young blood

di snowvic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Piper Chapman ha nove anni quando vede Alex Vause per la prima volta.

È nuova a scuola, e la signora Patterson le fa fare quella cosa orribile dove deve stare in piedi davanti a tutta la classe e presentarsi. Jessica Wedge e le sue tre migliori amiche stanno ridacchiando sotto voce, in un modo che può essere solo una presa in giro nei suoi confronti, e non si stanno neanche impegnando troppo a nasconderlo. Piper è grata di non dover essere mai stata la nuova arrivata. Essere quella che "c'è sempre stata" è già abbastanza difficile.

Alex Vause sembra sollevata quando può prendere posto nell'unico banco vuoto in classe, che purtroppo si trova proprio davanti a Jessica e le sue amiche. Non appena si toglie l'imbottita giacca blu, Piper subito capisce di cosa stanno ridendo. I vestiti della nuova arrivata sembrano vecchi e, anche se non proprio sporchi, un po' sudici e consumati dalle tarme. Sono anche abbinati in modo bizzarro, non solo nello stile ma anche nella taglia: i jeans sono troppo grandi, mentre il maglioncino troppo piccolo - le maniche superano i gomiti di soltanto pochi centimetri. Odora anche vagamente del negozio di vestiti usati della chiesa, alla quale Piper e sua madre vanno a portare gli abiti che non le entrano più.
Ovviamente anche Jessica se n'è accorta, perché, con le piante dei piedi, spinge il banco di Alex parecchi centimetri in avanti. Alex si gira, sorpresa dal movimento, e vede Jessica tapparsi le narici con una mano e sventolare l'altra per allontanare l'odore. "Puuuuu", sibila lei, abbastanza forte da farlo sentire a due file di banchi.

È del tutto esagerato. I negozi di vestiti usati non puzzano. Hanno solo odore di vecchio e polvere.

Piper si volta verso la sua amica Sarah, nel banco accanto a lei, ma Sarah sta osservando tutta la vicenda con interesse. Piper sospira e torna a guardare avanti. Sarah si esalta fin troppo quando Jessica trova qualcuno da prendere di mira, contenta di essere scesa nella classifica degli obbiettivi di Jessica.

In realtà Piper era amica di Jessica, Holly, Madison e Amy... le loro madri si conoscono tutte e organizzano sempre eventi a scuola. Ma in terza elementare, quando avevano iniziato a ricevere compiti di matematica veri, Jessica chiedeva continuamente a Piper se poteva copiarli. Piper le diceva sempre di no, quindi ora Jessica le parla a malapena, se non per chiamarla Secchiona o Perfettina.

Piper a nove anni segue le regole. Prende 100 a tutti i test di spelling e lettura accelerata, e si ricorda sempre di fare i compiti. Piper a nove anni è tranquilla e senza pretese, contenta con uno o due buoni amici... anche quando i suoi amici sembrano avere aspirazioni più alte. A Piper a nove anni non piace stravolgere le cose. Quindi, quando vede la nuova arrivata seduta da sola all'angolo di un tavolo a pranzo, non la invita a unirsi a loro anche se vorrebbe. Jessica Wedge farà la bulla in ogni caso; Piper preferirebbe non attirare l’attenzione di Jessica, preferisce non sedersi accanto al suo bersaglio.

Dopo scuola, Piper e Sarah stanno aspettando l'autobus, e Alex Vause cammina verso la stessa fermata, quando all'improvviso Jessica urla "Ehi, Porcile!"

È comprensibile che Alex non si giri a questo nome ma quasi tutti gli altri lo fanno, quindi c'è una folla a guardare quando Jessica supera Alex e le sventola un grosso sacco nero, pieno di spazzatura, sotto il naso. "Potresti portarlo a casa con te?" Alex la guarda perplessa, quindi Jessica aggiunge, "Vivi in un cassonetto, giusto?"

Le risate iniziano con Jessica ma si diffondono velocemente e spiacevolmente tra la gente. Piper sente Sarah unirsi a loro accanto a lei. Quindi guarda Alex Vause lasciar cadere il sacco come se l'avesse ustionata, si affloscia, si apre e rilascia il suo contenuto sul cemento; gli occhi di Alex si spalancano per il panico prima che Jessica alzi la voce, contenendo a malapena la gioia verso questo inaspettato colpo di scena nel suo piano. "Signor Reilly, questa ragazza ha lanciato un mucchio di spazzatura!"

Il professore di educazione fisica di turno sul bus le raggiunge di corsa, il petto di Piper si stringe per la compassione mentre lui lancia un'occhiata severa ad Alex e al caos ai suoi piedi. Potrebbe avvicinarsi, dire al signor Reilly ciò che è successo ma, prima che possa decidere, la porta del bus si apre e un altro insegnante le spinge all'interno.

Tutti hanno preso posto, le porte si sono chiuse e l'autobus si è sistemato dietro gli altri fermandosi pigramente in attesa del suo turno di lasciare il parcheggio, quando si sente bussare alla porta chiusa. Si apre cigolando, il signor Reilly dice qualcosa all'autista e qualche secondo dopo Alex sale sull'autobus trascinandosi lungo il corridoio, mentre i suoi occhi viaggiano veloci alla ricerca di un posto libero.

"Bel lavoro, Porcile", sussurra Sarah quando passa; Piper vorrebbe dirle che nessuno degli amici di Jessica può sentirla in quel momento, ma non dice nulla.

Qualche momento dopo il passaggio di Alex, Piper si volta nel suo sedile. Alex siede da sola, oltre il corridoio e due file di sedili dietro e tiene lo zaino stretto contro il petto. I suoi occhi sembrano enormi e luminosi dietro agli occhiali, sbatte spesso le palpebre e l'arcata dentale superiore è conficcata fermamente nel tremante labbro inferiore. Sembra insopportabilmente triste e sola ma, anche se c'è un sedile libero proprio accanto a lei, Piper non va a parlarle.

Piper a nove anni è un po' una codarda.
Per i mesi successivi della quarta elementare, la situazione rimase la stessa.

Alex Vause continua a essere il bersaglio preferito di Jessica, ed è difficile negare che, con lei nei paraggi, Piper riceve molti meno "Secchiona" e "Perfettina". È disgustoso guardare Sarah o persino Alison provare a unirsi a lei - è Sarah che riferisce a Jessica, con molto piacere, che la madre di Alex è stata la sua cameriera al Friendly una sera - ma Piper ne sa abbastanza da accontentarsi di quello che c'è.

Ma Piper osserva sempre.

Alex non si chiude a riccio e non scappa via. Lei risponde. Anche se i suoi sforzi sono sempre del tutto inutili e peggiorano spesso la situazione (mia madre ha tipo quattro lavori), lei litiga. Dopo il primo giorno, sembra non essere mai sull'orlo del pianto.

Alex a nove anni è piena di risposte pungenti e di una versione infantile di sdegno e indignazione. Sviluppa un aspetto esteriore sempre annoiato, l'abitudine di roteare gli occhi come se Jessica la stesse solo infastidendo e come se fosse solo uno spreco del suo tempo. È decisamente tutta scena, perché Alex a nove anni ha un grosso istinto di sopravvivenza, ma Piper non può fare altro che ammirarla. Alex a nove anni è coraggiosa.
E Alex è quella che si fa avanti e le parla, alla fine.

Piper è troppo sconvolta per andare fino in fondo con il piano "intrufolarsi nel film vietato ai minori" di Sarah, che sospira e dice che Piper stava solo cercando una scusa... come se la cosa più importante dell'aver visto suo padre con una donna che non è sicuramente sua madre, fosse che ora non aveva bisogno di infrangere una regola. Sarah va comunque a vedere il film.

Piper siede sulla panchina all'esterno, le ginocchia raccolte al petto, sentendosi sconvolta, spaventata e troppo giovane per sapere come gestire la cosa.

"Ehi, tu. Piper."

Il suo sguardo sale e vede Alex Vause camminare verso di lei, indossando gli stessi vestiti che aveva indossato a scuola il giorno prima. Sta mangiando un cono gelato di Ben and Jerry, anche se è quasi inverno. "Siamo in classe insieme."

"Uhm. Sì. Ciao."

"Cosa fai qui?"

"Stavo per, uhm, andare al cinema." Per qualche ragione l'istinto di impressionare Alex le invade la mente. "Abbiamo i biglietti per un film vietato ai minori. Per entrare di nascosto."

Alex non chiede chi è noi. Alex le ride in faccia. "Stronzate." Piper sussulta lievemente alla facilità con la quale la parolaccia lascia le labbra di Alex. "TU stai per entrare di nascosto a un film vietato ai minori?"

Piper non sa come rispondere a questo; è troppo sorpresa che Alex sappia qualcosa su di lei.

"Quando inizia il film?" Chiede Alex alla fine. Il gelato alla fragola si sta sciogliendo sui suoi guanti.

"È già iniziato."

Alex fa un ghigno. "Vedi? Non sei riuscita ad andare fino in fondo."

"No, è che..."

E, per qualche ragione, Piper dice tutto ad Alex. Di suo padre, e della donna che non è sua madre.

Alex ha uno sguardo serio mentre Piper parla, e non la interrompe neanche una volta. Quando Piper finisce di parlare, Alex sospira profondamente e dice in tono grave "Che stronzo."

Questa volta Piper non sa se sussultare per la parolaccia o per il fatto che è diretta a suo padre.

"Lo dirai a tua madre?"

Ovviamente è la stessa domanda che sta pulsando nella sua mente in quel momento. "Non lo so" dice guardando Alex speranzosa di ricevere un consiglio.

"Se fossi in lei, probabilmente vorrei saperlo," dice Alex meditando. "E so che mia madre vorrebbe saperlo. Uno dei suoi ragazzi l'ha tradita una volta, e lei gli ha detto che se mai fosse tornato gli avrebbe tagliato le palle." Piper aggrotta la fronte, sconvolta. Poi Alex aggiunge "In più, vuoi davvero andare in giro nascondendo una cosa così grande a tua madre per sempre?"

"No." A questo Piper risponde facilmente. "Hai ragione. Devo dirglielo."

Stanno in silenzio per un po'. Alex si arrende e getta il suo quasi completamente sciolto gelato in un cespuglio nelle vicinanze e si toglie i guanti. Alla fine chiede "Prendi il mio stesso autobus, giusto?"

"Sì. Cioè, mi sembra." Stupida. Come se non conoscesse tutti quelli che prendono il bus.

Alex non incrocia il suo sguardo mentre le dice con tono attentamente casuale, "Potresti sedere con me lunedì mattina. Raccontarmi come va."

"Ok. Forse."

Annuendo, Alex non insiste. "Figo." Dopo poco, dice "Devo andare. Mia madre sta per finire di lavorare. Mi dispiace per tuo padre."

"Sì, grazie."

Poi Piper osserva mentre Alex trotta di nuovo verso il Ben and Jerry.
Lunedì mattina Piper è ansiosa alla fermata dell'autobus.

Sarah le avrà tenuto il posto, come al solito. E Alex Vause starà sedendo da sola. Come al solito.

Piper è molto più a suo agio con il “come al solito”.

Però vuole raccontare a qualcuno della reazione strana di sua madre, dell'ingiustizia di Piper che viene punita e del fatto che sente ancora di star tenendo un segreto.

Non ha ancora deciso cosa farà una volta salita sul bus, il che aumenta le possibilità che andrà sul sicuro e si infilerà nel suo come al solito: sedersi vicino a Sarah e far finta di non aver mai parlato ad Alex Vause dell'infedeltà di suo padre. Ma poi vede Alex guardarla attentamente. Le fa un piccolo sorriso a labbra chiuse quando Piper la guarda. I suoi occhi sono un punto di domanda, che nascondono a malapena una speranza.

Allora Piper pensa a sua madre, che ignora informazioni preoccupanti, e la compara con se stessa, che ignora le situazioni spiacevoli. Non vuole farlo più.

Quindi attraversa velocemente il corridoio, scivola sul sedile accanto Alex Vause e dice, come se fossero nel mezzo di una conversazione, "Non gliene è neanche fregato."

E basta quello. Sono amiche.
Hanno dieci anni quando Piper va a casa di Alex.

Dopo mesi di inviti a casa di Piper dopo scuola, o per pigiama party, sua madre inizia a suggerire che è da maleducati non ricambiare.
“Perché non ti invita mai a casa sua, Piper?”

Quindi, per placare sua madre, quella settimana a scuola, quando Alex suggerisce, "Ti va un pigiama party venerdì?," Piper chiede con nonchalance se possono farlo a casa di Alex questa volta. Alex non parla per un lungo momento, aggiustandosi gli occhiali senza motivo, e alla fine borbotta che chiederà a sua madre. La mattina successiva, sull'autobus, riferisce che sua madre le ha dato il permesso ma non sembra molto felice della cosa.
Quel venerdì, Alex è insolitamente silenziosa sull'autobus durante il ritorno a casa, lo sguardo basso e le labbra contratte in una profonda smorfia, come se fosse nel mezzo di un incarico che le costa tanta fatica e non la soddisfa neanche un po’. Piper è troppo distratta perché capisca quale sia il problema, anche quando scendono dal bus lungo una strada circondata da squallidi edifici e Alex inizia guardarla preoccupata ogni pochi secondi. C'è un'espressione stranamente intensa sul viso di Alex, che rende Piper insicura di cosa dire, come se qualsiasi parola pronunciata sarà presa molto seriamente. La segue silenziosamente fino a raggiungere una palazzina a due piani, stile motel, con una fila di porte che affacciano direttamente all'esterno.

Alex fa strada sulla scala di metallo bianca, fino a una porta con la vernice scrostata e il numero sei argentato appeso dal suo centro, poi estrae una chiave dallo zaino.

La chiave provoca il primo segno di stupore in Piper. "Dov'è tua madre?"

"Lavoro." Persino quella singola sillaba è tagliente e difensiva ma Piper è troppo occupata a preoccuparsi che i suoi genitori possano scoprire che è senza la supervisione di un adulto, per registrare qualsiasi altra implicazione. Alex non la guarda mentre infila la chiave nella serratura e apre la porta.
L'appartamento è piccolo, più piccolo di quello che Piper poteva immaginare. La stanza principale comprende una poltrona reclinabile e un divano, pieno di cuscini e lenzuola, come se qualcuno lo stesse usando per dormire, una TV datata e una mensola enorme piena di dischi. Il tappeto si trasforma improvvisamente in un piccolo spiazzo di mattonelle, grande abbastanza solo per un fornello, un frigo e un lavandino. Piper riesce a vedere un bagno attaccato alla stanza principale, accanto ad una porta chiusa che potrebbe essere una camera da letto, ma questa è l'ampiezza del posto.
"Quindi... già." Le braccia di Alex sono incrociate sul petto e sta osservando Piper attentamente, i suoi occhi improvvisamente svuotati di tutta l'aggressività. Ora sembra solo nervosa, come se non riesca a evitare di vedere l'appartamento - e tutta la sua vita, in realtà - attraverso gli occhi di Piper. Piper non è sicura di dover dire qualcosa. Per un secondo riesce a sentire nella sua testa la voce di sua madre, quella voce falsa che usa quando è in compagnia, quella che usa per fare i complimenti alla nuova acconciatura di qualche sua amica dopo averla criticata poco prima che attraversasse la soglia.

Invece Piper getta il suo zaino da una parte e fissa Alex come in attesa. "Allora. Cosa vuoi fare?"

Alex la guarda sospettosa ma lentamente la sua espressione si rilassa. "Vuoi ascoltare qualcosa?"

Piper annuisce quindi vanno nella camera da letto che si rivela essere quella di Alex. È piccola, con due letti singoli uniti a farne uno, ovviamente non è rifatto, e pile di libri che occupano praticamente tutto il pavimento. Le pareti sono ricoperte con poster di band e la luce è più forte che nel resto dell'appartamento.

"Puoi sederti sul letto" Alex le dice mentre si dirige verso un mangianastri in un angolo sul pavimento. Piper stende il piumone sulle lenzuola spiegazzate prima di sedersi sul bordo del letto con cautela e osserva mentre Alex si inginocchia e preme un bottone sul mangianastri. Lamentosa musica rock invade la stanza e Alex sorride un po' mentre si lancia di peso sul letto accanto a Piper, tirandola per un braccio e facendole perdere l'equilibrio sul bordo. Si espandono sul piccolo materasso, gli occhi puntati sul soffitto pieno di macchie di umidità e stelline che si illuminano al buio, la musica che batte contro le loro costole. Piper non capisce la ragione per cui ascoltare questa musica - il tipo di canzoni pesanti e urlate che i suoi genitori saltano quando passano alla radio - ma ha paura che sembri stupido chiedere quindi rimane in silenzio, anche quando riesce a percepire lo sguardo di Alex su di lei che cerca di captare una reazione.

Quando sono finite tre canzoni, Piper osa, ma con cautela "È bella."

Il sorriso di Alex è istantaneo. "Lo so." Fa una pausa, poi aggiunge "È mio padre."

Sollevandosi sui gomiti Piper fissa Alex sorpresa. "Cosa? Canta?"

"No, è il bassista. Aspetta..." Alex salta giù dal letto e si accovaccia di nuovo sul mangianastri. Si sente lo stridio acuto della cassetta mandata avanti, e poi Alex la ferma con precisione in corrispondenza di un martellante assolo di batteria. Si tira su ma non torna sul letto, rimane lì a saltellare sul posto, guardando ansiosamente Piper.

Scioccamente, Piper muove la testa a ritmo. "Wow."

"La sua band è molto famosa. Vedi?" Alex indica il poster più grande sul muro: teschi e fuoco dietro i quattro membri del gruppo, tatuati e con vestiti di pelle, il nome "Death Maiden" in aggressive lettere rosse. Piper osserva meglio i muri: almeno un terzo dei poster è dello stesso gruppo.
"Che figata," Piper dice alla fine. Non è sicura se lo sia; non sa proprio cosa pensare. Non sa molto sui padri che fanno le rock star, padri su poster appesi al muro ma mai accennati come parte integrante della vita di Alex. Non sa niente di appartamenti piccoli e da quattro soldi, anche se le persone famose dovrebbero essere ricche. "È proprio una figata."

È la cosa giusta da dire e Alex sorride, raggiante di orgoglio. Alza leggermente le spalle. "Sì. Lo so." Soddisfatta, Alex abbassa il volume ma lascia continuare la cassetta, poi inizia a frugare sotto il letto tra i giochi da tavolo. "Vuoi giocare a qualcosa?"

