The Day and the Night

di FoxeyLady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bring It On Home ***
Capitolo 2: *** You Shook Me ***



Capitolo 1
*** Bring It On Home ***


 
Bring It On Home

  Pangbourne, estate 1968.





In un gesto istintivo lanciò un'occhiata all'orologio d'ottone che portava sempre al polso.
Le quattro del pomeriggio.
Page misurava a grandi passi la stanza inondata di luce tormentandosi i capelli corvini tra le dita.
Era agitato perchè non era abituato a ricevere visite.
Camminava avanti e indietro nella solitudine e nella penombra della sua casa dalle otto del mattino, incapace di stare fermo.
Aveva aperto le tende e le finestre per far entrare la luce e l'aria, sistemato i cuscini del piccolo divano nero, riposto il libro di magia sullo scaffale della libreria e riordinato le sedie intorno al tavolo di legno scuro.
Non si era mai preoccupato di tenere in ordine la casa prima di allora, ma quella volta voleva fare bella figura.
Jimmy sapeva che quella sarebbe stata la volta buona per formare i New Yardbirds.
Lo sapeva da quando era andato a Birmingham a sentire gli Hobbstweedle in un decadente collegio per docenti, accompagnato dal manager degli Yardbirds, Peter Grant.
Un ventenne alto e biondo, simile a un principe delle favole in caffettano che avevano pensato fosse il buttafuori, li aveva fatti entrare dal retro.
Page e Grant si erano piazzati in un angolino in penombra, curiosi di assistere allo spettacolo; da lì avevano una perfetta visuale sul palco e sul pubblico composto da una ventina di ragazzi che, intenti ad ubriacarsi, ignoravano il concerto degli Hobbstweedle.
Quel vichingo che avevano come cantante possedeva una voce così dannatamente magnetica e sensuale che era rimasta intrappolata nella testa di Jimmy.
Profondamente colpito dall'esibizione e convinto di aver trovato la voce che stava cercando, aveva telefonato a Robert Plant poco tempo dopo per invitarlo a trascorrere qualche giorno nella sua casa sul Tamigi.
Voleva studiarselo. Doveva scoprire come mai quel cantante eccezionale non era ancora diventato famoso.

Dopo aver scosso la testa per scrollarsi di dosso quel ricordo, continuò a camminare attraverso il salotto illuminato con passo svelto, come se il movimento potesse alleviargli la tensione.
Non era abituato a ricevere visite, e si sentiva impaziente come non mai.
Improvvisamente il silenzio della casa fu spezzato dal suono limpido e squillante del campanello.
Jimmy, colto di sorpresa, si voltò di scatto e si fiondò verso la porta in stato febbrile. Non appena la aprì, fu investito dalla luce accecante del sole pomeridiano e dovette coprirsi gli occhi con il dorso della mano pallida.
In controluce riuscì a scorgere la figura di un ragazzo alto e abbastanza muscoloso con le dita strette intorno al manico di una grande valigia.
Page sfoderò il sorriso più accogliente del suo repertorio.
-Ciao! Tu devi essere Robert!- la sua voce risuonò forte e chiara nel cortile assolato.
Mise a fuoco un sorriso cordiale e genuino, una nuvola di capelli color grano e un paio di occhi socchiusi resi di un azzurro accesissimo dal sole.
-Ciao! Ehm... si, sono io!- lo salutò l'altro, e il moro per poco non si sciolse al calore di quella sua voce meravigliosa -Posso... entrare?- domandò titubante, indicando la soglia con la mano libera.
-Ma certo, accomodati pure!- rispose Jimmy, spostandosi indietro per lasciarlo passare.
Il suo sguardo indugiò sulle spalle larghe di Robert, avvolte in una camicia gialla, e sul suo fondoschiena, fasciato da pantaloni attillati neri.
Le guance gli si infiammarono.
Approfittando del fatto che Plant fosse occupato ad osservare il salone come un bambino al parco giochi, il chitarrista chiuse la porta e si passò una mano sul volto in un gesto stizzito, come a volerne cancellare il colorito rosso acceso.
Dopotutto non era colpa sua se quel dannato ragazzo vestiva in un modo così... vistoso.
-Così è qui che abiti! Ho attraversato tutto il paese a piedi per trovare questo posto!- Il cantante si sforzò di rompere il ghiaccio, prima di scostarsi i capelli dalla fronte con uno scatto del capo.
-E' un posto un po' discutibile, lo so... Ma è tranquillo. Hai avuto problemi a raggiungere Pangbourne?- Page evitò accuratamente di guardarlo negli occhi color zaffiro mentre gli prendeva la valigia di mano. Non poteva arrossire di nuovo.
-Seguimi, da questa parte.- Aggiunse pratico, prima di dirigersi a passo svelto verso le scale che conducevano al piano di sopra.
-No, ci sono arrivato facendo l'autostop- ammise il cantante dietro di lui, le labbra chiare piegate in un sorriso imbarazzato.
Il moro ridacchiò.
-Vieni, ti faccio vedere la tua camera.-
Imboccò le scale, seguito a ruota da Robert, che che riusciva a stento a trattenere l'emozione di essere nella casa di uno dei chitarristi che più ammirava.
-Oh si, grazie!- Esclamò trepidante.
-Figurati. Qui c'è il bagno...- spiegò Jimmy, aprendo una porta sotto gli occhi attenti del cantante -Lì c'è la mia stanza...- Indicò la porta chiusa in fondo al corridoio -La tua, invece, è questa- Si sistemò la camicia bianca con un leggero strattone mentre apriva un' altra porta, rivelando una piccola camera luminosa.
L'atmosfera era accogliente; la luce proveniva da una finestra che affacciava sul Tamigi.
Il chitarrista appoggiò con cura la valigia sulla poltrona di quella che sarebbe stata la stanza del biondo per i giorni successivi, e finalmente, si decise a guardarlo con l'espressione di chi attende un giudizio o un parere.
Plant varcò la soglia con cautela, avanzò di qualche passo ed esplorò rapidamente l'ambiente con lo sguardo, fino a che le sue labbra si sciolsero in un sorriso riconoscente.
-Grazie mille, Jimmy, davvero.-
-E di che cosa? Ho fatto solo il mio dovere. Immagino che tu voglia darti una rinfrescata ora... Io scendo, ti aspetto giù!-

