Unwilling Heroes

di LenK
(/viewuser.php?uid=94334)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Unwilling Heroes chapter 1
Unwilling Heroes


Me l'ero sempre cavata molto bene in Pozioni, ma quella Bevanda della Pace proprio non mi riusciva. Ero arrivata al punto in cui dal mio calderone avrebbero dovuto sprigionarsi fumi argentati, ma l'unica cosa che si alzava dalla superficie erano preoccupanti bollicine grigie. Una goccia di sudore cadde dalla mia fronte e andò a finire nella pozione, da cui subito sprizzò una scintilla.
«Mitchell! Cos'era quel lampo?» berciò il professor Piton, che si fiondò nella mia direzione come un avvoltoio sulla preda. Quello aveva sempre una parola cattiva per me. «Non mi stupisce, signorina Mitchell, che lei non riesca a seguire le istruzioni con quei capelli davanti alla faccia». Eccolo che ricominciava con i miei capelli. Non so che cosa avesse Piton contro di loro, ma era dal mio primo anno che se la prendeva con la mia zazzera castano-rossiccia e disordinata. Per farlo contento, l'anno prima li avevo tagliati corti fino a metà collo, ma avevo ottenuto solo il risultato opposto a quello desiderato. Mentre prima, quando erano appesantiti dalla lunghezza, riuscivo a domarli stringendoli in approssimati chignon, erano diventati restii a qualsiasi elastico o molletta, facendo somigliare la mia testa a un casco color foglia morta.
Non volendo dargliela vinta, replicai all'insegnante: «Ad essere sincera, professore, è il nebbione nero del calderone di Hewitt che mi ostruisce la visuale». E in effetti era vero. Il povero Samuel Hewitt se la stava passando peggio di me: la sua Bevanda della Pace era densa e scura, e l'unico modo in cui si sarebbe virtualmente potuto placare le velleità combattive di qualcuno con essa sarebbe stato versargliela nei piedi e aspettare che cementificasse.
Piton squadrò la melma che il malcapitato stava inutilmente rimestando nel calderone. «Hewitt, cinque punti in meno a Tassorosso per impedimento visivo nella mia aula».
Tirai un sospiro di sollievo, convinta di essermela scampata; di solito con Piton era sufficiente spostare l'attenzione su qualche intruglio che facesse molto più schifo del mio. Dalla postazione alla mia destra, Eddie mi fece un quasi impercettibile segno di vittoria.
Eddie Carmichael, innocenti occhi azzurri e ordinatissima chioma castana, era minuto e magrolino per i suoi sedici anni; aveva però un cervello grosso come un uovo di drago. Passare al suo fianco un buon ottanta per cento della propria vita scolastica a Hogwarts avrebbe fatto calare pericolosamente i livelli di autostima di chiunque fosse un po' meno sicuro di sé di quanto lo ero io. Ma anche io ero una Corvonero, e anche io ero piuttosto intelligente; quindi essere la migliore amica di Eddie costituiva per me un vero arricchimento, in tutti i sensi della parola.
Quando Piton ci ordinò di posare i mestoli e portare una fiala del proprio tentativo di pozione alla cattedra, ero sicura che la mia sarebbe stata abbastanza buona da meritarsi un Accettabile; ma dopo aver allungato il contenuto della mia provetta con un dito della pozione perfettamente argentata decotta da Eddie, come convenuto, mi allontanai tronfia certa di essermi guadagnata un Oltre Ogni Previsione. Mi ricordai all'ultimo minuto di far Evanescere il contenuto del mio calderone per cancellare le prove del misfatto.
All'uscita dell'aula di Pozioni, alto e slanciato, con qualche ciuffo di capelli biondi dritto sulla testa, c'era Harold Dingle, il mio secondo migliore amico. Nonostante non fosse strano vederlo gironzolare per i Sotterranei, in quanto fiero Serpeverde, non frequentava più quell'aula da diverso tempo. Non era riuscito a ottenere che un modesto Accettabile al suo G.U.F.O. in Pozioni, per cui due anni prima il professor Piton l'aveva diffidato dal continuare a seguire il proprio corso per i M.A.G.O.; mi stupii quindi nel vederlo appoggiato allo stipite della porta, in silenziosa attesa.
«Ehi Harry» lo salutai tuttavia con un ampio sorriso.
Harold parve risvegliarsi al suono della mia voce, perciò immaginai che stesse aspettando proprio me o Eddie. «Hai visto l'annuncio nella bacheca di Corvonero?» mi aggredì, saltandomi praticamente addosso. Mi irrigidii, colta di sorpresa da tutta quella veemenza.
«No, non ho fatto in tempo: io ed Eddie eravamo in ritardo per Pozioni» mi giustificai con un filo di voce. Poi domandai sospettosa «Cosa ne sai tu della bacheca di Corvonero?».
Harold parve afflosciarsi. «Riunione straordinaria dopo pranzo in biblioteca» mi soffiò all'orecchio.
«Ho Divinazione dopo pranzo!» protestai.
«E Haven non può proprio saltare Divinazione!» mi canzonò una voce alle mie spalle. Mi girai a guardare, anche se sapevo già chi avrei visto: Eddie ci aveva raggiunto fuori dall'aula, camminando tracotante.
Un gruppetto di studenti di Grifondoro ci passò accanto e stranamente Harold cambiò tono all'istante. «Un altro Eccezionale, Carmichael?» lo prese in giro Harold, per poi affibbiargli un'amichevole pacca sulla spalla.
«Bevanda della Pace» sorrise malandrino Eddie, facendo balenare per un attimo fuori dalla tasca del mantello la fiala in più che aveva riempito nel suo calderone.
«Troveremo sicuramente un utilizzo per quella» Harold gli fece l'occhiolino. «Durante la riunione di oggi dopo pranzo in biblioteca» ripeté, scandendo bene le parole a mio beneficio.
Non era assolutamente possibile; per quanto non mi piacesse saltare le lezioni, avrei acconsentito a rinunciare a qualunque ora eccetto Divinazione con la professoressa Cooman. Ero l'orgoglio di quella donna, e si sarebbe potuto dire che il talento per inventare predizioni tanto catastrofiche quanto false fosse una cosa di famiglia. Mia madre, Bridget Mitchell, scriveva gli oroscopi per la Gazzetta del Profeta: non ci azzeccava quasi mai, ma era la sua specialità far credere alle casalinghe del segno del Toro di stare attente alle pentole a pressione e agli stilisti nati sotto la costellazione dell'Acquario che quell'anno il viola sarebbe stato di gran moda.
E questo era anche il mio talento.
Cominciavo a credere che la professoressa Cooman avrebbe insistito per pubblicare il mio diario dei sogni per quanto appassionatamente lo leggeva tutte le settimane in classe, il che avrebbe notevolmente incrementato la mia già di per sé non indifferente autostima.
«Mi dispiace, ho bisogno della mia dose giornaliera di complimenti» esclamai in un finto tono altezzoso in risposta ad Harold.
«Posso procurartela io» si offrì lui, iniziando a declamare in tono teatrale «Oh, Haven Mitchell, sei la donna con il miglior senso degli affari su cui io abbia avuto l'onore di posare i miei immeritevoli occhi. Prima di mettermi in società con te allungavo ancora le mie Pozioni Aguzzaingegno con il Whiskey Incendiario...».
«Piantala!» scoppiai a ridere e gli rifilai uno spintone scherzoso. «Molto carino, Harry» continuai «Ma non mi convincerai a saltare la Cooman. Vado a mangiare, tanti saluti. Vieni con me, Eddie?».
Mentre Eddie si affrettava a seguirmi, sentii Harold che mi gridava dietro: «Ma ti giuro che stavolta la riunione straordinaria è importante! Quando la facciamo?».
«Questa sera prima del coprifuoco!» decisi.
Harold si avviò tristemente nella direzione opposta, mugugnando un «Vedrai» scocciato.
 
