avviando verso casa. Speravo che Ashton non fosse venuto a prendere i suoi amici oggi, sarebbe stato terribile ritrovarmelo d’avanti.
Ma come non detto pochi minuti dopo aver pronunciato la preghiera sentii la sua voce chiamarmi.
«Abbey!» sentirlo mi fece incredibilmente male. Una fitta al cuore mi scosse e mi fece girare istintivamente verso di lui.
Stava venendo verso di me ed era solo. Non vedevo da nessuna parte Luke e Calum. Probabilmente saremmo stati soli se mi avesse chiesto di darmi un passaggio.
«Ehy!» disse mentre mi stampò un bacio sulla guancia.
Dio, scherziamo? No no no no. Non doveva andare così. Abbey!
Sorrisi a malapena.
«Dai vieni che ti do uno strappo a casa.»
Ecco che pronunciò le fatidiche parole.
Non potevo rifiutare ormai mi aveva praticamente fatto salire in macchina. Guardarlo mi faceva male, molto male. E pensare che tutto stava finendo- anzi era già finito- mi squarciava a metà. Distolsi immediatamente lo sguardo da lui, non potevo resistere.
Cercò di fare conversazione ma risposi solamente a monosillabi e con un leggero sorriso, quasi invisibile, ogni volta che si girava per guardarmi. Portava una bandana rossa in testa che gli teneva lontano i capelli dal volto. Potevo vedere benissimo i suoi occhi vigili osservare meticolosamente la strada. Le sue grandi mani che impugnavano il volante e la sua bocca a formare una linea dritta. Era tutto quello che avevo sempre desiderato ma era arrivato il momento di rinunciare. Rinunciare a lui per il mio bene.
«Come mai così taciturna?» mi chiese mostrandomi uno dei suoi sorrisi migliori. Era una tortura, una fottuta tortura.
«No, niente. Pensavo» risposi.
«Wow, Abbey Walker che pensa» mi prese in giro per provocarmi. Ma non risposi.
Fortunatamente eravamo già arrivati a casa. Fermò l’auto proprio d’avanti al mio vialetto e si girò verso di me.
«Allora, ci vediamo» disse sporgendosi verso di me.
 Sapevo che cosa voleva fare. Sapevo che voleva baciarmi. Era a pochi centimetri da me. Dovevo allontanarmi immediatamente. Infatti, all’ultimo mi voltai e lui mi scoccò un leggero bacio sulla guancia.
«Grazie, Ash.»
Scesi di corsa dall’auto e per la prima volta non mi rigirai verso di lui. Lo sentii fermo dietro di me e insieme a lui anche ogni possibilità tra noi. Dovevo chiudere tutto.
Dopo poco sentii il motore riaccendersi e percorrere gli ultimi metri per arrivare di fronte al suo garage.
Appena davanti alla porta di casa mi rigirai per guardarlo. Lui era voltato dall’altra parte e mi dava le spalle intento a cercare qualcosa nel vano porta oggetti.
Scostai subito lo sguardo ed entrai in casa dove incominciarono a scendere le prime lacrime di un lungo pomeriggio.

 


 
 
HIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

I'M BACK
Okay, è incominciata la scuola e voglio morire. *si lancia dal balcone*
Ma per ora no, magari dopo che ho finito di pubblicare il capitolo ahhaha.

Mi dipiace per tutte che la s uola sia iniziata e mando un grandissimo in bocca al lupo a tutte! love.

Questo capitolo, beh, non ho molto lungo ma è mooooooolto importante, come si può notare. Sconvolge un po' il tutto.
Non saprei che altro dire ahhaha, è tutto scritto lì.

VI RINGRAZIO! Ogni singola persona che apre la pagina del capitolo e che lo legge, che segue la storia, che gli sputa sopra, che recensisce e tutto. LOVE YOUUU! <3

Spero che anche se è incominciata la scuola potrete continuare a seguire la storia, probabilmente è più difficile, e  vi capisco, perchè anche io avrò un po' di difficoltà a scrivere visto che ho ripreso anche gli allenamenti (ma non vi interessa) quindi, spero lo stesso che amgari qualcuno si metta a leggere la storia e che la metta tra le seguite, preferite o ricordate, e che magari lasci una recensione dove mi insulta o mi dice se le è piaciuto il capitolo.

VI AMO TUTTE!

Love

Giulz

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***







 













POV ASHTON
 


Ci trovavamo in un parcheggio sperduto nel nulla a berci qualche birra e a dire minchiate. Perché quello si faceva per la maggior parte del tempo.
Io ero seduto sul sedile del guidatore rivolto verso Luke e Calum che erano seduti sopra il marciapiede. Michael era seduto come me nei posti dietro.
Stavamo parlando del più e del meno sorseggiando birra e stuzzicando qualche patatina di McDonald’s che aveva comprato Calum in un momento di fame apocalittica.
«Cazzo, ve le state finendo tutte!» sbraitò alzandosi e rubando il sacchetto dalle mani di Michael.
«Mi stai togliendo il pane di bocca!» ribatté lui frustrato.
«Me le sono pagate io, se permetti.»
«Con tutti i soldi che ti abbiamo prestato noi negli anni questo è il minimo» s’intromise Luke dal nulla.
«E tu da dove sbuchi?»
«Dal tuo culo.»
Calum terminò la breve discussione con un pugno sul braccio di Luke.
«Avete finito?» domandai prendendo un’altra patatina.
«Forse» rispose Calum.
Ci fu un momento di silenzio in cui si sentiva solo il tintinnare delle bottiglie di birra sull’asfalto il ruminare di Calum.
Tutto venne interrotto da un nuovo argomento.
«Calum» disse Luke.
«Si?»
«Hai fatto amicizia con l’amica di Abbey, vedo» gli fece notare sorseggiando l’ultimo goccio del liquido giallastro e accennando un leggero sorriso malizioso.
«Sì, è simpatica» rispose.
Luke lo spronò dandogli una gomitata tra le costole e la situazione mi fece ridere particolarmente.
«Già, Calum Hood colpisce ancora?» lo canzonò Michael.
«Ma la finite? Sapete vedere le cose solo da quel lato» sbottò.
«Ci hai insegnato tu, in realtà» gli dissi.
«Ma tu dovresti solo tacere! Che ti sei fatto Abbey!» disse passando lui dalla parte di quello che attacca.
Rimasi pietrificato. Ero terribilmente imbarazzato. Gli avevo raccontato del bacio tra me e Abbey ma da quel momento era diventata strana. Sembrava più spenta. Ho subito pensato di aver fatto qualcosa di male ma poi pensai che forse avevo fatto una mossa troppo avventata baciarla subito. Ma dopo tutto me lo sentivo in quel momento e sono andato d’istinto. Aveva anche corrisposto il bacio, quindi non capivo che cosa potesse essere andato storto.
«Già, come mai non è uscita nemmeno una volta?» mi chiese Mike.
«Non lo so. Mi continua a dire che non può» risposi. Mi aveva sempre risposto così. Dopo tutto lei aveva anche scuola durante la settimana, non era a fare un cazzo come me. Quindi pensavo fosse normale. Ma stasera quando le avevo chiesto di uscire a bere una birra con noi aveva rifiutato dicendo che era stanca. Ed era particolarmente strano visto che era sabato sera.
«Bacerai di merda. Questa è la conferma» mi sbeffeggiò Cal.
«Ma smettila! Nessuno si è mai lamentato.»
«Non hanno il coraggio di dirtelo» ormai Michael e Luke continuavano a ridere e io non riuscivo a trattenermi. Però, Luke subito dopo tornò serio.
«Hai provato a parlarle?» mi domandò.
«Dovrei?»
«Sì, dovresti»
«No, non ho avuto il modo» risposi abbassando lo sguardo su di me.
«Dovresti andare a parlarle, magari quando torni a casa. Le chiedi se potete parlare e stop» mi consigliò Mike.
Aveva ragione. Dovevo capire come stavano le cose. Se c’era qualcosa che la turbava lo volevo sapere. Mi dispiaceva terribilmente se davvero le era successo qualcosa e io avessi fatto finta di nulla. Avrebbe subito pensato che sono uno stronzo menefreghista. E non lo ero più. Mi alzai in piedi di scatto che quasi feci spaventare Calum.
«Avete ragione. Dovrei parlarle.»
«Bravo!» urlò Michael applaudendo per prendermi per il culo in qualche suo modo.
«Grazie. Ora scendi che vado.»
«Cosa? Vai dove?» mi domandò.
«A parlarle?! Se no dove?»
«E noi rimaniamo qua? Come minchia torniamo a casa?!» sbraitò Calum.
«Dovrebbe passare un pullman tra poco» lo avvertii.
«Ma che cazzo?! Non puoi almeno accompagnarci a casa?»
«Non credo, è già mezzanotte passata- spiegai- Sentite: devo andare. Mi dispiace.»
«Ma cazzo, non potevi parlarle domani?» sbuffò Luke.
«Sei stato tu a risvegliarmi dal mio coma celebrale» gli feci notare con un sorriso.
«Ma farglielo notare domani tu?» continuò Calum rivolto a Luke.
«Che cazzo ne so io se questo ci va ora!»
«Sii comprensivo. Pensa di farti la patente al posto di scroccarmi sempre i passaggi.»
« Fanculo. Spero per te che almeno scopri che ha» mi urlò dietro quando ormai avevo già acceso il motore e allacciato la cintura.
«Ci si vede!»
 


