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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1. Life in Aquilegia *** Capitolo 2: *** 2. Possessive Hill *** Capitolo 3: *** 3. Fino alla Fine ***
Non mi
dilungherò troppo dirò solo due cose:
1. Questa fic è stata scritta in base al fiore chiamato
Aquilegia che, a partire dalla sua figura - simile agli artigli di un
aquila - fino ad arrivare al suo significato - capriccio, esibizionismo
ed egoismo, era perfetto per i due personaggi protagonisti, Neji e Kiba.
2. Non sono soddisfatta del risultato, lo ammetto, perché
comprendo alcune cose ma la questione OOC mi è rimasta sul
cosiddetto 'groppo'. Ciò nonostante adoro questa fic e sono
soddisfatta della sua uscita.
Detto questo auguro a tutti una buona lettura e spero di rivedervi nei
successivi due capitoli!
1. Life in Aquilegia
Non importava che venissero prelevati dalle 'normali'
civiltà dove erano nati per essere protetti.
Non importava quanto quella società parlasse di uguaglianza
di diritti e di doveri per tutti gli 'Animali' - quelle persone dal
normale aspetto umano che possedevano la singolare
peculiarità di poter modificare il proprio corpo in quello
di un animale affino.
Non importava.
Perché sempre e ovunque ci sarebbe stato qualcuno di
privilegiato che avrebbe guardato con superiorità chi,
secondo il proprio metro di giudizio, era nato per essere uno schiavo e
Kiba Inuzuka, con la capacità di mutare il proprio corpo un
quello di un cane, era uno di quelli che venivano considerati feccia.
Il ragazzo viveva in quella comunità da ormai un anno e
avrebbe decisamente preferito la 'schiavitù', che gli
avrebbero imposto sua vecchia città, piuttosto che
continuare a vivere nel 'Covo degli Hyuuga' - nome da lui coniato per
chiamare la 'città-rifugio' degli Animali - a stretto
contatto con Neji, l'algido erede maschio dei padroni incontrastati di
quel rifugio.
Questo possedeva la capacità, come tutta la sua famiglia, di
trasformarsi in una maestosa aquila reale, elegante e bella.
Per tutti uno spettacolo per gli occhi, per l'Inuzuka una massa di
esibizionisti, a dimostrarlo anche il fatto che avessero chiamato
quella sorta di città 'Aquilegia' che non era solo il 'fiore
simbolo' degli Hyuuga ma che rievocava anche la loro trasformazione.
In ogni caso, Kiba in confronto a Neji non era niente.
Era il classico 'ultimo arrivato', che non aveva né un nome
importante né conoscenze di spessore: era uno dei tanti.
Eppure, era stato impossibile per Neji non notarlo così come
era stato impossibile per Kiba non finire nel suo letto alla prima
occasione.
Erano diversi come la terra - un carattere irremovibile e serio - e il
cielo - la spensieratezza e la libertà - ma attratti
immancabilmente l'uno dall'altro - nell'orizzonte dove finisce la terra
inizia sempre il cielo che sia stellato, nuvoloso, sereno o tempestoso.
E una sera lo Hyuuga si era fatto trovare sotto la casa del
più giovane e tutto quello che era successo dopo riguardava
soltanto gemiti e urla di dolore e piacere.
Da quel loro primo incontro fino a giungere ai numerosi successivi,
niente sembrava però cambiato.
Fin dall'inizio per Neji era stato solo sesso.
Un piacevole e divertente capriccio.
Sembrava quasi amare quel piegarsi di Kiba alla sua volontà,
accettando ogni suo ordine e ogni sua scelta.
Era esattamente come il cane che rappresentava nella sua
trasformazione. Fedele, sempre pronto ad abbassare la testa di fronte
al suo padrone e a restargli accanto nonostante i maltrattamenti.
E l'Inuzuka lo odiava e lo amava al tempo stesso - era un sentimento
contraddittorio e autolesionista, ma non poteva farne a meno.
Nonostante già sapesse che, presto o tardi, Neji si sarebbe
stancato di lui e che, con i suoi volubili desideri da bambino viziato,
le sue attenzioni si sarebbero spostate verso un altro giocattolo,
più attraente e appetibile, non riusciva a esserne felice.
Sapeva che sarebbe finalmente stato libero - odiava la 'reclusione' che
implicava quel rapporto con il moro.
Sapeva che non si sarebbe più dovuto piegare al volere dello
Hyuuga - odiava il dover accettare tutto a testa bassa.
Odiava tutto di Neji e sapeva che non avrebbe più avuto a
che fare con lui una volta che tutto sarebbe finito però a
Kiba piacevano quelle sensazioni che provava con lui, tanto da non
poterne fare a meno.
Adorava le mani che lo spogliavano, le labbra che lo baciavano, il
corpo che lo possedeva e anche il profumo fresco e dolce che lo
circondava e che gli restava addosso per ore dopo il rapporto e la
successiva fuga dello Hyuuga.
