She's Invincible

di SmellyJelly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The lost children ***
Capitolo 2: *** Between the time ***
Capitolo 3: *** Him ***
Capitolo 4: *** Kisses and Hugs ***
Capitolo 5: *** Love me ***



Capitolo 1
*** The lost children ***


The lost children

Il penultimo giorno della libertà di Michael, cioè del 6 settembre 1996, vabbè che non era mai stato libero, ma una volta iniziati i concerti non si sarebbe proprio più fermato.
Stavo sorseggiando un po’ di vodka in un piccolo bicchierino decorato con delle fantasie, ad un certo punto arrivò Michael e gettò sul tavolo un giornale. Si sedette accanto a me.
-Guarda-
Lo fissai stranita.
-Guarda qua-
-Michael Jackson con più di un milione di copie vendute sale verso le stelle con il suo nuovo album: Thriller- risi –tutto qui?-
-Come tutto qui? Che idea hai di grandezza tu?-
-Ok, ok va bene…- mi toccai la punta del naso e poi lo guardai –complimenti Michael, sei un grande, io veramente non posso credere che tu abbia battuto questi record, io sono tutta un wow! Cioè, ti amo!-
Lui mi guardò tipo per lanciarmi saette –sei divertente, sempre con la risposta pronta tu eh?! Sei una streghetta, sei tremenda! Cattiva!-
-Si è vero, canto peggio di te- poggiai il pugno sulla guancia e mi poggiai al tavolo.
Ridemmo e lui fintamente offeso se ne andò lasciandomi nuovamente sola.
Sfogliai varie pagine del giornale e all’improvviso una notizia mi saltò all’occhio…
“Agguato che fa commuovere il mondo: uccisi a Napoli, in Campania una coppia, la madre brasiliana e il padre italiano, un militare tornato dalla guerra per rivedere sua figlia di appena 2 anni. Dopo qualche giorno dal ritorno del padre uccisa la giovane coppia con 35 colpi di pistola, bambina scomparsa”
Più in basso c’era un piccolo riquadro dove c’era scritto:
“La bambina pare si chiamasse Elizabeth e dalle dichiarazioni dei vicini di casa capiamo che la madre straniera amava molto sua figlia e pare vivessero in pace in attesa del padre ancora in guerra, una bambina dagli occhi azzurri come il giovane, i capelli scuri come la madre e la pelle mulatta, una dichiarazione in particolare apre un’altra pista: “Noi pensiamo che sia stata l’invidia di qualcuno a fare questo, nessuno poteva odiare quella famiglia.”
-No…- mi coprii il volto e cominciai a piangere, a quanto sembrava Michael sentì e corse da me.
-Tesoro che succede?- mise una mano dietro la mia schiena e io gli indicai l’articolo che avevo appena letto.
-Oh mio Dio…- mi strinse tanto forte quasi chiudendomi le vie respiratorie, ma infondo in quel momento avrei preferito morire, piuttosto che vivere sotto un finto sorriso.
-Amore mio, io non ho parole… davvero-
Cercò di consolarmi, poi quando il mio pianto si calmò fu come se la “bufera del cuore” si fosse calmata.
-Ti andrebbe di… Andare a trovarli?- azzardò.
-E come fai? Io non credo di essere pronta… Oh Michael… Una tragedia dopo l’altra, ma perché? Dio ce l’ha con me?-
-Vedrai che sarà facile trovarli, e poi ricorda che il migliore modo per superare una paura è affrontarla, ma la cosa più sbagliata da pensare è che sia colpa di Dio. Lui non ce l’ha con nessuno… È il diavolo che vuole farti del male Elizabeth, non bisogna mai dare la colpa a Dio per ciò che ci accade di brutto, lui non vorrebbe mai le nostre sofferenze amore mio… Ha creato noi uomini, noi siamo i suoi figli tesoro, e come potrebbe volere il male dei propri figli…- spiegò.
-Michael- gli strinsi la camicia dietro la schiena.
-Verrò con te, ti accompagnerò ovunque vorrai, sarò con te per sempre- mi strinse forte le mani e mi guardò.
Non mi ero mai sentita cosi amata da una persona, una persona che sarebbe stata disposta ad accompagnarmi in un posto così lontano senza dire nulla, anzi ad incitarmi a farlo, e poi mi amava.
Io ero incredula, lo guardavo per catturare ogni attimo di lui, senza perdermene un secondo, con la perenne paura di perderlo.
-Va bene Michael-
Grazie ad alcune sue conoscenze arrivammo facilmente a conoscere il posto della sepoltura, poi arrivammo in Brasile con il jet privato, dove mio padre aveva conosciuto mia madre. Andammo fino alla tomba, mi bloccai al cancello.
Lui arrivò dietro di me e mi prese la mano. Ci guardammo e poi andammo al posto indicato.
Era una tomba molto grande, che conteneva tutti e due, insieme, poi m’inginocchiai a vedere la foto. Poggiai la testa e le mani vicino a quel freddo marmo e il fiume di lacrime ricominciò. Michael si tolse il cappello, poi io lo abbracciai e ci sedemmo un po’ lì accanto e non ci dicemmo nulla per una buona mezz’oretta.
Ad un certo punto io mi alzai, con Michael che mi guardò stupito.
-Dai andiamo, si è fatto tardi-
Sorrisi. Lui prima non capì, ma poi ci intendemmo e sorrise insieme a me. Avevo superato un altro ostacolo, grazie a lui. Mi ero tolta un gran peso… mi sentivo come se fino a quel momento avessi mancato di rispetto a loro, e questo era sempre stato uno dei miei più grandi dubbi. Era anche per questo che volevo restare sempre da sola, o magari risultavo più irascibile del solito.
Poi vedemmo un bodyguard correre verso di noi con un enorme mazzo di fiori di tutti i tipi.
-L’ho fatto portare io… spero vada bene- disse Michael. Capii dal suo tono che sapeva che quella era una situazione delicatissima, e seppe bene come agire con me.
Gli accarezzai il viso.
Mi accorsi che il marmo però era ricoperto di polvere, nessuno ci veniva da molto, ma qualcuno c’era stato sicuramente mesi prima. Chissà… Magari avevo una nonna, una zia, un cugino… Chissà.
Nel frattempo senza dire nulla presi lo straccio e mi misi a pulire –non vorrai mettere i fiori su questa sporcizia?-
Michael senza farselo dire neanche prese anche lui uno straccio e mi aiutò. Alla fine poggiai i fiori, baciai la foto e tornammo a casa.
Invece di tornare Michael ci diresse verso il mare, in una spiaggia isolata del Rio.
-Credo che il mare sia il miglior posto per pensare, non trovi?- si rivolse a me guardandomi.
-Hai ragione- sorrisi stringendogli la mano.
Arrivati lì facemmo una bella passeggiata mano nella mano, con i bodyguard che si tenevano ad una certa distanza, mi ero quasi abituata ai loro occhi puntati su di noi, quasi…
-Mi sento un tantino osservata, sai?-
Sghignazzò sotto i baffi –mi dispiace, ma non mi lascerebbero mai da solo-
Sospirai rassegnata –lo so… Lo so-
Ci fermammo su un’altura, poi un bodyguard si avvicinò e si tirò via Michael. Io rimasi tra me e me, a pensare…
Devo lasciarmi il passato alle spalle? Non ci riesco, come puoi dimenticare un passato del genere? La mia vita è basata sui miei ricordi… però Michael mi aveva aiutata. Michael era l’unica persona in grado di aiutarmi in questa impresa, mi avrebbe insegnato ad amare, oppure dalle basi: “Cos’è l’amore?”, lui me lo stava dimostrando ed io non potevo essergliene più grata. Mi era rimasto solo lui.
Misi la mano in tasca e mi resi conto che il mio ciondolo/carillon era ancora con me, lo aprii e partì la musica. Sorrisi. Quel ricordo non lasciava altro che dolore nel mio cuore, così me ne liberai per sempre gettandolo nell’acqua, e lo vedevo scivolare nelle viscere dell’oceano.
Ma forse nemmeno quello era in grado di nascondere quei ricordi.
“Qual è il più profondo? L’oceano, o il cuore umano?”
Il cuore umano decisamente, così avrei seppellito con altre cose quei ricordi, ci sarebbe stato più spazio da donare a Michael per il nostro futuro. Davanti a me c’erano cose migliori di quelle che mi ero lasciata alle spalle.
-A che pensi?- si era catapultato dietro di me facendomi sobbalzare.
-Al futuro, a noi nel futuro-
Sorrise e poi mi strinse a se –erano pensieri positivi o negativi?-
Sospirai –direi positivi tesoro-
Si mise a massaggiarmi le spalle, mentre il suo sguardo era distrattamente rivolto verso il mare –menomale, perché sappi che io ho grandi progetti per noi, amore-
Mi voltai verso di lui e ci baciammo, di uno di quei baci lunghi e decisi, un’intesa tra due innamorati persi l’uno dell’altro…

Michael era nella piena di History, c’erano state gioie e dolori anche in quei mesi, ma stavamo vivendo alla grande io e lui. Felici. Questo eravamo.
Nel frattempo io e Siria c’eravamo risentite, poi decidemmo di vederci, così tempo prima vennero a trovarci lei, Miriam e Scarlett. Ci raccontammo tutto, e soprattutto io mi scusai per la mia assenza… mi perdonarono. E alla fine tornammo a sentirci come prima.
Era la sera del 27 settembre 1996, stavamo in una camera d’albergo ad Amsterdam, una delle tre tappe di quel luogo, avevo appena sciolto i capelli dal mollettone che li teneva a stento (ricordatevi una criniera nera, cappelli uguali) e mi sedetti vicino a Michael sul divanetto di fronte alla finestra che affacciava su tutta la città, e lui sorseggiava un po’ di vodka.
Mi appoggiai al suo braccio.
-Come sono andate le prove?- domandai ad occhi chiusi.
-Molto bene- sorrise –tesoro-
-Dimmi-
-Voglio un figlio- disse ad un tratto lui, tutto tranquillo.
Mi sollevai di scatto e lo fissai –che c’è? Sono serio-
-Curioso, avrei detto il contrario… Michael- sospirai –io ho paura-
-Paura di cosa?- domandò guardandomi.
-Di quello che c’è fuori di qui- io mi voltai verso la finestra.
-Prima non avevi timore, con Katherine-
-Ma io pensavo che non ti avrei più rivisto, questa volta sarà anche tuo figlio Michael, il figlio di Michael Jackson… di questo ho paura- abbassai il viso.
-Lo proteggeremo Elizabeth, io e te, come una famiglia. Te lo immagini? La piccola famigliola felice, la mia famiglia, ho sempre sognato di averne una tutta mia! E di poter coccolare mia moglie e i miei figli! Voglio tredici figli, chissà poi quanti nipoti avremo- rise.
Risi anch’io –vacci piano. Non sono un forno. Capirai… la fatica la faccio io, non tu- roteai gli occhi.
-Ah davvero?- mise le mani ai fianchi e mi guardò divertito.
-Davvero! Tu devi solo infilare la pagnotta in forno, che vuoi che sia! Una passeggiata…- lo sfidai.
Da parte sua bastò solo una leggera spinta e io finii dritta, dritta sul divano.
-Vuoi che te lo dimostri?- disse lui sorridente.
-Sono scettica… ma per adesso ti perdono per aver detto la cretinata di prima, facciamo questo bambino- lo abbracciai.
-Le donne sono gli esseri più meravigliosi che esistano su questa Terra, hanno la capacità di creare la vita… È come una magia-
Gli accarezzai il viso e poi il resto lo immaginate. Quella notte specialmente fu meravigliosa, e faticosa. Il giorno dopo dormimmo fino all’ora di pranzo. Michael la sera doveva fare un concerto, non scherziamo!

