Unwilling Heroes di LenK (/viewuser.php?uid=94334)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
Unwilling Heroes chapter 1
Me l'ero sempre cavata molto bene in Pozioni, ma quella Bevanda della
Pace proprio non mi riusciva. Ero arrivata al punto in cui dal mio
calderone avrebbero dovuto sprigionarsi fumi argentati, ma l'unica cosa
che si alzava dalla superficie erano preoccupanti bollicine grigie. Una
goccia di sudore cadde dalla mia fronte e andò a finire
nella pozione, da cui subito sprizzò una scintilla.
«Mitchell! Cos'era quel lampo?» berciò
il professor Piton, che si fiondò nella mia direzione come
un avvoltoio sulla preda. Quello aveva sempre una parola cattiva per
me. «Non mi stupisce, signorina Mitchell, che lei non riesca
a seguire le istruzioni con quei capelli davanti alla
faccia». Eccolo che ricominciava con i miei capelli. Non so
che cosa avesse Piton contro di loro, ma era dal mio primo anno che se
la prendeva con la mia zazzera castano-rossiccia e disordinata. Per
farlo contento, l'anno prima li avevo tagliati corti fino a
metà collo, ma avevo ottenuto solo il risultato opposto a
quello desiderato. Mentre prima, quando erano appesantiti dalla
lunghezza, riuscivo a domarli stringendoli in approssimati chignon,
erano diventati restii a qualsiasi elastico o molletta, facendo
somigliare la mia testa a un casco color foglia morta.
Non volendo dargliela vinta, replicai all'insegnante: «Ad
essere sincera, professore, è il nebbione nero del calderone
di Hewitt che mi ostruisce la visuale». E in effetti era
vero. Il povero Samuel Hewitt se la stava passando peggio di me: la sua
Bevanda della Pace era densa e scura, e l'unico modo in cui si sarebbe
virtualmente potuto placare le velleità combattive di
qualcuno con essa sarebbe stato versargliela nei piedi e aspettare che
cementificasse.
Piton squadrò la melma che il malcapitato stava inutilmente
rimestando nel calderone. «Hewitt, cinque punti in meno a
Tassorosso per impedimento visivo nella mia aula».
Tirai un sospiro di sollievo, convinta di essermela scampata; di solito
con Piton era sufficiente spostare l'attenzione su qualche intruglio
che facesse molto più schifo del mio. Dalla postazione alla
mia destra, Eddie mi fece un quasi impercettibile segno di vittoria.
Eddie Carmichael, innocenti occhi azzurri e ordinatissima chioma
castana, era minuto e magrolino per i suoi sedici anni; aveva
però un cervello grosso come un uovo di drago. Passare al
suo fianco un buon ottanta per cento della propria vita scolastica a
Hogwarts avrebbe fatto calare pericolosamente i livelli di autostima di
chiunque fosse un po' meno sicuro di sé di quanto lo ero io.
Ma anche io ero una Corvonero, e anche io ero piuttosto intelligente;
quindi essere la migliore amica di Eddie costituiva per me un vero
arricchimento, in tutti i sensi
della parola.
Quando Piton ci ordinò di posare i mestoli e portare una
fiala del proprio tentativo di
pozione alla cattedra, ero sicura che la mia sarebbe stata abbastanza
buona da meritarsi un Accettabile; ma dopo aver allungato il contenuto
della mia provetta con un dito della pozione perfettamente argentata
decotta da Eddie, come convenuto, mi allontanai tronfia certa di
essermi guadagnata un Oltre Ogni Previsione. Mi ricordai all'ultimo
minuto di far Evanescere il contenuto del mio calderone per cancellare
le prove del misfatto.
All'uscita dell'aula di Pozioni, alto e slanciato, con qualche ciuffo
di capelli biondi dritto sulla testa, c'era Harold Dingle, il mio
secondo migliore amico. Nonostante non fosse strano vederlo gironzolare
per i Sotterranei, in quanto fiero Serpeverde, non frequentava
più quell'aula da diverso tempo. Non era riuscito a ottenere
che un modesto Accettabile al suo G.U.F.O. in Pozioni, per cui due anni
prima il professor Piton l'aveva diffidato dal continuare a seguire il
proprio corso per i M.A.G.O.; mi stupii quindi nel vederlo appoggiato
allo stipite della porta, in silenziosa attesa.
«Ehi Harry» lo salutai tuttavia con un ampio
sorriso.
Harold parve risvegliarsi al suono della mia voce, perciò
immaginai che stesse aspettando proprio me o Eddie. «Hai
visto l'annuncio nella bacheca di Corvonero?» mi
aggredì, saltandomi praticamente addosso. Mi irrigidii,
colta di sorpresa da tutta quella veemenza.
«No, non ho fatto in tempo: io ed Eddie eravamo in ritardo
per Pozioni» mi giustificai con un filo di voce. Poi domandai
sospettosa «Cosa ne sai tu della bacheca di
Corvonero?».
Harold parve afflosciarsi. «Riunione straordinaria dopo
pranzo in biblioteca» mi soffiò all'orecchio.
«Ho Divinazione dopo pranzo!» protestai.
«E Haven non può proprio saltare
Divinazione!» mi canzonò una voce alle mie spalle.
Mi girai a guardare, anche se sapevo già chi avrei visto:
Eddie ci aveva raggiunto fuori dall'aula, camminando tracotante.
Un gruppetto di studenti di Grifondoro ci passò accanto e
stranamente Harold cambiò tono all'istante. «Un
altro Eccezionale, Carmichael?» lo prese in giro Harold, per
poi affibbiargli un'amichevole pacca sulla spalla.
«Bevanda della Pace» sorrise malandrino Eddie,
facendo balenare per un attimo fuori dalla tasca del mantello la fiala
in più che aveva riempito nel suo calderone.
«Troveremo sicuramente un utilizzo per quella»
Harold gli fece l'occhiolino. «Durante la riunione di oggi
dopo pranzo in biblioteca» ripeté, scandendo bene
le parole a mio beneficio.
Non era assolutamente possibile; per quanto non mi piacesse saltare le
lezioni, avrei acconsentito a rinunciare a qualunque ora eccetto
Divinazione con la professoressa Cooman. Ero l'orgoglio di quella
donna, e si sarebbe potuto dire che il talento per inventare predizioni
tanto catastrofiche quanto false fosse una cosa di famiglia. Mia madre,
Bridget Mitchell, scriveva gli oroscopi per la Gazzetta del Profeta:
non ci azzeccava quasi mai, ma era la sua specialità far
credere alle casalinghe del segno del Toro di stare attente alle
pentole a pressione e agli stilisti nati sotto la costellazione
dell'Acquario che quell'anno il viola sarebbe stato di gran moda.
E questo era anche il mio talento.
Cominciavo a credere che la professoressa Cooman avrebbe insistito per
pubblicare il mio diario dei sogni per quanto appassionatamente lo
leggeva tutte le settimane in classe, il che avrebbe notevolmente
incrementato la mia già di per sé non
indifferente autostima.
«Mi dispiace, ho bisogno della mia dose giornaliera di
complimenti» esclamai in un finto tono altezzoso in risposta
ad Harold.
«Posso procurartela io» si offrì lui,
iniziando a declamare in tono teatrale «Oh, Haven Mitchell,
sei la donna con il miglior senso degli affari su cui io abbia avuto
l'onore di posare i miei immeritevoli occhi. Prima di mettermi in
società con te allungavo ancora le mie Pozioni Aguzzaingegno
con il Whiskey Incendiario...».
«Piantala!» scoppiai a ridere e gli rifilai uno
spintone scherzoso. «Molto carino, Harry» continuai
«Ma non mi convincerai a saltare la Cooman. Vado a mangiare,
tanti saluti. Vieni con me, Eddie?».
Mentre Eddie si affrettava a seguirmi, sentii Harold che mi gridava
dietro: «Ma ti giuro che stavolta la riunione straordinaria
è importante! Quando la facciamo?».
«Questa sera prima del coprifuoco!» decisi.
Harold si avviò tristemente nella direzione
opposta, mugugnando un «Vedrai» scocciato.
---
E come avevo insistito per fare, andai alla doppia ora di Divinazione.
Mi sedetti appositamente vicino a Peter Cadwallader di Tassorosso, un
Cacciatore della squadra di Quidditch che, nonostante fosse grande e
grosso, sembrava essere terrorizzato da me. Quel giorno la lezione
verteva sulla cristallomanzia ed era per lo più un ripasso
degli argomenti dell'anno passato; non dovetti quindi sforzarmi
più di tanto a seguire e mi ritrovai diverse volte -
complice forse il forte odore di incenso - a fissare incantata la
professoressa Cooman.
