Cross Me Off Your Bucket List

di Ashley Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - 1 ***
Capitolo 2: *** Prologo - 2 ***
Capitolo 3: *** 1. Fare pace. ***
Capitolo 4: *** 2. Minimizzare la passività. ***
Capitolo 5: *** 3. Baciare qualcuno che si pensa essere fuori dalla propria portata. ***
Capitolo 6: *** 4. Fare un lavoro che offra un servizio. ***
Capitolo 7: *** 5. Libertà e 6. Risparmi. ***
Capitolo 8: *** 7.Iniziare e 8.Finire. ***
Capitolo 9: *** 9. Trovare un hobby. ***
Capitolo 10: *** 10.No e 11.Sì [Aggiunte di Mycroft]. ***
Capitolo 11: *** 12. Identificare e 13. Smettere. ***
Capitolo 12: *** 14. Rivisitare [Aggiunta di Mycroft]. ***
Capitolo 13: *** Interludio ***
Capitolo 14: *** 17. Come ti senti. ***
Capitolo 15: *** 15. Dimenticare. ***
Capitolo 16: *** 16. Migliore di te. ***
Capitolo 17: *** 18. Appuntamento. ***
Capitolo 18: *** 20. Essere Amato. ***
Capitolo 19: *** Interludio 2: Un Natale Molto Holmes. ***
Capitolo 20: *** 19. Amare qualcuno [Aggiunta di Mycroft]. ***



Capitolo 1
*** Prologo - 1 ***


Riassunto: John ha dei sentimenti, Sherlock ha una lista di cose da fare prima di morire. Non che se la ricordi. Ma quando la trova, e John la legge, le cose al 221B potrebbero iniziare a cambiare.

Note dell’autrice: Hiya! Se vi piace la storia, per favore lasciate un commento o kudos :)
Con amore, Hanna

Note della traduttrice: Bonjour! Sarò breve e concisa, ma il poco che voglio dirvi è importante. Ho deciso di iniziare questa traduzione perché mi sono perdutamente innamorata di questa storia, e consiglierei a tutti di leggere l’originale molto più di quanto non consiglierei la mia traduzione. A proposito di questo, ci saranno tanti “adattamenti” e ho sempre provato a rendere il senso delle frasi anche in italiano rispettando il più possibile la costruzione inglese, ma in alcuni casi l’effetto non risulta altrettanto brillante, ovviamente.  Perciò scusate anche eventuali errori, ma spero comunque che apprezziate la storia quanto lo merita (cioè moltissimo).
Naturalmente ogni opinione è ben accetta, e sarei felicissima di sapere cosa ne pensate, quindi se vi va di lasciare una recensione siete più che benvenuti!
Buona lettura,
Ashley.

Storia originalehttp://archiveofourown.org/works/1032541/chapters/2057441



Sono tornati da un caso, e Sherlock ne è insolitamente infastidito. L’ha risolto, senza problemi, quindi forse quella è una parte del perché è così scocciato – non c’è stato un vero puzzle, il caso solamente un tre e forse si pente perfino di aver lasciato casa.

Ma quando si stanno finalmente sistemando per la notte, Sherlock appollaiato nella sua poltrona e John sul divano, il computer in equilibrio sulle gambe mentre sorseggia il tè e prova a pensare ad un nome per il caso risolto, la vera, principale ragione del suo fastidio straripa da Sherlock all’improvviso: “Le persone sono davvero così stupide? Lavorare ad una lista di cose che vogliono fare prima di morire? Perché hanno bisogno di liste per farle?”

Ah, quindi è questo. John sospira mentre prova ad uscirsene con un modo delicato di spiegare il concetto di una lista delle cose da fare prima di morire a Sherlock.

“Ѐ principalmente una cosa che fanno i bambini, penso. O gli adolescenti. Li aiuta a focalizzarsi sugli obbiettivi della vita, le cose che vogliono riuscire a fare, che vogliono sperimentare –” fa una pausa per un momento, poi sorride. “Ne avevo una anche io.”

“Farsi sparare in Afghanistan si classifica in alto nella lista?” risponde stizzosamente Sherlock, ovviamente ancora infastidito dal concetto che non capisce o non vuole capire.

“Molto divertente,” risponde ironicamente John, ma sta già lavorando nella propria testa. “Veramente, penso di aver portato quella lista qui… deve essere in una delle scatole sotto il mio armadio… andrò a cercarla.” Ѐ più per il suon divertimento personale, ora, ma forse l’umore di Sherlock si alleggerirà quando potrà ridere dei sogni e degli obbiettivi di John quindicenne.

“Proverei con quella nera in fondo se fossi in te. Una volta scavato attraverso la tua notevole collezione di porno, arriverai alle lettere d’amore di almeno quattro ex ragazze e altre composizioni sentimentali.” gli grida Sherlock quando inizia a salire le scale e John scuote semplicemente la testa, non volendo sapere perché innanzitutto Sherlock abbia guardato tra le sue cose.

E solo per la cronaca, la sua collezione di porno non è ‘notevole’.
 
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“  ‘8. Baciare la ragazza più carina della scuola’ - davvero, John? ”

“Oh, avevo quindici anni – e per la cronaca, l’ho fatto!” protesta John, sentendo il bisogno di difendere il sé stesso quindicenne. “E sono anche uscito con Becky per circa un mese!”

Sherlock non è impressionato. “Se è la stessa Becky con cui sei amico su Facebook, allora mi piacerebbe congratularmi con te per averla lasciata. Ѐ  quella con quattro bambini e sei gatti, giusto?”

John arrossisce un po’ e prova a difenderla – effettivamente con scarso entusiasmo, perché è diventata un po’ troia e ora ha una vita un po’ triste – prima di afferrare la lista dalla mano di Sherlock.

Molte cose le ha conseguite negli anni -1. Diventare un dottore, 6. Viaggia in un posto in cui non hai mai sognato di andare (okay, l’Afghanistan non era tecnicamente una vacanza, ma comunque – non aveva mai sognato di andarvi prima di unirsi ai RAMC) –e 10. Trova un amico di cui ti fidi per qualsiasi cosa.

John da quindicenne non era solo, in realtà, era piuttosto popolare e aveva molti buoni amici, ma aveva sempre voluto qualcuno come… beh, qualcuno come Sherlock.

John quarantatreenne alza lo sguardo dalla lista al disordinato, accartocciato mucchio di consulting detective nella poltrona  di fronte a sé e sorride teneramente. Mentre avrebbe potuto vivere senza la parte lanciarmi-giù-da-un-edificio-e-fingere-di-essere-morto-per-sei-mesi, non può decisamente vivere senza Sherlock, non può e non vuole immaginare la propria vita senza di lui (mai più). Si fida di quel pazzo fino ad affidargli la propria vita, che è sorprendente visto che non si fida ad affidare a Sherlock la sua. Beh, è per quello che ha John, giusto?

E così John afferra una penna dal tavolino vicino e scarabocchia una linea sul 10.

Ciò attira l’attenzione di Sherlock che tira di nuovo via il foglio dalla mano di John, aggrotta la fronte e alla fine i suoi occhi scattano in su per incontrare quelli di John. Lo sguardo sul suo viso è senza prezzo quando capisce che cosa John volesse dire e nonostante di solito sia lui il primo a dire qualcosa di narcisistico (anche se la maggior parte del tempo non vorrebbe, è solo che crede davvero di essere migliore del resto della, beh, umanità) il “Vuoi dire me” che esce dalla sua bocca è calmo, quasi incredulo della propria deduzione, e per una più piccola parte a disagio, perché lui non è mai bravo con i sentimenti.

“Ovviamente.” Dice John, in un’imitazione di Sherlock, ma è detto con un tono amichevole, non prendendo in giro il genio socialmente goffo.

“Ѐ uhm… un bene.” Sherlock si schiarisce la gola. Lo strano silenzio tra loro dura per un altro momento, poi Sherlock è in piedi a girare per l’appartamento di nuovo, trafficando rumorosamente, spostando carte da un posto all’altro e improvvisamente annuncia: “Vado a letto!” prima di uscire platealmente dalla stanza. Secondi dopo, la porta della sua camera da letto sbatte e John è leggermente preoccupato, perché anche se Sherlock decide di dormire – abbastanza raramente – non usa MAI la camera da letto per farlo. Ma in effetti, Sherlock è sempre pieno di sorprese e usare il suo letto per dormire è probabilmente una di quelle buone.

Dando alla sua ‘Lista di cose da fare prima di morire’ un’ultima occhiata, John sistema il portatile ed inizia a scrivere dell’uomo che aveva lavorato alla propria lista, era andato a fare paracadutismo e si era infilzato in una staccionata. Oh, l’ironia.
 
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Tre giorni dopo, John ritorna a casa da Tesco, e trova l’appartamento in macerie. Sembra  che sia passato un tornado – ci sono carte e libri ovunque, il divano è sottosopra e una sedia è in equilibrio in cima, appoggiata contro uno scaffale come se qualcuno (Sherlock, senza dubbio) avesse provato a costruire una scala di fortuna. Non che lo stupido allampanato ne avesse bisogno.

La devastazione continua per l’intera cucina – abbiamo una pentola?! – pensa John mentre prova a sistemare la spesa nei piani che sono ricoperti con il contenuto di ogni credenza e cassetto che hanno – e dal modo in cui la porta del bagno è leggermente socchiusa, probabilmente c’è altro caos causato anche là dentro.

John decide di non voler nemmeno sapere com’è la sua camera, se lo stato della maggior parte dell’appartamento è qualcosa su cui basarsi, e semplicemente chiama la – più probabile – fonte della desolazione.

Secondi dopo, sente alcune imprecazioni e Sherlock emerge dalla sua camera, ancora in vestaglia da prima, e sventola trionfalmente un pezzo di carta nelle mani.

“L’ho trovato, John!” annuncia, ignorando la faccia cupa che John fa guardando lo stato dell’appartamento, e spazzando invece via carta, posate e due tazze sul pavimento, prima di sbattere il foglio nel posto libero.

“Sherlock!” urla John quando le tazze si rompono, ma il detective semplicemente lo mette da parte in modo sbrigativo.

“Oh, l’appartamento è già un disastro –”

“Mi chiedo perché!”

“-e questo è più importante. Vedi, il caso di tre giorni fa mi ha fatto pensare – c’è un granello di verità in ogni pettegolezzo, così dicono, quindi ci deve essere una ragione per compilare quelle liste. Come l’hai molto acutamente messa tu, per focalizzarsi sui pensieri di qualcuno,” spiega Sherlock, e John realizza che sta per essere introdotto ad un nuovo esperimento o caso. “Ora, l’ho cancellato, ma il ricordo è tornato quando tu hai recuperato il tuo debole tentativo di fare la lista –”

John prova a non sentirsi troppo insultato. Non intende dire questo, non intende dire questo è il suo mantra.

“- e ho realizzato che uno dei miei insegnanti ci ha fatto fare qualcosa si ugualmente ridicolo al tempo.” Il detective picchietta leggermente di nuovo sul tavolo con il pezzo di carta. “Ora voglio confrontare gli obbiettivi che la mia mente iperattiva ha fissato con quelli che ha fissato la gente noiosa così posso scoprire fino a quale livello trascrivere questi obbiettivi contribuisce veramente a realizzarli.”

“Quindi…. essenzialmente stai dicendo che controllerai la tua ‘lista di cose da fare prima di morire’ e forse continuerai a lavorarci su?” riassume John, scrutando il foglio di carta piegato con interesse.  Non sa molto del passato di Sherlock e sarebbe interessante dare un’occhiata a Sherlock da bambino, pieno di speranze ed ambizioni su cosa fare della sua vita futura – ma in effetti, probabilmente non era così diverso da ora, visto come si comporta ancora come un bambino a volte.

“Non ho detto nulla sul lavorarci su – anche se potrebbe valere la pena di considerare anche quello.” Risponde Sherlock e afferra la lista di nuovo, ovviamente progettando di sedersi sulla sua poltrona e di sparire nel suo palazzo mentale una volta letta.

“Puoi sperimentare tutto ciò che vuoi – ma prima metti a posto questo disordine.” gli dice John, usando la sua voce-da-Capitano-Watson, gli occhi fermamente puntati in quelli di Sherlock e la postura rigidamente dritta. Potrà essere il suo miglior amico, potrà anche amare quel pazzo, ma ci sono certe linee, e se Sherlock le oltrepassa, dovrà vivere con le conseguenze. Cioè, pulire l’appartamento.

E il genio riflette se protestare solo per tre secondi circa, prima di arrendersi all’autorità di John e inizia a raccogliere a malincuore le cose dal pavimento, una forchetta alla volta. Nel frattempo, passa da lanciare sguardi rispettivamente supplicanti e carichi d’odio a John, che rimane deciso e mette semplicemente via la spesa – non stabilire un contatto visivo con la testa di agnello sul secondo scaffale, Watson – e si sistema sul divano con una tazza di tè, supervisionando il suo coinquilino nel suo lavoro.

E sì, John trae un piacere diabolico dal guardare Sherlock farsi il culo pulendo dietro sé stesso per una volta. Dopo tutto – se stava solo cercando quell’unico foglio di carta, non doveva mettere sottosopra tutto l’appartamento (sicuramente, doveva aver saputo che non sarebbe stato in cucina, nel bagno o nella CAMERA DI JOHN) e se era riuscito a fare tutto questo disordine nella mezz’ora in cui John era stato fuori a fare compere, poteva dannatamente ripulire.

La lista rimane vicino a John sul tavolino,  non letta per il momento.

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Sherlock  si chiede quanto tempo servirà a John per leggere la lista.

Non è stato completamente sincero con il suo blogger sulle liste di cose da fare prima di morire – vero, aveva cancellato di averne scritta una, ma cancellare non è completamente definitivo, e se si concentra, può in effetti prendersi indietro le cose che ha cancellato  (non il sistema solare, però, quello è semplicemente noioso). E sa che mentre sé stesso quindicenne ha roteato gli occhi all’annuncio in classe che avrebbero fatto una lista così, ci si era messo, più tardi, quando era all’università.

Concesso, era strafatto quel giorno (da cui il tentativo infantile di essere misterioso – e nascondere le cose da Mycroft – scrivendo con il succo di limone), ma comunque.

Si chiede che cosa John penserà una volta letta la lista. Forse dovrebbe lasciare l’appartamento per un po’, così John si sentirà abbastanza sicuro da prenderla e leggerla.

X

John non si dimentica della lista, ma la perde un po’ di vista nei due giorni successivi, essendo lui impegnato ad aiutare Mrs. Hudson a rinnovare il suo salotto ed essendo Sherlock ossessivo con gli esperimenti.

Ha intravisto la compilation di obbiettivi, però, sa che ce ne sono 14 – anche se alcuni appaiono scritti con la calligrafia di uno sconosciuto, ma non chiede a Sherlock se li può leggere finché non torna di sopra la sera, sudato ed appiccicoso per aver lavorato tutto il giorno nel 221°, e vede la lista sul tavolino, aperta, invitante.

Sherlock non si vede da nessuna parte, ma c’è una candela accesa sul tavolino vicino al foglio di carta e John si sposta velocemente per spegnerla – sembra una cosa molto da Sherlock, lasciare una candela accesa prima di lasciare l’appartamento.

Comunque, prima che John possa brontolare ancora per il suo incurante coinquilino, i suoi occhi cadono sulla lista di nuovo e lui corruga la fronte. Invece dei precedenti 14 obbiettivi, ora ce ne sono 20, in un inchiostro affievolito e non serve molto a John per realizzare per che cos’era la candela.

Diavolo, ha letto abbastanza storie di detective per sapere cosa si fa con una candela e un foglio apparentemente bianco.

Ovviamente Sherlock aveva scritto alcuni obbiettivi con inchiostro invisibile – succo di limone.

John ridacchia al pensiero di un già molto strano giovane Sherlock, che fa del suo meglio per nascondere i propri sogni ed obbiettivi, facendo il misterioso. Gli zigomi non si erano ancora sviluppati in modo appropriato a quel tempo.

Il dottore proceder poi al bagno e fa una doccia, prepara del tè e dei toast e quando finalmente ritorna al salotto, si sente contento e rilassato. L’unica cosa che manca è Sherlock.

Bene.

La lista è ancora lì, ovviamente, ed è quasi come se stesse chiamando John. Leggimi.

John si chiede brevemente se è troppo un’invasione della privacy, ma poi rotea gli occhi perché ovviamente Sherlock non conosce alcun tipo di confini per la privacy, ed inoltre – lui ha anche letto la lista di John. E quindi con solo la più piccola parte di rimorso, John prende la lista ed inizia a leggere.
 
Cose che voglio realizzare nella vita 

Una lista di Sherlock Holmes, anni 15

1. Fai pace con i tuoi genitori


John smette di leggere, un po’ confuso. Suona più come una sorta di auto-imposizione, più che un obbiettivo che qualcuno si darebbe. Come se Sherlock stesse comandando qualcun altro per farglielo fare. Ma in effetti, probabilmente è proprio così – Sherlock che si obbliga a fare le cose.

Perché, onestamente, John non sa molto del rapporto di Sherlock con i suoi genitori oltre all’occasionale accenno a Mamma Holmes (quindi almeno è ancora viva), ma non sembra da Sherlock fare uno sforzo con le persone. Proprio per niente.

D’altronde, c’è probabilmente una ragione dietro questo, e dopo tutto, è la lista personale di Sherlock, quindi chi è John per giudicare se gli obbiettivi sono fuori dal personaggio per Sherlock o no?

Cercando di tenere la mente aperta, continua.

2. Minimizza la tua passività

3. Bacia qualcuno che pensi essere fuori dalla tua portata

4. Fai un lavoro che offra un servizio

5. Riconosci la libertà quando la vedi

6. Apri un conto di risparmi

7. Inizia una relazione

8. Finisci una relazione

9. Trova un hobby che faccia sentire l’essere da solo come bello e coinvolgente e qualcosa per cui non vedere l’ora

10. Impara a dire ‘no’

Fanculo, Mycroft!                      

Beh, quello spiega la seconda calligrafia differente. Ovviamente, Mycroft aveva dato il proprio personale contributo nella lista di Sherlock. John sorride all’irritazione di uno Sherlock quindicenne e continua con un altro suggerimento chiaramente proveniente da Mycroft.

11. Impara a dire ‘sì’

12. Identifica le tue paure e superale

13. Smetti di odiare te stesso

14. Prenditi del tempo per rivisitare i posti che ti hanno reso chi sei


Huh. Finora, bene. John è intrigato ora, perché molte di queste cose suonano così… non-da-Sherlock e strane, proprio come la scelta di parola… quasi, come se le avesse copiate da qualcun altro per far sembrare la sua lista più lunga.
Gli occhi di John si allargano quando realizza che probabilmente è esattamente così. Sherlock che cerca di scrivere cose che gli altri ragazzini della sua età scriverebbero. Era ovviamente la lista che aveva fatto a scuola, e John riesce quasi a vedere un giovane ragazzo con i capelli indomati aspettare attentamente finché l’insegnante non si gira così può scorrere tra le liste degli altri ragazzi, scegliendo ciò che pensa essere  meglio.
Nessuna delle sopracitate è stata ancora crocettata, ma quella non è l’unica cosa che sembra strana a John. Le poche aggiunte scritte con il succo di limone hanno una calligrafia leggermente diversa, ancora Sherlock, ma un po’ più… matura, come se le avesse scritte più tardi, aggiunte per un ripensamento un po’ di tempo dopo aver compilato la lista.

15. Dimentica chi sei e quali sono le tue priorità, e come pensi che una persona dovrebbe essere

16. Pensa di conoscerti finché non incontri qualcuno migliore di te

17. Fai del dire alle persone come ti senti un’abitudine

18. Esci con qualcuno che dica ‘Ti amo’ per primo 


19. Ama qualcuno

Quale parte di ‘Fanculo’ non hai capito la prima volta, Mycroft?!

John sta ridendo di nuovo, ma allo stesso tempo, si sente lievemente triste. Perché tutti quegli obbiettivi urlano che Sherlock stava cercando di far andare la propria vita per il verso giusto – giusto nel  senso delle persone normali, cercando di adattarsi, cercando di andare oltre il solito sé stesso, cercando di essere qualcun altro, qualcuno che non è. Urlano anche solitudine.

20.Sii amato

Quell’ultima frase parla chiaro. John mette giù la lista, attento, dove l’ha trovata, e per un lungo momento, sorseggia solo il suo tè, profondamente pensieroso.
Perché forse – forse c’è una possibilità per loro dopo tutto.

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Capitolo 2
*** Prologo - 2 ***


Riassunto:  È irritato, perché John non fa domande a proposito della lista. Per niente.

Sherlock sa che John ha letto la lista – il dottore non si vede da nessuna parte (oh, sì, sono le tre del mattino, molto probabilmente John è addormentato), ma la lista, malgrado essere stata posizionata sul tavolino con ovviamente grande cura, non è esattamente dove Sherlock l’ha lasciata precedentemente. Bel tentativo, John, pensa e sorride tra sé.

Appena  se ne accorge, però, la smette. Pensa.

Sorridere è una delle cose che ultimamente si accorge di fare frequentemente. Non quando ci sono persone in giro, sia chiaro.

E quello che è ancora più intrigante del sorridere di per sé è il tempismo di questi avvenimenti – Sherlock, in generale, è contento della sua vita. Ha giocato la partita, ha avuto la meglio su Moriarty (cosa sono sei mesi a nascondersi e cacciare, paragonati ad una vita sapendo che hai battuto il ragno?!) e nonostante a volte senta la mancanza di Jim – non che lo dica a John, perché è molto non-buono – ha tutte le ragioni per essere contento.

Un caso interessante lo fa sorridere, sogghignare di gioia. Un mistero che non riesce a risolvere istantaneamente lo rende felice.

Ma ora – ora sorride senza un mistero, senza un caso. Ora sorride a causa della gente. Beh, non la gente. John non è la gente. Ma John non è nemmeno un caso.

Sherlock ignora queste riflessioni per il momento e si chiede cosa penserà John di lui, ora, che ha letto la lista. Non gli piace suonare così vulnerabile – quasi si beffa quando scorre la lista e legge “Sii amato” – ma qualcosa dentro di lui pensa che sia importante che John veda queste parti della sua vita e mente. E sebbene non sappia perché ciò sia importante al momento, si fida della sua mente.

Di cosa si può fidare, dopo tutto, se non della sua mente?

John, dice la sua mente.

Ah, a volte, la sua mente è sleale.  Ha comunque ragione, però.

Il genio salta dal divano di nuovo, e prende il suo violino. A John non dispiacerà a patto che suoni qualcosa di bello e non provi a comporre. In realtà, il subconscio di John si rilasserà una volta che si sarà accorto della presenza di Sherlock nell’appartamento.

Anche quello è nuovo. Importarsi delle altre persone. Oh, sì, a Sherlock importa di Mrs. Hudson, e probabilmente Lestrade – beh, e John. Ma perché gli importi se John dorme bene – perché nota le abitudini di sonno di John a seconda se il detective è nei paraggi o no – è al di là della sua comprensione, perché quell’informazione non è rilevante per un caso, non è rilevante per la sua vita privata… e comunque, è al sicuro nel suo cervello, insieme a tutto il resto ‘John Watson’.

Al di sopra del violino che suona – le 12 fantasie per violino solo di Telemann, a John piace – pensa alla sua lista, e ai 20 obbiettivi che deve osservare più in dettaglio durante le settimane successive. E senza dubbio, John avrà domande e vorrà discutere la lista.

Fantasia in La maggiore suona per Baker Street. John è profondamente addormentato, gli angoli della bocca che si arricciano in minima parte. Anche Sherlock sorride.

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Sherlock è irritato.

Tecnicamente, non è troppo insolito, ma la ragione è diversa dal solito.

? irritato, perché John non chiede della lista. Per niente.

Niente commenti, niente occhiate, niente controllo-se-sta-bene. John va avanti con la sua vita e ovviamente si aspetta che Sherlock faccia lo stesso sebbene ci sia questo gigantesco elefante nella stanza. [1]

So che hai letto la lista, John, dice l’elefante. E tu sai che io so.

Aah, parlando di elefanti. Mycroft cammina attraverso la soglia e Sherlock fa una smorfia prima di stringersi addosso la vestaglia più strettamente. Suo fratello parla di una cosa e dell’altra – insensibile su una scena del crimine blabla, mantieni un profilo basso blabla; Sherlock sta già scannerizzando la stanza per qualcosa da lanciare.

Sfortunatamente, John lo sa e raccoglie velocemente ogni cosa a portata di mano di Sherlock con la scusa di pulire. Per un momento, Sherlock è distratto dal divertimento che scaturisce quanto vede la smorfia che John fa portando via un grosso pezzo di formaggio molto peloso e molto ammuffito, ma Mycroft non la vuole smettere di parlare e ciò è estremamente fastidioso.

“Va’ a quel paese, sono impegnato al momento,” interrompe Sherlock, il suo volto una maschera priva di espressione mentre suo fratello solleva un sopracciglio e scannerizza velocemente la stanza. Gli occhi di entrambi gli Holmes cadono sulla lista che è ancora sul tavolino.

“Il pensiero di completare la tua lista di cose da fare prima di cadere dal prossimo edificio ha finalmente attraversato la tua mente?” chiede Mycroft dolcemente, e Sherlock sa che uno dei suoi commenti precedenti – probabilmente ancora qualcosa a proposito del peso di Mycroft, anche se l’ha già cancellato – deve aver ferito suo fratello, altrimenti non direbbe una cosa del genere. Si sente ancora in colpa, dopo tutto. Stupido sentimento, ma cosa ci si aspetta da Mycroft.

“Non sono affari tuoi.”

“Molto bene allora. Buona fortuna per i tuoi piani,” il maggiore degli Holmes conclude e Sherlock è genuinamente sorpreso. Si è aspettato più lotta, ordini di ignorare la lista e lavorare su uno o l’altro noioso caso per la Regina e il Paese, ma quando guarda il fratello attentamente, vede solamente… autentica sincerità.

Huh. Altro sentimento? Mycroft pensa davvero che lavorare sulla sua lista gli farà bene.

Sherlock lo deride – è tutto per la scienza! Forse Lestrade sta avendo un certa influenza su suo fratello, incitando… sentimenti ed emozioni. Oh, sì, John molto probabilmente vuole sapere di Mycroft e l’ID. O Lestrade gliel’ha già menzionato? No, altrimenti John non riuscirebbe a guardare Mycroft negli occhi.

“…Sherlock?”

Alza lo sguardo. John lo sta guardando, incuriosito.

“Dov’è Mycroft?”

“Se ne è andato, 10 minuti fa. Ti stavo chiedendo se eri serio? Vuoi davvero lavorare alla lista?”

Sherlock guarda. La postura di John è amichevole, rilassata. Non sta sorridendo, ma sembra incuriosito e decisamente interessato. Anche curioso.

Beh, se non riesce a far sì che sia John a parlarne,  dovrà solo ‘seguire la corrente’, come si dice.

“Sì. E tu aiuterai! Vestiti, e prepara tutto ciò che ti serve per un pernottamento – partiremo tra 30 minuti!” E con ciò, Sherlock si alza bruscamente e attraversa la stanza, mille possibilità che già gli attraversano la mente.

“Per dove?!” John gli urla dietro, suonando impotente e divertito allo stesso tempo.

“I miei genitori.”

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Due – perché Sherlock non prepara le sue cose, ma critica qualsiasi cosa John prenda e finisce per lanciare una camicia e un paio di pantaloni nella direzione del dottore per fargli mettere in valigia anche quelli – valigie frettolosamente preparate dopo, si stanno recando a Paddington Station, e John è ancora combattuto tra eccitamento, visto che hanno di nuovo qualcosa da fare, e riluttanza perché incontreranno i genitori di Sherlock, dei quali lui non sa nulla (per quel che sa, potrebbero essere morti se non fosse per i cenni a Mamma Holmes di tanto in tanto).

Ma forse riuscirà anche a saperne di più del giovane Sherlock, e qual è la storia dietro a tutti i punti della lista.

In ogni caso, è felice di sfuggire all’atmosfera tesa del 221B – e alla testa di maiale che ora sta facendo compagnia alla testa di agnello nel frigo.
 
 



.[1] : Questa, in particolare, è un’espressione che potrebbe risultare difficile da comprendere se non si è familiari con l’inglese… Long story short, è un modo di dire che si utilizza per indicare una verità o un problema che, pur essendo noti o appariscenti, vengono ignorati e non affrontati. 
 

Angolo-Ashley-passione-traduttrice-che-non-riesce-a-stare-zitta: Non so davvero come risolvere il problema del corsivo. Ho provato in mille modi (tra cui anche riscrivere a mano tutto l'html a mano), ma la storia continua ad apparire in corsivo. Nel caso qualcuno potesse aiutare, ve ne sarei immensamente grata.
Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto il primo capitolo, e magari hanno anche messo la storia tra le seguite/preferite, grazie mille! Le recensioni mi rendono davvero felice e sono sempre contenta di sapere cose ne pensate! 

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Capitolo 3
*** 1. Fare pace. ***


Riassunto: A Sherlock questo cambiamento non piace per niente, principalmente perché non lo capisce.

1.Fai pace con i tuoi genitori

Un viaggio in treno di due ore e uno di venti minuti in una macchina affittata dopo, arrivano alla Villa Holmes e John è abbastanza sicuro che l’hangar per aerei alla base in Afghanistan fosse più piccolo.

Sherlock sta già procedendo a grandi passi verso la grande doppia porta e si guarda dietro la spalla impazientemente, urlando: “Stammi dietro, John!” prima di bussare. Con un ultimo sguardo all’area, John sospira e afferra le borse prima di eliminare la distanza fino a Sherlock, sentendosi un po’ strano per il suo coinquilino che sta bussando alla porta della propria casa.

Ovviamente, i residenti sanno già che loro sono lì, visto che prima hanno dovuto passare un cancello con una telecamera di sicurezza, ma ciononostante ci vogliono quasi due minuti di teso silenzio prima di sentire dei passi che si avvicinano.

John osserva come Sherlock si raddrizza e le sue mani si muovono verso il colletto del cappotto, ma John le afferra rapidamente a metà strada e sussurra:
“Sherlock, sono solo i tuoi genitori – ti pulivano il culo quando eri un bambino, non hai bisogno di fare tutto il misterioso adesso!”

Sherlock prova a ribattere, ma non ne ha l’opportunità visto che la porta si apre all’improvviso e vengono salutati da una donna i cui occhi scavano istantaneamente in quelli di John e sembrano proprio quelli di Sherlock. Huh. Ciò spiega da chi ha preso Sherlock.

Senza sollevare il suo sguardo da John, la donna – chiaramente la misteriosa Mamma Holmes – parla: “Sherlock, se ti ci vorranno 10 anni dopo questa volta prima che tu venga a far visita di nuovo, permetterò a Mycroft di tirarti fuori con le forza militari, se necessario. Il Dottor Watson deve pensare che non hai per niente delle buone maniere!”

“Oh, io lo so che non ha per niente delle buone maniere, sebbene io pensi davvero che non sia colpa sua,” le dice John, improvvisamente sicuro che la donna davanti a lui è completamente il contrario di Sherlock e Mycroft, nonostante assomigli davvero molto al figlio più giovane.

Per un attimo, nessuno dei tre adulti dice qualcosa, e poi le labbra di Mamma Holmes si arricciano in un sorriso e ride, prima ti stendere la propria mano per scuotere quella di John. “Non capisco come tu possa essere ancora solo, Dottor Watson, se sei così affascinante con tutte,” gli dice e John si chiede brevemente quanto la madre degli Holmes sappia davvero sul suo conto, ma accetta velocemente il fatto che probabilmente è tutto e invece sorride ed entra volentieri nella villa, seguito da uno Sherlock sospettosamente silenzioso.

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Mezz’ora dopo, John sta vagando per le sale della Villa Holmes e si chiede quanto ci vorrebbe per ritrovarlo se si perdesse nei corridoi – che è molto probabile, considerando che non ha idea di dove si trovi.

Ѐ partito dalla stanza di Sherlock che sarà la camera da letto per loro due per la notte, ma mentre cercava di trovare la strada per il salotto, dove Sherlock gli aveva ordinato di andare dopo aver messo via le valigie, ha sicuramente girato ad un angolo sbagliato. O a dieci.

Adesso passa l’ennesimo quadro di un antenato Holmes, ed è abbastanza inquietante vedere tante persone con gli occhi di Sherlock che lo fissano mentre cerca di orientarsi. Cassiopeia – il vero nome della Mamma – sta aspettando con il tè, e John non vuole farla aspettare, ma è tutto molto confuso.

Legge i nomi sotto i quadri e sorride leggendo un nome assurdo dopo l’altro – cosa c’è di sbagliato nel chiamare i bambini come esseri umani normali?! – ma si ferma brevemente quando trova una cornice vuota con scritto “Sherlock Holmes”. Ovviamente Sherlock non era stato presente per farsi ritrarre, al contrario di Mycroft, che (in una versione di sé più giovane e un po’ più magra) guarda John con aria aristocratica.

Più guarda il ritratto, più John è sicuro che probabilmente c’è una telecamera nascosta dietro o uno di quei buchi nel muro da cui si potrebbe guardare attraverso gli occhi del ritratto per spiare le persone – sì, Watson, ora stai diventando paranoico, è ora di trovare Sherlock.

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Certo che John sarebbe andato d’accordo perfettamente con la Mamma, pensa Sherlock, e prova a non ringhiare alla sua tazza di tè.

La situazione è cambiata rapidamente e ora sua madre racconta a John di come suo marito morì quando i fratelli erano ancora molto piccoli,  di come fosse violento (Sherlock non si ricorda molto, ne ha cancellato una grande parte – i lividi, gli abusi verbali – e inoltre, Mycroft aveva sempre cercato di difenderlo, aiutarlo. Oh sì, qualcos’altro a cui non ama pensare, ma non riesce esattamente a cancellare) e di come lei stesse via molto a lungo. Senza dubbio John vorrà parlarne ad un certo punto. Atroce.

John non sa che Mamma era stata una spia, e né Sherlock né Cassiopeia lo mettono al corrente di ciò – molto probabilmente ‘mia madre è una spia altamente esperta che uccideva persone di governi stranieri’ è un po’ non-buono – ma almeno ora sembra capire perché la relazione tra Sherlock e lei è ad andar bene glaciale. L’ha lasciato con Mycroft, dopotutto. Mycroft. Di tutte le persone!

Ma certo che Sherlock non ha dimenticato la ragione più-o-meno-finta della loro visita, e accetta riluttante un invito per Natale. Non che intenda andarci davvero.

Anche Cassiopeia lo sa – è intelligente – ma Sherlock è sorpreso (sebbene non lo mostri) quando legge vera sincerità nelle sue parole e anche nel linguaggio del corpo. Sembra essere davvero dispiaciuta per essere quello che le persone in generale chiamerebbero una madre insensibile.

Strano. Ѐ il secondo membro della famiglia, dopo Mycroft, a sentirsi improvvisamente eccessivamente emotivo per lui.

Oh, si preoccupavano tutti. Si preoccupano ancora. Costantemente. Ma ultimamente qualcosa è diverso.

A Sherlock questo cambiamento non piace per niente, principalmente perché non lo capisce. L’unico pensiero rasserenante è che capirà ad un certo punto. Capisce sempre. Oh. John aveva chiesto qualcosa. Si aspetta una risposta.

La testa eretta, gli occhi vigili, che cercano di leggere Sherlock (oh, stolto John, non ha mai funzionato prima. Bel tentativo, però). Anche Mamma è attenta. Aspettano una decisione. Quindi o ‘sì’ o ‘no’. Le probabilità che vogliano che lui acconsenta a qualcosa sono alte. E se tutta questa cosa della lista deve funzionare, probabilmente dovrebbe dare una risposta affermativa.

“Sì, certamente.” Sicuro di sé. Deciso.

Sorride tra sé quando John e Mamma sembrano soddisfatti. Quindi aveva ragione. Non sa ancora cosa ha accettato in realtà, ma non importa.

Ora – basta sentimenti. Mentre sono lì, potrebbe almeno recuperare alcune cose che ha nascosto negli anni. John dovrà far posto nella sua valigia per riportarli tutti indietro. Ah sì, forse quella sarà l’opportunità perfetta per sbarazzarsi di quel maglione verde orrendo. Potrebbe… sparire.

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“Sai, potrà non piacerti, ma è una buona cosa che tu abbia promesso a tua madre di farle visita per Natale. Lei cerca davvero di rimediare per essere stata via quando eri più piccolo,” dice John a Sherlock dal suo posto sul divano, parlando nell’oscurità.

Sembra un po’ di essere ad un pigiama party, parlando in quel modo, e il pensiero fa sorridere John.

“Lo so. Solo che non penso sia necessario e già tremo pensando a quel periodo festivo. Sarà terribile.” Sherlock sta ancora tenendo il broncio, evidentemente.

“Non puoi saperlo. Prova solo ad essere felice di avere ancora una madre che si preoccupa di te – altra gente amerebbe poter passare le vacanze con i propri genitori.”

“Sei triste perché entrambi i tuoi genitori sono morti,” osserva Sherlock, e come suo solito per quando è di cattivo umore, è estremamente schietto. John però quasi contava su un commento del genere.

“Sì. Quindi smettila di fare l’idiota sul fatto di avere ancora una mamma che si interessa di te e almeno prova ad essere serio su questa cosa del ‘fare pace’, okay? Ѐ la tua lista, dopo tutto.”

Il silenzio che viene dal letto parla chiaro e John sa che Sherlock sa che lui ha ragione e semplicemente non vuole ammetterlo. Alla fine, uno sbuffo risuona nell’oscurità. “Passare tutto il tempo con Mycroft sarà insopportabile, però.”

“Se ti fa sentire meglio posso venire anche io,” scherza John. “Tenerti compagnia.”

Tuttavia, la risposta di Sherlock è seria e calma e sincera: “Mi piacerebbe.”

John si zittisce, sente la sua faccia scaldarsi e si volta, tirandosi il lenzuolo al petto.

“Era tutto per il fondo fiduciario,”  improvvisamente la voce di Sherlock risuona di nuovo nell’oscurità, e John riapre gli occhi. “Il primo punto della lista,” continua il genio. “Ogni membro della famiglia Holmes ha un fondo fiduciario, e ottengono l’accesso una volta raggiunta la maggiore età. Sapevo che quella era la migliore possibilità per andarmene da tutto questo-” John immagina che ‘questo’ stia per ‘una casa enorme, staff e una vita ridicolamente snob’, “ma non è andata a finire come avevo pianificato.”

“Aspetta – è per questo che cercavi qualcuno per condividere l’appartamento, quando ci incontrammo? Ti hanno tolto l’accesso?” John, malgrado si sentisse ancora un po’ stordito per il commento di Sherlock sul farlo venire con lui a Natale, è interessato alla storia che c’è dietro il primo punto della lista.

“Non è ‘togliere’ se non hai mai avuto l’accesso, credo. Le circostanze hanno convinto Mycroft che sarebbe stato meglio se non avessi l’accesso a vaste somme di denaro. Parlandole ha convinto nostra madre a congelare il denaro finché non avrei iniziato a ‘comportarmi bene’.” Il disgusto nella sua voce è tangibile ora, ma
John continua a farsi domande sulle misteriose ‘circostanze’ – ovviamente ha i suoi sospetti…

Dice qualcos’altro, però. “Ѐ… un bene che tu me l’abbia raccontato. Vuoi sentire il mio consiglio?”

