The piper at the gates of dawn

di MayQueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shine on you crazy diamond ***
Capitolo 2: *** Have a cigar ***
Capitolo 3: *** Brain Damage ***
Capitolo 4: *** The final cut ***
Capitolo 5: *** Jugband Blues ***



Capitolo 1
*** Shine on you crazy diamond ***






 

 ..Remember when you were young..

..You shone like the sun..








 
 

“Conosci anche Pink?”



Il ragazzo con la chitarra smise di suonare, nel sentire quella voce giungere improvvisamente alle sue spalle. Era convinto di essere solo. Aveva passato più di mezz’ora seduto sul prato, vicino allo stagno, strimpellando qualsiasi pezzo blues gli passasse per la mente, e odiava essere osservato mentre provava.



“Scusa?” ruotò il busto per guardare il suo spettatore indesiderato. Una sagoma scura stagliata contro il sole, in piedi dietro di lui. Socchiuse gli occhi, cercando di distinguere i tratti del ragazzo senza rimanere accecato dalla luce. Doveva avere circa vent’anni.



“Stavi suonando un pezzo di Floyd Council, Chiedevo se conoscessi anche qualcosa di Pinkney Anderson. Pink e Floyd sono i miei preferiti.”



Continuò a guardarlo confuso, e scosse leggermente la testa.



“Mi dispiace.”



 “Fa niente.” Il ragazzo si sedette al suo fianco, ignorando il suo sguardo perplesso. Ora riusciva a vederlo chiaramente. Magro, capelli scuri, un’ombra di barba appena accennata.



“Come ti chiami?”



Con un sospiro accettò che la sua musica avrebbe dovuto attendere: a quanto pare era ora di fare  conversazione.



 “Roger” rispose.



“Buffo. Anch’io. Ma puoi tenerlo tu.”



“Prego?”



“Il nome. Puoi tenerlo. I soprannomi esistono per questo.  Tu sei Roger. Io sono Syd.”



“Syd?”



“Syd Barrett.”  Syd stese il braccio destro, inarcando appena le punte delle labbra in quello  che probabilmente doveva essere un sorriso.

Dopo un secondo di esitazione, Roger gli strinse la mano. Non poté evitare di  sorridere. Che qualcuno gli andasse a genio al primo impatto era un caso più unico che raro. Ma quel ragazzo aveva qualcosa di diverso. Era strano, molto strano. Ma aveva un che di misterioso che lo affascinava.



“Vieni spesso a Grantchester Meadows?” continuò Syd.



“Soprattutto per suonare.” Roger fece scorrere un dito sulla corda di la, sovrappensiero, facendola vibrare con un suono cupo. “…E tu?”



“Io vengo a cacciare i cigni.”



L’altro inarcò un sopracciglio.



“Cigni? A Grantchester? Non ho mai visto un cigno qui..”



“Questo perché faccio un buon lavoro. “ sentenziò il ragazzo con tono serio e pacato.



Roger si girò a guardarlo con un’espressione incredula, sperando che lo stesse prendendo in giro.
E infatti dopo pochi secondi Syd scoppiò a ridere, contagiando anche lui.



“Tu sei pazzo!” commentò sghignazzando, nascondendo la bocca dietro la mano e appoggiandosi con il petto alla cassa della chitarra.



“Forse!” Syd rise ancora più forte, una risata spensierata, cristallina, quasi luminosa.



Brillante addirittura.



“Brilla” pensò distrattamente Roger quando Syd gli rivolse uno sguardo divertito con due occhi screziati di verde.



“Brilla come il sole.” 





Author's corner Salve a tutti! :) Finalmente mi sono decisa a pubblicare questa flash, scritta qualche mese fa...Se tutto va bene dovrebbe essere la prima di una raccolta di flash incentrate in particolare su Syd Barrett e sull'evoluzione del suo rapporto con gli altri Pink Floyd (soprattutto Roger Waters) ....è la prima volta che pubblico qualcosa, quindi se mi lasciaste anche solo una brevissima recensione, per farmi capire in che direzione sto andando, mi fareste un grandissimo favore :) Alla prossima!
 

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Capitolo 2
*** Have a cigar ***


~~
Come in here, dear boy, have a cigar.
You're gonna go far, fly high,
You're never gonna die,
You're gonna make it if you try;
They're gonna love you….
….Oh, by the way, which one's Pink?




