Naruto Shippūden: La battaglia infinita

di Kucchan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Missione di rango S! ***
Capitolo 2: *** Abilità Innata ***



Capitolo 1
*** Missione di rango S! ***


 
Naruto Shippūden: La battaglia infinita

 
 
Missione di rango S!

 
La guerra, ormai, era finita. Gli Shinobi avevano trionfato, comparando molti lati positivi ad alcuni negativi.
Tra quelli positivi, per esempio, c’era stata l’eliminazione dei loro nemici più acerrimi: Obito e Madara.
Il primo aveva fatto la fine che il destino gli aveva riservato: ovvero, per una sua piccola distrazione e forse qualche calcolo errato – non s’era ricordato che sono solo cinque, i minuti in cui può farsi oltrepassare da qualsivoglia attacco; ma se anche l’avesse fatto, tutti ormai avevano capito che il destino esiste: esiste, e in pochi possono cambiarlo. Era inutile che il moro gli si opponesse, la sua vita era segnata da quel masso –, i ninja, che avevano ormai tentato tutte le tecniche possibili, erano riusciti a schiacciarlo con una speciale pietra, creata con l’Arte della Roccia. E Naruto, com’era solito che facesse, gli aveva dato il colpo di grazia con un semplice, ma potente, rasengan.
Il secondo, invece, aveva sottovalutato l’intelligenza di tutti loro. Tenten, animata dalla morte del suo compagno Neji, aveva ritrovato quelle armi usate tempo prima dagli Edo Tensei Ginkaku e Kinkaku. Tutto s’era svolto con la collaborazione di decine, centinaia, migliaia di ninja. Avevano fatto in modo di distrarre l’immortale, affinché la ragazza potesse rinchiuderlo in quel vaso che nessuno perdona.
 
