Ovviamente... impossibile?

di ellephedre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio 1 - Incontrarsi ***
Capitolo 2: *** Episodio 1 - Incontrarsi - Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Episodio 2 - Conoscersi sulla neve ***
Capitolo 4: *** Episodio 3 - Se solo... ***
Capitolo 5: *** Episodio 4 - Dimenticare e ritrovarsi ***
Capitolo 6: *** Episodio 5 - Eterna melodia ***
Capitolo 7: *** Episodio 6 - Rivalutarsi ***
Capitolo 8: *** Agosto 1997 - Morta una seconda volta ***



Capitolo 1
*** Episodio 1 - Incontrarsi ***


Ovviamente ... impossibile?

 

Note: questo è ... un esperimento? :)

Andando avanti con l'altra mia fanfic (Verso l'alba) mi rendevo conto che avevo in mente tutta una serie di comportamenti o momenti che potevano essere accaduti tra Rei e Yuichiro nei quattro anni precedenti a quella fanfic. Così ho deciso di parlarne; mi è venuto l'impulso e non sono riuscita a fermarlo :)

Per ora c'è solo la prima parte del primo episodio che ho in mente, ovvero una mia interpretazione di quanto successo nell'episodio 30 della prima serie, quello in cui appunto arriva Yuichiro al tempio.

Dopo aver finito di parlare dell'incontro tra Rei e Yuichiro, mi piacerebbe per esempio raccontare l'episodio 98 (terza serie, quella in cui Yuichiro credeva che Rei se la intendesse con Haruka e perciò stava andando via dal tempio). Non escludo la possibilità di fare espliciti riferimenti ad altri episodi (o interpretarli, come ho fatto con questo), però la mia intenzione è quella di creare nuovi momenti e raccontarli, specie in riferimento ai due anni per cui c'è un vuoto nella saga di Sailor Moon che sto creando (ovvero, tra la fine di Sailor Stars e 'L'indole del fuoco').

In ogni caso, scriverò questa storia senza darmi alcuna scadenza, quando avrò tempo e soprattutto ispirazione. Penso che così verrà anche meglio; inoltre i singoli capitoli (con l'esclusione di questo) sarebbero episodi a se stanti, quindi dovrebbe funzionare :)

Il titolo fa riferimento a quello che credo sia sempre stato il pensiero di Rei con riferimento a Yuichiro ... per lei era ovviamente impossibile che tra loro potesse esserci mai una relazione. Cio ... non proprio, però... :D

Spero che la fanfiction vi piaccia. Ciao a tutti!

Ovviamente... impossibile?

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd

 

Episodio 1 - INCONTRARSI - Prima parte

 

Meditare davanti al fuoco non stava portando ad alcun risultato.

Eppure Rei non poteva fare a meno di continuare a rifletterci: i sette cristalli dell'arcobaleno. Lei e le altre dovevano raccoglierli per trovare il cristallo d'argento, secondo le informazioni di Luna.

Un videogiocatore incallito, un prete cristiano, uno studente capace di predire il futuro, una pittrice, la fidanzata di Motoki... Apparentemente ,non c'era nulla che accomunasse quelle persone, se non il fatto di custodire dentro di sé un frammento del cristallo dell'arcobaleno.

Fino a quel momento lei e le ragazze ne avevano recuperato solo uno; altri tre erano in mano al nemico, mentre uno l'aveva Tuxedo Kamen. Lui era sempre accorso in loro aiuto, ma desiderava per sé i cristalli dell'arcobaleno e aveva chiarito ad Usagi che era disposto a combattere contro di loro pur di impadronirsene.

Purtroppo non c'era molto altro da fare se non aspettare l'apparizione dei soggetti coi frammenti mancanti, per quanto quel giorno Luna avesse detto che, forse, presto sarebbe stata in grado di elaborare un sistema per identificare quelle persone - un metodo diverso dal semplice segnale emesso dallo scettro lunare.

Rei alzò gli occhi al soffitto.

Aveva pensato di ricavare qualcosa dalla preghiera davanti al sacro fuoco, ma i risultati erano stati risibili.

Era valsa comunque la pena di fare un tentativo: la ricerca dei frammenti era un obiettivo troppo importante per loro e-

In aria, fuori, si librò un urlo.

Quello era suo nonno!

Si precipitò fuori dalla stanza, nei corridoi. Uscì di casa, correndo fino ad arrivare nel piazzale del tempio: l'urlo era venuto da lì.

Nel buio scorse una piccola figura incurvata su se stessa.

Era il nonno!

In aria Phobos e Deimos gracchiavano impazzite, fendendo l'aria.

Non c'era tempo per pensare a loro. «Nonno, stai bene?!» Gli appoggiò le mani sulle spalle, sorreggendolo. «Cosa ti è successo?»

Lui se ne stava rannicchiato e dolorante.

Perché si stringeva il petto?

A poca distanza da loro, qualcuno sbadigliò.

Rei sollevò gli occhi e vide un paio di braccia che si stiracchiavano sopra le scale che portavano all'entrata del santuario.

«Ma chi disturba?» A parlare era stato un uomo. «Quanto rumore...»

Fantastico: un altro senzatetto che scambiava il loro tempio per il luogo del riposino serale.

Rei sospirò e gettò uno sguardo a suo nonno: lui aveva smesso di lamentarsi, forse stava meglio. Adesso lei mandava via lo scocciatore e portava suo nonno dentro a riposare. Affilò la voce e si risolve all'estraneo. «Dovrei chiederti io chi sei. Lì non si può dormire.»

Il tizio si girò. Più che un uomo era un ragazzo, ma non faceva differenza: senzatetto era e senzatetto restava, e loro non erano un centro di assistenza.

«Mi hai sentito?» gli ripeté.

Lui non parlava, era rimasto imbambolato a fissarla. Era sordo? 

Dalla bocca aperta gli uscì il suono di un respiro mozzato, incomprensibile. Rei si ritrasse quando il tizio si gettò davanti a loro in ginocchio.

«Io-... Io mi chiamo Yuichiro Kumada!» Il ragazzo fece sprofondare la testa fino al pavimento. «Per favore, signore, mi prenda come apprendista!»

Che cosa?

Suo nonno balzò in avanti. «Ma certo!»

CHE? «Nonno, sei impazzito? Non lo conosciamo nemmeno!» E da dove aveva tirato fuori lui tutta quell'energia? Fino a poco prima stava male!

Il ragazzo saltò in piedi e questa volta si rivolse a lei, la testa chinata. «Io-... io posso promettere che non sono un criminale, o... una cattiva persona. Voglio dire... sì, voglio solo stare qui, voglio fare l'apprendista!»

Suo nonno iniziò a saltellare in tondo. «Sì sì, ho già detto di sì! Non c'è nessun problema!»

«Nonno!» Lui era fuori di testa, da quando canticchiava? «Finiscila di muoverti e sta' fermo!» Lo afferrò per le spalle. «Non possiamo prendere un apprendista! Dovrebbe stare in casa con noi-»

Suo nonno fece scattare le braccia al cielo. «Abbiamo un mucchio di stanze libere!» Scoppiò a ridere. «Non c'è nessunissimo problema!» 

Il problema c'era eccome! Quell'estraneo avrebbe dormito sotto lo stesso tetto in cui dormiva anche lei! «A me non sta bene per niente invec- EHI!» Suo nonno era corso via!

Iniziò ad andargli dietro, ma si fermò dopo un passo. «Senti, tu! Non è ancora stato deciso niente, resta fermo qui!»

Ma il ragazzo non la stava più guardando; aveva gli occhi fisso oltre le sue spalle. «Credo... che stia cercando di buttare giù la porta.»

Rei si voltò: il nonno era ammattito!

Si precipitò verso di lui. «Nonno! Che ti è preso?!» Cercò di bloccarlo. «Calmati, finirai col farti male!»

Lui continuava a dimenarsi. «È colpa di questo stupido legno, non mi fa entrare!» Si liberò dalla sua presa e si scagliò contro la porta, sbattendoci contro come un peso morto.

«Nonno! Ora basta!» Così si fratturava qualcosa!

«Lo tengo io.»

Il tipo di prima avvolse suo nonno tra le braccia, bloccandolo.

Rei trattenne in gola un sospiro di sollievo. Almeno il tizio si stava rendendo utile.

«Lasciami, lasciami!» Suo nonno continuò a dimenarsi anche nella stretta del ragazzo, ma non riuscì più a fare altri danni.

Rei arrivò rapidamente a una conclusione. «Per favore, aiutami a portarlo dentro. Provo a dargli qualcosa per calmarlo.»

Scostò la porta facendosi strada nell'ingresso, con la testa già dentro il cassetto delle medicine. 

«Ehm...» Il ragazzo entrò dietro di lei e si schiarì la gola. «Ti aspetto qui con lui?»

La scocciava far entrare un estraneo in casa, ma in quel momento non aveva alternative. Lui comunque non sembrava un criminale. «No, portalo in salotto. È da quella parte.» Indicò la direzione col braccio alzato. «Vado a prendergli qualcosa.»

Non badò più a nessuno dei due e corse verso la stanza di suo nonno. Recuperò in fretta un sonnifero e tornò di corsa in salotto.

Il tizio se ne stava in piedi in un angolo, con suo nonno tra le braccia che urlava assurdità.

«Mollami, mollami! Devo andare a combattere la malvagità di questo mondo!»

Era completamente partito.

Lei corse in cucina a riempire d'acqua un bicchiere. Tornò indietro il più velocemente possibile «Nonno, prendi questa pillola con un po' di acqua.»

«È un veleno, non la voglio!»

«Macché veleno, ti farà stare meglio! Devi mandarla giù!» Cercò di avvicinargli la pastiglia alla bocca, ma lui la allontanò con una manata.

«Non la voglio, ho detto!»

Il ragazzo lo abbassò a terra, continuando a tenerlo fermo. «Non è un veleno, signore. La farà diventare più forte.»

«Perché non me l'avete detto subito?!» Il volto rugoso di suo nonno si fece rosso d'ira. «Dammelo, Rei!»

Lei sospirò, porgendogli la pastiglia. Suo nonno si liberò dalla presa dell'estraneo, le strappò il bicchiere d'acqua di mano e ingoiò il sonnifero. Un secondo dopo crollò a terra.

«Nonno!» Corse a inginocchiarsi accanto a lui. «Mi senti, stai bene?!»

«Forse sta solo... dormendo?

Come no, si era addormentato un istante dopo aver preso il sonnifero. «Fa' silenzio, per favore.»

Toccò la fronte madida di suo nonno. Lui continuava a respirare e la sua temperatura corporea sembrava normale. Anzi, forse lui era persino un po' freddo. Come mai stava sudando, allora?

Gli era successo qualcosa, ma cosa?

Almeno adesso si era calmato. «... Lo metto a dormire.» Lo avrebbe controllato per diverse ore. Di uno stato simile non si fidava.

Il tizio tornò in piedi. «Certo. Io... tolgo il disturbo.»

Oh? Era proprio ciò che era stata sul punto di suggerirgli. «Sì. Grazie per il tuo aiuto.»

Lui annuì con aria mesta. Si diresse verso l'uscita.

Chissà se...?

«Aspetta.» In fondo quel ragazzo era stato gentile. «Per caso hai un posto dove dormire?»

«Ecco... no, oggi no. Ma posso trovarlo, non ti devi preoccupare.»

Mandarlo a dormire in strada dopo che lui l'aveva aiutata le sembrava meschino. Era meschino. «Ascolta... Se per te va bene, posso aprirti una stanza del tempio. Puoi dormire lì, se vuoi.»

Lui tentennò.

Cos'è, per caso pretendeva che gli offrisse una delle stanze della casa? Manco per sogno!

«Certo, io- grazie. Grazie per la tua gentilezza.»

Hm. «Aspetta qui, devo portare mio nonno nella sua stanza.»

«Posso aiutarti io... Se vuoi.»

Be', già che c'era, poteva sfruttarlo: nonostante la mole ridotta, suo nonno pesava. «Va bene.»

Si scostò per fargli spazio. Lui si avvicinò e prese suo nonno in braccio.

Si alzò anche lei. «Da questa parte.» Uscì sul corridoio, diretta verso sinistra. A metà strada, le tornò in mente che non sapeva nemmeno il nome della persona che aveva fatto entrare in casa. «Com'è che ti chiami tu?»

«Yuichiro Kumada.»

Be', almeno nel pronunciare il suo nome lui non esitava; in generale non le sembrava un ragazzo molto sicuro di sé. D'altronde, se lo fosse stato, difficilmente sarebbe finito a dormire in giro per la città.

Bah, la storia della sua vita non le interessava. «Ecco.» Nella stanza di suo nonno, indicò il futon steso a terra. «Posalo qui, per favore.»

Lui fece come gli era stato detto e lei si abbassò a rimboccare le coperte a suo nonno. Per essere sicura, gli posò di nuovo un palmo sulla fronte... Sì, sembrava ancora tutto a posto.

Sbuffando, si diresse ad un cassetto e tirò fuori le chiavi del tempio. «Seguimi. Ti indico dove puoi dormire.»

«... va bene.»

Il tizio non disse altro nell'intero tragitto dalla casa al santuario.

Era davvero uno strano ragazzo, pensò lei. Forse avrebbe dovuto essere più prudente in sua presenza, visto che era un estraneo saltato fuori dal nulla, ma... no, non lo temeva minimamente. Il suo istinto non la tradiva. Avevano avuto solo un altro apprendista uomo in tutti quegli anni e a lei non era piaciuto sin dal primo momento che lo aveva visto. Difatti si era trattato di uno dei nemici, Jadeite. Per fortuna lui non aveva mai accennato all'idea di dormire nel loro tempio.

Infilò le chiavi nella serratura di una delle stanze posteriori del tempio. Era completamente spoglia, per cui, se si fosse sbagliata su quel ragazzo, non c'era comunque niente in giro che lui potesse rubare.

Premette l'interruttore accanto alla porta. L'unica luce della stanza si accese, diffondendo un debole bagliore giallo. «Ecco. Se ti va bene, ho questo posto.»

«Certo.»

Lui entrò e appoggiò a terra una sacca che aveva conosciuto giorni migliori. I suoi vestiti non erano niente di speciale, ma la giacca e i pantaloni di jeans blu sembravano quasi nuovi. Potevano essere tanto il dono di un centro di assistenza quanto il frutto di qualche giorno di lavoro. Certo che, se lui aveva lavorato di recente, non aveva usato i soldi per andare a tagliare i capelli: li aveva lunghi fino alle spalle.

Il ragazzo le rivolse un mezzo inchino. «Grazie.»

«Sì.» Ma era importante chiarirgli una cosa. «Puoi stare qui fino a domattina. Come avrai capito, mio nonno non era in sé quando oggi ha accettato la tua offerta. Perciò non se ne farà niente.»

Lui chinò il capo, affranto. Accennò a dire qualcosa, ma si zittì da solo. 

Lei detestava le persone tanto deboli. «Perché mai vuoi diventare un apprendista, poi? È un mestiere senza futuro. Anzi, non è nemmeno un mestiere!»

«A me... sembra una buona occupazione. Mi piace l'idea di poter stare in un posto come questo, a... pregare.»

Lei roteò gli occhi al cielo. «Alla tua età faresti meglio a trovarti un lavoro serio.»

«... ho solo diciotto anni.»

Diciotto? Gliene avrebbe dati almeno quattro o cinque di più: la massa di capelli scuri e l'accenno di barba non aiutavano. Bah. «Buon per te. Devo dirti lo stesso che questa storia non approderà a niente. Anche se mio nonno insistesse, io non sono d'accordo.» Incrociò le braccia. «Viviamo da soli io e lui in casa e non ho intenzione di condividere uno spazio tanto personale con altra gente.» Finì di dirlo e deglutì.

Oh, maledizione! Non era furbo far sapere ad un estraneo che si viveva da soli in casa col proprio nonno! Specie mentre il nonno in questione era svenuto.  «Ecco...»

«Posso capirti» la interruppe lui. «Penso sia normale non voler vivere con... altre persone.» Accennò a sorridere. «Forse non avresti dovuto dirmi che stanotte sarai sola in casa, ma io» sbatté le mani davanti al petto, «non sono un criminale, davvero. Me ne starò qui buono per tutta la notte. Se ti fa stare più tranquilla, chiudi pure a chiave tutto quanto. Anzi, dovresti farlo sempre.»

«... va bene.» Rei lo valutò, perplessa. «Allora... resta per il tempo che ti serve. Quando vuoi andare via, lascia pure aperta questa porta.» Si voltò e fece per uscire. «Grazie per avermi aiutato con mio nonno.»

«Di niente.»

Era la decima volta che quel ragazzo chinava la testa nel giro di pochi minuti.

Come aveva fatto a convincersi che lui potesse farle del male? Quel tizio era inoffensivo. «Ti auguro di dormire bene. E se non ci vediamo più...» Alzò le spalle. «Buona fortuna per tutto.»

Lui si aprì in un sorriso enorme. «Grazie.»

Hm. Non solo era inoffensivo, forse era persino un bravo ragazzo.

«Ciao» lo salutò.

Chiuse la porta dietro di sé e tornò in casa.

  


 

 «Reiii! Dove sono le mie uova?!»

Che mattinata infernale! «Eccotele!» Buttò la ciotola della colazione davanti a suo nonno. Senza degnarla di uno sguardo, lui iniziò a mangiare voracemente.

Rei si sedette. «Adesso devi spiegarmi cosa ti è successo ieri sera!» 

«Ma di che parl-?» La parola sparì tra i denti che macinavano cibo. «Sto benf-issimo!»

L'appetito senza dubbio era tornato «Sentiamo, per caso oggi cercherai ancora di distruggere la porta?»

«Quando mai ho fatto una cosa del genere?»

«Ieri!»

«Hai fatto un brutto sogno, nipote.»

Certo, come no. «Vuoi dire che non ricordi neanche il ragazzo che voleva fare l'apprendista qui da noi?»

«Quale ragazzo?»

Rei sbuffò, trattenendo il nervosismo. «Guarda, se ti senti bene, lascio perdere!»

«Sono in forma smagliante! Vado a fare una corsa intorno al santuario!»

Una corsa?

Suo nonno alzò un pugno in aria. «Le corse fanno bene alla salute!»

«Alla tua età non credo, e poi-»

«Ho appena sessant'anni! Non offendermi mai più in questo modo!»

Veramente gli anni erano sessantacinque. E da quando parlargli della sua età equivaleva ad offenderlo?

Lui non le lasciò il tempo di rispondere. «Ho finito, vado a fare la mia corsa!»

«Aspetta! Dopo mangiato non-!»

Lui era già andato via.

Fumando di rabbia, a Rei non restò altro che sparecchiare.

Un quarto d'ora dopo aveva indossato la tunica e l'hakama tradizionali.

Si diresse al tempio.

Sarebbe toccato a suo nonno gestire i visitatori, ma quel giorno lei si aspettava a stento di trovarlo ancora in forze dopo la pazzia che gli era venuta in mente.

Come prima cosa, doveva andare a recuperarlo.

Il bosco intorno al santuario era grande, perciò, se davvero lui stava correndo, ci avrebbe messo un po' a individuarlo.

Preferì controllare qualcos'altro, prima.

Nella stanza posteriore del santuario trovò ciò che si era aspettata: nessuno.

Già.

Buona fortuna, allora.

Era il momento di cercare suo nonno.

Serrò con cura la porta dietro di sé e si diresse verso il piazzale.

Vagò con lo sguardo nei dintorni, cercando una massa bianca e azzurra nella macchia della vegetazione intorno al tempio. Se lo avesse individuato a vista, si sarebbe risparmiata una fatica che si preannunciava immensa.

«Buongiorno.»

Si voltò di scatto verso le scale.

Ah. Il tizio era ancora lì. «Ciao. Come mai sei tornato?»

Con la luce del giorno il ragazzo sembrava più giovane della sera prima, ma non per questo dall'apparenza meno disordinata.

Lui abbassò lo sguardo per un momento, facendolo passare ripetutamente da lei al suolo. «Io... pensavo di propormi di nuovo a tuo nonno, se oggi sta meglio.»

Fantastico, sbuffò lei.

«Perdonami se ti infastidisco.» Il ragazzo si massaggiò la nuca con una mano. «Ma non ho cattive intenzioni. Se tuo nonno mi accetta, starò tutto il tempo nel santuario, anche di notte. Non ti recherò alcun disturbo.»

Tutto il tempo nel santuario? Almeno aveva spirito di abnegazione. «Se volevi incontrare mio nonno, perché sei andato via?»

«Per questo.» Lui le mostrò un sacchetto di carta. «Sono andato a prendermi qualcosa per fare colazione.»

«Fate laargoooo!»

Suo nonno passò sparato in mezzo a loro, in piena corsa e col braccio alzato. Il sacchetto fermo a mezz'aria finì a terra.

Rei spalancò la bocca. «Nonno! Torna immediatamente qui!»

«Manco per sogno!» Lui smise di correre e prese a saltellare in giro.

«... si comporta sempre così?»

Rei si voltò verso... Yuichiro, se ricordava bene. «Per niente.» Osservò il disastro a terra: sul lastricato si era rovesciato un mucchio di caffè. «Mi dispiace. Troverò il modo di rimediare. Devo solo-» Sbuffò esasperata. «Devo solo prendere quella minaccia ambulante e poi pulire qui! Prometto che ti risarciremo.»

«Posso recuperarlo io, se vuoi.»

Oh. Era un'ottima soluzione. Almeno per quello, lei non avrebbe mosso un dito. «Se puoi farlo, ti ringrazio.»

Lui le mostrò un sorriso felice. «Vado e torno!» Scappò via.

Cos'era tutto quell'entusiasmo? Forse quel ragazzo non aveva il cervello più a posto di suo nonno in quel momento.

Si trattenne dallo scuotere la testa e si diresse verso lo sgabuzzino dello scope.

Recuperò uno straccio bagnato. Odiava sporcarsi le mani, specie con quel freddo, ma odiava ancora di più le macchie che poi non venivano più via.

«L'ho preso!»

Si voltò, incredula. Di già?

«Mi ha preso!» Gioì suo nonno, in braccio a Yuichiro. «Mi ricordo di lui, è l'apprendista!»

«È quello che voleva diventare apprendista, sì. Gli hai rovesciato per terra la colazione!» E l'aveva fatto pure apposta!

«E che problema c'è? Può fare colazione in casa, in fondo è il mio apprendista.»

Di nuovo con quella storia. «Tu adesso non sei in grado di decidere nulla, perciò ascolti me-»

Suo nonno balzò al suolo. «No, tu ascolti me, Rei! Questa è casa mia e comando io!»

«Sì, ma-»

«Abbiamo bisogno dell'aiuto di qualcuno! Io e te non possiamo fare tutto da soli!»

Sì, ogni tanto le risultava pesante passare i suoi pomeriggi a badare al tempio, però-

«Guarda un po'!» sbraitò lui. «A causa della montagna di impegni, non posso nemmeno farmi una corsetta in santa pace!»

Ecco, appunto. Suo nonno non era ancora sano di mente.

«Ora continuo a correre! Non fermatemi più, prrr!»

Una... linguaccia? Lui corse via.

Rei arrossì. «Ecco, non... Non fa così di solito, sul serio.» Guardò per terra, costernata. «Comunque adesso pulisco qui e poi ti offro qualcosa da mangiare.» A quel punto si sentiva in colpa per averlo costretto ad avere a che fare con suo nonno in quello stato.

«Ah... grazie. Per la colazione. Ma-» Il ragazzo si avvicinò di un passo. «Se vuoi, posso pulire qui io. A me basta solo un po' di latte in un bicchiere di plastica.» Tirò su il sacchetto mezzo distrutto, madido di caffè. «Qui si è salvato un dolce che avevo comprato.»

Rei rilasciò un lungo sospiro. «Se puoi pulire qui, ti ringrazio. Dopo però vieni dentro, ti offro una colazione come si deve. Vado a prepararla.» Iniziò ad andare.

«Ma se è un disturbo-»

Lei piantò i piedi a terra e si girò. «Non lo è, mi disturba solo tanta gentilezza da parte tua! Lascia che ricambi almeno in questo modo!»

«... va bene.»

Oh! Finalmente si era evitata ulteriori ringraziamenti. Momentaneamente soddisfatta, imboccò la strada di casa.

«Senti... Visto che mio nonno al momento non ha le rotelle a posto e può darsi che continui con questa storia dell'apprendistato ancora a lungo, vorrei farti io qualche domanda.»

Il ragazzo annuì. Finì di masticare e appoggiò le bacchette sul tavolo. «Certo.»

Rei si accigliò. «Non è un colloquio, non è necessaria tanta formalità. Continua pure a mangiare.»

«Va bene.»

Quel tizio diceva sempre sì a tutto, era senza speranza. «Allora... ti chiami Yuichiro Kumada e hai diciotto anni. Hai...» Che cosa poteva chiedergli?... Ecco. «Hai altre esperienze lavorative?»

Lui annuì. Deglutì e poi parlò. «Ho lavorato in diversi posti. Ho scaricato la merce al porto, ho fatto il cameriere, ho lavorato anche come muratore.» Ridacchiò, finendo di elencare con le dita. «Ma non ero molto bravo.»

Hm. «E perché non vuoi più lavorare come hai fatto fino ad ora?»

Lui iniziò ad osservarla, ma forse era solo una sua impressione: i capelli gli coprivano la fronte e lei on riusciva quasi a vedergli gli occhi. 

Notando che lo guardava, Yuichiro abbassò la testa. «Questo posto sembra molto pacifico e io... è da un po' che pensavo di tentare un mestiere nuovo. Mi piacerebbe aiutarvi qui come posso, mentre cerco di capire se questa... è una vita che può essere adatta a me.»

Non era una motivazione malvagia. Comunque, doveva avvertirlo. «Sai già, giusto, che qui dovresti fare molto e ricevere poco? Forse mio nonno non sarà nemmeno disposto a pagarti.»

«... per un po' di tempo non avrebbe importanza.»

Non aveva importanza ricevere denaro? «Senti, forse è una domanda personale, ma... Hai pensato ad un lavoro come questo per avere vitto e alloggio gratis?»

Lui chiuse le bacchette dentro la bocca, smettendo di mangiare. Masticò quello che rimaneva e scosse la testa. «No, potrei trovare un'altra sistemazione. Né il vitto né l'alloggio sono un problema per me.»

Lei non ne era convinta. «Allora perché dormivi sulle scale del nostro tempio, ieri?»

«Si stava bene. Ho pensato di schiacciare un pisolino.» Gli uscì una risata sciocca.

Quel ragazzo non era molto sveglio.

La risata si fermò. «Ehm... cosa potrei fare oggi?»

Rei tornò a guardarlo, spostando gli occhi dal muro. «Non lo so, di questo devi parlare col nonno. Ma se ti chiede cose troppo strane, vieni da me prima.»

Lui annuì con decisione, riprendendo a mangiare.

Be', non aveva altro da domandargli; lo avrebbe volentieri lasciato mangiare da solo se non fosse stato che lui era una specie di ospite in quel momento.

Trattenne un sospirò: l'idea di averlo in giro per casa non l'attirava per niente. Avrebbe significato rinunciare al confort che si concedeva solo in assenza di estranei. Non era affatto disordinata o meno educata quando stava da sola con suo nonno, tuttavia... Uffa, un estraneo l'avrebbe scocciata e basta.

«Ah... Rei-san, giusto?»

Capì di non avergli trasmesso un'informazione molto importante. «Sì. Mi chiamo Rei Hino.» E gradiva molto che lui avesse usato il san, nonostante fosse più grande di lei. Formalità e rispetto erano buone basi per interagire tra loro.

«... è da molto che lavori come miko?»

Fortuna che doveva lasciarla in pace. «Non lavoro come miko. Questo è semplicemente il tempio di mio nonno e io lo aiuto.»

Lui si strinse nelle spalle.

Perfetto: doveva capire che le confidenze erano fuori luogo.

«... chiedevo solo per sapere se... potevi descrivermi meglio il lavoro del tempio...»

Oh. Magari era stata troppo acida. «Be'... abbiamo un recinto di galline nel cortile di casa. Assieme a mio nonno do loro da mangiare ogni mattina; dei corvi del santuario invece mi occupo da sola. Principalmente... c'è molto da pulire. Inoltre, quando possiamo, accogliamo i visitatori e vendiamo talismani.» Hm... se ci fosse stato qualcuno di più presente al bancone del tempio, forse il loro santuario avrebbe ricevuto più visite.

Lui tenne gli occhi fermi sulla ciotola mezza vuota. «Grazie.»

Era ancora pentito per la domanda che le aveva fatto. Che ragazzo poco deciso.

«Mio nonno ti comanderà come più gli pare e piace se non tiri fuori un po' di carattere.»

Lui sorrise a malapena e scrollò piano le spalle.

Incredibile. «Dimostro più tempra io che ho quattordici anni che tu in- ehi!» Si sporse oltre il tavolo: quello si stava strozzando col cibo!

Fece per colpirlo sulla schiena, ma non fu necessario: lui si batté con forza il petto e tornò a respirare normalmente. «Q-quattordici

Eh? «C'è qualche problema con la mia età?»

Lui aprì la bocca, ma invece di dire qualcosa buttò in avanti la testa. «... sembri più... grande.»

«Davvero?» Quello sì che era un complimento.

«Sì.» Lui la guardò di sottecchi. «Credevo avessi sedici anni... almeno.»

Lei sorrise soddisfatta. «Già, non sono molte le ragazze che hanno la mia maturità.» Le bastava pensare ad una certa guerriera dalle lacrime facili.

«Ragazzo!»

L'urlo li fece sobbalzare entrambi.

Suo nonno apparve all'entrata del salotto, frenando una scivolata. «Ancora lì a poltrire?! Abbiamo un mucchio di cose da fare, datti una mossa!»

Rei scattò in piedi. «Nonno, che maniere sono queste?!»

«Quelle che si devono usare con un apprendista!» Lui indicò l'altra parte del tavolo col dito puntato. «Se non vieni con me adesso, puoi dire addio al posto!»

Yuichiro balzò in piedi, lasciando cadere le bacchette sul tavolo. Poi... rimase a fissare lei, mordendosi le labbra.

Be'?

«Scattare!» urlò suo nonno, sparendo nel corridoio.

Yuichiro si irrigidì di colpo. «Arrivo!» Fu lesto ad obbedire e gli corse dietro.

... ancora un po' e faceva il saluto con la mano, come un bravo soldatino.

Rei osservò la ciotola e il bicchiere abbandonati sul tavolo. Rassegnata, sparecchiò per la seconda volta quella mattina.

   

Quella sera bussò alla porta della stanza sul retro del santuario.

«Entra pure.»

Rei fece scorrere la porta di shoji. «Ciao.»

Yuichiro si alzò e si profuse in un mezzo inchino. «Rei-san.»

«E così, sei ancora qui.»

Lui si portò una mano dietro la testa. «Ah... Ttuo nonno ha detto che potevo dormire dove volevo. Siccome questa stanza era ancora aperta...»

«Non mi riferivo a quello.» Alzò gli occhi al cielo. «Mi stupisco che tu sia ancora qui da noi. Mio nonno continua a comportarsi in modo strano. Non deve averti affidato alcun compito normale.»

«Ecco...» Lui esitò. «Abbiamo estirpato le erbacce dal vostro cortile. E in parte del bosco.»

Eh?! «A mani nude?!»

Yuichiro annuì.

Ma che cosa aveva in testa il nonno? Per quel tipo di lavoro di solito chiamavano una ditta specializzata! «E ancora non ti sei demoralizzato?»

«È come avevo pensato. Il vostro tempio è davvero un posto di pace.»

Il complimenti la zittì. Molti avrebbero definito il loro santuario un posto noioso, senza riuscire a comprenderne la vera qualità. «Grazie.»

«È la verità.»

Rei si sporse verso il corridoio, a prendere quello che si era portata dietro. Con un ultimo sforzo posizionò il grosso involucro di plastica all'interno della stanza. «Questo è un futon di mio nonno. È pulito. Puoi usarlo stanotte.»

Sorpreso, Yuichiro si avvicinò. «Grazie mille, ma-... No, posso usare il sacco a pelo che ho qui. Il futon si sporcherebbe su questo pavimento.»

«Non si sporcherà. Avevo pensato che avresti dormito ancora qui stasera, perciò ho pulito questa stanza.»

... e ora perché lui rimaneva a fissarla?

Non era un atteggiamento molto educato. «Che c'è?!»

Lui sobbalzò. «Niente. Grazie ancora.» Si avvicinò fino a prenderle l'involucro di mano.

Rei annuì. «Se domani mio nonno ti propone ancora cose folli come quella di oggi, vieni da me questa volta. Non ti chiederebbe niente del genere in condizioni normali.» Anzi, tutte quelle stranezze cominciavano a preoccuparla. Erano iniziate proprio il giorno prima, dopo che lo aveva sentito urlare.

Aveva tentato di chiedere nuovamente a suo nonno cosa fosse accaduto, ma, ancora una volta, lui aveva sostenuto di non ricordare niente.

«... ci tieni molto.»

Sollevò gli occhi. «Come?»

«A tuo nonno.»

Certo. «Mi ha cresciuta sin da quando ero bambina. Ha sempre avuto una salute di ferro e finora... Finora è sempre stato bene.» Scrollò le spalle, cercando di mostrare sufficienza. «Me ne prenderò cura e tornerà tutto a posto.»

«Ne sono certo.»

Sentirlo dire a qualcun altro fu fonte di inaspettato conforto. «Bene. Allora ti auguro la buonanotte.» Si allontanò verso la porta. «Visto che dormani sarai ancora qui...» Sorrise. A pensarci bene, tanta tenacia era quasi... tenera. «Be', oggi ti dico solo... a domani.» 

«A domani, Rei-san.» Lui sollevò in aria il futon, mostrandoglielo con un sorriso. «E grazie!»

Lei finì di salutarlo con un cenno della mano, quindi chiuse la porta dietro di sé.

Persone come Yuichiro potevano essere poco sveglie e non molto intelligenti, ma erano sempre felici, un po' come i bambini.

A suo modo, anche quella era una qualità apprezzabile in un essere umano.

  


   

La mattina successiva si alzò verso le nove, come ogni domenica.

Doveva preparare la colazione per lei e suo nonno; per fortuna, toccava farlo a lei solo nei fine settimana. In fondo lei andava a scuola e suo nonno si svegliava abitualmente molto presto, perciò l'aveva abituata a farle trovare sempre pronto qualcosa da mangiare. I weekend erano l'eccezione alla regola.

Mentre si dirigeva in cucina, percepì un profumo invitante provenire da quella direzione.

Quando entrò in salotto, vide Yuichiro seduto attorno al tavolo basso. Lui balzò in piedi, spegnendo la televisione. «Buongiorno, Rei-san!»

Lei corrugò la fronte. «Tu cosa ci fai qui?»

«Ecco... Tuo nonno è uscito per una commissione. Mi ha chiesto di badare alla colazione. Io e lui l'abbiamo già fatta, perciò mancavi solo tu. Vuoi che ti serva?»

Rimase interdetta. «Hai... preparato da mangiare?» 

Yuichiro annuì. «Non sono molto bravo, ho preparato qualcosa di semplice. Oltre al riso c'è un po' di zuppa di miso, della carne e dei tramezzini.» Ridacchiò. «Non so se mi sono venuti bene, li ho riempiti con quello che ho trovato in frigo.»

A pensare per lei fu il suo stomaco. «Oh... Sì, se è pronto, mi piacerebbe mangiare.»

«Perfetto!» Yuichiro si diresse in cucina. Poco dopo tornò con un vassoio pieno e perfettamente ordinato. Lo appoggiò sul tavolo. «Ecco a te. Allora vado a pulire il tempio, va bene?»

Ma perché le chiedeva il permesso per caricarsi di altri compiti? «Se non vuoi, non è necessario.»

Lui scrollò le spalle. «Se rimango qui ti disturbo, così invece faccio qualcosa di utile.» Annuì. «Vado. A dopo, Rei-san.»

«... a dopo.» Prima che avesse terminato di dirlo, lui era già sparito oltre l'angolo del corridoio.

Certo che come ragazzo era davvero... servizievole. Non avrebbe potuto fare nulla di meglio per lei: la colazione aveva un aspetto squisito e sì, si sarebbe sentita a disagio a mangiare con lui presente.

Anche se... forse no: Yuichiro sembrava cogliere rapidamente quello che la infastidiva.

Bah, meglio così.

Era le una e mezza passate del pomeriggio e di suo nonno non si era vista neanche l'ombra.

Ma dove diavolo era finito?

Rei si diresse al tempio e, dopo una rapida controllata ai dintorni, incontrò solo Yuichiro, che ramazzava con alacrità il piazzale.

«Mio nonno è tornato?»

Lui scosse la testa. «Non l'ho ancora visto.»

Lei guardò l'entrata del tempio.

Muoversi per la città nello stato di suo nonno poteva non essere prudente, ma non le rimaneva altro da fare che attendere il suo ritorno. Sospirò. «È già pronto da mangiare, lo stavo aspettando.» Si concentrò su Yuichiro. «Tu non hai fame?»

«Un po'» le sorrise lui. «Tra poco vado a prendermi qualcosa.»

In che senso? «Guarda che è pronto anche per te.»

«P-per me?»

Ora perché balbettava? «Sì, per te. Non mi costa niente preparare una porzione in più. Fino a che stai qui, visto il lavoro che fai, puoi mangiare con noi.»

«... grazie.»

Che motivo c'era di arrossire per un'offerta tanto semplice? «Io mangio adesso, altrimenti si raffredda. Vieni pure, se vuoi.»

Lui lasciò cadere la scopa a terra. «Certo!» La raccolse fulmineo. «Voglio dire, metto a posto e vengo!» Corse via.

«... già.»

Cominciava seriamente a pensare che Yuichiro fosse un po' stupido.

Lanciò una nuova occhiata alle scalinata che portava al tempio, trovandola vuota proprio come prima.

Si diresse all'altare delle invocazioni. Dopo aver suonato la campana, congiunse le mani.

Che stia bene e che torni a casa sano e salvo.

Poi lei lo avrebbe sbarrato dentro una stanza, impedendogli di fare altre sciocchezze.

Aprì gli occhi e, voltandosi, trovò Yuichiro che la osservava, fermo a qualche metro di distanza.

Si accigliò. «Non ti hanno insegnato che non è educato fissare le persone?»

Lui si irrigidì. «Mi dispiace! È solo che...» Abbassò lo sguardo. «... Niente.»

Rei incrociò le braccia. «Solo che, cosa? Concludi il discorso.»

«Sono tornato!» Fu un urlo dalle scale.

Le sparì un peso di dosso. «Nonno! Dove sei stato? Ero preoccupata!»

