DAL CORPO AL CUORE

di Chichilina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un letto e un raggio di sole ***
Capitolo 2: *** LA TORTURA ***
Capitolo 3: *** VITTIMA DELLA SUA VITTIMA ***
Capitolo 4: *** VOLERE, GODERE, POTERE, POSSEDERE ***
Capitolo 5: *** EVEN IF ***
Capitolo 6: *** USAGI&USAGI ***
Capitolo 7: *** FALSE PROMESSE DI SERENITA' ***
Capitolo 8: *** IL PRIMO PASSO ***
Capitolo 9: *** COME QUANDO FUORI PIOVE ***
Capitolo 10: *** L’ALTRA DENTRO TE – prima parte ***
Capitolo 11: *** L'ALTRA DENTRO TE - seconda parte ***
Capitolo 12: *** UN ATTIMO ANCORA ***
Capitolo 13: *** MILLE ANNI LONTANA DA TE ***
Capitolo 14: *** USAGI & SERENITY VS MAMORU ***
Capitolo 15: *** mia fanart ***
Capitolo 16: *** ...E LEI BACIO' LUI ***
Capitolo 17: *** BISOGNO DISPERATO ***
Capitolo 18: *** IL RITORNO DI SERENITY ***
Capitolo 19: *** FOLLIA ***
Capitolo 20: *** DANNATI SECONDI ***
Capitolo 21: *** L'ODORE DELLA FELICITA' ***



Capitolo 1
*** Un letto e un raggio di sole ***


Dal Corpo al Cuore

Fan art di MaryUsa a cui vanno i miei più grandi ringraziamenti

CAP.1 UN LETTO E UN RAGGIO DI SOLE

Le persiane semichiuse lasciavano entrare i raggi di un sole ancora non desideroso di andare a dormire.

L’afa di un’estate troppo lunga si mischiava al sudore dei due corpi adagiati sulle lenzuola umide.

Perle di sudore scendevano sul dolce pendio della schiena di lei  mentre le dita di lui le seguivano come si segue il proprio signore, a testa bassa, con rispetto e devozione.

Lei aveva il viso girato dalla parte contraria a quello di lui. La sua pelle resa ambrata dal sole era perfetta. Liscia, soda e profumata. Gli occhi chiusi in un espressione di piacere, le labbra rosse e morbide semi aperte ancora non stanche, ancora non sazie.

Lui, chino su un fianco, imprimeva nella sua testa ogni centimetro della pelle di quella donna, del suo corpo. Quando sarebbero stati lontani gli sarebbe bastato chiudere gli occhi per vederla in tutta la sua bellezza, li, nuda accanto a lui come era adesso.

Faceva scorta di immagini mentali, scorta di prospettive, scorta di deliziosi punti di vista.

Lei lo sapeva e lo lasciava fare. Sapeva che da li a poco lui l’avrebbe voluta ancora, l’avrebbe toccata, l’avrebbe chiamata a se.

I capelli biondi sciolti ricadevano giù dal letto. Erano così diversi e così uguali quell’uomo e quella donna. Non un nome, non un indirizzo, non un  numero di telefono… solo due chiavi di un appartamento e un appuntamento: ogni tre giorni al tramonto lei avrebbe aspettato lui e lui avrebbe aspettato lei per spegnere la mente e accendere il corpo, per dimenticare il mondo e ricordarsi di loro, solo di loro, con un letto e un raggio di sole.

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Capitolo 2
*** LA TORTURA ***


CAP. 2 LA TORTURA

Lei lo sapeva, non poteva più sbagliare. Oramai conosceva il ritmo del suo respiro, anche solo da quello avrebbe potuto riconoscerlo fra mille.

Ogni volta non era come la prima, ogni volta era un’esperienza unica, totale, inconfondibile e indimenticabile, come indimenticabile è la sensazione della completezza quando è fisica e mentale insieme.

Lei lo sapeva e non si era sbagliata. Le mani di lui non potevano smettere di accarezzarla.
Come per segnare il confine tra loro e gli altri, tra quello che era suo e quello che avrebbe concesso di lei al resto del mondo.

Quando erano in quella stanza, in quel letto, lui si sentiva il suo padrone e insieme il suo servo. Pendeva dalle labbra di lei, pregava che lei lo desiderasse almeno una una goccia di quanto lui desiderava lei.

Era così da mesi, sarebbe stato così per mesi, anni, forse per sempre.

Lei  non si muoveva sotto le sue carezze, respirava sinuosamente e quel respiro bastava ad accendere in lui la passione, il desiderio, la bramosia di possederla ancora.

Con impeto la girò verso di se, assaporò il sapore delle sue labbra e le fece sentire tutto il desiderio che gli pulsava nelle vene, che lo rendeva virile, che lo infuocava dentro.

Anche lei lo desiderava ma non gli avrebbe permesso di avere il sopravvento, non questa volta.

Ora era lei sopra di lui, teneva le redini del gioco con tutta la sua grazia e con tutta la sua voglia.

I capelli biondi accarezzavano il corpo dell’uomo già rigido nel suo desiderio. Era una tortura, una tortura  meravigliosa.

 Lei gli bloccava le mani con una forza inesistente, a cui lui però non poteva ribellarsi, e con un sorriso malizioso che gli diceva che stavano per tornare in paradiso insieme.

Lei era sopra di lui e danzava sul suo corpo la danza della passione. Lui godeva nel vederla perdersi in mille sensazioni che come mille farfalle l’avvolgevano.

Il respiro più irregolare, le labbra dischiuse, venivano e andavano come due viaggiatori ciechi per il mondo che con gli occhi chiusi apprezzavano bellezze a loro invisibili ma reali.

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Capitolo 3
*** VITTIMA DELLA SUA VITTIMA ***


CAP.3 VITTIMA DELLA SUA VITTIMA

Il tempo era tiranno, sempre lo era stato e sempre lo sarebbe stato.

Lei scese dal letto ancora nuda, senza pudori, senza imbarazzi. Si vestì in un istante, facile quando si indossa solo un vestitino nero. Niente biancheria. Solo un vestitino nero abbastanza lungo e coprente e un paio di sandali bianchi che facevano risaltare le gambe abbronzate.

Lui la guardava, sapeva che stava per andare via, sapeva che avrebbe potuto rivederla e riaverla solo trascorsi altri tre giorni. Tre giorni e tre notti senza quella pelle, tre giorni e tre notti di desideri repressi.

Lui era così, passionale dentro quanto glaciale fuori.

Nessuno di quelli che lo conosceva fuori da quell’appartamento, oltre quel letto, avrebbe mai pensato che Mamoru Chiba era vittima di una dipendenza, una dipendenza da lei, quella donna, quella ragazza di nemmeno vent’ anni, fresca come un bocciolo umido di rugiada e calda come un dolce appena sfornato che assaggi anche se sai ti brucerà la lingua.

Per tutti lui era il dott. Chiba, serio, freddo, razionale, inarrivabile e giovane primario del più importante ospedale di Tokio.

Il saluto di lei prima di chiudere la porta, un semplice sorriso, era il loro linguaggio in codice.
Sarebbe tornata, non sarebbe mancata al prossimo appuntamento.

Ogni volta che andava via lui aveva la tentazione di chiamarla ma sapeva che in quel modo l’avrebbe persa. Le loro regole erano poche ma indiscutibili: niente nomi, niente contatti, niente complicazioni.

Se lui avesse ceduto al desiderio di averla anche fuori dal quel letto l’avrebbe persa per sempre e questo non poteva permetterselo. Lei era diventata necessaria più dell’aria. Lei era la sua droga.

Non l’avrebbe mai pensato la prima volta che la vide, pulcino in camice bianco al primo giorno del tirocinio in ospedale. Faceva parte di un gruppo di tirocinanti alla loro prima esperienza. Aveva almeno dieci anni meno di lui.

- Mi dica il suo nome signorina
- Usagi Tsukino, dottore
- Lei è tra quelli del primo anno, vero?
- Si, dottore.

Non era intimorita, anche se sapeva di parlare con una vera celebrità nel suo ramo, che non aveva certo la fama di uno con un buon carattere, anzi, di solito era l’incubo dei tirocinanti, mietitore di vittime tra gli studenti alle prime esperienze di medicina. Pare che molti avessero cambiato studi dopo averlo incontrato. Lui sarebbe stato il suo aguzzino per tre mesi e forse anche di più se le cose andavano bene.

- Bene, lei e il sig. Kou mi seguirete ogni mattina e ogni pomeriggio nel mio giro consueto. La regola è una sola: “quello che dico non si obietta”, mai. Una sola trasgressione e siete fuori.
- Si signore, ehm…dottore!

I suoi colleghi non poterono che sorridere di quella gaffe. Ormai erano in salvo, il terribile dottore aveva scelto le sue vittime e loro sarebbero stati affidati ad altri, magari meno famelici, medici.


Ne era passato di tempo da quel giorno. Ora era lei quella famelica, lei che stabiliva le condizioni, lei i cui ordini non si discutevano mai…pena l’abbandono.

Ma…in realtà non era quella prima volta che l’aveva vista.

Stava comprando del vino al market sotto casa sua. Avrebbe comprato del rosso novello da accompagnare ad una bistecca solitaria. Cenava sempre da solo, lui e i suoi obbiettivi che pretendevano concentrazione assoluta. Mamoru Chiba non aveva tempo per una relazione sentimentale.

Doveva solo pensare alla carriera.

Lei era al suo stesso reparto. Passandole accanto sentì il suo profumo, una fragranza che lo fece vibrare. Sapeva di rosa.

Per un attimo si immaginò di invitarla a cenare con lui e sempre in un attimo la sua mente volò oltre la cena immaginando di annusarla e toccarla.

Gli ci volle un minuto buono per riprendersi da quell’improvvisa fantasia. Quando ritornò in se aveva ancora in mano la bottiglia di vino ma lei era sparita.

Non avrebbe certo mai pensato di vederla il girono dopo nei panni di una sua tirocinante.

 
Il momento peggiore per Mamoru era la notte, senza di lei nel letto era un’agonia terribile. Pensare di dipendere dalla sua carne, sapere di necessitare di entrare in lei lo faceva impazzire.

Era divenuta il suo tempio, la sua religione.

Come si era ridotto in quello stato?

Come era diventato vittima della sua vittima?

 

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Capitolo 4
*** VOLERE, GODERE, POTERE, POSSEDERE ***


CAP. 4  - VOLERE, GODERE, POTERE, POSSEDERE

Bionda con gli occhi del cielo, alta quanto basta per essere slanciata e armonica  nei movimenti, spirito di indipendenza e nessuna voglia di guardarsi indietro.

Usagi come tutte le mattine si preparava davanti allo specchio spazzolando i suoi lunghi capelli d’oro e profumando la sua pelle con petali di rosa.

Nuda, davanti a quel vetro con i riflessi dell’acqua, accarezzava il suo corpo con quei petali immaginando che lui la stesse guardando. Sarebbe impazzito, non avrebbe resistito al suo potere di donna.

Si soffermò un istante sull’ombelico e chiudendo gli occhi tornò con la mente al giorno precedente quando lui la baciava proprio lì, in quel punto di congiunzione con il mondo, e disegnava con la lingua cerchi immaginari.
Un piccolo sorriso compiaciuto si dipinse sulle sue labbra.

Chi parlava di lei  la descriveva come il vento di settembre, frizzante, piacevole ma  destinato a non durare. Chi l’aveva conosciuta sapeva che non si affezionava mai a nessun posto nè a nessuna compagnia.

Espandeva il suo profumato sorriso e poi spariva.

Nei suoi occhi si poteva intravedere un’innocenza di cristallo che conquistava chiunque al primo incontro.

Ma quando nessuno poteva vederla, quando era sola nell’intimità della sua stanza, come in quel momento, l’innocenza dei suoi occhi andava via e lasciava spazio al desiderio, desiderio di quell’uomo che era il suo tabù e il suo giocattolo insieme.

Non era sempre stata così, o forse si. Vent’anni sono pochi ma avvolte sono troppi.

Quell’uomo così glaciale aveva svegliato in lei il desiderio di calore, quell’uomo che non poteva avere ma che infondo, sapeva, le apparteneva, le aveva creato una sensazione di bisogno che non conosceva.

Ma… lui non avrebbe mai potuto stare con lei sotto gli occhi del mondo, nè lei con lui.

A dividerli c’erano tutte le ragioni possibili: lui era un primario e lei solo una tirocinante; la sua reputazione sarebbe crollata e lei sarebbe stata trasferita ad un ospedale meno prestigioso e meno sottoposto al clamore di uno scandalo; c’erano fra loro dieci anni di differenza e poi, il motivo più importante e, infondo, l’unico ad avere importanza, lei non aveva un cuore da dargli.

Usagi voleva solo godere del suo potere su quell’uomo. Voleva solo provare il piacere di poter possedere.

La passione era la sua certezza. L’amore? Una cosa da illusi.

O almeno questo si raccontava spazzolandosi i capelli.

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Capitolo 5
*** EVEN IF ***


CAP. 5 EVEN IF

Il tempo scorre lentamente quando è un tempo fatto di attese.

Quando la lancetta compie il suo percorso, quando la vedi toccare il numero che stavi aspettando, è come se scattasse qualcosa dentro, è come se qualcuno avesse premuto un interruttore dentro di te.

Aveva sempre questa impressione Usagi quando arrivava in ospedale, sempre con almeno quindici minuti di anticipo, e attendeva l’orario per iniziare il suo turno di tirocinante.

Amava quel lavoro, per la prima volta nella sua vita aveva la certezza di essere al posto giusto. Quel lavoro era il suo modo di sentirsi utile al mondo, il suo modo di fare qualcosa per gli altri senza però istaurare rapporti che avrebbero avuto un seguito.
Aveva scelto l’università di medicina, quella era la prima scelta che aveva potuto compiere in autonomia realizzando un sogno di bambina. Finalmente aveva il suo destino in mano. Nessuno avrebbe potuto manipolarla, non di nuovo.

Il dott. Chiba era stranamente in ritardo. Lui, l’icona della puntualità, era già trenta minuti che si faceva attendere dai suoi due tirocinanti. Avevano passato da un po’ i tre mesi obbligatori eppure lei e Seya continuavano il tirocinio grazie ai buoni risultati riportati dal dott. Chiba al consiglio di facoltà.

Per Usagi la cosa più fastidiosa era dover sopportare le avance del suo collega, Seya Kou, che dal primo giorno non faceva che invitarla a bere qualcosa, a mangiare qualcosa, a vedere qualcosa.

Non aveva proprio capito che Usagi non avrebbe mai accettato un invito sottoposta ad una continua pressione.

- Usagi, per una volta il dott. Ghiacciolo ha fallato. Ora smetterà di darsi tutte quelle arie da superuomo.
-…
- Sig. Kou, mi compiaccio nello scoprire che lei mi ritiene un superuomo. Peccato che io non possa dire lo stesso di lei. La informo che mentre lei era qui a dire queste stupidaggini alla signorina Tsukino, io ero in sala operatoria per un intervento urgente, e certamente la mia priorità non era preoccuparmi di lei che mi stava aspettando.

Usagi rimase in silenzio, solo un sorriso nascosto. “Stupido quel Seya…se non fosse il figlio del Direttore generale dell’ospedale non l’avrebbero fatto entrare qui nemmeno come paziente”.

Mamoru in testa, i tre entrarono nell’ascensore che li avrebbe portati al loro piano di competenza. Cercando di non farsi scoprire il dottore guardava Usagi da sotto gli occhiali.

Il camice bianco le donava, probabilmente lo avevano inventato perché un giorno lei l’avrebbe indossato. Se non ci fosse stato quel Seya di mezzo, era sicuro, avrebbe bloccato l’ascensore e l’avrebbe presa adesso. Riusciva benissimo a immaginare la sua pelle sotto il camice, i suoi mugolii di piacere, gli occhi invasi dal desiderio…
- Dott. Chiba, siamo arrivati.
- Ehm…si, si  andiamo…

Si era perso un’altra volta in quelle fantasie, all’inizio erano solo notturne ma da qualche tempo a questa parte bastava guardarla per provare un senso di eccitazione crescente.

Si congedò per il tempo necessario per bagnarsi il viso e poi tornò dai suoi allievi.

- Signor Kou, lei oggi si occuperà di controllare tutte le cartelle mediche di questo reparto e segnalarmi eventuali variazioni nel decorso medico, lei sig.na Tsukino, invece, dovrà assistermi per una pratica eccezionale.
- Posso sapere di che si tratta’?
- Se volevo lei lo sapesse le avrei chiesto di assistermi.

Così dicendo si voltò di spalle seguito da Usagi.

Percorsero in silenzio il lungo corridoio, arrivarono all’ufficio di Mamoru ed entrarono. Fu più forte di lui. Chiuse la porta a chiave e la raggiunse.

Lei gli sorrideva, sapeva cosa voleva e sapeva come reagire.

Lui la stringeva e cominciava a baciarle la base del collo mentre con le mani avidamente ispezionava la pelle bianca e candida sotto il camice color latte.

Lei non rispondeva al suo calore ma lo lasciava fare tenendo gli occhi socchiusi.
Lui era divorato dall’eccitazione, lei aspettò pochi istanti, abbastanza per sentire la sua virilità cominciare a crescere  e poi lo fermò staccandosi dal suo corpo.