Purtroppo per molti, c’erano stati anche tanti guai, tante morti, tanti orrori: come, per esempio, la perdita di infiniti ninja, tra cui possiamo elencare Neji, la squadra di comunicazione, a cui affiliati c’erano i potenti ninja sensitivi, così come alcuni utilizzatori del Byakugan, ma anche semplici shinobi, che probabilmente non possedevano altro che un intelletto sopraffino, che però permetteva loro di creare impeccabili strategie.
Purtroppo, però, è la guerra. Comporta soddisfazioni e gioie – per esempio, per aver ritrovato un amico che si pensava morto –, ma anche dolori infiniti.
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Shikamaru era ancora piegato su quella tomba.
Sembrava leggere attentamente ogni singola lettera su quella pietra color pece; i suoi occhi, però, rivelavano l’esatto contrario: il ragazzo era immerso in chissà quale pensiero.
Rimarginava a stento le lacrime, con una sigaretta in bocca, come era solito fare il suo sensei. Ormai era morto… Ma non bastava Asuma? Doveva perdere ogni singola persona importante?
Forse, rifletté Ino, stava ancora pensando a suo padre. Già: non era passato molto da quando Obito e Madara, con l’ausilio del Decacoda, avevano distrutto l’edificio in cui in molti si trovavano: Shikaku, per esempio, e anche Inoichi.
Nemmeno la bionda aveva dimenticato l’avvenuto, certo. Ma, almeno, tratteneva quel pianto che le chiedeva di potersi liberare ogni qualvolta pensasse al padre, o vedesse la madre curva sulla poltrona, che Inoichi era solito usare, versare tante lacrime amare.
«Shikamaru…» sospirò lei.
Il genio, però, non rispose. Così come quando il suo maestro era morto, si limitava a dare la colpa al fumo, mentre piangeva, piangeva, piangeva.
«Vieni» chiamò di nuovo Ino. «C’è bisogno di te.»
Lui si alzò, finalmente. Ora che al villaggio c’era non poco scompiglio, se qualcuno avesse avuto bisogno di aiuto, Shikamaru gliel’avrebbe dato. Poco ma sicuro.
Prima di partire, però, la ragazza dai capelli color platino, l’abbracciò. Finalmente fece scappare quel pianto che cercava di trattenere da giorni, oramai.
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Sakura era seduta di fronte a quello specchio.
«Allora, quale acconciatura preferisci, questa volta?» domandò una voce femminile, situata dietro di lei.
Durante la guerra, alla giovane ninja erano nuovamente ricresciuti i capelli. Li aveva tagliati parecchie volte ormai, da quando era una bambina. Li aveva accorciati, non volutamente ma per necessità, durante l’esame chūnin. E da lì, nonostante le parole di Ino – «Dicono che Sasuke preferisca le bambine con i capelli lunghi!», ormai le rimbombavano intesta ogni volta che metteva piede in quel salone estetico –, aveva iniziato a portarli corti. Ogni volta che ricrescevano, che fosse per comodità o per riportare alla mente quei bei vecchi tempi, li tagliava.
Rimuginò ancora un po’ sulla decisione da prendere. Questa volta avrebbe provato il caschetto? Oppure avrebbe optato per un taglio sfilato?
Nell’indecisione, ordinò: «Il solito taglio corto, grazie!»
Proprio appena finito di spazzare via quei capelli rosati dalla sua maglia e pagato il conto, Sasuke entrò nel negozio.
Sakura sorrise: già, forse era proprio merito della guerra e della resurrezione temporanea di Itachi, se il suo amato era tornato da loro, al villaggio.
Ma il moro le spezzò subito quel sorriso, allarmandola più di quanto potesse immaginare: «Sakura! Corri, non c’è tempo per le spiegazioni. Tsunade-sama ha ordinato a tutti i team di recarsi alla magione. Naruto probabilmente è…» si fermò un attimo per prendere fiato.
«È…?» incalzò la rosa, preoccupata.
«È già pronto, e non posso permettere che arrivi prima di me! Ne va del mio orgoglio!»
Detto questo, Sasuke afferrò l’amica per un polso, e iniziò a correre. Lei si lasciò scappare un piccolo risolino. Già, il Sasuke di una volta era tornato.
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«Naruto-kun, i…io… Ecco, tu…» mormorò Hinata.
«No! No, perbacco! Non ci siamo! Così non va affatto bene! Tremi come una foglia, e quello che stai sussurrando lo può sentire solo il vento. Su, alza la voce, su!» la sgridò Kiba.
L’amica annuì con un impercettibile gesto del capo.
«Naruto-kun! Per favore, esci con… - prese un attimo di pausa, e, sperando di potercela fare, tirò fuori la voce. Peccato però che il suono che ottenne fu del tutto diverso da un “…me!” convinto. - Aaah, non ce la faccio!»
Hinata, rattristata da quel suo carattere timido e un po’ umile, si sedette per terra.
Kiba e Akamaru si abbassarono per incrociare i suoi occhi.
«Sei un caso perso, Hinata! Se continui così Naruto non ti concederà mai un appuntamento.»
Lei si limitò ad abbassare il suo sguardo perlato sull’erba verde, poi scosse la testa: «Non mi arrendo così! I… io… Voglio davvero uscire con Naruto-kun! Kiba-kun, per favore, ricominciamo!»
Sulle labbra dell’Inuzuka si formò un sorriso soddisfatto: stava allenando piuttosto bene la compagna, ed era sicuro che presto avrebbe fatto una buona azione.
«Non c’è tempo.», s’intromise qualcuno.
«Shino!»
«Shino-kun! È successo qualcosa?»
«Non lo so, ma l’Hokage-sama ci ha convocati, vuole che siamo presenti tutti quanti. Andiamo, farete le prove più tardi.»
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«Lee! Gai-sensei! Per favore, smettetela! Non ho più fiato!» si lamentò Tenten.
«Andiamo, Tenten! Un duro allenamento è il minimo che puoi fare per essere un buon ninja!» le rispose il suo maestro.
«Sì, sì, va bene! Ma perché dobbiamo saltare su ogni dannato tetto del villaggio, per arrivare dalla porta alla magione? Non hai idea di quanto sia grande, vero?!» protestò ancora lei.
«Fai silenzio, Tenten! Silenzio! Ascolta le indicazioni di Gai-sensei e corri fino a non avere più fiato, così potrai dire di aver affrontato un allenamento di grado S!» la incalzò Rock Lee.
«E da quando gli allenamenti hanno un grado? …»
Tenten, ormai, era del tutto rassegnata. Con quei due, pensò, non c’era speranza.
«Perfetto! Eccoci arrivati, ormai mancano solo sette edifici!» esultò ad un certo punto il maestro.
«Tieni, Tenten, te la sei meritata.» aggiunse con tono più serio, per lanciarle una borraccia d’acqua.
La mora se la scolò tutta d’un fiato, chiedendosi che cavolo ci facesse in quel team.
Forse, ormai, non poteva nemmeno considerarsi un team: dopo la morte di Neji, tutti e tre erano cambiati, anche se preferivano non darlo a vedere.
Sedutasi sul tetto della casa, si lasciò sfuggire una lacrima da un occhio.
«Tenten? Piangi?» domandò il coetaneo.
Lei, sorpresa da quella domanda, cercò di negare, e, presa la borraccia, lasciò cadere la testa all’indietro, puntando la fiasca verso una guancia. Rovesciò il contenitore e lasciò che l’ultima goccia d’acqua cadesse e strisciasse sulla guancia per arrivare all’altro occhio.
«Oh… capisco, fai finta, eh?» sorrise Lee. Si sedette accanto a lei, mentre Gai si ergeva dietro loro due. Tutti e tre si voltarono verso i visi degli Hokage scolpiti in roccia.
«Anche a me manca Neji…» sussurrò, per poi scoppiare a piangere.
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«Bene! Vedo che ci siete tutti…» iniziò il quinto, per poi spostare l’attenzione su Kakashi: «E anche puntuali.»
Il ninja mascherato arrossì impercettibilmente, abbassando lo sguardo.
La donna si portò le mani ai fianchi, tornando al suo tono autorevole: «La questione è piuttosto urgente: a quanto pare un trio di shinobi molto forti sta attaccando il Villaggio della Sabbia. Non sappiamo chi sono, né tanto meno cosa vogliono. Abbiamo poche informazioni su di loro, sfruttatele al meglio.»
Finita la frase, prese da uno degli innumerevoli cassetti un rotolo verde pistacchio, lo aprì e iniziò a leggere: «La donna del trio utilizza maggiormente gli strumenti ninja, ma, stando alle informazioni che Baki ci ha inviato, a volte rilascia tecniche che richiedono l’utilizzo dell’Arte del Ghiaccio. Possiede un’altra potentissima abilità, ovvero quella di smaterializzarsi…»
A quelle parole, Naruto sgranò gli occhi: «Cosa? Ma… Abbiamo sconfitto Obito, era lui l’unico che…»
Tsunade lo mise a tacere: «Fai silenzio, e fammi finire la frase.»
Sakura si scusò immediatamente per l’idiozia del compagno, gli tirò uno schiaffo e promise che non sarebbe più accaduto.
Tsunade sorrise compiaciuta, e, schiaritasi la voce, continuò: «Possiede l’abilità di smaterializzarsi per tempo indefinito, evitando qualsiasi tipo di arma ninja e anche le arti ninja. Quando attiva quest’abilità, può essere colpita unicamente da attacchi fisici. L’unica pecca è proprio l’Arte del Ghiaccio: con quella crea una strana forma di scudo, che congela gli arti di coloro che lo sfiorano. Potete riconoscerla, oltre dal fatto che è l’unica donna, dal suo stile cinese.»
Interpellò poi l’intellettuale del gruppo: «Shikamaru! Tu cosa ne pensi? Potremmo usare qualche strategia particolare o la ragazza non ha punti deboli?»
Shikamaru si portò le mani all’altezza dell’ombellico e le congiunse, com’era solito fare quando doveva concentrarsi, e chiuse gli occhi.
Tutti attesero in silenzio, aspettando che lui se ne uscisse con qualche tattica formidabile.
Schiuse gli occhi poco dopo, sussurrando: «Non mi viene in mente nulla. Se solo ci fosse mio padre…» iniziò nuovamente a piangere. «Scusi, Hokage-sama.», mormorò dopo, asciugandosi le lacrime.
Ino e Choji, notando quella dolcezza nel compagno, si commossero.
Il goloso gli poggiò una mano sulla spalla: «Shikamaru, dai. Pensaci bene: se Shikaku-san fosse qua, non sarebbe deluso da questo tuo atto?» domandò Choji.
Il genio annuì: decise che suo padre avrebbe fatto lo stesso. Avrebbe salvato il proprio villaggio, così come quello dei suoi alleati. Non avrebbe lasciato che qualcuno morisse solo per la propria pigrizia.
Inarcò le sopracciglia e ripeté le azioni precedenti.
Questa volta, aprì convinto gli occhi ed esclamò: «Certo! Se questa donna non può essere colpita da arti e strumenti ninja, mentre gli attacchi fisici sono un grande rischio… Tsunade-sama, l’Arte del Fuoco può sciogliere quello scudo?»
L’Hokage sospirò, abbassando lo sguardo: «No. Le fiamme evaporano, come a contatto con l’acqua.»
Shikamaru riprese il discorso: «Dannazione. Temo che ci resti solo un’opzione: usare l’arte illusoria, come ad esempio lo Sharingan di Sasuke e di Kakashi-sensei.»
L’Akimichi sorrise, seguito dalla Yamanaka.
«Perfetto! Ci resta solo da provare. Comunque sia, il tempo stringe. Ora – sfilò un altro rotolo, anche questo di colore verde pistacchio –, ecco le informazioni sugli altri due ninja.»
«Il secondo ninja si diverte a massacrare la gente, a quanto pare. Indossa una maschera nera, che possiede solo due buchi per gli occhi e alcuni fori più piccoli per respirare. Ricordatelo, anche se credo che quest’informazione sarà non molto utile: l’abilità di questo ninja è proprio quella di diventare invisibile, immateriale e inodore dopo essersi sdoppiato. Attenti, non usa la Tecnica della moltiplicazione; i cloni che crea sono formati da suoni. Infatti, dopo essersi sdoppiato, si avvicina ai ninja ed emette ultrasuoni che stordiscono temporaneamente chi li ascolta. Finita quest’operazione, il clone torna visibile e materiale, per poter utilizzare un’arte illusoria degna di essere chiamata così. Dopodichè, il clone sparisce. A quanto pare usa un’arte oculare, ma non appartiene al clan Uchiha. Dobbiamo scoprire ancora molto su di lui.». L’Hokage prese nuovamente una pausa, poi interrogò: «Shikamaru, a te la parola.»
Shikamaru ci pensò a lungo, poi scosse la testa: «Non credo ci sia molto da fare, con questo tizio… Il fiuto di Kiba non funzionerà. Possiamo provare ad individuarlo con il Byakugan di Hinata. Ovviamente, trovando quello vero ci risparmieremmo infiniti problemi…» aggiunse fra sé.
«Bene. Le informazioni sul terzo ninja sono ben poche. Anzi, sono così poche che non abbiamo nemmeno la certezza che esista.»
Naruto e tutti i suoi compagni sgranarono gli occhi: com’era possibile?
«A quanto pare è il capo del trio. È stato nominato solo una volta dall’uomo mascherato e sembra che mandi ordini telepaticamente. Questo è tutto ciò che sappiamo: non posso aggiungere nulla. Ed ora…»
Tsunade gridò: «Potete andare! La missione inizia ora! State ben attenti, è una missione di rango S!»
 