Non sapevo se possedesse davvero la tanto decantata Vista o no: fatto
stava che l'insegnante mi piaceva. Spinta da mia madre, avevo indicato
Divinazione come una delle materie opzionali al terzo anno e sin dalla
prima lezione avevo capito esattamente cosa dovessi fare per
soddisfarla ed ero presto entrata nelle sue grazie. All'inizio del
quarto anno aveva letto nelle mie foglie di tè che sarei
diventata Ministro della Magia e la donna più ricca
d'Inghilterra e, per quanto avessi preso la predizione con le pinze, da
quel momento mi impegnavo a essere la sua alunna modello, per renderla
felice almeno la metà di quanto lei aveva reso felice me in
quel momento.
Vagando tra i tavolini sottili e i treppiedi reggenti lampade velate,
la Cooman stava rivolgendo domande alla classe, ma Cormac McLaggen di
Grifondoro stava facendo davvero una pessima figura: non sembrava
capace di vedere nella sfera di cristallo che condivideva con Katie
Bell altro che un cerchio.
«Suvvia, caro ragazzo, prova a sforzarti un po' di
più» lo incoraggiò l'insegnante.
«È un cerchio grande? Un cerchio
piccolo?» gli suggerì in tono mistico.
«È piccolo... Magari un anello... Tu che dici,
Katie?» disse McLaggen, cercando disperato l'aiuto della sua
compagna di Casa.
«McLaggen vorrebbe farti la proposta, Bell!» se ne
uscì Vaisey di Serpeverde, suscitando l'ilarità
dei pochi elementi della classe. La professoressa Cooman
provò ad agitare un po' le braccia in aria come un
pipistrello impazzito per calmare gli studenti, poi si girò
verso di me. «Signorina Mitchell, vuole illuminare i suoi
compagni?» tubò.
«Uhm, sì» annuii e mi schiarii la voce
prima di declamare «È chiaro. Perderai qualcosa
che ti è molto caro. La forma è allungata...
È probabilmente un dito»
mi corressi, assumendo un'espressione inquietante e sollevando gli
occhi spiritati dalla sfera di cristallo fino a incontrare lo sguardo
atterrito di Cadwallader.
La Cooman emise un gridolino eccitato e caracollò fino al
nostro tavolino in un tintinnare di collanine.
«Assolutamente! Dieci punti a Corvonero!»
affermò, per poi spostare lo sguardo sul mio partner e
intimargli «Adesso prova a predire tu qualcosa sulla
signorina Mitchell».
Vidi il povero ragazzo strizzare gli occhi nel vano tentativo di
individuare qualcosa nella sfera di cristallo. La gente non
è proprio capace di inventare,
per le mutande di Merlino.
«Ehm... Forse... Morirai molto presto?».
La Cooman strabuzzò gli occhi. Immaginai che quel disperato
tentativo fosse esagerato anche per i suoi standard, poiché
la vidi scuotere la testa rassegnata.
Dopodiché sospirò e batté leggermente
le mani. «La lezione è terminata, miei cari
ragazzi. Per martedì vi ricordo di scrivere i due fogli di
pergamena sulla decodificazione dell'incubo di cui abbiamo parlato.
È tutto».
Mi alzai dalla poltroncina imbottita mentre Cadwallader strisciava la
sua sul pavimento di pietra producendo un rumorino fastidioso.
«Qual è la tua prossima lezione?» gli
domandai con nonchalance.
Colto di sorpresa, lui rispose in tono quasi soldatesco:
«Erbologia».
«Stai attento alle cesoie,
allora» lo ammonii in tono maligno, facendo scattare in alto
le sopracciglia con fare allusivo. Non riuscivo ancora a mandare
giù il fatto che avesse predetto la mia morte prematura con
tanta leggerezza. L'energumeno rabbrividì e uscì
a passo svelto dall'aula con i pugni serrati affondati nelle tasche del
mantello. Io lo seguii velocemente.
Notai con grande sorpresa che ai piedi della stretta scalinata
d'argento che conduceva alla torre Nord mi stava aspettando l'esile
figura di Eddie; appena mi vide, mi corse incontro con aria febbrile.
Tra le mani stringeva un foglio stropicciato.
«Pessime notizie! Ho fatto un salto in Sala Comune e...
guarda cosa c'era affisso sulla bacheca!» mi
sussurrò agitato appena fui a portata d'orecchio.
La pergamena che mi agitava davanti alla faccia recava un sigillo
ministeriale ed era sottoscritta dalla firma a svolazzo che avevo
imparato a identificare come quella della professoressa Dolores
Umbridge.
«Decreto Didattico numero Ventiquattro.
L’Inquisitore Supremo di Hogwarts ha il potere di sciogliere
tutte le organizzazioni, società, squadre, gruppi e circoli
di studenti in qualsiasi momento. Per organizzazione,
società, squadra, gruppo o circolo si intende
l’incontro regolare di tre o più studenti.
L’autorizzazione alla ricostituzione può essere
richiesta all’Inquisitore Supremo (professoressa Umbridge).
Nessuna organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo
può esistere senza previa conoscenza e approvazione
dell’Inquisitore Supremo. Qualsiasi studente che costituisca,
o appartenga, a un’organizzazione, società,
squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati
dall’Inquisitore Supremo sarà espulso.»
Sgranai gli occhi e non riuscii a trattenere un gemito. Quella proprio
non ci voleva.
«Io l'avevo detto che stavolta era importante»
mugugnò Harold, sbucato da chissà dove al mio
fianco. Mi posò una mano sulla spalla in segno di conforto.
«Riunione straordinaria?».
Annuii tristemente.
Quando arrivammo in biblioteca ci sistemammo nel tavolo isolato vicino
al corridoio della Sezione Proibita che occupavamo spesso, in quanto si
trovava in una delle posizioni più discrete. Buttai
sconsolata la borsa dei libri su una panca e mi sedetti, mentre Eddie e
Harold si accomodavano su quella di fronte.
Eddie scorse di nuovo velocemente il testo. «Non
c'è dubbio. Il nostro Spaccio rientra sicuramente in una
delle categorie citate. Siamo costretti a richiedere
l'autorizzazione» commentò poi.
«C'è anche da dire che quegli studenti che sono a
conoscenza della nostra attività non saranno così
scemi da parlarne in giro» disse Harold.
«Ok, Harry, ma questo discorso vale solo per quelli che
acquistano i prodotti di contrabbando per gli esami o il tuo alcool.
Invece tutti sanno
del resto delle nostre vendite» replicai stizzita.
«E dici che avremo problemi se cerchiamo di farci approvare
lo Spaccio dalla Umbridge facendolo passare per un'innocente
attività di commercio?».
Tamburellai le dita sul tavolo prima di rispondere. «Il fatto
è questo, Ed. Metti che noi proviamo e la megera ci nega il
permesso... se poi venissimo beccati sarebbe ancora peggio».
A questo punto Harold scoppiò a ridere fragorosamente, tanto
da coprire quasi il «Silenzio là in
fondo!» sibilato da Madama Pince.
«Cos'è che ti fa ridere?» lo rimbeccai
con un'occhiataccia.
«Il fatto che tu abbia dato per scontato il fatto che avremmo
continuato con lo Spaccio anche ad autorizzazione negata»
rispose allegramente; non riuscii a nascondere un sorriso compiaciuto.
Lo Spaccio era un'attività fruttifera e longeva.
Io ed Eddie avevamo iniziato a vendere agli studenti roba come
Caccabombe e Pallottole Puzzole durante il nostro terzo anno, quando
erano iniziate per noi le visite a Hogsmeade e potevamo rifornirci una
volta al mese dalla filiale di Zonko presente nel villaggio. Avevamo
poi attraversato un periodo di crisi durante il nostro quarto anno,
quando il criminale Sirius Black era scappato dalla prigione di Azkaban
e le misure di sicurezza e i controlli a Hogwarts erano stati
intensificati alla massima potenza.
Era stato in quell'occasione che avevamo conosciuto Harold: per la
precisione ci eravamo scontrati al buio del passaggio segreto della
Strega Orba. Noi entravamo nel passaggio e Harold ne usciva carico di
bottiglie di Ogden Stravecchio, e nell'urto Eddie si era rotto il naso
picchiandolo forte contro il gomito del Serpeverde.
Durante il tragitto dal terzo piano all'Infermeria avevamo
già consolidato una nuova amicizia e, insieme, una nuova
alleanza: era nato lo Spaccio.
Eddie e Harold erano diventati colleghi e amici preziosi. Lo Spaccio
non era solo la mia principale fonte di reddito o il motivo dei nove
Eccezionale ottenuti da Eddie ai G.U.F.O. dello scorso anno: era il mio
gruppo, la combriccola a cui sentivo di appartenere. Non potevo
rinunciare a tutto questo per colpa di una megera che si era messa in
testa di poter fare il bello e il cattivo tempo a Hogwarts solo
perché era sponsorizzata dal Ministro della Magia. E fu
così che mi venne un'idea meravigliosa.
«Ascoltatemi. Abbiamo una possibilità di ottenere
un'autorizzazione ufficiale dalla Umbridge... Ma dobbiamo giocarcela
bene».