Suo nonno si avvicinò a loro di corsa, buttando qualcosa dritto tra le braccia di Yuichiro. «Sono andato a prendere questo! Ragazzo, ora sei un apprendista ufficiale!»

Eh?

Yuichiro stava tirando fuori da una borsa in tela un lungo lembo di tessuto azzurro. Era... un hakama. E c'era anche una tunica bianca.

«Dove hai preso quella roba?» Era domenica; non poteva esserci nessun negozio specializzato aperto. L'ultima divisa maschile che avevano avuto nel tempio era stata fatta sparire proprio da lei: l'aveva indossata Jadeite e lei non aveva avuto voglia di conservare un indumento impregnato di tanta malvagità.

Il nonno poggiò le mani sui fianchi, fiero. «Me la sono fatta dare dal tempio del mio amico Yoichi.»

Per forza era stato via a lungo: quel posto si trovava dall'altra parte della città.

Tutta quella faccenda dell'apprendistato stava andando troppo oltre per i suoi gusti.

Yuichiro si inchinò a novanta gradi. «Grazie mille signo- maestro.»

Appunto.

Lei fece per esprimere il suo disappunto, ma Yuichiro si affrettò a scuotere la testa. «Non ti preoccupare, Rei-san! Continuerò a dormire nel tempio.»

Iniziò a sentirsi meschina. Tanta gentilezza metteva in cattiva luce qualunque sua rimostranza.

Sospirò e lanciò un'occhiata a suo nonno. «Sembri più tranquillo, sei tornato in te?»

Lui la osservò con occhi innocenti e... normali. «Cosa vuoi dire?»

Le cascarono le spalle. «Nulla. Andiamo a mangiare.»

«Allora? Cosa ti ha fatto fare oggi?»

Rei si mise seduta sul pavimento della stanza del tempio, Yuichiro davanti a lei nella stessa posizione.

Era scesa la sera ed era tempo di fargli un discorso.

«Oggi tuo nonno si è comportato normalmente. Dopo che sei uscita, questo pomeriggio, lui mi ha fatto pulire i pavimenti di tutto il tempio. Abbiamo anche lucidato le scale in pietra dell'ingresso al santuario.»

«Finora non avete pregato una sola volta, suppongo.»

Yuichiro scrollò le spalle, come se la questione fosse poco importante. «Non è ancora arrivato il momento per me di passare a compiti più spirituali. Il maestro non mi ritiene ancora pronto.»

«Gli stai dando più credito di quanto non ne meriti. Mio nonno non ha mai avuto un vero apprendista.»

Yuichiro non commentò. Il suo sembrava per metà assenso e per metà totale indifferenza alla questione.

Rei ormai aveva capito che quello era il suo modo di fare: se c'era da discutere, lui non lo faceva, al massimo ubbidiva.

Un atteggiamento simile in effetti ne faceva un apprendista perfetto.

«Ascolta... Penso di potermi fidare di te. Non so per quanto tempo mio nonno deciderà di farti rimanere qui, ma, se non vieni dalle parti della mia stanza, a me va bene che tu dorma in casa.»

Lui fu così sorpreso per alcuni secondi non disse proprio nulla. Alla fine sorrise, in un modo nuovo, quasi... condiscendente?

«Rei-san... Ti assicuro che io sto bene anche qui. Non devi scomodarti per me.»

La stava trattando come se fosse una... ragazzina. «Non mi scomodo per te! Se te l'ho proposto, è perché mi va bene.» Si alzò in piedi, seccata. «È un'offerta prendere o lasciare. O vieni adesso o, per quel che mi riguarda, puoi startene qui anche per tutto l'inverno!»

«Eh?»

Tanto lui aveva capito benissimo. E se non l'aveva capito, allora era proprio uno stupid-

«Va bene.» Yuichiro scattò in piedi. «Scusami se ti ho fatta arrabbiare, non volevo-»

«Sì, okay. Prendi le tue cose e seguimi.» Tanto lui aveva solo quella sacca sgualcita.

«Arrivo!»

Il tono di completa e totale ubbidienza la calmò. Lui continuò a comportarsi così fino a quando non si salutarono per la notte e questo la convinse di aver preso la decisione giusta. 

 


   

Sdraiato su un futon che conservava ancora un vago odore di detergente, Yuichiro Kumada fissò i quadrati di luce fioca che si stagliavano sul soffitto.

Lo avevano accolto in quella casa perché diventasse un buon apprendista, perciò doveva concentrarsi su quello e non su...

Sospirò.

... Non aveva mai visto una ragazza così bella.

Rei-san non era solo bella, era anche gentile e buona. Gli aveva offerto un tetto sotto cui dormire, probabilmente credendolo un vagabondo. Aveva pulito la stanza dove lui aveva dormito, si era premurata di procurargli un futon pulito, lo aveva invitato alla sua tavola, si era preoccupata di quello che suo nonno gli faceva fare... Tutto questo nonostante lui non fosse che un estraneo per lei. Si era persino scomodata a dargli una stanza nella sua stessa casa, nonostante avesse detestato l'idea appena un paio di giorni addietro.

Non le piaceva essere ringraziata per nessuna di queste azioni, o vederle riconosciute. Lei gli aveva mostrato tanto spesso un'espressione di rimprovero che lui poteva dire di conoscerla a memoria, eppure... anche quando le sopracciglia ad arco si univano sopra gli occhi viola, brillanti e scuri, e le labbra si arricciavano fino a formare una piega infastidita... anche in quei momenti, Rei-san era straordinariamente bella.

Lui aveva cercato di tenere a mente che lei aveva solo quattordici anni, di vedere quella giovane età da qualche parte, ma non ci era riuscito: lei sembrava talmente adulta e matura... Anzi, non lo sembrava solamente, lo era. Aveva certamente più carattere di lui.

Sospirò di nuovo.

C'era una cosa su cui non si faceva illusioni: Rei-san non pensava affatto a lui in quel modo. Lo considerava inferiore a lei e aveva ragione. Lui non era affatto suo pari in quanto a intelligenza e sicurezza di sé.

Non che contasse molto: non sperava di avere una storia con lei, voleva solo... starle accanto. Guardarla.

Non sapeva quanto sarebbe durata, ma per il momento gli andava bene così.

... Quello era amore, vero?

Sì, forse era innamorato di lei.

Era proprio da lui interessarsi ad una persona che non aveva la minima intenzione di ricambiarlo.

Forse avrebbe dovuto farsela passare, pensare di meno a lei e di più al suo ruolo di apprendista in quel tempio.

Già.

Il giorno seguente doveva impegnarsi al massimo in qualunque compito gli avesse affidato il maestro.

Doveva ripagarlo per l'opportunità che gli aveva offerto e comportarsi da uomo, senza lamentarsi.

Si girò su un fianco.

Prima di dormire, provò a immaginare quali sarebbero state le sue mansioni il mattino dopo.

Ci pensò per due soli secondi, poi si convinse che non c'era niente di male nel ricordare l'unico sorriso che Rei-san gli aveva rivolto, mentre gli diceva...

'Be', oggi ti dico solo... a domani.'

A domani, la salutò lui.

Dormì.

 


  

INCONTRARSI - Fine prima parte

 

Nella seconda parte terminerò di raccontare quanto avvenne nel resto dell'episodio trenta della prima serie.

Grazie per aver letto e se avete un pensiero su questo mio scritto, mi farebbe molto piacere sentirlo :)


 
 

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Capitolo 2
*** Episodio 1 - Incontrarsi - Seconda parte ***


Ovviamente ... impossibile?
"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 1 - INCONTRARSI - Seconda parte


«Eh? Tuo nonno si comporta in modo strano?»
Rei si ritrovò a evitare uno sbuffo gigante. Era proprio tipico di Usagi ripetere le cose più ovvie. «Sì, l'ho appena detto. Fa così da un paio di giorni, non so cosa gli sia preso.»
Makoto spostò il piede da un peso all'altro, coprendo parte del sole con la coda alta. «Per 'strano' cosa intendi?»
A metà tra un primate in via di evoluzione e un ragazzino che desiderava veder esaudito il più piccolo capriccio.
Aggrottò la fronte. «Se si comporta così anche oggi, potrete vederlo voi stesse.» Alzò di malavoglia lo sguardo verso il tempio. «Comunque non badategli troppo, è meglio se andiamo direttamente in camera mia.»
Le ragazze e Luna erano venute da lei per discutere tutte insieme della situazione coi nemici e non potevano stare a perdere tempo dietro a suo nonno.
Si staccò dalla barra metallica su cui si era appoggiata, lanciando un'ultima occhiata alla strada tranquilla dietro di lei. «Su, andiamo.»
Usagi fu la prima a mettere un piede sulla scalinata di pietra, saltellando al termine di una piroetta. Forse un giorno avrebbe smesso di muoversi come una bambina delle elementari, ma quel futuro pareva ancora lontano.
«Ci offrirai dei dolcetti come l'altra volta, vero, Rei?»
Possibile che quella ragazza pensasse sempre e solo a mangiare? «Non dovresti chiedere tu, devi aspettare che ti vengano offerti.»
«E perché? Tanto alla fine me li darai lo stesso e se chiedo io mi tolgo la curiosità.»
Ma chi le aveva insegnato l'educazione? Eppure sua madre era sembrata una persona a posto.
Bah, era evidente che c'erano persone con la testa troppo dura per imparare le più basilari regole del vivere sociale.
«E quello cos'era?»
Rei lanciò un'occhiata a Makoto. «Di che parli?»
«Mi sembra di aver sentito un urlo provenire da sopra.»
Co-? Il nonno!
Si precipitò su per le scale. Usagi, Makoto ed Ami le furono subito dietro.
Sul piazzale non scorse alcun pericolo, ma qualcosa che era quasi peggio: Yuichiro era steso a terra, a faccia in giù; suo nonno gli stava buttando addosso una secchiata d'acqua.
Rei corse loro incontro. «Nonno! Che sta succedendo?»
«Nonnino!» La mano di Usagi balzò da dietro di lei, un dito puntato. «Quella mantelletta ti sta benissimo!»
Ma che aveva fatto per meritarsi una piaga come lei? Suo nonno però aveva davvero una ridicola mantelletta verde scuro annodata al collo: non aveva il coraggio di chiedergli a cosa potesse servire.
Un'altra secchiata d'acqua si abbatté su Yuichiro.
«Nonno, ora smettila!» Aveva costretto anche Yuichiro a mettersi un mantello come lui! Chissà a quale razza di assurdi allenamenti lo aveva sottoposto. Possibile che quel ragazzo non sapesse farsi valere neanche un po'?
Ancora a terra, lui cominciò ad emettere strani versi.
Suo nonno gli inveì contro. «Sei uno stupido, un inetto! Una disgrazia per questo tempio!»
Sua nonno aveva avuto una ricaduta, ma quell'atteggiamento folle doveva finire, non poteva continuare così per semp-
«Chi è questo ragazzo?»
Non si stupì che le prime parole intelligenti fossero state pronunciate proprio da Ami.
«Si chiama Yuichiro Kumada
» rispose lei.  «È diventato un apprendista qui al tempio.»
«Wow!»
Già, quello invece era un commento tipico di Usagi.
Yuichiro cominciò con fatica a sollevarsi da terra.
Gli andò vicino, inginocchiandosi accanto a lui. «Yuichiro, stai bene?» Pareva che avesse preso una brutta botta.
Lui le rivolse uno sguardo sfocato e indebolito. «Oh, Rei-san... stai bene anche in uniforme.»
Eh? «Mi sa proprio che hai preso un colpo alla testa.» Fulminò suo nonno con lo sguardo. «Si può sapere cosa gli hai fatto?»
«Silenzio!» sbraitò lui, sbattendo le braccia in aria. «L'apprendistato per diventare preti shintoisti è durissimo! Non è possibile andarci leggeri! L'allenamento è tutta una questione mentale!»
Era impazzito, era-... scoppiato a piangere?!
Il nonno le si avventò contro, nascondendole il volto nel petto. «Povero me, che devo fareee? L'unica persona che può succedermi nel tempio sei tu, nipote! Sono così solooooo!»
Non le restò altro che abbandonare la testa in avanti, sospirando sconsolata. Lanciò un'occhiata depressa alle ragazze. «Visto? È emotivamente instabile in questi giorni. È impazzito.»
«No, non è pazzo!» Yuichiro balzò
in piedi all'improvviso, i pugni stretti in due morse determinate. «Ha ragione invece, è naturale che l'allenamento sia faticoso!»
... dubitava che la pazzia di suo nonno fosse contagiosa, per cui Yuichiro era ovviamente stupido di suo.
Lui corse verso l'altare, suonò la corda della campana e cominciò a pregare. «Ce la farò, ce la farò, reggerò ogni tipo di prova!»
Le palle gialle in cima alla corda si aprirono, rovesciandogli addosso una nuova valanga d'acqua.
Ma che-?
Suo nonno si allontanò con uno scatto da lei. «Hohohoho!» ridacchiò, ballando. «Ci sei cascato!»
Cascato?!? «Nonno!» Era nera di rabbia! Ma che figura le stava facendo fare davanti alle sue amic-
Usagi scoppiò a ridere.
No, una così tonta non era amica sua!
«Usagi!» la rimproverò Ami.
«Vero che era divertente?» incalzò suo nonno, avvicinandosi ad Usagi per continuare quella follia.
«Sì, amo questo tipo di scherzi!»
«Tu sei l'unica che capisce il mio umorismo!»
Proruppero insieme in nuove risate, dando vita ad un quadretto ridicolo che Rei non ci tenne affatto a veder continuare. «Nonno!» Si frappose tra loro. «Quando è troppo è troppo!»
Come se non l'avesse neanche sentita, lui continuò a ridacchiare.
«Scusami...» mormorò Yuichiro, da qualche metro di distanza. «Se sei preoccupata per me...»
Ma lui che c'entrava? «Fa' silenzio.»
«È che-»
«Zitto, ho detto!»
Yuichiro divenne rigido come una tavola. «Sì!»
Rei tornò a voltarsi. «Nonno!»
Lui guardava da un'altra parte, indispettito. Peccato, ora doveva starla ad ascoltare! «Se continui con questi atteggiamenti, distruggerai la buona reputazione del nostro tempio!»
«Oh, andiamo!» Usagi si sporse verso di lei, muovendo una mano in aria con fare noncurante. «Non dovresti essere così severa tutto il tempo! Devi avere un po' di senso dell'umorismo.»
Ecco un'altra che non sapeva farsi i fatti suoi. Come se non bastasse, aveva persino fatto ringalluzzire suo nonno.
Rei sbuffò e si portò a un passo da lei. «Senti, questo è un problema del nostro tempio. Per cui...» Le puntò un dito alla giugulare. «Tieni il naso fuori dalle nostre faccende!» Spinse in avanti.
Quella sciocca di Usagi cadde all'indietro come se le avesse dato chissà che spinta. Vederla a terra non le dispiacque per niente.
«Uahhh! Come sei cattiva Rei!»
E lei era una bambina piagnucolona indegna di essere una guerriera Sailor! 
Dietro di loro, Makoto scosse piano la testa. «Usagi, non mi pare il caso di piangere per così poco.»
Perfetto, almeno non era l'unica con un po' di buon senso in quel gruppo di guerriere.
Lo sguardo accusatore di Ami però non cadde su Usagi. «Rei, anche tu! Non dovevi spingerla in quel modo.»
Eh, no! Praticamente Usagi era caduta da sola e stava piangendo solo per tentare di racimolare pietà. Come faceva Ami a non accorgersene e a darle tutta la colpa?
Adirata, Rei incrociò le braccia e alzò il mento in aria.
Lo sguardo di Ami si fece severo. «Rei! Se hai intenzione di comportarti in questo modo è meglio che me ne vada a studiare alla scuola preparatoria.» Non le lasciò il tempo di replicare e corse via con Luna. «A dopo!»
Makoto scrollò le spalle. «E io penso che andrò all'allenamento di kung-fu.» Si dileguò anche lei.
«Ma che-? Non avete nemmeno cercato di discutere seriamente del problema!» E il problema era Usagi, una ragazzina incapace di comandare se stessa, figurarsi il loro intero gruppo. Stava ancora lì inginocchiata a terra, neanche le fosse capitata chissà quale tragedia. Bah, se le altre non volevano discuterne, era un problema loro. «Facciano come vogliono!»
Da dietro le spalle sentì Yuichiro bofonchiare, «Rei-san...»
Ma insomma, era ancora lì? «Ti ho detto di fare silenzio!»
Non poteva sopportare di stare assieme a lui e a quella sciocca di Usagi per un secondo di più!
Marciò spedita verso casa.



Povera Rei-san.
Aveva litigato con le sue amiche e in più sentiva di portare sulle spalle non solo la responsabilità di suo nonno, ma persino di tutto quel tempio. Quattordici anni erano troppo pochi per avere preoccupazioni di quella portata.
Prima lui aveva cercato di darle un buon consiglio, ma era chiaro che aveva scelto il momento sbagliato per intervenire.
Forse si sarebbe beccato una seconda sgridata, ma ci teneva veramente a parlarle un po' di suo nonno, per rassicurarla.
Era normale che gli anziani fossero un po' volubili: il loro corpo invecchiava e tutte le loro sensazioni venivano ingigantite oltre il normale.
Lui aveva perso un nonno - più precisamente il padre di suo padre - quando aveva avuto solo cinque anni, tuttavia aveva ancora altri tre nonni, di cui due in età piuttosto avanzata, perciò aveva un'esperienza abbastanza ampia in materia. Nonno Kojiro, il padre di sua madre, aveva ormai quasi ottant'anni e spesso si comportava in maniera anomala: bastava un nulla per renderlo felice o incredibilmente triste. Nonna Ichigo una volta gli aveva sussurrato che si trattava solo del cambio di stagione: gli acciacchi del nonno si facevano sentire parecchio con l'umidità autunnale e, appena stava un po' meglio, la cosa lo rendeva oltremodo felice, senza che apparentemente vi fosse un motivo. In realtà, gli aveva detto sua nonna, era quella la spiegazione.
Lui voleva provare a parlarne a Rei-san, magari in termini un po' più scientifici; forse, sarebbe riuscito a tranquillizzarla.
... o forse lei non avrebbe dato tanto credito alla sua teoria; in fondo, non doveva aver migliorato di molto la sua opinione su di lui dopo l'episodio di quel primo pomeriggio.
Era una fortuna che non l'avesse visto saltare da un albero all'altro, tra le mani una corda che aveva stretto come se fosse la sua stessa vita.
Aveva avuto una paura incredibile prima di balzare giù, ma il maestro era rimbalzato da un albero all'altro con tanta semplicità, pure con gambe e braccia notevolmente più corte delle sue. Seguendo il suo esempio, lui si era fatto coraggio e si era buttato; era caduto come aveva temuto, ma almeno non si era rotto niente e la sensazione di aver vinto la paura era stata magnifica.
I metodi del maestro erano senza dubbio strani, oltre che molto severi, ma ormai lui era disposto a fare di tutto. Aveva deciso di impegnarsi, perciò l'avrebbe fatto senza riserve.
Dondolò la testa da un lato all'altro e stiracchiò i muscoli indolenziti. Si appoggiò contro la trave che stava esattamente davanti alla porta della camera che gli avevano offerto per quei giorni.
... inutile perdere altro tempo, no?
Si era ripromesso di parlare a Rei-san quel pomeriggio, perciò doveva farlo adesso.
Balzò in piedi e cominciò a fare il giro della casa. Si fermò davanti al salotto.
Giusto, lei gli aveva detto di non disturbarla in camera sua.
Quindi come poteva fare? Poteva restare ad aspettarla lì, oppure semplicemente attendere l'ora di cena, però-
«Ehi, come mai qui?» Rei-san gli passò davanti e si infilò nell'ingresso. Alzò da lì la voce. «Il nonno oggi ti ha lasciato in pace?»
Lui la raggiunse con uno scatto. «Sìsì. Ah, ecco... mi chiedevo se...» Ma perché le frasi si spezzavano quando parlava con lei? O quello o diceva idiozie, perciò doveva fare attenzione e riflettere sulle proprie parole. «Se potevo parlarti di...»
Lei terminò di infilare le scarpe e si concentrò su di lui, in attesa di sentirlo terminare.
Lentamente, la bocca gli si seccò. Rei-san indossava ancora l'uniforme scolastica, ma doveva essersi messa un po' di trucco, perché prima non aveva avuto le ciglia tanto lunghe e nere. O le labbra così luminose. E rosa. E invitan- No. Quattordici anni.
Inoltre, a qualunque età, Rei-san era fuori dalla sua portata: le qualità che più ammirava in lei a lui mancavano quasi del tutto.
Lei inarcò un sopracciglio annoiato. «Io sto uscendo a fare la spesa, se devi dirmi qualcosa fallo adesso o dovrai aspettare che torni.»
La spesa! «Vengo con te.» Prima di poter sentire una protesta, indossò i sandali. «Così ti aiuto almeno a portare le borse, visto che sto mangiando da voi gratis.»
Lei puntò gli occhi sul soffitto, quindi gli diede la schiena e aprì la porta di casa. «Non c'è nulla di gratis, stai lavorando.» Uscì e lui le andò dietro.

Uffa. Aveva pensato di fare una camminata tranquilla, invece ora doveva fare conversazione con Yuichiro.
Aveva avuto la tentazione di dirgli di rimanere a casa e non seguirla, ma quando le ricapitava un'occasione del genere? Avrebbe potuto comprare più roba del normale e far portare a lui la maggior parte della spesa; forse non sarebbe neanche stata costretta a tornare il fine settimana. Certo, sempre che riuscisse a calcolare per bene esattamente quante cose comprare.
Di solito era molto brava e le provviste bastavano esattamente fino a martedì o sabato, i giorni in cui andava a fare visita al supermercato locale; il compito se lo era affidato personalmente, le piaceva sapere cosa ci sarebbe stato da mangiare e, occasionalmente, anche comprarsi qualche snack o leccornia per lei sola. Suo nonno aveva regolarmente dimenticato quella parte della spesa e dover uscire per riparare a quelle mancanze l'aveva regolarmente scocciata: quando aveva voglia di qualcosa di dolce o salato, le piaceva averlo subito a portata di mano.
Yuichiro sedeva alla loro tavola giusto da un paio di giorni, ma le sue abitudini alimentari le erano già chiare: mangiava di tutto, ma, soprattutto, mangiava in abbondnza. Era appena lunedì pomeriggio e non c'era già più niente con cui preparare una cena decente; nella cena che lui aveva preparato la sera prima e nel pranzo di quel giorno era finito tutto. Va bene, pure lei aveva mangiato a sazietà, ma il fatto restava: era solo a causa di lui se c'era di nuovo da fare la spesa tanto presto, perciò era giusto che fosse Yuichiro a sopportare il peso delle provviste.
«La prossima volta potrei venire a fare la spesa da solo.»
Rei terminò di attraversare la strada e voltò la testa verso di lui.
«So che è a causa mia se devi farla già adesso, ho visto il frigo e la dispensa vuoti. Pensavo di chiedere a tuo nonno se potevo comprare qualcosa più tardi; non sapevo che te ne occupassi tu.»
Beh, almeno non poteva accusarlo di non essere previdente. «Sì, la faccio da sola normalmente. Ti ringrazio, ma preferisco occuparmene di persona. Compro spesso cose di cui potresti non ricordarti.»
Yuichiro parve confuso.
«Voglio dire che potrei anche farti una lista, ma su alcuni prodotti cambio spesso idea.» Tornò a camminare, entrando nel parco per accorciare la strada.
«Ah! Ti riferisci alle caramelle.»
Per un attimo Rei si vergognò nel sapere che lui aveva visto le infantili caramelle gommose a forma di orsetto, ma quelle non erano state che il peccato di una volta. «Sì, a cose così.» Forse era meglio cambiare discorso. «Da quant'è che vivi da solo?»
Yuichiro sembrò momentaneamente interdetto. «Ah ... da sei mesi circa. Dal diploma.»
Si era diplomato? Aveva creduto che stesse lavorando da più tempo, magari perché non aveva qualcuno a sostenerlo. «E... hai una famiglia?»
«Sì.» Sul volto di lui si formò un sorriso enorme. «Ci sono mio padre, mia madre e le mie due sorelle, Aiko e Meiko.» Scrollò le spalle. «Me ne sono andato di casa perché non avevamo idee... simili sul mio futuro.»
Avrebbe voluto chiedergli qualcosa di più, ma si era già impicciata abbastanza. Rallentò il passo a catturò tra le dita una foglia secca che le era volata accanto. «Prima volevi dirmi qualcosa. Di cosa si trattava?»
Lui si fermò ed annuì. «Volevo parlarti del maestro.»
«Oh, per favore. Ti ho già detto che mio nonno non è un 'maestro'.» Come faceva ancora a crederlo dopo quello era stato costretto a fare?
Yuichiro piegò le labbra unite, ma non replicò. «Il... il tempo cambia rapidamente in autunno.»
«Eh?»
«Il bioritmo della mente e del corpo tendono a venire disturbati più facilmente...»
Bioritmo? Cosa c'entrava? «Cosa stai cercando di dire?»
«Dico solo che una volta che il tempo si sarà stabilizzato, anche il maestro potrebbe calmarsi.» Si portò una mano dietro la testa, lisciandosi o scompigliandosi i capelli, non si capì. «Forse sarebbe meglio dargli un po' più di tempo e osservare come vanno le cose.»
... stava cercando di aiutarla.
Rei si ritrovò a sorridere. «Ti ringrazio.»
«Eh?»
Su di lui aveva avuto alcuni pregiudizi, ma forse era meglio cominciare a rivederli. «Pare che sarai più affidabile di quel che sembri.»
Yuichiro era entrato da appena qualche giorno nella loro vita, eppure aveva già aiutato parecchio sia lei che suo nonno. Al contrario c'erano persone - con cui si erano condivise battaglie e segreti importantissimi - che non si fidavano di lei e la criticavano alla prima difficoltà. «Sai, alcune ragazze non lo sono affatto invece.» Si sedette su una panchina vicina e sollevò lo sguardo al cielo. «Possono dirti che sono tue amiche, ma quando hai davvero bisogno di loro, sono così... distanti.»
Era corretto descrivere la situazione in quel modo? Ami non si era mai arrabbiata con lei prima dell'altro giorno e, anche se Usagi era una casinista di prima categoria, lei non aveva avuto intenzione di farle del male. Makoto la conosceva meno, ma le era sembrata una ragazza socievole e a posto.
Comunque, non le era piaciuto per niente venire piantata in asso da sola senza un minimo di discussione.
«Ah-ehm.»
Girò la testa e identificò la voce estranea.
Accanto a lei e Yuichiro era apparso un tipo assurdo vestito da indovino, con un paio di baffetti posticci e occhiali dalle lenti rotonde e scure.
«Rimanete seduti tranquilli ragazzi e lasciatemi fare il mio lavoro. Vi predirò accuratamente il vostro futuro! Sono un indovino errante che parla d'amore.»
Ma che voce aveva quello? Sembrava una donna che tentava di parlare come un uomo. Anzi, non una donna, ma una ragazz-
«Ora vi dirò tutto su ciò che vi aspetta!» Il tipo buttò in aria un incredibile numero di bastoncini. Era biondo e basso e stava iniziando a venirle un certo sospetto...
Lo vide gironzolare teatralmente su se stesso mentre ripigliava solo due dei bastoncini che aveva lanciato, incrociandoli tra loro neanche fossero armi. O scettri.
«Se voi due vi baciate adesso, il vostro amore eterno si rivelerà!»
Ma che razza di- «È una cosa ridicola! Andiamo!» Balzò in piedi e spinse lontano Yuichiro, che era arrossito come un peperone.
Insomma! Ogni volta che si faceva una buona opinione su di lui veniva puntualmente smentita: possibile che lui avesse davvero creduto alle scemenze di quella stupida?
Tornò indietro da sola, andandole incontro. «Si può che sapere che stai cercando di fare, Usagi
«Oops. Te n'eri resa conto?»
Che aveva usato la penna lunare per quel penoso travestimento? Sì. «Forse non ti ricordi che io sto già con Mamoru-san.» Aveva già trovato il ragazzo perfetto per lei, perché diavolo Usagi stava cercando di piazzarla con un altro? «Sarà meglio che non tenti più stupidaggini del genere o non ti parlerò mai più!»
«Ehhh?!? Ma-» Usagi si accasciò a terra e iniziò a piagnucolare.
Peggio per lei!
Le diede le spalle e tornò da Yuichiro, tirandolo per un braccio e portandolo fuori dal parco. «Su, muoviamoci e prendiamo un'altra strada.»
Lui si lasciò trascinare senza opporre resistenza.
Rei gli lanciò un'occhiata e lo trovò ancora con le guance in fiamme. Si fermò e incrociò le braccia. «Come fai a credere alle idiozie di un indovino qualunque?» Poteva capire che fosse arrossito perché inesperto di faccende come quella, ma non poteva essere tanto ingenuo da dare credito al primo estraneo che passava.
«No, io...» Lui deglutì e scosse rapidamente la testa. «Non ci credo, mi ha solo colto di sorpresa...» Aprì la bocca e la chiuse di colpo, tornando finalmente normale. «Prometto che non ci penserò più.» Scattò con un passo all'indietro. «No, non voglio dire che non ci penso, voglio dire che non ci credo. Cioè, non è come sembra, non è che-» Abbandonò la testa in avanti.
Rei rilasciò uno sbuffo. «Sì, ho capito.» Era stupido anche lui, ovvio e assodato. «Andiamo a fare la spesa e basta.»

Rei-san lo credeva un'idiota.
E chi poteva darle torto? Si era comportato proprio come tale: solo un bambino dell'asilo arrossiva in quel modo quando qualcuno buttava lì che forse un bacetto alla ragazzina che gli piaceva ci poteva anche stare.
Se non avesse avuto le borse tra le mani, Yuichiro le avrebbe usate per prendersi la testa e spaccarsela da qualche parte.
Era un vero disastro con le ragazze: le uniche due relazioni che aveva al suo attivo non si potevano neanche definire tali. Per Asuka lui non era stato altro che un giocattolo da usare come strumento di vendetta pubblica, per Maemi invece aveva rappresentato poco più di un amico con cui divertirsi. Agli amici però le cose si dicevano chiare in faccia, non si lasciava loro credere che stesse nascendo qualcosa quando invece non c'era proprio niente.
... era stato uno stupido ingenuo entrambe le volte.
Altri avrebbero potuto dire che aveva ricavato qualcosa da quelle relazioni, ma c'erano momenti in cui lui desiderava tornare indietro e poter essere più intelligente. Il lato fisico dell'amore, in assenza di amore, non era che un vuoto ricordo, un atto che dava soddisfazione solo sul momento. Averne esperienza poi non lo aiutava nemmeno ora: con la mente era ancora ai livelli delle prime cotte, eppure, per quanto involontariamente, non riusciva proprio a evitare di volere più... più.
Per fortuna, avrebbe potuto passare ore anche solo a ricordare il modo in cui Rei-san gli aveva sorriso di nuovo nemmeno un'ora fa.
Alzò lo sguardo che aveva puntato sul marciapiede e lo fissò su di lei, che gli camminava davanti.
Probabilmente Rei-san l'avrebbe trovato ridicolo, ma voleva comunque darle una cosa. «Scusami...»
Lei gli mostrò un'espressione rassegnata. «Cosa c'è?»
Lui appoggiò i sacchetti sul marciapiede e tirò fuori dalla tasca dell'hakama azzurro quello che aveva comprato di nascosto. «Tieni, ho pensato di...» Farle una sorpresa? Guardò lo snack che teneva in mano e la trovò ridicola persino lui. «È per te. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto, visto che le caramelle...» Allungò la mano, cercando di zittirsi.
Le sopracciglia alzate e poco convinte di lei lo spinsero a continuare.
«È solo per ringraziarti di come mi hai accolto in casa. Non è niente rispetto a quello che tu hai fatto per me, infatti poi te ne prenderò altri-» Ma che stava dicendo? «Ma non per assillarti. È solo per ringraziarti, non per altro. Per come mi hai accolto in casa...» Era meglio chiudere la bocca e basta. Le aveva preso quello snack per l'unico motivo che Rei-san non avrebbe mai voluto sentire: lei gli piaceva da morire, in un modo che gli stava mandando in poltiglia il cervello.
Rei-san si avvicinò di un passo e gli prese la barretta di cioccolato dalla mano. «Grazie.» Scrollò le spalle e sorrise un poco. «Non devi essere nervoso, l'importante è il pensiero.» Infilò il braccio nella presa del sacchetto leggero che portava, quindi aprì l'involucro dello snack e gli diede un piccolo morso. Finì di masticare e deglutì. «Non l'avevo mai provato. È buono.» Sospirò a bocca chiusa e scosse piano la testa. «Sai che sei strano?» Pur continuando a guardarlo, riprese a camminare. Addentò un altro pezzo della barretta.
Yuichiro sollevò di nuovo i sacchetti e le andò dietro. «Lo so, mi dispiace.»
«Intendevo dire che a volte sembri quasi...» rifletté sulle successive parole, «più sveglio.» Corrugò la fronte. «Non sto cercando di offenderti.»
«No, hai ragione.» Che altra impressione poteva averle dato, in fondo? Con lei si comportava quasi esclusivamente in quel modo.
«Ogni tanto sembra che tu sia troppo nervoso per parlare come si deve. Beh, non ce n'è motivo. E poi» mosse la testa da una parte all'altra, in volto un'espressione tanto condiscendente quanto divertita, «non dovresti fare gli esercizi che ti consiglia mio nonno. Se ti colpisci di nuovo la testa finirai davvero con lo straparlare di nuovo come hai fatto oggi.»
Eh? «... Quando?»
Lei fece spallucce. «Quando ti eri appena ripreso dopo la caduta. Naturalmente quello che hai detto era la pura verità» toccò con una mano la propria divisa, sorridendo in maniera sfacciatamente ironica, «ma una prossima volta finirai col decantare persino le rughe del nonno. E poi i bagni di acqua gelata in pieno autunno e all'aria aperta non sono salutari.»
Stai bene anche in uniforme.
E così Rei-san credeva che non fosse stato lucido quando l'aveva detto.
La testa gli aveva fatto un po' male e forse era solo per quello che la verità gli era uscita senza un solo pensiero.
Iniziarono a percorrere la scalinata che portava al tempio.
Forse lei non voleva sentirglielo dire, ma... lui aveva bisogno di dirlo, di tirare fuori in un qualche modo quanto- Deglutì. «Era la pura verità.»
«Hm?» Rei-san si fermò sui propri passi e lo guardò da un paio di gradini più in alto.
Lui si fece di nuovo coraggio. «È la pura verità.»
Gli occhi di Rei-san non mostrarono alcuna reazione. Poi si allargarono. E-
Lui arrossì e abbassò lo sguardo.
Corse su per le scale senza aspettarla.



L'acqua calda della vasca era favolosa, estremamente rilassante.
Rei finì di immergervisi e risistemò all'interno della cuffia rosa una ciocca di capelli che le era caduta sulle spalle nude.
Appoggiò la testa contro le piastrelle umide, chiudendo gli occhi.
Certo che a credersi sveglia era brava, ma alla fine le sfuggivano le cose più ovvie: Yuichiro si era preso una cotta per lei. Lui aveva praticamente dovuto dirlo ad alta voce per farglielo capire. Beh, per fortuna non si era fatto troppe speranze in merito, perché non aveva la minima possibilità con lei.
Qualcun'altra avrebbe potuto trovare persino adorabile il modo in cui lui si mangiava le parole ogni volta che si trovava in sua presenza, ma lei lo trovava penoso. Beh, così era un po' acido. Lo trovava ridicolo, piuttosto. Da ragazzini, ecco.
Per quanto Yuichiro fosse più grande di lei, erano a due livelli di maturità differenti: lei era praticamente alla pari con Mamoru Chiba e difatti stava uscendo con lui. Non che quella relazione avesse ancora preso il largo, ma la strada era quella giusta: uscivano insieme in fondo. Una volta alla settimana. Se chiamava lei.
Sospirò.
Se fosse andata in una normale scuola mista, forse ora sarebbe stata maggiormente capace di decifrare i ragazzi. Non temeva affatto di non riuscire a trovare un fidanzato in breve tempo, ora che finalmente aveva iniziato ad interessarsi ai maschi, però non si era accorta immediatamente della palese infatuazione di Yuichiro, come avrebbe dovuto, e Mamoru Chiba si stava rivelando piuttosto difficile da conquistare.
A causa della stupida fissazione di suo padre per l'eccellenza della sua educazione, il primo ragazzo che avesse mai mostrato interesse per lei aveva finito con l'essere uno che aspirava a diventare apprendista in un tempio.
... si stava dimostrando ingiusta nei confronti di Yuichiro, lo sapeva. Però, se sentirgli dire che la trovava bella era stato sorprendente, capire di essere arrossita era stato irritante.
Non poteva seriamente prendere in considerazione uno come lui. Yuichiro non aveva praticamente personalità, se non quando...
È per te. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto.
Una semplice barretta al cioccolato? Le era piaciuta veramente, soprattutto perché lui le aveva regalato qualcosa anche se non poteva permettersi granché.
Comunque non era abbastanza bello. E va bene, non era nemmeno brutto. Il problema era che non si capiva cosa fosse: nascondeva persino gli occhi sotto una disordinatissima frangia, perciò non doveva esserci molto da vedere.
E poi non era molto intelligente. A lei non bastava una persona sveglia a sprazzi, voleva qualcuno con cui poter avere una conversazione decente. Anzi, brillante.
Dalla finestra udì il gracchiare dei suoi amati corvi.
La aprì e tirò fuori la testa. Alzò gli occhi, scorgendo le piccole unghie sulla sporgenza del tetto. «Ehi, come mai siete agitate?»
Phobos e Deimos continuarono ad emettere versi infastiditi. Tendendo le orecchie, Rei ne capì il motivo: fuori qualcuno stava urlando. Non erano urla di terrore, ma urla di... incitamento. Per se stesso.
... Yuichiro era uno scemo.
Suo nonno le aveva detto che quel pomeriggio si erano allenati a saltare da un albero all'altro e se lui stava ancora facendo Tarzan attaccato ad una corda, allora non era altro che un idiota.
Sollevò lo sguardo, concentrandosi sulla luna.
... quando era tornata a casa, suo nonno sembrava tornato di nuovo normale. Anzi, forse era parso persino... preoccupato.
Appoggiò i gomiti sulla finestra. Non faceva così freddo fuori e i vapori del bagno le tenevano caldo. «Che ne dite, Phobos, Deimos? Lo strano comportamento del nonno è dovuto solo al tempo?»
Sperò che fosse così. O che lui tornasse come prima nel minor tempo possibile.
Tornò a chiudere la finestra e si reimmerse nella vasca, cercando di rilassarsi come si era imposta di fare sin da principio.
Chiuse gli occhi e lasciò la mente vagare, libera e leggera...
La casa tremò, come colpita da un flusso di... energia! «È uno spirito maligno!»
Uscì dall'acqua e si asciugò con un paio di rapide passate, poi, con addosso solo lo yukata, corse in camera sua a mettersi qualcosa.