Si stendono nuovamente sul letto di Alex e giocano a Indovina chi e Cluedo per le successive ore, fino a quando sentono la porta d'entrata aprirsi e, qualche secondo dopo, una donna appare sulla soglia della stanza di Alex. "Ehi, piccola."

Alex non alza lo sguardo dal gioco. "Ciao, mamma."

"E tu devi essere Piper. È bello incontrarti finalmente."

"Piacere di conoscerla, signora Vause," dice Piper nella sua voce formale. La voce di sua madre.

"Per favore, chiamami Diane."

La madre di Alex è giovane e bella. Indossa molto trucco e una maglietta accollata con una targhetta con il suo nome. "Vi ho portato qualcosa da mangiare dal ristorante. Ti piacciono i cheeseburger, Piper?"

"Sì, signora."

"Ooh, sei una di quelle educate. Potresti insegnare ad Al una cosa o due."

Alex fa un sorrisetto. "Perché? Tu non l'hai fatto."

"Non rispondere." Ma sua mamma sta sorridendo e non fa commenti sul pavimento, scavalca semplicemente le pile di libri e di cassette e inizia a frugare nell'armadio di Alex.

"Tocca a te," Alex sollecita impaziente, la sua attenzione è rivolta al gioco ma Piper è distratta dal rumore proveniente dall'armadio. Proprio lì, di fronte a loro, Diane si toglie la polo nera e la sostituisce con una maglietta bianca, poi si infila un camice blu di Wal-Mart. "Com'è andata a scuola?"

La mamma di Piper glielo chiede tutti i giorni, tutti i giorni Piper risponde bene e la discussione finisce. Alex, invece, inizia a raccontare di quanto la signora Patterson sia ipocrita e faccia favoritismi, lasciando che Jessica Wedge la faccia franca dopo aver passato bigliettini in classe; sua madre sbuffa comprensiva, insulta Jessica Wedge e chiama la signora Patterson stronza (Piper a malapena contiene il suo sussulto stavolta). Chiede a Piper di confermare la storia e chiede se davvero Jessica sia una "piccola odiosa del cazzo" come la descrive Alex. Lei conferma la descrizione con entusiasmo.

Alla fine, guarda l'orologio, borbotta cazzo a bassa voce, e dice che deve andare. "Il cibo è in cucina, forse ci sarà bisogno di scaldarlo un po'. Sarò di ritorno per le due... Alex, lascia il letto a Piper, ok? A meno che vogliate fare un fortino con le coperte. Datevi alla pazza gioia."

Bacia Alex sulla testa, fa ciao a Piper con la mano e poi sparisce di nuovo. Piper non dovrebbe decisamente essere senza la supervisione di un adulto così tardi, può solo intensamente sperare che sua madre non chiami per controllare come stia.

Prendono della Coca dal frigo, scaldano i cheeseburger e le patatine al microonde, e mangiano davanti alla vecchia TV nel salotto. Alex vorrebbe fare uno scherzo telefonico a Jessica o Holly o Madison ma Piper si rifiuta ripetutamente, finché finalmente rinuncia all'idea. Ci sono solo pochi canali alla TV e quando non c'è più niente di interessante, Alex mette su uno dei dischi della madre, non la band di suo padre questa volta, e, iperattive per colpa degli zuccheri nella bibita, entrambe ballano e suonano chitarre ad aria in giro per la stanza finché non sono sudate e senza respiro. Si siedono sul divano e giocano a carte per un po': Slap Jack, Speed e Crazy Eights. Alex cerca di insegnare poker a Piper ma lei stessa non riesce a giocarlo bene, per cui non è il migliore degli istruttori, quindi alla fine si arrendono e tornano alla TV. Alex si ferma su un film violento che Piper non avrebbe il permesso di guardare a casa sua - anche la versione censurata per la TV - e si addormentano con le teste su parti opposte del divano, i piedi intrecciati al centro.

Dopo qualche ora, Piper si sveglia con la scossa di adrenalina legata al dormire in un posto non familiare. Le ci vuole un momento per ricordarsi dove si trova e un altro momento per registrare che qualcosa l'ha svegliata: la porta d'ingresso; aprirsi e chiudersi con il rientro della mamma di Alex. Piper sigilla immediatamente gli occhi, ascoltando i passi leggeri della signora Vause attraverso il salotto, l'apertura e la chiusura del frigorifero e, per qualche minuto, il silenzioso masticare.

Alla fine, Piper avverte una coperta venirle stesa sul corpo, tirata in modo da coprire anche Alex. I passi si allontanano di nuovo; la porta della camera di Alex si chiude e lei si riaddormenta.

C’è una scatola con mezza dozzina di ciambelle ad aspettarle sul piccolo mobile della cucina, Piper e Alex ne prendono due ciascuna prima dell’apparizione della signora Vause, il trucco di ieri sbavato intorno agli occhi, le gambe scoperte sotto una maglietta, troppo grande dei Led Zeppelin. Afferra una ciambella e una Coca Cola Light e si siede davanti al divano, sul pavimento, chiedendo loro della nottata e raccontando storie sui clienti idioti di Wal-Mart.

Quando la madre di Piper la va a prendere – senza scendere dall’auto, cosa di cui sia Piper che Alex sono sollevate – la signora Vause le dice che può tornare quando vuole. D’altra parte, sua madre sta fissando l’edificio senza riuscire a nascondere il disgusto, le suggerisce che potranno fare tutti i futuri pigiama party a casa Chapman.

Molti altri pigiama party verranno fatti a casa di Alex, e andranno tutti circa come il primo, tranne per il fatto che Piper e Alex condividono il letto invece di dormire sul divano. Ci vogliono parecchi mesi prima che Alex sia completamente rilassata durante le visite di Piper, ma a lei piace l’appartamento. Le piace il cibo da asporto di Friendly, le piacciono i dischi della madre di Alex (anche se, e questo non l’ha mai rivelato, preferisce gli altri a quelli di suo padre), le piace Diane. Non c’è molto ma, quando c’è, parla con loro come se fossero un gruppo di amiche riunite per un po’ di pettegolezzi; si lamenta dei suoi colleghi e capi e le ascolta lamentarsi dei compagni di classe e dei professori.

La madre di Alex disapprova con tutte le sue forze, senza mai dirlo ad alta voce, e non le proibisce di andare a casa di Alex… semplicemente si assicura che le giornate di gioco si svolgano a casa loro più di frequente. La signora Chapman non è sgarbata con Alex, ma la sua cortesia diventa freddezza dopo quell’unica volta che ad Alex scappa un “merda” davanti a lei. Dopo quell’episodio, la madre di Piper le chiede troppo spesso se le piacerebbe invitare Alison o Sarah H. di nuovo; Piper non si scomoda a spiegarle che non è più loro amica e non le manca. Sono troppo ossessionate da ciò che Jessica e Ryan e i loro amichetti pensano; però a Piper non interessa più nessuno che abbia chiamato Alex Porcile.
Hanno undici anni quando tutte le quinte elementari devono andare in gita a Washington DC: quattro giorni, tra cui due di scuola persi, che sono una fonte di eccitazione per quasi tutto l’anno. È la prima gita in cui dormono da soli, la loro prima volta in una stanza di hotel senza adulti.
Il giorno in cui gli insegnanti consegnano finalmente i programmi, impazziscono tutti. Iniziano a formare i gruppi per le stanze, parlano di quanto cibo spazzatura porteranno sul pullman. Gli occhi di Piper scorrono veloci su tutta la classe e, sporgendosi verso Alex, sussurra, “Immagino che ciò voglia dire che dobbiamo trovare due persone che non vorremo uccidere dopo quattro giorni una stanza d’albergo.”

Alex guarda accigliata la brochure e non solleva lo sguardo mentre dice, “Tre.”

“Che?”

“Dovrai trovare tre persone con cui stare, perché io non vengo.”

“Cosa? Non dire cavolate, certo che vieni.”

“Devo già vedere questi perdenti tutti i giorni a scuola. Perché cazzo dovrei anche andare in gita con loro?” Alex ignora il verso di Piper che la riprende per la parolaccia e continua, “Sarebbero ventiquattro ore al giorno per quattro giorni. No, grazie.”

“Non sono ventiquattro ore,” la corregge Piper con fare impertinente. “Dormirai per almeno otto.”

“È ancora troppo lontano dalla mia idea di divertimento.”

Piper serra la mascella, sconvolta. È dall’inizio dell’anno che parlano di questa gita e all’improvviso ad Alex non interessa più? Apre la bocca per sottolinearlo, quando scorge Alex osservare triste la brochure e vede anche la pagina su cui si è soffermata. Quella che elenca i costi totali: l’albergo, i pasti, il pullman.

Ah.

Piper chiude la bocca. Fissa la sua brochure, l’itinerario: monumenti e musei durante il giorno, attività di intrattenimento tipo bowling o pattinaggio la sera. È tutto l’anno che aspettava questo viaggio.

Prova ad immaginare la gita senza Alex. Si vede seguire Sarah, che segue Jessica e Holly e tutte le altre piccole stronzette smorfiose. Si immagina guardare Chloe mettersi in imbarazzo per flirtare con Ryan. Immagina di venire presa in giro perché legge sul pullman, o di venire ignorata a ogni singolo museo, monumento o pasto. Immagina di pattinare da sola mentre tutti gli altri sfrecciano in gruppo.

“Probabilmente hai ragione,” dice Piper alla fine, chiudendo la brochure. “Hai visto tutte le cose stupide che faranno? Cioè vorrei proprio vederli provare a giocare a bowling.” Alex la guarda sospettosa ma non dice nulla. Lei continua, “E i musei sono troppo noiosi. Ci sono tipo dieci diversi musei, hai visto?”

Lentamente, Alex mostra un ghigno. “L’unica cosa che sarei triste di non vedere, è uno di questi idioti che sbatte il culo mentre tenta di pattinare.”
“Specialmente Jessica.”

“Oh, ma sicuramente lei pattina perfettamente. Sua madre le ha di certo pagato le lezioni private.”

“Pensi che abbia avuto tempo? Non so se lo sai, ma fa equitazione e ginnastica artistica –“

“- e danza moderna –“

“- e pittura –“

“- e lezioni di sorriso –“

“- e di acconciature moderne –“

“- e di armonica –“

“- e di decorazione di reggiseni –“

Alex si lascia scappare una risata rumorosa e la loro frequente battuta sulla vita super pianificata di Jessica termina. Piper sorride soddisfatta; di solito non è mai lei a terminare il gioco e le da un’immensa soddisfazione far ridere Alex.

Durante i giorni della gita, sei alunni rimangono in classe; la supplente li lascia guardare film tutto il giorno (non sempre educativi) e sembra non gliene freghi che giochino a carte o leggano riviste sui banchi. Piper non si pente della sua decisione.
La settimana prima dell’inizio della scuola media, Piper e Alex, che indossa short e una canottiera attillata, stanno leggendo attentamente le istruzioni sulla scatola di tinta nera, nel bagno di casa Vause.

Alex piega la testa nel lavandino mentre Piper, con guanti di plastica sulle mani, stende la tinta su tutti i capelli con attenzione. “Sicura di non volerne un po’?” chiede Alex, la voce deformata dall’essere a testa in giù.

“Sì, certo.”

“Non intendo completamente neri. Dovresti fare tipo una ciocca rossa. Sarebbe una figata.”

“I miei genitori mi ucciderebbero.”

“È il tuo motto,” dice Alex con un sospiro esasperato. Piper a dodici anni è sempre la stessa.

Ignora Alex, fermando le mani per osservare il suo lavoro. “Penso di averla messa ovunque.”

“Pensi?”

“L’ho sicuramente e senz’altro messa ovunque.”

Quindici minuti dopo, Piper le sta accanto mentre Alex inclina solo la testa sotto il soffione della doccia, l’acqua annerita che viene risucchiata dallo scarico. Sa già che i suoi capelli saranno fantastici.

Alex a dodici anni è almeno dieci centimetri più alta di tutti i ragazzi del loro anno, il che per un po’ ha permesso al soprannome Big Foot di sostituire Porcile. Presto però avrebbe iniziato a indossare veri reggiseni, mentre le altre ragazze erano ancora ai top, e i ragazzi avrebbero iniziato a fissarla.
Alex inizia le medie con capelli e unghie nere; ha anche iniziato a indossare le vecchie magliette dei gruppi della madre, tagliando via le maniche. Prende i jeans che Diane recupera da Goodwill, un’organizzazione non profit, e allarga i piccoli buchi già presenti nel tessuto. La maggior parte delle ragazze ancora non la sopporta – e la nuova moda tra ragazzi di fissarla non aiuta – ma ora c’è intimidazione, nessuno osa prendersi gioco di lei.
Piper, vestita interamente Gap e con i capelli intrecciati, a volte si sente estremamente più giovane accanto ad Alex e non ha modo di raggiungerla. Un giorno torna a casa, dopo un weekend passato da lei, con le unghie nere e sua madre sussulta alla vista dello smalto. “Piper, toglilo immediatamente. Stai cercando di essere… dark?”

Per i primi mesi di scuola media, Piper si sente la spalla più giovane e sfigata di Alex, guardandola con ammirazione mentre ignora o respinge tutti i ragazzi che le si avvicinano.

Quindi, quando Cody Lionel la bacia fuori dalla classe di musica, mentre vanno verso il parcheggio dopo la scuola, Piper è così piena di orgoglio che sta per esplodere, felice del fatto che sia accaduto più che del bacio stesso. Appena arrivata a casa, corre in camera sua a chiamare Alex, che dovrebbe già essere rientrata.

“Indovina.”

“Nemmeno ciao?”

“Non c’è tempo. Indovina.”

“Beh, ci siamo viste venti minuti fa e non eri piena di novità, quindi immagino che un tubo dell’acqua sia esploso e abbia ucciso chiunque a scuola, tranne te. Spero.”

“Uhm, macabro. E no.”

“Beh, sono andata diretta per la distruzione di massa, quindi non ho più suggerimenti. Dimmi.”

“Cody Lionel mi ha baciata,” dichiara Piper, praticamente esaltata.

L’altro capo del telefono rimane in silenzio, deludendo Piper.

“Fuori dalla classe di musica,” aggiunge.

C’è un’altra pausa e poi Alex dice, “Scusa, dovrebbe essere una cosa bella?”

La delusione inizia a scorrere lungo la spina dorsale di Piper. “Uhm, si?”

“Ok.” Il tono di voce è quello che Alex usa quando pensa che qualcuno abbia detto qualcosa di molto stupido o superficiale, Piper sta iniziando a innervosirsi. Le migliori amiche non dovrebbero strillare o essere felici per te quando dai il primo bacio? Che cavolo.

“Cody è carino,” insiste, sulla difensiva.

“Cody fa schifo. Non era quello che tirava le bretelle dei reggiseni alle ragazze tipo due mesi fa?”

“Era almeno un anno fa.”

“Oh, errore mio.” L’amarezza è evidente nella voce di Alex. È un tono di voce che Piper ha sentito molto, ma non era mai stato rivolto a lei. Le fa serrare lo stomaco. “Mi fissa ancora continuamente le tette.”

Piper stringe i denti. “Allora è quello? Sei gelosa?!”

C’è un lungo e pesante silenzio, durante il quale Piper scorre tra i suoi pensieri, arrabbiandosi ancor di più. Tutti i ragazzi fissano Alex, tutti i ragazzi flirtano costantemente con Alex e lei sembra fregarsene, come se non le piacesse neanche… e adesso non riesce a sopportare che qualcun altro riceva un po’ di attenzioni? Com’è la storia?

Piper sta per iniziare questo discorso infiammato quando la voce accesa di Alex rompe il silenzio, “Vaffanculo, Piper.”

La linea muore, con la stessa velocità della rabbia di Piper. Rimane immobile ad ascoltare il silenzio e poi il segnale di chiamata; il panico le stringe la gola come un mostro.

Richiama due volte ma Alex non risponde. E, la mattina dopo, non è vicino al suo armadietto ad aspettarla, non la guarda durante le due lezioni che seguono insieme e non sembra neanche farsi viva in mensa all’ora di pranzo. Cody Lionel passa a Piper un bigliettino chiedendole se andrà alla partita di basket quel venerdì, ma tutto quello a cui riesce a pensare è Alex che snobba tutte le attività extra curricolari. Alla fine della giornata, Piper vacilla pericolosamente al limite delle lacrime; un solo giorno senza parlare con Alex è orribile, non importa quanti bigliettini da ragazzi carini riceve.
Non appena l’ultima campanella suona, Piper balza in piedi per raggiungere l’armadietto di Alex prima di lei. Sta facendo avanti e indietro davanti ad esso quando Alex appare da dietro l’angolo. Anche da lontano, Piper la nota sospirare e ruotare gli occhi.

“Mi dispiace,” dice velocemente appena Alex è abbastanza vicina da sentirla; non vuole darle la possibilità di dire qualcosa di sarcastico. “Mi dispiace molto, ok?” Non importa che non sia completamente sicura di ciò che possa aver fatto. Piper odia quando le persone ce l’hanno con lei e, anche se è la prima volta che succede, sa già che con Alex è ancora peggio.

Alex sospira e inizia a ruotare la serratura senza rispondere. Finalmente lo sportello si apre, coprendole parzialmente il viso, e riluttante dice, “Già, dispiace anche a me,” la voce riecheggiante nell’armadietto.

Immediatamente il corpo di Piper si rilassa. “Cody non mi piace neanche. Non penso, almeno. Mi piaceva solo il fatto che volesse baciarmi.”
Parlando ancora da dentro l’armadietto, Alex risponde, “Avrei potuto dirtelo io che voleva baciarti. È ovvio.”

Piper si appoggia all’armadietto accanto ad Alex, momentaneamente grata che non la stia guardando. “Volevo solo sembrare interessante. Come te.”
Alex si immobilizza e dopo poco sporge il viso, sorridente. “Pipes. Non sarò il tipo di interessante che nasce dal limonare con i ragazzi, ma tu bacia chi ti pare. La smetterò di fare la stronza.”

Piper non sa di preciso cosa voglia dire, ma è troppo impegnata a crogiolarsi nella familiarità del sorriso di Alex, nel caldo sollievo alla fine di un litigio, per pensarci troppo.
A quattordici anni, vanno a vedere Giovani, carini e disoccupati e Alex parla incessantemente di quanto sia carina Winona Ryder. Solo allora Piper inizia a capire cosa volesse dire.

Crede.

Forse.

