Everside (#1)

di Ruby Efp
(/viewuser.php?uid=738916)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1x00 - Into The Darkness ***
Capitolo 2: *** 1x01 - Pilot ***
Capitolo 3: *** 1x02 - Minaccia ***
Capitolo 4: *** 1x03 - Iniziano le indagini ***
Capitolo 5: *** 1x04 - Segreti ***
Capitolo 6: *** 1x05 - Port Angeles ***
Capitolo 7: *** 1x06 - Rinascita ***
Capitolo 8: *** 1x07 - Nuovi Arrivi ***



Capitolo 1
*** 1x00 - Into The Darkness ***



RUBY EFP


EVERSIDE


LE ORIGINI DELL'OSCURITA'
 
Il mio volto era completamente sfigurato. Dalle mie orecchie fuoriusciva del sangue, che non smetteva di colare nemmeno un secondo. Le piccole gocce cadevano sul pavimento bianco, decorando le piastrelle di un meraviglioso rosso sangue. La mia guancia era piena di lividi, e sulla mia pelle chiara erano apparse delle macchie di un leggero viola scuro. Sembrava che una biro mi fosse scoppiata in faccia. I miei piedi erano doloranti, le gambe piene di lividi. Non riuscivo a muovermi. Non riuscivo ad alzare un braccio. Non riuscivo a fare niente di niente.
Ecco di nuovo quella sensazione. Quella sensazione di debolezza, e di solitudine che mi aveva perforato il petto.
« Scappate da qui….scappate »
Sobbalzai da terra sentendo un dolore allucinante alla caviglia. Cos’erano quelle voci? Come avrei fatto a scappare? Chi aveva parlato?
« Chi sei? » urlai « Come devo fare per andare via da qui? »
Non ebbi nemmeno il tempo di voltarmi che un porticina di dimensioni minuscole si aprì da un angolo della stanza. Mi chiedevo come sarei riuscita ad arrivarci, visto che non riuscivo a muovermi. Forse avrei potuto strisciare, ma le mie ginocchia erano sbucciate e le calze erano inzuppate di sangue. Potevo solo strisciare.
Mi sdraiai a pancia in sotto allungando più che potevo i piedi. Con le unghie e le dita iniziai a darmi delle piccole spinte. La porta era quasi vicina. Stavo cominciando a sudare. Ero senza forze. Per un secondo mi fermai nel bel mezzo della stanza. Devo farcela. Devo farcela. Pensai tra me e me. Emisi un ruggito e iniziai a strisciare più forte che potevo su quel pavimento scivoloso. Lottai. Lottai con tutte le forze che potevo. Senza nemmeno rendermene conto, ero già arrivata a quella minuscola porticina. Vi entrai. Sembrava una specie di tunnel.
In lontananza si sentivano dei suoni strani. Suoni di passi. Qualcuno stava correndo così velocemente che quel buco stava per andare in pezzi.
Quando ne fui completamente dentro iniziai di nuovo a strisciare. Mi morsi un labbro nervosamente.
« Corri! Corri! » sentii sussurrare.
Chiusi la porta alle mie spalle, continuando a strisciare sul terreno roccioso di quel tunnel inquietante, ma che mi avrebbe salvato l’esistenza. Per un attimo mi parve la sensazione di sentirmi sospesa nel nulla. Tutto cadde in un incredibile silenzio. La luce che avevo visto qualche minuto prima in lontananza non c’era più. La piccola porticina alle mie spalle non ‘era più. Tutto cadde in un buio spaventoso. Rimasi ferma nel mezzo di quell’oscurità assordante quando sentii….un ruggito….
Deglutii metre il respiro mi si mozzò in gola. Non riuscii nemmeno a fare un passo, per ritornare indietro, che subito vidi una sagoma nera venirmi addosso e urlarmi contro.
« Questa è casa mia! Non potrai mai scappare di qui stupida ibrida che non sei altro. Marcirai qui dentro con me »
Sentii un brivido scorrermi dietro la schiena, mentre il tunnel iniziava a stringermi sempre di più, non lasciandomi nemmeno un po’ di aria per respirare. La mia parte umana non mi permetteva di continuare. Ma quella immortale si…
« Non voglio morire. Non voglio marciare. Io uscirò da qui. » urlai opponendomi.
Per un qualche secondo non sentii più nulla. Di nuovo quel silenzio da far venire i brividi.
Dietro il mio collo si sentivano dei lunghi respiri. Respiri caldi. Per un attimo provai un profondo rilassamento confortante. Ma…..non ero io….
Scappa, scappa, scappa… mi ripetevo.
Non potei fare nulla. La figura spaventosa comparve improvvisamente dietro di me e iniziò a urlare senza sosta. Sobbalzai violentemente portandomi le mani alle orecchie e stringendomi i denti.
« Vai via di qui! » mi urlò ancora più forte nell’orecchio.
Urlai.
Mi svegliai piena di sudore, con i capelli bagnati a causa del sudore e la camicia da notte bagnata – anch’essa – di sudore.


*Questo capitolo è stato revisionato con l'aiuto di SweetLuna*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1x01 - Pilot ***


RUBY EFP

1x01 - Pilot

 
 
Mi svegliai con i capelli pieni di sudore, e con la camicia da notte completamente inzuppata. Solo quando tornai cosciente, mi resi conto che ero nel bagno femminile del college. Mi guardai un’attiamo intorno e mi alzai di scatto andando verso la porta. Come avevo fatto a finire nel bagno? Pensai tra me e me. Primo giorno di college e le cose andavano già male. Corsi subito in camera mia, sperando che nessuno riuscisse a vedermi. Era mattina presto, era quasi impossibile che qualcuno potesse essere sveglio a quell’ora. La sera prima mi ero promesso che mi sarei svegliata tardi, in modo che avrei potuto utilizzare i bagni tranquillamente. Presi degli indumenti e un asciugamano  dal cassetto che era posto sulla parte sinistra della stanza, dove era messo il mio letto. Mio padre – prima di partire – mi aveva stilato una lista con tutte le regole da seguire, che costudivo con tanta cura nel mio comodino. Non parlare con gli sconosciuti. Abbi cura di te stessa. Comportati come un’adulta, ormai sei al college.
Erano questi gli avvertimenti di mio padre, che mi considerava ancora una sedicenne alle prese con il terzo anno di liceo. Cavolo, avevo diciannove anni. Mi ero diplomata, e non sarei cresciuta più di tanto. Mi sarei fermata lì. La mia crescita non sarebbe andata oltre. Prima di andare al college conducevo una vita strana. Crescevo a dismisura. Il giorno prima ero uno e sessanta il giorno dopo ero diventata una gigante da un metro e settanta. Stavo diventando quasi come mio padre, perché è sproporzionalmente alto. E stavo diventando più alta anche di Jake. Per il momento gli arrivavo alla spalla.
Sospirai presi la mia roba e mi diressi di corsa verso i bagni, prima che qualcuno potesse occuparli. Quando vi entrai, non c’era nessuno. Nemmeno un’anima viva. Si sentiva solamente il rumore delle gocce d’acqua che fuoriuscivano dal rubinetto. Mi denudai dei miei vestiti e m’infilai sotto la doccia facendo scivolare quella meravigliosa acqua calda lungo il mio corpo. Sembrava che mi fossi nascosta dal mondo. Chiusi gli occhi, mentre mi passavo le dita tra i miei capelli. Il tutto fu interrotto quando la doccia si chiuse e quella magnifica brezza di rilassamento puro scomparve nel nulla.
Kate.
«So che ci conosciamo solo da poche ore….ma che ne diresti di uscire da qui sotto e lasciarmi per qualche minuto la doccia? »
Sgranai gli occhi.
«Solo se mi passi l’accappatoio» risposi regalandole un sorriso a trentadue denti. »
La ragazza con molta pazienta, si voltò, prese l’accappatoio e me lo porse con molta gentilezza. Kate ed io avevamo insistito per farci mettere nella stessa stanza, perché eravamo molto simili. Ma alla fine lei finì con una matta di nome Rebecca Burwell, e io in una camera singola.
Presi alla svelta l’accappatoio e me lo infilai velocemente. Uscii dalla doccia e facendo spazio a Kate.
«Ehi, i presi ha avvertito tutti che dopo c’è una riunione nella stanza dove si tengono le assemblee. Non dimenticartene, altrimenti perderai alla tua preziosa camera singola. »
Mi fece un occhiolino accompagnato da un suo splendido sorriso. Kate era la classica bella ragazza, che non si accorgeva delle qualità che aveva. I suoi capelli biondi ora, che le incorniciavano il viso, gli cadevano dietro la schiena mostrando tutta alla chioma fluente. I suoi occhi azzurri ricordavano molto il colore del mare e aveva un fisico e delle forme stupende.
«Potevi dirmelo prima! Comunque ci andrò sicuramente. Ti aspetto lì Raune. »
Avvolsi i capelli in un asciugamano e sgattaiolai di corsa nella mia stanza. Io ero stata una delle “fortunate”, a possedere una camera singola. E infondo è meglio così, soprattutto per la mia natura. Se la mia compagna di stanza mi avrebbe detto: He, ma non ingrassi di un chilo. Che cosa avrei potuto dirgli? Sai, faccio molta palestra.
Sarei stata costretta a raccontare bugie a non finire, e il come mi dispiaceva. In vita mia sono stata sempre costretta a mentire sulla mia identità. Ora volevo godermi il college.
Mi tolsi l’accappatoio di dosso lasciando il mio corpo completamente nudo. Indossai i miei indumenti intimi e poi andai verso l’armadio. Che cosa avrei dovuto mettere? Quel tassello mi avrebbe tormentato ogni mattina. Dovrei preparare i vestiti la sera prima pensai.
Alla fine scelsi una camicetta verde a quadroni, con dei jeans attillati e le mie solite converse ai piedi. Avevo assunto lo stesso stile di mia madre quando andava al liceo.
L’unica cosa che mi toccava fare, era asciugarmi i capelli più velocemente possibili. Stavo per fare tardi, e mai in vita mia avevo fatto ritardo a qualche lezione o annuncio mattutino, mai. E non avrei di certo voluto iniziare oggi.
Presi lo asciugano capelli, che erano posti proprio sulla scrivania marroncina in stile barocco. Infilai la spina in una presa accanto alla finestra e premetti il tasto per l’accensione automatica del fon. L’aria era così calda che mi sentivo la testa in fiamme.
Quando mi resi conto che i miei capelli erano più che asciutti iniziai a pettinarli in modo più che delicato, perché durante l’asciugatura si erano intrecciati tra di loro. Quando i capelli furono perfetti allo specchio, mi arresi e poi la spazzola sul letto.
Diedi un’ultima sbirciatina al look mattutino e poi uscii dalla mia camera, chiudendomi la porta alle spalle.
Cominciai a camminare per il corridoio, ormai stracolmo di matricole, verso la sala delle assemblee. Per un’attiamo mi sentii quasi osservata, ma in mezzo a tutta quella gente poteva essere solo un mio presentimento. E invece mi sbagliavo…
«Ehi per la di carota! »
Sentii un sussurro nel mio orecchio sinistro, che mi fece sobbalzare e urlare allo stesso tempo. Tutte le matricole si voltarono verso di me alzando un sopracciglio, e qualche secondo dopo ripreso a camminare.
«Alex, sei uno stronzo! » urlai dandogli una gomitata nel fianco.
Il ragazzo scoppiò a ridere a crepapelle. Aveva una risata che m’irritava parecchio. Avevo conosciuto Sean proprio quando ho conosciuto Kate. Quando i ragazzi del quarto anno ci avevano dato il benvenuto nel college e ci avevano fatto da guida turistica tutto il giorno.
Sean era un ragazzo molto divertente e giocherellone, ma anche molto irritante. Aveva i capelli di un rosso scuro, e gli occhi verde lucido. La sua maglietta bianca lasciava a vedere i suoi addominali scolpiti – che erano nascosti sotto la maglia. I suoi jeans neri facevano notare i possenti muscoli alle gambe, e ai piedi portava delle semplici vans.
«Dai stavo scherzando. Ti chiedo scusa va bene? »
«Beh sarà meglio. » esclamai
«Stai andando anche tu ad ascoltare l’annuncio del mattino per le matricole vero? »
Come me, anche Sean era una matricola. Era il primo ragazzo che avevo conosciuto al Trinit College. Mi aveva anche dato una mano a portare i bagagli nella mia camera, sotto gli occhi indiscreti di mio padre.
«Sì. Kate mi ha detto che ci avrei rimesso la mia camera se non ci sarei andata. Ed io voglio la mia camera. Non la cederei per nulla al mondo» risposi fissando il pavimento nel corridoio.
«Il mio compagno di stanza è un depravato di prima categoria. Cioè….è vero, quale uomo non possiede un briciolo di perversità? Però lui è troppo….dice di volersi scopare Natalie. »
In quel momento emisi un sospiro di gioia e cominciai a ridere. Conoscevo Natalie solo di vista ma sembrava una ragazza molto ingamba. Ma si vedeva da kilometri che Sean aveva una cotta per lei.
«E tu….ovviamente sei geloso » ironizzai.
La mia espressione diventò seria, poi mi sbarrò la strada ponendosi davanti a me.
«Ascolti bene per la di carota. A me Natalie non piace. E’ quel mio compagno di stanza che è strano, insomma ha passato tutta la notte a fare chissà cosa sotto le coperte».
Scoppiai in una risata sonora immaginandomi la scena. Sean era più che geloso. Sarebbe saltato addosso al suo compagno di stanza peggio di un leone quando sta per sbranare una capretta indifesa. Da quanto avevo capito Sean non riusciva a controllare la rabbia.
«Prova a parlargli. Digli che deve smetterla di pensare solo al sesso. Altrimenti parli con il preside che cerchi di farti cambiare coinquilino. »
La campanella suonò il preciso istante rumorosamente, costringendomi a tapparmi le orecchie. Mi morsi un labbro per il nervosismo.
Il Professor Young era già all'entrata della sala, mentre chiedeva agli studenti di firmare in una piccola casella, che confermava la partecipazione a quello strano annuncio mattutino.
Sean mi fece cenno di seguirlo e insieme ci dirigemmo verso la sala.