“Vai, Dottore,” risponde Sherlock, ora chiaramente divertito, e John riesce quasi a percepire il suo sorrisetto.

“Mycroft e i tuoi genitori avevano solo il tuo interesse in mente. Cerca di non metterglielo contro ancora per molto. Stai andando incredibilmente bene da solo, con i soldi che prendi per i consulti alla polizia. Perdonali per essere – secondo te – esseri umani imperfetti e cerca sinceramente di goderti il tempo che passi con loro.”

Per un lungo momento, Sherlock non dice nulla. John inizia a preoccuparsi di aver detto qualcosa di sbagliato, quando il suo amico dice finalmente: “Lo terrò in mente.” E, dopo una breve pausa, “Mycroft è ancora un interferente idiota insopportabile, però.”

John ride solamente.

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La mattina, si rimettono in strada verso Londra, Sherlock consente a sua madre di baciarlo sulla guancia per dirgli arrivederci e Cassiopeia (che sembra sapere già che John si unirà a loro per Natale nonostante nessuno dei due gliel’abbia detto) li saluta e ricorda loro che avrà i suoi modi per riportare Sherlock alla villa se decide di saltare i loro piani.

Più tardi, nell’appartamento, John passa una penna a Sherlock, che alza un sopracciglio, ma cancella obbedientemente il primo punto, borbottando qualcosa del tipo ‘ridicolo’ e ‘non più un bambino’.

Un’occhiata laterale a John, che sembra stranamente… orgoglioso, però, lo trattiene dall’aggiungere altri commenti aspri, e lancia invece via la penna e prende il violino. Bach risuona per l’appartamento e John sorride. Anche Sherlock lo fa (fuori dalla finestra, però. In privato).






 
Note della traduttrice: Ebbene sì, ho dovuto trasferirmi momentaneamente da mia cugina e rifarlo da ì, ma almeno ora il corsivo sta solo nelle parole in cui deve stare. Ho esultato per ore, davvero. 
MA, parliamo di cose serie. Grazie, grazie, grazie mille a tutti per le recensioni e i seguiti/ricordati/preferiti e grazie anche a tutti quelli che leggono, non avete idea di quanto mi rendiate felice! 


 

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Capitolo 4
*** 2. Minimizzare la passività. ***


Note della traduttrice: Hey there! Sono in anticipo di un paio di giorni, lo so, ma questa settimana sarà un po' piena, quindi ho deciso di pubblicare questo nuovo capitolo stasera! Buona lettura, fatemi sapere cosa ne pensate! 







 

Riassunto: Ah, John è esasperante. Il ché lo rende così perfetto. Nel modo più non-sentimentale possibile, ovviamente.




2. Minimizza la tua passività

? uno di quei giorni in cui Sherlock non sembra essere capace di stare fermo. All’inizio, c’è un inseguimento attraverso Londra, ma ciò dura più o meno solo un’ora. Poi va al St. Barts e John lo segue. Per quanto ne sa lui, ciò che Sherlock sta mescolando potrebbe essere o una soluzione per curare il cancro, oppure un nuovo virus che potrebbe uccidere la metà della popolazione della Terra. Poi improvvisamente scarica tutto nel lavandino e se ne va di nuovo, John che si affretta per seguirlo.

Tornati a Baker Street, prova a comporre e John desidera essere sordo e considera seriamente di pugnalare le proprie orecchie prima di provare a scappare dall’appartamento, ma viene fermato da Sherlock che richiede la sua presenza.

E sì, ora John si odia per averlo fatto, ma quando Sherlock l’aveva attaccato al muro nemmeno dieci minuti prima, i loro nasi che quasi si toccavano e un’espressione indecisa nei suoi occhi , John aveva dovuto deglutire a secco e aveva accettato di restare.

Ma ora Sherlock ha apparentemente deciso che i loro libri hanno bisogno di essere rimessi in ordine (sul pavimento) e che gli scaffali per i libri non sono necessari perché al momento sta cercando la sua sega manuale quindi può fare tutto ciò che pensa essere necessario.

Non è decisamente qualcosa che John può tollerare, e quindi incominciano a litigare e finisce con John che si precipita fuori dall’appartamento e verso il pub. Tutto ciò per cui può sperare è che il 221B stia ancora in piedi quando tornerà a casa più tardi quella notte.


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Abbastanza sorprendentemente, l’appartamento è più o meno intatto quando John arriva a casa e uno Sherlock sospettosamente esausto è steso ciondolante sul divano. Invece di una libreria, ora hanno un traforo futuristico da cui penzola un procione morto.

Quando John riemerge dalla propria camera la mattina, Sherlock è ancora nella stessa posizione, e apparentemente non si è affatto mosso.

John esce diretto al Pronto Soccorso (non prima di essersi occupato del procione, badate bene), torna otto ore più tardi, e Sherlock è ancora nella stessa identica posizione. Non reagisce quando John gli chiede se sta bene. Non è nulla di troppo strano, comunque, quindi John decide di dargli un’altra notte.

Tuttavia, la mattina dopo, Sherlock è ancora steso lì e ora John si sente un po’ turbato. Almeno almeno, il suo amico ha bisogno di mangiare e bere qualcosa. E anche una doccia andrebbe bene. Non puzza, ma, beh… i suoi capelli hanno visto giorni migliori.

“Bene, Sherlock, non pensi che dovresti alzarti ad un certo punto? Mangiare qualcosa? Fare un doccia?” lo sollecita gentilmente John, e questa volta, occhi argentati si concentrano pigramente su di lui.

Non gli piace molto il loro sguardo. L’ultima retata anti-droga di Lestrade non ha avuto successo e John ha controllato in ogni possibile nascondiglio che conosce o che gli può venire in mente, ma non si vuole prendere in giro – se Sherlock vuole davvero nascondergli qualcosa – droghe - , potrebbe facilmente riuscirci.

“Stai bene? Sembri un po’… spento. Non stai – non stai facendo uso, vero?” John fa del suo meglio per non suonare condiscendente, e spera di riuscirci. Sherlock sembra sorpreso da quella domanda (non che lo mostri per più di una frazione di secondo, ma John sì è abituato abbastanza a leggere il volto davanti a lui), ma risponde:
“No.” La sua voce è rauca, inutilizzata per quasi due giorni.

Arrotola le maniche della sua vestaglia comunque, e mette in mostra la pelle vellutata – e senza marchi-.

Ora, John non è stupido – lo sa che se Sherlock volesse, ci sarebbero un milione di modi in cui potrebbe nascondergli le tracce dei marchi – ma ha la sensazione che Sherlock sia sincero.

E poi, come per un muto ordine, il detective si alza e sparisce in bagno. (Più tardi John quasi si affoga con il suo tè quando un Sherlock completamente nudo esce, borbottando qualcosa a proposito di ‘asciugamani finiti’, e si assicura di distogliere lo sguardo – dopo non aver intenzionalmente fissato due natiche sode per solo un secondo di troppo).


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“Tutta la cosa del ‘stare steso in giro senza muoversi’ ha a che fare con il secondo punto della lista?” chiede John, facendo un cenno con la testa al foglio di carta che è ancora sul tavolino.

Sherlock strofina l’asciugamano sui riccioli bagnati un’ultima volta prima di crollare sul divano a fianco a John – comunque con grazia, però. Ovvio che John sarebbe tornato alla lista prima o dopo.

Ci pensa un momento, considera le conseguenze che avrà la sua risposta, e poi decide che la verità è l’opzione migliore. Sherlock non ha problemi a mentire alla gente se ciò è vantaggioso in qualche modo, ma John – John è diverso. John merita di sapere la verità, di tutto (beh non tutto tutto, ma i tutto importanti almeno). “L’ho copiato da una bambina che si chiamava Marina Reynolds. Era preoccupata perché aveva riconosciuto la propria passività su livelli emotivi e sociali e si era posta l’obbiettivo di comportarsi diversamente. Certo, non sapeva che i suoi genitori le davano del Ritalin per curare ciò che loro e il suo dottore pensavano essere una forma di ADHD. In realtà, era solo molto eccitata durante la pubertà, e il medicinale l’ha abbattuta a livello emotivo e affettivo, un effetto collaterale comune.”

John impiega un momento per processare il tutto, e Sherlock guarda con interesse la faccia del suo coinquilino rabbuiarsi quando pensa a quella ragazzina maltrattata. Non chiede di lei, però. Chiede di Sherlock.

“Se sapevi che era una sua cosa personale, qualcosa che riguardava lei, allora perché l’hai copiata?”

“Beh, in un certo senso, mi si addiceva, e mi si addice ancora, non pensi?” risponde senza sforzo Sherlock. Ripensa a quando ha incontrato John. Suono il violino quando penso e a volte non parlo per giorni di fila. Ti disturberebbe? Due potenziali coinquilini dovrebbero condividere i propri difetti.

“L’hai preso, non è vero?” Oh, John è bravo. Sherlock si sente orgoglioso; e anche infastidito. Forse può far finta di niente –

“Non fare finta di niente, okay?” Oppure no.

“Te lo sto solo chiedendo da amico. Io… mi piacerebbe saperlo, ma solo se me ne vuoi parlare, certamente.”

Ah, John è esasperante. E ciò lo rende così perfetto.  Nel modo più non-sentimentale possibile, ovviamente.

“Sì. Ho pensato potesse aiutarmi ad adattarmi al resto dei miei pari. Comunque mi ha solo rallentato, più di aiutarmi a concentrarmi. Ho trovato sostituti migliori, droghe più potenti.”

Sherlock aspetta che John si arrabbi o che gli faccia una paternale sull’abuso delle droghe. ? una cosa ragionevole. Ma John sembra semplicemente triste, e non in un modo deluso o pietoso, ma solo triste in modo generale.

“Vorrei aver potuto dirti che non dovevi provare ad adattarti alle persone. Scommetto che eri un saputello saccente tale e quale a quello che sei ora-” ridacchia, malgrado la tristezza nella sua voce, “-ma dovevi essere brillante anche a quei tempi.”

E Sherlock – Sherlock scopre che quelle parole significano qualcosa per lui. Danno una bella sensazione. Sentire John che le dice dà una bella sensazione.

Che è completamente irrazionale, ovviamente, perché non cambiano nulla, e allo stesso tempo cambiano così tanto.

Sherlock si concede di chiedersi come la sua vita sarebbe stata se fosse stato seduto accanto a John in classe, quel giorno. (Non che sia probabile che avrebbero frequentato la stessa classe – dopo tutto, John è più vecchio, e i suoi parenti non si sarebbero comunque potuti permettere la scuola si Sherlock)

Avrebbe potuto sussurrare a John deduzioni sui loro compagni di classe, e il suo amico avrebbe ascoltato con gli occhi spalancati e – dopo aver rimproverato Sherlock per una o l’altra cosa insensibile che avrebbe detto – sarebbe scoppiato a lodarlo.

“Terra a Sherlock – sei ancora lì?”

Oh, quindi probabilmente era stato troppo in silenzio, di nuovo. “Oh, ero brillante. Ma penso che un amico mi avrebbe fatto comodo.”

E quando John sorride, Sherlock sente l’ultima parte della sua fiacchezza andarsene, sente l’energia inondare il suo corpo e i pensieri correre nella sua mende di nuovo.
La maggior parte sono ‘John’.

“Non cambiare mai per ciò che piace o non piace agli altri,” dice John, ma ciononostante passa una penna a Sherlock, e il detective cancella rapidamente il secondo punto. Non ha ‘conseguito’ quell’obbiettivo, ma è sceso a patti, ne ha discusso – e ha trovato una soluzione migliore. E quello è ciò che conta.

Sarà ancora iperattivo dei giorni, e pigro, passivo degli altri. Ma John sarà sempre suo amico. Abbastanza sorprendentemente, quello è ciò che conta di più.

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Capitolo 5
*** 3. Baciare qualcuno che si pensa essere fuori dalla propria portata. ***


Riassunto: Potrebbe provare a baciare Lestrade – se non altro per fare arrabbiare Mycroft.










3.Bacia qualcuno che pensi essere fuori dalla tua portata

La logica dice a John che dovrebbe preoccuparsi di più per il suo coinquilino o, più specificatamente: i sentimenti che nutre per il suo coinquilino.

Sa che Sherlock era stato un drogato, e desidera ancora ardentemente l’afflusso della sua droga prescelta (cocaina, sospetta John). In aggiunta, il genio ammette apertamente di fare schifo con le emozioni e i sentimenti, non li capisce – e apparentemente non ha nessun interesse nel ricercarle – e abbastanza frequentemente deride le persone per essersi arrese ai propri sentimenti.

Quindi davvero, John dovrebbe avere difficoltà ad amare quel pazzo.

Ma Sherlock è anche brillante, non smette mai di sorprendere John. E gli importa – il fatto che si è lanciato da un edificio per John ( e Lestrade e Mrs. Hudson) la dice lunga- potrà forse non dirlo, ma lo dimostra, e a volte, raramente, si apre con John.

Diavolo, vuole che vada con lui per Natale.

Beh, quello probabilmente è solo perché così può sfuggire a Mycroft e a sua madre quando vuole, ma comunque. Era sembrato così genuino, e sincero.  Come se la presenza di John contasse davvero tanto per lui.

Gli occhi di John cadono di nuovo sulla lista, ricordandogli la ragione per cui sta indugiando un’altra volta su questi pensieri – il terzo punto. Suona come una cosa che scriverebbe una ragazza, ed è probabile che Sherlock l’abbia copiata, proprio come ha fatto con il secondo punto. Ciò non ferma John dal pensare chi Sherlock sceglierà se deciderà di completare quell’obbiettivo.

Una sensazione inquietante e contorta si stabilisce nello stomaco del dottore e lui la riconosce come gelosia. Gelosia al pensiero di Sherlock che marcia in un locale e bacia un qualche sconosciuto fino a fargli perdere i sensi. Nella mente di John, lo straniero non ha un sesso specifico – ragazza? Non è la mia area – ma chiunque sia, è bellissimo e giovane. E non colpito da uno sparo. O zoppicante nei giorni di pioggia.

John finisce il suo tè aggressivamente.


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Sherlock non ha assolutamente nessuna intenzione di scambiare saliva con uno straniero – o chiunque atro – e sinceramente, quasi si pente di aver copiato quel punto dalla lista di Clarissa Adams, che era innamorata di un ragazzo di tre anni più grande all’epoca. (Ci ha fatto sesso nel sedile posteriore della macchina di lui due settimane dopo e nove mesi più tardi ha dato alla luce due gemelli, che la resero la madre più giovane del decennio in Inghilterra)

Un altro punto importante nell’esecuzione di questo obbiettivo è che Sherlock non conosce davvero nessuno che sia fuori dalla sua portata.

Beh. Non è esattamente corretto. Conosce una persona.

L’uomo migliore che conosca, l’uomo che dovrebbe odiarlo, non avrebbe mai dovuto lasciarlo rientrare nella sua vita – nonostante come prima cosa la Caduta fosse solo per metterlo al sicuro – l’uomo da cui se non fosse stato perdonato, Sherlock avrebbe capito.

Esasperante, preparatore di tè, uccisore di tassisti John Watson.

Sherlock non è interessato sessualmente a qualcuno da anni, e i suoi incontri precedenti, nella giovinezza, sono sempre stati funzionali. Per pagare la droga. Per soddisfare le richieste del suo trasporto. Non riesce a ricordare la faccia di nessuno con cui sia stato intimo, e non era mai stato importante.

E perfino ora, il pensiero di perseguire una qualche sorta di relazione fisica sembra fastidioso, e uno spreco di tempo. Ma immagina che… se dovesse scegliere una persona su questo pianeta di cui si fiderebbe per queste cose, sarebbe John.

Non-gay John.

Beh, non tanto non-gay John. Sherlock ha visto i segni di attrazione che John mostra a volte, quando lo guarda. Tuttavia, John non li commenta e Sherlock ha la distinta sensazione che fare riferimento ad essi sarebbe un po’ non-buono. Specialmente quando una delle ragazze di John è lì attorno.

Gah. La sua bocca diventa un ringhio quando pensa alle numerose donne senza volto con cui John è uscito. Sono noiose, rallentano John e non è che lui tragga molto altro a parte il sesso. Non gli interessano, non davvero, se fosse sincero con sé stesso.

Sherlock non vuole più pensare alle ragazze di John. Deve ancora inventarsi qualcosa per il terzo punto della lista. Perché non c’è modo che possa baciare l’unica persona fuori dalla sua portata.

Potrebbe provare a baciare Lestrade – se non altro per fare arrabbiare Mycroft. Ma il detective ha una pistola, e Sherlock non è sicuro che John lo difenderebbe nel caso che Lestrade provasse a sparargli per aggressione.


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Irene è tornata.

Il telefono di Sherlock geme in modo osceno e John solleva lo sguardo trasalendo da dov’è seduto leggendo il giornale. Per un momento irrazionale, pensa che il suono l’abbia fatto Sherlock, ma quando realizza che Sherlock fissa l’apparecchio sul tavolino con palese sorpresa, si ricorda della suoneria per i messaggi che La Donna aveva installato sul telefono di Sherlock. Ovviamente Sherlock l’ha cambiata di nuovo  in un qualche bip, ma qualcosa (non sentimenti, perché Sherlock non si occupa di sentimenti) l’ha chiaramente indotto a tenere quella come suoneria personale per lei.

Senza dire una parola, il detective afferra il cellulare, striscia il pollice sullo schermo un paio di volte, spedisce un messaggio e poi è fuori dalla porta, senza una spiegazione o una parola.

Ovviamente John si preoccupa, e scrive velocemente un messaggio all’amico, chiedendogli se sta bene, dove sta andando. Non c’è risposta.

E John rimane al 221B, da solo, e respinge la preoccupazione e la gelosia al pensiero di Irene Adler, che ovviamente è tornata nel paese, e scrive a Sherlock. A chi altri potrebbe appartenere la suoneria con il gemito, se non a lei? Non lo sorprende che Sherlock sa che non è morta O sotto la protezione testimoni in America, però.

Tutto ciò ora non importa comunque, perché lei è tornata, ha scritto a Sherlock e lui si è precipitato, seguendo il cenno della sua chiamata. Seguendo la chiamata dell’unica donna che importava per lui. La Donna.


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“Sei ancora vergine?”

“Tu giochi ancora con il fuoco?”

Lei si adagia alla sedia, la luce della candela tra di loro che le brilla negli occhi mentre si concentra su Sherlock di nuovo. “Non ho mai provato il fuoco. Sono piuttosto pratica con la cera, però…” Gli fa l’occhiolino.

“Così ho sentito.” Beve un sorso del suo vino. “Resterai più a lungo, suppongo.”

“Sì. Londra mi è mancata. Così tante opportunità. Così tanti uomini meravigliosi.” I suoi occhi lo osservano di nuovo, e nonostante entrambi sappiano che niente succederà tra di loro, la tensione sessuale c’è.

Il suo cellulare vibra, e anche lei lo sente. Inarca un sopracciglio. “Il Dottor Watson è preoccupato. Non gli hai detto dove stavi andando.”

Questo è ciò che Sherlock ammira di Irene. Riesce ad osservare le cose. Non bene quanto lui, ma comunque.

“Ti aveva detto che ti amava?” continua lei e per la seconda volta questa sera, Sherlock è sorpreso. Stavolta, non lo mostra. Ci mette troppo a pensare ad una risposta, però, e Irene sembra in parte  meravigliata e in parte sorpresa. “Non l’ha fatto.” Poi, il sorrisetto è tornato. “Ancora vergine, allora.”

Ѐ infantile sentire il bisogno di difendersi, e sa che non dovrebbe ascoltare le sue frecciatine, ma ciononostante ribatte: “Oh, so una cosa o due.”
Lei sembra stupita dal suo sfogo, è abituata al fatto che le sue parole non lo tocchino, ma si ricompone rapidamente, e gli fa un sorriso triste. “Non sull’amore, però.”

“Ѐ un mandante crudele, causa di una buona maggioranza dei crimini su cui indago.” 

“Ѐ anche una cosa meravigliosa,” controbatte lei, ora sorridendo.

Anche Sherlock sorride. “E tu cosa sai dell’amore?”

“Ah, mi hai beccata.” Irene non è ferita, né afflitta, la sua postura rilassata e sicura di sé, ma entrambi, lui e lei, pensano a quella parola di quattro lettere che ha stabilito il suo destino, tempo addietro. S-H-E-R. Forse era amore, forse non lo era.

Lei ride ora, e ordina un altro bicchiere di vino, prima di sporgersi verso Sherlock sul tavolo. “Guardaci, parliamo d’amore… Perché non cambiamo l’argomento per uno che interessa di più ad entrambi. Parlami di ciò a cui stai lavorando al momento.”

E Sherlock sorride, e inizia a raccontarle della lista.


X


Sono davanti al 221B ora, e per tutta la corta strada di ritorno, Irene l’ha assillato uno o l’altro punto della lista. Ora, si sta concentrando sul terzo punto, ancora vicina a Sherlock dal momento che aveva il braccio avvinghiato al suo mentre stavano camminando.

Il tocco non è gradito come quello di John, ma non gli dispiace nemmeno. Viene tirato fuori dalle sue riflessioni quando Irene dice: “’Bacia qualcuno che pensi essere fuori dalla tua portata’? Ѐ un pensiero interessante…” Inclina la testa e poi sorride. “Davvero molto interessante.”

E prima che Sherlock possa reagire, annulla la piccola distanza tra loro, e lo bacia.


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“Puoi anche invitare la Signora Adler ad entrare stavolta, così non deve entrare di nascosto di nuov- oh.”

John si blocca sul posto, sulla soglia, per la scena davanti a lui. C’è Sherlock, con le mani penzolanti ai lati del corpo, e c’è un’Irene Adler molto viva, con un vestitino nero e i tacchi alti, e sta baciando il detective.

Quando la donna nota John, si stacca da Sherlock, e sorride in modo piacevole a John. “Buona sera, Dottor Watson.”

“Uh-”

Non riesce proprio a rispondere, la scena di pochi secondi prima che si ripete nella sua mente, e quando da lui non arriva nessuna risposta, Irene alza le spalle, e allunga la mano, fino alla tasca dei pantaloni di uno Sherlock ancora estremamente perplesso, da dove estrae un pezzo di carta ripiegato.

La piccola parte del cervello di John che non è attualmente sotto shock, gelosa o confusa, lo riconosce come la lista, e poi guarda come Irene spiega il foglio, lo tiene appoggiato contro il petto di Sherlock e – sotto lo sguardo attento del detective – tira una riga sopra il terzo punto con del rossetto rosso.

“Forse dovrei provare a trovare la mia vecchia lista di obbiettivi… anche completare la sua è divertente, però, Signor Holmes.”

E con ciò, semplicemente se ne va, e si lascia dietro il detective e il suo blogger.


X


“Lei non- io non provo certe cose per lei,” Sherlock dice alla soglia della porta, e si accorge solo dopo che John è scomparso. Perché sente il bisogno di dirlo? Sospetta che abbia qualcosa a che fare con il dolore negli occhi di John.

Comunque, non è di nessuna utilità se l’amico non sente! Entra nell’appartamento, e trova il biondo in cucina, a fare il tè.

“Non provo niente per Irene Adler,” ripete Sherlock.

“Non c’è bisogno che – non sono affari miei,” risponde John, senza girarsi verso di lui, e leggere il suo linguaggio del corpo è un po’ più difficile così. “Mi dispiace di, uhm, avervi interrotti entrando.”

“Guardami!” ordina Sherlock, odiando il modo in cui John sembri impressionato e… sofferente. Ѐ perché Irene è tornata? O per il bacio? E se è per il bacio, perché dovrebbe infastidire John? Ha qualcosa a che fare con l’attrazione che prova per lui a volte?

John è sorpreso per il tono, Sherlock lo capisce, e si volta, più per curiosità che per l’ordine in sé. “Abbiamo parlato della lista e voleva vederla. Gliel’ho mostrata, e quello è ciò che ha portato alla scena a cui hai assistito. Era divertita e intrigata dal terzo punto, ovviamente pensa che io sia fuori dalla sua portata, e quindi mi ha baciato. Ѐ una provocazione.” Per me. E a quanto pare anche per te.

“Giusto.” John si schiarisce la gola, e nonostante non sembri esattamente felice, almeno i suoi tratti si rilassano un po’ e allentano la sfumatura di amarezza. “In ogni caso, non ho niente contro – voglio dire, se voi due… vi frequentaste, io non-“

“Non ci stiamo decisamente ‘frequentando’. Non sono per niente interessato-“ Sherlock vuole dire ‘a lei’, ma non lo dice. Perché John finisce con: “-relazioni, lo so. Siete tu e Il Lavoro.”

Sherlock non riesce a dire come suoni John, non riesce a capire se è felice o triste, o una sfumatura intermedia di questi sentimenti, ma sente comunque di aver ferito John in qualche modo, da quando John ha sorpreso Irene mentre lo baciava. Che è ridicolo, perché non deve sentirsi male. Ma lo fa. Preoccupante, molto preoccupante.

“Anche tu sei importante. Sei parte del Lavoro.”

Ecco. Sentimento, sincerità. Cose che piacciono a John.

Sherlock sorride quando vede come John sollevi lo sguardo. Ah, allora non se l’aspettava. Sherlock è orgoglioso di sé per aver pensato di dirlo.

“Io sono- wow. Grazie,” risponde John, ancora stupito, ma ora decisamente sorridente. Allora è felice.

Bene. Per essere onesti, c’è stato molto discorso emotivo e sentimentale stasera, ed è stato estenuante per Sherlock. Quindi si volta, toglie la giacca scrollando le spalle e lancia la lista sul tavolino, prima di piantarsi sul divano e chiudere gli occhi, perdendosi velocemente nelle profondità della sua mente.

La linea rossa che copre il terzo punto della lista è messa da parte nella sua testa e anche se non se ne è esattamente occupato da solo, decide di proseguire.
Non vede lo sguardo mezzo desideroso, mezzo felice che John gli lancia, o l’occhiata di odio che il dottore dirige al rossetto sul foglio.


 

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Capitolo 6
*** 4. Fare un lavoro che offra un servizio. ***


Note della traduttrice: Grandi notizie, gente! La vostra traduttrice del cuore (lo so che lo sono, non siate timidi) si è resa conto molto recentemente (ieri) che manca un mese alla fine delle sue vacanze (e ha pianto). Vi sarà fondamentale per la comprensione del mio dilemma sapere che io divento l'essere più svogliato di questo pianeta con l'inizio della scuola, e mi butto a capofitto nell'unica attività che riesco a portare avanti giorno dopo giorno, fino alla fine dell'anno scolastico: procrastinare. Di conseguenza, mi sono detta che forse sarebbe meglio per tutti i lettori di questa storia se io accelerassi il tutto e finissi prima di allora. Altrimenti sono più che sicura che finirei per pubblicare un nuovo capitolo ogni tre settimane, o qualcosa del genere. Quindi, solo perché vi voglio bene, aggiornerò ogni tipo tre giorni! (Sì, sì, tu, genio della matematica che ti sei messo a fare i conti, lo so che nemmeno così finirò prima dell'inizio della scuola. Una ragazza può sognare, okay??)
Detto questo, penso che vi lascerò al capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate (questo è il mio preferito, fino ad ora!). E magari anche cosa pensate del nuovo programma, perché se ogni tre giorni è troppo, non so, modifico.
Buona lettura! 


Riassunto: Sherlock realizza che John potrebbe aver frainteso il suo messaggio.





4. Fai un lavoro che offra un servizio.


Sto lavorando da Angelo. Incontriamoci lì alle 7. – SH

John, per un momento, pondera tra sé se ci sia di nuovo bisogno di fare il discorso su buono e non-buono con Sherlock – se Angelo ha fatto qualcosa di illegale di nuovo, devono decisamente dirlo a Lestrade; Sherlock non può sempre mantenere i crimini del proprietario del ristorante italiano (“sono solo crimini minori, John, un paio di irruzioni, un po’ di furti di auto”) segreti così che loro possano avere cibo gratuito e la comodità di un posto di sorveglianza in cui non importa che loro stiano lì appostati per ore senza ordinare nulla.

O che ha le candele al tavolo per rendere tutto più romantico. Come se ci fosse qualcosa di lontanamente romantico in un triplo omicidio.

Beh, per Sherlock, c’è – e da quando lui ha dell’influenza sulla vita di John, anche il dottore inizia a vedere il fascino degli assassinii. (Specialmente quelli in cui un certo coinquilino viene ucciso perché ha deciso che ordinare grandi quantità di narcotici sotto nome e conto bancario di John, con due ufficiali di polizia molto sospettosi che hanno una seria discussione con il modesto dottore come conseguenza, è qualcosa che i buoni coinquilini dovrebbero accettare.)

Comunque, John sta morendo di fame, e il turno all’ospedale l’ha sfinito abbastanza da non volersi disturbare per cucinare qualcosa quando arriva a casa. Quindi semplicemente risponde affermativamente e ritorna a lavorare. Seriamente, i giovani d’oggi – è combattuto tra l’essere interessato e l’essere schifato da come quel collo di bottiglia sia finito dov’è finito. 3 ore e 26 minuti prima di potersi di nuovo avvolgere con la pazzia deliziosamente normale di Sherlock.


X


Dal modo in cui la mandibola di John quasi colpisce il terreno quando vede Sherlock vestito in jeans neri stretti, una camicia bianca con le maniche arrotolate alla J. Crew, con un panciotto nero attillato abbottonato sopra e un corto grembiule nero legato attorno alla vita, che porta un vassoio, Sherlock realizza che John potrebbe aver frainteso il suo messaggio.

Lo accompagna al loro solito angolo e cerca di ignorare l’accelerazione del battito di John sotto le proprie dita. Quindi non ha una ragazza da un po’. Interessante. Non che Sherlock noti le fidanzate, ma visto che John mostra così apertamente… questi tipi di sintomi, deve aver bisogno di sfogo fisico. Di nuovo, non che lui sia interessato in quel tipo di attività, Sherlock si dice. Ѐ più un interesse scientifico quello che sente.

Che già di per sé dovrebbe essere abbastanza allarmante. In aggiunta agli scontri sentimentali con Mycroft, loro madre e Irene ultimamente, ora inizia a sentirsi interessato alla vita sessuale – al momento da scarsa a non esistente – di John.

Per distrasi – e fornire un qualche tipo di spiegazione a John – Sherlock notifica: “Non ho scritto ‘sto facendo un lavoro’, impara a leggere più attentamente!”, prima di dare a John una rapida occhiata e annunciare: “Ti porto da bere,” per poi sparire di vista, senza aver davvero preso l’ordinazione di John. Ha dedotto. Ovviamente.

Minuti più tardi, Sherlock appoggia dell’acqua e del pane davanti a John e l’espressione interrogativa di John lo spinge a dire: “Ѐ ovvio, no? Sto lavorando al quarto punto della lista.”


X


John, come ogni altro uomo – e un buon numero di donne, ad essere sinceri – ama l’estate. Perché è il periodo in cui i vestiti diventano più corti e le scollature più basse.

Non che di solito lui degradi le donne al solo aspetto esteriore – ma diciamo che lui, come tutti gli altri, apprezza quel periodo dell’anno. Tuttavia, nessun vestitino corto, nessun décolleté che gli venga praticamente strofinato sulla faccia l’ha preparato alla vista da sesso-su-due-gambe  che è Sherlock vestito come un dannato cameriere.

Al momento, la convinzione di John riguardo il proprio orientamento sessuale è dura e dritta come gli spaghetti che sta mangiando la ragazza al tavolo vicino. [1] 
E non potrebbe interessargli di meno, cazzo. 

Oltre a sembrare il Dio greco degli Zigomi, Sherlock apparentemente è anche un cameriere molto veloce e quando passa attraverso i tavoli con l’acqua di John, il dottore si chiede brevemente se dovrebbe ordinare qualcos’altro, giusto per vedere Sherlock andarsene di nuovo. O magari potrebbe rovesciare l’acqua addosso a Sherlock – un consulto cameriere deliziosamente bagnato fradicio… ma in effetti, la vendetta di Sherlock sarebbe terribile (Watson, ricordati la volta che ha deciso di far crescere funghi del legno e degli alberi sulla testiera del tuo letto!) quindi quello non può essere un piano. Tra l’altro,  non è che John possa agire secondo questi sentimenti – o bisogni – che sente per Sherlock.

Sei una parte del lavoro, John.

Okay, potrà anche essere importante, ma comunque. C’è una grossa differenza tra essere importante per Sherlock e ammettere dei sentimenti per il sociopatico autoproclamato. Ha. Sociopatico. Come se.

Tuttavia, ci sono problemi più importanti tra le mani – perché per quanto gli piaccia vedere Sherlock come cameriere, la vera professione dell’uomo è consulto detective, e Lestrade lo ucciderà se non riesce a riportare Sherlock al suo lavoro normale. Dannata lista. Ah, magari quello è un inizio.

“Grazie,” dice John quando Sherlock appoggia l’acqua. “Ma per tutta la cosa del punto della lista-“

“Sì?”

“Sherlock, stai già facendo una specie di lavoro che offer un servizio. Un servizio unico, ma comunque.”

“Pensi che dovrei smettere di fare il cameriere.” Sherlock quasi inclina la testa, ma poi apparentemente decide che è troppo per lui e si siede invece di fronte a John, il suo lavoro al ristorante già dimenticato. “Spiegati.”

John sorride. “Prendi la mia ordinazione prima.” Onestamente, se Sherlock è davvero in una situazione in cui deve fare qualcosa di semplice come procurare cibo per John senza potersi lamentare (più di tanto), allora chi è John per lasciare fuggire quell’opportunità? Tra l’altro: quel sedere. Molto altruistico, Watson.

L’occhiataccia che Sherlock gli lancia sarebbe intimidatoria per chiunque altro (John non ne è per niente impressionato e continua semplicemente a sorridere), ma si alza davvero e se ne va verso la cucina.

John scatta rapidamente una foto del detective che si ritira e la invia a Lestrade. Sherlock probabilmente gli terrà il broncio per settimane per questo, ma Lestrade gli sarà grato per uno stacco e una risata – ha il quinto turno di notte di fila, John ricorda.

Per piacere dimmi che questa non è roba pervertita che provate a letto. –GL

Haha, mi piacerebbe.

Sherlock ha cambiato professione per la serata. Io traggo solo beneficio dal potergli dare ordini. –JW

Dopo un paio di secondi, aggiunge con poco entusiasmo:

E non siamo una coppia.

Certo. Beh, divertiti. Mycroft sta sorridendo da un orecchio all’altro – non lascierà mai stare Sherlock per questo. –GL

Aspetta cosa?

Cosa stai facendo con Mycroft? –JW

Ma non c’è risposta, e Sherlock torna dalla cucina, tenendo in equilibrio un piatto con l’ordinazione di John sul vassoio, quindi John si mette velocemente il cellulare in tasca, dimenticandosi già dell’ultimo messaggio.


X


“Scusi, ma noi vorremmo ordinare-“ dice un uomo ad un paio di tavoli di distanza, con un’occhiata infastidita alla schiena di Sherlock. Il detective ha rivendicato di nuovo il posto di fronte a John.

“E mio fratello vuole perdere tre chili, ma non possiamo sempre ottenere ciò che vogliamo. Sono impegnato!”  Sherlock gli dice con disinvoltura, guadagnandosi uno sguardo incredulo dai clienti, ma ovviamente lo ignora. Invece, prova a rubare un po’ di pasta a John, che quasi lo pugnala con la forchetta. Ci sono dei limiti, anche per quanto riguarda l’amore. La pasta è uno di essi.

Sherlock afferma sempre di non essere affamato e finisce per mangiare la metà dei piatti di John.

Lavora in un dannato ristornate ora; potrebbe semplicemente andarsi a prendere qualcosa. John proteggerà il suo pasto con tutto ciò che ha.

Anche il detective sembra capirlo, e ferma i suoi tentativi, congiungendo invece le dita sotto il mento. “Fare un lavoro che offre un servizio è davvero irritante.”

John sbuffa su un boccone di pasta – sta tipo divorando il cibo ora, ma non si fida davvero di Sherlock – e riesce a dire: “L’hai fatto per quanto – tre ore?”

“Quattro ore e 23 minuti,” risponde Sherlock, offeso. “Ora, vuoi sapere la storia dietro al punto o no.” Non aspetta che John risponda. “Certo che vuoi.”

“Idiota.”

“Scusami?”

“Niente. Dimmi.”

Sherlock solleva un sopracciglio, ma quando John incontra il suo sguardo, mostrando umorismo non malintenzionato e interesse, si arrende. Chi è lui per respingere un pubblico desideroso, dopo tutto? Ѐ come una Trilli contorta a volte, vive dello stupore che John prova quando ancora una volta gli permette di vedere un barlume della mente del Grande Sherlock Holmes.

“Quando avevo quattordici anni, il cameriere di un ristorante in città sparò a quattro clienti. Più tardi affermò che essi lo avevano seccato così tanto negli anni che non vedeva un’altra via di uscita se non ucciderli. Così ho iniziato a chiedermi quanto stress emotivo debbano sopportare le persone che lavorano a contatto con la gente e quanto ne possano sopportare prima di spezzarsi.”

“E ora lavorerai come cameriere finché non ti spezzi e uccidi qualcuno?” chiede John. “Conoscendoti, sei già a due passi da farlo. E non penso che Lestrade approverebbe.”

“Non sarebbe… in grado di provare che sono stato io,” sfida Sherlock, sembrando divertito e nota come il labbro di John si contrae mentre prova a trattenersi dal sorridere e cerca di rimanere serio.

“Non assassinerai clienti innocenti solo per vedere se riusciresti a farla franca – e inoltre: io lo saprei, sarei un testimone.”

“Prima di tutto – riuscirei sicuramente a farla franca. E chi dice che ti lascerò vivere?”

Ora John sorride, e anche se è divertito più che altro, è anche il sorriso di un predatore. Qualcuno che sa quando è più forte, che sa di poter accollarsi il pericolo, che sa di essere pericoloso. “Mi piacerebbe che ci provassi.”

E sì, magari discutere di una possibile furia omicida e di venire assassinato dal tuo geniale, pazzo coinquilino barra migliore amico barra uomo di cui sei (in un modo non gay) innamorato (okay forse quello è un po’ gay dopo tutto) in un ristorante è considerato ‘strano’ – o del tutto ‘pazzo’ – dalle altre persone, ma John è davvero solo felice e contento.

Questo è ciò per cui vive – pazzia totalmente perfetta – e non vorrebbe cambiarlo per nulla al mondo.

Ah merda – durante i suoi pensieri sentimentali Sherlock è riuscito a rubare tre forchettate piene di pasta e le sta sgranocchiando il più discretamente possibile, cercando di non attirare l’attenzione di John. Come se potesse.

Sospirando, John spinge il suo piatto attraverso il tavolo e Sherlock lo accetta senza nemmeno un grazie. Ma a John non dispiace, e quando lui e Sherlock tornano a Baker Street più tardi (con tutti i clienti del ristorante ancora vivi e Angelo che mostra la più piccola parte di sollievo quando Sherlock annuncia che non intende tornare ‘al lavoro’ di nuovo) la sensazione assillante nello stomaco di John dallo scontro con Irene Adler un paio di giorni prima è svanita.