---
Quando, dopo aver salutato Eddie al piano di sotto della Sala Comune,
arrivai sulla soglia del dormitorio femminile che condividevo con le
altre ragazze del sesto anno, mi accorsi subito che qualcosa non
andava. Felicity Eastchurch non c'era, ringraziando Morgana. L'avevo
già beccata di sotto a giocare a Spara Schiocco con Belby, e
conoscendo i due non avrebbero fatto ritorno ai rispettivi dormitori
per un bel po'. Cho Chang e Marietta Edgecombe chiacchieravano
sommessamente tra loro, ma non c'era traccia dell'atmosfera ilare e un
po' sciocca che di solito contraddistingueva le loro conversazioni.
Mi fermai un attimo prima che mi notassero e mi ritrassi dietro alla
mezza colonna con il capitello a forma di aquila che recava nel becco
la targa "Sesto anno".
«Quindi vuoi farlo lo stesso?» stava balbettando
Marietta con voce tremolante.
«Se Harry dice che non c'è pericolo, io mi
fido» sibilò in risposta Cho.
Aggrottai la fronte, incuriosita dal fatto di sentire il nome di Harry
uscire dalla bocca della Chang, ma poi realizzai che non poteva
riferirsi al mio amico Serpeverde; stava sicuramente parlando di
Potter. Ultimamente la vedevo chiacchierare spesso con il Ragazzo
Sopravvissuto, anche se sempre meno frequentemente di quanto la
sentissi piangere per Cedric Diggory.
«Ma il nuovo Decreto Didattico...»
piagnucolò Marietta.
Un campanello di allarme iniziò a suonare nella mia mente.
«Troveremo un posto sicuro per le riunioni! Questo gruppo
è una cosa importante, Harry è convinto
che...» stava continuando Cho, ma poi vidi Marietta zittirla
e spostare lo sguardo sulla porta: ero stata individuata. Finsi di
essere arrivata in quel momento e feci il mio ingresso nella stanza.
«Buonasera!» salutai con un mezzo sorriso. Nel
frattempo la mia mente lavorava senza sosta: Cho Chang faceva parte di
un gruppo che non sottostava al Decreto? Potevo facilmente comprendere
che c'entrasse Potter. Infrangeva abitualmente le regole della scuola
sin dal primo anno che era arrivato, ma lo faceva con poco stile, a
dire il vero. Sebbene venisse regolarmente beccato, però, il
Preside trovava sempre un cavillo o due per salvarlo dall'espulsione.
«Ciao, Haven» mi salutò Cho, incapace di
nascondere il tono d'allarme nella voce.
«Stavamo parlando di Harry Potter»
spiegò Marietta. Anche alla luce delle candele mi accorsi
del rossore incontrollabile che le invadeva la guance.
Anni e anni di smercio di prodotti illegali all'interno della Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts mi avevano resa una bugiarda di
discreta abilità. Non osavo definirmi ottima solo per non
peccare di eccessiva immodestia, ma probabilmente ero davvero ottima.
Per cui non potei fare a meno di osservare che il comportamento di Cho
Chang e Marietta Edgecombe in quella situazione era estremamente
sospetto e violava almeno una decina di punti del Manuale
del Mago Menzognero di
Edward Palmisudati detto il Mendace risalente al 1583. Ma siccome io
l'avevo divorato in pochi giorni, seppi perfettamente come agire.
«Oh sì, ho sentito!» sorrisi con aria
complice sedendomi sul letto della Chang, mostrando una confidenza
degna di un'amica del cuore. «Allora Cho... Lui ti piace,
vero?» domandai, portandomi le mani alla bocca come una
preadolescente affamata di gossip.
La mia compagna avvampò. «Ah.. io...».
Marietta Edgecombe parve rilassarsi e si concesse una risatina.
«Certo che sì! E si stanno
frequentando!».
Cho Chang la fulminò con lo sguardo e per poco non lo feci
anche io, infastidita dalla leggerezza con cui aveva vuotato il sacco
sui segreti dell'amica. Ma in quel momento la mia priorità
era proprio incoraggiare quello scambio di confidenze,
perciò la incalzai con un sorriso ancora più
largo: «Dai Cho, puoi fidarti di me, siamo compagne di
dormitorio da anni!».
«Immagino di sì» si rilassò
lei. «Beh, direi che mi piace. E Marietta è
convinta che lui ricambi!».
«L'anno scorso ti ha invitata al Ballo del Ceppo, Cho!
È praticamente una certezza» affermò
convinta l'altra.
Pensai che fosse il momento di intervenire nella conversazione e
aggiunsi: «E come mai non ci sei andata con lui?».
«Ero già stata invitata... Da Cedric,
sai...» spiegò la ragazza, con gli occhi che
stavano diventando lucidi. Mi accorsi che era pericolosamente vicina
alle lacrime e decisi di smettere di insistere. Per quella sera poteva
essere sufficiente: non dovevo strafare. Finsi uno sbadiglio vistoso,
mi infilai il pigiama e augurai alle due la buonanotte. «E
buona fortuna con Potter allora!» conclusi, da brava amica.
Potter...
Quell'estate era venuto fuori che, a quanto pareva, era ufficialmente
matto da legare. Mia madre era stata convinta dai suoi colleghi della
Gazzetta che le rotelle del cervello di Harry Potter non funzionavano
come avrebbero dovuto. In cinque anni di scuola insieme a me non era
mai sembrato granché svitato: poco furbo, sì, ma
non malato mentale. Per cui non sapevo cosa pensare.
Ma c'era una cosa che improvvisamente l'aveva reso interessante ai miei
occhi: Harry Potter stava nascondendo qualcosa che violava il Decreto
Didattico numero Ventiquattro, e io avevo intenzione di scoprire cosa
fosse.
♫
È la mia prima long
nel fandom di Harry Potter e sono emozionata *w*
Vorrei precisare che Haven
è un personaggio totalmente nuovo, mentre Eddie Carmichael e
Harold Dingle sono stati "reinterpretati" da me. Ad ogni modo, in Harry
Potter e l'Ordine della Fenice sono i due studenti citati da Hermione
quando in qualità di Prefetto sequestra materiali illegali
tra gli studenti che cercano di barare agli esami.
Spero che questo mio tentativo
risulti originale e di non essermi lasciata sfuggire troppi errori ^^
Gli aggiornamenti non saranno
velocissimi, purtroppo, ma spero di riuscire a mantenerli entro tempi
ragionevoli. Grazie in anticipo a tutti i lettori!
|
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Capitolo 2 *** 2 ***
Unwilling Heroes capitolo 2
Unwilling
Heroes
Capitolo 2
Quel
martedì mi svegliai fiduciosa e piena di energia positiva:
nel
pomeriggio io, Eddie e Harold saremmo andati a richiedere
all'Inquisitore Supremo di Hogwarts il permesso di tenere in piedi il
nostro innocuo circolo, e in seguito alle cinque ci saremmo incontrati
con un ragazzo del quarto anno di Grifondoro per la consegna di un
ordine piuttosto redditizio.
In bagno mi infilai
una divisa fresca di bucato e
mi pettinai i capelli ramati con particolare zelo prima di imboccare le
scale che portavano alla Sala Comune, dove sapevo che Eddie mi stava
aspettando per scendere insieme a colazione come tutte le mattine.
Quella mattina il
cielo incantato della Sala
Grande era abbastanza limpido, attraversato solo da qualche nuvoletta
grigiastra che correva veloce sospinta dal vento; ciò
significava che anche il tempo fuori era migliorato, dopo le piogge
torrenziali della settimana precedente.
Mentre stavo
terminando il pasto, lo stormo di
gufi recanti la posta del giorno irruppe in Sala Grande. Mi affrettai a
fare spazio sulla mia parte di tavolata, ficcandomi in bocca l'ultimo
pezzo di toast e scostando la tazza di tè invadendo la
porzione
di tavolo di Eddie, appena prima che uno stormo di gufi mi rovesciasse
in grembo una quantità sproporzionata di carta.
Con gli occhi che
brillavano, impilai accuratamente le riviste e i quotidiani che avevo
ricevuto.
«Non capisco
perché ti ostini a
rinnovare l'abbonamento a questa roba tutti gli anni»
sbuffò Eddie, tentando di asciugarsi con un angolo del
Profeta
Sportivo la cravatta che gli avevo inavvertitamente inzuppato nel
tè.
«Mi piace
tenermi informata»
ribattei. Strappai il giornale dalle sue grinfie e sfilai la bacchetta
dalla tasca del mantello. «Gratta e Netta» recitai
poi la
formula dell'incantesimo rimuovendo la macchia dalla cravatta bronzoblu.
«Ho
capito» continuò il mio
amico. «Sono d'accordo per quanto riguarda la Gazzetta del
Profeta, perché ci scrive tua madre e te la spediscono
gratuitamente; passi Trasfigurazione Oggi, perché
è
obiettivamente una lettura istruttiva; posso capire anche il
Settimanale delle Streghe, perché in fondo sei una ragazza
anche
tu...».