 
*NOTE DELL'AUTRICE*
Salve a tutte lettrici, sono trovata con il primo capitolo ufficiale della storia.
Lo so, ci saranno sicuramente un paio di errori, ma non ho proprio avuto il tempo di revisionare tutta la storia. 
Il capitolo potrà sembrare banale, ma spero che piaccia lo stesso.

Spero che la storia vi piaccia e che recensirete in molti.
Un bacione :*

Elisa;



 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 1x02 - Minaccia ***


RUBY EFP


1X02 - MINACCIA


I giorni al college volavano così velocemente che non riuscivo più a distinguere i vari giorni della settimana. Mi sembrava lunedì ma in realtà era giovedì. Precisamente giovedì 18 settembre. Sarebbero iniziate le lezioni. Ebbene si, quei pochi giorni di relax erano finiti. Kate sarebbe venuta in camera mia, poi saremmo passate a prendere Sean e alla fine saremmo andate nella nostra classe che si trovava nell’ala sud del campus. Mi vestii molto casual quel giorno: indossavo un vestitino corto che mi arrivava fino a sopra il ginocchia, di un colore simile ad una prugna. Il bordo, che sembrava più un corsetto, aveva un tessuto simile al jeans e il colore era uno dei miei preferiti, un delizioso viola chiaro. I stivali che mi aveva regalato zia Alice, e che stavo provando per la prima volta, mi arrivavano sopra la caviglia con un leggero tacco. Circa sette centimetri. E sopra il vestitino viola, un giacchetto jeansato.
-Posso entrare oppure troverò qualcosa di osceno?- la voce di Kate, che mi provocava come al solito, era sempre conoscibile. E molto irritante.
-Tranquilla, sono già pronta.- risposi aprendo la porta.
Kate entrò saltellando in camera buttandosi di getto sul letto, che da poco avevo finito di rifare.
-Allora?- cominciò –Sempre sola, oppure avrai una compagna di stanza?-
-Compagna di stanza.- risposi irritata –e guarda caso arriva proprio oggi.- sbuffai.
-Bel vestitino. Ti rende molto…..sexy- Kate si morse un labbro.
-Cosa fai, reciti la parte di quella lesbica?- risposi scoppiando a ridere.
-Forse, e se lo fossi davvero?- la sua voce cambiò in quella di un fantasma durante la festa di Halloween.
-Non sbaveresti dietro tutto il giorno a Jonathan Mikaelson.- risposi incrociando le braccia al petto.
-Gne gne- la sua risposta suonò molto come la filastrocca di una bambina dell’asilo. Quanto era infantile.
-Forza è ora di andare.- m’interruppe Kate –dobbiamo andare a prendere Sean, e poi sgattaioliamo direttamente in classe.-
-Da quando ti interessa arrivare puntuale in classe?- risposi meravigliata.
-Da quando ho scoperto che il termina Brangelina non è una marca di surgelati.- si alzò dal letto e si volatizzò fuori dalla stanza.
Presi i libri e la seguii di corsa tra le risate. Kate era l’unica amica che mi ero fatta da quando….beh da sempre. Io non sono mai stata una ragazza normale, quindi mi è sempre stato molto difficile socializzare con altre persone. Ma mi ero promessa che quando avrei iniziato il college tutto questo sarebbe cambiato e così è stato. Eravamo lì da solo una settimana, eppure ci volevamo già bene come due sorelle.
**
Quando la lezione finì, Kate e Sean erano come volatizzati. Erano praticamente scappati, senza dirmi nulla. Mi stavano nascondendo qualcosa? In effetti Kate era così, in un attiamo è dietro di te, un secondo dopo non c’è più. Sarei andata a pranzo da sola allora. Prima sarei dovuto passare per il bagno, che si trovava proprio nello stesso corridoio in cui si c’era la biblioteca. Presi la mia borsa a tracolla, e corsi subito in bagno. Quando vi entrai, i bagni erano tutti occupati. Ma guarda un po’. Pensai tra me e me. Quando l’intero corpo studentesco femminile si dileguò per andare a pranzo, io m’infilai in uno dei bagni.
-Brutta troia.-
Sentii urlare. Ero quasi certa che fosse una lite tra due ragazzi. Ma non era così. Quando mi sporsi più in là per vedere cosa stesse succedendo, mi ritrovai ad assistere ad una scena raccapricciante.
Tate, il ragazzo del terzo anno che avevo visto solo un paio di volte in giro per il campus, stava minacciando Red. Red era una ragazza del secondo anno, iscritta a filosofia.
-Giuro che se apri bocca….io ti uccido….mi hai capito? Ti uccido-
La voce di Tate era spietata, fredda. Quasi come quella di un killer. Red piangeva disperata, mentre si rannicchiava in se stessa nello stretto angoletto del bagno.
-Te lo giuro non lo dirò a nessuno. Non ne farò parola.- rispose lei –però ti prego….ti prego non uccidermi…ti prego….lasciami in pace.-
Red si tirava i capelli dalla disperazione.
-Sarà meglio, o per te è finita.- rispose Tate chiudendo la conversazione e andando via.
Red si sedette sul pavimento sporco dei bagni. Teneva le mani strette intorno alle gambe, e affondava la testa nella sua gonna, senza smettere nemmeno un attiamo di piangere.
Solo quando ebbi il coraggio di uscire dalla porta del bagno, mi fermai davanti a lei guardandola per una frazione di secondo.
-Red….tutto bene?- mi avvicinai.
-Eri lì vero? Hai sentito tutto? Ti prego non dirlo a nessuno.- la ragazza si asciugava le lacrime con il palmo della mano, mentre il mascara colava dipingendogli la faccia di un nero carbone.
-Non ho sentito niente. Solo la parte finale….cos’è successo?- mi sedetti accanto a lei accarezzandogli il braccio.
-Lui…lui…..era sul lago e stava parlando con….con……- s’interruppe quando Tate passò davanti l’ingresso per i bagni femminili. Era come se il cuore di Red si fosse fermato.
Si alzò di scatto e scappò via. Ripresi la mia borsa avviandomi verso l’uscita, ma venni bloccata da Tate, che mi stringeva forte al muro.
-Sai hai una faccina davvero adorabile. Hai delle gambe così….arrapanti…- mi sussurrava Tate –non credo che tu voglia vedere quel tuo meraviglioso volto sfigurato…vero?-
Mi passi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e lo guardai con un sorrisetto malizioso.
-Senti, tu non mi fai paura. Forse potrai intimorire Red….ma non me. Quindi, ti sposti per favore. Avrei una certa fame…il mio stomaco sta brontolando.- risposi.
Il mio tono era quasi buffo. Sembrava quello di una donna determinata, senza paure. Mio padre mi aveva insegnato a non avere paura di niente e di nessuno. Mi aveva insegnato a difendermi da sola…
-Dai, solo pochi minuti- mi accarezzò con un dito la gamba e si leccò il labbro.
-Giuro, che se non mi fai passare, mi metto ad urlare.- lo misi quasi alla prova.
-Lo stesso discorso vale per te Cullen. Stai attenta….molto attenta….perchè se parli, non solo morirà la tua amichetta….ma tu farai la stessa fine.- mi rispose avvicinando le sue labbra alle mie.
Per un secondo mi sentii lo stomaco sotto sopra. Era nausea, mischiata ad una dose di puro disgusto. Quando le sue labbra furono ad un centimetro dalle mie, gli sferrai un doloroso schiaffo sulla faccia.
Dall’angolo della sua bocca fuoriuscì una goccia di sangue, che scivolò lungo il metro. Si posò una mano sulla faccia e poi scoppiò a ridere.
-Oh piccola puttanella. Non avresti dovuto farlo…- urlò.
Mi afferrò per i capelli e mi scaraventò lungo la vetrata del corridoio. Finii proprio sul terrazzo che mi affacciava sul cortile del campus. Le schegge mi penetrarono lo stomaco, le dita, e i fianchi. Il respiro mi si mozzò in gola. Per un attimo ebbi l’impressione di essere morta. Solo qualche istante dopo, capii di essere sana e salva.
-Renesmee, cos’è successo? Renesmee parlami!-
Quella voce mi rimbombava nell’orecchio quasi come se fosse un eco. Ero sicura che quella fosse la voce di Kate. L’ultima cosa che riuscii a vedere, furono i miei compagni radunati in cerchio disperati. Poi non vidi più nulla. Ero morta? Sicuramente no. Svenuta? Probabile.