- Lo sa quali sono i patti dottore: gni tre giorni nell’appartamento al tramonto, fuori da quel letto caro dottor Ghiacciolo io sono solo la sua tirocinante.
- Usagi io…non resisto altri due giorni…io ti voglio ora.

- Mi dispiace, le ho ho permesso troppo oggi. Non si illuda, l’ho fatto solo per ringraziarla di avermi tolto Seya dai piedi per tutta la mattina.
- Tu mi farai impazzire. Ora mi dai anche del Lei?
- L’ho già fatta impazzire egregio primario.
- Non chiamarmi così. Per te, solo per te qui dentro, sono Mamoru e basta.
- Io invece per lei qui dentro sono la signorina Usagi Tsukino…niente di più


Usagi aveva un sorriso malizioso sulle labbra, mentre parlava con la punta dell’indice disegnava figure immaginarie sul petto di lui. Si divertiva a stuzzicarlo, si divertiva incredibilmente.

- Vieni qui…signorina…vieni da me…

Lui era totalmente soggiogato. La prese per un braccio e con impeto la avvicinò a se. La guardava negli occhi, navigava nei suoi occhi azzurri.

Usagi però non voleva cedere.
- No, ho detto di no. Fra due giorni o niente…

Mamoru allora si indispose allontanandosi di colpo.
- Non so fino a quando riuscirò a portare avanti questa situazione. Sono stanco di stare con te senza stare con te, Usagi
- Queste sono le regole.
- Ma è possibile che tu non abbia voglia di qualcosa di più? E’ possibile che ti basti incontrarci ogni tanto per fare l’amore in segreto e poi fuori dal letto sei un pezzo di ghiaccio? Con me almeno. Ho visto le occhiate che ti scambi con quel buono a nulla di Seya.

 

Mamoru si passò una mano fra i capelli, frustrato per aver proferito quelle parole. Di solito erano le donne che frequentava che dicevano a lui frasi simili. Lui le cercava solo per qualche incontro e loro si innamoravano perdutamente e lo assillavano per mesi.

Ma ora era lui quello assillante, lui quello innamorato perso.

Si era innamorato, innamorato di quella ragazzina più giovane e libera come il vento. Di quella ragazzina che sapeva essere donna come nessun’altra, di quella ragazzina che gli aveva rapito il cuore e i sensi senza nemmeno farlo di proposito … nel loro rapporto lei lo aveva praticamente costretto a fare sempre il primo passo, a esporsi sempre e solo lui.

Lei non avrebbe mai detto a Mamoru di avere bisogno di lui.

Lui lo sapeva bene, probabilmente era anche vero.

Mamoru invece aveva un bisogno disperato di saperla sua, dentro e fuori dal letto.

- Cos’è sei geloso adesso? Seya? E’ solo un ragazzino.

 Gli aveva dato del tu mentre si allontanava dalla scrivania dove lui l’aveva adagiata.
- Rispondimi…come fai a non desiderare niente di più?
- Mamoru, non è una questione di desiderio. Ci sono tante cose che non sai di me e che non saprai mai. Se non ti va bene possiamo anche smetterla di vederci. Cedimi ad un altro primario per il tirocinio e non mi vedrai più, ne nel tuo letto ne fuori.

 

Questo Mamoru non poteva permetterlo. Sarebbe impazzito del tutto nel saperla tutto il giorno a contatto con un altro dottore. Se lei faceva quell’effetto su di lui di, solito così glaciale, cosa avrebbe provocato in un altro uomo?

In un momento gli venne in mente un suo collega trasferito nell’ospedale alla periferia della città perché sorpreso a palpare una paziente. Immaginò le luride mani di quell’uomo, che poco aveva di dottore, sulla pelle di Usagi, della sua Usagi.

- No, questo no. E’ vero io non so quasi niente di te ma, quello che so mi basta. Voglio qualcosa di più.
- Cosa vuoi allora, dimmelo?
- Voglio che tu dia una possibilità al nostro rapporto. Anzi, voglio che cominciamo ad avere un rapporto.
- Cosa pensi di ottenere?
- Voglio che tu mi desideri anche fuori dal letto.
- Sbaglio o parliamo di sentimenti?
- Forse. Dammi un’occasione!

Gli occhi di Mamoru fremevano. Sembravano carboni ardenti.

- E sia, ma, non avrai fortuna, te lo dico in partenza. Facciamo così, ti do due mesi, due mesi in cui accetterò le tue condizioni. Se in questi due mesi non riuscirai a farmi innamorare di te allora faremo a modo mio.

Mamoru era soddisfatto, quasi non credeva di essere riuscito a convincerla. Ora l’unica cosa che gli ronzava nella testa era una domanda: e se…?

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Capitolo 6
*** USAGI&USAGI ***


CAP.6 USAGI & USAGI

Il cervello di Mamoru andava a fuoco.

Pensava e ripensava a quello che era successo nel suo ufficio poche ore prima e si chiedeva se avesse fatto bene a dare voce a quei pensieri tenuti nascosti per mesi.

In fondo lui era stato il primo ad essere contento che i loro incontri fossero segreti, il primo che aveva sperato che la situazione non uscisse fuori dai confini che avevano stabilito per trasformarsi in qualcosa di più oltre al sesso, eppure … solo una manciata di ore prima aveva detto a quella ragazza, così diversa da tutte quelle che aveva conosciuto, che voleva da lei un’occasione, un’occasione per scoprire se fra di loro poteva esserci qualcosa di più.

Mentiva a se stesso tutte le volte che tornando a casa dai loro incontri si diceva “sono un uomo fortunato, piacere senza dovere!”.

Sapeva bene che era qualcosa di più di una continua voglia di possederla nel corpo.

C’era qualcosa negli occhi di lei, qualcosa nelle sue carezze che ogni volta lo disarmavano. Era come se ci fossero due Usagi nel suo letto: una affascinante, focosa e meravigliosamente senza pudori e un’altra dolce, tenera e ...fragile

Ogni volta che faceva l’amore con lei sentiva di non fare solo del sesso. Quella ambivalenza fuori dal suo controllo lo faceva letteralmente impazzire.

Quando era solo nel suo appartamento si trovava spesso a pensare alla loro prima volta.

Era passato il primo mese di tirocinio. Lui la vedeva tutti i giorni per tutto il giorno e ogni volta rimaneva inebriato da quel profumo di rosa misto a pelle di donna che lei lasciava dietro di se.

Era diventata un’ossessione da non dormirci la notte.

Ma lui era il serissimo primario dell’ospedale più importante di Tokio, non poteva certo concedersi di provarci spudoratamente con una giovane tirocinante.

Questo lo frustrava terribilmente.

Aveva sempre la sensazione che lei lo guardasse, ovunque...

Aveva sempre la sensazione che lei stesse per dirgli qualcosa … continuament e…

… ogni volta però si convinceva di sbagliarsi.

E poi … un giorno …

FLASHBACK

- Dott. Chiba, per oggi ho finito, vado a casa. A domani.
- Signorina Tsukino…ha fatto un buon lavoro oggi.
- Grazie dottore.
- Signorina Tsukino…sto uscendo anche io…vuole, vuole… un passaggio?
- La ringrazio dottore ma non vorrei disturbarla.
- Non mi disturba affatto anzi, mi farebbe piacere

Lei lo guardava con i suoi meravigliosi occhi da gatta. Lui non sapeva come gli era venuto in mente di offrirle un passaggio, ma era come se una parte di lui non volesse lasciarla andare.

Mamoru e Usagi scesero nel parcheggio dell’ospedale ed entrarono nella spider nera del dottore.

- Dottore, devo andare a vedere un appartamento non molto lontano da qui, potrebbe lasciarmi fra quattro isolati?
- Trasloca?
- Non lo so ancora. Il mio appartamento è un po’ troppo grande. Sto cercando una sistemazione più intima.

Arrivati al palazzo Usagi scese dall’auto.

- Dottore, grazie del passaggio.
- Se vuole la aspetto e poi la riaccompagno a casa. E’ un po’ tardi per andare in giro da sola.
- E’ davvero gentile. Magari però potrebbe salire con me a vedere l’appartamento. Ho le chiavi, non ci vorrà molto. Così non dovrà aspettare in macchina.

Mamoru contro ogni ragione accettò e scese dall’auto per seguirla.

Salirono in ascensore rimanendo in silenzio.

Il profumo di Usagi lo stordiva piacevolmente, non riusciva a pensare a niente di opportuno da dire

Entrarono.

Era un appartamento semplice, luminoso. Un monolocale con un letto in ferro battuto sotto un’ampia finestra che dava sul parco. Un angolo cottura a scomparsa e un bagno confortevole.

-Le piace?
- E’ molto carino ma…mi sa che è troppo piccolo. Piuttosto sarebbe l’ideale per…
- … per?
- Per un uomo e una donna che si ritrovano clandestinamente, mi da tanto l’idea di una specie di nido d’amore appartato dal mondo.

Mamoru non sapeva proprio come le fosse venuto in mente ma, una cosa era sicura, aveva ragione.

Improvvisamente lo sguardo di lei cambiò. Fece silenzio e indietreggiò fino a poggiarsi ad un muro. Piegò il ginocchio appoggiando il piede sulla parete e lasciando intravedere un piccolo spiraglio sulla bianca pelle delle sue gambe. Continuava a guardarlo con quegli occhi, con quegli occhi capaci di parlare.

Per Mamoru fu un canto di sirene. Irresistibile. Si tolse la lunga giacca di pelle scura e con lentezza la poggiò sul piccolo tavolo di legno bianco alle sue spalle. Si avvicinò a quella sirena bionda e le passò il pollice destro sulle labbra. Come erano soffici, come erano rosse. Lei le schiuse e lui cominciò a sentire il caldo umido del suo respiro.

Apri l’altra mano e la posò sul ventre di lei, era snella e soda. Cominciò a salire piano. Lei continuava a guardarlo invogliante.

La mano di Mamoru si sposto sulla schiena. In un istante la tirò a se e pose fine alla distanza fra le loro bocche, fra i loro fiati.

Tutto era confuso nella mente di lui, il suo corpo agiva mosso da volontà propria. In un istante lui non era più il primario e lei non era più la tirocinante. Erano solo un uomo e una donna che si desideravano.

Lei cominciò a rispondere a quell’impeto e lentamente, quasi centellinando i suoi movimenti, gli sbottonò la camicia e cominciò a baciargli il petto tonico.

Anche lui allora cominciò a spogliarla.

La pelle di Usagi era così vellutata e morbida che ebbe paura di sgualcirla. La alzò da terra e, ancora contro il muro, la baciò ovunque immergendosi in quel profumo che così a lungo lo aveva tenuto in cattura.

Ogni tanto la guardava in viso. Quell’espressione rapita lo affascinava e lo eccitava sempre di più.

La adagiò sul letto. Lei era completamente svestita. Mai creatura gli sembrò più bella. Ora fu lei a spogliarlo. Voleva sentire il contatto del suo corpo con quello di quell’uomo così caldo e appassionato nel pieno della virilità.

Fu la prima volta che fecero l’amore, la prima indimenticabile volta.

Mamoru ricordava sempre quel momento con piacere, chiudendo gli occhi sentiva la sua pelle ancora fra le braccia.

Poteva anche sentire la sue parole una volta rivestitisi.
- Usagi,…non ho parole,…io…
- Dottore è meglio non dire niente – un sorriso sulle labbra
- Ma…non voglio finisca così…
- Potrebbe anche non finire. Questo appartamento potrebbe diventare il nostro angolino, un rifugio per noi.
-  Si, allora vuoi…  ancora …?
- mmmm…vedremo… Aspettami qui fra tre giorni al calar del sole …se arriverò vuol dire che avrò ancora voglia di te.

FINE FLASHBACK

Come erano cambiate le cose. 

Lei non era mai mancata ad un appuntamento. 

In ospedale era impeccabile, misurata, distaccata e formale e poi … ogni tre giorni diventava un’altra, diventava la sua Usagi. Come faceva quella donna a essere così diversa e così uguale a se stessa?

 

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Capitolo 7
*** FALSE PROMESSE DI SERENITA' ***


Amici sono tornata!!!!Grazie a tutti per gli auguri che mi avete fatto per l’esame. Dedico a voi il mio 30 e lode!!!
Ieri sera mi sono spremuta le meningi e ho “partorito” questo nuovo capitolo. Dovete scusarmi se vi ho fatto aspettare un po’ ma ho avuto il cervello in panne per un discreto lasso di tempo (non che ora vada molto meglio a dire la verità
).

Spero che questo capitolo vi piaccia. Cominciano a spiegarsi le cause del comportamento di Usagi.

Ringrazio tutti i fedelissimi lettori e anche i nuovi. Spero davvero di non deludervi.

CAP. 7 FALSE PROMESSE DI SERENITA’

Anche Usagi era confusa. Mentre si allontanava dall’Ufficio di Mamoru non faceva che chiedersi come avesse fatto quel dottore ad abbattere le sue difese e a farsi concedere un’occasione?!

Gli aveva detto subito di si, le era venuto naturale.

Lei non era certo il tipo da concedere occasioni. Lei era una che prendeva quello che voleva e chiudeva la porta in faccia a chi non voleva ricevere. Era dovuta diventare così e ora non poteva tornare indietro.

E invece, … qualcosa in quell’uomo aveva scalfito la sua armatura.

Non faceva che ripetersi: *Tanto non riuscirà mai a farmi cambiare idea…! Non glielo permetterò!*

Che parola strana “occasione”. Usagi ne aveva avute poche dalla vita, il suo cammino era stato sempre condizionato e tutte le verità che credeva di possedere si erano rivelate niente altro che squallide bugie.

Sapeva di poter contare solo su se stessa. L’unico che non l’avrebbe mai tradita ne mentito era il suo corpo, l’unico di cui poteva disporre era il suo corpo. Era giusto dare a qualcuno quello che lei non aveva mai potuto avere?

Mentre si rinfrescava il viso nei bagni dell’ospedale, i suoi pensieri andavano ben oltre le mura dell’edificio. Tornavano alla sua infanzia, tornavano nei giardini di quella villa meravigliosa e orribile insieme.

Si ricordò dell’altalena dietro il grande albero di ciliegio. Era lì che i suoi sogni toccavano il cielo, era lì il che i suoi occhi si riempivano di speranza, ma era anche lì che le sue orecchie di nascondevano dalle urla di suo padre e i pianti di sua madre, e che, ancora bambina, curava i lividi nel suo cuore, ed era sempre lì che già adolescente lasciava cadere le lacrime della solitudine e del rimorso.

Come poteva suo padre essere insieme l’uomo che amava e quello che odiava? Come poteva la persona che avrebbe dovuto amarla di più, saperle dedicare solo gli ordini più severi, come poteva riservarle la più fredda indifferenza e disporre del suo cuore e della sua volontà come meglio preferiva??

E sua madre?
Soffriva, ma non con lei…con lei era sempre così distaccata, così assente…perché non interveniva a lenire la sua sofferenza? Perché non dividere con lei il dolore che aveva attanagliato il suo cuore?

Perché le persone che dovevano amarla non l’amavano? Eppure non era sempre stato così.

Suo padre aveva deciso già tutto per lei e lei…avrebbe dovuto solo obbedirgli. Gli studi, la carriera e anche il suo matrimonio erano già stati decisi da quell’uomo che si faceva chiamare “papà”. Non avrebbe mai potuto disonorare la sua famiglia scegliendo da sola il suo cammino e disponendo del suo corpo e del suo cuore.

Lui così sbagliato nel suo modo di amare, lui così superbo nelle sue decisioni, così violento nelle parole e così incapace di scaldarle la pelle con le carezze di un padre.

Lei era Serenity Tsukino, la figlia di Kenji Tsukino, la proprietà di Kenji Tsukino, e se voleva continuare a essere la figlia di suo padre e vivere in quella casa, doveva portare quel nome e sottostare alle sue regole.

Certo non furono la casa e il nome le cosa più difficili da abbandonare.
“Serenity”…di sereno la sua infanzia non aveva avuto niente a cominciare da quell’incidente…da quel giorno che cambiò la sua vita per sempre, che cambiò il cuore di suo padre e il sorriso di sua madre.

Si bagnò di nuovo la fronte con l’acqua fredda…quei ricordi la scuotevano sempre.

Era tanto che non pensava più alla sua famiglia.
Da quando 3 anni prima era andata via da quella casa non li aveva più visti.
Disponeva di se stessa e nessuno le imponeva più niente.
Aveva smesso di sentirsi in colpa, ferita.
Era tornata in possesso della sua vita e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare il suo equilibrio con false promesse di felicità. Ora non era più Serenity, era Usagi e sapeva che… i dolori più grandi provengono da chi ami di più.

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Capitolo 8
*** IL PRIMO PASSO ***


CAP. 8 IL PRIMO PASSO

Non era facile per Mamoru decidere come cominciare a impostare un rapporto con Usagi. Non aveva una grande esperienza in frequentazioni. Di solito si limitava a incontri sporadici senza conseguenze a lungo termine.
Le aveva strappato due mesi di disponibilità e si sentiva in debito con lei ma anche con se stesso. Ora non poteva sbagliare. Desiderava davvero quella donna, desiderava davvero averla per lui soltanto. Dentro e fuori dal suo letto.

Una parte del suo cuore si sentiva più leggera, era uscito allo scoperto, era riuscito a dirle che voleva di più, e lei non lo aveva rifiutato, non del tutto almeno.

Non si ricordava di aver mai avuto con le donne i problemi che stava avendo adesso con lei.