Dopo una decina di giorni fu il momento della verità.
Ma fu anche la notizia più brutta della mia vita. La ricordo perfettamente la voce della dottoressa.
-Mi dispiace davvero tanto… Ma lei non può avere più figli-
Il mondo mi era crollato addosso, rimasi in silenzio e mi misi in macchina per tornare da Michael.
Appena entrai in camera vidi lui tutto pensieroso e i suoi piedi si muovevano a ritmo di qualcosa, ma presto quell’irrefrenabile felicità sarebbe sparita. Avrebbe fatto “puff”, svanita.
Ma non ce la feci a dirglielo, corsi da lui ad abbracciarlo e piansi soltanto, per un po’ di tempo. Nel frattempo il bodyguard dietro con un semplice movimento della testa gli fece capire che tutto era andato storto, che tutti questi giorni si erano basati su una bugia. Dopo tutte le lacrime glielo spiegai meglio, ma lui non rispose, non disse niente.
Io andai fuori al balcone che affacciava sul mare, e lasciai che il vento mi cullasse.
Non ci parlammo per qualche giorno, come se la colpa fosse stata mia, come se non facesse male abbastanza. Poi arrivò una telefonata, era Siria.
-Lely…-
-Siria, ma che hai?- domandai preoccupata, la sua voce sembrava… depressa.
-Anisa è in ospedale, ha avuto un ictus ed è in coma adesso-
-… Cosa? Stai scherzando…-
-No. Purtroppo no…-
Il telefono cadde, e io insieme a lui. Mi ritrovai in ginocchio a piangere, ancora. Michael era uscito per fortuna, prima di attaccare dissi queste semplici parole a Siria: “Sto arrivando.”
Preparai la valigia, lasciando fuori solo il pigiama per dormire.
E dopo un paio d’ore lui tornò.
-Michael, devo dirti una cosa- mi strinsi –Anisa ha avuto un ictus e adesso è in coma, e io… Devo tornare a casa- chinai la testa.
-Capisco… Mi dispiace- disse distratto.
-Domani mattina-
-Già domani? E quando tornerai?- mi guardò.
-Non lo so- guardai la finestra.
-Elizabeth senti… È meglio che ci prendiamo una pausa-
-Cosa?- lo fissai.
-Ho deciso di avere dei figli da una donna, ma tu non puoi averli perciò sono costretto a…-
Le parole non gli morirono in gola, no… Gliele bloccai io. Strangolarlo? Quasi.
-Credi che sia colpa mia? Perché non mi hai parlato per giorni Michael?! Non hai detto niente, come se tu fossi arrabbiato con me per uno sbaglio che non ho commesso! Come se tu credessi che io sono invincibile… Io non lo sono! Vuoi capirlo? Forse sei l’unico che sa che ho un cuore, cazzo! Ma ti capisco… Sei tu a fare la fatica, giusto?- incrociai le braccia.
-Ero troppo sconvolto, e sono… Stavo prendendo una decisione difficile Elizabeth. Ho capito di non essere normale, ma una famiglia la voglio anch’io-
-Non ho detto questo Michael. Io pure volevo una famiglia, anche a me è crollato il mondo addosso quando la dottoressa ha pronunciato quelle parole, non sei l’unico a essere sconvolto-
Sospirò.
-Scusa, era solo un attimo di trambusto, tutto qui- si sedette –mi dispiace, ma sono così triste. Non andartene tesoro mio, ti prego-
Andai da lui e mi sedetti sulle sue gambe, poi  mi avvolse i fianchi con fare gentile e mi guardò.
-Non posso, lo sai. L’hai sempre detto che… Devo perdonare le persone e aiutare il prossimo, non devo abbandonarla, non ora- dissi decisa.
-Elizabeth non partire subito, ti prego. Resta ancora un po’ qui con me-
-D’accordo. Quanto vorrei che tu venissi con me, Michael- lo abbracciai –non voglio rimanere sola-
-Tu non sei sola, ti prometto che ti chiamerò ogni volta che potrò, e poi c’è Siria, vedrai che ti sosterrà pulcino- mi accarezzò i capelli.
-Non mi lasciare Michael, non di nuovo, ti prego-
-Non lo farei mai, io ti amo… Più di ogni altra cosa al mondo- strinse più forte –aspetta. Ho una cosa per te-
Scesi dalle sue gambe e lui si alzò, dopo un po’ tornò con una scatola molto grande e vellutata. L’ultimo regalo che mi aveva fatto era un carillon con la suoneria di “Man in the mirror”, con gli intarsi argentati e i cavallini erano identici a quelli della giostra a Neverland.
Vidi meglio la scritta sopra quando mi si affiancò, c’era intarsiato Tiffany. Lo aprì.
-Oh mio Dio- mi coprii la bocca e mi alzai dalla sedia.
Era un collier stupendo. Aveva quattro file di diamanti orizzontali, una più bella dell’altra e si andava ad ingrandire man mano, al centro dell’ultima fila c’era il diamante più grande, blu e a forma di cuore.
-Sono…-
-Diamanti. Era il regalo per quando saresti diventata mamma, ma ho preferito fartelo comunque- rise –ah e… Guarda qui-
Girò il cuore centrale, dietro c’era scritto: Elizabeth & Michael, forever and ever.
-È meraviglioso, ma non dovevi. Ti sarà costato un occhio, non voglio che tu spenda così tanto per me-
Mi guardò dolcemente –tu vali dieci volte di più Elizabeth, e neanche il più bel diamante potrebbe essere bello quanto te-
Ci abbracciammo, due lacrime mi rigarono il viso e poi come al solito mi addormentai tra le sue braccia. Quella mattina Michael era stranamente ancora accanto a me, gli diedi un tenero bacio sul naso e poi mi alzai. Dovevo prepararmi per partire.
Feci una doccia in fretta e furia e presi i bagagli. Non volevo svegliare Michael, perché più dormiva e meglio era, le ore di sonno per lui erano molto preziose, così pensai di scrivergli un biglietto.
Amore. So quanto il sonno sia prezioso per te e preferisco non togliertelo, perciò ti ho scritto questo biglietto delle cose che avrei voluto dirti... Questa mattina ho pensato che la tua decisione di avere figli da un’altra donna è un’ottima decisione, dopotutto la tua voglia di avere una famiglia è tanto quanto la mia e avrei fatto lo stesso se non avessi avuto te; non so quando tornerò, ma spero presto, perché… Mi manchi già. Ti amo, la tua Elizabeth.”
Lo attaccai alla porta, ma improvvisamente mi ritrovai una mano sulla spalla.
-Michael-
-Pensavi di andartene senza salutarmi?- alzò un sopracciglio, divertito.
Lo abbracciai –mi mancherai-
-Ti amo-
-Io di più-
-E io anche più del tuo più- mi baciò la fronte.
Ridemmo –troppa dolcezza, andiamo! Mi sta venendo il diabete-
-Va bene, è meglio che ti accompagni adesso-
-Vuoi liberarti di me eh? Non ci riuscirai- risi malefica.
E ancora una volta mi sorpresi quando mi girò verso di lui, che mi accarezzò il viso e poi mi guardò negli occhi. Era come se volesse esaminarmi bene la pelle, continuava a far scivolare le mani dal viso, al collo, alle spalle, accarezzandole. Poi le passò su tutto il resto del corpo, fino ad arrivare alle gambe, e con la mano sinistra alzò la gamba destra e mi baciò. Io gli allacciai le mani al collo e con uno slancio gli saltai in braccio con tutte e due le gambe. Mentre mi teneva continuavamo a baciarci delicatamente nel buio dell’ingresso.
-Michael-
Passò al collo.
-Michael-
-Cosa c’è?-
-Gli aerei non aspettano nessuno- lo fissai dolcemente.
-Ma io sono Michael Jackson, tutto può aspettare per me- continuò.
-Appunto. Tu sei Michael Jackson, io sono una banalissima persona comune e non credo valga lo stesso-
-Tu non sei affatto una persona banale, sei la futura moglie di Michael Jackson-
-Io sono che?- domandai più che sorpresa.
-Niente- mi lasciò immediatamente –vieni, andiamo- sorrise.
-Ah ecco…-
Eravamo arrivati, la macchina si fermò e l’autista ci informò dell’arrivo.
Ero tesa, avevo le mani sudate ed ero terribilmente triste, ma non volevo piangere… Non dovevo farlo. Dovevo restare forte in qualunque momento per Michael, ma quando ci guardammo lui riuscì a cogliere quell’unica, piccola crepa del mio cuore attraverso i miei occhi e cominciai a piangere.
Mi inginocchiai sui sedili, lo abbracciai e cominciai a piangere.
Dopo un po’ anche lui si commosse e pianse insieme a me per qualche minuto, poi per primo si fece forza e mi asciugò tutte le lacrime, fino all’ultima.
-Ti prometto che cercherò di essere sempre presente tesoro, e torna presto. Ricordati sempre che ti amo e che non posso vivere senza di te-
Gli presi una mano e la baciai, poi lui mi avvicinò e mi diede prima un bacio sulla fronte e poi sulle labbra.
-Ti amo tanto e nemmeno io posso stare senza te, perciò mettiamoci l’anima in pace e… Dio- mi morsi le labbra.
-Torna presto-
-Certo, lo spero tanto… Ciao amore-
Scesi dalla macchina e presi il mio bagaglio a mano, una volta preso mi misi un’altra borsa in spalla, pronta per partire.
Poi dietro di me sentii qualcuno bussare dal finestrino oscurato di una macchina. E chi poteva essere se non Michael?
Gli mandai un bacio e lo salutai, e lui ricambiò.
Stavo per perdere l’aereo (come immaginavo), ma arrivai in tempo. Quando presi il biglietto dalla borsa, però, mi accorsi che non era per la seconda classe, bensì la prima! La mia memoria era eccezionale modestamente, e non avrei mai preso un biglietto per la prima classe, anche se vivevo con Michael Jackson.
E fu allora che capii che quando eravamo sull’uscio della porta a baciarci quella mattina, Michael aveva infilato la mano nella mia borsa, poggiata sulla gamba destra che aveva sollevato poco prima.
-Che maledettissimo furbo… Dio, quanto lo amo- dissi maliziosa.
E così per la prima volta dopo mesi e mesi di travaglio, un po’ di vero relax.
Guardai il cellulare. Un messaggio non letto.
Lo aprii.
“Mi manchi, e si… lo so che sei partita cinque minuti fa, ma cosa posso farci…
Ti amo, Michael.”


*Angolo autrice*

Cari lettori belli, sono tornata con il mio seguito, ve l'avevo detto che non vi avrei abbandonati ;)
Forse c'ho messo un po' troppo tempo, ma l'attesa del piacere è essa stessa il piacere! AHAHHAH è la frase di una pubblicità, ma questi sono dettagli.. Spero che questo primo capitolo vi piaccia, e spero di non avervi delusi, magari vi aspettavate qualcos'altro non so.. Se c'è qualcosa che volete dirmi non esitate affatto, infondo noi autori siamo qui per questo..
I love you and God bless you!

