Miss Puck

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bacio della buonanotte ***
Capitolo 2: *** Delirio mattutino ***
Capitolo 3: *** Due chiacchiere con papà -I parte- ***
Capitolo 4: *** Nuove amicizie ***
Capitolo 5: *** Due chiacchiere con papà -II parte- e non solo... ***
Capitolo 6: *** Raftel High School ***
Capitolo 7: *** Confraternite e matricole ***
Capitolo 8: *** Serata tra uomini ***
Capitolo 9: *** Appuntamento al buio ***
Capitolo 10: *** Beta Ro Party ***
Capitolo 11: *** Piccoli importanti segreti ***
Capitolo 12: *** Serpenti, cappelli e fiocchi di neve ***
Capitolo 13: *** Leggi per me?! ***
Capitolo 14: *** Serata tra donne ***
Capitolo 15: *** Cioccolata calda ***
Capitolo 16: *** Morso di serpente ***
Capitolo 17: *** Spring Break ***
Capitolo 18: *** Il miglior fratello del mondo ***
Capitolo 19: *** Compleanni e rivelazioni ***
Capitolo 20: *** Welcome Home, Son ***
Capitolo 21: *** Wado Ichimoji ***
Capitolo 22: *** Miss Puck ***
Capitolo 23: *** Sogni rivelatori ***
Capitolo 24: *** Angeli ***
Capitolo 25: *** Giorni importanti ***
Capitolo 26: *** Innocente passatempo ***



Capitolo 1
*** Bacio della buonanotte ***


-Non devi preoccuparti! Anche se a scuola conoscerò dei nuovi bambini, tu resterai sempre il mio migliore amico!- spiegò con un tono rassicurante, prima di avvicinarsi con l’orecchio alla sua bocca per sentire cos’aveva da dire -No, purtroppo non puoi venire con me- disse un po’ dispiaciuta -Ma ti prometto che giocheremo un sacco insieme appena sarò a casa! Anche con Chopper e Bepo!-
Un rumore fuori dalla stanza la fece voltare, appena in tempo per vedere, attraverso la fessura della porta socchiusa, la luce del corridoio accendersi e dei passi pesanti e inconfondibili avvicinarsi.
Svelta, si tolse il lenzuolo dalla testa, uscendo da quella tenda improvvisata, e posò la testa sul cuscino, fingendo di dormire, l’orsacchiotto di peluche stretto al petto.
-Perona- la chiamò, apparentemente severo, non ricevendo risposta -Guarda che ti ho sentito parlare- aggiunse, dopo un attimo.
Aprì un occhio incrociando l’iride dorata di suo padre, che la fissava impassibile come sempre, in piedi accanto al letto. Si tirò su a sedere, continuando ad abbracciare il suo pupazzo mentre Mihawk prendeva posto accanto a lei e accendeva la lampada a forma di fantasma sul comodino, vicino alla quale c’era una foto incorniciata che lo ritraeva con la piccola e gli altri tre suoi figli.
-Che succede?- domandò -Dovresti dormire da un pezzo, domani è il tuo primo giorno di scuola-
Perona lo guardò di sottecchi.
All’apparenza Drakul Mihawk poteva sembrare un uomo freddo e distaccato ma i suoi figli, e soprattutto la piccola, sapevano che padre affettuoso e attento fosse, anche se a modo suo. Sapevano di poter sempre contare su di lui e sapevano anche che avrebbero trovato comprensione per le loro giuste cause.
Per questo la bimba non esitò un secondo a confessare quanto stava combinando poco prima.
-Stavo dicendo a Kumachi che non deve preoccuparsi perché, anche se domani comincio la scuola, lui resterà sempre il mio migliore amico!- disse stringendo l’orsacchiotto ancora di più.
Mihawk scrutò la sua figlia più piccola qualche istante, prima di scostarle una ciocca di capelli dal viso.
-Dimmi la verità- disse, dopo pochi istanti -Sei agitata per domani?-
Capì di avere fatto centro quando la vide abbassare gli occhi sul capo soffice di Kumachi.
-E se non sto simpatica agli altri bambini?- domandò, la voce un po’ incrinata dalla preoccupazione.
Drakul sospirò, conscio che le preoccupazioni della figlia non erano infondate. All’asilo aveva faticato a trovare bambini che non la mandassero via a causa della sua singolare passione per i fantasmi e le storie di terrore, effettivamente inquietante, bisognava ammetterlo, in una bimba di sei anni.
-Questa scuola è molto più grande dell’asilo. Ci saranno un sacco di bambini, vedrai che troverai sicuramente qualcuno con cui giocare- la rassicurò il padre.
-Ma devo proprio andarci?!- domandò, guardandolo speranzosa con i suo enormi occhioni neri.
-Sì- rispose subito e senza esitazione.
-Ma Zoro dice sempre che è noioso e inutile!- protestò la piccola.
-Zoro dice così perché passa tutto il tempo a dormire e poi deve fare i salti mortali per recuperare le lezioni. Ma non devi credere sempre a tutto quello che dice-
-Ma lui è il mio fratellone preferito!-
-E Robin e Law cosa sono?-
-La mia sorellona e il mio fratellone più grande preferito! Perché?-
-Perché loro invece hanno sempre trovato interessante la scuola-
-Ma è per colpa della scuola che Robin è andata via!-
-Sì ma ora che tu dovrai andare all’università ne passerà di tempo. Quindi puoi stare tranquilla, d’accordo? E ora dormi che è tardi- concluse, aiutandola a rinfilarsi sotto le coperte per poi posarle un bacio sulla fronte -Buonanotte- disse, allungando una mano per spegnere la luce.
-Papà!- la bloccò Perona.
-Mh?-
-E se poi ti arrabbi con me come fai con Zoro?-
Mihawk fissò un attimo la figlia prima di lanciare un’occhiata alla foto sul comodino. Trattenne a stento un sospiro pensando a quanto Zoro lo aveva sempre fatto dannare quando si trattava della scuola.
Nonostante avesse seguito le sue orme, praticando il kendo fin dalla tenera età e imparando una ferrea disciplina, a scuola era sempre stato un disastro, anche se Drakul sapeva che ci provava con tutto se stesso. In fondo era un bravo ragazzo suo figlio.
Erano tutti dei bravi ragazzi.
Certo, a volte si domandava come fosse stato possibile sfornare una coppia di gemelli così colta e dedita allo studio come Law e Robin e poi un terzo figlio il cui cervello sembrava accendersi solo a determinate ore del giorno e solo con determinati input.
Fortuna che c’era Nami ad aiutarlo e una volta al liceo aveva imparato a gestirsi. 
Comunque, non credeva che con Perona avrebbe corso gli stessi rischi.
-Non ti preoccupare non credo succederà- le disse prima di spegnere la lampada.
Aprì di più la porta per uscire, allargando la fetta di luce che dal corridoio si riversava nella camera da letto della piccola.
-Papà!-
Si bloccò, la mano sulla maniglia, girandosi di tre quarti verso di lei.
-Anche Kumachi vuole il bacio della buonanotte!- disse tendendo l’orsacchiotto verso di lui.
Questa volta non poté trattenersi dal sospirare. I suoi figli avevano sempre tutti dimostrato un attaccamento particolare al loro primo peluche, che per volere di sua moglie era stato regalato a tutti loro al momento della nascita. Robin si era addirittura portata il suo drago, Momonosuke, a Ohara, dove si era trasferita per studiare archeologia.
Ma sapeva che per Perona Kumachi era di un’importanza incalcolabile, essendo il solo ricordo che aveva di sua madre. Perché, purtroppo, lei Olivia non aveva fatto in tempo a conoscerla.
Tornò sui suoi passi, senza riuscire a credere a quello che gli toccava fare.
Si piegò sul pupazzo scoccandogli un bacio a fior di labbra, prima di avviarsi nuovamente verso la porta.
-E ora dormi, mi raccomando- disse uscendo in corridoio e spegnendo la luce.
Sì, Drakul Mihawk era un uomo freddo e severo. Ma per i suoi figli avrebbe fatto sempre qualsiasi cosa.
 

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Capitolo 2
*** Delirio mattutino ***


Mihawk odiava il primo giorno di scuola.
Lo aveva sempre odiato e ogni anno si domandava perché, dopo tre mesi di fermo, tutto dovesse ricominciare nella stessa data. Il liceo, l’università e le lezioni al Dojo. Senza contare che, questa volta, c’era anche Perona che iniziava le elementari.
E, nonostante Robin fosse già partita da qualche giorno, per tornare a Ohara, o forse soprattutto per quello, in casa Mihawk quella mattina c’era il delirio.
-Hai finito i compiti di biologia per Vergo?- domandò al suo terzogenito intento a trangugiare la quarta briosche al cioccolato, facendogli quasi andare il caffèlatte di traverso.
-Uh?! Sì, sì, certo…- rispose, restando sul vago e facendogli alzare un sopracciglio scettico.
-Sei sicuro?- insistette, vedendo che evitava di incrociare il suo sguardo indagatore.
-Lascia perdere- intervenne una voce sulla porta della cucina, facendoli voltare verso Law che teneva Perona in braccio, le gambe a cavallo della sua anca -Tanto se vuole trovare un motivo per punirlo lo troverà. Ce l’ha sempre avuta a morte anche con me, quel gran b…- si bloccò quando suo padre gli rivolse un’occhiata da gelare il sangue per poi indicare Perona con un cenno del capo.
Voltò il viso verso la sorellina trovandola a osservarlo con i suo occhioni curiosi.
-Quel gran b?!- domandò, sbattendo le palpebre, perplessa.
Da fuori, Law sarebbe potuto apparire assolutamente calmo e controllato ma chi lo conosceva bene sapeva che stava cercando un modo per salvarsi in corner da quella situazione. Quella bambina era fin troppo sveglia, non le sfuggiva mai niente, ma soprattutto era cocciuta e se voleva una risposta, e la voleva, era capace di andare avanti a chiedere per giorni.
-Cosa è un “b”?!- chiese, infatti, girandosi a guardare anche gli altri due componenti della famiglia presenti.
Mihawk incenerì suo figlio maggiore con lo sguardo, mentre si sforzava di trovare una risposta adatta.
-Ecco…-
-Barbuto! Law voleva dire quel gran barbuto, vero Law?!- lo interruppe Zoro, alzandosi dallo sgabello e avvicinandosi alla porta per prendere Perona dalle braccia di suo fratello che intanto aveva rivolto un cenno di assenso alla piccola -Allora, impiastro, cosa vuoi per colazione?!- le domandò portandola a sedersi sulla penisola.
-Papà, posso parlarti un momento?- domandò Law, ancora sulla porta, facendo avvicinare Mihawk con sguardo interrogativo.
-Dimmi- lo invitò a parlare una volta raggiuntolo, mentre Zoro proponeva a Perona di scegliere tra i cereali a barchetta o i biscotti a forma di lettere dell’alfabeto, rovistando nella dispensa.
-Il fatto è che…-
-I biscotti a forma di lettere sono Suuuuper!!!- esclamò la bimba, facendo morire in gola le parole a Law.
Tre paia di occhi si voltarono sgranati e increduli verso la piccola, che se ne stava con i polsi uniti sopra la testa e il busto leggermente piegato di lato. Lentamente Law e Drakul voltarono il viso per incrociare lo sguardo di Zoro, sconvolto anche più di loro.
-Non è colpa mia!- protestò subito il ragazzo alzando una mano e una scatola di cereali al lato del viso.
Mihawk si strofinò gli occhi con pollice e indice.
-Quella ragazzina è peggio di una spugna- commentò rassegnato, incrociando le braccia al petto -Stavi dicendo?!- proseguì poi, riportando l’attenzione sul figlio che stava lanciando un’occhiata all’orologio.
-È un po’ tardi, forse  è meglio se ne parliamo dopo- gli fece notare.
-D’accordo. Ragazzi su forza! È ora di andare!- richiamò gli altri due figli battendo le mani.
In un secondo Law si stava infilando la felpa e Zoro recuperava il suo zaino prima di correre rapidamente in camera.
-Dai a me- Mihawk fece segno a Law di passargli lo scatolone con dentro i pesanti tomi di medicina che aveva portato a casa dall’università per preparare un esame durante i mesi estivi.
-Papà! Le katane le hai prese tu?!- la voce di Zoro, leggermente agitata per il fatto di non trovare i suoi preziosi tesori, fuoriuscì dalla porta della camera da letto del verde.
-Sono già in macchina con la Nodachi di tuo fratello!- rispose Drakul alzando un po’ la voce -Le porto direttamente al Dojo!-
-Perfetto!- esclamò il ragazzo tornando in corridoio, lo zaino su una spalla, mentre chiudeva la cerniera della felpa.
-Okay, ci siete?! Preso tutto?!-
I due ragazzi annuirono prima di avviarsi all’ingresso dietro il padre.
Il rumore della porta che veniva richiusa fece sollevare lo sguardo dal giornale a Woopslap, il loro vicino di casa, intento a leggere in veranda.     
A Woopslap i Mihawk non dispiacevano particolarmente ma questo non lo avrebbe mai ammesso. In cuor suo li considerava tutti delle brave persone ma riteneva che Drakul fosse troppo permissivo con i figli e che, in generale, fossero quel genere di persone con il DNA programmato per combinare guai.
Per questo quando li vide uscire di casa, diretti a passo di carica verso la macchina, si limitò a rispondere al loro saluto con un grugnito.
Salirono in macchina, sbattendo le portiere, e imboccarono rapidamente il vialetto che collegava la casa alla strada, attraversando il giardino.
Mihawk lanciò un’occhiata a Zoro nello specchietto retrovisore, trovandolo seduto in mezzo con le mani intrecciate dietro la nuca, le gambe spalancate a occupare tutto lo spazio posteriore e gli occhi chiusi.
-Zoro- lo chiamò facendogli aprire un occhio -Mi raccomando. È il tuo ultimo anno. Sta’ in campana- lo ammonì, ricevendo un ghigno in risposta, a dimostrazione che il figlio aveva capito che in realtà il padre gli stava suggerendo di stringere i denti e tenere duro.
In fondo lui e Zoro non erano poi così diversi. Anche Mihawk, a suo tempo, era stato uno dei peggiori studenti della scuola e, con i suoi amici, ne aveva combinate di cotte e di crude. In realtà sapeva benissimo che Zoro era l’unico dei suoi figli ad avere preso più da lui che dalla madre.
-Penguin?- domandò poi rivolgendosi a Law.
-È al campus da sabato. Dopo mi aiuta lui a portare dentro tutto- spiegò, laconico come sempre, il moro.
Mihawk si limitò ad annuire, tornando a concentrarsi sulla strada, mentre Zoro richiudeva le palpebre e Law lanciava un’occhiata apparentemente indifferente allo specchietto retrovisore.
-Papà- lo chiamò calmo, mantenendo un’espressione impassibile e lo sguardo davanti a sé.
-Mh?- grugnì Mihawk, concentrato sulla strada.
-Perona-
Lo sgommare della macchina in frenata fece sollevare uno sguardo infastidito a Woopslap. Sbuffò, distratto nella lettura del suo giornale, e scosse la testa quando vide i Mihawk tornare indietro con la macchina e riprecipitarsi in casa mentre Drakul mormorava minaccioso.
-Non dite niente. Soprattutto a vostra sorella- 

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Capitolo 3
*** Due chiacchiere con papà -I parte- ***


-Di cosa mi volevi parlare?!- domandò con gli occhi perennemente incollati alla strada.
Avevano appena lasciato Zoro a scuola e ora erano solo loro due. In realtà avevano rischiato di fargli fare tardi proprio al primo giorno dato che, avendo scelto le elementari come prima tappa, erano scesi tutti e tre dalla macchina e non erano riusciti ad andarsene finché Perona non era sparita alla loro vista su per le scale, nonostante fosse già stata data in custodia a una delle maestre.
Adesso viaggiavano tranquilli verso Drum e Mihawk voleva sapere cosa avesse da dirgli di così importante e all'apparenza urgente il suo primogenito.
Nonostante la sua università fosse ad appena quaranta minuti di macchina da Raftel, Law tornava a casa raramente, perciò Drakul preferiva sviscerare subito la questione.
-Si tratta di Robin- rispose il ragazzo, dopo un istante, e facendo distogliere per un attimo gli occhi dorati del padre dalla strada -Sono un po' preoccupato- affermò con un tono e un'espressione che a tutto facevano pensare fuorché a un po' di sana preoccupazione.
-Come mai?!- chiese Mihawk, visibilmente allarmato per una volta.
Era un uomo che raramente lasciava trasparire le emozioni ma  se si trattava delle sue due figlie non si sforzava più di tanto di celarle. Con Zoro e Law era diverso, perché erano molto più simili a lui.
-Già quest'estate mi sembrava turbata da qualcosa. Ma poco prima di partire per Ohara ho avuto la netta sensazione che fosse un po' sottosopra- proseguì, girandosi finalmente verso Drakul -Magari puoi provare a parlarci-
Mihawk lo guardò fugacemente con la coda dell'occhio.
-Ma lei ti ha detto qualcosa?-
-Lo sai com'è Robin. Minimizza sempre. Però io ho una sensazione strana- concluse tornando a guardare la carreggiata di fronte a sé.
Drakul stette un attimo a riflettere sulle parole del figlio. Come lui Law aveva il dono di essere un gran osservatore. Ma se si trattava di Robin c'era anche da mettere in conto quel loro strano legame empatico, derivato dal fatto di essere gemelli. Per questo considerò che, forse, un colpo di telefono a sua figlia maggiore valeva la pena di farlo, giusto per accertarsi che andasse tutto bene.
Ma ci avrebbe pensato dopo.
Lanciò un'altra occhiata al figlio.
-Pronto per il nuovo anno?-
Law si strinse nelle spalle.
-Come lo ero l'anno scorso- mormorò, laconico -Sperando di non dover soffocare Penguin per riuscire a studiare- aggiunse poi, più a se stesso che ad altri.
-Ancora problemi con...-
-La sua relazione di letto, sì- tagliò corto il moro.
-Ma sei certo che non ci sia qualcosa di più tra quei due? Ormai è dall'inizio del secondo semestre che si frequentano- fece notare Mihawk, ottenendo un'occhiata di sbieco da suo figlio.
-Non lo so. L'unica cosa che so è che passano il tempo a farlo nella nostra stanza, io mi ritrovo sfrattato il più delle volte e in camera di Rebecca non ci posso stare perché la sua compagna è una psicopatica. In realtà mi domando come facciano a passare gli esami, dato che non studiano mai-
-Non puoi farti ospitare da Monet?-
-Lo faccio già, ma non mi farebbe schifo poter usare anche la mia stanza ogni tanto-
Ancora un'altra occhiata di sbieco.
Mihawk strinse un po' il volante tra le mani, cercando il coraggio di affrontare quel discorso che, da un po' di tempo a quella parte, gli premeva sviscerare. Conosceva bene il senso del dovere di suo figlio, che veniva a galla soprattutto nei confronti dello studio, a cui dedicava anima e corpo. A differenza di Zoro, era nei libri e nella facoltà di medicina che Law metteva tutto se stesso, autoimponendosi una ferra disciplina.
Ma era pur sempre un ragazzo di 21 anni, sebbene di testa fosse molto più maturo, e Mihawk riteneva che anche un po' di svago fosse sano e dovuto. Non che dovesse imitare il suo migliore amico in tutto e per tutto ma nemmeno essere così rigido, almeno secondo lui.
-E... Solo per studiare vorresti usarla?- domandò, colpendo subito il figlio con il suo tono così innaturalmente titubante.
-In che senso?- chiese Law perplesso, voltandosi appena verso di lui.
-No dico... Insomma...- cominciò schiarendosi la gola -Penguin non sta in camera solo per studiare, no? Mi chiedevo se anche tu... Sai...-
Si concesse solo di sgranare appena gli occhi, Law, prima di tornare perfettamente impassibile, celando l'imbarazzo provato nel capire dove suo padre volesse andare a parare.
Imbarazzo provato da entrambi tra l'altro.
-Papà!- lo chiamò, lievemente allarmato -Vuoi veramente parlare di questo?- chiese, retorico.
-Beh, Law, non ci sarebbe niente di male, voglio dire, sei un bel ragazzo, sei giovane... Immagino che tu abbia successo...-
Law appoggiò la testa a una mano, il pollice su una guancia e l'indice sulla tempia, sgranando gli occhi incredulo e valutando se lanciarsi giù dalla macchina in corsa. Dovette abbandonare quell'opzione quando notò che la vettura rallentava e suo padre stava accostando fuori dal campus di Drum.
-Papà!-
-Quello che voglio dire- riprese Mihawk spegnendo la macchina e girandosi verso il figlio -è che... Non mi hai mai presentato una ragazza in tutti questi anni... E  così mi stavo chiedendo... Insomma... Lo sai vero che a me puoi dire tutto, no?-
Law lo guardò con un'espressione indecifrabile che virò rapidamente allo sconvolto quando suo padre aggiunse ancora:
-Lo sai che non è un problema se... Se sei come lo zio Dofla e lo zio Crocodile, vero?-
Il ragazzo rimase interdetto per un tempo indefinito, sarebbero potuti essere pochi secondi come un paio d'ore, prima di perdere tutta la sua proverbiale impassibilità.
-Io non sono gay!!!- esclamò,  rischiando di mettersi ad urlare -Se non ho mai portato a casa una ragazza è perché non ce n'è mai stata nessuna di così importante!- aggiunse poi, quasi arrabbiato.
Si fissarono per un lungo attimo e poi fu di nuovo Drakul a rompere il silenzio.
-Oh grazie ai kami!- si lasciò sfuggire insieme a un sospiro di sollievo per poi strabuzzare gli occhi di fronte all'espressione scettica di suo figlio -No, ehi, non fraintendermi! Io non ho problemi con le relazioni omosessuali, anche Bibi è lesbica eppure stravedo per lei e per la sua ragazza! Però devi ammettere che con l'esempio dei tuoi zii davanti, la notizia poteva essere un po' traumatica no?-
Law lo fissò ancora scettico prima di sospirare, rendendosi conto che non poteva dargli torto.
-Va beh, papà, appurato che non comincerò a girare con addosso un boa rosa e non svilupperò una malsana ossessione per i coccodrilli, io vado eh- disse, recuperando il suo solito tono, sarcastico e pacato.
Aveva già la mano sulla maniglia della portiera che fu obbligato a bloccarsi e voltarsi nuovamente dalla voce del padre.
-Figliolo-
-Mh?- fece, sollevando interrogativo un sopracciglio.
-Quindi sei... Sessualmente attivo, vero?-
-Oh per tutti i kami!!!- esclamò esasperato scendendo dalla macchina e approfittando della momentanea immobilità di Drakul, ancora parecchio imbarazzato, per scaricare in fretta borsone e scatolone e poi allontanarsi a passi lunghi e ben distesi da quel momento padre/figlio non richiesto.
Si avvicinò alla portiera per salutarlo rapido, prima di chiuderla e fuggire all'interno del campus. Ma ancora una volta aveva fatto male i suoi conti.
-Law- lo chiamò un'ultima volta, girandosi a guardarlo.
Non avrebbe davvero voluto dare ancora seguito a quel discorso, ma non poteva impedirsi di fare quella domanda. In realtà era quello l'aspetto che lo preoccupava di più.
Lui sapeva di cosa stava parlando, lo aveva provato sulla sua pelle. Amava profondamente Law e Robin, li considerava un miracolo della propria esistenza insieme a Zoro e Perona, ma non era un segreto per nessuno che fossero solo capitati, proprio come era capitata la piccola. A conti fatti l'unico che avevano cercato era stato Zoro.
All'epoca lui aveva 24 anni e Olivia 22.
Entrambi giovani e pieni di sogni e speranze avevano dovuto cambiare drasticamente i loro piani, e lo avevano fatto senza la minima esitazione. Non se ne erano mai pentiti e non se ne sarebbe pentito mai.
Olivia era stata felice di diventare professoressa di Storia anziché ricercatrice e lui aveva accettato il ruolo di istruttore di kendo, mettendo da parte il sogno di allenare la squadra nazionale di cui aveva fatto parte, per poi ereditare la palestra insieme a Kin'emon dal loro vecchio maestro.
Non dubitava che anche Law fosse capace di simili rinunce ma sapeva anche quanto ardentemente desiderasse diventare un chirurgo. Non voleva vedere i suoi sogni infranti.
-Usi il preservativo, vero?!-
Law rimase piegato, con la testa all'interno della vettura, sbattendo le palpebre, il viso una maschera di indifferenza.
-Ciao papà, grazie del passaggio- fu la sua risposta, prima di chiudere la portiera in fretta e avviarsi lungo il viale, incontro a Penguin che era uscito per accoglierlo.
Mihawk tornò a fissare le proprie mani, strette sul volante, facendo un respiro profondo.
-Va bene- disse ancora un po' scosso dalla conversazione -E ora Robin-

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Capitolo 4
*** Nuove amicizie ***


Piegò il capo rosa di lato fissando incuriosita il compagno di classe.
Quel ragazzino con le lentiggini, il cappello arancione da cowboy e il broncio perenne aveva attirato la sua curiosità da subito, appena entrata a scuola ma, quando si era avvicinata provando a presentarsi e a farci conversazione mentre aspettava di essere smistata in una delle classi, lui le aveva risposto brusco, per poi tornare a chiudere gli occhi, abbandonando la schiena contro la parete.
E ora, durante l’intervallo, anziché correre e giocare come tutti, se ne stava seduto su quella roccia del giardino, un bastone tra le mani e il capo abbandonato sul petto.
Il respiro regolare e la bolla al naso non lasciavano dubbi.
Stava dormendo.
Il che era abbastanza strano, pensò Perona, perché l’intervallo era l’unico momento in cui nemmeno Zoro dormiva, o almeno così le aveva detto il suo fratellone.
Si allontanò dalle amichette che saltavano la corda, avvicinandosi al moro, attratta come da una calamita ma si fermò a pochi passi, aggrottando le sopracciglia perplessa nel veder spuntare un cappello a cilindro da dietro la roccia.
Piegò di nuovo la testa di lato, facendo sobbalzare i codini, considerando che, punto numero uno il cappello non poteva certo fluttuare nell’aria a meno che non si fosse trattato di una fantasma ma, in quel caso, lei lo avrebbe percepito di sicuro e, punto numero due, conosceva quel cappello.
Fece un altro passo verso la roccia ma si dovette arrestare subito e anzi indietreggiò, sgranando gli occhi allarmata, quando Ace, così si chiamava il ragazzino, cadde in avanti atterrando faccia a terra nell’erba, braccia e gambe spalancate, in stile stella marina.
Lo fissò per un istante prima di rompere gli indugi e mettersi a correre verso di lui, per accertarsi che stesse bene, ma non fece in tempo a chiamarlo che si risollevò da solo, la faccia sporca di terra e contratta in un’espressione furente, per poi girare di nuovo il volto verso la roccia senza nemmeno accorgersi della sua presenza.
-Ma sei impazzito?!- sbraitò, ancora carponi nel prato.
Perona seguì la sua traiettoria per soffermarsi con sguardo curioso sul bambino biondo che era sbucato da dietro il masso e ci si era appoggiato con il fianco, braccia incrociate al petto e un bastone bloccato nell’incavo del gomito.
-Ti sembra il modo di sorvegliare il nostro rifugio quello?!- gli domandò altrettanto contrariato, rischiando di far cadere per terra il cilindro blu su cui erano agganciati degli occhiali da aviatore.
-Avevo tutto sotto controllo!- ribatté Ace alzandosi in piedi e fronteggiando l’amico.
-Sì, così sotto controllo che non ti sei nemmeno accorto di lei!- disse il biondo, indicando Perona con un dito.
Ace si girò a guardarla, notandola solo in quel momento e trovandola che gli faceva un timido cenno di saluto con la mano.
-Ancora tu?! Ma vuoi lasciarm…-
-Ciao Perona! Come stai?!- lo interruppe l’amico, affiancandolo.
-Ciao Sabo! Bene e tu?!- rispose la bimba, sorridendo.
-La conosci?!- domandò Ace che si era girato a guardare incredulo il compagno di giochi.
-Sì, certo, è mia cugina!-
-Tu non hai cugini!-
-È come se lo fosse, è la figlia di zio Drakul!- spiegò, stringendosi nelle spalle.
-Posso giocare con voi?!- domandò la ragazzina, in preda all’agitazione.
Era da sempre molto sveglia, Perona, ragion per cui le era bastata un’occhiata alle compagne di classe per capire che difficilmente avrebbe trovato qualcuno con cui andare d’accordo. Ma Sabo era di un’altra pasta, con lui si era sempre divertita un mondo e poi il gioco che stavano facendo sembrava interessante.
Se c’erano covi da sorvegliare doveva essere interessante.
-Ma ceeeert… OUCH! Ace!!!- protestò il biondo quando ricevette un colpo sulla nuca con l’estremità del bastone da parte dell’amico, che lo afferrò per un braccio trascinandolo indietro di qualche passo.
-Sei impazzito?!- si mise a parlare in un sussurro perfettamente udibile –Vuoi rivelargli dove si trova il nostro tesoro?!-
Perona drizzò le antenne, stringendo il parasole cinese ancora chiuso con le orecchie e gli occhietti, che suo papà l’aveva convinta a portare a scuola al posto di Kumachi.
Tesoro?!
Quel gioco si faceva sempre più intrigante!
-Non essere ridicolo! Siamo amici ti dico!!!- stava intanto ribattendo Sabo, indicandola con braccio teso e palmo aperto.
-Se c’è un tesoro allora è perfetto per me! Io sono una principessa!- li informò la piccola, facendo un passo verso di loro e alzando la voce per farsi sentire.
Ace e Sabo si girarono verso di lei, uno incredulo e l’altro perplesso.
-Come hai detto?!- domandò il moro, assottigliando lo sguardo.
-Ho detto che sono una principessa! La principessa dei fantasmi!- affermò, annuendo convinta e incrociando le braccia al petto.
-Guarda che non hai capito! Noi siamo pirati! Le principesse al limite le rapiamo, non ci alleiamo con loro!-
Fu il turno di Perona di socchiudere gli occhi in un’espressione infastidita.
-Ma mi stavi ascoltando?! Ho detto principessa dei fantasmi! Guarda che io posso trasformare la gente in zombie, non è un potere che hanno tutti!- affermò, avanzando ancora per fronteggiare Ace.
Sabo si spalmò una mano sulla faccia a quelle parole.
Era proprio quello che gli mancava eh!
Trovarsi a fare gruppo con la bambola assassina e mister pessimismo!
Sospirò, sconsolato.
-… controllare il fuoco io!- stava ribattendo Ace puntando il pollice contro il proprio petto e piegando il busto in avanti, ormai a pochissimi centimetri dal volto di Perona -Io sono molto più forte!-
-Okay, okay, okay, adesso basta!- intervenne Sabo, pacato e diplomatico come sempre, dividendo con un gesto delle braccia i due che si squadravano in cagnesco -Io sono il capitano e io decido! E Perona può fare parte della ciurma!-
-Aspetta un attimo?! Chi ha deciso che sei tu il capitano?!- domandò Ace, sollevando un sopracciglio.
-Lo abbiamo deciso insieme!-
-Ma figuriamoci! Non avrei mai accettato di farti fare il capitano!-
-Sì, invece! Abbiamo deciso che tu avevi il potere del fuoco e io potevo essere il capitano e…-
-ALL’ATTACCO!!!-
 Ace e Sabo si voltarono con i bastoni già pronti in mano ma non fecero in tempo a individuare il punto di provenienza dell’urlo che si ritrovarono bersagliati da una pioggia di nocciole, che li colpirono da tutte le parti, in testa, sulle braccia, sulle mani.
Un attimo dopo erano a terra, impegnati in una lotta corpo a corpo contro Leo, un compagno di classe di Ace, e una ragazzina sputata a lui tranne che per i capelli blu, legati in due codini alla base della nuca.  
-Ancora voi!- protestò Sabo rimettendosi in piedi e indietreggiando, il bastone stretto in mano in posizione di attacco.
Ace lo affiancò immediatamente mentre anche Perona si spostava verso di loro.
Come la vide muoversi, il moro le lanciò un’occhiata di striscio e aggiustò la propria posizione in modo da coprirla e non lasciarla esposta agli attacchi aerei dei gemelli Tontatta.
-Diteci dov’è il tesoro!- intimò la ragazzina, agitando la fionda giocattolo.
-Scordatelo, Wicca! Non lo avete scoperto l’anno scorso e continuerete a non saperlo fino alla fine delle elementari!- la fronteggiò Sabo mentre Ace annuiva convinto.
-Quand’è così…- mormorò Leo, lasciando la frase in sospeso con sguardo eloquente.
Sabo e Ace indietreggiarono ancora, assumendo un’espressione vagamente terrorizzata mentre i due si riempivano la mano di frutta secca, estratta da una piccola bisaccia che portavano in vita.
-Ehi… A-andiamo, su… Possiamo p-parlarne…- provò a mitigare le acque Sabo, sebbene fosse ormai  psicologicamente pronto a tornare a casa pieno di lividi già il primo giorno.
Perona guardò febbrilmente l’ombrellino che teneva in mano e i Tontatta che si preparavano ad attaccare con espressione soddisfatta e fu colpita da un’idea.
Slacciò veloce la fettuccia che teneva ferma la stoffa della cappella contro l’asta di legno e si preparò a spalancare il parasole con il meccanismo a scatto.
-Sabo, Ace, giù!!!- ordinò proprio mentre Leo e Wicca caricavano la fionda.
I due bambini non se lo fecero ripetere due volte e si accovacciarono mentre tanto rosso granata invadeva il loro campo visivo.
Si ritrovarono accosciati ai lati di Perona che teneva saldamente l’ombrellino davanti a sé, coprendoli, mentre un’incessante pioggia di proiettili rimbalzava a velocità sostenuta sulla stoffa tesa del parasole.
-Ma chi diavolo sono questi?!- domandò Perona, sconvolta dalla rapidità con cui le nocciole venivano scagliate -Hanno le braccia robotiche per caso?!-  
-Non lo so come fanno, sono velocissimi!!!- affermò Sabo, evitando le poche sfere marroni che riuscivano a superare la loro improvvisata barriera.
L’assalto aereo cessò improvvisamente e i tre si guardarono tra loro, sospettosi.
Trascorso qualche istante, nel quale appurarono che Leo e Wicca avevano probabilmente esaurito le nocciole, Ace guardò Sabo con determinazione.
-Pronto?!- domandò sottovoce, stringendo più forte il bastone.
-Io sono nato pronto! Uno…-
-…due…-
-Eeee…-
-Fermi!-
Si girarono entrambi verso Perona, Ace infastidito e Sabo perplesso per l’interruzione.
-Che c’è?!-
-Sfruttiamo l’effetto sorpresa! Anziché saltare fuori io sollevo l’ombrello e voi siete già pronti ad attaccare!- spiegò Perona, guardando male il lentigginoso.
Ace si scambiò un’occhiata con Sabo che si strinse nelle spalle.
-Non ha mica tutti i torti!- gli fece notare.
-Ah non so, devi dirmi tu, capitano!- ribatté il moro, sarcastico.
-Guarda che eri d’accordo, adesso è inutile che fai le battute!- protestò Sabo, assottigliando lo sguardo.
-Io non faccio nessuna battuta!-
-Certo, come no!-
-Ma è vero! Sei tu che hai la coda di paglia!-
Se avesse potuto, Perona si sarebbe spalmata una mano in faccia ma, essendo impegnata a sorreggere l’ombrellino, si limitò a lanciare gli occhi al cielo.
Quei due erano una causa disperata, altro che temibili pirati!
-Allora! La vogliamo fare finita?! Forza, su! Pronti… ORA!!!- urlò la piccola sollevando l’ombrello e osservando i due compagni scagliarsi con due falcate verso i propri avversari.
Ma sull’ultimo slancio, mentre erano ancora a mezz’aria, un fulmine giallo li investì in pieno scaraventandoli a terra sotto lo sguardo sgranato della rosa e dei Tontatta.
Perona, Leo e Wicca si lanciarono un’occhiata perplessa che si intensificò nella piccola quando vide i gemelli indietreggiare, assumendo un’espressione atterrita, mentre fissavano qualcosa dietro di lei.
Si immobilizzò quando sentì una mano sulla spalla e una voce poco più su della propria testa.
-Ottimo lavoro, Killer! E tu chi sei, ragazzina?! Un nuovo acquisto?!-
Tremante e a occhi spalancati si girò lentamente verso il compagno che l’aveva bloccata mentre Ace e Sabo si dimenavano a terra, sotto alla mole di Killer che, atterratili, non sembrava intenzionato a lasciarli andare.
Si ritrovò a osservare un chioma rossa e ribelle tenuta indietro da un paio di occhiali molto simili a quelli di Sabo e un ghigno abbastanza inquietante, un ghigno da bullo della scuola.
-Kidd!!!- si dimenò Sabo sotto al massiccio corpo del compagno di classe -Lasciala stare!!!-
Ace si ritrovò a ringhiare, notando la strana reazione di Perona. Qualcuno diceva che Eustass Kidd fosse in grado di ipnotizzare la gente e per un attimo ci credette anche lui quando vide l’amica rilassarsi di botto nell’incrociare le iridi dorate del bullo.
Scalciando come un pazzo si girò a cercare qualcosa da tirargli contro e si ritrovò a incrociare lo sguardo di Leo che gli stava trasmettendo un muto messaggio, mentre caricava la fionda con un piccolo sasso.
Il moro annuì, capendo al volo la strategia dell’amico e preparandosi a sgusciare da sotto il corpo di Killer quando la pietra lo colpì sul sedere facendogli inarcare la schiena per il male e la sorpresa.
Un secondo dopo aveva già coperto la distanza che lo separava da Perona, l’aveva afferrata per un braccio e se l’era trascinata dietro la schiena, sollevando in contemporanea il bastone.
-Non toccarla, mi hai capito?!- sbraitò pronto a calare un colpo sul rosso, che ghignò divertito preparandosi ad afferrare l’estremità del bastone e strattonarlo via a quel moccioso insolente.
-Ace no!!!-
Sarebbe stato impossibile dire chi tra Ace e Kidd fosse più sconvolto dall’intervento di Perona. Con il respiro affannato e gli occhioni sgranati, la bimba si era gettata davanti ad Eustass, parando il colpo destinato a lui con il parasole nuovamente chiuso.
Anche Wicca e Leo, in piedi, e Sabo e Killer, ancora tra l’erba, si immobilizzarono senza parole.
Rimasero a fissarsi così per alcuni secondi, finché la voce delle maestre non li richiamarono, avvisando che l’intervallo era finito.
Presero tutti ad avviarsi per rientrare, tranne Kidd che rimase immobile e sconvolto a fissare il punto dove un attimo primo si trovava la testa rosa di Perona, senza riuscire a capacitarsi di quello che era appena successo.
Quando Killer lo raggiunse si riscosse e si voltò a osservare le schiene dei cinque compagni che si allontanavano camminando uno accanto all’altro.
-Allora affare fatto?! Ci servono due cecchini in ciurma!- stava dicendo Sabo a Leo tendendogli la mano.
-D’accordo, capitano!- rispose il gemello maschio mentre, alla sinistra di Sabo, Perona afferrava la camicia di Ace, stringendola in una mano e avvicinandosi a lui.
-Grazie per avermi salvata- mormorò.
Il moro le lanciò un’occhiata, regalandole finalmente un mezzo sorriso.
-Figurati! Però… non è che ti sia proprio fatta salvare… Si può sapere che ti è preso?!-
Se Kidd aveva pensato che nulla avrebbe potuto sconvolgerlo più di così quel giorno si era sbagliato.
Lo seppe quando sentì la risposta della piccola al suo nuovo amico.
-Non volevo che lo colpissi, mi sta simpatico!- mormorò, stringendosi nelle spalle -Ha gli occhi come il mio papà!-
 

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Capitolo 5
*** Due chiacchiere con papà -II parte- e non solo... ***


-Pronto?!-
-Robin, ciao tesoro!-
-Papà! Ciao! Come stai?!-
-Non c’è male!-
-Com’è andata con Perona?! Nessun intoppo vero?!-
-Intoppi?!- domandò Drakul, grattandosi la nuca nervosamente -Che genere di intoppi?!-
-Non so… Zoro che affetta la maestra perché cerca di prendergliela dalle braccia oppure voi tre che nel caos generale uscite e ve la dimenticate in casa… Cose così!-
Mihawk sbatté le palpebre un paio di volte interdetto.
-Papà?!- lo chiamò la ragazza, allarmata dal suo silenzio.
-Come?! Oh no, no no, nessun intoppo!-
-Sicuro?!-
-Al cento per cento! Ma dimmi tu! Come va lì a Ohara?!-
-Tutto bene, tutto come sempre! C’è il sole, fa caldo, Bibi ti saluta e il professor Rayleigh chiede se sei ancora vivo!-
-Ricambia!- mormorò il padre, non senza grugnire al ricordo del vecchio e ironico professore di sua figlia che sosteneva che un giorno o l’altro si sarebbe infilzato da solo con una katana.
Insopportabile!
-Senti Robin…- ricominciò titubante, consapevole che la parte difficile doveva ancora venire -… c’è per caso qualcosa di cui volevi parlarmi?!-
La mora aggrottò le sopracciglia percependo un cambiamento nel tono di voce di suo padre.
-No, nulla! Perché?!-
-No così… mi chiedevo… Se fosse tutto a posto con l’università, gli amici… Kuzan?!- si azzardò ad aggiungere, spalancando appena gli occhi in attesa di una risposta, possibilmente negativa.
Se era stata dura affrontare certi discorsi con Law figuriamoci con Robin!
-Kuzan?!- ripeté Robin, accigliandosi sempre di più.
-Beh con il fatto che è sempre preso dal lavoro… quest’estate non è nemmeno riuscito a raggiungerci al mare…-
Mihawk percepì distintamente sua figlia che tratteneva il fiato e cominciò preventivamente a maledire ogni kami che gli sovveniva, scusandosi poi subito per il suo poco rispetto.
-È tutto a posto papà! Lo sai che d’estate facciamo più fatica, e poi ha avuto un anno pesante al lavoro, ma ora che sono tornata a Ohara va tutto a gonfie vele!- lo rassicurò convinta Robin.
Non poté trattenere un sospiro di sollievo ma subito un pensiero, ostinato e testardo, attraversò la sua mente a quelle parole.
Di nuovo.
-Tutto a gonfie vele hai detto?!- chiese, tanto per andare sul sicuro.
Sua figlia mugugnò un verso di assenso dall’altro capo del telefono.
-Quindi va bene… sotto… sotto tutti i punti di vista, vero?!- domandò, cominciando a sudare freddo.
Robin sgranò gli occhi a quelle parole.
Oh no!
Quello no!
Non era psicologicamente preparata per affrontare un simile discorso con suo padre, senza contare che era del tutto superfluo.
-Papà!- lo bloccò decisa -Io e Kuzan abbiamo sempre usato e usiamo tutt’ora le dovute precauzioni, se è questo che ti preoccupa! E sappi che non ti dirò nient’altro riguardo la mia attività sessuale con lui!- tagliò corto la mora, con un tono che non ammetteva repliche.
Drakul ringraziò mentalmente di non avere optato per una videochiamata quando sentì il viso andare a fuoco.
In molti dicevano che per i figli era imbarazzante affrontare certi discorsi.
Ma in quel momento Mihawk pensò che i suoi gemelli sapevano benissimo come far sentire in imbarazzo lui, dannazione!
Però, doveva ammetterlo, era felice di avere fatto fuori la questione anche con lei, sebbene in ritardo di qualche anno sulla tabella di marcia.
Un’ondata di sconforto lo investì, rendendosi  conto che, se non voleva correre rischi inutili, avrebbe dovuto parlarne anche con Zoro e senza aspettare.
Non sarebbe finita mai!
Mai!
-Bene! Bene mi fa piacere… cioè… volevo dire non che tu e Kuzan… Che voi… Insomma io… Devo andare! Scusa Robin, è tardi e ho il caffè con gli zii stamattina! Scappo! Ciao!-
-Ci sentiamo presto, papà! Un bacio!-
Chiuse la telefonata e lanciò il cellulare sul letto su cui era seduta, guardandolo rimbalzare sul materasso prima di seguirlo a ruota, lasciandosi andare a peso morto e sospirando,  gli occhi puntati al soffitto.
-Tutto a gonfie vele?!- domandò, facendole voltare il viso verso la porta del bagno della loro stanza universitaria.
Bibi era appoggiata allo stipite con una spalla, le braccia al petto e un sopracciglio sollevato in un’espressione eloquente.
-Law deve avere intuito qualcosa!- affermò Robin, passandosi una mano sulla fronte e guardando sconsolata sua cugina, nonché compagna di stanza, avvicinarsi per sedersi sul letto accanto a lei.
-Ma non mi dire?! Che novità! Law ha intuito qualcosa?! Davvero?!- commentò sarcastica, facendo ghignare Lasa, seduta con le gambe piegate al petto e la schiena appoggiata alla testiera del letto della propria ragazza.
Robin fece una smorfia, senza accennare a sollevarsi.
-Se non si poteva nemmeno a giocare a nascondino con lui da piccoli perché ci trovava subito! Davvero pensavi di poterglielo tenere nascosto?! Fidati di me! Meglio se parli chiaro con loro!-
La mora si tirò finalmente su a sedere, guardando Bibi costernata.
-Cosa pensi che possa succedere?! Non hai mica ucciso nessuno! Insomma se i miei sono sopravvissuti quando Monet ha portato Gladius a casa la prima volta! Non può essere peggio di così no?!-
-Zio Croco e Zio Dofla non avrebbero potuto dire niente a Monet nemmeno se avesse portato a casa un terrorista dichiarato e lo sai!- le fece notare Robin -E ora non tirare fuori quando hai detto loro di essere lesbica perché lo sappiamo tutti che erano orgogliosi e per niente scioccati!- aggiunse, interrompendola quando la vide aprire di nuovo la bocca.
-Ha ragione, Bibi!- le fece notare Lasa, prima di lasciar penzolare le gambe giù dal letto per rimettere le scarpe -Però penso anche che tenere nascosta una cosa del genere non sia una buona idea, Robin! Se pensi che sia una cosa passeggera va bene ma se no…- lasciò la frase in sospeso  sollevando lo sguardo, il busto ancora piegato in avanti, per poi alzarsi in piedi -Ora vado che tra poco ho lezione! A più tardi tesoro!- si avvicinò alla turchina circondandole il volto con le mani e regalandole un bacio a fior di labbra.
-A dopo- rispose con un sussurro Bibi.
-Ciao Robin!-
-Ciao Lasa!-
La porta si chiuse alle spalle della ragazza lasciando sole le due amiche che si fissarono qualche istante finché Bibi aprì la bocca per parlare di nuovo.
-È inutile! Tanto non ho intenzione di farlo!- la interruppe cocciuta la mora, facendola sospirare.
 
