Unione d'affari di Kaiyoko Hyorin (/viewuser.php?uid=738793)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una misteriosa riunione ***
Capitolo 2: *** Madre degenera! ***
Capitolo 3: *** Una passione sopita ***
Capitolo 4: *** Una preghiera nella notte ***
Capitolo 5: *** Ne ho abbastanza... ***
Capitolo 6: *** Lato nascosto ***
Capitolo 7: *** Forza d'animo ***
Capitolo 8: *** Sei un vero casino ***
Capitolo 9: *** Sotto lo stesso cielo ***
Capitolo 10: *** Una barriera invisibile ***
Capitolo 11: *** Lavoro di squadra ***
Capitolo 12: *** Te l'avevo detto ***
Capitolo 13: *** Non è un appuntamento ***
Capitolo 14: *** Un passato da dimenticare ***
Capitolo 15: *** La risposta a quella preghiera ***
Capitolo 16: *** California, Stati Uniti d'America ***
Capitolo 17: *** Una sfida al PPB ***
Capitolo 18: *** Morte certa ***
Capitolo 19: *** Compagni di squadra ***
Capitolo 20: *** Dall'Italia alla Francia ***
Capitolo 21: *** Germania, Europa ***
Capitolo 22: *** Un matrimonio in stile occidentale ***
Capitolo 23: *** Inghilterra, Regno Unito ***
Capitolo 24: *** Il castello dei McGregor ***
Capitolo 25: *** Una questione d'orgoglio ***
Capitolo 26: *** Non sei solo.. ***
Capitolo 27: *** La prima neve ***
Capitolo 28: *** Un raffreddore per due ***
Capitolo 29: *** Dei nuovi componenti ***
Capitolo 30: *** In viaggio per la Cina ***
Capitolo 31: *** La Tigre e il Dragone ***
Capitolo 32: *** Una nuova linea d'azione ***
Capitolo 33: *** Una promessa ***
Capitolo 34: *** Lo scontro decisivo ***
Capitolo 35: *** Il ritorno a casa ***
Capitolo 36: *** Fra le pagine dei ricordi ***
Capitolo 37: *** Un'innegabile complicità ***
Capitolo 38: *** La decisione giusta ***
Capitolo 39: *** Il primo giorno ***
Capitolo 40: *** Il primo mesi-versario ***
Capitolo 41: *** Gelosia ***
Capitolo 42: *** Ti amo ***
Capitolo 43: *** Fra un saluto ed una bugia ***
Capitolo 44: *** Inquisizione familiare ***
Capitolo 45: *** Una serata diversa ***
Capitolo 46: *** Come uno specchio ***
Capitolo 47: *** Un epilogo infausto ***
Capitolo 48: *** My Selene ***
Capitolo 49: *** Il confronto decisivo ***
Capitolo 50: *** Il nuovo anno ***
Capitolo 1 *** Una misteriosa riunione ***
1. Una misteriosa riunione
Era una giornata come tutte le altre alla villa Hiwatari...
Come al solito, Kei non si trovava da nessuna parte ed il maggiordomo era in crisi, perché non sapeva cosa avrebbe detto di lì a poco al sig. Hiwatari, quando sarebbe tornato a casa.
Ormai era questione di minuti.
Ironia della sorte, proprio in quel momento, la limousine del proprietario dell'Organizzazione Hiwatari e padre di Kei (ereditò la società dopo la morte del nonno, avvenuta per mezzo di un infarto), fece il suo ingresso dal cancello e percorse velocemente il viale, prima di frenare dolcemente innanzi al portone della sontuosa dimora. Quando il padrone scese dall'auto, il maggiordomo era già in principio di una crisi di nervi e sudava freddo, a causa del timore di una sua reazione alle nuove di cui doveva informarlo.
– B..Buonasera, signor Hiwatari – Balbettò l'anziano, rivolto ad un uomo di mezza età, dai capelli brizzolati e l'espressione austera, molto incline al cipiglio tipico anche del figlio.
– Salve, anche oggi Kei non si trova? – Volle sapere l'uomo, rivolgendosi all'altro in tono inespressivo; evidentemente aveva notato l'ormai consueto comportamento del maggiordomo.
– Sono desolato, signore... nonostante abbia preso tutte le precauzioni, è riuscito di nuovo a scappare – La sua mortificazione in quel tono di voce era tangibile, come ogni volta.
– Non ti preoccupare, non è stata colpa tua – Fece l'altro, passando oltre ed entrando nell'ampio ingresso, non senza suscitare un principio di stupore nel capo della servitù. Non era cosa da tutti i giorni che il Signor Hiwatari soprassedesse alla mancanza di disciplina del primogenito.
Facendosi togliere il cappotto, ciò che in realtà questi stava pensando era fonte di preoccupazioni ben più pressanti, a discapito della mancanza di emozioni dimostrata: "Devo trovare il modo di rendere mio figlio più responsabile... un giorno dovrà ereditare l'organizzazione e deve capire che non può sottrarsi ai suoi doveri."
Era ancora intento a camminare verso il proprio studio, dando ordine che venisse preparata la cena, quando improvvisamente gli venne in mente l'appunto che gli era stato reso noto di una società rivale, i cui sviluppi sul mercato gli erano stati resi noti quello stesso mattino. Si trattava di un'organizzazione in rapido sviluppo, che si stava espandendo in tutto il paese e che presto si sarebbe rivelata una pericolosa rivale, se non avesse trovato il modo di renderla inoffensiva... oppure, ancora meglio, rilevarla e inglobarla nella propria.
"Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima?! Ho la possibilità di prendere due piccioni con una fava!" Pensò ad un tratto, illuminandosi e complimentandosi mentalmente con sé stesso. Scrisse una veloce lettera e la fece spedire all'organizzazione in questione, nota come la Natsuki Corporation...
Se le cose andavano come dovevano, avrebbe potuto godersi un tranquillo pensionamento anticipato.
– Su Yukiko, scendi! Dobbiamo andare – La incitò sua madre, aggirandosi per il piano terra come una fiera in gabbia, alla ricerca delle chiavi dell'auto parcheggiata davanti casa.
– Sì, arrivo! Ma mi vuoi dire perché ci devo venire anch'io a questa benedetta riunione? – Rispose la ragazza con una certa enfasi, scendendo le scale – ..e soprattutto perché mi sono dovuta vestire così?!
– Andiamo, stai benissimo! E poi non è la prima riunione a cui partecipi, perciò sai perfettamente quanto è necessaria la tua presenza: un giorno erediterai il mio posto alla N.C. e voglio che i nostri soci in affari imparino subito a vederti come un futuro capo degno di guidarli. Ormai hai l'età giusta – Le disse la madre, guardandola avvicinarsi ad un basso tavolino del salotto e raccogliere il mazzo di chiavi che stava cercando. Quando gliele porse la donna la ringraziò spiccia e si avviò.
– Ma perché per forza il vestito da cerimonia?! Non potevo mettermi qualcosa di meno... meno ingessato? I pantaloni bianchi? Neanche quelli mi stanno male – Protestò la ragazza, seguendo la madre fuori di casa.
– Smetti di lamentarti e sbrigati, che siamo in ritardo! – La redarguì allora lei, caricando l’ultima enorme valigia nel portabagagli.
– Dimmi almeno il perché di tutte queste valigie – Tentò Yukiko, spazientita.
– Perché alloggeremo in un albergo per un paio di giorni – Le rispose la madre contenendo l'esasperazione nel tono di voce, per nulla convincente: c'erano abbastanza bagagli da farle star via un intero mese. La donna tuttavia non voleva che la figlia sapesse adesso la verità, non prima che non fosse stata più in grado di svignarsela. La conosceva troppo bene.
– E allora come mai vedo solo la mia roba? – Insistette la ragazza, giustamente scettica, con le mani sui fianchi.
– Oh, basta con tutte queste storie! Ti verrà spiegato tutto a tempo debito. – Sbottò alla fine, salendo in auto e girando la chiave nel quadrante. L'auto rispose bene, avviando il motore con un basso rombo piuttosto vivace per una semplice utilitaria.
C’era una strana atmosfera nell'immensa dimora, quasi pesante, e Kei l'avvertiva piuttosto bene. Abituato com’era a notare ogni più piccolo cambiamento nello spazio circostante aveva subito notato, appena messo piede fuori dalla sua stanza, che c’era molta agitazione da parte della servitù. Quando arrivò in fondo alle scale comprese parte della causa di tanto trambusto: suo padre era rimasto a casa.
“Che ci fa mio padre qui? Non dovrebbe essere già al lavoro?” Si chiese, osservandolo venirgli incontro con un insolito sorriso.
– Kei, non sei ancora pronto? William, per favore occupatene tu, fagli mettere qualcosa di appropriato, stiamo facendo tardi per la riunione! – esordì il capofamiglia, richiamando il maggiordomo.
– Riunione? – ripeté Kei, piuttosto confuso e contrariato.
– Sì figliolo, come mio futuro erede è necessaria la tua presenza. Si tratta di una riunione importante che deciderà le sorti non solo dell'azienda Hiwatari ma anche di una sua diretta concorrente.
– E perché sarebbe necessaria la mia presenza? Non puoi occupartene tu? – cercò di rispondere nel frattempo il dranzerblader, mentre un paio di uomini della servitù si ostinavano a girargli intorno con il cambio d'abiti in mano.
– No – risposta secca e lapidaria, degna di suo padre, il quale non si sprecò a dargli ulteriori spiegazioni.
A Kei non rimase altro da fare se non ubbidire, senza tuttavia riuscire a farsi passare la venuzza pulsante sul lato della tempia destra.
Yukiko varcò la porta in vetro opaco della sala delle riunioni alla Natsuki Corp. con in volto stampata un'espressione del tutto neutra. Durante il viaggio in auto non era più riuscita a estorcere una sola informazione a sua madre, che si era barricata dietro un ostinato silenzio retto con la scusa che doveva concentrarsi sulla guida.
Così alla giovane non era rimasto altro da fare se non infilarsi le cuffie del lettore mp3 nelle orecchie e avviare la playlist dal punto in cui questa era stata interrotta l'ultima volta, accantonando i propri pensieri in favore delle note di One last standing.
Stava ancora ripercorrendone i versi a mente, mentre prendeva posto accanto alla sedia di sua madre.
– Molti di voi già la conoscono: questa è mia figlia Yukiko, che oggi presenzierà con noi e prenderà parte alle decisioni che discuteremo sul futuro della N.C.
Gli uomini seduti intorno al tavolo, vestiti rigorosamente in giacca e cravatta, scambiarono qualche cenno e parola d'assenso e chi già l'aveva vista ad alcune delle riunioni precedenti le rivolse anche un cenno di saluto, che la futura presidentessa ricambiò con un educato sorriso di facciata.
La madre di Yukiko fece seguire una pausa di silenzio durante la quale lanciò uno sguardo alla porta d'ingresso e soltanto a quel punto la ragazza si rese effettivamente conto delle cinque sedie vuote dall'altro lato del tavolo.
– Chi stiamo aspettando? – le chiese, interrogativa.
La signora Natsuki stava per risponderle quando la porta si aprì di nuovo, calamitando l'attenzione dei presenti nella stanza. Quando Yukiko posò lo sguardo sui nuovi arrivati, si ritrovò a spalancarlo mentre ogni muscolo del suo corpo si irrigidiva.
Quello era il presidente dell'Organizzazione Hiwatari, i loro principali concorrenti! Che cos'erano venuti a fare?
Un movimento con la coda dell'occhio le rivelò che sua madre si era alzata per dar loro il benvenuto e un istante dopo entrò anche l'ultimo della fila, che si lasciò chiudere la porta alle spalle senza nemmeno toccarla.
Per una seconda volta, la giovane si ritrovò a spalancare gli occhi, impietrita sul posto, in uno stato confusionale che rasentava lo shock.
– Ben arrivati signori, vi stavamo aspettando.
– Le mie scuse per il ritardo.
– Oh non si preoccupi, signor Hiwatari. Per noi è un piacere presenziare a questo incontro. Prego, prendete pure posto – li invitò la presidentessa della N.C., indicando loro i posti liberi.
Il signor Hiwatari ringraziò e prese posto di fronte a lei, mentre al suo fianco fece cenno a suo figlio, che con aria imperturbabile eseguì senza una sola parola.
– Questo è mio figlio, Kei Hiwatari, erede dell'organizzazione omonima – lo presentò suo padre.
Il diretto interessato non reagì in alcun modo e la signora Natsuki beneficiò i nuovi arrivati della presentazione dei presenti. Quando presentò Yukiko, la ragazza si riscosse e sussultò appena, ricordandosi del luogo in cui era e dell'occasione che l'aveva portata lì. Si alzò di scatto, tradendo in quel modo un'agitazione che l'aveva colta sin dal momento in cui aveva riconosciuto uno dei blader più popolari del Giappone varcare quella soglia e si ritrovò ad arrossire vistosamente mentre eseguiva un inchino formale.
Rimettendosi seduta scoccò di sottecchi uno sguardo al ragazzo in questione: era vestito di un paio di pantaloni neri ed una camicia dello stesso colore, in parte slacciata sul davanti, un aspetto che gli dava un'aria alquanto ribelle in quell'occasione. Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
– Lei è mia figlia Yukiko.
A quelle parole la ragazza in questione sembrò cadere dalle nuvole perché si alzò di scatto dalla sedia e si piegò in avanti in un inchino impacciato.
Kei posò per la prima volta il suo sguardo su di lei, notandone l'aria nervosa in ogni suo movimento, cosa che gli fece inarcare appena un sopracciglio.
Era una ragazza dai lunghi capelli corvini, le cui punte sfumavano in un porpora acceso, di pelle chiara e lineamenti abbastanza delicati pressoché privi di trucco. Stimando ad occhio un'altezza nella media, ella indossava un tailleur blu scuro, la cui giacca era stata appesa allo schienale della sedia e permetteva alla camicia bianca di avvolgerle il busto con leggerezza, i primi due bottoni slacciati a lasciare intravedere una catenina dorata. Sembrava abbastanza carina.
Tuttavia, la cosa che lo fece bloccare momentaneamente furono i suoi occhi: di un chiaro verde smeraldo, limpidi, tremendamente espressivi. Incrociandoli per quella manciata di istanti Kei si rese immediatamente conto di essere la fonte di tanto nervosismo da parte della mora, cosa che lo incuriosì e lo indispettì al tempo stesso.
Erano ormai anni che non compariva più in televisione in occasione di eventi riguardanti i Beyblade, ma questo non vuol dire che avesse perso tutta la sua popolarità. Non che essere lasciato in pace gli dispiacesse, a dirla tutta.
– Ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare questa riunione – esordì la voce della presidentessa della Natsuki Corporation, facendosi strada fra le sue riflessioni e guadagnandosi l'attenzione di tutti – Quest'oggi siamo qui riuniti per discutere dell'offerta del qui presente signor Hiwatari di unire le nostre rispettive aziende.
Kei non riuscì in alcun modo ad evitare ad un sopracciglio di scattare verso l'alto, ma la reazione della futura erede della N.C. fu più incisiva perché oltre a sgranare gli occhi chiari, spalancò la bocca in un modo tale da fargli credere che le sarebbe caduta la mascella sul tavolo.
– La Hiwatari ha offerto un'ingente somma per rilevare la nostra azienda – proseguì intanto lei senza badare alla figlia – ma, come già discusso per telefono, le ho già detto che la N.C. rappresenta non solo il duro lavoro del mio defunto marito, ma anche il futuro di mia figlia e per questo non posso accettare la vostra offerta.
– Rammento bene le vostre parole, presidentessa Natsuki – rispose l'uomo in questione con uno dei suoi sorrisi affabili da uomo d'affari. Uno di quei sorrisi che facevano storcere interiormente le labbra a Kei in una smorfia – ma le assicuro che nessuno dei due verrà messo da parte nel progetto che ho in mente.
– Sinceramente non vedo come potrebbe essere possibile, presidente – ribatté lei con altrettanta affabilità – Ho timore che se venissimo rilevati da un'importante azienda come la vostra, la N.C. finirebbe per perdere sé stessa.
– Questo non accadrà, perché ciò a cui stavo pensando è più un'affiliazione che una vera e propria rilevazione. È mio interesse mantenere la prosperità e l'identità della NC quali sono tutt'ora, senza modificare i ruoli che ricoprite all'interno della stessa se non di nome. Le garantisco che manterrebbe il suo posto al comando di questa nave, con la semplice differenza che farebbe poi riferimento a me per quanto riguarda la gestione delle pratiche burocratiche e le decisioni inerenti a variazioni di produzione e di personale. Inoltre sua figlia avrà la possibilità, qualora lo desideri, di succedere a lei dopo un periodo di praticantato presso la nostra sede ufficiale.
– Signor Hiwatari, lei mi sta dicendo che Yukiko sarà sfruttata da voi per dieci anni prima di ricoprire, se mai ci arriverà, un posto le cui soddisfazioni e la cui retribuzione non gioverebbero in alcun modo alla sua inesistente carriera all'interno di un'azienda che era destinata a lei..?
Quella domanda diretta, che alle orecchie di tutti parve più come un'affermazione, sembrò cogliere in contropiede persino il presidente, il quale tardò per una manciata di secondi a rispondere. Tempo sufficiente affinché sul volto della donna comparisse un sorriso più definito.
– Visto che siamo qui per discuterne, mi prendo la libertà di aggiungere una condizione alla sua proposta.
– Prego.
– Accetterò soltanto se verrà garantito a mia figlia un ruolo al vertice dell'azienda.
– Signora, come ho detto prima ella potrà prendere il suo post... – tentò di dire Hiwatari prima di venir interrotto.
– Non intendevo della N.C. Intendevo della Hiwatari.
Scese un silenzio talmente assoluto che Kei poté cogliere il rumore del traffico provenire dalle strade di Tokyo, molto più in basso.
– Ahah – suo padre si riscosse e drizzando un poco di più la schiena sembrò prenderla sull'ironico – Ma questo sarebbe possibile solo se entrasse nella famiglia Hiwatari.. – non finì nemmeno di completare quella frase che il tono gli si abbassò, in reazione al sorriso più ampio della signora Natsuki – Oh.
Quella donna faceva sul serio.
Lanciando un'occhiata fugace alla moretta sedutagli quasi di fronte, Kei la vide con lo sguardo fisso su sua madre, tanto spalancato da fargli credere che le sarebbero caduti gli occhi in grembo, mentre il suo viso si tingeva di una serie di sfumature diverse.
– Mh.. è sicura di ciò che mi sta proponendo? – la incalzò il presidente, con un tono tanto serio da far voltare anche Kei questa volta a fissarlo apertamente.
“Non starà prendendo davvero in considerazione la cosa?!”
[ANGOLO AUTRICE]
Bene, eccomi qui con il primo capitolo. Non nascondo che sono un po' emozionata perché è la prima Fanfic che pubblico su EFP e spero verrà un bel lavoretto. Ho pensato di riprendere in mano questa storia perché è molto tempo che l'avevo scritta e poi cancellata, insoddisfatta del mio operato di allora. Fatemi sapere se sono riuscita ad incuriosirvi un poco ^.* nel frattempo tenterò di rispolverare le mie conoscenze di html per dare una buona impaginazione al tutto! A presto!!
Passo e chiudo, dalla vostra
Kaiy-chan |
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Capitolo 2 *** Madre degenera! ***
2. Madre degenera!
Yukiko si sentiva come cristallizzata mentre fissava sua madre. Cos'aveva fatto di sbagliato per farle venire in mente di lasciarla? Di lasciare il nome dei Natsuki? Come poteva accettare una condizione del genere?
– Sicurissima – ribatté intanto lei in risposta al presidente dell'organizzazione Hiwatari.
– Mh – fece di nuovo questo, prendendosi il mento in una mano e posando lo sguardo su suo figlio.
La stessa cosa fece Yukiko, stringendo i braccioli della sedia nell'inquadrare di nuovo entrambi gli Hiwatari nel proprio campo visivo. Anche Kei sembrava sorpreso, per non dire contrariato, se così si sarebbe potuta definire quel suo volto solitamente inespressivo.
– E va bene.
– Padre! – esclamò a quel punto il dranzerblader, facendo sentire per la prima volta la sua voce in quella stanza.
– È ora che tu metta la testa a posto, figliolo – ribatté lui – E non c'è modo migliore per farlo se non quello di costruirti una tua famiglia, a partire dal trovare una buona moglie.
Il cervello di Yukiko iniziò ad elaborare.
..moglie.
Moglie.
“Moglie?!?!”
– EEEH?? – scattò in piedi nel momento stesso in cui realizzò pienamente il significato di tutto quanto, non riuscendo in alcun modo a frenarsi dall'esclamare quell'unica parola, puntando l'iridi sul presidente della Hiwatari.
– Starai scherzando! – esclamò a sua volta Kei, alzando la voce.
– Affatto.
– Allora è deciso – si introdusse la signora Natsuki, alzandosi a sua volta e ignorando tanto la figlia quanto gli altri.
– Contatterò il nostro avvocato e vi farò inviare le carte al più presto – disse il padre di Kei, alzandosi a sua volta.
A quanto pareva la riunione era giunta al termine, consapevolezza che non fece altro che far montare l'irritazione nella moretta, la quale non riusciva ad accettare un simile epilogo, nemmeno se fosse stato uno scherzo.
– Non è divertente – tentò di nuovo di rivolgersi a sua madre, accigliata.
– Avrai tutto il tempo di conoscerlo tesoro – le rispose con serietà la donna a quel punto.
– Potrà venire a stare da noi, con il suo permesso ovviamente, così da conoscersi meglio entrambi – esordì il presidente, di nuovo rivolto alla presidentessa.
– Naturalmente, è un'ottima idea – annuì lei – Ho già provveduto a caricare in macchina alcune valigie.
– Perfetto – il signor Hiwatari si rivolse a uno dei suoi uomini al seguito – Provvedete affinché vengano caricate sulla nostra auto.
– Ehi vecchio! – la voce di Kei si levò di nuovo e questa volta era talmente carica di tensione da indurre la ragazza a credere che l'aria fosse sul punto di fare scintille intorno a lui – Che cazzo significa?!
– La giovane Natsuki da questo momento sarà la tua fidanzata e come tale tornerà a casa con noi oggi stesso.
“Oh. Mio. Dio..” Si ritrovò a scandire mentalmente la diretta interessata, trovando difficile quasi respirare. Non poteva essere. Non stava accadendo sul serio.
Gli occhi del blader mandarono lampi, occhi che poi si volsero solo una volta su di lei, tanto penetranti e affilati da poter essere paragonati a una pugnalata in pieno stomaco, prima che questi si voltasse di scatto e si dirigesse con passo deciso e teso verso la porta.
Sotto lo sguardo dei presenti uscì da quella sala riunioni, talmente incazzato da sbattere la porta a vetri dietro di sé con tanta energia da rischiare di ridurla in pezzi. Il silenzio che poi seguì al botto fu talmente pesante da poter essere definito un silenzio tombale. Una definizione che, per Yukiko, calzava a pennello mentre si lasciava ricadere sulla sedia, bianca come un lenzuolo.
Il viaggio in macchina fu spettatore di un ostinato silenzio.
Certo, a parte il leggero ma distinto sottofondo proveniente dalle cuffie della moretta che sedeva con lui sui sedili posteriori. Scoccando uno sguardo in tralice alla ragazza, la vide appoggiata al finestrino alla sua destra, gli occhi verdi fissi ad ammirare un panorama che in realtà non vedeva.
Approfittando della totale assenza di attenzione, Kei si scoprì a squadrarla, non senza un certo fastidio. Aveva un bel profilo, con la camicia slacciata abbastanza da permettergli di intravederne da quell'angolazione la bratellina del suo reggiseno. Non era messa male al riguardo, certo non era troppo prosperosa ma nemmeno si poteva definire piatta. Ad occhio e croce, avrebbe dovuto avere una terza, decise. Scendendo ancora seguì con lo sguardo la linea del suo fianco, sino a soffermarsi sulle gambe avvolte in quel paio di pantaloni eleganti e poste accavallate.
Se si fossero trovati entrambi in un'altra situazione, avrebbe anche potuto farci un pensierino.
La ragazza lo trasse dalle sue riflessioni, abbassando lo sguardo sul lettore mp3 che teneva in grembo, interrompendo la canzone che stava iniziando per far andare avanti la playlist. Pochi secondi dopo Kei credette di cogliere le note d'inizio di This is War.
Appoggiò il capo contro il sedile, spostando il proprio sguardo nella direzione opposta, oltre i vetri del proprio finestrino, mentre un accenno di mezzo sorriso gli delineava le labbra. Almeno in fatto di musica non aveva gusti così pessimi.
Yukiko non riusciva a darsi pace. Per tutto il viaggio non era riuscita a rilassare un solo muscolo, men che meno quando si era sentita gli occhi del dranzerblader addosso. Non poteva credere a ciò che stava accadendole. Non poteva accettarlo.
Erano stati questi i suoi pensieri, nonostante cercasse di svuotare la mente una canzone dopo l'altra, per tutta l'ora che impiegarono ad arrivare a destinazione. Già percorrendo il lungo viale alberato le era stato chiaro che la sua nuova dimora provvisoria non poteva aver nulla di simile alla sua, ma appena scesa dall'auto, la ragazza rimase sbalordita dall’enorme villa cui si trovò innanzi. Dopo alcuni istanti di muta ammirazione per quell'opera di un architetto a lei sconosciuto e senza dubbio competente, spostò lo sguardo sulle persone che erano venute ad accoglierle e la sorpresa si triplicò nel vedere una schiera di domestici fare loro l'inchino in segno di benvenuto.
– Bentornati a casa.
– William – chiamò il padrone della villa e capofamiglia, rivolgendosi ad uno di quei servizievoli pinguini – fai scaricare le valigie della signorina e preparatele subito una stanza.
L'uomo in questione, un tipetto di terza età con i classici baffi grigi e un po' allampanato, annuì ossequioso prima di dar disposizioni in merito.
Yukiko non fece in tempo a muoversi tuttavia che Kei precedette sia lei che il padre, ignorando tutto e tutti nel guadagnare la porta con passo deciso. Un'andatura che lo fece ben presto sparire oltre l'ampio portone d'ingresso e il cui atteggiamento venne altrettanto ignorato sia dal genitore che dalla servitù. Come se fosse stato invisibile.
Quell'osservazione personale le fece provare quasi una nota di dispiacere, talmente inattesa da indurla a cancellare ogni pensiero al riguardo in un battito di ciglia, quando la voce del presidente Hiwatari tornò a farsi sentire.
– Spero che il tuo soggiorno presso di noi sarà di tuo gradimento, mi assicurerò che venga soddisfatta ogni tua necessità.
– Oh.. la ringrazio..
– William ti mostrerà la tua stanza, mi rincresce non poterti dare un benvenuto appropriato ma ho delle questioni da sbrigare – lapidario, non la lasciò nemmeno finire e dette quelle parole già si stava muovendo verso la macchina alle loro spalle.
Ancora frastornata, Yukiko osservò l'auto nera allontanarsi lungo il viale, lasciandola lì sull'atrio completamente in balia degli eventi. Lo smarrimento che provava dentro la giovane, non fece altro che accendere in lei il senso di rifiuto per tutto quanto, un rifiuto che non riuscì affatto a non esternare in una delle sue solite reazioni impulsive.
– Che cavolo succede?! – esclamò al cielo, prendendosi la testa fra le mani e inarcando la schiena.
Cosa che fece sobbalzare il povero William, fermo al suo fianco in attesa che lei lo notasse. Soltanto quando anche l'eco di quelle parole si perse nell'aria lattiginosa del primo pomeriggio, questi si azzardò ad attirarne l'attenzione.
– Signorina?
– Mh? – ricordandosi di non essere sola, tanto meno circondata da persone conosciute, Yukiko si affrettò a ritrovare un certo contegno e, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse, gli si rivolse – Il mio nome è Yukiko Natsuki.
– Le mostro la sua camera, signorina Natsuki.
Lei annuì, cercando di smorzare il rossore causatole dall'imbarazzo della scena appena conclusasi e seguì il maggiordomo all'interno dell'edificio. Eppure, di nuovo, appena varcato l'ingresso la ragazza si ritrovò di nuovo a restare a bocca aperta. Già vista da fuori la villa le era sembrata esageratamente grande, ma l'interno ora che ce l'aveva davanti era paragonabile soltanto la Reggia di un Re. Si sentì sminuita lì, in quell'immenso atrio, e lanciò un’occhiata al pinguino che le fece strada verso l'ampia scalinata che portava ai piani superiori.
William si fece da parte soltanto raggiunta una scura porta in legno lucidato e intarsiato, che provvedette ad aprire per lei, rivelando l'interno di quella che lui chiarì essere la sua stanza.
– Se avesse bisogno di qualcosa, signorina, non esiti a chiedere.
– O-ok – mormorò appena lei, mentre varcava la soglia della sua nuova camera, non riuscendo nemmeno a sbattere le palpebre.
Era una stanza talmente grande da poter essere paragonata soltanto ad un salotto, con un ampio letto matrimoniale a baldacchino dalle tende rosse e una portafinestra che, a doppia anta, si apriva su quello che era un balconcino con parapetto in marmo. Sulla stessa parete alla quale era accostato il letto v'era una scrivania degna di un romanziere, in mogano levigato, mentre dall'altro capo della stanza si trovava un grosso mobile ricolmo di scaffali, al cui centro era stato disposto un altrettanto ampio televisore al plasma di ultima generazione, con lettore dvd integrato e casse per il dolby-surround ai lati.
– Ommioddio! – esclamò la ragazza a quella vista, sgranando di nuovo gli occhi verdi.
Doveva assicurarsene e scattò verso l'elettrodomestico, piegandosi per vedere tutti gli ingressi di cui disponeva, finché con sua delizia non riuscì a trovarla: la porta USB. Immediatamente venne colta da un brivido, elettrizzata a quella piacevolissima scoperta, ma fu l'eccitazione di un attimo. L'istante successivo si ricordò del luogo in cui era e del motivo che l'aveva fatta trovare lì e tornando a drizzare la schiena si lasciò sfuggire un sospiro. Non era il caso che si facesse abbindolare da tutti quegli accessori di ultima generazione, c'era in gioco la sua vita, il suo futuro.
Seccata per la propria leggerezza, deviò lo sguardo dal televisore a schermo piatto e in quel momento si accorse di un'altra porta lì accanto, a doppia anta, dipinta di un delicato color panna. Dopo un attimo di perplessità, non riuscì tuttavia a frenarsi dal porvisi di fronte con rinnovato slancio. La aprì con enfasi, ritrovandosi davanti una cabina armadio tanto spaziosa da farle rammentare per un istante le dimensioni della sua vecchia stanza.
– Non posso crederci..
Nel momento in cui mise piede all'interno, i sensori di movimento fecero accendere le luci sul soffitto, prendendola di sorpresa.
– Non posso crederci! – ripeté ancor più impressionata.
Questa volta ci mise quasi due minuti a ritrovare la propria lucidità ed uscire da quell'armadio, richiudendosi la doppia anta alle spalle. Poggiandovisi momentaneamente con la schiena, come se vi potesse essere un mostro pronto a balzar fuori, si lasciò andare ad un nuovo ed esausto sospiro di sconsolazione.
“Non posso abbassare la guardia” si disse con un mezzo sorrisetto velato di amarezza “Non mi voglio sposare per affari… voglio una vita familiare piena di affetto e complicità, non ho alcuna intenzione di sposare quel... quel tipo!”
Il pensiero di Kei, della sua reazione e del fatto che non le avesse mai nemmeno rivolto la parola per tutto il tempo, furono la causa di una nuova ondata di disperazione da parte della moretta, che scivolò sul pavimento con un lamento.
– Che diamine ti ha preso, mamma?! – esclamò di nuovo da sola.
Eppure quell'esclamazione fu l'origine del pensiero che la colse subito dopo. Alzandosi di scatto andò verso le proprie valigie e si mise a frugare dentro il trolley grigio fumo, finché non trovò il caricabatterie del cellulare. Soltanto a quel punto tirò fuori il piccolo apparecchio dalla tasca dei pantaloni, attaccandolo ad esso e inserendo la spina nella presa.
– Adesso mi sentirà – borbottò nuovamente fra sé e sé, mentre cercava il numero di sua madre nell'elenco. Sfiorò lo schermo in corrispondenza del simbolo verde, facendo partire la chiamata e impostando il viva-voce. Non dovette attendere molto prima di ricevere risposta dall'altro capo del telefono.
– Pronto?
Yukiko fece un bel respiro e poi, con tutto il fiato che aveva in corpo..
– CHE CAVOLO STAI FACENDO, RAZZA DI MADRE DEGENERA!?!
Dall'altro capo del cellulare la signora Natsuki sussultò, assordata.
– Su, su tesoro, non parlare così..
– STO CAZZO! MI HAI VENDUTA!
– Uhuh, l'ho fatto per te amore mio – le giunse dall'altoparlante – Sappiamo entrambe che non hai buongusto in fatto di uomini, così ho preso in mano la situazione! Uhuh, sono stata proprio brava.
Una vena iniziò a pulsare sulla tempia della moretta mentre fissava il telefono con sguardo omicida, furente.
– Come, scusa?! – sibilò a quel punto.
– Yuki-chan, le decisioni della tua mamma non si discutono – le giunse con tono fin troppo leggero per essere nel bel mezzo di una discussione – ..e poi il figlio di Hiwatari è proprio un bel ragazzo, non poteva andare meglio di così.. – il suo tono compiaciuto le fece quasi perdere le staffe, non fosse per quel che la madre aggiunse subito dopo – ..e ti guardava in un modo, bambina mia! Ah, se solo tuo padre mi avesse guardata così...
Il viso di Yukiko si accese istantaneamente di un rosso tipicamente semaforico.
– M-Ma che stai dicendo?
– Uhuh, smetti di fare l'acida e vedi di socializzare. È per il tuo bene e di quello della N.C. – ribatté la signora Natsuki – Ora ti devo lasciare che sono con il nostro avvocato, ci aggiorniamo fra qualche giorno, ok? Baci!
*tuu-tuu-tuu*
La moretta si ritrovò a fissare allibita lo schermo del suo telefono, illuminatosi di nuovo sull'avviso di chiamata terminata. Un istante dopo dovette farsi forza fisica per impedirsi di scaraventarlo contro il muro in un eccesso di rabbia.
– ME LA PAGHERAI, MAMMA!
Lo fece rimbalzare sul letto lì accanto con un gesto secco, ancora fissando l'oggetto adirata. Come si permetteva di essere così invadente?! D'accordo che l'ultima storia che aveva avuto non era finita nel migliore dei modi, ma arrivare a questo??
Improvvisamente priva di energie si lasciò ricadere sul letto a propria volta, allargando le braccia sulle morbide coperte mentre con lo sguardo si perdeva a osservare la scura stoffa del baldacchino sopra il suo capo.
No. Non era finita bene proprio per niente e questa era anche la causa del fatto che non avesse nessuno all'infuori di sua madre a cui rivolgersi. Il pensiero di quanto era accaduto le fece nascere una smorfia sulle labbra, mentre si copriva gli occhi con un braccio.
Dopo tutto quel tempo le faceva ancora male.
Era stata una stupida.
Probabilmente lo era ancora adesso.
[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Sto cercando di dare un po' più di spessore alla povera Yukiko, cosa che nella prima stesura non mi era riuscita nemmeno un po'. Spero che vi siate divertiti a leggere questo capitolo, io mi sono divertita a riscriverlo ^.^
Incitandovi a lasciarmi una piccola recensioncina vi saluto..