NOTE DELL'AUTRICE
Bentornati con il solito appuntamento settimanale di Everside.
Ebbene sì, intrighi e misteri saranno il succo principale di questo capitolo. E in più, conosceremo a fondo due nuovi personaggi.
Volevo solo avvisarvi che l'appuntamento si sposta al Giovedì e al Sabato. Solo per questa settimana l'appuntamente si terrà il Martedì e il Sabato.
Ho anche cambiato nickname: Ruby Efp. Ispirato alla trilogia di Kerstin Gier 
Detto ciò, non mi allungo troppo. LEGGETE E RECENSITE!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 1x03 - Iniziano le indagini ***


RUBY EFP

1X03 - INIZIANO LE INDAGINI
 

Mi risvegliai in infermeria, dolorante e con un forte bruciore su entrambi i fianchi. Il gran mal di testa non mi rendeva del tutto cosciente, e avevo la schiena a pezzi. Ma cos’era successo? Ricordo solo che Tate mi aveva scaraventata contro la vetrata che dava sul cortile del campus. Poi i miei ricordi erano svaniti. Ricordo ancora quella sensazione. La sensazione di essere quasi vicina alla morte. La mia parte umana me lo permetteva. Sarei potuta morire quel giorno, ma non era successo. Kate era ai piedi del letto, mentre faceva uno dei suoi pisolino pomeridiani. Forse si era addormentata per la stanchezza.
-Ehi pel di carota! Come stai?-
La voce di Sean non era la stessa. Il suo tono era preoccupato. Il suo volto era sbiancato, come se qualcuno lo avesse infilzato con un coltello. Sembrava un fratello maggiore super protettivo. Per un attimo pensai a mio padre. Se ci fosse stato lui avrebbe spaccato la testa a Tate. Ma ora ero sola. Dovevo cavarmela da sola. Avrei dovuto proteggermi da sola. Non avrei avuto sempre la mia famiglia o Jacob a guardarmi le spalle.
-Sto bene idiota grazie.- risposi –quando tempo ho dormito?-
-Circa sette ore!-
Cosa? Sette ore? Avevo passato metà della giornata in infermeria? Non potevo crederci. In cosa mi aveva ridotto Tate? Provai un senso di vendetta. Mi sarei sicuramente vendicata.
-Cosa? Stai dicendo sul serio?- urlai per la sorpresa.
-Si sto dicendo sul serio- scoppiò in una sonora risata.
Poteva sembrare strano pensare certe cose in quel momento, ma il sorriso di Sean era bellissimo. E mi rilassava. In qualche modo mi sentivo protetta. Mi sentivo al sicuro con lui al mio fianco. Era come un fratello maggiore. Mi avrebbe protetta. Sempre.
-Renesmee, mi dici cosa è….successo?- sussurrò.
Ed ecco che il sottile filo invisibile che mi collegava a Sean in modo sovrumano si era spezzato. Cosa gli avrei detto? Non potevo assolutamente dirgli la verità. Non sapevo nemmeno io cos’era Tate.
-Nulla. Sono inciampata sul pavimento scivoloso del corridoio e sono finita sulla vetrata.-
Le bugie hanno le gambe corte. Ed era vero. Ero una pessima attrice. E non sapevo mentire. Perché non avevo il coraggio di mentire.
-Non dirmi queste stronzate. Tate stava scappando dal lato opposto del corridoio quando siamo venuti a soccorrerti. Cosa ti ha fatto, eh?- il suo tono era duro e freddo. Mi stava urlando contro.
-Non mi ha fatto nulla…sono sta….- m’interruppe prima che io finissi la frase.
-Oh certo Renesmee…ci credo certo….allora perché lui era lì esattamente quando tu eri caduta? E perché stava correndo. Se fosse passato per caso, sarebbe venuto a darti una mano.-
In risposta sbuffai. Sean non era così egoista come dicevano tutti. Anzi, lui era l’unico che aveva capito chi fosse il vero colpevole di tutta la storia. Ma non volevo lo stesso dirglielo. Avrei prima dovuto scoprire cosa fosse, e cosa era capace di fare.
-Scusate.- s’intromise una voce delicata e dolce –posso?-
Sean gli fece spazio volatizzandosi già con una velocità assurda, e con il volto abbassato. La ragazza dalla voce dolce e affettuosa era Red. Che era venuta a trovarmi in infermeria con una mazzo di tulipani. Non era i miei preferiti, ma gli ero molto grata.
-Come stai?- mi domandò sedendosi sulla sedia accanto al letto.
-Male. La schiena mi fa malissimo, ed entrambi i fianchi mi stanno andando a fuoco.- risposi
-Cos’è successo?- mi chiese.
Con Red avrei potuto confidarmi. Infondo solo lei sapevo com’era fatto Tate. Lei mi avrebbe capita, mi avrebbe aiutata.
-Dopo che tu sei andata via, Tate ha cominciato a minacciarmi. Io in risposta gli ho dato uno schiaffo facendolo sanguinare. Lui in risposta mi ha scaraventata con la vetrata più grande del corridoio. La vetrata che da proprio sul campus.-
Red si morse un labbro, abbasso il volto e intravidi una lacrima che gli scorreva lungo il viso.
-Ehi, cosa c’è?- gli risposi cercando di accarezzargli una spalla.
Per qualche minuto non rispose. Poi alzò il viso asciugandosi le lacrime. –E’ tutta colpa mia. E’ colpa mia se ora sei qui dentro. E’ colpa mia se stai mai.-
Red si sentiva in colpa. Singhiozzava e tremava. Forse per la paura, forse per il dispiacere. Quella lite con Tate era stata solo uno spiacevole incidente.
-Red sai che non potevi prevederlo. E’ stato solo un’incidente. E poi io sto bene, tranquilla- gli sorrissi cercando di dargli sicurezza.
-Non è vero non stai bene. Altrimenti non saresti qui. Mi dispiace così tanto Renesmee. Mi dispiace tanto. Perdonami.-
Fui colpita dalla grinta di quella ragazza. Avrebbe potuto avere a che fare con una ragazza viziata e meschina, che gli avrebbe sicuramente urlato contro. Invece non aveva avuto paura. Mi aveva fatto le sue scuse di persona. Quel giorno non mi aveva portato solo un mazzo di fiori. Mi aveva anche portato una grande dose della suo estremo coraggio.
-Red smettila. Io sto bene. Non essere così. Non essere debole. Lui ti ha appena minacciata di morte. Tira fuori il tuo coraggio. Sei una donna. Hai una vita, dei cari e dei valori. Hai dei sogni. Non puoi farti intimorire da….quella sottospecie di umanoide. Insomma….apri gli occhi.-
Presi un fazzoletto e gli porsi. Conoscevo Red da poche settimane, eppure non l’avevo mai vista così. Lei era sempre in cerca di gossip. Canticchiava tra i corridoio, ed era innamorata di tutto ciò che la circondava. Sembrava che il mondo fosse fatto apposta per lei.
-Tu devi aiutarmi.- sussurrò –Stasera, vieni al lago. Scopriamo cosa ha combinato Tate. Ti prego, credo che centri qualcosa con questa storia. So che vuoi sapere cos’è veramente.-
Il mio cervello andò in back up. Avrei dovuto accettare? Avrei dovuto rifiutare? Se avrei accettato, avevo una spiegazione plausibile a quello che era successo. Ma se avessi rifiutato, avrei dovuto mentire ai miei amici. A Kate…
-E va bene. Ci sto. Stasera. Mezzanotte. Lago.- gli feci l’occhiolino.
Red ricambiò con un sorriso a trentadue denti. Aveva uno dei sorrisi più belli che io abbia mai visto nei miei anni di vita. Ovviamente dopo quello di Sean.
Prese le sue cose, mi salutò e scappò via più veloce di un saetta.
Mi avrebbero dimesso proprio nel pomeriggio, quindi avrei ottenuto la serata libera. Sperando che Kate non mi seguisse o mi spiasse di nascosto.
**
-Signorina Cullen, le ho già detto che da qui lei non esce. Non è ancora nello stato giusto per tornare a fare lezione normalmente.-
La dottoressa McDonald insisteva sul fatto che io dovessi rimanere in infermeria ancora qualche ora, dopo di che sarei potuta uscire il giorno seguente. Red aveva bisogno del mio aiuto, cosa le avrei detto?
-Ma le ho detto che sto bene. Sono sana come un pesce. Guardi-
Alzai la maglia fino a sopra i fianchi, facendo notare alla dottoressa che le ferite non c’erano. Il fianco era liscio come il viso di un bambino, ma era rimasta una lunga cicatrice. Il mio lato vampiresco avrà assorbito tutto? Pensai.
-Ma…come…- sussurrò –oggi l’ha fatta franca. Se ricapiterà, sarò costretta a chiamare il preside.-
Sorrisi soddisfatta. La dottoressa McDonald mi passò il cesto con i miei indumenti, che avevo indossato prima dell’incidente con Tate. Indossai i vestiti e corsi verso la porta super eccitata di tornare tra i corridoio del campus.
-Aspetti! La desiderano al telefono.- La dottoressa McWrite mi bloccò ancora prima che io aprissi la porta. Ero sicura che fossero i miei genitori. Solo zia Alice avrebbe potuto prevedere quello che era successo.
Mi avvicinai alla cornetta del telefono, portandola all’orecchio.
-Pronto?- esclamai.
-Renesmee cos’hai combinato?- era mia madre.
-Stavolta zia Alice non ha previsto nulla? Potevate anche avvisarmi.-
-Non ha previsto nulla stavolta. E stiamo cercando di capire il perché. Ultimamente non prevede più nulla. Sembra che i suoi poteri stiano sparendo.-
Cosa voleva dire? Perché zia Alice non riusciva ad usare i suoi poteri. Infondo Tate era solo un semplice umano. O almeno…credo….
-Un ragazzo, mi aveva minacciata e io in risposta gli ho dato uno schiaffo. E lui…beh…mi ha scaraventata con la vetrata del corridoio. Tutto qui. Sono solo stata un paio di ore in infermeria. Ah! E sono svenuta anche.-
Mia madre sospirò, come se fosse preoccupata.
-Renesmee?- ora era mio padre.
-Ciao papà- risposi.
Le due dottoresse tenevano gli occhi puntati su di me. Mi stavano tenendo d’occhio. Come per accertarsi che io non facessi qualcosa di stupido.
-Potresti stare più attenta la prossima volta per favore?-
Era la prima lamentela che ricevevo da mio padre. Ero sempre stata una ragazza apposto, intelligente secondo, secondo mio padre. Era il primo sbaglio che avevo commesso in vita mia. Oltre al fatto, di aver quasi ucciso mia madre durante la gravidanza.
-Si papà, scusami. Ti prometto che da oggi in poi andrà tutto bene. Lo giuro.-
Era molto più facile parlare con mio padre. Lui era più apprensivo e disponibile. Mia madre ultimamente sembrava un’isterica.
-Stai attenta tesoro. Ciao.- la linea cessò e posai la cornetta del telefono alla sua postazione.
Ora avevo un impegno importante da svolgere. E nessuno mi avrebbe fermata.