 
§
 

Si passò una mano sul volto mentre abbassava il braccio allontanando il telefonino dall’orecchio.
Dannazione!
Come odiava quelle situazioni!
Avrebbe voluto che il suo dovere di padre non comprendesse accertarsi di cose che, in cuor suo, erano già certe.
Insomma, figuriamoci se Robin e Law non sapevano come occuparsi della propria sessualità!
Non erano degli sprovveduti!
Con Zoro invece sarebbe stato meglio parlare chiaro e tondo, non perché fosse stupido ma perché gli somigliava ed era impetuoso e impulsivo proprio come lui.
E se lui fosse stato un po’ meno impetuoso e impulsivo all’epoca, avrebbe avuto due momenti imbarazzanti in meno da affrontare.
Sospirò, pensando che almeno quelli erano andati,  e lanciò un’occhiata all’orologio.
Era appena metà mattina ed era già stanco morto ma doveva muoversi se non voleva fare tardi al caffè.
Si chiedeva come facesse Dofla ad avere la capacità di scegliere sempre le giornate peggiori per organizzare quelle riunioni.
E sì che anche Sugar iniziava la scuola quel giorno, proprio come Perona!
Lui e Croco, però, non avevano anche il pensiero del dojo.
Non gli era mai importato dei soldi, a Mihawk, ma doveva ammettere che essere i proprietari della Baroque Works S.P.A. ti permetteva di avere davvero molti meno pensieri rispetto ai comuni mortali.
Per quello Croco comprava solo i migliori sigari, facendoli arrivare direttamente da Alabasta, e Dofla sperperava berry in stupidi cappotti di piume rosa e assurdi occhiali da sole.
Certo, c’era anche da dire che avevano adottato tre figlie grazie a quei soldi, crescendole nel migliore dei modi senza mai far mancare loro nulla.
Ancora scosso dalle conversazioni di quella mattina, si ritrovò a chiedersi come avessero fatto loro con Bibi e Monet quando era giunto il momento di affrontare il fatidico discorso.
Poi si ricordò che Bibi era lesbica e che Monet si era documentata da sola e che a spiegarlo a Sugar ci avrebbero poi pensato le sue sorelle.
Immerso in quelle considerazioni, non si rese nemmeno conto di avere già raggiunto il bar e sarebbe andato oltre se la voce del suo vecchio amico non lo avesse obbligato a fermarsi.  
-Fufufufu! Come siamo riflessivi stamattina Drag!- lo prese in giro, facendogli sollevare lo sguardo e setacciare con gli occhi i tavolini esterni del locale.
Seduto comodamente a capotavola di un tavolo da sei, immerso nel suo stupido boa rosa o quello che era, gli occhiali perennemente sul naso e il ghigno perennemente sulla faccia, Donquijote Doflamingo si leccava le labbra inquietante, beffandosi del suo vecchio amico e compagno di scuola, mentre alla sua destra il suo compagno e convivente da una vita intera si accendeva impassibile un sigaro, salutandolo con un cenno del capo.
-Sono il primo dopo di voi?! Sul serio?!?!- domandò, tornando sui suoi passi e sedendosi accanto sul lato opposto rispetto a Croco, lasciando un posto libero accanto a Dofla per Boa.
-Pare che gli sposini avessero l’ecografia stamattina. E Boa… beh è Boa-  lo informò atono il moro, soffiando un po’ di fumo.
Drakul si lasciò scappare una risata al soprannome che Croco si ostinava a dare a Shanks e sua moglie, di quasi dieci anni più giovane di loro. Erano sposati già da un po’ ma, a guardarli, sembravano sempre appena tornati dalla luna di miele e da quando Makino era rimasta nuovamente incinta davano quell’impressione ancora di più.
Non che fossero eccessivamente smielati ma per Croco, abituato a esprimere il proprio amore per il compagno a suon di insulti, anche un semplice sguardo innamorato era troppo.
Guardando i padrini dei suoi primogeniti, si chiese come facessero Bibi, Monet e Sugar a essere normali e ringraziò il cielo per questo.
-Ehilà!!! Siamo arrivati!!!-
Una voce entusiasta alle sue spalle lo fece voltare mentre Croco si limitava a spostare uno sguardo impassibile su Shanks e Makino e Dofla calava la testa in avanti per guardarli da sopra il bordo degli occhiali.
-Ben arrivati!- li accolse, con quel suo fare che rendeva impossibile capire quando fosse serio e quando no.
Era sempre stato così, fin dall’elementari, e il fatto di conoscersi da quarant’anni non aveva aiutato nessuno di loro a distinguere tra le due cose.
-Ehi!- lo salutò il suo migliore amico, posandogli una mano sulla spalla.
-Ehi!- rispose afferrandogli per un attimo l’avambraccio con la mano e seguendo il suo movimento mentre si sedeva accanto a lui, all’altro capo del tavolo –Tutto bene il controllo?!- chiese spostando gli occhi da lui a Makino, di fronte a sé.
-Sì sì! Tutto a posto, grazie Drag!- rispose sorridendo la giovane donna, mentre portava una mano ad accarezzare amorevolmente il ventre tondo.
-Tutto bene con Perona?!- si informò Shanks facendolo concentrare su di sé e aggrottare le sopracciglia.
Sorrideva, il rosso, con il suo solito solare sorriso ma, se Dofla era un enigma, Shanks per Drakul era un libro aperto e notò subito i suoi movimenti nervosi.
-Che hai?!- domandò sospettoso.
Continuò a sorridere, lanciando una furtiva occhiata a Makino e, trovandola impegnata a mostrare le immagini dell’ecografia  a Croco e Dofla, si piegò in avanti per confidarsi con Drakul.
-Sono sull’orlo di una crisi di nervi!- confessò sottovoce, facendo accigliare ancora di più l’amico.
-Per cosa?!-
-La gravidanza!-
Okay, questo sì che non aveva senso!
-Ma che ti prende?! Non eri così teso nemmeno quando è nato Sabo! Di solito dopo il primo ci si rilassa!-
-Hai ragione ma stavolta è femmina! Ce l’hanno detto stamattina!-
-Beh e allora?! Sei sempre stato un padrino fantastico per Perona!- gli fece notare, stringendosi nelle spalle.
-Sì, okay! Ma è figlia tua, sei tu che ti devi preoccupare di tutte le cose tipo primo fidanzato, prevenzione e tutto il resto! Mica io!-
In pochi attimi Mihawk passò dal sorpreso, all’incredulo, al contrariato prima di parlare di nuovo.
-Se rinasco ricordarmi di non chiederti di tenere a battesimo nessuno dei miei figli- commentò atono, appoggiandosi allo schienale.
-Oh ecco! Ce l’ha fatta!- esclamò sarcastico Croco, sollevando lo sguardo dalle foto dell’utero di Makino.
-È così che si accoglie la donna più bella del mondo?! La bellezza richiede tempo!- affermò l’ennesima voce, melodrammatica stavolta, alle sue spalle.
Si girò posando un avambraccio sullo schienale della sua sedia e sollevando lo sguardo sull’ultimo membro della loro pazza combriccola.
Boa Hancock non faceva che scherzarci su ma era davvero bellissima.
Quando lavorava ancora come modella era stata effettivamente dichiarata la donna più bella del mondo e la sua spiccata intelligenza le aveva fatto lasciare le passerelle all’apice della carriera, prima che l’inevitabile tracollo la trascinasse a fondo, inghiottendola in una spirale senza fine.
Tornata a Raftel con un cospicuo conto in banca, si era data alla beneficenza ed era rimasta nel campo dell’alta moda, da dietro le quinte, aprendo la strada a giovani nuove promesse, prendendole sotto la propria ala protettrice con l’intento di impedirgli di finire nei giri sbagliati e rovinarsi la vita.
Senza mai essere passata per le mani di un solo chirurgo plastico, la sua bellezza non era sfiorita e a quarantacinque anni compiuti Boa non era invecchiata di un giorno da quando avevano preso il diploma, poco prima che partisse alla volta di Dressrosa e della sua sfolgorante carriera.
Era solo maturata, diventando ancora più attraente e conservando negli occhi una scintilla della ragazzina folle che era stata insieme a quei quattro criminali ai tempi del liceo.
Ma dietro al suo fisico ancora snello e tonico e al volto privo di rughe si nascondeva anche una donna a cui la vita non aveva concesso di provare le preoccupazioni ma nemmeno le gioie della maternità.
La guardò baciare la guancia a Dofla, quello a cui era più legata da sempre, prima di accomodarsi e allungare una mano verso Makino, chiedendole con un radioso sorriso, come procedeva la gravidanza.
Drakul si chiese quanto dovesse essere dura per lei, che di figli ne avrebbe desiderati anche tanti, nonostante se ne fosse ormai fatta una ragione.
-Ciao Occhi di Falco!- lo salutò, voltandosi a guardarlo con un solare sorriso.
Lo stomaco di Drakul fece, come sempre, una piccola capriola.
Pochi uomini riuscivano a resistere al suo fascino, uno di questi era Shanks che l’aveva sempre vista come una sorella.
Ma lui, per quanto la considerasse da sempre solo un’amica, finiva ogni volta per restare sbalordito dalla profondità dei suoi occhi blu scuro. Era sempre stato così, anche quando c’era Olivia, ma non si era mai sentito in colpa per questo.
Non avrebbe mai tradito la donna che amava ed era certo, lo era tutt’ora, che la sua non fosse che una naturale reazione di fronte a una donna bella come Boa, verso la quale provava anche un grande affetto.
Era stata una vera ancora di salvezza per lui dopo la morte di Olivia.
Tutti gli erano stati accanto ma senza di lei non avrebbe saputo come fare con Perona e i ragazzi, i primi tempi.
Ogni tanto, quando entrava in cucina, la vedeva ancora di spalle ai fornelli, intenta a cucinare per loro, o seduta vicino alla penisola mentre allattava Perona con il latte in polvere, senza lasciar mai trasparire nemmeno la più pallida vena di stanchezza o fatica, nonostante dovesse lottare ogni giorno con lui e Law per fargli mangiare qualcosa.
Non avrebbe mai potuto ripagarla adeguatamente per tutto quello che aveva fatto.
-Ciao Boa! Come stai?!-
-Io bene! E tu?! I ragazzi?! Il mio figlioccio fa il bravo?!- domandò facendogli alzare un sopracciglio.
-Dammi un paio di settimane e te lo dico!-
Boa si mise a ridere, scuotendo la testa.
-Tanto finché c’è Nami puoi stare tranquillo! E poi voglio dire, se ne siete usciti brillantemente voi!- gli fece notare, con sguardo eloquente, facendolo sogghignare -E Perona?! Primo giorno di scuola come Sugar no?!-
Drakul annuì, pensando alla piccola e domandandosi cosa stesse facendo in quel momento. Era vagamente consapevole della voce di Dofla che raccontava qualcosa sulla loro figlia minore e di Makino che li rassicurava sulla bravura delle maestre, la mente invasa dall’immagine della sua bambina.
Quella per Mihawk sembrava essere la mattina delle riflessioni e si ritrovò ad analizzare le parole di Shanks, riguardo le tappe importanti nella vita di una bambina che diventa donna. Ci sarebbero stati tanti discorsi da affrontare e tanti quesiti a cui rispondere, a cui sarebbe stato più indicato che rispondesse una donna.
Ci sarebbero state Robin, Bibi, Monet, Makino e Boa.
Sapeva che ci sarebbero state.
Ma era giusto far crescere Perona senza una figura femminile fissa?! Senza una madre?!
Fino a quel momento non si era mai posto il problema, convinto di essere abbastanza.
Ma dopo quanto accaduto quella mattina, con ancora il pensiero di Zoro a occupargli una parte del cervello, Drakul cominciava a temere di essere inadeguato per alcune cose.
-…Drag!!!- una presa sul braccio e uno scossone lo fecero riscuotere.
Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco il viso di Shanks, che lo chiamava con insistenza.
-Amico che ti prende?!-
-Io… nulla! Riflettevo su una cosa!-
Shanks lo guardò poco convinto prima di assumere un’espressione che a Drakul non piacque per niente.
Era l’espressione “ti-martello-finché-non-parli” che, nel caso di Shanks, era anche una promessa.
E Shanks, purtroppo, era un uomo di parola.
-Che hai combinato?!-
Mihawk lo guardò con un’espressione miserabile, combattuto sul da farsi.
Consapevole di avere combinato un pasticcio con Robin e Law e desideroso di capire come affrontare meglio l’argomento con Zoro, cedette al bisogno di confidarsi.
In fondo se il suo migliore amico ne era a conoscenza non era un problema.
Era a tutti gli altri che preferiva non farlo sapere.
Si chinò verso di lui, proprio come Shanks aveva fatto poco prima.
-Stamattina ho fatto quel discorso con Robin e Law- mormorò tutto d’un fiato, percependo l’amico irrigidirsi.
-Aspetta aspetta! QUEL discorso?!- domandò, tanto per essere sicuro, facendolo annuire -E…?!-
-La cosa più imbarazzante di tutta la mia vita! Non so tra me e loro chi avrebbe voluto sotterrarsi più velocemente! Ma non è finita qui! A Law ho fatto anche l’altro discorso!- proseguì, sentendosi meglio al solo parlarne con qualcuno.
Shanks era un vero amico, poteva fidarsi di lui!
-Quale altro discorso?!- chiese, perplesso.
-Beh… Ecco… il discorso…- si arrestò, facendo un cenno con il capo in direzione degli unici altri due uomini presenti al tavolo.
Shanks, le sopracciglia ancora corrugate, seguì la traiettoria indicata dall’amico e si ritrovò a fissare Dofla e Croco senza riuscire a capire.
Poi, lentamente, la bocca del rosso prese a spalancarsi mentre la comprensione si disegnava sul suo viso.
Tornò a voltarsi verso Drakul che lo fissava con un’espressione della serie “Eh già!” oppure “Sono un deficiente!”, a seconda delle interpretazioni.
Espressione che abbandonò presto il suo viso per lasciare spazio allo sconvolgimento quando Shanks, dimentico del loro momento confessione, parlò di nuovo alzando la voce.
-Tu hai chiesto a Law se è gay?!?!?!-
Tre paia di occhi e un paio di lenti si girarono a guardarlo, mentre il silenzio calava intorno a loro.
-Cos’è che ti sfugge del concetto di confidenza, Shanks?!- domandò quando riuscì a recuperare l’uso della parola.
-Fufufufufu! Drag, ma che hai combinato?!-
-Dimmi che è uno scherzo ti prego!- disse Boa che riusciva a malapena a contenere le risate.
Drakul si voltò a guardarla, grattandosi la nuca imbarazzato.
-Beh…-
-Kami, Drag! Quel ragazzo non potrebbe essere più etero di così!- affermò convinta l’amica.
Mihawk si passò pollice e indice sugli occhi mentre gli amici si lasciavano sfuggire battute e risatine tutt’intorno.
Se mai fosse rinato doveva assolutamente appuntarsi di scegliere un altro migliore amico. 





Angolo autrice: 
Buonsalve!!! 
Rieccomi con un nuovo capitolo di questa follia! 
Partiamo dal primo chiarimento: Lasa! 
Okay, potete dirmi che sono malata, ma la mia memoria funziona bene quindi io me la ricordavo e l'ho voluta inserire. 
Per chi non se la ricordasse questa è Lasa: 


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Eccola qui! Fa parte dei Pirati del Deserto, saga di Alabasta! 
Passiamo alla seconda parte del capitolo. 
So che Boa è parecchio OOC ma spero di riuscire a rientrare un po' di più nei prossimi capitoli, il fatto è che qui mi sono concentrata di più su "Drag" e ho preferito dare più spazio alla storia di Hancock che a lei come personaggio! 

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Capitolo 6
*** Raftel High School ***


La Raftel HigH School assomigliava a un carcere.
Il preside Magellan, non per niente, sembrava perfetto per dirigere una prigione più che un liceo.
Quattro piani di cemento armato disposto a forma di U nel cui spazio vuoto, all’altezza del secondo, si trovava la terrazza dove gli studenti trascorrevano l’intervallo che sarebbe potuto assomigliare molto all’ora d’aria dei carcerati se non fosse stato per due dettagli:
  1. Non c’erano cecchini a tenerli sotto tiro
  2. L’intervallo durava solo dieci minuti
E, diversamente dal solito, quel giorno Zoro non ne stava approfittando per dormire in classe, con le mani dietro la nuca e la bolla al naso.
No, Zoro stava animatamente parlando con i propri amici, coi quali non aveva potuto scambiare nemmeno un saluto perché era arrivato in classe un attimo prima che la lezione iniziasse, ritrovandosi così ad avere come primo e unico contatto umano quello con il proprio compagno di banco, che quel giorno aveva deciso di morire, o almeno così dedusse il verde quando si sentì domandare:
-Stavolta dove ti sei perso, Marimo?!-
Ma ora, fuori in terrazza, il secondogenito di Mihawk non era impegnato a far ingoiare la cenere della sigaretta al suo migliore amico, come si era ripromesso di fare.
-…come ti è venuto in mente di insegnare la posa Super a mia sorella?!- stava domandando, fissando truce il compagno dai capelli azzurri e il ciuffo a banana.
-Ma che vai dicendo fratello?! Robin si è sempre rifiutata di fare la posa Super!-
-Infatti non parlo di Robin!-
-Perona ha fatto la posa Super?!- intervenne Usopp con gli occhi che quasi gli schizzavano fuori dalle orbite.
-Stamattina a colazione!-confermò, annuendo e incrociando le braccia al petto.
 Usopp e Franky si guardarono increduli, prima che sui loro volti si disegnassero dei ridicoli e trionfanti sorrisi di soddisfazione.
-Sapevo che doveva esserci qualcuno di normale nella tua famiglia, Zoro!- affermò Franky, annuendo convinto.
-È l’orgoglio dei suoi zii!- commentò orgoglioso il nasone, sollevando un sopracciglio e facendo strabuzzare gli occhi all’amico.
-Co… Allora, punto primo non c’è niente di normale in quello che fai tu!- sbraitò, puntando il dito contro il petto del più corpulento dei due amici -Punto secondo, fatela finita di definirvi “i suoi zii”! È mia sorella mica mia figlia!-
-Ma le molte ore di sonno non dovrebbero garantire relax e buonumore?!-
Suo malgrado, lo stomaco di Zoro fece una tripla capriola non appena quella voce raggiunse le sue orecchie.
Dimenticandosi del desiderio di affettare o spezzare ogni singolo osso dei compagni si girò verso di lei, il cuore che batteva a mille.
Nami Cocoyashi, la sua migliore amica dalle elementari, capelli rosso fuoco e sorriso micidiale, avanzava verso di loro trascinando per l’orecchio un ragazzo vestito con una maglietta rossa e un cappello di paglia in testa, impegnato ad agitarsi e protestare per il trattamento a cui l’amica lo stava sottoponendo.
-Ciao mocciosa- la salutò, rilassandosi e ghignando di sghembo.
Finalmente!
Era da quella mattina che aspettava di vederla ma, essendo arrivato in ritardo, aveva mancato la sua occasione dal momento che si trovavano in classe differenti.
-Buzzurro!- rispose, regalandogli un sorriso ancora più luminoso e tutto per lui.
-Nami mi fai male!!!- si lamentò Rufy, divincolandosi.
-Come?!- domandò sorpresa, voltandosi verso il compagno e realizzando di avere ancora il suo lobo tra le dita -Oh scusa, Rufy!- aggiunse, lasciandolo andare.
-Cosa ha combinato stavolta?!- domandò Usopp.
-Ha invitato il prof. Jinbei a venire al bowling con noi!- rispose, sospirando.
-Di nuovo?!?!- reagì il nasone, incredulo.
-Ma insomma!!! Lui l’altra volta ha detto che aveva da fare ma se no sarebbe venuto volentieri e di dirglielo se ricapitava e io l’ho fatto!- protestò il corvino, mettendo il broncio.
Una vena prese a pulsare sulla fronte della ragazza.
-Questo non significa che devi diventare uno stalker, Rufy!!!- sbraitò, mostrando una fila di denti a squalino e il pugno a mezz’aria.
Un improvviso spostamento d’aria seguito da un turbinio di cuoricini, investì Zoro facendogli quasi perdere l’equilibrio.
-Oooooh Nami-swaaaaaaan! Lo sai che quando ti arrabbi sei ancora più bella?!?!- si mise a ululare Sanji sotto lo sguardo omicida del verde, la cui cassa toracica prese a vibrare a causa del minaccioso ringhio che stava emettendo.
Ringhio che fu sostituito da un ghigno soddisfatto quando un calcio calò sulla bionda testa dell’amico, spalmandolo sulle piastrelle della terrazza.
-Cosa stavi facendo Sanji-san?!- domandò una voce soave e fintamente dolce e tranquilla.
-Violet-chan!!!- schizzò su come una molla, all’udire la voce della propria ragazza e, sempre roteando, la raggiunse per baciarle una mano -Come stai mia dea?!-
-Ciao Zoro!- lo salutò Kaya, raggiungendo Usopp e baciandolo sulla punta del naso.
-Yohohohohoh, Zoro-san! Allora ce l’hai fatta ad arrivare!- chiese entusiasta Brook mentre si schiacciava un bernoccolo spuntato in mezzo alla zazzera afro, segno che doveva aver chiesto il colore delle mutandine a Nami o a Violet, se non a tutte e due.
-Beh lo hanno scaricato davanti alla scuola, anche una testa d’alga come lui è in grado di attraversare la strada!- commentò Sanji, provocando l’ennesima ondata di furia omicida nell’amico.
-Ma io ti…- cominciò facendo una passo verso di lui ma fu bloccato dal tocco delicato di un palmo affusolato e diafano che si posò sul suo petto, calmandolo all’istante.
-Calmo, Zoro! Non vorrai finire in punizione già il primo giorno!- esclamò Nami, facendolo voltare verso di sé -Allora com’è andata con Perona?! Hai pianto?!- lo prese in giro, con una luce furba che le guizzava negli occhi nocciola.
-Ah ah! Molto simpatica!- commentò, guardandola male.
-Eddai!!! Non fare il permaloso!- disse dandogli di gomito e riuscendo a strappargli un ghigno -Credevo fossi preoccupato! Allora non è per quello che sei così nervoso di prima mattina?!-
-Sono le undici Nami!-
-Appunto, per te è prima mattina!-
Fece per ribattere ma decise di lasciar perdere.
Sì, era un po’ preoccupato a dire il vero.
Ma no, non era per quello che era nervoso.
D’altra parte chiunque lo sarebbe stato con un orario delle lezioni come quello della sua classe.
Che il tirapiedi di Magellan, Hannyabal, fosse un sadico lo sospettavano dal primo anno ma, con l’orario di quel primo giorno di scuola, ne avevano avuto la conferma.
Perché solo o un pazzo o un sadico avrebbe potuto mettere una dietro l’altra Fisica con quel megalomane di Eneru, Storia dell’arte con la professoressa Jora, che era un incubo, e Latino con Lucci, il peggiore dopo Vergo.
Si domandava per quale kami non fosse contemplata anche un’ora di biologia con il “barbuto” in quella giornata da paura e ringraziava mentalmente che il professor Ceasar fosse così stupido da non rendersi conto dei suoi pisolini.
Almeno durante le due ore di chimica che avrebbero seguito l’intervallo avrebbe potuto dormire.
Senza contare che quella lezione era insieme all’altra quinta, ergo insieme a Nami.
Non che avesse chissà che motivi particolari per esserne felice.
Era solo perché sapeva che poi lei lo avrebbe aiutato e avrebbe potuto approfittare dei suoi appunti.
Tutto lì.
-…Zoro?! Ci sei?!-
Proprio la voce di Nami lo riscosse, riportandolo alla realtà, in mezzo ai suoi amici, che stavano ridendo di  gusto a una qualche battuta di Franky, probabilmente, a giudicare dalla sua posa super.
Si ritrovò con una busta arancione che gli veniva sventolata sotto il naso proprio dalla sua migliore amica.
Con sguardo interrogativo e corrugando le sopracciglia, la afferrò, scrutandola attento.
-Cos’è?!- domandò, esaminando la carta pesca quasi come se potesse parlargli.
-Il saldo del tuo debito! Così sai esattamente a quanto ammonta e puoi tenere il conto in ordine!-
Zoro strabuzzò gli occhi, incredulo.
-Ma starai scherzando!!!-
-A-ah!- negò con il capo la rossa.
-Sei una strozzina!-
-Ehi!!! Nessuno fa niente per niente a questo mondo! Imparalo!- protestò Nami, portando le mani sui fianchi.
Il suono della campanella interruppe, per fortuna, la replica del ragazzo, salvandolo da un cazzotto che lo avrebbe tramortito e schiantato a terra.
Con passo strascicato e continuando a chiacchierare si avviarono per recuperare penna e  quaderno nelle rispettive classi, prima di spostarsi tutti insieme verso il laboratorio di chimica.
Se Zoro pensava che quella mattinata fosse andata già abbastanza male era solo perché non sapeva cosa, o meglio chi, lo aspettasse sulla porta del laboratorio.
Un’espressione di momentaneo terrore si disegnò sul suo volto quando lo riconobbe, mentre camminava lungo il corridoio nella direzione opposta alla loro e, rapido, si voltò per tornare indietro ma la voce monocorde e profonda del professore lo bloccò.
-Mihawk- lo chiamò Vergo.
Non era nell’indole di Zoro mostrarsi debole o ammettere una fuga, sicché fu con un’espressione di arroganza e strafottenza che tornò a guardare il moro, sfidandolo con gli occhi.
Si fissarono qualche istante con reciproco fastidio finché Vergo non parlò di nuovo.
-Mi auguro per te che tu abbia completato tutte le consegne per domani- si limitò ad aggiungere prima di proseguire con il suo passo lento e pacato.
Attese di venire superato dal docente prima di lasciarsi andare allo sconforto.
Sconsolato, entrò ne laboratorio, scaraventò i libri su uno dei lunghi tavoli, momentaneamente sgombri da provette e altri strumenti, e si lasciò cadere pesantemente su uno sgabello, crollando il capo sulle braccia piegate e posate sulla superficie bianca.
Finito!
Era finito!
Vergo non aspettava altro che una scusa per sbatterlo in punizione già la prima settimana e sarebbe stata una punizione coi fiocchi, lo sapeva.
Un’improvvisa scarica gli attraversò la colonna vertebrale, facendogli sollevare la testa di scatto e trattenere il fiato.
Il cuore accelerò i battiti e deglutì pesantemente quando realizzò che Nami gli stava passando una mano a palmo aperto sulla schiena.
-Ti aiuto io, non preoccuparti- mormorò, sorridendogli complice.
Zoro sgranò gli occhi.
-Dici sul serio?!-
Sì, era vero, Nami era da sempre la sua ancora di salvezza ma non pensava che si sarebbe ingabolata in un casino simile, e cioè aiutarlo a fare tutti i compiti di biologia assegnati e concepiti per essere svolti in tre mesi in un solo pomeriggio.
Un pensiero lo attraversò, facendogli assottigliare lo sguardo sospettoso.
-Quanto mi costerà?!- domandò, senza preamboli.
Nami si sedette accanto a lui mentre il professore faceva il suo ingresso con quella sua stramba andatura fluttuante e la sua ancor più stramba risata.
-Un pranzo da te!- rispose, facendogli l’occhiolino e prendendolo nuovamente alla sprovvista.
Un sorriso di sollievo e gratitudine si disegnò storto sul suo viso mentre si girava verso il prof e afferrava la penna, deciso a prendere appunti.
 

 
§
 

-Ciao!- salutò, aprendo la porta ed entrando in casa.
-Permesso- domandò educatamente Nami alle sue spalle.
-Entra pure- la invitò Zoro, prima di tornare a voltarsi verso l’interno della casa, perplesso -Ehi?! C’è qualcuno?! Papà?!- domandò, un po’ incerto girandosi di nuovo verso Nami, che si strinse nelle spalle.
La rossa lo seguì mentre si dirigeva verso la cucina, attraversando il salotto.
-Ehi papà!- chiamò ancora quando, sportosi oltre lo stipite, vide il padre seduto al tavolo della cucina, il pc portatile davanti a sé e un’espressione sconfortata sul viso.
Si girò di scatto verso la porta quando si sentì chiamare, aggrottando poi le sopracciglia.
-Zoro, sei già a casa?!- domandò prima di venire colpito da un pensiero.
Spostò lo sguardo sull’orologio del computer, strabuzzando poi gli occhi nel rendersi conto di quanto fosse tardi.
-Kami, non mi sono accorto! Scusa io…-
-Dov’è Perona?!- domandò subito il verde, mentre un atroce sospetto si impadroniva di lui.
Ci mancava solo che, dopo essersela quasi dimenticata a casa quella mattina, l’avessero definitivamente dimenticata a scuola proprio il suo primo giorno.
-Sta giocando in camera sua, perché?!-
Zoro si concesse  un sospiro di sollievo a quelle parole.
-Niente, niente! Ma che stavi facendo?!-
-Come?!- domandò il moro, colto alla sprovvista, tornando poi fugacemente con lo sguardo sul monitor e arrossendo suo malgrado –No n-niente io… N-non riesco a fare una cosa e…-
Zoro sollevò un sopracciglio, con l’intenzione di avvicinarsi ma rimase spiazzato quando lo vide chiudere con un colpo secco il computer.
-Papà?!-
-Io… Accidenti non ti ho preparato nulla per pranzo!- esclamò Mihawk, ancora visibilmente imbarazzato, alzandosi e prendendo a spostare padelle e pentole a caso.
Zoro era seriamente perplesso, nonché preoccupato.
Non aveva mai visto suo padre così a disagio, nemmeno quella volta che, quando aveva dieci anni, gli aveva chiesto se poteva prendere una delle sue gomme da masticare mostrandogli un paio di preservativi incartati che aveva trovato sul suo comodino.
Senza contare che difficilmente Drakul esternava le proprie emozioni.
-Papà ma Perona ha mangiato?!- domandò ancora, colto da un dubbio improvviso.
-Sì certo! Accidenti dov’è finito l’olio?!-
-Lascia Drag, ci penso io!- intervenne Nami, entrando sicura in cucina dopo essere andata a mettersi le ciabatte degli ospiti, e facendo sollevare uno sguardo stranito al padrone di casa.
-Nami! Ciao, tesoro, non ti avevo vista!-
La rossa gli sorrise, prima di girarsi verso Zoro.
-Vai pure a controllare Perona, io intanto preparo due panini okay?!-
Zoro annuì, ghignandole di sghembo e dimenticandosi di suo padre e del suo strano comportamento.
-Allora Drag, come va?!- la sentì domandargli mentre si allontanava e la voce di Mihawk diventava solo un sottofondo.
Sapeva che, per quanto fosse normalmente laconico, suo padre adorava parlare con Nami e con lui si faceva sempre delle grandi chiacchierate.
Si arrestò davanti alla porta di Perona, spingendola a palmo aperto e sbirciando all’interno.
-Ehi, pulce?!- la chiamò, trovandola impegnata a servire il the a Chopper, Bepo e Kumachi, disposti a cerchio, per terra.
Si avvicinò con un affettuoso ghigno, accovacciandosi accanto a lei e posando le sue grandi mani intorno alla vita della piccola, che girò la testa verso di lui, prima di illuminarsi nel riconoscerlo.
-Fratellone!!!- lo chiamò saltandogli al collo.
Zoro l’afferrò, lasciandosi abbracciare.
-Allora?! Com’è andato il primo giorno?!- chiese, mentre la rimetteva a terra e lei tornava  a sedersi vicino ai pupazzi, restando girata verso il fratello.
-Bene! Mi sono divertita un sacco!- esclamò convinta, sorridendo radiosa –Anzi, devo dire a Law che se vuole può portarsi via Bepo!- aggiunse poi, riflettendo un istante.
Zoro aggrottò le sopracciglia a quell’affermazione all’apparenza sconclusionata.
-E come mai?!- chiese.
-Perché io e Kumachi abbiamo dei nuovi amici che possono giocare con noi ora! Naturalmente Bepo non lo lascio da solo finché è qui e nemmeno Chopper! Però è giusto che stia con Law no?!- domandò conferma, inclinando il capo di lato.
Zoro spalancò leggermente gli occhi a quelle parole, prima di tornare a sorridere e arruffarle i capelli, mentre si alzava in piedi.
-Ma certo che sì!- esclamò, sentendosi sollevato.
Se Perona parlava così voleva dire che si era già fatta degli amici e che loro si erano preoccupati per niente.
-Ora vado a studiare!-
-A dopo, Zoro!- lo salutò, agitando la manina, prima di tornare a occuparsi dei propri ospiti.
Si chiuse la porta alle spalle, scuotendo la testa divertito dall’indole di sua sorella, mentre tornava verso la cucina.
Si fermò sulla porta e si ritrovò a corrugare di nuovo le sopracciglia nel vedere Nami in piedi di fianco a suo padre, nuovamente seduto davanti al pc, con il busto piegato in avanti, impegnata a spiegargli qualcosa, indicandolo sul monitor con l’indice.
 -Capito?!- chiese girando il volto verso di lui e sorridendogli.
-Ora sì!- rispose convinto Mihawk –Grazie Nami!-
-Ma figurati!- sorrise la ragazza, sollevando lo sguardo e incrociando quello di Zoro.
Uno strano guizzo attraversò i suoi occhi, prima che anche lei prendesse a comportarsi in modo strano.
-Beh… O-ora io vado con… Zoro a studiare!- affermò, afferrando due piatti su cui troneggiavano due invitanti panini e dirigendosi verso di lui, ignorando il suo sguardo inquisitore.
-Ma certo! Grazie ancora Nami!- le disse, facendole voltare il busto e sollevare appena i piatti in risposta.
-Dai buzzurro, andiamo!- lo incitò passandogli accanto, precedendolo in camera sua.
-Nami!- la chiamò, seguendola e chiudendosi la porta alle spalle, senza staccarle gli occhi di dosso, sospettoso -Cosa diavolo stavate facendo al computer tu e papà?!-
Nami posò i piatti con il loro pranzo sulla scrivania prima di girarsi a guardarlo.
-Oh ma niente di che!- minimizzò, ridendo nervosamente -Una cosa!-
Zoro sollevò un sopracciglio.
-Che genere di cosa?!- insistette, avanzando verso di lei.
-Una… cosa… che non posso dirti! E basta!- affermò, categorica, voltandosi di nuovo verso la scrivania.
Sussultò nel sentire i palmi bronzei e caldi di Zoro posarsi sui suoi fianchi e la sua bocca accostarsi al suo orecchio.
-Mocciosa- la chiamò in un sussurro, facendola fremere.
Nami deglutì pesantemente.
-S-sì!-
-Parla! oppure userò le maniere forti- proseguì, aumentando la presa e facendole aggrottare le sopracciglia.
-Come prego?!- domandò, girandosi a guardarlo, sfidandolo con gli occhi.
Non l’avesse mai fatto!
Un secondo dopo si ritrovò scaraventata sul letto di Zoro, l’imponente mole del compagno a sovrastarla e le sue dita a fargli il solletico.
Senza fiato per le risate lo chiamò ripetutamente, mentre si contorceva sotto lo sguardo divertito del verde, arrendendosi poi a rivelare l’inconfessabile segreto di suo padre, purché la smettesse di torturarla.
-Allora?!- domandò, smettendo di farle il solletico ma bloccandole i polsi ai lati del viso e continuando a sovrastarla.
Si ritrovò con la bocca a pochi centimetri dalla sua, inalando il suo profumo che in un attimo lo mandò in tilt.
Non si era reso conto di tutta quella vicinanza mentre le faceva il solletico e ora si sentiva improvvisamente accaldato e incapace di pensare razionalmente.
Si ritrovò a respirare pesantemente e a inghiottire a fatica, mentre il sorriso scivolava dal viso di entrambi, la distanza tra le labbra diminuiva e lui annegava nei suoi occhi di caramello.
-N-Nami…- sussurrò, con voce malferma.
-Sì…- soffiò sulle sue labbra, colpendolo con una ventata al mandarino.
L’improvvisa consapevolezza di quanto stesse accadendo lo colpì.
Cosa stava facendo?!
Cosa gli prendeva?!
Va bene che Nami era una bella ragazza, che era dannatamente eccitante sentire il suo caldo e morbido corpo schiacciato contro il proprio ma non poteva baciarla!
Assolutamente no!
Non poteva baciare la sua migliore amica!
-Cosa stavate combinando?!- domandò, staccandosi bruscamente da lei, che, dopo alcuni istanti, si sollevò con il busto, puntellandosi su gomiti e avambracci.
Si spostò verso la finestra, prendendo dei respiri profondi per sbollire, maledicendosi mentalmente.
A dire il vero, non gliene fregava più niente di scoprire cosa stesse facendo suo padre.
O almeno così pensava, finché non sentì la risposta dell’amica.
-L’ho aiutato a iscriversi a un sito di incontri!- 

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Capitolo 7
*** Confraternite e matricole ***


Law si scompigliò i capelli con un gesto stanco mentre con l’altra mano afferrava la maniglia della porta del bagno.
Delle risate alquanto fastidiose lo raggiunsero, facendolo sospirare.
Non era lì da nemmeno dodici ore e aveva già voglia di uccidere Penguin.
Fortunatamente era riuscito a sistemare tutti i suoi effetti personali prima che Rebecca facesse la sua comparsa, obbligandolo a dileguarsi, fingendo un impellente bisogno fisiologico, prima di ritrovarsi tutti i denti cariati.
Rassegnato a non potersi nemmeno rilassare cinque minuti sul proprio letto, uscì dal bagno attirando l’attenzione dei due piccioncini, sdraiati su quello del rosso, lei sotto e lui sopra.
-Oh Law! Ciao! Sei arrivato!- lo salutò Rebecca con entusiasmo.
-A quanto pare- commentò atono, mentre i due si rimettevano a sedere.
-Tutto bene l’estate?! Penguin mi ha detto che le vacanze sono andate bene!-
-Confermo- mormorò, domandandosi che senso avesse fare conversazione su un argomento di cui sapeva già tutto -E tu? Qualche novità?- domandò, per niente interessato.
-Solo che mi sono trasferita nella sede delle Gamma Kappa, insieme a Baby! Adesso abbiamo una camera molto più grande e una terza compagna di stanza!-
-Gamma Kappa?!- domandò, corrugando le sopracciglia -La confraternita femminile?!-
-Proprio quella!- annuì Rebecca, sorridendo.
Mantenendo un’espressione imperturbabile, Law prese a imprecare in tutte le lingue che conosceva.
Dannazione!
Solo quello gli mancava!
La sede della Gamma Kappa era assolutamente preclusa a qualsiasi creatura, umana e non, di genere maschile, ergo, Rebecca avrebbe passato nella loro stanza molto più tempo di quanto non avesse fatto l’anno precedente.
E lui non sarebbe riuscito a studiare nemmeno per mezzo esame a meno di non asserragliarsi in bagno o sfrattare malamente i due amanti, i quali ci davano dentro come una maledetta coppia di conigli.
Nemmeno il pensiero che Baby sarebbe finalmente stata in un’altra zona del campus, dalla quale non avrebbe più potuto perseguitarlo ed eventualmente tentare di violentarlo con la stessa frequenza di un tempo e alla quale lui avrebbe girato al largo, riuscì a rendergli meno spiacevole quella notizia.
L’unica soluzione plausibile era trasferirsi in pianta stabile in camera di Monet, sperando di resistere agli istinti omicidi che Dellinger, il suo compagno di stanza, gli provocava con la sua ridicola e penetrante risata.
Senza più prestare attenzione alla voce di Rebecca, ormai ridotta a un lontano sottofondo dei suoi pensieri, lanciò una sconsolata occhiata ai propri libri, già disposti sullo scaffale, rassegnandosi a dover rifare lo scatolone svuotato poco prima per spostarlo direttamente nella camera di sua cugina.
 -Che ne dici, eh, Law?!-
-Mh?!- il moro si riscosse, riportando la sua attenzione sulla ragazza nel sentirsi chiamare.
-Non sarebbe una brutta idea no?!- intervenne Penguin, dopo qualche istante, capendo al volo che l’amico non aveva sentito una sola parola uscita dalle labbra di Rebecca -Un’uscita a quattro con la nuova compagna di stanza di Rebecca!- aggiunse con il preciso intento di aggiornare al volo il suo migliore amico, il quale, per tutta risposta, strabuzzò gli occhi a quelle parole.
Che cosa?!
Oh santo Roger, no!
Per la miliardesima volta, no!
Non aveva tempo per certe cose, lui!
Voleva laurearsi non fare una nidiata di bambini, possibile che non lo capissero?!
Ma che male aveva mai fatto per meritarsi un migliore amico la cui missione di vita sembrava essere trovargli una donna, a lui che non ne voleva una?!
Perché doveva comportarsi come se stesse commettendo un reato a voler restare single e, soprattutto, privo di distrazioni ed inutili fastidi?!
-Non credo che…-
-Tesoro, mi sa che è meglio se vai, non rischi di fare tardi a lezione?!- lo interruppe il rosso, scoccandogli un’occhiataccia di fronte alla quale Law rimase impassibile.
Rebecca guardò sorpresa il ragazzo, spostando poi lo sguardo sul proprio orologio.
-Sì, hai ragione! Allora a più tardi Pen-chan! Ciao Law!- li salutò rispettivamente con un bacio e un gesto della mano, al quale il moro rispose con un cenno del capo, le braccia perennemente incrociate al petto.
Law e Penguin si fissarono per qualche istante quando la porta si fu richiusa, finché il rosso non gonfiò il petto, pronto a parlare.
-No!- fu la perentoria e lapidaria risposta del moro, che stroncò sul nascere qualsiasi argomentazione l’amico avesse in serbo per lui.
-Oh ma andiamo! Perché devi essere sempre così selvatico?! Si tratta solo di un appuntamento!-
Il ragazzo si limitò a fissarlo scettico.
Non si trattava mai solo di un appuntamento, lo sapeva bene!
L’ultima volta che aveva accettato di fare un’uscita a quattro con la compagna di stanza di Rebecca aveva dato il via a una ridicola caccia all’uomo dove, disgraziatamente, la preda era lui!
-Come con Baby?!- domandò, scoccandogli un’occhiata truce.
Penguin aprì la bocca per ribattere ma si fermò, riorganizzando un attimo i pensieri.
-D’accordo! D’accordo, hai ragione! Baby è stata un errore ma…-
-Un errore?! Baby non è un errore Pen, Baby è una condanna a vita, un incubo! Mi perseguita, okay?! Sono perseguitato da una ninfomane con il porto d’armi e tutto perché ho accettato di fare un’uscita a quattro per accontentarti! Ho detto no! Con me hai chiuso! Chiedilo a qualcun altro se ci tieni tanto ad accontentare Rebecca!- gli vomitò addosso, lasciandosi andare a uno dei suoi più unici che rari slanci emotivi, trovandosi in presenza di una delle poche persone che avesse il privilegio di vederlo in uno stato d’animo differente dalla totale imperturbabilità.
Penguin sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
-Guarda che non era per accontentare Rebecca!- gli disse, guadagnandosi uno sguardo omicida.
Si spostò verso il proprio scaffale, afferrando lo scatolone vuoto e apprestandosi a riempirlo nuovamente con i propri tomi.
Sentì l’amico alzarsi dal letto e avvicinarsi.
-Va bene, niente uscita a quattro, capito! Però allora ho un’altra proposta e stavolta non potrai rifiutare!- gli disse, con tono complice e sguardo ammiccante.
Law si bloccò con un libro a mezz’aria, guardandolo di striscio.
-Tra qualche settimana c’è la festa  dei Beta Ro!-
Per tutti i Kami!
No, dai, non era possibile!!!
-È solo il primo giorno- commentò, tornando impassibile e atono.
-Sì ma lo sai com’è Duval! Non perde tempo! E sai anche come sono le sue feste!- aggiunse dandogli di gomito.
Law finì di sistemare il libro di anatomia nella scatola per poi girarsi a guardare l’amico.
-Non riesci proprio ad accettarlo che sto bene da solo?!-
-Ma che c’entra questo adesso?!-
-C’entra! Sappiamo entrambi che le feste dei Beta Ro sono piene di belle ragazze e dal momento che tu stai con Rebecca…-
-Punto primo, io e Rebecca non stiamo insieme!- lo interruppe Penguin, facendogli alzare un sopracciglio, scettico -Punto secondo, che ti interessi rimorchiare o no, dobbiamo andarci!-
-Perché?-
-Perché è una cosa cool! Le confraternite sono una cosa cool e la Beta Ro è la più gettonata dell’università!-
-È la più gettonata dell’università perché per entrarci basta chiedere a Duval- gli fece notare, per niente colpito dall’arringa dell’amico in favore delle associazioni goliardiche della Drum -Anzi, come mai non ti sei ancora fatto avanti?!-
-Ma che ti sembro scemo?! Sono dei fanatici, non mi interessa entrarci, come non interessa praticamente a nessuno, ma andare alle loro feste è tutto un altro paio di maniche! Andiamo, Law! Godiamoceli un po’ questi anni, non tornano più! L’università è anche questo!-
Il moro sospirò, passandosi pollice e indice sugli occhi.
Non era d’accordo.
Non che per lui l’università fosse solo libri e lezioni, in fondo aveva anche altri interessi.
Ma se qualcuno gli avesse chiesto se considerasse parte essenziale della sua esperienza universitaria frequentare un invasato, megalomane, che girava con il chiodo e non era in grado di fare l’occhiolino sapeva bene quale sarebbe stata la sua risposta.
D’altro canto, però, le feste dei Beta Ro erano davvero enormi e bastava prestare giusto un po’ di attenzione per non incappare in soggetti indesiderati.
Senza contare che Penguin ci teneva e anche a lui un po’ di svago di lì a poche settimane non avrebbe fatto male.
-E va bene!- concesse con un sospiro, non riuscendo a non ghignare quando l’amico distese un braccio verso l’altro in segno di vittoria.
-Grande amico!- esultò dandogli una pacca sulla spalla e tornando verso il proprio letto, dove si stravaccò con le mani intrecciate dietro la nuca -Ma che fai con quei libri?!- gli chiese, mentre ancora trafficava coi pesanti tomi di medicina.
-Niente- minimizzò il moro, sistemandone ancora un paio nella scatola, prima di sollevarla e apprestarsi ad uscire, diretto da Monet.
-Okay!- mormorò Penguin, stringendosi nelle spalle -Ohi Law!- lo richiamò, girandosi a pancia in sotto e facendo arrestare l’amico con la mano sulla maniglia e lo scatolone sotto il braccio.
-Sì?!-
-E se ne fondassimo una noi?!-
Law sbatté le palpebre, lievemente interdetto ma costantemente atono,  a quelle parole.
Non diceva sul serio, vero?!
-Potremmo essere i Lambda Phi!- disse con un gesto teatrale, facendogli sollevare un sopracciglio interrogativo -Sono le iniziali dei nostri nomi! Law e Penguin!-
Non era un tipo di molte parole, Law.
Non gli piaceva sprecarle e non gli piaceva nemmeno insultare a dirla tutta.
Ragion per cui si limitò ad afferrare saldamente la maniglia, limitandosi a salutare Penguin con un “a dopo”, trattenendosi dal commentare quell’idiozia.
Spalancò la porta ma fu costretto nuovamente a fermarsi, corrugando appena le sopracciglia per la sorpresa di trovarsi davanti proprio sua cugina.
Con un sorriso divertito sul volto pallido e uno strano guizzo negli occhi dorati, abbassò il braccio che aveva sollevato per bussare.
-Ti prego- disse senza preamboli  o convenevoli -Dimmi che non è uno scherzo! Dimmi che zio Drag ti ha chiesto davvero se sei gay!-
 

§
 

-Devi ammetterlo però, era una preoccupazione fondata!-
-Perché?! Perché non ho una ragazza?!- domandò, alzando un sopracciglio.
Dopo avere portato i libri nella sua stanza e avergli impedito di uccidere Dellinger, Monet lo aveva convinto a prendere un caffè al bar del campus e chiacchierare un po’ all’ombra di uno dei ciliegi che ornavano il parco.
La verde aveva faticato parecchio a non scoppiare a ridere al racconto di suo cugino e non era riuscita a impedirsi di sorridere per tutto il tempo.
Ora, con la schiena e la tempia appoggiate al tronco, gli sorrideva con quel suo fare materno, contrastando la sua espressione dura e lievemente contrariata.
Come primo giorno era iniziato davvero male ma Law aveva la sensazione che sarebbe potuto peggiorare ancora.
-Per quello e per certe… influenze, ecco!-
-Da te un ragionamento del genere non me lo aspettavo!-
-Dico solo che zio Drag si sarà preoccupato che diventassi come papà!-
-Quale dei due?!-
-Perché, fa differenza?!- chiese con uno sguardo eloquente.
-Comunque resta il fatto che tutto questo è ridicolo. Vorrei solo che mi lasciassero studiare in pace-
-Lo sai, cuginetto, una donna può essere una distrazione positiva!-
-Ti ci metti anche tu?!-
-Come vuoi!- affermò, sorridendo eterea e puntando lo sguardo  al cielo terso.
-Con Gladius tutto bene?!- domandò, dopo qualche istante di silenzio.
-Ma sì dai! Sai è un tipo di poche parole lui ma compensa bene con…-
-Okay, ho capito, non andare oltre!- si affrettò a interromperla alzando le mani ai lati del viso.
Sospirò, lasciandosi andare contro il tronco del ciliegio.
Kami ma che giornata!
Che altro poteva succedere?!
-Torniamo verso il campus?!- propose Monet, riferendosi alla struttura dove alloggiavano loro.
Law annuì, alzandosi in piedi.
Dopotutto gli aveva fatto bene fare due parole con sua cugina, era stato quasi come parlare con Robin.
Le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e si diressero verso il campus, camminando uno accanto all’altro fino alla caffetteria, che dovevano attraversare per raggiungere le camere.
-Io prendo un altro caffè, tu ne vuoi uno?!- chiese gentilmente Monet, indicando con il pollice il bancone del bar.
-No grazie. Direi che oggi sono già abbastanza nervoso così- le fece notare, facendola sorridere.
-Allora a più tardi!-
-Ciao Monet- la salutò, sollevando appena una mano e riavviandosi poi verso il corridoio dove si trovava la sua camera.
Registrò vagamente dei passi di qualcuno che correva alle sue spalle mentre si avvicinava alla porta che collegava la caffetteria ai dormitori.
Allungò una mano per afferrare la maniglia ma, improvvisamente, sentì qualcosa arpionargli il braccio, ritrovandosi di spalle all’uscio e con l’arto avvolto intorno alla vita di qualcuno.
-Abbracciami!-
Spalancò gli occhi all’inverosimile quando quella voce femminile, piena di urgenza e con una lieve nota di panico, raggiunse le sue orecchie.
Mise a fuoco un viso tondo e regolare, incorniciato da una frangetta e un caschetto biondi e su cui erano incastonati due enormi occhi scuri.
Si ricompose in meno di un secondo, tornando impassibile e sollevando un sopracciglio con fare interrogativo, mentre la ragazza gettava una rapida occhiata all’ingresso del bar e poi tornava su di lui con sguardo supplice.
-Ti prego!- lo implorò, mentre anche lui gettava uno sguardo con la coda dell’occhio verso la porta e individuava la figura imponente di Duval proprio nel momento in cui faceva il suo ingresso.  
Capì all’istante dove stava il problema, perché chiunque a Drum sapeva quanto potesse essere invadente e asfissiante il capo dei Beta Ro quando prendeva di mira una ragazza.
Smise di pensare, provando una certa ed insolita empatia per quella poveretta, forse perché anche lui quel giorno si sentiva soffocare, e la cinse anche con l’altro braccio, mentre lei si sollevava sulle punte, intrecciando le dita dietro al suo collo e infossando il viso nella sua gola.
-Come hai fatto a invischiarti con Duval?!-
-Lascia perdere!- sibilò la bionda, sfregando la fronte contro la sua pelle olivastra -Sono una matricola!- aggiunse poi, a mo’ di spiegazione.
Law controllò con un’occhiata di striscio la situazione, proprio nel momento in cui il biondo motociclista di fermava con un lieve sussulto in mezzo al locale nel vedere la sua preda tra le braccia di un altro, per poi ricomporsi in fretta e deviare verso i tavolini del bar, importunando un paio di ragazze che stavano tranquillamente sorseggiando il loro caffè.
Mandò gli occhi al cielo, scuotendo la testa quando lo vide tentare di fare l’occhiolino, provocando un’espressione scioccata nelle povere malcapitate.
-È andato?!- domandò la ragazza.
-No, ma è distratto-
La sentì staccarsi dalla sua gola, spostando i palmi sul suo petto e impregnando l’aria circostante di gelsomino.
-Grazie!- mormorò, sorridendogli, con gli occhi che brillavano, e facendolo ghignare storto in risposta.
-Ora dovresti andare, prima che torni alla carica- le fece notare.
-Lo farei, se mi lasciassi!- affermò la biondina con una luce maliziosa negli occhi.
Un’improvvisa ondata di calore lo investì nel rendersi conto che la teneva ancora saldamente ancorata a sé, i toraci schiacciati l’uno contro l’altro e il calore della sua pelle sulla propria.
Celando l’imbarazzo dietro alla sua solita freddezza, si staccò bruscamente da lei, che corrugò le sopracciglia colpita da quel gesto improvviso.
Che gli prendeva tutt’a un tratto?!
Glielo avrebbe anche chiesto ma si rendeva conto che sarebbe stata una domanda alquanto ridicola, dato che nemmeno conosceva il suo nome.
Senza contare, anche se lei questo non poteva certo saperlo, che nemmeno Law sapeva di preciso cosa gli prendesse in quel momento.
Sapeva solo che si sentiva a disagio.
-La prossima volta vedi di fare attenzione a chi frequenti ragazzina. È troppo facile far sistemare le cose agli altri- le disse, glaciale.
Non intendeva essere maleducato, aveva solo sentito un impellente bisogno di allontanarla, e subito.
La guardò corrugare le sopracciglia e spalancare la bocca, prima di voltarle le spalle e lasciarla lì a crogiolarsi nella sua indignazione. 
Fece appena in tempo a socchiudere la porta che uno spostamento d’aria improvviso lo investì seguito da un tonfo, mentre la porta veniva bruscamente richiusa da un braccio spuntato accanto al suo volto dal nulla.
-Come hai detto prego?!-
Si girò di nuovo verso la biondina, ora furente e con gli occhi dardeggianti, mentre alcuni dei presenti si voltavano verso di loro, curiosi di scoprire cosa stesse accadendo.
-Hai sentito benissimo-
-Ma si può sapere chi ti credi di essere?!-
Law sollevò un sopracciglio, fissandola come se fosse un fastidioso moscerino.
-Quello a cui hai chiesto aiuto-
-Oh mi scusi tanto messer Lancillotto!- commentò sarcastico, portando le mani ai lati del viso con i palmi rivolti verso di lui -Non è colpa mia se c’eri solo tu qui!-
-Fammi un piacere, la prossima volta arrangiati-
-Puoi stare certo che farò tesoro di quanto mi hai detto riguardo alle mie future frequentazioni!-
-Non dovrebbe essere difficile, anzi mi domando come hai fatto a non riuscire a liberarti da sola di Duval. Va bene che è disperato ma non credo al punto di prendersi persino una ragazzina stupida, ridicola e ingenua come…-
Non si rese nemmeno conto di cosa stava dicendo, ma si rese benissimo conto dello schiocco che risuonò nell’aria e della sua guancia che prendeva a palpitare, arrossandosi e scaldandosi subito dopo.
Fu un fulmine a ciel sereno, non tanto per il ceffone in sé, quanto il realizzare gli insulti gratuiti che stava rivolgendo a quella ragazza.
Cosa gli prendeva?!
Non era da lui!
Ma era nervoso, terribilmente nervoso e quella biondina gli faceva uno strano effetto, difficile da identificare.
Portò una mano alla guancia, mentre ancora la fissava in cagnesco, ricambiato, e sentì il nervoso montargli dentro trovandola leggermente gonfia.
Le lanciò un’occhiata da gelare il sangue nelle vene senza tuttavia riuscire a farle distogliere lo sguardo.
-Margaret?!-
Si girarono entrambi verso Rebecca, ferma in mezzo all’atrio con uno sguardo allibito, i petti che si alzavano e abbassavano affannosamente, proprio mentre la porta del corridoio si apriva.
-Ehi ma tu guarda! Vi siete già conosciuti!-
La voce di Penguin li raggiunse, confermando il sospetto di Law che quella fosse proprio la famosa nuova compagna di stanza di Rebecca, quella con cui, secondo loro, sarebbe dovuto uscire.
Come se non avesse saputo da subito che non poteva che essere un nuovo buco nell’acqua.
-Spero di non vederti mai più in vita mia!- sibilò Margaret, velenosa.
-Altrettanto- fu la laconica e lapidaria risposta del moro.
Si allontanarono in direzioni opposte, entrambi superando i rispettivi compagni di stanza diretti verso i propri alloggi.
-Law ma che diavolo…- provò a domandargli l’amico, seguendolo con uno sguardo allibito.
-Fammi il piacere Pen, stai zitto se non vuoi che ti vivisezioni- mormorò, spaventosamente calmo, prima di infilarsi nella sua camera e sbattere la porta.
 

