Frammenti d'ombra

di poison_pen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rosso ovunque ***
Capitolo 2: *** Sorpresa ***
Capitolo 3: *** Tracce ***
Capitolo 4: *** Dimmi tutto ***
Capitolo 5: *** Fallaci sospetti ***



Capitolo 1
*** Rosso ovunque ***










«Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto.»

 

Ludovico Ariosto

 

 

A voi, che credete nella magia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Capitolo Uno: Rosso Ovunque -

 

 

 

«C'è un solo tipo di successo:

quello di fare della propria vita

ciò che si desidera.»

 

 

 

 

Il colpo fu devastante. Come una supernova nel pieno della sua fase luminosa, l'incantesimo la colpì in piena spalla, per poi ramificarsi in mille rivoli rossi. L'espressione del suo viso si tramutò in uno spasmo di dolore. Nessuno dei suoi cinque sensi rispose più ai suoi comandi.
 

Lei, essenza stessa dell'oscurità, non aveva mai desiderato così ardentemente la luce.
 

Stremata dalla battaglia, stramazzò al suolo priva di sensi. Le sue orecchie si riempirono di forti risate.

 

***

 

Mandy deglutì a fatica, sistemandosi ancora una volta il cerchietto per capelli regalatole da suo padre. L'improvviso fruscio del vento le fece fischiare per un momento le orecchie e d'istinto premette con la mano destra il timpano corrispondente, per poi giocherellare nervosamente con il piercing all'elice di due anni prima. Si guardò intorno più volte, erroneamente sicura di essere osservata, conscia di ciò che stava rischiando lì, ferma sul posto. Il desiderio di fuggire pulsava rumorosamente nel petto, mentre sul viso permaneva quell'apparente calma che l'aveva contraddistinta più volte nella sua vita.
 

“E' una trappola, non c'è altra spiegazione.” pensò, osservando con orrore la drammatica scena.
 

Fece prendere aria ai polmoni, affamati di ossigeno, e rimpianse la strana idea che le era venuta in mente di allontanarsi dalle ore di lezioni, ultimamente poco interessanti, di Torrenuvola e regalarsi un momento di libertà con un passeggiata nel bosco. Un rigagnolo di liquido scuro spiccò sul terriccio, correndo repentino verso Mandy. Provò immediatamente a scartare l'idea che potesse essere sangue vero e, ancor più violentemente, rifiutò di credere che una Trix stesse morendo dissanguata davanti ai suoi occhi. Non potevano esserci che due ragioni plausibili: o il sangue era istantaneo e le rinnegate Trix volevano semplicemente attirare un'ingenua strega in un macchinoso tranello, oppure – no, sicuramente era la prima l'opzione giusta.
 

“Eppure... sembra davvero svenuta. O è solo un'illusione?”
 

In effetti, non era poi una possibilità tanto stramba. Perché una strega delle illusioni non avrebbe dovuto usare il proprio potere? Mandy si domandò quanto potessero essere complesse le utopie di una strega che non aveva nemmeno completato il primo anno a Torrenuvola. In fondo, la Griffin l'aveva accennato più volte che senza un'adeguata preparazione la potenza e l'efficacia dei propri incantesimi lasciava a desiderare. La durata dei sortilegi, poi, dipendeva dalla concentrazione della strega e, per quanto fosse noto che Darcy era la mente delle Trix, a Mandy non sembrava così incline alla meditazione. Al contrario, era fin troppo orgogliosa e impulsiva. Non come Stormy o Icy, era chiaro, ma l'impulsività ormai era diventata sinonimo delle tre streghe più famose di Magix. Pertanto, se fosse stata tutta una finzione, l'ego di Darcy l'avrebbe portata a tentare di sopraffarla. Mandy ebbe ancora l'orribile sensazione che il sangue fosse reale, ma stavolta non tentò nervosamente di scacciarla.
 

L'incarnato paonazzo di Darcy, una delle ciocche bionde intinte interamente di rosso, la bocca socchiusa e le palpebre rigorosamente serrate.
 

Era tutto vero, era inutile continuare a nasconderlo.
 

Tutto sommato, lasciarla lì poteva essere una buona idea. I vantaggi erano molteplici: primo fra tutti non sarebbe finita nei guai per chissà quale motivo, in secondo luogo la Dimensione Magica in futuro sarebbe stata minacciata da due sole Trix e infine non si sarebbe definita responsabile di un possibile ritorno delle Trix, più forti che mai.
 

“Non te lo meriti, ma conosco un incantesimo che fa al caso tuo.” pensò, come se Darcy potesse ascoltarla.
 

Aveva fatto tutte quelle considerazioni per niente. In verità, la sua decisione l'aveva presa immediatamente, sin dal momento in cui aveva notato il corpo tra i rami della foresta. Escluse a priori la possibilità di chiedere aiuto alla Griffin o a chiunque altro: in fondo, anche il suo animo di strega era pregno di quell'orgoglio tanto comune tra le studentesse di Torrenuvola. In aggiunta, era sicura che il coinvolgimento di altra gente avrebbe solo creato problemi. Avrebbe fatto tutto da sola, come una vera fattucchiera. Come una fattucchiera del secondo anno.
 

Mandy si avvicinò cautamente verso il corpo immobile della bruna. A piccoli passi, l'odore del sangue si fece sempre più intenso, così come il suo colore purpureo. Quando finalmente si trovò faccia a faccia con la Trix, realizzò di sentirsi un po' in imbarazzo: era inerme davanti ad uno dei nemici più pericolosi della Dimensione Magica. Scosse la testa: non c'era tempo per queste sciocche considerazioni; la bruna poteva morire da un momento all'altro.
 

Cercò di ruotare il più cautamente possibile il corpo di Darcy, adagiato su un fianco tra il legno bagnato dalla pioggia notturna. Non vide smorfie sul viso, men che meno sentì gemiti. In compenso, la vista fu satura di rosso. Rosso ovunque sulle mani sue e della bruna, su buona parte dei capelli lunghi e castano scuro e soprattutto sulla spalla. La ferita doveva essere lì. Scostò leggermente il biondo ciuffo ondulato della Trix, ma il suo cervello si rifiutò di sostenere l'inquietante vista per più di un secondo: la spalla era completamente lacerata da un taglio profondo, il cui contorno sembrava bruciato.
 

Fece appello a tutto il suo autocontrollo per non singhiozzare. Nessuno nei paraggi doveva sentirla.
 

Per prima cosa, l'emoraggia doveva essere fermata, non solo per salvarle la vita, ma anche per evitare che il sangue gocciolasse sul pavimento di Torrenuvola, cosa che avrebbe attirato sospetti indesiderati. Focalizzando il suo obiettivo, Mandy riuscì subito a far apparire un kit medico di emergenza. Era una delle magie della prima ed unica lezione di primo soccorso a cui il padre la costrinse a partecipare. Allentò leggermente il corpetto viola attillato, abbastanza da scoprirle il torace. Ignorò le nude rotondità della Trix e, molto pazientemente e delicatamente, fasciò con le garze del kit l'intera ferita.
 

Setacciò ogni angolo della sua mente, fin quando non trovò le parole che facevano al caso suo. Poi rivolse il palmo della mano verso il corpo immobile. Chiuse gli occhi, per aiutare la concentrazione, e pronunciò la formula dell'invisibilità insegnatale pochi giorni prima. Emise un sospiro di sollievo quando vide la strega scomparire dinanzi ai suoi occhi, malgrado non sapesse per quanto tempo sarebbe durato il sortilegio. In quel momento, rimpianse di avere l'abitudine di esercitarsi con gli incantesimi solo prima delle verifiche di fine quadrimestre. Per colpa della scarsa efficacia dell'incantesimo, avrebbe dovuto muoversi in fretta.
 

Rassegnata dallo scarso tempo a disposizione, con un movimento del polso comandò al corpo di Darcy di librarsi nell'aria. Non le venne in mente posto migliore dove portarla, eccetto la sua stanza.

 

***

 

Confusa nei meandri del bosco, una ragazza preferiva esprimersi in pianti e singhiozzi soffocati, che con urla ed isterismi. Osservava in silenzio il buio che si era creato in lei per colpa di pochi secondi di follia.

 

***

 

Appena mise piede dentro Torrenuvola, Mandy si rese conto di aver violato almeno tre regole comportamentali della struttura. Aveva ben stretto a sé un lembo di stoffa viola del vestito della Trix, per evitare che quest'ultima sbattesse contro gli alberi. Non mancò di guardarsi le spalle più volte, controllando che il sangue non gocciolasse sul marmo lucido. Nonostante fosse la sua prima vera medicazione, Mandy ebbe l'accortezza di raddoppiare lo strato di garze sovrapposte, in modo che la superficie della fasciatura si macchiasse di rosso il più tardi possibile. Malgrado le precauzioni, era preoccupata per l'efficacia dell'incantesimo e la salute della strega.
 

Salì il più in fretta possibile le scale, pregando che nessuno incrociasse il suo cammino. Sarebbe stato del tutto sconveniente incontrare una ragazza in giro per la struttura durante le ore di lezione e in secondo luogo con le mani macchiate di un insolito carminio.
 

In prossimità della sua stanza, frugò velocemente nelle sue tasche in cerca delle sue chiavi. Appena le trovò, con un unico e deciso movimento aprì la porta e la richiuse dietro di sé, ancora con la Trix ben salda in mano. La stanza non la condivideva con nessuno, il che era piuttosto consueto nel college, forse per inculcare alle allieve il concetto del “contare su sé stessa”. Durante i suoi due anni a Torrenuvola, aveva desiderato più volte la compagnia di qualcuna delle sue compagne la notte, magari per fare un pigiama party – solo perché erano streghe, non significava che non sapessero come si faceva – o più semplicemente parlare del più e del meno nel cuore della notte. Adesso, invece, ringraziava di essere lì, da sola, ad occuparsi di una situazione estremamente delicata.
 

Adagiò Darcy sul suo letto ancora sfatto e la prima cosa che controllò fu lo stato delle bende. Per tutto in tempo in cui Mandy armeggiò con la medicazione, la Trix non si mosse di un centimetro. Era ancora viva: Mandy lo sentiva dal polso. Ma per quanto ancora? E se il giorno dopo fosse morta? Come si sarebbe liberata del corpo? Tutti questi interrogativi assalirono la giovane simultaneamente.
 

Interrogativi del quale, decise, se ne sarebbe occupata quando sarebbe stato il momento.

 

***

 

Bloom osservò il sole scomparire dietro l'ala destra di Alfea con i gomiti poggiati sul davanzale della sua stanza. Una leggera corrente le scompigliava i lunghi capelli fulvi, portando le ciocche lontano dal viso. Era talmente concentrata sugli ultimi caldi bagliori della stella, che non si accorse dell'arrivo di Musa e Tecna, le quali sgusciarono silenziosamente verso di lei.
 

«Bloom, sei ancora qui?» intervenne Musa, facendo distogliere l'attenzione di Bloom al cielo. «Andiamo, non è da te isolarsi in questo modo.»

«Non mi stavo isolando. Stavo solo pensando.» si giustificò la rossa.

«A cosa?»

«A niente.»

«Eh no.» parlò stavolta Tecna. «Anche se volessimo, non saremmo mai in grado di non pensare a niente, quindi sputa il rospo.»

«Allora diciamo che mi ero incantata, perché non saprei proprio dirvi a cosa stavo pensando precisamente.» ammise ridendo la ragazza.

«Ah sì? Non la beviamo.» esclamò Musa, con leggero cipiglio.

«Già, devi dirlo.»

«Ma ragazze...»
 

Nell'intera stanza echeggiarono le risate della fata della musica e della tecnologia. Fu in quel momento che Bloom capì e aggiunse anche la sua voce al coretto.
 

«Stavamo scherzando. Ti crediamo, Bloom.» fece spallucce Tecna.

«Già, sappiamo che non ci nasconderesti mai niente. Non esistono segreti tra vere amiche.»

«E da quando sei così sensibile, Musa?» la accusò Bloom.

«Ehi, solo perché non mi piace parlare di ragazzi, non vuol dire che sia fredda come il ghiaccio.» disse, stando allo scherzo.

«Altrimenti ti chiameresti Icy.»
 

Una voce fin troppo familiare si inserì tra le tre. I suoi capelli biondi scintillavano anche con i pochi raggi solari rimasti.
 

«Stella, che cosa fai qui?» domandò una Bloom sorpresa. «Non dovevi andare a fare shopping?»

«Non si vede? L'ho già fatto.»

«Miracolo!» disse Tecna.

«Appunto, mi sono sbrigata presto. Ho ancora voglia di uscire. Che dite, chiamo i ragazzi e facciamo un giro a Magix?» propose Stella.

«Buona idea.» approvò Musa, seguita da Tecna.

«Splendido! Allora chiamo subito Brandon.»

«Andate pure voi, se volete. Io preferisco restare in camera.»
 

Bloom non riuscì a sostenere lo sguardo sorpreso delle altre. Abbassò la testa, un po' in imbarazzo per essere andata controcorrente. Da migliori amiche, erano giustamente abituate a fare tutto insieme, dal destarsi all'unisono alla stessa ora, fino al riaddormentarsi serenamente. In questi termini, rifiutare un'uscita era come rinunciare ad un bene di prima necessità. La giovane pregò che nessuna delle tre chiedesse spiegazioni, purtroppo invano.
 

«Ma come, Bloom? E' per Sky? Non preoccuparti, sono sicura che lascerà tutti i suoi impegni pur di vederti per una serata.»

«N-no, non è per lui.»

Non riconobbe la sua voce. Era proprio sua quella vocina tremante?

«Il fatto è che avevo promesso ad una ragazza del primo anno di aiutarla ad esercitarsi per un compito di metamorfosimbiosi.»
 

Il che, in parte, era vero. L'animo altruista di Bloom non aveva saputo resistere dinanzi ad una ragazzina del primo anno, in difficoltà con la sua trasformazione in rana, e aveva convinto la rossa a darle una mano. Tuttavia per la prova mancavano ancora due settimane, per cui non c'era tutta questa fretta di mettersi a studiare.
 

«Ah, ora capisco.» disse Stella, che intanto aveva già in mano il comunicatore.

«E' un vero peccato che tu sia impegnata.» aggiunse Tecna.

«Oh, perché i compiti in classe sono così noiosi? Non potevano farli...» la bionda rifletté un attimo, per poi emettere un bel respiro prima di continuare a parlare. «Di moda o del profumo da abbinare al vestito da sera. Sarei la prima della classe!»