Alla prossima mirabolante avventura!!
Kaiy-chan
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Capitolo 3 *** Una passione sopita ***
3. Una passione sopita
Kei era disteso sul proprio letto con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo perso sul soffitto. Si era disfatto di quegli abiti che non riusciva a farsi piacere, troppo da damerino per uno come lui, nonostante il modo in cui riusciva a indossarli non fosse minimamente paragonabile ad uno di questi.
La cosa gli procurava una certa soddisfazione, come si sentiva soddisfatto ogni qual volta che incrociava il disappunto di suo padre.
Che gli era saltato in mente a quel vecchio?! Una moglie??
“È una totale assurdità!” esclamò fra sé e sé, corrucciandosi in volto.
Sin da piccolo la sua famiglia l'aveva indirizzato, obbligato a fare cose di cui con il passare del tempo si era pentito. A partire dall'esperienza in Russia.
Voltò appena il capo in direzione del comodino alla sua sinistra, all'interno del quale vi aveva posto Dranzer. Ormai era cresciuto e aveva smesso di partecipare a qualunque tipo di competizione sul Beyblade. Quello sport che da sempre era stata la sua unica passione aveva perso il suo fascino nel momento in cui, molto tempo prima, era riuscito a strappare la vittoria che aveva bramato da tempo all'odiato rivale.
Ormai, all'età di vent'anni, non provava più alcun interesse a disputare incontri. Una trottola che gira, per quanto 'magica', non suscitava più la stessa attrattiva di un tempo. Eppure, ancora dopo anni, era l'unica cosa che lo faceva sentire meno solo, meno oppresso da quel mondo in cui si era trovato sin dalla sua nascita. L'impero degli Hiwatari non era altro che una maledetta prigione dorata.
Una prigione che minacciava di chiuderglisi addosso, soffocandolo.
“Non mi farò abbindolare da nessuno!” rifletté nuovamente, deciso a non cedere alle provocazioni del suo vecchio. Sollevandosi a sedere sul bordo del letto scoccò un'occhiata all'esterno della porta-finestra che dava sul suo balcone personale “No, non ci sto, padre!”
Si allungò per aprire il cassetto e, raccolto il proprio bey, se lo infilò in una tasca dei jeans prima di avvicinarsi alla cassettiera e tirarne fuori una maglia a maniche corte, nera fatta eccezione per una scritta rosso sangue stampata a caratteri volutamente rovinati sulla schiena: I shall bend you.
Come spinto da un impulso a lui esterno si mosse quindi verso la porta della propria camera e stava per aprirla quando, dalla sua sinistra, captò il soffuso rombo dei bassi dell'impianto stereo che proveniva dalla camera accanto.
Esitò, mentre distinse l'attacco di una canzone che ben conosceva.
I feel shook
Everytime I close my eyes and travel into the place in the back of my mind
It's A place where memories hide and my thoughts combine
I see places and thousands of faces all at the same time..
Era Shook, una delle canzoni che sentiva rappresentarlo maggiormente, specialmente in quel momento. Inutile dire che fosse anche una di quelle in cima alla sua playlist personale.
– Tsk.
Non era il caso di sorprendersi per una coincidenza simile, lo sapeva. Con un movimento deciso aprì la porta e sgusciò all'esterno, passando oltre la stanza nella quale dovevano aver fatto accomodare la sua nuova fidanzata senza degnarne la porta di uno sguardo. Doveva uscire da quelle quattro mura, doveva respirare un po' d'aria. Era questo che continuava a pensare mentre scendeva le scale, diretto sul retro della sontuosa dimora di famiglia, cercando di soffocare l'iniziale senso di affinità che iniziava a farglisi spazio all'interno del petto.
Il vago chiarore del mattino filtrò attraverso le tende della porta-finestra, serpeggiando lentamente ma inesorabilmente sino al letto ove Yukiko ancora sonnecchiava. Quando il filo di luce arrivò a posarsi sul suo viso, non impiegò molto tempo la ragazza a destarsi, infastidita dal fascio luminoso e dalla sua invadenza.
Voltandosi dall'altra parte si accoccolò di nuovo sui cuscini, aspettandosi con una certa irritazione il precipitarsi di sua madre nella sua stanza, come ogni mattina. Quando ormai era trascorsa mezz'ora tuttavia, la mancata irruzione della donna e della sua voce alta e squillante le fece aprire un occhio, perplessa.
Quella non era la sua stanza.
Intontita si sollevò a sedere, abbracciando con lo sguardo di smeraldo la camera, visione che l'aiutò a ricordare.
Ah già. Allora non era stato solo un brutto sogno.
Facendo una smorfia rammentò la cena della sera prima, consumata da sola, seduta ad un enorme tavolo nella sala da pranzo. In realtà non era stata da sola, c'erano anche il signor Hiwatari e il figlio, ma fra il silenzio e la distanza a separare i commensali, era come se non vi fosse stato nessuno.
Si allungò verso il comodino, andando a prendere la trottola blu scuro che vi aveva appoggiato sopra il giorno precedente, dopo averla estratta da una delle sue valigie. Osservandola con sguardo malinconico, si lasciò sfuggire un sospiro, prima che i suoi stessi pensieri venissero interrotti da un improvviso bussare alla porta.
Sussultando il bey quasi le finì per cadere sul pavimento, ma fu abbastanza agile da rinsaldare la presa e nasconderlo di getto sotto il cuscino. Soltanto poi, con voce un po' incrinata dall'emozione, si rivolse al nuovo arrivato.
– Sì?
– Signorina Natsuki? Sono Shu, la cameriera.. le ho portato la colazione – fece una vocina gentile dall'altro lato della porta.
Yukiko si sorprese un poco della novità: colazione a letto. La stavano trattando proprio bene.
– Entra pure – le disse, tirandosi su la coperta sino al petto.
Non era sicura di voler mostrare a qualcuno il suo pigiama, nemmeno ad una cameriera, ed il motivo era piuttosto semplice: era un pigiama molto ampio e un po' vecchio, fuori misura per lei, con una stampa a topolini sulla maglia. Un abbigliamento che definirlo anti-sesso sarebbe stato un delicato eufemismo, ma lei ci era affezionata. Quello era il pigiama di suo padre.
Aveva fatto carte false per impedire a sua madre di buttarlo via, nonostante le toppe e il resto, ed era divenuto quasi fonte di conforto. Quando la ragazza sentiva il bisogno di un abbraccio come quelli che sapeva infonderle quell'uomo, se lo metteva addosso. E lo portava sempre con sé, ovunque andasse. Per questo se l'era messo la sera precedente.
La porta si schiuse permettendo a una ragazza non troppo più grande di lei di farsi avanti con in mano un vassoio colmo di vivande, che appoggiò sulla scrivania. Ben presto la mora venne di nuovo lasciata sola, mentre nell'ambiente andava diffondendosi un piacevole profumo di caffé appena fatto.
Tirò nuovamente fuori il proprio Beyblade, reggendolo sul palmo della propria mano destra mentre con lo sguardo lo guardava assorta.
– E adesso, Night?
Nessuna risposta, ovviamente, solo un riverbero del bit al centro e lei si lasciò sfuggire un nuovo sospiro. Avrebbe fatto meglio a cambiarsi e fare colazione. Poi, una volta che fosse stata a pancia piena, avrebbe deciso cosa fare quel giorno.
Non ne poteva più di quei domestici. Da tempo aveva la chiara convinzione che lo tenessero d'occhio, probabilmente sotto suggerimento di suo padre. Niente di improbabile, anzi, lo sarebbe stato il contrario.
Fece fare un giro per il prato a Dranzer, osservandolo segnare sul terreno umido dei solchi al suo passaggio. Doveva trovare il modo di mandare in fumo i piani del suo vecchio. Ma come?
Far girare Dranzer se non altro lo aiutava a calmarsi e fare mente locale. Era una situazione fin troppo spinosa tuttavia perché questo bastasse a fargli venire in mente qualcosa. Se non ci fosse riuscito, poteva dire addio alla sua già esigua libertà.
– Non scherziamo! – sbottò spazientito da quel pensiero.
Il volto della sua futura moglie gli balenò alla mente in un flash che ritraeva l'istante in cui si era soffermato a osservarla in macchina, con quello sguardo perso nel vuoto. Non credeva che gli sarebbe stata di qualche aiuto, nonostante fosse chiaro come il sole il fatto che nemmeno lei fosse d'accordo con lo svolgersi degli eventi.
– Da una ragazzina come quella non posso aspettarmi nulla.
– Chi sarebbe la ragazzina?!
Kei sobbalzò sollevando lo sguardo sull'oggetto di quell'ultima riflessione, richiamando istintivamente il proprio bey. La trottola gli tornò dritta in mano, come attratta da una forza invisibile, e il blader se lo ficcò in tasca mentre rivolgeva un'occhiata penetrante alla nuova arrivata.
– Che cosa fai qui?
Yukiko scese dal muretto a secco sul quale si era appollaiata, facendo tintinnare la catena che aveva allacciata ai jeans. Indossava una bandana rossa sulla fronte, mentre aveva legato i capelli bicolori in una coda di cavallo. Il modo in cui lo stava guardando, con quel leggero sorrisetto ironico, lo sorpresero quasi quanto il fatto di non averla sentita avvicinarsi. I muscoli gli si tesero automaticamente, sulla difensiva.
– A quanto pare la stessa cosa che avevi in mente tu.. – gli rispose lei con un'alzata di spalle, avvicinandoglisi di qualche passo.
A fasciarle il busto aveva una canottiera aderente di un grigio piombo, sopra la quale indossava una tuta dai polsini cremisi. Neri erano anche i suoi jeans, culminanti a zampa di elefante su un paio di scarpe da ginnastica nella Nile bianche e grigie.
Vestita in quel modo gli appariva totalmente diversa dal giorno precedente, cosa che contribuì ad innervosirlo ancor di più.
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Mi spiace ma non me la dai a bere – ribatté lei, ampliando il proprio sorriso. In quel momento a Kei tornò in mente l'espressione che aveva avuto sua madre alla riunione, durante le trattative, e percepì un brivido salirgli lungo la spina dorsale.
“Questa non può essere la stessa ragazza di ieri!”
– Posso capire che tu sia sorpreso – continuò lei, imperturbabile, estraendo la mano destra da una delle tasche della felpa. Quando la sollevò, rivolgendogli il bey blu scuro che teneva fra le dita, i pezzi del puzzle iniziarono a combaciare gli uni con gli altri nella mente del dranzerblader – ..non sono molte le occasioni per me di far risvegliare Night dal suo sonno e quest'occasione è qualcosa di irripetibile, perciò.. battiti con me.
– Tsk, e perché dovrei? – ribatté lui di rimando, limitandosi a esternare un'espressione tanto fredda quanto scostante. Non gli piaceva la piega che aveva preso la cosa e non era intenzionato in alcun modo a perder tempo in uno scontro.
– Come perché? – ripeté lei, inarcando un sopracciglio e perdendo quel sorriso di sfida, cosa che se non altro permise al dranzerblader di riacquistare un po' più di fiducia in sé. Fiducia che aumentò quando la confusione dell'altra si fece strada nelle sue parole – Kei Hiwatari, fu campione mondiale di Beyblade, che non accetta una sfida?
– Esatto. Non ho interesse nel battermi con te – rimase fermo nella sua posizione, incrociando ambo le braccia sul petto. La fissò con uno sguardo che voleva sfidarla a contraddirlo – ..il Beyblade non è altro che un gioco da bambini.
Quelle ultime parole la congelarono sul posto.
Non poteva credere di avergliele sentite dire veramente. Sentì montare dentro di sé un'avversione verso il ragazzo che aveva di fronte tale da farla dubitare di aver mai provato qualcosa del genere in diciannove anni di vita.
E poi l'illuminazione le fece battere un pugno sul palmo dell'altra mano.
– Ma certo! Hai paura.
Lo vide spalancare appena un poco di più gli occhi color vinaccio, perdendo per quella frazione di secondo la sua proverbiale imperturbabilità, cosa che indusse la mora a rincarare la dose.
– Ahaha! Il grande Kei che ha paura di una ragazza! Non posso crederci! – esclamò ridendo, tenendosi la pancia per il divertimento.
Una barzelletta, ecco cos'era quel pensiero. Eppure il diretto interessato non rise affatto, anzi, la fissò con una serietà tale da smorzare quello scoppio d'ilarità.
– Bene! – esordì con fermezza, tornando a impugnare il suo Dranzer – Ti farò rimangiare ogni parola, mocciosetta! Preparati!
Yukiko sfoggiò un nuovo sogghigno, mettendosi in posizione.
– Fatti avanti, principino!
Quando si parlava di Beyblade, si sentiva quasi un'altra persona. Quella piccola trottola le infondeva una carica, un'energia che le davano la spinta per affrontare qualunque tipo di situazione. La consapevolezza di non essere affatto debole poi era quel che la portava a sfoggiare quel lato di sé che solitamente teneva accuratamente sottochiave in fondo al suo animo, un animo che rifiutava di venire soggiogato dal volere altrui. Quando si trattava di un incontro non le importava contro chi si stesse battendo, l'unica cosa che le importava era vincere.
Per questo non soffocò l'irritazione al tono del dranzerblader ma la sfruttò per dare slancio al proprio inizio, mettendo tutta la sua energia nel proprio lancio. Voleva toglierli quel sorrisetto dalla faccia, vederlo sconfitto da lei stessa e ammirare l'espressione che gli avrebbe scorto sul volto, di sorpresa e sgomento, quando avrebbe compreso - troppo tardi - di averla sottovalutata.
– Vai Night, attacca! – gridò la ragazza, spronando il proprio Beyblade a fare la prima mossa.
– Dranzer, evitalo! – ordinò Kei di rimando. Un millesimo di secondo troppo lento: l'attacco dell'avversaria andò a segno, più veloce di quanto il moretto avesse previsto. Dranzer venne scalzato dalla sua posizione di una buona manciata di centimetri ed atterrò sul terreno erboso sbandando per un paio di rotazioni, prima di tornare stabile. Ripreso il controllo, lui ripartì al contrattacco, senza tuttavia a colpire l’avversaria, che si scansò all’ultimo secondo.
Di fronte a lei Kei si stava davvero innervosendo. Aveva sbagliato i suoi calcoli e questo avveniva molto di rado. Doveva tenere sempre alta la guardia, anche se era stato un campione mondiale. Il solo fatto di dover combattere di nuovo, per di più contro quella ragazza, gli faceva saltare i nervi. Le avrebbe fatto abbassare la cresta, non poteva permettersi di prenderlo per il culo in quel modo.
Fu questo a farlo decidere: non si sarebbe tirato indietro, avrebbe fatto sul serio.
– Che succede? Sei in difficoltà o sbaglio? – lo stuzzicò la ragazza, vedendolo in crisi.
Yukiko provava un senso di esultanza incontrollabile ed era su di giri, non riuscendo in alcun modo ad evitare di rivolgergli un sorriso del tutto compiaciuto di sé. Era comunque ben consapevole della necessità ti stare in guardia: in fondo, quello che aveva di fronte, era un avversario temibile e non sarebbe stato saggio fare il suo stesso errore…
Proprio in quel momento Dranzer sferrò la sua offensiva, che andò a segno. Night venne scaraventato contro la base del tronco di un albero, ma subì l’impatto molto meglio del previsto e subito dopo ritornò al centro della radura, dove stava fermo il suo avversario.
“Accidenti… devo stare più attenta o un altro di quegli attacchi potrebbe mandarmi fuori gioco!” Pensò la blader, scrutando il volto del ragazzo che le stava a pochi metri di distanza.
– Non sei poi così male, devo ammetterlo… – se ne uscì lui di punto in bianco – …ma ci vuole ben altro per battermi! Attacca Dranzer, Tempesta di Fuoco!!! – esclamò Kei, sferrando il suo attacco decisivo.
– Adesso Night, attacco Stella Cometa! – fece Yukiko in risposta, sferrando a sua volta il suo attacco più potente.
I due bey si scontrarono con inaudita potenza e si sollevò un discreto polverone. I due dovettero ripararsi gli occhi con le braccia a causa dell’onda d’urto e solo dopo che il terriccio terminò di depositarsi al suolo, poterono avvedersi dell’esito dell’incontro. Si era formato una sorta di cratere poco profondo e i due bey erano al centro di esso, fermi entrambi, uno vicino all’altro.
La sfida era finita in parità.
– Allora? Niente male per una ragazzina, vero?
Kei celò ogni emozione dietro uno sbuffo infastidito, senza degnarla di un solo sguardo mentre si faceva avanti per recuperare il proprio bey. Con un saltello raggiunse il centro della depressione, chinandosi brevemente per raccogliere Dranzer.
Era in uno stato pietoso: l'anello d'attacco era scalfito in più punti e ad un esame più attento si scorgevano diverse crepe che avrebbero potuto ridurlo in pezzi se l'incontro fosse proseguito. Inoltre, il meccanismo motore era notevolmente incrinato ed andava al più presto risistemato.
Quando alzò lo sguardo sulla sua avversaria, notò che nemmeno la sua trottola era messa meglio: entrambi i bey non potevano disputare un altro incontro.
In realtà Kei non si sentiva irritato in alcun modo. Certo, era affezionato a Dranzer, ma poteva ripararlo con facilità. Inaspettatamente, durante quella sfida si era fatto prendere la mano, riassaporando quelle emozioni che da anni non lo avevano più sfiorato. Aveva percepito di nuovo la propria passione per quello sport, un sentimento che lo aveva colto impreparato e indotto a dare il massimo.
Era strano, ma era come se avesse ritrovato una parte di sé.
Un vago sorriso gli si delineò in volto, prima di dar le spalle alla ragazza e avviarsi di nuovo verso quella che era, suo malgrado, casa propria.
“Non è solo una ragazzina, in fondo..”
[ANGOLO AUTRICE]
Ecco, come promesso, il nuovo capitoletto!
A gran voce era stato chiesto un incontro giusto? Ebbene, spero ne siate rimasti soddisfatti u.u l'ho tenuto a grandi linee tale e quale quello originale, fatta eccezione per alcune battute, quindi spero sia venuto bene.
Ne sta venendo fuori quasi una Songfic ma vi assicuro che l'intenzione non era quella! E' che di solito mi lascio ispirare un po' dalla musica e certe scene le vedo davvero bene con un po' di musica di sottofondo, quindi se avete voglia di provare, potete poi dirmi cosa ne pensate XD e se non vi convince è lo stesso, non siete obbligati insomma!
Ho cercato inoltre di dare un senso al Kei dell'età adulta, cosa che non so se mi sia riuscita proprio coerentemente in relazione al suo carattere originale, dal quale ho comunque cercato di non deviare. Fatemi sapere, mi raccomando!!
Intanto vi saluto, al prossimo capitolo! ^_*
Kaiy-chan |
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Capitolo 4 *** Una preghiera nella notte ***
4. Una preghiera nella notte
Erano di nuovo tutti a tavola per
consumare il pranzo, cosa non da poco visti gli impegni di lavoro del
presidente. Tuttavia quel giorno doveva essere capitato qualcosa di
particolare che aveva indotto il signor Hiwatari a far accomodare lei
e il figlio l'uno accanto all'altra.
Yukiko aveva fatto appena in tempo a
risistemare l'anello di attacco di Night prima che Shu la andasse a
chiamare, e così aveva fatto il suo ingresso nella sala da pranzo
con gli stessi abiti che aveva indossato quel mattino. Personalmente
avrebbe preferito cambiarsi, non del tutto convinta di poter ignorare
l'impressione avrebbe fatto al padrone di casa.
Tempo prima si era arrischiata a far
spazio a quel suo lato di sé, ma i risultati erano stati tutto meno
che positivi. Era questo che l'aveva convinta a non comportarsi più
con così tanta leggerezza. Non che in effetti il parere del
presidente dell'Organizzazione Hiwatari le importasse. In effetti,
forse la cosa questa volta avrebbe potuto andare a suo favore,
mandando a monte l'affare.
Non fu così, per l'appunto.
Nonostante l'espressione interrogativa
e un po' indispettita del padrone di casa, l'aveva invitata ad
accomodarsi accanto a Kei e aveva intrapreso una sorta di monologo
che era durato sino a metà pasto. Gli era anche scappato detto
qualcosa riguardo a quanto si somigliassero, ma l'argomento era stato
interrotto da un deciso colpo di tosse del dranzerblader, palesemente
seccato.
La cosa fu fonte di un certo
divertimento da parte della mora, la quale faticò a non esternarlo e
dovette abbassare lo sguardo sul piatto per riuscirci.
– Bene, è giunto il momento che vi
informi sulla vostra situazione... – quelle poche parole furono
sufficienti per calamitare l'attenzione di entrambi i blader sul
capofamiglia degli Hiwatari, il quale con la massima educazione aveva
appena posato la forchetta accanto al piatto vuoto – Purtroppo fra
pochi giorni dovrò assentarmi per un viaggio d’affari molto
importante e starò via per diverso tempo. Con me verranno anche la
maggior parte dei nostri domestici.
A quell'affermazione, la ragazza alzò
di scatto la testa, spalancando gli occhi verdi.
“Significa che saremo praticamente da
soli…” A quel pensiero, non riuscì ad evitarsi di
arrossire.
– Per quanto tempo? – si informò,
esitante.
– Non lo so ancora… probabilmente
qualche mese – Rispose lui, senza fare una piega, prima di zittirsi
e soffermarsi a squadrare i due ragazzi.
Yukiko aveva sgranato gli occhi e poi
era avvampata, mentre il figlio, Kei, non aveva avuto alcuna
reazione: aveva semplicemente smesso di mangiare in favore di
un'immobilità assoluta che perdurò per diversi secondi.
– Bene… fai un buon viaggio –
disse quest’ultimo freddamente, prima di sollevarsi di nuovo in
piedi e, senza un'altra parola, uscire dalla stanza.
– Mi scusi, ma mi è passato
l’appetito… – Fece a quel punto la ragazza, non riuscendo a
sopportare quel silenzio. La situazione si stava facendo a dir poco
critica.
S'alzò a sua volta, impacciata e
rigida, guadagnando in fretta la porta.
– Sembrano proprio fatti l’uno per
l’altra – si azzardò a commentare una delle cameriere a basso
tono, piuttosto divertita.
Un divertimento che colse anche il
padrone di casa a quel pensiero, mentre in silenzio si gustava il suo
dolce alla vaniglia.
“Roba da matti!” stava pensando fra
sé e sé la ragazza mentre saliva le scale “Scommetto che è tutto
architettato.. e probabilmente c'è pure lo zampino di quella
disgraziata!” si disse, riferendosi a sua madre. Ce la vedeva fin
troppo bene a complottare con il padre di Kei purtroppo, un altro
soggetto non proprio rassicurante. Doveva trattarsi di una
caratteristica peculiare delle persone d'affari.
Raggiunta la propria stanza aprì la
porta senza degnar di uno sguardo all'ambiente circostante, prima di
varcarla. Doveva restare calma. In fin dei conti quella casa era
enorme, potevano tranquillamente ridurre i contatti al minimo
indispensabile.
Sì, avrebbe fatto così.
Si era appena mossa verso il letto
quando si accorse che in effetti quello era tutto meno che il suo
letto. Inarcando un sopracciglio si guardò meglio intorno,
constatando di non essere affatto nella propria stanza. Questa era
arredata meno sontuosamente, con un ampio letto matrimoniale con la
testiera in ferro battuto e due comodini ai lati. L'armadio
dall'altro capo della parete la ricopriva quasi del tutto, ma era
stato lasciato uno spazio per il televisore, più grande di quello
nella sua stanza.
Quel piccolo particolare le fece
inarcare un sopracciglio e arricciare le labbra con una certa
contrarietà. Cavolo, avrebbero anche potuto assegnarle quella di
stanza!
Con un sospiro si lasciò ricadere
sull'ampio letto. L'ambiente era stato arieggiato da poco e la
porta-finestra era ancora socchiusa a lasciar entrare una lieve
brezza. Non le sarebbe dispiaciuto restare lì per un po', decise.
Aveva bisogno di un po' di semplicità, ma soprattutto di quiete, e
non le dispiaceva l'idea che quella cameriera non la disturbasse.
Abbozzò un sorrisetto sornione alla
prospettiva di far un po' impazzire la servitù, la quale per un
motivo o per l'altro non le era mai troppo distante. Un po' di
solitudine era proprio quel che ci voleva.
Erano questi i suoi pensieri mentre si
crogiolava su quel materasso, rilassandosi.
Sul punto di addormentarsi, preda di un
sonno dovuto alla notte non perfettamente tranquilla che aveva
trascorso, fece appena in tempo a constatare che il cuscino aveva
proprio un buon odore.
Kei aveva avvertito il bisogno di
confrontarsi con un'amica.
Non rammentava nessuna occasione che
avesse spinto suo padre a portarsi dietro la servitù se non quando
partivano per una vacanza. Probabilmente era tutta opera di un piano
ben strutturato di quel vecchio bastardo.
Di ritorno dal luogo dell'incontro si
premurò di non farsi vedere nel rientrare da una delle finestre sul
retro, salendo in fretta le scale che l'avrebbero condotto al piano
superiore. Soltanto una volta raggiunto il corridoio si rilassò
abbastanza da procedere a passo più tranquillo, ficcandosi le mani
in tasca mentre ancora era intento a rimuginare sulla situazione.
Passando davanti alla camera di Yukiko
lanciò alla porta un'occhiata fuggevole. In fin dei conti quella
ragazza era meno noiosa di quanto lui stesso avrebbe creduto. Nella
mente si formarono nuovamente le parole che gli erano state dette
pochi minuti prima.
“Ti sei chiesto come si senta
lei?”
No, non se l'era chiesto, perché
avrebbe dovuto?
“Se provassi a conoscerla, lo
capiresti”
Che sciocchezze.
Sbuffando a labbra serrate poggiò una
mano sulla maniglia della propria porta, facendola ruotare sui
cardini ben oliati. Tuttavia, sollevando lo sguardo dal pavimento si
bloccò al centro del passaggio, sgranando gli occhi scuri in un moto
di sorpresa assoluta.
Lieve il vento che filtrava dalla
finestra socchiusa gonfiava le tende grigio chiaro, scivolando poi a
carezzare i capelli della ragazza che giaceva sul suo letto.
Yukiko. Nel suo letto.
Il suo primo impulso tuttavia non fu
quello di cacciarla di peso fuori dalla sua camera e la cosa che lo
confuse maggiormente fu proprio quella. Impiegò una buona manciata
di secondi a distogliere lo sguardo dalla ragazza e muoversi,
entrando finalmente all'interno della propria stanza e richiudendo
con delicatezza la porta dietro di sé.
Soltanto poi si avvicinò in silenzio
al letto, fermandovisi accanto, in piedi, a fissare la mora priva di
conoscenza. Era distesa a pancia in su con le lunghe gambe in parte
divaricate, una mano poggiata sul ventre e l'altro braccio sollevato
sopra la testa. I lunghi capelli scuri erano sparpagliati sul
cuscino, ad incorniciarle quell'espressione assolutamente rilassata
che le delineava il volto. Nel sonno la felpa le era scesa da una
spalla, aperta sul davanti, quasi del tutto bloccata sotto la schiena
di lei e lasciando così modo al dranzerblader di avere una netta
visione della linea del seno e dei suoi fianchi. Quella canottiera
lasciava giusto lo stretto indispensabile all'immaginazione, tanto
più a causa del fatto che le si fosse sollevata sin sopra
l'ombelico, lasciandole scoperta la pelle chiara.
Per la prima volta si degnò di
guardarla bene, prendendosi il proprio tempo, indisturbato. Con
sorpresa tuttavia non si soffermò tanto sul suo corpo, decisamente
invitante, quanto sul suo viso. Aveva le labbra leggermente schiuse,
rosee e apparentemente fin troppo morbide. Il suo nasino era delicato
e dritto, vagamente a punta e contribuiva a donarle un'aria un po'
più infantile di quella che in realtà doveva avere. La bandana che
era prima sulla fronte ora giaceva aggrovigliata fra quelle ciocche
bicrome, le punte cremisi che donavano un tocco di colore a quel
quadretto.
Come assorto, salì sul letto a propria
volta, appoggiandosi con ambo le mani sul materasso ai lati del corpo
di lei. Issandosi maggiormente, incurante di aver ancora le scarpe ma
spinto più da quella sua contemplazione che da altro, posò un
ginocchio fra le gambe di lei prima di scavalcarla con lo stesso. Si
ritrovò infine carponi sopra la ragazza, ascoltandone il respiro
regolare.
Forse la sua amica aveva ragione.
Forse, se l'avesse conosciuta meglio...
Non terminò di formulare quella frase
che il capo della ragazza in questione si mosse. Fu solo un vago
accenno di movimento, ma questo bastò per far tendere ogni muscolo
al blader, facendogli trattenere il respiro per una nuova manciata di
istanti. Questo finché non si accorse del rivoletto di bava che
bagnava il lato destro del mento d'ella, accostato ad un sorriso
quasi ebete che le era comparso in viso.
Quella visione fu talmente inattesa e
in contrasto con l'impressione che aveva avuto di lei fino al momento
precedente, che lo costrinsero a smorzare sul nascere uno scoppio
d'ilarità, il quale gli sgorgò come uno sbuffo divertito senza che
potesse frenarsi del tutto.
Era un'espressione troppo divertente.
Evidentemente dovette farsi sfuggire
qualche suono di troppo, o probabilmente furono i sussulti trasmessi
al materasso attraverso le braccia tese del ragazzo a causare il
risveglio della mora, perché dopo un nuovo movimento del capo iniziò
a schiudere le palpebre, rivelando quei suoi incredibili occhi di
smeraldo.
La ragazza schiuse appena gli occhi
verdi prima di riabbassare le palpebre e prendersi la briga di
stiracchiarsi i muscoli. Quando tuttavia, dopo aver deglutito i
rimasugli di saliva del sonno, tornò con più presenza di spirito a
sollevare le palpebre, si ritrovò ad incrociare due sorprendenti
occhi dai riflessi porpora. Sbatté più volte le palpebre,
irrigidendo ogni muscolo per il senso di allarme che la colse in
risposta ai messaggi dei suoi sensi.
Non era un sogno.
Quegli occhi erano di Kei, fermo lì
sopra di lei, e la stava fissando con un malcelato sorrisetto che gli
si accentuò in volto di pari passo al rossore che percepiva farsi
strada sul proprio viso.
– Ben svegliata.
– K-Kei! Che..che ci fai qui?
– Sei nella mia stanza – ribatté
lui fessurizzando il proprio sguardo – Mi sembra che tu abbia
trovato il mio letto piuttosto comodo... – aggiunse, con una nota
di malizia.
– Non l’ho fatto apposta, mi
dispiace… è che non ci ho fatto caso e… – si scusò
meccanicamente Yukiko, ancora più imbarazzata ed impacciata di
prima. Era così vicino che poteva distinguere ogni singolo capello
argenteo che gli contornava quegli occhi sfumati di porpora. Il cuore
le batteva talmente forte che era sicurissima potesse sentirlo.
– Ah sì? – fece il dranzerblader
in risposta, per nulla convinto. Anche nel suo imbarazzo totale la
mora poteva cogliere il profondo divertimento che si celava dietro
quello sguardo carico di malizia – Io non credo che si sia trattato
d'una svista... – si abbassò tanto verso di lei da arrivarle a
sfiorare la punta del naso con la propria, sempre occhi negli occhi –
...certo che non credevo potessi essere una tipa tanto spudorata.
Neanche il tempo al vecchio di levar le tende...
– C..c..c..co..
Yukiko era entrata nel pallone. La
percezione del suo respiro sulla pelle, il suo odore, la sua voce ora
più bassa e sensuale, quasi roca. Pervasa da una scarica di brividi
caldi chiuse strettamente gli occhi, deglutendo nervosamente.
Soltanto così riuscì a spiccicare parola.
– Ti..ti stai sbagliando – lo disse
in tono talmente flebile che finì per chiedersi se lui l'avesse
sentita.
Lo percepì muoversi e avvertendo di
nuovo l'aria fresca sulla pelle si arrischiò a schiudere un occhio,
vedendo così il dranzerblader scendere dal letto.
– Per questa volta lascerò correre –
affermò con indifferenza, un tono a cui ella era decisamente più
abituata, dandole la schiena. Tuttavia, subito dopo, le scoccò
un'occhiata da sopra la spalla accostata ad un mezzo sorrisetto che
non lasciava presagire nulla di buono. Impressione avvalorata dalle
parole che seguirono, di nuovo velate di una malizia senza pari –
..ma la prossima volta non sarai tanto fortunata.
Sussultando appena Yukiko riuscì
finalmente a muoversi, l'improvviso blocco dei muscoli venutole meno
in uno scatto che la portò in piedi in mezzo secondo.
– S-sì! – esclamò al culmine
dell'imbarazzo.
Allora la ragazza cercò di raggiungere
in tutta fretta la porta che dava sul corridoio, incespicando
dall'agitazione che non riusciva a scrollarsi di dosso. Percepì una
leggera risata provenire dalle sue spalle ed aveva già schiuso
l'anta, quando gli rivolse un'ultima occhiata, il volto ancora in
fiamme.
– Ovviamente stanotte preferirei
dormire da solo, se non ti dispiace..
Quell'ultima frecciatina la convinse a
chiudersi la porta alle spalle, dopo aver guadagnato il corridoio con
la velocità di un fulmine. Il tonfo del battente fece seguire un
silenzio pervaso soltanto dal suono del suo stesso cuore, che con
insistenza ancora le batteva nelle orecchie.
Tremò, preda di emozioni di una tale
intensità che le erano del tutto nuove, usando quella stessa
maniglia per reggersi in quella manciata di secondi di silenzio quasi
assoluto.
“Che cazzo era?!”
Rivide davanti agli occhi ancora
spalancati l'immagine della schiena del blader, in un flash che ebbe
come obiettivo quello di focalizzare la scritta sulla sua maglietta.
E percepì il proprio cuore sussultare.
Nella sua camera Kei rimase in
ascolto, godendosi la melodia che, appena iniziata, proveniva dalla
stanza accanto piuttosto chiaramente attraverso la finestra
socchiusa. Probabilmente anche la ragazza dall'altra parte della
parete aveva aperto la sua porta-finestra.
How can you see into my eyes
like open doors
Leading you down into my core
where I've become so numb
Si ritrovò a distinguere una tonalità
diversa in sottofondo rispetto a quella della cantante e spalancò
gli occhi sul soffitto nel rendersi così conto che era Yukiko che
stava cantando, talmente forte da arrivare a farsi sentire persino da
lui. Si alzò dal letto sul quale s'era sdraiato con nuovo slancio e
con pochi rapidi passi si avvicinò alla parete accanto al letto,
spegnendo la luce.
Without a soul
my spirit's sleeping somewhere cold
until you find it there and lead it back home
Quindi si accostò alla porta-finestra,
schiudendola maggiormente. La voce della ragazza era più
distinguibile di poc'anzi ora, tanto che già intuì dovesse essere
accanto alla finestra. Gli bastò sporgersi appena per vederla, lì
in piedi su quel balcone, con il profilo rivolto alla falce di luna
luminosa e le mani appoggiate sul parapetto.