E così eccoli qua.

Quattro ragazzi, poco più che ventenni, seduti su eleganti sedie di pelle nera.

 Uno di loro tiene lo sguardo basso, si guarda le lunghe dita affusolate, aspettando che succeda qualcosa. Ma nessuno parla.

Al suo fianco, gambe accavallate elegantemente e sguardo fiero negli occhi color acciaio, un secondo ragazzo. Testa alta, largo sorriso di circostanza. Un bel contrasto con il primo.

Il terzo è quello che colpisce di più. Si guarda intorno, con sguardo vivo e curioso. Poi d’un tratto si blocca. Una nuvola scura cala sui suoi occhi, e lui sembra perdersi in un pensiero che neanche riesce a concepire. Ma dopo pochi secondi questo finisce all’improvviso, di nuovo, come se qualcuno avesse acceso una lampadina.

Il quarto ragazzo si accarezza il mento, pensieroso. Pensa che dovrebbe farsi crescere i baffi.

Davanti a loro, un uomo stempiato,  sulla sessantina. Lo stomaco gonfio di birre  sembra sul punto di far esplodere la sua camicia bianca immacolata. La giacca grigio scuro e i pantaloni abbinati gridano a grande voce un conto in banca a innumerevoli cifre.
Tre studenti di architettura se lo sognano un completo del genere.
Uno studente d’arte no, invece:  troppo poco colorato per un suo sogno.
  
L’uomo si allunga sulla scrivania, andando a spegnere il sigaro in un posacenere di vetro decorato.

“Ragazzi.” Dice infine, con un sorriso amichevole “Il singolo è un successo. Non avrei mai pensato che una canzone su un travestito avrebbe venduto così tanto.”

I ragazzi sorridono. Chi con imbarazzo, chi con orgoglio, chi con sincera felicità.

“Andrete lontano, fidatevi di me. Seguite i miei consigli e la gente vi amerà. Con me imparerete a volare.”

 Il ragazzo con gli occhi d’acciaio lancia uno sguardo eloquente al ragazzo senza baffi.
 “Forse avremo anche noi un completo grigio”, pensa. Poi torna a guardare l’uomo, che ha ripreso a parlare.

“A proposito… chi di voi è il capo?”

Automaticamente, raddrizza la schiena, allarga ancora di più il sorriso e apre bocca per rispondere. Per poi sgonfiarsi come un palloncino bucato quando due suoi compagni, in coro, lo precedono rispondendo:

“Syd.”

 Un duro colpo per il suo orgoglio.
Poco male, lo sa anche lui che il suo ego avrà bisogno di molte altre potate prima di raggiungere il livello normale dell’inglese medio.

“Bene, Syd. Ti pregherei di ripresentarti qui domani mattina, per discutere di alcune proposte che avete ricevuto per quanto riguarda il merchandising.”

Il ragazzo con lo sguardo vivo annuisce, con un leggero sorriso. Poi rivolge un’occhiata al ragazzo con gli occhi d’acciaio e il suo sguardo si spegne.
Ma la nuvola passerà tra pochi  minuti, ormai si è capito.

L’uomo apre una scatola di legno, ne tira fuori un sigaro dal colore rossiccio. Poi gratta un fiammifero sul bordo della scrivania e lo usa per accenderlo.

“Ve lo ripeto ragazzi, insieme faremo grandi cose. In ogni casa inglese si troverà almeno una copia del disco dei Pink Floyd. Firmare quel contratto con noi si rivelerà essere stato l’affare migliore della vostra vita.”

Sbuffa una nuvoletta di fumo dall’aroma vanigliato, apre nuovamente la scatola di legno e la avvicina a Syd, con un sorriso smagliante e un luccichio quasi rapace negli occhi.

“Barrett, Waters, Wright, Mason. Benvenuti alla EMI Music. Prego, prendete un sigaro.”     