«Non riesci a pensare ad altro?» ridacchiò Musa.

«Ah-ah, spiritosa. Adesso chiamo Brandon e vedremo chi non saprà pensare ad altro, Musa.»
 

E così dicendo, Stella scomparve nella sua stanza, lasciando le tre in silenzio.

Un silenzio imbarazzante, in cui si poteva chiedere qualsiasi cosa.
 

«Allora io chiamo Aisha, così mi rendo utile.» affermò Tecna, spezzando il momento di assoluta quiete.

«Bene. Io vado a cercare Flora. Dovrebbe essere con Mirta a fare la lezione di botanica.»

«Perché, esiste una lezione di botanica ad Alfea?» chiese Bloom curiosa.

«No. Il problema è dirlo a loro che se ne stanno tutto il giorno ad osservare i fiori.» disse rude Musa.
 

Entrambe le ragazze lasciarono la stanza. Il sole era ormai scomparso, lasciando posto all'imbrunire, e Bloom non trovò niente di meglio da fare che abbandonarsi sul letto, supina, con una ciocca tra le dita, a pensare.
 

Pensare a niente, cosa impossibile, come diceva logicamente Tecna. Impossibile anche per la principessa di Domino, schiacciata da un'inspiegabile quanto inaspettato chiodo fisso, il quale rendeva piatte le sue giornate. Non riusciva a capacitarsi che la sua proverbiale determinazione ed indipendenza erano ormai svanite nel nulla così, da un giorno all'altro.
 

“E tutto per te, che nemmeno esisti.” rammentò a sé stessa invano, consapevole che il mondo reale sembrava non adattarsi più a lei. O viceversa, non sapeva dirlo.

 

***

 

«Ho cercato ovunque, ma quella stupida sembra essersi volatilizzata nel nulla!»
 

Una piccola scossa elettrica trapassò i vaporosissimi capelli di Stormy, mentre questa comunicava ad Icy la notizia.
 

Era loro abitudine chiamarsi a vicenda con l'appellativo “stupida”, specie quando nell'aria aleggiava il cattivo umore. Nessuna delle tre Trix sembrava essersi mai offesa per questo, forse perché non lo consideravano propriamente un affronto. Poteva essere il loro modo di riconoscersi, per dirsi indirettamente “ti voglio bene”, senza che nessuno le prendesse per delle sciocche sdolcinate. Comunque non si poteva dire che alle Trix non importasse nulla l'una dell'altra.
 

Icy si schiarì nervosamente la voce.
 

«Non la facevo così infantile.» ghignò, mostrando più ritegno di quanto volesse.

«Forse abbiamo sbagliato a...»

«Non dirlo! Se a nostra sorella piace giocare a nascondino, che si diverta pure da sola.» interruppe la strega del ghiaccio.
 

I capelli argentei, raccolti nella lunga coda di cavallo, si agitavano ad ogni suo movimento repentino. Stormy stette sul posto non appena sua sorella sbottò. Era visibilmente irritata dal comportamento inusuale di Darcy, sparita nel nulla per una banalità assurda. La riccia si sentì divisa tra due fuochi: da una parte, la bruna, la cui strana – e sicuramente volontaria – scomparsa era del tutto immatura da parte sua. Malgrado Darcy si mostrasse come la più saggia delle tre, entrambe le sorelle sapevano benissimo che la sua era tutta apparenza. Dall'altra, Icy, la sorella maggiore, il cui orgoglio costituiva la sua più grande pecca. Sapeva che Darcy non sarebbe mai uscita allo scoperto senza le scuse sia sue che della strega del ghiaccio. Sapeva anche che né lei stessa, né tanto meno la sorella, avrebbero ceduto tanto facilmente al ricatto mentale al quale le stava sottoponendo. In fondo, una strega delle illusioni giocava soprattutto con la mente del prossimo. Quindi, quale modo migliore per ottenere delle scuse, se non estorcendole psichicamente?

 

***

 

Si accorse di essere su una superficie morbida ancor prima di riprendere completamente conoscenza. Le sue narici si riempirono immediatamente di un'etere fin troppo familiare. C'era qualcos'altro che la confondeva: odore di... tonno? Due certezze confluirono nella sua mente: era a Torrenuvola chissà come e qualcuno le aveva portato un tramezzino al tonno.

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Capitolo 2
*** Sorpresa ***


- Capitolo Due: Sorpresa -

 

 

 

«Dai grandi tradimenti

hanno inizio i grandi rinnovamenti.»

 

 

 

 

 

 

Il frastuono della mensa si distorse tutto intorno alla sala, fino a raggiungere l'anta dell'unica finestra aperta. Mandy si affrettò a consumare il proprio piatto di verdure al vapore passivamente, giusto per assicurarsi di non avere i crampi allo stomaco durante la notte. A pranzo si era limitata ad afferrare un panino al tonno e a sgattaiolare nuovamente nella propria stanza, al fine di recitare al meglio la parte della ragazza febbricitante. Era stata così concentrata a procurare qualcosa da mangiare alla sua ospite, da dimenticare di provvedere anche per sé. Consapevole del fatto che tornare alla mensa sarebbe stato sospetto, mentre mangiarsi il panino non sarebbe stato coerente da parte sua, era stata costretta a rimanere digiuna fino all'ora di cena. Era rimasta in camera fino alle otto e per tutto il tempo aveva osservato l'addome di Darcy che altalenava regolarmente.

 

Mentre addentava il fusto di un broccolo, si domandò quanto tempo sarebbe dovuta durare quella condizione balenante di incertezza. Non era gratificante sapere che non si era ancora svegliata, ma allo stesso tempo non cagionava gioia la possibilità che la Trix potesse salvarsi, dato che ciò avrebbe reputato automaticamente Mandy come complice.

 

Colpevole di non essere rimasta impassibile di fronte al prossimo in difficoltà.

 

Prese il vassoio vuoto e lo depose sul bancone, insieme agli altri piatti sporchi. Il clamore della folla l'avrebbe fatta passare inosservata, sotto migliaia di occhi incoscienti di chi si trovava sotto il loro stesso tetto. E soprattutto inconsci della ragazza che aveva potuto permettere ad un'entità prevalentemente malvagia di varcare la soglia della scuola con tanta facilità. Diede un'occhiata all'orologio vicino alla porta: le otto e ventitré. Ventitré minuti in cui sarebbe potuto succedere di tutto. Un senso di terrore cominciò a seccarle lentamente la gola, confuso con la consapevolezza di non aver fatto alcun incantesimo di protezione alla sua stanza. Cominciò istintivamente ad affrettare il passo, ansiosa di sapere che cosa era successo in sua assenza. Immaginò la Griffin passare nel corridoio dell'ala est di Torrenuvola, fermarsi proprio davanti alla stanza 332, magari per allacciarsi la scarpa, e subito dopo essere scaraventata al muro da un'esplosione, provocata da una certa strega espulsa dalla scuola.

 

“Impossibile.” tentò di convincersi, intensificando ancora la cadenza dei suoi passi.

 

Salì le scale, aiutandosi con il corrimano. Il numero dei gradini non le era mai sembrato spropositato, ma in quel momento, ad ogni passo, la fine della scalinata sembrava allontanarsi. La sua stanza si trovava proprio all'inizio del corridoio e, quando arrivò alla fine della scalinata, emise finalmente un sospiro, dopo aver trattenuto il fiato per tutta la tormentosa corsa. Era sollevata nel vedere l'androne ancora integro.  

 

“Ma lo sarà anche la mia camera?”

 

Tenne a mente un paio di incantesimi immobilizzanti imparati alla fine del primo anno e, non senza un po' di tremore alle gambe, ascoltò il tintinnio delle chiavi mentre cercava quella della stanza 332.

 

***

 

Avvertì la chiave farsi strada adagio nella serratura, come se chi stesse aprendo la porta volesse coglierla di sorpresa. Era arrivata. Finalmente poteva guardare in viso la sua salvatrice.

 

Darcy era riuscita ad alzarsi dal letto e stava addentando per la terza volta il panino al tonno che aveva trovato amorevolmente impacchettato con la carta stagnola sul comodino. Ogni tanto delle fitte fortissime le avevano fatto pulsare il braccio talmente forte da costringerla a sedersi sul letto, ma per il resto non poteva lamentarsi.

 

Era viva, quindi stava bene. Anzi, stava benissimo.

 

Osservò la porta in ebano scuro con uno sguardo serrato, da una parte incuriosita da chi potesse essere tanto stupida da offrirle un soggiorno gratuito a Torrenuvola, dall'altra concentrata a non mostrarsi troppo fragile alla sconosciuta. Sarebbe stato troppo umiliante da sopportare, così come era stato vergognoso farsi soccorrere da una poppante.

 

Perché era sicura, la strega con cui avrebbe avuto a che fare era una novellina dal cuore tenero.

 

Vide la porta socchiudersi e, attraverso il poco spazio che intercorreva tra telaio ed entrata, si presentò al suo cospetto una ragazza diafana, di media statura, con i capelli corti e biondi e gli occhi azzurri. Dal modo sobrio in cui era vestita, non sembrava un tipo esibizionista. Meglio così, concluse, visto che non aveva mai sopportato le ragazze frivole.

 

La vista di uno degli esseri più potenti della Dimensione Magica in piedi avrebbe dovuto sorprenderla, ma lo sguardo sopraffatto dall'evidenza dei fatti costrinse la giovane a limitarsi al silenzio. Stettero così, a scrutarsi senza dire nulla, Darcy che continuava ad addentare a piccoli morsi il panino e la ragazza che tormentava la mano destra, strofinandola alla chiave. L'espressione impassibile di lei cominciò a dare sui nervi alla Trix: quella faccia di bronzo le sembrava così sfrontata, ma allo stesso tempo intimidita. Si vedeva che combatteva tra l'essere impaurita o meno. Ad una strega delle illusioni questo piccolo dettaglio non poteva sfuggire, altrimenti non si sarebbe potuta definire tale, ma l'ostinazione della biondina a mantenere quella condizione d'insofferenza, tradita dal suo linguaggio del corpo, la lasciò perplessa.

 

“Mi stai prendendo in giro?”

 

Provò un impulso incontrollabile che si tradusse nell'azione istantanea di leggerle la mente. Istintivamente, provò a collegare il mondo della biondina al suo, senza valutarne le conseguenze.

 

“Non sembra così...” riuscì a decifrare, ma una forte emicrania le strappò uno strido. Sentì intensificarsi il dolore alla spalla e, stremata, cercò di appoggiarsi al primo appiglio utile. La testa continuò a pulsarle ancora, fin quando non la distese sul cuscino morbido.

 

«Che cosa mi hai fatto?» chiese con voce acuta quando lentamente il dolore si smorzò.

 

La ragazza aveva ancora incastonato sul viso quel misto di paura ed indifferenza. Il suo respiro si fece più profondo e rumoroso, malgrado continuasse ad inspirare ed espirare regolarmente.

 

«Sortilegio anti-lettura della mente.» affermò con voce tremante, ponendo più sgomento di quanto dimostrasse il suo sguardo.

 

Darcy fissò un punto indefinito della stanza, facendo risuonare nella sua testa quella frase così laconica. Dunque, la ragazza aveva idea del pericolo che stava correndo, osando rivolgerle la parola.

 

«Tra tutte le streghe a Torrenuvola mi doveva capitare proprio la più secchiona.» disse la Trix, con una smorfia stomacata, facendo più una constatazione che una domanda retorica.

 

La giovane si irrigidì visibilmente.

 

«Questa secchiona ti ha salvato la vita. E poi, che il sortilegio sia andato a segno è normale.» disse, la sua voce che raggiunse un tono più moderato.

«Perché? Illuminami.» le rispose, con evidente ironia.

«Le tue condizioni... non sei messa bene.»

 

Darcy provò un forte disagio, ascoltando l'osservazione della biondina saputella. Sebbene non avesse attenuato quel suo atteggiamento indisponente, si sentiva estremamente scoperta di fronte agli occhi della sconosciuta. E se dalle parole non traspariva nulla, sicuramente il suo sguardo, che ogni tanto distrattamente distoglieva dagli occhi azzurri di lei, l'aveva tradita. Era la prima volta che qualcuno, che non fossero le Winx o le sue sorelle, azzardava ipotesi sulla sua salute, seppur con qualche balbettamento.

 

«Esagerata. Maledizione, è solo... un taglietto, niente di più.» si difese, osservando per un attimo la fasciatura macchiata di sangue.

«Un taglietto.» ripeté lei, scuotendo la testa. «Per quel taglietto ho infranto le regole della scuola.»

«E' un problema tuo, non mio.»

 

Un barlume di rabbia attraversò la biondina, ormai stufa della strafottenza della Trix. Si avvicinò con grandi falcate verso Darcy e, prima di parlare, chiuse gli occhi e sbuffò. Sembrava un tentativo di dissimulare il suo terrore. Tentativo mal riuscito, visto il modo in cui le sue mani tremavano.

 

«Invece è anche tuo. Pensaci, Darcy: che cosa succederebbe se ti scoprissero? Ti spedirebbero subito a Roccaluce o magari sulla Dimensione Omega. Di nuovo.»

 

La bruna rimase in silenzio, con espressione perseverante, conscia del fatto che la teoria della streghetta non era poi così infondata. Malgrado fosse riuscita ancora una volta a scappare da Roccaluce, doveva riconoscere che ciò era avvenuto grazie all'aiuto delle sorelle. Con la sola unione dei poteri del fuoco, del ghiaccio e del tuono erano riuscite a lasciarsi alle spalle quel posto colmo di finto perbenismo, decise una volta per tutte a non ripetere quella traumatica esperienza. E questo le era bastato per capire che non avevano bisogno dell'aiuto di stregoni o fenici per trionfare. Erano loro i veri nemici della Dimensione Magica, loro sole erano sopravvissute a tutti coloro che avevano ostacolato l'ascesa verso la vittoria.

Ma adesso, in un momento di totale debolezza, come avrebbe potuto evadere da Roccaluce da sola, se fosse stata vista? Un'angosciante verità si fece strada nel suo animo e la costrinse a confermare l'ipotesi della biondina.

 

«Non preoccuparti, sarò fuori di qui in meno tempo di quanto pensi.» rispose gelida, come se la supposizione della ragazzina non l'avesse neppure sfiorata.

«E nel frattempo?» disse, con le mani ai fianchi, preparandosi a contestarla.

«Non esiste nessun nel frattempo. Lascerò questa stanza immediatamente.» disse la strega, con sorriso sarcastico.