SJ

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Capitolo 2
*** Between the time ***


Between the time

Appena due minuti dopo l’arrivo all’aeroporto di Napoli arrivò una chiamata. Era Siria che mi avvertì del fatto che stava per venirmi a prendere per portarmi direttamente nell’ospedale dove Anisa era in coma già da qualche giorno.
Poco tempo dovetti aspettare che la sua Mercedes si presentò davanti all’entrata dell’enorme struttura. Siria scese e venne ad abbracciarmi. Nonostante tutto era molto seria, come non lo era mai stata da quando la conoscevo.
-Vieni, io e te abbiamo bisogno di parole…- gli presi il braccio e la trascinai con me sul lungomare di Napoli.

-Ricapitolando siete fidanzati da un mese, lui come si chiama?- chiesi dopo due ore di racconto del loro primo incontro. Per fortuna ero riuscita a deviare l’argomento Michael per tutto questo tempo nella speranza che tutto questo parlare del suo amoroso l’avesse completamente immersa nel sogno dell’abito bianco scordando completamente con chi ero fidanzata, beh… Non ero una che si vantava, ma…
-Francesco- rispose soddisfatta.
-Francesco promette bene- sorrisi.
-Direi… Ma adesso torniamo a te-
Roteai gli occhi.
Scoppiò a ridere –credevi che me ne fossi dimenticata?-
-Chi, io? Certo che no, cosa vai ad insinuare- nella mia mente avrei voluto schiaffarmi una mano sulla fronte per quanto ero diventata improvvisamente disperata –ma… Sta andando… Bene, tutto bene-
-Tutto qui? Tutto qui?! Andiamo, raccontami qualcosa non so…-
-Cosa vuoi che ti dica? Che ci diamo dentro dalla mattina alla sera? Come vuoi, ci diamo dentro dalla mattina alla sera!- esclamai.
Siria si allontanò e abbassò la testa mentre scoppiava silenziosamente a ridere… E poi mi accorsi che ci stavano fissando tutti, persino le persone dai balconi dei palazzi di fronte al mare. Ma la presi anch’io a ridere, e andai a riprendermi Siria per tenermela ancora buona, buona con me.
-Beh, è stata una risposta abbastanza soddisfacente?- chiesi ironica mentre avevo ancora il rossore in viso.
-Molto- mi sorrise.
Ad un certo punto, però, tutto scomparve. Il nostro sorriso sparì letteralmente in un attimo e Siria cominciò a fissare il pavimento senza neanche più provare a guardarmi, e poi poggiò la testa sulla mia spalla mentre due profonde e dolci lacrime le rigarono il suo viso coperto di lentiggini.
-Mi sei mancata tanto- strinse il mio braccio.
-Anche tu- l’abbracciai.
Ma quello non fu uno dei soliti abbracci, forse i passanti che ci guardavano potevano pensare a due tenere amiche che si scambiavano affetto, ma in realtà quella stretta spezza costole e scalda cuore significava l’amore di più di vent’anni di amicizia, l’amore di due migliori amiche cresciute insieme che si dividono per intraprendere dei futuri diversi, come una specie di addio.
E silenziose e sorridenti ci imbarcammo in auto e in pochi minuti arrivammo all’ospedale. I nostri tacchi rimbombavano nel freddo corridoio che portava alla stanza 127, la stanza dov’era rinchiusa in fine di vita la persona forse più crudele dell’intero ospedale, la mia matrigna.
-Tra poco arriverà tu sai chi- disse infine Siria guardando il suo rolex.
Ma io ero troppo occupata a fissare oltre la vetrata della stanza dove “risposava” tra i suoi demoni Anisa, con quella mascherina dell’ossigeno sul viso, mentre una sola e piccola presa la teneva in vita.
Era incredibile di come la vita poteva essere realmente attaccata ad un “filo”.
-Ho paura di non riuscire a resistere per troppo tempo…- sussurrai infilando la mani nelle tasche.

-È quanto tu sia cresciuta… E soprattutto cambiata-
Chiusi gli occhi. La voce che mi aveva cresciuta era scomparsa come un fantasma e riapparsa come fosse nulla. La ricordavo diversa, ma infondo gli anni cambiano anche le voci…
-Mi dispiace Ariel, mi dispiace di averti affidato tutto questo- dissi ancora rivolta verso il vetro.
-Oh no, bambina non è colpa tua-
-Invece sì- mi voltai con gli occhi velati di lacrime –Ariel, hai fatto molti sacrifici, forse troppi, hai cresciuto una bambina che non sapevi di avere e… dì la verità, ti ho fatta disperare e…-
-Non devi preoccuparti del passato, e poi è come se non avessi fatto nulla, eri una bambina molto intelligente Elizabeth… Hai imparato in fretta, e così man mano che imparavi, crescevi e poi…- si commosse –che vuoi che sia stato un piatto in più a tavola- sorrise.
-Non si tratta solo di questo, tu mi hai dato qualcosa che vale di più dell’oro, mi hai dato i valori e senza quelli avrei preso una brutta strada, lo sai… Avrei preso le orme di Anisa- feci spallucce.
-Beh… Basta guardare i risultati- mi fece roteare su me stessa e poi ci abbracciammo.
L’abbraccio materno mai ricevuto fino a quel giorno.
Il momento della verità.
-Sai Elizabeth… Queste quattro mura danno il tempo di ragionare- mi diede una pacca sulla spalla e poi si volatilizzò.

Passarono dei giorni, ma ogni volta che mi alzavo dal letto d’ospedale accanto al suo riscoprivo la stessa situazione del giorno prima, e non sapevo per quanto sarebbe durato. Di Michael non avevo notizie da un po’, e questo mi preoccupò, ma ogni volta che provavo a chiamarlo non rispondeva, oppure ricevevo la segreteria telefonica.
Avevamo cominciato la discesa? Ebbene sì.
Un giorno, dopo dieci mesi che ero ormai con Anisa ricevetti un messaggio da parte di una delle guardie del corpo di Michael:
“Cara signorina Nastro, il signor Jackson non ha potuto rintracciarvi in nessun modo per via degli impegni, sapete con il tour è diventato molto difficile, ma voleva che vi dicessi che ha trovato la donna che potrà dargli dei figli e la sposerà a breve per non disobbedire alle leggi della sua religione. Mi dice di dirvi anche che vi ama, e che gli mancate più di quanto immaginate.
Paul, la guardia del corpo.”
Ah, è così? Mi faceva contattare addirittura dalla guardia? Molto bene… Bastava il pensiero. Peccato che nel messaggio non c’era scritto nessun “si farà sentire a breve” o roba simile.
Era impossibile che non riuscisse a trovare nemmeno cinque minuti per sentirmi, ma vabbè…
E come mi avevano riferito, proprio il 14 novembre 1996 Michael e Doborah Jeanne Rowe, detta Debbie Rowe, si sposarono a Sidney, in una tappa di History, e forse un po’ di pancia l’aveva già.
Ero felice. Probabilmente penserete: “Come fai ad essere felice se ti sta tradendo?”. Tecnicamente non mi stava tradendo, bensì voleva solo avere dei figli, e io guarda caso non avevo potuto, ed ero più che d’accordo sul fatto che Debbie potesse fargli quel dono.
Anzi, probabilmente quei figli gli avrebbero salvato la vita più di quanto avessi potuto fare io.

Passarono ben tre anni e scoprii (sempre da parte della guardia del corpo Paul) che Michael aveva divorziato da Rowe e che aveva avuto due figli. Un maschio di nome Prince, beh non proprio… Prince Michael Joe Jackson, nato il 13 febbraio 1997, e la piccola Paris, o meglio Paris Katherine Michael Jackson, nata il 3 aprile 1998. Il tour era finito da un pezzo.
Intanto Michael non si era fatto sentire per tutto questo tempo, non si era degnato nemmeno di scrivermi il messaggio personalmente…
Tanto avevo altro a cui pensare… Non ce la facevo più. Anisa era in coma da più di due anni e io non potevo muovermi, dovevo solo aspettare.
Ero seduta sulla sedia mentre la fissavo, ad un certo punto lasciai cadere la testa sul letto, ma fui svegliata dal rumore delle onde verdi dentro il macchinario che aumentavano. Mi alzai di scatto pronta a chiamare un medico, ma fui fermata dalla voce di Anisa.
-Elizabeth…- sussurrò.
-Anisa? Devo… Devo chiamare un dottore-
-No, ascoltami un momento, ti prego-
-Cosa?-
-Devo dirti una cosa importante…-
Alzai un sopracciglio.
-Prima di tutto mi dispiace di averti trattato male per tutti questi anni, non sai quanto me ne sono pentita di aver perso una bambina come te… Queste parole mi vengono dal cuore ti assicuro- aveva la voce rotta e rauca, continuò –secondo… I tuoi genitori-
-Cosa… Che c’entrano ora i miei genitori?-
-Vedi Elizabeth, siamo stati io e mio fratello ad uccidere i tuoi genitori. Noi non volevamo far del male a nessuno… Ma i tuoi genitori hanno reagito, abbiamo dovuto farlo…-
-Tranquilla, l’ho scoperto già io molto tempo fa, ma ho riservato tutto il mio rancore solo per te, non sei contenta che ti riservi queste…. Queste attenzioni?- sorrisi sadica –avresti dovuto dirmelo molto tempo fa che eravate stati voi a sparargli, e non uno stupido incidente…- continuai –la mia vita è fatta solo e soltanto di bugie… Bugie, bugie, bugie… Per 22 anni! Ma infondo tu cosa avresti fatto per proteggere la tua famiglia? Non l’avresti forse protetta a qualsiasi costo?!- strinsi i pugni e inclinai la testa –io non ti perdonerò sappilo, e credevi davvero che abboccassi alla tenera madre premurosa sull’orlo della morte?! Neanche per sogno, non ti darò questa soddisfazione. Mi hai gettato nelle mani della camorra quando avevo solo 13 anni e sono andata a fare la prostituta! La prostituta! Come hai potuto farmi questo?! Ero solo una bambina! Solo una bambina!- gli gridai contro in preda alla rabbia, continuai –dovrai vivere con il dubbio e con la coscienza sporca anche per l’eternità, c’è un girone nell’inferno anche per te sai? Non solo per me- vidi la sua espressione a dir poco sconvolta –oh ho aspettato così tanto per vedere quell’espressione sul tuo volto…-risi e mi avvicinai alla spina, poi mi inginocchiai verso di essa –salutami tanto la tua famiglia- e staccai tutto, senza pensarci.
Vidi esalare l’ultimo suo respiro davanti a me, era proprio così che me la sarei immaginata la sua morte. Io a guardare la scena compiaciuta… Era così che per me doveva finire.
A quel punto entrò Siria insieme a un gruppo di medici che avevano sentito le mie urla.
-Oh mio Dio!- si coprì il volto con le mani e cominciò a piangere.
Io cercai di avvicinarmi –non ti avvicinare… Tu sei… Un mostro!-
-Il mostro non sono io qui- mormorai tranquillamente mentre guardavo il suo colorito diventare man mano più pallido.
Quel giorno mi arrestarono. Sì, avete capito.
Salii nella macchina della polizia davanti agli occhi di tutte le persone che mi conoscevano.
Passai sotto gli occhi di Siria, dei suoi genitori, di Miriam e Scarlett, di Ariel e del resto della famiglia, dei miei vicini di casa e la gente del quartiere, di tutti… E tra le loro espressioni potevo vedere tristezza, delusione o anche felicità per chi era invidioso di me. Ma gli unici occhi che fissai per tutto il tempo erano quelli di Ariel, che pianse anche… Ma almeno osò guardarmi coraggiosamente tutto il tempo.
Era tutto finito, finalmente.