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Durante il tragitto, si decise di dividersi in più gruppi. Ogni gruppo avrebbe seguito una via diversa, ma che comunque conduceva al Villaggio della Sabbia, per scoprire qualcosa di più su questo misterioso capo.
Naruto era entrato nella modalità eremitica: grazie a quest’ultima, poteva percepire il chakra di altre eventuali presenze.
Così come nella sua prima missione al ritorno alla foglia, precedeva i compagni: non poteva permettere che succedesse qualcosa a Gaara, non di nuovo!
Soltanto pensare al corpo immobile del suo amico, anche lui Jinchūriki, gli creava un nodo in gola. Voleva piangere, sfogarsi e urlare al mondo che il Kazekage non sarebbe morto un’altra volta.
Ora che la vecchia Chiyo non c’era più… Chi avrebbe pensato a resuscitarlo?
In fondo, se l’anziana non c’era più, era anche colpa sua. Non aveva fatto in tempo ad arrivare da Gaara, e quando avrebbe dovuto proteggerlo non c’era stato. Proprio così: per colpa sua era stato rapito, e di conseguenza ucciso. Se anche Chiyo era morta, l’aveva fatto per riparare l’errore della sua stupidità. Questo peso che portava sulla coscienza lo rendeva ancora più agitato.
«…ruto! Naruto, mi senti?»
Una voce femminile attirò la sua attenzione, destandolo da quei mille pensieri.
«Sakura-chan? Dimmi», rispose lui, ancora mogio.
Sakura lo guardò con un’aria rassegnata. Avrebbe voluto dirgli mille cose.
Avrebbe voluto dirgli che questa volta sarebbe andato tutto per il verso giusto, che erano cresciuti tutti e se la sarebbero cavati egregiamente, e ancora, che avrebbero trionfato nuovamente, riportando la pace al Villaggio della Sabbia e alla Foglia.
Ma tutto quello che riuscì a dire, fu solamente un sospiro, seguito da un «nulla».
Sasuke, intanto, si limitava ad osservare la scena, senza interferire né incoraggiare.
Era mancato per quattro, cinque anni ormai. Niente e nessuno, pensò, li avrebbe avvicinati nuovamente. Erano tornati il ‘Team 7’, ma con i cuori erano ancora lontani, e anche parecchio. Di questo ne era sicuro.
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Una risata sadica echeggiò nella foresta. Nessuno la notò.
Tutti erano impegnati nel sentire tutt’altro genere di suoni. Ad esempio, passi dietro o sotto di loro, trappole, kunai…
Hinata correva spedita. Stava sforzando troppo il Byakugan, in quei tempi. Nonostante ciò, però, doveva fare del suo meglio per aiutare il Villaggio della Sabbia e i suoi abitanti.
Un’altra risata, questa volta meno rumorosa, venne ignorata.
“Anche il Byakugan ha il suo punto debole. Il punto cieco, ad esempio. Sei perduta, pecorella”, mormorava fra sé una figura.
Qualcosa toccò i fianchi di Hinata; questa, sentendosi sfiorare, sussultò.
«Hinata, è tutto okay?» domandò Kiba, sentendola.
La Hyuga si limitò ad annuire, associando quel tocco ad un ramo di uno degli alberi su cui stavano camminando.
Nel mentre del loro percorso, Hinata continuava a rabbrividire: c’era qualcosa che la sfiorava continuamente, ma non capiva cosa. Se ci fosse stata qualche bestia, pensò, l’avrebbe sicuramente trovata con il suo infallibile Byakugan. Mentre rifletteva sui pregi e i difetti di quest’ultimo, spalancò gli occhi e si fermò per qualche secondo, senza avvisare i suoi compagni e la sua maestra, che intanto si stavano allontanando.
“Il punto cieco!” si disse preoccupata. “Se c’è qualcuno dietro di me” continuò “è ovvio che io non lo veda!”
Si voltò di scatto, ma non vide nulla: l’effetto del Byakugan era… sparito?
Poteva essere che l’aveva stancato troppo, o…
Sentì una mano stringerle la testa, fino a che non vide più nulla.
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«Cosa…!»
Naruto si fermò di scatto, facendo cadere Sakura, che però fu presa al volo da Sasuke.
Senza nemmeno scusarsi, urlò: «Non sento più il chakra di Hinata!»
Kakashi, Sakura e Sasuke lo guardarono preoccupati: Hinata poteva essere ferita? Oppure era svenuta? Stava bene o qualcuno le aveva fatto del male?
Il maestro del Team 7, notando una strana atmosfera, alzò il coprifronte che gli nascondeva l’occhio e tranquillizzò tutti: «Non preoccupatevi. Sono sicuro che Kurenai ha tutto sotto controllo. Controlleremo la situazione appena arrivati al Villaggio della Sabbia. Piuttosto, concentratevi: se qualche nemico dovesse apparire adesso, saremmo spacciati.»
Naruto decise di rassegnarsi: disobbedire al suo maestro ogni qualvolta andassero in missione gli sembrava un atteggiamento un po’ scorretto. Tuttavia, un nodo in gola gli comandava di sbrigarsi. Gli comandava di preoccuparsi. Hinata era davvero in pericolo.
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«Arrenditi, Kazekage» ordinò una figura femminile.
L’ennesimo colpo del ventaglio di Temari fu egregiamente schivato. O meglio, fu oltrepassato.
«Si può sapere cosa volete da noi?» urlò furiosa la bionda.
La donna la guardò dall’alto di quel tetto. «Da te e dal marionettista non vogliamo assolutamente niente» rispose, socchiudendo gli occhi.
Temari digrignò i denti, per poi buttare per terra il ventaglio. Sentì le forze venire a mancarle, ma doveva sopravvivere. Doveva farlo per Gaara.
Un suono acuto e pungente le colpì le orecchie. La bionda cercò di coprirle, ma cadde per terra in ginocchio, per poi sdraiarsi in avanti, con il viso rivolto verso l’orizzonte.
«Gaara… Scu… sa..» mormorò, e proprio mentre stava per chiudere gli occhi, ne incontrò altri due, due occhi rossi come il sangue e cattivi come mai ne aveva visti prima.
La figura di fronte a lei sorrise maleficamente, chiuse gli occhi e li riaprì. Questa volta erano di un colore rosso vermiglio, brillavano di perfidia.
Temari commise l’errore di scrutare dentro quelle iridi cremisi: si ritrovò in una stanza buia. O forse non era una stanza? Non riusciva a realizzare esattamente in che razza di posto fosse capitata, fatto sta che l’unica luce che rischiarava il tutto era un’enorme sfera rossa in quello che si presumeva fosse il cielo.
Un unico suono echeggiava in quel luogo; un infinito trillo assordante. Quella figura si materializzò di fronte a Temari.
«Come potrei torturarti?» chiese. Mostrò un sorriso a trentadue denti, poi allungò la mano verso la destra, chiudendola non del tutto. E lì, stretto fra le dita, apparve un kunai.
Una goccia violacea cadde dalla lama dell’arma, seguita a ruota da un’altra.
«Il mio ‘originale’ sta arrivando. Forse è meglio farla finita subito.», si disse. Scagliò il kunai in prossimità del cuore della ragazza, poi svanì.
Temari notò che il villaggio era tornato quello di prima. Sorrise, poi chiuse gli occhi.
«Temari!» urlò Kankuro, con il fiatone. Oramai anche lui aveva combattuto troppo. Non aveva più forze, ma soccorrere la sorella era la prima cosa da fare, in quelle circostanze.
Richiamò le marionette, e corse da lei.
«Mossa sbagliata, quella di perdere l’unico stupido scudo che avevi.»
Ancora quella donna. I suoi capelli color ebano si mossero non appena il vento soffiò.
Poi, una nuvola di sabbia fu sollevata da quel vento caldo. Giusto il tempo di svanire, che la kunoichi era già di fronte al marionettista. Kankuro, ancora chino su Temari, la osservò terrorizzato. Non ebbe neanche il tempo di realizzare cosa stava succedendo: uno Shuriken di ghiaccio gli colpì la fronte, congelandogli prima la faccia, poi il busto, le gambe e gli arti.
«Amo le statue di ghiaccio…» sussurrò lei.
Poi sparì di nuovo per ricomparire sul tetto, quello dove s’era appostata prima.
Il suo compagno, con un balzo, atterrò accanto a lei con una ragazza in spalla.
«Eccomi» salutò «Allora, come si sono comportati i miei cloni?» domandò tutto esaltato, forse per la cattura di quella ninja, o per la sua ‘innata bravura’.
«Fai silenzio. – intimò l’altra – Dobbiamo solo catturare il Kazekage. Ci sono altri ninja in avvicinamento, certo, molti hanno delle abilità innate ma… Ora non abbiamo tempo» indicò la pietra incastonata sul braccialetto che portava poco più sotto della spalla: stava brillando. Anche il compagno alzò la mano destra: la pietra rossa situata sul guanto luccicava.
«Non credo che in cinque minuti riusciremo a catturarlo. E io non intendo arrivare in ritardo per…» cominciò l’uomo.
«Hinata!» urlò il Jinchūriki.
«Naruto, fermati!» gridò a sua volta Kakashi, balzando sul tetto di una casa. Lo stato del Villaggio della Sabbia era terrorizzante: case distrutte, donne che fuggivano con i propri bimbi, strutture e insegne ghiacciate, ed un lievissimo trillo che echeggiava in città.
Il ninja con uno Sharingan  si osservò un ultima volta intorno.
Notò Temari e Kankuro in quello stato pietoso, poi si rivolse ai due ninja misteriosi: «Siete stati voi?»
Il ninja che attaccava con i suoni lasciò cadere Hinata sul tetto, poi si risistemò la maschera nera: «Esattamente. Bello, vero?».
Riprese la Hyuga in braccio e, un balzo dopo un altro, era già sparito fra le tettoie delle case della Sabbia.
La compagna si trattenne: «Naruto, eh? Ormai sei famoso. Hai fermato anche Madara… Ma non fermerai noi. Comunque sia, da te non cerchiamo nulla. Puoi tornare da dove sei venuto.»
Fece un salto, abbastanza lungo da farla atterrare sul tetto della magione del Kazekage. Ormai anche lui era piegato per terra.
La donna fu rivestita da un manto gelato: «A noi due, Kazekage».
Il tempo stringeva. Sperando di non arrivare troppo tardi, gli soffiò addosso, congelandolo. Lo sollevò, se lo poggiò sulle spalle, e saltò via.
«Gaara!» si disperò Naruto. «Fermati, maledetta…!»
La donna si girò: «Dimmi cosa vuoi, ma sappi che ho fretta.»
«Mi prendi in giro?!» protestò il biondo.
«…»
«Lascia stare Gaara, dannata!»
«Smettila di usare questi soprannomi. Chiamami Ran Mao. Non ho più tempo.»
Il diamante situato su quella specie di bracciale smise di luccicare. Ran Mao ripartì, seguendo lo stesso percorso del compagno.
Naruto e gli altri rimasero scioccati. Avevano rapito Gaara. Un’altra volta.
Un urlo lacerante spezzò quel silenzio che si stava creando: «Gaara! Hinata!»
Sì, Naruto stava nuovamente giurando vendetta. Avrebbe trionfato di nuovo, come quando aveva sfidato Pain: gli era sembrato impossibile, certo, ma ce l’aveva fatta. Aveva vinto.
 