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Capitolo 8
*** Serata tra uomini ***


-Siamo arrivati!-
La bolla che si gonfiava e sgonfiava a ritmo con il respiro di Zoro scoppiò, risvegliandolo.
-Sabo, attento con quel tubo a non abbattere niente!-
-Sì, mamma!-
Ancora assonnato si alzò dalla poltrona, sfregandosi gli occhi mentre andava incontro agli zii, che erano entrati usando le chiavi di emergenza, nascoste in un vaso.
-Ciao!-
-Zoro!!!-
-Ehi Sabo!-
Si piegò su un ginocchio, togliendogli il cappello per scompigliargli un po’ la chioma bionda, mentre lo salutava.
-Come va?!-
-Alla grande! Perona non c’è?!-
-Sì è in camera sua!- disse, indicando con il pollice verso la stanza di sua sorella.
Sabo schizzò come un fulmine verso la camera, mentre Zoro si rimetteva in piedi e si avvicinava a Shanks.
-Tuo padre?!- domandò con sguardo indagatore.
-È già uscito! Ha detto che voleva andare a salutare il nonno ma secondo me voleva evitare te e le tue battute!- affermò il ragazzo incrociando le braccia al petto.
-Che razza di guastafeste!- sospirò il rosso.
Zoro puntò lo sguardo a terra un po’ a disagio prima di riportarli sull’uomo davanti a sé.
-Zio… Tu sai cosa gli prende?!- chiese, con un velo di preoccupazione negli occhi.
Non riusciva a farsi una ragione di quello strano atteggiamento di suo padre e, anche se non gli sembrava poi così ingiusto che si rifacesse una vita, l’idea che potesse in qualche modo stare cercando di dimenticare sua madre lo faceva soffrire terribilmente.
Ne avrebbe parlato con Law se solo l’argomento Olivia non fosse stato tabù con il moro.
-Secondo me è crisi di mezz’età!- affermò convinto Shanks, facendolo ghignare divertito.
-Fatela finita voi due!- li riprese Makino superandoli, una mano posata sulla pancia rotonda e pronunciata, dirigendosi verso la cucina ma si arrestò quando la porta della camera di Law si aprì, lasciando uscire una testa mora e scompigliata.
-Ciao tesoro!- lo salutò Makino, con un radioso sorriso, fermandosi sull’uscio.
Senza una parola, il ragazzo attraversò il corridoio con il suo solito passo pacato per raggiungere la zia e salutarla.
-Come stai?!- chiese la donna, accarezzandolo dolcemente su una guancia.
-Tutto bene. Ma tu?! Hai fatto gli esami?!- chiese, il tono lievemente agitato per quanto bene riuscisse a celarlo dietro la sua proverbiale impassibilità.
Makino allargò il sorriso.
-Stai tranquillo Law! La dottoressa Kobato è un’ottima ginecologa, ti assicuro che Lamy ed io siamo in ottime mani!- lo rassicurò, facendolo annuire e permettendogli di posare una mano sul pancione.
-Ehi dottore! Come va all’università?!- domandò Shanks avvicinandosi al ragazzo e posandogli una mano sulla spalla.
Law si voltò verso il rosso, ghignando di sghembo.
Di tutti i suoi zii Shanks era quello che Law ammirava di più e gli faceva sempre piacere fare due chiacchiere con lui, anche se in genere la maggior parte della conversazione la portava avanti il rosso.
-Tutto a posto. Io e Pen ci siamo concessi un weekend di relax-
-Davvero?! E io che credevo che stasera vi toccasse fare da baby-sitter ai marmocchi!- sghignazzò Shanks, riferendosi a Zoro e i suoi amici e girandosi verso il nipote che si era istantaneamente accigliato a quelle parole.
-Ehi!!!- protestò, facendo sghignazzare ancora di più il rosso.
-Dai Zoro, lo sai che scherzo!-
-Shanks sei tremendo!- lo riprese la moglie, scuotendo la testa divertita da dentro la cucina.
-A proposito, Zoro, Pen mi ha scritto che sta arrivando, cominciamo ad uscire?- domandò Law, rivolgendosi al fratello che rispose con un cenno affermativo del capo.
-Beh allora buona serata ragazzi!- augurò il rosso con uno dei suoi radiosi sorrisi.
-Divertitevi e non vi preoccupate! Ci sono Perona e Sabo ad aiutarmi a tenere d’occhio vostro zio!- li salutò soave Makino, facendoli ghignare alla grande.
Uscirono stringendosi addosso giubbino e cappotto per ripararsi dal freddo dei primi di ottobre, le mani in tasca, rigorosamente in silenzio, un silenzio diverso dal solito, intriso di imbarazzo e disagio.
Sapevano bene di essere afflitti dagli stessi dubbi e incertezze sul comportamento del padre, ma nessuno dei due osava parlare.
Erano indecisi se affrontare l’argomento per primi, lasciar fare al fratello o non farlo per niente.
Zoro aprì la bocca, liberando una piccola nuvoletta di condensa nell’aria, risolvendosi a prendere l’iniziativa ma, proprio in quel momento, la Submarine gialla di Penguin apparve da dietro l’angolo, sgommando a tutta velocità.
-Per me è crisi di mezz’età- mormorò lapidario e asciutto il moro.
-Non potrei essere più d’accordo- confermò con un cenno convinto del capo il verde, un attimo prima che Pen frenasse con uno stridio di gomme sull’asfalto, fermandosi davanti al vialetto di casa loro e abbassando il finestrino.
-Allora?! Pronti per una serata tra uomini?!-
 

§
 

-Oh eccovi! Cominciavamo a darvi per dispersi!- li accolse Usop, aprendo la porta e facendo gli onori di casa al posto di Sanji, intento a cucinare.  
Il profumo della cena quasi pronta li investì, facendo venire loro l’acquolina in bocca e provocandogli una lieve brontolio allo stomaco.
-Dite la verità!- la voce di Sanji li raggiunse dalla cucina, sovrastando lo sfrigolare delle pentole sul fuoco, mentre si spogliavano e si avviavano verso il salotto -La testa di verza vi ha suggerito una qualche scorciatoia per arrivare qui?!-
Penguin scoppiò a ridere, zittendosi quasi subito nell’incrociare lo sguardo furibondo di Zoro e percependo il ringhio baritonale che fuoriusciva dalla sua cassa toracica.
-Ehm… in realtà c’era traffico!- rispose, tenendo d’occhio il verde, per paura di venire affettato con qualche oggetto tagliente di fortuna.
-Suuuuuuuper! I fratelli sono arrivati!!!-
-Evviva! Yohohohohoh-oh!-
-Siiiii mangia!!!- saltò su Rufy come una molla, quando li vide entrare in salotto, facendo grugnire i due fratelli.
Si sedettero nei soliti posti, una volta scambiati i convenevoli, aspettando ancora qualche minuto l’arrivo di Sanji e delle sue proverbiali tagliatelle cinesi, con gamberi e verdure.
-Aora Trao… Ome va all’univerpfffffff…-
-Razza di baka vuoi finirla una buona volta di parlare con la bocca piena?!- sbraitò Sanji, appiattendo l’amico con un calcio e servendosi una porzione di pasta, dopo essersi assicurato che tutti avessero il piatto pieno.
-Tutto bene Cappellaio, grazie. E voi? Come vanno le cose alla Raftel?-
-Il solito!- rispose il corvino stringendosi nelle spalle.
-Già, il solito- confermò Sanji, spegnendo il mozzicone e prendendo una forchetta dal tavolo -Eneru non fa che ammirarsi nel riflesso della finestra, Ceasar ci propone esperimenti potenzialmente letali, Lucci terrorizza quelli del primo e Vergo ci odia. Tutto nella norma- commentò asciutto, accomodandosi.
-Dannazione Sanji! Queste tagliatelle sono la fine del mondo!- intervenne Penguin, indicando con la forchetta il contenuto del suo piatto con un’espressione a dir poco appagata.
-Il fratello ha ragione, sono davvero super!!!-
-Tu sì che hai un mestiere per le mani!- aggiunse il rosso, annuendo convinto -Vedrai se tra dieci anni non avrai già un tuo ristorante!-
Prese un’altra forchettata mentre un pensiero lo colpiva, facendogli aggrottare le sopracciglia.
-E voi altri cosa pensate di fare finita la scuola?!- domandò facendo una rapida panoramica sui ragazzi davanti a sé, non accorgendosi del leggero trasalimento di Zoro a quelle parole, trasalimento che attirò invece l’attenzione del fratello, il quale gli lanciò un’occhiata di striscio.
-Beh io e Usop vogliamo provare il test di ingresso anticipato alla Vegapunk a marzo- intervenne per primo Franky, concedendosi giusto una piccola posa per sottolineare la notizia.
-Sì, esatto! In realtà a me è stato offerto un posto dal rettore in persona ma ho deciso di provare il test come tutti!- affermò il nasone, compiaciuto, facendo sollevare un sopracciglio a Penguin, Zoro e Law mentre Sanji si schiariva la gola, attirando la sua attenzione.
-Te l’ho già detto, se esageri non sei credibile!- mormorò sottovoce il biondo.
-Oh… ehm… aaaah… e tu Brook?!- chiese, pur conoscendo benissimo il progetto dell’amico, per distogliere l’attenzione degli altri da se stesso.
-Yohohohohoh-oh! Usop-san ma lo sai benissimo che ho intenzione di continuare al conservatorio e diplomarmi!- rispose il ragazzo, entusiasta come solo lui riusciva a essere.
-E tu Rufy?!- chiese ancora Penguin, spostando l’attenzione di tutti sul corvino e interrompendo il suo tentativo di sottrarre le tagliatelle dal piatto di Usop, il quale allontanò la sua pasta dalla portata dell’amico guardandolo truce.
-Io?!- domandò Rufy, colto alla sprovvista e osservandoli a occhi sgranati -Oh beh…- cominciò grattandosi la nuca -Beh a me piacerebbe sposarmi e fare dei bambini!- ammise con disarmante sincerità, aprendosi in un sorriso e facendo ghignare Law, mentre gli altri sgranavano gli occhi, allibiti.
Da Rufy si sarebbero aspettati di tutto fuorché quella risposta.
Un po’ perché non sospettavano minimamente che il moro potesse avere tanto istinto paterno, un po’ perché tutti si stavano chiedendo se fosse consapevole che “fare bambini” non era l’equivalente di “fare una torta” e che quella della cicogna fosse solo una storia popolare.
-E Zoro-san?!- domandò Brook.
Sette paia di occhi si voltarono contemporaneamente verso il verde, il quale si ritrovò a strabuzzare i propri, accigliandosi poi nel ritrovarsi al centro dell’attenzione.
-Io… Ecco non ho ancora preso una decisione definitiva!- affermò, un po’ titubante.
-Credevo volessi prendere il diploma da istruttore di kendo!- affermò Sanji,  sollevando un sopracciglio arricciato.
-Si beh, forse… non so… insomma sono decisioni importanti no?!- ribatté, stringendosi nelle spalle.
-Giusto!- intervenne Usop, rendendosi conto del disagio dell’amico -Hai pienamente ragione Zoro!- annuì convinto, incrociando le braccia al petto.
-Sì ma, parlando di decisione importanti…- riprese la parola Franky -… quando ti deciderai a parlare con Nami?!-
Il viso del verde prese istantaneamente fuoco a quelle parole, mentre gli occhi gli si dilatavano all’inverosimile.
-Ma di che stai parlando?!- domandò, cercando di apparire minaccioso con scarso successo.
I presenti presero a scambiarsi eloquenti occhiate, tutti meno Rufy, impegnato a mangiare direttamente dalla pentola.
-Lo sai benissimo Marimo! Se non ti dai una mossa, te la farai scappare! Anche se non credo esista nessuno su questa terra degno della bella Nami-swan, a parte il sottoscritto ovviamente, e men che meno una testa di muschio come te ma, se tergiversi troppo prima o poi qualcuno te la porterà via! Insomma, ragazze come lei ce ne sono poche, non so neppure come fa a essere single!-
Per la prima volta in anni e anni, Zoro non reagì alle provocazioni dell’amico con una minaccia di morte, assumendo un’espressione ancor più sbigottita.
Ma di cosa diavolo stavano parlando?!?!?!
-Voi… Voi siete fuori di testa!!! Tra me e Nami non c’è niente! Siamo solo amici!-
-Certo, come no!- commentò Usop, sollevando un sopracciglio.
Zoro lo fulminò con lo sguardo.
-Lasciate stare, se con le donne è come suo fratello sono tempo e fiato sprecati!- intervenne Penguin, incrociando le braccia al petto e guadagnandosi un’occhiata omicida da Law.
-Ma come?! E io che ti facevo un playboy, Law-san! Yohohohohoh-oh!-
-Cos’è questo rumore?!- domandò Sanji, interrompendo la risata di Brook e salvandolo appena in tempo da un attacco omicida del moro.
-Cellulare!- affermò Penguin, alzandosi in contemporanea con tutti gli altri, ognuno per controllare il proprio telefonino.
-È il mio!- li avvisò Zoro, mentre cercava a tentoni la tasca del giubbotto, per recuperarlo, mentre quello continuava a vibrare indefesso.
Lo estrasse, guardando il nome “Mocciosa” lampeggiare sul display, e lanciò una fugace occhiata ai presenti prima di rispondere.
-Pronto?!-
-Buzzurro senti…- la voce della rossa esplose nel suo orecchio senza tanti preamboli -… secondo te mi sta meglio il blu o il verde?!-
Zoro tornò a sedersi, corrugando le sopracciglia.
-Verde- rispose senza esitazione, notando in quel momento che si erano tutti zittiti e lo fissavano con delle espressioni che erano tutte un programma nel riconoscere una voce femminile, per quanto lontana e ovattata, dall’altro capo del telefono.
Zoro li guardò truce, ringhiando appena.
-Okay! E i capelli sciolti o tirati su?!-
Il verde rifletté un attimo, considerando quanto gli piacessero i ricci infuocati e ribelli di Nami lasciati liberi sulle spalle, ma anche quanto i suoi occhi sembrassero incredibilmente  più grandi quando li raccoglieva.
E poi il bello è che si potevano sempre sciogliere in un secondo momento.
-Tirati su- mormorò, abbassando un po’ la voce, a disagio nel sentirsi così insistentemente osservato.
-Ottimo! Grazie!- rispose Nami, con un trillo di soddisfazione nella voce che lo fece ghignare storto.
-Figurati!-
-Ora vado che devo finire di prepararmi! Buona serata!-
-D’accor… Ehi aspetta! Prepararti?! Perché, esci?!- domandò con una perfettamente udibile sfumatura di panico nella voce -Mocciosa?! Rispondi! Ehi?! Nami?!-
Con rassegnazione, staccò il telefono dall’orecchio nel sentirlo suonare a vuoto, segno che l’amica aveva ormai riattaccato, e si ritrovò a fissare vacuo il display, con un’espressione indecifrabile.
Si riscosse quando suo fratello glielo sfilò dalla mano per posarlo sul tavolo.
-Allora?! Che succede?! La sorella ha un appuntamento?!- domandò Franky, ghignando apertamente di fronte allo sconvolgimento del sedicente disinteressato amico che, ancora a occhi sgranati, sollevò uno sguardo vagamente perso sul compagno.
Aveva un appuntamento?!
Non ne era certo ma era molto probabile.
E chi diavolo era adesso questo?!
Perché non gli aveva detto nulla?!
Insomma era o non era il suo migliore amico, dannazione!
Con il cervello che lavorava febbrilmente non riusciva a registrare una sola parola dei commenti che si stavano sprecando intorno a lui.
Riusciva solo a domandarsi con chi diavolo dovesse uscire Nami, ritrovandosi a pregare che, chiunque fosse, non le offrisse una cena extralusso.
O dei vestiti.
O dei soldi.
Fu la voce di Rufy a riportarlo alla realtà, riuscendo a riscuoterlo e distoglierlo dai suoi pensieri.
-Ho un’idea!- saltò su, facendo concentrare tutti su di sé -Pediniamola!-
 

§
 

-Vuoi stare attento con quel naso?!-
-E tu vuoi smetterla di sbavare ogni volta che la cameriera passa davanti alla finestra?!-
Zoro grugnì per l’ennesima volta, prima di soffiare dal naso e lanciare un’occhiata truce, per l’ennesima volta, ai suoi amici.
E per l’ennesima volta si diede dell’idiota.
Trovava che come aggettivo calzasse a pennello per uno che, alle otto e mezza dell’undici ottobre, se ne stava accovacciato al freddo, tra le piante che decoravano l’esterno dell’Upper Yard, il ristorante etnico più rinomato di Raftel, insieme ai suoi amici deficienti a spiare l’appuntamento della propria migliore amica.
Non aveva ancora capito come avesse fatto a finire lì.
Dopo che Rufy aveva proposto di pedinare Nami, aveva inserito il pilota automatico finché non si erano ritrovati di fronte al locale, a cercare quale finestra desse la migliore visibilità sulla sala ristorante.
Avevano anche individuato la mocciosa senza problemi, aiutati dal singolare colore dei suoi capelli, trovandola al tavolo da sola, in attesa del suo cavaliere che era probabilmente andato in bagno.
Zoro fremeva per vedere in faccia quel bastardo.
E fremeva anche per pestare a sangue Sanji e Brook che facevano i contorsionisti nella speranza di cogliere un lembo delle mutandine delle cameriere che passavano davanti al vetro, impresa impossibile dato che le ragazze non erano per niente scosciate, ma si rendeva conto che una rissa avrebbe attratto l’attenzione e loro non volevano certo farsi scoprire.
Si girò verso suo fratello, che si era rifiutato di unirsi a loro e li attendeva appoggiato al lampione con una spalla e le braccia al petto, fissandoli impassibile.
Il verde sospirò, tornando a concentrarsi su Nami.
Il gomito appoggiato al tavolo e il mento posato sulla mano chiusa a pugno, la mocciosa sembrava assorta nei propri pensieri, in attesa del suo accompagnatore, e Zoro non poté impedirsi di considerare quanto bene le stesse quell’espressione che non toglieva nemmeno un po’ di luce ai suoi occhi caramello, incorniciati dai ricci ribelli.
Aggrottò le sopracciglia notando in quel momento che aveva i capelli sciolti e si concentrò immediatamente sul colore del vestito, di un bel blu oltremare.
Suo malgrado, una punta di delusione si impadronì di lui.
Aveva fatto l’esatto contrario di quello che le aveva suggerito.
Bel modo di dirgli che non aveva il benché minimo senso del gusto!
Anche se, certo, lui in teoria non avrebbe mai dovuto saperlo, ma quelli erano dettagli.
-Yohohohohohoh-oh! Credo stia arrivando Zoro-san!- la voce di Brook lo distolse da quelle considerazioni, portandolo a riconcentrarsi su quanto avveniva all’interno del ristorante proprio mentre un tizio, di cui non riusciva ancora a vedere la faccia ma vestito elegante, con completo scuro, camicia bianca e niente cravatta, posava una mano sulla spalla della rossa, facendola voltare con un radioso sorriso, prima di accomodarsi di fronte a lei, sedendosi e permettendo alla Squadra Speciale di Spionaggio di vederlo in viso.
-Kuro?!- mormorò Usop, attirando gli sguardi degli amici sulla sua espressione accigliata.
-Lo conosci?!- domandò Sanji, mentre liberava nell’aria una nuvoletta di tabacco e batteva via l’eccesso di cenere dalla sigaretta.  
-È un vecchio amico di Kaya, un suo amico di infanzia!-
-E non ti aveva detto niente di questa uscita?!- domandò sospettoso Zoro.
-No! Magari non lo sa nemmeno lei!- si strinse nelle spalle e il verde tornò a puntare gli occhi neri sulla coppia, immersa nei menù, mentre un suono basso, vibrante e continuo, la cui fonte non risultava ben identificata per il ragazzo, si liberava nell’aria.
Fu lo sguardo sgranato e terrorizzato di Usop puntato su di sé a fargli capire che il suono era un ringhio e la fonte era lui, ragion per cui non si stupì di sentirlo aumentare in intensità quando Kuro allungò una mano verso il braccio di Nami, sfiorandolo con la punta delle dita e facendoglielo ritrarre di scatto.
Ma fu niente in confronto al rumore assordante che si levò improvvisamente, facendo sollevare gli occhi al cielo persino a Law nonostante si trovasse a svariati metri di distanza.
-Rufy dannazione! Contieniti!!!-
-Scusa Sanji! È che ho fame!- si lagnò il corvino, portando una mano all’altezza dello stomaco con espressione sconsolata.
-Ma se ti sei mangiato da solo tre quarti delle tagliatelle che ha preparato Sanji!- sibilò il nasone, piegandosi verso di lui.
-Scusa tanto se ho il metabolismo veloce!-
-Tu hai il verme solitario non il metabolismo veloce!- ribatté Usop, esasperato.
-Yohohohohoh-oh! Questa era proprio bella!-
-Volete fare silenzio?!- sbraitò Zoro, desideroso di riuscire a dedicare tutta la sua attenzione a quanto accadeva dentro al ristorante senza venire distratto da ciò che accadeva fuori.
Strinse i pugni fino a sbiancare le nocche quando vide Nami scoppiare a ridere per una qualche battuta del ragazzo.  
-Sembra che la sorella si diverti!- considerò Franky, alla destra del verde, guadagnandosi un’occhiataccia.
-Sai, Zoro, io al tuo posto entrerei e la porterei via!- affermò convinto Penguin alla sua sinistra.
-Ehi fratello, lo sai, credo proprio che sia un’idea…-
Cinque paia di occhi si voltarono sgranati verso l’azzurro, consapevoli di cosa stesse per accadere e del fatto che non sarebbero riusciti a fermarlo.
Come a rallentatore lo videro tirarsi su dalla posizione accosciata, unendo gli avambracci sopra alla testa, il busto piegato di lato.
-…SUUUUUUUP…-
Il fiato gli si mozzò in gola quando Sanji, Zoro, Usop e Penguin gli saltarono addosso atterrandolo e bloccandolo a terra, tra le risate di Brook.
-Razza di baka che non sei altro, vuoi farci scoprire!!!- sibilò Sanji, fuori di sé.
-Dannato imbecille!!!- gli diede manforte Zoro.
-Ehi!- li richiamò Rufy, tornato a guardare attraverso la finestra.
-Che vuoi?!- abbaiò il verde, al colmo della sopportazione.
-Nami è sparita!- affermò il moro, indicando la vetrina del locale con  il pollice.
Con espressioni tra l’interrogativo e il perplesso e i sopraccigli alzati tornarono tutti a concentrarsi sul tavolo della ragazza, trovando la sua sedia effettivamente vuota.
-Sarà andata in bagno!- affermò Usop, stringendosi nelle spalle.
Un’improvvisa aurea nera li avvolse, facendo spalancare gli occhi a tutti, mentre un brivido freddo correva lungo le loro colonne vertebrali.
-È… è… è l-l-l-lei… vero?!- domandò Usop, tremando come una foglia.
-T-temo di sì, U-U-Usop-san…-
Una rapida serie di tonfi sordi accompagnò i micidiali pugni che colpirono a raffica i sette ragazzi, mandandoli a terra e regalando a ciascuno un bernoccolo in testa.
-Razza di baka, cosa state facendo?!?!- ruggì Nami, con gli occhi bianchi di rabbia e i denti a squalino.
-Oooooh Nami-swaaaaaan!!!- balzò in piedi Sanji, volteggiando verso l’amica -Siamo qui per protegger…- un secondo pugno lo appiattì al suolo mentre, la mano ancora fumante, la rossa avanzava di un altro passo verso il gruppo di amici che si stavano schiacciando in preda al terrore contro le piante, sperando di venire inghiottiti e sparire alla sua vista.
-Mi stavate spiando?!?!- domandò, incredula –Ma si può sapere cosa vi dice il cervello?!?! Cos’è successo, il vostro unico neurone si è suicidato perché soffriva di solitudine?!-
-N-Non è come s-s-sembra, N-Nami…-
-Fratello n-n-nasolungo ha ragione… calmati s-sorella…-
-Voi!- sibilò indicando i ragazzi e facendoli squittire -Sparite… dalla mia… vista… ora!!!-
Li osservò allontanarsi alla velocità della luce, raggiungendo Law in poche falcate e senza farsi ripetere l’invito, allungando un braccio per afferrare dal colletto del giubbotto solo uno dei sette malcapitati, riportandolo indietro.
Zoro rischiò di cadere, sbilanciato e colto alla sprovvista, ma riuscì a restare in piedi e si ritrovò a fissare Nami che lo scrutava truce, le braccia incrociate sotto al seno.
-Allora?!- domandò, impaziente.
-Cosa?!- ribatté Zoro, sollevando un sopracciglio e fingendo fastidio.
-Non t’azzardare a fare il contrariato con me! Qui l’unica che ha diritto a esserlo sono io! Cosa diavolo ti è saltato in mente Zoro?!-
-Non è stata una mia idea, tanto per cominciare! E poi cosa salta in mente a te! Da quando in qua esci con sconosciuti?!-
Nami spalancò occhi e bocca, indignata.
-Ma da quando in qua devo rendere conto a te con chi esco, semmai!!!-
-Beh la prossima volta puoi anche fare a meno di chiamarmi se ti da così fastidio!!! Tanto vedo quanto ti sono utili i miei consigli!!!- ribatté, indicando con un gesto della mano l’acconciatura e l’abbigliamento della ragazza, incapace di trattenersi e cogliendola alla sprovvista, al punto da zittirla.
Nami rimase a bocca aperta, mentre metabolizzava quell’ultima informazione.
Non poteva credere che Zoro ci fosse rimasto male per un dettaglio del genere ma, anche così, era lui dalla parte del torto e non aveva tempo da perdere.
-Buona serata- lo salutò, glaciale, voltandosi per tornare dentro al ristorante, ignorando i gridolini di devozione di Sanji, ancora spalmato sull’asfalto.
Zoro la fissò allontanarsi, sentendo il cuore sprofondargli nello stomaco.
Bel casino aveva combinato!
Porco Roger!
Si passò una mano tra le ciocche verdi, sospirando, prima di avvicinarsi a Sanji e aiutarlo a rimettersi in piedi.
-Tutto bene, torciglio?- gli chiese, dando dei colpi al cappotto dell’amico, per liberarlo dalla polvere, e sostenendolo.
-Sono stato colpito dalla potenza dell’amore!- biascicò il biondo, le iridi ancora cuoriformi, facendo mandare gli occhi al cielo a Zoro.
Si avviò per raggiungere gli altri, che aspettavano insieme a Law vicino al lampione, trascinandosi dietro il suo migliore amico, che continuava indefesso a blaterare parole sconnesse e senza senso.
Non fece caso ai passi veloci alle sue spalle, finché una mano non si posò decisa sul suo braccio e una ventata di mandarino non gli invase le narici.
Prima di riuscire a realizzare cosa fosse accaduto si ritrovò la bocca di Nami accostata al suo orecchio e la mocciosa che gli parlava rapidamente e sottovoce, facendolo fremere. 
-Kuro mi sta addosso da due mesi, per questo ho accettato di uscire con lui ma non mi interessava fare colpo e così ho fatto l’esatto contrario di quello che mi hai suggerito. Grazie che ti preoccupi sempre per me, buzzurro-
Zoro rimase interdetto qualche secondo, mentre Nami spariva così com’era apparsa, metabolizzando le informazioni appena ricevute.
Un ghigno storto si disegnò sul suo volto mentre riprendeva a camminare, con Sanji abbarbicato addosso, verso i suoi amici, visibilmente incuriositi da quanto appena successo, e suo fratello, che a sua volta sorrideva sghembo nel vederlo così soddisfatto.
Dovevano organizzarle più spesso, quelle serate tra uomini. 

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Capitolo 9
*** Appuntamento al buio ***


 
Drakul scrutò il proprio riflesso nella vetrina del Baratie, sistemandosi la cravatta e prendendo un profondo respiro per calmare i nervi.
Era dannatamente nervoso!
Le battutine idiote di Shanks non avevano certo contribuito a farlo rilassare, senza contare che Zoro e Law erano rimasti scioccati nello scoprire della sua iscrizione al sito d’incontri, mettendolo ancora più a disagio.
Era un’esperienza nuova per lui, tutta quell’ansia e quell’agitazione.
Era bravo a dissimularle ma doveva ammettere che mai le aveva provate con tanta intensità e si sentiva un idiota.
Non tanto per il fatto di essere preoccupato, essendo anni che non usciva con una donna, ma perché si rendeva bene conto che il problema non era l’appuntamento in sé quanto il fatto che fosse un appuntamento al buio.
E in fondo nessuno lo aveva costretto ad andarci e tantomeno lo costringeva ad andare fino in fondo anche se era ormai fuori dal ristorante e per questo si sentiva idiota.
Bastava girare i tacchi e tornare a casa, fare finta di niente, fermarsi strada facendo a mangiare dei takoyaki e trovare una scusa plausibile da rifilare al suo migliore amico e quella Califa non avrebbe mai saputo più nulla di lui, non avrebbe potuto nemmeno insultarlo perché si sarebbe immediatamente cancellato da quel sito a cui mai si sarebbe dovuto iscrivere.
Ma Drakul non era tipo da trattare così una signora, tantomeno dopo che Zeff si era premurato di riservargli il tavolo migliore e cucinare personalmente le loro portate.
Con un sospiro si fece forza, sistemandosi meglio i baveri della giacca, entrò all’interno dell’elegante e raffinato ristorante, guardandosi intorno alla ricerca della propria dama.
L’atmosfera era impeccabile.
I lampadari appesi al soffitto illuminavano la sala ristorante senza essere accecanti mentre una piacevole musica da camera si diffondeva soffusa tutt’intorno, guidando l’andatura pacata dei camerieri in camicia bianca e papillon che servivano gli ospiti con professionalità e attenzione estreme.
Mihawk ghignò divertito al pensiero di quanto poco quell’immagine rispecchiasse lo stato in cui versava la cucina.
Se solo tutti quei commensali avessero saputo che dietro le porte bianche coltelli e insulti volavano in continuazione e le loro prelibate portate erano cucinate a suon di litigi e ordini urlati con l’autorità di un caporale dell’esercito.
Le rare occasioni in cui cenava lì, ogni volta che le porte si aprivano e un rumore non meglio identificato fuoriusciva, Drakul non poteva fare a meno di sporgersi per sbirciare cosa stesse accadendo e cercando di captare stralci di conversazione.
Fu perciò con estremo sollievo che riconobbe la propria accompagnatrice seduta a un tavolo isolato, che consentiva una certa privacy e gli avrebbe impedito di allungare il collo per tutta alla sera nella speranza di intravedere uno degli storici siparietti di Carne e Paty.
Si avvicinò studiandola e constatando, con un certo sollievo, che la foto del suo profilo nel sito le rendeva assolutamente giustizia.
I capelli biondo scuro erano raccolti in un elegante chignon, sensualmente spettinato per incorniciarle il viso, e gli occhiali da vista le davano un tocco intellettuale che creava un piacevole e femminile contrasto con l’abito sobrio ma molto aderente che indossava.
-Califa?!- domandò conferma, nonostante non avesse dubbi, fermandosi davanti alla sedia vuota che lo attendeva.
La donna sollevò il viso dal menù che stava già studiando con attenzione, concentrandosi su di lui e aprendosi poi in un radioso sorriso.
-Drakul! Che piacere conoscerti di persona!- replicò, prima di indicare la sedia di fronte a sé -Ti aspettavo!- mormorò ancora mentre si accomodava.
-Il piacere è mio!- si premurò di farle sapere, tentando di abbozzare un sorriso, pratica a cui mai era stato avvezzo.
Non era da lui mostrarsi così espansivo ma si rendeva conto che la sua fredda indole non fosse adatta a quel genere di appuntamenti che si basavano al novanta per cento sulla prima impressione.
Si stava sforzando, insomma, di apparire meno burbero del normale, perché si rendeva conto che se davvero voleva darsi una seconda possibilità non poteva permettersi di far scappare la propria accompagnatrice ad appena cinque minuti dall’inizio dell’appuntamento.
D’altra parte non c’erano molte donne come Olivia, capaci di compensare la sua apparente freddezza con un semplice sorriso.
Ma non per questo era giusto che Perona crescesse senza una madre.
Doveva semplicemente smetterla di fare il confronto con lei ed essere più positivo.
Quella Califa, tanto per cominciare, non sembrava affatto un brutto partito.
Bella era bella, educata anche e in quei primi minuti di conversazione si stava già dimostrando anche molto simpatica, ironica, divertente e intelligente.
Si rilassò quando uno dei camerieri si avvicinò con la bottiglia di vino bianco che aveva richiesto a Zeff per telefono, per poi proporre alla donna di ordinare, afferrando a sua volta il menù e scrutando gli antipasti con interesse.
-Io prenderei la t…-
Sussultò, sollevando la testa di scatto, con gli occhi sgranati, verso Califa che, eterea e sorridente, lo osservava dall’altra parte del tavolo, come se nulla fosse.
-Signore, tutto bene?- domandò garbato il cameriere.
Tutto bene?!
Non facile rispondere visto che una strano formicolio non voleva abbandonare la sua gamba.
Formicolio che poi, a ben guardare, di strano aveva poco, dato che ci aveva messo due secondi a individuarne l’origine.
-A-assolutamente sì!- esclamò Mihawk, portando i palmi sulla tovaglia e stringendo appena il bordo del tavolo -Dicevo… che io vorrei la tartare di pesce- buttò fuori, deglutendo a fatica e portando poi di nuovo lo sguardo su Califa, fulminandola.
Per tutta risposta, la bionda e sobria donna, sollevò le sopracciglia con fare innocente, come a chiedere cosa ci fosse che non andasse, salendo ancora di più con il piede libero dalle scarpe con tacco lungo la gamba del proprio cavaliere.
-Io prendo l’insalata di salmone con maionese alla salsa di soia, grazie!- comunicò al cameriere la propria scelta con un radioso sorriso, passandogli  il menù.
-Che stai facendo?- domandò improvvisamente glaciale il moro, appena il cameriere si fu allontanato.
-A te cosa sembra?!- domandò Califa in un soffio, guardandolo famelica e facendogli strabuzzare gli occhi.
Porco Roger!
Altro che elegante e sobria!
Cosa dannazione era successo, aveva subito una metamorfosi?!
Soffriva di personalità multipla?!
Sindrome bipolare?!
Uno spasmo involontario lo colpì, facendolo sussultare quando la sentì sollevare la gamba del pantalone con le dita del piede e intrufolarsi sotto la stoffa.
Okay, era assolutamente necessario e impellente che si allontanasse da lì.
Subito!
Fece per allontanare la sedia dal tavolo e alzarsi ma una voce che lo chiamava lo obbligò a restare immobile, celando sotto alla tovaglia lunga fino a terra il simpatico strusciamento di cui era vittima.
-Zeff!- rispose, voltandosi e celando il proprio imbarazzo.
Si ritrovò a deglutire pesantemente quando il piede di Califa si spostò oltre il ginocchio, sfiorandogli l’interno coscia.
-Che piacere vederti!- lo salutò il biondo cuoco, avvicinandosi con passo zoppicante a causa della gamba resa debole dalla poliomielite contratta da bambino.
-Il piacere è t-tutto mio!- esclamò sobbalzando sulla sedia e facendo accigliare Zeff.
Si girò a osservare Califa con occhi sgranati, imponendole con lo sguardo di smetterla ma trovandola ad azzannare l’aria nella sua direzione, il panico che si mise a scorrergli nelle vene a quella vista.
Quella donna era un pazza allupata!
-Ehi Drag! Tutto bene?!- chiese Zeff, facendolo voltare di scatto verso di sé.
-Io… Ecco sì, sto benone! Posso.. p-presentarti Califa?!- disse, indicando la donna da sopra il tavolo e sospirando sollevato nel sentire il suo piede smettere finalmente di molestarlo.
Ma non appena dama e chef si furono scambiati i convenevoli eccola tornare nuovamente alla carica, più agguerrita che mai.
E nonostante la sua proverbiale impassibilità, nonostante la freddezza che normalmente lo contraddistingueva, nonostante si trovasse in un luogo pubblico, non poté trattenersi dal sobbalzare ed emettere un verso di sorpresa e protesta quando le dita del piede di Califa, fasciante dal collant effetto nudo, gli solleticarono l’inguine, posandosi poi decise in mezzo alle sue gambe per accarezzargli la mercanzia.
Fu davvero troppo anche per lui e, con un movimento deciso, allontanò bruscamente la sedia dal tavolo, provocando un suono strusciato contro il pavimento, per poi alzarsi con il respiro lievemente affannato e il viso arrossato, sotto lo sguardo incredulo di Zeff e Califa.
-Io… devo andare- affermò, cercando di recuperare il suo solito tono pacato -Zoro… voglio dire Shanks mi ha telefonato e… Perona non sta molto bene quindi devo andare- balbettò appena la sua improvvisata e per niente credibile scusa -Mi spiace Califa- aggiunse per poi girarsi e avviarsi verso l’uscita prima che la donna potesse avere il tempo di ribattere.
Accettò il cappotto che uno dei camerieri gli stava porgendo, infilandolo mentre già usciva dal ristorante nella rinfrescante aria della sera.
No, non era stato esattamente un successo come primo appuntamento al buio!
Dannazione!
Si passò una mano sul viso, ripromettendosi di non raccontare a nessuno dell’accaduto e infilando poi le mani in tasca mentre si voltava a dare un’ultima occhiata all’interno del locale.
Con stupore e incredulità, vide Zeff seduto al suo posto, ridere e scherzare con la propria molestatrice e corrugò appena le sopracciglia.
Considerato di chi era padre, se anche Califa gli avesse riservato il trattamento che aveva riservato a lui, supponeva che il cuoco non si sarebbe tirato indietro, nonostante all’apparenza sembrasse avere più autocontrollo di suo figlio.
Oh beh, tanto meglio per lui!
Dopotutto, Sanji era ormai maggiorenne ed era venuto grande anche senza madre quindi in fondo Zeff un po’ di sano divertimento poteva anche concederselo.
Certo lui avrebbe evitato comunque una simile allupata ma quella poi era questione di gusti.
Si strinse nelle spalle, prima di avviarsi per tornare a casa, riflettendo su dove fermarsi a mangiare per mantenere almeno un minimo le apparenze con Shanks e Makino quando un pensiero lo colpì.
Non si trovava poi molto distante da Amazon Lily e una telefonata tanto per vedere se le andava una pizza in compagnia non gli costava nulla.
Ringalluzzito, estrasse il cellulare dalla tasca, avviando la telefonata con il tasto rapido e attese.
-Pronto?!-
Non poté contenere un sorriso nel sentire la sua voce.
In fondo Boa era davvero l’unica a cui sentiva di poter raccontare la sua disavventura senza imbarazzo.
 

§
 

Infilò le chiavi nella toppa, cercando di non fare rumore, consapevole che ormai, a quell’ora, Zoro e Law dovevano già essere non solo rientrati ma anche nel mondo dei sogni.
Non si era proprio reso conto di avere fatto tanto tardi, ridendo e scherzando con Boa, davanti a una pizza e due lattine di birra, consumate per terra usando il basso tavolino del suo salotto.
L’ex modella si era quasi messa a rotolare sul pavimento nel sentire il racconto fin troppo dettagliato della focosa accompagnatrice dell’amico e si era divertita a prenderlo in giro accennando appena un piedino in un momento in cui lo aveva trovato distratto.
Si irrigidì appena nel considerare che, però, quando lo aveva fatto lei, il suo corpo aveva reagito in modo lievemente diverso rispetto a quando lo aveva fatto Califa.
Scosse la testa per non pensarci e appese il cappotto all’appendiabiti a muro, prima di spostarsi in cucina per bere un bicchier d'acqua.
Mentre la versava nel bicchiere con un frizzare di bollicine, dei passi silenziosi ma perfettamente udibile per il suo udito sopraffino, che condivideva con i suoi due figli maschi, lo fecero voltare in tempo per vedere apparire Law sulla soglia della cucina.
Sollevò un sopracciglio con fare interrogativo e suo figlio rispose indicando con un cenno la bottiglia che il padre stringeva in mano.
Senza una parola, Drakul spinse il bicchiere già pieno verso di lui e ne estrasse un altro per se stesso.
Rimasero a bere uno accanto all’altro per un po’, finché Law non si girò a scrutare il padre, perso nei suoi pensieri, cogliendo una luce nei suoi occhi che non vedeva da tempo e gli scaldò il cuore.
Mantenendo il bicchiere accostato alle labbra, le piegò in un ghigno primo di chiedergli una cosa a metà  tra una domanda e un’affermazione.
-Bella serata?-
Drakul si voltò a guardarlo e lo fissò qualche istante, prima di ricambiare il sorriso storto del figlio.
-Sì, decisamente sì- 

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Capitolo 10
*** Beta Ro Party ***


Accettò il bicchiere di carta pieno per tre quarti di mojito, spostandosi verso il muro per evitare di venire travolto da un gruppo di invitati già alticci, che ballavano in modo piuttosto discutibile e decisamente fuori tempo, e si guardò intorno scettico.
Sorseggiando il cocktail cercò di ricordare per quale motivo si trovasse lì, quale parte della sua analisi di pro e contro aveva miseramente fallito portandolo contro ogni logica fino alla sede dei Beta Ro per partecipare alla loro festa esclusiva, che di esclusivo aveva ben poco dato che poteva partecipare chiunque.
-Ehi Law!!!-
La ragione principale della sua presenza lì, si stava in quel momento sbracciando come un disperato per salutarlo, mentre si avvicinava con gli occhi che brillavano euforici e, valutò il moro, una già buona dose di alcool in corpo.
-Ciao Pen-
-Amico!!!- lo apostrofò entusiasta, dandogli una pacca sulla spalla -Eccoti finalmente! Pensavo mi avresti dato buca!!!-
-E suppongo che la cosa ti avrebbe distrutto- mormorò Law guardandolo di sbieco con sguardo sottile, mentre l’amico ballava sul posto, sorridendo ebete e assorbendo l’atmosfera.
-Come?!- domandò a scoppio ritardato dopo qualche secondo, girandosi nuovamente verso di lui.
-Lascia perdere- sospirò il moro, prendendo un altro sorso di mojito -Rebecca non c’è?- domandò poi, più per fare conversazione che per sincero interesse.
-Si sta preparando per lo spettacolo!-
Law corrugò le sopracciglia perplesso.
-Quale spettacolo?-
-Le Gamma Kappa hanno preparato una piccola performance per la festa su richiesta di Duval!- spiegò il rosso, senza smettere di muoversi un attimo e irritando ancora di più l’amico.
-E loro hanno accettato?- reagì, accigliandosi ancora di più e osservandolo stringersi nelle spalle.
-Nel momento in cui il capo della confraternita è d’accordo! Pare che Polluce e Duval se la intendano alla grande! Oh ecco, mi sa che ci siamo!- aggiunse poi, notando Duval che si spostava al centro della pista da ballo con il microfono per il karaoke in mano.
-Buonasera cari ospiti! Ehi bellezza, lo sai che sei proprio un bel bocconcino?!- si interruppe subito per mormorare suadente e ammiccante quel complimento a una delle ragazze che, fino a poco prima, ballava nel salotto della sede della confraternita.
Un tombale silenzio calò intorno quando Duval prese a contorcere la faccia in un vano e disperato tentativo di farle l’occhiolino.
Si arrese di fronte all’espressione tra il disgustato e il preoccupato della sua povera preda, dubbiosa che il biondo stesse avendo un ictus, concentrandosi nuovamente sul discorso di presentazione.
-Per noi Beta Ro è un vero onore avervi qui e vi ricordiamo che le iscrizioni alla confraternita sono aperte! Intanto vogliamo darvi il benvenuto al nuovo anno e nella nostra magnifica sede con un balletto che le stupende Gamma Kappa hanno preparato per noi!-
Un’esplosione di applausi e ovazioni si sollevò dalla componente maschile presente al party, mentre dal piano superiore due Beta Ro accendevano dei faretti colorati per meglio illuminare il centro della stanza dove, nascoste dall’imponente figura di Duval, una decina circa di ragazze, tutte in shorts, maglietta bianca e stivali al ginocchio, si erano posizionate di schiena.
 
[Die Young - Kesha]
 
-Ehi cuginetto!-
Law si girò verso Monet, che si stava accostando a loro con le braccia incrociate sotto il seno e un bicchiere in mano, mentre la musica prendeva a diffondersi nella sala, dove tutti, nessuno escluso, erano concentrati sulle Gamma Kappa.
 
I hear your heart beat to the beat of the drums
Oh, what a shame that you came here with someone
So while you're here in my arms
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Le osservarono girarsi scaglionate verso di loro, tutte sorridenti e Law riconobbe un paio di visi noti, in particolare Rebecca e Polluce, il capo della confraternita che bene o male conoscevano tutti.
-Hai visto Baby?!- domandò Monet, senza riuscire a celare un tono divertito e Law strabuzzò gli occhi nel notare la mora dare due decisi colpi di bacino, con uno sguardo famelico puntato su di lui.
 
We're gonna die young
 
Distolse rapido lo sguardo ma si ritrovò a guardare qualcuno che, forse, avrebbe preferito incontrare anche meno di Baby.
 
We're gonna die young
 
Era totalmente concentrata sulla coreografia e, a differenza della maggior parte delle ragazze, ballava per divertirsi e non per mettersi in mostra.
Si capiva dal suo radioso sorriso e dagli occhi che brillavano anche nella penombra della casa.
 
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Slanciò una gamba con grande facilità, incrociandola poi con l’altra e voltandosi di schiena, con il busto girato di tre quarti e muovendo le spalle con un movimento secco per sottolineare due accenti della musica, prima di muoversi sinuosamente disegnando un’onda con il corpo, un velo di malizia appena accennato negli occhi.
In realtà lo stavano facendo tutte ma Law era focalizzato solo su di lei, non fosse altro che per evitare di incrociare lo sguardo di Baby.
 
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Young hearts, out our minds
Running 'til we outta time
Wild child's lookin' good
Living hard just like we should
Don't care who's watching when we tearing it up (You Know)
That magic that we got nobody can touch (For sure)
 
-Qui qualcuno mi  sembra piuttosto interessato a una delle ballerine- mormorò Monet, mentre le Gamma Kappa prendevano a spostarsi mischiando le loro posizioni.
Si girò a guardare la cugina, convinta che stesse parlando di Penguin, che non riusciva effettivamente a staccare gli occhi da Rebecca , e sussultò nel leggere nelle sue iride dorate che in realtà si riferiva proprio a lui.
-Che stai dicendo?- domandò, infastidito ma Monet si limitò a sorridergli con un guizzo negli occhi, prima di tornare a concentrarsi sulla coreografia seguita a ruota da lui.
 
Looking for some trouble tonight (yeah)
Take my hand, I'll show you the wild side
Like it's the last night of our lives (uh huh)
We'll keep dancing 'til we die
 
Doveva ammetterlo, era colpito da come Margaret riuscisse a muoversi a quel modo, fare quei passi, come per esempio piegarsi allargare le ginocchia e risollevarsi prima con il sedere e poi con tutto il resto, senza apparire minimamente volgare, a differenza di Polluce e Baby per esempio.
E oltre a questo aveva un carisma a dir poco trascinante.
 
I hear your heart beat to the beat of the drums
Oh, what a shame that you came here with someone
So while you're here in my arms,
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Le guardò venire avanti e disperdersi in mezzo agli invitati, senza ballare o strusciarsi su nessuno, limitandosi a girare intorno ai ragazzi più a portata di mano, guadagnando occhiate di adorazione da loro e di odio da molte delle ragazze.
Si distrasse un attimo a guardare Pen che faceva l’occhiolino a Rebecca, la quale non aveva occhi che per lui e quando tornò a focalizzarsi sulla coreografia, si irrigidì nell’accorgersi che Margaret lo aveva individuato e lo guardava mentre finiva di girare alle spalle di un ragazzo, con una luce sorpresa e divertita negli occhi.
 
We're gonna die young
We're gonna die young
 
Gli voltò subito le spalle, tornando nella sua posizione, camminando perfettamente a ritmo e catturando l’attenzione di buona parte della componente maschile presente.
 
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Tornata al centro della pista si fermò in mezzo, mentre tutte le altre le si disponevano intorno, e riprese a muoversi con energia e precisione, riuscendo a catalizzare tutta l’attenzione su di sé.
Alternava sensuali colpi di bacino a passi di danza anche elaborati, facendo venire voglia di muoversi, tanto che Law dovette stringere il bicchiere per contenersi e mantenere il proprio autocontrollo, sgranando gli occhi quando si accorse che persino sua cugina aveva rotto gli indugi e si muoveva sul posto facendo ondeggiare la sua chioma verde.
 
 Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Young hunks, taking shots
Stripping down to dirty socks
Music up, gettin' hot
Kiss me, give me all you've got
It's pretty obvious that you've got a crush (you know)
That magic in your pants, it's making me blush (for sure)
 
La guardò allargare ancora di più il sorriso, ignorando bellamente gli sguardi a dir poco eloquenti che le venivano lanciati e, suo malgrado, Law si ritrovò a ghignare di sghembo, considerando quanto riuscisse a far sembrare un balletto di alta classe la coreografia montata su una canzone del genere che parlava di “magia nei pantaloni” di qualcuno.
Scosse la testa divertito quando, proprio su quella frase le ragazze portarono una mano alla bocca fingendo imbarazzo, prima di scoppiare a ridere divertite senza però perdere il ritmo né distrarsi.
 
Looking for some trouble tonight (yeah)
Take my hand, I'll show you the wild side
Like it's the last night of our lives (uh huh)
We'll keep dancing 'til we die
 
Era evidente che quel balletto non fosse stato montato da Polluce, si ricordava bene la coreografia dell’anno scorso alla festa della loro confraternita.
E cominciava a sospettare chi fosse l’ideatrice del pezzo, visto come si muoveva sicura, trascinando il resto del gruppo per non parlare degli invitati.
Le guardò spostarsi nuovamente in massa, stavolta dirette verso il bancone da bar che si trovava nel salotto della sede dei Beta Ro, salendovi sopra in stile Coyote Ugly, tutte tranne lei.
Margaret rimase dov’era, muovendosi sicura e sensuale, disegnando di nuovo un’onda con il corpo, girando muovendo il bacino, tornando seria ma continuando a sorridere con gli occhi.

I hear your heart beat to the beat of the drums
 
E suo malgrado, perché dopotutto era pur sempre un uomo, Law sentì lo stomaco fare una capriola quando si accorse che lo fissava intensamente.
 