Non cambia niente, ma spiega con successo perché Piper ha avuto un po’ di ragazzi (delle scuole medie, ragazzi che le tengono la mano nel parcheggio, le passano bigliettini nei corridoi e occasionalmente chiamano a casa per una telefonata di venti minuti piena di silenzi imbarazzanti) e Alex no. Trascorrono ancora le nottate l’una a casa dell’altra, almeno una volta a fine settimana, ed escono più spesso da sole che con altri.

Alex a quattordici anni si trucca gli occhi di nero e indossa camicie a quadri in flanella, prese nei negozi di usato, sopra a magliette di gruppi senza maniche. Ascolta band nate prima di tutti loro e fuma le sigarette che il tizio del 7-Eleven di fronte alla scuola media le vende senza documento. Ha problemi con l’autorità e non piace alla maggior parte degli insegnanti, anche se prende voti più alti di quello che meriterebbe in base allo scarso impegno nello studio.

Piper a quattordici anni prende tutte A e non lascia mai copiare i compiti ad Alex. Gioca a tennis e si unisce al consiglio studentesco, perché i suoi genitori insistono che inizi a darsi da fare anche prima delle superiori. Fa amicizia con alcune delle ragazze della squadra di tennis, e con i compagni a lezione di matematica, ma torna sempre da Alex, che si diverte moltissimo ad approcciare Piper davanti ad altre persone parlando a raffica e dicendo parolacce come uno scaricatore di porto finché tutti gli altri non spariscono.

Si sta diffondendo la moda di organizzare feste di compleanno, che sono in realtà mini-balli, tenuti regolarmente al Club Femminile con DJ e luci stroboscopiche. Piper inizia ad essere invitata e sua madre è felicissima. Se ha un fidanzato il giorno del ballo, si tengono le mani, stanno sulla pista da ballo con le altre coppie e limonano durante i lenti. Se non ha nessuno con cui andare quando uno di questi balli si avvicina, Piper di solito li evita ed esce con Alex, che non è mai invitata.

A Piper piacciono abbastanza i suoi ragazzi, gli amici del tennis e quelli a lezione di matematica, ma sembrano tutti poco interessanti e noiosi rispetto ad Alex. Piper si sente poco interessante e noiosa rispetto ad Alex. Alex a quattordici anni è già una forza della natura, è fiamme e scintille e attira l’attenzione. Piper si è abituata ad avere gli occhi addosso mentre camminano al centro commerciale o per strada. Si è abituata al modo in cui cassieri e camerieri le parlano, come se fosse più grande di quel che è. L’Alex Vause che Piper ha incontrato, quella che trascorreva ogni secondo dolorosamente consapevole di ciò che non possedeva, si è trasformata in qualcuno a cui non frega un cazzo dei giusti vestiti, della giusta musica o dei giusti amici.

Alex a quattordici anni ha lo zaino con le toppe del gruppo di suo padre come se fossero i simboli della sua forza. La forza di Alex non è uguale a quella degli altri di terza media. Non è il forte che significa essere in cima alla piramide sociale insieme agli atleti e le cheerleader. L’essere forte di Alex è complicato e tagliente. È un essere forte che gli altri non sono ancora abbastanza maturi da capire.

Piper lo capisce, anche se non fa parte di lei, e si crogiola semplicemente nel suo bagliore, assorbendolo per associazione. Riceve dei mix della musica della mamma di Alex e la maggior parte delle mattine, prima delle lezioni, Alex la trascina nel bagno e le trucca gli occhi. Piper a quattordici anni è una studentessa da A, amata dagli insegnanti, lettrice ma carina abbastanza da non esserne ostacolata. In altre parole, è notevolmente nella media… se non per l’amicizia con Alex. Sono migliori amiche e non c’è alcun collegamento tra questo e la sua reputazione. È la sua parte misteriosa e ne va fiera.
L’estate antecedente la prima superiore sono sdraiate sul tetto dell’appartamento di Alex, è quasi mezzanotte e, mentre Piper guarda le stelle, lei fuma.

“L’ho detto a mia madre,” dice Alex improvvisamente, dal nulla, a meno che ciò che ha detto a sua madre abbia qualcosa a che fare con la mitologia di Orione, che Piper le ha appena finito di spiegare (non che Alex abbia chiesto).

“Detto cosa?”

“Del fatto che… mi piacciono solo le ragazze.”

Piper rimane un attimo in silenzio, guardando il fumo arricciarsi davanti al cielo pieno di stelle. Non si preoccupa di dirle che Alex ufficialmente non le ha ancora comunicato che “le piacciono solo le ragazze”. Chiede soltanto, “E cos’ha detto?”

“Ha detto che era gelosa e che sono fortunata, perché tutti gli uomini sono stronzi. E poi, pensandoci un attimo su, ha detto che, in realtà, anche le donne possono essere delle pazze furiose. Poi mi ha abbracciata e mi ha detto che le dispiaceva ma che sono fottuta in entrambi i casi.”

La risata di Piper è rumorosa e sincera. “Mi pare giusto.”

“Già.”

Piper mantiene gli occhi puntati verso il cielo, ma sa che Alex la sta osservando, cercando di leggerla. Conosce il peso del suo sguardo pieno di aspettativa. Succede sempre così tra loro; ad Alex non importa più di cosa pensa la maggior parte delle persone, non gliene frega un cazzo della maggior parte delle reazioni, le frega solo di quella di Piper. Quello non è scomparso e riempie di orgoglio il cuore di Piper.

Si avvicina ad Alex in modo che le loro spalle si tocchino, una pressione leggera e rassicurante, ma mantiene la sua espressione impassibile, come se questa conversazione sia solo una delle tante. Non riesce a pensare a qualcosa da dire, quindi spara, “Posso avere una sigaretta?”

Alex ride sorpresa e dice quasi balbettando, “Sei seria?”

“Sì.”

“Sicura che non compaia tuo padre non appena la sigaretta toccherà le tue labbra?”

“Zitta.”

“Sicura che non basti un minuscolo filo di fumo nei tuoi polmoni per farti sviluppare un cancro?”

“Zitta.”

Alex si siede, così da poter accendere la sigaretta a Piper, ma sta ancora ridendo da sola alle sue stupide battute e Piper la guarda male.

“Sai,” inizia Piper con grande orgoglio. “È ironico che non ti piaccia il cazzo. Visto che sei una cazzona.”

Alex inizia a ridere così di gusto che lascia cadere la sigaretta accesa sulla loro coperta, non sentendo neanche l’istintivo strillo di spavento di Piper.

“È,” riesce a farfugliare alla fine, “la migliore battuta… che tu abbia mai fatto.”

“Sono molto divertente,” dice Piper con fare arrogante. Recupera la sigaretta e la porta alle labbra ma non inspira.

“Lo sei,” risponde Alex. “Ma di solito non è intenzionale.”

Come premio riceve il dorso della mano di Piper contro il suo stomaco.

Quando alla fine scendono dal tetto ed entrano nell’edificio, Diane sta dormendo sul divano, quindi vanno nella stanza di Alex in punta di piedi e, per la prima volta, Alex sembra esitante. “Posso dormire sul pavimento…”

Guardandola in modo sarcastico, Piper risponde velocemente, “Perché? Hai bisogno di un po’ di novità dopo gli ultimi duecento o più pigiama party? Paura di cadere nella routine?”

Il viso di Alex si rilassa e si lancia di peso sul letto. “Magari sono solo stanca di te che mi rubi tutte le cazzo di coperte.”

“Cazzona.”

“Che schifo.”

Vanno a turno in bagno e si stringono nel letto come hanno fatto le altre duecento o più volte. Alex adagia gli occhiali sul comodino e afferra il walkman. Piper scosta la testa lontana da quella di Alex più che può, mentre quest’ultima si posiziona le cuffie sulle orecchie, alza il volume al massimo e schiaccia play.

Show me, show me, show me how you do that trick…

Piper sorride. I Cure sono il suo gruppo preferito tra quelli della madre di Alex – ovvero sono I meno striduli e arrabbiati – e Alex ora ha dozzine di mix contenenti per la maggior parte le loro canzoni, di solito tenuti da parte per quando c’è Piper.

Accanto a lei, Alex ha gli occhi chiusi e sta canticchiando in modo impercettibile. I suoi invece sono aperti e abituati alla familiare vista di Alex sotto le stelline che brillano al buio, le sue costellazioni personali datate persino prima della loro amicizia.

Con le scuole superiori arrivano le pagelle, le classi avanzate, più o meno cinquanta club, rispetto ai dodici delle medie e arriva la pressione.
Anche Alex inizia nelle classi avanzate, quindi ne hanno parecchie insieme, ma non durerà. Con le superiori arrivano anche meno supervisione, una scuola più grande e il fascino di saltare le lezioni è troppo.

“Che importa?” dice Alex un giorno a pranzo, dopo che Piper la rimprovera per aver saltato geometria per andare a fumare sulle gradinate del campo di baseball. “Tanto non andrò all’università.”

Piper ci arriva a scoppio ritardato. A quindici anni, in prima superiore, l’università sembra abbastanza lontana da Alex da non farla preoccupare. Per Piper invece il college è sempre stato presente, ora più che mai. “Che? Perché non vai all’università?”

Mentre la sua mascella si irrigidisce, appare negli occhi di Alex quel vecchio bagliore, quello misto di vergogna e disprezzo. “Penso che tu lo sappia, Pipes, ma il college costa un casino di soldi.”

“Ci sono le borse di studio.”

Alex si lascia sfuggire una poco attraente risata dal naso. “Sì, per i geni. Geni che fanno sport e gestiscono un sacco di merdosi club. Anche se studiassi quanto, beh, te, non otterrei una borsa di studio.”

“Va bene, allora un prestito.”

“Col cazzo. Avere debiti per la mia intera vita da adulta? No. Hai visto mia madre. Il nostro appartamento odora di fottuti debiti.” Alex nota lo sguardo sinceramente preoccupato di Piper e ruota gli occhi. “E il college non serve a tutti, sciocca. Non so neanche cosa voglio fare con la mia vita. Che cosa farai tu con la tua laurea di lusso?”

“Io… non lo so.” Non lo sa. Piper non ha mai provato interesse per una particolare carriera. È brava in molte cose e bravissima in poche. Suo padre oltretutto ha sempre fatto sembrare il nome dell’università la cosa più importante, piuttosto dell’indirizzo in se. Più in difensiva di quel che vorrebbe, Piper aggiunge, “Dio, non è che devo saperlo proprio in questo momento.”

“Ehi, calma,” gli occhi di Alex la osservano affettuosamente in quell’esasperante modo divertito. È il suo sguardo “è proprio da Piper”. “Non sono il tuo consulente professionale. O tuo padre.” Si sporge in avanti e ruba una patatina dal vassoio di Piper. “Ma ho raggiunto il mio scopo.”

“Che scopo?”

“Ti ho fatta agitare e non mi hai fatto la paternale per aver saltato la lezione.”
In ottobre, Cody Lionel, probabilmente nutrendo una cotta latente dall’inizio delle medie, le chiede di andare a vedere la partita di football un venerdì sera e, anche se non vanno insieme, – arrivano separatamente – significa sedere accanto a lui durante la partita e farsi pagare bibita e hot dog. La squadra è nota per il suo essere terribile e, prima del secondo tempo, quelli del primo anno si sono trasferiti sulle collinette presenti su entrambi i lati delle gradinate, sdraiandosi sull’erba in gruppi e guardando a malapena la partita. Cody si sdraia con la testa in grembo a Piper. Lei scopre che è piacevole passare le dita tra i suoi ricci neri, è piacevole ricevere gli sguardi invidiosi delle ragazze che non sono appartate con un ragazzo.

Dopo la partita, gli altri del primo anno del loro gruppo iniziano a chiedere passaggi ai fratelli più grandi, amici o genitori. Cody prende Piper per mano e la scorta al pick-up del padre, insieme a Tyler Fletcher (migliore amico di Cody, giocatore di basket e il più bravo nelle classi avanzate) e alla sua ragazza Lane Groft. Vengono accompagnati al Friendly, dove la maggior parte del loro gruppo si è ritrovata. Devono avvicinare tre tavoli e stanno scherzando tanto che è difficile separare il chiacchiericcio dalle risate. Piper si sente entusiasta e adulta e meravigliosamente parte di qualcosa, finché Diane Vause arriva al loro tavolo a prendere l’ordine.

Diane allarga il suo sorriso e fa l’occhiolino a Piper, ma non dice niente oltre a quello. Non sembra turbata dal vederla lì ma Piper sente improvvisamente di aver fatto qualcosa di sbagliato, anche se è chiaro di no… aveva chiesto ad Alex di venire alla partita e lei le aveva riso in faccia.
Ma comunque.

Piper si immerge nella conversazione, sentendosi all’improvviso sciocca e inspiegabilmente debole, come se fosse stata scoperta, additata come qualcuno che ha bisogno di un gruppo.

È venerdì sera e di colpo vuole essere a casa di Alex, sul suo tetto, ad ascoltare musica e guardando Alex fumare e bere vodka prima che Diane torni a casa. Vuole giocare a Slap Jack o Cluedo, vuole ballare nel salotto di Alex. Non vuole essere lì con queste persone che conosce appena.

Dopo che Diane serve i piatti di hamburger e patatine, Piper si alza impulsivamente, borbotta qualcosa riguardo al bagno e segue a gran velocità Diane attraverso il ristorante.

La raggiunge subito prima che entri in cucina. “È tutto ok, piccola?”

“Sì. Volevo solo salutarti.” Il calore raggiunge immediatamente le guance di Piper, realizzando come quello che ha detto sia suonato: come se sarebbe stato imbarazzante dirle ciao davanti agli altri.

Diane sembra non farci caso. Ride soltanto e la abbraccia. “Ciao a te. Sei stata alla partita di football?” Piper annuisce. “Ci hanno fatto il culo?”

“Già.”

“Immaginavo. Sembra che vi stiate divertendo, comunque.”

“Io…” Merda. Un nodo si sta inspiegabilmente facendo strada su fino alla gola di Piper. “Ho chiesto ad Alex se voleva venire. Ma –“

Diane ride di nuovo. “Dubito che Alex si divertirebbe a una partita di football, no? O divertirebbe.”

“Non molto, no.”

“Sono sicura che sia a casa ad affumicare l’appartamento, anche se pensa che io non lo sappia.” Quello fa apparire un sorriso sulle labbra di Piper. Il viso di Diane si ammorbidisce, lo sguardo quasi delicato. “Vai a divertirti con i tuoi amici, piccola. Ma prima dimmi che dessert ti piace… farò finta di aver sbagliato il numero nell’ordine.”

La notte successiva, Alex va a casa di Piper e suo padre le porta a noleggiare un film e a prendere la pizza. Stanno sveglie metà nottata a guardare Una pazza giornata di vacanza e Il grande freddo e a dire a Cal di lasciarle in pace. Sembra così normale che Piper inizia subito a sentirsi stupida per la sua reazione al Friendly della sera prima.

Ma Alex non ne parla, anche se sua madre deve averglielo detto, e non ha neanche molto interesse nel sentir parlare di Cody.

La situazione rimane quella per i successivi quattro mesi durante i quali Cody e Piper escono insieme. Durante quei mesi, gli amici di scuola di Piper diventano amici a tutti gli effetti e, a volte, si sente in colpa di quanto le piaccia far parte di un gruppo. Però le piace il concetto di gruppo più che le singole persone. Passa molto tempo a pensare come li vedono le altre persone, immaginando una fotografia: giovani e attraenti persone che ridono insieme, appoggiandosi a un ragazzo, un oggetto del desiderio. Qualcosa di chiuso e selettivo. Sono gli amici ricercati e presentabili che dovrebbe essere tenuta ad avere. Insieme, formano quello che è il perfetto gruppo di adolescenti.

Piper è affezionata a tutti come gruppo, non prova interesse per qualcuno in particolare, neanche Cody. Per quello ha ancora Alex. Alex è i pomeriggi dei fine settimana passati in minuscoli negozi di dischi o libri usati. Alex è i pigiama party il sabato notte, musica, film e cibo spazzatura. Alex è farsi la linguaccia o ruotare o incrociare gli occhi come due idiote quando si incontrano nei corridoi a scuola. Alex è per dire ad alta voce ciò che le passa per la testa, serio e non. Alex è colei che le chiede con calma se deve fare il culo a Cody quando lui e Piper si lasciano e lui inizia subito a uscire con Brooke Lewis. Alex è la ragione per cui a Piper non frega più di tanto di essere stata lasciata.

Alex è ancora la sua migliore amica.
Entro la fine del primo anno, anche Alex si è disfatta del suo fare da “lupo solitario più uno”. Ha persino amici a scuola, un mix eclettico di patiti del teatro e arte e fattoni. In pratica, le persone che si ritrovano sugli spalti del campo di baseball per saltare le lezioni e fumare.

A Piper non piacciono gli altri amici di Alex, come ad Alex non piacciono gli altri amici di Piper, ma è completamente diverso. Ad Alex non piacciono persone come Cody o Tyler o Lane o Brooke o Jesse perché pensa di essere superiore, in qualche modo. A Piper non piacciono gli amici di Alex perché la fanno sentire noiosa e sfigata. Le prime volte che ha approcciato Alex davanti a loro, lei l’ha sempre presentata dicendo, “Ci conosciamo dalla quarta elementare.” Come se dovesse giustificarsi.

Con il secondo anno arriva la guida, la maggior parte degli amici di Piper ricevono patenti e auto nuove per il sedicesimo compleanno. Spostare il gruppo di amici fuori da scuola è più facile che mai e improvvisamente ci sono vere uscite e veri appuntamenti (che finiscono sui sedili dietro della macchina con la mano di un ragazzo sotto la maglietta). Ci sono molti meno sabato sera liberi.

Con il secondo anno arriva anche un intenso carico di lavoro dalle classi avanzate. Piper raggiunge i sei migliori della squadra di tennis e ciò comporta allenamenti giornalieri e partite che hanno un peso. Volantini di programmi accademici estivi iniziano ad arrivare a casa e suo padre mette i più prestigiosi sul frigorifero.

In febbraio, Alex viene beccata con Liz Moony, una minuscola patita del teatro con i capelli corti tinti di blu, che gestisce le luci per i musical scolastici e odora sempre pesantemente di erba. Erano nella cabina delle luci dell’auditorium, entrambe sono mezze nude e durante l’orario scolastico. Piper lo viene a sapere tramite altre persone, persone che conoscono Alex a malapena, e la fonte le provoca disgusto e rabbia.