 
POV ABBEY
 

Ero sdraiata sul letto concentrata nella mia lettura. Avevo quasi finito il libro, e visto che era l’ultimo della saga mi sentivo leggermente dispiaciuta e persa. Avevo letto praticamente tutto il giorno. Non ero minimamente uscita di casa anche se Vanessa mi aveva chiesto più volte se mi andasse di fare un giro. Non ero dell’umore adatto. Nell’ultima settimana ero uscita solo per andare a scuola e pochissime volte per vedere Vanessa. Ogni volta che incontravo Ashton cercavo di avere il più piccolo rapporto con lui. Parlargli meno, guardarlo meno. Era terribile ma capivo ogni giorno di più che era al cosa giusta. 
Con Vanessa mi ero sentita sempre tramite messaggio, mi teneva compagnia e capiva perché non avevo voglia di fare nulla. Quando vedeva che non avevo voglia di uscire mi veniva a trovare a casa e passavamo il tempo insieme. Qualche sera era uscita e aveva incontrato Ashton e gli altri, mi raccontava sempre come andava. Mi descriveva scrupolosamente ogni conversazione- anche se minima- che intrattenevano. Mi diceva che Ashton chiedeva di me e sentirlo mi strappava il cuore. Poi mi raccontava di Calum e di quanto avevano parlato e riso una volta che si erano incontrati solo loro due in giro. Non voleva ammetterlo che le interessava, io lo capivo e questo bastava.
Mi aveva addirittura detto che Michael si era fatto i capelli rossi. Mi sembrava di averglieli intravisti una volta quando erano venuti a casa di Ash a suonare. Sentivo ogni singola nota che producevano e che suonavano e mi immaginavo Ashton suonare la sua amata batteria. Mi aveva mandato anche qualche messaggio, non ricordavo nemmeno più di avere il suo numero; probabilmente ce lo eravamo scambiato ai tempi delle medie. Mi mandava la buonanotte o magari mi chiedeva come stavo e si interessava su come passavo la giornata. Mi chiedeva anche se mi andava di uscire ma rifiutavo sempre. Qualche volta ignoravo anche i messaggi.
Ora che avevo tutto quello che avevo sempre desiderato lo mandavo via. Mi auto insultavo a volte, ma poi sempre arrivavo alla stessa conclusione.
Avevo appena terminato un altro capitolo del libro, sarebbe iniziata la battaglia a Hogwarts nel prossimo e non vedevo l’ora di continuare a leggere. Vanessa aveva smesso di mandarmi messaggi perché da quanto ho capito stava riguardando per la trecentesima volta Titanic solo per vedere Di Caprio da ragazzino. E di sicuro faceva bene. Chi non si riguarda Titanic solo per rivedere Di Caprio nel ruolo di Jack?!
Stavo per incominciare a leggere la prima pagina del capitolo quando sentii degli strani rumori dalla finestra. Pensai fossero frutto della mia immaginazione e che massimo era il vento contro la finestra aperta.
Ritornai alla mia lettura quando il rumore si ripeté. Sembrava che qualcosa si stesse arrampicando da qualche parte sulla parete di casa.
Cazzo, Abbey ti stanno per uccidere!
 Non facevo assolutamente in tempo ad andare a chiudere la finestra o le persiane quindi optai per chiudere velocissimamente il libro e rifugiarmi nell’angolo del letto contro la parete. Presi uno dei cuscini a portata di mano e me lo portai vicino al volto.
Il rumore si faceva sempre più forte e la mia paura saliva sempre di più fino a quando non vidi una mano sbucare dalla finestra. Avrei voluto prendere una qualsiasi arma e cercare di lanciarla contro il mio futuro killer ma non riuscivo a muovermi dalla paura. Il cuore aveva accelerato il battito, avrei voluto urlare ma le parole non uscivano.
Subito dopo vidi sbucare un ammasso di capelli biondi e due braccia muscolose che si issavano su per il davanzale.
Capii improvvisamente chi fosse e mi pietrificai. Avrei quasi preferito che entrasse un qualsiasi criminale malato e che mi uccidesse in quel momento.
Alzò il capo e incrociai i suoi occhi, un leggero sorriso si allargò sul suo volto.
Ormai aveva completamente scavalcato la finestra ed era tranquillamente in piedi d’avanti a me. La luce della bajour gli illuminava solo una parte del viso facendo luccicare i suoi occhi e accentuando ancora di più le sue fossette.
«Ti ho spaventata?»
Io mi trovavo ancora nella stessa posizione di prima, col cuscino che faceva vedere solo i miei occhi e con il battito del cuore che accelerava sempre più. Ma ora non solo per lo spavento.
 «Sì, cazzo!» urlai «Pensavo fosse qualcuno che volesse uccidermi!»
«Mi dispiace» si scusò velocemente portandosi una mano nei capelli. Sembrava imbarazzato, e non come le altre volte, lo era davvero.
«Come hai fatto ad arrampicarti fino a qua?» gli domandai lanciando il cuscino alla fine del letto.
«L’ho fatto un paio di volte con camera mia quando uscivo di nascosto» mi spiegò.
«Sei un deficiente!»
«Me lo dicono in molti» rise avvicinandosi di qualche passo verso il letto.
«Stavi leggendo?» mi domandò sedendosi di fianco a me.
Non risposi.
«Che ci fai qui?» gli chiesi con un tono di voce che non volevo, aggressivo. Vidi subito il suo volto cambiare dopo le mie parole. Era stupito, non pensava che gli avrei risposto con quel tono.
Dopo tutto era una settimana che lo evitavo e che cercavo di dimenticarlo per la seconda volta ma non credeva sicuramente di trovarmi così scontrosa.
Dopo qualche secondo si riprese e puntò gli occhi sui miei ghiacciandoli all’istante.
«Volevo parlarti.»
«Di cosa?» domandai, anche se sapevo perfettamente di che cosa voleva parlarmi.
Si era addirittura arrampicato sul muro di casa mia- non ci potevo credere- soprattutto per parlarmi, cosa che pensavo non gli interessasse minimamente.
«Di quello che sta succedendo, di quello che è successo» mormorò portando lo sguardo sulle sue ginocchia.
Distolsi lo sguardo da lui e lo puntai in un punto qualsiasi della camera. Non sarei riuscita a spiegare nulla, sicuramente. Ero un casino in queste cose, anche se in effetti era la situazione perfetta per fargli capire cosa aveva significato lui per me.
«Per favore, parlami. Non ce la faccio più!» mi implorò.
Mi voltai verso di lui per un secondo, i miei occhi incominciavano a diventare sempre più lucidi e il dolore si faceva sempre più nitido.
«E’ tutto sbagliato» bisbigliai.
«Cosa è sbagliato?»
«Tutto, Ashton, tutto. Niente va bene. Niente è giusto!» esplosi.
«E’ per il bacio?» chiese.
«Se fosse solo quello a quest’ora non saremmo qua» dissi facendo uscire una mezza risata.
«E allora per cosa? Spiegami!» mi supplicò di nuovo.
«Ashton, tu mi hai ferita. Mi hai distrutta.» Una lacrima incominciò a solcarmi il viso, non portava a nulla di buono.
«E’ per la storia di due anni fa?» domandò titubante appoggiando la sua mano sulla mia che tolsi rapidamente.
«E’ tutto per colpa di quella storia. Mi ha rovinato la vita, capisci?!» urlai.
Lui sembrava non avere le parole. Si vedeva che era dispiaciuto, i suoi occhi erano lucidi e mi fissavano.
«Tutto! Ashton, sono stata male un anno intero, lo sai? Tutto per colpa tua e dei tuoi stupidi amici!» sputai.
Ormai l’odio per quell’anno incominciava a salire ma il dolore persisteva e si smascherava attraverso le lacrime.
«Mentre tu stavi felice coi tuoi amici io venivo derisa. E perché? Solamente perché mi piacevi! E’ possibile? Solo perché tu, piacevi alla brutta vicina. Io.. io non vivevo più! I tuoi stupidi amici che mi prendevano per il culo ogni volta rinfacciandomi quanto ti facevo schifo, Ashton!»
Feci una pausa, ormai singhiozzavo ed era sempre più difficile spiegare.
«Poi tu te ne sei andato e tutto è rincominciato- mi girai verso di lui fissandolo- mi sentivo bene, libera. Si erano dimenticati quella vicenda. Per te sarà stata la storia più esilarante di sempre,vero?» domandai con odio. Non volevo scontrarmi con lui così amaramente ma l’odio parlava per me e non riuscivo a fermarlo.
Ormai neanche lui riusciva a reggere il mio sguardo e girò la testa verso il muro.
«Ora sei tornato e sei… sei stupendo» mormorai guardandolo «Mi tratti bene, mi fai provare quello che ho sempre sperato di provare anni fa.»
«M- mi dispiace, Abbey» sussurrò «Ma ti giuro, davvero, credimi, che mi sono sempre pentito. Dio, se ero un cazzone ai tempi» mi disse portandosi la testa verso le mani per poi spostarle sui capelli.
«Ero davvero un coglione. Da quando sono partito per l’università ho sempre pensato a quella situazione di merda che avevo creato. Mi sono pentito, mi maledico per averti potuto far del male» mi spiegò, la rabbia si vedeva nei suoi occhi.
«Non avrei mai dovuto permettere di trattarti così. E il primo sono stato io- si girò di nuovo verso di me- credimi, non sto mentendo.»
«Come posso fidarmi? Ora, magari, mi stai prendendo ancora per il culo! Mi stai solo usando, magari. Per questo mi sono allontanata, per non farmi altro male. Perché tu sei l’unico che potrebbe provocarne una tale quantità a me» la mia voce si spezzò all’ultima frase.
Lui mi sorrise come se volesse confortarmi, poi appoggiò la sua mano sulla mia guancia, quel contatto mi fece rabbrividire. Mi asciugò una lacrima col pollice accarezzandomi delicatamente la guancia. Chiusi gli occhi per un momento godendomi la sensazione confortante.
«Abbey, sono cambiato. Mi sono sempre pentito da quando me ne sono andato. Non permetterei a nessuno di farti del male. Quando ti ho baciata era perché l’ho volevo realmente. So che non posso essere credibile, ma… beh, sono sincero. Mi piaci, Abbey» mi disse sorridendomi.
Le mie lacrime ancora mi bagnavano le guance e lui ne raccoglieva alcune. Sembrava sincero, non lo avevo mai visto così. Era visibilmente dispiaciuto.
«Non mi stai mentendo, vero? Perché se è così finiscila, ti prego.»
«Non sto mentendo» mi rassicurò.
Poi si avvicinò sempre di più per chiudermi in un abbraccio.
«Vieni qui» mi sussurrò dolcemente.
Mi lasciai trasportare dall’abbraccio. Appoggiai la mia testa al suo petto e allacciai le mie braccia intorno al suo busto. Era l’abbraccio più bello che abbia mai avuto. Mi sentivo realmente protetta per una volta. Mi sentivo libera da un peso che portavo da secoli. Sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi a ogni suo respiro, il calore confortante che emanava. Le sue grandi mani delicate che mi accarezzavano la schiena mi provocavano brividi ripetuti su tutta la spiana dorsale.
Stavo ancora piangendo, non riuscivo a fermarmi. Non pensavo sarebbe finita così. Lui continuava a confortarmi e a sussurrarmi cose dolci all’orecchio. Mi ripeteva di calmarmi e che non mi avrebbe mai più trattata così. Si scusava ripetutamente lasciandomi delicati baci sulla fronte.
Anche se le lacrime scorrevano imperterrite un senso di felicità si stava riempiendo dentro di me. Sentivo come se tutto potesse andare bene. Sembrava avesse maturato davvero qui sentimenti, che fosse davvero pentito per quello che mi aveva fatto. Una parte di me- anche se minima- diceva che non dovevo fargliela passare così, ma ormai mi sembrava così reale tutto che non volevo più rinunciarci.
Sciolsi leggermente l’abbraccio per poterlo guardare negli occhi. Regnava il silenzio tra noi ma i nostri occhi parlavano. Appoggiò delicatamente una mano sulla mia guancia e mi asciugò le ultime lacrime, poi mi scostò i capelli dietro le orecchie. Aprii leggermente la bocca per poterlo ringraziare ma mi stoppò appoggiandomi un dito sulle labbra. Sorrise per poi sussurrarmi qualcosa.
«Mi piaci davvero, Abbey Walker.»
Era così vicino che potevo sentire il suo respiro sfiorarmi il volto. Poi sfiorò le mie labbra con le sue. Quel contatto provocò una voglia irrefrenabile di far riconnettere le nostre labbra insieme, come quella volta nella sua macchina. Come se mi avesse letto nel pensiero fece ricongiungere le nostre bocche. Mi mise una mano dietro la schiena per farmi avvicinare sempre di più a lui. Io misi le mie braccia dietro la sua nuca e incominciai a far scorrere le mie dita tra i suoi capelli.
Potevo mettere assolutamente questo bacio al primo posto dei baci più belli della mia intera esistenza. La passione che mettevo non sapevo nemmeno io dove l’avessi nascosta. Probabilmente era il bacio che avrei desiderato di dargli ben due anni prima. Quello in cui gli facevo seriamente capire quello che provavo per lui. Mi spostai leggermente in dietro sul letto appoggiandomi alla testata del letto. Le nostre labbra erano sempre attaccate l’une alle altre. Lui si trovava quasi con tutto il busto su di me, potevo sentire il suo petto sfiorare il mio.
In una frazione di secondo pensai ai miei genitori che si trovavano in fondo al corridoio che dormivano tranquilli nella loro stanza. Mi immaginai loro che aprivano la porta della mia camera e mi trovavano a pomiciare in un modo mai visto- forse solamente nei film- insieme al vicino di casa. Quasi mi staccai da lui per l’ansia che mi salì addosso ma subito dopo percepii ancora il contatto con lui e mi dimenticai tutto. Le sue labbra erano morbide, quasi mi ero dimenticata come fossero quella volta in macchina, avevo fatto di tutto per cancellare ogni singolo ricordo. Ma in quel momento riaffiorò tutto e lo baciai ancora e ancora, cercando di colmare la mancanza di quei giorni.
Non so seriamente da quanto tempo ci trovavamo lì a baciarci ma sembravano secoli, i secoli più belli della mia vita.
Si staccò delicatamente da me per poi stamparmi ancora un leggero bacio sulle labbra. I nostri occhi si rincontrarono e potei vedere un leggero sorriso sul suo volto che contagiò anche il mio.
«Penso che debba andare ora» mormorò.
Annuii per poi alzarmi insieme a lui. Si incamminò verso la finestra e poi si girò verso di me. Mi trovavo a un passo da lui e il mio cuore- come se fosse la prima volta che lo vedessi- incominciò ad accelerare il battito.
«Non dimenticarti quello che ti ho detto, intesi?» mi domandò con un tono di voce dolce.
Non riuscivo a spiccicare parola quindi annuii di nuovo.
«Buonanotte, Abbey» mi augurò per poi prendermi delicatamente la testa tra le mani e baciandomi la fronte. In una frazione di secondo circondai ancora le mie braccia al suo busto e lo strinsi in un abbraccio. Avevo bisogno di risentirlo vicino a me un’altra volta.
«Notte» sussurrai. Lui mi prese il mento facendomi alzare il volto verso di lui poi mi sorrise. Lo lasciai andare così facendo lui scavalcò il davanzale della finestra. Con un’agilità che non immaginavo si arrampicò al tubo che si trovava poco lontano e lo scese, in un batter d’occhio si trovò coi piedi per terra. Scavalcò il basso muretto che divideva le nostre case  poi alzò gli occhi nella mia direzione, mi sorrise e mi mandò un bacio.
Un sorriso si fece largo sul mio viso automaticamente lasciandomi una nota di felicità dentro.

 

HIIIIII BITCHEEEES!

I'm back!
Uuhuhuhhu

QUESTO CAPITOLO E' TIPO GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOSH

Sì, me lo dico da sola, perchè quando l'ho scritto mi è piaciuto molto e quindi penso sia gosh, poi sarete voi a dirmi se lo pensate anche voi ahahha.
Comunque Ash qua è tenerello *W*

Va beh, i commenti li lascio a voi. u.u


VI AMOOO TUTTTTTTTTEEEEEEEEE!

Grazie mille per tutto, vi adoro, tipo troppo. Grazie per continuare a seguire la ff e per tutti i nuovi lettori ad essere arrivati a leggere fino a questo capitolo. LOVE YOU!

Spero come sempre che vi piaccia il capitolo e che la storia vi piaccia come spero ha fatto fino ad ora.


Fatemi sapere che ne pensate, pliiiis! Lasciate una recensione, scrivete qualsiasi minchiata, ditemi se il capitolo vi è sembrato realmente gooooooosh o se è solo una mia impressione. E ai nuovi arrivati, se vi piace la storia mettetela tra e preferite, o seguite, o ricordate!

Love!

PS: Allora, prefisso che settimana prossima non so se pubblicherò sabato, o se pubblicherò domenica. Dovrò vedere se sarò a casa. Spero che se pubblicherò leggermente in ritardo non smettiate di seguire la storia.