Oh, what a shame that you came here with someone
So while you're here in my arms,
 
Fu un attimo e si ritrovò a deglutire pesantemente, consapevole dello sguardo di Monet su di sé ma incapace di staccare gli occhi, sempre impassibili e freddi, da lei.
 
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
I hear your heart beat to the beat of the drums
 
Si riscosse solo quando fu Margaret a interrompere il contatto visivo, dirigendosi verso il bancone per raggiungere le compagne e salendovi sopra per le battute finali, riprendendo i passi dell’inizio.
 
Oh, what a shame that you came here with someone
So while you're here in my arms
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Si passò indice e pollice sugli occhi, prima di voltare le spalle a tutto quel trambusto e allontanarsi buttando giù il mojito come se fosse acqua, mentre Monet lo seguiva con lo sguardo e Pen riusciva finalmente a distrarsi da Rebecca, giusto per chiamarlo senza però ottenere una minima risposta.
 
We're gonna die young
 
Aveva bisogno di prendere un po’ d’aria.
 
We're gonna die young
 
Aveva bisogno di non pensare.
Con un gesto infastidito accartocciò il bicchiere e lo buttò in un sacchetto della spazzatura abbandonato sotto al portico della sede.
 
Let's make the most of the night like we're gonna die young
 
Grugnì nel sentire il boato che esplose non appena la musica si interruppe e represse la tentazione di prendere a calci l’immondizia.
Non sapeva perché si sentisse così teso.
Tutto quello che sapeva era che, come si era immaginato, andare a quella festa era stato uno sbaglio.
 

 
§
 

Ma d’altra parte era andato lì per un motivo.
E dal momento che teneva a Pen come teneva a Zoro e che il suo migliore amico era anche riuscito a staccarsi da Rebecca solo per andare a cercarlo, alla fine era rimasto.
Ora si aggirava per la sala dei Beta Ro, alla ricerca di qualcosa da fare, sforzandosi di dare un senso a quella serata, cosa non facile dato che gli unici due con cui avrebbe potuto intrattenere una conversazione erano impegnati con i rispettivi partner.
Dopo il loro piccolo spettacolo, le Gamma Kappa erano diventate indiscusse protagoniste della serata e capannelli interi di universitari si stringevano intorno alle dieci ballerine, lasciando sole e incarognite tutte le altre invitate alla festa, che non erano poche.
Disgraziatamente per lui però, una di suddette Gamma Kappa era molto poco interessata alle attenzioni dei ragazzi presenti a meno che i ragazzi presenti non rispondessero al nome di Law Mihawk.
E suddetta Gamma Kappa si erano appena liberata dei propri ammiratori e lo stava puntando senza esitazione.
Fu solo quando lo chiamò entusiasta, sbracciandosi e mangiandoselo con gli occhi, che il moro si rese conto del pericolo incombente e non poté fare a meno di assumere un’espressione terrorizzata e strabuzzare gli occhi, nel metterla a fuoco a troppo pochi metri di distanza.
-Yuuuuuuhu! Lawuccio!!!-
Baby Five era una bella ragazza, alta, mora e prosperosa, con una malsana ossessione per le armi, gli abiti succinti e, da alcuni mesi a quella parte, Law.
Studiava psicologia, una scelta incomprensibile dato che era palese che la prima ad essere mentalmente instabile fosse proprio lei e questo giustificava le paure del ragazzo di venire drogato, legato al letto e molestato dalla mora.
Ora, si rendeva conto di non correre un simile rischio in una festa del genere ma non poteva farci assolutamente niente.
La vista di Baby che si avvicinava a lui con l’andatura di una mandria di struzzi alla carica aveva per lui lo stesso effetto di una tarantola gigante per un aracnofobico.
 
[Ma Cherie – Dj Antoine]
 
We are gonna dance
into the sea,
all I want is you,
you're ma cherie
 
E, sfortunatamente, Law tendeva a reagire immobilizzandosi lì dov’era e guardandosi intorno alla disperata ricerca di un capannello di gente, un ripostiglio nel muro o una crepa nel pavimento in cui infilarsi senza ovviamente trovare niente di sufficientemente vicino per consentirgli la fuga.
 
Never seen a girl
that so jolie,
all I want is you,
you're ma cherie
Ma Cherie
 
La musica e l’alcool ingerito non facevano che rendergli più difficile il tutto e indietreggiò di un passo, ormai rassegnato a subire l’aggressione dell’allupata ragazza quando dal nulla una mano si posò sul suo torace e lo sospinse all’indietro, in mezzo alle coppie che ballavano al centro del salotto illuminato dai faretti colorati e semovibili.
 
Ohohohooooh
 
A occhi sgranati e basito da quella situazione, si ritrovò avvolto nel gelsomino e una ragazza che gli si strusciava contro senza troppi complimenti e soprattutto come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-Sai, non si suppone che tu debba restare immobile come un palo da lap dance- gli sussurrò direttamente all’orecchio per farsi sentire per poi sorridergli mentre lui la metteva a fuoco, identificandola come niente meno che Margaret.
Un moto di fastidio lo colse e si accigliò, guardandola truce.
-Cosa stai facendo?- domandò glaciale.
-Ti restituisco il favore, aiutandoti a scappare da Baby- gli disse, continuando a muoversi a ritmo, con le mani agganciate dietro al suo collo, e buttando un’occhiata oltre la propria spalla per individuare la mora.
-Io non te l’ho chiesto- ribatté duro, facendola voltare di nuovo verso di sé.
 
When I look into your eyes,
I see rainbows in the skies
Baby when you're close to me,
I know you are ma cherie
 
-Lo so ma a me non piace avere debiti in sospeso- insistette Margaret con un guizzo negli occhi.
-Sai credo che la cosa migliore sarebbe semplicemente andarmene da qui-
-Ma se raggiungi la porta camminando in mezzo alla gente che balla ti vedrà. Ci dobbiamo avvicinare ballando-
-Ma fai sul serio?- chiese incredulo.
-Ti sembra che stasera mi mancassero cavalieri?!-
-E infatti mi domando perché diavolo s…-
-Ssssh! Sta arrivando, finiscila e balla con me!-
Law sollevò la testa di scatto e nella penombra colorata della pista, individuò lo sguardo famelico e indagatore della sua molestatrice cercarlo con gli occhi.
 
oh!
 
We are gonna dance
into the sea,
all I want is you,
you're ma Cherie
 
Il panico ebbe la meglio e smise di pensare, posando le mani tatuate sui fianchi di Margaret e girandosi di schiena rispetto a Baby mentre se la trascinava sul petto e prendeva a muoversi a ritmo di musica.
 
Never seen a girl
that so jolie,
all I want is you,
you're ma Cherie
 
Sentì il respiro di Margaret farsi più intenso contro il suo collo e inclinò appena la testa, mentre la ragazza si avvicinava ancora di più per muoversi meglio a ritmo insieme a lui e non poté fare a meno di ghignare mentre, senza pensarci, aumentava la stretta sui suoi fianchi.
 
Ma Cherie
Ohohohooooh
 
-Però! Chi l’avrebbe mai detto che ti muovi così bene?!- commentò Margaret, staccandosi appena dalla sua spalla per guardarlo.
Law sollevò un sopracciglio.
-Di solito i tipi rigidi caratterialmente lo sono anche fisicamente- si spiegò continuando a strusciare il bacino contro il suo.
-Mai giudicare un libro dalla copertina- mormorò il ragazzo, senza smettere di ghignare.
-No, infatti di solito gli concedo il tempo dell’incipit per convincermi- lo freddò con un sorriso, facendogli perdere il proprio.
Senza farle male la prese per un polso e la fece girare di 180 gradi, obbligandola ad aderire con la schiena al suo torace e continuando a muoversi a ritmo di musica.

We don't need to run more high,
I'll be there to hold your tight
 
-Che ne dici di ballare e basta- le intimò, più come un ordine che come una proposta.
Margaret sollevò il viso verso di lui, solleticandogli la gola con le ciocche bionde.
-Sono d’accordo- soffiò, cogliendolo alla sprovvista.
Alzò una mano e l’affondò tre le ciocche spettinate del ragazzo, mentre sollevava un altro po’ il viso accarezzandogli la mandibola con la punta del naso.
 
You and me, we are in fire
Ma cherie, you are my desire
 
Sapeva che era solo presa dalla musica e dall’alcool e che era tutta una messinscena per aiutarlo ma non seppe bene come si ritrovò ad avvolgerla completamente per la vita con il braccio e piegare la testa fino a far scontrare i loro nasi.
 
oh!
 
We are gonna dance
into the sea,
all I want is you,
you're ma Cherie
 
E dovette ammettere che era da tanto, troppo tempo che non si lasciava andare così.
E che era piacevole.
 
We are gonna dance
into the sea,
all I want is you,
you're ma cherie
Never seen that girl
that so jolie,
all I want is you,
you're ma Cherie
 
Fu un po’ come risvegliarsi bruscamente quando Margaret si raddrizzò guardando di fronte a sé e allontanandosi da lui.
Si rese conto solo allora che si erano avvicinati alla porta, dove l’appendiabiti trasbordava di giacche e cappotti.
-Adesso è il momento buono! Prendi due giacche e andiamo!- esclamò Margaret.
Non perse tempo a domandare conferma, perché era evidente che intendesse due giacche a caso.
 
I will take you higher
I will take you higher
I will take you higher
 
Cercò di individuarne due che fossero almeno della loro taglia o giù di lì e un attimo dopo sentì la presa di Margaret sul suo braccio che lo incitava a sbrigarsi.
Si girò verso di lei, le giacche sotto braccio e la seguì di corsa verso l’uscita, lanciando una rapida occhiata per assicurarsi che Baby non li avesse visti.
 
You're my love,
you're ma cherie
 
Non si rese neanche conto che stava ridendo di gusto insieme a lei, quando si precipitò fuori dalla sede dei Beta Ro.
 

§


-Ti rendi conto che Baby potrebbe ucciderti vero?- le domandò girandosi a guardarla, seduta accanto a lui sul suo letto.
Dopo essersi allontanati dalla sede della confraternita avevano passeggiato in silenzio per un po’, una volta che Margaret era riuscita a calmare le risate nel constatare che il capospalla che andava bene a Law aveva del pelo rosa sul bordo del cappuccio, ritrovandosi di fronte all’ingresso del Campus e Law l’aveva invitata in camera sua, sorprendendo lei e se stesso.
Ora erano uno di fianco all’altra e avevano parlato di tutto e di niente, come spesso capita quando due persone che in realtà non si conosco ma sentono di avere delle affinità restano insieme da sole.
Certo, Law non avrebbe mai ammesso di sentirsi affine con quella ragazzina, soprattutto ricordando il loro primo incontro e la figura che ci aveva fatto, ma in quel momento, a notte fonda, con residui di alcool in corpo e senza nessuno in giro a testimoniare quel loro attimo di intimità, doveva ammettere che gli faceva anche piacere stare in sua compagnia.
-Non ti preoccupare, l’altro giorno io e Rebecca abbiamo messo a soqquadro la stanza mentre non c’era per controllare e abbiamo appurato che ha con sé solo il porto d’armi ma niente pistole- lo informò, facendogli sgranare appena gli occhi, dal momento che aveva l’aria di una che non stava affatto scherzando.
Si riscosse subito, ripuntando lo sguardo di fronte a sé e appoggiando anche la nuca al muro, mentre contemporaneamente posava gli avambracci sulle ginocchia piegate e intrecciava le dita.  
-Non escluderei che dopo una cosa del genere si accontentasse di soffocarti con il cuscino nel sonno- considerò, facendole spalancare occhi e bocca mentre increspava le labbra in un sorriso.
-Kami, quanta modestia!- commentò, richiamando la sua attenzione prima di assottigliare lo sguardo -Cosa le hai mai fatto per ridurla così?!- chiese, indagatrice.
Law sollevò un sopracciglio, per poi sospirare.
-Proprio niente. Ho accettato di fare un’uscita a quattro con Pen e Rebecca e questo è il risultato-
-Fortuna che il nostro è saltato!- soffiò con un sorriso divertito, prendendolo in contropiede -Non riesco a immaginare tragedia peggiore che cadere vittima del tuo fascino- concluse, prendendolo in giro e facendolo sussultare appena.
Aveva una strana luce negli occhi Margaret, un scintillio malizioso che contrastava con la sua innocenza e che, Law se ne rendeva conto, avrebbe fatto impazzire chiunque non possedesse tutto il suo autocontrollo e non fosse del tutto disinteressato ad avere rapporti con l’altro sesso.
Il punto era, però, che a lui non importava averne.
Anzi, tutto il contrario.
Il suo obbiettivo era proprio non averne.
Un contatto inaspettato lo risvegliò dalle sue considerazioni e quando mise a fuoco si accorse che Margaret gli stava sfiorando delicatamente con i polpastrelli le nocche tatuate.
Si girò di scatto a guardarla, provocandole un sussulto improvviso e facendole ritrarre la mano bruscamente.
-Cosa significano quei tatuaggi?- domandò, distogliendo lo sguardo con le guance lievemente arrossate.
Law la osservò alcuni istanti con uno sguardo indecifrabile negli occhi prima di risponderle.
-Niente in particolare- mormorò sbrigativo -Cos’hai detto che studi?- le chiese, prendendola in contropiede per quell’improvviso cambio di argomento.
Si appoggiò anche lei con la nuca al muro, puntando gli occhi al soffitto.
-Biologia, mi piacerebbe diventare erpetologa!- disse con il suo immancabile sorriso, mentre Law addolciva un po’ lo sguardo ghignando.
Erpetologa.
Sì, ce la vedeva proprio bene a studiare i rettili una ragazza sensuale come lei.
Fece appena a tempo a strabuzzare gli occhi a quel pensiero che un tonfo dietro la porta venne in suo soccorso, facendoli scattare entrambi.
-Cos’è stato?!- domandò Margaret lievemente agitata.
-Credo di saperlo- mormorò il ragazzo atono, scendendo dal letto e avvicinandosi alla porta.
Mandò gli occhi al cielo con un sospiro quando, aprendola, una zazzera rossa fece capolino nella stanza mentre Penguin cadeva privo di sensi all’indietro.
-Ma che gli è successo?!- domandò la bionda, perplessa mentre Law si chinava ad afferrare l’amico da sotto le ascelle per trascinarlo dentro.
-È sempre così quando si va a qualche festa. Si ubriaca e me lo scaricano qui fuori svenuto-
Liberando una sommessa risata Margaret si affrettò a scendere dal letto per aiutarlo a caricare Pen sul proprio.
Stettero a fissarlo un istante con le mani sui fianchi, Margaret divertita e Law sconsolato, mentre russava beato e ignaro con la bolla al naso.
-Sarà meglio che vada- mormorò la ragazza dopo qualche istante, spostandosi per infilarsi le scarpe.
Law la osservò, accompagnandola con lo sguardo verso la porta.
-Margaret- la richiamò prima di poterselo impedire.
La bionda si girò a guardarlo, una mano già sulla maniglia.
-Grazie- mormorò, senza lasciare trasparire alcunché.
La osservò aprirsi in un sorriso e rispondere con un cenno del capo, prima di uscire e richiudersi la porta alle spalle.
E solo allora, mentre si sdraiava sul letto e portava le mani a intrecciarsi dietro la nuca, Law si lasciò andare ad un ghigno.
 

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Capitolo 11
*** Piccoli importanti segreti ***


-Ridammelo!!!-
Perona si guardò intorno febbrile, schizzando da un lato all’altro del cortile, alla ricerca di qualcuno dei suoi amici, mentre la risata di Jabura si alzava nell’aria.
Non avrebbe mai dovuto portare Kumachi a scuola.
Ma non poteva immaginare che quel gruppetto di bambini della terza l’avrebbe presa di mira, rubandole il pupazzo e minacciando di svuotarlo di tutta l’ovatta.
Koala era scattata subito a cercare Sabo e Ace e dopo qualche istante anche Nojiko si era allontanata di corsa senza una parola e non era ancora tornata.
-Yoyoii! Che tristezza che vieni ancora a scuola con il peluche!-
Stringendo più forte il suo ombrellino la bimba si girò a fulminare Kumadori, prima di osservare uno ad uno i quattro ragazzini davanti a lei.
Glielo avevano detto di stare alla larga da loro.
Si facevano chiamare la CP9 e Lucci, il loro capo, era un ragazzino inquietante e che raramente apriva bocca, in netto contrasto con il suo braccio destro, Jabura, che non faceva che blaterare su quanto fosse forte e prendeva qualsiasi cosa come un’insinuazione che non lo era.
Kumadori era il gioppino del gruppo, si comportava come se la scuola fosse un corso di teatro kabuki e parlava con fare drammatico di qualsiasi cosa.
Si diceva che durante l’interrogazione di geografia avesse finto di fare harakiri, giacendo poi sul pavimento fino alla campanella, per il dolore provocatogli dalla deriva dei continenti che aveva obbligato la Pangea a separarsi.
Infine c’era Kaku l’unico del loro gruppetto a essere al secondo anno anziché al terzo, che all’inizio le era parso simpatico, complice l’associazione mentale che aveva fatto tra lui e Usopp, per via delle loro appendici nasali molto simili, ma che si era poi rivelato il peggiore di tutti.
-Ahahahahah! Mi spiace carina ma il tuo pupazzo oggi non tornerà a casa! non tutto intero almeno!- rise ancora Jabura con le mani sui fianchi, facendo rimbalzare il povero Kumachi, stritolato nella sua presa.
Perona strinse ancora più spasmodicamente l’asta dell’ombrellino mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Non potevano!
Quello non era un semplice orso di peluche!
Era l’unico regalo della sua mamma!
-Smettila!!!- urlò di nuovo, deglutendo a fatica per mandare giù il groppone.
Non voleva mostrarsi debole.
-Oh ma guardatela! Piange!- la schernì Kaku con un sorrisetto maligno sul volto.
-Yoyoii! Non sopporto vedere qualcuno piangere!- intervenne Kumadori con fare drammatico, estraendo la katana di legno che portava sempre al fianco e accingendosi a trapassarsi per finta.
-Kumadori, falla finita- gli intimò Lucci in un raro momento di eloquio senza staccare gli occhi da Perona e continuando a fissarla truce.
-Perché invece non la fate finita voi?!- domandò una voce alla loro sinistra facendoli voltare tutti e provocando un improvviso moto di sollievo nella piccola.
Ace e Sabo erano arrivati e brandivano i loro tubi, gli occhi dardeggianti.
Dietro di loro Wicca e Leo avevano le fionde pronte in mano e Koala, che praticava il kung-fu, era in posizione di attacco.
-Perona tutto bene?!- domandò Ace, lanciandole un’occhiata di striscio per non smettere di tenere sotto controllo gli avversari e ottenendo un cenno d’assenso in risposta, che contrastava con lo sguardo visibilmente terrorizzato della bambina.
Il moro ebbe subito la netta sensazione che quel pupazzo dovesse avere un certo valore per l’amica e decise che lo avrebbe recuperato ad ogni costo.
Azzuffarsi, tanto, non era certo un problema.
-Oh ma guarda chi si vede! I fratelli Mera Mera!- li prese in giro Jabura, riferendosi al nome che avevano scelto per la loro “ciurma” dopo una lunga e accesa discussione su cosa suonasse più intimorente e minaccioso tra “i pirati di Ace” e “i pirati di Sabo”.
Lucci si girò con calcolata lentezza verso di loro, sfidandoli con gli occhi.
-Ridatele il pupazzo- mormorò Ace, incenerendolo con gli occhi.
-Altrimenti?!?!- gli fece il verso Jabura.
-Jabura- lo chiamò Lucci senza distogliere l’attenzione dal moro e dal biondo -Dammi il peluche- ordinò allungando una mano.
Il ragazzino strabuzzò gli occhi, spostandoli un paio di volte dalla mano del compagno all’orso che stringeva tra le dita, interdetto.
-Lucci che significa?!- domandò accigliandosi -Vuoi forse insinuare che non sono abbastanza forte per occuparmi del peluche?!- chiese ancora contrariato, facendo alzare gli occhi al cielo a tutti tranne che a Perona che non riusciva a staccare lo sguardo da Kumachi.
Lucci si voltò appena verso il compagno, freddandolo con uno sguardo furente.
-Dammelo e basta- gli intimò, facendolo soffiare dal naso infastidito.
-Perché invece non lo date a me?!-
La voce che si levò nell’aria ebbe il potere di far congelare tutti all’istante, mentre, come poco prima, il  gruppetto della CP9 si voltava verso destra mettendo a fuoco Kidd che li osservava omicida.
Perona trattenne il fiato e contemporaneamente Sabo e Ace strinsero più forte i loro tubi, consapevoli di essere appena caduti dalla padella alla brace.
-Non sono affari tuoi, Kidd- mormorò Lucci, ostentando una calma che non provava più.
Per quanto si sentisse sicuro di sé e nonostante l’avversario avesse un anno in meno, di fronte al bullo della scuola per eccellenza nemmeno lui poteva molto e, d’altra parte, mettersi contro Kidd non era un atteggiamento intelligente per nessuno.
-Oh io non sono d’accordo! Non erano affari miei finché non ho deciso che voglio quel peluche!- commentò con calma, avanzando verso di loro con un ghigno sulla faccia.
-Non t’azzardare Kidd!!!-
-Ace, calmati!- lo ammonì Sabo, facendolo girare verso di lui interrogativo.
Il biondo indicò con un cenno del mento un punto dietro le spalle del ragazzino, facendolo concentrare su altre due figure che si stavano avvicinando e identificandole come Killer e Nojiko.
La vista dell’amica fece tranquillizzare anche Perona, che riuscì ad allentare la presa sull’asta dell’ombrellino ma continuò a trattenere il fiato mentre il rosso e il moro si sfidavano silenziosi finché Lucci non cedette, gettando Kumachi ai piedi di Kidd e voltando le spalle a tutti quanti.
-Andiamo- intimò a tutti mentre il ragazzo si piegava in avanti per recuperare l’orso.
-Lucci!- lo chiamò Jabura affrettandosi ad affiancarlo -Sei proprio una mezza calzetta! Io lo avrei steso con un pugno…-
-Jabura, falla finita!- gli intimò Kaku, infastidito dalla sua voce.
Li seguirono con lo sguardo solo qualche secondo prima di tornare a concentrarsi tutti su Kidd, ancora in tensione nonostante la presenza di Nojiko, mentre il rosso ripuliva Kumachi dalla terra con uno sguardo comunque poco rassicurante.
Perona deglutì rumorosamente e attese tremando appena, finché il ragazzino non si girò verso di lei per avvicinarsi e tenderle cauto il pupazzo.
Senza staccare gli occhi dai suoi la bimba mollò la presa con una mano sull’asta dell’ombrellino e la allungò fino a sentire nuovamente l’imbottitura dell’orso cedere sotto le sue dita.
Una lacrima di sollievo le sfuggì mentre sorrideva al rosso.
-Grazie- mormorò, facendolo ghignare in risposta.
Si strinse al petto il peluche, allargando il sorriso, mentre Sabo si avvicinava a Kidd per ringraziarlo e Koala correva da lei per abbracciarla.
Ricambiò la stretta dell’amica ma, nel farlo, si accorse che Ace si stava allontanando pestando i piedi a terra, chiaramente arrabbiato, e si accigliò, correndogli dietro.
-Ace!- lo chiamò mentre lo raggiungeva e afferrava per la maglietta, obbligandolo a voltarsi.
-Che c’è?- chiese atono, incrociando le braccia al petto.
-Ma che ti prende?-
-Niente, non mi prende niente, me ne vado in classe- le disse, rimettendosi a camminare.
-Ma… Non vuoi fermarti con noi?-
-E perché?- domandò senza voltarsi e stringendosi nelle spalle -Tanto adesso c’è Kidd che ti difende no?-
Perona aggrottò le sopracciglia girandosi un attimo verso il gruppo di amici che si era appena allargato e tornando subito su di lui.
-Sì ma io voglio giocare con te!- ribatté con candore e come se fosse assolutamente ovvio la piccola, riuscendo a farlo arrestare -Anzi volevo chiederti se ti andava di venire a casa mia domani pomeriggio!- proseguì, speranzosa.
Ace dondolò qualche istante sul posto prima di voltarsi verso di lei ancora serio.
-Okay- rispose con indifferenza e un’alzata di spalle.
Perona si illuminò, annuendo e sorridendo, prima di rimettersi a correre verso tutti gli altri.
E mentre la seguiva appoggiando il suo tubo sulla spalla neanche Ace riuscì a trattenere un sorriso.
 

 
§
 

Degenere!
Era un padre degenere, ecco cos’era!
Come aveva potuto dimenticarsi che Perona usciva due ore prima da scuola?! Come?!
Perona non Sabo, ovviamente, quindi  Makino andava a prenderlo alla solita ora.
E ovviamente quale giorno poteva scegliere Sugar se non proprio quello per ammalarsi, così che né Dofla né Croco si erano dovuti recare alla scuola scoprendo che la loro nipote era stata malamente abbandonata dal genitore?!
Per fortuna però Croco era passato in palestra da lui e parlando gli aveva ricordato dell’uscita anticipata, dandogli il tempo di chiedere l’aiuto dell’unico parente acquisito che non lo avrebbe rimproverato o preso in giro per la sua negligenza e, con gran sollievo di Drakul, Boa si era precipitata a recuperare la bambina.
Quando era tornato a casa, alle cinque, le aveva trovate in camera della piccola a giocare e Zoro sulla porta che le guardava ghignando.
E ora anche lui era appoggiato all’altro stipite, perfettamente simmetrico rispetto a suo figlio e si stava scaldando il cuore nell’osservare la sua bambina giocare come non aveva mai potuto fare con sua madre.
-Tutto bene a scuola?- sussurrò a Zoro, sottovoce per non disturbare il gioco.
Zoro si limitò ad annuire e, quando Mihawk riportò lo sguardo su Boa e trovò le sue iride blu oceano a fissarlo sorridenti, sentì lo stomaco fargli una capriola.
-Papà!-
Si girò di scatto, realizzando che suo figlio lo chiamava già da un po’.
-C-come?! Scusa Zoro, non ho sentito!-
Il verde si accigliò un istante notando una strana luce negli occhi del padre che non era in grado di indentificare.
-Dicevo, è stasera che… ehm… esci?- mormorò quasi a fatica il ragazzo.
Se con Law ora poteva parlare senza vergogna dei suoi appuntamenti al buio, senza ovviamente avere nessuna intenzione di raccontarglieli, con Zoro erano ancora un argomento tabù.
-Sì- rispose dopo qualche istante, grattandosi il collo in imbarazzo -Ci pensi tu alla cena?-
-Certo nessun problema- si strinse nelle spalle, evitando lo sguardo del padre.
-Bene… puoi fare una pasta, se no ci dovrebbero essere ancora due bistecche o…- borbottò il moro.
-Se Zoro vuole gli insegno io un piatto fenomenale!- intervenne Boa, facendo girare i due versi di lei e cogliendoli alla sprovvista.
Li osservò qualche istante, a sopracciglia sollevate, tra il divertito e il perplesso prima di proseguire.
-Sempre che posso fermarmi a cena e non disturbo-
Zoro e Drakul sbatterono le palpebre un paio di volte a quelle parole prima di riscuotersi del tutto.
-Oh beh…- cominciò il moro.
-Ma certo che no!- esclamò Zoro beccandosi un’occhiataccia dal padre e strabuzzando gli occhi nel realizzare la gaffe appena fatta -Intendo certo che non disturbi, non certo che non puoi stare a cena! Voglio dire ovvio che puoi fermarti qui a mangiare se vuoi insomma…-
-Va bene!- intervenne  Drakul, in aiuto del figlio.
-Assolutamente! Benone!-
-Insomma gli faresti anche un favore!-
-Sì infatti! Papà ha ragione e poi…-
-Okay! Allora mi fermo!- li interruppe lei aprendosi in un radioso sorriso un attimo prima di afferrare Perona che le aveva gettato le braccia al collo in preda alla felicità.
 

§
 

Con delicatezza fece scivolare di lato la piccola che si era addormentata con il capino contro il suo seno.
Non aveva voluto la classica fiaba della buonanotte per addormentarsi ma una storia di fantasmi, abbastanza inquietante in realtà.
La serata era trascorsa piacevolmente, Zoro aveva fatto un po’ di pasticci ma la cena era venuta comunque squisita e si era anche divertito, con Perona a fargli da aiutante, seguendo alla lettere le sue direttive.
La osservò dormire serena qualche istante, mentre la malinconia si impadroniva per un attimo di lei nel riconoscere alcuni tratti di Olivia sul viso della bimba, per poi chinarsi a baciarle la fronte, spegnere la luce sul comodino e scivolare silenziosamente fuori dalla stanza.
Zoro era in salotto, svaccato sul divano a fare zapping, quando lei aveva accompagnato Perona a letto, e lo trovò ancora lì ma con il telecomando posato su una gamba e concentrato su un programma che era infine riuscito a catalizzare la sua attenzione.
Corrugando le sopracciglia, Boa si accostò al pilastro che sorreggeva l’arco dell’open space, osservando attentamente le scene che scorrevano sullo schermo a cristalli liquidi, ritrovandosi dopo pochi istanti a strabuzzare gli occhi.
-Kami, Zoro! No, ti prego!- esclamò facendolo voltare verso di sé con un ghigno divertito sulla faccia.
Tornarono a guardare il televisore proprio nel momento in cui una giovanissima Boa faceva il suo ingresso dalla porta d’entrata della casa dove la serie televisiva era ambientata.
Si ricordava fin troppo bene a che punto della storia erano e che quella era la seconda stagione e si ricordava che il suo personaggio stava per fare una scenata di gelosia e, con la mano sulla bocca a celare in parte il suo imbarazzo misto a divertimento, si spostò sedendosi accanto a Zoro che, mani intrecciate sulla testa, gli lanciò un’occhiata di striscio.
-Non posso credere che la passino ancora!- mormorò scuotendo la testa.
-È il canale dei programmi cult…- commentò Zoro, studiando con aria critica le riprese vecchio stile.
Rimasero in silenzio a vedere la scena finché Boa non si coprì gli occhi con la mano, sghignazzando e ripetendo “No ti prego”, quando si vede inarcare la schiena all’indietro e puntare un dito contro il povero malcapitato.
“ Perché io… Sono bellissima!” si sentì esclamare, scoppiando definitivamente a ridere e contagiando anche Zoro.
Si premettero i pugni sulle labbra per non rischiare di svegliare Perona, contorcendosi sul divano.
-Santo Roger!- esclamò Zoro asciugandosi una lacrima -Ma perché ti facevano fare quelle cose?!- chiese contenendosi a stento.
Boa prese un profondo respiro, sforzandosi di articolare qualcosa.
-Beh sai…- si schiarì la gola, riuscendo a calmarsi -…a inizio carriera… serve per farsi conoscere! Però…- aggiunse subito sollevando le mani a palmo aperto ai lati del volto -… È stata la prima e ultima volta che ho recitato!- sottolineò prima che un nuovo scroscio di risa li sopraffacesse.
-Mi mancava averti per casa!- esclamò Zoro senza pensare, facendole trattenere il fiato.
Lo guardò intensamente qualche minuto, notando solo in quel momento quanto si fosse fatto grande e maturo, quanto i suoi tratti fossero cambiati portandolo ad assomigliare sempre più ad un uomo, anche se lei ogni volta che lo guardava vedeva sempre e solo il bambino che aveva tenuto a battesimo.
Nonostante non fosse stato un periodo facile quello in cui aveva vissuto a casa loro, aveva comunque dei bei ricordi di quei giorni, soprattutto legati a Zoro che si era fatto forte e la ringraziava spesso e costantemente, per compensare l’atteggiamento disfattista del fratello, il quale comunque, Boa lo sapeva, non aveva mai avuto l’intenzione di ferirla.
-Anche a me mancava stare qui- gli rispose, sincera, ricevendo un altro ghigno sghembo in risposta -Beh sarà meglio che vada! Si sta facendo tardi!- disse poi, battendo le mani sulle cosce prima di alzarsi in piedi.
Zoro la seguì a ruota per accompagnarla alla porta e la osservò in silenzio, mentre si copriva per contrastare il freddo esterno.
-Sei tranquillo a stare da solo con Perona vero?!- gli domandò più per scrupolo che per sincera preoccupazione.
Sapeva di potersi fidare di lui e sorrise quando lo vide annuire convinto.
-Va bene!- affermò chiudendo il cappotto e avvicinandosi per dargli un bacio sulla guancia -Allora buonanotte, tesoro!- lo salutò prima di dirigersi alla porta.
-Buonanotte a te Boa! Grazie di tutto!-
La guardò afferrare la maniglia e aprire la porta prima di venire colpito da un pensiero improvviso.
-Boa?!- la richiamò con le sopracciglia lievemente corrugate.
La mora si girò a guardarlo da sotto la visiera del cappellino, con aria interrogativa.
-Senti… papà dice che nessuno conosce il tuo nome completo a parte te- cominciò, domandandosi perché stesse tirando fuori di punto in bianco quella faccenda e rispondendosi che il motivo è che non si era mai sentito così tanto in confidenza con qualcuno prima, tranne che con Nami, Robin e Law -È vero?!-
-Beh i miei genitori lo sanno!- gli fece notare con un guizzo divertito negli occhi.
Stette a fissarlo qualche istante, la mano sulla maniglia e la porta socchiusa.
-Però in effetti forse tre persone sono un po’ poche- rifletté, tornando a chiudere l’uscio e riavvicinandosi a lui -Non dirlo a nessuno!- lo ammonì prima di chinarsi sul suo orecchio e condividere con lui quel suo segreto.
Zoro non poté non sgranare appena gli occhi nell’udire quel nome e Boa sorrise di fronte alla sua espressione tra il divertito e il sorpreso.
-Non è così male- commentò, facendole sollevare un sopracciglio.
-Dormi bene Zoro- mormorò tornando verso la porta.
-Anche tu-
Rimase ancora qualche attimo a fissare l’uscio prima di tornare in salotto scuotendo la testa divertito, con la netta sensazione che quella sera Boa con lui non avesse condiviso semplicemente il suo nome di battesimo.

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Capitolo 12
*** Serpenti, cappelli e fiocchi di neve ***


 
Buon Natale a tutti voi...




-Permesso?!-
-Siamo arrivati!- avvisò Law, entrando in casa e posando per terra il borsone con i vestiti di Margaret.
Si girò giusto in tempo per vedere suo padre uscire dalla cucina e avviarsi rapido verso di loro, le maniche della maglietta tirate su a metà avambraccio e uno strofinaccio per pulirsi le mani.
Stava già cucinando per la cena, considerò il ragazzo mentre appendeva il proprio cappotto e quello di Margaret.
-E così tu devi essere Margaret!- le disse Drakul, tendendole una mano che la ragazza afferrò prontamente.
-È un piacere conoscerla signor Mihawk! E non so davvero come ringraziarla per ospitarmi per le vacanze di Natale!- aggiunse, sorridendogli senza riserve e contagiandolo.
-Oh ma figurati! Gli amici dei miei figli sono sempre i benvenuti e poi questa casa è un porto di mare ormai!- rispose, guadagnandosi un’occhiata tra il truce e lo sconvolto dal suo primogenito e rendendosi conto solo in quel momento della gaffe -Oh non… non intendevo che…-
-Non si preoccupi!- si affrettò ad aggiungere Margaret, tranquillizzandolo.
-Comunque puoi darmi del tu e chiamarmi Drag!- le disse poi, facendola annuire, mentre lui si spostava verso il figlio dandogli una pacca sulla spalla -Tutto bene?- domandò guardandolo rispondere con un gesto secco del capo -Stasera c’è anche Boa- lo informò.
-E si ferma direttamente?- chiese e fu il turno di Mihawk di annuire.
-Le ho già preparato la stanza degli ospiti-
Law ghignò felice della notizia. Sarebbe stato bello riaverla in giro per casa come un tempo anche se solo per una sera.
-… detto alla maestra che tu studi i Poignee Griffe!!!-
La voce squillante di Perona la precedette nel corridoio, facendo concentrare tutti su di lei, mentre anche altre due persone uscivano dalla stanza della piccola, facendo illuminare Law.
Non era tipo da esprimere i propri sentimenti o da ostentarli in pubblico ma era umano e, per quanto impassibile di natura, non era in grado di contenersi più di tanto quando rivedeva sua sorella gemella dopo svariati mesi di lontananza.
Senza nemmeno provare a sopprimere la luce che gli brillava negli occhi, superò il genitore e si diresse a passo deciso verso la mora, che si era bloccata in mezzo al corridoio nel metterlo a fuoco, altrettanto visibilmente emozionata.
Zoro e Drakul si scambiarono un’occhiata mentre i due fratelli si abbracciavano e Law si lasciava andare al punto da dare un bacio tra i capelli a Robin, chiedendole poi come stava, com’era andato il viaggio e tutte le domande di rito che denotavano però un certo desiderio di assicurarsi che la sorella stesse bene.
Margaret non poté impedirsi di corrugare le sopracciglia. Aveva già avuto l’impressione che Law, nonostante fosse almeno apparentemente freddo e distaccato, avesse la tendenza ad essere apprensivo con le persone a cui teneva e si domandava da dove nascesse quel suo comportamento, così in contrasto con il suo naturale carattere.
Ma il quartetto in avvicinamento la distolse dalle proprie riflessioni, obbligandola a concentrarsi sulle presentazioni.
Strinse la mano a Robin, con cui avrebbe condiviso la stanza per le prossime due settimane e mezzo, dal momento che i suoi andavano a trovare i nonni a Skypeia e lei aveva voglia di godersi un bianco Natale una volta tanto, e a Zoro, mentre Law si avvicinava con la piccola in braccio.
-Tu devi essere la famosa Perona!- le disse con un materno sorriso, facendola annuire -Piacere, io sono Margaret!- si presentò.
-Sei la ragazza di Law?!- le domandò, candidamente, facendo sobbalzare appena il moro.
Margaret gli lanciò un’occhiata divertita nel notare una punta di imbarazzo in lui, prima di riconcentrarsi sulla piccola.
-Sono una sua amica!- spiegò, guardandola assumere un’espressione riflessiva.
-È bella!- affermò, girandosi verso il fratello, e Law annuì serio e convinto.
-Sì, lo è- confermò, facendo arrossire lievemente Margaret che però incassò il complimento con classe.
Perona piegò il capino di lato, sempre più confusa e perplessa.
-E allora perché non è la tua ragazza?!- domandò come se le stesse sfuggendo qualcosa, facendo sobbalzare i tre Mihawk uomini e sorridere seraficamente l’unica Mihawk donna.
-Va bene!- esclamò Drakul mentre Zoro si schiariva la gola avvicinandosi rapido.
-Pulce, perché non vieni con me che dobbiamo aiutare papà in cucina?!- le disse prendendola dalle braccia del fratello, prima di sporgersi verso di lui -Non so cosa le prenda ma è un po’ fissata in questi giorni! Anche a me sta cercando di accoppiarmi con qualcuno!- gli confessò per poi allontanarsi lungo il corridoio.
L’attimo di imbarazzo che ne seguì, durante il quale Margaret rimase concentrata sul pavimento per far defluire il sangue dal volto al resto del corpo e Law evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo, fu prontamente interrotto dall’intervento tempestivo e mai casuale di Robin.
-Ti accompagno in camera così puoi disfare il borsone- disse alla biondina, che annuì sollevata.
Padre e figlio rimasero ad osservarle mentre si allontanavano lungo il corridoio finché Law non si accigliò colpito da un pensiero.
-Robin!- la richiamò facendola voltare interrogativa verso di sé -Kuzan?!- domandò e non gli sfuggì il lampo che attraversò le sue iridi cerulee sebbene dal volto non trasparisse nulla.
-Il lavoro purtroppo…- si limitò a commentare stringendosi nelle spalle e guardando annuire il fratello, senza troppa convinzione, prima di voltarsi di nuovo.
Law non poté impedirsi di scambiarsi un’eloquente e preoccupata occhiata con il padre dopo averla osservata sparire in camera, seguita da Margaret.
 

 
§

 
Prese un profondo respiro mentre guardava l’ora sul suo cellulare, prima di riappoggiarlo sul bracciolo e riportare le mani a intrecciarsi dietro la nuca, svaccandosi un altro po’ sul divano.
Ormai era mezzanotte passata, ergo, era Natale, ma lui non riusciva a prendere sonno.
Si passò due dita sugli occhi, concentrandosi poi sulla sagome scura dell’albero decorato nell’angolo, abbandonando la mano sulla gamba, vicino all’inguine, quando dei passi in corridoio lo fecero voltare.
Con suo grande stupore osservò Margaret, pantaloni della tuta, maglietta del pigiama a maniche corte e felpa, apparire sul limite che divideva il salotto dal corridoio, osservandolo interrogativa.
-Tutto bene?!- chiese, un po’ preoccupata.
Law annuì, mentre la ragazza si avvicinava e si sedeva accanto a lui.
Rimasero in silenzio per un po’, fissando entrambi davanti a sé finchè la ragazza non si girò a guardarlo, sorridendo immancabilmente.
-È stata una delle vigilie più belle che abbia mai passato!- affermò sottovoce.
Il moro si girò a guardarla, ghignando soddisfatto.
-Sono tutti così gentili e simpatici e Perona è veramente dolce! Grazie per avermi invitato a casa tua!-
-Aspetta a ringraziarmi! Non sai cosa ci aspetta domani con tutti i miei zii e cugini acquisiti!- le disse non riuscendo però a celare un guizzo divertito negli occhi.
Sembrava che in realtà non vedesse l’ora e Margaret sorrise all’idea che, forse almeno per quel giorno, anche Law si concedeva di tornare bambino.
-Eddai, non sarà così terribile!- ribatté, sbuffando una risata.
-Dici così perché non hai mai giocato alla schifotombola!- fu la risposta del ragazzo.
-La schifo… cosa?!- si accigliò lei, assumendo un’espressione perplessa.
Law prese un profondo respiro, sporgendosi appena verso di lei.
-La schifotombola è un gioco ideato dallo zio Shanks. È come la tombola normale ma i premi in palio sono oggetti che ognuno di noi non vuole più, che vengono incartati e non si sa che cos’è finché non li vinci e scarti. Ti dico solo che un anno mi è capitato un boa lilla di zio Dofla e aveva anche avuto il coraggio di metterlo tra le cinquine- concluse, mentre Margaret rideva ormai a crepapelle.
-Kami ma che bello!- esclamò, asciugandosi una lacrima -Mio padre lo adorerebbe!-
Law la osservò ridere e si perse a considerare quanto luminosi fossero i suoi occhi nonostante fossero immersi nella penombra.
Fu la mano bianca e affusolata dell’amica che si agitava davanti ai suoi occhi a riscuoterlo.
-Ehi! Law?! Ci sei?!-
Sbatté le palpebre interdetto, sentendosi chiamare.
-C-come?!-
-Ti ho chiesto se posso farti una domanda!- ripeté, facendolo sogghignare.
-Questa è già una domanda- le fece notare.
-Oltre a questa- ribatté subito e ottenendo un cenno d’assenso in risposta.
-Perché li chiamate tutti zii tranne Boa?!-
-Quando io e Robin eravamo piccoli lei era ancora una modella all’apice della carriera e la vedevamo poco, quindi non ci è mai venuto naturale chiamarla così- spiegò.
-Però siete comunque molto in confidenza!-
Lo vide assumere una strana espressione e trattenne il fiato, preoccupata di avere osato troppo.
È vero che ormai erano in confidenza, si consideravano amici, ma Law restava pur sempre un ragazzo molto riservato e lei non voleva risultare invadente.
Con suo grande sollievo però, quando riprese a parlare non le diede l’impressione di essere infastidito.
-Dopo… l’incidente di mamma… per un periodo lei si è trasferita qui per… aiutare papà, ecco- mormorò a fatica, prima di ammutolire.
Margaret si limitò a posargli una mano sul braccio, in un gesto di conforto, e lo osservò voltarsi a guardarla, ghignandole poi sghembo, nonostante la punta di tristezza che si era impadronita delle sue iridi grigie.
-Beh, Buon Natale comunque- le sussurrò, cogliendola alla sprovvista -La mezzanotte è passata- si spiegò, guardandola sorridere.
-Buon Natale a te!- ricambiò, sorridendogli anche con gli occhi e facendogli trattenere il fiato qualche istante.
Poi, senza preavviso, Margaret si alzò di scatto tornando in corridoio, per poi rientrare in sala con un pacchetto di dimensioni medie e squadrato in mano.
-Se è Natale posso darti il regalo!- spiegò, vivace come sempre, facendogli sgranare gli occhi.
-Si era detto niente regali- le ricordò.
-Lo so, lo so! Ma non ho resistito quando l’ho visto!- si giustificò la biondina, tornando a sedersi accanto a lui e piazzandogli il pacchetto sulle gambe.
Law la osservò qualche istante prima di mettersi a scartarlo con cura, sotto lo sguardo impaziente della sua amica.
Una scatola di cartone, decorata in stile jacquard natalizio, si celava sotto la carta regalo e il moro non poté trattenersi dal lanciarle una sospettosa occhiata, non riuscendo davvero a immaginare cosa potesse contenere.
-Dai aprila! Che aspetti?!- lo incitò Margaret.
Afferrò il coperchio con le mani tatuate e lo sollevò con un unico e fluido gesto per poi spalancare gli occhi all’inverosimile.
Non riusciva a credere a ciò che vedeva.
Un cappello felpato, con la visiera e leggermente squadrato giaceva nella scatola.
Un cappello con una singolare fantasia leopardata.
Posò il coperchio sul bracciolo, continuando a fissare il berretto come ipnotizzato e portando una mano ad accarezzarlo.
-Ti piace?!- domandò in un sussurro e lievemente in apprensione la ragazza.
Law si voltò a guardarla, deglutendo a fatica e ringraziando il buio per celare almeno in parte l’emozione che brillava nei suoi occhi.
-Ma come hai…-
-Ho visto la foto- ammise tutto d’un fiato, lievemente in imbarazzo -Quella che tieni nell’agenda. Quando siamo stati in stanza da te a vedere quel film il mese scorso e tu ti sei alzato per andare in bagno l’hai urtata e la foto è caduta. L’ho rimessa via io ma mi ha colpito l’espressione felice che avevi- proseguì, osservandolo di sottecchi per capire se fosse arrabbiato.
Ma Law in quel momento provava molte cose tranne che rabbia.
Sapeva di che foto Margaret parlasse e questo spiegava come facesse quel cappello ad essere identico se non nell’aspetto almeno nella fantasia e nel materiale al suo berretto leopardato di quando era bambino.
La foto in questione lo ritraeva al parco, seduto sulla panchina preferita di Olivia, sotto un’enorme quercia secolare, accanto alla mamma e con un’espressione di autentica gioia.
Il cappello glielo aveva appena comprato lei, un regalo che aveva deciso di fargli con il pretesto dell’ennesimo ottimo voto ottenuto a scuola ma che in realtà non era altro che il gesto gratuito di una mamma per il proprio bambino.
A Robin ne aveva preso uno viola da cowboy.
Era vero, la foto l’aveva conservata come ricordo di sua madre, ma Margaret non si era sbagliata, tutta quella felicità che aveva letto sul suo volto dipendeva proprio da quello strano berretto che tanto aveva adorato e che aveva assunto anche un certo valore affettivo.
-Forse è stato sciocco credere che fosse merito del cappello ma quando l’ho visto non ho potuto fare a meno di pensare alla foto e a quanto ti donasse quella luce negli occhi e così…- riprese un po’ imbarazzata dal silenzio dell’amico.
-Mi piace molto Margaret. Grazie- mormorò, facendola voltare verso di sé con sguardo luminoso.
Si fissarono qualche istante, finché Law non si riscosse di colpo e, spostata con cura la scatola sul bracciolo, accanto al coperchio, si alzò dirigendosi verso l’albero sotto lo sguardo curioso di Margaret.
La biondina sgranò gli occhi quando lo vide tornare verso di lei con in mano un piccolo pacchetto, avvolto in una carta verde e lucida.
-Questo è per te- disse, porgendoglielo con un ghigno.
Margaret lo prese senza staccare gli occhi da lui.
-Non si era detto niente regali?!-
Law sollevò un sopracciglio eloquente.
Mandando giù, Margaret si concentrò sul pacchetto, tirando il nastro con due dita per disfare il fiocco, prima di procedere a strappare la carta.
Estrasse una scatolina rossa, di quelle delle gioiellerie e, a sopracciglia corrugate, la aprì trattenendo il fiato.
Osservò rapita il braccialetto a forma di serpente, che si arrotolava con due spire destinate ad avvolgerle il polso, finemente dipinto a mano alternando anelli rossi, neri, gialli, neri e ancora rossi.
-Law è…- mormorò tornando a guardarlo in viso e trovandolo ghignante come non mai.
Sorrise anche lei, ributtando una rapida occhiata al gioiello.
-Un serpente falso corallo?!- domandò, con un po’ di malizia negli occhi.
Law annuì, prima di posizionarsi meglio sul divano, rimanendo girato verso di lei e avvicinandosi un po’ di più.
Margaret si sentì invadere le narici dal suo odore di caramello, perdendo lucidità in pochi attimi.
-L’ho trovato particolarmente adatto- sussurrò, dandole qualcosa a cui aggrapparsi prima di cadere completamente in trance.
Cosa le prendeva?!
Era già capitato altre volte di trovarsi così vicina a lui.
Ma quella situazione era così intima, così diversa dal solito, con la penombra e il silenzio che li circondava, rotto solo dal rimbombo del suo cuore che batteva impazzito.
-Ah sì?!- domandò, cercando di restare in sé ma, al contempo, accorciando ancora di più le distanze.
-Tu sei come un serpente falso corallo. Puoi sembrare pericolosa, molto pericolosa ma in realtà del serpente corallo hai solo l’aspetto simile e la stessa sensualità- soffiò ormai sulle sue labbra, mozzandole il fiato.
Cosa le aveva appena detto?!
Dannazione, cosa stava facendo?!
Doveva  allontanarsi subito da lei, era evidente che lo faceva sragionare perché se fosse stato lucido non avrebbe mai detto quelle cose ad alta voce, anche se le avesse pensate.
E lui non le pensava!
E allora perché anziché allontanarsi non faceva che avvicinarsi sempre più, lasciandosi inebriare dal suo odore di gelsomino, pur sapendo che era stato proprio quello a innescare in lui quella reazione?!
Strinse tra le dita la stoffa del divano, conscio che ormai era troppo tardi, e permise alle palpebre di abbassarsi sui suoi occhi, ormai rassegnato a soccombere quando dei passi pesanti e veloci nel corridoio rimbombarono improvvisamente nelle orecchie di entrambi, riportandoli alla realtà e facendo loro spalancare gli occhi.
Fecero appena in tempo ad allontanarsi bruscamente l’uno dall’altra, come scottati e visibilmente in imbarazzo, che la figura di Zoro si parò sulla soglia del salotto, una luce euforica negli occhi.
 
[ Peppermint winter – Owl City ]
 
-Law!- lo chiamò, facendolo accigliare per il tono incrinato dall’emozione che aveva usato -Nevica!- soffiò nel buio e anche il moro spalancò gli occhi, voltandosi verso la finestra.
 
There's the snow
Look out below
And bundle up
Cause here it comes
 
A Margaret bastarono pochi secondi per constatare che qualcosa le sfuggiva di quella situazione, qualcosa che non poteva capire.
Osservò Law alzarsi e, come sotto ipnosi, accostarsi alla finestra.
-Da quanto?- chiese senza fiato.
Come aveva fatto a non accorgersene?!
Zoro si strinse nelle spalle.
-Non lo so ma ha attaccato!- disse ancora, dando l’impressione di non stare più nella pelle per qualcosa.
 