Sono John e Sherlock di nuovo, e tornati all’appartamento, Sherlock traccia una linea nera sul quarto punto, sbavando un po’ il rossetto rosso sul terzo punto.










[1]: Eh, già, essendo "straight" una parola dal doppio significato, non sapevo proprio come altro rendere la battuta del "straight as the spaghetti"... scusate, lo so che ha perso comicità, ma almeno ha ancora più o meno senso. 

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Capitolo 7
*** 5. Libertà e 6. Risparmi. ***


Riassunto:  “Essere il grado di controllarla è libertà per me. Lo è sempre stato. La cocaina aiuta.”










5. Riconosci la libertà quando la vedi

&

6. Apri un conto di risparmi
 
 
“Cosa pensi che sia libertà, John?” chiede Sherlock, sbattendo pigramente le palpebre nel sole pomeridiano, dopo non essersi mosso dal divano tutto il giorno. Sta indossando la sua vestaglia, ma non è chiusa, per cui gli ricade aperta sul torace, rivelando una sottile striscia di pelle pallida in mezzo al blu ricco e scuro.

Ѐ la ragione per cui John è seduto da più di un’ora con le gambe accavallate.

E ha davvero bisogno di qualcosa da bere, ma alzarsi non è esattamente un’opzione, ora. O mai, se Sherlock continua a stirarsi come un gatto.

Oh merda. Sherlock gli ha chiesto qualcosa.

Occhi argentati stanno ora fissando John sospettosamente e mentre il loro sguardo attento gli fa venire la pelle d’oca sulla schiena, lui fa del suo meglio per sembrare insospettabile. E non eccitato. Dal suo coinquilino. Che non è interessato alle relazioni.

Sei parte del Lavoro, John.

Sì, grazie cervello. Proprio la cosa che uno deve ricordarsi mentre prova a non illudersi. O a non desiderare di baciare il proprio ignaro coinquilino.

Okay, cos’ha chiesto Sherlock? Qualcosa sulla libertà… - non è un po’… “Ѐ una domanda alquanto filosofica, da parte tua,” afferma John. Ora che si concentra – e ordina a più sangue possibile di tornare al suo cervello – realizza che è proprio vero. Ѐ una domanda strana per Sherlock.

“Non è filosofica come pensi,” lo corregge il detective. “Ѐ una domanda semplice, e mi aspetto una risposta concreta.”

“Cavolo, siamo esigenti oggi, eh?” John solleva la mani come per arrendersi – solamente una, perché l’altra deve tenere un libro convenientemente piazzato al suo posto – e aggiunge: “Okay, dammi un momento per pensarci.”

“Sbrigati,” borbotta Sherlock, e John rotea gli occhi. Lui non vede, ovviamente, visto che sta ancora più o meno prendendo il sole ad occhi chiusi. Non che Sherlock faccia delle cose noiose e banali come prendere il sole. No, a lui capita solamente di andare nel suo palazzo mentale sul divano, ad occhi chiusi, in pieno sole. E certamente non ha ruotato leggermente il divano a sinistra per farlo.

“Okay, allora, uhm… la libertà per me è… poter fare ciò che voglio. Ѐ una cosa comune da dire, lo so,” John aggiunge velocemente quando Sherlock sbuffa, “ma quando ti sparano, quando per poco muori, quando ti viene data una seconda possibilità nella vita, inizi a dargli valore. Sono libero di vivere di nuovo. Suona un po’ sdolcinato, ma è la verità,” conclude.

“E con la tua seconda vita, decidi di seguirmi in un edificio scolastico abbandonato per poi sparare ad un tassista attraverso una finestra.” Sherlock ha ancora gli occhi chiusi, ma John vede il piccolo sorrisetto divertito sul volto dell’amico.

“Sai, proprio questa mattina quando ho trovato la nostra intera scorta di bustine di tè galleggiare nella vasca da bagno, ho seriamente messo in discussione quella parte. Forse avrei semplicemente dovuto lasciarti scegliere una pillola.”

Sono semplici prese in giro tra loro, ed entrambi sanno che John non lascerebbe mai succedere nulla di brutto a Sherlock. Nemmeno tra cento anni. Non quando può prevenirlo.

Sherlock risponde con la stessa facilità. “Avresti comunque trovato le bustine di tè nella vasca da bagno, perché avrei scelto la pillola giusta.”

John sbuffa. “Certo.” Dopo un secondo, aggiunge: “Comunque, cosa ha portato a quella domanda sulla libertà?”

“La lista, ovviamente.”

Ovviamente.

“Oh, giusto. Quindi… cos’è la libertà per te, allora? Ci hai mai pensato?”


X

 
“Per me, la libertà è sempre stata aver controllo sulla mia mente. Ti ho detto come ci si sente ad essere me – ad avere questo razzo dentro la tua testa, intrappolato sulla pista di decollo, che si distrugge. I cervelli delle altre persone non sono infuocati, ma il mio lo è, e da quando ero molto piccolo, ha bruciato come una supernova – non guardarmi così, le so una o due cose sulle stelle e i pianeti. Quindi, essere in grado di controllarla è libertà per me. Lo è sempre stato. La cocaina aiuta.”

John respira profondamente. “Beh, non è insolito che le persone facciano uso di droghe per sentirsi liberi. Sai, in un senso ricreativo – per ottenere sollievo dallo stress, per sentirsi meglio. Per staccare.”

“Io non stacco quando prendo qualcosa. Riesco a mettere le cose in ordine, a vedere tutto chiaramente. Ѐ come se il fango nell’acqua sporca all’improvviso affondasse verso il terreno e la lasciasse cristallina,” spiega Sherlock, e ovviamente si prende il suo tempo, fa del suo meglio per far sì che John capisca. E ovviamente, se si disturba così, John ascolterà molto attentamente. Non che non lo faccia comunque. Ma Sherlock che si apre è raro, ma apprezzato. Fa anche sentire John speciale, essendo l’unico a cui Sherlock dice questo tipo di cose.

“Mmh. Perché hai smesso allora?” chiede John, e aggiunge velocemente: “Ѐ un bene, davvero, perché le droghe fanno male e tutto il resto, ma come sei riuscito a eliminare l’abitudine?”

“Non l’ho fatto.” Sherlock scuote le spalle, come se fosse qualcosa con cui deve convivere. Oh, sì – lo è. Certamente John sa che i dipendenti non smettono mai di sentirsi trascinati verso la droga scelta, ma durante il tempo in cui John ha vissuto con Sherlock ora – più di 4 anni, meno i sei mesi dopo- beh, quasi 4 anni, si è sempre trattenuto dal bucarsi di nuovo. Ci sono state notti pericolose, e giorni, sì, ma alla fine, Sherlock si è sempre fermato.

“Voglio farlo, tutti i giorni. Parte del mio cervello mi ricorda costantemente di come potrei funzionare. Sai quanto può diventare folle dentro la mia testa?!” Sherlock è piuttosto agitato ora, e John combatte il bisogno di respingerlo a sedere quando inizia a camminare per l’appartamento. “C’è rumore, costantemente, e vedo tutto. Non posso non vedere le cose, anche se voglio, e ci sono così tanti input fastidiosi nelle scene del crimine – gli indizi sono nascosti dietro di essi, e io devo solo trovarli. Sarebbe così facile limitarsi a spazzare via il fango a volte…”

E all’improvviso, John capisce che cosa trattiene Sherlock dal farsi continuamente. Non è ciò che Mamma Holmes, o Mycroft o Mrs. Hudson potrebbero pensare di lui. Nemmeno ciò che Lestrade – che non lo lascerebbe più entrare nelle scene del crimine se è drogato – pensa. Diavolo, nemmeno ciò che lui, John, pensa, per quando gli potrebbe piacere. Ѐ lo stesso Sherlock.

Sherlock, che rende la sua dipendenza un mistero. Che alimenta la propria mente rendendo più difficile trovare gli indizi, tracciare connessioni. Invece di barare, farsi e vedere istantaneamente le risposte, sceglie di farsi strada attraverso di esse.

Un’occhiata riconoscente da Sherlock – che vede cosa John ha capito, glielo legge in faccia, nella sua postura – conferma il percorso dei suoi pensieri.

“Giusto per fartelo sapere – penso che sia fantastico che tu riesca a controllarti così. E sei brillante, nel tuo modo di vedere le cose, e dedurre,” gli dice John, sorridendo calorosamente e Sherlock non ricambia il sorriso, ma smette di marciare e si ristende sul divano, la testa di riccioli penzolante sul bordo verso la direzione di John.
 


X
 
 
Improvvisamente, ci sono delle dita sulle sue tempie, un tocco leggero, ma sicuro. Mani che sanno dove applicare pressione, sanno quello che piace e quello che non piace, ed è sorpreso, ma scopre che quel tocco non è sgradito.

John non dice nulla, semplicemente, dopo aver aspettato un momento – che Sherlock gli dicesse di smetterla, di spostarsi, che dicesse qualcosa – inizia a massaggiare. Le tempie, verso il centro della fronte del detective, su verso l’inizio dell’attaccatura dei capelli, e di nuovo indietro verso le tempie.

Sherlock si è mezzo aspettato che John fosse arrabbiato con lui, per essere dipendente dalle droghe, per avergli detto che non si pente di averne fatto uso. Invece, John gli offre conforto attraverso il tocco – non che Sherlock abbia bisogno di essere confortato.

(Però è bello. Molto bello in effetti.)

Si ritrova a rilassarsi al tocco, qualcosa che il toccare di solito non fa a lui.

“Ho aperto un conto di risparmi quando Lestrade mi ha chiesto aiuto la prima volta. Ѐ stato poco dopo esserci incontrati-” tra la spazzatura, in overdose, un aspirante ispettore stanco, esausto, alla sua prima serata libera dal lavoro dopo settimane e un giovane uomo che ha calcolato male la dose, “e  ha messo in chiaro che non potevo dare consulti alla polizia mentre ero fatto. Allora invece, ho aperto un conto di risparmi e ci ho messo i soldi che avrei usato per comprare cocaina, assieme a quelli che guadagnavo lavorando con la polizia. Mycroft, dopo avermi osservato per un po’, si è offerto-“sbuffa a quella parola, “di darmi accesso al mio fondo fiduciario, ma io ho declinato.”

Sherlock si dice spesso che non aveva nulla a che fare con l’orgoglio, niente a che fare con il  fatto che riusciva a prendersi cura di sé stesso, era riuscito a farlo per anni senza un soldo in mano (sì, facendoti Ben quando avevi così tanto bisogno di cocaina che le mani ti tremavano, aggiunge la sua mente) e che non aveva bisogno del fondo fiduciario quando ha iniziato a fare da consulto. Ma in realtà, è solamente l’orgoglio che gli impedisce di accettare ciò che è suo di diritto.

Le dita di John si fermano brevemente nel loro movimento, come se potesse percepire i pensieri arrabbiati che corrono per la mente di Sherlock, ma poi riprende i movimenti e tutto ciò che Sherlock può fare è trattenersi dal sospirare di compiacimento.

“Allora non è vero ciò che dice il Sergente Donovan – ti pagano per il tuo lavoro,” John mezzo chiede e mezzo afferma. Se è ferito dal non sapere da dove esattamente provenga il denaro di Sherlock, non lo mostra.

“Non sa tutto ciò che succede tra me e Lestrade, no.”

“Ma non prendi soldi dalle persone che vengono da noi privatamente.”

“No. Mia madre trasferisce del denaro ogni volta che risolvo un caso – ovviamente glielo dice Mycroft, perché io certamente non lo faccio. Penso che lo consideri ‘interessamento’.” Non gli piace, nemmeno un po’, ma anche lui deve ammettere che è abbastanza comodo. Ed è per il lavoro che fa, quindi è una qualche sorta di pagamento più che… un sussidio. Non che lo voglia – se potesse fare come vuole lui, vivrebbe felicemente solamente risolvendo i misteri, ma sfortunatamente bisogna occuparsi di cose banali come l’affitto e il cibo.

John non dice saggiamente nulla su quello, sapendo che è un argomento sensibile per Sherlock, e il detective si scopre grato per quel silenzio. Ѐ solo dopo un altro po’ di massaggio che John dice: “Puoi toglierlo dalla lista allora!”

Sherlock contempla, e si allunga prima di distendere la mano, gli occhi ancora chiusi. “Penna.”

Il suo coinquilino borbotta qualcosa di incomprensibile, e le labbra si Sherlock si arricciano in un sorriso, e poi qualcosa di allungato gli viene messo in mano e lui cerca dietro la propria testa finché non sente il foglio tra le dita.

Una grossa linea viene rapidamente tracciata sul sesto punto e dopo un momento, John si schiarisce la gola e Sherlock lo sente alzarsi. “Faccio il tè – ne vuoi anche tu?”

Sherlock non risponde, e John dice semplicemente: “Lo prenderò come un sì,” prima di spostarsi verso la cucina. Il detective sente il sorriso nelle sue parole.

E poi capisce.

Con John, può essere chi è davvero, e chi vuole essere. Può dire a John che era un drogato, e può dire a John che desidera ancora quelle sostanze. Può non parlare per giorni e John non si arrabbierà mai con lui o non ne sarà infastidito. Preoccupato, forse, ma mai arrabbiato. Può dire cose non-buone, e John glielo riferirà e basta e sarà solo un po’ arrabbiato. Può essere insensibile e sconsiderato ad una scena del crimine quando vuole, e John si meraviglierà semplicemente delle sue deduzioni. Può tenere delle parti del corpo nel frigorifero (e nel microonde, nel forno, nello scaffale superiore della dispensa, per tutto il salotto e in un sicuro contenitore sottovuoto sotto il letto di John – oh, giusto, dovrebbe dirglielo probabilmente, perché non dire le cose è non-buono) e gli esperimenti sul tavolo della cucina. Può sparare ai muri, comporre alle tre del mattino, e nonostante John si arrabbi per quello, non si arrabbia mai veramente.

E può saltare giù da un edificio per John, e sparire, e tornare, e John è ancora lì con lui.

Con John, Sherlock può essere libero di essere sé stesso.

Tracciare una linea anche sul quinto punto fa sorridere Sherlock, e non lo nasconde. Perché può farlo. Perché è libero di farlo. Con John accanto.

 

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Capitolo 8
*** 7.Iniziare e 8.Finire. ***


Riassunto: Con ogni piccola parte di informazione che confessa, si aspetta per metà che John se ne vada. John non se ne va mai.









7. Inizia una relazione

&

8. Finisci una relazione
 
 
 
Ultimamente, Sherlock si chiede se l’esposizione prolungata al molto umano e molto intrigante John Watson che è conseguenza del viverci insieme, abbia innescato un cambiamento in lui.

Come altro dovrebbe spiegarsi il bisogno di raccontare a John della sua vita? Non ha mai considerato di farlo prima. Può concederlo, Lestrade conosce delle parti, visto che è stato lui ad incontrare Sherlock durante il picco del suo consumo di droghe, e poi c’è Mycroft con cui Sherlock ha avuto la sfortuna di crescere. Quindi, Mycroft ovviamente sa del giovane Sherlock.

Ma John – John ha sparato al tassista per Sherlock dopo averlo conosciuto per poco più di un giorno. Non sapeva nulla di Sherlock a parte il fatto che teneva un frustino all’obitorio, era disordinato e aveva un ‘arcinemico’ che l’aveva già rapito.  E comunque, ha sparato al tassista per salvare la vita di Sherlock.

Ѐ molto per qualcuno con problemi di fiducia.

Dopo tutto, non dovrebbe esserci questo interesse nel far capire meglio a John la sua vita. Nel volere che John sappia di lui. Ma John insiste sempre sul fatto che parlare delle cose che disturbano le persone può farle sentire meglio, quindi in conclusione è diritto di Sherlock parlare a John del proprio passato. Eccetto che non lo disturba.

E con ogni piccola parte di informazione che confessa, si aspetta per metà che John se ne vada.

John non se ne va mai.

E questa lealtà, il fatto che John è sempre lì quando Sherlock ha bisogno di lui – e spesso quando pensa di non averne bisogno – e perché a lui piace sinceramente John, e perché John non è noioso o stupido – tutte queste ragioni rendono John perfetto per ciò che deve essere fatto, l’unica persona che Sherlock riesca anche solo ad immaginare fare ciò che viene ora.

Sherlock ha fatto le sue ricerche, ha fatto domande a John. Ora è il momento. Il momento di lavorare sul prossimo punto della lista.

John è seduto sulla sua poltrona accanto al divano, legge il giornale. Ora è un momento buono come qualsiasi altro, suppone Sherlock.

“Vorrei che noi ci impegnassimo in una relazione romantica,” dice, e, chiedendosi se ci sia bisogno di un’aggiunta, continua: “Insieme.”
 

X
 

Mentre le parole lasciano la bocca di Sherlock, il cuore di John quasi si ferma, mentre la sua mente corre tra gli ultimi giorni. Tutto ha senso ora. Tutte le dannate domande.

“John, quanto dura in media una relazione che non sfocia in un matrimonio?”
“John, che cosa – a parte la variabile dell’amore- cercano di solito le persone in una relazione?”
“John, gli uomini in generale preferiscono chiedere di uscire o viceversa?

Non aveva messo in conto quello, però. Non aveva contato che Sherlock  potesse sputargli una domanda come quella, nel bel mezzo del pomeriggio, tra la dissezione del cervello di un maiale e le lamentele sul nuovo maglione di John – che non è affatto atroce, tra l’altro. Ѐ color sabbia. Che c’è che non va con la sabbia?!

Beh, forse sentirla sotto di te mentre muori dissanguato. Ma a parte quello-

Giusto. Torniamo al punto. Sherlock – Sherlock vuole avere una dannata relazione con lui!

John non è mai stato uno da iperventilare, nemmeno quando uno Sherlock apparentemente del tutto imperturbato lo fissava dal fondo della strada, sei mesi dopo che lui l’aveva seppellito. Ma ora sembra un buon momento per iniziare. La cosa dell’iperventilazione, sia chiaro. Non il seppellire – quello non lo farà più.

“Secondo il protocollo, qui è dove tu dici sì oppure no,” incoraggia Sherlock, sollevando un sopracciglio e John capisce solo ora che ha fissato incredulo il detective per un bel po’ ora, senza reagire verbalmente.

“Io – uh…” Okay, questo è un po’ complicato. “Perché… come- da dove viene tutto ciò, così improvvisamente?”

Aah, bene, Watson. Spaventalo con l’essere stupido.
Avresti potuto avere tutto, proprio ora e sul posto. Avresti potuto dire sì, e forse avreste potuto iniziare a baciarvi immediatamente e poi… chissà…-  ma no. Certo che devi fare domande, non puoi semplicemente chiudere la bocca per una volta e-

John prova a rispedire indietro le proprie accuse arrabbiate – avendo più o meno successo, e prova a dirsi che ha fatto la cosa giusta. Fare domande a Sherlock, invece di accettare le cose e basta.

Ciò non vuol dire che gli debba piacere.

Ma è così che funzionano le cose giuste, non devono sempre piacerti. Non possono sempre piacerti. Ma ciononostante, sono giuste.

“Mi è stato detto ripetutamente che le relazioni non sono qualcosa in cui ho troppa esperienza, e vorrei cambiare. È anche una parte della lista, quindi l’opportunità è perfetta da cogliere.”

“Giusto, la lista.” John si era quasi dimenticato, ma ora si ricorda il punto chiaramente. ‘7. Inizia una relazione.’

Si ricorda anche cosa segue dopo quel punto. ‘8. Finisci una relazione.’ Improvvisamente, le bende gli cadono dagli occhi e ha un’illuminazione. Sherlock sta ancora lavorando a quella dannata lista e sta soddisfacendo il suo interesse scientifico per un’area in cui – come ha ammesso lui stesso – non ha esperienza. Non è un improvviso cambiamento nei suoi sentimenti, o una curiosità naturale. Sta solo combinando l’interessante all’utile. Acquisisce esperienza togliendo due punti dalla lista.

Tuttavia, John non riesce ad essere arrabbiato. Non riesce proprio a sentire rabbia. “Quindi questo sarebbe una qualche specie di… esperimento sociale per te? Lo sai che non accetterò.”

Sherlock assomiglia ad un cervo sorpreso dai fanali. Dura solo un secondo, ma è ovvio che non aveva messo in conto che John potesse capire, aveva pensato che la propria recita fosse perfetta. Ma poi, accetta la sua comprensione, e invece di mentire, spiega: “Se la vuoi mettere così, sì. Questi due punti erano qualcosa che ogni singolo studente – ragazzi e ragazze – aveva scritto in classe il giorno che dovevamo fare la lista, ed era naturale fare lo stesso. Mi sono sempre chiesto perché esattamente così tante persone desiderino quell’obbiettivo nella vita.”

Perché non puoi decidere di chi ti innamori. Perché non vuoi essere solo. Perché l’altra persona è perfetta, e vuoi stare con ella per sempre.

John non dice nessuna di queste cose, però. Prova solo a rimanere calmo, a nascondere la propria delusione, e a respirare. Dentro, e fuori. Dentro, e fuori.

Sherlock sembra insicuro adesso. Ovviamente ha capito che qualcosa che ha detto era non-buono, e John deve dargli credito per fare una faccia preoccupata per davvero. A Sherlock non piace l’averlo fatto arrabbiare.

Però non capirà da solo, e quindi John si rimette in sesto, si siede sul divano e gesticola al suo coinquilino di fare lo stesso.

“Senti, Sherlock, siediti, okay?”

All’inizio, sembra che il detective non voglia ascoltare, sia ancora ferito perché John ha declinato la sua… offerta, ma John mantiene il proprio sguardo fermo, e caldo, e alla fine, si arrende e si lascia drammaticamente cadere sul divano.

“Sono… sono onorato dalla tua, uhm, offerta. Davvero. Ma lo stai facendo per le regioni sbagliate. Voglio dire, è bello sapere che ti fidi di me abbastanza da voler fare… questo genere di cose con me, ma una relazione – per me – è una cosa seria.”

Sherlock sbuffa, e la malizia colora la sua voce quando dice: “Se tu consideri una che ti porti a letto durante il weekend una relazione seria…”

“Non dire così adesso-“ John è un po’ infastidito, ma capisce che è solo Sherlock che tenta di ricostruire la facciata che aveva temporaneamente lasciato scivolare prima.
“Quello che sto cercando di dire è che voglio che una relazione – anche se è solo sesso durante un weekend – importi. Che la persona con cui sono sia coinvolta per le ragioni giuste, e non perché è un qualche tipo di esperimento sociale.”

“Ma io do davvero molto valore alla tua opinione e mi piace la tua presenza. Te l’ho detto – sei il mio unico amico. Sicuramente quello dovrà contare qualcosa?” spinge ora Sherlock, già più intrigato che infastidito e John è segretamente felice che l’umore del detective si volga in quella direzione – non sopporta quando Sherlock è infastidito da lui.

“Certo che ‘conta’ qualcosa, se vuoi metterla così. Ma posso dire essenzialmente la stessa cosa di Greg, e non mi vedi chiedergli di uscire, no?”

“Ti consiglio caldamente di non farti avanti con Lestrade, le conseguenze sarebbero delle più scomode per entrambi,” risponde Sherlock, molto seriamente, e John ha la sensazione di starsi perdendo qualcosa di importante. Ma Sherlock sta mancando il punto completamente, e ciò è più importante ora.

“Non è ciò che volevo dire.”

“Capisco ciò che volevi dire, anche se pensavo che ciò che condividiamo noi fosse diverso da quello che tu condividi con Lestrade.”

Oh, idiota. Sai proprio cosa dire, eh?

John è combattuto tra l’essere stupito, e toccato, e compiaciuto da quel commento, e il tentare di dirsi che quello è solo Sherlock che chiede di essere compreso meglio. Ha analizzato la loro relazione e vuole confermare la propria ipotesi. Niente di più.

È comunque bello sapere che dà più valore a ciò che loro hanno rispetto a ciò che John ha con gli altri.

Sospira. “Lo è. Ma non è materiale da relazione. Non è abbastanza per una relazione, sai?”

Dallo sguardo si Sherlock – non confuso, che Dio ci aiuti se qualcuno vedesse Sherlock confuso. No, interessato, forse. Perché Sherlock non è mai confuso. Comunque, dallo sguardo si Sherlock, no, non lo sa, quindi John deve provare a renderlo più chiaro.

“Guarda – siamo amici, sì. Migliori amici. Ma mi ami? Tu pensi che i sentimenti che provi siano amore?”

Ah, chiamate i diavolo di giornali – se quello non è il discorso più gay che John ha fatto in tutta la propria vita (con il suo coinquilino presumibilmente asessuale e sociopatico autoproclamato barra migliore amico), allora non sa nemmeno lui cosa sia.

E parlando di amore – è già abbastanza difficile non arrendersi alla proposta di Sherlock. Giocare a fare finta in una relazione che è per un semplice interesse scientifico, giusto perché potrebbe dare a John un assaggio di come potrebbe essere, stare insieme all’uomo che ammira, per cui si preoccupa e… sì. Probabilmente ama.

Questo è perché la risposta – recapitata rapidamente e con sicurezza – quasi lo pesta. “No.”

Okay, non mostrarlo. Può leggerti come un libro aperto, ma non può leggere questo. Non ora. Possibilmente mai. Potresti perdere tutto. “Visto?”Ah. Sembrava quasi normale. “Ora, non sto dicendo che sia il caso in tutte le relazioni, ma nella maggior parte, c’è anche qualche forma di attrazione fisica. Il desiderio di essere vicini, di… non lo so, tenersi la mano, baciarsi, coccolarsi – qualsiasi cosa. Riesci ad immaginare di fare queste cose con qualcuno?”

Questa volta, è più facile affrontare il “No” istantaneo che arriva da Sherlock.  Ciò non vuol dire che non lasci un sapore amaro nella bocca di John.

“Quindi dici che non dovrei iniziare una relazione con qualcuno se non sento queste cose?” riassume Sherlock, sembrando pensieroso.

“Sì. Voglio dire, quello che fai alla fine sono affari tuoi, ma questa è la ragione per cui io non accetterò di farlo. Dovresti o volere essere in una relazione e iniziarne una, o non farlo proprio. Farlo con qualcuno – compreso te stesso – per la scienza, se non vuoi farlo davvero, mi sembra sbagliato. E sarebbe sbagliato farlo a te stesso. Se fossi in una relazione e avessi rapporti sessuali senza volerlo davvero, è stupro. Verresti violentato. Non ne vale la pena.”

Per un momento, Sherlock considera, e poi sorride a John, un piccolo sorriso di gratitudine. “Adesso rifletterò su questo. Potresti volere fare del tè.”

E John, essendo sé stesso, ricambia il sorriso, cerca di non sentirsi il cuore spezzato come un dannato sedicenne e si alza per fare proprio quello. Fare il tè.
 

X

 
Due ore dopo, Sherlock si alza improvvisamente, attraversa la stanza e traccia rapidamente due linee sui punti 7 e 8.

“Sono d’accordo con te su questo. Sei un partito con più esperienza e la tua opinione ed esperienza sono di grado più alto delle mie,” dichiara quando John solleva lo sguardo e solleva un sopracciglio.

È un po’confusionario che John, nonostante aver avuto ragione e nonostante Sherlock l’abbia riconosciuto, non sembri comunque esattamente felice. Più… sconfitto.

Ma in effetti, Sherlock potrebbe anche sbagliarsi. Non è mai stato troppo bravo a riconoscere le emozioni più sottili delle persone intorno a lui.

Comunque, ora possono proseguire verso i prossimi punti – davvero, dovrebbe essere eccitato. L’intera cosa della lista si è rivelata più problematica di ciò che si aspettava, e proseguire dovrebbe essere una cosa benaccetta. Comunque… non riesce a togliersi le domande di John dalla mente, ed è totalmente inquietante.

Il desiderio di essere vicini. Tenersi la mano, baciarsi, coccolarsi – riesci ad immaginare di fare queste cose con qualcuno?

Pensi che i sentimenti che provi siano amore?



Beh, come dovrebbe fare a saperlo, lui?








 
Note della traduttrice: (Non so se sia meno fastidioso mettere le note all'inizio o alla fine del capitolo, quindi faccio un po' e un po'.) 
Okay allora, venite tutti qui e abbracciatemi. Subito
Davvero, voglio ringraziarvi tanto, tanto, tantissimo perché siete fantastici! Grazie per le più di duemila visualizzazioni, grazie ad ogni singola persona che ha la pazienza di leggere la mia traduzione, e un grazie immenso a chi recensisce. Non avete idea di quanto mi rendiate felice. 
E quindi, sì, un altro capitolo, a nemmeno ventiquattro ore da quello precedente. Prendetelo come un ringraziamento in più, per il supporto!
E non era un capitolo qualcunque, lo so che, se vi è piaciuto il precedente, questo vi avrà fatto pensare uno o due "aaaaw", lo so. Quindi nulla, non siate timidi e condividete il vostro parere e fatemi sapere cosa ne pensate!

 
Ashley.

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Capitolo 9
*** 9. Trovare un hobby. ***



Riassunto: C’è una terribile carenza di sangue nel suo cervello, e una quantità sensibilmente vasta di sangue in regioni dove di solito non c’è. Più precisamente, il suo pene.

 
Note dellautrice: Accenni a droghe e a persone eccitate, quindi fate attenzione ;)

Note della traduttrice: Sono un giorno in ritardo, scusate. È stato un sabato molto impegnativo. In ogni caso, sono quasi sicura di potermi fare perdonare con questo capitolo. Buona lettura!










9. Trova un hobby che faccia sentire l’essere da solo come bello e coinvolgente e qualcosa per cui non vedere l’ora

“Sai, avresti semplicemente potuto iniziare a fare calcio o rugby. O scherma, se l’altra roba non è abbastanza snob per te,” John dice a Sherlock mente parlano del prossimo punto della lista.

“John, leggi attentamente. Parla di un hobby per quando si è da soli – per quanto ne so io, queste sono tutte attività a cui una persona deve  prendere parte con una squadra. O almeno un’altra persona.”

“Beh, allora… suonare uno strumento – tu suoni il violino!”

“Sì, ma ne ho completa padronanza da quando ho diciotto anni. E non abbiamo spazio per un pianoforte – non sarebbe pratico in ogni caso, perché non potrei camminare mentre suono. Inoltre, suonare il violino non è qualcosa che rende l’essere solo qualcosa di speciale – posso suonare e comporre bene comunque quando ci sono delle persone in giro- ”

“Sì, alle cavolo di tre del mattino,” borbotta John. In realtà, Sherlock non lo fa da un po’ – che è abbastanza strano; forse sta architettando qualcosa. John dovrà controllare.

“Fare degli esperimenti allora?” prova John, ma Sherlock scuote la testa.

“Benché sia interessante e un modo piacevole di trascorrere il tempo, è collegato troppo strettamente al lavoro. No John – devo trovare un hobby!” E ciò li riporta di nuovo all’inizio della conversazione.

Sherlock non vuole togliere il punto senza completarlo sul serio. (“Stiamo già trascurando alcuni punti – ricordati Irene Adler-” John non vuole ricordarsi Irene Adler o come si è immischiata nel terzo punto, grazie tante – “o i punti sette e otto. No, devo trovare un hobby!” E per “devo” ovviamente intende “dobbiamo”. Come se John avesse tempo per un hobby. Lui ce l’ha un hobby – si chiama Sherlock.)

Sherlock ha completato quel punto una volta, in realtà. Riempiva il tempo in cui era solo con una nebbia creata dalla droga.

Lo stomaco di John si stringe quando ripensa a quanto Sherlock fosse sembrato desideroso mentre parlava di quel periodo. Oh, lo capisce che quella non è più un’opzione, non vuole che sia un’opzione, ma John odia comunque il fatto che Sherlock abbia fatto questo a sé stesso, odia il fatto che così tanto del passato di Sherlock possa essere ridotto alle droghe.

Tuttavia, viene trascinato fuori da quei pensieri quando la testa di Sherlock si raddrizza all’improvviso e lui si alza e inizia a spingere John verso le scale che portano alla sua camera. “John, vestiti e preparati per andare! Usciamo!”

John non mette nemmeno più in dubbio quei tipi di dichiarazione, ma si chiede comunque cosa ci sia di sbagliato nel suo maglione e nei suoi jeans, quindi chiede con cautela: “E dove andiamo?”

Il sorriso di Sherlock è eccitato. “Andiamo a ballare.”


X


John, non per la prima volta quella sera, si chiede se è davvero così vecchio, ma per ora non ha riconosciuto nemmeno una singola canzone di quelle che danno nel locale e anche quella attuale, che consiste principalmente di ‘boom e ‘pow’ e ‘voom’ gli sembra strana.

Sherlock, tuttavia, sembra stranamente adeguato al luogo, con la luce stroboscopica che dipinge ombre viola e verdi sul suo viso pallido, facendo complimenti alla camicia viola che ha addosso.

La camicia viola molto stretta che ha addosso.

Quella che ha attirato l’attenzione di quattro donne e due uomini per ora – e adesso Irene Adler.

John non era convinto dell’intero piano fin dall’inizio – andare a ballare, non importa quanto Sherlock sostenga il contrario, non è un hobby. (“Ma John  - quando ero più giovane mi sedevo sempre nei posti affollati e guardavo la gente. Da solo. E mi faceva stare bene perché potevo dedurre tanto di loro. Quindi è un hobby, e ho intenzione di riprendere a farlo.”) In più, Sherlock ha ovviamente scelto un posto con il più alto tasso di criminalità in tutta Londra e John si sta seriamente pentendo di non aver portato la sua pistola. O una squadra SWAT.

E sì, ora c’è Irene. Di nuovo. Se John non fosse anche lui ossessionato con Sherlock, farebbe davvero domande sull’ossessione che la Dominatrice ha per il detective, e sembra spuntare fuori ovunque loro vadano.

Almeno è vestita più o meno decentemente.

Aspetta cosa? Irene, con un ultimo sorriso a John, è davvero riuscita a convincere Sherlock ad andare a ballare con lei e solo perché così John non deve vederli, mette a buon uno i suoi poteri da Watson-Tre-Continenti e inizia a chiacchierare con la successiva ragazza più o meno passabile al bar.

Per quanto ne sa, potrebbe essere una spia o un’assassina, ma un pensiero particolarmente sarcastico alla ‘se sei morto, sei sicuro di avere l’attenzione di Sherlock’ spazza via tutte le sue preoccupazioni.


X


Nota i primi segni di qualcosa che interferisce con la sua mente due minuti e ventisette secondi dopo che John è andato a letto.

Ripensandoci, probabilmente ci sono stati segnali prima, come la sensazione di pizzicore che ha sentito quando ha chiuso la propria mano attorno al polso di John nemmeno venti minuti prima, quando l’ha trascinato fuori dal night club (John stava ballando con una donna conosciuta per uccidere gli uomini con cui passa la notte, quindi avrebbe dovuto ringraziare, ma Sherlock sospetta che fosse piuttosto… incantato dalla quinta di reggiseno che la russa gli stava strofinando in faccia) subito dopo che Irene se ne era andata con un ultimo, scaltro commento.

Sì, il pizzicore molto probabilmente derivava dalla droga e non dal tocco fermo che John gli ha dato mentre cercava di liberarsi il polso.

Anche il luccichio dorato che circondava John sotto ogni lampione probabilmente era dovuto alla sostanza sconosciuta, perché nel breve momento di lucidità che ha Sherlock, realizza che la maggior parte delle persone sono di un pallore malaticcio sotto la luce dei lampioni, e non dorate e meravigliose.

E ripensando a com’ era John, mentre camminava vicino a Sherlock attraverso la Londra notturna, riporta Sherlock all’effetto più ovvio della droga che Irene deve avergli fatto in qualche modo ingerire.

C’è una terribile carenza di sangue nel suo cervello, e una quantità sensibilmente vasta di sangue in regioni dove di solito non c’è. Più precisamente, il suo pene.

Irene molto probabilmente gli ha dato una sorta di afrodisiaco – si illude ancora che John voglia spostare la loro relazione ad un nuovo livello, ovviamente, cosa che Sherlock sa non essere vera perché ci ha provato e John non voleva perché John vuole essere amato e amare e non sta funzionando e –

Con un grugnito determinato (perché quello è tutto ciò che è capace di fare al momento, per quanto sia vergognoso) Sherlock inizia a marciare verso il bagno. Una doccia sembra proprio una bella idea.


X


I capelli di Sherlock diventano davvero pesanti quando sono bagnati. I riccioli ricadono in giù, solamente le punte restano ancora un po’ voltate verso l’alto, ma a parte quelle, è solamente una massa di capelli sgocciolanti, che quasi arrivano agli occhi del detective.

Inoltre, un consulto detective fradicio è probabilmente ancora più letale di uno normale – è molto più scivoloso ed agile, sembra. E con la camicia viola appiccicata al petto umido, che rivela la pelle bianca e – ATTENZIONE ATTENZIONE, UN CAPEZZOLO – chiunque avrebbe problemi a concentrarsi sul proprio compito.

Cioè, assicurarsi che Sherlock non stia affogando. Nella doccia del 221B. Alle tre del mattino.

E questo è il motivo per cui al momento John è nella doccia  con Sherlock. Il motivo per cui sa come sono i capelli bagnati di Sherlock al tatto. O come si muove il detective fradicio.

Beh, detective fradicio e drogato.

“L’ha fatto di nuovo, Jaaawn. Lo fa sempre, la – la DONNA, JAWN. LA DONNA!”

Invece di rispondere alle ingiurie del detective fradicio, drogato e scivoloso che prima ha svegliato John dopo che si era addormentato da solo venti minuti (in effetti, le sue invettive non sono tanto responsabili di averlo svegliato quanto invece il rumore della doccia e Sherlock che scivola e atterra sul sedere, seguito da un ululato per niente tipico), il dottore evita un sorprendentemente preciso gancio sinistro e, affidandosi ai riflessi, riesce ad afferrare le braccia di Sherlock a mezz’aria, voltandolo e immobilizzandogli le braccia lungo la schiena, mentre il suo torace resta pressato contro le mattonelle del muro della doccia.

Il ché li porta ad essere in una posizione che è del tutto sexy.

Beh, sarebbe del tutto sexy se Sherlock non fosse drogato, mezzo vestito e fradicio e John stesse indossando qualcos’altro (o magari nulla) invece dei boxer e di una t-shirt consumata.

Okay, non c’è tempo per rimuginare su questi pensieri.

John riesce finalmente a chiudere l’acqua, che almeno diminuisce l’immediato pericolo di affogare. Tuttavia, ora Sherlock è una massa di detective tremante e anche tutto il fianco destro di John è inzuppato.

“John, sono completamente fradicio,” afferma all’improvviso Sherlock, molto seriamente, e cerca di guardare John al di là della propria spalla. Quando non ci riesce perché John gli sta ancora tenendo strette le mani, geme – geme, cazzo! – e le sue spalle si incurvano verso il basso.

“Ma davvero, Sherlock?” John non lo ribatte con cattiveria, e libera cautamente le braccia dell’amico. Sherlock si gira immediatamente e sembra così triste che il cuore di John quasi si spezza.