***
Author's corner: Salve!! ^^ Dopo mesi e mesi di assenza rieccomi con il secondo capitolo di questa raccolta. Spero di riuscire da ora ad aggiornare più velocemente, pregando che l'ispirazione non mi abbandoni di nuovo in uno stato di depressione amorfa -.-" ... Come probabilmente avrete intuito i capitoli saranno in ordine cronologico: qui ci troviamo all'inizio dell'avventura musicale dei Pink Floyd, poco dopo il contratto con la EMI e l'uscita di Arnold Layne...Spero di avere prodotto qualcosa di buono! ^^" Vi chiedo ancora di lasciare una recensione, anche corta, sia se il capitolo vi è piaciuto che se lo avete odiato: ho bisogno di capire in che direzione andare, essendo alle prime armi.. Se avete dubbi, curiosità, domande...sono a vostra disposizione! ^^
A presto! (spero)

-May

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Capitolo 3
*** Brain Damage ***


~~

And if your head explodes
With dark forebodings too…
And if  the band you’re in
Starts playing different tunes
I’ll see you on the dark side of the Moon..




Syd si allunga oltre lo schienale del divano per appoggiare delicatamente la puntina del giradischi sulla superficie liscia del vinile.  Un leggero rumore ovattato, un ronzio meccanico e poi gli altoparlanti cominciano a diffondere il suono di un basso, che tiene un ritmo rilassato.

Il ragazzo torna a sedersi, rivolgendo un sorriso rassicurante a Roger, al suo fianco. Questo lo guarda con la fronte corrugata e un’espressione preoccupata negli occhi.

“Syd. Ne sei sicuro?” chiede.

Una risata leggera. “Scherzi? Ti fidi di me, Roger?” 

“Certo. Ma questo non toglie che ci sono cose che non puoi controllare. Potrebbe essere pericoloso."
 
  Si inserisce una chitarra elettrica, distorta fino all’eccesso. Il ritmo aumenta, accelera in un crescendo elaborato, per poi tornare alla cadenza iniziale.

“Sei tu che hai la mania del controllo. Devi lasciarti andare. Fidati. L’ho già fatto. Tutti lo fanno.”

Si guardano per qualche secondo, uno sorridente e l’altro scuro in volto, ognuno cercando di far valere la sua opinione senza dire una parola.                                                                                Poi, con leggera sorpresa di entrambi, Roger sospira e distoglie gli occhi di ghiaccio da quelli castani e luminosi dell’altro. Syd si costringe a non ridacchiare, ma gongola sapendo di essere l’unica persona in grado di far abbassare la testa a Roger Waters.
Prende la scatolina di latta dal tavolino da caffè davanti a loro e la apre con un movimento delicato delle dita.

“Non te ne pentirai, fidati. Forza, apri la bocca.”

Non del tutto convinto, Roger socchiude le labbra, appena lo spazio necessario per permettere a una delle dita affusolate dell’amico di posargli sul labbro inferiore un minuscolo quadratino rosso. Questo si scioglie immediatamente. Non ha alcun gusto. Sembra essere sparito nel nulla.

Syd prende un quadratino verde dalla scatolina e lo sfiora con la punta della lingua. Sorride.

“Ci vediamo dall’altra parte.” Accenna un occhiolino. “Nel lato oscuro.”

Un terzo strumento, probabilmente indiano. Un sitar? Poco importa.
Il suono della musica aumenta. La testa di Roger comincia a girare, il battito cardiaco accelera e il respiro si fa più pesante. Chiude gli occhi e si stende contro lo schienale del divano, cercando di combattere la sensazione di nausea. Sente la testa esplodere, ma non è una sensazione dolorosa. È come se ci fosse una pressione dall’interno. Come se i suoi pensieri avessero preso una forma e stessero spingendo per potere uscire.

Riapre gli occhi.

 Colori.

 La stanza si è riempita di colori accesi. La luce che entra dalla finestra sembra scorrere verso di lui come un liquido dorato. Si guarda intorno confuso, portando istintivamente una mano a strofinarsi gli occhi. Le pareti, tappezzate di quadri colorati dipinti da Syd, sembrano ruotare in un caleidoscopio luminoso.

Improvvisamente, uno dei muri si deforma. Si inclina, comincia a ripiegarsi in direzione di Roger.

“Syd!” crede di gridare, ma la sua voce esce solo come un mormorio strozzato.                                                                                                                                                                          Scatta a sedere e afferra con forza il braccio dell’amico, fino a lasciargli il segno delle dita impresso sulla pelle.