 

Lei sbuffò, borbottando qualcosa di incomprensibile. Darcy si alzò con grande sforzo, avvertendo il bruciore della ferita. Era forte, ma supponeva fosse sopportabile per un breve tragitto in volo, visto che non era in grado teletrasportarsi fuori dalla scuola senza svenire.

 

«Non puoi andartene così.»

«Invece sì.» sentenziò testardamente.

«Verrai scoperta e io insieme a te.»

«Stai cominciando a parlare un po' troppo, per i miei gusti.»

«Non credo che tu abbia molta scelta.»

«Che vuoi dire?»

«Sei appena stata stesa da una novellina, figuriamoci in quanto tempo verrai sconfitta dalla Griffin in persona.»

 

Sentì il buon senso annebbiato da un fitto orgoglio. Vide la sua dignità calpestata da poche, semplici parole che rievocarono una scena di pochi minuti prima: lei, in preda ad una forte emicrania, inginocchiata di fronte alla biondina. Aveva subito un'umiliazione ben più grande dell'essere sconfitta da un gruppo di fatine: essere piegata da una sola strega. Alle prime armi, per giunta. Lei, ammaliatrice e padrona suprema delle utopie, vinta da un incantesimo che, nel pieno delle sue forze, non avrebbe neanche avvertito. Quale tortura doveva subire la sua mente. Quale arroganza. Era insopportabile. E doveva pagare per la sua impertinenza.

La sua mano si caricò di energia nera, convogliata in un'unica sfera scura, che scagliò con tutta la forza che aveva in corpo verso la ragazza.

 

«Syncope.» pronunciò quest'ultima e la sfera si dissolse a pochi centimetri dal viso.

 

Due opposti si manifestarono nei suoi occhi: paura per l'attacco improvviso e concentrazione nel dire quelle parole strane. Darcy vide chiaramente come coesistettero due aspetti così diversi in una stessa persona e avvertì la rabbia lasciar spazio allo stupore. Frequentare il secondo anno, doveva ammetterlo, faceva davvero la differenza.

 

“Solo fortuna. Nient'altro che fortuna.” tentò di convincersi, amareggiata e improvvisamente consapevole della sua fragilità.

 

«Non ti attacco, Darcy. Non voglio averti sulla coscienza. Ti chiedo solo questo: sei ancora convinta di voler andartene?»

«E cosa mi suggerisci di fare?» chiese sarcasticamente.

«Rimani qui, almeno fin quando sarai in grado di camminare.»

 

Darcy abbassò lo sguardo, cogitante. Non aveva intenzione di chiederle apertamente aiuto, perdendo l'ultimo residuo di dignità che le era rimasto, ma non voleva neanche lasciare la stanza. Doveva ammettere che essere servita e riverita per un paio di giorni era una bella prospettiva, ma come poteva fidarsi di qualcuno di cui non conosceva nemmeno il nome?

 

«So bene» aggiunse poi. «che dovrai sforzarti di convivere con qualcuno che non sia Icy o Stormy, ma posso garantirti che neanche per me è facile.»

«Va bene.» la interruppe, nauseata – o imbarazzata? - da quel monologo melenso. «Ma chiariamo subito una cosa importante: restare qui non vuol dire diventare amichette del cuore. Una volta fuori da Torrenuvola sarà come se non ci fossimo mai parlate. Intesi?»

«Intesi.» ghignò e Darcy si sentì sollevata dalla disponibilità della ragazza.

«Dunque... tu sei Mandy?» azzardò, vedendo il suo nome in stampatello sui libri perfettamente allineati sul comodino.

«Sì.» disse, senza chiederle il perché.

 

***

 

«Come siete belli!» schiamazzò Stella, in mezzo all'immensa piazza del centro di Magix.

«Stella, non gridare.» la rimproverò Flora, arrossendo per i troppi occhi che scrutavano incuriositi il loro gruppo.

«Andiamo, tu non lo trovi bello?» rispose con il dito puntato su Helia.

«Beh sì.» e sorrise con gli occhi fissi sul pavimento.

 

Helia adagiò un braccio intorno al collo della sua amata, la quale, vinta la pudicizia, alzò lo sguardo sostenendo il suo con complicità. Sky li osservò poco lontano: il loro gioco d'amore l'aveva riempito di tristezza. E invidia. Soprattutto invidia. Perché, fino a poco tempo prima, anche tra lui ed una certa ragazza dai capelli fulvi c'era la stessa intesa, anche se si presentava in modo diverso. Non c'era da stupirsi se, durante i tre anni passati insieme, lui e Bloom avevano discusso animatamente più volte. Ripensandoci, era proprio così che manifestavano l'amore verso l'un l'altro: litigando, per poi pentirsi subito dopo.

 

E adesso, cosa c'era che non andava?

 

Apparentemente niente. Forse era proprio quello il problema: non discutevano da un po' di tempo, perché non si vedevano da un po' di tempo. E Sky non poteva fare a meno di chiedersi il perché.

 

«Dov'è Bloom?» chiese, in preda al dubbio che arrivasse più tardi.

«Oh, Sky. Non sapevo che ci fossi anche tu.» disse sorpresa Musa.

«Abbiamo pensato di chiamarlo.» spiegò Timmy.

«Pensavamo che ci fosse anche Bloom, quindi...» intervenne Riven, che non seppe come finire la frase.

«Non è qui.» Tecna si fece avanti.

«Già, aveva un impegno con una ragazza della scuola.» aggiunse Stella, che intanto era tra le braccia di Brandon.

 

“E' solo una scusa.”

 

Schiaffeggiò mentalmente il suo istinto. Bloom era una persona altruista con il prossimo, quindi non c'era da sorprendersi se voleva rendersi utile. Non era certo colpa della sua ragazza se i suoi impegni coincidevano proprio con il giorno in cui dovevano vedersi. D'altronde, quell'improvvisa chiamata ricevuta da Brandon lasciava presagire che l'uscita fosse organizzata sul momento.

 

«Capisco.»

«Dai, non ti abbattere Sky.» lo consolò Nabu.

«Già, sono sicura che vi vedrete presto.» aggiunse Aisha.

«Ehi, io ho un'idea.» suggerì Musa.

«Sentiamola.»

«Perché non le fai una sorpresa, andandola a trovare ad Alfea? Sono sicura che le farà piacere.»

 

Tutti si complimentarono con Musa per la bella trovata, incluso lo stesso Sky, per il quale non costituiva certo un ostacolo il fatto di raggiungere in fretta il college. Il solo pensiero del viso piacevolmente sorpreso di Bloom – come tutte le volte che faceva queste improvvisate – alla sua vista, gli diede la carica per correre a rotta di collo fino alla navicella.

 

«Poteva almeno salutarci.» sentì dire da Stella.

«E' innamorato, Stella.» spiegò Brandon.

 

E Sky ossequiò l'amico. Lo conosceva davvero più di chiunque altro.

 

***

 

Stormy era seduta sulla corteccia di un tronco, con le braccia conserte. Osservava Icy, che sembrava voler scavare un fossato, per quante volte marcava la stessa zolla di terra. Sbuffava rumorosamente, e scuoteva la testa più volte.

 

«La vuoi smettere? Mi stai facendo innervosire con questo su e giù che fai.» la rimproverò fermamente.

 

Icy si fermò di scatto e strinse violentemente i pugni. La sorella rimase quasi incredula: per una volta era stata ascoltata. Il suo era lo stesso atteggiamento irritabile che assumeva di solito Stormy. L'impulsiva e distruttiva strega del tuono non riconosceva più l'arrogante sorella, come non riconosceva più se stessa, fin troppo calma e stranamente autorevole: era come se all'improvviso si fossero scambiati i ruoli.

 

«Come posso stare ferma? Ci sta prendendo in giro. Ci prende in giro, quell'ingrata!» ringhiò e, con un gesto della mano, gelò una parte della corteccia su cui era seduta Stormy.

«Adesso smettila di fare la bambina. Vuoi farci scoprire?»

 

Come se si fosse svegliata da uno stato d'incoscienza, Icy si schiarì la voce. Stormy riconobbe il suo caratteristico sogghigno e si tranquillizzò all'istante: si era calmata.

 

«Come mi sono ridotta, sorella. Mi stavi addirittura rimproverando.»

«Che vorresti dire?» disse, alzando un sopracciglio.

«Che hai ragione. Mi sto facendo sopraffare da nostra sorella.»

«Tu sei ancora convinta che ci stia prendendo in giro?»

 

Ci fu uno strano silenzio, che Stormy colse come un momento di incertezza. Erano probabilmente passate più di dodici ore, da quando Darcy era scomparsa, e ancora non c'erano segni di lei. Non era la prima volta che si separavano per così tanto tempo, ma mai si erano allontanate per un litigio. Soprattutto per un litigio stupido come quello.

 

«Certo, non vedi? Lo sta facendo apposta.»

«Allora cosa suggerisci di fare per farla smettere?»

«Questo ancora non lo so.»

«Accidenti, ci sta facendo solo perdere tempo. In più siamo vicino a Magix. Non dimenticare che potrebbero aver scoperto il trucco, Icy.»

«Vuoi. Piantarla. Cara. Sorella?» disse, portandosi le mani ai capelli.

«Non mi dire che non ci hai pensato anche tu. Ci scopriranno se rimarremo qui.»

«Allora sentiamo te, hai una sistemazione migliore?»

«Adesso i miei consigli sono importanti?»

«Senti, non è colpa mia se Miss Offesa ha deciso di non esprimere la sua opinione, altrimenti avrei chiesto direttamente a lei.»

«Bene!»

«Bene!» ripeté Icy.

 

Stormy voltò le spalle alla superba strega dei ghiacci ed aggrottò la fronte. Sentì il suo groviglio di boccoli quasi carbonizzato dall'intensità dei fulmini che guizzavano tra i capelli. Provò l'inevitabile impulso di radere al suolo l'intera foresta, ma subito dopo immaginò una certa strega delle illusioni esortarle entrambe a mantenere la calma. Non aveva bisogno di urlare per attirare la loro attenzione, semplicemente aspettava il momento giusto per intervenire e placare i loro animi furenti, con pacata ironia.

 

“Che cosa direbbe adesso Darcy?” si ritrovò a pensare con ciò che poteva considerare più vicino al rimpianto.

 

«Icy, la cosa ci sta sfuggendo di mano. Se potessimo capire cosa vuole Darcy da noi...»

«Non avrà niente.» ringhiò la Trix, per la quale era sicuramente più difficile ammettere di aver sbagliato.

 

“Non puoi fingere per sempre.”

 

Che ad Icy mancasse Darcy era palese per la riccia. Chiunque avrebbe dedotto il contrario dal suo comportamento, ma quello strano legame che c'era tra le Trix la rendeva titubante, come se il suo modo di porsi inevitabilmente la tradisse. Era sicura che il rebus poco prima proposto dal suo subconscio presto sarebbe sopraggiunto anche dentro la testarda sorella. Il difficile per Icy sarebbe stato solo riconoscerlo a se stessa.

Intanto l'imbrunire della giornata si faceva sempre più evidente, con le ombre degli alberi che si accentuavano e i colori che si scurivano. Sarebbe stato molto più semplice nascondersi da occhi indiscreti con il buio e, da quel che si diceva in giro, una notte insonne le avrebbe portato consiglio.

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

 

Bene, penso sia arrivato il momento di presentarmi. Chiamatemi... ripensandoci il nome del nickname potrebbe essere una scelta azzeccata. Poison pen, ovvero penna avvelenata.

 

Voglio prima di tutto ringraziarvi per essere arrivati a leggere fin qui. Siete stati molto gentili.

 

Ci tengo a sottolineare che questa è una delle poche storie in cui ho ben in mente un inizio ed una fine. Penso che organizzerò un festino a casa mia in occasione di questo così raro evento. Siete tutti invitati, tranquilli.

 

Ora, non pretendo che la storia piaccia a tutti – considerando che ho una stima di me stessa che rasenta lo zero assoluto, non posso che dire che non piacerà a nessuno - , visto che l'atmosfera dei capitoli ha davvero poco delle Winx e troppo delle Trix. Tuttavia, vi invito a lasciare un segno della vostra presenza. Sono un tipo dai gusti semplici e mi accontento di poco, per cui anche una semplicissima recensione con scritto “Mi piace” oppure “Non mi piace” mi riempirà il cuore di gratitudine. Per cui, spero che questo appello disperato dia i suoi frutti.

 

Con tanto affetto,

poison_pen.

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Capitolo 3
*** Tracce ***


 

 

- Capitolo Tre: Tracce -

 

 

 

«Colui che non lascia niente al caso raramente

farà cose in modo sbagliato,

ma farà molte poche cose.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Che cosa ci fai qui, Sky?» chiese Bloom, vedendo correre il principe di Eraklyon verso di lei.

«Volevo farti una sorpresa.» boccheggiò tra un sospiro e l'altro.

«Ma hai il fiatone.»

«Perché ho corso.»

«Ah. E... perché?» disse, lasciandosi scappare un risolino.

«Ti ho cercata ovunque. Mi avevano detto che dovevi aiutare una ragazza.»

 

Alla fine, era successo proprio quello che temeva: preso da un raptus di malinconia per i bei tempi, il suo fidanzato era arrivato fino ad Alfea, speranzoso – o addirittura convinto – di ammaliare con il suo romantico gesto la sua Bloom. Era un gesto per nulla affettato se si parlava di Sky e dell'amore che provava per lei.

 

Lei, l'unica ragione per cui era lì. Voleva vederla davvero, anche per poco tempo, nonostante la sua Winx desiderasse tutto il contrario.

 

Scorse un debole sorriso sul viso del principe ed il suo respiro normalizzarsi visibilmente. Provò un'abnorme sensazione quando gli rivolse un ghigno divertito, simbolo di una bonomia fasulla.

 

«Sono le nove, Sky. Ho finito forse un paio d'ore fa.» si affrettò a dire la rossa.

«Oh, sì. L'avevo dimenticato che a te non piace studiare fino a tardi.»

«Già. Vieni, andiamo a farci un giro.» lo invitò.

«Veramente dovrei andare via.»

«Sei appena arrivato.»

«Sì, ho giusto cinque minuti per salutarti, amore mio.»

«E dopo tornerai...»

«Su Eraklyon.» affermò con voce sconsolata. «Lo so, sono desolato. Avrei voluto stare più tempo con te.»

