The End of an Ordinary Life

di BrokenArrows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Sentimenti errati ***
Capitolo 3: *** Strani comportamenti ***
Capitolo 4: *** Il ballo d'inizio anno ***
Capitolo 5: *** Paure e ricordi ***
Capitolo 6: *** Riappacificazioni ***
Capitolo 7: *** Verità da scoprire ***
Capitolo 8: *** Antenati ***
Capitolo 9: *** Verbena e Scotch ***
Capitolo 10: *** Spiegazioni ***
Capitolo 11: *** Winter Fashion Party ***
Capitolo 12: *** Arrivi inaspettati ***
Capitolo 13: *** Nuova 'vita' ***
Capitolo 14: *** The end of an ordinary life ***
Capitolo 15: *** Il risveglio ***
Capitolo 16: *** Uguale a prima ***
Capitolo 17: *** Sete di sangue ***
Capitolo 18: *** Messa da parte ***
Capitolo 19: *** Orgoglio e appuntamenti ***
Capitolo 20: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 21: *** Turn it off ***
Capitolo 22: *** Ibrido ***
Capitolo 23: *** Amore e dolore ***
Capitolo 24: *** Ho ancora speranza ***
Capitolo 25: *** Un passo verso l'immortalità ***
Capitolo 26: *** No more lies ***
Capitolo 27: *** Family reunion ***
Capitolo 28: *** Conoscenze dal passato ***
Capitolo 29: *** Alois Van der Wegen ***
Capitolo 30: *** Il piano del Consiglio ***
Capitolo 31: *** Indagini ***
Capitolo 32: *** Preoccupazioni non programmate ***
Capitolo 33: *** Miss Mystic Falls ***
Capitolo 34: *** Welcome back, Elijah ***
Capitolo 35: *** Frontal attack ***
Capitolo 36: *** This is (not) the end ***



Capitolo 1
*** Nuovo inizio ***


La macchina sportiva sfrecciava tra le strade deserte di Mystic Falls. Le due ragazze che erano a bordo si stavano dirigendo verso la scuola.
-So che ti piace questa nuova macchina, ma cerca di non sfasciarla subito...- la riprese Jacqueline, la maggiore delle due.
-Sai che ho un debole per le Jaguar. Senti come ruggisce- diede gas all'acceleratore -Non ti fidi proprio di me, eh?-
-Sai, dopo essere andata addosso al vialetto dei Forbes...- concluse sarcasticamente.
Una volta arrivate nel parcheggio della scuola, essendo in ritardo, trovarono a fatica un posto. Ne videro uno accanto ad un'affascinante auto d'epoca rossa.
-Waa! Che bella- disse Alexandra scendendo, la sorella minore, apprezzando il fascino del vintage. 
Sebbene fossero sorelle, erano molto diverse tra di loro. Jacqueline, la maggiore, aveva lunghi capelli castani con riflessi mogano e grandi occhi marroni. Alexandra, d'altro canto, era l'esatto opposto: capelli biondi che arrivavano alle spalle e occhi verde chiaro. 
Mentre si incamminavano incontrarono le amiche di Alexa, che erano anche quelle di Jacqueline. 
-Ahh ragazze! Quanto mi siete mancate!- esclamò Caroline, la loro amica pazza -Com'è andata in Italia?-
-Benissimo! Abbiamo mangiato da dio e i ragazzi...- Alexa punzecchiò la sorella -Fatevi raccontare da lei le sue avventure con Marco! Vado a cercare Jeremy-
La bionda sparì e l'altra restò sola, sotto gli sguardi indagatori delle amiche.
-Jacque dicci tutto, dai- la incitarono.
-Beh non è stato nulla di che. Ci siamo incontrati a Firenze e abbiamo trascorso qualche giorno insieme e...-
-E?- Caroline la guardò, incoraggiandola -Bacio o qualcosa di più?-
Jacqueline arrossì -Ehm, diciamo qualcosa di più-
A quel punto la campanella suonò, salvandola.
Intanto la sorella stava cercando Jeremy. Lo trovò sugli spalti del campo di football, assieme ad alcuni amici poco raccomandabili. 
Lui le corse incontro e si scambiarono un lungo bacio. 
-Mi sei mancato- gli disse, guardandolo negli occhi -Hey, cos'hai?-
-Ah niente, sono un po' stanco e mi sei mancata, tutto bene?- 
-Si si- disse buttando le braccia intorno al collo del ragazzo -Devo raccontarti un sacco di cose riguardo l'Italia. Ahh ci dovremmo ritornare insieme.. sarebbe il top!-
I due si sorrisero e si scambiarono altri baci mentre la campanella suonava. Poi si diressero insieme a lezione, convinti che l'inizio di un nuovo anno avrebbe cambiato le cose. 


Alexandra, Caroline e Bonnie entrarono in classe salutando Matt che abbracciò le ragazze, dopo la lunga pausa estiva. Presero posti vicini e appena entrò il professore, Alexa notò che accanto a lei era seduto uno nuovo. Chiamò Caroline e anche lei rimase colpita.
Il ragazzo si accorse di essere osservato e, alzando lo sguardo, incontrò quello della sua vicina di banco, che si presentò –Ciao, sono Alexandra. Sei quello nuovo, vero?- chiese per intavolare una conversazione.
-Stefan Salvatore- rispose tagliente –Sì, sono quello nuovo. Piacere-
Il professore era entrato, ma lei, seguita da Caroline, continuava a guardarlo. Sembrava uscito da un quadro e il suo atteggiamento era a dir poco fiabesco: ogni tanto si ravvivava i capelli castani, rivolgendo i suoi occhi verdi davanti a sè.




All'ora di pranzo, Jacqueline stava aspettando la sorella e le amiche ad un tavolo. Stava per addentare il suo panino, quando le vide entrare di corsa nella mensa  e con il fiato corto.
-Che diavolo succede?- domandò stupita dal loro comportamento.
-Vuoi dire che non l'hai ancora visto?- Caroline era su di giri e non riusciva a contenersi.
-No, Care. Non l'ho visto-
Alexandra si sedette davanti alla sorella e la guardò con sguardo serio -Jacque, è bellissimo!-
Finalmente Bonnie prese in mano la situazione e le spiegò il motivo di tanta agitazione -É arrivato un nuovo studente ed è...-
-Un gran figo!- la interruppe Caroline.
-Beh, dovrete presentarmelo, allora!- disse Jacqueline, scherzando.
-Si chiama Stefan Salvatore ed ha origini italiane!- la informò la sorella.
-Oh, Dio! Eccolo che entra- Caroline stava per svenire dall'emozione.
La sorella maggiore alzò lo sguardo e lo vide. Doveva ammettere che era proprio un bel tipo -Beh, non vi sbagliavate, ragazze- 
Il ragazzo preso di mira si sedette ad un tavolo non molto distante dal loro, consapevole di essere squadrato dalla testa ai piedi da quasi tutta la sala.
-Hai detto che è italiano?- chiese Jacqueline alla sorella.
-Sì, perché?-
-Non so... Pensavo ci avessi parlato un po'- ammise, guardandolo. E quando si accorse che la stava guardando anche lui, prontamente distolse lo sguardo.
-Purtroppo non ha parlato molto- intervenne Caroline con aria sconfitta -Sembra un tipo un po' sulle sue-
-É il primo giorno di scuola- iniziò Bonnie –É normale che stia da solo-
-Quindi non sarà a nessuna delle mie lezioni! Peccato- esclamò la mora.
Le ragazze si guardarono sorridendo -Ed è qui che arriva il bello... Questo pomeriggio proverà per entrare nella squadra di football- la informò sua sorella.
-Non ti seguo-
-Lo vedrai agli allenamenti! Tu non hai quello di cheerleader, o sbaglio?- chiese, tutta agitata.


Quel pomeriggio, Jacqueline, Caroline e Bonnie non vedevano l'ora che iniziasse l'allenamento.
Quando la squadra delle ragazze ebbe finito di riscaldarsi, arrivarono i giocatori e, insieme a loro, anche il famoso e bellissimo Stefan.
-Caroline, non essere così evidente!- la rimproverò Bonnie.
-Oh, sta guardando da questa parte!- esclamò la bionda e fece per salutarlo, ma per fortuna Jacqueline la fermò, anche se ormai lui se n'era accorto e si sentì costretta a rivolgergli un sorriso di scuse.
-Ci fai sempre fare queste figure quando vedi un bel ragazzo, Care!-
-Beh, intanto si è accorto di noi- si giustificò quest'ultima.
 

Quando la campanella suonò il cambio dell’ora, uscì dalla classe quasi di corsa. Di fianco alla porta era appoggiato Jeremy.
-Hey Alexandra- la chiamò sorridente.
La ragazza sorrise a sua volta, baciandolo –Dove devi andare adesso?- 
-Matematica- rispose alzando gli occhi al cielo –Tu?-
-Io ho…- aprì l’agenda –Storia europea. Mi accompagni?- 
Finché s’incamminavano per raggiungere l’aula i due parlarono di come avevano passato la loro estate. Improvvisamente Alexa chiese –Jer, hai ancora quel problema?-  
Jeremy scosse la testa, facendo finta di non capire. La ragazza non voleva andare diretta al discorso, ma fu costretta –Insomma, ti droghi ancora?- 
Il lungo silenzio che seguì non fu un buon segno. Si vedeva che Jeremy stava cercando di inventarsi una scusa.
-Ci sto lavorando, è un po’ difficile ma ne uscirò, vedrai- cercò di convincerla, mentre abbassava lo sguardo, sconfortata –Ehi, ti fidi di me?- le prese la mano, stringendola.
Alexandra ebbe un attimo di esitazione –Sì, mi fido di te- 
Jeremy le sollevo il viso e la baciò –Ci vediamo dopo- e scappò tra i dispersivi corridoi del college.


Dopo un paio d'ore, entrambe le squadre finirono di allenarsi e Jacqueline si diresse verso la sua auto e iniziò ad aspettare che sua sorella uscisse. Ovviamente era in ritardo.
Finché aspettava, notò Tyler Lockwood che  stava infastidendo una ragazza e si diresse a passo svelto verso di loro.
-Tyler, lasciala in pace!- esclamò quando gli arrivò vicino e si accorse che la ragazza era Vickie Donovan.
-Non ti immischiare, Wegen- le rispose, rigirandosi verso la ragazza, che lo voleva allontanare.
-Basta, Tyler! Non vedi che le stai dando fastidio?- e lo tirò per la giacca.
Lui si voltò completamente, guardandola con odio e dandole una spinta che quasi la fece cadere -Va via, dolcezza. Questo non è il tuo posto-
-Sei un gran bastardo, Lockwood- lo insultò, girandosi e incamminandosi verso la sua macchina. 
Finché stava camminando in quella direzione, si accorse che il nuovo ragazzo si stava dirigendo verso i due alle sue spalle.
Quando le passò di fianco non poté fare a meno di voltarsi e, all'ultimo momento, si accorse che Tyler Lockwood l'aveva seguita e lo sguardo che le rivolgeva non era dei migliori.
Stefan lo prese per un braccio, bloccandolo, e gli parlò in modo pacato ma minaccioso -Non so cosa ti abbia fatto, ma prendersela con delle ragazze è da perdenti-
-E tu che diavolo vuoi?- lo strattonò a sua volta -Sei qui da un giorno e già inizi a darti arie?- 
-Non mi sto dando nessuna aria- continuò con il solito tono -Ti sto solo dicendo la mia opinione su quelli come te-
Detto questo, Tyler sembrò infuriarsi e se ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe colpito.
-Vattene- riprese Stefan -e non darle più fastidio- ordinò, riferendosi a Jacqueline -E neanche a lei- questa volta si riferiva a Vickie.
Come se fosse stato ipnotizzato, Tyler abbassò lo sguardo e mollò la presa dal suo giubbotto, andandosene verso la propria auto.
Stefan si voltò verso la ragazza e le chiese come stava.
-Tutto bene, grazie- rispose lei, educatamente -Ma come hai fatto a calmarlo così?-
-So come sono fatti i tipi come lui- spiegò, come se si riferisse a qualcuno che conosceva bene -Io sono Stefan, piacere-
-Jacqueline- disse stendendo la mano.
-Francese?- domandò lui, interessato.
-No- ribatté, sorpresa -In realtà la mia famiglia è Olandese. Ho sentito che anche tu non sei di qui, vero?-
Il ragazzo la guardò stupito.
-Scusa. Ho origliato- ammise, sorridendo in imbarazzo.
-Salvatore. Mio padre era italiano- spiegò lui, rispondendo al suo sorriso.
-Davvero?- finse di non saperlo, ma ormai Caroline l'aveva informata di quanto più sapeva -Quest'estate sono andata lì in vacanza. È un posto bellissimo-
-Già- disse distrattamente -Purtroppo non la visito da molto tempo-
Non sapendo più cosa dire, lei non era brava come Care, iniziò un po' ad agitarsi.
-Penso che qualcuno ti stia aspettando- l'avvisò lui.
Jacqueline si girò e vide sua sorella che la guardava esterrefatta. 
-Oh, già... Ciao, Stefan-
-A domani, Jacqueline- 
Un saluto che conteneva una promessa. La ragazza ne era lusingata, ma anche un po' impaurita; chi era quel ragazzo misterioso?



Note delle autrici:
Questo è il primo dei tanti capitoli di questa fanfiction, scritta a quattro mani (la nostra prima su The Vampire Diaries), che abbiamo quasi finito di scrivere. Speriamo che vi piaccia, ma siamo aperte a qualsiasi commento.
Al prossimo aggiornamento! :D



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Capitolo 2
*** Sentimenti errati ***


Era passata più di una settimana da quando Stefan trascorreva il suo tempo libero a scuola con le ragazze e aveva legato molto con loro, soprattutto con Jacqueline, attirando l'invidia di Caroline, che a volte non si rivolgeva all'amica per ore intere.
Quella mattina, il professor Tanner aveva dato alla classe il compito di svolgere una ricerca sul Rinascimento italiano e la ragazza non sapeva da dove iniziare.
-Chiedi a Stefan- le suggerì Bonnie all'ora di pranzo.
-Già, chiedi a lui!- inveì Caroline, acida.
Le amiche non ci fecero molto caso, visto che ormai era la routine.
-Non so... Mi sembrerebbe di approfittarne troppo, non credete?- disse esitante.
-Ma dai! È palese che gli interessi!- evidenziò Alexandra -Sarà più che felice di passare del tempo con te... da solo- aggiunse ammiccando.
-Alexa, io non lo conosco nemmeno! Non so se mi piace in quel modo-
-Ehi, c'è Jeremy- avvisò Caroline -Come vanno le cose tra voi due?- chiese sinceramente preoccupata.
Alexandra guardò Jeremy in lontananza –Stiamo provando a farla funzionare, ma lui ha sempre la testa altrove- disse alludendo al problema con la droga. La ragazza si azzittì non appena lui si avvicinò.
-Ciao Ale- la salutò il ragazzo –Possiamo parlare un attimo... in privato?- 

Jeremy la portò dietro alla palestra, probabilmente il luogo più malfamato della scuola. 
-Senti Jer, lo so che vieni qui per drogarti, ma non potremmo scegliere un posto più sicuro?- 
Il ragazzo la ignorò –So che non ti piace il mio lato negativo, ma dopo quello che è successo ai miei non è facile riprendersi. E l’unica via di scampo che ho è la droga-
Tra i due ci fu un lungo silenzio –Capisco, hai bisogno di tempo. Ma hai anche bisogno di staccare dalla tua compagnia di fricchettoni provinciali. Insomma, dopo vieni a casa con me- ordinò repentina, quasi fosse una minaccia. Si sorrisero e si diressero all’interno mano nella mano. 
 
Durante l'allenamento, Jacqueline ne approfittò per chiedere a Stefan se uno di quei pomeriggi era libero per aiutarla in una ricerca e lui, come predetto da sua sorella, accettò volentieri.


-Hai preso i popcorn?- domandò Alexa dal grande salone dal soffitto imponente.
-Certo, amore- le sussurrò a un orecchio, arrivando di soppiatto e lanciandogliene qualcuno addosso.
-Sembri di buon umore, adesso- gli disse, realmente rincuorata.
Jeremy si sedette accanto a lei e la guardò sorridendo –É la tua presenza che mi fa stare bene-
E si scambiarono un tenero bacio, lasciando da parte per un momento tutti i problemi e le preoccupazioni.
-Dai, iniziamo il film ora- propose a un certo punto la ragazza –Altrimenti mia sorella e mia mamma torneranno prima che finisca-
Nella seguente ora guardarono Shutter Island senza interruzioni. Almeno finché non arrivò Jacqueline.
-Prego, entra pure- sentirono la voce della sorella maggiore –E ti ringrazio ancora per la disponibilità-
-Figurati, è un piacere- rispose una voce.
A quella voce, Alexa si alzò di scatto e corse verso la porta d’entrata della loro enorme casa in stile gotico-vittoriano, costruita nel '600 da qualche loro parente.
-Non ti aspettavo oggi, Stefan!- esclamò felice –Vuoi qualcosa da mangiare?-
-No grazie, ho già mangiato a casa- negò educatamente.
Andarono tutti e tre nel salone e salutarono Jeremy.
-Ciao, ragazzi. Cosa fate qui?- chiese quest’ultimo.
-Oh, niente di che...- spiegò Jacqueline –Stefan mi aiuta su una ricerca di storia-
Jeremy sorrise –Già, dicono tutti così, ma in realtà farete solo...-
-Jeremy!- lo fermò appena in tempo la minore, per poi mettersi a ridere.
I due ragazzi presi in questione si dileguarono appena possibile, senza dare troppo peso a quell’affermazione.
Jacqueline fece accomodare Stefan in camera sua, al piano superiore –Scusa, saremmo andati nello studio, ma ora come ora è un po’ in disordine con tutti quei libri da sistemare...-
-Non c'è problema- disse lui guardandosi intorno ed esaminando ogni piccolo particolare di quella stanza.
Era passato quasi un minuto da quando erano entrati e il silenzio iniziava a farsi imbarazzante.
-Beh, cominciamo?- chiese lei
Presero il materiale che Stefan aveva portato e diedero inizio a quella serata di studi.
Dopo circa un’ora e mezza, la ragazza non ne poteva più; troppe date e troppi nomi da ricordare e collegare. –Facciamo una pausa, per favore?- chiese, allo stremo delle forze.
-Certo, se sei stanca...-
-Che ne dici di prendere un po’ d’aria? Intanto posso mostrarti un po’ il giardino. É la parte più bella della casa secondo me-

Uscirono dal porticato adiacente al salone e si addentrarono nel vasto giardino. Jacqueline lo condusse verso il gazebo di faggio che si trovava tra due alte siepi verdi. I due si sedettero su delle panchine, una davanti all’altra.
-É veramente bello qui- osservò Stefan guardandosi intorno, soffermandosi su ogni piccolo dettaglio. 
-Era la parte della casa preferita da mio padre- disse nostalgica –Non vengo spesso qui, è Alexandra che ci passa la maggior parte del tempo. Assomiglia a mio padre in molti modi, sia nell’aspetto che nei modi di fare. Scusa, ti starò annoiando- rise, imbarazzata.
-Tranquilla- le sorrise, sedendosi accanto. 
Jacqueline decise che era il momento giusto, prese le mani del ragazzo, soffermandosi sull’anello che portava sulla mano destra. Stefan era leggermente inquieto.
-É un cimelio di famiglia?- chiese interessata.
-No, ma... è vecchio- sorrise a quella sua strana affermazione. 
La ragazza alzò il volto, trovando quello del ragazzo a pochi centimetri dal suo. Si avvicinarono piano piano, come per rendersi conto di ciò che stava accadendo. Stefan con la mano avvicinò ancora di più il viso di lei, finché le loro labbra si toccarono. Il bacio fu intenso ma... sbagliato.
I due si staccarono quasi subito, guardandosi sorpresi. Era una sensazione che aveva colpito tutti e due.
-Noi non dovremmo...- affermò guardando le loro mani ancora intrecciate e successivamente ritraendole.
Stefan si accigliò alla sua affermazione, sapendo che lei aveva ragione.


Il week end del ballo di inizio anno si stava avvicinando e le ragazze erano in fermento per l'occasione. Anche Caroline, che si era messa il cuore in pace dopo aver conosciuto un ragazzo, partecipava alla discussione delle amiche.
-Io sono davvero in crisi!- esclamò Alexandra -Non so davvero che scarpe abbinare al vestito-
Le ragazze scoppiarono in una risata generale per quel dilemma irrisolvibile.
-Potresti venire in ciabatte- propose sua sorella, scherzando.
-Care, la vuoi piantare di mandare messaggi a quel ragazzo sconosciuto?- la riprese Bonnie.
-Almeno parlaci di lui-
Caroline era stata piuttosto vaga nel descrivere questo ragazzo e il modo in cui si fossero conosciuti. Sapevano solo che era molto affascinante.
-É strano che non l'abbia mai visto- disse Jacqueline -Lavorando al Grill due pomeriggi a settimana e quasi tutti i week end dovrei averlo visto-
-É qui solo da qualche giorno- spiegò Caroline -Ha detto che deve...- e si interruppe per pensare a quello che le aveva detto il ragazzo, ma se ne uscì solo con un "non mi ricordo".
Il gruppetto si scambiò delle occhiate perplesse.
-Che ne dici se lo chiami e gli chiedi di vederti al Grill questa sera?- propose Bonnie in modo innocente -Così possiamo vedere il misterioso e sexy straniero che ha rubato il cuore della nostra amica-
Caroline sembrò convinta e si allontanò subito per chiamarlo. Tornò qualche minuto dopo e le avvisò che sarebbe stato per la sera stessa.


Erano arrivate tutte al Grill. Solo Caroline e il suo misterioso accompagnatore mancavano all’appello. Jacqueline era dietro al bancone e preparava alcuni drink per le amiche, sotto gli sguardi dei clienti. 
Erano immerse nella discussione per la scelta dei vestiti per il ballo.
-No, Bonnie!- iniziò Alexandra –É solo che tu staresti meglio con il verde e non lo dico perché il blu lo indosso già io-
-E tu cosa metterai, Jacque?- chiese quest’ultima –Quello nero con le balze?-
-No- disse soddisfatta –Ne ho comprato uno bordeaux senza spalline-
Nel frattempo Matt passò accanto a loro con un vassoio di bicchieri sporchi e sussurrò loro che erano arrivati Caroline e il suo nuovo ragazzo.
Viva la discrezione, si girarono tutte insieme.
-Ah, però!- esclamò Bonnie.
-Waaau! Ultimamente Mystic Falls fa ottimi nuovi acquisti- disse Alexandra.
Jacqueline rimase in silenzio, osservando quel ragazzo dai capelli corvini e gli occhi azzurro come il ghiaccio.
-Tu non dici niente, sistaaah?- le chiese Alexa, parlando con l’accento del New Jersey.
-Ah, già...- ritornò nel mondo terreno.
Caroline le salutò e si avvicinò, presentandolo –Ciao ragazze, lui è Damon Salvatore! Damon, loro sono Bonnie, Alexandra e Jacqueline-
Il ragazzo sorrise a quest’ultima –Tu devi essere la ragazza di mio fratello- le prese la mano e gliela baciò, senza curarsi delle altre –Enchanté- 
Lei arrossì, affrettandosi a dire –Stefan? Ah no no, siamo solo buoni amici. Non pensavo ti avesse parlato di me-
-Infatti non l’ha fatto. Ho solo letto il suo... diario- disse sorridendo ferino.
Alexandra si stupì, non pensava fosse un ragazzo da tenere un diario. 
La serata andò avanti e Caroline si spazientì, Damon non le prestava attenzione, sembrava avere occhi soltanto per la mora, Jacqueline. 
Gli sguardi che si scambiavano da parte di lui erano ammiccanti, mentre quelli di lei erano imbarazzati, ma seguivano il più delle volte con un sorriso. 
Bonnie se ne andò a casa presto, doveva studiare, e il giorno dopo aveva degli impegni. Mentre Caroline sembrava stanca di rimanere lì ed insisteva affinché Damon la accompagnasse a casa.
-... ma secondo me il miglior film è il primo, anche se il terzo è quasi alla pari- ammise Alexa, sostenendo alla perfezione la sua tesi su Ritorno al Futuro.
-C’è da dire che anche il secondo è molto... intrigante- disse rivolgendo lo sguardo a Jacqueline.
-Ora basta, me ne vado!- esclamò Caroline, alzandosi e battendo la mano sul tavolo –Damon, vieni con me o resti qui?- chiese con astio, dandogli un ultimatum.
Il ragazzo la squadrò basito –Io mi sto divertendo, tesoro. Se vuoi ci vediamo un’altra volta. Non puoi prendere un taxi?-
Caroline rispose scocciata –Assolutamente no!-
-Forse non hai capito bene- disse guardandola intensamente –Prendi un taxi-
La ragazza lo guardò assente, per poi rivolgersi alle altre due –Sapete una cosa? Credo che prenderò un taxi- e si incamminò verso l’uscita. 
-Uh! Alla fine l’ho convinta- esclamò con sollievo –Allora, di cosa stavamo parlando?- chiese sorridendo.

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Capitolo 3
*** Strani comportamenti ***




Jeremy la guardò da lontano. Alexandra si muoveva con agilità tra la folla di studenti che si trovava nel parcheggio di primo mattino. Le sorrise da dove si trovava, ma lei mantenne un'espressione seria. 
-Ciao Jer, ti devo parlare- il tono serio e diretto con cui lo disse non prometteva nulla di buono. 
Lo prese per il polso e lo portò sotto agli alti alberi del parcheggio. Alexa prese un respiro, guardò il ragazzo e gli mollò uno schiaffo. 
Lui venne preso alla sprovvista -Che cazzo stai facendo?- gridò, facendo attirare l'attenzione di un gruppo di ragazzi.
-Da quanto va avanti?- chiese la ragazza, senza curarsi della reazione di lui.
-Cosa?- domandò perplesso -La droga?-
-La droga e... il resto- spiegò, mantenendo la calma.
-Cosa vuol dire "il resto"?-
La ragazza stava per scoppiare, guardò a terra e chiuse gli occhi, come per concentrarsi. Prese un altro respiro.
-Che cazzo sta succedendo, Ale? Parlami- le ordinò in modo violento, spingendola indietro. 
Alexa mantenne l'equilibrio.
-Sei già fatto oggi, eh?- disse guardandolo negli occhi.
-Smettila, ti stai sbagliando- se ne stava per andare infastidito, quando lei gli rispose 
-Sei tu Jeremy quello sbagliato! Ti droghi e poi vieni da me a fare gli occhi dolci, a dirmi "Sono un bravo ragazzo" e poi te la fai con Vickie... quella stronzetta drogata come te! Senti, ti ho dato una possibilità, ma una seconda te la scordi- ormai metà scuola stava assistendo alla scena, e tra la folla c'erano pure Jacqueline, Bonnie, Caroline e Stefan che guardavano esterrefatti ciò che stava accadendo.
-Eh dai ti prego, non è successo più di una volta. È stato un errore, lo sai bene che ero fatto e...-
-Appunto eri fatto! Non ce la faccio più Jer, se non fosse perché ti sei ridotto così noi due staremmo ancora insieme, ma il fatto che dopo così tanto tempo tu ti stia... uccidendo, è inaccettabile. E non voglio fare lo sbaglio di passare altro tempo con te. Mi dispiace- la ragazza decise di andarsene, stava per scoppiare in lacrime e non voleva farsi vedere da nessuno mentre piangeva.
La sorella la vide scappare via e non aspettò un attimo per seguirla tra gli studenti che erano ancora leggermente sotto shock a causa della sfuriata della ragazza.
Riuscì a raggiungerla solamente quando lei si fermò accanto alla Jaguar, intenta a cercare le chiavi nello zaino, scossa dai tremori che stava tentando di sopprimere.
Appena si accorse che Jacqueline era arrivata, si girò verso di lei e scoppiò a piangere, abbracciandola. La mora la tenne stretta a se senza dire una parola, lasciando che si sfogasse della rabbia e dell’umiliazione appena provate, accarezzandola. Passarono alcuni minuti, durante i quali la ragazza sembrava essersi un po’ calmata. Sopprimendo i singhiozzi, si rivolse alla sorella –Me ne devo andare da qui. Non voglio vederlo-
-Alexa, non fare così!- le disse, mettendosi tra lei e l’auto –Non devi scappare da lui. Non se lo merita. Affrontalo con fermezza e vedrai che sarà lui a sentirsi perso e solo!-
-Jacque, non posso... Non voglio!- esclamò, minacciando di scoppiare di nuovo.
La sorella maggiore sospirò –Alexa, oggi non posso proprio accompagnarti a casa. Ho un esame importante, ma non voglio che tu guida in queste condizioni-
-La porto a casa io- intervenne una voce maschile.
-Stefan- disse Jacqueline, sorpresa –Lo faresti davvero?-
Il ragazzo guardò Alexandra che stava fissando la strada per non dare a vedere che aveva appena pianto –Certo. Non è assolutamente un problema per me- e le prese la chiave dalle mani, costringendola a guardarlo. Alexandra si asciugò gli occhi e ringraziò, salendo sul sedile del passeggero.
-Ti lascio le chiavi della mia auto- la informò Stefan, lanciandole l’oggetto –Portala pure a casa mia, ti aspetto là per quando finisce la scuola, così poi potrai tornare da te con la tua auto -
-E dov’è?- chiese lei, perplessa che le desse un compito del genere.
-É la vecchia pensione dei Salvatore, vicino al bosco- spiegò lui –La troverai... Non ci sono molte case là intorno-
-Ehm, va bene- disse preoccupata di rovinare quella splendida auto –Farò attenzione a non perdermi-
Salutò la sorella da dentro la macchina e lei ricambiò. Sembrava più tranquilla e questo la fece sorridere.

-Grazie Stefan- disse la bionda scendendo dal veicolo ed entrando in casa attraversando il maestoso corridoio illuminato dalle grandi finestre –ma se vuoi puoi tornare a scuola. Non è necessario che tu mi faccia da baby-sitter-
-Non mi dispiace saltare qualche lezione- scherzò lui.
Andarono a sedersi nei divanetti di vimini sul porticato, sorseggiando del succo che aveva portato la ragazza.
-Vuoi parlare di quello che è successo? A volte può aiutare a superare la cosa- propose Stefan.
La bionda lo guardò negli occhi e parlò senza pensare –Mia sorella deve avere qualcosa fuori posto per rifiutare una ragazzo come te, sai?- e subito si pentì di averlo detto.
Lui la guardò severo, per poi focalizzare l’attenzione sul suo bicchiere. Alexandra notò il suo cambiamento d’umore e notò anche che le sue mani chiudevano in una morsa il bicchiere che stava scricchiolando.
-Stefan!- esclamò, alzandosi e posando un mano sulle sue –Mi dispiace averlo detto. Sono una stupida-
Il ragazzo sembrò riprendersi, ma il bicchiere non resistette alla pressione e andò in mille pezzi, spargendo il succo sul pavimento piastrellato. Alexa era un po’ impaurita dall’accaduto. Quanta forza ci voleva per rompere un bicchiere con le mani?
-Perdonami- disse chinandosi per raccogliere i cocci.
-Non fa niente. Lascia fare a me- intervenne la ragazza, raggruppando i vetri in un mucchietto.
Quando ebbe quasi finito, per sua sfortuna si tagliò con uno degli ultimi pezzi rimasti –Che fortuna, ragazzi!- esclamò, esaminando la ferita –Potresti passarmi quella salvietta, per favore?- gli chiese. Ma lui era impietrito e qualcosa di strano stava succedendo ai suoi occhi.
-Stefan, cosa succede?- domandò avvicinandosi.
Al che, lui si alzò di scatto e rientrò in casa. Alexandra era preoccupata e lo seguì dentro.
-Dovresti mettere un cerotto- le suggerì, guardando da un’altra parte.
-Tutto bene? Questo taglio non è niente di serio...- disse, avvicinandosi ulteriormente al ragazzo.
-Metti un cerotto, Alexa!- il suo tono non ammetteva repliche e così lei andò a prenderne uno.
Quando tornò, Stefan era fuori che metteva i resti del bicchiere in un sacchetto.
-Scusami- si affrettò a dire non appena la vide sulla soglia della portafinestra –Ho un po’ esagerato-
-Il sangue ti fa impressione, vero?- chiese lei, ridacchiando.
Stefan sembrava divertito da quell’insinuazione e le sorrise annuendo.
-Perdonami per quello che ho detto prima- iniziò lei –Potevo usare un po’ più di tatto-
-Non preoccuparti... Io e Jacqueline semplicemente siamo fatti per essere amici, niente di più-

I due, poi, passarono il resto del tempo parlando del viaggio in Italia dal quale Alexandra e la sorella  erano tornate. 
-Ti è piaciuta?- chiese Stefan, piacevolmente sorpreso di come si stesse divertendo con la ragazza. 
-Un sacco. Amo il cibo italiano, le persone, il tempo sempre soleggiato e l’arte! Sì, mi è piaciuta- si sorrisero, e in quel momento Alexa si accorse di quanto il ragazzo fosse affascinante e trasudasse un ché di misterioso. 
-E dimmi, quale città ti ha colpito di più?-  
La ragazza ci pensò su –Mmh, Venezia. Non che le altre fossero da meno, eh- 
-E Firenze?-  
-Firenze mi è piaciuta, ma nulla di che…- Alexa fece spallucce. 
-Ti farò cambiare idea, vedrai- affermò scherzosamente in tono di sfida.  
-Voglio proprio vedere come lo farai- la ragazza inarcò un sopracciglio, sostenendo lo sguardo del ragazzo.



Jacqueline stava guidando sulla strada che avrebbe dovuto portare a casa di Stefan, ma sinceramente non sapeva dove stava andando. Quando pensava di essersi definitivamente persa, scorse un vialetto che probabilmente portava a un’abitazione. Lo imboccò e in poco tempo, attraversando un piccolo boschetto, arrivo davanti a una villetta in mattoni. Non poté fare a meno di pensare che quella casa era proprio bella e che probabilmente era abbastanza datata. Vide la propria auto accanto all’aiuola centrale che si trovava davanti a quella che doveva essere l’entrata principale e parcheggiò quella d’epoca dietro ad essa. Si avviò verso l’imponente porta e suonò il campanello. Quando si aprì, non c’era Stefan dietro l’uscio, ma suo fratello.
-Ehm- disse, spiazzata –Damon, giusto?-
Il ragazzo la guardò come se volesse mangiarla e questo la spaventò non poco –Esatto- rispose facendole segno di entrare –Stefan è dentro-
Entrò in casa e si guardò attorno. L’arredo era molto simile a quello di casa sua.
-Allora,- iniziò lui –che relazione c’è fra te e mio fratello?-
La ragazza per poco non soffocò. Preferiva i silenzi imbarazzanti, piuttosto che le conversazioni forzate.
-Una relazione di amicizia- rispose molto diplomatica, stupendosi della sua risposta –E Caroline come sta? È da tanto che non la vedo-
Il ragazzo schioccò la lingua –Non credo sia quella giusta per me- ammise con finto dispiacere –Parla troppo-
-Ah...- Jacqueline pensava che fosse un po’ poco per troncare un rapporto –mi dispiace-
-Figurati- ribatté lui, dirigendosi verso un tavolino dove c’erano dei superalcolici –Penso che la lascerò, sai?- la informò sussurrando, facendo intendere di non farne parola con nessuno.
Il suo comportamento irritò la ragazza –Non sembri molto dispiaciuto- lo accusò, incrociando le braccia al petto.
-Ti sbagli- e bevve un sorso di scotch –Mi mancherà moltissimo il suo collo-
-Il collo?- chiese, non capendo il nesso.
-Jacqueline- era la voce di Stefan, che evidentemente era appena entrato nella stanza –Ecco le tue chiavi-
La ragazza si voltò e andò a prenderle, rivolgendo un sorriso di ringraziamento all’amico –Come stava Alexandra?-
-Molto meglio. Ora è meglio che tu vada- le disse senza prestarle molta attenzione.
Stranita dal comportamento dei due fratelli, uscì dalla casa e salì velocemente in macchina.

-Ops- esclamò Damon, sotto gli sguardi accusatori del fratello –Quello non dovevi sentirlo-
-Smettila di fare come se ti importasse, Damon. Stai usando Caroline come scorta personale di sangue e lei non se ne rende conto, vero?-
-Mi hai beccato! Sono colpevole- ammise lui, sempre ridendo e scherzando.
-Damon, non sono dei giocattoli. Non puoi usarla e poi cancellarle la memoria-
Il ragazzo preso in questione divenne improvvisamente serio e in un attimo si scaraventò contro il fratello, costringendolo alla parete e stringendogli il collo –Io posso- sussurrò lui con tono minaccioso –Perché sono più forte. Quanti umani riesci a soggiogare prima che ti giri la testa, eh?- gli domandò, mollando la presa -É questa tua dieta che ti rende debole. E la prossima volta che vuoi dirmi cosa posso o non posso fare... pensaci due volte- 
-Dove stai andando?- chiese Stefan, sapendo che se fosse uscito con quella luna avrebbe combinato qualcosa di grave.
-Al ristorante- rispose, facendo l’occhiolino.



Qualche giorno dopo, a scuola...
Erano appena finite le lezioni e Caroline stava parlando con Bonnie e Matt.
-Dici sul serio?- chiese quest’ultimo.
-Mia madre me l’ha detto ieri sera- spiegò lei –Dall’ospedale sono sparite tantissime sacche di sangue. Si pensa che ci sia un qualche traffico illegale dietro a quei furti-
-É orribile!- esclamò Bonnie. 
-E dato che siamo in tema- continuò Caroline -Ho sentito dire da mia madre che ultimamente stanno scomparendo molte persone. E coloro che vengono ritrovate hanno graffi e morsi su tutto il corpo. Come se un animale inferocito si fosse accanito contro di loro- 
-Mio dio… spero che trovino quella bestia al più presto- affermò preoccupata la Bennett.
-Dobbiamo stare attenti ad uscire la sera- costatò Matt.  
Proprio in quel momento Jacqueline e Alexandra si unirono al gruppo e Caroline spiegò di nuovo quello che aveva appena detto. 
-Oh, mio Dio! Chi farebbe una cosa del genere?- chiese Jacqueline, spalancando gli occhi.
-Sì, insomma...- concordò la sorella -Cosa si guadagna a rivendere del sangue?-
La campanella suonò e il gruppo di amici si diresse verso la loro classe, pensando ancora alle notizie sconvolgenti.
Subito dopo la fine delle lezioni, le due Van der Wegen non avevano fatto in tempo a dire una parola, che la furia bionda, Caroline, si parò loro davanti, sorridente come non mai.
-Portatemi degli occhiali da sole- disse la maggiore delle sorelle –Quel sorriso mi abbaglia-
Alexandra la ignorò. –C’è qualcosa che devi dirci?-
-Sono finalmente libera, ragazze!-
Gli sguardi confusi delle altre due la portarono a spiegarsi meglio –Io e Damon non stiamo più insieme-
-Oh, mi dispiace-
-Non devi. Quando stavo con lui non potevo mai fare quello che volevo. Non so... mi costringeva a fare o dire cose e io le facevo senza che me ne accorgessi! Lo so, è strano detto così, ma era una sensazione stranissima-
-Strano è dir poco- commentò la mora.
-Eppure sembravate così felici insieme...-
-Lo pensavo anche io-


Quel pomeriggio al Grill non c’era quasi nessuno e Jacqueline stava armeggiando con la tv per cercare un canale di musica decente.
-Dovresti provare nella stazione 45- le suggerì una voce.
Si girò di scatto e vide il ragazzo, anzi l’ex ragazzo di Caroline.
-Damon- salutò gentilmente. –Posso darti qualcosa?-
-Uno Scotch, grazie- rispose, sedendosi –Doppio-
-Arriva subito- disse, stupendosi che qualcuno bevesse dei superalcolici a quell’ora del pomeriggio.
-Volevo scusarmi per quel mio strano comportamento di qualche giorno fa- iniziò, riferendosi al pomeriggio in cui Jacqueline aveva riportato la macchina di Stefan a casa loro –Mio fratello ha il dono di cambiare la mia personalità- le spiegò, brindando verso di lei.
-É un peccato che non siate in buoni rapporti. Io conosco Stefan da poco tempo, ma mi è sembrato una persona per bene- espose, asciugando qualche bicchiere.
Il ragazzo le sorrise con sarcasmo. –Stai insinuando che io non sia un ragazzo per bene?-
Lei proruppe in una risata spontanea. –Questa domanda di certo non mi fa pensare al contrario!-
-In tal caso permettimi di dimostrarti che ti stai sbagliando- iniziò, guardandola con quegli occhi blu –Venerdì sera sei mia-
-Ehm...- borbottò un po’ spaesata da quell’affermazione –Venerdì sera c’è il ballo di inizio anno e, benché quelle non siano il mio genere preferito di feste, ci devo andare-
Lui non parve prendersela troppo. –Allora ti ci accompagnerò io. Passerò alle nove-
Prese il suo giubbotto di pelle nera e si alzò con grazia dallo sgabello del bancone, lasciando una profumata mancia.
Non capiva perché, ma Jacqueline era attratta dai modi di fare di quel ragazzo anche se non lo conosceva affatto.

Nel prossimo capitolo...

-Stai scherzando, vero?- sua sorella, su tutte le furie, la stava aspettando sui gradini dell'ingresso, ancora vestita a festa.


Angolo delle autrici:
Finalmente il terzo capitolo! Speriamo che finora i capitoli vi siano piaciuti :)
Fra poco la storia comincerà a svilluparsi, rendendo più coinvolgente la trama...
Le recensioni sono bene accette! Ovviamente anche quelle negative :D

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Capitolo 4
*** Il ballo d'inizio anno ***


 Alexandra e Jacqueline erano stupende nei loro abiti, rispettivamente blu e bordeaux. La loro madre le stava osservando, complimentandosi di quanto erano cresciute.
-Oh, che belle le mie ragazze!- esclamò con le lacrime agli occhi.
I vestiti erano perfetti nella loro semplicità. Quello blu di Alexandra arrivava ai piedi con un piccolo strascico e un cinturino in vita, che la fasciava alla perfezione. Aveva i capelli sciolti che le ricadevano sulle spalle come una cascata d’oro. La sorella, come la prima, indossava un abito lungo bordeaux senza spalline che faceva risaltare il décolleté e i capelli erano raccolti in una morbida treccia laterale che le arrivava quasi alla vita.
-Grazie mamma- rispose la più piccola, abbracciandola. 
Nel frattempo, Jacqueline era andata a bere un bicchiere d’acqua. 
Il campanello suonò e la madre, che non stava più nella pelle per scoprire finalmente chi era l’accompagnatore, corse verso la porta. 
Aprì e si trovò davanti due occhi verdi un po’ sorpresi.
-Salve-
-Tu devi essere Stefan- disse raggiante.
-E lei la signora Van der Wegen. È uguale a Jacqueline- constatò, varcando la soglia.
Alexandra era arrivata e lo salutò a gran voce –Ciao Stefan! Siamo pronte. Oh, come stai bene vestito così!- esclamò. Indossava un abito elegante grigio scuro con una camicia bianca che lasciava intravedere il suo fisico scolpito.
La madre intervenne –Questo dev’essere il tuo principe azzurro!-
-Mamma, cosa dici?- la rimproverò scherzando.
Anche Jacqueline era arrivata e quando vide Stefan, lo salutò timidamente. C’era ancora dell’imbarazzo tra di loro dopo quel bacio sbagliato. 
-Allora, vieni? – le domandò la sorella, dopo qualche attimo di esitazione.
-Ehm... in realtà arriverò un po’ dopo con Bonnie- spiegò, con aria poco convinta –Mi ha appena mandato un messaggio e mi ha chiesto di passare a prenderla-
-Va bene. Ti aspettiamo là- acconsentì Stefan, accompagnando Alexandra alla macchina.

La palestra della scuola era addobbata a festa, con luci su tutte e quattro e le pareti e un tappeto rosso che portava all’ingresso principale. Una band suonava sul palco allestito in un angolo e una zona buffet si trovava sul lato opposto. Tutti erano vestiti eleganti e quando Alexandra vide Caroline tra la folla non poté fare a meno di notare quanto bella era nel suo abito verde scuro.
-Ciao- la salutò Alexa –Ti vedo bene- alludendo alla recente rottura.
-Oh, sì! È stato proprio un sollievo-

Stefan e la ragazza stavano prendendo un drink nell’area rinfresco, quando Alexandra senti qualcuno batterle sulla spalla. Si girò e vide sua sorella sorridente, accompagnata da qualcuno che aveva già visto.
-Damon- ringhiò Stefan, facendosi sentire anche se la musica era assordante.
Le sorelle si guardarono perplesse –Non dovevi venire con Bonnie?-
-Contento di rivederti anch’io, fratellino- lo salutò con sarcasmo. 
-Vedo con piacere che non hai cambiato le tue abitudini-
-Questa volta non l’ho costretta. Gliel’ho chiesto gentilmente- ghignò.
Ci fu un attimo di tensione durante la quale le sorelle si guardarono, senza capire a cosa alludevano i due.
-Andiamo a ballare, Alexandra- la invitò il suo accompagnatore, per allontanarsi dal fratello.
-Ma sì, che bella idea!- intervenne Damon, con la chiara intenzione di infastidirlo –Andiamo anche noi-


Stefan vide che Jacqueline era da sola e ne approfittò per andare a parlarle.
-Jacqueline- il suo tono era serio e autorevole.
-Stefan, lo so che...-
Ma venne interrotta dal ragazzo preso in questione –L’hai invitato a entrare?-
-Ehi, calmati!- esclamò lei, allarmata dalla sua domanda così diretta –A cosa ti riferisci, Stefan?-
Lui la scosse per le spalle –Jacqueline, l’hai fatto entrare in casa tua?-
Si vedeva che era preoccupato, ma non capiva tutta quell’agitazione. –No, mi ha aspettato in macchina. Perché lo vuoi sapere?- domandò cominciando a perdere la pazienza.
-Non farlo mai, Jacqueline. Mai- ribadì, come se il messaggio non fosse stato chiaro.
-Se vuoi che faccia una cosa del genere devi darmi un motivo valido- spiegò, portandosi le braccia al petto.
Sembrò in cerca delle parole, ma se ne uscì con un “devi obbedirmi e basta”.
-Obbedirti?- sbottò con gli occhi spalancati, sentendo la rabbia crescere dentro di lei –Ti rendi conto di quello che dici? Capisco che non ti piaccia tuo fratello, ma a me sì. Quindi se voglio invitarlo in casa mia, lo invito-
Intanto si era creata una piccola folla attenta ad ascoltare ogni parola.
-Stai infastidendo la mia dama?- interruppe una voce dietro di loro.
-Damon- chiamò la ragazza –Andiamo via, per favore-
-Come preferisci- disse alzando un angolo della bocca in un sorriso compiaciuto e prendendola per mano.
Si voltò a guardare l’altro fratello e lo vide con un’espressione rammaricata. Forse era stata un po’ troppo dura.
Sulla porta incontrò sua sorella. –Dove vai?-
-Via- rispose malamente, come se lei avesse qualche colpa.
Alexandra andò da Stefan. –Che diavolo è successo? Aveva una faccia...- disse, riferendosi alla sorella.
-Scusa, è colpa mia-
Nella grande sala partì un lento.
-Mi concedi questo ballo?- gli chiese, vedendo la sua espressione triste.
-Non credo che sia il caso-
Alexandra lo prese sottobraccio. –Si dà il caso che lo sia. Forse non sai ballare?-
Il ragazzo si fece convincere e si addentrarono nella folla danzante.
-Non sei per niente male, sai?- gli fece notare con un sorriso –Quasi quasi sei più bravo di me che ho preso tante di quelle lezioni da piccola...-
-É un dono naturale- le rispose gentilmente, di nuovo sereno.
Alexandra aveva il dono di far dimenticare le brutte cose, e questo accadeva soprattutto con Stefan. 
Stavano ballando vicini, lei con la testa appoggiata sulla spalla di lui e, improvvisamente, si trovò a pensare come sarebbe stato baciarlo. Si pentì subito di quel pensiero. In fondo aveva appena lasciato Jeremy.
Una musica vivace prese il posto di quella melodia romantica, destandola da quei pensieri.
-Tutto ok?- 
Stefan si era accorto che qualcosa non andava dal battito del suo cuore, ma questo ovviamente non glielo disse.
-Sì. Prendiamo qualcosa da bere-
Al tavolo trovarono Matt e Caroline che si stavano baciando.
-Oh mio dio!- Alexandra non poté fare a meno di urlare, sovrastando le note musicali.
A Matt venne un colpo. Si staccò subito da lei e si asciugò le labbra. D’altro canto, Caroline era raggiante.
-Ciao ragazzi-
-Oddio, Care...- iniziò con tono insicuro –Siete bellissimi!-
Matt era rosso come la tovaglia di fianco a lui e Caroline era al settimo cielo.
-Andiamo a ballare!- esultò, buttandosi nella calca e trascinandosi dietro i ragazzi.

Jacqueline era in macchina con Damon e ora si stava pentendo di essere scappata con un mezzo sconosciuto.
-Stiamo andando a casa tua?- chiese, rompendo il silenzio.
-Esatto. Voglio aprire una bottiglia di Bourbon degli anni Novanta- disse come se non vedesse l’ora.
La ragazza era un po’ preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere, ma alla fine si convinse.
-Sempre meglio dei drink analcolici della scuola- ammise, sospirando –O dei superalcolici da due soldi che ti passano sottobanco alcuni studenti solo per vederti ubriaca-
Damon sorrise beffardo. –Vedo che hai buon gusto-
-Dovresti venire nella mia cantina. Scommetto che ti piacerebbe- gli propose facendogli l’occhiolino.
Che diavolo stava facendo? L’occhiolino? Probabilmente aveva bevuto quegli alcolici da due soldi senza accorgersene. Oppure era quel ragazzo a farla comportare così?
-Sono sicuro che mi inviterai un giorno o l’altro- 
E a Jacqueline venne in mente il discorso che le aveva fatto poco prima Stefan, ricordandole come l’aveva fatta arrabbiare con quel suo ordine. –Spero che non ti dispiaccia se assaggio prima io quel Bourbon?- 
Come risposta, il ragazzo accelerò sulle strade deserte del venerdì sera, guardando intensamente gli occhi scuri della ragazza.


-Quanto ti è costata questa bottiglia? È buonissima!-
Damon si divertiva a vederla degustare quella prelibatezza. Guardandola, i suoi occhi si posarono sul suo collo completamente scoperto e si ritrovò a pensare a un’altra prelibatezza: quella che scorreva all’interno delle sue vene. Si maledì subito per aver fatto quel pensiero. Jacqueline gli piaceva davvero. Non sapeva bene come o perché, ma sentiva che non avrebbe voluto ferirla.
-Ti faccio ridere?- gli chiese all’improvviso, destandolo dai suoi pensieri.
-No, al contrario... Ti stavo guardando perché sei bellissima- 
Una mezza bugia. 
Jacqueline rimase stupita. Nessuno gliel’aveva mai detto con quel tono e, soprattutto con quello sguardo.
-G-grazie- fu tutto quello che riuscì a dire.
Le prese la bottiglia dalle mani e bevve un lungo sorso direttamente dal collo della bottiglia.
Adesso era lei che lo squadrava. Gli occhi leggermente socchiusi mentre deglutiva, la testa piegata all’indietro con i capelli di solito disordinati che lasciavano libera la fronte e la bocca socchiusa. Dio, com’era bello! Era tutto ciò che avesse mai cercato in un ragazzo.
-Ti faccio ridere?- la prese in giro, citandola.
Lei non fu in grado di dire quello che pensava, così si limitò a prendere la bottiglia e bere a sua volta.



Alexandra si sentiva al settimo cielo tra le braccia di Stefan. Stavano ballando tranquillamente al centro della pista e lei aveva la testa appoggiata sul suo petto, seguendo i suoi lenti ondeggiamenti.
Sembrava troppo bello per essere vero, che una mano le batté sulla spalla; per la seconda volta quella sera.
Jeremy le si parò davanti e fissò gli occhi nei suoi con fare presuntuoso. 
-Vedo che ti riprendi in fretta- le fece notare, lanciando un sguardo carico d’odio al ragazzo dietro la sua ex.
-Jeremy, per favore vattene- 
-No, Alexa. Tu sei ancora mia- 
-Oddio... Sei fatto- constatò lei –Non voglio vederti, Jer. Va via, sto ballando-
Il ragazzo la “strappò” dalle braccia dell’altro e le cinse la vita violentemente.  Alexandra aveva paura, il volto del ragazzo non era normale. La baciò, facendo provare alla ragazza un senso di ripulsione verso di lui. -Jeremy, smettila!- esclamò divincolandosi. –Mollami!-
Una mano si posò sul petto del giovane e lo spinse via.
-Ti ha detto di mollarla- sottrasse la giovane dalla stretta morsa del ragazzo e la prese tra le sue braccia, dandole un bacio sulla testa per calmarla.
-Sei il suo avvocato, per caso?-
-Jeremy, va’ a casa- lo incitò la bionda.
-Ci vado solo se mi costringe il tuo avvocato-
Stefan non si fece provocare e gli ridisse gentilmente di andarsene, ma lui non mollava. Il ragazzo perse la pazienza e si avvicinò a Jeremy. 
-Adesso te ne vai- gli ordinò con voce ferma –E la prossima volta che le darai fastidio non esiterò a fartene pentire di averlo fatto-
Jeremy lo guardò intensamente prima di voltargli le spalle e mormorare qualche insulto. 
A passo svelto la portò via da quel luogo improvvisamente troppo affollato. La prese per mano e l’accompagnò tra la folla, dirigendosi verso il parcheggio.
-Entra in macchina, ti porto a casa- ordinò Stefan.
Fece partire l’auto a gran velocità, percorrendo il tragitto che portava alla residenza Van Der Wegen. 
Una volta arrivati, la ragazza non aveva ancora proferito parola. Si era slacciata la cintura ed era uscita dall’auto correndo verso il giardino. Stefan la raggiunse pochi attimi dopo, e vide che si era seduta sotto la grande quercia di fianco al porticato. Le si sedette accanto.
-Mi dispiace per quello che è successo- si scusò Alexa con voce tremante.
-Tranquilla- la guardò sconsolata nel suo lungo abito blu –Non devi stare male per uno come lui, sei una bellissima ragazza e ti meriti solo il meglio- disse sinceramente.
-È una frase fatta, Stefan. Non sono bella e in quanto ragazzi non sono mai stata fortunata- scoraggiata si alzò, dirigendosi verso la porta di servizio che si trovava a poca distanza da lì. 
Lui dapprima la seguì, poi la prese per mano, portandola dentro casa. Ma, una volta raggiunte le scale si fermò. 
-Che c’è?- chiese incuriosita.
-Hai uno specchio in camera tua?- 
-Ehm sì- tentennò.
-Portami- le ordinò, sempre con le mani intrecciate alle sue.
Percorsero le scale che portavano al piano di sopra, e dopo aver percorso un corridoio Alexandra aprì una porta rivelando così la sua stanza.
Non appena ebbe individuato lo specchio il ragazzo la fece specchiare, lui dietro di lei. Dalla finestra filtrava la luce della luna e delle stelle, l’unica fonte che permetteva loro di vedersi.
Alexandra si guardò. La pelle sembrava quasi argentea e la rendeva affascinante, quel vestito lungo invece le risaltava le curve, rendendola attraente. Ma ciò che stava catturando la sua attenzione era ciò che aveva dietro di sé, ma che poteva vedere tramite il riflesso nello specchio. 
Stefan sembrava un dio greco. L’idea di perfezione gli apparteneva più di ogni altra cosa. Le sue braccia la stavano stringendo in vita. 
Improvvisamente la ragazza si girò, facendo spaventare Stefan, e lo baciò.
Il ragazzo si rese conto di quanto le sue labbra fossero calde e di come quel bacio fosse perfetto. Tutto ad un tratto era diventato avido delle labbra di Alexa. Si baciarono a lungo, provando quella sensazione di completamento.
Si sorrisero, felici e leggermente imbarazzati allo stesso tempo.




-Credo che dovrei fermarmi qui- avvisò dopo che la metà della bottiglia se n’era andata.
-Io credo che tu sia molto a brava a reggere l’alcool, invece- si complimentò con lei –Non molte ragazze ce l’avrebbero fatta... o sarebbero ancora vestite- le si rivolse, ammiccante, consapevole del proprio fascino.
Jacqueline rispose al sorrisino –Mi stai invitando a spogliarmi?-
-Non mi permetterei mai- le sussurrò, avvicinandosi al suo orecchio –Non si deve mettere fretta a una donna-
Il suo respiro le muoveva i capelli, facendole il solletico. Il sangue le salì alle guance e si tirò leggermente indietro, quel tanto che bastava per trovarsi quegli occhi a pochi centimetri dai propri. Anche le loro bocche erano vicinissime e Jacqueline a causa dell’alcool e, forse anche di quel ragazzo, si avventò su di esse.
Le sembrò passata una vita quando si staccarono per prendere fiato, ma i loro sguardi celavano altro desiderio e senza pensarci due volte lasciò che lui la baciasse ancora. Presa da non so quale passione, gli sbottonò la camicia e lo baciò con più foga. Dopo un po’, Damon sembrava essersi stancato dalle sue labbra e si concentrò sul suo collo liscio, ma all’improvviso la guardò negli occhi e le disse con una voce che non aveva mai sentito prima di stare immobile e di dimenticare quello che stava per fare. Lei, come caduta in uno stato di trance, acconsentì con un cenno della testa e lasciò che il ragazzo le scostasse i capelli e le piegasse la testa di lato. Lui le posò le labbra sul collo e, senza preavviso, ci affondò i denti. Jacqueline, come le era stato ordinato, non si mosse e non emise nessun suono. Semplicemente lasciò che Damon bevesse il suo sangue fino a che non si fosse stancato. Per fortuna non successe dopo molto tempo, perché iniziava a sentire che le gambe facevano fatica a sorreggerla.
Lui si pulì la bocca e le rimise i capelli sul collo, a coprire i due fori.
-Mi dispiace, Jacqueline- le disse sinceramente mortificato. –Ora puoi ritornare in te- ordinò, di nuovo con quella voce, accarezzandole una spalla.
Come per magia, la ragazza si riprese dalla trance.
-Ti accompagno a casa- le disse mettendole la propria giacca, in modo che non prendesse freddo.
Lei sembrò un po’ riluttante. Non capiva da cosa era dovuto quel cambio di situazione.

-Stai scherzando, vero?- sua sorella, su tutte le furie, la stava aspettando sui gradini dell'ingresso, ancora vestita a festa.
-Tranquilla, Alexa. Va tutto bene- la rassicurò, facendosi aiutare da Damon a scendere dall’auto. I tacchi alti e l’alcool non andavano affatto d’accordo.
-Hai bevuto?- 
-Sarebbe grave se queste fossero le mie condizioni da sobria, non credi?-
Solo allora notò che il suo rossetto e il vestito erano un po’ sgualciti e che il ragazzo che la sorreggeva aveva i primi quattro bottoni della camicia aperti. D’altra parte non soffriva troppo il freddo... o il caldo.
Lui ovviamente se ne accorse. –Sarà meglio che vada... prima che mi lanci addosso quella borsetta- disse rivolto ad Alexandra, “passandole” la sorella. -Ci vediamo, ragazze-

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Capitolo 5
*** Paure e ricordi ***


Il giorno seguente Jacqueline era distrutta  e doveva comunque andare al Grill. Era nel bagno della sua camera e si stava sistemando quel tanto che bastava per non assomigliare a uno zombie. Le occhiaie erano palesi e  i capelli, arruffati e spettinati dalla lunga dormita, erano raccolti in una coda alta. Si stava sciacquando il viso quando, passandosi l’asciugamano per asciugarsi, sentì un leggero dolore al collo. Si avvicinò allo specchio ed esaminò le piccole punture che si vedevano sulla pelle.
-Ma che diavolo...?- esclamò, passando una mano su di esse.
-Cos’è successo?- chiese la sorella, entrando in camera.
L’altra si stava ancora guardando allo specchio. –Ah, niente. Devo essermi graffiata nel sonno-
Prese il correttore e coprì la ferita alla bel l'è meglio, non curandosi che si intravedesse ancora. Ma quando si allontanò dallo specchio, la vista le si offuscò per un secondo e, all’improvviso si vide passare davanti agli occhi dei flash, come se fossero stati dei ricordi. Molto sicuramente lo erano perché in una di quelle tante immagini disconnesse che aveva appena visto c’era Damon.
-Ricordami di non bere più il Bourbon, Alexa- disse, uscendo dal bagno e andando verso la sorella che si stava preparando per andare al Grill con lei.
 
 
Alexandra chiamò a gran voce –Jacque! Dov’è il mio ordine?-
-Calma, dolcezza- le disse malamente, appoggiando una birra al tavolo dov’era seduta sua sorella. –Porto qualcosa anche per te, Stefan?-
-No, grazie. Per ora sto bene così-
Tornò al bancone e guardò quella coppietta da lontano. Stavano proprio bene insieme ed era estremamente felice che la sorella si fosse dimenticata di Jeremy. La guardò lanciare sguardi timidi al ragazzo di fronte a lei e sorridergli quando si parlavano.
-Tua sorella ci sta fissando- l’avvisò Stefan, facendo un cenno con la testa in direzione del bancone.
Alexandra era imbarazzata dal comportamento della sorella. –Fa sempre così quando... quando mi vede felice-
Stefan le posò una mano sopra la sua, facendo sussultare la ragazza. –É carino da parte sua... preoccuparsi di come ti senti- il suo sguardo si spense. –Vorrei avere anch’io un fratello così-
Alexa non sapeva cosa dire. Conosceva poco suo fratello, ma la prima impressione che le aveva fatto era quella del tipo un po’ stronzo. Effettivamente non le piaceva molto la piega che la relazione con sua sorella aveva preso, ma non doveva dubitare delle sue scelte.
-Mi dispiace, Stefan. Ma cos’è successo tra di voi?- domandò, titubante.
Lui sembrò preso alla sprovvista, come se non avesse una risposta pronta per quella domanda. –É successo molto tempo fa, ma... non siamo ancora riusciti a metterci una pietra sopra-
-Era per via di una ragazza, vero?- Alexandra non voleva ammetterlo, ma lo aveva pensato fin da subito.
-Era per via di una ragazza, sì- ammise sorridendo, colto nel segno –Ma come ho detto prima, è successo molto tempo fa-
E strinse di più la mano della ragazza, come per farle capire che ormai era acqua passata e che ora c’era solo lei.
Jacqueline ignorò quasi tutti i clienti, zittendoli, presa com’era dall’osservare i due giovani. Stava riempiendo un bicchiere da ormai più tempo del dovuto, facendo straboccare il liquido, quando una voce la riportò alla realtà.
-Così sprecherai un’ottima annata- intervenne quella voce, fermandole la mano che teneva la bottiglia.
Le venne un colpo. Era la seconda volta che Damon la faceva sussultare, dietro quel bancone. –Cristo! Mi verrà un infarto- sospirò, mettendosi una mano sul petto.
-Sei felice per la tua sorellina?- chiese, volgendo lo sguardo dove poco prima era diretto quello della ragazza.
-Sì, aveva bisogno di dimenticare. Fammi indovinare... Uno Scotch doppio?-
-Nah, preferisco del Bourbon stasera- rispose, alludendo volutamente alla sera precedente.
Jacqueline arrossì a vista d’occhio e, come prima, arrivò inaspettatamente... un altro flash. Si aggrappò al bancone, rovesciando la bottiglia di Sambuca che aveva in mano da prima e portandosi automaticamente una mano alla tempia. Vide sempre Damon, ma questa volta la stava baciando. Capì che erano nella pensione dei Salvatore.
-Jacqueline!- sentì una voce chiamarla in lontananza –Ehi, Jacqueline che cos’hai?-
La voce di Damon la svegliò dalla trance, che era durata più a lungo ed era stata più intensa della prima.
Riaprì gli occhi e si ritrovò davanti alcune persone che la fissavano.
-Tutto bene?- le chiese il ragazzo, sinceramente preoccupato.
Lei ovviamente non accennò al fatto che lo aveva appena visto e rispose con un cenno del capo. Intanto erano accorsi anche Stefan e sua sorella. Lei era preoccupata, mentre lui, solo circospetto.
-Jacque, stai bene?-
-Sì... è solo mal di testa. Tranquilla-
Si accorse che Stefan la stava osservando, con un’espressione sconvolta sul viso. Aveva visto le due ferite sul suo collo.
 –Cosa ti sei fatta lì?- domandò con finto stupore, allarmando il fratello.
-Ha detto che si è graffiata la notte scorsa- spiegò Alexandra.
Ovviamente Damon e Stefan sapevano che non era così e quest’ultimo lo guardò con odio, facendogli capire che dovevano parlare subito.
-Credo che mio fratello voglia parlarmi. Scusate, signore- Stava per alzarsi, quando la porta del Grill si spalancò con violenza. Un ragazzo, che Alexandra conosceva fin troppo bene, entrò.
-Oh no, ci mancava solo Jeremy!- esclamò la mora. –Alexa, non farci caso-
-No. Se deve dirmi qualcosa, lo può fare qui davanti a tutti- disse, risoluta.
Jeremy si avvicinò al gruppetto.
 –Ancora tu, Salvatore?- chiese, riferendosi a Stefan. –Non pensavo ti piacessero sfigati del genere Ale. Ma fai pure, tranquilla... Fatti pure tutti i ragazzi che vuoi, perché tu puoi, vero?- le si rivolse soppesando quel verbo. –Ma ricordati che quello giusto per te sono io, puttana-
La risolutezza che prima capeggiava nel volto della bionda, era ora ridotta a una maschera di tristezza e sofferenza. Stefan non ci vide più, non poteva sopportare che lei soffrisse in quel modo. Non per un verme come lui. Preso dalla rabbia, si mosse alla sua “naturale” velocità e gli portò una mano al collo, sentendo che se avesse impresso un po’ più di pressione non avrebbe fatto fatica a staccare quella brutta testa dal resto del corpo. Si trattenne dell’alzarlo da terra per non creare troppa scena, già abbastanza rilevante.
-Non osare parlarle di nuovo. O giuro che ti ammazzo-
Le sorelle non avevano mai sentito Stefan parlare così. Erano terrorizzate. L’unico che sembrava tranquillo e che, anzi, pareva godersi la scena, era Damon. Jacqueline lo chiamò.
-Mio dio, fa’ qualcosa!- era uscita da dietro il bancone e scrollava un braccio di Stefan, nel vano tentativo di allontanarlo da Jeremy.
A quel punto il più vecchio dei due fratelli s’intromise e con facilità li distaccò, dando una spinta a entrambi che fece cadere l’umano rovinosamente a terra.
-Non vorrai attirare troppo l’attenzione, vero?- mormorò al fratello –E poi sono io quello che mette a rischio il tuo soggiorno qui- e si risedette sullo sgabello come se niente fosse successo.
Alexandra era terrorizzata dal comportamento di Stefan. Quello che prima sembrava il ragazzo più dolce del mondo, si era trasformato in un mostro. La sorella si accorse del suo stato d’animo e andò a consolarla, ma lei aveva occhi solo per Stefan, ed erano occhi pieni di lacrime. Il ragazzo, resosi conto di quello che aveva fatto, si girò e usci di fretta dal locale.
-Ok, andiamo a casa- ordinò Jacqueline –Vado ad avvisare Matt-
Tornò dopo qualche minuto, trovando la ragazza dove l’aveva lasciata. Le circondò le spalle con un braccio e dirigendosi verso l’uscita, si voltò e rivolse a Damon, che ovviamente era scocciato da come si era conclusa la serata, un saluto silenzioso.
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
Damon si girò di scatto verso la fitta boscaglia che circondava quello spiazzo.
-Cos’hai visto?-
-Resta in acqua- le ordinò perentorio.
-Non capisco. Cosa succede?-
-Aspettami qui- le disse velocemente -Controllo una cosa-
-Ma...- iniziò lei, ma il ragazzo si stava già dirigendo verso la sponda più vicina.
Dopo essere uscito si inoltrò nel bosco e a Jacqueline venne un colpo. Che diavolo stava facendo?
 