Robert scese le scale silenziosamente, fermandosi di tanto in tanto per osservare le fotografie incorniciate appese alle pareti. Ne sfiorò una con le dita. Lui, Robert Plant, si sentiva onorato di poter ammirare attraverso un sottile strato di vetro i ricordi personali di un musicista che a ventiquattro anni aveva già girato il mondo.
Poichè impiegò qualche secondo per ricordare il tragitto giusto, si avviò verso il salone a passo incerto.
Gli era sempre risultato difficile orientarsi in una casa nuova.
Una volta arrivato a destinazione, la sua attenzione fu catturata dalla figura seduta sul divano, piegata su se stessa, una chitarra acustica in grembo.
Le sue dita sottili si muovevano rapide, con delicata sicurezza, scivolando sullo strumento come fosse l'unico oggetto esistente sulla Terra, elogiandolo in un turbine di note malinconiche.
Page non sembrava essersi accorto di lui, così Plant decise di immobilizzarsi accanto alla porta, in silenzio, per non spezzare ciò che gli sembrava un sottile, prezioso equilibrio.
Certo che ci sapeva proprio fare. Era incredibile mentre pizzicava i fili di metallo, assorto. Sembrava nato unicamente per suonare.
Ma c'era qualcosa di strano in quell'arpeggio. A poco a poco si fece drammaticamente implorante, quasi come se chiedesse di insinuarsi in ogni molecola del suo corpo, e Robert tremò.
Si sentì stordito, tanto da doversi appoggiare al muro, gli occhi chiusi, il viso rivolto verso l'alto e la fronte increspata. Cedette, completamente sopraffatto dalla cascata di note che gli accarezzava l'anima, perdendosi in essa.
Solo quando dalle sue labbra socchiuse si levò un sospiro, il chitarrista smise di suonare.
-Oh sei lì! S..stai bene?- chiese, ponendo la chitarra al suo fianco sul divano con premura.
Robert cercò di riprendersi staccandosi immediatamente dal muro, come se quest'ultimo fosse ricoperto di spine, e si mosse verso il moro barcollando appena. Era confuso mentre tornava a respirare con regolarità. Sperò di non aver fatto una figura di merda troppo grande.
Si passò una mano tra i capelli, in un gesto che li rese ancora più scompigliati di quanto già non lo fossero.
-Io? si, sto bene... Scusami se ci ho messo tanto.-
Jimmy gli rivolse uno sguardo indecifrabile, e dopo una breve pausa lo invitò a sedersi.
Il biondo prese posto sulla poltrona proprio di fronte al moro, e cercò di sedersi con compostezza.
A volte si sentiva così inferiore... lui era solo un ragazzo di campagna, che cosa ci faceva lì, in casa di Jimmy Page?
Jimmy Page, che adesso lo stava fissando, consapevole della sua irresistibile aura di mistero.
E lui non poteva far altro che ricambiare timidamente il suo sguardo con un misto di ammirazione, rispetto e timore. Non poteva far altro che rimanere completamente affascinato da quegli occhi color smeraldo incorniciati da ciglia nere e lunghissime.
-Vorrei spiegarti perchè ti trovi qui ora.- disse pacatamente il chitarrista, intrecciando le mani davanti a sè.
-Certo, ti ascolto...- Il cantante accavallò le lunghe gambe e cercò di apparire più serio e professionale possibile.
Jimmy si maledisse quando i suoi occhi si posarono per un attimo sul rigonfiamento tra le gambe di Robert.
"Adesso basta. Perchè diavolo ti stai comportando così?!"
-Sono stanco di girare a vuoto senza ottenere risultati, è arrivato il momento di fare il salto di qualità. Ho in mente qualcosa di grande: voglio formare un gruppo che diventi il migliore nella storia del rock...- cominciò Page, parlando con disinvoltura, pregando gli dei affinchè il biondo non si accorgesse della stronzata che aveva appena fatto. -Voglio creare un nuovo sound, ma soprattutto, voglio che la nostra musica sia diffusa e conosciuta in tutto il mondo.-
Se non fosse stato Page in persona, il miglior chitarrista in circolazione, a pronunciare quelle parole, Plant sarebbe scoppiato a ridere.
Annuì, incerto, appoggiando il gomito sul bracciolo della poltrona.
-Puoi fidarti di me. Con la tua voce e la mia chitarra faremo grandi cose, ne sono sicuro.-
-Chi altro c'è in questa band?- Chiese il biondo agitandosi sulla poltrona.
-John Baldwin al basso e alle tastiere. È un arrangiatore, sa suonare qualsiasi strumento. Abbiamo fatto alcune jam insieme... È un genio. Pochi giorni fa gli ho telefonato, gli ho gli ho proposto di accompagnarmi in questa avventura e lui ha accettato.- Spiegò Jimmy gesticolando lievemente e continuando a guardare il cantante dritto negli occhi. Sperò con tutto il cuore di essere stato convincente.
-E alla batteria?- Si informò Robert, che ora si fissava le dita intrecciate sul grembo, incapace di reggere lo sguardo dell'altro.
-Ancora nessuno, ma ho un'idea precisa: la batteria non dev'essere un semplice accompagnamento. Deve avere un ruolo fondamentale in questa band, come quello della chitarra o della voce.-
Gli occhi verdi di Page si illuminarono non appena il cantante parlò.
-Conosco un batterista che può fare al caso nostro... Si chiama John Henry Bonham ed è una forza! Abbiamo suonato insieme per un periodo e siamo diventati grandi amici... Potrei parlargli...-
Quel "nostro" rimbombò nella testa del chitarrista. Aveva appena preso due piccioni con una fava.
-Allora ci stai?- domandò, la voce venata di speranza.
Plant si accigliò per un attimo, e fece il punto della situazione della sua vita per la centesima volta.
Pensò al suo lavoro. Sarebbe tranquillamente potuto tornare a spargere asfalto sulle strade se il progetto avesse fallito.
Pensò a Maureen. Le voleva un gran bene, certo, proprio per questo aveva sempre trovato umiliante vivere a sue spese.
Pensò anche ai suoi genitori. Aveva davanti l'ennesima occasione per dimostrare loro di cosa era capace.
-Ci sto!- esclamò poi -Quando mi ricapita un'occasione così?- Un sorriso incoraggiante gli fiorì sul volto, lo sguardo pieno di ottimismo.
Il moro avrebbe voluto scattare in piedi e correre ad abbracciare il cantante, ma si limitò ad annuire con un sorriso soddisfatto dipinto in viso.
-Perfetto! Non te ne pentirai. Ti va di ascoltare un po' di musica?- chiese, alzandosi dal divano. Senza aspettare una risposta, si avvicinò lentamente al giradischi.
Jimmy era al settimo cielo, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere.
-Vuoi ascoltare qualcosa in particolare?- Domandò con nonchalance, rovistando tra i vinili. Rabbrividì quando sentì vicinissima la voce sabbiata di Plant alle sue spalle -Hai Robert Johnson?-
-Certo!- rispose Page sorridendo. Tirò fuori dallo scaffale un vinile dalla copertina bianca e nera, lo posò sul piatto del giradischi come se avesse ripetuto quel movimento migliaia di volte prima di allora e subito nell'aria si diffusero le note di Hellhound On My Trail.
Quando il chitarrista si voltò, per poco non gli venne un colpo: il corpo di Robert era a pochi centimetri dal suo e lo bloccava contro il giradischi.
Jimmy puntò immediatamente gli occhi a terra, pensando freneticamente ad un modo per sfuggire alla situazione, mentre un delicato, accattivante odore di tabacco gli stuzzicò le narici, scatenandogli una violenta, inspiegabile sensazione di calore nel ventre.
Cos'era? Imbarazzo? Sorpresa?
Di certo non era attrazione. Al moro piaceva perdersi tra le sinuose forme femminili, non aveva mai guardato un uomo in vita sua.
D'accordo, non si era mai innamorato di una ragazza nonostante ci avesse provato parecchie volte... ma ciò non significava nulla. O forse si?
Il tempo pareva dilatarsi, rendendo quella situazione assurda sempre più pesante, secondo dopo secondo.
Page doveva assolutamente trovare un modo per uscirne fuori, così decise di chiamare a raccolta tutto il suo coraggio e alzò la testa per guardare il cantante in volto.
Plant teneva gli occhi fissi sul giradischi alle sue spalle, la testa inclinata leggermente in avanti. Lo sovrastava e canticchiava a bassa voce le parole della canzone. Jimmy rimase a fissare il movimento delle labbra rosa dell'altro, cercando di soffermarsi sulla sua voce appena accennata e di ignorare la musica che la copriva prepotentemente. Doveva riuscire a catturarla. La desiderava, così come desiderava continuare ad osservare la bocca dell'altro muoversi flessuosa.
Quando Robert spostò gli occhi su di lui e notò la sua espressione rapita, incurvò le labbra in un sorriso obliquo a metà tra l'innocente e il malizioso.
-Amo questa canzone!-
Jimmy sbattè le palpebre, colto alla sprovvista, sentendo le proprie guance andare a fuoco.
Doveva allontanarsi dal biondo, e in fretta.
Come se fosse stata un'altra persona a parlare, ascoltò la propria voce articolare meccanicamente una risposta.
-Ehm... Anche io... Vuoi un thè?-
-Certo! Vengo con te, ti aiuto!- esclamò Plant con tutta la naturalezza del mondo.
-Va bene...- disse il moro grattandosi la testa. Di solito nessuno ha bisogno di aiuto per preparare un thè.
Non volle fermarsi a pensare e si diresse nella grande cucina di pietra, seguito dal cantante.
-E dimmi, Robert, com'è che hai scoperto il blues?-
Page, appoggiandosi al bancone, si prese qualche secondo per osservarlo, dopo aver messo a bollire l'acqua.
-Oh beh.. Un po' per caso. Diciamo che l'unione di varie circostanze mi hanno avvicinato a questo tipo di musica...-
Il biondo portava il ritmo ora battendo distrattamente il piede a terra, ora dandosi del leggeri colpetti sulla coscia con la mano, mentre rispondeva.
Si lasciava attraversare dalla musica, le permetteva di scorrere fuori e dentro di sé come un flusso vitale, e sembrava non poter fare a meno di esprimerla con tutto il corpo.
Continuava a parlare animatamente impegnandosi per rendere interessante il discorso che Page ormai non seguiva più, non per noncuranza, ma perchè era concentrato più sul suono della sua voce che sulle parole stesse.
Era un frontman perfetto.
C'era qualcosa in quel giovane vichingo, che lo attraeva.
Era forse quell'aria innocente, quasi infantile, che gli aveva visto nascondere dietro gli atteggiamenti maliziosi che aveva assunto quella sera sul palco?
Era forse la curiosità con la quale spalancava quegli occhi celesti sul mondo che lo circondava?
Jimmy non lo sapeva, ma era certo di riuscire a scorgere l'anima di Plant dietro i suoi occhi trasparenti.
O forse quella che vedeva era la sua di anima?
L'acqua incominciò a bollire, riportando il moro alla realtà.
-...e poi ho sempre invidiato tutti coloro che sono stati sostenuti dalle proprie famiglie in questa passione. Pensa che la prima volta che mi presentai a casa con un disco di Elvis, mia madre lo spezzò in due!- Concluse il biondo.
Era incredibile con quanta facilità le sue labbra si dischiudessero in un sorriso.
-Si, è vero, alcuni sono più fortunati di altri... Ma tutto dipende dalla volontà. Se vuoi una cosa la ottieni, in un modo o nell'altro. Fai ciò che vuoi, così potrai essere.-
-Sono d'accordo con te, infatti me ne sono andato di casa proprio per questo motivo. Sai, mio padre voleva che diventassi un contabile...-
Robert fece una pausa, fissando il vuoto. -Ma no, non fa proprio per me. Ogni volta che immagino me stesso seduto ad una scrivania, in giacca e cravatta, sommerso da carte mi vengono i brividi!- Ridacchiò, contagiando anche il chitarrista.
-Verrebbero anche a me se solo ci riuscissi! I tuoi capelli non aiutano!-
Jimmy versò il thè in una tazza bianca, sorridendo, e mentre stava per versarlo nell'altra, qualche goccia bollente gli cadde sul dorso della mano, scottandolo.
Imprecò a bassa voce, scuotendo vigorosamente la mano.
-Aspetta, fammi vedere.- Il più giovane gli si avvicinò e gli prese la mano dolorante tra le proprie.
Page sussultò a quel contatto inaspettato. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere, tranne forse sua madre quando lui era ancora un bambino.
Robert portò il dorso arrossato della mano del chitarrista alla bocca, appoggiandoci sopra le sue labbra fresche, chiudendo gli occhi. Il più grande non riusciva a credere a ciò che stava succedendo. Il dolore sparì in fretta, forse per il semplice fatto che quella situazione improbabile lo aveva distratto. La sua mente si svuotò come per magia. Rimase a fissare quella bocca morbida sulla propria pelle, incapace di reagire o di dire una parola, e poi, dopo attimi che sembrarono durare un'eternità, il biondo riaprì gli occhi e sciolse il contatto.
-Va meglio adesso?- Domandò accarezzando lievemente con il pollice la mano del moro.
Page era semplicemente sconvolto, tuttavia non si sentiva in imbarazzo.
Una miriade di pensieri gli invasero la mente.
Che cazzo stava succendendo?! Quel tocco delicato gli era piaciuto, ma... Non riusciva a smettere di pensare che Robert fosse un ragazzo.
-Si... Si, va meglio, grazie.- Rispose Jimmy, abbassando lo sguardo sulla teiera.
-Lascia che ti aiuti!- Sorridendo, Robert la afferrò e versò il thè nell'altra tazza, facendo attenzione a non farlo cadere fuori dai bordi.
I due si sedettero al tavolo della cucina e il moro si affrettò a rompere lo scomodo silenzio.
-Allora... Se ti piace Robert Johnson ti piacerà sicuramente Howlin' Wolf!-
-Se mi piace?! Quell'uomo è praticamente il mio dio!- Rispose, rigirandosi una ciocca dorata tra il pollice e l'indice. Sorrise di quel suo sorriso contagioso, e Jimmy non potè fare a meno di ricambiare, come se fosse stato sotto l'effetto di uno strano incantesimo.
Ma il mago era lui; a quanto si ricordava, era sempre stato lui a far cadere tutti ai suoi piedi...
Per un attimo sentì il desiderio di nascondersi, di sottrarsi al giovane uomo che aveva di fronte, così si portò la tazza alla bocca, alzandone il bordo in modo da coprirsi la visuale, e bevve.