Run outside
So starry eyed
A snowball fight breaks out
And winter has finally begun
 
Poi, sotto lo sguardo incredulo e perplesso della bionda, Law si girò nuovamente verso suo fratello con un radioso sorriso sul volto, prima di scattare in avanti.
-Tu sveglia Robin, io mi occupo di Perona!- gli disse, precipitandosi fuori dalla stanza con lui.
Margaret rimase immersa nel buio, cercando di trovare una qualche ragione per quello strano comportamento dell’amico, per poi tornare a sgranare gli occhi quando, dopo alcuni minuti, li vide attraversare il corridoio, diretti all’ingresso, insieme a Robin, anche lei emozionata come una bambina.
 
I twirl through the driveway with angelic grace
Till I slip on the sidewalk and fall on my face
This peppermint winter is so sugar sweet
I don't need to taste to believe
What's December without Christmas Eve
 
Law deviò, tornando in salotto, con in braccio un’assonnata Perona che si sfregava un occhio con la manina chiusa a pugno, e la prese per mano, trascinandola verso l’entrata dove i suoi fratelli si stava bardando di tutto punto.
-Vestiti e metti gli stivali!- le intimò quasi, posando Perona a terra e recuperando il suo cappottino per aiutarla a coprirsi bene.
Si assicurò che la sorellina fosse ben protetta prima di indossare il proprio cappotto, mentre Margaret indossava anche sciarpa, guanti e cappello, continuando a guardarli senza più parole ormai.
 
Hop in the sleigh
And we'll glide away
Into the night
And we'll sip on moonlight
 
Ma che gli prendeva a quei tre?!
-Ci siamo?!- domandò Zoro che quasi saltellava sul posto.
Law e Robin annuirono e fecero per aprire la porta e uscire ma il verde fece appena in tempo ad afferrare la maniglia che suo fratello ebbe un ripensamento.
-Aspetta!- lo fermò, tornando di corsa in sala.
Margaret si girò a guardarlo, le sopracciglia ancora corrugate, e non poté non aprirsi in un radioso sorriso quando lo vide tornare verso di loro con il cappello che gli aveva appena regalato calcato sulla testa, un ghigno e un convinto “Ora ci sono”.
 
 

 
***

 
Runny nose
My frosty toes
Are getting cold but I feel alive
So I smile wide
 
-Drag! Sveglia!-
La voce di Boa, accompagnata da una lieve stretta sul braccio, lo riscossero dal suo torpore.
Aprì gli occhi incrociando le iridi blu cobalto dell’amica e se li sfregò per spannarli.
-Che succede?!- domandò con la voce ancora impastata dal sonno, sollevandosi con la schiena -Qualcuno sta male?!-
Ma si tranquillizzò quando vide che Boa sorrideva, scuotendo appena il capo.
-Direi proprio tutto il contrario- mormorò facendolo accigliare prima di spostarsi verso la finestra.
 
The snowflakes start falling and I start to float
Till my mean older brother stuffs snow down my coat
This peppermint winter is so sugar sweet
I don't need to taste to believe
What's December without Christmas Eve
 
Ancora perplesso, Drakul la raggiunse, accostandosi alle sue spalle e guardando fuori, e l’emozione lo travolse quando vide i suoi figli e Margaret giocare a palle di neve in giardino.
Erano sei anni che non nevicava la notte di Natale, lì a Raftel.
Per Perona era la prima volta.
Anche Boa li osservava con occhi lucidi.
Drag abbassò lo sguardo su di lei, non riuscendo a impedirsi di inspirare il profumo di sandalo che emanava e sorrise nel vederla così emozionata.
Si rendeva conto di quanto Olivia mancasse anche a lei.
Poi un’idea.
-Andiamo anche noi?!- le propose sottovoce.
 

 
***
 

All this holiday cheer
Heaven knows where it goes
But it returns every year
And though this winter does nothing but storm
The joy in my heart is ablaze and it's keeping me warm
It's keeping me warm
It's keeping me warm
 
-Così non vale!!!-
-Papà, me la paghi questa!!!-
-Attenti!!!-
Woopslap si accostò alla finestra, scostando la tenda.
Normalmente si sarebbe scocciato di venire svegliato da risate e grida a quell’ora di notte.
Ma era la Vigilia di Natale e nevicava e tutto il quartiere sapeva che la coincidenza di questi due eventi implicava una tradizione alla quale i Mihawk non avrebbero mai rinunciato.
Perché da sempre Olivia svegliava i suoi figli in piena notte se nevicava la Vigilia e li portava fuori a giocare a palle di neve e da quando Perona era nata non era capitato più fino a quel momento.
Li osservò correre e ruzzolare per il giardino innevato.
Law continuava a salvare da rovinose cadute una ragazza bionda che non aveva mai visto, mentre Perona si nascondeva dietro la gamba di Zoro e Robin e Boa si alleavano contro Drakul.
 
I rip off the wrapping and tear through the box
Till I end up with 45 new pairs of socks
This peppermint winter is so sugar sweet
I don't need to taste to believe
What's December without Christmas Eve
 
Scosse la testa, Woopslap.
Da sempre gli piaceva mostrarsi burbero con tutti nel quartiere.
Una persona, però, non aveva mai creduto a quel suo modo di fare e lo aveva presto smascherato e doveva ammettere che, da quando quella persona non c’era più, anche lui era morto un poco dentro.
Ma quello che stava vedendo gli scaldava tanto il cuore.
Sollevò gli occhi al cielo bianco, da cui i fiocchi scendevano lenti, quasi il regalo di un angelo.
-Li hai visti, quei criminali?! È tutta colpa tua! Non credere che non lo sappia!- la rimproverò, prima di tornare sulla famiglia da cui il giorno dopo sarebbe stato ospite per il pranzo di Natale e che lo aveva anche invitato alla cena della Vigilia.
Alla fine era scivolato Law, trascinandosi dietro la biondina, stretta al suo petto, mentre Perona si scagliava addosso a suo padre dando manforte a Robin e Zoro e Boa cominciavano una battaglia senza esclusione di colpi.
Proprio come un nonno che osserva i propri nipoti, a Woopslap bastava guardarli per sentirsi bene, senza sentire il bisogno di unirsi alla battaglia.
Con la sensazione sulla pelle di non essere l’unico a vegliare su di loro in quel momento, sospirò con un malinconico sorriso prima di mormorare nella penombra.
-Buon Natale, Olivia- 







Vorrei solo far sapere a tutti voi che mi recensite che io leggo e apprezzo con il cuore ogni singola parola. 
Scusate se non rispondo ma non ho altro da dire, e ve lo dico qui ora, se non GRAZIE! Siete meravigliosi! 
Piper. 

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Capitolo 13
*** Leggi per me?! ***


GRAZIE A TUTTI VOI, CHE DEDICATE TEMPO A QUESTA STORIA. 






Entrò in cucina con la leggiadria e la pacatezza che da sempre la distinguevano, senza sorprendersi di trovarci già suo fratello, una tazza di caffè in una mano e un libro sulle gambe.
Si avvicinò alla credenza per recuperare a sua volta un recipiente di ceramica per sé e riempirselo di quel rigenerante liquido bollente mentre Law alzava un attimo lo sguardo, lanciandole un’occhiata da sopra la montatura del riposa-vista, ghignando sghembo per la sensazione di serenità che gli trasmetteva avercela in giro per casa.
Robin si avvicinò al bancone, scostando un altro sgabello e sedendosi accanto a lui.
Sorseggiò il suo caffè, godendosi per qualche minuto il silenzio e la tranquillità che raramente permeavano casa loro, i gomiti posati sul ripiano bianco e lo sguardo perso fuori dalla finestra.
La giornata era limpida e tersa ma il sole non era sufficientemente caldo per sciogliere la coltre bianca che ricopriva Raftel da più di dieci giorni ormai.
-Cosa leggi?!- domandò dopo un po’, aspettando con pazienza che il fratello arrivasse alla fine del paragrafo in cui era immerso, prima di togliere gli occhiali e dedicarle la sua piena attenzione.
-C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé- le disse con uno sguardo eloquente, facendola sorridere serafica.
-Il non far parlare di sé- concluse Robin, accostando alle labbra il bordo della tazza -Il ritratto di Dorian Gray. Ma non lo sai a memoria?!- gli domandò prima di prendere una sorsata.
Law posò libro e occhiali sul bancone, riflettendo mentre si rigirava in bocca un po’ di caffè per raffreddarlo prima di deglutire.
-È come il caffè- affermò con semplicità, osservando le iridi cerulee di sua sorella che lo fissavano da sopra la tazza.
-È una droga?!- domandò con un guizzo divertito negli occhi, facendolo ghignare.
-Non me ne stanco mai-
Robin tornò a guardare fuori dalla finestra, per nulla turbata dallo sguardo del fratello su di sé.
-Lo adorava, Oscar Wilde- affermò dopo qualche istante.
Non c’era bisogno di specificare di chi stesse parlando.
-Già- si limitò a rispondere il moro, mentre una punta di malinconia si faceva sentire, provocandogli l’impellente bisogno di parlare d’altro, un argomento qualsiasi -Margaret dorme ancora?!- domandò, senza pensare e sgranando appena gli occhi, stupito dalle sue stesse parole, dalla rapidità con cui il suo cervello lo aveva portate a formulare quella domanda.
Robin gli lanciò un’occhiata eloquente, senza perdere il suo serafico sorriso.
-Come tutti- rispose, facendolo annuire.
Non era una novità che durante le vacanza a casa Mihawk si dormisse fino a tardi.
Gli unici mattinieri erano sempre stati loro, una caratteristica ereditata da Olivia che però finiva sempre per farsi convincere dal marito a restare a letto un altro po’ a godersi le coccole di lui e il calore delle coperte.
Anche Boa era una persona che amava rigirarsi tra le lenzuola quando poteva e lo sapevano.
L’unica incognita era Margaret, che stava dimostrando di amare anche lei un po’ di sano poltrire mattutino, e Law si ritrovò a scacciare violentemente dalla testa il pensiero che vi si era formato di raggiungere l’amica per svegliarla o, in alternativa, infilarsi nel letto con lei e rimettersi a dormire.
D’altra parte i due gemelli sapevano di essere loro quelli “strani”, dato che persino a Capodanno, dopo aver fatto nottata, si svegliavano relativamente presto ed erano comunque i primi ad alzarsi.
-Si è trovata bene qui da noi- affermò dopo qualche istante Robin, riscuotendolo -Con tutta la famiglia tra l’altro. Zio Dofla stravede già per lei, le ha pure fatto provare il suo boa!- proseguì, facendolo accigliare appena.
Era fin troppo evidente dove sua sorella volesse andare a parare e decise che era meglio mettere subito le cose in chiaro.
-Non credo diventerà un’abitudine- mormorò irremovibile.
Robin sgranò appena gli occhi fingendo sorpresa.
-Ah no?!-
-Robin…-
-Sembra fatta apposta per te- lo interruppe.
Stavolta era stata lei a usare un tono fermo e deciso e Law era rimasto interdetto.
Si rendeva conto di essersi affezionato a lei più del normale per i suoi standard, allo stesso livello di Pen e dei suoi cugini.
Ma Margaret non era una parente e non era un maschio e, sebbene lui continuasse a ripetersi che era solo la sua migliore amica, dopo Robin ovviamente, si rendeva conto di stare avvicinandosi pericolosamente a lei.
Ripensò al bacio mancato la notte della Vigilia e si rese conto che il problema era proprio quello che aveva sempre cercato di evitare.
L’attrazione fisica, era quella che rovinava i rapporti, che lo avrebbe distratto dallo studio, che gli sarebbe costata un’incalcolabile perdita di tempo.
Non andava affatto bene.
-Law…-
-Non è come credi!- reagì brusco, fissandola con durezza ma senza per questo ferirla.
Perché Robin sapeva bene cosa vorticasse nella contorta mente del suo gemello, sapeva che razza di frottole si stesse raccontando proprio in quel preciso momento, che Law aveva paura e per questo rischiava stupidamente di perdere un’occasione importante.
-Devi smetterla di fare così. Di chiudere fuori le persone per paura di stare male. Non puoi impedirti di amare qualcuno, è come combattere contro i mulini a vento- gli disse ma senza durezza, con fare quasi materno, una voce e uno sguardo così simili a quelli di sua madre che il suo cuore perse alcuni battiti.
Era come se di fronte a lui, a parlare con lui, ci fosse Olivia ma, soprattutto, a farlo trasalire, era stato il riferimento all’amare qualcuno.
Cosa diavolo stava insinuando?!
-Margaret è un’amica-
-Ma ti piace-
-Certo che mi…- distolse un secondo lo sguardo, soffiando appena dal naso -Dico ma l’hai vista?! È bellissima, è divertente, simpatica, intelligente, gentile! Solo un pazzo non la troverebbe attraente ma questo non significa che io mi stia innamorando di lei! Questo non succederà mai!- affermò secco, gli occhi dardeggianti -E poi non è vero che io chiudo fuori le persone! Non mi sembra di essere poi così freddo con te, Monet, Bibi e gli altri!-
-No che non lo sei ma sei iperprotettivo! Ti preoccupi così tanto per noi che nemmeno ti accorgi di quanto ti stai logorando!- ribatté Robin coinvolta e decisa -Ti comporti come se potesse succederci qualcosa da un momento all’altro e come se fosse un tuo dovere salvarci, come se fosse un tuo dovere salvare chiunque! Ma le cose brutte succedono e nemmeno quando sarai medico potrai impedirle! Lei non avrebbe voluto questo, lei avrebbe voluto vederti vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo!-
Law boccheggiò appena a quelle ultime parole, buttando poi giù a fatica un sorso di caffè per prendere tempo. Tenendo la tazza stretta in mano, si concentrò sul suo contenuto, ritrovando in fretta tuttala sua proverbiale noncuranza e impassibilità.
-Non pensavo fossi tornata da Ohara per farmi la paternale- mormorò, guardandola di sottecchi.
-Infatti sono tornata  da Ohara per stare con mio fratello- commentò.
Si fissarono per un lungo istante finché il ragazzo non si aprì in un piccolo ghigno che scaldò il cuore di Robin, facendola rilassare sebbene sarebbe stato impossibile per chiunque notare la tensione che si era impadronita di lei.
Tensione dovuta a una preoccupazione che segretamente suo fratello condivideva e che era rivolta a lei.
E proprio per approfittare di quel raro momento intimo tra loro, Law decise di sviscerare a sua volta la questione.
-Parlando di paternali…- esordì, facendole aggrottare appena le sopracciglia -…vogliamo discutere un attimo di Kuzan?!-
La vide irrigidirsi, capendo che, come sempre, aveva fatto centro, anche se per quella volta avrebbe preferito sbagliarsi.
Non riusciva davvero a immaginare cosa potesse esserci che non andava tra sua sorella e il suo fidanzato storico e sperava vivamente di non vedersi costretto a uccidere il ragazzo con le proprie mani tatuate, cosa che non sarebbe stata comunque un problema.
-Non so di cosa tu stia…- cominciò la mora, riuscendo a celare perfettamente il proprio nervosismo che però non sfuggì agli occhi attenti di Law.
-Robin lo so che qualcosa non va- la bloccò subito, con un tono che non ammetteva repliche –Forse puoi darla a bere a papà ma non a me-
Si fissarono intensamente negli occhi qualche istante, quei loro occhi così simili e così diversi.
-Forse ci stiamo lasciando- cedette Robin, appoggiandosi con le spalle al muro dietro di sé.
Law aggrottò appena le sopracciglia a quelle parole.
-Tu stai bene?- chiese subito, facendola sorridere.
Sapeva che per lui era la sola cosa che contasse, sebbene Kuzan frequentasse la famiglia da tempo ormai.
Robin annuì prima di prendere l’ennesima sorsata di caffè.
-Ora come ora non penso che continuerà ma voglio esserne certa prima di allarmare papà inutilmente - spiegò e fu il turno di Law di annuire, prima di puntare lo sguardo fuori dalla finestra.
Era così piacevole stare lì con lei, senza per forza fare qualcosa o parlare, semplicemente stare insieme.
Era bello sapere che non sarebbe ripartita prima di un mese anche se sapeva che il 10 febbraio sarebbe arrivato alla velocità della luce.
Era bello sapere che nella vita di Robin andasse tutto relativamente bene.
Se così non fosse stato, non avrebbe potuto tollerarlo e quel pensiero lo fece trasalire, ripensando alle parole che sua sorella gli aveva rivolto poco prima.
Riflettendo oggettivamente su se stesso, doveva ammettere che non aveva tutti i torti a definirlo un po’ troppo iperprotettivo nei confronti di coloro che amava ma non poteva farci niente.
Lui doveva proteggerli, era suo compito e dovere, che Robin lo capisse oppure no, e non poteva permettersi distrazioni di alcun genere.
Fu un attimo per il suo cervello portarlo con la mente alla camera dove Margaret dormiva beata, e il cuore accelerò per un istante la sua corsa, infastidendolo ancora di più.
No, decisamente il massimo di distrazione che poteva permettersi era leggere Oscar Wilde.
Riportò lo sguardo sul libro chiuso, sotto i suoi occhiali da vista e poi su sua sorella, anche lei persa in chissà quali pensieri e splendidamente rilassata.
-Ti va se leggo ad alta voce?- le chiese di punto in bianco, stupendola.
Olivia lo faceva spesso per loro e non solo quando erano piccoli e volevano la favola della buonanotte.
Era un’abitudine che i due gemelli avevano portato avanti anche autonomamente, leggendo ad alta voce uno per l’altro, un capitolo ciascuno.
Ma non era più accaduto dopo la sua morte e Robin perse un paio di battiti nello scorgere negli occhi del fratello una vecchia luce che non vedeva da tempo.
Annuì felice, lasciandosi andare a un sorriso vero e proprio che le illuminò il volto, togliendole svariati anni e facendola apparire per un attimo una bambina.
Lo guardò inforcare gli occhiali e cercare il punto dove si era interrotto poco prima, per poi prendere a narrare, con una lettura impeccabile e perfetta che aveva la capacità di trasportare chiunque lo ascoltasse in un’altra dimensione.
Altra caratteristica ereditata dalla mamma, rifletté Robin mentre appoggiava anche la nuca al muro e chiudeva gli occhi, senza smettere di sorridere.
Qualcosa stava cambiando, era evidente.
Qualcosa, o forse qualcuno, stava riuscendo a riportare indietro il Law di sei anni prima, un Law che le mancava terribilmente e che smaniava di poter riabbracciare.
E Robin si augurò vivamente che suo fratello si abbandonasse a quella strana regressione al passato senza combatterla o opporsi.
 

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Capitolo 14
*** Serata tra donne ***


-Robin! Bibi!- 
Una ragazza dai capelli rossi si sbracciava nella loro direzione, un radioso sorriso sul volto e gli occhi che brillavano. 
Accanto a lei altre due che dovevano avere a occhio e croce la sua età, una mora e una bionda, sorridevano trascinate dall’entusiasmo dell’amica che sembrava non stare più nella pelle. 
-Quella è Nami?!- domandò Margaret sporgendosi verso Monet e facendola piegare appena su di lei vista la lieve differenza di statura tre le due. 
Aveva sentito parlare della rossa migliore amica di Zoro ma, per un motivo o per un altro, non aveva ancora avuto modo di conoscerla di persona, nonostante si fosse ufficialmente trasferita a casa Mihawk per tutta la durata delle vacanze invernali, come anche Boa. 
Un pomeriggio, dopo che la scuola era ricominciata, erano venuti a studiare tutti gli amici di Zoro ma le tre donne della loro combriccola non erano presenti non aveva ben capito per quale motivo. 
Poi nel pomeriggio Robin le aveva detto che quella sera lei e le sue cugine si vedevano con le tre ragazze e l’aveva gentilmente invitata a unirsi a loro, offerta che Margaret aveva subito accettato con entusiasmo. 
Considerato che tutti i frequentatori di casa Mihawk, che pareva davvero un porto di mare, erano simpatici e affabili e con tutti si era trovata bene, dava per scontato che così sarebbe stato con le amiche di Zoro e Robin. 
-Sì, è lei- confermò la verde, con quel suo tono a metà tra il materno e l’inquietante -La bionda è Kaya e la mora Violet- 
-Le ragazze di Usopp e Sanji- annuì la biondina. 
Non era una domanda. 
La luce verde del semaforo pedonale scattò, facendo muovere in simultanea le quattro ragazze che attraversarono rapidamente, raggiungendo le altre sul ciglio opposto della strada, fuori dal Mermaid Bay, il loro locale preferito e punto di ritrovo fisso per le loro serate tra ragazze. 
Non appena raggiunsero il marciapiede Bibi e Robin si ritrovarono impegnate in un abbraccio soffocatore da parte di Nami, sotto lo sguardo divertito e quasi intenerito delle altre quattro. 
-Allora?! Come state?!?! Come va a Ohara?!?- domandò a raffica quando si staccò da loro, saltellando quasi sul posto. 
-Tutto bene!- rispose Bibi mentre Robin sorrideva eterea come sempre -E voi?! Come state, come vanno le cose?!- 
-Tutto regolare! Che ne dite di entrare?!- s’intromise Violet, visibilmente infreddolita e bisognosa di caldo, facendo annuire tutte quante che avevano effettivamente iniziato a sfregare la mani tra loro. 
La porta del locale tintinnò, avvisando del loro ingresso e facendo comparire dal nulla, quasi si fosse materializzata accanto a loro, una ragazza dai capelli verdi tagliati in un caschetto sbarazzino, grandi occhi viola e una dose di entusiasmo tale da far venire il sospetto che si fosse fumata qualcosa. 
-Ragazze!!! Ma che bello vedervi!!!- urlacchiò gettando le braccia al collo di Nami che la afferrò prontamente abbracciandola a sua volta. 
-Ciao Caimie!- la chiamò seraficamente Robin mentre anche tutte le altre mormoravano i loro saluti e Bibi si avvicinava per abbracciarla a sua volta. 
-Vi do il solito tavolo?!- domandò la verdina, facendo annuire le due ragazze mentre Margaret si guardava intorno studiando l’atmosfera del bar. 
Era un bel posto, tutto sui toni dell’azzurro, verde e blu con molte decorazioni in vetro che davano l’impressione di trovarsi sott’acqua o in un acquario gigante. 
Le cameriere erano tutte donne ma erano ben coperte e vestite comodamente e la clientela estremamente varia e, per la stragrande maggioranza, femminile. 
Il tizio alla cassa, un ragazzo olivastro con gli occhi verdi e leggermente sbarellato, che sembrava fatto e pure un po’ psicopatico e che continuava a leccarsi insistentemente le labbra sottili osservando attentamente intorno a sé, attirò l’attenzione di Margaret. 
-Quello è Caribou!- la avvisò  Violet, facendola voltare verso di sé -Non preoccuparti, sembra un po’ maniaco ma non farebbe del male a una mosca!- la rassicurò con un sorriso, facendola subito ricambiare. 
Aprì la bocca per presentarsi ma la voce di Caimie la interruppe, chiamandole per avvisarle che il loro tavolo era pronto e guidandole poi attraverso il locale, nonostante sapessero benissimo da sole dove dirigersi. 
Si tolsero le giacche, appendendole alle spalliere delle sedie insieme alle borse, prima di prendere posto e mettersi finalmente comode. 
-Oh finalmente possiamo procedere alle presentazioni!- esclamò Bibi, mentre Monet distribuiva i listino prezzi alle amiche, in un gesto meccanico. 
-Giusto!- intervenne Robin -Ragazze, lei è Margaret! Margaret loro sono Nami, Kaya e Violet!- 
-Molto piacere! Ho sentito parlare di voi!- 
La bionda allungò subito una mano per stringere quella delle altre tre, sorridendo come solo lei sapeva fare. 
-Ci hanno detto che hai assistito in diretta a uno dei pomeriggi di “studio” dei ragazzi!- disse Kaya, imbarazzata all’idea delle scemenze che di certo il suo ragazzo e gli altri avevano detto e combinato. 
-È stato piuttosto divertente in realtà!- la rassicurò subito Margaret mentre la biondina portava una ciocca di capello dietro l’orecchio -Sono simpatici e un bel gruppo affiatato!- proseguì, guardando anche le altre. 
-Forse un po’ casinisti!- affermò Violet facendole sorridere e ridacchiare. 
-Oh Margaret! Non pensare che a Nami non importi niente di Monet!- s’intromise Bibi -È che a me e Robin non ci vede da tanto con il fatto che facciamo l’università a Ohara!- 
-Ma figurati!- reagì subito Margaret portando le mani a palmo aperto ai lati del viso -Non l’ho nemmeno pensato!- 
-Beh che poi non ci sarebbe niente di male. Quando eravamo piccole io non giocavo mai con voi- precisò Monet, stringendosi nelle spalle. 
-Già, preferivi stare coi ragazzi! Sei sempre stata un maschiaccio!- sottolineò Bibi, dando di gomito alla sorella. 
-Pensa che sconvolgimento quando è venuto fuori che a essere lesbica era Bibi!- esclamò Nami facendole scoppiare tutte a ridere. 
-Quindi vi conoscete da quando siete bambine?!- chiese conferma Margaret dopo essersi calmata. 
-Noi quattro sì!- le rispose la rossa indicando se stessa, Bibi, Monet e Robin -Kaya e Violet si sono unite a noi quando io ho cominciato le medie!-
-È bello che abbiate un rapporto così intimo sia tra di voi che con Zoro e gli altri! Sembrate una grande famiglia davvero!- 
-Una grande famiglia della quale stai entrando a fare parte a quanto pare!- mormorò con una strana luce maliziosa negli occhi Nami, facendola sobbalzare appena. 
-Già!- intervenne Violet con un sorrisetto che era tutto un programma -Ci dicono che sei riuscita nella difficile impresa di entrare in confidenza con Mister Tenebroso senza essere una sua parente, acquisita o meno che sia!- proseguì, facendo ghignare anche Monet, la quale ascoltava con interesse la conversazione senza intervenire troppo, proprio come Robin. 
Margaret giocherellò con una ciocca di capelli mentre un lieve rossore le imporporava le guance. 
-Oh beh noi siamo… insomma ci siamo conosciuti per caso in università non ho fatto nulla di che…- balbettò un po’ imbarazzata. 
-Tranquilla Margaret- Robin accorse in suo aiuto -È che mio fratello è un osso duro quando si tratta di fare amicizia ma nessuno ti sta facendo il terzo grado né sta insinuando niente- le disse con un materno sorriso, facendola rilassare. 
-Anche perché qui nessuna può parlare mi sa- mormorò ancora Monet posando il mento sul palmo della mano e facendo accigliare Margaret per quel criptico commento. 
Che voleva dire?!
-Devi sapere, Margaret, che nessuna delle presenti è riuscita a salvarsi dal fascino di Law!- le spiegò Violet -A turno abbiamo avuto tutte una cotta per lui! A parte Robin ovviamente! E Bibi!- 
-E quello poteva benissimo essere un valido indizio del suo orientamento sessuale!- concluse Nami facendole scoppiare nuovamente tutte a ridere.
-Io almeno ero piccola quando mi è successo, comunque!- ci tenne a sottolineare Monet mentre le amiche si asciugavano le lacrime causate dal troppo ridere. 
 -Va beh non è che Kaya fosse grande! Insomma aveva undici anni!- 
-E poi è durata poco! È bastato incontrare il suo Usopp!- la prese in giro Violet prima di passarle un braccio intorno alle spalle e tirarsela vicina per scoccarle un bacio sulla guancia. 
-Senti da che pulpito! Dopo la prima liceo anche tu non hai avuto più occhi che per il tuo Sanji-san!- le disse Nami, facendola sorridere radiosa. 
-Occhi e calci prego!- sottolineò Bibi. 
-Insomma in pratica solo Nami ha dovuto farsela passare senza l’aiuto di un altro esponente di sesso maschile!- 
-No, anche Monet!- 
-Monet aveva sette anni mica quindici! Le cotte adolescenziali sono le peggiori- affermò saggiamente Bibi proprio nel momento in cui gli occhi di Nami e Margaret si incrociavano. 
La bionda si sentì per un attimo a disagio, ritrovandosi ad immaginare l’effetto che doveva avere avuto un diciottenne Law su una ragazza alle prese con le prime tempeste ormonali e che, nonostante lo conoscesse da una vita, si era scoperta a guardarlo con occhi diversi. 
Non doveva essere stato facile uscirne. 
Lo sapeva bene lei che non era facile levarsi di dosso le sensazioni di cui quegli occhi grigi riuscivano a impregnarti la pelle con un solo sguardo, dalla mente il suo ghigno, dalle narici il suo odore. 
Trasalì colta da quel pensiero improvviso e non voluto, più forte di lei, irrazionale e penetrante. 
E il sorriso comprensivo di Nami le diede la netta sensazione di essere stata colta in flagrante, facendola arrossire. 
-Non è mica stato così tragico!- esclamò poi la rossa, staccando gli occhi da Margaret e riportandoli sulle amiche. 
-E poi non è vero che ha fatto da sola- commentò una serafica e divertita Robin -Zoro ti è stato parecchio vicino- si spiegò guardandola negli occhi e fu il turno di Nami di arrossire e portare una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gesti che contrastarono con il tono noncurante che usò subito dopo per rispondere.
-Sì, Zoro è un vero amico- affermò, non riuscendo a trattenere un sorriso. 
Lo scambio di sguardi che seguì quell’affermazione fu una conferma ai sospetti che subito si erano impadroniti di Margaret di fronte a quella reazione. 
Già quando aveva visto lo sguardo di Zoro nel parlare dell’amica aveva notato qualcosa ma ora non aveva più alcun dubbio che fra quei due ragazzi ci fosse più di semplice amicizia, anche se loro probabilmente non lo sapevano, e non dubitava che davvero non fosse stata una così terribile tragedia per Nami farsi passare la sua cotta per Law, alla luce di quella considerazione. 
-Allora ragazze!!! Eccomi qua! Che vi porto?!?!- 
Di nuovo, come poco prima, Caimie spuntò dal nulla accanto al bordo del loro tavolo, palmarino alla mano per prendere le ordinazioni. 
Mentre le sue nuove amiche comunicavano la loro scelta alla ragazza, diede un veloce sguardo al listino, sollevandolo solo quando arrivò il suo turno. 
Mentre ordinava un cocktail quasi a caso, un fugace quanto inarrestabile e scioccante pensiero attraversò come un flash la sua mente. 
E cioè che sarebbe voluta essere volentieri al posto di Nami perché lei, purtroppo, non aveva nessuno Zoro ad aiutarla. 
 

§


-Grazie davvero per avermi invitata! È stata proprio una bella serata e poi loro sono splendide!- mormorò Margaret mentre lei e Robin si infilavano sotto le coperte, dopo aver chiuso la porta della camera della mora per non rischiare di svegliare nessuno in casa. 
Robin si voltò a guardarla, estraendo un braccio da sotto il piumone per appiattirlo e impedirgli di ostruirle la vista. 
-Figurati! Anche tu lo sei!- le disse con un sincero sorriso che la bionda contraccambiò immediatamente. 
In pochi giorni, nonostante l’indole riservata della futura archeologa, erano diventate amiche e sentivano entrambe di potersi liberamente confidare l’una con l’altra. Tuttavia nessuna delle due osava farlo. 
Avevano entrambe valide ragione per tacere quei dubbi che le attanagliavano e di cui Robin si sentiva tranquilla a parlare solo con Bibi mentre Margaret preferiva non parlare affatto, nell’illusione che non le stesse succedendo quello che temeva le stesse succedendo. 
Ma quella sera, al Mermaid Bay, insieme alle altre, avevano parlato di tutto e di più, sfondando molte porte e aprendosi l’un l’altra, aiutate dall’alcool e dall’atmosfera confidenziale tipica delle serate tra donne. 
Per la prima volta da quando l’aveva conosciuta, nella penombra della sua stanza appena illuminata dalla lampada del comodino, Robin sentì di poter parlare a Margaret con il cuore in mano, dicendole qualcosa che le premeva da tempo, quasi una supplica. 
-Non farti scoraggiare Margaret! So che sembra una battaglia persa in partenza ma se qualcuno può farcela a riportarlo indietro quella sei tu!- 
Il sorriso della bionda scivolò dal suo viso mentre gli occhi le diventavano lucidi e gola le si stringeva, obbligandola a deglutire pesantemente. 
Lo aveva capito ormai che Law era diverso da come appariva, che si nascondeva dietro a quella sua corazza che lei era appena riuscita a scalfire e avrebbe tanto voluto chiedere a Robin cosa gli fosse successo, cosa lo spingesse a trattenersi così tanto, a mostrarsi molto più freddo di quanto non fosse realmente. 
Sapeva che c’entrava la morte della madre ma sentiva che c’era sotto di più. 
Avrebbe voluto dirle che aveva paura, paura di permettere a Law di entrarle sottopelle, permettere al suo cuore di lasciarsi inondare da lui. 
Avrebbe voluto dirle che temeva quella responsabilità e al tempo stesso la voleva. 
Ma si limitò ad annuire lentamente, facendo sorridere l’amica che si sporse poi per spegnere la luce. 
-Robin!- la chiamò Margaret, facendola bloccare e voltare verso di sé interrogativa. 
La bionda era tornata a sorridere con quella spensieratezza che la contraddistingueva con una punta di qualcos’altro che somigliava a malizia e complicità. 
-Volevo solo dirti che secondo me hai preso la decisione giusta- mormorò facendole sgranare gli occhi, incredula -Insomma capisco che può sembrare un po’ opinabile ma è sicuramente una scelta… interessante, ecco- concluse con sguardo eloquente. 
Fu il turno di Robin di fissarla senza parole e mandando giù a fatica. 
Poi, dopo qualche istante, Robin tornò a sciogliersi in un sorriso, non serafico ed enigmatico ma vero, radioso e pieno di gratitudine. 
-Buonanotte Margaret- sussurrò prima di spegnere la luce. 
-Buonanotte Robin- 

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Capitolo 15
*** Cioccolata calda ***


-Evvai!!!-
Zoro sollevò in aria il bastone di bambù in un incontenibile gesto di esultanza, facendo scuotere la testa a una divertita Kuina, che lo osservava mezza sdraiata sul tatami, i gomiti puntellati a terra.
-Te ne mancano ancora un centinaio per metterti in pari!- gli fece notare, mentre afferrava la mano che il verde le aveva porto per aiutarla a rialzarsi.
-Presto o tardi recupererò tutte le sconfitte subite quando eravamo bambini!- affermò, ghignando di sghembo e facendola sorridere.
-Ah Zoro! Che brutta cosa l’orgoglio!- gli disse, prendendogli il bastone dalle mani e avviandosi per riporlo nel cesto apposito in un angolo della sala e tornare indietro con due katane una per sé e una per l’amico, in una muta richiesta di un allenamento più consono al loro livello.
Zoro si accigliò a quelle parole, mentre allungava un a mano ad afferrare la propria candida arma, dopo avere indossato le protezioni sopra al kimono.
-Che vuoi dire?!- domandò, osservando Kuina fare altrettanto -L’orgoglio e l’onore sono due elementi che vanno a braccetto- affermò serio e deciso.
-Ed è una questione di onore andare avanti a prenderci a bastonate solo per farti recuperare un gioco che facevamo da bambini?!- domandò, sfilando la katana dal fodero.
-Non è mai stato semplicemente un gioco e lo sai!- mormorò il verde, tornando a ghignare prima di corrugare nuovamente le sopracciglia, colpito da quello strano discorso -Ma poi che ti prende tutt’a un tratto?! Di solito sei contenta di staccare un po’!- le fece notare, lievemente contrariato.
Kuina lo fissò da dietro la griglia dell’elmo prima di sospirare e accostarsi a lui.
-A quante pare c’è in giro un talent scout! Fossi in te nei prossimi giorni mi limiterei agli allenamenti seri, magari anche quelli con due katane!- gli suggerì, accorgendosi subito del suo irrigidirsi e trattenere il fiato.
Sapeva anche senza vederlo che aveva appena sgranato gli occhi all’inverosimile.
-Ma di che parli?- domandò, faticando quasi ad articolare.
-Ho sentito Johnny e Yosaku che ne parlavano! A quanto pare il padre di Yosaku lo conosce e s’è fatto scappare qualcosa con lui anche se non si sarebbe dovuto sapere! Sembra si sia iscritto come un normale membro del dojo e venga qui ad allenarsi con il solo scopo di selezionare dei possibili futuri talenti! E smettila di guardarti attorno a quel modo!- lo riprese alla fine con un pugno contro la spalla, quando si accorse che si guardava ostinatamente intorno, scandagliando i vari gruppi di persone che si allenavano, sparpagliati qua e là per la palestra.
Zoro e Kuina si conoscevano sin da bambini, uniti dalla loro passione per l’arma bianca e la corvina sapeva che da sempre il desiderio di Zoro era entrare nella nazionale di Kendo e realizzare il sogno che era stato anche quello di suo padre.
Anche lei da piccola aveva condiviso quello stesso sogno con l’amico ma, crescendo, il kendo si era trasformato per lei in una passione e non nella speranza di un ben preciso futuro, cosa che invece non era accaduta a Zoro e ora Kuina voleva solo vedere la speranza dell’amico diventare realtà.
-Dai piantala di stare lì come uno stoccafisso e facciamo vedere cosa sai fare!- gli disse dopo qualche istante riscuotendolo  e allontanandosi per mettersi in posizione di attacco.
Guardò Zoro flettersi sulle gambe e piegare il busto leggermente in avanti e, anche senza poterlo vedere sapeva che stava ghignando.
Scosse di nuovo la testa di fronte all’arroganza dell’amico prima di concentrarsi completamente sul combattimento che, di li a poco, si fece acceso, attirando l’attenzione di molti dei presenti.
Tutti sapevano che vedere combattere Kuina e Zoro era un vero spettacolo, uno spettacolo che nessuno volveva perdersi.
Erano entrambi tecnicamente impeccabili e soprattutto il ragazzo fendeva l’aria con la sua arma con la stessa facilità con cui la gente normale camminava, senza accusare il minimo sforzo.
Nel dojo risuonavano solo il suono delle loro katane che cozzavano l’una contro l’altra e i rari versi che i due emettevano quando si apprestavano a scagliare un colpo più forte dei loro normali standard.
Non si resero nemmeno conto del capannello di gente che li circondò, formando un cerchio coi propri corpi, impegnati com’erano a parare, schivare, attaccare.
Sembrava una coreografia collaudata e provata più volte tanta era l’intesa e fluidità con cui si muovevano, senza risparmiarsi ma senza comunque farsi male.
Zoro sapeva che Kuina non si stava risparmiando solo per farlo apparire più talentuoso di quanto non fosse agli occhi dell’eventuale talent scout e, di questo, gli era grato.
Voleva farcela con le proprie forze.
Nessuno dei due era in grado di dire per quanto fossero andati quando si fermarono, togliendo gli elmi protettivi, la pelle imperlata di sudore  e i respiri affannati, entrambi estremamente soddisfatti.
Zoro si spostò verso il proprio borsone per recuperare un asciugamano e la bottiglietta d’acqua, accorgendosi solo in quel momento di una figura familiare che lo osservava, compiaciuta e fiera, appoggiata allo stipite della porta d’ingresso.
La sua  snella silhouette era fasciata da collant neri, stivali al ginocchio con un po’ di tacco e cappottino arancione, che lasciava intravedere giusto il bordo della gonna a pieghe.
Sembrava pronta per uscire e Zoro si stupì di vederla lì al dojo così abbigliata.
Si avvicinò a lei rapido, corrugando le sopracciglio ma regalandole un ghigno.
-Ehi!-
-Ehi, spadaccino!- gli sorrise.
-Che fai qui?!- domandò puntellandosi con il braccio accanto al suo viso e lasciandosi avvolgere dal suo aroma al mandarino.
Nami deglutì  a fatica quando il mix di deodorante e dell’odore naturale della pelle dell’amico la raggiunse, stordendola per un attimo.
-C-come?!- domandò, sbattendo le palpebre per tornare lucida.
-Dico che fai qui?!- ripeté Zoro, accigliandosi appena.
Nami sgranò per un attimo gli occhi prima di accigliarsi e portare le braccia al petto.
-Buzzurro ti sei dimenticato?!- domandò minacciosa, assottigliando lo sguardo e facendolo sobbalzare appena.
Non aveva idea di cosa stesse parlando e non ci mise più di tre millesimi di secondo per capirlo, Nami.
-Dovevamo andare al cinema!- gli ricordò, facendogli sgranare appena gli occhi.
Cazzo era vero! Il cinema! Si era completamente dimenticato!
Non che fossero in ritardo, c’era tutto il tempo per una doccia veloce, e poi per lui non era un problema uscire con i capelli umidi anche se era febbraio e faceva abbastanza freddo.
Il problema era un altro.
Tornò a voltarsi verso il tatami, scrutando i vari occupanti e notando Kuina, la katana ancora in mano, in attesa del secondo round.
Tra quei soggetti in kimono blu scuro si nascondeva l’uomo che avrebbe potuto spianargli la strada per il futuro che aveva sempre sognato e, per quanto andare al cinema con Nami fosse estremamente allettante, Zoro non poteva perdere una simile occasione, così come non poteva a malincuore spiegare le proprie ragioni all’amica.
Un po’ perché nemmeno lui avrebbe dovuto saperlo, un po’ per scaramanzia.
Prese un profondo sospiro riportando gli occhi su Nami e accarezzandosi la nuca con la mano libera dall’arma.
-Mocciosa io… mi devo allenare!- le disse, facendola trasalire appena -Scusa! Facciamo un’altra volta per il cinema, okay?!- aggiunse, tornando già verso il centro della sala, senza darle il tempo di ribattere, scioccandola con quel rifiuto.
Non se lo aspettava.
Sapeva quanto per Zoro il kendo fosse importante, se non essenziale, ma ben per quello programmavano le uscite in anticipo e un pacco del genere non glielo aveva mai tirato.
Fu con il cuore nello stomaco e un vago senso di gambe segate che lo vide raggiungere la corvina e sorriderle nel mormorarle qualcosa, prima di scostarle una ciocca di capelli dal volto e procedere a indossare nuovamente l’elmo.
Non resistette oltre e si voltò per allontanarsi in fretta da quella situazione, portando le braccia contro lo stomaco e deglutendo a fatica, mentre usciva dal dojo, permettendo all’aria fredda di quasi fine inverno di sferzarle il viso.
Si ritrovò a cacciare indietro le lacrime con forza nel constatare che il motivo per cui l’aveva appena scaricata non sembrava affatto essere l’allenamento e il fatto che le facesse tanto male la sconvolse ancora di più.
 

 
§
 

Si abbandonò sul seggiolino ricoperto di morbido velluto rosso scuro, lasciandosi andare ad un sospiro.
Nami adorava andare al cinema, adorava quel cinema in particolare che era stato riadattato dal vecchio teatro della città e dove una volta al mese proiettavano vecchi film in bianco e nero, anche se quella sera c’era in locandina il film destinato a fare il record al botteghino del mese di febbraio.
Per quello era lì anche se da sola, perché adorava quel cinema e sperava che andarci lo stesso l’avrebbe aiutata a placare i nervi e la delusione che si era impadronita di lei.
Perché poche cose la emozionavano come il profumo di popcorn nell’aria, il brusio che calava di colpo insieme alle luci, lo schermo che si illuminava e quel brivido di aspettativa che le percorreva la schiena quando le immagini cominciavano a scorrere davanti ai suoi occhi.
Ma quella sera, niente di tutto questo riusciva a farla sentire meglio.
Si rifiutava di credere che dipendesse dall’assenza di Zoro accanto a lei, anche se ci era rimasta innegabilmente male per quella defezione all’ultimo minuto.
Aveva anche pensato di proporgli di andare al secondo spettacolo ma l’ultima cosa che voleva era fare la figura della patetica disperata,  anche se di fatto era così che si sentiva.
Vederlo in atteggiamenti intimi con Kuina gli aveva dato una mazzata tra capo e collo e si sentiva ancora più stupida per essersi tirata su i capelli e avere messo il maglioncino verde menta sopra la gonna, solo per essere più carina, solo per lui.
Trasalì a quel pensiero, scuotendo la testa per scacciarlo e guardandosi intorno.
Di certo tutte quelle coppiette innamorate non aiutavano.
Non che lei fosse innamorata, insomma, si parlava pur sempre di quel baka di Zoro, ma vedere tutti quegli sbaciucchiamenti e avvinghiamenti da medaglia d’oro la faceva sentire ancora più sola e frustrata, per non dire stupida.
Sembrava l’unica a essere al cinema da sola quella sera!
Che cosa succedeva?!
Con stupore riconobbe Usopp e Kaya un paio di file più giù, una bella coincidenza, e soppresse la tentazione di raggiungerli per un saluto e di chiedere di potersi aggregare a loro, richiesta di fronte alla quale i due ragazzi non si sarebbero certo tirati indietro, lo sapeva.
Estrasse un’ultima volta il cellulare ma né l’icona di Whattsapp né quella delle chiamate perse campeggiavano nella fascia superiore dello schermo.
Non sapeva nemmeno lei cosa si aspettava nell’illuminare lo schermo a cristalli liquidi del suo Den Den Mushi, fatto sta che si ritrovò a emettere un altro sospiro, reclinando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi, ignorando lo spostamento d’aria che percepì davanti a sé poco dopo.
Qualcuno si sedette nel posto accanto al suo e un’improvvisa zaffata di cioccolato le invase le narici, facendole venire l’acquolina, nonostante lo stomaco contratto.
Aprì un occhio per sbirciare chi fosse il nuovo arrivato e si ritrovò a sollevare la testa e sgranare lo sguardo nel mettere a fuoco Zoro che le sorrideva sghembo e le tendeva un bicchiere di carta chiuso con un tappo di plastica bianca.
-Zoro!- esclamò sorpresa, perdendosi per un attimo a considerare quanto fosse bello quando ghignava così.
-Ehi! Io… mi spiace per prima, dovevo finire l’allenamento! Ho fatto prima che ho potuto…- si interruppe, lievemente imbarazzato ma senza distogliere gli occhi pece da quelli nocciola di lei -Cioccolata?!- domandò poi, scuotendo appena il bicchiere che teneva in mano e tendendoglielo, non avendo ricevuto alcuna risposta.
Nami si riscosse, prendendo il bicchiere di carta e accostandolo alle labbra.
Il liquido tiepido ma non bollente, scese denso e dolce lungo la sua lingua e la sua gola, rigenerandola e obbligandola a chiudere gli occhi per goderselo meglio.
Quando li riaprì, puntandoli nuovamente su Zoro, l’espressione con cui il ragazzo la stava osservando la fece arrossire violentemente.
-È… molto buona, grazie- mormorò, distogliendo lo sguardo.
-Figurati- soffiò il verde, senza smetterla di penetrarla con i suoi occhi.
-Dove l’hai presa?!- chiese ancora Nami, bisognosa di distrarsi dalle sensazioni sconosciute che stava provando.
-C’è il carretto qui fuori!- disse il ragazzo, indicando con il pollice alle sue spalle e facendola voltare, lievemente accigliata.
-Ah sì?!-
E da quando?!
-È San Valentino oggi, mocciosa- le ricordò, notando la sua perplessità.
Nami portò di nuovo gli occhi sgranati su di lui, capendo improvvisamente il perché di tutte quelle coppiette innamorate intorno a loro, prima di aprirsi in un sorriso un po’ incredulo proprio mentre le luci si abbassavano.
Con riluttanza, staccarono gli occhi ancora incatenati nella penombra per focalizzarsi sullo schermo ed entrambi si ritrovarono a sorridere ancora più di prima mentre i loro mignoli si intrecciavano silenziosi, sul bracciolo in mezzo a loro. 

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Capitolo 16
*** Morso di serpente ***


-Ma sei sicura?!-
-Drag non è mica un perizoma! Sì che sono sicura!-
Drakul piegò il capo di lato, osservando il capo di abbigliamento che teneva con entrambe le mani ben spalancato davanti a sé con espressione niente affatto convinta.
-Senti…- esordì Boa, con un tono che l’amico conosceva piuttosto bene.
Era il suo tono da “o fai come dico io o ti farò passare le pene dell’inferno” e molte delle loro discussioni giovanili erano finite così.
Girandosi con l’espressione più indifferente e impassibile che riuscì a sfoderare, si accorse di non essersi sbagliato nel trovarla con le braccia incrociate sotto al seno e sguardo determinato.
-…è il giorno del suo compleanno, lei vuole sentirsi bella e ne ha tutto il diritto e sono mesi che dice di volere una gonnellina rossa a pieghe! Questa è perfetta!- esclamò, indicando il pezzo di stoffa cremisi che il moro stringeva tra le dita, tenendolo lontano da sé quasi fosse stato tossico.
-È corta!- fu l’asciutto e, nelle intenzioni, irremovibile commento dell’uomo.
Capì di avere commesso un errore quando vide la donna assottigliare lo sguardo e diventare pericolosamente simile al rettile di cui portava il nome e si trattenne a stento dal contrarre i muscoli facciali in una smorfia terrorizzata.
-Arriva sopra al ginocchio! Tua figlia compie sette anni non entra in convento! E comunque ci abbiniamo delle calze, quelle lì a righe bianche e nere andranno benissimo!- aggiunse indicando uno scaffale che Drakul non si preoccupò nemmeno di individuare.
I compleanni erano da sempre il suo incubo da quando Olivia non c’era più.
Con Zoro e Law in realtà era abbastanza facile, e per Robin chiedeva aiuto a Bibi e Monet, ma Perona era in una fase dove ormai i giocattoli erano un ripetitivo jolly che il padre si era giocato già troppe volte e, non fosse stato per Boa, sarebbe precipitato nella crisi più nera.
Fortuna che la sua migliore amica era lì con lui e aveva parecchio tempo libero per aiutarlo nella difficile ricerca, iniziata con netto anticipo visto che alla fatidica data mancavano ancora dieci giorni.
Si passò pollice e indice sugli occhi, in un gesto stanco e rassegnato, sospirando.
Lo sapeva anche lui che se voleva farla felice quella era la cosa giusta da comprarle, aveva ragione Boa.
Ma faceva fatica a immaginarla con un capo d’abbigliamento che non le arrivasse almeno alle caviglie.
-Olivia le avrebbe comprato un cappello. Era fissata con le cose da mettere in testa- affermò guardandosi intorno alla ricerca di un copricapo.
La mano della mora andò prontamente a posarsi sulla sua spalla, in un gesto di sostegno e incoraggiamento, facendolo voltare appena in tempo per godersi il suo splendido sorriso, tutto per lui.
Fece un pallido tentativo di rispondere ma non era molto abituato a sorridere, Drag, così quello che gli uscì fu una specie di smorfia a metà tra un ghigno e un acuto attacco di colite.
-Drag andiamo! È solo una gonna! Cosa pensi di fare quando inizierà a uscire e a truccarsi?!-
-La spedisco in collegio!- mormorò a denti stretti, facendo scuotere la testa a Boa.
S’impose di tornare a essere l’uomo razionale che era per la maggior parte del tempo, quando non si trattava dei suoi figli, quando uno dei suoi più cari amici non lo faceva uscire di testa o quando non si sentiva strano per la presenza di Boa.
Rifletté rapidamente sui regali che avrebbe probabilmente ricevuto dal resto della famiglia e dagli altri invitati alla festa che avevano organizzato.
Sapeva di non doversi preoccupare di Sabo e Ace perché Makino e Rouge avrebbero scelto bene.
Valeva lo stesso per Robin ma gli altri figli e, soprattutto, gli altri zii non erano una garanzia.
Se tanto gli dava tanto Perona si sarebbe ritrovata a fine giornata con un sigaro cubano, un boa rosa, un qualche strano marchingegno scientifico e una katana in miniatura.
O forse era lui che aveva troppa poca fiducia nei confronti dei suoi parenti e del suo stesso sangue.
Ma il dubbio atroce che la bimba potesse restare delusa anche da lui, soprattutto da lui, gli attanagliava le viscere in una morsa dolorosa e decise che tra sopportare la propria irrazionale gelosia da padre protettivo e lo sguardo deluso della sua bambina, il male minore era decisamente il primo.
- E va bene!- esclamò alla fine, facendo illuminare la propria accompagnatrice -Ma oltre alle calze ci mettiamo anche una maglietta! A maniche lunghe!-
Boa lo osservò accigliata e perplessa.
-Ma è il 16 aprile, il compleanno! Farà caldo!-
-Non mi interessa!-
 -Drag!- lo ammonì la mora.
-Ci saranno tutti i suo amici! Amici maschi!- esclamò, lanciandole un’occhiata eloquente e corrugando le sopracciglia quando la donna scoppiò a ridere, tenendosi la pancia.
-Kami non ci posso credere!- riuscì a mormorare dopo aver ripreso fiato a fatica -Hanno tra gli otto e i dieci anni!-
-Questo non significa…-
-Tu sei un po’ troppo apprensivo caro mio!- lo interruppe la donna, cercando di tornare seria un po’ a fatica -E ti conviene darti una regolata perché Perona diventerà indipendente molto prima di quanto immagini e tu…- proseguì, avvicinandosi a lui con una luce affettuosa negli occhi che lo fece sobbalzare -…non sei affatto il padre padrone che fingi di essere-
Deglutì pesantemente quando Boa portò le mani a sistemargli i baveri della camicia, abbassando il tono della voce e inebriandolo con il suo profumo di sandalo.
Si ritrovò a trattenere il fiato e sperò che Boa non si accorgesse dei battiti impazziti del suo cuore, cosa non poi così impossibile vista la furia con cui batteva contro le costole, minacciando di sgusciargli fuori dal petto.
-Tu sei un ottimo padre e so che stravedi per lei e credimi se ti dico che avrà già il suo bel daffare con Law e Zoro quando sarà più grande. Lo so che non è facile dover fare il lavoro di due genitori ma tu sai che per qualsiasi cosa io ci sono no?!- concluse, con un sorriso che lo mandò completamente in tilt.
Ringraziò mentalmente il fatto di avere ancora le mani impegnate con la gonna, altrimenti sentiva che le avrebbe posate sui fianchi dell’amica e da lì in avanti sarebbe potuto succedere di tutto, anche qualcosa di stupido e irreparabile.
Erano così vicini, sentiva il respiro di Boa sulle labbra e non riusciva a restare molto lucida a dirla tutta.
-O-okay… Allora se… se tu dici di prendere la gonna… prendiamo la gonna…-
Sarebbe bastato chinare il busto in avanti e…
-Fantastico!- esclamò l’ex modella, staccandosi bruscamente da lui e risvegliandolo, mentre il capo d’abbigliamento gli veniva sfilato dalle mani.
Ancora interdetto la guardò recuperare velocemente le calze a righe di cui avevano parlato poco prima e dirigersi decisa verso la cassa.
-Ce le può tenere qui in cassa mentre cerchiamo una maglietta?!- domandò con cortesia alla commessa che annuì, sorridendole in risposta -Grazie mille!- esclamò Boa prima di tornare verso di lui, con aria trionfante.
 