Novembre del 2001
Ero appena uscita dal tribunale dopo aver riflettuto su tutti gli anni che avevo passato dietro le sbarre.
Avevo capito dove poteva arrivare il mio lato oscuro e ormai la fedina penale sarebbe stata segnata una volta per tutte da omicidio volontario, anzi molto volontario, ma almeno mi avevano concesso una cauzione che ovviamente era oltre le mie possibilità economiche.
Era già tanto che venivano a farmi delle visite, veniva spesso Ariel e le gemelle, mentre i genitori di Siria avevano perso la fiducia in me e spesso Siria doveva incontrarmi di nascosto.
Flashback
-Elizabeth, sono venuta qui il più presto possibile… E penso che Miriam e Scarlett ti abbiano parlato, no? Ti hanno detto quelle cose che volevano dirti tempo fa?- disse torturandosi le dita.
-Sì-
-Beh, insomma… Vorrei dirti… Che io… Che noi…-
Non ce la faceva a incrociare il mio sguardo, ma il bello era che nemmeno io ne ero capace. Stavo malissimo, mi stavo sciupando sempre di più e non riusciva a scalfirmi più niente. Niente fino a quando non scesero le prime lacrime di Siria.
A quel punto mi tornò un preciso momento della mia vita con Michael…
Flashback nel flashback
-[…]Eppure non ti accorgi delle persone che ti amano e ti vogliono bene che stanno soffrendo per te? Per quello che ti sta accadendo, per tutto! Non ci pensi?-
Abbassò lo sguardo, ma i suoi occhi non potevano nascondermi niente, mi inginocchiai e poggiai la testa sulla sua gamba.
Il mio tono s’addolcì –siamo qui per te amore, non ti lasceremo solo vedrai-
-Hai ragione…- sorrise.
Fine del flashback nel flashback
Non poteva finire così.
Quelle parole erano uscite dalla mia bocca e adesso io stavo facendo soffrire le poche persone che davvero mi volevano bene, mi stavo riducendo come Michael, solo che per me non c’era nessuno che avrebbe potuto salvarmi… O almeno per com’ero io non mi sarei fatta aiutare da nessuno.
Non potevo permetterlo.
-Siria che succede?- la guardai amorevolmente.
-Succede che ci manchi Elizabeth… E sappiamo che non è colpa tua se hai reagito in quel modo, noi ti vogliamo bene, ti prego torna con noi, e ti prego… Non buttarti giù- si coprì il volto per trattenersi le lacrime.
-Oh tesoro, ti abbraccerei se potessi. Hai ragione… Non devo buttarmi giù, e non lo farò. Baby I promise- sorrisi.
Fine Flashback
La verità era che infondo in galera si stava meglio che nella mia vecchia casa, almeno lì il cibo era gratis, non c’erano tasse e le persone che vivevano con te erano piuttosto simpatiche.
Io per esempio avevo fatto amicizia con un omone grosso e tutto tatuato (che per l’appunto era un tatuatore, anche bravo devo dire! Specializzato in disegni caratteristici giapponesi e ritratti), i soliti carcerati che si vedono nei film… Viveva dalle mie parti e l’avevano arrestato perché aveva sparato contro un uomo che voleva violentare le sue nipotine di appena 6 anni, ma ovviamente non l’avevano creduto. Per me era invece un gigante buono, io ne avevo conosciuti di peggio in verità e visto che avevo sempre sognato di avere qualche tatuaggio, lui me ne aveva promessi quanti ne volevo.
Andammo a pranzo. Di solito c’era sempre qualcuno che si azzuffava e “giganto”, come lo chiamavo io, mi faceva anche da guardia del corpo se qualcuno si azzuffava per me, mi guardava troppo o cercava di toccarmi più del dovuto… Era un amicone!
-Sai Helly- Helly era il mio soprannome tratto da “Ely” di Elizabeth –ogni volta che vengo a mangiare qua mi immagino sempre che qualcuno venga a salvarci come nella canzone di Michael Jackson “Thedy don’t care about us”, la conosci?- chiese.
Ovviamente lui non sapeva niente di quella storia, sapeva poche cose di me, solo il necessario, o magari della mia infanzia, e il motivo per cui avevo ucciso la mia matrigna. Dopotutto la mia storia d’amore con Michael era la cosa più preziosa e dolorosa che avevo.
Michael? Di lui nessuna notizia, avevo solo saputo dl nuovo album Invincible… Chissà se aveva anche provato a contattarmi, ma non avevo più nulla con me e quindi sarebbe finita lì.
Infondo però era meglio così. Forse mi aveva solo mentito, forse mi aveva solo usata, forse non voleva più avere a che fare con me e quindi mi aveva man mano lasciata andare. Le persone di spettacolo erano così.
-No, non lo conosco- risposi sprezzante.
-Come non lo conosci? Ma… C’è qualcosa che non va?- si abbassò verso di me, era un gigante nel vero senso della parola.
Gli sorrisi –sta tranquillo, sto bene-
Dopo essere tornata in stanza arrivò d’improvviso un poliziotto che pronunciò esattamente queste parole: “Signorina Nastro, hanno pagato la vostra cauzione, e perciò siete ufficialmente libera.”
Forse quell’uomo si sarebbe aspettata un’altra reazione da me, ma non feci altro che arricciare la bocca dal disgusto e scendere amaramente dal letto. Abbracciai Oreste.
-Pare che io debba andare- sorrisi fiacca.
-Fatti una vita nuova, tu non ti meriti niente di quello che hai sopportato-
-Sei una brava persona Oreste, ti voglio bene- ci staccammo.
La cosa positiva era che non mi avrebbero più infilato quelle dannate manette che odiavo a morte e che mi avevano lasciato un segno terribile sui polsi. Passando per le altre celle sorrisi perché cominciarono ad applaudirmi, ormai quasi tutti mi avevano presa in simpatia, e conoscendo il passato alle mie spalle era d’obbligo per augurarmi una buona e nuova vita.
-Un momento, chi ha pagato la cauzione?- arrivò questo dubbio improvviso.
-Anonimo-

*Angolo autrice*

Eccomi qua di nuovo! Allora per primo vorrei ringraziare quelli che hanno recensito il primo capitolo di questo sequel, sappiate che vi amo da morire! Ringrazio in special modo jacksonhug che è una ragazza dolcissima e amo il modo in cui scrive tra l'altro...
Comunque parlando di questo capitolo vorrei raccontarvi il mio titolo, significa "Tra il tempo" (ammetto che ho usato google traduttore AHAHAHAHHAHA ^^"), e ho messo questo per farvi capire cosa succede nel "frattempo", cioè una specie di grossa parentesi in mezzo alla loro storia... Ok, spero di aver reso l'idea. Ammetto anche che, giustamente, voi volete leggere la storia tra Michael e lei, quindi questo capitolo potrebbe risultarvi un po' noiosetto anche se ho cercato di farlo più interessante possibile... Beh... Adesso devo andare, spero che il capitolo vi piaccia!
I love you and God bless you!


SJ

 

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Capitolo 3
*** Him ***


Him

La prima cosa da fare era cambiare vita, quindi andare a vivere in un altro posto. Un posto lontano da occhi indiscreti, lontano da persone che pensi di aver deluso, lontano da tutto e tutti in poche parole.
Però avevo fatto una promessa. Sarei dovuta tornare da Siria, le gemelle e Ariel, ma non potevo.
Loro sapevano com’ero fatta e probabilmente sapevano che non sarei mai restata in quel paese. Ogni giovane all’epoca sognava l’America, e io ero giovane.
Perciò dovevo andare da loro per salutarle… E grazie alle mie conoscenze feci radunare tutte tramite una specie di codice segreto che usavamo tutte e cinque per incontrarci nelle situazioni pietose.
-Cristo santo!- esclamazione che usavo in poche occasioni. Poche occasioni estremamente drammatiche, e questa era una di quelle.
Ci abbracciammo.
-Ragazze devo dirvi una cosa molto importante-
-Anche noi- sentenziò Siria.
Attesi.
-Ti vogliamo bene Elizabeth…- cominciò Miriam.
-… Sappiamo a cosa pensi…- continuò Scarlett.
-… Questa volta non ci opporremo, siamo con te…- disse ancora Siria.
-… E questa volta mia cara, abbiamo agito prima di te- terminò Ariel passandomi una busta.
-Aprila coraggio!- sorrise Miriam.
Le squadrai prima tutte e quattro, poi prestai attenzione alla busta, ma non feci troppa attenzione perché ero troppo ansiosa. Presi la prima cosa che mi capitò, una lettera.
L’aveva scritta Siria.
Lessi:
‘Cara Elizabeth,
ne abbiamo passate di avventure insieme, io, te, Miriam, Scarlett e Ariel. Sono più di vent’anni che ci conosciamo e sappiamo praticamente ogni sfumatura del tuo carattere, del tuo spirito libero e delle tue iniziative fuori dal comune, perciò sappiamo che di certo dopo questo brutto periodo che hai vissuto non avremmo mai potuto tenerti un po’ con noi, perché sapevamo che le coccole non servivano a te, che per coccolarti servivano ben altro che baci e abbracci... sapevamo anche che tenerti con noi era come tenere un animale fuori dal suo abitat naturale, era come volerti del male, perciò ti abbiamo fatto un regalo che penso ti farà molto piacere ricevere. A te non piacciono le sorprese, sappiamo anche questo è vero, ma questa secondo noi è l’unica che potrebbe farti davvero felice.
Quindi questa è la nostra ultima avventura, che sarà un po’ diversa dalle altre perché non la vivremo insieme, però sarà come se fossimo per sempre con te ricordalo.
Ecco, penso che questo sia un addio. Addio è una parola difficile specialmente per me, la tua Siry, però questa volta è una parola necessaria e sarei egoista se non avessi voluto un giorno pronunciarla...
Forse avrai le lacrime agli occhi quando leggerai queste parole, ma devi restare forte. Adesso devi tirare fuori tutta la forza che hai, o tutta quella che ti è rimasta per farne posto ad altra che di certo sarà più potente per affrontare la NOSTRA prossima avventura. In più alla tua ti diamo anche la nostra di forza, sappi che ti meriti tutto il bene del mondo ora e tu non fartelo scappare, sarà prezioso.
L’ultima cosa che devi sapere, e che forse sai già, ma che specialmente adesso devi ricordarti... è che noi ti abbiamo voluto bene, ti vogliamo bene e te ne vorremo per sempre.
Queste parole sono il frutto della nostra amicizia speciale, le tue,
Ariel, Siria, Miriam e Scarlett.
P.s. buona fortuna per questo periodo della tua storia, sei invincibile.’
Avevano ragione quando pensavano che avrei pianto. Un fiume mi scorreva sulle guance, fino a proseguire per arrivare al profondo del mio cuore. Quando alzai il capo le quattro non c’erano più, si erano volatilizzate.
Nella busta c’erano anche qualche migliaia di euro e un biglietto di prima classe diretto a New York e dovevo muovermi per non perderlo. Sapevano che dovendo partire subito non avrei avuto neanche il tempo di piangere o di pensare, e sapevano che almeno sull’aereo quel meraviglioso paesaggio sotto di me mi avrebbe consolata.
Ora capivo chi aveva pagato la cauzione. L’unica cosa che non capivo era il perché dell’anonimo. Forse non voleva farsi scoprire dai genitori, o per non infangarsi la reputazione che nella sua vita contava moltissimo, quindi potevo capire… Ma infondo nessuno l’avrebbe saputo comunque… Mah.
Poi mi accorsi di quanto davvero contava per me la loro amicizia e che eravamo cresciute praticamente insieme… E notai di quanto Siria fosse maturata in questi anni. Altroché se mi sarebbero mancate, adesso capivo davvero il valore di tutto ciò che sino a quel momento avevo avuto sotto gli occhi, ma infondo una cosa la si apprezza più quando non la si ha.
All’improvviso mi venne l’idea di risponderle, mi ripromisi di mandargliela più presto quella mia lettera.
Presi carta e penna.
‘Care ragazze,
avete centrato con quel regalo, sapevo che non mi avreste mai delusa e sapevo che infondo un po’ di fiducia in me vi era rimasta. Però dovete sapere che non solo voi avete prestato attenzione alla mia personalità “sfuresta” come dici tu Ariel, e perciò anche io vi ho preparato delle sorprese coi fiocchi.
Credevate di non essere le uniche ad agire senza destare sospetti non è così?
Sì, io ho pianto. Voi sapete quanto ci vuole per farmi piagnucolare come una bambina, beh ci siete riuscite, ma infondo me l’aspettavo...
Neanche io sono favorevole a questo addio, ma prima o poi doveva accadere lo so, le nostre vite devono prendere strade diverse e questo è un bene da un lato, ma dall’altro non vi dimenticherò mai, perché è impossibile dimenticare delle persone eccezionali come voi, che mi hanno supportata e sopportata anche in circostanze in cui mi sarei odiata da sola. Non so come ci siete riuscite, ma in qualche modo ce l’avete fatta!
Prima che pianga di nuovo vi auguro una buona vita, siete invincibili e... vi voglio bene, siete le persone più speciali che ci siano sulla faccia della Terra.
Rimarrete sempre nel mio cuore, siete la mia infanzia perduta che grazie a voi un po’ ho vissuto.
Grazie di tutto, la vostra,
Elizabeth (Lely o bambina).’