                                                                                                                                                
 
Note delle autrici:
Ciao a tutti! Scusate per la brevità del capitolo. Per farci scusare aggiorneremo al più presto!

Volevamo farvi sapere una bellissima cosa che ci è capitata ieri (mercoledì): siamo andate a Venezia alla mostra del cinema e... abbiamo incontrato PAUL WESLEY! Ragazze è davvero tanto tanto tanto tanto bello, gentile e simpatico, seriamente. Abbiamo fatto delle foto con lui e Alexa si è pure messa a piangere da quanto era emozionata e Jacque ovviamente l’ha consolata. Abbiamo avuto molta fortuna nell’incontrarlo, perché non c’era molta gente intorno a lui. Una giornata proprio da ricordare! Ora il prossimo che ci piacerebbe incontrare sarebbe Ian, giustamente :P ;)

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Capitolo 6
*** Riappacificazioni ***


-Quindi ragazzi, avete capito cosa dovrete fare per la prossima volta?- chiese il professor Tanner, una volta che la campanella suonò.
-Sì- risposero pigramente alcuni ragazzi.
Alexandra si alzò dal banco di fretta facendo cadere un libro che venne prontamente raccolto da qualcun altro. Alzò lo sguardo per ringraziare la persona in riguardo e davanti a sé trovò Stefan. Prese il suo libro tra le mani e lo infilò in cartella, sussurrando un –Grazie-
Stava per andarsene quando il ragazzo le bloccò il passaggio –Parliamo- ordinò, cercando di essere il meno autoritario possibile.
-Va bene- si lasciò guidare dal ragazzo. La portò in biblioteca, a quell’ora vuota. Chiusero la porta e si sedettero su delle sedie.
-Mi dispiace per quello che hai visto l’altro giorno… Non volevo vedessi la mia parte negativa- si passò una mano tra i capelli, con fare ansioso –Ma non sopporto che quel ragazzo ti faccia del male, cerca di capirmi- 
Alexa lo guardava e si chiedeva come una persona così perfetta potesse avere un lato oscuro –Ero terrorizzata, non pensavo potessi essere così forte- fece una pausa –Ma non voglio essere spaventata da te e non ho intenzione di tenere il muso più a lungo… promettimi solo che non vedrò più quel tuo lato- 
-Non avrei mai voluto spaventarti. Te lo prometto- 
Le prese la mano e la fece alzare dalla sedia, facendola sedere sulle sue gambe. Si baciarono di nuovo, come avevano fatto quella notte dopo il ballo.
    

-E poi?- domandò Bonnie.
Jacqueline stava raccontando della sera del ballo e di cos’era successo da Damon –Niente, oltre a bere Bourbon non abbiamo fatto altro. Devo essermi ubriacata così tanto da non ricordarmi quello che è successo- 
-Ma state insieme?- chiese Caroline, seduta a fianco di Matt. Loro due formavano una nuova coppietta. Erano molto carini insieme. 
-Per ora ci stiamo frequentando, ma credo che presto accadrà qualcosa- sorrise a quell’affermazione. Damon le piaceva proprio, era quel tipo di ragazzo cercava: affascinante, misterioso e aveva un che di eterno dannato.
Stava sognando a occhi aperti e immaginando come sarebbe stato se un giorno sarebbe venuto a prenderla a scuola quando un pensiero le balenò alla testa -Dov’è mia sorella?- chiese guardandosi in giro.
Gli altri la imitarono, finché non la videro mentre entrava in mensa mano a mano con Stefan. Jacque sorrise, evidentemente i due avevano sistemato le cose. 
Si sedettero sotto lo sguardo attento degli amici –Ciao- li salutarono i due.
-Alexa, cosa vuoi da mangiare?- domandò Stefan, dopo che la ragazza si sedette.
-Ehm, prendimi solo una bottiglietta d’acqua. Non ho fame, grazie- il ragazzo le sorridette, allontanandosi verso i distributori.
-Cos’è successo?- chiesero non appena Stefan si fu allontanato abbastanza.
-Nulla di che, gli ho solo detto che mi aveva spaventato. Lui mi ha tranquillizzata e poi ci siamo baciati… tutto qua- spiegò guardandosi le mani.
-E ora state insieme?- domandò un’altra volta Caroline.
Alexandra si fermò, pensando –Non lo so, non me l’ha chiesto. Suppongo di sì. Ora zitti che sta arrivando- 
-Tieni, Alexa- le porse la bottiglia e si sedette, sorridente. Ovviamente aveva sentito tutta la conversazione e aveva capito cosa voleva la ragazza. 


Il suono della campanella determinò la fine delle lezioni. Jacque si trascinò, stanca, verso l’uscita. Vide la sorella in lontananza parlare con Stefan, Bonnie e Caroline che andavano verso il Grill a piedi e... Damon. 
Non appena i due si videro si sorrisero, e s’incamminarono l’uno verso l’altro, incontrandosi a metà strada. 
-Ciao- lo salutò timidamente sotto il suo sguardo penetrante –Ehm... mi dispiace di come sia finita la serata al Grill-
-Già- convenne lui –non abbiamo potuto salutarci come si deve- 
-E come si dovrebbe?- chiese, capendo dove volesse andare a parare.
-Mmh...- fece finta di pensare –Più o meno così- 
Le prese il volto fra le mani e la baciò, lì in mezzo al parcheggio e Jacqueline si sentì profondamente osservata, ma non imbarazzata. Non si spiegava perché, ma quel bacio le sembrava così giusto... E soprattutto sentiva che la persona era quella giusta. 
-Ciao- mormorò lui quando si allontanarono, facendola arrossire –Sei pronta per partire?-
-Eh? Partire per dove?- Jacqueline non capiva e lo guardò leggermente preoccupata.
-Non fare quella faccia- disse sorridendole -Pensavo di portarti in montagna. C’è un bel posto che volevo farti vedere dove la visuale è ottima per… beh, è semplicemente ottima-
Jacqueline era ipnotizzata da quel sorriso provocante -Ah sì… per me va bene!-
La ragazza entrò in macchina, sotto lo sguardo di tutta la scuola che si chiedeva chi fosse quel misterioso ragazzo, che aveva rapito la maggiore delle sorelle Van Der Wegen.
Quando trovarono la strada serrata, poco prima del sentiero per raggiungere la cima della montagna, Jacqueline sgranò gli occhi. La salita era molto ripida, e non sapeva se ce l’avrebbe fatta a percorrerla. Damon parcheggiò in un piccolo spazio, tra due alberi, poi guardò la ragazza -Bene! Ci sarà un po’ da camminare, spero non sia un problema-
-Ehh, in realtà ultimamente ho male alla caviglia sinistra. Spero di farcela, ma è meglio non sforzarla troppo- lo informò, uscendo dall’auto.
-Mmh- meditò lui, la mano sul mento. Chiuse a chiave l’auto e andò verso di lei. La squadrò un momento -Questo vuol dire che ti porterò in spalla. Dai, sali-
Jacque lo guardò -Ma cosa? No dai Damon, non ce n’è bisogno!- esclamò ridendo. Il ragazzo però non demordeva e, infine,  si trovò con le braccia intorno al collo di Damon e le gambe sui suoi fianchi. Era leggermente preoccupata, non voleva che lui si affaticasse il doppio. Ma il ragazzo sembrava reggere normalmente la situazione.
-Sicuro che non sia un peso?- chiese dopo un po’ di tempo.
-No no tranquilla non c’è problema- anche se non poteva vederlo, poteva scommettere che stava sorridendo, divertito dalla ragazza che era imbarazzata -Allora, ho sentito che Alexa e Stefan hanno risolto la situazione-
-Sì sì, fortunatamente-
Jacqueline si spostò una ciocca di capelli che le era finita davanti al viso. 
-Non ti da fastidio il fatto che Stefan si sia “ripreso” così velocemente?-  
-Nah, sono contenta che abbia trovato la ragazza giusta in mia sorella. Stanno bene insieme perché loro due sono in qualche modo simili- disse, appoggiando la testa su quella del ragazzo. I suoi capelli sapevano di un profumo gradevole.
-Sei stanca?- chiese il ragazzo. 
-Ehm no, no. Ma dovrei essere io a chiedertelo- disse, notando che Damon stava velocizzando il passo. 
-Siamo arrivati comunque-  
Jacqueline rimase a bocca aperta. La salita era finita e aveva lasciato posto ad una piccola radura pianeggiante con un laghetto, il tutto circondato da alberi. Inoltre, come lui le aveva detto prima di partire, la vista sulla città era mozzafiato.  
-Wow- furono le uniche parole che seppe dire, scendendo dalla schiena di Damon. 
-Bello, eh?- chiese, prendendole la mano -Vieni- e la portò verso la sponda di quel lago dalle acque cristalline.  
-Peccato che non faccia caldo! Sennò un bagno l’avrei fatto certamente- strinse ancora di più la mano del ragazzo, avvicinandosi a lui. 
-In realtà la temperatura dell’acqua non è molto più bassa di quella esterna- spiegò lui.
-Stai suggerendo di buttarci in acqua?- domandò con aria divertita, imitando il suo sguardo provocante -Ma quando usciremo il sole sarò tramontato e mi congelerò!-
-Possiamo toglierci i vestiti e scaldarci in un altro modo...- suggerì, guardandola sensualmente. 
Jacqueline scoppiò in una risata cristallina. Si domandava come faceva a restare da sola con un tipo così senza avere paura di quello che avrebbe potuto farle -In tal caso, spero che non faccia così freddo- rispose volutamente scortese, ma iniziò a togliersi le scarpe.
Lui restò solo con i pantaloni, mentre lei con la canottiera e gli slip.
-Vuoi una foto, per caso?- la stuzzicò, quando si accorse che lo stava squadrando dalla testa ai piedi.
-No, mi basterà questo ricordo- e per la prima volta fu lei a baciarlo, cogliendolo di sorpesa.
Con un brusco movimento, all’improvviso, Damon saltò giù dal pontile portando con sè la ragazza.
Quando riemersero, Jacqueline non aspettò un attimo a inveire contro di lui e quella sua stupida idea -E′ gelida! Per niente calda!-
-Nuota- suggerì, trascinandola con lui verso il centro del laghetto -Ti passerà subito-
E in effetti era vero. Nei minuti seguenti si divertirono come due bambini a sguazzarsi e farsi il solletico sott’acqua. Poi si ritrovarono entrambi a pancia in sù, a scrutare il cielo che stava cominciando ad imbrunire.
-Stanotte c’è la luna piena- ruppe quel rilassante silenzio Jacqueline, osservando la grande sfera in lontananza.
Damon si girò di scatto verso la fitta boscaglia che circondava quello spiazzo.
-Cos’hai visto?-
-Resta in acqua- le ordinò perentorio.
-Non capisco. Cosa succede?-
-Aspettami qui- le disse velocemente -Controllo una cosa-
-Ma...- iniziò lei, ma il ragazzo si stava già dirigendo verso la sponda più vicina.
Dopo essere uscito si inoltrò nel bosco e a Jacqueline venne un colpo. Che diavolo stava facendo?
Non si curò del suo consiglio e andò verso il pontile. Quando stava per uscire sentì dei rumori provenire dalla parte del bosco dove era entrato Damon. Il rumore si tramutò in un ululato straziante, come se un animale stesse soffrendo. Poi, all’improvviso, tutto tacque. 
La ragazza era salita nel pontile di legno e stava aspettando che Damon tornasse e, vedendo che non arrivava, si preoccupò non poco. Decise di seguirlo, quando sentì il bassobosco frusciare e capì che qualcosa o qualcuno stava uscendo. Per un momento le si fermò il cuore, poi, quando vide che si trattava del ragazzo, iniziò a respirare di nuovo. Corse verso di lui, non curante dei sassolini che le pungevano i piedi nudi e si fermò a pochi metri.
-Cos’è successo?- 
Damon aveva il lato sinitro dei pantaloni strappato dal ginocchio in giù, ma sulla gamba nessuna ferita.
-Ho sentito quell’ululato e...- ci pensò su un attimo -e sono scappato fuori. Evidentemente devo essermi impigliato in qualche ramo- costatò, guardando i jeans scuri ormai da buttare -Non ti avevo detto di aspettare in acqua?- la interrogò, leggermente scocciato.
-Sì ma... ho sentito quei rumori e pensavo che fossi in pericolo-
-Sta’ tranquilla, è tutto a posto. Credo sia meglio che ci avviamo all’auto- disse raccogliendo gli abiti dal legno bagnato.

-Cos'è successo?- domandò Stefan quando vide il fratello entrare in casa.
-Ho avuto una piccola rissa. Lunga storia...- tagliò corto, salendo le scale.
-Damon, cos'hai fatto?- Stefan iniziava a preoccuparsi per Jacqueline.
-Non ti piacerà molto...- iniziò, voltandosi -Ho appena ucciso un licantropo nel bosco a nord della città-
Stefan aveva spalancato gli occhi a quell'affermazione -C'è un licantropo in città?-
-C'era- gli fece notare con un espressione vittoriosa.
-Damon, non prenderla così alla leggera. Potrebbero essercene altri e sai come tengono alla famiglia. Se uno di loro viene ucciso, non aspetteranno un attimo a vendicarlo!Hai lasciato qualche indizio che possa portare a te?-
-Ehm, Stefan? Noi siamo gli unici vampiri a Mystic Falls... Non pensi che quei cani sappiano già chi cercare?- chiese con un'evidente nota sarcastica.
-Fantastico- borbottò tra se e se, passandosi una mano irrequieta fra i capelli.
-Tranquillo, fratellino- lo consolò, dandogli una pacca sulla spalla -Se arriveranno, saremo pronti a difenderci- e salì verso la sua stanza.




Nel prossimo capitolo....

-Credi che Bonnie sia una strega?- continuò la sorella, senza badare a ciò che l’altra le aveva appena detto. 
-Sì, non capisco perché dovrebbe raccontarci una bugia così cretina. Quindi sì, le credo-
-E cosa ti ostacola dal pensare che loro potrebbero non essere chi sembrano?- 

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Capitolo 7
*** Verità da scoprire ***


 
Le due sorelle non avevano mai creduto al paranormale e a tutto ciò che ne consegue. Ma quando, quella sera, Bonnie aveva pronunciato loro le parole –Sono una strega- non l’avevano presa sul ridere, anzi.


Tutto era cominciato lo stesso pomeriggio. Dopo i recenti avvenimenti avevano tutte bisogno di una serata tranquilla tra ragazze. Bonnie e Caroline si erano recate da Jacqueline e Alexandra, che le attendevano a fine scuola. Avevano guardato un film insieme, mangiando le peggiori schifezze e poi avevano sparlato delle ragazze e dei ragazzi del loro istituto.
Poi Bonnie aveva cominciato con il dire che ultimamente si sentiva strana: non dormiva molto bene a causa dei sogni che faceva, vedeva cose che sarebbero accadute e una volta era riuscita a spostare un oggetto con la sola forza del pensiero.
-Sarà lo stress- azzardò Caroline, bevendo un sorso d’acqua dal bicchiere.
-Non credo… L'ho spiegato a mia nonna e anche lei mi ha detto che alla mia età sentiva le stesse mie cose-
Le tre ragazze ascoltarono in silenzio, senza capire dove volesse andare a parare.
-Mi ha detto che con il tempo le visioni sono aumentate. Visioni di cose che sarebbero accadute anche a distanza di tempo- Bonnie guardò i volti inquieti delle amiche.
-Quindi?- chiese Jacque, cercando di farle sputare il rospo.
-Mia nonna mi ha detto che siamo streghe-
Calò il silenzio nel salotto di casa Van Der Wegen. Le due sorelle si guardarono basite, mentre Caroline fissava a bocca aperta Bonnie. Provarono a formulare qualche frase ma tutto quello che riuscirono a dire fu:
-Wow-
-Oh dio-
-Come?-
-So che sembra strano e nemmeno io credevo a queste cose. Ma credetemi, quello che vi sto dicendo è vero- Raccontò loro di come l’aveva vissuta inizialmente e di come si era abituata all’idea. Disse loro che non c’era bisogno che si preoccupassero. Non aveva alcuna intenzione di usare la magia per mettere nei guai la gente. Anzi, meno l’usava, più si stava meglio.
Ma Bonnie non sapeva come spiegare ciò che stava per dire, soprattutto non sapeva come Alexa e Jacque avrebbero reagito. Ma prese un respiro e lo disse –I Salvatore non sono chi dicono di essere. Nascondono qualcosa che non vorreste mai sapere. Loro sono pericolosi-
-Ma cosa...?- nessuna delle due capiva.
-Non è vero, Bonnie! Sappiamo bene chi sono- affermò Jacque, sicura di ciò che stava dicendo.
-Sono dei ragazzi normali. Sì, è vero, sono più fighi di tutti gli altri ragazzi, ma non nascondono nulla- la spalleggiò Alexandra –Ce ne saremmo accorte se ci nascondessero qualcosa-
Cadde nuovamente un silenzio quasi tombale tra le quattro ragazze. Fu Caroline ad alleggerire la tensione creatasi.
-Beh, se sei una strega prevedimi il futuro! Sarò ancora insieme a Matt quando avrò 40 anni?- risero insieme, ma senza togliersi dalla testa ciò che l’amica le aveva appena detto.
 
Una luce abbagliante la accecò e in pochi istanti si catapultò a casa Salvatore. Damon era di nuovo lì e le stava dicendo qualcosa, a pochi centimetri dalla sua faccia. Sentì la mente svuotarsi, come se non avesse più la necessità e la capacità di proferire parola. In quel momento voleva solo starsene lì immobile e obbedire a tutto ciò che le avrebbe detto il ragazzo. Si sentiva come una sua proprietà e avrebbe fatto qualcosa solo dopo un suo ordine. Damon si avvicinò all’incavo del suo collo con la spalla e vi posò le labbra. Lei nel frattempo non si era mossa di un millimetro. Non si mosse nemmeno quando sentì qualcosa di affilato penetrarle la pelle tesa della gola.
Solo in quel momento Jacqueline si svegliò, soffocando un urlo. Era scossa da forti tremori e ricoperta da uno strato di sudore, come se avesse avuto la febbre. Istintivamente si portò una mano al collo, ma non ci trovò nulla di strano. Non riuscendo a trovare pace e a capacitarsi che quello era solo un sogno, entrò nel bagno all’interno della sua camera e si rinfrescò il viso. Aveva una faccia sconvolta ed esangue. Davvero non le sembrava un sogno. Era più come un ricordo che prima non riusciva a ricordare.
Tornò sotto le coperte, ma il sonno non arrivava e restò sveglia fino alla mattina seguente, continuando a pensare a ciò che aveva visto e provato in quei ricordi.
 
La mattina, dopo che le ragazze se ne furono andate, Jacqueline parlò alla sorella.
-Vieni un attimo in studio? Devo dirti una cosa- le disse, stando attenta a non farsi sentire dalla madre, che era in cucina a preparare una torta.
Salirono le scale e si recarono nello studio. Una volta chiusa la porta e sedute sui divanetti in pelle, Jacque cominciò –Ho fatto un sogno in cui c’era Damon. Noi stavamo bevendo Bourbon e parlando, non so di cosa. Eravamo tutti e due vestiti come al ballo e sembrava così reale la situazione...- si coprì il volto con le mani, impaurita di ciò che stava per dire –Poi lui ha appoggiato i denti sul mio collo e ha come succhiato il sangue e… non lo so, non capisco quello che è successo! Dev’essere così, ne sono sicura. Non può essere un sogno Alexa. Quella notte Damon ha bevuto il mio sangue dal mio collo e i segni che avevo ne sono la prova-
Alexa la guardò impaurita –No Jacque, non può essere. Sarai stata suggestionata da ciò che Bonnie ha detto. Non è una cosa umana succhiare il sangue delle persone altrui. Bisognerebbe essere… un vampiro-
-Non è la prima volta che faccio un sogno del genere. Prima di questo ho avuto dei flash che mi hanno come fatto rivivere quella sera. E tutto coincideva alla perfezione-
Alexandra ricordò la scena al Grill. Non sapevano più cosa dire. Pochi minuti di silenzio e la sorella maggiore prese nuovamente la parola –Stanotte, dopo aver fatto quel sogno non sono più riuscita a dormire. Allora ho pensato a quello che ha detto Bonnie. E ha ragione, effettivamente. Cosa sappiamo noi di loro? Solo le informazioni basilari. Non sappiamo da dove vengono, come si chiamano i loro genitori, che fine hanno fatto, perché si sono trasferiti qui...-
Alexa parlò –Non lo so, Jacque. Non so cosa credere-
-Ho collegato anche gli ultimi avvenimenti recenti: sacche di sangue rubate, persone che spariscono senza fare più ritorno. E chi ritorna ha graffi e morsi. Come se un animale gli avesse fatto del male per qualche strano motivo. E tutto ciò da quando succede? Da quando loro sono arrivati qui, a Mystic Falls. Tutto ciò è… preoccupante-
Alexandra la guardò preoccupata –Ma cosa stai dicendo? Come potrebbero loro essere degli esseri sovrannaturali? Se è come dici tu avrebbero avuto tempo per ucciderci. Smettila di farti paranoie che non stanno né in cielo né in terra-
-Credi che Bonnie sia una strega?- continuò la sorella, senza badare a ciò che l’altra le aveva appena detto.
-Sì, non capisco perché dovrebbe raccontarci una bugia così cretina. Quindi sì, le credo-
-E cosa ti ostacola dal pensare che loro potrebbero non essere chi sembrano?- Jacqueline si alzò dal divanetto e uscì dalla stanza, come in una sorta di trance, lasciando Alexa con mille dubbi.
 
 
-Sto andando a lavorare al Grill, vieni con me?- chiese Jacqueline la sera stessa.
Alexandra ci pensò su -Mmh, sì. Almeno ci facciamo compagnia a vicenda-
Salirono in macchina e, una volta arrivate al Grill videro che i Salvatore erano già là ad aspettarle.
-Fai finta di nulla- sussurrò la minore alla sorella, visibilmente preoccupata.
Jacque si diresse negli spogliatoi del personale e si cambiò velocemente. Intanto la sorella si sedette al bancone, giusto in mezzo tra i due ragazzi. “Evviva” pensò.
-Ah, ciao Stefan- si risvegliò dai suoi pensieri. Il ragazzo la salutò con un bacio e lei appoggiò minimamente le labbra.
-Qualcosa non va?- chiese lui, preoccupato.
“Bene, sono passati due minuti e si è accorto che c’è qualcosa che non va. Credo sia un record per un ragazzo”.
-No no, tranquillo- prese la sua mano e gliela strinse.
Jacqueline comparve da dietro il bancone, rigida -Bene ragazzi, cosa prendete?-
-Non mi saluti come si deve?- Damon stava facendo il finto offeso.
-Ciao Damon. Stefan- quasi spazientita chiese un’altra volta -Su, cosa prendete?-
-Doppio Scotch, tesoro- 
-Anche per me-
-Anch’io voglio lo scotch!- esclamò la bionda, sentendosi esclusa.
-Tu non lo reggi l’alcool, e stasera mi servi sobria- disse preparando i bicchieri -Della Coca cola andrà più che bene per te-
-Uffa-
-Tenete- diede loro le cose che avevano ordinato e andò a prendere le ordinazioni da un tavolo.
-Stefan, me lo fai provare tu?- chiese, facendo gli occhioni. Stefan la guardò, sorridendo, e svelando i lunghi canini. Alexa li vide e sbarrò gli occhi. Il ragazzo si accorse del cambio repentino d’umore di lei -Che c’è?-
“Posso giocare questa cosa a mio favore…” pensò.
-Stavo pensando che hai dei canini fantastici! Fammeli vedere bene- e gli aprì la bocca, esaminandogli i denti. Erano veramente aguzzi e sembravano affilati -Ma è una cosa di famiglia?-
Alexa riuscì ad intercettare Stefan mentre lanciava un’occhiata preoccupata a Damon.
-Apri la bocca Damon- disse girandosi dalla sua parte.
-Ma cosa…- aprì la bocca sotto l’ordine della ragazza. Stessi identici lunghi canini affilati del fratello -Sì, è di famiglia. Io e Jacque non li abbiamo così. Devono andare bene per strappare la carne… zam zam!-
-Sei proprio buffa stasera- Stefan la guardò, scrollando la testa.
Intanto la sorella maggiore tornò dietro al bancone
-Voi tre, tutto apposto?- chiese fissando Alexa.
-Sì… Jacque, devo andare al bagno- la informò. In realtà non doveva andare in bagno, ma solamente parlarle in privato.
-Allora vacci- evidentemente Jacque non capiva.
-Ma no… devo andare al bagno, bagno- come poteva farsi capire senza che i due ragazzi intendessero?
 -E quindi?-
Damon venne in loro aiuto -Sta cercando di dirti che deve parlarti in privato- e si scolò il bicchiere di scotch.
-È vero?- le chiese.
-Sì, vieni-
Le due andarono in bagno, sotto gli sguardi incuriositi e alquanto preoccupati dei ragazzi.  Jacqueline si accertò che non ci fosse nessuno.
-Bene, parla-
-Non riesco a stare qui con loro… continuo a dire cose senza senso e a farmi mostrare i canini. Devo ammettere che sono appuntiti e affilati! Ti prego fai finta di stare male e torniamo a casa-
Jacqueline ci pensò -Va bene, hai ragione. Torniamo a casa. Forse è meglio se stiamo a casa da scuola un paio di giorni. Dobbiamo indagare su di loro prima di sapere come comportarci-
Uscirono dal bagno convinte. Jacqueline andò prima da Matt a dirgli che stava male e poi si cambiò negli spogliatoi.
-Andiamo Alexa- disse una volta che si fu cambiata.
-Noi due andiamo via- disse la sorella minore ai fratelli Salvatore -Per alcuni giorni andremo a Vienna con nostra madre. Ciao!- e uscirono, partendo prima che i due potessero chiedergli spiegazioni.
-Cosa cavolo è successo?- domandò Damon, il bicchiere vuoto ancora in mano.
-Non chiederlo a me- rispose Stefan, più basito dell’altro.
 
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
 
Jacqueline chiuse il libro, provocando un suono sordo. Tum.
No, non poteva essere vero. I vampiri non potevano esistere.
Guardò la sorella, anche lei sconcertata.
 
 
 
 
Angolo delle autrici:
Ciao a tutti!
Piano piano Alexandra e Jacqueline stanno arrivando a scoprire la vera identità dei fratelli Salvatore, quello che succederà nel prossimo capitolo sarà interessante e... insolito, se si può dire così. Continuate a seguire la nostra ff e capirete di cosa sto parlando ;)

Le recensioni positive/neutre/negative sono ben accette!
Al prossimo capitolo!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Antenati ***


-Oddio, che brutta cera che avete!- disse la madre il mattino dopo, non appena le ragazze furono sveglie. 
-Buongiorno anche a te mamma- salutò ironica Alexa.
-È meglio se oggi state a casa, sapete?- le osservò. Avevano entrambe un viso pallido, le labbra scure e il naso rosso -Questo è un sintomo d’influenza, lo riconosco!-
-Ma no mamma, dai. Per una simile piccolezza non perdo delle ore di scuola- 
-Jacqueline, sto parlando seriamente. Almeno oggi voi due state a casa a riposarvi. Anche perché, a dirla tutta, sembrate due zombie ed è meglio che Damon e Stefan non vi vedano con questo aspetto- 
-Wow, zombie contro vampiri. Chissà chi vincerebbe- ironizzò Alexandra. Jacque la fulminò con lo sguardo.
-Cosa cavolo blateri?- chiese Arleene -Devi stare proprio male. Va beh, io vado a lavoro. Se volete prendere qualcosa, in frigo c’è lo sciroppo e qualche antibiotico. Riposatevi e soprattutto, dato che oggi non viene la domestica perché per una settimana torna in Perù, mi potreste lavare lo studio? Solamente lo studio per favore-
Le due ragazze annuirono, mentre la madre si dirigeva verso la porta di casa. Dopo altre millemilla raccomandazioni finalmente se ne andò. 
-Mettiamoci al lavoro- disse Jacqueline, autoritaria.
-Non possiamo dormire cinque minuti?- chiese, sapendo che la sorella non avrebbe rinunciato a quella proposta.
-No- rispose ferma, spiazzando Alexa -Cominceremo con il pulire lo studio così poi avremo tutto il tempo libero a disposizione-
Prese scope, palette, aspirapolvere e tutto il necessario per pulire una stanza, le ragazze si misero all’opera. La sorella maggiore avrebbe pulito la libreria e la scrivania, mentre l’altra si sarebbe occupata del pavimento e dei tappeti.
-Secondo te devo spostare TUTTI i libri?- domandò Jacqueline.
La libreria ricopriva la parete più grande della stanza e i libri che erano presenti erano innumerevoli. Dai più vecchi, che appartenevano addirittura ai bisnonni dei loro nonni, a quelli più recenti, appartenuti al padre. 
-Ma no, dai una passata veloce con una pezza. Prendi la scala però, che là in cima non ci arrivi- 
La mezz’ora che seguì fu faticosa per tutte e due. La stanza era immensa, e un’altra mezz’ora non sarebbe bastata per pulirla interamente. 
-Sono esausta! Facciamo una piccola pausa?- propose Jacqueline.
Le due si versarono dello Scotch che si trovava nella piccola vetrinetta di fianco alla libreria. 
-Mmh, buono! Ora capisco perché quei due lo bevono sempre- affermò Alexa. Vide che la sorella non la stava ascoltando ma che era intenta a leggere qualcosa mentre era seduta sulla poltrona -Cosa stai leggendo?-
-Sono degli appunti di un nostro parente che ha vissuto nel 1645. Si chiamava Alois Van Der Wegen- disse, concentrando lo sguardo sul libro -È in olandese, ma Egbert Van Der Wegen, il figlio, l’ha gentilmente tradotto. È un diario di bordo, ora che leggo meglio- Stette sulle sue per un po’, leggendo quasi con foga ciò che c’era scritto.
-Oddio Alexa, senti qua- e cominciò a leggere ad alta voce.
 
 
03 Giugno 1645 - Giorno 35° della ricerca
Gli studi procedono in modo efficiente e dinamico. 
Alcuni collaboratori hanno trovato la maniera per sanare morbi e patologie dapprima incurabili. Trattasi di iniettare il sangue di particolari individui umani ai soggetti infetti.
22 Giugno 1645 - Giorno 54° della ricerca
Riscontriamo enormi difficoltà nell’incontrare donatori di questo sangue che d’ora in poi verranno chiamati soggetti x. Questi soggetti x bisogna domarli con potenza e, nonostante i nostri sforzi, qualcuno di loro riesce a liberarsi senza difficoltà.
 
Jacqueline sfogliò il diario, poi si fermò, leggendo con voce tremante:
 
10 Dicembre 1645 - Giorno 104° della ricerca
Gli studi sono stati interrotti da varie problematiche, tra cui l’impossibilità di reperire soggetti x disposti a donare il proprio sangue. Ma abbiamo scoperto le caratteristiche ti tali soggetti:
-incredibile forza sovrumana, essi sono in grado di spostare/sollevare oggetti di consistente peso;
-sensi amplificati: vista, udito e olfatto sono più sviluppati che in qualsiasi individuo di specie umana;
-giovani sembianze: mantengono l’aspetto di quand’erano giovani, inoltre risultano di gradevole presenza;
-canini estremamente appuntiti che riescono a strappare ferocemente carni senza sforzo;
-assente esposizione al sole, al contrario diverrebbero polvere. Molti di loro sono dotati di un cimelio che fa sì che possano esserne esposti;
-percezione dell’ambiente che li circonda: riescono a captare sensazioni ed emozioni di persone senza ch’essi abbiano a che fare con loro.

In attesa di scoprire altro, abbiamo chiamati i soggetti x: vampiri.
26 Marzo 1646
I vampiri possono essere placati grazie all’uso della Verbena. Una pianta che, se usata in grandi quantità, può avere effetti collaterali.
Da questa pianta se ne può ricavare un estratto da iniettare o da fare ingerire. Questa pianta cresce in quantità rigogliose sulle coste dell’Olanda e, trasferendomi in America, ne portai con me. Ve ne sono alcune nascoste nel seminterrato di questa stessa residenza
.



Jacqueline chiuse il libro, provocando un suono sordo. Tum.
No, non poteva essere vero. I vampiri non potevano esistere.
Guardò la sorella, anche lei sconcertata.
-Fa venire i brividi quella roba lì- commentò la bionda -Tu ci credi? Voglio dire… è un diario antico, di quasi 400 anni ormai-
-Facendo due più due tutto torna- la sorella maggiore si alzò dalla poltrona, appoggiò il libro sul tavolino e uscì dallo studio, seguita dall’altra. Non c’era bisogno di chiedere dove stava andando, la sua intenzione era quella di controllare se della verbena era rimasta nel seminterrato antico della casa. Ciò che le due sorelle chiamavano comunemente “cantina”.
-Se ci fosse questa verbena, poi cosa dovremmo fare? Somministrarla a Stefan e Damon?- domandò Alexandra.
-Dobbiamo pensarci, intanto andiamo a vedere se ce n’è rimasta-
La cantina si trovava sotto l’intera casa. Aprirono una porta, nel sottoscala, e scesero le scale di pietra. Quel posto era da brividi. Finite le scale accesero la luce, e davanti a loro si presentò la cantina, un luogo che visitavano raramente se non per estrema necessità.
Tra le enormi scatole che contenevano libri antichi e oggetti che non servivano più ve ne trovarono una non molto grande, delle dimensioni di un tavolino da caffè, con scritto Groen. Le due si guardarono e decisero di aprirla. Dopo un po’ di sforzi e schegge di legno infilate nelle dita, riuscirono ad aprirla. Vi trovarono due piccole piantine, messe in un vasetto adatto alla loro misura. Decisero di portarlo in salotto ed esaminarlo meglio.
Se quella era l’ultima pianta delle tante che aveva portato il loro antenato Alois, avrebbero dovuto prendersene cura.
Le appoggiarono sul tavolino basso, situato tra i due divani. Le ragazze si sedettero una davanti all’alta, osservando quelle piante: il loro unico mezzo per scoprire la verità.
-E ora ci serve un piano- affermò Jacqueline, trovando appoggio da parte di Alexandra.
-Ehi ma dove le avete trovate queste piantine? Sono così carine- la madre era tornata un’ora prima quella sera e aveva trovato le due piantine sopra al tavolo del salotto, dove le ragazze le avevano poggiate quella mattina. Jacqueline stava studiando in cucina, mentre Alexa stava facendo la doccia.
-Volete stare a casa anche domani?- chiese alla figlia più grande, salutandola con un bacio.
-Non lo so, credo sia meglio. Comunque, va bene se domani vengono a trovarci Stefan e Damon?- chiese Jacqueline in risposta.
Alla fine avevano deciso come agire.
Il loro piano era semplice: sarebbero ricorse alla verbena solo in extremis. Si sarebbero comportate come se nulla fosse e li avrebbero messi a dura prova. Avrebbero raccontato del diario e delle scoperte che il loro antenato aveva fatto e avrebbero guardato come i due reagivano.
 
Quando ricevettero la chiamata di Arleene si preoccuparono.
-Quindi dobbiamo venire lì domani pomeriggio?- chiese Stefan, parlando al telefono. Damon stava ascoltando la conversazione tra i due, serio.
-Sì… alle tre del pomeriggio- la madre precisò per la terza volta l’orario.
-Va bene, grazie mille. Ci vediamo Arleene- salutò riagganciando.
I due Salvatore si guardarono, preoccupati.
-Non ci capisco più nulla, che cavolo hanno per la testa?- chiese Damon, scompigliandosi i capelli e dirigendosi verso la cucina, che funzionava come parte estetica della casa.
-Non saprei… Ieri sera erano strane, oggi non si sono presentate né a scuola né a lavoro e domani vogliono assolutamente che andiamo a casa loro per le tre. Credi che… abbiano dei sospetti?-
-Oh, suvvia Stefan- lo riprese il fratello -Non siamo stati scoperti per tutto questo tempo e credi che due ragazze del ventunesimo secolo possano smascherare la nostra identità?-
L’altro annuì, dopotutto aveva ragione. Non avevano nulla su cui basarsi.
 
La sera stessa le due ragazze si trovarono in video-chat con Bonnie e Caroline, che erano completamente all’oscuro delle loro recenti scoperte.
-Quindi avevo ragione!- esclamò la strega, facendo un salto sulla sedia.
-Tutto qui quello che hai da dire? Non sei minimamente scossa?- chiese una Caroline perplessa.
-Care, avevo questa sensazione fin dalla prima volta che li ho visti. Questa è solo una conferma ai miei dubbi-
-Ragazze- le richiamò Jacqueline –Non siete sconvolte o senza parole?-
-Insomma, sono degli esseri soprannaturali- intervenne l’altra sorella.
-Adesso mi spiego tutti quegli strani ricordi che avevo dopo che stavo con Damon...- realizzò Caroline a voce alta.
Le due sorelle, dopo aver risposto alle continue domande della bionda, raccontarono loro tutto quello che avevano appreso dagli antichi diari. Bonnie era agitata a dir poco. Trovava quelle scoperte davvero affascinanti.

 

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Capitolo 9
*** Verbena e Scotch ***


L’inquietudine era nell’aria già alle dieci di quel piovoso mattino, quando Alexa e Jacque si erano svegliate. Ma la tensione era cresciuta quando l’orologio della cucina aveva segnato le 15:00. Li stavano aspettando davanti alla porta di ingresso, con ansia, impaurite. 
-E se ci danno buca?- Alexandra guardò la sorella, che si stava sistemando i capelli per l’ennesima volta. Jacqueline non rispose, non avrebbero potuto darle buca, i due si sarebbero sicuramente presentati.
E così fecero. Alle 15:02 un’auto blu sportiva, quella di Damon, entrò nel cortile della residenza, e parcheggiò non molto distante dall’ingresso. I due smontarono dall’auto sotto l’attento sguardo delle ragazze che li osservavano dalle finestre poste a fianco della porta. Si diressero verso loro.
-Dio, se sono fighi- sospirarono, allentando per un momento l’agitazione. 
Stefan suonò il campanello e, dopo aver atteso un po’ Jacqueline aprì la porta, salutandoli come nulla fosse.
-Ehilà!- esclamò, forse con troppa enfasi. 
Seguì un -Ciao ragazzi- da parte dell’altra sorella, che agitava la mano.
I Salvatore non resistettero, bombardandole di domande fin dall’inizio. 
-Ehi, dove siete state?-
-Ci avete fatto preoccupare l’altra sera al Grill, tutto bene?- 
-Eravamo in ansia, non sapevamo cosa fare, poi vostra madre ci ha chiamati e…-
-Potevate benissimo dirci che volevate prendervi un giorno di pausa- 
-Ehi ehi ehi calmi ragazzi, qui le domande le facciamo noi- li ammutolì Jacqueline, accompagnandoli in salotto. 
Le due sorelle si sedettero su un divano, mentre gli altri due sull’altro di fronte. Tra di loro vi era solamente un tavolino basso, con un’orchidea bianca al centro e alcune riviste per cui loro madre lavorava. 
Alexandra e Jacqueline si guardarono, cercando di far comunicare i loro pensieri. Cosa assolutamente impossibile. Si fissarono per qualche attimo, poi la sorella maggiore sussurrò all’altra -Cominci tu, come avevamo già fissato. Poi io dico quell’altra cosa- 
-Ma io non so come cominciare…- disse cadendo dalle nuvole -Non puoi farlo tu?-
-No! Avevamo deciso che-
Furono interrotte da un tossio, che proveniva da uno dei due ragazzi -Scusate- Stefan s’intromise -Possiamo chiedervi cosa sta succedendo?- 
Alexandra prese un respiro, poi cominciò -Ciao- si fermò, sorpresa -No, non volevo dire “Ciao” in realtà. Volevo dire che i nostri anten… No, aspettate che mi costruisco un attimo il discorso. Abbiate pazienza, ma è una cosa difficile da spiegare e da dire- la ragazza si mise le mani sulle tempie, e stesse così per qualche secondo. 
Intanto i due fratelli si guardarono, sempre più confusi e spazientiti. Poi finalmente cominciò a parlare chiaramente:
-È una storia abbastanza lunga, ma noi ve la riassumeremo. L’altra sera abbiamo fatto un pigiama party con le ragazze: Caroline e Bonnie. Bonnie era abbastanza inquieta, doveva dirci qualcosa di importante- si fermò, osservando i volti dei ragazzi che annuivano per farla andare avanti.
-Non siamo ragazze che credono nel paranormale o cose del genere- se i Salvatore avessero potuto sbiancare, in quel momento sarebbe accaduto, glielo si leggeva in faccia -Ma quando Bonnie ci ha detto che lei è una strega le abbiamo creduto fin da subito. Insomma, perché mentire riguardo questa cosa?- 
Fu Jacqueline a prendere in mano le redini della situazione -Questi nostri dubbi riguardo al paranormale sono stati chiariti anche dalla scoperta che abbiamo fatto ieri. Non è una cosa da prendere alla leggera, sia chiaro- li avvertì, facendo finta di non vedere il loro sguardo sempre più preoccupato -Ieri mattina stavamo sfogliando alcuni libri della nostra antica libreria. Ce ne sono alcuni di veramente vecchi. Stavo leggendo un diario di un nostro vecchio antenato, un certo Alois Van Der Wegen, vissuto nel 1645. Quel diario riportava di alcune importanti scoperte in campo medico, tra cui la più importante. Alois aveva scoperto che, se a persone infette veniva iniettato sangue di determinati soggetti x, queste guarivano. Così, sempre più interessata, sono andata avanti a leggere- 
Si fermò un attimo, pensando come proseguire, ma fu la sorella minore a procedere.
-La ricerca, poi, venne sospesa, a causa dell’irreperibilità di questi soggetti, che non volevano collaborare alle ricerche. Però durante questo periodo di pausa alcuni studiosi riuscirono a identificare alcune caratteristiche- 
Sia Damon che Stefan sgranarono gli occhi, avevano capito. Sapevano bene quel che stavano per dire.
-Una notevole forza sovrumana- continuò Jacqueline -Sensi più sviluppati di qualsiasi altro uomo, percezione dell’ambiente che li circondava e… immortalità. Questi soggetti vennero chiamati vampiri-
Dopo quell’affermazione nella stanza regnava il silenzio. I quattro si guardavano attentamente, come per capire i pensieri altrui. I due fratelli percepirono il battito accelerato e preoccupato delle ragazze. 
Stefan prese la parola, giocando l’ultima carta: fare finta di nulla -Non voglio dire che non vi crediamo. Ma quel diario è vecchio, è del 1645, no? Chi ti dice che non sia un… falso?- 
-Come può essere un falso? Quel diario si trova lì esattamente da quando lo stesso Alois costruì questa residenza- rispose duramente Jacque.
-Prima Bonnie, poi il libro di Alois- continuò Alexa -Dev’esserci un fondo di verità. E noi abbiamo deciso di credere a queste cose-
-Se volete crederci siete libere di farlo, ma non c’è molta chiarezza in questa storia- esaminò la questione Damon.
-Più chiaro di così si muore, oserei dire- rispose Jacque. Perché non dicono nulla? Perché non ci rivelano che sono vampiri e basta? 
Piano B. 
Le sorelle lo pensarono allo stesso tempo. 
Alexandra si alzò -Vado a prendervi dello scotch- 
Quando non sentì più gli occhi dei due ragazzi fissi su di lei, fece le scale di fretta e si recò in studio. Nel secondo cassetto della scrivania avevano nascosto una fialetta con dell’estratto di verbena che la sera precedente erano riuscite a preparare. Tornò al piano da basso, in cucina, prese due bicchieri e li riempì a metà con lo scotch, l’alcolico preferito dai fratelli. Prese la fiala, la guardò in controluce, prese un respiro e ve ne versò l’intero contenuto nei due bicchieri.
Forse ho un po’ esagerato… Ma non si sa mai pensò, scacciando subito i sensi di colpa. Rimise il tutto velocemente in frigo, e tornò in salotto con i due bicchieri. Li appoggiò con nonchalance sul tavolo, incrociando lo sguardo con Jacqueline, la quale fece un impercettibile cenno con il capo. 
Sia Damon che Stefan la ringraziarono e, ignari di ciò che stava per accadere, bevvero il contenuto del bicchiere in un sorso. Il fratello maggiore fece una faccia stranita, osservando il bicchiere tra le mani. Volse lo sguardo a Jacqueline, e lasciò scivolare il bicchiere dalla mano. Cadendo si ruppe, andando in mille pezzi. Si mise una mano alla gola e guardò Stefan, nella sua stessa situazione. 
Quando il bicchiere di Damon era caduto, Jacqueline non poteva credere ai propri occhi. La verbena stava avendo effetto. I due erano ansimanti, tossivano in continuazione e quando Stefan cercò di alzarsi in piedi, cadde. Alexandra non ci pensò due volte e si fiondò su di lui, provando a reggerlo in piedi, aiutandolo a rialzarsi. Stefan prese le ultime forze che gli restavano e la spinse lontana da lui, facendola cadere all’indietro. La ragazza rimase di stucco. Intanto la mora incontrò lo sguardo di Damon, gli occhi, non più azzurri, ma di un colore indescrivibile, la fulminarono ferocemente. 
-Che cazzo avete fatto?- chiese Damon, riprendendosi, sotto lo sguardo confuso delle due.
-Cosa credevate di fare?- Stefan era ancora ansimante, a differenza del fratello, che si era quasi completamente ripreso. 
Entrambe non sapevano cosa dire o fare. Erano rimaste lì, a guardarli. Non capendo più nulla. 
-Voi…- aveva sussurrato Jacque -La verbena… ciò vuole dire che- 
-Sì, dannazione!- Damon era più che spazientito - Siamo vampiri, è ovvio che non possiamo entrare in contatto con la verbena. Non c’era scritto nel diario del vostro caro nonnetto?- 
-Andiamocene Damon, ho bisogno di cacciare- Stefan ora si reggeva in piedi, gli occhi sbarrati avevano lo stesso colore di quelli del fratello. Se fossero rimasti lì ancora per qualche minuto in più non sapevano come avrebbero resistito. Damon annuì, guardò Jacqueline e se ne andò, senza dire nulla. 
-Scusami Alexa, non posso stare qui… potrei farti del male- Stefan non la guardò mentre pronunciava quelle parole, se ne andò seguendo il fratello. 





Nel prossimo capitolo...

-Senti Alexa, io vado da Damon- disse togliendo la tuta da casa e infilando le prime cose che trovò nell’armadio -Voglio farmi perdonare, e so già come. Tu se vuoi venire con me fai pure, sennò stai qua. Decidi in fretta-



Angolo delle autrici:
Ciao a tutti! Stiamo entrando nel vivo della storia, finalmente :)
Ringraziamo tutti i lettori e in particolar modo NikkiSomerhalder per le recensioni :D
Al prossimo capitolo...

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Capitolo 10
*** Spiegazioni ***



-Basta, io me ne vado!- esclamò Jacqueline battendo una mano sul tavolo e alzandosi dalla sedia. Percorse in fretta la cucina e andò in camera, seguita da Alexa. La madre le guardò confusa Ah, l’adolescenza. 
-Cos’hai adesso? Smettila di crucciarti per loro, gli passerà prima o poi-  Alexandra non capiva la preoccupazione della sorella. Insomma, dopotutto erano stati gli altri due a mentire alle ragazze, no?
-Senti Alexa, io vado da Damon- disse togliendo la tuta da casa e infilando le prime cose che trovò nell’armadio -Voglio farmi perdonare, e so già come. Tu se vuoi venire con me fai pure, sennò stai qua. Decidi in fretta-
-Mmh- pensò l’altra, in quel momento non aveva voglia di affrontare una discussione con qualsiasi forma vivente -Vai tu, io a Stefan parlerò domani- disse, e tranquilla se ne andò in camera sua.

Mise in moto la macchina, la sorella le aveva prestato la Jaguar, e si infilò tra le strade di Mystic Falls che, a quell’ora erano già buie. Non c’era anima viva tra le vie della città, dunque premette l’acceleratore fino ad arrivare a casa dei due. 
Non era accesa nessuna luce ma ciò non voleva dire che i ragazzi non fossero in casa. Suonò il campanello più volte, finché  non le aprirono la porta.
-Jacqueline- Stefan la salutò, guardando alle spalle della ragazza, come cercando qualcuno.
Lei capì subito -No Stefan, Alexa non c’è. È rimasta a casa. C’è Damon? Voglio parlargli- fece un passo, imponendo la presenza in casa. 
-Sì, certo. È al piano di sopra. Io… posso andare da lei?- chiese il ragazzo. Jacqueline le rispose con un cenno, si vedeva quant’era dispiaciuto della situazione, a differenza di Alexandra. 
Stefan prese la giacca in pelle e uscì con le chiavi della macchina, salutando a malapena Jacque.
-Oh, ecco chi si vede- apparve tutto ad un tratto Damon dall’oscurità. Aveva in mano un libro che appoggiò su un tavolino, posto a lato della porta che conduceva alle camere al secondo piano. 
-Ciao Damon, posso parlarti?- chiese, dimenticandosi improvvisamente il perché della sua visita.
-Sì, vieni- disse accompagnandola al piano superiore.
La stanza in cui entrò era probabilmente la sua camera. Restò affascinata dalla grande vetrata di fianco al letto matrimoniale e dal bagno, che era aperto nella stanza, ma comunque di classe. –Wow-
Al ragazzo sfuggì un sorriso. –Non sei la prima a dirlo-
Jacqueline capì perfettamente il riferimento alle sue innumerevoli “prede” e non perse tempo a scusarsi -Senti, mi dispiace per quello che è accaduto. Non volevamo farvi del male- aggiunse, guardando il pavimento.
Per un momento pensò che se ne fosse andato dalla stanza, ma quando alzò gli occhi, lo vide che osservava fuori dalla grande finestra.
-Volevamo solo essere sicure di... di chi siete- ammise.
-E ora che lo sapete...- inziò lui, finalmente guardandola e avvicinandosi –sei sicura di voler restare da sola con me?-
Lei non esitò –Sono sicura di non correre nessun rischio perché... perché mi ricordo, Damon-
Il ragazzo sembrò non capire, ma quando lei aggiunse -E so che ti puoi controllare- capì all’istante.
I suoi occhi si spalancarono –Com’è possibile che tu ricorda? Io ti ho fatto dimenticare!-
-Non lo so- ammise lei  sospirando –So solo che avevo delle specie di visioni, come dei ricordi. E alla fine ho riassemblato i pezzi e mi sono semplicemente ricordata-
-E così tu pensi che io non possa ucciderti?-
-Penso che tu non voglia- Questa volta fu lei ad avvicinarsi –So che la verbena non si limita solo agli affetti immediati, ma la spossatezza e la fame continuano- si alzò una manica del maglioncino blu, mostrando il polso –Per questo sono qui-
Lui arretrò di qualche passo.
-Se non vuoi perdonarmi per la cazzata che ho fatto prima, almeno voglio rendermi utile- 
-Vuoi che beva il tuo sangue?- adesso che aveva  capito, l’espressione confusa aveva lasciato il posto alla solita sarcastica.
-Ho letto che dà molta più forza di quello animale. Per quello Stefan ci ha messo di più a riprendersi?- capì all’improvviso.
-Vedo che non ti sfugge niente- disse, prendendole il polso scoperto, sfiorandole la pelle con le dita e portando il braccio all’altezza del suo viso.
Il battito di Jacqueline iniziava ad accelerare. Perché lo sto facendo? Devo essere impazzita, ma se mi ritraggo ora non mi perdonerà mai.
Tutti questi dubbi sparirono quando sentì i denti perforarle la pelle, facendole provare una fitta acuta di dolore. Sentì la sensazione del sangue che le veniva sottratto e iniziò a non sentire più male. Damon la strinse a se con il braccio libero, facendo aderire i loro corpi e alla ragazza parve quasi di sentire il suo sangue fluire dentro di lui. Qualche istante dopo capì che quel braccio serviva per sorreggerla. Infatti sentì che stava diventando sempre più debole. Proprio quando stava per divincolarsi dalla sua presa, il ragazzo si staccò dalla vena. E lei lo vide per la prima volta nel suo vero aspetto. Gli occhi irrorati di sangue contornati da una specie di venatura nera e i lunghi canini affilati stavano scomparendo dal suo volto, ma le labbra e il mento sporchi del liquido rosso e caldo erano ancora lì. Si accorse che lo stava osservando, così si mosse fulmineo verso il bagno per pulirsi e non far preoccupare la ragazza.
-Ti senti meglio?- gli domandò quest’ultima, con il colorito un po’ spento.
Le si avvicinò e le carezzò una guancia -Io sì, ma tu no-
-Non preoccuparti. Mangerò una quantità industriale di gelato e mi sentirò come nuova- disse sorridendo –Però è meglio se adesso mi siedo per un po’- affermò sedendosi sul letto. 
-Sai, se la tua dolce sorellina avesse fatto quello che hai fatto tu, probabilmente non sarebbe più fra noi-
-Che stai dicendo?- domandò, preoccupata da quell’affermazione.
-Dico che se a chi non beve sangue umano capitasse di trovarsi nella stessa stanza con una graziosa damigella che gli offre il suo sangue, potrebbe non controllarsi-
-Stefan non è così! Non farebbe mai del male ad Alexandra-
-Lo Stefan di oggi no...-
-In che senso quello di “oggi”?-
-Stefan era un po’... diverso in passato-
-E con “diverso” intendi una specie di assassino spietato?-
-Era famoso come “lo squartatore” nella nostra specie. Ed era... sì, spietato-
Jacqueline non sapeva cosa fare. Sentiva che doveva avvisare immediatamente la sorella, ma non avrebbe voluto rattristarla più di quello che era già.
-Devo andare a casa!- esclamò, alzandosi di scatto dal letto.
Damon vide quel poco di colore che aveva ripreso scomparire del tutto –Ah, brutta mossa-
Fece appena in tempo a spostarsi, che le cadde addosso.
-Oh dio, scusami...- disse a bassa voce, come se anche parlare richiedesse un grande sforzo –Non pensavo avesse questi effetti-
-Nah, probabilmente ho esagerato io- le disse adagiandola nel materasso e stendendosi accanto a lei.
Se avesse potuto arrossire l’avrebbe fatto –Credo che mi riposerò un attimo- lo informò, sperando che se ne andasse o si alzasse.
-Non è un problema- iniziò, mettendosi comodo accanto a lei –Farò un sonnellino anch’io-
Fantastico! E chi riesce a dormire con lui qui accanto?
Anche se si sentiva un po’ in imbarazzo e, soprattutto, osservata, il sonno non tardò ad arrivare. L’ultima cosa che sentì fu –Ricordati che le prossime volte ne berrò meno- 


Dalla camera sentì il campanello di casa suonare. Alexandra stava studiando storia, e trascrivendo alcuni appunti dell’ultima lezione in bella copia sul quaderno. Ma una parte della sua mente stava pensando a Stefan. Chissà se nel 1700 era già un vampiro. Scacciò di testa quel pensiero e continuò con i suoi appunti. Qualcuno bussò alla porta di camera sua. Era Arleene, la madre. 
 -Tesoro, c’è qualcuno che vuole parlarti- si fece da parte per far entrare la persona in questione: Stefan. Arleene se ne andò, lasciando i due soli. Ma il ragazzo pareva non voler entrare.  
-Entra pure Stefan- disse chiudendo i libri. Si alzò e, una volta che lui fu entrato, andò a chiudere la porta. Tra i due calò subito un silenzio, che racchiudeva sia imbarazzo che preoccupazione. 
Dopo alcuni attimi di indecisione, fu il ragazzo a prendere la parola. -Non dovevate scoprirlo-  
-Perché?- chiese di getto, non capendo il senso della frase di Stefan. 
Sostenne il suo sguardo finché aspettava una risposta.  
-Il nostro non è un mondo normale. È difficile e-  
-Ma noi facciamo parte del vostro mondo, ormai. E come tali abbiamo diritto di sapere cosa siete- lo interruppe  lei -Ci dispiace avervi fatto del male, ma era l’unico modo per scoprire la verità. Non credo che voi ce l’avreste detta di vostra spontanea volontà- Stefan sapeva che la ragazza aveva ragione, ma voleva che le due ragazze fossero rimaste al sicuro, voleva privarle di quel mondo oscuro e pieno di pericoli. 
Corrucciò il viso, guardando Alexa che si trovava a poca distanza da lei. Le si avvicinò  piano, le sollevò il viso e la baciò dolcemente. La ragazza si lasciò andare, libera per la prima volta da domande e dubbi. 
-Mi dispiace Stefan- si scusò, sentendosi in colpa -Senti, non è che mi racconteresti altre cose... su di voi?- alla fine la curiosità aveva vinto sulla ragazza e, dopo aver preso una bel po’ di coraggio glielo aveva chiesto. 
Stefan la guardò di sbieco -Okay come non detto- esclamò la ragazza, gettando le mani all’aria. 
-Eh va bene, se proprio insisti- Stefan la fece sedere tra le sue gambe. Erano seduti nella comoda moquette dello studio con la schiena appoggiata alla libreria e, come al solito, stavano bevendo dello scotch, questa volta non avvelenato. 
-Allora, partiamo da come ci nutriamo. Ci possiamo nutrire di sangue animale, umano e di vampiro. Il sangue umano, oltre a soddisfare la sete di un vampiro, aumenta anche le abilità sovrannaturali - 
Alexandra annuì, Stefan continuò -Per questo Damon è più forte di me. Lui si nutre di sangue umano, mentre io solamente di quello animale. Non ho bei ricordi di quanto mi “cibavo” con gli umani-
-Come mai?- lo interruppe, intrecciando una mano a quella del ragazzo.
-È una lunga storia. Comunque, nonostante la nostra natura da predatori, siamo in grado di provare emozioni umane, che in noi sono accentuate. E chi passa molto tempo tra i comuni mortali, può trovare la propria metà- disse, baciando la spalla di Alexa, la quale provò un brivido freddo lungo la schiena. Stefan sorrise.
-Altre caratteristiche, vediamo. Siamo veloci, forti e guariamo in fretta. Possiamo controllare la mente, come Damon ha fatto a tua sorella, per farle dimenticare quando lui aveva bevuto il suo sangue. E poi, ah sì- si tolse l’anello che aveva al dito. Posandolo sul palmo della mano della ragazza -Questo è lapislazzuli, ci protegge dal sole, sennò ci trasformeremmo in cenere- nel tono della voce c’era un che di malinconico, ma continuò con la spiegazione, rimettendosi velocemente l’anello al dito -Abbiamo un udito davvero buono, quindi se devi parlare male di me e sono nei paraggi, sappi che saprò quello che stai sussurrando- 
Alexa rise -E perché dovrei parlare male di te, mister Perfezione?- chiese, dandogli un rapido bacio sulle labbra. Anche Stefan sorrise, per poi continuare:
-Oh sì, questa è bella. Dobbiamo essere invitati prima poter entrare in una casa- 
-Ah, interessante. E per mettervi KO l’aglio e la croce sono cose  che funzionano?- chiese, sentendosi ignorante riguardo quell’argomento.
-No no, sono tutte leggende che circolano... da un bel po'. Per metterci KO, come avete fatto voi, potete usare la verbena. Mentre per garantirci sonno eterno, basta prendere un paletto di legno, e conficcarlo nel nostro petto- prese una mano della ragazza e la posizionò dove batteva il cuore. I due si guardarono negli occhi per qualche secondo che sembrò durare un'eternità, poi si baciarono, lasciando che scorresse alle loro spalle.



Dei rumori provenienti dal piano inferiore la svegliarono. Jacqueline si tirò su a sedere sul letto e si accorse di essere sola nella stanza. Sentì un altro rumore, come un tonfo sordo e si precipitò verso le scale, sentendo ancora le gambe lievemente instabili.
-Damon?- chiamò a gran voce per sovrastare quel frastuono.
Arrivò nel salone e vide un uomo trattenere il ragazzo per le spalle. Dal suo torace, proprio sotto il cuore, spuntava la punta di un palo di legno.
-No!- esclamò Jacqueline, precipitandosi verso di lui.
-Ah, ah- l’avvisò lo sconosciuto, spingendo più a fondo l’arma letale –Se faccio un movimento sbagliato puoi salutare il tuo amichetto-
-Va via, Jacque- ordinò Damon con occhi imploranti –Torna a casa immediatamente-
La ragazza non si mosse, pietrificata dal terrore. Dopo qualche istante fece un passo avanti, ma l’aggressore mantenne la parola data. Girò il paletto dentro il petto di Damon e lo lasciò cadere a terra. In un attimo si fiondò dietro Jacqueline, tenendola ferma con le braccia robuste.
-No!- urlò dimenandosi in preda al panico.
-Tranquilla, dolcezza. Non ho colpito il cuore, ma sarà meglio che si sbrighi a toglierselo e che non faccia movimenti avventati- le sussurrò quell’uomo, tenendo stretto il collo della ragazza e mozzandole il respiro.
-Toglile le mani di dosso, bastardo- gli ringhiò contro Damon, sapendo che non avrebbe potuto fare niente per aiutarla.
-Credo che non ti ucciderò- lo avvisò lo sconosciuto –Al contrario, mi è venuta un’ottima idea per vendicare il mio amico-
-Toccala e sei morto-
-Le tue minacce mi fanno ridere, Salvatore!- ridacchiò, avvicinandosi alla porta con la ragazza ancora stretta tra le braccia –Occhio per occhio...-
E scomparve dalla casa, lasciando dietro di se un silenzio tombale.
Damon armeggiò con il palo conficcato nel suo torace, ma non riusciva a toglierlo e rischiare di provarci da dietro era troppo pericoloso. Sperò che Stefan tornasse il prima possibile.

 
Il suono della porta che si apriva lo risvegliò dal temporaneo torpore che gli provocava quella ferita. Se avesse dovuto aspettare ancora a lungo avrebbe iniziato ad essiccarsi.
-Stefan...- chiamò a bassa voce, tanto il fratello l'avrebbe sentito comunque.
In un attimo era lì accanto a lui, con gli occhi pieni di domande. Era stato via nemmeno un'ora ed era successo qualcosa di grave.
-Avevi ragione, Stefan- iniziò Damon, tirandosi su con l'aiuto del fratello -Sono venuti a riscuotere-
-Chi è venuto?-
-I licantropi- disse tutto d'un fiato.
-Scusa la domanda, ma perché sei ancora vivo?- gli domandò, mentre gli sfilava il paletto di legno.
Lo fulminò con lo sguardo -Ha preso Jacqueline-
Stefan mollò la presa dal fratello, che rischiò di cadere nuovamente -Damon, dobbiamo trovarla subito. I licantropi non sono assassini, ma cercheranno delle risposte per la morte del loro compagno e lei era là con te quando l'hai ucciso. Aspettami qui-
Stefan scese di corsa le scale che portavano al seminterrato e ritornò nel salone dopo due secondi con in mano una busta di sangue dell'Ospedale di Mystic Falls -Bevi- gli ordinò. Non appena lo bevve, la ferita iniziò a rimarginarsi più velocemente e le forze tornarono.
-Hai qualche idea di dove possano averla portata?- gli chiese Stefan
-No, ma inizierei dai boschi a nord dato che ho visto là quel lupo. Magari hanno un accampamento- ipotizzò Damon, prendendo le chiavi dell’auto e uscendo a passo spedito seguito dal fratello.
-Credi che dovremmo avvisare Alexandra? Credo che se la teniamo all’oscuro e poi succede qualcosa a sua sorella non ci perdonerà mai-
Damon sospirò irritato da quella perdita di tempo –Ah, fai come vuoi. Basta che decidi in fretta-
Stefan salì in macchina –Allora passiamo a casa loro a prenderla-
-Potrebbe esserci d’aiuto passando inosservata, effettivamente- 
-Vuoi usarla come esca?- chiese uno Stefan leggermente perplesso.
-Se la situazione lo richiede...-
E si fiondarono verso la casa delle due ragazze.
Spiegare ad Alexandra l’accaduto fu abbastanza semplice e non appena realizzò che la sorella era in pericolo, non esitò un attimo a offrire il suo aiuto e salì in macchina sotto gli sguardi preoccupati di Stefan.