Gli piaceva da impazzire: una pura follia che l'aveva portato all'amore.
Voleva Neji solo per lui ed egoisticamente non voleva dividerlo con
nessun'altro.
Prima o poi sarebbe arrivato il giorno in cui lo Hyuuga l'avrebbe
lasciato e in quel preciso istante l'avrebbe fermato, legandolo
indissolubilmente a lui.
Come ancora non lo sapeva ma l'avrebbe fatto, perché anche
il più fedele dei cani ha sempre un momento di puro
squilibrio assassino.
Il leggero vento gli
carezzava il viso rilassato. Teneva gli occhi chiusi
per via del sole che illuminava la collina dove si era rifugiato, senza
però dargli fastidio: niente in quel luogo di pace, che
desiderava rimanesse solo suo, poteva infastidirlo. Inoltre Kiba non aveva
alcuna voglia di tornare così presto ad Aquilegia, voleva
solo godersi quella quiete che per tanto tempo gli era mancata. Sperava solo che Neji
non avesse voglia di stare con lui in quel momento - anche se era quasi
convinto del contrario - non era preparato ad affrontarlo. Poi, che parolona
'affrontarlo', tra di loro non c'era neanche un minimo scontro o
confronto e mai ci sarebbe stato: era impensabile. O almeno lo era fin
quando stavano 'insieme'. Poco dopo un'ombra
oscurò il sole spingendolo, infastidito, a riaprire gli
occhi per incontrare l'aggraziata figura di un'aquila che planava verso
di lui. A pochi metri da terra
il candido piumaggio iniziò a diventare finissima stoffa di
un kimono e il viso assumere fattezze umane, quando atterrò
non vi era più un volatile ma un ragazzo dall'espressione
ancor più altezzosa dell'animale. " Inuzuka." " Hyuuga.", lo
salutò controvoglia, mettendosi seduto sull'erba. Si scrutarono per
qualche secondo, un tempo quasi infinito per loro che desideravano
soltanto che le loro labbra potessero incontrarsi. Voraci le loro bocche si
divoravano e le loro mani quasi andavano a strappare gli abiti. Ancora una volta stavano
candendo entrambi in quel vortice d'eccitazione. Ormai Kiba non si
ribellava neanche più, anzi: sapeva ciò che
voleva Neji e andava di sua spontanea volontà a donarglielo. Di solito quei violenti
amplessi erano dettati dalla voglia e dalla fretta, talvolta
però capitava che fossero presi come un malizioso gioco
perverso guidato sempre e solo dallo Hyuuga. Capriccioso, si
divertiva nell'umiliare il castano, portandolo al limite della
sopportazione del piacere senza mai soddisfarlo. Gli piacevano quei rochi
gemiti. Gli piaceva il suo nome
pronunciato come una nenia da Kiba. Il suo sapore, le sue
lacrime - piacere e frustrazione - e il suo profumo formavano un
eccitante quadro che nessun altro avrebbe potuto vedere. Perché
l'Inuzuka era suo, non poteva appartenere a nessun altro. Era il suo fedele cane e
anche quando l'avrebbe lasciato - ipotesi ancora lontana - non avrebbe
permesso ad anima viva di toccarlo. Egoisticamente
pretendeva che Kiba continuasse a vivere alle sue dipendenze, non amava
dividere le sue cose. " N-neji...",
ascoltò quel gemito sfuggire dalle labbra socchiuse
dell'altro. Il suo viso era
arrossato e sudato, teneva gli occhi chiusi: come se non volesse vedere. Era di una bellezza
diversa dalla sua. Era più
selvaggio e gli piaceva quasi da impazzirne. " Sì?",
mormorò, rallentando le carezze della sua mano fino a
fermarsi. " Ne-neji...", lo
chiamò di nuovo, con una certa urgenza. Sapeva che voleva e Kiba
sapeva che doveva dire per ottenere quel piacere che gli era negato. " Pregami. Dimmi a chi
appartieni.", riprese a carezzarlo con una lentezza estenuante
divertendosi, mentre l'altro si contorceva sotto di lui. " No..." " Ma davvero non vuoi?",
soffiò sulla pelle turgida e fremente facendogli emettere
quasi un grido. Amava quando metteva da
parte il suo smisurato orgoglio per ubbidire ai suoi ordini. " N-Neji... p-per
favore...", lo guardò con gli occhi carichi di lacrime mal
trattenute, sembrava quasi un altro quando stavano insieme. " Fallo.
P-prendimi... s-sono tuo." Amava quelle parole,
tanto che eseguì subito, facendolo suo. Per sempre sarebbero
stati legati perché Kiba Inuzuka era di sua
proprietà.
Fino alla fine sarebbero rimasti insieme.
