Sayōnara Memory

di Siranne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Ritorno ***
Capitolo 3: *** Un mese ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Fiori di ciliegio ***
Capitolo 6: *** Dolci ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


Sayōnara Memory
Risveglio
 

Michiko prese una sedia e, come faceva ormai da oltre una settimana, si accostò al letto e fissò il giovane. Riprendeva colorito e le cicatrici diventavano sempre meno evidenti, ma ancora non accennava a muoversi o a parlare. Nonostante il bendaggio alla testa, si intravedevano i capelli corvini che incorniciavano un bel volto, dai lineamenti delicati e ancora fanciulleschi, segno che non aveva raggiunto l’età adulta.
Effettivamente Michiko non sapeva nulla della persona stesa su quel letto d’ospedale. L’unica cosa che poteva affermare con certezza era che aveva combattuto la quarta guerra ninja e che ancora stava combattendo per restare in vita.
La porta della stanza si aprì e apparve Kouta. L’uomo si avvicinò a Michiko, sua moglie.
«Ormai passi la maggior parte del tuo tempo qui» disse.
Lei tacque,  sapeva già cosa voleva suo marito, avevano già discusso della cosa.
«Non credo si risveglierà» continuò lui «è un miracolo che non sia sottoterra, chiunque con quelle ferite sarebbe già morto. Avanti, andiamo a casa»
La delicatezza non faceva parte delle virtù di Kouta e Michiko aveva imparato a sopportare la sua crudezza, infondo nel suo  intimo apprezzava che non fosse il tipo di persona che si nasconde dietro l’ipocrisia.
«Hai ragione, ma guardalo… è poco più che un bambino ed è ridotto ad un corpo senza vita» disse con un filo  di voce.
Kouta appoggiò una mano sulla spalla della donna che amava da quasi quarant’anni: «Abbiamo già fatto il possibile portandolo qui…»
«Hai ragione, forse è meglio che io torni a casa e che mi riposi un po’»
Kouta annuì lievemente con la testa e si voltò verso l’uscita. Michiko rimise a posto la sedia e diede un’ultima occhiata al ragazzo. Intravide due fessure color ossidiana sul suo viso.
«Dottore, dottore! Ha aperto gli occhi!»
***
 
Sakura raccattò le ultime cose e le infilò nello zaino. Uscì dalla tenda e poté notare che nello spiazzato al centro dell’accampamento non c’erano più di un centinaio di persone.
Tutti erano radunati per tornare ai rispettivi villaggi. La guerra era stata vinta, ma lo sguardo della gente che caricava i cadaveri dei loro compaesani su dei carri di fortuna, le fece venire in mente che forse il piano di Madara non era poi così malvagio. A quest’ora vivrebbe in un illusione, ma almeno sarebbe stata felice insieme ai suoi compagni. Proprio ora che il team 7 si era riunito, che Sasuke era finalmente tornato dalla sua parte, entrambi erano morti.
Tra il mucchio di corpi sul carro diretto a Konoha, intravide una capigliatura di un biondo acceso che solo una persona aveva al suo villaggio. Si maledisse per aver pensato che lo Tsuki no Me sarebbe stata la soluzione migliore; Naruto e Sasuke si erano sacrificati per non attivarlo. Si avvicinò al carro e vedendo il corpo pallido e freddo dell’Uzumaki, non poté fare a meno di pensare all’Uchiha.
Ricordava perfettamente di averlo visto steso, con il petto insanguinato e privo di sensi. Aveva cercato di scuoterlo per farlo rinvenire, ma notò che aveva una ferita alla testa da cui fuoriusciva copioso del sangue.
Shikamaru le disse che era meglio lasciare stare, che era impossibile che potesse essere vivo, ma lo ignorò e controllò il polso per percepire il battito, Sakura però non fu in grado di sentirlo. Fu staccata a forza dal corpo di Sasuke. La guerra era appena finita e i superstiti lasciarono i cadaveri sul campo per curare le ferite di chi ancora aveva la forza di restare attaccato alla vita. Quando alcuni ninja tornarono il giorno dopo per recuperare i corpi, all’appello mancava quello di Uchiha Sasuke.
Le ipotesi fatte furono molte, fu messo in ballo anche Orochimaru, ma lui era stato condotto all’accampamento come gli altri per essere curato, infondo anche lui si era impegnato  e si era rivelato anche più utile di molti altri shinobi.
L’unica cosa di cui erano certi era la sua morte.
Non avrebbe potuto avere nemmeno avere una sepoltura, ma questo per Sakura era il male minore. Ciò che contava era che non era più accanto a lei.
Quando anche le tende furono rimosse, la folla si divise e prese cinque direzioni diverse,  finalmente sarebbero tornati alle loro case.
***
 
Il ragazzo guardava la donna che le stava parlando. Non riusciva a sentirla, provava una strana sensazione di leggerezza che mano a mano diventava meno evidente. Gli sembrava di riprendere il suo corpo, ma il dolore che provava sempre più forte gli fece rimpiangere lo stato precedente.
Adesso si era avvicinato anche un uomo con un camice bianco, che iniziò a muovergli davanti agli occhi una sorta di torcia in miniatura.
«Mi sente!?»  finalmente riusciva a capire cosa stessero dicendo quei due.
Muovere la bocca per emettere un , che nemmeno con i più potenti apparecchi acustici sarebbero riusciti a sentire, gli costò una sofferenza  che provocò un gemito:  stavolta entrambi lo sentirono.
La donna piangeva di gioia e il medico a fatica riuscì a trattenere le lacrime per quello che riteneva un miracolo doppio.
Già il fatto che fosse riuscito a restare in vita, dopo ore estenuanti di operazioni, era qualcosa di eccezionale. Adesso si era addirittura svegliato e reagiva agli stimoli.
Era chiaro che al momento il massimo che poteva fare quel ragazzo era tenere aperti gli occhi e mugolare. La speranza era che non avesse subito alcun danno cerebrale, ma con quella ferita alla testa non si poteva prevedere nulla.
Ruotò gli occhi per capire dove si trovasse. Le pareti completamente bianche, qualche sedia nera e tante macchine che circondavano il suo letto. Non poteva essere che un ospedale.
Cercò di ricordare cosa gli fosse successo, ma l’unica cosa che gli venne alla mente fu il buio. Si accorse che non solo non ricordava il motivo per cui era in ospedale, ma non riusciva a pensare ad un volto o ad un evento che avesse potuto vivere nel passato. Le uniche facce che ricordava erano quelle dei tizi che stavano accanto al suo letto.
Scoprì che c’era una sensazione più spiacevole rispetto al dolore fisico: sentirsi estranei a se stessi.


Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Con questa fanfiction approdo sul fandom di Naruto :) La quarta guerra ninja è finita con la vittoria degli shinobi, ma questa vittoria è accompagnata da gravi perdite. Per adesso non dico nient'altro, spero vi possa piacere :3
E ricordate di lasciare qualche recensione^^
Un bacio :*


 

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Capitolo 2
*** Ritorno ***


Sayōnara Memory
Ritorno

Finalmente dopo tre giorni di marcia, riuscirono a scorgere il profilo di Konoha. Il loro ritorno non era atteso, fu una sorpresa per gli abitanti rimasti al villaggio rivedere gli shinobi.
Quella che doveva essere gioia per la vittoria della guerra e per il ritorno degli eroi, spesso si tramutava in pianto e tristezza per la maggior parte di loro perché molti dei loro cari avevano perso la vita.
Konohamaru notò la calca all’ingresso del villaggio. Riconobbe Ino, Shikamaru e altre persone.
Si avvicinò velocemente, non vedeva l’ora di rivedere Naruto, era sicuro che avesse riempito di mazzate Madara.
In mezzo alla folla riconobbe la chioma rosa di Sakura.
«Sakura!»
La ragazza si voltò e riconobbe Konohamaru che correva nella sua direzione.
«Siete fortissimi, avete vinto! Dimmi stai bene, sei ferita?» le chiese pieno di euforia.
«Sì, io sì…»
«E Naruto?»
«Konohamaru…» la Haruno non sapeva da dove iniziare, non sapeva come dire la verità al ragazzino, ma toccava a lei questo compito.
«Sapevo che avreste vinto! Anche noi qui ci siamo impegnati a difendere il villaggio. Pensa che erano arrivati dei lottatori di sumo e io e i miei compagni in due minuti gli abbiamo… Sakura?»
Si era inginocchiata per guardarlo dritto negli occhi e dirgli che Naruto non c’era più, che era morto per difenderla da una attacco di Madara.
La felicità di Konohamaru si trasformò in un volto sconvolto.
«Non è possibile, Naruto è il più forte di tutti» bofonchiò a mezza voce con le lacrime agli occhi.
Sakura istintivamente lo abbracciò, ma lui la spinse via da sé.
«Non mi toccare! E’ colpa tua se Naruto è…è morto»
Scappò via tra i singhiozzi, mentre lei rimase lì, inginocchiata.
Aveva ragione, era colpa sua, della sua inettitudine, della sua debolezza. Una debolezza non più fisica, ma mentale. Non sarebbe mai stata la copia di Tsunade perché non aveva un briciolo della sua risolutezza.
Ora che non c’erano più nemmeno i suoi compagni a darle forza, si sentiva inutile come mai prima d’ora.
 «Sakura, ma che ci fai per terra?»
La voce di sua madre la riportò alla realtà. Si gettò tra le sue braccia e si lasciò andare ad un pianto silenzioso.