Più e più volte gli venne in mente una domanda, una domanda verso se stesso: "Come mai non ho provato niente del genere per nessun’altra? Come mai in trent’ anni non ho sentito prima battere il mio cuore così forte per nessuno?". Era una domanda che sembrava non avere risposta.

Forse era sempre stato freddo e razionale come tutti lo ritenevano, o forse no.
Si ricordò di quando a vent’ anni faceva strage di cuori. Lui, un affascinante studente di medicina.
Di successo ne aveva eccome con l’altro sesso. Di sicuro non si era mai preoccupato di come stessero le ragazze che sistematicamente seduceva e abbandonava. Perché era cosi? Non se lo ricordava.
Ora però credeva di capire cosa provassero, doveva essere qualcosa di simile al sentimento di abbandono che provava lui quando, dopo aver fatto l’amore, Usagi si rivestiva e andava via con solo un sorriso per saluto.

Probabilmente per la prima volta, cercò di usare le conoscenze di psicologia apprese all’università verso se stesso, cercò di fare un punto sui suoi rapporti affettivi durante l’ adolescenza e  l’ infanzia.
Cosa lo aveva portato a diventare così non curante verso l’altro sesso? Come era diventato “dott. Ghiacciolo”?

Bhe, aveva interrotto i rapporti con suo padre da  anni. Non erano mai andati molto d’accordo dalla morte di sua madre, quando Mamoru di anni ne aveva appena cinque. Sempre tanto autoritario, il sig. Chiba era stato  praticamente assente nella sua educazione e aveva cresciuto Mamoru “a distanza” affidandolo alle cure di un maggiordomo e di una cameriera.
Poi, un giorno, quando Mamoru aveva ventiquattro anni, decise di imporgli un matrimonio combinato con la figlia di un loro amico e socio d’affari.

“Come poteva pensare che mi sarei sposato a comando?!”  - Mamoru se lo chiedeva  fino all’ossessione – “E poi, la ragazza in questione aveva ancora quattordici anni, poco più che una bambina.”

Mamoru cercò di ricordare l’ultima conversazione con suo padre.
Erano passati tanti anni. Erano in una villa, forse proprio la villa dove abitava la promessa sposa. Mamoru ricordava una forte luce provenire dalle grandi finestre.

FLASHBACK

- Papà, non so come hai fatto a trascinarmi qui ma scordati che io possa sposare una sciocca ragazzina.
-
Tu sei mio figlio è devi rispettare le mie regole. Questo matrimonio legherà queste famiglie per sempre. E’ un’ottima cosa per la nostra famiglia. Vedrai che mi ringrazierai.
- Forse è un'ottima cosa per te! Devi smetterla di decidere al posto mio. Non acconsentirò mai a sposarmi in questo modo.

I toni si erano fatti accesi. I due uomini sembravano non curanti di trovarsi in casa d’altri.

- Quello che tu dici o pensi non ha importanza. Il vostro matrimonio è stato già deciso da mesi, la famiglia della tua futura moglie ha già la mia parola. Lei è d’accordo, i tuoi suoceri sono d’accordo, io sono d’accordo. fra un paio d'anni vi sposerete. Non puoi certo ribellarti, disonorare la mia parola e poi continuare ad essere mio figlio!

Ci fu un istante di silenzio. Mamoru cambiò la sua espressione. Da furioso sembrò tornare il ragazzo controllato di sempre. Allentò la tensione dei pugni che aveva serrato durante la discussione. Si sistemò il collo della giacca. Qualcosa dentro di lui si era spezzato, o forse si era compattato per la prima volta. Era il suo orgoglio. Capì che per quell’uomo lui era niente altro che una merce di scambio.

- Se essere tuo figlio significa essere un tuo strumento d’affari preferisco restare solo al mondo.

La voce netta, lo sguardo deciso. Senza nemmeno aspettare una risposta Mamoru si girò e prese l’uscita di quella villa.

FINE FLASHBACK

“Io sposato? Che sciocchezza! Non riesco nemmeno a frequentare una ragazza che mi piace, figuriamoci se riuscirei a reggere un matrimonio! Però … chissà, Usagi in grembiulino ad aspettarmi a casa la sera non sarebbe poi tanto male.
Ma che sto pensando!?
… mio padre … chissà come sta? Chissà se è ancora quel freddo calcolatore di una volta? Chissà se sa che sono diventato un chirurgo di fama nazionale, solo con le mie forze?  
Ahhhh … basta!
La psicologia non fa per me! Piuttosto dovrei concentrarmi su cosa fare con lei adesso e poi lavorare. Sto perdendo un sacco di tempo.  Vediamo … forse potrei invitarla a fare una passeggiata. Infondo non siamo mai stati insieme fuori dall’ospedale o fuori dal nostro appartamento”.

Era strano pensare a quell’appartamento come suo e di Usagi. Avere qualcosa in condivisione era un’esperienza nuova. Da quando era andato via da casa era stato l’unico proprietario delle sue cose.
Si, aveva preteso di pagare lui l’affitto di quella casa, ma era sempre Usagi a tenerla in ordine, a renderla confortevole per i loro momenti lì. Era lei che ogni volta gli faceva trovare qualcosa in frigo. Sapeva che spesso lui andava in quell’appartamento anche quando non dovevano vedersi.

“Ah, basta!! Devo decidermi! Vada per una passeggiata. Magari potremmo andare al laghetto in foresta. E’ lontano da occhi indiscreti ed è all’aperto. Potremmo cenare in quel ristorantino tra i pini e parlare un po’. Si, è la massa giusta per un primo incontro senza pretese.

Ora devo solo dirglielo.”

 

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Capitolo 9
*** COME QUANDO FUORI PIOVE ***


CAP. 9 COME QUANDO FUORI PIOVE

- Maledizione! Sempre la solita sfiga!

Mamoru guidava nervosamente sotto la pioggia, imprecando per le ferie prese dalla sua buona stella.  Aveva organizzato tutto. Aveva prenotato il ristorante, aveva preso delle coperte per potersi stendere sull’erba del bosco con lei a guardare le stelle, aveva comprato una bottiglia di prosecco per l’occasione e si era pure vestito versione boscaiolo per sembrare adeguato per una cena agreste.
Adesso, conciato così, sotto la pioggia, nella sua bellissima spider nera, sembrava solo un imbecille.

Non era stato difficile alla fine invitare Usagi. Poche semplici parole in un messaggino:

“Vengo a prenderti alle 19:00 a casa tua. Vestiti comoda e indossa scarpe da ginnastica”.

Gli era sembrato adeguato come invito mentre lo digitava sul suo palmare. Ora riflettendoci era una vera cavolata. Quale donna si sarebbe fatta affascinare da un invito del genere? Di certo non Usagi.

Comunque era arrivato. La pioggia scrosciante si infrangeva sul cristallo dell’auto. Mamoru estrasse il palmare dalla tasca e compose il numero di lei.

Era stata una buona idea rubare il suo  indirizzo e il suo numero personale dall’archivio. Mentalmente ringraziò l’obbligo di essere sempre reperibili dall’ ospedale, legame che tante volte aveva invece maledetto. Ora, con quei numeri in suo possesso, almeno poteva contattarla quando voleva.

     -  Tu-tu, Tu-tu
-  Pronto,… Mamoru sei tu?
-  Si, sono io. Sono giù in macchina.
-  Mi ci vuole ancora un pochino.
-  Ehm…se vuoi posso salire e ti aspetto.
-  Vuoi salire?...veramente non mi sembra il caso...
-  Usagi! Devo ricordarti il patto??
-  No, no. Ok sali ma…insomma…niente, Sali e basta
.

 
Aveva ancora i capelli bagnati. Era uscita solo qualche minuto prima dalla doccia. Aveva dovuto fare un’ora extra in ospedale per sostituire una sua collega tirocinante e non era riuscita a rispettare la sua solita puntualità. Questo le dava fastidio.

Ma ancora più fastidio le dava l’idea che per due mesi sarebbe dovuta essere accondiscendente con Mamoru Chiba, il suo primario, il suo amante. Non che lui l’avrebbe forzata nel caso di un “no” detto con convinzione però… si sentiva legata dalla parola data e la sua rabbia maggiore dipendeva dal fatto che era stata lei ad accettare la proposta di quell’uomo, non l’avevano certo costretta.

 

*Vuole convincermi, chi si crede di essere per riuscirci? Usagi Tsukino non è una che si fa “convincere”. Però…non avrei creduto mai che sarebbe arrivato a questo punto. Pensavo gli bastasse, pensavo fosse un tipo da “sesso e basta”. Com’è strana la vita. Chissà se ora direbbe ancora che sono solo una sciocca ragazzina?*

 


* Meglio farle a piedi le scale, mi aiuterà a rilassarmi. Sto per salire a casa sua. E’ la prima volta in tutti questi mesi. Mi fa un certo effetto pensare di entrare nel suo mondo. Sono abituato ad entrare ben altri universi quando si parla di lei. Non mi sembrava contenta però della mia richiesta di salire. Perché glie l’ho chiesto? Forse solo curiosità. Forse capirò qualcosa di più di lei vedendo dove abita. Mio Dio, sono nervoso. Mamoru Chiba calmati. Infondo sei un uomo, non più un ragazzino! 

Cavolo però… ho un po’ di fiatone. Bhè, quattro piani a piedi non sono uno scherzo per uno che ha il cuore in gola come ce l’ho io adesso.*

-  DLIN DLON
-  Entra pure, la porta è aperta, sono in bagno esco subito!

     La voce di Usagi veniva da una stanza poco lontana dall’ingresso. 

*Che fortuna, almeno mi risparmio l’imbarazzo della faccia da ebete che mi sento addosso adesso! Forse la mia buona stella è tornata dalle ferie. Ehi, ma questa casa è grandissima!* 

Davanti agli occhi di Mamoru si presentava un appartamento spazioso e luminoso. Tutto nei toni del bianco. Mobili moderni e praticamente nessun soprammobile. Era una casa di pregio ma, assolutamente impersonale. O almeno era così che la vedeva Mamoru. C’era una porta semiaperta. Il legno bianco dell’infisso divideva a metà la visuale della camera. Era la stanza da letto di Usagi. 
Anche qui molto bianco alternato con un rosso carminio per le coperte e i tendaggi. Non una foto, non un peluche, non un capo di abbigliamento in disordine.

    - Mi sono trasferita qui da poco. Era già ammobiliata. Non pensare che questo sia il mio gusto in fatto di arredamento. Preferisco colori più caldi.

Lei era dietro di lui. Mamoru si sentì come un bambino beccato con la mano nella scatole dei biscotti. 

- Scusami se sono entrato, l’ho fatto senza pensarci.
- Non ti preoccupare, non ho niente da nascondere.

Era ancora in accappatoio. I lunghi capelli dorati e bagnati scendevano sulle spalle coperte di spugna. Ancora qualche gocciolina d’acqua le bagnava il viso. Mamoru la trovò incredibilmente sexy.

     Non aveva lo sguardo solito di quando era in ospedale e nemmeno quello dei loro incontri privati eppure, per Mamoru nessuna visione sembrò più piacevole di quella che aveva davanti. 
Con la salivazione a zero si avvicinò. Come faceva quella donna ad azzerargli in quel mondo il cervello? Era come se un interruttore fosse stato premuto. 

-  Sei bellissima.
-  Non posso dire lo stesso di te dottor Boscaiolo.
-  Vieni qua.
-  Ehi, non mi sembra di trovarci nel nostro appartamento.
-  Non ha importanza dove siamo vieni qua.

Gli occhi di lui erano invasi dal desiderio. Dove erano finiti tutti i propositi per una serata romantica?  Mamoru non lo sapeva. La tirò verso di se. La strinse e con una mano cominciò ad esplorare la pelle ancora umida di lei. Quel corpo così sodo lo faceva impazzire. Lei aveva uno sguardo malizioso. Gli piaceva quando lui faceva l’irruento. Prese a baciarla sul collo inebriandosi di quell’odore misto tra bagnoschiuma e pelle. Stava completamente per perdere il controllo.

La avvicinò contro la parete, proprio come la prima volta.

Lei si faceva travolgere. Infondo anche lei aveva voglia di lui.

Era completamente preso dall’eccitazione del momento. Stava per togliersi i pantaloni per entrare in lei, quando, con la coda dell’occhio vide lo sguardo di lei, era presa ma presente a se stessa allo stesso tempo. In un istante ripensò al vuoto che provava ogni volta, quando finito di fare l’amore lei lo lasciava solo. Fu abbastanza per farlo fermare di colpo. Aveva deciso di volere di più. Cosa avrebbe concluso possedendola di nuovo così, in un sublime slancio di passione?

 

 

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Capitolo 10
*** L’ALTRA DENTRO TE – prima parte ***


Usagi aveva ancora gli occhi socchiusi. Non si aspettava che il bel dottore avrebbe fermato la corsa verso di lei proprio ad un passo dal traguardo.

Fu una specie di risveglio aprire gli occhi per rendersi conto di cosa fosse successo.

Mamoru era a pochi centimetri da lei ma aveva smesso di toccarla. Le mani appoggiate al muro e lo sguardo fisso sul suo.

-         
Ma-Mamoru cosa ti è preso?

Lui abbassò lo sguardo e in uno scatto si allontanò dal profumo della pelle di lei. Aveva paura di perdere di nuovo il controllo e di non riuscire più a mantenere il suo proposito.

-         
Usagi io voglio di più…te l’ho già detto.
-         
Mamoru certo che sei un tipo strano. Fai tutto tu. Prima mi tiri a te e poi mi respingi.

Usagi era visibilmente contrariata. Lo si poteva ben capire dal tono d’un tratto glaciale della sua voce. Mamoru dal canto suo era in evidente imbarazzo.

-         
Perdonami Usagi, io, io…sto cercando di migliorare. Voglio offrirti qualcosa di più che il sesso.
-         
E perché tutto questo sforzo? Non mi sembra di averti mai chiesto niente di più.


La ragazza si era ricomposta nel suo accappatoio e aveva smesso di guardarlo mentre gli aveva fatto la domanda. Con fare indifferente cominciò a districarsi i lunghi capelli con le mani.

-      Io…non lo so. Non mi era mai successo prima ma…insomma…voglio provarci, sempre che tu sia            d’accordo naturalmente.
-         
Ascolta Mamoru, io non so cosa tu voglia dimostrare a me o a te stesso. Ti ho promesso che starò al tuo gioco per due mesi ma ti ho anche già detto che non avrai nessun risultato dalla sottoscritta.

Il moro non riusciva a capire il distacco che Usagi riusciva a mettere fra di loro.
*Certo non è il corpo la sua preoccupazione – pensò - Ho come la sensazione che Usagi voglia proteggere il suo cuore da me. Non lo so, forse mi sbaglio.*

-          Usagi io ho la certezza che potremmo stare bene insieme, anche fuori dal letto. Stasera per esempio … volevo portarti a cena fuori. Sono sicuro sarebbe stato piacevole.
-         
Perché … non mi porti più?
-         
Bhè … avevo pensato di cenare al ristorantino sul lago ma … sta diluviando. Dal parcheggio al portico del locale ci inzupperemmo di fango e acqua.
-         
E qual è il problema?
-         
Dici davvero?!
-         
Si, adoro la pioggia e adoro il lago. Se l’invito è ancora valido fra un momento sarò pronta.

Come aveva fatto a spostare il discorso dai sentimenti al ristorante non lo sapeva. Mamoru era basito ma allo stesso tempo sollevato. Il discorso si stava facendo troppo difficile da sostenere. Infondo era un innamorato alle prime armi. Non aveva troppa esperienza in dichiarazioni d’amore o promesse di felicità.

Si sedette su uno dei morbidi e bianche divani di pelle del soggiorno e aspettò la sua bella in religioso silenzio.

Nella sua camera Usagi si stava vestendo con cura ma velocemente. Voleva uscire da li il prima possibile. Era troppo strano pensare di avere Mamoru Chiba a casa sua. Stavano anche per fare l’amore. Non doveva succedere. Si tirò su i jeans scuri che aveva scelto e si infilò velocemente una camicetta bianca di cotone con dei ricci di stoffa che seguivano i bottoni. I capelli erano ancora bagnati. Decise di fare una coda di cavallo alta, tanto con quella pioggia si sarebbero bagnati ancora di più. Un paio di scarpe da ginnastica ed era pronta.

-         
Andiamo?
-         
Emmm, si, si

Il viaggio in macchina fu silenzioso per la prima metà del tragitto, nonostante Mamoru stesse torturando il suo povero cervello alla ricerca di qualche argomento interessante di cui parlare. Gli venivano in mente solo due argomenti: Quello che provava per lei e le avances che le faceva Seya. Di entrambe le cose non gli sembrava il caso di parlare. Era troppo presto per farle una scenata di gelosia per quel bamboccio dal portafoglio gonfio.

-         
Mamoru cosa facciamo se ci incontra qualcuno dell’ospedale?

Ecco un argomento valido. Naturalmente non era stata una sua idea proporlo.

-          Bhè, fingiamo non ci sia niente di strano. O meglio: non c’è niente di strano. Senti, io ci ho pensato bene. In fondo tu sei maggiorenne e io non sono sposato. Avremo pure diritto ad una vita fuori dall’ospedale.
-         
Si ma…non vorrei si pensasse che io vengo a letto con te per ottenere i casi medici migliori per la mia formazione.
-         
Ho pensato anche a questo. Da domani ti cambio reparto. Ti affido alla signorina Setsuna di ginecologia. Tu volevi specializzarti in pediatria vero? Un po’ di tempo con la dottoressa Setsuna sarà una buona cosa.