-Sai, Jimmy, penso che sia arrivata l'ora per me di andare a dormire. Meglio approfittare del fatto che sono ancora capace di camminare.- Plant soffocò un altro sbadiglio, e Page guardò la finestra: fuori era buio.
-Non voglio vivere l'ebbrezza di trascinarti su per le scale, quindi affrettiamoci.- disse ridacchiando a Robert alzandosi svogliatamente dalla sedia. Gli sfiorò il braccio con la mano, con apparente noncuranza, e si diresse verso la porta della cucina.
-Bravo, vedo che hai capito.- Sorrise pigramente il cantante.
Salirono al piano di sopra, e si fermarono davanti alla camera del biondo.
Robert aprì la porta e corse a sedersi sul letto, lasciando l'altro in piedi sulla soglia.
-Gr...Grazie di tutto, Jim.- Sussurrò, chinandosi per sfilarsi le scarpe.
-Figurati- rispose Page, abbassando lo sguardo e affondando una mano dietro la testa tra i capelli color pece. -Se hai bisogno di qualcosa, chiamami...- Aggiunse con una nota di speranza nelle parole.
-Va bene! Buonanotte!- Fece Plant, sorridendo tra sè e sè.
Il chitarrista non uscì subito.
Prima di andarsene, osservò per un attimo la creatura fiabesca seduta sul letto.
Rimase affascinato dalla lentezza con cui ora le sue lunghe dita sbottonavano la camicia gialla, rivelando una pelle candida e un mucchio di peli biondi. Robert aveva il capo chino sul petto, e i capelli dorati gli ricadevano in avanti, nascondendogli il viso.
Il moro distolse a malincuore lo sguardo da quella visione e andò a rintanarsi nella propria stanza.
Per un secondo l'immagine contaminata dal desiderio che il cantante bussasse nel cuore della notte alla sua porta per chiedergli una stronzata qualsiasi gli balenò nella mente.
Si sentì un idiota. A volte odiava i pensieri e le sensazioni, così come odiava tutte le altre cose che non riusciva a controllare.
Se ne andò a letto, sapendo che non sarebbe riuscito a dormire.
Non gli importava, ci era abituato. La notte era il suo mondo.

In un pomeriggio di pioggia, Page aveva preso la sua amata chitarra e l'aveva fatta incontrare con l'archetto di un violino, dando vita ai caratteristici suoni. Plant l'aveva seguito, cantando versi improvvisati, occhi chiusi e lineamenti assorti. Sembrava provare piacere ogni volta che l'archetto del moro accarezzava le corde dello strumento.
-Si, continua così...- Gli ordinava il chitarrista, avido di quella voce meravigliosa che gli penetrava nel cervello, e aumentava il ritmo, costringendo il cantante a fare lo stesso.
-Lasciati andare, Rob... Fallo per me.- Incitava Jimmy, desideroso di inebriarsi la mente con le parole sospirate o gridate.
Gli piaceva pensare che fossero schegge dell'anima di Robert, scivolate via attraverso la sua gola.
La voce del biondo e la chitarra del moro si inseguivano, si cercavano e si fondevano in suoni mai sentiti prima, diffondendo elettricità ed eccitazione nell'aria.
L' impressionante alchimia sprigionata dai due li faceva vibrare, e più giorni passavano tra improvvisazioni, dischi folk, blues e rock 'n' roll, più Page vedeva in Plant la realizzazione dei suoi sogni.