Alex non ha mai nominato Liz Moony. Alex non ha detto che sta frequentando qualcuno, baciando qualcuno, o facendo qualsiasi altra cosa con qualcuno. Che cavolo di migliore amicizia è?

Seriamente.

Dopo scuola, Piper guida la sua nuova (leggermente usata) auto fino all’appartamento di Alex, affronta la sua appena sospesa migliore amica, e inizia piena di indignazione. “Lo sono venuta a sapere da Josh Newburn. Neanche da Josh… l’ho sentito mentre lo raccontava a Lane. Che cavolo, Alex?”
Con le braccia incrociate sul petto, Alex alza gli occhi verso il cielo. “Porca troia, Piper. Mi hanno sputtanata davanti a tutta la scuola. Persone che neanche conosco stanno parlando degli affari miei e tutto ciò di cui ti importa è che non sei stata la prima a saperlo?”

“Ti prego, affari tuoi. Se ti fosse importato tanto di essere sputtanata non avresti scopato sul terreno scolastico.” Le labbra di Alex si arricciano, nascondendo a malapena un sorriso compiaciuto. Saggiamente non lo nega e Piper prosegue, “Dovrei essere la tua migliore amica. Non sapevo neanche avessi una ragazza.”

“Non è la mia ragazza.”

“E cos’è?”

“Eeeeh.” Alex gesticola e scrolla le spalle, indicando, a quanto pare, la complessità della sua relazione con Liz Moony.

“Hai frequentato altre ragazze?”

“Non so se userei la parola frequentare.”

Lo stomaco di Piper si contorce spiacevolmente. “Perché non sapevo niente di tutto ciò? Per quanto ne sapessi, non avevi neanche mai baciato una ragazza.” Quest’ultima frase fa ridere Alex, di gusto, indicando quanto sia lontana dalla realtà e questo fa sentire Piper ancora peggio.

“Ehi…” Alex si sforza di cancellare il divertimento dal suo volto. “Non farmi quella faccia. Sembra che abbia tirato un calcio al tuo cucciolo. Qual è il problema?”

Dio.

“Non mi dici mai niente,” insiste Piper, dalla voce traspare la sua irritabilità. Non è che non si siano viste di recente. Domenica hanno passato quasi tre ore a vagare in negozi dell’usato e libri.

“Perché, tu mi dici tutto?,” controbatte Alex, che però è ancora divertita. Non è assorbita emozionalmente dalla discussione. “Da te non ho sentito una cazzo parola su Jesse Campbell.” Il broncio di Piper si intensifica, incapace di negarlo. Alla fine, Alex sospira e dice, “Ascolta, Pipes, non fa niente. Non siamo mai state il tipo di amiche che parlano di quelle cose.”

Piper si acciglia. “Se non siamo quel tipo di amiche, è colpa tua.”

“Come sei arrivata a questa conclusione?”

“Cody Lionel. Scuola media.”

Alex si ferma un attimo, come se dovesse riesumare quel ricordo dagli angoli più oscuri della memoria, e poi sorride lievemente. “Ok, va bene. Mi assumo tutta la responsabilità. Ma a essere sinceri, se tu mi avessi ascoltata allora riguardo a Cody Lionel, Capitan Schiocca Reggiseni, avresti potuto risparmiarti di ripetere l’errore l’anno scorso. Eccoti uno spunto di riflessione.”

Ancora infelice, Piper si lascia cadere sul divano sembrando piccola e desolata. Alex, dannata lei, sembra ancora troppo divertita dall’intera cosa, ma è il tipo di divertimento che nasce solo dall’affetto. Si siede accanto a Piper e le passa un braccio confortante attorno alle spalle. “Pipes. Lo so che il giornale Seventeen suggerisce diversamente, ma gli appuntamenti e il sesso non sono la cosa più importante di cui parlare, ok? Quando qualcuno sarà davvero importante, sono sicura che te lo dirò. E tu lo dirai a me, giusto?”

“Già,” ammette Piper.

“Vedi?” Alex strofina le mani tra loro come se l’intero problema sia risolto. “Ora, vuoi una birra?”

“No, devo guidare.”

“Oooh, di lusso. Nuova domanda. Ti va di accompagnarmi da Wendy? O ovunque ci sia cibo. Sto morendo di fame, cazzo, e non c’è letteralmente niente da mangiare in questa casa.”

“Certo.”

Salgono sull’auto di Piper e Alex sorride quando capisce che c’è uno dei suoi mix nel mangianastri. Va indietro con il sedile abbastanza da poter mettere i piedi sul cruscotto, cantando insieme alla canzone.

WÈre on a rooooaddd to nowhere…

Piper rimane in silenzio, ascoltando Alex canticchiare sottovoce. Non dice mai ad alta voce ciò che la sta realmente spaventando, che qualcosa sta cambiando tra loro, che si stanno allontanando l’una dall’altra. Che non saranno capaci di fermarlo.
Piper a sedici anni è stressata. Piper a sedici anni è un fascio di nervi. Piper a sedici anni è terrorizzata.

Il suo programma scolastico, durante i primi sei mesi del terzo anno, comprende classi avanzate di tutte le materie e Piper sta finalmente imparando che non è così intelligente come pensava. È intelligente, a volte però non si sente intelligente abbastanza. Non è intelligente abbastanza da arrivarci, da farlo sembrare facile, da ricordare tutto ciò che viene detto in classe e farselo bastare. È il tipo di intelligente che dipende sia dall’abilità nello studio, sia dal QI… ed entrambe le cose la stanno deludendo. È divorata da chimica avanzata, che non riesce proprio a cogliere, e storia avanzata, che non sarebbe difficile se non fosse piena di informazioni, e inglese avanzato, che è il più facile ma richiede più lavoro, romanzi e saggi tutte le settimane, e statistica avanzata, dove è proprio persa.

Poi suo padre le regala un libro di preparazione ai test di ammissione universitari, senza notare che Piper a malapena riesce a non scoppiare in lacrime.

Crolla tutto all’inizio di ottobre. È soltanto il primo resoconto del progresso scolastico, un voto che non influenzerà minimamente la sua media o la sua posizione in generale. Non è neanche un valido pronostico del voto finale. Ci sono stati troppo pochi compiti, e il suo voto di chimica è stato silurato dall’ultimo test. Ma, anche se Piper avrebbe dovuto aspettarselo, non riesce a smettere di tremare mentre fissa la grande C.

È la sua prima C , da sempre, e il suo mantra mentale nonsignificanientenonsignificanientenonsignificaniente è sovrastato dalla consapevolezza che statistica, l’ultima lezione del giorno, molto probabilmente le riserverà la stessa sorpresa.

Forse è troppo grande per nascondersi nel bagno e piangere per un voto, quindi Piper resiste al desiderio. Piega il resoconto, lo mette nell’armadietto e va tranquillamente a pranzo.

Anche se pranzano alla stessa ora, Alex non è in mensa, il che non è strano ultimamente, ma Piper ha l’estremo bisogno di vederla. Alex è l’unica persona al modo che riesce a farla ridere quando sta di merda e Piper ne sta sentendo il bisogno, come di una droga.

Lascia la mensa, senza neanche mangiare, e si dirige verso il campo da baseball.

Riesce a distinguere Alex persino dalla distanza, in mezzo al gruppetto di fattoni vestiti di nero, e, come un’idiota, Piper le fa ciao con la mano. Alex solleva un braccio in risposta; ora la stanno fissando tutti e gli ultimi dieci metri fino alle scalinate sembrano infinitamente lunghi.

“Ehi, Pipes.” Alex sorride, ma solo a metà. Una ragazza, di cui Piper non conosce il nome, ha la testa poggiata sul grembo di Alex e, per qualche ragione, la fa incazzare.

“Ciao.” Piper si ferma davanti all’ultimo gradino, imbarazzata, desiderando essere quel tipo di persona che riesce a calarsi in mezzo al gruppo e a essere completamente a suo agio. La sua migliore amica è lì, quindi dovrebbe essere quel tipo di persona. Non è sicura se sia una mancanza da parte sua o di Alex.

Alex la osserva e inclina la testa, scrutandola come fa solitamente. “Tutto ok?”

La gratitudine invade il corpo di Piper. A volte le piccole cose aiutano, come sapere che c’è qualcuno che, con un solo sguardo, riesce a capire che c’è qualcosa che non va. Sta già un po’ meglio. “Sì. Beh, più o meno. È un po’ una giornata di merda. Ho avuto una C sul resoconto di chimica avanzata.” Piper è fiera di quanto sia riuscita a essere casuale, disinvolta, anche se sa che Alex capirà quanto sia importante per lei.

Ma la risposta provoca leggere risatine e scortesi risate fragorose dallo smorto gruppo di fattoni.

“Oh, no.” Un ragazzo con tre anelli al sopracciglio e dei dread dice banalmente. “Che tragedia.”

“Chi reciterà il tuo ruolo nell’adattamento a film?” Questa viene dalla ragazza in grembo ad Alex.

Stronza.

“Ehi, le classi avanzate sono una cosa seria,” dice Jack Sadler, un vero esibizionista, il protagonista di tutte le opere teatrali che non richiedono qualcuno di troppo mascolino. “Tutta la tua vita ne viene influenzata. Non puoi lavorare. Non puoi possedere una casa. È meglio se inizi già a chiedere il sussidio statale.”

Piper guarda Alex che le sorride con quello sguardo da “è proprio da Piper”. Non ha mai notato quanta condiscendenza contiene.

Per un secondo, Piper non riesce a respirare, è furiosa. Alex sa cosa significa per lei. Alex sa quanto è importante per lei. Piper è improvvisamente stanca di tutto. Si fa il culo e si preoccupa fino a stare male della cosa che queste persone – inclusa Alex – trovano più inutile.

“Vaffanculo,” dice all’improvviso, avvelenata. La parola è diretta a tutti ma sta fissando Alex.

Poi gira i tacchi e se ne va.

“Dai, Piper, non fare così.”

Continua a camminare.

“Piper.”

La voce di Alex è più vicina, Piper non si aspettava che la seguisse.

Spera che si sia alzata così in fretta che la testa di quella stronzetta abbia battuto contro le gradinate.

Piper è troppo grande per scappare da qualcuno e i passi di Alex sono più lunghi, quindi presto la raggiunge e tiene il passo accanto a lei. “Dai, non incazzarti. Sono dei coglioni, ma fanno così con tutti.”

“Va bene.”

“Non serve che ti arrabbi.”

“Non sono arrabbiata.”

“Perché non smetti di camminare allora?”

“Perché mi sono rotta. Non so neanche perché ci sforziamo di essere ancora amiche, quindi evitiamo.”

Nell’intensità delle sue parole, Piper supera Alex e non può fare a meno di guardarsi indietro. Si aspetta di vedere Alex ruotare gli occhi, più in segno di disgusto che divertimento stavolta, si aspetta di sentirle dire di smetterla di essere così fottutamente melodrammatica.

Invece Alex è immobile come la pietra, la sua faccia lentamente si contorce in una smorfia e i suoi occhi sembrano enormi e troppo lucidi dietro gli occhiali. Rimane lì, nella sua t-shirt dei Clash, sotto quella stupida giacca bianca in finta pelle, che lei e Piper hanno trovato l’anno prima in un negozio nello scantinato di una chiesa, ed è la prima volta che Piper pensa che Alex sia piccola.

È la prima volta, dopo anni, che Alex le ricorda la bambina di nove anni che prova con tutte le sue forze a non piangere sull’autobus.

Questo trasforma le interiora di Piper in ghiaccio e tutta la rabbia sparisce istantaneamente, ma non cambia la sua linea d’azione. Continua a camminare, ancora più desiderosa di allontanarsi. La vista le si annebbia per le lacrime, ma non sono lacrime per i sensi di colpa, commozione o rabbia. Sono lacrime di panico, tipo quello che prova un bambino che vede piangere la mamma per la prima volta… panico per aver scoperto che qualcuno che pensavi invincibile, non lo è.

Piper è troppo grande per nascondersi nei bagni della scuola a piangere per un voto, ma non è troppo grande per nascondersi nei bagni della scuola a piangere per la sua migliore amica. Quindi è quello che fa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Per il resto della giornata, aggrappata ad un precipizio, Piper fatica a non crollare. Le ci vuole tutta la forza che ha in corpo per resistere e non perdere la presa.
 
Ha dimenticato la C minacciosa sul resoconto di chimica. Ha dimenticato tutto eccetto l’espressione di Alex. Il ricordo è ovunque, denso e pesante nel suo stomaco, strettamente avvolto attorno alle sue vene, incastrato nella parte anteriore del suo cervello, trasformando tutto il resto in semplice rumore.
 
Alex, che sembrava aver ricevuto un calcio sul petto. Alex, lacrime trattenute che rendevano i suoi occhi così verdi da far male. Alex, dolorosamente familiare nella sua stupida giacca di finta pelle e stupida maglietta della band e stupide Converse con i lacci rossi.
 
Merda.
 
Piper rivede il momento, lo rivive, lo conosce come le sue tasche e, oggettivamente, non dovrebbe essere irreparabile. Ha detto qualcosa di stupido, una reazione esagerata nata dallo stress e la rabbia. Potrebbe chiedere scusa, fare marcia indietro, far finta che non sia mai accaduto.
 
Il problema è che il momento era impregnato di qualcos’altro: l’intangibile sensazione che, una volta lasciata la bocca di Piper, quelle parole non potessero essere più rimangiate. Come una verità non detta finalmente rivelata, come se quelle parole fossero state nascoste da mesi sotto la lingua di Piper come un’ulcera, prima di essere finalmente lasciate scivolare.
 
Ma la faccia di Alex.
 
Ad essere onesta, Piper non è tanto sorpresa da ciò che ha detto. È la reazione di Alex ad averla sconvolta.
 
Da un po’ ormai, forse anche più a lungo di quanto pensasse, Piper aspettava con ansia il momento in cui Alex capisse finalmente che lei non è niente di speciale, che è noiosa, sfigata ed estremamente debole. Aspettava che Alex tagliasse i ponti. Aspettava di essere ferita.
 
Non avrebbe mai immaginato di avere lei stessa il potere di ferire Alex.
 
È deprimente quanto sia stato facile.
 
Alex esce dalla sua vita senza sforzi; Piper non deve neanche provare ad evitarla. Da un bel po’ ormai, il tempo che trascorrevano insieme veniva pianificato o comunque richiedeva l’intenzione specifica di cercare Alex (e vice versa). I loro programmi giornalieri raramente si incontrano. Al massimo, se sua madre la manda al supermercato per qualcosa, deve guidare dieci minuti in più per raggiungere quello in cui Alex non lavora.
 
(Nel mese successivo, Piper vede Alex soltanto tre volte a scuola.)
 
Si immerge nelle parti della sua vita di cui Alex non ha mai fatto parte, tutte quelle costruzioni sociali e personaggi studiati. Fa finta di stare bene e i suoi amici a scuola non la conoscono abbastanza per capire il contrario.
 
(La prima volta è quattro giorni dopo il litigio. Piper è nel parcheggio prima di entrare a scuola, intorno alla BMW di Lane con altri ragazzi, il braccio di Jesse Campbell attorno alle sue spalle. Alex esce da un’auto che Piper non ha mai visto prima, guidata da una ragazza con le braccia ricoperte di tatuaggi, e lancia un’occhiata verso di lei. Per mezzo secondo si guardano, ma non c’è più niente negli occhi di Alex. Distoglie lo sguardo, come un’estranea.)
 
Piper prende B nel successivo test di chimica. Vince una partita di tennis. Lei e i suoi amici vanno al luna park e fanno molte foto per provare quanto sia stato divertente. Iniziano ad andare a casa di Jesse dopo le partite di football, a bere e guardare i ragazzi giocare ai videogiochi. Sua madre è così felice quando le dice che sarebbe andata a dormire a casa di Lane o Brooke che non le viene in mente nemmeno di indagare.
 
(La seconda volta è durante storia avanzata. Esce dalla classe per andare in bagno e quasi si scontrano all’entrata. Per un orribile istante pensa che Alex stesse piangendo – ha gli occhi rossi – ma poi, dopo essere stata spinta di lato, sente la scia dell’odore di erba che la segue.)
 
La mamma di Piper la informa di quanto sia fiera di lei ultimamente. Guarda la terribile squadra di football scolastica perdere la prima partita dell’anno e va al ballo con Jesse e gli altri. Quando vede le foto sviluppate, Piper riesce a malapena a guardare il suo sorriso finto e tirato. Riceve una A ad una relazione di chimica, tirando definitivamente fuori dal baratro il suo voto. Si iscrive ai test di ammissione del college.
 
(La terza volta dorme troppo ed è quasi in ritardo per la prima ora. Taglia quindi per il corridoio di scienze dove si trova il poco frequentato armadietto di Alex. Lei è lì, da sola, non sembra di fretta anche se i corridoi si stanno svuotando. Sta bevendo acqua da una bottiglietta, cosa che Piper è sicura non abbia mai fatto in vita sua e non può fare a meno di notare il dettaglio insolito. Alex beve un gran sorso e i muscoli della sua faccia si contorcono in una smorfia, Piper capisce che non è acqua.)
 
Un venerdì, dopo la partita di football, scopa Jesse Campbell nella sua camera, con i genitori addormentati nell’altra stanza e il resto dei loro amici ubriachi nella taverna. Quando finiscono, Piper è arrabbiata – con Jesse, con se stessa, con la falsa pubblicità che riceve il sesso – perché non ha fatto quello che avrebbe dovuto. Non si sente meglio, non si sente una persona più completa, non sembra che Jesse la conosca meglio, non si sente più vicina a lui. Vuole andare a casa.
 
(Poi non vede più Alex. Anche quando la squadra di tennis lascia la scuola a metà giornata per andare alle regionali. Il pullman costeggia il campo da baseball, Piper schiaccia la fronte sul finestrino e mette a fuoco gli studenti raggruppati sugli spalti, ma non riconosce né i capelli neri né la giacca bianca.)

“Piper, il telefono!”
 
Piper è nella sua stanza, a preparare gli appunti settimanali di storia, e sbuffa leggermente quando la voce di sua madre la raggiunge da in fondo alle scale. Probabilmente è Jesse che non riesce a smettere di parlare del fatto che i suoi genitori saranno fuori città quel week end, della festa che darà e che Piper può rimanere da lui (come se in passato la presenza dei genitori avesse fatto la differenza).
 
Si allontana dalla scrivania e raggiunge il telefono sul comodino, sedendosi sul bordo del letto.
 
“Si?”
 