-         
 …credo di si…
-         
Così nessuno potrà pensare male di te.
-         
E Seya?

*Perché mi chiede di lui?* Mamoru si irritò a sentirlo nominare da lei.

-          Cosa centra Seya?

Il tono era decisamente contrariato.

-          Bhè, si insospettirà del mio “spostamento”.
-         
Quel cetriolo? Non credo. Piuttosto non è che a te dispiace separarti dal tuo spasimante?

*Cavolo! Perché l’ho detto!*

-         
Sbaglio o questa è gelosia dott. Chiba?!
-         
No, no. Io geloso di quel ragazzino? Tze! Deve nascere un’altra volta per arrivare al mio livello.
-         
Quante arie ci diamo dottore!
-         
Usa, non chiamarmi dottore fuori dall’ospedale…ti prego!
-         
Comunque è vero che Seya mi fa la corte.
-         
Vuoi farmi scattare i nervi?!
-         
… Si! diciamo che la nuova veste “dottor Gelosone” mi piace.

Mamoru non ebbe il tempo di replicare. Erano arrivati. Tra gli alberi della foresta si intravedevano le luci del ristorante. Pioveva a dirotto.

Mamoru uscì per primo e andò a prendere Usagi con un ombrello. Era troppo piccolo e non avrebbe riparato molto, comunque era meglio di niente.

Le scarpe sprofondavano nel fango. A Usagi non sembrava comunque dare fastidio. Anzi, sembrava trovarlo divertente.

Mamoru non potè non notare un sorriso divertito tra le labbra di lei.

Entrarono nel ristorante.
-         
Signori Buonasera e ben venuti.
-         
Buonasera, dovrebbe esserci un tavolo riservato a nome Chiba.
-         
Si, accomodatevi. Pensavamo avreste disdetto dato il tempo. Siete i nostri unici ospiti stasera.
-         
Bhè, vorrà dire che avremo un servizio esclusivo, no?
-         
Ma certo signore.

Si accomodarono. Il locale era rustico e il tavolo era apparecchiato con la classica tovaglia a quadri rossi e una candela sgocciolata molto d’atmosfera.

-         
Sono felice tu mi abbia portata qui. Mi piace.
-         
Non pensi sia poco chic?
-         
Altro che! Preferisco le cose informali e “comode”.

 

Era bellissima. La luce della candela la faceva apparire ancora più bella. Mamoru era felice di aver fatto una buona scelta con il ristorante e fu un piacere sentirla dire che preferiva le cose informali. Infondo il loro lavoro di formale aveva quasi tutto per cui staccare la spina da divise, moduli da compilare e protocolli da seguire non poteva che essere una cosa piacevole per entrambi.

Senza pensarci le prese la mano. Solo la candela li divideva.

Lui non se lo aspettava ma le guance di Usagi cominciarono a imporporarsi. Non aveva rifiutato il suo tocco. Sembrava a suo agio e nello stesso tempo emozionata.

Con grande sorpresa di Mamoru lei da sotto il tavolo avvicinò anche i piedi a quelli di lui, come per amplificare il contatto.

Aveva gli occhi felici.

Che fine aveva fatto la ragazza che poco prima a casa sua gli era sembrata così fredda e distaccata?

Non lo sapeva. Non importava. Quel piccolo gesto gli aveva fatto prendere coraggio.

-          Signori cosa vi porto?

Ecco un disturbatore.

-          Emmm…Per me va bene il menù della casa. L’ho già apprezzato una volta e vado sul sicuro.
-         
Bhè…allora mi fido e lo prendo anche io.
-         
Bene signori, ottima scelta.  Fra cinque minuti arrivo con gli antipasti.

Intanto Usagi, come spaventata dall’intrusione del cameriere, si era staccata da Mamoru con mani e piedi. Girò il volto e si mise a guardare il panorama che si poteva ammirare dalla finestra proprio alla sua destra.

Pioveva forte. Si vedeva l’acqua infrangesi sul lago. Non era ancora notte ma il cielo era scuro. Un temporale in piena regola.

Mamoru guardava lei che guardava fuori. Aveva uno sguardo così assente.

-          Ehi signorina, mi lascia da solo a questo tavolo?§
-         
Mamoru scusami,  mi ero incantata a guardare fuori. E’ così bello!
-         
Pensavo tu fossi tipo da giornate di sole e non da temporali estivi
-         
Ci sono tante cose che non sia di me…

Lo sguardo si era improvvisamente intristito. Mamoru se ne accorse e capì che non era ancora il momento di indagare.

Metà capitolo finito.
Spero di riuscire a pubblicare presto anche l'altra metà.
Scusatemi tutti, cari lettori, se ultimamente sono più lenta a pubblicare e mi faccio sentire anche meno con le recensioni ma...è un periodo particolare in cui ho la mente presa da altro. Cmq ci tengo a dire che continuo a seguirvi tutte e che appena "torno in me" riprenderò anche a commentare come mio solito. Spero che questo nuovo cappy vi sia piaciuto. Sto cercando anche di migliorar eun pochino il layout. Non so se ci sono riuscita. Spero di si.
Vi ringrazio per il solito supporto e vi mando un bacione immendo. Chichilina

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Capitolo 11
*** L'ALTRA DENTRO TE - seconda parte ***


     CAP. 11 – L’ALTRA DENTRO TE – seconda parte 
Per tutta la cena i pensieri di Usagi sembravano andare ben oltre l’immagine di lei seduta in quel ristorantino rustico con quell’uomo che si era messo in testa di conquistarla. I suoi occhi chiari sembravano percorrere sentieri temporali segreti che la portavano indietro negli anni e poi, improvvisamente, di nuovo lì, seduta e presente a se stessa, ogni qual volta che Mamoru cercava di coinvolgerla in un qualsiasi discorso. 

Lui non riusciva a darsi pace, malediceva l’interruzione del cameriere che aveva spezzato l’incanto che si era creato tra di loro, occhi negli occhi, mani nelle mani, con solo una candela a dividerli da un bacio. 

Mamoru continuava a tormentarsi, assolutamente allo scuro dei meccanismi che facevano cambiare l’umore di quella ragazza così misteriosa nei pensieri e così trasparente nei modi di fare allo stesso tempo. 
-          Mamoru,…scusami…credo di non essere una grande compagnia questa sera.
-          Usa, sei assente, me ne sono accorto. Ho fatto qualcosa per farti allontanare così?
-          No, non dipende da te, o almeno…non del tutto.
-          E allora? Non ti piace il cibo, non ti senti a tuo agio?
Mamoru non sapeva più cosa pensare. Gli dava un senso di tristezza profonda vedere quella ragazza così forte e determinata, capace in altri momenti di farlo impazzire letteralmente, starsene lì davanti a lui a perdere il suo sguardo tra i vetri della finestra alla sua destra o tra i riflessi di un bicchiere di vino rosso. 
-          Mamoru, scusami. E’ solo che…
-          Solo che…
-          E’ la prima volta da tanto tempo che non ceno da sola e, invece di godermi il piacere di avere compagnia, mi sento stranamente triste. 

Ecco, l’aveva detto! *Come mi è venuto in mente di dirgli una cosa del genere? Penserà che sono una pazza. Però è la verità*.  Usagi si era già pentita di quella striminzita confessione ma sapeva di avergli detto la verità: in questo momento sentiva addosso tutta la tristezza di anni di cene solitarie. 

-          Non importa, sapevo che eri un tipo complicato quando ti ho invitato ad uscire, vorrà dire che mi basterà il piacere di poterti osservare fino a quando non avrai voglia di parlarmi e tornare qui, con me, ovunque tu vada con i pensieri. Anche io ceno sempre da solo. Mi sa che abbiamo più cose in comune di quelle che pensiamo.

Usagi arrossì. 

-          Gr-grazie Dottore. 
-          Solo Mamoru.
-          Si, Grazie Mamoru. 

La cena era stata squisita. Usagi non aveva mangiato moltissimo ma aveva apprezzato, soprattutto il liquore locale servito con il dessert le aveva scaldato decisamente l’umore. 
-          Mamoru guarda…ha smesso di piovere. 
-          Usa, credo sia solo una piccola tregua. Le nuvole sono ancora cariche di pioggia. 
-          Dai, approfittiamone per andare sulla riva del lago.
-          Ma sei sicura? Ci riempiremo di fango.
-          Uffa!!! Ti va di fare due passi con me oppure no? 

Mamoru notò il nuovo animo della ragazza e non volle essere la causa di un nuovo incupimento. Le sorrise, la prese per mano e la condusse fuori dal ristorante tirandola leggermente. 

I suoi occhi avevano una luce nuova. Mamoru non voleva perdere quell’occasione e non voleva che nessuno li potesse interrompere. 

Le scarpe sprofondavano qualche centimetro nel fango producendo un rumore buffo per le orecchie di Usagi. Cominciò a sorridere, anzi a ridere. Lasciò la mano di Mamoru e si avvicinò al pontile sullo specchio d’acqua. 
-          Mamoru vieni, è bellissimo. 
-          Si, stai attenta però, è tutto bagnato, potresti scivolare. 
-          Dai…vieni.

La raggiunse. Era bellissima. Più bella di sempre mentre un raggio di luna sfuggito ad una nuvola le accarezzava il viso. Quella luce delicata faceva brillare quegli occhi azzurri come diamanti.

Erano entrambi sul pontile. La staccionata era bagnata e l’acqua del laghetto faceva lievi increspature.

Lui si mise dietro di lei e l’abbracciò restando in silenzio.

Lei glie lo permise.

Lui si avvicinò morbidamente al suo collo e posò lì un bacio.

*Com’è caldo il contatto con le tue labbra. Il tuo respiro è meglio di una carezza. Che strano effetto che mi fai Mamoru Chiba*

* Com’è liscia la tua pelle, sembra una seta vellutata. E quanto sono incantevoli i tuoi sorrisi! Mi piaci da impazzire Usagi Tsukino*

 

Sembrava si fosse fermato il tempo. Non una parola fra i due, solo pensieri. Come a non voler spezzare l’incanto.

     Ci pensò il cielo però a interromperli. 
-          O mio Dio, ha ripreso a piovere. 
-          Questo è il diluvio, te lo dico io.

 

All’improvviso il cielo si era aperto e una cascata di pioggia li aveva sorpresi nel loro abbraccio. Usagi cominciò a ridere forte divertita da quella situazione. Mamoru si fece contagiare e cominciò a ridere di gusto anche lui. Ad un tratto la ragazza si liberò dalla dolce prigione delle braccia del ragazzo e cominciò a ruotare su se stessa con le braccia aperte. Mamoru la guardava incantato e divertito insieme.

Quella ragazza era così imprevedibile. Era come se ci fosse un’altra donna dentro lei che ogni tanto appariva. Non sapeva mai quando l’Usagi “sole d’estate” prendeva il sopravvento sull’Usagi “luna d'inverno”. Si, erano dei paragoni mentali appropriati. Lei cambiava come il giorno e la notte, come l'estate e l'inverno. Le stagioni del suo umore, della dolcezza e della freddezza che alternava, mutavano con meccanismi segreti. Era affascinante vederla trasformarsi senza capire cosa avesse provocato quel cambiamento.

 

Ad un tratto, mentre Mamoru era preso da questi pensieri lei smise di ruotare e, con ancora un sorriso sulle labbra si avvicinò a lui.

     Lo prese per mano e lo guardò profondamente. 
-          Mamoru, vieni…

 Continuava a diluviare. Lei lo condusse sotto un grande albero poco distante.

Per la prima volta prese l’iniziativa, si sollevò sulle punte e lo baciò con trasporto.

Lui era estasiato. Completamente rapito dai suoi gesti, dal suo fare.

     Lei, completamente fradicia si stringeva a lui e cominciava a baciarlo con più impeto. 
-          Fa l’amore con me Mamoru Chiba.

Era troppo, non poteva resisterle. Nessun buon proposito ora sarebbe riuscito a fargli dire di no a quella donna, a quella ragazza irresistibile.

Si inginocchiò davanti a lei, le alzò la camicetta tirandola fuori dai jeans. Posò le sue labbra sul piccolo ombelico e con la lingua cominciò ad esplorare e accarezzare quella piccola cavità. Lei reclinò la testa  chiaramente compiaciuta. Lui allora le sbottonò i jeans e cominciò a scendere più in basso con quei lenti e brucianti baci.

Usagi apprezzava. Aveva cominciato il viaggio verso il paradiso. Ma, … non voleva partire da sola. Si inginocchiò fino ad incontrare lo sguardo di lui. Ora era lei che cominciava a sbottonargli i pantaloni. Le sue mani vagavano sul corpo di Mamoru come alla ricerca di chissà quale tesoro.

Sotto di loro l’erba bagnata era diventata un’insolito lenzuolo. Senza sapere come, si ritrovarono l’uno sopra l’altra. I capelli biondi di lei, bagnati, si mischiavano ai fili d’erba. Gli occhi continuavano a brillare. Mamoru la tirò a se. Si capovolsero. Ora era lei sopra di lui. Il dorso tonico dell’uomo era così invitante per Usagi che non potè fare a meno di stendersi sopra per sentire la sua pelle aderire a quella di lui.

Lui era nel pieno del desiderio. La sua virilità urlava il bisogno di entrare in lei.

Lei lo aveva capito, voleva averlo nel suo corpo di nuovo, come le altre volte, più delle altre volte.

Cominciò la sua danza pemettendogli di entrare in lei.
Tutte le stelle del firmamento parvero poche ai due amanti che in quel momento si trovavano in universo parallelo.

Scusatemi!!! E' tanto che vi faccio aspettare per questo aggiornamento. Non è che non avessi l'ispirazione , ma... ho avuto un mese particolare dove ben altri pensieri mi hanno coinvolta.

Spero di non avervi deluso con questo aggironamento e di riprendere a pubblicare con la mia solità velocità di aggiornamento. Entro fine settimana cercherò di aggironare anche le altre storie.

Grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia e in particolare ci tengo a ringraziare Neptune87, SilviaSilvia, luciadom, luisina  e Dragon85 che sono diventate amiche preziose anche oltre questo fantastico sito che adoro. Ringrazio tutti i miei lettori fedeli e tutti coloro che hanno messo qusta storia tra i preferiti. VI voglio bene. E' grazie a voi che ho sempre la voglia di scrivere.

A prestissimissimo.

un bacione.

Chichilina

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Capitolo 12
*** UN ATTIMO ANCORA ***


CAP 12 – UN ATTIMO ANCORA

Le gocce di pioggia filtravano tra i rami del grande albero di aleppo caricandosi del suo profumo naturalmente pungente; l’erba verde, che aveva accolto i due amanti come novella federa, era fradicia e intrisa dello stesso profumo.
L’aria era temperata nonostante l’acquazzone,  il rumore della pioggia, che si infrangeva sull’acqua del lago, era l’unico suono che arrivava alle orecchie di Usagi e Mamoru.

Erano lì, lei in braccio a lui. Bagnati. Silenziosi. Appagati.

Mamoru non sentiva nemmeno la stoffa bagnata dei jeans che aderiva alla sua pelle. Tutto di lui era concentrato nel tentativo di tenere legato al cuore quel momento perfetto.

Usagi avvertiva da sopra la camicia il battere regolare del cuore nel petto di Mamoru.
Tum –tum

Tum – tum

Teneva gli occhi chiusi. Non voleva pensare. Sapeva che nel momento stesso in cui avrebbe aperto gli occhi l’incanto di quel momento sarebbe finito.

Si, sarebbe finito. Al suo posto sarebbero tornati i pensieri di sempre, i ricordi di sempre, le decisioni di sempre. Voleva concedersi ancora qualche minuto di benessere.

5 minuti, poi 10, poi venti. Almeno un’ora era passata.

Il temporale era finito, il cielo si era aperto e decine di stelle facevano capolino tra i nuvoloni neri che ancora coprivano una luna che doveva essere piena.

 

*Cosa mi sta succedendo? Cosa mi hai fatto? E’ come se il petto scoppiasse sopraffatto da un ritmo e da una forza nuova. Sembri così piccola e indifesa tra le mie braccia. Se non ti conoscessi un pochino crederei tu sia sempre così. Perché nascondi questa dolcezza così spesso? Perché non possiamo stare sempre così? Vorrei dirti tante cose adesso piccola Usagi. Vorrei dirti che non ho mai desiderato nessuna come desidero te, vorrei dirti che credo di non aver mai fatto l’amore davvero prima di stasera, con te,  ed…è stato meraviglioso. Non è stato come le altre volte. Non sei andata via. Sei qui con me. Chissà se mi crederesti se ti dicessi che…sono felice.*

 

*Mi stringi così forte Mamoru. E’ caldo il tuo abbraccio. Sembra quasi tu voglia dirmi qualcosa con questo modo di tenermi stretta. Non lo so. Quanto vorrei fosse tutto vero. No, non è un sogno, ma non è nemmeno la realtà.
Non mi vorresti così tanto se io non fossi sempre così sfuggente; non mi vorresti davvero se io ti mostrassi chi sono in realtà.
Non avrei nessun valore per te se capissi quanto in realtà sono fragile e spaventata nell’affrontare la vita che ho scelto.
No, tu non mi amerai mai davvero e io non ti darò l’amore che ora credi di volere da me.
Ti stai impegnando così tanto nel tentativo di conquistarmi.
E pensare che quando potevi avermi davvero mi hai rifiutata.
Non mi hai dato nemmeno una possibilità quando ero io a volerla.
Non hai voluto nemmeno conoscermi.
Serenity Tsukino non era abbastanza per te, Serenity Tsukino era solo una sciocca ragazzina! E ora…? Ora sei tu a chiedermi un’occasione?! No, non illuderti. Anche se sento il cuore impazzire ogni volta che mi sei accanto non mi avrai mai veramente. Anche se ti permetto di entrare nel mio letto, nel mio corpo, non avrai mai la gioia del mio amore. Dovessi morire nel tentativo di nascondertelo.
 Tra un attimo mi scosterò dal tuo abbraccio e tornerò quella di prima. Quella che ti dirà di no.