Wake me up
Wake me up inside
I can't wake up
Wake me up inside
Save me
Call my name and save me from the dark
Aveva una voce limpida, eppure a metà
strofa ne percepì il tremito, come se si fosse incrinata
improvvisamente. Quella variazione appena accennata gli sfiorò
direttamente il cuore e con un sussulto sommesso si sporse nelle
tenebre quel poco chi gli bastò per distinguere un riverbero su quel
viso. Sgranò gli occhi scuri il blader, avvertendo il proprio
respiro venir meno.
Stava piangendo.
Wake me up
Bid my blood to run
I can't wake up
Before I come undone
Save me
Save me from the nothing I've become.
Tornò a farsi indietro, appoggiandosi
con una spalla allo stipite della finestra. Non riuscì a smettere di
ascoltarla esprimere il suo dolore in quel modo del tutto simile ad
una preghiera, sentendosi al tempo stesso alla stregua di un ladro.
Eppure non riuscì a fare altrimenti, rimanendo immobile in quella
posizione sino allo scandire dell'ultima nota, lo sguardo basso,
celato nell'ombra che avvolgeva gran parte di quella casa.
[ANGOLO AUTRICE]
Ve lo giuro, non è una Songfic >.<
fa tutto parte della trama, quindi non allarmatevi. Per ora non ne ho inserite altre di strofe e non so se ricapiterà mooolto più avanti, ma per ora (ho scritto parecchio fra ieri e oggi) non è così quindi tranquilli! Volevo ringraziare chi mi ha seguito così fedelmente fin'ora e mi ha recensito puntualmente nonostante siamo ancora praticamente all'inizio. Ah! Ne vedrete delle belle, ve lo posso assicurare!!!
Nel frattempo, augurandomi che anche questo capitolo non vi abbia deluso, attendo con pazienza di sapere il vostro parere!
Al prossimo aggiornamento! Muhahahahahah!!
Kaiy-chan
P.S. Allego qui in fondo il link alla canzone, approfittandone avendo trovato un video che è proprio attinente all'ambientazione! *CLICK!* |
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Capitolo 5 *** Ne ho abbastanza... ***
5. Ne ho abbastanza...
Quando Yukiko riaprì gli occhi, quel mattino, lo trovò più arduo del solito.
Non aveva alcuna voglia di svegliarsi e ritrovarsi ad affrontare la dura realtà. Voleva solo dormire, dormire per il resto della giornata. Dormire per sempre.
Il suo cellulare squillò, avvertendola dal suo posto sul comodino dell'arrivo di un nuovo messaggio. Sbuffando la ragazza si decise a rotolare su sé stessa per dare un'occhiata a chi la stesse cercando, ma già sapeva, ancor prima di visualizzare il display, che non poteva essere altri che sua madre.
Per questo rimise giù il telefono, decidendo di ignorare anche lei.
Si sentiva malissimo, emotivamente parlando. Il sonno l'aveva aiutata a ricacciare in fondo all'anima la propria pena ma non era servito ad affievolire il senso di abbandono che l'aveva colta. Il motivo che l'aveva spinta a cadere in quello stato di sconforto era derivato in gran parte dalle emozioni del giorno precedente.
L'elettricità che aveva risvegliato in lei il dranzerblader l'aveva sconvolta più di quanto si sarebbe potuta aspettare. Le era sembrato di essere sballottata da un mare in tempesta. Una volta chiusasi nella sua stanza si era messa ad armeggiare con Night, facendolo girare al centro dell'enorme cabina-armadio ancora vuota.
Non aveva nemmeno svuotato le valigie.
I pensieri oppressivi e dolorosi che l'avevano fatta sprofondare erano arrivati solo dopocena. Durante il pasto il principino non le aveva rivolto neanche uno sguardo, come se non fosse successo nulla, e lei si era ritrovata a paragonarlo alla sua ultima esperienza. Era stato quello a fregarla.
Le era tornato in mente Manabe.
Lei stessa si era sorpresa che quel ragazzo fosse riuscito a ferirla a tal punto.
L'aveva avvicinata, l'aveva usata e alla fine si era rivelato per il mostro che era. Non l'aveva mai amata, non l'aveva mai desiderata sul serio. A fargli gola erano stati i soldi della sua famiglia e l'aveva sottovalutata credendo che lei non l'avrebbe scoperto. Quando la verità era venuta a galla, Yukiko aveva visto il suo mondo infrangersi come una vetrata di cristallo colpita da una mazza di ferro. Il suono prodotto dal suo cuore aveva avuto il medesimo eco.
– Gli uomini sono tutti uguali – mormorò a sé stessa sotto le coperte, affondando il viso nel cuscino.
Il suo telefono tornò a squillare, questa volta facendo partire la suoneria, segno di una chiamata in arrivo. Sbuffando seccata Yukiko, senza nemmeno degnarsi di guardare di nuovo il display, allungò una mano e toccando lo schermo si portò il dispositivo all'orecchio. Non riuscì in alcun modo a evitare di rispondere tradendo quel medesimo stato d'animo.
– Pronto?!
– Pronto, Yuki?? – le rispose una voce femminile dall'altro capo del telefono.
Lei conosceva quella voce e non soltanto perché fosse l'unica ad averla mai chiamata a quel modo. Il suo umore, già sul fondo di un cratere, caracollò ancora più in basso mentre i nervi le si tesero automaticamente.
– Uzumi...
– Yuki, quanto mi sei mancata. Perché sei sparita a quel modo? Che fine hai fatto??
La mora si strinse la stoffa del suo ampio pigiama con la mano libera all'altezza del cuore, come se con questo potesse farlo smettere di sanguinare, ma riuscì a mantenere un tono neutro seppur basso.
– Sono successe un po' di cose.
– Dove sei ora?
– È un po' complicato da spiegare – non voleva vederla.
– Posso venire lì? Ho voglia di vederti, Yuki!
– Non so...
– Eddai! – insistette l'altra all'altro capo del telefono.
La conversazione continuò così per un altro po', con la ragazza ancora a letto che balbettava le prime scuse che le venivano in mente e l'altra dall'altro capo che gliele smontava una dopo l'altra, continuando ad insistere. Alla fine la mora non poté far altro che cedere.
– Vediamoci al solito caffé fra due ore.
– Quello fuori dal centro?
– Sì esatto, quello all'angolo.
– D'accordo – esclamò vivacemente la ragazza – Allora a fra poco!
Yukiko riattaccò, lasciando scivolare l'apparecchio sul cuscino accanto al proprio capo.
Quella non era proprio la sua giornata.
Kei non l'avrebbe seguita se non fosse stato palese che era la stessa ragazza a non voler farsi seguire e lui per natura era uno di quelli che tendevano a fare il contrario di quanto gli veniva detto. Anche se tecnicamente lei non gli aveva detto proprio niente.
Era questo il motivo principale che l'aveva spinto a “prendere in prestito” le chiavi dell'auto di riserva: una Chevrolet Camaro Cabrio di un ordinario grigio piombo metallizzato. Non centrava affatto lo sguardo che le aveva visto in volto quando l'aveva incrociata in corridoio, né l'episodio della sera precedente.
“Dannazione!” Sbottò, infilandosi gli occhiali da sole e avviando il motore “Non sono più molto bravo a mentire a me stesso..”
Percorse il vialetto della villa a velocità moderata, prima di far il giro dall'altro lato. Fermò la macchina senza spegnere il motore ad un incrocio di distanza dalla ragazza, la quale stava aspettando a bordo strada. Ben presto si fermò un taxi, vettura sulla quale la mora salì senza indugio dopo aver scambiato un paio di parole con l'autista.
“Dove sta andando?”
Non poteva star scappando, non aveva nulla con sé se non lo stretto indispensabile. Era vestita come lui l'aveva vista due giorni prima, con quei jeans provvisti di catena e la felpa nera e rossa, ma in aggiunta aveva un berretto con visiera dei RedSox.
Accese la radio, guidando ad una distanza di sicurezza dietro al taxi, cercando di non farsi scoprire in quell'inseguimento lungo le vie della cittadina. Quando il mezzo uscì dalla periferia, ormai per il giovane Hiwatari era chiaro come il sole che la mora stesse tornando a Tokyo.
Accantonò una nuova serie di interrogativi, limitandosi a non perdere di vista l'auto. Erano passati quasi venti minuti dall'inizio di quell'avventura e Kei stava giusto iniziando a stancarsi di quel gioco, quando finalmente il taxi accostò per far scendere la sua passeggera. Si trovavano fuori dal centro della grande città, in una via piuttosto frequentata e lui, passando oltre, imboccò il primo vicolo sulla destra. Riuscì a trovare parcheggio appena svoltato l'angolo, cosa che gli permise di lasciare l'auto per poter proseguire a piedi, cosa decisamente più comoda al dranzerblader.
Dovevano essere prossimi alla loro destinazione.
Si assicurò di aver ben chiuso l'auto, con tettuccio rialzato e tutto, prima di voltarsi e affacciarsi al viale ove era sicuro fosse scesa Yukiko. Inizialmente non la vide subito, cosa che gli fece temere di averla persa, ma fu felice di ricredersi quando la scorse dall'altro lato della strada, che procedeva con le mani in tasca verso il centro.
Kei le rimase dietro, procedendo su quel lato della strada, ficcandosi a propria volta le mani nelle tasche della giacca in pelle che si era messo al volo. Era una giornata tendenzialmente uggiosa e il poco sole che filtrava dalle nubi non riusciva a scaldare l'aria di fine estate. Un'estate più fredda di quanto ci si potesse aspettare.
Procedettero entrambi per una trentina di metri, finché finalmente la mora non entrò in un caffé dalle ampie vetrate, attraverso le quali si riusciva a intravedere l'interno. Sembrava un posto come un altro, senza qualcosa di particolare da renderlo speciale. Nemmeno la gente all'interno era molta e il blader, notandola sedersi ad uno dei tavolini posti proprio accanto alla vetrata, inarcò un sopracciglio.
“Che c'è venuta a fare fin qui?”
La vide togliersi il berretto e appoggiarlo sul tavolo mentre si riavviava i lunghi capelli scuri, ed a quel punto gli venne l'illuminazione. Stava aspettando qualcuno. Questo almeno, a giudicare dal modo in cui gettava occhiate alla strada.
Non poteva restare lì impalato.
Attraversò a sua volta la strada, prendendo posto ad uno dei tavolini del bar accanto, in una posizione strategica. Riuscì anche a procurarsi un quotidiano, dietro le cui pagine poteva tener d'occhio la ragazza senza destare sospetti.
Si sentì un po' uno stalker dopo una manciata di secondi. In fin dei conti stava filando tutto liscio e si solleticò con l'idea di poterlo fare per mestiere. Suo padre avrebbe sicuramente avuto un infarto in quel caso.
Sorrise appena fra sé e sé finché non notò una ragazza prendere posto di fronte a Yukiko. Quella consapevolezza per un qualche motivo gli fece rilassare le spalle. Accortosene, sbuffò sommessamente, infastidito.
“Tsk. Perché mai dovrei sentirmi sollevato?”
Non si diede una risposta.
Invece da quell'angolazione gli era impossibile vedere il viso di Yukiko, pertanto non aveva alcuna possibilità di indovinare di cosa stessero parlando, figurarsi sentirlo. Tuttavia la sua amica sorrideva in continuazione, pertanto non sarebbe stato l'unico a presupporre che stessero affrontando uno di quei discorsi da ragazze, uno di quelli tipici fra amiche insomma. Fu soltanto dopo una manciata di minuti che si accorse che quel sorriso aveva un ché di strano: non era mai sfumato del tutto. Mai. Nemmeno quando la sconosciuta traeva un sorso della sua bevanda.
Inarcando un sopracciglio abbassò lo sguardo sul profilo della giovane Natsuki, fino a ché non lo soffermò sul suo braccio, appoggiato al tavolo a lato vetro e allora inarcò ambo le sopracciglia. Si ritrovò a spalancare gli occhi scuri dalla sorpresa nel notare la mano d'ella stringere l'alto bicchiere di carta con più energia del dovuto, tanta da accartocciarlo sotto i suoi stessi occhi.
– Maledizione! – si lasciò sfuggire in un tono sommesso, ripiegando il giornale e alzandosi dalla sua sedia.
Non poteva più starsene lì, doveva assolutamente sentire cosa si stavano dicendo quelle due. Perché Yukiko, per quanto potesse rappresentare una minaccia orchestrata da suo padre, non stava bene. Ed era una consapevolezza che non riusciva a lasciarsi scivolare addosso con la solita indifferenza.
Yukiko Natsuki si chiuse in bagno.
Stava diventando sin troppo penoso quell'incontro. Era partita con l'intenzione di rivelarle tutto, di mettere le cose in chiaro, ma ora che erano lì, faccia a faccia, la ragazza non riusciva a smettere di chiedersi come potesse l'altra continuare a sorriderle in quel modo, nonostante quello che le aveva fatto.
Si sciacquò la manica della giacca, macchiata di caffè-latte a causa della tensione che l'aveva portata a stringere con troppa forza il bicchiere. Quindi si lavò per bene anche il viso, come se il contatto con l'acqua fredda potesse bastare a risvegliare in lei la determinazione a chiudere con quella storia.
Era capace di affrontare solo un problema della sua vita alla volta ed ora aveva bisogno di concentrarsi soltanto sulla questione 'matrimonio combinato' organizzata da sua madre. Non poteva permettere al proprio passato di tornare a tormentarla come era successo fino a qualche ora prima. Come stava accadendo tutt'ora.
Inspirò guardando il proprio riflesso gocciolante nello specchio.
– Svegliati Yukiko.. – mormorò decisa a sé stessa.
Poteva farcela. Ce l'avrebbe fatta.
E poi sarebbe tornata a casa di quello stronzo di Kei e gliene avrebbe cantate anche a lui per i suoi stupidi giochetti del giorno precedente. Non si sarebbe fatta prendere in giro un'altra volta.
Il solo pensiero del dranzerblader le infuse una scarica di adrenalina che le fece credere di essere finalmente sulla buona strada, così si asciugò il viso e le mani con qualche salvietta e uscì da quello stanzino.
Tornò al tavolo con passo misurato, un po' più pesante di come se l'era augurato, ma si rifiutò di sollevare lo sguardo su quella che fino a pochi mesi prima aveva considerato la sua migliore amica. Quando le si accomodò di nuovo di fronte udì l'altra riprendere il suo chiacchiericcio a vanvera e allora finalmente sollevò l'iridi sul suo volto. Aveva quel suo tremendo sorriso, falso fin nel midollo, contornato da labbra di un rosso acceso. Tutto il suo volto, notò solo ora la mora, era ricoperto di una traccia di trucco pesante che fino a pochi mesi prima non rammentava fosse tipica di lei e se ne sorprese.
– Uzumi. Da quand'è che hai preso a truccarti in questo modo? – l'interruppe.
La ragazza dai corti capelli castani inarcò un sopracciglio, sorpresa a quella domanda a bruciapelo, ma non tardò troppo a rispondere, esordendo con una bassa risata di circostanza.
– Sto bene vero? Sai, ho capito che devi apparire al meglio se vuoi tenerti stretto un uomo.
– È per Manabe, vero?
Silenzio di tomba.
– Cosa dici, Yuki.. – quella replica, fattasi attendere, era tutto meno che convincente ed ebbe il potere di far crescere la sicurezza della nightblader. La mora infatti non vacillò affatto, mantenendo un'espressione seria quanto determinata mentre seguitava a fissarla negli occhi.
– Tu credi che conciandoti così eviterai di fare la mia stessa fine – la incalzò ancora.
– Y...Yuki... – sul volto carico dell'altra comparve finalmente la prima ombra d'incertezza, sintomo che aveva colpito nel segno.
Yukiko si ritrovò a sorridere, un sorriso velato.
– Non credevo che i vostri giochetti ti si sarebbero rivoltati contro – continuò imperterrita, appoggiandosi allo schienale della sedia e sostenendo lo sguardo sempre più sconvolto dell'altra – ..e scommetto che non ci avevi pensato nemmeno tu.
– Yu..
– Smettila di chiamarmi in quel modo! – esclamò a voce più alta, non riuscendo a contenersi. Accortasi del proprio errore si morse il labbro, lo sguardo fisso sul tavolo. Aveva attirato l'attenzione di altri clienti di quel caffè, oltre ad averla fatta sussultare, ma tentò di non curarsene, proseguendo a tono più basso – So ogni cosa. Lo so da mesi della vostra storia, di ciò che facevate alle mie spalle. So persino della considerazione che avevate di me. Perché mai altrimenti avrei dovuto sparire in quel modo, senza più cercare quella che in teoria era la mia migliore amica? – era una domanda retorica, non si aspettava una risposta e sollevando lo sguardo sulla ragazza che aveva di fronte si accorse che non ne avrebbe potuto riceverne nemmeno se fosse stato il contrario – Mi avete tradita. Tutti e due. Lui, che era il mio ragazzo e tu, che dicevi di essere mia amica. Ed è una cosa su cui non riesco proprio a passare sopra.
Detto questo Yukiko si alzò e afferrò il proprio berretto, preparandosi ad andarsene. A quel movimento anche Uzumi parve riscuotersi e ritrovare la propria voce.
– A..aspetta, Yuki.. – cercò di attirarne l'attenzione, alzandosi a propria volta.
A quella supplica però la giovane Natsuki le scoccò un'occhiata ammonitrice.
– Non voglio più saperne, né di te né di lui – lapidaria quanto più riuscì a costringersi ad esserlo, dovette fare uno sforzo per impedire alla propria voce di incrinarsi. Avvertiva gli occhi iniziare a pizzicarle, segno che le lacrime erano prossime a prendere il sopravvento in reazione alla profonda amarezza che covava nel petto – Ne ho abbastanza di persone false intorno.
Nel breve silenzio che seguì, Yukiko riuscì a muoversi di qualche passo verso la porta del locale, ma venne bloccata dalla mano di Uzumi, che si era sporta ad afferrarle una manica, costringendola a ruotare parzialmente il busto verso di lei. In quei pochi secondi la mora vide il volto dell'ex amica contratto in una smorfia di sdegno talmente espressiva e in contrasto con i sorrisi falsi di poc'anzi da prenderla in contropiede.
– Come osi, stronza? Sei solo una sfigata piena di soldi che..
Fu a quel punto che nel suo campo visivo comparve un'ombra dai riflessi d'argento. Una mano si strinse intorno al polso di Uzumi, facendola sussultare e gemere di dolore mentre lasciava la presa.
– Faresti bene a fare ciò che ha detto e lasciarla in pace – la voce del ragazzo era talmente fredda, intrisa di una velata minaccia, che avrebbe fatto rabbrividire persino Yukiko se non fosse stata troppo sorpresa di trovarselo davanti.
– Kei! – esclamò a mezza voce, volgendosi verso di lui a fissarlo ad occhi sgranati.
In quella circostanza le sembrava ancora più alto, una figura imponente anche grazie all'effetto che gli donava il giubbotto in pelle che si era messo a sovrastare la maglia a manica corta. Vestito rigorosamente di nero, quell'abbigliamento non faceva altro che accentuare il colore luminoso dei suoi capelli d'argento, abbastanza lunghi da incorniciargli in maniera poco ordinata lo sguardo rubino. Sì, perché con quella luce e quell'intensità, le sue iridi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Chi sei? … C-cosa vuoi? … Lasciami – reagì la castana in risposta, la voce incrinata.
Kei la lasciò, rischiando di farla sbilanciare all'indietro per la repentinità del gesto, e quella stava ancora cercando di riprendersi quando il dranzerblader le rivolse le spalle, facendo un passo verso la moretta.
– Andiamocene.
Non le rivolse altra parola prima di afferrarla per la mano destra e condurla con decisione fuori dal locale. Ignorarono gli strepiti e le lamentele della ragazza che si lasciarono dietro, la mente di Yukiko che ancora faticava a ricollegare l'accaduto.
Procedendo lungo il marciapiede quasi incespicando, la mora si ritrovò a fissarne l'ampia schiena senza riuscire a capacitarsi di ciò che vedeva.
“Cosa ci fa Kei qui?” Era davvero del blader di ghiaccio la mano che con quel tocco deciso e premuroso al tempo stesso stringeva la sua?
Attraverso quel contatto ella ne percepiva distintamente il calore. Era una stretta tale da trasmetterle un'emozione come un tacito messaggio e allora abbassò gli occhi verdi su di esso, trovando la propria mano più piccola di quanto ricordasse all'interno di quella di lui. Era una sensazione nuova, che le serpeggiò calda sino al centro del petto e non fece altro che aumentare la confusione della ragazza.
Una confusione che le rubò la voce stessa.
[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dah! Come promesso eccomi qui..mi sono appena svegliata ma non potevo rimandare, sono troppo entusiasta! Vi è piaciuto?
Ne approfitto e allego qui sotto l'auto presa da Kei, per farvela vedere come si deve u.u
Della serie: per fortuna era la macchina di servizio!! Muhahaha!
Angolo ringraziamenti:
Ne voglio approfittare per ringraziare pubblicamente, in occasione del quinto capitolo *le scende una lacrimuccia* LadySilmeria e Keyra Hanako D Hono che continuano imperterrite a seguirmi e puntualmente continuano a recensire! Vi adoro. Sappiatelo.
Ed ora vi saluto, che per me è tempo di fare colazione e mettermi a studiare! Ci vediamo al prossimo capitolo...ovvero a domani! Muhahahahahaha.. Un bacio ^_*
Kaiy-chan |
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Capitolo 6 *** Lato nascosto ***
6. Lato nascosto
La fece salire in macchina senza una parola e una volta richiuse le portiere Kei infilò la chiave nel quadrante, cercando di non pensare a ciò che era appena successo. Ora l'unica cosa che contava era tornare a casa.
Mise in moto e il rombo del motore riempì il silenzio dell'abitacolo. Si infilò di nuovo gli occhiali da sole, prima di fare manovra e lanciare alla fine un'occhiata alla sua passeggera, accomodatasi sul sedile accanto. Aveva lo sguardo rivolto alla strada ed un'espressione neutra, vivacizzata da una sfumatura di rossore di cui Kei non era comunque troppo convinto.
Non le rivolse nessuna parola ma si immetté in strada, facendo scendere il tettuccio e permettendo all'aria fredda di insinuarsi all'interno della vettura. Guidarono praticamente in silenzio, almeno per i primi dieci minuti buoni, il blader con lo sguardo fisso sulla strada di fronte a loro. Si era ormai messo il cuore in pace, nelle orecchie il rombo del motore e il rumore del vento, quando quel mutismo venne infranto.
– Perché mi hai seguita?
Per un primo istante il ragazzo non fu certo di averla davvero udita, ma quando quelle parole gli risuonarono chiare nella mente ci mise una manciata di secondi a realizzare di doverle rispondere. La cosa più sorprendente fu che, quando lo fece, un flash di quando l'aveva incrociata per il corridoio poche ore prima quasi lo spinse a dirle la verità. Quasi.
– Non ti ho seguita – “..ti stavo solo tenendo d'occhio”
Il silenzio che seguì dopo una manciata di secondi lo indusse a credere che lei non avrebbe più detto nulla, cosa che gli permise di stringere con meno nervosismo il volante dell'auto. Stava per lanciarle una nuova occhiata quando quell'unica parola gli raggiunse le orecchie.
– Grazie.
La voce di lei lo raggiunse comunque nonostante l'avesse proferita a voce meno alta, ma da essa gli era comunque giunta quella sfumatura di spossatezza e liberazione insieme che lo indussero a scoccarle uno sguardo di sfuggita. La vide sorridere appena, i lunghi capelli scompigliati dal vento e la schiena abbandonata sul sedile. Teneva il suo berretto stretto fra le mani, posate in grembo, ed aveva gli occhi chiusi.
Quel sentimento di gratitudine così facilmente espresso arrivò a sfiorargli l'animo e quella fu una delle poche volte in cui non si pentì di aver ceduto alla propria impulsività.
Come misero piede sul selciato di fronte all'ingresso della villa, gli andarono incontro gli unici membri della servitù rimasti in quella casa dopo la partenza del padrone, compreso l'autista di servizio.
– Signorino!
– Signorino Hiwatari.
Il diretto interessato procedette come se niente fosse, lanciando le chiavi in mano all'autista. Yukiko si affrettò a seguirlo dentro, mentre questi ignorava le proteste, seppur contenute, dell'uomo assunto dalla famiglia per alleggerirne i membri dell'onere della guida. Il poverino temeva di vedersi togliere il posto.
– Umphf.
Kei sparì oltre la soglia senza aggiungere altro e la mora gli andò dietro, più per inerzia che per vera e propria intenzione di seguirlo. Infatti, una volta entrata nell'atrio a propria volta, lei si fermò a guardarsi intorno prima di notare la direzione intrapresa dal blader, per una volta del tutto diversa da quella che attraverso le scale conduceva al piano superiore.
– Kei. Dove vai?
– Ho fame – le rispose questi in tono atono, senza nemmeno scoccarle uno sguardo ma continuando a camminare con le mani ficcate in tasca.
L'ora di pranzo era passata da poco e le bastò quella considerazione per far rendere conto anche a lei della desolazione in cui versava il proprio stomaco. Sospirando si decise a seguirlo in cucina, ben lieta di non doverla cercare per conto proprio. In effetti non si era ancora prodigata ad esplorare quell'enorme e sontuosa casa, la quale nonostante tutto pareva come immersa in un'atmosfera tetra.
“Sarà colpa dei tendaggi scuri” ipotizzò fra sé e sé lei, guardandosi intorno.
Entrando nelle cucine Yukiko inarcò un sopracciglio. All'interno v'erano due cuochi intenti ad armeggiare con pentole e stoviglie, i quali tuttavia si bloccarono appena si accorsero della loro presenza. Fu una scenetta quasi comica, perché subito scoppiò il caos.
– Signorina Natsuki!
– Singorino Hiwatari, cosa fate qui?
– Se lo venisse a sapere il padrone..!
Il dranzerblader li ignorò così come aveva ignorato i camerieri all'ingresso e senza una parola si fermò di fronte al frigorifero, aprendone lo sportello con un unico movimento fluido, che si interruppe nel momento in cui riuscì a inquadrarne il contenuto.
Anche Yukiko si accostò al frigo, restando tuttavia un paio di passi indietro. Tutto in quell'ambiente sembrava enorme e quell'elettrodomestico non faceva eccezione: ci sarebbe potuta entrare agevolmente senza nemmeno dover chinare la testa.
Fra i vari ripiani ricolmi di ingredienti freschi ci erano anche delle ciotole di ceramica ricoperte di un paio di strati di pellicola trasparente e non fu la sola a scorgerli. Uno dei cuochi trasalì.
– S-signorino! Ci scusi infinitamente, abbiamo pensato di mettere in fresco il pranzo preparato oggi per voi!
– Le prepareremo subito qualcos'altro di fresco, signorino!
La comicità della scena consisteva nel contrasto netto definito dall'indifferenza del ragazzo, direttamente proporzionale all'agitazione dei due cuochi. Più questi si affannavano, meno lui faceva caso a loro, tanto che a quel punto il dranzerblader si chinò appena e allungò una mano per tirar fuori una delle ciotole ricolme di cibo.
– Signorino..
– La prego, signorino..
Lo sconforto di quelle voci era accostato ad un pallore sui loro visi che aveva dell'assurdo. Erano più bianchi di un lenzuolo.
– Ti piace il curry?
– Eh? – Yukiko cadde dalle nuvole, sussultando per la sorpresa.
– Il curry – ripeté Kei verso di lei, scoccandole finalmente un'occhiata.
– Ah.. sì, certamente – gli rispose lei, riuscendo a ricollegare il cervello dopo quel momento in cui era stata presa alla sprovvista.
A quella risposta lo vide decidersi ed estrarre dal ripiano una ciotola il cui contenuto scuro e fluido ondeggiò, sfiorando il bordo interno a quello spostamento.
– Ehi, voi.. – si rivolse allora ai cuochi.
– S-sì? – esclamarono questi all'unisono, sobbalzando in un nuovo ritorno alla vita
– È rimasto del riso?
– G..gliene cuociamo subito dell'altro, signorino!
A quel punto il giovane Hiwatari sembrò cogliere qualcosa in un angolo della cucina ed, in silenzio, vi si avvicinò mentre i cuochi si agitavano indaffarati per la cucina per recuperare una pentola, riempirla d'acqua e metterla sul fuoco.
Fu così che Yukiko, seguendo con lo sguardo il blader, lo vide fermarsi accanto alla pattumiera e sollevarne il coperchio, sbirciandone l'interno. La mora inarcò un sopracciglio, senza dire una parola mentre lo osservò guardare quello che era effettivamente il mucchietto di riso candido che era stato riversato all'interno del sacco nero. L'espressione del ragazzo rimase impassibile per diversi secondi, prima di voltarsi e tornare verso il tavolo sul quale aveva riposto la ciotola contenente il curry avanzato.
– Niente riso – esordì senza alcun apparente sentimento.
La nightblader si fece ancora più perplessa. Che voleva dire "niente riso"? Come pensava di mangiarlo quel curry??
Domande alle quali ebbe ben presto una risposta, perché il blader in questione, afferrato un cucchiaio, si servì da sé riempiendosi una ciotola in bianca ceramica, prima di immergervi la posata e accostarsela imperturbabile alla bocca.
– K-Kei?! – le venne la pelle d'oca e con uno scatto gli fu accanto, afferrandogli il braccio per bloccarlo.
Quel gesto, dettato dall'impulso del momento, le fece guadagnare un'occhiata perplessa da parte del ragazzo in questione. Un'occhiata che ben calzava su quel volto dall'aria soltanto in minima parte confusa, ma abbastanza da darle l'impressione di aver a che fare con un'ingenuità alquanto infantile.
– C-che stai facendo? Non puoi mangiarlo così!
– Perché no?
– Starai male se lo fai! – sbottò lei, sentendosi contrariata quanto scioccata.
“Com'è possibile che un tipo del genere se ne esca con certe cose?! Cos'è, un bambino??”
Il broncio che gli vide per un attimo sul volto le fece trarre la conclusione che sì, per certi versi era proprio un bambino.
– Non mi piacciono gli sprechi.
– Ho detto che non puoi! – scattò la mora, scaldandosi per tanta cocciutaggine da parte dell'altro. Lo fissò con un'ostinazione talmente pressante da indurlo a distogliere lo sguardo ed, alla fine, egli parve cedere, con suo sommo sollievo – Su, non è così grave. Per quello andato perso non puoi più farci niente, ma cerca di non mettere in imbarazzo i tuoi stessi dipendenti – lo ammonì, tentando di restare il più accomodante possibile. Era ben consapevole di quanto potesse essere dura lavorare alle dipendenze di una famiglia tanto prestigiosa e pretenziosa come erano gli Hiwatari: il minimo errore poteva non essere dimenticato facilmente e se quello stesso errore avesse nuociuto ad un membro stesso di quella famiglia, avrebbe potuto segnare la fine della carriera dei suddetti – Fra poco avrai dell'altro riso – concluse, con un sorriso nervoso. Riuscì in qualche modo ad allontanarlo dalla ciotola di curry ancora da riscaldare e la diede ai due cuochi, che si affrettarono a metterla lontano dalle grinfie del dranzerblader.
– Ora stai buono qui, seduto, mentre i signori si occupano di tutto. Vero? – chiese lei ai due uomini in divisa bianca, ricevendo un nuovo assenso da entrambi.
– Umphf – sbuffò quello, incrociando le braccia sul petto e accavallando le gambe.
Quella posa orgogliosa non fece altro che confermare la sua impressione.
Eppure si ritrovò a sorridere divertita dopo una manciata di secondi: non avrebbe mai creduto che fosse tipo da preoccuparsi per gli sprechi o per il duro lavoro degli altri. Sedendogli accanto spostò gli occhi verdi di nuovo sui due uomini, ora indaffarati e motivati a predisporre loro qualcosa da mangiare ed il sorriso le si accentuò in volto quando notò le loro espressioni.
Erano l'esatta copia della sua.
Il giorno seguente si presentò alla porta della villa la signora Natsuki.
Trovandosi di fronte sua madre con appresso una serie di scatoloni, Yukiko avvertì come se sulla nuca le fosse comparsa un'enorme goccia di sudore freddo.
– Tesoro, sono passata a trovarti! – esclamò la signora dopo aver appoggiato il suo carico sulla scrivania della stanza della sua bambina – Mi sei mancata tanto, quando torni a casa?
Yukiko si ritrovò, allibita, stretta in un abbraccio soffocante che minacciò di farle schizzare gli occhi fuori dalle orbite, come se già non bastasse l'incredulità di sentirla dire una cosa del genere. L'attimo dopo una vena iniziò a pulsarle accanto alle tempie.
– Non è divertente – sbottò, guardandola malissimo quando lei allentò la stretta.
– Uhuh – se ne uscì la donna più vecchia, con quella sua risata tanto costruita quanto effettivamente divertita – Come sta andando con il tuo futuro marito? Ti ho portato un po' di cose che sono sicura apprezzerai!
Un'altra venuzza le comparve accanto alla prima.
Fu costretta a lasciar momentaneamente perdere la propria irritazione tuttavia perché la presidentessa della N.C. aprendo uno scatolone, ne trasse fuori una serie di CD ed un microfono, cosa che fece spalancare un po' di più gli occhi della figlia.
Avvicinandosi a quello scatolone Yukiko individuò il suo stereo preferito e un'altra serie di cd e dvd, ma cosa più importante, sua madre le aveva portato anche il suo notebook. Si sorprese certo ma l'istante successivo tornò scettica a fissarla, rammentandosi di doversi mantenere sulla difensiva.
Cosa più che giusta perché quella donna diabolica aveva preso a girare per la sua stanza, curiosando in giro e continuando a parlare a raffica.
– Ma che bella camera! Ti hanno sistemata proprio bene! E guarda che armadio! – sembrava fin troppo emozionata, rifletté la ragazza, incrociando ambo le braccia – Oh, ma guarda, ancora non hai finito di sistemare le valigie? Sei proprio la solita disordinata Yuki-chan!
E di nuovo quella venuzza prese a pulsarle sotto il cuoio capelluto.
– Ehi, e questa cos'è? – domandò la donna che poteva essere il ritratto del demonio in persona, avvicinandosi alla parete accanto al suo letto.
– Cosa? – ripeté lei di rimando, inarcando un sopracciglio, non notando nulla di particolare ove sua madre stava dirigendosi. Si avvicinò a sua volta di qualche passo, ma la signora Natsuki fu più veloce.
– Sembra una porticina.. sì, è una porta! Che emozione, chissà dove conduce?! Oh, è aperta.. – neanche il tempo di arrivarle alle spalle che quella la aprì sparendo oltre la stessa.
Yukiko si ritrovò a spalancare di nuovo lo sguardo, mentre la mascella minacciava di caderle sul pavimento. Che cavolo stava facendo adesso quella madre degenera?! Fece appena in tempo ad affacciarsi al passaggio segreto che la voce della donna tornò a farsi sentire.
– Ah ma guarda, ecco dove conduce! Uhuh, così questa è la tua stanza, giovane Kei!
Yukiko sussultò a quelle parole e si affrettò a infilare la testa nel passaggio, con le gote che le si accesero di botto.
– Mamma!! Torna subito qui!
Il tempo di sbucare per metà oltre la parete, che vide sua madre ridere in quel suo particolarissimo moto fissando un Kei seduto alla sua scrivania che a sua volta scoccava ad entrambe le Natsuki un'occhiata fra il seccato e l'allibito.
– Scusaci tanto per il disturbo caro, a volte non so proprio trattenermi. Uhuh.