Rimasi a braccia
incrociate ad aspettare la fine del discorso fissandolo con il
sopracciglio alzato.
«Ma che te
ne fai dell'abbonamento a Il
Cavillo? Dai, Haven, seriamente... E perché ti fai
recapitare
Quale Manico di Scopa se non ti interessa il Quidditch?».
«Mi
interessa il Quidditch» risposi
stizzita. «Per esempio, ritengo che la squadra della Casa di
Corvonero sia estremamente maschilista».
«E
perché allora gioca la Chang?».
«Si tengono
Cho Chang perché
è scenografica, Eddie» lanciai un'occhiata alla
mia
compagna di stanza che in quel momento si stava sedendo dall'altra
parte del tavolo per la colazione, facendo mulinare i lucenti capelli
neri intorno al viso dai delicati tratti orientali. Quando anche lei
guardò nella mia direzione, le rivolsi un saluto caloroso
che
ricambiò piacevolmente sorpresa.
Tornai a concentrarmi
su Eddie, che mi stava fissando stralunato. «E quello
cos'era?».
«Un
buongiorno alla mia compagna di
dormitorio» spiegai, per poi aprire Il Cavillo alla pagina
tre,
dove secondo la copertina avrei trovato un servizio esclusivo su
Cornelius Caramell e il suo esercito segreto di Eliopodi. Iniziai a
leggere le prime righe dell'articolo, sogghignando; quella roba mi
faceva morire dal ridere tutti i mesi. Era un po' come leggere
un'intera rivista degli oroscopi di mia madre o una raccolta dei miei
migliori temi di Divinazione: il mio bizzarro senso dell'umorismo mi
portava a trovare le scemenze assurde estremamente divertenti.
«Haven...?».
«Sì?»
domandai, cercando di assumere un'espressione angelica e ingenua.
«Stai
tramando qualcosa». Notai che non era una domanda.
«No»
risposi candidamente, tornando a
immergere il naso nel Cavillo, ma Eddie me lo strappò di
mano
preoccupato.
«Ok, va
bene! Potrei aver origliato una
conversazione ieri in dormitorio...» sussurrai al suo
orecchio.
Finii l'ultimo sorso di tè e mi alzai velocemente dal
tavolo,
scavalcando la panca in uno sfoggio di agilità.
«Te lo
dico mentre andiamo in classe».
Mentre uscivamo dalla
Sala Grande diretti verso
l'aula della prima ora - Trasfigurazione con i Tassorosso - vuotai il
sacco con Eddie su quello che avevo ascoltato: Potter stava
organizzando un gruppo illegale e la Chang e la Edgecombe avevano
intenzione di farne parte, incuranti del nuovo Decreto Didattico.
Tuttavia mi accorsi
che, ogni volta che
pronunciavo il nome di Harry Potter, Eddie faceva una faccia strana; la
stessa che gli vedevo fare ogni volta che la Lovegood del quarto anno
si metteva a fare una delle sue piazzate in Sala Comune fantasticando
di Nargilli e Ricciocorni Schiattosi. Tant'è che mentre
attraversavamo il cortile interno di Trasfigurazione, si mise a
sbuffare e mi apostrofò: «Haven, con tutti i
giornali che
leggi dovresti saperlo: Harry Potter è uno schizzato
completo. E
con tutto quello di cui dobbiamo preoccuparci in questo periodo, per me
dovresti lasciar perdere».
La sua osservazione mi
offese.
Repressi la voglia di
sbattergli la testa
contro la sfera armillare al centro del chiostro e rimasi in silenzio
fino all'arrivo in aula. Al momento di prendere posto, ignorai
sprezzante la sedia vuota al fianco di Eddie e andai a sedermi vicino a
Robert Hilliard.
---
«Un
gruppo di ripetizioni?» esclamò la professoressa
Umbridge in tono squillante.
Indossava un tailleur rosa confetto e le sue
dita tozze
tamburellavano inquisitorie sulla scrivania dietro cui era seduta,
adornata da una tovaglia a fiori. L'ufficio della professoressa
Umbridge era monocromatico come il suo vestiario: accessori rosa e
color crema costellavano la stanza, che era vezzosa in tutto: la carta
da parati improponibile, i pizzi e trine sparsi ovunque, i piatti da
collezione raffiguranti sinistri gattini appesi alle pareti.
«Esattamente»
confermò Eddie, tutto
compito. Al termine delle lezioni del pomeriggio, io e i ragazzi ci
eravamo incontrati in biblioteca e avevamo ripassato il mio piano; far
passare lo Spaccio come un innocente - e anzi proficuo - gruppo di
studio e di assistenza compiti per studenti meno preparati. In fondo,
non c'era dubbio sul fatto che i nostri clienti raggiungessero
risultati scolastici migliori dopo essersi rivolti a noi, anche se i
mezzi attraverso cui questo fine veniva raggiunto non erano esattamente
quelli che avremmo raccontato all'Inquisitore Supremo di Hogwarts.
Era indiscusso che sarebbe stato Eddie a
parlare: oltre ad
avere i voti migliori, era quello che esercitava più fascino
con
gli insegnanti, un po' per quell'aria da bravo ragazzo, un po' per quel
modo di esprimersi raffinato e all'occorrenza forbito.
Nonostante ciò, eravamo presenti
tutti e tre: Eddie,
che non necessitava di alcuno sforzo per apparire elegante; io, che con
sacrificio ero riuscita a tenere in ordine la chioma e levarmi il
sorriso furbetto dalla faccia; e Harold, che avevamo dovuto pregare di
annodarsi la cravatta come Merlino comandava prima di presentarsi
all'appuntamento.
Eddie continuò: «Come ho
detto, da qualche anno
ci piace mettere al servizio le nostre conoscenze a beneficio degli
studenti che hanno più difficoltà
nell'apprendimento di
certe materie... E abbiamo notato come i voti di quelli che hanno preso
parte al nostro gruppo di studio nel tempo siano migliorati
notevolmente. Quindi abbiamo pensato di cogliere
l'opportunità
del suo Decreto per... in un certo senso... ufficializzare le nostre
riunioni e...».
La professoressa alzò una mano di
fronte a sé
in un gesto inteso a zittire Eddie. Estrasse da un cassetto della
scrivania uno spesso raccoglitore e lo posò sul piano,
iniziando
a sfogliarlo.
«Dunque, sesto anno... Belby...
Bletchley... Ah, ecco: Carmichael».
Il silenzio che regnava nell'aula era
così assoluto
che si poteva sentire lo strofinio dell'unghia laccata della
professoressa che strisciava sul fascicolo di Eddie, mentre lei era
intenta nella lettura.
«Nove Eccezionale. Molto
bene» osservò infine, mielosa.
Tornò quindi a sfogliare
attentamente il registro fino a individuare il foglio relativo al mio
profilo scolastico.
«Anche lei ha ottenuto nove
G.U.F.O., di cui sette con
votazione Eccezionale... Oltre Ogni Previsione in Pozioni...»
poi
alzò lo sguardo e nei suoi occhi sporgenti intravidi un
guizzo
di sospetto. «Come mai questa A in Erbologia, signorina
Mitchell?».
Strinsi i denti. «Ho un... piccolo
problema» risposi vaga, cercando di mantenere un tono
affabile.
La Umbridge si schiarì la voce in
un hem hem che stava chiaramente a significare "prego,
continui".
«Allergie» ammisi infine,
sconfitta, sperando che
non mi costringesse a entrare nei dettagli. Con la coda dell'occhio mi
accorsi che Eddie, malgrado la situazione spinosa, stava trattenendo un
sorrisetto: lui conosceva bene le mie disavventure con le piante nelle
serre di Erbologia e sapeva quanti disagi mi comportassero gli effetti
collaterali della Pozione Antistaminica che dovevo assumere prima di
entrarvi. Il fatto però che la mia sonnolenza e il mio
istupidimento durante ogni lezione, invece di spingerlo ad aiutarmi,
gli provocassero un'ilarità irrefrenabile era un altro paio
di
maniche.
La donna parve rilassarsi sulla sedia e
concluse
l'interrogatorio, dedicandosi a ispezionare il fascicolo che descriveva
Harold. Harry era l'anello debole della nostra catena: nonostante le
precauzioni prese, non era riuscito a ottenere più di sei
G.U.F.O. durante gli esami affrontati due anni prima. Tuttavia ci
eravamo preparati a giustificare la sua presenza con il fatto che,
poiché frequentava il settimo anno, poteva esserci utile con
il
programma del sesto che io ed Eddie non avevamo ancora affrontato.
Ma non ce ne fu bisogno.
«Dingle Harold,
Serpeverde?» chiese conferma la professoressa.
Harry sfoderò il suo miglior
sorriso accattivante e rispose affermativamente.