Bye, kiss

Giulz

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo IX ***














Era domenica mattina, l’unico giorno in cui potevo seriamente rilassarmi. Non sapevo che ore fossero e non lo volevo minimamente sapere. Mi rigiravo nel letto coprendomi con le lenzuola per potermi godere ancora di più il calore confortante. Avevo dormito magnificamente quella notte. La visita di Ashton mi aveva liberato da molti pesi, ora mi sentivo realmente sollevata e tranquilla. Continuavo a pensare a lui e addirittura mi spuntò un sorriso sul viso che poi bloccai soffocandomi nel cuscino. Tutta quella situazione mi fece venire altra voglia di dormire, quindi cercai di ricadere in un lungo e profondo riposo ma la voce squillante di mia madre incominciò a chiamarmi, «Abbey! Hai intenzione di svegliarti a pranzo?»
“Sì”, questa sarebbe stata la vera risposta ma non ne avevo la forza quindi mugolai e basta.
Come se non bastasse incominciò a fare rumori assordanti in sala, come se stesse sistemando qualcosa, probabilmente stava pulendo in giro. Il continuo tintinnare di oggetti mi fece crollare tutte le possibilità di riuscire a dormire di nuovo quindi aprii leggermente gli occhi e incominciai a fissare il soffitto. Dopo essermi ripresa parzialmente incominciai A togliermi le coperte e presi il telefono, controllai i messaggi. Ce n’era uno, lo aprii velocemente e notai che era da parte sua.

“Appena ti svegli guarda fuori dalla finestra ;) Xx”
 
Lanciai immediatamente il telefono sul letto e balzai in piedi. Stranamente mi sentivo perfettamente sveglia. Magari voleva parlarmi? Cosa poteva esserci?
Mi mancava un passo alla finestra e vidi della carta rossa sul davanzale. Mi avvicinai di più e potei notare con mio grande stupore che uno splendido mazzo di fiori si trovava perfettamente fuori dalla mia finestra. Erano davvero stupendi. Non era grande, era della giusta misura. I colori erano belli sgargianti ed emanavano un fantastico profumo. Lo presi delicatamente e potei notare che era allegato un bigliettino.
Lo presi frettolosamente e riconobbi la scrittura di Ash.
 
 PS: Potrei sembrare una testa di cazzo, ma non lo sono poi così tanto
 
       Come ti ho detto ieri ci tengo a te, più di ogni altra cosa.
 
Mi spuntò un ennesimo sorriso e potei sentire le guance andarmi a fuoco.
Corsi in bagno e riempii un piccolo vaso non utilizzato che si trovava nel comò in fondo al corridoio e ci immersi immediatamente i fiori per non farli appassire.
Dio, non sarei resistita un giorno intero senza vederlo. Mi metteva un ansia indecente tutto questo, perché l’Ansia alla Ashton sarebbe sempre apparsa, ma ora veniva quasi sostituita completamente dalla voglia irrefrenabile di poterlo vedere e abbracciare e ringraziare.
 Mi limitai momentaneamente a mandargli un messaggio di ringraziamento e mi lanciai sul letto immersa nel mio piccolo mondo della felicità.
 
 
 
«Oddio, non ci credo, racconta tutto!» urlò Vanessa.
Quel pomeriggio mi incontrai con lei per fare un giro e finalmente per uscire dalla mia camera-bunker. Le avevo solamente accennato che le cose si erano sistemate che incominciò a urlare a destra e manca che dovevo raccontare tutto filo per segno. E’ sempre stato molto alla Vanessa fare queste scenate da pazza da manicomio, e vista al situazione mi metteva sia in imbarazzo che felicità.
«Prima ti tranquillizzi!» dissi prendendola per un braccio e trascinandola sulla panchina più vicina.
Ci sedemmo e lei prese a fissarmi con insistenza spostandosi i suoi lunghi capelli da una parte, come faceva sempre quando era intenta ad ascoltare con attenzione.
«Allora, ti muovi?!» mi incitò.
«Non c’è molto da dire in realtà.»
«Non me ne frega, ti devi muovere!»
«In pratica è venuto in camera mia e ab-»
«Come ha fatto a venire in camera tua?!» urlò.
«Si è arrampicato per la parete di casa, non chiedermi come ha fatto» spiegai.
«Oddio, raperonzolo!»
«Se se, rapestronzolo, uguale.»
«Si è addirittura arrampicato come una lucertola, che tenero!» lo elogiò.
«Vuoi che ti spieghi o hai intenzione di dire minchiate?»
Sbuffo e poi mi fece cenno di continuare.
«La ringrazio. Comunque, è salito in camera e mi ha detto che aveva intenzione di parlare perché mi aveva vista strana e voleva sapere se ci fosse qualcosa che non andasse.»
Stava già per dire qualcosa tipo “Che tenero, si è accorto!” oppure un super mega  “Aaaaaaaw” , ma glielo impedii facendole un cenno con la mano. Si blocco e ritornò a sedersi comoda.
«E gli ho spiegato le ragioni del mio comportamento.»
«Quindi gli hai parlato anche.. beh, della storia di due anni fa?» mi chiese.
«Sì, gliene ho parlato. Poi- mi spuntò un sorriso e incominciai ad arrossire improvvisamene- mi ha abbracciata e mi ha confortata dicendomi che gli dispiaceva davvero, che ci aveva ripensato molte volte e che gli interessavo davvero.»
«Aaaaaaaaw!» le permisi di farlo.
«E poi?» domandò tutta emozionata.
«Poi..- ci siamo limonati come delle merde- ci siamo baciati» le dissi tralasciando la durata, la posizione e tutta l’intensità del momento.
Non disse nulla stranamente, ma si schiacciò le mani sulla faccia provocando un’espressione tenera ed inquietante insieme. Doveva essere il suo modo per farmi capire che era felice e tutto il resto. Tralasciai il fatto di farglielo notare.
«E stamattina mi ha lasciato sul davanzale un mazzo di fiori» arrossii ancora di più.
«Abbey è il diabete! Sai quando vi rivedrete?»
«Non lo so.»
 Un secondo dopo incominciò a squillarmi il telefono. Frugai nelle tasche interne della borsa e lo recuperai velocemente.
Mi bloccai dal rispondere subito. Sul display era visibile il nome Ashton. Vanessa sbirciò e vide immediatamente il nome.
«Ma rispondi, idiota!» mi insultò.
«Imbarazzo, ansia» dissi. Ho sempre avuto questo problema.
«Ma sei davvero idiota! Vuoi rispondere?»
«Mi mette ansia parlare al telefono» spiegai.
«Non me ne frega un emerito cazzo, rispondi!» imprecò.
Spostai velocemente il dito sullo schermo e risposi alla chiamata.
«Pronto?»
«Ehy, Abbey Walker!» mi salutò raggiante.
«Ehy!» lo salutai.
«Come va?»
«B-bene, tu?» balbettai. Che-sfigata-di-merda.
«Tutto a posto. Volevo chiederti se stasera ti andava di venire da me, anche a cena. I miei non ci sono quindi mi chiedevo se ti sarebbe piaciuto farmi compagnia» mi disse.
Mi girai immediatamente con gli occhi sbarrati verso Vanessa e la vidi rispondermi con un cenno della testa. Io, a casa sua, con lui, soli. Prospettava un’imminente attacco di cuore della sottoscritta e tanti tanti tanti unicorni e gattini saltellanti intorno a me.
«Sì, certo. Va benissimo!» risposi con una voce fin troppo stridula.
«Perfetto! Allora a stasera»  disse, potevo immaginare il suo splendido sorriso dall’altra parte del telefono, mi sciolsi all’istante. Prima che potesse chiudere la chiamata lo ringraziai ancora per i fiori.
«Grazie ancora per i fiori» urlai come se dovessi richiamarlo.
«Di nulla, dovrai abituarti a questo genere di cose» mi raccomandò per poi chiudere la chiamata.
Bloccai il telefono e poi mi lasciai cadere sullo schienale della panchina.
«Che cosa voleva? Io ho annuito a caso» mi chiese.
«Vado da lui stasera.»
«Oddio!» urlò.
 



La situazione era un po’ come due settimane fa, circa. Quando lo avrei rivisto per la prima volta dopo due anni.
Mi trovavo lì, fuori dalla porta di casa sua cercando di farmi nuovamente coraggio per suonare il campanello. L’ansia mi stava divorando- che novità- e anche muovere semplicemente la mano verso quello che sarebbe stato il segnale della mia imminente morte o anche detto Ashton, mi richiedeva una forza psicologica non da poco.  
Te lo sei fatto per ben due volte, per Dio! Ed è il tuo vicino di casa se non anche il ragazzo più bello e attraente dell’intero cosmo. Non è difficile!
No, okay, è difficile lo stesso.
Respirai profondamente e mi riguardai, per quel che potevo vedere. Ero vestita decentemente, anzi, più che decentemente, mi ero fottutamente impegnata troppo per vestirmi. Che poi, non era questo gran che, ma calcolando che dovevo andare a casa di Ashton, solo con lui, e non dovevo far capire che avevo preso questo invito come un appuntamento di gala- sì, per me era un po’ così- avevo cercato di sfoderare il mio migliore outfit normale/ sono-una-figa-no-chi-voglio-prendere-in-giro.
Quindi dopo aver fatto il millesimo giro di perlustrazione per il mio vestiario da appuntamento scadente quanto mi sentivo in quella situazione, d’impulso pigiai sul pulsante che provocò un grazioso dlin dlon. Neanche finì completamente di suonare che la porta scattò e si aprì facendomi ritrovare con la mano ancora tesa verso il campanello e con un Ashton Irwin che ti farebbe venire la voglia di fargli una foto, stamparla e appenderla come poster in camera.
Precisamente era vestito con dei semplicissimi pantaloncini e una canotta nera, ma il punto forte erano gli occhiali da vista che a differenza di metà popolazione mondiale gli stavano d’incanto.
«Ben arrivata!» mi salutò. Lo salutai con il più semplice e orrendo “ciao” sul pianeta terra ed entrai in casa. Lui chiuse la porta e poi mi si avvicinò stampandomi uno dei baci a stampo più delicati tra i baci a stampo. Detto sinceramente, non me l’aspettavo. Ma dall’altra parte avrei voluto prenderlo e incominciare a baciarlo come se non ci fosse un domani, ma dovevo seriamente tranquillizzare i miei ormoni da adolescente in crisi. Soprattutto perché se qualcuno che conoscevo, tipo mia madre, (non so precisamente per quale motivo) avrebbe aperto la porta in quell’istante, probabilmente, in questo esatto momento me la sarei trovata con la mascella per terra. Principalmente perché lei non sapeva minimamente che sarei stata sola con lui, le avevo detto che saremmo stati io e vanessa con qualche suo amico.
Mi imbarazzava terribilmente dire ai miei genitori di qualsiasi mio fatto personale, soprattutto se si parlava di ragazzi. Avevo sempre usato la scusa che uscivo con Vanessa anche se l’angoscia che lo venissero a sapere si impossessava di me sempre. Quindi, anche se era Ashton, ed era un mio amico d’infanzia, non riuscivo minimamente a dire la verità. Era davvero troppo imbarazzante.
Era meglio, quindi, non incominciare a farmelo sulla porta di casa sua.
Mentre pensavo a tutto questo lui mi stava accompagnando nel salotto di casa sua tenendomi la mano. Appena entrai potei notare immediatamente l’atmosfera offuscata e rilassante della stanza. Potei vedere che c’erano delle candele sul tavolino da caffè. Mi voltai immediatamente verso di lui e lo vidi rivolgermi un sorriso imbarazzato.
«Ehm, ti piace?» mi chiese passandosi una mano dietro la nuca.
Era serio a domandare una cosa del genere? Tipo che non dovresti neanche farti questi problemi inutili!
«Certo!» gli risposi rivolgendogli il sorriso più dolce che riuscii a fare.
«Volevo fare qualcosa di carino. Perché in fondo lo sono. Ma ad esempio non so cucinare nulla oltre gli spaghetti, quindi non sapevo se ti piacevano e ho ordinato una pizza. Spero vada bene perché, beh, ci sono solo latte e cereali.»
Non mi diede nemmeno il tempo di dire che andava tutto benissimo e che non doveva preoccuparsi che rincominciò a parlare a manetta.
«Poi, visto che volevo fare una cosa carina ma c’è la pizza volevo…avevo pensato di mangiare sul divano, un po’ come nei film americani. Perché con la pizza a tavola e le candele è un po’ triste, no? Quindi ho pensat-»
«Ashton- lo stoppai- fatti meno seghe mentali, ti prego, lo dico per te. Va benissimo tutto. Anzi, meglio una semplice pizza e mangiarla sul divano, ho sempre voluto provare.»
Uno splendido sorriso gli spuntò sul volto illuminandolo.
«Okay, perfetto! Le pizze dovrebbero arrivare tra poco» mi disse prendendomi il viso tra le mani e baciandomi rumorosamente la guancia.
 