– Adesso basta, mamma! – esclamò nuovamente, preda di un imbarazzo senza molti precedenti. La raggiunse con passo deciso e l'espressione corrucciata, afferrandola per un braccio e tirandola di nuovo verso la porticina, già iniziando con la sua ramanzina – Devi smetterla di essere così inopportuna. Questa non è casa tua, non puoi fare così l'invadente entrando senza permesso nella stanza di un ragazzo!
Riuscì a riportarla in camera propria e richiudendo il passaggio la guardò furente mentre lei ancora se la rideva.
– Uhuhuh!
– Non c'è niente da ridere – le disse nuovamente, faticando a contenere la propria irritazione e finendo per irrigidirsi in tutto il corpo.
– Su su, non è successo niente, non reagire sempre così cara – sminuì lei, agitando una mano a mezz'aria mentre con l'altra si copriva la bocca. Lo sguardo che le rivolse era tanto inquietante quanto carico di sottintesi, cosa che fece salire un brivido dietro la schiena della mora – Ah, a proposito, quasi mi dimenticavo – continuò la presidentessa, più seria – Ti ho portato anche i moduli per l'università, mi raccomando, compilali e consegnali in segreteria entro due settimane, intese?
Yukiko non poté far altro che prendere in consegna il blocchetto di fogli fra le mani, di nuovo presa alla sprovvista.
– Ma..
– Scusami amore mio, ora devo proprio scappare, ero passata solo per vedere come stavi! Ci sentiamo presto e rispondi ogni tanto ai miei messaggi, ok? Baciii.. – e la porta si richiuse dietro di lei, lasciando la figlia di quella donna d'affari nuovamente sola e preda di uno stato confusionale non da poco.
– …
Per qualche motivo, nel silenzio che seguì, si sentì come se fosse stata appena travolta da un vero e proprio tornado in tailleur. Impiegò qualche manciata di secondi a riaversi abbastanza da ritrovare la propria voce.
– A...ACCIDENTI, MAMMA!!
La situazione dall'altra parte della parete sembrò tornare tranquilla e Kei si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
La signora Natsuki era paragonabile a una calamità naturale. Ebbe compassione di Yukiko a quel pensiero.
Tornò ad armeggiare con Dranzer, sostituendo finalmente i pezzi danneggiati con quelli di riserva, pezzi che tempo addietro gli aveva spedito il suo fornitore di fiducia: il prof. K. Ormai era parecchi anni che aveva perso ogni contatto, pertanto avrebbe dovuto arrangiarsi da lì in avanti, se fosse capitato di nuovo qualcosa del genere.
Esaminando l'emblema dell'Aquila Rossa sul suo bit, il blader tornò con la mente al passato, a quando si affannava per diventare più forte del suo più odiato rivale. Il vago ricordo delle emozioni di allora tornò a sfiorargli l'animo, emozioni che aveva creduto dimenticate prima dell'incontro disputato con la mora.
Quella ragazza si era rivelata sorprendente.
L'aveva giudicata una ragazzina senza spina dorsale, viziata e anche un po' tonta, ma la realtà si era dimostrata ben diversa. Aveva rivelato di possedere un lato tanto combattivo quanto orgoglioso e dopo i fatti del giorno precedente era stato costretto ad ammettere che fosse tutto meno che stupida.
Si era sorpreso della sua forza di carattere.
Quasi nessun altro avrebbe avuto il suo stesso coraggio.
In quel caffé, due tavolini più indietro, era stato testimone di un confronto senza precedenti e suo malgrado era rimasto impressionato dal coraggio da lei dimostrato in quell'occasione. Ovviamente aveva ascoltato tutto, finché non era riuscito a non intervenire, nonostante si fosse ripetuto fino alla nausea che la pena d'ella non l'aveva nemmeno sfiorato.
“Ti piace più di quanto tu voglia ammettere a te stesso”
Kei sgranò appena gli occhi scuri, fissando il suo bey con una nota di fastidio.
– Quante sciocchezze – mormorò freddamente.
Eppure alla mente riaffiorò il ricordo di quando aveva sorpreso Yukiko addormentata beatamente sul suo letto.
“Puoi mentire a te stesso ma non a me, Kei” risuonò nuovamente la voce dell'Aquila, velata di una sfumatura maliziosa.
Quel confronto venne interrotto dal singolo suono di avviso emesso dal suo cellulare, appoggiato lì accanto. Gli bastò un'occhiata per notare il nome sul display e a quella vista inarcò un sopracciglio. Si allungò per afferrare l'oggetto e sbloccando lo schermo aprì il messaggio appena arrivatogli.
Con una smorfia il dranzerblader si appoggiò allo schienale della sedia, in una mano il proprio bey e nell'altra il cellulare col display ancora attivo. Rimase a fissare alternativamente entrambi, prima uno e poi l'altro, finché alla fine non si decise. Riappoggiò Dranzer sul ripiano in legno e mandò rapida risposta a uno di quei ragazzi con cui ogni tanto si prendeva la briga di uscire.
Una serata simile non poteva fargli male e forse, se avesse scaricato i bollenti spiriti che avevano iniziato a prendere il sopravvento, avrebbe smesso di fare strani pensieri su quella ragazza. Era parecchio tempo che non si concedeva una serata del genere in effetti, probabilmente era tutto dovuto a quello. In fin dei conti, fino a due anni prima la frequenza delle uscite per lui era una ogni due giorni, il tempo per riprendersi dal dopo-sbornia in pratica.
Un sorrisetto gli si formò in volto al pensiero della serata che l'attendeva: si sarebbe scaricato e finalmente sarebbe tornato il solito, freddo e impassibile Kei di sempre.
[ANGOLO AUTRICE]
Ecco il momento della verità! Cos'avrà in mente il nostro blader preferito?? Be', lo scoprirete nel prossimo capitolo! Io non intendo anticipare niente di più di quanto ho già scritto qui sopra, quindi mettetevi l'anima in pace, ecco u.u
Mi odierete per questo.
Credo di essere andata un po' più OC del solito..forse dovrei cambiare l'avviso nelle caratteristiche di questa FF, ma come sempre lascerò che siate voi a consigliarmi al riguardo (non sono molto sicura, in fondo il nostro adorato coprotagonista non è mai stato ritratto in un ambiente familiare, quindi le cose vanno a discrezione personale credo)
Però mi sono comunque divertita a immaginare e scrivere la scena. Insomma io ce lo vedo Kei a fare il burbero, ma in fondo è un bravo ragazzo no??? XD
Basta cianciare: dopo questa vi lascio. Sentitevi liberi di linciarmi.
Un baciotto a chi avrà cuore di farmi sapere il suo parere!
Kaiyoko
P.S. ho aggiornato il capitolo aggiustando il pezzo della trama che si svolge in cucina.. effettivamente a volte mi vengono degli input strani, ma sono riuscita ad accomodare l'idea che volevo trasmettere con una trama accettabile! Il tutto grazie a Lady Silmeria, che effettivamente aveva ragione in toto... grazie cara, il fatto che la tua opinione andasse a combaciare con parte della mia mi ha convinto a rimettere mano al capitolo per migliorarlo. Ti devo un favore! |
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Capitolo 7 *** Forza d'animo ***
7. Forza d'animo
Yukiko rientrò nella propria stanza.
Era riuscita finalmente a sistemare
tutte le proprie cose e aveva riposto le valigie vuote sugli scaffali
alti del guardaroba, quindi finalmente la stanza poteva considerarsi
un minimo ordinata. Certo, questo se escludessimo la presenza di vari
CD sparsi sul pavimento accanto al suo stereo e la scrivania ingombra
dei moduli lasciati da sua madre e dal notebook, lo schermo nero e il
sistema in standby.
Da quando il signor Hiwatari era
partito, raramente lei e Kei riuscivano a incrociarsi per la cena.
Questa volta non era stata una di quelle, ma la cosa se non altro le
aveva permesso di riflettere sugli ultimi avvenimenti. Faticava
ancora a dare un senso al tutto e meccanicamente estrasse dalla tasca
dei pantaloni il proprio bey, osservandone il bit con apprensione.
Cos'erano quelle improvvise emozioni
che l'avevano travolta?
Aveva provato un senso di sicurezza,
quasi di appartenenza, quando lui l'aveva portata via da quel caffé
e condotta alla macchina. Inoltre, non riusciva a non guardarlo con
una certa curiosità, chiedendosi quando le avrebbe mostrato un'altra
sfaccettatura del suo carattere, ben più complesso e profondo di
quanto ella stessa aveva creduto inizialmente.
Riconobbe con sé stessa l'intimo
desiderio di conoscerlo un po' di più, di dargli una possibilità, e
se ne stupì. Davvero poteva permettersi di pensare una cosa del
genere, sapendo cosa i loro genitori si aspettassero da loro?
“Sto di nuovo abbassando la
guardia, dannazione!”
Scosse il capo, cercando di scacciare i
pensieri che l'avevano assalita e fatta dubitare di sé stessa. Non
poteva cedere alle circostanze, avrebbe mantenuto la propria
posizione e si sarebbe opposta fino all'ultimo. Ne andava del suo
futuro.
A quel punto tuttavia, nella penombra
del crepuscolo, le sembrò di scorgere con la coda dell'occhio un
riflesso accanto al letto, ad altezza del pavimento. Inarcando un
sopracciglio si spostò, avvicinandosi di qualche passo per poi
ritrovarsi a fissare la porticina che, mimetizzata alla parete, dava
sulla stanza del dranzerblader. Interrogativa si chinò, accostando
il viso al pavimento e chiudendo un occhio rimase in attesa, finché
non rivide di nuovo quell'impulso luminoso filtrare da sotto il
battente.
“E adesso che succede?” si
chiese tirandosi nuovamente in piedi.
Si accostò pertanto alla porta
segreta, aprendo le orecchie in attesa di qualche suono proveniente
dall'interno. Dopo una manciata di secondi ancora, provò a bussare.
– Ehilà? Posso?
Nessuna risposta, ma il bagliore si
ripeté, questa volta abbastanza forte da permetterle di distinguerlo
senza problemi sul pavimento accanto alla propria scarpa destra.
Perplessa e spinta da un groviglio di emozioni quali la curiosità e
l'inquietudine, strinse Night nella mano sinistra prima di prendere
la sua decisione. Aprì la piccola porta, sospingendola verso
l'interno della camera del blader, immersa di nuovo nella penombra.
Il silenzio era praticamente assoluto.
– Kei??
Niente. La stanza era deserta.
Raddrizzando la schiena e richiudendosi
la porticina alle spalle, la giovane si guardò in giro alla ricerca
della fonte della luce che aveva intravisto poco prima. Luce che ben
presto si ripeté, scaturendo da un piccolo oggetto rimasto
incustodito sul tavolo della scrivania.
Avvicinandosi alla stessa con un nuovo
senso di aspettativa, Yukiko riconobbe ben presto come fonte di quel
bagliore lo stesso Dranzer, il beyblade del ragazzo che la stava
soltanto confondendo ultimamente.
– Ma come...? – non finì nemmeno
di formulare quella domanda a voce che percepì un impulso di energia
scuotere il suo stesso bey, che ancora stringeva in mano.
Sollevandolo, vide il bit al centro
dello stesso rilucere allo stesso modo e sollevò un sopracciglio,
non tanto sorpresa quanto confusa.
– Ehi Night, cosa..? – di nuovo non
riuscì a completare quella domanda che i due beyblade presero a
brillare contemporaneamente, come risuonassero fra loro, e una voce
calda e gentile si fece strada fra i pensieri di Yukiko.
“Trovalo”
– Eh?
“Trovalo, prima che faccia
qualcosa d'irreparabile!” l'urgenza di quelle parole le si
diffuse sottopelle, facendola percorrere da un brivido.
Prese d'impulso Dranzer con la mano
libera e il beyblade blu e rosso parve tornare alla normalità. Fu a
quel punto che la ragazza notò, nel punto in cui era sgorgata quella
luce, l'emblema che fieramente era impresso sul bit. Sbatté un paio
di volte le palpebre, sicura di non sbagliarsi.
Quello era l'emblema di un bitpower.
E raffigurava un rapace che pareva
un'aquila dal piumaggio scarlatto.
Sollevò gli occhi verdi sulla
porta-finestra leggermente schiusa, mentre la voce del maggiordomo si
faceva sentire fino a lì.
– Signorino, dove sta andando?
– Sto uscendo. Farò tardi – la
raggiunse la voce di Kei, prima di venir seguita dal suono di una
portiera che si chiudeva senza indugi.
Doveva sbrigarsi.
Si cacciò entrambi i bey in tasca e
voltandosi di scatto si precipitò fuori dalla porta, memore
dell'urgenza dell'avvertimento ricevuto. Non aveva idea di cosa
avesse in mente il blader in questione, ma era intenzionata a stargli
alle costole, assolutamente!
– Signorina, anche lei..?
– Sì – esordì di getto lei, prima
di atterrare sul selciato di fronte agli scalini che davano accesso
alla villa con un unico salto.
Poteva ancora vedere la Cabrio del
ragazzo allontanarsi a passo moderato lungo il viale alberato, poteva
seguirlo.
– Presto, un'auto! – esclamò in
preda allo slancio del momento, rivolta al cameriere che l'aveva
intercettata. Questi sobbalzò appena prima di correre dentro,
chiamando a gran voce. Pochi secondi dopo uscì trafelato l'autista
della famiglia Hiwatari al quale la mora strappò le chiavi di mano
senza troppe cerimonie.
Quindi corse alla macchina in
questione, seguita dall'uomo che stava cercando di protestare.
– Su, non possiamo perderlo!
In meno di dieci secondi erano entrambi
a bordo di un'Audi A4 nera che percorrevano il viale a una velocità
tale da sollevare nubi di polvere, la moretta alla guida e il povero
autista che si teneva aggrappato alla maniglia di sicurezza, bianco
come un cadavere.
– Se dovesse accadere qualcosa.. –
stava mormorando questo, in preda al panico.
– Non farò niente all'auto! –
sbottò esasperata la giovane Natsuki, premendo sull'acceleratore –
Tu pensa a non perdere di vista quel disgraziato del “signorino”
Hiwatari mentre io penso a guidare!
Kei procedette a media velocità, senza
spingere al massimo l'auto sportiva, nonostante gli sarebbe piaciuto.
Il luogo dell'incontro non era troppo lontano e poi da lì si sarebbe
unito a quelli che si dilettavano a definirsi suoi 'amici',
per dirigersi tutti quanti al locale suggerito da Jan.
Erano tutti figli di famiglie
benestanti, più o meno della sua stessa età, e il motivo che li
aveva spinti a far gruppo ed uscire alla ricerca di un po'
d'eccitazione era lo stesso: la noia. In tutta franchezza aveva ben
poco da spartire con quei quattro figli di papà, ma erano la miglior
compagnia se eri alla ricerca di qualche emozione degna di questo
nome. L'Aquila solo sapeva quante sbronze si era trovato a smaltire
il giorno dopo, riverso come morto sul letto. Oppure quante volte si
era soffermato a godere della comodità del letto di qualche
sconosciuta, prima di rincasare all'ora di colazione.
Imboccò l'ingresso allo spiazzo che
era il parcheggio concordato e li trovò già tutti lì ad
attenderlo.
– Ehi, allora è venuto sul serio!
– Come butta, Kei?!
– Chi non muore..
Lui neanche scese dall'auto,
limitandosi ad un cenno del capo – Andiamo?
Questi annuirono e in men che non si
dica erano di nuovo tutti in strada, uno dietro all'altro, su tre
auto sportive differenti, guidando verso nord.
Quando giunsero al locale in questione
Kei scoprì che si trattava di un nuovo discopub all'aperto, con
tavolini e divanetti disposti elegantemente sotto i gazebo e non
troppo distante dalla pista da ballo. C'era anche un bancone con una
serie di sgabelli, centro del locale stesso in quanto interessato da
un continuo via-vai di persone che ordinavano da bere.
Varcando l'ingresso il dranzerblader
seguì i suoi compagni fino al tavolino prescelto, un mobile
piuttosto basso contornato da quattro diversi divanetti di varia
larghezza in vimini.
– Jan, porta da bere! – esclamò
Lou, il ragazzo che gli aveva scritto quel pomeriggio.
A quell'incitamento ben presto il
diretto interessato si allontanò con le ordinazioni e i quattro
ragazzi rimanenti iniziarono a guardarsi intorno alla ricerca della
stessa cosa: ragazze.
– Ehi Kei, come stai messo in fatto
di gusti?
– Già, non è che ci hai perso
l'occhio??
Lui non reagì subito a quelle prese in
giro, distratto da una tipa dai folti capelli rossi e con indosso un
abitino striminzito, accoppiato ad un paio di calze a rete e stivali
alti, in pelle. La rossa intercettò il suo sguardo e lui distinse il
suo sorriso malizioso persino da quei dieci metri di distanza.
– Mh? Non saprei.. credo che lo
scopriremo fra poco – rispose finalmente ai suoi cosiddetti amici,
allargando ambo le braccia per stravaccarsi sul suo divano con la sua
solita e costruita indifferenza.
In quel momento Jan tornò con gli
alcolici e Kei prese in consegna il proprio, bevendone un buon sorso
iniziale. Avvertendo il liquido fresco scivolargli giù per la gola,
assaporò la sensazione di improvviso calore che gli si diffuse dal
centro dello stomaco e si concesse un debole sorriso.
Sì, quella sera proprio era in vena di
lasciarsi prendere fuoco, metaforicamente parlando.
E chissà che quella rossa dall'altra
parte del cortile non gli avrebbe fatto dimenticare quella Natsuki
Yukiko per il resto della nottata.
– È sicura, signorina? – gli
chiese di nuovo l'autista, al posto di guida.
– Sì, sì.. vai pure, non dovrei
aver bisogno. Tornerò con Kei.
– La prego, prenda il mio numero, nel
caso dovesse servirle basterà chiamarmi e sarò subito da lei.
Yukiko non poté che accettare il
compromesso e attese di vedere l'auto che l'aveva portata sin lì
imboccare la strada del ritorno, prima di muoversi.
Ruotando su sé stessa tornò a fissare
il luogo in cui era entrato il blader coi suoi amici e si aggiustò
meglio il giacchetto di jeans sulle spalle. Era uscita senza sapere
dove sarebbe finita ed aveva ancora indosso i vestiti del giorno
appena trascorso: i suoi jeans preferiti, un semplice top bianco e le
sue immancabili scarpe da ginnastica. Non le era passato neanche per
l'anticamera del cervello che la meta del ragazzo potesse essere uno
di quei locali all'aperto che andavano tanto di moda ultimamente.
La musica era forte, ma il solo fatto
che potesse espandersi senza la costrizione di quattro mura in
cemento la rendeva abbastanza sopportabile e permetteva anche ai
clienti di riuscire a parlare fra loro senza sgolarsi troppo.
Lo spazio era delimitato da siepi e
cespugli, ma non c'era una vera e propria recinzione, pertanto non fu
difficile per Yukiko intrufolarsi all'interno senza passare
dall'ingresso principale. Fermandosi il tempo necessario a
individuare il suo obiettivo dai capelli d'argento, si spostò in
modo da procedere fuori dal suo campo visivo, cercando un angoletto
tranquillo dal quale poterlo tenere d'occhio. Alla fine, inquadrando
un buon punto di osservazione, passò dal bancone: per passare
inosservati è necessario mimetizzarsi. Ordinò una coca e dopo aver
pagato raggiunse il posto che si era scelta, un po' in ombra ma posto
in modo che potesse vedere il dranzerblader in viso senza
impedimenti.
Se fosse stato da solo l'avrebbe
avvicinato senza pensarci due volte, ma caso volle che era in
compagnia di altri quattro ragazzi, tutti tirati a lucido. Persino
Kei si era dato la briga di vestirsi bene: si era messo una maglia a
maniche corte nera, con lo scollo a V e il marchio stampato in
argento sul davanti, mentre al di sotto calzava un paio di jeans
scuri, logorati in alcuni punti lungo il lato esterno delle gambe.
All'orecchio sinistro poteva vedere il riverbero del suo orecchino
circolare, mentre al collo si era messo una catenina che terminava
con un pendente a forma di croce sul petto.
Doveva ammetterlo, nemmeno alla luce
delle torce piazzate per dare un tocco scenico all'ambiente perdeva
il suo fascino. Con le braccia allargate sulla sommità dello
schienale del divanetto era tremendamente sexy.
“Non so se sia il caso che tu
rimanga qui a mangiartelo con gli occhi”
Il sorso di coca che stava tirando su
con la cannuccia le finì di traverso e dovette darsi qualche
colpetto con una mano sul petto per evitare di strozzarsi del tutto.
Quando si riprese abbastanza, respirando un'ampia boccata d'aria, col
volto in fiamme si guardò intorno. Nessuno.
– Ma che...?
“Sono qui” si fece udire di
nuovo quella voce maschile, con una nota di impazienza, sovrastando
il rumore di sottofondo dell'ambiente circostante.
Yukiko sollevò di scatto lo sguardo,
sgranando gli occhi verdi alla vista del ragazzo che le stava sospeso
sopra la testa bicolore. Proprio sospeso, non semplicemente chinato.
In posa distesa sul nulla, questi se ne stava con il capo appoggiato
con aria annoiata ad un braccio, il gomito anch'esso posizionato come
se appoggiasse su un livello orizzontale di cui poteva usufruire lui soltanto. Il sorriso che le rivolse era
caldo e amichevole, in netto contrasto con il colore dei candidi
capelli e di quegli occhi di ghiaccio.
Per riflesso la moretta si appiattì un
po' di più sul divano, soffocando un urletto di sorpresa per puro
miracolo.
“Ciao Yukiko” la salutò lui
schiudendo le labbra.
Eppure questa volta la ragazza distinse
chiaramente quel tono di voce come soltanto nella propria mente,
troppo limpido per provenire da una fonte esterna. Sbatté più volte
le palpebre, cosa che diede tempo al suo interlocutore di
raddrizzarsi, andando finalmente a posare i piedi per terra accanto a
lei.
Era contornato da un alone bluastro,
una strana quanto lieve luminescenza che ne definiva i contorni della
figura. La stessa luminescenza che la mora, con la coda dell'occhio,
notò provenirle dalla tasca sinistra. Con un gesto nervoso si tolse
la giacca per appallottolarla dietro la propria schiena e bloccarla
lì, in modo che quella luce non potesse essere notata da nessun
altro.
– Night, che stai...? Come hai
fatto?!? – esclamò in preda all'agitazione ed allo stupore.
Quello era il suo bitpower, non poteva avere dubbi, ma questa era la prima volta che le si palesava in quella forma, per di più senza essere stato richiamato. Sino ad allora ella l'aveva sempre visto soltanto nelle sembianze di un grosso rapace dal piumaggio candido come la neve. Aveva fatto un paio di ricerche molto tempo addietro ed aveva scoperto trattarsi di un Anka, una creatura che faceva riferimento alla mitologia
nordica occidentale. La cosa interessante che aveva scoperto era che aveva molti punti in comune con la classica Fenice, a parte ovviamente l'aspetto di un rapace artico.
“Ho deciso di assistere con i miei
occhi agli eventi di stasera... si preannuncia piuttosto
interessante” le disse lui, volgendo lo sguardo verso il
dranzerblader.
– Ma.. non c'è rischio che ti
vedano?? – gli chiese ancora allarmata lei, faticando a digerire la
novità.
“No, non credo. Solo chi vanta un
legame con uno di noi potrebbe...”
– E questo vuol dire che Kei finirà
per notarti di sicuro! Stai luccicando come una lampadina!
“Ops” se ne uscì il
bitpower di lei, ridacchiando “Scusa, è vero.. ecco, risolvo
subito” detto fatto, quella luminescenza che lo contornava come
una creatura ultraterrena si spense, dando modo alla ragazza di
tirare un sospiro di sollievo. Ora sembrava un essere umano per lo
meno.
– Siediti – lo invitò, riprendendo
a sorseggiare la propria bevanda e tornando a scoccare un'occhiata
verso il tavolo del dranzerblader. La situazione sembrava pressoché
invariata e il suo obiettivo non sembrava essersi accorto di nulla.
Tirò un sospiro di sollievo.
“Come mai te ne stai a spiarlo da
qui?”
– Perché non so bene cosa intendesse
dire il bitpower di Dranzer, quindi...
“L'Aquila Rossa”
– Sì, lei. Quindi resterò qui a
tenere d'occhio la situazione.
“Somigli proprio ad una
fidanzatina gelosa”
Yukiko rischiò di strozzarsi di nuovo.
– Non scherzare – sibilò,
scoccandogli un'occhiataccia e cercando di sminuire l'improvviso
imbarazzo causatole da quell'affermazione.
“È solo quello che penso”
– Be', ci sei lontano mille miglia –
ribatté lei seccamente, tornando a distogliere lo sguardo dal
compagno di battaglie – Dì un po', com'è che questa è la prima
volta che ti presenti senza essere chiamato in quella forma?
“Sei stata tu a permettermelo,
prestandomi la forza della tua anima così come io durante gli
incontri ti presto la mia”
– Mh?
“Senti, ma avevi già pensato a
quando farti avanti oppure..?”
– Quando sarà il momento – gli
rispose, cercando di non spazientirsi.
“Mh. Perché credo che il tuo
momento sia molto vicino”
A quelle parole la ragazza inarcò un
sopracciglio prima di far saettare nuovamente lo sguardo sul
dranzerblader, ritrovandosi l'istante successivo a strabuzzarlo.
Accanto al ragazzo ora se ne stava una rossa, la quale si stava
giust'appunto mettendo comoda sullo stesso divanetto. La sconosciuta
aveva un buon decolté che lasciava davvero molto poco
all'immaginazione, così come non ve n'era neanche lontanamente
bisogno per quanto riguardava le gambe di lei, accavallate
sensualmente mentre sbucavano dal bordo di un vestito che poteva
definirsi 'inguinale'.
“Adesso non farti andare il sangue
alla testa” la esortò Night con il suo tono leggero.
Troppo tardi. In quel momento vide la
sciacquetta esordire in una risata civettuola in reazione a qualcosa
detto da Kei e la mora si irrigidì di colpo. Per riflesso strinse la
mano destra a pugno, dimentica della presenza del bicchiere di
plastica nella medesima, finendo per accartocciarlo e versarne il
contenuto in parte sulla propria mano e in parte sul tavolino e per
terra.
Sussultando l'istante successivo lasciò
la presa, scuotendo la mano per togliersi la bibita appiccicosa sulla
pelle, imprecando a denti stretti per l'inconveniente.
“Te l'avevo detto” si fece
sentire nuovamente il bianco, divertito.
– Seh seh, ridi pure.. tutti
disgraziati gli uomini – borbottò lei, accigliata.
“Si stanno muovendo” la
avvertì lui senza badarle “..e stanno venendo da questa parte”
– Cosa? – Yukiko sollevò di nuovo
lo sguardo sulla coppia e, vedendone la direzione intrapresa, si
sporse dall'altro lato, come se stesse cercando qualcosa in una
borsetta che in realtà non aveva.
“A posto, sono andati”
La mora tirò un sospiro, prima di
tornar seduta composta e adocchiare i due poco prima che questi si
confondessero fra le varie persone sulla pista da ballo. Di nuovo
accigliata, arricciò il naso in una smorfia, incrociando ambo le
braccia sul petto, come se così potesse contenere l'improvviso
fastidio che stava provando.
E così Kei era un tipo da
'una-botta-e-via'...
– Tsk. Kei si è già trovato una tipa niente male – sbottò Jan, seguendo il ragazzo con lo sguardo.
– Se la serata va avanti così, si
concluderà in bellezza e la nostra piccola sfida l'avrà vinta lui –
osservò Lou, guardandosi intorno.
Jan bevve un sorso del suo drink, prima
di soffermare lo sguardo su una ragazza, seduta un po' in disparte
rispetto a loro. Aveva capelli lunghi, sfumati di rosso, mentre
indossava un semplice top bianco a bratelline sottili e un paio di
jeans blu.
Sorrise.
– Non è ancora detto – intervenne,
già sollevandosi in piedi.
I suoi amici voltarono lo sguardo nella
stessa direzione in cui lo stava puntando lui e dopo un momento
annuirono o gli ammiccarono con cameratismo.
– Torno fra poco – disse loro,
piuttosto baldanzoso, avviandosi verso la moretta.
La serata era ancora giovane, poteva
tranquillamente giocare le sue carte.
Curiosità!
ANKA o ANQA: compare nella mitologia araba. così come la fenice, anche questo uccello vive molto a lungo, 1500 – 1700 anni circa, e poi si immola per poi risorgere. la differenza con la fenice però sta nel fatto che si tratterebbe di un uccello artico gigantesco; inoltre la leggenda vuole che gli esemplari di ANKA erano così numerosi da non avere abbastanza prede di cui cibarsi, e cominciarono a divorare i bambini. Dio, vedendo ciò, fece in modo che gli ANKA non potessero più riprodursi (si dice che le uova degli ANKA impiegassero 25 anni per schiudersi, e che un esemplare non potesse figliare prima dei 300 anni).
Un’altra leggenda vuole che fu invece un profeta a maledire l’intera razza, facendola sparire, dopo che un esemplare rapì la sposa di un nobile arabo.
[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno a tutti! Oh, ora mi sento meglio.. dopo aver aggiustato lo scorso capitolo mi sentivo in animo di aggiornare con quello dopo e allora, eccomi di nuovo qui a tenervi con il fiato sospeso!
Che risvolti avrà la serata per la ragazza? E Kei? Riuscirà a concludere??
Cosa diavolo è questa novità dei bitpower?? XD Della serie, come mi sarà venuta in mente?! Mi spiace deludervi, ma non lo so nemmeno io. Mi piaceva l'idea e l'ho tenuta, anche se con qualche variazione, dalla prima stesura. Il prossimo capitolo sarà cruciale e dovrete dirmi sinceramente cosa ne pensate, se per come è venuto merita di far cambiare il tipo di Rating in Rosso oppure può restare arancione, come da programma. Intanto vi allego un paio di immagini a cui mi sono ispirata per il locale:
Attendendo i vostri pareri più disparati, ne approfitto e ringrazio pubblicamente due nuove ragazze che si sono unite alla combriccola che mi segue (povere folli): hiwatari_k e Melian! Ora, insieme a Silmeria e Keyra, siete in quattro *_* sono commossa!
Va bene, finisco qui che altrimenti non vi lascio più!
Al prossimo capitolo ragazzi!
Kaiyoko |
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Capitolo 8 *** Sei un vero casino ***
8. Sei un vero casino
Yukiko stava iniziando a stufarsi.
“Resisti ancora un po', ora viene
il bello” le disse con un sorriso divertito Night, con una di
quelle espressioni che di solito stavano a sottolineare quanto in
realtà fosse il contrario.
Lo sguardo interrogativo che lei gli
lanciò ebbe presto risposta nella nuova voce che attirò la sua
attenzione, questa volta proveniente da un ragazzo in carne ed ossa.
– Come mai una bella ragazza come te
se ne sta qui tutta sola?
La mora sollevò lo sguardo sul
biondino che le si era avvicinato, non potendo far a meno di notarne,
con un certo fastidio, il sorriso smagliante. Non era proprio in vena
per farsi abbordare, tentativo che le causò la comparsa di una nuova
venuzza pulsante sulla tempia, in aggiunta alle altre due già
presenti.
– Nessun motivo in particolare –
gli rispose freddamente, deviando il proprio sguardo dallo
sconosciuto.
Nel farlo tuttavia le cadde l'occhio
sul tavolo degli amici di Kei e fu allora che notò le occhiate
malcelate che questi lanciavano verso di lei. Per contro, ella li
guardò apertamente questa volta, di nuovo perplessa mentre osservava
mancarne un altro all'appello.
– Posso offrirti qualcosa da bere? –
il biondino tornò alla carica.
La ragazza lo osservò meglio.
Non poteva sbagliare, quello era uno
del gruppo di fighetti a cui si era unito il dranzerblader per la
serata. Rifletté più attentamente a quel punto, cosa che indusse lo
sconosciuto a credere di poter avere qualche possibilità.
– Se ti va puoi unirti a noi – le
propose con affabilità, indicandole il tavolo dei suoi amici – ti
presento i miei amici.
In quell'istante iniziò a formarlesi
in mente un'idea, una di quelle che solitamente facevano sorridere in
quella maniera così inquietante sua madre e quasi senza accorgersene
sfoggiò uno di quei sorrisetti melliflui.
– Accetto il tuo invito con piacere.
Yukiko si alzò in piedi, avendo cura
di prendere con sé la propria giacca di jeans prima di seguire il
ragazzo al tavolino.
“Ne vedremo delle belle”
commentò Night con quell'espressione divertita di poc'anzi.
Lei dal canto suo poteva distinguere
sotto il braccio il rigonfiamento causato dai bey che si era portata
dietro in quell'avventura e la cosa l'aiutò a definire un piano
d'azione. Ma prima di poterlo mettere in pratica doveva attendere che
il suo obiettivo tornasse, perciò sfoggiò un quieto sorriso quando
giunse al tavolino dei quattro ragazzi di buona famiglia,
costringendosi in nome di uno scopo più grande a fare la carina.
“Non è che prendere a calci nelle
palle il tuo fidanzato possa essere messo sotto la voce 'scopo più
grande'..” le fece notare il suo bitpower.
– Punti di vista – gli rispose lei
in un sibilo.
– Hai detto qualcosa? – le chiese
il biondino, scoccandole un'occhiata perplessa.
– No, affatto! – affermò lei
automaticamente, sfoggiando un nuovo sorriso artificioso.
Prese posto, dopo aver ascoltato le
presentazioni di ognuno dei membri dell'odiosa combriccola ed essersi
presentata a propria volta, e si mise in animo di sostenere una
conversazione che si basava più sull'intento di conoscersi un po'.
Non eccessivamente, chiaro.
Durante quella parentesi scoprì
trattarsi tutti di membri di famiglie benestanti, alcune delle quali
rinomate nel mondo degli affari e tutti avevano la tendenza a
sproloquiare su sé stessi. Tutti tranne Jan, che era troppo occupato
a cercare un modo per starle addosso, cosa che alla fine, dopo averle
procurato una coca come da pronostici, sfociò in un braccio intorno
alle spalle.
“Gli farai scontare anche questa?”
– Puoi scommetterci le piume.
Kei buttò via il bicchiere di plastica
appena svuotato in poco più di un sorso e, in preda al senso di
ebbrezza che da un po' aveva iniziato a diffonderglisi in corpo,
scoccò un'occhiata alla rossa che gli si stava quasi strusciando
addosso.
– Che ne dici se ci mettiamo un po'
più comodi? – le propose, facendo un cenno verso il tavolo che
avevano lasciato da un po' di tempo.
– Mi sembra un'ottima idea –
chiocciò quella, sorridendogli e premendogli il seno contro un
braccio.
Non vedeva l'ora di togliersi la voglia
e poi levarsela di torno.
La condusse di nuovo verso i divanetti,
la musica che gli rimbombava nelle orecchie tanto sgradita quanto di
pessimo gusto. Eppure poteva sopportarla, come ogni volta, al
pensiero di ciò che sarebbe accaduto a fine serata. E forse con un
po' di fortuna, anche prima.
Raggiunti i suoi 'amici' il blader
stava per riguadagnare il suo posto, quando sollevando lo sguardo si
pietrificò proprio di fianco al divanetto. Fu come se il fuoco che
la vodka gli aveva acceso dentro fosse stato improvvisamente
congelato in una scultura di ghiaccio, lasciandolo soltanto con un
vago capogiro a confondergli la mente.