Jacqueline aveva i polsi legati dietro la schiena, attorno ad un vecchio tronco. Un paio di guardie erano intorno a lei, girati di spalle che non le prestavano la minima attenzione. La ragazza provò in tutti i modi a sciogliere quel nodo, ma la corda era davvero resistente. Quando sentì che la pelle dei suoi polsi si stava tagliando, abbandonò l’impresa. Dopo quelle che sembravano ore passate seduta sul duro terreno, arrivò l’uomo che l’aveva rapita.
-Allora...- iniziò quest’ultimo, accovacciandosi davanti a lei per arrivare all’altezza dei suoi occhi –Perché il tuo ragazzo ha ucciso Luke?-
-Non so di cosa stai parlando e non so chi sia questo Luke!- disse, cercando di risultare il più credibile e sicura -Ma soprattutto io e Damon non abbiamo ancora ufficializzato- cercò di alleggerire la tensione.
-Sono sicuro che se ti impegni ti ricorderai qualcosa- disse, estraendo un piccolo pugnale e avvicinandolo pericolosamente al viso di Jacqueline.
-Davvero, non lo so- disse sottovoce, rompendo quella maschera di sicurezza.
-Pensaci più intensamente- la esortò, conficcando leggermente la punta del pugnale nella pelle tra la spalla e la clavicola.
La ragazza sussultò –Fermo! Lasciami pensare- esclamò cercando di evitare che lui continuasse.
-Forse è successo vicino al lago... a nord- continuò.
-Bene. Vedo che cominci a ricordare qualcosa-
-Ma non so cosa sia successo! O che qualcuno sia morto! Io ho solo sentito dei latrati di un animale sofferente- ammise –Nient’altro-
Il suo aggressore s’infuriò –Quell’animale era uno di noi!- 
-Ascolta, mi dispiace... Non sapevo quanto tenessi a lui e neanche Damon lo sapeva. L’ha fatto per proteggersi da quel lupo!- esclamò con le lacrime agli occhi
-Tu non sai- sentenziò –Io mi chiamo Mason e sono un licantropo. Proprio come lo era Luke-
Jacqueline era stupefatta –Vuoi dire che la luna può...?-
-Esatto. Siamo costretti a trasformarci a ogni luna piena e sfortunatamente un vampiro si trovava proprio nei paraggi quella notte. Quindi...- proseguì, ripuntando il pugnale verso la ragazza –perché l’ha ucciso?-
-Ti prego... Non lo so- rispose lei, ritraendosi per allontanarsi dalla lama che le stava sfiorando il braccio –Non sapevo nemmeno che potesse esistere qualcuno come voi!-
-Accetti l’esistenza dei vampiri e non ti domandi se esista qualche altro essere soprannaturale? Che ingenua-
-Mason!- una ragazza richiamò la sua attenzione –Sta arrivando qualcuno da est-
Mason fiutò l’aria e disse sprezzante –Vampiri-
Jacqueline sospirò di sollievo.
-C’è anche un umano- continuò la ragazza-lupo.
Alexandra! 
-Non siamo in molti per difenderci- intervenne Mason, che doveva essere il capo-branco –Dobbiamo creare una distrazione- disse, girandosi verso Jacqueline. Le afferrò un braccio e fece scorrere la lama su di esso, lasciando una scia di sangue rosso.
-Questo dovrebbe distrarli un po’-
Dopo circa un minuto, Stefan e Damon erano apparsi al limitare del piccolo accampamento dei lupi. Entrambi guardavano verso di lei. Damon era visibilmente sollevato nel vederla viva e vegeta, mentre Stefan aveva un’espressione tesa e Jacqueline capì che era colpa del sangue che le usciva dalla ferita. Dalle loro spalle uscì una testa bionda che la guardava terrorizzata.
I quattro licantropi che erano presenti si fiondarono sui due vampiri. Per fortuna Alexa si gettò dalla parte opposta all’aggressione e, dopo essersi rialzata, corse verso la sorella.
-Oh, dio Jacque! Cosa ti hanno fatto?- chiese, guardando il suo braccio.
-Sta’ tranquilla... Sto bene-
-No che non stai bene!- esclamò, slegando le corde attorno ai suoi polsi.
-Dobbiamo andarcene, Alexa. Loro sono pericolosi- la avvertì, mettendosi in piedi.
Ma quando si voltarono verso il campo di battaglia, videro che i lupi erano tutti a terra stremati e Damon e Stefan si stavano guardando soddisfatti. 
In una frazione di secondo Damon fu da lei e le esaminò le ferite, mentre l’altro si teneva a distanza.
-Bene. È tutto apposto- costatò, guardandole i polsi dove la corda le aveva lasciato dei segni scuri.
Poi si morse la mano, facendola sanguinare. Alexa sussultò –Che stai facendo?-
-La guarisco. Bevi- ordinò alla mora.
Lei si tirò indietro –Starai scherzando, spero-
-Non fare la schizzinosa. Ti richiuderà le ferite-
Jacqueline lo guardò negli occhi, ma ancora non era sicura. Spostò lo sguardo su Stefan, che stava annuendo e così si decise. Gli prese la mano e se la portò alle labbra, deglutendo un goccio di quel liquido.
Allontanò subito la mano dalla bocca –Bleah! Come fate a vivere di questa roba?- chiese, pulendosi le labbra e con un’espressione disgustata.
I due ragazzi sembravano offesi e Alexa scoppiò in una risata cristallina.
-Come vanno le ferite?- s’intromise Stefan.
Jacqueline si controllò il braccio e, effettivamente, era rimasta solo un’ombra di una cicatrice.
-Pazzesco! Quello che avevano scritto nei diari era vero, allora!- esclamò la bionda.
-E tu stai bene- costatò quell’altra, guardando lo strappo circolare che aveva la t-shirt di Damon all’altezza del cuore. Si era quasi scordata che Mason l’aveva lasciato a soffrire con un paletto di legno a pochi centimetri dal cuore, e all’improvviso le salì una forte rabbia nei confronti di quell’uomo.
-Sì, sto bene- le rispose lui, passandole una mano nei capelli per calmarla –A volte mio fratello fa qualcosa di utile- disse scherzando.
-Ehm...- Alexandra prese parola –Credo sia meglio se andiamo via. Quel Mason sembra ancora vivo-
Stefan prese la sua ragazza per un braccio e, insieme all’altra coppia, si allontanarono dall’accampamento e in un paio di secondi erano già sulla strada di fianco alla decapottabile blu.
Stavano tornando a casa Van der Wegen, quando Alexandra ruppe il silenzio con una domanda –Non sono pericolosi i licantropi per voi? Insomma... tutte quelle leggende sui morsi avvelenati sono vere?-
Damon la guardò divertito –Tutte le leggende hanno un fondamento vero-
-Il morso di un licantropo è mortale per noi- spiegò Stefan –Ma quelli di oggi erano quasi tutti dei novellini. Non preoccupatevi- aggiunse, vedendo le facce terrorizzate delle due ragazze.
-Tranne quel bastardo, Mason. Mi ricorda qualcuno...- 




Nel prossimo capitolo.... 

-Bene, ora diamoci una sistemata e torniamo dai nostri cavalieri- si specchiarono, sistemando i capelli e ripassando velocemente il trucco. Una volta uscite si diressero nel soggiorno attirate da alcuni urletti acuti. Quando entrarono nella stanza e videro cosa stava accadendo rimasero a bocca aperta. 

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Capitolo 11
*** Winter Fashion Party ***


Sulla strada per andare a scuola, quel martedì mattina, Jacqueline ebbe un'idea. 
-E se questo venerdì organizzassimo una festa? Tanto la mamma questo week end sarà via per 4 giorni!- esclamò entusiasta dell'idea che  aveva appena partorito. 
Alexandra sbatté le mani sul volante in segno di approvazione -Wa wa wa un party! Ma chi invitiamo?- 
-Tutta la scuola, ovviamente. E potremo chiedere a qualche amico se ci fa da Dj- Jacqueline aveva già tutto in testa.
-Oddio chissà com'è Stefan da ubriaco....- Alexandra non riusciva proprio a immaginarselo ubriaco -Inviterai anche Damon?-
-Direi! Speriamo che i due non combinino casini- 
Il resto della giornata lo passarono a programmare ciò che sarebbe stato l'evento più cool dell'anno, ma no che dico, del secolo!
 
A-J Winter Fashion Party
Venerdì sera, ore 22:00 
Residenza Van der Wegen

Il giorno dopo avevano affissato i volantini in giro per la scuola. La reazione di tutti era stata entusiasta, a parte quella di Stefan, che aveva reagito con un -Posso venire in tuta, vero?-
-No, Stefan- lo comandò a bacchetta Alexa -Per i ragazzi è richiesto lo smoking, e tu stai dannatamente bene con lo smoking- sospirò, facendo ridere il ragazzo che la baciò prima di entrare in classe.
A pranzo discussero di ciò che avrebbero indossato. Lei e Jacque non volevano rivelare come si sarebbero vestite, sarebbe stata una sorpresa.
-Uffa! Perché dovete essere così misteriose?- chiese Bonnie -A proposito, verrà anche Damon?- disse guardando Jacqueline.
Alexa guardò Stefan che serrò la mascella, in attesa di una risposta.
-Ovvio! -
La bionda prese la mano del ragazzo, cercando di farlo calmare, ma da lui non traspariva alcuna emozione.
-Fantastico! Beh, ci sarà da divertirsi-
 
Stefan guardò Damon. Gli occhi dei due imploravano pietà.
-Credo che questo sia il momento più doloroso della mia vita- affermò Damon, scolandosi il quinto bicchiere di Scotch.
-Per la prima volta nella vita credo di poterti dare ragione- disse un sofferente Stefan.
Le due Van Der Wegen li avevano attirati alla residenza con un tranello.
-Guarderemo un film tutti insieme e ci prepareremo per la festa!- aveva detto Jacqueline.
-Venite pure per le due- aveva acconsentito l’altra, sorridendo.
E i due ci erano cascati. Stavano lavorando da ben due ore per addobbare l’enorme residenza. Ora, stanchi, si stavano riposando nello studio, ma la loro tranquillità fu interrotta da un tornado di energia: Jacqueline.
-Eccoli! Alexa, li ho trovati!- urlò. L’altra ragazza li raggiunse subito di corsa.
-Cosa ci fate qui? Su, abbiamo una casa da addobbare e voi ci servite perché tra un po’ io e Jacque dobbiamo cominciare a prepararci-
Le sorelle li stavano facendo lavorare come pazzi. In un certo modo li stavano sfruttando, ma dopotutto erano dei vampiri possenti, forzuti e da sudati non erano male.
-Ma la festa comincia alle dieci!- esclamò Damon, trovando appoggio dal fratello.
-Ma noi vogliamo farci carine per voi- Jacqueline ebbe la meglio su tutti. Schiacciò un cinque alla sorella.
-POWER!- urlarono all’unisono.
I Salvatore sempre più disperati si guardarono –Oh, dio-
 
Alexandra e Jacqueline si stavano truccando quando la porta si aprì. Damon entrò in bagno, mostrando uno scatolone pieno di bottiglie di vetro che tintinnavano a ogni singolo movimento del ragazzo.
-Gli “alcolici” dove vanno?- domandò, imitando il segno tra virgolette.
-Vanno dietro al bancone bar, nel salone- indicò la bionda  –E cos’hai contro i nostri alcolici?-
-Sono solo un buon intenditore e sto semplicemente dicendo che non-
-Bla bla bla- lo interruppe l’altra sorella –Vai a lavorare che poi ti devi preparare- continuò scherzosamente.
Il ragazzo se ne andò com’era apparso.
-Posso chiederti una cosa?- Alexandra aveva una domanda da porre alla sorella da tempo.
-Un attimo che mi metto l’eyeliner. No anzi dai, faccio dopo. Chiedi tutto, sorella- si sedettero sulla vasca da bagno.
La ragazza ebbe un attimo di esitazione –Quando… Damon ti ha uhm-
-Preso il sangue?- la aiutò.
-Esatto. Quando ti ha morso ti ha fatto male?- chiese, con un misto di preoccupazione.
Jacqueline si accigliò, pensando –No.. Subito ho sentito i denti che entravano a fondo, ma poi la sensazione risultava piacevole-
-Okay, grazie- ringraziò sorridendo, quasi imbarazzata di ciò che aveva domandato. La bionda tornò a concentrarsi sul trucco, mentre Jacque la osservava imbambolata.
-Aspetta… Perché me l’hai chiesto? Non vorrai mica far provare il tuo sangue a Stefan?- la sorella maggiore era evidentemente preoccupata.
-Sì. Voglio che sia forte, e il mio sangue lo rinforzerebbe- Alexa era ferma nelle sue idee, nulla l’avrebbe smossa. Nemmeno Stefan stesso.
-Ti posso dire solo di stare attenta. Lui non è abituato come Damon e potrebbe far fatica a fermarsi- la sorella maggiore si sentiva in parte responsabile di ciò che sarebbe accaduto.
-Farò tutto il possibile-

Un sorriso a trentadue denti.
Era quello che aveva Damon mentre sistemava le bottiglie. Il tintinnio delle bottiglie lo tormentava, ma nulla poteva sollevargli il morale come una notizia del genere. Stefan, il quale sistemava la consolle del dj, si accorse di come il fratello si era rallegrato. Poco gli importava cosa gli passava per la mente.
-Complimenti, Stefan!- gli urlò dall’altro lato della stanza, agitando la bottiglia di Gin che aveva in mano.
-Per cosa?- chiese, ora leggermente curioso, trafficando con cavi, computer e casse.
-La tua bella Alexandra vuole offrirti il suo sangue, eh? Dev’essere deliziosa come Jacqueline. Beh, dopotutto sono sorelle- Stefan all’affermazione del fratello raggelò. Lo guardò, interrompendo il suo lavoro.
-Non può essere vero. Chi potrebbe volere una cosa del genere?-
-Si è appena confidata alla sorella mentre erano in bagno. Le ha chiesto se le ha fatto male quando le ho preso il sangue-
Il ragazzo lasciò la postazione dj, percorrendo le scale che portavano al bagno dove le ragazze si trovavano. Percorse il corridoio e aprì la porta di scatto, spaventandole.
-Alexandra, non voglio e non prenderò mai il tuo sangue. Mai-
La bionda lo guardò con gli occhi sbarrati. Come aveva sentito quello che aveva detto a Jacqueline? Era stata attenta a non parlare a voce troppo alta. Venne presa per la mano e fu accompagnata in camera sua, dove, una volta chiusa la porta, potevano parlare più tranquillamente.
-Non lo voglio e non puntarti su questa follia. Questa storia deve cominciare e finire qui- ripeté il ragazzo, affermando la sua presa di posizione.
-Non è vero ciò che stai dicendo. Tu lo vuoi e lo desideri più degli altri- affermò sicura di ciò che stava dicendo –Vedo ogni volta come mi guardi il collo o di come ti trattieni quando ci baciamo. So di piacerti, ma tu sei attratto da me in modo differente-
Il ragazzo non sapeva cosa dire, lo stava comprendendo a pieno.
-Sai bene che non sono abituato. Potrei non fermarmi e provocarti problemi seri e ti amo troppo per poterti fare del male-
Alexandra sorrise all’affermazione di Stefan, e lo baciò.
-Ti amo anch’io, ma questa cosa ci legherebbe ancora di più- prese due dita della mano di lui e le posizionò sotto la mandibola, dove il battito della vena pulsava forte –Può essere tuo quando vuoi-
Il volto del ragazzo era impassibile. Gli occhi stavano diventando di uno strano colore, erano quasi spaventosi ma lei ne rimase affascinata. Gli accarezzò il viso, facendolo calmare, poi spostò i capelli dall’incavo del collo, aumentando il desiderio di sangue in lui. Poi Stefan si avvicinò. Posizionò i freddi canini sul quel collo che gli sembrava così fragile e sottile e… affondò i denti. Prese ciò che gli sembrava necessario, facendo un enorme sforzo per contenersi. Quel sangue, seppur in minima quantità, gli stava dando un po’ di forza.
Si ritrasse, con molta riluttanza, e guardò Alexa, ammaliata da ciò che era appena accaduto.
-Tutto okay?- chiese mantenendo la calma e cominciandosi a preoccupare.
-Sì sì- la ragazza si risvegliò come da uno stato di trance. Stefan era così sexy in quel momento. Alexandra si alzò sulle punte e con la lingua prese la goccia di sangue che scorreva dalla bocca di lui e poi lo baciò, cautamente.
Stefan corrucciò la fronte e guardò il segno che le aveva lasciato –Sono debole, cado in tentazione se vedo una bella ragazza- sdrammatizzò.
-Ti amo, Stefan-
 
Intanto Jacqueline era scesa da Damon.
-Qual è il tuo problema?- urlò, quando ancora non era entrata nella stanza. Sapeva che poteva sentirla. –Origli e poi racconti tutto? Cos’ hai, quattro anni?- lo interrogò, spintonandolo per le spalle.
-Ehi, ehi!- esclamò, fermandole i polsi –Pensavo ti preoccupassi per tua sorella, così ti ho risparmiato la fatica di dirlo a Stefan-
-Io mi preoccupo per lei!- esclamò, cercando di liberarsi da quella stretta. –E tu dovresti lasciare che lo faccia per conto mio-
La stava guardando divertito.
-E adesso cos’hai?-
-Non pensavo fosse una nuova moda girare con un occhio truccato e l’altro no- la prese in giro, abbracciandola, notando che non stava più sulle difensive.
-Sei proprio simpatico, sai?- ormai non era più arrabbiata come prima e lui fece per baciarla, ma lei lo allontanò.
-Guarda che sono ancora arrab...- ma non le lasciò finire la frase, che si trovò le labbra occupate a baciare quelle del ragazzo. Non riusciva a prendersela davvero con lui, anche se a volte era davvero stronzo. Non riusciva a prendersela soprattutto quando faceva così... La sollevò per la vita e la fece sedere su un tavolo, da cui si sbarazzò di tutte le salviette e i bicchieri di plastica che c’erano sopra.
-Whou, whou!- esclamò, tirandosi indietro e sistemandosi la maglietta –Calma, tigre!-
-Allora sei davvero ancora arrabbiata!- costatò, storcendo le labbra in un sorrisino.
-Dai, non fare il cretino! Tra pochi minuti arriveranno i primi ospiti-
 
 
 
Il rumore di un altro oggetto che andava in frantumi attirò l’attenzione di Jacqueline, impegnata ad asciugare la chiazza di birra che qualcuno aveva rovesciato sul pavimento della cucina. Si diresse verso il salone, evitando persone barcollanti e bicchieri appoggiati da tutte le parti. Sì, avrebbe chiamato un’impresa di pulizie.
Arrivata nel salone vide un vaso, o meglio quello che ne rimaneva, sul pavimento, in mille pezzi. Decise che l’avrebbe lasciato dov’era. Era stanca di fare le pulizie e di non godersi la festa. Si avvicinò al bancone bar che avevano allestito e prese il primo bicchiere che la prima persona le mise davanti. Era buono: sapeva di frutta.
Vide Damon stravaccato nel divano, intento a fissare davanti a sé.
-Qualcuno non si sta divertendo- lo interruppe la ragazza, sedendosi accanto a lui.
-Adesso è tutta un’altra storia- le rispose, circondandole le spalle con un braccio e baciandola con fervore. –Andiamo di sopra- disse indicando le scale –Ho bisogno di nutrirmi-
-Che cosa?- Jacqueline pensava di aver capito male, ma in un batter d’occhio si trovò all’interno dello studio.
-Ne hai bisogno proprio ora?- domandò, apprestandosi a chiudere la porta.
-Non sai quanto... e vedere tutte quelle ragazze in vestitini succinti non mi aiuta per niente!-
Jacqueline sapeva che la stava provocando, ma non poteva fare a meno di pensare che se non gli avesse donato il suo sangue probabilmente sarebbe andato da una di “quelle ragazze in vestitini succinti”.
-E poi sono un po’ invidioso di mio fratello, sai?- aggiunse, fingendosi triste.
-Cosa? Oh dio! Vuoi dire che Stefan ha...? Che Alexandra l’ha lasciato...? Ma avevi detto che non sapeva controllarsi!- anche se quella fuori controllo sembrava lei, al momento.
-Evidentemente mi sbagliavo- disse, scrollando le spalle.
-Sbrigati che voglio parlarle- lo intimò, abbassandosi il collo del vestito di pizzo. I segni si sarebbero comunque intravisti, ma a lei non importava –E contieniti. Devo salvare una casa dall’Apocalisse!-
Damon fece attenzione a non sporcarle il vestito nel morderla, ma quando sentì il gusto del suo sangue non ci fece più caso.
-Che c’è?- chiese Jacqueline quando sentì che si era già staccato –Non ne avevi così tanto bisogno allor...-
Due occhi azzurri stavano assistendo allo spettacolo, spalancati e impauriti.
-Matt!-
-Perfetto...- Damon si pulì la bocca con la manica e uscì dalla stanza, passando accanto a un Matt pietrificato e a una Caroline ipertesa.
-Matt, mi dispiace- fu tutto quello che Jacqueline riuscì a dire.
-“Mi dispiace?” Jacqueline, cosa stava facendo? Perché?-
-Matt- questa volta era Caroline –Vieni via. Ti spiegherò tutto io-
-No, Care!- era su tutte le furie –Devono dirmelo loro-
Jacqueline si sentì sprofondare sotto lo sguardo di uno dei suoi migliori amici, che ora la guardava con disprezzo –Ti prego, non farne parola con nessuno-
Lui sospirò, adirato –Solo perché sei tu, Jacqueline- e se ne andò, sbattendo la porta e portandosi dietro Caroline, che aveva assistito ammutolita.
Un singhiozzo la colse all’improvviso e si portò una mano allo stomaco, cercando di fermarli. Dopo circa venti secondi Damon era rientrato perché aveva sentito che qualcosa non andava.
-Ehi- le disse abbracciandola dolcemente e carezzandole la testa. Non aveva mai visto questo suo lato.
-Damon, mi odia!- singhiozzò lei, aggrappandosi alla giacca del ragazzo –E se lo dice a qualcuno ti avrò messo nei guai e dovrai andartene e io... io non so cosa farei!-
-Jacque, calmati- la tranquillizzò prendendola per le spalle e guardandola con occhi confortanti –Matt non lo dirà a nessuno ed è ancora tuo amico. E io non me ne andrò. E se mai dovessi, tu verrai con me- l’abbracciò di nuovo, finché sentì che si era calmata.
 
Quando Alexandra sentiva qualsiasi genere di musica non si fermava davanti a nulla, e cominciava a ballare e cantare. In quel momento si trovava nel salone e stava ballando con il suo drink in mano, con altra gente intorno. Sentì un picchiettio sulla spalla, si girò. Jacqueline era davanti a lei e sorrideva un po’ brilla. Aveva deciso di bere per cercare di non ricordare la reazione di Matt quando l’aveva vista con Damon.
-Ti devo parlare- urlò cercando di farsi sentire.
Alexa annuì, bevendo tutto il contenuto del bicchiere in un sorso e successivamente appoggiandolo sul primo tavolino che trovò. Si recarono nel bagno, da dove uscì una ragazza con un vestito orrendo e il trucco sbavato. Jacqueline fece un commento ma questo fu coperto dall’alta musica che usciva dalle casse imponenti.
Una volta entrate, chiusero la porta a chiave. La sorella maggiore si rivolse all’altra diventando improvvisamente seria -Hai dato a Stefan il tuo sangue?-
-Sì, alla fine ha ceduto- rise, contenta e, come la sorella, brilla.
-Ahhhhh!- le due si presero per mano e cominciarono a saltellare -Ok, diamoci una calmata. Ti dico solo di stare attenta, ok?- stava per raccontarle di Matt e di quanto era appena accaduto, ma lasciò perdere, dato che voleva divertirsi. A quello ci avrebbe pensato il giorno dopo.
La bionda annuì.
-Bene, ora diamoci una sistemata e torniamo dai nostri cavalieri- si specchiarono, sistemando i capelli e ripassando velocemente il trucco. Una volta uscite si diressero nel soggiorno attirate da alcuni urletti acuti. Quando entrarono nella stanza e videro cosa stava accadendo rimasero a bocca aperta.
Damon e Stefan erano saliti sul tavolo da pranzo e stavano improvvisando uno spogliarello. Tutti e due erano rimasti in camicia e piano piano si stavano sbottonando i bottoni di questa. Intanto una folla in delirio di ragazze li circondava intorno al tavolo.
-Waaaaa-
-Nudi, nudi!-
-Yeeee-
-Che fighiii-
E intanto gli altri ragazzi commentavano con -Esibizionisti- nascondendo l’invidia per la sensualità dei due Salvatore.
-Eheheheheheh- risero le due sorelle guardandosi. Si avvicinarono al tavolo e salirono anche loro, aiutandoli a slacciare i bottoni. E quando furono senza camicia, fu il delirio. Tutti gli occhi erano puntati sui loro petti ben scolpiti. A sinistra le ragazze avevano Damon, capelli neri, occhi azzurri, sguardo da eterno dannato, pettorali ben definiti e una V da urlo. Dall’altra parte Stefan, capelli castani, occhi verdi, lo sguardo da bravo ragazzo con cattive intenzioni. I pettorali e gli addominali scolpiti come quelli delle antiche statue greche. Alexandra e Jacqueline erano rimaste a bocca aperta, senza parole. Le due ragazze toccarono i petti dei loro ragazzi, rendendosi conto, in quel momento, che tutto il mondo le invidiava.
-Oddio, qui ci gratti il formaggio!- esclamò la bionda alla sorella, facendo ridere Stefan. Ma Jacqueline non rispose, era saltata addosso a Damon e ora si stavano baciando con molto trasporto.
-Oh dio- Stefan non fece in tempo a dire quelle parole che si ritrovò a baciare la compagna, anche loro due si erano lasciati andare un po’ troppo. Tanto che, dopo un po’, alcuni fischi riportarono i quattro alla realtà.
-Prendi me, prendi me- urlò una ragazza, allungando la mano verso Damon. Jacqueline gli raccolse la camicia.
-Meglio che ti rivesti prima che la situazione degeneri- e costrinse il ragazzo a rimetterla.
-Sai, sei la prima che mi dice di rivestirmi- e la prese per i fianchi, portandola giù dal tavolo e guidandola in qualche luogo appartato della casa.
Alexandra guardò Stefan -Tu stai pure così. Anzi- prese la cravatta e gliela legò al collo -Moolto meglio-
Il ragazzo si guardò stranito -È costume quest’abbigliamento?-
-Sì sì, è costume mio lord-
-Veramente? Non mi sembra- e Alexandra lo mise a tacere con un altro bacio.
 
 
La serata stava per giungere al termine. Quasi tutti gli invitati erano tornati a casa, alcuni veramente in pessime condizioni, ed ormai erano rimasti in pochi. Oltre alle proprietarie con i loro ragazzi, c’erano solo Caroline con Matt, Bonnie e Tyler.
-Non voglio già tornare a casa!- si lamentò Caroline –Facciamo un gioco!-
I suoi occhi si erano illuminati.
-Che gioco?- Quando la bionda faceva così, Jacqueline non sapeva cosa aspettarsi. Anzi, il più delle volte finiva per bere troppo e maledirla.
-Sì- confermò lei –Facciamo il gioco del “non ho mai”!-
-Grande, Care!- convenne Alexandra, contenta dalla piega che aveva preso la serata.
I ragazzi si guardavano perplessi, non sapendo bene in cosa consistesse quel gioco. Le ragazze spiegarono le semplici regole e sembrarono entusiasti dell’idea di Caroline.
-Allora...- iniziò la sorella minore –Non ho mai... avuto una notte da una botta e via!- esclamò, fiera della sua domanda.
Alcuni tra i presenti, Damon e Tyler, non esitarono a bere immediatamente, mentre Caroline e Stefan furono più riluttanti.
-Stefan!- esclamò indignata Alexandra e lui per risposta si scusò dicendo che era successo tanto tempo fa. E lei capì che “tanto”, in quel caso, significava davvero tanto.
Jacqueline si sentì osservata. Era Caroline che la guardava con due occhi da furetto –E va bene!- esclamò, bevendo a sua volta.
-Jacqueline!- questa volta era Damon, che ovviamente stava prendendo in giro Alexandra, che lo ringraziò con una smorfia.
-Ok, è il mio turno- disse quest’ultimo –Non ho mai... friendzonato qualcuno-
-Certo che sei proprio...- non finì Jacqueline, mandando giù il suo shottino insieme a uno Stefan un po’ scocciato.
Il ragazzo preso in questione alzò la voce e disse –Non ho mai cercato di uccidere qualcuno avvelenandolo!-
I presenti lo guardarono come se fosse impazzito, ma ovviamente le ragazze capirono che si stava riferendo al loro tentativo di farli scoprire dandogli della verbena. Bevvero tutto il bicchiere e poi spiegarono che Stefan si stava riferendo a una cena che avevano cercato di cucinare.
Da quel momento in poi si susseguirono domande spiritose e innocenti, come non ho mai bevuto fino a vomitare, non sono mai scappato di casa, non ho mai sputato da un’auto in corsa...
L’atmosfera iniziò a farsi un po’ tesa quando Matt chiese –Non ho mai tradito-
I Salvatore si scambiarono un’occhiata piena di rancore e avversione.
-Beh, essere sinceri è una delle regole quindi...- E Damon bevve, seguito dal fratello, che non spostava lo sguardo dal bicchiere. Anche questa volta, Alexandra e Jacqueline capirono. Quando si parlava di passato c’entrava sempre Katherine.
-Visto che siamo in tema, faccio anch’io una domanda profonda- iniziò Bonnie –Non ho mai avuto paura di qualcuno a me caro- Lo disse guardando esplicitamente le due sorelle, anche se sapeva che una parte di lei aveva paura di sè stessa, della parte magica.
Tutte e tre non poterono fare a meno di bere...
-Ok. Adesso stop con le domande deprimenti- ordinò Caroline.
-Aspetta- intervenne Matt, posandole una mano sul braccio –Io ho l’ultima-
Lei, Jacqueline e Damon sapevano quale sarebbe stata, ma interrompere così il gioco li avrebbe subito smascherati.
-Non ho mai bevuto il sangue di qualcuno-
Alexandra sputò quello che stava bevendo, rischiando di ingozzarsi, Bonnie divenne pallida e Tyler sbarrò gli occhi. Stefan smise di respirare. Come poteva saperlo?
-Ahahaha, Matt!- intervenne la bionda padrona di casa per sdrammatizzare –Devi aver bevuto un po’ troppo-
-Zitta, Alexa!- le ordinò con voce ferma –Come è stato detto prima, rispondere sinceramente è la regola-
-Già, tesoro- fece Caroline –Forse è meglio se andiamo a casa-
La piega che aveva preso la conversazione fece calare il silenzio e, se possibile, la temperatura nella stanza.
Quando Matt e Care furono alla porta, Jacqueline li raggiunse. –Matt, domani ti spiegheremo tutto. promesso-
-Lo spero-
E uscì nel freddo della notte di novembre.
 
Dopo dieci minuti erano andati via tutti.
-State scherzando, spero!- Alexa urlava in giro per la casa, non riuscendo a stare ferma.
-É entrato senza preavviso!- si giustificò la sorella –Avevamo detto che il piano superiore era precluso agli invitati. Cosa dovevamo aspettarci?-
-Mio dio, Jacque... Come facciamo a spiegarglielo?-
-Come abbiamo fatto con Caroline- Stefan era particolarmente calmo, come se la faccenda non lo riguardasse –Gli spiegheremo tranquillamente tutto il necessario e capirà. Matt non è uno stupido-
-Oh dio, non ci parlerà più- Alexandra era preoccupatissima –Certo che siete proprio degli imbecilli!- inveì contro sua sorella e Damon e corse su per le scale, chiudendosi la porta della camera alle spalle.
-Un po’ ha ragione- convenne Stefan, seguendola al piano superiore.
 
-Oh, Stefan... Devi parlare a tuo fratello. Non può fare sempre quello che vuole e mettere nei casini anche te!-
-Alexa, non è così semplice ragionare con lui-
-Se non lo farai tu, lo farò io. E sarò spietata!-
-Ok, calmati- le disse, preoccupato dalla sua reazione esagerata –Non è solo questa storia che ti preoccupa, vero?-
-Dovresti fare lo psicologo- lo prese in giro –No, hai ragione... Il fatto è, Stefan, che le sue azioni si ripercuotono inevitabilmente anche su di te e non voglio che tu sia costretto a fare qualcosa che non vorresti solo per andare incontro a tuo fratello. So che alla fine vi volete bene e...-
-Hai paura che io possa allontanarmi da te- la interruppe, finendo la frase per lei –Non accadrà mai. Risolveremo tutto, non preoccuparti- e le accarezzò il viso con il dorso della mano.
La ragazza chiuse gli occhi, mugolando.
-Tutto bene?- domandò lui.
-Ho bevuto un po’ troppo, ma nulla rispetto alle altre volte- si voltò verso di lui, e si avvicinò, baciandolo -Vuoi dormire?- guardò l’ora, erano le quasi le quattro del mattino.
-No, tranquilla- dalla finestra videro la fenditura nella notte. L’alba sarebbe presto arrivata e con essa sarebbero sorte nuove preoccupazioni. Ma loro potevano ancora rifugiarsi nella tranquillità della notte.
Un nuovo pensiero s’infilò nella testa della ragazza -Voglio essere come te- sussurrò, sapendo che lui l’avrebbe sentita.
Stefan l’allontanò e vide il suo viso serio. Sapeva benissimo a cosa si stava riferendo -Non è il momento di parlarne, Alexa. Mi hai convinto a bere il tuo sangue questo pomeriggio, ma non mi convincerai a trasformarti-
Il suo tono era grave, e la ragazza lo prese come un rimprovero.
Come aveva già detto Stefan, non è era il momento adatto per parlarne, quel discorso l’avrebbero affrontato più avanti. Il ragazzo pensò che non sarebbe stato facile demorderla da quell’idea folle. Sostennero i loro sguardi per qualche attimo. La ragazza lo stava guardando accigliata e irritata.
-Sei sempre così… così- Alexa non sapeva come definire l’atteggiamento di Stefan -Protettivo. Sei peggio di mia madre- si alzò dal letto e se ne uscì dalla stanza, dirigendosi verso lo studio.
Chiuse la stanza a chiave e si distese nel divano. Quando sentì alcuni rumori si preoccupò.
-Stefan lasciami da sola- identificò con difficoltà il ragazzo nella penombra della stanza. Stefan aveva usato la minima forza per aprire la porta. Senza dire nulla si avvicinò alla ragazza e la prese in braccio, sotto la sua stretta morsa.
-Lasciami andare, non è divertente- lo avvertì seriamente, non appena sentì alzarsi. Ma lui non ne voleva sapere, la stava riportando in camera.
Spense la luce della camera e l’adagiò sul letto, lui accanto a lei, senza dire nulla. La baciò intensamente e Alexa si strinse forte a lui.
-Scusami- gli disse tra un bacio e l’altro.
-Fa niente, ti scuso- le rispose, con un tono totalmente differente da prima.
Si scambiarono un ultimo bacio per poi addormentarsi, abbracciati l’uno all’altro.


 
Fra un po’ sarebbe sorto il sole e Jacqueline non dava segni di volersi addormentare. Oltre a sentirsi in colpa per Matt, un dubbio l’assillava da quando avevano scoperto dell’esistenza dei vampiri. Dopo qualche minuto non riuscì più a starsene zitta e svegliò il ragazzo che dormiva profondamente accanto a lei. Strano... pensò Non avrei mai immaginato che i vampiri dormissero.
-Damon, svegliati- gli disse piano e lui rispose con un mugolio soffocato.
-Mmh, cosa c’è?- chiese, visibilmente assonnato.
Lei andò subito al sodo –Come si diventa vampiri?-
A quella domanda si svegliò definitivamente –Cosa? Perché me lo chiedi adesso?-
-Perché ci stavo pensando da un casino di tempo, non riesco a prendere sonno e, sì, volevo darti fastidio- gli disse con un sorriso beffardo, notando che si era leggermente irritato per essere stato svegliato.
Lui la stava guardando con una strana espressione curiosa e lei se ne accorse. Non aveva assolutamente voglia di parlare di quell’argomento in quel momento.
Così, in mezzo secondo, avvicinò la ragazza a sé e la baciò con trasporto.
-Damon!- lo richiamò cercando di allontanarlo quel tanto per poter parlare –Non cercare di sviare il discorso. Non sono scema!-
-Ah, va bene!- ammise sconfitto –Cosa vuoi sapere di preciso?- chiese, mettendosi seduto.
Lei lo imitò e si limitò a dire –Tutto-
-In realtà non è così difficile da spiegare...-
-Allora perché non volevi dirmelo?- lo interruppe bruscamente.
Lui sorrise –Perché in quel momento eri così provocante...-
Jacqueline non diede peso alla sua battutina e lo esortò ad andare avanti.
-In poche parole bisogna morire con in circolo il sangue di vampiro-
-Ah- la ragazza si aspettava qualcosa di più complesso –Non sembra doloroso o altro-
-Non lo è. Se non hai problemi a uccidere un mucchio di gente e salutare tutti quelli che conosci-
-Non sembra che voi abbiate questi problemi-
-Perché sono passati tantissimi anni, Jacque... All’inizio è stato difficile, soprattutto per me-
-Per te? Pensavo fossi tu quello... ehm, cattivo- disse, cercando le parole.
-Ti faccio questa impressione?- le chiese divertito.
-No, ma... Insomma, Stefan neanche beve il sangue umano!-
-Come ti ho già detto, lui non era così in passato. E io non volevo essere quello che sono, ma per colpa di mio fratello io...-
Jacqueline gli posò una mano sulle sue, che stavano diventando bianche da quanto stringeva i pugni –Scusa, non volevo che ricordassi qualcosa di spiacevole- gli disse dolcemente, abbracciandolo.
Si infilarono sotto le coperte e finalmente la ragazza prese sonno.
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
Dall’interno provenivano i soliti rumori di un casa: la televisione accesa, una lavatrice che andava, passi che facevano le scale e voci che parlavano. E tra queste ultime ne riconobbe due. Voci che parlavano tranquillamente, che avrebbe riconosciuto ovunque andasse. Che sarebbero rimaste nel suo cuore per sempre.
 
 
 
Note delle autrici:

Buongiorno cari lettorii! Questo è stato uno dei capitoli più divertenti da scrivere (da quanto ricordo). Ora che è ricominciata la scuola cercheremo di pubblicare ogni volta che ne avremo la possibilità, speriamo non rimarrete delusi da come andrà avanti la storia! Le recensioni sono sempre ben accette!
Al prossimo capitolo :)
Alexandra e Jacqueline

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Capitolo 12
*** Arrivi inaspettati ***


L’indomani le due sorelle si svegliarono alle undici, quando il sole avrebbe dovuto essere già alto. Ma del sole quella mattina non c’era traccia. Una fitta nebbia circondava tutta Mystic Falls rendendo l’atmosfera di quella giornata ancora più cupa.
Jacqueline ed Alexandra quando videro lo stato della casa tirarono un sospiro di sollievo. Fortunatamente le domestiche erano già state lì la mattina presto e avevano pulito ogni singola cosa a lucido.
Decisero di preparare una colazione veloce perché di lì a poco anche i ragazzi si sarebbero svegliati e probabilmente avrebbero avuto fame. Tra le ragazze vi fu completo silenzio. Dopo la questione di Matt non sapevano cosa dirsi. Decisero entrambe di aspettare i fratelli Salvatore per parlarne. Proprio quando il caffè fu pronto Stefan entrò in cucina.
-Ehii- Alexandra lo salutò con un bacio e lui l’abbracciò.
-Caffè, signor Stefan?- scherzò Jacqueline, porgendogli una tazzina. Stava evidentemente cercando di fare sciogliere la tensione che era presente nella casa da quella notte.
Ci pensò su -Ehm sì, grazie- lo bevve senza aggiungere zucchero, aspettando solo un momento perché si raffreddasse -Mio fratello sta dormendo, suppongo-
-Sono qui anch’io- esordì assonnato Damon, entrando anche lui in cucina. Si versò una tazza di caffè, non prima di aver salutato l’amata con un bacio stampo.
I quattro ragazzi erano ora seduti tutti a tavola. Damon e Jacqueline da un lato, Stefan e Alexandra dall’altro. L’unico rumore era quello del cucchiaino di Alexa che stava mescolando lo zucchero nel suo the.
-Ti prego, smettila- disse spazientito Damon, forse con un po’ troppa enfasi.
-Non parlarle così- Stefan prese la posizione della ragazza.
-Io le parlo come voglio- gli occhi del fratello maggiore si ridussero a due fessure, lo sguardo puntato verso l’altro.
-Senti Damon, non mi faccio riprendere da un vampiro di oltre cent’anni che ha ancora problemi di ambientazione nel mondo degli umani- rispose per le rime Alexa.
-Cosa stai cercando di insinuare?- chiese Jacque.
-Sto dicendo che per colpa tua e tua- affermò la bionda indicando Damon e Jacqueline con il cucchiaio -Per colpa vostra Matt ha scoperto la vera natura dei fratelli Salvatore e probabilmente non ci parlerà più per il resto della nostra vita, e nel peggiore dei casi cercherà un modo per uccidervi-
-Matt che uccide? Bella questa. Al massimo ci terrà il muso per qualche mese, ma poi gli passerà- osservò Jacqueline, prendendo la questione alla leggera.
-No, bisogna fargli dimenticare ciò che è successo, è l’unica soluzione. E sarai tu a farlo, fratello- il ragazzo si rivolse a Damon che alzò gli occhi al cielo.
-Bene, soluzione trovata e problema risolto. Ora posso anche andarmene- fece per alzarsi dalla sedia ma Alexa lo fermò.
-No, non abbiamo finito- gli disse. Damon la guardò con avversione, sedendosi di nuovo.
-Quello che avete fatto ieri è da… irresponsabili. È successo con Matt, ma poteva essere benissimo qualcun altro- disse Stefan con tono pacato.
-Hai ragione, faremo più attenzione d’ora in poi. Scusaci Stefan, e anche tu Alexandra- Jacqueline non trovò parole per esprimere il suo dispiacere, e per un momento la pace tornò in casa Van Der Wegen.
 
Il campanello suonò, rompendo il silenzio.
Alexandra non perse tempo e si diresse di corsa verso la porta. Sulla soglia vide Matt accompagnato da Caroline. La ragazza aveva deciso di andare per tenere sotto controllo la reazione di Matt.
-Ciao Matt- lo salutò flebilmente Alexa, ma lui non rispose e si limitò a entrare.
La cucina sembrava l’ufficio delle pompe funebri.
Fu Matt il primo a parlare –Allora, mi spiegate cos’è successo o devo inventarmelo? E vi avviso che ho solo brutte supposizioni in testa...-
-Ti spiegheremo tutto, ma devi promettere che non darai di matto- gli disse Alexa –Anche noi siamo rimaste scioccate quando l’abbiamo scoperto-
-Davvero? A me sembravate piuttosto decise in quello che facevate- intervenne Damon, con una nota di sarcasmo. Ovviamente si riferiva al tentato avvelenamento da verbena.
-Non complicare le cose- lo richiamò Jacqueline.
-Matt- era Stefan a parlare adesso –Credo che tu ti sia già fatto un’idea di cosa siamo... Per questo te lo dirò senza mezzi termini-
-E sappiate che io sono contrario!- interruppe nuovamente Damon, beccandosi un’occhiataccia da parte delle due bionde presenti.
-Vedi, noi ci nutriamo di sangue, ma questo lo sai già. Quindi saprai anche che siamo vampiri-
-Non sembri molto sorpreso, tesoro- convenne Caroline, posandogli una mano sulla spalla.
-Tu lo sapevi e non mi hai detto niente- l’accusò, sottraendosi alla sua presa –Questo mi fa infuriare più di quello che ho appena scoperto!-
-L’ha fatto per proteggerti, Matt- intervenne Jacqueline, che se n’era rimasta in silenzio per tutto il tempo.
-Proprio tu parli! Non sembra che tu voglia essere protetta- sbottò, dirigendosi verso di lei.
-Ehi, bello... Datti una calmata- Damon lo fermò malamente, mettendosi davanti alla ragazza –Oggi non ho ancora mangiato e inizio ad avere fame-
-Ok, ragazzi- Caroline si mise in mezzo –Non siamo venuti qui per fare minacce o altro. E Matt, cerca di calmarti-
Il ragazzo biondo si allontanò e andò a sedersi su una sedia, lontano dai presenti. Restò con lo sguardo fisso per un po’, poi iniziò a parlare –Va bene... Sto iniziando a realizzare la situazione, ma non per questo vuol dire che non vorrei spaccare qualcosa-
Rimasero tutti in silenzio e lo lasciarono continuare –Se voi due- riferendosi alle sorelle –vi fidate, io non posso fare altrimenti. La prossima volta però, non voglio essere l’ultimo a sapere le cose-
Le ragazze erano felici di sapere che Matt le aveva perdonate. L’unico a cui sembrava non interessasse niente era Damon, ovviamente.
 
Si alzò sulle punte, guardando l’immensa residenza.
Carina pensò.
Dall’interno provenivano i soliti rumori di un casa: la televisione accesa, una lavatrice che andava, passi che facevano le scale e voci che parlavano. E tra queste ultime ne riconobbe due. Voci che parlavano tranquillamente, che avrebbe riconosciuto ovunque andasse. Che sarebbero rimaste nel suo cuore per sempre. Fece un passo avanti, poi un altro. Si arrestò improvvisamente e vide un gatto nero dagli occhi gialli che le ringhiava contro. Lei, di risposta, mostrò i canini e ringhiò. Il gatto scappò. Rise soddisfatta, ma subito dopo tornò seria, concentrata. Tirò fuori lo sguardo impassibile e si diresse verso l’ingresso della casa.
Si sistemò i capelli, prese un respiro, suonò il campanello. Protese l’orecchio, e sentì dei passi graziosi, di una ragazza che venivano incontro di lei.
-Lakers? Ma stiamo scherzando? I Lakers non vincono una stagione da anni ormai. Ragazzo, fidati. I Miami Heat sono i migliori-
Damon, Stefan e Matt si erano gettati a capofitto su una discussione che li appassionava: lo sport. Era da ormai un’ora che ne parlavano. Erano riusciti a parlare dell’intera stagione di football, per poi passare a quella di basket. Le tre ragazze li guardavano basite, come se fossero alieni. Caroline aveva appena detto alle amiche che si era comprata un nuovo vestito, quando il campanello suonò.
Il silenzio calò nella stanza improvvisamente e tutti si guardarono sorpresi, ma poi i ragazzi ripresero il discorso. Alexandra si alzò dal divano, dov’era seduta a fianco di Stefan. Percorse l’ingresso e aprì la porta.
Davanti a lei c’era una ragazza dai lunghi capelli castani e occhi marroni, quasi neri.
-Ehm, posso aiutarti?- chiese gentilmente la bionda.
La ragazza fece un sorriso timido -Scusami, mi sono persa e… posso entrare? Vorrei chiamare i miei genitori e sono senza il cellulare-
Le sorrise a sua volta -Certo, entra pure- chiuse la porta d’ingresso -Mi chiamo Alexandra, piacere- si diressero verso il salotto, dove proveniva il gran vociare.
-Ragazzi, state facendo una confusione tremenda- li richiamò Alexa, entrando nella stanza -Lei è… Aspetta, come hai detto che ti chiami?-
Silenzio. Un tombale silenzio. Tutti gli sguardi erano rivolti verso di lei. E improvvisamente Alexandra capì di aver fatto un tremendo errore lasciandola entrare. La ragazza che era appena entrata ghignò, poi spostò lo sguardo sui Salvatore che si erano alzati dalle sedie con inumana velocità facendole quasi cadere. Si accorse degli occhi, che si stavano trasformando in quelli di un vampiro, e i canini, lunghi come quelli di un predatore.
-Katherine- un suono che venne fuori quasi come un ringhio dall’interno del petto dei fratelli.
Poi, il caos.
-Cosa ci fai qui, Katherine?- chiese Stefan, cercando la sua parte razionale.
-Sono qui per...- s’interruppe, pensando a cosa dire. Si mosse lentamente, a piccoli passi, uno dopo l’altro -Per portavi via con me. Ma ho sentito che vi siete già sistemati- guardò le due sorelle -Alexandra e Jacqueline- si avvicinò alla maggiore, sollevandole il mento e osservandole il collo.
Damon spinse via Katherine, portandosi davanti a Jacque, spaesata -Non permetterti di toccarla-
Caroline e Matt non capivano cosa stava succedendo. La bionda sapeva solo che Katherine era stata la ragazza di entrambi i Salvatore ai tempi della fondazione di Mystic Falls. Ma da quello che le avevano raccontato Jacqueline e Alexandra, lei doveva essere morta. Rinchiusa in una cripta.
Stefan espresse il suo stesso dubbio –Come puoi essere viva, Katherine?-
Lei sorrise beffarda –Mi sono spostata qui e là molto spesso. Non sono mai stata in quella cripta, sapete...-
Intanto si era avvicinata a Stefan e lo guardava con occhi accesi dalla passione –Oh, Stefan, sei più bello di come ti ricordavo!-
Lui si ritrasse subito, come se un serpente velenoso lo avesse sfiorato. Le altre tre ragazze nella sala si guardarono con gli occhi sbarrati. Soprattutto Alexa, che non poteva credere alle sue parole.
-Qual è il tuo vero scopo?- chiese Damon, visibilmente seccato dal commento di poco fa della vampira.
-Ve l’ho già detto. Sono qui per potermi riunire a voi... o anche a uno solo- disse, facendo l’occhiolino alle due sorelle, che erano pietrificate.
-Non so chi credi di essere, ma non puoi fare questo genere di richieste!- intervenne Caroline, preoccupata per le amiche.
-Tu devi essere Caroline Forbes, la figlia dello sceriffo- ricordò, avvicinandosi a lei –Hai un bel caratterino. Mi piaci!-
Con uno scatto fulmineo si portò dietro di lei e le strinse il collo in una morsa. Tutti sapevano che con un minimo movimento le avrebbe potuto spezzare il collo.
-Katherine, fermati. Possiamo trovare una soluzione-
-Sei pazzo?- domandò Damon al fratello –Se credi una cosa del genere sei più pazzo di lei, Stefan-
-Ah, Damon... Non mi piace il tuo modo di parlare di me. Mi hai fatto arrabbiare!- esclamò, alzando la voce.
Sapevano che avrebbe fatto qualcosa per vendicarsi, ma non si sarebbero mai aspettati una cosa del genere.
Si morse un polso e lo premette sulle labbra di Caroline, che non poteva ribellarsi in nessun modo.
Jacqueline e Alexandra urlarono all’unisono, accompagnate dai lamenti della ragazza.
-Ah, ah fermi!- avvisò i due fratelli che si erano fiondati per salvarla –Forse avete ragione...- disse guardando tutti –Sono venuta qui per divertirmi- e subito dopo si sentì un sordo crack provenire dal collo di Caroline.
A quel punto Katherine mollò la presa e corse fuori dalla casa. Damon la seguì all’istante, sperando di poter spezzare il collo a lei, mentre Stefan si precipitò da Caroline, stesa a terra inerme.
Jacqueline andò da Matt, che non aveva avuto il tempo di realizzare ciò che era appena successo in pochi secondi –Oh dio, Matt!- disse, abbracciandolo –Perché ha fatto una cosa del genere?- questa volta si rivolgeva a Stefan.
-Dobbiamo trovare un posto sicuro dove farvi restare- disse immediatamente.
-Potremmo andare da Bonnie- propose Alexandra.
Intanto Matt non si era mosso. Per lui era troppo venire a sapere dell’esistenza dei vampiri e subito dopo vedere la sua ragazza diventarne uno. Stefan notò che respirava a malapena.
-Ehi, respira- gli disse con quel tono profondo, soggiogandolo.
Come gli disse quelle parole, lui sembrò calmarsi un po’ –Cos’è successo?- chiese con voce tremante.
-É successo che dobbiamo salutare la vecchia e dolce barbie. Fra un po’ si risveglierà affamata come non mai e vi consiglierei di non trovarvi qui per quando accadrà- intervenne Damon.
-É scappata?-
-Sì. È sparita nei boschi-
-Vuoi dire che diventerà un vampiro?- chiese un Matt esterrefatto.
-Lo sta già diventando- rispose il fratello più vecchio con poco tatto.
-E... E non si può fare niente per evitarlo?-
Stefan prese parola –O si nutre... o muore- disse, drasticamente.
 
Percorsero più in fretta che poterono le strade, raggiungendo casa di Bonnie in solo dieci minuti. Se ne fregarono dell’ora tarda e suonarono il campanello.  
-Che ci fate qui a quest’ora?- le rimproverò Bonnie, una volta che vide le due sorelle, scortate da Damon -Cos'è successo?- chiese, rendendosi conto dei volti scuri dei tre.
Entrarono in casa, dimenticandosi per un momento che il ragazzo non poteva entrare senza invito.  
-Potrei pentirmene in futuro ma… Entra, Damon- disse sarcastica Bonnie, invitandoli in camera sua.
-Scusate per il disordine ma- cominciò. 
-Lascia stare- la interruppe la minore -Senti, è successa una cosa terribile- si mise le mani davanti alla faccia, stropicciandosi gli occhi in segno di stanchezza.  
-È arrivata Katherine, l'ex ragazza contesa da Damon e Stefan. Per sbaglio Alexandra l'ha invitata a entrare e...si è scatenato il putiferio. Caroline è morta ma- 
-Cosa?!- Bonnie spalancò gli occhi, agitandosi -Come hai potuto farla entrare? Per colpa tua... Caroline, oh mio dio Caroline. No no no, non può essere- si sedette sul letto, appoggiando la testa tra le mani e cominciando a singhiozzare. Alexandra le si sedette vicino, poggiandole una mano sulla spalla.
-Bonnie non è finita qui. Caroline è morta, ma vedi- Jacque cercò le parole giuste -Aveva sangue di Katherine nel corpo e lei... lei diventerà una di loro-
Bonnie alzò velocemente lo sguardo verso Damon, come se fosse lui la causa di tutto.
-Non dovresti guardarmi così, Bonnie. Senza il sangue di vampiro lei sarebbe...-
-Senza te e tuo fratello Stefan noi saremmo state quattro normali ragazze del liceo, e non...- ritornò a singhiozzare. Il ragazzo non capì il ragionamento di Bonnie, ma la lasciò perdere. Evidentemente la notizia l’aveva turbata non di poco.
-Il vero problema è Katherine- iniziò Alexa -Bisogna stare attenti. Per questo ti abbiamo portato della verbena- dalla borsa estrasse un piccolo sacchetto con dentro delle foglie e glielo porse.

-Mio dio... Caroline sopravviverà come vampiro?- chiese Bonnie a Damon.
-Sì, dovete stare tranquille. Io e Stefan faremo di tutto per aiutarla- 
Cercò di tranquillizzarle, ottenendo un buon risultato. 
-Noi... torniamo a casa- disse Jacque, salutando l'amica -Stai tranquilla, se hai bisogno di noi chiamaci pure-
-Certo, non esiterò- le sorrise.
Alexandra la salutò con un abbraccio, poi i tre risalirono in macchina per tornare alla residenza Van Der Wegen dove una lunga notte gli avrebbe attesi.
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Sto dicendo che è un tipo sveglio, non vorrei che cominciasse a sospettare di qualcosa-
-In che senso?- chiese Jacqueline, finendo di incipriandosi il collo.
Anche questa volta il ragazzo continuò con il ragionamento, senza badare ad interruzioni -Jacqueline, dì gentilmente al mio caro fratello di smetterla di prelevare sangue dal tuo collo, si nota troppo. Digli che se proprio è costretto a farlo, lo prenda dal polso, dov’è meno visibile-

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Capitolo 13
*** Nuova 'vita' ***


Alexandra, Jacqueline, Matt e Bonnie stavano aspettando l’arrivo di Stefan davanti all’ingresso della scuola. Come avevano deciso la sera precedente, avrebbero trascorso una normalissima giornata a scuola per non destare sospetti, ma soprattutto per cercare di dimenticare la presenza di Katherine e ciò che era successo a Caroline.
-Ci si può fidare di Damon?- chiese Matt alle amiche. Il piano di lasciarla sola con lui non l’aveva mai convinto.
-Credimi, è la miglior protezione che possa avere in questo momento- lo tranquillizzò Jacqueline.
-Almeno finché Care riuscirà a non cadere nella tentazione di nutrirsi- fece notare Bonnie.
-In che senso?-
-Non credete che Damon sarà il primo a convincerla a nutrirsi? Forse Caroline non è pronta per questa vita...-
I ragazzi si guardarono costernati e infine Alexandra parlò –In questo caso, speriamo che Care resista fino al nostro ritorno-
In quel momento videro Stefan avvicinarsi a passo spedito. Ora che era arrivato si sentivano tutti più al sicuro.
 
-Salvatore e Van Der Wegen, smettetela voi due di parlare, o sarò costretto a farvi sedere in lati opposti della classe!- esclamò Alaric Saltzman, il nuovo professore di storia -E ora, uno dei due ripeta cosa ho appena detto per favore-
-Oddio… qualcosa con una guerra?- chiese Alexa, titubante.
Il ragazzo la salvò -Stava parlando del XV secolo, il quale è attraversato da importanti cambiamenti culturali: l'ottimismo, la fiducia nell'uomo e nelle sue possibilità, il principio della "virtù" umana contrapposta alla "fortuna" sono manifestazioni filosofiche e letterarie di un periodo noto col nome di Umanesimo. L'Umanesimo, le cui avvisaglie possono esser colte già nel Trecento, ha una prima diffusione nell'Italia rinascimentale, le cui corti sono punti di riferimento vitale per gli artisti del tempo- disse tutto ad un fiato, lasciando a bocca aperta il professore.
-Molto bene signor Salvatore, vedo che è molto appassionato di Storia Europea- Alaric era piacevolmente sorpreso di avere uno studente così brillante -Il suo cognome ha origini italiane, giusto?-
-Sì, i miei antichi provenivano da là- 
-Interessante- lo fissò un momento, pensando. Poi si risvegliò dai suoi pensieri -Bene, continuiamo-
Al suono della campanella Stefan fu fermato dal professore, il quale, incuriosito gli rivolse altre domande sulle sue origini. Intanto Alexandra, Bonnie e Jacqueline, che era appena arrivata, lo stavano aspettando fuori dalla classe.
-Cos’hai qui?- chiese Bonnie, spostando i capelli dal collo di Jacque e rivelando un morso di Damon.
-Oddio, si vede così tanto? Alexa, hai il correttore? Provo a nasconderlo- si legò i capelli con una coda, mentre la sorella cercava la trousse nella grande borsa.
-Dì a Damon di stare più attento la prossima volta- le suggerì la Bonnie.
In quel momento videro che Stefan ed Alaric uscivano dalla stanza -Firenze dunque... Notevole Stefan, devi andare fiero del passato della tua famiglia-
-E lo sono. Ora se non le dispiace dovrei andare- il ragazzo fece per congedarsi, seguito dalle amiche, ma il gruppetto fu fermato da Saltzman.
-Signorina- prese per la spalla Jacqueline, facendola voltare -Che cos’ha qui?- le mise una mano sul collo, toccandole il morso.  La ragazza divenne rossa e arrancando, cercò una scusa -Ehh, è stata la piastra per i capelli…-
-È molto maldestra- e per quel giorno Stefan aveva già salvato due volte le sorelle Van Der Wegen.
Alaric osservò prima lui, poi spostò lo sguardo nuovamente sul collo della ragazza. Stefan poté captare la sua preoccupazione, mista a sorpresa.
-Va bene, andate pure ora. E tu- disse rivolgendosi a Jacqueline -Mi raccomando, stai attenta la prossima volta- e ritornò di fretta in aula.
 
I ragazzi si erano seduti in un tavolo della grande mensa del Robert E. Lee. Matt aveva appena preso posto quando Bonnie cominciò a parlare: -Il nuovo professore di storia europea è carino, ma ho come il presentimento che ci stia nascondendo qualcosa. E penso proprio che abbia a che fare con la questione vampiri- sussurrò l’ultima parola e, cercando di non farsi sentire, raccontò alle ragazze la visione che aveva avuto la sera prima  -Ero in una radura e lui stava cercando di intagliare un paletto di legno sussurrando qualcosa in latino e poi… poi nulla, non è successo niente ma l’atmosfera era così fredda e pesante- rabbrividì al ricordo di quell’immagine.
-Quell’Alaric non mi piace per niente- disse Stefan, scuotendo la testa.
-Nemmeno a me, sinceramente. Poteva evitare di chiedermi cosa stava spiegando. E tu, come al solito hai fatto la figura del “mi-chiamo-Stefan-Salvatore-e-so-tutto-io”- si sfogò Alexandra, facendo sorridere gli amici.
-Non mi riferisco a quello, Alexa- fece finta di nulla -Sto dicendo che è un tipo sveglio, non vorrei che cominciasse a sospettare di qualcosa-
-In che senso?- chiese Jacqueline, finendo di incipriandosi il collo.
Anche questa volta il ragazzo continuò con il ragionamento, senza badare ad interruzioni -Jacqueline, dì gentilmente al mio caro fratello di smetterla di prelevare sangue dal tuo collo, si nota troppo. Digli che se proprio è costretto a farlo, lo prenda dal polso, dov’è meno visibile-
La mora annuì.
-Tu, Bonnie, vedi se riesci a captare qualcosa dalla sua testa. Credi che quella visione possa significare qualcosa?-
-Beh, credo che tu sappia meglio di me che un paletto di legno, se conficcato nel cuore, può ucciderti- rispose la strega, beccandosi un’occhiataccia da Alexandra.
-Intendevo dire, credi che la tua visione si possa avverare?- Stefan stava cominciando ad agitarsi.
-Ehi, stai calmo- la bionda lo prese per mano e gli diede un bacio -Risolveremo tutto, no? Basta stare un po’ più attenti e quello là non si accorgerà di nulla. Jacque, tieni d’occhio Damon-
Matt ridacchiò, le piaceva quando le due sorelle battibeccavano.
-Uffa sì, ma non è solo colpa sua- la maggiore prese le parti del suo ragazzo.
-Certo, certo- ironizzò l’altra.
-Cosa vuoi dire?- chiese Jacque.
-Che è lui quello da tenere a bada dato che ti lascia i “succhiotti” sul collo- Stefan rise di gusto alla battuta di Alexa.
-Non mi sembra che sia l’unico qui!- rispose per le rime Jacque.
-UHHHHH SBANG- Matt diede il cinque alla ragazza.
La bionda scuoteva la testa, come per cercare una risposta, poi si arrese -Okay, hai vinto!- e risero tutti quanti alleggerendo la tensione.
Quando Jacqueline si separò dagli amici e, insieme a delle sue compagne di corso si stava dirigendo alla lezione di economia, le squillò il cellulare. Era Damon.
La ragazza guardò prima lo schermo illuminato del cellulare e poi le amiche, che capirono subito chi fosse e proseguirono verso la classe, non senza fare commentini sul ragazzo della loro compagna.
-Ciao, Damon- iniziò, preparandosi al peggio.
-Codice rosso. La biondina non resta più nella pelle e io non ho intenzione di dirle quello che deve fare. Quindi- si fermò per prendere fiato –volevo solo avvisare Stefan, che tra parentesi non risponde alle mie chiamate, che la porterò fuori per pranzo-
-Ehi, ehi! Sei sicuro che sia quello che vuole? Insomma, dopo non si torna indietro...-disse, sussurrando l’ultima frase.
-Certo che lo è. Vuole parlarti- e dall’altra parte della linea comparve la voce di Caroline, più flebile che mai.
-Ciao, Jacque. Sto malissimo- disse tossicchiando –Damon dice che se mi nutro mi sentirò subito meglio, ma Jacque... ho paura-
La ragazza capì subito come doveva sentirsi l’amica e la consolò –Care, non averne. Anche se sarai un po’ diversa, sarai sempre la nostra amica scatenata che si diverte a organizzare feste e balli in maschera-
La ragazza dall’altra parte del telefono iniziò a singhiozzare –Ti prego, vieni qui!-
Jacqueline schioccò la lingua –Lo sai che non posso... Non possiamo andare da nessuna parte senza Stefan o Damon a proteggerci. Dovrai resistere un altro paio di ore. Salterò gli allenamenti e verremo subito da te. Ma fino ad allora resisti. Troveremo una soluzione insieme-
Caroline sembrava essere più sicura –Grazie. Vi aspetterò qui- e riagganciò.
Mentre si dirigeva in classe, si rese conto che quella soluzione non esisteva affatto, ma dare un filo di speranza all’amica non le avrebbe fatto male.
Dopo due infinite ore di lezioni di letteratura e biologia, i ragazzi del penultimo anno uscirono nel parcheggio davanti all’entrata dove avevano parcheggiato le loro auto. Jacqueline era già lì ad aspettarli e raccontò brevemente quello che le aveva detto Caroline. Erano tutti d’accordo sull’andare direttamente a casa sua, sperando che nel frattempo non fosse arrivata sua madre. Altrimenti non avrebbero potuto proteggerla.
 