«Allenamentooooooo!!»
Yuichiro saltò verso la corda, stringendola con tutta la forza che aveva. Iniziò a volare da un ramo all'altro, con la stessa leggerezza del suo maestro.
Doveva temprarsi per lei! «Rei-san, farò del mio meglio!»
Rei-san era arrossita, non le era dispiaciuto sapere del suo interesse per lei! E come uno stupido lui era corso via!
Era ancora indegno di lei, uno sciocco immaturo che doveva ancora capire cos'era il coraggio!
Si riequilibrò sul ramo su cui era atterrato e si voltò senza attendere un solo secondo. Con la corda stretta nel pugno, si lanciò in un nuovo volo.
Il sorriso di lei tornò a splendergli nella mente, così bello, così dolce... Rei-san era la ragazza perfetta, la migliore che potesse esistere e lui- Andò a sbattere contro il tronco dell'albero con la faccia.
Scivolò a terra con la stessa forza di un uccello tramortito.
«Ahii...» Si passò la mano sul naso, ma il rivolo di sangue che si era aspettato di sentire non si fece vivo.
Perfetto. Balzò in piedi. «Allenamentooo!!» Non poteva farsi vincere da ostacoli così ridicoli! Il suo cammino verso la maturazione doveva essere rapido, solo così avrebbe potuto sperare in un futuro con Rei-san!
Si librò in aria un urlo, seguito da forti rumori.
Lui si irrigidì: quello era il maestro!
Scattò a correre. Forse il maestro si trovava nel tempio, doveva fare il giro della casa!
Quando arrivò sul piazzale non vide quasi niente, ma presto la luce della luna illuminò una figura grossa e ricurva; quella si voltò verso di lui e gli occhi gialli ed enormi saettarono nella penombra.
«Un... mostro
Scappò a gambe levate, immediatamente inseguito. Doveva avvertire Rei-san, portarla via da lì!

La porta della sua stanza sbatté di lato. «Rei-san, c'è un mostro nel tempio!»
Rei si coprì immediatamente con il tessuto sciolto della tunica. «Yuichiro! Chiudi subito la porta!» Era praticamente nuda, perché diavolo era entrato nella sua stanza-
Lui si era già girato. «Ah, l'ho vista.»
Che cosa?!?
Yuichiro tornò a voltarsi con uno scatto. «Non c'è tempo per preoccuparsi di queste cose!»
Eh? «A me preoccupano invece!»
Lui fece un passo all'indietro, alzando un braccio in direzione del corridoio. «Dobbiamo muoverci e scappare!» Si girò verso il corridoio e Rei sentì a sua volta lo strano rumore; no, il... verso. Yuichiro sembrava terrorizzato e Rei si allacciò la tunica e l'hakama a tempo di record.
Gli andò vicino. «Si può sapere che- Oh! Uno youma!» Nel corridoio!
Il mostro pronunciò una parola incomprensibile, muovendo da una parte all'altra le minuscole pupille degli occhi sbilenchi. Balzò verso di loro, ricurvo come una scimmia.
«Ahh!» Lei e Yuichiro corsero sparati nella direzione opposta.
«Si può sapere cosa ci fa uno youma quiii?!?» Cosa poteva fare adesso, cosa, cosa, cosaaa!?
Il tempio!
«Seguimi!» urlò, uscendo di casa e dirigendosi verso il santuario. Non aveva la penna di trasformazione con sé in quel momento e la sua unica possibilità era rappresentata dal sacro fuoco. In pochi secondi si infilò nel corridoio del retro e imboccò la porta giusta, curvando quasi per miracolo.
Il mostro continuava a stare dietro di loro e lanciò un potentissimo vento energetico che li sbatté entrambi contro la parete. Lei atterrò in ginocchio sul pavimento, ma Yuichiro fu colpito dal muro in pieno volto.
«Yuichiro!»
Si girò. Il mostro era a pochi passi da lei. Il sacro fuoco gli stava dietro, perciò per raggiungerlo doveva saltare di lato non appena quella bestia si fosse avvicinata abbastanza.
Dal nulla, Yuichiro le si parò davanti. «Presto, scappa!»
«Che dici?» Lui doveva togliersi di mezzo, altrimenti-
Yuichiro non si lasciò spostare. «Se è per salvare te, posso anche morire.»
Per salvare me può anche- Le guance le andarono in fiamme. Scema, come poteva arrossire proprio ora?!
Il mostro sbraitò nuovamente e si lanciò contro di loro.
«Eccomi!» Yuichiro lo caricò con un balzo e andarono a sbattere spalla contro spalla. Il colpo lo scaraventò contro la parete.
«Rei-san... scappa.» Lui svenne su quelle parole.
«Yuichiro!»
Si trattenne dal correre verso di lui: non poteva controllare ora se gli era successo qualcosa, invece doveva- Si voltò e trovò libera la strada per il sacro fuoco. Con una corsa, vi si piazzò dietro, mettendo la pira tra lei e il mostro. «Ryn, Pyo, Tou, Sha, Kai, Jin, Retsu, Zai» associò alle parole il movimento delle dita, «Zen!» Le fiamme zampillarono in avanti, accecando la bestia blu e rossa dalla strana criniera bianca.
Rei ne vide la forma riprodotta nelle fiamme. Le linee sparirono, per lasciare posto a-
"Reiiii!" La voce di suo nonno si sprigionò dal fuoco in un urlo disperato.
«Nonno?» Rei balzò in piedi. «Quel mostro è il nonno!» Cosa gli era successo? «Nonno, cosa ti hanno fatto!?!»
«Jijiiii...» bofonchiò lui, come in una cantilena.
Nonno... Suo nonno era uno dei sette malvagi. Zoisite doveva avergli rubato il cristallo dell'arcobaleno e per questo lui ora era diventato quella... cosa.
lui non cercò di attaccarla, rimanendo fermo a mormorare quella strana parola.
Per liberarlo ci volevano Usagi e lo scettro lunare. Come poteva fare ad avvertirla?
Suo nonno scattò in avanti.
«Aspetta!» Rei abbatté uno dei pannelli che facevano da muro alla stanza, ringraziando per la prima volta il cielo per quanto erano rovinati. «Nonno!» urlò, scappando di fuori. Lui le fu dietro, come una belva che inseguiva la sua preda.
Doveva correre da Usagi! pensò. Se non riusciva a seminarlo fino a poterla chiamare per lei era finita.
Non sentì più i passi di corsa dietro le sue spalle e, prima che si fosse girata, comprese il perché: il nonno le era balzato davanti, tagliandole la strada.
Le si avventò contro, un braccio teso. La afferrò per il collo e la sbatté contro una statua.
«Nonno...» La gola, non riusciva quasi a parlare! «Svegliati... sono Rei, la tua nipotina.» Lui la chiamava sempre così. Era suo nonno, non poteva farle del male.
«Jijii...» Lui non la lasciò andare, ma si ritrasse.
«Nonno...» mormorò lei.
La zampa libera venne alzata verso l'alto. Gli artigli raddoppiarono in lunghezza.
«Ahhhh!»
Rei scattò verso il basso proprio nel momento in cui lui la lasciò andare. La zampata distrusse la pietra dura dietro la sua schiena, riducendola in decine di frammenti.
Il nonno abbassò lo sguardo e si preparò ad attaccare una seconda volta.
Rei chiuse gli occhi.
«Fermo dove sei!»
Qualcosa aveva colpito il nonno! Rei aprì gli occhi e-... Usagi!
«Non ti perdonerò per essere stato cattivo con la mia amica Rei!» Usagi abbassò il dito che aveva puntato contro suo nonno solo per alzare in aria tutta la mano. «Moon Prism Power! Make Up!»
Il nonno fu distratto dalle luci della trasformazione e Rei riuscì a sgattaiolare via.
«Ioo sono Sailor Moon!» Usagi iniziò a far volteggiare le braccia nel suo solito numero. «E sono venuta fin qui per punirtiii... in nome della Luna!»
Rei le fu accanto. «Ti ringrazio, mi hai salvato.» Se non fosse arrivata in tempo...
«Oh, figurati. Non devi ringraziarmi.» Usagi le offrì un cestino. «A proposito, questi arancini di riso sono ottimi! Provane uno, su!»
Ehhh?!? Ma era impazzita?
Da sotto di loro spuntò la voce di Luna. «Sei una sciocca! Non è tempo di pensare a mangiare!»
«Oh, hai ragione!» Usagi scoppiò a ridere. «Allora...» Si portò le dita al diadema.
«Aspetta!» la fermò Rei. «Quello è mio nonno!»
«Ehhh?!? Quello è il nonnino?!?»
Usagi rimase a fissarlo incredula.
«Ho capito!» Luna drizzò la coda. «Era per questo che si comportava in modo strano!»
«Jijiii!» Il nonno balzò verso di loro.
«Ahhh!!!» Scapparono tutte via, Luna in groppa ad Usagi.
«Reiii!» L'urlo di Usagi le avrebbe spaccato i timpani se non ci fosse stato tanto fracasso. «Fa' qualcosa, non posso fare del male al nonnino!»
«Usa un talismano, Rei!» le ordinò Luna. «Fermalo con quello!»
È vero! Ne sfoderò uno da dentro l'hakama e saltò in aria. «Sparisci, spirito maligno!» Lo attaccò alla fronte di suo nonno, saltandogli sopra in avvitamento. Atterrò. «Sailor Moon, ora!»
Suo nonno si contorceva e il talismano fumava nel vano tentativo di scacciare il male da dentro di lui.
«Ma certo!» Usagi brandì lo scettro lunare. Cominciò a disegnare un cerchio col braccio. «Nonnino, è ora per te di tornare ad essere un bravo ragazzo!»
Ma da dove le tirava fuori quelle frasi?
«Moon Healing Escalation!»
Il potere della Luna si riversò su suo nonno, costringendolo ad urlare di sofferenza.
Il malvagio lottò per rimanere in vita, ma alla fine fu riportato dentro suo nonno, finalmente sopito.
Rei corse in mezzo al piazzale, attenuando la caduta del corpo inerme. «Nonno...» Lo abbracciò. Lo aveva quasi perso in tutti quei giorni e non si era accorta di niente.
«Sono felice.» Usagi le si fece vicina. «Ora è salvo!»
Rei versò una lacrima. «Sì. Grazie per essere venuta.» Si asciugò quelle che erano diventate due scie umide sulle guance. «Cosa...» Deglutì, cercando di mangiarsi il groppo alla gola. «Cosa ci facevi qui?»
«Oh, ero venuta a portarti questi arancini.» Usagi si guardò intorno e scattò in piedi. «Ahh! Saranno caduti!» Corse verso l'ingresso del tempio. «No, eccoli!»
Tornò da lei. «Sono intatti grazie a questo cesto in vimini della mamma che ha retto benissimo!» Rise di nuovo, con una serenità che a Rei sarebbe risultata impossibile da mostrare appena dopo una battaglia.
«Ero venuta a portarteli per fare pace
» continuò Usagi. «Per come si sono comportata oggi con te.» Unì le sopracciglia nell'espressione più dispiaciuta che le avesse mai visto in volto. «Mi dispiace tanto. Perdonami.»
Oh, in quel momento l'avrebbe soltanto abbracciata. «Perdonata.»
Usagi cominciò a saltellare. «Evviva! Grazie!» Le porse ancora una volta il cestino di cibo. «Su, prendine uno! Li ha fatti la mia mamma, sono deliziosi.»
«Ti ringrazio, ma ora devo pensare un attimo al nonno.»
Usagi annuì con fare deciso. «Giusto giusto! Quando si sarà ripreso potremo mangiarli assieme a lui, che ne dici? Oh, magari fa' venire anche Yuichiro. Ah, oggi cercavo di combinare qualcosa tra te e lui solo perché mi sembrava che steste bene insieme-»
Yuichiro! Doveva andare a vedere come stava! «Usagi, ascolta. Porta mio nonno in casa, io vado a recuperare Yuichiro al tempio. Il nonno lo ha attaccato e lui ha perso i sensi.»
«Ma certo, va' pure!» Usagi abbracciò suo nonno e se lo caricò sulle spalle.
Rei corse dritta verso la stanza del sacro fuoco. Si fermò solo appoggiando le mani sugli stipiti della porta: Yuichiro era ancora sdraiato a terra, esattamente dove lei lo aveva lasciato. Gli andò vicino e gli infilò una mano nei capelli, cercando possibili ferite. Quando non ne trovò nessuna, si calmò.
Lo spostò in modo da avere la testa di lui contro la sua spalla, quindi cercò una soluzione: non poteva trascinarlo in giro come col nonno, era troppo pesante. Doveva lasciarlo lì e prendere un panno imbevuto d'acqua per tentare di farlo riprendere. Yuichiro se la sarebbe cavata con un bernoccolo qualunque, sembrava fatto di una pasta durissima. In tutti i sensi.
Sorrise e non poté evitare di abbassare la testa verso la sua, strofinando appena la guancia contro i suoi capelli.
Oh, aveva tentato di sacrificare la sua vita per lei. Anzi, lo aveva proprio fatto; era qualcosa di...
«Devi inventare una scusa.»
Sobbalzò, riconoscendo la voce di Luna. Si voltò lentamente. «Come?»
Luna fece il giro, arrivandole davanti. «È stato ferito da tuo nonno, vero? Non può sapere che c'è stato un mostro in casa vostra, potrebbero venirgli dei dubbi anche su di te. Digli che ha sognato tutto.»
Sì, era la cosa giusta da fare. In più era certa che uno come Yuichiro avrebbe creduto senza problemi a quella versione. «Non ti preoccupare, farò così. Non scoprirà nulla. Ah... puoi portare un panno bagnato e pulito? Glielo metto sulla fronte, forse così si sveglia.»
«Ma certo.» Luna trotterellò fuori dalla stanza.
Yuichiro emise un primo lamento. «Hmm...»
«Ehi.» Rei lo appoggiò contro la parete, posandogli una mano su un braccio. «Tutto bene?»
Lui strinse gli occhi e li aprì solo dopo un paio di secondi, richiudendoli subito quando la luce del fuoco gli colpì le pupille.
Lei gli si parò davanti. «Ti fa male da qualche parte?»
Yuichiro annuì piano. «... la testa.» Aprì gli occhi. «Cos'è successo?»
Beh... «Ti ho trovato svenuto. Qui. Sei stato fortunato perché stavo venendo da queste parti. Devi essere inciampato per sbaglio sulla base sporgente della pira.»
Lui guardò in quella direzione e rimase in silenzio, confuso e pensieroso.
Lei cercò di distrarlo. «Ce la fai a metterti in piedi? Credo che tu abbia bisogno di riposare. Su, ti aiuto ad andare nella tua stanza.»
«No, penso...» Yuichiro si massaggiò la fronte. «Penso di non stare tanto male.» Si sporse in avanti e si sedette sui talloni, guardandosi intorno con aria spaesata. «Veramente mi hai trovato qui?»
«Sicuro.» Forse più tardi o domani lui avrebbe ricordato tutto, ma per allora sarebbe stato più propenso a credere di essersi immaginato ogni cosa se lei avesse fornito una spiegazione decente adesso. «Credo che mio nonno ti avesse chiesto di pulire questa stanza. Guarda, è un po' sporca.» Cavolo, forse non avrebbe dovuto farlo notare: sul pavimento in legno c'erano segni di fanchiglia e terra, le orme che aveva lasciato suo nonno. Ahh! Un lato del muro era distrutto e se Yuichiro lo vedeva, addio versione di copertura! «Su, vieni.» Si passò un braccio di lui sopra le spalle, iniziando a tirarsi su. «Ti aiuto a muoverti.»
«Ah...»
Eccolo lì che arrossiva di nuovo. Beh, se in quel momento pensava a lei solamente e a nient'altro, non era che un bene.
Come lui stesso aveva detto, Yuichiro fu in grado di reggersi in piedi da solo, ma lei lo lasciò andare solo quando si trovarono nel corridoio.
Dall'angolo che portava verso l'uscita spuntò Usagi, ormai priva di trasformazione. «Rei, sono venuta a portarti- Oh! Ma tu stai bene allora!» Ridacchiò, rivolta a Yuichiro. «Ero venuta a portare questo panno per tentare di risvegliarti.»
Lui annuì, assumendo nuovamente l'espressione di chi stava riflettendo.
Rei anticipò le domande. «È ancora un po' confuso, Usagi. Non ricorda di come entrambe lo abbiamo trovato steso nella stanza del fuoco.» Alzò le sopracciglia, indicandole di ratificare quella versione.
«Già, già.» Usagi sbatté una mano in aria. «Non ti tormentare se non ricordi, l'importante è che sei in piedi e che non ti è successo nulla.»
Per fortuna Usagi aveva colto il suggerimento, almeno in quell'occasione.
«Oh!» Usagi guardò lei. «Tuo nonno chiede di te.»
Eh? «È già-» Si morse la lingua. Sveglio?
Non poteva terminare la frase, sarebbe stato troppo sospetto per Yuichiro sapere che anche suo nonno era improvvisamente svenuto.
Usagi annuì. «Vuole solo sapere a che ora è pronta la cena. Che ne dici, gli dico di venire qui a mangiare un po' degli arancini che ho portato?» Allargò una mano verso l'alto. «Così guardiamo questa meravigliosa luna piena!» Le fece l'occhiolino.
Rei ridacchiò di gusto. «Va bene.»
Usagi saltellò via, non molto diversamente da come aveva fatto Luna.
Rei si voltò verso Yuichiro. «Prendi anche tu qualche arancino di Usagi. Intanto che preparo la cena.»
Lui mantenne l'espressione concentrata. «Oggi siamo andati a fare la spesa, vero?»
Stava ancora cercando di ricordare.
«Sì.»
«E dopo mi sono allenato nel boschetto e sono andato a sbattere contro un albero. Ma se ero lì non potevo essere qui. E poi-»
«E poi ti ho trovato nella stanza del fuoco. Non mi credi?»
«Non è questo, però...»
Però doveva renderle le cose più facili, insomma! Gli prese una mano. «Basta pensarci, vieni a mangiare o Usagi finirà tutto quanto lei da sola.»
Yuichiro si dipinse in faccia un sorriso ebete e non disse più nulla.

Rei si infilò in bocca uno degli arancini. «Ma è squisito. La marmellata che c'è dentro lo rende molto dolce.»
Usagi si sporse verso di lei. «Non è vero? Sono proprio buoni. Per questo ho pensato di offrirteli!»
Rei annuì e diede un altro morso. Assieme a loro mangiavano sia suo nonno che Yuichiro, seduto accanto a lei sugli scalini davanti all'altare del tempio.
Finalmente lui aveva smesso di rimuginare su quello che poteva essere accaduto poco fa. Se non aveva già ricordato cos'era accaduto, c'era la possibilità che avesse dimenticato tutto quanto. Aveva preso un colpo in testa in fondo e - se erano fortunati - il ricordo del mostro che li aveva inseguiti per casa gli era stato cancellato dalla memoria per sempre.
Di sfuggita, lo osservò mentre abbassava l'arancino che teneva tra le mani. «Ah... Ora ricordo. Non c'era uno strano mostro? Voi avete visto dov'è andato?»
Ahhh!
«Quale mostro?» indagò suo nonno.
Prima che lei potesse rispondergli, Usagi si stampò in faccia un'espressione incredula. «Non ci credo, nonnino. Non ricordi niente?»
Santo cielo! Rei le tappò la bocca. Possibile che Usagi facesse sempre uscite del genere? Cercò di contenere il danno con una risata. «Ma quali mostri? Da quando esistono mostri, Usagi?» Mollò la presa e si voltò di lato. «Yuichiro, andiamo! Te l'ho detto che sei svenuto, probabilmente hai avuto un incubo.»
«Ma certo!» squillò Usagi dietro di lei. «Dev'essere così.»
Usagi stava cercando di riscattarsi e, se Yuichiro ci credeva, forse lei l'avrebbe perdonata di nuovo.
Lui alzò lo sguardo al cielo. «... non so. Non sembrava un sogno.»
Ma perché non si rassegnava?!
Lui scoppiò all'improvviso a ridere. «Beh, non importa. Stiamo tutti bene.»
... già, stavano tutti bene. Lui aveva rischiato la sua vita pur di far stare bene lei. Era stato disposto a morire pur di salvarla. «Yuichiro.»
«Che c'è?»
«Tu... sembri un po' stupido e lento a volte, ma in realtà sei... gentile e... coraggioso.»
Se è per salvare te, posso anche morire.
Lui la... amava. La amava tantissimo, la amava veramente.
La consapevolezza improvvisa, meravigliosa, la portò a schioccargli un bacio sulla guancia.
«Ehhhhh?!?»
Le voci allibite la riportarono alla realtà. Ma che aveva fatto?
Yuichiro scattò in piedi, acceso di rosso. «Io, io... questa è la mia vita al suo massimo!!»
Rei tenne gli occhi incollati al terreno cercando mentalmente di sotterrarsi, ma le risatine e le gomitate di Usagi furono impossibili da ignorare.
«Oh, Rei-chan, confessa! Ti sei innamorata di Yuichiro!»
Eh, no! «Non essere ridicola, non c'entra niente!» Cercò invano di smaltire il rossore alle guance. «Il nonno lo sgrida sempre, perciò ho solo pensato di dargli un bacetto per consolarlo!»
«Come no!»
«Ti sei fatta l'idea sbagliata!»
Prima che potesse dire altro, suo nonno apparve dal nulla in mezzo a loro due. «Rei! Non ti lascerò mai e poi mai sposare uno come Yuichiro!»
Ma come aveva fatto a saltare fino al-
«Matrimonio, matrimonio!» canticchiò Usagi.
Adesso le torceva il collo. «Vuoi piantarla?!»
«M-matrimonio?» ripeté Yuichiro, letteralmente partito.
Lei protestò in coro assieme al nonno. «Non pensarci neppure!!»
«Io invece dico di sì, hihihi!» Usagi iniziò a saltellare in giro.
E va bene, se l'era cercata. «Perché non vieni qui a sentire cos'è vero invece?» Sfoderò in aria un pugno.
Usagi corse via ridendo. «Aiuto!»
Rei le fu subito dietro.
Suo nonno volò a prendere una scopa. «E tu non pensare di cavartela così!» Balzò su Yuichiro e lui non trovò altra soluzione che quella di correre dietro a lei che correva dietro a Usagi.
Fecero il giro dell'intero piazzale, in tondo e in tondo e in- Davanti alla scale, apparvero Ami e Makoto.
Rei tirò fuori la voce più imperiosa che le uscì. «Va bene, bastaaa!»
Usagi, suo nonno e Yuichiro si bloccarono in aria.
Rei puntò un dito su Usagi. «Tu piantala di straparlare! E voi due» si rivolse a Yuichiro e a suo nonno. «Avete frainteso tutto. Non ci sarà nessun matrimonio e nessuna relazione! Adesso devo parlare con le mie amiche, tornate in casa!»
Suo nonno corrugò la fronte, profondamente indispettito. «Cos'è successo lo deciderò io!» Si voltò e si dileguò nell'oscurità della sera.
Yuichiro rimase immobile per un attimo, quindi annuì e si ritirò anche lui.
Usagi si riprese dalla posizione paralizzata che aveva assunto. Si profuse in un applauso. «Bravissima, Rei! Come comandi tu non comanda nessuno!»
Non le restò che sospirare. Si voltò verso Ami e Makoto. «Ciao ragazze, come mai qui?»
Ami si avvicinò con un sorriso timido. «Volevo convincerti a fare pace con Usagi e... volevo chiarire che non ce l'avevo con te.»
Makoto annuì con fare convinto. «Sì, siamo venute ognuna per conto nostro. Abbiamo pensato entrambe che fosse importante riparare i problemi prima che si facessero troppo importanti.»
Oh. Allora non l'avevano abbandonata. Erano venute tutte lì per lei.
«Oh, siete delle grandi amiche!» Usagi le coinvolse in un abbraccio collettivo. Allargò una mano, rivolgendola a lei. «Su, vieni anche tu, Rei. E facciamo pace per sempre, per non litigare mai più!»
Usagi era una bambina. Adorabile e oltremodo sincera.
Rei andò loro incontro e si lasciò abbracciare, posando le mani sulle schiene di Usagi ed Ami, mentre Makoto trovava il modo di stringerle tutte.
Forse avrebbero litigato di nuovo in futuro, ma... erano amiche.
Lo sarebbero state per sempre.



«Ascolta... »
Yuichiro drizzò le orecchie, focalizzando tutta l'attenzione su di lei. Ormai era ora di andare a dormire e Rei-san lo aveva chiamato fuori dalla sua camera per parlargli.
Doveva aver scelto quel momento perché finalmente suo nonno era andato a letto e non era più lì a controllare ogni loro movimento. Durante la cena non li aveva persi di vista neanche per un istante.
«Voglio che sia chiaro che quello, quel... insomma, quello che è successo prima non...» Rei-san si interruppe e inspirò. «Non è quello che sembra.»
Sì. Si era aspettato che lei gli dicesse qualcosa di simile. Le facilitò le cose. «Va bene. Volevi solo consolarmi per la fatica che mi fa fare tuo nonno.»
Rei-san sgranò gli occhi. «Esatto. Proprio così.»
«Ho capito.»
Lei parve ulteriormente interdetta, almeno fino a che non annuì. «Perfetto allora. Buonanotte.»
Yuichiro la salutò con un breve cenno della mano. «Buonanotte.» Tornò nella sua stanza.
Come le aveva detto, lui aveva veramente capito: Rei-san forse provava qualcosa nei suoi confronti, ma era ancora lontana dal ritenerlo degno di lei. Giustamente. Lei non avrebbe mai potuto desiderare di avere accanto un ragazzo senza carattere, senza futuro, senza la giusta determinazione a riuscire nella vita. Rei-san non avrebbe mai potuto innamorarsi di una persona del genere.
Certo, lui aveva un gran cuore e forse anche coraggio, ma aveva parecchia strada da fare.
Andava bene così.
Si sarebbe dato da fare e nel frattempo lei sarebbe cresciuta.
Per loro due poteva esserci un futuro, c'era solo da pazientare. Nel frattempo si sarebbe dato da fare per diventare l'uomo che lei avrebbe potuto amare.
Chiuse gli occhi e si sdraiò sul futon.
Si addormentò col sorriso sulle labbra.

Rei si infilò sotto le coperte del proprio letto.
Quella sera aveva temporaneamente spento il cervello, ecco tutto.
Yuichiro era innamorato di lei, ma questo non significava che lei dovesse ricambiarlo.
Lui non era adatto.
Il ragazzo giusto per lei non solo era molto più carino di lui, ma era sempre intelligente, non solo di tanto in tanto. Ed era maturo. E più... qualcos'altro; la lista era lunga.
Tra lei e Yuichiro non avrebbe mai funzionato, per essere felici non bastava volersi bene.
Non che lei gli volesse bene, il punto era che... che non era adatto, sì.
Si voltò su un fianco: domani le cose sarebbero tornate alla piena normalità. Suo nonno era finalmente tornato in sé, lei sarebbe andata a scuola e nel pomeriggio avrebbe provato a chiamare Mamoru-san per vedere se gli andava di uscire da qualche parte.
E Yuichiro... era solo Yuichiro. L'apprendista di suo nonno e...
Nient'altro.

INCONTRARSI - Fine



Note: è finito questo primo episodio, non la raccolta :) La lunghezza dei prossimi episodi sarà variabile. Alcuni saranno molto più corti di questo.
Qui in un qualche modo Rei ha capito che Yuichiro è innamorato di lei, tuttavia credo che un fatto del genere possa ugualmente essere coerente con ciò che ho scritto in "L'indole del fuoco" (lì lei era sorpresissima nel sentire la dichiarazione vera e propria). È col passare del tempo e degli anni che Rei ha iniziato a ridimensionare i sentimenti che lui provava per lei e, appunto, lui non le dirà mai chiaramente quello che prova, almeno non fino a quel momento.
Come avrete potuto vedere, diversi pezzi di questa seconda parte sono ripresi per filo e per segno dall'anime (i dialoghi sono quelli originali però). Mi sembrava meglio parlare dell'intera vicenda (per come la sapeva Rei), quindi anche del piccolo litigio con le amiche e delle stramberie di Usagi :)
Mi sono presa qualche piccola licenza poetica con alcuni particolari, ma niente di fondamentale. Ricordo ancora una volta che l'episodio di cui parlo è il 30, della prima serie.

Risposte alle recensioni

amayuccia - grazie dei complimenti, sono contenta che l'idea di riempire i buchi ti sia piaciuta. L'ispirazione per questo secondo capitolo è venuta prima dell'ispirazione per finire il capitolo 15 di Verso l'alba, ma sarà pronto anche quello tra poco.
So che per via dei miei tempi biblici sei già guarita da quando hai scritto le recensione, altrimenti ti avrei augurato buona guarigione :)
Nicoranus83 - sì, Yuichiro e Rei come personaggi sono un piacere per quanto riguarda i dialoghi, almeno per me :) Grazie per aver commentato.
maryusa - grazie per aver apprezzato :) Ci sono un sacco di cose che mi piacerebbe approfondire del rapporto tra Rei e Yu, vediamo se ci riesco a dovere :) Grazie mille del commento.
NEPTUNE 87 - sono felice che i miei scritti ti piacciano, grazie per farmelo sapere :) Le caratterizzazioni di questi due personaggi per me sono sempre un piacere, li trovo entrambi molto interessanti. In modo diverso poi sono tutti e due estremamente vivaci :)
chichilina - se avessi ideato Sailor Moon ora sarei milionaria :D:D:D Invece dobbiamo molto a Naoko Takeuchi; non dico tutto, perché secondo me nell'anime c'erano un sacco di buone idee che hanno arricchito l'opera. Se ci fosse stata una fusione migliore tra anime e manga però sono convinta che sarebbe venuto fuori qualcosa di ancora migliore. Come semplice fan, in un qualche modo, sto cercando di farlo. Grazie del sempre presente apprezzamento :)
ggsi - ciao! Per quanto riguarda Yuichiro, se non sbaglio le mie prime sensazioni erano più analoghe a quelle di Rei ... 'e chi è questo qui?' :D:D
Sì, il nonnino in quella puntata era esilarante. Ho cercato di trasmettere parte della sua pazzia, ma è semplicemente da vedere.
Come già ti dicevo via email, i nomi dei corvi sono stati inventati dalla Takeuchi e nel manga quei corvi hanno un significato più importante (specie nella quinta serie). Nell'anime li hanno nominati non più di un paio di volte e poi se ne sono dimenticati.
Già, Rei è dura fuori e tenera dentro. Con un po' di divertito imbarazzo, devo dire che i suoi ragionamenti acidi e antipatici mi vengono con una facilità disarmante; mi sono resa conto che non sono poi così diversa da lei :D:D O forse la sto adattando a me, chi lo sa (l'importante è rimanere IC e tutto va bene :) )
Oh, sì, per Yuichiro si è trattato decisamente di un colpo di fulmine a prima vista e in piena regola.
Povero ragazzo, qui l'ho reso fiducioso nel futuro. E verrà ripagato, ma prima dovrà patire e pazientare parecchio.
Ho cercato di incastonare le scene che mi sono venute in mente con quello che succedeva nell'anime, in modo da spiegare meglio il moto di tenerezza che ha spinto Rei a baciare Yuichiro. Spero di esserci riuscita :) Alla prossima!
Rox - La lista della spesa?
Eccola qui: yogurt Muller e Yomo, rigorosamente alla fragola, fusilli e penne rigate, latte parzialmente scremato, passata di pomodoro, pane bianco, cibo per gatti Kitekat ... :D:D:D:D:D:D Ho appena violato ogni regola di pubblicità occulta :D:D
Ma certo che Yuichiro era un po' stupidotto. Rei mica se n'è resa conto, ma se lui fosse stato meno scemo all'inizio, mi sa che si sarebbe arresa molto molto prima.
Come già ti dissi per via privata, Verso l'alba è solo la prima delle due o tre grandi storie multicapitolo che ho in mente per Sailor Moon (la seconda arriverebbe fino all'incoronazione, la terza si svolgerebbe nel futuro mille anni in avanti). In mezzo a queste storie ne metterei diverse altre, con protagonisti anche gli altri personaggi che ho creato, ma in genere le vicende che meritano di essere raccontate. Le Outers stanno bene, hanno un motivo per non essere ancora tornate, non preoccuparti. Ne saprai di più quanto prima :)

Alla prossima a tutti, grazie delle recensioni :)
ellephedre






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Capitolo 3
*** Episodio 2 - Conoscersi sulla neve ***


ovviamenteimpossibile3 Note:
- un grosso grazie a tutti coloro che hanno proposto le mie storie per l'inserimento tra le scelte :) 
- avevo già ritrovato il significato del nome di Yuichiro per un'altra mia fanfic. Gli ideogrammi del suo nome andrebbero ad indicare le parole 'unico figlio maschio'. Ricordo anche che 'Usagi' significa 'coniglio' in giapponese.

"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 2 - CONOSCERSI SULLA NEVE


Rei osservò distrattamente la nuvoletta di aria fredda che le era uscita dalla bocca. Continuò a camminare. In lontananza si poteva ammirare il maestoso paesaggio di montagne che si stagliavano sul cielo, tanto bianche da essere sicuramente colme di piste da sci pronte ad essere solcate.
Il titolo di Miss Principessa della Luna sarebbe stato suo, si ripromise, e quel viaggio sarebbe stato memorabile.
... beh, prima doveva capire se sarebbe riuscita a riposare su un letto decente. Secondo Yuichiro non erano molto lontani dalla casa dei suoi genitori, ma le sembrava alquanto improbabile. Stavano percorrendo un largo viale che ospitava solo lussuose villette a due piani. Non era possibile che la famiglia di Yuichiro possedesse un'abitazione del genere. Di sicuro c'era da camminare ancora un bel po'.
Usagi arrivò accanto a lei e le parlò in un orecchio. «Rei» bisbigliò cospiratrice, «Yuichiro ti ha detto com'è casa sua?»
«Non gliel'ho chiesto.» Non aveva avuto intenzione di rovinarsi in partenza l'idea del viaggio.
«Come, non eri curiosa?»
Mai come la bambina che era lei. «Sì, Usagi
» sospirò. «Tra poco la vedremo.»
«Parlate di casa mia?» Yuichiro accelerò il passò e apparve alla sua sinistra. «È in fondo a questo viale.»
Ah sì?
Usagi inclinò la testa. «Sei sicuro?»
Fortuna che c'era lei a fare le domande ovvie che avrebbe voluto porre in prima persona.
«Ma certo!» Yuichiro sollevò il braccio davanti a sé. «Proprio lì, andando dritti.»
Hm, forse quella vacanza non sarebbe stata poi così male.
«Io faccio una corsa.» Makoto scattò in avanti.
«Vengo anche io!» Usagi le fu subito appresso.
Minako rimase indietro assieme a lei e a Yuichiro, a fissare Usagi e Makoto come se non vedesse l'ora di imitarle.
Minako Aino era una strana ragazza. Rei non era ancora riuscita a decifrare esattamente quale fosse il suo carattere. A volte pareva del tutto simile ad Usagi, eppure c'erano state occasioni in cui le era sembrata la più adulta tra tutte loro. Non era stato facile ammetterlo con se stessa. Forse, rifletté, combattere da sola nei panni di Sailor V l'aveva temprata.
Ad un isolato di distanza Usagi stava indicando davanti a sé, il braccio che si muoveva convulsamente su e giù. «Reiiiiiii!»
Ma perché doveva urlare così?
«Reiiiiii!»
Cos'è, si stava aspettava che le rispondesse?
«Reiiiiiiiiiiiiiii!»
«Insomma, sto arrivando!!
»
«Ahi.» Minako si coprì le orecchie con le mani.
«Scusami, è stata colpa di Usagi.» Che ancora urlava.
Non le restò che voltarsi verso Yuichiro. «Per favore, tienimi questa che vado a zittirla.» Una volta mollata la propria valigia tra le mani di lui, scattò in avanti come la migliore delle maratonete, raggiungendo Usagi in pochi secondi.
«Si può sapere che ti-...» Spalancò la bocca. «No.» Doveva esserci un errore. Si girò nella speranza di trovare alle proprie spalle una modesta casupola, ma non ebbe fortuna. Dietro di lei continuava il cancello a muro che racchiudeva un vasto giardino interno. «Non può essere questa la casa, ce ne sarà un'altra qui dietro.» C'era un viottolo che partiva da un angolo nascosto.
«No, non c'è.» Makoto uscì proprio da lì. «Ho appena controllato, questa è l'ultima casa di questa via, qui dietro c'è solo un'entrata di servizio. Non ci credevo neanche io.»
Non le restò che rimanere ad ammirare. Si trovava davanti ad una spaziosa a villa a due piani, con balconata al piano superiore e colonne varie a sostenere il tutto.
«Rei, Yuichiro vive davvero in questa casa?»
Ma Usagi ogni tanto lo usava il cervello? Non lo vedeva che era sorpresa quanto lei? Lasciò perdere. «Non me l'ha detto.» Le venne in mente una possibile soluzione. «Magari... i suoi sono i custodi.
» Certo, doveva essere così. Però Yuichiro le aveva detto che non erano in casa in quei giorni e come facevano due custodi a dare via un'abitazione non loro?
«Wooow!» Minako era arrivata anche lei e aveva spalancato le braccia. «Yuichiro, questa è davvero casa tua?»
Lui spuntò dietro di lei e sorrise fiero. «Certo. I miei genitori in questo momento sono in Svizzera.»
In Svizzera?
«Ti piace Rei-san?» Lui la guardava speranzoso, come se si aspettasse di sentirla rispondere in una maniera diversa dall'unica possibile.
«Sì.»
Lui si stampò in faccia un sorriso enorme. «Allora entriamo!»