 
Ci trovavamo l’uno di fianco all’altra sul divano coi nostri cartoni di pizza sulle gambe. Le luci soffuse rendevano il tutto più romantico e allo stesso tempo calmo. Mi aveva sempre tranquillizzato questo genere di luce, e soprattutto se ero con Ashton- che tranquillizzarmi serviva molto.
Lui aveva quasi finito quando io praticamente non ero nemmeno a metà, ma non perché lui fosse un maiale e mangiasse come se stesse morendo di fame, semplicemente perché io ero una cogliona con la fissa del farmi vedere mangiare. Non ci stavamo scambiando moltissime parole perché lui era particolarmente intento a cercare un canale decente in tv e io mangiavo quando lui era completamente distratto. Ma il silenzio fu distrutto dalla sua domanda.
«Non ti piace?» mi domandò indicando la pizza che tenevo in grembo. Oh cazzo.
«Certo Che mi piace, è pizza!»
«Non sei nemmeno a metà. Non dirmi che hai qualche fissa col cibo!» disse appoggiando il telecomando sul bracciolo del divano e incominciando a fissarmi indagatore.
La domanda che mi ponevo era: gli spiego la mia fissa orrenda? Oppure trovo una scusa?
«Primo: non ho problemi col cibo perché lo amo e mangio come una merda»
Accennò una risata.
«Secondo…» Abbey, glielo stai realmente dicendo? Glielo dici? Ti lancerà fuori dalla finestra dicendoti che sei una capra, vuoi questo?
Ma da brava cogliona che sono glielo dissi.
«Secondo.. beh, è imbarazzante.» incominciai Lui mi guardò storto e poi mi spronò a continuare «In pratica ho questa fissa. Sarebbe quella che mi imbarazza farmi vedere mentre mangio» gliel’hai detta, seriamente, ti sei scavata la fossa del’imbarazzo.
«In che senso?!» si incuriosì.
Pensavo mi avrebbe riso in faccia o qualcosa di simile ma semplicemente mi chiese informazioni più precise. Wow.
«In pratica- incominciai a fissare il televisore- mi da fastidio che al gente mi guardi mentre mangio, ma più che altro è perché potrei masticare davvero in un modo orrendo e non accorgermene. E’ tutto così imbarazzante» risi.
«Beh, devo ammettere che non ci avevo mai pensato. Ma tutti hanno delle fisse, ad esempio io sono fissato con gli spaghetti» mi confortò in qualche modo.
«E’ leggermente diverso, non credi?»
«Forse… no okay è diverso. Comunque, mangia la pizza che anche se mastichi come un rinoceronte non mi interessa.»
«Stai dicendo che mastico come un rinoceronte?»
«No, Dio, Abbey! Non ti fisso mentre mangi, ti fisso ma non quando mangi!» rise.
Appena pronunciò le parole “ti fisso” il resto della sua frase scomparve immediatamente e mi concentrai solo su quelle semplici paroline appena pronunciate. Arrossii visibilmente ma per fortuna venivo mascherata dalla luce della stanza.
«Quindi mangia» mi ordinò.
Prese un trancio della mi pizza e me lo portò alla bocca dicendo con una vocina infantile «guarda l’aereoplanino.»
«Ashton! Mangio!» gli dissi ridendo e prendendogli il trancio dalla mano.
«Io ho la fobia di slogarmi un polso, anche se non è una fissa, vale lo stesso» disse addentando un altro pezzo di pizza.
«Io ho la fobia degli insetti. Sono orrendi, schifosi, viscidi, pelosi e tutti gli aggettivi più orrendi. Poi i ragni e le falene vincono su tutto» me ne uscii.
«Una volta con i ragazzi- intendo Mike, Luke e Cal- abbiamo lottato contro un ragno che si trovava in bagno. E’ stato davvero terribile. Però anche divertente dai» mi raccontò.
«Nulla è divertente se ci sono in mezzo degli insetti» ribadii.
«Okay, va bene. E’ stato davvero terribile, stavo per morire» mi prese in giro.
«Non ridere!» lo rimproverai, ma non servì a molto.
«Va bene, va bene. Cambiamo argomento- disse- Hai degli hobby oltre alla fotografia? Qualche strumento o cose simili?»
«Sinceramente niente di specifico. Ho provato a suonare la chitarra qualche volta, infatti ne ho una nei meandri della mia camera. Ma non ho mai realmente imparato» risposi. «Tu?»
«Io suono la batteria, ma penso che tu lo sappia già. A proposito, l’hai mai suonata?» mi chiese chiudendo gli occhi in due fessure.
Mi metteva leggermente ansia vederlo che mi fissava così. Okay, mi faceva piacere che mi fissasse, o altre cose, ma non in quel modo.
«N-no..» sussurrai.
«Abbey Walker! Come hai fatto a vivere fino ad adesso?!» mi domandò abbandonando il cartone della pizza sul tavolino rischiando di far cadere qualche candela.
Non risposi alla sua domanda.
«Stasera riceverai lezioni di batteria!» annunciò alzandosi in piedi.
«Scherzi?»
«No, per niente.»
Oh. Mio. Dio.
 
 
Avevamo appena finito di percorrere il corridoio che ci trovammo davanti alla porta di camera sua. Non mi ricordavo minimamente che aspetto avesse ma appena spalancò la porta tutto riaffiorò alla mente. Ci sarò entrata un paio di volte in tutta la mia vita, ovviamente quando eravamo piccoli. Era sempre stata una camera super figa, almeno, io la credevo così.
I muri che per la maggior parte ricordavano i mattoni a vista davano un tocco di originalità al tutto. Nell’angolo si trovava la batteria che intravedevo dalla finestra di camera mia.
«Benvenuta nella mia dimora!»
«La ringrazio per la possibilità» scherzai.
«Di nulla, signorina. Si accomodi pure sullo sgabello» mi disse facendo la voce profonda e indicandomi lo sgabello dietro la batteria.
«No, no, no! Prima mi fai vedere un po’ tu come suoni»
«Okay, va bene. Ma non scappi alla mia super lezione musicale» mi avvertì.
«Non è questa la mia intenzione. Suona ora.»
Mi sedetti sulla sedia della scrivania e mi concentrai a fissarlo mentre suonava la batteria con una bravura fuori dal normale, osservavo meticolosamente ogni suo movimento e continuavo a non credere che lui fosse una persona reale. Soprattutto, coglievo l’occasione di poterlo fissare liberamente mentre suonava senza doverlo sbirciare dai forellini delle persiane di camera mia.
Purtroppo finì di suonare e incominciò a osservarmi con un sorrisino compiaciuto. Fece saettare la bacchetta tra le dita con un movimento ancora non identificato alla natura umana e poi si alzò in piedi mostrandomi nuovamente lo sgabello.
«Non posso realmente provare a suonare dopo che tu hai suonato» dissi.
«Sì che puoi!» Mi incoraggiò.
Mi sedetti sullo sgabello e lui mi porse gentilmente le bacchette.
«Sei tipo stra bravo, comunque» mormorai.
«Grazie» bisbigliò prendendomi in giro.
Alzai gli occhi al cielo provocandogli una leggera risata.
«Prova a suonare qualcosa»mi disse.
Lo guardai persa ma poi incominciai a suonare qualcosa di indecente, anche se potenzialmente poteva diventare qualcosa di carino. Nel frattempo lui prese la sedia dove poco prima ero seduta io e la posizionò precisamente dietro di me. Si sedette con le gambe aperte facendomi stare precisamente seduta in mezzo. Appena scorsi le sue ginocchia ai lati del mio corpo avvampai e mi bloccai dal suonare.
«Stavi andando bene, perché ti sei fermata?»
Non lo vuoi realmente sapere.
«Pensavo facessi schifo, in realtà» dissi come scusante, che poi era vero, ma fa niente.
«Naaa, c’è gente che suona davvero peggio.»
«Grazie.»
«Oh santa pace. Comunque, prova a fare così» mi prese le mani delicatamente e mi indicò dei movimenti da fare. Potevo sentire il suo fiato sul collo e i capelli sfiorarmi l’orecchio. Rabbrividii per un istante fino a quando non mi feci forza per resistere.
Continuai un po’ col suo aiuto e poi da sola. Lui prendeva il tempo col piede, potevo intuirlo dal movimento periodico della sua gamba di fianco a me e io continuavo a suonare lo stesso motivetto.
Sentii un impercettibile bacio sulla guancia, poi un altro e poi un altro ancora. Mi bloccai immediatamente dal suonare, ormai i miei arti non rispondevano più ai segnali. Mi volai lentamente verso di lui e incontrai il suo sguardo. Mi mise una mano sulla guancia e l‘altra la usò per spostarmi una ciocca dietro l’orecchio. Stranamente- davvero, stranamente- non fu lui ad avvicinarsi a me ma il contrario. Non so che mi prese in quel momento, forse era la voglia che avevo di baciarlo già da quando l’ho visto, so solo che lo baciai e non avevo la minima intenzione di staccarmi.
Lui ricambiò visibilmente il bacio spostando una mano dietro la mia schiena portandomi il più vicino possibile a lui, per quel che si poteva, visto che io ero di tre quarti rispetto a lui. Lentamente sfilai una gamba e mi girai di più, così da rendere la cosa più semplice per tutti. Misi una mia mano sulla sua guancia e potei sentire la leggera barba che gli copriva la zona vicina alle labbra.
Sembrava tutto troppo felice e bello e meraviglioso e fantastico e mille altri aggettivi, perché tutto fu spezzato da una voce, femminile, conosciuta.
«Ash, siamo tornati!»
Era Anne, era Anne!
Dio santissimo! Ci staccammo tutte e due contemporaneamente. Io mi rimisi composta sullo sgabello mentre Ash si risistemò sulla sedia. Non fece in tempo ad allontanarla decentemente che Anne aprì la porta e ci vide.
«Ma che sorpresa! Abbey, non sapevo saresti venuta!»
«Salve..» salutai cordialmente sorridendole. Speravo seriamente non vedesse il mio immenso imbarazzo e che non fraintendesse quello che stava succedendo, anche se in realtà non c’era nulla da fraintendere.
«Stavo insegnando un po’ a Abbey come suonare la batteria» si affrettò a spiegare Ashton. Mi voltai e lo vidi con un’espressione peggiore della mia. Aveva le gote rosse e gli occhi puntati febbrilmente verso sua madre.
«Non sapevo ti interessasse la batteria! Che bello rivedervi così amici..» disse guardandoci.
Ashton si girò di scatto verso di me e spalancò gli occhi come per farmi capire che era la situazione più imbarazzante della sua vita.
«Mamma, puoi andare?» le chiese.
Anne si chiuse la porta alle spalle borbottando qualcosa di indecifrabile che nessuno dei due capì.
«La cosa più imbarazzante della mia vita» ammise.


 
Erano passati un dieci minuti dall’arrivo di Anne in camera di Ash e io mi ero decisa ad andare a casa per evitare di disturbare ancora, e soprattutto scampare figure di merda potenzialmente imminenti.
«Grazie mille per la serata» sussurrai fuori dalla porta di casa sua. Ci trovavamo appena fuori casa sua, precisamente sull’uscio. Volle passare gli ultimi minuti completamente da soli per salutarmi e non avere sua mamma in giro. Come dargli torto.
«Di nulla» mi disse.
«Buonanotte, Ash.»
«Buonanotte» sussurrò chinandosi. Pensavo mi volesse dare un bacio a stampo come aveva fatto per salutarmi all’inizio della serata ma invece mi baciò sulla fronte. Socchiusi gli occhi per un secondo e mi feci trasportare via dalla morbidezza delle sue labbra sulla mia pelle e dai bei pensieri che ormai costellavano la mia mente.

 



HIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!

SONO TORNATA!
Sì, leggermente tardi come orario ma ce l'ho fatta.

QUESTO PENSO SERIAMENTE SIA IL MIO CAPITOLO PREFERITO EVER, giuro.

Tipo lo amo, ho adorato scriverlo e spero che vi piaccia altrettanto.

Ora la coppia si sta formando sempre meglio quindi tutti questi momenti Ashbey sono tanto beli *W*


Ringrazio sempre tutte per leggere il capitolo, anche una semplice visita mi fa piacere. Grazie alle nuove lettrici che hanno lasciato il seguita preferita o ricordata, love you!
E grazie alla ragazza della scorsa recensione :3

Spero come ho detto prima che questo capitolo vi piaccia altrettanto come è piaciuto a me e che me lo facciate sapere in qualche modo, con una recensione oppure per le nuove che lascino un seguita, preferita o ricordata, in qualsiasi modo. Lasciate un segnoooooo!

Grazie ancora a tuttiii!


Ps: premetto che faccio di tutto per pubblicare in tempo ma non so se riuscirò a pubblicare il prossimo weekend, farò il possibile.