Non era possibile.
Il volto di Yukiko si volse verso di
lui e la vide rivolgergli uno sguardo penetrante, mentre su quelle
labbra rosee le si delineava l'inizio di un mezzo sorrisetto per ogni
secondo che egli indugiava.
– Bentornati – lo accolsero i
ragazzi.
– Bentornato Kei, lascia che te la
presenti... – intervenne Jan, prima di venire interrotto.
Fu Kei a farlo, ignorando tutti tranne
la mora che aveva seduta di fronte. Per quella breve manciata di
secondi fu come se il resto del mondo perdesse nitidezza: la musica,
le voci, tutto iniziò a scomparire ad eccezione di loro due. –
Cosa fai qui? – il tono che usò era insolitamente duro, forse a
causa dell'alcol che iniziava a fargli effetto.
– Me l'ha chiesto una tua amica –
ribatté lei senza batter ciglio, il suo viso un'espressione talmente
seria da fargli inarcare un sopracciglio. Ella dovette intuire la sua
iniziale confusione, perché aggiunse con tono più ironico e
tagliente – No, non sto parlando di una come quella zoccola che hai
sottobraccio. Sto parlando di una Vera amica.
“Uh, questa era pesante” li
interruppe una voce sconosciuta che gli parve risuonargli nelle
tempie.
Spalancando maggiormente gli occhi
scuri, il dranzerblader spostò lo sguardo sul ragazzo che aveva
parlato in maniera fin troppo chiara, riuscendo suo malgrado a
sovrastare il casino circostante. Era seduto al contrario su una
delle poltroncine accanto, rivolto verso di loro, proprio dietro
Yukiko, con stampato in volto un sorrisetto divertito. Era vestito
prettamente di bianco, con un taglio degli abiti che lasciava quasi
pensare ad un principe arabo, così com'erano bianchi i suoi capelli.
La diretta interessata gli scoccò a
sua volta un'occhiata ammonitrice, accostata a parole che dovevano
avere uno stesso significato ma che il blader non colse, i suoi sensi
di nuovo attaccati dall'ambiente circostante. Quell'interruzione gli
permise di far mente locale e l'irritazione che ne seguì era, suo
malgrado, in parte causata anche da quel tipo: cos'è, si era portata
dietro un amichetto?
– Come ti permet..!
Kei rinsaldò la presa sul corpo di
quella sciacquetta, smorzandone la protesta a metà, cosa che se non
altro gli diede la pace che cercava da quella fastidiosa voce, ormai
divenuta fin troppo irritante al confronto di quella della mora.
– Quel che faccio non ti riguarda
minimamente.
– A quanto pare mi riguarda se sei
troppo stupido per accorgerti di quel che stai facendo – insistette
lei.
– Tsk. E perché non dovrei sapere
ciò che faccio? – sfoggiò un sorrisetto strafottente – Credi
forse sia la prima volta?
Quella domanda ebbe l'effetto sperato
perché la ragazza sembrò cambiare espressione, tradendo una certa
sorpresa. Quella consapevolezza non fece altro che spronarlo a
rincarare la dose, mantenendosi il più freddo possibile.
– Credi forse che la volontà di mio
padre abbia valore? Non sei nessuno per dirmi cosa posso o non posso
fare.
– Io forse non lo sono, ma lei sì –
esclamò la mora a quel punto, alzandosi in piedi e tirando fuori
dalla tasca del suo giubbotto di jeans un oggetto dai riflessi blu.
Nel momento in cui gli mostrò Dranzer,
Kei ammutolì.
– Può darsi che il mio pensiero non
abbia valore ma il suo ce l'ha eccome, non è così? – la moretta
parlava con tono calmo ma abbastanza alto da essere caratterizzato da
una nota di sfida che non gli fu indifferente.
Il blader serrò i denti,
corrucciandosi in volto e perdendo quell'ultimo accenno di
espressione distaccata che era riuscito a mantenere sino a quel
momento. Era vero, non poteva ignorare gli avvertimenti della sua
unica amica così come stava cercando di passare sopra
all'impressione che sapeva star facendo alla moretta. Un'impressione
che per certi versi era errata. Lui in realtà non era così, quella
era solo una stupida maschera, una maschera che era stato costretto a
indossare dalle circostanze.
– E Kei dovrebbe reagire in qualche
modo di fronte a una stupida trottola? – la voce della rossa che
ancora si ostinava a premerglisi addosso gli graffiò le orecchie
come il suono più irritante dell'intero universo.
Provò l'impulso di scostarla da sé,
ma si trattenne, distratto ancora una volta dalla giovane Natsuki lì
di fronte a lui, che la ignorò a propria volta per rivolgersi
soltanto al dranzerblader.
– Sono venuta solo per fartelo avere.
Chissà che l'Aquila non possa aiutarti ragionare con il cervello e
non con qualcos'altro – gli rifilò il beyblade in mano ed il suo
peso familiare indusse il blader ad abbassare lo sguardo su di esso,
stringendolo meccanicamente.
Poi notò con la coda dell'occhio che
il tipo vestito di bianco che si era intromesso poco prima si era
mosso, alzandosi in piedi a sua volta e ricambiare il suo sguardo con
uno fin troppo orgoglioso. La cosa gli fece salire il sangue, già
bello caldo a causa dei drink che si era scolato, al cervello,
ponendo in secondo piano il fatto che lei sapesse dell'Aquila Rossa.
– Tsk. A parole ci sai fare ma vedo
che non ci hai pensato due volte a trovarti un accompagnatore.
– Come? – Yukiko espresse una
sorpresa e una confusione talmente chiare che lo fecero sbuffare,
quasi divertito, senza dubbio ironico.
– Perché non la smetti di fare la
finta santarellina e vi fermate con noi? – la incalzò,
provocatorio, sfoggiando un ghigno che si sarebbe potuto definire
senza remore crudele – Potrei decidere di dare una ripassata anche
a te dopo essermi divertito. Scommetto che in realtà non aspetti
altro...
Nel momento esatto in cui finì di
pronunciare quelle ultime parole il bey che stringeva nella mano
libera mandò una vibrazione che gli salì lungo il braccio, ma
l'istante successivo venne completamente spiazzato dal forte ciocco
che gli risuonò nelle orecchie, minacciando di assordarlo.
*SCIAFF!*
Lo schiaffo lo aveva preso in pieno
volto, mandandogli una scarica di messaggi dritto al centro del
cervello, annebbiato dai fumi dell'alcol. Lo stordimento fu assoluto
e Kei si ritrovò a barcollare, libero dalla stretta di quella
troietta che si era tenuto appresso sino a quel momento per ricadere
pesantemente sul divanetto accanto.
Quando il mondo smise di girargli
vorticosamente intorno, ad occhi sbarrati non poté far altro che
fissare Yukiko rigida nella sua posa, la mano ancora sollevata e il
suo sguardo che mandava lampi di furore. Il silenzio attonito calato
improvvisamente intorno a quel tavolino venne infranto da una sola
singola parola, ben scandita e colma di tutta una serie di sentimenti
che egli stesso aveva innescato.
– Stronzo.
Non aggiunse altro. La vide voltarsi
con decisione e andarsene, lasciandolo lì a cercare di ricomporre i
pezzi del suo sistema nervoso.
– Ma che..? – gli giunse la voce di
Lou.
– Che diavolo è preso a quella
cretina? – questa invece era la rossa, che lo costrinse a voltar il
capo e lo sguardo su di lei, prendendogli il viso fra le mani
smaltate – Ti ha fatto male, dolcezza?
In un guizzo di lucidità dovuta
all'adrenalina che gli era finita in circolo a quello schiaffo, Kei
distinse chiaramente alcuni particolari della ragazza a cui in
precedenza non aveva dato alcuna importanza. Dovette contenere un
moto di disgusto davanti a quel trucco pesante, che non serviva a
nascondere del tutto le imperfezioni di quel volto segnato dalla sua
vita notturna. Il pesante profumo in cui si doveva essere fatta il
bagno non riusciva più a coprirne l'odore naturale, misto a sudore e
fumo, così come la musica di sottofondo non potesse camuffarne la
voce fin troppo stridula. Percependone il respiro sulla pelle, il
blader non riuscì a frenare una smorfia, ritraendosi di scatto da
quel supplizio perdurato troppo a lungo.
– Levati dai piedi.
– Cos..?
Non la stette nemmeno più a guardare,
mentre si alzava, sgusciando via dalla sua presa per nulla ferrea e
combattendo il senso di vertigine causatogli dall'ebbrezza
dell'alcol. Si sentiva come sporco, sensazione che non gli si attenuò
molto nemmeno una volta riguadagnati i suoi spazi. Osservandola
dall'alto in basso un'ultima volta la vide in tutto il suo complesso,
non riuscendo affatto a non pensare a quanto fosse squallida.
Squallida quasi quanto stava per
ridursi lui stesso.
“Hai intenzione di perdere altro
tempo?” gli risuonò nella mente la voce dell'Aquila Rossa.
Gli ritornò alla mente la figura di
Yukiko che si voltava per andarsene, tremante di rabbia e
indignazione. No, non avrebbe perso altro tempo. Ancora gli
risuonavano nella mente le parole che le aveva sentito dire e si
mosse, deciso più che mai ad andarle dietro. Ora era arrivato il suo
turno.
Avrebbe messo in chiaro le cose una
volta per tutte, che lei lo volesse o meno.
Yukiko cercò di far smettere alle
proprie mani di tremare, mentre già si ritrovava a combattere contro
le lacrime che le offuscavano la vista dello schermo del telefono.
Doveva andarsene da lì, doveva chiamare l'autista degli Hiwatari e
farsi riportare a casa.
Voleva solo andarsene da quel luogo.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo.
– Stupido idiota – si lasciò
sfuggire a voce incrinata, ferma nel parcheggio del locale.
Quel che era incredibile era il fatto
che, con quelle parole, il dranzerblader fosse arrivato a offenderla,
a ferirla in una maniera che non poteva essere razionale. Aveva
giurato a sé stessa che non avrebbe permesso più a nessuno di
arrivare a tanto e invece, eccola lì, che tentava disperatamente di
calmare il proprio respiro, senza per altro riuscire nell'impresa.
Persino Night aveva cessato di
parlarle, tornando all'interno del Beyblade che aveva ancora in
tasca, nel giacchetto che teneva sottobraccio. Il fatto che il suo
unico vero amico non potesse aiutarla in quel momento le insinuò nel
cuore un senso di solitudine che la fece cedere alla disperazione.
Kei non poteva averle detto quelle cose, non dopo l'altro giorno.
– Maledizione!
In quel momento d'esasperazione una
mano le si strinse intorno a un polso, facendola sussultare e
costringendola a voltarsi su sé stessa con uno strattone. Sgranò
gli occhi dalla sorpresa, boccheggiando alla cieca nel ritrovarsi
davanti il ragazzo che altri non era che la causa di tutto quanto
quel casino.
– Non abbiamo finito.. – sibilò
minacciosamente verso di lei, facendo un passo avanti.
L'odore di alcol addosso al blader le
fece storcere le labbra in una smorfia, ma il suo sguardo, così
diretto e ferino, le fece venire la pelle d'oca. Per riflesso cercò
di indietreggiare ma non servì a nulla perché lui le andò dietro,
spingendola con decisione contro uno dei Suv parcheggiati lì vicino.
Avvertendo il freddo metallo della fiancata contro la schiena, la
nightblader si lasciò sfuggire un sussulto di sorpresa, ma la voce
le morì in gola l'istante successivo nel tornare a incrociare gli
occhi dell'altro.
Le sue iridi, con quei riflessi fra il
violaceo ed il ramato, riflettevano lucide la fioca luce che filtrava
nel parcheggio, giungendo dalla strada poco distante e dandole
l'impressione di potervi precipitare dentro da un momento all'altro.
– K-Kei.. – ne mormorò il nome,
combattendo l'improvviso brivido di paura che le risalì lungo la
spina dorsale al ché lui le bloccò ambo le braccia contro la
vettura, stringendole i polsi sin quasi a farle male.
– Il motivo che mi ha spinto a venire
qui sei tu – quella prima affermazione le tolse il respiro;
quell'accusa così sentita, così carica di furore nonostante non
avesse alzato nemmeno di un po' quel tono, la spiazzarono – Credi
sia facile per uno come me controllarsi, avendo a separarci solo una
stupida parete?
– S..scusa?!
– Non puoi pretendere di frenare gli
impulsi di un uomo senza pagarne le conseguenze. Vuoi forse che li
sfoghi su di te, visto che ti da' così fastidio che lo faccia con
qualcun'altra??
Yukiko già pietrificata dall'intensità
delle emozioni del blader, sussultò appena quando questi le insinuò
un ginocchio fra le gambe, premendosi contro di lei con tutto il suo
corpo. Fu a quel punto, il respiro corto, il cuore che le galoppava
nel petto a una velocità tale che la indusse a credere sarebbe
scoppiato in pochi secondi, che ne percepì l'eccitazione.
“Oddio..” quella che le
premeva sulla stoffa dei jeans era chiaramente un'erezione.
Il telefono le sfuggì di mano,
riversandosi nella ghiaia un metro e mezzo più in basso con un tonfo
che passò del tutto inosservato ad entrambi, troppo presi l'uno
dall'altra per osar fiatare. Quella vicinanza, quella provocazione le
accesero una serie di vampate di calore che le si riversarono non
solo sul viso, ma anche in mezzo alle gambe, facendole sfuggire un
gemito d'incredulità. Chiuse gli occhi per riflesso, come se così
facendo ogni cosa sarebbe scomparsa, speranza vana.
– È esattamente di questo che ho
bisogno – insistette lui, a un palmo dalle sue labbra, rimarcando
il messaggio con una nuova pressione dell'inguine e lei riaprì di
scatto le palpebre. La sua voce roca le raggiunse le orecchie in un
modo talmente sensuale da farle girare la testa – ..ed è qualcosa
che non posso prendere da te.. – le sussurrò, finendo per ripetere
in un ultimo soffio, quasi ché fosse un'ultima disperata preghiera –
..non da te.
Subito dopo le catturò le labbra in un
bacio.
“Oh. Dio.”
L'adrenalina, già in circolo in ogni
parte del suo corpo, contribuì ad acuire nuovi forti brividi che non
avevano nulla a che vedere con l'aria fresca della sera.
Immobilizzata dalla sorpresa e con l'eco delle sue ultime parole
ancora nelle orecchie, non riuscì a reagire a quella pressione sulla
bocca, talmente passionale da renderla totalmente inerme. Spiazzata
da lui quanto da sé stessa, dall'improvvisa arrendevolezza del
proprio corpo, si lasciò sfuggire un nuovo gemito quando il suo
sapore le inondò la bocca in una carezza vellutata e famelica al
tempo stesso.
Eppure iniziò a perdere realmente sé
stessa soltanto quando quel bacio si evolse in qualcosa di diverso,
qualcosa di agrodolce, che le fece dolere il cuore. Kei le accarezzò
le labbra con le proprie, assaporandola, sospirando profondamente
mentre l'esplorava e la cercava con una dolcezza sempre maggiore.
Anche la presa sui suoi polsi si allentò, sino a lasciarla andare
del tutto per passare a delinearle i fianchi, in una carezza che ella
percepì bollente sulla pelle sotto la stoffa del top.
Quello non era un
bacio da sesso.
Il dranzerblader le si sistemò meglio
in mezzo alle gambe, facendo combaciare perfettamente il proprio
bacino contro quello di lei in una nuova pressione che le fece
nascere altri brividi di piacere.
Un'altra carezza sopra la stoffa dei
jeans, mentre la teneva avvinta con tutto il proprio corpo,
spingendola contro la vettura in un contatto pressoché totale.
Quello era un bacio d'amore.
Non seppe mai quantificare la durata di
quel bacio, ma quando esso finì la mora ci mise una buona manciata
di secondi prima di ritrovare il modo giusto di respirare, sconvolta
per il contrasto netto fra il calore del corpo febbricitante del
blader e l'aria fredda della sera.
Il ragazzo dai capelli nero-argento
indietreggiò da lei, chinando il capo e immergendo fra quelle
ciocche chiare una mano, prima di scuoterlo, come a volersi schiarire
le idee.
– Fermati... – soffiò,
appoggiandosi pesantemente all'auto dietro di lui.
Inizialmente la giovane credette che si
stesse rivolgendo a lei, cosa che la fece balbettare un'esclamazione
contrariata, che si concluse in un sussurro e non ebbe un seguito,
l'espressione dell'altro fin troppo espressiva. Non sembrava proprio
nelle condizioni di guidare.
Rassegnandosi ad accantonare quanto era
appena accaduto prese in mano la situazione, ma non prima d'aver
giovato di una nuova boccata d'aria fresca, cosa che l'aiutò a
schiarire la mente lo stretto necessario. Indi, si chinò a
raccogliere il proprio telefono, ficcandoselo in tasca e soltanto poi
si discostò del tutto dal Suv contro il quale era rimasta sino a
quel momento, andando a posare una mano sull'avambraccio del blader.
– Dai, ti porto a casa.
Quelle poche semplici parole le
uscirono dalle labbra con un tono talmente dolce che fu lei stessa la
prima a sorprendersi, ma solo con una parte della mente. L'altra era
troppo impegnata ad ammirare il viso del dranzerblader, arrossato,
col fiato corto e gli occhi terribilmente lucidi.
Questi annuì dopo un istante, cercando
di tirare fuori le chiavi da una delle sue tasche, ma la ragazza le
prese in consegna appena ci riuscì. Non gli disse altro: al momento era quella più lucida dei due, il ché era tutto un dire,
perciò era da escludersi che fosse lui a mettersi alla guida. Non
aveva alcuna intenzione di provare altre emozioni forti quella sera.
Non fu difficile individuare la Camaro
attraverso l'apertura delle porte a distanza e, una volta
raggiuntala, lo aiutò a sedere al posto del passeggero,
allacciandogli la cintura prima di fare il giro e salire a sua volta
a bordo. Una volta al posto di guida con allacciata anche la propria
cintura, si lasciò sfuggire un profondo sospiro nel tentativo di
liberare i muscoli dal residuo di tensione che le era rimasto in
corpo. Scoccò un'occhiata, sentendosi ancora tremendamente fuori
fase, a colui che era stato la causa di una serata che non avrebbe
mai potuto dimenticare, trovandolo appoggiato contro il vetro del
finestrino con il capo, gli occhi chiusi e l'espressione da coma
vegetativo più convincente che avesse mai visto.
Sorrise, emettendo un lieve sbuffo,
cogliendo in quella scena l'ironia del momento, nonostante tutto.
– Sei un vero casino, Hiwatari Kei.
Ruotò la chiave nel quadrante,
accogliendo con sollievo il deciso rombo del motore dell'auto, un
suono che finalmente riempì il silenzio all'interno dell'abitacolo,
sovrastando quello del proprio cuore che ancora non voleva
rallentarle nel petto.
[ANGOLO AUTRICE]
Ecco il capitolo cruciale!
Ieri sera ero indecisa se pubblicarlo subito o lasciarvi ancora qualche giorno di tempo per coltivare e macerare la vostra suspance, ma stamattina non ce l'ho fatta, anche perché mi è venuta un'idea per continuare la fiction di quelle che di solito verrebbe da stringercisi la mano da soli u.u vedrete molto più avanti di cosa parlo.
Spero che i vostri defibrillatori in dotazione al kit di EFP non abbiano problemi, non voglio perdere nessuno di voi per colpa di un qualche infarto.. Muhahahaha-cough, couff.. ok la smetto.
Vi è piaciuto?! Che ne pensate? Vi ha fatto schifo? Dite dite, io attendo con pazienza il vostro prezioso parere (e intanto sarà il caso che mi rimetta a studiare che ieri ho vagabondato fin troppo).
Un saluto dalla vostra diabolica autrice
Kaiyoko |
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Capitolo 9 *** Sotto lo stesso cielo ***
9. Sotto lo stesso cielo
Il mattino dopo, quando Kei si risvegliò nel suo letto, comprese immediatamente cosa lo aveva riportato alla realtà. Non dovette neanche scomodarsi a guardare in basso per rendersi conto di quanto gli stesse tirando l'amico lì sotto.
“ Cazzo!”
Digrignò i denti, sopportando la fitta di dolore che gli venne dall'inguine in reazione a tutta quella tensione, cosa che lo portò a tentare di alzarsi a sedere fra le lenzuola.
Pessima idea. Appena contrasse gli addominali e tentò di sollevare il capo, si ritrovò boccheggiante riverso di nuovo fra i cuscini, con un cerchio tremendo alla testa.
– Merda – imprecò a denti stretti il ragazzo.
Non rammentava quasi nulla della seconda metà della serata precedente, se non una Yukiko impettita di fronte a lui tanto arrabbiata da schiaffeggiarlo e lasciarlo lì per qualcosa che le aveva detto.
Il pensiero gli fece avvicinare la mano sinistra alla guancia medesima, giurando di averla sentita formicolare.
Per quanto riguarda il resto, era tutto molto confuso ed evanescente.
L'aveva seguita.. e poi? Che era accaduto dopo?
Ad assalirgli la mente ancora intontita dal sonno e dai postumi della sbronza ci si mise il sogno che l'aveva svegliato in quello stato, cosa che gli fece soffiare fra i denti l'aria che aveva nei polmoni in un gemito sommesso di protesta alla pronta reazione, fin troppo pimpante, del suo amichetto. Si costrinse a spazzare via quella visione, per non peggiorare le cose.
Aveva assolutamente bisogno di chiudersi in bagno per un po', soltanto dopo essersi concesso una bella doccia avrebbe potuto sperare di stare un po' meglio.
Sì, una bella, lunghissima doccia fredda.
Yukiko se ne stava a far girare Night sulla sommità di una roccia, giovando dell'aria fresca del mattino. Sopra la sua testa il cielo era sereno, punteggiato di qualche nuvoletta bianca e lei non riusciva a far a meno di starsene sì, stesa con le mani intrecciate dietro la nuca, a osservarlo.
“ Io credo che dovresti iniziare a preoccuparti”
– E per cosa, Night? – ribatté lei, ridacchiando.
Il suo compagno di battaglie era di nuovo accanto a lei, come la sera prima, sospeso a un metro da terra e contornato da quell'alone luminescente. Lo stesso che scaturiva dal bit al centro del suo bey. Il suo capo candido tornò a sbucare nel suo campo visivo e lei ne incrociò lo sguardo color azzurro ghiaccio.
“ Be', cosa pensi di fare dopo quanto è accaduto?” Si informò questo, scoccandole un'occhiata interrogativa.
Yukiko si lasciò sfuggire un sospiro.
– Non lo so.. – lasciò intercorrere una pausa, prima di cogliere il suono ritmico della trottola che ruotava liberamente sul terreno alla minima velocità concessagli per non sbandare e fermarsi. Quel sommesso sibilo la indusse a chiuder gli occhi verdi per un istante, prima di sfoggiare un ampio sorriso – ..ma forse mi è venuta un'idea.
Senza attendere una qualche risposta, la mora si sollevò di scatto a sedere e un attimo dopo era già in piedi.
– Andiamo, ci aspetta un bell'incontro – affermò convinta al suo bitpower.
La creatura in forma umana annuì con un unico cenno del capo prima di scomparire in un riverbero di luce ed un secondo dopo lei stringeva il suo bey dai riflessi d'argento saldamente in una mano. Non c'era incomprensione che non potesse essere superata con un buon incontro, lo sapeva. La volta scorsa era riuscita a percepirlo, l'animo di quel blader così introverso, attraverso quell'ultimo potente attacco.
Sapeva di non aver di per sé il coraggio di affrontarlo faccia a faccia in un discorso, men che meno dopo quanto accaduto la sera precedente, pertanto aveva solo una possibilità di rompere il ghiaccio. Una possibilità rappresentata dall'amore per quello sport. Perché per quanto ci si potesse provare, una volta che il Beyblade ti era entrato nel cuore, non c'era modo che ne uscisse.
Kei stava tornando nella propria stanza dopo quella doccia riabilitante.
Dovette ammettere con sé stesso di sentirsi molto meglio, mentre procedeva scalzo lungo il corridoio deserto. La casa era avvolta nella quiete, tutto grazie alla strampalata idea di suo padre di andarsene chissà dove con la quasi totalità dei domestici, e la cosa non gli dispiaceva affatto.
Il mal di testa si era attenuato giusto quel poco che bastava affinché fosse sopportabile.
Si sfregò un lato del capo con un lembo dell'asciugamano che portava sulle spalle, non troppo energicamente mentre toglieva umidità alle ciocche corvine dietro la nuca. Indossava soltanto un paio di pantaloni, gli stessi jeans della sera precedente, per di più col primo bottone slacciato, cosa che glieli faceva ricadere un po' più in basso sui fianchi.
In quel momento l'ultima cosa che si aspettava, preda di un rilassamento più che gradito, era quel che vide aperta la porta della sua stanza. Come il battente ruotò infatti sui cardini, il dranzerblader si bloccò sulla soglia mentre fissava ad occhi spalancati la ragazza che si ritrovò di fronte.
Il sorriso di Yukiko si accentuò, pendendo verso lo zigomo destro e donandole un'aria fra il furbetto ed il determinato.
– Eccoti qui! – esclamò quella, ponendo una mano chiusa a pugno sul fianco mentre l'altra la sollevava nella sua direzione, mostrandogli il suo bey – T-ti sfido!
“ Questa è una persecuzione” pensò lui di rimando, scoccandole uno sguardo significativo. Per un momento ebbe la chiara visione di sé stesso con una goccia in stile manga a scivolargli fra i capelli.
– S-su, principino.. È la giornata ideale per un incontro!
Quel tono squillante gli fece rimpiangere la quiete che si era goduto fino a pochi minuti prima, un tono che comunque racchiudeva in sé una nota quasi nervosa.
– Principino? – ripeté meccanicamente, rammentando che fosse già la seconda volta che osava chiamarlo in quel modo. Percepì la propria pazienza assottigliarsi pericolosamente, già messa a dura prova dal brusco risveglio di quel mattino, e una vena prese a pulsargli a lato della tempia sinistra.
– Hai paura di non riuscire a cavartela come l'ultima volta? – un'altra provocazione – Cos'è, la serata di ieri è stata troppo intensa per te? Non dirmi che dovrò iniziare a chiamarti Principessa!?
Questo era troppo persino per uno come lui.
– L'hai voluto tu – le disse lui freddamente a quel punto, riversando in quella gelida nota tutto il suo disappunto.
Si mosse, superandola in poche rapide falcate e nel farlo le sbatté l'asciugamano in faccia, prendendola alla sprovvista e lasciandola a dimenarsi, mentre lui si dirigeva verso il proprio comodino. Ne tirò fuori Dranzer ed il lanciatore e si ficcò entrambi in tasca prima di recuperare le scarpe dal balcone. Una volta infilate anche queste, si allacciò finalmente l'ultimo bottone dei calzoni e recuperò una delle sue maglie nere dalla cassettiera. Tornando sui propri passi, scoccò un'occhiata all'attaccapanni accanto alla porta e, senza una parola, allungò una mano per recuperare la sua vecchia sciarpa bianca.
Il senso di familiarità che lo colse nel momento in cui se la avvolse al collo, con i lembi della stessa a pendergli dietro la schiena come un tempo, gli infusero quasi un senso di completezza. Fu come se fosse tornato ad essere pienamente sé stesso soltanto in quel momento e la cosa gli infuse una nuova carica.
– Andiamo, mocciosa??
Non stette nemmeno ad aspettarne una reazione e varcò la soglia, immettendosi di nuovo nel corridoio. Le avrebbe finalmente fatto capire con chi aveva a che fare.
Yukiko si sentiva elettrizzata e piena di vita.
Poteva farcela, in quel modo potevano comunicare.
Osservò il campo di battaglia sul quale si stavano affrontando lei e il dranzerblader. Quest'incontro tuttavia non aveva niente a che fare con quello precedente, poteva capirlo subito notando il modo di porsi di Kei, il suo modo di giocare. Questa volta l'incontro era molto più che una mera prova di forza: si stavano affrontando con serietà e determinazione, cercando l'uno di penetrare le difese dell'altra senza la foga dimostrata in precedenza. Il blader che aveva di fronte ora la ragazza era diverso da quello contro cui si era battuta precedentemente. Avrebbe quasi potuto dire che fosse rinato.. No. Non rinato. Si era risvegliato.
– Vai Aquila Rossa!
– Fagli vedere, Night!
Dalle due trottole, intente a girare vorticosamente l'una verso l'altra, scaturì all'unisono un bagliore quasi accecante e un attimo dopo i due bitpower si fronteggiavano apertamente nella loro forma animale, ali spalancate e artigli protesi.
Yukiko notò di sfuggita l'espressione sorpresa del suo avversario a quella comparsa e non poté far a meno che sfoggiare un sorrisetto soddisfatto.
– Stella Cometa! – urlò il suo attacco, approfittandone.
– Dranzer, evitalo!
Il bey di una tonalità più chiara si mosse con agilità e l'offensiva della mora andò a vuoto.
– Sei finita.. Tempesta di Fuoco!
Fiamme di un intenso color rosso avvolsero il campo di gioco, che altro non era se non uno spiazzo erboso al centro del cortile posteriore della tenuta degli Hiwatari, costellato qua e là da qualche pietra.
– Night!! – esclamò trafelata la mora.
Il suo beyblade blu scuro andò a urtare con la punta uno dei ciottoli del prato, cosa che gli permise di darsi una spinta verso l'alto in un salto che andò ad impattare sul bey avversario, contrastandone e annullandone la potenza di attacco.
Ci fu un nuovo lampo di luce dovuto allo scontrarsi dei due bitpower, avvenuto nello stesso momento e che costrinse i due blader a chiuder gli occhi e ripararsi con le braccia dall'onda d'urto. Quando Yukiko li riaprì, trovò la propria trottola ferma al limitare di una chiazza di terreno bruciato, Dranzer a sua volta riverso su un fianco dal lato opposto. L'incontro era nuovamente terminato in parità.
La ragazza non riuscì a far a meno di esternare un sospiro secco, andando a ravviarsi i capelli con una mano mentre l'altra se la mise a puntellare un fianco, sopra la stoffa dei jeans a vita bassa. Sentiva ancora l'adrenalina in circolo e dovette contenere l'euforia interiore che stava provando, limitandosi ad esternarla con un largo sorriso.
– Sei davvero forte.. – le sfuggì come commento verso il ragazzo, che si fermò a fissarla dopo aver recuperato il suo beyblade.
Lo sguardo di lui era vagamente lucido ma serio, penetrante, ed il motivo non si fece attendere.
– Non sapevo che avessi un bitpower.
Lei, riprendendo fiato, non gli rispose subito ma si avvicinò per chinarsi a recuperare Night. Sollevandolo nella mano destra ne esaminò le condizioni e fu sollevata nel notare che non aveva subito danni questa volta. Colpita da quel pensiero sorvolò quella considerazione per sincerarsi delle condizioni di Dranzer.
– Quell'attacco non avrebbe mai potuto danneggiarlo.. e non cambiare discorso.
Ridacchiando a quella risposta un po' seccata, Yukiko si lasciò cadere distesa sull'erba, allargando braccia e gambe in un abbandono più che legittimo. Era stato un gran bell'incontro e il suo Night si era comportato egregiamente, pensiero che la fece sorridere soddisfatta.
– Non lo stavo facendo – gli rispose senza guardarlo ma sollevando una mano sopra di sé per reggere il proprio bey davanti agli occhi – Mi stavo solo premurando che la conclusione dell'incontro non avesse danneggiato nessuno dei due. Non è facile per i nostri bitpower quando il bey in cui risiedono viene scalfito. Per fortuna questa volta ci è andata bene, vero Night? – chiese allegramente alla trottola, dando un bacetto a stampo all'emblema dell'Anka al centro del bit.
Kei non le rispose ma poco dopo ella sentì un fruscio accanto a sé e spostando gli occhi alla sua sinistra, vide il dranzerblader lasciarsi ricadere seduto a gambe conserte sul terreno lì vicino, lo sguardo dai riflessi di sangue persi a contemplare l'Aquila Rossa.
– Quindi è vero: sapevi dell'Aquila.
– Be', sì – indugiò un momento a proseguire, appoggiando la propria mano reggente il bey blu scuro sul ventre – L'ho scoperto ieri, prima di seguirti. È stata lei a mettersi in contatto con me e a dirmi che dovevo trovarti.
Il vento fece frusciare le fronde degli alberi vicini, carezzando le ciocche sfumate di rosso dei capelli di lei, al pari di quelle d'argento del blader che le sedeva accanto. Dopo una manciata di secondi in cui questi non accennò a dire altro, la mora si cimentò in un'altra domanda, una di quelle che l'avevano tormentata sino a quel momento.
– Dicevi sul serio la volta scorsa? Quando hai detto che il Beyblade è un gioco da bambini?
Lui sollevò lo sguardo incrociando il suo e in quel breve momento di attesa Yukiko rischiò di farsi trasportare da quegli occhi così enigmatici e profondi, cosa che avrebbe fatto se il pericolo non fosse stato scongiurato dalla voce del proprietario, quando finalmente si degnò di risponderle.
– Sì. Lo avevo detto sul serio – e lei ebbe un tuffo al cuore – ..ma mi sbagliavo.
Ne osservò il profilo mentre questi, sporgendosi un po' più indietro con la schiena e appoggiando ambo le braccia sul prato a mo' di sostegno, sollevò lo sguardo al cielo. In quella posizione, sfiorato dalla brezza di fine estate, le parve l'emblema della serenità. Il suo volto rilassato le sembrò talmente bello da risvegliare in lei il ricordo di come il dranzerblader l'avesse baciata meno di dodici ore prima e subito si sentì avvampare in viso. Scostando di scatto gli occhi verdi per portarli a sua volta a puntare la volta celeste, strinse meccanicamente la presa sul proprio bey, pregando il proprio cuore di rallentare i battiti. Fu grata al ragazzo quando riprese a parlare.
– Avevo dimenticato una cosa importante sul Beyblade. Qualcosa che mi hai fatto ricordare tu.
– E cosa? – credette di sentire la propria voce strana e deglutì, nervosa.
– Che anche le braci di un fuoco vanno ravvivate, se non si vuole che il fuoco si estingua.
Quell'affermazione fece sbattere un paio di volte le palpebre alla nightblader, giuntale talmente inattesa che finì per scoppiare a ridere, dapprima sommessamente e poi di tutto cuore, sinceramente divertita.
– E adesso perché stai ridendo? – la voce di Kei tornò a farsi udire, col solito timbro distaccato e freddo.
– Ahah.. perché non credevo che potessi uscirtene con qualcosa di così profondo! Non me l'aspettavo proprio! Ahahaha!
– Umphf.
Continuò a ridere ancora per almeno un paio di minuti, come una sciocca, ma quando finalmente riuscì a calmarsi, per la mora fu come se si fosse liberata di un grosso peso.
– Ehi, Kei – ne richiamò l'attenzione chiamandolo per nome, attendendo un paio di secondi prima di continuare – Credo che dovremmo fare squadra.
Spostando lo sguardo di nuovo a cercarlo, lo vide inarcare un sopracciglio e questo la spronò a dargli la spiegazione che probabilmente attendeva, continuando con tono una nuova serietà dovuta all'argomento trattato.
– Sto parlando della situazione in cui siamo finiti per colpa delle nostre famiglie.