“Piper? Sono Diane.”
 
Merda.
 
Piper si immobilizza: il suo stomaco sale verso i polmoni compressi dalla cassa toracica. Le ci vuole un momento per estrarre le parole dalla gola. “Oh. Uhm. Ciao. Ehi.”
 
“Speravo che avessi visto Alex questa settimana. Negli ultimi giorni, almeno.”
 
“Io –. No. Non l’ho vista.” Non negli ultimi giorni. Non nell’ultimo mese. Non le ho parlato per più di due mesi. Piper è stordita. “È tutto ok?”
 
“Beh, non la vedo da qualche giorno. Il che non è strano – siamo entrambe sempre fuori – ma c’erano un paio di messaggi in segreteria che dicevano che manca da scuola. Anche quello non è strano, ma di solito è abbastanza a casa da cancellarli. Ho anche chiamato il negozio e mi hanno detto che ha perso un paio di turni…” la voce di Diane si piega sotto il peso della preoccupazione e si affievolisce. Durante il conseguente silenzio, del reale terrore si diffonde nel corpo di Piper: ad Alex non frega niente di saltare la scuola, ma con il lavoro è diverso. Tiene molto allo stipendio.
 
“Dicono che non sia la prima volta,” continua Diane, la sua voce di nuovo ferma. “Quindi non penso che sia successo qualcosa. Mi preoccupa solo non sapere dov’è. Ultimamente non è se stessa.” Nella voce di Diane non ci sono accuse – infatti sembra quasi aver dimenticato che ci sia qualcuno all’altro capo del telefono -  ma Piper si sente in colpa e le viene la nausea. Alex dice tutto a sua madre, lo sa sicuramente. “Non hai idea di dove possa essere? O con chi?”
 
“No.” La sua voce risulta acuta e tremante, si morde il labbro e inspira profondamente. “Mi dispiace.” Mi dispiace tantissimo, merda, merda, merda. “Potrei…” Ma non sa neanche lei cosa può fare. Non sa chi chiamare, non sa dove andare.
 
Poi ci arriva.
 
“Esce con quelli del teatro,” suggerisce Piper rapida. “Ci sarà uno spettacolo tra un paio di giorni, sicuramente alcuni staranno facendo le prove dei vestiti… Potrei andare a scuola a chiedere.”
 
“Lo faresti?” Diane sembra così sollevata e la paura di Piper ritorna; se si preoccupa la mamma di Alex, la cosa è seria. “Grazie mille, piccola. Chiamami se scopri qualcosa.”
 
“Lo farò.” Le parole vengono sussurrate e ha un altro “mi dispiace” sulla punta della lingua, ma è sicura che, se lo dicesse ad alta voce, scoppierebbe in lacrime. “Ora vado.”
 
È quasi certa che le prove dei vestiti tendano ad andare per le lunghe, e che sia richiesto un numero abbondante di persone, ma Piper non ne è sicura quindi, quando arriva a scuola (dopo aver inventato in fretta e furia una bugia per sua madre riguardo un progetto di inglese con Lane), è sollevata nel vedere molte auto davanti all’auditorium.
 
Poco dopo sta entrando nell’edificio e, certa di venire cacciata dallo stressato insegnante di recitazione, evita di entrare nel teatro e sale le scale fino alla cabina delle luci. Ci sono quattro o cinque ragazzi stipati nel gabbiotto e a quanto pare puzzano tutti di erba.
 
“Non puoi stare qui,” dice pigramente uno dei ragazzi.
 
Piper scansiona il gruppo: riconosce almeno tre persone come gli amici degli spalti di Alex ma solo di una conosce il nome: Liz Moony, la ragazza beccata avvinghiata a lei l’anno prima, nello stesso gabbiotto.
 
Merda.
 
“Liz?”
 
La ragazza guarda Piper, sembrando solo moderatamente interessata al come faccia a conoscere il suo nome. “Sì.”
 
“Hai, uhm, visto Alex di recente?”
 
“Quale?”
 
“Io… cosa?”
 
“Alex Maxwell o Alex Vause?”
 
“Vause.”
 
Un paio degli altri ridacchiano sommessamente. Liz scuote la testa. “Nah, non la vedo a scuola da… merda. Un paio di settimane? Quella ragazza è fuori.”
 
Il petto di Piper si comprime. “Che intendi?”
 
Liz scrolla le spalle annoiata, riportando la sua attenzione alle luci e a ciò che succede sul palco. “Eh, sai… fuori.”
 
Piper vorrebbe strozzarla ma stringe i denti e dice, “Hai idea di dove possa essere? È importante.”
 
“Probabilmente a casa di Will,” le suggerisce il tizio che le aveva detto di non poter stare lì. Lei aspetta, ma non aggiunge dettagli. Piper perde le staffe.
 
“Chi cazzo è Will?” Sta praticamente urlando, stanca delle loro risposte sintetiche. A quanto pare la vista di una bionda figlia di papà delle classi avanzate che dice parolacce li fa ridere.
 
“Ci vende l’erba,” dice Liz alla fine. “Non va a scuola. Ci sono sempre un sacco di persone a casa sua.”
 
Dopo qualche domanda posta con poca calma, Piper riesce ad ottenere il nome di una strada e una descrizione base della casa di Will. Li ringrazia anche se non vuole e attraversa in auto la città.
 
È un posto minuscolo e diroccato, con un sacco di auto parcheggiate fuori nel vialetto e sulla strada. Piper ha il cuore in gola mentre cammina verso il portico, le chiavi in mano con la parte appuntita verso l’esterno, come se temesse di aver bisogno di un’arma. La porta d’ingresso socchiusa lascia uscire la musica di sottofondo.
 
Piper la codarda le sta sussurrando avvertimenti: torna indietro non sarà neanche qui probabilmente non è il tuo posto ideale non sono il tuo tipo di persone lascia perdere.
 
Alla fine viene sovrastata dalla voce di Liz: Quella ragazza è fuori.
 
Piper sospira e supera l’uscio.
 
Il salotto è vagamente illuminato e offuscato da una spessa coltre di fumo. Ci sono bong e bottiglie di alcol su ogni superficie, e persone distese su tutti i divani malandati e mobili da esterni. Alcuni sembrano adolescenti, ma la maggior parte è più grande. I più non notano neanche l’entrata di Piper.
 
Le ci vuole qualche secondo per adattare la vista alla luce, poi scansiona velocemente la stanza.
 
Alex è alla fine di uno dei divani, le gambe distese sul grembo di un’altra ragazza.
 
“Alex!” Urla Piper prima ancora di capire come affrontare la cosa.
 
Alex e un paio di altri rivolgono lo sguardo verso di lei. Alex aggrotta le sopracciglia. “Che cazzo ci fai qui?” Inclina il capo con aria confusa. “Sei davvero qui?”
 
Piper non sa come rispondere a quella domanda. La maggior parte delle persone presenti ora la guarda con scarso interesse, ma nessuno si preoccupa di chiedere perché sia entrata in casa. “Al, posso parlarti?”
 
“Non puoi chiamarmi Al,” risponde Alex  debolmente.
 
Un tizio sul pavimento piega la testa per guardarla. “Fidanzata, Vause?”
 
Alex sbuffa, in maniera rude. “Cazzo, no.”
 
“Cristo,” borbotta Piper. Scavalca una piramide di bottiglie e raggiunge il divano, afferrando Alex per il braccio e trascinandola in piedi con la forza. Ad Alex scappa un lamento. “Vieni qui…”
 
Alcuni ridono nel vedere Alex trascinata fuori di casa e sul portico. Da vicino, Piper vede le sue pupille dilatate, la guance arrossate e un po’ sudaticce. Lo stomaco di Piper sprofonda. “Cristo, Alex, di cosa ti sei fatta?”
 
“Perché? Sei della narcotici?” chiede Alex beffarda, accennando uno strano accento europeo, dio solo sa il perché.
 
“Non è divertente.” È strano ritrovarsi di fronte ad Alex dopo due mesi e mezzo. A Piper è mancata tanto la familiarità e il sentirsi a suo agio attorno a lei da fare male. Ma non è facile, e in questo momento Alex non sembra familiare. Piper non è ancora pronta per scoprire perché. “Cosa diavolo ti sta succedendo? Sono settimane che non vieni a scuola.”
 
“Mi sorprende che tu l’abbia notato,” bofonchia Alex facendola sentire in colpa, perché ovviamente non l’ha notato.
 
“Dai, andiamo, ti porto a casa – “
 
Alex scansa il braccio prima che Piper possa stringere la presa. “No, non mi ci porti. Io resto. Abbiamo ordinato la pizza. Perché sei qui comunque?”
 
“Mi ha chiamata tua madre,” dice Piper energicamente, sperando che faccia effetto. “È preoccupata perché non sa dove cazzo tu sia.”
 
“E lei dove cazzo è?” risponde Alex risoluta. Istantaneamente i suoi occhi si spalancano sorpresi dal suo stesso commento. Piper non ha mai sentito Alex parlare male di sua madre; il rimorso sul suo viso è immediato e doloroso.
 
“La chiamerò,” promette Alex, con tono vagamente simile alla sua voce normale. “La chiamo ora, da dentro. Ma tu. Tu. Vaffanculo. Vai via.”
 
Gira i tacchi ma, prima che riesca ad allontanarsi, Piper le afferra di nuovo il braccio. “Non puoi farlo.”
 
Gli occhi di Alex incrociano i suoi, ma sono così vuoti che per un secondo Piper vorrebbe piangere. “E perché no?”
 
Questa volta Alex entra in casa senza dare la possibilità a Piper di fermarla.
 
Piper rimane nel portico per due minuti, ricacciando dentro le lacrime e sperando invano che Alex torni indietro. Quando non succede, Piper fissa il numero sopra la porta, sala sulla macchina e guida fino a casa. Arrivata, chiama Diane Vause con l’indirizzo di casa di Will.
 
Per tutta la settimana, Piper cerca Alex a scuola. Spera che Diane sia corsa alla casa, salvato la figlia riportandola subito sul giusto cammino. Mentre la parte sul salvataggio è molto probabile sia accaduta, Piper dubita che Diane sia il tipo di madre da forzare la figlia a fingere di essere una brava ragazza.
 
Per tutta la settimana Piper vorrebbe rilasciare l’urlo che le chiude la gola. È sicura di apparire un disastro, una pazza sconnessa, ma nessuno dei suoi amici sembra accorgersi di nulla. I suoi cosiddetti amici non avevano notato alcun cambiamento anche due mesi prima, quando aveva bruscamente tagliato via una delle parti più importanti della sua vita.
 
Piper ripensa a quella giornata, quella brutta giornata, e a come, prima che andasse tutto a puttane, una delle prime cose che Alex aveva fatto era chiederle se stava bene. Le era bastato un solo sguardo per capire che c’era qualcosa che non andava, anche qualcosa di stupido come un voto di chimica. Alex la conosce. Alex la conosceva, perlomeno, ed è ciò che più manca a Piper, anche se è colpa dei suoi amici quanto sua: non è se stessa con loro. Si sforza sempre, sempre eccessivamente consapevole di come dovrebbe essere. Con Alex non ha mai dovuto fingere.
 
Ha ingannato anche se stessa per tutto questo tempo. Tenta di fingere di stare bene, di poter vivere senza Alex questa vita normale che risponde alle aspettative. Ma ora che Piper l’ha vista, sente il genere peggiore di nostalgia, quello per cui ti manca qualcosa che non è un posto. Qualcosa che non esiste più, da cui non puoi più tornare.
 
Sabato sera c’è la stupida festa di Jesse. Piper prova a pensare a qualche modo per evitarla ma, in un momento di follia tre ore prima, decide che un solo incontro con Alex non può rovinarle la vita per sempre. In più, una notte piena di alcol non sembra così male al momento.
 
Piper non si è mai ubriacata, neanche durante quelle serate nella taverna di Jesse. Di solito beve fino a raggiungere il limite dell’eccitazione e smette, ma stasera ingurgita il mix di vodka e Kool-Aid come se possa cancellare il ricordo di Alex su quel divano circondata da estranei apatici.
 
Si sente schiacciata dallo stress dell’ultima settimana, quindi è brusca e stronza con chiunque le parli, specialmente con Jesse. Cristo, è tutto ciò che può fare per evitare di mandarlo a quel paese ogni volta che la tocca.
 
Dopo solo un’ora e mezza, la raggiunge da dietro e le circonda la vita con le braccia. “Andiamo di sopra?”
 
“Di già?” Si gira per guardarlo, e con la scusa fugge dalla sua presa.
 
Lui sorride. “Non intendevo ‘andare di sopra a dormirÈ. Intendevo ‘andare di sopra per mezz’ora’.”
 
“Ah. Allora no.”
 
L’espressione di Jesse è delusa e accigliata. “Che hai?”
 
“Cosa?”
 
“È tutta la sera che sembri depressa.”
 
“Magari sono depressa, cazzo.” La voce da ubriaca di Piper è tagliente e le sillabe troppo marcate. “Non ti preoccupi nemmeno di chiedere.”
 
“L’ho appena fatto!”
 
“Certo, mi hai chiesto che ho. Non tipo, stai bene?”
 
“Stai bene?”
 
“Vaffanculo.”
 
“Va bene, che cazzo.” Scuote la testa come se lei fosse senza speranza e torna alla sua stupida merdosa festa, che sembra improvvisamente noiosa, prevedibile e imbarazzante.
 
Piper afferra una bottiglia di vodka dalla cucina e siede a metà della scalinata. Riesce a vedere la sala da pranzo dove le partite di beer pong impazzano e, di tanto in tanto, un gruppo di fumatori la scavalca per andare al piano di sopra, ma non parla con nessuno. Sua madre pensa che stia dormendo da Lane e Piper si pente di aver bevuto così tanto, non può salire in macchina e tornare a casa. È in  trappola per tutta la notte.
 
Quindi siede da sola, rimuginando, bevendo e pensando alle notti a casa di Alex.
 
“Pronto?”
 
“Sei a casa! Hai risposto.”
 
“Cos… Piper?”
 
“Si. Io.”
 
“Che vuoi?”
 
“Non lo so. Volevo vedere se eri a casa sana e salva. E se mi odi.”
 
“Sembri… sei ubriaca?”
 
“Probabile.”
 
“Dove sei?”
 
“Alla festa di Jesse. Ti ho scuolata a cerca. No. Cercata a scuola.”
 
“Sto per riagganciare. Torna alla tua festa, Piper.”
 
“No, aspetta. Non mi hai risposto. Mi odi?”
 
“Non è il momento di parlarne, cazzo.”
 
“Ma stai bene? Fai uso di droghe.”
 
“Cristo santo.”
 
“Alex, mi dispiace tantissimissimo.”
 
“Devo andare.”
 
“No! Aspetta, aspetta, aspetta. Sei a casa. È ciò che volevo sapere. Voglio venire a trovarti.”
 
“Sembra che tu non possa andare da nessuna parte.”
 
“Sì, ho la macchina.”
 
“Piper, non puoi guidare.”
 
“Non posso stare qui. Non voglio dormire con Jesse.”
 
“E allora non dormire con Jesse.”
 
“Ma non voglio neanche dormirci dormirci. Accanto a lui. E non voglio stare alla festa. Odio queste persone.”
 
“Sembrava ti piacessero molto.”
 
“No. Tu mi piaci. Mi manchi.”
 
“Sei solo ubriaca. È una chiamata ubriaca, te ne rendi conto?”
 
“Non sono così ubriaca. Vado a bere un po’ d’acqua e poi vengo da te.”
 
“No che non lo fai. Piper, promettimi che non andrai da nessuna parte con la macchina.”
 
“Ma voglio andare via, Al… non è tanto lontano. Non posso rimanere.”
 
“Cristo santissimo, merda… va bene. Piper? Ascoltami. Vengo a prenderti.”
 
“Non hai la macchina.”
 
“Già, grazie, stronza. Prendo quella di mia madre. Dove vive quell’idiota?”
 
“Vieni davvero?”
 
“Beh, sì. Se ti schianti contro un cazzo di albero ora sarebbe colpa mia. Dove sei?”
 
“In camera dei suoi.”
 
“Merda, Piper. L’indirizzo.”
 
“Oh, sì. Sandhurst. Via o viale, non ricordo. È dopo il country club. Il civico finisce con sette. È quella con tutte le auto davanti.”
 
“Ok. Non metterti al volante.”
 
“Ok. Non lo farò. Stai venendo davvero?”
 
“Cristo. Rimani dove sei.”
 
Rimane dov’è.
 
Esattamente dov’è, sul pavimento della camera dei genitori di Jesse, la bottiglia semi vuota di vodka e il telefono sulle gambe. Passa quasi mezz’ora quando la porta si spalanca e Jesse entra, l’espressione burrascosa.
 
Si rilassa quando la vede. “Oh, bene. Ho visto la luce, pensavo che lo stessero facendo nel letto dei miei.”
 
“Vai via,” biascica, infastidita dal fatto che lui non sia Alex venuta a prenderla.
 
Gli occhi di Jesse si stringono, scocciati ma sorpresi. “Cazzo, Pipes. Ricordami di non spingerti mai a bere di più.”
 
Piper mugola e si allunga sul pavimento, guardando il soffitto così da non dover guardare lui. “Non chiamarmi così.”
 
“Cristo, cos’è che ti rende così stronza?”
 
“Magari sono sempre stata una stronza.”
 
“Probabile.” Questo viene dall’entrata, dove Alex è di colpo in piedi con le braccia incrociate, gli occhi fissi su Jesse con disgusto.
 
Lui ricambia lo sguardo, confuso. “Che cavolo?”
 
Alex lo ignora, i suoi occhi lo superano e incrociano quelli di Piper. “Pronta?”
 
Piper è incantata e la guarda sorridente, come se Alex avesse appena compiuto un miracolo solamente presentandosi. “Sì.” Si appoggia al bordo del letto dei genitori Jesse, tentando di mettersi in piedi.
 
Alex ruota gli occhi e si affretta ad aiutarla, mentre Jesse domanda, “Aspetta un attimo, stai andando via?”
 
“Sì.”
 
“Dai. Se ho fatto qualcosa, basta che lo dici, ok? Non serve che vai via.”
 
Con Piper in piedi e stabile, Alex lascia il suo braccio e lancia un’occhiata a Jesse. “Non hai ancora capito? Vuole andarsene.”
 
“Ehi, non dovresti neanche essere in casa mia. Non sono affari tuoi.” Poi sussurra a malapena, “Lesbica di merda.”
 