“Rilassati.”  La voce dell’altro è tranquilla, pacata, quasi priva di emozione. “Dipende tutto da te, da come vuoi viverla.”

Roger lo guarda, il respiro corto e il terrore negli occhi. Il caleidoscopio delle pareti si riflette negli occhi di Syd, più luminosi del solito nonostante le pupille innaturalmente dilatate.

“Rilassati, Roger. Lasciati andare. Per una volta nella tua vita.”

Le pareti intorno a loro continuano a ruotare. La musica si insinua nella mente di Roger, in un modo che non aveva mai sperimentato prima. Ogni nota è un colore che vortica davanti ai suoi occhi, mescolandosi alle altre e creando disegni astratti bellissimi.

Respira.                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Allenta la presa sul braccio di Syd e costringe i suoi muscoli tesi a rilassarsi.                                                                                                                                                                                  Fissa lo sguardo su una parete e lascia che i colori e le note lo avvolgano.

.....


Riapre gli occhi a fatica. Ci mette un po’ ad  abituarli alla penombra che lo circonda. I colori sono spariti, la stanza ha smesso di girare e le pareti sono immobili nella loro posizione abituale. Il disco deve essere finito, ma Roger sente la leggera melodia di una chitarra acustica.

Ci mette qualche secondo più del normale per riprendere coscienza del suo stesso corpo. È sdraiato sul pavimento del salotto, davanti al divano, con un braccio ormai dolorante ripiegato sotto alla nuca. Dalla finestra non entra più luce.                                                                                                                                                                                                                                         Syd è seduto a gambe incrociate sulla poltrona di fronte. È lui ad arpeggiare delicatamente sulla chitarra. Non degna Roger di uno sguardo neanche quando questo riesce faticosamente a rialzarsi e a sedersi sul divano.

“Syd?”

Nessuna risposta.

“Syd? Che ore sono? Quanto tempo  è passato?”

Il ragazzo continua ad arpeggiare in silenzio. Solo dopo una decina di secondi parla, con tono piatto e senza staccare gli occhi dal pavimento.

“Circa dieci ore.”

Roger spalanca gli occhi. Sembravano passati pochi minuti. Si passa una mano sulla fronte, e la scopre imperlata di sudore. Era rimasto dieci ore sdraiato sul pavimento del salotto, in preda alle allucinazioni dell’acido, senza essere padrone nemmeno del suo stesso corpo e della sua stessa mente.

Di certo aveva seguito il consiglio  di Syd. Si era lasciato andare. Aveva abbandonato il controllo di qualsiasi cosa. Ma ora che lo aveva recuperato, si rendeva conto di quanto questo potesse essere pericoloso.

“Syd..” Si accorge di avere parlato con una voce debole, quasi tremante, quindi prontamente si schiarisce la gola e recupera la sua sicurezza.

“Syd. Non farmelo fare mai più. Promettimelo.”

L’altro non smette di suonare. Annuisce appena, senza guardarlo.

Roger corruga la fronte, cominciando a preoccuparsi. Cerca di intercettare lo sguardo dell’amico. Si alza piano, si avvicina alla poltrona e vi si accovaccia accanto. Guarda Syd dritto negli occhi, ma questo non sembra vederlo.

Gli manca il respiro per un secondo, ma poi si impone  di ragionare a mente fredda. Probabilmente è ancora sotto l’effetto della droga.

“Non farlo più neanche tu. Per favore.”

Le dita di Syd smettono di pizzicare le corde. Finalmente anche il suo sguardo incontra quello di Roger. Ma è diverso. Non c’è traccia della solita luce che  rende i suoi occhi castani vivaci, degli sprazzi verdi che brillano alla luce del sole.  Syd ha un’espressione vuota, assente.

Sorride. Un sorriso freddo, distratto, da cui non traspare alcuna emozione.

Roger sente una strana paura farsi strada tra il suo cuore e il suo stomaco.

Quello non è Syd. Syd si deve essere perso. Syd è ancora dall’altra parte. È rimasto bloccato nel lato oscuro.