 
Quando la videro, distesa sul divano, presero un colpo. Era pallida come un lenzuolo e aveva la fronte sudata come se avesse la febbre. Si alzò a fatica con un debole sorriso a incurvarle le labbra.
Non pensavano che a poco più di un giorno dalla trasformazione si arrivasse in simili condizioni.
Alexandra espresse il suo dubbio a tutti –Non dovrebbe durare di più la transizione?-
-È molto soggettivo- le spiegò Stefan –Di solito è correlato al carattere della persona-
-E io non sono mai stata brava ad aspettare- intervenne Caroline con un leggero tono di autocommiserazione.
-Non le hai già dato del sangue, vero?- chiese Bonnie a Damon.
-Se gliel’avessi dato, ora non sarebbe così malaticcia e poi non do il mio sangue a chiunque passi nelle vicinanze!-
Jacqueline sorrise –Penso che intendesse se hai legato il postino o qualcun altro a una sedia e poi lo hai dato in pasto a Caroline...-
Sua sorella le mise una mano sulla spalla, scuotendo la testa –Stai iniziando a parlare come lui- riferendosi a Damon.
-Ragazzi, non credo che resisterò molto a lungo. Ho bisogno di... di...-
-Di sangue- finì Matt per lei, esplicitando le sue intenzioni.
-No, Matt!- esclamò Bonnie –Troveremo qualcun altro-
Il ragazzo la guardò negli occhi –Ho deciso, Bonnie. Se Care deve nutrirsi preferisco che lo faccia con qualcuno che conosce. In questo modo non sarà tentata di uccidermi-
-Ha ragione- confermò Stefan, avvicinandosi alla ragazza in transizione –Tu sei d’accordo? Non aver paura, quello che ha detto è giusto. Non lo ucciderai e poi ti aiuteremo noi-
Damon emise un suono di disapprovazione –Dovrebbe berne a litri per sentirsi bene! Non una goccia dal collo del suo ragazzo. Non la sazierà affatto-
-La porterò a caccia io- disse Stefan.
-Uh, perfetto... Cosa consigli? Scoiattoli o ratti? Se siete fortunati potreste trovare un bel coniglietto!-
Il ragazzo puntò i suoi occhi verdi in quelli del fratello, stringendo la mascella.
-Non voglio uccidere un coniglio- si lamento Caroline.
-Ma neanche un umano- le fece capire Bonnie –Penso che Stefan abbia ragione, Damon. Dovrebbe provarci-
-Fate come volete. Poi, quando le capiterà di sentire del sangue umano e non riuscirà a trattenersi, non dite che non vi avevo avvisato- commentò furente, uscendo dal salotto.
-Forse ha ragione- convenne Alexandra -Forse, dopo aver completato la transizione con Matt, dovrebbe fare “esperienza”...-
Anche Jacqueline la pensava così. Sarebbe stato troppo rischioso non farle mai provare la sensazione di bere il sangue umano.
-Anche io penso che dovrebbe fare così, Stefan- disse Matt.
Il vampiro era deluso dalla decisione degli amici, così lo chiese alla diretta interessata.
-Non so... Non voglio rischiare di perdere il controllo e mettere in pericolo tutti voi. Vorrei essere in grado di controllarmi e Stefan... lo so che tu fai ancora fatica a farlo- ammise guardandosi le mani tremolanti.
-Va bene- ammise sconfitto –Procederemo così, allora-
Andò in cucina e tornò con un coltello affilato in mano. Prese il polso di Matt e incise un lungo taglio sul palmo della mano. Immediatamente sgorgò il liquido rosso e denso e Stefan indietreggiò per mettervi un po’ di distanza. Caroline iniziò a cambiare aspetto: gli occhi le si tinsero di rosso e si contornarono di nero. Ma la parte che più aveva colpito Matt erano i denti; affilati come quelli di un predatore.
-Mi dispiace- gli sussurrò un attimo prima di avventarsi sulla sua mano aperta.
Caroline sentiva delle voci lontane che la chiamavano e delle braccia che la volevano staccare da quel paradiso.
All’improvviso non stringeva più la soffice mano alla propria bocca, ma si era ritrovata seduta in una poltrona, immobilizzata.
Damon la stava tenendo ferma –Ehi, ehi basta così, biondina!- le ordinò, impedendole di scappare alla sua presa –Avevamo detto di non ucciderlo, ricordi?-
A quelle parole, la ragazza ritornò in sè e non pote fare a meno di vedere le espressioni sconvolte nei volti dei suoi amici.
-Io stavo...? Oh, mio dio! Scusami Matt- si affrettò a dire, iniziando a piangere.
Era tornata normale. I capelli biondo oro le ricadevano sulle spalle e il viso non era più trasformato dalla vista del sangue. Anzi, aveva ripreso il solito colorito e sembrava essere in forze.
-Come ti senti?- le chiese Jacqueline.
-Mi sento bene, effettivamente. Molto bene!- esclamò alzandosi di scatto dal divano.
-Non hai più fame?-
-No, Matt. Mi sento davvero bene-
Le ragazze corsero ad abbracciarla, consapevoli del fatto che non sarebbe stato pericoloso e dopo qualche lacrimuccia le allontanò e baciò il suo ragazzo. Lo baciò con così tanto trasporto, che lui fu costretto a ritrarsi per l’imbarazzo. Ma ovviamente stavano tutti ridacchiando.
-Quindi è questo l’effetto che fa? Le mie sensazioni sono tipo quadruplicate!-
-Già. Con il tempo ti ci abituerai, vedrai- le spiegò Stefan.
Tutto ad un tratto, Caroline si accasciò a terra, urlando dal dolore.
-Che succede?- domandò più di una persona.
-Non è stata invitata- realizzò ad alta voce Damon –Dobbiamo portarla fuori subito-
In men che non si dica erano tutti sul vialetto d’ingresso che aiutavano la neo vampira ad alzarsi, protetta dall’ombra del grande faggio.
Stefan si rivolse a Bonnie –Hai un grimorio dove c’è l’incantesimo per creare un anello solare?-
La strega fece mente locale –Mmh, mi sembra di sì, ma devo andare a controllare a casa di mia nonna-
Prese le chiavi della macchina e la mise in moto –Tornerò appena posso!-
Una testa bionda spuntò da dietro le spalle di Matt.
-Sceriffo Forbes!- esclamò Alexandra con stupore –Non l’aspettavamo così presto-
-Ciao, ragazzi- disse la signora, sciogliendosi in un sorriso –A cosa devo l’onore di avervi tutti qui?- chiese passandoli in rassegna.
Quando arrivò il turno di Damon, si presentò lui stesso senza aspettare che la donna gli chiedesse chi fosse.
-Piacere di conoscerla. Sono Damon, il fratello di Stefan. Lei deve essere la mamma di Caroline- ipotizzò, sapendo già la risposta. E uno dei membri del consiglio dei fondatori che ci da la caccia. –Si potrebbe dire che siate sorelle, signora- si complimentò sorridendole, ingannevole. A quel complimento, la signora Forbes arrossì un po’ e perse quell’aria da detective che la contrassegnava ventiquattro ore su ventiquattro.
-Magari fosse davvero così! Prego entrate- disse facendo loro segno di accomodarsi –Caroline, tesoro, ti senti bene?-
La ragazza respirava ancora un po’ affannosamente, ma rassicurò la madre e finalmente poté entrare in casa.
 
 
 
Nel prossimo capitolo…
-A che ora ha detto che arrivava la mamma?- chiese con voce tremante quest’ultima.
-Cos’hai visto, Jacque?- la sorella le si era affiancata.
-Meglio se prendi il cellulare e chiam...-
Il suono della porta che veniva sfondata la bloccò a metà frase. Le due sorelle si scambiarono un’occhiata carica di paura.
 
 
Cantuccio dell’autore (vedi Manzoni :D)
Siamo qui con un altro capitolo! Speriamo apprezziate la storia e i personaggi… Vogliamo ringraziare tutti i lettori e in particolar modo NikkiSomerhalder e H y s t e r i a per le recensioni positive!
Al prossimo capitolo J

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Capitolo 14
*** The end of an ordinary life ***


Lo sceriffo Forbes offrì ai ragazzi qualcosa da bere, esclusivamente analcolico, e chiese ai fratelli Salvatore –Quindi siete i discendenti di una delle famiglie fondatrici?-
-Esatto- convenne Damon –E sarei più che onorato se potessi far parte del consiglio anch’io-
La signora Forbes era più che felice –Un nuovo membro non può essere altro che d’aiuto. Ci faresti un grande favore, Damon-
-Si figuri... Piuttosto, avete scoperto qualcosa su quelle uccisioni di qualche settimana fa?-
Stefan lo guardò come se fosse impazzito. Per quale motivo chiedeva una cosa della quale lui stesso ne era l’artefice? E che nessuno in quella stanza a parte Stefan sapeva che aveva commesso?
-A dire la verità sì...-
Damon e Stefan si girarono uno verso l’altro, preoccupati di quello che lo sceriffo poteva rivelare, e Caroline la guardò con uno sguardo interrogativo –Non me ne hai mai parlato, mamma!-
-Non volevo spaventarti, cara. Chi ha commesso quegli omicidi potrebbe essere ancora qui a Mystic Falls-
-Chi?- domandarono Matt e Alexandra all’unisono.
-Già... Purtroppo abbiamo scoperto che si tratta di una persona e non di un animale. Anche se persona non è il termine più adatto, direi- aggiunse riflettendo su quello che avrebbe potuto dire ai ragazzi.
-E chi sarebbe stato?- chiese Jacqueline con tono ansioso, anche se in realtà poteva avere già un’idea.
La madre di Caroline guardò il suo bicchiere ancora pieno di succo all’arancia come se avesse potuto trovarvi una risposta all’interno –So che crederete che noi del consiglio siamo impazziti, ma abbiamo riscontrato delle prove che risalgono proprio alla fondazione di Mystic Falls a nostro favore-
I Salvatore non smettevano di guardarsi, come se stessero comunicando con gli occhi fra di loro.
-Mamma- la chiamò Caroline –Dicci a cosa ti stai riferendo-
-Si narra che più di cento cinquant'anni fa ci fosse stata una caccia a degli esseri soprannaturali, qui in città. E che siano stati uccisi tutti-
-E lei pensa che qualcuno sia sopravvissuto, vero?- costatò Stefan.
-Non lo penso solo io...-
-Sceriffo Forbes, la prego!- intervenne Alexandra –Ci dica quello che avete scoperto-
-Ragazzi... Si tratta di vampiri-
Un silenzio tombale gelò ogni angolo della stanza, e per un momento tutti smisero di respirare. C’era così tanto silenzio che Jacqueline poteva sentire il battito della sorella seduta accanto a lei, che le strinse una mano sotto il tavolo della cucina.
-V-vampiri?- chiese quest’ultima cercando di risultare il più sorpresa possibile –Non esiste questo genere di cose-
-Purtroppo è così. Il consiglio non vuole che questa notizia venga divulgata per non creare il panico nella gente. Per questo vi prego, anzi vi obbligo, di non farne parola con nessuno!-
-Stia tranquilla, sceriffo- intervenne Damon posandole una mano sopra le sue, come se niente fosse –Nessuno verrà a saperlo, dico bene?- domandò rivolgendosi al gruppo di ragazzi.
 
 
-Nessuno verrà a saperlo?!-
Jacqueline stava urlando contro Damon, che si stava versando del Bourbon tranquillamente.
-Significa che siete stati voi?- chiese Alexandra intimidita, come se all’improvviso si fosse resa conto del vero pericolo che potevano costituire quei due.
-Vedi altri vampiri in città, dolcezza?-
-Sì. E non credo sia stata Katherine a farlo- rispose Jacqueline, altamente irritata.
-Ci terrei a specificare che io sono stato appena accusato ingiustamente- si giustificò Stefan, alzando le mani in segno di resa.
Gli occhi delle due sorelle si puntarono in quelli azzurri di Damon.
-Vuol dire che sei stato tu a uccidere quelle persone? Oh, mio dio... Hai ucciso il professor Tanner quella sera- realizzò Jacqueline, sentendo le lacrime salirle agli occhi e un groppo a occluderle la gola.
Alexandra si portò le mani alla bocca, sconvolta da quella scoperta.
-Sei un essere ripugnante- disse Jacqueline con tono freddo e distaccato, quasi sussurrandolo.
Il suo tono da “tu per me sei morto” pensò sua sorella.
-Andiamo via, Alexa-
La prese per un braccio e uscì dalla casa dei Salvatore senza guardarsi alle spalle.
 
 
Erano appena passate le dieci di sera, quando il campanello di casa Lockwood suonò. Tyler si diresse svogliatamente alla porta e la aprì. Davanti ai suoi occhi si presentò una persona a lui cara e che non vedeva da tempo.
-Zio Mason!- esclamò, abbracciandolo –Cosa ti porta qui?-
-Ciao, Tyler. Volevo solo tornare per un po’ nella mia città e salutare il mio nipote preferito- disse, facendogli l’occhiolino.
-Prego, entra. Ti serve un posto per dormire? Abbiamo un macello di camere inutilizzate e mia madre sarà contenta che tu stia qui-
-Grazie, Ty! Credo che approfitterò dell’offerta-
Stavano bevendo del Whisky nel salotto, quando Tyler disse –Zio Mason... So che non sei qui solo per visitare la città e passare del tempo con me. Qual è il vero motivo?-
Lui sorrise, sinceramente sorpreso dall’astuzia del ragazzo –Hai ragione. Sono tornato perché devo occuparmi di una faccenda con qualcuno...-
-Non dirmi che sei tornato in mezzo a quei giri! Qui a Mystic Falls non c’è niente di cui occuparsi-
-Credimi Ty, ce n’è eccome. Solo che tu ancora non lo sai. Ma potrebbe essere compito tuo occupartene in futuro-
-Che stai dicendo? Non credo di seguire...-
Il ragazzo fu interrotto dalla madre, che era appena tornata da una riunione sindacale –Mason! Che sorpresa!-
 
 
 
-Perché non posso andare a scuola? Non salterò addosso a nessuno!- si lamentò Caroline con le due sue guardie del corpo, ammirando l’anello solare che le aveva appena portato Bonnie.
-Perché sei ancora troppo agitata e desteresti sospetti. Soprattutto a quell’Alaric Saltzman- disse Stefan.
-A proposito,- iniziò l’altro fratello –chi è questo tizio? Perché ti preoccupa?-
-Perché ha visto i segni che tu hai lasciato sul collo a Jacqueline e credimi quando ti dico che sapeva cosa stava guardando-
-Oh, non sarà più un problema. Le do il mio sangue in modo che guarisca subito- disse alzando le spalle.
-Davvero, Damon... Non puoi bere da una sacca di sangue come fanno tutti?- chiese Caroline –Beh... A parte Stefan, ovvio- si affrettò ad aggiungere.
-Certo che posso, ma così è meglio-
Stefan sbuffò –Credo che dovresti preoccuparti di scusarti con lei se vuoi che ti dia ancora il suo sangue-
-O che ti parli- puntualizzò la ragazza, beccandosi un’occhiataccia dall’interessato.
 
 
Alexandra, Jacqueline, Matt e Bonnie stavano per uscire dalla scuola dopo una giornata davvero intensa. Erano gli inizi di dicembre e ormai iniziava a fare freddo. E il cielo, coperto di nuvole cariche di neve, di certo non aiutava ad alzare minimamente la temperatura.
-Ragazzi, scusatemi!- una voce familiare li fece girare verso il lungo corridoio dell’istituto.
-Signor Saltzman. Che succede?-
-Stavo cercando proprio voi, ragazzi. Devo parlarvi di una cosa importante-
Il gruppetto di amici si scambiò degli sguardi carichi di tensione, che il professore non poté fare a meno di notare.
Entrarono dell’aula di storia dove avevano fatto lezione la mattina stessa e si sedettero sui primi banchi, in ascolto.
-So che voi non mi conoscete affatto, ma io conosco voi... e soprattutto le persone che frequentate- disse guardandoli negli occhi uno ad uno.
-In che senso, scusi?- chiese Bonnie, il cui sesto senso le stava dando un pessimo presentimento.
-Forse voi non lo sapete, ma dovete fare attenzione a quei due ragazzi-
Jacqueline lo guardò con aria scocciata, ancora arrabbiata dalla sera precedente -Oh, mi creda... Lo sappiamo-
Alaric, come i suoi amici, non capiva perché avesse detto una cosa del genere –Ah... Quindi sapete i rischi che correte, vero?-
-Non corriamo nessun rischio, signor Saltzman- lo avvisò Matt –Anzi, ci hanno salvato più volte-
-Posso farti una domanda, Matt?- gli chiese il giovane professore, non soppesando le parole del ragazzo –Cosa credi che accadrà adesso che anche la signorina Forbes è una di loro? È la tua ragazza, vero?-
I presenti rimasero a bocca aperta.
-Come può saperlo? È successo solo pochi giorni fa!- esclamò Bonnie.
-E com’è possibile che i segni che avevi sul collo siano spariti, Signorina Van der Wegen? Ti hanno forse dato il loro sangue per farti guarire?-
La ragazza sbarrò gli occhi, sorpresa e indignata. Si alzò dalla sedia e uscì dall’aula, lasciando la domanda senza una risposta.
-Vorrei solo farvi notare quanto sia pericoloso avere a che fare con loro- continuò l’insegnate –Sapete cosa le succederebbe se morisse adesso, vero?- domandò, riferendosi a Jacqueline.
-Con tutto il rispetto- iniziò Alexandra –Non credo che le riguardi con chi passiamo il nostro tempo libero. Arrivederci-
E come la sorella, lasciò la stanza.
 
 
-Dove stiamo andando?- chiese quando salì in macchina.
-A casa- rispose semplicemente Jacqueline.
-Non possiamo andare a casa senza Damon o Stefan, Jacque! Se arrivasse Katherine...-
-Lo so, ma non m’importa-
-Beh, a me sì!- sbottò arrabbiata Alexa.
-Vuoi che ti lasci a piedi qui in mezzo ai boschi?- le chiese, accostando l’auto sul ciglio sterrato della strada.
-Stai facendo sul serio?-
Come risposta, la mora spense il motore e attese.
Alexandra inspirò profondamente per mantenere la calma –Capisco che tu sia arrabbiata, ma...-
-Arrabbiata?! Noi non sappiamo quante persone abbia ucciso!-
-Lo so, ma... questo è successo prima. Prima che conoscesse te!- le disse con voce rassicurante.
La maggiore chiuse gli occhi ed emise un lungo sospiro –Potresti avere ragione, ma perché non dirmelo prima?-
-Perché tu l’avresti accettato? Avrei fatto così anch’io, Jacqueline. Se tu sapessi che sono un assassino, vivresti sotto lo stesso tetto senza problemi? Certo che no!-
-Tu non lo sei! È questa la differenza-
-Io non sono un vampiro!- esclamò con tutta la rabbia che aveva dentro di sè.
Passarono dei minuti in silenzio e poi Jacqueline iniziò a parlare con più calma –Senti, hai ragione. È la loro natura e, ok, lo capisco. Ma adesso proprio non voglio vederlo, ok?-
-Ma Katherine...-
-Lo so! Ci armeremo di verbena e andrà tutto bene-
 
 
-Non sono molto tranquilla- disse Alexandra, mentre stavano aspettando che la pasta cuocesse –Credo che sia meglio chiamarli, almeno. Per avvisarli che siamo a casa...-
Jacqueline stava aggiungendo gli ultimi ingredienti al delizioso condimento che aveva appena preparato,  ignorando la domanda della sorella.
-Per favore, rispondimi! Mi stai facendo salire il nazismo!- esclamò la sorella dopo ben cinque minuti che erano sedute attorno al grande tavolo nella sala da pranzo. Erano così tese, che nessuna delle due aveva toccato cibo e i piatti erano intatti.
-Sta nevicando- disse finalmente Jacqueline.
-Oh, grazie a dio hai di nuovo il dono della parola!-
La mora si alzò da tavola e corse verso la grande finestra che dava sul cortile sul retro.
-A che ora ha detto che arrivava la mamma?- chiese con voce tremante quest’ultima.
-Cos’hai visto, Jacque?- la sorella le si era affiancata.
-Meglio se prendi il cellulare e chiam...-
Il suono della porta che veniva sfondata la bloccò a metà frase. Le due sorelle si scambiarono un’occhiata carica di paura.
La maggiore fece cenno ad Alexandra di seguirla ed entrarono silenziosamente in cucina, dove non c’erano porte comunicanti con le altre stanze, tranne che con la sala da pranzo. Dalla cucina sentirono dei passi, probabilmente su dei tacchi a spillo, dirigersi verso il corridoio centrale. Le ragazze aprirono una porta scorrevole che si trovava accanto alla lavastoviglie ed entrarono in uno stretto corridoio laterale che una volta era adibito alla servitù per non attraversare le stanze signorili. Avrebbero voluto rifugiarsi nello scantinato, ma la scala era proprio sul corridoio dove avevano sentito i passi.
-Ci troverà prima o poi- sussurrò Alexandra, cercando di non fare troppo rumore.
La sorella le mimò con le labbra un silenzioso Lo so.
Percorsero il lungo corridoio che costeggiava tutto il lato della casa, socchiusero un’altra porta nascosta e videro le scale che portavano alla cantina. Non sapevano se avrebbero fatto in tempo ad arrivarci, ma dovevano tentare. In una stanza del piano interrato c’era tutta la verbena di cui avevano bisogno.
-Ragazze, lo so che siete in casa- cantilenò una voce a loro famigliare –Quindi uscite dal vostro nascondiglio. Voglio solo parlare-
Una chioma riccia comparve esattamente davanti allo spiraglio della porta scorrevole, provocando un gridolino acuto alle due sorelle.
-Buonasera. Che ne dite di uscire da qui? Il vostro salone mi piace un sacco!- esclamò dirigendosi verso la stanza nominata.
Quando arrivarono tutte e tre, Katherine iniziò il suo discorso –Allora... C’è una questione, qui, che proprio non mi piace. E riguarda te, Alexandra Van der Wegen-
La bionda arretrò di qualche passo, dirigendosi volontariamente verso il suo cellulare appoggiato sopra l’antico mobile di ebano nero.
-In che senso la riguarda?- domandò Jacqueline, cercando di distrarre la vampira dalla sorella.
Lei fece qualche passo intorno ai divani di pelle, sfiorandoli con le lunghe dita –Sapete, una volta Stefan mi amava davvero... Ma adesso la sua mente è occupata da un’altra persona. Quindi ho pensato ad un’unica soluzione: sbarazzarmi di quella persona-
La ragazza presa in questione sbiancò, ma fortunatamente era riuscita ad inoltrare la chiamata ai Salvatore.
-Lo sai che non servirà a niente- le rispose la maggiore –Se c’è una minima possibilità che lui ti ami ancora, la distruggerai uccidendola!-
-Al contrario! Si accorgerà di quanto siamo simili, io e lui. Lo Stefan che vedete voi non è affatto quello vero. Quello vero uccideva le persone e si divertiva-
Alexa fu come animata da una rabbia furente che la riportò alla realtà. Aprì di scatto un cassetto e vi estrasse un robusto palo di legno appuntito, attirando l’attenzione di Katherine che scoppiò in una fragorosa risata.
-Non crederai di farci qualcosa con quello, vero?-
Una voce interruppe la conversazione –Pronto? Alexa, perché non siete venute a casa nostra?-
Katherine guardò la mano della bionda, che teneva stretta il cellulare da cui usciva la voce di Stefan.
-Bene, bene- disse indignata –Siete riuscite a fregarmi, in un certo senso. Ma non credo che qualcuno faccia in tempo a venire a salvarti-
-Alexa, chi c’è con te?- la voce del ragazzo era chiaramente allarmata.
La vampira si mosse velocemente e in un attimo si portò il cellulare all’orecchio –Ciao, tesoro- disse con voce melliflua –Sono andata a fare visita alla tua ragazza, ma purtroppo c’è anche la sorella e credo che non mi permetterà di ucciderla, dico bene?- chiese rivolta a Jacqueline –Beh, se vuoi salvarle arriva in fretta- e chiuse la conversazione, troncando a metà un pesante insulto da parte del ragazzo.
Katherine le guardò con gli occhi socchiusi, carichi di odio –Bene! Dovrò fare in fretta-
Quello che accadde dopo fu un susseguirsi affannoso di eventi. Jacqueline si precipitò verso la sorella che cercava di difendersi con quel misero paletto, mentre Katherine si divertiva a fare finta di attaccarla da tutti i lati. La maggiore delle sorelle si era gettata di peso addosso alla vampira, facendola rovinare a terra e Alexandra non esitò un attimo ad infilzarla con l’arma letale. Ovviamente lei evitò facilmente il fendente, ma questo permise a Jacqueline di allontanarsi dall’assassina.
-Mi sto solo divertendo con voi, ragazze- informò, sistemandosi i capelli e i vestiti – Ma se mi farete arrabbiare sarò costretta ad uccidervi lentamente e dolorosamente. In un modo che neanche il sangue di vampiro possa guarirvi-
-Non abbiamo paura di quello che puoi farci, stronza!- esclamò Alexandra, aumentando la presa sul palo di legno.
-Faremo il possibile per vendicarci di Caroline. Lei non voleva una vita così!- disse Jacqueline pensando alle sofferenze dell’amica.
Sul volto di Katherine apparve un’espressione divertita e astuta –Neanche tu, immagino-
In un battito di ciglia, la vampira aveva preso il paletto dalle mani di Alexa e si era portata alle spalle di Jacque, premendole la punta contro la schiena.
-Ah, ah, ah! Ferma lì, o puoi salutare tua sorella- avvisò Alexandra che stava facendo qualche passo verso di loro –Mi sta simpatica, però sapete che mi piacciono i colpi di scena, no?-
Intanto Jacqueline fece cenno alla sorella di non muoversi oltre –Fra un po’ arriveranno Stefan e Damon... Non fare niente di azzardato e starai bene-
-Ma Jacque...!- la bionda stava per piangere e lei se ne accorse.
-Ti voglio bene, Alexa-
Un sorriso le incurvò le labbra, che un secondo dopo si piegarono in una smorfia di dolore. Alexandra vide la punta dell’arma in legno sporgere dallo stomaco della sorella e non trattenne un urlo di autentico dolore. Katherine lasciò cadere il corpo e si diresse a passi felpati verso l’altra, che arretrava singhiozzando e barcollando.
-Oddio, no! Ti prego, no...- sussurrava convulsamente –PORTALA INDIETRO, BASTARDA!-
Il turbamento dentro di lei prese il sopravvento e senza pensare si fiondò verso di lei, urlando. Stava per arrivare all’obiettivo, quando si trovò all’improvviso contro una parete. Subito pensava fosse stata lei, ma poi vide due occhi verdi pieni di tristezza che la guardavano scuotendo la testa.
-Stefan... Oh, dio! L’ha uccisa! L’ha uccisa!-
Lui la fissò con lo sguardo che usava per soggiogare la gente e le disse di non muoversi di un centimetro. E così lei fece.
Intanto Damon era fermo sulla soglia del salone con gli occhi fissi sul corpo esanime di Jacqueline. Gli bastarono un paio di secondi che il suo sguardo mutò radicalmente: da sofferente e mesto a pieno di odio e rabbia. Lo sguardo di un assassino spietato di sangue.
Guardò Katherine con quegli stessi occhi e in una frazione di secondo la costrinse a terra e le premette le forti mani attorno alla gola, ma lei sembrava non farci caso. Anzi, sorrideva soddisfatta della reazione del ragazzo. Con una spinta lo scaraventò contro una delle grandi finestre che andò immediatamente in frantumi. Un secondo dopo Damon era già rientrato, le labbra tese a scoprirgli i denti affilati e un ramo appuntito in mano.
Stefan era accucciato accanto a Jacqueline e le estrasse il paletto dal corpo, sussurrando delle scuse a colei che ormai non poteva più sentirle.
Katherine e Damon stavano per scontrarsi nuovamente, ma Stefan intercettò la ragazza e la minacciò con l’arma fatale.
-Stefan, cosa fai?- domandò lei, seriamente confusa dalle azioni di quello che credeva essere il suo amante.
-Ti uccido, Katherine-
Lei s’infuriò e si gettò su Stefan, rovinando contro il basso tavolino in vetro fra i due divani.
-Perché mi dici queste cose? Tu mi ami ancora!-
-No, non ti ho mai amato- disse lui freddamente –Sei stata tu a farmelo credere-
Nell’attimo che seguì lei gli spezzò il collo, provocando un sordo crack.
Damon approfittò di quel momento di debolezza di Katherine e si lanciò verso di lei, affondando il ramo al centro della sua schiena. Non era arrivato fino al cuore, ma l’aveva ferita gravemente.
Si rialzò a fatica, coprendosi con una mano il punto in cui un attimo prima c’era il paletto, ansimando.
In un batter d’occhio la vampira si precipitò fuori attraverso la finestra rotta, lasciando una scia di sangue sulla morbida neve appena caduta.
Lui la raggiunse senza sforzi e le si parò davanti –Vorrei poterti fare soffrire per millenni se ne avessi il tempo, ma ora come ora voglio solo vedere il tuo cuore sulla mia mano-
Lei fece un sorriso sghembo, sofferente –Mfh, non avrai questo onore-
-Io credo proprio di sì-
In un istante le squarciò il petto, sentendo le costole che cedevano sotto la pressione del suo braccio, e in quello successivo afferrò il soffice e gommoso organo pulsante. Si godette per un attimo la sensazione di stringere fra le dita l’unica cosa che teneva in vita quella puttana, per poi estrarre la mano ricoperta di sangue. All’interno di essa, un piccolo organo palpitante stava per fermarsi.
Guardò Katherine e vide che la vita la stava abbandonando e un tetro grigiore si stava impossessando del suo, prima perfetto, viso.
-Dovevo farlo appena ti ho conosciuto...- disse sotto voce, lanciando il suo cuore accanto al corpo di Katherine, sdraiato sulla neve dove si stava espandendo una grande macchia rossa.
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo…
-Non le ho chiesto scusa- Damon ruppe il silenzio, attirando verso di sé tutti gli sguardi.
Alexandra gli circondò le spalle con un abbraccio consolatore –Lo potrai fare dopo-

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Capitolo 15
*** Il risveglio ***


Quando Stefan si risvegliò, sentì dei singhiozzi sommessi e si alzò a sedere. Vide due schiene piegate verso il pavimento ricoperto di frammenti di vetro e una chioma castana sporgere dal grembo di Alexandra.
Si avvicinò subito e ricordò quello che gli sembrava essere successo da qualche giorno. Quando gli spezzavano il collo aveva sempre questa sensazione, come se il tempo passasse più velocemente.
Proprio in quel momento arrivò Caroline –Oh, cielo! Ho sentito la tua chiamata, Alexa, e sono arrivata prima che...-
S’interruppe non appena vide Jacqueline stesa a terra e le espressioni sconvolte, di dolore e di rabbia sui volti dei suoi amici. Si portò le mani alla bocca con fare sconvolto e si accasciò a terra, accarezzando i soffici capelli castani della ragazza.
-Non le ho chiesto scusa- Damon ruppe il silenzio, attirando verso di sé tutti gli sguardi.
Alexandra gli circondò le spalle con un abbraccio consolatore –Lo potrai fare dopo-
-“Dopo” non è adesso. E dopo non sarà più come prima- le disse, scostandosi dal suo abbraccio e andando verso la finestra per fermarsi ed osservare il cadavere di colei che aveva causato tutti quei problemi.
Caroline si rivolse a nessuno in particolare –In che senso “dopo”? Non starete dicendo che...?-
-Ha bevuto il sangue di Damon- le spiegò Stefan.
Al sentire quella frase, il ragazzo preso in questione scaraventò contro il muro la prima cosa che gli capitò sotto mano.
Caroline non sapeva cosa dire e per una volta se ne restò in silenzio, lasciando che il peggio passasse.
Quando ormai non parlava più nessuno da dieci minuti, arrivarono Matt e Bonnie.
La reazione fu più o meno come quella della neo-vampira, tranne che per Matt che domandò dove fosse Arleene.
-L’abbiamo mandata a letto- gli disse Stefan –Non ricorderà niente di tutto ciò. Penserà di aver sognato che un camion le sfondava una finestra del salotto-
Bonnie si avvicinò piano a Damon, come se avvicinandolo dalle spalle avesse potuto sentirsi minacciato dalla presenza di qualcuno –MI dispiace tanto, ma vedrai che...-
Lui la spinse via malamente, non lasciandole finire la frase e prendendo Jacqueline in braccio.
-Cosa stai facendo?- gli chiese Alexandra, asciugandosi gli occhi con le mani –Non puoi portarla via-
-Dimmi una buona ragione per cui non dovrei-
-Perché lei... perché deve stare qui!-
Damon la guardò mentre cercava di rendere chiara la sua spiegazione, ma non si fece convincere o ammorbidire dai suoi occhi tristi e uscì sotto la neve.
-Dove la porti?- questa volta era Stefan a chiederglielo.
-In un luogo sicuro-
E salì in macchina, percorrendo il lungo viale per arrivare alla strada fuori della proprietà.
 
 
Damon stava guidando su una strada in mezzo a un fitto bosco, quando si accorse che Jacqueline aveva aperto gli occhi e guardava dritto davanti a sé.
-Come ti senti?- le chiese, destandola dal paesaggio ancora immerso nel buio mattutino.
All’improvviso Jacqueline si era ricordata di quanto era arrabbiata con Damon, ma al suono della sua voce quel nodo di rabbia dentro di lei si sciolse un po’ –Sto bene. Pensavo che fosse doloroso diventare...- non riuscì a terminare la frase perché quello a cui stava pensando le provocava troppe emozioni.
-Un vampiro? Adesso sei in transizione e credimi, sarà più facile esprimersi quando imparerai a tenere sotto controllo le emozioni. All’inizio ti sembrerà di essere sottomessa a loro, ma col tempo saprai controllarle- le spiegò in tono premuroso –Almeno la maggior parte, insomma...-
-La maggior parte? Quali sono le più difficili?-
-Bhe, innanzi tutto c’è il sangue, ovviamente. Poi le sensazioni che possono provocarti delle esperienze improvvise e...- s’interruppe per guardarla intensamente negli occhi –E anche altre sensazioni...-
Lei rimase per tutto il tempo immobile ad ascoltarlo, come se non l’avesse mai sentito parlare prima e quando parlò di quelle “altre sensazioni” le venne naturale abbassare lo sguardo. Lei non era ancora un vampiro e non capiva affatto come ci si dovesse sentire.
-Fra quanto mi verrà fame?- chiese, sviando il discorso.
-È molto soggettivo... Diciamo due o tre giorni al massimo- disse, prendendo una strada laterale.
-Dove stiamo andando?-
-A qualche chilometro da qui c’è un piccolo paese vicino ai boschi-
-E perché mi stai portando qui?-
-Perché in questi boschi ci sono molti orsi e lupi, e non saranno un problema uno o due uomini attaccati da un “animale”-
-Mi stai suggerendo di uccidere persone innocenti? Io non sono come te- gli disse, tagliente.
-A proposito... Non ho avuto l’occasione di scusarmi prima che tu... morissi- le disse, sinceramente rammaricato –Volevo dirtelo prima perché so che ora non sarà più lo stesso. Quando ti sarai nutrita e diventata un vampiro a tutti gli effetti, potresti non perdonarmi per averti tenuto all’oscuro di...-
Damon s’interruppe di scatto quando sentì una mano calda e piccola appoggiarsi sopra alla sua.
-So che avevi le tue ragioni per non dirmelo, e so che sei cambiato da quando sei arrivato a Mystic Falls. Ma, soprattutto, so che non potrei non perdonarti- gli confidò, accarezzandogli una guancia –Io ti amo, Damon-
Era la prima volta che glielo diceva, e il ragazzo rimase sorpreso e felice allo stesso tempo. Un sorriso sorse sulle sue labbra e si avvicinò al suo viso per darle un tenero bacio –Anche io, Jacqueline-
-Oh, mio dio!- esclamò lei come risposta, voltandosi verso la strada e lasciando Damon alquanto perplesso –Alexandra! Come sta?-
-Sai, non è molto romantico interrompere una dichiarazione d’amore per urlare il nome di tua sorella-
-Oddio, scusami. Hai ragione- ammise lei, cercando di mantenere la calma –Ma devo sapere cosa le è successo! E Katherine? Che fine ha fatto? Mi ha ucciso quella stronza! Spero che non abbia fatto la stessa fine anche lei perché voglio piantarle un paletto di legno nel cuore con le mie mani!-
-Ehi, calmati! Tua sorella stava bene quando me ne sono andato e Katherine... beh, non avrai l’onore di ucciderla perché l’ho già fatto io-
Lei lo guardò con gli occhi spalancati –Mi togli tutto il divertimento-
-Non ti tolgo il divertimento- disse con una smorfia di disapprovazione –Libero tutti quelli che la conoscessero da un peso. E poi non saresti riuscita a farle un graffio... Era un vampiro da più di cinquecento anni!-
-Mmh, va bene allora- mormorò guardando gli alti alberi che si susseguivano da quando si era svegliata.
-E gli altri come stanno?- continuò dopo qualche minuto.
-Mi sembravano sconvolti... Nemmeno Bonnie sapeva cosa fare per aiutarti. Siamo arrivati- aggiunse, entrando in una piccola cittadina.
C’era una sola strada principale, dove si trovavano i negozi più comuni: un piccolo supermercato, una farmacia, la biblioteca e l’immancabile negozio di caccia che caratterizzava quei paesini sperduti.
Videro le prime persone dopo ore di viaggio e Jacqueline inspirò, inquieta e preoccupata.
-Stai tranquilla. Andrà tutto bene- le disse lui, percependo la sua inquietudine.
Parcheggiarono l’auto blu lungo una stradina secondaria e scesero proprio davanti a una locanda con la scritta “camere”.
-Molto rustico... Penso che assaggerai cibo del posto al cento per cento-
Lei gli rivolse una smorfia per niente divertita e insieme varcarono la soglia di quel locale. Era mattino presto, ma la simpatica vecchietta dietro al bancone della reception era già al lavoro.
Quando furono nella camera, Jacqueline cominciò a sentire la vera tensione che fino a prima era solo una lontana sensazione.
-Non voglio uccidere nessuno- ammise all’improvviso, facendo voltare il ragazzo verso di lei –Credi che se mi nutrissi adesso che non ho... fame, avrei meno possibilità di fare del male a qualcuno?-
Damon ci pensò su un secondo, ma poi ritenne che poteva avere ragione –Però è giorno. Sei sicura di voler rischiare? Dovremo essere vicini ad un luogo coperto dalla luce del sole per quando ti sarai nutrita-
-Ci sarà qualcuno a raccogliere funghi nel bosco o qualcos’altro, no?- domandò speranzosa –Se staremo sotto agli alberi non dovrebbero esserci problemi-
-Ok. Ma appena tramonta il sole torneremo a casa e ti faremo un anello solare- la rassicurò, baciandola dolcemente.
 
 
-Sei sicuro che vada bene?- chiese Jacqueline a Damon, riferendosi alla  giovane donna a qualche metro da loro che stava facendo delle foto agli arbusti coperti di neve.
-Oh, dai... Uno vale l’altro!- le disse sbuffando –Dato che è una donna dovrebbe essere più semplice sopraffarla come prima volta-
-Ok. Ripassiamo- si disse mentre cercava di stare ferma, ma l’agitazione era troppa –Vado là, le dico qualcosa per attirare la sua attenzione, le dico di non urlare, la mordo e poi la faccio dimenticare. Bene, sembra semplice! Tranne per il fatto che l’ultimo punto potrebbe essere cambiato con “la seppellisco”-
Damon stava perdendo la pazienza –Vai o no?-
Lo guardò per l’ultima volta e si diresse verso la donna –Ciao!- le disse poco convinta.
Lei si girò e le sorrise. Un buon inizio pensò.
-Ehm... Ti intendi di fotografia? Sai, volevo comprarmi anch’io una buona macchina fotografica, ma non riesco a decidermi su quale scegliere...-
Quando le rispose, Jacqueline non prestò nessuna attenzione a quello che le stava dicendo. L’unica cosa che sentiva era il pulsare della grande vena nell’incavo del collo.
Con una velocità che la sorprese, Jacqueline le prese le spalle e le ordinò di non urlare. Trattenne il respiro per un attimo, e quello in successivo si ritrovò ad affondare i lunghi canini nella pelle morbida della ragazza. Come le era stato ordinato, non fece alcun rumore e Jacque ne fu davvero grata. Chissà a cosa stava pensando in quel momento. Ma quel quesito non le interessò più di tanto quando sentì il sapore del sangue. Subito sentì una forza crescere dentro di lei e quella sensazione fu così travolgente che la estraniò dal resto del mondo. Potevano essere passate ore per lei, quando si ricordò di tutta la paura che aveva provato qualche secondo prima e istintivamente si staccò dalla vena. Si pulì frettolosamente le labbra e soggiogò la donna, facendola andare via.
-Tanta paura per niente- le sussurrò una voce alle sue spalle –Sei stata impeccabile-
Jacqueline si girò verso quella voce e vide Damon. L’aveva già visto molte volte, certo, ma quella era diversa. Nel mese precedente non aveva mai colto tutti quei particolari che colse in pochi secondi. Damon era davvero bello. E attraente. Molto attraente.
Si ricordò del discorso sulle “sensazioni” che le aveva fatto in auto e ora lo capiva appieno.
Lui parve accorgersi di come lo stava guardando, ma non gli diede affatto fastidio, anzi ne sembrava grato.
 
 
-Io vado a cercarli!-
Alexandra sbuffò –Per l’ennesima volta... Non farlo! Se Damon l’ha portata via, ci sarà un motivo-
Stefan la guardò di sottecchi –Vedo che non conosci mio fratello-
-Ah, fai come vuoi, allora! Buona fortuna- gli rispose malamente, mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle.
Stefan aveva una vaga idea di dove fossero andati, ma si affidò anche al suo Potere che confermò le sue supposizioni.
Percorse i chilometri che lo separavano dalla cittadina in mezzo ai boschi in tempo record. In meno di cinque ore era già arrivato e ormai era mezzogiorno inoltrato.
Si diresse immediatamente nel bosco. Dove potevano essere se non in un luogo coperto e che pullulava di curiosi cacciatori?
In meno di dieci minuti iniziò a sentire dei suoni distanti e indistinti e capì che dovevano essere Damon e Jacqueline. Man mano che si avvicinava si pentiva di essere andato a cercarli. Evidentemente si stavano divertendo. Quando fu a qualche decina di metri si schiarì la gola rumorosamente, in modo da essere sentito. Aspettò qualche secondo e alla fine comparve davanti ai loro occhi. Non avrebbe mai voluto vedere suo fratello in quel contesto.
-Oh, dio! Scusatemi, ma...- si girò dall’altra parte mentre i due ragazzi si rimettevano gli abiti che avevano gettato sul terreno –Ti ho portato l’anello solare, Jacqueline-
-Grazie Stefan- gli disse arrivandogli alle spalle –Ehm... Puoi girarti, se vuoi-
Intanto Damon si stava mettendo la giacca nera, evidentemente scocciato dall’interruzione.
-Come mai sei qui da solo?- continuò la ragazza.
-Alexa non voleva venire a cercarvi e...-
-Ha fatto bene- finì la frase per lui il fratello maggiore.
-Non ascoltarlo. Hai fatto bene a venire, invece. Adesso potrò già tornare a casa-
Stefan la osservò per un po’ –Com’è stato?-
Lei parve confusa –Ti stai riferendo al ses...-
-Al sangue, Jacqueline!- questa volta era stato Damon a parlare –Al sangue...-
-Oh, giusto- in quel momento avrebbe voluto sprofondare fino al centro della terra per sciogliersi all’istante –É andata bene, credo. Insomma, l’ho lasciata andare via sulle sue gambe quindi penso che sì, sia andata bene-
Stefan parve sollevato ed estrasse dalla tasca del giubbotto un anello blu molto simile a quello che aveva Caroline.
-Ricordatemi di ringraziare Bonnie- disse osservando la piccola pietra –Passiamo a lasciare le chiavi della camera alla signora e andiamo a casa-
-Avete preso una stanza?- chiese Stefan, perplesso.
-Potevano volerci giorni. Quindi, sì, l’abbiamo presa. Ma lei ha deciso di farlo subito, così da non essere troppo affamata-
 
 
Erano in macchina da circa una mezz’ora, e nessuno dei tre aveva proferito parola. Jacqueline sentiva la tensione che piano piano cresceva . Alla sua sinistra aveva Damon, che stava guidando. Sembrava tranquillo, fissava dritto davanti a sé e ogni tanto spostava lo sguardo su di lei, sorridendole. Ma quello che la faceva preoccupare era Stefan, seduto nel sedile posteriore era rigido, teso. Teneva i pugni stretti e la mascella era serrata.
-Facciamo un gioco!- esclamò tutto ad un tratto Jacqueline, per rompere quel silenzioso.
Stefan sospirò, arrendendosi alla volontà della ragazza -E che gioco vorresti fare?-
-Non lo so, qualcosa per sciogliere questa tensione?-propose Damon scherzando.
-Chissà a cos’è dovuta…- lasciò intendere Stefan, guardando fuori dal finestrino.
-Ehi voi due, smettetela- disse la ragazza irritata.
-Non è colpa mia. È Stefan che ha cominciato!- esclamò sulla difensiva.  
-Sei tu che l’hai trasformata e poi l’hai portata in una città a cacciare di giorno. Sei stato troppo incauto-
-Sono stata io a scegliere di farlo di giorno- lo difese Jacqueline -Volevo tornare il prima possibile per vedere come stavate tu, Alexandra e tutti gli altri-
-Ho capito, ma- cercò di spiegarsi Stefan.
-No, non hai capito. È stata Katherine a uccidermi e  il sangue di Damon mi ha salvato. Probabilmente senza di lui ora non sarei più qui- allungò una mano verso quella del ragazzo, stringendola.
-Come spiegherai a tua madre questa situazione? Cosa le dirai quando vedrà che non invecchierai? La nostra vita non è facile. Dovrai continuare a spostarti di città in città per non essere riconosciuta, vedrai tutte le persone che conoscevi morire, uno ad uno, lentamente e-
-Smettila Stefan, così la spaventi- lo interruppe Damon.
-È giusto che sappia a cosa sta andando in contro- disse scaldandosi.
Jacqueline abbassò lo sguardo, scossa, per poi fissare l’orizzonte davanti a sé. L’unica cosa che seppe dire fu -Ad Arleene spiegheremo tutto prima o poi- ma alle altre domande non sapeva rispondere, sperava solo che con il tempo tutto le sarebbe andato bene.


 
 
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Quindi ora sei una di loro- constatò Alexa, il suo tono lasciava trasparire una traccia di invidia.
-Sì, ma sono lo stesso tua sorella-

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Capitolo 16
*** Uguale a prima ***


-Non può essere- sussurrò Alexa, vedendo il trio che gli veniva in contro.  I tre stavano camminando verso di lei.
Jacqueline pensò correndole incontro e abbracciandola -Lo sapevo che saresti ritornata!- Jacqueline l’abbracciò dal canto suo, sospirando. Le era mancata.
Alexandra la guardò per qualche attimo , notando i piccoli dettagli. I canini più affilati, la pelle più diafana che faceva contrasto con i capelli e gli occhi scuri. Era diventata più affascinante. Damon al suo fianco aveva un’espressione soddisfatta e Stefan invece non lasciava trasparire alcuna emozione. Distoglieva lo sguardo come se Jacque le desse fastidio. Ma non le interessava nulla in quel momento dei due, l’importante era che si fossero ritrovate. Invitò subito la sorella ad entrare in casa.
-Hai fame?- chiese la sorella minore.
-No, ho appena cenato- rispose l’altra sorridendo, e guardando Damon, il quale cinse un braccio al suo fianco -Andiamo a casa?-
Alexandra annuì, avvicinandosi a Stefan -Stasera, prima di andare a letto mi racconterai tutto. A nostra madre ho detto che eri andata alcuni giorni ad Atlanta con Damon. Non se l’è presa molto, tranquilla-
-Va bene- s’incamminarono verso la residenza, e sebbene l’ora fosse tarda il soggiorno era illuminato. Questo voleva dire che la madre non era ancora andata a dormire.
Quando la bionda aprì la porta urlò alla madre in salotto -Mamma, c’è Jacqueline!-
Jacqueline guardò l’ingresso, senza poterne varcare la soglia. Era stata via solamente pochi giorni, ma tutto le sembrava così… strano. Quando vide Arleene le sorrise, stando attenta a non mettere troppo in evidenza i canini. La madre l’abbracciò, senza mostrare astio nei suo confronti.
-Scusami se sono stata via senza darti alcun preavviso- si scusò, stringendola tra le braccia.
-Ahi mi stai facendo male, Jacque- sciolsero l’abbraccio, la madre le ricambiò il sorriso -Va tutto bene, no? E sei ritornata, dunque vuol dire che sei sana e salva. Da quando sei così bella? Oh, non fraintendere cara, lo sei sempre stata, ma sembri così diversa- fece accomodare Jacqueline e i due ragazzi nel soggiorno.
-Tu- disse la madre rivolgendosi a Damon -Spero che tu ti sia comportato bene con mia figlia-
Il ragazzo annuì -Non potrei mai fare del male a Jacqueline, Arleene. Sarebbe come fare del male a me stesso- affermò, la madre fu rincuorata dalla risposta.
Quando la madre se ne andò, i quattro restarono lì a parlare.
-Quindi ora sei una di loro- constatò Alexa, il suo tono lasciava trasparire una traccia di invidia.
-Sì, ma sono lo stesso tua sorella- Jacqueline si sedette accanto a Damon, le loro mani erano intrecciate. Gli ultimi giorni li avevano uniti ancora di più, rendendo la loro relazione più stabile di quanto non fosse stata prima. Sono perfetti insieme si accorse Alexandra. Con la coda dell’occhio osservò Stefan, al suo fianco. Non aveva mai proferito parola. Probabilmente era contrario al fatto che Jacqueline fosse stata trasformata. Guai in vista per Damon.
-Vi dispiace se vado a letto? Sono distrutta. Stefan, vuoi fermarti a dormire qui?- Alexa si rivolse al ragazzo con entusiasmo, sperando in una risposta positiva. Ma lui le rispose senza nemmeno guardarla, fissando il fratello.
-No, mi dispiace. Sarà per un’altra volta. Andiamo Damon, lasciamo riposare le ragazze- I due si lanciarono un’occhiataccia, l’interpellato strinse i pugni, facendo improvvisamente il sorriso che aveva. Stefan emise un ringhio, basso, dall’altezza del petto.
Le ragazze si guardarono, capendo ciò che stava per accadere. I fratelli Salvatore, una volta fuori dalla loro portata, avrebbero litigato. Il motivo non era così difficile da intuire, Damon aveva involontariamente trasformato Jacqueline senza chiedere il parere a Stefan, e lui ne risentiva. Entrambe sapevano che la discussione tra i due non sarebbe finita bene. Così Jacque decise di intervenire subito:
-Stefan, calmati per favore. Non voglio che litighiate per me, sarebbe un motivo stupido. Ho chiesto io a Damon di darmi il suo sangue per guarire le ferite. È stata una mia decisione, e sono consapevole di ciò che vorrà dire essere un vampiro-
Seguì qualche attimo di silenzio, in cui i due riuscirono a calmarsi, grazie anche all’intervento di Alexandra che continuò dicendo -Sarà sempre la solita Jacqueline, solo un po’ più figa e che al posto di mangiare cibo per umani berrà sangue, no?-
Damon e Stefan continuavano a non parlare, entrambi si erano calmati ma restavano in allerta, pronti a saltarsi addosso da un momento all’altro.
-Sentite, ho un’idea. Per stasera voi due non rimarrete insieme. Alexandra, tu e Stefan dormirete a casa Salvatore, mentre io e te, Damon mio caro, dormiremo qui. E domani, quando sarete di nuovo insieme sistemerete le cose in maniera civile, da bravi vampiri-
La bionda tirò fuori dalla tasca della felpa le chiavi della Jaguar –Tesoro, guido io- prese per mano il ragazzo e lo accompagnò fuori, non prima di aver salutato Jacque con un altro abbraccio.
-A domani- la salutò la mora.
La porta di ingresso si chiuse quando l’auto uscì dal cancello. La ragazza  sospirò, aveva bisogno anche lei di riposare. L’indomani sarebbe tornata a scuola e non era ancora abituata a frequentare luoghi così affollati. Prese una busta di sangue che aveva portato Stefan con sè quando le aveva dato l’anello.
Due braccia la circondarono da dietro con fare tenero. Damon la baciò sulla guancia e poi la prese in braccio, portandola in camera.
-Allora madame, cosa vuole fare stasera?- domandò, inarcando un sopracciglio.
Lei gli sorrise, ma l’unica cosa che voleva fare in quel momento era bere quella sacca fino all’ultima goccia.
-Sono davvero sfinita, Damon- gli disse, aprendo il congegno e iniziando a berne il contenuto –Vorrei dormire per tre giorni se fosse possibile-
Il ragazzo vide che qualcosa la turbava e non tardò a capire che doveva trattarsi del giorno seguente –Se hai paura di saltare addosso a qualcuno domani, puoi prenderti una vacanza...-
-Non posso. Devo vedere Caroline e Bonnie, e mia madre non è così stupida. Se sto via due giorni e poi non vado a scuola per una settimana si farà qualche domanda e non voglio che anche lei debba far parte di questa situazione-
-E come la mettiamo con quell’Alaric Saltzman? Sembra piuttosto deciso a ucciderci tutti...-
Jacqueline se n’era completamente dimenticata –Forse non vuole ucciderci proprio tutti. Caroline e Stefan vanno a scuola e sono ancora vivi e vegeti, no?-
La busta di sangue era finita e finalmente poté sentirsi sazia e appagata.
 
La mattina seguente Alexandra si svegliò in un enorme letto matrimoniale, tra le braccia di Stefan. Il sole entrava da una tenda che non era stata chiusa, e illuminava i due. La ragazza lo guardò mentre dormiva. Aveva un’espressione così beata per avere 17... 163 anni?
-Quanti anni ha? Boh, non mi ricordo- fece spallucce e ritornò a guardarlo.
-162- le rispose aprendo gli occhi, con voce assonnata -Buongiorno- sorrise, stampandole un bacio sulla guancia.
-Buongiorno- si raggomitolò accanto a lui -Sai, quando te ne sei andato per cercare Jacque e Damon mi sono arrabbiata. Potevi benissimo portarmi con te-
Stefan in quel momento non aveva voglia di discutere, ma in qualche modo voleva anche farsi perdonare. Guardò per un momento la ragazza e decise come agire. Si tolse la maglia, buttandola via dal letto. Alexandra sbarrò gli occhi davanti a tutto quel ben di dio -Wo.. wo.. wow, eheheh! No no, Stefan io sono arrabbiata con te perché dovevo esserci anch’io e che pettorali-
Si fiondò sul ragazzo baciandolo con molto trasporto, sotto il ghigno compiaciuto di quest’ultimo -Vedo che basta poco per farmi perdonare- scherzò.
La ragazza ci pensò su, scherzando -In realtà devo ancora pensarci bene, eh! Oh no Stefan, i baci sul collo, no- scoppiò in una risata fragorosa mentre lui le faceva il solletico, passando le labbra sul collo. Ci fu un momento di pace -Se vuoi ehm, mangiare, fai pure- gli disse.
Stefan la guardò, cercando il suo sguardo, per poi affondare i canini sul suo collo. Ad Alexa piaceva quella sensazione. Ogni volta che Stefan le prendeva del sangue si sentiva più vicina a lui di quanto non lo fosse mai stata.
 
 
-Oh, ragazze, devo proprio dirvi una cosa- esordì Alexandra a pranzo, mentre Stefan si allenava ai campi da football.
-Dicci tutto, signorina- scherzò Jacqueline, la quale aveva deciso di tornare subito a scuola.
-Ieri sera ho dormito da Stefan, e fin qui tutto bene-
-Cos’è successo? Oddio raccontaci, sono troppo curiosa- Caroline si avvicinò ad Alexa, per sentirla meglio.
-Non è successo niente. Ma stamattina l’ho visto a petto nudo, non è la prima volta che lo vedo in quei termini, sia chiaro, ma quanto sesso fa?- chiese, presa da una delle sue tempeste ormonali.
-Alexandra, dai! Sono pur sempre tua sorella maggiore e lui è il mio migliore amico. Vi prego non voglio immaginarmi niente, bleeah- le ragazze risero della reazione di Jacqueline.
La bionda riprese il discorso -Secondo me, almeno la metà delle ragazze di questa scuola ci ha fatto un pensierino su di lui. E Caroline, tu sei in quella metà-
Caroline si difese -Scusatemi, ma i fratelli Salvatore hanno un certo fascino da… eterni dannati-
-Stiamo parlando anche del mio Damon?- chiese, marcando quel mio.
-Oh, non te la prendere Jacque, è un dato di fatto. E ora come ora, sia Damon che Stefan, non mi interessano, sono solo due amici- concluse Care.
-A proposito, Damon ti ha più detto nulla ieri sera?- domandò la sorella minore, riferendosi alla questione in sospeso tra lui e Stefan.
-No, non ne abbiamo proprio parlato- rispose.
-E cosa avete fatto?- chiese maliziosa Caroline.
-Ma qui la privacy non esiste?-
-Tranquilla Care, so di certo che lei e Damon hanno già...- Alexandra fece l’occhiolino, lasciando intendere.
-Ohh, che carini-
Jacque era bordeaux -Beh, io vado in classe- e se ne andò tra le risate delle amiche.
 
 
-... sette e otto!- la voce squillante di Caroline scandiva i tempi, mentre la squadra delle cheerleader si esercitava sui lanci in aria.
Bonnie e una ragazza del secondo anno stavano facendo la base per una studentessa dell’ultimo che vantava la corporatura perfetta per essere lanciata.
Jacqueline, invece si stava esercitando con Missy, una ragazza alquanto antipatica della sua stessa classe, aiutata da una nuova recluta che si era dimostrata davvero competente. Mentre Missy saltava sulle loro spalle e si sollevava in aria, un pallone da football proveniente dal campo adiacente, investì in pieno la ragazza, che cadde a terra rovinosamente.
Nessuno sembrava particolarmente preoccupata che si fosse fatta male, vista la sua irritante presenza. Solo Caroline si agitò un po’, preoccupata di perdere un’atleta prima della grande partita.
Jacqueline si chinò per aiutarla ad alzarsi, ma s’interruppe immediatamente. Da un ginocchio di Missy stava uscendo una copiosa quantità di sangue. Lei si allontanò subito, portandosi una mano al viso per coprirsi il naso e la bocca. Subito, Caroline e Bonnie le si avvicinarono allarmate, pensando che avrebbe potuto perdere il controllo da un momento all’altro. Le si pararono davanti, ma Jacque riusciva lo stesso a vedere la ragazza che si alzava e cercava di tamponare la ferita, ottenendo soltanto di sporcarsi anche le mani.
-Jacque, controllati- le disse piano Bonnie, cercando di catturare la sua attenzione, ma gli occhi marroni della neo vampira non riuscivano a staccarsi da quella ferita.
-Caroline- la chiamò la strega –Portala via. Sta cambiando aspetto-
Jacqueline, infatti, aveva gli occhi contornati di nero e i denti stavano per affilarsi pericolosamente. Se qualcuna delle ragazze l’avesse vista, sarebbe stato un problema.
La bionda reagì prontamente e dichiarò conclusa la lezione. Portò Jacqueline lontano dai campi di allenamento e cercò di farla tornare in sè –Da quanto non ti nutri?-
-Da ieri sera. Ho bevuto da una busta prima di andare a dormire-
-Vieni- la intimò Caroline, scortandola fino alla sua auto.
Aprì il bagagliaio e ne estrasse una sacca di sangue sigillata –Sali in macchina e bevi- le ordinò tassativa –Io controllo che non arrivi nessuno-
Jacqueline non se lo fece ripetere due volte e in men che non si dica l’aveva già prosciugata tutta.
-Scusami- mormorò quando scesa dalla macchina –Pensavo che sarei riuscita a controllarmi-
Caroline le sorrise –É così per tutti all’inizio. Anch’io ho avuto spiacevoli inconvenienti nei primi giorni da vampira. Damon mi ha aiutata-
-E come ha fatto?- le chiese, sentendosi ancora affamata.
-Mi ha insegnato a darmi un freno. A capire quando ci si deve fermare se non si vuole uccidere-
-E ci sei riuscita?-
La bionda si guardò le scarpe –La prima volta no. Ma adesso sono completamente in grado di controllarmi-
Jacque parve sconfortata –Oh... Capisco-
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo....
Tutti e tre la stavano guardando in attesa di una sua reazione.
-Alexandra?- disse sottovoce e portandosi una mano alla bocca, come per nascondere il sangue -Io... Mi dispiace! Non capivo cosa facevo... Mi dispiace-
   
 
 
NdA: Siamo arrivate al capitolo 16esimo, più o meno a metà della storia, ma devono succedere ancora tantissime cose! Mi raccomando leggete e recensite:D Baci, BrokenArrows  
 
 

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Capitolo 17
*** Sete di sangue ***


-Stai tranquilla. È stato solo un brutto episodio- cercò di consolarla Alexandra, che aveva appena saputo dell’accaduto all’allenamento –Era la prima volta che vedevi del sangue così... fresco, vero?-
Jacqueline sorrise amaramente –Non è certo una scusa. Dovrei... anzi, vorrei essere in grado di controllare quegli impulsi-
-Caroline mi ha detto che Damon può aiutarti. Perché non l’hai chiamato?-
-Perché non so se sarò capace di imparare. E non voglio scoprirlo...-
Alexa la guardò con disappunto –Beh, non ti devi preoccupare. L’ho chiamato io-
-Tu hai fatto cosa?-
-Dai, Jacque! Sai anche tu che devi provarci e se ce l’ha fatta Caroline ce la farai anche tu-
Proprio in quel momento suonò il campanello e la bionda andò al piano inferiore ad aprire.
Damon entrò nello studio, dove poco prima stavano parlando le due ragazze.
-Alexa mi ha detto che stavi per perdere il controllo- le disse sedendosi accanto a lei.
-Non lo stavo perdendo, Damon- gli rispose, sottraendosi dalla sua presa e alzandosi –L’ho perso e, come se non bastasse, mi sento ancora affamata! Non immagini quanto desideri bere sangue da qualcuno fino all’ultima goccia... Ne sono disgustata! Stefan aveva ragione, era meglio morire-
Il ragazzo la raggiunse davanti all’antica libreria –Non dire cavolate! Se fossi morta, che ne sarebbe di me ora?-
Jacqueline sentì la bocca dello stomaco chiudersi e si sentì subito in colpa per quello che aveva detto –Mi dispiace... In fin dei conti il lato positivo è che rimarremo sempre insieme, no?-
Lui le sorrise, un sorriso diverso dal solito sarcastico, e la baciò teneramente.
-Allora- riprese lei con un po’ più di entusiasmo –Come funziona questa terapia?-
-Non è una delle migliori, ma di solito ha effetto... Devi arrivare ad un punto che non ce la fai più dalla fame. Ad un punto che sei così debole, che uccideresti tua madre per avere un po’ di sangue-
-Beh, potevi usare un altro paragone...-
-No, credimi. Sarà meglio che nessuno ti veda in questi giorni-
-Ma, Damon... Io mi sento già affamata adesso! Come posso aspettare per giorni?- domandò come se fosse una cosa assolutamente fuori questione.


Jacqueline fu scortata a casa Salvatore. Con due vampiri a farle da guardia non sarebbe riuscita a scappare da nessuna parte.
-Quindi sono agli arresti domiciliari?- chiese stupita, quando posò la sua borsa con dei vestiti sul letto di Damon.
-Più che agli arresti domiciliari, sei in arresto e basta-
-Oh, perfetto!-

Erano passati ormai due giorni da quando era stata “rapita” e la situazione si era fatta drastica.
-Basta, vi prego!- si lamentò, sollecitando le catene che aveva ai polsi per tenerla legata ad una sedia –Non ce la faccio più... non ce la faccio più-
Stefan era preoccupato –Damon, credo che così basti- gli disse sottovoce.
-Aspettiamo ancora un po’. Se ha la forza per tirare le catene significa che non è ancora al limite-
-Ti odierà per questo- lo sai, vero?-
-Io penso che sarà il contrario-
Passate altre tre ore, i fratelli Salvatore andarono a controllare la situazione. Jacqueline sembrava addormentata sulla sedia, ma quando aprirono la porta del seminterrato aprì faticosamente gli occhi.
-Come va ora?- le chiese Damon, alzandole il viso per controllare di persona.
Come riposta, la ragazza emise un lungo lamento che descriveva bene la situazione in cui si trovava.
-Perfetto. Portiamola da lui- disse al fratello, facendogli cenno di precederlo su per le scale.
Arrivati al salotto trovarono un giovane uomo seduto sul divano, proprio come l’avevano lasciato.
Stefan sostenne la ragazza finché suo fratello procurava un piccolo taglio sul collo dello sventurato.
La fecero avvicinare e dopo qualche secondo Jacqueline aprì gli occhi. Cercò di avventarsi subito su di lui, ma i due fratelli la tenevano ancora ferma.
Damon le parlò guardandola dritto negli occhi –Jacqueline, concentrati. Tu non vuoi ucciderlo. Vuoi solo bere un po’ e poi fargli dimenticare tutto, ok? Quando ti dirò di fermarti, lo farai. Ripetilo- le ordinò fermamente –Ripetilo!-
-Io... io non lo ucciderò e mi fermerò- disse con poca convinzione.
Stefan e Damon mollarono la presa all’unisono e la ragazza non aspettò un istante ad affondare i lunghi canini dove c’era la ferita aperta. 
-Damon, fermala. Se va avanti così lo ucciderà- gli disse Stefan, vedendo che la vittima stava impallidendo. 
Damon convenne -Adesso fermati, Jacqueline. Così può bastare- aggiunse quando vide che la ragazza non dava segni di fermarsi.
-Non ti ascolta. Avevo detto che era un piano troppo rischioso-
-Tranquillo. Se non va bene questa volta, la prossima andrà meglio-
-Cosa significa la prossima volta?- chiese Stefan basito -Hai intenzione di farle uccidere qualcun altro?-
-Se la situazione lo richiede....-
Stefan sbuffò e si riconcentrarono sulla ragazza.
-Ma...?-
Jacqueline non era più sul divano accanto a loro ma la videro con la coda dell'occhio mentre si avviava verso l'uscita.
I due fratelli si guardarono fugacemente -Questo non l'avevo messo in programma-
Si affrettarono a raggiungerla e la videro attraversare l'acciottolato e dirigersi verso una macchina nera.
-Che diavolo ci fa lei qui?-
Stefan spalancò gli occhi in un'espressione tesa -Non ne ho la minima idea! Le avevo esplicitamente detto di non venire qui-
-Beh, ormai è troppo tardi- disse Damon con disappunto e dirigendosi verso l'auto sportiva.