 
**

NOTE DELL'AUTRICE:
Salve a tutti cari lettori, bentornati con un nuovo capitolo di Everside.
Sono felice, che il secondo capitolo sia piaciuto a molti lettori. Ma sopratutto ha ricevuto molte più visite rispetto ai prime due capitoli.
Ringrazio tutte le ragazze, che mi seguono ogni giorno, e che mi aiutano ad andare avanti con questa storia.
Nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto e come sempre. LEGGETE E RECENSITE!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 1x04 - Segreti ***


RUBY EFP


1X04 - SEGRETI
 
Appena uscita dall’infermeria andai subito nel posto in cui si sarebbe tenuto l’appuntamento con Red: il lago. Ebbene sì, avevamo deciso di fare un po’ di luce su questa storia di Tate. Visto che quel gesto che aveva fatto, non poteva assolutamente essere umano. Un essere umano non possiede tanta forza. Eppure, ero ancora convinta di dovermi vendicare. Se solo ci fosse Jake, pensai. Mi stavo giusto chiedendo che fine avesse fatto. Mi aveva promesso che mi avrebbe chiamato ogni fine settimana. Mi aveva promesso che mi avrebbe scritto qualche mail. Ma nessuna chiamata. Nessuna mail. Mi mancava…
Quando arrivai al lago, Red era già lì, seduta su una pietra gigante.
-Scusami per il ritardi. I miei genitori volevano sapere cos’era successo.-
Notai una lacrime che scendeva lentamente dal volto di Red. Tate era stato lì? L’aveva picchiata? L’aveva di nuovo minacciata?
-Red, tutto ok?- mi abbassai leggermente in modo da arrivare alla sua altezza.
-Ahahah, sei proprio una sciocca.-
Una sagoma alta, con delle spalle possenti, e con gli occhi puntati su di me, era alle mie spalle. Aveva una voce dura, tentatrice….sembrava il diavolo in persona.
Tate.
-Cos’hai fatto a Red?- gli urlai contro.
-Calmati dolcezza.- sussurrò –la tua amichetta sta benissimo.-
-Non toccarla.- ringhiai
-Tu, hai molta tenacia. Mi dispiace doverlo fare.-
Iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli e poi mi lasciò un bacio a stampo sulla fronte. Cosa aveva intenzione di fare? Voleva uccidermi! Dovevo scappare, prendere forza e correre tra i boschi del college. Forse c’entrava con quello che aveva detto Red.
All’improvviso sentii una grande fitta nella testa. Come se una forte mal di testa mi stesse uccidendo, bloccando i polmoni, e lasciandomi senz’aria. I miei occhi si colorarono di un giallo luccicante, e i dolori aumentavano. Sempre più forti. Mi perforavano il petto, mentre io gridavo di dolore, senza forze per muovermi.
-Basta, b-basta!- sussurrai.
Era lui. Era Tate. Era lui che mi stava provocando tutto quel dolore. Mi avrebbe lasciata marcire fino a quando non avrei emesso un ultimo respiro.
-Nessie.- una voce maschile, piombò dietro le spalle di Tate, assalendolo e riempiendolo di botte.
-Te lo avevo detto. Avevamo un patto. Lei non c’entra nulla.- urlava la voce maschile.
Sean.
Proprio in quell’istante i dolori cessarono. Le vie respiratorie tornarono a funzionare come prima, e il dolore allucinante che avevo alla testa era passato. Era bastato un secondo, per farmi capire che quella sera sarei morta. Ma grazie a quel ragazzo, che non era solo il mio migliore amico, si è accesa quella lampadina che si stava spegnendo a poco a poco.
-Tranquilla Nessie. Ti riportiamo dentro.- Sean mi prese in braccio e corse lungo il cortile del campus, portandomi nel dormitori maschili. Mi stava portando in camera sua. Appoggiai la testa al suo petto caldo. Sospirai e mi strinsi a lui, lasciandomi trascinare dal suo calore troppo confortante. Sembrava Jake. Mi addormentai tra le sue braccia, prima ancora di arrivare in camera sua.
 
**
Mi svegliai, avvolta da una copertina di lino bianca e uno straccio bagnato di acqua calda sulla fronte. Ero nella stanza di Sean, e intanto cercavo di riprendere i sensi. Dopo lo spiacevole evento con Tate, mi chiedevo dove fosse finita Red. Era stata presa in ostaggio da lui? E soprattutto, cos’era Tate?
-Ehi! Si è svegliata!-
Quando aprii gli occhi e fui molto più cosciente di prima, capii che nella stanza non c’erano solo Kate e Sean. Ma c’era gran parte degli studenti del college. Natalie e Violet erano sedute sul letto di David, il compagno di stanza di Sean. Jonathan e McKenzie era in piedi accanto alla porta. Mentre Red era seduta su una poltrona accanto al letto di Sean.
-Ma….che cos’è questa? Una specie di riunione del college?- mi alzai a fatica guardandomi intorno.
-Siamo qui perché devi sapere la verità Nessie. Devi sapere tutto.- rispose Violet.
Conoscevo poco Violet. Anzi non la conoscevo affatto. Ci eravamo scontrate qualche volta lungo il corridoio, e in biblioteca ma niente di più. Non avevo mai provato a parlare, o a conoscerla. Natalie la conoscevo appena, Sean aveva una cotta speciale con lei. Ma Natalie se ne fregava completamente di lui. A differenza di Violet, Jonathan e McKenzie non li conoscevo affatto. Era la prima volta che li vedevo in queste due settimane al college.
-Cosa devo sapere?- sbuffai. –sono stanca.-
-Nessie è importante. E tu devi saperla. Perché anche tu fai parte di questa storia. Come tutti noi.-
Deglutii cominciando a sudare freddo. Non era buon segno.
-Avanti, vi ascolto.- dissi.
-Noi. Tutti noi, presenti in questa stanza siamo proprio come te.- cominciò Sean. –Io e Mckenzie siamo dei vampiri Irlandesi. Io sono vecchio di circa centosettant’anni, McKensie da novantanove anni. Violet, è un’ibrida, sua madre è morta durante il parto. Natalie e Jonathan, sono dei cacciatori di vampiri. Red e Kate sono umane.-
Non potevo, e non volevo credere ad ogni singola parola che mi aveva detto Sean. Non era possibile. Mi avevano mentito per settimane. E adesso, vengo a scoprire che loro di me sapevano già tutto. Sapevano a quale clan appartenevo, sapevano cos’ero in grado di fare. E sapevano chi ero. I ragazzi, che avevo creduto fossero miei amici, in realtà stavano organizzando una confraternita di creature sovrannaturali. Create dal diavolo. E io ne facevo parte.
-Voi state delirando….non è vero.- risposi
Non avevo la forza di credere. Non ce l’avrei fatta anche stavolta. Troppe bugie, e troppi misteri si nascondevano dietro quei visi angelici, di cui mi ero fidata. Avevo lasciato Forks, per vivere una vita normale. Volevo sentirmi un umana per una volta. Invece ero capitata proprio nel posto in cui non dovevo capitare. Con degli amici vampiri, e non solo…ora ci si mettevano anche i cacciatori. Credevo che i cacciatori si fossero istinti da anni ormai –o almeno era ciò che mi diceva mio padre.-
-Ness, è la verità. Altrimenti perché staremmo tutti qui cercando di farti capire che sei in pericolo? Non è una presa in giro. Noi lo siamo veramente.-
Violet, seguita da Sean e Mackenzie mi mostrarono i loro occhi color oro. Erano come quelli miei e della mia famiglia. Anche loro cacciavano gli animali.
-Perché non me lo avete detto prima? E cosa sta succedendo? Cosa vogliono da me?-  urlai scoppiando in lacrime.
-Sappiamo solo che Tate fa parte di un clan, che è più una specie di setta. E questa setta ti vuole.- parlò Red.
-Perché?- deglutii a fatica.
-Loro non hanno mai visto un ibrido in carne ed ossa. Ma sanno che esistono. Per loro gli ibridi sono creature dannate. Vogliono che la vostra razza venga estinta. E non solo…voglio morti anche i vampiri. Vogliono ricreare il sovrannaturale.- rispose Jonathan.
Credevo che l’unica setta in circolazione fossero i Volturi. Da quanto avevo capito, questo Clan voleva il potere assoluto sul mondo sovrannaturale. Volevano ricoprire il ruolo, che tecnicamente aspetta ai Volturi.
-Ma i Volturi interverranno vero? Non lo lascerebbero mai fare. Succederebbe una stage, e morirebbero molti umani.- risposi a Jonathan.
-Stiamo seguendo i loro spostamenti da settimane. Ma li abbiamo persi. Il nostro obbiettivo è quello di trovare i capo del Clan, e poi ucciderlo. Prima di arrivare ad una battaglia, dobbiamo uccidere il capo.- disse Natalie, mostrandomi il tatuaggio che aveva sul polso.
Era una luna durante l’eclissi, e al centro vi era posta una clessidra.
-Cacciatori si nasce. Non puoi diventarlo. Noi siamo stati marchiati già nel grembo di nostra madre.- proseguì Natalie.
Non capivo perché gli altri lasciassero che Natalie e Jonathan, partecipassero a quella che era una lotta per cercare, e poi uccidere, il capo di questa setta. La creatura che guidava questi selvaggi, e che lo rendevano sempre più potente e pericoloso. Natalie e Jonathan erano dei cacciatori. Infondo avrebbero potuto ucciderci tutti.
-Ora Ness, devi darci una risposta.- s’intromise Sean –sei con noi, o non sei con noi.-
Io ero al protagonista di quella serata. Mi chiedevo, se nel caso in cui fossi nata umana sarei potuta servire a loro. Non capivo il perché di quella richiesta. Io li avrei messi in pericolo. Li avrei fatti uccidere. Insomma, loro stavano cercando me, per arrivare a loro.
-Ma vogliono me. Se accetto voi…- Jonathan m’interruppe prima che finissi la frase.
-Ness, noi ce la caveremo. Devi solo aiutarci. Ti prego Ness, ti prego…-
Ora mi supplicavano anche? Non avrei mai potuto lasciarli soli. Con un pericolo del genere in mano. Li avrei aiutati a sconfiggere quella bestia. Dopo di che, avrei potuto continuare la mia eternità. Anche se non sarebbe mai stata come prima.
-Va bene, vi aiuterò.- risposi.
Tutti fecero un respiro di sollievo. Sean, Kate e Red corsero ad abbracciarmi. Violet e Natalie mi lasciarono due baci sulla guanci, e Jonathan mi accarezzò la schiena come atto di conforto. McKenzie, invece, se ne stava in un angolino. Tutto solo. Che fosse un tipo solitario?
-Prima però, dobbiamo dirti la cose più importante di tutte.- mi stritolò Kate.
-Hanno chiamato i tuoi genitori. Devi tornare a casa entro domani pomeriggio.- terminò la frase Red.
Cos’era successo? Magicamente i poteri di zia Alice erano tornati? Forse avevano avvertito il pericolo, e volevano che io ne stessi fuori?
-Ma…voi avete bisogno di me.- risposi con aria sconfitta.
-Noi ce la caveremo. Ti raggiungeremo a Forks. Prepara le valigie, domani mattina partirai. Noi verremmo tra un paio di settimane.- m’informò Sean regalandomi uno dei suoi sorrisi mozzafiato.
Era tutto così….incredibile. Non poteva essere vero. Stavamo rischiando la vita. Ma non m’importava. Basta essere debole. Basta fare la ragazzina. Basta con questa vita umana. Dovevo accettarlo. Io ero nata così, e non avrei potuto cambiare le cose. Era l’ora di difendere ciò che mi appartiene.