Arrivai nell’aeroporto della grande mela nel tardo pomeriggio del 7 novembre 2001 e la prima cosa da fare era trovare un appartamento.
Di fronte all’uscita, però, riconobbi uno dei molteplici autisti di Siria che mi accolse con un caldo benvenuto.
-Salve signorina Nastro- mi sorrise.
-Ma voi cosa ci fate qui?- chiesi felicemente stupita.
-Sono venuto qui per il nostro ultimo appuntamento come mi ha riferito la signorina Rosenberg, vi porto nel vostro nuovo appartamento a time square- mi invitò a salire sulla limousine.
-Davvero? Siria ha fatto questo… Per me?- mi misi una mano sul cuore.
-Sì, insieme alle gemelline e alla loro madre-
-Lo sapevo, ma quanto posso amarle quelle quattro!- saltai subito in macchina, e quasi mi addormentai, ma non potevo farlo perché dovevo abituarmi ai ritmi americani.
Arrivammo di fronte a un palazzo poco meno alto degli altri, era delizioso, colorato di un adorabile color ceruleo che si distingueva perfettamente dagli altri che erano quasi tutti vetrati, e aveva le finestre belle grandi come piacevano a me.
Prima di scendere dall’auto consegnai la lettera all’autista.
-Mi raccomando- gli feci l’occhiolino.
-Sempre con molta discrezione miss- anche lui fece l’occhiolino che io poté vedere attraverso lo specchietto retrovisore, visto che lui era rivolto verso la strada.
Risi –vi ringrazio- aprii lo sportello e annusai l’aria frenetica della mia nuova dimora, New York City.
Quando entrai nell’appartamento capii subito che l’avevano scelto quelle quattro. Era tutto colorato, nessun muro bianco o color panna, solo verde, azzurro e rosa carne. Tutto sommato era piccolo, con un salone dove c’erano un divanetto, una tv (che era inutile visto che io non la guardavo mai) e altre cianfrusaglie varie, una cucina munita di qualsiasi cosa una donna abbia bisogno dove la caffettiera persino era a pois! Fu la prima cosa che notai perché la cosa più importante in una cucina per una donna napoletana era il caffè e quindi automaticamente la caffettiera, e poi c’era la camera da letto con un letto matrimoniale e infine il bagno.
Tutta la casa profumava di un’essenza particolare che mi ricordava qualcosa, o qualcuno. Fu una cosa particolarmente interessante cosicché rubò tutta la mia attenzione. Qualcuno che non fosse Siria o le altre c’era stato…
Riconobbi l’orchidea. Orchidea e cioccolato! Un momento. Quello era il profumo di Michael!
-Non può essere…- rimasi sconvolta –non può essere che Siria si sia messa un profumo da uomo?- domandai a me stessa, ma poi –no… Decisamente non può essere-
Ma Michael non poteva esser stato lì, di certo non era l’unico ad avere quel profumo. Ma sì, era solo un caso. Cercai di scacciare quei pensieri immediatamente e cercai di pensare solo a sistemare le mie cose.
Malgrado ciò quel profumo era ovunque, e io non l’avevo scordato.