***
Author's corner: Salve!! Si, scusate, ammetto che rispetto a quello che avevo annunciato inizialmente sono in ritardissimo..però questo per me è stato un periodo pieno di eventi sia positivi che negativi, quindi ho avuto molti pensieri per la testa..In più mi capirete se vi dico che è stato difficile decidere come impostare questo capitolo e ancora più difficile scriverlo... Non sono completamente soddisfatta del risultato ma, vista la tematica, non so come avrei potuto renderlo migliore.
Ebbene sì, eccoci al momento più difficile della storia dei Pink Floyd: comincia il crollo di Syd. Spero, nei prossimi capitoli, di essere in grado di rendere bene la sua condizione e quella di chi gli sta accanto..ovviamente con tutte le premesse del caso: questa è una storia e io non ho nessuna particolare competenza, quindi per quanto io cerchi di informarmi al meglio tutto ciò che scrivo è frutto della mia fantasia.
Ho parlato troppo! Concludo come sempre chiedendovi di lasciare una recensione per farmi capire mi sto muovendo. Critiche, consigli e domande sono ben accette! Qualsiasi cosa davvero, se volete sapere di che colore erano le mutande di Syd o da quanti giorni Roger non si lavava i capelli sono a vostra totale disposizione :D
A presto! (si spera)

-May

 

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Capitolo 4
*** The final cut ***



And if I show you my dark side
Will you still hold me tonight?
And if I open my heart to you
And show you my weak side
What would you do?
 