Alexandra aveva appena parcheggiato davanti alla porta di casa Salvatore e nell'esatto momento in cui aveva spento il motore ne uscì sua sorella. Notò che c'era qualcosa di strano in lei, ma si accorse di cosa fosse solo quando arrivò di fianco alla portiera e la spalancò con poca grazia.
-Oh, dio... Jacque, cos'hai fatto?- vide che era sporca di sangue e non poté fare a meno di preoccuparsi. Sia per la sorella, che per lei stessa. Quegli occhi scuri non promettevano nulla di buono.
Stava per dirle qualcosa per farla ragionare, ma si ritrovò all'improvviso fuori dall'auto e con la schiena premuta con forza sulla carrozzeria. Sentiva le voci di Stefan e Damon che incitavano sua sorella a fermarsi, ma un dolore acuto che Alexandra conosceva bene, l'aveva colta alla sprovvista.
-Maledizione, Jacqueline, fermati subito!- Damon cercava di staccarla dalla ragazza -So che stai morendo di fame, ma è tua sorella e così la ucciderai-
Evidentemente qualcosa dentro di lei funzionava ancora, perché a quelle parole si allontanò all'istante con un'espressione disgustata in volto.
Tutti e tre la stavano guardando in attesa di una sua reazione.
-Alexandra?- disse sottovoce e portandosi una mano alla bocca, come per nascondere il sangue -Io... Mi dispiace! Non capivo cosa facevo... Mi dispiace-
La bionda si tamponava la ferita sul collo e respirava profondamente, cercando di mantenere l'autocontrollo. Sua sorella che stava per ucciderla non era certo una situazione a cui andava in contro tutti i giorni. E di situazioni improbabili ne aveva viste parecchie.
-Credo che dovremmo entrare in casa e sederci- propose Stefan, rivolgendosi in particolar modo alla sua ragazza.
-No- intervenne Jacqueline attirando la loro attenzione -Voglio dire... Preferisco rimanere lontana per un po' da...-
-Certo- le disse Stefan -Damon, stai qui con lei. Noi vi aspetteremo dentro quando sarete pronti-


-Mi dispiace che tu abbia dovuto... vederla- disse Stefan, mentre faceva accomodare Alexa su una sedia della cucina. Era meglio non portarla in salotto dove c'era un cadavere.
-Già, dispiace anche a me...-
-Vuoi qualcosa da mettere sulla ferita?-
-Stai tranquillo. È stata molto decisa e si richiuderà presto. Almeno questo... - disse con sarcasmo -Ha funzionato la terapia?-
-Non lo so. Il primo tentativo no, ma... il secondo sì- ammise, guardandola con incertezza su come avrebbe reagito.
-Ah. Suppongo che il mio arrivo qui sia stato utile, allora. Sebbene tu me l'avessi proibito-
-Non è stato utile, Alexa! Se fossi arrivata cinque minuti prima, saresti tu quella stesa nel divano in soggiorno con gli occhi spalancati e bianca come un lenzuolo-
-Non capisco perché ti arrabbi! Non mi lasci mai intervenire nei vostri “affari”, ma oggi vi sono servita, no?- esclamò, alzandosi di scatto dalla sedia.
-Ha ragione, Stefan- intervenne la voce di sua sorella da dietro la parete -Se non fosse arrivata, chissà cosa avrei fatto a qualche altro sfortunato che si sarebbe trovato sulla mia strada. Credo di essere riuscita a capire come funziona. Quando fermarmi, insomma-
Alexandra si aprì in un sorriso a trentadue denti -Te la senti di venire a casa con me? La mamma sta diventando insopportabile. Dai, ti faccio guidare!-
Jacqueline ricambiò il sorriso -Se la metti così non posso rifiutare. Ciao, Damon- disse, alzandosi sulle punte dei piedi e dandogli un bacio -Ci vediamo, Stefan!-



Nel prossimo capitolo...
-Buonasera, tesoro- disse lo sconosciuto con voce melliflua –So che stavi aspettando qualcun altro, ma ho una richiesta davvero importante da farti, Bonnie Bennet-
La ragazza indietreggiò automaticamente, captando dei segnali negativi provenire da quell’individuo –Chi sei?-

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Capitolo 18
*** Messa da parte ***


Jacqueline stava servendo un cliente al bancone quando Damon entrò al Grill. La salutò con un bacio.
-Facciamo qualcosa stasera?- chiese la ragazza guardando l’orologio al polso, erano le quattro spaccate.
Damon accolse la proposta -Perché no? Invitiamo anche gli altri o stiamo da soli noi due?- 
La ragazza capì ciò che intendeva dire -Mmh, beh dai per questa volta chiamiamo gli altri. Troveremo tempo per noi due, promesso. Prendi qualcosa da bere o da mangiare?- domandò, non appena Matt uscì dalla cucina con due piatti di Tacos. 
-Il solito- disse, venendo subito servito con un bicchiere di Scotch. Damon la osservò per un po’ mentre serviva i clienti. Quel giorno la sua ragazza era più affascinante del solito. Aveva i capelli raccolti in una coda alta che si muoveva qua e là ogni volta che lei muoveva la testa. Il suo corpo era snello e fragile all’apparenza, ma Damon sapeva bene che Jacqueline era più forte di quello che poteva sembrare. Ormai era passato circa un mese dalla sua trasformazione, e le cose tra loro due andavano a gonfie vele. Sapeva di aver trovato la ragazza giusta. Anche suo fratello Stefan aveva affermato che Jacque gli aveva messo la testa a posto, placando la sua parte più depravata e talvolta cinica. In più, andare a caccia con lei era uno spasso. Quando ritornò dietro al bancone rinvenne dai suoi pensieri -A proposito, quando vuoi andare a “mangiare”?- 
-Non lo so… Domani?- rispose incerta, dopo averci pensato su. Sparì per un attimo negli spogliatoi del personale e quando ritornò salutò velocemente Matt, per poi lasciare il Grill con Damon. 
-E domani sia- 


La serata procedeva tranquillamente. Le sorelle avevano deciso di invitare gli amici a casa loro per chiacchierare e stare assieme prima dell’inizio della scuola. Erano i primi giorni di gennaio, più precisamente il 4. L’indomani sarebbe cominciato un nuovo semestre e tutti sarebbero stati impegnati rigorosamente nello studio e nei progetti ai quali avevano deciso di dedicarsi. Tranne Damon, il quale avrebbe continuato la sua vita senza quell’inutile macigno chiamato “scuola”. 
Seduti nel soggiorno di casa Van Der Wegen, i ragazzi erano lì, a discutere di quanto le vacanze fossero passate velocemente e di quanto fossero presi indietro con i programmi scolastici, tra un sorso di Scotch e l’altro. Erano circa le dieci quando Jacqueline constatò che sia Caroline che Matt non si erano ancora fatti vivi.
-Saranno in ritardo... Sai bene com’è Care, quando deve sempre essere perfettamente in ordine prima di uscire di casa- commentò Alexa, seduta sulle gambe di Stefan. 
Damon accordò facendo una smorfia. 
Non passò molto tempo, forse dieci minuti, che sentirono il campanello suonare. Jacqueline andò ad aprire di corsa. 
-In ritardo come al solit…- la ragazza s’interruppe vedendo davanti a sé l’amica in lacrime. Teneva in mano un fazzoletto sporco di mascara, le guance erano rigate di lacrime e il trucco era pesantemente sbavato. Stava singhiozzando, Jacqueline l’abbracciò, chiedendole cosa stava succedendo.
-Matt mi ha lasciato- riuscì a dire prima ricominciare a singhiozzare. 
-Cosa!?- non poteva crederci, stavano così bene insieme. Non sembravano avere alcun problema, ma evidentemente qualcosa aveva fatto cambiare idea a Matt -Vieni in salotto, ti consoleremo noi- fu l’unica cosa che riuscì a dire. 
Caroline, una volta calmatasi, raccontò ciò che era successo -Sembrava che tutto andasse bene, ma dopo la trasformazione ha cominciato ad evitarmi. Ci siamo parlati e per un periodo siamo stati in sintonia ma poi ha ricominciato ad essere schivo. È arrivato a dirmi che non può stare con me perché ha paura di ciò che sono diventata e di ciò che potrei diventare- trattenne le lacrime, non voleva più parlare di lui, sennò sarebbe sicuramente crollata. 
Alexandra andò ad abbracciarla -Tranquilla ci siamo noi- la confortò. Bonnie la imitò.
Per un momento Stefan non poté non pensare a lui ed Alexandra. Dopotutto, loro due erano una coppia “mista”. Cercò di scacciarsi quel pensiero di dosso, ma non appena incrociò lo sguardo della sua ragazza, capì che lei stava pensando alla stessa cosa. 
-Non so cosa dire, è così strano da parte sua- sostenne Jacqueline, sedendosi accanto a Damon. 
-Sembrava un tipo ok- il ragazzo non sapeva come comportarsi in quella situazione, stava solamente cercando di evitare commenti o battutine sarcastiche riguardo l’accaduto. 
Caroline fece spallucce -Ha fatto bene a lasciarmi. Lui si merita di più- affermò, entrando nella fase di accettazione.
-Cosa stai dicendo?- Bonnie alzò gli occhi al cielo. 
-Sei tu quella che merita di più, fidati- Stefan avanzò con quella frase, consolandola.
-Matt non sa quello che si è perso- disse Alexa. 
Quelle erano tutte frasi cliché ma che i ragazzi reputavano vere. Passarono l’intera serata a consolare l’amica, e alla fine, anche grazie all’aiuto dello scotch, riuscirono a sollevarle il morale. 

Bonnie lasciò casa Van der Wegen abbastanza presto, quando ancora la luna non aveva fatto capolino tra le nuvole invernali. Stava aspettando che suo padre tornasse a casa dopo una giornata di lavoro e quando suonò il campanello andò ad aprire di corsa.
-Ciao pap...- s’interruppe di colpo, vedendo che l’uomo davanti a lei non era affatto suo padre.
-Buonasera, tesoro- disse lo sconosciuto con voce melliflua –So che stavi aspettando qualcun altro, ma ho una richiesta davvero importante da farti, Bonnie Bennet-
La ragazza indietreggiò automaticamente, captando dei segnali negativi provenire da quell’individuo –Chi sei?-
Il giovane uomo, dai capelli biondi e occhi azzurri, si aprì in un sorriso che poco aveva di amichevole –Sono Niklaus Mikealson, anche se preferisco solo Klaus. Piacere- si presentò porgendole una mano, che Bonnie non strinse –Saresti così gentile da invitarmi a entrare?-
Ora si spiegava il sesto senso di Bonnie. Era un vampiro.
-Che cosa vuoi da me?- la ragazza si sentì più sicura sapendo che non avrebbe potuto entrare.
-Voglio un incantesimo, Bonnie- le disse come se fosse la cosa più ovvia –É per questo che sono venuto da te-
-Un incantesimo per cosa?-
Lui si appoggiò alla porta, sapendo che non sarebbe potuto entrare –Vedi, io sono un vampiro Originale e quando dico a qualcuno di fare qualcosa, quel qualcuno lo fa senza troppe domande-
-Allora immagino di non essere quella persona- gli disse lei, rispondendo alla velata minaccia.
-Forse non ci siamo capiti... Io non posso essere ucciso come tutti gli altri vampiri e sono molto più vecchio, quindi molto più forte. Non sarebbe un problema sbarazzarsi di quei due bellocci e quelle due fanciulle. Caroline e Jacqueline, giusto? A quel punto non ci sarà nessuno ad impedirmi di fare fuori tutti i tuoi amici-
A Bonnie prese un colpo. Come faceva a sapere tutte quelle cose? E chi erano questi Originali? Più tardi avrebbe controllato in qualche vecchio libro di sua nonna.
-Allora, siamo d’accordo? Tu mi farai un piccolo incantesimo e io in cambio non ucciderò nessuno dei tuoi amici?-
Alla ragazza non rimase che annuire, sconfitta.
-Perfetto!- esclamò Klaus soddisfatto –Mi terrò in contatto-
In un secondo era sparito dalla visuale di Bonnie, lasciandola ancora senza fiato per la paura.


Un terribile acquazzone di come non se ne vedeva uno da anni, si stava abbattendo su Mystic Falls, e il vento era così forte che la macchina sbandava a bordo strada. Jacqueline guardò il cielo, le nuvole erano terribili: nere ed enormi. 
-Vuoi che guidi io?- chiese, vedendo la sorella in difficoltà.
-No, tranquilla- rispose l’altra cambiando marcia e accelerando di poco. Una volta parcheggiata l’auto corsero dentro scuola dove Caroline, Stefan e Bonnie le aspettavano nell’atrio.
-Ciao ragazze- le salutò Stefan, cercando lo sguardo di Alexandra. 
-Ciao- rispose frettolosamente la ragazza per poi andarsene, mimetizzandosi tra gli altri studenti.
-Ma che cavolo ha?!- esclamò bisbigliando Caroline -È dall’altro ieri che ha il muso-
-Non lo so nemmeno io. Mi rivolge il minimo indispensabile la parola. È successo qualcosa tra voi due?- chiese Jacqueline a Stefan.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia -Non mi rivolge la parola da ieri sera, quando eravamo a casa vostra. Prima era tutto tranquillo- E Jacqueline capì benissimo cosa intendeva dire con quel “Prima”. Si stava riferendo a prima che lei e Damon tornassero, dopo che si era trasformata.
-Mi piacerebbe proprio sapere cosa le passa per la testa. Dai, andiamo in classe, sta per suonare- disse Bonnie velocemente, temendo che gli amici avrebbero potuto notare la nota tesa nella sua voce. Salutarono Jacqueline e i tre si diressero a lezione. 

-Non credevo che una lezione di Chimica potesse risultare così interessante!- esclamò Caroline, sedendosi al tavolo della mensa. Stefan la imitò -Bonnie ci raggiunge tra poco, mi ha detto che andava in biblioteca a cercare un libro- disse, informando Jacqueline, la quale era lì da circa dieci minuti con Matt. I due stavano parlando del ballo anni ’20, che di lì a pochi giorni si sarebbe tenuto. Il ragazzo si guardò intorno, come per cercare qualcuno: -Alexandra?- chiese, senza sapere se guardare Stefan o Jacque. 
-Non ne ho idea, mi sa che andrò a cercarla- il ragazzo si alzò dal tavolo e uscì dalla stanza. Si vedeva che era alquanto stanco del comportamento immaturo che la sua ragazza aveva mantenuto per fin troppo tempo. 
-Sembra abbastanza alterato- constatò Caroline, trovando conferma negli sguardi degli amici che, senza darci troppo peso, tornarono a parlare di inezie. 

Al suono della campanella Alexandra uscì velocemente dalla classe, alla ricerca del professor Alaric. Aveva bisogno di un parere per una ricerca che da lì a poco avrebbe dovuto consegnare e non sapeva a chi chiedere se non a lui. Girò per tutta la scuola, senza trovarlo, finché nel corridoio che portava agli spogliatoi  non s’imbatté in un ragazzo dai capelli biondo scuro, occhi azzurri e pelle chiara. Alexa sussultò davanti a quella bellezza. Tuttavia fece finta di nulla, sorpassandolo, ma mentre stava per uscire dalla porta che portava al campo da football, il ragazzo la chiamò:
-Alexandra, giusto?- chiese con un marcato accento inglese, girandosi verso di lei. 
La ragazza non poté far meno di notare il modo in cui la stava guardando  -Sì, sono io ma… come fa a sapere il mio nome?- 
-So molte cose su di te e conosco molto bene le persone che frequenti- 
Improvvisamente ebbe paura. Il suo cervello diceva di correre ma le sue gambe erano immobili. Il ragazzo si avvicinò a lei, pian piano. Finché non se lo ritrovò a pochi centimetri. Chinò la testa spostandole i capelli da un lato e le affondò i denti nel collo. Alexa trattenne un gemito ma poi rimase ferma, calmandosi. Quando pensava che quel vampiro l’avrebbe prosciugata completamente del suo sangue lui si scostò. Le prese una mano e gliela baciò, sotto lo sguardo ammaliato della ragazza. 
-Klaus, enchanté- 
E se ne andò, tra i corridoi della scuola, mentre la bionda lo guardava turbata ma allo stesso tempo affascinata, tamponandosi la ferita sul collo.

Stefan trovò Alexandra poco dopo, davanti al suo armadietto mentre sistemava i libri con un sorriso tirato. 
-Parliamo- le disse non appena si avvicinò. 
Il sorriso della ragazza si spense -Ora non posso-
-Ora parliamo- le chiuse l'armadietto con forza e poi l'afferrò per il polso, portandola nella prima classe che trovarono.
-Ahi, mi fai male- si lamentò quando la lasciò libera -Muoviti Stefan, ho da fare- disse assumendo un atteggiamento annoiato.
-Che problemi hai? Perché ci eviti?- chiese sostenendo il suo sguardo. Alexa cercava di nascondere il morso che quel vampiro, Klaus, le aveva appena fatto alla bell'è meglio, mettendosi davanti al collo i capelli.
-Nulla, sono solo preoccupata per la scuola-
-Non dire cavolate- 
-È la verità-
-Alexandra, ti prego-
Seguì una pausa di silenzio. 
-Vai ad aiutare Caroline o Jacqueline, no? Non devi andare a caccia? Chiedi a loro se vogliono venire con te! Parli sempre con loro dei tuoi problemi, di quello che pensi e con me non condividi più niente da quando loro sono diventate vampiri! E poi, appena ti chiedo di trasformarmi in modo da sentirmi parte del vostro quartetto cominci a farmi i discorsi etici e blablabla e io mi sono stancata, seriamente. Voglio prendermi una pausa da te, da mia sorella e da voi, da tutti- disse con risolutezza.
Stefan rimase a bocca aperta -No, ti prego Alexa. Non fare così- irrigidì la mascella e strinse i pugni, facendo schioccare le articolazioni.
-Devo andare, ciao- e lasciò la stanza sotto lo sguardo abbattuto del ragazzo.
Ma Klaus non se n’era andato. Il suo obiettivo principale era quello di trovare Bonnie. Concentrò le sue forze e captò il suo Potere non molto distante da dove si trovava. Percorse a grandi falcate l’atrio della scuola, cercando di non dare nell’occhio e si ritrovò in biblioteca, tra scaffali alti fino al soffitto e libri vecchi. La sala era vuota, se non per la ragazza. La vide nella sezione “Libri in lingua”.
-Ci si rivede- le sussurrò avvicinandosi.
Come aveva fatto Alexa, anche Bonnie sussultò -Oh dio, ancora tu-
-Sono venuto qui solo per ricordarti del nostro piccolo patto- le rivolse un sorriso sardonico -E per ricordarti che i tuoi amici vampiri non dovranno sapere nulla, altrimenti…- e fece il segno di tagliarle il collo.
Bonnie guardò il pavimento, non voleva affrontare lo sguardo di quel tipo malvagio -C..certo- balbettò.
-Vedo che ci capiamo, bene- le accarezzò la guancia, alzandole poi il viso e fissandola in quegli occhi scuri -Ci vediamo, Bonnie Bennet. Presto verrò a ritrovarti- e sparì nuovamente, lasciando la ragazza a pezzi, sull’orlo di una crisi di panico. 

Era l’ora degli allenamenti e le tre ragazze si stavano scaldando, correndo sulla pista di atletica. Jacqueline vide Stefan seduto sugli spalti del campo di football, mentre il resto della squadra stava provando delle formazioni. Si scusò con Bonnie e Caroline e andò da lui.
-Ehi, che succede? Sembra che ti abbiano ammazzato il gatto- gli chiese, sedendosi accanto a lui.
-Alexa mi ha lasciato-
Dritto al punto.
Jacqueline quasi cadde all’indietro –Che cosa?! Perché l’avrebbe fatto?-
Stefan ritornò a guardare davanti a sé con occhi vuoti –Non lo so... Mi ha detto che non le prestavo abbastanza attenzioni da quando ti sei trasformata. Pensi che sia vero?- le chiese, guardandola con quegli occhi verdi spenti dalla tristezza.
Jacqueline non l’aveva mai visto così giù e non poté fare a meno di avvolgerlo in un caloroso abbraccio –Mi dispiace tantissimo, Stefan. Non so cosa le sia preso, ma le parlerò se vuoi- 



Nel prossimo capitolo...
-Non avere paura, Alexa- la sua voce non era più come prima. Era più profonda e incuteva quasi terrore, ma allo stesso tempo ammaliava -Ho chiesto alla tua amica Bonnie Bennett di aiutare a risvegliare i miei poteri da ibrido. Finché lei non lo farai, tu starai con me-  



Nda:
Ed eccoci arrivati al clou della storia! Da ora in poi si farà tutto più interessante e coinvolgente ;)



 

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Capitolo 19
*** Orgoglio e appuntamenti ***


Erano quasi le cinque e le preparazioni della sala per il ballo, che si sarebbe tenuto l’indomani sera, erano a metà dell’opera. Il tema anni 20, proposto da Caroline al comitato studentesco, era stato accolto con gioia da tutti gli studenti e i professori.
Come ogni ballo precedente si sarebbe svolto all’interno della palestra, dove avevano deciso di allestire un palco per una jazz band, che poi sarebbe stata sostituita da un dj. Dalla parte opposta della sala vi era un bancone bar dal quale alcuni addetti avrebbero servito - rigorosamente - bevande analcoliche. Una decina di tavoli rotondi dovevano ancora essere disposti e addobbati al centro della sala.
Jacqueline osservò la stanza dall’ingresso. Gran parte del comitato stava lavorando per dare una mano. Caroline e Bonnie si stavano occupano del palco. Dopo averlo fatto trasportare all’interno dalla squadra di football, bisognava spazzarlo e, prima di coprirlo con un tappeto rosso degno di un red carpet, sistemare i cavi da collegare alle casse. La ragazza le raggiunse guardandosi intorno.
-Cosa c’è di più anni venti se non una Jazz band?- Caroline era entusiasta di quel tema.
-Tutte le tue idee sono favolose- Jacqueline era stata la prima ad approvare l’idea dell’amica -Avete bisogno di una mano?-
-No, per ora va tutto bene- osservò Bonnie -Anzi, in realtà c’è una cosa che potresti fare- le mostrò alcuni cavi dell’amplificatore che non sapeva dove attaccare.
Jacqueline provò a ricordare quello che Matt le aveva spiegato un’oretta prima riguardo alle casse -Quello blu va attaccato a destra del plug dei bassi, mentre questo verde va a sinistra-
Bonnie annuì, incerta -Quello nero?-
-Quello nero va alla presa della corrente, Bon- rise all’incompetenza dell’amica, ma non appena vide che Alexandra stava entrando in palestra il suo entusiasmo si smorzò.
Bonnie vide l’espressione di Jacque. Stava guardando con aria assente la sorella, Alexandra, che si era messa a lavorare per sistemare i tavoli al centro della sala.
-Vuoi andare a parlarle?- le chiese gentilmente -Qui ce ne occuperemo io e Care-
-Sì, grazie ragazze- e si avviò a passo spedito verso la bionda.
Una ragazza di seconda la fermò, chiedendo indicazioni su come attaccare alcuni festoni, lei in poco tempo la liquidò, borbottando degli ordini.
Appena la raggiunse non sapeva cosa dirle. Conosceva bene la sorella: testarda e irremovibile da ogni questione, inoltre era estremamente orgogliosa.  Doveva un attimo ordinare le idee, non si era preparata un discorso. Vuol dire che agirò d’impulso disse a sé stessa. La chiamò con lo sguardo, la prese per un braccio e con forza, ma senza farle del male, la portò in un angolo della palestra per non farsi sentire dalla gente che sicuramente avrebbe spettegolato, assetati di qualche nuovo gossip.
-Perché mi trattate tutti in questo modo?- chiese Alexandra furiosa, accennando a come quella mattina Stefan l’aveva portata in classe per parlare -Domandare gentilmente è così difficile?-
-Parlarti in modo gentile ultimamente ci è difficile- la informò Jacqueline, fulminandola con lo sguardo.
-Che cosa vuoi?- il tono sgarbato di Alexandra la mandò su tutte le furie.
-Non parlarmi così, sono tua sorella maggiore- le fece osservare, mettendola a tacere -Smettila di ferirci, ci stai trattando veramente male-
-Scusami?- la bionda la guardò con un’espressione esterrefatta.
-Non crediamo di meritare tutto questo- non sapendo più cosa dire, tirò fuori un discorso che le avrebbe dato da riflettere -Ma soprattutto Stefan, è perso senza di te. Non sa come agire e... - non appena disse quel nome, Alexa rimase a bocca aperta. Per un momento vide insicurezza nei suoi occhi, ma poi quella fu sostituita da rabbia.
-Non sto facendo del male a nessuno, siete voi che me ne avete fatto- fu la sua giustificazione -E dì a Stefan di non prendersela troppo, gli passerà. E tra qualche decennio troverà qualcun’altra-
-Come fai a dire questo? Ti stai sentendo?- trattenere la rabbia era difficile, ma Jacqueline fece del suo meglio per non staccare la testa alla sorella -Appena cresci dimmelo, poi ci riparleremo-
Maledizione. Avevano attirato  l’attenzione di almeno la metà della gente presente in quella stanza.
Girò i tacchi, sgomenta, tornando da dove era venuta. E non appena raggiunse Bonnie e Caroline vide le loro espressioni di stucco, sconcertate dal comportamento dell’amica.
 
 
Alexandra uscì dalla palestra, e per poco riuscì a trattenere le lacrime. Aveva bisogno di qualcuno che la capisse, ma in quel momento lei era così sola... Al contrario di quanto diceva Jacqueline, non era stata lei a cambiare. Erano stati tutti gli altri. Erano diventati qualcosa che non riusciva a capire e in quell’ultimo periodo erano stati concentrati su loro stessi, dimenticandosi della sua presenza. Percorse velocemente la scuola, trovando l’uscita. Una volta raggiunta l’auto si chiuse dentro, dando libero sfogo ai suoi pensieri. Mise la prima, e partì in velocità.
-Dove stiamo andando?- chiese una voce dai sedili posteriori.
La ragazza urlò, inchiodando -COSA CI FAI QUI?- si girò, riconoscendo la voce del ragazzo che aveva incontrato quella mattina.
-Pensavo te ne fossi accorta, tesoro- Klaus scese dall’auto, per poi risalire nel sedile del passeggero. Le sorrise, facendo sorridere anche lei -Com’è andata a scuola?-
-Io e Stefan abbiamo rotto e mia sorella mi ha fatto la predica. Suppongo bene- ironizzò. Fu colpita da come si stava comportando naturalmente. Come se lei e Klaus si conoscessero da una vita. Invece l’aveva visto per la prima volta poche ore prima, e non aveva minimamente l’idea di chi fosse e cosa facesse.
Mise nuovamente in moto l’auto, sotto l’attento sguardo del ragazzo -Ma parlami di te, Klaus-
-Parleremo di me più tardi- disse sicuro.
-Oh, e cosa ti dice che più tardi saremo insieme?- Alexandra stava giocando, ma non ne poteva fare a meno. Il suo sguardo era così magnetico.
Klaus si lasciò sfuggire una risatina -Ne sono certo- e non mi serve asservirti, umana.
Raggiunsero casa Van Der Wegen circa un quarto d’ora dopo. Parcheggiando notò che a casa non vi era nessuno. Scesero dall’auto e si diressero verso l’ingresso.
-Notevole come casa- apprezzò Klaus.
-I miei antenati avevano dei buoni gusti- aprì la porta di casa. Si stava per dirigere in salotto quando il ragazzo si schiarì la voce. Alexandra si voltò, guardandola divertita.
-Questo vostro punto debole mi piace troppo. Siete degli immortali vampiri dalla forza bruta, ma potete essere fermati da una stupida porta di legno- si beccò un’occhiataccia -Entra pure, Klaus-
Si diressero in cucina, dove la ragazza si fece un the, mentre al ragazzo offrì dello scotch. La guardò colto alla sprovvista.
-Scusa se non ho delle sacche di sangue in frigorifero- scherzò, sedendosi al suo fianco.
Seguirono alcuni attimi di silenzio, in cui Alexandra prese coraggio per una domanda.
-Cosa vuoi da me, Klaus?- chiese, incerto della sua risposta.
Il ragazzo spostò lo sguardo dal bicchiere ad Alexa. Vide un misto di rabbia, fragilità e sicurezza nei suoi occhi -Sei il mio ostaggio-
Le sue pupille si dilatarono, impaurite. Fu quella l’unica reazione visibile. Bevve l’ultimo sorso, appoggiando il bicchiere sul bancone.
-Spiegati meglio- sussurrò. Ora non era più sicura come prima. Pensò a mille modi per tirarsi fuori da quella situazione, ma tutte le possibilità che si creavano nella sua testa richiedevano l’aiuto di un vampiro. Damon non sapeva dov’era, Jacqueline sarebbe stata a casa tra un’ora minimo e non aveva intenzione di chiamare Stefan.
-Non avere paura, Alexa- la sua voce non era più come prima. Era più profonda e incuteva quasi terrore, ma allo stesso tempo ammaliava -Ho chiesto alla tua amica Bonnie Bennett di aiutare a risvegliare i miei poteri da ibrido. Finché lei non lo farà, tu starai con me-
La ragazza, che si era un attimo calmata, tornò a ragionare, con la mente meno annebbiata -E cosa succederà nel caso lei si opponesse a ciò?-
-Non lo farà- concluse sicuro -Ma nel caso si opponesse ti trasformerei. Il tuo ragazzo non lo sopporterebbe- sorrise, mettendo in mostra i canini.
-Stefan non è più il mio ragazzo- disse con voce calma, avvicinando il volto al suo.
-Peccato- disse, prima di coprire quella minima distanza baciandola.
Le loro labbra si erano appena separate quando i due sentirono il rumore di un’auto sul selciato davanti a casa.
-Merda, dev’essere mia sorella- guardò l’orologio, Jacqueline era tornata in anticipo. Sentì delle risate. Evidentemente era in compagnia -Dev’essere con Damon-
-Me ne vado. Non voglio che i Salvatore sappiano della mia presenza. Almeno non fino a domani- le sorrise -Ti passo a prendere alle nove e mezza, ti accompagno io al ballo. Indossa qualcosa di carino- le diede un veloce bacio sulla guancia, allontanandosi e uscendo dalla porta sul retro.
-Sono a casa- la salutò Jacqueline, entrando. La raggiunsero in cucina.
-Da quando bevi scotch?- chiese Damon, prendendo il bicchiere in mano e osservandolo in controluce.
-Da quando mi faccio gli affari miei- glielo prese di mano e lo mise nel lavandino, sciacquandolo -Vi lascio soli- se ne uscì dalla stanza senza dire nulla, sotto lo sguardo interrogatorio dei due.
 
-E poi quando le ho detto che stava facendo del male a Stefan lei mi ha detto “Dì a Stefan di non prendersela troppo, gli passerà. E tra qualche decennio troverà qualcun’altra”. Damon, mi sono dovuta trattenere un sacco per non...- si fermò, sentendo alcuni passi provenire dallo studio.
I due erano in camera della ragazza e stavano discutendo di come si era svolta la loro giornata.
-Jacqueline, basta- ordinò con voce ferma il ragazzo.
-Eh?-
-Sinceramente non mi interessa di Alexandra e Stefan, sono grandi e sanno cavarsela da soli. Non fare da intermediaria tra di loro, se le cose si aggiusteranno bene sennò beh, ci hanno provato- Jacque pensò che dopotutto Damon aveva ragione.
-Lo so, ma mi dispiace per Stefan, lui è così...- il ragazzo inarcò un sopracciglio, aspettando che lei finisse la frase -È un'anima gentile. Mi dispiace vederlo deluso. Okay basta, non parliamo più di loro due-
Seguì un momento di silenzio, durante il quale a Jacqueline sorse una domanda: -Ma tu quante compagne hai avuto?-
-Cosa stavamo dicendo a proposito di Stefan?- domandò, evitando l'imbarazzante discorso che avrebbe dovuto affrontare.
Lei lo guardò accigliata -Rispondi-
-Non lo so, Jacque. Dipende da cosa intendi. Sarò sincero: sono stato a letto con molte donne, non le ho contate... Ma di compagne serie ne ho avuta solo una- lasciò intendere chi fosse, baciandola teneramente. I due si lasciarono scappare un sorriso. Damon girò la domanda alla ragazza.
-C'è stato qualcuno prima di te- disse appoggiandogli una mano sul petto -Ma niente di che-
-Morale della storia?- il ragazzo voleva sapere il fine di quella domanda.
-Ah così, era una cosa che mi premeva chiederti- fece spallucce.
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
Jacqueline si alzò e vagò un po’ per la stanza –Cosa dovremmo fare adesso?- disse tra sè e sè.
-Non dirlo a Stefan, ti prego-
 

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Capitolo 20
*** Sensi di colpa ***


La musica era così assordante che Jacqueline fu costretta ad urlare per farsi sentire –Dove cavolo è mia sorella? Ormai è da un’ora che la aspettiamo-
Caroline annuì alla sua domanda e Bonnie disse al gruppetto di amici –É da un po’ che si comporta in modo strano... Forse dovremmo andare a cercarla- 
All’improvviso un dubbio le attraversò la mente –Pensate che possa c’entrare Jeremy?-
A quelle parole, Stefan si rabbuiò e ispezionò la sala cercando il ragazzo. Effettivamente non c’era quella sera.
Damon si schiarì la gola per attirare l’attenzione –Non credo sia Jeremy Gilbert il problema...-
Matt, Stefan, Bonnie, Caroline e Jacqueline si girarono all’unisono. Le ultime due rimasero a bocca aperta per il fascino dell’uomo che accompagnava Alexandra, mentre Bonnie sentì il panico crescerle dentro.
-Oh, no!- esclamò quest’ultima –Klaus-
I Salvatore si lasciarono uno sguardo indescrivibile, carico di tensione.
-Chi è questo Klaus?- chiese ingenuamente Matt.
-É un fottutissimo Originale- spiegò Damon, cercando di capire quello che si stavano dicendo la bionda e Klaus.
-Un Originale nel senso che è... autentico?- azzardò Caroline, beccandosi un’occhiataccia da parte di Damon.
Stefan era paralizzato dalla rabbia nel vedere la sua ragazza insieme ad un altro. Originale o non.
-Klaus è uno dei fratelli dei vampiri Originali. I primi ad esserlo stati e che non sono stati trasformati da nessuno. È stata la madre, una strega potente, che li ha resi tali perché non voleva perderli. Da quel che so, adesso sono in lotta tra di loro e la donna è morta. Un paradosso se ci pensate...-
-Quindi è vecchissimo... Quanti anni ha?-
-Più di mille. Ma magari fosse solo questo il problema- disse tra sè e sè Damon –Non possono essere uccisi come tutti gli altri vampiri. Ci vuole un legno speciale che ovviamente non si trova da nessuna parte-
-Questo non spiega perché Alexa sia con lui e soprattutto perché tu, Bonnie- disse Caroline indicandola –lo conosca-
La strega inspirò profondamente e prese parola –A questo punto tanto vale dirvelo... L’ho conosciuto qualche giorno fa. Mi ha detto che gli serve una strega che faccia un incantesimo per lui-
-Che incantesimo?- Stefan parlò dopo minuti di silenzio.
-Non me l’ha detto. Ma mi aveva fatto giurare di non dirlo a nessuno perché altrimenti avrebbe ucciso qualcuno di voi-
Caroline era sbigottita –E ce lo dici lo stesso?!-
In quell’esatto momento Klaus puntò il suo sguardo proprio su di loro e un sorriso beffardo gli inarcò le labbra.
-Ormai non ha più importanza. Ha preso Alexandra-
Stefan si mosse in un secondo in direzione della ragazza, ma Damon gli si parò davanti all’istante, fregandosene delle persone che avrebbero potuto vederlo –Non farai niente di così stupido, fratellino-
Il minore lo guardò fermamente –Farò quello che voglio per una volta-
-Mhf, perfetto!-
-Ragazzi- iniziò Matt –Stanno venendo qui-
-Buonasera, signori- salutò tutti elegantemente Klaus –É un onore fare la vostra conoscenza, anche se alcuni di voi li conosco già...- disse soffermandosi su Bonnie e i Salvatore.
-Alexa...- sua sorella la chiamò con un tono di rimprovero e delusione, guardando prima lei e poi Stefan, che non distoglieva lo sguardo dalla coppia appena arrivata.
Klaus si girò verso Jacqueline, che aveva appena parlato –Tu devi essere la sorella di Alexandra. Così diverse, eppure così simili...-
-E tu devi essere Klaus, il vampiro immortale- ripose per le rime, mettendo troppa enfasi sull’ultima parola.
-Perché sei uscito allo scoperto?- domandò Damon –Ora non hai l’effetto sorpresa su cui contare-
-Non mi serve nessun effetto sorpresa per sbarazzarmi di voi. E al momento non rientra nelle mie priorità-
Tutti sapevano che stava per dire qualcosa di importante, ma lui sembrava divertirsi a tenerli sulle spine.
-C’è un gruppo di licantropi che vuole attaccare i vampiri in città. Suppongo sia per tutti quelli che avete ucciso a Nord. Fatto sta che ci andrò di mezzo anch’io e mi farebbe comodo un piccolo esercito su cui contare. Quindi ho cambiato la mia offerta! Voi mi aiuterete a sconfiggere quei cani, Bonnie farà l’incantesimo e Alexandra sarà libera di tornare da voi- disse guardando Stefan –Se è quello che vuole...-
-Prima spiegaci di cosa tratta questo incantesimo- intervenne Caroline.
-Molto semplice, tesoro. Dovete sapere che mio padre era un licantropo, quindi in me è presente il gene della licantropia. Mi serve solo una semplice formula per poter risvegliare quel mio lato e diventare così il primo ibrido della storia delle creature sovrannaturali. È fantastico, non è vero?-
-E tu ti fidi di quest’individuo?- domandò Jacqueline alla sorella, non credendo a ciò che stava facendo.
Alexandra le rivolse uno sguardo saturo d’odio –Lui mi capisce e non mi estrania dai suoi piani-
-Ma ti senti?- Caroline era su tutte le furie –Il suo piano è uccidere noi o uccidere te!-
-Non m’importa...-
-Perché ci fai questo?- Stefan la guardò cercando di capire quali fossero le sue intenzioni –Perché mi fai questo?-
Tutti i presenti, anche Damon, gli rivolsero sguardi carichi di compassione.
-Alexandra, non so cosa ti sia successo, ma vedi di tornare in te perché questa non sei tu- le disse la sorella, reprimendo un singhiozzo.
-Forse...-
Prese il suo accompagnatore sottobraccio e uscirono dalla palestra, lasciando il gruppetto in mezzo alla pista da ballo, immobile come se fosse stato un soprammobile.


Entrarono in casa e Klaus appoggiò le chiavi dell’auto sul tavolino d’ingresso, senza preoccuparsi di chiudere a chiave la porta. Alexandra lo seguì mentre si recava in una stanza che poteva essere considerata come il salotto di casa. Si tolse la giacca, guardando il vestito che indossava. Era proprio strano il modo in cui si vestivano negli anni ’20. Klaus la guardò mentre appoggiava la giacca sul divano. 
-Cosa farai dopo? - bevve un sorso di Bourbon continuando a guardarla attraverso il bicchiere.
-In che senso?- 
-Dopo che avremo sconfitto i licantropi- si sedette sulla poltrona in pelle, davanti al caminetto acceso. Alexandra pensò alla risposta da dare, fissando un punto vuoto tra lei e il fuoco.
-Non lo so, Klaus- si avvicinò piano a lui -So solo che ora non voglio tornare a casa- seguì qualche attimo di silenzio, durante il quale l’unico rumore che si sentiva era lo scoppiettio della legna.
-Mi ucciderai se loro non si alleeranno, vero?- lo disse con calma, non aveva paura di Klaus, in qualche modo sentiva di potersi fidare di lui. 
-Non sarò io ad ucciderti, tesoro, sarebbe uno spreco perdere una ragazza come te- disse guardandola. Quell’affermazione la fece ridere, e la tensione tra i due si ruppe. 
La ragazza si sciolse i capelli, facendoli cadere sulle spalle e per poi raccoglierli da una parte mettendo in mostra il collo. Klaus sorrise,  appoggiando il bicchiere a fianco di una poltrona. Si avvicinò alla ragazza e si piegò sul suo collo, prendendola in braccio. Sentì i canini affondare sulla pelle e si lasciò scappare un gemito, per poi sentire il calore del sangue che se ne andava. 


-Ehi tesoro, va tutto bene?- chiese Arleene alla maggiore delle figlie, che era rientrata senza la sorella -Dov’è Alexandra?-
-La riaccompagnerà Stefan più tardi- le mentì spudoratamente. Si sentiva così in colpa di farlo, ma voleva ancora proteggere la sorella. E poi sua madre cos’avrebbe potuto fare?
-Ok- le rispose sorridendo –Buonanotte, allora-
Anche Jacqueline salì al piano superiore e si chiuse in camera sua. Aveva detto a Damon di tornare a casa con suo fratello perché era troppo scosso dall’accaduto e avrebbe potuto fare qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi.
Si tolse lo scomodo abito anni venti, si infilò il morbido pigiama invernale blu e si mise sotto le coperte.
Passarono delle ore, ma il sonno non arrivava. Concentrò l’udito e sentì il motore di un’auto sconosciuta imboccare la strada che portava a casa sua. Si alzò di scatto e in meno di un secondo era dietro alla porta d’ingresso ad aspettare la sorella.
Passò qualche minuto e finalmente la ragazza entrò, trovandosi Jacqueline davanti con un aria impassibile.
-Cosa vuoi?-
-Cosa voglio?! Rientri adesso dopo essere stata via con quel tizio, che tra parentesi vuole ucciderci tutti, scarichi Stefan come se niente fosse e ti presenti davanti a lui con un altro ragazzo dieci minuti dopo! E mi chiedi “cosa vuoi”?-
Alexandra sostenne il suo sguardo –Non sei nostra madre. Non dirmi cosa devo o non devo fare-
Jacqueline non riuscì a trattenere la rabbia e spinse la sorella per una spalla, scaraventandola addosso alle scale.
-Non sarò nostra madre, ma sono molto più pericolosa di lei- le disse sussurrando e aiutandola a rimettersi in piedi –Quindi cerca di non farmi incazzare più di quanto non lo sia già, chiaro?-
Alexandra non disse nulla e salì le scale velocemente, senza guardare mai indietro.
Appena chiuse la porta della camera e si gettò sul letto, non riuscendo a trattenere le lacrime. Alexa si sentiva malissimo per quello che aveva fatto ai suoi amici, a sua sorella e soprattutto a Stefan. Era arrabbiata per come l’avevano trattata, ma di sicuro non l’avevano fatto intenzionalmente.
Sentì bussare alla porta e, capendo che era la sorella, pronunciò un debole “avanti”.
Lei la raggiunse sul letto –Mi dispiace, Alexa... Non volevo aggredirti, ma mi hai fatto davvero perdere il controllo-
-No- disse tra un sospiro e l’altro –No, siete voi che dovete scusarmi. Io non so cosa mi sia successo. Klaus non mi ha mai soggiogato eppure io.... io...-
-Tu cosa? Non hai fatto niente di male. Ti sei solo comportata da stupida, ecco- le disse cercando di consolarla.
La sorella si tirò su a sedere e la guardò intensamente –Siamo andati a letto insieme- ammise in un sussurro.
Jacqueline sbarrò gli occhi. Non si aspettava una rivelazione del genere –Sei andata a letto con... lui? Alexandra, se anche non fosse un maniaco omicida, non lo conosci nemmeno! Quand’è che l’hai visto per la prima volta? Tre giorni fa? Cristo santo, Alexa!-
La ragazza si aspettava una reazione simile, ma di certo non così esagerata –Non sei certo tu che devi farmi la morale su queste cose, Jacque! Tu e Damon quanto avete aspettato? Quattro giorni? Una grande differenza-
-Ok, hai ragione, ma Klaus è pericoloso-
-Lo so- ammise giocherellando con una frangia del vestito –Per questo mi sento uno schifo-
Jacqueline si alzò e vagò un po’ per la stanza –Cosa dovremmo fare adesso?- disse tra sè e sè.
-Non dirlo a Stefan, ti prego-



Nel prossimo capitolo...
Per un infinito momento le parve che non gliene importasse niente. Il ragazzo non reagiva. Era fermo immobile sulla sedia di legno a contemplare gli occhi insicuri di Jacqueline.
-Stefan, di qualcosa. Ti prego...-

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Capitolo 21
*** Turn it off ***


La sera seguente Jacqueline doveva andare a lavorare al Grill, ma non c’erano stati versi di far andare anche Alexandra.
“Non voglio vedere nessuno” era stata la sua risposta.
Stava indossando l’uniforme insieme a Matt in un silenzio tombale e sperava con tutte le sue forze di non vedere nessun vampiro per quella sera. Speranza vana, dato che dopo venti minuti che era iniziato il loro turno arrivarono Damon e Stefan. Jacqueline non riusciva a guardarlo senza pensare a quello che aveva fatto Alexandra.
Salutò Damon con un bacio leggero e gli portò un Bourbon doppio.
-Cosa ti porto, Stefan?- gli domandò con forse troppa tenerezza.
-Niente. Grazie-
La ragazza si allontanò e andò da altri clienti, non senza notare che i due fratelli confabulavano a bassa voce. Ma lei non voleva ascoltare per paura di sentire qualcosa che avrebbe solo contribuito a peggiorare quella già pessima situazione.
Ad un certo punto non si trattenne più. Mollò il vassoio con un ordine in un angolo e si sedette al tavolo insieme a Stefan e Damon.
-Non stai lavorando?- le domandò quest’ultimo, sapendo quanto era inavvicinabile mentre serviva ai tavoli.
-Sì, ma devo dire una cosa importante a Stefan-
Damon la guardò stupito un istante e poi si alzò –Vi lascio spettegolare in pace. Magari andrò a parlare con quella bella biondina accanto al biliardo- disse sarcastico.
-Cosa devi dirmi di così importante?-
Lei controllò che Damon non li stesse ascoltando e, dopo aver visto che stava parlando con Matt, iniziò il discorso –Ok, non è per niente facile dirtelo e mi è stato vietato, ma credo che tu debba saperlo...-
-Cosa dovrei sapere?- le chiese come se non ci potesse essere qualcosa di peggio di quello che stava già passando.
-Mia sorella mi ha confessato una cosa ieri sera, quando è tornata a casa. Ha detto che si sente malissimo per quello che ha detto... e per quello che ha fatto-
Seguì una lunga pausa di silenzio, interrotta da Stefan –Che cos’ha fatto, Jacque?-
Lei inspirò profondamente e si avvicinò un po’ al ragazzo –É andata a letto con Klaus! Scusa, lei non voleva che te lo dicessi, ma penso che sia meglio che tu lo sappia, invece... Mi dispiace, Stefan-
Per un infinito momento le parve che non gliene importasse niente. Il ragazzo non reagiva. Era fermo immobile sulla sedia di legno a contemplare gli occhi insicuri di Jacqueline.
-Stefan, di qualcosa. Ti prego...-
-Grazie, Jacqueline- Si alzò velocemente e prese la sua giacca –Adesso devo andare-
-Dove? Per favore, non andare da lei... È distrutta!-
Stefan passò in mezzo alla folla del Grill e uscì sbattendo la porta.
-Non mi sono perso una parola- Damon era comparso dietro di lei e parlava con voce tesa –Lascia che sbollisca la rabbia da solo-
-Non so, Damon... Non ho un bel presentimento-
-Tranquilla, tesoro- le disse passandole una mano tra i capelli –Vado a controllare io e poi ti chiamo. Lo terrò lontano da Alexa-
Si alzò in punta di piedi e lo baciò velocemente -Grazie-
 
 
Damon raggiunse Stefan quando ormai era già a casa. Entrò nella grande sala al pianoterra e vide suo fratello seduto per terra in mezzo a tavoli e sedie rovesciate.
-Ehi... Ho saputo cos’è successo. Mi dispiace- gli disse, schivando pezzi di legno sparsi sul pavimento.
Gli arrivò alle spalle e notò che in mano e sul pregiato tappeto persiano c’erano delle buste di sangue dell’ospedale di Mystic Falls. Vuote.
Stefan si girò lentamente verso suo fratello e pronunciò tre parole che resero chiara la situazione –A me no-
-Non dirmi che hai spento i sentimenti, Stefan!- esclamò Damon, spalancando gli occhi.
-É tutto più semplice, sai? Alexandra? Solo un passatempo che in passato mi divertiva-
Il maggiore si inginocchiò davanti a lui, guardandolo negli occhi –Sei migliore di così, Stefan. In questo modo l’hai data vinta a quell’inglesino!-
-É qui che non capisci... Non m’importa più nulla di quello che farà Klaus. Vuole uccidere qualcuno? Perfetto! Magari l’aiuterò anch’io-
Damon si allontanò da Stefan, inorridito da quello che era diventato –In passato mi hai stressato così tanto con questa storia dei sentimenti e ora ne diventi il re! Dove stai andando?- gli domandò, quando stava per uscire.
-Vado a divertirmi, ovvio- gli rispose con un sorriso derisorio.
Damon prese subito il cellulare e digitò il numero di Jacqueline. Dopo tre squilli, rispose –É successo qualcosa?-
-Vai subito a casa. Ti raggiungo là- le ordinò, mentre saliva in macchina.
La ragazza poté solo immaginare quello che era successo, così si limitò ad acconsentire.
Damon chiuse la telefonata ed uscì dalla proprietà. Probabilmente Stefan non era andato a casa Van der Wegen, ma sarebbe stato meglio controllare.
 
 
Jacqueline spense il motore e sentì in lontananza che anche Damon stava arrivando. Decise di aspettarlo fuori, in modo che avrebbe potuto spiegarle quello che era successo.
Qualche secondo dopo vide i fari dell’auto sbucare sulla viuzza che portava alla proprietà.
-Cos’è successo?- gli chiese non appena il ragazzo scese dalla macchina.
-Niente di buono. Ha spento i sentimenti- la informò, sondando le presenze in casa.
Jacqueline non capiva –Cosa vuol dire che ha spento i sentimenti?-
-Vuol dire che adesso è una macchina. Fa quello che vuole e non prova più nessuna emozione-
-Beh, possiamo risolvere tutto! Stefan capirà che...-
-No, Jacqueline- la interruppe bruscamente –Quando un vampiro preme il pulsante è difficile tornare indietro. Quando sono arrivato a casa stava bevendo dalle sacche di sangue! Capisci? Stefan che beve sangue umano è difficile da recuperare-
La ragazza camminava nervosamente avanti e indietro sull’acciottolato –Non possiamo dirlo ad Alexa. Già non sopporta di averlo tradito... Non possiamo darle anche questo peso. Sei sicuro che non si possa fare niente?-
-“Alexandra? Solo un passatempo che in passato mi divertiva”. Parole testuali- le disse Damon, rendendo ben chiara la situazione –Io credo che lo debba sapere-
-Dobbiamo trovarlo, Damon. Potrebbe aver fatto qualcosa di grave-
-Prima pensiamo a tua sorella- le disse, tranquillizzandola –Al massimo avrà prosciugato qualche fanciulla-
-E questo lo chiami poco?-
Lui la guardò, serio –Credimi, può fare di molto peggio...-
 
 
Spiegare ciò che era accaduto ad Alexandra non fu affatto semplice. Appena ricevuta la notizia non riusciva a crederci, ma quando realizzò che era tutto vero, la sua reazione stupì sia Jacqueline che Damon.
-Dobbiamo farlo ragionare. Damon, vai a cercarlo immediatamente!- gli ordinò perentoria.
-Sei sicura, Alexa? Non sarà così semplice parlarci adesso che è...-
-Uno squartatore? Lo so che sarà difficile, ma dobbiamo provarci-
-Ok. Io resterò qui con te, in caso provasse ad entrare. Damon- disse volgendosi verso il ragazzo –Vai a cercarlo, per favore-
-Agli ordini- acconsentì con poca enfasi.
-E fai attenzione-
 
 
Lo stava cercando da ormai due ore, ma di Stefan nessuna traccia. Aveva passato in rassegna tutti i posti che gli erano venuti in mente invano.
Decise di controllare anche a casa. Non c’era stato perché gli sembrava troppo ovvio che Stefan usasse proprio la loro dimora per il suo divertimento.
Quando arrivò davanti all’antica mansione si maledì per non esserci andato prima. La porta d’ingresso era spalancata e poteva vedere il corpo di una ragazza steso a terra, probabilmente senza vita.
-Non sai proprio darti un freno, eh fratellino- disse Damon interrompendo Stefan che stava bevendo dal polso di una graziosa ragazza dai capelli ramati –Si vedono i corpi fin da fuori la porta. Non credi sia il caso di chiuderla, almeno?- chiese retoricamente, raccogliendo la bottiglia di Scotch vuota dal pavimento –Ah, questa era una di quelle buone...-
-Sei venuto a rovinarmi la festa, Damon?-
-No, ti prego. Continua pure- gli disse facendogli intendere che lo infastidiva avere dei cadaveri in giro per casa –Fa come se non ci fossi-
-Su, Damon! Unisciti a me- esclamò, lasciando cadere la ragazzina, esangue –Non oso immaginare come sia andare avanti bevendo solo da quelle sacche di sangue... Se Jacqueline fosse ancora umana potresti usufruirne!-
Damon perse la ragione per un momento e si fiondò contro il fratello, costringendolo alla parete –Non pensare neanche di avvicinarti a loro-
Stefan sorrise beffardo, ribaltando in un istante la situazione –Vedi come ti rammolliscono i sentimenti? Prima che tu perdessi la testa per quella donna non sarei mai riuscito a sopraffarti- gli disse, liberandogli il collo dalla sua stretta morsa –Ora... O ti unisci a me, o te ne vai da qualche parte, chiaro?-
Damon si sistemò la camicia con fare irritato e salì le scale per andare nella sua stanza. Prese il cellulare e inviò un messaggio a Jacqueline: “Farlo ragionare sarà più dura di quanto pensassimo. Avvisa Caroline e gli altri. Dovremo parlargli faccia a faccia”.
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Senti- cominciò con voce ostile -Questa situazione è colpa tua. Non mi interessa quello che è successo tra te e Klaus. Tu ora verrai con noi e non dirai una parola. Se ci troviamo in questa situazione è anche in parte colpa tua, sai bene che Stefan ci avrebbe potuto dare una mano. Invece no, tu l’hai fatto infuriare per una stronzata e...-
-Basta, Damon!- esclamò Jacqueline interrompendolo.

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Capitolo 22
*** Ibrido ***


Damon era seduto in una comoda poltrona nel soggiorno di casa Lockwood, accanto allo sceriffo Forbes.
-... e per questo abbiamo deciso di mettere nell’acquedotto della città una consistente dose di verbena-
Alle parole della signora Lockwood seguì un fragoroso applauso, al quale dovette aggiungersi anche il vampiro per non destare sospetti. 
-Finalmente si prendono dei seri provvedimenti- gli sussurrò lo sceriffo –Siamo pronti per sconfiggerli-
-Già, finalmente...-
Un uomo sulla trentina entrò nella sala –Scusate, sono arrivato tardi?-
-Mason!- esclamò la signora Lockwood –Abbiamo appena finito, ma ti spiegherò tutto più tardi. Ne sarai entusiasta-
-Mason Lockwood- mormorò Damon tra sè e sè, attirando l’attenzione di Liz.
-Vi conoscete?-
-Solo di vista- Ma lo farei fuori all’istante se potessi, continuò nella propria mente.
Quando Mason si accorse della sua presenza, gli puntò gli occhi addosso, sorridendo divertito.
La sala si svuotò in qualche minuto e i due uomini rimasero da soli.
-Ti allei col nemico per sconfiggerlo dall’interno? Saggia mossa- gli disse, versandosi da bere.
-Neanche tu saresti il benvenuto se sapessero cosa sei in realtà-
-Hai ragione. Ma, vedi... non mi interessa poi molto quello che possono farmi. Quello che voglio adesso è farvela pagare per quell’attacco nei boschi. So che si sono aggiunte un po’ di persone alla vostra razza adesso e che la figlia dello sceriffo è una di loro. Sarà davvero uno shock per lei scoprirlo-
-Sei qui per lanciare false minacce o hai un obiettivo in particolare?- gli chiese Damon, iniziando a perdere la pazienza.
-Sono qui per avvisarvi. Porta questo messaggio anche a Klaus Mikaelson: siamo in tanti e vi attaccheremo alla prima luna piena. Ovvero domani sera-
-Gentile da parte vostra avvisarci. Siete così sicuri di vincere?-
-Un vampiro Originale non ci fa certo paura- disse avviandosi alla porta –Ci vediamo domani allora, amico-

-Salve compagni!- li salutò Klaus da in cima le scale dell’ingresso della sua immensa casa –Cosa vi porta qui?-
Caroline, Jacqueline e Damon erano in attesa che scendesse, ma a quanto pareva gli piaceva guardarli dall’alto, come se lui fosse un essere superiore.
-Sappiamo quando attaccheranno i lupi- disse schietta la bionda.
-Oh, questa sì che è una notizia! E quando sarebbe?-
-Domani. Con la luna piena- continuò Damon –Ho avuto modo di parlare con il loro alfa suppongo: Mason Lockwood. Sono certo che questo nome ti dirà qualcosa-
-Certo- disse scendendo finalmente l’imponente scalinata –Il gene del licantropo è da sempre presente nelle generazioni dei Lockwood. È una delle famiglie più antiche e...-
-Vogliamo parlare della battaglia o continuerai con la lezione di storia?- chiese un’irritata Jacqueline.
Klaus la guardò con un sorriso tirato –Certo, tesoro. Di cosa volete discutere?-
-Non sappiamo dove aspettare l’attacco- lo informò Damon –Suppongo che saranno loro a venire da noi-
-Per questo abbiamo escluso il bosco- continuò Jacqueline –Se evitiamo il loro habitat naturale sarà più semplice farli fuori-
-Condivido questa scelta. Ma... dov’è la mia strega?-
-L’avrai a battaglia vinta- lo informò Caroline –Vedila come un’assicurazione-
-Se la piccola Bonnie facesse quell’incantesimo prima dello scontro, avreste molte più possibilità di vittoria. I morsi dei licantropi vi uccidono. Lo sapete, no?-
-Certo che lo sappiamo. Per questo ti daremo Bonnie solo dopo. Così se qualcuno di noi verrà morso, tu potrai guarirlo-
Klaus guardò Damon con occhi inquisitori –E tu come lo sai?-
-Le leggende circolano...-
-Cos’è questa storia?- chiese Caroline.
-Il sangue di un ibrido Originale, ovvero solo il suo- disse Damon indicando Klaus –Guarisce un vampiro dal morso di un lupo mannaro-
-Beh, in questo caso mi vedo costretto a sottostare alla vostra richiesta. Ma quando vinceremo non dovranno esserci novità. La strega sta già facendo pratica dell’incantesimo che io stesso gli ho donato. Se non me la porterete, potrete dirvi addio per sempre-
-Ricevuto- disse Jacqueline con voce sicura –Dopo la battaglia sarai libero di fare quello che devi-


Il trio tornò a casa Van der Wegen, dove avevano lasciato Alexandra con Bonnie a farle compagnia e a proteggerla. Fecero più presto che poterono, spiegando nei minimi particolari ciò che Klaus aveva detto.
La ragazza, dopo una lunga riflessione, accettò di sottrarsi alla sorte. Se non avesse fatto quell’incantesimo avrebbe messo in pericolo la vita delle amiche, e lei non voleva ciò.
-Hai detto che saranno loro a venire da voi?- chiese la strega a Damon.
-Non è che ne sia certo al cento per cento, ma stando alle parole di quel Mason, ho capito così-
-Quindi dobbiamo trovare un posto che non sia nel bosco e neanche fra le case...- iniziò Alexandra -Molto semplice, visto che abitiamo in una cittadina circondata dal bosco!-
-C'è una vecchia fabbrica abbandonata proprio dietro il supermercato!- esclamò Caroline tutto d'un tratto.
I ragazzi la guardarono stupiti. Era strano che una proposta del genere provenisse dalla sua testa.
-Beh, non guardatemi così! Io ho sempre delle brillanti idee-
-Quindi ci troveremo domani notte in quella fabbrica. Ti ha detto anche in quanti sono?-
-Solo “in molti”- spiegò Damon.
-Supponiamo che siano una ventina...- iniziò Jacqueline -Noi in quanti siamo? In cinque?-
-Klaus è un vampiro Originale che non può morire per un morso dei licantropi. Manderemo lui in prima linea, no?- propose Caroline.
-Sempre che ci si possa fidare di lui...-
-Ragazzi- intervenne Alexandra con tono serio -Mi dispiace darvi questa notizia, ma... Se Stefan non si farà vivo, sarete in quattro-
I presenti si scambiarono delle occhiate allarmate.
Fu Caroline a rompere il silenzio rivolgendosi a Damon -Non c'è alcuna possibilità che tu riesca a contattarlo?-
Lui sbuffò -Se anche ci riuscissi, non verrà ad aiutarci. Ora come ora, la sola cosa che gli interessa è divertirsi. Di certo non rischierebbe la vita per aiutare noi- 


-Siamo sicuri che verranno?- domandò Caroline per la millesima volta da quando erano arrivati.
-Sai, solo poche persone hanno il dono della pazienza- le rispose Klaus con il suo solito tono da saccente -E tu non sei una di quelle, tesoro. Devi lavorare su questo aspetto della tua personalità-
Jacqueline gli lanciò un'occhiataccia -Non mi sembra il caso che tu faccia lo psicologo in questo momento!-
-Non lo sto facendo. Le sto solo dando dei consigli per...-
-Per favore, smettetela con questo teatrino- li interruppe Damon -Credo che stiano per arrivare-
Caroline spalancò gli occhi e sospirò rumorosamente -Non ho mai detto a Matt quanto lo amo e ora non lo rivedrò mai più!-
-Anch'io sono un po' nervosa- le disse Jacqueline -Non ho mai partecipato a una rissa-
-Immagino ci sia una prima volta per tutto- le fece notare Klaus, avanzando verso i nemici.
Damon la vide deglutire e inspirare profondamente -Tutto quello che devi fare è stare lontana dai loro denti e spezzargli l'osso del collo- le sussurrò, avvicinandosi al suo volto.
-Più facile a dirsi che a farsi...-
Le girò il viso verso il suo e le disse un semplice -Ti amo- che in quel momento aveva un significato incommensurabile e la baciò ardentemente.
-Anch'io-
Videro dodici paia di occhi spuntare nella notte e tirarono un sospiro di sollievo nel costatare che non erano poi così tanti.
Il primo a farsi avanti, ovviamente fu Klaus, che non aspettò e non esitò un secondo a penetrare il petto di uno dei lupi che si era lanciato all'attacco e a tirarne fuori un cuore ancora palpitante.
Si girò un istante verso le ragazze -Ricordate, la miglior difesa è l'attacco-
Si rivolse ai lupi e digrignò i denti con fare minaccioso. La battaglia era iniziata.


Jaqueline e Caroline erano distese supine sull'asfalto e respiravano profondamente per  lo sforzo appena compiuto.
-Non posso crederci che ce l'abbiamo fatta- disse la bionda tra un respiro e l'altro.
-Già, neanche io-
-E io non posso credere che tu- intervenne Klaus indicando l'altro ragazzo -mi abbia rubato l'onore di far fuori il loro alfa-
Damon non sembrava affatto dispiaciuto -È stata solo questione di fortuna... Avevamo una questione in sospeso-
Jacque si mise a sedere -Torniamo a casa? Non vedo l'ora di lavarmi da tutto questo sangue-
-In realtà vi trovo molto affascinanti sporche e spettinate. Quasi selvagge!-
Caroline guardò l'amica con disappunto -Seriamente, cosa ci trovi in lui?-



-Va bene, facciamolo- annuì Bonnie convinta, sedendosi su una delle sedie in cucina. 
-Dovremo accompagnarti a casa sua- affermò Jacqueline. 
-Damon, tu e Bonnie andrete da lui, mentre io e Jacque resteremo qui con Alexa- Caroline illustrò il suo piano, che fu rifiutato da Damon.
-Non lascio da sola Jacqueline- disse fermamente, guardando l’interessata. 
-Non fare così, Damon. So proteggermi e qui non accadrà nulla- lo rassicurò.
-Andremo tutti e cinque a casa di Klaus- nulla poteva smuovere il ragazzo da quella decisione -Nient’altro da dire, la decisione è stata presa-
-Ve lo potete scordare, io da lui non ci vengo- Alexa pronunciò quelle parole con un filo di voce. 
Sicuramente non avrebbe messo piede in quella casa, in più vedere di nuovo il ragazzo con il quale aveva tradito Stefan sarebbe stato terribile. 
Calò un silenzio tombale durante il quale i ragazzi pensarono a qualche altra alternativa. Infine Damon prese un respiro, per poi liberare quello che era uno sfogo represso. 
Compì alcuni passi verso Alexandra -Senti- cominciò con voce ostile -Questa situazione è colpa tua. Non mi interessa quello che è successo tra te e Klaus. Tu ora verrai con noi e non dirai una parola. Se ci troviamo in questo casino è a causa tua. Sai bene che Stefan ci avrebbe potuto dare una mano. Invece no, tu l’hai fatto infuriare per una stronzata e...- 
-Basta, Damon!- esclamò Jacqueline interrompendolo. Lo spinse lontano dalla sorella, la quale indossava una maschera di ghiaccio per nascondere ciò che stava provando. Ma lei sapeva che stava soffrendo. 
-Ora tu e Bonnie prenderete la macchina e andrete da Klaus, farete quel maledetto incantesimo e poi tornerete qui- ordinò con voce autoritaria Jacque -Non si discute, muovetevi- 
Il ragazzo fece per fiatare, ma tutto quello che fece fu prendere le chiavi dell’auto e portare fuori da casa la strega.


-Quando sei pronta, Bonnie Bennett-
-Il tuo continuo assillarmi non mi faciliterà le cose, Klaus- 
Lui alzò le mani in segno di resa e andò a sedersi sull'immensa poltrona del salotto di casa Mikaelson.
Bonnie guardò le candele disposte a cerchio davanti a sé e la ciotola con il sangue del vampiro Originale. Accanto ad essa si trovava una piccola boccetta di vetro, come di profumo, solo che al suo interno il liquido era rosso e denso, e Bonnie capì che doveva trattarsi del sangue di un povero licantropo che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. La prese e unì il contenuto con quello della ciotola e immediatamente i due solventi si mescolarono in un turbine profondo.
Bonnie inspirò profondamente e chiuse gli occhi. In quell'esatto momento le candele si accesero e iniziò a pronunciare sottovoce la formula per l'incantesimo -Phasmatos Inta Grum Vin Callus Amalon Callagius Accodum. Cosom Naben Dox Callagius Amalon Gaeda Callagius. Ceremum Descendium Vinum. Phasmatos Inta Grum Callus. Cosom Naben Dox-
La fiamma aumentò d'intensità e il sangue iniziò a ribollire fino a prosciugarsi. Aspettò qualche minuto e poi riaprì gli occhi.
-Posso dedurre che sia andato tutto secondo i piani?- le domandò, materializzandosi dietro di lei.
-Ho fatto tutto quello che c'era scritto su quel grimorio. Deve aver funzionato-
Klaus si aprì in un sorriso -Perfetto. E ora, come promesso, sei libera di andartene-
Bonnie non se lo fece ripetere due volte. Prese la sua borsa e uscì da quella casa in men che non si dica.




Nel prossimo capitolo...
L’ultima cosa che la ragazza vide furono le espressioni sconcertata di Jacqueline e quella furiosa di Damon. 

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Capitolo 23
*** Amore e dolore ***


Andare a scuola con uno squartatore nei paraggi non era un'idea molto sicura, ma Alexandra era scortata da due vampiri, sua sorella e Caroline, una strega, Bonnie e nel caso avessero avuto bisogno di aiuto, Damon le avrebbe soccorse.
Appena arrivate la bionda si diresse subito a lezione di anatomia con Caroline e Bonnie al seguito, mentre Jacqueline si recò verso i campi da football, dove si era data appuntamento con Ashley, una ragazza del terzo anno che le aveva chiesto di entrare a far parte delle cheerleader. Percorse il parcheggio guardandosi intorno, ultimamente aveva sempre l’impressione che qualcuno la stesse osservando. Aumentò il passo, e quando arrivò nel luogo dove si erano date appuntamento, notò che Ashley non era ancora arrivata. Attese qualche minuto, ma di lei nessuna traccia. Fece un giro dietro gli spalti, interrompendo un ragazzo e una ragazza “indaffarati”. Li oltrepassò tranquillamente. Continuò a camminare finché non cominciò a sentire uno strano rumore. Non era esattamente un rumore, era solamente un ronzio che continuava ad aumentare mano a mano che camminava.
Girò all'angolo della palestra e i suoi occhi furono subito attirati da una scena macabra. Stava accendendo quello che temeva: Stefan si trovava sotto un albero a poca distanza da lei e tra le aveva braccia una ragazza bionda, le stava bevendo con bramosia sangue dal collo.
-Alexandra!- esclamò gettandosi sul vampiro, irriconoscibile. Ma non appena si avventò su di lui si accorse che quella che aveva tra le braccia non era sua sorella, bensì Ashley. Tirò un sospiro di sollievo, ma cercò comunque di trarre la ragazza in salvo. Si accorse che Stefan la stava guardando con occhi carichi d’odio.
-Smettila! Così l’ammazzerai- cercò di convincerlo.
-E perché dovrebbe interessarmi?- chiese, gettando Ashley a terra.
Jacqueline vide com’era conciato: era sporco di sangue fino al collo e sulla camicia c’erano macchie di varie dimensioni. Sentì caldo alla gola alla vista della ferita della studentessa. Le diede velocemente del sangue, facendo rimarginare la ferita che aveva al collo e poi le fece dimenticare tutto. Quando sparì dalla loro vista ripresero a parlare.
-Che cavolo stai facendo?- domandò, sapendo il rischio a cui andava in contro. In quel momento Stefan non era sé stesso, si comportava come un pazzo.
-Ti sto mostrando la nostra vera natura, Jacque- passò un dito sul mento, pulendosi del sangue che gli era rimasto.
-No Stefan, tu non sei così-
-Sono un mostro, un squartatore. Io sono questo-
-Non posso accettarlo, ho visto la tua parte migliore e devi combattere per ritornare com’eri-
Il ragazzo improvvisamente scattò in avanti, prese Jacqueline per il collo e la sbatté contro il muro. Osservò gli occhi impauriti della ragazza -Non mi interessa nulla ora come ora- disse questo prima di baciarla, Jacqueline poté sentire il gusto del sangue sulle labbra. Cercò di ritrarsi, disgustata. Che diavolo sta accadendo? si chiese mentre lo spingeva via.
Il ragazzo indietreggiò, sorridendo sfrontato -Quasi dimenticavo… preferisci Damon-
Lo guardò con disprezzo per quel gesto impulsivo, seguendolo con gli occhi mentre s’incamminava verso l’ingresso della palestra.
 