A quella delucidazione il ragazzo in questione sollevò anche l'altro sopracciglio.
– Avremmo più possibilità se unissimo le nostre forze, non credi? – gli chiese in via retorica – In fin dei conti mi sembra che tutta questa storia non vada molto a genio a nessuno di noi due.
– Sicura di volerti opporre a tua madre? – le domandò lui con un sorrisetto strano in volto.
Lei raccolse i sottintesi che si celavano dietro quella domanda, ma si prese il suo tempo per riflettere sulla risposta seria che voleva dargli. Quando iniziò a parlare lo fece dopo un paio di secondi ma ponderò ogni parola prima di formularla sulle labbra, finendo in questo modo per rispondergli con un tono quieto e pieno di pause.
– Lei mi ha sempre detto che non ho buon gusto in fatto di uomini... e in fondo, credo che avesse ragione.. – permise alle proprie labbra di delinearsi in un leggero sorriso agrodolce – ..quanto sta accadendo ne è la prova lampante... per questo non posso permetterle di andare fino in fondo.
Perché la verità era che si stava innamorando, volente o nolente.
E l'oggetto di quell'acerbo sentimento era proprio il blader lì accanto.
Per questo non poteva permettersi il lusso di lasciarle fare quel che voleva, non questa volta: era pur sempre la sua vita.
– Va bene – acconsentì alla fine l'erede degli Hiwatari, tornando a osservare il cielo sopra di loro – Accetto la tua proposta.
Senti, ma ieri sera com'è finita? –
N-non ricordi..? –
Non so.. –
C-comunque mi hai seguita... –
Ah. E poi? –
E... e poi niente! N-non ti reggevi in piedi e allora ti ho riportato a casa. –
Ah. –
[ANGOLO AUTRICE]
Tah-dan! E siamo giunti al nono capitolo!
Inutile dire che la conclusione è ancora lontanuccia, vero? XD Molti di voi mi staranno odiando per il modo in cui sono andate le cose 'il mattino dopo' e spero che non ne siate rimasti troppo delusi. Tranquilli, arriverà il momento, a tempo debito. ^_*
Ve lo annuncio già da ora, questo capitolo sarà l'ultimo di questa serie di aggiornamenti "frenetici" perché per le prossime due settimane sarò un po' più oberata di lavoro (cose da fare) e quindi andrò un po' più a rilento. Almeno fino al 10 Settembre. Poi con un po' di fortuna e una bella spintarella dovrei riuscire a concludere più speditamente.
Un baciotto a chi volesse farmi sapere cosa ne pensa di questo mio nuovo input di follia!
Kaiyoko |
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Capitolo 10 *** Una barriera invisibile ***
10. Una barriera invisibile
Yukiko si guardò intorno.
Era tutto il giorno che esplorava la proprietà, a partire dall'interno della villa. Aveva scoperto un'ampia ala riservata alla servitù, ovviamente con la costernazione dei pochi domestici rimasti. Si era persino infilata in soffitta, un ambiente scuro e vuoto, fin troppo pulito per il suo ruolo da sottotetto, segno che i dipendenti della famiglia Hiwatari non tralasciassero nemmeno un angoletto quando si trattava di pulizie.
Eppure le era piaciuta quella parte della casa. Era costituita da un pavimento di assi di legno e lo spazio era delimitato regolarmente da travi di sostegno. L'unica fonte di luce naturale era una serie di finestre dall'intelaiatura a mezzo esagono che si aprivano su due lati dell'edificio. La mora si avvicinò ad una di quelle, aprendola e inspirando l'aria tiepida che spirava lieve a quell'altezza.
Si preannunciava una giornata calda, all'insegna del bel tempo, ma dopo un rapido sguardo all'orizzonte la nightblader si rese conto dell'avvicinarsi di un fronte di nubi grigio scuro.
– Entro stasera saranno qui – commentò fra sé e sé con una smorfia.
Abbassando lo sguardo sul paesaggio sottostante, notò per la prima volta le effettive dimensioni del terreno su cui era stata edificata quella villa in stile occidentale e spalancò gli occhi verdi, impressionata. Il giardino su cui affacciava quel lato della casa poteva essere definito come un vero e proprio parco, con alberi imponenti e sentieri ghiaiosi che serpeggiavano fra aiuole ben curate e prati tosati. C'era persino un laghetto le cui acque riflettevano l'azzurro intenso del cielo sopra le fronde più alte degli alberi. Ne notò uno in particolare, una grossa quercia dai rami ricolmi di foglie dai colori che variavano dal verde intenso all'arancio sbiadito, segno che l'autunno era realmente alle porte.
Seguendo l'impulso di andare ad esplorare anche quella parte, la mora richiuse la finestra alla quale si era affacciata e si affrettò a scendere la scaletta in legno che l'avrebbe portata al piano inferiore. Le erano sempre piaciute certe cose e dubitava di poter cambiare al riguardo: con un po' di fortuna aveva appena trovato un luogo diverso dalla sua stanza in cui poter passare parte delle sue giornate, giovando di una più intima tranquillità.
Un'improvvisa immagine le si affacciò alla mente, facendola incespicare proprio sugli ultimi gradini e rischiando di finire a faccia in giù sul pianerottolo. Mulinando le braccia alla cieca, riuscì ad evitare la rovinosa caduta soltanto grazie alla presenza del corrimano, al quale riuscì ad aggrapparsi all'ultimo secondo. Sospirò di spavento e di sollievo insieme soltanto quando riuscì ad appoggiarsi alla parete alla base di quelle scale, sollevando una mano al petto mentre inspirava ampie boccate d'aria, gli occhi strabuzzati nel vuoto.
– Oddio... me la sono vista brutta.
E la colpa era stata soltanto della sua stupida mente contorta.
Si diede un pugnetto sulla testa, imbarazzata e infastidita.
“Che cavolo mi viene in mente! Stupida, stupida, stupida!” inveì contro sé stessa, chiudendo strettamente gli occhi.
L'immagine che tanto l'aveva turbata era allo stesso tempo la cosa più innocente che potesse esistere: si era vista sotto quel bellissimo e imponente albero sulle rive dello specchio d'acqua in compagnia del dranzerblader col quale era finita a convivere, con il vento a scompigliare loro i capelli mentre se ne stavano in silenzio ad ammirare il panorama. Una scena alla quale mancava solo la classica cornice di cuoricini rosa.
“Che cazzo mi combini, stupido cervello!?”
Da quella maledetta sera non era più riuscita a togliersi il ragazzo dalla mente, cosa che le causava un altissimo livello di agitazione, specialmente quando questi era nei paraggi. Tutto normale se si considerava il modo in cui lui l'aveva baciata nel parcheggio di quel locale. L'unico motivo per cui non era cambiato nulla fra loro era che lo stesso blader aveva ammesso di non rammentare nulla, cosa che a lei effettivamente andava benissimo.
“La verità è che sei cotta a puntino” la sbeffeggiò la voce familiare di Night dall'interno del suo bey.
– N-non è vero – sbottò irritata la mora, imboccando la via per i piani inferiori. Scese velocemente le scale, spiccando una corsa che la fece quasi capitolare giù per l'ultima e maestosa rampa di scale.
Tuttavia la ragazza non si fermò, il cuore le batteva energicamente nel petto a quello sforzo fisico. La tensione le pervadeva ogni muscolo, mentre le gambe con rapide falcate bruciavano gli ultimi metri a separarla dalla porta che affacciava sul retro. Spalancandola, si immetté all'aria aperta con un senso di liberazione che durò poco, perché non si permise di soffermarvisi.
Non voleva pensare.
Non voleva ascoltare.
Aveva solo bisogno di correre.
E lo fece, con tutta la forza di cui era capace.
Kei si sedette sulla riva del laghetto, nei pressi di un vecchio gazebo mantenuto in ordine dalle cure dei giardinieri di suo padre, come il resto del terreno della sua famiglia.
Si aggiustò la sciarpa intorno al collo, mentre l'inconfondibile suono del beyblade che ruotava vorticosamente su sé stesso a un metro da lui si confondeva con il frusciare delle fronde degli alberi lì accanto. Ben più vicina era la proiezione della sua bitpower, che nella sua forma umana a lui ben nota, gli si spostò di fronte, rimanendo sospesa sul pelo dell'acqua e costringendolo a sollevare lo sguardo su di lei. Aveva lunghi capelli rosso fuoco, raccolti in una lunga treccia e occhi dorati, taglienti e fieri mentre lo osservavano. Dalla pelle ambrata, vestiva una tunica del color del sole ed i suoi piedi calzavano un paio di sandali alla schiava. Inoltre, tanto per mettere in chiaro la sua natura eterea, era avvolta da un caratteristico alone di luce che ricordava il bagliore delle fiamme.
“Non credi che il fatto che lei sia stata capace di risvegliare una parte importante di te sia qualcosa da non sottovalutare?”
Lui in risposta sbuffò, appoggiando un gomito al ginocchio sottostante e sostenendosi a quel modo il mento sul palmo.
– No – le rispose ostinatamente – Non vedo come potrebbe essere rilevante.
“Sei proprio testardo!”
– E tu sei un'impicciona.
“..e uno stronzo” concluse la bitpower. Kei se ne rimase in silenzio, ignorando l'ultimo insulto dell'amica ma limitandosi a deviar con lo sguardo sul pelo dell'acqua, finché la stessa Aquila non si concesse un sospiro “Allora, che cosa intendi fare ora?”
– Troverò un modo per annullare questa farsa del fidanzamento.
“E dopo continuerai a fingere di non provare nessun interesse per lei?”
– Non sto fingendo.
“Sai vero, che se continuerai a trattenerti, finirai per esplodere..?” insistette imperterrita.
– Qualcosa come l'attrazione fisica è fin troppo facile da dominare.
“Non alludevo all'attrazione fisica”
Kei le scoccò un'occhiataccia – Allora non capisco di cosa tu stia parlando.
“Mi riferisco ai tuoi sentimenti”
Lui quasi scoppiò a ridere – Quali sentimenti? È solo una ragazzina fuori di testa con una passione esagerata per il karaoke – affermò senza indugio, sfoggiando un sorrisetto di scherno. Certo, anche se in fin dei conti quella stessa ragazzina era parecchio intonata ed espressiva quando cantava.
“Ti ricordo che posso ascoltare i tuoi pensieri” lo riportò alla realtà l'Aquila, con un'espressione compiaciuta che lo colse in fallo.
– Tsk.
Seguì una lunga pausa di silenzio, infranta soltanto dallo stormire delle fronde degli alberi a poca distanza dietro di lui. Ne osservò l'effetto sulla superficie del laghetto, notando quelle lievi onde allargarsi e infrangersi sulle rive che lo delimitavano. Quando alla fine l'Aquila tornò a parlare, fu per donargli uno dei suoi saggi e spesso non richiesti consigli.
“Dovresti provare ad ascoltare meglio il tuo cuore.. fidati del tuo istinto, Hiwatari Kei. Quanti dei blader che hai incontrato in vita tua avevano mai dimostrato preoccupazione per un beyblade che non fosse il loro?” quella domanda lo spinse a chiudere gli occhi, come se questo potesse bastare a non pensare affatto alle implicazioni di quel discorso, ma la voce di lei lo raggiunse comunque “Ha come compagno l'Anka Bianco e la cosa non mi sorprende: è una ragazza dal cuore gentile eppure è esattamente come te..”
– Ed in cosa dovrebbe essere come me? – sbottò infastidito il dranzerblader, tornando a schiudere le palpebre per puntare un nuovo sguardo penetrante sull'amica – Lei non ha passato anni in quel maledetto monastero! Non è mai stata usata per degli scopi ignobili da un membro della sua stessa famiglia! Non venirmi a dire che è come me!!
Cos'era quella storia?
Le aveva sentite, le ultime parole del dranzerblader, portatele dal leggero venticello che increspava le acque del laghetto. Parole cariche di amarezza e risentimento, che le fecero salire il cuore in gola. Sollevò una mano per sfiorarsi quel punto, appoggiandosi al tronco dietro al quale aveva trovato riparo, tendendo le orecchie ed al contempo sentendosi una volgare spia. Non avrebbe voluto origliare, ma quando lo aveva visto in compagnia di quello che doveva essere il suo bitpower, non sapendo bene cosa l'avesse spinta a farlo, aveva preferito restare in disparte senza tuttavia allontanarsi.
– Che abbia imparato cosa significhi venire traditi da chi ti è vicino, non vuol dire niente. Anzi, meglio così, almeno avrà capito come funziona realmente il mondo.. – erano parole dure, insensibili, quelle che la voce del blader continuava a formulare e questo non fece altro che appesantire le gambe della diretta interessata – Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile.
“Nonostante le tue parole sei il primo a non volerla ferire” le risuonò in un angolo della mente la voce dell'Aquila, calda, avvolgente come un abbraccio.
– Tsk. Non ho alcuna intenzione di approfittare delle circostanze in cui ci hanno messo i nostri genitori solo per togliermi lo sfizio.
Di nuovo quell'orgoglio a mascherare la gentilezza di quell'unica affermazione. Inspirando prese coraggio e si sporse quel poco che bastava per scoccare uno sguardo verso il ragazzo in questione, trovandolo in piedi, sul punto di voltarsi. Tornò al riparo dell'albero giusto in tempo per non farsi scoprire e strinse le palpebre, sentendo la tensione dei propri muscoli raggiungere i massimi livelli.
“Come pensi di riuscire a proteggerla se non ti apri con lei?”
– Non ha bisogno di protezione, sa' badare a sé stessa.
“Come vuoi” concluse alla fine la bitpower.
Nel silenzio che seguì la mora colse soltanto il suono del proprio cuore, il quale ancora non si decideva a rallentare i battiti e le risuonava nelle orecchie quasi più forte del frusciare del vento, ma non del canto delle cicale.
Restò immobile ancora per una manciata di minuti, temendo di venir sorpresa da un momento all'altro dal freddo blader con cui aveva deciso di collaborare per uscire da quella situazione. Alla fine, quando ormai fu chiaro che non era ancora stata scoperta, Yukiko si concesse un'altra occhiata oltre il tronco del suo albero, constatando in questo modo che non vi fosse più traccia del dranzerblader.
Tirando un sospiro di sollievo abbandonò una volta per tutte quel riparo, accostandosi alla riva dello specchio d'acqua, nel medesimo punto in cui aveva sorpreso Kei fino a pochi minuti prima. Si lasciò sfuggire un sorriso amareggiato: a quanto pareva il blader sembrava deciso a non lasciarla avvicinare. Probabilmente, una volta che avessero sistemato la questione del matrimonio, sarebbero andati ognuno per la propria strada, come se niente di tutto ciò fosse mai accaduto.
“Non puoi fuggire da te stessa” le si rivolse Night, comparendole accanto.
Lo sapeva.
Ora lo sapeva.
La notte discese su villa Hiwatari, densa di nuvole cariche di pioggia. Quando il temporale iniziò a scatenarsi, i due blader erano profondamente addormentati in quello che era un sonno inquieto per entrambi.
Yukiko stava sognando.
Davanti a lei si estendeva un'alta parete a strapiombo al centro della quale si apriva una grotta. Come spinta da una forza di cui non comprendeva l'origine, la mora si fece avanti addentrandosi nel cuore della montagna. Seguì il percorso scavato nella roccia finché il buio intorno a lei non fu assoluto e giunse a dimenticarsi persino di quale fosse la propria forma.
Stava camminando, ma poteva esserne sicura? Aveva davvero delle gambe che la spingevano avanti? Poteva essere solo frutto della sua immaginazione, quella sensazione di continuare a muoversi. Poteva essere soltanto frutto della sua fantasia la mano che stava tendendo in avanti. In quell'oscurità assoluta, stava iniziando a perdersi, non ricordando più se stava procedendo in linea retta o se stava salendo o scendendo. Si fermò.
Stava per perdere sé stessa, ma quella consapevolezza non la allarmò. Invece si ritrovò a sorridere. Se avesse cessato di esistere, anche quello che provava sarebbe scomparso con lei. Anche i suoi sentimenti ancora incerti per Kei sarebbero scomparsi.
Fu questo a farla riscuotere.
Non poteva dimenticarsi di Kei, era semplicemente un'immagine troppo nitida nella sua anima per poter scomparire a quel modo. Ed era stata lei a permettergli di insinuarsi così in profondità nel suo cuore.
La lieve scintilla di calore che ne scaturì le si diffuse al centro del petto, sino a pervaderla lentamente ma inesorabilmente da capo a piedi, tornando a definire i suoi contorni in mezzo a quel buio assoluto. Aveva di nuovo gambe e braccia per andare avanti ed occhi per vedere dove stava andando. Sorrise e una luce più chiara comparve di fronte a lei. Soltanto a quel punto lo vide.
Era Kei, seduto nell'ombra, con il capo chinato verso il basso e i capelli argentei che gli offuscavano il volto.
Quando la ragazza tentò di raggiungerlo però, non ci riuscì, andando invece a impattare contro una barriera invisibile che soltanto poi si materializzò sotto forma di una spessa lastra di vetro. Posandovi una mano contro la ragazza la scoprì gelida.
Provò a cercare di chiamarlo ma la sua voce non prendeva forma nello spazio oscuro che li separava: era come se le corde vocali non avessero intenzione di funzionare. E poi i suoi occhi le videro, quelle forme d'ombra, lambire i contorni del blader, iniziando pian piano ad avvilupparlo.
Stava per scomparire. Stava per perdersi in quelle tenebre assolute.
Yukiko si sentì prendere dal panico. Kei non poteva scomparire così, non doveva farsi vincere da quel buio assoluto. Tentò di nuovo di chiamarlo, questa volta dando sfogo a tutto il fiato che aveva, ma non ottenne alcun effetto, alcuna reazione. Iniziò a picchiare i pugni sul vetro che la divideva da lui ma era talmente spesso che non vibrò nemmeno.
– Kei! Apri gli occhi! Kei, guardami! Sono io!
Il ragazzo che aveva di fronte non si mosse, la sua sagoma talmente tetra che presto anche l'argento dei suoi capelli sarebbe scomparso. Quel pensiero la riempì di una disperazione talmente tagliente che si sentì lacerare in due e lacrime fredde come la neve le scivolarono sulle guance.
– Ti prego Kei.. – singhiozzò la nightblader, chinando il capo – Ti prego, guardami.. sono qui, Kei..
Non poteva scomparire.
– Qualunque cosa ti abbiano fatto – aveva la voce talmente incrinata che le sembrò di sentir stridere le proprie corde vocali per lo sforzo – ormai non c'è più... non c'è più, è passato... ci sono io adesso, Kei. Ci sono io con te, adesso!
Non poteva lasciarlo solo in quel posto. Non lo avrebbe permesso.
– KEEII!! – urlò con tutto il fiato che aveva in gola, lasciandosi vincere dai suoi stessi sentimenti.
E come a non voler tradire quell'ultima flebile speranza, il vetro si infranse in mille schegge.
Era buio ma a lui non interessava.
Si sentiva infinitamente calmo in quell'oscurità assoluta.
Non gli importava di non riuscire a vedere niente, non gli importava di non sentire alcun suono né di non percepire alcuna presenza. Stava iniziando a perdere la percezione persino di sé stesso. Era come se stesse fluttuando in un universo completamente vuoto, dove nulla avrebbe potuto raggiungerlo, in quel nulla assoluto.
Un riverbero si diffuse come le increspature d'acqua create da una singola goccia, caduta senza far rumore in quel mare nero. Quelle onde circolari si allargarono, attenuandosi sino a sfiorarlo appena, ma quando ciò accadde egli sollevò lo sguardo alla ricerca della fonte di quel mutamento.
L'eco di una voce e all'improvviso nacque in quell'oscurità una piccola stella, così flebile e candida da fargli credere che sarebbe presto stata di nuovo inghiottita dalle tenebre. Quella consapevolezza accese qualcosa dentro di lui: non voleva che quella luce scomparisse.
Non voleva tornare in quella fredda oscurità.
Bastò questo suo desiderio.
L'istante successivo il suono di vetri infranti si diffuse nell'ambiente, in risposta ad una serie di crepe che si aprirono come una fitta ragnatela tutto intorno a lui, lasciando entrare prepotentemente una luce tanto bianca quanto calda. Ed in quella stessa luce distinse la sagoma di una ragazza, protesa verso di lui a tendergli una mano, le labbra schiuse a chiamare il suo nome. Era Yukiko.
Assalito dal bisogno di stringere quella mano, il dranzerblader seguì il proprio istinto e si allungò verso di lei, finché non riuscì a sfiorarla con la punta delle dita. Poi, ogni cosa di quello scenario scomparve, inghiottito da nuove tenebre.
Kei spalancò gli occhi sul soffitto della sua stanza, il cui color bianco era a malapena rivelato dal riquadro più chiaro che definiva i contorni della finestra poco distante. All'esterno era notte fonda, il temporale si stava quietando ma il rumore della pioggia era ancora deciso in quel suo rintocco costante contro le vetrate.
Il sibilo del vento non riusciva a superare il suono del suo stesso respiro, affannoso dopo quell'incubo di cui rammentava sin troppo bene i particolari. Impiegò diversi minuti a calmarsi e anche quando riuscì a regolarizzare il respiro, nelle orecchie risuonava ancora la voce della ragazza che era riuscita a infrangere le barriere della sua anima, mentre invocava il suo nome.
Per questo impiegò diverso tempo prima di riuscire a riaddormentarsi, completamente ignaro del riverbero di luce che andava spegnendosi all'interno del cassetto del suo comodino, nel quale prima di stendersi a dormire aveva riposto Dranzer.
[ANGOLO AUTRICE]
Come sono contenta! Il numero di lettori è aumentato e non posso che esserne entusiasta, nonostante non siate in molti a lasciarmi una recensione lo apprezzo lo stesso, perché vuol dire che questa fic non è così male :D inoltre a grande richiesta ho finalmente aggiornato e spero che ne sia valsa la pena (per voi intendo.. muhahahaha).
Siamo a un punto decisivo della nostra storia! Che cosa significherà quello strano sogno? Bho.
XD Lo scoprirete più avanti, come al solito! Intanto, augurandomi che anche questo capitolo sia piaciuto, vi saluto. Aggiornerò a occhio e croce mercoledì se le cose andranno bene, altrimenti dovrete aspettare il prossimo weekend purtroppo (speriamo di noooo x°D). Nel frattempo vi saluto e vi auguro una buonissima domenica e un discreto inizio settimana!
Ciau ciau <3
Kaiyoko |
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Capitolo 11 *** Lavoro di squadra ***
11. Lavoro di squadra
Erano trascorse dodici ore da quando
Yukiko si era svegliata madida di sudore nel proprio letto.
Sorprendentemente Kei quel mattino le
aveva rivolto la parola a colazione, anche se soltanto per iniziare a
parlare di cosa fare riguardo i loro genitori e la situazione in cui
li avevano cacciati, concordando con lei sulla necessità di
informarsi sullo stato attuale delle cose.
La mora aveva chiamato sua madre per
informarsi sulla conclusione dell'affare in cui erano invischiate le
rispettive aziende ed aveva scoperto che avevano ancora un po' di
tempo. I due ragazzi ne stavano discutendo in quell'istante proprio
nella stanza di lei, seduti sul pavimento.
– Dobbiamo farci venire subito in
mente qualcosa – stava dicendo la nightblader, che dava segni di
nervosismo.
Al contrario di lei, il dranzerblader
riusciva a dare prova del suo perfetto autocontrollo anche in quel
momento delicato, sfoggiando la sua solita indifferenza. Difatti non
le rispose, limitandosi a riflettere attentamente, chiuso nel proprio
silenzio. All'esterno il sole aveva già percorso 2/3 della parabola
che tracciava ogni giorno nel cielo, cosa che in pratica voleva dire
che erano circa le 3 del pomeriggio.
– Ci sarà pure qualcosa che possa
convincere tuo padre a non voler rilevare la nostra azienda! –
sbottò all'improvviso Yukiko, fissandolo con ostinazione.
Lui di rimando le lanciò un'occhiata
di sufficienza.
– Non credi che se ci fosse
quest'eventualità non ci troveremmo in questa situazione?
– Sì, però...
– Per quanto mi riguarda non mi
interessa affatto che la vostra società venga o meno rilevata, il
vero problema è la condizione imposta da tua madre – lo disse con
assoluta freddezza, senza peli sulla lingua, cosa che sembrò quasi
scandalizzare la sua interlocutrice.
– Che.. che freddo..
– Umphf – sbuffò lui di rimando,
fregandosene altamente.
Seguì una nuova pausa di silenzio che
durò diversi minuti, durante i quali il blader questa volta si
distrasse a guardarsi attorno. Non aveva mai prestato troppa
attenzione all'interno della stanza di una ragazza, ma era abbastanza
incuriosito dagli effetti personali della giovane Natsuki. L'ambiente
difatti non era particolarmente disordinato: il letto era fatto, la
porta-finestra spalancata a far entrare un po' d'aria a smuovere le
tende e le carte poste sulla scrivania. Sugli scaffali accanto al
televisore erano stati disposti alcuni libri, una serie di CD e DVD e
quello che sembrava un piccolo stereo, di quelli portatili provvisti
di.. sì, eccolo lì, il microfono abbinato. Inarcò un sopracciglio,
giusto un istante, prima di darsi la pena di far sparire
quell'accenno di stupore dal proprio viso, giusto in tempo per
evitare che la moretta lo notasse.
– Ehi Kei.. – lo richiamò,
inducendolo a sollevar gli occhi scuri sul suo volto serio – ..che
intenzioni hai riguardo la società di tuo padre? Sei tu a volergli
succedere o è quel che vuole lui?
La domanda lo lasciò un momento
spiazzato. Riflettendo sulla domanda, gli salì il familiare quanto
intenso senso di contrarietà che ormai provava ogni volta che si
soffermava a pensarci.
– Fosse per me non ci penserei due
volte a mollare tutto – affermò incrociando ambo le braccia sul
petto, abbassando leggermente il capo. Eppure non poteva limitarsi a
quello come risposta, nemmeno con sé stesso, così si prese la briga
di rifletterci più attentamente di quanto non avesse fatto in
precedenza, aggiungendo – ..ma nel corso degli anni sono cambiate
molte cose. L'impero costruito da mio nonno ha subito un cambiamento
radicale dopo la sua morte e mio padre, per riscattare il buon nome
della nostra famiglia, ha messo mano alle questioni burocratiche e
finanziarie della società attuando cambiamenti che hanno modificato
profondamente l'azienda – era stato difficile per suo padre, dopo
aver saputo degli affari loschi del vecchio capofamiglia, accettare
quanto scoperto e rimediare, ma in qualche modo c'era riuscito, cosa
che se non altro gli faceva meritare un minimo di considerazione da
parte del dranzerblader. Sbuffò dal naso, concludendo – Alla fine
non posso lasciare semplicemente che tutti i suoi sforzi vadano in
fumo.
– Molto maturo e responsabile da
parte tua, principino.
Una vena gli comparve pulsante fra i
capelli d'argento e scoccò un'occhiataccia alla ragazza che gli
sedeva di fronte, già pronto a fulminarla, quando si accorse che
quell'ironia che ne aveva caratterizzato il tono era soltanto un modo
per sdrammatizzare. Sul suo viso aveva un delicato sorriso e il suo
sguardo di smeraldo era puntato verso il pavimento, come se si
sentisse a disagio. Così il dranzerblader deviò il proprio, deciso
più che mai a far finta di niente. Il silenzio che seguì venne
presto riempito nuovamente dalla voce di lei che, sommessa, prese a
parlare.
– Da quando mio padre è scomparso è
stata mia madre a prendersi cura della N.C. Ricordo ancora
l'appartamento in cui vivevamo quand'ero una bambina – la sentì
ridere, ma era un suono velato di nostalgia, cosa che lo indusse a
far scivolare nuovamente lo sguardo su di lei – ..all'epoca non
avevamo molti soldi, l'azienda era molto piccola e noi dovevamo
arrangiarci come potevamo, ma non era male. Soltanto da due anni a
questa parte gli affari sono andati così bene da poterci permettere
una casa più grande e tutta una serie di comfort di cui prima non
sapevo nemmeno potessimo aver bisogno. E tutto questo è nato
dall'impegno che mamma ha messo nel non voler far scomparire il
ricordo di mio padre – sulle labbra le nacque un debole sorriso –
Ancora oggi utilizziamo la stessa macchina di allora e continueremo a
farlo finché probabilmente non cadrà a pezzi... ma va bene così,
per quanto mi riguarda, mi aiuta a ricordare da dove siamo partite.
Ho sempre saputo che un giorno avrei preso il suo posto e mi sarei
occupata io stessa degli affari della nostra famiglia e l'idea non mi
aveva mai infastidita. Ai miei occhi mia madre era la persona più
forte e affidabile del mondo e ho sempre sperato di poter essere come
lei.. – l'atmosfera delicata che si era creata, nata dai sentimenti
che le parole della mora trasmettevano, venne incrinata dalla piega
che prese il suo breve monologo, mentre la voce di lei si faceva meno
morbida e molto più tagliente, inquietante quanto il sorriso che le
si formò a contrarle il volto in una smorfia di furore represso –
..ma quella maledetta ha osato stravolgere ogni cosa. Me la pagherà
per avermi incastrata in questa cosa, non le permetterò di buttare
la mia vita alle ortiche.
Il cambiamento improvviso e l'aspetto
quasi demoniaco d'ella fecero suo malgrado correre un brivido gelido
lungo la schiena di Kei, che si ritrovò con la bocca talmente secca
da non riuscire nemmeno a deglutire. Quasi sussultò, quasi,
nel momento in cui l'erede dei Natsuki si alzò di scatto in piedi,
dirigendosi verso la sua scrivania.
– Dobbiamo fare delle ricerche e
raccogliere dati – annunciò quella con decisione, degnandolo di
metterlo a conoscenza di ciò che le passava per la testa. Lui per
contro non si mosse ma attese che continuasse da sé, cosa che fece
dopo essersi messa a sedere sul letto e aver acceso il suo notebook –
L'unica possibilità che abbiamo per convincere i nostri genitori a
ripensarci è metterli di fronte agli svantaggi che porterà
quest'unione – mentre parlava sembrava caricarsi di nuova
determinazione, la quale le si rifletté negli occhi verdi puntati
sul monitor – ..e per farlo abbiamo bisogno di informazioni e di
far leva sui timori delle rispettive parti – alzò di scatto il
capo, fissandolo – Tu ti occuperai della Hiwatari, mentre io della
Natsuki. Una volta raccolte abbastanza informazioni e preparato un
discorso, indiremo un incontro delle due presidenze e daremo il via
a una riunione ufficiale. Non potranno ignorarci.
Il povero dranzerblader si rimise in
piedi, curandosi di non lasciar trasparire una sola emozione mentre
ripassava brevemente la strategia messa in piedi dalla mora. Soltanto
una volta che fu nuovamente in piedi si concesse di risponderle.
– Direi che è un buon piano –
concesse alla fine – ma non abbiamo molto tempo.
– Allora direi di metterci in moto
sin da subito – esordì lei, digitando qualcosa sulla tastiera –
..contatterò l'ufficio d'amministrazione della N.C. e mi farò
mandare per e-mail tutti i dati riguardanti l'andamento dell'azienda
negli ultimi anni e li metterò a confronto con la situazione
economica del paese.
– Avrai bisogno anche di un bilancio
delle azioni sul mercato. Di questo me ne posso occupare io.
– Perfetto. Ah, recupera anche i dati
sulle recenti attività finanziarie della vostra organizzazione.
Kei annuì, avviandosi verso la
porticina che collegava direttamente le due stanze contigue. Non era
una cattiva idea in fin dei conti quella di indagare sugli affari
delle due società: prima o poi avrebbero dovuto occuparsene
direttamente, perciò non sarebbe stato strano che si informassero e
seguissero gli affari di famiglia già in via preventiva. Inoltre, se
potevano scoprire qualcosa che avrebbe poi fornito loro un vantaggio,
perché no?
Quando il giorno fatidico arrivò, li
trovò nervosi ma decisi, con la documentazione pronta per essere
esposta ai destinatari di quell'evento.
– Kei, sei pronto? Dobbiamo andare,
non abbiamo più tempo! – la nightblader, preda dell'agitazione,
non si curò nemmeno di bussare ma fece irruzione nella stanza del
ragazzo con la cartellina sottobraccio – L'elicottero sta
aspettando!
Trovò il dranzerblader fermo di fronte
allo specchio con un'espressione strana in viso, quasi una smorfia,
mentre cercava di annodarsi la cravatta.
– Sei sicura che conciato così
avremo più possibilità di convincerli? – le chiese lui,
seccamente, senza nemmeno guardarla. Subito dopo con uno strattone
sciolse l'intreccio che gli stava venendo fuori, che era tutto meno
che il nodo di una cravatta.
Yukiko si lasciò sfuggire un sorriso e
uno sbuffo divertito a quella scena e gli si avvicinò con poche e
rapide falcate, i tacchi delle scarpe che rintoccavano sul pavimento
ad ogni passo.
– Fidati. Bisogna dare una buona
impressione di sé se si vuole essere presi sul serio.. il mondo
degli affari si basa principalmente sulle apparenze – gli disse
lei, fermandoglisi di fronte – Su, fammi vedere, faccio io.
Kei sbuffò ma ruotò appena su sé
stesso, permettendole di armeggiare con la stoffa scura della
cravatta. Si era vestito in maniera formale, con camicia bianca e
completo grigio piombo, spronato dalle rassicurazioni della mora a
dimostrare a suo padre che poteva essere un uomo affidabile e serio,
se non altro quando si parlava di affari di famiglia. Era stato
questo a convincerlo, ma già sembrava dell'idea di lasciar perdere,
cosa che suscitò nella nightblader un mezzo sorriso divertito.
– Com'è che sai come si annodano
'ste trappole?
– Ne ho anche io un paio da qualche
parte, nel mio vecchio armadio – le rispose lei, cercando di
terminare in fretta il suo operato. Così vicina poteva facilmente
captare l'odore del suo dopobarba e percepì le proprie gote iniziare
a tingersi di un primo rossore, cosa che la fece deglutire. Tentò di
ignorare il fatto che stesse allacciando la cravatta ad un ragazzo e
spazzò via con un imbarazzato fastidio l'ideale impressione di sé
stessa come una di quelle mogliettine stucchevolmente amorevoli che
passavano alla televisione. Fino a quel momento la compagnia del
blader era stata quasi una costante, mentre entrambi lavoravano a
stretto contatto al progetto comune, che era per l'appunto evitare
che lei finisse proprio in un ruolo del genere. Finalmente riuscì a
stringere l'ultimo giro della cravatta e, dopo aver stretto il nodo
con attenzione affinché il tessuto non si sgualcisse, glielo
posizionò sotto il colletto della camicia – Fatto.
Si affrettò a fare un passo indietro,
dando uno sguardo sommario al suo “compagno di squadra”,
inspirando nuova aria fresca prima di constatare che, comunque,
faceva la sua figura persino in quegli abiti.
– Possiamo andare – voltò
letteralmente sui tacchi, recuperando la cartellina che aveva
appoggiato da parte per aiutare il dranzerblader e avviandosi quindi
verso la porta. Lei dal canto suo si era scelta una camicia bianca a
sua volta, con maniche lunghe e piccole arricciature sulle spalle e
dietro la schiena, che ben si infilava sotto una gonna blu scuro a
tubino che le arrivava appena sopra le ginocchia, con un piccolo
spacco laterale sul lato sinistro. A coronare il tutto, scarpe con un
tacco non più alto di 6 cm e uno chignon in cui aveva raccolto i
propri capelli in modo da non far risaltare le punte colorate.