---
 
E come avevo insistito per fare, andai alla doppia ora di Divinazione. Mi sedetti appositamente vicino a Peter Cadwallader di Tassorosso, un Cacciatore della squadra di Quidditch che, nonostante fosse grande e grosso, sembrava essere terrorizzato da me. Quel giorno la lezione verteva sulla cristallomanzia ed era per lo più un ripasso degli argomenti dell'anno passato; non dovetti quindi sforzarmi più di tanto a seguire e mi ritrovai diverse volte - complice forse il forte odore di incenso - a fissare incantata la professoressa Cooman.
Non sapevo se possedesse davvero la tanto decantata Vista o no: fatto stava che l'insegnante mi piaceva. Spinta da mia madre, avevo indicato Divinazione come una delle materie opzionali al terzo anno e sin dalla prima lezione avevo capito esattamente cosa dovessi fare per soddisfarla ed ero presto entrata nelle sue grazie. All'inizio del quarto anno aveva letto nelle mie foglie di tè che sarei diventata Ministro della Magia e la donna più ricca d'Inghilterra e, per quanto avessi preso la predizione con le pinze, da quel momento mi impegnavo a essere la sua alunna modello, per renderla felice almeno la metà di quanto lei aveva reso felice me in quel momento.
Vagando tra i tavolini sottili e i treppiedi reggenti lampade velate, la Cooman stava rivolgendo domande alla classe, ma Cormac McLaggen di Grifondoro stava facendo davvero una pessima figura: non sembrava capace di vedere nella sfera di cristallo che condivideva con Katie Bell altro che un cerchio.
«Suvvia, caro ragazzo, prova a sforzarti un po' di più» lo incoraggiò l'insegnante. «È un cerchio grande? Un cerchio piccolo?» gli suggerì in tono mistico.
«È piccolo... Magari un anello... Tu che dici, Katie?» disse McLaggen, cercando disperato l'aiuto della sua compagna di Casa.
«McLaggen vorrebbe farti la proposta, Bell!» se ne uscì Vaisey di Serpeverde, suscitando l'ilarità dei pochi elementi della classe. La professoressa Cooman provò ad agitare un po' le braccia in aria come un pipistrello impazzito per calmare gli studenti, poi si girò verso di me. «Signorina Mitchell, vuole illuminare i suoi compagni?» tubò.
«Uhm, sì» annuii e mi schiarii la voce prima di declamare «È chiaro. Perderai qualcosa che ti è molto caro. La forma è allungata... È probabilmente un dito» mi corressi, assumendo un'espressione inquietante e sollevando gli occhi spiritati dalla sfera di cristallo fino a incontrare lo sguardo atterrito di Cadwallader.
La Cooman emise un gridolino eccitato e caracollò fino al nostro tavolino in un tintinnare di collanine. «Assolutamente! Dieci punti a Corvonero!» affermò, per poi spostare lo sguardo sul mio partner e intimargli «Adesso prova a predire tu qualcosa sulla signorina Mitchell».
Vidi il povero ragazzo strizzare gli occhi nel vano tentativo di individuare qualcosa nella sfera di cristallo. La gente non è proprio capace di inventare, per le mutande di Merlino.
«Ehm... Forse... Morirai molto presto?».
La Cooman strabuzzò gli occhi. Immaginai che quel disperato tentativo fosse esagerato anche per i suoi standard, poiché la vidi scuotere la testa rassegnata.
Dopodiché sospirò e batté leggermente le mani. «La lezione è terminata, miei cari ragazzi. Per martedì vi ricordo di scrivere i due fogli di pergamena sulla decodificazione dell'incubo di cui abbiamo parlato. È tutto».
Mi alzai dalla poltroncina imbottita mentre Cadwallader strisciava la sua sul pavimento di pietra producendo un rumorino fastidioso.
«Qual è la tua prossima lezione?» gli domandai con nonchalance.
Colto di sorpresa, lui rispose in tono quasi soldatesco: «Erbologia».
«Stai attento alle cesoie, allora» lo ammonii in tono maligno, facendo scattare in alto le sopracciglia con fare allusivo. Non riuscivo ancora a mandare giù il fatto che avesse predetto la mia morte prematura con tanta leggerezza. L'energumeno rabbrividì e uscì a passo svelto dall'aula con i pugni serrati affondati nelle tasche del mantello. Io lo seguii velocemente.
Notai con grande sorpresa che ai piedi della stretta scalinata d'argento che conduceva alla torre Nord mi stava aspettando l'esile figura di Eddie; appena mi vide, mi corse incontro con aria febbrile. Tra le mani stringeva un foglio stropicciato.
«Pessime notizie! Ho fatto un salto in Sala Comune e... guarda cosa c'era affisso sulla bacheca!» mi sussurrò agitato appena fui a portata d'orecchio.
La pergamena che mi agitava davanti alla faccia recava un sigillo ministeriale ed era sottoscritta dalla firma a svolazzo che avevo imparato a identificare come quella della professoressa Dolores Umbridge.
«Decreto Didattico numero Ventiquattro. L’Inquisitore Supremo di Hogwarts ha il potere di sciogliere tutte le organizzazioni, società, squadre, gruppi e circoli di studenti in qualsiasi momento. Per organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo si intende l’incontro regolare di tre o più studenti. L’autorizzazione alla ricostituzione può essere richiesta all’Inquisitore Supremo (professoressa Umbridge). Nessuna organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo può esistere senza previa conoscenza e approvazione dell’Inquisitore Supremo. Qualsiasi studente che costituisca, o appartenga, a un’organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati dall’Inquisitore Supremo sarà espulso
Sgranai gli occhi e non riuscii a trattenere un gemito. Quella proprio non ci voleva.
«Io l'avevo detto che stavolta era importante» mugugnò Harold, sbucato da chissà dove al mio fianco. Mi posò una mano sulla spalla in segno di conforto. «Riunione straordinaria?».
Annuii tristemente.
Quando arrivammo in biblioteca ci sistemammo nel tavolo isolato vicino al corridoio della Sezione Proibita che occupavamo spesso, in quanto si trovava in una delle posizioni più discrete. Buttai sconsolata la borsa dei libri su una panca e mi sedetti, mentre Eddie e Harold si accomodavano su quella di fronte.
Eddie scorse di nuovo velocemente il testo. «Non c'è dubbio. Il nostro Spaccio rientra sicuramente in una delle categorie citate. Siamo costretti a richiedere l'autorizzazione» commentò poi.
«C'è anche da dire che quegli studenti che sono a conoscenza della nostra attività non saranno così scemi da parlarne in giro» disse Harold.
«Ok, Harry, ma questo discorso vale solo per quelli che acquistano i prodotti di contrabbando per gli esami o il tuo alcool. Invece tutti sanno del resto delle nostre vendite» replicai stizzita.
«E dici che avremo problemi se cerchiamo di farci approvare lo Spaccio dalla Umbridge facendolo passare per un'innocente attività di commercio?».
Tamburellai le dita sul tavolo prima di rispondere. «Il fatto è questo, Ed. Metti che noi proviamo e la megera ci nega il permesso... se poi venissimo beccati sarebbe ancora peggio».
A questo punto Harold scoppiò a ridere fragorosamente, tanto da coprire quasi il «Silenzio là in fondo!» sibilato da Madama Pince.
«Cos'è che ti fa ridere?» lo rimbeccai con un'occhiataccia.
«Il fatto che tu abbia dato per scontato il fatto che avremmo continuato con lo Spaccio anche ad autorizzazione negata» rispose allegramente; non riuscii a nascondere un sorriso compiaciuto.
Lo Spaccio era un'attività fruttifera e longeva.
Io ed Eddie avevamo iniziato a vendere agli studenti roba come Caccabombe e Pallottole Puzzole durante il nostro terzo anno, quando erano iniziate per noi le visite a Hogsmeade e potevamo rifornirci una volta al mese dalla filiale di Zonko presente nel villaggio. Avevamo poi attraversato un periodo di crisi durante il nostro quarto anno, quando il criminale Sirius Black era scappato dalla prigione di Azkaban e le misure di sicurezza e i controlli a Hogwarts erano stati intensificati alla massima potenza.
Era stato in quell'occasione che avevamo conosciuto Harold: per la precisione ci eravamo scontrati al buio del passaggio segreto della Strega Orba. Noi entravamo nel passaggio e Harold ne usciva carico di bottiglie di Ogden Stravecchio, e nell'urto Eddie si era rotto il naso picchiandolo forte contro il gomito del Serpeverde.
Durante il tragitto dal terzo piano all'Infermeria avevamo già consolidato una nuova amicizia e, insieme, una nuova alleanza: era nato lo Spaccio.
Eddie e Harold erano diventati colleghi e amici preziosi. Lo Spaccio non era solo la mia principale fonte di reddito o il motivo dei nove Eccezionale ottenuti da Eddie ai G.U.F.O. dello scorso anno: era il mio gruppo, la combriccola a cui sentivo di appartenere. Non potevo rinunciare a tutto questo per colpa di una megera che si era messa in testa di poter fare il bello e il cattivo tempo a Hogwarts solo perché era sponsorizzata dal Ministro della Magia. E fu così che mi venne un'idea meravigliosa.
«Ascoltatemi. Abbiamo una possibilità di ottenere un'autorizzazione ufficiale dalla Umbridge... Ma dobbiamo giocarcela bene».
 