Quasi. Perché appena Sherlock vede il lato sinistro e asciutto della maglia di John, abbassa la testa e si asciuga la faccia, senza preoccuparsi di fare scivolare John.

“Ah, togliti, stupido! Usa l’asciugamano, per l’amor di Dio-“John urla, e ignora i guaiti di Sherlock (mi chiedo se è così che è quando sta – giusto. Posto sbagliato al momento sbagliato, Watson.)

Con un po’ di manovre da parte di John e i dondolii zoppicanti e i tremolii da quella di Sherlock, riescono ad uscire dalla doccia e a dirigersi agli asciugamani. L’aria fresca sembra riportare un po’ di sensi a Sherlock e nonostante John non avrebbe davvero presentato obiezioni in qualsiasi altro momento, la decisione improvvisa di spogliarsi è un po’ shockante.

Completamente senza vergogna, Sherlock è in piedi nudo ora, una pila nera e viola (aveva l’intimo abbinato con la camicia?!) di vestiti fradici sul pavimento e degli occhi pieni di aspettativa diretti a John.

E John – John fa del suo meglio per guardare gli occhi di Sherlock e gli passa un asciugamano.

“Una doccia fredda a quanto pare non neutralizza l’erezione derivante dall’afrodisiaco,” Sherlock procede ed osserva a quel punto, con uno sguardo interessato lungo il proprio corpo e John si chiede cosa deve aver fatto di male nella sua vita per essere messo alla prova così. Da quel che sembra, deve essere stato un qualche tipo di dittatore. O la Prostituta di Babilonia.

La vita non è giusta.


X


John guarda Sherlock per un altro momento. È pacifico ora, disteso sul letto come una stella marina, e la luce proveniente da fuori gli dipinge un motivo surreale sul braccio nudo. Sembra giovane, bello e rilassato – e John capisce che può osservare i propri sentimenti da tutte le angolature che vuole, arriverà sempre ad un’unica conclusione. È completamente innamorato del suo migliore amico.

John va a letto ( non prima di essersi fermato dalla lista ed aver tirato una linea sicura sul nono punto – Sherlock non avrà mai degli hobby nel senso di “normale, ricreativo”, perché mette tutto ciò che ha in tutto ciò che fa e questa è una delle cose che John ammira molto di lui e glielo spiegherà domani), con la ferma intenzione di avere una seria discussione con Irene Adler il prima possibile. Non può esserle permesso di drogare Sherlock un’altra volta.


X


Riesce ad evitare John tutta la mattina – non spinto dalla vergogna, ovviamente, ma per via di… altre ragioni che non si vuole dare il disturbo di elencare ora – ma è preoccupato nel pomeriggio.

Riesce ancora a ricordare tutta la nottata – abbastanza sicuramente qualsiasi cosa Irene gli abbia dato non doveva cancellargli la memoria, e cerca di spiegare velocemente a John che aveva iniziato a notare gli effetti della droga sul proprio corpo poco dopo che erano tornati all’appartamento e aveva provato a tirarla fuori dal proprio sistema.

Per il fatto che era finito nella doccia, con ancora i pantaloni e la camicia sbottonata, ma ancora insaccata è da biasimare l’influenza della sostanza che Irene gli aveva messo nel drink. E così anche per il gigantesco livido sulla sua natica sinistra.

Lividi e droghe – le due costanti nella sua vita con Irene Adler.

Stranamente, anche le due cose più immediatamente connesse al suo passato.

Tuttavia, prima che lui o John abbiano l’opportunità di discutere più a fondo delle attività notturne, la porta si apre e Lestrade entra.

Oh fantastico. Ci sono almeno due capelli di Mycroft sul colletto della camicia – e questo è il bagnoschiuma di Mycroft?

Beh, a quanto pare la giornata non potrebbe andare peggio.

Lestrade inizia immediatamente a parlare di un caso (noioso, è stata la maestro. Ovvio!) e Sherlock si sposta al tavolo della cucina per osservare attraverso il microscopio. Qualsiasi cosa è meglio di dover leggere le attività mattutine di suo fratello nell’aspetto dell’ispettore.

Oh, fortunato John. Con la sua mente senza sospetti e i suoi occhi che non vedono.

Si chiede per quanto Lestrade rimarrà – potrà di nuovo parlare a John dopo che l’ispettore detective se ne sarà andato, e quello è molto più interessante che fissare dei campioni che ha già fissato tutta la mattina – ma John sembra fare del tè ora. Urgh, questo pomeriggio si sta rivelando incredibilmente noioso e terribile. Ci dovrebbe essere una legge di qualche tipo contro… ‘avere compagnia prima delle 6’, o qualcosa del genere.

Proprio quando sta per buttare una fiala  che contiene un mix interessante di latte vecchio di una settimana che ha acquisito un’aspetto piuttosto preoccupante per terra per fare andare via l’ispettore detective e fare tornare l’attenzione di John a sé, il suo cellulare suona.

Mycroft.

Okay, allora ora è decisamente il giorno peggiore che ci sia mai stato da… almeno due giorni. E quello è esattamente il motivo per cui la fiala di latte, come anche due campioni di acido e un piede marcio si fanno strada rapidamente verso il pavimento della cucina.

Ora John è arrabbiato. E anche Lestrade è infastidito.

E visto che quello infastidisce Sherlock alla follia, e vuole solamente un po’ di pace (in realtà, vuole del disordine, ma solo se sono omicidi e alle sue condizioni) afferra il cappotto, urla: “John, Lestrade va a letto con mio fratello – l’ultima volta questa mattina, e basandomi sullo stato dei suoi pantaloni attorno alle ginocchia, deduco che sia stato nell’ufficio di Mycroft, sul tappeto accanto alla finestra.”

Sorridendo trionfalmente a sé stesso, sbatte la porta del 221B dietro di sé, lasciandosi dietro un John rosso fuoco e Lestrade che fissano alternativamente l’un l’altro e la
porta, completamente inorriditi.
 

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Capitolo 10
*** 10.No e 11.Sì [Aggiunte di Mycroft]. ***


Riassunto: A quanto sembra tutti sanno come diventa Sherlock quando sta male. È solo che nessuno si è disturbato di dirlo a John.









[Aggiunte di Mycroft]

10. Impara a dire “No”

e

11. Impara a dire “Sì”







John non è mai stato tipo da fare troppo il drammatico (a differenza di un certo consulto detective!), ma ora è a così tanto dal dichiarare uno stato di emergenza nazionale, mettere Londra – o almeno Baker Street – in isolamento e portare gli aerei da guerra.

Perché Sherlock è ammalato.

Per miracolo, Greg è impegnato con delle scartoffie, Mycroft è fuori dal Paese (John ne dubita altamente ed è abbastanza sicuro che lui e Greg si siano rintanati da qualche parte e che stiano aspettando che tutto finisca) e addirittura Mrs. Hudson è andata a far visita a Mrs. Turner (che vive alla porta accanto – quanto pensano che sia stupido John?!). A quanto sembra tutti sanno come diventa Sherlock quando sta male. È solo che nessuno si è disturbato di dirlo a John.

La parte sciocca del cervello di John immagina che nel momento in cui Sherlock ha iniziato a sentirsi male – come se si potesse individuare un momento preciso – ci sia stato una sorta di allarme, completo con la sirena rossa, e le teste di Greg, Mycroft e la signora Hudson si siano alzate simultaneamente, gli occhi spalancati, prima che si precipitassero più lontano possibile dal 221B, lasciando John come il tipo nei film che non capisce cosa stia succedendo fino a che non è troppo tardi. Sì, è esattamente come si sente al momento.

Oh, ha rattoppato Sherlock in varie occasioni, sì, ed è più che felice di aiutare il suo amico – è un dottore, dopo tutto – ma Sherlock non era mai stato davvero malato prima. Finora.

Tutto aveva avuto inizio tre giorni prima, quando un suono che non aveva mai sentito prima aveva fatto saltare John dalla poltrona dove stava leggendo il giornale. Gli ci erano voluti quasi 10 secondi per rintracciare il luogo di provenienza del suono in Sherlock (da cui del resto tutti i suoni più strani al 221B tendono provenire), e altri 4 per capire che Sherlock – Sherlock aveva starnutito.

Il detective sembrava imbambolato, come se non riuscisse a credere che il suo corpo l’avesse prodotto, e ciò aveva fatto sì che John iniziasse a ridere così forte che non si era riuscito a fermare per quasi cinque minuti. Tuttavia, era stata l’ultima volta per i giorni successivi.

Sherlock,  malgrado avesse mal di testa, un po’ di febbre e il naso che colava (tutte cose che avrebbe ammesso solo più tardi), aveva accettato tre casi diversi, che si erano conclusi in una corsa attraverso Londra (a piedi, di notte), un appostamento di sette ore (nella pioggia, di notte) e uno scivolone (effettivamente involontario) sull’argine del Tamigi che sì, è stato divertente, ma ha definitivamente spinto Sherlock oltre il bordo.

E ora sta male, e tutto perché non poteva proprio dire ‘no’ ai casi, e ascoltare John che gli aveva chiesto di stare in casa un paio di giorni.


X


“No.”

“Sherlock, fallo e basta.”

“No.”

“Per l’amor del cielo – ti farà bene e molte persone lo fanno quando sono malate!”

“No. John, è…vergognoso.”

“Non ti importa mai di quello!”

“Non lo farò – no!”

John solleva le mani in resa e ne passa una tra i capelli. Avere a che fare con Sherlock non è mai facile, ma quando è malato, la sua solita testardaggine ha un aumento di almeno il 100%.

“Per qualcuno che non è riuscito a dire ‘no’ a dei dannati casi prima, ora sembri afferrare il concetto della parola abbastanza bene,” borbotta. “Va bene. Lascia stare. Non è il mio naso che prova a soffocarmi!”

Non userò uno spray nasale!” gli urla dietro Sherlock mentre lui entra in cucina per fare del tè.

“Sì, lo so – come ho detto, non ti forzerò. Sei tu quello che russa fino a svegliarsi, dopo tutto…” John fa del suo meglio per nascondere il sorriso dalle sue parole e si tiene impegnato con il bollitore, mentre ripensa al detective che russava che ha trovato sul divano nella mattinata. Poi Sherlock si era svegliato di colpo e aveva affermato che John russava troppo forte. Ovviamente, John aveva puntualizzato che lui era sveglio quando Sherlock si è risvegliato di soprassalto e poi ha fatto mettere un broncio al detective che era durato almeno tre ore buone.

“Io non russo!”

“Certo.”John continua a sorridere tra sé, porta una tazza di tè a Sherlock che è sul divano e si siede per scrivere gli ultimi tre casi. Dieci minuti dopo, sente che la tazza viene appoggiata sul tavolino, e Sherlock si precipita al bagno, delle imprecazioni che suonano sospettosamente come “Spray nasale… vergogna... non aiuta… le pastiglie per decongestionare sono molto meglio…”mormorate a bassa voce.


X


Si sente meglio, sì.

Ma preferirebbe farsi da solo un’operazione chirurgica piuttosto che ammetterlo. Stupido spray nasale. Stupido John. Stupido raffreddore. Stupido trasporto.

“Sai, pensare positivo aiuta a guarire,” gli dice John, e il dottore è fortunato che Sherlock si senta troppo debole per sollevare un braccio e che non ci sia nulla attorno a lui da poter lanciare. Anche la pistola è troppo lontana.

“Spararmi non ti aiuterà con il raffreddore.” è tutto ciò che John commenta, molto seccamente, e per un momento, Sherlock è impegnato ad essere sotto shock per quanto le sue intenzioni siano ovvie.

“Non essere così sorpreso, non è davvero così difficile capire quando vuoi assassinare qualcuno. Vivo con te da un po’, abbastanza per riconoscere i segnali,” spiega John, sembrando un po’ offeso perché Sherlock è così stupito, ma Sherlock ha già passato quello stadio. Ora si sente… orgoglioso, quasi, perché John sta, beh… facendo deduzioni.

L’orgoglio è però velocemente inghiottito dallo sdegno, perché John all’improvviso gli mette un termometro in bocca – non l’aveva visto arrivare, il raffreddore sembra paralizzare la sua mobilità quanto la sua mente – e lui si tira indietro violentemente. Tuttavia, il rapido movimento gli fa girare la testa e prima che capisca cosa stia succedendo – fastidioso, molto fastidioso – è piegato in due e prova a non vomitare sul pavimento del salotto.

“Merda- ”in pochi secondi, John gli è a fianco, e così anche un secchio – da dov’è arrivato quello, non ha nemmeno notato che John lo andava a prendere, oh questo raffreddore è un’atrocità – e poi una mano calda e sicura sta strofinando la sua schiena facendo cerchi e il movimento lo fa distrarre abbastanza da poter fermare gli impulsi.

John sta mormorando cose senza senso, qualcosa a riguardo di un programma che ha visto in TV, e nonostante Sherlock sappia che è proprio l’intonazione della sua voce – regolare, sommessa – che dovrebbe farlo calmare, la rabbia verso sé stesso, verso il proprio trasporto, verso la propria debolezza e John (perché è qui e lo fa stare bene e non dovrebbe davvero spingere un termometro nella gola di Sherlock!) assume il controllo e lui scatta in piedi e si precipita in bagno, dove si chiude a chiave, ignorando le chiamate di John.


X


Il silenzio dopo che riemerge dal bagno è pesante, pieno di tensione e non fa esattamente sentire a proprio agio – che è raro al 221B. Ѐ pomeriggio ora, Sherlock si sente leggermente meglio ed è abbastanza cosciente da riuscire a leggere il linguaggio del corpo di John. Il dottore vuole parlare di qualcosa. Qualcosa lo disturba. Lui-

“Perché è così difficile per te accettare aiuto? Sai, non devi contare solo su te stesso.”

Oh, argomento stupido ed inutile. Ma è meglio del silenzio scomodo. “Ѐ solamente logico, visto che di solito sono la persona più intelligente in giro.”dice Sherlock senza fermarsi a riflettere – è la verità, un fatto.

“Quindi ancora non ti fidi di me?”

Al risuonare della voce di John, alza lo sguardo – qualcosa non va.

“Voglio dire, capisco che hai saltato dal St.Bart’s per proteggere Greg, la signora Hudson e me – ma non hai pensato, nemmeno per un momento, di dirmi tutto? Sai che avrei potuto aiutare. E anche ora, che sei tornato, pensi ancora di essere la persona più affidabile che c’è in giro?”

“Io… non ho detto questo.” Beh, okay, tecnicamente, l’ha detto. “Sei una delle sole persone a cui affiderei la mia stessa vita-”

“Ma non la tua mente, o il tuo benessere? Posso sparare ai cattivoni, ma non accetterai il mio aiuto quando non si tratta di vita o di morte?”

A Sherlock non piace il fatto che inizi a sentirsi male. E sente anche il bisogno di difendersi. “Ho sempre vissuto da solo. Posso farcela.”

“Certo che puoi! Ma non devi. Senti, capisco che stai benissimo da solo, ma le alter persone si preoccupano per te, e dovresti lasciarglielo fare. Quelli a cui importa di te ti conoscono – e non ti uccideranno di coccole o qualsiasi altra cosa di cui hai paura.”

“Ma perché dovrei volerlo? Non ho bisogno-”

È una frase ben conosciuta. Un’eternità fa – o così sembra – ha avuto quella conversazione. Con Molly.

“Quello che sto cercando di dire è che, se c’è qualcosa che posso fare, qualcosa di cui hai bisogno, qualsiasi cosa, ci sono io. No, voglio dire… voglio dire… se c’è qualcosa di cui hai bisogno – va bene.”
“Ma cosa potrei volere da te?”

La voce di John arriva dolcemente attraverso i suoi ricordi, riportandolo al 221B, dopo la caduta, di nuovo vivo.

“Lo so che non ne hai bisogno. Ma… ti importa di loro, e lo dimostri saltando giù dal St. Bart’s. Lascia che anche loro saltino da un ospedale per te – metaforicamente parlando, ovviamente.”

Ora c’è un piccolo sorriso sul volto di John, e Sherlock si accorge di ricambiare il gesto, esitante.

Un altro pensiero sembra attraversare la mente di John in quel momento, e gli occhi di Sherlock lo seguono pigramente mentre il coinquilino si piega e raccoglie la lista.

“Penso davvero che sia questo che Mycroft cercava di dimostrarti quando ha aggiunto questi due punti alla lista. Magari non andare d’accordo benissimo, ma a lui importa davvero di te.”

“Gli importerebbe di più se fossi una torta,” borbotta Sherlock, ma sinceramente – si sente troppo esausto per combattere più di tanto. E John ha almeno in parte ragione – è un dottore, pertanto sa cosa fa bene a Sherlock quando sta male. E forse… forse può accettare che John si prenda cura di lui ogni tanto. Tanto gli fa comunque mangiare un pasto al giorno. Non cambierà molto.

“Quindi, prometti che almeno proverai ad accettare l’aiuto degli altri ogni tanto? Prometti di fidarti di me?”

Ovviamente, quelle sono due domande completamente diverse e anche Sherlock nel suo stato di inetto-per-colpa-dei-sentimenti e di malato riesce a capirlo. Questo è di più. Come quando hanno litigato durante il caso di Baskerville. Questo è importante per John.

Sorprendentemente, lo è anche per lui.

Forse dovrebbe davvero riconsiderare la sua opinione a riguardo della questione. Dopo tutto, non è che possa mai più tornare a fare pensare a John di essere morto.

Quei sei mesi… sono stati un tornado di violenza, notti insonni, un viaggio per il mondo. Criminali – spacciatori, assassini, stupratori e Sherlock in mezzo. Ogni notte era una notte di pericolo, in quel periodo, la cocaina che chiamava. Altre droghe, per impedirsi di rispondere agli altri input. Il calore. Le urla. La gente che viveva nella miseria, accanto alla gente che viveva nel lusso. Malattie. Lo schifo del mondo.

Una caccia senza fine. Messaggi, da Mycroft, ogni settimana.

John è stato di nuovo seduto accanto alla tua tomba tutta la notte.
La sua terapista ha il sospetto che ci fosse un legame più profondo tra voi, ma lui non vuole parlarle.
Ha fissato la sua pistola per tre ore stamattina. L’ho fatta sequestrare dai miei uomini mentre era in bagno.
L’ispettore detective Lestrade l’ha trovato sul tetto dell’ospedale oggi, sul bordo.
La sua terapista pensa che gli sia tornata la sindrome post traumatica. Ha ragione. Lui non le parla ancora.

E visto che si ricorda tutto quello, sa che dovrà lasciare che John lo sappia. Perché John ne ha bisogno. E Sherlock… anche Sherlock ne ha bisogno.

Quando solleva lo sguardo, fuori è buio, e John è in piedi di fronte a lui con una tazza di tè nelle mani, il viso senza espressione.

Sembra che sia passato del tempo, quanto, Sherlock non lo sa. Forse due o tre ore.

Spera che non sia troppo tardi. (Oh, che sensazione familiare.) Si mette a sedere. Prende la tazza dale mani di John.

E dice: “Sì.”


X


Entrambi sanno che quel ‘sì’ è un’affermazione di molte cose.

Sì, proverò a lasciare che le persone si interessino davvero a me.
Sì, mi fido di te.
Sì, ti aspetterò invece di andarmene via da solo correndo.
Sì, ti dirò le cose, anche se le considero ovvie o non degne del mio tempo.
Sì, probabilmente fallirò mentre provo a fare tutto ciò.

Ma quello è il motivo per cui il punto della lista dice “Impara a dire ‘sì’.”

John non si aspetta che Sherlock cambi tutto il suo carattere, nemmeno un po’. Sherlock non dovrà mai cambiare. Ma Sherlock – Sherlock è disposto ad imparare qualcosa di nuovo.

Il detective raccoglie una penna, e con un sorriso storto – e quasi prudente – diretto a John, tira una riga sull’undicesimo punto.

“Anche il numero 10. Ci arriverai.”

Sherlock non sembra troppo convinto, ma quando John gli fa un’espressione incoraggiante, scrolla le spalle e traccia una linea anche sul punto precedente. John fa un cenno positivo con il capo e poi si allunga per sentire la fronte di Sherlock.

“Mmh, sei ancora un po’ caldo, ma la febbre di solito si alza la sera. Pensi di riuscire a sopportare un po’ di zuppa?”

La faccia di Sherlock si oscura all’istante. “C’è un’ enorme differenza tra quello che posso fare e quello che voglio fare.”

“E c’è un’enorme differenza tra quello che mi importa che tu voglia e quello che devi fare perché altrimenti ti farò un certificato di malattia e lo spedirò a Lestrade e non avrai più casi per due settimane.”

“Non oseresti.” Sherlock solleva un sopracciglio e cerca di leggere l’espressione di John, ma tutta la cosa del sono-un-consulto-detective-spaventoso-con-un-cervello-grande-quanto-un-cocomero non funziona come vorrebbe lui perché mentre lo sta fissando, la sua faccia si accartoccia all’improvviso e starnutisce. Di nuovo.

QUESTO È DANNATAMENTE RIDICOLO!

“Vada per la zuppa di pollo,” dichiara John, passa un fazzolettino al suo triste e sofferente amico e si mette all’opera.

Mezz’ora, due porzioni di zuppa e del paracetamolo più tardi, Sherlock sta dormendo sul divano, i riccioli arruffati in modo adorabile. E russa pochissimo.

Con un sorriso stanco, John gli lancia addosso un lenzuolo e si mette al cellulare, determinato a dire a Greg quanto lo odia per non avergli detto quanto Sherlock diventi terribile quando sta male.

(Solo che in realtà non gli dispiace poi così tanto.)




 

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Capitolo 11
*** 12. Identificare e 13. Smettere. ***




Riassunto: “Di cosa immagini possa avere paura una mente come quella di Sherlock?”
 










12. Identifica le tue paure e superale

&

13. Smetti di odiare te stesso







John, ripensandoci, suppone che se lo sarebbe dovuto aspettare già da un po’. Dopo tutto, Mycroft non lo rapiva da settimane, e il piano di John di evitare semplicemente di vederlo (perché va con Greg, e non c’entra con l’essere omofobo ma Greg e Mycroft vanno insieme nel senso di andare a letto insieme nel senso di fare sesso e perché Sherlock doveva proprio dirglielo?! John avrebbe potuto vivere anche senza  questa vivida immagine del suo amico e del sostituto della Regina di Inghilterra) probabilmente era destinato a fallire fin dall’inizio. Si parla di Myroft, dopo tutto.

Negli ultimi trenta minuti, è stato sequestrato da Tesco (almeno uno dei gorilla rasati che sembrano fare le guardie del corpo si è occupato della spesa e John ha ridacchiato quando l’uomo ha fallito con la cassa automatica. Le vecchie abitudini faticano a morire e John, proprio come ogni altro essere umano basso, ha un punto debole per le persone che torreggiano al di sopra di lui – Sherlock un altro esempio molto buono – e la naturale gioia maliziosa quando le persone alte non riescono a fare qualcosa è un’abitudine (cattiva, in effetti, ma pur sempre un’abitudine) ), strattonato dentro ad un’automobile con Anthea e scaricato all’ufficio di Mycroft.

Tre tentativi di conversazione con l’assistente di Mycroft sono falliti perché l’unico argomento che hanno in comune è proprio Mycroft e dalla breve caduta della sua facciata, John capisce che anche Anthera è assolutamente non interessata nel discutere di lui con John. Quindi che silenzio sia.

Ora John è comodamente seduto (per quanto si possa stare comodi quando ci si aspetta il peggio – che è essenzialmente quello che ci si deve aspettare quando si affronta Mycroft Holmes) di fronte al maggiore degli Holmes, che, come spiegazione del perché John è qui, ha una copia della lista di cose da fare prima di morire di Sherlock davanti a sé, con il 12esimo punto evidenziato.

Parla senza mezzi termini. “Di cosa immagini possa avere paura una mente come quella di Sherlock?”

John ci pensa per un po’, osservato attentamente da Mycroft. Alla fine, prova: “Qualche sorta di malattia mentale? Il suo lavoro è tutto per lui, e se qualcosa minacciasse la sua mente, non sarebbe più in grado di lavorare.”

Mycroft sembra davvero compiaciuto per un momento (non che lo mostri per più di mezzo secondo, ma sì, le abilità-Holmes di John sono molto utili ora) ma poi scuote la testa. “Una buona idea, ma no. Quando Sherlock era sotto effetto della droga, l’unica cosa di cui aveva paura era tornare allo stato normale. Non lo ammetterà mai, e forse l’ha persino cancellato, ma io l’ho sentito, l’ho visto. Io lo so.”

“Ma ora è pulito,” dice John con sicurezza. Il bisogno di difendere Sherlock ancora una volta diventa insopportabile e malgrado sappia che Mycroft probabilmente lo trova divertente o qualcosa del genere, lui non si trattiene.

“Oh, lo so. Ma ha trovato qualcos’altro. Pensa, Dottor Watson – cos’ha Sherlock ora che non aveva un paio di anni fa?”

La risposta arriva a John dopo solo un paio di secondi. E sa che Mycroft sa che lui lo sa, ma non è facile dirlo ad alta voce, perché non importa come la metta, suona sempre… patetica. Alla fine, si arrende, e mormora un incredulo: “Me.”

“Sì. Un… amico-”

A John non piace il modo in cui Mycroft lo dice, per niente.

“-e nonostante io gli avessi consigliato di rimanere contro questo tipo di attaccamento, lui ha formato un legame forte con te. Beh, non ha mai fatto ciò che gli chiedevo…”Un sorriso sottile compare sulle labbra di Mycroft, ora, e John sorride apertamente perché questa è l’unica cosa che riesce bene ad immaginare.

“Tutta la cosa del non-interessarsi non ha funzionato troppo bene nemmeno per te,” aggiunge, “voglio dire, con Greg e tutto il resto…”

“Ho fatto i miei errori.” Come quando ho tradito Sherlock per Moriarty, resta non detto, ma è presente nelle menti di entrambi gli uomini.

“Preferirei che questa ammissione restasse tra noi, ma-”uno sguardo di Mycroft lungo la sua figura “-ma non penso di poterci contare.”

John sorride dolcemente solo una volta, prima di lasciar cadere il sorriso. Solo perché ora Mycroft sembra quasi semi-umano (con tutta la cosa di Greg) John non si fiderà semplicemente di lui. La fiducia deve essere conquistata. “Perché mi stai dicendo tutto questo, comunque?”

“Perché mi preoccupo per mio fratello.”

“Sì, costantemente, l’avevo capito le ultime venti volte.”

“È la verità. Ero e sono ancora sicuro che l’aver riscoperto questa lista e il lavorare ai punti stia facendo bene a mio fratello. Si era distaccato troppo, perdendo quasi sé stesso, specialmente mentre era-“ morto “-via. Hai un’enorme influenza su di lui, Dottor Watson. Con il tuo aiuto, Sherlock potrebbe non solo divenire umano, ma anche un bravo umano.”

“È il migliore uomo che io conosca,” John dice semplicemente, ripetendo le parole che ha detto davanti alla lapide. L’aria è densa di tensione.

“Certo. Ma vedi, non è mai stato bravo con i sentimenti, e probabilmente ne è più  spaventato di ciò che crede o vuole ammettere. La nostra infanzia non è stata facile. So che nostra madre ti ha riferito alcuni dettagli.”

“Vostro padre era violento.” John stringe i pugni, di riflesso, e Mycroft solleva un sopracciglio, ma non dice niente a proposito.

“Sì, nostro padre. Vedi, malgrado possa non sembrare, Sherlock ed io siamo molto simili. Le nostre menti sono sempre state la nostra arma migliore. Tuttavia, Sherlock ha sempre avuto difficoltà a… filtrare le cose che dice. Ci sono state verifiche, psicologi, terapie – tutti diagnosticavano qualcosa di diverso, e alla fine Sherlock ha scelto quella che gli piaceva di più – cos’è al momento? Sociopatico?”

John è attento, ma resta in silenzio, ascoltando tutto e provando a non iniziare ad urlare al mondo per avere incasinato in quel modo il giovane Sherlock.

“Ovviamente era più intelligente della maggior parte dei professionisti, conosceva i test. Penso che alla fine abbia disertato di proposito  i test per portarli all’orlo della disperazione. Ma questo non importa ora. Come ho detto, Sherlock non filtra le cose che dice, quindi dal momento in cui iniziò a parlare, cominciò a dedurre. E nostro padre non era mai stato bravo a confrontarsi con entrambi I nostri intelletti, ancora meno con suo figlio di cinque anni che gli dice che sapeva delle amanti che aveva. Era un segreto all’aperto, almeno per nostra madre, ma mio padre vedeva Sherlock come una minaccia. Era troppo rumoroso, troppo curioso, troppo intelligente. Io mi sono interposto, e quando lui ha iniziato a confrontare Sherlock a me, Sherlock si è arrabbiato.

Mai nella sua vita fino a quel momento John si era sentito così violento, ma se il Vecchio Holmes avesse varcato la soglia in quel momento, gli avrebbe sparato in testa all’istante, ne è sicuro. Tuttavia, è arrabbiato anche con Mycroft – e il maggiore degli Holmes sembra saperlo.

“Prima di giudicare, senti la storia fino alla fine. Non potevo fare molto quando nostro padre abusava di Sherlock verbalmente, ma mi sono sempre fatto avanti quando le cose diventavano fisiche.”

“Ti picchiava?”

“Provò a buttare Sherlock giù dalle scale, a colpirlo in faccia, cose simili. Mi mettevo in mezzo ogni volta che potevo farlo.” Mycroft si interrompe e apre i bottoni del polso destro, arrotolando un po’ la manica e mostrando un polso pallido a John. Ha una lunga cicatrice, che si estende per cinque centimetri abbondanti.

“Sherlock ha un taglio simile sul ginocchio. Stava sperimentando con dell’attrezzatura da chimico quando nostro padre si arrabbiò di nuovo con lui. Spinse Sherlock contro le fiale, che si ruppero. Quando corsi a proteggerlo, spinse a terra anche me. Poco dopo quell’incidente, nostro padre ebbe un infarto e morì. Non c’è alcun bisogno di dire che non ci dispiacque molto per lui.”

Tutta la rabbia di John è improvvisamente scomparsa, e ora si sente davvero in colpa per essere stato arrabbiato con Mycroft. Il fratello di Sherlock ha fatto degli errori, sì, ma se quella storia è vera – e John non ne dubita, non questa volta – aveva giudicato male Mycroft.

Per un breve momento, entrambi restano in silenzio, mentre Mycroft senza dubbio rivive alcuni ricordi, mentre John cerca di ragionare su ciò che gli è stato detto.  Alla fine, si schiarisce la gola e dice : “Grazie, per avermelo detto. Non spingerò Sherlock per farmi dire queste cose da lui, se è questo ciò di cui sei preoccupato.”

“Oh, no. Come ho detto, ha chiuso con questo capitolo da molto tempo, ma ciò di cui ho bisogno è che tu lo rassicuri del tuo desiderio di continuare a vivere con lui, di tempo in tempo. Non lo mostra – e non possiamo essere sicuri che lui stesso lo capisca – ma lui dipende molto da te.”


X


Quella notte, John dice a Sherlock che non se ne andrà nel prossimo futuro.

All’inizio, Sherlock sembra disturbato, come al solito quando qualcuno fa il sentimentale, ma quando John gli dice che ha parlato con Mycroft (e sopravvive ai capricci che fa Sherlock (incluso lanciare lettere, un cuscino, un vaso che contiene dita – schifo – e la mano corrispondente – amputata, senza dita) quando lo sente), il suo coinquilino diventa stranamente silenzioso.

“Sai, non ha detto nulla di cattivo su di te. Mi ha solamente detto un po’ sulla tua infanzia, su tuo padre… ciò che sto cercando di dirti è che io so che ti senti un po’” okay, eufemismo del secolo, “- a disagio a parlare di queste cose. Voglio solo che tu sappia che non devi dirmi di tutti i punti della lista. Voglio dire, ovviamente mi interessa, e voglio aiutarti e ti ascolterò, ma se te ne vuoi occupare da solo va… uhm, va bene. Solo, ricordati che niente che potresti dirmi mi farà andare via. So già quanto dannatamente esasperante tu possa essere, e sono ancora qui, giusto?” Aggiunge l’ultima frase solo per alleggerire un po’ la situazione, e per dare a Sherlock l’opportunità di rispondere a qualcosa, se non vuole parlare del resto di ciò che John ha detto.

C’è gratitudine negli occhi di Sherlock – solo per mezzo secondo, ma c’è – e risponde:
“Non è una mia preoccupazione se tu non capisci l’importanza di parti del corpo nel frigorifero.”

“O sotto il mio letto,” sottolinea John.

Se Sherlock è sorpreso che lui le abbia trovate, non lo dà a vedere. Sorride solamente – non ha nemmeno la decenza di arrossire, o dire che gli dispiace. Non che John se lo aspettasse.

Quello è tutto per i discorsi seri da fare quel giorno, ma quando John riemerge dal bagno la sera, i punti 12 e 13 sono stati cancellati.

Sherlock non fa commenti, però, e John decide di non forzare – dopo tutto, è ciò che aveva promesso, giusto?

Mezz’ora dopo, è addormentato davanti alla TV, e la sua testa si abbassa lentamente fino ad appoggiarsi alla spalla di Sherlock. E il detective non si sposta.


X


Certo che Mycroft avrebbe interferito – è quello che fa sempre dopo tutto. Per un po’, Sherlock rimugina sulle fantasie di torte avvelenate, o la fattibilità della presa Vulcaniana al trapezio (John gli ha fatto guardare Star Trek e non ha ancora avuto tempo di cancellare le informazioni non necessarie).

È trascinato via dai suoi pensieri, però, quando all’improvviso sente un peso caldo sulla sua spalla. Un’occhiata di lato gli fa capire che John si è addormentato lì. Contempla la possibilità di scrollarsi, ma un paio di cosa contrastano quell’opzione – primo, John si sveglierebbe, e sarebbe infastidito che è fastidioso per Sherlock; secondo, John ha sopportato Mycroft per più di un’ora oggi, quindi si è sicuramente guadagnato il diritto di riposare; e terzo – a Sherlock non dà davvero fastidio. In effetti, avere John così vicino – mentre riposa su di lui – è stranamente rassicurante. Sta ancorando Sherlock al presente, così non può andarsene troppo lontano con la mente.

Prova a dirsi che non ha nulla a che vedere con le cose di cui John ha provato a parlare – oh, beh, a non-parlare prima, ma (per quanto odi Mycroft) è vero. L’unica cosa che disturba continuamente Sherlock (non arriverebbe a dire di “averne paura”(anche se è così)) è la possibilità che John se ne vada.

L’immenso odio per sé stesso che Sherlock ha provato, specialmente durante i mesi all’estero, quando era morto (notti solitarie, notti per pensare e ripensare e avere paura e odiare), non è mai passato del tutto, e ora, con John vicino, può permettersi di rivisitarlo senza essere trascinato nell’oscurità dei suoi stessi pensieri.

Si odia per aver fatto quello che doveva fare, a John (e Lestrade e Mrs. Hudson, nonostante loro l’abbiano affrontato in un modo diverso. Migliore.), malgrado sapesse che era la cosa giusta da fare. A John, l’unica persona nella pazzia-Moriarty che mai, nemmeno una volta ha dubitato di lui. (Nemmeno Lestrade non si era mai convinto che fosse un bugiardo, e Mrs. Hudson gli vuole troppo bene per pensare male di lui, ma John è decisamente stato l’unico ad aver corso con lui per tutto il percorso. Eccetto la parte giù dall’ospedale. Lì, lui doveva cadere. Da solo.)

Non è necessario dire a John quelle cose, e Sherlock può conviverci da solo molto facilmente.

Ma…

Ma quando parla, a John, che sta dormendo, e quando ha finito, si sente sollevato, e l’odio verso sé stesso viene un po’ meno.

La figura di John che dorme è soffice, calda, rilassata contro di lui, e poi Sherlock fa la cosa più egoista, illogica, e non necessaria che abbia mai fatto – preme il proprio viso nel capelli di John, solo per un momento. Inala. Forse muove un po’ le proprie labbra. Un bacetto. Niente di più.

Non riesce a spiegarlo, ma sente che è giusto così. E non è che qualcuno verrà mai a saperlo.


X


John è in uno strano stato in cui tecnicamente è addormentato, ma non sta proprio dormendo, e quindi non può essere certo che si stia immaginando la voce di Sherlock oppure no. Resta fermo, e ascolta le storie su un bambino triste e solo che era troppo intelligente per il mondo attorno a sé; ricade dentro e fuori dai sogni.

E poi c’è una faccia tra i suoi capelli, ed è sicuro di stare sognando.

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Capitolo 12
*** 14. Rivisitare [Aggiunta di Mycroft]. ***


Note della traduttrice: Come vi sarete accorti, ho fallito miseramente nel mio intento, e ora eccoci qua. Beh, spero che sia andata bene per tutti coloro che sono tornati a scuola, come me. Che ovviamente è il motivo per cui sono schifosamente in ritardo con questo capitolo. Vi prego, perdonatemi. Voi siete semplicemente adorabili, e io continuo a ringraziarmi, ma adesso dovrete avere un po’ di pazienza con me. Intanto vi lascio questo capitolo, sperando di tornare con il prossimo entro la fine della settimana. Buona lettura, e se vi va di lasciare una recensione, renderete la mia settimana mille volte migliore, davvero!
 
 











Riassunto: Mezz’ora dopo, sono in piedi davanti alla lapide nera.









14. Prenditi del tempo per rivisitare i posti che ti hanno reso chi sei






“Dove siamo?”

Un vicolo stretto, da qualche parte a Londra, ovviamente. Ma John non sta chiedendo il nome della strada, Sherlock gli ha detto di andare con lui quella mattina, ma non gli ha voluto dire dove stavano andando. Ora si sono fermati qui, e John non ha assolutamente idea di cosa stia succedendo.

È un vicolo ordinario, un po’ sporco, molto scuro, in effetti situato in una parte della città che non ispira esattamente molta fiducia. Ci sono alcune pattumiere, delle uscite di sicurezza, e  delle macchie sinistre a terra che John non è davvero interessato ad analizzare più in profondità.

Sherlock è in piedi con le mani dietro la schiena, e fissa lo stretto passaggio per niente intimidito.

“Qui è dove ho incontrato Lestrade.”

Oh. Oh.

“Lui… mi ha detto di quella notte, in realtà. Ha detto che stava tornando a casa a piedi, la sua prima notte libera da chissà quanto tempo.” È parzialmente vero. Greg gli ha detto un po’ di più. Sullo stato in cui era Sherlock. Ma John presume –correttamente – che tutto questo sia per il 14esimo punto della lista, e inoltre – spetta a Sherlock raccontare quella storia. Ciò che gli ha detto Greg era per informarlo delle ‘notti di pericolo’ di Sherlock, ma se Sherlock gli vuole fornire un paio di dettagli in più, dovrebbe essergli permesso di farlo con le proprie parole. John è decisamente interessato. Tuttavia, sa che Sherlock di solito non parla di queste cose.