L'interno della villa si rivelò opulento come l'esterno. Non si trattava di una ricchezza ostentata, ma ogni mobile, quadro e suppellettile era di assoluta classe e non ci poteva essere alcuno sbaglio sul fatto che quella casa appartenesse a persone con molti e molti soldi. Il che faceva di Yuichiro un ragazzo con molti e molti soldi.
... ridicolo.
«Ecco a voi il té.» Nel salotto in cui si trovavano entrò la signora di mezza età che avevano incontrato prima, quella che si era dichiarata la custode della villa. E che aveva chiamato Yuichiro 'signore'.
Una roba fuori dal mondo!
Le tazze di té caldo furono appoggiate sul tavolo, in mezzo ai due divani in cui si erano sistemate.
«Grazie mille, Mishida-san.» Yuichiro si profuse in un inchino accennato, allegro. «Non ti preoccupare, non ti disturberemo tanto.»
«Oh, ma non è un problema, questa è casa sua. I suoi genitori mi hanno pregato di ripeterle che può fermarsi qui quanto vuole assieme ai suoi amici.» La donna spostò su di loro uno sguardo benevolo. «Credo sarebbero contenti di sapere che sono tutte ragazze.»
Una mano aperta di lui si mosse nella sua direzione. «Sono tutte amiche di Rei-san. Lavoro presso il loro tempio e lei e suo nonno mi ospitano.»
Nel volto lievemente raggrinzito della signora le rughe si fecero profonde e confuse. «Lavora presso un... tempio?»
«Sì.» Persistendo nel sorriso Yuichiro non offrì altra spiegazione. Si limitò a far rimanere sulla signora uno sguardo sereno.
Le sopracciglia della donna volarono in alto. «Oh! Vado allora. Se avete qualche preferenza per la cena, fatemi sapere.»
«Grazie ancora.» Yuichiro la salutò con una mano e tornò al caminetto in cui aveva cominciato ad alimentare il fuoco.
Ma dai, pensò Rei. Yuichiro aveva appena trattato la signora come se fosse una domestica. Pur senza spocchia e con garbo, l'aveva mandata via come poteva fare solo una persona avvezza a quel tipo di situazione. Se non fosse stata certa di essere sveglia, si sarebbe data un pizzicotto.
Yuichiro, accovacciato accanto al caminetto, continuava a far crescere le fiamme.
Fino a quel momento lei era rimasta in silenzio o quasi, ma era ora di aprire bocca. Si guardò un'ultima volta intorno, facendosi distrarre dalla lucentezza del lampadario in cristallo appeso al soffitto. «Senti, Yuichiro... san.
» Forse quell'aggiunta poteva risparmiarsela. «La togli a me questa curiosità? Come mai un riccastro come te-» Si morse la lingua. «Voglio dire, un ragazzo benestante, ecco... come mai fai l'apprendista nel nostro tempio?»
Lui le rivolse uno sguardo sereno. «Per accumulare esperienza.»
Su come pulire i pavimenti? «... certo.»
«Psst, Rei.» Usagi si era accostata di nuovo al suo orecchio. «Dicono che la gente ricca sia stramba.»
A questo punto... «Può darsi.»
La conversazione non era sfuggita a Makoto. «Non ha importanza.
» Saltò in piedi. «Andiamo, è ora di mettersi a sciare!»
Rei si unì al coro di assenso.

Venti minuti dopo, osservò la propria figura in tuta da sci di fronte ad uno specchio che le permetteva di vedersi da capo a piedi.
La tuta viola e bianca, regalo di suo padre, le stava ancora bene come l'anno prima. La forma dei pantaloni la slanciava parecchio e la giacca alta in vita metteva in risalto la curva rientrante dei fianchi, esaltando le belle proporzioni che possedeva con fierezza da un annetto circa.
«Stai veramente bene, Rei-san.»
Si voltò verso il corridoio di destra.
... beh, stava molto bene anche lui. Quella tuta verde e gialla sembrava costosa, ma ormai aveva smesso di stupirsi di cose come quella. «Grazie.
» Tornò a guardarsi allo specchio. «Sulla pista da sci sono anche meglio.» Assolutamente.
«Hai esperienza?»
«Sì, scio da diversi anni.» E adesso che ci pensava... «Anche tu?»
Lui annui, tirando fuori da una tasca un paio di occhiali scuri. Se li poggiò sulla testa. «È da due anni che non vengo qui, ma prima sciavo ogni inverno. Me la cavo.»
Certo, non sfruttare una casa come quella, per di più in un luogo tanto ben posizionato, sarebbe stato un crimine. Si guardò un'altra volta intorno e decise di dare voce ad un dubbio che le era venuto. «È da quando siamo arrivati qui che ci penso. La tua famiglia... fa parte di quei Kumada, vero?» Quelli che avevano aziende che producevano automobili e un mucchio di altra roba di cui non lei aveva la minima idea. Sapeva solo che era tanta.
Yuichiro assunse un'aria preoccupata e abbassò lo sguardo sul pavimento.
«Non ti preoccupare.» Rei cercò di non dare alla cosa più importanza di quanta non ne avesse. «Non ho pensato che fossi il figlio del proprietario. Non devi spiegarmi di chi sei cugino o nipote. Sono certa che dev'essere molto complicato. La mia era solo una... curiosità.»
Lui rilasciò un sospiro pesante. «Non è niente di complicato. Purtroppo.» Ridacchiò all'improvviso, nella maniera sciocca a cui lei era perfettamente abituata. «C'era mio nonno che era figlio unico ed è morto quando avevo cinque anni. Anche mio padre è figlio unico, però ha avuto me e le mie due sorelle maggiori.
» Esitò. «È... tutto qui. Ci siamo solo noi.»
Solo noi? Le si svuotò la mente.
Yuichiro prese a sbattere le mani in aria. «Questa è casa dei miei genitori, è tutto solo dei miei genitori. Io... vivo per conto mio e coi miei mezzi. Non è cambiato niente, sono sempre l'apprendista del tempio che non sa fare nulla.»
Ma che-? «Fammi capire bene. La famiglia Kumada non ha nessun ramo, è tutto di tuo padre e tu sei suo figlio?» L'unico figlio maschio?!?
Yuichiro si fece imbarazzato e perplesso. «Beh sì, sono figlio di mio padre.»
Rei chiuse la bocca spalancata. «Tu-tu... tu sei pazzo!» Non urlò a squarciagola solo per non far accorrere le altre. «Sei ricco sfondato e lavori nel nostro tempio
Yuichiro si risentì. «No, i miei genitori sono ricchi, io... sono io. Valgo per me.» Sembrava deluso.
Le uscì un sospiro. «Non dico di no, ma...» Cosa? «Come fai a vivere come se non avessi soldi quando... ne hai così tanti?
» Allargando le braccia, indicò l'ambiente attorno a loro. Quella villa doveva essere solo un piccolissimo esempio di tutto quel che la sua famiglia possedeva. «Ho capito che i soldi non sono tuoi, ma se non hai litigato con i tuoi genitori loro ti daranno sicuramente qualcosa, no?»
«Si deve vivere con quello che si guadagna da soli.»
Il tono da cane bastonato la fece sentire una persona superficiale. «Se hai scelto così... Ti ammiro.» Era una cosa ammirare, in fondo. «Solo che non ti capisco.»
C'era un unico motivo per cui lei non usufruiva appieno del denaro che possedeva suo padre: non si vedevano quasi mai e a lui doveva ogni volta chiedere. Dargli quel tipo di potere su di lei era un'idea che detestava.
«Avere tutto quanto mi toglieva ogni scopo. Rei-san, sai anche tu che... non sono le cose materiali a rendere felici.» Il sorriso amaro si fece lentamente sereno. «Ci sono esperienze che il denaro non può comprare. Sono le uniche che rendono davvero completi. Lavorare per tuo nonno per me significa fare questo.» Lui si dipinse in faccia la stessa espressione di quando si sedeva sul portico del tempio, verso il tramonto, dopo un'intera giornata di lavoro. Allora lei aveva pensato che fosse proprio da anime semplici essere tanto felici per così poco. Forse si era sbagliata.
«Ho capito.» Ora sì.
Usagi saltellò sul pianerottolo in mezzo alle scale. «Sono pronta! Andiamo a solcare le piste!»
Già, era ora di sciare.



Yuichiro respirò a pieni polmoni l'aria fredda e pulita di montagna. La differenza con Tokyo era abissale.
Accanto a lui, a pochi metri di distanza, c'era Rei-san. Con fare esperto lei stava scivolando sulla neve, lungo la strada in salita che stavano percorrendo a velocità moderata da circa mezz'ora.
Lui le aveva detto che potevano trovare un pendio mediamente scosceso, abbastanza corto ma ottimo per ricominciare a prendere confidenza con discese meno semplici. Al termine della pista si trovava l'area dedicata ai principianti e lì avrebbero reincontrato le altre ragazze, rimaste indietro.
Quando si erano diretti al noleggio delle attrezzature, Rei-san aveva immediatamente 
identificato il modello di sci più adatto a lei. Alle sue amiche era stata offerta un'ora di lezione introduttiva: Ami Mizuno e Minako Aino non avevano mai indossato degli sci in vita loro, mentre Makoto Kino aveva sciato un paio di volte ormai molti anni prima, mentre Usagi-san... lei aveva detto che non poteva essere così difficile sciare. Alla fine era rimasta con le altre ugualmente.
Per la verità, per quanto nessuna delle ragazze lo sapesse, quella non era una lezione gratuita. Il gestore del negozio l'aveva proposta dopo avergli chiesto una rapida e discreta conferma. Il costo sarebbe stato addebitato su un conto che la sua famiglia saldava ogni inverno. Non era raro che invitassero ospiti durante le vacanze e usavano quel negozio per rifornirli di qualunque cosa potessero avere bisogno. A pagare ci avrebbe pensato sua sorella Meiko; lei adorava quella loro casa e sarebbe venuta lì per festeggiare il Capodanno.
Lui avrebbe rifiutato quel favore se al telefono sua madre non gli avesse preventivamente accennato che poteva usufruire con tranquillità di tutti i servizi che desiderava e senza pensieri. I pensieri erano di natura economica e i servizi includevano quasi tutto, partendo dal miglior ristorante locale e proseguendo con negozi di abbigliamento.
Lui non aveva intenzione di approfittare oltre del favore. La lezione serviva solo a impedire che le amiche di Rei si facessero inavvertitamente male; non era il caso di far rischiare loro qualcosa solamente per proteggere il suo orgoglio.
«Vieni qui da molto?»
La domanda improvvisa gli strappò un sorriso. «Sì, fin da quando ero bambino. La casa era di mio nonno. I miei genitori hanno portato qui me e le mie sorelle da... sempre.»
«Ti immaginavo figlio unico.»
Figlio unico lui? Magari, in certi momenti gli sarebbe servito sentire di non avere tre madri. «Per via del nome?»
Rei-san annuì.
«Me l'hanno dato perché sono nato maschio. Papà e mamma temevano di avere una terza figlia all'inizio, ma ci hanno provato ugualmente perché pensavano che le mie sorelle avrebbero voluto occuparsi di cose diverse dall'impresa, da grandi.
» Non poté evitare un sorriso ironico. «Quando sono nato io erano molto contenti e mi hanno dato un nome adeguato all'evento.» Yuichiro: i singoli ideogrammi si leggevano come 'unico figlio maschio'.
Rei-san lo guardava da oltre le spalle, curiosa. «Quindi... si erano proprio sbagliati? Non hai intenzione di cambiare idea neanche in un futuro lontano?»
Decisamente no. «Sto bene così. Le previsioni dei miei genitori erano sbagliate anche per le mie sorelle. Loro due vivono per l'impresa di famiglia, è tutto il loro mondo.»
Rei-san annuì. «E quanti anni hanno?»
Cinquanta in due. Era lo scherzo che aveva tirato fuori all'ultimo compleanno di Aiko, facendola andare su tutte le furie. Sorrise. «Aiko ne ha ventisei, Meiko ventiquattro.»
«Sono grandi.»
Sì, e se n'erano approfittate parecchio negli anni. Si erano anche prese cura di lui, ognuna a modo suo, ma, anche se le cose fossero state diverse, sarebbero sempre state le due sorelle di cui lui non poteva immaginare di privarsi.
Rei-san non continuò la conversazione e, visto che avevano parlato un po' di lui, Yuichiro volle chiederle un po' della sua vita. Di lei sapeva solo che sua madre era morta e che suo padre era un uomo politico, informazioni ricavate dal maestro.
Cercò di non porre la domanda in maniera diretta - Rei-san era pur sempre una persona riservata. «Ehm.... chi ti ha insegnato a sciare?»
«Un maestro di sci.»
... e lui che aveva pensato che sarebbe stato un modo per farla parlare della sua famiglia.
Lei si fermò sui propri passi e si dipinse in volto un sorriso consapevole. «Scommetto che è stato tuo padre ad insegnare a te.»
O era riuscito a farsi leggere in faccia la risposta o ormai Rei-san lo conosceva bene.
Lei tornò ad avanzare. «Io ho imparato a sei anni.
» Cadenzò le parole mentre avanzava con larghe falcate. «Mio padre si era ripromesso di insegnarmi personalmente solo perché non ci vedevamo spesso, ma poi è dovuto partire per una certa emergenza di lavoro... non ricordo neanche quale fosse.»
Sentirla nominare suo padre lo intristì pur rallegrandolo allo stesso tempo: Rei-san si stava aprendo con lui.
«Ricordo di essere rimasta sola con la tata per quattro giorni, fino a che il nonno non è venuto a riprendermi.
» Scrollò le spalle e avanzò più lentamente. «Durante gli anni successivi mio padre ha cercato di rifarsi. E' rimasto sempre con me, anche se attaccato al telefono per la maggior parte del tempo. Da quattro anni a questa parte gli ho detto di evitarsi il disturbo e di mandarmi da sola. Da allora sono andata a Kokusai con il suo primo assistente ogni inverno.»
Con un assistente? Era strano che non si fosse trattato nemmeno di una donna. «Non preferivi qualcun altro?»
«Non ci ho pensato. Un assistente è una scelta insolita come accompagnatore, ma mio padre si fida di poche persone. Kaido-san non aveva figli suoi e mi trattava come una sorella minore, perciò... mi stava simpatico.» Le comparve in volto un bagliore triste che si spense rapidamente. «Si è sposato quest'anno.» Dal nulla, sorrise. «L'ultima volta che l'ho sentito stava per licenziarsi. Quello di andare via era stato l'ultimo consiglio che gli avevo dato, perciò sono contenta per lui. Fare politica non era la sua strada.»
... da quelle parole traspariva più affetto per l'assistente che per il suo stesso padre. Povera Rei-san.
«Bene, pare che ci siamo.»
Lui alzò lo sguardo. Sì, erano arrivati.
Rei-san si mise di traverso. «Senti, hai detto che te la cavi, no?»
«Sì.»
«Te lo chiedevo perché da qui io avrei intenzione di andare veloce. Con la salita che abbiamo fatto, il riscaldamento è stato sufficiente.»
Era d'accordo con lei. «Certo.» Alzò il braccio e le indicò la curva che si intravedeva a sinistra, in lontananza. «Lì ce n'è una un po' stretta, sta' attenta.»
«Nessun problema. Andiamo.»

Rei aveva un dubbio. Per verificarlo, dopo una curva ostica, frenò inaspettatamente.
Yuichiro la imitò con prontezza, fermandosi pochi metri dopo di lei. «C'è qualche problema?»
«No.» Aveva solo cercato di capire fino a che punto lui se la cavasse con gli sci. Ormai aveva dei buoni motivi per credere che Yuichiro fosse persino più bravo di lei. «D
opo quello che ci abbiamo impiegato a salire, non volevo esaurirmi tutta la discesa in pochi minuti» gli spiegò.
Non si stupiva che lui fosse stato modesto. Yuichiro lo era sempre e nella stragrande maggioranza dei casi con ottime ragioni. Sciare doveva essere l'eccezione che confermava la regola.
Lui sollevò un braccio e indicò un punto dietro di lei. «Dopo usiamo lo skilift per andare in cima. Si tiene lì il concorso a cui vuoi partecipare.»
Rei si voltò a osservare l'altezza della vetta. Tra sè, sorrise sarcasticamente. «E Usagi si illude di avere qualche speranza di vincere. Sarà tanto se riesce a non cadere.»
«Beh... forse sarebbe meglio farla desistere.» Yuichiro sorrise e abbassò lo sguardo. «Comunque sono certo che vincerai tu, Rei-san. Sei molto brava a sciare e sei anche... beh...»
«Molto a posto, già.» Non aveva voglia di ricevere altri complimenti da lui. Aveva già incoraggiato fin troppo l'assurda infatuazione che nutriva nei suoi confronti. Quella storia doveva finire.
Yuichiro scrollò le spalle. «Ti accompagnerò fino a lì e farò il tifo per te.»
... loro due da soli sullo skilift sia all'andata che al ritorno? No, sapeva troppo di appuntamento romantico. «Non credo che Usagi rinuncerà a venire.» Se lo sarebbe assicurato lei stessa in un modo o nell'altro. «Se ha difficoltà puoi sempre accompagnarla tu di sotto, no?»
Yuichiro rimase interdetto per qualche istante. «Certo. Ma ti aspetteremo ugualmente.»
Beh, quello andava bene. Tentò di passare ad un altro argomento. «Inviterò anche le altre a venire con noi.» Ridacchiò. «Scommetto che sceglieranno di rimanere a valle per la paura.»
Anche Yuichiro trovò divertente lo scherzo. Gli occhiali da neve scuri che gli coprivano gli occhi risaltavano più della frangia scarmigliata e conferivano al suo aspetto normalmente disordinato una parvenza di... senso? Lui rimaneva trasandato, ma in quel momento sembrava più una scelta di stile che una semplice mancanza di cura per il proprio aspetto. Comunque Yuichiro era sempre il solito, indeciso e arrendevole, e un paio di occhiali neri che gli davano un'aria più interessante o che focalizzavano l'attenzione sul modo in cui lui rideva non cambiavano niente. Nella vita di tutti i giorni lui rimaneva sempre uguale e...
Ma esattamente a chi stava facendo quel discorso?
... stupida. Raddrizzò gli sci, puntandoli verso la pista. «Riprendo a scendere» Si lanciò in avanti e così fece.



Usagi-san era uno spasso, pensò Yuichiro.
Lui e Rei-san si erano divertiti a tormentarla sulla difficoltà del concorso che stava per iniziare di lì a qualche secondo e Usagi-san aveva prodotto ogni volta una serie di facce da morire dalle risate. Yuichiro non era scoppiato a ridere giusto perché l'ammirava: nonostante la paura, Usagi-san non si era mai data per vinta; aveva coraggio da vendere.
Per la gara lui aveva un piano: la pista diventava problematica dopo circa un quarto di percorso. Usagi-san aveva imparato a frenare, se n'era accertato, perciò lei poteva farsi tranquillamente quel primo pezzo di strada. Non gli sembrava pericoloso, vista la provata indistruttibilità di Usagi-san. Lei era caduta molte volte all'inizio, eppure aveva dimostrato di non provare il minimo dolore da nessuna parte. Aveva sviluppato un modo di sciare tutto suo che stranamente riusciva a tenerla in piedi.
Lui avrebbe percorso la sua stessa pista ai margini e l'avrebbe raggiunta prima che il percorso diventasse troppo difficoltoso per lei. Sempre che non ci fosse qualcuno degli organizzatori in quel tratto... Non l'aveva verificato, ma supponeva di sì.
Suonò il via.
Yuichiro osservò partire la prima fila, quella delle sciatrici più esperte. Tutte le partecipanti avevano fatto una prova generale prima della gara e Rei-san si era posizionata tra le più brave del concorso. Dopo la fila di lei, partirono tutte le file successive. Nell'ultimo gruppo c'era Usagi-san; le altre partirono e lei rimase lì, a tremare di paura sul traguardo.
Ridacchiando, lui le arrivò alle spalle. «Usagi-san, non ti puoi permettere ritardi. Coraggio, vai!
» Le diede la spinta decisiva e lei partì sparata, con la stessa incredibile tecnica che sfidava ogni legge di gravità.
Yuichiro la osservò allontanarsi, i codini biondi sollevati in aria a mo' di coniglio. Sorrise. «Ecco, niente è impossibile se ci provi.»
Accanto a lui partì una delle promotrici del concorso. Non si tenne a lato della pista, seguì le concorrenti.
Lui si guardò intorno. Nessuno stava controllando. Perché no? si disse.
Prese la strada di tutte le altre.

Come DIAVOLO era potuta finire in quel modo!?
Rei si rialzò da terra, i capelli pieni di neve.
«Rei, stai bene?»
Ma che domande le faceva? «Ovviamente no, Usagi, non sto bene affatto!
» Intrappolata da quasi venti minuti dentro un buco formato da lastroni di ghiaccio che non si potevano scalare e con una montagna di neve accanto a lei che non voleva saperne di aiutarla ad uscire. Con che coraggio Usagi veniva a chiederle come stava?!
«Avanti!» Non si sarebbe arresa! «Vieni qui anche tu, dobbiamo uscire da questo posto!» Saltò di nuovo in groppa al cumulo di neve adagiato contro la parete di ghiaccio e riprese a scalarlo.
Uno... due... tre... quat- Schiena piegata e testa a terra, tra la neve. Arrrrgh!
«Rei, forse è meglio cercare un altro modo per uscire.»
Lei scattò in piedi. «Cosa stai dicendo? Che razza di donna sei se ti arrendi così in fretta?!» Ohh, perché ci perdeva pure tempo?! Dare aria alla bocca non l'avrebbe certo fatta uscire di lì. Con tutta la neve che era caduta prima forse il cumulo ora era scalabile. Doveva fare un altro tentativo!
Si issò su con un salto e tornò a salire.
«Uffaa... a quest'ora avranno già scelto un'altra Principessa della Luna!»
Pure le sue lamentele doveva sorbirsi. «Eh sì! E per colpa di qualcuno io ho perso la corona!» Erano finite lì dentro solo per l'incompetenza di Usagi con gli sci.
«... mi dispiace» fu il mormorio triste di lei.
Rei emise un sospiro. Sopra di lei la neve era troppo ripida, non ce l'avrebbe mai fatta.
Nell'aria cominciò ad aleggiare una melodia. Ma da dove-? Ah.
Con calma, cominciò a ridiscendere.
Usagi era rimasta ferma a terra, il ciondolo col carillon aperto tra le mani.
Rei si sedette accanto a lei.
«Rei...»
«Quello è il carillon di Tuxedo Kamen, vero?»
«Sì... quando mi sento sola o triste, ascoltarlo mi fa sentire meglio.»
Avrebbe fatto sentire meglio anche lei se la persona che amava le avesse regalato qualcosa di simile. Lei però non aveva trovato quella persona. Nonostante avesse cercato di convincersi per settimane del contrario, Mamoru non si era rivelato il ragazzo giusto. Amava un'altra. Amava Usagi.
... nemmeno Kaido-san era stato l'uomo per lei. Eppure, con cuore di bambina, lei si era infatuata lo stesso di lui. Ricordava ancora quanto aveva pianto quando Kaido-san l'aveva informata del suo imminente matrimonio.
Aggrottò la fronte.
Non poteva essere destinata a una vita senza amore. Lei non voleva una vita così, voleva che qualcuno la scegliesse, che le... volesse bene.
Seduta, alzò lo sguardo verso il gelido cielo invernale.
"Cosa farò quando tu non ci sarai più?
"
Lo aveva lei chiesto a suo nonno molti e molti anni addietro, disperata all'idea di perderlo come aveva perduto sua madre, all'idea di non avere nessuno al mondo all'infuori di un padre che non sapeva nemmeno che lei esisteva.
"Rei." Il nonno le aveva accarezzato la fronte, rimboccandole le coperte. "Non preoccuparti di cose come queste. Io me ne andrò solo tra moltissimo tempo. Tu sarai già grande e avrai una famiglia tua, degli amici. Ti vorranno tutti bene, non sarai mai più sola."
Aveva trovato delle amiche. Magari erano strambe come Usagi, ma... erano vere amiche, a cui voleva molto bene. Un giorno avrebbe incontrato anche l'uomo adatto. Aveva tempo. Doveva solo avere un po' di pazienza e molta fiducia.
Nel frattempo c'era un ragazzo che le voleva bene, no? Non era quello giusto, ma Yuichiro provava un sentimento sincero per lei. E poi era un bravo ragazzo, sciocco certo, ma anche tanto dolce.
La musica si interruppe all'improvviso.
«Ah!
» Usavi aveva chiuso il carillon. «Non stavo cercando di vantarmi! Volevo solo... Scusami Rei, ho ferito i tuoi sentimenti?»
«Ma no. Non mi importa più.»
«Che? Ma non...»
No e doveva chiarirlo. «Sarà onesta, per quanto riguarda Mamoru- Tuxedo Kamen, beh... mi sono rassegnata. Lui ha cercato di proteggerti con la sua vita, non posso competere con una cosa del genere.» Si voltò verso i grossi occhi blu di Usagi, luccicanti di commozione. Che sciocchina. «Ricordati, Usagi Tsukino, che se non diventi felice con Mamoru ti punirò.
» Usò lo stesso tono della celebre frase d'ordinanza di lei, limitandosi a non aggiungere 'in nome della Luna'.
Rallegrata, Usagi annuì.
«Perché siate felici dobbiamo impegnarci a combattere i nemici e a sconfiggere il Regno delle Tenebre, in modo da riportare la pace in tutto il mondo» le ricordò Rei.
«Hai proprio ragione... AH!»
Beh?
Usagi balzò in piedi. «Possiamo uscire da qui, Rei! Basta che ti trasformi in Sailor Mars e usi il tuo Fire Soul sulla neve, no?»
Cavolo! Saltò dritta. «Hai ragione! Ma quanto sei lenta, potevi dirlo prima!»
«EH? Potevi pensarci anche tu!»
Bah, non c'era tempo da perdere. «Dobbiamo trasformarci!» Aveva nascosto la penna di trasformazione dentro la giacca. La tirò fuori. «Mars Poweeer-»
«Rei-san!»
Eh? Si voltò a guardare il muro di neve davanti a lei.
Fece uno scatto all'indietro quando quello si ruppe all'improvviso, formando un grosso buco. Saltò fuori... «Rei-san! Per fortuna stai bene!»
«Yuichiro?!» Ma da dove era arrivato?
«Questo è il miracolo dell'amore!» sbraitò lui.
Cielo, riusciva a farla vergognare persino in quei momenti.
Lui le afferrò un braccio. «Andiamo! L'uscita è da questa parte, muoviamoci!» Le indicò entusiasta il tunnel da cui era venuto.
«Non così in fretta!»
Rei fece scattare lo sguardo verso l'alto. Sulla cima di una delle pareti di ghiaccio stava... Ma non era una delle organizzatrici? Eppure emanava un'aura maligna. «Ma chi-?»
La donna saltò giù, discendendo come se stesse... volando?!
«Sono Blizzard!» Si trasformò in volo, assumendo sembianze maligne. «E devo assassinare Sailor Moon!»
Allora era come aveva immaginato all'inizio, c'entrava il nemico
con lo strano incidente che le aveva fatte finire lì! Si girò verso Usagi. «Devono essere stati i nemici a-»
«Sì, l'avranno trasformata in un mostro!»
Esatto, si erano capite.
La creatura, col corpo per metà formato da facce di pupazzi di neve, atterrò sul manto bianco. «Preparati a morire, Sailor Moon!»
La grossa mano violacea puntava... «Che? IO!?» Rei spalancò gli occhi.
«Bella, atletica e aggraziata, devi essere per forza tu la principessa della Luna!»
Ma quanti complimenti! «Te ne sei accorta anche tu, vero?» Si accarezzò la testa, mettendosi in posa. Eh sì, cosa ci poteva fare lei se aveva tutte quelle qualità? «Sei proprio un mostriciattolo onesto.»
«Ehhh? Rei-san, sei tu Sailor Moon?»
Cavolo, si era dimenticata di Yuichiro!
Usagi si frappose tra lei e il mostro, piagnucolando e indicandosi. «Guarda che ti sbagli, Sailor Moon non è lei!»
«Zitta!» Il mostro rilasciò un urlo. «Io non mi sbaglio mai! E ora... BLIZZARD!»
Dalla bocca le uscì una ventata di ghiaccio e vento polare. Prima che Rei fosse riuscita a proteggersi, Yuichiro si era messo in mezzo. «Ti difendo io, Rei-san!»
Ahh, come l'altra volta! Adesso si faceva male sul serio, si- Le cadde davanti un blocco di ghiaccio umano.
«Yuichiro!» urlò Usagi.
Non c'era tempo per spaventarsi, ora potevano finalmente combattere! «È perfetto Usagi! Trasformiamoci!»
«Rei... sei più gelida di un blocco di ghiaccio.»
Ma era forse il momento di accusarla di essere un'insensibile?! «Sbrigati!» Dovevano combattere, era quello l'unico modo per salvare Yuichiro e la donna trasformata in mostro!
«Okay! Moon Prism Poweeeer...»
Era il suo turno! «Mars Poweeeer!»
«Make up!» gridarono insieme, lasciandosi invadere dal loro potere Sailor.
A fine trasformazione il mostro arretrò di un passo, sbalordito. «Ma allora siete entrambe guerriere Sailor!»
Che genio!
Usagi alzò le braccia in aria. «Non ti perdonerò mai per averci intrappolato qui dentro! Una ragazza non deve congelarsi in questo modo, non lo sai?»
A Rei cascarono le braccia: ma cosa gliene poteva importare a quel mostro? Gli puntò lei stessa un dito contro. «Non ti perdonerò mai per aver congelato il mio Yuichiro, preparati a pagare!»
La creatura alzò il mento, spavalda.
Pensava che stesse scherzando?
«Io ti puniròò... in nome della Luna!» concluse Usagi.
Ecco! «E io ti castigherò in nome di Marte!»
«Basta con queste chiacchiere impertinenti!» Al mostro spuntò in mano una stalattite di ghiaccio. «Prendete!» La lanciò dritta verso di loro.
Rei la schivò prontamente. Corse ad unire le dita. «Fiiiire...» Il fuoco si concentrò sui suoi indici. «SOUL!» Lanciò la fiamma.
La creatura la schivò con un rapidissimo salto laterale e brandì una nuova stalattite.
Lei si preparò nuovamente ad evitarla, ma... Trattenne un sussulto. «Tuxedo Kamen!»
Era arrivato! E aveva in mano la stalattite del mostro, le stava difendendo di nuovo!
«Endymion!» protestò la creatura.
«Mi occupo io di loro, Blizzard. Ritirati.»
Oh, no.
Il mostro si dileguò, ma Tuxedo Kamen continuò a rimanere davanti a loro, pronto a combatterle.
Prima che potesse accorgersene, una rosa nera si era conficcata sulla parete tra lei e Usagi.
«La prossima volta non vi mancherò.» Lui ne estrasse una nuova.
No.
Usagi era sull'orlo delle lacrime. «Cosa facciamo?»
Le bruciavano dentro decine di proteste. Diede loro tutta la voce che aveva. «Tuxedo Kamen! Non ricordi come hai combattuto assieme a noi?
Possibile che gli avessero davvero fatto dimenticare tutto? Persino- «La persona che ami di più è Sailor Moon! E' qui davanti a te!»
Lui rimase del tutto immobile, ma ad un certo punto... Se l'era immaginato o la rosa aveva perduto il colore nero? Doveva insistere! «Ti prego Tuxedo Kamen, devi ricordarti tutto quanto!»
Dal muro di ghiaccio sopra di loro si scatenò un assordante fragore.
Rei alzò lo sguardo e osservò con orrore Blizzard che si buttava su di loro dal ghiacciaio spaccato, tra le mani una stalattite che decretava la loro morte.
L'arma del mostro si spezzò in due per aria. Destabilizzata, Blizzard precipitò malamente.
Ma che-? Rei si voltò e capì che era stato Mamoru a fermare il mostro, con una rosa... rossa!
«Endymion!» protestò Blizzard.
Non c'era tempo da perdere. «Sailor Moon, tocca a te!»
«Sì!» Usagi cominciò a far roteare in aria lo scettro lunare. «Moon Healing...» Completò il giro, creando un cerchio di luce perfetto. «Escalation!»
La creatura si dissolse tra urla agghiaccianti e al suo posto apparve... una donna normale, l'organizzatrice del concorso.
Rei la controllò solo per un momento, quindi corse a...
Mamoru era già salito sul muro di ghiaccio, col mantello al vento. «Ha! Uccidervi ora non mi porterebbe alcuna soddisfazione, siete deboli. Arriverà presto il momento!» Lui si voltò e... sparì nella notte.
... come aveva immaginato. Mamoru si era liberato dell'influenza negativa solo per un istante.
Volse gli occhi in direzione di Usagi. Lei guardava verso l'alto, delusa e disperata.
Rei si rattristò. Purtroppo non poteva fare niente per lei. Per quel giorno erano in salvo sia dai mostri che da Tuxedo Kamen e... Sospirò e abbassò lo sguardo a terra, verso Yuichiro, ancora svenuto.
Sorrise.
Era ora di pensare a chi avevano accanto. Si inginocchiò vicino a lui e se lo appoggiò sulle ginocchia.
Lo controllò con una rapida occhiata: sì, era solo svenuto. «Sei proprio uno scemo senza speranza.» Sarebbe potuta andargli molto peggio, possibile che Yuichiro non pensasse mai prima di agire?
"Ti difendo io, Rei-san!"
... era la seconda volta che rischiava la vita per lei. «Che stupido.
» Stupido scemo innamorato di lei... Un bacetto se lo meritava.
Gli appoggiò le labbra sulla guancia e le tenne lì per un paio di secondi.
Si staccò, mordicchiandosi la bocca. La prossima volta doveva dirgli di radersi la faccia.
... macché prossima volta!
«Che fai, Sailor Mars?»
Rei si raddrizzò con uno scatto. «Niente. Controllavo solo se stava bene.»
«Ah-ha.» Usagi le lanciò un sorrisetto furbo. «Si fa coi baci, ora?»
«Era solo sulla guancia!»
«Sì, ma è già il secondo.»
Rei cercò di afferrarle una coda per zittirla ma Usagi si tirò indietro nel momento giusto. «Matrimonioooo!»
Aaaargh! Mollò Yuichiro a terra. «Finiscila!» Fece per acchiapparla e chiuderle la bocca, ma in quel momento sentirono entrambe una voce.
«Hmm... cosa...?» L'organizzatrice del concorso si stava riprendendo. «Cosa ci faccio qui?»
Si calmarono tutte e due. Era ora di completare la missione.
Rei si diresse personalmente dalla donna. «Non si deve preoccupare.» Le appoggiò una mano sulla spalla. «È tutto a posto, adesso la tiriamo fuori di qui.»
Il tunnel tramite cui Yuichiro si era fatto strada era ancora in piedi, avrebbero usato quello.
«Ma io non ricordo nulla...» La donna si mise in piedi, tenendosi la fronte.
«È tutto a posto, tuttissimo.» Usagi saltellò tra loro, allegra come se non avesse appena combattuto un mostro, come se non fosse stata appena attaccata dal ragazzo che amava. Sapersi riprendere in quel modo era una delle sue migliori qualità.
«Mi raccomando signora» la udì bisbigliare, cospiratrice. «Se qualcuno glielo chiede, ricordi di dire che l'ha salvata Sailor Moon.»
Eh no! «C'era anche Sailor Mars!»
Usagi tirò fuori la lingua, sbarazzina. «A te interessava solo salvare il tuo Yuichiro. Credevi che non ti avessi sentita?»
Altro che Blizzard, adesso ci pensava lei ad assassinarla! «Vieni QUIIIIIIIII!»
«AIUTO!»



«Ehmm...»
Rei-san continuò ad avanzare
con noncuranza, voltandosi solo per metà.
Stavano tornando a casa tutti insieme - comprese le amiche di lei - dopo lo strano incidente che avevano avuto prima.
Yuichiro si decise a chiedere. «Com'erano le guerriere Sailor?» Era stata Rei-san a dirgli che a salvarli erano intervenute quelle misteriose combattenti.
Lei scrollò le spalle. «Non le ho notate più di tanto. Ad un certo punto sono svenuta anche io e poi mi hanno svegliato loro. Non ho assistito alla battaglia.»
«Ah. Davvero non ti sei fatta male?»
«No. A me dispiace solo di non aver vinto il titolo di Miss Principessa della Luna.»
«Già. Lo meritavi.»
«... sì.» Rei-san tornò a non guardarlo.
Le amiche di lei, Usagi-san compresa, camminavano davanti a loro, a diversi metri di distanza.
Lui si sentiva bene, ma forse Rei-san era ancora un po' preoccupata e per quello procedeva assieme a lui.
Sentirle dire che in fondo aveva apprezzato la sua volontà di salvarla, per quanto alla fine non fosse servito a niente, lo aveva riempito di gioia.
Forse... «Rei-san.»
«Sì?»
«Hmm... visto che le tue amiche non sanno sciare... domani vuoi tornare sulla stessa pista di oggi?» Si fece coraggio e fece l'aggiunta necessaria. «... io e te?»
Lei piantò i piedi sulla neve e si voltò di scatto. «Adesso non prenderti troppe confidenze.»
Eh?
«Quella roba lì non significava niente.»
Come? «... che roba?»
Rei-san spalancò gli occhi. «Quella!» Agitò una mano in aria e sbuffò. «Sì, domani ci andiamo. Ma insieme ad Usagi.» Si girò e marciò impettita verso le altre.
... beh. Era un progresso, no?
Yuichiro sorrise e raggiunse il gruppo davanti a lui.
Certo che lo era.



CONOSCERSI SULLA NEVE - Fine

NdA: questo episodio si basa sulla puntata dell'anime numero 38, prima serie. Ho ripreso molti dialoghi, specie nell'ultima parte.
Un po' di note per aiutarvi a distinguere ciò che ho inventato io da ciò che ciò che invece no:
- i dialoghi li ho ripresi come al solito più che altro da quelli originali (nel limite in cui ciò è possibile facendo una traduzione dalla traduzione inglese), in pochi casi facendo un lievissimo adattamento. Comunque, nella versione originale giapponese Rei dice proprio 'Non ti perdonerò per aver congelato il mio Yuichiro' ('Watashi no Yuichiro' in giapponese significa quello, una delle poche cose che capisco :) ). Devo dire che ha stupito anche me questo particolare, ben diverso da 'il mio amico Yuri' della versione italiana.
- tutta la storia della famiglia di Yuichiro me la sono inventata io di sana pianta, a parte la questione della casa in Svizzera (particolare dell'anime).
- la storia della famiglia di Rei pure, con una grossa eccezione: Kaido-san. Di lui parlava la Takeuchi in una storia autoconclusiva dedicata a Rei. La relazione tra Kaido-san e Rei veniva dipinta in maniera un po' più romantica, benché lei avesse tipo tredici/quattordici anni (ad un certo punto c'era pure un bacio che sinceramente non ho capito se fosse un ricordo o un'allucinazione provocata dal mostro che stava attaccando Rei in quel momento), comunque Kaido-san era un assistente del padre di Rei che puntava ad entrare in politica e che stava facendo un matrimonio di interesse con la figlia di un altro politico. Era lui che in un paio di occasioni (o almeno una) si era presentato al posto del padre di Rei alla cena di compleanno che condividevano padre e figlia, l'unico momento dell'anno in cui si ritrovavano. Rei aveva scoperto che i regali da parte di suo padre in realtà li scegliava Kaido e ne era rimasta delusa. Sempre Rei vedeva affinità tra lei e quest'uomo e non avrebbe voluto vederlo diventare come suo padre, ecco il perché del consiglio che le ho fatto dare in questa storia (lasciare la politica). La cosa si ricollega bene alla frustrazione del padre di Rei con l'incompetenza dei suoi assistenti in 'Verso l'alba' (l'altra fanfic che sto facendo su Sailor Moon, una sorta di sequel della quinta serie), perciò ho deciso di inserire anche questo particolare. La storia della Takeuchi si concludeva con Rei che si dichiarava soddisfatta della propria vita di guerriera e delle sue amiche, facendo capire che per lei non era il momento di amare.
- Il Yuichiro dell'anime penso sia meno maturo di quello che ho descritto io: lui buttava Usagi giù dalla montagna senza pensieri :D Anche se dopo, è vero, seguiva sia lei che Rei. Poco dopo si metteva in mezzo tra le ragazze e una valanga, una mossa assurda tipicamente anime che ho deciso di non riprendere qui (ma si può tranquillamente ipotizzare che sia avvenuto).