Un attimo, ancora un attimo*

E' un pò breve questo capitolo, lo so. non ve la prendete con me. I capitolo hanno vita propria, loro decidono come nascere e come e quando morire. Mi raccomando, aspetto vostro sincero parere anche questa volta.  grazie per la fedeltà con cui mi state seguendo. Vi voglio bene e spero di non deludervi mai.
Bacionissimi
Chichilina

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Capitolo 13
*** MILLE ANNI LONTANA DA TE ***


CAP. 13 – MILLE ANNI LONTANA DA TE

C’è una frase d’amore, di quelle che si trovano scritte sui diari delle liceali dal cuore romantico che dice:

“L’UNICA LIBERTA’ CHE DESIDERO E’ LA PRIGIONE DELLE TUE BRACCIA”. Mamou stava seriamente pensando di fare di quella frase il motto della sua vita.
Cosa era successo a quel ragazzo, a quell’uomo fin’ora così inarrivabile e tutto d’un pezzo? Ben poco ne era rimasto. Solo pochi momenti prima aveva fatto l’amore con lei, sotto la pioggia, con le ginocchia nude sull’erba bagnata. Il freddo non lo aveva sentito, troppo concentrato a divorare ogni centimetro della pelle di lei, voluttuosa e fragrante come il pane appena sfornato.

Si l’aveva divorata e lei aveva divorato lui con la fame di chi mangia davvero per la prima volta. Nessun momento, nessun luogo poteva essere più perfetto per quel banchetto. Il suo cuore era in pace. Per la prima volta aveva la sensazione di aver intravisto davvero dell’amore in lei. No, non era una sensazione. Era una certezza. Era riuscito a conquistarla. In ben meno che due mesi inoltre! Tutto sarebbe cambiato adesso.
il suo orgoglio gratificato, la mente in fremito nell’attesa di sentirle pronunciare di nuovo il suo nome, sicuro che lo aspettavano solo parole di dolce complicità.

      -          Andiamo Mamoru, si è fatto tardi. Non ne posso più di stare qui a congelarmi. Sono tutta bagnata.

No, decisamente non erano le parole che Mamoru aspettava da quella bocca di fragola. Quelle parole pronunciate con freddezza lo spiazzarono. E non solo parole e tono.

La bionda improvvisamente si era scostata dal calore della braccia che tanto dolcemente l’avevano avvolta, senza preavviso, senza un sorriso che indicasse la sua soddisfazione, senza nemmeno curarsi di fargli male nel tentativo di alzarsi.

Mamoru era incredulo. In un istante tutte le forti sicurezze e il solido orgoglio di un momento prima erano crollati come un castello di carte.

Mentre lei cercava invano si sistemarsi la camicetta irrimediabilmente corrotta dal bacio dell’ erba e della terra, Mamoru si fece coraggio e decise comunque di tentare.

      -          Si tesoro mio, hai ragione è tardi, è meglio andare.

      -          Come mi hai chiamata?

      -          Io?

      -          Vedi qual’un altro?

Il tono acido di Usagi non faceva che peggiorare la sensazione di distacco che Mamoru aveva avvertito. Eppure il moro non volle tirarsi indietro di nuovo.

      -          Ti ho chiamata “ tesoro”.

Gli occhi di lui la guardavano senza esitazioni. Era una questione di resistenza. Non voleva che lei lo vedesse insicuro nel suo modo si sentirla sua.

Lei invece non lo guardava nemmeno. Si era girata di scatto.

Era come una piccola guerra improvvisa.
Una piccola rivolta civile scoppiata dopo un lungo momento di pace. Inaspettata e pericolosa.

 

      -          Mi sa che ti sei fatto un’idea sbagliata della situazione Mamoru.

      -          Cosa vuoi dire?

        -    Perché mi costringi ad essere brutale. Tu lo sai cosa voglio dirti.

       -          Usagi, l’unica cosa che so è che fino ad una manciata di minuti fa io e te eravamo in paradiso. L’unica cosa che so è che questa sera io e te abbiamo fatto l’amore.

Mamoru aveva alzato il tono della voce non nascondendo la rabbia che cresceva per l’atteggimamento di lei.

       -          “Abbiamo fatto l’amore”? dici davvero?! Come sei smielato dott. Chiba!

 

Usagi continuava a dargli le spalle. Come in preda ad una personalità parallela, la dolce ragazza dagli occhi pieni di malinconia con cui Mamoru aveva cenato, la meravigliosa donna che gli teneva le mani e lo guardava tra la luce di una candela, la splendida gemma con cui aveva fuso il suo corpo sotto la pioggia della foresta era lì, avanti a lui con nella voce la freddezza dell’impeccabile tirocinante del suo ospedale.

Era troppo, era decisamente troppo per Mamoru.

       -          Hai ragione Usagi, abbiamo fatto solo del sesso, semplice e senza ripercussioni. Peccato solo essermi tutto infangato.

       -          Sono d’accordo. La prossima volta trova un posto più comodo e pulito.

Lei era ancora girata. Atto di non curanza pensava lui ormai in preda alla rabbia più nera, disperato tentativo di protezione sperava lei, impegnata nel tentativo di nascondere le lacrime e il mento tremulo per lo sforzo di arroganza con cui gli aveva parlato.

In macchina il tragitto silenzioso sembrava dividere i due giovani più di un muro di pietra. Era come se mille anni di emozioni li separavano. Era quello che Usagi voleva, O forse no. Di certo era quello che Mamoru credeva.

 

Lo so, un passo avanti e cento indietro. Vi prego non ammazzatemi per questa pagina di storia. Lo so che speravate tutti nell’inizio della storia d’amore tra i due protagonisti ma…avevo un altro progetto per questo capitolo. Cmq, per evitare il pubblico ludibrio, miei cari lettori, vi informo che nel prossimo cappy ci sarà una svolta significativa.

Vi faccio due domande: cosa sarà successo nell’infanzia di Usagi/Serenity che l’ha fatta diventare così ambivalente? E…riuscirà Mamoru a vedere oltre la maschera che Usagi si è costruita addosso e rinunciare al suo orgoglio di uomo che non deve chiedere mai??

Aspetto le vostre recensioni dicendovi che prenderò spunto dalle vostre risposte.

Vi voglio bene.

Ps. Ringrazio tutti coloro che leggono e commentano questa storia e in particolare quelli di voi che hanno inserito “dal corpo al cuore“ fra i preferiti. Perdonatemi per la lentezza degli aggiornamenti, per farmi perdonare pubblicherò il prox cappy in max una settimana.

Bacioni

Chichilina

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Capitolo 14
*** USAGI & SERENITY VS MAMORU ***


Avevo promesso un aggiornamento in meno di una settimana e invece…ho perso il conto delle settimane passate. Perdonatemi! Tra lavoro e università di tempo per le mie storie non ne sto avendo per nulla! Cmq…dove eravamo rimasti? A si, sopo un iniziale avvicinamento la nostra strana protagonista ritorna ad essere un pezzo di ghiaccio (altro che il dott. Ghiacciolo di qualche cappy fa!). Vi avevo promesso che nel nuovo capitolo ci sarebbe stata una svolta significativa…bhè spero di sorprendermi. Aspetto i vostri pareri. Ringrazio tutti quelli che mi stanno seguendo in questa nuova avventura, vi voglio bene.

Chichilina

 

Cap. 14 USAGI & SERENITY TSUKINO

Le foglie tra i capelli, che sensazione meravigliosa! L’enorme salice piangente di Villa Selene, la residenza della famiglia Tsukino, aveva il grande merito di riparare chiunque dal mondo con un morbido e frascoso abbraccio. Risatine leggere, frasi sussurrate. Piccole danze intorno al tronco maestoso.

La luce filtrava tra le foglie allungate e giocava con l’ombra delle stesse sdraiandosi poi sulla terra fresca.

I biondi codini, ancora troppo corti per svolazzare nel vento, tanto spesso si decoravano con le verdi lacrime dell’albero che piangeva senza fine, sul piccolo laghetto artificiale dell’immenso giardino.

Non erano ricchi, ma quella villa meravigliosa era loro, della famiglia Tsukino, ricevuta in eredità da qualche parente lontano. Chi fosse non aveva importanza. Quella villa con il suo giardino, con quell’albero di ciliegio e l’altalena, con il salice disteso nel laghetto, sembravano tanto essere il paradiso.

 

Dolci mani bianche sistemavano il vestitino corto. Due donne, o meglio una bambina e una ragazza si rifugiavano felici tra l’abbraccio verde.

          -          Serenity, Usagi! Dove siete? Su ragazze, è ora di studiare!

 

Ancora risatine divertite. La voce della governante da lontano veniva per strapparle al loro paradiso.
La piccola supplicava una proroga alzando lo sguardo verso la ragazza più grande.
Com’era bella! Ogni volta che si soffermava a guardarla la piccola restava incantata. I capelli lunghissimi di quella giovane ragazza avevano davvero catturato il colore del sole. Gli occhi celesti invece sembravano aver dato origine al cielo. Un sorriso meraviglioso, meraviglioso come i primi fiori, le dava assenso. L’altalena era una tentazione troppo forte.

       -          E va bene. 5 minuti. Poi però si va a studiare piccolina.

      -          Va bene sorellona!Ora però mi spingi?

Era bellissimo passare dall’ombra rassicurante del salice alla pioggia di fiori del ciliegio. Tanti meravigliosi fiocchi rosa, tanta felicità che veniva incontro ad ogni spinta.

E poi….all’improvviso tutto cambia, tutto finisce. La luce del sole non c’è più, le risatine allegre sotto il salice sono svanite. Il vento tra i capelli e solo un ricordo…o forse un incubo.
Ora ci sono solo le urla, solo una bagnata penombra.

Lei è andata via. Trascinandoci tutti nella disperazione. Perché l’ha fatto, perché?!
Una vita vale forse più di un’altra?
Il cielo non ha più la sua origine, il sole non ha più il suo colore.

Le lacrime del salice non sono più sole, ora ci sono anche quelle della piccola Serenity che piange il dolore di sua sorella Usagi tra le urla di suo padre e quelle di sua madre.

 

Sudata, spaventata.

Usagi si svegliò nel suo letto con il cuore in gola.

Un’altra volta…aveva sognato. Un’altra volta quel ricordo terribilmente doloroso era tornato a farle visita.

Perché?! Perché non poteva dimenticare? Perché doveva continuare a soffrire?

Si alzò dal letto. Le lenzuola erano mantide di sudore.

Forse un bicchiere di latte caldo le avrebbe dato sollievo.

Era notte fonda. Solo poche ore prima Mamoru l’aveva riaccompagnata a casa. Non l’aveva nemmeno salutata mentre scendeva dall’auto. Era furioso.

Si, le aveva fatto male quel rancore anche se sapeva averlo meritato.

Ma lui non sapeva…non poteva capire.

Come poteva raccontargli che la vita le aveva insegnato che era meglio non amare, come poteva perdonarlo per non averla amata quando era lei ad avere davvero bisogno di lui? Come poteva spiegargli che sebbene l’amasse da sempre imponeva a se stessa una vita senza amore?
Che diritto aveva lei di vivere e di gioire le mille sfumature di un sentimento d’amore quando per colpa sua sua sorella non le avrebbe mia conosciute? Era un lusso troppo grande. Solo il corpo poteva concedere. Non il cuore. E poi…non a lui.

Mica lui sapeva che lei lo conosceva da tanti, troppi anni. Mica Mamoru sapeva che lei ogni giorno lo aspettava fuori dalla scuola anche solo per vederlo da lontano. Mica il dottor Chiba sapeva quanto lei avesse gioito dell’imposizione di suo padre di sposarlo per legare le loro famiglie e di quanto poi avesse sofferto per il rifiuto di lui persino di incontrarla.

 Troppi motivi,  troppe flagellazioni dell’animo tenevano ancora legate Serenity e Usagi e lasciavano ancora separati Usagi e Mamoru.

 


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Capitolo 15
*** mia fanart ***


Avrei fatto un disegnino sulla storia...nn è un granchè ma....^_^!!!!

VI PREGO FATEMI SAPERE, NON LASCIATEMI NEL DUBBIO!!!!
Baci Chichilina

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Capitolo 16
*** ...E LEI BACIO' LUI ***


Finalmente mi è venuta l'ispirazione. Ecco a voi, carissimi lettori, il quindicesimo capitolo. Non posso però lasciarvi alla lettura senza ringraziare:

Maryusa, Romanticgirl, Gaia, Bella87, Luisina, Neptune87, e Luciadom che hanno commentto il mio tentativo di fanart. In realtà era uno schizzo fatto a penna senza possibilità di correzioni ma...ho voluto cmq condividerlo con voi e ne sono felice. Grazie di cuore per i vostri apprezzamenti. Sono stati graditissimi. Devo anche ringraziare Veryfiamma/Veronica che mi ha contattato chiedendomi di aggiornare ( e con cui sto facendo amicizia ^_^)e tutte voi che vi siete iscritte sul mio gruppo su facebook: I love fanfiction!!! Vi adoro e adoro la vostra compagnia.

Bene. Dopo questi ringraziamenti non poteva mancare anche quello per tutti coloro che leggono soltanto. Spero mi farete sapere presto il vostro parere, la speranza è l'ultima a morire. Buonalettura. Aspetto con ansia le vostre recensioni per sapere cosa ne pensate.

bacio a tutti

 Chichiilina

CAP. 15 ...E LEI BACIO' LUI
 

 Il tempo non è un concetto relativo. Un ‘ora è composta da 60 minuti, trecentosessanta battiti della lancetta dei secondi. Nemmeno uno in meno.

Tic, tic, tic

Mamoru aveva perso il conto non solo dei secondi, ma anche dei giorni ormai trascorsi che lo separavano da quella sera meravigliosa all’inizio e orribile alla fine.

Le prime ore lontano da lei erano passate frenetiche, tra la corsa senza controllo in auto per allontanarsi dalla sua casa, le tre birre gelate al bar di Motoki, il proverbiale amico di sempre proprietario di un bar, e la notte passata insieme a Rei.

Si, Rei. Quella vicina di casa da cui si era ripromesso di restare lontano. Quella donna bellissima che sapeva perfettamente di non amare e che ogni volta soffriva nel rendersi che l’uomo che amava di lei voleva solo il corpo.

Quella sera però Mamoru, non poteva pensare ai sentimenti  di Rei, aveva il suo orgoglio da curare.

- Usagi, maledetta Usagi -  continuava a pensare tra i denti stretti, mentre con le mani esplorava le curve accoglienti della sua vicina di casa.

La pelle sudata si mischiava come gli ingredienti di un dolce succulento. La bocca rossa e carnosa di Rei ansimava vogliosa vicino alle orecchie del giovane medico, ovattate dall’effetto delle birre.

 

 Gli era bastato bussare alla sua porta, guardala dritto negli occhi, come solo lui sapeva fare, e dirle “Ho voglia di te” per trovare un porto sereno in cui attraccare se se stesso.

Tutto scorreva veloce. In bianco e nero.

In quel letto la passione sfogata di lui si mischiava all’avida speranza di lei.

Nemmeno un bacio però…Mamoru teneva i denti serrati dalla rabbia, che montava in lui insieme all’eccitazione che quel corpo di donna sapeva accendergli.

Fu un attimo, solo un attimo. Gli occhi neri di Rei gli sembrarono azzurri, di un azzurro brillante. Anche la vista si prendeva gioco di lui. Si, fu un attimo, ma gli bastò per capire che non era riuscito a fuggire abbastanza lontano dall’incanto di quel bosco.
Con il corpo stava facendo l’amore con Rei, ma con il cuore era ancora tra le braccia di Usagi.
Il rimorso arrivò furioso insieme alla vertigine del piacere.

 

Quelle ore passarono veloci. Furono i giorni a seguire a scorrere lenti come l’angoscia.

Era stato proprio  Mamoru a cambiare ad Usagi l’orientamento del tirocinio, l’aveva fatto per sentirsi libero di corteggiarla. Era stata una buona idea in quel momento. Adesso era il suo inferno.

La odiava per come l’aveva trattato. Aveva ferito il suo orgoglio, gli aveva sbattuto in faccia la sua fredda convinzione che non sarebbe mai riuscito ad averla davvero. Però…però l’amava e la mancanza della sua pelle stava diventando disperata. Certo sapeva dove trovarla. Gli bastava passare “casualmente” per il reparto dove lei si trovava con una scusa qualsiasi. Ma…cosa avrebbe fatto una volta avanti a lei? Cosa le avrebbe detto? Lei avrebbe capito subito che lui la stava cercando. No, doveva incontrarla per caso. Preparandosi per quel momento Mamoru cercava di pensare, di organizzare al meglio quelle che sarebbero state le sue prime parole.