“Presumo che Lestrade ti abbia detto un po’ di più, ma sì. In breve, è così che ci siamo incontrati,” conferma Sherlock, ma non sembra disturbato da ciò che John sa. Invece, cammina verso alcuni bidoni e si inginocchia, si allunga verso qualcosa che non c’è, la sua mano ferma per un secondo a mezz’aria.

“Molto probabilmente,  sarei morto quella notte, se lui non  fosse passato e non si fosse fermato.”

“Overdose?”

“Sì.” Sherlock non dice se era stata intenzionale o no, e John non chiede. Alcune cose è meglio che vengano discusse un’altra volta. “Ho sentito che qualcosa non andava, e il mio corpo combatteva istintivamente. Quando Lestrade passò, non sono riuscito a trattenermi dal vedere così tanto di lui – la sua occupazione, i problemi con la sua da poco moglie, il caso che lo teneva sveglio la notte – che l’ho chiamato. Sapevo tutto del suo assassino, solo guardando Lestrade, e volevo ardentemente risolvere il mistero al posto suo. Mi ha aiutato a restare aggrappato alla realtà.”

Il detective alza lo sguardo ora, e lo volge all’uscita del vicolo, e John riesce facilmente ad immaginare uno Sherlock giovane e completamente fatto che fissa il passaggio dell’ispettore detective; gli occhi argentati che penetrano l’oscurità e la pioggia.

“Ha chiamato un’ambulanza appena mi ha visto, ma mio fratello è stato più veloce. Quando due dei suo uomini sono venuti a prendermi, ho detto a Greg che sapevo chi aveva ucciso le tre giovani ragazze. Due giorni dopo, mi è venuto a fare visita nella struttura dove ero stato portato per riprendermi. Il resto è storia, come dicono.”

“Vuoi dire che ti ha offerto casi a patto che tu restassi pulito?”

“Ovviamente.” Sherlock si alza e per un po’, John cerca le parole giuste. Ovviamente, Sherlock non vuole la compassione, o della pietà. Ma John sente di dover dire qualcosa. E poi dice semplicemente l’unica cosa che si sente di dire,  quella che gli viene in mente quando pensa a Lestrade e Sherlock nel fango, l’uomo più grande che trattiene Sherlock dritto, ordinando gli di continuare a respirare, di lottare, di restare con lui.

“Sono felice che Greg ti abbia trovato. Non so cosa avrei fatto se non ti avessi incontrato.”

“Avresti vissuto un’altra vita, presumibilmente,” risponde Sherlock rapidamente , ma è detto senza trasporto, come se l’aria gli fosse stata portata via dai polmoni e lui stesse cercando di scherzarci su.

Entrambi gli uomini sanno che non è vero. Lestrade ha salvato Sherlock; e Sherlock ha salvato John.


X


Lo Yard è l’ovvia scelta successiva, e mentre camminano per i corridoi, Sherlock racconta a John dei casi che ha risolto prima che si incontrassero. Quando Sherlock menziona il suo coinvolgimento in un caso piuttosto spettacolare di rapimento, che era addirittura arrivato alle notizie in Afghanistan, la mandibola di John ricade aperta di un po’.

“Tu eri l’informatore anonimo?”

“Credo che fosse quello che Lestrade ha detto alla stampa, sì. È interessante che tu ne abbia sentito parlare in Afghanistan, comunque. Non era neppure un omicidio, solo un noioso rapimento.”

“Un noioso – un noioso rapimento? Era il figlio di-” John inizia, ma poi realizza che, nella mente di Sherlock, i rapimenti sono davvero noiosi. Non c’è nessun corpo da esaminare, non così tanti indizi da seguire quanti quelli che ci sono quando c’è un bell’omicidio, e nella maggior parte dei casi, le vittime sono rilasciate poco dopo, in cambio di un po’ di denaro. Non proprio un mistero. “Non importa.”


X


“Qui è dove ci siamo incontrati,” dice John, sorridendo mezzo-affettuosamente per il ricordo, mezzo-orgoglioso per avere realizzato perché siano qui. Anche Sherlock sorride tra sé.

“Ovviamente,” dice, solo perché così John non penserà che lui tollererà le affermazioni di cose ovvie tutte le volte. Può fare un’eccezione per John una volta. O due. Ma poi basta. E solo perché è John.

“Non riesco ancora a credere di essermi trasferito con te dopo che mi hai detto di esserti dimenticato il frustino all’obitorio.”

Sherlock arcua un sopracciglio. “Sei serio? In parole tue, il frustino è probabilmente la cosa meno terribile che ho lasciato da qualche parte.”

“Oh sì, il piede sotto al mio letto è stato peggio, decisamente,” ammette John con un brivido.

“Plurale, John.”

“Aspetta cosa?”

“Piedi – oh immagino che tu non abbia trovato gli altri due allora?”

“Gli altri due? No, aspetta, gli altri due?” La nausea combatte contro la curiosità nella voce di John, Sherlock lo sente, e non riesce a trattenersi dal sorridere. “Dov’è il quarto allora? Un umano ha due piedi, quindi perché ce ne sono tre sotto il mio letto? Dov’è il quarto?”

Ah, John. Fa sempre le domande giuste.

“Sotto il mio letto, ovviamente.” Non si aspetta che John capisca.

“Sì, beh, dove altro dovrebbe essere?” Il dottore si mette una mano sulla fronte, e poi si volta nel laboratorio, osservando la stanza familiare. “Sai, quando hai detto ‘i coinquilini dovrebbero conoscere il peggio dell’altro’, forse menzionare le parti del corpo sarebbe stata una buona idea.

“Ti saresti trasferito se ti avessi detto che tengo parti del corpo nel frigorifero?” E sotto al letto, nel forno a microonde e tra I cuscini del divano. Pensandoci, dovrà rimuovere le dita da lì quando tornano a casa o potrebbero iniziare a puzzare.

“Probabilmente no.”

“Visto, è stata la giusta decisione non dirtelo.”

E John prova a tenere il broncio, ma non ci riesce e Sherlock vede le sue labbra arricciarsi e poi dice: “Probabilmente giusta.”

“Decisamente giusta.”


X


Forse non è stata una grande idea portare John qui. Non sono sul tetto – perfino Sherlock capisce che quello potrebbe essere troppo sconvolgente – ma il piccolo pezzo di marciapiede dove si è scontrato con il terreno, ora ripulito del sangue (beh, pulito al meglio che si può, essendo pur sempre un marciapiede a Londra) e senza un detective morto fa ancora serrare i pugni a John e la sua faccia impallidisce visibilmente.

“È stato il giorno peggiore della mia vita,” gli dice John con calma, e lui alza lo sguardo, internamente sorpreso. Non vuole, ma non riesce a non farlo, quindi chiede:

“Afghanistan; venire colpito da un proiettile sicuramente deve-“

“Non lo è stato.”

Restano in piedi in silenzio, di nuovo, finché John non raddrizza la schiena, e si sposta per chiamare un taxi. Sherlock, per una volta, segue.

Come cambiano le cose. Sherlock non seguiva mai. Era sempre quello che veniva seguito. Ma ora lo fa, e John dà le indicazioni per il cimitero.

Mezz’ora dopo, sono in piedi di fronte alla lapide nera.
SHERLOCK HOLMES

Nessuna data. Nessun “In ricordo di” o “Padre e amico di cui sentiamo la mancanza con molto affetto”.

Il nome parla per sé – almeno lo faceva, quando la tomba era stata scavata.

SHERLOCK HOLMES

Impostore. Bugiardo. Falso.

“Io, uhm, ho pensato che saremmo potuti venire anche qui. È parte della tua vita, un posto che ti ha reso quello che sei, dopo tutto. Non che tu fossi davvero qui. Ma hai capito ciò che intendo.”

John sembra cauto, come sempre quando tratta di questo argomento, e Sherlock, come sempre, non è sicuro su cosa dire.

Sicuramente ‘Ti ho guardato da laggiù’ sarebbe la cosa sbagliata.

“Sai che non sono mai riuscito ad andare al tuo funerale?” La voce di John è piatta.

Sì, lo sa. Lui c’era, dopo tutto. Ha guardato la bara con il suo ‘corpo’ sparire nel terreno.

Ne aveva sofferto, a quel tempo. Anche se John non aveva davvero creduto a ciò che gli aveva detto. Che tutto era una bugia. Aveva pensato che John non era voluto andare al suo funerale perché era deluso, e arrabbiato, e lo odiava.

Quella notte era stata la prima notte davvero pericolosa, e Mycroft aveva sopportato di essere insultato per 12 ore di fila, solo perché così poteva tenere d’occhio Sherlock.

(Se John lo sapesse, lo farebbe sicuramente andare da Mycroft a dirgli grazie come un bravo fratello minore dovrebbe fare. A volte è una buona cosa che John non sappia.)

E poi John era apparso alla sua tomba, e l’aveva supplicato di tornare, e lui aveva quasi pianto di nuovo (il pianto è ancora la cosa a cui non riesce a credere. Lacrime, sulla sua faccia, sul bordo del tetto. Lacrime.) e il bisogno di urlare e mettere fine al piano era stata enorme.

Alla fine, era rimasto nell’ombra, e poi era andato a fare ciò che doveva fare.

“Non è stato facile nemmeno per te, vero?”

Sherlock solleva lo sguardo per la strana domanda. Non è mai stato così prima. È John quello che ha dovuto vivere senza di lui, è John quello che è dovuto restare indietro a seppellire il suo migliore amico. È John quello che ha dovuto lottare per il nome di Sherlock, per tutto ciò che avevano ottenuto insieme.

E ovviamente è stato difficile anche per Sherlock, ma basta che lo sappia lui. John non deve saperlo, merita di non sapere, perché ha sopportato così tanto.

Ciononostante, Sherlock si ritrova a dire “Sì.”

“Se mai volessi, uhm, parlarne-”

“Non voglio.” Lo dice dolcemente, così che John sappia che non lo sta respingendo. Perché quello è sempre stato importante. Come si sente John. Lo capisce solo ora. Ma è vero.

“Giusto. Solo… io apprezzo ciò che hai fatto per me, e Greg e la Signora Hudson. Lo apprezzo davvero. Solo perché ero arrabbiato e triste non vuol dire che io non apprezzi il tuo sacrificio.”

“Hai perso il tuo migliore amico,” afferma Sherlock con calma, e nonostante non riesca ancora a credere di essere il migliore amico di qualcuno, è – meravigliosamente – vero.

John gli fa un sorrisetto. “Anche tu hai perso il tuo.”

E ha ragione. La cosa del migliore amico è qualcosa che funziona da entrambe le parti, almeno nel loro caso. Forse Sherlock non lo dice sempre (o, beh, mai) a parole, ma John è il suo migliore amico.

“Sono tornato.”

“L’hai fatto.”

Lasciano il cimitero, camminando vicini, le spalle che si sfiorano.


X


“Qui è dove sei tornato da me.”

Oh merda, probabilmente avrebbe dovuto dire ‘alla vita’. O almeno ‘al 221B’.

O Sherlock non lo nota (improbabile) o non gli interessa (più probabile), perché semplicemente aggiunge: “Ѐ anche dove mi hai dato un pugno in faccia.”

“Ancora non mi dispiace. E tra l’altro, anche io mi sono fatto male alla mano.”

“Beh, mi ero fatto affilare gli zigomi per l’occasione.”

John resta attonito, perché Sherlock ha davvero fatto una battuta?! Una battuta sincera, con i piedi per terra?

Dal modo in cui sorride, l’ha fatto, e sa che John è incredulo.

E John – John decide che sono successe cose più strane sul pianerottolo davanti al 221B in precedenza (più precisamente, il suo migliore amico che ritorna in vita).



 

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Capitolo 13
*** Interludio ***


Note della traduttrice: Okay, scusate l'attesa, ma ecco il nuovo capitolo! Spero tanto che vi piaccia. 
E voglio ringraziare con tutto il cuore xaki  per essere una beta super veloce e super efficiente!
Buona lettura.




 




Riassunto: Si presenta con orgoglio: Lo Squadrone dell’Amore.





Interludio

Nel corso della storia, molti gruppi di persone hanno attirato l’interesse degli altri. Ci sono stati Gesù e gli Undici, i Beatles, i Tre Porcellini o gli Avengers – ma Londra non ha mai visto formarsi un gruppo così improbabile come quello che si forma alla fine di Settembre, in un piccolo ristorante italiano che dà su Northumberland Street.
Il primo ad arrivare è un uomo alto che porta con sé un ombrello, che indossa un completo firmato (l’uomo, non l’ombrello, nonostante anche quell’accessorio sia stato piuttosto costoso, e forse non è poi così tanto solo un accessorio – le voci spaziano da una pistola a una mazza ad una sottile sciabola). È accompagnato da una donna impegnata a scrivere sul suo Blackberry. La coppia si ferma per un istante davanti alla porta chiusa del ristorante, e l’uomo guarda la donna pieno di aspettativa. Tuttavia, quando lei non si lancia all’azione, lui sospira e spinge la porta, lasciandola entrare per prima.

Tu sei la mia assistente, Anthea.”

“E lei è un gentiluomo,” risponde con facilità lei, fa un cenno del capo al proprietario del ristorante (un grosso italiano con una faccia amichevole) senza alzare lo sguardo dal proprio telefono e si siede ad un ampio tavolo ad un angolo. L’uomo la segue subito dopo e guarda fuori dalla finestra, giusto in tempo per vedere arrivare un taxi.

Una signora anziana ne esce e l’uomo con il completo guarda la sua assistente con uno sguardo significativo.

Tutto ciò che lei fa è inarcare un sopracciglio. “Sono la sua assistente, Signor Holmes, non la sua. Sia un gentiluomo di nuovo.”

Lui si alza (desiderando ardentemente i vecchi tempi, in cui potevi semplicemente lanciare i dipendenti disobbedienti e insolenti nella Torre di Londra e lasciarli là a marcire) e, abbastanza velocemente per qualcuno a cui non piace per niente fare esercizio, ritorna fuori, per andare a prendere la piccola donna.

Di nuovo dentro e al sicuro, lei si siede accanto ad Anthea e sorride. “È bello rivederti, cara. Spero che Mycroft non ti faccia lavorare troppo? È diventato davvero un gentiluomo ultimamente, però!”

Anthea ricambia il sorriso, gli occhi che finalmente si allontanano dal cellulare. “Lo è davvero, eh?”

La porta del ristorante si apre di nuovo, e poi una sottile morettina si affretta ad entrare, le guance arrossate e i capelli leggermente in disordine. Si avvicina frettolosamente al tavolo finché non arriva a sedersi all’altro lato della Signora Hudson.

“Mi dispiace essere in ritardo ma stavo raccogliendo alcuni campioni-” il ‘per Sherlock’ resta non detto, ma è sentito, “e poi è arrivata un’altra vittima all’obitorio, ed era in uno stato così orribile – voglio dire, a parte il fatto di essere morto-”

“Va tutto bene, Molly,” la interrompe Mrs. Hudson, e Anthea dà una gomitata a Mycroft, che nasconde solo di poco il movimento rotatorio dei propri occhi (non che Mycroft Holmes rotei gli occhi, ovviamente – solo che lui e Sherlock sono così simili in un certo senso che condividono alcune abitudini come roteare gli occhi quando le persone blaterano. O innamorarsi.)

La piccola riunione è interrotta dal suono di una sirena e poi un’automobile della polizia scivola fermandosi proprio sul marciapiede davanti al ristorante.

Un osservatore dubbioso e guardingo potrebbe pensare che il proprietario del ristorante abbia chiamato la polizia per sbarazzarsi dello strano gruppo prima che qualcosa succeda, ma l’ispettore detective che ora entra il ristornate si limita a sorridere e a trotterellare con disinvoltura verso il tavolo.

“Il suo fidanzato sa proprio come fare un’entrata di effetto,” Anthea sussurra, e guarda contenta come le guance del proprio capo si tingono di rosa. Prendere in giro Mycroft potrebbe decisamente essere tra le sue attività di passatempo preferite. L’ispettore saluta tutti e poi scivola nel posto a fianco di Mycroft con un sospiro di contentezza.

Come se a comando, il proprietario del ristorante porta dei vassoi pieni di cibo e poi si siede a fianco di Molly, un sorriso ampio sul viso.

“Grazie, Angelo,” dice Mycroft e sta per iniziare la riunione, quando la porta del ristorante si apre un’ultima volta.

Con molta tranquillità una donna non vestita in modo adatto alla stagione (ma in effetti, quel vestito che sembra fatto per praticare bondage non sarebbe appropriato da nessuna parte, non importa la stagione), e gli occhi di tutti si trattengono su di lei per un po’ di più di ciò che sarebbe strettamente necessario. Lei ci è abituata.

“Non avete iniziato senza di me, vero?”

“Tu… tu sei morta,” annuncia Molly, un po’ pallida, e visto che lei è l’unica a parlare, la donna si concentra su di lei.

“Sherlock non è l’unico ad essere bravo con i trucchetti di magia,” risponde lei, e si siede tra Angelo e Greg. (Sotto il tavolo, la mano di Mycroft si stringe possessivamente sulla coscia di Greg.)

“Sembri avere un po’ freddo, cara,” fa notare Mrs. Hudson, dirigendo i propri occhi alle lunghe gambe più-che-scoperte. “Devi proprio vestirti un po’ di più con questo tempo, o finirai con i dolori all’anca, come me.”

“Immagino che le sue anche abbiano sopportato cose peggiori del tempo,” afferma Mycroft seccamente (e fantastica di nuovo dei cari vecchi tempi, dove le donne troppo provocanti venivano giustiziate – non è che desideri davvero di tornare al Medioevo, ma… a volte sembra piuttosto invitante) e Irene fa un sorrisetto.

“Ora, arriviamo al motivo per cui siamo qui stasera; ci sono stati degli sviluppi negli ultimi tempi, per i  quali mio fratello potrebbe avere bisogno di… assistenza.”

“È innamorato,” chiarisce Greg, ruotando gli occhi e guardando il proprio partner con affetto.

“Precisamente,” risponde Mycroft, e la sua voce suona come se avesse appena annunciato la Terza Guerra Mondiale.


X


I un-po’-più-di-metà Cavalieri della Tavola Rotonda si dividono presto in due fronti – una parte, che consiste nella Signora Hudson, Irene, Angelo e Molly, pensa che John abbia bisogno di una spinta, mentre Greg, Mycroft e Anthea pensano che è Sherlock quello che deve tirare fuori le palle (per come la mette Greg).

“Il dottore deve dire qualcosa a Sherlock. È sempre lui quello che dice che non sono una coppia, quindi deve sistemare le cose,” controbatte Angelo con il suo forte accento italiano. Adocchia le candele sul tavolo davanti a lui con tristezza. “Io posso aiutare con l’atmosfera, ma lui deve dire le parole giuste!”

“Hai messo delle candele anche davanti a noi,” puntualizza Molly e Irene risponde velocemente: “E non riesci già a percepire l’amore?” con un occhiolino alla giovane donna che sta arrossendo.

“Forse potrebbe dare un bel regalino a Sherlock,” riflette Angelo, ancora convinto del proprio punto di vista. “So dove trovare dei begli orologi-”

“Fingerò di non aver sentito,” mormora Greg e sorseggia la sua birra.

“Non sono rubati!” protesta Angelo, un’espressione di dolore sul volto. Quando Mycroft si limita a sollevare un sopracciglio, però, lui solleva le mani in segno di resa e aggiunge, un po’ più rassegnato: “Non da me.”

“E se invece ci accordiamo per non utilizzare nessun orologio – rubati o no – per Sherlock?” Greg prova ad essere diplomatico. “Io penso ancora che sia lui a dover dire qualcosa. Vedo come John lo guarda. Aspetta un segno, sono sicuro.”

“La penso così anche io,” aggiunge Molly e quando l’attenzione si sposta su di lei, delle chiazze rosse appaiono di nuovo sulla parte alta delle sue guance (mentre il sangue degli uomini si dirige spesso verso il basso, Molly sembra soffrire dello stesso problema, solo che la direzione per lei è verso l’alto. Erezioni di imbarazzo.), ma lei continua: “Ma Sherlock non è… non sa di dovere dire qualcosa, o forse pensa di non averne bisogno. Quindi John deve agire. Non serve a nulla continuare a, uhm, ammirare da lontano.” Come ho fatto io, non lo dice.

“Magari potresti rapire uno dei due e l’altro deve salvarlo,” propone la Signora Hudson, con un’occhiata pensierosa verso Mycroft, e tutti al tavolo sono inquietati dall’idea dell'anziana signora ma provano a nasconderlo. “Come nei film, sai?” aggiunge lei, un po’ insicura sul perché tutti la stiano guardando in quel modo. (Ha guardato tanti film d’amore ultimamente.)

“Capisco perché Sherlock l’ha scelta come proprietaria di casa,” sottolinea seccamente Irene, e Mycroft dice: “Con rispetto, preferirei non farlo. Non mi lascerebbero mai più in pace e dovremo passare il Natale insieme quest’anno.”

Per un po’, tutti provano a pensare ad altri modi, mentre mangiano ciò che Angelo ha procurato (ed è davvero molto – a quanto pare deve essere convinto che, come John e Sherlock, a casa loro abbiano dei frigoriferi con delle parti corporee invece di cibo vero).

Alla fine, la Signora Hudson salta su di nuovo (gli altri si preparano ad un altro piano o completamente terrificante o di cattivo gusto) ma lei chiede: “E invece cosa dite di quel caso, quello con quel giovane ragazzo gentile – oh, non ricordo il suo nome, ma aveva queste orecchie un po’ a sventola ed era qualcosa con un cane…”
“Vuoi dire Baskerville?” la aiuta Greg.

Lei gli sorride radiosamente. “Sì, esattamente! Erano un po’ diversi quando sono tornati da quello. Un po’… più vicini di prima, penso.”

“Credo che mio fratello avesse drogato John e che avessero litigato.”

“No ma la Signora Hudson ha ragione, io ero là-” elabora velocemente Greg, “qualcosa è cambiato tra loro, lì.”

“Allora  abbiamo il nostro piano!” Irene si appoggia allo schienale della sedia, e sembra proprio il ritratto della soddisfazione. “Tu-” punta un dito verso Mycroft, “ti assicuri che accettino un caso fuori Londra, e tu-” ora è il turno di Greg, “li tieni d’occhio. Sarebbe una vergogna se qualcosa succedesse a Sherlock. Ha davvero una faccia da baciare, devo dire.”

“Dovreste tenere d’occhio anche lei,” suggerisce Anthea con un sorrisetto, e Irene lo ricambia.

“Oh, non preoccuparti, io entrerò in scena sono quando mi si chiederà di farlo.”

“Se.”

“Non è quello che ho detto?”


X


Non troppo lontano, a Baker Street, Sherlock ha la sensazione di una catastrofe imminente, e come sempre quando si sente in quel modo – è combattuto tra essere eccitato (potrebbe essere un nuovo serial killer, oh, quelli sono da amare!) e infastidito (nah, molto probabilmente è Mycroft che complotta per la caduta di un altro governo dopo il fiasco in A- oh,  informazione probabilmente riservata).

Tuttavia, i membri dello Squadrone dell’Amore (un nome a cui Mrs. Hudson – che ama tutta la cosa del complotto perché sembra proprio di essere in una di quelle soap-opera in tv, Angelo – che è sempre felice di aiutare Sherlock (specialmente per ciò che riguarda l’amore), e Irene – che è molto divertita da tutto il progetto, erano a favore, nonostante gli altri avessero detto che un nome non era necessario e piuttosto ridicolo) rimangono non rilevati da Sherlock, così come il loro complotto.

Il loro momento arriverà.

E finché non arriverà, la lista continuerà a fare uscire il meglio di Sherlock.

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Capitolo 14
*** 17. Come ti senti. ***


Note dell’autrice: Non preoccupatevi, il punto 17 deve venire prima, visto che 15/16 sono insieme e hanno luogo dopo il completamento di questo punto :)







17. Fai del dire alle persone come ti senti un’abitudine




È un giorno normale al Yard. A parte il fatto che non lo è.

“Lestrade, penso davvero che sia rivoltante che tu abbia scelto di stare con  mio fratello tra tutte le persone-”

Tuttavia, un’occhiataccia di John dice a Sherlock che questo è al limite del non-buono, quindi aggiunge ( in qualche modo malvolentieri) “ma dal momento che sei, ah, felice-”

Un cenno del capo di John.

“-e un- un buon uomo-”

Altra approvazione.

“-e Mycroft è-”

Un’altra occhiataccia.

“-non proprio tanto fastidioso quanto non fosse prima-”

Cenni del capo di approvazione di nuovo da parte di John, quindi va bene.

“- sono disposto a tollerare questa situazione.”

“Mi sta dando la sua… benedizione?” chiede Greg, guardando John invece di Sherlock.

“Una specie. Sta lavorando sul dire alle persone come si sente nei loro riguardi.”

Ora Greg sembra terrorizzato. “Sei sicuro che sia una buona idea, amico? Non è che sia così indietro sull’essere diretto.”

“Gli ho chiesto di provare a trovare anche cose gentili da dire.”

Per un momento, Greg sembra pensieroso, ma poi un sorriso si fa strada sul suo viso. “Scommetto 20 sterline che non ci riuscirà con tutti. C’è Anderson alla forense oggi.”

Ah, la debolezza di John – non è mai stato in grado di resistere ad una scommessa. E inoltre, è piuttosto certo che Sherlock possa riuscirci se ci prova davvero.
I due si stringono la mano, Greg già sicuro della propria vittoria e John – che fa piani su come evitare Anderson. Giusto per stare sul sicuro.


X


“Ah, Molly, sei qui finalmente. 20 minuti di ritardo, ma non importa davvero – ho bisogno che tu faccia alcuni test a questi campioni-”

“Mi prenderò un momento prima,” lei interrompe il detective, ed è strano abbastanza per fargli sollevare lo sguardo da dov’è chino su alcuni documenti con John (le spalle che si sfiorano, come sembrano fare sempre ultimamente).

Il famigerato sguardo che dice a Sherlock tutto di una persona osserva velocemente Molly e poi le deduzioni zampillano dalla sua bocca.

“Il tuo vestito è spiegazzato e lo stesso di ieri che suggerisce che tu ti sia vestita di fretta ieri e che abbia fatto lo stesso oggi. Ti sei portata la colazione, quindi non hai avuto possibilità di mangiare stamattina. Questo esclude l’essere rimasta intrappolata nel traffico, visto che comunque tu preferisci la metro e anche se tu fossi venuta con l’auto – cosa che non hai fatto – avresti fatto colazione visto che non avevi modo di sapere prima che saresti rimasta ferma nel traffico, nemmeno all’ora di punta.”

“Respira,” gli ricorda John con un sorriso (e una mano calda sulla sua schiena che fa davvero fermare il suo cervello per un momento – solo mezzo secondo), ma poi Sherlock solleva semplicemente un sopracciglio verso di lui prima di continuare.

“C’è un succhiotto che stai cercando di nascondere con la sciarpa e il trucco – riesco a vederci residui di cipria sopra – e cammini con cautela, il ché suggerisce che hai avuto rapporti sessuali più di una volta ieri notte e probabilmente stamattina.”

Molly è rossa come un peperone ora e sia lei che John balbettano uno “Sherlock!” a disagio, da cui il detective non è minimamente toccato.

“Non sei tipa da rapporti di una sola note – problemi con il padre mai superati, personalità appiccicosa – e visto che tu hai lasciato lui – altro, capelli scuri, barba di un paio di giorni o di più, tra l’altro – frettolosamente stamattina, lui molto probabilmente è ancora nel tuo appartamento, cosa che non permetteresti se fosse uno sconosciuto. Quindi, fidanzato allora.”

È solo ora che Sherlock cerca gli occhi di John e vede quello sguardo che dice ‘se non dici qualcosa di carino ora, cestinerò il feto di gatto e il piede di suino nell’istante in cui arriviamo a casa’. E visto che John è serio e Sherlock si ricorda della dannata lista, si volta di nuovo verso Molly, le rivolge il suo sorriso più affascinante e vincente e aggiunge: “Che è una cosa fantastica per te!”

(E non lo è perché ciò significa che sarà più occupata con il fidanzato anonimo e non più così influenzata dal fascino di Sherlock, e lui è sicuro di non dover mentire sui propri sentimenti a proposito – visto che è uno dei concetti base di tutta la lista – ma John vuole che sia gentile e quindi… lo è.)

Gli occhi di Molly quasi escono dalle orbite, ma poi tutto ciò che fa è aggiustarsi la sciarpa (sul serio, quel succhiotto è abbastanza impressionante – con cosa esce, un aspirapolvere?!) prima di appoggiare la borsa e prendere volentieri i campioni di Sherlock. E quando Sherlock dice perfino “Grazie” lei scambia uno sguardo mezzo terrorizzato e mezzo sorpreso con John e si mette al lavoro.


X


Come al solito, John segue Sherlock alla scena del crimine e hanno quasi passato il Sergente Donovan che fa da guardia al nastro della polizia prima che Sherlock rallenti.

John teme istantaneamente ciò che succederà ora (in più, se non va bene con Donovan, decisamente dovrà pagare 20 sterline a Greg) e quindi trattiene Sherlock per il gomito e gli dice tranquillamente: “Ricorda che dovresti dire anche cose gentili, ogni tanto. Almeno lei ti ha detto che le dispiaceva quando sei tornato.” Le dispiace per aver provato a rovinargli la vita – diavolo, per esserci riuscita.

In tutta onestà, John non è mai stato meno disposto a perdonare qualcuno, ma lei è stata eccezionalmente gentile con entrambi da quel momento e sta davvero provando a rimettere a posto le cose tra loro. Ha persino smesso con i nomignoli.

Sherlock sembra sapere esattamente cosa prova John ma non risponde e aggira semplicemente l’amico per posizionarsi di fronte alla donna davanti al nastro della polizia.

“Sergente Donovan, non hai nemmeno la metà della profonda stupidità della maggior parte degli ufficiali qui in questo momento-”

John è sicuro che quello sia un insulto che semplicemente suona bene, e allo stesso modo ovviamente lo è Sally, ma, come John, è attonita di fronte alla concessione che Sherlock ha appena fatto.

“-e potresti anche valere che smettessi di ascoltare ciò che dice Anderson.”

Per un minuto circa, Sally sembra non sapere cosa dire, improvvisamente a confronto con uno Sherlock più-o-meno-amichevole, ma poi decide per un “Grazie?” insicuro che suona più come una domanda.

“Non era chiaro che era un complimento?” Sherlock chiede a John, un sopracciglio sollevato, e John mormora di rimando: “Prova a lasciare fuori la parte della “profonda stupidità” la prossima volta.”

Sherlock lo fissa per un momento, contemplando, e poi annuisce prima che un sorriso si formi sul suo volto, e mette una mano sulle spalle di John.

“Okay, allora, diamo un’occhiata alla vittima. Lestrade dice che è stato decapitato – parti del corpo mancanti sono sempre interessanti!”

John rotea gli occhi e ride di gusto, prima di trotterellare dietro a Sherlock. “Certo che lo sono…”


X


Dopo otto minuti, Sherlock ha ristretto i possibili colpevoli al figlio o al padre dell’uomo, ha dedotto la probabile ubicazione della testa (un cassonetto sul retro di un macello a due strade di distanza) (“Non nel nostro frigorifero, sei sicuro?” aveva chiesto John, guadagnandosi un serissimo “Non ancora.”) e Greg… beh, Greg è di 20 sterline più ricco di otto minuti prima.

Mentre lasciano la scena del crimine, John borbotta: “Non avresti potuto semplicemente dire che ha dei bei capelli o qualcosa del genere?”

Sherlock solleva un sopracciglio. “Ma non è vero. Tra l’altro, pensavo di dovere condividere I miei sentimenti.”

“Allora avresti potuto dirgli solamente che hai dei sentimenti positivi nei suoi confronti quando lui-”

“Non c’è?”

John fa del suo meglio per tenere il broncio, ma dopo alcuni secondi non riesce a non sbuffare una risata, specialmente per lo sguardo divertito di Sherlock.

“Sì, va bene, hai dannatamente ragione. Sono solo scocciato per avere perso la scommessa.”

Con un sorrisetto, Sherlock si mette le mani nelle tasce del cappotto.

“Potrei essermi assicurato che tu avessi la tua vendetta.”

John è istantaneamente cauto. “Cosa hai fatto?”

“Oh, potrei aver inserito una correzione automatica sul telefono di Lestrade per ogni volta che cerca di scrivere ‘ok’.”

“È un po’ immaturo e inoltre, ha vinto le 20 sterline in modo pulito,” controbatte John, voce della ragione. Riesce a sostenere gli occhi di Sherlock per esattamente tre secondi prima di sorridere. “Cosa scrive? Non ha a che fare con Mycroft, vero?”


X


Nel taxi, John scrive velocemente un messaggio a Greg, e quando la risposta arriva, Sherlock e John quasi si piegano in due dal ridere. C’è scritto: “Sono regalmente fottuto.”


X


Appena tornati all’appartamento, Sherlock inizia a camminare, borbottando cose intellegibili ma non sputa ciò che lo disturba prima che John si sia sistemato con due tazze di tè, una per il detective.

Non posso andare avanti così, John! Anche se volessi – e non voglio – non riesco a trovare qualcosa di nuovo su cui fare complimenti ogni giorno, e i miei sentimenti non mutano così rapidamente! Come fanno le persone comuni a farlo tutti i giorni?!”

Dopo aver bevuto un sorso di tè, John risponde: “Non c’entra fare complimenti a tutti ogni giorno. C’entra il parlare delle cose che ti disturbano, ma anche delle cose che ti piacciono dell’altra persona.”

“Sembra noioso.”

“Lo fai continuamente con me, però,” ribatte John.  Quando vede lo sguardo attento di Sherlock, elabora. “Mi dici almeno cinque volte al giorno quanto ti annoi, e quanto trovi terribili i miei maglioni-”

“E nonostante ciò sembri non ascoltare,” interrompe Sherlock, sorridendo al maglione-del-giorno (rosso scuro, molto semplicemente, in realtà un po’ corto così che quando John si allunga, si alza un po’) (non che Sherlock ne sia infastidito) (eccetto che non dovrebbe essere interessato) (eccetto che lo è).

“-quello che voglio dire è che in effetti sei in grado di dire alle persone ciò che pensi o provi.”
E proprio quando John finisce, Sherlock ha un momento: Eureka! . Il suo blogger ha quasi ragione – l’unica cosa su cui ha torto è che Sherlock non è a proprio agio a dire le cose alle persone; non è con le persone che gli risulta facile farlo. È John.

“Sei brillante!” dice al dottore, e puntualmente si guadagna un sopracciglio arcuato, ma la sua mente è già al lavoro quindi non può disturbarsi per spiegare.
Facendosi strada verso la sua camera da letto, si strappa i vestiti di dosso, e afferra la sua vestaglia. Finalmente abbastanza a suo agio, si lascia cadere sul divano di fronte a John e annuncia: “Starò nel mio palazzo mentale!” E poi se ne va. (Beh non letteralmente, visto che la sua posizione non cambia di un centimetro. Ma comunque, è come se avesse completamente lasciato la stanza.)

“Okay, e io starò qui seduto e continuerò ad essere brillante.”


X


Il continuare ad essere brillante di John consiste essenzialmente nel bere tè, tostare del pane e guardare la televisione, ma il tono semplice, sicuro e pratico con cui Sherlock gli ha, beh, fatto un complimento prima è impresso a fuoco nel suo cervello e lui si accorge che quella è un’altra cosa che ama di Sherlock. Pensa davvero che John sia qualcosa di speciale (quando chiaramente non lo è).

È abbastanza patetico continuare a pensarlo senza agire, però, e messa la sua eterosessualità da lungo in dubbio (che sta seduta in un angolo e tiene il broncio, assieme alla riluttanza ad indugiare su scenari di fantasia con un certo genio) da parte, sa di comportarsi in modo dannatamente ridicolo. Non può starsene lì a rimuginare su Sherlock come una scolaretta innamorata e se Sherlock riesce davvero ad affrontare qualcosa come quella lista, facendo e mettendosi faccia a faccia con cose che lo mettono a disagio, lui può sicuramente costringersi ad avere le palle di dire a Sherlock cosa prova.

(È solo che lo fa sentire come se si stesse preparando per una guerra, eccetto il fatto che in una guerra si può sparare alla gente se la situazione sfugge di mano.)

(Inoltre, John è già stato in guerra prima, ed è stato invalidato – colpo di pistola alla spalla, gamba zoppicante, tremore. Stress post traumatico. È comprensibile che è un po’ spaventato di entrare in un’altra (seppur personale) guerra. Dopo tutto lo sa, potrebbe rimanerne segnato.)

Dovrà solo assicurarsi che quando (se?) Sherlock non ricambia o non apprezza i suoi sentimenti, non ci sia disagio. Possono ancora vivere insieme, risolvere casi e cose così. John si farà da parte e fingerà che non sia successo nulla.

Non esiste che lui possa rischiare di perdere il suo migliore amico, solo perché lo ama.

John si sistema sulla poltrona, il cuore che gli batte all’impazzata nel petto, e aspetta che il genio riemerga dalla propria mente.


X


Quando ha finalmente finito, ore dopo, la situazione è chiara. Tuttavia, prima di potere condividere i propri pensieri, sente la voce di John che lo chiama dolcemente.

“Sherlock?”

Giudicando dal tono, John aspettava che lui tornasse per potergli parlare. Quindi, argomento serio.

Forzandosi di suonare neutrale (e generalmente disinteressato, perché è così che suona sempre) Sherlock risponde “Sì”, temendo ciò che sta per succedere.

Deve avere a che fare con qualcosa che ha detto prima.

“Ho bisogno di parlarti.”


X


“Allora, stavo pensando – stai andando molto bene con la tua lista e… beh, stai affrontando cose che a volte trovi difficili. E allora ho capito che forse dovrei-”

Le parole scelte con attenzione di John sono interrotte dallo squillo del telefono di Sherlock.

Mycroft.

John rivolge al telefono un’occhiata stanca, ma fa segno a Sherlock di rispondere.

“Non è importante, è solo Mycroft,” risponde Sherlock, la voce infastidita – ovviamente non ha nessuna intenzione di rispondere. “Probabilmente a proposito della correzione sul telefono di Lestrade.”

“Lo sai che se non rispondi alla chiamata, si presenterà qui prima o poi,” ragiona John.

“Ma-”

“Sherlock.”

“Va bene.” Il detective afferra il cellular e risponde, il “Sì?” che suona il più condiscendente possibile e nonostante il fastidio dell’essere stato interrotto, John deve sorridere alle buffonate dell’amico. Potrà essere un genio, ma è dannatamente prevedibile.

“No. Assolutamente no.” “Siamo impegnati.” “In un caso.” “Lestrade ti ha detto cosa?!” “… Non oseresti.” “Va bene.”

Sbatte il cellulare chiudendolo e lo lancia dall’altra parte della stanza, dove colpisce il muro e poi sparisce al di là di una pila di fogli.

“Quindi… devo immaginare che Mycroft abbia un caso.”

“Se fossi ancora più ovvio di così-”

“Okay, non c’è alcun bisogno di insultare me. Cos’è?”

“Vedrai. Inizia a fare le valigie.” E con ciò, uno Sherlock estremamente lunatico se ne va verso la propria camera, da dove si sente il suono di due piccole esplosioni poco dopo. John non ha la possibilità di finire ciò che vuole dire – ma capisce che questo non è il momento giusto.