---
 
Quando, dopo aver salutato Eddie al piano di sotto della Sala Comune, arrivai sulla soglia del dormitorio femminile che condividevo con le altre ragazze del sesto anno, mi accorsi subito che qualcosa non andava. Felicity Eastchurch non c'era, ringraziando Morgana. L'avevo già beccata di sotto a giocare a Spara Schiocco con Belby, e conoscendo i due non avrebbero fatto ritorno ai rispettivi dormitori per un bel po'. Cho Chang e Marietta Edgecombe chiacchieravano sommessamente tra loro, ma non c'era traccia dell'atmosfera ilare e un po' sciocca che di solito contraddistingueva le loro conversazioni.
Mi fermai un attimo prima che mi notassero e mi ritrassi dietro alla mezza colonna con il capitello a forma di aquila che recava nel becco la targa "Sesto anno".
«Quindi vuoi farlo lo stesso?» stava balbettando Marietta con voce tremolante.
«Se Harry dice che non c'è pericolo, io mi fido» sibilò in risposta Cho.
Aggrottai la fronte, incuriosita dal fatto di sentire il nome di Harry uscire dalla bocca della Chang, ma poi realizzai che non poteva riferirsi al mio amico Serpeverde; stava sicuramente parlando di Potter. Ultimamente la vedevo chiacchierare spesso con il Ragazzo Sopravvissuto, anche se sempre meno frequentemente di quanto la sentissi piangere per Cedric Diggory.
«Ma il nuovo Decreto Didattico...» piagnucolò Marietta.
Un campanello di allarme iniziò a suonare nella mia mente.
«Troveremo un posto sicuro per le riunioni! Questo gruppo è una cosa importante, Harry è convinto che...» stava continuando Cho, ma poi vidi Marietta zittirla e spostare lo sguardo sulla porta: ero stata individuata. Finsi di essere arrivata in quel momento e feci il mio ingresso nella stanza.
«Buonasera!» salutai con un mezzo sorriso. Nel frattempo la mia mente lavorava senza sosta: Cho Chang faceva parte di un gruppo che non sottostava al Decreto? Potevo facilmente comprendere che c'entrasse Potter. Infrangeva abitualmente le regole della scuola sin dal primo anno che era arrivato, ma lo faceva con poco stile, a dire il vero. Sebbene venisse regolarmente beccato, però, il Preside trovava sempre un cavillo o due per salvarlo dall'espulsione.
«Ciao, Haven» mi salutò Cho, incapace di nascondere il tono d'allarme nella voce.
«Stavamo parlando di Harry Potter» spiegò Marietta. Anche alla luce delle candele mi accorsi del rossore incontrollabile che le invadeva la guance.
Anni e anni di smercio di prodotti illegali all'interno della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts mi avevano resa una bugiarda di discreta abilità. Non osavo definirmi ottima solo per non peccare di eccessiva immodestia, ma probabilmente ero davvero ottima. Per cui non potei fare a meno di osservare che il comportamento di Cho Chang e Marietta Edgecombe in quella situazione era estremamente sospetto e violava almeno una decina di punti del Manuale del Mago Menzognero di Edward Palmisudati detto il Mendace risalente al 1583. Ma siccome io l'avevo divorato in pochi giorni, seppi perfettamente come agire.
«Oh sì, ho sentito!» sorrisi con aria complice sedendomi sul letto della Chang, mostrando una confidenza degna di un'amica del cuore. «Allora Cho... Lui ti piace, vero?» domandai, portandomi le mani alla bocca come una preadolescente affamata di gossip.
La mia compagna avvampò. «Ah.. io...».
Marietta Edgecombe parve rilassarsi e si concesse una risatina. «Certo che sì! E si stanno frequentando!».
Cho Chang la fulminò con lo sguardo e per poco non lo feci anche io, infastidita dalla leggerezza con cui aveva vuotato il sacco sui segreti dell'amica. Ma in quel momento la mia priorità era proprio incoraggiare quello scambio di confidenze, perciò la incalzai con un sorriso ancora più largo: «Dai Cho, puoi fidarti di me, siamo compagne di dormitorio da anni!».
«Immagino di sì» si rilassò lei. «Beh, direi che mi piace. E Marietta è convinta che lui ricambi!».
«L'anno scorso ti ha invitata al Ballo del Ceppo, Cho! È praticamente una certezza» affermò convinta l'altra.
Pensai che fosse il momento di intervenire nella conversazione e aggiunsi: «E come mai non ci sei andata con lui?».
«Ero già stata invitata... Da Cedric, sai...» spiegò la ragazza, con gli occhi che stavano diventando lucidi. Mi accorsi che era pericolosamente vicina alle lacrime e decisi di smettere di insistere. Per quella sera poteva essere sufficiente: non dovevo strafare. Finsi uno sbadiglio vistoso, mi infilai il pigiama e augurai alle due la buonanotte. «E buona fortuna con Potter allora!» conclusi, da brava amica.
Potter...
Quell'estate era venuto fuori che, a quanto pareva, era ufficialmente matto da legare. Mia madre era stata convinta dai suoi colleghi della Gazzetta che le rotelle del cervello di Harry Potter non funzionavano come avrebbero dovuto. In cinque anni di scuola insieme a me non era mai sembrato granché svitato: poco furbo, sì, ma non malato mentale. Per cui non sapevo cosa pensare.
Ma c'era una cosa che improvvisamente l'aveva reso interessante ai miei occhi: Harry Potter stava nascondendo qualcosa che violava il Decreto Didattico numero Ventiquattro, e io avevo intenzione di scoprire cosa fosse.


 

È la mia prima long nel fandom di Harry Potter e sono emozionata *w*
Vorrei precisare che Haven è un personaggio totalmente nuovo, mentre Eddie Carmichael e Harold Dingle sono stati "reinterpretati" da me. Ad ogni modo, in Harry Potter e l'Ordine della Fenice sono i due studenti citati da Hermione quando in qualità di Prefetto sequestra materiali illegali tra gli studenti che cercano di barare agli esami. 
Spero che questo mio tentativo risulti originale e di non essermi lasciata sfuggire troppi errori ^^
Gli aggiornamenti non saranno velocissimi, purtroppo, ma spero di riuscire a mantenerli entro tempi ragionevoli. Grazie in anticipo a tutti i lettori!


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Unwilling Heroes capitolo 2
Unwilling Heroes
Capitolo 2