“Cia Usagi, come stai?”, troppo banale. “Mi hai pensato in questi giorni?”, era proprio fuori discussione. “Sai, per curare il mio orgoglio ferito sono andato a letto con un’altra quella notte”, era anche peggio. Forse era meglio rimanere in silenzio.

Desiderio e Rabbia, orgoglio e rimorso lottavano furiosi dentro di lui.


Voleva vederla, ma ne aveva contemporaneamente  il terrore.

Tutto era in subbuglio. Era come se il mondo per Mamoru fosse diventato una trincea in cui nascondersi in attesa di incontrare il suo amato nemico.

 

Ogni sera, finito il suo turno si trascinava a testa bassa verso l’appartamento che fino a poco prima avevano condiviso. Quel nido d’amore che ora sembrava solo un monolocale troppo piccolo.

Mentre camminava, respirando lentamente, Mamoru pregava silenziosamente un qualche dio. Voleva aprire al porta e trovarla lì, un letto e un raggio di sole. Ma lei non c’era mai.

“Ma perché? Perché diavolo mi sta accadendo tutto questo?” .

 

Ogni sera la stessa speranza si infrangeva sul muro della sua assenza. Un giorno, due, cinque, dieci? Di sicuro troppi per  Mamoru.

In lui imperava un dubbio. Più che un dubbio era una domanda che lo martellava senza soste. Cosa deve essere successo nella vita di Usagi per farla diventare così? Cosa ha portato il suo cuore a reagire in questo modo?

 

E poi una sera accadde. Ormai non ci sperava quasi più.

La chiave nella toppa non aveva bisogno dei consueti primi tre giri a destra. In casa c’era qualcuno. Poteva essere solo lei.

 

-         Ciao

-         …Ciao

-         Sono felice di trovarti qui…

-         Scusami, vado via subito…

-         No, non devi, questa casa è anche tua

-         Sei tu che paghi l’affitto

-         …Sei tu che la rendi una casa…

In barba a tutte le sue ansie sul non sapere cosa dirle, era riuscito a non dire qualcosa di stupido, anzi.

Finalmente lei era davanti ai suoi occhi. Era ancora più bella di come la ricordava. Era passata una manciata di giorni soltanto. In quel momento ne sentì a pieno il peso.

 

-         Come stai?

Stupita dalla dolcezza della voce di Mamoru, anche lei addolcì lo sguardo e il tono della voce.

-         Ora meglio Usagi, ma…ho bisogno di parlarti

-         No, lascia stare. Non ce n’è bisogno.

-         Si, invece. Io ne ho bisogno.

-         Ascoltami, finiresti solo per farmi domande a cui non posso risponderti. Ti prego!

 

Mamoru non la capiva, non poteva accettare di non parlare della piega che aveva preso quello pseudo rapporto che li univa, ma aveva troppa paura che lei se ne andasse per tentare comunque un’arringa.
Lei aveva ancora indosso il soprabito bianco. Era sfiancato, le donava molto.
Improvvisamente il desiderio vinse la sua lotta con la rabbia e l’amore che provava per lei, cancellò il rancore che l’aveva reso schiavo. Mamoru capì cosa doveva fare. Chiuse per un attimo gl’occhi, respirò profondamente e poi si avvicinò a colei che tanto aveva maledetto sentendone l’assenza.

Aprì le mani più che poteva per contenere tutta la bellezza che gli era daventi. Sprofondò le dita nei suoi capelli biondi e morbidissimi. La baciò.

E lei baciò lui.

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Capitolo 17
*** BISOGNO DISPERATO ***


Non aggiorno da un’infinità…lo so. Chiedo perdono. Avevo avvisato che non avrei aggiornato prima di settembre causa stress lavorativo, oggi però…mi è tornata un po’ di ispirazione è ho scritto questo capitoletto. Un po’ cortino forse ma…sentito.

Chiunque di voi abbia vissuto un periodo di lontananza forzata dal suo amore potrà probabilmente ritrovarsi nelle emozioni disperate di Mamoru ( o almeno spero di essere riuscita a trasferirle come le ho provate io!)

Dedico questo capitolo a tutti voi che seguite questa storia.

 

Cmq…per chi si fosse perso propongo un piccolo riassunto.

Usagi e Mamoru lavorano nello stesso ospedale nelle vesti di tirocinante e primario. Attratti profondamente l’uno dall’altra condividono un appartamento dove si incontrano per stare insieme, senza complicazioni sentimentali. Mamoru però, ad un certo punto, si accorge di volere di più che semplici “incontri fisici” e chiede ad Usagi di costruire un vero rapporto. Usagi, molto restia, acconsente a 2 mesi di tentativi, sicura che Mamoru non riuscirà a farla innamorare. Tra cambiamenti improvvisi di umore e continui slanci di passione  la storia si evolve restando, sostanzialmente, allo stesso punto: Mamoru è innamorato e Usagi non vuole esserlo.

Alle spalle i due hanno due situazioni familiari poco felici, soprattutto Usagi la cui infanzia, sicuramente dolorosa, è avvolta nel mistero. Che sia proprio il passato che non la lascia libera di essere felice a causare la sua freddezza e i suoi continui cambiamenti d’umore?

Cmq…dopo un po’ di tempo di lontananza i due si ritrovano nel loro appartamento. Questo capitolo riguarda il giorno dpo questo ultimo incontro.

 

 Chiedo scusa se ci sono errori. Mi raccomando aiutatemi a migliorare con le vostre recensioni! Please.

Spero di non aver perso nessun dei fun di questa strana storia.

 Vi voglio bene

BISOGNO DISPERATO

 

Voleva correre, senza fermarsi mai.

Troppa era l’energia nelle gambe, nello stomaco, nel cuore, per pensare che un giorno avrebbe potuto fermarsi. No, non poteva. Voleva correre fino alla fine della strada, della città, dello stato intero.

Era felice, pieno di una gioia troppo bella per essere vera ma, allo stesso tempo, troppo intensa per essere solo un sogno.

Gli alberi sembravano aprirsi al suo passaggio. La luce era più intensa e tutte le stagioni si confondevano in quell’unica, meravigliosa giornata.

Il suo orgoglio avrebbe preferito dare il merito di tutta quell’energia a qualcosa di diverso da quella che ne era la causa reale. La sua coscienza però non aveva dubbi. Era stata lei a renderlo così felice.

 

Correva, correva e pensava. Pensava al profumo di rosa che aveva la sua pelle, pensava al riflesso dei suoi capelli  sfiorati dalla luce del mattino. Pensava a come erano sensuali le sue labbra socchiuse nel mezzo del sonno. Sensuale. Si, lei lo era in tutto ciò che faceva. Niente dei suoi gesti  non era assolutamente affascinante. Era divina. Si, lo era per forza!

Una notte intera, una vita intera per fare l’amore con lei non gli sarebbe bastato. Ne era sicuro.

 

Correva sempre più forte e guardava le sue mani. Fino a poco prima quelle mani erano state baluardo di scoperta. Con quelle mani l’aveva conosciuta in tutti i modi in cui si può conoscere qualcuno nel corpo. Il suo seno tondo e morbido. Non avrebbe mai potuto cancellarne il ricordo nemmeno se l’avesse voluto. Non era la prima volta che la possedeva, ma…forse per la lunga, troppo lunga, assenza della sua pelle, forse per quella strana follia che era il suo amore per lei, gli sembrava di aver fatto l’amore con lei per la prima volta. Quella lunga notte era stata una prima notte. Sentiva di averla avuta completamente, come forse gli era sembrato fosse successo anche nel bosco, ma…questa volta era stato ancora diverso.

Non si erano detti nemmeno una parola ma…la bramosia del volersi possedere nel corpo aveva lasciato spazio al desiderio di completarsi l’uno con l’altra, con il cuore. C’era una sorta di disperazione nella profondità dei loro amplessi. Non era così superficiale da non averla percepita. Quella notte Usagi si era data a lui per la prima volta senza difese. Quella notte lei gli aveva detto, senza parlargli, “TIENIMI CON TE” e lui, di sicuro, non l’avrebbe fatta mai andare via. C’era qualcosa nello sguardo di Usagi. Sembrava una preghiera, una preghiera d’amore.

Da quando era diventato così sensibile? Non lo sapeva. Anche questo era un miracolo di quella ragazza. Forse l’unica al mondo che poteva riuscire nell’impresa impossibile di trasformare Mamoru Chiba, alias Dottor Ghiacciolo, in una specie di orsacchiotto di pezza.

 

Correva ancora, la milza cominciava a dolorare. Non importava però. Non voleva ancora fermarsi. Correre lo aiutava a metabolizzare.

Era sabato mattina. Aveva la giornata libera e l’avrebbe trascorsa con lei. Doveva essere lucido e schiarirsi le idee. Niente passi falsi adesso.

 

Quel bigliettino ripiegato e conservato nel portafoglio ne era irrevocabile monito.

Sono andata in ospedale. Ho il turno di mattina oggi.

Mi libero per pranzo.

A dopo.

Usagi

 

“A dopo”. Mai nessuna promessa gli era sembrata più felice. Avrebbe pranzato con lei. Quella era la sua occasione. Erano finiti i giorni senza di lei. Non ci sarebbero più state lunghe passeggiate nei corridoi sperando di incontrarla. Non avrebbe più dovuto cercare nel corpo di un’altra quello che solo lei poteva dargli. Avrebbero risolto i loro problemi.

Problemi, problemi…più che altro misteri. Quella ragazza era così oscura nelle sue reazioni.

Quel bacio inaspettato, meraviglioso, profumato di speranza gli aveva aperto i cancelli dell’infinito.

Non se lo aspettava davvero. Ma cosa infondo poteva aspettarsi da quella strana, incredibile creatura?

 

L’aveva spogliata lentamente, trattenendo il respiro per rallentare la bramosia di entrare di nuovo in lei. Si era controllato. Non voleva farla scappare. Non voleva che il bisogno che sentiva di averla trasformasse quel gesto d’amore in sesso fine a se stesso.

I vestiti sul pavimento, la luce bassa, gli occhi di Usagi …quegli occhi di primavera, quegli occhi di lago in cui tuffarsi e lasciarsi affogare.

Quanto gli erano mancati quegl’occhi!

 

Tutto lento, come se il tempo si fosse fermato. Un lungo, lunghissimo guardarsi, esplorarsi, immergersi nell’anima altrui. Carezze leggere con mani tremolanti, sorrisi accennati prima che gli occhi si chiudessero coccolati da una carezza piena di emozione

E poi… d’un tratto … il corpo cominciò ad urlare la disperazione dell’assenza,  il suo bisogno di contatto. Le mani erano diventate voraci.

Lunghe gambe sulla schiena di lui, che dentro di lei conosceva l’immensità del paradiso.

Una voglia senza fine. Un bisogno disperato.

 

Correva ancora Mamoru, correva verso il suo tempo con lei senza nessun intenzione di fermarsi

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Capitolo 18
*** IL RITORNO DI SERENITY ***


Non ho idea di come questa mattina io abbia avuto l’ispirazione per aggiornare questa storia. Spero vi piacerà questo aggiornamento decisamente più lungo del solito. E’ più di un mese che non ho internet a casa ed è questa la causa del mio silenzio e del mio ritardo con le recensioni. Recuperò…giuro! Auguro a tutti un felicissimo 2010 e auguro a me stessa di ricevere tante recensioni…vorrei sapere cosa ne pensate di questo capitolo ^_^

Grazie di tutto quello che mia avete dato nell’anno appena trascorso. E’ stato meraviglioso dividerlo con voi, miei cari lettori!

Un abbraccio. Chichilina

(ps. Il mio nik name si legge KIKILINA)

 

IL RITORNO DI SERENITY

 

“...a dopo”

Molto, troppo presto quel “dopo” sarebbe arrivato.  

La testa sembrava stare per scoppiarle tra le mani. La luce filtrava insidiosa dalla veneziana di fronte alla sua scrivania, minacciando pericolosamente la già scarsa sopportazione della luce che quel giorno sentiva di avere.

Non era riuscita a trattenersi da fargli quella piccola promessa e tra poco l’avrebbe rivisto. Debole Usagi! Ultimamente era stata debole in molte cose a dire la verità.

Le tempie continuavano a pulsare furiose. Una mano a sostegno di una fronte troppo pesante non sembrava abbastanza.

Trovarsi in quell’appartamento era l’unica cosa alla quale era riuscita a pensare per giorni e giorni. Una tentazione estenuante, un bisogno capace di toglierle il respiro e diminuire, con la mancanza di ossigeno, la lucidità che imponeva a se stessa da tanto tempo.

Usagi  non voleva cedere ma… qualcun altro si, e quell’altra parte di lei, sedata dentro al suo cuore, aveva avuto il sopravvento e le aveva regalato momenti di assoluta, folle pienezza.

Era stato una specie di sogno, un sogno incredibilmente reale.

Il risveglio però, come il primo giorno di lavoro dopo le vacanze, sapeva di aspro disappunto.

Era stata una sciocca, una sciocca romantica. Non poteva farsi suggestionare così da una stupida data…e da un incredibile colore di occhi. Eppure…non era riuscita a trattenersi.

Il calendario appeso alla porta era insindacabile. Erano passati tre anni e un giorno dal suo  funerale e, insieme, dal suo nuovo, solitario battesimo. Tre anni e un giorno  da quando, chiuso l’enorme portone di villa Selene, con solo una piccola valigia in mano, Serenity era morta e Usagi era rinata ufficialmente. Prima di allora a saperlo era solo lei, ora il mondo intero avrebbe conosciuto Usagi e non più Serenity.

Avrebbe vissuto per lei, per quella sorella che non aveva più la possibilità di farlo, e avrebbe dimenticato se stessa per sempre. Serenity avrebbe potuto disporre solo del suo corpo. Tutto il resto era di Usagi. Nessuno più avrebbe potuto possedere il suo cuore perché lei lo aveva donato a sua sorella e ne era rimasta priva.
Avrebbe dimenticato quella bambina che piangeva da sola, che non conosceva più sorrisi, a cui suo padre si rivolgeva senza mai guardarla negli occhi con urla di disprezzo e comandi senza obbiezioni. Non avrebbe più pensato alle ore di disperazione davanti agli sguardi assenti di sua madre e alle grida silenziose con le quali reclamava il diritto a decidere della sua vita.
Serenity, in realtà, era morta molti anni prima insieme a sua sorella, e da quando il sole se ne era andato via la sua volontà era scomparsa con esso. Non aveva potuto più sperare, non aveva più meritato di scegliere per se stessa.

L’emicrania era insopportabile. Solo un’altra volta aveva sofferto così tanto. Solo un’ altra volta aveva permesso a Serenity di avere il sopravvento e i sintomi erano davvero gli stessi.

Ogni giorno, dopo la scuola, aspettava per almeno trenta minuti. Il peso della cartella ancorata tra le mani era utile a rimanere con i piedi per terra. Lo avrebbe visto passare di lì con i suoi coetanei universitari e solo al pensiero sentiva il cuore spiccare il volo.

Era diventata una specie di dipendenza.

Non riusciva a spiegarsi cos’era quella emozione disordinata che sentiva dentro di lei. Quella specie di fame sazia che le divorava lo stomaco. Erano anni ormai che non sentiva battere il suo cuore e che era abituata a pensare a se stessa come il mero contenitore di una vita che non doveva appartenerle e che per nessuno, nella sua casa, aveva grande valore. E invece … era caduta letteralmente tra le sue braccia per colpa di uno stupido tacco spezzato all’uscita da scuola e, da quel momento, aveva cominciato a sperare in segreto.

Non che fosse successo granché, era semplicemente caduta tra le braccia del ragazzo più bello di tutto il pianeta. Braccia forti e gentili che le avevano sicuramente evitato un ginocchio sbucciato. I suoi occhi erano così blu da poterli scambiare per un cielo notturno.
“Scu-scusami” era riuscita a dirgli. “Non ti preoccupare testolina buffa. Sta più attenta la prossima volta però!” quello che si era sentita dire.

Aveva una voce meravigliosa, come tutto il resto d'altronde. Ne era rimasta completamente rapita.

Da quel giorno aveva preso ad adorarlo in silenzio. Lo aspettava all’uscita solo per poterlo vedere di nascosto. Era sciocco, lo sapeva. Lei era molto più piccola di lui e non sarebbe mai riuscita ad attirare le sue attenzioni. Non conosceva nemmeno il suo nome, però…poteva almeno concedersi di guardarlo mentre camminava prima di ritornare a casa alla sua vita di triste solitudine.

Passava le notti a pensare a quegli occhi incredibili e nel suo cuore gli augurava la buonanotte stringendosi in un abbraccio che, sognava, fosse il suo. Si sentiva meno sola da quando lui era nei suoi pensieri e questo le era di conforto.

E poi era successo. Dopo anni di indifferente ostilità suo padre le aveva rivolto la parola con meno freddezza del solito. Un giorno l’aveva chiamata nel suo studio per parlarle.