Tra una lezione e l’altra Jacqueline chiamò sua sorella, che la raggiunse dopo qualche minuto accanto alla presidenza, dove a quell’ora non vi era molta gente. Da lontano, vide che accanto a Jacque c’era Damon. Non doveva essere nulla di buono.
-C’è un problema- disse Damon -E questo problema si chiama Stefan. L’avete già visto oggi?-
-Doveva presentarsi alla prima ora, ma non si è fatto vivo- rispose Alexa.
La sorella maggiore abbassò lo sguardo, pensando a cosa dire -Io sì, l’ho incontrato mentre aggrediva una studentessa. È davvero fuori controllo-
-Cosa ti ha detto?- intervenne la bionda.
Jacqueline cercò le parole giuste -Mi ha detto che lui non è più lo stesso, è un predatore e lo dobbiamo accettare per quello che è. Poi mi ha fatto capire che non gli interessi più- disse rivolgendosi alla sorella, alla quale si spezzò il cuore -Inoltre…- ora non sapeva chi guardare -Sì beh, mi ha baciato-
Damon era spiazzato -Ha fatto cosa, scusa?- chiese minaccioso.
-Lo so, lo so. Ma l’ho spinto via subito. Scusatemi-
Sua sorella non disse nulla, sempre più sconfortata dall’andamento delle situazioni -Tu non hai colpe, è lui che è uno stronzo-
-Oh oh Alexandra, così mi offendi- intervenne una voce canzonatoria.
I tre si voltarono simultaneamente con un’espressione preoccupata. Stefan sorrise alla faccia accigliata di  Damon -Non preoccuparti fratello, Jacqueline è tutta tua-
-Ti prego Stefan, esci dalla mia vista. Non ti sopporto così- enfatizzò Alexa.
Stefan si avvicinò alla bionda minaccioso, ma prontamente i due vampiri si frapposero. Damon lo spinse indietro -Non le farai nulla-
-Non puoi più dirmi cosa fare- rispose mettendo in mostra i canini affilati. In un attimo eluse le due difese di Alexa, attaccandola da dietro. Tutto accadde in un battito di ciglia. Damon e Jacqueline erano spiazzati da ciò che stava accadendo e non reagirono abbastanza velocemente, che lo squartatore con un movimento secco e deciso, spezzò il collo ad Alexandra.
L’ultima cosa che la ragazza vide furono le espressioni sconcertata di Jacqueline e quella furiosa di Damon.


 
-Alexandra!-urlò Jacqueline, afferrandola prima che cadesse -Alexandra parlami, oddio no… Ti prego, fa che non sia successo- la tenne in braccio e guardò Damon, sperando che l’aiutasse. Ma anche lui sembrava non reagire. Colta da un momento di lucidità, Jacqueline portò via il corpo privo di vita della sorella, dirigendosi al parcheggio. Per fortuna nessuno la vide, non avrebbe saputo cosa inventare.
Neanche due secondi e fu raggiunta da Damon, il quale aveva una macchia di sangue sul collo della camicia.
-Stefan è scappato prima che potessi fermarlo. Ora la nostra priorità è quella di portare a casa Alexandra. Dimmi che Klaus o mio fratello le avevano dato del sangue- cercò rassicurazione mentre si metteva alla guida della Jaguar.
- Figurarsi se il vecchio Stefan gli avrebbe dato del sangue- rispose Jacque tra un singhiozzo e l’altro -E Klaus… Non lo so, potrebbe essere, ma non ne sono completamente certa-
Imboccarono la strada principale superando di gran lunga il limite di velocità e poco dopo raggiunsero la residenza. Jacque prese la sorella e la portò nel salotto, appoggiandola sul divano.
-Tra un paio d’ore nostra madre sarà a casa. Cosa faremo?- chiese a Damon, sedendosi accanto a lui, nel divano di fronte a quello di Alexa.
Il ragazzo sospirò, già stanco di quella giornata -Vuoi che la porti via io?-
-No, voglio restare con lei- rispose fermamente.
-Non potete scappare tutte e due, lascia che sia io a occuparmi di lei- Damon non vedeva altra soluzione, ma lei non voleva demordere.
-Staremo qui piuttosto, anche a costo di spiegare a nostra madre cosa sta accadendo- non era sicura di ciò che aveva appena detto, ma dopotutto le sembrava la via più semplice. In più avrebbero messo Arleene in guardia da Stefan. Si distese, appoggiando la testa sulle gambe.
-Tranquilla, non vi lascerò sole-
La promessa di Damon le fu di sostegno.
Sembravano passare anni, ma Alexandra non dava segni di vita. Jacqueline continuava a sperare che dentro di lei ci fosse del sangue di vampiro, ma più il tempo passava, più questa possibilità sembrava lontana.
-Potrebbero volerci giorni- le disse Damon, capendo ciò che stava pensando.
-O potrebbe non succedere mai...- ammise con le lacrime agli occhi –Cosa farò se morirà davvero? Cosa dirò a mia madre?- chiese istericamente, alzandosi dal divano.
-Ehi- la tranquillizzò il ragazzo –Se dovesse essere così, troveremo una soluzione. Stai tranquilla-
-Una soluzione per cosa?-
Una voce che non era né di Damon che di Jacqueline, invase la stanza. Entrambi si girarono di scatto, non credendo a ciò che avevano sentito. Ma gli occhi aperti e il respiro di Alexandra confermarono il loro stupore. Passò una frazione di secondo e Jacqueline si fiondò tra le braccia della sorella –Oh dio, Alexa! Non sai come sono felice! Ormai avevo quasi perso le speranze-
La bionda sembrò non capire e guardò li guardò con aria interrogativa.
-Non ricordi?- le domandò Damon, facendosi serio.
-No- disse lei –Mi ricordo solo che eravamo a scuola e c’era Stefan e...-
La ragazza s’interruppe all’improvviso, ricordando lo strano comportamento del ragazzo. Si portò le mani al collo, ora intatto –Mi ha uccisa, vero?- continuò, realizzando l’accaduto con estrema calma.
Sua sorella annuì, accarezzandole i capelli con fare materno –É impazzito, Alexa-
-Lo so. Ed è colpa mia-
-Non dire cazzate!- esclamò Damon con una smorfia di disapprovazione –Mio fratello è l’artefice della sua stessa pazzia! Se fosse in grado di controllarsi quando succede qualcosa... Beh, non sarebbe certo finita così-
-Non è finita, Damon- intervenne Jacqueline –Lo riporteremo indietro. Quando si renderà conto di ciò che ha fatto ad Alexa, ricorderà chi è veramente-
Una chiave girò nella serratura e attirò l’attenzione dei tre ragazzi.
-Ragazze?- urlò una voce dal corridoio d’entrata -Ho comprato la cena al ristorante cinese!-
Arleene entrò nel salone e rimase sorpresa di vedere Damon –Oh, ciao Damon! Vuoi mangiare qualcosa con noi? Ho preso fin troppe cose...- gli propose, mostrando la borsetta piena di confezioni e scatolette.
-Si figuri. Non vorrei dare fastidio e...-
-Fastidio?- lo interruppe la donna –Altroché! Non mi capita spesso di parlare con i ragazzi delle mie figlie. A proposito, non c’è Stefan? É così un bravo ragazzo...- disse pensando tra sé e sé. La signora Van der Wegen aveva sempre avuto un debole per Stefan.
-Mamma!- la richiamò la sorella maggiore, guardando prima lei e poi Damon, che stava sorridendo per la reazione della signora.
-Che maleducata! Scusatemi, ragazzi- disse, prima di sparire dietro la porta della cucina.
-Non c’è niente di cui scusarsi, Arleene. Mio fratello fa sempre quest’effetto-
 
Erano riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo e nessuno osava parlare.
-Alexandra, tesoro, non mangi?- chiese ad un certo punto la madre.
-Non ho molta fame, a dire la verità-
-Oh... Ti senti poco bene?-
-Sono solo stanca...-
-É stata una lunga giornata a scuola- s’intromise Jacqueline.
Arleene si rabbuiò per un secondo –Quasi dimenticavo... Ieri mi ha chiamo la scuola e mi hanno detto che avete saltato parecchie lezioni ultimamente. È vero?-
Le due sorelle si guardarono preoccupate –Ehm... Abbiamo avuto degli impegni con l’organizzazione del ballo la settimana scorsa e il torneo di football di fine anno ci occupa abbastanza ore- spiegò Jacqueline improvvisando qualche scusa.
-Se davvero è così, cercate di essere più presenti. Perché da come mi parlava il preside sembrava che aveste saltato le lezioni per uscire da scuola-
-Si saranno spiegati male, mamma-
La donna si girò verso Damon, che aveva già bevuto il terzo bicchiere di vino –Non ti ho mai chiesto che lavoro fai-
-Sono da poco entrato nel consiglio dei fondatori. Non è un vero e proprio lavoro, ma mi occupa molto tempo. Poi, quello che mi rimane lo trascorro con sua figlia- disse appoggiando una mano sulla spalla della ragazza con fare romantico, che si domandò come facesse a sembrare così credibile.
-Oh, Damon- disse Arleene, toccata da quel gesto –Magari mio marito fosse stato così! Invece se n’è andato lasciandomi con due bambine piccole e una casa sulle spalle-
Le due sorelle abbassarono lo sguardo. Quando Arleene parlava di loro padre un senso di tristezza le assaliva.
A spezzare la tensione arrivò il suono acuto del campanello. Alexandra fece per alzarsi, ma la madre le disse di restare comoda e andò ad aprire.
-Guardate chi è arrivato!- esclamò qualche secondo dopo, rientrando nella stanza. Accanto a lei c’era Stefan, con uno sguardo più arrogante che mai.
Damon e Jacqueline serrarono la mascella con il fare minaccioso tipico dei vampiri. Alexa, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello felice della madre, inconsapevole di chi aveva accanto.
Stefan mosse qualche passo e si avvicinò alla ragazza, stampandole un leggero bacio sulle labbra. Alexandra rimase di pietra, spavento da quello che le avrebbe potuto fare. Non sapevano cosa stesse succedendo, ma di certo stava interpretando qualche ruolo di un gioco. Un gioco che probabilmente non sarebbe finito bene.
Jacqueline parlò senza pensare –Stefan, vieni un secondo con me, per favore?-
Il ragazzo la seguì con lo sguardo mentre usciva dalla sala da pranzo e dopo essersi scusato con fin troppa teatralità, le andò dietro. Uscirono dalla veranda del salone e s’incamminarono nel grande giardino in stile inglese.
-Devi dirmi qualcosa o vuoi ricreare la situazione di stamattina?-
Jacqueline lo fulminò con un’occhiata carica di odio –Hai veramente stancato con questo tuo comportamento. Bere sangue umano solo per il divertimento di uccidere? Presentarsi a scuola coperto di sangue? Uccidere Alexandra? Questo non sei tu, Stefan!-
-Non mi sembra che sia morta, no? Per fortuna Klaus, oltre a qualcos’altro, le ha dato anche il sangue...-
-Stai dicendo che tu non lo sapevi? E l’hai uccisa comunque-
-Certo! Se l’avessi saputo dove sarebbe stato lo spasso?-
Jacqueline voleva assolutamente rompere qualcosa –Tu ami Alexandra! Come hai potuto farlo? Tu non sei così. Tu sei buono!-
-Tu non sai cosa sono o cos’ho fatto in passato- sussurrò avvicinandosi minacciosamente –Ho distrutto interi villaggi solo per il gusto di farlo e non puoi nemmeno immagine come ci si senta! Tutto il potere che si acquisisce, Jacqueline, tu non puoi capirlo!-
Adesso stava urlando e la ragazza era spaventata da quella reazione.
-Ti prego, smettila. Non la riavrai indietro facendo così- gli disse, riferendosi alla sorella e indietreggiando di qualche passo.
-Non capisci, non posso fermarmi! Sapere cos’ho fatto a Alexa mi ferisce e non riesco a sopprimere il dolore. Solo il sangue può!- prese fiato dopo quella sfuriata di emozioni –Mi odio per quello che le ho fatto, Jacque... Mi odio-
Improvvisamente qualcosa era cambiato. Stefan stava cominciando a capire che la mancanza di Alexa era più forte della sua dipendenza. Lei lo capì, e ne approfittò per farlo emergere da quella situazione –Ti senti ferito, Stefan. E quando lo senti, significa che puoi amare... L’amore, quella è la soluzione- gli disse. Fece alcuni passi verso di lui, e gli alzò il volto, guardando nei suoi occhi pieni di lacrime -Sì, Stefan. Lascia che sia l’amore a guidarti... L’odio può solo portarti alla solitudine-
Sperò con tutta sé stessa che quelle parole lo facessero ragionare. Notò come piano piano la sua espressione stava cambiando.
Poi il ragazzo fece un gesto che la stupì: l’abbracciò. Allora era davvero finita. Stefan era tornato in sè e stava versando lacrime di redenzione.
-Torniamo dentro. Ti stanno aspettando- gli disse con un sorriso –Alexa ti sta aspettando- lo prese per la mano, per condurlo dentro.
-Non so se...- si fermò, indeciso.
-Sì che lo vuoi!- lo interruppe bruscamente –Sta attraversando una brutta situazione e ha bisogno del tuo aiuto-
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Baciami- sussurrò lei.
E il ragazzo obbedì all’ordine, trovando la salvezza in quelle labbra morbide che le erano così tanto mancate.
 
 



 

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Capitolo 24
*** Ho ancora speranza ***


Damon seguì con lo sguardo Jacqueline e Stefan mentre uscivano. Guardò Alexa, il volto pieno di preoccupazione e ansia. Si alzò e le andò di fianco e inevitabilmente la ragazza cominciò a piangere. Vedere Stefan dopo quello che le aveva fatto era un colpo duro.
-Ehi, va tutto bene- le disse prendendola tra le braccia.
-Cosa sta succedendo?- Arleene non capiva più nulla. 
-Oh, lei e mio fratello hanno litigato- spiegò, dopotutto non stava dicendo una bugia. Aveva solo omesso alcuni piccoli particolari.
Tese l’udito, cercando di sentire cosa stavano dicendo là fuori. Sentì Stefan affermare -Non mi sembra che sia morta, no? Per fortuna Klaus le aveva fatto un regalo...-
Ma a quanto pare non era stato l’unico a sentirlo.. Alexandra guardò fuori, in direzione delle voci e Damon cercò di non farle ascoltare ciò che dicevano, stringendola al petto. Era una delle situazioni più complicate che potevano essersi create: nella sala da pranzo vi erano un’umana, ignara dell’esistenza di esseri sovrannaturali, una ragazza nel bel mezzo della transizione ed un vampiro. In giardino c’erano uno squartatore assetato di sangue e vendetta ed una vampira che cercava di farlo ragionare inutilmente. È proprio strano il mondo pensò Damon Salvatore. Tese di nuovo le orecchie. Se quello stronzo avesse osato toccare Jacqueline lo avrebbe ammazzato. Ma poi sentì qualcosa di incredibile, la sua ragazza lo stava facendo ragionare. Lasciò l’abbraccio con Alexa sussurrandole -Va tutto bene, è finita-
Ma in realtà non sapeva se era realmente finita.
 
Si asciugò delle lacrime che le avevano bagnato il viso.
-Alexandra- la chiamò sua sorella, dietro di lei.
In quel momento aveva paura, non voleva voltarsi e affrontare altro odio, era semplicemente stanca di tutto quello che le stava accadendo. Ma aveva la certezza che prima o poi avrebbe dovuto far fronte a quella situazione, voglia o non voglia. Si girò, trovando il volto di Jacqueline sorridente. E dietro a lei c’era lui, solo pochi passi li separavano.
-Vorrei parlarti- disse sempre freddo. Ma la ragazza riuscì a captare qualcosa di diverso nella sua voce. Annuì, e si diresse con lui nel salotto dove si sedettero uno di fianco all’altro davanti all’antico caminetto di pietra.
-Mi vergogno di quello che ho fatto, non avrei mai dovuto trattarti in quel modo. Alexa, mi sento uno stupido- la guardò e improvvisamente capì che qual era la cosa giusta da fare... avvicinò una mano al quella di lei -Mi fa male. Mi fa male sapere ciò che sono stato in grado di farti-
-Stefan, ascoltami- Alexandra lo prese per le mani, guardandolo -È stata tutta colpa mia, sono io ad averti… tradito e se io non lo avessi fatto tu non mi avresti ucciso. Le cose ormai sono andate così, dobbiamo farcene una ragione. Ma il senso di colpa mi ucciderà se tu non mi perdonerai-
-Ti ho perdonato nel momento in cui sono tornato me stesso. So di non poter fare a meno di te. Ma cosa ne faremo di noi? Tu adesso hai Klaus e…- cercò di trattenersi, non voleva perdere di nuovo il controllo.
-No no, io ho scelto te- Alexandra si buttò tra le sue braccia. Le era mancato, dio, se le era mancato. Sembravano passati secoli da quando l’aveva sentito così vicino. Volle imprimere nella testa quel momento, cercando di analizzare ogni singola emozione.
-Potrei farti del male- disse malinconico, stringendola a sua volta. Affondò la testa nell’incavo del collo, respirando il profumo della pelle di lei.
-Non ti lascerò andare così facilmente-
-Perché?-
-Perché io ho ancora speranza-
Stefan alzò la testa, trovando le labbra della ragazza a pochi centimetri. Si fissarono per qualche momento, come se fossero incerti sul da farsi.
-Baciami- sussurrò lei.
E il ragazzo obbedì all’ordine, trovando la salvezza in quelle labbra morbide che le erano così tanto mancate. Improvvisamente tutto ciò che avevano passato fu annullato e ritornarono solo i sentimenti che fin non molto tempo prima i due avevano provato.
 
 
 
 
 
 
-Sono preoccupata per Alexandra. Vado a vedere cosa sta succedendo- annunciò Arleene, alzandosi dalla sedia.
-No!- esclamò Jacqueline -Meglio se lasci che si parlino da soli-
-Esatto- concordò Damon -Potrebbe essere pericoloso per lei entrare in quella stanza-
La madre li guardò accigliata -Sta succedendo qualcosa e voi me lo state nascondendo. Non per essere scortese, Damon, ma è da quando siete arrivati tu e tuo fratello che le mie figlie si comportano in modo strano-
I due si guardarono pensando a come liberarsi da quella situazione. Jacqueline sentiva da tempo il bisogno di dirle la verità, ma d’altra parte aveva paura delle conseguenze.
-Non capisco cosa intende dire-
-Voglio dire che vorrei davvero sapere cosa sta succedendo! Saltate le lezioni, non mi dite mai dove andate e tornate spesso e volentieri nel bel mezzo della notte. Mi accorgo quando succede qualcosa alle mie figlie. Anche lo sceriffo Forbes mi ha raccontato che Caroline si comporta in modo strano da qualche mese-
-Mamma, io...- iniziò Jacqueline non sapendo bene cosa dirle -Ti stai preoccupando per niente. Non siamo affatto cambiate da come eravamo una volta-
-Basta, Jacque!- sbottò all'improvviso Arleene -Stai dicendo le stesse cose che ha detto tuo padre prima di andarsene! Non puoi farmi questo-
A quel punto non resistette più e decise di dirle tutta la verità, incurante di Damon che sperava proprio non lo facesse.
-Ok, mamma. Hai ragione, sta succedendo qualcosa e non so se ti piacerà, ma dovrai accettarlo perché ormai è quello che sono... e che sarà anche Alexa-
La donna la guardava accigliata -Spiegati meglio. Mi stai facendo preoccupare-
-Ecco... Da un po' ormai non sono più... la stessa, diciamo-
-Forse ti conviene partire dall'inizio- le suggerì Damon, ormai arreso.
-Ok. Quando io e Alexandra abbiamo conosciuto Damon e Stefan, ci siamo subito accorte che... che avevano qualcosa di diverso. Poi, sistemando lo studio, abbiamo trovato dei vecchi diari di un nostro antenato e abbiamo letto delle cose sconvolgenti, che però si adattavano perfettamente alla situazione-
-Che cosa avete scoperto?- chiese la madre, sempre più preoccupata.
-Probabilmente avrai sempre creduto che fosse una leggenda nata qui a Mystic Falls nel 1800, ma è una storia vera-
Arleene ci pensò un attimo -Ti riferisci alle storie legate alla battaglia di Willow Creek del 1864? Quelle sui vampiri? Jacque, è assurdo, dai!-
Damon ridacchiò tra sé e sé -Mi creda quando le dico che è tutto vero. Posso confermare: durante quella battaglia più di venti vampiri furono rinchiusi in una cripta dalla famiglie fondatrici e da alcune streghe che avevano scoperto il segreto di quei “demoni”-
-Questo è quello che dicono i membri del consiglio attuale e io non ci ho mai creduto. Per questo non ho mai voluto farne parte-
-Le sfugge il succo del discorso, Arleene-
-Mamma, i vampiri esistono per davvero e non sono stati tutti rinchiusi nel 1864...-
La donna sbiancò -Che stai dicendo, tesoro?-
-Stefan e Damon ne sono la prova. Loro sono così da allora-
Arleene si lasciò cadere sulla sedia -Ma... ma questo cosa c'entra con te e Alexandra?-
-Vedi, una vampira che... aveva qualcosa in sospeso con Damon e Stefan è venuta qui qualche mese fa e... e mi ha uccisa-
-Che cosa?! Cosa vuol dire che ti ha uccisa? Io ti sto parlando proprio in questo momento!-
-Arleene, si calmi- intervenne il ragazzo -Jacqueline è morta, ma è ritornata. È un vampiro anche lei, e Alexandra lo sta per diventare in questo momento-
La donna si alzò di scatto -Che significa?-
-È in fase di transizione- le spiegò la figlia -Significa che non è ancora un vampiro, ma dovrà diventarlo-
-E perché dovrebbe volere una cosa del genere?-
-Perché se non si nutre di sangue umano... morirà. E questa volta per davvero-
Arleene espirò profondamente -È così assurdo-
-Lo so, mamma. Anche per noi, quando l'abbiamo scoperto, è stato pazzesco. Ma col tempo imparerai ad accettarlo... forse- aggiunse a un suo sguardo perplesso.
-Quindi tu e Stefan siete...?- domandò, rivolgendosi a Damon.
-Sì. Dal 1864, quando abbiamo cercato di salvare una vampira-
-E chi altri?-
-Caroline- rispose Jacqueline -E Bonnie è una strega. Tutta la sua generazione lo è stata-
-Streghe? Ora mi stai prendendo in giro...-
-Se ha accettato l'esistenza dei vampiri, perché non quella delle streghe?- le fece notare il ragazzo -Mi creda, la maggior parte delle volte sono solo una scocciatura per noi, ma ogni tanto risultano utili. Per non parlare dei lupi mannari, poi! Loro sì che sono un problema! Sa che un solo morso è fatale per un vampiro?-
-Damon!- lo richiamò Jacqueline -Così non sei affatto d'aiuto-
-Te l'ho detto che ero contrario a questa cosa-
-Allora potevi rimanere su tu con Alexa e mandare giù Stefan!-
-Così che avrebbe potuto provare a baciarti di nuovo?- la provocò.
-Questa è bella- sospirò la ragazza -Lo sai che non era in lui fino a un'ora fa-
-Appunto!-
-E ci sono anche lupi mannari?- intervenne Arleene, interrompendo quella piccola lite.
-Tyler Lockwood. Ah, e come dimenticare il potente e immortale ibrido, Klaus!-
-Che cos'è un ibrido?- alzò gli occhi al cielo, sospirando e non sapendo come poteva credere a quelle stranezze.
-È sia un vampiro che un licantropo. Ma il bello è che Klaus è un vampiro immortale, quindi, voilà... un ibrido immortale!-
Arleene restò seduta mentre pensava a cosa le avevano riservato quei pochi mesi della sua vita... Le sue figlie avevano conosciuto dei vampiri, di cui non sapeva l'esistenza, erano entrambe state uccise e poi trasformate per rinascere come creature sovrannaturali. Come avrebbe gestito la sua vita d’ora in poi? Non poteva negare loro l’amore di una madre, solamente perché erano creature diverse. Sospirò nuovamente, incontrando lo sguardo di Jacqueline e poi di Damon. Eh sì, la vita si era rivelata proprio strana.
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Ma è giovane!- esclamò sorpresa.
-Non devi ucciderla, devi solo stordirla un po’ e farle dimenticare tutto. Ora vai e sbrigati, prima che mio fratello scopra che sei a caccia di umani-

 
NdA:
Voilà un nuovo capitolo, come al solito speriamo che vi sia piaciuto :3 Recensioni, commenti, critiche sono come al solito ben accette! Volevamo ringraziare laragazzadislessica che piano piano ha cominciato a leggere la nostra ff, recensendo ogni capitolo :D
Ugualmente ringraziamo chi ci segue dall’inizio, anche senza senza recensire! Ci fa comunque piacere sapere di avere dei lettori “fantasma”
*ringraziamenti random mode: off*
Al prossimo capitolo!
BrokenArrows

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Capitolo 25
*** Un passo verso l'immortalità ***


-Alexandra, devi nutrirti- intimò Stefan -Se aspetti non migliorerà, anzi-
-In questo momento vorrei solo che la testa smettesse di farmi male- disse massaggiandosi le tempie.
Stefan non insistette più e lasciò che decidesse lei il momento adatto.
All'improvviso la porta della camera si aprì -Ti ho portato la cena-
-Non la voglio, Damon- rispose Alexa, riferendosi alla sacca di sangue che aveva in mano il ragazzo.
-Certo che la vuoi! Il tuo corpo non chiede altro che sangue in questo momento- l'aprì e se ne versò una goccia sul palmo della mano, avvicinandola al viso di lei.
-Visto?-
I suoi occhi si erano accesi e il respiro si era fatto più accelerato.
-Peccato- fece spallucce Damon -Vorrà dire che me la berrò io-
Si avvicinò la cannuccia alle labbra e bevve in modo molto provocante.
-Ok, basta!- esclamò la ragazza dopo qualche secondo -Sei molto bravo a far cambiare idea alle persone- disse, prendendogli la busta dalle mani. Pochi secondi e la sacca di sangue era finita -Ora che si fa?- 
Damon guardò il fratello -Promettimi che non le farai del male- 
-Lo prometto, Damon- disse con voce solenne.
Calò il silenzio nella stanza -Uhh qualcuno si è affezionato- fu Alexandra a rompere il ghiaccio e a strappare un sorriso ai due.
-Non voglio altri vampiri morti sulla coscienza, tutto qui- disse uscendo dalla camera. I due rimasero nuovamente soli.
-Mi dispiace, Stefan- la ragazza si scusò nuovamente, malinconica. Lo guardò, illuminato dalla luce della lampada appoggiata sul comodino e pensò a quanto fosse perfetto. Si avvicinò, appoggiando la testa al suo petto. 
-È tutto finito, ora possiamo ricominciare- le accarezzò la testa con fare tenero. Poi le prese il volto tra le mani e la baciò con passione. Tutto intorno a loro si annullò, in quel momento esistevano solo loro due.
 

Arleene prese le chiavi della macchina e le mostrò alle figlie -Oggi vi accompagno io!- esclamò entusiasta. Alexandra e Jacqueline si guardarono sorprese. La madre le accompagnava raramente a scuola e, dopo quello che era successo l’altra sera, un cambio così repentino d’umore era inaspettato. 
-Vado a lavarmi i denti e poi arrivo- disse Jacqueline, andando in bagno.
Alexa e la madre rimasero sole nell’atrio della casa -Allora tesoro, va tutto… bene?- chiese preoccupata. 
-Sì mamma, va tutto bene- le sorrise benevolmente, guardandola negli occhi. Vedere sua madre così la rassicurò, non pensava l’avesse presa così bene. Tutta la faccenda riguardo ai vampiri, ai licantropi e agli ibridi… pensava che ce ne sarebbe voluto di tempo per farsi accettare. 
-Ok, partiamo- la voce della sorella maggiore la riportò nel mondo reale facendola sussultare. 


Percorrere quei corridoi senza provare un minimo di nostalgia era difficile. Ogni singolo armadietto le ricordava un avvenimento del suo passato. Quando era stata coronata Miss Mystic Falls, i numerosi balli a tema, quando aveva compiuto il 18esimo compleanno e quando aveva conosciuto Frederick. Arleene sospirò a quel ricordo che le causava sentimenti contrastanti: da una parte l’amore che aveva provato e in parte provava per lui, dall'altra l’odio per averla abbandonata con due figlie. Ma quello non era il momento per l’autocommiserazione. Era lì a scuola per un altro motivo. 
Bussò alla porta di un piccolo ufficio -Sì?- chiese una voce maschile dall’interno. 
La donna entrò, presentandosi -Alaric Saltzman? Sono Arleene Van der Wegen. Volevo parlarle delle mie figlie-
Alaric la riconobbe fin da subito -Si sieda pure- disse indicando la sedia e facendo ordine sulla scrivania -Lei è la madre di Jacqueline ed Alexandra- affermò.
-Esatto- si sedette, tenendo la borsa sulla gambe. In quel momento si accorse che non aveva nulla da dirgli. Cosa poteva sapere un professore? Lo guardò, cercando di schiarire le idee, e fu colpita subito da quello sguardo quasi magnetico. Era anche lui un vampiro?
-Ed è qui per...?- chiese confuso dalla situazione. Forse vuole discutere delle assenze delle figlie. O della C- che ha preso Jacqueline nell’ultimo compito di storia.
-Sono a conoscenza delle numerose assenze ingiustificate di Alexa e Jacque, volevo solo sapere se lei ne sa qualcosa- 
Il signor Saltzman scosse la testa.
-So che lei e...-
-Mi dia del tu e mi chiami pure Alaric, la prego- le rivolse un sorriso, sperando di tranquillizzarla perché sentiva il suo tono nervoso e capì che non c’era nulla di buono in quella visita.
-Le mie figlie parlano spesso di te e so che avete legato molto da quando è arrivato in città. Inoltre so che frequenti Damon e Stefan, dunque li conoscerai bene, mi sbaglio?- 
-Non si sbaglia- 
-Posso fidarmi di quei due? Intendo dire, le mie due ragazze sono strane. Ho notato che tornano tardi, saltano lezioni e...-
-La smetta con questa farsa, signora Van Der Wegen. Sappiamo tutti e due cosa vuole dire in realtà- era un azzardo, ma Alaric sentiva di aver fatto la cosa giusta.
Arleene sospirò, guardando in basso -Non so cosa fare. Alexandra e Jacqueline sono vampiri e io...-
Alaric si sedette di fianco a lei, mostrandole sostegno morale -Non è cambiato nulla in loro, sono le stesse di prima, più forti e immortali, certo… ma non si preoccupi, il tempo passerà e lei accetterà l’idea-
-Chiamami pure Arleene. Ho la sensazione che d’ora in poi passeremo molto tempo insieme- disse sorridendo. 
Fu felicemente sorpreso da quella frase -Non che questo mi dispiaccia. Se vuoi possiamo incontrarci uno di questi pomeriggi. Mi piacerebbe conoscere meglio la madre delle mie alunne preferite- 
-Preferite ma non migliori- osservò.
-Quella C- di Jacqueline si può riparare, le chiederò di prepararmi una tesina su un argomento a scelta- 
Calò per un momento il silenzio, interrotto pochi attimi dopo da una domanda -Da quando esistono?-
-Le creature soprannaturali esistono da sempre. Questa città un tempo era infestata da vampiri-  


-Corri, piove!- esclamò Jacqueline, correndo dentro la biblioteca di Mystic Falls. Stefan la seguì all’interno dell’edificio di cui aveva visto la costruzione nel lontano 1860. Si sedettero ad un tavolo lontano da occhi indiscreti e cominciarono a parlare. 
-Bene- buttò il libro su tavolo con un tonfo -La storia si ripete-
-A cosa ti riferisci?- 
-Ai primi giorni di scuola, quando mi hai aiutato per una ricerca sul Rinascimento Italiano- 
Stefan abbassò lo sguardo, ricordando ciò che era successo quel pomeriggio sotto al gazebo.
La ragazza capì quello che stava pensando -Già... piuttosto imbarazzante- sdrammatizzò.
-Cominciamo?- chiese lui, sviando i loro pensieri. 
-Sì! Allora, il tema che ho pensato di affrontare è...- cominciò a sfogliare il libro alla ricerca di qualche idea -Ah sì, eccolo! La crisi del ’29 negli Stati Uniti d’America-  non appena lo disse si rese conto di quanto fosse banale l’argomento, ma dopotutto doveva tenere Stefan occupato per almeno due ore. 
Stefan alzò lo sguardo e la guardò perplesso -A cosa ti serve il mio aiuto? Su internet trovi milioni di tesi già scritte- 
-Eh, ma volevo un parere da chi lo ha vissuto in persona- cercò una scusa, arrampicandosi sugli specchi. 
-Jacque, di quegli anni ricordo solo il sangue che scorreva nelle mie mani. Lexi stava cercando di farmi recuperare la mia umanità e l’autocontrollo- spiegò melanconico. 
-Comunque possiamo studiare insieme e so che mi aiuterai perché sei una persona... gentile e intelligente- la ragazza sudò freddo per salvare la situazione.


Alexandra si guardò intorno cercando la sua preda. 
-Va bene lei- le disse Damon, indicando una giovane ragazza che si stava dirigendo verso un pub, lontano dal centro di Beckley, una città vicino a Mystic Falls.
-Ma è giovane!- esclamò sorpresa. 
-Non devi ucciderla, devi solo stordirla un po’ e farle dimenticare tutto. Ora vai e sbrigati, prima che mio fratello scopra che sei a caccia di umani- 
Alexa le andò in contro e la chiamò per la spalla.
-Ehi, per caso sai se... dove posso trovare delle cartoline?- chiese cercando di risultare più spontanea possibile. 
La ragazza la guardò e la bionda trovò subito l’occasione per soggiogarla -Seguimi e non dire una parola- 
Damon applaudì -Bene, ora il prossimo passo è portarla dove nessuno possa vederti- 
Presero una via laterale e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, Alexandra passò all’azione. Non ci volle molto prima che si sentisse sazia. Scambiò uno sguardo con Damon, il quale le chiese se ne avesse avuto abbastanza. 
La ragazza ci pensò su -Mmh, sì- poi si rivolse alla ragazza -Dimentica tutto. Ora torna a quello che stavi facendo- 
-Passare del tempo con mio fratello ti ha reso più tollerante?- domandò sarcastico. 
-Per fortuna che a te non l’ha fatto, dato che ti diverti ad uccidere la gente-
-Touché- 

Caroline si prestava ad uscire quando fu fermata dalla madre.
-Perché hai quello sguardo preoccupato?- chiese, piegando leggermente la testa di lato. 
Liz sospirò -Ti ricordi quando a inizio anno c’erano stati degli avvenimenti inspiegabili? Persone scomparse dal nulla, uccisioni da parte di animali e...-
-Sì, ricordo- annuì la ragazza, preoccupata di ciò che avrebbe potuto dire.
-Pensavamo che fossero cessate, invece no. Hanno ripreso da poco- la donna appoggiò le spalle al muro, scuotendo la testa. 
-E perché mi stai dicendo questo?- Caroline scandì bene quelle parole.
-Voglio solo che tu stia attenta, tutto qui. Abbiamo alcuni sospetti, ma non agiremo subito per catturarli. Vogliamo essere sicuri di ciò che facciamo-
-Starò attenta mamma, se è questo che vuoi- si stava dirigendo verso la porta quando venne fermata nuovamente. 
-Care! Queste informazioni devono restare tra noi due, nessuno lo deve sapere, altrimenti si scatenerà il panico- tirò fuori dalla tasca un ciondolo a forma sferica -Questo è per te, ti proteggerà da eventuali aggressioni- 
La ragazza prese un colpo. No, non ci poteva credere -Seriamente, una collana mi proteggerà? Sei pazza, forse?- chiese, cercando di capire ciò che la madre aveva in mente. 
Liz si accorse dell’errore commesso -No ma... volevo solo che tu lo avessi, è un antico cimelio di famiglia- lo porse alla figlia, la quale sembrava non volerlo -All’interno c’è una piccole dose di erba... portafortuna- 
Verbena intuì Care. Annebbiata non sapeva cosa dire, ma non poteva attirare troppe attenzioni, quindi senza fare ulteriori storie prese la collana e se la mise sopra alla giacca, per poi uscire una volta salutata la madre. 



Nel prossimo capitolo...
-Stai insinuando che io sono come lei?- domandò Alexandra con un filo di voce.
-Questa è la cazzata più grande che sia mai uscita dalla tua bocca, Stefan- commentò Damon -Lo sai che ucciderla è stata una benedizione per me e ricreare la situazione non è affatto nelle mie priorità!-

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Capitolo 26
*** No more lies ***


-Damon, non posso più andare avanti così- sbottò Jacqueline, in preda ad un attacco d’ansia.
-Eh?-
La coppia stava attirando tutti gli sguardi del Mystic Grill su di sé. La ragazza abbassò la voce.
-Mi riferisco alla faccenda di Stefan. Non so più cosa inventarmi per tenerlo occupato. Inoltre mia sorella ha detto che ieri sera hanno litigato perché lui la vuole portare a caccia-
-Oh poveri coniglietti, dovranno cominciare a temere anche Alexandra- commentò sarcastico.
-Sai bene che lei non vuole attenersi a quella dieta. E per questo devo sorbirmi le prediche e le lamentele di Stefan. Dobbiamo risolvere questa situazione- esclamò decisa.
-Allora l’unica cosa da fare è dirglielo- disse come se fossa la soluzione più ovvia -Senti, io ora ho appuntamento con Alexandra al bosco e Stefan sarà qui a momenti. Non staremo via tanto, te lo prometto- salutò la ragazza con un bacio e poi se ne andò, lasciando Jacqueline pensierosa.
 
-Cattive notizie- Caroline si affiancò a Damon, non appena uscì dal Grill.
-Blondie, hai un pessimo tempismo- continuò a camminare senza darle retta. Si guardò intorno sperando di non incontrare il fratello.
-Che hai?- domandò infastidita del comportamento del ragazzo.
-Spero di non farmi vedere da Stefan, sto andando a caccia con la sua dolce metà- la informò, accelerando il passo.
-Ancora?!- anche se Damon stava chiaramente cercando di seminarla, non ci riusciva -Dovreste dirglielo, sai che se lo scopre da solo si infurierà a morte con te, Jacque e Alexa. Ad ogni modo non sono qui per questi drammi, ho cose più importanti a cui pensare-
-E perché vieni da me?- chiese scocciato.
-Perché mia madre e il sindaco stanno nascondendo un sacco di cose alla città e al Consiglio. Mi sembrava giusto che tu lo venissi a sapere-
Damon si fermò di colpo -Cosa stai dicendo?-
Caroline entrò in modalità informatrice logorroica -Mia madre la settimana scorsa mi ha dato questa- tirò fuori dalla tasca la collana.
-Orrenda- commentò il ragazzo.
-O no? Comunque non è questo il punto. Prima di darmela mi ha detto che sono ricominciate a sparire persone e gli omicidi, come era accaduto un paio di mesi fa. Ok, forse cinque mesi fa. Cavolo quanto passa il tempo...-
-Il succo del discorso, Caroline Forbes- la riprese non appena vide che si era persa nei suoi pensieri.
-Questa collana contiene verbena- disse ritornando seria -Inoltre l’altra sera ho sentito mia madre e quella di Tyler parlare al telefono. Discutevano riguardo ad un piano per mettere a termine le uccisioni. Parlavano di verbena, paletti di legno e altro, ma non ho capito più di tanto. Credo parlassero in codice- rabbrividì, ma non di freddo.
-Merda!- esclamò, beccandosi delle occhiatacce dai passanti -Cercherò di occuparmene io ma...-
-Ehi Caroline, Damon- salutò una voce maschile che sembrava essere quella di...
-Stefan, ehi- la bionda si girò, trovando dietro di sé il più giovane dei Salvatore.
-Come mai queste facce preoccupate?- chiese, vedendo Damon con lo sguardo corrucciato.
-Niente, fratellino. Ora devo andare, devo occuparmi di una cosa- fece per andarsene, ma una frase detta da Stefan lo allarmò.
-Wow, tu e Alexandra scegliete le stesse frasi?-
-Forse cerchiamo tutti e due di evitarti- sorrise sardonico e se ne andò.
I due lo guardarono allontanarsi di fretta tra le poche persone che in quel freddo inverno avevano deciso di uscire.
-Lascialo stare, non sa quello che dice- cercò di consolarlo, vedendo il suo sguardo avvilito -Altri problemi con Alexandra?-
Sospirò -Abbiamo discusso... il solito-
-Vedrai, non appena si sarà adeguata al suo nuovo stato tornerà tutto come prima-
-Grazie Care, ma ora devo vedermi con Jacqueline al Grill per... non so perché mi ha chiesto di incontrarci a dire il vero- e anche lui se ne andò.
 
 
Alexandra scese dall’auto di Damon.
-Cinque minuti, mi do una pulita veloce e poi raggiungiamo gli altri al Grill- informò, entrando in casa Salvatore.
Sentì delle voci provenire dal salotto. Stupita lo raggiunse e vide Stefan e Jacqueline, seduti sul divano a parlare.
-Dove sei stata?- le chiese Stefan non appena la vide.
Alexandra scambiò uno sguardo con la sorella. Erano rimaste d’accordo che se ci fossero stati imprevisti, le avrebbe mandato un messaggio.
-Non dovevate essere al Grill?- rispose la bionda con un’altra domanda.
-C’era troppa gente e Stefan voleva stare tranquillo. Non ho potuto avvisarti prima- disse, facendole intendere che era stata una decisione repentina.
-Dove sei stata, Alexandra?- chiese questa volta con tono minaccioso.
Mentre lei stava cercando una risposta plausibile, Damon entrò -Dove lo metto il cadavere?- chiese sapendo esattamente della presenza del fratello minore all’interno della casa -Oops-
Stefan rabbrividì e fulminò con gli occhi i due interessati -Spiegatemi cosa sta succedendo-
Damon uscì con una risatina -Tranquillo, Stef. Non ho nessun cadavere nel bagagliaio. Pare che la tua ragazza preferisca determinati tipi di nutrimento e, data la tua riluttanza, con l’aiuto della qui presente Jacqueline, mi ha chiesto soccorso. E chi sono io per negare aiuto a una fanciulla in difficoltà?-
Prima che Stefan potesse dire qualunque cosa, Alexandra si scusò. Lo guardò negli occhi trovandovi amarezza e disapprovazione -Sono andata a caccia con lui perché non potevo chiedere a te. Non volevo dirtelo perché so che non avresti approvato, mi dispiace Stefan-
-Le tue scuse ormai sono inutili. Mi hai ferito, di nuovo- sospirò, stanco delle problematiche con la ragazza.
Alexa fu colpita da quella frase -Non mi sembra il caso di ritirare in ballo la questione-
-Se tu non fossi andata a letto con Klaus probabilmente ora non saremmo qui. Dunque sì, è il caso di ritirare in ballo la questione- rispose, freddo.
Jacqueline non poté sopportare quella risposta -Ti rendi conto di quanto stronzo sembri se dici così?-
-Ha ragione, Stefan- intervenne Damon -Hai perfino superato me con quest'affermazione-
-Smettila con queste battute di pessimo gusto. Ora come ora sono estremamente incazzato. Avermi tenuto all'oscuro di ciò che stavate facendo, quello è da stronzi!-
-Non te l'abbiamo detto perché sapevamo che saresti stato contrario- disse Jacque, giustificando le loro azioni.
Stefan le si avvicinò con fare minaccioso -Sono stanco di essere escluso dalle decisioni a causa della mia dieta. Sono stanco che mi giudichiate per questo e che pensiate che non sia in grado di capire la situazione. Ma soprattutto, mi preoccupa il fatto che la mia ragazza sia andata a caccia con mio fratello, perché tutti sappiamo com'è fatto e non voglio riviere la stessa esperienza di Katherine-
I presenti sbiancarono.
-Stai insinuando che io sono come lei?- domandò Alexandra con un filo di voce.
-Questa è la cazzata più grande che sia mai uscita dalla tua bocca, Stefan- commentò Damon -Lo sai che ucciderla è stata una benedizione per me e ricreare la situazione non è affatto nelle mie priorità!-
-Questo è davvero troppo, Stefan! Sono stata io a chiedergli di aiutare Alexa perché mi fido. Quindi se vuoi prendertela con qualcuno, quel qualcuno sono io!- Jacque sbottò, avvicinandosi a Stefan.
Lui la guardò in modo ostile, cominciava ad innervosirsi  -Perché dovete sempre mettervi in mezzo alla nostra relazione?-  la prese per il braccio, facendole pressione.
Damon scattò in avanti -Lasciala andare- disse, pronunciando quelle parole a pochi centimetri dal volto del fratello -Ti ho detto di lasciarla andare-
Non appena Stefan lasciò la presa su Jacqueline, diede un pugno a Damon, il quale volò dall’altra parte della stanza, a poca distanza da Alexa.
-Stefan!- La bionda scattò in avanti ma la sorella la prese, prima che potesse avvicinarsi a lui. Una volta rialzatosi, Damon si gettò sul fratello, le mani intorno al collo del minore, che riuscì subito a liberarsi dalla presa scaraventandolo nuovamente a terra. Si guardarono negli occhi, carichi d’odio.
-La tua ragazza è venuta da me, Stefan. Ti sei chiesto perché?- Damon lo stava provocando nuovamente, c’era una nota di fierezza nella sua voce. Evocando nuovamente il passato non fece altro che far infuriare il fratello minore -Sfogati con me, fratellino- provò a tirargli un pugno, ma Stefan riuscì a pararlo prendendolo per il polso. Lo scaraventò nuovamente, questa volta più velocemente.
-Devo ammetterlo- Damon riemerse tra i resti della libreria -Non sei male a fare a botte, però mi sono stancato di subire- si avvinò al fratello con un paletto in mano e glielo conficcò nel fianco sinistro -Come ci si sente, eh?-
-Sei logorroico- disse piegandosi in due dal dolore, cominciando a tossire.
-Forse la tua dieta animale non basta, forse hai bisogno di qualcosa di più forte. Oh... ma dimenticavo, qualcuno qui è intollerante al sangue umano, ups- inclinò il paletto in direzione del cuore, facendolo sussultare -Non puoi decidere cosa vuole lei, è una sua scelta-
-Basta adesso, Damon- sussurrò Jacqueline raggiungendoli. Un secondo prima li stava guardando terrorizzata da lontano. Tolse dal fianco di Stefan il paletto. I due si stavano ancora fissando, però ora i loro sguardi non erano più carichi d’odio, o almeno non lo erano quanto prima.
Jacqueline si guardò intorno, cercando qualcosa. O meglio, qualcuno -Oh dio, dov’è finita Alexandra?-
Allarmati, tesero l’orecchio -Non è in casa- disse Damon.
-Lasciate fare a me, ho idea di dove possa essere- la informò Stefan. E ancora con la maglia sporca di sangue uscì di casa, lasciando i due a pulire ciò che rimaneva del litigio.


 
Caroline e Bonnie erano al Mystic Grill quella sera. Stavano parlando del più e del meno davanti ad una tazza di the caldo, per Bonnie, e di Scotch per la bionda.
-Sembra che le cose si siano calmate, no?- chiese Care, cambiando improvvisamente discorso.
-Se ti riferisci a Klaus... beh, sì. Dopotutto ha ottenuto ciò che voleva- Bonnie bevve un sorso di the, per poi riprendere il discorso -Se invece ti riferisci a Stefan e Alexandra la vedo dura-
-Anch’io. È solo questione di tempo prima che scopra la sua dieta- la bionda alzò gli occhi al cielo -Strano, ho sempre pensato che non sarebbero stati loro ad avere problemi-
-In che senso?- domandò, non capendo dove l’amica volesse andare a parare.
-Stefan e Alexandra sono persone relativamente tranquille, ma da quando sono insieme è successo il delirio, prima il tradimento, Stefan squartatore, ora la dieta di Alexa. È da parte della coppia Damon-Jacqueline che  mi aspettavo più complicazioni-
-Damon era uno stronzo e Jacque è riuscita a calmarlo, tutto qui- concluse Bonnie, alzando lo sguardo. I suoi occhi furono catturati da una persona in particolare appena entrata dalla porta d’ingresso -Klaus- sussurrò.
-E cosa c’entra lui?- chiese Caroline, confusa.
-Dietro di te- sussurrò, come se l’Antico non potesse sentire.
La bionda non riuscì a girarsi che si trovò il vampiro seduto al suo fianco -Buonasera ragazze- salutò, con il suo impeccabile accento inglese.
-Cosa vuoi da noi?- Bonnie si beccò un’occhiataccia dall’interessato.
-Quanta scortesia, mie lady- alzò la mano, schioccando il dito. La cameriera arrivò subito -Tre Bourbon per me e le mie amiche, offro io-
La ragazza se ne andò via, per ritornare poco dopo con tre bicchieri carichi di alcool. Li posò sul tavolino e tornò dietro il bancone. Klaus bevve un sorso, nel più totale silenzio. Sia Bonnie che Caroline sembravano paralizzate, non avrebbero bevuto nulla offerto da quella specie di mostro. Si guardavano negli occhi cercando di comunicare telepaticamente, ma ogni tentativo era invano.
-Mostrate ancora così tanto rancore verso di me? Suvvia, beviamoci su e dimentichiamo ciò che è accaduto- indicò i bicchieri e sospirò.
-Con quale faccia ti presenti a Mystic Falls. Rovini giusto un paio di vite incasinandole più di prima, vai a letto con una delle nostre migliori amiche e poi spegni i sentimenti del suo ex, trasformandolo in un dannato squartatore? Per non parlare degli umani innocenti che uccidi da quando sei arrivato qua. E per farti perdonare vieni qua, offrendoci da bere, per dimenticare quello che hai combinato? Seriamente?- la bionda era infuriata, gli avrebbe strappato la testa a morsi se ne avesse avuto la forza.
-Aggressiva come poche, Caroline Forbes- Klaus sorrise, bevendo un altro sorso dal suo bicchiere -Lo ammetto, ho combinato un po’ di casini ma ora è tutto sistemato, nulla da dire. Inoltre non dimentichiamoci del fatto che vi ho aiutato nella battaglia contro i licantropi, senza di me non ce l’avreste fatta-
La bionda lo guardò spazientita -Al grande Klaus, dunque- alzò il bicchiere per brindare, per poi versarne il contenuto a terra, mantenendo lo sguardo fisso su di lui.
Il ragazzo si avvicinò pericolosamente a Caroline -Comunque, da quando sono arrivato qui non ho mai ucciso umani innocenti se proprio vogliamo essere precisi. Almeno non a Mystic Falls- specificò, usando un tono di voce che la fece rabbrividire.
-Allora come spieghi gli ultimi “attacchi di animali”?- domandò simulando le virgolette.
-Di cosa stai parlando, Care?- Bonnie non sapeva cosa stava succedendo, la ragazza non aveva avuto occasione di parlarne con lei.
-Sembra che gli attacchi che avvennero a inizio anno scolastico non siano del tutto terminati. Mia madre ha deciso di tenere un profilo basso per gli ultimi omicidi avvenuti. Il numero di vittime era cessato per un periodo, ma nelle ultime settimane hanno ripreso. Quindi questi pseudo attacchi non sono del tutto cessati. Il che mi porta a pensare alla presenza di un vampiro che si nutre, senza pietà, di persone- e tornò a guardare Klaus, per lei il primo sospettato.
-Ti ho già detto che non sono stato io- precisò nuovamente, con voce calma -O i vostri amichetti non sanno gestire la fame, o è arrivato un nuovo vampiro in città-
-Non può ess...- Bonnie s’interruppe, sentendo i cellulari suo e di Caroline vibrare contemporaneamente. Sbloccarono velocemente lo schermo ed entrambe lessero il messaggio.
Stefan l’ha scoperto e Alexa è scappata, dobbiamo trovarla.
Venite a casa di Damon, ora.
                               -  Jacqueline

-Problemi?- chiese Klaus, vedendo le facce preoccupate delle ragazze.
-Niente che possa interessarti- le due si alzarono dal tavolo per poi uscire dal locale, lasciandolo solo a guastarsi il suo Bourbon.
 
 -Dove cavolo è andata?- si chiese Stefan, per la millesima volta. Aveva ispezionato l’intera città: la scuola, il Grill, la biblioteca, casa sua. Ma da nessuna parte c’era traccia di Alexandra.
-È sparita da tre ore, non può essere andata così lontano- si disse Jacqueline, in ansia per lei.
-E perché non la stiamo cercando fuori?- il ragazzo tirò un pugno a ciò che rimaneva della libreria in soggiorno, facendo sussultare Jacqueline.
-Bonnie sarà qui a momenti, farà un incantesimo di localizzazione, almeno sapremo di preciso dove se n’è andata- Damon entrò nella stanza, tranquillo, non capiva l’agitazione dei due. Alexandra era poco più che una ragazzina diciassettenne, non se ne sarebbe stata via per molto tempo.
Pochi minuti e Bonnie e Caroline si presentarono a casa Salvatore, anche loro allarmate dalla situazione. Sembravano sorprese di vedere Stefan lì.
-La troveremo, tranquillo- disse la bionda, non appena lo vide.
Il ragazzo annuì, voltandosi poi verso Bonnie -Sei pronta?-
Si distribuirono a cerchio intorno ad un tavolino dove era stata disposta una mappa di Mystic Falls e alcune candele. La strega prese la mano di Jacqueline e con un coltello fece uscire delle gocce di sangue che caddero sulla mappa. Chiuse gli occhi e si concentrò. Non appena pronunciò l’incantesimo l’intensità delle fiamme delle candele crebbe e la macchia di sangue divenne più densa cominciando a vagare per la mappa fino a fermarsi su un punto preciso. Non ci volle molto per identificare il luogo.
-La chiesa di fianco al cimitero- sussurrò Bonnie, mentre l’atmosfera nella stanza ritornava normale.
Jacqueline si diede della stupida -Avrei dovuto capirlo. Nostra padre ci portava tutte le domeniche, ricordandoci quanto erano importanti la famiglia e i suoi antenati. Alexa non se lo ricorda, ma nostra madre ce lo racconta spesso di quando ci portavano là-
Calò un momento di silenzio nella stanza -Aspettatemi qui, voglio andare da solo-
Tutti obbedirono all’ordine di Stefan. Nessuno voleva più intromettersi nella loro relazione, in caso contrario avrebbero causato ulteriori problemi. Speravano solo che, una volta ritornati dal cimitero, non ci sarebbero state più complicazioni sia per i due che per tutti loro.
 
Una vasta coltre di nebbia circondava il cimitero e la vecchia chiesa, rendendo l’atmosfera inquietante. Camminò per un po’ cercando la ragazza e tendendo l’udito per sentirla. La trovò poco dopo, seduta davanti ad una tomba di un suo antenato, probabilmente. Impassibile, non fece alcun segno anche dopo che il ragazzo arrivò lì.
Stefan si sedette a fianco, senza proferire alcuna parola.
Alexandra sospirò, senza sapere cosa dire. Lo guardò assaporando la sua bellezza e perfezione -Non so più cosa fare-
-Nemmeno io- il ragazzo guardava fisso davanti a sé, il volto privo di qualsiasi espressione.
-Forse dovremo solo farla finita- non aveva mai pensato a quella terribile opzione, aveva sempre pensato a loro due insieme per sempre -o forse no-
Stefan fece finta di non sentirla -Con tutti i posti perché hai scelto proprio questo?- chiese.
Lei fece spallucce, non c’era una risposta precisa a quella domanda -Non lo so, qui si sta tranquilli. Stavo pensando di andarmene, ma poi sei arrivato tu- spostò nuovamente lo sguardo, questa volta davanti a sé, sulla tomba -Stephan Van Der Wegen è mio nonno. Non l’ho mai visto o incontrato, non so nemmeno che tipo di persona fosse. Dopotutto è così anche per mio padre, però a differenza del nonno, lui mi manca anche se non lo conosco-
Il ragazzo continuò ad ascoltare, senza interrompere il discorso -Da una parte mi piacerebbe ritrovarlo, ma dall’altra penso che forse è meglio così. E se poi si rivelasse una delusione? Non sopporterei l’idea e l’odierei a morte- fece una pausa, pensando bene alle parole da utilizzare -E io sono una delusione per te. Continuo a ferirti, pensando di fare la cosa migliore, ma tutto quello che ottengo è odio nei tuoi confronti e questo non lo sopporto. Non ti lascerò mai perché ti amo e sono troppo egoista per lasciarti andare. Ma se tu volessi farlo, ti capisco-
Il ragazzo la guardò, scuotendo la testa -Non ti lascerò Alexa, non sarò io a porre fine alla nostra relazione. Tutto ciò che voglio da te è sincerità. Mi dispiace di aver perso le staffe in quel modo- prese il volto della ragazza, lo avvicinò al suo e le diede un bacio -Ora torniamo a casa, gli altri sono preoccupati per te- la prese in braccio e s’incamminò per i boschi di Mystic Falls.
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Ragazzi- proruppe Bonnie -Sta arrivando qualcuno-
-Chi?- domandò Alexandra guardando nella direzione da dove stavano arrivando gli sconosciuti.

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Capitolo 27
*** Family reunion ***


-Forza Timberwolves!- l'urlo d'incitamento delle cheerleader suscitò un fragoroso applauso nel pubblico di quell'ultima partita che designava la squadra vincitrice dell'anno.
Gli spalti a bordo campo non erano mai stati così pieni e la tensione fra le due squadre concorrenti si sentiva nell'aria di quel tardo pomeriggio estivo.
-Io la disconosco...- disse Alexandra tutto ad un tratto, mentre guardava il ridicolo balletto dell'intervallo delle cheerleader. Damon la guardò perplesso.
-Mia sorella- spiegò -Non capisco come faccia a fare delle cose del genere davanti ad una platea-
-Oh, vedi...- le disse indicando Jacqueline che faceva la spaccata insieme a delle altre ragazze -Queste sono solo alcune delle sue performance che...-
-Ah, ah, ah!- lo interruppe subito, capendo dove stava andando a parare -Non sono interessata alle vostre attività serali-
-Chi ti ha detto che sono solo serali?- la provocò con un sorriso derisorio. 
-É proprio di questo che parlo- concluse, alzandosi e scendendo verso il campo.
-Dove vai adesso? C'era la parte migliore!- esclamò, attirando l'attenzione di alcuni dei presenti.
-Lontano da te!- gli disse con tono arrabbiato, ma entrambi sapevano che non lo era veramente.
-Ehi, Alexa!- la chiamò Matt da sotto quel ridicolo caschetto -C'è Stefan che ti cerca. È in panchina-
-Grazie, Matt! E complimenti per la partita- fu costretta ad aggiungere.
Passò davanti alla panchina degli avversari cercando di non dare troppo nell'occhio e raggiunse il suo ragazzo e lo baciò, incurante delle occhiatacce e dei fischi di approvazione.
-Quindi hai deciso di venire a vedere la partita?- le chiese abbracciandola.
-C'era un'altra possibilità? La partita di fine anno è come il diploma per gli studenti!- si ritrovò a costatare sotto gli sguardi imperterriti dei giocatori -Ehm... senza offesa, ovvio. E Stefan, lo sai che ti amo tanto, ma mi sono appena fatta la doccia-
La squadra scoppiò in una risata e Stefan sciolse subito l'abbraccio -Hai ragione, scusami-
-Figurati! Io torno a sedermi. Ci vediamo dopo- gli disse, dandogli un altro bacio, ma stando ben attenta a non toccarlo più del dovuto.
-Alexandra?- la richiamò quando stava per andarsene -Damon ti ha dato fastidio?-
-Ah, tranquillo... Damon è Damon! Ogni cosa che dice è un doppio senso, ma ormai ci sono abituata-


La partita stava per finire e i trenta giocatori in campo non smettevano un attimo di correre. Persino Alexandra sembrava essere interessata. Le due squadre erano 47 pari e mancavano pochi secondi alla fine. La palla era in possesso degli avversari, ma Matt e Tyler riuscirono a bloccare il quarterback e a lanciarla a Stefan, che si trovava in prossimità dell'area di meta e l'afferrò al volo. Corse veloce, non al massimo della sua velocità, ovviamente, e allo scadere del tempo segnò l'ultima base che portò in vantaggio di cinque punti i Timberwolves.
I tifosi dei “lupi” si alzarono dalle sedie ed esultarono rumorosamente. Le ragazze sedute in prima fila non aspettarono un secondo a precipitarsi in campo e ad abbracciare i giocatori vincenti, mentre la squadra delle cheerleader si esibiva nello spettacolo finale. Davvero troppo esagerato pensò Alexandra.
-Non ti da fastidio che tutte quelle galline abbraccino il tuo ragazzo?- chiese Damon alle sue spalle.
Alexandra lo fulminò -Hanno vinto il torneo. È ovvio che si abbraccino-
-Già, ma lui è quello che ne attira di più. Sei sicura di poterti fidare?-
-Di lui mi fido- gli disse mentre si alzava a sua volta -É di te che non mi fido!-
-Ehi, così mi offendi! Dai, andiamo a festeggiare anche noi- propose mentre si facevano largo tra la folla e raggiungevano il campo dove ormai tutti gli studenti si erano riuniti a celebrare la vittoria.
Caroline, Bonnie e Jacqueline raggiunsero Stefan, Damon, Alexandra, Tyler e Matt.
-Vi abbiamo preparato una sorpresa!- esclamò Caroline -Vi piacerà un sacco-
-Che sorpresa?- a Tyler sembrava piacere l'idea.
-Jacqueline e Alexandra hanno gentilmente messo a disposizione la loro piscina per la serata!-
-Davvero? È fantastico, ragazze!- esclamò Matt, entusiasta.
-Scusa, Alexa- intervenne Bonnie all'improvviso -Non è che posso portare una persona?-
La ragazza la guardò con un sorriso troneggiante -Questa persona è un ragazzo?-
Bonnie arrossì un po' -Beh... sì!-
-Perfetto!- proruppe Caroline -Perché viene anche Klaus-
I ragazzi la squadrarono dalla testa ai piedi -Stai scherzando, vero?-
-Non sto scherzando. È una festa e noi stiamo insieme! Perché non dovrebbe venire?-
-Perché ha cercato di uccidermi?- chiese Bonnie.
-Perché ha ucciso tutti quelli del mio branco?-
-Perché è la causa per cui ho temporaneamente rotto con Stefan?-
Caroline stava per dire qualcosa, ma non le vennero le parole.
-A me sta simpatico- intervenne Matt -Tranne per il fatto che in passato ci sono stati dei problemi, certo-
-Bene, allora è deciso- disse la bionda, sorridente -Vado a cambiarmi-
-Sarà una sera mooolto lunga- 


-Oh mio dio! È troppo... wow!-
-Da quando in qua avete tutte queste cose?- chiese Matt guardandosi intorno con aria spaesata.
-Beh, dato che è l'ultima festa dell'anno scolastico, abbiamo pensato di farla memorabile- spiegò Jacqueline.
-Non saremo in molti, ma meglio così. Dopo l'ultima festa che abbiamo fatto c'era un inferno!- ricordò Alexa, assumendo un'espressione disgustata.
La piscina era illuminata da delle luci colorate che creavano degli strani disegni sull'acqua. Sul selciato era stato allestito un piccolo bancone, dove c'erano alcolici e spuntini di tutti i tipi. Accanto ad esso, le due enormi casse erano appoggiate a dei tavolini e intorno a tutta la piscina c'erano sdrai e sedie.
-Ecco che arrivano Barbie e Ken- avvisò Damon, riferendosi a  Caroline e Klaus e dando una gomitata ad Alexandra.
-Smettila di darle fastidio!- lo rimproverò Jacqueline -Lo sai come ci resta male quando si parla di... beh, di quello-
-Buonasera, signori. Che bel posticino per una festa!- esclamò ammirando la sistemazione dell'arredo.
-Grazie- rispose freddamente la bionda.
-Suvvia, tesoro. Non pensi che dovresti metterci una pietra sopra? Io l'ho fatto- spiegò guardando Caroline.
-Hai ragione- convenne lei -Matt! Preparami un Martini dry. E che sia bello forte!-
-Credo che anche stasera sarai designato al bancone- gli disse Jacqueline dandogli una pacchetta sulla spalla.
-Va bene che ho bevuto un superalcolico a stomaco vuoto, ma non credo di vederci già doppio...- disse la ragazza, dopo aver bevuto tutto d'un fiato quel drink -Chi sono quelli con Tyler?-
-Non so... Una di loro mi sembra Hannah, una mia compagna di classe- rispose la sorella maggiore.
Quando arrivarono, Tyler presentò i suoi amici: Hannah, Alicia e Ted.