 
**
NOTE DELL'AUTRICE
Ebbene sì. Questa sera era in programma un doppio capitolo. Oggi mi era venuta l'ispirazione, quindi ho cominciato a scrivere e non ho più smesso.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, visto che qui la storia comincia a farsi interessante.
E come sempre: LEGGETE E RECENSITE!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 1x05 - Port Angeles ***


RUBY EFP


1X05 - PORT ANGELES
 

Il volo per il ritorno a casa era stato duro. Odiavo gli aerei, e soprattutto odiavo andarci da sola. Soffrivo di vertigini, nonostante sapessi che non sarei morta comunque. Ma ci sarebbero state grosse probabilità, visto che avevo un cuore che batteva, e del sangue che scorreva nella vene. Quando l’aereo decollò mi sentii più sicura. Ero tornata a casa sana e salva. Erano venuti zio Emmett e zia Rosalie a prendermi all’aeroporto. Quando tornai a casa mi ritrovai sommersa dagli abbracci e dalle carezze di zii, nonni e genitori. C’era anche Jake, che non si era nemmeno degnato di venirmi a salutare.
-Potresti salutarmi almeno? Non mi vedi da settimane e l’unica cosa che riesci a fare è startene in un angoletto?-
L’espressione di Jacob era irritata. Come se fosse infastidito dalla mia presenza lì. Forse sapevano già tutto quello che era successo, e lui era arrabbiato perché voleva che io conducessi una vita umana invece di restare a casa mia, in una famiglia di vampiri.
-Perché sei tornata? Me lo avevi promesso Nessie. Me lo avevi promesso.-
Nei suoi occhi c’era solo rabbia. Il motivo era proprio quello. Lui non sopportava il fatto che io stessi in mezzo a creature che dovrebbero rimanere chiuse nei libri delle favole. Voleva che io conducessi una vita umana. Che realizzassi i miei sogni.
-Jake, per i miei genitori io sono più al sicuro qui. Non puoi decidere tu per me. Anch’io volevo ricominciare da capo. Volevo vivere una vita umana. Ma a quanto pare sta andando tutto di male in peg…-
Non mi dette il tempo di finire la frase, che subito prese il mio viso tra le mani e mi baciò intensamente. Come solo lui sapeva fare. L’ultimo, primo e vero bacio, me lo aveva dato prima di partire. Quel bacio mi trasportò in un’altra dimensione. Per qualche minuto era come se i problemi che mi circondavano, non ci fossero più. Come se il mondo non ci fosse più. Eravamo solo io e lui.
-Sarà meglio andare. Tuo padre altrimenti tuo padre mi ucciderà.-
Per qualche secondo mi mancarono l’effetto che facevano le sue labbra sulle mie.
-E dove vai?- Ora che lo avevo ritrovato, non lo avrei lasciato andare così facilmente.
-Devo andare dai Quileute. Stasera si va a Port Angeles.-
Mi lasciò un bacio sulla guancia e scappò via. Rimasi sola nella stanza, toccandomi le labbra con il palmo della mano. Non riuscivo a dimenticare le sue labbra. Calde, soffici, come quelle di un angelo. Dio, quel ragazzo mi faceva andare letteralmente in tilt.
-Vieni Renesmee, la nonna vuole sapere cos’hai fatto al college.- mi desse zia Alice rompendo tutti i miei sogni ad occhi aperti.
Sorrisi e la seguii andando in salotto, dove tutti mi stavano aspettando. Forse una chiacchierata in famiglia? Mio padre era felice che io fossi tornata, nonostante avessi bloccato per un attimo gli studi. Anche la mamma lo ero, ovviamente, ma credo che la pensasse come Jake. Mi sedetti accanto a zia Rosalie, e nonna Esme era seduta sulla poltrona proprio di fronte a me.
-Allora tesoro, dicci com’era il college.-
Mi era mancata la voce rilassante della nonna. Era come se fosse un tranquillante per le mie orecchie.
-Beh, le prime settimane sono state stupende. Mi sono fatta degli amici. Kate, Sean e Red. Gli altri ragazzi non li conosco proprio bene, ma posso considerarli amici.- era facile parlare con nonna Esme. Non proprio facile quando avevi altre sette teste che ascoltavano la tua conversazione, ma era comunque un sollievo per me.
-E le lezioni? Com’era?- Non potevo dare una risposta a quella domanda, perché in quel giorno ero riuscita ad arrivare solo a due lezioni. Grazie a Tate, che aveva inaugurato il primo giorno ufficiale al college.
-Ehm…diciamo che gli insegnanti la spiegano in un modo, che ti riesce quasi impossibile annoiarsi. Non è come al liceo. Ma, zia Rosalie è zia Rosalie. Nessuno spiega bene più di lei.-
Tutti scoppiarono in una grande risata, soltanto zia Alice incrociò le braccia al patto recitando la parte della seria, ma alla fine scoppiò anche lei a ridere.
-E’ facile dirlo quando hai frequentato solo un anno di college.-
Le perle di saggezza di zio Emmett, che oltre a pensare ai doppi sensi gran parte della sua vita ora faceva anche il moralista. Però lo adoravo, anche se aveva ragione. Io avevo studiato a casa per tutta la mia vita, ma i miei genitori ci tenevano che io prendessi il diploma, perciò fui costretta ad andare ad un solo anno di college, ovvero l’ultimo. Non ero stata proprio costretta, io ero felice di andarci. Mi piaceva lo studio, a volte.
-Beh, posso dire che in queste due settimane mi sono sentita….non so…..responsabile credo….indipendente. Ma, come vedete, questa è la dimostrazione che non lo sono.-
Feci un sorriso forzato e abbassai il capo.
-Renesmee non è vero. Noi siamo fieri di te. Tu sei sempre stata una ragazza responsabile, sin da bambina. Non potremmo essere più felici di così. Ti adoriamo tesoro.- rispose mio padre lasciandomi un bacio sulla fronte, proprio come faceva quando ero piccola.
-Grazie.- risposi.
Per l’ennesima volta stavo mettendo la mia famiglia, e Jacob in pericolo. Forse avrei dovuto mollare. Dire ai miei amici che non li avrei aiutati, e andare in un college qui vicino. Non potevo sopportare questo peso sulle spalle. Però adesso ero a casa, e in queste poche settimane che sono finalmente sola con la mia famiglia e Jacob, vorrei trascorrerle in tranquillità. Come una vera umana. Anche se non lo sono. Stasera uscirò con Jacob, mi divertirò, starò un po’ con lui. Lui riesce sempre a strapparmi un sorriso. Ce la farò, devo essere forte.
-Mamma, stasera esco con Jake. Andiamo a Port Angeles.-
Non vedevo l’ora. Sono andata poche volte a Port Angeles. Una volta con zia Alice e mamma, per fare un po’ shopping. La secondo mio padre, che mi aveva portata ad un luna park strepitoso.
-Sono così contenta che tu sia qui.- mi disse abbracciandomi.
Sprofondai nell’enorme abbraccio di mamma, e sospirai godendomi le sue braccia che mi avvolgevano come quando ero piccola.
-Lo so mamma. Ora vado a disfare i bagagli, i vestiti non si metteranno a poco da soli.-
Sorrise come non lo aveva mai fatto, e mi aiutò a portare i bagagli fino in camera mia. Chiusi la porta alle mie spalle e mi tuffai sul letto. Il mio letto. Quanto mi era mancato. La mia stanza mi era mancata. Senza neanche accorgermene, sprofondai in un pensante sonno.
**
Mi svegliai terrorizzata e tremolante nel letto. Non riuscivo a respirare bene e il cuore mi batteva all’impazzata. Avevo fatto un incubo. C’ero io, sommersa dalle onde de la Push. Jacob era accanto a me, che mi teneva su con le sue grandi mani, e mi teneva stretta a se baciandomi. All’improvviso Jacob era sparito. Il mare era sparito. Mi ritrovai di nuovo in quella specie di caverna di qualche settimana. Ma finalmente vidi qualcosa. Una donna. Dai capelli rossi fuoco, e il suo sguardo che cercava vendetta. Credevate di farla franca? Vi sbagliavate. Chi non muore si rivedere. Per un attimo pensai di essere io. Ma non potevo esserlo, perché quella donna aveva gli occhi rossi come il sangue.
Chi era quella donna del sogno? Una vecchia fiamma di papà o del nonno Carlisle? Non poteva essere. Quella donna cercava vendetta, qualcuno l’aveva, chissà chi, l’aveva uccisa. E lei era tornata dalle ceneri. E ora voleva che il suo “assassino”, facesse la sua stessa fine.
Basta Renesmee, Basta. Mi urlavo tirandomi una ciocca di capelli. Il dolore era l’unica cosa che mi faceva dimenticare i momenti che non volevo ricordare, oppure delle cose che non volevo pensare. Guardai l’orologio. Erano le sette e trenta. Cavolo, Jacob passerà a prendermi tra poco. Salto dal letto, e vado subito a farmi una doccia rigeneratrice. Quando finii indossai i miei indumenti, e corsi in camera mia cercando qualcosa di carino nell’armadio. Avrei voluto stupire Jake questa sera. Oddio, non volevo indossare qualcosa di provocante, ma volevo comunque che rimanesse a bocca aperta. Se fossimo andati a Port Angeles, avrei dovuto vestirmi casual. Quindi presi uno dei miei tanti vestitini. Stavolta di un verde chiaro molto acceso, e il corsetto sempre di un tessuto jeansato. Zia Alice me ne aveva comprati un paio, prima che io partissi per il college. Sopra il vestitino, un giacchetto di Jeans. E infine le mie adorate converse. I capelli erano come sempre ondulati, e mi ricadevano alla perfezione sulle spalle. Ora ero pronta. Andai di sotto, e subito mi piombai ai piedi di Alice.
-Allora zia, come vado?.- le dissi.
Insomma, diciamo che il vestitino verde chiaro non era uno dei migliori. Lo avevo comprato perché adoravo quel colore, ma non avevo niente con cui abbinarlo.
-E’ molto carino. Ma te lo avevo detto io. Il verde chiaro è abbinabile con pochissime cose. Però non è male. A Jacob piacerà molto.-
Okkey, lo avevo preso come un si. In effetti, riguardandomi allo specchio, non era poi tanto male. Forse erano le converse che stonavano un po’, ma alla fin dei conti, credo che Jake non se ne sarebbe importato dell’abbigliamento. Solo quando suonò con la sua nuova moto, che lui stesso aveva costruito, capii che era fuori ad aspettarmi.
-Ci vediamo più tardi. Vi voglio bene.- urlai uscendo dalla porta.
Corsi subito da Jake, e lo salutai dandogli un bacio sulla guancia. Quella sera era terribilmente…sexy. Mi misi dietro di lui sulla moto, e avvolsi le braccia intorno ai suoi fianchi.
-Sei molto carina.- mi sussurò.
-Beh grazie.- sussurrai ridendo.
Quando la moto partì sentii un brivido lungo la schiena. Un brivido provocante da Jacob. Posai la testa sulla spalla, e chiusi gli occhi godendomi il vento che mi scompigliata i capelli, e il calore inebriante che emana Jacob. Quando un’ora dopo arrivammo a Port Angeles, Jacob non resistette più, e appena parcheggiò al moto prese il mio viso tra le mani baciandomi come non lo aveva mai fatto prima. Era un misx di passione, trasporto e dolcezza. Mi morse appena un labbro, e solo quando sentii la sua lingua sulla mia mi staccai subito, ma non per riprendere fiato.
-Jake…non so se sono pronta.- gli dissi.
La sua espressione cambiò. Non era arrabbiato. Ma era più confuso. Ma sapevo che lui lo avrebbe accettato. Sapeva che lo avrei fatto solo quando io fossi stata veramente pronta. Mio padre mi aveva dato il permesso, ma solo se fossi stata responsabile.
-Tranquilla…quando sarai pronta, lo faremo.- sorriso baciandomi di nuovo.
-Grazie.- sorrisi e gli presi la mano.
-Allora dove mi porti?.-
-Cinema, pizza e poi luna park.-
Adoravo andare al cinema. Ci ero andata un paio di volte con delle amiche del liceo, ma non era stato così divertente. Se si considera il fatto che era una storia d’amore a distanza, e che alla fine il protagonista maschile muore. Insomma la solita storiella d’amore.
-Oddio io adoro andare al cinema. Cosa guardiamo?- ero troppo sovraeccitata.
-Qualcosa di horror, splatter. Sangue, budella. Insomma…-
Come mia madre adoravo il genere horror. In realtà gli horror mi hanno fatto sempre ridere, perché insomma….anche io sono una specie di killer, no? Soprattutto i vampiri. Si cibano di sangue, escono solo di notte e si bruciano con l’acqua santa. Quelle ovviamente, erano solo leggende.
-Mhh mi piace.-
Restammo per tutto il tragitto mano nella mano senza mai staccarci. Jacob mi faceva sempre ridere, e mi aveva fatto dimenticare le cose brutte che mi erano successe in questi giorni. Dovevo essere grata a quel ragazzo, per tutto quello che stava facendo per me. Non mi ero mai sentita così viva. Quando arrivammo al cinema, Jacob comprò i biglietti e alla fine il film che aveva scelto era l’ultimo della trilogia di “Non aprite quella porta.” In 3D.
Dopo che il film terminò, andammo come previsto in pizzeria. Altro che pizzeria, quella pizza era squisita. Mentre mangiavamo, Jacob prese una fetta di dolce e si sporcò il di crema alla pasticciera.
-Con affetto e simpatia. Vaffanculo da parte mia.- mi disse prima di sporcarci la punta del naso con la crema pasticciera.
-Grazie, ma ora come faccio a mangiarla?- scoppiai a ridere.
Quando finimmo di mangiare, il dolce fu praticamente divorato da Jacob che rubò l’attenzione di tutti i presenti. Jacob era proprio un mangione. Non lasciò nemmeno una fetta della sua pizza, e ne prese altre due dalla mia. Come avrei fatto in futuro, quando avrei dovuto cucinare io per lui? C’era tempo per pensarci.
Qualche minuto dopo arrivammo all’ultima tappa della giornata: il luna park. Un luna park che non avevo mai visto in vita mia. Il più grande e geniale luna park di tutti i tempi. Le montagne russe erano pieni di ragazzi che non facevano altro che urlare a squarcia gola. I bambini si divertivano sulla giostra, e le coppie facevano un giro nel tunnel degli innamorati.
-Ehi Jake, andiamo lì?- gli dissi prendendolo per la maglia.
-Era proprio lì che pensavo di portarti.-
Sorrisi e andai subito a sedermi alla mia postazione. Jacob comprò il biglietto per un giro di due minuti e venne a sedersi accanto a me. Dopo qualche secondo la giostra partì, accompagnandoci verso l’oscurità.
Appena fummo dentro, e di accertammo che nessuno ci stesse guardando saltai subito sulle gambe di Jacob, portando le mani intorno al suo collo e ricambiando il bacio che mi aveva dato un’ora fa.
-Mi sono accorta di non aver ricambiato prima.- gli sussurrai all’orecchio.
Lui in risposta sorrisi e appoggiò una mano sulla coscia accarezzandole con un tocco lieve che mi fece rabbrividire. Abbai il capo, baciandogli il collo, rimanendogli a tracci dei baci a stampo. Lui prese il mio volto tra le mani e inizio a baciare con passione la linea del mento, poi lasciò una scia di saliva sul collo, fino ad arrivare all’angolo della bocca.
-Sei meraviglioso.- gli dissi imbarazzato continuandolo a baciare, mentre le nostre lingue si intrecciavano.
Misi una mano sotto la sua maglietta, accarezzandone i perfetti addominali scolpiti.
-Aspetta.- mi fermai. –non…non possiamo qui…-
-A casa tua?- esclamò lui.
-Buona idea. Andiamo.-
Quando al giostra di fermò tornammo subito al parcheggio dove era fermata la moto. Stranamente il viaggio di ritorno era stato molto più breve di quello dell’andata. Stava per accadere. Avrei avuto la mia prima volta….e con Jake. Ora ero pronta. Nessuno mi avrebbe fermata.
**
Non appena fummo in veranda, con l’aiuto di Jake, entrai dalla finestra in camera mia. Presi Jake per la mano buttandolo letteralmente sul letto. Mi misi sopra di lui, e nostri corpi erano a soli pochi centimetri di distanza. Cominciai a baciarlo con dolcezza, e gli sfilai la maglia dal collo, lasciando il suo perfetto fisico scolpito – che avrebbe fatto un baffo anche ad un modello di costumi da spiaggia – completamente nudo. Lo fece lo stesso con me, invertendo le posizioni.
-Dimmi quando vuoi che io mi ferma- mi disse mentre mi baciava il petto.
-Mai.- risposi convinta.
**