E per la prima volta, capisce completamente, pienamente, quanto Sherlock sia infastidito quando chiama Mycroft un ‘idiota interferente’. Perché è esattamente ciò che è.

Nemmeno il 17esimo punto della lista con una riga sopra sembra un progresso ora. Nella sua stanza, Sherlock continua a dar voce ai suoi sentimenti attraverso la distruzione del mobilio e delle parti dei corpi.

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Capitolo 15
*** 15. Dimenticare. ***


Note dell’autrice: ATTENZIONE: Ci sono alcune menzioni di morti piuttosto violente, e temi sessuali (niente di grafico, ma menzioni) in questo e nel prossimo capitolo, quindi per favore fate attenzione se non sono cose con cui siete a vostro agio!







15. Dimentica chi sei e quali sono le tue priorità, e come pensi che una persona dovrebbe essere.




(Ora)

Il momento in cui Sherlock Holmes capisce finalmente che prova qualcosa – qualcosa di più dell’amicizia – per il Dottor John H. Watson è tragicamente il momento in cui John è fottuto e sta per  essere ucciso. Abbastanza letteralmente.


X


(Prima)

“Perché hai insistito per avere una camera doppia quando avremmo potuto prenderne due singole adiacenti?” chiede John (non perché gli dia davvero fastidio, ma sente che dovrebbe interessargli) e lascia cadere le loro borse sull’enorme letto matrimoniale dell’albergo in cui sono.

L’assassinio di un ricco proprietario di un’industria (Justin Kingsley, 47 anni, sposato, ucciso e tagliato a pezzi da una delle macchine nella fabbrica finché non fu rimasta solo una poltiglia rossa) su cui Mycroft vuole che investighino è la ragione di questo viaggio, in una piccola cittadina ad un’ora da Londra, e francamente, John si pente di aver convinto Sherlock ad accettare.  (Dopo i capricci che il detective aveva fatto in camera, Sherlock era stato vicino a chiamare Mycroft per dirgli esattamente cosa pensava di lui, ma John era riuscito a calmarlo.)

C'erano voluti tutti i suoi poteri persuasivi e alla fine ora è lui che dovrà fare il lavoro difficile – letteralmente. Il piano è impiantare John come lavoratore temporaneo nell’azienda, perché gli Holmes sono entrambi sicuri (e sono d’accordo per una volta!) che l’assassino è uno dei lavoratori là dentro.

Ma tornando al problema in questione – una stanza, un letto. Sherlock non risponde alla domanda di John e si mette invece a sbirciare al di là delle tende la strada quasi deserta.

“Voglio dire, avrò bisogno di dormire sul serio se devo iniziare un turno alle 4.30 di mattina e non fraintendermi, ma non sei esattamente la persona più tranquilla con cui si possa dividere una camera.” Figuriamoci il letto – dannazione, come dovrebbe fare a dormire con Sherlock proprio lì al suo fianco? È come cercare di dormire durante il tuo compleanno – non si può!

Abbastanza fortunatamente, Sherlock probabilmente non dormirà visto che è impegnato ad un caso e John, per una volta, ne è grato.

“Oh non preoccuparti, non mi sentirai molto. Sarò impegnato a ragionare sui dati che avrai raccolto durante il giorno.”

“Mentre lavoro in una fabbrica. Per dieci ore. Iniziando alle dannate quattro e mezza del mattino,” borbotta John e adocchia con sospetto la borsa di vestiti da lavoro che Mycroft ha inviato prima che lasciassero Londra quella mattina. “Chi diavolo si mette queste tute da lavoro al giorno d’oggi?!”

Sherlock guarda dietro la propria spalla e John potrebbe giurare di riuscire a vedere un sorriso. Fulmina con lo sguardo l’amico e poi tira fuori l’indumento blu.

“Non fare così tante storie. Ti risalterà gli occhi,” dice il detective completamente serio e John stringe gli occhi.

“Mi stai prendendo in giro?”

“Non mi permetterei mai.”

“Okay, basta-” Il cuscino che John lancia contro la testa dell’amico spedisce dei riccioli ovunque e il suono di indignazione è del tutto ignorato dal dottore.


X


Una pinta giù al bar dell’albergo e 5.5 ore di dormita più tardi (che non sono nemmeno lontanamente abbastanza ma almeno Sherlock è rimasto in silenzio come aveva promesso (più che altro a causa della mancanza del violino)) John, sbadigliando, è in piedi nello spogliatoio della fabbrica.

Miracolosamente, non c’è nessuno a parte lui lì (apparentemente le persone normali dormono fino alle 6) e il ciò gli rende tutto più facile, davvero – non ha nessun interesse nello spiegare la cicatrice sulla sua spalla, senza contare che potrebbe rovinare la sua copertura; quando è finalmente vestito con una maglietta bianca stretta e la tuta da lavoro blu (e sembra il figlio del grottesco matrimonio di un puffo e del meccanico dei Village People) si mette l’auricolare che Mycroft gli ha procurato.

"Sherlock?"

Pochi secondi dopo, il suo telefono squilla e lui risponde.

“Ti sento bene, John. È un po’ sconveniente che tu non riesca a sentirmi, ma dovremo improvvisare. È più importante che senta io, comunque.” Giusto. Stronzo.

“Sì, beh – a proposito di quello: è piuttosto rumorosa la sala macchine, non sono sicuro che riuscirai a sentire così tanto.”

“Vedremo. Cerca di ricordarti tutto ciò che importante e-”

Sherlock è interrotto quando John chiude velocemente il telefono. L’uomo alla porta – alto, un po’ di pancia da birra, barba, occhiali e una pelata lo guarda con interesse prima di chiedere: “Sei John?”

John annuisce e sorride. “Sì.” Fa scivolare il cellular nella tasca sul petto della tuta (okay, quella è utile) e l’uomo si avvicina, allungando la mano.

“Michael. Sei stato assegnato a me.”

“Ah, sì. Piacere di conoscerti.”

Malgrado l’aspetto intimidatorio, Michael sembra un tipo simpatico e per i seguenti 20 minuti, mostra a John la fabbrica prima di dargli istruzioni sull’uso delle macchine di cui si occuperà.

John aveva ragione – c’è troppo rumore nella fabbrica per anche solo pensare di capire quello che gli altri dicono se non ti stanno urlando nell’orecchio (cosa che sembra piacere molto ai lavoratori, in realtà) e quindi tutti i tentativi di fare domande vengono posticipati fino alla pausa caffè.

John non impiega molto per scoprire che praticamente tutti in città adoravano il fondatore deceduto dell’azienda – era carino con tutti, pagava generosamente e dava lavoro a praticamente metà della popolazione della città.

“Non voglio essere scortese, ma la fabbrica chiuderà? Ora che è morto, voglio dire,” chiede John, non dovendo nemmeno fingere per essere preoccupato – la maggior parte dei lavoratori lì hanno delle famiglie di cui prendersi cura. Non possono rischiare di perdere il lavoro.

“Oh, andrà tutto bene – i gestori stanno già cercando dei possibili successori,” spiega Michael e John mette da parte quell’informazione per tutto – forse l’omicidio è stato pianificato per far spazio ad un nuovo capo?

“Non è molto-” inizia poi Michael, ma si interrompe a metà per lanciare un’occhiataccia fuori dalla finestra. “Oh, quei cazzo di culi rotti-”      [1]

Preso alla sprovvista, John fissa il suo collega improvvisamente arrabbiato – non avrebbe mai pensato che Michael potesse essere omofobo, visto che generalmente sembra un uomo molto calmo. Poi, l’uomo più anziano sembra notare lo sguardo di John e la sua espressione si accende di comprensione.

“Oh, John , mi dispiace – non è davvero come pensi. Guarda il cornicione, lì-”

Ancora diffidente, John si sporge leggermente dalla finestra e poi sente il bisogno di sbattersi la mano sulla faccia. Con un mattone.

Dozzine di mozziconi rotti di sigaretta riempiono il piccolo bordo e Michael le fissa con disgusto.

“Sono i tipi nel piano di sopra al nostro – fumano sempre fuori dalla finestra e poi tirano i culi di sigaretta quaggiù.” Sorride a John. “Non sono proprio omofobo – sarebbe al quanto strano, visto che mio figlio è gay e tutto il resto.” Strizza l’occhio. “Non preoccuparti, sei decisamente al sicuro qui, amico.”

John, ancora sollevato per la spiegazione, non realizza ciò che Michael sta implicando, ma poi capisce il significato dell’ultima affermazione e solleva un sopracciglio.

“Sono… al sicuro?”

“Oh, con il tuo partner, intendo.” Michael inclina la testa. “Scusa, ma Bernie, il proprietario dell’albergo in cui stai è un po’ un chiacchierone. Tu e il tuo, e sto citando ‘alto, pallido, meraviglioso beau’ – Bernie è mezzo francese, sai, ma è okay – fate una coppia carina, ha detto.”

“Io sono, uh- noi non siamo-”

La campana che segna la fine della pausa interrompe John e con un sorrisetto d’intesa, Michael lo affretta a tornare alla sua macchina, dove lo lascia solo. Con i suoi pensieri. (Che principalmente sono ‘Sherlock ha sentito?’, ‘Cosa ne pensa?’ e ‘Beau in effetti sta proprio bene a Sherlock.’)


X


Così la gente pensa che loro siano una coppia. Di nuovo. E John li ha corretti. Di nuovo.

Ciò conferma il pensiero di Sherlock di non potere mai dire a John che si sente diverso vicino a lui. Come se il termine ‘migliore amico’ non ci stia più bene. È diverso, e… di più.

È così che è l’amore? Non sopportare di stare separato dall’altro? Volere sapere di ogni loro passo, volere sapere se e cosa pensano di te? Non riuscire a sopportare di vederli infelici? Interessarsi di più all’altro che a sé stessi?

Ma Sherlock non può permettersi di pensare queste cose, non è vero? Deve essere lui la persona più importante, perché lui è il più intelligente. Se inizia a concentrarsi di più sugli altri, il Lavoro non ne trarrebbe beneficio.

Eccetto che… “Tu sei parte del Lavoro”. L’ha detto proprio lui, a John.

E semplicemente non riesce più a lavorare in modo efficiente senza John. Lo sa. Da quando era lontano. Senza John, le cose sono complicate.

Ha bisogno degli approcci comuni al pensiero, ha bisogno del tè, ha bisogno dei ‘non-bene’ e della lealtà e… e dell’affetto. Ha bisogno di John nella sua vita perché lui gli dica che è fantastico, perché gli dica che ha torto (nonostante, tecnicamente, lui non ha mai torto, ovviamente) e ha bisogno di John perché lui lo faccia mangiare e gli tenga il broncio per aver composto nel bel mezzo della notte.

Ha bisogno di John al suo fianco, più di quanto – più di quanto abbia bisogno della distrazione procurata da un caso. Perché finché John è lì, lui non è annoiato. Non annoiato-annoiato. Non annoiato in modo distruttivo. (Lo concede, i giochetti di ‘Ne ho bisogno, dammele’ sono divertenti, e gli procurano una buona distrazione, ma Sherlock non ha sinceramente bisogno  di quella sorta di distrazione finché John gli è vicino.)

Qualsiasi cosa sia – non lo sa, ancora, ha bisogno di capirlo, non è mai stato bravo a dare un nome ai propri sentimenti – ha… cambiato le sue priorità.

I suoi occhi si spalancano, e poi si precipita a prendere la lista.

Dimentica chi sei e quali sono le tue priorità.
Non ha dimenticato chi è – no, è ancora Sherlock Holmes, Consulto Detective – ma la cosa meravigliosa è che John non si aspetterà mai e poi mai che lui cambi. Non ha bisogno di dimenticare chi è.
Le sue priorità sono cambiate, però.

Non è più Il Lavoro. È JohnEIlLavoro. Con l’enfasi sulla parte di John.

E come pensi che una persona dovrebbe essere.

Beh, sa che dovrebbe stare lontano. Tenere a qualcuno non è un vantaggio, dopo tutto. Sa che John, essendo il suo cuore, è la sua più grande debolezza. Lo rende vulnerabile. (Chi è che porta il proprio cuore fuori dal corpo, dopo tutto?!)

Eccetto che non lo è, perché il suo cuore è forte, e gli sarà per sempre leale. Il Cervello e Il Cuore. Connessi. Sempre. Non si separano mai.

Tira una riga sul 15esimo punto e  si fa una nota mentale per continuare ad esplorare quei pensieri ancora un po’. Anche se non riuscirà mai a dirlo a John, perché quello potrebbe superare il sottile confine dell’amicizia (che lui non è interamente sicuro dove sia tracciato, e probabilmente lo attraversa almeno tre volte al giorno) dovrà comunque analizzare completamente i suoi sentimenti. Per il proprio bene.


X


Malgrado la sua cattiva disposizione ad avere a che fare con il proprio corpo – è solo trasporto, davvero – Sherlock ovviamente lo conosce. È il suo corpo, dopo tutto. Sa come reagisce, e come provocare delle reazioni.

Sa anche come farlo ad altri. Può essere utile quando vuole persuadere gli altri così che siano più cooperativi (Molly) o, diciamo, ottenere della cocaina provocando nei giusti modi uno spacciatore (che, tecnicamente, era meno provocare, molto meno tutto il resto, ma più… farselo nel suo disordinato monolocale).

Quindi, sa del proprio corpo, dei corpi degli altri e del sesso. Non-così-inesperto Sherlock Holmes.

È solo che non era mai stato davvero interessato in nessuna delle tre cose sovra citate prima. L’alzabandiera mattutino è una delle cose tecniche che deve accettare (non apprezzare, però), e un orgasmo riesce a zittire il suo cervello per un mezzo secondo, ma è disordinato e generalmente non troppo ricreativo. Un dovere, più che un piacere.

Ma ultimamente… ultimamente Sherlock ricorda i propri sogni, i sogni che lo fanno svegliare eccitato, e per la prima volta nella sua vita, si chiede se varrebbe la pena di provare a venire con qualcun altro (John).

Si chiede come sarebbe – essere toccato da qualcun altro, non per necessità (curare delle ferite, forzarlo a mangiare, trascinarlo a terra così che non venga colpito da un proiettile) ma per… volontà. Desiderio. Quella è la parola.

Si fa anche delle domande sul baciarsi. Non l’ha mai davvero considerato prima mettere una parte del corpo su una parte del corpo – qual è la differenza tra le mani e le labbra? – è vero, solo essendo estremamente vicini (che più o meno è necessario per baciarsi) gli umani possono annusare i propri ferormoni. Quindi quella è la parte scientifica. Ma Sherlock non ha mai sentito prima il bisogno di annusare i ferormoni di qualcun altro e non è stato spettacolarmente spettacolare con Irene. Sherlock suppone che lei ha ciò che gli altri chiamerebbero competenza, ma a lui non ha fatto nulla.

Sembra che valga la pena di considerare anche un pompino. Se è abbastanza da pagare della cocaina, ci deve essere qualcosa che riguarda ciò che lui non capisce.

Sentire l’aspirazione applicata al pene eretto è bello – logico. Sherlock non lo sa per esperienza, ma è comprensione di base dei genitali maschili.

Ma la cosa nuova (un’altra cosa nuova) è che vuole provarlo, vuole scoprire, averne prova. E lo vuole con qualcuno in particolare. (John).

Che è tutta la croce del problema. La sessualità di Sherlock si è svegliata da un incantesimo che la faceva dormire da tutta la vita ed è tutta centrata attorno ad un’unica persona. (John.) John.


X


Sherlock impiega mezz’ora (cosa di cui non va fiero e che non ammetterà mai) per capire che la sensazione di bollicine nel suo stomaco significa che è eccitato.

Interrompe i suoi ragionamenti sul caso per investigare su quella cosa personale più a fondo e capisce che molto probabilmente è iniziata quando John è entrato dalla porta.

Deliziosamente sudato e sudicio.

Che, di per sé, non dovrebbe essere delizioso, come Sherlock sa molto bene, ma quando si tratta di John le regole sono (molto frequentemente) soggette a cambiamento. Ovviamente Sherlock non ha detto niente quando John era scomparso nel bagno, e ne era riemerso poco dopo, l’asciugamano attorno alla vita e il petto ancora bagnato, con delle goccioline di acqua che scorrevano in giù e sparivano sotto al suo ombelico.

È raro vederlo così, ma visto che non sono a casa non ha il suo telo dietro a cui nascondersi. (Sherlock si fa un appunto mentale per sbarazzarsene una volta tornati a Londra. Per la scienza.)

Il ciò riporta Sherlock ha dov’è ora – eccitato, sul divano, che guarda – con interesse del tutto scientifico (a parte il fatto che ha un’erezione che non è esattamente scientifica) – come John afferri dei vestiti per nascondere Capitano Watson sotto uno strato di Dottor Watson cucito a maglia.

Poi John gli comunica le parti che non era riuscito a sentire e lui dice a John come ha passato la sua giornata (ha dato un’occhiata in giro in città; apparentemente la maggior parte dei pettegolezzi si sentono al mercato il venerdì, e quindi dovrà andare là). John è completamente all’oscuro dell’interessante cambiamento dell’attenzione di Sherlock – beh, almeno del cambiamento di attenzione di alcune parti del suo corpo.

Sherlock si fa un altro appunto mentale per occuparsene in modo più dettagliato più tardi (che, sì, molto probabilmente significa masturbarsi – è tutto a scopo scientifico.) (E per John.)


X

Venerdì – John ora lavora nella fabbrica da cinque giorni – Sherlock fa visita al mercato e sente delle voci interessanti.

A quanto pare la vittima aveva una storia con il figlio di uno dei suoi dipendenti. Vado a controllare il suo alibi, forse è stato il figlio invece di uno dello staff. Anche la moglie di Kingsley potrebbe essere sopsetta. –SH

Un paio di minuti più tardi, sente la voce di John mormorare: “Chiederò un po’ in giro. Dev’essere il figlio di Michael. Forse lui sa qualche cosa.”

Soddisfatto, Sherlock se ne va per trovare dove abita il ragazzo – ancora un ragazzo, a mala pena 18 anni –, ma quando finalmente arriva, si scopre che è partito per il weekend.

Infastidito, Sherlock parla un po’ con la madre, ma è piuttosto inutile e allora ritorna alla loro camera all’albergo e analizza ciò che sa in pace.

Tuttavia, il rumore costante dello speaker che è connesso all’auricolare di John gli rende difficile pensare. Con un grugnito, seppellisce la testa sotto il cuscino e chiude gli occhi, i pensieri che già si connettono nella sua mente, disegnando delle connessioni, incastrandosi, dissolvendosi di nuovo. Il mistero non è così complicato, davvero, e le briciole di gossip, le piccole parti di informazioni che John ha guadagnato – fanno tutti una rete perfetta nella sua mente. C’è solo qualcosa che non ha preso in considerazione, qualcosa lo assilla nei bordi, qualcosa –

Grugnendo di nuovo, lancia il cuscino dall’altra parte della stanza e si guarda intorno. È diventato buio mentre pensava e la stanza è gravemente mancante della cosa che Sherlock si aspetta di vedere. John.

I suoi occhi cadono sullo speaker che sta ancora stridendo e trasmettendo i suoni della fabbrica nella sua stanza.

E poi capisce.

“Stupido. Stupido stupido stupido!”

Afferra il cappotto e chiude la porta sbattendola, volando giù dalle scale velocemente.

Non c’era silenzio quando John sarebbe dovuto essere in pausa. Che significa che John non è andato in pausa. Che significa che qualcuno gliel’ha impedito. E gli ha anche impedito di tornare a casa.


X


“Penso che chiunque abbia detto che solo il lavoro fisico è vero lavoro, abbia mentito,” grugnisce John e si prepara a sollevare  un altro pesante pezzo di metallo e a metterlo su un rullo. “Sarei felice di fare un po’ di lavoro non-vero.”

(Non è che gli dispiaccia poi così tanto, ma è parte della copertura e… okay, forse è giusto un po’ stanco di sollevare metallo tutto il giorno.)

“Ci farai l’abitudine,” è tutto ciò che Michael dice, sorridendo, e John ride senza allegria.

“Allora, ti piace la città, tra parentesi?” gli chiede il lavoratore pelato del metallo, e John vede l’opportunità di scoprire un po’ di più su ciò che Sherlock gli ha scritto prima nei messaggi.

“Oh, è carina. Tanti pettegolezzi, però. Ma suppongo che sia normale nelle città piccole…”

“Ha, certo. Cosa hai sentito? Non la storia di Bernie e della mucca, vero? Perché le persone lo prendono in giro perché è mezzo francese ma come ho detto, è un tipo a posto.”

“Uh, no, qualcosa sul Signor Kingsley che aveva una storia con, beh… un uomo giovane…”

Michhael sta in silenzio per un momento, e quando John alza lo sguardo, il suo volto è rigido.

“È orribile tutto quello che le persone dicono sui morti. Non va davvero bene parlarne così.”

John fa rapidamente un passo indietro. “Certamente, sì. Mi dispiace, non volevo parlare male di lui, davvero.”

Tutto ciò che riceve in risposta è un grugnito e John decide che spingerà ancora un po’ più tardi, quando Michael si sarà un po’ calmato. E poi qualcosa di pesante lo colpisce dietro la testa e tutto diventa nero all’istante.




 
Altre note dell’autrice:  Muahaha. Cliffhanger.
Ci vediamo domani, gente ;)
 


Note della traduttrice: Mi sembrava giusto tradurre tutto, quindi anche le note finali dell’autrice, ma sappiate che il suo “ci vediamo domani” era rivolto ai suoi lettori del tempo. Io non penso proprio di essere in grado, non sono all'altezza dei super poteri dell'autrice, scusate. Però in ogni caso il prossimo capitolo arriverà molto presto, vedrete! Non penso proprio che un po' di suspance vi ucciderà, no? 
Del resto, siamo o non siamo il fandom che aspetta due anni per ogni nuova stagione? ;) 


[1]: Oh, cielo. C'è una parola in inglese, "fag", che significa sia "mozzicone" che "frocio", o insomma, un sostantivo qualsiasi che indichi un modo dispregiativo di riferirsi ad una persona omosessuale. Michael si lamenta dei "fags", intendendo i mozziconi, e John all'inizio pensa che intendesse parlare delle persone gay. Chiaramente, visto che noi non abbiamo una parola che traduca entrambe le cose, io sono andata in panico e ho cercato di risolvere il tutto in maniera più indolore possibile con quel gioco di parole. Non è assolutamente comico come l'originale ma hey, faccio del mio meglio.

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Capitolo 16
*** 16. Migliore di te. ***


Note dell’autrice: Di nuovo, questo potrebbe pressare un po’ alcuni di voi perché ci sono delle cose un po’ schifose, e menzioni di morti e cose così, quindi… per favore fate attenzione!







16. Pensa di conoscerti finché non incontri qualcuno migliore di te.




(Ora)


Quando John sbatte le palpebre e apre gli occhi, non riesce a sopprimere un grugnito. La testa gli fa incredibilmente male e sente che qualcosa di caldo e appiccicoso gli sta scivolando giù per il collo, inzuppandogli la maglietta bianca, che è già attaccata al suo corpo. Prova a muoversi ma capisce di essere legato a qualche cosa, e le braccia e le gambe sono spalancate ad X.

Lentamente, ricorda tutto – il messaggio di Sherlock, la conversazione con Michael – e poi un enorme nulla nero. Ovviamente qualcuno gli ha fatto perdere i sensi. Michael.

In un momento di lucidità, John si ricorda il suo auricolare, ma non riesce più a sentirlo – deve essere caduto prima, o Michael l’ha preso. In ogni caso, John non ha nessuna possibilità di avvertire Sherlock. (O chiedere aiuto, ma quello non gli passa per la testa se non molto tempo più tardi. La sua priorità è sempre stata e sempre sarà Sherlock.) (Tra l’altro, non è che lui sappia dove si trova, in ogni caso.) (Ѐ una comparsa nella scena finale di Brian di Nazareth dei Monty Python, forse.)

Un movimento alla sua destra lo fa concentrare (per quanto uno si possa concentrare dopo essere stato tramortito), però, e le luci si accendono e, sbattendo le palpebre per la l’improvvisa luminosità, John mette a fuoco la silhouette di Michael.

“Tu- sei stato tu, non è così? Hai ucciso il Signor Kingsley.” Dice John (in realtà, è più un misto tra un grugnito e un colpo di tosse), più perché non sa che altro fare che non perché abbia bisogno di una conferma. È piuttosto chiaro, dopo tutto.

“Dovevo. Lui… lui molestava Brad. Cosa altro avrei dovuto fare? È solo un ragazzo! Quello è stupro!”

“Tuo figlio ha 18 anni, Michael! Non importa se ti piace o no, può fare ciò che vuole e con chi vuole,” John cerca di ragionare, ma i giramenti di testa gli rendono difficile pensare e si sente come se dovesse vomitare.

“È mio figlio!” controbatte Michael, e dallo sguardo vuoto e freddo dei suoi occhi, John capisce che ragionare non serve a nulla.

“Non puoi tenermi qui, però. Devi lasciarmi andare.” Spera di non suonare come se stesse supplicando. Anche se probabilmente è così.

“Voglio farlo, davvero, John. Sei un tipo a posto. Ma… lo dirai alla polizia e loro mi arresteranno. Non posso lasciare che succeda – la mia famiglia, hanno bisogno di me!”

“Michael, non puoi fare sul serio. Il mio, uh, fidanzato sentirà la mia mancanza. Chiamerà la polizia se io non torno a casa.”

“Come ho detto, John, mi dispiace davvero. Ma la polizia non ti troverà. Lo farò nello stesso modo in cui mi sono occupato del Signor Kingsley, ma questa volta, mi occuperò di ciò che rimane dopo.”

John decisamente  non si sente particolarmente in forma o lucido, ma sorprendentemente (o non così sorprendentemente) la prospettiva di venire ucciso e tritato e tagliato a pezzi da una macchina gigante è un concetto che brucia nella sua mente con abbastanza chiarezza.

Continuando a sussurrare sottovoce che gli dispiace, Michael inizia a digitare dei comandi su un computer e all’improvviso, con un gran rumore che fa desiderare a John di potersi stringere la testa se non fosse ancora legato, la macchina (porca puttana, è legato ad una macchina che lo sta per squartare, come in una specie di film dell’orrore schifoso) prende vita attorno a lui, con delle trivelle e degli oggetti taglienti che ronzano a volume altissimo.

Quindi, invece del refrigerante che lui ha visto cospargere contro il vetro di sicurezza laminato negli ultimi giorni, ora il suo sangue e i suoi organi ci si cospargeranno. Eccezionale.

Non ha tempo per pensare, o per capire che morirà da solo, senza che Sherlock abbia idea di cosa sia successo, però, perché succede qualcosa che ritarda un po’ la sua morte – il suono di un allarme disturba Michael nel suo lavoro e lui dà un’occhiata a John prima di mormorare “torno subito” (come se John potesse sentire la mancanza del suo tra-poco-assassino) e scompare. Quasi all’istante, una nuova ombra si protende su John e delle dita lunghe lo toccano con gentilezza. Attraverso la confusione nella sua mente e nella sua vista, John fa del proprio meglio per concentrarsi e mette lentamente a fuoco degli occhi argentati che lo guardano preoccupati.

Preoccupazione? John prova a dire “Questa è nuova per te, Sherlock” ma tutto ciò che riesce a dire è uno “…Sherlock.”  scricchiolante.

“Sì, John. Ottima osservazione. Ora, stai fermo, ti libererò le mani.”

C’è un dolore pungente sul suo polso sinistro e poi la sua mano cade, libera. Mentre il detective lavora sull’altra mano, John non riesce a non riposare la testa sulla spalla di Sherlock, troppo confuso ed esausto e dolorante per tenersi su.

E poi vede Michael all’attacco, e cerca di avvertire l’amico che non sospetta nulla ed è ancora impegnato con la sua altra mano, ma tutto ciò che riesce a fare è gorgogliare e la sua mano libera preme contro la faccia di Sherlock, cercando di farlo voltare.

Non funziona, però, e l’ultima immagine che John vede è il volto di Sherlock con gli occhi spalancati e l’impronta di sangue della propria mano sulla guancia di Sherlock, prima che il detective colpito cada come un albero per il colpo dietro alla testa e seppellisca John sotto di sé, spedendo anche lui nell’oscurità.


X


Riprende conoscenza e (cosa abbastanza normale dopo essere svenuto) si sente disorientato per un momento. Poi succedono un po’ di cose.

Un dolore paralizzante, che arriva dal suo capo, lo fa boccheggiare e gemere, poi la sensazione dell’acqua fredda che filtra nei suoi pantaloni gli fa fare una smorfia e poi qualcosa di caldo si muove contro la sua schiena  e una voce che lui è davvero troppo contento di sentire chiede: “Sherlock? Stai bene?”

Vuole dire ‘No, John, ovviamente no, perché un assassino mi ha appena fatto perdere i sensi e io ho fallito nel metterti in salvo’. Tutto ciò che riesce a dire, però, è un “John!” ruvido. Molto poco dignitoso.

Prova a muoversi, allora, perché gli si sta congelando il sedere per l’acqua fredda (e vuole fermare la disgraziata sensazione di essere bagnato) ma entrambi, lui e John, sibilano per il dolore e lui capisce che sono legati insieme, con le mani dietro la schiena, schiena contro schiena.

E poi arriva il panico.

Lo stesso panico di prima, quando John era totalmente senza vita, appeso dentro alla macchina come una grottesca rappresentazione di Gesù. Le emozioni avevano poi avuto la meglio, e invece di ripulire l’area, cercando l’aggressore di John, si era ciecamente avventato su John senza vita, insanguinato e abbattuto. (Prima non era certo di come ci si sentisse ad impazzire, ma ora lo sa ed è terribile e il puro ricordo della sensazione lo fa andare di nuovo in panico perché se lui impazzisce, è tutto perduto.)

Per un momento, un momento irrazionale, aveva avuto paura di essere arrivato troppo tardi, ed è stato il momento in cui ha finalmente capito una cosa. Non poteva vivere senza John Watson, e non ci avrebbe mai provato.

(John è così forte, così tanto più forte di quanto lui sarebbe mai potuto essere, così tanto più forte di ciò che si era immaginato, perché John aveva vissuto, senza di lui, e lui, Sherlock, era impazzito già solo al pensiero di quella possibilità.)

“Sherlock – Sherlock, calmati!”

John caldo e non morto urla e la sua voce basta a fermare brevemente le fatiche di Sherlock. “Ecco così. Respiri profondi, dai, dentro… e fuori.”

Sherlock fa come il Capitano Watson gli chiede – dice –, e quando ha smesso di iperventilare (che ora sembra ridicolo e la vergogna gli brucia il volto nell’oscurità perché è così non da lui e lui non va mai in panico nemmeno quando la Signora Hudson viene picchiata da degli americani enormi lui non va mai in panico lui non lo fa mai e poi mai), il Dottor Watson dice: “Cerca di non muovere più le mani, ti sei quasi tagliato i polsi.”

Oh, sì. Ora c’è del dolore, fa male e brucia i suoi polsi e la parte razionale del suo cervello gli dice che le corde hanno scavato abbastanza in profondità da fare uscire il sangue.

E alla fine John-migliore-amico dice: “Sono felice che tu sia qui. Nonostante stiamo per morire.”

Ci sono molte cose che Sherlock dovrebbe dire, ma la sua decisione è “Come?”

“Non senti? Il livello del liquido refrigerante in cui siamo seduti si sta alzando. Affogheremo.”

“Come lo sai?”

“Oh, il fatto che siamo legati e seduti in una macchina con dell’acqua che sale tende a suggerirlo,” sottolinea John. Poi, la preoccupazione avanza nella sua voce. “Da quando fai così tante domande?”

(Così tante? Due, Sherlock vuole dire.)

“Dimmi la formula chimica del manganese nel sale idrato.”

“Ba(Mn04)2. Non è che puoi controllare, però. Potrei mentire.”

John sbuffa, ed è un suono così normale, casuale, e così in contrasto con la situazione che Sherlock inizia a sentirsi meglio. John non ha perso la sua John-nità allora.
“Il fatto che tu abbia detto che potresti mentire e non che potresti sbagliare mi assicura che stai bene. Oh, penso di riuscire a slegarci – aspetta un attimo-”

Ci sono dei grugniti e dei respiri affannati e delle imprecazioni e poi John ha fatto una qualche magia (Sherlock dimentica davvero di chiedere!) e poi due calde (e appiccicose per il sangue, ma Sherlock non si lamenta) mani stanno toccando i suoi polsi graffiati e lui geme di nuovo, ma poi riesce a muovere le braccia e il corpo ed è ancora seduto nel freddo liquido refrigerante (ovvio che sia freddo, è un refrigerante, come altro dovrebbe essere-) che ora gli arriva all’ombelico, ma gli occhi di John brillano nella semi-oscurità.

Sherlock riesce a vedere dei piccoli rivoli di sangue che coprono il volto di John e sembra morto ed è-

“Calmati, Sherlock. Per favore.”

Un braccio (il braccio di John) si avvolge attorno alle sue spalle e lo tira giù e ora è appoggiato contro John (ascolta un battito cardiaco – non morto – percepisce un respiro caldo – non morto – sente l’odore di sangue e sudore e tè – non morto) e riesce a concentrarsi, per la prima volta.

Non serve a nulla, però, perché capisce che John ha ragione – non c’è una via di uscita (porte sigillate), non c’è nulla che possano usare per liberarsi (i pezzi di metallo di solito non devono togliersi dalle macchine in cui sono, quindi ovviamente non c’è una maniglia o qualcosa del genere all’interno del macchinario) e la linea dell’acqua sta costantemente salendo (fino alle ascelle, al momento). Stanno per morire.

Capisce di avere realmente paura di morire.

Non era spaventato, non davvero, prima della Caduta. Aveva messo Moriarty nel sacco, Moriarty aveva messo nel sacco lui – e poi lui aveva di nuovo messo nel sacco Moriarty, predicendo il finale, ed era caduto. Sapeva come sarebbe finita. Tuttavia, aveva la Rete dei Senzatetto. E Molly. (E Mycroft, urgh)

Si può mettere in scena una morte del genere.

Non si può mettere in scena un affogamento, perché una volta che hai inalato dell’acqua, hai finito. Non c’è nessun trucco coinvolto.

Sente di agitarsi di nuovo e allora decide di pensare a qualcos’altro – almeno ha ripreso il controllo di sé stesso.

Un’occhiata a John, che sta fissando l’oscurità in silenzio, continuando a tenerlo vicino a sé (se ne accorge? È conforto questo?), conferma la decisione che ha appena fatto.

Non dirà a John dei propri sentimenti. Morirà con il suo migliore amico al suo fianco, nella consapevolezza che erano di più di ciò che chiunque potesse vedere.


X


John, guardando in giù verso il genio vulnerabile annidato contro di lui, arriva alla stessa conclusione.


X


Il liquido adesso arriva al mento di John e lui lascia andare Sherlock, che sente immediatamente la mancanza del conforto del suo tocco (qualcosa che non avrebbe mai pensato di pensare ma può incolpare la commozione, lo stare per morire, la pazzia). Ora sono in piedi, mezzi accovacciati.

Sherlock conta su altri 15 minuti. Al Massimo.

“Suppongo che annegare sia peggio che cadere,” dice lui.

“Hai paura, non è vero?” chiede John, come suo migliore amico.

“Non averne.” dice John, come Capitano Watson.

“Finirà tutto velocemente,” mente John, come Dottor Watson. (Ovvio che sia una bugia, ma Sherlock non se la sente di farglielo notare. Non si fa con le bugie dei dottori. Quello l'ha imparato.)

Io suppongo che sia meglio di morire fatto a pezzi. Ci sarebbe stato malissimo su una lapide, non pensi?” scherza John.

Sherlock sorride nell’oscurità. “Sono d’accordo.”

Poi sono di nuovo in silenzio, il livello dell’acqua che sale costantemente e loro che non fanno nulla, a parte il fatto che in qualche modo, le loro mani si trovano a vicenda e nella lotta per restare svegli, per vivere fino all’ultimissimo minuto, questa connessione li ancora alla realtà.

“Ho giurato a me stesso, la notte che sei tornato, che non l’avrei rifatto. Non avrei vissuto per vederti morire di nuovo.” La voce di John ora è calma, e Sherlock si sente calmo. Suppone che potrebbe anche dirlo ora. (Beh, non quello, ma qualcos’altro.)

“Per ciò che vale – morire di nuovo non era nei miei piani. Non da solo, comunque.”

E okay, magari è un po’ inquietante, ma John sorride debolmente, sapendo cosa Sherlock volesse dire.

“Bene. Perché questa volta vengo con te.”

Sherlock esita solo un secondo prima di rispecchiare il sorriso. “Bene. Mi farebbe piacere.”

E poi il livello del refrigerante sale sopra le loro teste e l’unica cosa che Sherlock riesce ancora a sentire nella fredda oscurità è la mano di John intrecciata alla
sua.




X



Il suo ultimo pensiero, abbastanza stranamente, è che non ha finito la lista di cose da fare prima di morire, che ora ha perciò perso il suo scopo.

Ma ha fatto un’ultima cosa – ha finito il 16esimo punto. ‘Pensa di conoscerti finché non incontri qualcuno migliore di te.’ Ha incontrato qualcuno migliore.

Ha incontrato John Watson.

La mano di John nella sua, chiude gli occhi e muore per la seconda volta.








X









“VIA VIA VIA, TROVATELI! DIVIDETEVI, DAI, ANDATE!”

Greg corre per la fabbrica, il messaggio di Sherlock impresso a fuoco nella sua mente e poi uno dei suoi ufficiali urla per avere supporto e stanno facendo leva per aprire la porta di un macchinario gigantesco e all’improvviso un’infinità di litri di acqua ne defluiscono, inzuppando chiunque sia vicino e con l’acqua, due corpi stanno uscendo.

Dei corpi che tossiscono e sussultano.

Sherlock e John.

Molto molto vivi.

“Oh grazie a Dio siete vivi!” Greg urla e si inginocchia accanto a loro, senza preoccuparsi di essere fradicio fino alle ossa. Sente i passi di Mycroft che si avvicinano (è anche lui qui, perché lui ha mandato suo fratello e John qua fuori, e si sente responsabile anche se non lo dice ed è preoccupato. Costantemente.) ma si concentra sui suoi amici a terra.

La risposta alla sua esclamazione arriva tra delle inalazioni di aria spezzate e avide ma arriva all’unisono. “Ottima osservazione.”

E poi John si piega a metà e vomita davanti alle scarpe di Mycroft.


X


Stanno arrestando Michael poco dopo, John e Sherlock vengono assistiti su un’ambulanza ma grazie all’insistenza di Sherlock sull’avere un dottore in casa (John realizza solo dopo che parla di lui – colpa della commozione) sono entrambi riportati a Londra la sera stessa.

Risolvere il caso (e sopravvivere) è stato fantastico, sì, ma Sherlock si rallegrerà per sempre dello sguardo sul volto di Mycroft dopo che John aveva svuotato il suo stomaco davanti a lui. (La chiama la “Notte migliore di sempre!” e si guadagna un sopracciglio inarcuato da parte di John, perché sono quasi morti e probabilmente quella non è la sua definizione di ‘notte migliore di sempre’).