 
§
 

Imprecò tra sé e sé, riuscendo a malapena a trattenersi mentre, esternamente e apparentemente calmo, percorreva i corridoi diretto verso la sua meta.
Se gli fosse capitato per le mani il capo di quella confraternita e quel deficiente che aveva deciso di entrarci li avrebbe usati come cavie da laboratorio, era una promessa.
Che razza di rito di iniziazione era trafugare Jack, lo scheletro del laboratorio di anatomia, e portarlo dalla parte diametralmente opposta dell’università?!
Il professor Crocus l’aveva presa con estrema seraficità, calmo e impassibile più di lui si era limitato ad un “Oh ma tu guarda, Jack è sparito di nuovo” per poi chiedere a Pen di andarlo a recuperare al rettilario.
Peccato però che Pen avesse una sole ed unica paura nella vita. I serpenti.
Law sapeva che sarebbe entrato in una vasca piena di tarantole completamente nudo piuttosto che mettere piede nel rettilario e, per evitargli una figuraccia ed evitare di ritrovarlo due ore dopo svenuto fuori dalla porta della stanza in questione, si era prontamente offerto di andare al suo posto.
 Ora, camminando spedito per i corridoi senza neppure aver bisogno di pensare alla strada, non ce l’aveva con il prof, con il suo miglior amico o con se stesso ma con i Delta Teta Delta e lo stupido mondo delle confraternite in generale.
Poi si stupivano se gli veniva voglia di dare fuoco alle sedi che si trovavano al di là del giardino del campus.
Se non fossero esistiti i Beta Ro e le Gamma Kappa di certo la sua vita sarebbe stata meno complicata.
Pen non gli avrebbe rotto continuamente l’anima per andare alle feste di Duval e non sarebbe stato obbligato ad affrontare Polluce e le sue filippiche anti-uomini ogni volta che aveva voglia di vedere Margaret, cosa che capitava sempre più frequentemente.
E di sicuro in quel momento sarebbe stato in classe a prendere appunti e non in giro a cercare Jack.
Non si rese quasi conto di essere arrivato dove doveva, rischiando di schiantarsi contro il vetro della finestra del rettilario.
Si bloccò di botto, a un soffio dalla superficie liscia e trasparente, sollevando il capo e ritornando alla realtà.
Ci mise cinque secondi buoni a rendersi conto che davanti a lui c’era Margaret.
Non precisamente di fronte a lui, a pochi passi, ma nel suo campo visivo, dentro al rettilario, oltre il vetro concentrata su qualcosa che sembrava assorbire tutta la sua attenzione.
Colto alla sprovvista, non preparato all’idea di vederla, il moro non fece in tempo a sollevare le sue solite barriere di difesa e si ritrovò a contemplarla, passando da “in procinto di commettere un omicidio” a estremamente calmo.
Perché la mente gli si era completamente svuotata di fronte al sorriso beato di Margaret, felice di fare ciò che più amava, e si sentiva improvvisamente sereno, la bocca piegata in un ghigno.
Senza farsi vedere si appoggiò con la spalla alla parete, continuando ad osservarla attraverso l’ampia finestra. Si rese conto che avrebbe anche potuto stare ore a guardarla e basta, guardarla fare ciò che stava facendo.
Poi, lentamente, sgranò gli occhi all’inverosimile mentre il sangue gli si gelava nelle vene, pietrificandolo, quando si rese conto che ciò che Margaret stava facendo era maneggiare un serpente a mani nude.
Trattenne il fiato, incapace di pensare ma fu quando vide il rettile scattare, spaventato da un qualche rumore, che alle orecchie di Law giunse attutito ma che da dentro il rettilario doveva essere stato piuttosto assordante, e morsicare Margaret sul polso che i battiti gli si fermarono.
In un attimo era oltre la porta a vetri, il respiro affannato e il cuore in tumulto, scioccato nel vederla riporre l’animale nella propria gabbia con estrema cura ed estrema calma.
-Margaret ma cosa fai?!- la chiamò non riuscendo a calmare l’agitazione nella voce -Dobbiamo andare subito in infermeria, devi prendere l’antidoto, devi… devi…-  boccheggiò sconvolto guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarlo, senza registrare Jack seduto alla cattedra del laboratorio, in una posa amletica e riflessiva, né lo sguardo perplesso dell’amica.
Non provò nemmeno a chiamarlo, Margaret, avvicinandosi a lui con calma e tranquillità per poi portare entrambe le mani a circondargli il viso, facendolo sobbalzare.
-Calmati- mormorò sorridendo eterea.
Law la fissò incredulo.
Ma scherzava?! Ma come “calmati”?! Era appena stata morsa da un serpente dannazione!
Eppure, con le sue mani posate sulla mascella e i suoi pollici che gli accarezzavano distrattamente le basette stava riuscendo a calmarsi eccome.
Sentiva i battiti decelerare e l’affanno diminuire.
Qualunque cosa Margaret gli stesse facendo, gli stava facendo dannatamente bene.
Socchiuse appena gli occhi, lasciandosi sopraffare dal suo tocco delicato prima di riscuotersi e realizzare che la priorità in quel momento era portare Margaret in infermeria e non farsi incantare da lei.
-Andiamo- le intimò irremovibile, afferrandole il polso non ferito per trascinarla fuori ma subito la sentì opporre resistenza e si voltò di scatto, interrogativo, incredulo e quasi arrabbiato.
Perché faceva così la difficile?
-Law non è niente! Guarda! Non sanguina nemmeno!- insistette, mostrando un segno violaceo sul polso che di grave non aveva nemmeno l’ombra.
Il ragazzo corrugò le sopracciglia perplesso.
-Basterà un po’ di crema per i lividi!- affermò convinta, sfilando il polso dalla sua presa e avviandosi verso la propria tracolla per recuperare qualcosa.
-E con il veleno come la mettiamo?!- domandò il moro, ancora agitato.
Margaret gli lanciò un’occhiata furba da sopra la spalla.
-Xanadu non è velenoso- soffiò sorridente, facendolo sobbalzare appena.
-Ma è…- cominciò girandosi verso la teca trasparente e osservandolo con attenzione.
Dannazione ne sapeva poco di serpenti ma quello sì che era velenoso!
-Rosso e nero sicuro è il sentiero, rosso e giallo è proprio un corallo- disse la ragazza, richiamando di nuovo la sua attenzione.
Law si girò un attimo a guardarla per poi tornare subito a scrutare il rettile e l’ordine degli anelli colorati che componevano il suo sinuoso corpo, realizzando finalmente e con non poco sollievo che si trattava di un serpente falso corallo.
Si voltò ancora verso Margaret che lo guardava affettuosa con le mani sui fianchi.
La guardò alzare un braccio e muovere il polso per far oscillare qualcosa che riconobbe come il braccialetto che le aveva regalato a Natale.
-E sì che dovresti saperlo- gli fece notare divertita, facendogli provare una punta di fastidio.
-Comunque è meglio se ti fai dare un’occhiata- mormorò asciutto e improvvisamente distaccato.
Margaret lo osservò con una strana luce negli occhi.
-Non preoccuparti!- lo rassicurò convinta, prima di sollevare la tracolla e caricarsela sulla spalla, pronta ad avviarsi -Jack come puoi vedere è alla cattedra!- gli fece notare, indicando con il pollice lo scheletro.
Law la guardò avviarsi alla porta per poi concentrarsi sul mucchio d’ossa prima di averla vista uscire.
Mentre ripassava mentalmente e meccanicamente tutte le ossa del braccio, individuandole con rapidità al solo scopo di non pensare ad altro, non si accorse dei passi di Margaret che tornavano verso di lui e trasalì nel sentire improvvisamente il respiro dell’amica sul collo.
-Se fosse stato un vero corallo sarei stata la prima ad agitarmi. Ho un sacco di buone ragioni per voler vivere- soffiò sulla sua carotide, facendolo fremere prima di scoccargli un bacio sullo spigolo della mandibola -Ci vediamo dopo- concluse per poi avviarsi e uscire per davvero.
Le iridi grigie di Law non riuscirono a staccarsi da lei finché non scomparve alla sua vista.
Con il respiro lievemente affannato e i battiti accelerati il ragazzo si passò una mano tra i capelli.
Fu il pensiero incontrollabile di sperare di essere una delle buone ragioni di Margaret a sconvolgerlo del tutto e aprirgli finalmente gli occhi.
Aprirgli gli occhi su quanto Margaret stesse diventando pericolosamente importante, al punto da rendere necessario allontanarla.
E lo avrebbe fatto senza indugi o ripensamenti.
Lo avrebbe fatto subito, a partire da quel momento. 

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Capitolo 17
*** Spring Break ***


-Allora siete pronti?! Al mio tre, mettiamo fuori gioco Torciglio-
-Ehi!!! Chi ha deciso che comandi tu?!-
-Portuguese non cominciare! Io sono più grande e poi abbiamo formato un’alleanza, nelle alleanze comanda il più forte!-
Ace incrociò le braccia al petto raddrizzandosi, il bastone saldamente stretto in mano, restando comunque nascosto dai cespugli del giardino di casa Mihawk.
Un sospiro mal trattenuto seguito da un “Ecco che ricominciano” sfuggì a Koala, mentre Sabo, Leo, Nojiko, Killer e Wicca mandavano gli occhi al cielo.
Solo Perona li fissava in cagnesco, stringendo saldamente l’ombrellino.
-Ace, Kidd…- cominciò Sabo, diplomatico come sempre, mentre Leo e Koala lo affiancavano per sostenerlo.
-Se provate a fargli male dovrete vedervela con me!-
Sei paia di occhi si voltarono sgranandosi verso la rosa, mentre Nojiko sorrideva furba e Killer restava impassibile come sempre.
-Ma di chi parli?!- domandò Ace, sbattendo le palpebre.
Perona assottigliò un’occhiata minacciosa sugli amici.
-Di Sanji- rispose, sottovoce e quasi fra i denti.
Il moro fece un passo indietro, colto alla sprovvista da quella reazione.
-U-uh! Mi sa che qui qualcuno è innamorato!- commentò Sabo, ghignando storto e incrociando le braccia al petto, rivolto verso sua cugina.
La piccola sgranò gli occhi, mentre le guance le andavano a fuoco.
-Ma… ma che dici! Non è vero!- protestò, voltandosi di tre quarti per nascondere il proprio imbarazzo.
-Oh dai ammettilo!- la punzecchiò il biondo, mentre Leo e Wicca intonavano “Sanji e Perona seduti sotto un pino…” incuranti dell’espressione sconvolta del rosso e del moro.
-E smettila Sabo!!!- reagì la rosa, alzando la voce.
-Sì infatti, stiamo solo perdendo tempo!- s’intromise Ace, improvvisamente desideroso di abbattere il povero malcapitato -Kidd, quando vuoi- mormorò con occhi dardeggianti, piegando il busto in posizione di attacco.
-Ora- soffiò furibondo senza preoccuparsi di mettere in guardia il resto della compagnia.
Sotto lo sguardo attonito degli altri, Kidd, Ace, Killer e Nojiko si fiondarono fuori dai cespugli così rapidamente da dare l’impressione di essersi smaterializzati.
Gli altri cinque sbatterono le palpebre qualche istante prima di affrettarsi, agitati per le sorti del biondo.
Finalmente fuori dal loro improvvisato nascondiglio si ritrovarono a fissare Sanji a terra, impegnato a fare il solletico a Nojiko, sotto le occhiate di fuoco di Ace e Kidd, scocciati per il fallimento del loro attacco.
Uno spasmo improvviso strinse lo stomaco della piccola Mihawk, facendole sgranare gli occhi.
Con il fiato sospeso, lo osservò rimettersi in piedi e depositare Nojiko a terra, divertito almeno quanto la bimba, per poi posare gli occhi su di lei e illuminarsi.
-Ehi, piccola! Vieni qua!- la chiamò, accovacciandosi e allargando le braccia.
Mentre un radioso sorriso le increspava le labbra, Perona si fiondò verso di lui, gettandogli le braccia al collo.
-Ciao Sanji!- lo salutò, osservandolo con tanto d’occhi.
-Ciao cucciola!- rispose, mettendosi in piedi e schiacciandole delicato la punta del naso -Come stai?!-
Perona lo guardò con uno strano guizzo negli occhioni scuri, per poi girarsi verso Usopp e Franky, seduti al tavolo della veranda insieme agli altri, intenti a sorseggiare una coca-cola, ricevendo subito un cenno d’incoraggiamento da entrambi.
Allargando ancora di più il sorriso riportò la propria attenzione su Sanji, gonfiando il piccolo torace, pronta a piegarsi di lato e unire le braccia sopra la testa.
-Sto Suuuuuuuuuuper bene!!!- esclamò a pieni polmoni, tra gli entusiastici applausi e le grida di giubilo di Franky e Usopp.
 

 
§
 

Seduto sugli scalini del portico di casa sua, tra sua sorella maggiore e la sua migliore amica, in disparte dal resto della propria compagnia, Zoro si passò una mano tra i capelli verdi, sconsolato.
Robin e Nami si scambiarono un’occhiata eloquente, entrambe sorridendo.
Per essere un tipo stoico e abituato a prendere tutto come veniva, quando si trattava di Perona Zoro tendeva a diventare singolarmente melodrammatico, esagerando ogni cosa.
-Ce la stanno rovinando- affermò, al colmo della mortificazione, scuotendo la testa.
-Zoro…- cominciò Nami, mentre Robin sorrideva serafica.
-Ma guardala!!!- esclamò, senza nemmeno lasciarla finire e indicandola a braccia tese e palmi aperti -Ormai fa la posa Super con la stessa frequenza di Franky ed è cotta di Sanji!-
-Io non mi preoccuperei troppo di Sanji- considerò la rossa, stringendosi nelle spalle con gli occhi puntati sulla scena davanti a sé.
-Che vuoi dire?!- indagò il verde, guardandola con gli occhi socchiusi.
-Che a Perona piace Ace!- affermò come se fosse ovvio, facendogli strabuzzare gli occhi.
Si girò di scatto, scrutando truce il ragazzino con cui ora sua sorella stava ridendo e chiacchierando animatamente e che l’ascoltava attento, annuendo di tanto in tanto.
La mano di Nami che gli stringeva il retro del collo lo riscosse, provocandogli un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.
-Non fare il fratello protettivo!- lo ammonì subito, guardandolo con un sopracciglio alzato.
-Nami…- iniziò per protestare ma fu subito interrotto.
-Hanno solo sette anni!-
-E allora?!-
-Oh Santo Roger!- esclamò esasperata, mandando gli occhi al cielo -Ma poi non sei contento?! Almeno non da troppa retta a Sanji!-
-Ma Sanji era meglio! Sanji non è davvero una minaccia! Sanji era molto meglio, fra tutti è decisamente il migliore! Voglio dire… se mia sorella fosse innamorata di Rufy, quella sì che sarebbe una vera tragedia!- si agitò il verde, fuori di sé.
-E infatti a tua sorella piace Ace!- ripeté Nami, sgranando gli occhi incredula.
-Quel ragazzino deve stare molto attento- ringhiò minaccioso, tornando a fulminarlo con lo sguardo, mentre Robin sbuffava una risata scuotendo la testa.
Si alzò in piedi, stirandosi appena per poi girarsi verso il portico e mettere un piede sullo scalino più alto.
-Qualcuno vuole un po’ di limonata?!-
-No grazie!- le rispose la rossa mentre Zoro si limitava a scuotere la testa, senza staccare gli occhi dal moretto e lentigginoso bambino -Robin!- la richiamò Nami, facendola voltare interrogativa -Ma Margaret?!- chiese, aggrottando le sopracciglia.
Erano le due settimane dello Spring Break per le università, che fortunatamente cadevano nel periodo del compleanno di Perona, permettendo a Robin e Bibi di partecipare ai festeggiamenti, e, considerata la rapidità con cui la bionda si era integrata in quella stramba e immensa famiglia, la sua assenza la straniva non poco.
Robin la fissò per un attimo, senza riuscire a impedirsi di lanciare una rapida occhiata sconsolata a Law che, seduto al tavolo della veranda, chiacchierava con Penguin, apparentemente tranquillo.
-Sembra che i suoi genitori venissero a farle visita- mormorò, comunicandole con lo sguardo quanto poco credesse alla scusa che il suo gemello le aveva propinato per poi allontanarsi diretta in casa.
Con un sospiro, Nami tornò a voltarsi, posando i gomiti sulle cosce e il mento sui palmi, riflettendo su quanto Law fosse cocciuto e ostinato, sinceramente dispiaciuta per Margaret, perché nemmeno lei ci credeva a quella scusa.
Poi, con la coda dell’occhio, lanciò uno sguardo a Zoro, non riuscendo a non sogghignare nel trovarlo ancora concentrato su Perona.
Era dannatamente dolce quando faceva così il protettivo, le ricordava quando all’asilo l’aveva difesa da Valentina, la bulletta di turno, pur non essendocene per niente bisogno.
Nami, come Perona, aveva sempre saputo come difendersi da sola.
Eppure lo aveva lasciato fare, perché il senso di protezione che Zoro trasmetteva era qualcosa di meraviglioso e rasserenante, lo si leggeva chiaramente anche negli occhi della piccola quando la teneva in braccio e per un attimo Nami si chiese che splendida sensazione dovesse essere stare accoccolata al suo petto.
Strabuzzò gli occhi, sconvolta da quel pensiero e scosse subito la testa per scacciarlo.
Poi, tornata a guardare l’amico, prese un profondo respiro, nel rendersi conto che, se c’era un momento buono per dirgli ciò che gli doveva dire, era proprio quello.
Voleva che lui fosse il primo a saperlo, non lo aveva detto nemmeno ai suoi.
Sentì l’eccitazione e l’euforia pervaderla, mentre una strana luce prendeva a illuminarle gli occhi.
-Zoro?!- lo chiamò, tremando appena.
Il ragazzo si voltò a guardarla, alzando un sopracciglio interrogativo.
-Ti devo dire una cosa…- proseguì, ottenendo tutta la sua attenzione -… stamattina è arrivata una lettera dalla Inazuma School of Design e… mi hanno ammessa!!!- concluse, aprendosi in un radioso e felice sorriso.
Ma la reazione che si era aspettata non arrivò.
Zoro non sorrise, non si sporse ad abbracciarla, congratulandosi, non le disse quanto fosse felice per lui.
Zoro la fissava sconvolto, boccheggiando, quasi in panico.
-La… la Inazuma School of…. Ma… non sapevo nemmeno avessi fatto il test d’ammissione!-
-Ho partecipato all’appello anticipato!- spiegò continuando a sorridere, nonostante la punta di delusione che la stava pervadendo -Non l’ho detto per scaramanzia! Non è magnifico?!- insistette.
Per tutta risposta, Zoro deglutì a vuoto prima di tornare serio e con uno sguardo terribile,  che prese la rossa in contropiede.
Cosa gli prendeva?!
Si girò di nuovo, distogliendo lo sguardo e ferendola con quel gesto e con le parole che lo seguirono.
-Oh sì… magnifico davvero…-
In un attimo, gli angoli degli occhi di Nami presero a pizzicare, infastidendola.
Cercò di mandare giù il groppo che aveva in gola mentre ricacciava indietro le lacrime.
-Zoro, che ti prende?!- chiese tra l’arrabbiato e l’agitato.
Perché faceva così?!
Era il suo migliore amico, la sola persona a cui aveva sentito il desiderio di dirlo, non era quella la reazione che avrebbe dovuto avere!
-La Inazuma School of Design è quella a KamaBakka giusto?- domandò atono, continuando a ignorarla con gli occhi.
Nami sussurrò flebile una risposta affermativa, accompagnandola con un lento cenno del capo.
Sotto i suoi occhi sgranati, Zoro si girò a guardarla con qualcosa nello sguardo nero che somigliava pericolosamente a disprezzo.
-E allora spiegami perché dovrei essere felice! Te ne vai! Brava Nami, vattene pure! Non preoccuparti di noi, lasciaci pure qui a marcire a Raftel mentre tu vai a conquistare il mondo!-
La rossa sussultò, scioccata da quelle parole.
Era così ingiusto!
Come poteva accusarla per avere deciso di realizzare il proprio sogno?!
In un attimo la delusione l’abbandonò, per lasciare spazio a una rabbia che raramente aveva provato in vita sua.
Forse mai.
Si alzò in piedi, stringendo i pugni, parandoglisi davanti per fronteggiarlo.
-Si può sapere che cazzo ti prende Zoro?! Fammi capire, l’unico sogno che conta qui è il tuo?! Cosa pensi di fare, di prendertela anche con Usopp e Franky se dovessero essere ammessi alla Vegapunk?!? Perché tu sei l’unico, vero, che può dare la priorità ai suoi fottuti allenamenti di kendo e gli altri devono solo stare zitti!!!-
-Il kendo non c’entra un bel niente!!!-
-Certo che c’entra!!! C’entra eccome!!! C’entra perché in tutti questi anni io ti ho sempre sostenuto, anche quando mi davi buca all’ultimo o quando eri troppo stanco per esserci per me anche se avevo bisogno di te!!! E adesso che finalmente ho ottenuto ciò che ho sempre desiderato questo è il tuo modo di dimostrarmi la tua amicizia?!?!- alzò la voce incurante delle molte paia di occhi che si voltarono a fissarli, mentre Zoro apriva la bocca per ribattere senza però riuscire ad emettere mezza sillaba –No!!! Lascia perdere, non voglio sentire le tue spiegazioni idiote e senza senso!!! La verità è che ho sbagliato io ad aspettarmi che uno stronzo muschiato come te capisse l’importanza di questa notizia e riuscisse a esserne felice!- s’interruppe per asciugare le lacrime che avevano ormai preso a sgorgare incontrollate -Ho sbagliato a credere che fossi un vero amico!- mormorò ormai senza fiato, facendogli trattenere il respiro.
Si fissarono per un lungo attimo, Zoro impassibile, Nami determinata nonostante i tremiti provocati dalla rabbia e dal pianto.
Poi, senza un’altra parola, la rossa lo superò, tornando sul portico per recuperare la borsa, prima di allontanarsi veloce, diretta verso il vialetto.
-Usopp, torno a piedi- informò l’amico che rispose con un flebile “Okay”, fissandola sconvolto.
La guardarono allontanarsi per poi restare tutti immobili e con il fiato sospeso per un lungo attimo, il solo rumore nell’aria il vociare dei bambini che giocavano ignari di tutto.
Poi, lentamente, Zoro si passò le mani tra i capelli prima di alzarsi in piedi ed entrare in casa di corsa, sbattendosi la porta alle spalle. 

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Capitolo 18
*** Il miglior fratello del mondo ***


Il professor Kyros era considerato un grande.
Era simpatico, sapeva farsi rispettare, conosceva bene la sua materia e trattava con rispetto i propri allievi.
Il professor Kyros era una leggenda alla Raftel High School e chi non lo apprezzava, lo adorava.
Se ci fosse stato un premio per il miglior professore, lo avrebbe di certo vinto lui da che era giunto in quel liceo, cinque anni prima.
Oltre a farsi accettare con facilità da colleghi e farsi voler bene dagli studenti, in quel lustro il professor Kyros aveva trovato l’amore, spezzando il cuore alle allieve più grandi, invaghite del suo bell’aspetto, e mandando in brodo di giuggiole le più piccole, assetate di romanticismo.
La sua storia con la professoressa Scarlet sembrava la sceneggiatura di un film eppure i due erano così affiatati da non provocare reazioni disgustate negli allievi di sesso maschile.
Il professor Kyros aveva tutto e non lo si poteva odiare per questo perché era un uomo che il bene se lo meritava.
Si meritava di essere adorato e Zoro in questo non era da meno rispetto ai propri compagni.
Sì, Zoro adorava il professor Kyros ma Zoro aveva un problema.
Perché c’era un periodo dell’anno, quel periodo dell’anno, in cui la sola vista dell’uomo lo mandava in tilt, facendogli provare un cocktail di emozioni  che solo grazie alla meditazione a cui era dedito da anni era in grado di gestire.
Eppure quel giorno nulla riusciva a calmarlo.
Con la testa tra le mani e i gomiti appoggiati al banco, Zoro sudava freddo e lottava contro le ondate di nausea che continuavano a scuoterlo come una risacca interiore.
Era come se qualcuno lo avesse inglobato in una bolla.
Tutto era sfocato e ovattato, le risate dei compagni, la voce di Sanji che lo chiamava preoccupato.
Stava male, Zoro, così male da non riuscire nemmeno a sollevare la testa, a rispondere al suo migliore amico.
Tremava in un tentativo di contenere le lacrime che si facevano sempre più insistenti, obbligandolo a serrare la presa, fin quasi a strapparsi i capelli.
Perché Zoro adorava il professor Kyros ma i suoi occhi lucidi di pianto trattenuto trasmettevano solo odio in quel momento.
Odio per il timbro baritonale, per il suo modo di spiegare divertente, per le sue battute così insulse.
Odio per il suo sorriso e per la vitalità che gli accendeva lo sguardo.
Lo odiava, odiava il professor Kyros per essere lì, vivo, davanti a lui.
Lì, a quella cattedra, dove ci sarebbe dovuta essere sua madre.
Ma da sette anni ormai Olivia aveva lasciato un vuoto alla Raftel High School che era stato tuttavia colmato.
Nessuno la ricordava più, nessuno ricordava che di lì a qualche giorno sarebbe stato l’anniversario della sua morte, ma lo ricordava bene Zoro.
Lanciò un’occhiata assassina al professore, quando l’ennesimo scroscio di risa contagiò l’intera classe eccezion fatta per Sanji.
Sentì una lacrima scendere lungo la guancia e vide le pareti della stanza avvicinarsi, quasi stessero collassando su se stesse, mentre la gola gli si serrava, chiudendo fuori l’aria.
Con un brusco movimento si alzò, strusciando al sedia per terra e facendo concentrare tutti su di sé.
Immobile con le mani posate sul banco e lo sguardo a studiarsele, si sentì chiamare dal professore, il tono chiaramente preoccupato, ma non riuscì a rispondere.
Riuscì solo, senza staccare gli occhi dal pavimento, a muoversi rapido verso la porta, spalancandola e accelerando fino a mettersi a correre, diretto alla terrazza, bisognoso di una boccata di ossigeno.
La brezza tiepida il sole caldo di metà aprile lo investirono in pieno.
Il profumo di fiori nell’aria e la singolare quiete intorno a lui contrastavano con il sapore amaro che gli impregnava la lingua e con la tempesta che lo stava rivoltando dentro.
Cercò di inspirare a pieni polmoni ma uno strano rumore strozzato gli risuonò nelle orecchie, avvisandolo che aveva iniziato a singhiozzare.
Tutto tremava davanti ai suoi occhi, le immagini filtrate dall’acqua salata che gli invadeva le iridi.
Tutto tremava, come il suo corpo, scosso dai brividi e squassato dai dolorosi singhiozzi che gli facevano bruciare la gola.
Kami, quanto gli mancava!
Gli mancava come l’aria, come un bicchier d’acqua in piena estate, come il primo gelato di giugno e come la spremuta d’arancia a colazione.
Gli mancava così tanto che avrebbe voluto strapparsi via il cuore per vedere se così avrebbe sofferto di meno.
Gli mancava il suo comprensivo sorriso, il suo modo di spiegare, i suoi occhi pieni di amore e affetto, le sue mani che gli scompigliavano i capelli di fronte all’ennesimo brutto voto.
Avrebbe dato qualsiasi cosa, anche una gamba, per poterla abbracciare un’ultima volta.
Perché d’altra parte nessuno se l’era aspettata, la sua morte.
Perché Olivia non aveva detto a nessuno, nemmeno a suo marito, che la gravidanza era a rischio e non lo aveva fatto perché sapeva che tutti avrebbero cercato di convincerla ad abortire.
Ma Olivia sapeva, dal primo calcio che lei gli aveva tirato, che Perona non era una bambina qualsiasi, che doveva venire al mondo.
E aveva avuto ragione, Perona era eccezionale e Zoro le voleva così bene che a volte si sentiva quasi schiacciato e sopraffatto da quel sentimento.
Le voleva così bene ed era così felice che fosse al mondo da sentirsi diviso e dilaniato.
Perché Perona non sarebbe potuta essere viva senza la morte di Olivia.
Fu il calore che gli pervase i palmi delle mani a fargli realizzare di essere caduto in ginocchio e poi carponi sul cemento della terrazza, dove le sue lacrime si andavano a schiantare sempre più copiose.
Piangeva così forte che gli veniva da vomitare.
Strinse i pugni mentre la rabbia gli montava dentro, desideroso di rompere le piastrelle di cemento a mani nude, di urlare fuori tutto il suo dolore come una bestia ferita.
Fu quel tocco leggero e inaspettato a farlo sobbalzare e girare di scatto verso di lei che, gli occhi carichi di preoccupazione, lo guardava mortificata e spaventata.
-Zoro-
Non si parlavano da quasi una settimana e sentirla pronunciare finalmente di nuovo il suo nome, gli fece provare un immenso sollievo e gli diede al tempo stesso il colpo di grazia.
Capì che tutta quella fragilità dipendeva anche da quello, dalla consapevolezza che gli mancava qualcos’altro oltre a sua madre.
Gli mancava la sua forza, la sua ancora di salvezza.
Gli mancava la sua migliore amica e il suo inconscio, consapevole di questo, era crollato.
Ma ora Nami era lì, gli occhi caramello puntati sul suo volto alla ricerca di una risposta, le mani a circondargli il viso, accarezzandolo delicatamente con i pollici per asciugarlo dalle lacrime.
Nami era lì, nel sole di aprile, accovacciata accanto a lui e Zoro aveva un disperato bisogno del suo calore.
Scattò in avanti abbracciandola per la vita, nascondendo il viso nel suo senso e dando libero sfogo ai singhiozzi, cogliendola alla sprovvista ma solo per un istante.
Un istante e nulla più, ciò che servì a Nami per stringerselo addosso e affondare una mano tra le sue ciocche verde menta, in una materna e rassicurante carezza.
Chiuse gli occhi e strinse i denti per sopportare il dolore che le provocava vederlo così, quasi come se la sua sofferenza potesse infilarglisi sottopelle così come le sue lacrime attraversavano senza fatica il cotone leggero della sua maglietta, inumidendola.
Gli depositò un bacio sulla testa mentre Zoro cercava a fatica di dire qualcosa tra i gemiti.
-Mi dispiace… Io non… Mi dispiace mi ha preso il… il panico… Non voglio perdere anche te…-
La rossa sgranò gli occhi a quelle parole, capendo subito che si riferiva alla loro lite.
Aveva paura della lontananza e in un attimo si rese conto, con una stretta al cuore, che quella indelicata era stata lei, a parlargliene con tanta leggerezza quando si trovavano vicini a una data tanto delicata per lui.
Si morse il labbro, sconvolta dall’ennesimo scroscio di singhiozzi che lo aveva travolto.
Zoro non piangeva mai, come nessuno dei Mihawk d’altra parte, tranne Perona.
Solo in un’occasione aveva visto soccombere alle lacrime Drakul, Zoro e Robin ed era stato al funerale di Olivia.
Law era rimasto impassibile anche quel giorno.
Ma tutta quella disperazione nell’amico non l’aveva mai dovuta affrontare.
Anni di dolore represso stavano sgorgando dagli occhi e dalla gola di Zoro, rendendo quella calda mattinata di pace un incubo per lui e per la sua migliore amica.
Non poteva fare molto, Nami, se non continuare a stringerlo e accarezzarlo.
Non poteva fare molto se non una piccola promessa, che sperava fosse sufficiente.
-Tu non mi perderai mai… Nemmeno se ci trovassimo ai lati opposti del pianeta…-
Non sarebbe stata in grado di dire per quanto tempo fossero rimasti così abbracciati, per quanto Zoro fosse andato avanti a piangere.
Non sarebbe stata in grado di spiegare come si fosse ritrovata seduta, con la schiena appoggiata al parapetto della terrazza e Zoro ancora stretto al suo torace.
Ricordava solo che a un certo punto Sanji era apparso sulla porta preoccupato e lei gli aveva fatto un cenno per fargli capire che Zoro stava male, che ci avrebbe pensato lei, tranquillizzando il biondo almeno un po’.
Ora, continuava a passare leggera le dita tra le sue ciocche spettinate mentre il ragazzo, finalmente calmo, si abbandonava completamente tra le sue braccia, bisognoso di recuperare energie ma senza smettere di stringerla.
Lo accarezzò su una guancia, provando uno spasmo nel vederlo tanto pallido e tirato e le fece ancora più male la sua voce così debole e arrochita dal troppo singhiozzare.
-Sono solo felice che sia successo dopo mezzanotte…- mormorò, lo sguardo perso nel vuoto e il capo ancora appoggiato al suo seno -Sai se… se fosse stato esattamente lo stesso giorno del compleanno di Perona sarebbe stato troppo… troppo orribile… troppo ingiusto per Perona…-
Nami trattenne il fiato e chiuse gli occhi, deglutendo a fatica mentre una lacrima le sfuggiva, graffiandole la guancia.
Poi fece un profondo respiro, sorridendo triste e intenerita, guardando Zoro con profondo affetto e autentica stima.
-Sei il miglior fratello che si possa desiderare…- affermò, mentre Zoro sospirava, riuscendo finalmente a regolarizzare il respiro.
 
 

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Capitolo 19
*** Compleanni e rivelazioni ***


Drakul non era il tipo di persona che lasciava trasparire i propri sentimenti dal suo viso.
Felice lo era stato spesso in passato e lo era spesso anche nel presente ma solo chi lo conosceva davvero molto bene riusciva a scorgere quell’emozione nei suoi occhi.
Occhi ora impegnati a scrutare il giardino di casa sua, gremito di invitati alla festa di sua figlia.
In realtà sembrava una normale giornata primaverile dato che Drag si era ormai rassegnato a vedere trasformata casa sua in un porto di mare.
C’erano gli amici di Perona, gli amici di Zoro, i cugini, gli zii e Penguin.
C’erano tutti, tranne Margaret.
Ancora una volta volse lo sguardo verso il proprio primogenito, cercando una spiegazione del perché improvvisamente Margaret avesse smesso di accettare gli inviti a cena nel weekend e soprattutto perché il nome della bionda non fosse più uscito dalle labbra di suo figlio.
Non che fosse facile capire cosa passasse per la testa di Law, era come lui, come Zoro, sempre impassibile e serio, anche in quel momento in cui Dofla lo stava obbligando a provare il suo boa.
Ma come Drag riusciva benissimo a leggere l’esasperazione e la rassegnazione negli occhi di suo figlio, allo stesso modo vi cercava una risposta riguardante Margaret, risposta che però faticava a trovare.
Quella volta, in quel frangente, Law si era trasformato in un enigma anche per lui.
Tutto il contrario di Zoro, le cui iridi nere erano illuminate, da qualche giorno, da una nuova luce.
Ghignava a più non posso, come raramente lo aveva visto fare e non aveva nemmeno ancora discusso una sola volta con Sanji. Osservandolo con attenzione si rese conto che, qualunque cosa fosse successa, doveva c’entrare Nami.
Sembravano più vicini che mai, sembravano cercarsi involontariamente, in automatico, senza avere nemmeno bisogno di pensarci.
Se uno dei due di allontanava ecco che l’altro cercava subito il contatto visivo e tanto bastava a entrambi sapere dove si trovasse l’altro per rilassarsi immediatamente.
Proseguì la sua panoramica, concentrandosi ora sui più piccoli, intenti a giocare con Monet e Usopp e il cuore gli si scaldò quando la risata cristallina della sua bambina gli risuonò nelle orecchie, riuscendo a farlo sorridere.
Lei era l’unica che permetteva alle emozioni di fluire libere e disegnarsi sul suo volto e Drag sperava con tutto se stesso che quel lato del suo carattere non cambiasse crescendo.
-A cosa pensi?!-
Si girò di scatto, colto alla sprovvista dalla voce di sua figlia maggiore, che si era accostata a lui, sotto il portico di casa, esaminando la scena che le si presentava davanti con il suo immancabile serafico sorriso.
La scrutò qualche istante e la preoccupazione tornò ad attanagliargli le viscere.
Perché la vedeva bene la tensione nei suoi occhi cerulei.
Una tensione la cui origine non tollerava più di non conoscere.
Era sua figlia e se qualcosa non andava nella sua vita aveva tutto il diritto di saperlo.
-Robin- la chiamò deciso.
La mora si girò, un sorriso tirato e la consapevolezza di cosa suo padre stesse per chiederle negli occhi.
-Dobbiamo parlare, papà- mormorò, facendogli trattenere il fiato.
Lo sapeva, lo sapeva che qualcosa non andava!
Da quando Law gli aveva messo la pulce nell’orecchio mesi prima, quel pensiero non lo aveva abbandonato nemmeno una volta.
Annuì deciso prima di voltarsi per entrare in casa insieme a lei, dirigendosi verso la cucina.
Si fermarono entrambi sulla soglia nel trovarvi Law, intento a bere un bicchiere d’acqua con l’aria di uno che era appena sfuggito a una morte imminente e straziante.
Law si girò verso padre e sorella, sollevando un sopracciglio interrogativo.
-Che succede?-
-Ma come hai fatto?!- domandò Drag perplesso -Eri fuori fino a un attimo fa!-
-Sono passato dal retro. O scappavo o uccidevo lo zio- spiegò truce, facendo scambiare un’occhiata a Robin e Drakul, che non trattennero un sorriso divertito -Perché debba avere questa fissa per i boa e soprattutto per farli mettere a me poi un giorno qualcuno me lo dovrà spiegare! Comunque, che succede?- domandò di nuovo, girandosi completamente verso di loro.
Drag sgranò appena gli occhi per poi tornare serio e impassibile.
-Niente. Siamo entrati a prendere qualche bibita- buttò lì, facendo sollevare ancora di più il sopracciglio al moro che cercò gli occhi di Robin, visibilmente scettico.
La ragazza sospirò, avanzando all’interno della cucina.
-Non importa papà! Quello che ho da dire a te poi avrei comunque dovuto dirlo anche a lui! E a Zoro!- affermò, facendo accigliare Law e annuire suo padre.
-Cos’è che mi devi dire?!-
I due gemelli si voltarono, permettendo a Drakul di mettere a fuoco il suo secondogenito, entrato anche lui dalla porta sul retro e che li scrutava indagatore e preoccupato, le braccia incrociate al petto.
Robin si passò una mano tra le ciocche corvine, prendendo un profondo respiro e spostandosi per appoggiarsi con la schiena al bancone della cucina.
Li fissò uno ad uno, sentendo l’ansia e la tensione crescere in lei.
Non voleva deluderli e temeva il loro giudizio sopra ogni cosa.
Perché il loro giudizio per lei era il più importante in assoluto.
-Io e Kuzan ci siamo lasciati- esordì, senza provocare nessuna particolare reazione nei tre, che continuarono a fissarla impassibili, preoccupati solo di riuscire a scorgere il suo stato d’animo per capire se stesse soffrendo oppure no.
Con determinazione puntò gli occhi azzurri in quelli del suo gemello, implorandolo silenziosamente di perdonarla.
-Ci siamo lasciati quest’estate- precisò, mentre le iridi di Law, simili alle sue ma più grigie, venivano attraversate da un lampo e il ragazzo si accigliava.
Non era da Robin mentirgli.
Perché lo aveva fatto?
-Come quest’estate?!- domandò Drakul, appena scioccato da quella rivelazione -Perché hai finto per tutto questo tempo?!-
-Io…- cominciò per spiegarsi ma fu subito interrotta da Zoro.
-Chi ha lasciato chi?- chiese truce.
Se si era permesso di spezzare il cuore a sua sorella, se la sarebbe dovuta vedere con lui.
Robin lo fissò qualche attimo prima di rispondere, sempre più agitata.
-Io ho lasciato lui, è stata una mia decisione- spiegò, mandando giù per inumidire la gola.
Vide Zoro rilassare i muscoli, senza perdere la sua espressione omicida.
-Io continuo a non capire- intervenne Mihawk, passandosi indice e pollice sugli occhi -Perché non ce lo hai detto subito? Insomma che motivo…- s’interruppe colto da un orrendo pensiero che gli fece assumere un’espressione terribile -Non è che era violento, vero Robin?- domandò con cautela, facendo trattenere il fiato ai suoi figli maschi -Non… non è che ti picchiava?- specificò, mentre le dita di Zoro si stringeva spasmodiche intorno alle sue braccia.
Robin sgranò gli occhi incredula.
-Ma cosa dici papà?!?! Certo che no!!!- esclamò, incredula.
-Robin ci puoi dire perché ce l’hai tenuto nascosto?- intervenne Law, al limite della sopportazione.
Era evidente, almeno per lui, che c’era sotto dell’altro anche se non sembrava essere niente di grave.
Robin lo fissò miserabile alcuni secondi.
-Temevo di darvi una delusione- ammise poi -So che vi è sempre piaciuto, Kuzan- concluse, abbassando lo sguardo al pavimento, un gesto per niente da lei.
-Veramente a me no- mormorò con calma e noncuranza Law dopo qualche istante, facendole risollevare la testa -Cioè non che mi stesse antipatico ma non mi ha mai fatto né caldo né freddo. E lo stesso per Zoro, vero?!- domandò conferma, girandosi verso il fratello che annuì convinto.
-Ma… mi avete sempre detto che… chiedevate sempre di lui e… e…- balbettò, per la prima volta in vita sua senza parole.
-Era il tuo ragazzo, è ovvio che ti chiedessimo di lui- s’intromise anche Drakul, avanzando di qualche passo in cucina -Ma a noi interessa solo di come stai tu. Come puoi pensare di deluderci? È una cosa che non accadrà mai e poi questa è la tua vita. La sola cosa che conta è che tu sia felice- affermò convinto, facendole schiudere la bocca con incredulità, che lasciò presto spazio a un radioso sorriso.
Si voltò verso i fratelli, trovandoli che ghignavano come a confermare le parole del padre, prima di tornare su di lui.
-Sei felice, Robin?- domandò Drag, ancora un po’ teso.
La mora annuì lentamente, allargando il sorriso.
-Ma come mai vi siete lasciati?!- chiese Zoro, bisognoso di risposte.
Voleva comunque arrivare in fondo alla questione.
-È stata Perona. Mentre eravamo al mare tutti insieme mi ha aperto gli occhi e fatto capire che in realtà ero innamorata di un altro ragazzo- ammise, senza arrossire e con naturalezza, cogliendoli tutti alla sprovvista.
Zoro sgranò appena gli occhi prima di piegare nuovamente le labbra.
-E chi è il fortunato?!- domandò, felice di vedere quella luce negli occhi di sua sorella.
Si vedeva che, chiunque fosse, la faceva stare bene davvero.
Per tutta risposta però, Robin sobbalzò appena, trattenendo il fiato.
Si girò a guardare suo padre, poi Law e poi di nuovo Zoro.
Prese un profondo respiro per farsi coraggio.
Il momento della verità era arrivato.
 

§
 

-Sembrano proprio due principesse- affermò con un materno sorriso Monet, seduta al tavolo del portico insieme a Boa, Bibi e Makino.
Sugar e Perona si stavano divertendo come matte, con in testa delle coroncine di cartone che avevano realizzato quella mattina quando le tre cugine e le due zie erano arrivate per aiutare nei preparativi.
-Meno male che lo hai convinto a comprarle la gonna che voleva, Boa!-
-È stata una dura lotta ma alla fine l’ho spuntata!- disse con un sorriso soddisfatto la mora, ripensando agli occhi felici della piccola quando aveva scartato il regalo.
Al colmo dell’euforia aveva voluto indossare tutto subito e aveva chiesto a Boa di farle i codini, facendola sentire la donna più felice del mondo.
Si sentiva un po’ in colpa, in realtà, perché sarebbe stato più giusto che ai suoi codini ci avesse potuto pensare Olivia ma non poteva farci nulla se ogni volta che uno di quei ragazzi la trattava come si tratta una madre il cuore le si scaldava.
Che fosse uno sguardo grato, un abbraccio o un sorriso.
Come quelli che Drag le rivolgeva sempre più spesso ormai.
Arrossì appena a quel pensiero, attirando l’attenzione di Makino, che la guardò sorridendo furba e facendole imporporare le guance ancora di più.
-Tutto bene?!- domandò, accarezzando il pancione, ormai a termine gravidanza.
-Sì certo!- si affrettò a rispondere, con l’imbarazzo di un’adolescente -Perché mi chiedi?!- domandò con noncuranza, torturandosi una ciocca di capelli.
Makino si strinse nella spalle, senza smettere di sorridere.
-No così, per sapere…-
-E tu?!- chiese poi, ricomponendosi.
-Io bene! Spero non manchi molto perché sono ansiosa di rivedermi le punte dei piedi!- esclamò facendo ridacchiare tutte le presenti al tavolo.
-Zia, ricordati che per qualsiasi cosa noi ci siamo!- intervenne Bibi, prendendole una mano -Tanto tra un mese io e Robin finiamo con le lezioni e rientriamo fino all’inizio degli esami!-
Makino strinse la presa, sorridendo materna alla nipote in un muto ringraziamento prima di tornare a volgere gli occhi sulla scena davanti a sé, in tempo per notare Nami che si avvicinava a loro.
-Ehi, avete visto Zoro?!-
-Non era con te?!-
-Sì, ma l’ho perso di vista da un po’- si strinse nelle spalle la rossa mentre anche Monet si accigliava appena.
-In effetti anche Law sembra sparito nel nulla! E pure Robin e zio Drag!- affermò, guardandosi attorno.
Scrutò meglio il giardino, individuando i suoi che si godevano il sole ormai caldo di Aprile, Shanks che giocava con i bambini, la compagnia di suo cugino intenta a ridere e scherzare ma della famiglia Mihawk, eccezion fatta per Perona, non sembrava esserci nemmeno l’ombra.
-Mah, magari sono andati a prender il dol…-
-IO TI AMMAZZO!!!-
Sotto lo sguardo attonito delle cinque donne, un furibondo Zoro uscì dalla porta principale, correndo come un forsennato e con sguardo omicida verso un punto non meglio precisato del giardino, seguito a ruota da Drakul, Law e Robin che si fermarono sul portico, scioccati.
Osservarono il verde coprire in poche falcate la distanza che lo separava dal suo gruppo di amici e avventarsi su Rufy con il chiaro intento di soffocarlo.
-Oh merda!- esclamò Nami prima di precipitarsi verso di loro insieme ai tre Mihawk.
-Come ti è venuto in mente?!?! Come, Rufy?!?!? Ti uccido, ti affetto!!!-
-Ma che sta succedendo?!- domandò Sabo, piegando il capo di lato e accostandosi alla gamba di suo padre.
-Probabilmente Rufy ha mangiato di nascosto la torta di compleanno- buttò lì Shanks, senza sapere cosa pensare e posando una mano sul cappello a cilindro di suo figlio.
-È mia sorella!!! Maledetto come hai osato farlo con mia sorella?!?!?- sbraitò il verde, facendo sgranare gli occhi a tutti gli adulti presenti e facendoli girare con lentezza verso Robin.
-Zoro… lasc… a… mi…- boccheggiò il moro mentre le più svariate reazioni prendevano vita intorno a loro.
Monet che sorrideva con malizia alla cugina, Bibi che sospirava un “finalmente gliel’ha detto”, Nami, Usopp e Violet che la fissavano incredula, Brook e Fanky che si congratulavano con l’amico ancora impegnato a liberarsi di Zoro, Sanji che si gettava a terra ululando disperato e facendo scuotere la testa a una sorridente Kaya.
Fu il rantolo strozzato di Rufy, ormai cianotico per il bisogno d’aria, a far riscuotere tutti.
-Zoro!- esclamò Robin, al colmo della preoccupazione.
Shanks si precipitò verso di loro, posando deciso una mano sulla spalla del nipote.
-Zoro lo stai soffocando!- esclamò il rosso,  osservando la brutta cera di Rufy con preoccupazione.
Il verde gli lanciò un’ultima truce occhiata prima di lasciarlo andare a alzarsi, prendendo dei profondi respiri per calmarsi.
Robin si precipitò ad aiutare il moro a rimettersi in piedi, chiedendogli ripetutamente se stesse bene e ricevendo un cenno di assenso e una carezza sul volto.
Puntarono gli occhi su Zoro che, passatosi una mano tra i capelli, si girò verso di loro cercando di mantenere la calma.
Si fece forza guardando negli occhi prima suo zio e poi la sua migliore amica per poi avvicinarsi alla coppia e puntare l’indice contro Rufy.
Aprì la bocca un paio di volte senza riuscire ad articolare alcunché.
-Falla soffrire e ti uso come affila-lama! Anzi io e Sanji ti usiamo come affila-lama, vero torciglio?!-
-Puoi giurarci marimo!- annuì il biondo con aria solenne.
Rufy guardò gli amici a occhi sgranati, per poi stringersi nelle spalle.
-Okay!- affermò come se niente fosse, lasciandoli interdetti.
Poi, incapace di contenersi oltre, Zoro ghignò di sghembo, sorridendo all’amico.
Fece un passo avanti, abbracciandolo e sentendo subito la stretta ricambiata.
-Sei un dannato imbecille! Perché non me lo avete detto subito?!-
Rufy si staccò da lui per guardarlo negli occhi.
-Volevo lasciare a Robin tutto il tempo necessario perché si sentisse pronta- spiegò sorridendo con naturalezza e facendo trattenere il fiato a Zoro.
Poi il verde tornò a ghignare e annuì prima di riaccostarsi all’amico.
-So che con te sarà in ottime mani. Ma non prenderti troppe libertà quando ci siamo in giro io e Law, chiaro?!- aggiunse con un tono lievemente minaccioso, facendolo deglutire a vuoto.
Poco più in là i bambini osservavano perplessi la scena davanti a loro.
A braccia incrociate o con le mani sui fianchi, il capo piegato e le sopracciglia aggrottate cercavano di capire cosa diavolo fosse preso a tutti quanti di botto.
-Strani ‘sti adulti eh?!- affermò dopo un po’ Sabo.
-Eeeeh già!- esclamarono all’unisono, annuendo, prima di tornare a giocare ignorando tutto il resto. 