 ***

Sasuke si era ormai risvegliato da tre giorni, ma non aveva mai proferito parola.
La mascherina per respirare gli era stata tolta il giorno dopo in cui aveva riaperto gli occhi, dal momento che i suoi valori vitali erano tornati normali.
Il dottore spiegò a Michiko che quella era una cosa abbastanza frequente, il ragazzo probabilmente era in uno stato confusionario e si rifiutava di parlare a degli sconosciuti.
Quella mattina aveva trascorso un’ora a parlargli, più che altro di sciocchezze come la probabilità che l’indomani piovesse o l’ultima tenda con i ricami color oro che aveva comprato.
Sperava di metterlo a proprio agio con quei discorsi, ma il massimo segnale di interesse che riceveva erano dei fugaci sguardi o dei mugugni che emetteva, non capiva se per concordare con ciò che diceva o per il dolore che provava.
Proprio mentre stava per  arrendersi anche quel giorno e andarsene a casa, sentì un mugugno più prolungato.
Ritornò sui propri passi e avvicinò l’orecchio alla bocca del ragazzo, sperando di poter captare delle parole di senso compiuto.
Lui si mise d’impegno e finalmente riuscì a porre la domanda che voleva fare da giorni: «Do-dove…mi tro…vo?»
«Allora non hai perso la parola, aspetta qui vado a chiamare il dottore»
Si era impegnato come un mulo per pronunciare quelle tre parole e nemmeno le aveva risposto.
“Aspetta qui? Come se potessi alzarmi e uscire a farmi un giro” pensò sbuffando mentalmente.
Quei giorni di totale immobilismo non giovavano al suo animo che fremeva per trovare delle risposte.
La sua mente era sveglia e attiva, al contrario del suo corpo che sembrava un macigno troppo pesante da portarsi dietro.
«Oh, quindi hai ripreso a parlare?» disse il dottore entrando con un sorriso smagliante.
Quel tizio non piaceva a Sasuke, era il tipico dottorino di campagna che si ritrovava tra le mani un miracolato che avrebbe usato per scalare la vetta e lavorare il ospedali ben più importanti di quello.
«Quindi che ha chiesto?» fece lui rivolgendosi a Michiko.
«Ha chiesto in che posto si trova?»
«Giovanotto, non l’hai capito? Sei in un ospedale. Sai cos’è?» regolò il tono della voce facendone uscire uno smielato, simile a quello che si rivolge ai bambini di tre anni.
Lo mandò a quel paese mentalmente, era inutile innervosirsi nelle sue condizioni. Si limitò a fargli notare che non era diventato un imbecille.
«So, che sono…in un ospe…dale»
«Suppongo volesse sapere in che villaggio si trova» disse Michiko rivolgendosi al medico.
«Oh, scusami figliolo. Ci troviamo a Natsugakure un ridente villaggio…»
Natsugakure. Non aveva mai sentito prima un villaggio con quel nome. Il dottore narrava la gloriosa storia di quel posto, ma un senso d’angoscia pervase l’animo di Sasuke.
Quel posto poteva esser casa sua, il posto in cui era nato oppure poteva essere capitato lì per caso. Magari qualcuno lo aveva portato lì. Qualcuno che gli ha fatto del male, evidentemente molto male viste le condizioni in cui era ridotto. O forse era colpa sua, probabilmente si era invischiato in affari loschi.
Poteva anche essere un poliziotto a questo punto. A dire il vero poteva essere tutto o niente.
Nel suo cuore aveva la piccola speranza che quella donna, con i capelli grigi raccolti in uno chignon abbozzato, potesse sapere chi era.
Nel migliore dei casi poteva essere una sua parente, magari sua nonna o, perché no, sua madre.
«… e così molti hanno deciso di smettere di essere ninja per dedicarsi ad attività più redditizie...» l’uomo continuava a parlare di sciocchezze.
Sasuke si mise a fissare Michiko, sperando che capisse che voleva parlare con lei.  
Ringraziò il cielo per la sua perspicacia, lei prontamente fermo il soliloquio del medico.
«Mi scusi dottor Haizawa, ma credo che al ragazzo non interessi la storia del villaggio» si avvicinò al letto di Sasuke «che cosa vuoi?» gli chiese poggiando una mano sulla sua testa, proprio dove aveva la fasciatura.
L’Uchiha si stupì per quel contatto. Erano tre giorni che provava aridità e freddezza, ma quella mano aveva avuto il potere di fargli percepire un certo tepore al cuore e una sensazione familiare, come se una mano che si poggiava sulla sua fronte fosse un gesto che conosceva, una prova di affetto che nel suo passato oscuro riceveva molto spesso.
La donna lo guardò con un sorriso dolce e materno, sentiva di non trovarsi più solo, voleva fidarsi di lei.
«Chi so-sono?»
Michiko rimase un attimo perplessa a quella domanda. Credette di non aver capito bene. Ciò che le fece ancora più male, fu rendersi conto di dover rispondere che non lo sapeva.
Rimase in silenzio per qualche istante.
«Non ricordi nulla?» gli fece una domanda sciocca, sperando ancora di aver frainteso le sue parole.
Il ragazzo chiuse gli occhi. Mosse lievemente il capo in segno di assenso, ma dopo quel gesto non proferì più parola, né si degno di aprire gli occhi.
La donna interpretò quel comportamento come una richiesta di voler restare solo.
Così fece, si trascinò dietro il dottore, ancora offeso per essere stato interrotto prima, e uscì dalla stanza.

Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Innanzitutto ringrazio coloro che hanno recensito, messo tra le preferite e le seguite questa storia, mi fa davvero piacere che vi sia piaciuta :)
Spero che questo capitolo non vi deluda ;) Sakura è ritornata a Konoha, un ritorno a casa tutt'altro che sereno, però. Sasuke piano piano si sta riprendendo fisicamente, anche se la memoria ancora non vuole ritornare XD
Spero che vi sia piaciuto e ricordate di lasciare una recensioncina^^
Un bacio :*

 

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Capitolo 3
*** Un mese ***


Sayōnara Memory
Un mese

Il buio. Era un posto freddo e scuro, che non lasciava respirare, angosciante, spaventoso. Ma la cosa peggiore e che in quel posto era solo.
Poi, all’improvviso, un lieve tepore riscaldava la sua pelle. I suoi occhi iniziavano a vedere una luce fioca che via via diventava più splendente persino del sole e l’angoscia lasciava il posto alla serenità.
Non era più solo. Ma chi era quella luce così familiare?
Una voce calda parlava, all’inizio non riusciva a capire cosa stesse dicendo, ma poi la sua anima si impregnò di quelle parole.
“Qualunque cosa tu faccia, io ti amerò per sempre”
 
Sasuke aprì delicatamente gli occhi. Svegliarsi dopo un sogno del genere, gli faceva sperare che al mondo c’era qualcuno che lo cercava, che gli voleva bene e questo gli dava la forza per andare avanti.
Era ormai un mese che si trovava in quell’ospedale e aveva riacquistato buona parte delle sue forze fisiche.
Aveva ancora qualche difficoltà a muoversi a causa del dolore, ma a quanto gli dicevano i medici doveva ritenersi più che fortunato.
Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì bussare alla porta. Si affacciò Michiko.
Quella donna gli era stata sempre accanto, accompagnata qualche volta dal marito scorbutico. Aveva sinceramente a cuore il suo destino, voleva aiutarlo a ritrovare la sua identità.
«Ben svegliato» disse sorridendo «oggi verrà l’equipe che studierà il tuo caso per cercare di farti recuperare la memoria».
«Lo so. Ma come mai ci sei anche tu?»
Michiko rimase un po’ ferita dalle sue parole, forse la considerava ancora come una semplice sconosciuta.
«Sono qui per raccontare il modo in cui ti ho trovato. Questo potrebbe essere utile per capire qualcosa di te»
Sasuke conosceva già perfettamente quella storia. Lei gliel’aveva raccontata più volte.
 