-Beh, direi che è il momento di far spogliare le ragazze- propose Damon, mentre erano tutti seduti a sorseggiare dei cocktail.
Tutte le ragazze si girarono verso di lui e lo fulminarono con lo sguardo -Come, prego?- chiese una delle amiche di Tyler.
-Perdonatelo- lo difese Jacqueline -É sempre un po' allupato-
-A questo potresti pensarci tu, no?-
-Ok!- esclamò alzandosi in piedi per evitare di pugnalarlo davanti a tutti -Diamo inizio alla festa! E Matt, per me un Margarita-
A quel punto Caroline si sfilò in modo molto teatrale il suo vestitino rosa, attirando tutti gli occhi su di lei e mettendo in mostra le gambe lunghissime. Indossava un costume abbinato al vestito con dei fiocchetti sulle spalline. Perfettamente in stile Caroline Forbes.
Anche le altre ragazze si misero in costume, esibendo i loro corpi snelli e longilinei. Jacqueline e Alexandra indossavano rispettivamente un bikini blu con motivi geometrici e uno nero a fascia leggermente arricciato. Si lanciarono un’occhiata e si buttarono direttamente in acqua con un tuffo, facendo bagnare i ragazzi. Riemersero tra le risate, che si trasformarono in esclamazioni di approvazione quando videro che anche i loro ragazzi si erano tolti i vestiti. 
-Sempre detto di aver trovato la compagnia giusta- esclamò Alexandra, colta da una crisi ormonale. 
-Eh?- Jacqueline non aveva capito quello che aveva detto, troppo impegnata a guardare i quattro. Anche Caroline era a bocca aperta. Di certo non era la prima volta che li vedevano in quella situazione, ma vederne quattro al colpo era sbalorditivo. 
-Beh, che avete?- sbottò Damon, guardandosi -Ah certo, so di essere uno schianto, ragazze- si mise in posa, mettendo in mostra il costume grigio a pantaloncino -Che cavolo Stefan, sei un bagnino?- 
Il minore aveva lo stesso modello del fratello, solamente di un colore rosso sul bordeaux. Rimase senza parole al commento di Damon, guardandolo con aria semi sconcertata. 
-Non preoccuparti amore, stai benissimo... eheh- Alexandra lo guardò con aria divertita e tese una mano verso di lui, il quale si tuffò. 
-I vostri, ragazzi, mi piacciono- continuò Damon, osservando i costumi dei ragazzi rimasti -Classici, ma sempre alla moda. Forse quello blu è un po’ azzardato Tyler. Klaus, vedo che tu hai preferito attenerti al neutro indossandone uno nero. Mmh, tu e Alexandra vi siete messi d’accordo?- 
-NO-! esclamarono all’unisono i due interessati, prevenendo così battutine insensate da parte del ragazzo.
-Ma che cosa ha bevuto?- commentò Caroline.
-È particolarmente euforico- notò Stefan. 
-Ragazze, dov'è Bonnie?- chiese Jacqueline -È quasi da un'ora che l'aspettiamo-
-E io non vedo l'ora di sapere chi è questo ragazzo!- esclamarono praticamente nello stesso momento le due bionde.


Durante la serata i ragazzi non si diedero molto contegno. Matt aveva dovuto preparare una decina di cocktail prima che tutti e cinque potessero partire. I tre vampiri, Klaus e i Salvatore, erano particolarmente euforici e intonavano canti che appartenevano al passato, il tutto sotto la faccia preoccupata e in parte divertita delle loro ragazze. Tyler e Matt stavano allegramente conversando e ridendo sguaiatamente di tanto in tanto. Il tutto stava procedendo per il verso giusto, fino a quando Damon, non cosciente di ciò che stava succedendo, raggiunse Hannah, una delle ragazze umane presenti alla festa, e la baciò. Jacqueline, che lo stava seguendo con lo sguardo, sbarrò gli occhi rimanendo senza fiato. 
-Oh scusa, io pensavo fossi...- si scusò Damon, una volta accortosi dell'errore. Voltò lo sguardo verso la sua ragazza, che si mise a ridere capendo che era un gesto non voluto. Anche tutti gli altri presenti si misero a ridere. 
-Credo che Bonnie sia arrivata- informò Caroline, udendo il rumore dell'auto sul ghiaino. Era così, non appena un minuto più tardi, la porta finestra della sala da pranzo si aprì, rivelando Bonnie e il suo accompagnatore: Jeremy Gilbert.
-Cosa ci fai tu qui?- chiese Stefan, uscendo dalla piscina a velocità vampiro.
-Stefan!- esclamò Alexandra raggiungendolo e bloccandolo. 
Improvvisamente si creò un'atmosfera tesa. Sia Damon che Klaus recuperarono la lucidità, preoccupati della possibile reazione che il Salvatore avrebbe avuto. 
-Scusami, lo so che forse non è il momento esatto per dirtelo, ma prima o poi sarebbe dovuto accadere- disse Bonnie, guardando Alexa.
-Avresti dovuto avvertirci- esclamò Jacqueline.
-Sapevo di essere un problema- disse Jeremy, rientrando dalla porta da cui era venuto. La bionda lo seguì e lo fermò. Una volta controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, gli parlò.
-Non sei un problema, Jer. Ormai è acqua passata, la tua presenza non mi crea disagio o... altro- 
-Grazie, Alex. Comunque volevo farti sapere che sono pulito, ormai da quasi sei mesi- la informò.
Alexandra sorrise, sorpresa del cambiamento -Sono felice per te- lo abbracciò e lasciarono che il passato scorresse alle loro spalle.


Quando Tyler e i suoi amici se ne andarono, la festa stava ormai volgendo al termine.
Le due sorelle, insieme a Matt, erano le più sobrie, mentre il resto del gruppo faticava a formulare una frase di senso compiuto.
Stefan era seduto a bordo piscina intento ad esaminare il bicchiere vuoto nelle sue mani. Suo fratello era steso su uno sdraio, mezzo addormentato e Klaus stava per aprire un'altra bottiglia di vino, mentre Caroline cercava di fermarlo.
-Ragazzi- proruppe Bonnie -Sta arrivando qualcuno-
-Chi?- domandò Alexandra guardando nella direzione da dove stavano arrivando gli sconosciuti.
Nel frattempo tutti si erano voltati verso i rumori dei passi e non sembravano più tanto ubriachi.
Dalla penombra, una voce autoritaria si  fece avanti -Buona sera, ragazzi. Siamo qui per parlare con le due sorelle Van der Wegen-
-E chi ci vuole parlare?-
Tre uomini giovani, ma dall'aspetto solenne, mostrarono i loro volti.
Klaus spalancò gli occhi e fece cadere la bottiglia per terra.
Jaqueline fece un passo indietro, sentendo un vuoto dentro di lei -Papà?-
 

Nel prossimo capitolo...
-Mi chiamo Alois Van der Wegen e come potete capire sono vostro parente-
Alexandra trattenne il fiato -L'Alois dei diari sugli esperimenti?-

NDA:
Siamo tornate con un po' di ritardo, scusate!
Ci stiamo avvicinando davvero alla conclusione, ma come avete visto ci sono altri colpi di scena pronti a cogliervi di sorpresa ;)
Non preoccupatevi, però... "The end of an ordinary life" potrebbe non essere finita qui :D

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Capitolo 28
*** Conoscenze dal passato ***


-Papà?- chiese Jacqueline con voce tremante.
L'uomo le sorrise amabilmente, muovendo qualche passo avanti -Ciao, Jacque. Ciao, Alexandra- aggiunse poi, guardando la ragazza bionda che sembrava avere appena visto un fantasma – Siete diventate due ragazze bellissime-
Un gelido silenzio invase la calda notte estiva. Solo Caroline riuscì a proferire parola -È vostro padre? Frederik?-
Tutti i presenti ignorarono la domanda e Frederik continuò -So che non mi vedete da quando eravate due bambine e arrivare così all'improvviso non è il migliore dei modi, ma dovevo davvero vedervi. Spero possiate perdonare la mia assenza di tutti questi anni-
Alexa si fece avanti -Perché dovevi vederci per forza dopo così tanto tempo? Ormai non speravamo più in un tuo ritorno e ora ti presenti con questi due?- domandò riferendosi agli altri due uomini.
Quello che sembrava il più anziano dei due, un uomo biondo con gli occhi azzurri e la carnagione pallida, prese parola -Tu devi essere Alexandra. Tuo padre ha sempre detto che la somiglianza tra voi due era notevole. Ma non siamo qui per parlare di inezie...- disse, volgendo per un secondo lo sguardo ad un Klaus visibilmente sconvolto -Forse è il caso che mandiate a casa i vostri amici e ci raggiungiate nel salone della residenza. È sempre stata la mia stanza preferita- affermò, incamminandosi verso l'entrata seguito dagli altri due.
Jacqueline e Alexandra si scambiavano sguardi preoccupati e insicuri, non capendo affatto ciò che era appena successo.
-Noi veniamo dentro con voi- disse Damon alle loro spalle.
La bionda annuì -Ragazzi, mi dispiace. Non capisco cosa stia succedendo, ma... vi prego di tornare a casa-
Gli interessati capirono la loro apprensione e se ne andarono pochi minuti dopo. Solo Klaus rimase finché non se ne furono andati tutti.
-State attenti a ciò che potrebbe succedere questa notte. Potrebbe essere l'ultima su questa terra-
Detto questo si dileguò a velocità accelerata e nel giardino rimasero solo i quattro ragazzi e il dubbio.


L'uomo che ancora non aveva avuto l'occasione di parlare, si alzò al loro ingresso e li invitò a sedersi di fronte a loro.
-Avevo detto solo le due ragazze-
-Loro staranno qui con noi- affermò Jacqueline -Potete dire tutto quello che volete in loro presenza-
-Bene- continuò il signore biondo -Mi chiamo Alois Van der Wegen e come potete capire sono vostro parente-
Alexandra trattenne il fiato -L'Alois dei diari sugli esperimenti?-
-Vedo che siete informate. Ora, vi chiederete come mai io sia ancora vivo...-
-Non penso che sarà necessario spiegarcelo. Abbiamo già una vaga idea- continuò la mora.
Frederik, il padre, prese parola -Alois, se hanno letto i diari sanno già della nostra esistenza-
-“Nostra” esistenza?-
-State dicendo che anche voi siete vampiri?- questa volta fu Damon a parlare.
I tre uomini si guardarono con stupore -Cosa intendi con “anche”?-
-Quello che pensi- concluse Alexa.
-Noi siamo Stefan e Damon Salvatore- spiegò il più giovane -E mi scusi, ma cosa intende con esperimenti?-
Alois si alzò in piedi e s'incamminò verso le alte finestre -Sono nato in Olanda nel 1615 e mi sono trasferito qui con la mia famiglia perché da dove venivo non accettavano le mie ricerche. Disegnai io questa casa- disse, ammirando come fosse rimasta pressoché identica -A quel punto continuai i miei esperimenti e conobbi un essere particolare: Klaus Mikaelson. Una sera rincasai tardi e lo trovai mentre uccideva mia moglie, e l'odio per quell'uomo mi fece abbassare la guardia e così mi uccise, non dopo avermi dato il suo sangue-
Tutti i presenti pendevano dalle sue labbra e non osarono interromperlo.
-Mi risvegliai qualche ora più tardi. Solo allora capii cosa si provava ad essere come loro. Smisi di fare ricerche ed esperimenti e decisi che, da quel momento in poi, la famiglia Van der Wegen non sarebbe mai scomparsa-
-E cos'hai deciso di fare?-
-Il primogenito maschio di ogni generazione sarebbe stato trasformato dopo aver procreato. In questo modo la linea di sangue non si spezzerà mai-
-È assurdo- commentò Damon -E comunque non avevate previsto che non sarebbero potuti nascere sempre maschi?-
-Per questo siamo qui- spiegò l'altro uomo, quello più alto -Io mi chiamo Stephan Van der Wegen e sono il padre di Frederik. Vostro nonno-
-Oh, mio dio!- esclamò Jacqueline -Ora ricordo delle vecchie foto-
L'uomo sorrise, amabile.
-E io mi ricordo di voi, Salvatore. Eravate qui negli anni Sessanta del 1800- disse Alois -Ricordo come eravate entrambi legati a Katherine Pierce-
Stefan e Damon sbiancarono nell'udire quel nome -Eravate qui a Mystic Falls in quegli anni?-
-Bhe, io c'ero. Insieme ad altri miei parenti. Stephan e Frederik non erano ancora nati, ovviamente. Ricordo come se fosse ieri che dopo lo scoppio della guerra di secessione americana, i boschi nei pressi del centro abitato furono luogo di scontri tra sudisti e nordisti e, di conseguenza, vennero allestiti dei campi di soccorso per le vittime, che continuarono ad aumentare. Si verificò un drastico incremento a partire dall'anno 1864, quando arrivò la vampira Katherine Pierce, la quale trasformò alcuni abitanti rendendoli dei predatori incontrollabili. Le Famiglie Fondatrici scoprirono questo segreto e fondarono il Consiglio dei Fondatori, che tuttora esiste e si riunisce, e che si riuniva a casa Fell, per trovare un modo per scoprire ed uccidere i demoni. Su consiglio della famiglia Lockwood, si decise di eliminare i vampiri che flagellavano la città. I Lockwood, in realtà, utilizzarono i vampiri come capro espiatorio per proteggere la loro natura di licantropi, incolpandoli degli omicidi da loro perpetrati sugli abitanti di Mystic Falls-
-E com'è possibile che non vi abbiamo mai visti?-
-Sapevamo nasconderci e non dare nell'occhio. Al contrario di qualcun altro che ci ha costretti a fuggire dalla nostra terra e a perdere molti dei nostri cari. Infatti, cinque di noi furono catturati e uccisi dagli uomini delle famiglie fondatrici-
Seguì un lungo silenzio, durante il quale l’unico rumore che si udì fu
-Oddio no, questa è nostra madre con Alaric!- esclamò Jacqueline. 
Frederik s’illuminò. Non parlava con la moglie da tempo e anche se i rapporti non erano terminati nei migliori dei modi non vedeva l’ora di poterla riabbracciare. Udirono dei passi nell’ingresso.
-Mi stai seriamente dicendo che non gli hai risposto?- sembrava divertita, mentre si dirigeva nell’antico soggiorno. 
-No no, dico solo che mi ero addormentato e non...- Alaric si fermò -Ehi, wow-
Arleene sbiancò -Oh mio dio, che ci fai tu qui?- chiese, parlando a Frederik -Chi sono loro?-
-Beh, papà già lo conosci. Lui è Stephan, il nonno e Alois è...- Alexandra cercò la parola adatta.
-Un nostro parente nato nel ‘600- continuò Jacque.
-E sono tutti...- 
-Vampiri- annuì Frederik.
-Ho bisogno di sedermi- le figlie lasciarono il posto alla madre -Voi cosa ci fate qui? Come se non ci fossero abbastanza vampiri in questa stanza- 
-Vuole che ce ne andiamo?- chiese gentilmente Stefan. 
-No è meglio se restate, nel caso volessero attaccarci- sentenziò Alaric.
Alois rise -Se avessimo voluto farlo, l’avremmo già fatto. Volevamo solo informarci dell’attuale condizione delle ragazze, per portare la generazione Van Der Wegen avanti. Ma ahimè sono vampire, perciò è nostro dovere trovare un’altra soluzione-
Fu Stephan a prendere la parola -Volevamo solo chiedervi se per questo tempo potreste ospitarci in casa vostra e... nostra- 
Arleene guardò le due figlie -Non c’è abbastanza posto per tutti- 
-Oh suvvia, Arleene. So bene com’è fatta questa casa. È abbastanza grande per la nostra famiglia- proferì Alois, allargando teatralmente le braccia. 


-Ci serve un piano- enunciò Damon, mentre si trovava in cucina con Stefan e Jacqueline. 
-Sì, ma non possiamo parlarne qui, ci sentono- la ragazza mimò le parole con la bocca. Aveva troppa paura che Alois potesse sentire. Non temeva il padre o Stephan, il nonno. Era Alois, con i suoi piccoli occhi, a incuterle terrore. Non le piaceva per nulla, aveva un’aria tremenda nonostante assomigliasse molto a Frederik.
-Ho un’idea- Alexandra entrò in cucina sorridente -Dobbiamo tenerli d’occhio, no?- disse, senza preoccuparsi del tono di voce che usava.
-Ti possono sentire, parla piano!- esclamò Damon.
La bionda abbassò il tono di voce, fulminando con lo sguardo il maggiore dei Salvatore -Mentre loro staranno qui, nostra madre si trasferirà da Alaric- sorrise maliziosa guardando la sorella -Io e Stefan staremo qui, voi due invece andrete a casa Salvatore!- sorrise di nuovo, fiera del suo “piano”.
-Non se ne parla- fu la risposta di Stefan, braccia incrociate ed espressione corruccia -Tua madre andrà da Alaric, quello va bene. Ma voi due starete a casa nostra, saremo noi a stare qui, con i vostri antenati o qualunque cosa siano- 
-Darebbe troppo nell’occhio se tu e Damon vi trasferiste improvvisamente qui e senza di noi- affermò Jacqueline.
-Ha ragione Stefan. E non lo dico perché di solito mi piace darti contro. Anche se devo ammettere che è sempre piacevole, fratellino- 
Stefan fulminò con lo sguardo Damon -Tu e la tua ragazza dovete smetterla di fulminarmi in quel modo, o finirò per pensare che mi vogliate morto-
-Non sai quanto mi piacerebbe- sorrise, questa volta ironica, Alexa. 
-Comunque- Jacqueline interruppe lo scambio di battutine acide -Non sarete voi due a stare qui. Nel caso ci attaccassero, Damon riuscirebbe a gestire meglio la situazione- 
Alexandra sapeva che aveva ragione però non demorse -Non ci attaccheranno dal nulla, dopotutto è nostro padre-
-È uno sconosciuto, non è nostro padre. Non ci ha mai scritto, non ha mai chiamato per chiederci come stavamo o per dirci dov’era- la sorella maggiore sfogò in parte la rabbia che aveva dentro di sé.
-Ti prego Jacque, fammi stare qui. Lo voglio conoscere, ho pochissimi ricordi di lui- Alexandra guardò Damon -Ti prego- 
I due sospirarono -E va bene, speriamo non accada nulla- 



Nel prossimo capitolo...
-Avete una moglie davvero deliziosa. Tenetevela stretta-
Alois lo guardò camminare per il vialetto di sassi e scomparire all'improvviso. 
Allora è come credevo Pensò a bocca aperta Ci sono ancora vampiri in città! 

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Capitolo 29
*** Alois Van der Wegen ***


Rotterdam, Dicembre 1646
 
-Silenzio in sala!- esclamò il giudice, richiamando l’attenzione di tutti i presenti nell'antico tribunale -Signor Van der Wegen, i vostri continui esperimenti stanno disseminando preoccupazioni e ansia nei cittadini di Rotterdam. Per questo motivo la Corte ha deciso all'unanimità che dovrete lasciare il Paese entro quattordici giorni a partire da oggi-
Alois Van der Wegen cercò di contenere lo stupore, ma i suoi occhi lo tradirono.
-Vostro Onore, considero questo provvedimento alquanto avventato-
-La decisione è stata presa! Vi preghiamo di abbandonare l'udienza seduta stante-
 
-Adrianne, mia cara- Alois chiamò la sua giovane moglie appena la vide seduta nella sua poltrona, intenta a ricamare un pezzo di stoffa pregiata -Ho una pessima notizia da darvi...  Dovremo lasciare il Paese-
-Oh, buon Dio! Per quale ragione, amore mio? -
-A quanto pare i miei esperimenti turbano la popolazione-
-E dove pensate di andare? Ho sentito dire che le Alpi italiane vantano un meraviglioso paesaggio-
-Ne ho sentito parlare anche io, ma pensavo di navigare fino alle Americhe-
-È un viaggio lungo... - disse la donna esplicitando il suo dubbio.
-Certo, ma in quelle terre c'è molta libertà di professione. Potrò svolgere i miei esperimenti senza intoppi!-
Ovviamente neanche la moglie sapeva a che genere di esperimenti si riferiva, ma a quell'epoca la donna non doveva immischiarsi nel lavoro del marito.
Proprio in quel momento sbucò da dietro la porta della sala da pranzo, un piccolo ragazzino intorno ai sei anni.
-Prendiamo la nave, padre?- chiese tutto emozionato.
-Certo, piccolo Egbert- disse l'uomo prendendolo in braccio -Fra qualche giorno partiremo-
 
 
Mystic Falls, Aprile 1647
 
-Questa è la nostra nuova casa? È bellissima, padre!-
Alois e Adrianne guardarono il figlio che correva verso il grande portale all'esatto centro dell'edificio.
-É molto bella, Alois. Di che stile è?- chiese la moglie, ammirando l'immenso edificio dominato da enormi finestre.
-É tardo gotico. Molto elegante, non trovi?-
-Davvero molto- convenne la donna, abbracciando il marito -Si addice perfettamente al vostro stile-
Varcarono la soglia e subito un'immensa scalinata s'imponeva davanti a loro. Alla loro sinistra si apriva  una salone enorme dal soffitto altissimo che occupava praticamente tutta la parte sinistra della casa. Un nuovissimo pianoforte a coda occupava l'angolo meridionale e a quello opposto si trovava una possente armatura. Esattamente al centro di una delle pareti era situato un altissimo caminetto in pietra, che dal soffitto arrivava fino a terra.
 
 
-Ti prego, basta! Fermati!- urlava l'ennesima delle sue cavie, sdraiato in un lettino con delle cinture di ferro a fermarlo.
Alois appoggiò l'affilato strumento in acciaio, sbuffando -Hai ragione. Oramai non scopro più niente di nuovo su di voi. Pensavo che venendo in una nuova terra, avrei scoperto nuove cose, ma evidentemente mi sbagliavo...-
Lasciò la stanza dello scantinato della sua casa e ritornò dopo qualche secondo con un paletto di legno stretto tra le mani.
Gli occhi del vampiro si illuminarono di furore per un istante -Perché ostinarsi con queste ricerche, pazzo? Se sai già tutto su di noi, per quale motivo non mi lasci libero?-
-E permettere così che le mie scoperte vengano divulgate e un esercito di immortali suoni alla mia porta?- chiese in tono canzonatorio -In tal caso sarei pazzo!-
Alzò il pezzo di legno sopra la testa e senza esitazione lo conficcò dritto nel cuore del vampiro.
Prese il suo quadernetto e depennò il nome dell'uomo, l'ultimo della sua lista.
 
 
Era ormai arrivata l'estate del 1647 e un caldo torrido invadeva la calma cittadina che sarebbe stata fondata con il nome di Mystic Falls.
Quella mattina, Alois stava tornando dal mercato locale e non vedeva l'ora di entrare al fresco della sua casa. Appena varcata la soglia, Adrianne arrivò di corsa annunciando la presenza di un facoltoso ospite.
Curioso di scoprire la sua identità, seguì la moglie nel grande salone.
-Tesoro, ti presento Niklaus Mikaelson, un importante commerciante della zona-
-Non ho mai sentito parlare di voi, signore- disse Alois, stringendo la mano dell'uomo e incontrando quegli occhi particolarmente azzurri.
Lui sorrise affabile -Questo perché mi sono trasferito qui da pochi giorni. Ho sentito che anche voi venite da lontano...-
-Certo- rispose Alois, sorpreso dalla curiosità di quel Niklaus -Purtroppo non ero ben visto dai miei concittadini-
-Oh, questo sì che è un gran peccato!- esclamò con visibile finzione -Per quale motivo? Se è lecito chiedere...-
Il padrone di casa optò per dire la verità -Praticavo degli esperimenti poco... convenzionali-
Niklaus sorrise con furbizia -Praticava?-
Alois affinò lo sguardo. Quell'uomo sapeva qualcosa che nessuno avrebbe dovuto sapere.
Un silenziò imbarazzato invase la stanza.
-Signori- intervenne Adrianne, alzandosi dall'antico divano -È di vostro gradimento del thè?-
-Vi ringrazio molto, signora- iniziò Niklaus -Ma ora proprio non posso fermarmi oltre. Sarà sicuramente per un'altra volta-
-È stato un piacere conoscerla, signor Mikaelson. Permettete che l'accompagni alla porta- propose Alois, facendogli segno di seguirlo.
-Avete una moglie davvero deliziosa. Tenetevela stretta-
Alois lo guardò camminare per il vialetto di sassi e scomparire all'improvviso.
Allora è come credevo Pensò a bocca aperta Ci sono ancora vampiri in città!
 
 
Alois passò i mesi seguenti a cercare un modo per rintracciare Niklaus Mikaelson, che sembrava essere scomparso nel nulla.
Una sera uscì con degli importanti esponenti della città, i signori Lockwood e Gilbert, e come ogni volta rientrò molto tardi, quando la sua signora stava già dormendo da molto.
Aprì l'ampia porta a doppi battenti e fu sorpreso dal non trovare Anthony, l'usciere, pronto a prendere i cappotti. Si diresse, allora, verso la sala da pranzo, dove avrebbe sicuramente trovato le domestiche che preparavano il tavolo per la colazione della mattina seguente.
Uno strano odore lo travolse subito prima di entrare nella stanza e quando vide i corpi squartati sparsi sul pavimento capì che dovevano essere quelli. Dopo aver ispezionato la stanza con lo sguardo e stabilito che non c'era nessuno, si avvicinò. Esaminò i corpi delle domestiche con occhio scientifico e restò basito nel vedere che erano completamente prosciugati. Non c'era nessuna goccia di sangue che sporcava il pavimento o il mobilio.
Niklaus pensò immediatamente, per poi urlarlo a squarciagola -NIKLAUS!-
Corse più veloce che poté verso le stanza da letto della moglie e del figlio e, arrivato nel corridoio, vide che la porta di quella padronale era spalancata. Si fermò all'improvviso, sentendo un vuoto e il senso d'ansia crescere dentro di lui. Chiuse gli occhi, contò fino a cinque e li riaprì. Camminò con passo deciso fino all'entrata della camera e vide ciò che stava succedendo.
-Niklaus- sussurrò con un filo di voce. Ma bastò a far sì che l'uomo si voltasse verso di lui, con gli occhi irrorati di sangue e la bocca che ne grondava abbondantemente.
-Buonasera, Alois- disse quest'ultimo, lasciando cadere il fragile corpo della donna -Non pensavo sareste tornato così presto. Mi era stato detto che le vostre uscite serali duravano un po' più a lungo-
-Che cosa le avete fatto?- domandò disperato, guardando la moglie che giaceva inerme sul grande letto.
-Credo che lo sappiate bene, Alois- iniziò Niklaus, pulendosi la bocca -L'ho mangiata-
Si gustò il suo sguardo terrorizzato e rise tra se e se -Avevo ragione nel pensare che fosse deliziosa, sapete?-
A quel punto Alois perse il lume della ragione e si scaraventò verso l'assassino di sua moglie.
-Maledetto! Perché l'hai fatto?-
-Potrebbe non sembrare, ma tengo molto ai miei figli e voi ne avete uccisi un bel po'. Sia qui che in Olanda-
-Quindi hai sempre saputo dei miei esperimenti- costatò sconvolto -Cosa significa “tuoi figli”?-
Niklaus sospirò, seccato dal dover raccontare tutta la storia della sua sventurata famiglia.
-Un vampiro Originale?- alla fine del racconto, Alois non sapeva più distinguere da ciò che era vero e ciò che non lo era -Questo cosa comporta?-
-Tutto quello che devi sapere è che non sarò una tua cavia da laboratorio, ma ho in mente un regalo per te- lo informò, passeggiando per la stanza -Per quanto ti donerei uno dei miei fratelli per i tuoi esperimenti, al momento non so dove si trovino quindi ho pensato ad un'altra cosa-
Si avvicinò ad Alois e lo squadrò dalla testa ai piedi -Ancora non ho capito se i vampiri ti piacciano o se ti ripugnino... Comunque, lo scopriremo presto-
In una frazione di secondo si morse un polso e forzò Alois a bere il proprio sangue, mentre lottava per non farlo.
-Sarà curioso scoprire cosa farai dopo. Qualcosa mi dice che ce l'avrai a morte con me!- esclamò divertito dalla piega che avevano preso gli eventi -Ci vediamo tra qualche centinaia d'anni-
Fece pressione sul collo e glielo spezzò, abbandonando la camera da letto. Quando passò davanti ad un'altra stanza, si accorse che la porta era aperta. Al suo interno, un bambino lo guardava con occhi terrorizzati e pieni di lacrime.
Niklaus gli si avvicinò -Entra in camera e dormi fino a domani mattina. Aspetta che sia tuo padre a chiamarti per la colazione-
Il bambino si trovò costretto ad obbedire e si chiuse la porta alle spalle.
Non sapeva perché l'aveva fatto, ma quel bambino sarebbe stato un'interessante pedina da osservare.
 
Alois sentiva dei suoni in lontananza e un ricordo imminente lo tormentava. Si ricordò di sua moglie Adrianne e spalancò gli occhi, trovandosi accecato dalla luce che entrava nella stanza.
Si alzò di scatto, senza fare alcuna fatica e la vide distesa sul letto tra le lenzuola imbrattate di sangue. Non appena lo vide, sentì una strana sensazione, come una voce che lo chiamava verso il sangue. Accarezzò il volto della moglie e sentì che era ancora un po' calda. Non doveva essere morta da troppo tempo.
-Scusami, tesoro-
Non ci pensò due volte e bevve dal suo collo. Si allontanò quasi subito, disgustato da quello che aveva appena fatto e un solo pensiero invadeva la sua mente, più forte del sangue.
Niklaus Mikaelson.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Lo sceriffo e il sindaco stanno lavorando all’insaputa del Consiglio- constatò Stefan.
-È da tempo che non ci informano sulla situazione corrente- fece spalla il fratello maggiore -Temo che abbiano sospetti, meglio stare attenti- avvertì, guardando ogni vampiro presente alla “riunione”.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo delle autrici:

Buongiorno a tutte! Questo capitolo è stato veramente divertente da scrivere, volevamo spiegarvi chi è Alois, le sue origini, perché e come si è trasformato e il motivo dell’odio verso l’Originale Niklaus.
Speriamo di non avervi annoiato troppo ;)


Cogliamo anche l’occasione per farvi i migliori auguri di Buon Natale, sperando che sotto l’albero possiate trovare Ian, Paul, Daniel o Joseph... insomma, alla fine uno vale l’altro, no?
Abbuffatevi quanto potete e poi ci ritroveremo con un nuovo capitolo il 27 Dicembre che, per vostra gioia, non sarà l’ultimo di quest’anno, dato che pensavamo di pubblicare anche il 30 Dicembre, in modo da concludere in bellezza questo 2014.
 
Dunque un augurio speciale a tutte le lettrici che recensiscono, Alexa e Jacque vi vogliono tanto bene, ma anche quelle che non recensiscono, che non sono da meno <3


Grazie mille ragazze!



   

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Capitolo 30
*** Il piano del Consiglio ***


Caroline Forbes quella mattina si svegliò di buon umore. Risvegliarsi tra le braccia di Klaus era un buon metodo per iniziare bene la giornata. Inoltre, il fatto che i due fossero nudi, la diceva lunga. 
-Buongiorno, tesoro- la salutò con un bacio, assaporandosi quel momento di pace, prima che l’uragano Caroline si mettesse in moto. L’abbracciò. Quei momenti per lui erano così rari, erano pochissime le volte in cui si era svegliato così di buon umore per qualcosa che non fosse uccidere qualcuno o mettere in atto una vendetta. In parte poteva capire Rebekah e la smania di farsi una famiglia. 
-Buongiorno- gli sorrise, appoggiando la testa al suo petto. Klaus accarezzò quella folta chioma bionda.
-Stamattina cosa devi fare?- 
-Andare a scuola, poi devo andare a scegliere il vestito per miss Mystic Falls. Non vedo l’ora che arrivi quel giorno- sospirò, pensando a quanto aveva lo aspettato e che ormai stava per giungere.
-E... chi ti accompagnerà al ballo?- chiese, poco prima di beccarsi un’occhiataccia dalla ragazza.
-Che domande! Tu, ovviamente. E dovrai essere impeccabile, anche se so già che lo sarai- gli diede un lungo bacio per poi alzarsi, avvolta dal lenzuolo fino. Si rivestirono velocemente e andarono in sala da pranzo a fare colazione, sotto lo sguardo perplesso della madre. Da una parte Klaus le piaceva, sembrava un ragazzo maturo, ma non era un po’ troppo grande per la figlia? 
-Caroline, dovrei parlarti- le disse, facendole cenno con la testa di andare in salotto.
La bionda, svogliata, si diresse in salotto, seguita dalla madre che chiuse la porta non appena vi entrò. 
-C’è un problema- cominciò, sperando che la figlia non l’avrebbe uccisa per ciò che stava per dire -Miss Mystic Falls potrebbe non tenersi- sospirò, guardando l’espressione che Care aveva in volto. 
Stupita, perplessa, indignata, furiosa. La ragazza cercò di dire qualcosa, ma dalla bocca non uscivano altro che sbuffi di rabbia. Aveva bisogno di sfogarsi. Strinse le mani in pugni fino a farsi male, cercando di controllarsi.
-Cosa vuol dire?- chiese, evitando lo sguardo della madre. Non voleva che la vedesse piangere, sebbene tutte e due sapessero quanto teneva a quella cerimonia. 
-Sono troppi gli eventi pericolosi che stanno avvenendo, non ce la sentiamo di mettere a rischio tante persone in una sola volta- le spiegò, abbracciandola.
Prese un lungo respiro -Mamma, non possiamo rimandare una tradizione di 150 anni! Io... io ci tengo, voglio parteciparci. Sai benissimo che è da quando avevo 8 anni che mi preparo per tutto questo. No, non lo accetto. Miss Mystic Falls si farà lo stesso!- 
-Caroline, non fare così. Anche a me dispiace- continuò, poco convincente.
Una volta che si fu calmata e riprese il controllo di sé stessa seppe cosa dire -Facendo così allarmerai la città. Penseranno che il Consiglio nasconda qualcosa e la gente si preoccuperà- 
Liz pensò che la figlia non avesse tutti i torti. La tradizione di Miss Mystic Falls non era mai stata annullata prima d’ora, nel bene o nel male -E va bene. Convincerò il sindaco- 
La ragazza abbracciò la madre, saltandole addosso -Grazie, grazie mamma!- si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Sciolsero l’abbracciò quando Klaus bussò alla porta del salotto.
-Tesoro, è tardi. Devi andare a scuola- la informò, entrando nella stanza.
Salutò la madre e prese i libri per poi dirigersi verso scuola con il suo ragazzo. 

-Quindi che si fa?- chiese Bonnie, sedendosi a fianco di Jeremy. 
Il gruppo di amici aveva deciso che quest’ultimo avrebbe potuto restare con loro, per non dare problemi a Bonnie. Anche se Stefan portava ancora del rancore verso di lui, per aver ferito Alexandra tempo addietro.  
-Niente, aspettiamo che se ne vadano- Jacqueline fece spallucce -E intanto speriamo che non facciano danni- 
Il piccolo gruppetto di amici si era ritrovato davanti a scuola, una volta terminate le lezioni, per discutere di ciò che era accaduto la sera precedente. Ovviamente parlavano dell’arrivo inaspettato degli antenati. 
-Cosa potrebbero fare di così grave?- domandò Matt.
-Oh beh, da Alois mi potrei aspettare di tutto. Inquietante quel tipo...- rabbrividì Damon. 
-Quando ci diamo il cambio?- Alexandra si rivolse alla sorella. Alla fine avevano deciso che per alcuni giorni lei e Stefan sarebbero stati a casa Van Der Wegen mentre Damon e Jacque sarebbero stati a casa Salvatore.
-Dopodomani. Stanotte non ho chiuso occhio, ero troppo preoccupata per voi due- disse, alzando gli occhi al cielo. 
-E vostra madre dove sta?- chiese Jeremy.
-Con Alairc- la risposta di Jacque fece rimanere tutti a bocca aperta.
-Stanno insieme?- chiese Caroline, la quale come al solito voleva sapere tutto della questione.
Bonnie guardò stupita la bionda -Care! Ti sembrano domande da fare?- 
-Cosa c’è di male? Due persone adulte si possono ancora frequentare. Comunque sappiate che io sono per il pairing Arleric, li vedo troppo bene insieme- 
Stefan la interruppe -Quindi cosa si fa?- riprendendo la domanda che Bonnie aveva posto inizialmente. 
Confusione generale. Nessuno sapeva come comportarsi davanti ad una situazione così strana. Alla fine giunsero alla conclusione che sicuramente Alois, Stephan e Frederik non erano lì per un’allegra rimpatriata familiare, come aveva detto Damon. Il piano era quello di aspettare e indagare cautamente, compito che aspettava alle due sorelle.
-Oddio, Alexandra sono le quattro!- esclamò Care improvvisamente, guardando il cellulare. La ragazza la guardò confusa -Non dirmi che ti sei dimenticata... Dobbiamo andare a scegliere il vestito per Miss Mystic Falls, che tra parentesi ha rischiato di essere cancellato- 
-Aspetta, cosa?- chiese Bonnie stupita.
-Merda, il concorso! Non mi ricordavo di essermi iscritta... meglio se veniva annullato- Alexa non aveva voglia di partecipare, ma la madre l’aveva praticamente costretta.
-Sei seria? Il concorso non è mai stato annullato in tutti questi anni. Chi te l’ha detto?- anche Jacque era tanto stupita quanto Bonnie.
-Mia madre. Stamattina- sbuffò, cercando di non far ritornare il nervosismo.
-Io non ne so niente, eppure il Consiglio dovrebbe esserne al corrente- Damon guardò Care con sguardo inquieto.
-Lo sceriffo e il sindaco stanno lavorando all’insaputa del Consiglio- constatò Stefan.
-È da tempo che non ci informano sulla situazione corrente- fece spalla il fratello maggiore -Temo che abbiano sospetti, meglio stare attenti- avvertì, guardando ogni vampiro presente alla “riunione”.
-Bene, andiamo Alexa. Meglio sbrigarci prima che le altre sgualdrine scelgano il vestito migliore- 
-Wow, è determinata a vincere- osservò Matt -Ah giusto, dimenticavo che si chiama Caroline Forbes- 
I presenti risero, alleggerendo la tensione presente per gli ultimi avvenimenti. Non sembravano mai trovare un momento di pace. Ogni volta che risolvevano un problema ne venivano fuori altri di più complessi. Ma la loro era una vita diversa dalle altre. Tutto era cambiato quando la loro semplice umanità era terminata e si erano risvegliati vampiri dopo essere morti. 


-Quindi che vestito hai scelto?- domandò Stefan, una volta in camera da letto. 
Alexandra si buttò sul letto a pancia in su -Non te lo dirò, lo vedrai quando scenderò dalle scale- disse sorridendo. 
Erano le nove, ma entrambi erano stanchi dopo essere andati a caccia. Alois e Stephan erano 
in studio a parlare degli anni passati, mentre Frederik stava bevendo dello scotch in salotto, 
osservando il camino scoppiettare. 
-Nemmeno un indizio?- insistette, distendendosi al suo fianco e cominciando a baciarle il collo. 
La ragazza rabbrividì -Non mi estorcerai alcuna informazione, Salvatore- 
-Sicura?- chiese un’altra volta. La sua mano finì su quella di lei, muovendosi pericolosamente verso l’interno coscia. 
-Smettila, Stefan!- esclamò ridendo. Gli prese la mano e l’appoggiò sul suo fianco -Sarò muta come un pesce-
Stefan fece una smorfia, facendola ridere nuovamente. Si baciarono con trasporto, mentre si 
abbracciavano stretti come in una morsa. Stava per togliergli la maglia, ma si fermò prima che la 
situazione degenerasse -Ci sono i...- 
-Giusto, i tre antenati vampiri che potrebbero sentirci- 
-Tra cui mio padre-
Stefan annuì, sorridendo e dandole un ultimo bacio -Vai a parlagli, ti servirà per conoscerlo meglio. Io ti aspetto qui mentre leggo- prese il libro che c’era sul comodino -Cime tempestose. Seriamente? Andava di moda nella mia epoca. Comunque una buona dose di allegria, eh- la punzecchiò.
-Ehi, stai zitto! È uno dei libri che preferisco- si difese -Vado a parlare con Frederik, a dopo- e uscì dalla porta di camera lasciandolo solo.


Nel frattempo a casa Salvatore, Jacqueline e Damon stavano cenando con un paio di buste di sangue, interrotti solo dal frinire dei grilli che proveniva dal giardino.
-Tu lo sapevi?- domandò ad un certo punto Jacque.
Damon la guardò accigliato e perplesso -Sapevo cosa?-
-Dei miei antenati... Che anche loro erano vampiri-
-No-
-No?- chiese in tono canzonatorio -Vuoi dire che hai vissuto per più di vent'anni accanto ad una famiglia di vampiri e non ti sei mai domandato niente?-
-Jacque, a quel tempo non ero ancora un vampiro e non sapevo riconoscere chi lo era. Per di più, ora che mi ci fai pensare, quei tizi non uscivano mai di casa, quindi non avevo molte occasioni per parlarci!-
-E tuo padre, che era il promotore della caccia ai demoni, non ha mai sospettato di loro?-
-Come ben sai, meno parlavo con lui, meglio stavo- la informò aprendosi una nuova busta.
-Oh, ok- assentì, fissando il pavimento.
-Ehi, che succede?- chiese, sedendosi accanto a lei e passandole un braccio sulle spalle.
Le scappò una lacrima che non aspettò un istante ad asciugare con il palmo della mano -Non so. Questa notizia mi ha sconvolto, credo- ammise, abbandonandosi nelle sue braccia -Insomma, scoprire così dal nulla che tutti i miei antenati sono vampiri...-
Questa volta le lacrime uscirono più copiose -Mi domando cos'avrebbero fatto se io e Alexa fossimo state ancora umane. Ci avrebbero costrette a sfornare figli in modo da poterli trasformare?-
Damon la strinse ancora di più a sè -Questo non l'avrei mai permesso. Perchè non avrei mai potuto essere io il padre di quei figli-
Jacqueline sorrise, sollevata -Grazie- mormorò, baciandolo dolcemente sulle labbra.

 
-Ho fatto come mi hai detto tu, Carol- disse Liz, quando rimasero sole a casa Lockwood -Ho detto a mia figlia dei problemi in città e che il ballo si terrà ugualmente-
-E lei come ha reagito?-
-Non so... Come al solito. Sei ancora convinta che lei e i suoi amici possano c'entrare qualcosa?-
Carol si versò una tazza di infuso alle erbe con aggiunta di verbena -Non sono sicura di tua figlia, ma i Salvatore hanno sicuramente una parte in queste uccisioni-
-Questo lo credo anche io, ma non è detto che siano stati loro. Potrebbero esserci altri vampiri in città-
-Spero vivamente che non sia così. Quindi hai capito quando agiremo?-
Lo sceriffo Forbes annuì fermamente -Al concorso, dato che c'è stato il rischio di cancellarlo. Quando saranno tutti lì e nessuno si aspetterà niente-
-Soprattutto Damon Salvatore-

Nel prossimo capitolo...
-Se Damon era lì...-
-... significa che anche Frederik è uno di loro. E anche quell'uomo, suppongo. Non credo che stessero facendo una riunione padre-figlia-fidanzato-
-Questo significa che Jacqueline Van der Wegen è...?- chiese, lasciando la frase a metà.
-Un vampiro!- 

 

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Capitolo 31
*** Indagini ***


Note delle autrici:
Buonasera a tutte!
Questo qui è l’ultimo capitolo che pubblichiamo per quest’anno. Il 2014 è stato un anno di grande produttività per noi, speriamo che anche il 2015 lo sia!
Abbiamo partorito l’idea malsana di scrivere The End of an Ordinary Life in aprile e, con nostra grande sorpresa, siamo riuscite a finirla a luglio (sono circa 36 capitoli, quindi manca pochissimo!) e dunque a pubblicarla a metà Agosto.
Ma, ebbene sì, c’è un ma, The End of an Ordinary Life non è finita qui. Io e Jacqueline, siamo orgogliose di annunciarvi che ci sarà un SEQUEL che si intitolerà Sudden Change... non vi dico altro, ho già parlato troppo!

Oltre a questo vi anticipiamo che abbiamo molto altro in cantiere - al momento infatti stiamo scrivendo un’altra longfic (che verrà pubblicata molto più avanti) e da poco abbiamo cominciato a stendere la trama di una fanfiction AU - sempre stando fedeli al fandom di The Vampire Diaries.
Insomma, se ci seguirete anche durante il 2015 non ve ne pentirete, anzi;)
BrokenArrows
 
 
 
 
 
 
 
 
Era già da un giorno che Damon e Jacqueline avevano fatto a cambio con Stefan e Alexandra, ma non avevano ancora scoperto niente di strano.
-Forse, dopotutto, sono venuti qui davvero per dirci quella cosa della generazione e ora che hanno scoperto che siamo vampiri, stanno pensando a una soluzione-
Damon la guardò con sufficienza -Questa sì che è bella!-
-Beh, genio- gli rispose per le rime -Allora illuminami e dimmi cosa vogliono fare-
-Io credo che c'entri qualcosa Klaus- ipotizzò, sistemando i bicchieri nella credenza.
-C'entra sempre Klaus, Damon. Non è una novità-
Il ragazzo sbuffò -Se mi lasci finire... E credo che il papà e Stefan versione nonno non siano molto d'accordo con i suoi piani-
-Quindi proponi di parlarne con loro e sperare che siano dalla nostra parte?-
Damon annuì con un'espressione poco convinta -Non ci resta che provare-
 
 
La mattina seguente, Jacqueline e Damon seguirono Frederik e Stephan che entravano al Grill.
-Mi sento ridicola!- esclamò la ragazza -Si saranno già accorti che li stiamo pedinando-
-Se si sono accorti e non hanno fatto niente, significa che abbiamo ragione-
Più convinti di prima, varcarono la soglia ed entrarono nel locale.
Seduti ad un tavolo, videro i due uomini che gli fecero cenno di accomodarsi.
-Dovrete dirci qualcosa di davvero importante se avete aspettato a seguirci proprio quando non c'è Alois- suggerì Stephan.
-Beccati- convenne Damon -Ma ora veniamo al punto del discorso. Avete idea di quello che vuole fare quel pazzo?-
Frederik sorrise -Certo che lo sappiamo. E sappiamo che voi volete saperlo-
Seguì un silenzio carico di tensione.
-Papa?- intimò Jacque, perdendo la pazienza.
Fu il nonno a rispondere -Vuole uccidere Klaus-
-Ah!- esclamò Damon -Lo sapevo!-
-Cosa vuol dire che vuole ucciderlo?- chiese Jacque -Se Klaus muore, per quanto non mi dispiacerebbe, moriranno tutti i vampiri che discendono da lui-
Stephan abbassò lo sguardo -Lo sa perfettamente, ma lui è convinto di farlo ugualmente-
-E sacrificherebbe le vostre vite per farlo?- domandò un incredulo Damon -E quelle delle vostre figlie, Frederik?-
-È per questo che lo uccideremo prima che possa fare fuori Klaus- disse quest'ultimo sottovoce.
Damon sogghignò -Comincia a piacermi tuo padre, Jacque-
Anche lei annuì -Avete un piano?-
-Certo- rispose Stephan -Ma saremo noi ad ucciderlo. Abbiamo dovuto sopportare e prendere parte a tutte le sue idee malsane-
-Quindi è lui che uccide tutte quelle persone qui a Mystic Falls!- realizzò istantaneamente Jacqueline.
I due uomini abbassarono lo sguardo in segno di assenso -Ci sta mettendo sempre più in rischio-
-Dovete sapere che non è sempre stato così...- iniziò Frederik -C'è stato un periodo durante il quale era più pacato, ma la voglia di vendetta contro Klaus prende spesso il sopravvento e quando succede non ragiona più-
Una voce femminile li raggiunse dalle loro spalle -Frederik Van der Wegen?-
Damon contrasse la mascella Ci mancava anche questa! -Liz, cosa ti porta in questo covo di minorenni sotto l'effetto dell'alcool?- chiese, cercando di alleggerire la situazione.
La donna lo ignorò completamente -È da tantissimo tempo che non ci vediamo. Come mai sei tornato?-
Frederik non si aspettava certo di incontrare qualcuno che si ricordasse di lui -Elizabeth Forbes. Sempre in divisa come ai vecchi tempi!-
I due si abbracciarono nostalgici, ma all'improvviso lo sguardo dello sceriffo divenne serio e preoccupato -Non sei cambiato di una virgola, Frederik-
Gli altri tre seduti al tavolo si scambiarono delle occhiate cariche di tensione, consapevoli che quell'aspetto della faccenda non sarebbe andato a loro vantaggio.
-Eh, già! Me lo dicono in molti e mi ritengo molto fortunato- spiegò, ridendoci su.
Si vide chiaramente che Liz non se l'era bevuta, ma finse di averlo fatto -Dovrai svelarmi il tuo segreto, allora! O sarò costretta a scoprirlo con i miei mezzi... Ci vediamo ragazzi- disse, rivolgendosi a Jacqueline e Damon.
-Bene, bene... Un'altra seccatura di cui occuparsi- si lamentò quest'ultimo.
 
 
-Dobbiamo proprio?- chiese Stefan, guardando di sbieco Alexandra, che si avvicinava al divano con una bottiglia di vino e due calici -Sono le 11 di mattina e-
-E dobbiamo festeggiare- concluse la frase per lui, cogliendolo alla sprovvista -Festeggiamo il fatto di essere morti una volta ma di essere ancora in vita- il ragazzo la guardò male -Oh, dai Stefan è solo un pretesto per bere del buon vino! Sai bene che la vostra cantina è uno dei motivi per il quale sto con te- scherzò, porgendogli bottiglia e calici e sedendosi al suo fianco.
-Va bene. Cerca almeno di non sporcarmi la camicia- disse, indicando il capo che Alexa indossava -Anzi, potrei averla indietro? Vorrei vestirmi se possibile-
La ragazza sbarrò gli occhi -No no, non hai capito nulla. Finché non ci dedichiamo ad altre attività, tu starai così- disse, apprezzando il suo petto scoperto. Aprì la bottiglia e versò del vino nei due calici -A noi due- disse prima di scolarlo tutto in un colpo. Stefan la imitò.
-Cosa succederà se il Consiglio scopre della nostra esistenza?- chiese improvvisamente.
-Non lo so. Probabilmente la soluzione più efficace sarebbe quella di rinchiudere tutti i membri del Consiglio fino a quando non smaltiranno la verbena per poi soggiogarli- rispose, non sapendo in realtà come avrebbero agito -Oppure li facciamo fuori- scherzò.
La ragazza sembrò sorpresa -Ehi, sarcasmo da Damon Salvatore-
-No, il mio è migliore- affermò l’interessato, entrando nel grande soggiorno con Jacqueline -Per favore fratellino, indossa qualcosa. Non vorrai traumatizzare le qui presenti signorine, no?-
-Sì, anche tu Alexa...- confermò la sorella maggiore.
I due si vestirono velocemente per poi essere informati di ciò che era accaduto al Grill.
-Quindi avevamo ragione!- esclamò la ragazza, quando seppe che suo padre e suo nonno erano dalla loro parte.
-Avevo ragione- puntualizzò Damon.
-E qual è la brutta notizia?- domandò Stefan.
-Hanno dei sospetti sulla loro identità- spiegò Jacqueline sedendosi sul comodo divano -Lo sceriffo Forbes è arrivato mentre eravamo al Grill e ha riconosciuto nostro padre. Ha fatto notare come non sia invecchiato di un giorno e ci ha implicitamente fatto capire che se non lo ammetteremo, lo scoprirà lei-
-Quindi Caroline non si sbagliava- convenne Alexa -Sua madre sta davvero tramando qualcosa-
-Comunque sia- iniziò Damon -ci hanno rivelato parte del piano per uccidere Mister Vendetta-
-E con il Consiglio cosa facciamo?- domandò Jacqueline, preoccupata quanto la sorella.
-Per ora nulla, abbiamo una questione più importante da risolvere- affermò Stefan, trovando l’approvazione del fratello.
 
 
Arleene stava preparando la cena, cosa che non faceva da una vita dato che in casa se ne occupava la domestica, quando il telefono di casa Saltzman squillò.
-Mamma!- esclamò Jacqueline -Come stai?-
­­
-Ehi, tesoro- era contenta di sentirla, non si vedevano da circa una settimana, dall’arrivo di Frederik -Io sto bene. Lì da voi va tutto bene?-
-Sì sì- rispose mentendo. Non voleva che la madre dovesse sopportare inutili macigni -Come va la tua convivenza con Alaric?-
Arleene sospirò -Bene, anche se delle volte è imbarazzante. Ora sto cucinando, dovrebbe tornare tra un po’ dato che oggi aveva delle riunioni con i professori, credo-
-Uh uh, sembrate già marito e moglie- scherzò la ragazza, facendo ridere la madre.
-Ma Jacque! Non sono più abituata alle relazioni serie ed è da una vita che non ho un appuntamento- disse malinconica -Inoltre lui è un vostro professore e non mi va di-
-Senti mamma- la interruppe -Sei una bella donna, forte e sicura. Non è un problema per me e Alexandra se ti rifai una vita, saremo contente per te. Provaci con Alaric e vedrai, secondo me andrà tutto bene-
Seguì un momento di silenzio -Ahh se non ci fossi tu Jacqueline, grazie tesoro. Salutami tutti e dai un bacio a tua sorella da parte mia. Adesso ho una cena da preparare e un uomo affascinante che mi aspetta. Ciao ciao-
-Ci sentiamo- e riattaccò.  
 
 
Klaus entrò in casa e si diresse verso l'imponente salone. Osservò ogni songolo dettaglio di quella stanza e notò la mancanza di una sola cosa: la sua famiglia. Si trovò a pensare a sua sorella Rebekah e di come si sarebbe innamorata velocemente di qualche ragazzo umano, per poi costringerlo a fargli dimenticare o ad ucciderlo. In fondo, Klaus aveva passato la sua intera esistenza a stroncare le relazioni della sorella e nemmeno lui sapeva per certo qual era il motivo che l'aveva spinto a farlo. All'improvviso sentì il bisogno di andarli a trovare. Scese una ripida rampa di scale e si ritrovò davanti ad una porta in legno massiccio. L'aprì e li vide proprio come li aveva lasciati qualche mese prima.
Si avvicinò ad una grande bara e ne svelò il contenuto: aveva proprio trovato sua sorella. Dopo qualche minuto di silenziosa meditazione aprì anche le altre tre. Klaus restò nella sala delle bare per quelle che gli sembrarono ore e si decise ad uscirne solo quando realizzò a tutti i problemi che gli avrebbe causato la sua famiglia se avesse deciso di riportarli in vita.
 
 
Il campanello di casa Forbes suonò.
Liz andò ad aprire e Carol fece capolino nell'ingresso -Ti ho portato dell'altra verbena- le disse, mostrandole un sacchettino di stoffa -Mettila anche nel caffè di Caroline. Di questi tempi non è più al sicuro-
Lo sceriffo Forbes annuì e fece cenno alla sua ospite di seguirla in cucina, dove stava finendo di preparare la colazione per la figlia.
-Ho una brutta notizia da darti, Carol- iniziò, mentre aggiungeva delle gocce di verbena nella caraffa del caffè.
-Sembra che non finiscano mai- rispose lei, con tono demoralizzato e accettandone una tazza.
-Frederik Van der Wegen è tornato in città- tagliò corto.
Carol la guardò da sopra la tazza -E come sarebbe una cattiva notizia? Non eravate nella stessa classe ai tempi delle superiori?-
-Certo, non è questo il problema. Ho il vago sospetto che anche lui sia un vampiro-
Per poco non le andò il caffè di traverso -Cosa?-
-Lo so, sembro un'imprudente a fare queste supposizioni, ma non è cambiato di una virgola! Ha ancora l'aspetto di un trentenne-
-Dai, Liz! Non puoi esserne sicura. Forse ha solo la fortuna di invecchiare molto lentamente e molto bene-
-No, Carol- la interruppe -Gliel'ho letto negli occhi quando gliel'ho fatto notare-
-Stai dicendo che anche lui sospetta che tu lo sappia? Liz, dobbiamo stare attente con chi parliamo e cosa diciamo...-
-E non è tutto, Carol. Con loro c'erano la figlia Jacqueline e Damon Salvatore, oltre ad un signore che non ho mai visto prima. Non appena ho parlato dell'aspetto, tutti e tre si sono agitati-
-Se Damon era lì...-
-... significa che anche Frederik è uno di loro. E anche quell'uomo, suppongo. Non credo che stessero facendo una riunione padre-figlia-fidanzato-
-Questo significa che Jacqueline Van der Wegen è...?- chiese, lasciando la frase a metà.
-Un vampiro!-
 
 
Quella mattina, Jacqueline e Alexandra non fecero in tempo a scendere dall'auto che Caroline le assalì -C'è un gravissimo problema!-
Ormai avevano imparato che quando Care le avvicinava alle spalle di soppiatto ed esclamava la parola 'problema', dovevano aspettarsene uno bello grosso.
-Ho sentito mia madre parlare con il sindaco, di nuovo- la lasciarono iniziare senza opporsi -Non che sia una novità, ma stavolta mi sono preoccupata per davvero. Non ho colto tutto il discorso, ma stavano parlando di vostro padre e di come abbia notato che non sia invecchiato di un giorno- disse guardandole una ad una -Ha dei sospetti su di lui e...-
-'E' cosa, Care?- la intimò Alexa.
-E su di te, Jacque-
La ragazza spalancò gli occhi scuri -Su di me? Com'è possibile?-
-Penso che, avendovi visti insieme a Damon al Grill, abbia collegato un po' di cose-
-Ma è ridicolo!- esclamò Alexandra -Lei sta insieme a Damon e ci lavora al Grill!-
-Lo so, è una conclusione un po' forzata, ma il fatto è che non si sbaglia. Cavolo, per poco non mi avvelenava con la verbena stamattina!- disse tossendo.
-Potresti essere in pericolo anche tu, Alexandra- le fece notare la sorella.
Caroline annuì -Forse non dovresti partecipare a Miss Mystic Falls ed esporti troppo-
-No, Care. Se non partecipo si insospettiranno anche di me- disse con convinzione -Dobbiamo andarci tutti-
La bionda non sembrava molto convinta, ma si trovò obbligata ad annuire.
La campanella suonò, facendole sussultare.
-Credo che dovremmo parlarne con Alaric- disse all'improvviso Jacqueline -Lui è praticamente l'unico umano che sa chi siamo e potrebbe recuperare altre informazioni più precise su quello che ha effettivamente scoperto il Consiglio-


 
Trovarono Alaric poco dopo e, non appena Alexandra gli spiegò ciò che Caroline le aveva raccontato, l’uomo ammise che la situazione era abbastanza pericolosa -Dobbiamo... anzi dovete fare attenzione. Vi darò una mano, ma non so fino a quanto posso arrivare-
Le due sorelle annuirono -Intendo comunque partecipare a Miss Mystic Falls, non posso tirarmi indietro ora, attirerei solo sospetti-
-E va bene. Avete altro da dirmi? Devo scappare a lezione- disse di fretta.
Jacqueline sospirò -Una buona e una cattiva notizia. Quale vuoi prima?- domandò, cercando di non farsi sentire dagli studenti che passeggiavano lungo il corridoio.
-Dimmi la cattiva-
Fu Alexa a rispondere -Hai presente Alois, il nostro amato antenato? Beh, ecco lui vuole uccidere Klaus. Facendoci così morire tutti-
-La bella notizia è che abbiamo nostro padre e il nonno dalla nostra parte. In più, abbiamo già pensato ad un piano per mettere fuori gioco Alois- concluse la mora, con un sorriso trionfante.
Anche Alaric sembrò un attimo più tranquillo -E quale sarebbe questo fantastico piano?-
-Te lo spieghiamo mentre ti accompagniamo in classe, qui ci sono troppi occhi e orecchie per i nostri gusti- si incamminarono verso i vasti corridoi della scuola, facendo attenzione a chi incontravano.
-Alois dovrà essere a casa nostra e, per essere sicure che ci sarà, inviteremo Klaus. Lo vorrà tenere d’occhio, quindi non si muoverà per tutta la sera. Ci sarà anche Bonnie e su questo abbiamo un vantaggio: lui non sa che lei è un strega. Utilizzerà un incantesimo per immobilizzarlo, dunque Frederik o Stephan lo impaletteranno. Mettendo fine ai suoi piani di vendetta- spiegò tutto d’un fiato la bionda.
-Tadàà- fece eco la sorella maggiore.
-È semplice ma efficace, mi piace- affermò sinceramente Alaric -Ma dovrete stare attente. Lui potrebbe aspettarselo e, per quanto impossibile, potrebbe aver trovato un modo per uccidere Klaus-
Le due annuirono nuovamente. Stavano cercando qualche frase per tranquillizzarlo quando la campanella suonò -Dobbiamo andare anche noi, ci vediamo!- esclamarono in coro, perdendosi tra la folla di studenti.



 
 
 
 
 

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Capitolo 32
*** Preoccupazioni non programmate ***


-Non ho mai visto mia sorella più agitata di così- ammise Alexandra a Stefan, avvicinandosi al gruppetto di amici. C’erano Jacque, Caroline, Bonnie, Matt e anche Damon.
Era la seconda settimana di giugno e, mentre per i ragazzi del quarto anno significava l’inizio dell’ultima settimana di scuola, per quelli del quinto era l’inizio della tortura: gli esami finali. Quel lunedì c’era la prima prova e Jacqueline sembrava alquanto spaventata.
-Ce la farai, tranquilla- le stava dicendo Damon, abbracciandola.
-Te la caverai, per te sarà una passeggiata!- esclamò la sorella minore, aggiungendosi all’abbraccio e beccandosi un’occhiataccia dal ragazzo.
-Sinceramente- disse riemergendo dall’abbraccio di gruppo -Sono più preoccupata per stasera, che per l’esame-
Caroline sospirò -Deve proprio venire Klaus stasera? Non vorrei gli accadesse qualcosa...-
-È la parte fondamentale del piano, deve esserci- rispose Stefan - È un Originale Ibrido, più forte di lui non credo ci sia nessun’altro. Tranquilla Care, non gli succederà nulla. Promesso-
-Anche perché se muore lui, moriamo tutti- constatò Alexa, freddamente.
-Grazie! Proprio quello che volevo sentirmi dire- Jacqueline guardò la sorella scocciata, per poi avviarsi a passo spedito dentro scuola, lontano dal resto della gente.
-Bene, l’hai fatta incazzare- osservò Bonnie, per poi seguire Jacque.
-Oh, ma cos’hanno stamattina?- chiese Alexa, non capendo tutta l’agitazione presente nell’aria -Capisco che quella di stasera non è una missione facile, ma non bisognerebbe calmarsi?-
Damon fece spallucce -Sapere che reagisce così mi fa star bene. Vuol dire che la sua umanità è ancora intatta- la campanella suonò -Me ne vado, a stasera ragazzi- e si diresse verso l’auto parcheggiata non lontano nel parcheggio.
-Andiamo in classe?- domandò Caroline ai due rimasti: Stefan e Alexandra.
-Andate voi due, io devo parlare un attimo con Damon. Vi raggiungo subito- seguì a passo spedito il maggiore dei Salvatore, lasciando i due basiti.
-Cosa diavolo stanno combinando quei due?- domandò la bionda, non appena vide Damon fare cenno ad Alexa di montare in macchina.
-Non ne ho la più pallida idea- ammise Stefan, guardandoli in lontananza -Andiamo Care, o faremo tardi a lezione-
 
Bonnie seguì per un pezzo Jacque, lungo i corridoi della scuola che gremivano di studenti esaltati per il vicino avvento delle vacanze. Stava pensando di andare a tranquillizzare l’amica, ma persino lei non ce l’avrebbe fatta. Dopotutto anche Bonnie era in agitazione. Sarebbe toccato a lei pronunciare l’incantesimo che avrebbe immobilizzato Alois. Si diresse verso l’ufficio di Alaric, dove era sicura che l’avrebbe trovato. Ma lì non ce n'era traccia. Girò mezza scuola, per finire in biblioteca.
-Scusi, ha visto il professor Saltzman- domandò alla bibliotecaria, una vecchietta che, nonostante il caldo, indossava un pull viola.
-Deve ancora arrivare, tesoro. Doveva ritirare questi libri stamattina ma non è ancora passato- indicò una pila di libri ammuffiti in un angolo -Strano da parte sua, quell’uomo è sempre in perfetto orario-
Quella frase la fece rabbrividire Che gli sia successo qualcosa? Si chiese, pensando alle peggiori delle ipotesi. No Alaric, mi servi ora.
-Grazie lo stesso- uscì dalla biblioteca di corsa, impaurita e senza sapere cosa fare. Stava camminando verso la sala del preside per chiedergli se aveva sue notizie quando andò a sbattere contro Jeremy.
-Ehi Bon, tutto apposto?- le chiese, vedendola terrorizzata.
-Non trovo Alaric, ho bisogno di lui. Devo chiedergli dell’incantesimo e che Jacque non si sente bene io... io- per un momento vide tutto nero, la testa diventò pesante -Ho bisogno di sedermi- e poi il nulla.
 
-Cosa diavolo è successo?- Stefan entrò in infermeria sbattendo la porta, preoccupato.  Dietro di lui, Caroline.
Jeremy spiegò l’accaduto -Ha avuto un calo di pressione. Si sente in ansia per stasera ed è svenuta-
-Ma sta bene, vero?- chiese la bionda, avvicinandosi al lettino dove Bonnie era stata sdraiata.
-Sì, deve solo riposarsi e non fare sforzi eccessivi- l’infermiera entrò dalla porta, con in mano una tazza -Dategliela quando si sveglia, le servirà zucchero- e se ne andò, lasciandoli soli.
-Caroline, va a chiamare Alaric. Tu, Jeremy, chiama Damon. Digli di venire subito qui. Io mando un messaggio ad Alexandra e Jacqueline- disse Stefan con estrema calma, meditando sul da farsi.
-Jacqueline ha l’esame oggi, credo sia meglio lasciarla stare. Almeno finché non finisce- fece osservare Caroline, poco prima di andare a cercare Alaric.
-Hai ragione- ammise, scrivendo ad Alexa.
Non appena i due arrivarono, contemporaneamente, Damon esclamò -Oh santo cielo, ci mancava solo questa, dannazione!- sospirò, alzando lo sguardo al cielo -Stefan, la porto a casa nostra. Là starà tranquilla, nessuno le metterà pressione o qualsiasi cosa del genere- Trovò l’approvazione del fratello minore. 
Jeremy si oppose -Perché a casa vostra? A casa sua si sentirebbe meglio, no?-
-Senti, Gilbert- cominciò -La streghetta Bennett mi serve viva per stasera e, dato che non voglio che le accada nient’altro, la terrò personalmente sott’occhio- prese la ragazza in braccio con estrema facilità.
-Allora vengo anch’io- disse sicuro Jeremy, seguendolo.   
 