Il giorno seguente mi svegliai un po’ tardino… Alle 11:30, minuto più, minuto meno. Preparai il caffè e in seguito lo bevvi affacciata alla finestra, com’era mio solito. Mi misi a guardare il via vai di gente che affollava time square e persi una mezz’ora di tempo.
Non sapevo cosa fare, così presi uno di quei giornali dove di solito c’erano elencati tutti i lavori possibili e immaginabili. Diciamo che non avevo nessun titolo scolastico eccezionale, il resto me l’avevo insegnato Ariel, ma di certo non potevo mandare un curriculum scrivendo le sue educazioni… Del resto a me non era mai piaciuta la scuola cosa potevo farci, così cerchiai questo lavoro come domestica di una ricca donna che abitava a qualche isolato da dove stavo io.
Nel pomeriggio decisi di andare a trovare questa donna, ma ovviamente doveva per forza capitarmi qualcosa di infelicemente inaspettato sulla strada verso la mia destinazione.
Infatti mentre passavo per un centro commerciale che si chiamava “Virgin Megastore” vidi lui… Il Dio sceso in terra per eccellenza…
-Michael- farfugliai.
Quant’era cambiato… Si vedeva da un miglio che era sotto l’effetto dei farmaci, o almeno io ero in grado di accorgermene. Si era tagliato i capelli, aveva un viso stanco, gli occhi a palla ed era truccato uno schifo. Diciamo che era un mix di cose che lo rendevano così, provai pietà per lui.
Nonostante tutto mi mancava così tanto che se avessi potuto sarei salita dritta sull’affare su cui stava e, dopo avergli tirato un bel ceffone, l’avrei abbracciato così forte che sarebbe morto asfissiato.
Cominciarono a scendere le lacrime, ma infondo io nemmeno me ne accorsi; restavo ferma a fissarlo come un’idiota… Nessun singhiozzo, troppi pensieri, troppi. Ma non mi aveva più cercata, non mi voleva e dovevo lasciarlo libero.
Ad un certo punto però si girò verso di me, come se avesse sentito le mie lacrime, tuttavia non sembrava affatto sorpreso. Io a quel punto mi voltai e mi accorsi anche che stavo piangendo, così iniziai a singhiozzare sul serio. Corsi via. Tanto sapevo che non avrebbe mai potuto raggiungermi, o magari l’avrebbe fatto dopo, forse per non essere eccessivamente codardo sarebbe venuto da me per dirmi una volta per tutte che non mi amava più, che la cotta passeggera era appunto passata. Sì, l’avrebbe decisamente fatto.
Le persone mentono.
Mi diedi un’aggiustatina per la strada, poi ad un certo punto mi voltai e mi sembrò quasi come se stessi per diventare una statua di sale…
Tanto lui non mi avrebbe mai vista ormai, ero troppo lontana… Ma le mie gambe erano pietrificate, non riuscivo a fare un passo, non ce la facevo. E come un’idiota tornai indietro, tornai indietro per vederlo ancora una volta.
Mi nascosi dietro un pilastro per non essere incrociata ancora, e restavo lì, a bocca aperta come a fissare un Dio sceso in Terra per mescolarsi con i comuni mortali, e poi da come lo veneravano i suoi fans…
-Elizabeth… Sei proprio tu?- mi chiamò una voce davanti al pilastro.
-Chi sei?- mi nascosi immediatamente meglio dietro quell’enorme colonna.
-Sono Frank, Frank Cascio. Ti… Ti ricordi di me?-
Spalancai gli occhi. A quel punto uscii allo scoperto e lo vidi, com’era cresciuto.
-Frank? Frank! Oh Frank, mi sei mancato così tanto- lo abbracciai forte.
-Lely- si staccò per potermi guardare meglio –Lely sei… Così cambiata… In meglio davvero! Sbaglio o sei più alta? E i tuoi occhi sono più blu del solito!- rise.
-Avevo solo 18 anni quando mi hai conosciuta, sono cresciuta Francesco! E anche tu a quanto pare- risi anch’io.
-Ma che ci fai qui?- chiese divertito.
-Mi sono traferita qui a time square e adesso stavo andando a fare una commissione, tu invece?- appena pronunciai quella domanda fu come una botta in testa, avrei voluto rimangiarmi tutto… Tanto la sapevo già la risposta, e non mi piaceva per niente.
-Sono qui con Michael… Per promuovere il nuovo album- e infatti se ne accorse, e man mano che diceva la frase scendeva sempre più di tono. Non lo sentii quasi per niente grazie alle urla dei fans e non osai richiederglielo neanche morta.
-Chiaro…- roteai gli occhi.
-Lely che ne dici se ci vediamo questa sera? Ti prego! Questo di certo non lo trovo il posto adatto per parlare- e per l’appunto dovevamo gridare per sentirci.
-Certo, dove vuoi che ci vediamo?- sorrisi.
-C’è un ristorantino in periferia, credo sia meglio per avere più discrezione…-
-Perché? Sei diventato famoso anche tu adesso? Hai bisogno anche tu di “privacy”?- incrociai le braccia.
Rise –certo che no, solo non mi piacciono i posti affollati- fece spallucce, poi mi guardò –e nemmeno a te viste le scorse esperienze-
Sicuramente alludeva a quando svenni a quel fottuto concerto, quando incontrai Michael per la seconda volta nella mia vita, oppure a quando io e Jackson andammo a quella cena piena zeppa di vipere e sanguisughe… Quando indossai quell’anello che avrebbe dato a Lisa per il loro fidanzamento.
-Sai Frank, sei un sadico- sorrisi sarcastica.
-Andiamo sto scherzando!- rise –senti e…- smise di parlare all’istante quando si accorse che io e Michael ci stavamo squadrando ben benino dalla testa ai piedi. Ci guardammo così tanto che mi parve di perdere la concezione del tempo, poi spostò lo sguardo da me a Frank, e io ne approfittai per riprendermi.
-Senti niente, Frank! Devo andarmene da qui…-
-Aspetta!- mi fermò per il braccio –non ti ho detto ancora quale ristorante è!-
-Non credo sia il momento adatto…- guardai arrabbiata prima lui e poi il mio braccio che lasciò immediatamente poi.
-Scusa… Si chiama…-
-Lo so già! Frank ascoltami… Io non… Non parlarne con Lui però-
-Certo, ci vediamo a mezzanotte lì- stirò la bocca in un sorriso molto, molto tirato…
Anche io gli sorrisi un po’ stanca, poi gli diedi un abbraccio veloce e me ne andai.
Ormai però era troppo tardi per andare da quella donna, così decisi semplicemente di chiamarla per prendere un appuntamento. Tornai a casa passando per un’altra strada e infine presi l’appuntamento per l’indomani, sempre nel tardo pomeriggio.
Pov Frank
Dovevo parlare a Michael dell’incontro assolutamente, ma quando ci parlai non era per nulla contento di ciò che aveva visto.
-Come ti sei permesso anche solo di sfiorarla?! Pensavo fossi mio amico, cazzo! Io la amo, la amo e tu non capisci come io stia soffrendo per lei!- gridò mentre gesticolava infuriato.
-Sta calmo amico! Io ti ho salvato la pelle! Non ti vuole più vedere, sai?! È colpa tua e se non fosse stato per me voi due non vi sareste mai più visti! Avete un appuntamento sta sera in quel fottuto ristorante di periferia che ti piace tanto- sorrisi pensando alla sua reazione.
-Oh Frank tu sei un santo!- si intristì –davvero non voleva più vedermi?- mi chiese.
-Certo che no! Mi pare ovvio, te ne sei andato senza dirle nulla e lei cosa avrebbe dovuto pensare? Che l’hai lasciata senza dirgli niente come un codardo, Michael! Ha più che ragione a non volerti vedere neanche di striscio- incrociai le braccia.
-Lo so che ha ragione… Ma non ho potuto- si prese la testa tra le mani.
-Si, ma adesso lascia perdere il passato. Se non la recuperi adesso sei fottuto- gli misi una mano sulla spalla.
-Mi è mancata così tanto, è così bella e io l’ho fatta soffrire ancora… Lei non lo merita, capisci? Non lo merita affatto…- si lasciò cadere su una poltrona.
-Lo so amico, lo so…- cercai di consolarlo, ma purtroppo il dado era tratto.
-Ed è tutta colpa mia-
Pov Elizabeth
Quella sera ci misi anni a preparami. Stavo ferma davanti allo specchio a fissare il mio riflesso.
Menomale che per noi donne valeva la regola che gli uomini dovevano aspettare anche una vita se volevano davvero avere una speranza.
Visto e considerato che era novembre, di certo non potevo mettermi un vestito corto a giromanica e poi non era nemmeno l’occasione adatta. Era solo una rimpatriata tra amici, certo.
Così optai per un jeans scuro e lungo con i risvolti sulle caviglie, una camicia di pizzo nero che creava un effetto vedo/non vedo del reggiseno nero da sotto, questa aveva due aperture ai lati che lasciavano intravedere i fianchi. Presi una borsa bianca di Chanel (regalatami da Siria e messa in pochissime occasioni) con il logo in grande vista sul lato e infine tacchi neri aperti sul davanti. Poi bracciali e anelli in grande quantità, mentre i capelli li lasciai semplicemente sciolti. Quanto al trucco pensai a matita, mascara, e eyeliner in modo da dare un effetto “occhi di gatto”.
Tutto sommato ero semplice, come al solito. Semplice e raffinata. E no, non soffrivo il freddo…
Erano le 00:16 quando scesi da casa, e sapevo benissimo che era tardi, ma infondo non mi sarebbe dispiaciuto neanche un po’ che Frank se ne fosse andato… Intuendo di cosa avremmo parlato.
Presi un taxi e una volta arrivata in questo piccolo ristorantino in periferia purtroppo vidi che c’era, e che stava aspettando tutto infreddolito fuori dal locale.
-Lely, ce ne hai messo di tempo!-
-Ah… È solo la mezza, che vuoi che sia! E poi avresti dovuto sapere che ci avrei messo tempo-
Pov Frank
-Voi donne…-
-Eh? Cosa vorresti dire Francesco?- domandò sarcastica.
-Niente, niente…- risi –vieni, c’è un tavolo che ci aspetta-
Il piano stava funzionando. Mentre l’accompagnavo sorrisi pensando a Michael che camminava avanti e indietro con una rosa in mano nella parte privata del ristorante.
Bastò solo che lo intravedesse per fermarsi di colpo…
Pov Elizabeth
-No Frank, non dovevi farlo… Io ti avevo detto solo noi due… Mi dispiace ma non ce la faccio, non ci riesco, non ci riesco…- sentii gli occhi pungermi.
Feci per andarmene.
-Elizabeth-
Era la sua voce. Io ancora girata cercai di trattenere le lacrime.
-Elizabeth ti prego, non andartene-
Amavo la sua voce, l’amavo tantissimo ma in quel momento non portava altro che lacrime.
Non riuscii a trattenerle. Dovetti correre fuori perché non ce la facevo, né a sentirlo e né a vederlo.
Singhiozzai per una gran parte di tempo, e non riuscivo a smettere, ma mi era mancato troppo. Mi sedetti su una panchina, tirai le gambe su e le avvicinai al petto, dopodiché poggiai la testa al muro per facilitare il percorso viso-terra dei sentimenti che scendevano dalle guance.
Pov Frank
Michael abbassò la testa e spezzò il gambo della rosa per poi gettarlo a terra.
-Non vuole più vedermi Frank, è finita… Non ha voluto nemmeno guardarmi in faccia, è colpa mia, sono lo stronzo che l’ha abbandonata… Me lo merito di perdere l’amore della mia vita- calpestò il fiore.
-Mike, io…- mi presi un minuto per ragionare.
Intanto lui si sedette su una sedia di un tavolo e poggiò la testa su di esso.
-Morirò senza di lei-
Non potevo lasciarlo così, dovevo salvare il seguito della situazione.
-Non è detta l’ultima parola-
Andai da Elizabeth e mi sedetti accanto a lei.
Pov Elizabeth
-Vattene Frank, andatevene tutti e due e non fatevi più vedere- sentenziò.
-Ely…-
-Credevi di ingannarmi non è così?- disse con voce rotta dal pianto.
-Non volevo ingannarti, ma era l’unico modo per far sì che vi riappacificaste- cercai di dirle.
-Non esiste, è impossibile. Perché mai dovrei perdonarlo?- fece spallucce.
-Allora vieni a tavola. Solo ora, facciamo che io volevo solo rincontrarti per una bella rimpatriata, che ne dici? Poi non mi vedrai più, anzi non ci vedrai mai più, te lo prometto- allungai la mano in segno di promessa.
-È una vera promessa?- si voltò leggermente.
-Si-
Allora a quel punto si girò completamente e mi strinse la mano.
Le porsi un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
-Grazie Frank, sei un tesoro- sorrise.
-Lo so-
Rise, almeno questo…
Pov Elizabeth
Con l’aiuto di Frank mi diedi anche un aggiustatina al trucco, che due minuti prima era tutto sbavato. E ci dirigemmo ancora una volta nel locale.
Quando lo vidi la seconda volta era seduto, con la testa poggiata sul tavolo, poi si voltò e si alzò subito. Anche lui aveva pianto.
-Ciao Michael…- spalancò la bocca, forse temeva che non gli avrei rivolto nemmeno la parola quella sera.


*Angolo autrice*
Eccomi qua! Sono tornata e... Grazie a quelli che hanno recensito gli scorsi capitoli, grazie davvero, voi mi date sempre l'aiuto per continuare, I love you!
Beh, questo capitolo credo che sia uno dei più belli, anche se ci sono molte lacrime... Ma almeno possono ritrovarsi e chissà... Magari anche a chiarirsi e tornare di nuovo insieme! Ma questo si vedrà, infondo lui l'ha abbandonata ed è dfinitavamente sparito per anni, quando lei ha affrontato forse (e dico forse) il periodo più brutto della sua vita.
Resta a voi vedere come andrà a finire ;)
Spero quindi che vi piaccia e buona lettura!
I love you and God bless...


SJ
 

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Capitolo 4
*** Kisses and Hugs ***