Kiss

Giulz


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo X ***








«Io non ci posso credere!»
«A cosa di preciso?» le chiesi.
Ci trovavamo ai nostri armadietti, era appena finita un’altra giornata di lezioni e finalmente sarei tornata a casa a poltrire sul divano. Puntualmente quello era il momento in cui Vanessa incominciava a fare la portinaia di tutto l’istituto e mi spifferava tutti i pettegolezzi possibili.
Come quella volta che mi aveva detto che a una delle solite feste che facevano ogni weekend a casa del figo ti turno, se così si poteva definire, si diceva fosse stata la festa più bella degli ultimi vent’anni. Cosa assolutamente impossibile perché quel genere di cose non potevano assolutamente ritenersi tali e poi vent’anni fa era tutto più figo. Oppure qualsiasi scoop amoroso, tipo: quella si è fidanzato con questo, lui ha tradito lei ecc.
Quindi, eravamo giunti al momento in cui se ne usciva con le storie più straordinarie del mondo.
«Kate si è rimessa con Jason. Ci rendiamo conto?» disse incredula proprio nel momento in cui i due piccioncini passarono per il corridoio mano nella mano.
«Cosa c’è di male? Sono sempre stati insieme.»
«Abbey-  mi richiamò- non ti ricordi che lui l’ha tradita con una delle sua migliori amiche?» mi domandò ancora più incredula di prima. Ma che aveva?!
«Vanessa, non siamo in un fottuto film americano.- sbottai- E poi non credo che lui l’abbia tradita. Non è mai stato confermato» le spiegai.
«Secondo me sarebbe il tipo» continuò.
«Bah, non ne vedo il motivo. Poi sono sempre stati così bene insieme. Anche se lei mi sa di troia» dichiarai.
«Se è per quello lo pensa mezzo mondo» rise.
«Che poi..» riprese «La sua miglio-»
«Ferma» la bloccai.
«Cosa?» domandò.
«Sto avvistando Luke e Calum a ore dodici» dissi.
«No, cosa?» urlò.
«Non farti sentire, cogliona!»
Tutta questa incredulità da dove esce?
Esce dal fatto che loro due facevano parte della gente popolare dell’istituto, amati dal mondo per il loro fascino e la loro simpatia e che io e Vanessa facevamo parte della parte fatiscente della scuola, mai cagata e indecente. Quindi se due dei ragazzi più popolari si avvicinano a due delle ragazze del ceto medio della scuola- definito così perché chi non veniva minimamente cagato non poteva definirsi del tutto sfigato- poteva provocare solo una cosa: attenzioni. Tutti gli sguardi infatti si voltarono verso loro due che con passo alla modella di Victoria’s Sicret si avvicinavano a noi.
Che poi i loro armadietti erano dall’altra parte del corridoio quindi passavano di qui fin troppo raramente, questo provocava un’ulteriore attenzione.
«Ehy!» ci salutarono in coro avvicinandosi sempre di più.
Booooooom! Nel corridoio ormai tutti e se dico tutti sono tutti realmente tutti, si voltarono a fissare me e Vanessa.
Vanessa notò gli sguardi ma fece finta di niente e li salutò con naturalezza, cosa che a me mancava.
«Ciao! Che ci fate qui?» domandò.
Se pensate che io non li abbia salutati non è così. Sono sempre stata una merda coi saluti, mi viene sempre la voce o troppo bassa o troppo alta, quindi evito per la maggior parte delle volte e faccio un cenno con la mano e un sorriso per far capire che non odio la gente.
«Volevamo passare a trovarvi, ti reco fastidio?» rispose Calum per poi lanciare una frecciatina a Vanessa.
«Sì, inquini la mia aria!» rispose per poi lasciarsi andare a una breve risata.
«Peccato» continuò lui.
«Comunque, siamo venuti anche per invitarvi alla festa che c’è sabato sera. Non so se ne sapevate già qualcosa» annunciò Luke.
Io voltai subito lo sguardo verso Vanessa che fece lo stesso.
Mettiamo in chiaro questa cosa: io, io, non sono mai stata una ragazza da feste, ho sempre preferito starmene a casa e ricevere la telecronaca di Vanessa, mi divertiva di più che essere realmente in mezzo a tutta quella gente che beveva, vomitava, ballava e si strusciava come vermi. E soprattutto i miei rompevano particolarmente quando c’era una festa, quelle poche volte che ci andavo. Pensavano mi ubriacassi o chissà che cosa, invece stavo sempre alle pareti a vedere come procedeva e a parlare magari con qualcuno, ma niente di troppo sconvolgente.
Solo che ora la cosa era differente, mi avevano invitato Luke e Calum, e questo significava Ashton e se questo significava Ashton questo significava semplicemente Ashton, perché lui bastava e avanzava.
«Certo verremo! Abbey vieni a dormire da me dopo così i tuoi non possono dire nulla» mi disse.
Ecco aveva fatto tutto lei. Non potevo neanche rispondere che lei aveva già fatto tutto. Quindi acconsentii.
«E’ a casa di Stifler, penso lo conosciate» disse Calum.
«Okay, fantastico!» esultò super eccitata Vanessa.
«Allora ci vediamo» ci salutarono per poi ridirigersi verso le uscite.
Alcuni occhi erano ancora puntati su di noi e la cosa incominciava a darmi fastidio.
«La finite?!» sbraitò Vanessa. Okay, non ero l’unica.


 
Avvistai immediatamente la macchina di Ashton nel solito punto dove lo avevo sempre trovato. Era sempre splendidamente splendido con una bandana blu a tenergli indietro i capelli, con una delle sue mille mila canottiere e rigorosamente skinny jeans neri. Di fianco a lui c’era Michael con cui stava parlando e ridendo.
Cazzo, era tipo un dio greco, per favore non era reale oddio Abbey calmati.
Perfettamente di fianco a me avevo Vanessa con cui stavo continuando a parlare dell’argomento di prima, non perché a me interessasse davvero ma perché lei sapeva fottutamente ogni minimo particolare sull’argomento. Appena ero abbastanza vicina ad Ash e Mike  l’abbandonai per correre in contro ad Ash ricevendo un «Abbey, ti stavo parlando cazzo!»
Non so precisamente cosa mi fece fare quello scatto fulmineo, ma successe. Mentre lo raggiungevo lui mi vide e mi regalò uno splendido sorriso.
Cazzo 2.
«Ehilà!» mi salutò.
Non ci eravamo mai realmente salutati i pubblico e sinceramente non avevo la più pallida idea di come potevo salutarlo. Nel senso, lo saluto solo a voce? Gli do un bacio sulla guancia? Gli do un bacio a stampo perché si avvicina un po’ di più a quello che realmente vorrei fare- cioè quello che vorrei fare sempre- cioè baciarlo decentemente tipo film d’amore?
Non mi servì a molto tutto questo problema mentale perché lui con la semplicità di tutto il mondo mi cinse i fianchi e fece connettere le nostre labbra. Ne uscì fuori un bacio a stampo particolarmente prolungato dove tutto il chiasso e la gente di fianco a me sparirono in un batti baleno.
«Oddio, ho appena finito di mangiare!» sentii Michael urlare schifato, dopo questa nota stupenda ci staccammo per non scoppiarci a ridere in faccia. Dettagli irrilevanti.
«Sinceramente se hai appena finito di mangiare non mi interessa più di tanto» gli rispose Ash.
«Beh, a me sì, amico» continuò.
Ashton alzò gli occhi al cielo per poi lasciarsi andare a una risata.
«Come stai?» mi domandò subito dopo.
«Bene tu?»
«Tutto a posto.»
Mi soffermai particolarmente sullo sguardo malizioso di Vanessa che era appena arrivata nel nostro stesso punto. Questo mi fece pensare alla depravata che potevo sembrare. Io non sono mai stata così diretta, così…non so come coi ragazzi. E il fatto che io abbia baciato Ashton davanti a tutto il mondo mi metteva leggermente ansia. Che poi è lui che ha baciato me quindi è differente, no? Comunque incominciava la mia fase di imbarazzo. Questo comportava: io che mi faccio le seghe mentali, io che non so come comportarmi con lui ecc.
Abbey sei davvero una sfigata parte cinquanta. Perché tutte le ragazze del mondo non si fanno questi problemi e tu si? Sei un caso perso, una clinica servirebbe in questo preciso istante.
«Come va Mike?» gli chiesi per uscire dal mio oblio mentale.
«Tutto a posto. A te non lo chiedo, ho appena visto la risposta» mi rispose.
«Oh santa pace!» risi.
«Abbey io vado, ci sentiamo dopo. Ciao ragazzi» si congedò Vanessa velocemente per poi girarsi un ultima volta verso di me. Cercando di non farsi notare incominciò a fare gesti strani come per intendere me e Ash e poi mi fece un segno di approvazione col pollice.
Ruotai gli occhi al cielo e poi lei se ne andò definitivamente. Perché tutti devono farmi notare tutto?!
La salutarono anche gli altri e poi Mike riprese a parlare.
«Bella, Ash mi accompagni a casa?»
«Magari con un per favore d’avanti era più carino.»
«Sì, muovi il culo e portami a casa.»


 
 
Avevamo già abbandonato Michael a casa sua e ci trovavamo a qualche quartiere di distanza da casa. Si parlava del più e del meno, mi raccontava un po’ com’era l’università e di come si trovava a Sydney, e quasi mi saliva l’ansia per il mio futuro. Alla prossima via a destra doveva girare e saremmo già arrivati ma stranamente tirò dritto oltrepassando ogni via per casa possibile.
«Ashton, guarda che dovevi girare dieci metri fa» lo avvertii.
«Lo so.»
«Eh…allora? Mi stai rapendo?» scherzai.
«Più o meno» continuò per la sua strada.
«Wow, proprio anti sgamo. Penso che devi imparare qualche tecnica per farlo con più classe» gli dissi.
«Ehy ehy ehy, calma. Io faccio tutto con classe!» ribattè.
«Mi stai portando in un bunker? La mia camera lo è già abbastanza da quando sei tornato» mi feci scappare.
Cazzo, sei tipo troppo una scema!
«In che senso?» mi chiese con un sorrisetto sul volto.
«Nulla, nulla. Sorvola» cercai di pararmi il culo.
Oh santa pace.
«Okay, sorvolo» si girò e mi fece l’occhiolino. Le mie guance erano un pomodoro, davvero, un pomodoro, che tristezza.
«Comunque dove mi stai sequestrando?»
«Vedrai» sorrise.


Mi aveva portato all’Hanna Park, un parco non molto lontano dal centro di Richmond. Non ci ero andata molto spesso, mi resi subito conto che avevo sbagliato, era davvero molto carino, soprattutto per il fatto che si trovava proprio vicino al fiume.
Ash aveva preparato tutto quello che poteva servire per fare un bel picnic. Aveva portato la tovaglia per sedersi sopra, tramezzini e bibite. Vedere che aveva preparato tutto per passare del tempo insieme mi riempiva di gioia.
Ci rendiamo conto?! Ashton che organizza un picnic per noi due! Quando mai mi sarebbe successo?! Tipo era un miracolo tutto questo, probabilmente era una fottutissima illusione, ma sorvoliamo e rimaniamo in questo mondo fatato.
Continuavo a fissarlo in ogni suo movimento: quando prendeva un tramezzino, quando mangiava il tramezzino, quando finiva il tramezzino, quando prendeva un bicchiere, quando beveva, quando parlava, come moveva le labbra, come gesticolava, come i capelli gli fluttuavano nell’aria…Tutto in pratica e se in quel momento avessi avuto qualcosa tra le mani probabilmente sarebbe finita addosso alla mia divisa scolastica terribile. Perché, beh, lato negativo della situazione era proprio quello di avere ancora addosso la divisa, brividi di disgusto.
«Luke e Cal ti hanno accennato della festa?» mi chiese prendendo un sorso d’acqua.
Parlava ovviamente della festa che si sarebbe tenuta sabato a casa di questo mezzo sconosciuto con un soprannome davvero orrendo ma anche molto figo: Stifler. Questa festa mi metteva particolarmente ansia addosso: primo, come ho già detto, non amo le feste e quindi ogni volta che vado a una festa o cose simili mi sale l’ansia della sfiga. Secondo, c’è Ashton alla festa, e se c’è Ashton arriva l’ansia alla Ashton. Che dovrei- magari- farmi passare perché non è normale averla.. vista la situazione che si sta creando, sì la situazione, quindi Abbey cerca di sembrare meno sfigata, please.
«Sì, me ne ha accennato..»
«Quindi verrai? Sono sempre divertenti le feste a casa di Stifler» mi chiese come un ragazzo di vent’anni può parlare delle vecchie feste del collage.
«In teoria dovrei venire, anche se non amo tantissimo le feste. Se riesco a prendere un bel voto al test di chimica di  domani probabilmente verrò sicuro. Ma sicuramente dovrò studiare come minimo tutto il restante pomeriggio e sera cosa particolarmente frustrante» sbuffai.
«Chi hai di chimica?»
«La Morton, un nome e una garanzia!» scherzai.
«L’ho avuta per un anno, tremenda. L’ho odiata anche per tutti I restanti anni. Magari posso provare ad aiutarti qualche volta, qualche cosina forse la so ancora. Se me lo dicevi prima ti potevo aiutare anche per il test di domani» propose.
Anche le ripetizioni di chimica. Basta sarei diventata una capra terribile solo per vederlo più spesso ancora e soprattutto sarei diventata una capra anche perchè non sarei riuscita a capire nulla, troppo distratta probabilmente.
«G-grazie. Mi sarebbe utile qualche volta» arrossii.
Lui mi sorrise di rimando.
Nel frattempo il cielo di era incupito mostrando dei grossi nuvoloni grigi. Non ce ne eravamo nemmeno accorti mentre parlavamo. Più che altro io, come avrei mai potuto distrarmi da quello che diceva.
«Ci conviene avviarci, tra poco inizierà a piovere » dissi osservando il cielo.
«Ma va! Pioviggina e basta» sporse una mano col palmo all’insù per sentire se piovesse. E in effetti stava incominciando a piovigginare.
Sarei rimasta anche volentieri sotto la pioggia imminente solo per stare con lui, ma la sensazione dei vestiti- soprattutto la divisa che bagnata era come portare un bue sulle spalle- bagnati addosso mi dava realmente troppo fastidio per resistere.
Incominciò a piovere leggermente più forte, ormai la roba era già tutta dentro ai precedenti sacchetti ma Ashton non aveva la minima intenzione di alzarsi.
«Ci conviene realmente andare, Ash.»
«Ma è così bella la pioggia!»
«Sei serio? E’ odiosa, è bagnata, è … odiosa!» sbottai.
«Dai rimani qua!» mi disse quando mi alzai afferrandomi una mano.
«Vado a sedermi in macchina!» dissi incamminandomi verso l’uscita.
«No no no, tu non vai da nessuna parte» mi riprese ridendo.
«Ash, per favore!»
La pioggia mi rendeva particolarmente nervosa, e non andava affatto bene.
Ma ormai tutti i tentativi erano inutili, era già dietro di me e mi prese per I fianchi tirandomi a sè.
Cercai di continuare a camminare ma era più forte di me e non riuscivo a muovermi di un centimetro.
«Non scappi!»
«Ma sta diluviando!»
«Balliamo!»
«Ma sei impazzito?»
«Dai, facciamo come Troy e Vanessa in High School Musical!» disse volandomi e facendomi trovare precisamente di fronte a lui, a pochissimi centimetri dal suo volto.
«Farò finta di non aver sentito il paragone con High School Musical» scherzai.
Ridendo si inginocchiò di fronte a me.
«Mi concede questo ballo?» scherzò
«Oddio, seriamente?!»
«Abbey, stai al gioco» disse.
Sbuffai, ma ricevetti un’occhiataccia orrenda da parte sua.
«Certo» acconsentii facendo un leggero inchino.
Lui si issò in piedi e ritornò nella stessa posizione di prima: cioè prendendomi una mano modi valzer. E come nei film tristi romaniticissimi incominciammo a ballare in mezzo al diluvio universale e al pantano.
Non sapevamo ballare tutti e due, quindi usciva fuori una specie di valzer dei poveri coronato dalle nostre risate e dalle mie imprecazioni. Ovviamente non potevo non imprecare se finivo dritta dritta in una pozzanghera o altro.
Alla fine si bloccò di colpo e ci fermammo in mezzo al nulla. I suoi capelli erano bagnati fradici, come I miei d’altronde, e gli contornavano il viso. Le gocce d’acqua scendevano impetuose dal cielo per poi finirci dritti in faccia. Mi mise una mano dietro la nuca e poi sussurrò dolcemente :« A questo punto di solito nei film si baciano»
Non me lo feci ripetere due volte e stranamente, ancora, per la seconda miracolosa volta congiunsi le nostre labbra in un interminabile bacio romantico.
 