Spero che l'episodio vi sia piaciuto :)
Il prossimo sarà più originale, mi appoggerò solo in parte all'episodio 45 (la scena della morte di Rei nella battaglia finale). Il mio scopo sarà cercare di far capire perché Rei regalasse quell'ultimo pensiero a Yuichiro, parlando con Usagi.

Risposte alle recensioni

ggsi - le tue risate sono più che altro merito dell'anime per la seconda parte del primo episodio e non posso che concordare. Certe cose erano davvero esilaranti.
Yuichiro si comporta da scemotto assai spesso e intorno a Rei raggiunge picchi di idiozia assoluti. Nella mia visione gli sono passati col tempo, qui sono ancora presenti :)
Rivedendo l'episodio 30, che avevo associato solo a Yuichiro, mi sono resa conto che c'era un importante passo in avanti del rapporto tra le ragazze, è bello anche per questo, sono d'accordo.
Anche a me Yuichiro era piaciuto subito, sono meno esigente di Rei :D Come vedi Usagi qui riprende la sua battuta dal precedente episodio: era una veggente quella ragazza :)
Con questa raccolta vorrei far capire esattamente perché Yuichiro ha aspettato così tanto e perché Rei pure. Dire 'non era il momento giusto' è semplice, vorrei cercare di farlo percepire.
Haha, il riferimento a quanto ho fatto patire Rei in 'Verso l'alba' è forte: non era esattamente la mia intenzione, mi sono resa conto dopo che poteva essere una buona vendetta per il modo in cui lei aveva trattato lui per tutti quattro anni precedenti :)
Grazie della bellissima recensione!
Nicoranus83 - beh, non devi necessariamente complimentarti :) Naturalmente mi fa sempre molto piacere, ma basta che mi dici anche una sola cosa che ti ha spinta a recensire e mi fai felice ugualmente :)
chichilina - sono contenta che il precedente episodio ti sia piaciuto tanto. Come dicevo le parti divertenti sono in gran parte merito della trama originale, mi prendo la paternità solo di quelle un po' più tenere :)
Ho letto questa tua recensione quando l'hai scritta, da allora ho giocato un po' con l'idea di fare flashfic con episodi dedicati alla coppia Mamoru-Usagi, ambientati all'interno delle cinque serie che conosciamo. Mi è venuta l'ispirazione per un pezzo particolare, se non mi metto in testa (come quasi sempre) di andare in ordine cronologico magari questa raccolta un giorno salta fuori :)
Grazie del commento :)
sissy - Ciao! Anche io ero piccola quando ho visto questo episodio, non mi capacito di quanto tempo è passato. L'episodio che citi di Rei che tra tutte è l'unica a rispettare la volontà di Usagi, fidandosi di lei, credo sia il primo che mi ha davvero convinto di quanto in realtà questa ragazza fosse sensibile e affezionata ad Usagi.
Diciamo che in questa storia Rei è tontolona e testarda, ma se Yuichiro fosse stato un pochetto più normale forse tutta questa attesa non ci sarebbe stata. Lo scopo dei prossimi episodi di questa raccolta sarà illustrare i dubbi che sono passati nella testa di questi personaggi, nell'ottica che io ho di loro ovviamente.
Grazie mille della recensione, sapere di aver riportato alla mente tanti cari ricordi rischia di strappare le lacrime a me :)
amayuccia - Ciao!
Visto che anche qui Rei fa l'antipatica? Diciamo che si censura un attimino di più con Usagi (giusto un cinino).
I capelli di Yuichiro (e il loro volume) variavano a seconda del character design, al pari di quelle ragazze (anche se di meno nel loro caso).
Credo che nella scena che citi, Yuichiro e il nonnino arrossisero per la vista che Usagi stava loro offrendo (tipico momento anime :D)
Per quanto riguarda il karate e il kung-fu di Makoto... il possibile errore è in 'Verso l'alba', in questa storia mi sono limitata a riprendere la disciplina che Makoto stessa menziona nel suo dialogo. Possiamo immaginare che poi abbia preferito passare al karate :)
Sei la seconda persona che mi dice che la storia fa venire fame, mi sto convincendo di far passare anche questa mia sensazione nelle mie storie :D
Hm, Mamoru aveva fatto un pensiero serio su Rei, ma non ai livelli di coinvolgimento raggiunti da lei... diciamo che si stava lasciando trasportare dalle acque, poi comunque ha avuto altro a cui pensare.
Ho scelto di dire che era lei a chiamarlo e non viceversa perché in una scena dell'episodio 31 si vedeva lei che lo chiamava alla segreteria telefonica per chiedergli di andare a visitare una nuova pasticceria e mangiare qualcosa insieme. Dal tono sembrava molto ansiosa e piena di aspettative :)
Ecco, ti ho accontentata, pensavo di far scoprire a Rei quanto era ricco Yuichiro proprio in questo episodio :)
Sì, a volte Mamoru (ma non solo lui, anche le ragazze) non sembravano molto preoccupate della distruzione che si lasciavano dietro.
La ripetizione della frase 'punitiva' da parte di Usagi ad ogni episodio è decisamente un particolare 'anime', in una storia dai toni come quelli che scrivo io avrebbe stonato :)
:D:D Gli arancini di riso che vagano in un'altra dimensione :D:D:D
Qui ho fatto in modo che i pensieri di Rei su Yuichiro facessero un passo avanti, anche se, come si evince, non è ancora disposta a considerare l'idea di lui e lei insieme (anzi, ci sono momenti in cui se la nega tranquillamente e con decisione).
Qual è il cognome più importante tra quello di Rei e Yuichiro? Se ci tenessero entrambi sarebbe una bella battaglia ma forse per Rei il cognome di famiglia non è tanto importante se non per il fatto che è suo. Vedrò.
Ma certo, tranquilla per il ritardo :) Grazie mille per la recensione :)
maryusa - Ciao! Spero che la vita privata vada meglio :) Sono contenta che la mia storia ti abbia distratto, hai ragione, le letture servono anche a questo :)
Esatto, rivedendo quegli episodi dell'anime si percepiva tantissimo che le protagoniste erano tutte molto più infantili di un paio di anni dopo :)
Grazie mille per la recensione e un bacio a te!

Alla prossima a tutti
ellephedre

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Capitolo 4
*** Episodio 3 - Se solo... ***


Ovviamente... impossibile? Note:
Questo episodio è ambientato prima e durante l'episodio 45 della prima serie, quello dove muoiono tutte le guerriere Sailor.


"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 3 - SE SOLO...



Era vissuta sulla Luna.
Sapeva che era vero, ma aveva ricordi di quel luogo. Guardare la palla bianca che brillava in cielo non le trasmetteva alcun emozione particolare. La Luna era bella, candida e romantica, ma non era... casa.
Accarezzò con la mano la colonna sottile, a base quadrata, accanto a cui era seduta. Conosceva l'odore del legno vecchio e solido, il profumo di erba del giardino su cui crescevano radi fiori e l'odore muschiato della terra nascosta sotto il pavimento.
Quella era casa: il tempio dove viveva con suo nonno, la Terra dov'era nata e cresciuta e in cui avrebbe vissuto fino al termine dei suoi giorni.
... potevano non essere molti.
Piegò le gambe contro il corpo, abbracciandole, riparandosi in quel modo dal freddo dell'aria e dell'anima.
Avrebbero sconfitto il Regno delle Tenebre. Su quello non nutriva dubbi, per il semplice fatto che... Non poteva che finire così. La Terra non sarebbe stata avvolta dall'oscurità, loro non avrebbero permesso un futuro del genere. Per quanto fosse forte il nemico, sarebbero state lei e le altre a sopraffarlo, a vincere.
Fino al giorno prima si era riempita solo di pensieri positivi. La paura era nata solo durante quel primo pomeriggio. Aveva consultato il sacro fuoco con lo scopo di conoscere meglio il nemico e, avvilita, non aveva potuto fare altro che constatare l'enorme potenza dell'avversario che si stavano apprestando a combattere.
I mostri che avevano battuto fino a quel momento, persino i generali, sembravano agnellini in confronto alla forza negativa che aveva sentito persino da tanto lontano.
Come gruppo, lei e le altre guerriere Sailor avrebbero vinto. Ma singolarmente? Era un'incognita.
Aveva paura per se stessa, ma soprattutto per le sue amiche. Loro erano in pericolo proprio come lei. Se necessario si sarebbero tutte sacrificate per proteggere Usagi, la principessa, l'unica che poteva usare il cristallo d'argento capace di fermare il male.
Rei non voleva vedere morire nessuno. Non Usagi, ma neppure Ami, Makoto e Minako.
E non voleva morire lei stessa, ma lo avrebbe fatto se la situazione lo avesse richiesto: era suo dovere, un compito che sentiva intimo al proprio essere.
Aveva sogni e speranze per il futuro, tanti e tante: voleva innamorarsi perdutamente, voleva diventare una donna di successo, conoscere il mondo, crescere, essere viva. Perdere tutto però, dentro di lei, era più un piccolo rimpianto che un vero e proprio dolore. Forse non era ancora abbastanza cresciuta da comprendere ciò a cui stava quasi rinunciando. Forse era meglio così.
A fare male era un'altra cosa.
Suo nonno.
Il suo nonnino, che si era preso cura di lei fin da quando era stata una bambina, sarebbe rimasto solo.
Lei era la sua unica famiglia, suo nonno non aveva nessun altro. Chi lo avrebbe aiutato quando sarebbe stato male? Chi altro avrebbe accettato di vivere lì con lui? Chi si sarebbe preoccupato della sua salute e del suo benessere quando fosse diventato più anziano?
Vedi? Devi vivere.
Giusto, doveva essere quello il suo motto, doveva tirarne fuori qualcosa di positivo. Aveva qualcuno per cui tornare indietro e preoccuparsi, doveva combattere al massimo delle proprie forze e tornare. Tornare indietro, tornare a casa.
E se anche fosse successo il peggio...
Nel petto sentì una morsa pulsante il cui peso le rese difficile respirare.
Suo nonno se la sarebbe cavata. Avrebbe pianto moltissimo per lei, sarebbe stato triste, ma era tanto forte e anche da solo sarebbe-
«Rei-san?»
Prima di girarsi, Rei deglutì il groppo alla gola. «... Ciao Yuichiro. Hai...» si concentrò, «finito di pulire il tempio?»
Lui le rispose con un cenno della testa.
Si era fermato a qualche passo da lei e nella penombra del corridoio Rei non riuscì a vederlo bene in volto. Il suo silenzio le sembrò anomalo. «Cosa c'è?»
«Hai...» Lui fece un passo in avanti, uno solo. «Stai bene, Rei-san?»
Non proprio, ma non aveva intenzione di discuterne con lui. «Certo. Tra poco torno in camera mia.» Se fosse stata maggiormente vicino alla propria stanza, lui non l'avrebbe neanche vista. Avrebbe dovuto pensarci prima. Comunque aveva voglia di starsene lì ancora per un po'. In fondo era casa sua, poteva sistemarsi dove voleva ed essere lasciata in pace.
Yuichiro non se n'era ancora andato. La sua immobilità iniziò ad avere il sapore dell'intromissione.
Rei fu travolta da un moto di irritazione. «Sto bene, ho detto. Puoi andare via?»
Lui sobbalzò. «Sì.» Si allontanò rapidamente.
Il tono da cane bastonato era veramente noioso: come poteva sentirsi tanto ferito da semplici parole?
Attese di vederlo girare l'angolo e sparire nel corridoio adiacente, ma lui smise di avanzare proprio lì. Si voltò di nuovo verso di lei.
Rei tornò di proposito a guardare il giardino interno della casa. Per far desistere Yuichiro bastava non dargli corda.
Il nuovo scricchiolare delle assi di legno lungo il corridoio le fece trattenere un sospiro e alzare gli occhi al cielo. Contò i tre secondi che ci vollero a Yuichiro per tornarle accanto - un po' più vicino di prima, in verità - e scandì con chiarezza, «Voglio stare da sola.»
Invece di risponderle, lui si accovacciò, le gambe piegate in quella strana posizione che le ricordava una scimmia.
«Lo so...» Esitò, in volto un'espressione dolorante. «Ma sono preoccupato per te.» Non aggiunse a voce una richiesta che lei udì ugualmente. Non mandarmi via.
Cielo. Ci mancava solo la faccia alla Usagi, quella che la faceva sentire in colpa a trattare male la gente.
Sospirò mentalmente. «Preoccupato per cosa? Non ho niente.»
Yuichiro si lasciò cadere piano all'indietro, sedendosi. Cominciò ad osservare il pavimento e... continuò a osservare il pavimento.
Roteando gli occhi verso l'alto, lei si appoggiò contro la colonna di legno. Emise uno sbuffo e... rimase sul posto anche lei. A guardare fuori, Yuichiro doveva semplicemente lasciarlo perdere. Finché stava zitto, magari non si sarebbe nemmeno ricordata che lui era lì.
L'assenza di pensieri la costrinse a concentrarsi sul freddo dei dintorni. Non correva un filo d'aria. Era inverno e pochi giorni addietro aveva nevicato. Lei ne aveva approfittato per fare un piccolo pupazzo di neve a cui aveva tentato di dare le proprie fattezze da guerriera.
«Avevo paura di non valere niente.»
Più che il suono della voce di lui, la sorpresero le sue parole.
«Sin da quando ero bambino. Io...» Yuichiro sollevò lievemente lo sguardo, «ero contento della mia vita, ma il futuro... mi spaventava. Non valevo quanto mio padre o le mie sorelle e... pensavo di non valere niente.» Facendo una pausa, strinse le labbra. «Sapevo che mi volevano tutti bene, ma credevo che oltre a questo ci fosse poco valore in me. Per me.» Raddrizzò un poco la schiena. «Allora non era così chiaro. Mi sentivo continuamente... a disagio. Ogni tanto, anche arrabbiato.» La fissò incerto, fino a che non cominciò a sorridere piano. «Poi è passata. Mi sono reso conto che valgo qualcosa comunque. Non molto, ma... sono io. E ci sto bene.»
Il discorso non sembrava richiedere una risposta, ma Rei si ritrovò lo stesso ad annuire. Il cenno sembrò regalare a Yuichiro un poco di allegria, anche se non abbastanza da togliergli la preoccupazione dallo sguardo.
Lei tornò a guardare fuori e scosse appena la testa. «Pensieri così vengono a tutti.»
«Sì, sono cose... difficili da dire.»
Di sicuro. Tanto. «Vanno via, lo hai detto anche tu.»
Lui non rispose. O meglio, sembrò non farlo, fino a che non parlò di nuovo. «Io penso... che a dirli ad alta voce, vadano via più in fretta.»
In fretta?
... forse la battaglia avrebbe dovuto combatterla già domani.
Forse aveva davvero poco tempo.
La sua non era una paura sciocca ma a non spiegarne le ragioni sarebbe sembrata tale.
... a Yuichiro non sarebbe importato. Importava a lei? Cosa gliene importava oramai delle apparenze, di fare una brutta figura?
«Se io non ci fossi più, cos'accadrebbe al nonno?» Con l'ipotesi fuori da lei, si lasciò riempire da un timido sollievo. Seguì un irretito disagio. «E' una domanda stupida. Solo che... non ci avevo mai pensato.» Bugia, ci aveva già pensato in passato. Aveva concluso il pensiero con un ottimistico e allora veritiero 'Ma io ci sarò sempre per lui'.
«Intendi... nel futuro?»
Yuichiro era proprio stupido, la stava persino prendendo sul serio.
Permettersi di essere sciocca come lui fu liberatorio. «Sì.» Fece una pausa. «Starebbe bene alla fine, questo è sicuro. Magari tra dieci o vent'anni andrà in una di quelle case di riposo e...» Immaginarlo in un posto come quello la intristì, ma pensò a lui e al suo carattere e riuscì a sorridere. «Si troverà degli amici lì. Insidierà tutte le infermiere.» Gli occhi le caddero sulla forma a punta di uno degli edifici del tempio. La sagoma scura si stagliava sul cielo blu notte. «Gli dispiacerà molto lasciare questo posto. Vive qui da quando aveva...» Ricordò un vecchio racconto. «Vent'anni.»
Suo nonno aveva passato più di quarant'anni tra quelle mura. Era certa che avrebbe scelto di riposare lì per sempre, quando fosse venuto il suo momento.
Mancava una vita, ma lei forse non sarebbe più stata con lui, per dargli l'ultimo saluto, per dirgli di riposare in pace.
«Se...»
Guardò Yuichiro con la coda dell'occhio.
«Se tu non ci fossi più, rimarrei io con lui.»
... come?
«Il maestro non resterà mai da solo. Rimarrò io.»
... che proposito assurdo. Tenero proprio per questo. «Non credo. Cambierai idea, farai la tua vita.»
«Vivrò qui.» Lui si guardò brevemente intorno. «Mi piace stare in questo tempio, non avrò bisogno d'altro. Anche se cambiassi idea, non verrò meno alla mia promessa.»
Le uscì un sospiro pregno di sorpresa e compassione. «Ma non è una promessa vera. E' una cosa che stai dicendo per tranquillizzarmi.»
Yuichiro sembrò perplesso. «Non ha importanza. L'ho promesso. Lo farò.»
Forse la cosa peggiore di quella speranza era che lui ne fosse tanto convinto.
... no, la cosa peggiore era che lei volesse crederci sul serio.
Piegandosi di lato, Yuichiro si inoltrò nel suo campo visivo. «Se ti succedesse qualcosa io resterò qui. Te lo prometto adesso.»
Permettersi di credergli andava un po' oltre quello che si sentiva in grado di reggere.
Lui alzò un braccio, indicando la direzione del santuario. «L'altro giorno tuo nonno mi ha introdotto alla meditazione. Non ne sono ancora capace, ma è una pratica che penso di riuscire ad imparare e... mi ha fatto sentire bene. La vita del maestro mi piace, se rimango qui potrei succedergli. Tra tanti anni, voglio dire. Prima avrò bisogno di un apprendistato severo e difficile.»
Per un momento Rei non seppe cosa dire. Fu per quello che parlò comunque. «Ci credi veramente.»
Lui assentì col capo. «Sono uno di quelli che... beh, sono felici un po' dappertutto. Riesco a vedermi sereno qui. Per questo non mi pentirò mai della promessa che ti ho fatto oggi. La manterrei a ogni costo perché per te... sarebbe stato importante.»
Lei si sentì travolgere.
Yuichiro, chissà come e perché, arrossì. «Sarei più felice di restare qui se ci fossi anche tu e... è quello che accadrà.» Spalancò gli occhi. «Ah, non che rimarrai qui per sempre anche tu, Rei-san, dico solo che... non ti succederà niente.»
Il suo imbarazzo le fece tornare il sorriso. «Allora lo stai facendo per me.» Si bloccò lei stessa sul significato di quella frase. Si affrettò a correggere. «Cioè, dici queste cose per diventarmi più...» cosa? «simpatico.» Simpatico?
Yuichiro abbassò gli occhi. «Per farti stare meglio, per... te, sì.» Si fermò e, quando tornò a guardarla, per un attimo perse ogni traccia di insicurezza. «Ho promesso per te.»
Fu come una piccola puntura dentro di lei, strana, profonda.
Lui era già tornato a guardarla di soppiatto, la testa abbassata. «Il maestro non rimarrà da solo perciò non... non essere più triste per questo, Rei-san.»
Rei sentì il bisogno di guardare il pavimento. «Va bene.»
Lui non disse più nulla e lei e gliene fu estremamente grata: la punturina di prima era ancora lì che si faceva sentire, da qualche parte nel petto, nascosta. Divenne sempre più simile ad un ago che iniettava qualcosa dentro di lei quando si ricordò che doveva ringraziarlo per la sua promessa, qualunque fosse il motivo per cui gliel'aveva fatta. Le altre volte che si era sentita in quel modo gli si era avvicinata e gli aveva dato un bacio sulla guancia, ma adesso la sola idea la faceva avvampare e poi lui avrebbe equivocato di nuovo, finendo col pensare che-
Che sento quel che sento?
Non era una sensazione con un nome, ma Rei ebbe la forte impressione che non si sarebbe trattato di un vero equivoco.
... stava impazzendo, stava pensando a cose che non stavano in cielo né in terra, proprio come la sua paura di morire. Credere di non avere molto tempo le stava facendo immaginare momenti romantici che non esistevano.
«Allora» Yuichiro si alzò, «io vado.»
Rei scattò in piedi prima di pensare. «Io ti...» Niente baci sulla guancia. «Ringrazio.» Il bisogno di un contatto la portò a prendergli una mano, ad accarezzarla pianissimo.
Lui si riempì di una meraviglia totale, talmente gioiosa da farle credere che nessun altro al mondo avesse mai tenuto tanto a lei.
Il cuore iniziò a batterle talmente forte che ebbe voglia di ricompensare Yuichiro in un modo che sarebbe stato irrealmente e follemente romantico.
Ritrasse di scatto la mano. «Grazie.»
Inspirando forte, se ne tornò nella sua stanza.

Il giorno dopo, partì per il Polo Nord con le altre.



Le mancava il respiro, non riusciva a respirare!
Afferrò disperatamente le braccia che la stringevano attorno al collo, urlando senza voce, emettendo tutto il suo potere.
Il ghigno del mostro che la stava uccidendo non sparì e Rei iniziò a percepire scariche lancinanti di energia lungo tutto il corpo.
«Ahhh!» Gridò davvero, in preda ad un'agonia dilaniante.
La potenza dei colpi della creatura aumentò e il mondo di ghiaccio attorno a loro esplose.
Usagi, Usagi!
Il ghiaccio si chiuse attorno a lei e, bombardata di dolore, la sua mente cominciò a spegnersi.
No, il nonno e-
Senza sapere come, riuscì a rimanere cosciente.
Attorno a lei, come se si trovasse all'interno di un tubo gelato, il ghiaccio aveva formato pareti circolari. Avvinghiati attorno al suo stomaco strisciavano raccapriccianti tentacoli che le impedivano di cadere nel baratro profondo.
Venne tirata su, piano, fino a che la debole luce del giorno iniziò a riflettersi sempre più sulla distesa di neve. Nel suo campo visivo entrò il corpo del mostro, gambe blu di donna che di umano non avevano nulla.
«E così, finalmente, manca solo la principessa.»
... quella stava per uccidere Usagi.
«Rei-chan!»
Usagi.

Ogni energia era sparita dalle sue membra. Non aveva forze, non sarebbe riuscita a fare niente per lei.
Fu appoggiata sul ghiaccio. Il gelo contro la guancia le bruciò la pelle.
Fuoco, fuoco... crealo...
Makoto, Ami, Minako... erano morte, morte!, ma non poteva essere stato un sacrificio vano.
In aria l'urlo della creatura la raggelò dove non era riuscito il ghiaccio.
«Preparati a morire!»
Fu così che Rei vide la propria mano sollevarsi e afferrare la fine di un tentacolo bluastro.
«Cosa?!»
Ce l'ho, ragazze, è qui.
Veloci come saette, le voci e i volti delle sue amiche le attraversarono la mente: le parlarono di sogni che non si sarebbero mai realizzati, di vite che erano finite, di una determinazione che aveva resistito fino all'ultimo istante.
Non un sacrificio vano. «... non ho ancora finito.» Dalla forza con cui parlò arrivò anche l'energia per voltare la testa di lato e guardare verso l'alto.
Ti ucciderò, sia l'ultima cosa che faccio. «Fiire...» Strinse il tentacolo con dita che non sentì. Non fu più lei, fu energia pura, fu fuoco. Uccidimi tu, uccidi lei. «Souuuuuuuul!»
Le fiamme sgorgarono dalle sue mani svuotandola, crescendo in potenza senza che fosse più lei a richiamarle. Andarono oltre ciò che era mai stata capace di fare, uccisero l'assassina in una deflagrazione che le tappò le orecchie, spaccando il ghiaccio sotto di lei.
Non ci fu tempo per formulare altro pensiero, fu sbattuta da una parte all'altra, senza la possibilità di chiudere gli occhi.
Morta?
No.
Aveva punte di ghiaccio a sostenerla sulla schiena, acuminate a tal punto che pareva quasi che la trafiggessero (l'avevano trafitta?) Il mondo aveva smesso di muoversi, era calmo.
Oh, come le altre.
Si trovava su una scultura di ghiaccio proprio come le sue amiche quando erano morte.
Usagi stava davanti a lei, dritta, incapace di piangere... illesa.
Ce l'ho fatta.
Ed era ancora viva, anche se ancora per poco. Pochissimo.
Avrebbe voluto scegliere il suo ultimo pensiero, ma fu lui a scegliere lei.
'Io ti ringrazio' gli aveva detto. E poi gli aveva sfiorato la bocca con la propria fino a farsi scoppiare il petto di felicità, in un ricordo intriso di dolcezza che ebbe vita solo in un rimpianto.
Trovò di nuovo la voce. «Proprio come avevi detto...»
Era una voce strana, una voce che se ne stava andando, come lei.
«Avrei dovuto dare un bacio a Yuichiro.»
Quanto avevi ragione Usagi, sii forte.
Espirò in una nuvoletta d'aria invisibile.
«Se solo...»
Se solo...
Innumerevoli e indescrivibili esperienze dietro quelle due sole parole. Poteva quasi sentirle, quasi viverle. Quasi.
«... lo avessi fatto.»
Sarebbe stato...

Sorrise e morì.

...così.



SE SOLO... - Fine


NdA: Come al solito i dialoghi sono quelli della versione originale giapponese, ripresi dalla traduzione in inglese.
Episodio molto triste (anche più corto rispetto ai precedenti) e non so nemmeno se riuscirò a riprendermi col prossimo :D Credò che sarà dal punto di vista di Yuichiro in quanto devo far vedere esattamente come la prende lui quando Rei torna indietro e non ricorda nulla di quello che è successo in questo episodio e anche nei precedenti, visto che sono tutti ricordi legati alla sua attività di guerriera Sailor e quindi le sono stati cancellati.
Quindi Rei ricorderà chi è Yuichiro, ma non ricorderà più molte cose importanti, tutte quelle esperienze vissute assieme a lui che, sommate tra loro, erano riuscite a regalarle il pensiero che aveva avuto in punto di morte.
Vabbeh, riprendiamoci con le risposte :D

Risposte alle recensioni

chichilina: 'Il mio Yuichiro' aveva fatto crepare dalle risate anche me. Cioè, più esplicita di così Rei non poteva essere e mi ha stupito da morire scoprire che era un dialogo della serie originale. Cerco di ricollegare gli avvenimenti che ho visto (e che rivedo per l'occasione) con la vicenda che ho in mente, sono contenta che sembri tutto così legato all'anime che tutti abbiamo amato.
Il proposito di stampare la mia roba mi fa sempre fare °///° :D
Grazie per aver commentato :)
sissy: grazie per la correzione degli errori (ti eri spiegata benissimo), sono spariti quasi subito proprio grazie a note come le tue :) Penso di aver accentuato abbastanza in questo capitolo che entrambi sono proprio tonti (se Yuichiro fosse stato diverso il bacio se lo sarebbe beccato qui ;) ) e credo mi piaccia trattarli proprio per questo loro aspetto. Li adoro insieme :)
Grazie della recensione :)
ggsi: la tua analisi sulle dinamiche interne al gruppo delle guerriere Sailor è precisa e mi trova pienamente concorde. Rei aveva bisogno di qualcuno che la contraddicesse un po', che non le permettesse di fare il bello e il cattivo tempo (anche coi suoi capricci). Forse è per questo che poi ho fatto evolvere un po' Yuichiro nella maniera che ho appena detto :D
Rei come personaggio mi era sembrata insolitamente fragile proprio attorno a Yuichiro e Usagi, ragione per cui esplorare questa sensibilità è una cosa che mi ha sempre attirato. La Takeuchi comunque forniva una spiegazione che cascava a puntino :) (anche se non ricordo un rapporto particolare tra Usagi e Rei nel manga; cioè, non mi sembrava fosse così speciale come nell'anime).
Coi prossimi episodi di questa fanfic vorrei far capire esattamente come Yuichiro si insidia sempre più dentro il cuore di Rei, in un modo che lei continua a non essere pronta ad accettare o comunque che trova vada bene così com'è. In pratica vorrei far sentire a voi lettori sempre meglio cosa provava Rei nel momento in cui Yuichiro ha deciso di andare via ne 'L'indole del fuoco', costruire questo percorso di sensazioni che spaziano nel tempo.
Sì, penso che Rei possa avere paura di amare e soffrire, di dipendere dall'affetto altrui, ma non sono certa che alla fine spiegherò tutto solo in questo modo. Finisco col delineare i caratteri dei personaggi mentre scrivo ciò che pensano e ciò che accade loro :)
Spero che ti sia piaciuta l'interpretazione dell'episodio 45 che ho dato.
Grazie della recensione!
Nicoranus83: :D La frase topica di Rei (Il mio Yuichiro!) ha colpito un po' tutti, ma appunto non era farina del mio sacco (il bello è proprio questo :D).
Grazie a te per la fedeltà con cui mi recensisci, sono contenta di allietare la tua voglia di lettura :)
maryusa: non dovevi scusarti del ritardo, grazie piuttosto per aver recensito! La scenetta tra Rei e Usagi mi è proprio venuta, i loro battibecchi infantili si meritavano uno spazio nelle mie storie :)
Grazie per esserti ricordata di recensire :)
amayuccia: la tua recensione è lunga quasi quanto il precedente episodio :D (e la cosa mi piace :))
Per quanto riguarda Minako, mi aveva colpito una battuta di Usagi nell'episodio 38 dell'anime. Le diceva 'Ma come Minako, proprio tu?' quando Minako suggeriva di fregare Luna e Artemis dicendo che andavano ad allenarsi in montagna invece che a divertirsi. Da questo dialogo ho dedotto che Usagi non fosse ancora stata esposta al lato più esuberante di Minako e che quindi lei lo tenesse un po' sotto controllo. Magari perché sentiva di dover essere più guerriera con loro o magari perché non erano ancora entrate in confidenza. Potrebbe essere l'ultima, forse Minako ha iniziato ad essere più aperta con gli altri (e quindi meno distante, come mostrato in una scena del primo film di SM) in seguito all'amicizia che ha stretto con le altre guerriere Sailor.
Yuichiro mi ha sempre dato l'impressione di essere allegrone e un po' pazzo, ma da alcuni dialoghi (forse complice anche la voce del doppiatore italiano, che a dirla tutta a me piace molto :) ) ho dedotto che nel profondo dovesse essere tutt'altro che infantile. D'altronde i suoi momenti di serietà si alternavano a momenti di assoluta follia, quindi, proprio come per Rei, per chiunque può essere difficile credere che lui sia normale :D
In puntate varie della serie di SM si deduceva che Rei poteva essere abbastanza superficiale nelle cose... superficiali, appunto :D Tipo il voler primeggiare sempre e comunque, o, come ricordo adesso, voler possedere addirittura 4 copie diverse di un libro pur di potersene vantare (una roba della quarta serie). E' comica anche per questo :)
La tua curiosità sulla sorella di Yuichiro fu soddisfatta con tipo due mesi e mezzo di ritardo, ma alla fine ci arrivai :D Non so se farò apparire presto gli altri membri della famiglia, per ora penso di no. Anche se ormai ho 'La storia di lui e lei' per parlare della famiglia di Yuichiro più estesamente.
Per quanto riguarda la morte della madre di Rei, credo fosse stata attribuita alla salute 'cagionevole'. Non escludo di parlarne meglio più in là.
Inserire Kaido nel precedente episodio mi è piaciuto molto: secondo me il manga non era molto realistico nel momento in cui ipotizzava una vera relazione tra i due (nel senso che potesse essere interessato anche lui) però l'episodio si adattava molto bene al passato di Rei, quindi l'ho modificato un po'.
Non ti piaceva Yu in tuta verde? A me sì :D Però in effetti la tuta da ginnastica blu mostrava ben altro... cough, cough :D
In 'Verso l'alba' mi piacerebbe riprendere meglio il concetto già accennato su come il mondo reale interagisca con le faccende sailormooniane (gli attacchi, i mostri, ecc...) Ho in mente cose varie che potrebbero essere interessanti, vedremo :)
Yuichiro passetto per passetto stava andando un pochino avanti. Dopo l'episodio 4 si sentirà tornare di dieci caselle indietro e sarà uno dei motivi per cui non sarà mai più totalmente sicuro delle reazioni/sentimenti di Rei nei suoi confronti.
Oh, ma io stesso mica prestavo tanta attenzione alle mimiche facciali o al sottointeso nei dialoghi: è solo adesso, quando riguardo le puntate mentre scrivo questi episodi, che mi vengono in mente cose che non avevo mai notato prima. Unire i numeretti e creare una linea zizagata, se non dritta, mi riempie di soddisfazione.
Il progetto su una raccolta di momenti Mamoru e Usagi ce l'ho ancora in mente, devo aspettare di farmi venire l'ispirazione giusta su come scriverne almeno uno :)
Grazie tantissime della recensione (e se stai leggendo, ti auguro anche da qui di avere maggiori momenti di relax per te stessa in mezzo a tutti i tuoi impegni).

Alla prossima a tutti
ellephedre

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Capitolo 5
*** Episodio 4 - Dimenticare e ritrovarsi ***


ovviamenteimpossibile4 Note:
Questo episodio parte dall'episodio 46 della prima serie (la fine, mentre Usagi combatte contro Metallia) e si estende fino all'episodio 48 della seconda serie, quando, dopo un periodo di tempo che mi sembra imprecisato, Rei riacquista la memoria di quello che è accaduto alla fine della precedente battaglia.