Kisses and Hugs

-Ciao- fece un minuscolo sorriso.
-Su, accomodiamoci- fece Frank.
Un cameriere venne a prendere le ordinazioni.
-Io prendo del pollo fritto- disse Frank distogliendo lo sguardo dal menù.
-Per me lo stesso- dicemmo all’unisono io e Jackson.
Sorrisi. Mi sentivo gli occhi di lui puntati addosso, era di fronte a me quindi lo sentivo il doppio. Io non osavo alzare lo sguardo dal tavolo.
-Allora Elizabeth-
Ed ecco che Franceschino voleva farmi fare la solita figura. Gli lanciai un’occhiataccia.
-Ci si rivede dopo secoli, eh?-
-Già, e tu sei sempre il solito burlone, non sei cambiato per niente-
La sua risata, la sua risata! Oh Dio, quanto amavo la risata di Michael. Sorrisi e per sbaglio alzai gli occhi verso di lui che mi guardò dolcemente, però dopo cinque secondi tornai a fissare la tovaglia.
-Anche questo è vero- continuò Frank.
-E tu invece sei diventata più bella- se ne uscì Jackson.
Questo no. Questo decisamente non doveva dirlo quell’altro di là…
Divenni più seria e mi voltai verso il pavimento.
-Scusami- abbassò anche lui lo sguardo.
-Andiamo gente, cos’è questa tensione!-
Finalmente dopo quelli che mi erano sembrati anni arrivò la pietanza servita su un piatto d’argento. E con questo non intendevo la frase di Frank, sempre fuori luogo… Bensì il nostro pollo fritto, che salvò la situazione.
Mangiammo in silenzio.
All’improvviso squillò un telefono. Non era il mio, nemmeno quello di Michael, ma quello di Frank.
“Non andartene!” sperai vivamente che riuscisse a percepire il mio pensiero, invece se ne andò senza pensarci due volte.
Rimanemmo solo io e il mio nemico/amico/amante/che tra l’altro amavo ancora da morire...
-Strano che il tuo telefono non sia squillato ancora…- mi rivolsi a Michael, sempre scacciando via il suo sguardo.
-Non l’ho portato, non volevo che rovinasse la cena squillando tutta la sera- spiegò.
“Come se non lo fosse già rovinata” avrei voluto rispondergli.
-Ti avevo portato una rosa, ma…- guardò i resti del fiore per terra.
-Non preoccuparti- dissi fredda e rapida.
Sospirò –senti Elizabeth-
-Non cominciare con le tue spiegazioni melodrammatiche, Michael. So bene che non mi ami più, solo che non pensavo che non avresti avuto nemmeno il coraggio di dirmelo in faccia- finalmente dopo un’ora ebbi il coraggio di sostenere il suo sguardo.
-No, no, no… Non è così, non devi pensare questo, io…-
Lo bloccai –mi hai abbandonata per la seconda volta, non sai quanto ho sofferto per te… Ma a te non è importato di niente lo so, dopotutto tu sei una star, ne cambi una al giorno giusto?-
Nonostante il mio tono duro, lui non si smosse e continuò a parlarmi dolcemente tutto il tempo –io ti amo-
In realtà voleva dire “Io ti amo Elizabeth, sciogliti adesso con il suo della mia voce che pronuncia queste parole, sciogliti!” e avrebbe riso di me.
-Certo, e io sono Elvis Presley-
-Dico davvero, io ti amo e tu lo sai-
-No invece. Perché mi hai fatto contattare dalla tua guardia del corpo Michael? Non avevi neanche cinque minuti di tempo da dedicarmi? Neanche cinque minuti del cazzo per chiamarmi e dire “senti mi sono risposato, ho due figli e una nuova vita del cazzo” eh?! No?!- gettai il fazzoletto che avevo in mano sul tavolo e mi alzai.
Ma lui fece prima di me e mi trattenne prendendomi per mano.
-Non toccarmi- scandii bene le parole.
-Ti scongiuro Elizabeth, ti scongiuro, dammi solo cinque minuti per rimediare- alzò le mani.
-Non ci vogliono cinque minuti, sai? Anni forse, o anche più…-
-E allora lasciami rimediare-
Disapprovai con la testa –non è così semplice, ma… Dimmi almeno il perché…- ed ecco che tornarono le lacrime.
-Io… Avevo paura. Quando ho sposato Deborah Rowe l’ho fatto per volontà di mia madre, che non voleva che io avessi rapporti prima del matrimonio, anche se era già accaduto con te, e poi… Tutti hanno cominciato a dirmi che non facevi per me, che eri troppo giovane e che dovevo puntare più in alto e io… Li ho ascoltati…-
Mi coprii le orecchie come a non voler sentire neanche più una parola dalla sua bocca.
-Allora anche tu sei come tutti gli altri, non sei diverso, è così? Io ho scelto di aprire il mio cuore a te, soltanto a te, e tu… Me l’hai ridotto a brandelli dopo che per ricostruirlo ci ho messo una vita… Una vita intera… Sono una stupida, credevo ancora nelle favole, ero ancora troppo giovane è vero- mi poggiai al muro per non crollare.
-Li ho ascoltati, ma non riuscivo a dimenticarti… Così ho deciso di avere una relazione con te quando saresti cresciuta e quindi saresti stata più matura per affrontare il mio mondo, ma sapevo che non mi avresti più accettato e che era troppo tardi, però tu eri nella mia mente giorno e notte Elizabeth, io dovevo rivederti anche a costo di rischiare un addio definitivo… Ma tu non mi credi, vero?- lo chiese come se avesse già perso le speranze.
-Anche io ti pensavo giorno e notte, ti amo Michael anche se tu mi hai fatto soffrire come nessuno… Ti amo ancora, ma ho paura di ricascarci di nuovo, so che sarà così… È così e sarà così per sempre, ma forse non è colpa tua, forse è colpa del mondo che ti circonda… Infondo tutte le donne sono ai tuoi piedi, perché hai scelto proprio me, la conquista più difficile? Quale assurdo motivo più che altro?- domandai incredula.
-Perché tu non eri tutte le donne, tu eri tu e non ti saresti buttata ai miei piedi nemmeno per tutto l’oro del mondo, io dovevo guadagnarti e accettare i tuoi difetti, il tuo passato, le tue paure, ed è bellissimo amare una persona per davvero, quando ti guadagni qualcosa con l’impegno e il sudore provi soddisfazione perché hai preso infondo la pietra più preziosa tra quelle comuni-
-Che parole… Mi avresti convinta se non fosse stata la seconda volta che mi deludi, ma tu sei solo un umano, fai i tuoi sbagli, no? È come se tu stessi chiedendo lo sconto ad un venditore con le tue belle parole, ma non ci riuscirai per la seconda volta. È merce preziosa quella con cui stai giocando, lo sai?- risi di gusto.
-Molto bene. Avevo solo bisogno di una risposta Elizabeth, e tu sei stata chiara. Lo accetto, le persone vanno lasciate libere… E tu sei l’essenza della libertà- mi guardò con tenerezza –però voglio chiederti un’ultima cosa se me lo permetti, poi me ne andrò per sempre…-
-Certo, dimmi pure-
-Voglio stringerti e baciarti l’ultima volta per avere la sensazione di esser riuscito a riconquistarti, ti prego-
-Non mi chiedi poco- ovviai.
-Lo so-
“La tua mente dice no, ma il tuo corpo dice sì…”
Fu come se Siria si fosse trovata sempre dietro Michael e avesse sentito tutto, in quel momento me la immaginavo che mi diceva di rispondere di sì. Poi vidi le gemelle, tutte attorcigliate l’una all’altra che non aspettavano altro. Non potevo dire di no. Tanto a quel punto mi sarei fatta del male in tutti e due i casi.
La carne è forte.
-D’accordo- abbassai lo sguardo.
Fu a quel punto che tutto andò in frantumi, quando ebbi l’occasione di provare ancora una volta il sapore delle sue labbra.
Dato che era l’ultima volta sia lui che io ci mettemmo tutto l’impegno possibile, e voi potete solo immaginare cosa ne venne fuori.
Le sue labbra erano morbide e sapevano di rosa, non so… Mi davano questa impressione. E poi erano dolci, dolci come lo era la torta di noci che cucinava sempre Ariel, una cosa più buona di quella non sarebbe mai esistita. Non aveva perso nemmeno la sua foga nel baciare, e questo invece lo capii quando dovetti schiudere la bocca per la troppa pressione della sua lingua. Fu come un grosso respiro dopo essere stata sott’acqua troppo tempo, una soddisfazione inimmaginabile.
Le morsi, erano troppo morbide, irresistibili. Le morsi quasi con troppa passione, perché temetti di fargli male, ma avrei voluto farlo tutto il tempo e poi attraverso quel morso lo trascinai con me fino ad andare a sbattere contro un altro tavolo… Risi sulle sue labbra.
Purtroppo a breve avremmo dovuto fermarci, altrimenti non ne saremmo usciti vivi, e poi avremmo continuato e continuato fino ad arrivare alla camera da letto del ristorante/hotel dove avevamo appena consumato la cena.
Però non finì come lo immaginavo. Ci fu un altro bacio per colpa mia sta volta, avevo attaccato io, ma non potevo farci nulla… Era stato più forte di me, un errore che non mi sarei mai perdonata.
Mi staccai immediatamente.
-Mi dispiace- mi coprii la bocca.
Prese la mia mano e ne baciò il dorso –anche tu mi sei mancata-
-È sbagliato quello che ho fatto, ma è stato più forte di me… Scusami tanto Michael- mi voltai come se avessi commesso uno dei peccati peggiori.
-Non devi chiedere scusa a me, piuttosto a te stessa- sorrise –sei solo un’umana e errare è umano-
La mia attenzione passò all’istante dal bacio a ciò che aveva appena pronunciato Michael.
Era come se avesse voluto dimostrarmi che anche il suo era stato un errore, e che anche in amore si potevano commettere. Ma infondo chi ero io per dire il contrario?
Avevo una paura tremenda, avevo paura che l’onda mi inghiottisse ancora, eppure lui mi aveva aiutato a superare così tanti ostacoli… Possibile che davvero non mi amasse più?
-Tu non hai mentito, vero?-
Negò.
-E quindi questo significa che mi ami davvero, giusto?-
Annuì tutto sorridente.
-Devo giungere alla conclusione che anche io sono follemente persa di te, immagino- abbassai il viso sorridendo.
-Esatto, proprio così- rise, e quella risata fu così liberatoria che trascinò anche me.
Fece qualche passo indietro e io due più avanti, mi appesi alle sue spalle e mi diedi lo slancio per saltargli in braccio. Incrociai i piedi dietro di lui, gli allacciai le braccia al collo e poggiai la testa sulla sua spalla. Lui mi teneva per le gambe.
Dietro di lui c’era Frank che chiuse il telefono compiaciuto, come se la sua missione fosse ormai compiuta. Mi fece l’occhiolino e io risposi facendo lo stesso.
Quel ragazzino ci aveva salvato il culo, altrimenti non avrei mai più visto Michael e non avremmo mai più fatto pace, e sia io sia lui avremmo vissuto con un dubbio opprimente.
Ci raggiunse.
Io scesi da Michael, ma mi tenni stretta a lui tutta la serata.
Frank e lui si guardarono, e poi Michael guardò me che lo strinsi ancora più forte, tutto ciò era la conferma per Frank che finalmente eravamo di nuovo insieme.
-Finalmente non mi scoccerai più dicendo che ti mancava-
Mike rise –era ora direi-
-Comunque credo che possiamo andare- si guardò l’orologio.
E così facemmo, mano nella mano e con accanto Frank entrammo nella grossa Mercedes di Michael e tornammo a casa.
-A proposito, devi conoscere due personcine domani, ora staranno già dormendo da un pezzo- mi baciò i capelli.
-Aspetta… Non mi porti a casa?-
-Cosa? Scordatelo, d’ora in poi starai con me per sempre, questa volta tu verrai con me ovunque e io con te se avrai bisogno di qualcosa-
-Michael devo dirti tante di quelle cose…-
-Anche io tesoro, adesso abbiamo tutto il tempo-



*Angolo autrice*
Rieccomi! Scusatemi se mi sono fatta attendere.. Ma ho avuto tanti di quegli impegni! Sono stata anche al Magicland per il Michael Jackson Day qualcuno di voi c'è stato? A proposito.. Auguroni Michael, il mio zietto di 56 anni AHAHAHAHA.. ok, la smetto.
Comunque in questo capitolo si ritrovano definitivamente e tornano insieme, ammetto che neanche io ce la facevo più a tenerli lontani, ma vabbè. Mi scuso forse perchè è un po' cortino, ma proprio per mancanza di tempo non ho potuto aggiungere altro, mi dispiace.. Spero che vi piacca nonostante tutto :)
Ringrazio ancora chi recensisce la mia storia e chi l'ha inserita tra le preferite e le seguite, grazie mille!
I love you and God bless..!