-Ti conviene reclutare al più presto quel batterista di cui mi hai parlato se vuoi andare in America.- Jimmy si allungò pigramente sul divano e voltò la testa verso la finestra ridotta ad un riquadro nero.
La sua mano si muoveva con calcolata lentezza in una chioma dorata.
-Cosa? Di che stai parlando?- Robert, che se ne stava seduto sul pavimento all'altezza dell'addome dell'altro, era smarrito nel piacere delicato di quella carezza. Si sistemò con la schiena contro il divano e diede un tiro alla sua sigaretta, fissandone poi il tizzone rosso ardente.
Il moro ritrasse la mano e fece una pausa prima di rispondere, giusto qualche secondo per pregustare la reazione che avrebbe scatenato.
-Sto parlando, signor Plant, del tour che faremo tra qualche mese!- Disse quella frase come se fosse la cosa più normale e scontata di questo pianeta.
Il più piccolo, il quale stava tirando un'altra boccata di fumo, si piegò di scatto in avanti con così tanta forza che Page immaginò la cena consumata prima agitarsi nel suo stomaco.
-CH... OSA...- Riuscì a dire tra i colpi di tosse, il fumo che usciva a intervalli e quantità irregolari dalla sua bocca.
Il chitarrista ridacchiò rumorosamente, tenendo gli occhi bassi, e si mise a sedere.
-Hey, Rob, datti una calmata! Non mi pare di aver detto chissà cosa!- Lo punzecchiò con un sorriso provocatorio che gli faceva risaltare i denti bianchi alla luce dell'abat-jour.
Il cantante si girò, sempre di scatto, e i riccioli ricaddero morbidamente intorno al suo viso. Schiacciò nervosamente la sigaretta nel posacenere lì vicino a lui.
-Cioè mi stai dicendo... Che...- Lo fissò con occhi stralunati.
-Che gireremo gli Stati Uniti!-
Robert balzò in piedi e si portò entrambe le mani al lati del volto.
Il ritratto dell'incredulità.
-Ma... Ma io non posso permettermelo...- Soffiò, la voce tremante.
-Non devi preoccuparti, ho pensato a tutto io.- Jimmy si premette il palmo aperto sul petto.
-Aspetta...-
-Ho già preso accordi con Peter, il mio manager. Mi restituirai il pagamento appena potrai.- Lo interruppe, guardandolo dritto negli occhi, serio in volto.
Plant scoppiò a ridere, di quella sua risata graffiata che in pochi giorni era stata capace di tenere lontane le tenebre che avevano da sempre avvolto il chitarrista.
L'immagine gli apparve ferma, dandogli la percezione che i secondi si fossero cristallizzati in un unico istante.
Le labbra chiare tirate indietro a definire un meraviglioso sorriso, i ridenti occhi socchiusi, i capelli che vibravano ad ogni suo piccolo movimento... sembrava illuminare tutto intorno a sé, tingere ogni cosa di allegria e speranza come mai nessun altro aveva fatto.
Meglio di un raggio di sole, pensò Jimmy.
Ed era bello.
Cazzo, se era bello mentre batteva le mani e gli correva incontro, straripante di gioia.
Era bello mentre saltava sul divano con uno slancio che per un pelo non lo rovesciò.
Era bello mentre lo travolgeva con un abbraccio soffocante che quasi lo mandò a gambe all'aria.
E Page si accorse di essere così sottile sotto il suo peso, così fragile tra le sue braccia forti, e in quel momento non gli importava più di niente. Ricambiò l'abbraccio, aggrappandosi al profumo dei capelli dorati che gli coprivano il viso come se gli fosse stato indispensabile per sopravvivere.
Robert lo stringeva a sè, premendolo contro lo schienale del divano.
-Grazie! Grazie! Grazie! Grazie!- Gli sussurrò all'orecchio, una mano dietro la nuca ad accarezzargli i capelli color pece.
Rimasero così per interi minuti, e fu come se due elementi opposti si incontrassero per la prima volta.
-Jimmy, ci vado domani.-
-Dove?-
-A parlare con John. A Oxford.-
-Ma guarda che non è così urgente, non è necessario che tu ci vada subito... Puoi restare qui ancora qualche giorno, se ti va.- Il più grande si agitò sotto di lui.
Plant si allontanò da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
-Mi farebbe molto piacere restare, e ti ringrazio, ma no. Non hai idea di cosa significa per me l'America. E' il mio sogno nel cassetto, il mio desiderio proibito. Credimi, ti farei una statua d'oro per ringraziarti.- Sussurrò, il suo viso a pochi centimetri da quello dell'altro.
Jimmy abbassò lo sguardo e sorrise senza scoprire i denti, combattuto tra la contentezza e l'amarezza di doverlo lasciare andare.
Il cantante aveva portato un raggio di luce nella vita di Page, e Page ne era diventato dipendente.
Non voleva separarsi da lui, e finalmente aveva osato ammetterlo a se stesso.
-Se devi partire domani, godiamoci l'ultima sera insieme.-
-Certo! Ti andrebbe di fare un giro per la campagna?- Chiese il biondo, scendendo da sopra di lui per alzarsi in piedi.

Camminarono vicini, in silenzio, quasi come se non volessero disturbare il paesaggio addormentato.
Si godettero il fresco di quell'ultima sera insieme, sfiorandosi le mani in un gesto apparentemente involontario.
Gli unici rumori che i ragazzi sentivano erano l'abbaiare lontano di un cane, il fruscio delle foglie degli alberi, il canto di un uccello notturno, e il frinire dei grilli nascosti nell'erba che calpestavano.
La leggera brezza estiva scompigliava i loro capelli.
I lampioni sparsi qua e là lungo la strada in lontananza e la luna illuminavano il prato attraversato dai due.
Jimmy amava la luna. Metteva in risalto il contrasto tra i suoi colori, aumentava il nero della sua chioma e faceva risplendere la sua pelle chiarissima.
Il più giovane, invece, ammirava la notte con curiosità e interesse, ma non si sentiva completamente a suo agio in essa.
Camminando fianco a fianco, passarono vicino a un torrentello impetuoso, il cui rumore liquido si mischiò ad un miagolio acuto.
Robert si fermò di colpo e tese le orecchie. -Hai sentito anche tu?- Sussurrò a Jimmy.
-Cosa?- Domandò l'altro, fermandosi a sua volta.
-Ci dev'essere un gatto da qualche parte!-
Page sospirò. -E allora? Qui è pieno di gatti!-
Il biondo scosse vigorosamente la testa, facendo ondeggiare i riccioli che brillavano sotto i raggi lunari. -Dobbiamo trovarlo, potrebbe essere ferito!- Esclamò euforico, gli occhi resi grigi dal buio che luccicavano di entusiasmo.
Il moro rise a quell'improbabile scusa, scuotendo la testa. -E va bene, andiamo.-
I due cominciarono a cercare il gatto ovunque, seguendo il suo miagolio insistente.
Guardarono sotto tronchi d'albero coperti di muschio, in mezzo a cespugli e arbusti, e alla fine lo trovarono accoccolato ai piedi di un muretto di pietra circondato da erbacce.
Era un gattino bianco e grigio di non più di tre mesi, magro da far paura.
Smise di miagolare non appena Robert, incurante delle eventuali pulci o zecche annidate nel pelo dell'animale, si accoccolò lentamente vicino a lui, e lo prese in braccio.
-Hey piccolino... Stai bene? Fatti guardare...- sussurrò, rigirandosi il gatto tra le mani con movimenti esperti, osservandolo attentamente.
Jimmy rimase stupito dalla delicatezza con cui Plant maneggiava la bestiolina scheletrica grande poco meno della sua mano. Notò che Robert era capace di essere di una dolcezza disarmante, in perfetta contrapposizione con la sua sfacciata esuberanza.
Arrossì, provando gratitudine verso il buio come mai prima di allora.
Il biondo accarezzava il micio con fare materno, sussurrandogli parole dolci alle grandi orecchie sproporzionate.
Jimmy l'avrebbe guardato per ore. Come faceva quel ragazzo grande e grosso ad essere tanto gentile?
Finita l'ispezione, Robert annunciò che, tralasciando la sua magrezza, il gatto era sano.
-Menomale- Annuì il moro -Ora puoi lasciarlo andare.-
-Stai scherzando?!- Il cantante spalancò gli occhi. -Non possiamo abbandonarlo qui, portiamolo a casa!-  Esclamò con un sorriso a trentadue denti.
Jimmy incrociò le braccia sul petto e sporse il mento in avanti. -Non se ne parla proprio.-
Plant si alzò in piedi e implorò il chitarrista, tenendo il micio avvolto in un lembo della sua maglia. -Daaaai! Ti farà compagnia quando me ne sarò andato!-
-Ho detto di no, sto bene da solo.- Sentenziò Page, impassibile.
Quest'ultimo dischiuse le labbra, inarcò le sopracciglia e sgranò gli occhi in un'espressione di sorpresa quando il biondo gli pose tra le mani il gattino che lo guardava con gli occhietti spalancati.
Robert ammirò la sua opera appoggiandosi le mani sui fianchi.
Jimmy, tenendo il capo chino, stava cercando imbranatamente di avvolgere il riluttante micino nella sua camicia, in un goffo tentativo di imitare il cantante.
-Visto? Non è così tanto male!- Cinguettò Plant, prima di incamminarsi verso casa con un sorriso soddisfatto stampato in volto, sotto lo sguardo incredulo del moro.

-Non sapevo ti piacessero gli animali!- Sorrise Page, intenerito, sedendosi sul divano accanto ad un Robert impegnato a giocare con il gatto che teneva sulle sue ginocchia.
Era una visione meravigliosa.
-Io AMO gli animali! Lo sai che sono cresciuto in campagna.- Fece il biondo, rivolgendo un sorrisone al micio. -Ma quanto sei bello, tu?!- Esclamò con voce stridula, toccando il nasino dell'animale con la punta del dito.
Il chitarrista osservò la scena, incantato, senza osare interferire.
-Jimmy, non pensi che sia carino?- Gli domandò Plant senza voltarsi a guardarlo, continuando a fissare con gli occhi socchiusi in un'espressione buffa l'animaletto bianco e grigio che aveva sulle ginocchia.
Il moro guardò il cantante di sottecchi, stando ben attento a non farsi scoprire, le labbra rosse piegate in un piccolo sorriso obliquo. -Si, davvero carino...-
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Capitolo 2
*** You Shook Me ***


You Shook Me

 

 

 

 

Los Angeles,

Raimbow Bar, 1969.