 

Un senso di autoriprensione dilagò nella sua mente. Non voleva affliggerlo raccontandogli della sua ultima fantasia. Non voleva renderlo partecipe di un momentaneo dubbio esistenziale che si traduceva in un'unica, stupida domanda: come sarebbe finita se avessi ceduto a lui? Immaginò Sky sentire i pensieri che la attanagliavano e la paura che intuisse il suo tentativo di celare il disagio con un atteggiamento compassato si fece fattibile.

 

“Tu non sai niente.” pensò, quasi imponendolo al suo ignaro interlocutore.

 

«Anche io.» rispose infine, mettendo a tacere la sua insensata angoscia.

 

Come di consueto, Sky prese tra le braccia la confusa Bloom, non accorgendosi del mancato abbraccio di lei, ignorante dell'approccio asettico della ragazza.

 

«Ti prometto che tornerò presto.» e, senza aggiungere altro, poggiò le labbra sulle sue.

 

Un unico, casto e breve bacio che sconvolse tutto. Aggrovigliò maggiormente i sentimenti della Winx e abbrancò in un colpo solo il suo turbamento.

 

“Tu non esisti.” decretò, sapendo solo lei di chi parlava.

 

Era vero. Lui era scomparso per sempre da tempo e lei si era ricordata troppo tardi della sua esistenza. Ora poteva solo rammentare la rabbia che aveva provato nel vederlo dalla parte sbagliata.

 

Perché doveva crucciarsi così?

 

***

 

«Mi annoio.» disse per l'ennesima volta Darcy, stesa su un letto che non le apparteneva.

«Mi fa piacere.»

 

Mandy era seduta alla scrivania e stava ricopiando gli appunti presi nell'ultima lezione della professoressa Zarathustra senza capirne il significato. Quelle congerie di nozioni che aveva scritto disordinatamente, sfruttando tutti gli spazi a disposizione, si erano improvvisamente tramutate in tanti scarabocchi indecifrabili. Tante congetture tutte contrastanti tra loro, come i suoi sentimenti.

 

Dovere di essere vivente o dovere di strega? Parlare o non parlare?

 

Il dilemma non era decidere la scelta più valorosa, ma la più vantaggiosa. Era inutile continuare a deridere la propria intelligenza in modo così spudorato: il valore di una strega si misurava dalla sua tracotanza e furbizia. E lei era una vera strega. Non come Mirta, la cui debolezza era arrivata al punto da farle cambiare scuola, o Lucy, che ammirava tanto le Trix senza sapere ciò di cui erano capaci.

In momenti di totale incertezza, solitamente Mandy faceva affidamento alla sua intuizione, cosciente dell'inattendibilità di essa. Rammentava quante volte l'essersi fidata unicamente del suo istinto l'aveva portata a sbagliare, a pentirsi del suo errore, a rialzare la testa e ad andare avanti per la propria strada, ma la consapevolezza che infrangere le regole avrebbe portato dei vantaggi ghermì il suo animo. E improvvisamente la certezza delle proprie azioni si schiarì d'un colpo.

 

«Perché non ti leggi un libro? Lo scaffale dei tomi è proprio sopra di te.»

«Ho già visto, ma erano tutti estremamente noiosi. Che razza di letture fai?» la schernì.

 

Mandy non rispose. Non aveva voglia di farlo, come non le piaceva l'idea di rimanere indietro con le lezioni per colpa di un ospite scomodo. Suo padre si sarebbe insospettito e, come minimo, si sarebbe precipitato a Torrenuvola per controllare di persona cosa stesse facendo la sua brava figliuola. Per cui era essenziale mantenere un buon rendimento.

 

«Mi stai ascoltando, Mandy?»

«Accidenti, Darcy...» disse, interrompendo immediatamente la frase.

 

Si ricordò del sogno fatto la notte scorsa: la Griffin, in compagnia di suo padre, che comunicava a quest'ultimo un decesso. Il decesso di una bionda ragazza, diligente quanto ingenua: aveva provocato una Trix, la quale non ci aveva pensato due volte a mettere fine alla sua esistenza durante la notte.

 

«Lasciami finire questa relazione per oggi pomeriggio. Più tardi potremmo parlare.»

«E chi vuole parlare con te? Io volevo trovarmi un passatempo.»

«Parlare è un passatempo.» disse, scandendo il verbo.

 

Sentì la bruna lagnarsi senza sosta ancora per qualche minuto. Poi, rassegnata dall'irremovibilità della sua risposta, stette in silenzio fin quando non smise di scrivere.

Poggiò la penna sul tavolo in legno. Si voltò, soffermando lo sguardo su una certa strega sonnecchiante. L'imbracatura delle bende sembrava ancora asciutta. I capelli castani coprivano metà del viso e un braccio pendeva dal letto quasi come se l'osso fosse rotto.

 

“Dovrei chiederle cosa ha fatto per ridursi così.” pensò all'improvviso, complice quell'ineluttabile curiosità che sin da subito aveva deciso di reprimere.

 

Non era così semplice. Per quanto sembrasse estremamente più socievole e ragionevole delle due sorelle, Darcy non avrebbe mai lottato contro quella fierezza talmente compatta da devastare la sensibilità di chiunque. Ciononostante l'assenza della strega del ghiaccio e di quella del vento avrebbe potuto causare delle strane conseguenze, persino... ma d'altronde la bruna risultava antipatica anche senza di loro.

 

Un rumore strano la distrasse. Uno strano e breve battito, dapprima in lontananza, poi sempre più vicino, finché un'evidente realtà la colpì come un fulmine al ciel sereno: stavano bussando alla porta da venti secondi. Lei, con le orecchie ancora ovattate dai suoi pensieri, non aveva sentito nulla.

 

Mentre si avviava ad aprire, le uniche e ridondanti parole che occupavano la sua mente erano: sii veloce. Veloce nell'agire, veloce nel liquidare chiunque si era presentato davanti la sua stanza.

 

Appena ci fu sufficiente spazio tra la porta ed il telaio, scorse una chioma verde smeraldo ed una corporatura tanto gracile quanto impressionante: Lucy l'aveva cercata.

 

«Ah, quindi ci sei.» esordì il terzo incomodo.

«Sì, scusami. Stavo nel bel mezzo di una ricerca.» disse, sforzandosi di celare in un tono confidenziale delle shoccanti rivelazioni.

«Quella della Zarathustra?»

«Esatto.»

«E non hai sentito l'altoparlante nella stanza?»

«E' rotto.»

 

“Volutamente rotto” aggiunse quella fastidiosa vocina dentro Mandy. L'altoparlante, se usato, era in grado di captare la presenza o meno di studentesse nelle stanze. La sua figura sarebbe stata fin troppo fastidiosa, ma, da quel che aveva sentito in giro, non portava guai disinstallarlo, grazie alle proteste dei genitori, preoccupati della privacy delle proprie figlie.

 

«Perché?» ribatté ancora Mandy.

«La Griffin ha indetto una riunione nella Sala ed ha incaricato me ed altre di avvertire chi non avesse sentito l'annuncio.»

«Cosa c'è di così importante da dire?» disse, stavolta sicura di poter chiedere qualcosa senza essere sospettata.

«Non so. Appena riusciremo a riunire tutte lo scopriremo.»

«Bene, allora vado subito.»

 

Stavolta l'incantesimo di protezione era stato fatto. La Trix, vista la sua debolezza, non sarebbe stata capace di spezzarlo. Era intrappolata, come se quello che aveva subito non bastasse. Nonostante non le piacesse l'idea che Darcy avesse campo libero nella sua stanza, tornare dentro, con la scusa della ricerca, avrebbe solo alimentato sospetti.

 

Lucy spuntò nel suo elenco il numero 332 e salutò Mandy con un cenno della mano. Quest'ultima sparì in fretta, inghiottita dalla rampa di scale.

 

***

 

Il brusio della sala tranquillizzò Mandy. Nessuna aveva soffermato lo sguardo su di lei per più di un secondo e sentirsi “una delle tante” acquattò in fretta la sua agitazione iniziale.

Non fu facile trovare un posto per sedersi in quell'area di piattaforme fluttuanti, bandite con tavoli e sedie. Alla fine la ragazza stazionò in un posto a metà altezza. Quattro ragazze erano con lei, imbronciate, forse per aver interrotto la loro ora di sonno. Due di loro avevano le mesh color fuxia, la più bassa i capelli corti, con il ciuffo che cadeva in mezzo agli occhi, e l'ultima, la più giovane, un vistoso piercing al labbro.

 

«Ehi, sai che sta succedendo?» si rivolse a Mandy proprio quest'ultima, facendo roteare l'orecchino con la lingua.

 

Un gesto impressionante, persino per lei che ultimamente aveva a che fare con il sangue.

 

«No, mi spiace.» rispose.

 

Voltarono quasi simultaneamente il capo in punti opposti della sala, desiderose di non studiarsi più a vicenda. Non era una novità trovare qualcuna il cui atteggiamento spocchioso fosse insopportabile, come non c'era da sorprendersi che quest'antipatia fosse reciproca. Succedeva in tutti gli ambienti di tutte le dimensioni. Torrenuvola non costituiva di certo un'eccezione, anzi, era un college che non aveva paura di frantumare quel finto perbenismo che aleggiava per esempio ad Alfea.

 

«Un momento di attenzione, ragazze.»

 

Una voce si distinse facilmente dalle altre: la professoressa Zarathustra fluttuava in aria, intimando tutte ad un religioso silenzio. All'ingresso della Sala, la sorella Ediltrude cercava di mantenere l'ordine, facendo accomodare le ultime arrivate in stanza.

 

«La preside Griffin deve comunicarvi un annuncio estremamente importante.» continuò, soffermando la voce sulla parola estremamente.

 

Sulla piattaforma più alta, la Griffin scrutò i volti perplessi e curiosi delle sue allieve. Con braccia conserte ed aria pensosa, il trucco rosa perla risaltava perfettamente i suoi occhi colmi di sagacia e contemporaneamente preoccupazione.

 

«Mie care allieve» esordì. «vi ringrazio per esservi riunite così in fretta. Credetemi, non avrei mai organizzato una riunione generale senza che fosse stato strettamente necessario.»

 

Fece una pausa, per far prendere aria ai polmoni. Sembrava cercare le parole giuste per chissà quale concetto.

 

«Sarò breve: le Trix sono di nuovo a piede libero. A quanto pare sono scappate da ieri mattina, anche se la notizia è stata divulgata solo un'ora fa. Da quel che dicono, sono riuscite ad eludere il sistema di sicurezza con l'aiuto di un complice non identificato.»

 

Un brivido ghiacciato percosse la schiena di Mandy nel momento in cui sentì la parola complice. Solo in un secondo momento collegò tutto quello che le era successo con quanto appena detto: non poteva essere già stata scoperta.  Era palese che Darcy fosse stata ferita dopo essere scappata. Ciò che non era evidente era il motivo per cui si trovava lì da sola.

 

Il vociare indistinto della folla stizzì la Griffin. Con un unico e violento colpo sul tavolo, zittì tutta la sala.

 

«Niente panico, ragazze. Conoscete le procedure per questo tipo di emergenze. Oh, dimenticavo le nuove arrivate.» disse con un ghigno, connubio di rassicurazione e derisione. «Per chi non lo sapesse, abbiamo poche e semplici regole a Torrenuvola, in questi casi: non si può uscire senza il permesso mio o di una valida collaboratrice e non si possono invitare ad entrare gli sconosciuti. Chiunque sarà beccato ad infrangere le regole... io non tenterei neanche di sapere che fine farà.»

 

Mentre ammoniva le studentesse con odiosa saccenteria, Mandy sentì poco alla volta un insolito dolore alla testa, come se stesse immagazzinando troppe informazioni tutte insieme.

 

«Domande?» chiese la preside, ottenendo come risposta un prevedibile silenzio tombale.

«E' tutto. Grazie mille.»

 

Era diventata un'automa. Con lo sguardo serrato e l'udito ovattato da troppi pensieri. La stessa composta espressione popolava il suo viso, mentre un truculento turbinio di emozioni cercava di espandersi al di fuori del suo corpo. Appena si alzarono le altre quattro ragazze, cercò di imitare i gesti con la loro naturalezza e dovette fare uno sforzo sovrumano per non barcollare. Camminò lenta, come le altre. Imitare, per passare inosservata: era questo il piano elaborato inconsciamente dalla sua mente. Mimetizzarsi, per salvarsi.

 

“Calmati. Sono solo regole. Quelle leggi convenzionali che hai già infranto e stai ancora infrangendo. Perché dovresti cambiare idea proprio adesso? Solo perché te l'ha detto la preside?”

 

La spossatezza sembrò acquietarsi con quelle poche parole. Ancora una volta trovò nel nulla le sue certezze. La ragione per cui si esponeva a tanto rischio era ben chiara: altruismo, da un lato, utilità, dall'altro. Ritorse il labbro più volte, mentre saliva le scale con la stessa fretta del giorno prima.

 

Un altro compito era pronto ad affliggerla: doveva parlare a Darcy e farsi dire la verità sull'attacco. Anche se non avrebbe cambiato nulla ai fini della loro temporanea alleanza, in quel momento era divenuta una necessità quasi fisiologica entrare in possesso di quelle informazioni. Era da incoscienti lasciarsi guidare così apaticamente dalle proprie esigenze, lo sapeva, ma sapeva anche di non sopportare l'idea di essere all'oscuro di informazioni così interessanti.

 

Non un attimo di esitazione nell'aprire la porta, stavolta. Non temeva la reazione della Trix. Chiuse in fretta la porta, senza voltarsi.

 

Trovò Darcy rannicchiata nel letto, con un libro in mano. Mandy diede una rapida occhiata alla copertina: era uno di quei libri noiosi sul suo scaffale.

 

«Ehi, ma sei impazzita?» la rimproverò la Trix.

 

Non una risposta, neanche un ghigno o un lieve cenno con la testa. Solo un paio di occhi inquieti: l'ansia era tornata in lei, dopo che aveva percorso metà Torrenuvola a passo affrettato, senza rendersi conto di ciò che aveva intorno.

 

«Allora?»

«E' una trappola?»

«Cosa?»

«Rispondimi, Darcy. E' una trappola?»

 

Vide la Trix osservarla sottecchi. Stava cercando di capire il nesso tra la propria domanda e quella di Mandy. O forse stava cercando di formulare in fretta una risposta convincente per sviare l'argomento.

 

«Tu vieni qui da me a chiedermi se sto fingendo? Sai una cosa? Saprai anche respingere i miei tentativi di leggerti la mente, ma per il resto... mi sembri davvero una strega ingenua.»