                                                                     Capitolo 1 – fine.


----------------------------------------------------------------------- Note 

Eccomi qua con una storia nuova di zecca! 
Dato che ho quasi finito le altre due ho pensato: "Perché non iniziarne un'altra?", ed eccomi con questo schifo! Ma almeno sono sette pagine! Yee! Di solito ne scrivo solo tre... Me tapina!
Questa volta non mi dilungherò molto, vorrei solo un piccolo parere. Che faccio, continuo?

Anyway, ho creato le immagini su Ran Mao e il tizio nuovo. Lui non lo pubblicherò, dato che non ho ancora descritto nulla: aspetto, nome... Ci penserò nel prossimo capitolo. Intanto beccatevi la "carta ninja" di Ran Mao!

Io scappo, vi lascio all'extra.
Un bacione! :)

                         Kucchan_



---------------------------------------------------------- EXTRA 1: Ran Mao --------------------------------------------------
Nome >> Ran Mao
Cognome >> //
Provenienza >> Villaggio del Suono
Numero di identità ninja >> //
Immagine>>  (Chiedo perdono se fa schifo, era solo per dare un'idea)
Compleanno >> 17 febbraio (33 anni - Acquario)
Altezza >> 168 cm
Peso >> 49,7 kg
Gruppo sanguigno >> 0
Carattere >> Fredda, calma, precisa
Colore preferito >> Verde smeraldo
Cibi preferiti >> Nessuno in particolare
Cibi odiati >> Asparagi, gelatina alla frutta
Hobby >> Visitare mostre d'arte
Cose preferite >> L'inverno, le sculture
Cose odiate >> Le persone che parlano troppo, arrivare in ritardo
Natura del chakra >> Acqua e Vento
Abilità innata >> Arte del Ghiaccio (Acqua + Vento)
Abilità >> Combatte maggiormente con attrezzi ninja, spesso creati con il ghiaccio. Può smaterializzarsi e farsi oltrepassare da oggetti e arti ninja per tempo ancora indefinito. Può creare uno scudo con il ghiaccio che congela temporaneamente gli arti di chi lo tocca.