-  Serenity, devo darti una notizia importante.
-  Si, …papà
-  Ormai non sei più una bambina, sei quasi una donna, ma prima ancora sei mia figlia e io solo so quello che è bene per te. Tra due anni, quando avrai compiuto sedici anni, ti sposerai con il figlio dell’avvocato Chiba unendo così le nostre due famiglie.
-  Devo sposarmi? Ma…io non conosco nemmeno il figlio dell’avvocato Chiba e poi…i miei studi…l’Università di medicina…?
-  Il nome del tuo futuro sposo è Mamoru e questa è l’unica informazione che ti serve. Per il resto non ritengo importante che tu possa studiare oltre i due anni che ti ho già indicato. Sarà molto più utile un matrimonio vantaggioso che un titolo scolastico.
-  Ma…
-  Non accetto obbiezioni. Ho già deciso. E ora lasciami al mio lavoro.
-  Papà, io…
-  Serenity, ora basta!

Non avrebbe mai potuto dimenticare quella conversazione, ne la corsa in lacrime verso la sua stanza che ne seguì. Suo padre aveva già deciso tutto per lei, avrebbe sposato un uomo che non conosceva e avrebbe lasciato la sua casa, l’unico posto in cui ancora qualcosa parlava di sua sorella. Non avrebbe mai potuto studiare medicina come desiderava da sempre e …non avrebbe mai potuto avere la possibilità di amare chi il suo cuore già desiderava. No, quest’ultima consapevolezza le spezzo definitivamente il cuore. No, non poteva accettarlo. Si mise le scarpe di fretta senza asciugarsi le lacrime che continuavano a scorrere e cominciò a correre verso la scuola. Era giovedì e i ragazzi dell’università si riunivano a giocare a pallacanestro nel campetto della sua scuola. Doveva vederlo, doveva rivedere i suoi occhi.

Correva forte. Le faceva male il fianco e le mancava l’aria ma continuava a correre.

Presa dallo slancio quasi si spalmò contro la grata del campo di pallacanestro e lo vide. Meraviglioso mentre sorrideva ai suoi amici.

-  Mamoru, dai! Smettila di scherzare e prova a prendermi la palla se ci riesci!
-  Sarà un gioco da ragazzi Motoki.
-  Sei troppo sicuro di te Chiba!

Il suo cuore già provato manco l’ultimo battito. Lui, il ragazzo dei suoi sogni, il destinatario di decine e decine di “buonanotte” segrete si chiamava Mamoru Chiba ed era il suo futuro sposo.

Forse era una scherzo del destino. No, non poteva esserlo. Era un miracolo, la sua occasione di felicità.

Da quell’istante ricco di stupore  Serenity era tornata ad essere solo Serenity. Il sentimento strano che provava dentro aveva magicamente cancellato anni di sofferenza e solitudine. Anni di annientamento della propria personalità. Forse c’era qualcosa più grande del dolore. Magari lui l’avrebbe amata e …forse…con Mamoru al suo fianco avrebbe smesso di sentirsi in colpa per essere viva al posto di sua sorella. Quell’ultimo pensiero le faceva comunque male. Quella voce che le diceva di meritare l’odio della sua famiglia e di non avere diritto a godere della vita, dato che per colpa sua Usagi non avrebbe mai potuto farlo, non la lasciava mai in pace.

Però…la sorpresa della sua scoperta era troppo grande e sconvolgente per non provare anche una pura, timida felicità. Lo amava e forse anche lui l’avrebbe amata.

Da quel momento aveva vissuto in trepidazione. Sapeva che entro poco tempo Mamoru sarebbe venuto a casa sua per conoscerla e doveva essere pronta per quel giorno.

Quando una domenica mattina suo padre le disse di vestirsi elegante sentì che stava per cambiare la sua vita. Decise, per la prima volta dopo tanti anni, di disobbedire alle indicazioni di suo padre ed, invece di aspettare di essere chiamata, si nascose dietro una delle colonne laterali del salone. Sicuramente suo padre avrebbe accolto lì i suoi ospiti. Era troppa l’agitazione per aspettare seduta nella sua camera. Da quella posizione invece avrebbe potuto ascoltare tutto e soprattutto vedere Mamoru  subito non appena fosse arrivato.

Il nascondiglio era buono. Aveva solo paura che il rumore del battito impazzito del suo cuore la tradisse rivelando la sua presenza.

All’improvviso la porta di ingresso della sala si aprì. La cameriera fece entrare due uomini. Uno di loro era Mamoru, l’altro doveva essere suo padre. Erano rimasti soli.

- Papà, non so come hai fatto a trascinarmi qui ma scordati che io possa sposare una sciocca ragazzina.

- Mamoru, tu sei mio figlio è devi rispettare le mie regole. Questo matrimonio legherà queste famiglie per sempre. E’ un’ottima cosa per la nostra famiglia. Vedrai che mi ringrazierai.

- Forse è un'ottima cosa per te! Devi smetterla di decidere al posto mio. Non acconsentirò mai a sposarmi in questo modo.

- Quello che tu dici o pensi non ha importanza. Il vostro matrimonio è stato già deciso da mesi, la famiglia della tua futura moglie ha già la mia parola. Lei è d’accordo, i tuoi suoceri sono d’accordo, io sono d’accordo. Fra un paio d'anni vi sposerete. Non puoi certo ribellarti, disonorare la mia parola e poi continuare ad essere mio figlio!

Il cuore di Serenity aveva smesso di tamburellare dentro al suo petto.  

- Se essere tuo figlio significa essere un tuo strumento d’affari preferisco restare solo al mondo.

La voce netta, lo sguardo deciso. Senza nemmeno aspettare una risposta Mamoru si girò e prese l’uscita di quella villa. Con lui la felicità di Serenity abbandonò per sempre quella casa.

 

La luce della veneziana continuava a batterle sugli occhi. Usagi si alzò allontanandosi dalla scrivania. Il viso imperlato di sudore.
Era pasato tanto tempo da quel giorno ma il ricordo del silenzio del suo cuore non l’aveva abbandonata. E ora stava per rivederlo. Da quando l’aveva rivisto il primo giorno del tirocinio erano trascorsi mesi interi,  mesi  in non c’era solo Usagi nei suoi gesti, mesi in cui aveva concesso, suo malgrado, all’uomo che un tempo aveva amato  il suo corpo ma anche, senza rivelarglielo mai, parte del suo cuore.

Al sudore si aggiunsero le lacrime a bagnarle il viso.
Serenity era tornata

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Capitolo 19
*** FOLLIA ***


Non ci credo nemmeno io????? HO AGGIORNATO!!!! Chiedo umilmente perdono per il folle ritardo ma...vi informo che l'ispirazione mi è tornata a trovare e ho deciso come continuare e terminare questa storia che, sappiatelo, è nata da sola e per la quale non avevo mai ideato un finale (e  nemmeno uno sviluppo). Voglio fare tutti i ringraziamenti all'inizio perchè sono doverosi.

Per prima cosa voglio ringraziare tutti quelli che seguono fedelmente questa strana storia. Spero di non perdervi mai come lettori e come amici. Molti di voi scrivono cose bellissime che leggo con ammirazione e dalle quali traggo ispirazione. Nello specifico voglio ringraziare per i commenti:

lagadema 
suppongo che la tua confusione adesso aumenterà notevolmente. Spero continuerai a seguire la storia. grazie!

 silviasilvia 
Ami chan...allora?? che idea ti sei fatta. bacione. ti voglio sempre tanto bene

 maryusa 
 spero di non averti delusa con questo capitolo mia cara. non vedo l'ora di leggere cosa ne pensi.

 romanticgirl [Contatta]
ta ta ta da!!!! e il mistero si infittì!!! credevi avessi risolto tutti i misteri e invece.....NO! Spero continuerai a seguirmi.grazie

 shalya [Contatta]
 ma quanto ti riangrazio? tantissimo, tantissimo, tantissimo!!! spero che non ti sia dimenticata di me. un abbraccio

 NEPTUNE 87 [Contatta]
 ebbene si amica mia dolce, sono tornata. naturalmente spero ti piaccia questo capitolo, ma ancora di più, spero di sentirti presto perchè mi manchi tantissimo. ti voglio benissimo 8 si puù dire???!!!) bacione


 luciadom 
 
mako-chan!!!!!!ma quanto mi manchi?! troppo. spero tu non mi abbia dimenticata. io ti penso moltissimo. scusami per il ritardo e per l'assenza di questo periodo. sono tornata!


 Franceschita [Contatta]
Che bello trovare una recensione da un'autrice che ammiro tanto. Spero di averti sorpreso con questo cappy e mi auguro continuerai a seguirmi! grazie

Un ringraziamento va anche a Ellephedre che mi ispira sempre con le sue opere e a tutti gli auturi di questo fantastico fandom che è diventato il mio hobby più bello. grazie a tutti e buona lettura

FOLLIA

Era così diversa dalle mille volte precedenti in cui l’aveva notata tra la gente.

I capelli raccolti in due buffi codini e gli occhi che diventavano sottili ad ogni risata.
Ma quando aveva imparato a ridere in quel modo, così di gusto? E perché non era lui a farla ridere così?
Mangiava con  bocconi sonori. Divertita da qualche frase che lui non riusciva a comprendere dalla sua distanza. Lei non riusciva a trattenere sotto la pelle un’evidente, contagiosa allegria.
Lui invece non riusciva a smettere di fissarla.

Aveva deciso di fermarsi ad un bar e comprare un caffè da bere insieme a lei. L’ospedale non era lontano e aveva corso abbastanza per scaricare l’euforia che quel biglietto letto di prima mattina gli aveva provocato. Stava per raggiungerla quando la sua immagine lo anticipò.

Seduta a quel tavolino consumato dal sole c’era lei, raggiante nel suo vestitino azzurro.
Si incantò un momento crogiolandosi nella sorpresa. La gioia primitiva nel vederla aveva lasciato lo spazio ad un’irruenta sensazione di disagio.

Sembrava diversa eppure era lei.
Sembrava un’altra eppure nessun’altra avrebbe potuto essere così bella nel mondo intero.
Quella era Usagi eppure a Mamoru sembrava un’altra donna.

E poi, improvviso martello pneumatico sul cuore, chi era quell’uomo seduto con lei? Chi osava occupare il posto che lui solo si era meritato?

Il sudore che gli imperlava la fronte divenne più freddo in un istante. Le gambe mosse da un sentimento sconosciuto ma prepotente lo avevano condotto verso in suo tavolo in due sole falcate.

-Usagi…

Quello era il suo nome.

La bionda si girò di scatto nella sua direzione con chi occhi coperti da un evidente sorpresa.

 

-Scusi, lei come conosce il mio nome?

-Cosa? Usagi, non scherzare. Chi è quello?!

-Scusi, chi è lei che importuna la mia fidanzata?!!

 

La voce di quell’uomo gli sembrò ancora più odiosa della sua stessa presenza.

 

-La sua fidanzata? Questo è uno scherzo. Questa è la mia Usagi e tu è meglio che sparisci dalla mia vista.

 

Il ragazzo si scattò in piedi come dotato di una molla interna. Era alto quanto Mamoru e almeno altrettanto possente. Non aveva nessuna intenzione di seguire il “suggerimento” del dottore.

 

-Takashi, non so chi sia questo qui…ahia!! Ehi, lasciami!

 

Mamoru le aveva preso un polso e aveva cominciato a trascinarla obbligandole un’innaturale alzata dalla sua sedia.

 

Tutto si svolse così in fretta per Mamoru che quasi non si accorse di aver ricevuto una spinta fino al momento in cui lo spostamento delle sue gambe non l’aveva fatto cadere per terra lasciando la presa sul polso di Usagi.
Era fatta. Del dottor Chiba in quell’istante non c’era più traccia.
Furioso come mai lo era stato si rialzò da terra con il preciso intento di dare un pugno a quello che in pochi minuti era diventato l’uomo che più detestava nel mondo intero.

E lo diede quel pugno. Con tutta la forza che non sapeva nemmeno di avere.

 

-O mio Dio! Takashi!!!!! Chiamate un ambulanza, chiamate la polizia!!!

 

La gente seduta ai tavoli vicini si precipitò a soccorrere il giovane a terra con un rivolo di sangue che gli colava dal naso. Mamoru in disparte e lontano solo una manciata di metri si sentì come se fosse uscito fuori dal suo corpo, come se la sua pelle fosse diventata troppo larga per la sua anima piccola e misera. Era la prima volta che picchiava qualcuno. Era la prima volta che ricorreva alla violenza.

 

-Amore sto bene. Lascia stare. Ce la faccio.

-Dobbiamo andare in ospedale e alla polizia a denunciare questo pazzo.

 

Lacrime bagnavano il viso della bionda. Vederle scivolare giù da quelle guance di pesca fu il colpo di grazia per Mamoru

 

-Ma si può sapere che ti prende? Perché diavolo mi hai assalito in questa maniera? Non ti conosco!

 

Fu dopo che maturò la vergogna. Dopo che era lontano chilometri, dopo che aveva smesso di scappare da quel luogo, da quelle persone estranee che lo guardavano con disprezzo, dalle lacrime della sua donna che all’improvviso non gli apparteneva,  e si era rifugiato nell’appartamento che poche ore prima lo aveva visto felice come mai prima.

Fu dopo che lo sgomento per quello che aveva fatto si tramuto’ in follia.
La follia di credere che la sua Usagi si era presa gioco di lui fino a portarlo alla pazzia e rinnegare se stesso.

 

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Capitolo 20
*** DANNATI SECONDI ***



Era convinta che stesse per cadere.

L’orologio non avrebbe retto. Come i suoi nervi d'altronde.
Ogni singolo spostamento della lancetta dei secondi sembrava soffrire la gravità come una malattia.
Una malattia contagiosa.
Il tempo che passava le pesava sulla gola e su quel tremolio nervoso del labbro che non voleva sapere di fermarsi.

Aveva cominciato a fissare quell’orologio, bianco con i numeri colorati di blu e le lancette rosse, ben dieci minuti prima dell’inizio della pausa pranzo, l’ora dell’appuntamento, se così si poteva chiamare, e non aveva smesso nemmeno dopo che l’ultimo secondo dell’ultimo minuto libero era trascorso.

Se avesse potuto l’avrebbe staccato dal muro lei stessa quell’orologio, e se lo sarebbe portarlo con sé per tutto il pomeriggio, per tutto il tragitto che avrebbe fatto a piedi verso casa.

Non aveva potuto però, naturalmente, e aveva dovuto continuare a contare i secondi in silenzio nella sua mente.

Il marciapiede non era affollato. Probabilmente la maggior parte delle persone a quell’ora erano a casa a pranzare con la loro famiglia. Lei invece era sola.

Le sembrò quasi un vantaggio. Avrebbe potuto continuare a contare i secondi senza interruzioni. Non voleva concentrarsi su null’altro. Voleva solo contare quei dannati secondi ed evitare di chiedersi il perché, il perché di quell’assenza, il perché della sua delusione  nel non vederlo arrivare puntuale, il perché dell’essere tornata a sentirsi se stessa, Serenity, per colpa sua.

Lui non era venuto. “Avrà avuto di meglio da fare” si disse. “E se invece non avesse trovato il biglietto?”. L’immagine di un soffio di vento che trasportava lontano dal comodino, dove lo aveva lasciato, il biglietto che aveva scritto a Mamoru, le accarezzò per un istante il cuore. Sarebbe stata una buona motivazione. Migliore di un mancato interesse.

Le faceva ancora male la testa. La lotta che aveva fatto contro se stessa richiedeva riposo e rilassamento. Serenity era tornata ma Usagi non voleva andarsene del tutto.

Decise di andare nel loro appartamento. Era vicino all’ospedale e li avrebbe potuto riposarsi.

Scuse di poca convinzione. La verità era che voleva vedere se lui c’era, se lui aveva letto  il suo biglietto.

Decise di fare le scale, continuando ancora a contare in secondi concentrandosi al massimo. Non era facile contare e insieme sperare, immaginare, desiderare.

Il mal di testa non aiutava di certo.

Chiave nella toppa.

Nessuna mandata.

Lui c’era.

Un sorriso involontario tra le labbra che continuavano a contare.

Incomprensione.

Mamoru era seduto per terra con la testa tra le gambe.

-Ma…Mamoru?

Quando l’uomo sentì chiamare il suo nome sembrò uscire da uno stato di trance e, per la seconda volta in quella giornata perse completamente la ragione.

 

-Cosa vuoi? Sei venuta a denunciarmi?

-Che cosa??!

-Ti sei divertita vero?!

 

Con una velocità che la bionda proprio non si aspettava, Mamoru l’aveva raggiunta e la teneva imprigionata fra la porta di ingresso e le sue braccia. Negl’occhi una rabbia e una frustrazione che non gli aveva mai visto.

 

-Mamoru, non ti capisco… mi stai spaventando!

-Fai bene ad avere paura. Mi hai fatto impazzire ed ora è giusto che ne paghi le conseguenze!

-Ma si può sapere cosa stai dicendo? Ma tu…tu hai bevuto?

Aveva davvero paura. Non per se stessa ma per Mamoru. Decisamente non stava bene. Non sapeva più cosa pensare.

 

-Perché hai bevuto?

 

Cercò di addolcire la voce per calmarlo.

 

-Che fai, fingi di preoccuparti per me? E dove l’hai lasciato il tuo fidanzato? O forse è solo un altro poveretto che ti porti a letto e che illudi come hai fatto con me??

 

Si era girato di spalle, l’aveva liberata, ma continuava a gridare furiosamente.

 

-Tu sei pazzo! Non c’e altra spiegazione.

 

Si stava alterando preda dell’incomprensione.