Alex ride brevemente, come se la cosa non la tocchi minimamente.
 
Piper fa un passo verso di lui e gli molla un pugno sul naso.
 
“Cristo!” Gli occhi di Alex sono enormi, la bocca spalancata e sembra essere intrappolata tra stupore e divertimento.
 
“Merda!” Dice Jesse, le mani istintivamente portate al viso, tentando di soffocare il dolore e la rabbia, ed ora impregnate di sangue. “Che cazzo, Piper!”
 
“Pipes, andiamo,” dice Alex severamente, afferrandole il braccio e trascinandola fuori dalla stanza  attraverso gli ospiti ignari e oltre il giardino di Jesse.
 
Ci sono i Rolling Stones nel mangia nastri, suonano qualcosa di tranquillo e malinconico riguardo another mad, mad day.
 
Nessuna delle due proferisce parola per un po’; lasciano che la musica riempia il silenzio. Piper appoggia la fronte al finestrino e le viene in mente che non è mai stata in macchina con Alex alla guida. Hanno sempre preso l’auto di Piper, e non ha mai avuto bisogno di cedere il sedile del guidatore. Ora però, con le palpebre pesanti e la mente annebbiata dalla vodka, decide che le piace. La fa sentire al sicuro, come un bambino che si addormenta sui sedili dietro e si sveglia solo all’arrivo.
 
“Ti porto a casa tua?” Chiede Alex alla fine.
 
“Non posso andarci ubriaca.”
 
Alex sospira. “Non riesci ad entrare di nascosto?”
 
Piper la guarda come a dire “Ma mi hai vista bene?” e le labbra di Alex si muovono appena, come se avesse considerato per un attimo l’idea di sorridere. Per un attimo sono di nuovo amiche.
 
Cazzo, è la sensazione migliore del mondo.
 
“Va bene. Puoi stare a casa mia.” Come se fosse un avvenimento unico e straordinario, come se non l’avessero già fatto un milione di volte.
 
“Ok. Grazie. Mi piace lì.”
 
Alex stringe i denti e non guarda Piper finché non hanno raggiunto l’appartamento. Sale lentamente le scale subito dietro Piper e la sua andatura tremolante da vitello appena nato. Quando entrano, il salotto è buio e vuoto. “Dov’è tua madre?” sussurra Piper; suppone che Diane abbia avuto la serata libera, visto che Alex ha potuto prendere l’auto.
 
“Dorme nella mia stanza,” risponde Alex con voce normale. “Siediti.” Piper si lascia cadere ubbidientemente sul divano. “Ti prendo dell’acqua. E ti sarei fottutamente grata se non vomitassi, ok?”
 
“Ok.” Piper sprofonda nei cuscini dello schienale e fa un profondo e sollevato respiro. Le piace davvero stare lì ed è improvvisamente assalita da un’onda di affetto. “Alex?”
 
“Sì?”
 
“Alex.”
 
“Cosa?”
 
“Sei la mia migliore amica. Ti voglio tanto bene.”
 
“Oh, bene, sei quel tipo di ubriaca,” Alex siede sul divano accanto a Piper, porgendole il bicchiere d’acqua e guardandola con lieve soddisfazione.
 
“Ma lo penso.”
 
“Sono sicura di sì.”
 
“Sei davvero la mia persona preferita.”
 
“Ok.”
 
“E ho paura di aver rovinato tutto.” La sua voce si spezza e fanculo l’alcol, perché nessuno dovrebbe scoppiare a piangere così dal nulla. Le lacrime arrivano in fretta e il suo petto inizia a muoversi incontrollato su e giù, il respiro affannoso e soffocato. “Mi dispiace, mi dispiace tanto…”
 
“Oh, merda, Pipes…” È quella voce. Quella voce da “è proprio da Piper”, piena di esasperazione, e la fa piangere ancora più forte.
 
“Lo so che ti ho ferita. Non volevo. Non pensavo di esserne in grado.” Wow, piangere da ubriachi è bruttissimo. Non smette neanche quando riesce a parlare. Ogni parola umida, tremolante e acuta, come un bambino che non riesce a calmarsi neanche per spiegare il problema. “Ma mi dispiace molto e mi sei mancata tantissimo. Lo sai, vero? Lo sai?”
 
“Lo so.” Alex si avvicina a Piper, sembra allarmata dalla velocità con cui è crollata.
 
“E mi d-dispiace di non averti parlato. Il primo giorno di scuola, quando Jessica qualcosa ti ha presa di mira, volevo venire a parlarti. Ma non l’ho fatto perché sono una codarda cagasotto e mi dispiace di non essermi seduta accanto a te sul bus…”
 
Tutto ciò è accompagnato da un attacco di singhiozzi. Alex la guarda stupita, le labbra quasi formano un sorriso. “Cristo, piccola, stai veramente scavando a fondo con queste scuse, eh?” Le mette una mano sulla nuca. “Avevamo nove anni. Quella te l’ho perdonata.”
 
“Ma sono ancora una stronza egoista codarda,” dichiara Piper tristemente.
 
“E io sono una stronza altezzosa. E dispiace anche a me. Ok?”
 
La stronza altezzosa tira la manica del suo golfino oltre la mano, bloccandola con le dita, raggiunge il viso di Piper e le asciuga le lacrime dalle guance. Per un istante, il cervello di Piper è limpido e incontra lo sguardo di Alex. Lo mantiene.
 
“Al, quando tua madre mi ha chiamata settimana scorsa, ero davvero spaventata.” I muscoli del viso le si contraggono, le labbra tremano e una nuova ondata di lacrime le colpisce il viso. Questa volta non è solo colpa dell’alcol; sembra che le lacrime trattenute tutta la settimana siano finalmente arrivate. “Cioè, davvero, davvero spaventata.”
 
Alex spinge gli occhiali sulla testa, la sua espressione si addolcisce totalmente. “Allora mi dispiace anche di quello.”
 
Un singhiozzo sfugge dalla gola di Piper. Ora sta realmente piangendo e dice a se stessa che è tutta colpa dell’alcol. Si piega di lato e, nello stesso momento, Alex si protende verso di lei; Piper si ritrova con la testa sul suo grembo, a piangere sui jeans scoloriti. Alex le accarezza i capelli, le dita delicate scorrono tra le bionde ciocche e le tracciano percorsi sul collo.
 
Lentamente riesce a controllare e fermare le lacrime, ma non vuole muoversi. Non con Alex contro la sua pelle, non con Alex così vicina e il suo odore così familiare che le fa stringere il cuore.
 
È esausta, ma in senso buono; è improvvisamente travolta da un profondo sollievo nel riavere tutto ciò. Le sembra di tornare a casa.
 
Quando è silenziosa da ormai un po’ di tempo, Alex chiede cauta, “Stai bene?”
 
“Sì.” Piper si gira in modo da guardarla dal basso e, dato che non riesce a trattenere il suo bisogno di affetto, chiede a bassa voce, “Quindi non mi odi?”
 
Quasi distrattamente, Alex sposta una ciocca di capelli dalla fronte di Piper. “No, scema. Ti voglio bene.”
 
Se lo sono già detto in passato, decine di volte, di solito in un tono divertito e non dichiarativo: ecco perché ti voglio bene; oddio, ti voglio troppo bene in questo momento; lo sai che mi vuoi bene.
 
Questo sembra diverso. C’è un significato dietro, e Piper non riesce a smettere di pensarci. Chiude gli occhi perché, cazzo, l’alcol stanca, e perché vuole addormentarsi con Alex vicina, con le sue parole ancora nelle orecchie.
 
Si sveglia con un mal di testa pulsante, i muscoli tremanti e lo stomaco sottosopra. Ma Alex è ancora lì, il resto non conta.
 
È rimasta seduta tutta la notte, il che non deve essere stato molto confortevole, ma le sorride quando vede i suoi occhi aprirsi. “Buongiorno, ubriacona.”
 
“Merda,” dice Piper. “Non volevo addormentarmi su di te.” Tecnicamente lo voleva, ma le piace pensare che la se stessa sobria sarebbe stata più premurosa, nonostante il grembo di Alex sia molto comodo.
 
“Non importa.”
 
La gola di Piper rilascia un lamento e strizza gli occhi per combattere la luce. Avverte la risata di Alex.
 
“Oh, è la prima sbronza di questa bimba? Fammi prendere la videocamera.”
 
“Zitta,” si lamenta flebilmente Piper, scorrendo velocemente i ricordi della sera prima e cercando di ricordare se ci sia qualcosa per cui sentirsi in imbarazzo.
 
Probabilmente tutto. Ma l’ha portata lì, quindi chi se ne frega.
 
“Dai, alzati.” Alex le da un colpetto sulla testa. “Devo fare pipì da tipo un’ora.”
 
“Uff…” Piper si siede, un po’ stordita. “Mi dispiace. Avresti dovuto svegliarmi.”
 
Alex le fa segno di non preoccuparsi e sparisce nel bagno, sgranchendosi il collo mentre cammina. Piper distende i suoi rigidi e tremolanti muscoli. L’appartamento sembra vuoto, il che probabilmente significa che Diane aveva un turno della domenica mattina da qualche parte.
 
C’è un po’ di tensione tra le due; l’impressione è che entrambe si stiano impegnando a non essere imbarazzate, ma Piper ha deciso di accettarla come effetto collaterale di mesi di silenzio e di una riappacificazione che, almeno da un lato, è stata condotta sotto l’effetto di alcolici.
 
Quando Alex ritorna rivolge a Piper un sorrisetto compiaciuto. “Sembri aver bisogno di cibo del dopo sbronza. Faccio un po' di uova. Ti ho lasciato uno spazzolino nel bagno perché ne hai bisogno, senza offesa. Se vuoi fare la doccia, sai dove sono gli asciugamani e il resto.”
 
“Grazie.”
 
Piper si lava i denti per dieci minuti buoni, poi entra nella doccia, sentendosi di nuovo un essere umano appena l’acqua calda le colpisce la pelle. Sente della musica provenire dal salotto, c’è sempre della musica in quell’appartamento. Piper sorride e inclina la testa sotto al soffione.
 
Sta pensando al “ti voglio bene” di Alex, cercando ancora di capirne il peso. Sta pensando alle dita di Alex leggere sulla sua nuca. Sta pensando al pugno a Jesse e al fatto che, probabilmente, l’ha già detto a tutti; ha praticamente lanciato una granata al centro della sua vita sociale. Sta pensando che non gliene frega proprio un cazzo.
 
A Piper non va di rimettere i vestiti sporchi della festa; corre quindi in camera di Alex e trova la maglietta degli Who, che a volte usava quando rimaneva a dormire, e un paio di pantaloni della tuta, che deve tirare su e che le vanno comunque lunghi.
 
Si ferma all’ingresso del salotto e osserva Alex in short, canottiera, scalza e con i capelli scompigliati. Sta facendo le uova e da le spalle a Piper; canta insieme a Bonnie Raitt, sottovoce, come se compensasse il suo essere completamente stonata.
 
Piper inclina e appoggia la testa al muro, in silenzio. Il cuore sembra troppo grande per il suo petto. Il sangue viaggia più velocemente nelle vene.
 
È impulsivo e avventato. Attraversa a grandi passi la stanza fino alla cucina e posa le mani sulla vita di Alex che si gira, le labbra socchiuse pronte a parlare. Piper si avvicina e ingoia qualsiasi cosa Alex stesse per dire. È forse la prima volta che Piper agisce con coraggio.
 
Non è come Piper se lo aspettava, non si era neanche accorta di avere delle aspettative. Non è esitante, incerto e delicato: è un terremoto. Si sono appena sfiorate quando le mani di Alex vanno sul viso di Piper, ricambiando il bacio come se lo stesse aspettando. Le sue labbra sono morbide, più morbide di quelle di qualsiasi ragazzo, ma il bacio non lo è: la lingua di Alex è sfacciata e avventurosa. Una mano rimane sul viso di Piper mentre l’altra finisce tra i suoi capelli. Sanno entrambe di dentifricio e Piper si sente di nuovo ubriaca, ma nel migliore dei modi: leggera, stordita e su di giri.
 
Si allontanano allo stesso momento, si guardano un po’ annebbiate e stupite per mezzo secondo e poi iniziano a ridere.
 
“Dio,” mormora Piper alla fine.
 
Si aspetta domande, incredulità e battutine, invece Alex la guarda intensamente e fa scorrere le dita in fondo alla ciocca di capelli che ancora stringe prima di dire, “Con me non scopi.” La sua voce è grave e severa, ma i suoi occhi la tradiscono – enormi e supplicanti occhi, vulnerabili e pieni di desiderio. “Di solito sono una grande sostenitrice del “Tanto vale sperimentare”. Le ragazze in quella fase sono state un toccasana per me. Ma tu… tu non puoi. Non con me, almeno.”
 
Piper sorride ed emana una corta risata. “Alex. Ho odiato ognuna delle tue ragazze.”
 
“Non sono mai le mie ragazze,” la corregge Alex, come se la sua avversione verso le etichette la cosa fondamentale in quel momento. Cristo.
 
“Zitta.” Piper la bacia, veloce e morbida, per assicurarsi che l’ordine sia stato recepito. “Non è quello il punto. Intendevo che, ogni volta che vieni a scuola in macchina di qualche ragazza, o ti sdrai su una di loro sugli spalti, o vieni beccata nella cabina delle luci senza vestiti – smettila di sorridere, stronza – chiamo mentalmente stronze queste ragazze che neanche conosco. È una cosa che odio. È ridicola. Tu sei ridicola.”
 
Alex ride prevedibilmente compiaciuta. “È un’argomentazione abbastanza convincente.” Il suo pollice scorre lungo la curva dello zigomo di Piper. “Dammene un’altra.”
 
Lentamente, gli occhi e l’espressione di Piper diventano più seri. “È che… tu mi conosci. Penso tu sia l’unica persona a farlo. A cui lo lascio fare.” Scrolla le spalle timidamente. “Penso che sia importante.”
 
“Mi piace conoscerti.” Gli occhi di Alex viaggiano alle labbra di Piper, la lingua inconsciamente inumidisce le sue, ma ancora non si sporge. “Vuoi sentire una cosa stupida?”
 
“Dimmi.”
 
“Mia madre ha sempre pensato che ci saremmo messe insieme.”
 
Per qualche ragione la cosa rende Piper ancora più felice. “Davvero?”
 
“Davvero.”
 
“Tu che hai risposto?”
 
Alex solleva un sopracciglio. “Che sei etero.”
 
Piper si morde il labbro inferiore e distoglie lo sguardo, le guance improvvisamente rosse. “Io… non so cosa sono. Ma so che mi… è piaciuto baciarti.” Torna a guardare Alex. “Va bene?”
 
“Posso occuparmene.” Alex sorride. “Però hai il ragazzo.”
 
“Non è il mio ragazzo,” la imita Piper, utilizzando lo stesso tono usato da Alex poco prima. “Specialmente dopo avergli tirato un pugno.”
 
“Stavi difendendo il mio onore. Più o meno.” Alex sorride a labbra unite. Cazzo, come ha fatto Piper negli ultimi otto anni a non essere distratta da quelle dannate labbra?
 
Alex sembra accorgersi dell’oggetto delle attenzioni di Piper e i suoi occhi luccicano compiaciuti subito prima di inclinarsi in avanti. Stringe delicatamente il labbro inferiore di Piper tra i denti e poi la bacia, più lentamente di prima, come se voglia prendersi il suo tempo, godersi il panorama.
 
Continuano finché l’odore di uova bruciate invade la cucina.

“Dobbiamo parlarne?”
 
“Sì.”
 
“Non era niente serio.”
 
“Sembrava qualcosa di serio.”
 
“Va bene, era solo… normale roba auto distruttiva.”
 
“Normale? Sei seria?”
 
“Non ne vado fiera, ok? Ma la maggior parte del tempo stavo bene. È andato tutto un po’… fuori controllo durante le ultime settimane.”
 

 

 
“Tutto qui?”
 
“Dai, Pipes, vuoi davvero farmi dire perché?”
 
“Sì.”
 
“È… sempre stata lì, sai? La possibilità di… evadere. La scuola mi è sempre sembrata uno spreco di tempo. Le droghe erano sempre… beh, ho sempre saputo di poterle ottenere, se avessi voluto. Non era come se non ci avessi mai pensato, Piper. Cos’altro avrei dovuto fare con la mia vita? Mia madre è sempre fuori a farsi il culo a lavoro e ha a malapena tempo per qualsiasi altra cosa. Io stessa non farò qualcosa di più importante… non sono una persona a cui è concesso avere grandi progetti. Quindi, sì, sono sempre stata tentata di dire, va bè, fanculo.”
 
“Perché proprio ora?”
 
“Cazzo, Pipes, è solo… eri tutto ciò che avevo, ok? Tu e mia madre, ma lei non c’è molto a casa. Eravate le uniche persone da cui non mi sono allontanata.”
 
“I tuoi amici…”
 
“Quali, quelli con cui sedersi a fumare sulle gradinate? Ragazze che vogliono provare quanto sono alternative venendo a letto con me per far incazzare i genitori? Senza offesa.”
 
“Ehi!”
 
“Scherzo. Ma Pipes… all’improvviso eri sparita. E mi sentivo fottutamente sola. E stanca di stare a scuola ad aspettare che venissi a cercarmi per chiedermi scusa. E quando ciò non è successo, ero stanca di pensare che avessi finalmente capito di essere troppo per me.”
 
“Alex…”
 
“Oh, ehi, merda, dai… non farlo. Non piangere, Pipes. Sei stata tu a farmelo dire.”
 
“È che mi dispiace tantissimo.”
 
“Piper, se hai intenzione di obbligarci ad avere questi momenti, dobbiamo stabilire un divieto sulle scuse. Ok? Anche io sono stata un’amica di merda. Facciamo schifo entrambe.”
 

 
“Vieni qui…”
 
“Io ho dei progetti, ok? Progetti che richiedono la tua presenza. Quindi smettila di parlare di allontanarti o, o dire fanculo o qualsiasi altra cosa.”
 
“Mi piace quando fai l’autoritaria.”
 
“Alex.”
 
Quando Diane lo scopre, sorride come a dire “Ma pensa un po’”, il che la fa somigliare follemente ad Alex, e fa una battuta sul tenere la porta della camera aperta d’ora in avanti. Più tardi, abbraccia forte Piper e le sussurra un grazie, dicendo, “Sapevo di poterti ancora chiamare.” Quello è l’unico momento in cui accennano alla recente assenza di Piper dalla vita di Alex.
 