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Capitolo 2
*** Abilità Innata ***


 
 
Abilità Innata
 
Naruto fece per saltare e inseguire quella donna. In fondo, era ancora visibile, e acchiapparla sarebbe stato un gioco da ragazzi: che sia stato per il peso che portava sulle spalle, o per i tacchi – un po’ scomodi per correre sulla sabbia, forse –, Ran Mao correva abbastanza lenta da essere raggiunta in pochi secondi.
«Fermo!» gli intimò Kakashi, prima che Naruto potesse fare alcuna mossa.
«Kakashi-sensei! Se non la inseguiamo ora, non avremo più alcuna possibilità di rintracciarli!» osservò giustamente il biondo.
«Naruto, posso capire quello che provi, ma ora dobbiamo ragionare. Solo in seguito potremo attaccarli e sconfiggerli veramente.»
«E poi abbiamo un’informazione davvero utile», aggiunse.
Tutti lo guardarono ansiosi di sapere cosa nascondesse l’uomo dai capelli grigi.
«Quei ninja – continuò serio lui – appartengono al villaggio del Suono. La maschera del ragazzo misterioso aveva una nota musicale intagliata proprio in alto, al centro. In più, quel tizio attaccava usando onde sonore. Tutto torna. Ora ci serve solo qualcuno che resti qui per riportare l’ordine.»
Sakura e Ino si fecero avanti: «Io penserò a curare Kankuro e Temari», affermò la prima. «E io le farò da assistente, e creerò le medicine adatte. Faremo di tutto per salvare le loro vite!»
Anche Shino prese parola: «Io posso restare qui; comunicheremo con il villaggio della foglia attraverso i miei insetti. In più, posso creare una barriera intorno al villaggio. Non durerà più di due giorni, ma…»
«Shino!» chiamò Kurenai. «Non farlo. Rischi di stancarti troppo, e se dovessi finire il chakra, tu…»
«Non si preoccupi, sensei! Siamo qui apposta!» sorrise Ino.
La maestra, però, non pareva del tutto convinta: «Ragazze… Vorrei davvero darvi il mio consenso, ma non posso permettere che succeda qualcosa a uno dei miei allievi!»
«Resterò anche io! Aiuterò io Shino!» assicurò convinto Kiba.
«Lo faccia andare, sono sicuro che andrà tutto bene.» invocò Gai.
Kurenai fissò per qualche istante la rena.
«Io…»
Sospirò.
«E va bene. È tutto nelle vostre mani. Buona fortuna, e non sforzatevi troppo!»
I membri della Foglia rimanenti ripresero la via per il Villaggio della Foglia.
Solo Kakashi si voltò, per ordinare un’ultima missione: «Indagate bene su quei due individui, durante questa spiacevole permanenza alla Sabbia. Tsunade ha detto che un terzo ninja stava attaccando il villaggio, mentre…»
«Sì. Ce n’erano solo due» rispose pronta Ino, mentre Kakashi si stava già voltando.
Il ragazzo incappucciato chiamò i suoi insetti, e, con quelli, sollevò i due corpi feriti dei fratelli della Sabbia.
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Quel posto era più che spaventoso: una grande grotta scura, situata nel bel mezzo di un bosco, ospitava pipistrelli e qualche biscia. Stalattiti pendevano dall’alto, stalagmiti spuntavano dal terreno, qua e là. Durante il tragitto, dall’entrata – accuratamente sigillata con un dispositivo che permetteva solo a chi possedeva quella pietra di entrare – alla base, c’erano diversi bivi, e le probabilità di perdersi erano piuttosto alte.
Alla fine di quest’intrico di strade e stalagmiti, si giungeva ad una grande stanza, con qualche strano congegno situato sulle pareti.
«Ran Mao.» una voce profonda echeggiò nella cava. «Finalmente ci sei anche tu…»
«Mi scusi, non era mia intenzione raggiungerla in ritardo. Ho avuto qualche contrattempo.»
«Mph. Ti scuserai più tardi. Akazawa ha già preso l’abilità della kunoichi, ora tocca a te.»
Ran Mao annuì, poggiò il corpo del Kazekage su uno di quegli strani meccanismi e gli premette forte la testa con la mano destra.
La pietra brillò di nuovo, ma questa volta si spense subito.
L’uomo misterioso, di cui non si riusciva a distinguere il volto a causa della troppa oscurità, porse una mano – sempre la destra – verso la donna, la quale la strinse.
E di nuovo quel chiarore luccicante, che illuminò la stanza come un sole all’alba.
Si riuscì appena ad intravedere quel viso serio di colui che si presumeva fosse il capo, e il bagliore sparì per l’ennesima volta.
«Perfetto» sorrise il misterioso individuo. «Ora va’ a riposare. Ho già individuato altre prede…» l’eco si sciolse nell’antro, mentre Ran Mao, oramai col fiatone, tornava in camera.
 