Erano di ritorno a Natsugakure dal villaggio del fulmine.
Lì viveva la fidanzata del loro figlio. Sapevano che doveva partire in guerra, ma la andarono a trovare ugualmente. Facevano così ogni anno, il giorno in cui il loro figlio era morto.
Niente avrebbe spezzato quel rito, nemmeno la fine del mondo.
La ragazza gli aveva però chiesto di non muoversi da Kumo, almeno fino alla fine della guerra.
“Aspettate il mio ritorno” disse l’ultima volta che Michiko e Kouta la videro.
Non seguirono il consiglio della ragazza. Speravano di poter facilmente tornare a casa semplicemente evitando il luogo in cui si svolgeva la guerra.
Anche se sarebbe costato macinare molti chilometri in più, se gli shinobi fossero stati sconfitti almeno loro due sarebbero potuti morire sotto il loro tetto.
Quello che non immaginavano è che dopo tre giorni di marcia incontrarono il campo di battaglia, che si dimostrava essere molto più esteso di quello che pensavano.
I corpi erano ovunque, i visi stravolti dalla morte, il sangue che via via si seccava.
L’occhio di Michiko cadde sul corpo di un ragazzo dalla pelle diafana e i capelli corvini, che sembrava dormire tranquillo, se non fosse per le numerose ferite presenti.
Decise di avvicinarsi e di toccargli il collo per sentire il battito. Rimase qualche secondo china, quando ormai perse la speranza sentì un rumore, flebile e impercettibile. Il suo cuore non aveva ceduto.
«Kouta! Vieni qui!»
L’uomo si avvicinò lentamente.
«E’ vivo, dobbiamo portarlo in un ospedale»
Kouta rimase un attimo a meditare.
«Dovrei caricarmelo sulle spalle? Con quelle ferite» disse indicando lo squarcio al petto, e la pozza di sangue sotto la nuca «muovere il suo corpo sarebbe dannoso. Forse dovremmo chiamare i medici, invece che portare lui»
«E ti sembra che ci sia tempo sufficiente per portare i medici qui? Muoviti ti darò una mano a trasportarlo»
Kouta non si oppose. Con l’aiuto di Michiko prese il giovane sulle spalle. Cercò di metterselo nella posizione più stabile possibile e ricominciarono il loro cammino.
Esausti giunsero all’ospedale del loro villaggio. I medici sconvolti per le ferite, ma soprattutto per la tenacia del ragazzo che ancora restava in vita, si impegnarono in operazioni lunghe ore per ridurre le emorragie.
 
«Salve! Tu devi essere il nostro ragazzo» disse con voce squillante un uomo grassottello seguito da un giovane, che aveva tutta l’aria di essere un tirocinante e da una donna sulla quarantina. L'equipe era appena arrivata.
Vedendo che Sasuke non accennava a parlare, Michiko si mise in mezzo: «Sì, è lui»
«E lei dovrebbe essere la donna che l’ha trovato» disse il giovane, sfogliando un block-notes.
«Vediamo un po’» disse il grassottello «come lo ha ritrovato?»
Michiko raccontò tutto. Il giovane prese appunti, mentre la donna si limitava ad ascoltare.
«Quello era il campo di battaglia, quindi ne deduco» disse la donna sulla quarantina, con lo stesso atteggiamento di un’ispettrice di polizia  «che il ragazzo combattesse quella guerra. Per ritrovare la sua identità dovremmo controllare se ci sono denunce di scomparsa nei vari villaggi che hanno preso parte al conflitto»
«Sì, potrebbe essere una buona idea, vero?» fece Michiko rivolta a Sasuke.
«Che cosa vestivo quel giorno?» finalmente la voce di Sasuke si fece sentire.
«Perché vuoi saperlo?» tutti rimase perplessi alla sua strana domanda.
«I ninja solitamente indossano dei particolari indumenti diversi da villaggio a villaggio. Se ricordi come erano i miei vestiti saprò a quale villaggio appartengo»
La donna-detective rimase stupita dall’intelligenza del ragazzo. Nemmeno lei che svolgeva quel lavoro da anni  ci avrebbe mai pensato.
«Sì, Michiko-san, per favore, cerchi di ricordare»
Michiko rimase qualche secondo in silenzio, facendo mente locale.
«Aveva il busto scoperto, sinceramente. Vestiva solo dei pantaloni viola scuro. Ma non c’era alcun riferimento a qualche villaggio»
«Oh» disse la donna « questo rende le cose più difficili»
*** 
Sakura si rigirò nel letto. La madre stava praticamente prendendo a calci la porta per farla svegliare.
«Che vuoi?» bofonchiò con la voce assonnata.
«E’ quasi mezzogiorno e ancora dormi?» urlò la madre da dietro la porta.
Nell’ultimo mese la vita di Sakura si era ridotta a mangiare, bere, lavarsi, dormire. Usciva raramente, più che altro negli orari in cui non c’era molta gente per strada.
Ormai si poteva definire un hikikomori* in piena regola.
«Sì, sì ora mi alzo»
«Vedi di darti una mossa, la tua amica Ino ti sta aspettando di sotto!»
Ino. Che diamine voleva?
Con molta calma, si infilò in bagno, si diede una sciacquata e si infilò i primi indumenti che trovò.
Poi scese.

Note dell'autrice:
Salve a tutti! Questo capitolo è stato un po' complesso da scrivere e, sinceramente, non sono molto soddisfatta XD
Spero vi possa piacere e ringrazio chi ha letto/recensito/preferito/seguito questa fanfiction^^
Mi raccomando, ricordate di lasciare una rensioncina :3
* hakikomori: individuo che si isola dalla vita sociale se volete saperne di più ecco il link di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Hikikomori

 

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Capitolo 4
*** Cambiamenti ***