Per un momento, il bisogno di baciare John c’è, così forte che Sherlock scava con le dita nella poltrona e lo costringe ad andarsene, e fissa il soffitto, dove c’è la camera di John. Chiede: “Questo è amore?”

Ovviamente l’appartamento resta in silenzio, e lui afferra il telefono per chiamare l’unica persona a cui riesce a pensare che conosce bene la sua situazione. Non gli piace per nulla, proprio per niente (mangiare delle unghie sarebbe più piacevole in realtà), ma a mali speciali, speciali rimedi.

Lui risponde dopo il terzo squillo. “Sì?”

“Ho bisogno della tua… assistenza, fratello.”






NOTE IMPORTANTI DELLA TRADUTTRICE: Ebbene sì, A) anche io ho un cuore, B) non riuscivo proprio a lasciarvi così, e C) mi sentivo un po' in colpa a non rispettare i tempi originali. E quindi ho speso queste due ore a tradurlo, non l'ho nemmeno riletto, quindi scusatemi per tutti i probabili errori, ma volevo farvi questo regalo perché siete tutti dolcissimi e io ringrazio di cuore ogni singola persona che legge, mette tra le seguite/preferite/ecc... e recensisce!
Spero che vi piaccia, voglio davvero sentire le vostre opinioni! 

La vosta molto dedita traduttrice che dice no ai compiti di tedesco e ad Ariosto e a più capitoli per voi,
Ashley.

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Capitolo 17
*** 18. Appuntamento. ***


Note dell’autrice: Si spiega da solo, penso ;)


Note della traduttrice: Scusate il ritardo, questo periodo è un po’ un inferno. Spero di potermi fare perdonare con questo capitolo.








18.Esci con qualcuno che dica ‘Ti amo’ per primo




(Ora)                 


Lascerò Londra presto, usciamo a cena.

“Vado da Angelo’s stasera,” Sherlock annuncia all’appartamento vuoto, mentre risponde già ad Irene, e prova vergogna per la propria voce rauca. Gli effetti di ingerire del refrigerante sono piuttosto persistenti – la sua voce, dopo tre giorni, è ancora ruvida. Beh, per John è peggio, con i suoi numerosi tagli, lividi e il ritorno del suo zoppicare.

(Lo concede, anche il suo capo è sensibile, e occasionalmente i polsi sanguinano attraverso le bende) – dov’è John? Non qui. Oh beh, Sherlock ha provato a dirgli dove sta andando – non può essere biasimato se John non è lì a sentirlo. (E, davvero, non può disturbarsi per scrivere un biglietto.)


X


Conosci il ristorante italiano a Northumberland Street? Lavoro lì vicino, vuoi cenare insieme? – Greg

John si meraviglia per un po’ – di solito si incontrano per bere, non per mangiare – ma poi il suo stomaco dichiara la propria opinione ad alta voce (nel bel mezzo di Tesco – uno degli adolescenti che riempiono gli scaffali afferra rapidamente una scatola piena di patatine come se avesse paura che John le aprisse per soddisfare la sua fame) e risponde affermativamente in fretta, avendo l’intenzione di lasciare il cibo all’appartamento e poi andare da Greg. Potrebbe portare la cena anche a Sherlock. Dopo tutto si stanno entrambi ancora riprendendo dalla loro non-morte e dall’essere stati co-protagonisti in un film horror con tematiche bondage.

Tuttavia, quando è di ritorno al 221B, Sherlock non si vede da nessuna parte, e quindi John alza le spalle e attacca un biglietto al pacco di bulbi oculari sottovuoto nel frigorifero, dov’è più probabile che Sherlock lo veda.


X


Per colpa della terribile pioggia, chiunque sembra una comparsa de “La Mummia”, tutti stretti l’uno all’altro e avvolti in giubbotti sigillati fino al naso (che in effetti rende singolarmente difficile trovare le persone che si vogliono trovare). John scivola felice su una panchina, di fronte a Greg, quando ha finalmente raggiunto la santissima asciuttezza di Angelo’s.

“Brutto tempo,” fa notare Greg con una risatina e John sottolinea: “Non molto diverso dall’affogare in del refrigerante.”

“Beh, tu puoi dirlo.”

Per un po’, chiacchierano semplicemente del più e del meno – il tempo, sport, film, libri (in breve, qualsiasi cosa di cui non parlano i rispettivi Holmes) ed è stranamente rilassante (perché non importa cosa pensi Sherlock, non ci sono moltissime cose da trovare interessanti nei testicoli, persino come dottore e/o uomo). Tuttavia, ad un certo punto, Greg alza lo sguardo, l’espressione piuttosto seria, e chiede: “Seriamente, però, come te la passi in generale? Ci sei andato abbastanza vicino stavolta.”

“Non è stata la prima volta,” risponde John con un gesto della mano, come a voler scartare la cosa.

Afghanistan. La donna pazza del circo cinese. La piscine. Le fogne (quando stavano puntando ad un cicolo di traffico di esseri umani e John era stato accidentalmente catturato. Ovviamente Sherlock l’aveva salvato, però.) (“Ah, sono stato veloce, audace-” aveva annunciato dopo aver messo al tappeto cinque guardie, ma John aveva risposto semplicemente “Se aggiungi coraggioso e premuroso , ti chiamerò Gummi Bear d’ora in poi” perché dopo essere stato steso nello sporco per nove ore non aveva alcun interesse in qualsiasi tipo di esaltazione dell’ego)    [1]

“Sì, ma è stato diverso – con Sherlock lì, voglio dire?” Greg lo osserva interessato, ma sono interrotti dal suono del suo telefono. Lancia a John uno sguardo di scuse prima di rispondere. “Sì? Sì. . Lo farò. Va bene. A dopo.” Chiude la chiamata e dice a John: “Ricordami di ritirare l’ordine di Mycroft prima di andare via.”

John annuisce – e poi realizza qualcosa.

C’era qualcosa di diverso nel morire stavolta, Greg ha ragione – avere Sherlock lì lo rendeva diverso. Gliel’avrebbe potuto dire, lì nella macchina scura, ma non l’ha fatto e sarebbero morti da non-proprio-migliori-amici-ma-di-più e John si sarebbe portato tutti i suoi sentimenti nella tomba. Senza averlo detto ad anima viva (figuriamoci Sherlock).

Ma Greg – lui capirebbe. Conosce Sherlock, i fratelli Holmes, sa come John si senta (almeno è ciò che John sospetta, con tutta la cosa dell’ispettore che sta – sta – con Mycroft).

E così prende un respiro profondo e dice: “Senti, amico, penso di avere bisogno di dirti una cosa.”


X


Irene è bella come sempre, ma il bacio leggero che gli dà sulla guancia non gli mette le ali come aveva fatto una volta. È piacevole, e tollerabile. Niente di più.

Sono a cena (beh, Irene sta mangiando una pizza e Sherlock cerca di rubargliene un po’ perché ha deciso che si è guadagnata l’onore di essere parte del gruppo selezionato di persone con cui lo fa (gli altri sono John e la Signora Hudson)) ma non ha contato due cose – l’inattitudine della pizza ad essere rubata e la tolleranza inesistente di Irene nei confronti del suo rubare cibo. (È felice che lei non abbia portato il suo frustino.)

Non è molto attento agli altri ospiti finché Irene smette di parlare proprio quando una suoneria familiare riecheggia nella stanza. Lestrade.

Irene nota come l’attenzione di Sherlock si sposti e mente si sta ancora chiedendo con chi stia cenando l’ispettore (non Mycroft non Mycroft non Mycroft), lui sta dicendo qualcosa alla persona che ha di fronte – parla di Mycroft, quindi almeno quel grasso idiota non è lì – e poi un’altra voce familiare parla.

“Sembra proprio il Dottor Watson,” sottolinea Irene con un sorrisetto e Sherlock la zittisce, cercando di concentrarsi sulle parole del suo coinquilino. Si è perso un pezzo, ma John e Lestrade stanno chiaramente parlando di lui.

(Che, ad essere sinceri, è un argomento piuttosto interessante.)

“-immagino, ciò che sto cercando di dire è che avrei dovuto dirgli che mi piace.” Sherlock riesce quasi a sentire la faccia imbarazzata che John fa.

“Vuoi dire, che ti piace-piace?” suggerisce Lestrade, il sorriso evidente nella sua voce. “Amico, penso di avere appena vinto la scommessa.”

“Non essere- la scommessa?! Avete fatto una scommessa?... Certo che l’avete fatta.” Dice John, suonando sconfitto.

“Hey, per ciò che vale – la gran parte degli Yarder pensano che siate carini insieme.”

“Sì perché ovviamente ciò a cui punto è essere carino. E tra l’altro, non stiamo- non c’è nessun  “insieme”. Voglio dire, non posso… lo sai come la pensa sulle relazioni e le cose così – se gli dicessi che sento… di più di ciò che è strettamente dentro ai limiti del termine ‘amici’, probabilmente lui- non lo so, non ho idea di cosa potrebbe fare.”

Lestrade fa un verso disimpegnato e i bicchieri vengono sollevati e abbassati di nuovo, prima che lui dica: “Sembra quasi di sentire parlare lui… Guarda, per come la vedo io, hai due opzioni – dirlo, e non-dirlo.”

“Sei un cavolo di biscotto della fortuna, non è vero?” brontola seccamente John.

“-cerco solo di aiutarti. Comunque, nella mia esperienza, gli Holmes sono spettacolarmente ignoranti-”

(Sherlock decide di sentirsi insultato più tardi.)

“-ma non crudeli. Se lo ami davvero-”

Okay, Sherlock trova decisamente difficile comprendere cosa sta origliando e dopo quella particolare parola di tre lettere, incredibilmente distruttiva se detta seriamente, capace di fare crollare imperi e criminali (la prova vivente di ciò è seduta di fronte a Sherlock in un vestito rosso aderente, che sorseggia del vino) – probabilmente si è disconnesso, almeno a giudicare dallo sguardo che Irene gli sta rivolgendo.

“Beh, è interessante, no?"

Lui assottiglia gli occhi e fa l’unica cosa che è sempre affidabile. Dedurre.

“L’hai pianificato.”

Lei si limita a sorridere, senza provare a nasconderlo. “Colpevole.”

“Perché?”

Il suo volto cambia, da giocoso, divertito, a sincero: “Perché ne hai bisogno.” E poi sorride di nuovo, e svuota il bicchiere. “Beh, mi sa che dovremmo scambiare compagnie per la cena, Sherlock.”

Dice il suo nome mentre si alza e gli passa di fianco, ed è detto a voce abbastanza alta da interrompere la conversazione nei posti dietro i suoi. Nel silenzio che segue (che non è drammatico come sembra a Sherlock e John, visto che tutti gli altri lo ignorano e vanno avanti come prima) Sherlock si impone di voltarsi, e incontra gli occhi blu del suo migliore amico. Si fissano per alcuni secondi (un’eternità) e poi Greg si alza e dice: “Scusa, amico – c’è una scommessa da vincere,” e poi lui e Irene se ne vanno insieme.

Alla fine, John rompe il contatto visivo (Sherlock va in panico, e non sa perché (anche se lo sa) e poi va tutto bene perché John sta andando al suo tavolo, portando con sé la sua birra) e si siede di fronte a lui.

Angelo compare senza una parola, con una candela, e John senza una parola la accetta.


X


“Così ora siamo nel bel mezzo di un appuntamento.”

“Sì. Voglio dire, tecnicamente questo è ancora il tuo appuntamento con la Signorina Adler…”

“Ah, sì. Lei sembra avere l’impressione, però, che io preferirei avere un appuntamento con te.”

“È così?”

Sherlock esita solo un mezzo secondo, i suoi occhi che si restringono nello stesso modo in cui lo fanno quando sta deducendo. Poi dice: “Sì.”

John sorride, un piccolo sorriso, che Sherlock ricambia, ma nessuno dei due uomini parla per un po’. Gli occhi di Sherlock si soffermano su John, osservando ogni minimo movimento, e John (fin troppo conscio di ciò che Sherlock sta facendo) cerca di capire cosa dovrebbe dire. Non che sia rimasto molto da dire, ovviamente.

Alla fine, quando la tensione diventa troppo, sospira e cattura gli occhi di Sherlock.

“Senti, hai… hai sentito tutto, vero?”

Un breve e cauto cenno della testa affermativo risponde alla domanda.

“Wow… okay. Beh, uh, voglio solo che tu sappia che… che tutto questo non deve farci sentire… a disagio.” (Eccetto il fatto che lo sta già facendo.)
“Eccetto il fatto che lo sta già facendo,” dice Sherlock, mantenendo il tono leggero.

Quello dice a John abbastanza su quando tutta questa situazione sia sconvolgente e complicata per Sherlock.

“Sì, beh, - non posso esattamente rimangiarmi le parole e non… non voglio farlo, perché averle finalmente dette in effetti mi fa stare bene-” John fa un respiro profondo e passa le dita sul bicchiere inconsciamente, “-ma… posso capire se tu non – se sei disturbato da tutto questo.” ‘Tutto questo’ sta per sentimenti. Sentimenti interamente molto-gay. “Se vuoi, possiamo semplicemente tornare ad essere ciò che eravamo prima. Devi solamente dirlo.”


X


È possibile che fino a quel momento, Sherlock non sia stato certo dei propri sentimenti. Ci sono molte cose a cui non riesce a dare un nome, anche ora. Ma con quelle poche parole, John gli ha permesso di avere un modo per respingerlo, un modo per tornare a ciò che erano prima. Un modo per… per cancellare e continuare normalmente.

E Sherlock riesce a dare un nome chiaramente a due sentimenti ora. Gratitudine. Ammirazione.

C’è solo una risposta all’offerta di John.

“Dovremmo andare a casa.”


X


[Chat di gruppo dello Squadrone dell’Amore]

Il Signor Holmes chiede se tutto sta andando secondo i piani. –A
Stanno parlando. La Signorina Adler, Angelo ed io li stiamo osservando dalla cucina. – GL
È una cosa così bella per Sherlock. Spero vada tutto bene. – Molly

[…]

Si stanno alzando. Qualcuno dovrebbe chiamare la Signora Hudson e dirle di stare dentro quando arrivano a casa. – GL
Organizzerò io. – A
Come sono? Si tengono per mano? :) – Molly
Più o meno… normali? – GL
Le telecamere a circuito chiuso sono in posizione. – A
Oh e il Signor Holmes chiede di ricordarti la pasta. – A


X


John segue, in silenzio. Lui segue, come fa sempre, ma non è un silenzio rilassato come di solito. Sherlock sa che John aspetta ancora una risposta, una decisione. Ma prima aveva bisogno di andarsene via dagli occhi vigili di Angelo (e di Irene e Lestrade nella cucina – pensavano davvero che non li avrebbe notati rientrare di nascosto? C’è qualcosa sotto, sono coinvolti in un… gruppo di qualche sorta – dovrà investigare) e ovviamente da Mycroft e dalle sue spie (e Lestrade) e dalle telecamere. (Okay, ci sono sempre quelle a circuito chiuso, ma almeno non avranno l’audio.)

“Da quanto va avanti?” chiede alla fine e John si irrigidisce, ma risponde sinceramente: “Più o meno dalla Caduta.”

(La sua terapista ha il sospetto che ci fosse un legame più profondo tra voi, ma lui non vuole parlarle.)

Dopo un momento, John aggiunge: “Non riuscivo a renderlo con le parole a quel tempo, ma ci ho pensato molto.”

“Anche io,” Sherlock gli dice. “Ho pensato, voglio dire.” Okay, da quando fa delle frasi del genere?!

John sorride, e Sherlock si sente meglio quando lo fa. “Non è qualcosa che fai sempre?”

“Non così tanto a noi. Voglio dire io. Tu. Le persone.”

“Sei sicuro di non essere di nuovo drogato?” John chiede allora e nonostante lo faccia per allegerire l’atmosfera (e ovviamente perché non si fida della Donna) Sherlock non ne è sicuro. Perché la sensazione di nausea, l’agitazione sembrano sintomi adatti. Si concentra sulla realtà. Cos’è reale?

Londra. Concreta sotto i suoi piedi. Luce. Oscurità. Le strade umide. Niente pioggia. Un pezzo di cielo notturno. Inquinamento leggero. Turisti. Locali. I Senzatetto. John. (Ancora dorato, nella notte, nonostante i giorni dell’Afghanistan siano passati da molto tempo, come se fosse colpito dall’ultimo caldo raggio di sole.)

Deve sapere. “Questo è l’amore, John?”


X


(Prima)

“Non pensare che ti avrei chiamato se avessi avuto altre opzioni.”

“Sempre felice di aiutare,” risponde Mycroft in modo sarcastico.

“Non ho bisogno di aiuto.”

“Assistenza.”

Sherlock sbuffa, poi continua. “Ami Lestrade?”

“Non vedo come possano essere affari tuoi. Sicuramente non è la ragione per cui hai chiamato.”

“ ‘Tenere a qualcuno non è un vantaggio’ – sto citando te, una volta. Perché hai deciso di andare contro la tua stessa saggezza così all’improvviso?”

“Non l’ho fatto, caro fratello. Credo ancora che non sia un vantaggio, ma non è neppure uno svantaggio.”

“Fra il misterioso non ti si addice, Mycroft.”

“Sicuramente non si addice a te. Sai molto bene quanto possa essere forte un legame… affettivo, cosa esso possa spingere le persone a fare. Devo ricordarti della Signorina Adler? Beh, ora immagina quel legame tra due persone, in modo reciproco. Immagina fino a che punto sarebbero pronti a spingersi l’uno per l’altro.”

“Rende le persone vulnerabili,” risponde risolutamente Sherlock (nella sua mente, tuttavia, gira tutto, perché c’è così tanto da considerare – senza dubbio, però, ha ragione lui, perché un legame di quel tipo rende le persone vulnerabili (le fa impazzire quando vedono il corpo senza vita di J-))

“Ne vale la pena. E lo sai.”

Sherlock riesce praticamente a sentire Mycroft che sorride come uno squalo, e quindi chiude bruscamente la chiamata, e va a pensare.


X


(Ora)

Non osa chiedere: “Tu mi ami, John?” perché sembra di sì – le prove lo suggeriscono – ma lui non è un esperto.

Ma questo è John – lui capisce sempre. E mentre continuano a passeggiare fianco a fianco, John dice: “Se ti dicessi che ti amo – se lo dicessi, cosa… cosa risponderesti tu?”

E lo sguardo si Sherlock lo dice, dice tutto. Parla dell’agitazione dentro la sua testa, dentro il suo cuore, Ma ciononostante sentire le parole fanno sentire John come se stesse affogando nell’acqua ghiacciata (almeno è così che appare a Sherlock e ha un’idea molto privata di come sia John quando è in quella situazione, dopo tutto).

“Non lo so.”


X


Ad essere sinceri, quello è il modo più dolce e allo stesso tempo più triste possibile in cui Sherlock avrebbe potuto rifiutarlo, pensa John, ed è pienamente pronto a tornare alla cosa-dei-migliori-amici (haha perché è così facile) ma poi Sherlock si ferma e John vede che sono davanti al 221B – beh non esattamente. Sono sul marciapiede sotto il lampione – lo stesso lampione sotto cui Sherlock stava e da cui fissava John nell’appartamento il giorno in cui era tornato in vita – e chiede, quasi timidamente (che essenzialmente è come quando sa di volere qualcosa ma non sa se è una cosa buona o non-buona): “Considereresti la possibilità di esaminare ulteriormente queste questioni uscendo con me?”

E poi ci sono tante cose che corrono per la testa di John (come ‘Porca puttana, Sherlock, devi parlare normalmente!’ e ‘Aspetta cosa?!’ e ‘Ha appena-?’ e ‘Oh mio Dio, ha-!’) e lui dice: “Dio, sì!”

Sherlock sorride (il sorriso genuino) e si fissano l’un l’altro in silenzio prima di schiarirsi simultaneamente la gola e dire “Bene, dovremmo-” “Probabilmente dovremmo-”

È abbastanza per rompere l’incantesimo e ridono prima che Sherlock sposti una mano sulla schiena di John e lo spinga gentilmente a muoversi di nuovo. Con quanta più calma possibile, Sherlock apre la porta e si dirigono di sopra e John pensa di ritirarsi nella sua camera (perché ci sono moltissime cose a cui deve pensare e anche Sherlock probabilmente ha bisogno di tempo e spazio) ma… questa potrebbe essere la sua unica possibilità – è vero, Sherlock ha accettato (proposto!) un secondo appuntamento, ma potrebbe sempre succedere che lui non voglia… frequentarlo, o avere una relazione, e dannazione John non lascerà che succeda senza un bacio. Lascerà che succeda se dovrà farlo, ma vuole essere egoista per una volta. E così afferra con leggerezza il braccio di Sherlock (senza intrappolarlo, senza mai intrappolarlo, perché non potrebbe mai imporsi su Sherlock!) e chiude la distanza tra il detective sorpreso e sé stesso.

Per un ridicolo secondo, Sherlock sembra insicuro sul da farsi e resta perfettamente dritto, e solo le sue braccia fanno un mezzo scatto, che fa sorridere John contro le sue labbra e poi un gemito basso sfugge dalla gola di Sherlock (un suono che John ha sentito solo una volta prima d’ora, quando ha costretto Sherlock a mangiare pane tostato con il miele e ha appreso che a Sherlock il miele piace davvero davvero tanto). Francamente, il suono eccita John, e il confronto con il miele lo fa sorridere ancora di più.

Poi le labbra di Sherlock si muovono contro le sue, e John impiega un momento per capire che il detective gli sta parlando (‘Smettila di sorridere!’) e John risponde borbottando (‘Stai zitto!’) e lo bacia con più convinzione e finalmente, finalmente Sherlock ricambia e porca puttana, per qualcuno che non l’ha mai fatto prima sta andando dannatamente bene.

Un po’ di tempo più tardi, si separano, e Sherlock guarda John come se fosse la nuova vittima di un assassino e John guarda Sherlock come se fosse, beh, Sherlock, e poi il detective rompe il silenzio e dice: “Dobbiamo ripetere anche questo.”


X


John è andato a dormire da molto, ma Sherlock è ancora sveglio.

Abbastanza stranamente, riesce ancora a percepire il suo migliore amico (no, quello non si addice più loro – cosa sono? Fidanzati? Una coppia? Amanti? Partner?) sulle proprie labbra ed è confortante, e adorabile, e lo fa sentire fatto come fanno solo le droghe.

I suoi occhi cadono sulla lista.

Quindi è uscito, con John, e si sono baciati. Ma John non ha detto che lo ama.

(Non ne ha bisogno, perché Sherlock lo vede (almeno pensa di farlo) ed è ovvio in ogni azione, ogni parola.)

Forse John non lo dirà mai. Forse ha bisogno che lo dica Sherlock per primo, perché lui… lui ha paura che gli spezzi il cuore.

Quello sarebbe non-buono, perché Sherlock non vuole ferire John, ma allo stesso tempo, non è sicuro di potere amare qualcuno, nel modo in cui John vuole essere amato.

Non ha ancora risposta alla domanda che lo disturba da una semi-eternità ormai. Questo è amore?

Con determinazione, prende una penna e traccia una linea sul punto 18. Forse lui lo dirà ad un certo punto, e forse John lo dirà, e forse non usciranno affatto. Ma Sherlock lo vede in John, e John sembra vedere qualcosa in Sherlock.

E qualsiasi cosa siano, saranno sempre John-e-Sherlock.









 



Note della traduttrice 2 - Il ritorno: Una cosetta veloce che non è molto importante per la trama ma vorrei comunque fare presente così che tutti possano capire che l'autrice è troooppo simpatica! 

[1]: In inglese tutto ciò era 'dashing and daring', con John che lo avverte dicendogli di non aggiungere 'courageous and caring', oppure lo chiamera 'Gummi Bear'. Quello è infatti l'inizio del testo della opening de "The Adventures Of The Gummi Bears", cartone animato Disney dell' '85... okay, detto questo, tutti qua  a cantarla e immaginarvi i salvataggi di Sherlock Gummi Bear, su.

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Capitolo 18
*** 20. Essere Amato. ***


Note dell’autrice: Lo ripeto, non preoccupatevi, il punto 20 deve venire prima del 19.







20. Sii amato





Nonostante il bacio, l’appuntamento, la – sensazione di smielato che è John Watson, nulla è cambiato quella mattina (nonostante Sherlock abbia l’impressione che dovrebbe essere diverso, forse come se il mondo fosse più luminoso e più vibrante e tutti quei cliché di cui le persone innamorate sembrano fare esperienza. Significa che non è innamorato, visto che non si sente per niente così?!)

John si alza, fa il tè, strattona Sherlock di fronte a dei toast e setaccia i giornali in cerca di casi (in realtà, Sherlock lo fa, nelle ore precedenti del mattino, ma non lo dice a John perché al dottore piace contribuire e inoltre, Sherlock non si disturba a pensare ai casi meno interessanti finché non è John ad indicarli). In breve, malgrado la notte sia stata tutta sottosopra e abbia dato l’impressione di sollevare il mondo dai suoi assi, la mattina sembra incredibilmente normale.

Che. Razza. Di. Abominio.

Il genio cammina sui gusci d’uovo per ore, cercando di scoprire il protocollo. Deve fare qualcosa?

Francamente, baciare di nuovo John sembra abbastanza spiacevole (almeno prima che le misure di igiene personale siano state prese – c’è da considerare l’alito mattutino, dopo tutto) quindi quello è da escludere. Altre cose ridicolamente cliché come preparare la colazione sono anch’esse omesse – John l’ha già fatta ed inoltre a Sherlock non piace comunque mangiare, quindi perché darsi pena per qualcosa che a lui non piace? – e prendere  dei fiori – sì certo. Tra l’altro, sono in tardo Ottobre. Non ci sono molti fiori che attendono di essere colti a Londra alla fine di Ottobre. E, per ragioni molto varie, non metterà piede nel negozio di un fiorista.

John, tuttavia, non sembra condividere la sua sensazione di ‘qualcosa-dovrebbe-essere-diverso’ e visto che alla fine Sherlock non riesce a sopportare la sua… ignoranza in materia un secondo di più, lascia l’appartamento quando John va in bagno.


X


Osserva.

È ciò che gli riesce meglio, dopo tutto.

(Perché riesce a gestire la parte fisica, davvero. Tuttavia, tutto ciò che sa riguarda lo scambio di aspetti fisici di una relazione per droghe, e visto che non vuole della cocaina da John, quelle non sono proprio basi su cui lui possa lavorare – la frase di abbordaggio è ‘Te lo succhio per della cocaina’ – capite il problema? Oh, lo farebbe a John, senza dubbio, e per nulla in cambio. Non era mai suonato allettante prima, non gli era mai interessato prima, ma ora sì; improvvisamente vuole scoprire, con John.)

(Ma John è un uomo di tipo tradizionale – vorrà parlare e fare alter cose prima della parte fisica.)

Sa che quasi tutti lo considerano asessuale, e forse lo è, o almeno lo era prima – non aveva alcun interesse per una qualsiasi forma di relazione, che fosse romantica o fisica, prima. Tuttavia, persino l’asessualità può essere soggetta a cambiamenti, ed è cambiata. Un cambiamento incredibile. Non è quello che disturba Sherlock con così tanta veemenza, però.  

No, è il fatto che questa è davvero un’area in cui lui ha un’esperienza o una conoscenza quasi pari a zero. C’è differenza tra comportarsi in un certo modo (per adulare ed abbindolare le persone, per ottenere ciò che vuole, per semplificare le cose con i sospettati, o con le vittime) e esprimere realmente ciò che pensa o prova. O, ad esempio, anche identificare ciò che prova, ad essere onesti.

Quindi osserva le coppie. Per imparare.


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Sono ovunque. Londra esplode di coppie, nonostante molte persone affermino che sia difficile trovare qualcuno nell’anonimità della grande città.

Sono di tutte le razze, colori, combinazioni, ed età.

Una coppia anziana, donna e uomo, sposati fedelmente da più di 50 anni. Si tengono la mano in metro, seduti vicini, e lui la aiuta a scendere dal vagone quando arrivano a destinazione.

Una giovane coppia, attorno ai 18 o 19 anni. Pieni di vita, vivaci nei loro vestiti colorati, che fanno wrestling con le lingue, senza vergogna, contro il muro della linea Bakerloo.

Due donne di mezza età, che si scambiano sguardi, si sfiorano le mani. Indossano degli anelli, ma non sono sposate l’una all’altra. Nonostante ciò, hanno trovato l’una nell’altra ciò che non hanno trovato negli uomini che hanno sposato.

Una coppia di uomini, con una ragazzina. Sono stati compagni per anni, hanno adottato la bambina, dopo una lunga lotta con gli ufficiali.

Sherlock vede così tante diverse forme di amore. Calmo, rassicurante. Aperto, vibrante, pieno di vita e colore e emozione e energia. Segreto. Rafforzante. Che tiene le persone con i piedi per terra.


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Lui osserva, e vede l’ombra dell’amore.

Una giovane donna, che vive in una relazione violenta, ma ha ceduto ai propri sentimenti e non vuole lasciare andare il suo fidanzato. (Gli ricorda la Signora Hudson in un certo senso, e sorride al ricordo di come si incontrarono la prima volta.)

Una coppia che soffre, infelicemente sposata da più di 12 anni, stanno insieme solo per i figli.

Un uomo che continua la sua relazione con la fidanzata nonostante pensi che lei sia fuori dalla sua portata e che quindi vada bene che lei lo tratti di merda.

Sherlock vede tutte quelle cose. Dolore. Slealtà. Sacrificio. Tradimento.


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Non sa ancora cosa fare, e lui odia non sapere. Non è qualcosa che si possa apprendere da un libro, però, quindi deve continuare ad osservare.

Osserva gli atti di amore nelle piccole cose. Un uomo compra un caffè per la sua fidanzata. Sa cosa lei vuole ordinare e lei sorride.

Fiori.

Cioccolatini.

Un hobby condiviso, fare delle cose insieme.

Attenzione.

Capisce che tutto ciò è ridicolo e che non ce la può fare.


X


Il suo telefono suona, (stavolta è davvero il suo e non quello di Molly che continua a fare rumori tutto il tempo. Probabilmente quel suo fidanzato. Anche se lei in realtà guarda lui abbastanza spesso quindi sta provando ad osservarlo senza avere successo e non funzionerà proprio per niente), e quando guarda, è John.

Volevo solo sapere se sarai a casa più tardi o no. Ha chiamato l’ospedale, hanno chiesto se potevo dare una mano. –JW
Sono all’obitorio. Potrei fare tardi. –SH
E abbiamo finite il latte. –SH

John non sembra diverso. Beh, il suo messaggio non sembra diverso. Sherlock ha ancora bisogno di tempo, però, ecco perché è all’obitorio. Lavorare ai casi irrisolti tiene il suo cervello piacevolmente intrattenuto con un rumore di sottofondo di assassinio bello ed ordinato mentre un’altra parte può lavorare sul da farsi. (E se John aiuta all’ospedale, non arriverà a casa fino a tardi, e ciò dà a Sherlock molto tempo per stare in pace quando Molly lo butterà fuori.) (Okay, potrebbe intrufolarsi dentro di nuovo ma quello è non-buono, lo sa.)

Ieri, gli era sembrato molto ovvio. Non smettere mai di baciare John.

Ora sembra un pensiero infantile e anche se i ferormoni-John  gli fanno qualcosa, non può essere stato abbastanza da farlo pensare come una scolaretta balbuziente. (Anche se l’ha fatto.)

Beh, aveva ragione su una cosa ieri. Devono baciarsi di nuovo. Decisamente.

Ma non vuole davvero ferire John e se lui pensa che ci sia di più quando in realtà non c’è (cosa che Sherlock deve ancora determinare) rimarrà ferito e Sherlock non può farlo di nuovo.

Ipoteticamente, però, se ci fosse quel qualcosa di più e John non stesse male, sarebbe, quid pro quo, una cosa positiva per John.

Sarebbe una cosa positiva anche per lui, però?

In un mondo in cui non piaci a nessuno, in cui ognuno fa per sé, e prima di avere degli amici, si era sempre solo preoccupato per sé stesso.

Non sarebbe felice se John volesse essere come… una coppia.

“Ecco il caffè. Fatto dei progressi?”

La voce di John lo fa trasalire e lo porta via dai suoi pensieri (non che lo mostri) e automaticamente riferisce alcune deduzioni che ha fatto, mentre si chiede quanto tempo sia passato da quando hanno parlato per messaggi (approssimativamente 45 minuti visto che John aveva dovuto prepararsi, arrivare e prendere del caffè) e perché il suo dottore abbia innanzitutto deciso di andare lì. Non aveva detto qualcosa a proposito di turni all’ospedale?

“È fantastico, Sherlock! Sapendo questo Greg può sicuramente arrestare James Riley.”

Oh, sì, ha risolto il caso. Stranamente, non gli dà la stessa solita soddisfazione…

Wow. John ha davvero delle belle labbra. Probabilmente dovrebbe-

Il pensiero è così strano per lui, così improbabile per com’è lui, che Sherlock per un momento smette di sbattere le palpebre.

Probabilmente sembra un camaleonte gigante con i capelli ricci, ma non c’è tempo di preoccuparsi di come appaia agli altri – deve PENSARE. CONCENTRARSI.


X


Malgrado la strana mescolanza di sentimenti che John prova da quando è andato a letto (le farfalle, dei gattini arrabbiati e uno o due draghi di taglia media sembrano combattere la Battaglia della Terra di Mezzo nel suo intestino) fa del proprio meglio per non squittire vedendo Sherlock quella mattina.

Prima di tutto, squittire è da ragazzine. Secondo, lui è un uomo di 40 anni. Terzo – John Hamish Watson non squittisce. (Fuori. Dentro, ci sono davvero un bel po’ di squittii).

Sherlock chiaramente non ha dormito tutta la notte e John ricorda che nonostante l’enorme cervello, il genio è probabilmente perso per ciò che riguarda le emozioni.

Quindi un John-che-non-squittisce fa ciò che sa fare meglio (e in modo brillante, come gli è stato detto dopo tutto da Sherlock) – fa del tè e mantiene la sua solita routine. (Pensando solamente a baciare Sherlock una volta o due. (O un centinaio.))

Tuttavia, quando riemerge dal bagno, il suo riflessivo coinquilino barra nuovo partner di lotta tra lingue è scomparso, e ciò lo preoccupa giusto un po’. Poi coglie l’opportunità di squittire.

Una volta. Con calma.

È un suono alquanto imbarazzante e arrossisce prima di recuperare con risolutezza la pistola dal cassette della scrivania ed iniziare a pulirla, per recuperare un po’ di mascolinità.

(E un’altra ragione per non squittire? Non è inglese. Gli inglesi non squittiscono.)


X


Mezza giornata più tardi, si ritrova da Tesco, a prendere il latte e decide di lasciare l’ospedale al suo essere ospedale perché lui non ha visto Sherlock tutto il giorno e se deve essere sincero, non gli piace il fatto che il detective stia riflettendo su dei casi irrisolti invece dei suoi sentimenti. John non vuole davvero forzarlo ma se quella è una specie di tecnica di procrastinazione (e siamo onesti, se Sherlock può scegliere tra affrontare i propri sentimenti e dedurre omicidi, la scelta è ovvia (e John lo ama per questo, davvero)) allora ha bisogno di qualcuno che gli ricordi le – al momento – cose più importanti della vita.

Un caffè tra le mani, trova l’oggetto di molte notti insonni appollaiato al di sopra di alcuni file di un caso, nel laboratorio dell’obitorio.

I suoi capelli sono il solito casino creato ad opera d’arte (se pensa che John non noti quanto impegno ci mette si sbaglia) e con i pantaloni scuri e la camicia viola che è probabilmente di una taglia più piccola è proprio il meraviglioso pazzo che John seguirebbe fin nelle profondità dell’inferno.

Sei minuti e un intero monologo di deduzione dopo John è contento perché capisce che Sherlock in realtà è da qualche altra parte con la testa (come lo sa? Innanzitutto, Sherlock ha chiamato Anderson e il resto degli Yarder ‘idioti’ solo una volta e se è troppo distratto per insultarli la quantità appropriata di volte, è decisamente impegnato in qualche altro modo.)

Lui aspetta il più pazientemente possibile, scambiando convenevoli con Molly (è solo molto più tardi che inizia a sospettare la sua connessione con Greg, Irene e gli altri) finché Sherlock fa improvvisamente volare via tutto tranne la sua tazza di caffè e la fissa come se gli avesse appena parlato con la voce di Kermit la Rana.

Il detective e la tazza si fissano per alcuni minuti, osservati attentamente da John e Molly e poi la testa di Sherlock scatta in su e lui dirige gli occhi spalancati verso John, urlando: “Io e te stiamo insieme da anni!”

Stavolta, qualcuno squittisce ad alta voce (ed è Molly quindi va bene anche se è inglese) ma John inarca soltanto un sopracciglio. “Quindi i giornali hanno convinto anche te?”

“È una cosa seria, John!” gli sibila Sherlock, e il suo sguardo frenetico è abbastanza per fare sorridere John perché non è affatto una cosa molto seria, nonostante Sherlock si stia comportando come se ci fosse un’emergenza nazionale che richiede che lui si trasferisca in una camera con Mycroft o qualcosa del genere.

“Se stessimo insieme, te l’avrei detto, lo giuro,” risponde John e cerca di tenere a bada il suo divertimento perché Sherlock ora sembra piuttosto vicino ad ucciderlo.

“I segni ci sono!” ribatte il detective (sembrando il prete di una setta che sta annunciando l’apocalisse), e poi si volta verso Molly, che si immobilizza sul posto, come un cervo colpito dalla luce dei fanali (probabilmente lei vuole solo fuggire, ma Sherlock la tiene ferma sul posto). “Molly, immagino che il tuo fidanzato ti compri il caffè.”

“Uhm, sì?” sembra intimidita, e a John dispiace immediatamente per lei. Non ha senso cercare di fermare Sherlock, però.

“E passate una quantità di tempo considerevole insieme, e ti dà molte attenzioni. Inoltre, molto probabilmente condividete delle attività quotidiane intime come una doccia.”

Sherlock continua a non farle sembrare domande, ma Molly, ipnotizzata, dà delle risposte, non preoccupandosi nemmeno del fatto che le domande di Sherlock sono incredibilmente inappropriate. È abituata. “Sì… Uh, voglio dire… a volte-”

Ma il detective sa già ciò che voleva confermare e si volta di nuovo verso John (mentre Molly coglie l’opportunità e scappa dalla porta vicina – sta già maneggiando il telefono, pronta ad aprire una certa chat di gruppo). “Capisci, John?!”

E John vuole dire che quelle sono cose che anche i migliori amici fanno l’uno per l’altro – ma per quanto possa spingere la parte del dare attenzione e del portare il caffè nell’angolo-amici, tutta la cosa del fare-una-doccia-con-il-mio-coinquilino (malgrado sia solo per salvarlo dell’affogare e dalle droghe) non è decisamente roba da ‘amici’.

“Quindi, tu… tu vuoi che io la smetta?” chiede, diventando rapidamente serio e cauto – le riflessioni di Sherlock della giornata sembrano aver raggiunto un qualche tipo di conclusione.