«Non m'interessa. Voglio una risposta concreta.» disse, sentendo un nodo al collo ad ogni parola avvelenata che sputava dalla bocca.

«Che differenza fa? Non ti fideresti comunque.»

«Sì, invece.»

«Sono commossa.»

 

Quella fastidiosa ironia che mai le veniva meno non faceva altro che peggiorare la situazione. Doveva sopire la sua rabbia – quando aveva cominciato a sentirla, non se lo riusciva a spiegare – in fretta.

 

«Senti, se ti stessi ingannando, secondo te sarei rimasta a sorbirmi la tua presenza ancora per molto? Ti avrei eliminato.»

 

Ragionamento che non faceva una piega, in fondo. “A volte la sincerità è la migliore delle armi.” concluse, in silenzio.

 

«Va bene. Ti credo.» ammise, sconfitta dall'evidenza.

 

Darcy prese a stropicciare tacitamente la copertina in cartoncino del libro che aveva tra le mani. La conversazione era finita lì, per lei. Lo sguardo fisso sulle parole, senza leggerle, e la sistemazione della coperta in lana sulle gambe volevano suggerire a Mandy di eclissarsi. Sparire, con il suo cattivo umore e le sue brutte notizie, senza che lei avesse intenzione di farlo.

 

«Vuoi sapere perché sono uscita?» disse, non nascondendo l'imbarazzo nel porre un tale idiota quesito.

 

Silenzio, come se non avesse parlato. Non aveva preso in considerazione l'idea che potessero aver scoperto la sua evasione.

 

«Te la dico lo stesso: Torrenuvola adesso è sottochiave. Hanno scoperto il vostro trucchetto, come l'ha definito la Griffin, e ora hanno inasprito le misure di sicurezza.»

 

La Trix abbassò il libro leggermente accigliata. Mandy non seppe dire se la sua confessione la stava annoiando o allarmando. Poi tornò alla sua lettura, diventata all'improvviso più interessante.

 

«C'era da aspettarselo. Avevo detto che era una pessima idea.»

«Pessima idea cosa?» domandò, profittando per sapere di più sul motivo per cui Darcy fosse sola.

«Niente d'importante. Ormai il danno è fatto.»

«Già.» disse, perfettamente consapevole di ciò di cui parlava. «Ora cosa possiamo fare?»

«Le mie sorelle potrebbero già essere dietro le sbarre.» fece Darcy, quasi con afflizione.

«E ti dispiace.»

«No, sono solo... arrabbiata. Insomma, loro avrebbero dovuto già essere qui.»

 

Si fermò. Era evidente che stesse per dire altro e a Mandy spettava la decisione di continuare quella conversazione o meno. La sua coinquilina era forse il più pericoloso individuo col quale avesse mai avuto a che fare, ma non poteva affermare che la fragilità che avvertiva lei per quella delicata situazione era la sola a provarla. Anche Darcy era fragile, spaventata e ferita, a modo suo ovviamente. E questo era un aspetto che Mandy non poteva trascurare.

 

«Sì, me ne rendo conto.»

«Te ne rendi conto?» le rispose aspramente, come destata da un momento di normalità. «Per te è facile: potresti risolvere il problema in un niente, consegnandomi alla Griffin, alle autorità o a chiunque altro.»

«Esatto.»

 

Era vero. Era un'idea presa in considerazione ogni volta che pensava al rischio che correva e regolarmente ricacciata dalla sua coscienza con la stessa facilità per chissà quale motivo.

 

«Devo cambiare le bende.» disse Mandy, guardando l'orologio sulla sua scrivania.

 

Darcy chiuse definitivamente il libro, si mise seduta sul letto ed aspettò che la ragazza tirasse fuori le medicazioni. Scoprì la spalla quanto bastava per permetterle di medicarla.

 

«Non c'è un modo per accelerare la guarigione?» domandò la Trix, seccata come la seconda e la terza volta che Mandy dovette operare sulla ferita.

«Magari ci fosse.» fece l'altra, sinceramente rattristata. «Mi sarei sbarazzata prima di te.» e non trattenne un ghigno.

«E io di te.» e fece una debole risata.

 

Mandy rimase per un attimo sbigottita da quel piccolo sbilanciamento di umore: non aveva posto arroganza o antipatia in quel soffio di ilarità. Non somigliava neanche lontanamente a quegli spasmi insani di divertimento che aveva sentito più volte dalle Trix e questo fece sembrare Darcy più una ragazza che una strega.

 

Chiariamo subito una cosa importante: restare qui non vuol dire diventare amichette del cuore. Una volta fuori da Torrenuvola sarà come se non ci fossimo mai parlate. Intesi?

 

«Attenta con quelle bende.»

 

Con una delle sue dure e secche affermazioni, la bruna subì un ritorno alla normalità. E Mandy ne fu sollevata.

 

***

 

Per un momento le parve di sentire la sua voce in lontananza. Quella voce saccente, che aveva imparato a fare insieme a loro, chiamava insistentemente lei e Stormy. Ai loro nomi si susseguivano altre parole meno comprensibili. Forse le canzonava facendo dei versetti.

 

Si guardò intorno, tentando di individuare da dove venivano quei suoni. Guardò disorientata Stormy, che con un bastone disegnava dei cerchi sul terreno, incurante di tutto.

 

«Hai sentito?»

«Cosa?»

 

Stormy alzò la testa. Il suo viso assopito, con le occhiaie eccessivamente marcate che, prepotenti, avevano resistito al trucco, le suggerì di non fare affidamento alla sua inesistente perspicacia. Non era riuscita a chiudere occhio, troppo rammollita da una certa strega delle illusioni.

 

«Lascia perdere.»

 

Con una sola spinta di polsi, Icy si scostò dal tronco e si diresse a passo sicuro verso l'assonnata sorella.

 

«Abbiamo aspettato fin troppo. Dobbiamo andarcene di qui, in un luogo più isolato.»

«Senza Darcy?»

«Sì, senza lei. Mi ha veramente deluso. Prima si comporta da sciocca sentimentale e poi ci tedia in ogni modo per farci ammettere il contrario.»

«Icy...» la interruppe.

«Cosa?» sbottò.

 

“Non dirlo, sorella. Non deludermi anche tu.”

 

«E se le fosse successo qualcosa?»

 

Voleva arrabbiarsi, avvelenarla con poche parole, com'era solita fare. Darle della rammollita senza aver bisogno di scusarsi subito dopo, con quel tono importante, la sua firma. Tuttavia, forse per la prima volta nella sua vita, il voler fare non fu coerente con le sue azioni.

 

Accartocciò con forza le sue mani in due pugni.

 

«A questo punto è una possibilità da non escludere, ma è altamente improbabile.»

«Dovremmo allargare il campo di ricerca. Questa foresta non può essere il solo luogo dove si trova.»

«Non avrebbe dovuto allontanarsi così, sono d'accordo, ma non possiamo aspettarla. Se la caverà da sola, visto che le piace tanto stare qui.» disse, ignorando il suggerimento della sorella.

«Allora vuoi abbandonarla veramente?»

«Non ricominciare, sorella. La mia decisione è stata presa. Sloggiamo di qui.» e le porse la mano, in attesa di compiere il teletrasporto.

 

Stormy allungò la mano, ma la ritrasse con violenza, portando in dentro il labbro inferiore.

 

«No.» rispose, allontanandosi.

«Come, prego?»

«Rispondi a questa domanda: se tu fossi in pericolo, in grave pericolo, che cosa proveresti se io e Darcy ti abbandonassimo al tuo destino?»

«Divertente.» rise di gusto la strega dei ghiacci. «La mia dolce e sensibile sorellina ha deciso di avere una coscienza. Sei patetica, Stormy.»

«La tua arroganza la farà morire.»

«Non ti permetto di parlarmi così. Se non vuoi venire con me, me ne andrò da sola.»

«Fa' pure, sorella.» la provocò, com'era nella sua natura.

 

Non voleva andarsene. Qualcosa la obbligava a rimanere lì, impalata, a scrutare l'indignata Stormy, cercando il motivo della sua caparbietà. Dovette fare uno sforzo immane ed ammettere che la causa di questo cambio di programma era la possibilità che Darcy fosse ferita, rapita o peggio, idea non esattamente piacevole.

 

Emise un lungo sbuffo. Aveva vinto. Era stata sconfitta dal sentimentalismo e raramente aveva provato un'umiliazione così grande.

 

«Sei tu che ci farai morire, Stormy.» e si sedette sull'erba, ignorando il sorriso compiaciuto della riccia.

 

“Che scema. Se ne vanterà per tutta la vita. Quando ti ritroveremo, Darcy, ti rinfaccerò anche questo.”

 

La prospettiva di essere derisa da Stormy, non certo una gran specializzanda in retorica o arte oratoria, tuttavia, era senza dubbio migliore del rimanere sola.

 

«In fondo hai ragione. Non possiamo rimanere qui, ma non possiamo neanche abbandonarla. Dobbiamo cominciare a cercarla.»

«E dove? Qui intorno non c'è.»

«Ho cercato di mettermi in contatto con lei, ma non rilevo nulla.»

«Bella scoperta, anche io ho cercato di individuarla così. Qui siamo fuori dal mondo, sorella. Per cominciare, dovremmo sapere se l'hanno catturata sotto mentite spoglie.»

«Andiamo a Magix, allora.»

«D'accordo.»

 

Doveva essere impazzita o, peggio ancora, intontita dalla preoccupazione. Stava dando ascolto a Stormy. Di nuovo.

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE

 

Ed ecco il tanto atteso (?) nuovo capitolo. Sbaglio o Darcy e Mandy stanno lentamente lasciando alle spalle le apparenze, scoprendo magari che, in fondo, si stanno simpatiche? Lascio a voi i commenti, visto che ho già in mente cosa fare.

 

Bloom, cara Bloom. Poverina, le sto facendo fare delle brutte azioni. Ingannare così il povero Sky? Tut tut, non si fa.

 

E veniamo ad Icy, talmente disperata da far prendere a Stormy le decisioni, con tanta passività. Certo che l'assenza di Darcy fa davvero la differenza.

 

Ringrazio nuovamente chiunque sia stato così forte di stomaco da leggere fin qui.

 

Alla prossima, cari.

 

Baci,

Poison_pen

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Capitolo 4
*** Dimmi tutto ***


 

 

- Capitolo Quattro: Dimmi tutto -

 

 

 

«Il subconscio mormora incessantemente

ed è ascoltando questi mormorii che si ascolta la verità.»

 

 

 

 

 

 

 

«Non dovete mai permettere al vostro avversario di giocare con voi. La concentrazione è l'unico aspetto che accomuna tutti gli esseri della Dimensione Magica, mentre ciò che permette di distinguerci dalle fate è...»

 

La professoressa Zarathustra si fermò davanti alla finestra cogitante, durante una delle sue ataviche lezioni. Il pugno destro sembrava contrarsi ed espandersi convulsamente, come se volesse far cessare chissà quale fastidio. Le studentesse avevano lo sguardo fisso su di lei, ma non era certo difficile accorgersi di come seguissero passivamente le movenze della strega. Mandy era seduta in seconda fila, al centro della stanza, e lottava tra l'abbassare il capo e sonnecchiare e continuare a guardare l'insegnante. La notte quasi insonne cominciava ad avere il suo peso, ma non aveva intenzione di saltare un'altra lezione per continuare a rimuginare su rimorsi inutili.

La professoressa Zarathustra era una delle incantatrici più esperte della scuola. Specializzata in incantesimi fluidificanti, aveva dato l'impressione di essere un tipo ragionevole la prima volta che si era presentata; quel sorrisetto di complicità tra professoressa ed alunne, in realtà, era un'impressione errata. Conoscendo lei, automaticamente si conoscevano la severità, la monotonia e l'imprevedibilità. Malgrado sembrassero aggettivi contrastanti, il confluire di questi nella Zarathustra era una possibilità più che tangibile. Quella donna, così diafana e sinuosa, era una delle streghe più esigenti che Mandy avesse mai conosciuto. Al contempo, il suo tono così afono rendeva tortuosa l'attenzione in classe. Insomma, Zarathustra era un connubio di attributi pericolosi. In quanto a imprevedibilità, poi...

 

«Liqueor!»

 

Una bolla trasparente e luminosa percorse metà stanza in meno di un secondo. Solo le alunne di prima fila ai lati della sala riuscirono a vederne la scia; questo perché l'incantesimo non era rivolto a loro.

 

Mandy era solita lanciare i controincantesimi con la destra. In realtà, una strega avrebbe dovuto saper contrattaccare con entrambe le mani, ma quella nozione era sempre stata un limite per lei. Non che avesse voglia di attirare le ire di Zarathustra, ma la sua mente sembrava rifiutare di eseguire gli stessi controincantesimi con la sinistra.

 

Il braccio scattò quasi immediatamente. La bocca era pronta a parlare.

 

«Sync...» iniziò a dire, quando la bolla esplose dinanzi a lei ed irradiò una luce talmente accecante, che tutte ritrassero il capo gemendo.

 

Tutta la stanza fu inondata di violenti sprazzi, che non risparmiarono nemmeno un angolo. Mandy strizzò subito gli occhi e si coprì il volto con le mani. Udì i lamenti delle altre ragazze accecate. Non udì il suo, ma non ne fu sorpresa.

 

“Il dolore è solo dettato dall'istinto.”, lesse una volta in uno dei tomi che Darcy reputava noiosi. “L'istinto è un impressione della mente, la sola atta a percepire ciò che abbiamo intorno.” continuava. Forse era per quel motivo che su di lei l'effetto della luce sembrava essere minore: la sua mente era altrove. Era già intenta a cercare cosa avesse sbagliato. Forse aveva un'idea.

 

La luce si diradò dopo pochi istanti. Il riflesso tenue di Zarathustra fece capolino: era rimasta alla finestra a guardare la scena.

 

«Troppo lenta.»

 

Mandy avvertì una nota di disappunto nel tono della professoressa. Questa si diresse alla cattedra a passo lento. Nella stanza echeggiò il rumore dei suoi stivaletti a tronchetto.

 

«Come stavo dicendo, ciò che permette di distinguerci dalle fate è...»

 

Puntò il dito contro una ragazza al primo banco.

 

«La diffidenza. Lo stare sempre in guardia. Avere i riflessi pronti.»

«Avere i riflessi pronti.» ripetè Zarathustra con lo sguardo rivolto indirettamente a Mandy.