 
Quando ti sei accorto che era cambiato?
Non può essere successo all'improvviso, deve essere stata una cosa graduale.
E tu quando te ne sei accorto, Roger?
Quando ti ha guardato con quello sguardo vuoto, senza emozioni, come se non riuscisse a vedere al di là dei suoi stessi occhi?
 Quando le sue risate si sono fatte più chiassose, sforzate, palesemente finte, in ogni occasione?
Te ne sei accorto quando ha cominciato a saltare le prove, ad arrivare in ritardo, a distrarsi perfino nel bel mezzo di un assolo, continuando a suonare sempre la stessa corda o fissando lo sguardo sulle dita di Rick che volavano sulla tastiera?
Te ne sei accorto quando le sue canzoni, che già erano evidentemente caratterizzate dai trip di LSD, sono diventate ancora più criptiche nei testi e ancora meno orecchiabili nelle melodie, come deliri musicali difficili da comprendere per chiunque non fosse lo stesso Syd?   
O te ne sei accorto già al vostro primo incontro? Quando lo hai guardato, l'hai visto brillare, hai visto qualcosa in lui. Un potenziale, un talento, una promessa di un futuro radioso che avrebbe portato anche te a splendere di una luce simile alla sua. Già lì, dopo quel primo momento, ti sei accorto che qualcosa in lui era pericolosamente instabile?
Quando te ne sei accorto?
Forse te ne accorgi solo ora.  Come quando cammini lungo una salita. L'inclinazione è minima, non ti rendi nemmeno conto di salire. Solo quando a un certo punto ti giri e guardi indietro ti rendi conto di quanto il suolo sia ormai lontano.
E così fai ora. Ti giri e guardi. Guardi quel ragazzo rannicchiato sul divano, con la testa tra le mani, che mormora parole sconnesse scosso dai singhiozzi. Quasi fai fatica a riconoscere in quel ragazzo quello che da anni consideri il tuo migliore amico e che ora è circondato dai resti di una chitarra che ha fatto a pezzi con le sue stesse mani.
E in quella chitarra tu rivedi quella promessa di successo, quei sogni di gloria che da tempo insegui con tutte le tue forze, distrutti senza che tu potessi fare niente per impedirlo.
Distrutti da chi pensavi ti avrebbe permesso di raggiungerli.
"Quando hai cominciato a sentirle?"
Syd stringe i pugni, torturandosi capelli fino quasi a strapparseli.
"Io.. Non lo so.. Hanno cominciato a..A parlarmi quando ero sotto acido.. Sempre più spesso.. Poi..Poi un giorno sono rimaste." ti guarda, con occhi pieni di paura.
Ti rendi conto, Roger, che questa è la prima emozione che vedi nei suoi occhi da mesi?
"Suonavo. Io.. Di solito funziona. Non stanno zitte. Non stanno zitte un attimo. Ma almeno... Almeno, se suono.. Almeno loro cantano. Ma questa volta.. Questa volta non ha funzionato."
Il tuo sguardo è freddo, impassibile. Lo senti dai tuoi nervi tesi, nelle braccia e nel collo, e dalla sensazione di gelo che sembra ti avvolga. Guardi Syd dall'alto, a metri di distanza, come se avesse una malattia contagiosa. Non capisci cosa stia succedendo, è vero. Almeno, non completamente. Ma le sue parole bastano a farti capire che la situazione non può essere ignorata.
"Devi parlarne con qualcuno." dici. Suona più come un ordine che come un consiglio.
"Ne sto parlando con te.. Di te..Solo di te mi fido." sembra un animale braccato dal cacciatore. Di cos'ha paura? Delle voci? Della sua condizione? O di te?
"No. Parlo di qualcuno di esperto. Un medico, uno psichiatra."
Syd ti guarda confuso, come se avessi parlato in una lingua sconosciuta.
"Non sono pazzo." lo dice con un tono tranquillo, innocente, quasi infantile.
"Dico davvero. Da amico, devi farti visitare. Possono aiutarti." insisti, cercando di mantenere il controllo. Devi stare calmo e ragionare a mente fredda, almeno tu.
"Quindi è così che la metti?" Di nuovo il suo sguardo e la sua voce non esprimono emozioni.
"È così? Dopo tutto questo tempo?Ho un momento di confusione perché qualche pezzo di merda mi ha messo una voce non mia nella testa e tu cosa fai? Tu pensi che io sia pazzo?"
 Una morsa di chiude lo stomaco. Sensi di colpa? Distogli lo sguardo, in silenzio.
"E adesso? Andrai a raccontare la storia a qualche giornale? O direttamente alla polizia, perché mi rinchiudano in una clinica?"
Qualche secondo di silenzio, di tensione. Poi Syd parla di nuovo, questa volta con voce più debole.  
"...O resterai con me?"
La morsa si fa più forte. La domanda è legittima. Cosa farai, Roger? Cos'hai intenzione di fare?
Hai davanti a te una bivio.  Syd o il successo. L'amicizia o la fama. Devi scegliere. Ormai le cose non sono più compatibili, non a queste condizioni, non con Syd pronto a esplodere come una bomba a orologeria proprio a un passo dal traguardo.  No. Devi scegliere, Roger. Cosa farai?
"Cosa farai, Roger?"
Cosa farai?
"Io.." mormori, cercando di prendere tempo. I sensi di colpa ti squarciano lo il petto, combattendo contro la spinta familiare del tuo ego.
 Guardi Syd negli occhi. Vuoto.
Ma sarà sempre così?
Cosa farai, Roger?
"Io.. resto con te."
"Davvero?"
Davvero?
"Davvero. È giusto così. Hai ragione tu... Sei..sei il mio migliore amico, e io ho il dovere di starti vicino se sei in difficoltà."
Le tue belle parole sembrano sorprendere Syd. Ti guarda in silenzio per qualche secondo, poi solleva gli angoli delle labbra in un leggero sorriso.
"Grazie."
"Si. Resto con te. Resto con te."
Lo ripeti di nuovo, come una formula magica. Vuoi rassicurare Syd. O cerchi di convincere te stesso?
 ***
Entri nella cabina telefonica e ti chiudi la porta alle spalle mestamente.
Sollevi la cornetta e inserisci un gettone.
Prendi dalla tasca dell'impermeabile una piccola rubrica che da anni hai l'abitudine di portare sempre con te. 
Sfogli le pagine fino a trovare il numero di Rick. Sospiri e cominci a digitare il numero, ma ha metà ti blocchi, con il dito sospeso in aria.
Ti passa un pensiero per la mente. L'immagine di una chitarra in mille pezzi nel mezzo di un salotto pieno di quadri.
Un brivido di puro terrore ti attraversa la schiena, e in uno scatto riappendi la cornetta, recuperi il gettone, lo inserisci di nuovo, sfogli le pagine della rubrica fino ai numeri più vecchi fino a trovare quello che volevi, nella terza pagina, segnato con un tratto di penna ormai sbiadito.
Digiti il numero velocemente, per evitare ripensamenti.
Risponde al terzo squillo.
Prendi un respiro profondo, ricacciando verso il fondo della tua anima quella maledetta sensazione di colpevolezza e autocommiserazione che non ti sono proprie, e recuperi un tono calmo e professionale, sorridendo come per rassicurare te stesso sul fatto che questa sia la cosa giusta da fare.
"David Gilmour? Sono Roger Waters, ti ricordi?....Sì, vorrei farti una proposta. Possiamo vederci?"
Non è un tradimento, ti dici. Non è niente di definitivo, non è un taglio netto.  È solo un aiuto. Un supporto, finché Syd non starà meglio.
Ma ne sei sicuro?