"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 4 - DIMENTICARE E RITROVARSI


Yuichiro sollevò lo sguardo verso il cielo oscurato da nuvole cariche di forza. Non poteva essere pioggia, l'acqua non era... viola. Il colore delle nubi era portatore di violenza.
Cosa stava succedendo?
«Yuichiro.»
Sobbalzò.
Dietro di lui, il maestro guardava preoccupato verso l'alto. «Hai visto Rei stamattina?»
No. E si era pure alzato molto presto. Come non mai, era stato in piedi già alle sei. «Dev'essere andata a scuola.» Non erano neppure le sette e mezza, ma dove altro poteva essere andata Rei-san a quell'ora?
Il maestro affondò le braccia nelle maniche della tunica bianca, fino a massaggiarsi i gomiti.
Yuichiro sapeva che con quel semplice movimento non ci si poteva proteggere dal freddo che si stava intensificando sempre di più, ma a preoccuparlo seriamente fu solo l'espressione sempre più accigliata del suo mentore. Se non era tranquillo...
Deglutì. «Lei non crede che sia andata a scuola?»
Turbato, il suo maestro abbassò lo sguardo, rivelando rughe che sembravano nate da poco. «Penso che sarebbe già tornata.» Scosse piano la testa, gli occhi sempre più scuri. «Sta succedendo qualcosa e Rei vorrebbe essere qui a casa, al sicuro. Davanti al fuoco a scoprire di cosa si tratta magari, ma non fuori, nemmeno per andare a lezione.
» Rimuginò. «Starà già tornando.»
Yuichiro osservò di nuovo il cielo: quello che gli faceva più paura era che non si sentiva nemmeno l'eco lontano di un lampo. Non c'era rumore, col passare del tempo sembrava quasi che l'aria si stesse mangiando ogni suono. Inspirò. «Le vado incontro.»
Ci fu silenzio. Per capire la reazione del suo maestro fu costretto ad abbassare lo sguardo.
Trovò confusione. «Non sai che strada percorre.»
Ma certo che sì. «Frequenta il liceo T, giusto? Fa il cambio con due linee di autobus, le conosco.»
Il maestro scosse la testa. «Finirai per incrociarla.»
Non aveva importanza. «Lei rimanga qui.»
Il vecchio Hino s'incupì. «È mia nipote, potrei venire con te se volessi.»
Sì, ma lo stupido era lui, non il maestro. «La incrocierò, me lo sento, però non riesco a stare con le mani in mano. Inoltre se Rei torna prima di me vorrà vedere lei, maestro.» Non avrebbe cercato lui, anche se forse le avrebbe fatto piacere vederlo.
Come quando gli aveva toccato la mano la sera di due giorni prima, con un'espressione in bilico tra un sorriso incerto e... un qualcosa che gli aveva fatto battere il cuore.
Non se l'era sognato - continuava a ripeterselo - solo che era così bello che non riusciva quasi a crederci. Non ci credeva del tutto, non voleva permetterselo. Non ancora.
Anche se Rei-san non avesse dato il minimo cenno di ricambiarlo - ecco, l'aveva detto, che assurdità! - lui sarebbe andato comunque da lei. Non gli piaceva quello che stava succedendo e non voleva pensarla fuori, da sola. Non voleva pensare a Rei-san in pericolo. Aveva una brutta sensazione su lei e il pericolo.
Doveva essere a causa del discorso che gli aveva fatto Rei-san.
«Se non ci fossi più, cos'accadrebbe al nonno?»
Come poteva pensare di non esserci più? Forse aveva paura di qualcosa? Forse aveva cercato di dirgli che temeva che le sarebbe potuto accadere qualcosa di- Scosse la testa. «Vado.»
Il suo maestro sbuffò. «Va be-»
Lo sentirono entrambi, fu come un boato sordo. I lampioni all'entrata del tempio si spensero all'improvviso, proprio come tutta l'illuminazione presente in città. L'orizzonte si era fatto buio; nemmeno di notte era mai stato così, un tutt'uno col cielo diventato talmente nero che quasi non filtrava un solo raggio di luce.
Era un... incubo.
Corse via.
«Ragazzo, aspetta!»
Yuichiro si voltò solo davanti alle scale. «Avrà paura, può farsi male!» Rei-san doveva essere terrorizzata! «Io starò attento!»
Si voltò con uno scatto e prestò attenzione agli scalini. Nel loro grigiore di pietra erano diventati quasi indistinguibili l'uno dall'altro.
Una volta sul marciapiede, diede l'addio alla cautela e pensò solo a correre.
A correre.
A correre.
Due angoli dopo, fu costretto a rallentare.
Aveva evitato per un soffio lo scontro con due persone, ma si faceva sempre più buio. Riusciva a vedere sempre meno.
Sulle strade le macchine si erano fermate.
Non molto lontano, si udì un clacson. Sembrava una richiesta d'aiuto.
Attorno a lui, le parole della gente iniziarono ad assomigliare ad un unico lamento.
Cosa stava succedendo?
Rei-san, Rei!
Avanzò a tastoni contro il muro.
Quando i contorni della via iniziarono a diventare linee quasi invisibili, guardò davanti a sé e memorizzò l'ultima immagine della strada. L'avrebbe attraversata, doveva andare avanti.
Col cuore in gola, fece una corsa sopra il punto dove aveva visto per l'ultima volta le strisce pedonali.
Con le bracce tese in avanti, toccò un palo e ci sbatté addosso.
Vi si aggrappò, chiudendo e schiudendo le palpebre ripetutamente, per accertarsi di avere davvero gli occhi aperti. Non si vedeva più niente! «Rei-san!!»
Accanto a lui, una voce estranea sussultò. «Mamma?»
Yuichiro si voltò in quella direzione.
Nel buio brillò la luce verde-grigia di un minuscolo display.
«Un telefono!» gridò qualcun altro. «Chiamate la polizia!»
«Non arriverrà nessuno!» rispose un altro urlo. «Cosa sta succedendooo?!?»
Il terrore nell'ultima voce minacciò di far soccombere di paura anche lui. Deglutì e gridò di nuovo. «Rei-saaan!»
«Stia zitto!» singhiozzò una voce. Iniziò un pianto.
Tremando, Yuichiro si alzò in piedi. Doveva muoversi, spostarsi. Serrò le palpebre solo per immaginarsi che il buio fosse dietro gli occhi chiusi e non nella realtà: cercò di ricordare la forma della strada e, faticando a lasciare il palo, iniziò a muovere le gambe di lato, le braccia allungate nella stessa direzione.
«Il telefono non funziona!» gridò disperata la prima voce che aveva sentito.
Basta, basta! Sembrava un incubo, un sogno orribile! Rei-san!
«Adesso torna la luce» disse una voce di uomo anziano, alta e roca.
«Come lo sa?!»
«Deve tornare! L'elettricità dev'essere salt-»
«È il cielo, quale elettricità!! È il cielo, cielo, cielo...» Divenne una nenìa.
Yuichiro ebbe la tentazione di coprirsi le orecchie, ma il cuore gli martellava talmente tanto che aveva quasi più paura di udire il suo stesso terrore.
Il mondo era diventato un luogo di voci sparute che si trasmettevano disperazione tra loro.
Rei-san doveva essere annichilita. No, lei era una ragazza coraggiosa! Sarebbe rimasta ferma dove si trovava al momento del buio e avrebbe aspettato con pazienza.
Ma aspettato cosa?! Che cos'era quel buio, perché tutto era così scuro?!!
Nell'oscurità, brillò una luce. Non una vera luce, ma una luminosità... strana, invisibile. Invisibile, ma lui l'aveva vista.
«Sta tornando?» fu la speranza di una voce femminile.
Non era stato il solo a vederla.
A vedere cosa? Sbatté le palpebre. Era come se avesse visto con qualcosa di diverso dagli occhi.
Vide di nuovo.
No.
Era... sentire?
Era una forza invisibile, luminosa solo alla vista dell'anima. Potentissima, lottava per prevalere. Sembrava l'essenza di-
Le ginocchia gli vennero meno. Si sedette a terra, fermandosi dal cadere con una mano.
Una parte di lui aveva sentito e risposto ad un richiamo primigenio e ora non poteva fare altro che guardare la... battaglia.
Si stava svolgendo, non vicino e non lontano, non adesso e non in passato, non adesso né in futuro.
Quello che stava accadendo era oltre tutti loro.
«È... la fine del mondo?» fu l'ultimo singhiozzo che udì.
Era la lotta tra bene e male, tra inizio e fine.
Era la fine del mondo.
Strinse i pugni e iniziò a tremare, cercando di non assistere, di pensare solo a-
Famiglia. Voleva tutta la sua famiglia lì con lui.
E Rei-san era sola.
Pianse.
Non importa se è la fine, Rei-san. Rivide in un momento tutti i sorrisi innocenti e felici di lei. Tu starai sempre con tuo nonno, nessuno ti porterà via da chi vuoi bene.
Mentre lui... voleva la sua famiglia. E poterle prendere un'ultima volta la mano.
La luce si diffuse in ogni dove.
Portò via le nuvole, rese tutto visibile, definito. Trasparente. Accecante e immobile.
La luce entrò dentro di lui e tentò di portargli via un pezzo di mente, di cuore.
No.
La luce non lo ascoltò, frugò nei suoi ricordi e prese a dissezionarli, ricostruirli.
No!
La luce lo osservò.
Prese solo quel che le serviva e si allontanò.
E lui cadde.
In un buio che sarebbe stato...
Risveglio.

...

Si svegliò di soprassalto.
... aveva avuto un incubo?
Si massaggiò la testa, strizzando gli occhi davanti alla luce del sole sulle coperte.
Era tardi!
Scattò a sedersi. Si era svegliato in ritardo, che ore erano?!?
Buttò via la coperta del futon e afferrò la sveglia.
Le otto!
Balzò in piedi.
Era ancora in prova, il maestro lo avrebbe giudicato un irresponsabile!
Si sfilò la felpa del pigiama e rabbrividì al contatto del petto nudo con l'aria gelida. Lasciò perdere e saltellò in avanti, togliendo anche una gamba dei pantaloni.
Cadde in avanti contro l'armadio vuoto, fermandosi con le mani. Lo aprì, trovando la tunica e l'hakama.
Doveva darsi una mossa!
Iniziò a vestirsi a tempo di record e, mentre piegava un lembo della tunica dentro l'altro, sorrise.
La sera prima Rei-san gli aveva preso la mano!
Quella sarebbe stata una bellissima giornata, un bellissimo futuro!
Rei-san gli aveva preso la mano! Lo aveva ringraziato in quel modo, gli aveva sorriso! No, non solo un sorriso, era stato meglio! In quel momento lei gli aveva...
Cercò di sussurrarlo almeno a se stesso, ma non ci riuscì.
Scappò verso il bagno.
Si buttò dell'acqua sulla faccia e si guardò allo specchio.
Lui era il solito idiota con una faccia resa disordinata dalla barba che non riusciva mai a tagliare bene e dai troppi capelli sotto cui si nascondeva, ma Rei-san aveva visto dentro di lui, lei gli...
... voleva bene.
Lei aveva visto oltre la sua imbranataggine, era riuscita a vedere che anche se lui non sapeva fare niente di eccezionale, nel suo piccolo lui... era speciale. Un pochino, quel che credeva che sarebbe bastato solo a lui, che solo lui avrebbe potuto apprezzare.
Si buttò altra acqua in faccia, mandandola giù per la gola dal troppo ridere.
Attaccò la bocca al rubinetto e poi corse in bagno.
Trenta secondi dopo tornò indietro, si lavò le mani e, dopo essersi osservato per bene, prese altra acqua e se la buttò sui capelli, cercando di domarli perché non gli ricadessero più sulla fronte e sugli occhi. Non voleva più nascondere la faccia.
Si asciugò le mani sulla tunica.
Doveva darsi una calmata.
Ridacchiò come uno stupido.
Non doveva spaventare Rei-san col suo entusiasmo, avevano tempo.
Non doveva farle fretta.
Si mangiò le labbra fino a tentare di deformarle in una linea dritta. Riuscì abbastanza.
Si diresse fuori dal bagno.

Estremamente scocciata, Rei finì di lavare le ciotole della colazione.
Se quello pseudo-assistente di Yuichiro Kumada non sapeva svegliarsi all'ora giusta di mattina, che almeno non promettesse di farlo!
Se una si abituava ad avere la colazione pronta tutti i giorni e metteva la sveglia dieci minuti dopo solo per poi arrivare in cucina con ancora tutto da preparare, allora la giornata non cominciava certo bene.
Si asciugò le mani con un panno.
Che stress!
Aveva perso l'autobus delle otto e cinque!
Si voltò e le venne un colpo. «Kumada!» Si portò una mano al petto.
Lui sussultò, perdendosi in uno sguardo confuso da ebete.
Rei si sentì ribollire. «Cosa te ne stai lì impalato a fare? Avrai almeno una buona scusa per esserti svegliato così tardi!»
«Ah...» Lui si scostò dalla soglia, a bocca aperta.
Rei lo sorpassò, scuotendo la testa e uscendo dalla cucina. Quello era stupido. E che cos'era quel nuovo look? Se voleva farsi vedere la faccia, che tagliasse quei capelli invece di buttarci sopra dell'acqua.
Si diresse in corridoio e adocchiò la cartella che aveva appoggiato lì. Saltò oltre il gradino dell'ingresso e iniziò a mettersi le scarpe.
«... Rei-san?»
E ora? Ah. «Mio nonno non si è ancora svegliato per tua fortuna. In questa casa dormono tutti tranne me.»
Anche se pure lei quella mattina si era svegliata in una maniera assurda. Le sembrava di avere un buco in testa, aveva faticato persino a ricordarsi cos'aveva fatto il giorno prima a scuola.
Bah.
Kumada se n'era rimasto fermo sull'angolo del corridoio.
Rei iniziò a mettersi la giacca. «Ti serve qualcosa?»
Lui la guardò con occhi sgranati. Annuì piano. «Per-Perché...» deglutì. «Perché mi hai chiamato Kumada?»
Come? «In che altro modo dovrei chiamarti? Ti chiami così, no?»
Il silenzio di lui parve mortificato.
Che diavolo gli prendeva?
«Yuichiro.»
Eh?
«Puoi... riprendere a chiamarmi così.»
Riprendere? «A me sembra che qui ci sia troppa confidenza.
» Cioè lui se ne stava prendendo troppa ipotizzando che a lei interessasse chiamarlo per nome.
Lo lasciò perdere. «Vado a scuola. Se il nonno non si sveglia tra mezz'ora, controlla che non stia male. Se deve stare a letto, occupati da solo del tempio. Dopo tutto questo tempo-» Tempo? Da quanto lui lavorava lì? Faticando a ricordarlo, scosse la testa. «Dopo queste... settimane, saprai come fare, no?»
Lui fissò il muro. Annuì piano, come se ogni sua parola gli avesse fatto male.
Cielo, non le era sembrato così delicato.
Aprì la porta dell'ingresso. «Fa' il tuo dovere, io torno alla solita ora.»
Uscì di casa.
Una volta fuori iniziò a correre, ma fu subito costretta a rallentare e a massaggiarsi la testa.
Non le faceva male, ma sembrava quasi che si stesse... riaggiustando.
Le sembrava di non riuscire a ricordare le cose più stupide, come ad esempio... ecco, come Kumada era arrivato al tempio.
Lo avevano- No, anzi, lo aveva trovato lei mentre dormiva sulle scale, senza nessun 'noi'. Lui le era sembrato strano soprattutto per come l'aveva guardata - un vagabondo maniaco, aveva pensato allora - e poi lui si era ripresentato lì la mattina dopo e... il nonno lo aveva assunto come apprendista.
Non riusciva nemmeno a ricordarsi il motivo.
Per il resto del tempo Kumada era stato... sciocco e gentile, no? Sì, nient'affatto un pervertito, lo aveva giudicato male in quella prima occasione - il buio e tutti quei capelli non avevano aiutato.
Già, forse era stata troppo dura con lui, in fondo un ritardo poteva capitare a tutti.
Maledizione, si era svegliata con un'umore da strega.
Sospirò.
In fondo Kumada viveva a casa loro. Se lei iniziava a chiamarlo Yuichiro non ci sarebbe stato niente di male.
Anzi, sarebbe stato persino positivo, adesso che ci pensava. Lui la chiamava per nome nonostante il san, perciò, se anche lei iniziava a usare il nome proprio di lui, avrebbero stabilito con ulteriore certezza che tra loro due quella nella posizione di superiorità era lei.
Esatto, non aveva bisogno di usare il cognome per un semplice apprendista.
Annuì e, con più calma, iniziò a scendere le scale.

Non aveva rivolto la parola a Rei-san durante tutto il giorno dopo quella mattina, ma quel suo atteggiamento aveva un solo nome.
Codardia.
Forse lui era un po' codardo, ma non poteva vivere con tanta insicurezza. Per cui si fece forza e bussò all'entrata della stanza del sacro fuoco.
«Avanti» gli concesse una voce cauta.
Lui fece scorrere la porta.
Salv-Buonas-Scusami per- Deglutì. «Ciao.»
Rei-san inarcò un sopracciglio. «Buonasera. C'è qualche problema?»
Lui si tormentò piano il labbro inferiore. «No.»
Sciogliendo le mani dalla posizione di preghiera, lei si voltò per metà. «Hai qualcosa da dirmi?»
Cos'è successo? «Volevo scusarmi per il fastidio di oggi.» Idiota.
La confusione sul viso di Rei-san fu meno aggressiva di quella mattina.
«Va bene» rifletté lei brevemente, gettando un'occhiata di lato. «Scusami anche tu per il mio nervosismo... Yuichiro.»
Era tornata a chiamarlo per nome.
Non riuscì a contenere il sospiro di sollievo nella gola. Sorrise. «Come mai stai pregando?»
Rei-san si rabbuiò. Unì le labbra, perplessa. «Per una cosa che ho in mente. Vorrei continuare, ti dispiace uscire?»
Lui sentì l'aria nel petto farsi rigida. Si frenò dal dire 'sì'.
... perché tanta freddezza? Perché all'improvviso sembrava che le desse fastidio vederlo?
Certo, anche la sera prima lei era stata un po' scostante, ma- Ah, ecco. Prese coraggio. «C'è qualcosa che-» No. «C'è ancora qualcosa che ti preoccupa?» Lo stava allontanando perché preferiva stare da sola quando si sentiva male, giusto?
Nella penombra illuminata dal fuoco, il viso di lei sembrò indurirsi. «Yuichiro.»
«Sì?»
Rei-san si girò completamente su se stessa, drizzando la schiena. «Io penso che tu stia facendo un lavoro... adeguato qui al tempio.» Inclinò il capo di lato, pensierosa. «Buono.»
... cosa c'entrava?
Rei-san si dipinse in volto un sorriso che pareva contenere un cenno di... scherno? Lo eliminò e tornò quasi del tutto seria. «Parlo con altre persone di come sto. Con chi scelgo io. Vorrei che questo fosse... chiaro.»
Lui colse il significato delle parole, ma per un attimo rifiutò di farselo entrare nel cervello.
«In casa mia preferisco starmene per conto mio.» Rei-san aggrottò la fronte. «Erano questi gli accordi iniziali, no?»
... sì.
Sì, lui non doveva disturbarla, lei doveva continuare la sua vita di sempre.
Pensava che fossero diventati amici, ma doveva aver superato dei limiti e ora lei li stava ridefinendo di nuovo.
Si era immaginato tutto quanto. Ci aveva costruito sopra troppe... speranze.
Troppe speranze, come al solito.
Il suo petto si contrasse in un'unica massa. Stupido.
Strinse i pugni.
Stupido, cos'aveva creduto?
Abbassò lo sguardo. «Ho capito, Rei-san.» Deglutì il groppo alla gola, tentando disperatamente di mandare via il grosso dell'umiliazione e della tristezza. Era grande, era un uomo: doveva dimenticare tutto. Subito. «Ti lascio alla tua preghiera. Scusami il disturbo.»
Fece tre passi all'indietro e richiuse la porta.
Da fuori non guardò quella, ma i propri piedi.
Quando cercò l'aria, dovette prima espirarne una quantità dolorosamente pesante, trattenuta tutta dentro di lui.
Lo fece un'altra volta, guardando fuori.
Era abituato agli inverni gelidi delle montagne, ma... sentì freddo. Il calore lo portava sempre dentro di sé, eppure lo cercò senza trovarlo.
Si strinse nella tunica e cercò di riscaldarsi da solo, con le mani.
Tornò a casa.

Erano passati due giorni da quella sera e Rei sentiva di aver detto qualcosa di molto sbagliato.
... Yuichiro Kumada le era sembrato più allegro in precedenza, se ricordava bene (esattamente perché non ricordava bene?). Comunque le era sembrato sbagliato vederlo così... mogio. Triste.
La faceva sentire in colpa.
Gli aveva fatto solo un discorso di circostanza tra estranei, no? Era lui che si era impicciato troppo. O forse era lei che era stata troppo fredda.
Magari era per quello che non aveva veri amici: era sempre scostante e chiusa, sapeva solo comandare la gente, mai averla accanto.
Una persona aveva cercato di essere gentile con lei e lei l'aveva scacciata con freddo garbo, forse il torto peggiore che si potesse fare ad una sincera cortesia e preoccupazione.
Sospirò e si diresse da lui, attraversando il piazzale del tempio. Si fermò davanti alla bancarella aperta della stanza dei talismani. «Buongiorno.»
Nel vederla Yuichiro si ritrasse. «Buongiorno, Rei-san.» Accennò ad un saluto col capo.
Lei cercò un argomento di conversazione. «È... venuta molta gente oggi?»
«Solo tre persone.» La bocca di lui si piegò su un angolo poco soddisfatto, fintamente allegro. «Ho fatto del mio meglio e ho venduto un talismano a ciascuna di loro.»
«Beh...» Scegliere la replica non fu semplice. «Sei stato bravo. Io non mi sforzo così. Se vogliono comprare bene, altrimenti non faccio niente.»
Lui la guardò per qualche attimo, incerto. «Grazie» le disse infine. Quindi concentrò l'attenzione sotto il bancone. Prese in mano la scatoletta di legno che conteneva i talismani della buona salute. «Li pulisco un po', intanto che aspetto l'arrivo di altra gente.»
... le stava suggerendo di andare via?
Sembrava così.
Rei si morse la labbra. «Senti...» Sollevò gli occhi al cielo, ma finì col guardare il sottotetto del tempio. «A volte sono un po' antipatica. Scusami se ho detto qualcosa che ti ha offeso o che ti ha fatto sentire a disagio. Mi dispiace.»
Lui le lanciò un'occhiata rapida, ma dopo un sospiro sorrise nel medesimo modo di prima. «Non ti preoccupare, Rei-san.»
Lei non si preoccupava, non era quello il punto. Era lui che le stava dicendo che non aveva cambiato idea sul suo conto e che lei non doveva darsi pena per riparare un rapporto che non poteva essere ricucito.
Non essere in grado di andare d'accordo con una persona che viveva nella sua stessa casa la fece sentire... impotente.
No, non poteva finire così.
Raddrizzò la schiena. «Questo pomeriggio non ho niente da fare, ti va di... giocare a shogi?»
«Cosa?»
Era sgomento.
Ma perché un invito amichevole - normale per altri - doveva essere tanto strano se lo proponeva lei? «Mi annoio. Vengo qui e giochiamo a shogi.» Non era quello il modo di chiedere. «Se ti va.»
Lui ci rifletté per un lungo attimo. «... va bene.»
Lei impedì al sospiro di sollievo di levarsi troppo forte. «Okay.» Sorrise. «Allora li porto qui, così... passiamo il tempo, finché non arriva qualcuno.»
«Va bene» le ripeté lui, con un'espressione di felicità parecchio dubbiosa.
Rei si allontanò verso casa.
Sarebbe diventata amica di Yuichiro Kumada: era ora di smetterla di fare l'antipatica e la superiore col mondo intero. Danneggiava solo se stessa.

Una settimana dopo il giorno in cui si era accorto per l'ennesima volta di essere un colossale stupido, Yuichiro capì che tutti quanti avevano dei problemi.
Rei-san si sentiva sola.
Non aveva amiche, no? Strano, pensò una parte di lui. Comunque, Rei-san aveva solo quattordici anni; era normale che fosse un po'... volubile.
Lui non avrebbe dovuto prenderla tanto sul serio. La colpa era stata solo sua.
Lui e Rei-san sarebbero stati amichevoli conoscenti. Forse amici, un giorno più lontano. Se lui fosse rimasto.
Le aveva promesso di rimanere per suo nonno, no? Lei però sembrava non sentire più il bisogno di una simile rassicurazione.
... alla fine, non si trattava di quello che voleva Rei-san.
Lui aveva preso un impegno col maestro e doveva onorarlo per un tempo degno. Fino all'estate, almeno.
O forse anche per sempre, in fondo... Quel posto gli piaceva.
Ed era in grado di non innamorarsi di Rei-san.
Lei era sempre bellissima, ma non voleva qualcosa da lui.
E ora che lui lo sapeva con certezza, era in grado di comportarsi da adulto e non passare il suo tempo a pensare a lei.
... no, non pensava più a lei.
La prima volta aveva fatto troppo male.



Era una guerriera Sailor.
Rei chiuse gli occhi, stringendo tra le mani la penna di trasformazione, all'improvviso cara e preziosa.
Si era dimenticata ogni cosa. Il cristallo d'argento era un oggetto che possedeva una potenza infinita, ma... come aveva potuto farle dimenticare tutto quanto? Come aveva fatto lei a permetterlo?
Alzò lo sguardo, inquadrando le scale che portavano al santuario, a casa sua.
Si era dimenticata tutto ciò che aveva coinvolto le sue amiche o i nemici, persino quello che era avvenuto in quello stesso luogo che vedeva tutti i giorni.
Per lunghe settimane per lei suo nonno non era mai stato uno dei sette malvagi, non era mai stato attaccato; non c'erano mai state le riunioni con Luna, Ami, Usagi, Makoto e Minako in camera sua. Non aveva neanche ricordato di essere stata Sailor Mars e non aveva conservato alcun ricordo nemmeno dell'ultimo giorno, di quella sera in cui si era teletrasportata al Polo Nord. Del momento in cui, appena prima di partire, aveva lanciato uno sguardo pieno di affetto alla casa di tanti anni, col pensiero del nonno che non voleva lasciare solo e di Yuichi-
Spalancò gli occhi. Li aprì ancora di più, fino a che non abbassare le palpebre cominciò a far male.
Era andata a combattere anche grazie alla sicurezza che le aveva donato lui, certa che non avrebbe mai potuto dimenticare quello che Yuichiro aveva fatto per lei.
Nascose il volto tra le mani.
Lui che arrivava, che l'aiutava col nonno impazzito, lui che accettava di stare al tempio a dormire, che cercava di farla sentire meglio, lui che rischiava la vita per lei (due volte!), lui che la invitava ad uscire per poi ritrattare immediatamente, lui che si illuminava quando la vedeva, lui che rideva sempre, lui che cercava in continuazione di starle vicino senza essere troppo invadente, lui che si prodigava per farla divertire e consolarla. Lui che combinava pasticci a destra e a manca, che non era abbastanza serio o abbastanza bello per farle pensare a una relazione tra loro.
Lui che le aveva regalato quella assurda, strana e bellissima puntura al cuore quando, l'ultima sera, le aveva detto che non avrebbe mai abbandonato suo nonno, se lei non fosse tornata.
E lei non era tornata. La Rei di quelle esperienze se n'era rimasta al Polo Nord, a morire pensando...
Se solo.
Se solo lo avessi fatto, se solo avessi avuto il coraggio.
Si asciugò violentemente le due lacrime che le rigavano le guance e corse su per le scale.
Individuò Yuichiro grazie ad un urlo.
Il cuore le balzò in gola e si precipitò ad aiutarlo.
«Gallinaccia!»
Si fermò davanti al pollaio.
Yuichiro stava tentando di afferrare una gallina scappata fuori dal recinto. Si immobilizzò non appena la vide. «Rei-san!» Si irrigidì come una tavola. «Sistemo subito, un attimo!» Scappò via, dietro alla gallina che si stava infilando nel boschetto con grandi e lunghi balzi.
Rei rimase ferma.
Rei-san! aveva appena gridato lui, irrigidendosi al solo vederla.
Per Yuichiro lei era diventata quella che sapeva solo sgridarlo, che lo trattava male dopo che lui l'aveva consolata, che... che non si ricordava nemmeno di averlo mai chiamato per nome. Che lo trattava con freddezza, solo per concedergli la propria amicizia come se fosse un privilegio.
... e lui chi era?
Era il ragazzo che si ricordava di tutto quel loro passato o aveva dimenticato tutto anche lui? No, forse si ricordava qualcosa, ma...
«L'ho presa!» Yuichiro spuntò trionfante dal bosco. Scuoté la gallina tra le mani. «Lei è la più antipatica, ma ti prometto Rei-san che non succederà più. Starò attento a non farla uscire d'ora in poi.»
Persa, lei si guardò intorno, in cerca di un appiglio con la realtà. «Hai lasciato il recinto aperto.» Ma non erano scappate altre galline.
Yuichiro spalancò la bocca e si fiondò verso il pollaio incustodito.
Rei abbassò lo sguardo.
Corse in casa.

... forse Rei-san aveva di nuovo qualcosa che non andava, pensò Yuichiro. Durante la cena era stata molto silenziosa e non aveva mangiato quasi niente.
Purtroppo lui non poteva chiederle nulla. Lei poteva non gradire o, più semplicemente, non volere il suo aiuto. Forse, anche se era improbabile, sarebbe venuta lei a domandare di parlargli, se il suo problema era molto grave e se non era una cosa che poteva confidare a suo nonno o a-...
Alle sue amiche.
Si grattò la testa. Ma certo, come aveva fatto a non pensare alle amiche di lei? Le stavano vicino, si sarebbero preoccupate loro dei problemi di Rei-san.
Giocò con quel pensiero, sentendo che qualche conto che aveva fatto in passato... non tornava. Perché?
Mah, forse perché non aveva visto le ragazze da un po'. Per caso Rei-san aveva litigato con loro?
No, non gli... pareva. O forse, semplicemente, lui non ne aveva saputo nulla.
Passò la scopa nell'ultimo angolo della stanza, fino a raccogliere la polvere in unico mucchio consistente. Gli dava sempre soddisfazione la prova materiale di tutta la sporcizia che riusciva a eliminare.
Dietro di lui, si aprì la porta. «Yuichiro?»
Hm? «Rei-san.» Si voltò. Perché era venuta fino a lì?
Lei entrò lentamente. «Hai... finito?»
Lui afferrò il raccogliatore della polvere. «Sì, in questo momento.» Si prodigò a non lasciare per terra neanche un grammo di grigio mentre trasferiva il frutto del suo lavoro dentro il raccoglitore in plastica. Riuscì egregiamente a non sporcare nulla e si diresse al sacco nero della spazzatura, quello che aveva sistemato all'entrata della porta.
Passò vicino a lei, che non era ancora uscita.
«C'è qualcosa che non va?» Se ne pentì subito dopo averlo chiesto, ma non troppo: in fondo, che male c'era a fare quella domanda? Era venuta lei da lui e ancora non se n'era andata.
Rei-san si appoggiò contro la porta aperta. «Ecco... volevo consigliare a delle compagne di scuola quel luogo in cui siamo andati in inverno.»
In montagna? «Sarà completamente prenotato oramai. Non ci sono molti hotel da quelle parti.»
Lei sorrise, incerta. Imbarazzata. «Sì, ma a loro la... montagna piace in estate.»
Beh, era fresca. Lui preferiva il mare, ma i gusti erano gusti.
Rei-san si morse un labbro. «Come... come si chiamava?»
Yuichiro aggrottò la fronte. «Non lo ricordi?» Non era stata proprio lei a informarsi bene sul posto, prima del viaggio? Aveva creduto che lui la volesse portare a stare in una qualche catapecchia, anche se non lo aveva confessato ad alta voce.
«Voglio essere precisa, mi hanno chiesto la provincia, la prefettura...»
Hm? «Era Takayama, nella provincia di Hida, prefettura di Gifu. Da qui ci si arriva col treno diretto che abbiamo preso con le altre ragazze.»
Rei-san aprì lievemente la bocca, come se le fosse stata svelata una sorpresa. Gli sorrise, in un modo che fu... strano. Lieve ma aperto. E molto, troppo dolce.
Yuichiro si sentì mancare un battito.
Lei si sporse repentinamente in avanti, ma all'ultimo momento scostò le mani, ritraendosi un attimo prima di... toccarlo?
Il sorriso di lei si allargò, si intensificò. «Volevo scusarmi per quanto sono stata fredda negli ultimi tempi. Io... mi ricordo ancora di quando mi hai promesso che avresti badato al nonno per sedare la mia sciocca paura e...» Inspirò. «Volevo dirti che dopo ho avuto solo... timore di averti fatto avvicinare troppo a me.»
... eh?
Lei non poteva venirgli adesso a dire che-
Afferrò il sacco della spazzatura, stringendolo nel pugno. «Non ti preoccupare, è... normale.» No, non era normale invece. Ma lei era solo una ragazzina e cambiava idea- Interruppe i pensieri. «Grazie per le scuse.» Le mostrò il sacco nero, sorridendo come un idiota. «Devo andare a buttarlo.»
Rei-san si spostò dall'entrata con più confusione che imbarazzo. E forse era anche un po'... ferita?
Yuichiro si impose di lasciar perdere quell'idea - qualunque idea su di lei - e uscì da lì.

Rei sbatté la porta della sua camera.
Aveva trovato il coraggio di andare a parlargli e lui era scappato?! Ma che razza di uomo era?
Va bene, lei lo aveva trattato male per diverso tempo e si era aspettata confusione da parte sua, ma poi... Giocò coi lembi delle maniche. Si era aspettata che lui capisse, semplice. E poi...
Incrociò le braccia, appoggiandosi alla porta. Si sentì percorrere da un piccolo brivido e preferì avvicinarsi al letto. Si sedette.
Poi si era aspettata un sorriso. E forse un abbraccio, ma non perché lo avrebbe iniziato o invitato lei. Si era aspettata di riceverlo e non era stata certa di... volerlo.
Aveva pensato che sarebbe stato intenso, ma soprattutto strano.
Sì, aveva desiderato un bacio. Leggero, romantico. Lo aveva voluto per ben due volte, in quell'attimo in cui lui l'aveva consolata e nel momento prima di morire.
Ma ora non voleva baci, volevo solo... vicinanza?
Voleva essere certa di non aver perso una relazione speciale, ma non era affatto sicura di voler anche solo pensare a una storia... d'amore.
La spaventava. Non di una paura che la atterriva, solo di un sentimento che la portava a non vedersi coinvolta in cose più grandi di lei. Non voleva farsi bloccare da un legame con una persona che...
Yuichiro era sempre il solito stupido. Ingenuo, tonto, confusionario. Poteva essere tenero e coraggioso, volerle un bene dell'anima, ma erano qualità che la colpivano in momenti di pericolo, di tensione. Nella vita di tutti i giorni non riusciva a non immaginare di trovarlo... idiota, di tanto in tanto.
Lei non voleva un ragazzo sciocco, doveva ammirare il suo futuro fidanzato. Poteva voler bene a Yuichiro - no, voleva bene a Yuichiro - ma esserne innamorata era diverso.
Non era innamorata di lui, altrimenti non avrebbe avuto alcun dubbio. Nell'amore non c'erano dubbi, giusto?
Okay, le piaceva l'idea. Le piaceva l'idea di lui o dell'amore?
Nessuno le aveva mai voluto bene come Yuichiro. Ovviamente c'erano le sue amiche, ma un ragazzo... mai. Un ragazzo che poi lei aveva trattato spesso male, che aveva sgridato, che non aveva degnato di uno sguardo... a Yuichiro non era importato, lei non aveva mai dovuto fare niente per farsi voler bene da lui. Per ricevere quel sentimento che la faceva sentire tanto bene non avrebbe mai dovuto fare niente, solo... accettarlo.
Ma lei voleva essere in grado di amare a sua volta.
Esasperata, sbuffò.
Se solo quell'idiota fosse stato meno stupido e tonto! Se fosse stato più intelligente, uno che non scappava con la coda tra le gambe, allora lei... Affondò le unghie nel cuscino. Allora lei...
Non lo sapeva.
Forse era meglio così.
Non voleva baci. Coi ragazzi le cose non restavano mai troppo innocenti - quella era una fantasia femminile, non era stupida. Yuichiro poi viveva nella sua stessa casa e se iniziavano a baciarsi forse le sarebbe piaciuto quello se non lui e allora...
Torturò il cuscino tra i pugni prima di sbatterlo a terra.
Idiota di un Yuichiro!
Lei voleva una vita tranquilla e semplice, finalmente calma, e lui invece le metteva tutta quella confusione, ecco!
Bussarono piano alla porta, timidamente.
La sagoma oltre gli shoji, pur con le spalle incurvate, non assomigliava per niente a quella di suo nonno.
Rei raddrizzò le spalle. «Cosa vuoi?»
La risposta si fece attendere un momento. «Parlarti... se non ti disturbo.»
Il tono le fece capire che lui credeva ancora di parlare con la Rei che non lo aveva riconosciuto.
No, non se lo meritava. «Puoi entrare, se vuoi.» Anche se non aveva idea di cosa fosse venuto a dirle.
Lui fece scorrere delicatamente il pannello della porta e, per lunghi attimi, restò fermo sulla soglia.
Rei si spazientì, ma non ebbe il tempo di ordinargli di entrare. Lui lo fece con passo cauto. Vi aggiunse un secondo passo, piano. Non chiuse la porta dietro di sé e rimase in piedi. Più che guardare lei, prese a fissare le proprie ginocchia, come se stesse cercando di distrarsi. «Forse non sarei dovuto venire-»
«Oramai sei qui.» Ma quanto era indeciso? Ecco, ecco perché non riusciva a piacerle veramente!
Yuichiro annuì. «Lo so, dico solo che... non voglio disturbarti, ma vorrei...» Si grattò la testa. «Vorrei capire. Devo capire.»
... doveva capire lei?
Lui sospirò, raddrizzandosi un poco. «Non ti do fastidio?»
«È la terza volta che lo chiedi!» sbuffò esasperata.
Yuichiro sollevò le mani in aria. «No, non adesso. In generale, cioè, quando... quando vengo a parlarti.»
Il discorso era poco chiaro.
«Sto cercando di capire se... ti sono antipatico o no. E se la penserai su di me sempre nello stesso modo.»
Per caso voleva sapere se era una pazza nevrotica che non avrebbe cambiato idea o atteggiamento il giorno successivo? Si sarebbe offesa se non gli avesse dato ampie motivazioni per nutrire quel timore.
Lui deglutì. «Vorrei capire se...» Si morse le labbra e, deglutendo di nuovo, sembrò... arrossire? Sembrava anche mortificato, come se stesse combattendo con se stesso.
Su quel punto voleva mettere le cose chiaro immediatamente. «No.»
«Cosa?»
«No, io... ti trovo simpatico. Ti troverò sempre simpatico.» Non avrebbe mai cambiato idea se avesse mantenuto tutti i suoi ricordi, l'avrebbe sempre pensata così. «Ma non sopporto chi si comporta da indeciso, chi commette errori sciocchi in continuazione e chi... chi è in un certo modo.» In un modo simile a quello di lui, però stava sbagliando ad esprimersi. Stava sbagliando tutto!
Si alzò in piedi. «Voglio che siamo amici. Perché ti apprezzo.» Solo che non lo apprezzava come possibile fidanzato - un fidanzato concreto, diverso da quello che si poteva desiderare con tutto il cuore in un momento di disperazione. Non riusciva proprio a pensare a lui in quei termini. Tuttavia... «Apprezzo anche l'aiuto che mi hai dato, non lo dimenticherò mai più. Ci tengo.» Ci teneva molto, era proprio quella la fonte dei piccoli dubbi che non riusciva ad eliminare, della ragione per cui il suo discorso doveva essere sembrato contorto e un po' assurdo.
Yuichiro contemplò il muro e le sue parole, con calma. «Va bene.»
... aveva capito veramente?
Lui si portò una mano dietro la testa, sorridendo con una vena di malinconia che si fece passare in un secondo. «Saremo amici, Rei-san.»
Amici. Conosceva il tipo di dichiarazioni che faceva lui: ogni cosa che diceva con calma era molto seria ed era da intendere... per sempre.
Amici per sempre.
Sorrise, pervasa da un'ondata di serenità. Le piaceva l'idea di Yuichiro e 'per sempre' nella sua vita: in quella maniera andava benissimo.
Lui chiuse la bocca e distolse lo sguardo dalla sua faccia. Iniziò ad agitarsi. «Allora vado. Buonanotte e scusa per il dist-»
Insomma! «Non mi hai disturbato!»
«Già. Buonanotte solamente.» Si diresse fuori dall'uscio aperto e sparì nel corridoio senza chiudere.
Rei andò a serrare personalmente la porta e finì col ritrovarselo davanti mentre tornava indietro.
Yuichiro si fermò di colpo e, felice di non volersi più trattenere, lei gli sorrise di nuovo. «Buonanotte.»
Quel giorno aveva ritrovato le sue amiche e anche lui. E lui era suo amico, certo; non aveva mai avuto un amico maschio migliore di lui.
Yuichiro espirò piano. «Buonanotte» le ripeté a bassa voce, voltandosi e andando per la sua strada.
Rei fece scorrere la porta fino a chiuderla.
Ma certo, si disse, finalmente serena. Perché doveva rovinare una cosa bella come l'amicizia con lui con pensieri sciocchi che tutt'al più erano frutto di una cotta passeggera?
Si sedette sul letto, stiracchiandosi verso l'alto.
Diede una risposta ovvia alla sua stessa domanda. Non era stata lei la prima a pensare a... quello. Yuichiro lo aveva pensato, era stato lui ad avere una cotta per lei e a farglielo capire.
... forse provava ancora la stessa cosa? Non in quei giorni, ma se lei diventava troppo gentile con lui, allora forse...
Aggrottò la fronte: Yuichiro Kumada era grande. Lei gli aveva detto che non voleva pensare a lui in quel modo - di tutte le cose confuse che aveva dichiarato, quella era l'unica che doveva essere stata chiara - perciò Yuichiro avrebbe imparato a regolarsi. Non era un poppante. Se era tanto ingenuo da voler continuare a provare una piccola cotta per lei solo perché ogni tanto si vedeva lanciare qualche sorriso allora... Beh, che facesse pure.
Se non si faceva insistente, a lei non dispiaceva.
Lui aveva detto 'amici' ed era certa che non sarebbe venuto meno a quella parola.