Diane non sembra turbata dall’improvviso riavvicinamento delle due, o dall’improvvisa trasformazione da migliori amiche a fidanzate (che è innegabilmente ciò che sono, anche se Alex ci mette un mese e mezzo prima di usare quella parola).
 
La cosa ancora più strana è quanto Piper non sia turbata. Lei e Alex sono amiche da quasi metà delle loro esistenze, hanno passato più tempo l’una con l’altra di qualsiasi altra persona. Dovrebbero essere imbarazzate, impacciate, invece la vivono come la cosa più naturale del mondo. Come se questo fosse quello che avrebbero dovuto fare sin dall’inizio e stessero combattendo qualcosa di inevitabile.
 
Ricostruiscono le loro giornate l’una attorno all’altra. Piper porta Alex a scuola ogni mattina e Alex l’aspetta vicino alla macchina ogni pomeriggio, finché Piper non finisce le sue riunioni con i club dopo scuola. Licenziata dal supermercato, Alex inizia a lavorare al Sonic, un drive in, e Piper le fa compagnia durante le ore morte, sporgendosi sul bancone e flirtando come un’idiota mentre Alex le da granite gratis. Ci sono momenti in cui sembra di tornare alle medie, indietro a quando non avevano bisogno di nessun altro.
 
(E ovviamente ci sono momenti in cui sembra meravigliosamente adulto.)
 
“Potremmo iniziare stando a casa tua il venerdì. Raddoppierebbe i nostri fine settimana.”
 
“Certo, come no.”
 
“Perché no? Ho passato la notte a casa tua tipo duecento volte.”
 
“Sì, ma ora i miei genitori non permetterebbero mai – oh. Oh.”
 
“E dicono che sia tu quella intelligente.”
 
“Non ci ho nemmeno mai pensato.”
 
“I vantaggi della lesbica non dichiarata.”
 
“Non sono lesbica.”
 
“Come ti pare. Il tuo vantaggio sono i pigiama party senza destare sospetti.”
 
“Mi piace.”
 
“Bene. Il tuo letto è più grande.”
 
“Oh, improvvisamente non ti piace stare vicine, Miss vieni ad essere il mio cucchiaino?”
 
“Usare il mio essere adorabile contro di me. Va bene.”
 
“Ti da fastidio?”
 
“Sì, Piper, mi ferisce nel profondo. Sono adorabile per te.”
 
“No, non quello. La cosa del… non essere dichiarata.”
 
“No. Ho incontrato i tuoi genitori. Non vorrei che sapessero che io sono gay. Figuriamoci tu.”
 
“E a scuola?”
 
“Ti ho detto che va bene così. Anche se mi piacerebbe ripetere la cosa nella cabina – ”
 
“Smettila.”
 
“ – lo direbbero ai genitori, i loro genitori lo direbbero ai tuoi. Circolo vizioso di merda. Lo capisco.”
 
“Ma?”
 
“Ma cosa?”
 
“Hai una faccia...”
 
“Capisco perché tu voglia mantenere il segreto. Lo capisco, Pipes. È che… ti rende più facile allontanarti da me.”
 
“Oddio, Al, la finisci con questa storia? Non vado da nessuna parte.”
 
“Eccetto ad un lussuoso college del cazzo in un altro stato.”
 
“Cosa? Manca ancora un anno. Perché ci stai anche solo pensando?”
 
“Oh, come se tu non ci stessi pensando.”
 
“In realtà, posso dire in tutta onestà di non aver mai pensato meno all’università.”
 
“Ah, sì?”
 
“Già.”
 
“Sono proprio una cattiva influenza.”
 
“Merda. Odio dar ragione ai miei.”

Dopo otto anni di amicizia, Piper pensava di non aver più nulla da imparare su Alex Vause. Eppure fa nuove scoperte ogni giorno.
 
Alex sorride durante i baci. Sa di sigarette e zucchero. Ha un tatuaggio sulla spalla sinistra, fatto un paio di settimane dopo la litigata (Piper è di malumore finché Alex non le promette di farsi accompagnare per il prossimo). Le piace toccare i capelli di Piper.
 
Dopo solo qualche giorno dal suo ritorno a scuola, Piper capisce finalmente perché Alex viene beccata spesso in cabine delle luci e ripostigli delle scope.
 
Non è sicura se Alex sia sempre stata così, e lei fingeva di non vedere, o se un interruttore è stato toccato la prima volta che si sono baciate. Perché, porca troia.
 
Alex è pura seduzione. A Piper basta una minima cosa per andare fuori di testa, anche se sono in mensa o si incrociano nei corridoi. Quando alza un sopracciglio, quando si morde le labbra. A volte basta solo uno sguardo, i suoi occhi sono maliziosi e audaci e fanno scintille.
 
Alex va di nuovo a scuola tutti i giorni, ma salta ancora le lezioni e passa la maggior parte del suo tempo a fumare sugli spalti. Un giorno Piper è ad inglese avanzato e sta ascoltando l’insegnante scorrere punto per punto un esempio di saggio d’esame, quando Alex passa davanti allo stretto vetro rettangolare sulla porta dell’aula.
 
Incrocia lo sguardo di Piper, le labbra unite accennano un sorriso, e le fa l’occhiolino. Poi prosegue.
 
Dio.
 
Piper alza velocemente la mano e chiede di andare in infermeria.
 
Quando esce nel corridoio, Alex è tre metri più avanti ad aspettarla. Inizia a camminare non appena Piper appare, senza guardare indietro, e Piper la segue a distanza, trepidante. Poi entra nello spogliatoio femminile come se avesse tutte le ragioni di stare lì.
 
Alex è felicissima di aiutare Piper a marinare la scuola per la prima volta, chiamandola assenteista tutto il giorno e sembrando così soddisfatta di se stessa da risultare ridicola.
 
Dopo quella volta, inizia a porsi delle sfide.
 
Come la mattina che Piper la va a prendere per andare a scuola, la loro nuova routine, e Alex si rifiuta di toccarla. Non le da il bacio di buon giorno, non gioca con i suoi capelli mentre guida. Sorride normalmente, ma Piper sta ancora cercando di capire cosa ci sia che non va quando raggiungono il parcheggio della scuola. Si piega verso di lei, per provare, e Alex si scansa abilmente. Non riesce a nascondere un ghigno e Piper capisce che ha un piano.
 
Ruotando gli occhi e sospirando, Piper inizia a spegnere l’auto, ma Alex dice innocentemente, “Aspetta, voglio sentire il resto di questa canzone.”
 
È una delle cassette di Piper, ad Alex non piace neanche Fiona Apple, ma Piper evita di sottolineare la stronzata. Quindi rimangono sedute in auto, mentre gli altri studenti vagano e si dirigono all’interno della scuola. Piper guarda Alex. Alex guarda l’orologio.
 
A cinque minuti dalla prima campanella, il parcheggio è quasi vuoto, Piper spegne finalmente l’auto e afferra il suo zaino dai sedili dietro. “Devo andare o farò tardi.”
 
Alex annuisce, poi la strattona bruscamente dalla parte anteriore della giacca e la bacia profondamente, con la lingua. È un bacio da scarica elettrica, e Alex lo sa, ma si allontana troppo presto e, prima che Piper possa prendere fiato, fa scivolare una mano lungo la sua gamba, premendo con le dita sull’unione delle sue cosce attraverso i jeans.
                                                                                                                        
Piper si fa sfuggire un gemito che potrebbe o meno contenere le sillabe del nome di Alex.
Alex sorride, appoggia il gomito libero sulla radio, utilizzando la mano per reggere il mento, e guarda Piper con sguardo malizioso e vago. Perfido, con la giusta luce. Le dita aumentano il ritmo e la pressione, ma la stuzzicano soltanto, portano Piper al confine senza mai lasciarglielo varcare.
 
Debolmente, Piper riesce a pensare che dovrebbe andarsene prima di raggiungere il punto di non ritorno, prima che Alex vada per il contatto diretto. Mormora una protesta a malincuore, “Andare… classe,” ma non la sostiene con alcun movimento per allontanarsi. Alex le si avvicina, circondandole la base della mascella con le labbra.
 
Raggiunge poi il bottone dei jeans e lo sbottona abilmente al primo tentativo, facendo scivolare la mano all’interno dell’elastico dei suoi slip. Piper cerca invano di soffocare il gemito di piacere, non vuole darle soddisfazione. Alex le apre un po’ le gambe e con un solo dito fa movimenti circolari, fin troppo deboli, sul suo clitoride. Piper inarca la schiena, quando all’improvviso Alex le da un minuscolo bacio sulla guancia e rimuove la mano dall’interno dei pantaloni.
 
“La campanella dei due minuti è appena suonata,” la informa Alex a voce bassa. “Io posso saltare la prima ora… ma tu potresti ancora farcela.”
 
Piper chiude gli occhi, inspirando profondamente e affannosamente, poi rivolge lo sguardo verso Alex.
 
Ha chimica avanzata alla prima ora e un test fra tre giorni.
 
“Stronza,” dichiara a denti stretti e con voce profonda, prima di afferrarle il polso e rimettere la mano dov’era poco prima. Il viso di Alex si illumina trionfante.

 “Da quanto lo sapevi?”
 
“Oh mio dio, ego.”
 
“No, dai, voglio saperlo sul serio.”
 
“Vuoi solo sentire della lesbica adolescente che va dietro alla sua presumibilmente etero migliore amica. La solita storia.”
 
“Ehi, caso mai, è il contrario. Ho fatto io la prima mossa.”
 
“Già, già. E tu mi venivi dietro?”
 
“Probabile. Inconsciamente.”
 
“Decisamente. Ricordo quando al secondo anno sei entrata furiosa in casa mia per colpa di Liz Moony.”
 
“Non mi piace tuttora. Si è rivelata del tutto inutile quando ti stavo cercando quella volta.”
 
“È perché mi conosce a malapena.”
 
“Che classe.”
 
“Preferiresti che restassi amica di tutte le mie ex?”
 
“Pensavo non fossero ex.”
 
“Non sono le mie ex-ragazze. Ex-conquiste? Direi di sì.”
 
“Uff, ok, smettila di parlare.”
 
“Ehi. Ricordi cosa ti ho detto quel giorno?”
 
“Che giorno?”
 
“Quando mi hanno sospesa e tu mi hai fatto una scenata per Liz Moony.”
 
“Cosa mi hai detto?”
 
“Ho detto che non siamo mai state il tipo di amiche che parlano di appuntamenti e sesso – “

“Perché tu hai fatto una scenata a me quando ho baciato Cody Lionel. Avevamo dodici anni. Quindi tu mi venivi dietro da prima – “
 
“Ego. Non intendevo quello.”
 
“Va bene. Dimmi.”
 
“Ho detto che, anche se non ti avessi informata di ognuna delle ragazze a caso con cui mi fossi frequentata, te l’avrei detto quando ci sarebbe stato qualcuno di importante.”
 
“Sì…”
 
“Beh. Te lo sto dicendo.”
 

 

 
“Riesci a essere sorprendentemente sdolcinata. Se dovesse venirsi a sapere, la tua reputazione sarebbe rovinata.”
 
“Mi farò un altro paio di tatuaggi per pareggiare le cose.”
 
“Al?”
 
“Sì?”
 
“Te lo sto dicendo anch’io.”

 L’estate prima dell’ultimo anno è all’insegna della musica rock, del caldo afoso e degli short peccaminosamente corti di Alex.
 
Bevono shottini di tequila direttamente dalla bottiglia e fanno sesso sul tetto dell’appartamento di Alex. Aspettano che i genitori di Piper si addormentino e vanno a nuotare in piscina, lanciando via i costumi da bagno (una volta Cal accompagna un gruppo di amici fuori, ma Piper gli urla contro così forte che non superano il portico). Bevono milkshake e girano senza meta con la macchina di Piper per ore, con Alex che si occupa della musica e fuma fuori dal finestrino aperto, finché non trovano una strada isolata in cui accostarsi e strisciare sui sedili posteriori.
 
Vanno al Friendly a mangiare con la mamma di Alex durante le pause. Piper porta dei libri al Sonic e siede ai tavolini esterni, leggendo e scopando Alex con lo sguardo ogni volta che passa. Piper lavora come animatrice al campo estivo per due settimane e gli ultimi giorni sta praticamente fremendo – al suo ritorno guida dritta a casa di Alex e non lascia il suo appartamento per ventiquattro ore.
 
A diciassette anni, Piper e Alex sono innamorate. Piper e Alex sono felici.
 
Ci sono momenti durante i quali nessun altro essere vivente sembra rilevante. Rimangono sveglie quasi tutte le notti come se raddoppiasse il tempo a loro disposizione quell’estate, ma finiscono comunque per dormire fino a mezzogiorno.
 
I risultati del test di ammissione di Piper arrivano. Sono buoni, ma suo padre vuole che rifaccia l’esame prima di mandare le domande di ammissione ai college. Non lo dice ad Alex. Come non le dice delle brochure che iniziano ad arrivare con la posta.

Quando a Settembre arriva l’ultimo primo giorno di superiori, Piper desidera poter accarezzare i capelli di Alex o baciarla davanti agli armadietti. Non c’è nessuna vera ragione per non farlo; passano tutto il tempo insieme, e i vecchi amici di Piper concordano che probabilmente stanno insieme.
 
Ma una parta di Piper è ancora codarda. Si è allontanata dalla maggior parte delle persone con cui deve fingere, ma non riesce ad allontanarsi dalla sua famiglia. Non è ancora pronta per distruggere l’immagine che i suoi hanno di lei.
 
E non è solo che Alex è una ragazza. È che Alex è Alex.
 
Litigano a volte, stupidi piccoli litigi su Alex che salta le lezioni o su Piper che dice per sbaglio qualcosa con fare da moralista o di superiorità. Sono litigi veloci e solitamente finiscono con loro che ridono o che limonano, incapaci di fingere a lungo serietà, ma ultimamente stanno aumentando. Nessuna delle due lo dice ad alta voce, ma entrambe sanno cosa sta per succedere.
 
Piper si immerge nel primo semestre dell’ultimo anno, più disperatamente di quanto abbia fatto con l’estate. Si immerge nello sgattaiolare negli spogliatoi o nei ripostigli delle scope tra una lezione e l’altra, si immerge nelle battute di Alex sulla cabina delle luci e di come ce la porterà un giorno. Si crogiola nel tragitto da e per andare a scuola, nell’avvinghiarsi ad Alex sul divano mentre legge letteratura avanzata, nelle volte che Alex va a vederla giocare a tennis e si appoggia sorridendo alla recinzione, indossando la sua giacca di pelle. Ogni volta che Piper deve recuperare la pallina dal suo lato, cerca il suo sguardo e le sussurra, “Falle il culo, piccola.”
 
Piper non accenna mai ai saggi di ammissione che sta scrivendo, ai moduli che sta compilando. Qualche fine settimana va fuori città a visitare dei campus ma Alex non fa domande quando rientra. È più facile così.
 
Ma a gennaio iniziano ad arrivare le lettere di ammissione.
 
Arrivano prima quelle della seconda e terza scelta, e non lo dice ad Alex.
 
Ma il giorno che arriva la busta dalla Smith, Alex va a casa con lei.
 
È grande e pesante, il tipo di busta che contiene un “Congratulazioni!” e un sacco di informazioni per l’iscrizione.
 
Il sorriso di Piper è immediato ed enorme; per un secondo smette di pensare ad Alex che sta lì in piedi alle sue spalle.
 
Ha lavorato sodo per ottenerlo e in ogni caso lo desidera.
 
“Pipes, ehi. È fantastico. Te lo meriti tantissimo.” Le parole sono troppo formali, per niente naturali, poi la abbraccia. Quando si allontanano Alex sta sorridendo, ma quello sguardo è intrappolato nei suoi occhi. Quello del giorno alle gradinate, il loro litigio più grande, quello a cui Piper ripensa ogni volta che pensa di andarsene.

Piper trova le parole giuste per parlarne e preparano un piano nato dalla necessità.
 
Sono solo poche ore di auto.
 
Verrò durante alcuni fine settimana e tua madre ha già detto che può prestarti la macchina qualche volta…
 
Devo vivere nei dormitori per un anno, forse due, mentre ancora i miei staranno pagando. Ma troverò un lavoro part time lì, metterò da parte i soldi.
 
Tu lavori per un anno, io lavoro per un anno… per il secondo anno avremo un appartamento fuori dal campus.
 
E ci vedremo sempre anche prima di allora.
 
Alex annuisce e annuisce e cerca di ridere, e le assicura di non essere preoccupata. Ma i suoi sorrisi sono rigidi, le battute forzate, e sempre più spesso rimane a lungo in silenzio.
 
Piper finisce le rassicurazioni e le spiegazioni, perché sa che non è solo la distanza: è la questione college, il fatto che Piper si costruirà una vita che non include Alex. Una vita che ad Alex non viene offerta.
 
Le ci è voluto tantissimo per comprendere le insicurezze di Alex; è difficile ricordare che ne abbia. Alex le è sempre sembrata così forte, anche quando da bambine rispondeva a Jessica Wedge. Sono passati anni da quando Alex ha mostrato di essere infastidita da ciò che non ha. Perché Alex Vause è sempre stata interessante. Piper ricorda a dodici anni quando sperava che la cosa fosse contagiosa, sperava che la sua sicurezza da figlia di una rock star potesse essere imparata.
 
Ma poi, durante una delle miriadi di conversazioni dopo il bacio che ha scosso il mondo, ha accennato a Piper di pensare di non meritarla.
 
Piper non riesce proprio a capire da dove nasca quel pensiero. Ci pensa molto in questi giorni, ma non riesce a capire come sistemare le cose.
 
“Ricordi il mio primo giorno di scuola?”
 
“Ti prego, no.”
 
“Non sto cercando di farti venire una crisi di coscienza, scema. Sto provando a essere nostalgica.”
 
“Che c’è da essere nostalgici? Non sono venuta a parlarti.”
 
“No, ma mi fissavi un sacco.”
 
“Mi sentivo in colpa!”
 
“Nah, mi stavi solo fissando. Io penso che già sapessi, anche allora. Sapevi cosa provavi, Pipes.”
 
“Se ti sei accorta che ti fissavo è perché anche tu mi prestavi molta attenzione.”
 
“Merda. Non mi sorprende che tu vada al college.”
 

 
“Ho rovinato il momento?”
 
“No. Da che parte va la nappina?”
 
“Ha importanza?”
 
“Sì. Ha un significato specifico ma non mi ricordo.”
 