 

 

 

 

-...Ho capito che pure tu sei caduto vittima del suo fascino, ma potresti anche smetterla di fissare il nostro chitarrista. Sei inquietante.-

-Guarda che gnocca!- Ignorandolo, Robert gli sferrò una gomitata tra le costole facendogli andare di traverso la birra.

-Ma porca miseria, Plant!- tossicchiò John -Mi farai crepare così!-

Il biondo disegnò uno svolazzo in aria con la mano, e si protese in avanti sul bordo della poltrona per ammirare il fondoschiena della ragazza che gli era passata davanti facendo ondeggiare i fianchi e i lunghi capelli dorati. Possibile che Bonzo sospettasse qualcosa? Meglio rimediare.

-E guarda che culo!-

Il bruno sgranò gli occhi davanti a quel ben di Dio, fece un sonoro fischio d'approvazione e, senza staccare gli occhi dalla groupie, mandò giù un lunghissimo sorso del suo drink.

Adorava trascorrere le notti nei più squallidi e caotici locali rock della città, tra fiumi di alcool e donne di tutti i tipi.

Quello si che era un buon modo per smaltire l'adrenalina accumulata sul palco.

-Io questa non me la faccio scappare, amico!- annunciò il cantante scattando in piedi. -Ci vediamo dopo.- aggiunse con un ghigno fin troppo convincente.

Bonham non fece nemmeno in tempo a ricambiare il saluto, che Robert era già schizzato via dietro alla bionda come un leone che insegue la sua gazzella.

John si abbandonò sulla poltrona, e dopo essersi guardato pigramente intorno, realizzò che non voleva rimanere lì da solo.

John Paul Jones. Pensò subito a lui.

Si trovava bene con il bassista, gli era stato molto simpatico fin da subito. Aveva imparato a conoscerlo: era un ottimo ascoltatore, un abile polistrumentista, un buon compagno per le sue bravate e una persona seria e disponibile, ma accidenti a lui, aveva l'abilità di sparire in un batter d'occhio.

Il bruno bevve un po' della sua bibita e il suo sguardo percorse il locale alla ricerca della chioma rossiccia di John Paul.

I divani, le poltrone e tutti gli altri sedili del night club erano occupati da groupies, roadies e persone che non conosceva.

C'era chi beveva, chi chiacchierava,chi fumava e chi rideva nella luce soffusa del locale.

Qualcuno aveva pensato bene di unire due tavoli per scopi non esattamente gastronomici.

Il batterista sbuffò. Nessuna traccia di Jonesy.

Sembrava che tutti si stessero divertendo tranne lui.

Si chiese di cosa stessero discutendo Peter Grant, Richard Cole e il ragazzo annoiato che asciugava i bicchieri dietro il bancone del bar.

Bonzo guardò verso la parte opposta della sala ed i suoi grandi occhi castani si posarono subito su Robert alle prese con la giovane dai capelli d'oro su un divanetto che non riusciva nemmeno a contenere i loro movimenti esagerati. Era impossibile non notarli; stavano dando spettacolo. E a giudicare dai gridolini di lei, si stavano divertendo.

Il batterista si domandò come facesse Jimmy Page, seduto praticamente a ridosso dei due, a non scomporsi minimamente.

Come ogni sera, se ne stava tranquillamente seduto in un angolo, limitandosi a chiacchierare con chiunque fosse disponibile.

Anche in quel momento era circondato di ragazze mezze nude. Se ne stavano sedute a terra in semicerchio, intorno al divano, per guardarlo ammirate. Sarebbero rimaste deluse anche quella volta. Sembrava che il chitarrista non avesse intenzione di concedersi a nessuna di loro tranne, forse, che alla sua preferita.

“Che rottura di coglioni” sbuffò il batterista.

-ANDIAMO, PAGEY! come fai a rimanere seduto lì quando hai centinaia di donne che fanno la fila per te?- Gli gridò John. Le groupies si voltarono verso di lui all'unisono e dalla loro piccola cerchia si levarono risate sguaiate.

Sorrise soddisfatto, Bonham, mentre appoggiava i gomiti sulle ginocchia e si piegava in avanti per osservare meglio il moro. Le altre lo imitarono.

Che strano tipo che era Page.

Nonostante fosse seduto accanto a Pamela, la sua bellissima ragazza, fissava qualcosa alle sue spalle.

Senza pensarci troppo, il batterista seguì la traiettoria del suo sguardo e non si stupì quando i suoi occhi caddero su di una chioma selvaggia.

Robert si era finalmente alzato in piedi, un braccio a cingere il fianco della bionda. La strinse a sé per sussurrarle qualcosa all'orecchio con l'inconfondibile sorriso malizioso stampato in volto, e lei sghignazzò come una iena. Senza tanti complimenti, la trascinò in direzione dei bagni, stando ben attento a passare sotto il naso di Jimmy.

Lui cercò di dimostrarsi impassibile, continuando a parlare con Pamela, ma sussultò quando la porta bordeaux dei bagni si chiuse sbattendo.

Dopo aver ingoiato un altro sorso di birra, Bonham si asciugò i baffi con il dorso della mano e lasciò il bicchiere sul tavolino perchè non aveva nessuna intenzione di rimanere solo un minuto di più.

Si alzò dalla poltrona per raggiungere il chitarrista.

Attraversò la stanza a grandi falcate, facendo attenzione a non inciampare nelle bottiglie variopinte sparse a terra.

-Pagey!- lo salutò il bruno alzando la grossa mano.

Jimmy alzò lo sguardo su di lui e gli rivolse un sorriso spento.

-Ciao Bonz... Vuoi sederti con noi?- domandò, cortese come sempre, indicando con un cenno del capo la groupie seduta al suo fianco che lo guardava rapita.

-Si, grazie.- rispose il batterista accomodandosi sul divano accanto all'amico.

-Va tutto bene?- chiese John aggrottando la fronte.

Riuscendo miracolosamente a piegare in su gli angoli della bocca, Page annuì.

-Certo, come no.- Bonham si abbandonò contro lo schienale, sarcastico.

Guardò la groupie al fianco del moro.

La giovane pareva non notare il malessere del chitarrista, nonostante fosse impegnata a fissarlo.

-Hey Pamela, dolcezza...- Bonzo spezzò l'incantesimo con fare pratico. -Che ne diresti di lasciarci soli per un po'?-

La ragazza sbattè le palpebre.

-Cosa?! Ma che cazzo dici, John! Non se ne parla proprio, io non vado da nessuna parte!- obiettò sotto gli occhi vuoti di Jimmy.

-Tesoro, forse non hai capito...- il batterista la fulminò con lo sguardo. -Levati dalle palle. Qui abbiamo una questione da risolvere.-

Pamela borbottò qualcosa sottovoce prima di lasciare un rapido bacio sulle labbra di Page più per dimostrare alle ragazze chi comandava, che per altro. Si alzò a malincuore dal divano prima di trascinarsi svogliatamente fino al bancone del bar, e le grupies fecero lo stesso.

Il moro, apatico, aveva seguito le ragazze con lo sguardo, limitandosi ad accavallare le gambe.

-Sicuro di stare bene, Jim?- Bonham piantò i suoi occhi scuri in quelli del più grande, che sostenne il suo sguardo senza muovere un muscolo.

Jimmy pensò molto prima di rispondere.

 

No, non stava affatto bene.

Gelosia.

Page non aveva mai temuto quella parola prima di allora, forse perchè, in fondo, non era mai stato geloso di nessuno.

Aveva fatto di tutto per scacciare dalla mente l'ipotesi della gelosia, eppure tra tutte le altre alle quali tentava di aggrapparsi, rimaneva la più plausibile.

Ogni qual volta cercasse di reprimere i suoi sentimenti, quelli gli sbocciavano nel petto più forti che mai, e si avvolgevano intorno al suo cuore, stritolandoglielo come rovi.

Persino andare a letto con le ragazze si era dimostrato inutile.

Che cosa stava a significare? Era gay? No, no. Le donne gli piacevano eccome!

Bisessuale? No, nemmeno quello. Non gli piacevano gli uomini. Tra tutti gli uomini che aveva conosciuto, soltanto Robert lo attraeva. Solo Robert riusciva a farlo stare così male e così bene al tempo stesso.