 

***

 

La fragranza delle coltivazioni di matthiola – gentilmente donate da Bloom – impregnò l'intera serra. Musa non poté fare a meno di annusarne l'intenso profumo: era qualcosa di inebriante, che quasi la invogliò a cogliere quei boccioli dai petali millecolori.

Al centro della cupola, c'era un laghetto. Musa lo riconobbe: era la stessa pozza d'acqua che, al primo anno, le piaceva osservare in perfetta solitudine. Era solo più... fiorito? In effetti tutto quel rosa non se lo ricordava.

 

«Si chiamano fiori di loto.»

 

Flora era dietro di lei. La lezione di botanica era finita da un paio d'ore e, nonostante la fata della musica pensasse di non trovare nessuno, lei si trovava ancora là. Avrebbe dovuto prevederlo: Flora aveva sempre tempo per stare con i suoi amici, umani e vegetali.

 

«Li hai messi tu?»

Lei parve pensarci un attimo. «Sì, era il posto giusto per farli fiorire.»

«In effetti, non me lo ricordavo così bello il lago.»  disse voltandosi.

 

Si sorrisero a vicenda. «Sei venuta a cercare qualcosa?»

«Un po' di conforto.»

 

Flora si avvicinò al laghetto ed immerse le dita nell'acqua cristallina.

 

«Per le Trix?»

Non c'era bisogno che le rispondesse. «Quelle streghe sono ancora in circolazione. Non possiamo mai stare in pace.»

«Le sconfiggeremo di nuovo.»

 

Era diventato il loto motto. Le Winx si erano trasformate nelle eroine di Magix, Alfea e tutta la Dimensione Magica, grazie ai tentativi di fuga delle tre sorelle. La gente ormai era in grado di riconoscerle a vista, senza domandarlo. A Musa avevano persino chiesto l'autografo con dedica un paio di volte. Tutti accorgimenti piacevoli, ma ciò non significava voler salvare sempre il mondo. In fondo, erano solo delle ragazze. Magiche, ma sempre delle adolescenti che dovevano lottare quotidianamente con trucco e parrucco.

Flora giocherellò con il laghetto. Sembrava accarezzarlo con dolcezza, con tocchi leggeri che rasentavano il pelo dell'acqua.

 

«Poi le rimanderemo a Roccaluce o nella Dimensione Omega, loro evaderanno ancora e noi saremo pronte a rimandarle indietro... Insomma, per quanto ancora andremo avanti così?»

«Fino a quando non avranno più abbastanza forza per scappare.»

 

Musa non le rispose. Osservò i cerchi concentrici che si creavano nel lago, intrecciandosi. Per poi sparire.

 

«Sai, a volte penso...» ed esitò, attirando lo sguardo interrogativo dell'amica.

Flora tolse la mano dall'acqua. «Pensi?»

«Lascia stare.»

«Musa, ci conosciamo da anni.»

 

L'ovvietà di quella frase fece sorridere la fata della musica. All'improvviso, quelli che per Musa erano tentennamenti, si tramutarono in certezze. Erano amiche e le amiche si sostenevano a vicenda. Fece prendere aria ai polmoni e disse tutt'ad un fiato queste parole:

 

«Penso di volerle morte. Non le voglio rinchiuse in chissà quale buco di fogna. Riuscirebbero sempre a scappare e questo noi lo sappiamo da tempo. Forse, se questa volta eliminassimo il problema alla radice...»

 

Non seppe come continuare la frase. Gli occhi si abbassarono spontaneamente per la vergogna. Flora guardò l'amica prevedibilmente attonita. Una Winx che aveva il coraggio di dire quelle cattiverie?

 

Già, esisteva.

 

«Sc-scusami. Non ero io quella, era...»

«Lo stress.» e fece una debole risata. «Non devi scusarti, Musa. Siamo tutte stanche di queste sorprese.»

 

Musa annuì debolmente. Una stupida, ecco cos'era. Avrebbe dovuto tenere per sé quelle considerazioni.

 

Siamo tutte stanche di queste sorprese.

 

Lei lo era più di tutte. Ne era sicura.

 

***

 

«Che faccia.» commentò Darcy.

«Non è giornata.»

«Non è mai giornata, da quel che ho capito.»

«Andiamo, sei qui da un paio di giorni e pretendi di avermi capito?»

«Io non pretendo, cara. Io ho già capito.» rispose saccentemente.

 

Mandy sbuffò, di nuovo. Sentiva di aver emesso più sospiri in quei giorni di convivenza forzata, che in tutta la sua vita. Darcy fece lo stesso: era distesa comodamente sul suo letto. Il libro aperto e poggiato sulle coperte al contrario, per non perdere il segno; alla fine, quel tomo impolverato era servito a qualcosa. Il titolo era “Exuviae”, un saggio, da quel che ricordava, sui cambiamenti della vita. Mandy si era ripromessa di iniziare a leggerlo all'inizio dell'anno, ma i compiti e le verifiche avevano soppresso il suo tempo libero prima del previsto.

 

«Convinta tu.»

«Avanti, parla.»

«Cosa?»

«Insomma, non ho intenzione di sopportare oltre i tuoi sbalzi di umore. Dimmi che cosa è successo.»

 

“Non è successo niente.”

 

«Perché dovrei?»

«Così ai miei occhi verrà risparmiata la tortura di vederti depressa.»

«Va' al diavolo.»

 

Si aspettò istantaneamente una risposta per le rime, una presa in giro, perfino una volgarità, ma, con grande stupore, la strega delle illusioni tacque. Il suo proverbiale orgoglio parve dissolversi davanti alla bionda, che fece finta di nulla. Rimase in piedi e si sistemò convulsamente il cerchietto nero. Poi massaggiò le tempie, come per calmarsi.

 

«Sono solo... nervosa, ecco.»

«Sai che novità, Mandy.»

 

Le lanciò un'inequivocabile occhiataccia. Si domandò per l'ennesima volta che cosa ci faceva nella sua stanza una criminale. Ancor più insistentemente, si chiese se era sotto un'incantesimo, se quella che stava vivendo era un'utopia.

 

Non dovete mai permettere al vostro avversario di giocare con voi.

Chiariamo subito una cosa importante: restare qui non vuol dire diventare amichette del cuore. Una volta fuori da Torrenuvola sarà come se non ci fossimo mai parlate. Intesi?

Chiunque sarà beccato ad infrangere le regole... io non tenterei neanche di sapere che fine farà.

 

«Sì, confermo. Ho capito tutto di te.»

 

Un sorrisetto divertito comparve sul viso della Trix. Le venne in mente in che stato l'aveva trovata, la prima volta: svenuta, zuppa di sangue e completamente indifesa. Se non fosse stato per le fasciature in bella vista, Mandy non avrebbe mai detto di avere davanti la stessa ragazza di due giorni prima.

 

«Molto bene, ti ascolto.» si arrese alla fine, non nascondendo una nota di curiosità su cosa avesse da dire.

«Tu non sopporti di perdere.»

 

Non capì a cosa si riferisse. Era una supposizione oggettivamente insulsa: a nessuno faceva piacere essere sconfitto. Gli esservi viventi, da questo punto di vista, si ordinavano in due cerchie. C'era chi mostrava il suo lato competitivo, risultando sgradevole e antipatico, magari per la troppa aggressività con cui ci si approcciava con il prossimo. E poi c'era chi sapeva celare bene l'amarezza della disfatta, con un velo di...

 

“Ironia?”

 

La bionda annuì, più a se stessa che a Darcy.

 

«Sei ambiziosa e testarda, ma al contempo perfettina e moralista. So cosa sta succedendo all'interno della tua testa: non dormi la notte e questo ti rende intrattabile. Sai perché non riesci a chiudere occhio, vero? Non sai che strada scegliere: da una parte, rischi di essere espulsa per aver messo in grave pericolo la scuola, dall'altra sei sicura di stare facendo la cosa giusta. Il perché? Non mi stai aiutando per indulgenza, ne sono certa: hai dei progetti per me, Mandy.»

 

Altro sorriso, stavolta più marcato. La bionda si sedette alla punta del letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

 

***

 

Era fatta. Aveva colto nel segno. L'espressione cerea di Mandy era più che rassicurante. Quei due giorni passati su un letto, in fondo, erano serviti a qualcosa: mentre la bionda era occupata a studiare, Darcy a sua volta studiava la sua compagna di stanza. Non era nella sua natura dilettarsi con qualcosa che fosse “didattico”, ma lo smarrimento negli occhi del suo oggetto di studio in quel momento, aveva trasformato un passatempo in un'occasione.

 

Diavolo, si trovava a Torrenuvola, senza le streghe o le Winx alle calcagna e con una servetta acquiescente. Con una buona dose di inganno, poteva portarsi dietro un papiro di potenti incantesimi oscuri.

 

«Voglio essere uno strumento attivo del tuo piano. Non mi piace essere inconsapevole di ciò che mi accade, quindi esigo una risposta che non sia “Non è vero”.»

 

Sentiva di non sbilanciarsi, quando definiva una macchinazione della novellina “piano”. Era abbastanza ingegnosa come studentessa, doveva ammetterlo.

 

Mandy rimase per qualche secondo con lo sguardo fisso sul pavimento. Le narici erano più dilatate del normale: normale segno di agitazione, che non faceva altro che accrescere la sicurezza della Trix sull'impatto delle parole nel suo animo.

 

«E tu, Darcy? Non siamo così diverse. Non voler perdere ci accomuna. Lo dico per tutte le volte che vuoi leggermi la mente, ma sei troppo debole per farlo, quando mi hai lanciato un incantesimo, fallendo miseramente, quando...»

«Stai cercando di glissare la mia domanda?»

«No, sto cercando di capire il motivo per cui continuo a tenerti qui.»

«Pensavo di avertelo appena spiegato.»

«Sto facendo lo stesso errore di Lucy.» sussurrò, incurante della Trix.

«Non dire idiozie. Dimmi il tuo piano, voglio una risposta.»

 

Non era una richiesta gentile, né un invito cortese. Era un ordine, un'esigenza, un'ingiunzione. Le ultime battute furono un crescendo di toni e tensione. Darcy si rese conto della vicinanza dei loro visi. Non solo; la figura di Mandy sembrò anchilosarsi ogni secondo che passava: stava crollando, schiacciata sotto il peso dell'evidenza, almeno da quello che poteva interpretare la Trix. Si ricordò del ghigno che le era scappato la sera prima: era così diverso dai risolini di poco prima, così sbagliato. Lei non rideva in modo così smielato, nemmeno con le sue sorelle.

 

Già, le sue sorelle. Icy e Stormy, che stupide. Senza Darcy non sapevano nemmeno dove girarsi.

 

“Adesso staranno brancolando nel buio.”

 

Intanto, la Trix sembrava aver annichilito la novellina. Si stava quasi stancando di aspettare una sua risposta, quando, con un tono tutt'altro che stentoreo, Mandy iniziò a parlare.

 

«Io...» esordì. «Maledizione, non so cosa ho in mente. Le idee baluginano senza che possa visualizzarle chiaramente. S-sto letteralmente fuori. Insomma, il cervello è quasi diviso in due: c'è una parte che vuole che tu te ne vada e un'altra che vuole che tu resti, perché... perché tu hai il potere, o per lo meno la possibilità di arrivare al potere. Da sola, prima di incontrarti, la mia massima aspirazione era diventare un'insegnante. Adesso... non lo so, all'improvviso non mi basta.»

 

Le parve di avvertire un debole singhiozzo. Coglierla in un momento di debolezza era stata una bella fortuna: non sembrava una ragazza emotiva, da quel che aveva visto. Quel discorso era risuonato così difficile da comprendere alle orecchie della bruna. Le frasi erano così sconnesse tra loro e anche il tono con cui erano state dette non aiutava. Una cosa, però, era più che certa: Mandy era diversa dalle altre ragazze di Torrenuvola. Non si accontentava di cose velleitarie, non si limitava a desiderare; lei voleva realizzare davvero ciò che bramava, aspirava a  concretizzare i suoi sogni. Oltretutto, era un'ottima complice, altrimenti, a dimostrare il contrario, ci sarebbe sul suo capo quella coroncina che si usava a Roccaluce per sentire i pensieri negativi dei detenuti.

 

“Chissà cosa ne penserebbero le altre.”

 

Non l'avrebbero eliminata a sangue freddo. Le Trix non erano così impulsive, anche se la gente era portata a dire il contrario: pianificavano prima di agire. Capivano quali erano i propri vantaggi e si regolavano di conseguenza. Proprio come una certa studentessa bionda di Torrenuvola della stanza 332.

 

Darcy si sedette sul letto, aiutandosi con entrambi i polsi. Vide Mandy, ancora immersa in un mare di preoccupazione, sussultare dalla sorpresa. Al contempo, il dolore divampò, senza annebbiarle la vista: buon segno.

 

«Forse quello che ti devi domandare è: ne vale la pena?»

Lei sorrise. «No, meglio di no. La risposta mi fa sembrare stupida.»

 

Altro modo per dire: “No, non ne vale la pena, ma rischio lo stesso.”. Stavolta non c'era bisogno di sforzarsi a leggere la mente per capirlo.

 

«Che cosa ti è successo nella foresta, Darcy?» domandò ancora Mandy.

 

Lei si irrigidì talmente tanto, da provocarsi una stilettata. Era una domanda inaspettata.

 

“Troppa confidenza.” sentenziò.

 

«Non sono affari tuoi.» rispose bruscamente. «Ora alzati, voglio dormire. E pensa alla mia proposta.»

«E' così umiliante da cacciarmi via?» fece ironica.

«Vattene via.»

 

E provò a buttarla giù, senza riuscirci. Dovette aspettare che Mandy, esasperata dal suo caratteraccio, si alzasse di sua volontà.

 

«Sei insopportabile.» disse alla fine.

 

Fu l'ultima parola che sentì da lei quel giorno. Per fortuna, aggiungerebbe Darcy. Quale umiliazione raccontare ad una sconosciuta – perché, l'aveva detto, non sarebbero diventate amichette del cuore – la sua disfatta. Mandy aveva ragione: una cosa che l'accomunava era il non saper perdere. Il digrignare i denti, inconsapevolmente, tutte le volte che si pensava alla disfatta, e il sentire dolore alla mascella, dopo pochi minuti. Lo facevano entrambe.

 

“Sarebbe una perfetta quarta Trix.”

 

Scosse la testa. Era una sciocchezza bella e buona.

 

***

 

Lui non aveva fatto domande.

 

“Buon per me.”

 

Era andato via senza sospettare nulla.

 

“Benissimo.”