Non avrebbe potuto pretendere tanto
dall'altro se non si fosse data la pena di fare la stessa cosa.
Uscirono entrambi in corridoio,
dirigendosi con decisione verso le scale che li avrebbero condotti
sul retro della casa, nello spiazzo nel quale era atterrato già da
alcuni minuti il loro mezzo di trasporto.
Li avrebbero fatti desistere. Non
potevano fallire.
La riunione si stava tenendo
all'interno della residenza estiva degli Hiwatari, come la definiva
suo padre. Era una palazzina di tre piani che affacciava sulla baia,
in una delle più belle località turistiche del Giappone. Ad
attenderli sul tetto avevano trovato l'immancabile e servizievole
William, che poi li aveva condotti dabbasso, in un salotto arredato
in stile moderno, provvisto di sedie in pelle nera ed un lucido
tavolo bianco. Avevano avuto anche a disposizione un enorme
televisore per illustrare la loro presentazione ed ora, entrambi i
ragazzi, erano costretti ad attendere in piedi fuori dalla porta.
Kei si era allentato la cravatta,
cercando in quel modo di allentare anche la propria tensione in
quell'attesa snervante. Avevano fatto del loro meglio, avevano
attinto persino dalle loro conoscenze personali sulle rispettive
aziende per dare spessore al loro discorso, perciò non potevano non
aver lasciato il segno. Eppure il dranzerblader non riusciva a
smettere di sudare, sebbene se ne stesse con la sua espressione più
seria e indifferente appoggiato al muro che delimitava il corridoio.
Quando finalmente vennero richiamati
dentro, la mora gli fece segno di rimettersi a posto quella trappola
intorno al collo e lui strinse nuovamente il nodo, prima di seguirla.
La linea delle sue spalle tradiva un moto di agitazione che si
rifletteva anche nella posa delle braccia, ritte lungo i fianchi,
mentre lo anticipava di qualche passo. Non poteva biasimarla: l'idea
era stata sua e si era data molto da fare, sia per quanto riguardava
l'elaborazione delle informazioni raccolte, sia l'esposizione.
Nemmeno lui si era sentito troppo tranquillo quando era arrivato il
suo turno di affrontare lo sguardo critico ed enigmatico del padre.
Ed ora il momento della verità era
arrivato.
– Abbiamo raggiunto un nuovo
accordo.. – la prima a intercedere fu la signora Natsuki, alla
quale succedette l'uomo che le sedeva accanto.
– Tutto ciò che ci avete illustrato
era già stato preso in considerazione e accuratamente soppesato da
entrambi – il tono freddo e deciso del signor Hiwatari smorzò
quasi totalmente ogni loro speranza e Kei si ritrovò a corto di
fiato – ..pertanto non ritirerò la mia offerta per la N.C.
Il gelo calò sulla stanza.
– Tuttavia – esordì di nuovo la
donna, sfoggiando un debole sorriso – ..abbiamo convenuto di
rimandare la conclusione dell'accordo, ma ad una condizione –
l'inflessibilità di quelle parole si trasmise sia dal suo tono di
voce, sia dallo sguardo, che a turno si posò sui due blader – Tu,
Yukiko, dovrai seguire un corso di formazione professionale da
manager aziendale presso la Hiwatari ed inizierai uno stage della
durata di un anno alla N.C.
– Mentre tu, Kei – si introdusse
suo padre – presiederai ad ogni riunione della Hiwatari da ora in
avanti ed affiancherai la giovane Natsuki presso il suo stage
formativo – a quella notizia il dranzerblader inarcò un
sopracciglio, preso totalmente alla sprovvista – Sarai sotto la
diretta supervisione della signora Natsuki qui presente ed una volta
terminato, mi affiancherai attivamente nella gestione degli affari di
famiglia.
– Al termine di questo periodo
rivaluteremo la questione alla luce della nuova situazione economica
– aggiunse la madre di Yukiko, intrecciando ambo le mani di fronte
a sé, sul tavolo – ..se davvero credete di poter gestire le
rispettive aziende separatamente, dovrete dimostrarlo entro la fine
del prossimo anno.
Ce l'avevano fatta: erano riusciti a
farsi ascoltare ed avevano guadagnato abbastanza tempo per ribaltare
la situazione. Yukiko tuttavia non era convinta: non erano riusciti a
far loro cambiare idea, nonostante tutto, ma era anche vero che
quell'assurda e pericolosa convivenza stava per giungere al
termine, senza dubbio con il sollievo del dranzerblader.
– Questo significa che posso tornare
a casa con te?
Le sue speranze vennero stroncate sul
nascere, evaporate come neve al sole, dalla risata che scaturì dalle
labbra di quella che avrebbe dovuto essere sua madre.
– Uhuhuh.. ma no cara, perché
dovresti? Dopo tutta la fatica che ho fatto per farti avere le tue
cose..
– Non c'è ragione perché tu non
rimanga da noi, tanto più che pare proprio che la tua influenza
abbia giovato a mio figlio! Dopo oggi sono ancor più convinto che
saresti la mia nuora ideale! – si unì il padre di Kei, terminando
a sua volta in una risata contenuta.
– Come..? – la nightblader assunse
ogni colore possibile. Non poteva credere alle proprie orecchie e si
ritrovò ad appoggiarsi ad una sedia per evitare di cadere, le
ginocchia improvvisamente deboli.
Nemmeno il dranzerblader rimase
imperturbabile alla notizia, spalancando gli occhi scuri e rimanendo
immobile come una statua, talmente rigido che si sarebbe ipotizzato
potesse andare in pezzi al minimo tocco.
– Be', cara Natsuki, direi che la
questione è risolta – continuò il signor Hiwatari in direzione
della presidentessa della N.C. – ..propongo di pranzare tutti
insieme e poi, se vuole, posso accompagnarla a visitare le splendide
spiagge di cui vanta questo tratto di costa!
– Che splendida idea! Yuki-chan,
perché non vieni anche tu? Yuki-chan..?
Inutile, ormai Yukiko captava la voce
di sua madre come un eco lontano, un sussurro sbiadito, perso in quel
mare di incredulità che le aveva isolato ed annebbiato la sfera
cognitiva.
Nella mente una sola frase: “Non è
possibile!”
E nell'aria risuonò un rintocco
funebre.
[ANGOLO AUTRICE]
Eccomi qui! Come promesso vi regalo un nuovo capitoletto <3 contenti?
Mi spiace solo che questo stia più un capitoletto di transizione che altro, ma spero vi siate comunque divertiti a leggerlo *_* fra poco si entra nel vivo! Sono emozionatissima, voi no?? Be' certo, se la piccola Yuki riuscisse a sopravvivere agli shock a cui va incontro piuttosto spesso ne vedrete delle belle. Vi anticipo che mi sono rivista qualche puntata di Beyblade (mamma mia non mi ricordavo praticamente più nulla!! Quanti anni dall'ultima volta che avevo fangirlato sull'originale Kei Hiwatari e il suo favoloso sorrisetto saccente!) e che mi sono lasciata ispirare anche da quelle nella mia raccolta di informazioni. Raccolta per cosa? Ah, lo vedrete. Per ora non aggiungo altro perché vi saluto e vi preannuncio che il prossimo aggiornamento lo vedrete fra sabato e domenica. Purtroppo non posso prima, starò via qualche giorno (Ah, così te ne vai in vacanza! nd Kei -.-) Ahaha sì esatto mi hai beccata. Vacanza-studio! Buon resto della settimana a tutti voi!!
Angolo ringraziamenti:
Prima di lasciarvi ringrazio pubblicamente Silmeria e Keyra per continuare a deliziarmi delle loro recensioni <3 vi lovvo e scusate se questa volta non vi ho risposto singolarmente ma ne approfitto in questo angoletto per dirvi che non posso che essere contenta del fatto che il precedente capitolo vi sia piaciuto così tanto! Mi ci sono messa d'impegno u.u
Detto ciò, un bacione a tutteH!
Kaiyoko |
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Capitolo 12 *** Te l'avevo detto ***
12. Te l'avevo detto
Kei sollevò lo sguardo sulla luna, il
cui disco d'argento in tutto il suo pieno splendore, rischiarava
quella notte serena, accendendo di riverberi la spuma delle onde che
andavano a infrangersi ritmicamente lungo il bagnasciuga.
In piedi sulla sabbia il blader afferrò
al volo Dranzer, prima di ruotare il polso e poterne scrutare il bit
al centro. L'Aquila Rossa non gli aveva più parlato da quel giorno
presso le sponde del laghetto della villa Hiwatari e lui non poteva
che sentirsi ancor più confuso e indispettito. Avrebbe avuto bisogno
di sfogare parte del proprio stato d'animo con quella che era sempre
stata per lui una buona amica, per avere un confronto se non per
ascoltarla coscienziosamente, cosa che gli capitava di rado. Col
pensiero tornò alla conclusione della riunione di quel pomeriggio.
[Flashback]
– Il vostro stage avrà inizio i
primi di novembre. Avete quasi due mesi per decidere se valga la pena
sottostare a queste condizioni, ma tenete presente che anche se uno
solo di voi due non dovesse arrivare fino in fondo a quanto vi state
entrambi prefissando, allora sia io che il presidente Hiwatari
concluderemo l'accordo originale – affermò senza batter ciglio la
signora Natsuki.
Lui, vedendo che la sua compagna di
squadra non accennava a riprendersi abbastanza dal dare una risposta,
lo fece per entrambi e annuì a quelle condizioni. Il signor Hiwatari
sfoggiò uno dei suoi sorrisi soddisfatti, prima di congedarli
entrambi.
– Allora questa riunione è
ufficialmente conclusa. Resterete per la notte mi auguro – aveva
detto sollevandosi in piedi con quella sua cortese affabilità che
utilizzava quando gli affari si concludevano per il meglio – Vi ho
fatto preparare due stanze e sui vostri letti troverete degli abiti
più adatti.
Con una smorfia il dranzerblader si
infilò la trottola in una delle due tasche dei suoi pantaloni scuri.
Se non altro suo padre gli aveva procurato una semplice maglietta a
maniche corte rossa ed un paio di jeans lunghi sino al ginocchio. Era
anche riuscito a trovare un paio di scarpe da ginnastica, cosa che
gli aveva fatto esternare pur non volendo un sospiro di sollievo. Nel
complesso quell'abbigliamento non era proprio di suo gradimento, ma
sempre meglio di camicia e cravatta.
Era parecchio tempo che ormai se ne
stava sul litorale a far vagare i propri pensieri.
Aveva ripercorso mentalmente l'ultimo
periodo, sin da quando si era ritrovato a presenziare alla riunione
che era stata l'evento scatenante di ciò che poi era seguito. Era
passato da un rifiuto totale verso la mora, all'accettazione di una
collaborazione con lei per tentare di riprendere in mano il loro
rispettivo futuro, cosa che era servita ma solo fino ad un certo
punto. Non lo aveva liberato della presenza di lei, lo aveva solo
impegnato a darsi da fare per succedere a suo padre, cosa che fino a
quel momento aveva cercato di rimandare il più possibile. Anche se,
dovette ammettere, almeno entrambi i presidenti delle due aziende
avevano accantonato l'idea di un matrimonio, almeno per il momento.
Si sorprese nel constatare che, nel
momento in cui era stato detto loro che la mora sarebbe rimasta alla
villa, lui non avesse provato un netto rifiuto per quell'eventualità.
Inarcò un sopracciglio, lasciando spaziare lo sguardo
sull'orizzonte, il confine fra mare e cielo immerso nell'oscurità
della notte ed appena distinguibile ad occhio nudo.
Da quando aveva fatto quel sogno, era
cambiato qualcosa.
Da quando l'aveva sognata tendergli
quella mano, lui aveva smesso di considerarla una presenza scomoda e
non aveva più tentato di evitarla. Si era mosso semplicemente come
avrebbe fatto altrimenti in casa propria. No, non era vero. Non si
era mai trovato prima così a proprio agio fra quelle mura come
invece gli era successo negli ultimi giorni.
Si voltò di mezzo giro, lanciando
un'occhiata alla sagoma scura della loro residenza estiva, passando
con lo sguardo su ognuna delle finestre e vetrate che, alcune
illuminate e altre no, si affacciavano sulla spiaggia dove lui si
trovava in quel momento.
Che fosse dipeso... da lei?
Quella domanda rimase in sospeso perché
il suo eco si perse nel costante sciabordio delle onde del mare. Una
parte di lui rifiutava di darsi una risposta e decidendo di lasciar
perdere i propri futili ragionamenti si mosse, incamminandosi verso
il pontile che si protendeva basso verso la distesa d'acqua e al
quale portava un sentiero che si inerpicava verso l'interno della
terra ferma, facendosi strada fra la vegetazione. Fu a quel punto che
colse con la coda dell'occhio una debole luminescenza muoversi lungo
quello stesso sentiero e per un attimo gli parve di scorgere, prima
che scomparisse dietro le fronde di un albero, la sagoma di un
ragazzo vestito di bianco.
Yukiko procedette lungo il sentiero
ghiaioso finché non giunse in cima alla collinetta che le aveva
indicato quel pomeriggio sua madre come un grazioso posticino per
coppiette. In fin dei conti dovette ammettere che era vero: la
vegetazione si schiudeva intorno a lei per permetterle una visuale
terribilmente romantica dell'oceano. V'era a malapena un muretto di
ciottoli ad impedire ai visitatori di rischiare di scivolare giù per
la scarpata e finire sulla sabbia della spiaggia sottostante e lei vi
si avvicinò, lasciando spaziare il proprio sguardo sull'orizzonte.
La leggera brezza le scompigliò i capelli, insinuandosi sotto la
candida stoffa del vestitino che aveva trovato nella stanza che le
avevano preparato per quella notte. Era un abito senza maniche, con
scollo squadrato e una serie di arricciature che ammorbidivano la
parte che le avvolgeva il busto, all'altezza del seno. Sotto di
questo infatti la stoffa di un tenue azzurro chiaro pendeva a seguire
vagamente la linea dei fianchi, prima di allargarsi in una serie di
pieghe a formare una gonna che non le arrivava nemmeno alle
ginocchia.
Rabbrividì nell'avvertire un soffio
gelido risalirle la spina dorsale.
Si sentiva combattuta e, dentro di sé,
sapeva che il motivo di quanto stava provando era dovuto al ragazzo
con cui aveva avuto a che fare negli ultimi tempi. Sin da quando
aveva fatto quel sogno allarmante, era cambiato qualcosa fra loro.
Ormai non riusciva più a vederlo solo come il ragazzo freddo ed
enigmatico con cui doveva aver a che fare, l'ex campione mondiale di
Beyblade. Dentro di sé sapeva di covare nei suoi confronti un
desiderio di conoscerlo molto più a fondo di così. L'aver poi
iniziato quella collaborazione per far fronte ai loro rispettivi
genitori aveva dato modo ad entrambi di trascorrere molto tempo delle
loro giornate a confrontarsi, cosa che le aveva permesso di osservare
con più attenzione il modo di fare del dranzerblader.
Si sentiva una stupida.
La verità era che non era più stata
la stessa cosa per lei sin da quella maledetta notte in quel
parcheggio, una notte di cui il ragazzo tuttavia non sembrava aver
conservato il ricordo. Sospirò. Quel giorno non avevano ottenuto il
risultato sperato. Certo, avevano guadagnato del tempo e l'occasione
che aspettavano per poter prendere in mano la situazione, ma lei era
ben consapevole che il motivo principale che aveva indotto il blader
a prestarsi a tutto quello era la speranza che lei potesse tornarsene
a casa sua.
Non riusciva a non sentirsi in colpa
per come stavano andando le cose. Un senso di colpa che, in minima
parte, era dovuto al fatto che in realtà non le dispiaceva così
tanto l'annuncio del proseguimento di quella convivenza. L'unica nota
positiva era che, almeno, non avrebbe dovuto iscriversi
all'università.
“Dovresti essere contenta”
la voce di Night le fece rendere conto della leggera luminescenza che
egli stesso sprigionava, fermo alla sua destra. Lei non lo guardò
direttamente ma si lasciò sfuggire un sospiro.
– Come posso essere contenta? Abbiamo
fallito. Io ho fallito – si corresse amaramente – Non sono stata
capace di convincere mia madre a lasciar perdere questa sua follia.
Il bitpower in forma umana si mosse,
scivolandole di fronte in una posa a gambe conserte che gli permise
di appoggiare un gomito su un ginocchio nel rivolgerle un morbido
sorriso “Non dovresti essere così delusa da te stessa per una
cosa del genere”
– E come faccio? Anche lui lo sarà
sicuramente di me – sbottò a quel punto la giovane Natsuki,
abbassando lo sguardo un'altra volta nell'alludere al dranzerblader –
Tutto inutile. Dopo tutto l'impegno... – la voce le morì in gola,
risuonandole nelle orecchie leggermente incrinata. Non riuscì
nemmeno a terminare quell'ultima frase.
– Ti stai sbagliando.
Quella voce così improvvisa e al tempo
stesso familiare la fece sobbalzare e la costrinse a voltarsi di
scatto, inquadrando così nel proprio campo visivo quello che fino a
poco prima era stato l'oggetto dei suoi pensieri. Colta in flagrante
ne incrociò lo sguardo tanto serio quanto intenso e si sentì
morire.
– ..c-cosa?
– Non è stato inutile – quel tono
inflessibile non ammetteva repliche e lei ammutolì, rimanendo a
fissarlo col cuore in gola – Abbiamo guadagnato del tempo prezioso
e non possiamo tirarci indietro ora, o davvero sarà stato tutto
inutile – seguì una pausa durante la quale il blader le si
affiancò, volgendo i suoi occhi scuri sull'oceano. Fu soltanto a
quel punto che ella lo sentì mormorare – ..non mi hai deluso
affatto.
Le gote di Yukiko si imporporarono
vistosamente e distolse di scatto lo sguardo di smeraldo dal ragazzo
accanto a lei per voltarsi a sua volta nuovamente verso il panorama,
puntando gli occhi verdi in un punto indefinito in quella distesa
d'acqua salata. A quel punto però incrociò gli occhi di ghiaccio di
Night, il quale le sfoggiò un sorrisetto tanto compiaciuto quanto
carico di sottintesi, tanto da non aiutarla affatto a far rallentare
i battiti del suo povero cuoricino impazzito.
“Te l'avevo detto”
– Sei il suo bitpower? – chiese
come se niente fosse Kei direttamente a lui, cosa che permise al
discorso di prendere un'altra piega. Yukiko alternò nuovamente lo
sguardo dall'uno all'altro, avvertendo un brivido d'inquietudine
salirle lungo la spina dorsale.
“Puoi chiamarmi Night”
– Se non sbaglio ci siamo già visti.
“Sì, la stessa sera in cui tu le
infilasti la lingua in bocca”
Il senso di panico improvviso che colse
Yukiko in quel preciso istante, le fece schiudere le labbra in
un'esclamazione istintiva mentre al contempo si sporgeva verso il suo
infame bitpower, agitando le braccia davanti a lui come se davvero
così potesse arrivare a tappargli la bocca. Cosa del tutto
improbabile in quanto se avesse provato a toccarlo, gli sarebbe
passata tranquillamente attraverso, data la sua natura incorporea.
– Wuaaaaah!!! – quella sua
reazione riuscì se non altro a far tacere entrambi e allora si volse
in parte verso Kei, il quale era rimasto impietrito a fissarla, gli
occhi leggermente più sgranati del solito e in viso un'espressione
vagamente inquietata. Sotto quello sguardo quasi scioccato la mora
scoppiò a ridere di una risata nervosa e con un movimento a
mezz'aria di una mano esclamò – Ahah.. che divertente! Adesso
basta scherzare, si è fatto tardi!
Si mosse senza aspettare neanche più
un secondo, procedendo ad ampie falcate per imboccare nuovamente la
via che l'aveva portata sino a quel luogo. Se c'era una cosa che
poteva metterla in panico totale, ora che era assodato dovesse
continuare a vivere sotto lo stesso tetto del dranzerblader, era che
il loro già delicato rapporto potesse peggiorare a causa di quanto
accaduto quella sera.
Tuttavia non fece più di due passi
prima di sentirsi afferrare al braccio sinistro. Ruotò in parte su
sé stessa in risposta a quel contatto, col cuore in gola già prima
di tornare a fissare il blader che l'aveva fermata. Il silenzio che
seguì era talmente denso che si sarebbe potuto tagliare con un
coltello, riempito soltanto dal lieve rumore delle onde in
sottofondo, occhi negli occhi.
Poi Kei parve riscuotersi e la lasciò
andare, riaccostando il proprio braccio lungo il fianco e deviando il
suo sguardo da lei, come se fosse improvvisamente in imbarazzo. Lei
avrebbe supposto che in effetti fosse realmente così, se non fosse
per la proposta che le fece subito dopo.
– Ti va un incontro?
Il suo tono era dei più sbrigativi e
indifferenti che potessero esserci, cosa che rese quelle parole ancor
più improvvise alle orecchie della mora. Questa, sbattendo un paio
di volte le palpebre infatti impiegò un paio di secondi prima di
annuire, presa del tutto alla sprovvista.
– O-ok...
Kei si richiuse la porta alle spalle,
prima di dirigersi senza nemmeno accendere la luce verso il letto che
gli era stato preparato in quella camera. Vi si buttò sopra con
tutti i vestiti, intrecciando ambo le mani dietro il capo a mo' di
cuscino prima di puntare gli occhi dai riflessi di brace sul
soffitto.
Ripensò alla sfida che aveva disputato
con Yukiko: era di nuovo finita in parità, cosa che gli faceva
tornare alla mente i vecchi tempi, quando il suo unico pensiero era
diventare più forte. Riassaporò quella sensazione di
insoddisfazione, di desiderio di riscattarsi e si lasciò sfuggire un
debole sorriso. Combattere gli liberava la mente, lo aveva sempre
aiutato in tal senso ed alla fine doveva essere così anche per la
sua attuale compagna-avversaria. Nel bel mezzo del combattimento
aveva rivisto nei suoi occhi la sua naturale combattività e poco
dopo era tornata a sorridere, e lui si era scoperto ad ammirare quel
sorriso così spontaneo e ricco di vitalità.
“Non avrebbe sorriso a quel modo
se non ci fossi stato tu”
– Chi non muore si rivede – la
sfotté con noncuranza il blader, senza degnare di un solo sguardo la
sagoma che gli era apparsa accanto al letto – Dov'eri due ore fa?
“A lasciarti cuocere nel tuo
brodo, ovviamente” ribatté l'Aquila Rossa, senza scomporsi
minimamente. Kei non ribatté a quell'affermazione, preferendo
mantenere il solito profilo indifferente, ma sebbene tenesse gli
occhi chiusi aveva le orecchie ben tese e questo la sua amica lo
sapeva bene, perché commentò “Ti stai affezionato a lei.”
– Affatto.
“Ma ti incuriosisce” ribatté
imperterrita, senza batter ciglio.
Di nuovo il dranzerblader non le
rispose e per un attimo perse la sua totale impassibilità,
corrucciandosi. Non poteva negare che si stesse abituando alla sua
presenza, nonostante i suoi stessi sforzi in senso opposto. Lo
dimostravano gli eventi di quella sera, quando l'aveva trattenuta a
quel modo quando lei stava per darsi alla fuga. Si era mosso
d'istinto, non era riuscito a trattenersi e quando si era voltata di
nuovo a guardarlo, ne aveva incrociato i sorprendenti occhi verdi ed
aveva perso qualche momento di lucidità. Sì, lui, il blader di
ghiaccio, rimasto momentaneamente spiazzato da un impulso che non era
riuscito del tutto a controllare.
“Hai intenzione di provare a
conoscerla meglio ora?”
A quella domanda Kei non riuscì a
trattenere una smorfia – Può darsi.
La sentì sbuffare divertita e quando
sollevò le palpebre lei era già sparita. Sapeva che si era
trattenuta a stento dal rimarcargli un 'te l'avevo detto' e il
ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro al pensiero di non esser stato
costretto a sorbirsi quella frecciatina. In fondo, non aveva niente di meglio da fare per le prossime otto settimane.
[ANGOLO AUTRICE]
Dodici! Siamo a dodici!
E la fiction è tipo a metà XD ommioddio sta venendo fuori una cosa lunghissima! Colpa dell'ispirazione, purtroppo non posso farci molto.. continuo a cambiare e ampliare la trama originale, ormai della vecchia fiction c'è rimasto ben poco! In ogni caso, ecco qua il vostro capitolo, come al solito spero che vi sia piaciuto e che mi darete il vostro parere (a prescindere se positivo o negativo ovviamente). Forse qualcuno si aspettava un capitoletto più movimentato, ma ahimé, questo è. Non preoccupatevi, le sorprese non sono finite! Come ho detto ne accadranno delle belle, dovrete solo aver un po' di pazienza! Fino a mercoledì prossimo non aggiornerò, ho un esame martedì e quindi non posso permettermi di andare ancora avanti per adesso: la vacanza-studio me la sono concessa, ora rimane solo lo studio!! Nel frattempo però vi lascio augurandovi un buon weekend a tutti!
Un saluto *frizzante* dalla vostra
Kaiy-chan |
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Capitolo 13 *** Non è un appuntamento ***
13. Non è un appuntamento
Erano tornati da un paio di giorni. Giorni durante i quali avevano fatto ben poco altro a parte sfidarsi a Beyblade. Quando in campo c'era Night, la sua blader assumeva un modo di fare che divertiva il dranzerblader e lo spronava a dare il massimo, ed era una cosa che non gli capitava da moltissimo tempo. Il modo in cui quella ragazza dai capelli sfumati di cremisi era riuscita a ricordargli cosa fosse il Beyblade lo sorprendeva tutt'ora, sebbene non stesse soffermandosi troppo su quei pensieri oziosi. Ora aveva un incontro da vincere.
Sfrecciò attraverso gli alberi, lanciando uno sguardo alla propria destra e notando la nightblader fare altrettanto a quattro metri di distanza. Quando raggiunsero entrambi uno spazio aperto, subito dopo fra l'erba sfrecciarono le loro trottole, avvinghiate in un testa a testa che ebbe termine nel momento in cui raggiunsero il centro del prato. Piantando i piedi al suolo Kei frenò la propria corsa per fronteggiare l'avversaria.
– Attacca Dranzer!
– Fagli vedere, Night!
I due bey tracciarono nel terreno dei solchi semicircolari che terminarono l'uno contro l'altro, creando scintille che scomparvero ancor prima di sfiorare il suolo umido di pioggia. Il cielo sopra le loro teste era fitto di nubi, ma fra esse si stagliavano squarci di un cielo incredibilmente azzurro.
– Tutto qui quello che sai fare? – lo sbeffeggiò Yukiko con un sorrisetto strafottente.
– Adesso vedrai – le rispose Kei, ricambiandola allo stesso modo – Tempesa di Fuoco!
– Tsk. Non crederai di potermi vincere con sempre la stessa tecnica! – esclamò la mora, mandando avanti il suo beyblade a contrastare l'attacco avversario. Tuttavia, Dranzer all'ultimo momento si scansò talmente velocemente che parve come scomparire momentaneamente alla vista, cosa che prese alla sprovvista la sua avversaria – Ma cosa..?! – esclamò quella, confusa.
Intanto Kei esordì con uno sbuffo di soddisfazione – Adesso! – diede il segnale con un ampio gesto del braccio destro e in quel momento il suo bey ricomparve, fiondandosi contro Night dall'alto, avvolto in un vortice di fiamme.
– Attento!
Fu tutto inutile, ormai era troppo tardi per reagire. Il beyblade blu scuro si prese l'attacco in pieno e venne scaraventato via con violenza, andando a conficcarsi direttamente nella corteccia di uno degli alberi accanto alla ragazza.
Questa rimase pietrificata una buona manciata di secondi, lo sguardo di smeraldo spalancato e fisso nel vuoto mentre tentava di farsi una ragione di quanto accaduto. Lui, da bravo bastardo il quale era, non gliene diede il tempo.
– Hai perso.
Yukiko sollevò soltanto a quel punto lo sguardo su di lui, riuscendo a metterlo a fuoco dopo un paio di battiti di ciglia. Quell'immobilità ormai infranta, si voltò verso lo sfidante e abbozzò alla fine un debole sorriso.
– Ora capisco perché eri un campione mondiale.
Kei allungò una mano, afferrando al volo Dranzer mentre questi obbediva a un tacito richiamo.
– Ho avuto modo di vedere coi miei occhi moltissime tecniche differenti durante i vari tornei – affermò a quel punto, muovendo qualche passo per avvicinarsi a lei.
La nightblader annuì con un cenno del capo prima di voltarsi e raggiungere l'albero in cui era rimasto conficcato il suo beyblade. Con un po' d'impegno e qualche esitazione a causa del calore del metallo, riuscì infine ad estrarlo dalla massiccia corteccia della pianta e, dopo un breve esame per valutarne i danni, se lo rimise in tasca affermando che non era nulla di grave.
– La prossima volta non riuscirai a prendermi di nuovo alla sprovvista.
Lui si limitò ad annuire a quell'affermazione orgogliosa, preferendo evitare di soffermarsi a sindacare su una cosa del genere e lanciandole invece una provocazione – Ti darò una dimostrazione di tutto ciò che ho imparato ogni volta che vorrai.
– Ci conto – ribatté tuttavia lei, ridacchiando.
Sì, in veste di blader quella ragazza era tutto men che banale.
Optarono per incamminarsi verso il laghetto e procedettero in silenzio sino alle sue rive, dove si sdraiarono per giovare della quiete e del bel tempo. La tenuta degli Hiwatari in quel periodo, grazie all'assenza di gran parte del personale, era abbastanza tranquilla da permettere persino a Kei di rilassarsi, perciò non gli riuscì difficile chiudere gli occhi e perdersi ad ascoltare il canto delle poche cicale che stavano risvegliandosi al sole.
– Ehi, Kei.. – quel suono venne nuovamente messo in secondo piano e lui riaprì un occhio, ruotando leggermente il capo per inquadrare il profilo della ragazza che gli stava seduta affianco – ..com'è stato, all'epoca, viaggiare per il mondo?
Quella domanda aveva una nota di malinconia che non gli sfuggì, nonostante la ragazza avesse tentato di mascherarla con della naturale curiosità ed un debole sorriso. Inarcò un sopracciglio, non aspettandosi un risvolto del genere, ma non avendo motivo di eludere la domanda, non impiegò troppo tempo nel rievocare quei vecchi ricordi.
– Un tormento.
– Mh?
– Dover sopportare Takao fu una delle cose più difficili della mia vita. Al confronto i nostri avversari mi sembravano fin troppo facili da sbaragliare – lo disse con un tono seccato che lasciava volutamente intendere alla mora il proprio stato d'animo di allora, ma la reazione che le sentì esternare era di divertimento.
– Ahah, davvero? Credevo che foste amici.
Kei ci pensò su un paio di secondi, prima di abbozzare un mezzo sorriso – Probabilmente è così.
Per un po' nessuno dei due parlò più e il dranzerblader credette che l'argomento ormai fosse stato accantonato, ma dovette ricredersi quando Yukiko tornò a schiudere le sue labbra rosee per dar così l'opportunità al vento di disperdere la sua voce.
– Sai, ti invidio molto – quelle prime quattro parole lo lasciarono spiazzato e lo indussero a spalancare entrambi gli occhi scuri per voltarsi a guardare chiaramente la sua interlocutrice. Ella aveva in viso un'espressione velata dello stesso rimpianto che stava esternando – Hai visto un sacco di luoghi diversi ed hai avuto l'opportunità di conoscere così tanti ragazzi con la stessa passione per il Beyblade. Anche a me sarebbe piaciuto fare quel tipo di esperienza.
Fu a quel punto che gli salì spontanea la domanda – Perché non ti sei mai iscritta ad un torneo?
– All'epoca era diverso... io ero diversa – esordì la mora, prima di spiegarsi – Non avevo ancora Night a combattere al mio fianco: non avrei mai potuto competere con qualcuno di voi.
Il dranzerblader si sorprese di quella confessione, non avendo preso in considerazione quell'eventualità. Che cosa intendeva con il dire che era una persona diversa? Avvertì l'impulso di porle direttamente quella domanda ma si trattenne. Eppure non riuscì più a scacciare il pensiero di quella conversazione per tutto il resto della giornata.
– Che storia è questa?
Fra i capelli d'argento del ciuffo anteriore di Kei si gonfiò pulsante una piccola vena, mentre l'irritazione finì per fargli stringere con forza il foglio del fax che avevano trovato appoggiato sul tavolo della cucina. Grazie al cielo, prima di venir spiegazzato a quel modo, Yukiko aveva fatto in tempo a leggerne il contenuto.
La mora sollevò lo sguardo sul ragazzo che pareva ancora immerso in oscure e silenziose maledizioni contro il genitore, inarcando un sopracciglio.
– Allora, che facciamo?
La domanda se non altro parve far tornare il dranzerblader a donarle attenzione, ritornando nel mondo dei comuni mortali, e dopo una rapida occhiata si diresse verso il frigo. Non degnandola ancora di risposta ne aprì con decisione il doppio sportello e, dopo un rapido esame, riprese a muoversi aprendo ogni scaffale della mobilia della cucina. Alla fine di quell'ispezione tutto ciò che era riuscito a trovare venne deposto sul tavolo.
– Abbiamo solo questo – affermò, alludendo al sacco di riso da un chilo che aveva appena appoggiato sul ripiano.
– Capisco – ribatté lei, non riuscendo a non sfoggiare una smorfia scettica. Una cena a base di riso in bianco era quanto di più deprimente e sfibrante potesse esserci in quel momento.
– Vuoi andare a mangiare fuori?
Quella nuova domanda la lasciò un momento interdetta e sollevando un sopracciglio si concesse un'occhiata prolungata al ragazzo che aveva di fronte. La stava invitando ad uscire? Prese in considerazione l'idea e dovette sopprimere sul nascere l'emozione che le stava nascendo nel petto.
– Per me va bene – affermò stringendosi nelle spalle – Tu?
– Ok.
Lo disse con una disinvoltura tale da indurla a pensare che per lui la cosa non avesse alcuna importanza, e quel pensiero l'aiutò a conservare il proprio sangue freddo finché non si richiuse la porta della propria camera alle spalle. Soltanto una volta rimasta sola, scoccando un'occhiata alla porta dell'enorme cabina-armadio, iniziò ad agitarsi.
– Night! – chiamò meccanicamente, cercando il proprio bey e tirandolo fuori dalla tasca per appoggiarlo sul comodino. Il bit al centro mandò un bagliore e pochi istanti dopo al centro della stanza comparve la figura familiare del suo bitpower in forma umana. Lei tuttavia non attese nemmeno che la sua immagine finisse di perdere trasparenza che si mosse, passando oltre e costringendolo a seguirla.
“ Perché così agitata?”
– Devo uscire – proferì di getto lei, guadagnando il guardaroba con passo affrettato – Cosa mi metto?
“ Uscire con chi?” fece lui ancor più curioso.
– Con Kei. A cena.
“ Uuh.. capisco” il tono che ella percepì provenire dal bianco le fece intuire fin troppo bene il sorriso sornione che doveva aver stampato in volto e sentendosi avvampare, entrò in quella stanza a parte, alla ricerca di qualcosa da mettere. Nel frattempo le giunse una nuova domanda.