NOTE DELL'AUTRICE:
Per questa settimana ho ufficialmente finito di scrivere.
Finalmente, i Cullen sono apparsi in tutti il loro splendore. L'appuntamento settimanale con Everside, riprende la settimana prossima.
Come sempre, LEGGETE E RECENSITE!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 1x06 - Rinascita ***


RUBY EFP  presenta:



1x06 - Rinascita


I suoi muscoli erano tesi, io riuscivo a mala pena a respirare. Jake mi sfilò il reggiseno, rimanendomi mezza nuda. I suoi occhi si illuminarono, quando vide i miei seni fuoriuscire dal reggiseno. Presi tra le mani la sua cintura marrone di pelle, e la slacciai in modo rapido. Sbottonai il bottone del jeans, e tirai giù la zip. Lasciai scivolare i jeans lungo le sue gambe muscolose, rimanendolo solo con dei boxer. Prese il mio viso tra le mani, e cominciò a succhiarne il labbro inferiore.
-Non voglio farti male.- mi sussurrò all’orecchio.
-Non mi farai mai.- lo tranquillizzai.
La slip scivolò elegantemente tra le mie gambe, e i suoi boxer erano già sul pavimento. Per un attimo tremai. Era un misto di eccitazione, e di emozione. Ora volevo sentirmi più vicina a Jake come non lo ero basta stata prima. Ora più che mai. Sento il calore del suo respiro sul collo, e la lingua che disegna delle linee sul mio collo. Mi uscì un gemito per la goduria. La bella e la bestia. Ecco come mi sentivo in quel momento. Due creature, che si amavano sin dai tempo delle origini, si erano unite in una sola cosa. Sento Jacob scivolare lentamente dentro di me, emettendo un gemito. Chiusi gli occhi sospirando pesantemente. Jacob infilò al testa nell’incavo del mio collo, e cominciò a muovere un bacino facendomi sentire prima una sensazione dolorosa, e poi un piacevole incantevole. Il calore dei nostri corpi si unirono in uno solo. Lo sentivo dentro, come non lo avevo mai sentito prima. Sentivo ogni sua mossa, ogni sua spinta, ogni suoi gesto, anche il più delicato. Respiravo affannosamente, mentre le spinte si facevano più pensanti e più veloci, e il sudore freddo di mi bagnava le tempie. Eravamo destinati ad essere innamorati per sempre. Era un dato di fatto. Ma senza di lui, a rendermi felice, a proteggermi ad ogni pericolo, a farmi sentire amata, a farmi sentire unico, non avrei mai e poi mai saputo resistere.
**
Mi svegliai coperta dalle lenzuola, e dal calore di Jacob. Avevo la testa posata sul suo petto, e un braccio mi avvolgeva la vita. La sera prima, era stato qualcosa di…di magico. Non riuscivo a descrivere la sensazione che avevo trovato in quel momento, perché era stata la più bella della mia vita. Sentirmi così vicina a Jake, sentirmi veramente sua per una volta, mi faceva sentire speciale. Come se per qualcuno contassi davvero, se un giorno morissi. Zia Alice sapeva già tutto ovviamente. Era irritante vivere in una casa, in cui i tuoi parenti sanno le cose ancora prima che accadano. Insomma, non hai una privacy. Forse zia Alice non aveva detto niente, a Papà.
-Jake…- gli sussurrai all’orecchio –Jake…-
Nulla da fare, non voleva proprio svegliarsi. Era come vedere un cucciolo appena nato, appisolato sotto la protezione di sua madre. Era terribilmente dolce. Gli diedi una piccola scossa sulla spalla, e finalmente si svegliò.
-Finalmente, non volevi proprio svegliati!- scoppiai a ridere.
-Mhhh, vieni subito qui.- disse ancora appisolato.
Prima avrei dovuto vestirmi. Mi misi uno dei miei tanti vestini, stavolta diverso dal solito. Era di uno strano tessuto e mi arrivava a metà coscia. La parte sotto del vestito, era simile a quella di un palloncino. E sotto il vestito le converse nere che mi aveva regalato mia madre. Corsi subito da Jacob sedendo accanto a lui.
-Lo sai che ti amo vero?- disse posando il viso sulla mia spalla. –Certo che lo so, ma che domande.-
Era terribilmente dolce. Mi consideravo la ragazza più fortuna della terra, ad avere un ragazzo come lui. Un ragazzo speciale. Non il solito ragazzo pompato, che si vantava di avere tanti soldi e tante proprietà ma niente cervello. Ora capivo perché Jake aveva avuto l’imprinting con me. Tutto non era dipeso dall’imprinting, ma da noi. Noi eravamo accomunati da qualcosa, ma non riuscivo a capire a cosa. Eravamo fatto per stare insieme.
-Ora sarà meglio che ti vesti, perché non vorrei che entrasse mio padre e ti veda nudo sul letto di sua figlia. Quindi sciò, vai a vestirti.-
Lo tirai per il braccio, facendolo alzare da solo. Dai suoi addominali si vedevano ancora residui di sudore, e sul braccio s’intravedeva alla perfezione il graffio che gli avevo provocato io. Notai le sue enormi spalle, che erano curvate alla perfezione. Ovviamente il resto non restai a guardarlo. Lo lasciai in camera da solo, in modo che sbrigasse le sue cose in santa pace.
Quando scesi le scale mi ritrovai subito zia Alice alle calcagna. Mi strinse tra la porto che conduceva al soggiorno e il muro. Ero praticamente incastrata tra le sue braccia. Sicuramente voleva delle spiegazioni. E visto che mio padre mi aveva dato il permesso, gliele avrei date.
-Mi dici cos’hai combinato? Avevi detto che era troppo presto…che dovevi pensarci.- Zia Alice sembrava più preoccupata di quello che sarebbe potuto succedere in futuro, piuttosto della serata passata in camera mia con Jake.
-Zia Alice, papà mi aveva dato letteralmente il permesso. Ha detto che potevo farlo, ma che dovevo essere responsabile. Io ero pronta, lui era pronto. Ci amiamo. Cosa c’è di male?- mi accorsi solo alla fine della frase, che stavo alzando fin troppo i toni.
-Tuo padre sa già tutto. Non è arrabbiato, ma come tutti i padri del mondo è geloso.-
Non dovevo dare conto alla mia famiglia se volevo sesso con il ragazzo che amo. Non dovevo chiedere il permesso per qualsiasi cosa. Se mi ritenevano adulta, mi avrebbero lasciato fare quello che volevo io. Per la mia felicità. Per il mio futuro.
Non risposi e mi feci spazio tra le braccia di Zia Alice, andando verso la cucina per preparami la colazione. Aprii il mobiletto, e tirai fuori i cereali e il latte scremato. Presi la ciotola che usavo sempre da bambina, e misi un po’ di cereali all’interno, riempiendo la ciotola di latte. Presi un cucchiaio grande e cominciai a mangiare il contenuto della ciotola. Mio padre era di passaggio in cucina. Forse voleva preparami la colazione, ma me lo avrebbe detto prima di farla. Aveva un’espressione irritata, confusa. L’espressione di un cane bastonato praticamente. Non sembrava arrabbiato, e nemmeno triste. Forse non era ancora pronto a lasciami fare certe cose.
-Senti papà scu..- m’interruppe prima di terminare la frase.
-Renesmee tranquilla. Ti avevo dato il permesso, quindi avevi tutto il diritto di farlo. Spero solo che non ti metterai nei guai. So che sei responsabile e matura.-
Stava mentendo, ancora. Sapevo che non riusciva a mandare giù il fatto che avessi fatto…sesso. Per lui forse era una cosa strana. Voleva che facessi le cose con calma. Ma non potevo e non volevo. Non mi ero pentita di aver fatto sesso con Jake. Perché sapevo che io e lui saremmo rimasti insieme per sempre. Fino alla fine dei nostri tempi. In questi copri siano nati, e in questi corpi moriremo.
-Papà sappiamo sia io che tu che io e Jake rimarremmo insieme per sempre. L’imprinting non è una cosa da sottovalutare. Per favore, per una volta puoi dirmi la verità? Ti prego.-
Ero sull’orlo delle lacrime. Non perché fossi pentita di quella notte o roba del genere. Ma perché mio padre non faceva altro che riempirmi di bugie. Non mi diceva cosa provava in questi momenti…Nei momenti in cui era geloso di sua figlia. La sua prima e unica figlia.
-Si Renesmee, sono geloso. Lo sai perché? Perché volevo che tu prima me lo dicessi. Volevo, e spero che tu abbia usato delle giuste precauzioni, perché come sai, mai dire mai. Volevo essere partecipe di un momento speciale per mia figlia.-
Mio padre non aveva mai parlato così prima d’ora. Una lacrime mi scese delicatamente lungo il viso, e potei fare altro che gettarmi tra le braccia di mio padre e stringermi al suo petto.
-Papà è stato meraviglioso. Non ho mai provato una cosa simile prima, sono così felice papà. Mi sento amata.-
Mi lasciò un bacio sulla testa, posando il mento sul mio capo.