 

E lei era di nuovo sola, contenta di essere rimasta la solita, vecchia Bloom, almeno con gli altri.

 

Il problema delle Trix, evase misteriosamente da Roccaluce, sembrava essere il più facile da risolvere, in confronto al groviglio di pensieri che si presentava nella sua testa. Quella notte, al ritorno delle Winx dalla loro uscita, c'era stata una chiamata della preside di Alfea. Mentre Faragonda illustrava le sue classiche preoccupazioni per le sorti di Alfea e delle ragazze, nuovamente in pericolo, la rossa aveva notato Musa rattrappirsi sempre più. Al termine della riunione, Bloom le aveva domandato cosa avesse.

 

«Niente, sono solo stufa di questa storia.»

 

Non poteva darle torto. Quelle streghe erano peggio dell'erba cattiva: non sarebbero uscite dalla loro vite fin quando qualcuno non avesse deciso di eliminarle.

 

«Bloom, posso entrare?»

 

Il viso di Aisha fece capolino dalla porta.

 

«Vieni pure, Aisha. Tanto non ho nulla da fare.»

«Allora, ho saputo che Sky ti ha fatto la sorpresa ieri.»

«Oh, ve l'ha già detto?»

«No, a dire la verità l'abbiamo suggerito noi ieri sera.»

«Ah, mi sembrava strano che le fosse venuta in mente da solo quell'idea.»

Aisha scoppiò a ridere. «I ragazzi non sanno essere romantici, c'è sempre lo zampino di qualche donna nell'aiuto.»

«Allora Brandon non è un ragazzo.»

 

Una cascata di capelli biondi fu illuminata dai pochi raggi di sole che filtravano dalla finestra.

 

«Bloom, che cosa fai con le tende abbassate? E' una bella giornata e, francamente, hai bisogno di un po' di abbronzatura.»

«Stella!» disse Bloom, simulando un finto rimprovero.

«Guarda in faccia la realtà, cara. Vieni con me alle terme di Solaria e lasciamo questo posto.»

«No, grazie. Voglio rimanere qui.»

«Ma ci andiamo tutte.» intervenne Aisha.

«Volete andarvi a divertire con le Trix a piede libero?» disse incredula, Bloom.

«Ecco...» disse Stella, spiazzata dalla risposta dell'amica. «Abbiamo pensato che fosse la cosa giusta. Flora mi ha detto che Musa si sente a pezzi per la storia delle Trix e allora ho avuto l'idea di prenotare un weekend alle terme.»

«Senza consultarci?»

«Abbiamo deciso per maggioranza. Tu non c'eri e francamente pensavamo fossi d'accordo.» esclamò Aisha.

«Pensavate male. Io non volto le spalle a tutti quelli che credono nelle Winx. Abbiamo un dovere verso tutti.» disse, alzandosi dal letto su cui era seduta.

 

Stella e Aisha si guardarono estraniate. Bloom ignorò le loro espressioni, convinta del loro errore.

 

«Se volete andare a divertirvi, fate pure. Io non vengo.»

 

Stavolta non aveva bisogno di scuse per isolarsi. Uscì dalla stanza in fretta e lasciò l'appartamento. Rifiutò di pensare ai discorsi post-litigata – litigio e Winx nella stessa frase non era cosa che si vedeva tutti i giorni – delle due amiche: non le importava. Lei aveva ragione. Loro avevano torto.

 

La verità era che aveva già troppi sensi di colpa per procurarsene di nuovi. Fuggire dai suoi doveri per divertirsi era l'ultima cosa che doveva fare. Impegnarsi per trovare le streghe, quello sì che poteva essere uno sfogo alle sue inutili frustrazioni. In fondo, anche le Trix avevano la loro parte di colpa per quello che le stava succedendo.

 

***

 

«La notizia della fuga delle Trix è stata resa nota alla comunità solo questa mattina. Alcune fonti affermano di aver avvistato le famose streghe nelle vicinanze di Fonterossa, la scuola per maghi. Altri testimoni dicono di averle viste vicino Torrenuola. Di fronte a voci così contrastanti, la gente si domanda quali siano le vere intenzioni delle streghe, questa volta. Pare che la loro fuga abbia eluso le telecamere di sorveglianza di Roccaluce e questo non fa altro che accrescere i timori della maggior parte della Dimensioni Magica.»

 

Quell'uomo, occhialuto e alquanto robusto, attraverso lo schermo di quello squallido bar di Magix, aveva appena annunciato una buona notizia, nonostante quel tono drammatico e i sospiri della gente che lo ascoltava.

 

«Che cosa vi posso servire, bellissime?»

 

La cicatrice di quel barista, così elegantemente posizionata al margine destro della fronte, da farla sembrare fasulla, attirò l'attenzione degli occhi azzurri delle due ragazze.

 

«Due bicchieri d'acqua.»

Il barista scoppiò a ridere. «Non siete di questa parti, giusto?»

«Siamo solo di passaggio.» disse l'altra con un sorriso.

«Capisco. Ecco a voi.»

 

Due bicchieri di vetro, entrambi scheggiati ai bordi, furono depositati sul bancone in legno scuro. Il barman, indaffarato, lasciò le due ospiti, dirigendosi verso l'altro estremo dell'asta. Il campanello della porta risuonò alle loro spalle: era appena entrato un altro ubriacone, intento a prendere il primo bicchiere di vino del mattino.

 

La confusione del locale avrebbe coperto i discorsi delle due ragazze dagli occhi azzurri.

 

«Sembra che la notizia della nostra fuga non sia stata presa bene.»

Icy ghignò soddisfatta. «Questo complicherà la nostra ricerca.»

«Almeno sappiamo che Darcy sta bene.»

«Sei stupida? Non nominare il suo nome.»

 

Finalmente, dopo un paio di giorni passati a trattare Stormy con i guanti, era riuscita ad esprimere un aspro rimprovero senza risultare insicura.

 

«Hai ragione. Bene, abbiamo appreso delle informazioni importanti. Adesso?»

«Iniziamo a cercare qui. Cambiare il proprio aspetto ha un difetto, cara sorella: gli occhi non cambiano colore, per cui abbiamo un indizio per riconoscerla, in caso abbia mutato sembianze.»

«E se non si trova a Magix?»

«Abbiamo già tre luoghi da escludere.»

«Le scuole sono invalicabili adesso. Non può essersi nascosta lì.»

«Stavo per dirtelo.»

«Quindi deve essere per forza qui.»

«Già. Io inizio a cercare ad est. Tu vai ad ovest. Ci ritroviamo qui davanti tra tre ore.»

«D'accordo.»

 

Entrambe si alzarono da quegli sgabelli imbottiti e lasciarono il locale. Dopo, si divisero ancora, andando in direzioni opposte. Era la soluzioni giusta per entrambe, anche se la strega del vento non pensava che l'avrebbero trovata tanto facilmente. Darcy era la più abile nel camuffarsi, anche perché lei poteva contare sul suo potere. Se era vero che stava prendendo in giro le sue uniche sorelle, come aveva spesso reputato Icy, la speranza di ritrovarla rasentava lo zero.

 

La risoluzione del mistero poteva quindi essere lontana, come anche vicina. Dipendeva solo dalla strega delle illusioni. Se si era divertita abbastanza, poteva anche apparire dinanzi a loro con fare teatrale e magari abbracciarle, come non aveva mai fatto.

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE

 

Uccidetemi. Anzi, bastonatemi così soffro di più. Non pensavo di metterci così tanto a scrivere questo capitolo. Insomma, ci sono stati tanti di quegli impedimenti che mi vergogno anche ad elencarveli: ora un compito in classe, ora un'interrogazione, ora un “Non ne ho voglia.”... e cosa ne è venuto fuori? Questa, ehm, roba.

 

Darcy adesso sa che in Mandy c'è qualcosa che le altre non hanno. Un corredo oscuro, oppresso dal buon senso. Riuscirà a scoprirlo completamente? Anzi, credo che la domanda più appropriata sia: vorrà scoprirlo completamente?

 

Bloom è pervasa da un senso del dovere, che non viene proprio da un bisogno di fare del bene, quanto da un bisogno di distrarsi. Insomma, le sue scelte non sono dipese da un senso del dovere. Sarà l'inizio della fine?

 

Poi c'è Musa. Insomma, non perdetela di vista. Anche in lei c'è qualcosa di strano.

 

E infine le Trix, con Icy erroneamente convinte di andare verso la direzione giusto e Stormy confusa dalle intenzioni di Darcy. Anche lei, poverina.

Ond'evitare di avere rimproveri sulla presunta "proposta" di Darcy, ve lo spiego qui: il fatto che la strega non abbia in realtà proposto nulla a Mandy è voluto. Il perché, lo scoprirete nel prossimo capitolo.

 

Un grazie a tutti coloro che recensiranno facendo salire la mia autostima. Siete tutti carinissimi. Spero che continuerete a seguirmi.

 

Baci,

Poison_pen

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Capitolo 5
*** Fallaci sospetti ***


 

 

- Capitolo Quattro: Fallaci sospetti -

 

 

 

«Il simile è amico al simile.»

 

 

 

 

 

 

 

Il suo corpo era diventato una crisalide composta unicamente di dati. Elementi puramente oggettivi, catalogati e archiviati con cura nel suo database. Ciò che non era equanime in quel groviglio di informazioni era proprio la sua mente, l'unica in grado di scegliere quali nozioni scartare e quali tenere.

 

“No.”

 

Le sue mani attanagliarono quasi con avidità quei fascicoli digitali che lentamente scorrevano davanti ai suoi occhi, come in una danza tribale.

 

“No, no, no.”

 

Ma con altrettanta facilità, gli opuscoli erano richiusi con un unico, deciso scatto della mano destra.

 

“Niente. Niente di utile, accidenti.”

 

L'agitazione era una condizione umana pericolosa e spietata. Era grazie a quella che l'umano cadeva spesso in errore. Tecna lo sapeva bene, probabilmente più di tutte le altre Winx. Sapeva di non peccare di protervia nell'affermare che lei era il membro del gruppo più pacato, ma, nonostante questa sua consapevolezza, non era sempre in grado di mantenere il sangue freddo. Non che fosse stato necessario proprio in quel momento. In fin dei conti, non si trattava di una questione di vita o di morte, ma solo di un capriccio. L'ennesima occasione di dimostrare la superiorità della logica e del calcolo.

 

«Hai trovato qualcosa?»

 

Musa era seduta accanto alla fata da ormai venti minuti. Tecna lasciò che il dorso scorresse sulla chaise longue, come una goccia di pioggia sul vetro; Il freddo della pelle del cuscino, a contatto con le braccia scoperte, la fecero lievemente rabbrividire. Chiuse gli occhi e massaggiò le tempie con il pollice e l'indice.

 

«Non concluderemo niente così.»

«Forse facendo una ricerca incrociata...» mugugnò Tecna.

 

Sentì la fata della musica sbuffare esasperata.

 

«Anche se riuscissi a trovare qualche indizio, non servirebbe a niente. Insomma, chi ti dice che sono rimaste nello stesso identico posto per due giorni? Si saranno sicuramente spostate.»

«Beh, sempre meglio che starsene con le mani in mano ad attendere un loro attacco.»

«Come vuoi, cervellona.» scherzò Musa. «Io comunque non voglio fossilizzarmi qui. Vado a pranzo. Vuoi che ti porti qualcosa?»

«Succo.»

 

La richiesta aizzò una smorfia disgustata sul viso della fata della musica, seguito da una risata. Tecna assecondò l'amica arricciando il naso ed aggrottando le sopracciglia.

 

«Se hai bisogno di proteine, non esitare a chiedere.»

 

Lo scricchiolio della porta accompagnò l'uscita di Musa. La fata della tecnologia la salutò con un cenno della mano, mentre era di spalle, come se potesse vederla. Non sembrava essere così distrutta, come l'aveva definita Stella quella mattina. Rideva e scherzava esattamente come le infinite altre volte che ci aveva parlato. Non servivano, tuttavia, tre anni di convivenza per rendersi conto che Musa era piuttosto abile a dissimulare il proprio dolore. Come scordare le mattinate passate dall'amica a litigare con Riven e i pomeriggi a prendersi a cuscinate in faccia come se nulla fosse successo? Vari sondaggi con il database lo confermavano: più si accumulavano rancore e parole non dette, più si era circondati da un'aura malevola. Era un rischio che correvano tutte, era chiaro, ma Musa era la Winx più vicina a tale pericolo. Non c'era da meravigliarsi.

 

Musa non era Bloom, tanto per fare un esempio.

 

Non per sminuirla, ma Bloom non sapeva recitare la parte della ragazza chiusa in sé, che preferiva la solitudine al confidarsi con una buona amica. Era l'antitesi della ragazza dai capelli blu, probabilmente. Quasi certamente. Era una questione di logica, il procedimento formale più vicino all'oggettività per l'uomo. Non c'era nulla di più condivisibile di un ragionamento calcolato, di questo Tecna ne era convinta.

 

“Perché sarà grazie alla logica che troverò le Trix.” concluse.

 

Fece aderire completamente la schiena alla chaise longue. Serrò le palpebre e si concentrò sul vento prepotente che le scompigliò i capelli.

 

Dalle dichiarazioni rilasciate dai guardiani di Roccaluce, la streghe potevano aver abbandonato l'area detenuti la mattina presto. Al primo giro di controllo mattutino delle guardie, era stata notata una distorsione, tipica dell'ologramma, nella figura di Stormy, mentre quest'ultima salutava calorosamente chi il giorno prima aveva preso a parolacce. Il passo tra sospetto e certezza fu brevissimo. Roccaluce aveva chiamato la Griffin, che, in comune accordo con Faragonda e Saladin, aveva dato l'allarme a Torrenuvola solo il giorno dopo. Le Winx, invece, avevano avuto l'onore di saperlo sul momento.

 

La probabilità che le Trix si trovassero in una delle tre scuole era del nove per cento: i sistemi di sicurezza erano diventati impenetrabili dall'ultimo loro attacco. A Magix sotto mentite spoglie? C'era una possibilità del venti per cento. La ricerca doveva iniziare nel bosco, dove la probabilità era più alta. Era una soluzione superflua, ma per cominciare poteva andare bene, essendo, senza dubbio, un punto a favore alla logica in percentuale.

 

Avrebbe preferito trovare qualcosa di più incisivo, ma non c'era tempo per incaparbirsi sui dettagli. Dopo quello che aveva raccontato Stella, sulla presunta sfuriata di Bloom, Tecna sentiva il bisogno di aumentare la tempestività dei suoi interventi, almeno per farsi perdonare dall'amica. Bloom era l'unica, in fondo, che aveva preso sul serio quella nuova minaccia. Era solo da ammirare, a suo parere.