«Ho dato il mio consenso alla
formazione della squadra
di Quidditch della tua casa proprio questa mattina» lo
informò soddisfatta. «Il signor Malfoy
è proprio un
ragazzo delizioso».
«Sono d'accordo, siamo buoni
amici»
decretò Harry annuendo serio, nonostante sapessi bene che i
suoi
rapporti con Draco Malfoy, più piccolo di lui di due anni,
si
limitavano al "Buongiorno" al mattino e al "Puoi passarmi il sale?"
all'ora dei pasti.
«Ottimo!»
approvò lei, dopodiché
chiuse il librone. Fui tentata di scambiare uno sguardo indignato con
Eddie di fronte a quei favoritismi spudorati nei confronti delle Serpi,
ma seppi contenermi.
«Viene regolarmente effettuata
pratica di incantesimi
durante gli incontri del vostro circolo?»
tornò alla
carica quella viscida donna.
«Non abitualmente» mi
ritrovai a ribattere, nello
slancio di un attimo di perspicacia. Non avevo passato un mese a
sfogliare inutilmente "Teoria della Magia Difensiva, volume II" di
Wilbert Slinkhard durante le sue ore senza imparare nulla sui suoi
metodi. «Di norma le materie in cui ci capita più
spesso
di aiutare gli altri alunni sono Storia della Magia, Aritmanzia o
Antiche Rune, che essendo notoriamente complesse richiedono uno studio
più teorico».
Dopotutto era vero che non accadeva spesso di
dover usare le
nostre bacchette al banco dello Spaccio, a meno che non
dovessimo
affatturare qualcuno che cercava di fregarci o era restio a tirare
fuori il portafoglio.
La professoressa Umbridge parve molto
compiaciuta dalla mia
risposta. Dopo un attimo di silenzio, cinguettò zuccherosa:
«Bene, non vedo perché non dovrei autorizzare
l'esistenza
di un gruppo con fini così lodevoli!».
Sui nostri volti si aprirono in contemporanea
dei larghi sorrisi.
L'insegnante trafficò per un po'
dietro la scrivania e
infine ci porse un foglio con due righe di testo seguite da una firma
tutta svolazzi e il timbro ufficiale del Ministero della Magia,
Eddie lo prese, con un gesto di ringraziamento
molto
affettato, poi augurammo alla vecchia megera un buon pomeriggio e buon
lavoro.
Prima di andarmene, mi voltai un attimo
indietro. I miei
occhi incrociarono quelli di un micetto soriano dipinto in uno dei
piattini e l'animale rizzò il pelo tigrato, soffiandomi
contro
aggressivo. Era la prima volta che non andavo d'accordo con un gatto,
vero o finto che fosse; il mio amore per i felini non poté
che
uscirne intaccato.
---
Smaltita
l'euforia iniziale
scaturita dalla riuscita del piano, alle cinque del pomeriggio eravamo
in attesa del nostro cliente, di fronte al quadro raffigurante la
cicciona vestita di rosa che - ormai lo sapevamo - nascondeva l'accesso
alla Sala Comune di Grifondoro.
Sloper era in ritardo, ma non era una
novità. Il
Grifondoro era un nostro cliente frequente e ormai conoscevamo le sue
abitudini, così come i suoi ordini consueti: stavolta era
una
scatola di Piume Autocorreggenti, che gli avremmo rifilato per la
bellezza di 14 galeoni. Sarebbe stato un furto se non avessimo saputo
da fonti certe che a Jack Sloper una scatola di Piume Autocorreggenti
durava molto di più del normale. Ci era stato riferito da un
suo
compagno di dormitorio che il quattordicenne Grifondoro si dimenticava
sempre di sostituirle una volta presentatesi le prime avvisaglie
dell'esaurimento del loro incantesimo, il che porta notoriamente una
Piuma di questo tipo a impazzire e a disseminare nel testo orrori
ortografici da strapparsi i capelli.
Ebbi un flash improvviso della professoressa
McGranitt che
accendeva sadicamente candele nel suo studio con la pergamena dei
compiti di Jack Sloper.
Nel mentre, l'imponente quadro si
spostò di lato,
lasciando uscire dalla Sala Comune un gruppetto di membri della casata
rosso-oro. Nessuno di questi era Sloper; si trattava invece di Harry
Potter e i suoi due amici neo-Prefetti. Sorpresa e incuriosita, staccai
la schiena dal muro a cui ero appoggiata per guardare meglio. La
ragazza riccia - si chiamava Hermione Granger, e l'avrei saputo, se non
per i suoi proverbiali successi accademici, per il fatto che l'anno
precedente era stata sulla bocca di chiunque leggesse gli articoli di
Rita Skeeter sul Profeta - mi scoccò un'occhiata di profonda
disapprovazione.
Trovai la cosa divertente: la secchioncella
poteva anche
disprezzare lo Spaccio, ma non sapeva che io ero al corrente delle
intenzioni illegali di Potter, ed ero sicura che in qualsiasi cosa
fosse coinvolto lui, anche lei c'era dentro fino al collo.
Ora mi restava solo da scoprire di cosa si
trattasse.
Aspettai che i tre svoltassero l'angolo prima
di parlare.
«Ehm... Vi dispiacerebbe concludere l'affare con Sloper da
soli?».
«Perché te ne
vai?» domandò Eddie sospettoso.
«Ho un impegno» tagliai
corto, e stavo per
defilarmi con un sorriso quando le dita lunghe di Harold si chiusero
intorno al mio polso, bloccando il mio movimento.
«Un impegno che riguarda il pedinare
Harry Potter e i suoi amici?» chiese a bassa voce.
Diedi uno strattone cercando di liberarmi ma
la stretta del
mio amico era troppo forte, per cui mi vidi costretta a voltarmi verso
di loro con un'espressione colpevole stampata in faccia.
Eddie e Harry si scambiarono uno sguardo
complice, come se
avessero già discusso della situazione in precedenza - e a
questo punto ero sicura che l'avessero fatto.
«Haven... Come mai sei
così ossessionata da
Potter dopotutto? Non sei mai stata granché interessata
alle...
celebrità». Eddie parlava lentamente, come se
stesse
prestando una grande attenzione nella scelta delle parole per non
urtare la mia sensibilità, Il che, non c'è
nemmeno
bisogno di dirlo, urtò la mia sensibilità ancora
di
più.
Era legittimo che nei miei amici fossero sorti
dei dubbi.
Non mi era mai interessato nulla delle star,
non avevo
chiesto a mia madre nemmeno un autografo dei personaggi famosi che
venivano intervistati in redazione e avevo opinioni piuttosto dure
sulle coetanee che sbavavano dietro ai giocatori di Quidditch - anche
se dovevo ammettere che il Cercatore dell'Irlanda, Aidan Lynch, era
piuttosto prestante.
«Sì, Hav, non fai altro
che vantarti di come al
terzo anno avevi circuito Allock promettendogli un oroscopo personale
nella rubrica di tua madre per farti rilasciare permessi speciali per
Hogsmeade!» rincarò la dose Harold, con
decisamente meno
tatto rispetto a Eddie.
Sulle mie labbra si dipinse un sorrisino
involontario al
ricordo di quell'evento risalente a tre anni prima, quando ancora io ed
Eddie non conoscevamo Harold e la nostra unica attività era
smerciare dolci ai ragazzini del primo e secondo anno a cui ancora non
era permesso visitare Hogsmeade e la sua filiale di Mielandia.
Ma Harry Potter era diverso da Gilderoy
Allock, un pallone
gonfiato che scriveva libri sulle sue tanto mirabolanti quanto poco
credibili avventure a caccia di creature maligne comprati solo da
streghe ammaliate dal suo sorriso.
Harry Potter, oltre a essere il Ragazzo
Sopravvissuto e
salvatore del mondo magico dalla minaccia del mago oscuro
più
potente di tutti i tempi, era un ragazzo della mia scuola su cui il
giornale di mia madre aveva passato un'intera estate a gettare fango.
Avevo passato parte del mio tempo libero
estivo a gironzolare
in redazione e avevo sentito quello che si diceva in giro: pazzo,
visionario, in combutta con Albus Silente per ordire piani per
rovesciare il Ministero tali che nemmeno il più folle
articolista de Il Cavillo avrebbe saputo inventarne di peggiori. Mia
madre mi aveva avvertito così tante volte di stargli alla
larga
durante l'anno scolastico che ironicamente non avevo mai avuto
così tanta voglia di farci un pic-nic insieme nella Foresta
Proibita a mezzanotte.
«È che secondo me lui non
è pazzo» mi ritrovai a borbottare a mezza bocca.
«Come?» chiese Harold.
Eddie, invece, che aveva sentito bene,
esclamò:
«Fammi capire. Tu hai sentito dire dalle tue compagne di
dormitorio che Harry Potter sta facendo qualcosa che viola un Decreto
ministeriale nonostante il Ministero stia solamente aspettando che
faccia un passo falso per sbatterlo ad Azkaban, e di colpo ti viene in
mente che contrariamente a quello che pensano tutti non è
pazzo?».