Amici.
Intontito dal sonno, Yuichiro faticava a tenere gli occhi aperti. La sua testa stava cercando di smettere di lavorare.
Non aveva mai avuto un'amica così prepotente e dura da trattarlo male quando le pareva e capace allo stesso tempo di fargli dimenticare ogni torto solo con un sorriso. I sorrisi di Rei-san, quelli veri, erano rari.
A lui li aveva concessi però; erano amici, il loro rapporto era... speciale.
Era giusto voler tenere la mano ad un'amica? Immaginare di avvicinarsi e poterle sfiorare il viso, spostarle i capelli dietro l'orecchio?
Voleva vederla sorridere solo per lui e proprio per questo era un idiota colossale.
Non sarebbe mai successo, Rei-san era stata onesta e chiara.
Lui voleva esserle amico, ma non voleva essere innamorato di lei.
... forse, però, non si poteva decidere chi amare. Ma si poteva scegliere di non soffrire, almeno quello sì... no?
Un po' di sogni e fantasie irrealizzabili erano concessi a tutti, finché li si separava bene dalla realtà.
Chiuse gli occhi.
Non l'avrebbe cercata nei sogni, ma se lei fosse arrivata lo stesso... forse lui le avrebbe preso la mano. E avrebbe sorriso appoggiandosi a lei, sentendo il profumo dei suoi capelli sotto il naso.
Nella realtà erano solo amici. Rei-san un giorno avrebbe trovato il ragazzo che cercava e lui... anche lui avrebbe trovato qualcuno, no?
Rei-san non era per lui. Non poteva essere per lui una ragazza che non lo voleva.
Non avrebbe più sofferto per questo, anche se era un po' immaturo. Solo ai bambini piacevano sogni che non sarebbero diventati reali.
... beh, un giorno lui sarebbe diventato grande abbastanza.
Per ora... Sbadigliò e si lasciò cullare dalla morbidezza del cuscino.
Permise alla felicità di sorridere assieme a lui e... dormì.




DIMENTICARE E RITROVARSI  - Fine


NdA: Pensavo che venisse fuori una cosa più corta :D Non mi smentisco mai.
A partire da questo episodio, la mia intenzione è quella di descrivere come Yuichiro arriverà a capire che 'amici' è proprio un'illusione che non riuscirà a coltivare in merito a Rei. Probabilmente utilizzerò l'episodio 70 della seconda serie (quello in cui Koan/Kermesite va al tempio di Rei, combattendo contro di lei e ferendo Yuichiro) per far comprendere meglio a Rei che quella relazione che proprio non riusciva a prendere in considerazione forse ci può stare.
Quello che mi aveva infatti colpito dell'episodio 99 della terza serie (quello in cui Yuichiro cerca di andarsene dal tempio) era che Rei sembrasse quasi sicura che Yuichiro avrebbe 'dovuto credere in lei' (questa è più o meno la traduzione della versione originale, resa in italiano addirittura con un 'non doveva credere che potessi tradirlo') invece che immaginare che si fosse messa con Haruka, quasi che tra loro due - almeno nella testa di lei - ci fosse una sorta di accordo.
Siccome è complicato (ma Rei da quando è semplice? :D:D), vorrei cercare di far vedere il percorso nella testa di lei, la ragione per cui in quell'episodio 99 lei era convinta che tra lei e Yuichiro ci fosse qualcosa che doveva essere rispettato, non come se fossero fidanzati, ma come se... potessero esserlo? Boh :D
Nella quarta serie non sembra già più così (in quell'unico episodio in cui appare Yuichiro, il 136) o lo sembra di meno.
In una parola, vediamo se riesco a descrivere questi tira e molla mentali prima di giungere alla quinta serie, quella in cui farò uccidere a Rei questa pseudo-cotta (come la definirebbe lei) che ha nella sua testa, per arrivare ai due anni di serena amicizia che intercorrono da lì fino a 'L'indole del fuoco'.
Fiuu, sarà un parto :D
Grazie per aver seguito il delirio mentale :)


Risposte alle recensioni

chichilina: guarda, io so benissimo come va a finire la storia tra Rei e Yuichiro (sai a che red moments si sono dati poi), ma per scrivere il rimpianto di Rei mi sono talmente immedesimata che ho pianto lo stesso :D:D:D Sadicamente, sono contenta di aver commosso anche te ;) Ciao e grazie della recensione!
pingui79: ciao :) Grazie delle bellissime parole ç_ç Come dicevo a chichilina, ho sofferto con Rei, credo che sia per questo che il suo dolore si sente :D Comunque, questa storia sarà un crescendo... si parlerà sempre meno di dolore e sempre più di sentimenti confusi e poi di momenti divertenti e, perché no, anche della volta in cui lei fece certi sogni inconfessabili che poi la portarono a voler schiaffeggiare a morte il malcapitato e innocente Yuichiro :D
maryusa: grazie dei complimenti. Secondo quell'episodio di Sailor Moon è uno dei più commoventi dell'intera serie; all'epoca mi colpii così tanto che tornare a quei momenti è stato quasi facile. Per trasmettere le emozioni credo solo di non risparmiarmi, anche se non mi credo 'imparata' ;) Grazie di ogni parola!
Nicoranus83: l'ultima volta mi avevi detto di avere un problema col computer e non so se leggerai presto questo messaggio, ma... grazie. Per me è un piacere condividere con voi quello che scrivo. La scrittura è una passione con cui faccio continuare una passione di tutte noi (Sailor Moon), anche solo in un modo semplice come quello di scrivere fanfic. Spero di risentirti un giorno :)
ggsi: Ciao! Hai ragione, quell'episodio fu una strage incredibile, non riuscivo a crederci da bambina. Eppure adesso vedo che a quel tempo Usagi era una tale ragazzina che le serviva proprio uno choc del genere per combattere al massimo delle sue forze. Altrimenti la Terra sarebbe stata perduta, come ho cercato di descrivere nella prima parte di questo nuovo episodio.
Nello scorso episodio ho pensato che per Rei, coi suoi quattordici anni, sarebbe stato più reale la perdita di ciò che conosceva e amava (il nonno, la casa, le amiche) invece che un futuro che per lei era ancora lontano. Se uno muore a quattordici anni, gli adulti piangono per tutto quel che sarebbe potuto essere... il quattordicenne rimpiange quel presente che gli sfugge.
... che brutti pensieri.
Torniamo a noi: 'arrivederci che sa di addio'. Sì, per Rei il discorso con Yuichiro ha avuto quel sapore. Non per lui, perché se avesse saputo, si sarebbe comportato come il Yuichiro di 'Verso l'alba' adesso, sarebbe caduto in un'ansia tremenda.
Grazie a te di avermi trasmesso quel che ti ho fatto provare. Goditi le vacanze, mi raccomando ;)
amayuccia: ciao! Spero che ti stia godendo le vacanze anche tu dopo tutto il tempo passato dietro a quei progetti :) La tua recensione è lunga quasi quanto metà dell'episodio scorso :D
Sai, proprio come te da bambina io sorridevo per le battute delle ragazze durante la partenza, non coglieva quella vena di disperazione e tristezza che poteva pervaderla. In un certo senso, penso che non la cogliessero nemmeno loro: hanno scelto di concentrarsi su un certo grado di spensieratezza, non erano in grado di sostenere tra loro, insieme, la tristezza di quello che stavano abbandonando. Credo che tutte però abbiano avuto un momento come quello di Rei.
Usagi ha cercato di superarlo cucinando il curry per la famiglia (fortuna che non è morta, come ultimo regalo e ricordo quella cena mal riuscita non sarebbe stato il migliore :D)
Credo che ai tempi della prima serie ci fosse già molto affetto da parte di Rei per Usagi, ma soprattutto la consapevolezza che se c'era da morire per Usagi, innanzitutto bisognava farlo. Le ragazze erano abbastanza grandi da capire che non stavano giocando e che lo scopo ultimo era salvare il mondo. Non avrebbe avuto senso combattere se non fossero state disposte a tutto. Lo 'strumento' per salvare il mondo era Usagi e quindi Usagi era da proteggere sopra ogni cosa.
Detto questo, io credo che Rei si sarebbe sacrificata comunque per lei, anche solo per amicizia.
Già, Yuichiro non era un cagnolino neanche allora :) Rei era talmente turbata che non l'avrebbe lasciata anche se lei lo avesse odiato, sapeva che Rei aveva bisogno di un aiuto qualunque. Ha cercato di darglielo.
Già, povero nonnino. Nel manga ha sopportato la morte della figlia e si è preso cura della nipote. Una delle ragioni per cui ho deciso di farne il prozio è che all'inizio l'ho chiamato 'vecchio Hino' e, benché in Giappone i mariti possano adottare il cognome delle mogli, non mi sembrava proprio il caso del padre di Rei, che era certamente importante paragonato alla famiglia della madre di Rei. Perciò ho deciso di farne il prozio, anche se ho pensato anche che l'aspetto del nonnino non avesse molto a che fare con Rei :D Mi riusciva difficile immaginarlo come il padre di sua madre, ecco.
In 'Ovviamente... impossibile?' ci saranno istanti in cui si vedrà lo Yuichiro di 'Verso l'alba' e molti altri in cui si vedrà quello dell'anime. Questo personaggio ha avuto un percorso che ha consolidato in quei due anni che non ho raccontato molto - e che voglio raccontare, appunto.
Rei ha deciso di guarire la sua punturina quasi subito. È stato un po' colpa di Yuichiro :D Se lui fosse stato più deciso, nel momento in cui lei era andata a scusarsi per il suo comportamento, se avesse cioè risposto a quel sorriso 'dolce', io credo che Rei non si sarebbe tirata indietro tanto in fretta. Lei è una ragazza diffidente.
E a questo punto della storia ha solo quattordici anni, lei non voleva una relazione 'seria'. Penso che, nonostante tutto, l'idea di un fidanzato da amare veramente potesse spaventarla, ho cercato di descrivere questa sensazione.
Ma, per quanto riguarda il rapporto tra lei e Yuichiro, la mia impressione (quella che poi faccio dire a Rei in seguito) è che se lui si fosse dato una mossa lei avrebbe ceduto abbastanza rapidamente. Questa ragazza è sempre stata bisognosa d'affetto :D Allo stesso modo rimango convinta che per loro aspettare sia stato meglio (magari due anni invece di quattro anni, sigh :D): Rei doveva crescere un po' e Yuichiro molto di più. Lo hanno fatto separatamente, per ritrovarsi alla fine.
Oddei! Il doppiatore mancante un sostituto dell'anello mancante tra uomo e quadrato :D:D:D:D Non l'ho mai visto, ma non voglio vederlo, poi mi rovino la visione di Sailor Moon in italiano :D Non ho nemmeno mai visto la faccia del doppiatore italiano di Yuichiro/Yuri, ma vale la stessa cosa: preferisco immaginare quella voce attaccata al personaggio che ho in mente, fine :D
Al punto in cui sono in 'Verso' l'alba' credo che arriverò a toccare più argomenti 'realistici', cioè il coinvolgimento del mondo reale con questa battaglia sovrannaturale combattuta tra le nostre e Zenas. Diciamo che è come se stessero facendo i conti senza l'oste, almeno a guardare la visione di chi governa realmente (anche se non sanno cosa li aspetta :D).
Non ti preoccupare per la storia di Shun e Minako: sto per fare un bel passo in avanti; ho già iniziato a scrivere la one-shot su Shun e su quello che gli succederà negli anni tra 'Verso l'alba' e il sequel, quindi, finalmente, vedo la luce sul futuro :D:D:D
Ciao e spero di sentirti presto!

Alla prossima a tutti!
ellephedre

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Capitolo 6
*** Episodio 5 - Eterna melodia ***


ovviamenteimpossibile6 Note:
Questo episodio si svolge nella prima parte della seconda serie, pochi giorni prima dell'episodio 54, quello in cui Rei canta al festival scolastico.
Ecco la versione originale della canzone (video su Youtube), che è quella che tratto in questa storia.
Per tradurla ho usato i lyrics e la traduzione in inglese presenti a questo link.

"Ovviamente... impossibile?"

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd


Episodio 5 - Eterna melodia



Amore.
Rei strinse con forza la maniglia del frigorifero. Ma ci si doveva per forza innamorare di uomini?!
A lei piacevano i ragazzi. Le piaceva la loro faccia quando erano molto belli, le piaceva quando erano gentili e galanti perché la facevano sentire ammirata e le piacevano perché... le piacevano e basta. Molto, dannazione a loro.
Da quando però aveva cominciato a convivere con un ragazzo - non per scelta sua! - stava iniziando a comprendere perché l'universo femminile si lamentasse degli uomini.
Yuichiro Kumada era un ragazzo, viveva in casa sua e si stava rivelando un danno.
Certo, cucinava, puliva, non le aveva mai fatto trovare la tavoletta del water alzata - che schifo, aveva sentito da Usagi che succedeva - e aiutava suo nonno al tempio, ma erano tutte cose che avrebbe potuto fare anche una donna. Una moglie, ad esempio, se suo nonno si fosse mai deciso a risposarsi. Invece lui aveva avuto la bella idea di prendere Yuichiro come tuttofare e Yuichiro faceva anche quel che non doveva. Ad esempio, far fuori il contenuto del frigo in due giorni, manco fosse una donna incinta.
'E' in fase di crescita!' le aveva detto con una risata suo nonno e Rei aveva ridacchiato malvagiamente assieme a lui: di quel passo a Yuichiro sarebbe cresciuta solo la pancia e a spese loro.
Era un danno, un danno! Non c'era quando serviva - adesso! Per urlargli in faccia che le aveva tolto il cibo di bocca! - e c'era quando lei non lo voleva intorno, come durante quel giorno, quando aveva dovuto sbatterlo fuori di casa perché non stesse ad ascoltarla mentre componeva.
Provò a riconcentrarsi.
Amore, doveva scrivere una canzone sull'amore. Allora, l'amore era bello, romantico, rivoluzionario, divertente, appetitoso...
Fissare gli occhi sulla mensola superiore del frigo, vuota, le causò un brontolio alla pancia. «Yuichirooo!!!» Lo voleva lì adesso! Doveva torcergli il collo e poi mandarlo a calci a comprare ogni tipo di snack e dolcetto mai inventato! «Yuichirooooooo!!!»
Il corridoio si riempì del rumore di una corsa.
«Che c'è, chi ci attacca?!» Sfondando la soglia Yuichiro brandì una scopa rovesciata tra le mani. Con una rapida occhiata ai tre metri per quattro della cucina capì che c'era solo lei nella stanza. «Rei-san?»
«Non ti avevo detto di sparire di casa?»
Lui nascose a stento una smorfia. «Sono appena rientrato. Però... prima ero fuori che pulivo il cortile, andava bene lo stesso?» Tentò di sorriderle, ma ne venne fuori solo un'espressione arrendevole e impaurita.
Rei si chiese per l'ennesima volta che cosa mai avesse visto in lui: quale cortocircuito si era scatenato nel suo cervello per spingerla a ritenerlo degno del benché minimo pensiero amoroso? «Hai svuotato il frigo!» lo accusò. Il giorno che si fosse trovata un fidanzato, lui non avrebbe mai dovuto toccare il suo cibo!
«Eh?»
Lei puntò il frigorifero aperto con una mano tesa. «Qui, qui! C'erano degli yogurt e quegli snack dolci al cioccolato che mangio solo io! Il nonno non li tocca mai, è solo da quando sei arrivato tu che manca tutto!» Tirò fuori un cespo malridotto di lattuga. «Non posso nemmeno prepararmi un'insalata!»
«Ma ho il rimedio!» dichiarò con un gran sorriso lui. «Un attimo!» Sparì nel corridoio e Rei fece appena in tempo ad affacciarsi fuori dalla cucina: Yuichiro stava già tornando indietro con due grossi sacchetti pieni.
«La spesa!» le offrì trionfante.
Rei sentì il suo stomaco che intonava un inno di gioia. «Cos'hai comprato?» Cercò di guardare dentro i sacchetti ma Yuichiro li prese entrambi, portandoli con sé mentre la sorpassava in direzione del frigo.
«Ho preso tutto quello che ho mangiato io.» Appoggiò le buste per terra, cominciando a svuotarle. «Lo so che mangio tanto Rei-san, per questo non devi più preoccuparti. D'ora in poi andrò sempre a fare la spesa prima che le cose finiscano.»
Dalla busta tirò fuori una confezione di yogurt alla fragola. «Per te ho preso questi, come quelli che ho visto stamattina, ma...» Sembrò non voler continuare.
«Ma cosa?» Rei gli strappò la confezione di mano e separò una vaschetta dalle altre. Andò a prendere un cucchiaino.
«Non li ho mangiati io» lo sentì dire mentre gli dava le spalle.
Si immobilizzò. Yuichiro stava forse insinuando che li aveva finiti lei?
«Non li ho proprio mangiati, Rei-san. Forse eri così concentrata nella musica che ti sei dimenticata che-»
«Io mi ricordo sempre di quello che metto in bocca.» A differenza di qualcun altro.
Lui sembrò trattenere un sospiro e sotto la frangia abbassò gli occhi a terra. Nemmeno guardare in basso gli riusciva facile quando il ciuffo più folto gli cadeva davanti, fino a finire quasi sul naso. Lui cercò di scostarlo e Rei scosse mentalmente la testa: Yuichiro era arrendevole in molte cose, ma era ostinato nel mantenere la sua improbabile pettinatura così com'era. Quando lei aveva ripetutamente suggerito di tagliarla un po', almeno per permettergli di vedere meglio, lui si era sempre rifiutato con un sorriso che non lasciava spazio a insistenze. "No, i capelli mi piacciono così." oppure "Mi trovo bene in questo modo". Frasi tipiche, che l'avevano portata a dedurre che lui si sentiva bene nascondendosi, come se si vergognasse di farsi vedere con troppa chiarezza.
Lei era stata persino tentata di dirgli che sotto tutti quei capelli non era male, ma si era fermata in tempo: solo il cielo sapeva le mille speranze che Yuichiro avrebbe costruito su un'osservazione tanto semplice.
Vederlo trafficare con le dita sulla fronte con fastidio crescente la spinse a tornare sull'argomento. «Tagliali. Ci stavo pensando anche adesso: cosa pensi di dover nascondere? La tua faccia?»
Lui appoggiò lentamente una confezione di carne dentro il cassetto basso del congelatore. Guardò pensieroso le uova fresche tra le sue mani. «La tua musica era molto bella, Rei-san. Perché pensavi di doverla nascondere?»
Lei si irrigidì. «Cosa c'entra la mia musica? Ti avevo detto di non stare in casa ad ascoltare.»
Lui annuì. «Perché ti dà fastidio. Mi dispiace. Per me è la stessa cosa... con la mia faccia.» Si grattò la fronte. «Non nascondo niente di importante sotto i capelli, è solo che... non mi sento a mio agio. E'... una cosa lunga da spiegare.»
Una cosa personale, udì tra le righe Rei. Forse, si disse, si era intromessa troppo.
Rilasciò uno sbuffo. «Non ascoltare più la mia musica. Il nonno mi rispetta e non l'ascolta.»
Yuichiro tornò a riempire il frigo di buona lena. «Il maestro mi ha detto che stai scrivendo una canzone per il festival scolastico della tua scuola. Non dovrai farla sentire a tanta gente?»
Sì e non le importava di sembrare incoerente. «La farò sentire a tutti quando sarà pronta. Adesso è solamente una lagna priva di parole.»
I sacchetti della spesa si erano svuotati. Yuichiro chiuse il frigorifero. «A me era piaciuta molto, anche quando ti interrompevi. Non sminuirti, Rei-san. Pochi hanno il talento necessario per comporre musica dal nulla.»
Rei si sentì suo malgrado lusingata. «Ho studiato pianoforte alle elementari. La musica ti sembrerà una lagna tra qualche ora se continui ad ascoltarmi: dovrò suonarla e risuonarla per trovare le parole da metterci.» Aveva creato un'introduzione e la base di tutta la canzone, ritornello compreso, anche se quello poteva essere modificato per adattarsi. Aveva una mezza idea del tono da dare alla fine - un crescendo nato da un coro e dalla voce della cantante - ma le parole! Le maledette parole le sfuggivano.
Amore, amore.
Corrugò la fronte.
«C'è qualcosa che non va?»
Lei aprì il vasetto di yogurt e infilò in bocca una prima cucchiaiata. Fu divino sentire lo zucchero che rientrava nel suo corpo e dentro il suo cervello. «No. Devo solo concentrarmi per il testo. Chiamatemi quando sarà pronta la cena.» Per allora poteva aver finito. Doveva aver finito, erano giorni che passava il suo tempo dietro alla canzone e non ce la faceva più: era in ritardo. Sarebbe stata in ritardissimo con le prove se non si fosse data una mossa: aveva ancora tutti i movimenti di scena da preparare, le luci, il costume...
«E' una canzone d'amore?»
Rei si voltò sulla soglia della cucina, il cucchiaino stretto tra le labbra. Fu solo quello a impedirle una risposta immediata.
Yuichiro sollevò in alto le mani, sempre tremendamente sulla difensiva. Aveva forse paura che lo avrebbe picchiato? Esagerato, solo per un paio di scope brandite in aria.
«A me sembra una melodia calma» le disse. «Non credo che dovresti metterci un testo che parla di tradimenti, di sofferenza o di...» Guardò la sua espressione accigliata e si sgonfiò. «Certo, ci avrai già pensato. Scusami, volevo provare ad aiutarti.»
Rei sospirò. «Grazie per aver fatto la spesa.»
Si diresse in camera sua.

Come cominciavano le grandi canzoni d'amore?
Con un paesaggio, fu l'illuminazione che la colpì all'improvviso, mentre si scervellava nella sua stanza. Non seppe decidersi tra tramonti, albe, grandi distese di prati, spiagge o mari, perciò, per cercare di trovare maggiore ispirazione, uscì in giardino.
Attraversò la staccionata bassa che divideva il cortile dal bosco e, mentre si dirigeva in mezzo agli alberi, pensò di aver trovato la risposta che cercava. Poteva parlare di un bosco!
Con la mano appoggiata su una corteccia ruvida capì che l'idea era sciocca: che razza di scena poteva ambientare in un bosco? Tanta gente nemmeno ci era mai stata in prima persona, se non per qualche scarpinata faticosissima. L'amore era più grande, più libero... Si lasciò scivolare sul terreno, la schiena contro l'albero. Come il cielo, si disse, sollevando lo sguardo verso l'azzurro che si perdeva tra le foglie, continuando eterno fino a toccare il tetto del tempio e l'intera Tokyo.
Sospirò. Parlare del cielo era così banale.
Allungò le gambe in avanti, l'hakama rosso che si strusciava sui radi fili d'erba. La calza bianca che le copriva il piede uscì dall'ombra e finì sotto il sole.
Rei lasciò scivolare il taccuino e la matita sul grembo. Caddero entrambi a terra quando piegò l'altro ginocchio, per poterci mettere sopra il mento.
Il suo secondo sospiro di rassegnazione si mischiò al soffio di un venticello senza stagioni, che sapeva d'inverno e di primavera assieme.
La grande scrittrice di canzoni se ne stava sotto un albero, all'ombra, cercando di farsi venire idee.
Avrebbe dovuto adottare un metodo estremo e mettere su carta proprio quelle parole. O addirittura già nella canzone. Tentò di intonare l'inizio della frase senza successo: musicalità zero. Tentò di cambiare l'ordine alla frase.
'Sotto un albero, all'ombra, stava...'
Le mancò il respiro.
'Ombreggiata sotto un albero...' No. Ombra, albero, sole. Ombra e sole da soli, meglio.
'Ombreggiata daaal sole io'.
Aggiunse il pronome per istinto e saltò in piedi. Sì, sì! Il primo verso!
E ora amore, amore, sentimenti d'amore.
Sentendosi pervasa dall'ispirazione balzò in piedi. C'era un solo oggetto che la faceva pensare all'amore in una maniera superba! Doveva violarne la sacralità ancora una volta.
Si fiondò verso il tempio.

Pulire il cortile senza poter sentire la canzone di Rei-san in sottofondo era quasi noioso.
Yuichiro cercò di radunare più sassolini possibile sotto la scopa. I cortili non erano fatti per essere puliti - erano fatti di terra - ma potevano essere ordinati. A lui non dispiaceva guardare il cortile davanti alla sua stanza quando per tutta l'area non c'erano che ciuffi d'erba e l'occasionale fiore. Era rilassante.
Anche il maestro gli aveva fatto i complimenti per quella sua idea e così, quel pomeriggio, lui si era deciso a mettere a posto anche il cortile di fronte alla stanza di Rei-san.
Sospirò.
No, stava spazzando via sassi da lì solo per provare a rivederla.
Lei non era in camera sua e lui voleva avere l'occasione per dirle... che gli dispiaceva? Non era originale, ne era cosciente. A Rei-san non diceva sin troppo spesso 'Mi dispiace'? Come se non avesse altro da dirle.
Però era dispiaciuto per quel giorno, era la verità. Per quanto fosse bella la canzone stava stressando molto Rei-san e sapere che lui l'aveva ascoltata per tutto il tempo non aveva migliorato l'umore di lei. Perché? si chiese mogio, l'avrebbe migliorato per caso ricevere delle scuse da lui?
Era senza speranza.
Smise di dare le spalle alla stanza di lei e colse con l'occhio un particolare inquietante: una figura bassa e china, completamente ricoperta di bianco, si era infilata dentro la stanza di Rei-san. La porta terminò di chiudersi in maniera sibillina, furtiva.
Lui strinse il manico della scopa e salì sul ripiano rialzato di legno già all'inizio del corridoio. Se avesse tentato di scalarlo davanti alla stanza di Rei-san gli scricchiolii lo avrebbero fatto scoprire immediatamente: in quel punto il legno era troppo debole. Sfilò i geta dai piedi e avanzò con cautela, piano.
Una figura bianca. Un ladro? A quell'ora? Qualcuno che voleva fare del male a Rei-san?
Accelerò il ritmo e si trovò davanti alla porta scorrevole della camera di lei. La fece scivolare di lato, lentamente. Sentì un urlo rapido e acuto; il cuore gli balzò in gola. Sbatté la porta di lato. «Rei-san!!»
«Che diavolo fai?!» Fu la voce di lei a rimproverarlo, uscendo da una nuvola spessa di stoffa bianca. La faccia di Rei-san era l'unica nota di colore tra gli strati di tessuto spesso che andavano a formare un cappuccio sopra la testa di lei, una tunica sul suo corpo e una specie di gobba sulla sua schiena.
Gli entrò nel cervello il nome e il significato dell'abito. I suoi neuroni si sciolsero dal primo all'ultimo.
Le mani di lei uscirono da sotto le maniche troppo grandi e trovarono il suo petto. Lo spinsero via. «Fuori!!!»
Yuichiro indietreggiò malamente. Andò a sbattere contro un palo del corridoio. «Io...»
Lei gli aveva chiuso la porta in faccia. «Non è quello che pensi!» gridò da dentro la stanza. «Viene dal tempio, è il vestito che diamo in affitto! Io... io lo stavo provando per vedere se era sporco! Il nonno ha detto di mandarlo a lavare e allora... L'ho messo, capito?! Non ha alcun significato!»
Lui non riuscì a darle ragione. «Rei-san...»
«Va' via.»
Era una richiesta piena di vergogna. Un vestito come quello non poteva farla sentire così, non quando...
Fece un passo verso la porta. «Sei...» Il termine banalissimo, assoluto, gli sgorgò dalla gola. «Bellissima. Lo sei, Rei-san.» Era commosso. E stolto. Il giorno in cui Rei Hino avrebbe indossato di nuovo un abito come quello avrebbe sorriso fino ad illuminare una sala intera. Allora, solo allora sarebbe stata più bella che mai. Grande, felice, innamoraa.
Del giorno in cui aveva provato un abito bianco tradizionale, chiusa dentro la sua stanza, forse non si sarebbe nemmeno ricordata. Di lui neppure, quasi certo.
Meglio così, si disse Yuichiro. Se si fosse ricordata magari ci sarebbe stato anche lui al matrimonio. Come invitato.
Il peso delle sue ridicole illusioni presenti mandò in avanti la sua testa. Giù, fino a fargli vedere solo il pavimento. «Vado via...» mormorò.
Non seppe dire se l'aveva detto abbastanza forte da farsi sentire, ma dalla stanza non udì provenire suono, perciò se ne andò.
Trascinò con sé la scopa giù per il corridoio, fino a girare l'angolo.

Davanti allo specchio Rei accarezzò la stoffa bianca che le incorniciava il viso.
Bellissima?
Lo avrebbe detto anche l'uomo che lei avrebbe amato? Sarebbe parsa bella anche a lui, priva di difetti irritanti e degna di essere presa tra le braccia, consolata, sopportata, amata?
Con le mani allargò i lembi candidi dell'abito. La tunica ricadde delicata attorno alle sue gambe.
Un vestito non creava l'amore, ne era diventata consapevole indossandolo. Lo aveva tenuto spesso tra le mani in passato, accarezzando la morbidezza del tessuto e immaginando che fosse... magico.
Quell'abito era stato coinvolto in due cerimonie. Alla prima lei aveva assistito quando aveva otto anni; per la seconda ne aveva ormai compiuti undici.
Si era trattato in entrambi i casi di coppie con pochi mezzi, impossibilitate a comprare un vestito per la sposa. La scenografia del matrimonio le era parsa misera, quasi desolante, ma i volti dei presenti avevano fatto luce per conto proprio. La sposa e lo sposo, composti e dignitosi, si erano scambiati le coppe della promessa e avevano trattenuto risatine di gioia che si erano distese in miti sorrisi man mano che suo nonno arrivava alla conclusione della cerimonia che li avrebbe consacrati come marito e moglie.
Rei aveva invidiato tantissimo lei, la donna che un uomo aveva scelto di amare per tutta la vita.
Guardandosi nello specchio della sua camera, vestita come una sposa, si era sentita un inganno vivente. Aveva un brutto carattere, chi l'avrebbe voluta?
Certo, sperava di innamorarsi come tutti - era certa che si sarebbe innamorata, prima o poi. Sarebbe anche stata ricambiata, ne era sicura, ma... il matrimonio? Era una promessa eterna di devozione.
Lei per prima non si sarebbe sentita di farla. Forse perché non si era ancora innamorata?
L'amore avrebbe davvero potuto cambiarla, rendendola più paziente, più pronta a pensare a qualcuno di diverso da se stessa?
Con l'unico ragazzo che aveva mai frequentato - Mamoru Chiba - aveva sbagliato tutto. Lui era stato il fidanzato che lei si era costruita nella sua testa. Lo aveva trascinato a vedere mostre di bambole, in pasticcerie appena aperte, in giro per negozi. Non le era importanto di condividere con lui alcun interesse, si era convinta sin da principio che Mamoru dovesse essere interessato a quello che faceva piacere a lei sola.
Non sapeva quali fossero di solito gli hobby di un ragazzo, ma se doveva prendere ad esempio l'unico che conosceva bene.... beh, gli hobby di Yuichiro erano noiosi. Lui passava il suo tempo a guardare il cielo, a correre, a volte a leggere. Non guardava molto la televisione, gradiva solo i fumetti ridicoli e pareva che si divertisse persino mentre faceva le pulizie del tempio e della casa. Non ascoltava molta musica, non aveva un lettore minidisc. Possedeva una radio e ogni tanto dalla sua stanza lei sentiva provenire le voci di qualche programma radiofonico. Ma musica? Yuichiro ne ascoltava poca.
La tua musica era molto bella, Rei-san.
Rei lasciò scendere il cappuccio dell'abito, scoprendo i capelli.
Sei bellissima. Lo sei, Rei-san.
I pensieri amorosi per lei nascevano da semplici complimenti sentiti. Era molto ingenua e semplice, anche se nessuno - nessuno - doveva mai venire a saperlo.
Desiderava affetto genuino, completo. Bramava di poterne offrire, ma per quello aveva le sue amiche. Usagi. Loro la amavano, ma lei...
Lei voleva qualcuno con cui non avrebbe avuto paura di potersi abbandonare. Sorrise: un uomo che si comportasse con lei come suo nonno, ma più giovane naturalmente, e a cui lei non volesse bene tanto da temere disperatamente di perderlo. Voleva una persona che non dovesse sostenere, perché se fosse stato così non avrebbe potuto mostrarsi debole e stupida con lui e a volte... lo era, come tutti.
Si sfilò lentamente l'abito.
Lei voleva un insieme di bisogni tutti suoi, se ne rendeva conto. Non stava cercando una persona vera.
Sei bellissima, Rei-san.
Era davvero un crimine? Non poteva immaginare un amore così, dove ci fosse una persona che pensava solo a renderla felice, senza che gli importasse di nient'altro?
Non poteva sentirsi importante fino a quel punto, almeno nella sua fantasia?
La vita vera, i suoi ostacoli e le sue delusioni, sarebbero venuti col tempo, no? Lo dicevano un mucchio di adulti, da tutte le parti, in mille libri, giornali, canzoni.
Per ora lei... Si chinò a terra e riprese in mano taccuino e matita.
"Nel mio cuore, sei qui."
'Cuore' era banale, una parola abusata. Ma era solo una canzone, una fantasia.
Non scrisse il verso successivo, lo intonò piano, le note che cantavano nella sua testa.
"Anche senza dirmi che mi ami
Nel mio cuore, sei qui."
Lei non aveva bisogno della parola amore. Non voleva sentire 'ti amo'; voleva essere compresa quando era irritata e stretta forte quando non voleva nessun abbraccio, fino a farsi calmare e cullare piano. Voleva... voleva sapere che sarebbe stata amata sempre, comunque, anche a dispetto di se stessa. Era un amore impossibile. Per questa ragione esisteva solo nel suo cuore.
E si sarebbe meritato un bel... Sorrise e riprese a scrivere.
"Sai, grazie per il tuo coraggio." Ce ne voleva per sopportarla. E se qualcuno avesse avuto quel coraggio avrebbe potuto scoprire che lei... Sotto sotto, molto in fondo, lei era una... gemma. Si amò da sola nel dirselo. Sì, lei era gentile e capace di amore indomito. Un piccolo fuoco, come il suo potere di Marte, capace di splendere e dare luce invece che prenderne solamente.
"Guarda questo mio nuovo potere."
La possibilità di emergere che l'amore le avrebbe dato.
Lasciò scorrere la matita sul foglio.
"Avvolge tutto, brilla splendente."
Per il ritornello non fu necessario pensare, seppe esattamente cosa dire.
"Anche più del cielo immenso e del mare,
i miei sogni non hanno limiti
l'ho compreso ora; perché sono innamorata."
Picchiettò la carta con la matita grigia e ripeté le parole nella sua testa, di nuovo e ancora una volta. Suonarono bene, giuste.
Gli altri versi erano da sistemare un pochino, ma il ritornello era perfetto. Parole e musica erano una cosa sola, la sua voce le rendeva tali.
C'era sentimento; era mancato quello prima, nei suoi tentativi di scrivere d'amore.
Afferrò il lembo dell'abito. Doveva ringraziare il vestito.
E, ammise con se stessa, non solo.
"Sei bellissima. Lo sei, Rei-san."
Era un sussurro che le sembrava ancora di sentire dietro la porta, sincero e dimentico di ciò che lei era veramente. Antipatica, irritante, pronta ad accusarlo di tutti i suoi problemi. Bellissima ugualmente, per lui.
Lasciò andare l'abito. Provò a farlo almeno, ma non ci riuscì.
Per Yuichiro... lei avrebbe dovuto essere diversa. E per essere giusto per lei, lui avrebbe dovuto essere qualcun altro, cambiare in tantissime cose. Smettere di essere se stesso, no?
Ma era questo il bello dell'amore, comprese. Poteva manifestarsi in gocce, tra persone destinate a vite diverse. Poteva essere un complimento che faceva imbarazzare di felicità una ragazza, per sentimenti strani e incomprensibili. Poteva essere un sorriso inatteso che non doveva significare nulla, se donato a un ragazzo infatuato.
Poteva essere... solo un bel sorriso. Di gratitudine e un pochino anche d'amore.
Per un istante poteva amare chi l'aveva resa felice per un piccolo momento. Per tanti piccoli momenti, ricordò. Importanti nella sua vita, tutti quanti.
Per quegli attimi era stata e poteva essere Rei Hino, innamorata. Di...
Accarezzò la guancia sulla stoffa dell'abito.
L'amore era fatto di gocce.
Ma quella era una frase per un'altra canzone.

«Tieni» gli disse Rei-san due giorni dopo.
Quando Yuichiro abbassò lo sguardo sulla musicassetta che lei teneva tra le dita, ebbe un'intuizione folle: quello era un nastro di addio, una specie di lettera vocale in cui Rei-san e il maestro lo ringraziavano per i suoi servigi presso il tempio e lo invitavano a levare le tende.
Se ne sarebbe andato triste e solo con la sua sacca sulle spalle.
Rei-san rese gli occhi sottili come due fessure. «Mi sei stato indirettamente d'aiuto. Il giorno in cui canterò la canzone al festival scolastico tu dovrai rimanere qui a sorvegliare il tempio visto che il nonno verrà a vedermi, perciò... puoi sentire la canzone in anteprima. Una volta sola.»
Eh?
La canzone?
... la canzone di Rei-san?!
Lei allontanò la musicassetta prima che lui potesse afferrarla tra le dita e stringerla come un preziosissimo tesoro.
«Non metterti in testa strane idee, non è una dedica! L'ho scritta pensando a... al futuro. All'amore in generale, sia chiaro.»
«Certo!» Lui era felice solo di poterla ascoltare! E che lei gliela stesse facendo sentire per primo! Per primo!!!
Quando riuscì a prendere l'estremità sinistra della cassetta offerta, Rei-san non mollò la presa sul lato opposto. «Non è una dedica.»
«Sì.»
«Non metterti a cercare significati che non ci sono.»
Ma certo, non era necessario ripeterlo. «La ascolterò come se fosse una canzone alla radio. Sarà bella come quelle.»
Lei allentò la sua stretta. «Mi stai sopravvalutando.»
«No, ho già sentito la base musicale. Si chiama così? Mi è piaciuta molto.» In camera aveva una musicassetta vuota; se Rei-san non avesse insistito per rimanere ad ascoltare la sua canzone - ma non sembrava - lui ne avrebbe approfittato per fare una copia già durante il primo ascolto. L'avrebbe risentita a bassissimo volume quando lei non era in casa, tutte le volte che avesse voluto.
Rei-san spinse la cassetta nelle sue mani. «Va bene.» Non si fermò quando incontrò le sue dita: mosse l'indice sul suo, quasi impercettibilmente, in un modo che gli sembrò - forse, magari, veramente? - una... carezza?
Lui restò folgorato e lei ritrasse di fretta la mano. «Restituiscimela quando hai finito.» Si girò e se ne tornò nella sua stanza.

Rei scacciò il rossore con un lungo sbuffo.
Amore in gocce?
Si metteva da sola a credere alle sue stesse fandonie.
Bah.