Jacqueline tirò un gran sospiro di sollievo quando consegnò il suo tema. Fortunatamente non aveva dovuto soggiogare nessuno per riuscire a scrivere qualcosa di decente sull'argomento, e si sentì soddisfatta per come aveva affrontato la situazione. Non erano tanti i vampiri che sostenevano esami senza barare. Ammesso che ce ne fossero che andassero a scuola. Lei, d'altra parte, era riuscita a conciliare lo studio con l'ansia di quello che sarebbe successo la sera stessa e che era successo da quando era diventata un vampiro.
Non aspettò un attimo e uscì dalla stanza, per trovarsi nell'affollato corridoio.
Accanto al suo armadietto c'era Alaric, che molto probabilmente la stava aspettando.
-Com'è andata?- domandò con un sorriso, prima che lei potesse riferiglielo.
-Molto bene! Non ho soggiogato nessuno!- esclamò, fiera di sè.
Alaric allargò le braccia per abbracciarla, ma lei lo fermò -Ehi, così penseranno che ci sia del romantico tra di noi- sussurrò scherzando. 
L'uomo scoppiò in una risata spontanea, che fece girare tutti gli studenti lì intorno.
-La vedo di buonumore oggi, professor Saltzman- costatò Jacqueline, cercando di sviare le attenzioni della gente.
-Rick?- la voce di Stefan li fece voltare -Dove diavolo sei stato per tutta la mattina? Dobbiamo aggiornarci sul piano-
Lui parve colto alla sprovvista -Ehm, ero a casa... occupato-
Jacqueline lo guardò con la bocca spalancata, elaborando le parole di Alaric -Oh, mio dio! Non dirmi che tu e mia madre...?-
A un suo cenno positivo e super imbarazzato, fu lei a stringerlo fra le braccia, incurante delle occhiatacce degli studenti. Lui e sua madre "vivevano" insieme da un po' e Jacqueline era felicissima che si fossero avvicinati. Arleene aveva bisogno di un uomo come lui, e Alaric di una donna come lei.
 
All'ora di cena erano tutti in sala da pranzo ad aspettare con ansia il grande momento. Avevano deciso di chiamare per cena tutti i loro amici, sapendo che anche Frederik, Stephan e Alois sarebbero stati in casa.
Arleene aveva avuto la brillante idea di concedere la serata libera alla domestica, per evitare che vedesse qualcosa di strano e illegale.
Dato che la casa ospitava praticamente solo vampiri, e che avrebbero avuto bisogno di tutte le energie necessarie, decisero di preparare una cena a base di sangue. Ovviamente Arleene, Alaric, Jeremy e Bonnie avrebbero mangiato qualcosa di adeguato alla loro dieta.
Bonnie storse ampiamente il naso quando vide le sue amiche per quello che erano veramente. Non le erano mai piaciuti i vampiri, e da quando Caroline, Alexandra e Jacqueline lo erano diventate, i loro rapporti si erano leggermente danneggiati, ma aveva deciso di aiutarle lo stesso per sconfiggere un nemico comune ed evitare che tutti i suoi amici morissero.
-Beh, ragazzi- iniziò Damon, stanco di aspettare -Passiamo al "dessert"?-
A quelle parole tutti si tesero, tranne Klaus, che sorrideva speranzoso.
 
I presenti sapevano che Alois si trovava in veranda con Stephan e Frederik, come stabilito, e, tutti insieme, uscirono con un bicchiere di spumante in mano.
-Festeggiate qulacosa, ragazzi?- chiese il padre delle sorelle in un tono che sembrava quasi innaturale. Ovviamente lui sapeva che era tutta una messa in scena, ma doveva reggere il gioco.
Alexandra si aprì in un sorriso -Tra meno di una settimana finisce la scuola, papà!-
-Non mi sembra di averti mai visto con le mie nipoti- disse Alois all'improvviso, rivolgendosi a Bonnie.
Negli occhi della ragazza passò un lampo di paura -No, signore. Mi chiamo Bonnie Bennett e sono una loro compagna di scuola-
-Una Bennett, eh?- mormorò tra sè e sè -Hai già sperimentato i tuoi poteri da strega?-
-Solo in piccola parte, signore- mentì lei -Riesco ad accendere le candele e a volte mi riesce qualche incantesimo di localizzazione, ma nulla di più-
Caroline si voltò verso di lei con un'espressione forse un po' troppo perplessa. Da quando Bonnie sapeva mentire così bene?
-Oh, è un gran peccato!- esclamò Alois, schioccando la lingua sul palato -Dovresti fare più pratica, ragazza-
-Certo, signore- rispose lei, abbassando lo sguardo, ma una frazione di secondo dopo, li rialzò e pronunciò ad alta voce, senza staccare gli occhi da quelli di Alois -Merabas Hic Libatal, Confremun Signas. Omus Quisa Tentum Exalis, Merabas Hic Libatal Confremun Signas. Omus Quisa Tentum Exalis!-
Alois cercò di muoversi, ma l'unica cosa che ottenne fu rovinare sulle piastrelle della veranda, sotto gli sguardi frementi di ansia o di desiderio dei ragazzi.
-Maledette Bennett! Siete sempre state delle bugiarde manipolatrici! Non sai cosa ti aspetta...-
-Non mi sembra il caso di lanciare minacce- sogghignò Klaus -Non immagini cosa darei perchè sia io a darti il colpo di grazia- aggiunse, avvicinandosi al suo viso -Ma ho dato la mia parola che mi sarei tenuto da parte per lasciare carta bianca ai tuoi parenti. Non è una bella sensazione essere odiati dalla propria famiglia, vero?-
-Klaus!- lo richiamò Alexandra, per evitare che passasse troppo tempo e l'incantesimo svanisse.
-Alois- disse Stephan, inginocchiandosi accanto a lui -Abbiamo sempre saputo che qualcosa non andava in te, ma ti abbiamo perdonato quando ci hai trasformati e ci hai costretti ad abbandonare le nostre vite-
-Ma non ti permetteremo di rovinare quelle delle mie figlie e dei loro amici. E, soprattutto, non ucciderai Klaus e ci condannerai tutti a morte solo per la sete di vendetta che nutri nei suoi confronti-
-Voi non sapete quello che ha fatto alla mia famiglia! Non potete nemmeno immaginare lontanamente ciò che ho provato quando ho visto mia moglie senza vita, accanto a me... Lui merita di morire nel peggiore dei modi possibili!-
-E sentiamo...- iniziò l'interessato -Come avresti programmato di farlo?-
Alois sorrise beffardo -Ho i miei segreti, Niklaus...-
Frederik estrasse il paletto di legno da sotto la giacca leggera e lo alzò sopra il petto del proprio antenato -Hai parlato abbastanza, Alois. Non vogliamo che la povera Bonnie si sia sforzata per niente-
-È stato un piacere lavorare con voi, fratelli-
-Già... Non posso dire lo stesso per noi- concluse Stephan, voltandosi dall'altra parte, mentre Frederik pugnalava il cuore di colui che era stato un compagno di viaggio e di vita.
Tutti guardarono il volto di Alois diventare sempre più grigio e spento, finchè tutto il suo corpo non si seccò.
-Non so se sentirmi sollevata o in lutto- proruppe Jacqueline, prendendo per mano Damon.
-Credo che sollevata sia il termine più adatto- le rispose Alexandra -Adesso la nostra vita non è più appesa a un filo-
-Pensate che sia così semplice uccidermi?- domandò Klaus, leggermente offeso da quell'affermazione.
Caroline lo guardò con rimprovero -Abbiamo appena ucciso una persona che voleva ucciderti... Non creiamone altre, per favore!-
Una risata generale si alzò nella sera, sciogliendo la tensione che fino a pochi attimi prima attenagliava i corpi dei ragazzi.
 
Jacqueline ed Alexandra videro Stephan da lontano, mentre guardava il vuoto, seduto sulla veranda della casa. I loro amici se n’erano andati da poco e, con loro, anche Stefan e Damon che si stavano occupando del corpo senza vita di Alois.
-Tutto bene?- chiese Alexandra, raggiungendo il nonno sotto al gazebo.
Stephan sospirò, portando lo sguardo prima su di lei, poi su Jacqueline che si era seduta al suo fianco -Sì, ragazze-
Seguì un momento di silenzio, interrotto da Jacque -Mi dispiace per Alois, ma non potevamo fare altro-
-Ha messo a rischio la vita di tutti noi. Non avrei mai permesso che potesse farvi del male- rispose, con una punta di tristezza -Ma dopotutto non posso non essere dispiaciuto per la sua morte, lo conoscevo fin da troppo tempo. Ne abbiamo passate tante insieme-
-Cosa farai ora?- domandò Alexandra.
-Non lo so, mi piacerebbe restare qui per conoscere la mia famiglia e stare con voi, ma purtroppo di questo io e Frederik dobbiamo ancora parlare-
Le ragazze annuirono, facendo calare nuovamente il silenzio. Non avevano avuto molto tempo per conoscerlo veramente, da quando erano arrivati lì. Ma ora, restava l’eternità.
O forse no pensò amaramente Alexandra, pensando a quello che si era detta con Damon.
 

                                          
 

Nel prossimo capitolo...
-Credi di riuscire a fare un incantesimo di localizzazione?- domandò Caroline a Bonnie.
-Non adesso e non qui. C'è troppa confusione e non ho i materiali necessari. Inoltre, se sono stati davvero rapiti dai membri del consiglio, non possiamo fare niente per aiutarli. Se ci scoprissero faremmo la loro stessa fine- spiegò sottovoce al gruppo di ragazzi.
 
 

 

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Capitolo 33
*** Miss Mystic Falls ***


Era passata già più di una settimana dalla sera in cui uccisero Alois Van der Wegen, e tutto sembrava fin troppo tranquillo: la situazione con Klaus si era calmata e il Consiglio non aveva più creato alcun problema. 
La mattina di Miss Mystic Falls era arrivata e il campanello di casa Van der Wegen suonò alle prime luci del giorno.
Jacqueline si rivoltò nel letto -Io la uccido...-
Anche Damon sembrava essersi svegliato -È arrivata Caroline?-
-E chi, sennò?- domandò, alzandosi infastidita dal letto -Le avevamo detto di arrivare presto, ma così è troppo presto- si vestì velocemente, aprendo la porta di camera sua.
-Care?- chiese Stefan, anch'egli uscito dalla stanza.
Il campanello suonò nuovamente -Ragazzi, so che siete in casa!- sentirono Caroline chiamarli, spazientita dell’attesa.
Jacque annuì, arresa -Tanto vale andare a fare colazione- poi guardò il ragazzo, che senza maglietta, metteva in mostra i suoi addominali scolpiti -Ma prima è meglio se ti vesti un po'...-
-Non preoccuparti Stefan, stai pure così... eheheheh- ridacchiò Alexandra, precipitandosi ad aprire all’amica -Ohh, mi aspetta una giornata lunga- sospirò.
Fece un grosso respiro prima di aprire la porta ed essere travolta dall’uragano Caroline.
-Ho portato tutto!- esclamò Care appena la vide -Vestiti, scarpe, trucchi e accessori. Aiutami a portare dentro le valigie. Le mettiamo in soggiorno-
Alexandra si guardò intorno, spaesata e assonnata -Valigie? Ma che diavolo...-
Caroline la guardò, rimproverandola -Alexa, oggi ci sarà il concorso che segnerà le nostre vite e dobbiamo assicurarci di essere pronte e perfette! Non ci sono scusanti- la rimproverò.
-Posso almeno fare colazione?-
-Non abbiamo tempo! E poi il tuo vestito è molto aderente e non mangiare non ti farà altro che bene-
Alexandra parve seccata -Ehi!-
-Hai già fatto la doccia?- domandò ignorandola completamente ed entrando in cucina, portando con sé un trolley blu.
-No- sospirò, guardando Stefan che beveva tranquillamente del caffè.
-La manicure?-
-No- sembrava che anche Damon e Jacqueline si stessero godendo quel teatrino. Tutti e tre ridevano sotto i baffi, attenti a non farsi notare dalla Forbes, che li avrebbe uccisi vedendo le loro reazioni.
-La pedicure?-
-Ehm... no. È davvero necessario?-
Caroline si voltò di scatto -Ma cos'hai fatto fino ad adesso?-
-Dormito?-
 
 
Erano a casa dei Lockwood e ormai mancavano pochi minuti all'inizio del concorso e le ragazze partecipanti iniziavano ad agitarsi, soprattutto Caroline Forbes, che si preoccupava per le cose più inutili -Credi che le spalline siano all'altezza giusta?- domandò ad Alexandra, che non ne poteva più.
-Sì, Care. Sono perfette...- le cominciava a venire l’emicrania.
-E dov'è tua sorella? Doveva aiutarti con l'acconciatura e guarda ora cos'hai in testa!- esclamò, prendendo la piastra e ripassando alcuni boccoli di Alexa.
-Ti avverto- le disse, perdendo la pazienza -Se insinui ancora che sono grassa o spettinata, ti pianto un paletto nel cuore- sussurrò minacciosa.
-D'accordo, hai ragione. Però è comunque strano che non sia arrivata...-
-Si starà godendo qualche aperitivo... Vorrei essere io al suo posto ora. Con questo vestito mi sento un pinguino- si voltò, guardandosi allo specchio.
-Oh non dire sciocchezze, oggi siamo perfette- Caroline indossava un abito lungo color indaco con delle arricciature su tutto il corpetto che arricchivano l'intero vestito e lo facevano cadere perfettamente sul suo corpo. Alexandra invece portava un abito rosa antico con scollatura a barca che veniva ripresa anche sul retro e del pizzo adornava la profondità di quella posteriore, che lasciava scoperta quasi tutta la schiena -Chissà cosa diranno i ragazzi quando ci vedranno!- esclamò entusiasta, strappando un sorriso anche all’amica.
Dalla porta entrò Liz, la madre di Care -Ragazze forza, tra cinque minuti si comincia-


 
Quando Carol, il sindaco, chiamò il nome di Caroline, la ragazza non esitò un istante e scese le scale con infinita grazia. In fondo l'aspettava Klaus, in un abito elegante e classico. In quel momento, Alexandra realizzò che sarebbe stata lei la vincitrice. Erano perfetti.
Alla fine chiamarono anche lei e, non appena iniziò a scendere la scalinata, sperando vivamente di non cadere su quelle scarpe, vide Stefan che l'attendeva, un po' sulle spine.
-Ehi, non pensavo che queste manifestazioni ti spaventassero- gli sussurrò, quando si presero a braccetto.
-Non è il concorso a spaventarmi. Non riesco a trovare Jacqueline e Damon-
-Che cosa?- chiese lei, cercando di non parlare troppo forte.
Stefan si guardò attorno, come per accertarsi che non fossero comparsi all'improvviso -Mio fratello era andato a cercarla, ma non è tornato-
La ragazza sbagliò un passo del ballo per la notizia -Credi che c'entri... il Consiglio?-
-Tranquilla- le sussurrò all'orecchio mentre giravano su loro stessi -Li troveremo appena finirà questo ballo-
 
 
 
Qualche momento prima...
Damon girava per le stanze alla ricerca della sua ragazza. Mentre esaminava il salone, vide suo fratello ai piedi delle scale con altri ragazzi che probabilmente aspettavano di iniziare.
-Hai visto Jacqueline?-
Stefan si guardò attorno -Un attimo fa era al tavolo degli antipasti. Credevo fosse insieme a te. Cos'è successo?- aggiunse, quando notò l'aria ansiosa del fratello.
-Non la trovo da nessuna parte. Vi stanno chiamando, cavalieri. Ti chiamo dopo- lo avvisò, mescolandosi con la folla in attesa della sfilata.
Qualche minuto più tardi, vide lo sceriffo Forbes dall'altra parte della stanza che lo chiamava.
-Ehi, Liz. Che succede?-
La donna gli fece un gesto con il capo -Seguimi. Vorrei parlarti in privato-
Damon era preoccupato per quello che poteva essere successo, ma la seguì ugualmente verso lo studio di casa Lockwood.
Non appena Liz aprì la porta, Damon capì il perché di quel suo sguardo afflitto. In fondo alla stanza c'era Jacqueline, legata ad una sedia con delle corde e svenuta. Probabilmente sotto l'effetto della verbena. Il vampiro si fiondò all'istante verso di lei, cercando di slegare le corde, ma anche quelle erano imbevute di verbena.
-Mi dispiace, Damon- bisbigliò Liz alle sue spalle e un secondo dopo sentì un lungo ago perforargli il collo.
Capì subito che se voleva tentare di non essere catturato, doveva agire immediatamente, prima che la verbena entrasse completamente in circolo. Si girò di scatto e spinse violentemente la donna contro un muro, ma quando si mosse per raggiungerla, sentì già che le forze iniziavano a mancargli. Bastarono altri pochi secondi prima che il buio l'avvolgesse.
 
 
-Credi di riuscire a fare un incantesimo di localizzazione?- domandò Caroline a Bonnie.
-Non adesso e non qui. C'è troppa confusione e non ho i materiali necessari. Inoltre, se sono stati davvero rapiti dai membri del Consiglio, non possiamo fare niente per aiutarli. Se ci scoprissero faremmo la loro stessa fine- spiegò sottovoce al gruppo di ragazzi.
-Quindi restiamo qui con le mani in mano e speriamo che ce li restituiscano?- domandò Alexandra, fuori di sé.
Stefan la tranquillizzò -Bonnie ha ragione. Sicuramente saranno ancora in allarme e se ci vedessero fare qualcosa di compromettente non potremmo fare nulla per aiutarli-
-Quindi resteremo qui e scopriremo chi sarà il vincitore di questo Miss Mystic Falls- concluse Klaus -Più tardi penseremo a vendicarci-
 
 
Jacqueline sentiva il suo respiro farsi sempre più lieve e una goccia d'acqua che continuava a cadere di fianco a lei. Capì di trovarsi sottoterra. Era ancora così debole che non riusciva ad aprire bene gli occhi per costatare se Damon fosse lì con lei e se stesse bene. Probabilmente perse i sensi perché, quando sentì qualcosa di rigido appoggiarsi alle proprie labbra e poi un liquido che le veniva fatto deglutire a forza, si accorse di essersi addormentata.
-Damon?- chiamò con voce roca e socchiudendo gli occhi.
-No. Lui è ancora svenuto- rispose una voce gentile -Devono avervi somministrato una pesante dose di verbena per avervi ridotti così. Bevi, è sangue-
Non se lo fece ripetere due volte e trangugiò tutto il liquido in pochi secondi.
-Chi sei tu? Non fai parte del Consiglio-
-Certo che no. Sono venuto qui io perché i vostri amici non potevano esporsi a questo rischio- le spiegò, aiutandola ad alzarsi, ma si accorse subito che non era in grado di reggersi in piedi. L'alzò di peso e attraversò dei corridoi sotterranei prima di arrivare all'aperto.
-Dove siamo?-
-È la vecchia magione dei Lockwood. I sotterranei, più precisamente-
Jacqueline si guardò intorno con aria spaesata e poi tornò a fissare il suo salvatore -Come ti chiami?-
-Elijah- rispose, adagiandola sul sedile della sua macchina sportiva. Si voltò per tornare all'interno delle grotte, ma una mano lo fermò.
-Elijah... grazie-
Tornò dopo qualche minuto con Damon caricato su una spalla. Evidentemente doveva ancora riprendere conoscenza.
-Hai detto che i nostri amici non potevano venire a prenderci...- iniziò Jacqueline quando l'auto partì -Quanto siamo stati sotto sequestro?-
-Eravate lì da circa sei o sette ore, a giudicare dalle vostre condizioni-
La ragazza si stupì -Da così tanto? E nessuno ha trovato un modo per venirci a prendere?-
Elijah le rispose senza staccare gli occhi dalla strada -Non potevano certo seguirvi. Tua sorella e Stefan, Caroline e mio fratello stavano partecipando ad un concorso. Ah, ultima notizia... Ha vinto Caroline- concluse con un sorriso accennato.
Jacqueline parve contenta -Davvero? Dev'essere al settimo cielo-
-Diciamo che la vostra scomparsa non ha contribuito all'aria di festa-
-Già...-
Nell'auto ci fu silenzio per qualche secondo, prima che Jacque quasi non prese un colpo -Hai detto "mio fratello"? Klaus è tuo fratello?-
Elijah sembrò divertito dalla sua reazione -Ti stupisce così tanto?-
-Sì! Beh, tu sei... gentile- ammise con incertezza, mentre quell'uomo sorrideva veramente per la prima volta.
-Il tuo ragazzo si sta svegliando- disse lui per tutta risposta, tornando immediatamente serio.
-Damon?- Jacqueline si girò sul sedile e vide che stava effettivamente meglio.
-Ehi, dove siamo?- chiese con aria disorientata.
-Elijah ci sta portando a casa. È molto gentile da parte sua-
-Chi?-
-Sono Elijah Mikaelson, piacere-
Damon sbarrò gli occhi e poi si concesse un lungo sospiro -Stiamo per morire entrambi, vero?-
-Non dire così!- lo rimproverò la ragazza -Ci sta davvero portando via da quel posto infernale-
-Voglio che sappiate che non sono affatto come mio fratello, anzi. Sono qui per risolvere una questione in sospeso con lui. Ma dopotutto, tengo molto alla mia famiglia, quindi non potrei mai fargli del male. Anche se a volte lo riscontro davvero insopportabile e odioso. Ma credo che abbiate avuto occasione di notarlo anche voi stessi-
-Quindi saprai che ora ha risvegliato la sua parte di licantropo ed è diventato un ibrido immortale- disse Damon -Quindi se i tuoi piani prevedevano uno scontro corpo a corpo, ti consiglio di cambiare idea-
-Non sono qui per combattere con mio fratello. So bene quanto può diventare spietato-
Jacqueline li interruppe -Lui sa che sei qui?-
-Non ancora-
-E come potevi sapere tutto quello che è successo e soprattutto dove eravamo nascosti?-
Elijah la guardò con superiorità mal celata -Sono un Originale. I miei poteri vanno ben oltre quanto possiate immaginare e di certo non mi mancano le doti di osservazione. Un posto circondato da uomini armati di pistole con proiettili di legno nasconde di certo qualcosa-
-Bene, siamo arrivati- annunciò dopo qualche minuto.
Scesero tutti e tre dall'auto e notarono che dovevano esserci un po' di persone in casa, dato il numero di vetture.
-Posso entrare in casa, Jacqueline?- le chiese, una volta arrivati sulla soglia.
La ragazza guardò prima lui, poi Damon che stava annuendo, anche se di mala voglia.
-Prego-
Raggiunsero le voci che provenivano dal soggiorno e quando arrivarono videro che c'erano tutti i presenti al concorso: Alexandra, Stefan, Bonnie, Matt, Caroline e Klaus.
Quest'ultimo sembrava essere davvero stupito.
-Buon giorno, Niklaus- lo salutò cortesemente il nuovo arrivato, sistemandosi la giacca.
Klaus storse le labbra in un sorriso compiaciuto -Benvenuto, fratello-
 
 
Nel prossimo capitolo...
-Benvenuto a casa, fratello!- disse Klaus, allargando le braccia in segno di ospitalità
-Dove li tieni, Niklaus?- passò diretto al punto, Elijah.
L'altro fece finta di non capire -Dovrai essere un po' più preciso di così...-

 

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Capitolo 34
*** Welcome back, Elijah ***


Sette ore prima...
Caroline si stava guardando allo specchio, con la fascia di “Miss Mystic Falls” ancora addosso, quando Alexandra entrò nella stanza.
-Muoviti, Care. Dobbiamo trovare Jacqueline e Damon- le disse cercando di non farsi sentire dalle altre concorrenti. La bionda era un po’ dispiaciuta, quell’abito le stava a meraviglia, ma dovevano cercare la sorella, e quello le sarebbe stato di intralcio. Le due si tolsero i lunghi abiti, rimettendosi i soliti comodi vestiti. Una volta pronte si fecero aiutare dai loro ragazzi a trasportare tutte le innumerevoli cose che avevano portato fuori dall’enorme casa dei Lockwood.
-Seriamente avete usato tutta questa roba?- chiese Klaus perplesso.
-No, tesoro. Ma per vincere bisogna essere pronti a qualsiasi eventualità-
Erano appena usciti e si stavano dirigendo verso il parcheggio quando una voce femminile, da loro conosciuta, li chiamò alle loro spalle -Ragazzi, dove state andando? Non vogliamo festeggiare tutti insieme?- Liz era ferma sullo stipite della porta e li stava osservando.  
-Mamma- cominciò Caroline, cercando una scusa -Noi andiamo a casa di Alexandra per... stare tranquilli. Sì, sai... siamo stanchi per il concorso- arrancò, facendo sudare tutti i presenti.
Liz fece una faccia perplessa -Sì, capisco- Perché Stefan Salvatore ed Alexandra non stavano cercando i rispettivi fratelli? Forse non sospettano del loro rapimento. Meglio così pensò Avremo più tempo per occuparci di loro -Va bene- approvò infine -Ci vediamo stasera. Stai attenta- le disse come ultima cosa, guardando i volti paralizzati di Stefan e Alexa. 
-Sì, mamma- rispose la bionda, salendo nella Jaguar dell’amica. 
-Parti, Alexa- ordinò Stefan alla ragazza, alla guida dell'auto. 
-E dove andiamo?-
-A casa tua, per ora. Lì vedremo come agire- affermò convinto, mentre il ruggito della Jaguar si faceva strada tra le numerose macchine.



Bonnie arrivò tre ore dopo con Alaric al seguito.
-Scusatemi, non sono riuscita a liberarmi prima. Tua madre, Care, mi ha fatto un sacco di domande su Jacqueline e... su di voi- spiegò, guardando Alexandra e Stefan -Non mi sono lasciata sfuggire nulla, ovviamente, ma credo che siano seriamente convinti di ciò che stanno facendo-
Alaric annuì, concordando con ciò che la ragazza aveva spiegato -È parso così anche a me... Non parlatene con Arleene, comunque. Le ho solo detto che lei e Damon erano tornati a casa prima. Se lo viene a sapere morirà d'infarto- cercò di sdrammatizzare riuscendo solamente a far fuoriuscire una risatina nervosa -Stephan e Frederik sono a casa?- domandò.
-No, sono andati a caccia. Restano fuori casa per un altro giorno- spiegò velocemente Alexandra, con aria scocciata. Aveva appena discusso con Stefan per andare a cercare la sorella e Damon, ma evidentemente il ragazzo non ne voleva sapere niente -Io esco a cercarli. Non me ne sto qui ad aspettare chissà cosa- disse, alzandosi dal divano e dirigendosi verso l'ingresso. Il ragazzo la fermò prima che potesse uscire dalla stanza.
-Non possiamo!-esclamò per l'ennesima volta -Se li cominciamo a cercare attireremo l'attenzione del Consiglio su di noi- 
-Ma loro già sospettano di noi, tanto vale andarli a cercare! Ormai sono ben sei ore che sono scomparsi, potrebbero anche essere già morti- disse, facendo calare il più assoluto silenzio nella stanza. Tornò a sedersi dov’era prima, sempre tenendo lo sguardo fisso sul Salvatore.
-E cosa dovremo fare, allora? Aspettare?- domandò Caroline, anche lei non riusciva a capire il ragionamento di Stefan. 
-Si! Non possiamo permetterci di dividerci. Se lo facciamo potrebbero attaccarci uno ad uno e noi non lo vogliamo e non possiamo permettercelo- sospirò, cercando lo sguardo di approvazione di Klaus, l'unico che lo sosteneva nelle sue decisioni.  
-Ha ragione- disse, come leggendo nel pensiero di Stefan -Non dobbiamo far altro che aspettare. Almeno fin quando non sarà buio, a quel punto potremmo cercarli senza problemi- 
-E se fosse troppo tardi?- chiese Alaric.
-Questo non dovrà succedere- disse calmo Stefan, sedendosi a fianco di Alexa. Le passò un braccio intorno alla vita e le diede un bacio sulla guancia -Tranquilla, li troveremo prima di domani mattina- 
Erano ormai le sei di pomeriggio. Mancavano ancora due ore al calare del sole e tutti non sembravano che attendere quello. 
-Potremo fare un incantesimo di localizzazione, così poi saremmo avvantaggiati- propose Klaus, guardando Bonnie che, a sua volta, guardò Stefan come per cercare approvazione.
-Non ha tutti i torti- le disse.
La ragazza si alzò dal divano -E va bene, facciamolo. Vado a cercare le cose che mi servono- si alzò e si diresse in cucina, dove sapeva avrebbe trovato alcune candele. 
-Qui in salotto dovrebbe esserci una cartina di Mystic Falls- disse Alexa, cercando nei cassetti -Cazzo, non la trovo- 
-Forse io ne ho una in macchina- disse Caroline -O forse no... Anzi, no, non ce l’ho. Era mia madre che ne aveva sempre una con sè- 
Tra il trambusto generale Bonnie sistemò le candele, cominciando a raccogliere l’energia.
-Sicura che non sia nello studio?- domandò Stefan alla ragazza.
-No no, l’ultima volta era qui. La stavo per buttare, ma poi ho pensato che sarebbe potuta servire e l’ho appoggiata proprio... eccola!- esclamò, rovistando tra il porta riviste -Era in mezzo a Vogue del mese scorso e non...- informò, prima di fermarsi bruscamente e concentrandosi sui rumori che stava sentendo. 
Lei e Stefan si scambiarono uno sguardo speranzoso ma allo stesso tempo preoccupato. Nella stanza  comparvero tre persone. Ad Alexa vennero quasi le lacrime agli occhi a vedere Jacqueline, Damon e... 
-Buongiorno, Niklaus- lo salutò cortesemente il nuovo arrivato, sistemandosi la giacca.
Klaus storse le labbra in un sorriso compiaciuto -Benvenuto, fratello-




Era calato un silenzio assordante nella stanza. Sembrava che i due stessero studiando la situazione: cosa fare, cosa dire. Entrambi non sapevano come agire, ma non lo volevano dare a vedere. 
Il silenzio fu interrotto da Alexa che corse ad abbracciare la sorella -Jacqueline! Tutto bene? Ti stavamo per venire a cercare...- disse, stringendola forte.
-Sì, ora sto bene. Vi racconterò tutto più tardi, vi dispiace?- informò, rivolgendosi agli amici. Capirono che era un modo gentile per chiedergli se potevano andare a casa -Alaric- lo chiamò fermandolo -mamma sa qualcosa?-
Fece cenno di no -Non le ho detto nulla, si sarebbe solo preoccupata. Ora è a casa mia. È meglio se sta lì con me, al sicuro- e se ne andò, non prima di averle dato un bacio sulla fronte -Riposa- 
Nella stanza restavano solo i fratelli Salvatore e i Mikaelson, che non avevano fatto altro che fissarsi per tutto il tempo.
-Beh, volete stare qui e magari fare da soprammobile finché vi guardate romanticamente l’un l’altro negli occhi?- chiese Damon, sarcastico ma ancora dolorante. Si buttò di peso sul divano del salotto, attendendo una risposta da uno dei due, che non arrivò -Dobbiamo lasciarvi da soli?- 
Klaus sembrò risvegliarsi da quella specie di paralisi -No- rispose secco -Che ne dici, Elijah, vuoi accomodarti a casa mia? Non è molto lontana da qui- informò.
Suo fratello annuì, sorridendo -Perché no? Buona serata ragazzi. Jacqueline, se hai bisogno di me, chiamami- 
La ragazza rimase impalata, ma Elijah se ne andò prima che lei potesse dire qualsiasi cosa. Damon la guardò -Esattamente... cos’è successo tra te e mister riga-in-mezzo?- 
-Niente, Damon, niente- 


 
-Benvenuto a casa, fratello!- disse Klaus, allargando le braccia in segno di ospitalità
-Dove li tieni, Niklaus?- passò diretto al punto, Elijah
L'altro fece finta di non capire -Dovrai essere un po' più preciso di così...-
-Sai benissimo a cosa mi riferisco. Sono venuto in questa città per un solo motivo: riavere la nostra famiglia unita-
Klaus si avvicinò ad un tavolino e stappò una nuova bottiglia di whisky -Temo che non sia possibile. In questo momento non sono disposto a farlo-
Elijah percorse la stanza con lo sguardo, notando che era già completamente arredata. Da quanto tempo si trovava in quella cittadina?
-No, fratello. Tu temi che loro non possano più accettarti come membro della nostra famiglia- spiegò Elijah -Non dopo il destino che hai riservato loro-
-Cosa vuoi che sia qualche decennio in una bara, se poi puoi vivere per l'eternità?- chiese sarcastico, mentre sorseggiava il liquido ambrato.
-Quindi devo dedurre che non ti dispiacerebbe trascorrerci del tempo-
Klaus storse le labbra in un sorriso -Elijah: il fratello dall'animo nobile, è tornato!- brindò in suo onore -Non mi eri mancato per niente-



La mattina dopo Damon trovò Alexandra in veranda, mentre beveva del the caldo. 
-Ehi- la salutò, sedendosi davanti a lei.
-Buongiorno. Jacqueline dorme ancora?- chiese, prendendo un biscotto e mangiandolo.
Il ragazzo annuì, capendo dove voleva andare a parare -Dovremo dirglielo prima o poi. Anzi, credo che ormai sia giunto il momento, dato gli ultimi avvenimenti- 
-Sì, ma credi che loro siano d’accordo? Jacque lo sarebbe, ma Stefan...- stava dicendo, quando il diretto interessato sbucò improvvisamente fuori.
-Riguardo a cosa non dovrei essere d’accordo?- domandò, guardando severamente i due. 
Alexandra sospirò -Ti spiegheremo tutto quando mia sorella sarà sveglia- 
-Ah, ma io sono qui- informò la mora, spuntando da dietro Stefan. I due si accomodarono sul divanetto. 
-Spiegherò io, a scarso di equivoci- disse Damon alla bionda -Visto che ultimamente il Consiglio si è dato da fare, io e la qui presente Alexandra Van der Wegen, abbiamo pensato che forse è meglio andarcene di qui- 
I due rimasero letteralmente a bocca aperta -Cosa? Andarcene?- il ragazzo era il più sorpreso.
-Te l’avevo detto che non sarebbe stato d’accordo- fece notare Alexa a Damon -Non subito, per ora faremo finta che non sia successo nulla. Ma se a lungo termine vediamo che le cose peggiorano è meglio fare le valigie e partire. Almeno finché le acque non sia calmano- 
Jacqueline annuì -Sì, hanno ragione, Stefan. Non possiamo stare qui- 
Alla fine anche il minore dei Salvatore convenne che quella era l’idea più opportuna -Quindi tutto qui? Perché ce l’avete tenuto nascosto? Vi avremmo potuto dare una mano- 
-Tu ti saresti opposto fin dall’inizio. Solo quando sarebbe successo qualcosa di simile a ieri saresti stato d'accordo. Tu, Jacque, hai gli esami perciò abbiamo voluto lasciarti tranquilla- spiegò Alexa, tranquillamente. 
-Va bene. Comunque- cominciò la ragazza -io oggi pomeriggio ho il turno al Mystic Grill e ho deciso di andarci. Non voglio farmi mettere i piedi in testa da Liz o da Carol. Voglio solo farle vedere che sono una persona normale, che sa stare in mezzo agli umani- 
I tre annuirono, accettando la sua decisione.



Nel prossimo capitolo...
-C'è qualcuno che vi sta dando la caccia?- gli chiese Elijah, avvicinandosi a lui e aspettando un altro attacco.
-No, ma... Il Consiglio!- realizzò all'istante -Qual è il suo piano?-

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Capitolo 35
*** Frontal attack ***


Note delle Autrici: Godetevi la lettura di questo 35esimo capitolo, è il penultimo di The of an ordinary life! L’ultimo, verrà pubblicato il 21 Gennaio.
Broken Arrows


 
 
 
Quel pomeriggio Jacqueline aveva il turno pomeridiano al Mystic Grill. Sebbene dovesse studiare un macello per gli esami finali di matematica che sarebbero stati di lì a poco, non si sentiva affatto agitata o in tensione. Stare a contatto con la gente la rilassava, anche. Forse perché l'aiutava a dimenticare ciò che era realmente.
Si era fermata ad osservare una coppietta di anziani signori che bevevano insieme ad un tavolo e pensò tristemente che quello non sarebbe mai potuto essere il suo futuro.
Ma poi la sua attenzione fu attirata dalla porta d'ingresso che si apriva. Un volto a lei noto si avviò verso il bancone, dove stava sistemando degli scontrini.
-Buon pomeriggio, Jacqueline- la salutò cortesemente, sedendosi su uno degli alti sgabelli.
Lei ricambiò il sorriso e lo salutò a sua volta con un cenno del capo -Elijah! Prendi qualcosa da bere?-
-Un caffè, grazie-
Jacqueline non riuscì a trattenere un'espressione di puro stupore.
-Ho detto qualcosa di divertente?- chiese lui, un po' a disagio.
-No, no, anzi! È solo che non avevo mai conosciuto un vampiro che non bevesse superalcolici in qualsiasi momento della giornata-
Elijah parve divertito da quell'affermazione -Lo prenderò come un complimento, allora. Non ci sono i tuoi amici a tenerti compagnia oggi?-
-No- rispose mentre versava il caffè in una tazzina -Sono tutti a casa a preparare la cena. Abbiamo ospiti- spiegò, appoggiandosi al bancone con i gomiti.
-Oh... Ci sarà anche mio fratello, immagino-
Per qualche strana ragione le parve che il suo tono fosse diventato estremamente triste. Forse rimanere da solo con Klaus in una casa grande come la loro tutto il giorno non era il massimo, e così parlò senza pensarci due volte -In realtà lui non c'è e se vuoi puoi unirti a noi per la cena!-
-Non mi sembra affatto il caso, Jacqueline- disse respingendo l'offerta cortesemente.
-Figurati! Non c'è nessuna regola che vieti di portare qualcuno-
-In tal caso, sarebbe un onore partecipare alla serata-
-Ed è un onore anche per me ospitarti-
Proprio in quel momento le squillò il cellulare. Era Damon -Ehi, Jacque. Ti serve un passaggio per tornare a casa?-
-Ehm, no grazie- rispose guardando Elijah, che annuì col capo -Mi arrangio a tornare oggi. Ci vediamo tra un po'-
-La mia auto è parcheggiata proprio qui fuori- l'avvisò Elijah.
-Perfetto!- esclamò contenta -Tra dieci minuti sarà finito il mio turno e potremo andare-
 
Anche se il viaggio per casa sua era breve, Jacqueline si sentì un po' a disagio nel percorrerlo insieme a Elijah.
-Hai cambiato taglio di capelli?- domandò, spezzando il ghiaccio.
-Qualcuno mi aveva fatto notare che non era più di moda-
-Oh, beh... Trovo che ti stia molto bene-
-Jacqueline- iniziò lui, senza preoccuparsi di ringraziare -C'è forse un secondo fine a questo tuo invito?-
Lei rimase spiazzata -Certo che no! Vedilo come un ringraziamento per averci salvato-
Finalmente, dopo un paio di minuti, arrivarono nel grande viale illuminato e parcheggiarono proprio davanti all'ingresso. Varcarono la soglia e subito sentirono il vociare provenire dalla sala da pranzo.
-Hey, ciao- salutò tutti, entrando nella stanza.
-Ciao, tesoro- le rispose sua madre -Com'è andata a lavorare?-
-Bene, bene... Ho invitato un amico a cena, mamma- la informò, come se le stesse chiedendo il permesso.
-Va bene, Jacque! Abbiamo preparato così tante cose da mangiare...-
-Chi hai invitato?- le chiese Alexandra, non sapendo proprio chi potesse essere.
In quel momento, come se l'avesse chiamato, Elijah entrò nella stanza -Buonasera a tutti-
I presenti si scambiarono delle occhiate perplesse e Jacqueline si prestò a dare spiegazioni -L'ho invitato per ringraziarlo di averci... ehm, aiutati-
-Come sei premurosa, tesoro. Io sono Arleene, la madre di Alexandra e Jacqueline. Piacere- disse, stringendogli la mano.
-Il piacere è tutto mio, signora. E grazie ancora per l'ospitalità-
Era palese che Arleene era rimasta stregata dai modi di fare di Elijah, così composti ed eleganti -Figurati...-
Damon affiancò la propria ragazza -Che stai facendo? Porti a casa un uomo in presenza del tuo?- le domandò sussurrandole ad un orecchio.
-Lo faccio solo per fargli capire che gli sono grata- gli disse di rimando -Dovresti essermi grata-
Stavano sussurrando per non farsi sentire, ma l'unica che non poteva farlo era Arleene, così decisero di darci un taglio.
-Bene!- esclamò Stefan, battendo le mani per attirare l'attenzione su di sè -Mangiamo?-
 
Un'ora dopo avevano tutti finito di cenare e Jacqueline si alzò, prendendo alcuni dei piatti -Vado a portarli in cucina-
-Lascia che ti aiuti- si offrì Elijah, molto galantemente. E la seguì in cucina, inchiodato dallo sguardo di Damon.
Alexandra si sporse verso Stefan -Che cavolo sta succedendo?-
Per tutta risposta inarcò le sopracciglia e finì in un sorso il suo Porto.
-Ragazzi- iniziò Arleene, alzandosi dalla sedia -Noi andiamo di sopra. E mi raccomando... Sparecchiate tutto- disse, indicando il tavolo imbandito.
-Agli ordini, capitano!- esclamò Alexandra, dirigendosi anche lei verso la cucina, curiosa di ciò che stavano combinando quei due.
Quando aprì la porta li trovò in silenzio, mentre riempivano dei calici con del sangue.
-Ma...?- esordì la bionda, non aspettandosi una scena del genere.
Jacqueline si girò con un bicchiere mezzo pieno -Avevamo pensato di finire la cena in bellezza-
-Ne abbiamo preparato anche uno adatto ai gusti di Stefan- disse Elijah, indicando un calice appoggiato sull'isola della cucina.
Alexandra era senza parole -Wow... Grazie!
-Ma guardatevi un po'- intervenne la voce sarcastica di Damon -Sembrate proprio una coppia di sposini che inaugurano la loro casa nuova!-
Jacqueline lo trafisse con lo sguardo -Non sei simpatico, Damon-
-Hey, hey, ragazzi- s'intromise Stefan, prendendo il suo bicchiere -Che ne dite di andare fuori all'aria fresca? Credo che stasera ne servirà un bel po' per calmare mio fratello- borbottò tra sè e sè, imboccando la via per la veranda.
Jacqueline lo guardò mentre s'incamminava -Quanto vino ha bevuto?- domandò riferendosi a Damon.
-Oh, giusto un po'- rispose Stefan, indicando due bottiglie vuote appoggiate sul tavolo.
Jacqueline alzò gli occhi al cielo, seguendo il ragazzo a passo spedito.
-Cosa dici, ne vedremo delle belle stasera?- domandò Alexandra al suo ragazzo, tendendo la mano in segno di scommessa.
-Mah, perché no?- accettò, stringendogliela saldamente.
Elijah li guardò, ridendo sotto i baffi e seguendoli per il salotto e quindi sotto la veranda, dove
Jacqueline e Damon erano seduti sorseggiando il sangue dai calici che avevano preparato.
L'originale prese posto di fianco alla mora, lasciando Stefan e Alexa sul divanetto.
-Ohh, è pure A positivo, il mio preferito! Chi devo ringraziare?- chiese quest'ultima, non sapendo se guardare Elijah o Jacqueline.
-Lui- rispose la sorella, sorridendogli.
-Grazie Mikaelson, sei stato troppo gentile ad intrometterti a questa bellissima cena di famiglia- commentò sarcastico Damon, sorridendo.
-Uhh, cominciano- sussurrò Alexa a Stefan.
-Come al solito esagera sempre. Lascialo perdere, ha bevuto più del dovuto e non sa quello che dice- imbarazzata Jacqueline cercò di giustificarlo.
-Non saprò quello che dico, ma almeno so quello che faccio... e portare un Originale a casa non è mai una buona idea-
-Stai cominciando a farmi innervosire. Ti prego di smetterla o di tornare a casa, se non sei in vena di restare con altre persone- la ragazza usò un tono pacato.
-Forse lo farò. Per evitare di uccidere o, peggio, squartare qualcuno. Come il nostro amico Elijah sa ben fare, no?- disse, alzandosi dalla sedia e tornando dentro casa.
-Non avevo mai visto Damon così... geloso- osservò la sorella minore, rivolgendosi a Stefan.
Fece spallucce -Evidentemente tiene a lei più di quanto non pensi-
-Evidentemente è un idiota!- esclamò Jacqueline di rimando, assicurandosi che il diretto interessato potesse sentirla.
-Forse è davvero il caso che tolga il disturbo- s'intromise Elijah, consapevole di essere lui la causa dell'ira di Damon.
-No!- gridarono all'unisono Alexandra e Stefan, troppo curiosi di sapere come sarebbe andata a finire, attirandosi gli sguardi confusi dei due.
-Cioè...- si schiarì la voce la bionda -Non sarebbe carino da parte nostra, ehm... lasciarti andare via-
-Ti rendi conto che detta così sembra una minaccia, vero?- la riprese Jacqueline, suscitando una risata in Stefan -Che diavolo hai stasera? Sembri un'altra persona-
-Sono solo contento che mio fratello abbia qualcosa di cui preoccuparsi ogni tanto-
La mora alzò gli occhi al cielo, sbuffando -Un idiota non era abbastanza...-
Intanto sentirono un tonfo sordo provenire da dentro la casa. Si alzarono tutti, preoccupati di quello che poteva essere.
-Damon?- chiamò Jacqueline, dal salone. E non udendo nessuna risposta, si affacciò alla porta che dava sul corridoio delle scale, dando le spalle agli altri che erano rimasti al centro della stanza.
Un rumore di vetri infranti li fece voltare tutti verso la grande finestra al loro fianco, non capendo cos'aveva provocato quell'esplosione.
-Jacqueline!- urlò Elijah, scaraventandosi su di lei per creare uno scudo.
La ragazza era spaventata dalla sua reazione, ma appena qualche frazione di attimo dopo, qualcosa esplose alle spalle di Elijah, provocandogli un'espressione di intenso dolore.
-Verbena!- gridò Stefan, portando in disparte Alexandra.
-G-grazie- mormorò Jacque, alzandosi.
-Sei ferita?- gli chiese lui, porgendole la mano per aiutarla.
-Io no, ma tu...-
-È tutto a posto- la interruppe, girandosi verso gli altri due.
Jacqueline vide che la giacca e la camicia erano state bruciate dall'esplosione della verbena, ma la pelle al di sotto di esse era già guarita.
-Vai a vedere cos'è successo a Damon!- esclamò Alexa alla sorella.
Quando lei lasciò la stanza, un altro esplosivo alla verbena entrò dalla finestra ed esplose ai piedi di Stefan, provocandogli delle brutte bruciature sulle caviglie -Va a chiamare Alaric!- ordinò alla sua ragazza. Alexa attraversò il salone a velocità da vampiro e corse su per le scale.
-C'è qualcuno che vi sta dando la caccia?- gli chiese Elijah, avvicinandosi a lui e aspettando un altro attacco.
-No, ma... Il Consiglio!- realizzò all'istante -Qual è il suo piano?-
-Probabilmente ucciderci tutti- rispose Damon, raggiungendoli, accompagnato da Jacqueline.
Stefan guardò lo squarcio sulla manica della sua camicia e la pelle che ancora stava guarendo -Verbena?-
-No, zucchero a velo- lo prese in giro, osservandolo e scuotendo la testa.
Alaric comparve all'ingresso della stanza con Alexandra -Cosa sta succedendo?-
-È probabile che il Consiglio ci stia attaccando. Come potevano sapere che saremo stati tutti qui?-
Proprio in quel momento, un paletto appuntito di legno volò accanto alla spalla della bionda, sfiorandola e facendola sussultare -Che bastardi!- esclamò, indignata.
-Mi dispiace dirlo- iniziò Damon, ovviamente non dispiaciuto -ma dovremmo ucciderli-
Un altro paletto gli sferzò la guancia, mentre si era voltato per parlare, aprendogli una ferita -Eccome...- lasciò intendere.
-Non essere ridicolo- disse Alaric -Se li uccidiamo dovremo cambiare paese... e identità. Non sono vampiri-
-Che cosa suggerisci di fare, allora?- domandò Jacqueline, vedendo che qualche umano coraggioso si stava avvicinando alla casa.
-Li farò andare via io- propose Elijah -Ma non posso assicurarvi che nessuno morirà-
Damon lo guardò con sufficienza -Ma certo! Come ho potuto non pensarci?- Nessuno si degnò di rispondergli e questo lo fece arrabbiare ancora di più -Grandioso...-
Elijah uscì con un balzo dalla finestra rotta, atterrando nell'erba soffice.
Quando un uomo se ne accorse, non aspettò un attimo a sparare un paletto con la balestra che teneva in mano. Il proiettile improvvisato andò a conficcarsi nella sua spalla sinistra, ma lui sembrava immune al dolore che di solito il legno causava ai vampiri.
-Wow...- sussurrò Alexandra.
Elijah si sfilò il paletto dalla carne e lo lanciò in direzione dell'uomo che aveva sferrato il colpo, perforandogli la rotula e provocandogli un urlo acuto di dolore.
-Che cosa spera di fare in questo modo?- domandò Alaric, facendo per uscire nel giardino.
-Cosa speri di fare tu! Se esci lì fuori e ti becchi un proiettile di legno nello stomaco, ci rimani secco- gli fece notare Damon.
-Allora uscite anche voi. Dobbiamo fargli capire che non siete pericolosi-
Uscirono tutti in giardino e ispezionarono il piccolo boschetto davanti a loro, avvertendo la presenza di molti umani.
-Qual è il piano?- domandò Alexandra.
-Non lo so- le rispose Alaric -Ma non dobbiamo ucciderli- disse, rivolgendo lo sguardo a Elijah, che afferrò il messaggio.
-Non mi sembra un granché come piano- notò Jacqueline -Sono già stata rapita da quegli stronzi e non ho intenzione che succeda di nuovo!-
Alaric fece qualche passo avanti, avvicinandosi al malcapitato con il paletto nel ginocchio. Si accucciò accanto a lui e lo estrasse con forza, lanciandolo lontano da tutti.
-Non vogliamo che ci siano feriti questa sera!- disse a gran voce, per farsi sentire da tutti -Sono Alaric Saltzman e sono un umano. Ho trascorso molto tempo insieme a questi vampiri e non sono mai stato in pericolo. Anzi, se non fosse stato per loro, in alcune occasioni, ora sarei solo un nome su una lapide- mentì a loro beneficio -Quindi, vi sto chiedendo, come essere umano, di non fare del male ai miei amici qui presenti. E se anche voi lo siete, non ucciderete delle persone per bene solo per dei pregiudizi!-
-Questi mostri hanno portato solo distruzione e morte nella nostra città! Non sono affatto persone come dici tu- rispose una voce lontana, al sicuro tra gli alberi -E se sei convinto che non siano pericolosi, significa che sei sotto il loro controllo o che ti schieri dalla loro parte-
Uno sparo fendette l'aria e colpì una gamba di Alaric, che si accasciò al suolo, dolorante.
-Maledetti!- sbraitarono le due sorelle all'unisono, iniziando a correre verso gli umani con le zanne e gli occhi irrorati di sangue in bella vista.
Damon e Stefan furono più veloci di loro e le bloccarono a metà strada, schivando velocemente altre granate alla verbena.
Elijah li raggiunse e parlò sottovoce, indicando gli umani nascosti -Sta arrivando qualcuno alle loro spalle-
Si fermarono all'istante e sentirono che effettivamente qualcuno si stava avvicinando da dietro il boschetto. Qualche secondo più tardi, un grido squarciò il silenzio e subito dopo, se ne aggiunsero altri. Finchè ci fu solo silenzio. L'unico cuore che sentivano battere era quello di Alaric, che sedeva in mezzo al prato premendosi la ferita perché non sanguinasse.
Damon si guardò intorno per cercare l'artefice di quella carneficina, ma non trovò nulla di strano -Che diavolo è successo?-
Suo fratello gli rispose scuotendo la testa. Non avevano idea di cosa, o chi, avesse causato quelle urla.
Restarono in ascolto, con gli occhi che scrutavano ogni movimento tra gli arbusti. Quando pensavano che non sarebbe successo nient'altro, videro delle figure che camminavano lentamente verso di loro, protette dal buio del bosco.
-Credete che siano streghe?- domandò Jacqueline.
-No, le streghe non ucciderebbero mai degli esseri umani per proteggere dei vampiri- fece notare Stefan.
Le figure risultarono essere quattro; tre uomini e una donna.
-Ma quello è...- iniziò Alexandra, incapace di concludere la frase.
Elijah spalancò gli occhi e s'incamminò verso di loro, fermandosi ad abbracciare prima la ragazza, e poi tutti gli altri.
-Sarai fiero di me, fratello?-
-Avevi detto che non avevi intenzione di riportarli in vita, Niklaus-
-Ho mentito- gli rispose con un sorriso compiaciuto sulle labbra -Allora... Vogliamo presentare la nostra famiglia ai nostri cari amici?-


 
 
 


Nel prossimo capitolo...
Jacque si voltò e trovò Stefan che l'aspettava con le braccia spalancate. Un sorriso sincero le affiorò sulle labbra e gli strinse le braccia al collo, ciondolandosi da un piede all'altro.
-Tieni d'occhio tuo fratello-
-E tu tua sorella- le rispose, allentando l'abbraccio.
-Sembra che qualcuno non si fidi di noi- Damon sussurrò ad Alexandra, facendola ridere.
-Non l'avrei mai detto, ma mi mancherai, Damon Salvatore- gli disse, dandogli un bacetto sulla guancia.
 
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** This is (not) the end ***


L’arrivo del resto della famiglia Mikaelson aveva sconvolto tutti i presenti. Le sorelle si scambiavano occhiate perplesse, non sapendo affatto dell’esistenza di altri Originali.
Videro Stefan fissare la ragazza bionda al fianco di Klaus, che stava presentando i suoi fratelli -Lei è la mia adorabile sorella, Rebekah- disse, volgendo lo sguardo al minore dei Salvatore -Credo che tu ti ricorda di lei...- gli lasciò intendere.
Alexandra gli riservò un’occhiata storta -Che storia è questa?-
Rebekah emise una risatina divertita -Vedo che hai un debole per le bionde-
Klaus interruppe la scenetta del passato -Questi sono Finn e Kol, il più giovane-
I due salutarono con un cenno del capo.
-Cosa ne avete fatto di tutti quegli esseri umani?- domandò Alaric, ancora sofferente per la ferita che gli aveva causato il proiettile, che fortunatamente era uscito.
-Li abbiamo uccisi- ghignò Klaus -Ci occuperemo più tardi dei loro corpi-
Elijah si fece avanti -Mi dispiace interrompervi, ma sarebbe opportuno andare in un luogo sicuro per evitare ulteriori scontri-
-E dove suggeriresti di andare?- chiese Damon.
-Credo che il posto più sicuro per ora sia casa nostra. Dovremo andarci tutti-
-Allora vado a chiamare nostra madre- avvertì Jacqueline -È meglio che venga con noi-
 
Mentre si dirigevano a casa di Klaus, Alexandra chiamò suo padre per avvisarlo della grave situazione e di ritrovarsi il prima possibile a casa dei Mikaelson, poco distante dalla loro.
Arrivati, si sedettero tutti nel grande soggiorno e qualche minuto dopo arrivarono anche Frederik e Stephan, più nervosi che mai. Spiegarono loro gli avvenimenti di quella sera e i due uomini si preoccuparono per le loro figlie.
-Stai tranquillo, papà- disse Alexandra, vedendo che l'uomo non riusciva a calmarsi -Io e Damon avevamo già pensato ad un piano da mettere in atto, in caso qualcosa fosse andato storto-
Si girarono tutti verso di lei, tranne Jacqueline e Stefan, gli unici ad essere stati informati precedentemente.
-Che storia è questa?- domandò Stephan, riservandole un'occhiataccia.
-Avevamo pensato di allontanarci da Mystic Falls per un po' di tempo...-
Frederik si alzò in piedi, furioso -Non basterà allontanarsi per un po'! Bisogna stare molto distanti da questo posto e per un bel pezzo-
Stephan cercò di calmare suo figlio -Calmati, così le spaventerai...-
-Ma devono essere spaventate! Non capiscono quanto sia grave la situazione-
-Papà, non mi sembra il caso di trattarci come bambine!- esclamò Jacqueline, stupita dalle parole del padre -Sappiamo benissimo che è più che pericoloso stare qui-
-Allora non avrete nessun problema a seguirci in Olanda- tagliò corto lui.
Le due sorelle e i rispettivi ragazzi spalancarono gli occhi.
-Che cosa?- era stato Damon a parlare -Vuole portare le sue figlie in Olanda, così su due piedi?-
-Non mi sembra che il vostro piano sia molto meglio-
-Frederik, non essere così duro- lo rimproverò il padre, per poi rivolgersi ai ragazzi -So che dev'essere un brutto colpo per voi, ma saranno al sicuro là con noi, dove nessuno sa cosa siamo. Passeremo l'estate in Olanda e se al termine di quel periodo non sarà tutto tranquillo, troveremo una soluzione insieme a voi-
Alle parole rassicuranti di Stephan, sembrava che si fossero calmati tutti, ma Jacqueline si alzò dal divano, con aria stanca -Vorrei stare un attimo da sola, se è possibile- disse, guardando Klaus.
-Ci sono tutte le stanze che vuoi al piano superiore, tesoro-
-Questa situazione fa proprio schifo!- esclamò Alexandra, quando la sorella se ne andò -Non voglio abbandonare tutti per Dio sa quanto...-
Frederik le posò una mano sulla spalla, consolandola -Sarà una situazione provvisoria, Alexa. Non appena le acque si saranno calmate, torneremo qui-
-Ma non sappiamo quanto tempo ci vorrà- puntualizzò Stefan, guardando la sua ragazza con occhi tristi e rassegnati.
Alexandra si buttò tra le sue braccia, mentre cercava di non piangere, trattenendo quel groppo alla gola. Provò a trattenere più cose che poteva di quel momento: il suo profumo, il tessuto della camicia che indossava e le forti braccia di Stefan che la stringevano. Poi guardò i suoi occhi verdi e tristi -Andrà tutto bene, tornerò presto. Mi mancherai, Stefan- e si lasciò andare in un silenzioso pianto, mentre il ragazzo la cullava tra le sue braccia.
-Mi mancherai anche tu- affermò prima di darle un lungo bacio.
 
Jacqueline era entrata nella prima stanza che aveva trovato e rimase sorpresa dalla sontuosità dell'arredo. Al centro della camera c'era un letto altissimo, molto simile a quelli dei primi del 1900. Si sedette sul bordo del materasso con i gomiti sulle ginocchia, pensando a quello che era diventata la sua vita.
Un bussare alla porta la destò dai propri pensieri -Voglio stare un po' per conto mio, Damon- avvisò, senza alzare lo sguardo, ma la porta si stava già aprendo.
-È meglio se passo più tardi?-
Al suono di quella voce alzò gli occhi -Elijah... Scusa, credevo che fosse...-
-Damon- completò, sedendosi accanto a lei e rimanendo in silenzio.
-Dunque- iniziò la ragazza, cominciando a sentirsi a disagio per quel silenzio -Cosa ci fai qui? Devi darmi qualche altra brutta notizia?- chiese con sarcasmo.
-In realtà volevo solo prendere dei vestiti nuovi. È la mia stanza-
Jacqueline si voltò di scatto -Oh, scusami! Sono entrata nella prima stanza che ho trovato. Me ne vado subito-
-Non c'è problema- la fermò lui -Posso sempre aspettare-
-Allora andrete a New Orleans- costatò la ragazza, cercando di intavolare una conversazione.
-E voi in Olanda...-
-Già, un bel viaggetto- disse con poca convinzione.
-Non sembri molto felice- le fece notare, costringendola a guardarlo negli occhi.
-Infatti. Cioè, non fraintendermi! L'idea di passare del tempo con mio papà e mio nonno mi rende felice, ma lasciare qui tutti i miei amici è po' dura...- dopo aver ammesso quello che pensava veramente, il resto del discorso uscì da sé -Insomma, non mi sono mai lamentata della mia vita quando ero umana! Non era il massimo, ma ero felice con mia sorella, mia mamma e tutti i miei amici. Adesso è un disastro! Da quando abbiamo conosciuto Damon e Stefan, niente è andato più per il verso giusto. Caroline è stata uccisa, io sono stata uccisa, mia sorella è stata uccisa, mia mamma è costretta a vivere in mezzo a dei mostri, Bonnie non ci guarda più come una volta e il Consiglio della città vuole vedere le nostre teste su delle picche! Io non ce la faccio! E pensare che...-
Elijah la interruppe, asciugandole una lacrima che le aveva bagnato la guancia -Non è male come sembra. Potrebbero capitare cose molto peggiori del diventare vampiri-
-Lo so, ma...- cercò di rispondere, ma sentiva che se avesse detto qualcos'altro la voce le si sarebbe spezzata. Elijah capì che stava per piangere, così la strinse a sé, carezzandole i capelli.
-Scusami. Mi sto comportando da stupida- disse dopo qualche secondo, allontanandosi un po' da lui.
-Figurati... Capita a tutti di non saper cosa fare a un certo punto-
-Grazie, Elijah- si allungò e gli diede un bacio sulla guancia.
Era un gesto semplice, certo, ma sentì qualcosa di davvero complesso. Alzò un attimo lo sguardo verso il suo e vide che anche lui la stava guardando. Non sapendo per quale motivo esattamente, Jacqueline lasciò che si avvicinasse pericolosamente e la baciasse. Presa dallo sconforto, per un momento ricambiò quel bacio. Solo dopo alcuni secondi si rese conto di quello che stava facendo.
Gli appoggiò le mani sul petto e lo spinse un po' -Non posso- mormorò, lasciando che le loro fronti si sfiorassero.
-Permesso! Jacque, dobbiamo... partire- Alexandra era entrata nella stanza senza preavviso, facendoli irrigidire.
Jacqueline si alzò immediatamente e si sistemò delle pieghe invisibili sul vestito -Sì, sono pronta- disse senza alzare gli occhi dal pavimento e oltrepassando velocemente sua sorella sulla porta.
La bionda si scambiò un lungo sguardo con Elijah -Puoi venire a salutare se vuoi- lo avvisò in fine, chiudendosi la porta alle spalle.

Quando le due sorelle scesero le scale, erano tutti lì ad aspettarle.
-Oooh, le mie bambine!- le assalì Arleene, circondandole in un abbraccio -Non potete immaginare quanto mi mancherete-
-Anche tu, mamma- rispose Alexandra con un nodo alla gola.
-Mi raccomando, chiamate ogni giorno!-
-Stai tranquilla, Arleene- la rassicurò Frederik -Saranno al sicuro con noi-
La donna sorrise e annuì, lasciando libere le ragazze.
Salutarono Finn, Kol e Rebekah con una stretta di mano e riservarono ad Alaric un lungo abbraccio. Poi andarono da Caroline, che già aveva le lacrime agli occhi.
-Care, non piangere! Altrimenti lo farò anche io- l'avvisò Jacqueline, con un sorriso tirato sul volto.
Caroline scosse la testa e allargò le braccia verso le due sorelle -Non fate troppa festa senza di me- si rassicurò, asciugandosi gli occhi.
Accanto a lei c'era Klaus, pronto a ricevere i suoi saluti. Alexandra offrì la mano perché la stringesse, ma lui la guardò confuso -Suvvia, non mordo mica!- esclamò, stringendola tra le braccia.
-Non ne sarei molto sicura, Klaus- scherzò la ragazza, lasciando che abbracciasse anche la sorella.
Intanto Elijah era arrivato e indossava un impeccabile nuovo completo. Alexandra guardò sua sorella di sottecchi, mentre lui si avvicinava.
-Alexandra, è stato un piacere conoscerti- disse porgendole la mano. Ma come aveva fatto Klaus, la ragazza lo attirò a sé -Sei sempre così formale, Elijah!-
-Lo è sempre stato- sentirono Rebekah mormorare.
Jacqueline trattenne il respiro quando le si parò davanti e l'abbracciò -Arrivederci, Jacqueline- la salutò, posandole un bacio sulla fronte.
Lei per tutta risposta annuì, non sapendo bene cosa fare.
Stefan e Damon si avvicinarono -Mi dispiace di essere stato uno stronzo prima- disse quest'ultimo, rivolgendosi a Elijah -So quello che hai fatto per lei mentre ci attaccavano. Grazie- e si strinsero la mano.
Jacque si voltò e trovò Stefan che l'aspettava con le braccia spalancate. Un sorriso sincero le affiorò sulle labbra e gli strinse le braccia al collo, ciondolandosi da un piede all'altro.
-Tieni d'occhio tuo fratello-
-E tu tua sorella- le rispose, allentando l'abbraccio.
-Sembra che qualcuno non si fidi di noi- Damon sussurrò ad Alexandra, facendola ridere.
-Non l'avrei mai detto, ma mi mancherai, Damon Salvatore- gli disse, dandogli un bacetto sulla guancia.
-Wow! Questa è la prima volta che mi baci... Che dici, andiamo a prenderci una stanza?- le domandò facendo l'occhiolino.
-Ahahah!-
-Hey!- intervenne Stefan -Piano con le confidenze, qui!- suscitando una risata generale.
Jacqueline guardava Damon con occhi tristi -Oh, lo so, lo so- disse lui, stringendola a sé -Mi mancherai anche tu-
Si scambiarono un lungo bacio, consci di avere tutti gli occhi su di loro.
-Ti amo, Damon- gli sussurrò, appoggiando la testa sul suo petto.
-Ti amo anch'io-
-Oooh, non pensavo che avrei pianto!- esclamò Alexandra, sentendo le lacrime che le rigavano il viso.
Stefan la cullò per dei lunghi secondi, aspettando che l'emozione facesse il suo corso.
-Oh, Stefan! Mi mancherai un sacco. Appena tutto si sarà calmato tornerò subito-
-Non vedo l'ora che arrivi quel momento- le prese il volto fra le mani e si baciarono, entrambi con le lacrime agli occhi.
-È il momento di andare- avvisò Stephan, triste di dividere le coppie che si salutavano.
Arleene tornò ad abbracciare le sue figlie per l'ultima volta e capì subito quanto le sarebbero mancate.
Klaus aprì il grande portone d'ingresso, illuminando la sala con la fievole luce dell'alba imminente.
Frederik, Stephan, Jacqueline e Alexandra salirono sulla monovolume del padre e, quando l'auto partì, riservarono un saluto silenzioso a quella casa che ospitava la loro ragione di vita, consapevoli del fatto che non sapevano se ci avrebbero mai fatto ritorno.
 
 
Note delle Autrici:
Eccoci qua. L’ultimo capitolo di questa fantastica avventura (?) che si conclude con numerosi punti di domanda. Ci sono ancora questioni da risolvere, ma state tranquilli, spiegheremo tutto con calma nella prossima ff che verrà pubblicata al più presto.
Jacqueline ed Alexandra vi ringraziano tantissimo e vi aspettano al sequel: Sudden Change.
 
 
 
This is (not) the end.


 
 
 
 
 
 

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