«Anche noi stiamo facendo qualcosa
che viola un Decreto ministeriale» gli feci notare.
«Haven, non mi risulta che qualcuno
di noi sia stato
ritrovato coperto di sangue in mezzo al campo da Quidditch della scuola
stringendo tra le braccia uno studente morto e sbraitando a tutto il
mondo magico che Tu-Sai-Chi è tornato tra i vivi»
protestò Harold.
«A proposito, tu pensi che
Tu-Sai-Chi sia tornato tra i
vivi?» si affrettò a chiedere Eddie, continuando
il
processo a cui i miei migliori amici mi stavano sottoponendo.
Mi morsi forte il labbro inferiore, sentendomi
in difficoltà.
«Sentite, non lo so! Voglio formarmi
un'opinione su
Harry Potter, e non posso farlo se non vengo a capo di questo mistero.
Non voglio essere giudicata da voi solo perché voglio sapere
una
cosa» ribattei stizzita.
«Haven e le sue opinioni su ogni
cosa» alzò le spalle Harold, lasciandomi
finalmente libero il polso.
«Opinioni che di solito sono molto
acute e originali» precisai, mostrandogli la lingua.
«Non ho mai capito perché
il tuo Patronus non
è uno Kneazle, in effetti» mi prese in giro Eddie,
archiviando la discussione con una battuta.
In quel momento il passaggio dietro al quadro
si aprì
di nuovo e dalla penombra emerse la figura di Jack Sloper, che
caracollò verso di noi con aria tremendamente furtiva. Per
Morgana, quel ragazzo non avrebbe mai capito che facendo in quel modo
le possibilità che la gente capisse che stai facendo
qualcosa
che non dovresti fare sarebbero triplicate.
«Scusate il ritardo!».
«Ciao, Jack! Il solito,
giusto?» chiese Harold, estraendo con nonchalance la scatola
dalla tasca del mantello.
«Sì. Ecco a voi tredici
galeoni» disse il ragazzo, avvampando in viso.
«Quattordici» lo corressi
io, sperando per lui
che si trattasse di un errore, anche se quel rossore mi faceva intuire
che sperava di fregarci.
Infatti, Jack ebbe un sussulto e
iniziò a protestare:
«No, stavolta ve ne do tredici perché quelle dello
scorsa
settimana erano difettose! Il professor Piton mi ha chiamato nel suo
ufficio a giustificare il perché in tutto il mio tema di
Pozioni
continuavo a ripetere "Giricacca" invece di "Girilacco"!».
Faticai a sopprimere una risata, mentre Eddie,
serissimo, lo
rimproverò: «Jacky Jacky... non ti avevamo
avvertito che
l'incanto di una Piuma Autocorreggente svanisce dopo circa tre rotoli
di pergamena?».
Sloper arrossì se possibile ancora
di più ed
estrasse dalla tasca il galeone mancante. «Accio»
esclamai
io velocemente, tirando fuori la bacchetta dalla tasca e Appellando la
moneta prima che cambiasse idea. Il ragazzo digrignò i denti
e
mugugnò un «Ci vediamo la prossima
settimana» prima
di girare i tacchi e sparire dietro il buco del ritratto che era
rimasto aperto. Harold mi allungò il sacchetto delle monete
-
ero io la tesoriera del gruppo perché ero modestamente la
più abile a tenere i conti. «Ecco a lei,
signorina»
disse scherzoso.
Mentre ci dirigevamo verso la Sala Grande per
la cena, Eddie
mi picchiettò sulla spalla. «Ah, comunque ci ho
pensato
e... Magari potrei aiutarti».
«Eh?».
«Con la storia di Potter, intendo.
Forse non hai tutti i torti ed è davvero
interessante».
«Ci stavo riflettendo su anche io.
Se ti diamo una
mano, possiamo scoprirlo prima e tu potrai tornarre a concentrarti
sulle cose veramente importanti. Tipo lo Spaccio. Tipo aiutarmi con i
M.A.G.O.» aggiunse Harry strizzandomi l'occhio.
Trattenni il respiro per la sorpresa e poi
sorrisi ai miei
amici. Con quel gruzzoletto nella borsa e la prospettiva del loro
aiuto, mi sentivo su di giri come se avessi appena ingoiato un
sacchetto di Api Frizzole senza masticare.
♫
Note dell'Autrice: ho provato a sistemare quell'interlinea diversa nel primo paragrafo. Ci ho provato in tutti i modi. Poi ho deciso che la mia salute mentale era più importante.
|
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Capitolo 3 *** 3 ***
Unwilling Heroes chapter 3
Unwilling
Heroes
Capitolo 3
«E
questa è l'ultima volta che te
lo dico, Lovegood. Grazie a Merlino oggi è l'ultimo giorno
che quel cappello è
tollerato, dopo la partita voglio vederlo sparire, è
chiaro?» sbraitava Robert
Hilliard contro la ragazzina. Non avevo mai adorato così
tanto un Prefetto
nella mia scapestrata carriera scolastica.
«Ma
adesso è diventato molto più
disciplinato. Lo fa solo quando lo tocco con la bacchetta,
guarda...» rispose
serafica Luna Lovegood, sventolando una bacchetta di legno chiaro sopra
la
propria testa bionda. Un possente e realistico ruggito proveniente dal
suo
enorme cappello riempì la Sala Comune per l'ennesima volta.
Un altro, solo un altro e quella disturbatrice
della quiete pubblica si
sarebbe ritrovata il letto pieno di Polvere Pruriginosa.
Era da una
settimana che stava
lavorando a quel dannato cappello a forma di testa di leone, che
interferiva
con buona parte delle mie attività quotidiane. Non mi
permetteva di studiare in
Sala Comune nel pomeriggio né di dormire tranquillamente,
perché ruggiva a
tradimento a tutte le ore del giorno e della notte. Di fronte alle
rimostranze
dei Prefetti, lei aveva detto che stava cercando un modo per fargli
emettere
ruggiti solo a comando, ma a quanto pareva c'era riuscita soltanto il
giorno
prima della partita, il che aveva reso i precedenti sette giorni un
inferno per
tutti i residenti della Torre di Corvonero.
Devo dire
che, prima di quella
trovata infernale, Luna Lovegood non mi aveva mai infastidito, ma
probabilmente
ero una delle poche in dormitorio a pensarla così. Ok, potrei aver inventato due o tre battute
su di lei e sui suoi
amichetti immaginari, ma non avevo mai fatto parte del gruppetto che si
divertiva a sfilarle i lacci dalle scarpe o nasconderle i libri di
scuola.
Alcuni, compreso Eddie, non capivano come fosse possibile che una
così svampita
facesse parte della Casa di Corvonero, ma io sostenevo una mia
particolare
posizione sull'argomento: la Lovegood non era scema, aveva solo una
fervida
immaginazione, proprio come me. Con la differenza che io la impiegavo
per
qualcosa di utile e non per farmi venire in mente di bombardare di
Sonorus un
pupazzo a forma di leone e mettermelo per cappello.
«Qui
non è proprio corretto,
Haven...» mi riportò alla realtà la
voce di Eddie, accomodato accanto a me
sull'amaca di velluto blu notte. Mi sporsi un po' in avanti per gettare
un'occhiata al mio tema di Trasfigurazione che lui stava correggendo.
Ogni
volta che potevamo, io ed Eddie ci rileggevamo a vicenda i compiti
prima di
consegnarli: anche io avevo ricontrollato il suo, ma mi era bastato
dare una
scorsa veloce al suo lavoro per capire che era impeccabile, come al
solito.
«Che
frase?» domandai.
«Quando
dici che non è possibile
Detrasfigurare un oggetto di cui non si conosce l'identità
originaria, sarebbe
meglio aggiungere "di cui non si conosce esattamente
l'identità originaria", perché per esempio non
basta sapere che era un libro, dovresti anche ricordarti quale
libro...» precisò il mio amico, scrutando la
pergamena con
sguardo critico.
«Che
pignolo» osservai
scherzosamente, ma grata per la rettifica. Aggiunsi la parola, agitando
la
bacchetta verso la Piuma Autoscrivente poggiata sulle ginocchia che
tracciò da
sola le lettere sul foglio. «Ma in generale come
andava?» volli assicurarmi.
«Ottimo;
direi una E. Sei sempre
bravissima in Trasfigurazione» si complimentò
Eddie con un sorriso.
Scrollai le
spalle, dissimulando
il compiacimento per la lode appena ricevuta dal miglior studente del
sesto
anno di Hogwarts. «Mi piace di più
Incantesimi».
«Ancora
quella tua convinzione?»
ridacchiò lui.
«Non
è una mia convinzione.