****
Author's corner: Salve a tutti di nuovo! Ok, in questo capitolo ho provato uno stile un po' diverso, usando la seconda persona, come se a parlare fosse una sorta di coscienza di Roger... Spero non sia risultato troppo noioso o pesante, comunque era un'esperimento riservato unicamente a questa scena, nel prossimo capitolo prevedo di tornare allo stile che ho usato nei primi capitoli  (oltre a rinserire finalmente i personaggi degli altri Pink Floyd, quindi dovrebbe essere un capitolo un po' più dinamico degli ultimi 2 ^^")
Devo dire che questo capitolo mi convince solo a tratti, ma ho deciso di pubblicarlo lo stesso dopo averlo riscritto completamente e riaggiustato innumerevoli volte.. Come sempre vi chiedo di lasciare una recensioncina con commenti o critiche di qualsiasi natura, e se avete domande sulla storia, i personaggi o non importa che altro, sarò felicissima di rispondervi! :) 
Grazie a chi ha lasciato recensioni ai capitoli precedenti o ha inserito la storia tra le seguite, mi fa davvero piacere! <3 
A presto!

-May

P.S: Ricordo che questa storia è frutto della mia fantasia. Pur ispirandomi a fatti realmente accaduti nella storia dei Pink Floyd, sui quali tento quasi maniacalmente di informarmi il più possibile, questi sono descritti secondo la mia personale interpretazione; questo vale in particolare per quanto riguarda lo stato mentale di Syd. Sono a vostra disposizione per ogni chiarimento su quanto è vero e quanto inventato e su fonti e ispirazioni :)

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Capitolo 5
*** Jugband Blues ***


 
                                                                                                      JUGBAND BLUES
 
..And I'm much obliged to you for making it clear
      That I'm not here...
I don't care if the sun don't shine
 And I don't care if nothing is min
e.... 
 
Era un vecchio furgone sgangherato, che sarebbe stato bianco se la vernice non si fosse da tempo scrostata lasciando esposte grandi zone di metallo arrugginito. Era appartenuto al padre di Roger e quando questo era partito per l'Italia era rimasto abbandonato per anni nel capannone di legno sul retro della sua casa di Cambridge.
Più di vent'anni dopo, quando il figlio si era trasferito a Londra, Mary Waters era stata più che contenta di concedergli di portarlo con sé: da tempo voleva liberare il capanno e la speranza che Eric tornasse a guidarlo si era completamente esaurita già poche settimane dopo la fine della guerra.

Non faceva una gran bella figura, bisognava ammetterlo: i furgoni che avevano noleggiato durante i tour in America o nei Paesi Bassi erano nuovi di zecca e sicuramente più comodi. Ma quando suonavano a Londra, i suoi sedili dall'imbottitura consumata e la scritta "PINK FLOYD" in nero e rosa fatta da Syd sulla fiancata facevano sentire la band a casa.    

Non era la prima volta che suonavano al teatro di Richmond e in quelle occasioni il tragitto del Floyd Van (come lo avevano sempre chiamato negli ultimi tre anni) era quasi sempre lo stesso. Dopo il successo di "The piper at the gates of dawn" il lavoro sporco di caricare e scaricare attrezzature e strumenti aveva cominciato a essere svolto da giovani roadies sottopagati, quindi a Roger restava solo da recuperare i suoi compagni e raggiungere il posto.
Costeggiava i giardini di Kensigton, pieni di vita e movimento anche di sera, raggiungendo il piccolo appartamento di Nick vicino a Notting Hill. Da lì, proseguendo lungo un  viale di case a schiera uguali l'una all'altra in perfetto stile vittoriano, arrivavano in Holland Park Avenue, dove viveva Syd. Il tratto fino all'appartamento condiviso da Rick e David, poco distante dal teatro di Richmond, era il più lungo e solitamente percorso in un'atmosfera di crescente attesa per il concerto che sfociava in chiacchiere continue e schiamazzi occasionali.