La porta cigolò.
«Ran! Sei qui, allora.»
Il ragazzo mascherato chiuse la porta alle sue spalle, per andare a sedersi sul suo letto.
«Dove dovrei essere? Questa è l’unica camera che abbiamo a disposizione» commentò in risposta la sua compagna, per poi rigirarsi dall’altro lato.
«Mh, hai ragione. Comunque – continuò, alzandosi dal letto –, questo è per te»
Porse a Ran Mao una busta di plastica. Lei l’aprì, senza nemmeno assicurarsi del contenuto. Ormai conosceva il suo compagno, sapeva già che all’interno avrebbe trovato la solita cosa.
Estrasse un dorayaki* e lo addentò, sorridendo.
In fondo, gli anni passavano, i tempi cambiavano, ma lui no.
Lui era sempre l’Akazawa che aveva conosciuto ventun’anni prima, quando entrambi erano due piccoli genin intenti ad allenarsi per diventare i ninja più forti.
Sì, ricordava ancora quei bei tempi in cui lui era un ragazzino, di quattro anni più piccolo di lei, che però la difendeva sempre.
La invitava spesso a mangiare quegli amati dorayaki sulla riva del fiume che scorreva a pochi passi dal Villaggio del Suono. E poi finivano per trascorrere interi pomeriggi a divertirsi nell’acqua, a guardare il tramonto abbracciati. E a nessuno importava se la gente li scambiasse per fidanzatini o qualcosa del genere. Loro sarebbero rimasti insieme, a qualsiasi costo, perché un’amicizia del genere, diceva lei, non era mai esistita. Loro erano una cosa sola, un unico cuore che condivideva gli stessi ideali.
E se ora si erano ritrovati a rubare abilità innate ai ninja innocenti, era solo per soddisfare i piani del capo, che in cambio gli aveva promesso in cambio la resurrezione di Toru, il piccolo chunin che era morto per salvare la sua compagna, accidentalmente caduta da un dirupo montano.
E se ora non aveva potuto realizzare il suo sogno – poter apprendere ogni tecnica ninja, e diventare il ninja più forte per poter regalare ai suoi compagni qualsiasi cosa loro avessero necessitato, a partire dalla felicità –, pensava Ran Mao, era solo colpa sua. Sua e di quella dannata collanina caduta nel fiume, che lei aveva tentato di riprendere, rischiando la morte.
Ran mao, l’aveva salutata, non dimenticarti mai di me. Accetta l’amore del tuo compagno e lotta con lui per poter essere la donna più felice del mondo. Sii forte, non mollare mai, qualsiasi cosa succeda!
Eppure, sia lei, sia Akazawa, sapevano benissimo che il capo li stava solo sfruttando, e non avrebbero mai riavuto indietro il loro compagno.
«Akazawa…» lo guardò. Aveva appena tolto la maschera, per poter gustare quel dorayaki dopo una faticosa giornata. I suoi capelli blu notte erano appena visibili, alla luce delle candele, che emanavano una fragranza di fragola e arancia. Il ninja continuava a scostare quel fastidioso ciuffo dall’occhio: ormai non vedeva quasi più.
I suoi occhi rossi potevano incutere timore, a prima vista, certo. Però, in quella stanza così malridotta, erano come un barlume di luce e di speranza.
Ran Mao si avvicinò al compagno, posando il suo dolce da poco morsicato sulle lenzuola smeraldine. Prese un kunai dal cassetto del suo comodino, poi si inginocchiò dinnanzi all’amico. «Stai fermo» ordinò.
Sebbene all’inizio l’amico aveva tentato di dimenarsi, forse per paura che l’amica lo volesse uccidere, lei l’aveva congelato a seduta stante, impedendogli qualsiasi movimento.
Prese il ciuffo fra le mani e… Zack!, in pochi secondi era molto più corto di prima.
Sciolse il ghiaccio che s’era creato attorno ad Akazawa e gli porse uno specchietto di ghiaccio.
«Il mio ciuffo! Perché diavolo…» tentò di protestare lui.
«Fai silenzio.»
«…» Strano ma vero, obbedì. Oramai era tradizione che la giovane kunoichi lo ammonisse così, un po’ come se fosse un cagnolino.
«Il nostro prossimo obiettivo – disse in seguito lei – saranno i ninja della Foglia. Ne sono sicura».
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Naruto continuava a rigirarsi nel letto. Sinistra, destra, sinistra, destra. Aveva solo tre scelte: osservare la finestra e lo stupendo panorama, oppure osservare il muro bianco, oppure il soffitto e il lampadario.
Dormire non era una delle possibili opzioni. Era tutto il giorno che pensava a Hinata e Gaara, i suoi compagni, che l’avevano aiutato a crescere, nonché amici d’infanzia.
Si alzò, ed optò per la prima opzione. Konoha, di notte, era un luogo magnifico.
Si affacciò alla finestra, ripensando a tutta la sua vita e alle persone conosciute sino ad allora.
Amici e nemici, ne erano morti tanti: Zabuza e Haku, Dosu, Kin e Zaku, il quintetto del Suono; Asuma, Neji, Obito e Madara… E poi c’era anche il suo maestro Jiraiya, e l’Organizzazione Alba. Di gente ne aveva vista, aveva dovuto lasciar andare molti dei suoi amici. Ma non sarebbe morto più nessuno. La guerra era finita. I nemici erano scomparsi, quasi tutti.
Saltò sul tetto, ancora in pigiama, e osservò il panorama immerso ancora nei suoi pensieri. Ma poi, squadrando le case una ad una, arrivò a villa Hyuga. Socchiuse gli occhi, e ripensò nuovamente alla morte di Neji. Chissà quanti dispiaceri doveva affrontare Hiashi! La morte del fratello, prima di tutto. E poi c’era stata la morte di sua moglie, di Neji e… No, Hinata era ancora viva, questo lo sapeva già. Hanabi ormai doveva avere all’incirca quattordici anni, e non poteva perdere la sorella proprio nel periodo più difficile: l’adolescenza. Ripensò ancora a quando Hinata aveva pianto per il cugino, e… gli aveva afferrato la mano. L’aveva risvegliato da quel dolore che stava provando, proprio mentre stava per cadere nelle mani del nemico. Hinata c’era sempre stata. E ora sarebbe stato lui a salvarla.
Rientrò in casa, prese la sua felpa arancione, e, senza curarsi del pigiama che portava ancora, la infilò. Poi si cambiò in fretta e furia i pantaloni, si lavò il viso ed uscì.
Tre e dodici. Tre ore e dodici minuti erano passate dalla mezzanotte, quando era tornato a casa dopo la scorpacciata da Ichiraku e le riflessioni al parco.
Uscì di soppiatto dal villaggio e imboccò un vialetto, che portava dritto al Villaggio del Suono. Lo sapeva, perché Sasuke gliene aveva parlato tanto.
Gli aveva parlato di quando era andato lì, in cerca di potere, e Orochimaru gli aveva proposto le più svariate case. Alla fine, Sasuke, aveva risposto «mph» a tutti i suggerimenti e aveva optato per quello schifoso covo, nascosto sottoterra.
Eppure, gli aveva detto più volte, il Villaggio del Suono era un posto piuttosto ospitale – se non fosse stato per gli abitanti – e la via per raggiungerla era semplicissima:
«per di qua, poi prendo questa strada e… ‘Villaggio del Suono’! Ho trovato la via giusta!» esultò il biondo leggendo i cartelli. Ora doveva solo entrare. Entrare e scoprire.
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Hinata continuava a gemere; sentiva un forte dolore al capo e alla fronte, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire cosa fosse. Aprì lentamente gli occhi, e si guardò intorno. Finalmente capì: se non riusciva a muovere gli arti, era perché qualcuno l’aveva legata. Ma perché, e quando? L’unica cosa che ricordava era quel viaggio che stava conducendo fino alla Sabbia, ma poi, mentre correva col suo team, era successo qualcosa, e ora si trovava in quel luogo oscuro. Ecco, mancava solo un pezzo del puzzle e l’avrebbe risolto! Ma dove trovarlo, quel pezzo? Questo era il dilemma più grande, ma, per quanto si sforzasse di capire, non le veniva in mente nulla.
Girò la testa verso la destra. «Gaara! Cosa ci fai qua? Intendo... perché...»
«Siamo stati rapiti, Hinata.» Il Kazekage non lasciò che lei finisse la frase: ormai aveva già capito cosa stesse per chiedergli. «Prova ad usare il tuo Byakugan.»
Hinata chiuse gli occhi e li riaprì pochi istanti dopo. “Byakugan!”
Con suo stupore, notò che non aveva funzionato. Eppure aveva richiamato il chakra, si era concentrata e... insomma, aveva fatto tutto ciò che era necessario. «Non... non funziona!», esclamò poi, sull’orlo della disperazione.
Gaara abbassò lo sguardo. Per quel poco che si vedeva, la Hyuga avrebbe potuto giurare che stesse quasi per piangere. «Come temevo... Nemmeno io riesco ad usare la sabbia. Credo proprio che ci abbiano privati della nostra abilità innata.»
Una luce abbagliante invase la sala: qualcuno aveva scostato la roccia che si trovava all’entrata della cava.
«Vedo che siete svegli.» sussurrò quasi una voce maschile, profonda.
Quella luce che s’era creata negli occhi della blu si spense subito: aveva sperato troppo a lungo che Naruto l’avrebbe salvata un’altra volta, e, nel notare che quell’ombra non era del suo amato, si rattristò nuovamente.
L’uomo le si avvicinò, posandole una mano sul mento, sollevandolo leggermente: «Su, non desolarti. – il suo sorriso si fece più cattivo e soddisfatto quando Hinata corrugò la fronte e spostò altrove lo sguardo. – Questi occhi ti donano molto, non trovi?» domandò.
La ragazza spostò subito il viso in direzione del compagno di sventure: cosa intendeva l’uomo?
Il Kazekage, grazie alla luce che aveva invaso la stanza, riuscì a intravedere le sue iridi. Sgranò gli occhi, balbettando qualche sillaba. Dov’erano gli occhi perlacei della Hyuga? Perché, ora, quello sguardo così sereno era diventato cupo e colorato dei colori delle tenebre? Nero, nero, non c’era un po’ di luce, nemmeno un pizzico. Cosa le avevano fatto?
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I lampioni illuminavano la strada, che, mossa dall’ansia e dal terrore del ragazzo, sembrava ondeggiare e roteare intorno a lui.
Copiose lacrime punteggiavano il terreno e i ciottoli che lo coprivano.
Ormai aveva chiesto a tutti, proprio a tutti. Ma nessuno conosceva un criminale trio che rapiva gente. Perché? Stavano forse tacendo per ordine di qualcuno, o veramente non ne sapevano nulla? Eppure, i due tizi che avevano visto, appartenevano al Suono, e nessuno poteva negarlo.
«Cerchi qualcuno?» chiese una voce alle spalle di Naruto.
Lui si girò di scatto, dapprima felice di aver trovato un aiutante, poi spaventato: abbigliamento singolare, che comprendeva una maglia blu con rifiniture rosse, e dei semplici pantaloni neri; per finire, una maschera. Una maschera grigia scura e dei capelli blu notte che si muovevano come il vento ordinava.
Naruto inarcò le sopracciglia, richiamando il chakra di Kurama.
Piegò un gomito accanto al suo fianco, e iniziò a far roteare il chakra.
«Ridacci Hinata e Gaara!» urlò mentre sferrava quel potente attacco contro il nemico. Quest’ultimo si scostò all’ultimo momento, facendo sbattere l’Uzumaki alla parete.
«Se credi di sconfiggermi così, ti sbagli di grosso!», sbraitò l’uomo mascherato.
«Mi hai rubato le parole di bocca, sai?» ribatté l’altro.
Naruto, deciso a sconfiggere quel mostro, sollevò la mano destra, pronto ad accumulare e modellare il chakra per creare un Rasenshuriken. Ma, proprio mentre il chakra, celeste e luminoso, stava per assumere la forma giusta, un’acutissima nota echeggiò nell’aria notturna del villaggio del Suono, facendo sparire quella sfera tinteggiata delle sfumature d’azzurro.
Un’altra nota.
Naruto si accasciò per terra, cercando di coprirsi le orecchie in tutti i modi possibili.
Un’altra nota.
Il chakra di Kurama iniziò a sparire.
E ancora un’altra, fastidiosissima nota.
Ormai il biondo non si teneva più in piedi.
Akazawa si avvicinò al ragazzo, poi si tolse la maschera.
Quegli occhi rossi, che quasi brillavano in quella notte senza vita, incrociarono lo sguardo del Jinchūriki. «Sei spacciato» sibilò con un sorriso stampato in faccia il ninja.
Chiuse un momento gli occhi, come per concentrarsi, e li riaprì, puntando lo sguardo sempre più divertito sulle iridi azzurre e stanche – ma ancora speranzose – del ninja che aveva di fronte.
Tutto diventò nero. Non era possibile distinguere le varie sagome e ombre, ma dall’enorme quantità di chakra del nemico presente in quell’area, Naruto aveva intuito – purtroppo, troppo tardi – di essere caduto nella sua famigerata Arte Illusoria.
«Allora,» Akazawa azzardò qualche passo. «ti piace questo posto?» seguì una risata, poi, silenzio.
Naruto si stava ancora guardando intorno. Dove finiva quello spazio? Era davvero così immenso, o, addirittura, infinito? Sollevò gli occhi. Un’enorme sfera rossa rischiarava quel cielo oscuro. «Un... occhio?»
Il sadico sorrise di nuovo. «Sì. Gōmon no Me, l’Occhio della Tortura. Sai, se lo osservi troppo...» fece una pausa, osservò il ninja.
Gli ricordava se stesso, quand’era piccolo. Richiamava alla memoria quando era così determinato a salvare i suoi amici, che aveva deciso di farlo da solo, affrontando pericoli e paure... E poi aveva accettato di lavorare per quel porco – così lo chiamava, data la sua avidità e le sue manie per le donne e ogni tipo di tortura erotica –, per salvare la vita di Toru, il suo migliore amico nonché rivale. Era arrivato perfino a quello, ancora convinto, anche se solo per finta, che un giorno l’avrebbe riavuto; e avrebbero nuovamente lottato contro i nemici del villaggio, si sarebbero scontrati per decidere chi avrebbe dato l’appuntamento a Ran, che li osservava imbarazzata. Eppure, nel profondo di sé, all’ombra di quei sentimenti oscuri e cattivi, sapeva benissimo che Toru non sarebbe tornato. Che se il destino aveva deciso così, probabilmente, non doveva richiamarlo alla vita, ma lasciare che si godesse quello che veniva chiamato ‘altro mondo’.
Ricordati di me, gli aveva detto prima di schiantarsi. Ricordati di me come il miglior shinobi, e conquista l’amore e la fiducia di Ran Mao. Fallo al posto mio. Cresci, diventa il ninja più forte del mondo, rendi felice colei che sarà la tua ragazza, e non arrenderti mai. Mai.
Così l’aveva lasciato, piombando da quel precipizio infame, che non l’aveva risparmiato, spezzando l’unico appoggio su cui i piedi e le ginocchia dell’amico erano posate.
 