Ce l'ha spiegato la
McGranitt al primo anno» replicai, con quel tono scocciato
che adottavo
automaticamente ogni volta che dovevo ripetere a Eddie o Harold qualche
mia
opinione che avevo già spiegato. Non capivo
perché non fosse chiaro anche per
lui; Trasfigurazione era una materia senza dubbio più
tecnica, quasi una
scienza: bastava pensare a quanto fosse importante la formula
matematica che ci
avevano insegnato per calcolare la quantità di
concentrazione rapportata al
peso corporeo dell'oggetto da Trasfigurare. Lo studio di Incantesimi,
invece,
lasciava più spazio alla creatività del singolo
mago, ed era per questo che era
una delle mie materie predilette: per lo meno, Vitious non aveva mai
niente da
ridire su quanto teatrali fossero i miei sventolii di bacchetta.
«Okay,
okay» tagliò corto Eddie
accondiscendente. Arrotolò il tema e me lo
restituì. «Scendiamo a colazione? A
quest'ora dovrebbe essere arrivato anche Harry».
Acconsentii,
seppur alzando
appena gli occhi al soffitto trapuntato di stelle della Sala Comune.
Sapevo che
Harold sarebbe stato intrattabile, come ogni giorno che c'era una
partita di
Serpeverde. Onestamente non capivo come mai i Serpeverde se la
prendessero
tanto per il Quidditch. Nemmeno a me piaceva veder perdere la mia Casa,
ma
senza dubbio avevo più a cuore il fatto che quei palloni
gonfiati di Grifondoro,
nonostante i risultati scolastici indubbiamente inferiori, ci
soffiassero da
anni sotto il naso la Coppa delle Case piuttosto che un trofeo sportivo.
Purtroppo, la
maggioranza degli
studenti di Hogwarts la pensava diversamente.
Quando
arrivammo allo stadio di
Quidditch, più tardi in mattinata, non erano rimasti molti
posti liberi nelle
tribune, ed ero sicura che nel giro di poco anche quelli sarebbero
stati
occupati. Era chiaro che mezza scuola non aspettava altro che vedere le
squadre
di Serpeverde e Grifondoro affrontarsi in un match all'ultimo Bolide,
Harold
compreso.
«Vedrete,
sarà una bella partita.
Haven, non fare quella faccia».
«Sarà,
ma due anni fa mi ero
divertita decisamente di più».
Harold aveva
un bel dire, ma fare
casino in uno stadio di Quidditch non era esattamente la mia idea di
una bella
domenica. Almeno io ed Eddie eravamo riusciti a strappargli la promessa
che,
siccome avevamo acconsentito ad accompagnarlo solo per amicizia, non ci
saremmo
seduti nella curva dei Serpeverde, ma in una tribuna neutrale.
«Io
sono contento di potere semplicemente
sedermi e godermi la partita».
«Tu
sei matto, Harry» lo
rimbeccai. «Ti ricordi quanti Galeoni avevamo fatto due anni
fa con quello
scatolone di Frisbee Zannuti?».
La mia
risposta lo zittì. Due
anni prima, infatti, avevamo avuto la geniale idea di cominciare a
vendere agli
spettatori ogni genere di roba che potesse costituire materiale di
disturbo
durante la partita; per un certo periodo la nostra cassa comune aveva
iniziato
a riempirsi dei guadagni provenienti dai Frisbee Zannuti da lanciare ai
giocatori, Pallottole Puzzole con cui bersagliare la tifoseria
avversaria... Ma
poi c'era stato quell'incidente dei Dissennatori che avevano
interferito con
una partita, i controlli intorno allo stadio si erano intensificati e
avevamo
dovuto smettere con quel commercio.
Trovammo
posto accanto a un
gruppo di Tassorosso; qualcuno di loro sfoggiava delle spille di
supporto alla
squadra rosso-oro, il che fece storcere un po' il naso ad Harold.
Mi sedetti
sulla tribuna e subito
un brivido mi attraversò la schiena: il sedere mi si era
appena congelato,
anche attraverso la stoffa della gonna e del mantello. Quella giornata
era
limpida, ma estremamente fredda; avevo già notato che l'erba
del prato
circostante lo stadio era cesellata da una sottile strato di ghiaccio.
«Buongiorno,
studenti di
Hogwarts, e benvenuti alla partita che tutti quest'anno stavamo
aspettando! Grifondoro
contro Serpeverde!». La familiare voce di Lee Jordan
risuonò nello stadio,
accompagnata dal boato del pubblico, in fermento per l'imminente inizio
del
match. «Ecco che le squadre fanno il loro ingresso in campo.
Questa è la prima
partita dei due nuovi Battitori di Serpeverde, Tiger e Goyle! A quanto
pare,
anche nel loro caso il Capitano Montague ha dato più
importanza alla quantità
piuttosto che alla qualità...»
«JORDAN!»
strillò nel
MagiMicrofono la professoressa McGranitt.
Risi di
gusto. Mi piaceva
l'ironia di Lee Jordan. A dire la verità, per un periodo mi
era piaciuto Lee
Jordan stesso. Quando entrambi avevamo quattordici anni, Lee era stato
il mio
primo ragazzo, quello del mio primo bacio; poi, così come va
a finire la
maggior parte delle storie adolescenziali, ci eravamo semplicemente
stancati
l'uno dell'altra, ma ogni volta che mi capitava di andare a vedere una
partita
di Quidditch non potevo fare a meno di pensare a quando quelle battute
le
faceva al mio orecchio, a beneficio solo mio, mentre mi circondava le
spalle
con le braccia.
Harold si
accorse del mio
sorriso. A lui, Lee non era mai piaciuto, sicuramente per quella
vecchia storia
di rivalità tra Case e tra tifoserie di Quidditch.
Poco dopo, il
fischio di Madama
Bumb sancì l'inizio della partita. Si prospettò
subito come un match acceso e
piuttosto violento: nonostante i due Battitori ciccioni sventolassero
le mazze
quasi alla cieca, riuscivano a svolgere bene la loro funzione di
disturbo,
facendo saettare i Bolidi in traiettorie improbabili in tutte le
direzioni. I
Grifondoro, che normalmente avevano un gioco più lineare,
avevano un po' perso
la testa di fronte all'offensiva brutale dei Serpeverde e commettevano
errori
su errori. Non che io fossi una grande esperta, ma gli anni di amicizia
con
Harold - e il Profeta Sportivo della domenica - mi avevano pur
insegnato
qualcosa. I giocatori ebbero tempo di scambiarsi appena i primi
passaggi che
dalla curva di Serpeverde iniziò a levarsi un coro, dapprima
sussurrato - tanto
che faticai a carpirne le parole - poi sempre più deciso.
Weasley
è nato in un bidon
Ha
la testa nel pallon
Vinceremo
noi perché
Perché
Weasley è il nostro re
Sollevai un
sopracciglio, un po'
infastidita, mentre il povero fratello minore dei gemelli Weasley si
faceva
passare l'ennesima Pluffa in mezzo alle braccia spalancate. Anche
l'opinionista
più clemente del Profeta Sportivo gli avrebbe affibbiato
senza esitazioni
l'insufficienza nelle pagelle del lunedì per quella
prestazione. Mano a mano
che Serpeverde accumulava punti, il coro si alzava di decibel,
finché non
arrivò a dominare lo stadio. Nel frattempo, Potter
continuava a sorvolare il
campo senza meta come instupidito.
COSI'
NOI CANTIAM PERCHE'
PERCHE'
WEASLEY E' IL NOSTRO RE
Un mugugno
alla mia destra mi
fece voltare verso Harry.
«Harold!»
esclamai scandalizzata.
Stava
canticchiando le parole
della canzone, a tempo con il coro degli altri Serpeverde, ridacchiando
allegro. Si riscosse al mio rimprovero e replicò:
«Cosa c'è, Haven? È
divertente!».
Gli rivolsi
un'occhiata di puro
disprezzo. «È bullismo. E non vedo come la sua
difficile situazione economica
possa incidere sul suo talento nel Quidditch, né
perché dovrebbe essere oggetto
di burla e ilarità».
«Oggi
sei molto Grifondoro,
Haven» osservò candidamente Eddie, che era stato
silenzioso fino a quel
momento. Ci riflettei su. Che l'epidemia Lovegood si stesse espandendo
nel
dormitorio delle ragazze di Corvonero? Magari ero già stata
infettata, forse
presto avrei cominciato a sentire il bisogno impellente di indossare
accessori
a forma di leone e andare in giro per la Sala Comune ruggendo in piena
notte.
Scossi la testa con decisione, appuntandomi mentalmente di utilizzare
l'idea
del leone mannaro nel prossimo aggiornamento del Diario dei Sogni: la
Cooman
l'avrebbe adorato.
«Non
è questo. È che lo trovo
meschino. Nemmeno io sarei in grado di giocare bene in queste
condizioni»
ribattei. «Il Boccino!» saltò su
all'improvviso Eddie.
«Dai,
Malfoy! Dai dai dai...» gridò
Harold, alzandosi in piedi di scatto.