Quel martedì mi svegliai fiduciosa e piena di energia positiva: nel pomeriggio io, Eddie e Harold saremmo andati a richiedere all'Inquisitore Supremo di Hogwarts il permesso di tenere in piedi il nostro innocuo circolo, e in seguito alle cinque ci saremmo incontrati con un ragazzo del quarto anno di Grifondoro per la consegna di un ordine piuttosto redditizio.
In bagno mi infilai una divisa fresca di bucato e mi pettinai i capelli ramati con particolare zelo prima di imboccare le scale che portavano alla Sala Comune, dove sapevo che Eddie mi stava aspettando per scendere insieme a colazione come tutte le mattine.
Quella mattina il cielo incantato della Sala Grande era abbastanza limpido, attraversato solo da qualche nuvoletta grigiastra che correva veloce sospinta dal vento; ciò significava che anche il tempo fuori era migliorato, dopo le piogge torrenziali della settimana precedente.
Mentre stavo terminando il pasto, lo stormo di gufi recanti la posta del giorno irruppe in Sala Grande. Mi affrettai a fare spazio sulla mia parte di tavolata, ficcandomi in bocca l'ultimo pezzo di toast e scostando la tazza di tè invadendo la porzione di tavolo di Eddie, appena prima che uno stormo di gufi mi rovesciasse in grembo una quantità sproporzionata di carta.
Con gli occhi che brillavano, impilai accuratamente le riviste e i quotidiani che avevo ricevuto.
«Non capisco perché ti ostini a rinnovare l'abbonamento a questa roba tutti gli anni» sbuffò Eddie, tentando di asciugarsi con un angolo del Profeta Sportivo la cravatta che gli avevo inavvertitamente inzuppato nel tè.
«Mi piace tenermi informata» ribattei. Strappai il giornale dalle sue grinfie e sfilai la bacchetta dalla tasca del mantello. «Gratta e Netta» recitai poi la formula dell'incantesimo rimuovendo la macchia dalla cravatta bronzoblu.
«Ho capito» continuò il mio amico. «Sono d'accordo per quanto riguarda la Gazzetta del Profeta, perché ci scrive tua madre e te la spediscono gratuitamente; passi Trasfigurazione Oggi, perché è obiettivamente una lettura istruttiva; posso capire anche il Settimanale delle Streghe, perché in fondo sei una ragazza anche tu...».
Rimasi a braccia incrociate ad aspettare la fine del discorso fissandolo con il sopracciglio alzato.
«Ma che te ne fai dell'abbonamento a Il Cavillo? Dai, Haven, seriamente... E perché ti fai recapitare Quale Manico di Scopa se non ti interessa il Quidditch?».
«Mi interessa il Quidditch» risposi stizzita. «Per esempio, ritengo che la squadra della Casa di Corvonero sia estremamente maschilista».
«E perché allora gioca la Chang?».
«Si tengono Cho Chang perché è scenografica, Eddie» lanciai un'occhiata alla mia compagna di stanza che in quel momento si stava sedendo dall'altra parte del tavolo per la colazione, facendo mulinare i lucenti capelli neri intorno al viso dai delicati tratti orientali. Quando anche lei guardò nella mia direzione, le rivolsi un saluto caloroso che ricambiò piacevolmente sorpresa.
Tornai a concentrarmi su Eddie, che mi stava fissando stralunato. «E quello cos'era?».
«Un buongiorno alla mia compagna di dormitorio» spiegai, per poi aprire Il Cavillo alla pagina tre, dove secondo la copertina avrei trovato un servizio esclusivo su Cornelius Caramell e il suo esercito segreto di Eliopodi. Iniziai a leggere le prime righe dell'articolo, sogghignando; quella roba mi faceva morire dal ridere tutti i mesi. Era un po' come leggere un'intera rivista degli oroscopi di mia madre o una raccolta dei miei migliori temi di Divinazione: il mio bizzarro senso dell'umorismo mi portava a trovare le scemenze assurde estremamente divertenti.
«Haven...?».
«Sì?» domandai, cercando di assumere un'espressione angelica e ingenua.
«Stai tramando qualcosa». Notai che non era una domanda.
«No» risposi candidamente, tornando a immergere il naso nel Cavillo, ma Eddie me lo strappò di mano preoccupato.
«Ok, va bene! Potrei aver origliato una conversazione ieri in dormitorio...» sussurrai al suo orecchio. Finii l'ultimo sorso di tè e mi alzai velocemente dal tavolo, scavalcando la panca in uno sfoggio di agilità. «Te lo dico mentre andiamo in classe».
Mentre uscivamo dalla Sala Grande diretti verso l'aula della prima ora - Trasfigurazione con i Tassorosso - vuotai il sacco con Eddie su quello che avevo ascoltato: Potter stava organizzando un gruppo illegale e la Chang e la Edgecombe avevano intenzione di farne parte, incuranti del nuovo Decreto Didattico.
Tuttavia mi accorsi che, ogni volta che pronunciavo il nome di Harry Potter, Eddie faceva una faccia strana; la stessa che gli vedevo fare ogni volta che la Lovegood del quarto anno si metteva a fare una delle sue piazzate in Sala Comune fantasticando di Nargilli e Ricciocorni Schiattosi. Tant'è che mentre attraversavamo il cortile interno di Trasfigurazione, si mise a sbuffare e mi apostrofò: «Haven, con tutti i giornali che leggi dovresti saperlo: Harry Potter è uno schizzato completo. E con tutto quello di cui dobbiamo preoccuparci in questo periodo, per me dovresti lasciar perdere».
La sua osservazione mi offese.
Repressi la voglia di sbattergli la testa contro la sfera armillare al centro del chiostro e rimasi in silenzio fino all'arrivo in aula. Al momento di prendere posto, ignorai sprezzante la sedia vuota al fianco di Eddie e andai a sedermi vicino a Robert Hilliard.
 
---

«Un gruppo di ripetizioni?» esclamò la professoressa Umbridge in tono squillante.
Indossava un tailleur rosa confetto e le sue dita tozze tamburellavano inquisitorie sulla scrivania dietro cui era seduta, adornata da una tovaglia a fiori. L'ufficio della professoressa Umbridge era monocromatico come il suo vestiario: accessori rosa e color crema costellavano la stanza, che era vezzosa in tutto: la carta da parati improponibile, i pizzi e trine sparsi ovunque, i piatti da collezione raffiguranti sinistri gattini appesi alle pareti.