SONO TORNATA BITCHES!

Okay con un giorno di ritardo ma fa niente.
ahahahah illusa


COMUNQUE

Ecco il capitolo che miracolosamente ho pubblicato perchè altrettanto miracolosamente ho finito ieri di scrivere.


Spero vi piaccia perchè ci ho messo tanto impegno, visto il poco tempo e la poca ispirazione di questi giorni.

Fatemi sapere se vi è piaciuto.

Grazie a tutte quelle che hanno letto il capitolo e che continuano a seguire la storia.

Love you


PS: Penso che non pubblicherò più regolarmente, se ce la farò bene, se no ragazze mie pubblicherò appena terminerò il capitolo, spero mi perdoniate ma con la scuola e tutto il resto ho poco tempo per scrivere. T.T


LOVE, BYE


Giulz




 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo XI ***






 









 
La musica alta e il continuo chiasso provocato dalle decine di persone nella casa si sentiva già a fuori. Io e Ash eravamo appena arrivati, ci trovavamo all’inizio del piccolo viottolo a casa Stifler. L’aria era fresca e mi scompigliava i capelli per la quale avevo messo i mesi a sistemare decentemente. Il continuo vociferare nella casa mi metteva una leggera ansia- che novità- principalmente perché era una festa davvero enorme, se così si poteva definire. Come si vede sempre nei film non c’era gente che sboccava nel giardino di casa, ma probabilmente lo stavano facendo nel giardino sul retro.
Classico.
Io e Ash eravamo venuti separatamente dagli altri: Vanessa andava lì prima perché doveva incontrarsi con delle sue compagne di danza- non correva ma ballava. Quindi già prevedevo l’imminente conversazione con gente sconosciuta. Invece Luke, Mike e Cal venivano per gli affari loro visto che avevano aiutato un po’ a sistemare la roba per la festa, così mi aveva detto Ash.
Invece io e quest’ultimo li avremmo raggiunti appena potevamo, cioè a festa già iniziata. Mi era passato a prendere, se così si poteva definire, e poi eravamo volati qui.
Eh beh, ora ci trovavamo l’uno fianco all’altro di fronte alla porta d’ingresso. Lui spalancò velocemente la porta e il devasto totale riempì la mia visuale. Gente che mangiava cose non identificate al mondo, gente che beveva altrettanti alcolici non identificati, gente che era già ubriaca anche se fossero a mala pena le nove di sera, per poi non dimenticare la gente troia caratteristica di queste feste da super sballo americane. Peccato che siamo in Australia e che ancora nessuno ha capito che non è altrettanto figo.
Avevo fatto un semplice passo che metà mondo mi salutava alla cazzo di cane essendo più ubriaca di qualsiasi persona sulla terra. Ashton appena si moveva salutava qualsiasi persona, sembrava mio padre! Salutava fottutamente tutti, salutava fottutamente tutti e tutti conoscevano fottutamente lui!
E poi arrivavo io inutile come la merda di fianco a lui che Sia Lodato Il Signore.
«Ehilà Ash!» lo salutò un ragazzo che se non aveva circa venticinque anni era sicuramente più vecchio.
«Ehy!» lo salutò lui.
Questa conversazione avveniva per tutte le persone che si trovavano nei paraggi.
«Ash, mi sembri mio padre, cazzo!» gli dissi.
«In che senso?» rise.
«Conosci tutti, e quando dico tutti sono tutti!» esclamai.
«Non proprio tutti. E poi che c’entra tuo padre?»
«Mio padre saluta ogni singola persona che incontra e ci socializza, traumi infantili» spiegai.
Si limitò a ridere delle mie disavventure, chi non lo avrebbe fatto.
Oramai ci trovavamo nel salotto- dopo vari spintoni per raggiungerlo- dove, se all’entrata sembrava ci fosse il delirio, qua c’era qualcosa di peggiore.
Non solo tutte le categorie di gente di prima, ma anche gente sui tavoli, gente  che faceva i giochi stupidi e gente che si limonava. Un quadretto stupendo direi.
«Vedi per caso Vanessa?» chiesi a Ashton all’orecchio perché se no non mi avrebbe mai sentito: musica troppo alta.
Incominciò rapidamente a perlustrare la zona in cerca di Vanessa, i suoi occhi erano come delle fessure.
«Avvistata a ore dodici» mi avvisò.
«Okay, raggiungiamola.»
Peccato che si trovasse precisamente dall’altra parte della folla.
Ash che sapeva meglio come muoversi nella mischia si mise dietro di me e mi teneva per i fianchi guidandomi tra le persone.
«Non sono una macchina, vorrei ricordartelo» scherzai.
«No, infatti sei la mia ragazza. E’ differente»
BOOOOM! Non risposi, non potevo rispondere! Sempre succedeva così!
Cazzo lo aveva detto. Suonavano così bene quelle parole dette da lui, che.. non erano descrivibili.
Mi lasciai guidare tra la folla con un sorrisetto stampato sul volto.
Appena uscimmo dalla calca andai incontro a Vanessa che si trovava precisamente nel cerchio di amiche di cui mi aveva parlato.
«Ehy!» Mi salutò esuberante con il suo bicchiere di plastica rosso in mano.
«Ciao!» salutai le altre col mio solito tono orrendo- brividi.
Ashton che si trovava precisamente di fianco a me con un braccio ancora cinto sui miei fianchi le salutò con un cenno della mano. In un batter d’occhio tutti gli sguardi delle tre ragazze si spostarono furtive su di lui per poi fermarsi su di me.
Imbarazzo.
«Come sta andando?» domandai.
«Bene dai. Si prospetta una festa molto figa» rispose Vanessa.
«Hai già incominciato a trinchettare?» la presi in giro.
Lei sbuffò per poi dirmi «Dovresti assaggiarlo, non so nemmeno cosa sia ma è tipo buonissimo!»
Presi il bicchiere e ne presi un sorso. In effetti era davvero buono, ma non avevo intenzione di ubriacarmi, quindi non sarei andata a prendermene un bicchiere pieno come aveva fatto lei.
«Allora, penso che dovremmo presentarci perché se no sarà una situazione imbarazzante e orrenda tutto il tempo- incominciò a gesticolare- Quindi, lei è Nikki- disse indicando una ragazza apparentemente dalle origini orientali- lei è Tarah- indicò a sua volta la bionda di fianco a lei per poi finire con la ragazza dai capelli più ricci della storia- e lei è Missy.»
Sembravano tutte particolarmente simpatiche, anche se avevo già dimenticato i loro nomi.
«Io sono Ash» si presentò lui ricordandomi che anche io dovevo presentarmi e non stare ferma a fare la bella statuina.
«Abbey» mi affrettai a dire.
«Ash!» venne chiamato da una voce senza volto, ma credo che lui capì perfettamente chi lo chiamava.
«Arrivo!» urlò di rimando.
«Scusate ma devo dileguarmi, è stato un piacere conoscervi» disse per poi abbassarsi vicino al mio volto e stamparmi un leggerissimo bacio a stampo. «Ci vediamo dopo, non perderti» fece l’occhiolino. Annuii leggermente per poi tornare alle ragazze con cui avrei passato la maggior parte della mia serata.
 
 
«Ti chiami davvero Abbey?» mi domandò la ragazza orientale.
«Sì.»
«Non è un’abbreviazione o qualcosa di simile?» s’intromise la bionda.
«No,per quel che so no. Dovrebbe essere un nome completo» risposi.
«E’ davvero un nome figo! Anche io voglio chiamarmi Abbey!» esclamò la prima ragazza.
«Lo penso anche io. Non ho mai sentito nessuno con questo nome. Io mi chiamo Tarah, che nome di merda!» sbuffò la bionda.
«Non è brutto…» dissi titubante, perché seriamente non mi piace il nome Tarah ma sicuramente non sarei andata a dirglielo, manco la conoscevo. Che poi non era così brutto, semplicemente io avevo dei gusti strani.
«Non fingere, a tutti fa schifo. Non preoccuparti. Prima o poi fuggirò da questo paese del cazzo e mi darò un nome più figo, magari Sasha.»
«Se e poi di cognome Gray! Ma vai a cagare!» la prese per il culo la riccia.
«Potrei avere un futuro» rise.
Okay, le rivaluto, sono fottutamente simpatiche, anche se non parlo molto mi sento a mio agio.
«Tu non bevi?» mi chiese la riccia di cui non ricordavo il nome.
«No, per ora no.»
«Lei fa la santa, sappiatelo» disse Vanessa sorseggiando il suo secondo bicchiere da quando l’ho vista.
«Io non faccio la santa. Non mi piace ubriacarmi come la merda e basta!» sbottai.
«Fai la santa, quindi. E poi chissà che cazzo farai con Ashton appena ti ubriacherai decentemente, mai più tanto santa!» continuò.
Ma sta delirando?!
Io non mi ubriacherò mai a tal punto da non capire nulla, per prima cosa. E poi.. che diavolo, no! Non sono una ninfomane.
Anche se con lui potrei ripensarci… Abbey, taci!
«Ecco, parliamo del tuo ragazzo che è tipo uno dei ragazzi più fighi di tutta la festa!» esclamò Tarah.
Rimasi muta.
«Sì, davvero, sei stra fortunata! E’ tipo troppo bello? Dove lo hai trovato?»mi chiese Nikki, credo.
«E’ il mio vicino...»
«Ha amici? Fighi quanto lui, possibilmente» chiese la riccia.
«Sì, ha amici..Ragazze è imbarazzante, davvero!» risi.
«Ti ci devi abituare, sono sempre così» mi disse Vanessa.
Le tre ragazze ruotarono gli occhi nello stesso preciso istante, una cosa quasi terrorizzante.
«Gli amici sono quei tre coglioni in mezzo alla mischia» li indicò Vanessa.
Si trovavano precisamente nel gruppo della gente scema che fa i giochi scemi.
Calum era ubriaco marcio e ovviamente stava partecipando al gioco di chi beve più birra nel minor tempo possibile. Continuava a barcollare e a ridere da solo, era esilarante. In centro si trovava Mike che alzava trionfante una bottiglia di birra urlano i secondi che mancavano: anche lui ubriaco come una merda. E poi c’era Luke che era seduto sul divano a ridersela come pochi. Lui era nella fase dell’ubriaco che ride sempre per tutto. Ash non lo vedevo nella folla, probabilmente era a prendere da bere, quindi avvisai le altre che sarei andata a prendere qualcosa nel tentativo di trovarmelo lì.
«Vado a prendere qualcosa da bere, ci vediamo dopo» le avvisai.
«Bevi?» mi canzonò Vanessa.
Le porsi un dito medio che la fece scoppiare a ridere.
«Non nasconderti con Ash nei sottoscala a fare porcate» mi urlò.
Mi voltai e proseguii per la mia strada.
 