-Sai forse è meglio che tu vada a salutare a la Push, è da giorni che ci chiedono di te.-
Cavolo la Push! Avevo proprio dimenticato quella spiaggia. Avevo completamente dimenticato Seth e Leah, che durante le due settimane passate al college mi avevano riempito di mail il computer. Mi ero dimenticata di Paul e Jared, con cui avevo passato gran parte del mio tempo prima di andare al college, li avevo conosciuti più a fondo. Mi ero dimenticata di Embry e Quil, che avevano dimenticato una specie di festa di addio. Mi ero dimenticata della dolce Emily e dell’odioso Sam.
-Ci andrò sicuramente papà.- mi staccai dal suo abbraccio fulmineo e andai verso la porta. Salutai tutti e andai verso il vecchio pick up di mia madre, che aveva gentilmente regalato a me dopo che mio padre gli aveva regalato una macchina nuova di zecca.
Mi avrebbe fatto bene andare alla riserva. Ci avrei passato l’intera giornata, e poi avrei potuto parlare meglio con Jacob della sera prima. Avrei potuto sfogarmi con Leah, e passare un po’ di tempo con il bellissimo Seth. Avrei ripotuto vedere Emily, che mi avrebbe sicuramente rassicurata sulla situazione che stava succedendo ultimamente. Pochi minuti in macchina, e poi fui a La Push. Fermai la macchina nel parcheggio davanti della spiaggia, e andai verso la riva del mare. Calpestavo la sabbia, stranamente dura come il marmo. Era difficile affondare i piedi fino in profondità, ma poco m’importava. Sarei dovuta arrivare qualche metro più in là, ma mi avrebbe sostato sicuramente uno dei ragazzi.
-Ehi ciao Nessie.-
Erano Paul e Jared che stavano tornando a casa di Emily. Erano vicino alla riva e forse mi avevano vista parcheggiare nel parcheggio davanti alla spiaggia.
-Oddio, ciao ragazzi. Mi siete mancati tanto.- abbracciai entrambi mettendomi sulle punte. Il mio metro e sessantacinque era niente in confronto al loro metro e ottanta.
-Che ci fai qui? Credevamo che fossi a Dublino.- disse Jared. Strano, Jacob non gli aveva detto niente?
-Beh sono successe un paio di cose. Quindi sono stata costretta a tornare, altrimenti sarei rimasta fino alla fine dell’anno.- risposi spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Scommetto che centrano i vampiri. Ma non se l’erano squagliata?- rispose Paul con il suo solito tono ironico.
Il branco aveva ragione. Paul era troppo irritante. Ti faceva salire il crimine.
-Beh non sono più loro. O almeno crediamo…Si tratta di una specie di setta di vampiri. Un nuovo clan nomade. Voglio avere il potere come lo avevano quelli che se l’erano squagliata. Loro non sanno cosa sono gli ibridi, ma voglio uccidere comunque tutti i vampiri e ricreare il soprannaturale. Ovviamente con loro al comando.-
-Non hai pensato che se avrebbero voluto ucciderti lo avrebbero già fatto prima? Qui a Forks il tempo è trascorso come quando c’eri tu. Insomma, era tutto tranquillo come sempre. Sarebbero potuti venire anche qui, se avessero voluto.- rispose Jared.
Jared era molto più intelligente di Paul in queste cose, nonostante entrambi erano quelli che se la tiravano di più nel branco. Non avevo mai pensato a questa ipotesi. Se volevano ricreare il sovrannaturale, perché non si erano fatti vivi a Forks?
-Forse sono venuti, ma noi non lo sappiamo.- rispose Paul.
Era appena accaduto un miracolo. Paul tentata di dare una spiegazione, ai fatti accaduti in questi giorni. Poteva essere possibile, ma anche impossibile. Zia Alice non aveva avuto delle visione per un po’ di tempo, e proprio quando hanno tentato di togliermi al vita le visioni sono ricomparse.
-In questi giorni, zia Alice non ha avuto le sue solite visioni. Ma quando hanno cercato di uccidermi, stranamente le visioni sono tornate. Forse, è un piano andato a male di questa setta. Grazie ai miei amici ora sono viva.-
-Altra ipotesi da considerare.- aggiunse Jared.
Senza neanche accorgermene eravamo già arrivati a casa di Emily. Il tragitto era stato lungo, ma mi aveva fatto bene parlare con Jared e Paul. Più con Jared che con Paul, ma era la stessa cosa.
-Ness, ma che ci fai qui. Sono così felice che tu sia tornata.-
Emily si gettò addosso, abbracciandomi e stritolandomi come una se una mamma stesse abbracciando sua figlia che rivedere da anni. Mi sono sempre chiesta perché Sam e Emily, non avessero mai provato ad avere dei figli. Sapevo che Emily li voleva tanto, ma forse Sam non voleva creare una nuova generazione di mostri. Sam accettava poco la sua condizione di mutaforma, ma come ogni cosa che si rispetti aveva anche i suoi lati positivi.
-Ti spiegherò tutto appena saremmo dentro. Mi sei mancata tanto.- aggiunsi affondando il viso nella sua spalla.
-Vieni entra, ho appena finito di fare i cupcakes. So che ti piacciono molto.-
Emily mi regalò uno dei suoi sorrisi sghembi, e poi mi trascinò dentro casa. Con mia grande sorpresa trovai Seth e Leah, seduti sul divano. Seth venne subito a salutarmi, Leah si alzò e andò sul retro della casa. La raggiunsi poco dopo. Leah era arrabbiata perché non avevo risposto alle sue mail. In realtà non avevo risposto nemmeno a quelle di zio Jasper e zia Rosalie. Ma quelli erano dettagli.
-Leah, cosa succede? Che ti prende?- gli dissi accarezzandogli il braccio.
Con un solo gesto, prese il mio braccio e lo lasciò galleggiare nell’aria.
-Leah, parlami ti prego.-
Prese un po’ di coraggio, fece un lungo respiro e poi si voltò verso di me.
-Hai idea di come io mi sia preoccupata per te in queste settimana? Io e Seth ti abbiamo mandato migliaia di mail, ovviamente senza alcuna risposta. Quindi, cosa prende a te mia cara. Prima siamo migliori amiche, e poi mi lasci qui ….da sola….in mezzo a questo branco di selvaggi, con cui sono costretta a stare.-
Leah soffriva molto. Non aveva nessuna amica, eccetto me. Non riusciva a confidarsi con nessuno. Erano poche le persone che parlavano con lei, ed io entravi in quella categoria.
-Leah mi dispiace. Ero così eccitata di andare al college, che non ho pensato a come avresti reagito tu. Mi dispiace non averlo capito prima.-
Sospirai, e la abbracciai stringendo forte. Notai che la chioma folta, nera come la pece, di Leah si era allungata di svariati centimetri. Ora gli domava più classe, di quanto già non la tenesse.
-Sei perdonata stavolta.- scoppiò a ridere sulla mia spalla.
-Ora devi spiegarmi perché sei qui. Non avevi lasciato il branco?-
Leah, Seth e Jake avevano lasciato il branco di Sam ancora prima che io nascessi. Tutto ciò per proteggere me e mia madre, che non aveva ancora partorita.
-Infatti è stata Emily a darci il permesso, dopo le otto Sam ha il turno di guardia, quindi possiamo venire qui quanto ci pare. Dopo le dieci, dobbiamo darci alla fuga. Ovviamente è stata solo un’idea di Emily, eravamo solo di passaggio.-
Insomma, i due fratelli Clearwater stavamo facendo il doppio gioco. Se solo lo fosse venuto a sapere Jake.
-Ehi Leah, avevo in mente di fare una specie di pigiama party stasera. Ti va di venire? Sei l’unica amica che ho. Non proprio unica, ma tu ricopri un ruolo speciale.-
Leah sembrava irritata dal fatto che io avessi altri amici oltre a lei. E per giunta vampiri.
-Ovvero? La sostituta?- il suo tono diventò freddo.
-No.- esclamai –quello di mia sorella.-
Gli occhi di Leah si riempirono di lacrime, e subito mi abbracciò di nuovo. Leah era come una sorella per me. Lei sapeva tutti i miei segreti più oscuri. E ovviamente i segreti che mi avevano fatto impazzire. Lei era stata la prima a sapere che avevo una cotta per Jake, ed era stata lei ad organizzarmi un appuntamento con lui a la Push.
-Sai, ho fatto sesso con Jake.- gli dissi maliziosa.
Lei scoppiò a ridere, ma poi rimase meravigliata. –Oddio non ci credo? Sul serio?- scoppiammo entrambe in una sonora risata. La nostra conversazione fu interrotta quando Quil corse da noi, in preda al panico e tutto sudato.
-Lei, è qui…è tornata…è tornata.-



NOTE DELL'AUTRICE:
Dopo un lungo fine settimana, a scrivere il finale di Everside finalmente vi lascio il sesto capitolo.
Spero che le visite continui ad aumentare, visto che mi sento soddisfatta del lavoro che faccio.
Detto ciò, buona lettura e scrivetemi nella recensione cosa ne pensate. Un bacione :*


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 1x07 - Nuovi Arrivi ***


RUBY EFP PRESENTA:


1x07 - NUOVI ARRIVI

 
Appena Quil arrivò sul retro della casa di Emily, Leah sgattaiolò via. Seth era rimasto incastrato da Paul che non lo lasciava uscire, mentre Sam lo rimproverava. Da lontano si sentivano di ringhi di Seth diventare sempre più forti. Prese Paul per il collo e lo scaraventò sul tavolo, mentre si avviava verso il bosco. Dalla porta sbucò Jake, che nonostante avesse lasciato il brano, non si fece scrupoli ad entrare in casa di Sam. Si scambiarono uno sguardo minaccioso e subito si accomodò accanto a me, avvolgendo un braccio intorno al fianco.
-Allora, che succede?- disse Jacob appoggiandosi appena sul tavolo, facendo una risata vedendo Paul infuriato che sia alzava dal tavolo con delle ferite lievi.
-La donna dai capelli rossi…..è tornata……- cercò di spiegare Quil.
Mia madre e mio padre mi avevano raccontato più volte la loro storia, ma non mi avevano mai accennano della donna dai capelli rossi. Da come ne parlava il branco sembrava che fosse un pericolo, forse era proprio quella donna che mi stava dando la caccia. E forse era anche la donna che avevo sognato in quello strano tunnel al college.
-Chi è?- esclamai.
Jacob sospirò e mi prese il mento tra le mani. –Quale anno fa, questa donna creò un clan per uccidere tua madre quando era ancora umana. Visto che tuo padre aveva ucciso il suo unico amore per proteggere tua madre, lei voleva vendicarsi.- spiegò Jake.
-Ma i giochi sono finiti quando tuo padre l’ha uccisa….- proseguì Jared.
-Come ha fatto a tornare in vita? Non esistono le streghe vero?- ironizzò Paul.
Mi misi un attiamo ad analizzare la situazione. Una donna, che sia il branco di Sam che la mia famiglia, a cui davano la caccia da anni. La partita si è conclusa quando mio padre, Edward Anthony Masen Cullen, l’aveva uccisa per proteggere mia madre. E adesso che mia madre era diventata una vampira, stava dando la caccia a me. L’unica cosa per cui i miei genitori avrebbero sofferto davvero. La loro unica figlia, e la loro bambina.
-E allora? Cosa possiamo fare per fermarla?.- m’intromisi ponendo fine ai miei pensieri.
-Da adesso comincia la caccia. Dobbiamo perlustrare tutta Forks, da capo a piedi.- rispose con tono serio Sam.
Jacob e Sam si scambiarono uno sguardo irritato. Lui e Sam si erano sempre odiati, e l’unico collegamento che li univa era stato spezzato: il branco.
-I Cullen proteggono la loro zona, noi proteggiamo la nostra.-
Jake scattò in piedi, lasciando la presa dal mio fianco e incrociando le braccia al petto.
-Che razza di piano è questo? Noi dobbiamo prenderla, e se ce n’è bisogno di ucciderla.-
Jake non aveva tutti i torti. Il piano di Sam non era uno dei migliori, anzi era pessimo. Perlustrare la zona avrebbe dato vantaggio alla donna, che avrebbe usato il branco per arrivare a me.
-Noi siamo in pochi per ucciderla. Lei, è pericolosa.- aggiunse Embry da un angolo della stanza.
I miei amici sarebbero dovuti arrivare tra qualche giorno, loro avrebbero potuto aiutarci. Jonathan e Natalie erano due cacciatori, Violet un ibrida, e Sean e McKenzie erano dei vampiri.
-Ehm….dei miei amici del college, avevano detto che sarebbero venuti qui tra qualche settimana. Forse, loro potrebbero aiutarci. Sono in molti, e due di loro sono cacciatori.-
Tutti mi guardarono come se avessero appena sentito la voce della verità. I miei amici ci avrebbero aiutato sicuramente, e forse c’era anche qualche collegamento con quella setta che mi voleva a tutti i costi.
-Non sarebbe male….infondo avremmo un gran vantaggio.- commentò Paul inutilmente.
-Se tu li chiamassi oggi, ce la farebbero a raggiungerti qui a Forks tra due giorni?-
-Certo, ci aiuteranno di sicuro.-
**
Erano passati due giorni dall’avvistamento della donna dai capelli rossi, e nel pomeriggio sarebbero arrivati i miei amici. Jonathan, Natalie e Violet ci avrebbero raggiunto in serata. Mentre Sean, McKenzie, Red e Kate sarebbero venuti puntuali. Mi faceva più che piacere rivedere i miei amici. Non avremmo passato il nostro tempo solo a occuparci della donna sconosciuta. Sconosciuta per me. Ci saremmo sicuramente divertiti, e forse avrei lasciato alle spalle gli avvenimenti accaduti negli ultimi giorni. Avevo passato la giornata a studiare, e a fare un paio di ricerche sul mio nuovo computer portatile, che mi avevano regalato i nonni. Ero anche andata in libreria, per comprare qualcosa di interessante da leggere. Quando l’orologio segnava le quattro in punto non stavo più nella pelle, i miei amici stavano per arrivare.
Il campanello suonò due volte. Alla porta c’erano solo Sean e McKenzie, che stavano aiutando le ragazze a trasportare le loro valigie nella camera degli ospiti.
-Salve ragazzi. Benvenuti.-
Nonno Carlisle tranquillò i ragazzi, che sembravano molto imbarazzati. Erano in un territorio sconosciuto e dovevano abituarsi alla fredda e gelida aria di Forks.
-Allora, loro due sono Sean e McKenzie e sono vampiri. E loro Kate e Red, semplici umane.-
I ragazzi e il nonno si scambiarono dei sorrisi, mentre salivano le scale per andare in soggiorno e salutare gli altri familiari. I miei genitori sembravano entusiasti di conoscere i miei migliori amici, che mi avevano aiutata in quei pochi giorni al college. Zia Rosalie sembrava molto contraria, lei sosteneva che dovevano risolvere noi la questione con la donna. Zia Alice e Zio Jasper stavano chiacchierando con McKenzie che, a differenza degli altri, si stava lasciando andare.
-Credevo fossero molti di più.- sussurrò zia Esme.
-Infatti nonna, in serata arriveranno gli altri.-
I nonni erano felici che di ospitare i miei amici, visto che avrebbero usato una scusa per iniziare a utilizzare le camere per gli ospiti. Nel corso degli anni che avevano trascorso a Forks, non avevamo mai avuto dei veri ospiti.
 
Finalmente i miei amici erano arrivati, e non vedevo l’ora di scambiare due chiacchiere con Kate e Red. Sarebbe stata una grande opportunità per conoscere anche Natalie e Violet, ma in realtà se ne stavano sempre in disparte in compagnia di Jonathan. Sembrano quasi impauriti, e forse il loro istinto da cacciatori gli diceva di stare alla larga da loro, altrimenti gli avrebbero fatto del male. Poco dopo arriverò anche Jacob, che rimase sorpreso nel vedere i miei amici in salotto a parlare con la mia famiglia. Non credeva avessi così tanti amici, ma ne era felice. Appena entrò mi salutò con un bacio, e ricambiai il sorriso notando gli occhi di tutti posati su di noi. Natalie e Jonathan si guardarono per una frazione di secondo e poi tornarono nel loro mondo. Violet cercava di parlare con Sean, ma lui la ignorava totalmente. Ormai stravedeva solo per Natalie. Avevo il sospetto che lei e Jonathan stessero insieme segretamente. Infondo Jonathan era un bellissimo ragazzo. Alto, molto più di Jacob, capelli di un bruno scuro, occhi verde chiaro, i lineamenti nel viso erano perfetti. Più perfetti di quelli di nonno Carlisle, che di solito batteva tutti in quello. Dalla maglietta si intravedevano i suoi addominali ben curati e scolpiti. Insomma quel ragazzo faceva invidia a tutti. Come poteva esistere un essere umano così bello?
-Allora, vuoi raccontarci com’è andata oppure ci tieni sulle spine?- Disse Red distogliendomi dai miei pensieri.
-Ovvio che voglio raccontarvi tutto. Venite, forza.-
Le ragazze si guardarono e annuirono mentre mi seguivano. Notarono i capelli dei diplomati mentre si incamminavano per il corridoio e rimasero a fissarlo per circa dieci minuti. Ci fermammo in camera mia, dove mi sedetti sul letto e feci accomodare le ragazze, facendole sentire come se fossero a casa loro.
-Vogliamo i dettagli.- urlò Kate –forza, che avete fatto a Port Angeles?-
Ero rimasta in contatto con Kate e Red dopo essermene andata dal College. Soprattutto con Red, che insisteva sui particolari più succosi.
-Ci siamo divertiti. Siamo andiamo a mangiare qualcosa, poi al Luna Park e quando siamo tornati….-
Mi fermai notando che le ragazze cominciavano a saltellare per la gioia.
-Ragazze è stata solo una notte. Ci siamo divertiti, e abbiamo deciso di farlo.-
Gli dissi notando i sorrisi a trentadue denti delle due ragazze. A Red per il momento non voleva avere dei ragazzi. Si era messa in testa di dover finire prima di studiare, e poi avrebbe pensato ai ragazzi.
-Kate, con Sean? Come va?.- disse Red.
Kate sobbalzò dalla sedia, guardando prima Red e poi me. C’era qualcosa che non sapevo.
-Cos’è che non so?-
Guardai infuriata Kate, che si strinse nella sedia con il volto basso. Forse era solo intimidita, e non se la sentiva di dirmelo.
-Diciamo che…mi piace….S-Sean.- si morse un labbro prima di finire la frase.
-Non ci credo? Davvero?.- urlai
Ero felice per Kate. Infondo Sean era un bravo ragazzo, con le idee a posto. Era anche carino, e sarebbero stati la perfezione in persona se si fossero messi insieme.
Kate annuì sorridendo, e poi guardò Red, che fece un sbuffo diventando tutta rossa.
-Beh….anche a me piace qualcuno…-
Red era molto timida, e nemmeno con le sue amiche parlava tanto. Aveva paura della reazione che avrei avuto io, ma doveva capire che le avrei solo offerto il mio appoggio, e l’avrei anche aiutata se era in cerca di aiuto.
-E’ Jonathan….- cominciò –tutto è iniziato tre giorni fa, in biblioteca. Mi aveva aiutato a studiare…e mi ha fatta letteralmente impazzire.- abbassò il volto nascondendo una ciocca dietro l’orecchio.
-Ma io credevo che….non sta con Natalie?.-
Kate scoppiò in una sonora risata, che si interruppe quando io e Red ci fissammo pensando che fosse un po’ stordita quella sera a causa del viaggio.
-Andiamo, Natalie e Jonathan?.- continuò a ridere –Ma se si odiano. Non vanno mai d’accordo. Stanno sempre appiccicati perché sono gli unici cacciatori tra di noi. Tipo e Red. Non siamo lesbiche. Restiamo insieme solo perché siamo le uniche umane.-
Non avevo mai visto Natalie e Jonathan litigare o roba del genere. Era sempre appiccicati, e la tesi che portava Kate poteva essere corretta. Jonathan non ero ancora riuscita a interpretarlo bene. All’apparenza sembrava un bravo ragazzo, ma poi si raffreddava. Sembrava quasi che volessi uccidere qualcuno quando eravamo giù un salotto.
-Non potete capire quanto mi abbia fatta impazzire in quella biblioteca. E credo che non riusciremmo ad avere più un momento da soli se c’è di mezzo Natalie.-
-Natalie la prenderemo noi in prestito domani, e tu passerai un po’ di tempo con Jonathan.-
Kate sembrava felice. Forse confidandosi con me si era tolto un peso da sopra le spalle. Ma non sapeva che anche Violet correva dietro a Sean, o così sembrava. Avrei dovuto dirglielo. Ma forse era meglio fargli godere quel momento.
-Forse sarà meglio andare di sotto. Si preoccuperanno.- dissi alle ragazze, che si alzarono sgattaiolando vicino alla porta.
Quando scendemmo di sotto trovammo Violet e McKenzie che litigavano sulla soglia delle scale, Natalie e Jonathan fermi e muti come le statue, e gli altri intenti a fare una chiacchierata con la mia famiglia scambiandosi qualche risata.
Per adesso sarebbe andato tutto bene. Ma prima o poi, e ne ero sicurissima, sarebbe successo qualcosa. Qualcosa di brutto.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Salve a tutti lettori. Mi scuso per la lunga assenza, provocata da tanto studio e tanta scuola. Devo dirvi con sincerità che avevo pensato di non continuare la storia, ma poi mi sono detta "al diavolo le recensioni negative, voglio continuare". Perciò sono ancora qui.
Detto ciò, come sempre: LEGGETE E RECENSIONE!
-Ruby.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2777066