 Nick si sedette al posto del passeggero salutando allegramente Roger. Quello rispose con un cenno del capo, rimettendo subito in moto senza togliere gli occhi dalla strada.

"Allora, pronto per il concerto?" chiese il batterista già su di giri.

"Certo"

"Con che pezzo cominciamo la scaletta oggi?"

Roger scosse le spalle. Nick inclinò la testa, guardandolo perplesso. Era difficile capire il bassista, ma a volte era fin troppo evidente quando aveva dei problemi per la testa.

"Va tutto bene?"

L'altro non rispose. Continuò a fissare dritto davanti a sé. Nick lo vide stringere i pugni attorno al volante.
Spinse il piede sull'acceleratore.

Il batterista guardò perplesso case e macchine sfrecciare fuori dal finestrino del furgone.

"Ehi!" esclamò, quando si lasciarono Holland Park Avenue alle spalle alla velocità più alta permessa dal traffico londinese.

"Non passiamo a prendere Syd?"

Nessuna risposta.

"Roger?"

"Fermami. Dimmi che sbaglio."  La sua voce era asciutta, ma traspariva una nota di disprezzo.
"Hai visto come è andata ad Hastings. Non è più gestibile. Dobbiamo prendere una decisione. Gilmour se la cava alla grande, ci basta lui."

"Roger..."

"Fermami, Nick. Se puoi."

Nick lo osservò per qualche secondo, preoccupato. Lasciare Syd fuori dalla band che lui stesso aveva creato? Non era giusto. Ma ormai il chitarrista non solo non era più produttivo, era diventato addirittura dannoso per il gruppo.
Roger aveva ragione. Non poteva fermarlo e dirgli di tornare indietro a prenderlo. Non avrebbe potuto, non aveva motivazioni valide.
Sospirò e fissò lo sguardo fuori dal finestrino.

Il viaggio proseguì nel silenzio più totale.

Dopo venticinque minuti arrivarono del quartiere di Richmond, sulla riva sud del Tamigi. Richard e David li stavano già aspettando fuori dalla porta del loro appartamento. Quando Roger accostò loro salirono sui sedili posteriori del furgone salutando, per poi zittirsi notando il posto vuoto.
Un'occhiata all'ombra scura che aleggiava sugli occhi color ghiaccio di Roger fu sufficiente a fare capire loro che qualunque domanda sarebbe stata superflua.

Nessuno aprì bocca fino a quando non furono in vista del teatro. Solo a quel punto, Rick parlò.

"Ne sei sicuro?" Non c'era bisogno di specificare a chi o di cosa stesse parlando.
Roger sospirò, cominciando la manovra per parcheggiare il Floyd Van, che da tre anni sfoggiava con orgoglio poco motivato una scritta nera e rosa fatta dal principale fondatore e compositore della band.

"Fermami."  

Di nuovo, tutti si zittirono. Nessuno rispose. Nessuno contraddisse Roger. Nessuno capì che la sua non era tanto una sfida, quanto una richiesta disperata.
 


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Author's corner: Salve a tutti! Mi scuso in tutte le lingue del mondo per l'eternità di tempo che ho atteso per caricare questo capitolo...purtroppo l'ispirazione ha tardato a farsi sentire! ^^" Ho rivisto la mia idea originale perché mi sono resa conto che i capitoli avrebbero rischiato di diventare ripetitivi...se tutto va bene dovrebbero restarne 3 alla fine! 
Come sempre vi chiedo di lasciare un commento per farmi capire cosa va bene e cosa si può migliorare e sono a vostra completa disposizioni per chiarimenti di qualsiasi genere, soprattutto per quanto riguarda quanto è frutto della mia fantasia e quanto è documentato. 
Una precisazione a questo proposito: poco prima dell'uscita di Syd dal gruppo, lui e Rick dividevano un appartamento a Richmond. Qui ho deciso di mettere che Rick conviveva con David per pura necessità di semplificare ciò che succedeva nel capitolo :)

A presto! 

-May

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