«Esattamente» confermò Eddie, tutto compito. Al termine delle lezioni del pomeriggio, io e i ragazzi ci eravamo incontrati in biblioteca e avevamo ripassato il mio piano; far passare lo Spaccio come un innocente - e anzi proficuo - gruppo di studio e di assistenza compiti per studenti meno preparati. In fondo, non c'era dubbio sul fatto che i nostri clienti raggiungessero risultati scolastici migliori dopo essersi rivolti a noi, anche se i mezzi attraverso cui questo fine veniva raggiunto non erano esattamente quelli che avremmo raccontato all'Inquisitore Supremo di Hogwarts.
Era indiscusso che sarebbe stato Eddie a parlare: oltre ad avere i voti migliori, era quello che esercitava più fascino con gli insegnanti, un po' per quell'aria da bravo ragazzo, un po' per quel modo di esprimersi raffinato e all'occorrenza forbito.
Nonostante ciò, eravamo presenti tutti e tre: Eddie, che non necessitava di alcuno sforzo per apparire elegante; io, che con sacrificio ero riuscita a tenere in ordine la chioma e levarmi il sorriso furbetto dalla faccia; e Harold, che avevamo dovuto pregare di annodarsi la cravatta come Merlino comandava prima di presentarsi all'appuntamento.
Eddie continuò: «Come ho detto, da qualche anno ci piace mettere al servizio le nostre conoscenze a beneficio degli studenti che hanno più difficoltà nell'apprendimento di certe materie... E abbiamo notato come i voti di quelli che hanno preso parte al nostro gruppo di studio nel tempo siano migliorati notevolmente. Quindi abbiamo pensato di cogliere l'opportunità del suo Decreto per... in un certo senso... ufficializzare le nostre riunioni e...».
La professoressa alzò una mano di fronte a sé in un gesto inteso a zittire Eddie. Estrasse da un cassetto della scrivania uno spesso raccoglitore e lo posò sul piano, iniziando a sfogliarlo.
«Dunque, sesto anno... Belby... Bletchley... Ah, ecco: Carmichael».
Il silenzio che regnava nell'aula era così assoluto che si poteva sentire lo strofinio dell'unghia laccata della professoressa che strisciava sul fascicolo di Eddie, mentre lei era intenta nella lettura.
«Nove Eccezionale. Molto bene» osservò infine, mielosa.
Tornò quindi a sfogliare attentamente il registro fino a individuare il foglio relativo al mio profilo scolastico.
«Anche lei ha ottenuto nove G.U.F.O., di cui sette con votazione Eccezionale... Oltre Ogni Previsione in Pozioni...» poi alzò lo sguardo e nei suoi occhi sporgenti intravidi un guizzo di sospetto. «Come mai questa A in Erbologia, signorina Mitchell?».
Strinsi i denti. «Ho un... piccolo problema» risposi vaga, cercando di mantenere un tono affabile.
La Umbridge si schiarì la voce in un hem hem che stava chiaramente a significare "prego, continui". 
«Allergie» ammisi infine, sconfitta, sperando che non mi costringesse a entrare nei dettagli. Con la coda dell'occhio mi accorsi che Eddie, malgrado la situazione spinosa, stava trattenendo un sorrisetto: lui conosceva bene le mie disavventure con le piante nelle serre di Erbologia e sapeva quanti disagi mi comportassero gli effetti collaterali della Pozione Antistaminica che dovevo assumere prima di entrarvi. Il fatto però che la mia sonnolenza e il mio istupidimento durante ogni lezione, invece di spingerlo ad aiutarmi, gli provocassero un'ilarità irrefrenabile era un altro paio di maniche.
La donna parve rilassarsi sulla sedia e concluse l'interrogatorio, dedicandosi a ispezionare il fascicolo che descriveva Harold. Harry era l'anello debole della nostra catena: nonostante le precauzioni prese, non era riuscito a ottenere più di sei G.U.F.O. durante gli esami affrontati due anni prima. Tuttavia ci eravamo preparati a giustificare la sua presenza con il fatto che, poiché frequentava il settimo anno, poteva esserci utile con il programma del sesto che io ed Eddie non avevamo ancora affrontato.
Ma non ce ne fu bisogno.
«Dingle Harold, Serpeverde?» chiese conferma la professoressa.
Harry sfoderò il suo miglior sorriso accattivante e rispose affermativamente.
«Ho dato il mio consenso alla formazione della squadra di Quidditch della tua casa proprio questa mattina» lo informò soddisfatta. «Il signor Malfoy è proprio un ragazzo delizioso».
«Sono d'accordo, siamo buoni amici» decretò Harry annuendo serio, nonostante sapessi bene che i suoi rapporti con Draco Malfoy, più piccolo di lui di due anni, si limitavano al "Buongiorno" al mattino e al "Puoi passarmi il sale?" all'ora dei pasti.
«Ottimo!» approvò lei, dopodiché chiuse il librone. Fui tentata di scambiare uno sguardo indignato con Eddie di fronte a quei favoritismi spudorati nei confronti delle Serpi, ma seppi contenermi.
«Viene regolarmente effettuata pratica di incantesimi durante gli incontri del vostro circolo?»  tornò alla carica quella viscida donna.
«Non abitualmente» mi ritrovai a ribattere, nello slancio di un attimo di perspicacia. Non avevo passato un mese a sfogliare inutilmente "Teoria della Magia Difensiva, volume II" di Wilbert Slinkhard durante le sue ore senza imparare nulla sui suoi metodi. «Di norma le materie in cui ci capita più spesso di aiutare gli altri alunni sono Storia della Magia, Aritmanzia o Antiche Rune, che essendo notoriamente complesse richiedono uno studio più teorico».
Dopotutto era vero che non accadeva spesso di dover usare le nostre bacchette al banco dello Spaccio,  a meno che non dovessimo affatturare qualcuno che cercava di fregarci o era restio a tirare fuori il portafoglio.
La professoressa Umbridge parve molto compiaciuta dalla mia risposta. Dopo un attimo di silenzio, cinguettò zuccherosa: «Bene, non vedo perché non dovrei autorizzare l'esistenza di un gruppo con fini così lodevoli!».
Sui nostri volti si aprirono in contemporanea dei larghi sorrisi.
L'insegnante trafficò per un po' dietro la scrivania e infine ci porse un foglio con due righe di testo seguite da una firma tutta svolazzi e il timbro ufficiale del Ministero della Magia,
Eddie lo prese, con un gesto di ringraziamento molto affettato, poi augurammo alla vecchia megera un buon pomeriggio e buon lavoro.
Prima di andarmene, mi voltai un attimo indietro. I miei occhi incrociarono quelli di un micetto soriano dipinto in uno dei piattini e l'animale rizzò il pelo tigrato, soffiandomi contro aggressivo. Era la prima volta che non andavo d'accordo con un gatto, vero o finto che fosse; il mio amore per i felini non poté che uscirne intaccato.
 