Riusciva a farlo emozionare.

Robert...

Anche solo un anno prima non avrebbe mai immaginato che questo nome sarebbe diventato il centro dei suoi pensieri.

Era una cosa così strana, o come direbbero alcuni, così... contro natura.

 

-Sto bene, davvero.- Jimmy tentò di rassicurare John prima di lasciar scivolare con discrezione lo sguardo sulla porta dei bagni.

Mentire era una delle sue specialità.

-Mmmh... Sei nervoso e più pallido del solito... So che nascondi qualcosa, Jim, ma se non vuoi parlarne non preoccuparti.- Bonham gli si avvicinò per posargli un braccio intorno alle spalle in un gesto protettivo.

Lo guardò dritto negli occhi e si portò una mano al petto. -Sappi solo che puoi sempre contare su di me. Se c'è una testa di cazzo a cui bisogna fare il culo, fammi un fischio.- concluse, ritornando poi alla posizione di prima.

Il moro si fissò le mani. -Grazie...-

-E di cosa? Gli amici servono a questo! - il bruno sorrise. -Senti un po', a proposito di amici, hai visto Jones da qualche parte?- chiese lisciandosi i baffi. -Non c'è mai quando ho bisogno di lui!-

-No, non l'ho visto. Sai com'è fatto, sarà andato chissà dove a fare chissà cosa, come al solito.- il chitarrista scoprì i denti in quello che sarebbe dovuto essere un sorriso.

-Quel tipo è incredibile!- tuonò il batterista. -Ma è possibile che nessuno sappia mai dove cazzo si trova?! Bah. Io proprio non capisco.-

-Sei teso per il concerto di domani?-

-Beh... Un po' si, ma darò il meglio di me. E poi, con una band fantastica come la mia, di cosa dovrei preoccuparmi!?-

Jimmy sorrise, mentre la gratitudine gli scaldò il petto.

Ma durò poco perchè, in quel preciso istante, la porta dei bagni si aprì sotto i suoi occhi.

Lei uscì per prima.

Capelli in disordine e rossetto sbavato, aveva un'espressione confusa sul volto: il ritratto dell'appagamento.

Una fitta all'altezza del diaframma colpì Page nel momento in cui notò il segno rosso di un morso spiccare sul seno candido della giovane.

Un secondo dopo il suo stomaco si contrasse ancor più dolorosamente.

Eccolo lì, Robert, con la criniera più arruffata del solito, intento ad abbottonarsi i jeans.

Da perfetto gentleman inglese, richiuse la porta dietro di sé, si ravvivò i riccioli dorati e si voltò dritto verso il divano sul quale erano seduti i suoi amici.

Camminò con calma tra sedili e tavolini, godendosi i numerosi sguardi che attirava su di sé. Era assurdo perfino per Jimmy fare finta di non accorgersi di lui.

Si avvicinò sempre di più, e nel frattempo i suoi occhi cercarono di decifrare senza successo quelli impassibili del chitarrista.

Voleva che cedesse, che gli dimostrasse anche qualcosa di minimo.

-Mr Robert Scopareèilmiosportpreferito Plant è tornato!- sbraitò Bonzo non appena Robert li raggiunse.

Page decise di mantenere la calma.

Il cantante si spaparanzò sul divano proprio accanto a lui, intrappolandolo tatticamente tra se stesso e il batterista.

-Avresti dovuto sentirla, Bonz!- Robert frugò nelle sue tasche, prima di tirare fuori un accendino e una sigaretta che si sistemò tra le labbra. La accese prima di continuare. -Credo di non aver mai sentito qualcuno gridare in quel modo.- Pronunciò quelle parole con finta indifferenza, per provocare Jimmy come aveva fatto mille altre volte.

-E bravo il nostro Planty! Gli basta scuotere quel cespuglio che si ritrova in testa e mostrare il pacco attraverso i pantaloni, che subito decine di pollastre gli cadono ai piedi.- ridacchiò il bruno, mentre il chitarrista chiamava a raccolta tutta la sua pazienza per non mandarli a quel paese. Li avrebbe ammazzati entrambi.

-Ti giuro! Infatti ad un certo punto ho avuto paura che le stessi facendo male... Sai, sul lavandino non è il massimo, si stava scomodissimi... E abbiamo rischiato di cadere un paio di volte.- Plant soffiò via una nuvola di fumo, sporgendo il mento in avanti.

-Hai sentito, Pagey? Non capisco perchè non segui il suo esempio! Insomma, se fossi in t-

-Chiudi quella bocca, Bonham. Se fossi in me ti comporteresti esattamente come faccio io.- Scattò il moro, irritato. -E non mi interessano le tue stupide storielle, Plant. A scopare sono bravi tutti. Io me ne torno in albergo, buonanotte.- Concluse, alzandosi con decisione dal divano.

-Che ti prende, Jim?- Bonzo guardò Plant allungare il braccio per afferrare la mano del chitarrista in un vano tentativo di fermarlo.

-No, non andare...-

Jimmy si godette il tocco caldo della mano avvolta alla propria fino all'ultimo, combattendo tra il suo cervello che gli gridava di scappare, di mettersi in salvo, ed il suo cuore che lo implorava di rimanere.

Robert gli aveva chiesto di restare ed ora lo stava fissando in modo così intenso da inchiodarlo con quei suoi profondi occhi grigi.

Come avrebbe voluto rimanere seduto lì sul divano accanto a lui, accontentandosi anche solo di sentirlo vicino... Ma no, non poteva continuare a soffrire.

Quel briciolo di amor proprio che gli era rimasto gli ricordò che assecondare il biondo avrebbe significato continuare a sopportare i racconti dettagliati delle sue avventure sessuali.

-Robert, sono stanco, lasciami andare.- disse, liberandosi a malincuore con uno strattone.

 

Era finalmente fuori da quella bolgia.

Quando l'aria fresca della notte gli aveva accarezzato il viso, gli era sembrato di respirare per la prima volta.

Un unico lampione illuminava debolmente l'entrata del pub e la strada deserta.

La rassicurante quiete della penombra fece rilassare Jimmy.

Il chiasso del Raimbow Bar filtrava da dietro la porta, e si era ridotto ad un brusio ormai innocuo.

Appoggiato al muro scrostato, con la testa che gli ronzava vertiginosamente, il chitarrista aspettava il taxi che aveva chiamato.

Le parole di Bonzo, la porta del bagno, le risate, Robert...

Tutto vorticava all'interno della sua mente come in un caotico film, provocandogli un senso di nausea e un dolore allo stomaco.

E quando la porta del locale scricchiolò, aprendosi, Page non si girò verso il rumore.

-Jimmy...-

Una voce che conosceva fin troppo bene si rivolse a lui.

Sospirò, fissandosi le scarpe.

-Robert, dimmi.-

Il cantante mosse qualche passo con cautela, tenendo le mani in tasca.

-E' proprio una bella serata, vero?-

Tutto ciò che fece il moro fu rivolgergli uno sguardo gelido.

Plant camminò lentamente verso di lui, fermandosi a un paio di metri di distanza.

-Perchè te ne vai?- domandò Robert a bassa voce.

-Te l'ho detto, sono stanco... E poi domani abbiamo un concerto.-

abbozzò Jimmy.

Non riusciva a trovare una scusa decente per colpa di quegli occhi resi color acciaio dalla penombra, perchè lo distraevano, lo disarmavano...

Robert abbassò la testa come per guardare a terra.

-Il concerto è domani sera, quindi qual'è il problema?- lo fissò da sotto la cascata di ricci.

-Oh andiamo, Plant! Che ti importa? Sono stufo di tutto quel caos, ho solo bisogno di un po' di tranquillità. Tutto qui.- spiegò il moro, incrociando le braccia sul petto.

-Jimmy, io ti conosco- Il più giovane scosse la testa. -Io riesco a capire se c'è qualcosa che non va, se sei nervoso, triste o arrabbiato.- continuò. -Mi dispiace vederti così, vorrei poter fare qualcosa... Mi dispiace soprattutto che tu non voglia parlarne. Se c'è qualcosa che posso fare dimmelo, ti prego.- il cantante ridusse la voce ad un sussurro. -Farei di tutto per proteggerti.-

Page ebbe un tuffo al cuore: quella frase così dannatamente inaspettata lo fece tremare.

Lo osservò, lasciando scendere le braccia lungo i fianchi.

Il biondo guardava invece la fine della strada, le mani ancora affondate nelle tasche dei jeans.

Ecco il taxi in lontananza. Questione di pochi secondi e tutto sarebbe finito.