SJ

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Capitolo 5
*** Love me ***


Love me

Quando fummo tornati in albergo mi diedi due minuti per osservare quello che c’era al di fuori la finestra, non potevo avvicinarmi o i suoi fans appostati giù avrebbero avuto un gran brutta delusione nel vedere me invece che il Re del Pop.
-Ti piace?- disse Michael mentre si sedeva sul letto.
Annuii.
-Prima o poi dovrai uscire allo scoperto… Non riuscirò a tenerti nascosta ancora per tanto, la situazione sta diventando insostenibile e se i media dovessero scoprirlo da soli si scatenerà il putiferio-
-Lo so, lo so… Ma non è ancora il momento, non ancora…- deglutii e poi continuai –Michael- ma lui mi tirò le parole dalla bocca senza che io dovessi muovere un muscolo.
-Elizabeth… Se sei tornata qui ci dovrà essere un motivo… Come sta Anisa?-
-Anisa, lei è…- arricciai la bocca –è colpa mia. Lei è morta per colpa mia- cominciai ad agitarmi e misi le mani contro il muro, e mentre lo tastavo ricordai le sbarre della prigione.
-Spiegati meglio-
-Michael… Io le ho staccato la spina… La spina che la teneva in vita, io sono… Un mostro! Ecco cosa sono! Adesso io sono anche peggio di lei, perché?! Io non dovevo farlo, non volevo farlo… Ma… Non ce l’ho fatta- abbassai lo sguardo, sempre tenendo le mani attaccate al muro, poi mi voltai –era questo che volevo dirti, e che sono stata in carcere… Sono stata lì dentro per anni- continuai ancora con lo sguardo basso.
-Certo, lo so-
Alzai gli occhi –che significa che lo sai?-
-Elizabeth, anche tu devi sapere una cosa… Ho pagato io la tua cauzione, l’ho fatto per farti tornare da me…- sospirò alzandosi –so bene quanto sia stato difficile per te sopportare tutto quello che è stato, eri così giovane infondo…-
-Michael allora come puoi accettarmi? Lo sai… Infondo anche io avevo paura che tu venissi a sapere di ciò che avevo fatto, anche per questo non volevo vederti… Non sapevo cosa avresti pensato, non sapevo che reazione avresti avuto- sospirai –io ti amavo troppo anche se cercavo di dimenticarti, non volevo che tu pensassi che io ero un mostro più di quanto lo penso io ora, e quindi… Che non avresti voluto più vedermi, io questo non me lo sarei mai perdonato- mi coprii il volto.
Sorrise –non ho pensato assolutamente nulla tesoro. In questi casi bisogna agire con calma, senza fare conclusioni troppo affrettate, esattamente com’è successo a me nel processo, ricordi? E se non l’avessi fatto io sarei stato un ipocrita anche nei miei stessi confronti. Perciò prima di pagare la cauzione ho fatto una ricerca approfondita per vedere cosa c’era dietro: volevo constatare con i miei occhi da quanto tempo Anisa era in quello stato, quante probabilità c’erano che quella situazione sarebbe potuta durare per molti anni e quale ragione avevi tu per fare quel gesto-
Cercai di sostenere il suo sguardo, che cercava sempre di consolarmi nonostante il casino che stavo creando.
-Le persone sono il frutto del loro passato Elizabeth, e il tuo è stato troppo crudele con te. Mio padre non è mai stato il mio punto di riferimento semplicemente per il fatto che lo è stato mia madre, ma tu non avevi nessuno a cui aggrapparti se non te stessa, ma i bambini sono dei fogli bianchi e purtroppo prendono anche i cattivi esempi delle persone che gli sono accanto. Non condannarti per quello che hai fatto, non è colpa tua, è solo colpa di chi ti ha insegnato e può darsi anche che tu abbia agito troppo d’istinto è vero, ma anche io l’avrei fatto se la situazione in cui mi fossi trovato sarebbe stata più grande di me-
-Potresti avere ragione, ma… Se qualcuno ci manda queste situazioni, e non dico il destino perché sono fortemente incredula, beh… Allora possiamo affrontarle, ho sempre pensato così-
-Potrebbe anche darsi, ma a volte puoi farti trascinare dalla corrente… A volte la situazione ti sembra così grande che ti costringi a fare quello che in realtà dovresti affrontare, e anche in quel caso non è colpa tua perché io so benissimo che tu sei una donna molto forte amore mio, e se una situazione ti fa crollare dev’essere davvero seria, non credi?-
-Oh Michael…- lo abbracciai e lasciai imprimere le mie lacrime nel tessuto della sua giacca –io non ce la faccio, ho tanta paura…-
-Non devi averne invece, perché ci sono io con te ed è proprio questo che bisogna fare in una coppia: aiutare l’altro a superare le proprie paure- mi strinse a sé.
-Non posso vivere senza di te, non più ormai… Dovrai sopportarmi tutto il tempo d’ora in poi- gli sussurrai ancora con voce rotta dalle lacrime.
-Tutto il tempo per tutta la mia vita, non vedevo l’ora- mi sorrise ed io sorrisi a lui mentre gli passavo le mani sul torace. Gli accarezzai il viso e ci scambiammo baci e tenere affusioni tutta la notte, dopo un po’ mi tenni alle sue spalle e mi sollevai per abbracciarlo.
Rise e mi baciò la spalla.
Rimanemmo in quello stato tutta la notte e la mattina dopo ci risvegliammo ancora con i vestiti della sera precedente addosso.
Almeno io mi risvegliai in quel modo, perché Michael molto prima si era sciolto dalle mie braccia ed era sparito. Sbadigliai, un attimo dopo qualcuno aprì malamente la porta e quello era proprio Michael che mi aveva portato la colazione a letto.
-Vuoi che ti dica ancora che sei un gentiluomo?- risi.
-Non credo tu l’abbia provato ancora fino in fondo-
-L’ho fatto… la notte di Natale di sei o sette anni fa-
-In realtà non te lo ricordi così bene- ovviò.
-La mia è una buona memoria-
-Non credo, o forse sì. Ma quella era la mia prima volta e quando invece lo vedrai ora con i tuoi occhi rimarrai ancora più sorpresa, a quel punto me lo dirai tutti i giorni-
-Ti reputi così eccezionalmente esperto?- alzai un sopracciglio.
Rise malizioso.
-Vedremo- assottigliai lo sguardo.
-Mi stai lanciando una sfida?-
-Forse. Sai quanto ci vuole per sbalordirmi-
-Lo so perfettamente, anche io ho una buona memoria-
-Lo so- risi.
-Quindi cosa vuoi scommetterti?-
-Guarda che lo so benissimo cosa ha detto Lisa in quell’intervista… “Il miglior sesso” certo…-
Rise –sei ancora gelosa a quanto vedo-
Sbuffai –è vero, hai ragione, lo sono ancora già, ma anche tu lo sei!-
-Dannatamente- disse ancora ridendo.
Incrociai la mia mano con la sua.
-Sono cresciute anche le tue mani…- disse lui osservando le mie.
Sorrisi e guardai invece quelle di Michael. Erano così grandi e terribilmente protettive…
-Michael come hai scoperto che ero in carcere?- gli domandai.
Rise sotto i baffi –non ci crederesti se te lo dicessi-
Inclinai la testa con sguardo interrogativo.
-Avevo ancora il numero di Siria, e dato che non sapevo come contattarti visto che non avevi più un cellulare, ho chiamato lei. Mi disse piangendo cos’era successo, poi mi disse anche che voleva farti uscire dalla prigione al più presto perché sapeva che non era colpa tua come lo sapevo io, così io pensai alla cauzione e Siria pensò a come farci incontrare… Poi in qualche modo avrà rintracciato Frank, non chiedermi come perché non ne ho idea, e si saranno messi d’accordo su come farci incontrare attraverso lui, visto che tu non volevi vedermi neanche da lontano- sorrise.
-Come sai che ha chiamato Frank?-
-Il padre di lei e di lui a quanto pare si conoscevano molto bene essendo di mestiere, credo fosse appunto il padre di Frank a trovare gli appartamenti negli alberghi per la famiglia Rosenberg- spiegò.
-Ah capisco… Wow che caso!- risi.
-Già…-
-Comunque… vorrei sapere chi sono quelle due personcine che dovrei conoscere-
-Oh giusto! Però dovrai aspettare qualche ora, adesso sono a scuola- indicò l’esterno.
-Scuola? I tuoi figli?- chiesi con occhi sognanti.
-Esatto- rispose sollevato.
-Credi che gli piacerò?- gli domandai mentre cercavo qualcosa con cui vestirmi.
-Pensi sia possibile che accada il contrario?- ribatté con un tocco di ironia.
-Dici? E perché?- lo guardai per un attimo.
-Non lo so, mi fai pensare ad una che ama i bambini, e che insegna loro come vivere… Saresti la professoressa di vita perfetta per loro-
-Voglio solo che non vivano nemmeno un briciolo di quello che ho vissuto io…- feci una pausa –ogni bambino ha diritto alla libertà di espressione, alla spensieratezza e all’amore assoluto, ma soprattutto alla disciplina. Io l’ho avuta sempre nei casi sbagliati e adesso…- risi –adesso sono tutta sbagliata-
-No invece, tu sei perfetta così come sei-
-Adoro questi tuoi commenti dolcissimi e eccessivamente fuori luogo- assottigliai lo sguardo.
Scoppiò a ridere.
-E scommetto che ti piacciono anche i miei difetti-
-Sono quelli i più belli, bambolina- si stiracchiò le gambe.
Risi ancora di più –accidenti, tu con queste frasi ti porteresti una dozzina di donne a letto in una sola sera, sei così affascinante- mimai una qualsiasi voce sensuale nel pronunciare l’ultima parola.
-Tu hai uno splendido senso delle humor, invece. Gli uomini adorano questo, sei tremendamente bella e terribilmente sfacciata, perciò anche tu saresti capace di portartene una ventina a letto in una sola sera-
-Sai, come sfida proporrei a chi se ne porta di più a letto in una sola sera, che ne pensi… tesoro?- sottolineai l’ultima parola.
-Mmh… Per me siamo pari- si stese sul letto e io ne approfittai per salirci sopra.
-No… Mi batteresti su larga scala- gli passai un dito sulle labbra.
Rise di gusto –ti sbagli. Io non ti farei mai una cosa del genere, tesoro. Porterei a letto solo te, quindi sei tu quella che mi batte- anche lui sottolineò il suo “tesoro”.
-Visto? Te l’avevo detto che con una sola frase faresti sciogliere l’intero mondo femminile- continuai –e poi scherzavo con quella sfida se non l’avessi capito, caro. Ti ucciderei come minimo se solo tu ci provassi…- misi il lucidalabbra sempre seduta su di lui, mentre nello stesso tempo mi guardavo allo specchio.
Rise ancora –peccato, un po’ mi piaceva la cosa-
-Stronzo…- mi aggiustai sul suo stomaco facendolo “leggermente” saltare dal dolore.
-Tesoro che ne dici se provassi a toglierti dal mio stomaco?-
Stavo per rispondere quando poi entrò di botto Frank.
-Oh… Vi ho interrotti?-
In effetti a primo impatto la nostra poteva sembrare una posizione alquanto ambigua…
-Non si bussa più Francesco?- alzai un sopracciglio ancora impegnata ad aggiustare il trucco.
-Mi scusi sua maestà Elizabeth, ma io gentilmente starei aspettando Michael da tre ore!- urlò incazzato –e poi dobbiamo andare a ritirare premi e altre cose che nemmeno ricordo tra l’altro…- disse ancora prevedendo quella che sarebbe stata la mia prossima domanda.
-Scusa Frank, ma Lely ha voluto per forza trattenermi… Sai, non ce la fa a stare lontana da me-
-Se stai cercando di provocarmi allora ci stai riuscendo alla grande- gli diedi una gomitata sullo stomaco, poi mi alzai facendolo sobbalzare ancora e posai i trucchi.
Frank sospirò paziente –voi due siete la coppia perfetta… Se non vi foste incontrati sareste finiti tutti e due su una cattiva strada- disse indicandoci.
-Bene, sono pronta- presi la borsa.
-Come sapevi che saremmo usciti?- domandò Michael cercando di alzarsi.
-Andiamo Michael, quando mai tu resti un po’ con me? Perciò ho deciso di rimediare io a questo punto- feci spallucce.
Sorrise.
-Ci muoviamo?!- domandò ancora innervosito Frank.
-D’accordo!- affermammo io e Michael ancora più “stizzati” di lui. A volte il suo lavoro stressava persino me.



*Angolo autrice*
Rieccomi! Ragazzi dovete scusarmi se non aggiorno con molta regolarità, ma in questi giorni sono stata continuamente fuori casa e tra l'altro tra una settimana comincia la scuola e si lavorerà sodo!
Quindi... Beh non sorprendetevi se non aggiornerò in breve tempo, almeno saprete che non è per il fatto che voglio abbandonarvi, assolutamente non lo farei mai...
Comunque siccome anche in questo momento devo scappare continuerò a ringraziare chi segue e chi recensisce la mia storia, spero solo che ogni tanto qualcun'altro si faccia vedere... A volte vi vedo sparire così all'improvviso e questo di certo non mi rende felice..
Ora dvo proprio andare, spero che il capitolo vi piaccia!
I love you and God bless..!

SJ

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