---

Smaltita l'euforia iniziale scaturita dalla riuscita del piano, alle cinque del pomeriggio eravamo in attesa del nostro cliente, di fronte al quadro raffigurante la cicciona vestita di rosa che - ormai lo sapevamo - nascondeva l'accesso alla Sala Comune di Grifondoro.
Sloper era in ritardo, ma non era una novità. Il Grifondoro era un nostro cliente frequente e ormai conoscevamo le sue abitudini, così come i suoi ordini consueti: stavolta era una scatola di Piume Autocorreggenti, che gli avremmo rifilato per la bellezza di 14 galeoni. Sarebbe stato un furto se non avessimo saputo da fonti certe che a Jack Sloper una scatola di Piume Autocorreggenti durava molto di più del normale. Ci era stato riferito da un suo compagno di dormitorio che il quattordicenne Grifondoro si dimenticava sempre di sostituirle una volta presentatesi le prime avvisaglie dell'esaurimento del loro incantesimo, il che porta notoriamente una Piuma di questo tipo a impazzire e a disseminare nel testo orrori ortografici da strapparsi i capelli. 
Ebbi un flash improvviso della professoressa McGranitt che accendeva sadicamente candele nel suo studio con la pergamena dei compiti di Jack Sloper.
Nel mentre, l'imponente quadro si spostò di lato, lasciando uscire dalla Sala Comune un gruppetto di membri della casata rosso-oro. Nessuno di questi era Sloper; si trattava invece di Harry Potter e i suoi due amici neo-Prefetti. Sorpresa e incuriosita, staccai la schiena dal muro a cui ero appoggiata per guardare meglio. La ragazza riccia - si chiamava Hermione Granger, e l'avrei saputo, se non per i suoi proverbiali successi accademici, per il fatto che l'anno precedente era stata sulla bocca di chiunque leggesse gli articoli di Rita Skeeter sul Profeta - mi scoccò un'occhiata di profonda disapprovazione.
Trovai la cosa divertente: la secchioncella poteva anche disprezzare lo Spaccio, ma non sapeva che io ero al corrente delle intenzioni illegali di Potter, ed ero sicura che in qualsiasi cosa fosse coinvolto lui, anche lei c'era dentro fino al collo.
Ora mi restava solo da scoprire di cosa si trattasse.
Aspettai che i tre svoltassero l'angolo prima di parlare. «Ehm... Vi dispiacerebbe concludere l'affare con Sloper da soli?».
«Perché te ne vai?» domandò Eddie sospettoso.
«Ho un impegno» tagliai corto, e stavo per defilarmi con un sorriso quando le dita lunghe di Harold si chiusero intorno al mio polso, bloccando il mio movimento.
«Un impegno che riguarda il pedinare Harry Potter e i suoi amici?» chiese a bassa voce.
Diedi uno strattone cercando di liberarmi ma la stretta del mio amico era troppo forte, per cui mi vidi costretta a voltarmi verso di loro con un'espressione colpevole stampata in faccia. 
Eddie e Harry si scambiarono uno sguardo complice, come se avessero già discusso della situazione in precedenza - e a questo punto ero sicura che l'avessero fatto.
«Haven... Come mai sei così ossessionata da Potter dopotutto? Non sei mai stata granché interessata alle... celebrità». Eddie parlava lentamente, come se stesse prestando una grande attenzione nella scelta delle parole per non urtare la mia sensibilità, Il che, non c'è nemmeno bisogno di dirlo, urtò la mia sensibilità ancora di più.
Era legittimo che nei miei amici fossero sorti dei dubbi.
Non mi era mai interessato nulla delle star, non avevo chiesto a mia madre nemmeno un autografo dei personaggi famosi che venivano intervistati in redazione e avevo opinioni piuttosto dure sulle coetanee che sbavavano dietro ai giocatori di Quidditch - anche se dovevo ammettere che il Cercatore dell'Irlanda, Aidan Lynch, era piuttosto prestante.
«Sì, Hav, non fai altro che vantarti di come al terzo anno avevi circuito Allock promettendogli un oroscopo personale nella rubrica di tua madre per farti rilasciare permessi speciali per Hogsmeade!» rincarò la dose Harold, con decisamente meno tatto rispetto a Eddie.
Sulle mie labbra si dipinse un sorrisino involontario al ricordo di quell'evento risalente a tre anni prima, quando ancora io ed Eddie non conoscevamo Harold e la nostra unica attività era smerciare dolci ai ragazzini del primo e secondo anno a cui ancora non era permesso visitare Hogsmeade e la sua filiale di Mielandia.
Ma Harry Potter era diverso da Gilderoy Allock, un pallone gonfiato che scriveva libri sulle sue tanto mirabolanti quanto poco credibili avventure a caccia di creature maligne comprati solo da streghe ammaliate dal suo sorriso. 
Harry Potter, oltre a essere il Ragazzo Sopravvissuto e salvatore del mondo magico dalla minaccia del mago oscuro più potente di tutti i tempi, era un ragazzo della mia scuola su cui il giornale di mia madre aveva passato un'intera estate a gettare fango.
Avevo passato parte del mio tempo libero estivo a gironzolare in redazione e avevo sentito quello che si diceva in giro: pazzo, visionario, in combutta con Albus Silente per ordire piani per rovesciare il Ministero tali che nemmeno il più folle articolista de Il Cavillo avrebbe saputo inventarne di peggiori. Mia madre mi aveva avvertito così tante volte di stargli alla larga durante l'anno scolastico che ironicamente non avevo mai avuto così tanta voglia di farci un pic-nic insieme nella Foresta Proibita a mezzanotte.
«È che secondo me lui non è pazzo» mi ritrovai a borbottare a mezza bocca.
«Come?» chiese Harold.
Eddie, invece, che aveva sentito bene, esclamò: «Fammi capire. Tu hai sentito dire dalle tue compagne di dormitorio che Harry Potter sta facendo qualcosa che viola un Decreto ministeriale nonostante il Ministero stia solamente aspettando che faccia un passo falso per sbatterlo ad Azkaban, e di colpo ti viene in mente che contrariamente a quello che pensano tutti non è pazzo?».
«Anche noi stiamo facendo qualcosa che viola un Decreto ministeriale» gli feci notare.
«Haven, non mi risulta che qualcuno di noi sia stato ritrovato coperto di sangue in mezzo al campo da Quidditch della scuola stringendo tra le braccia uno studente morto e sbraitando a tutto il mondo magico che Tu-Sai-Chi è tornato tra i vivi» protestò Harold.
«A proposito, tu pensi che Tu-Sai-Chi sia tornato tra i vivi?» si affrettò a chiedere Eddie, continuando il processo a cui i miei migliori amici mi stavano sottoponendo.
Mi morsi forte il labbro inferiore, sentendomi in difficoltà.
«Sentite, non lo so! Voglio formarmi un'opinione su Harry Potter, e non posso farlo se non vengo a capo di questo mistero. Non voglio essere giudicata da voi solo perché voglio sapere una cosa» ribattei stizzita.
«Haven e le sue opinioni su ogni cosa» alzò le spalle Harold, lasciandomi finalmente libero il polso.
«Opinioni che di solito sono molto acute e originali» precisai, mostrandogli la lingua.
«Non ho mai capito perché il tuo Patronus non è uno Kneazle, in effetti» mi prese in giro Eddie, archiviando la discussione con una battuta.
In quel momento il passaggio dietro al quadro si aprì di nuovo e dalla penombra emerse la figura di Jack Sloper, che caracollò verso di noi con aria tremendamente furtiva. Per Morgana, quel ragazzo non avrebbe mai capito che facendo in quel modo le possibilità che la gente capisse che stai facendo qualcosa che non dovresti fare sarebbero triplicate.
«Scusate il ritardo!».
«Ciao, Jack! Il solito, giusto?» chiese Harold, estraendo con nonchalance la scatola dalla tasca del mantello.
«Sì. Ecco a voi tredici galeoni» disse il ragazzo, avvampando in viso.
«Quattordici» lo corressi io, sperando per lui che si trattasse di un errore, anche se quel rossore mi faceva intuire che sperava di fregarci.
Infatti, Jack ebbe un sussulto e iniziò a protestare: «No, stavolta ve ne do tredici perché quelle dello scorsa settimana erano difettose! Il professor Piton mi ha chiamato nel suo ufficio a giustificare il perché in tutto il mio tema di Pozioni continuavo a ripetere "Giricacca" invece di "Girilacco"!».
Faticai a sopprimere una risata, mentre Eddie, serissimo, lo rimproverò: «Jacky Jacky... non ti avevamo avvertito che l'incanto di una Piuma Autocorreggente svanisce dopo circa tre rotoli di pergamena?».
Sloper arrossì se possibile ancora di più ed estrasse dalla tasca il galeone mancante. «Accio» esclamai io velocemente, tirando fuori la bacchetta dalla tasca e Appellando la moneta prima che cambiasse idea. Il ragazzo digrignò i denti e mugugnò un «Ci vediamo la prossima settimana» prima di girare i tacchi e sparire dietro il buco del ritratto che era rimasto aperto. Harold mi allungò il sacchetto delle monete - ero io la tesoriera del gruppo perché ero modestamente la più abile a tenere i conti. «Ecco a lei, signorina» disse scherzoso.
Mentre ci dirigevamo verso la Sala Grande per la cena, Eddie mi picchiettò sulla spalla. «Ah, comunque ci ho pensato e... Magari potrei aiutarti». 
«Eh?».
«Con la storia di Potter, intendo. Forse non hai tutti i torti ed è davvero interessante».
«Ci stavo riflettendo su anche io. Se ti diamo una mano, possiamo scoprirlo prima e tu potrai tornarre a concentrarti sulle cose veramente importanti. Tipo lo Spaccio. Tipo aiutarmi con i M.A.G.O.» aggiunse Harry strizzandomi l'occhio.
Trattenni il respiro per la sorpresa e poi sorrisi ai miei amici. Con quel gruzzoletto nella borsa e la prospettiva del loro aiuto, mi sentivo su di giri come se avessi appena ingoiato un sacchetto di Api Frizzole senza masticare.