Robert si alzò e si abbassò sulle punte dei piedi una, due, tre volte.

Era teso a causa dell'insopportabile silenzio di Jimmy.

Una frenata e un colpo di clacson richiamarono il moro verso il veicolo, sotto lo sguardo deluso dell'altro, il quale si lasciò cadere stancamente le braccia lungo i fianchi in un gesto di insoddisfazione.

Prima di entrare nell'auto, il chitarrista si voltò indietro.

-A domani, Rob...-

Salì automaticamente nella macchina, chiuse piano lo sportello, come se si preoccupasse di romperlo, e pochi secondi dopo, il taxi mise in moto.

Plant rimase a fissare l'auto che si allontanava sempre di più fino a scomparire dietro l'angolo.

Per un attimo pensò di inseguirla fino all'albergo, ma poi si rese conto che non sarebbe stata una buona idea.

-Beh a domani, Jimmy...- disse alla notte, prima di tornare nel bar.

 

 

-John, scusami per ieri sera...- il chitarrista se ne stava seduto sul ripiano davanti all'enorme specchio del camerino. Abbassò la testa per l' imbarazzo. Non era mai stato bravo a comunicare, e doversi scusare lo metteva in difficoltà.

Bonham si voltò verso di lui e lo guardò alzando un sopracciglio.

Non ci mise molto a dimostrare la sua sorpresa con un sorriso a trentadue denti sotto i baffi.

-Non preoccuparti, amico! Piuttosto, come stai ora? Sei pronto per lo spettacolo?- lo travolse con una poderosa pacca sulla spalla.

Jimmy tossicchiò prima di rispondere.

-Prontissimo...-

-Bonzo, cerca di non ammazzarlo, che ci serve ancora.- disse John Paul che nel frattempo, seduto su una sedia in legno, lucidava il suo basso con fare quasi materno.

Il bruno scoppiò a ridere e indicò Jimmy con il pollice.

-Non è colpa mia se è magro come un chiodo!-

-Ascolta, so che la delicatezza non fa parte degli orsi, ma...- Jonesy alzò gli occhi sul batterista.

-COSA?! Come ti permetti? Ora te la faccio pagare cara!-

John partì all'inseguimento, e il rosso ebbe solo il tempo di cominciare a correre all'indietro, mantenendo in alto il basso davanti a sé, a mo' di scudo, senza preoccuparsi di trattenere le risate.

-Sai dove te lo metto quel basso, Jones?-

Page ridacchiò a labbra chiuse, divertito dalla scena.

-E tu non ridere, James, ce n'è anche per te.-

-Ragazzi...- intervenne Robert, intento a sistemarsi i capelli davanti all'enorme specchio circondato da lampadine. -Che ore sono? Quanto manca?-

-Puoi stare tranquillo, Plant!- esclamò Bonham, agitando le mani in aria per afferrare John Paul. -Sei PER FET TO!-

Rallentò la corsa, e si girò verso di lui, portandosi le dita di una mano alla bocca per soffiargli un bacio volante.

-Vaffanculo, sei solo invidioso!- Scattò il biondo un attimo prima di lanciargli un asciugamano dritto sulla faccia, permettendo a John Paul di mettersi in salvo.

Il cantante guardò Jimmy, e Jimmy rise, come solo lui sapeva fare. Fu una di quelle risate rare e spontanee che gli facevano contorcere qualcosa all'altezza dello stomaco.

Robert si girò giusto in tempo per abbassarsi, evitando l'asciugamano che era stato spedito indietro da Bonzo con il doppio della forza. Ma la porta si spalancò all'improvviso e Peter Grant irruppe nella stanza in tutta la sua imponenza. Perlustrò la stanza con il suo solito sguardo minaccioso.

-VOGLIO I VOSTRI CULI SUL PALCO TRA 5 MINUTI!-

Urlò, e così come era apparso, se ne andò sbattendo la porta.

Page, che fino a quel momento era stato calmo, avvertì l'ansia montare dentro di lui.

Scese con cautela dalla console e, dopo aver tirato un lungo sospiro, raccolse la sua fender decorata. Pensò che era giunto il momento di comprarne un'altra.

-Forza, ragazzi!- John afferrò le bacchette e sparì nel lungo corridoio.

John Paul, imbracciato il basso, fece lo stesso.

Il moro si aggiustò la tracolla e si avviò appresso agli altri insieme al cantante.

Rimasti indietro nel corridoio, camminavano fianco a fianco lanciandosi sguardi fugaci, ma prima di svoltare l'angolo per accedere al backstage, il più giovane si fermò di colpo.

Sapeva che il batterista e il bassista erano già entrati dietro le quinte del palcoscenico per controllare con i roadies che tutti i cavi fossero collegati.

-Jim, abbiamo un conto in sospeso io e te.-

Jimmy si voltò verso di lui, aggrottando leggermente la fronte.

-Cosa?-

Nessuna risposta. Nemmeno il tempo di capire.

Robert lo premette tra il muro ed il proprio corpo, la chitarra come unica barriera, e gli catturò la mano libera in una presa granitica.

In meno di un secondo, le sue labbra precise ed esperte si chiusero su quelle del moro, calde, in un bacio tanto morbido quanto proibito.

Page si aggrappò al manico dello strumento come se ne andasse della sua stessa vita, stringendolo, e non fece neanche in tempo a ricambiare, che Plant si staccò all'improvviso da lui, serio in volto, e senza dire una parola, corse dietro le quinte, lasciandolo lì, sconvolto contro la parete.

Il chitarrista si guardò intorno con nervosismo, prima di toccarsi con le dita le labbra che ancora ardevano.

 

 

Disteso sul letto con la chitarra in grembo, Jimmy era alla ricerca di una melodia smarrita tra i meandri della sua mente.

Le sue lunghe dita accarezzavano le corde, veloci, senza esitazioni, e si fermarono solo quando qualcuno bussò alla porta della suite.

Sbuffò rumorosamente, abbandonando lo strumento sul cuscino per alzarsi dal letto.

-Chi è?- chiese a voce alta.

Nessuna risposta.

Spazientito, raggiunse la porta e la aprì, dopo un lungo armeggiare sulla serratura.

Aggrottò la fronte. Di fronte a lui c'era una ragazza dai capelli rossi che sarebbe potuta essere molto graziosa se non fosse stato per lo sguardo innaturalmente esaltato e per il sorriso eccessivo che gli campeggiava sul viso.

-Ciao... Ehm... Ti serve qualcosa?- chiese il chitarrista.

La giovane non rispose e continuò a fissarlo con gli occhi annebbiati di chi ha assunto droga.

-No, eh? E va bene... Allora ciao.- Jimmy fece per chiudere la porta, quando la ragazza parlò.

-Ooooh una farfalla!- indicò un punto sopra la testa di Page, che sospirò.

-Qui non c'è nessuna farfalla.- disse annoiato.

-Ti sbagli! Eccola, è proprio lì!- la ragazza si coprì la bocca con le mani e sgranò ancora di più gli occhi. -E' così bella... E' bellissima...-

-Ok, senti...-

-Jimmy, è tutto ok, lasciala a me!- La voce di Richard Cole echeggiò dal fondo del corridoio.

Dopo poco arrivò, tutto trafelato, e afferrò le spalle della rossa con le mani in un gesto possessivo che non gli si addiceva per niente.

-Stavamo andando di sopra, alla festa in camera di Bonham.-

-Ehm... Va bene... allora io me ne torno dentro.-

-E ti pareva.- Ruotando un po' la testa, Cole alzò gli occhi al cielo e sospirò prima di continuare. -Io non capisco come cazzo fai a startene chiuso in camera tua quando potresti venire a divertirti insieme a tutti noi.-

-Preferisco stare qui, mi ci vuole un po' di tranquillità dopo il concerto.-

-Come vuoi, magari potresti anche fare un salto da John dopo.-

-Ci penserò, grazie dell'invito.-

Il moro rimase per un po' a guardare il manager mentre cercava di convincere la ragazza dai capelli di fuoco a seguirlo, poi chiuse la porta con cautela, facendo attenzione a non farla sbattere, e a passi lenti tornò sul letto, riprendendo lo strumento.

Ripensò al concerto di poche ore prima, a quando la voce che tanto amava aveva pizzicato le corde della sua anima, come ogni volta, e lui l'aveva assorbita e rielaborata, riproducendola attraverso la chitarra.

Le sue dita scivolarono di nuovo lungo le corde metalliche e le sonorità antiche si alternarono a quelle innovative in un flusso di note che pareva infinito.

Un rumore improvviso lo fece sbagliare.