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Capitolo 20
*** Welcome Home, Son ***


Prese un profondo respiro, seduto sul dondolo sotto il portico di casa, nell’aria ancora tiepida e profumata della sera.
Era terribilmente teso, come ogni anno quando la mezzanotte a cavallo tra il sedici e il diciassette di Aprile si avvicinava.
Non che fosse tipo da ricorrenze lui.
Ci teneva che i compleanni dei suoi cari fossero piacevoli però del suo, per esempio, gli importava poi poco.
Ma, stupidamente e irrazionalmente, sapere che l’anniversario della sua morte si avvicinava lo faceva stare male e odiava sentirsi così dopo il piacevole pomeriggio appena trascorso.
Odiava sentirsi sempre così quando era ancora il compleanno della sua sorellina, ogni singolo, maledetto anno.
Gli avevano detto che il tempo curava ogni cosa, stupida frase detta da uno stupido medico in uno stupido tentativo di confortare un ragazzo che aveva appena perso sua madre.
Non ci aveva mai creduto ma in cuor suo ci aveva almeno sperato, restando deluso nelle proprie attese.
Era come Sugar che a volte affermava di voler diventare grande in fretta così avrebbe smesso di avere paura dei mostri sotto il letto, senza sapere quanto i mostri sotto il letto fossero infinitamente preferibili alle responsabilità e consapevolezza dell’età adulta.
Perona di mostri e fantasmi non aveva paura e Law si rese conto che, paradossalmente, avrebbe cominciato ad averne una volta cresciuta.
Niente avrebbe potuto salvarla dai fantasmi del passato una volta che fosse stata grande abbastanza da capire come quelle due date fossero collegate in modo così indissolubile.
Come alla gioia sarebbe ogni anno seguito il dolore.
Strinse i pugni con rabbia, verso l’ingiustizia della vita.
Perché, perché proprio Perona doveva passare e sopportare tutto questo?!
Perché sua sorella?!
Perché la vita faceva così schifo?!
Quando sarebbe stato un chirurgo avrebbe fatto in modo di non perdere mai nessun paziente, nemmeno quelli senza speranza, era una promessa.
Si passò una mano tra i capelli, cercando di calmarsi e deglutendo a vuoto.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno.
Fece per alzarsi e andare da Robin ma la porta di casa che si apriva lo tenne bloccato lì, in attesa, per vederne uscire Perona con ancora i vestiti che il papà le aveva regalato.
-Law!- lo chiamò sorridendo, felice di averlo trovato e correndogli incontro.
-Ciao piccola- mormorò ghignando e prendendola in braccio.
Se la mise sulle gambe e le scostò una ciocca rosa dal volto.
-Divertita alla festa?!- domandò, facendola annuire e accigliandosi nel notare una strana tensione nei suoi occhi.
-Law, come mai Margaret non c’era?!- chiese, diventando seria se non quasi triste.
Il moro trattenne il fiato.
Santo Roger, c’era rimasta male?!
Non aveva minimamente pensato a quella possibilità quando aveva tagliato i ponti con lei, ignorandola e smettendo di parlarci e, di conseguenza, di riferirle i puntuali inviti di suo padre a cena.
-È colpa mia?!-
La domanda innocente della piccola, fatta con preoccupazione e sofferenza, lo riscosse nel più brusco dei modi.
-Ma cosa dici? Perché dovrebbe essere colpa tua?- mormorò, con il nodo in gola.
Perona si strinse nelle spalle.
-È che tu sei sempre così arrabbiato il giorno del mio compleanno e pensavo non volessi che Margaret ti vedesse così- ammise con disarmante e spaventosa sincerità -Lo so che ti manca la mamma e se la mamma non c’è più è colpa mia… no?- domandò conferma.
Law sgranò gli occhi boccheggiando a quelle parole.
Cosa… cos’aveva detto?!
Com’era possibile?!
Com’era possibile che sua sorella di sette anni pensasse una cosa del genere quando tutti loro, da anni, cercavano di non farle vedere quell’ovvio collegamento tra il suo compleanno e l’anniversario della morte di Olivia?!
“È che tu sei sempre così arrabbiato il giorno del mio compleanno”.
Il cuore gli si fermò, mentre gli angoli degli occhi prendevano a pizzicare fastidiosamente.
Deglutì a fatica, chinandosi su di lei e avvolgendole le braccia con le sue grandi mani tatuate.
-Perona ascoltami bene- cominciò, imponendosi di mantenere un tono fermo -Tu non hai nessuna colpa. Tu sei la cosa più bella che sia mai capitata alla nostra famiglia e mi dispiace se ti sono sempre sembrato arrabbiato il giorno del tuo compleanno- si fermò per immettere un po’ d’aria e inumidire la gola secca -Margaret aveva da fare ma verrà a cena settimana prossima e sono sicuro che sarà felice di festeggiare con te anche se in ritardo okay?- concluse, sorridendole incoraggiante e sentendo il nodo allo stomaco sciogliersi solo in parte nel vederla illuminarsi e annuire.
Se l’avvicinò per stringerla e la sentì subito ricambiare.
-Ti voglio bene, cucciola- soffiò a fatica.
-Anche io ti voglio bene, fratellone-
Chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime, imponendosi di non andare in iperventilazione anche se l’ossigeno gli mancava.
Cosa gli prendeva ora?!
Leggeri tremiti presero a scuoterlo e una strana sensazione gli si gonfiò nel petto.
-E voglio bene anche a Margaret-
Law sgranò gli occhi, capendo improvvisamente.
Capendo perché si sentiva peggio del solito, nonostante fosse ormai abituato a quel dolore.
Capendo che aveva sì bisogno di parlare con qualcuno ma non andava bene chiunque.
Aveva bisogno di Margaret, gli mancava da morire.
Tenendo sua sorella saldamente ancorata al suo petto si alzò per rientrare in casa.
La depositò a terra e afferrò le chiavi della macchina, spostandosi poi verso la cucina dove suo padre e Boa stavano chiacchierando mentre finivano di sistemare.
-Papà vado a Drum! Devo fare una cosa urgente!- comunicò al genitore, interrompendoli e facendoli voltare verso di sé.
Drag osservò per un attimo suo figlio, lievemente perplesso, ma subito la sua espressione divenne comprensiva quando riuscì finalmente a leggere nei suoi occhi cosa gli stava succedendo.
E sorrise, Drakul, come raramente faceva, con paterno affetto e complicità a suo figlio, che era il suo più grande tesoro su quella terra.
Sorrise e annuì, facendolo sorridere e annuire in risposta prima che si voltasse per uscire di casa di corsa.
 
§
 
Il giardino della sede delle Gamma Kappa era disseminato di ridicoli quanto ipocriti cartelli che invitavano gli esseri di sesso maschile di qualsiasi razza ed età a tenersi alla larga.
Cartelli che in quel momento Law non aveva tempo o voglia di degnare di un solo sguardo.
Si rese a malapena conto della Motobaro di Duval parcheggiata lì fuori, mentre si accostava alla porta sulla quale uno scacciapensieri tintinnava lieve mosso dalle brezza primaverile.
 
[Welcome Home, Son – Radical Face]

Senza esitazione alzò il braccio piegato ad angolo retto e prese a bussare contro il legno, resistendo a malapena all’impulso di buttare giù la porta.
Ora che si era reso conto di quanto gli mancasse gli sembrava di soffocare e sapeva che solo vederla gli avrebbe restituito la capacità di immettere aria nei polmoni.
Attese, stringendo i pugni e tamburellando con le dita contro la coscia, trattenendo il fiato, finché la porta non si aprì e un viso famigliare e contratto in un’espressione interrogativa fece capolino.
-Rebecca!-
-Law! Che ci fai qui?!-
-Margaret c’è?! Devo vederla!- esclamò senza preoccuparsi di risultare impaziente o, più precisamente, disperato.
Rebecca sgranò gli occhi ancora più perplessa di fronte a quella mostra di emozione, così rara per il moro.
-Stai bene?!- non poté impedirsi di chiedere.
Law aprì la bocca per rispondere ma non fece in tempo a dire nulla che qualcuno dall’interno li interruppe.
-Rebecca che succede?! È tutto a posto?!-
 
Sleep don't visit, so I choke on sun, and the days blur into one
And the backs of my eyes hum with things I've never done
 
Il cuore gli perse alcuni battiti per poi accelerare di botto nel sentire la sua voce.
Sotto i suoi occhi sgranati e imploranti, Rebecca si scostò, liberando la visuale all’amica che trattenne il fiato nel riconoscere l’inatteso ospite.
Si fissarono qualche istante e poi Margaret si avvicinò, prendendo la giacca dall’appendiabiti e avvicinandosi all’uscio.
-Non aspettarmi alzata- mormorò alla rosa, mettendole una mano sulla spalla e uscendo fuori.
Chiuse la porta e si girò verso Law con le braccia incrociate sotto il seno.
 
Sheets are swaying from an old clothesline
Like a row of captured ghosts over old dead grass
Was never much, but we've made the most
 
Ce l’aveva con lui ma la preoccupazione nel vederlo così stravolto stava avendo la meglio.
-Allora che succede?- domandò, cercando di restare fredda e distaccata.
-Ho bisogno di parlarti- rispose senza esitazione, deglutendo a fatica, implorandola con gli occhi.
Margaret lo scrutò in apprensione e si ritrovò ad addolcire inevitabilmente lo sguardo.
-Di cosa?!-
 
Welcome home
 
-Di mamma-
Zoro sgranò gli occhi nel sentirla pronunciare quelle parole.
Quando Perona era entrata in camera sua aveva capito subito che era andata lì per chiedergli qualcosa, ma mai si sarebbe aspettato quella richiesta.
Evitavano di parlare di Olivia in quei giorni.
Ma la sua sorellina, in ginocchio sul suo letto, attendeva con occhi pieni di aspettativa e Zoro si rese conto, che per quanto facesse male, avrebbe tollerato anche meno vederla delusa a causa del suo rifiuto.
-Cosa vuoi sapere?!- le domandò, sedendosi sul letto.
Perona si strinse nelle spalle.
-Raccontami qualcosa di lei!- gli chiese, emozionata, facendolo ghignare.
Puntò gli occhi neri di fronte a sé perdendosi un attimo nei ricordi.
-Aveva un sorriso bellissimo- mormorò, sentendola accostarsi a lui e sedersi con le gambe penzoloni.
 
Ships are launching from my chest
 
-Davvero?!-
Zoro si girò a guardarla per poi annuire.
-Uguale a quello di Robin- continuò, facendola illuminare ancora di più -Robin le somiglia davvero tanto-
 
Some have names but most do not
If you find one, please let me know what piece I've lost
 
-A volte vorrei somigliarle meno-
Drakul si girò verso sua figlia, seduta sul dondolo accanto a lui.
L’aveva raggiunta subito appena l’aveva vista lì, preda della malinconia.
-Perché?- le domandò, passandole un braccio intorno alle spalle e facendole posare la testa sulla sua spalla.
 
Peel the scars from off my back
I don't need them anymore
You can throw them out or keep them in your mason jars
 
-Perché a volte quando mi guardate, sembrate venire trapassati da un proiettile-
Mihawk trattenne il fiato per poi posare un bacio tra i capelli alla figlia, sentendo che aveva iniziato a piangere silenziosamente.
-Se anche le somigliassi meno fisicamente non cambierebbe nulla. Perché tu sei come lei in tutto e per tutto. Intelligente, forte, coraggiosa e comprensiva- le disse stringendo la presa -Sei la mia meravigliosa bambina, cresciuta troppo in fretta-
Robin strinse la stoffa della camicia del padre, mentre ricacciava i singhiozzi in gola e sollevava gli occhi su di lui, sorridendo tra le lacrime.
-Speriamo di avere preso anche la sua prontezza di spirito- mormorò con voce roca -Ti ricordi quella volta che Law ha trovato i suoi tampax e pensava fossero proiettili speciali per la cerbottana?!-
 
I've come home
 
-Oh Santo Roger! E lei cosa ti ha detto?!-
Law sorrise, nel vederla così divertita da quell’aneddoto.
-Che avevo indovinato ma che li poteva usare solo lei e solo contro papà, quando la faceva arrabbiare- disse, lasciandosi andare a un sorriso anche lui, di fronte a quel ricordo.
La cristallina risata di Margaret riempì la sua stanza, dove si erano rifugiati, sedendosi sul letto uno accanto all’altra, le schiene contro il muro.
La scrutò da sotto il cappuccio della felpa tirato su, deglutendo a fatica, la gola annodata.
-Tu me la ricordi tanto… Io… amavo sentirla ridere… Come amo sentire ridere te…- confessò quando la bionda tornò a guardarlo -Credo… credo di amare tutto di te e mi fa così paura…- ammise prima di posare la nuca contro il muro e premere pollice e indice sugli occhi e soffocare le lacrime.
Prese un profondo respiro per farsi forza.
 
All my nightmares escape my head
Bar the door, please don't let them in
You were never supposed to leave
Now my head's splitting at the seams
 
-Mi hai chiesto il significato dei miei tatuaggi una volta…- riprese, senza guardarla -Sul petto ho un cuore. L’ho fatto per lei. Mentre… la scritta sulle nocche è per ricordarmi che la morte è sempre dietro l’angolo. Come promemoria per quando sarò un chirurgo-
Il tocco leggero di Margaret sulla guancia lo obbligò a voltarsi verso di lei, per trovarla che lo fissava intensamente.
Con delicatezza gli tirò giù il cappuccio, passando l’altra mano tra i suoi capelli, facendogli chiudere gli occhi.
-Ora basta, Law- mormorò determinata e dolce -Basta nascondersi, basta avere paura. Lei non vorrebbe questo, lo sai. Se davvero le somiglio allora posso dirti che vorrebbe solo vederti felice. Basta. È il momento di ricominciare a vivere- 
 
And I don't know if I can
 
Socchiuse appena gli occhi per poi chiuderli subito, quando la bocca di Margaret arrivò decisa a posarsi sulla sua.
La strinse lasciando andare una lacrima, lasciando andare finalmente tutto quel dolore.
Rispose al bacio, cercando il suo calore ma senza foga, assaporando ogni secondo.
Portò le dita a immergersi tra i suoi capelli biondi quando si separarono e la guardò negli occhi, pregandola in silenzio.
-Non lasciarmi…-
Margaret lo guardò seria, circondandogli il viso con le mani e asciugandogli la guancia con il pollice.
-No che non ti lascio- soffiò prima di tornare a baciarlo, portandolo a sdraiarsi sul letto, schiacciandosi su di lui.
 
Here, beneath my lungs
I feel your thumbs
Press into my skin again
 
Amandolo, senza pretendere niente in cambio, e ricevendo qualcosa che Law aveva negato a tutto e tutti per anni.
Sarebbe cambiato tutto l’indomani, sarebbe tornato il Law di una volta.
Margaret lo aveva guarito.
Ma quella notte era solo per lei, per loro.
Per imparare a conoscersi a vicenda, corpo e anima, per permettere a Margaret di memorizzare il profilo del suo cuore, quello tatuato e quello vero.
Per annegare in lei, nella sua pelle e nelle sue labbra, smettere di pensare, di calcolare le conseguenze, ricominciare a vivere.
Ricominciare ad amare senza paura.
Ricominciare da lei.
Le permise di entrargli sottopelle, di farlo suo completamente.
Le permise di riportarlo indietro e di ricordargli come fosse sentirsi felici in tutto e per tutto.
Sperando di valere per lei quanto lei valeva per lui, trovando risposta a quel dubbio nei suoi occhi e nel suo sorriso innamorato.
Cercò il suo calore ancora e ancora, durante e dopo l’amplesso e si addormentò stringendola al suo petto, dormendo sereno e senza inquietudini, dormendo con Margaret addosso.
Aveva passato gli ultimi anni guardando sempre alla fine.
La fine dell’università, la fine della specializzazione, un modo per porre fine al dolore.
Traguardi e obbiettivi da raggiungere, dimenticando che ciò che conta è il percorso che si trova in mezzo.
E ora, finalmente, con la ragazza che amava tra le braccia, Law si trovava di fronte a un inizio.
Pronto a godersi ogni istante.
 
§
 
Mugugnò infastidito da quel suono vibrante e insistente che lo stava obbligando a riemergere da quel meraviglioso torpore al profumo di gelsomino.
Aprì con fatica un occhio, appannato dal sonno e, una volta sveglio, ci mise pochi secondi a capire che si trattava del suo cellulare, ancora nella tasca della felpa, riversa sul pavimento della sua stanza ai piedi del letto.
Calcolò con una rapida occhiata che non ci poteva arrivare allungando solo il braccio ma il fatto che fuori fosse buio gli aveva fatto montare dentro un’urgenza improvvisa e il dubbio su chi potesse essere e cosa potesse volere.
Scostò delicatamente Margaret ma non riuscì nel suo intento. Si maledisse tre sé e sé nel vederla aprire gli occhi ma la ragazza gli rivolse immediatamente  un sorriso, una volta messolo a fuoco.
-Scusa, mi suona il cellulare- le disse sottovoce, allungandosi per recuperare la felpa mentre Margaret si accigliava.
-Ma è notte fonda- protestò con la voce arrochita dal sonno.
-Appunto- mormorò Law, litigando con l’indumento alla ricerca della tasca.
Margaret si svegliò in un attimo, puntellandosi sui gomiti e studiando preoccupata il suo ragazzo.
L’ultima cosa che gli serviva era qualche cattiva notizia dopo tutta la catartica sofferenza che era riuscito a buttare fuori poche ore prima.
Lo osservò estrarre il cellulare e leggere il nome sul display lampeggiante, in apprensione.
-Papà?!- domandò portando il telefonino all’orecchio, il tono lievemente agitato.
Lo scrutò ascoltare suo padre, la voce di Drakul che le arrivava lontana e ovattata impedendole di cogliere alcunché, ma si rilassò quando vide una strana luce accendere gli occhi di Law.
-Okay! Arriviamo subito!- affermò, stavolta emozionato, prima di chiudere la telefonata.
-Law cosa…- cominciò, perplessa e incuriosita.
-Vestiti, presto! Dobbiamo tornare a Raftel!-
 
§
 
Avevano coperto la distanza tra Drum e Raftel in appena venti minuti e ora camminavano decisi per il corridoio dell’ospedale, le mani intrecciate.
Margaret si stava lasciando guidare, anche lei impaziente ed emozionata di fronte alla notizia che Law le aveva comunicato.
Girarono ancora un angolo e finalmente la famiglia Mihawk e la famiglia Donquijote al completo entrarono nel loro campo visivo.
Perona e Sugar dormivano in braccio a Drakul e Dofla e Bibi si staccò dal gruppo impaziente, correndo loro incontro e gettando le braccia al collo di suo cugino, ancora ancorato alla mano di Margaret.
-È bellissima- soffiò al suo orecchio, mentre lui la stringeva appena con il braccio libero.
-L’hai già vista?!-
-Di sfuggita- annuì, staccandosi da lui e stringendo la mano libera di Margaret in un muto saluto -Sono entrati solo Shanks e Sabo per ora. Ha detto che dopo loro due vuole che tu sia il primo a tenerla in braccio-
Law deglutì piano, guardandola incredula.
La stretta di Margaret lo richiamò alla realtà e si affrettò ad annuire prima di coprire la distanza ormai breve che lo separava dai parenti, insieme a cugina e fidanzata.
Si accostò ai suoi familiari e scambiò un’occhiata complice con Robin, che sorrise nel vedere l’intreccio delle dita di suo fratello e della sua amica.
Fece giusto in tempo a considerare quanto Margaret si incastrasse perfettamente con quel quadro che la porta della camera si aprì, per lasciare uscire Shanks e Sabo, il primo con occhi lucidi di emozione e il secondo con un radioso e sdentato sorriso sul volto.
-Law, sei arrivato!- esclamò il rosso accostandosi al nipote e posando una paterna carezza sul viso di Margaret -Dai entrate! Ti sta aspettando!- lo incitò Shanks, premendo con la mano sulla spalla di Law.
-Cos… ma… no io aspetto! Può entrare qualcun altro con Law non voglio assolutamente…- protestò Margaret ma il sorriso dei presenti le fece morire le parole in gola.
La stavano incoraggiando con lo sguardo a restare accanto a lui e si sentì sopraffare dall’emozione nel rendersi conto che ormai la consideravano già parte della famiglia.
-Su andate!- li incitò nuovamente Shanks prima di chinarsi appena su Law -Ora abbiamo un motivo per festeggiare anche il 17 aprile- soffiò al suo orecchio mentre il moro gli stringeva il braccio.
Si diresse verso la porta, tirandosi dietro Margaret ed entrando con cautela.
Makino era esausta ma felice, appoggiata a due cuscini per stare su con la schiena, i capelli sparsi e la sua bambina tra le braccia.
Sollevò la testa e il suo volto si illuminò ancora di più nel mettere a fuoco suo nipote e Margaret.
-Tesoro- lo chiamò allungando un braccio verso di lui.
Sciogliendo l’intreccio delle loro dita per la prima volta da quando erano scesi dall’auto, Law si avvicinò alla zia, abbracciandola e baciandola sulla fronte.
-Come stai?- chiese, scrutandola un po’ in apprensione.
-Benissimo- lo rassicurò posando una mano a palmo pieno sulla sua guancia.
Solo allora Law volse gli occhi verso il fagottino che dormiva sereno sul petto della madre.
La scrutò attento prima di tornare a concentrarsi su Makino, ghignando.
-Bionda anche lei?!- domandò divertito.
Makino si strinse nelle spalle.
-Shanks se ne farà una ragione- disse, facendolo sghignazzare -Su, prendila- disse poi, tendendogli la neonata.
Law sobbalzò appena, le iridi attraversate da uno strano lampo che fece sorridere intenerita la zia.
-Mica si rompe- lo incitò, con un’incoraggiante occhiata.
Con delicatezza, si chinò per prelevare la bambina dalle braccia della zia mentre anche Margaret si accostava un po’ di più.
Law si perse a contemplare per un attimo sua cugina, le mani chiuse a pugno, l’espressione rilassata.
Si sentiva così meravigliosamente felice.
Sorrise, un sorriso vero che non sfuggì alle due donne presenti nella stanza, le quali si scambiarono una complice ed eloquente occhiata, prima di piegarsi appena su di lei. 
-Benvenuta Lamy-

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Capitolo 21
*** Wado Ichimoji ***


Smosse le spalle per sistemarsi meglio sul dondolo della veranda, godendosi il tepore ormai estivo e la risata di Perona che stava giocando a ‘ce l’hai’ con Law e Margaret e i suoi amichetti.  
Finalmente la scuola era finita.
Quella lunga tortura e agonia, durata cinque anni, era giunta al termine.
Certo, ora dovevano affrontare la maturità ma sapeva, Zoro, che una volta ammesso era tutto in discesa.
Si trattava praticamente di un proforma, nessuno veniva bocciato alla maturità e poi calcolava di uscirne comunque dignitosamente visto che Violet, Kaya e Nami avevano organizzato una serrata tabella di ripasso da seguire tutti insieme e il primo gruppo studio sarebbe stato proprio quel pomeriggio a casa Mihawk.
Sorrise, al pensiero che di lì a breve avrebbe visto la mocciosa.
Ultimamente, quel pensiero gli faceva contrarre lo stomaco e, più si avvicinava l’ora del suo arrivo, più il cuore gli pestava nel petto.
Si massaggiò all’altezza dello sterno, sperando di non avere qualche strana aritmia, quando il suono vibrante del cellulare in silenzioso lo fece voltare verso il davanzale.
Si sporse per recuperare il suo den den mushi, facendo dondolare appena la seduta ma restando con le gambe incrociate, nonostante il precario equilibrio di quella posizione.
Non poté non accigliarsi nel  notare che si trattava di un numero sconosciuto.
Aggrottando le sopracciglia, avvicinò il telefonino all’orecchio, facendo tintinnare appena i pendagli.
-Pronto?!-
-Parlo con Zoro Mihawk?-
-Chi lo cerca?!- ribatté diffidente il ragazzo.
-Buongiorno, sono Wado Ichimoji, chiamo da Kuraigana-
Zoro sgranò gli occhi, riportando le gambe penzoloni e rizzando le orecchie a quelle parole.
-Sono… sono io Zoro Mihawk- soffiò il verde, trattenendo il fiato.
La mano libera dal cellulare si spostò a stringere il bordo della seduta del dondolo fino a sbiancare le nocche.
-Molto piacere di conoscerti, ragazzo!- lo salutò entusiasta il suo interlocutore.
-Piacere mio- rispose, sorridendo nervosamente.
-Hai cinque minuti per parlare?! Vorrei farti una proposta!-
Zoro ghignò, tornando ad appoggiare la schiena al dondolo e cercando di non agitarsi troppo.
-Tutto il tempo che vuole-
 

§
 

-A cosa pensi?!-
Drag sobbalzò appena, girando il busto di tre quarti verso Boa che si stava avvicinando alle sue spalle, per accostarsi mentre lui perdeva lo sguardo fuori dalla finestra.
Le sorrise, tornando a concentrarsi sulla scena davanti a sé e in particolare su suo figlio maggiore che si stava divertendo come se fosse regredito all’infanzia.
Si portò una mano alla bocca, sentendo l’emozione sopraffarlo per un attimo, mentre Boa gli posava delicata una mano sul braccio.
-Non mi ero reso conto che mi mancasse così tanto- riuscì a soffiare, prima di deglutire a vuoto per mandare giù il groppo in gola.
Boa sorriso materna, spostando il palmo sulla spalla e sul coppino dell’amico, prima di appoggiare la fronte sulla sua tempia.
-Ora è tornato. Sono passati quasi due mesi ormai. Lo sai che non andrà più via- gli sussurrò dolce, facendolo annuire.
-Non vedo l’ora che Robin e Bibi tornino da Ohara per organizzare una bella grigliata serale come ai vecchi tempi- affermò dopo qualche istante, riprendendo il controllo e facendole sbuffare una risata.
-Con Dofla che ti insegna come fare il barbecue senza scomodarsi da dove si trova e Shanks che gli da corda solo per vederti andare su tutte le furie?!- domandò con un guizzo divertito negli occhi blu.
-Se ci prova gli incendio il boa rosa, stavolta!- disse con un sorriso, facendola ridere di gusto.
Era bella, la risata di Boa.
Bella come lei e i suoi occhi blu, ora chiusi.
Bella come le sue labbra carnose e il suo collo diafano, che sembrava stare offrendogli con la testa così reclinata all’indietro.
Non seppe come, si ritrovò con le mani sui suoi fianchi, facendole schiudere le palpebre, interrogativa.
Trattenne il fiato, l’ex modella, nel ritrovarsi con i penetranti occhi dorati di Drakul fissi nei propri e non si scansò dalla sua presa.
Anzi, senza neanche realizzarlo, gli posò le mani affusolate sul petto, mentre si perdeva a studiare il suo volto, bello come quando erano ragazzi sebbene lievemente segnato dal tempo.
Sì, era bello Drakul, con il naso dritto, la mascella squadrata e un accenno di occhiaia che lo rendeva in qualche modo sexy.
Se fino a quel momento tutto ciò che aveva pensato nel guardarlo così attentamente era quanto Law gli somigliasse, ora Boa, semplicemente, non riusciva a pensare.
Si sentiva accaldata e ne voleva di più.
Voleva abbandonarsi a quel calore, voleva due braccia a sostenerla e permetterle di perdersi.
E non due braccia qualsiasi.
Si avvicinò ancora, guidata da una forza incontrastabile, piegando il capo di lato e socchiudendo gli occhi, registrando vagamente la mano calda di Drakul che le scostava i capelli e si posava al lato del suo collo.
Era così vicino che poteva sentire il suo respiro sulle labbra…
-Papà!!!-
La voce di Zoro dall’ingresso li colse alla sprovvista, riscuotendoli e facendoli separare di botto.
Non ebbero neanche il tempo di scambiarsi uno sguardo imbarazzato che il ragazzo apparve sulla soglia della cucina, gli occhi che brillavano, il cellulare in mano e il respiro affannato.
Era così eccitato che non si rese nemmeno conto del colorito di Boa, un tutt’uno con il vestito cremisi che indossava quel giorno.
-Papà ho una notizia fantastica!-
Mihawk si schiarì la gola, guadagnando ancora qualche secondo prima di guardare suo figlio in faccia.
-Dimmi- lo invitò, cercando di tornare impassibile, con non poca difficoltà.
-Mi ha appena chiamato Wado Ichimoji!- disse tutto d’un fiato, facendo sgranare gli occhi all’uomo.
-Co… Quel Wado Ichimoji?!- domandò, anche lui senza fiato.
Zoro annuì lentamente.
-Papà sai il talent scout che veniva al dojo qualche mese fa?! Mi ha notato e… Oddio non riesco ancora a crederci!- scoppiò a ridere il ragazzo -Mi hanno offerto un posto nella squadra nazionale di kendo!!!-
Drag trattenne il fiato a quelle parole, mentre qualcosa di caldo si gonfiava al centro del suo petto, impedendogli di parlare.
Per alcuni secondi, nessuno si mosse o disse alcunché, mentre padre e figlio si fissavano senza sapere cosa fare.
Poi qualcosa scattò dentro Drakul, facendogli raggiungere suo figlio in due falcate e stringerlo forte.
-Santo Roger Zoro!- esclamò mentre il verde ricambiava l’abbraccio, entrambi sopraffatti dall’emozione.
Mihawk si staccò da suo figlio, tenendo le mani sulle sue spalle, gli occhi appena lucidi, senza riuscire a parlare.
Sbuffarono nuovamente una risata, mentre Zoro cercava di calmare il respiro.
Il suono del telefono li riscosse, facendo girare Mihawk verso l’apparecchio squillante e obbligandolo a separarsi da suo figlio.
Si avvicinò al telefono, prendendosi ancora un attimo prima di sollevare la cornetta.
-Pronto?!-
Zoro si girò verso Boa, che lo guardava con un luminoso sorriso e tanto orgoglio negli occhi, prima di raggiungerla e abbracciarla.
Nessuno dei due notò lo sguardo di Drag farsi serio e determinato e la sua mascella indurirsi.
Nessuno dei due notò il tono freddo con cui dava monosillabiche risposte al proprio interlocutore dall’altra parte del filo.
-Sono così fiera di te- sussurrò l’ex modella, materna come non mai, mentre Zoro stringeva un po’ di più prima di allentare la presa e separarsi da lei.
Il ‘click’ del telefono li avvertì che Mihawk aveva riagganciato.
Ancora sorridente ed emozionato, Zoro si girò, affiancando Boa.
-Papà chi era al t…-
Le parole gli morirono in gola quando incrociò lo sguardo furente e omicida di suo padre.
-Era Magellan, Zoro- gli comunicò, glaciale, facendogli sgranare gli occhi.
-Il preside?- domandò conferma, stranito da quella situazione, ottenendo un cenno del capo in risposta.
Zoro si accigliò, cercando di trovare un senso logico a quella telefonata.
Perché mai Magellan avrebbe dovuto telefonare a casa?!
Cos’aveva da dire e perché suo padre sembrava furibondo?!
Non ci fu bisogno di articolare nessuna delle domande che gli giravano in testa e che trasparivano dalla sua espressione.
Fu la voce di Drag a venirgli in soccorso, ma ciò che disse gli gelò il sangue nelle vene.
-Rischi l’espulsione dalla maturità-
 

§
 

Non si erano scambiati una sola parola durante il tragitto verso la Raftel.
Boa, seduta sul sedile del passeggero continuava a lanciare furtive occhiate a Drag alla sua sinistra e Zoro seduto dietro, trovandoli entrambi sempre truci e impassibili.
Mihawk non aveva intenzione di prendersela con suo figlio senza sapere per filo e per segno cosa fosse successo e dal momento che Magellan era rimasto sul vago l’unica cosa che avevano potuto fare era stata affidare i bambini a Law e Margaret, prendere la macchina e precipitarsi a scuola.
E proprio mentre parcheggiavano poco distante dall’ingresso, Zoro si rese conto che non erano stati gli unici a essere convocati.
Si accigliò nel riconoscere Usopp, Franky, Sanji e Rufy in attesa nei pressi del cancello, ciascuno con i rispettivi padri, eccezion fatta per il biondo.
Scese dalla macchina a passo di carica, diretto verso il gruppetto di amici e seguito a breve distanza da padre e madrina.
-Ragazzi! Che succede?!- domandò agitato mentre Sanji gettava a terra la cicca della sigaretta pestandola con il tacco per spegnerla.
Dragon, Tom e Yasopp parlavano tra loro a breve distanza e furono presto raggiunti da Boa e Drag mentre Usopp si stringeva nelle spalle, visibilmente preoccupato.
-Ci hanno chiamato dicendo che rischiavamo l’espulsione dalla maturità e nient’altro- mormorò il nasone, mentre Rufy continuava imperterrito a pulirsi il naso con il mignolo con estrema perizia.
Zoro lo fissò disgustato qualche istante prima di aprire bocca.
-Tu poi con quelle mani tocchi mia sorella- sibilò omicida, facendo assumere al ragazzo un’espressione perplessa come se non capisse dove fosse il problema.
Sospirò, prendendosi il ponte del naso tra le dita prima di voltarsi verso il proprio migliore amico.
-E tuo papà?!-
Sanji lo osservò con attenzione qualche istante, registrando tutta la tensione nei suoi occhi.
-Io ero da Usopp per restituirgli un libro quando l’hanno chiamato. Sono qui solo per supporto- spiegò, infilando le mani in tasca mentre il verde annuiva.
Un movimento oltre la porta a vetri attirò la loro attenzione mentre il preside la spingeva e usciva nell’aria calda di giugno, osservandoli uno ad uno.
-Bene ragazzi, venite con me- li richiamò senza troppi preamboli -Il prof. Vergo ci sta aspettando-
Un rapido scambio di occhiate seguì quelle parole mentre dentro a Zoro montava qualcosa di molto simile a istinto omicida.
Aveva dovuto aspettarselo che fosse colpa di quel bastardo!
A debita distanza, ondevitare eventuali rilasci gassosi da parte del preside, seguirono Magellan fino alla loro aula, all’interno della quale il prof di biologia attendeva con la sua solita espressione di disprezzo sul volto.
Li osservò entrare uno ad uno e prendere posto ai loro soliti banchi, un plico di fogli tra le mani, prendendo poi a camminare su e giù per l’aula fino a snervare persino i genitori presenti, i quali cominciavano a non tollerare più quell’attesa inutile e melodrammatica.
 Stringendo i pugni lungo i fianchi e attirando l’attenzione di Boa che lo osservava preoccupata, Drag aprì la bocca per parlare ma fu interrotto dal professore che si decise finalmente a prendere parola.
-Avete copiato- sentenziò, picchiando i fogli che teneva in mano contro l’altro palmo -Tutti voi, eccetto Blackleg della cui presenza nemmeno mi capacito, avete copiato ogni singola terza prova o compito in classe svolto dall’inizio dell’anno-
I quattro ragazzi si guardarono tra loro increduli, prima di riportare gli occhi sul professore.
-Ma non è affatto vero!- protestò Usopp per poi tapparsi la bocca appena Vergo si girò a fulminarlo truce.
-Non provate a negarlo, ho controllato ogni singolo compito in classe ed è evidente che non una sola di queste sufficienze l’avete ottenuta con farina del vostro sacco-
-Che cosa?!- intervenne Zoro, allargando le braccia, il busto piegato in avanti -E le interrogazioni allora?!-
-Non parliamo di interrogazioni Mihawk-
-Questo è assurdo!-
-Il fratello verde ha ragione!- intervenne Franky con sguardo eloquente.
-A me importa poco di cosa è assurdo, queste risposte sono tutte uguali!-
-Perché studiamo insieme!- s’intromise di nuovo Usopp.
-Usopp ha ragione! Facciamo i gruppi studio da sempre! Diglielo Sanji!- gli diede manforte Rufy mentre Vergo trucidava i suoi allievi uno per uno.
-Non penserete di riuscire a fregare me, vero?-
-E lei non penserà di riuscire a fregare noi-
Gelo e silenzio calarono nell’aula mentre Vergo si voltava con spaventosa lentezza verso Zoro che lo fissava con aria di sfida e le braccia incrociate al petto.
Preside e genitori non parlavano, l’uno troppo impegnato a trattenere i propri movimenti intestinali, gli altri decisi a lasciare che i propri figli si difendessero da soli essendone perfettamente in grado.
-Come prego?-
Zoro si alzò in piedi, tremando si rabbia e frustrazione.
-Ci ha sempre odiati. Soprattutto me. E ora, a pochi giorni dall’inizio della maturità, si accorge per caso che abbiamo sempre copiato. A me sembra una scusa bella e buona-
-Mihawk non osare mettere in dubbio la mia etica professionale…-
-Non ce l’ha mai avuta un’etica!- sibilò Zoro, al limite della sopportazione.
Vergo soffiò dal naso, avanzando minaccioso verso il ragazzo.
-Ma io ti…-
Uno spostamento d’aria, un’ondata di sandalo e il campo visivo di Zoro fu invaso da una lunga chioma mora e liscia come la seta che ondeggiava per il rapido movimento con cui Boa si era frapposta tra lui e l’insegnante, puntandogli contro un dito, furente.
-Non t’azzardare a minacciare mio figlio!- sibilò lasciando tutti esterrefatti.
L’ex modella sgranò gli occhi mentre, alle sue spalle, Drakul tratteneva il fiato e Zoro deglutiva a vuoto a quelle parole.
-‘Ccio! Non t’azzardare a minacciare il mio figlioccio!- si corresse, tornando ad assottigliare lo sguardo -Zoro si è sempre impegnato anche se non ha mai ottenuto chissà che voti, si è impegnato per finire la scuola e non sarà certo un professore frustrato a impedirgli di prendere il diploma!- proseguì incurante delle occhiate attonite dei presenti.
Rimasero tutti immobili in attesa della prossima mossa ma Vergo sembrava essere stato privato della capacità di parlare e fu Magellan a intervenire, dopo alcuni minuti.
-Beh sia come sia si tratta della parola del professore contro quella dei ragazzi e se c’è anche solo un ragionevole dubbio io non posso fare finta di niente- cominciò l’omone, provocando una salva di proteste sia da parte degli alunni che da parte dei genitori -Penso comunque che si possa trovare una soluzione. Il professore si è offerto di preparare una prova sommaria del programma di biologia di tutto quest’ultimo anno che i ragazzi potranno sostenere lunedì e, passando quella, avranno tranquillamente accesso alla maturità. Se è vero che hanno sempre studiato non sarà un ripasso a fermarli, giusto?-
I ragazzi si scambiarono occhiate sgranate e incredule.
-Sta dicendo che dobbiamo ripassare il programma di un anno in un weekend, fratello?- domandò Franky, così sconvolto da non realizzare che stava parlando con il preside.
Zoro, ancora immobile e in piedi dietro a Boa, strinse i pugni fino a sbiancare le nocche, scosso dai tremiti.
Dannazione era così ingiusto!
Quel bastardo, quel maledetto bastardo, voleva rovinargli la vita!
Proprio adesso, proprio adesso che finalmente il suo sogno stava per realizzarsi, proprio adesso che Usopp e Franky avevano saputo di essere stati presi alla Vegapunk!
Si voltò a guardare i proprio amici e sentì la determinazione montargli dentro.
No! Vergo non l’avrebbe avuta vinta! Non quella volta!
-E va bene!- esclamò, cogliendo tutti alla sprovvista -Facciamo questo dannato test, ma a una condizione- proseguì, fissando il preside senza paura.
 Magellan annuì, invitandolo a proseguire.
-Voglio il professor Kyros, la professoressa Scarlet, il professor Caesar e lei presenti quel giorno! E Vergo a parecchi metri lontano dall’aula!-
-Il professor Vergo- ringhiò tra i denti l’insegnante di biologia, non riuscendo a trattenersi ma ottenendo di farsi solo fulminare dall’allievo, prima che Zoro riportasse subito gli occhi sul preside, in attesa di una risposta.
Magellan rifletté qualche istante prima di dare il suo consenso e precedere tutti fuori dall’aula.
-Zoro ma sei impazzito?!- domandò Usopp agitato, accostandosi subito a lui nel corridoio -Non ce la faremo mai! È una follia!-
-Sì invece! Ce la faremo! Andremo alla casa al mare! Chiederemo agli altri di aiutarci, anche a Law e Robin e troveremo un modo per farcela e dimostrare che il solo a meritare una punizione qui è quel bastardo! C’è troppo in gioco ragazzi, ce la faremo!- disse, guardandoli uno a uno e incontrando poi il sorriso storto e incoraggiante di Sanji a sostenerlo in silenzio.
-Sai una cosa fratello?! Hai SUUUUUUUPER ragione!!!- esclamò Franky, mettendosi nella sua posa mentre dei passi frettolosi lo facevano voltare verso il fondo del corridoio, in tempo per vedere apparire Violet, Kaya e Nami, accorse lì e visibilmente preoccupate.
Fu un attimo, il tempo di incrociare le iridi caramello della sua migliore amica e Zoro sentì lo stomaco contrarsi e le labbra piegarsi in un ghigno sghembo.
Lei era lì, pronta a sostenerlo, pronta ad aiutarlo.
Non gli serviva altro.
-Sì, ce la faremo eccome- mormorò sottovoce, parlando con se stesso. 

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Capitolo 22
*** Miss Puck ***


-E quindi io perché non posso venire?!-
Zoro sollevò gli occhi sulla sorellina che, Kumachi sotto il braccio lo osservava seduta sul letto fare la sacca per quei tre giorni di simil-vacanza alla casa al mare dei Donquijote.
Zio Dofla aveva dato il suo immediato benestare, sempre con quel suo modo un po’ inquietante e ambiguo che faceva venire il dubbio che prima o poi si sarebbe fatto ripagare il favore con gli interessi, ma Zoro non aveva tempo di preoccuparsi per quello.
Doveva restare concentrato sul proprio obbiettivo, doveva farsi bastare tre giorni per dimostrare a Magellan che era innocente, che tutti e quattro lo erano.
Tre giorni per non bruciarsi l’occasione della vita.
Ci sarebbe stata la sua compagnia al completo con l’aggiunta dei suoi fratelli maggiori, Pen e Margaret, tutti pronti ad aiutarli a trovare un modo per immagazzinare una spropositata quantità di informazioni e usarle di lì a tre giorni per salvarsi il deretano da una bocciatura proprio all’ultimo anno.
Ripose con cura il costume da surfista nella sacca, ignorando la voce interiore che gli ripeteva che di tempo per farsi il bagno non ce ne sarebbe stato, prima di chiudere la zip e dedicarsi completamente a Perona ancora in attesa.
-Te l’ho detto pulce, andiamo là per studiare!- le spiegò ancora, facendola imbronciare con poca convinzione.
-Ma Robin e Law hanno detto che per un po’ non avrebbero più dovuto studiare!- protestò la piccola mentre Zoro si accovacciava davanti a lei.
-Ma loro vengono per aiutarci-
-E io non vi posso aiutare?!- domandò speranzosa, sgranando gli occhioni scuri.
Dannazione, no!
Gli occhi da cucciolo abbandonato no!
Si sentiva una schifezza quando Perona lo guardava così!
Pensò febbrile a qualcosa da dire per convincerla che restare a Raftel era molto meglio e deglutì a vuoto, non riuscendo a credere a ciò che stava per dire.
-Ma se vieni con noi non potrai giocare con Ace per tutto il fine settimana- le fece notare e sentì la faccia contrarsi in una smorfia nel vedere gli occhi della sorellina illuminarsi a quella prospettiva.
Aveva ragione Nami, Perona era cotta marcia dell’amichetto e un moto di gelosia omicida gli scorse nelle vene, mandandolo per un attimo in tilt.
Scosse la testa per tornare in sé mentre Perona affermava che dopotutto potevano farcela anche senza di lei.
-Tanto ci pensa Nami a te!- affermò con sguardo saputo, cogliendolo alla sprovvista per un attimo, prima che le labbra si piegassero in un ghigno sghembo.
-Sì, infatti. Per fortuna c’è lei- mormorò quasi più a se stesso, distraendosi nel pensare alla mocciosa.
Si impose di recuperare lucidità e, quando la rimise a fuoco, Perona lo osservava con il capino piegato di lato e uno sguardo fin troppo riflessivo.
Zoro provò una strana sensazione, come se stesse per succedere qualcosa di importante, e si affrettò a prendere fiato per dirle che doveva andare quando la piccola lo precedette suo malgrado.
-Non vi lascerete, vero, quando Nami andrà via?- chiese con disarmante semplicità, lasciandolo interdetto.
Sbatté le palpebre due o tre volte, incredulo.
-Perona… io e Nami non stiamo insieme…- le disse, cauto, facendole aggrottare le sopracciglia.
-Ma tu e Nami state sempre insieme!-
-Sì ma non in quel modo…- fece per spiegarsi ma la sorellina non lo ascoltava più.
-E quando c’è lei tu sei sempre felice e lei ti fissa sempre e quando la guardi sorride e poi vi dite sempre tutto no?!-
Zoro deglutì a vuoto mentre annuiva piano.
-Beh e allora perché no visto che sei innamorato di lei?!-
Il verde sgranò gli occhi sconvolto a quelle parole, mentre il cuore prendeva a battergli all’impazzata e il sangue gli pulsava nelle orecchie.
Lui…
 Lui era…
Sbatté rapido le palpebre, ripensando a tutte le insinuazioni fatte negli ultimi mesi dai propri amici a cui non aveva dato peso, la gelosia nei confronti di Nami, la rabbia nel sapere che sarebbe partita, il dolore all’idea di averla persa.
Possibile?!
Possibile mai che gli servisse solo qualcuno che glielo dicesse chiaro, tondo e ad alta voce?!
-Perona?!?! È arrivato Ace!!!-
La voce di Boa li raggiunse, riscuotendo Zoro appena in tempo per ricevere un bacio sulla punta del naso dalla sorellina, che schizzò via in un lampo rosa, augurandogli un buon fine settimana, lasciandolo lì ancora interdetto.
-Porco Roger…- mormorò, passandosi una mano tra le ciocche verdi, rischiando di finire chiappe a terra e sollevando lo sguardo perso, alla ricerca di nemmeno lui sapeva cosa.
Trasalì nel riconoscere un paio di pantaloni fino troppo famigliari e risalì lentamente con gli occhi, fino a incrociare il viso ghignante di suo fratello che, appoggiato con nonchalanche alla porta aveva sentito se non tutto, di sicuro abbastanza.
Lo guardò boccheggiando, domandagli aiuto con gli occhi.
Non era affatto bravo quando si parlava di sentimenti, dannazione!
-Noi saremmo pronti a partire, se riesci a calmarti- gli disse, visibilmente divertito.
-Law… io… i-insomma…-
-Oh non preoccuparti- lo interruppe -Devi solo abituarti all’idea. E comunque…- aggiunse senza smettere di ghignare e staccandosi dallo stipite -… era anche ora-
 

§
 
 
Seduto al posto del passeggero osservava truce i tre seduti dietro che continuavano a chiedergli cosa avesse da dieci minuti buoni.
O meglio Pen continuava a chiederglielo e Margaret e Robin lo scrutavano curiose.
Si passò una mano sul volto mentre suo fratello gli lanciava un’occhiata di striscio senza distrarsi dalla guida.
Chi glielo aveva fatto fare di andare con loro?!
Ma la casa andava aperta e areata prima dell’arrivo di tutti gli altri e non poteva pretendere che ci pensassero i suoi fratelli senza aiutare.
-Ci sono! Non trovi più le spade!- esclamò Pen, puntando l’indice verso di lui e portando Law oltre il suo limite di sopportazione.
-Perona gli ha aperto gli occhi su quello che prova per Nami, va bene?!- si decise a parlare il moro, guadagnandosi un’occhiata prima indignata e poi omicida dal fratello.
Un momentaneo silenzio calò nella macchina prima che Pen tornasse ad appoggiarsi al sedile, incrociando le braccia al petto.
-Tutto qui?!- domandò, quasi deluso.
-Come sarebbe tutto qui?!- si girò di scatto il ragazzo, facendo sorridere serafica Robin.
Pen si strinse nelle spalle.
-Io lo so da una vita- gli disse -Ed era ora che te ne accorgessi anche tu!-
Zoro aprì la bocca per ribattere, incredulo e indignato.
-Non ha tutti i torti, Zoro- intervenne Robin, sempre ragionevole -Anche Margaret se n’è accorta subito- disse, indicando l’amica seduta in mezzo, che subito si strinse nelle spalle.
-Beh ma è evidente! Sono fatti per stare insieme!- disse la ragazza, senza esitazione.
-Vero?! Io lo dico da sempre!- le diede manforte Pen.
-Ma sì, è il modo in cui si guardano e si cercano!-
-E poi si capiscono senza nemmeno parlare!-
-Magari questo weekend capita al momento giusto!-
-Potremmo trovare il modo di farli dormire insieme…-
-Ehi scusate io sono ancora qui!!!- esclamò esasperato il verde, ormai al limite dell’incredulità, facendo arrestare i tre che si voltarono a guardarlo.
-Guarda che vogliamo solo aiutarti- protestò Pen, sollevando un sopracciglio.
-Beh grazie, faccio da solo!- ribatté tornando a voltarsi e trovandosi addosso lo sguardo di Law che sogghignava al colmo del divertimento.
Incrociò le braccia al petto, alzando la musica per impedire ai propri compagni di viaggio di parlare ancora durante il tragitto che passò più rapidamente di quanto avrebbe pensato.
Arrivarono presto in vista della casa la mare e Law non fece in tempo a spegnere il motore che Pen aveva già sfilato le scarpe e si era già precipitato giù dall’auto per immergere i piedi nella sabbia, seguito con più calma da Robin e Margaret.
Zoro attese qualche istante, prendendo un profondo respiro prima di decidersi a scendere dalla vettura, ancora scosso da quella rivelazione che ormai gli aveva annodato lo stomaco in modo permanente.
Tirò la maniglia verso di sé, sbloccando la portiera ma la voce di Law lo fece bloccare e voltare.
-Zoro?!-
Si girò a guardarlo, interrogativo.
-Hanno ragione loro. È la tua occasione. Se ci tieni davvero a lei, tira fuori le palle e non fare stronzate di cui ti potresti pentire- gli disse, serio come non mai.
Zoro sgranò gli occhi, sorpreso da quel consiglio non richiesto, espresso con parole che raramente gli aveva sentito usare.
Non era da Law esprimersi così, non era da Law comportarsi così in generale ma Zoro sapeva che per evitargli una sofferenza sarebbe stato pronto a tutto.
Ghignò sghembo e annuì, dopo pochi istanti, ottenendo la stessa reazione dal fratello, che si accinse poi a scendere dalla macchina.
-Law?!-
Fu il torno del moro di bloccarsi e voltarsi interrogativo.
Zoro sollevò il braccio porgendogli la mano.
-Grazie-
Law allargò il ghigno, afferrando la mano al fratello e stringendola appena in un gesto goliardico prima di scendere dall’auto e lasciarlo da solo a raccogliere tutto il suo coraggio, prima di scendere dalla macchina, caricarsi il borsone sulla spalla e prepararsi ad affrontare quello che poteva potenzialmente rivelarsi il più importante weekend della sua vita.
 