“No, non essere idiota, John!” urla Sherlock, sconcertato e frustrato e con gli occhi spalancati puntati su di lui, come se quella fosse l’ultima conclusione possibile a cui chiunque potesse arrivare. “Certo che no!”

“Uh, okay?” sposta il peso da una gamba all’altra, non riuscendo proprio a capire cos’altro dovrebbe dire ora, ma Sherlock, dopo aver scavato con i propri occhi in quelli di John per un momento, si muove improvvisamente, e mette la propria mano sulla spalla di John (e sì, per metà si aspetta e per metà spera in un bacio che non arriva), e dice: “Non capisci? Posso farcela! Niente deve cambiare!” Ѐ gioioso.

Ma… può ‘farcela’ a fare – cosa? Davvero, John fa del proprio meglio, ma – esattamente come la maggior parte delle volte – il procedimento che Sherlock segue pensando non è comprensibile per gli umani con un solo cervello.

Raccoglie le proprie forze, si aspetta uno scoppio di ‘idiota-chiarissimo-ovvio-dovresti capire-non è così difficile’ ma non arriva e Sherlock si limita a fare un mezzo sorriso e a dire: “Tu mi ami-” (e forse è solo John che si immagina la piccola, minuscola pausa dopo di ciò e il fatto che suoni solo un po’ come una domanda perché Sherlock l’ha dedotto e non ha bisogno di chiedere ma non è sicuro e non è bravo con queste cose e ha bisogno di essere rassicurato ma che cada il cielo se mai lo ammetterà-) “-ed è per questo che fai tutte queste cose. E io posso sopportarlo! Niente deve cambiare. Possiamo andare Avanti come sempre!”

E poi finalmente capisce.

Sherlock Holmes sta cercando di dirgli nei suoi modi alla Sherlock che vuole… vuole farcela con ‘questo’.

‘Questo’ sta per la loro relazione.

‘Questo’ sta per stare insieme.

Perché ha capito che John non pretende che lui cambi, non pretende che loro – tutta la loro dinamica, il risolvere crimini, gli strattoni, gli esperimenti, il Detective-e-Blogger, l’essere John-e-Sherlock – cambino, perché niente deve essere diverso.

(Non che John stesse cercando di comunicarlo ad ogni occasione possibile, ma è bello vedere che ora anche il genio – ha! – sembra capire.)

“Io in realtà speravo in una colazione a letto con tanto di fiori ogni mattina, però,” lo prende in giro John (perché lui ha sofferto e quindi è giusto così) e Sherlock lo fulmina con lo sguardo, mentre ovviamente sta già riconsiderando il suo annuncio.

“Un tentativo piuttosto di cattivo gusto di essere simpatico, penso.”

E John sorride. “Ovviamente.” Poi mette la tazza di Sherlock nelle sue mani e gli afferra gentilmente il braccio, iniziando ad accompagnarlo fuori dal laboratorio. “E adesso ci fermiamo da Greg e tu gli dici dell’omicidio. Vieni!”


X


Mentre John li dirige entrambi fuori, la sua mano calda e sicura (pronta a sparare ai tassisti e a ricucire ferite e a fare il tè e – e quello è nuovo – a salire lungo il collo di Sherlock per tenerlo fermo durante un bacio) sfiora le sue dita più lunghe e nonostante una parte di Sherlock tiri un sospiro di sollievo quando lui non fa qualcosa di ridicolo come prendergli la mano, un’altra parte scopre che quel tocco è piacevole e potrebbe – in piccole dosi, quando sono soli a casa – essere in effetti abbastanza tollerabile. Bello, persino.

Decide di investigare tutto ciò più tardi quella sera e per ora si crogiola nella soddisfazione di aver fatto un passo avanti in tutto questo disastro-relazione-amorosa.

Sherlock Holmes può essere amato.

(E il punto 20 può essere, vantaggiosamente, cancellato.)

Ora c’è solo un’ultima cosa da scoprire.







 
Note della traduttrice: Chiedo scusa a coloro che hanno recensito l'ultimo capitolo, perché non ho ancora avuto tempo di lasciarvi una risposta coerente. Appena ho un attimo lo farò, però. Anche questo capitolo lo lascio qui un po' di fretta, scusatemi per tutti gli eventuali errori, ma spero che vi sia piaciuto, fatemi sapere ;)

Ashley.

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Capitolo 19
*** Interludio 2: Un Natale Molto Holmes. ***


Note dell’autrice: IIIII've been dreaming of a Hooooolmes Christmaaaas ♫

Note della traduttrice: Sono schifosamente in ritardo, mi volete ancora bene?


ATTENZIONE, ANNUNCIO IMPORTANTE: Care lettrici e cari lettori, ricordo di averlo scritto in una delle prime risposte ad una recensione al primo capitolo, ma mi rendo conto ora che molto probabilmente non lo sanno: i capitoli originali erano venti. Questo significa che sì, questo era il penultimo capitolo.Leggendo alcune recensioni mi sono accorta di non averlo detto e mi sentirei molto in colpa a pubblicare l'ultimo capitolo e a comunicare così, dal nulla, che è finita. Quindi lo dico qui, anche se la maggior parte di voi ha già letto il capitolo, così che lo sappiate e possiate accettare l'idea che sono idiota e non mi era proprio venuto in mente di dirlo prima.

Spero che anche chi ha già letto, ci ripassi, quindi per aumentare le probabilità che questo accada ho deciso di non pubblicare questa settimana.
Se state leggendo e avete amici o conoscete altri utenti che seguono la storia, per favore passate la parola e dite loro di controllare il capitolo. 


Scusate ancora per l'inconvenienza, sono un disastro, ma grazie per tutto il supporto a questo capitolo!

Ashley.








La mattina della Vigilia, John è a letto, comodo e al calduccio, e riflette se vale la pena di sopportare un broncio lungo tutto il giorno da parte di Sherlock per iniziare a cantare un canto natalizio in quello stesso momento.

“Non farlo,” la voce rauca di uno Sherlock mezzo addormentato, ma nonostante ciò vigile e vagamente minaccioso risponde alla domanda per lui, ma l’umore di John non si guasta nemmeno un po’e lui sorride, allungando la mano in cerca del consulting detective. Le sue dita sfiorano la pelle calda e il suo sorriso si allarga quando sente uno sbuffo represso – soffrire il solletico non è una cosa che la mente di Sherlock possa vincere e John pensa che sia adorabile (oh, ora può utilizzare degli aggettivi come adorabile, può seriamente, davvero farlo, perché stanno insieme.)

(Ovviamente non li usa ad alta voce, però, perché se lo facesse, Sherlock probabilmente si sbarazzerebbe del suo freddo cadavere gettandolo nel fiume Tamigi – anche se magari terrebbe la testa nel frigorifero per via del legame sentimentale.)

“Prometto di non cantare se ti metti il maglione.”

“Assolutamente no.”

“Gooood Rest Ye Merry Gentlemen-" si mette subito ad urlare John, continuando a sorridere, ma è bruscamente interrotto da due piedi congelati che si piantano nel suo fianco e lo spingono fuori dal letto con noncuranza. Ora, grazie ai tempi nell’esercito, John è abbastanza in forma per coordinare la caduta così da non rompersi l’osso sacro o altre cose importanti (come la spina dorsale, magari) ma l’esperienza piuttosto spiacevole di atterrare sul pavimento dell’appartamento con addosso solo un paio di boxer, alla fine di Dicembre, a Londra, è abbastanza diversa dall’atterrare sul terreno gradevole e caldo dell’Afghanistan. (Gradevole utilizzato in modo relativo, ovviamente. Niente di gradevole nella guerra.)

“Oh, non mi hai appena buttato giù dal letto a calci!”

“Mi sa proprio che l’ho fatto,”ridacchia Sherlock ( ridacchia, cazzo, chi diavolo crede di essere quell’idiota?!) e aggiunge: “Ti avevo avvertito.”

“E io avevo avvertito te – sono stato nell’esercito!” E quello è tutto ciò che John dice prima di ributtarsi sul letto e di dare a Sherlock un assaggio della sua stessa medicina spingendolo giù dal letto dal lato opposto.

“Tu non puoi  spingermi giù dal letto,” guaisce Sherlock, e il modo in cui suona – imbronciato, infastidito, petulante – riporta sul viso di John il sorriso che sembra esserci piantato sopra dall’inizio della mattinata.

“Perché? Perché tu sei Sherlock Holmes?”

Il detective non risponde nulla, e si arrampica semplicemente sul letto, avvolgendosi in un bozzolo formato dalla maggior parte delle lenzuola ma John sa che il ‘sì’ è a stento trattenuto dietro alle labbra a cuoricino.

Spingersi a vicenda fuori dal letto la Vigilia di Natale probabilmente non è ciò che fanno le coppie normali (ma in effetti, le coppie normali non litigano sul diritto di cantare delle canzoni natalizie  o non hanno un compagno che pensa che la cosa più festosa concessa nell’appartamento debba essere una ciotola piena di sangue di maiale e di pezzi di muffa verde scura e arricciata che ci galleggia dentro ammucchiata – ‘sono i colori del Natale, John!’) ma loro sono Sherlock-e-John. Ed è il loro primo Natale come coppia.


X


“Hai mai visto Mycroft su un treno prima d’ora?” chiede John, rivolgendo un’occhiata divertita al maggiore degli Holmes che sta osservando con disgusto ciò che lo circonda e li segue assieme a Greg.

“No, ed è l’esatto motivo per cui mi piacciono così tanto,”risponde tranquillo Sherlock, dispetto e divertimento che danzano nei suoi occhi espressivi.

“Mh, potrei abituarmi allo scompartimento privato, però,”riflette John quando arrivano alla parte del treno separata che gli uomini di Mycroft hanno preparato.

“Beh, gli serve per il suo gigantesco s-”

“Qualsiasi cosa tu abbia intenzione di dire, tieni in mente che ho una pistola e sono autorizzato a spararti prima di finire la frase,”interrompe Greg da dietro di loro.

Per alcuni secondi, Sherlock ovviamente considera il pericolo della minaccia di Greg e la probabilità che John lo aiuti, e poi chiude la bocca.

“E solo per chiarire, ho un intero scompartimento così che ci sia spazio per il tuo gigantesco ego. Oh, ho detto ego? Ovviamente volevo dire intelletto,”aggiunge Mycroft dolcemente e la testa di Sherlock si gira di scatto, voltandosi dal guardare male suo fratello al guardare incredulo John, cosa che si traduce in ‘Io devo stare zitto e lui può dire una cosa del genere?!’

“Saranno così tutto il tempo?”sussurra Greg a John, ignorando gli sguardi letali degli Holmes e quando John si limita ad annuire esasperato, lui fa un lamento.

“Oh Gesù Cristo.”


X


Si è sempre più intelligenti dopo aver fatto un’esperienza, e sia Greg che John ora sanno che non prenderanno mai e poi mai di nuovo il treno, non con i due Holmes a bordo, in ogni caso.

Era sembrata una buona idea, perché la radio aveva annunciato che ci sarebbero stati ingorghi tutta la mattina – a quanto pare, la Vigilia di Natale è sorprendentemente arrivata, ancora una volta (e addirittura lo stesso dannato giorno ogni anno, quasi come i compleanni – riuscite a crederci?!) e all’improvviso una marea di gente ha realizzato che avevano disperatamente bisogno di essere in qualche altro luogo che non fosse Londra.

Quindi invece di andare alla Villa Holmes in auto, Mycroft e Greg avevano raggiunto John e Sherlock per prendere il treno.

Beh, porca puttana, mai più.

I piani di Sherlock di passare le vacanze come un eremita, chiuso nella sua camera alla Villa, suonano davvero bene, ma è Natale dopo tutto, e di certo Mamma Holmes non approverebbe.

“Che ne dici di un accordo?” propone John, in piedi nella vecchia stanza di Sherlock, mentre il genio sta su una poltrona. Stanno per andare (o, beh, dovrebbero andare) in salotto per prendere il tè e Sherlock è ancora in modalità distruggerò-il-mondo-o-almeno-Mycroft. Tuttavia, alla proposta di John, solleva lo sguardo, intrigato. Come ottieni l’attenzione di un bambino che fa i capricci? Gli offri le caramelle.

“Ispezioni?”

“Ispezioni. Se provi a non dire cose cattive su Mycroft, o su chiunque altro in generale, per un’ora durante il tè.”

“Affare fatto.” La risposta è immediata, e John osserva come la mente di Sherlock si stia già mettendo all’opera. Con un po’ di fortuna, sarà così impegnato con la nuova opportunità di ispezionare che sarà troppo distratto per essere troppo Sherlock.

(Fare ispezioni è qualcosa che Sherlock ama fare, e John si sente un po’ a disagio a riguardo. Come chiunque può immaginare, a Sherlock piace catalogare le cose – i tipi di tabacco, ad esempio – e la sua nuova preferenza su cosa studiare e catalogare è, non sorprendentemente, John. John piuttosto non-vestito.

Il dottore l’ha scoperto più o meno quando è riemerso dalla doccia con addosso solo un asciugamano, tre settimane prima. Lo sguardo intenso di Sherlock gli aveva praticamente bruciato la pelle e poco dopo, il detective aveva i mano un blocco da disegno e una penna e aveva iniziato a disegnare un accurato dettaglio dei pettorali di John.

L’ha richiesto a John molte volte da quel momento – principalmente perché non può semplicemente spogliare John ogni volta che vuole (credeteci o no, ma John è contro questa cosa) – e John ovviamente aveva assentito (meglio di venire placcato e di evitare i tentativi di essere catturato e gettato a terra da uno Sherlock-di-umore-giusto-per-ispezionare). Tuttavia, non è interamente a suo agio nel farlo. Non si vergogna del suo corpo, e non è che abbia un problema con l’essere una specie di modello – ne è onorato, in realtà – ma… stare completamente nudo, vicino ad uno Sherlock completamente vestito, che lo tocca gentilmente, lo aggiusta così da poter disegnare ciò che vuole… è diventato sempre più difficile non… ricambiare il tocco. Fare qualcosa.)

(E mentre John è molto contento di ciò che sono, non si fida proprio del proprio corpo quando è vicino ad un ridicolamente meraviglioso Sherlock.)


X


Essendo sopravissuti al tè (sorprendentemente, i due fratelli all’improvviso sono molto silenziosi, quando sotto lo scrutinio della potente Mamma Holmes), Greg e John hanno iniziato a gironzolare per i corridoi della Villa. Per più tardi sembra esserci una cena molto grande in programma – dagli sguardi che John ha lanciato alla sala da pranzo, ospiteranno una marea di gente – ma per ora, ognuno è libero di fare ciò che vuole.

Mycroft sta facendo alcune telefonate dell’ultimo minuto per salvare il pianeta o qualcosa del genere, e Sherlock sta scavando tra le sue proprietà d’infanzia in cerca di tesori da molto dimenticati, quindi i due uomini senza-fidanzato hanno iniziato a vagabondare per la casa gigantesca.

“Non riesco ad immaginare com'è crescere qui,” fa notare Greg ad un certo punto, guardando il ritratto di un altro Holmes da lungo scomparso (‘Theophilius’, dice la targhetta con il nome).

“Nah, nemmeno io,” concorda John.

“È come vivere in un museo. Immagina se rompessi qualcosa- Oh, guarda!” l’Ispettore Detective si interrompe,  e punta il dito fuori dalla finestra, al parcheggio, dove si sono appena fermate un paio di auto.

Il primo sportello si apre, e una gamba lunga e femminile (molto nuda e molto lunga) ne esce, seguita dal resto della donna. Beh, della Donna. (John prova a trattenere la gelosia che cresce e si ripresenta ogni volta che la vede. Lo sa che è stupido sentirsi così, ma… beh, la loro storia comune non è proprio fantastica, considerando Sherlock drogato due volte, lei che bacia Sherlock e lei che lavora per Moriarty.)

Irene Adler si libera interamente dall’automobile e ride a qualcosa che un’altra persona, presumibilmente ancora dentro alla macchina, ha detto.

L’altra persona si rivela essere poco dopo Anthea (o qualsiasi sia il suo nome al momento – forse qualcosa di festivo tipo… Jacky Frost).

“Ah, Mycroft ha invitato lo Squadrone?” esclama Greg, mezzo sorpreso, mezzo eccitato.

John, osservando come la Signora Hudson appaia da un’altra auto, insieme ad… Angelo? E quello che sembra essere il figlio di Angelo?, chiede: “Quale Squadrone?”

“Oh, lo Squadrone dell’Amore, siamo-”Greg si ferma a metà della frase. “Cavolo, faccio schifo come Ispettore… tu probabilmente non sapevi di noi… Uhm… sono un po’ a disagio…”

“Lo Squadrone dell’Amore? Cosa avete – avete formato una… una squadra per… me e Sherlock?!”John prova davvero con tutto se stesso a non agitarsi ma c’è un limite di sorprese che può riuscire a sopportare la Vigilia di Natale.

“Non dire a Mycroft che ho usato quel nome – lo odia con tutto il cuore,” supplica Greg, anche se sembra sentirsi già più eccitato al prospetto dei nuovi ospiti che in colpa per aver scoperto sé stesso e lo… Squadrone dell’Amore.

“Quella è Molly?!” chiede John sconcertato, adocchiando tutti gli arrivati con un misto di shock, sensazione di tradimento, sorpresa e una piccolissima parte di divertimento.

“Mh? Sì. Oh e ascolta, amico – capisco che tu sia arrabbiato o cose del genere ma noi davvero volevamo solo aiutarvi. Vi abbiamo guardati mentre ci giravate intorno per una mezza eternità. E ora state insieme, quindi è tutto a posto. Giusto?”

John riflette su quello per un momento, ma scopre che non riesce ad essere propriamente arrabbiato (è difficile essere arrabbiati ad una piccola cospirazione segreta quando vivi con qualcuno che dà fuoco al tuo paio di mutande preferito ‘A SCOPO SCIENTIFICO, JOHN!’) e quindi si limita a grugnire in modo evasivo.

Ripensandoci, aggiunge: “Quanto avevate scommesso?”

Almeno Greg ha la decenza di arrossire, e si gratta il collo, prima di dirgli con tono imbarazzato: “Quasi mille. Praticamente tutti alla Yard hanno contribuito.”

“Beh, allora la prossima volta che andiamo a bere, offri tu,” decide John, prima di sospirare. “Farò meglio ad andare a dirlo a Sherlock, allora. Se non vengo a cena, probabilmente puoi arrestarlo per il mio omicidio.”

(O magari proverà ad uccidere voi, che sarebbe più piacevole per me, una voce stronzetta – la parte di John che si sente arrabbiata e tradita per essere stato il soggetto di una pianificazione meticolosa e il bersaglio di un piano elaborato – aggiunge.)


X


Ovviamente lo sapeva già, o almeno sospettava del coinvolgimento di un numero di persone in un qualche tipo di schema. Lo sapeva dalla serata da Angelo.

Quella è la ragione per cui Sherlock fallisce nel mostrare una reazione adeguata quando John gli rivela ciò che lui ha a quanto pare appena scoperto, e ora John è arrabbiato con lui.

Gah, sentimenti.

Quelli belli sono, beh, belli.

Ma le cose come rabbia o essere feriti sono difficili da individuare e ancora più difficili da risolvere. (Per John ne vale la pena, però.)

E visto che John si sente ferito e tradito perché Sherlock ha scoperto il coinvolgimento dello Squadrone dell’Amore (che nome ridicolo! Senza dubbio l’hanno proposto Molly o la Signora Hudson!) e non gliel’ha detto, Sherlock si mette la camicia bianca che piace a John e non insulta il suo (francamente orrendo) maglione con le renne e i fiocchi di neve.

(John non lo dice ma nota lo sforzo di Sherlock e sorride.)

La cena è abbastanza sopportabile. La Signora Hudson, come al solito, fa mille moine a lui, e John, e a loro due, e fa molto d’accordo con Mamma.

Molly e il suo fidanzato Tim (che assomiglia in modo ridicolo a Sherlock, ma nessuno ne parla, nemmeno Sherlock stesso, dopo aver visto il sopracciglio inarcuato di John e essersi ricordato di voler soddisfare il suo dottore) e Angelo e suo figlio intrattengono l’intera tavolata con storie su ogni tipo di (più o meno legale) avventura, raccontate in un rapido Italiano Inglese e inclusive di gesticolazioni selvagge e tanto rumore.

Lui passa la maggior parte del tempo a parlare con John, Irene e Anthea (il primo non riesce a trattenersi dal lanciare delle occhiate pericolose nella direzione di Irene e dal mettere una mano possessiva sulla coscia di Sherlock – cosa che non dispiace così tanto al detective – e dal tenere d’occhio con attenzione i loro bicchieri; e le ultime due che chiacchierano come se fossero amiche di vecchia data, congiunte dal amore condiviso di infastidire i fratelli Holmes) e – se deve essere onesto – tutta questa cosa del Natale-alla-Villa non è stata interamente terribile come temeva.

(E nonostante abbia messo in chiaro che non avrebbe né dato né ricevuto regali, gli è di nuovo consentito l’accesso al suo fondo fiduciario, che, ammettiamolo, non è esattamente mal accolto.)


X


La maggior parte degli ospiti sono andati alle loro stanze ormai, quando i due diversi fratelli si ritrovano in piedi di fronte al fuoco, l’uno a fianco all’altro.

(Qualcuno, probabilmente Mamma Holmes, fa una foto e più tardi apparirà come una grande stampa alla fine della linea di ritratti dei membri della famiglia Holmes.)

I fratelli stanno in piedi vicini in un modo stranamente pacifico – sono voltati verso il fuoco, danno la schiena alla fotografa, e hanno entrambi le mani nelle tasche dei pantaloni.

Sherlock ha la sua camicia bianca, con le maniche arrotolate fino ai gomiti, e così anche Mycroft, anche se lui ha ancora addosso il suo panciotto a righe sottili.

La luce illumina rispettivamente un lato dei loro corpi, rendendoli creature di luce e ombra, e in quel momento, non c’è nessuno che non pensa che siano fratelli.

Nella vita reale, la vita che si muove, e non un momento catturato sulla pellicola, i fratelli parlano.

“Non è stato del tutto orrendo,” sottolinea Mycroft, fissando le fiamme.

“Suppongo di no,” risponde Sherlock. Dopo un momento, aggiunge: “Non lo faremo di nuovo l’anno rpossimo.”

“Decisamente no.”

“Bene.”

“Dovresti fare visita alla Mamma più spesso, però.”

Sherlock sbuffa. “Senza dubbio John mi costringerà.”

Ora, se fossero fratelli normali, Mycroft probabilmente fischierebbe, ma non lo sono e quindi tutto quello che fa è sorridere scaltramente.

“Smetti di sorridere, ti fa sembrare pazzo,” afferma Sherlock con noncuranza, e poi guarda indietro sopra la propria spalla, dove sa che John lo sta osservando. “Sospetto che ti rivedrò domani.”

“Ovviamente.” Mycroft sta per un po’ in silenzio, e poi, con un ripensamento, aggiunge: “Buon Natale.”

“No di certo.”

“Potresti almeno provarci, sai?”

(Ma Sherlock non lo farà, non per Mycroft, in ogni caso. Se ci prova, è per John – e anche quello è improbabile. È solo Natale, dopo tutto.)


X


Dà un’occhiata a dove John dorme pesantemente, disteso sul suo vecchio letto. (Strano, considerando che nessuno avrebbe mai detto che Sherlock avrebbe mai portato qualcuno qui dentro.)

E poi, seguendo un impulso, si libera rapidamente dei vestiti e ci si adagia anche lui. Annoda le gambe e le braccia con il suo… John, e il dottore si sveglia abbastanza solamente per mormorare: “Ti unisci a me?”, con la voce soddisfatta e a proprio agio e contenta, e Sherlock mormora di rimando: “Ottima osservazione, ora chiudi la bocca e dormi.”

Il suo ordine è seguito prontamente, accompagnato da uno stanco “Sì… signore…” (che non dovrebbe suonare così eccitante!). Ah, ed ecco il nocciolo principale delle più recenti riflessioni di Sherlock.

John e lui non sono intimi. Ci sono i baci, che sono belli, e il condividere un letto, che rende il detestato dormire non tanto fastidioso quanto era prima, e ovviamente ci sono le ispezioni.

Ma John non prova mai a fare nulla – si eccita, però, ovvio che Sherlock l’abbia notato – molto probabilmente perché pensa che Sherlock non voglia. E avrebbe potuto avere ragione alcuni mesi fa.

Ma qualcosa è cambiato, e Sherlock lo vuole davvero – l’unica cosa che lo trattiene, ancora, è un ultimo dubbio. Beh, è stato un ultimo dubbio.

Perché ha trovato una risposta. E risponde alla domanda.

Questo è amore?
 

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Capitolo 20
*** 19. Amare qualcuno [Aggiunta di Mycroft]. ***


Note della traduttrice: Ed eccoci qui. Scusate per l'attesa, c'è questa cosa fastidiosissima che si chiama vita reale ed ogni tanto si mette in mezzo e mi fa perdere tempo prezioso che potrei usare per scrivere. In ogni caso, ce l'abbiamo fatta. Ultimo capitolo. 
Voglio intanto ringraziare xaki, che mi ha fatto da beta per gli ultimi capitoli ed è stata sempre velocissima. 
Poi ovviamente voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto e seguito questa storia, perché è stato bello condividerla con voi.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, e vi sarei grata se magari vi fermaste a lasciare un commento, perché questa è stata la prima traduzione che ho pubblicato e voi l'avete resa un'esperienza davvero piacevole, quindi risentirvi un'ultima volta sarebbe davvero meraviglioso. 


 




[Aggiunta di Mycroft]



19. Ama qualcuno.





Sherlock finisce la sua lettera alle due del mattino.

John dorme profondamente nella stanza che hanno condiviso nelle ultime settimane e che sta lentamente iniziando a riempirsi del profumo di John, in aggiunta al suo. È una delle cose che apprezza del loro condividere una relazione romantica, a differenza della parte incasinata dei sentimenti – l’odore è qualcosa di scientifico, qualcosa che può misurare, qualcosa che può osservare – ed è del tutto affascinante.

Tuttavia, la sua mente non resta occupata sugli aspetti olfattivi della relazione sua e di John per molto, e i suoi pensieri e la sua attenzione alla fine si fanno di nuovo strada verso il pezzo di carta davanti a lui. È riempito con la sua calligrafia disordinata, firmato con uno ‘Sherlock’ un po’ storto e se i Piani  Bruce-Partington avevano un potenziale fatale, questa lettera è potente almeno tanto quanto quelli. Potrebbe fare crollare il grande Sherlock Holmes, dopo tutto.

Per un breve istante, contempla la possibilità di bruciarla.
John ne vorrà comunque parlare, quindi non c’è davvero alcun bisogno di scriverla – ma (con fatica e mai ad alta voce) ammette a sé stesso di fare ‘schifo con i sentimenti’, come altri hanno già detto, e avere tutto trascritto ordinatamente una volta per tutte aiuterà John a capire nel caso (ovviamente molto poco probabile) che le parole lo abbandonino, più tardi.

Con un ultimo sguardo determinato, piega a metà la lettera, infila un pezzo di carta più piccolo tra le pieghe e lo appunta nel centro del tavolo della cucina con un bisturi. (John sarà furioso ma almeno la troverà.)

Poi entra di soppiatto nella camera da letto, afferra alcuni vestiti e con un’ultima occhiata ad un dormiente John Hamish Watson – dottore, blogger, migliore amico, John – lascia il 221B.

Quando il sole sorge su Londra, i fiocchi di neve danzano nella fredda luce e la silhouette di un uomo altro con un lungo cappotto inizia a vedersi sul tetto del St. Bart’s.


X


È presto quando John si sveglia, il sole ha appena iniziato la sua ascesa, e non riesce a capire cosa l’abbia fatto svegliare di soprassalto in quel modo.

L’appartamento è lugubremente silenzioso e ciò che non avrebbe messo John a disagio un paio di settimane prima, ora gli imprime una brutta sensazione nel profondo dello stomaco.

Se Sherlock non sta facendo esperimenti (i suoni che li accompagnano sono quelli delle strane esplosioni e del tintinnare delle provette o dei contenitori per i test) ha preso l’abitudine di stare seduto a fianco a John mentre quest'ultimo dorme, se ha bisogno di pensare (o di dormire, ovviamente).

Tuttavia, visto che l’appartamento è silenzioso e il letto decisamente manca di Sherlock, il detective deve essere uscito.

John controlla il suo telefono – niente nuovi messaggi – prima di sospirare e di alzarsi. Uscire all’inizio dell’aurora non è troppo allettante – sono in gennaio, dopo tutto – ma conoscendo Sherlock potrebbe essere successo di tutto. Una passeggiatina mattutina improvvisata (non impossibile, ma nemmeno più di tanto probabile), l’improvvisa decisione di portare a John la colazione a letto (molto improbabile), Sherlock che viene rapito da dei commercianti di avorio che hanno scambiato la sua pelle pallida per il loro prezioso materiale (più probabile) o la decisione di assassinare Mycroft mentre Greg ha un turno di notte (molto probabile).

Avendo l’intenzione di mangiare un po’ di toast al volo prima di andare a cercare Sherlock, John entra in cucina e si immobilizza sulla soglia.

Non per via del bisturi conficcato nel tavolo della cucina (o dei rimasugli di ciò che potrebbe essere stato un gatto una volta) ma a causa del biglietto. Perché Sherlock non lascia mai e poi mai un biglietto prima di uscire.

(Questo è il mio biglietto. È quello che fa la gente, no? Lascia un biglietto.)

John serra i pugni (all’improvviso torna il tremolio e non può permetterselo, non ora) prima di camminare velocemente verso il tavolo e strattonare via il foglio ripiegato con il suo nome sopra.

Quando lo apre, un altro pezzo di carta ne fuoriesce cadendo fluttuante sul tavolo, ma per ora, i suoi occhi si concentrano sulla calligrafia familiare di Sherlock. Ha una lettera nelle proprie mani.

“Caro John,
non molto tempo fa abbiamo parlato di ciò che le persone fanno quando muoiono. Lasciano un biglietto. E io non ho mai avuto l’opportunità di farlo adeguatamente (è vero, non sono nemmeno morto, in teoria, ma non è questo il punto ora).
Quindi questo è il mio biglietto, John-”

Le gambe di John quasi cedono e solo la fermezza mentale che ha adottato come sua nell’esercito gli impedisce di crollare in uno stato di shock. Deve ordinarselo per continuare a leggere.

“Quindi questo è il mio biglietto, John, e nonostante io non sia in una situazione di morte imminente, questo è , a mio parere (che è quasi sempre quello giusto) il modo migliore per chiarirmi con te.”

Quando John smette di leggere questa volta, è combattuto tra il sollievo e la rabbia perché a quanto pare quell’idiota melodrammatico deve fare di tutto per far venire un infarto a John e non può semplicemente scrivere qualcosa che non gli dia l’impressione che il detective sia probabilmente morto nell’istante in cui John sta leggendo.

Alla fine, però, la curiosità ha la meglio, e John riprende la lettura.

“Prima di incontrarti, non avevo amici e ad essere sincero, non pensavo di averne bisogno. Non sono ancora completamente convinto che siano una cosa positiva da avere, ma tu mi hai mostrato che io ne ho bisogno. In ogni caso, ho decisamente bisogno di te. (Lestrade e gli altri sono discutibili)
Tu mi rendi più vulnerabile, e mi spingi ad azioni completamente irrazionali che ci fanno quasi uccidere, addirittura, e nonostante tutto sei la parte più importante della mia vita, insieme al Lavoro.
In effetti, tu ne sei parte, e visto che il Lavoro è sempre stato parte della mia vita, anche tu lo sei. Sei la parte più vitale, John, la parte che così tante persone pensano mi manchi. Come pensano di trovarla in me, però, quando sei solo tu che la incarni? Come pensano di poter trovare il mio cuore dentro di me (e, tanto per essere chiari, non stiamo parlando dell’organo che mi pompa felicemente il sangue attraverso il corpo), quando sei tu? Le persone sono così stupide.
Questa lettera si sta avvicinando pericolosamente all’essere sentimentale, quindi dirò solamente un’altra cosa.
Hai presente cosa succede alle persone che perdono il proprio cuore (nel senso letterale, ora) – muoiono. E io sicuramente sarei morto molte volte senza di te.
E non posso esserne certo, perché non mi sono mai sentito così prima, ma se il fatto che il solo pensiero di non passare una parte considerevole della mia giornata con te fa male fisicamente, e la sensazione piacevole di averti con me ne sono un indice, io penso davvero di essere innamorato di te.
L’unica cosa che non hai mai preteso che io facessi è stata cambiare, e posso dirti, sicuro al 100%, che continuerò a farti impazzire e a comportarmi come uno ‘stronzo insensibile’ (parole tue, anche se devo protestare!) a volte.
Non lo farò mai intenzionalmente, però, (eccetto se dovessimo averne bisogno per un caso, del cui ti informerei prima… o almeno ad un certo punto), e nonostante il fatto che difficilmente lo dirò regolarmente, io ti amo, John.
Tuo,
Sherlock
P.S. Mi aspetto che tu voglia parlarne, quindi saresti così gentile da unirti a me sul tetto del St. Bart’s?
(E se provi una qualsiasi inclinazione per il prendermi a pugni di nuovo, ti chiederei di riconsiderare questa azione visto che è stata un’esperienza piuttosto spiacevole per me e, visto che mi ami, non vorresti mai che io stessi male, giusto?)”

Per una breve eternità, John si limita a starsene lì in piedi mentre prova a comprendere ciò che ha appena letto. Legge la lettera altre tre volte, il sorriso sul suo volto che si fa sempre più ampio, e alla fine, ripiega con cautela la lettera e la mette nella tasca della sua giacca. Poi tira fuori i suo telefono e spedisce un messaggio veloce.

Non pensare nemmeno di avvicinarti al bordo. Arrivo. –JW

Proprio quando vuole andarsene (affrettandosi, verso Sherlock, Sherlock dannatamente meraviglioso, Sherlock ridicolamente drammatico) i suoi occhi cadono sul secondo pezzo di carta sul tavolo.

È la lista. Accartocciata, sbavata – e completa. L’ultimo punto, 19. Ama qualcuno, è coperto da una linea.

John si infila anche quella nella tasca, dove potrà tenere compagnia alla lettera per ora, e si affretta ad uscire dall’appartamento.

Dopo tutto, Sherlock lo sta aspettando.

(Che non succede spesso, ma con lui, almeno a volte succede.)


X


“Meraviglioso,” afferma John e Sherlock sorride prima di rispondere: “Beh, ti ringrazio.”

Ciò gli fa guadagnare uno sbuffo da parte di John, seguito da un “Parlo dell’alba, idiota,” e poi restano in piedi in silenzio di nuovo, guardando l’alba su Londra.

Alla fine, John parla di nuovo. “Perché Bart’s? Voglio dire, l’ultima volta che sei stato qui, sei saltato giù. Non lo farai di nuovo.”

È un’affermazione, non una domanda. Completamente superflua, però.

“No. ma l’ultima volta che sono stato qui sopra, è stato il momento più vicino che io abbia mai avuto al… all’aprirmi.” Si vergogna delle proprie parole, malgrado siano vere. Aveva pianto, dopo tutto. Una prima volta.

“Quindi è vero, huh?” chiede John, e nonostante Sherlock stia ancora guardando il sole, riesce a visualizzare il piccolo sorriso che accompagna le parole di John nella propria testa.

“Certamente.”

John ne ha bisogno, vuole sentirlo, è ovvio. E a Sherlock non  dispiace dirlo una volta ogni tanto, suppone. (Aveva avuto il sospetto che la lettera non sarebbe bastata.) Quindi lo dice. “Ti amo, tanto quanto ne sono capace.” In effetti, non è esattamente materiale da Shakespeare, ma è sincero, ed è tutto ciò che lui possa dare.

“Bene. Perché ovviamente anche io ti amo,” risponde John (a quanto pare non gli interessa della non-Shakespearianeità) e ora è Sherlock a sorridere.

“Oh, e ho portato questa-” osserva come il dottore si metta a cercare nella tasca per un momento e poi tiri fuori la lista, la cosa da cui è iniziato tutto questo. “Cosa vuoi farne, tenerla?”

Lui scuote immediatamente la testa. “No.” Non ne ha più bisogno, ha finito, e tutto ciò che è importante è al sicuro nella sua testa. “Buttala via.”

John sembra rifletterci su un momento, prima di prendere una decisione. “Hai da accendere?”

“Il fumo uccide, mi dice il dottore,” risponde seccamente Sherlock, ma ciononostante passa al suo amico, amante, partner, blogger, dottore un accendino. In pochi secondi, la lista prende fuoco e poi John la lascia cadere giù dal tetto dell’edificio. (È una cosa eccessivamente drammatica da fare – ma chi è Sherlock per fare notare una cosa del genere.)

I due uomini guardano mentre la carta infuocata svolazza verso il terreno (un contrasto evidente con la discesa più rapida di Sherlock) e si dissolve in cenere che si mescola alla neve a metà della caduta.

“Huh, è strano non averla più,” afferma John e Sherlock non riesce a non roteare gli occhi.

“Oh, per favore, John, non fare il sentimentale!”

“Però è vero che ti dava qualcosa da inseguire. Sai, un nuovo obbiettivo appena avevi finito con uno di essi.”

“Ma c’è sempre qualcosa da inseguire-” protesta Sherlock, e lascia che i suoi occhi passino sopra i tetti di Londra. “Ogni giorno, un nuovo assassino si sveglia!”

“Oh che gioia!” risponde John, ma è più divertito che sarcastico.

E come se fosse stato ordinato loro, il rumore assordante delle sirene si accende in lontananza, mentre il cellulare di Sherlock lo avverte di un messaggio dalla tasca del suo cappotto.

“Sembra esserci un nuovo caso, Detective,” sottolinea John e Sherlock vede il suo corpo irrigidirsi per l’aspettativa al prospetto di un nuovo caso. John ama i casi quasi quanto li ama lui, e quello è ciò che lo rende perfetto.

“Ottima osservazione, Dottore.”

Condividono un ultimo sguardo, e poi Sherlock si gira di scatto, camminando a grandi passi verso la porta che conduce alle scale con il cappotto che svolazza gonfiandosi nell’aria dietro a lui e urla: “Stammi dietro!”

“Ci sono,” grida John, ed è vero in tutti i sensi.
 









 
Note dell’autrice: Spero vi sia piaciuta! Magari vorrete leggere altre mie storie qui.
Potete anche venire a parlarmi su Tumblr, il mio account è hanna-notmontana, lì!
Sarei felicissima se qualcuno facesse delle fanart – quindi se lo fate, per favore scrivetemi un messaggio su Tumblr o qui o mandatemi un piccione o un messaggio in bottiglia ;)
Con amore, Hanna


Ultime note della traduttrice: Perché sì, non riesco proprio a rassegnarmi al fatto che devo smettere di scrivere. 
Ancora grazie mille, siete stati dei compagni di lettura fantastici!
Mi raccomando, voglio sentire i vostri pareri sul finale o su qualsiasi cosa in generale, quindi fatevi sentire per un'ultima volta! *sigh*
(Si spera) A presto,
Ashley. 

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