Colpi decisi. Tre, quattro, cinque...

-Ho capito, ho capito! Un attimo!-

Che palle. Mai che si riuscisse a lavorare in pace.

Si alzò per la seconda volta.

-Chi cazzo è ancora?- Gridò Jimmy da dietro la porta, senza aprirla.

-Sono Robert... Ma se disturbo vado via, tranquillo.-

-No, aspetta! Non disturbi affatto, entra!-

Con mani tremanti girò la chiave nella serratura ed aprì la porta. Attese che Plant fosse entrato per farla scattare nuovamente, chiudendo la porta a tripla mandata, perchè “la prudenza non è mai troppa”.

Quando si voltò, trovò il biondo in piedi dietro di lui, la camicia a fiori aperta sul petto e un sorriso incredibile sul volto.

-Non vai alla festa, Jim?-

-No, ormai dovresti sapere che preferisco la tranquillità ed il silenzio alla confusione.- Mormorò.

-Posso sedermi?- Chiese il cantante, educato, indicando il grosso letto matrimoniale con un breve cenno del capo.

-Ma certo, siediti pure... E dimmi, perchè sei venuto qui?- Disse il moro, superandolo per raggiungere la poltrona nell'angolo.

Era una postazione perfetta: spalle coperte e controllo sull'intera stanza.

Robert si accomodò sul bordo del letto, e ne fece cigolare le molle sotto il suo peso. Si girò quel tanto che gli permise di osservare lo strumento posato sul cuscino.

-Volevo parlarti.- Rispose con naturalezza alzando le spalle.

-Di cosa?- Jimmy si accigliò, seguendo il movimento delle sue dita sulla cassa armonica con una punta inquietudine nello sguardo.

Il biondo si girò a guardarlo e si battè piano entrambe le mani sulle cosce prima di strofinarcele sopra, come per infondersi coraggio.

-Del fatto che non ne posso più. Non ne posso più di desiderarti senza averti, di sognarti senza toccarti, di vederti senza scoprirti. Non mi basta più tutto questo, James. Credi che mi possa accontentare di un bacetto rubato?-

Abbassò gli occhi sulla moquette grigia, come per trovare le parole giuste.

-Ho provato a fartelo capire in tanti modi da quando ci conosciamo... è dalle prime registrazioni che mi sento attratto da te. Anzi no, è da ancora prima. Tu mi sconvolgi, Jimmy, e mi hai sconvolto fin dal primo giorno a Pangbourne. Non è facile per me dirti queste cose, perchè ho paura. Di quello che pensi tu, di ciò che potresti dirmi tra poco. Ma non ce la faccio più a tenermi tutto dentro.-

Fece una pausa, dando a Jimmy, che lo fissava basito, il tempo necessario per assimilare le informazioni nuove.

Il suo silenzio gli sembrò incoraggiante, così decise di proseguire.

-E lo so che parlo sempre, parlo troppo, me lo dicono fin da quando ero piccolo, ma tu sei perfetto, irragiungibile, e questo è l'unico modo che ho per dimostrarti ciò che provo.- Si portò una mano al petto, rivolgendogli uno sguardo che non venne ricambiato perchè Jimmy aveva gettato la testa all'indietro in modo da guardare il soffitto bianco.

-Se ciò che dici è vero, allora perchè fai di tutto per farmi stare male?- Abbassò lentamente il viso su di lui, e puntò gli occhi verdi nei suoi, più penetranti che mai.

Robert aggrottò la fronte.

-A cosa ti riferisci?-

-Mi riferisco a tutte le volte che ti sbatti una ragazza sotto i miei occhi, Plant. Evidentemente non riesci a capire che ogni volta che lo fai mi sembra di morire. E purtroppo non ci si abitua mai al dolore.-

Il cantante fece pressione sul letto, ai lati delle cosce, facendolo scricchiolare per alzarsi in piedi.

-Davvero non capisci?- Dopo aver fatto qualche passo in avanti, si fermò davanti al piccolo comodino in legno. Si passò una mano tra i capelli, e quelli gli ondeggiarono sulla schiena in un modo che a Jimmy ricordò le onde del mare.

-Lo faccio apposta. Lo faccio perchè spero di ottenere una qualche reazione da parte tua...- Si morse le labbra, voltandosi verso la poltrona. Ma Page non era più lì. Era in piedi, proprio affianco a lui, le spalle contro il muro, mentre si tormentava il labbro inferiore tra il pollice e l'indice e teneva gli occhi puntati a terra.

-Ma io non posso reagire, Robert. Anche se vorrei prenderti a schiaffi o urlarti che ti amo davanti a tutti... Non posso. Hai idea di cosa potrebbe pensare la gente? Bonzo e Jonesy, i fan, i giornalisti, Cole e G...-

Robert si avvicinò al moro, tornando serio in volto, passo dopo passo, fermandosi giusto a qualche centimetro dal suo corpo.

Gli prese il mento con una mano e lo sollevò con dolce risolutezza, costringendolo a guardarlo negli occhi.

-E quindi cosa facciamo?- Sussurrò, osservando ogni singolo, dolce lineamento del viso che fino ad allora aveva solo potuto ammirare da lontano.

-Non lo so. So soltanto che in questo momento stiamo mettendo a repentaglio il futuro della band.- I suoi occhi, fissi in quelli del più piccolo, ardevano.

Robert appoggiò le mani al muro ai lati della sua testa, sovrastandolo.

-Ne sono consapevole.-

-Ho provato di tutto per toglierti dalla mia testa ma, credimi, non ci riesco. Io ti voglio, Robert. E nemmeno io potrò aspettare ancora, ed è inutile tentare di resistere. Per cui promettimi che, qualsiasi cosa accada, e ripeto: qualsiasi...- Accompagnò l'enfasi sull'ultima parola con un gesto deciso della mano. -Rimarrà tra di noi e nessuno verrà a sapere niente.-

Con studiata lentezza, Robert staccò la mano dal muro e affondò le dita nei capelli corvini del chitarrista.

-Te lo prometto. Lo so che non sarà facile. Lo so che rischio grosso, ma per te, Jimmy, per te farei qualsiasi cosa.-

Il più grande si abbandonò contro il muro sbiadito, tentando di imprimersi nella memoria l'eco di quelle parole, distratto dal rumore dei cuori che battevano impazziti contro le casse toraciche.

Gli toccò il petto con le mani, forse per un ultimo, debole sprazzo di indecisione, forse per avere un maggiore contatto.

Non passò molto tempo prima che le sue mani esperte risalissero lungo la gola del cantante.

Una andò ad insinuarsi sulla sua nuca, spingendogli il volto in avanti, aprendo e chiudendo le dita tra i capelli nell'incalzante bisogno di assaporarne la morbidezza. L'altra mano si posò sul suo viso, leggera come una piuma, spostandogli di lato i capelli prima di accarezzargli una guancia con un'attenzione che non gli era stata riservata da nessuna groupie. Nemmeno da sua moglie Maureen.

Page lo attirò a sé, contro il muro, con delicata fermezza, e Plant non si oppose. Chiuse gli occhi mentre la sua bocca ritrovò quella del chitarrista, così soffice e squisita, e due elementi opposti si conobbero per la prima volta, unendosi in un contatto carico di significati.

Mentre le loro labbra si muovevano le une sulle altre, affamate, Jimmy allontanò i piedi quel tanto che bastava per permettere a Robert di aderire ancora di più al suo corpo, trattenendo un sospiro quando le mani del biondo, sfacciatamente precise, si insinuarono sotto la stoffa nera della camicia, per poi andare a stringersi sui fianchi snelli.

Quando le loro lingue scivolarono contemporaneamente, avvolgendosi e accarezzandosi in una specie di danza segreta, il bacio si fece via via più necessario, più intenso, passionale a tal punto da farli fremere.

Ad occhi chiusi, Plant abbandonò le sue labbra, per poi appoggiare la propria fronte su quella del moro. I loro respiri affannosi riecheggiavano nella stanza silenziosa e facevano tremare le ciocche di capelli cadute in avanti. Fu proprio quando Jimmy gli avvolse le braccia intorno al collo, che Robert gli prese il viso tra le mani, per sfiorarlo con straordinaria sensibilità.

Aprì gradualmente gli occhi, e la prima cosa che vide fu una bocca scarlatta socchiusa, che lasciava intravedere gli incisivi candidi da sotto le labbra carnose. Alzò ancora lo sguardo, percorrendo il viso arrossato del suo chitarrista fino ad un paio di stelle roventi.

-Jim?- sussurrò, cercando di calmare il respiro.

-Si?-

-Ti amo anch'io.-

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