Sayōnara Memory
Cambiamenti

«Buongiorno» disse Sakura con disprezzo, lasciando intendere che non gradiva la sua presenza, soprattutto perché a causa sua era stata costretta ad alzarsi.
«Ciao» rispose Ino, lievemente intimorita dal tono dell’amica «scusa se ti disturbo»
Prima che la figlia potesse dire qualcosa di scortese, si intromise la madre «ma che disturbo! E’ un piacere rivederti!»
L’entusiasmo della donna cozzava con l’espressione indifferente e annoiata di Sakura.
«Grazie signora» accennò un sorriso «però potrebbe lasciarmi sola con lei?»
La donna si ritirò in cucina.
«Come stai?»
«Secondo te?» bofonchiò Sakura mentre si avvicinava al mobile per prendersi una merendina.
«Era da tempo che non ci vedevamo» ritentò Ino.
«Già» scartò la brioche e iniziò a mangiare, d’altronde non  aveva ancora fatto colazione.
«Sei cambiata molto, Sakura»
«Le persone cambiano, Ino»
«No, scusami, ho sbagliato» la rosa si girò verso la bionda guardandola perplessa «non sei cambiata, vuoi solo far credere di essere cambiata»
«Posso farti una domanda? Perché sei venuta? Per rimproverarmi?»
«No…»
«Allora che vuoi?! Cosa ti importa se sono cambiata o no?»
«Mi importa perché tu sei mia amica! Ti stai lasciando trascinare alla deriva, perché non ti svegli da questo torpore? Non ti vedo più sorridere, non vedo più la voglia di vivere che avevi prima…»
Sakura si mise a camminare avanti e indietro, su una stessa linea immaginaria.
«Svegliarmi? Vivere? Sorridere? Come posso fare una cosa del genere? Ogni sorriso mi sembra un insulto a loro. Come posso provare un qualsiasi sentimento positivo quando loro sono morti?»
Ino le si avvicinò.
«Devi accettarlo. Sono morti, ma tu sei viva»
«E’ questo il problema!» Sakura si fermò difronte a Ino e puntò gli occhi verdi in quelli azzurri dell’altra «se io fossi stata diversa… non ho nemmeno il coraggio di buttarmi da un ponte…»
«Sakura…» Ino ricambiò sconvolta lo sguardo colmo di lacrime della rosa. Quando aveva deciso di andare a casa sua, non pensava che le cose sarebbero precipitate fino a questo punto, sentiva di non avere la forza necessaria per sopportare il suo sfogo sofferente.
«Hai ragione, non sono cambiata» continuò tra i singhiozzi «sono sempre quella stupida che è in grado solo di piagnucolare, incapace anche di muovere un solo dito»
Ino, facendo un solo passo, le si avvicinò e l’abbracciò con quanta forza avesse nelle braccia. Sakura si irrigidì perché quel contatto l’aveva sorpresa. Quel piccolo momento di calore le fece capire quanto freddo aveva accumulato nell’ultimo periodo.
«Ascoltami» disse Ino staccandosi da Sakura «la prossima settimana partirò per una missione a Natsugakure, vuoi venire?»
«Io…»
«Ok, ho deciso io per te. Tu devi venire, non ti farà male uscire un po’ dal villaggio» disse con un sorriso solare « adesso però devo andare, inizia il mio turno al negozio di fiori. Mi raccomando non mancare, altrimenti verrò a prenderti con la forza» concluse e si avviò alla porta.
«Ino… grazie»
La bionda sinceramente non capì per cosa la stesse ringraziando, non aveva detto niente di che e per tutta la giornata non riuscì a togliersi la sgradevole sensazione di non essere abbastanza forte per aiutarla. Invitandola a quella missione non aveva fatto altro che complicarsi ulteriormente le cose, non sapeva come rispondere al suo dolore, ma senza dubbio la cosa peggiore che poteva fare era ignorarla. Anche se non sapeva cosa dire, non l’avrebbe mai lasciata sola.
Sakura invece apprezzò proprio il silenzio di Ino, non aveva bisogno di sentirsi rinfacciare da altri cose che già sapeva da sola.
Non era sicura che quella missione fosse una buona idea, ma quel dialogo con Ino le fece accendere una nuova scintilla.
Naruto e Sasuke erano morti. Ma per cosa? Per difendere i loro ideali, per rifondare il villaggio, per creare una pace duratura.
Lei era viva. Ingiustamente, ma era viva. Restare in quello stato di torpore non le sarebbe servito. Per loro avrebbe trovato il coraggio di vivere, attraverso Sakura sarebbero sopravvissuti i loro ideali e attraverso lei si sarebbero realizzati.
Non sarebbe tornato tutto come prima, finalmente era arrivato il tempo del cambiamento.
 
***

Sasuke non riusciva a darsi a pace. Michiko aveva detto che il suo abbigliamento non era riconducibile a nessun villaggio. Certo dei suoi vestiti, quando era stato ritrovato, non era rimasto un granché ma questo non era sufficiente a togliergli dalla testa l’idea che forse lui non stava combattendo per nessuno dei villaggi. Non ricordava niente di ciò che aveva vissuto, chi gli poteva assicurare che non combattesse dalla parte di chi aveva scatenato quella guerra?
L’equipe che doveva fargli tornare la memoria o che almeno doveva riuscire a farlo tornare a casa, aveva lasciato la sua stanza da qualche ora per controllare se ci fossero denunce di scomparsa da parte di qualche villaggio.
Come si aspettavano le denunce di scomparsa erano migliaia, ma la maggior parte si riferivano a periodi anteriori alla guerra.
Poche erano quelle che denunciavano la scomparsa di coloro che avevano partecipato alla guerra. Non c’erano molte speranze che quelle persone si fossero allontanate o che fossero state rapite. I loro corpi, o ciò che ne rimaneva, si trovavano chissà dove.
Nessuno di quei profili però corrispondeva al ragazzo che si trovava in ospedale. La ricerca si prospettava molto più difficile del previsto.
L’equipe composta dall’uomo grassottello, dalla donna detective e dal giovane tornò per raccontare come erano andate le cose.
 Questa notizia era stata l’ennesima batosta per l’animo dilaniato di Sasuke. Infondo chi diamine faceva delle denunce di scomparsa per dei criminali? Ormai ne era quasi sicuro, qualsiasi altra ipotesi era inverosimile per lui.
«Non c’erano molte denunce per quanto riguarda le persone scomparse durante la guerra» disse la donna dell’equipe «d’altronde quante possibilità ci sono che siano vivi?»
«Ragazzo» continuò lei, con un tono serio «finché non sarai tu a ricordare non credo sarai in grado di tornare a casa»
«Quante possibilità ho di ricordare?» chiese Sasuke a voce bassa.
«E’ impossibile dirlo. Sappi però che più passa il tempo, meno possibilità ci sono»
«Allora non c’è un modo affinché io possa ricordare?»
«Ci sono vari metodi come assaggiare cibi che eri solito mangiare, o ascoltare canzoni che ti piacevano, ma questi metodi possono essere usati solo quando si  è circondati da persone che ti conoscono e che sanno i tuoi gusti e soprattutto il tuo passato»
Sasuke abbassò la testa, svuotato di ogni energia.
«C’è però una cosa che non devi assolutamente fare. Non devi perdere la speranza, altrimenti puoi dire addio definitivamente ai tuoi ricordi»
«Non che sia una cosa così orribile, alla fine» disse l’uomo grassottello, ridendo «mettila su questo piano, ragazzo: questa è una nuova opportunità che la vita ti dà; è come se fossi nato di nuovo, puoi ricostruirti la tua esistenza come meglio credi»
Sasuke, pur sforzandosi, non riuscì a vedere molti lati positivi nella cosa. Anzi più ci pensava, più si rendeva conto di trovarsi in una situazione di stallo. Se non conosceva il suo passato, come poteva progettare un futuro?

Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Scusate per il ritardo con cui ho aggiornato e ringrazio tutti coloro che hanno letto/recensito/preferito/seguito :)
Finalmente dopo tanta sofferenza do un po' di sollievo a Sakura, mentre mi sono scagliata contro il povero Sasuke (gomen Sas'ke ç_ç). Ma non tutto il male vien per nuocere XD
Spero che vi piaccia e come al solito ricordate di lasciare una recensioncina,
alla prossima ^_^


 

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Capitolo 5
*** Fiori di ciliegio ***


Sayōnara Memory
Fiori di ciliegio

Sasuke si rigirò nel letto per l’ennesima volta. Erano ore che cercava di prendere sonno, cercava con tutte le sue forze di svuotare la sua mente, anche se pensandoci bene, forse, era già fin troppo vuota. Aveva solo una cosa che lo preoccupava, ma quell’unica cosa riusciva a fargli perdere il sonno. Ricordare, solo questo.
Non era poi così difficile, perché lui non ci riusciva?
Nonostante le luci della sua stanza fossero completamente spente, il bagliore della luna era sufficiente per distinguere tutti gli oggetti della stanza.
Sul muro di fronte a lui, la luce risplendeva in maniera fin troppo forte per i suoi gusti.
“Ma che diavolo?...”
Delle ombre apparvero all’improvviso. Ad una prima occhiata parevano delle foglie che volavano trasportate dal vento.
Sasuke si alzò e si affacciò alla finestra. Erano molto più piccole delle foglie, sembravano petali.
“Fiori di ciliegio”
Rimase per qualche secondo incantato a fissare la danza dei petali rosa. Nel suo petto un calore si stava facendo via via più forte.
“Sakura”
Era qualcosa di estremamente familiare, sentiva finalmente di provare un’emozione, quei fiori erano importanti per lui.
Prese un petalo e se lo portò delicatamente al cuore, come se stesse abbracciando una persona.
Non era nulla, eppure quella piccola sensazione gli diede nuova speranza.
 ***
Sakura raccattò le sue cose nello zaino. Qualche vestito di ricambio, qualche arma, il necessario per le cure mediche.
«Non dimenticare i soldi»
La rosa sobbalzò alla voce di sua madre, che si era affacciata dalla porta della sua stanza.
«Mamma, non sono una bambina» sbuffò con un tono tutt’altro che adulto.
«Non è che sia poi così felice per il fatto che tu te ne vada proprio ora, domani è il tuo compleanno»
«Vuoi che rimanga? Ma non eri tu a dire che dovevo smetterla di trascorrere i giorni a non fare nulla e che dovevo ricominciare a fare qualcosa?» chiuse la cerniera dello zaino e se lo mise in spalla.
«Be’, potevi posticipare» si avvicinò e le diede un bacio in fronte.
Sakura le rispose con una faccia contrariata.
«Io vado, ci vediamo»
«Sta attenta, mi raccomando»
Uscì e si incamminò per raggiungere le porte del villaggio.
Sakura odiava davvero quando sua madre la trattava come un stupida ragazzina. Il carattere di quella donna era troppo complesso perché lei lo potesse capire. Era allegra e spensierata, quasi con la testa tra le nuvole. Sì, quasi perché sotto quel carattere svampito si poteva percepire un lato decisamente maturo. O almeno questo era quello che Sakura aveva sempre pensato di lei.
Si ridestò dai suoi pensieri quando intravide una lunga coda bionda che poteva appartenere solo a Ino.
«Ciao!» disse Ino appena la vide, salutandola con la mano.
«Ciao, sono in ritardo?»
«No, niente affatto. Bene possiamo partire» disse con un sorriso solare.
«Ehm, siamo solo noi due» chiese la rosa un po’ perplessa, dal momento che solitamente alle missioni partecipavano tre persone.
«Sì, la maggior parte dei ninja deve ancora riabilitarsi»
«Oh, capisco»
Ino iniziò ad incamminarsi e Sakura la seguì.
«Dove andiamo di preciso?» la rosa si rese conto di non sapere assolutamente nulla sulla missione, Ino le aveva solo accennato il luogo in cui sarebbero andate, ma era un villaggio che non aveva mai sentito prima.
«Natsugakure. Non è molto distante, confina col paese del fuoco. A quanto ho capito, hanno abbandonato la vita militare da parecchio dedicandosi ad altre attività. E’ un villaggio molto ricco, per questo per difendersi spesso chiamano i ninja di altri villaggi»
«Sarebbe fantastico se anche Konoha si smilitarizzasse» mormorò Sakura.
«Eh, che hai detto?»
«Ho detto che anche Konoha dovrebbe rinunciare ai ninja e basare la sua economia su altri mestieri»
«Eh?»
Ino non sapeva cosa rispondere. Non ci aveva mai pensato a questa cosa. Fin da bambina  aveva solo una certezza, doveva essere una kunoichi.
E se invece avesse avuto delle altre aspirazioni? Se avesse voluto essere una cantante o una scrittrice, ad esempio?
La cosa più terribile è che non le era mai venuto il dubbio di voler fare altro. Forse perché sapeva che doveva diventare un ninja.
«Insomma, se non fossero esistiti i ninja noi non avremmo combattuto in una guerra. Sai, domani compio 17 anni. Solo 17 eppure ho già visto quanto schifosa possa essere la vita»  Sakura incurvò lievemente le labbra in un sorriso amaro.
«Ma io voglio davvero essere una kunoichi? Be’ è un po’ tardi per farsi questa domanda, no?» sorrise a sua volta Ino.
«Perché è tardi?»
«Konoha è un villaggio militare, non che abbiamo altre possibilità…»
«E cambiamo Konoha, allora. Se Nassugukure…»
«Natsugakure»
«Sì, Natsugakure… dicevo se quel villaggio è riuscito a sopravvivere anche senza ninja non vedo perché non possa riuscirci anche Konoha e anzi la cosa migliore sarebbe che i ninja sparissero definitivamente»
Ancora una volta Ino rimase senza parole, non sapeva cosa pensare. Le parole di Sakura erano troppo drastiche per i suoi gusti, ma forse non aveva tutti i torti.
Sakura dal canto suo, si rese conto di essersi spinta troppo oltre. Era calato un silenzio pesante, anche se si sforzava non riusciva ad essere la ragazza serena di un tempo  e in un modo o nell’altro finiva per parlare di queste cose.
Decise di cambiare argomento, per alleggerire l’atmosfera.
«A proposito, in cosa consiste la missione, non me ne hai parlato»
«Ah sì. Arriveranno dei carichi d’oro che attraverseranno il territorio di Natsugakure. Dobbiamo scortarli»
«Ok»
Non era una missione poi così complessa. Gli attacchi da parte dei ladri si erano molto ridotti nell’ultimo periodo a causa della guerra, nel giro di qualche giorno sarebbero ritornate a casa.
 ***
 