 
Ci misi circa un secolo ad attraversare tutta la sala e a raggiungere il tavolo mezzo distrutto in cucina dove si trovava da bere e da mangiare. Qui grazie a dio si respirava anche dell’aria pulita- tra tante virgolette.
Mi guardai in giro e notai che quelle poche persone che si trovavano nella stanza erano in condizioni indecenti. Non è che ci fosse tanta differenza tra loro a quelle in sala, ma loro non reagivano, erano semplicemente ubriachi e collassati.
Visto che sembravo terribilmente fuori luogo mi avvicinai al tavolo e afferrai una bottiglia di vodka alla pesca e ne versai mezzo bicchiere. Ash non lo avevo più rivisto da quando mi ha lasciato sola con Vanessa. Alla fine non si trovava qua a prendere da bere, probabilmente era con qualche vecchio gruppo a chiacchierare.
Mi appoggiai al bancone retrostante e incominciai a godere dell’alcol e della tranquillità.
Intravidi Ash, finalmente, tra la folla attraverso la porta della cucina, era con un gruppo d’amici: bingo.
«Guarda chi si rivede» disse una voce conosciuta di fianco a me.
Mi gelai all’istante. Mi voltai lentamente per ritrovarmi John precisamente di fianco a me. Non mi ero mai posta il problema che lo avrei rivisto alla festa, e sinceramente ero stata così presa da tutto il resto che mi era praticamente svanito dalla testa.
«Ciao» sussurrai cercando di sorseggiare nel bicchiere ormai vuoto- merda.
«Vedo che qualcuno non sa farsi sentire» mi lanciò una frecciatina con tono particolarmente rigido.
Vedevo qualcosa di diverso nel suo sguardo, non era lo stesso di quando ci trovavamo al pub, era più duro,arrogante.
Non risposi.
«E non sa neanche parlare, vedo.»
Lo guardai con uno sguardo indagatore. Sembrava che se la fosse presa particolarmente. Beh, probabilmente avevo sbagliato a non farmi più sentire per bene ma anche lui non si era interessato più di tanto, non poteva farmela pesare in quel modo.
Non parlava ed era sempre peggio.
«Anche tu non ti sei fatto sentire» risposi con tono aggressivo. Ecco che usciva fuori la mia impulsività.
«Beh, non sono io a essere andata subito con un altro!» ribattè sprezzante.
«Che intendi dire?»
«Che sei una stronza» bevve un sorso del liquido trasparente nel bicchiere.
Il suo sguardo mi stava squarciando in mille pezzi, non era sicuramente questa la mia intenzione. Ero seriamente interessata a lui ai tempi, non lo stavo assolutamente prendendo per il culo. Pensavo lo sapesse e che non me lo avrebbe fatto pesare soprattutto insultandomi.
«Se pensi che ti ho preso per il culo non l’ho fatto. Non sono quel tipo di persona.»
«Io invece penso proprio che sei così. Soprattutto con quello sei andata a finire» esalò una risatina tipica di quel lato arrogante dei ragazzi odiosi.
«Ha un nome!» esclamai. Altro lato della mia impulsività.
«Ti scaldi anche! Hai anche la faccia tosta di farlo?!» si avvicinò pericolosamente a me. L’odore di alcol mi invase le narici provocandomi urti di vomito.
«Allontanati» sussurrai.
«Hai detto qualcosa?»
«Allontanati, cazzo!» urlai.
Lui si stava per avvicinare apposta per darmi visibilmente fastidio ma in un secondo vidi un braccio allontanarmelo da dosso.
Appena riuscii a identificare la figura vidi Ashton a pochi centimetri dalla faccia di John.
«Che cazzo fai?» gli chiese. Aveva uno sguardo decisamente alterato, non lo avevo mai visto così.
«Tirami via le tue sporche mani, coglione» lo intimò John.
Ash allentò leggermente la presa dalla sua camicia ma non lo mollava.
Dovevo intervenire prima che succedesse qualcosa di peggiore.
«Ash per favore lascialo» gli chiesi avvicinandomi ai due.
Mi rivolse una leggera occhiata prima di ritornare su John e lasciarlo. «Testa di cazzo, dalle ancora fastidio e vedi che minchia ti faccio» lo minacciò. I suoi occhi facevano intendere che non stava minimamente scherzando. John si risistemò la camicia per poi allontanarsi da lui.
«Ci si vede Abbey» mi salutò con una leggera velatura di sfida, a cui però Ash non diede peso.
«Tutto okay?» mi domandò subito dopo.
«S-sì, tutto a posto. Non era necessario…»
«Lo era» rispose franco.
Le persone che erano nella stanza insieme a noi continuavano a porgerci occhiate indiscrete e la cosa mi iniziava a dare realmente fastidio.
«Ash, usciamo fuori, per favore?» domandai.
«Certo.»

 
 



HIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!

GOOOOOSH SONO RITORNATA DOPO UN MESE, FACCIO SCHIFOOOOOOOO!

Mi odierete T.T

Scusatemi davvero tanto ma con la scuola è stato un casino, verifiche su verifiche, poi la stanchezza la sera, allenamenti ecc. Quindi la voglia di scrivere scappava ogni volta che mi prefissavo di scrivere.
Spero mi perdonerete
.
ahahhahah illusa.

HOWEVER, sono tornata e quindi ecco l'undicesimo capitolo. *sigla*

Allora è la festa, la famosa festa, divisa in due. Quindi anche il prossimoc apitolo sarà festoso.

Non so che aggiungere oltre al fatto che ASHTONGOSHPROTETTIVOGOSH.
Lascio a voi i commenti.

Ringrazio sempre tutti e spero di trovare qualche segno che mi faccia capire che a qualcuno interessa ancora la storia nonostante le lacune sui tempi.

Grazie ancora, kiss.

Giulz


PS: spero di riuscire ad aggiornare prima. *incrocia le dita*

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo XII ***

















Il chiasso della festa si faceva sempre più ovattato man mano che ci allontanavamo dalla casa. Io mi trovavo davanti e con passo svelto trascinavo Ashton in un posto più tranquillo dove potevo calmarmi e riflettere.
Quello che era appena successo mi aveva completamente scombussolato. Le urla di John, il suo alito addosso al mio volto e poi lo scontro con Ash. Mi sarebbe piaciuto non fosse successo nulla ma non era così e dovevo conviverci.
«So che da qualche parte in ‘sto giardino si trova un amaca, basta trovarla» mi disse Ash ormai con un tono normale visto che all’interno si doveva urlare per parlarsi.
Annuii debolmente e gli accennai un leggero sorriso per rassicurarlo, ma era decisamente troppo finto.
Oltrepassammo un portico e poi ci ritrovammo di fronte un’amaca gigantesca tra due alberi altrettanto grandi.
Mi bloccai un secondo e nel frattempo Ashton passò avanti raggiungendo l’amaca e salendoci sopra. Si affrettò a riappoggiare i piedi a terra per non perdere l’equilibrio e poi mi fece cenno di raggiungerlo.
Lentamente lo raggiunsi e mi ritrovai precisamente in piedi davanti a lui con le sue gambe di fianco al mio busto.
«Ti aiuto a salire» mi sussurrò.
«Non credo sia saggio, sinceramente».
«Sarà pericoloso ma c’è qua un supereroe, che cosa credi?!» disse.
Risi e poi mi affidai a lui. Mi sollevò e dopo che l’amaca dondolò pericolosamente per qualche secondo mi ritrovavo sopra di lui con la mia testa poggiata sul suo petto.
Con la tranquillità che regnava riuscivo a sentire perfettamente il suo respiro.
Non parlavamo.
Ci godevamo la tranquillità che era ormai diventata un lusso in questo momento.
Non avevo voglia di parlare, non sapevo precisamente perché. Non credevo mi avrebbe così condizionato la discussione di prima. In fondo non credo- oppure credevo- di non aver fatto niente di male. Ma non era così. Mi sentivo in colpa, ecco cos’era questa sensazione che mi martellava lo stomaco. Senso di colpa e lo sentirmi una stronza perché era quello che ero stata.
Incominciò a passare delicatamente la mano tra i miei capelli ed era una cosa che amavo. Non so se questa cosa la sapesse- impossibile in effetti- fatto sta che adoravo davvero quando qualcuno lo faceva, e ora fatto da lui era ancora meglio.
«Tutto okay?» mi chiese.
«Mmh-mmh» finsi.
«Ehi» mi richiamò.
Sapeva che non ero sincera, non capisco come lo sapesse ma era così.
Mi prese il mento e mi spostò il volto per far incontrare i nostri occhi. Alla luce della luna, che era l’unica fonte di luce esistente in quel momento, i suoi occhi risultavano lucenti ma con un pizzico di oscurità che non avevo mai notato. Sarà anche la situazione che contribuiva ma mi mettevano quasi soggezione. Voleva sapere che cosa non andasse, voleva aiutarmi.
«So che non va tutto bene, speravo solo di tirarti fuori quello che hai, ma vedo che non funziona» spiegò.
Ecco che confermava la mia teoria.
«Sono una stronza» sputai.
«Perché dovresti esserlo?»
«Mi sono comportata di merda con John. Ha fatto bene a fare quello che ha fatto. Sono st-»
«No! Quel coglione non ha fatto nulla di giusto in tutta la sua vita!» sbottò.
Stavo per riprendere il filo del discorso quando riprese a parlare.
«Davvero, non devi nemmeno pensare a una cosa simile. Avrai sbagliato, forse. Ma che cazzo te ne frega, si impara dagli errori e poi se lo è meritato tutto» mi rassicurò.
Un leggero sorriso apparve sul mio volto ma sparì.
«Ho fatto una cosa che non andrebbe fatta a nessuno. Io sono la prima contro queste cose e ero così presa da te che non ho pensato a non fare la cosa sbagliata!» dissi tutto d’un colpo rendendomi conto dopo di quello che avevo detto.
Avvampai immediatamente appena vidi un sorrisetto malizioso apparire sul suo volto.
«Sappi che mi sono bloccato a metà frase e se stavi elencando il motivo delle tue azioni hai una buonissima scusante.»
Gli diedi un leggero pugno sulla spalla ridendo e lui incominciò a fingere che gli avessi fatto chissà che male, in più l’amaca incominciò a dondolare pericolosamente.
«Mi hai preso il nervo!»
Okay, non fingeva.
Dopo aver riso, scacciato i brutti pensieri e l’amaca era tornata ferma ritornò il silenzio e lui riprese a massaggiarmi i capelli.
Se fossi un gatto quasi sicuramente farei le fusa, ma mi limitai a stare in silenzio e ad abbracciarlo ancora di più per sentire il suo profumo e riscaldarmi.
Mi lasciò un bacio tra le sopracciglia e poi mi sussurrò «Non pensarci più. Dimenticalo».
Non riuscivo a trattenermi e gli presi il viso tra le mani e incominciai a baciarlo. Riusciva sempre a tranquillizzarmi e a capirmi, anche quando io stessa non capivo che cosa avessi. Stava diventando sempre di più la mia ancora di salvezza e io momentaneamente non avevo intenzione di perderla.
 
 
 
«Minchia, sto malissimo.»
«Ci credo hai bevuto anche più di Will!»
Due ragazzi apparentemente ubriachi si dirigevano dalla nostra parte. Noi eravamo ancora sdraiati sull’amaca e non eravamo stati disturbati da nessuno, tranne ora.
I due ragazzi continuavano a parlare fino a quando una puzza di vomito non mi investì le narici provocandomi anche a me quasi il vomito.
«Ci conviene andare» mi sussurrò Ash con una faccia disgustata.
Annuii con la sua stessa espressione mi sollevai da lui cercando di non cadere dall’amaca. Lui mi aiutò a mettermi seduta e poi mi fece scendere. Mi sistemai i vestiti e poi mi voltai verso Ash che si trovava precisamente dietro di me.
«Scusate!» si scusò uno dei due ragazzi, quello che stava bene.
«Tranquillo, stavamo andando» rispose Ashton. Probabilmente li conosceva, quando mai.
Mi mise una mano dietro la schiena e poi ci dirigemmo verso la porta sul retro. Un brivido mi percorse tutta la schiena sentendo le sue dita contro la mia pelle, anche se c’era un leggero strato di tessuto potevo sentirle perfettamente.
«Sei sicura di voler entrare? In senso, potrebbe esserci di nuovo lui e romperci il cazzo» spiegò.
Ci pensai su un secondo. In effetti potevo trovarmelo di fronte di nuovo e non so che cosa sarebbe potuto accadere, probabilmente non mi avrebbe dato poi così tanto fastidio avendo Ash al mio fianco, ma mai dire mai. Ma non mi sarei comportata così, assolutamente. Dovevo fregarmene di quello che pensava perché sinceramente non ha nessun diritto di dirmi che cavolo devo fare.
Guardai Ash per un secondo e gli sorrisi.
«Ma entriamo e divertiamoci, cazzo ci interessa di quel coglione!» esclamai.
«Sì, cazzo!» urlò e poi mi lasciò un bacio sulla tempia.