 

Note dell'Autrice: ho provato a sistemare quell'interlinea diversa nel primo paragrafo. Ci ho provato in tutti i modi. Poi ho deciso che la mia salute mentale era più importante.


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


Unwilling Heroes chapter 3



Unwilling Heroes
Capitolo 3



«E questa è l'ultima volta che te lo dico, Lovegood. Grazie a Merlino oggi è l'ultimo giorno che quel cappello è tollerato, dopo la partita voglio vederlo sparire, è chiaro?» sbraitava Robert Hilliard contro la ragazzina. Non avevo mai adorato così tanto un Prefetto nella mia scapestrata carriera scolastica.  
«Ma adesso è diventato molto più disciplinato. Lo fa solo quando lo tocco con la bacchetta, guarda...» rispose serafica Luna Lovegood, sventolando una bacchetta di legno chiaro sopra la propria testa bionda. Un possente e realistico ruggito proveniente dal suo enorme cappello riempì la Sala Comune per l'ennesima volta.
Un altro, solo un altro e quella disturbatrice della quiete pubblica si sarebbe ritrovata il letto pieno di Polvere Pruriginosa.
Era da una settimana che stava lavorando a quel dannato cappello a forma di testa di leone, che interferiva con buona parte delle mie attività quotidiane. Non mi permetteva di studiare in Sala Comune nel pomeriggio né di dormire tranquillamente, perché ruggiva a tradimento a tutte le ore del giorno e della notte. Di fronte alle rimostranze dei Prefetti, lei aveva detto che stava cercando un modo per fargli emettere ruggiti solo a comando, ma a quanto pareva c'era riuscita soltanto il giorno prima della partita, il che aveva reso i precedenti sette giorni un inferno per tutti i residenti della Torre di Corvonero.
Devo dire che, prima di quella trovata infernale, Luna Lovegood non mi aveva mai infastidito, ma probabilmente ero una delle poche in dormitorio a pensarla così. Ok, potrei aver inventato due o tre battute su di lei e sui suoi amichetti immaginari, ma non avevo mai fatto parte del gruppetto che si divertiva a sfilarle i lacci dalle scarpe o nasconderle i libri di scuola. Alcuni, compreso Eddie, non capivano come fosse possibile che una così svampita facesse parte della Casa di Corvonero, ma io sostenevo una mia particolare posizione sull'argomento: la Lovegood non era scema, aveva solo una fervida immaginazione, proprio come me. Con la differenza che io la impiegavo per qualcosa di utile e non per farmi venire in mente di bombardare di Sonorus un pupazzo a forma di leone e mettermelo per cappello.
«Qui non è proprio corretto, Haven...» mi riportò alla realtà la voce di Eddie, accomodato accanto a me sull'amaca di velluto blu notte. Mi sporsi un po' in avanti per gettare un'occhiata al mio tema di Trasfigurazione che lui stava correggendo. Ogni volta che potevamo, io ed Eddie ci rileggevamo a vicenda i compiti prima di consegnarli: anche io avevo ricontrollato il suo, ma mi era bastato dare una scorsa veloce al suo lavoro per capire che era impeccabile, come al solito.
«Che frase?» domandai.
«Quando dici che non è possibile Detrasfigurare un oggetto di cui non si conosce l'identità originaria, sarebbe meglio aggiungere "di cui non si conosce esattamente l'identità originaria", perché per esempio non basta sapere che era un libro, dovresti anche ricordarti quale libro...» precisò il mio amico, scrutando la pergamena con sguardo critico.
«Che pignolo» osservai scherzosamente, ma grata per la rettifica. Aggiunsi la parola, agitando la bacchetta verso la Piuma Autoscrivente poggiata sulle ginocchia che tracciò da sola le lettere sul foglio. «Ma in generale come andava?» volli assicurarmi.
«Ottimo; direi una E. Sei sempre bravissima in Trasfigurazione» si complimentò Eddie con un sorriso.
Scrollai le spalle, dissimulando il compiacimento per la lode appena ricevuta dal miglior studente del sesto anno di Hogwarts. «Mi piace di più Incantesimi».
«Ancora quella tua convinzione?» ridacchiò lui.
«Non è una mia convinzione. Ce l'ha spiegato la McGranitt al primo anno» replicai, con quel tono scocciato che adottavo automaticamente ogni volta che dovevo ripetere a Eddie o Harold qualche mia opinione che avevo già spiegato. Non capivo perché non fosse chiaro anche per lui; Trasfigurazione era una materia senza dubbio più tecnica, quasi una scienza: bastava pensare a quanto fosse importante la formula matematica che ci avevano insegnato per calcolare la quantità di concentrazione rapportata al peso corporeo dell'oggetto da Trasfigurare. Lo studio di Incantesimi, invece, lasciava più spazio alla creatività del singolo mago, ed era per questo che era una delle mie materie predilette: per lo meno, Vitious non aveva mai niente da ridire su quanto teatrali fossero i miei sventolii di bacchetta.
«Okay, okay» tagliò corto Eddie accondiscendente. Arrotolò il tema e me lo restituì. «Scendiamo a colazione? A quest'ora dovrebbe essere arrivato anche Harry».
Acconsentii, seppur alzando appena gli occhi al soffitto trapuntato di stelle della Sala Comune. Sapevo che Harold sarebbe stato intrattabile, come ogni giorno che c'era una partita di Serpeverde. Onestamente non capivo come mai i Serpeverde se la prendessero tanto per il Quidditch. Nemmeno a me piaceva veder perdere la mia Casa, ma senza dubbio avevo più a cuore il fatto che quei palloni gonfiati di Grifondoro, nonostante i risultati scolastici indubbiamente inferiori, ci soffiassero da anni sotto il naso la Coppa delle Case piuttosto che un trofeo sportivo.
Purtroppo, la maggioranza degli studenti di Hogwarts la pensava diversamente.
Quando arrivammo allo stadio di Quidditch, più tardi in mattinata, non erano rimasti molti posti liberi nelle tribune, ed ero sicura che nel giro di poco anche quelli sarebbero stati occupati. Era chiaro che mezza scuola non aspettava altro che vedere le squadre di Serpeverde e Grifondoro affrontarsi in un match all'ultimo Bolide, Harold compreso.
«Vedrete, sarà una bella partita. Haven, non fare quella faccia».
«Sarà, ma due anni fa mi ero divertita decisamente di più».
Harold aveva un bel dire, ma fare casino in uno stadio di Quidditch non era esattamente la mia idea di una bella domenica. Almeno io ed Eddie eravamo riusciti a strappargli la promessa che, siccome avevamo acconsentito ad accompagnarlo solo per amicizia, non ci saremmo seduti nella curva dei Serpeverde, ma in una tribuna neutrale.
«Io sono contento di potere semplicemente sedermi e godermi la partita».
«Tu sei matto, Harry» lo rimbeccai. «Ti ricordi quanti Galeoni avevamo fatto due anni fa con quello scatolone di Frisbee Zannuti?».
La mia risposta lo zittì. Due anni prima, infatti, avevamo avuto la geniale idea di cominciare a vendere agli spettatori ogni genere di roba che potesse costituire materiale di disturbo durante la partita; per un certo periodo la nostra cassa comune aveva iniziato a riempirsi dei guadagni provenienti dai Frisbee Zannuti da lanciare ai giocatori, Pallottole Puzzole con cui bersagliare la tifoseria avversaria... Ma poi c'era stato quell'incidente dei Dissennatori che avevano interferito con una partita, i controlli intorno allo stadio si erano intensificati e avevamo dovuto smettere con quel commercio.
Trovammo posto accanto a un gruppo di Tassorosso; qualcuno di loro sfoggiava delle spille di supporto alla squadra rosso-oro, il che fece storcere un po' il naso ad Harold.
Mi sedetti sulla tribuna e subito un brivido mi attraversò la schiena: il sedere mi si era appena congelato, anche attraverso la stoffa della gonna e del mantello. Quella giornata era limpida, ma estremamente fredda; avevo già notato che l'erba del prato circostante lo stadio era cesellata da una sottile strato di ghiaccio.
«Buongiorno, studenti di Hogwarts, e benvenuti alla partita che tutti quest'anno stavamo aspettando! Grifondoro contro Serpeverde!». La familiare voce di Lee Jordan risuonò nello stadio, accompagnata dal boato del pubblico, in fermento per l'imminente inizio del match. «Ecco che le squadre fanno il loro ingresso in campo. Questa è la prima partita dei due nuovi Battitori di Serpeverde, Tiger e Goyle! A quanto pare, anche nel loro caso il Capitano Montague ha dato più importanza alla quantità piuttosto che alla qualità...»
«JORDAN!» strillò nel MagiMicrofono la professoressa McGranitt.
Risi di gusto. Mi piaceva l'ironia di Lee Jordan. A dire la verità, per un periodo mi era piaciuto Lee Jordan stesso. Quando entrambi avevamo quattordici anni, Lee era stato il mio primo ragazzo, quello del mio primo bacio; poi, così come va a finire la maggior parte delle storie adolescenziali, ci eravamo semplicemente stancati l'uno dell'altra, ma ogni volta che mi capitava di andare a vedere una partita di Quidditch non potevo fare a meno di pensare a quando quelle battute le faceva al mio orecchio, a beneficio solo mio, mentre mi circondava le spalle con le braccia.
Harold si accorse del mio sorriso. A lui, Lee non era mai piaciuto, sicuramente per quella vecchia storia di rivalità tra Case e tra tifoserie di Quidditch.
Poco dopo, il fischio di Madama Bumb sancì l'inizio della partita. Si prospettò subito come un match acceso e piuttosto violento: nonostante i due Battitori ciccioni sventolassero le mazze quasi alla cieca, riuscivano a svolgere bene la loro funzione di disturbo, facendo saettare i Bolidi in traiettorie improbabili in tutte le direzioni. I Grifondoro, che normalmente avevano un gioco più lineare, avevano un po' perso la testa di fronte all'offensiva brutale dei Serpeverde e commettevano errori su errori. Non che io fossi una grande esperta, ma gli anni di amicizia con Harold - e il Profeta Sportivo della domenica - mi avevano pur insegnato qualcosa. I giocatori ebbero tempo di scambiarsi appena i primi passaggi che dalla curva di Serpeverde iniziò a levarsi un coro, dapprima sussurrato - tanto che faticai a carpirne le parole - poi sempre più deciso.
 
Weasley è nato in un bidon
Ha la testa nel pallon
Vinceremo noi perché
Perché Weasley è il nostro re
 
Sollevai un sopracciglio, un po' infastidita, mentre il povero fratello minore dei gemelli Weasley si faceva passare l'ennesima Pluffa in mezzo alle braccia spalancate. Anche l'opinionista più clemente del Profeta Sportivo gli avrebbe affibbiato senza esitazioni l'insufficienza nelle pagelle del lunedì per quella prestazione. Mano a mano che Serpeverde accumulava punti, il coro si alzava di decibel, finché non arrivò a dominare lo stadio. Nel frattempo, Potter continuava a sorvolare il campo senza meta come instupidito.
 