Nel bene o nel male e Kiba avrebbe fatto di tutto pur di riprendersi Neji. Lo Hyuuga aveva lentamente iniziato ad allontanarsi da
lui dopo sei mesi di conoscenza, era stato un allontanamento lento ma visibile,
che veniva confermato dai cambiamenti apportati nei suoi comportamenti.
Erano diminuiti gli 'attacchi' quotidiani che lo coglievano nei
momenti e nei luoghi più impensabili e quel che rimaneva dei loro
incontri era l'equivalente di una sveltina.
Nessun gioco.
Solo la classica botta e via.
Il momento che Kiba aveva sempre desiderato e temuto era arrivato ed aveva
l'affascinante aspetto di Sasuke Uchiha.
Era uno degli ultimi arrivati, così come lo era stato l'Inuzuka al suo tempo
mesi prima, ma era già un 'qualcuno'.
A partire dal suo aspetto, misterioso e bello, fino ad arrivare al suo nome:
era un Uchiha, una nobile famiglia al pari degli Hyuuga.
Come poteva competere Kiba con la bellezza felina - data anche dalla capacità
di trasformarsi in un gatto dal pelo nero - e con un 'nome' del genere?
No. Non poteva.
E infatti Neji aveva preferito Sasuke continuando però
a tenere sott'occhio l'Inuzuka, punendolo quando l'aveva trovato in compagnia di
un'altra persona.
Era geloso o, come al solito, estremamente egoista,
tanto da non permettergli di incontrare più l'amico con il quale stava cercando
di dimenticare quegli ultimi mesi - un ultimo tentativo prima di arrendersi ai
suoi sentimenti.
Aveva cacciato Shikamaru e l'aveva rinchiuso in casa, sapendo quanto Kiba avesse il terrore dei luoghi chiusi - aveva sviluppato una
sorta di claustrofobia a causa della sua natura canina un poco selvaggia.
Distrazione o piccola vendetta?
L'Inuzuka non lo sapeva, sapeva soltanto di star male.
Tutti i suoi malori erano sempre e solo stati causati dallo Hyuuga,
era la fonte principale dei suoi guai.
Se si sentiva uno straccio usato e buttato in un
angolo era a causa di quel maledetto bambino viziato.
Se il suo cuore piangeva nel vederlo con l'Uchiha era
solo a causa di quel dannato egocentrismo che lo portava sempre a cercare lo
sguardo e l'ammirazione di tutti. Se in quel momento stava impazzendo era solo colpa di
Neji e del fatto che l'avesse sempre trattato come un oggetto.
Se si era innamorato poi di lui era sempre a causa
sua.
Kiba non l'aveva mai cercato, voleva una vita
semplice: senza problemi.
E ne aveva avuti fin troppi. E l'averlo rinchiuso e l'aver allontanato l'unica
speranza per vivere ancora - rappresentata da Shikamaru, che non la sua calma,
tipica dei cervi che rappresentava, era quasi riuscito a convincerlo a lasciar
perdere ogni proposito vendicativo per l'abbandono - aveva fatto traboccare il
vaso.
Se Neji lo voleva per sé per tutta l'eternità come ripiego
non l'avrebbe accontentato.
Sarebbero rimasti insieme, sì. Per sempre. Ma a modo suo.
Quindi lo attese con una calma quasi innaturale,
doveva venire a liberarlo o almeno a fargli una ramanzina.
Sì. L'avrebbe fatto.
Conosceva fin troppo bene quel maledetto rapace che, avido, si era nutrito
della sua libertà. Sarebbe stata una cosa veloce, non sarebbe riuscito a
perdersi in chiacchiere.
Infatti, appena lo Hyuuga varcò quella soglia lo
attaccò nella sua forma animale.
Lo azzannò violentemente al collo, recidendo le vene.
Un gemito roco lo raggiunse alle orecchie ma lo ignorò, così come riuscì ad
evitare i tentativi di fuga di Neji che, lentamente, perdeva le forze.
Si sollevò, tornando normale.
Il viso era sporco di sangue ma era felice, glielo si leggeva negli occhi.
" Per sempre insieme, Hyuuga.", mormorò, usando poi gli artigli che
ancora restavano sulla mano per ferirsi al collo. Gemette di dolore, poi crollò sopra l'altro, ancora
agonizzante.
" ... fino alla... fine..."
Chiuse gli occhi, cullato dal suo lento perdere il respiro e da quello ormai
morende dell'amante.
Se non lo poteva avere lui, non l'avrebbe potuto avere
nessun'altro.
Kiba aveva sempre accusato Neji di essere egoista, e
non aveva tutti i torti, ma con quel suo ultimo pensiero aveva dimostrato di
esserlo a sua volta.
Erano più simili di quanto si sarebbero aspettati e se solo avessero avuto il
coraggio di andare oltre quelle apparenze fatte di nomi e fattezze fisiche,
forse non sarebbero morti in quel pozzo di sangue.
L'importante però era che fossero rimasti insieme fino alla fine.
Nel bene o nel male.