Fine episodio 5



NdA: questo forse, insieme al precedente, è uno dei capitoli più originali di questa raccolta. L'ho legato all'episodio 54 della seconda serie, ma non racconto i missing moments di un episodio, bensì proprio una serie di vicende accadute precedentemente.
Per favore, sarei davvero curiosa di sapere cosa ne pensate.
Il mio scopo, con questo e il prossimo episodio che scriverò, è quello di arrivare a far capire perché Rei, nella seconda serie e in concomitanza con l'arc delle Sorelle Persecutrici, sembra tornare a pensare a Yuichiro in una maniera un pochino più sentimentale. Lo si capisce da diverse piccole cose, come ad esempio nel discorso che nell'episodio 70 intercorre tra Rei, Usagi e Koan (Kermesite in Italia), quando quest'ultima va a vendere i cosmetici alle ragazze.
Koan chiede a Usagi e Rei se hanno un ragazzo. Nella versione originale, Rei dice: 'Non so se lo chiamerei un fidanzato, ma...' Era la puntata in cui Rei si faceva accompagnare da Yuichiro a fare compere (facendogli portare tutti i suoi acquisti) e lo sgridava quando guardava troppo a lungo Koan che andava via.
Ecco, il mio scopo è lasciar comprendere cos'ha fatto cambiare piano piano idea a Rei, partendo dal momento in cui, in uno degli episodi precedenti della mia storia, si diceva sicura di non voler assolutamente portare la sua relazione con Yuichiro in una certa direzione.
Con questa storia mi divertirò a livello psicologico, me lo sento :D Rei è una trottola sentimentale coi suoi ragionamenti, spero di averlo reso un po' anche qui, ma questo spetta a voi dirlo.

Alla prossima!
ellephedre

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Capitolo 7
*** Episodio 6 - Rivalutarsi ***


rei hino

Episodio situato tra le puntate 54 e 63 della seconda serie.

   

Ovviamente... impossibile?

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd

 

Episodio 6 - Rivalutarsi

 

Shopping.

Se aveva un pomeriggio libero, Rei vi si dedicava volentieri, a volte da sola. Le piaceva fare compere con le ragazze, ma quando stavano tutte insieme finiva per concentrarsi su di loro piuttosto che su se stessa. Ami ad esempio non faceva che dirigersi verso maglioncini color pastello e gonnelline a pieghe; se aveva qualcosa diverso nel guardaroba lo doveva a lei e a Minako, che a forza la costringevano a provare capi più vivaci. Minako aveva l'istinto di fare da stilista a tutte e per Rei evitare di essere un suo obiettivo era ogni volta una battaglia. La più tranquilla era Makoto, che si provava solo poche cose che le stavano bene. La più terribile naturalmente era Usagi, che quando vedeva qualcosa di carino urlava per l'eccitazione, richiamando l'attenzione di tutto il negozio.

In sua assenza Rei si sentiva di poter entrare in boutique più raffinate e adulte - posti per cui la stessa Usagi l'avrebbe presa in giro in malo modo.

'Non sono posti per una ragazzina come te!'

Rei sapeva di averle concesso troppa confidenza: la poppante tra loro due era solo una certa Tsukino. Per quanto la riguardava, a lei piaceva provarsi capi da donna grande, non per forza per comprarli. In camerino poteva guardarsi allo specchio e valutare se davvero quella gonnellina con spacco fosse eccessiva, o se quella camicetta con scollo a triangolo la facesse sembrare troppo audace.

Il problema di girare da sola per negozi?

Aveva solo le proprie mani e non anche quelle delle sue amiche. Dopo un po' di acquisti, oberata di sacchetti voluminosi, doveva fare lo slalom tra gli scaffali dei negozi, attenta a non far cadere niente nel suo cammino. Era scomodo e noioso.

Sospirò. Appoggiata contro un albero su un lato della strada, controllò l'ora.

Erano solo le quattro, ma doveva rientrare a casa. Dopo la svendita che aveva incontrato nell'ultimo negozio si era riempita di roba.

«Rei-san.»

Riconobbe la voce e trattenne una smorfia.

Si voltò lentamente. «... Yuichiro.»

A tre passi da lei lui era raggiante, sempre con la solita massa di capelli in testa. «Ciao!»

Quel giorno lei sembrava più cespuglio del solito. «Ciao.»

«Stai facendo compere?»

Non era evidente? «Sì. Ma sto per tornare a casa.» Si rese subito conto del proprio errore.

«Vuoi che ti accompagni?» le offrì lui.

«Posso camminare da sola.»

A Yuichiro entrò in testa il significato del suo tono. «Dicevo... per quelle buste. Posso portarle io per te.»

L'ipotesi di averlo come facchino era allettante. Accettando quel favore tuttavia gli avrebbe fatto venire in testa strane idee. «Non preoccuparti. Continua col tuo pomeriggio libero.»

Lui spense l'entusiasmo. Mesto, annuì. «Certo.» Fece un passo di lato, come per andarsene, poi tornò a guardarla. «Ehm... Stavi tornando a casa perché non hai più spazio per altri acquisti?»

L'annotazione la colpì, ma non glielo fece notare.

Lui tornò allegro. «Posso prendere io quei sacchetti! Non devo accompagnarti. Prendo le buste, torno a casa e poi continuo col mio giro.»

Incredibile, pensò lei. Yuichiro non si rendeva conto che quello che diceva era ridicolo? «Mi farai da servizio di trasporto?»

Lui non colse l'ironia. «Per me non è un problema. Mi piace camminare, non ho mai un posto preciso dove andare. Io cammino e basta.»

Per l'esasperazione lei fu tentata di porgergli i sacchetti e andarsene, ma si trattenne. «Non essere assurdo. Trova qualcosa da fare invece di stenderti come un tappeto ai miei piedi.»

Capì di aver esagerato quando lui fece una smorfia.

Invece di prendersela, Yuichiro chinò un poco la testa, senza smettere di guardarla negli occhi. «Era un'offerta sincera, nelle mie possibilità. Ma se ti ho disturbato, Rei-san, mi dispiace.»

Yuichiro aveva sempre un modo tutto suo di farla sentire meschina.

Sospirando, lei gli si mise davanti, bloccandogli la strada. «Okay. Scusa.»

Lui non disse niente.

Lei gli porse le buste. «Puoi prenderle se vuoi. Ma mi fa sentire in colpa farti tornare indietro.» Infatti non aveva alcuna intenzione di sfruttarlo in quel modo. Non sapeva nemmeno lei perché gli aveva dato i suoi acquisti, se non per il fatto che ora lui sembrava più sereno. Rassegnata, sospirò di nuovo. «Facci quello che vuoi.»

Yuichiro la osservò di sottecchi. Quando lui fissava gli occhi in quel modo, era determinato a ottenere qualcosa.

«Perciò... posso seguirti?»

Ecco, ecco. Lo sapevo. Si impedì di rispondere con un rifiuto immediato. «Non andrò in nessun posto che ti piaccia.»

«Io cammino e basta, Rei-san.»

Yuichiro era come un masso che bloccava il corso di un fiume. Si metteva dove non doveva stare, ma niente lo avrebbe smosso dal suo posto. All'acqua - a lei - non restava che arrendersi e capire come passargli intorno.

Ci voleva la giusta strategia per trattare con lui. «Okay» decise. «Se vuoi, seguimi pure.»

Si voltò sdegnata, non abbastanza in fretta perché le sfuggisse il sorriso gigante di lui.

Non ti illudere.

In quei giorni, aveva concluso, stava lasciando avvicinare troppo Yuichiro. Era un atteggiamento insensato, confusionario anche per lui. Yuichiro continuava a mantenere le distanze, ma se lei gli dava la cassetta della sua canzone - da ascoltare in anteprima - e continuava a sorridergli quando lui le faceva una gentilezza, era ovvio che Yuichiro alimentasse la cotta che aveva per lei invece di spegnerla per sempre.

Era altrettanto ovvio che nella propria testa bacata lei cominciasse a fare pensieri assurdi, come legare loro due al concetto di 'gocce d'amore'.

Bah, bah, bah!

Non ci siamo!

Doveva scoraggiare Yuichiro una volta per tutte!

Ora lui la stava seguendo, ma se pensava che quello era un appuntamento, si sbagliava di grosso. Lei avrebbe trasformato quell'uscita in una piccola tortura per lui. Lo avrebbe ignorato, lo avrebbe usato come facchino e alla fine Yuichiro avrebbe capito che lei era una snob senza cuore, irritante e noiosa per lui.

Già risentita, scosse la testa.

Aveva deciso, niente ripensamenti!

 

Quel pomeriggio, pensò Yuichiro, stava diventando il migliore che avesse mai vissuto.

Rei-san gli aveva permesso di seguirla. Da quando si erano incamminati, lei non aveva più accennato a volerlo mandare via. Non gli aveva parlato, ma lui non se lo era aspettato. Gli piaceva semplicemente guardarla, in qualunque momento.

La rimirava mentre, assorta davanti a una vetrina, lei decideva se entrare in un negozio. Mentre Rei-san toccava con mani delicate una maglia e accarezzava il tessuto, dispiegando il capo per valutarne la forma.

Lei era educata e attenta al lavoro altrui: rimetteva sempre a posto ciò che toccava, piegando i vestiti esattamente nel modo in cui li aveva trovati.

Naturalmente lei lo stava ignorando apposta, ma non si rendeva conto di che regalo gli stava facendo.

Osservandola, come non aveva mai avuto occasione di fare tanto a lungo, lui stava imparando cose nuove sul volto di lei. Quando era concentrata Rei-san arricciava un poco le labbra, sempre con grazia, come se in testa avesse mille pensieri profondi. Lei riservava a ogni acquisto una lunghissima valutazione e, quando prendeva una decisione, i suoi occhi cambiavano, curvandosi soddisfatti sulla linea inferiore.

Rei-san si dimenticava della sua presenza perché lui glielo rendeva facile. Non la seguiva per gli stand dei negozi: si metteva in un angolo lontano e per un po' si guardava intorno, finendo col tornare con gli occhi su di lei solo quando Rei-san si era ormai assicurata che lui si fosse sistemato a una certa distanza, in modo da permetterle di girovagare in pace.

Era solo questo che Yuichiro voleva darle: tranquillità, quiete.

Se in ciò poteva aiutarla facendole da portasacchetti umano, non era un peso per lui.

Rei-san aveva appena finito di pagare un altro acquisto. Per tacito accordo, si limitò a guardarlo per indicargli che era il momento di andare. Lui si diresse verso l'uscita e la aspettò lì, ponendosi tra le porte scorrevoli per tenerle aperto il passaggio. Era divertente avere quello pseudo ruolo da maggiordomo.

Rei-san uscì in strada e lui la seguì.

Lei si fermò un paio di metri dopo, sospirando. «Ho voglia di mangiare qualcosa.»

Yuichiro si stupì nel sentirla rivolgersi a lui. «Va bene.»

Rei-san gli indicò con la testa una caffetteria sull'altro lato della strada. «Puoi sederti al tavolo con me. Non è necessario che tu stia sulla porta.»

«Grazie.»

Lei emise un lungo sbuffo. «Sei senza speranza.» Scosse la testa e riprese a camminare.

Yuichiro si sentì abbastanza audace da chiedere, «Perché?»

«Non so cosa ci hai trovato di divertente in queste ore. E sono sicura che, se adesso non ti avessi avvisato, te ne saresti rimasto fuori dal locale mentre io mangiavo all'interno.»

«No.»

Lei si voltò. Rivedere i suoi occhi che lo guardavano, viola e lucenti, gli fece saltare il cuore nel petto.

«No?»

Lui riuscì a scuotere la testa. «Mi sarei sistemato coi sacchetti in un altro tavolo. Lontano, per darti la tua privacy.»

Il sarcasmo di lei non lo turbò. «Vedi? È un atteggiamento senza senso!»

... l'aveva fatta arrabbiare.

Rei-san non gli diede il tempo di chiederle spiegazioni: si diresse verso il semaforo e cominciò ad attraversare la strada.

 

Seduta ad un tavolo, Rei chiuse il menù. «Un bicchiere d'acqua e una fetta di torta al cioccolato, per favore.»

«Certo, signorina. E lei, signore?»

«Solo dell'acqua. Grazie mille.» Yuichiro chinò la testa anche nel restituire il menù al cameriere.

Era una persona troppo strana, pensò Rei. Lui era letteralmente un ragazzo inconcepibile.

Lo fissò accigliata, senza preoccuparsi di nascondere il suo disappunto.

«... cosa c'è?» bofonchiò lui.

Lei si rifiutò di spiegarglielo.

«Ho preso solo l'acqua perché non ho fame.»

Non le importava nulla del suo ordine. «Perché non mi hai mollato un'ora fa?»

«Eh?»

«Non ti sei annoiato?»

«... no.»

Ecco cosa la scocciava di lui! Le sue risposte serafiche, che avevano il suono di parole che si spiegavano da sole senza in realtà spiegare un bel nulla!

«Ti ho fatta arrabbiare?»

Rei tirò fuori tutta l'acidità che aveva in corpo. «Secondo te?»

Nemmeno quel tono servì a scalfirlo, ma in lui avvenne un minimo cambiamento: Yuichiro rilassò le spalle e per un attimo parve quasi rassegnato. «A volte credo di infastidirti solo esistendo, Rei-san.»

Lei roteò gli occhi al cielo.

No: adesso si rifiutava di farsi intenerire. «Mi dà fastidio il modo in cui ti poni.»

«... cioè?»

«Te l'ho detto prima!» Circa due ore addietro, ma ora era arrabbiata e non aveva intenzione di scaldarsi in pubblico: a ripetere delle ovvietà avrebbe cominciato presto a lanciare fiamme.

Si dipinse in volto un sorriso. Il cameriere stava tornando da loro con le ordinazioni.

Un po' di dolce, pensò, le avrebbe fatto bene.

Yuichiro non aveva smesso di guardarla.

Appena furono di nuovo da soli, lui parlò. «Pensi che mi comporti come uno zerbino?»

Ecco un'altra cosa che la infastidiva: se Yuichiro fosse stato meramente stupido, se ne sarebbe fatta una ragione. Ma lui era percettivo e intelligente quando voleva, perciò il suo atteggiamento generale sembrava quasi una presa in giro. «Esatto.»

Lui prese in mano il proprio bicchiere. Non lo portò alla bocca, lo accarezzò. «Oggi non mi sono annoiato, Rei-san. Mentre tu guardavi i vestiti, io pensavo a quello che volevo. Lo faccio sempre.»

«Potevi farlo senza l'ingombro delle mie buste.»

«Ma non pesavano. Non le sentivo.»

Ancora con quelle risposte criptiche. «Trovavi interessante guardare il vuoto?»

Lui impiegò un momento a capire a cosa si stava riferendo.

Tutte le volte che lei si era voltata a controllare se lui si stufato di seguirla, lo aveva visto osservare per terra o per aria, apparentemente nel nulla. Yuichiro si era a stento interessato agli oggetti presenti nei negozi, come se non fossero nemmeno davanti ai suoi occhi.

Lo vide sorridere.

«Riflettevo sull'aspetto dei manichini. Le facce buffe che hanno, così imbronciati. Oppure guardavo i vestiti, e mi chiedevo dove li avevano fatti. Come. Le vetrine... Oggi mi sono reso conto che non mi ricordo più in che modo si produce il vetro. E pensavo agli specchi, che sono di vetro ma per una qualche magia tecnica riescono a riflettere le immagini. Mi chiedevo se sono fatti di un vetro speciale.»

Rei non trovò una sola parola con cui ribattere.

Lui guardò la propria acqua. «La prossima volta che vado in biblioteca cercherò queste informazioni.»

«... Tu leggi?» Qualcosa che non fossero fumetti?

Udì in ritardo il tono offensivo della propria domanda, ma Yuichiro non la prese male.

«Leggo tanti testi di... come si dice... di spiegazioni. Non-fiction.» Ridacchiò, fiero di aver trovato il termine giusto. «Ma a volte leggo anche storie. Mi piacciono i libri di avventura. Li leggo la sera, prima di addormentarmi.»

«E ascolti musica» si ricordò.

«Sì, uso questa.» Lui tirò fuori una radiolina dalla tasca. Era microscopica. «Mi piacciono i programmi in cui i conduttori parlano o scherzano. Quando c'è di mezzo la musica...» Sorrise. «Se la musica è bella, mi fa dormire. Mi dimentico di spegnere la radio e quando mi sveglio la pila si è completamente esaurita.»

Rei stava scoprendo cose che non aveva mai immaginato su di lui. «Compra una radio che funziona a corrente, no?»

«Hai ragione. Me ne dimentico tutte le volte.»

Perché lui non prestava mai attenzione alla propria realtà. «Va bene riflettere sul mondo, ma ogni tanto vivi nel presente.»

Yuichiro non rispose.

Lei sollevò la forchettina dal piatto, iniziando a tagliare la fetta di torta.

«Siamo educati a fare tutto subito, di fretta, senza pensare.»

Si fermò con un pezzo di dolce tra le labbra.

Yuichiro guardava la superficie del tavolo. «A volte facciamo talmente tante cose tutte insieme che sembra di dover vivere sempre nel futuro in cui queste cose saranno fatte. Io preferisco rallentare.» Lui sorrise tra sé. «Forse vado tanto lento che mi sono praticamente fermato, ma... sto bene così. Ho la testa per aria, ma questo è il mio ritmo.»

Immobile, Rei riprese a respirare. Addentò la torta.

Un attimo prima lo considerava stupido e quello dopo lui se ne saltava fuori con un discorso di stampo zen/new-age.

Lei voleva solo essere capace di inquadrarlo. Nel frattempo... «Scusa.»

«Hm?» Lui tornò a guardarla.

«Non avevo capito che ti diverti veramente nel non fare nulla.» Si interruppe e scosse la testa. «Non sono sarcastica.»

«Lo so.»

Cominciava a esserci troppa comprensione tra loro. «Volevo solo... mettere dei limiti. Tu li hai accettati.»

«Lo so, Rei-san.»

Adottò la tattica di lui e iniziò a guardare di fuori, per evitare i suoi occhi.

Iniziava a sentirsi a disagio.

Non le piaceva quando Yuichiro si metteva sullo stesso piano di lei. Cominciava a vederlo come qualcuno di diverso da un apprendista con la testa sempre per aria, come se quello fosse un ruolo che lui accentuava a beneficio suo.

Di certo Yuichiro era stupido a volte - nessuna recita in ciò - ma quel ritmo di vita di cui lui parlava...

Rei amava agire. Spesso andava di fretta, ma quando consultava il fuoco sacro...

Sapeva di cosa parlava Yuichiro: a volte era necessario sapersi fermare e ascoltare le energie che si muovevano nella realtà. Non aveva senso vivere se non si era in grado di percepire la naturale complessità di un momento, di un istante, del futuro.

... erano cose di cui non riusciva a parlare con le ragazze. Fino a quel momento, l'aveva compresa solo suo nonno.

Si azzardò a tornare indietro con lo sguardo.

Yuichiro stava osservando il riflesso del sole che attraversava il suo bicchiere. Contemplava una cosa tanto semplice dedicandogli tutta la sua attenzione.

Lui aveva spostato i capelli dalla fronte per vedere meglio.

Le sue sopracciglia erano folte, ma non frastagliate come sembravano sotto la frangia. Avevano una loro forma, un loro ordine. E - Rei si sorprese - lui non aveva occhi marroni. Erano scuri, ma di un colore indefinito e strano, con tracce sporche di... blu? O qualcosa che alla luce si poteva definire verde petrolio. Ma c'era tanto nero, per questo...

Si irrigidì quando si accorse che quelle pupille la stavano fissando.

Meccanicamente, tornò a guardare la strada.

... ti stai comportando da idiota.

«Guardare la tua torta mi fa venire fame, Rei-san.»

«Hm-hm.» Rei-san, Rei-san, Rei-san. Col suffisso, già. Yuichiro conosceva benissimo il proprio posto. Perché lei ogni tanto dimenticava qual era?

«Vado a chiedere qualcos'altro al cameriere.»

«Vai.» Aspettò che lui si fosse alzato per prendere una bella boccata d'aria.

Per questo non lo voleva intorno, si rpeté. Lui era un ragazzo, non era sgradevole e lei... Lei era stata mollata dall'unico uomo a cui si fosse mai seriamente interessata - Mamoru Chiba. Avere qualcuno che le dedicava attenzione le faceva venire strane idee che non l'avrebbero portata da nessuna parte. Si era mostrata antipatica durante quel pomeriggio perché quella era la sua protezione, una barriera che doveva mettere tra lei e Yuichiro.

«Ho preso un sandwich!»

Lui aveva assunto di nuovo un tono allegro e questo la aiutò a guardarlo di nuovo. Lo preferiva quando non teneva la voce bassa, quando non le parlava in modo serio.

A tradimento, lui cambiò atteggiamento in un secondo. «Non mi sono annoiato oggi con te, Rei-san. Posso seguirti dove vuoi, sempre.»

Lei scattò in piedi, pronta alla fuga. «Devo andare alla toilette.»

Alla fine, risolse la cosa in modo semplice. Nel tragitto di ritorno verso casa tornò a mostrarsi scocciata, superiore, distratta e Yuichiro tornò a chinare la testa, a bofonchiare e a non dire più niente di intelligente.

Era un tacito accordo.

Andava benissimo a entrambi.

 


 

«Yuichiro!»

Erano passati due giorni.

«Yuichiro!!» gridò di nuovo. Aveva fatto il giro della casa e ora era costretta a muoversi verso il tempio per trovarlo. Quello stupido aveva dimenticato che toccava a lui andare a fare la spesa. Se non lo trovava subito avrebbe dovuto uscire lei al suo posto, perché le ragazze ormai stavano arrivando ed erano affamate.

Portò le mani alla bocca. «Yuichiro!»

Tu e il tuo pensare come una lumaca in vacanza! Per forza poi ti scordi di tutto!

Sul punto di gridare di nuovo, si bloccò. 

Ecco dove si era nascosto quell'idiota!

«Yuichiro!» Camminò verso di lui, che stava passando la scopa per il corridoio del tempio.

Yuichiro continuò con le sue faccende, come se non l'avesse sentita.

Rei vide le due cuffie che lui teneva alle orecchie.

Ha! Avrebbe potuto sgolarsi e quello stupido non l'avrebbe nemmeno notata.

«Hm-hmm-mh...Mh-hnm-hmm...»

Si fermò a due passi di distanza, roteando gli occhi al cielo.

Lui stava canticchiando!

Le dava le spalle e non si era accorto di lei. Quasi danzava, tranquillo, mentre muoveva la paglia della scopa sul pavimento.

Lu smise di bofonchiare e accennò a ripetere alcune parole della canzone che aveva nelle orecchie.

«Con te...»

Il cervello le entrò in cortocircuito. Il tono con cui lui stava dicendo quelle parole...

Sentì il bisogno fisico di toccarlo e di strappargli via quelle cuffie. Lo fece. «Ehi!» urlò.

Yuichiro cascò a terra. «Rei-san!»

Lei agitò i fili di plastica in aria. «Sto gridando da mezz'ora! Devi andare a fare la spesa!»

Lui balzò in piedi, contrito. «Giusto, giusto! Me n'ero dimenticato! Scusaaa

Sì, così voleva vederlo lei: sciocco, ai suoi comandi, inferiore!

Yuichiro smise di correre a qualche metro di distanza. «Ehm... Posso riavere le cuffie?»

«No

Lui scappò via. 

 

Rei si disfece degli auricolari dieci minuti dopo, appoggiandoli sul tavolo del salotto.

"Con te..."

Sospirò.

... Avere un ragazzo che cantava pensando a lei...

Guardò il soffitto. Rimuginò.

Ricordò.

Chiuse gli occhi.

Si diede uno schiaffo.

Ahia.

Se l'era meritato!

Stupidi pensieri, idiota di una ragazza.

Oh, idiota, idiota, idiota!

 

 

 

Episodio 6 - Rivalutarsi - FINE

 


 

 

Note dell'autore: be', dopo un mucchio di tempo riprendo questo progetto. Avevo scritto, nelle note iniziali di questa storia, che volevo far vedere che Rei aveva cambiato più volte atteggiamento verso Yuichiro nei primi tempi. Dal quasi innamoramento della fine della prima serie, al suo tornare indietro e decidere che no, lui non andava per niente bene per lei. Ma poi, nella seconda serie, parlando con Koan venditrice di cosmetici di ragazzi, Rei diceva che forse lei ne aveva uno. Ed era chiaro che si riferiva a Yuichiro, perché Usagi la apostrafava subito in merito e Rei non negava, sviava il discorso.

Quindi io volevo sapere che cosa era cambiato nella testa di questa ragazza per farle di nuovo considerare - anche solo alla lontana - l'idea di loro due insieme.

Perciò ecco questo episodio :)

 

Gente che amate Rei e Yuichiro nelle mie storie, fatevi sentire :)

 

ellephedre

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Capitolo 8
*** Agosto 1997 - Morta una seconda volta ***


Oltre le stelle, Rei e Yuichiro

   

Un bel salto temporale in avanti in questo capitolo. Non significa che abbia rinunciato a scrivere cosa accadde tra l'ultimo episodio e questo, non preoccupatevi.

   

   

Ovviamente... impossibile?

   

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. Essi sono esclusiva proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation Co. Ltd

 

Episodio N - Morta una seconda volta

 

Se avesse potuto, Rei avrebbe rimirato Usagi stretta tra le braccia di Mamoru per l'eternità. L'amore si irradiava da Usagi come un manto caldo, che le avvolgeva tutte mentre restavano sospese in aria al termine della battaglia. Non esisteva infelicità in quel luogo. Non erano mai esistite perdita o tristezza.

Ma Usagi non era così forte da combattere la forza di gravità per sempre; anche lei doveva riposare - e magari stare da sola col fidanzato che aveva appena ritrovato. Rei non osò protestare, ma per un attimo tese il braccio in avanti, riluttante a separarsi da lei.

Venne mandata via comunque, lontano, a recuperare le forze e a godersi il riposo dei vincitori.

Sbatté le palpebre sul soffitto buio della propria stanza, adagiata sul materasso.

Era a casa.

Le energie la abbandonarono come se non le avesse mai avute, ma la sua mente correva.

Non voleva stare lì, ferma. Non voleva stare da sola.

L'ultima cosa che ricordava era il momento in cui il suo corpo era diventato trasparente, dissolvendosi in bolle di luce. 

Aveva cercato di aggrapparsi alla testa di Usagi, che stava accarezzando, ma non era servito a niente. Era scomparsa ugualmente, senza poter fare nulla per aiutare nessuno.

Era la seconda volta che moriva.

Rotolò di fianco e ricadde malamente sul pavimento, a carponi. Manovrò ginocchia e mani abbastanza da trascinarsi lungo il pavimento della stanza, verso la luce che proveniva dall'esterno. Era il bagliore della Luna. Aveva bisogno di vederla per quietarsi, per sentire che davvero era andato tutto a posto.

Scostò con grande fatica la porta scorrevole della stanza e si ritrovò in corridoio. Sentendo la luce bianca che le bagnava il viso, si animò quel tanto che bastava a raggiungere l'apertura della parete movente che dava sull'esterno. Arrivando, adagiò la schiena contro una colonna di legno, ansimando per lo sforzo. Il suo premio fu la vista della sfera bianca che dal cielo illuminava il mondo.

Usagi le aveva salvate. Era finita.

Lei era morta solo per poche ore; non era successo niente di grave.

Non aveva lasciato da solo suo nonno.

Non aveva detto addio a tutta la propria vita.

E non doveva preoccuparsi per quello stupido di Yuichiro, che non aveva visto al tempio quando era partita per combattere. Si era immaginata che lui fosse in strada a fare chissà cosa, attaccato da chissà quali mostri... Si era preoccupata da morire, ma andare a cercarlo non era stata un'opzione. Anche se l'avesse riportato a casa sano e salvo, poteva succedere qualcosa sia a lui che al nonno finché Galaxia non veniva annientata.

E se a Yuichiro fosse già accaduto qualcosa di irreperabile... ci avrebbe pensato Usagi. Rei aveva avuto fiducia in questo.

Ora lui stava bene -  per forza - così come il nonno e lei stessa.

Bene come poteva stare, almeno, considerato che non si reggeva in piedi e le palpebre le cadevano sugli occhi.

Vide un'ombra muoversi serenamente lungo il recinto della casa.

Yuichiro.

Lo avrebbe sgridato se fosse riuscita a racimolare abbastanza aria in gola.

Notandola, lui si avvicinò. «Rei?»

«Perché non stai mai in casa?» Sicuramente per poco non si era fatto ammazzare da qualche mostro. O era proprio morto e non lo ricordava, perché Usagi aveva resuscitato anche lui.

Yuichiro adottò la sua solita espressione vacua, quella che le faceva uscire dai gangheri persino quando era distrutta.

«Dove sei stato?» riuscì a chiedergli, quasi ansimando per la fatica.

Lui inclinò la testa, notando le sue diffcoltà nel parlare. «Sono uscito a correre. Avevi bisogno di me?»

«Da quando?» Lei non aveva bisogno di nessuno, a eccezione delle sue amiche e di Usagi.

Non aveva bisogno neppure di lui, che aveva smesso di chiamare 'il mio Yuichiro' persino nella sua testa, persino nei momenti in cui cedeva di più ad un solitario bisogno di romanticismo. Lui non era più suo, non lo era mai stato. Da qualche mese Yuichiro aveva cambiato atteggiamento con le ragazze che passavano per il tempio: si interessava di più a loro, ci parlava più a lungo. Aveva smesso di essere innamorato di lei.

Era un affronto che Rei non avrebbe mai dimenticato.

Lui non si era mosso da dove si trovava. Si guardava intorno incuriosito, destabilizzato. «Non senti qualcosa di strano stasera? È come se il mondo intero fosse più... leggero. Anche per via di questa fortissima Luna. È così bella che quasi mi fa dimenticare che questo pomeriggio...»

«Cosa?» lo incalzò Rei.

Lui arricciò le labbra. «Mi sentivo confuso. Forse avevo anche paura, ma non so di cosa.»

Strascichi di ricordi. Sarebbero spariti entro il giorno dopo, col favore del sonno.

«Ti senti anche tu così?» Yuichiro tornò a guardarla.

Osservandolo meglio in viso, così vicino e accogliente, Rei si chiese se, forse, si fosse fatta beccare in pieno petto dalla pallottola di energia di Galaxia per mera distrazione. Se non avesse avuto scolpito in mente il pericolo che lui correva - in un angolo della sua testa che aveva creduto molto piccolo - magari sarebbe saltata una frazione di secondo prima verso Usagi. Sarebbe riuscita a spostarla lontano invece che fungerle da scudo umano.

Yuichiro si era piegato sulle ginocchia, le scarpe da corsa premute nel terreno del giardino secco della casa. La guardava dal basso verso l'alto, pieno di premure. «Stai bene? Ti porto un tè?»

«No.» Scuotere la testa per rafforzare il concetto sarebbe stato troppo faticoso.

Annuendo, lui tornò in piedi e fece per andare via, lasciandola finalmente sola coi propri pensieri.

Come sarebbe riuscita a dormire sentendosi così inquieta? E voleva dormire, non svenire - anche se presto non avrebbe avuto scelta.

Yuichiro tornò indietro, piazzandosi di fronte a lei. «Mi piacerebbe davvero tanto portarti una tazza di tè. O del latte caldo. Non riuscirò a dormire se ti lascio qui così. Sei bianca, Rei.»

Il proprio nome sulle sue labbra le piacque, fu un conforto. Sorrise internamente. «Non terrei giù niente adesso.»

«Allora dell'acqua. Fa sempre bene.»

Lui era come un cucciolo desideroso di essere utile.

Solo per farlo andare via, lei annuì.

Rimasta senza compagnia, chiuse gli occhi, solo per darsi la forza di muovere una gamba e iniziare a tornare in camera. Persino l'atto di ragionare fu sfiancante. Era appena riuscita a voltarsi dal lato opposto del corridoio quando Yuichiro tornò indietro, con un bicchiere d'acqua per lei.

«Ecco.»

Il bicchiere poteva anche esserci, ma lei non aveva le energie per portarlo alla bocca.

I suoi occhi stremati si spalancarono quando Yuichiro si chinò verso di lei e, con le mani, portò il bicchiere alle sue labbra. La aiutò a bere con molta calma, come se fosse un'inferma.

Questa non la dimenticherà mai, pensò Rei. E lei odiava le manifestazioni di debolezza.

Finalmente lui capì che non le sarebbe andato giù più di mezzo bicchiere. Lo appoggiò sul pavimento, lontano da loro.

«Posso toccarti la fronte?»

Oddio, adesso pensava che avesse la febbre. Evidentemente la sua espressione scocciata non bastò a fermarlo, perché presto il dorso della sua mano si era appoggiato sotto l'attaccatura dei suoi capelli.

Il contatto con un altro essere umano fu più salvifico di quello che aveva pensato.

«Non hai la febbre.»

«Sono solo... stanca.»

«Magari stai per ammalarti.»

Probabile che sarebbe finita così se non riusciva a rimettersi a letto. Mi arrendo, sverrò. Ma lo avrebbe fatto sul materasso. «Torno in camera mia»

Raccogliendo l'ultima linfa vitale che le scorreva in corpo, si accasciò in avanti, iniziando a strisciare.

«Rei...»

Lasciami stare. Per non farsi bloccare cercò di issarsi sulle ginocchia, senza successo. Con un altro paio di spinte avanzò come un verme, priva di qualunque dignità.

Lui l'aveva seguita passo per passo. «Non sgridarmi» dichiarò.

Eh?

Rei si ritrovò con le sue mani sotto il corpo, che la sollevavano in un qualche modo dal pavimento. 

Le sue guance racimolarono abbastanza sangue da arrossire, perché nel tentativo di non toccarla troppo lui se l'era caricata addosso malissimo. Come un sacco di patate, la teneva petto contro petto, stringendola per la vita dopo che, brevemente, l'aveva sostenuta da sotto le natiche.

Il tutto durò mezzo secondo, il tempo di depositarla sul letto - con incredibile cura.

Rei stava per perdonare conoscenza. «... sei pazzo?»

Anche se in penombra non poteva vederlo in viso, sapeva che lui era più imbarazzato di lei. «Mi rimproveri domani» disse, a un metro dal suo viso, scostandosi piano. «Appena starai bene, okay?»

Rei stava già crollando quando sentì le sue dita intorno al polso, che cercavano il ritmo del suo battito.

Il contatto le fu di grande conforto.

Dormì.

     

Yuichiro allontanò la mano da Rei dopo pochi secondi. La pressione di lei era molto bassa, ma nel sonno il suo respiro sembrava regolare e pacifico. 

Magari bisognava controllarla più tardi. Nel giro di un quarto d'ora?

Mi ucciderebbe se sapesse che sono tornato in camera sua.

Lui voleva solo assicurarsi che lei stesse bene, non aveva secondi fini. Posò gli occhi sul suo viso, iridescente alla luce lontana della Luna. Il suo manto di capelli neri era sparso sul letto, sotto la schiena. Nel sonno era così tranquilla, così indifesa...

Se lui fosse stato scorretto, o meno innamorato, ne avrebbe approfittato per sfiorarla sulla guancia. Solo una volta, per sentire se era davvero morbida come immaginava.

Ma non ne aveva il diritto.

Non riesco comunque a dimenticarti.

Nelle ultime settimane si era allontanato da lei. Anzi, si erano allontanati entrambi. Rei si era invaghita di un gruppo di idol che inseguiva dappertutto - cantanti che dall'inizio dell'anno avevano cominciato a frequentare la scuola delle altre ragazze.

Yuichiro si era rassegnato. Uno di quei tre prima o poi la noterà e presto lei sarà fidanzata.

Le sue speranze con Rei si stavano riducendo a zero, per quanto forse lui non ne avesse mai avuta mezza.

Indietreggiando, si sedette sul pavimento, per osservarla a distanza senza imporsi.

Dovrei dirti quello che provo, così capirei chiaramente quanto ti disgusta.

Poteva fare così. Ma poi sarebbe riuscito a riprendersi?

Probabilmente no, per questo non ne aveva il coraggio.

Preferiva rimanere sospeso nel limbo, in quel periodo di incertezza in cui ogni tanto gli capitava la possibilità di starle vicino.

Era un sognatore che viveva di ilusioni, ma si sentiva in pace e felice quando, rimirandola, respirava la sua stessa aria, esisteva nel suo stesso spazio.

Gli bastava davvero poco.

Si alzò.

Stava facendo il guardone.

Se fossi sveglia, mi avresti già sbattuto fuori.

Uscì dalla porta, raccogliendo il bicchiere rimasto sul pavimento del corridoio. Si  diresse in cucina.

Avrebbe fatto una doccia, poi sarebbe tornato indietro. Accendendo discretamente la lampada, avrebbe controllato se sulla pelle di Rei era tornato un po' di colore. Solo quello, era fondamentale per lui sapere che lei stava bene.

Poi sarebbe andato in camera sua, a dormire. A sognare.

Nei miei sogni mi guardi con occhi nuovi. Mi sorridi, mi ricambi.

Addirittura mi baci.

Per i fim che si faceva in testa si sarebbe meritato un premio. Non contava che non si sarebbero mai avverati, lui avrebbe vissuto quell'amore finché gli fosse stato concesso - finché Rei non lo avesse notato, rifiutandolo, o non fosse andata avanti con la propria vita.

Gli bastava così, da lei non voleva niente.

Realisticamente non poteva avere niente, perciò non avrebbe chiesto. Giorno dopo giorno, avrebbe solo... offerto.

Quella notte, puntualmente, sognò.

Nel mondo onirico si adagiò sul letto accanto a lei, senza timore delle conseguenze. La strinse da dietro, forte, per sedare la solitudine che le aveva sentito emanare a ondate. Rei si girò tra le sue braccia senza agitarsi, accogliendolo. Non lo baciò neppure - non era quel tipo di sogno. Semplicemente nascose il viso nell'incavo del suo collo, abbracciandolo di rimando in cerca di un rifugio.

L'essenza più pura della felicità.

 

  

Episodio N -  Morta una seconda volta

 


 

NdA: la visione recente dell'ultimo episodio di Sailor Moon mi ha scatenato l'immaginazione su cosa poteva essere successo agli altri personaggi dopo a fine della battaglia. Su Usagi e Mamoru sapevate già tutto, ma c'erano appunto anche Haruka e Michiru, che erano già in una relazione e avevano compiuto un tradimento enorme, recentissimo. Dopo aver scritto di loro nella raccolta 'In Turbine' ho pensato anche a Rei, che penso si sarebbe sentita particolarmente sola - e in un certo senso 'fallita' - nel tornare a casa. Non aveva aiutato Usagi, l'aveva lasciata sola. Per di più, non era nemmeno la prima volta che moriva.

Ne ho approfittato per descrivere lo stato della sua relazione con Yuichiro in quel periodo.

Come al solito pensando a questi due - e soprattutto a lui - mi commuovo un sacco e spero di aver donato una sensazione simile anche a voi. Fatemi sapere!

 

Elle

 

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