Naruto sentii qualcosa colpirlo da dentro, come se lo stesse divorando. Cosa? Questo non riusciva a spiegarselo.
“... Se lo osservi troppo...”? Cosa succede, se lo osservi troppo?
«...Insomma, l’avrai già capito. Lo senti anche tu? Quel chakra affamato che ti sta mangiando?» concluse lui.
Un kunai apparve nella sua mano destra. Gocce violacee di veleno e odio puro caddero dalla punta di quell’arma.
«Sarà divertente, Naruto-kun.»
Delle catene rosse sbucarono dal terreno, che si faceva sempre più caldo – o meglio, bollente –, immobilizzando il corpo del giovane ninja.
Akazawa si spostò quasi fulmineamente dietro di lui, iniziando a strappargli e lacerargli la felpa arancione col kunai avvelenato.
«Sai... una tortura è più divertente se svolta lentamente.» ghignò. Poco dopo, decise di iniziare a procurargli corti ma profondi taglietti sulla schiena, divertendosi molto nel sentire le urla dell’Uzumaki, che intanto tentava – invano – di usare un qualsiasi jutsu.
«Mi spiace, ma è tutto inutile. – Fece una piccola pausa. Mentre Naruto ansimava e pensava a tutti i metodi possibili per richiamare perlomeno il chakra di Kurama, lui si godeva soddisfatto la scena. L’occhio rosso che riempiva il cielo di quella prigione così oscura li osservava dall’alto. Sospirò. - La mia Arte illusoria fa perdere il controllo del chakra. In pratica... non potrai più usarlo per un bel po’.», concluse.
Proprio in quel momento, l’illusione svanì.
«Shannaro!» una figura piombò giù dal tetto di un palazzo di quel villaggio, colpendo con un potentissimo pugno il terreno accanto al ninja dell’Arte illusoria. Miliardi di pezzi di rocce, terra e sassolini si sollevarono in aria, facendo volare a molti metri di distanza il nemico – e anche Naruto.
Sakura si precipitò per andare a prenderlo prima che si schiantasse al terreno.
«Naruto, sei un idiota!» lo sgridò lei.
L’Uzumaki schiuse gli occhi, si guardò intorno. Poi notò, a stento, il Byakugo verde acqua che brillava sulla fronte della rosa, donandole una bellezza ancora maggiore a quella che già additava. La leggera brezza notturna le scostò i capelli dalla fronte, rivelando i suoi graziosi occhi verdi osservare il nemico, decisi e furenti nello stesso momento.
«Sakura!» un altro ninja atterrò con un balzo sul terreno semi-roccioso ormai in pezzi.
Naruto non fece in tempo a riconoscere la voce e notare i suoi capelli scuri, che chiuse gli occhi cadendo addormentato.
L’Haruno poggiò il giovane ninja accanto a un edificio, poi si sistemò i guanti color pece e inarcò le sopracciglia. Ora che era lì, non poteva fallire, non di nuovo.
Da piccola era sempre stata classificata come la ragazza debole. Non era mai riuscita a restare al passo con i suoi compagni... Aveva tentato di sconfiggere vari nemici, aveva rischiato la morte per salvare Sasuke... ma aveva fallito. E poi, durante la guerra, aveva finalmente ottenuto ciò che desiderava: il perfetto controllo del chakra, e la potenza; aveva finalmente raggiunto  Naruto e Sasuke, erano finalmente tornati il Team 7, più potenti che mai.
E se adesso aveva raggiunto quella posizione doveva mantenerla, combattendo ancora.
Strinse i pugni.
«Lee.» chiamò. Il compagno si girò, osservandola con una forte luce negli occhi, pronto a catturare quell’uomo e consegnarlo ai ninja sensitivi. Finalmente avrebbero scoperto dove Hinata e Gaara erano tenuti prigionieri! Entrambi annuirono col capo.
Fecero per iniziare una corsa verso il nemico, quando lui li anticipò: «Mi spiace, ma temo di non potermi trattenere troppo qui. Due ninja insieme sono troppo forti, secondo i miei gusti... Lo faremo la prossima volta, va bene? Quando mi sarò preparato. Sarà divertente.»
La sua figura iniziò a dilatarsi. «Eccome...» Pronunciata quella parola, esplose in una nube di fumo fucsia e azzurro, mentre un rimbombo assordante contagiava l’aria silenziosa e pulita del Villaggio del Suono.
Sakura sciolse i pugni per coprirsi le orecchie, ma, non appena si accorse che quel suono era cessato, le scostò, voltandosi verso il compagno.
«Naruto! Smettila di cacciarti in questi guai, per favore. Se Shino non ci avesse avvertiti in tempo...» si chinò, e raccolse qualcosa dal risvolto del colletto della felpa arancione dello shinobi. Un insetto.
«Questo radar ci ha permesso di capire dove ti trovavi. Sapevamo già che saresti corso qui, per ritrovare i tuoi amici.»
La rosa prese per mano l’Uzumaki, mentre Rock Lee li osservava soddisfatto.
Certo, non era riuscito a sconfiggere il nemico, ma almeno aveva contribuito a salvare la vita del compagno.
I tre presero la via per il villaggio della Sabbia: il più vicino.
Restare in quel luogo non era di certo sicuro, in quella dannata situazione. Sakura avrebbe curato Naruto, per poi riaccompagnarlo alla Foglia.