Gli alberi di ciliegio erano dannatamente belli. Attiravano così tanto Sasuke, che addirittura era uscito dall’ospedale per farsi una passeggiata lungo il viale costeggiato da questi maestosi alberi in fiore.
La lieve brezza faceva in modo che i petali lo circondassero. Seguì il rosa acceso dei piccoli petali con lo sguardo, finché non notò qualcosa dello stesso colore, ma molto più grande.
“Capelli?... una persona?”
Si fermò. Gli occhi verdi della ragazza lo fissavano intensamente, uno sguardo carico di emozioni che lui non riusciva a decifrare.
Nessun muscolo si muoveva, Sasuke si chiese perfino se stesse respirando.
Stava per domandarle se stesse bene, quando fu lei ad aprire la bocca e a mormorare qualcosa.
«Sa..su..ke…»


Note dell'autrice:
Konnichiwa minna! Come state? State passando bene questa estate? ^_^
Ho aggiornato con un bel po' di ritardo, chiedo scusa^^' Comunque finalmente eccomi qui!
Che dire di questo capitolo? Be' niente volevo inserire una scena con protagonisti i fiori di ciliegio, questo è il mio primo accenno pseudo-romantico al SasuSaku XD
Per quanto riguarda l'ultima parte in corsivo, diciamo che è una piccola anticipazione degli eventi futuri (non ero sicura se inserirla o meno, ma alla fine l'ho messa :D)
Come al solito ringrazio chi legge/recensisce/preferisce/segue :3
E ricordate di lasciarmi una recensioncina ♥
A presto :)

 

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Capitolo 6
*** Dolci ***


Sayōnara Memory
Dolci
 

Il sole splendeva alto nel cielo. Il vento di tramontana aveva rinfrescato parecchio la giornata, più che primavera pareva si trovassero in inverno.
Sakura riuscì a scorgere il profilo di un mucchio di case infondo al sentiero che stavano percorrendo.
Quella doveva essere Natsugakure.
«Quindi domani che vuoi fare?»
«Mh?» Sakura si stupì di sentire parlare Ino.
«Domani è il tuo compleanno. Vuoi fare qualcosa?» disse, osservando attentamente l’espressione dell’altra.
«Che vuoi che faccia? Siamo in missione» le rispose guardandola di sfuggita, per poi fissare gli occhi sulla strada.
«Non staremo in missione ventiquattr’ore su ventiquattro» Ino notò un’impercettibile piega nel sopracciglio di Sakura, segno che era perplessa «non ti sto dicendo di andare in una bettola a rimpinzarci di sakè, mi chiedevo se volessi qualcosa di speciale, ma mi pare di capire che non vuoi quindi sto zitta» accennò un sorriso, rilassandosi nel vedere che anche la rosa ne aveva uno sul volto, adesso.
«No, no, ok» continuò a sorridere- da quanto non sorrideva così tanto? «alla bettola non ci andiamo sicuro, ma se proprio insisti possiamo fare un giro per vedere come è questo posto»
«Bene, ti ho convinta» disse, mentre continuavano il cammino.
 