“Farai meglio a scoprirlo Pipes. Altrimenti ti revoco il diploma.”
 
“Ti odio.”
 
“No, non è vero.”
 
“No, non è vero.”
 
C’è qualcosa di disperato in quell’ultima estate, completamente l’opposto dell’estasi di quella precedente. Il tempo scorre fin troppo velocemente, correndo verso il momento in cui tutto cambierà.
 
Il quattro luglio salgono sul tetto di Alex a guardare i fuochi d’artificio nella distanza e accendono una scatola di stelline che Alex ha preso a una bancarella. Sono sdraiate su una coperta, Piper tiene la testa sullo stomaco di Alex e regge verso il cielo un sottile bastoncino che spara scintille. Una a una le guardano consumarsi. Quando la scatola è vuota tutta la bellezza della serata sparisce, dividono una bottiglia e mezza di vino, arrivando all’ubriachezza, e il sesso è affrettato e agitato.
 
La mattina dopo si svegliano con i postumi nel letto di Alex e Diane ride di loro prima di fare il caffè.
 
Alex aspetta che sua madre esca per andare a lavoro prima di consegnare una busta a Piper.
 
“So che è la settimana prima della tua partenza,” dice cauta mentre Piper la apre. “Ma… verrai con me?”
 
Piper fissa i due biglietti per il concerto dei Death Maiden, fissato per tre settimane dopo, e la prima cosa che fa è preoccuparsi, non sapendo nemmeno lei perché. “Tua mamma lo sa?”
 
“No. Quando ero piccola ha fatto qualche concerto in città vicine e non mi ci ha mai portata. Quindi non so.” Alex gioca nervosamente con gli occhiali. “Pensavo di andare per conto mio la prima volta e poi dirlo anche a lei.”
 
Piper annuisce distrattamente, pensando a quanto sia insolito per lei nascondere qualcosa a Diane. Dimentica che tecnicamente Alex sta ancora aspettando una risposta, finché non insiste, “Quindi verrai?”
 
“Oddio, scusami, sì, certo Al. Lo sai che verrò.”
 
Alex sorride sollevata. “Grande!” Poi, con troppa nonchalance, “Sarà figo, no? Vedere la sua band.”
 
“Sì, una figata.” Appoggiandosi ad Alex sul divano, Piper è sicura di non sembrare sincera. Di solito viene beccata, ma qualsiasi cosa abbia a che fare con suo padre, rende difettoso il rivelatore di stronzate di Alex.
 
Piper si sente improvvisamente molto ma molto spaventata per lei.
 
La data del concerto cade una settimana prima della partenza di Piper, il che è una benedizione visto che è tesissima.
 
Qualche ora prima di avviarsi, Piper si stende sul letto di Alex guardandola angosciarsi in silenzio su cosa indossare.
 
“E la giacca bianca di pelle?” la stuzzica dopo un po’.
 
Alex la guarda storto. “Ti dico troppe cose, cazzo.”
 
Sono tre ore di viaggio. Alex ascolta cassette della band e non parla molto, gioca distrattamente con la mano di Piper sul cambio e occasionalmente fuma, ma Piper avverte l’ansia dell’aspettativa che emana.
 
Dal canto suo, il suo stomaco sembra pieno di pietre. Alex è nervosa, ma non è nervosa per lui, per come sarà, quindi Piper trasporta quella paura per entrambe.
 
Non c’è mai stato spazio per il realismo o il buonsenso quando si è trattato di questo. L’opinione di Alex su suo padre non è neutrale, non è oggettiva e, anche se è un po’ triste, la cosa è sempre stato innocua. Ma ora stanno guidando verso una persona reale invece dell’idea astratta di un dio del rock. Piper si sta mordendo l’interno della guancia e si chiede se sia ora di dire qualcosa per abbassare le aspettative. Soltanto dirlo ad alta voce, iniziare una frase con “Sai, anche se non sarà ciò che ti aspetti…”
 
Ma la codardia di Piper le trattiene le parole in gola, non importa quanto siano caute e ipotetiche. Non può essere lei a insinuare il dubbio in Alex.

Arrivano al locale abbastanza presto da riuscire ad avvicinarsi al palco e una volta arrivate, Alex afferra la mano di Piper e non la lascia più.
 
C’è una band di apertura e Piper sente Alex tremare, quindi si mette dietro di lei e le circonda la vita con le braccia, mettendosi in punta di piedi per baciarle il collo. La musica è pesante, i suoni metallici sembrano esplosioni ma Piper inizia a muovere il corpo contro quello di Alex e lentamente avverte un po’ della tensione lasciare i suoi muscoli. Prima della fine della sequenza anche Alex si sta muovendo insieme a lei, porta le mani lungo le gambe e fino ai fianchi di Piper, inclinando la testa per rubarle i baci. Per un po’, sembra un concerto qualsiasi.
 
Non appena la band ha finito Alex torna a irrigidirsi, fissando ansiosamente lo staff che cambia gli strumenti, come se, distogliendo lo sguardo, avesse paura di perdere l’esatto momento in cui il padre sarebbe salito sul palco. Piper le prende di nuovo la mano, stringendola dolcemente.
 
E poi è lì, un musicista invecchiato seduto dietro alla batteria e quando Alex sussurra, “Guarda!” sembra una bambina emozionata. Piper si volta a guardarla e istantaneamente il suo cuore si ferma; il sorriso di Alex è sbalorditivo e pieno di luce. Sta fissando il palco come se contenesse il significato della vita.
 
Piper distoglie lo sguardo per posarlo su Lee Burley, che sta suonando rabbiosamente un ritmo che le fa battere i polmoni sulle costole. Tenta di inquadrare quell’uomo pieno di tatuaggi e con la maglietta strappata come padre di Alex.
 
Alex lo guarda come una specie di divinità e Piper non è da meno, perché chiude gli occhi e improvvisa una preghiera verso di lui.
 
Per favore vali qualcosa. Per favore sii almeno una frazione di ciò che lei si aspetta.
 
“È fantastico, vero?” le urla Alex vicino all’orecchio. Piper apre gli occhi per guardarla e riceve il solito sguardo pieno di trepidazione e nervosismo, come se ciò che pensa sia davvero importante. All’improvviso hanno di nuovo nove anni e sono nella camera di Alex ad ascoltare musicassette, Alex ansiosamente in attesa dell’approvazione di Piper.
 
Piper sorride e annuisce, sfiorandole dolcemente il viso con le nocche.
 
Per favore sii almeno gentile.
 
“Vuoi che venga con te?”
 
“Uhm. No. Non ancora. Vado prima a incontrarlo da sola e poi torno a prenderti, ok?”
 
“Sì, certo, come preferisci.” Piper si sforza di sorridere, combattuta tra delusione, preoccupazione ed egoistico sollievo. “Prenditi tutto il tempo che vuoi, ok? Io rimango in macchina.”
 
“Grazie.” Alex sorride; è stato tutto stabilito, ma non si muove.
 
“Ehi…” Piper porta alla bocca la mano di Alex e la bacia. “Andrà tutto bene.”
 
È il momento di dire qualcosa. Di aggiungere, “Non importa quello che dirà.” Ma non lo fa.
 
Presto, fin troppo presto, riconosce Alex camminare velocemente attraverso il parcheggio fino alla macchina.
 
Piper lascia il posto del guidatore e le va incontro, sperando contro tutte le sue aspettative che Alex sia solo uscita per portarla dentro, che stia per presentarla a suo padre la rock star. Ma l’espressione di Alex è risolutamente calma, scuote solamente la testa e apre lo sportello del passeggero, “Possiamo andare.”
 
Piper torna lentamente in macchina, la gola tanto stretta da farle male. Non sa cosa fare, se spingere Alex a parlare o lasciarla stare. Alla fine, decide che non dire niente sarebbe strano. Gentilmente e comprensiva chiede, “Al, che è successo?”
 
Alex è stravaccata sul sedile, le mani nelle tasche della giacca, come se cercasse di rimpicciolirsi il più possibile. Il viso è forzatamente inespressivo. “È proprio quello che ti aspetteresti da un deprimente musicista sorpassato di merda. Non penso che ci sia molta saggezza paterna da raccogliere. Cazzo, potresti guidare?”
 
Piper obbedisce e avvia l’auto. Dalle casse iniziano a suonare a tutto volume i Death Maiden e Alex raggiunge lo stereo e schiaccia il tasto di espulsione rabbiosa. Piper non dice nulla mentre Alex srotola il filo dalle bobine della cassetta e, una volta uscite dal parcheggio, abbassa il finestrino lanciando fuori ciò che ne rimane.
 
Viaggiano in silenzio totale per dieci minuti, la quiete rotta soltanto dallo sporadico sospiro di rabbia di Alex.
 
Alla fine Piper prova di nuovo, esitante, “Vuoi dirmi cos’è successo?”
 
“No, voglio che mi porti a casa.”
 
“Al, è tutto ok…”
 
“No, non lo è!” Sbotta lei, sembra proprio furiosa. “Non è tutto ok, Piper. Sono stata un’idiota, lo sapevi? Lo hai sempre saputo che sembro una fottuta stupida ogni volta che parlo di lui?”
 
“Certo che no! Alex, dai, che è successo? Che ha fatto?”
 
“Lui… lui…” Il viso di Alex si riempie di infantile devastazione e una risata corta e umida si libera nell’auto. “Ha detto che ho un bel paio di tette.”
 
“Cosa?!”
 
Alex scuote la testa velocemente, apre la bocca per continuare ma scoppia in lacrime.
 
“Alex!” urla Piper prima di riuscire a trattenersi. Lo dice allarmata quanto lo sarebbe se Alex fosse appena caduta o avesse appena gridato dal dolore.
 
Non l’ha mai vista piangere e l’ha vista solo due sull’orlo delle lacrime: una volta il primo giorno di scuola, in quarta elementare, e la seconda volta dopo la loro litigata al terzo anno.
 
Ma ora Alex tiene il viso tra le mani, ansima e singhiozza. Piange rabbiosa, come se il suo corpo la stesse tradendo.
 
Piper avverte il corpo vuoto e la mente annebbiata dal panico. Accosta con la macchina in un parcheggio vuoto del Chili e rimuove le chiavi dal cruscotto. Quando si rende conto che sono ferme, Alex riesce a farfugliare, “Piper, per favore, guida, guida e basta…”
 
Ma Piper la ignora. Esce dall’auto e raggiunge il lato del passeggero, apre la portiera e abbraccia Alex impacciata che, nonostante le proteste, si abbandona completamente tra le sue braccia.
 
Presto si calma; Piper non direbbe che stia ancora piangendo se non sentisse le lacrime scenderle lungo il collo e il modo in cui il corpo di Alex trema. Trattenendo le sue lacrime, una reazione naturale a quella situazione, Piper preme le labbra contro i capelli di Alex e la stringe forte.
 
Dopo qualche minuto, Piper sussurra, “Chi sei non ha niente a che fare con lui, ok? Non l’ha mai fatto. Non ne hai bisogno.”
 
Non è sicura che sia la cosa giusta da dire, ma Alex stringe la presa e scivola di lato come se stesse cercando di avvicinarsi ancor di più. Poi, a voce bassa e profonda, bisbiglia contro la sua clavicola, “Non andartene, ti prego.”
 
Il petto di Piper si stringe; sa che Alex non lo direbbe mai in un altro momento, non smetterebbe mai di fingere di non essere preoccupata della sua partenza. Piper le bacia la tempia e dice, “Sono qui,” anche se entrambe sanno che non è ciò che Alex intendeva.

Tornano all’appartamento e Piper la guarda disfarsi di tutti i poster e distruggere tutte le cassette dei Death Maiden. La lascia sfogarsi finché non inizia ad accanirsi anche su quelle degli altri artisti.
 
“Ehi, ehi… cosa stai facendo? Non prendertela con tutta la musica del mondo.”
 
Gli occhi di Alex sono rossi e gonfi, le sue mani continuano a stringersi in pugni. “Perché no? Sono sicura di aver iniziato ad ascoltarla perché tipo… pensavo che l’avrebbe colpito o qualcosa del genere. Che cazzo di stupida.”
 
“Probabilmente tua madre te la faceva ascoltare da molto prima che sapessi cosa fosse una “rock band”. Tuo padre non possiede un’intera era musicale.” Piper osserva Alex che non sembra voler controbattere, quindi le sorride e la stuzzica, “E poi, a essere onesti, i Death Maiden non sono mai stati i miei preferiti.”
 
Questo provoca in Alex un sorriso esausto. “L’avevo immaginato. Non è proprio il tuo genere.”
 
“No, decisamente.” Piper rovista nel mucchio finché non trova una cassetta etichettata “Pipes #5” nella calligrafia disordinata di Alex. La infila nel mangianastri e schiaccia play.
 
Whenever I’m alone with you, you make me feel like I am home again.
 
“Tu e i Cure,” dice Alex, scuotendo leggermente la testa ma sorridendo. Si sdraia sul letto e fa cenno a Piper di raggiungerla.
 
Piper percorre gattonando il materasso e si mette sopra Alex, baciandola appassionatamente. Poi si sposta sul fianco e appoggia la testa sul petto di Alex. Rimangono lì intrecciate ad ascoltare, insieme.

La macchina è carica. Saluta i genitori, sua nonna e Cal, ma invece di guidare verso l’autostrada va da Alex.
 
Lei la aspetta fuori, sulle scale metalliche, e corre all’interno dell’appartamento quando Piper entra nel parcheggio. Mentre esce dall’auto, Alex e Diane scendono insieme le scale.
 
Diane abbraccia Piper forte e a lungo. “Fai la brava, piccola. Divertiti, ma non troppo altrimenti poi non torni più a trovarci, ok?” Le fa l’occhiolino e Piper guarda Alex mentre dice che non succederà. Sente di doverlo promettere altre cento volte.
 
Mentre si dirige verso casa per lasciarle sole, da una pacca rassicurante sulla spalla della figlia.
 
Rimangono in silenzio per un attimo, insicure di come iniziare. Poi Alex consegna a Piper un sacchetto pieno di cassette. “Ho fatto i calcoli. Durano esattamente quanto il tuo viaggio. E mi ci è voluto un sacco di tempo, quindi vedi di ascoltarle in ordine. Ci ho anche messo un po’ di quella musica da ragazze che ti piace tanto.”
 
“Immagino sia stata dura per te.”
 
Di nuovo silenzio. Piper improvvisamente pensa che tutto questo sia molto stupido; Alex può trovare facilmente lavori miseri anche a Northampton. Per un secondo Piper vorrebbe chiederle di prendere un po’ delle sue cose e di andare con lei.
 
Ma Alex non può stare nel dormitorio con lei e comunque non è quello il piano. Lavorare un anno. Risparmiare. Appartamento fuori dal campus.
 
“La pausa autunnale è tra un mese e mezzo,” dice Piper in mancanza di idee migliori. “Ma potrei tornare tra qualche settimana per la festa dei lavoratori.”
 
“Piper.” Quel sorriso. Quel sorriso da “è proprio da Piper”, più spento del normale. “È tutto ok, davvero.” Esita, “Non te l’ho detto, ma… quel tizio che ho conosciuto al concerto di mio – al concerto mi ha chiamata. Ha detto che forse mi trova un lavoro.”
 
“Davvero? Che lavoro?”
 
“Non lo so di preciso, ma… sembrava essere pieno di soldi. Conta solo l’appartamento, giusto?” Alex sorride ma c’è qualcosa di strano nel modo in cui evita di incrociare il suo sguardo.
 
“Ma non ha niente a che fare con, sai… tuo padre, vero?”
 
“Oh, no, col cazzo. Niente di simile.”
 
Piper vorrebbe farle più domande, ma è preoccupata che Alex lo abbia accennato solo per cambiare argomento. E comunque deve davvero andare. “Beh, meglio. Tienimi informata.” Appoggia le cassette sul cruscotto e torna da Alex. “Ti chiamo quando arrivo.”
 
“Lo so.”
 
“E tutte le volte che posso.”
 
“Lo so.”
 
“Saranno solo poche settimane – “
 
“Pipes, lo so, ok?” Alex ride di lei. Porta gli occhiali sopra la testa. “Baciami e basta.”
 
Lo fa.
 
Quando si allontanano, Alex non ride più. Piper cerca di non piangere.
 
“Non correre alla cabina delle luci con un’altra ragazza.”
 
“Ecco saltati i miei programmi per stasera.”
 
“Cazzona.”
 
“Che schifo.”
 
“Baciami di nuovo.”
 
“Insaziabile…”
 

 

 
“Ti amo.”
 
“Sì, lo so.”
 
“Che stronza.”
 
“Ti amo anch’io. Vieni qui.”
 

 

 

 
“Ok, è troppo deprimente. Devi andare, Pipes.”
 
“Fottiti.”
 
“Non so se abbiamo tempo…”
 
“Alex. Sei capace di essere seria?”
 
“Piper, sto provando con tutte le mie forze a non crollare, ok? Lasciami fare le mie battute e doppi sensi.”

“Scusami.”
 
Alex la tira a se, sfiorandole il naso con il suo, poi la bacia, forse nel modo più delicato in cui Piper sia mai stata baciata. “Ti amo davvero,” sussurra Alex, le parole le scivolano sulla pelle. Poi si solleva, rimette gli occhiali a posto e dice piano, “Ora vai.”
 
Piper annuisce, la gola troppo stretta per parlare, afferra la busta con le cassette ed entra nell’auto.
 
Questa è la parte che temeva più di tutte le altre: allontanarsi da Alex e vedere quello sguardo mentre il suo viso si rimpicciolisce nella distanza.
 
Continua a fissarla dal parabrezza. Sta indossando la maglietta dei Cure e Piper si chiede se l’abbia fatto di proposito. Mette la retro, esce dal parcheggio e finalmente si allontana dall’appartamento di Alex.
 
La sua vista è offuscata e probabilmente è pericoloso guidare, ma non è sicura che ritroverebbe la forza per andare via una seconda volta. Quindi sbatte le palpebre e continua a guidare, dirigendosi verso la vita che si aspettano tutti che viva, ma senza alcuna intenzione di escludere Alex.
 
Ha già percorso un chilometro e mezzo quando si ricorda delle cassette. Ognuna di esse ha un numero scritto sull’etichetta, quindi Piper fa partire la #1.
 
È la stessa canzone che stavano ascoltando nella camera di Alex la settimana prima, ma inizia in mezzo al ritornello.
 
However far away, I will always love you.
 
Piper sorride.

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