COSI' NOI CANTIAM PERCHE'
PERCHE' WEASLEY E' IL NOSTRO RE
 
Un mugugno alla mia destra mi fece voltare verso Harry.
«Harold!» esclamai scandalizzata.
Stava canticchiando le parole della canzone, a tempo con il coro degli altri Serpeverde, ridacchiando allegro. Si riscosse al mio rimprovero e replicò: «Cosa c'è, Haven? È divertente!».
Gli rivolsi un'occhiata di puro disprezzo. «È bullismo. E non vedo come la sua difficile situazione economica possa incidere sul suo talento nel Quidditch, né perché dovrebbe essere oggetto di burla e ilarità».
«Oggi sei molto Grifondoro, Haven» osservò candidamente Eddie, che era stato silenzioso fino a quel momento. Ci riflettei su. Che l'epidemia Lovegood si stesse espandendo nel dormitorio delle ragazze di Corvonero? Magari ero già stata infettata, forse presto avrei cominciato a sentire il bisogno impellente di indossare accessori a forma di leone e andare in giro per la Sala Comune ruggendo in piena notte. Scossi la testa con decisione, appuntandomi mentalmente di utilizzare l'idea del leone mannaro nel prossimo aggiornamento del Diario dei Sogni: la Cooman l'avrebbe adorato.
«Non è questo. È che lo trovo meschino. Nemmeno io sarei in grado di giocare bene in queste condizioni» ribattei. «Il Boccino!» saltò su all'improvviso Eddie.
«Dai, Malfoy! Dai dai dai...» gridò Harold, alzandosi in piedi di scatto.
Successe in un attimo: entrambi i Cercarori, appiattiti sulle loro scope, si erano lanciati in picchiata verso il terreno a caccia del Boccino d'Oro. Potter lo acciuffò per primo, ma subito dopo aver alzato trionfante il pugno al cielo fu colpito a tradimento da un Bolide, dritto nella schiena.
«Dannazione!» imprecò Harry, battendosi una manata violenta sulla coscia per la frustrazione.
I tifosi di Serpeverde, dopo la sconfitta, erano ammutoliti, tanto che si sentì bene il sospiro corale della curva rosso-oro, che trattenne il fiato tutta insieme quando Potter cadde dalla scopa, fortunatamente a non più di un metro da terra. Ma si rialzò subito, senza dare l'impressione di aver subito danni, quando la sua squadra si strinse a lui per festeggiare. Anche i Serpeverde erano atterrati sul campo, e sembrava che uno scambio di battute poco amichevole fosse in corso tra Potter e Malfoy. Persi subito l'interesse, dato che ne avevo avuto abbastanza dei battibecchi di quei due l'anno precedente durante il Torneo Tremaghi. Il povero Potter aveva subito, oltre che un bombardamento mediatico esterno, anche un sabotaggio interno alla scuola, quando qualche Serpeverde creativo - probabilmente lo stesso Malfoy - si era messo a distribuire spillette inneggianti a Diggory. Non ne avevo mai avuto la conferma, ma avevo avuto il sospetto che anche Harold avesse dato una mano con lo smercio, poiché per un periodo ne aveva sfoggiata una.
Stavo quasi per alzarmi dalla gradinata e dirigermi verso il castello quando lo stadio esplose in un boato. Riportai lo sguardo sul campo, dove Potter e uno dei gemelli Weasley si erano avventati su quello che - a giudicare dalla testa biondo platino - sembrava essere Malfoy e gliele stavano dando di santa ragione.
La folla sbraitava e si agitava, i giocatori in campo urlavano e cercavano di separare i tre litiganti e qualcuno stava ancora trattenendo il secondo gemello quando Madama Bumb si decise a intervenire. Una volta che le squadre furono allontanate e gli schiamazzi nello stadio si furono placati, Harold commentò: «Bah... Una rissa alla Babbana, due contro uno... C'era da aspettarselo».
Eddie storse la bocca. «Beh, mi era sembrato che Malfoy li avesse provocati. E quella canzone era un po' di cattivo gusto...».
Harold alzò le spalle. «Sarà. Comunque, se Weasley piccolo continua a giocare così, la Coppa è nostra quest'anno! Vinceremo noi perché, perché Weasley...» iniziò a canticchiare, al che mi voltai verso di lui, livida.
«Sei proprio uno stronzo Serpeverde» sbottai, iniziando a percorrere a lunghe falcate il sentiero ghiacciato verso il castello, lasciandolo indietro.
 
---
 
Durante il tardo pomeriggio aveva iniziato a nevicare.
Eddie aveva detto di non avere molta fame e non era sceso a cena, ma sapevo che si sarebbe rimpinzato di Zuccotti di Zucca davanti alla traduzione di Antiche Rune per il giorno dopo che non aveva ancora terminato. In sua assenza, avevo passato l'ora di cena in compagnia di Roger Davies ad ascoltare il suo commento sulla partita Grifondoro - Serpeverde. Il match, a cui aveva assistito apparentemente tutta la scuola, sembrava essere un argomento piuttosto inflazionato quella sera in Sala Grande, per cui mi ero alzata dalla panca con il sapore delizioso della torta alle noci ancora in bocca, con tutta l'intenzione di filare dritta tra le coperte a leggermi un bel libro.
Passando accanto al tavolo dei Serpeverde, mi accorsi che quel gorilla di Montague era quasi in piedi sulla sua panca e stava dando spettacolo di fronte a un nutrito gruppetto di Serpeverde.
«... E così li hanno squalificati tutti e tre! Anche l'altro gemello Weasley, "per precauzione", hanno detto!».
«Ma... a vita?» commentò un ragazzo castano dai denti sporgenti.
«Esatto. Con tanto di confisca delle scope».
Mi bloccai ad ascoltare. Avevano vietato il Quidditch a tempo indeterminato a Potter e i gemelli Weasley? Se era vero, si trattava di praticamente metà della squadra di Grifondoro. Ero certa che la Umbridge fosse invischiata in questa assurdità, perché la McGranitt non avrebbe mai potuto prendere una decisione simile da sola: mi doleva ammetterlo ma, nonostante fosse un'ottima professoressa dal punto di vista didattico, anche lei tendeva a fare un po' di favoritismi nei confronti della Casa di cui era direttrice.
«E non avete sentito la parte migliore» si intromise Draco Malfoy, sorridendo maligno. «Dilla tu» concesse, facendo un cenno in direzione di Montague.
«Malfoy non avrà nemmeno una punizione!» rise sguaiato, seguito a ruota da tutti gli ascoltatori. Una nanetta Serpeverde che aveva la faccia come se l'avesse sbattuta contro la mazza di un troll di montagna era quella che sghignazzava più forte di tutti.
Montague era un coetaneo di Harold e frequentavano più o meno le stesse lezioni. Ne avevo sentito parlare sempre negativamente: ottuso, sbruffone, e tanto ignorante da rischiare seriamente la bocciatura ai M.A.G.O.. Disgustata, stavo per sgattaiolare via quando mi sentii chiamare: «Ehi, Mitchell! Sai per caso dov'è Dingle?».
Era stato proprio Montague a rivolgermi la parola.
«Non ne ho idea, mi dispiace».
Non gli parlavo da quel pomeriggio fuori dal campo, e ancora per un po' non avevo intenzione di ricevere alcuna notizia su quell'idiota fazioso di un Serpeverde. Ma, nonostante avessi provato a tagliare corto, l'energumeno mi fece cenno di avvicinarmi.
«Comunque posso chiedere a te. Dingle mi aveva parlato di quell'artiglio di drago che vendete... C'è un test intermedio di Trasfigurazione tra due settimane, quindi mi chiedevo se...».
Le mie labbra si stiracchiarono in un sorriso falso. «Ma certo» acconsentii melliflua. «Lo vendiamo in polvere. Qualche cucchiaino nel Succo di Zucca mattutino dovrebbe bastare».
Dopo esserci accordati sulla consegna, tornai in Sala Comune, gongolando alla prospettiva di rifilargli cacca secca di Doxy sbriciolata. Quando comunicai il mio proposito a Eddie, più tardi, non sembrò né particolarmente sorpreso, né particolarmente contrario.
«Nessun problema per me. Tanto oggi anche qualcun altro mi ha chiesto dell'artiglio di drago».
«Ottimo, chi?» domandai interessata, pregustando già il dolce peso dei Galeoni nella tasca del mantello. L'artiglio di drago era una sostanza discretamente rara che vendevamo, perciò, a caro prezzo, anche se non era mai completamente raffinata - nel migliore dei casi; nel peggiore, rifilavamo agli studenti pure e semplici porcherie.
«Zacharias Smith di Tassorosso».
Cercai di ricordarmi chi fosse e visualizzare mentalmente la sua faccia. «Ah!» esclamai, quando ci fui riuscita. «Mi è sempre stato antipatico. Troppo supponente».
«Perfetto!» gioì Eddie. «Allora comincia a spulciare le tende della biblioteca in cerca di qualche nido di Doxy».
Sbuffai e lo colpii in testa con il suo dizionario delle rune, prima di augurargli la buonanotte e salire al piano di sopra per dormire.



 

Nota dell'autrice:

Questo non è un capitolo nuovo: l'avevo già scritto quasi per intero diverso tempo fa, e mai pubblicato, perché poco dopo averlo scritto era giunta la mia decisione di mettere da parte le storie per un po' per affrontare un periodo piuttosto particolare della vita vera. Poi oggi l'ho ritrovato per caso in un remoto angolo del computer e ho pensato: perché no?

Dopotutto questa è una storia particolare, a cui sono particolarmente affezionata; quindi magari aver dato una riletta a queste righe ed essermi spinta a mettere online il capitolo può essermi utile e darmi la spinta a continuare a scrivere, appena finito il periodo di fuoco degli esami :)

Spero che l'idea alla base della storia possa ancora piacere; dopo tanto tempo, sono decisamente arrugginita con la scrittura, e spero di ricevere consigli per la stesura del prossimo capitolo!

Grazie a chi passerà anche solo a dare una sbirciatina <3

Lenny

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2776771