***
 
Faceva fresco. Questo fu il primo pensiero di Sasuke, appena si affacciò alla finestra.
Da quella prospettiva, vedeva il muro bianco del recinto dell’ospedale. Oltre quello, c’era quello che doveva essere un viale, costeggiato da una serie di grossi alberi di ciliegio.
Sentiva gli schiamazzi dei bambini che giocavano e il chiacchiericcio della gente che passava di lì.
A parte il muro e gli alberi, non riusciva a vedere nient’altro.
Quel villaggio era ancora completamente sconosciuto a lui. Magari lo conosceva come le sue tasche, solo che adesso non se ne ricordava.
Rimase a fissare gli alberi di ciliegio. Ieri notte doveva essersi rincretinito.
Provare quelle sensazioni per un petalo di fiore era folle. Doveva parlarne con Michiko? O con l’equipe?
Magari era uno spunto per capire qualcosa di se stesso.
Si sarebbe sentito a disagio a raccontare un momento così intimo-con un petalo gli ripeteva la sua coscienza-no forse era meglio dire che si sarebbe vergognato. Nel peggiore dei casi, avrebbe regalato un momento di divertimento ai suoi interlocutori.
Se solo di fossero azzardati a ridere, avrebbe preso le sue cose e se ne sarebbe andato via, dove non lo sapeva, ma lontano per non farsi più vedere da quei tizi. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Che poi alla fine aveva qualcosa di suo? Non sapeva nemmeno questo. Be’, almeno non avrebbe perso tempo a prendere le sue cose, se ne sarebbe semplicemente uscito dalla stanza.
Sentì bussare alla porta. A malincuore dovette abbandonare i suoi pensieri, si staccò dalla finestra e andò ad aprire.
«Buongiorno» Michiko entrò nella stanza con una busta in mano.
«Buongiorno» rispose, cercando di capire il contenuto della busta.
«Oh, sono dolci» lo anticipò prima che potesse chiedere qualcosa «li ho portati perché tu possa assaggiarli. Sai ho pensato a quello che ha detto l’equipe, quella cosa sul cibo, ricordi? Be’, magari assaggiando un dolce che ti piaceva ti verrà in mente qualcosa del tuo passato»
«Che dolci sono?» chiese incuriosito.
«Ne ho presi un po’ di tutti i tipi: al cioccolato, alla vaniglia, alla panna, all’amarena. Spero di essere stata fortunata e di aver beccato almeno qualcosa che ti piaccia»
«E come mai hai iniziato dai dolci? Ci sono una marea di cibi da provare»
«Perché mi piacciono» rispose candidamente «e poi perché non penso esista nessuno al mondo a cui i dolci non piacciano. Inoltre vengono usati in occasioni speciali, magari uno di questi dolci ha un sapore simile ad una torta di un matrimonio a cui hai partecipato, ad esempio»
«Grazie» disse, senza nemmeno rendersene conto.
«Vedo che stiamo imparando, o meglio ricordando l’educazione» rise per qualche istante.
Aveva una risata cristallina, coinvolgente quasi. Quasi, per poco non sfuggì un sorriso anche a lui, ma lo trattenne.
«No, è che, be’ per aver fatto una cosa del genere ci devi aver pensato parecchio. Inoltre stai anche spendendo soldi per me, te li ridarò… prima o poi, e comunque mi hai anche…»
Salvato, stava per dire. Solo in quel momento si rese conto che mai, nemmeno una volta da quando si era risvegliato, le aveva detto un grazie.
Se non ci fosse stata lei ora sarebbe un cadavere. Le era stato sempre accanto da quando si era risvegliato, lo aveva aiutato e appoggiato, rincuorato. E spesso lui ricambiava con pura indifferenza.
«Grazie, non te l’ho mai detto, ma grazie. Ti devo la vita»
Michiko sgranò gli occhi.
«Lo avrei fatto per chiunque, quindi non devi ringraziarmi» accennò un sorriso.
«E’ comunque un gesto nobile, anche stare qui a perdere tempo con me » insistette lui, a bassa voce.
«Oh, andiamo, sono una vecchia, devo occupare il mio tempo libero con qualcosa» si mise a ridere di nuovo «facciamo così, ringraziami quando avrai recuperato la memoria, solo allora ti permetterò di dirmi grazie, di costruire statue in mio onore, di dedicarmi piazze eccetera. Adesso pensa a mangiare»
Michiko gli porse la busta. Sasuke la prese, scegliendo di stare zitto. Guardò un po’ i vari dolci che c’erano, poi scelse un bignè al cioccolato.
Se lo portò alla bocca e ne prese un morso.
Era dolce non c’era che dire. E anche molto… cioccolatoso? Impasto di cioccolato, farcito e ricoperto di cioccolato.
E anche qualcos’altro. Se doveva dare un aggettivo a quella sensazione avrebbe usato schifo.
Sì, tutta quella dolcezza era troppa per le sue papille gustative e l’unica cosa che quella cosa marrone richiamava alla sua testa era la parola schifo. Niente ricordi, niente matrimoni, niente di niente.
«Non mi piace» disse secco.
«Come non ti piace? Ma è cioccolato! Non è possibile che non ti piaccia» esclamò indignata.
«Non mi piace» ribadì.
E fu così che anche quelli alla vaniglia, alla panna e all’amarena richiamarono alla sua mente sempre la solita sensazione di stare mangiando una confezione intera di zucchero. Decisamente sgradevole.
Michiko sbuffò, sconvolta dalla sua reazione.
«Forse non mi piacciono i dolci» commentò atono.
«Ma non è possibile!» sospirò «ok, sei la prima persona che conosco a cui non piacciono i dolci. Accetto questa tua stranezza. Comunque ora che si fa, proviamo col salato?»
«Vorrei andare io a comprare qualcosa, magari se lo scelgo io…»
«Ottima idea! Sei strano, ma sei intelligente ragazzo» riprese la busta con gli avanzi dei dolci «possiamo andare sta sera, così vedo se riesco a far smuovere Kouta dal divano e a farlo uscire un po’»
Sasuke ci pensò un po’ su, chiedendosi da quando in qua la donna avesse un cane, poi si ricordò che Kouta era il nome del marito.
«Va bene»
Appena si congedò dalla donna, ritornò alla finestra. In realtà aveva proposto quella cosa perché voleva uscire. Voleva vedere cosa ci fosse là fuori, oltre il muro e gli alberi di ciliegio.

 
Note dell'autrice:
Dopo ere zoologiche sono tornata. Nel frattempo sono successe parecchie cose, è finito Naruto, il SasuSaku è diventato canon, è ricominciata la scuola e sta per arrivare Natale XD Rileggendo la data dell'ultimo aggiornamento ho visto che l'ho fatto prima di Ferragosto, sono passsati un bel po' di mesi XD
Un po' è colpa mia, l'ispirazione non è tantissima; un po' è colpa di altri anime, con cui sono andata in fissa e su cui ho scritto altre fic; poi si è aggiunta pure la scuola ç_ç
Però finalmente sono riuscita a creare un abbozzo di capitolo, non mi convince granchè, Sakura è ancora in viaggio e Sasuke fa pensieri molto intelligenti sul suo momento intimo col petalo, va be' XD Spero che questa pietà almeno vi faccia sorridere.
Grazie mille ha chi recensisce, preferisce, segue, ricorda, legge, sperando che ci sia ancora qualcuno che vuole leggere questa schifezza (tanto per restare in tema col capitolo XD)
Un bacio :3

 

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