 

-Io pazzo? Io pazzo?! Ti ho vista con questi occhi Usagi. Ma a che gioco stai giocando. Vuoi farmi davvero impazzire!!! Non te lo permetterò, hai capito!

-No che non ho capito! Io so solo che ti ho aspettato inutilmente tutta la mattinata in ospedale e che ora ti ho trovato qui ubriaco e farneticante!

-Bugiarda! Ma se nemmeno un’ora fa volevi chiamare la polizia perché ho dato un pugno al tuo prezioso fidanzatino??!

 

Non c’erano altre spiegazioni. Mamoru era impazzito.

 

-Io non ho nessun fidanzato e non ti ho mai visto picchiare nessuno!!

-Smettila, smettila!! Hai capito??! Lui ti chiamava Usagi, lei aveva la tua faccia, i tuoi occhi, i tuoi capelli, e mi odiava per quello che avevo fatto. Cosa vorresti dirmi adesso? Che si tratta di una tua sosia che ha pure il tuo stesso nome?! Smettilaaaaaaaaaaaaaa!!

 

La voce di Mamoru si era trasformata ancora una volta. Sembrava ringhiasse. La guardava con uno sguardo truce e disperato insieme. Era visibilmente fuori di sé.

E fu in quel momento che accadde. Di tutte le reazioni che Mamoru si aspettava di vedere sul volto della donna che aveva di fronte, quella che lei ebbe fu l’unica a cui non avrebbe mai pensato.

Piangeva.

Piangeva silenziosamente ma piangeva.

Sembrò non reggere il suo stesso peso e si raggomitolò sul pavimento.

Ora era lei quella disperata.

Fu abbastanza per ricordare a Mamoru di avere un cuore e di averlo definitivamente regalato a lei.

Si avvicinò e si inginocchiò alla sua altezza.

 

-U-Usagi, …io…

Solo singhiozzi.

- Non piangere… ti prego…

 

Lei alzò il viso nella sua direzione e lui, come se nulla fosse mai accaduto, si ritrovò a pensare che anche con le lacrime era bella da togliere il respiro, abbastanza bella da fargli dimenticare il suo stesso nome. Vederla piangere gli faceva più  male che piangere lui stesso. Fu una consapevolezza amara.

 

-Non chiamarmi Usagi.

-Non capisco…

-Io non sono Usagi e quello che mi hai raccontato è la cosa più bella che poteva mai succedere nel mondo intero.

 

Si tuffò letteralmente tra le braccia di Mamoru e continuò a piangere con un sentimento tale da spingere Mamoru al silenzio. Non aveva capito niente ma lei era con lui. Lei che solo pochi minuti prima sembrava prenderlo in giro negando l’evidenza, lei che poco tempo prima diceva di non conoscerlo e di essere la donna di un altro, lei che quella mattina gli aveva fatto credere che era iniziato davvero qualcosa fra di loro. Lei che ora piangeva tra le sue braccia senza nemmeno un nome.

Il tempo si fermò e tra le braccia di Mamoru per Serenity i secondi smisero di esistere.

Carissimi,

come vi avevo detto ho in mente lo sviluppo della storia e, quasi, quasi, posso promettervi aggiornamenti costanti.

Grazie per il sostegno!!!

Bene, voglio ringraziare:

- per le recenzioni:

maryusa 
 "1000 dubbi e nessuna certezza", mi avevi scritto. E ora? e' più chiaro? aspetto tuo nuovo parere. un abbraccio forte
 lagadema 
 Carissima, come sai amo i lieto fine. ti dico solo che niente è come sembra! bacionissimo
 NEPTUNE 87 
tesorina, mina-chan!!!!!!! Che ne dici di questo nuovo sviluppo' voglio sapere che ne pensi e che idea ti sei fatta. Ti voglio tantissimo bene!
 spidi988 
 Carissima, hai capito qualcosina??' ASpetto il tuo parere!!!
 luciadom 
Mako-chan, tesoro!!! Vorrei vedere la tua accia alla fine di questo cappy. Spero di averti sorpresa e appassionata. grazie mille, il fatto di sapere che tu leggi le mie storie mi rende felice. Aspetto il tuo parere. ti voglio bene
 romanticgirl 
 Come vedi mia cara le follie di mamoru si annientano quando tr ale sue brqaccia c'è la notra amica. Spero che questo cappy ti sia piaciuto.
 Franceschita 
 Carissima, allora??? che de pensa la tua testolina  da psicologa??? Sono curiosissima di leggere un tuo parere. Grazie del sostegno. E' molto importante per me. ps. Adoro le recensioni lunghette ^_^
 shalya
Spero di non averti fatto penare molto. QUesto capitolo dovrebbe averti fatto capire qualcosina. Spero ti sia piaciuto. fammi sapere cosa ne pensi. bacione.

- per aver inserito la storia tra i preferiti:

1 - 29eles
2 - algin91 
3 - aquizziana
4 - brescy 
5 - bunny65 
6 - Bunny83 
7 - Contessa Nera 
8 - CullenGirl18 
9 - demetra85 
10 - elie191 
11 - Enigma 
12 - Franceschita 
13 - Gaia 
14 - giufalab 
15 - ISA1983 
16 - kamura86 
17 - lagadema 
18 - luciadom 
19 - m00nlight 
20 - mary85 
21 - micina82 
22 - MoonlightSerenity 
23 - NEPTUNE 87 
24 - ozz 
25 - ponpon 
26 - princessangel 
27 - pulcinaele87 
28 - romanticgirl 
29 - shalya 
30 - silviasilvia 
31 - Silvy90 
32 - spidi988 
33 - tappetta 
34 - The_Queen 
35 - Toru85 
36 - usagi89 
37 - vega3000 
38 - _Maddy_ 

- per aver messo "dal corpo al cuore"tra i seguiti:

1 - caffy 
2 - DeepDerk 
3 - Fantasy_Mary88 
4 - halysea 
5 - Irix87 
6 - luisina 
7 - marikina 
8 - Moons Tear 
9 - NEPTUNE 87 
10 - pulcinaele87 
11 - sailormoon 
12 - Tyresiah 
13 - Vale_Tvb 

- per aver messo questa storia tra quelle da ricordare:

1 - GioRock 
2 - IsaBelle91 

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Capitolo 21
*** L'ODORE DELLA FELICITA' ***


L’ODORE DELLA FELICITA’

 

"Io non sono Usagi … ".

Mamoru ripeteva nella sua mente queste parole come una cantilena, unica spiegazione per una serie di eventi inattesi e del tutto sconvolgenti.
Aggrapparsi a quell’unica frase senza senso era quanto di meglio poteva permettersi.
Confidare in quelle sei parole misteriose era tutto quello che gli era rimasto.

Ed era davvero poco.

"Io non sono Usagi …".
Cosa poteva mai significare? Di certo le avrebbe chiesto una spiegazione, anzi l’avrebbe pretesa. Ne aveva diritto. O forse no.

Infondo al suo cuore Mamoru sapeva bene di non avere diritti con lei se non l’orgoglio di un sentimento che rubava spazio alla ragione.

Forse era stata quella consapevolezza  a renderlo incapace di porle alcuna domanda quando lei gli era vicino.
L’abbraccio umido di lacrime che Usagi gli aveva riservato gli era bastato.
La dolce consistenza del suo corpo profumato aveva guarito ogni ferita e spento ogni focolare di rabbia.

Per il tempo di un abbraccio tutto gli era apparso giusto e in ordine. La luce aveva fatto pace con il buio. Non c’era traccia del fuoco che incendiava le vene in quell’abbraccio. Era piuttosto acqua che dava sollievo, profumo che rilassava i sensi. Come faceva quella donna ad essere acqua e fuoco insieme era un altro dei tanti misteri.

Con quell’abbraccio aveva anche dimenticato, per un colpevole momento, di aver picchiato un altro uomo.

Si, aveva picchiato un uomo, uno sconosciuto che non aveva mai visto prima e che non gli aveva fatto assolutamente niente, se si esclude chiamare “fidanzata” la sua Usagi.  
Sentiva viscida la vergogna scivolare sulla sua schiena. Era ricorso alla violenza, proprio lui che la detestava, e lo aveva fatto per lei.

No, non era vero, sapeva di averlo fatto per lui, lui soltanto.

 Aveva rinnegato se stesso e i suoi principi accecato da una gelosia senza tempo ne frontiere e lo aveva fatto in nome di un qualcosa che aveva a che non aveva a che fare  con quell’amore che sentiva strabordare dal cuore ogni volta che solo pronunciava il suo nome. Piuttosto aveva a che fare con l’orgoglio di chi non sa cedere ad altri ciò che desidera con tutto se stesso anche a costo di non rispettare le regole e i sentimenti degli altri. Sentimento meschino. Lo sapeva.

 

"Usagi, Usagi…".

Quel nome era lei eppure lei stessa lo rinnegava. Non capiva.

L’amore, sentimento nuovo e fino a poco tempo prima sconosciuto, aveva portato nella sua vita confusione, violenza e sconforto.

Ne valeva la pena?

Eppure  era certo, non poteva mentire a se stesso,  per lei avrebbe ruicominciato tutto dall’inizio e di fronte alla medesima situazione avrebbe reagito allo stesso sbagliato modo.

Sentiva ancora gli occhi bruciargli dalla rabbia. Averla vista con un altro che non era lui continuava a dargli il tormento. 
La donna che aveva visto era davvero identica alla persona che lui amava e sulla quale non aveva, suo malgrado, diritti.
Come poteva non essere lei?
Come poteva Usagi avergli detto la verità negando tutto?

Non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stesso ma le aveva creduto, stordito e reso indifeso da quelle lacrime di gioia.
Gioia. Perché?

Un’altra domanda senza risposta. Lei non c’era, era fuggita via. Non aveva a chi porre le sue domande. Non gli restava che continuare a cantilenare il suo nome stringendo la testa tra le ginocchia.

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Non si stupì nel costatare  che nulla era cambiato.  Gli anni non avevano cancellato il grigiore delle persiane e di quello stesso giardino incupito da giorni di tristezza senza fine.

Il fianco le doleva per la corsa forsennata ma era il cuore quello che faceva più male.

 Aveva corso per arrivare. Più veloce che poteva. Nemmeno l’intuizione di prendere un taxi.

Aveva desiderato con tutta se stessa di non rivedere mai più quella casa. Luogo di dolore per quello che non era più. Non avrebbe voluto vederla nemmeno dall’esterno, nemmeno di passaggio.  Nessun motivo sarebbe stato abbastanza valido.  Sbagliava. C’era qualcosa per cui valeva la pena di tornare, ed era lì per quello..

Mamoru l’aveva vista. Lei c’era.

Lui non poteva essersi sbagliato. Aveva visto Usagi. La sua Usagi. Chi altro avrebbe potuto assomigliarle così tanto da far si che nemmeno l’uomo che conosceva di lei ogni centimetro si accorgesse della differenza?

Gocce di sudore freddo accompagnavano ogni lettera di quel nome che non era più il suo.

Ancora nessuno le apriva il cancello nonostante il lungo pigiare sul campanello.

Si, si sarebbero meravigliati nel vederla, probabilmente non  l’avrebbero nemmeno fatta entrare ma…lei doveva tentare.

Doveva sapere.

Le emozioni giocavano a spremerle il cuore con un ritmo sincopato. Ricordi, speranze e preghiere nascoste in fondo all’anima rivedevano una luce capace di ferire gli occhi.

Strinse le palpebre più forte che poteva. Raccolse i pensieri in una supplica che aveva due sole parole “ti prego!”.
 Aprire gli occhi le avrebbe fatto male. Ma ne sarebbe valsa la pena e quell’istante non l’avrebbe più dimenticato.

L’oro aveva ridato colore al giorno e il cielo si era ripreso il suo azzurro. Tutto in un solo momento.

    Un miracolo non avrebbe potuto avere colori o tempi diversi.
Mai istante sembrò più perfetto. 
Una voce al di là del cancello a confermare che non era l’illusione di un cuore ferito. Una voce di sgomento e commozione.
-  
Serenity?! Ma…sei proprio tu?

Le parole le morirono in gola. Non riuscì proprio a risponderle.
Si aggrappò invece al cancello per arrivare prima a toccare la pelle di quello stesso sangue che la vita le aveva  portato via ingiustamente.
Il cuore sciolto in fiumi di lacrime.

 

Quello che mai avrebbe creduto possibile si materializzò fra le sue braccia.

Una sorella persa nell’oblio di un dolore senza redenzione la stava stringendo come nessun altro avrebbe potuto. Piena di vita.
Come era possibile? Da quando era possibile? Nemmeno il cancello sembrava più un impedimento. C’erano solo loro due. Serenity e Usagi. Sole e Luna di una famiglia che un tempo era felice.

Lei si era risvegliata. Lei non era più morta. Pallida figura senza luce in un letto per anni senza fine.
Il coma gliel’aveva restituita.
A lei e al mondo.

Avrebbe smesso di pensare a sua sorella come ad un sonno senza risveglio, avrebbe smesso di odiare il suo stesso nome per un diritto alla vita che non sentiva più di avere e, tra le sue braccia di sorella, in quel momento,  sentì di nuovo, dopo tanto tempo, l’odore della felicità.

 

Cari, non sono per nulla contenta di come ho scritto questo capitolo. Mi sembra freddo e distaccato. E’ tanto che l’ho scritto ma…vi giuro, che non sono ancora riuscita a trovare il tempo per sistemarlo (tra ufficio, casa da ristrutturare e impegni familiari impazzisco!) .
Non volendo  aspettare ancora oltre con l’aggiornamento, ho deciso di pubblicare il capitolo lo stesso sperando nella vostra clemenza.

Perdonatemi se vi deludo.

Sono dispiaciuta, ve lo confesso, perché in questo cappy svelo il mistero e non lo faccio come vorrei. Non era come sembrava. Usagi non era morta, era in coma, anche se per Serenity era come se fosse morta.

Nel prossimo cappy svelerò la seconda parte del mistero: da quando Usagi si è svegliata? perché Serenity non lo sapeva?  come mai i rapporti con la sua famiglia erano così infelici?

Naturalmente c’è ancora da vedere come si svilupperà il rapporto con Mamoru e… …un ulteriore colpo di scena.

 

Ho deciso che non appena finirò questa storia la rivedrò completamente nello stile e nella tecnica rifacendomi ai meravigliosi modi di scrivere di molti di voi che con le vostre storie mi avete fatto riflettere sul mio modo di scrivere. Concludo postando il bellissimo disegno di maryUsa, copertina ufficiale di questa storia. Inserisco questa immagine sia in questo cappy (così la vedete tutti) che nella prima pagina del primo capitolo). I ringraziamenti a MaryUsa sono d’obbligo. Con il suo lavoro meraviglioso ha reso più belle le mie umili storie. Non smetterò mai di ringraziarti cara!!!!!

 

Un salutone a tutti. Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate comunque, tutti i vostri pareri sono importanti. Preferisco una critica all’indifferenza! Vi abbraccio. Grazie di continuare a seguirmi!

 

Ringrazio in particolare per le recensioni del precedente cappy:

 NEPTUNE 87

Grazie dei complimenti mina-chan. Spero di aver chiarito qualcuno dei tuoi dubbi. Aspetto il tuo preziosissimo parere. Ti voglio tanto bene

 maryusa

Bhè…sullo sdoppiamento della personalità non ci hai propro azzeccato tesora. Spero comunque di non averti delusa troppo. Ho cercato in tutti i modi di convincere del fatto che la sorella di Serenity fosse morta anche se in realtà era in coma. Grazie infinitamente per i tuoi meravigliosi lavori che impreziosiscono le mie storie. Ti voglio tanto tanto bene!

 lagadema [

Grazie mille! Sapere che per qualcuno le mie storie dovrebbero andare nelle “scelte” mi onora e mi fa gongolare (anche se,sinceramente non credo di avere uno stile degno). CVhe ne pensi dello sviluppo di questa storia? Come pensi proseguirà? Aspetto il tuo importante parere. grazie

 romanticgirl

Grazie del tuo entusiamo. Spero tanto di nojn averti delusa troppo con questo capitolo. Che ne pensi? Era come ti immaginavi? Un abbraccio forte forte

 luciadom

Mako-chan!!! Che te ne pare!?!?!? Vorrei vedere anche adesso la tua faccina 8sperando non sia disgustata).  Aspetto di sentire (ehm… leggere) cosa ne pensi. Ti voglio tantissimo bene.

 shalya

Cara, scusami se ti ho fatto aspettare troppo. Sono davvero incasinata! Che ne pensi? Immaginavi che l’incontro tra le due sorelle arrivasse così presto? Ho tanto ancora da dire ma spero di non perderti come lettrice a causa di questo aggiornamento poco di mio gusto. Aspetto il tuo parere!

 Franceschita

 

Sono onorata della tua lunga recensione e ancora di più perché hai detto che questa è la tua storia preferita. E’ un privilegio avere una lettrice/autrice come te tra i fun di questa storia. Spero davvero di non averti delusa con questo aggiornamento di cui non sono per nulla soddisfatta. Ho pubblicato perché mi dispiaceva farvi aspettare ancora. Ho tanta voglia di sentire il tuo parere. Anche se fosse negativo non farti problemi. Le critiche aiutano a migliorarsi e le tue saranno sicuramente costruttive e utili. Sono felice di averti conosciuta su questo meraviglioso sito. Grazie di tutto!

 

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