 

***

 

Ci aveva pensato e ripensato, quella notte, mandando letteralmente a quel paese il sonno, come faceva sempre, ultimamente. Una volta per tutte e, definitivamente, doveva prendere una decisione. La retorica di Darcy, purtroppo, aveva funzionato bene, nonostante Mandy non volesse ammetterlo pubblicamente.

 

(Non mi stai aiutando per indulgenza, ne sono certa: hai dei progetti per me, Mandy.)

 

Gli anni passati a impratichirsi con illusioni e falsità le erano serviti a qualcosa: penetrare la mente altrui era diventato uno scherzo per lei. Un minuto prima, Mandy si sentiva al sicuro, tessuta in quella rete di ambiguità, convinta di tenere sotto controllo la situazione. Un minuto dopo, Darcy era stata capace di sfilacciare quella tela, così fitta ai suoi occhi, con una spalla malandata e una fastidiosa spossatezza.

 

(Voglio essere uno strumento attivo del tuo piano.)

 

Non aveva nessun piano. Non ancora, almeno. Era solo un insistente ronzio che doveva tenere a bada. Quella che era apparsa ai suoi occhi la cosa giusta, doveva rimanere tale. Non doveva trasformarsi nel pretesto per commettere qualcosa di cui, presto o tardi, si sarebbe pentita.

 

(E pensa alla mia proposta.)

 

No. Assolutamente no. Pensarci equivaleva ad arrendersi. Quale proposta, poi?

 

(Non sono affari tuoi.)

 

Se le avesse detto cosa le era successo in quella maledetta foresta, forse... no, neanche in quel caso si sarebbe unita a lei. Sempre che la sua proposta fosse stata quella.

 

(E tu, Darcy? Non siamo così diverse. Non voler perdere ci accomuna.)

 

Su una cosa, però, aveva colto nel segno, nonostante Darcy avesse cercato di dissimularne il risultato. A lei non piaceva perdere. Quella era l'unica ambizione a cui la burbera strega era rimasta disperatamente anchilosata. Non che ci fosse qualcosa di sbagliato: nella vita non bisogna mai accontentarsi. Mandy, in fondo, aveva dei progetti concreti, anche prima del loro incontro.

 

(Da sola, prima di incontrarti, la mia massima aspirazione era diventare un'insegnante. Adesso... non lo so, all'improvviso non mi basta.)

 

E, purtroppo, ricordava bene, la notte prima, come quel sogno era andato in fumo. Al suo posto c'era quell'immediato vuoto, causato dalle sue stesse parole. Si era sentita, e si sentiva tutt'ora, un'indecenza ambulante. Non azzardava neanche a provare a calarsi nella parte delle Trix, brutalmente sconfitte e confinate prima a Roccaluce, poi nella Dimensione Omega e, di nuovo, a Roccaluce. Perché dovevano aver provato lo stesso suo senso di smarrimento. E per ben tre volte di fila. Non era piacevole. Per niente.

 

A Darcy, invece, era stato dato il ben servito la quarta volta. Umiliata e abbandonata da chissà quale mostro. Se fosse capitato a lei, probabilmente non si sarebbe fidata più di nessuno.

 

“Smettila. Basta. Non tentare di capirla. Lei è il nemico, ricordi?”

 

Un nemico che non aveva ancora tentato di scappare, quando Mandy l'avrebbe fatto senza batter ciglio. Un nemico legato da un immaginario patto indissolubile che lo vedeva costretto a fidarsi di uno sconosciuto. Mandy si sarebbe mai fidata di Darcy? Neanche lontanamente.

 

Sì, aveva preso una decisione definitiva. Lo confermava.

 

«Signorina Mandy, al contrario suo, stiamo cercando di capire perché non conviene mai eseguire un incantesimo che ci trasformi in aeriformi. Si vuole unire a noi?»

 

Ediltrude storse il naso con disprezzo, come se Mandy fosse Mirta, protagonista indiscussa dei suoi rimproveri. Il suo viso arcigno sembrava cercare la rissa.

 

Mandy scosse la testa, intorpidita. «Professoressa, a dire la verità non mi sento affatto bene.»

 

L'insegnante scostò i suoi occhiali, per scorgere meglio la figura snella e bionda. Ad Ediltrude non piaceva commettere parzialità, nemmeno quando la studente che, in quel momento, stava disturbando l'apprendimento era la sua migliore allieva. Ciò significava un'unica cosa: l'avrebbe cacciata.

 

«La mia lezione non viene interrotta per un malore insulso, signorina. Adesso si alzi e fili in camera, immediatamente. E la prossima volta mi porti una relazione sulla lezione di oggi. Quello che si ricorda.»

 

Senza protestare, Mandy si alzò, raccolse il suo libro di “Teoria dell'Occulto” e lasciò la stanza. Non osò guardarsi intorno, per non dare soddisfazione alle sue compagne di vederla in viso. O forse per non far vedere il suo ghigno. Tutta quella faccenda, che qualche giorno prima le sarebbe sembrata tragica, in quel momento aveva un non so che di demenziale.

 

Non ricordava un accidente, se era quello che la cara professoressa voleva farle ammettere. Non aveva prestato la minima attenzione allo sbracciare comico della figura diafana della professoressa. Quel giorno sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per ben altro. Era la prima volta che veniva rimproverata in modo così vistoso. Come era la prima volta che non le importava che fosse accaduto. Voleva solo tornare in camera, fare i compiti in anticipo e dormire. Aveva bisogno di riposare, dopo le notti insonni ed era sicura che, stavolta, ci sarebbe riuscita. Si riusciva a prendere sonno più facilmente, con la mente sgombra, libera da ogni bega.

 

***

 

Lucy la osservò lasciare l'aula a testa bassa. La figura svettava nella sala, accompagnata da una successione di passi affrettati e dai bisbigli delle compagne. Si alternarono commenti di biasimo e di invidia, ma nessuno sembrava aver notato il menefreghismo che traspariva dai suoi occhi. Lucy, invece, non poté fare a meno di accorgersene. Certo, l'Occultomazia di Ediltrude non era entusiasmante, ma mai aveva immaginato che una delle studentesse più valide della scuola si assentasse deliberatamente, senza esitazioni.

 

Stava davvero male, a quel punto?

 

La perfettina che mentiva spudoratamente all'insegnante, senza un minimo di ritegno, era un'immagine piuttosto capziosa. Non era credibile una cosa del genere.

 

Le venne in mente l'ultima volta che aveva parlato con lei. Era passata ad avvertirla della riunione nella Sala, ma aveva bussato per un bel po' di tempo, prima di sentire qualche movimento all'interno della stanza. Se ne stava quasi per andare, quando Mandy era sgattaiolata fuori in fretta. E aveva chiuso la porta così velocemente, che quasi non le era importato di stare per essere stritolata dalle imposte.

 

Come se stesse nascondendo qualcosa.

 

Le aveva parlato di una ricerca, senza che le fosse stato chiesto nulla. Come se volesse smentire che nella sua stanza stava accadendo qualcosa di diverso dalle materie scolastiche. Come se stesse cercando di rassicurarla, di zittirla.

 

***

 

«Icy e Stormy non sanno dove ti trovi, hai detto?»

«E con questo?»

 

Darcy aveva seriamente intenzione di tirare fuori la lingua avvelenata. Non era solo irrotta nella camera, senza ritegno. Voleva pure toccare il tasto dolente, la secchiona. Con il passare del tempo, l'immagine ingannevole di Mandy si stava sgretolando, come creta. Non era più la ragazza timida, che bofonchiava, prima di risponderle, che le faceva domande, senza pretendere risposte, che le portava qualcosa da leggere, per evitare che si annoiasse. In pochi giorni, quell'idea che Darcy si era fatta di lei, era scomparsa.

Incredibilmente, Torrenuvola era dotata di una ragazza sorprendente e voltafaccia, che non rispondeva al nome di Icy, Darcy o Stormy.

 

«Sono stanca di aspettarle. Devi andare via.»

«Io non aspetto altro, fattucchiera di serie B.»

«Stanotte.»

«Cosa?»

 

Era partita in quarta, senza riflettere. Di nuovo, le intenzioni di Mandy non erano quelle che Darcy aveva immaginato. Non voleva consegnarla alla Griffin. No. Voleva... aiutarla? Sì, la stava già aiutando, ospitandola nella sua camera. Ma la Trix non riteneva la biondina abbastanza spericolata da assumersi una responsabilità di un calibro tale da farla fuggire. Cosa aveva intenzione di fare?

 

«Domani, come ogni mese, ispezioneranno le camere per controllare eventuali irregolarità. Pensi che non si accorgerebbero della tua presenza?»

«Sembra che, alla fine, un piano ce l'hai.»

Sorrise di sbieco, toccandosi il suo piercing all'elice. «Qualcosa del genere.»

 

Una risposta di Mandy che non conteneva un “non lo so”, aveva imparato, era da premiare. Finalmente non notò esitazione nei suoi occhi. Era convinta. Consapevole di quello che stava facendo e dicendo.

 

«Sono tutta orecchi.»

«Condurremo le tue sorelle qui. Comunicherai telepaticamente con loro e farai in modo che si precipitino da te.»

«Frena. L'hai già sparata grossa. Come pretendi che io comunichi telepaticamente nelle mie... condizioni?»

«Bhe, se fosse solo questo il problema, saremmo a cavallo... c'è dell'altro.»

«Ti pareva. Cosa?»

«Ogni sera, alle nove, la Griffin compie un incantesimo contro ogni tipo di sortilegio che comporta l'utilizzo di onde elettromagnetiche. Dopo quell'ora, non si è in grado di comunicare con l'esterno.»

«Se le cose stanno così, perché mi hai proposto...?»

«Ad ogni incantesimo, corrisponde un controincantesimo, come ricorderai.»

 

Finse di non accorgersi del tono perentorio con cui evocò quella regoletta innocente che la Griffin appioppava alle ragazzine del primo anno, nelle sue prime lezioni di accoglienza.

 

«Ah-ah. Secchiona fino al midollo. Ho capito. E dove lo troviamo il controincantesimo per rompere la barriera?»

«Rompere la barriera? Stai pensando troppo da Trix, Darcy. La Griffin ci scoprirebbe prima ancora che le tue sorelle ti raggiungessero. Ci basterà fare una piccola crepa all'interno. Dopo di che non dovrebbe essere troppo difficoltoso trovare la traccia mentale di Icy o Stormy.»

Darcy si sistemò il lungo ciuffo biondo, prima di obiettare. «Bel piano. Possibilità di fare un buco nell'acqua?»

«Numerose.»

«Interessante.»

«Sarà questione di poco, prima che la Griffin si precipiti a vedere cosa succede. Avrai solo qualche istante per lanciare il segnale.»

«Sempre a mettere pressione, tu?»

«Come io avrò pochi istanti per sparire.»

«Oh, sì. La tua reputazione.»

La secchiona abbassò gli occhi. Stava esitando. «Avremo un solo tentativo. E tu dovrai stare più in forma possibile.»

 

La bionda si voltò rapidamente verso la sua libreria. Tese il braccio destro e porse il palmo della mano verso di essa. Darcy presentì la nuova aurea magica che irradiava Mandy quasi immediatamente: quella libreria era protetta da un incantesimo. Ne venne fuori una boccetta fluorescente, che si depositò sulla mano aperta della ragazza.

 

«Che diavolo è?»

 

Vide negli occhi della secchiona esitazione. Ancora.

 

«Un intruglio rigenerante.»

 

Darcy non si scompose in un ghigno soddisfatto, come fece la sua compagna di stanza obbligata. La sensazione di essere stata ingannata salì al cervello più rapidamente del compiacimento; e si tradusse in uno sguardo carico d'astio.

 

«So cosa stai pensando.» intervenì Mandy. «Sì, hai ragione. Non prendiamoci in giro. Sono giorni che ce l'ho a portata di mano.»

«T-Tu... brutta piccola...»

 

“Lo sapevo... lo sapevo...” agognava la sua mente.

 

La piccola traditrice pareva incantata dal colore della boccetta. Parlava e fissava la pozione, con aria assente.

 

«Non fare l'offesa, Darcy. Tu cosa avresti fatto al mio posto?»

 

Fece per avvicinarsi, ma la strega indietreggiò prontamente.

 

«Non fare un altro passo. Non ho bisogno della tua carità.»

«Darcy, ascolta...»

«Nessuno può prendersi gioco di me in questo modo.»

 

Stavolta fece in tempo a vedere l'istante in cui la figura della secchiona esplose in un incantesimo immobilizzante e attaccò con tutta la forza che aveva in corpo. Tutte le energie recuperate in quei giorni di clausura si spensero in un batter d'occhio e Darcy non poté non appoggiarsi al muro stremata.

 

Per un momento fece fatica a mettere a fuoco le figure, ma, quando si riprese, vide Mandy ancora in piedi. Il sangue bagnava il pavimento. E non era quello della Trix.

 

«Sei una sciocca. Con quale coraggio mi attacchi? Dopo tutto quello che ho fatto per te.»

 

Si toccava la mano con delicatezza. Le aveva procurato un bel taglio profondo.

 

«Oh, che disdetta.» replicò la strega con falsa ironia. «Che ingrata che sono. E adesso cosa farai?»

 

***

 

«Guarda che brutto taglio che ti ho fatto.»

 

Mandy non capì subito dove voleva andare a parare, finché non sentì quella frase.

 

“Che mente contorta e disagiata.” commentò amara, nella sua testa.

 

«Pensi che non mi è mai importato di aiutarti, eh?»

«Esattamente, ragazzina.»

«Darcy.» sbuffò. «Questo incantesimo non basta per entrambe.»

«Fai quello che devi fare, aspirante strega cattiva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE

 

Vorrei fare un ringraziamento speciale a Dr Eggman, che con tenacia mi ha spronata a continuare, fino ad arrivare ad oggi.

Ci riprovo nuovamente, tra università, amici, ragazzo e tutti i problemi che si possono avere a vent'anni. Mi odierete in molti, sono anni che questa storia ammuffisce qui e mi dispiace molto. Cancellarla, tuttavia, sarebbe un attentato, ho già in mente come continuarla, dovete solo avere un po' di pazienza. Scusatemi tantissimo, cercherò di essere più costante con le pubblicazioni.

Sinceramente affettuosa (?),

poison_pen

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