§
 
 
-Non ho molto sonno in realtà!- affermò la piccola, il capino piegato di lato, osservando suo padre seduto sul letto accanto a lei.
-Ma sono le dieci e mezza Perona e anche se la scuola è finita sei stata sveglia anche più del solito. Tu mettiti sotto e vedrai che il sonno poi arriva- le disse paziente Drakul, stampandole un bacio in fronte.
Boa, appoggiata allo stipite, sorrise affettuosa considerando quanto le cose fossero cambiate in quei pochi mesi.
Il fatto che Zoro fosse ormai all’ultimo anno, la confessione di Robin e il ritorno di Law avevano permesso all’uomo di rilassarsi e tornare a essere lo spensierato ventenne che lei aveva conosciuto, meno freddo e più affettuoso, soprattutto nei confronti della sua bambina.
Era stato un anno speciale sotto molti punti di vista ed era immensamente grata di essere stata così presente nella vita dei Mihawk proprio in quel periodo.
Si perse a osservare il suo ex compagno di classe, intento ora a fare il solletico a Perona che rideva felice, sgambettando sotto le lenzuola.
Le era mancato, quel Drag, quello sempre pronto a mettersi in gioco, quello che guardava sì le responsabilità ma anche il divertimento, quello pronto a introdursi in aula professori per rubare i compiti in classe e conoscere in anticipo le domande.
Quel Drag da cui Law aveva preso tutto l’aspetto e Zoro tutto il carattere.
Quel Drag a cui sarebbe sempre stata accanto, qualunque cosa lei avesse rappresentato per lui.
-…una cosa?!-
Il tono ascendente di Perona attirò la sua attenzione, facendola concentrare sulla bambina e sulla domanda che stava per fare al padre.
Si sistemò meglio contro la porta, pronta a godersi lo spettacolo di Drag che rispondeva alle scomode domande di sua figlia.
-Dimmi- la invitò il moro, concentrandosi a sua volta.
-Perché tu e Boa non vi baciate mai?!- chiese con candore.
Un’improvvisa ondata di calore attraversò l’ex modella da capo a piedi, imporporandole le guance, mentre le sue iridi sbiancavano appena e Drakul si irrigidiva sul letto.
-Vi comportate proprio come zio Shanks e zia Makino ma loro si baciano sempre- proseguì indefessa e sincera, inconsapevole delle implicazioni della propria domanda.
Boa vide Drag gonfiare il petto per rispondere e una strana fastidiosa sensazione si impadronì di lei mentre gli angoli degli occhi prendevano a pizzicarle e l’aria le veniva a mancare.
-Beh ecco… io… n-noi…-
Uscì veloce dalla stanza, dirigendosi in salotto e camminando avanti e indietro un paio di volte, fermandosi al centro della stanza con una mano sul fianco e l’altra a stringere il ponte del naso.
Oh andiamo! Era ridicolo!
Quando mai aveva pianto per quello?!
Mai!
Eppure… Eppure non voleva stare ad ascoltare Drag  che spiegava a Perona che erano buoni amici, anzi ottimi amici, quasi fratello e sorella ma che lui amava ancora e avrebbe sempre amato Olivia.
Si sentiva egoista e meschina ma non ce la faceva.
Aveva voluto bene a Olivia, le mancava da morire, certe notti ancora piangeva per il semplice fatto di non poterle telefonare al solo scopo di fare quattro chiacchiere insieme a lei e Makino.
Ma improvvisamente si era reso conto di essersi crogiolata per mesi nell’illusione di poter prendere il suo posto in quella casa e nel cuore di Drag e questo la faceva sentire egoista e meschina.
Ma per quanto egoista e meschina stava anche male perché non era un semplice capriccio il suo.
Quando mai aveva pianto per quello?!
Mai!
Mai aveva pianto per amore. Ma stava per farlo in quel momento e la piena consapevolezza di quello che sentiva davvero per l’amico la colpì peggio di un uragano, facendola vacillare.
Quasi in panico si affrettò a infilarsi i sandali e recuperare la sua giacca e la sua borsa, pronta a lasciare quella casa, senza sapere quando avrebbe trovato la forza di tornarci, sentendosi anche peggio per il fatto di stare già rinnegando ciò che si era ripromessa pochi istanti prima.
Si avviò decisa all’ingresso e aveva già una mano sulla maniglia quando una presa decisa sul polso la fece bloccare e voltare, gli occhi blu sgranati e umidi.
-Drag…- lo chiamò, fremendo poi sotto il suo sguardo determinato e intenso, capace di trapassarla da parte a parte.
S’impose di sorridere, per quanto forzatamente, parlando nervosa.
-Io è meglio se… se vado… Perona è chiaramente confusa forse… abbiamo esagerato e…-
-Perona non è affatto confusa, Boa. Qui gli unici ad essere confusi eravamo io e te. E per quel che mi riguarda non è più così-
Boa trattenne il fiato, tornando seria, cercando di decifrare meglio quelle parole.
-Ha ragione lei, lo sai vero?-
Si girò completamente mentre il cuore le batteva all’impazzata, senza riuscire a credere alle proprie orecchie.
Stava succedendo veramente?!
Da quanto cavolo lo desiderava?! Possibile non se ne fosse accorta prima di allora?!
Il respiro le si affannò ancora di più quando le mani di Drag si spostarono sui suoi fianchi, bloccandola con delicatezza contro la porta.
-Ha ragione lei… dovrei baciarti più spesso…- soffiò fermandosi a pochi centimetri dalle due labbra, lasciando decidere a lei se annullare la distanza tra loro oppure no.
Inspirò a pieni polmoni l’odore rassicurante di Drag e smise di pensare, mordendogli le labbra e chiudendo gli occhi per perdersi immediatamente in lui, spostando le mani a stringere i baveri della sua camicia con possessione mentre lui la stringeva più forte contro il suo torace continuando ad assaporarla.
Soffocò un gemito reclinando il capo all’indietro quando il moro si abbassò a marchiarle il collo e la gola e affondò una mano tra i suoi capelli scuri protestando debolmente.
-D-Drag… la… la bambina…-
-Si è già addormentata- rispose in un soffio prima di riprendere a baciarla e caricarsela in braccio senza una protesta, dirigendosi verso la camera da letto.
Da sei anni Drakul non stava con una donna. Da sei anni il suo corpo ancora tonico non si modellava su uno più morbido e formoso, da sei anni la sua bocca non assaporava la pelle di qualcun altro.
Da sei anni Drag non faceva l’amore.
E in quei sei anni gli sarebbe comunque stato impossibile, perché, se si era innamorato di nuovo, era stato del tutto inconsapevolmente, perché volendolo non ci sarebbe riuscito, perché solo Boa era stata capace di penetrare la sua corazza.
Non si sentiva in colpa, non poteva, perché quello che provava per la donna che stava accarezzando, che gemeva per i suoi baci, che ansimava sotto di lui, era amore allo stato puro.
Amava Boa con tutto se stesso, cuore, corpo e anima.
La amava come aveva amato Olivia, come in fondo al cuore avrebbe sempre amato Olivia.
La amava e basta.
E glielo disse soffiando al suo orecchio, mentre Boa si stringeva a lui, rispondendogli con le stesse parole mentre raggiungevano l’apice insieme.
Era merito di Perona, tutto merito di Perona che vedeva al di là delle assurde remore che solo un adulto è capace di farsi. Di Perona che non aveva problemi a parlare e dire ciò che pensava. Di Perona che era lì solo grazie a Olivia.
Era merito di Perona se ora il cuore di suo padre aveva finalmente trovato un nuovo petto dove stare al sicuro.
Petto che continuò a muoversi affannato per l’amplesso, mentre Boa si sdraiava sul suo torace, lasciandosi coccolare fino ad addormentarsi felice tra le braccia dell’uomo che aveva scoperto di amare.
Tra le braccia dell’uomo con cui, il giorno seguente, avrebbe iniziato la sua nuova vita. 





Angolo dell'autrice: 
Ciao ragazzi! 
Innazitutto vorrei ringraziarvi per la vostra costante presenza e per tutto il sostegno! Siete splendidi davvero! 
Ora, aspettavo questo capitolo da un po' per potervi spiegare.
Qualcuno forse lo aveva già intuito, gli altri di certo vivevano bene anche senza saperlo ma insomma un titolo è la copertina di una storia ed è giusto spiegarlo! 
Non so se conoscete "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare ma Puck è un personaggio di quest'opera che io adoro profondamente! E Puck nell'opera in questione fa dei gran macelli mettendo sugli occhi dei quattro protagonisti il succo di un fiore che fa innamorare della prima persona che si vede al risveglio, più di una volta per giunta! 
Ora, esistono varie interpretazioni, la più gettonata è che l'amore è effimero e facilmente condizionabile ma la mia preferita è un'altra e cioè che a volte basta qualcuno che ci apra gli occhi per capire ciò che proviamo davvero e quanto è facile assecondare i nostri sentimenti. 
E quindi ecco a voi la piccola Miss Puck della situazione, Perona che ha l'innocenza dei bambini e vede tutto con semplicità. Perchè lo siamo stati tutti e io ricorderò sempre con affetto la spontaneità di quando ero piccola e la semplicità con cui credevo tutto si potesse risolvere e a cui in fondo in fondo credo ancora. 
Grazie mille ancora per tutto! 
Ci risentiamo all'ultimo capitolo! 
Un bacio grande! 
Piper. 


 
 

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Capitolo 23
*** Sogni rivelatori ***


Portò un braccio a coprirsi gli occhi respirando a fondo.
Era sfinito, esausto, prosciugato.
Il ripasso a tappeto in appena due giorni li aveva devastati tutti, non solo i quattro che dovevano sostenere l’esame l’indomani.
Nami e Robin avevano organizzato splendidamente tutto il ripasso, dividendo il programma completo in due blocchi e usando un metodo eccezionale per la memorizzazione delle informazioni più essenziali.
Pen, Margaret e Law erano stati di aiuto più che altro come sostegno morale e in fondo era stato un bel weekend. Avevano ripassato mentre se ne stavano a mollo nella piscina scoperta sul retro della casa, a cena si erano divertiti come matti e vedere i propri fratelli così felici e innamorati era stato un toccasana per il verde.
Sospirò di nuovo, mentre si scompigliava le ciocche color menta.
Anche lui voleva sentirsi così, così in pace e completo, così al sicuro.
Ora sapeva come fare ma la sfiga aveva voluto che non ci fosse neppure mezza occasione in tutto il fine settimana e adesso, anziché essere tra le braccia Nami, come smaniava da quando Perona gli aveva aperto gli occhi, era sdraiato sulla sua amaca in mezzo al resto dei suoi amici che russava in modo indecente.
Facevano sempre così quando andavano al mare tutti insieme. La casa era grande ma non immensa e così i ragazzi montavano le amache in salotto e dormivano lì, mentre le ragazze si dividevano le camere al piano superiore e inferiore.
Avevano adottato quel sistema anche quella volta e all’appello mancavano solo Rufy e Law che avevano deciso di approfittarne per godersi un po’ di tempo con le rispettive donne. Zoro puntò gli occhi al soffitto, oltre il quale si trovava Nami, insieme a Kaya e Violet, e desiderò ardentemente essere con lei.
Si sentiva anche un po’ patetico, a dirla tutta, ma che gliene importava?!
Che problema c’era se desiderava vederla, abbracciarla, respirarla?! Baciare i suoi capelli e perdersi nei suoi occhi, assaggiarla e marchiarla ovunque con la propria bocca?!
Che problema c’era se aveva così tanta voglia di sentire la sua voce pronunciare il suo nome?!
-Zoro?!-
Sgranò gli occhi, rimanendo immobile qualche istante prima di girarsi, rischiando di ribaltare l’amaca, e deglutì a vuoto quando se la ritrovò davanti in tenuta notturna.
Se possibile, era ancora più bella così, con addosso solo i pantaloncini di stoffa, una canotta con su un mandarino, i capelli scarmigliati e gli occhi pieni di sonno.
Sì, era assolutamente bellissima.
-M-Mocciosa…- la chiamò, deglutendo ancora -Che succede?!-
-Non riesco a dormire, disse, avvicinandosi ancora, camminando a piedi scalzi sul parquet -Rufy è peggio di una banda di tromboni. Violet e Kaya sono scese mezz’ora fa e neanche io resisto più-
Zoro si accigliò girandosi un attimo e notando solo in quel momento che in effetti Sanji e Usopp non erano più soli sulle loro amache e dormivano beati e sereni con le proprie fidanzate tra le braccia.
Com’è che non se n’era neanche accorto?!
Scuotendo appena il capo, tornò a voltarsi verso la rossa e lo stomaco gli fece un’altra capriola.
-Non so se qui ti va meglio sai?- la informò -Anche Franky non scherza! Ma se vuoi non ci sono problemi, ti lascio l’amaca e salgo io- disse, cominciando già a muoversi per scendere senza ribaltarsi.
-Veramente…- si affrettò a ribattere la ragazza, annullando qualsiasi distanza tra lei e il giaciglio sospeso e inondandolo con il suo aroma al mandarino -…Io volevo dormire con te- ammise, diventando bordeaux e abbassando gli occhi a terra, lasciando Zoro interdetto e a bocca aperta -Franky sarà un bel soggetto anche lui ma con te mi rilasso e… poi nessuno è peggio di Rufy- proseguì abbassando anche la voce.
Zoro rimase a fissarla a occhi sgranati e senza parole per alcuni lunghi istanti, considerando quanto fosse assolutamente meravigliosa così imbarazzata e con le guance arrossate, prima di aprirsi in un ghigno sghembo e sistemarsi sull’amaca per farla salire.
-Vieni qui dai- le sussurrò, facendole sollevare la testa di scatto, dapprima incredula e poi felice come non mai.
Con qualche difficoltà l’aiutò a salire sul pezzo di stoffa teso, posizionandosi poi per prenderla tra le braccia.
Non c’era altro modo di dormire in due sull’amaca, se non uno sull’altro, e Zoro trattenne il fiato mentre il cuore accelerava all’inverosimile quando Nami si addossò al suo petto, incastrando la testa nell’incavo del suo collo.
S’impose di rilassarsi, mentre stringeva un braccio intorno alla sua vita e un fremito lo percorse quando sentì il respiro caldo di Nami sul collo.
Per un attimo si chiese se per caso fosse morto e finito in paradiso.
La sentì mugugnare appena dopo pochi minuti di silenzio, la voce già impastata dal sonno.
-Grazie Zoro…-
Zoro sorrise, chinando il capo per baciarla tra i capelli, proprio mentre la rossa si abbandonava al sonno e tra le sue braccia, chiudendo gli occhi e lasciando andare un profondo respiro.
-Dormi…- sussurrò, facendola sprofondare del tutto -Dormi, amore mio-
 
§
 
Aprì gli occhi infastidito dal caldo e da uno strano peso addosso.
Dannazione, quella notte non riusciva proprio a dormire più di due ore a fila!
Rimase in ascolto mentre si svegliava del tutto, registrando il russare e il respirare grosso dei propri amici tutti intorno a lui, non riuscendo a spiegarsi da dove arrivasse quel suono così vicino, quasi un mugugno acuto.
Fece per sollevarsi con la schiena ed indagare e solo in quel momento si rese conto di avere qualcuno addosso.
Di avere Nami addosso.
Si ricordò di cosa era successo poche ore prima e portò pollice e indice a strofinarsi gli occhi mentre con l’altro palmo accarezzava la schiena dell’amica, rilassandosi all’istante per il semplice fatto di averla tra le braccia e sul proprio petto.
Era una sensazione semplicemente divina.
La sentì muoversi e agitarsi appena, girando il capo e tenendo la fronte appoggiata al lato del suo collo, continuando a mugugnare e biascicare nel sonno.
 Zoro sorrise, protettivo, e ridacchiò sottovoce, considerando quanto somigliasse a Rufy non fosse che diceva cose diverse da “ho fame”.
-Ma smettila…- rise nel sonno, gli occhi costantemente sigillati, scaldandogli il cuore -Non è vero…-
Chissà cosa stava sognando?!
Avrebbe pagato il suo peso in oro per saperlo e, forse, se glielo avesse proposto, Nami avrebbe anche accettato di raccontargli tutto in effetti.
La sentì muoversi ancora, girandosi un altro po’, stringendosi di più al suo costato e portando una mano a lato del suo collo mentre un lieve sorriso le increspava le labbra carnose.
-Mmmmmh… anch’io… anche io ti amo… Zoro…-
Sgranò gli occhi puntati al soffitto, mentre il cuore gli si fermava un istante e riprendeva al doppio della velocità.
Cosa aveva detto?!
Senza riuscire a capacitarsi di ciò che aveva appena sentito, Zoro girò il capo a guardarla, trovandola meravigliosamente rilassata e felice tra le sue braccia, le labbra ancora sorridenti.
Oh santo… Oh santissimo Roger!!!
Sì, era vero, stava dormendo però…
Però lo aveva detto!
Lo aveva detto eccome!
Piegò il braccio libero dallo stringerla per stenderlo in aria in un gesto di esultanza repressa per non svegliare nessuno ma non riuscì a calibrare la forza.
Il movimento diede una spinta oscillatoria all’amaca che rollò giusto un paio di volte prima di ribaltarsi del tutto e farli schiantare sul pavimento.
Zoro fece appena in tempo a muoversi per mantenere Nami sopra di lui, ringraziando di avere l’amaca al secondo livello e di avere avuto così più tempo per ribaltare le loro posizioni un attimo prima di imprecare tra i denti per il colpo alla schiena.
Nami spalancò gli occhi terrorizzata, stringendo la maglia bianca di Zoro mentre si sollevava dal suo petto per metà per capire cosa fosse successo.
-Zoro?!- lo chiamò preoccupata nel vederlo con i denti stretti e la mascella indurita.
-Sto bene mocciosa! Sto bene!- la rassicurò, mentre il dolore scemava e lui riusciva a concentrarsi su di lei, sentendo il cuore accelerare di nuovo e ritrovandosi a sorridere come non mai prima.
Portò una mano a palmo pieno sulla sua guancia, guardandola così intensamente da farla fremere.
Ma che gli prendeva?!
-Stavi facendo un bel sogno?!- chiese sorridendo ancora di più e facendola sobbalzare e arrossire. 
-Zoro cosa…- cominciò ma le parole le morirono in gola quando Zoro se l’avvicinò per baciarla, con trasporto e passione.
Nami sgranò gli occhi sconvolta da quel gesto, prima di arrendersi immediatamente e chiudere gli occhi, abbandonandosi tra le braccia di Zoro.
Non poteva credere a quello che stava succedendo, non poteva credere che la lingua di Zoro stesse accarezzando il suo palato mandandola completamente in tilt.
Da settimane ormai desiderava ardentemente di scoprire che sapore avesse Zoro, di affondare le dita nei suoi capelli, di perdersi nel suo calore e abbandonarsi alle sue carezze.
Ed era così bello da non sembrarle neanche vero, da chiedersi se non stesse ancora sognando ma fu bruscamente riportata alla realtà quando il ragazzo si staccò da lei, lasciandola con le labbra umide e gonfie di piacere e gli occhi socchiusi e comatosi.
Inspirò il suo odore alcolico a pieni polmoni prima di spalancare completamente gli occhi e trattenere il fiato nel sentire le parole di Zoro.
-Ti amo Nami-
Sbatté le palpebre un paio di volte, mentre le labbra le si increspavano in un sorriso incredulo e si perdeva nei suoi occhi.
Il cuore le batteva all’impazzata e lo stomaco le stava facendo le capriole mentre si gettava su di lui e riprendeva a baciarlo tra le risate.
-Oh Zoro!!!- esclamò soffocando la propria felicità sul suo collo, prima di cercarlo con gli occhi che luccicavano di felicità.
Com’era possibile che fosse successo?!
Come?!
Proprio quella sera in cui aveva sognato di…
Sentì il viso andarle a fuoco nel realizzare che doveva avere parlato nel sonno, dichiarandosi senza filtri o imbarazzo, pagandolo al doppio del prezzo in quel momento, ma trovando subito la mano e il sorriso di Zoro a rassicurarla.
In fondo era meglio che fosse andata così. Lei ancora non aveva realizzato appieno di provare una cosa del genere per il ragazzino che conosceva dall’asilo e se avesse aspettato lui…
Tornò a baciarlo, perdendo imbarazzo e inibizione a ogni tocco, sentendo il calore crescere in lei e aderendo sempre più al suo corpo scolpito, smaniando per fondersi con lui.
Mugugnò di fastidio quando lo sentì fare forza per separarsi da lei e lo fissò accigliata e infastidita, sentendo però subito il cuore saltare i battiti quando vide la luce che gli accendeva lo sguardo.
-Non vorrei che qualcuno si svegliasse…- soffiò stringendo di più la presa sui suoi fianchi.
Non seppe nemmeno lei come successe.
Come si ritrovò da sdraiata sul suo petto ad ancorata alla sua vita con le gambe, continuando a marchiarlo ovunque mentre Zoro si spostava per la casa, sicuro di sé, faticando a tenere gli occhi aperti per il piacere che i baci di Nami gli stavano provocando.
Non si accorse quasi dell’acqua che le lambiva la pelle ora nuda, mentre Zoro entrava nella piscina tenendosela addosso.
Ma si accorse fin troppo bene del piacere provocatole dall’essere una cosa sola con lui, dalle sue spinte decise, dai suoi gemiti nelle orecchie, dal sentirlo incastrato dentro di sé, senza che il preservativo togliesse nemmeno una particella di godimento al loro amplesso.
Soffocò il proprio piacere sulla pelle umida di Zoro mentre lui l’accarezzava a mani piene, portando l’acqua fino sulle sue spalle sudate, amandola nel silenzio della casa, con solo il frinire dei grilli e gli ansiti di Nami a fare da colonna sonora  a un sogno che diventava realtà.
E mentre si univa a lei, alla ragazza che aveva capito di amare da sempre, facendola sua, sua e sua soltanto, Zoro comprese che nulla, nessuna distanza, nessun ostacolo, avrebbe mai potuto separarli. 






Angolo dell'autrice
Ciao ragazzi!!!! 
Sono qui solo per avvisarmi, siccome più di uno l'ha pensato, che questo non è l'ultimo capitolo. E per ringraziarvi sempre di cuore, naturalmente. 
Un bacione! 
Piper. 





 

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Capitolo 24
*** Angeli ***




[The A-team - Ed Sheeran]



Portò il busto in avanti, posando gli avambracci sulle cosce e intrecciando le dita tra loro, mentre prendeva un profondo respiro.
Da una vita non andava più lì e non sapeva bene da dove iniziare.
Si passò pollice e indice sugli occhi, prima di voltarsi verso la quercia secolare accanto alla panchina e muoversi appena un po’ a disagio.
 
White lips, pale face
Breathing in snowflakes
Burnt lungs, sour taste
 
-Lo so, lo so è da un sacco che non mi faccio più vedere- cominciò, battendo il tallone a terra -Ma ho avuto da studiare e…-
Si bloccò, riappoggiandosi allo schienale e sospirando.
 
Light's gone, day's end
Struggling to pay rent
Long nights, strange men
 
-Okay non ho scuse. Lo ammetto- mormorò, prima di perdere lo sguardo sul parco dell’Upper Yard illuminato dalla bella giornata di sole che aveva inaugurato il mese di luglio. Un ghigno sghembo gli increspò appena le labbra
 
And they say
She's in the Class A Team
Stuck in her daydream
Been this way since eighteen
But lately her face seems
Slowly sinking, wasting
Crumbling like pastries
And they scream
The worst things in life come free to us
 
-Non è cambiato niente eh?! Da quando ci portavi qui a giocare è rimasto tutto come prima- considerò mentre il vento portava le lontane risate dei bambini, dalla zona giochi fino alle sue orecchie.
Sì, era una vita che Law non andava più all’Upper Yard, che non si sedeva su quella panchina, che non si avvicinava a quella quercia.
Olivia, coerente con il suo spirito libero, non aveva voluto una normale sepoltura.
Aveva chiesto che le sue ceneri venissero sparse ai piedi di quel maestoso albero, all’ombra del quale aveva passato tanti pomeriggi, a studiare, a innamorarsi, a giocare con i suoi bambini.
 
'Cause we're just under the upper hand
And go mad for a couple grams
And she don't want to go outside tonight
And in a pipe she flies to the Motherland
Or sells love to another man
It's too cold outside
For angels to fly
Angels to fly
 
Lo stesso albero all’ombra del quale era stata scattata quella famosa foto che ritraeva Law tanto felice, seduto proprio su quella panchina.
Law sollevò il braccio, posando il gomito sullo schienale dietro di sé.
-Ho un po’ di novità da raccontarti- riprese, girandosi verso il massiccio tronco, mentre riordinava i pensieri -Parto da Robin perché è davvero la più incredibile. Tu non ci crederai mai, ma sta con Rufy. Cioè ti rendi conto?! Proprio quel Rufy! Però sai sembra davvero felice. Insomma lui alla fine è un bravo ragazzo, un po’ fuori di testa ma mi fido di lui. Pensa che va avanti dall’estate scorsa! Noi ci eravamo accorti che qualcosa non andava, io più che altro e poi anche papà dopo che gliel’ho fatto notare ma insomma… Certo tu lo avresti capito in cinque secondi lo so-
Chinò il capo all’indietro, perdendo per un attimo gli occhi nel cielo terso.
 
Ripped gloves, raincoat
Tried to swim and stay afloat
Dry house, wet clothes
 
-Zoro invece si è finalmente reso conto di essere innamorato di Nami. Ha rischiato di non accedere alla maturità ma tutto per colpa di Vergo e gliel’ha fatta vedere! Saresti davvero fiera di lui! Adesso sono alla casa al mare e indovina… Lo hanno preso nella squadra nazionale di kendo e poi non dirmi che tu non c’entri niente! Che Kuraigana è a venti minuti da Kamabakka e i due piccioncini stanno già cercando un appartamento insieme-
 
Loose change, bank notes
Weary-eyed, dry throat
Call girl, no phone
 
Scosse la testa divertito nel ripensare al fratello e al suo sguardo perennemente perso e innamorato.
Era davvero una causa persa.
-Anche papà sta bene…- si fermò tornando a piegarsi in avanti e studiandosi un attimo le nocche tatuate.
 
And they say
She's in the Class A Team
Stuck in her daydream
Been this way since eighteen
But lately her face seems
Slowly sinking, wasting
Crumbling like pastries
And they scream
The worst things in life come free to us
 
-Sai lui… si è innamorato mamma. Di Boa. Ed è bello vederlo di nuovo così felice e lei è fantastica. Sono felici e sarà… davvero una brava mamma per Perona… davvero… anche se… Insomma lo sai no?! Nessuno potrà mai sostituirti- deglutì a vuoto, passandosi svelto le dita sugli occhi nel sentirne gli angoli pizzicare -Però lei è davvero molto… dolce… e Perona stravede per lei… Certo Perona vede del buono in tutti…- puntò gli occhi davanti a sé, inspirando a pieni polmoni e passandosi una mano tra i capelli.
 
'Cause we're just under the upper hand
And go mad for a couple grams
And she don't want to go outside tonight
And in a pipe she flies to the Motherland
Or sells love to another man
It's too cold outside
For angels to fly
An angel will die
Covered in white
Closed eye
And hoping for a better life
This time, we'll fade out tonight
Straight down the line
 
-È eccezionale mamma. Davvero eccezionale. Ti somiglia così tanto. È curiosa, dolce, sorridente. È la nostra colla. Hai visto… hai visto così giusto con lei…- sbuffò una mezza risata, colpito da un pensiero -Credo che abbia una cotta per un suo compagno di classe ma puoi stare tranquilla, li terremo d’occhio noi-
Si passò il palmo su tutto il viso, facendosi coraggio.
Ora che era riuscito ad arrivare fino a lì non poteva andarsene senza dirle la cosa più importante.
-Anche io sto bene sai?! Sto… davvero molto bene. Ho conosciuto una ragazza. Si chiama Margaret e studia per diventare erpetologa ed è… eccezionale. Ti ricordi quando mi hai raccontato cosa si prova la prima volta che ci si innamora?!- si soffermò un attimo su quel ricordo, rievocando le parole della madre nella sua mente -Lo ammetto, mamma, non pensavo fosse così bello. È proprio come dicevi tu-
Si voltò verso la quercia, assottigliando appena lo sguardo.
-Non so neppure perché te lo sto dicendo. Tanto lo so che c’è il tuo zampino anche in questo-
Tornò a ghignare, distendendo il viso.
-Grazie mamma. Grazie per averla mandata da me-
Si alzò in piedi, mettendo a fuoco Margaret che lo aspettava poco distante, godendosi il sole e che gli sorrise subito nel notare il suo sguardo su di sé, chinando appena il capo di lato.
Law infilò le mani in tasca, guardandosi le scarpe un po’ in difficoltà.
 
And they say
She's in the Class A Team
Stuck in her daydream
Been this way since eighteen
But lately her face seems
Slowly sinking, wasting
Crumbling like pastries
They scream
The worst things in life come free to us
 
-Ora devo andare…- si avvicinò alla quercia, togliendo una mano dai pantaloni e accarezzando il ruvido tronco con delicatezza -Ciao mamma… Ti voglio bene…- soffiò un po’ affaticato, prima di dirigersi verso la propria donna che lo aspettava, ora in piedi anche lei.
La raggiunse rapido, chinandosi a baciarla sulle labbra prima di passarle una mano intorno alla vita.
-Andiamo?!- gli domandò, facendolo annuire e agganciandolo a sua volta.
Si avviarono nel sole e nel caldo di quella splendida giornata estiva ma uno strano brivido attraversò la schiena di Margaret, facendola voltare accigliata, per poi trattenere il fiato e sgranare gli occhi incredula.
 
And we're all under the upper hand
 
Non era possibile!
Non poteva esserlo eppure…
 
Go mad for a couple grams
 
Eppure c’era una donna, appoggiata al tronco della quercia.
 
And we don't want to go outside tonight
 
Una donna identica a Robin, tranne che per il colore dei capelli, che sorrideva con la sua stessa seraficità e con affetto nella loro direzione.
 
And in a pipe we fly to the Motherland
Or sell love to another man
 
Una donna la cui postura era incredibilmente simile a quella di Law quando si appoggiava allo stipite della porta.
 
It's too cold outside
For angels to fly
 
Interdetta, Margaret la osservò allargare il sorriso, gli occhi cerulei che brillavano sereni a trasmetterle un muto messaggio.
Deglutì a fatica prima di annuire lentamente a Olivia, per dirle che sì, ci avrebbe pensato lei a Law.
 
Angels to fly
 
La guardò piegare appena il capo in un segno di ringraziamento prima di sparire dietro il tronco dell’albero e non riapparire più.

To fly, fly
 
-Margaret, tutto bene?!-
 
For angels to fly, to fly, to fly
 
Si girò di scatto verso di lui, che la osservava in apprensione, e si riscosse per rassicurarlo e tornare a sorridergli ancora più radiosa di prima mentre si avviavano per uscire dal parco, innamorati, felici e ignari dello sguardo di Olivia su di loro, che osservava suo figlio allontanarsi e affrontare di nuovo la vita.
Insieme all’angelo che lei gli aveva messo accanto.
 
For angels to die
 

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Capitolo 25
*** Giorni importanti ***


-Ragazzi vi manca molto?!?-
Uscì dalla sua camera, annodandosi per la quarta volta la cravatta, non riuscendo a celare l’agitazione, proprio mentre Law e Zoro uscivano a loro volta dalle loro camere, il moro intento ad appuntarsi un fiore all’occhiello e il verde chiaramente appena sveglio.
-È quasi ora di andare!- li avvisò Drag, continuando ad armeggiare con il pezzo di stoffa lungo e sottile, quasi fosse stato un serpente intenzionato a soffocarlo.
Law osservò il padre qualche istante, imprecare contro la cravatta, prima di avanzare deciso e finire di sistemargliela mentre lui protestava debolmente.
-Law, ce la faccio io…- la voce gli morì in gola mentre le dita rapide, esperte e tatuate del suo primogenito finivano di stringere il nodo impeccabile, lasciandolo un attimo interdetto -Grazie-  borbottò, sottovoce, grattandosi il retro del collo mentre i suoi figli ghignavano divertiti.
Law lo scrutò un momento, posandogli poi le mani sulle spalle e facendogli sollevare lo sguardo.
-Stai bene papà?!-
Mihawk lo fissò qualche attimo, prima di annuire, accennando un ghigno a sua volta.
Era bello riaverli di nuovo lì, soprattutto Zoro.
Era bello averli accanto in quel giorno così speciale e importante.
La chiave che girava nella toppa della porta del bagno li fece voltare tutti e tre in tempo per vedere Perona uscire, i capelli rosa sciolti sulle spalle e acconciati in morbidi boccoli, il vestito ciliegia e un trucco appena accennato, adatto ai suoi dodici anni.
Vagò con gli occhi scuri sul trio davanti a sé, prima di aprirsi in un radioso sorriso.
Anche per lei riavere lì Zoro per alcuni giorni era un regalo immenso.
Erano passati sei anni da quando si era trasferito a Kamabakka con Nami e, a differenza di Law, che viveva sì con Margaret ma sempre a Raftel, lo vedevano anche meno di quanto non fossero abituati con Robin durante l’università.
Anche la mora era tornata alle origini e viveva felice con Rufy, partendo di tanto in tanto per qualche spedizione ma lavorando soprattutto nei pressi della sua città natale.
A breve anche Zoro sarebbe tornato perché in pochi anni la sua carriera sarebbe volta al termine e il ragazzo aveva già espresso la sua intenzione di insegnare al dojo di suo padre, con già numerosissimi trofei annoverati tra le sue vittorie.
Anche Nami si stava facendo un nome nel campo della moda, aiutata da Boa, a cui aveva disegnato il vestito da sposa per quel giorno così importante.
A poca distanza da lì, lei, il resto degli invitati e Robin, sua damigella insieme a Makino, li aspettavano a breve per iniziare la cerimonia, officiata da Shanks.
Perona portò le mani ai fianchi, piegando il capo di lato, mentre i tre Mihawk la guardavano con sorrisi e sguardi affettuosi, considerando quanto stesse diventando bella e quanto sembrasse sulla buona strada per conservare per sempre la spontaneità e spensieratezza dei suoi sei anni.
-Allora Robin non c’è ed è ora di andare! Credo non sia il caso che mi dimentichiate qua stavolta!- affermò, facendo strabuzzare gli occhi a tutti e tre.
 

 
§
 

Camminava su e giù per la stanza, facendo frusciare lo strascico dello splendido abito bianco da sposa in pizzo che sottolineava il suo fisico ancora tonico e invidiabile, agitata e tesa.
Non che ci stesse ripensando.
Affatto.
Era la donna più felice del mondo, si sentiva così felice per quella proposta inattesa, così fortunata a poter stare accanto a Drag per il resto dei suoi giorni, a lui e ai suoi eccezionali figli.
No, di certo il motivo dell’agitazione di Boa non dipendeva dal suo imminente matrimonio. Il motivo della sua agitazione era ben più stupido e ridicolo e se ne rendeva conto da sé.
Il motivo della sua agitazione stava facendo l’ingresso in quel momento, con i suoi capelli rossi e il suo invidiabile sorriso sul volto.
-Shanks!- lo chiamò, avanzando verso di lui, il cuore in gola.
Il rosso la raggiunse, andandole incontro e posandole le mani sulle braccia nude, in una rassicurante carezza.
Quando Robin e Makino erano andate a cercarlo dicendo che la sposa aveva bisogna di parlargli si era preoccupato che Boa fosse in panico ma il fatto di vedere i suoi occhi brillare nonostante l’evidente agitazione gli avevano fatto tirare un sospiro di sollievo.
-Che succede?!- le domandò, affettuoso, senza smettere di sorridere.
Boa lo guardò seria, prendendo un profondo respiro.
-Devo parlarti…- cominciò.
Dannazione quanto era difficile!
Era ridicolo lo sapeva ma era una rivelazione che aveva sempre faticato a fare e di lì a neanche mezz’ora tutti gli invitati alla sua festa avrebbero saputo quel suo segreto che aveva rivelato solo a Zoro sei anni prima. Neppure Drag lo sapeva.
-Dimmi- la incoraggiò il rosso mentre Boa lo guardava fisso negli occhi prima di assumere un’espressione minacciosa.
Sollevò un braccio puntandogli contro l’indice e vibrando sul posto quasi fosse stata un serpente a sonagli.
-Se ridi me la paghi!-
Shanks sgranò appena gli occhi, divertito dal sentirsi catapultato indietro a quando erano ancora ragazzi da quello strano dialogo, prima di annuire solenne.
-Devo dirti il mio vero nome… il nome completo…- affermò facendogli trattenere il fiato.
Per anni aveva congetturato su quale potesse essere e non aveva proprio riflettuto sul fatto  che essere l’officiante della cerimonia gli desse un simile privilegio.
Strinse appena la presa, imponendosi serietà vista l’importanza del momento.
-Okay- mormorò restando poi in attesa, osservandola chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro.
-Boadicea. Il mio nome è Boadicea Hancock- affermò la donna, riaprendo gli occhi e puntandoli sull’amico mentre un denso silenzio calava nella stanza.
Si guardarono per un lungo attimo, mentre una strana sensazione si gonfiava al centro del petto di Shanks che si ritrovò a contrarre ulteriormente le dita intorno alla pelle diafana dell’amica.
Strinse i denti, concentrandosi su qualcosa, qualsiasi cosa che riuscisse a distrarlo ma con scarso successo.
Fu un attimo, il tempo di un respiro, un lieve sbuffo si fece largo tra le labbra sigillata del rosso e un lampo attraversò gli occhi cobalto di Boa.
Sorrise soddisfatta nell’avvicinarsi allo specchio a figura intera per controllare di essere ancora in ordine e pronta.
In fondo la sposa era lei, lei sarebbe stata il centro dell’attenzione ma, di certo, considerò nel guardare il riflesso dell’amico alle sue spalle, qualcuno si sarebbe comunque domandato perché l’officiante aveva un occhio nero. 












 

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Capitolo 26
*** Innocente passatempo ***


Mugugnò mentre un fastidioso ticchettio giungeva regolare alle sue orecchie, facendola emergere dal sonno.
Ma cosa stava succedendo?!
Dannazione!
Strusciò la fronte sul cuscino, spettinandosi al frangetta, prima di aprire gli occhi e strofinarseli per spannarli, girando il capo verso la finestra.
Quel rumore era fine e poteva sembrare pioggia se solo gli intervalli tra un colpetto e l’altro non fossero stati così lunghi.
Ma fuori era buio e non sembra esserci niente  di strano, tranne quel rumore costante.
A sopracciglia aggrottate, Perona si liberò delle coperte e infilò i calzoncini sotto alla maglietta a maniche corte che usava per dormire, camminando scalza verso la finestra, con l’intenzione  di accostarsi per guardare fuori ma fece appena in tempo a posare i palmi sul davanzale e avvicinare il viso al vetro che qualcosa ci picchiò contro, facendola sobbalzare e indietreggiare appena.
Ancora più accigliata, rimase in attesa, il capo piegato appena e la bocca schiusa, sgranando poi gli occhi scuri nel vedere un sassolino colpire il materiale trasparente, provocando quel ticchettio che l’aveva svegliata.
Dopo qualche secondo di immobilità e sguardo interdetto, la rosa si slanciò verso la finestra, aprendola e sporgendosi per guardare giù, rimanendo a bocca aperta qualche secondo, prima di ritrovare l’uso della parola.
-Ma cosa stai facendo?! Sei impazzito?!?- sibilò sottovoce, facendogli sollevare il capo e sorridere radioso.
-Oh finalmente! Credevo avessi il sonno pesante come Zoro!-
Perona aprì la bocca per poi richiuderla immediatamente, imbronciandosi mentre il suo migliore amico si avvicinava al muro della casa per arrampicarsi sfruttando il supporto per i gelsomini che si arrampicavano fino al secondo piano della casa, mentre la rosa apriva anche l’altra anta per fargli spazio.
-Molto divertente davvero- commentò, quando lo vide issarsi sul davanzale e sedervisi restando con le gambe penzoloni all’esterno e le braccia incrociate al petto -Si può sapere cosa fai qui?! Se i miei ti beccano…-
-Vuoi dire se tuo padre mi becca!- la interruppe, sollevando un sopracciglio.
-Ci tieni tanto a finire affettato?!-
-Ci tengo tanto a essere il primo a farti gli auguri!- ribatté prontamente, lasciandola interdetta.
Perona si girò verso la propria sveglia, rendendosi conto che la mezzanotte era scoccata.
-Sedici anni, il sedici aprile del 2016. Non potevo non essere il primo a farti gli auguri- ripeté il ragazzo, facendola voltare verso di sé con uno sguardo incredulo e luccicante, che lo fece sorridere ancora di più, illuminandogli il volto lentigginoso.
-Oh Ace…- sussurrò a corto di fiato.
Era sempre così attento a lei, la faceva sempre emozionare e sentire così amata.
Non che la sua famiglia o il resto dei suoi amici non lo facesse, anzi…
Ma Ace era così dolce e al bisogno forte, sempre pronto ad ascoltarla.
Ace era unico ed era il migliore amico che potesse desiderare.
-Diventi vecchia bella mia!-
Che cosa?!
Sgranò gli occhi, gonfiando le guance indignata, prima di gettarsi su di lui e picchiarlo a palmi aperti sulla spalla.
-Che stronzo! Se sei venuto solo per sottolineare questo te lo potevi risparmiare!!!- inveì, mentre il moro scoppiava a ridere, sollevando appena la spalla per proteggersi dai colpi dell’amica.
-Ehi ehi ehi! Dai!!!- protestò, continuando a sorridere radioso -Scherzavo!- precisò mentre Perona gli voltava le spalle, incrociando le braccia sotto al seno e mettendo il broncio.
-Perona?!- la chiamò, ottenendo solo un mugugno infastidito in risposta.
Attese qualche istante, fissando la schiena dell’amica, inondata di boccoli rosa, prima di sospirare.
-Okay, allora me ne vado- la informò, puntando i palmi sul davanzale, pronto a spingersi per saltare giù, prima che una salda presa sulla maglietta lo tirasse indietro, facendolo cadere lungo disteso e di schiena sul parquet della camera da letto, ritrovandosi a fissare l’amica a testa in giù -Così disperata all’idea che me ne andassi?!- domandò, sorridendo e facendola imbronciare ulteriormente.
-Baka, non volevo che saltassi giù così! Ti vuoi rompere una gamba?!- sibilò infastidita, celando al meglio il sollievo provato per essere riuscita a tirarlo dentro in tempo.
Ace si mise in piedi, spazzolandosi i bermuda con le mani e raddrizzando la schiena, continuando a guardarla fissa, finché non vide un breve lampo attraversarle le iridi scure, segno che non sarebbe riuscita a tenere il broncio ancora a lungo.
Con un gesto fluido, infilò la mano in tasca ed estrasse un piccolo pacchetto quadrato, carta rosa e fiocco nero, tendendo il braccio per farlo entrare nel suo campo visivo.
La vide sgranare gli occhi, prima di sollevare la testa sorpresa per guardarlo in viso.
-Ma… Ace…- cominciò, prendendo il regalo con mani tremanti -Credevo lo facessi con gli altri…-
-Quando l’ho visto non ho resistito!- la interruppe il ragazzo, portandosi una mano alla nuca, segno che era imbarazzato.
Con un radioso sorriso e una mezza risata, Perona corse a sedersi sul letto, raggiunta poco dopo dal moro, che la guardò scartare con cura il regalo ed estrarre una scatolina da gioielleria. La rosa sollevò di nuovo la testa di scatto, già pronta a protestare, sollevando un’ondata di fragola.
-Non è costato tanto! Giuro!- la fermò subito Ace, alzando le mani ai lati del viso, bloccando le sue proteste sul nascere.
Perona richiuse la bocca, scrutandolo con rimprovero ma senza riuscire a smettere di sorridere prima di aprire la scatolina e ritrovarsi a fissare una catenina con appeso un ciondolo di vetro rosato, finemente lavorato, raffigurante un fantasmino.
Si perse ad ammirarlo con gli occhi che brillavano, accarezzandolo appena con i polpastrelli delle dita affusolate e curate.
-Ti piace?!- sussurrò Ace, osservandola e considerando quanto quell’espressione le donasse, felice della reazione che il suo regalo aveva suscitato.
Perona si girò verso di lui, senza parole, annuendo con le labbra perennemente increspate, scaldandogli il cuore.
Quando faceva così gli ricordava quando l’aveva conosciuta alle elementari. Nei suoi occhi riusciva sempre a scorgere l’innocenza di quando erano bambini, provocando in lui lo stesso istinto protettivo che aveva sviluppato all’epoca nei suoi confronti.
Era incredibile quante persone tenessero a lei, anche se in fondo non si stupiva più di tanto perché Perona era così facile da amare.
-Aspetta…- mormorò allungando una mano per prendere la scatolina, sfilare la catenina e tenerla aperta con entrambe la mani, gli estremi stretti tra pollici e indici, con il chiaro intento di mettergliela.
Perona si voltò, scostando i folti e lunghi capelli, investendolo con il suo aroma e scoprendo il collo diafano, rabbrividendo appena quando le dita di Ace la sfiorarono sulla vertebra. Tornò a voltarsi impaziente di un giudizio e sorrise ancora di più quando il moro disse la sua.
-Ti sta alla perfezione-
Senza neanche rendersene conto, la rosa si ritrovò a mordersi il labbro inferiore. Provava l’impulso di gettarsi su di lui per ringraziarlo ma qualcosa la teneva bloccata lì ad ammirare il suo sorriso.
Si rese conto di essere mezza in trance solo quando uno schiocco e una sensazione umida sulla guancia la riscossero appena in tempo per realizzare che Ace si era sporto in avanti per baciarla, prima di alzarsi e tornare verso la finestra.
-Ora devo proprio andare!- le disse, girandosi ancora un attimo per salutarla -Ancora buon compleanno Voodoo! E sogni d’oro!- la salutò con un ultimo ghigno e un ultimo cenno del capo prima di accingersi a scavalcare il davanzale.
-Buonanotte Spruzzetto di Sole!- rispose Perona, sentendolo divertita sbuffare una risata per quei ridicoli soprannomi che ancora di tanto in tanto si ostinavano ad usare.
Non appena Ace scomparve alla sua vista, la ragazza si precipitò verso la specchiera dove teneva tutti i suoi trucchi e le sue collane da pochi berry l’una, smaniosa di vedere come le stesse quello splendido regalo, restando alcuni istanti catturata e rapita dai giochi di luce che il vetro con cui era modellato il fantasmino provocava.
Si girò verso la finestra, sentendosi le guance un po’ accaldate, considerando che, anche se era tardi, si sentiva inspiegabilmente euforica e il cuore le batteva a mille, senza un perché, e quindi non sarebbe mai riuscita a riprendere sonno.
Decisa, si avvicinò alla propria scrivania, aprendo il portatile e accendendolo rapida insieme al WiFi, impaziente di vedere lo schermo illuminarsi e la clessidra trasformarsi in cursore.
Da settimane il suo blog aveva preso piede e adorava fare quello che faceva. Lo aveva aperto per noia e mai avrebbe creduto che le cose sarebbero evolute così rapidamente.
Nessuno sapeva che si trattava di lei eppure i cuori spezzati avevano un così disperato bisogno di aiuto da essere pronti ad affidarsi anche a un apparente perfetto sconosciuto. In fondo non faceva niente di male, cercava solo di aiutare chi ne aveva bisogno.
Certo c’era quel dettaglio, quella piccola regola, che per iscriversi al blog bisognava essere studenti della Raftel ma non era discriminazione. Poteva aiutare chi glielo chiedeva solo se conosceva almeno un minimo, almeno per sentito dire, entrambe le parti in causa.
No, non c’era niente di male ad aiutare i propri compagni di scuola a conquistare la persona di cui erano innamorati.
Entrò nella pagina di autenticazione direttamente dai preferiti e sentì un brivido di curiosità percorrerle la schiena nel chiedersi quanti messaggi doveva aspettarsi, quante sfide avrebbe dovuto affrontare.
Sorrise mentre cliccava su accedi, senza bisogno di digitare nickname e password, già memorizzati dal server, attendendo solo pochi attimi per poter leggere il messaggio di apertura.

 
Benvenuta Miss Puck.
Hai 21 messaggi non letti.
 
Sorrise, Perona, sfregandosi le mani nel buio della sua stanza.
Sorrise, ignara di cosa quell’innocente passatempo avrebbe provocato da un anno a quella parte. 








Angolo dell'autrice: 
Ed eccoci qua... Non posso credere di stare scrivendo questo angolo autrice... 
Non ci posso credere perché questa storia avrei voluto non finirla mai. Mi è entrata sottopelle più, ho vissuto in ogni singola riga o parola e scena. 
Ho amato scriverla come molti di voi mi hanno detto di avere amato leggerla. 
E io vorrei davvero rignraziarvi di cuore. Siete tanti, tantissimi ma a voi che avete recensito, a cui non ho mai risposto, voglio ringraziarvi uno ad uno e dirvi che il vostro sostegno, il vostro entusiasmo, le vostre parole mi hanno dato davvero tanto. 
Perciò grazie davvero, grazie a 
Carol96
Giuggy3 
Shiawase0
Elepo
Vale9894
Katherine_slut_vampire
IO ZOROT
Andormaca14
Luna_Oscura
Bambolinarossa98
Rufy95
The_White_Cat
Lizzydizzy
Gibutistan
Jules_Kennedy
Silver saiyan
Tizio Roronoa
Law___

E un grazie speciale a voi che mi siete state vicine non solo qui 
Emy
Star
Zomi
Vivian
Milly

Ringrazio ovviamente anche tutti voi che avete seguito, preferito, ricordato o semplicemente letto questa storia. 
E spero di ritrovarvi quando inizierò il seguito. 
Alla prossima! 
Piper. 


 

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