 
 
Facevamo lo slalom tra le persone per raggiungere il salotto. Non sapevamo cosa avremmo fatto dopo, più che altro io non lo sapevo.
Ashton prese due bicchieri da un tavolo posto in mezzo al corridoio e me ne porse uno. Non chiesi nemmeno che cosa fosse, incominciai a sorseggiare il liquido che incominciò a bruciarmi la gola, anche troppo forse.
«Ma che roba è?!» gli chiesi.
«Sambuca» rise.
«E si beve così senza nulla!?»
«Dipende. Mi sembra che non sei una che beve molto.»
«Esattamente!»
Abbandonai di nuovo il bicchiere sul tavolo e poi proseguimmo dritto.
Il salotto era ancora più nel caos, molta gente doveva essere arrivata mentre noi eravamo fuori e mi meravigliava sapere che ci poteva stare così tanta gente in una casa.
Sul divano c’erano Luke e Michael intenti a sorseggiare birra e poco più in là c’era Calum che parlava con Vanessa e le sue amiche. Lanciai un’occhiata ad Ash e gli indicai il gruppetto per fargli capire di raggiungerli.
Scavalcammo bottiglie e gente varia che era riversa sul pavimento e poi finalmente ci trovammo di fronte al divano.
«Ehilà!» ci salutò Mike sbiascicando le parole.
Luke si limitò a un cenno con la mano.
«State di merda!» li canzonò Ash.
«Parla per te, stronzo!» disse Luke.
«Abbey, ciao! Come stai?» mi chiese Mike con una voce quasi smielata.
«Bene grazie, tu?» risi.
«Bene bene. Vi siete persi Calum che vinceva il torneo prima.»
«Lo abbiamo visto, tranquillo» gli disse Ash.
«Mi è giunta voce che ti stavi per scazzottare con John prima, fico!» disse Luke prendendo un sorso di birra.
«Sì, lascia stare.»
«Ehi, eccovi!» ci raggiunse Vanessa circondata dalle sue amiche e Calum.
«Sempre a bere, eh?» la provocai per cambiare subito il discorso.
«Sempre a rompere?» ribattè ridendo.
«Calum, complimenti per il torneo» gli dissi.
«Grazie, nessuno mi potrà più battere.»
«Non ne sarei tanto certo» lo sfido.
«Pensi che tu potresti battermi?» rise.
«No, per carità, io penso che morirei dopo cinque secondi a quel gioco» mi affrettai a dire.
«E chi?» chiese Vanessa.
«Tu!»
Lei mi fissò confusa ma poi il suo sguardo cambiò improvvisamente.
«In effetti tu potresti batterlo, non hai mica vinto l’anno scorso a una festa di Nikki? » si intromise Missy.
Lei non rispose ma poi scattò subito a fissare un Calum ubriaco che non aspettava altro che una sfida del genere.
«Calum Hood, ti sfido ufficialmente!»

 


ODDIO SONO TORNATA NON CI POSSO CREDERE!

I'm back bitches!

Okay, finiamola perchè qua non dovrei minimamente scherzare.
Sono scomparsa due mesi buoni e mi faccio decisamente schifo, MA HO DELLE BUONE SCUSANTI!
giuro!

La scuola mi ha ucciso, quindi scuola e allenamenti mi hanno impedito di scrivere e di pensare realmente al capitolo. Quindi l'ho scritto durante queste vacanze natalizie. Le idee le avevo già da molto ma come ho detto prima non ho avuto i mezzi per scriverlo.

Non vorrei aggiungere altro perchè poi diventerei pallosa.
Quando mai.

SO, vi lascio, spero di tornare prima di due mesi e soprattutto che vi sia piaciuto il capitolo e che non mi abbiate abbandonato tutte. T.T

Perdonatemi!

E SOPRATTUTTO UN BUON NATALE IN RITARDO A TUTTE E UN FELICE ANNO!


Goooodbye ladies!

Giulz

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo XIII ***














Era passata una settimana esatta dalla festa da Stifler che era terminata per fortuna bene. Calum e Vanessa avevano realmente fatto la sfida fatidica e con la meraviglia di tutti aveva vinto lei. Calum sembrava profondamente deluso, come se gli avessero tolto un titolo olimpico, per di più Mike continuava a fargliela pesare.
Se non avevo capito male Calum chiese la rivincita ma fortunatamente capirono che non era saggio farla quella sera. Ma comunque, Vanessa lo confortò amorevolmente come solo lei poteva fare mezza ubriaca. Continuavano a scherzare e a ridere e poco dopo Calum tornò come prima arzillo e semplicemente idiota.
Presi l’ultimo sorso di tè e poi abbandonai la tazza sul tavolino di fronte al divano. Non stavo guardando nulla di particolare in tv ma non avevo intenzione di fare nient’altro, sarei rimasta in pigiama tutto il giorno ma per non sentire le lamentele di mia madre mi misi un felpone gigante stra comodo e un semplice pantalone della tuta, e non avevo intenzione di fare nient’altro tutto il giorno.
Suonò il campanello e la quiete che regnava nella casa si distrusse.
«Abbey, vai tu!» urlò mia madre dalla cucina.
«Non ci penso nemmeno!» ribattei rimanendo stravaccata sul divano.
Diversi sbuffi seguiti da passi si potevano sentire risuonare dal corridoio. Mia madre aprì la porta e una voce conosciuta risuonò per la casa.
«Salve.»
Un secondo di silenzio seguito dal panico che cresceva dentro di me prima che mia madre rispose: «Ashton! Che piacere vederti.»
Cazzo cazzo cazzo!
«C’è Abbey?» chiese con quella voce cortese che Sia Lodato Il Signore.
«Certo, entra» gli disse mia madre chiudendo la porta. I loro passi si fecero sempre più vicini e io scattai a mettermi dritta sul divano e a sistemarmi. Era ufficiale, mi avrebbe visto in condizioni penose. I brividi.
Mia madre entrò nella stanza con un sorriso tiratissimo e continuava a fissarmi in modo strano, non so cosa potesse significare ma il mio sguardo si spostò subito su Ashton che aveva qualcosa di strano. Osservandolo leggermene di più notai che si era portato indietro i capelli che di solito teneva sulla fronte tenendoli con un piccolo codino.
«Ehi!» mi salutò.
Feci un cenno con a mano e gli sorrisi.
Un strana agitazione mi si formò nello stomaco, proprio quando lui si sedette di fianco a me sul divano.
«Voi qualcosa da bere?» chiese mia madre ovviamente riferendosi a lui.
«Non si preoccupi» disse lui.
«Insisto. Non vuoi un caffè? Un succo di frutta?»
«Okay, un succo di frutta allora.»
Poi mia madre sparì in cucina.
I suoi occhi tornarono su di me e prima che potesse dire qualcosa incominciai a parlare io.
«Punto primo: sono in condizioni indecenti!- rise- Punto secondo: che diavolo ci fai qua?!»
«Allora, punto primo: non sei poi così tanto indecente.»
«Sarebbe stato più carino che mi dicessi che non sono indecente e che sono stupenda e magnifica, ma va beh, apprezzo lo sforzo»
Alzò gli occhi al cielo, cosa che mi fece ridere.
«punto secondo: sono qua per invitarti fuori a cena stasera. Non mi sembrava carino scrivertelo via messaggio» disse.
«Fuori a cena?!»
«Non va bene?» qualcosa si spense nel suo sguardo.
«No, va benissimo, assolutamente. E’ che la cosa che mi turba è come lo dico ai miei» spiegai.
«Abbey, gli dici che esci con me, non credo ci sia nulla di strano.»
«Beh, incominceranno a pensare male e..»
«Incominceranno a pensare quello che dovrebbero pensare» rise.
«Appunto! Questo è il problema!» sbuffai.
«Non mi interessa, vieni con me stasera. Digli quello che vuoi, che ti hanno rapito gli alieni ma io ti porto fuori»
«Eccomi» rientrò mia madre con in mano il succo per Ash e qualche biscotto che solo lei sa dove li ha tirati fuori.
«Grazie mille» disse Ash.
«Di niente, io torno di là» si congedò per poi porgermi uno strano sorrisetto.
Aspettai che mia madre uscì dalla stanza per poi parlare.
«Dovresti venire più spesso» dissi.
«Perché?»
«Perché non è mai così» risi.
«Gentile? Lo è sempre stata!»
«Con te» scherzai.
«Comunque stai bene con questo codino» gli dissi.
«Nuova invenzione» si vantò.
Lo fissai per un secondo ma poi anche se c’era mia madre a pochi metri da noi ed eravamo separati solo da un muro mi fiondai su di lui lasciandogli un lungo bacio a stampo.
«Mica eri quella che non vuole far capire nulla ai suoi genitori?» mi canzonò.
«Non rovinare tutto!»
 
 
 
A mia madre avevo confessato che sarei uscita con Ashton a cena, aggiungendo però che poi saremmo andati da amici. Questo però non la trattenne dal lasciarmi uno sguardo malizioso con allegato uno dei sorrisi più fastidiosi del secolo. Poi aggiunse un «Divertitevi!»
Ashton era passato a prendermi con una puntualità spaventosa, anche se precedentemente mi aveva urlato alla finestra di scendere. Tralasciamo.
Ora ci trovavamo dall’altra parte di Richmond e non sapevo dove eravamo diretti. Non aveva voluto dirmelo.
«Siamo arrivati, devo solo girare alla prossima» mi sorrise.
«Carino da parte tua avvisarmi dopo avermi tenuto nascosto tutto il resto» scherzai.
«Sempre a lamentarti?!» rise.
«Naaaa, semplicemente mi diverte.»
«Eri più timida prima. Ti stai trasformando?» mi punzecchiò.
Significa che i miei tentativi di essere impassibile a quello che succedeva quando c’era lui erano tutti inutili. Avvampai immediatamente al ricordo e scostai lo sguardo verso la strada.
La sua risata si propagò per tutto l’abitacolo e come una scarica elettrica la sua risata e il contatto della sua mano sulla mia coscia mi fece sussultare. Non ero ancora abituata a sentire la sua pelle contro la mia, e penso che non mi ci sarei mai realmente abituata.
«Vedo che qualcosa è rimasto» mi stuzzicò.
«E rimarrà, ti avviso» dissi.
«E a me va bene così» sorrise.
L’auto nel frattempo si bloccò con un sussulto, Ashton si tolse la cintura e io feci lo stesso. Scendemmo e lui mi raggiunse velocemente sul marciapiede. Mi voltai e mi ritrovai di fronte a uno dei ristoranti italiani più conosciuti della zona. Mi voltai  immediatamente verso Ashton che aveva un sorriso soddisfatto sul volto.
«Che c’è?» sbotto.
«Nulla, nulla» gli sorrisi.
A me sarebbe andato bene anche un panino al McDonalds e invece lui scelse uno dei ristoranti più costosi. Un senso di inadeguatezza mi pervase ma poi sentii la presenza di Ashton di fianco a me e quel peso sparì sopraffatto dalla felicità. Nessuno aveva mai fatto nulla di simile.
Il posto era accogliente e la luce non era troppo forte, era come dire.. rilassante. Ashton era andato a chiedere il tavolo che aveva prenotato. Subito venimmo scortati da un gentile ragazzo che ci portò direttamente in una seconda stanza dove c’erano pochi tavoli. Il nostro era precisamente in fondo alla sala. Sui muri erano alternati strani quadri e al centro risplendeva un luminoso lampadario.
Non dovemmo aspettare molto che un cameriere ci chiese l’ordinazione. Ashton ordinò Spaghetti e io presi lo stesso. Appena il ragazzo si congedò Ash incominciò a inoltrare un discorso sofisticato sul suo amore verso gli spaghetti e che avrebbe mangiato solo quello per tutta la vita.
«Sì, sono buoni ma credo che il cibo italiano migliore sia la pizza. Parliamone, la pizza è la pizza!»
«Ovvio, ma gli spaghetti sono qualcosa di più particolare»
«Non è detto, non ho assaggiato molto cibo italiano ma credo che ci sia qualcosa di migliore» dissi.
«Forse…Ma no, non è possibile!» riaffermò.
Mentre finì la frase ci trovammo i nostri piatti fumanti sotto gli occhi. Incominciammo a mangiare e lui continuava a riaffermare la sua teoria. Non parlammo ovviamente solo di quello: mi chiese della scuola, si interessò alla mia vita quotidiana e capì realmente che ero una scansafatiche. Mi propose di fare delle foto insieme un giorno, sapendo della mia passione per la fotografia. Io ovviamente accettai e incominciai a dare delle idee su come farle.
«Però mi piacerebbe molto anche vedere delle foto che hai già fatto» disse.
Comporterebbe lui che entra in camera mia e mia madre che fa facce strane. Valutai la situazione ma mi auto incoraggiai a fregarmene altamente della mia parte ansiosa.
«Va bene» accettai. Ma tutto d’un tratto una chioma già conosciuta accompagnata da un ragazzo altrettanto conosciuto catturarono la mia attenzione. Si sedettero praticamente nell’angolo opposto al nostro e velocemente  puntai lo sguardo verso Ash.
«Ash!» lo richiamai.
Lo smarrimento nei suoi occhi era lampante «Che c’è?»
«Non urlare!» sussurrai. I suoi occhi si sgranarono. «Tranquillo non stiamo per essere fucilati» risi.
«Eh allora che succede?!» sussurrò pure lui.
«Persone che entrambi conosciamo nell’altro angolo della sala. Penso che commetteremo un omicidio questa sera.»
Lui si girò lentamente per guardare dove gli avevo indicato e si voltò di scatto a fissarmi.
«Penso proprio di sì» accennò un ghigno.

 
(oggi niente gif, il sito non va D:)

CIAO A TUTTIIIIIII! Sono tornata prima del solito (più o meno)

Ho fatto di tutto per riuscire a pubblicare prima e spero che il capitolo vi piaccia. Ora che è incominciata la scuola non so se riuscirò a pubblicare presto, credo che ci vorrà un po'. T.T

Spero possiate capire .O.

Vi lascio un grosso bacio e che continuerete a seguire la storia e che magari mi lasciate un vostro pensiero.

Bye
Giulz



 












 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2761437