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«Hinata, eh? È un nome molto grazioso, devo dire. E... dimmi, ti andrebbe di divertirti un po’ con me?»
La Hyuga continuò a tacere, fissando il pavimento. Se solo qualcuno fosse arrivato lì... Avrebbero potuto scoprire di più! E sicuramente quello schifoso pervertito sarebbe morto.
O almeno, così sperava... Non aveva la certezza di quali fossero i suoi poteri, ma tutto quello che conosceva di lui, per il momento, erano la testardaggine e la perversione.
L’uomo prese a tirare giù la cerniera della maglia di Hinata, la quale continuava a mandare occhiatacce.
Ma, proprio mentre stava per arrendersi, qualcuno entrò.
Gaara spalancò gli occhi: «Voi?»
Le due figure sulla soglia, illuminate da dietro, fecero un passo avanti: «Noi.»


 
Capitolo 2 – fine.
 


--------------------------------------------------Note!
Eccomi qui. Con parecchio ritardo, ma eccomi qui XD
Dunque... Premetto che so che l'abilità di Gaara non è innata (almeno, così mi dice l'enciclopedia di Naruto...), ma ho voluto che le cose andassero così e basta u.u
In fondo rapire Gaara è mainstream, ormai! XD
Umh... Non ho molto da dire. 

Note:
*dorayaki: è un tipo di dolce giapponese composto da due pancake formati a partire dalla kasutera (impasto simile al pan di spagna) e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki. [Fonte: Wikipedia]

--------------------------------------------------------------------EXTRA 2: Akazawa----------------------------------------------------
Nome >> Akazawa
Cognome >> //
Provenienza >> Villaggio del Suono
Numero di identità ninja >> //
Immagine>> 
 (Questa fa più schifo della precedente :3 Non è colpa mia, lo giuro, ma non so disegnare :/)
Compleanno >> 24 luglio (29 anni - Leone)
Altezza >> 174 cm
Peso >> 53,2 kg
Gruppo sanguigno >> AB
Carattere >> Sadico, eccentrico, sicuro di sé
Colore preferito >> Viola
Cibi preferiti >> Dorayaki, dango
Cibi odiati >> Verdure (fatta eccezione per i pomodori e le carote), cibi amari
Hobby >> Inventare nuove torture
Cose preferite >> Bambole di pezza o bambole voodoo
Cose odiate >> Le persone poco loquaci, le cose troppo precise
Natura del chakra >> Vento
Abilità innata >>
 Gōmon no Me, un particolare occhio simile allo Sharingan, che gli permette di creare Arti illusorie e suoni vari.
Abilità >> Combatte maggiormente con i suoi suoni, spesso combinati con l'Arte Illusoria. Può sdoppiarsi e far esplodere i suoi cloni in tanti trilli acuti.



 

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