Successe in
un attimo: entrambi i
Cercarori, appiattiti sulle loro scope, si erano lanciati in picchiata
verso il
terreno a caccia del Boccino d'Oro. Potter lo acciuffò per
primo, ma subito
dopo aver alzato trionfante il pugno al cielo fu colpito a tradimento
da un
Bolide, dritto nella schiena.
«Dannazione!»
imprecò Harry,
battendosi una manata violenta sulla coscia per la frustrazione.
I tifosi di
Serpeverde, dopo la
sconfitta, erano ammutoliti, tanto che si sentì bene il
sospiro corale della
curva rosso-oro, che trattenne il fiato tutta insieme quando Potter
cadde dalla
scopa, fortunatamente a non più di un metro da terra. Ma si
rialzò subito, senza
dare l'impressione di aver subito danni, quando la sua squadra si
strinse a lui
per festeggiare. Anche i Serpeverde erano atterrati sul campo, e
sembrava che
uno scambio di battute poco amichevole fosse in corso tra Potter e
Malfoy.
Persi subito l'interesse, dato che ne avevo avuto abbastanza dei
battibecchi di
quei due l'anno precedente durante il Torneo Tremaghi. Il povero Potter
aveva
subito, oltre che un bombardamento mediatico esterno, anche un
sabotaggio
interno alla scuola, quando qualche Serpeverde creativo - probabilmente
lo
stesso Malfoy - si era messo a distribuire spillette inneggianti a
Diggory. Non
ne avevo mai avuto la conferma, ma avevo avuto il sospetto che anche
Harold
avesse dato una mano con lo smercio, poiché per un periodo
ne aveva sfoggiata
una.
Stavo quasi
per alzarmi dalla
gradinata e dirigermi verso il castello quando lo stadio esplose in un
boato.
Riportai lo sguardo sul campo, dove Potter e uno dei gemelli Weasley si
erano
avventati su quello che - a giudicare dalla testa biondo platino -
sembrava
essere Malfoy e gliele stavano dando di santa ragione.
La folla
sbraitava e si agitava,
i giocatori in campo urlavano e cercavano di separare i tre litiganti e
qualcuno stava ancora trattenendo il secondo gemello quando Madama Bumb
si
decise a intervenire. Una volta che le squadre furono allontanate e gli
schiamazzi nello stadio si furono placati, Harold commentò:
«Bah... Una rissa
alla Babbana, due contro uno... C'era da aspettarselo».
Eddie storse
la bocca. «Beh, mi
era sembrato che Malfoy li avesse provocati. E quella canzone era un
po' di
cattivo gusto...».
Harold
alzò le spalle. «Sarà.
Comunque, se Weasley piccolo continua a giocare così, la
Coppa è nostra
quest'anno! Vinceremo noi perché,
perché
Weasley...» iniziò a canticchiare, al
che mi voltai verso di lui, livida.
«Sei
proprio uno stronzo
Serpeverde» sbottai, iniziando a percorrere a lunghe falcate
il sentiero
ghiacciato verso il castello, lasciandolo indietro.
---
Durante il
tardo pomeriggio aveva
iniziato a nevicare.
Eddie aveva
detto di non avere
molta fame e non era sceso a cena, ma sapevo che si sarebbe rimpinzato
di
Zuccotti di Zucca davanti alla traduzione di Antiche Rune per il giorno
dopo
che non aveva ancora terminato. In sua assenza, avevo passato l'ora di
cena in
compagnia di Roger Davies ad ascoltare il suo commento sulla partita
Grifondoro
- Serpeverde. Il match, a cui aveva assistito apparentemente tutta la
scuola,
sembrava essere un argomento piuttosto inflazionato quella sera in Sala
Grande,
per cui mi ero alzata dalla panca con il sapore delizioso della torta
alle noci
ancora in bocca, con tutta l'intenzione di filare dritta tra le coperte
a
leggermi un bel libro.
Passando
accanto al tavolo dei
Serpeverde, mi accorsi che quel gorilla di Montague era quasi in piedi
sulla
sua panca e stava dando spettacolo di fronte a un nutrito gruppetto di
Serpeverde.
«...
E così li hanno squalificati
tutti e tre! Anche l'altro gemello Weasley, "per precauzione", hanno
detto!».
«Ma...
a vita?» commentò un
ragazzo castano dai denti sporgenti.
«Esatto.
Con tanto di confisca
delle scope».
Mi bloccai ad
ascoltare. Avevano
vietato il Quidditch a tempo indeterminato a Potter e i gemelli
Weasley? Se era
vero, si trattava di praticamente metà della squadra di
Grifondoro. Ero certa
che la Umbridge fosse invischiata in questa assurdità,
perché la McGranitt non
avrebbe mai potuto prendere una decisione simile da sola: mi doleva
ammetterlo
ma, nonostante fosse un'ottima professoressa dal punto di vista
didattico,
anche lei tendeva a fare un po' di favoritismi nei confronti della Casa
di cui
era direttrice.
«E
non avete sentito la parte
migliore» si intromise Draco Malfoy, sorridendo maligno.
«Dilla tu» concesse,
facendo un cenno in direzione di Montague.
«Malfoy
non avrà nemmeno una
punizione!» rise sguaiato, seguito a ruota da tutti gli
ascoltatori. Una
nanetta Serpeverde che aveva la faccia come se l'avesse sbattuta contro
la
mazza di un troll di montagna era quella che sghignazzava
più forte di tutti.
Montague era
un coetaneo di
Harold e frequentavano più o meno le stesse lezioni. Ne
avevo sentito parlare
sempre negativamente: ottuso, sbruffone, e tanto ignorante da rischiare
seriamente la bocciatura ai M.A.G.O.. Disgustata, stavo per
sgattaiolare via
quando mi sentii chiamare: «Ehi, Mitchell! Sai per caso
dov'è Dingle?».
Era stato
proprio Montague a
rivolgermi la parola.
«Non
ne ho idea, mi dispiace».
Non gli
parlavo da quel
pomeriggio fuori dal campo, e ancora per un po' non avevo intenzione di
ricevere alcuna notizia su quell'idiota fazioso di un Serpeverde. Ma,
nonostante avessi provato a tagliare corto, l'energumeno mi fece cenno
di
avvicinarmi.
«Comunque
posso chiedere a te.
Dingle mi aveva parlato di quell'artiglio di drago che vendete...
C'è un test
intermedio di Trasfigurazione tra due settimane, quindi mi chiedevo
se...».
Le mie labbra
si stiracchiarono
in un sorriso falso. «Ma certo» acconsentii
melliflua. «Lo vendiamo in polvere.
Qualche cucchiaino nel Succo di Zucca mattutino dovrebbe
bastare».
Dopo esserci
accordati sulla
consegna, tornai in Sala Comune, gongolando alla prospettiva di
rifilargli cacca
secca di Doxy sbriciolata. Quando comunicai il mio proposito a Eddie,
più
tardi, non sembrò né particolarmente sorpreso,
né particolarmente contrario.
«Nessun
problema per me. Tanto
oggi anche qualcun altro mi ha chiesto dell'artiglio di
drago».
«Ottimo,
chi?» domandai
interessata, pregustando già il dolce peso dei Galeoni nella
tasca del
mantello. L'artiglio di drago era una sostanza discretamente rara che
vendevamo, perciò, a caro prezzo, anche se non era mai
completamente raffinata
- nel migliore dei casi; nel peggiore, rifilavamo agli studenti pure e
semplici
porcherie.
«Zacharias
Smith di Tassorosso».
Cercai di
ricordarmi chi fosse e
visualizzare mentalmente la sua faccia. «Ah!»
esclamai, quando ci fui riuscita.
«Mi è sempre stato antipatico. Troppo
supponente».
«Perfetto!»
gioì Eddie. «Allora
comincia a spulciare le tende della biblioteca in cerca di qualche nido
di
Doxy».
Sbuffai e lo
colpii in testa con
il suo dizionario delle rune, prima di augurargli la buonanotte e
salire al
piano di sopra per dormire.
♫
Nota
dell'autrice:
Questo
non è un capitolo nuovo: l'avevo già scritto
quasi per
intero diverso tempo fa, e mai pubblicato, perché poco dopo
averlo scritto era giunta la mia decisione di mettere da parte le
storie per un po' per affrontare un periodo piuttosto particolare della
vita vera. Poi oggi l'ho ritrovato per caso in un remoto angolo del
computer e ho pensato: perché no?
Dopotutto
questa è una storia particolare, a cui sono particolarmente
affezionata; quindi magari aver dato una riletta a queste righe ed
essermi spinta a mettere online il capitolo può essermi
utile e
darmi la spinta a continuare a scrivere, appena finito il periodo di
fuoco degli esami :)
Spero
che l'idea alla base della storia possa ancora piacere; dopo tanto
tempo, sono decisamente arrugginita con la scrittura, e spero di
ricevere consigli per la stesura del prossimo capitolo!
Grazie
a chi passerà anche solo a dare una sbirciatina <3
Lenny
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