“ E dove?”
Yukiko si fermò di botto, voltandosi finalmente a guardarlo ora che l'aveva raggiunta – Non lo so.
Il bitpower si schiaffò una mano in fronte, mormorando uno sconsolato “ Tipico” che le fece mettere il broncio. Lo guardò male, incrociando ambo le braccia in quella posa d'attesa, cosa che alla fine diede i suoi frutti, perché il ragazzo dagli occhi di ghiaccio si degnò infine a darle un consiglio “ Metti qualcosa di sexy!”
Ora le sembrava di aver a che fare con quella cospiratrice di sua madre.
– Vabbé, ho capito, mi arrangerò in qualche modo!
Spazientita, Yukiko prese a scostare un appendiabiti dopo l'altro per esaminare i vari indumenti appesi e nel frattempo non riuscì ad impedire alla propria mente di divagare. Che genere di serata sarebbe stata? Era sicura che tutto ciò fosse causato da uno dei piani architettati dal padrone di casa, che per altro era rimasto alla residenza estiva con la chiara scusa di aver degli importanti affari di cui occuparsi. Che situazione...
Per qualche motivo le tornò in mente una frase particolare che aveva sentito dire al blader qualche tempo prima, una frase a cui non aveva dato troppo peso all'inizio: “ Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile.”
Sospirò, avvertendo il proprio entusiasmo sfumare ed, iniziando a tener da parte un paio di vestiti, li appoggiò a lato prima di procedere ad una seconda selezione. Quando iniziò a frugare fra i pochi cassetti che era riuscita a malapena a riempire con le sue cose, cercando di trarne fuori qualcosa che potesse abbinarsi al resto, si ritrovò davanti ad una serie di possibili combinazioni adatte a diversi ed ipotetici ambienti in cui avrebbero potuto finire per passare la serata. Quando alla fine vide la pila di stoffe che si era andata a formare si mise le mani nei capelli.
– Argh! È troppo difficile!
“ Si può sapere che cosa c'è di difficile?” ribatté il suo bitpower con una smorfia, comparendo sulla soglia della cabina-armadio a braccia conserte “ Sarà sufficiente che tu sia te stessa. Cercare di strafare non ti aiuterà a conquistarlo!”
– Non voglio conquistarlo! – sibilò a denti stretti, avvampando in volto.
“ Rilassati e andrà bene” esordì a quel punto Night, con un sorriso sornione in volto. Lei in risposta arricciò le labbra in una smorfia un po' scettica, osservandolo muovere una mano in un gesto a mezz'aria che ricordava un ghirigoro e pochi istanti dopo una serie familiare di note musicali iniziarono a diffondersi nella stanza “ Con questo dovrebbe essere più facile.”
Il modo in cui l'amico riusciva a sorriderle la sorprendeva ogni volta. Come poteva l'emblema stesso del gelo far trapelare tanto calore in una sua espressione? Lei di rimando non poté non sorridere a propria volta, mentre le prime parole di Crush, diffuse nell'ambiente dalle casse dello stereo, le sfiorarono le orecchie.
I got a lot to say to you
Yeah, I got a lot to say
I noticed your eyes are always glued to me
Keeping them here
And it makes no sense at all
Ritrovandosi a tenere il tempo Yukiko effettuò una rapida giravolta su sé stessa, prima di infilarsi fra gli abiti che aveva accumulato. A quel punto attaccò la strofa successiva e lei schiuse le labbra in un sorriso spontaneo, svuotando la mente mentre seguiva le parole.
They taped over your mouth
Scribbled out the truth with their lies
You little spies
Cantando si ritrovò a riflettere su come parte dei propri sentimenti combaciassero così bene con i versi di quella canzone. Sembrava quasi fatto apposta e non una fortuita quanto casuale selezione del suo lettore mp3.
Nothing compares to a quiet evening alone
Just the one-two of us, who's counting on
That never happens
I guess I'm dreaming again
Let's be more than this
Si decise e appoggiando gli abiti da parte, rimise velocemente e a ritmo di musica gli scarti al loro posto. Non riusciva più a toglierselo dalla mente, non con quella canzone in sottofondo, ed era stato questo a farle prendere la decisione. Persino ora, mentre recuperava il necessario ed usciva dal guardaroba, si figurò il viso di Kei nella mente, procedendo a passo sostenuto attraverso la stanza, calcando una delle ultime strofe.
Nothing compares to a quiet evening alone
Just the one-two of us, who's counting on
That never happens
I guess I'm dreaming again
Let's be more than
L'ultimo assolo della chitarra elettrica contornò il momento in cui aprì la porta della propria camera per uscire in corridoio, fra le braccia il suo prezioso carico. Si diresse quindi in bagno, mentre alle proprie spalle il sommesso *click* dello stereo le faceva notare la diligenza del suo bitpower nello spegnerlo per lei. Intrisa di nuova carica, non poté non ringraziarlo mentalmente prima di chiudersi nell'ampia stanza che costituiva l'ambiente da toeletta a loro riservato.
Non doveva far altro che essere sé stessa, soprattutto perché sapeva bene che quell'uscita non fosse un appuntamento. Erano sempre loro, niente di più e niente di meno. Eppure nel profondo lei avrebbe desiderato qualcosa di più.
Il dranzerblader la stava aspettando all'ingresso. Quando la ragazza scese le scale lui se ne stava appoggiato allo stipite del portone, con le mani ficcate nelle tasche dei jeans e lo sguardo voltato verso il vialetto. Stava giusto per lanciare un'occhiata all'orologio che teneva al polso sinistro, quando udì i passi di Yukiko mentre si avvicinava.
Sollevando gli occhi scuri sulla ragazza però, si ritrovò a fissarla in un impeto di sorpresa. Aveva acconciato i lunghi capelli in una coda alta che esponeva in una piega ribelle le ciocche rosse, mentre un paio delle stesse le aveva arricciate e lasciar ricadere ai lati del viso. Sulle spalle, sopra una canottiera di cotone bianca dallo scollo tondeggiante, indossava un giacchetto a maniche lunghe nero, di jeans, adornato con una serie di borchiette e di cinturini che si rifacevano alla cintura in vita ed al paio di stivaletti con un tacco leggero ed in stile western. A fasciarle i fianchi portava una minigonna di jeans verde chiaro con cuciture sui fianchi e quattro tasche, due anteriori e due posteriori.
Lei abbozzò un tenue sorriso di scuse, con due labbra rosee sulle quali doveva aver passato un leggero strato di lucidalabbra, inducendolo a sbatter finalmente le palpebre per mettere a fuoco i suoi occhi verdi.
– Scusa, ti ho fatto aspettare! Andiamo? Ho una fame da lupo! – esclamò lei, ampliando quel suo sorriso luminoso e superandolo, per uscire nell'atrio della villa. Soltanto a quel punto si fermò, voltandosi appena per scoccargli un'occhiata.
Nonostante il primo momento di immobilità, Kei non la fece attendere a lungo perché subito si mosse, scostandosi dal suo appoggio e andando a tirarsi dietro la porta d'ingresso, che si richiuse in un morbido tonfo alle sue spalle.
Scesero i pochi gradini del portichetto ed il blader la affiancò, andando a tirar fuori da una delle tasche dei pantaloni le chiavi dell'auto, emettendo il segnale di apertura automatica delle portiere della Camaro. Soltanto una volta che furono entrambi a bordo, le rivolse la fatidica domanda.
– Dove andiamo?
La mora inarcò un sopracciglio – Non saprei... tu di cos'avresti voglia?
– A me sta bene tutto. Tanto paga il vecchio – le rispose con noncuranza. In fin dei conti non gli importava dove sarebbero andati, gli importava soltanto di mangiare qualcosa, anche perché ormai erano quasi le otto.
A quell'ultima affermazione la ragazza al suo fianco assunse un'espressione pensierosa, che non durò più di una manciata di secondi prima di venir rischiarata da un'idea.
– Che ne dici del sushi? – gli propose, tornando a sorridere e sollevando un dito della mano destra verso il tettuccio – Conosco un posto che potrebbe fare al caso nostro.
– Va bene – ribatté lui facendo spallucce. Quindi ruotò le chiavi, accogliendo con soddisfazione il rombo del motore che si avviava, prima di allacciarsi la cintura e far manovra. Con la coda dell'occhio vide la moretta fare altrettanto prima d'appoggiare il capo contro il poggiatesta del sedile.
Non si era fatta attendere eccessivamente, giusto quei dieci minuti in aggiunta al momento in cui lui si era fermato sulla soglia ad attenderla, eppure anche così il risultato non poteva dispiacergli. La semplicità del suo aspetto, compresa la scarsa presenza di trucco sul suo viso, non riusciva a disapprovarla. Gli dava un'impressione di genuinità, come se gli stesse dicendo “ io sono così”. D'altra parte lui a sua volta non si era dato tanta pena: aveva infilato la prima maglietta a maniche corte che aveva trovato in camera ed era uscito portandosi appresso un giacchetto di jeans viola scuro e la sua immancabile sciarpa bianca.
“ Meglio essere sé stessi fino in fondo, anche se si tratta di un appuntamento” esordì nella sua mente l'Aquila Rossa, rilucendo appena al centro del bey dentro la sua tasca sinistra.
Kei si lasciò sfuggire con discrezione un secco sbuffo “ Non è un appuntamento.”
[ANGOLO AUTRICE]
Finalmente la connessione ha deciso di fare il suo dovere!
Eccomi! Il giorno tanto atteso è arrivato!! Ho dato il mio ultimo esame e ora sono qui pronta per tuffarmi anima e corpo (metaforicamente) nel mio lavoretto! *.* contenti?? Io sì!
Volevo ringraziare chi ha deciso di seguirmi fin qui e sono molto contenta che il numero di lettori sia aumentato tanto, anche se non tutti mi fanno sapere cosa ne pensano è lo stesso, sono soddisfatta comunque *w* grazie mille a tutti.
Io cmq ci provo lo stesso a chiedere: allora, cosa ne pensare di questo capitoletto? Domani pubblicherò il seguito, quindi non dovrete aspettare molto per sapere che tipo di serata salterà fuori da quest'uscita "forzata dall'alto"!
Intanto vi saluto e vi auguro una buona serata ^__^ baci
Kaiy-chan
P.S. non fatevi problemi a farmi notare errorini di distrazione, ho cercato di riguardare il capitolo ma può benissimo darsi che mi sia sfuggito qualcosa! |
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Capitolo 14 *** Un passato da dimenticare ***
14. Un passato da dimenticare
Il ristorante in cui Kei entrò al seguito della nightblader era un semplice locale tradizionale giapponese, non troppo grande, diviso in due. La sala da pranzo era posta alla loro sinistra ed era caratterizzata da un rialzo in parquet con tavolini bassi e cuscini imbottiti su cui i clienti potevano accomodarsi per mangiare. Sulla destra invece, in bella vista, era stato posto il bancone dietro al quale sfrigolavano le piastre e si affaccendavano tre cuochi con tanto di cappellini e grembiuli. Uno di loro, un uomo di mezza età con una corta barbetta e il mento squadrato, al vederli entrare sollevò lo sguardo e, dopo un momento di sorpresa, sfoggiò un ampio sorriso di benvenuto.
– Che mi venga un colpo se non è la piccola Yuki-chan!
– Buonasera – salutò di rimando la ragazza con un certo divertimento – Come stai zietto?
Kei inarcò un sopracciglio “Zietto?!”
– Gli affari vanno alla grande! Come sta tua madre? È un po' che non vi fate vedere!
– Mamma sta bene, grazie. Ultimamente abbiamo avuto qualche imprevisto, dopo la faccenda del trasloco e tutto il resto, e non abbiamo avuto modo di uscire spesso.
– Sono felice che tu sia riuscita a passare a trovarci, adesso ti faccio subito trovare un tavolo.. ehi, Reika! Fai accomodare la signorina ed il suo amico! – esclamò con quel suo fare gioviale e alla buona quello che ormai il dranzerblader aveva intuito fosse il proprietario.
Di fronte ai due ragazzi comparve una delle cameriere del locale, agghindata con un grembiule sopra un semplice chimono nero, le cui maniche erano state sollevate e fissate con un nastro di cotone bianco sin sopra i gomiti. Sembrava una ragazza poco più grande di loro e sorrise ad entrambi con cortesia prima di far loro strada. Li condusse ad un tavolino rettangolare posto in fondo all'ambiente, accostato alla parete da uno dei due lati più corti e dopo che si fu assicurata che fossero entrambi comodi e a loro agio prese le ordinazioni per il bere, che consistettero in una bottiglia d'acqua naturale, un tea caldo ed una birra alla spina per Kei.
Soltanto una volta che furono rimasti soli, il ragazzo si prese la briga di lanciarsi uno sguardo intorno, appoggiando un gomito sul tavolino. Il locale era abbastanza affollato ma non eccessivamente e l'atmosfera che si respirava in quel posto era quasi intima, questo grazie alle porte scorrevoli in carta di riso che celavano le pareti in cemento dell'edificio ed ai separé di bambù che dividevano l'ampia sala in zone più piccole.
– Allora, che te ne pare? – la domanda di Yukiko lo costrinse a voltarsi a guardarla, assumendo una delle sue solite espressioni impassibili.
– Non è male – ammise senza sbilanciarsi. Tuttavia era sorpreso delle dimensioni generalmente ridotte dell'intero locale: lui era abituato a ristoranti meno tradizionali e più ampi, quei posti il cui genere poteva essere classificato sotto la voce 'di lusso', per intenderci. Non che la cosa andasse a sfavore di quel posto, anzi: di per sé Kei detestava l'idea di uscire in certi posti pretenziosi.
– Probabilmente sei abituato a ben altro, vero? – gli chiese di nuovo lei, prendendolo alla sprovvista. Fu abbastanza bravo a non farsi cogliere in fallo, nonostante la sorpresa di quel commento, e lei proseguì come se non si fosse aspettata una risposta – Però qui fanno un sushi buonissimo, vedrai. Ho già l'acquolina in bocca!
L'espressione assunta dalla moretta gli fece nascere, suo malgrado, un sorrisetto divertito: aveva gli occhi verdi particolarmente luminosi e un'espressione trasognante, la stessa espressione che farebbe un assetato pensando ad un litro di limonata con ghiaccio.
“Il vecchio ha fatto carriera dall'ultima volta: la sala mi sembra decisamente più grande” esordì Night, comparendo dal nulla accanto a Yukiko e facendola sobbalzare.
“Che bel posticino: è così tipico!” commentò subito dopo l'Aquila Rossa, facendo quasi sussultare il suo blader nel ritrovarsela alla propria destra.
– E voi due che fate qui?!
“Avevamo voglia di divertirci un po' anche noi” ribatté il bitpower della ragazza con un sorriso tanto candido quanto sornione.
– Lo sapevo che avrei dovuto lasciarti a casa – sospirò la mora, scuotendo il capo con fare rassegnato. Anche Kei, un po' contrariato, si lasciò sfuggire uno sbuffo dal naso.
“Suvvia, che male c'è a vivacizzare un po' la serata?” ribatté divertita l'Aquila, beccandosi un'occhiata in tralice dal suo dranzerblader.
– C'è una cosa che volevo chiederti... – esordì dopo un attimo la mora, nei confronti della bitpower in rosso – Come mai ti fai chiamare Aquila Rossa, se in realtà sei una Fenice?
– Mh? – si lasciò sfuggire Kei. Che cavolo stava dicendo adesso? Stava per aprire bocca e riprendere la moretta, seccato per l'errore in cui era caduta, ma la diretta interessata bloccò ogni sua reazione sul nascere.
“Oh, te ne sei accorta? Hai un ottimo spirito di osservazione” la lodò l'Aquila. Quelle parole, che non smentivano affatto la nightblader, lasciarono il ragazzo di stucco, voltato a fissare ad occhi spalancati la sua bitpower mentre proseguiva con un sorriso in volto “Vedi, è piuttosto semplice: quando mi mostrai a Kei per la prima volta era poco più che un bambino e il suo primo pensiero fu che fossi una grossa aquila rossa” rise, divertita “Avresti dovuto vederlo: era così carino! Mi fece tenerezza ed allora ho finito per accettare la cosa senza troppe storie.”
Kei era assolutamente scioccato. Lo stava prendendo in giro, non c'erano altre soluzioni: non poteva essersi davvero sbagliato a tal punto, per tutti quegli anni. Era un colpo troppo duro persino per lui. Rimase a fissare il suo bitpower per una buona manciata di minuti, impietrito, come cristallizzato in un'espressione fra il corrucciato e l'incredulo, mentre al contempo tentava di rimettere ordine nella propria mente, all'interno della quale regnava il caos. Un errore simile sarebbe stato tipico di Takao, certamente non di lui. Sbatté per la prima volta le palpebre soltanto quando nel suo campo visivo, a pochi centimetri di distanza dal suo viso, l'immagine dell'Aquila Rossa gli venne oscurata.
– Kei, ci sei?
Voltando di scatto lo sguardo sulla nightblader, la vide essersi sporta sopra il tavolo per sventolargli una mano davanti agli occhi, cosa che gli fece comparire un vago rossore sulle guance. Lei lo guardava perplessa e preoccupata, cosa che non fece altro che acuirne l'inatteso quanto giustificato imbarazzo.
– Umphf – sbuffò, lasciandosi vincere da un moto di fastidio che gli fece istintivamente incrociare ambo le braccia sul petto e deviar il proprio sguardo verso sinistra, dal lato opposto a quello dove stavano gli altri.
Avvertì Yukiko uscirsene con uno sbuffetto divertito e la conversazione riprese anche senza di lui, mentre i loro bitpower si scambiavano informazioni ed aneddoti di vario genere. Ben presto il discorso verté sugli incontri di Beyblade di entrambi i blader e l'atmosfera tornò ad alleggerirsi in pochi minuti, mentre lo stesso Kei si ritrovò ad ascoltare con ben celato interesse, abbastanza da fargli abbandonare quella posizione sostenuta ed accantonare il pensiero di poc'anzi.
Con discrezione sbirciò il viso della mora che gli era seduta di fronte, notandone il sorriso tranquillo e lo sguardo vivace. Sembrava a suo agio, decisamente di buon umore, e la cosa contribuì a rilassarlo a sua volta. Se non altro la conversazione era tutto meno che stagnante o noiosa, il ché non poteva che essere un punto a favore per quella serata inattesa.
Probabilmente non era stata una cattiva idea, uscire a cena.
“..e così lo abbiamo spazzato via senza nemmeno dar ai ricercatori americani il tempo di prendere informazioni su di noi” concluse l'Aquila Rossa. Aveva appena terminato di illustrare loro come Kei aveva fatto ad evitare che i loro avversari traessero vantaggio dai loro incontri e Yukiko spalancò maggiormente gli occhi verdi, fermando fra i denti le bacchette per slittare con lo sguardo dalla bitpower al suo blader.
Kei in risposta a quell'occhiata non ebbe alcuna reazione, ma continuando a mangiare come se niente fosse snocciolò con noncuranza – Un giochetto da ragazzi.
– Notevole per un ragazzino della tua età però – gli fece notare lei, troppo sorpresa per pensare a come quel commento potesse andare a incrementare l'eccessiva considerazione di sé di quel ragazzo che alle volte sapeva essere fin troppo arrogante.
– In America, quello di noi che diede il meglio di sé fu Max – ammise il dranzerblader.
“Oh sì, ricordo!” intervenne l'Aquila, annuendo con un cenno del capo fra sé e sé “Scese in campo contro il capitano della squadra americana, dopo che la Tigre venne sbattuta fuori senza riuscire nemmeno a farsi vedere” la bitpower aveva conquistato da un po' il ruolo d'intrattenitrice e non mancava una sola occasione per calamitare l'attenzione dei tre presenti con le sue parole, cosa che non dava a Yukiko alcun fastidio “In quell'occasione Kei se ne uscì con una frase del tipo: Se avesse perso non gli avrei più rivolto la parola! Come se gliene abbia mai rivolte chissà quante! Ahah!”
La moretta si unì a quella risata, seppur con fare più contenuto, scoccando un'occhiata al diretto interessato, che per contro pareva del tutto indifferente. Certo, se non si considerava la lieve increspatura delle sue sopracciglia.
– In ogni caso si è sempre dimostrato all'altezza dei Bladebreakers – sbottò il blader in questione, dando un sorso alla sua birra – Alla fine, in quel torneo, Takao ebbe la grande idea di raggiungere l'ultima tappa attraversando l'Europa.
“Sì, ma grazie a questo incontrammo un sacco di blader e di bitpower molto forti” intervenne nuovamente l'Aquila “Anche tu ti divertisti, Kei.”
– Vedere Takao in difficoltà valeva il disturbo – ribatté lui, restando impassibile – In quell'occasione ci sfidò un trio di ragazzi che si faceva chiamare il Team delle Tenebre e si rifaceva alle leggende locali della Transilvania.
“E tu ti rifiutasti di batterti contro di loro, immagino” concluse Night.
– Non avevo alcun interesse a farlo: non erano alla mia altezza.
“Anche se uno di loro ad esempio riusciva a permettere al suo beyblade di rimanere sospeso sul soffitto, e questo nonostante non potesse contare su un bitpower” esordì l'Aquila, attirando l'attenzione della moretta. Ne ascoltò il breve resoconto di quell'avventura, sorprendendosi all'apprendere che potessero esserci blader con abilità simili, che giovavano del supporto di entità che in realtà non erano affatto bitpower, come avrebbe potuto pensare.
La serata proseguì senza intoppi, mentre Kei e l'Aquila Rossa le raccontavano della squadra di rappresentanza europea e del modo in cui sfidarono i singoli membri uno ad uno, prima di giungere finalmente in Russia.
“..così dopo che io e Kei fummo battuti, ci riprendemmo la nostra rivincita su Andrew!”
– Umphf – sbuffò il dranzerblader, con un'alzata di spalle – Non è certo qualcosa di cui stupirsi.
Yukiko non riuscì a non scoppiare a ridere, per nulla sorpresa da quella reazione – Ahah! Evidentemente no, anche se mi sarebbe piaciuto assistere all'incontro!
In realtà le sarebbe piaciuto partecipare all'intero viaggio e quell'impressione non venne meno nemmeno quando le raccontarono dei tornei successivi. Fu quando il discorso verté sulla squadra spagnola che la ragazza venne colta da una considerazione e scoccò uno sguardo a Night, prima di rivolgersi ad entrambi i bitpower.
– Io però credevo che i bitpower fossero creature molto rare, eppure ne avete incontrati moltissimi.
“È vero, ne abbiamo incrociati molti più di quel che ci saremmo mai aspettati, ma non tutti erano abbastanza forti da rivaleggiare con noi” iniziò a risponderle l'Aquila con un sorriso “C'è stato persino un periodo in cui ci trovammo a fare i conti con dei bitpower virtuali creati in laboratorio.”
– Cosa?
– Sì, è vero. Un gruppo di scienziati riuscì in qualche modo a programmare e ricreare delle copie dei nostri bitpower.. – intervenne Kei, calamitando l'attenzione su di sé – ..ma i loro progetti fallirono miseramente, perché non erano in grado di controllarli né di contrastarci.
Yukiko faticava a crederci: dei bitpower creati in laboratorio? L'idea le fece salire un brivido gelido lungo la spina dorsale e scoccando un'occhiata al suo compagno di battaglie non poté far altro che domandarsi se, in caso quelle ricerche avessero proseguito il loro corso, avrebbero finito per clonare anche Night. L'espressione tranquilla e sicura di sé con cui lui le sorrise, ebbe un effetto rassicurante. No, non avrebbero mai potuto replicare l'unicità del suo amico.
– Ehi, ragazzi, tutto a posto?
La voce che li interruppe era del proprietario che, avendo lasciato momentaneamente la cucina, si era accostato al loro tavolo per sincerarsi se la cena stesse andando bene. Di fronte a quelle attenzioni la mora sorrise.
– Sì, grazie. Era tutto buonissimo, come sempre! – esclamò in risposta, prima di scoccare un'occhiata a Kei e notarne il semplice cenno d'assenso.
– Cosa vi porto per dolce? Offre la casa ovviamente.
Gli occhi della nightblader si illuminarono per riflesso – A me il solito! E tu, Kei?
– Un caffè, grazie.
Il proprietario annuì e tornò sui suoi passi, lasciandoli nuovamente soli. Fu a quel punto che lei si accorse che il locale si era praticamente svuotato e questo la fece render conto che probabilmente era quasi l'ora di chiusura. Era incredibile come fosse trascorso velocemente - e piacevolmente - il tempo. Scoccando un'occhiata al dranzerblader, lo vide intento a ribattere qualcosa a Night e sembrava abbastanza tranquillo tutto sommato. Aveva persino perso quella rigidità che gli aveva visto all'inizio della serata, perché ora poggiava un gomito sul tavolino e con la medesima mano si reggeva un lato della testa. Quella vista la fece sorridere.
Quando terminarono di cenare furono gli ultimi clienti a uscire ed, una volta in strada, Yukiko si sentì talmente piena che credette per un attimo di essere sul punto di scoppiare.
– Facciamo due passi? – propose al blader accanto a lei, mentre i loro compagni li seguivano dappresso, lasciandosi sfuggire una risatina – Credo di aver un po' esagerato.
“Hai divorato una quantità sovrumana di sushi, lo sai questo?” la punzecchiò Night “Se continui così finirai per trovarti costretta a lavorare in un circo come 'donna cannone'!”
Quelle parole fecero nascere sul viso della ragazza un'espressione contrariata ed offesa che, voltandosi verso il bianco, scoppiò in uno sbuffo – Sei un antipatico!
– Anche io credo che abbia ragione – commentò Kei a quel punto però, sollevando le braccia per porre ambo le proprie mani dietro la nuca e voltarsi dall'altro lato.
Quell'intervento da parte del ragazzo, prese in contropiede la diretta interessata, che tutto si sarebbe aspettata a parte quella presa in giro. Per questo ci mise un paio di secondi in più a reagire e alla fine sbuffò dal piccolo naso, scegliendo di ripagarli tutti con la stessa moneta usata solitamente da Kei: l'indifferenza. Eppure, ancora una volta ebbe l'impressione che il dranzerblader avesse perso gran parte della sua abituale freddezza. Questo anche dopo che lui si mosse, avviandosi senza curarsi di lei e punzecchiandola con una noncuranza che la fece scendere dal suo piedistallo.
– Su, muoviti. Non volevi fare due passi?
– Arrivo! – esclamò prontamente, affrettandosi ad affiancarlo.
Seguirono la strada che attraversava quel quartiere alla periferia di Tokyo, mentre il discorso tornava a vertere immancabilmente sul Beyblade. Si inoltrarono in un parco di modeste dimensioni, approfittando della quiete dell'area verde per fare quei due passi senza doversi preoccupare della direzione da prendere.
– ..credevo di essere spacciata, quando all'improvviso, dal nulla, vidi una luce talmente accecante da costringermi a chiudere gli occhi – stava raccontando Yukiko, rispondendo alla domanda dell'Aquila Rossa – e quando li riaprii ero a gambe all'aria, con in mano il mio bey ricoperto di brina ed, al centro del bit, l'emblema dell'Anka Bianco. Da quella sera abbiamo sempre combattuto fianco a fianco, vero Night?
“Ovviamente” ribatté il bitpower con un cenno del capo in segno d'assenso.
– E voi? – domandò a quel punto la nightblader, lasciandosi vincere dalla curiosità, rigirando loro la domanda sul loro primo incontro. Tuttavia, a quella semplice domanda, Kei si fermò al centro della piazzetta che stavano attraversando e si chiuse in un silenzio cupo. Le negò il suo sguardo, volgendo il capo di lato e lasciando che la fioca luce dell'unico lampione del luogo gli proiettasse un'ombra tetra su gran parte del viso. Il suo silenzio costrinse, dopo un po', la sua bitpower a risponderle.
“È stato dopo il ritorno di Kei dalla Russia” esordì l'Aquila, scoccando un'occhiata al suo blader.
Anche Yukiko ne seguì l'esempio e le parve che fosse più teso, più rigido nelle braccia accostate lungo i fianchi, cosa che le fece inarcare un sopracciglio con una certa perplessità. In effetti si ritrovò a considerare che anche a cena il discorso era rimasto sul vago, quando si era sfiorato l'argomento inerente all'esperienza del ragazzo in Russia. Non poteva trattarsi di una semplice coincidenza.
Prendendo l'iniziativa, la mora si avvicinò al dranzerblader, approfittando della titubanza dell'Aquila Rossa a continuare, e si rivolse direttamente a lui, sfoggiando un tenue sorriso nel momento in cui tornò a incrociarne gli occhi scuri, velati di un dubbio diffidente.
– Non sei obbligato a dirmi cosa ti è successo – quegli occhi dai riflessi di brace si spalancarono un po' di più, come se fosse stato preso alla sprovvista, e lei tentò di rassicurarlo, sostenendo quello sguardo tanto inquisitorio quanto profondo – Credo che ognuno di noi custodisca ricordi che preferirebbe dimenticare, quindi non fa niente.. e se un giorno vorrai parlarne con qualcuno, sappi che sarò felice di ascoltarti.
Avvertì le proprie gote imporporarsi e lei stessa, sotto lo sguardo sorpreso del dranzerblader e dei loro rispettivi bitpower, iniziò ad innervosirsi. L'imbarazzo per quanto appena detto, per il modo in cui aveva permesso al proprio cuore di prendere il sopravvento, la indusse a non lasciar passare troppo tempo prima di tornare a muoversi, infrangendo quella strana atmosfera che si era venuta a creare. Si voltò, dando le spalle ai presenti per incamminarsi verso i confini di quel parchetto, all'improvviso fin troppo tranquillo.
– B-be' direi che siamo rimasti fuori abbastanza! – esclamò, tentando di mascherare la nota nervosa nella voce se non l'acceso rossore che le stava dipingendo il viso – Questa passeggiata mi ha fatto proprio bene, possiamo tornare alla macchina!
Li precedette, procedendo ad ampie falcate sino a ché non raggiunse la via principale che delimitava il parco dall'area cittadina, ma una volta svoltato l'angolo si ritrovò a bloccarsi di colpo, gli occhi talmente spalancati da ridurre le pupille a due spilli in mezzo alle rispettive iridi color smeraldo.
Non poteva essere...
I muscoli le si tesero in tutto il corpo, dandole l'impressione che fossero divenuti improvvisamente di piombo, tanto pesanti da indurla a credere che l'avrebbero trascinata in basso mentre fissava senza riuscire a distogliere lo sguardo il ragazzo che stava camminando in direzione opposta alla sua, pochi metri più avanti. Lo riconobbe all'istante ed il respiro le si smorzò in gola in risposta ad una fitta che, dal centro del petto, le si diffuse in tutto il corpo, facendole fluire il sangue dal volto.
Non poteva essere lui.
Quante possibilità c'erano che fra tutti, incrociasse per caso proprio Lui?
Il ragazzo dai corti capelli castani sollevò quel suo sguardo color cioccolato, intercettando il suo, ed in quel momento Yukiko provò un intenso desiderio di sprofondare, di scomparire per poter sfuggire tanto al presente quanto al suo stesso passato. Un passato che, come doveva essere per Kei, lei stava cercando in tutti i modi di dimenticare. Un passato che aveva un nome ben preciso.
– Ma..nabe...
[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Che succede? Il momento del confronto è finalmente arrivato?
So che qualcuno di voi già mi aveva chiesto quando/se una delucidazione sul passato burrascoso di Yukiko ci sarebbe stata e sono felice di dirvi che il prossimo capitolo verterà proprio su questo! Siete curiosi? Lo spero bene! Io ce la sto mettendo tutta per continuare a un buon ritmo! Il mio obiettivo è riuscire a finire la fiction entro l'inizio di ottobre, se non prima (sta tutto nell'ispirazione per descrivere alcune scene che mi sto apprestando a buttare giù, ma capirete tutto il prossimo capitolo!).
Questo perché ho intenzione di restare salda sui miei propositi di quando ho iniziato a revisionare questa fiction: finirla in tempi brevi. Purtroppo l'ispirazione ha fatto anche troppo, ma capita XD soprattutto quando mi ritrovo a dover preparare esami! Il mio cervello sfrutta quel momento e si mette a girare come un beyblade (per restare in tema) su tutt'altro! Ahaha
Vabbè non fa niente, io torno a scrivere ^_* ci si legge - indovinate un po' - domani!
Buona giornata a tutti!
Kaiy-chan |
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Capitolo 15 *** La risposta a quella preghiera ***
15. La risposta a
quella preghiera
Kei arrestò il
proprio passo di botto appena si affacciò oltre l'angolo della
strada, ritrovandosi a fissare la schiena di una Yukiko completamente
pietrificata sul posto, la vista del suo viso quasi completamente
negatagli a causa dell'angolazione. A frenarlo in tal modo tuttavia
non era stata la posa della ragazza, quanto in realtà il sussurro
che aveva appena avvertito uscirle dalle labbra. Un nome che non gli
era del tutto nuovo, proferito con un tono tanto basso quanto
incrinato. Fu questo a farlo restare indietro, giovando dell'ombra
che proiettava un albero su quel ristretto spazio, mentre spostava di
scatto lo sguardo da lei al ragazzo che stava fissando.
Questi sembrava un
tipo comune, con capelli e occhi castani ed indosso una maglietta a
manica corta ed un paio di jeans. Stava procedendo verso di loro
mentre parlava al telefono, l'espressione sul suo volto definita da
un sorrisetto piuttosto arrogante, che sfumò in parte quando si
accorse di colei che gli si era fermata a pochi passi di distanza.
– Yukiko.
Il silenzio che
seguì parve pesante persino al blader, infondendogli una tensione
sottopelle che gli fece stringere le mani a pugno. Accanto a lui, le
anime di Dranzer e Night si fermarono a loro volta.
“Questa non ci
voleva” sentì mormorare il bitpower della mora.
“È quel
Manabe, vero?” domandò a quel punto l'Aquila, prima di
ricevere un assenso dal bianco.
Quella conferma
riportò alla mente del ragazzo l'episodio di qualche tempo prima,
quando aveva seguito istintivamente la moretta, ed aveva assistito
alla resa dei conti fra lei e quell'altra sgradevole ragazzina con la
faccia sepolta sotto una maschera di trucco. La consapevolezza che
quel tale fosse l'ex ragazzo di Yukiko gli fece nascere una
sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco e si ritrovò a
fissarlo più intensamente di quanto razionalmente avrebbe voluto.
Non gli piaceva quel
tipo.
No, si corresse, gli
stava proprio sul cazzo.
– Non credevo che
ti avrei rivista – quella voce suonava talmente familiare alla
ragazza, che ebbe il potere di trascinarla indietro nel tempo ed un
brivido le corse gelido su per la spina dorsale – ..non dopo il
modo in cui sei sparita.
Manabe si infilò
nuovamente in tasca il suo cellulare, sfoggiando un debole sorriso.
Uno di quelli che dovevano sembrare contriti probabilmente, ma che
ormai non la ingannavano più: troppe volte aveva visto
quell'espressione sul suo viso, la facilità con cui compariva e
scompariva su quei lineamenti.
Il ricordo le fece
ribollire il sangue e l'irritazione che le montò dentro le diede la
forza di reagire alla trance in cui era caduta, in favore di
un'espressione tanto tesa quanto scostante. Così puntò i piedi,
fissando negli occhi il ragazzo che un tempo aveva amato sinceramente
e che si era invece preso così facilmente gioco di lei.
– Non avevo altro
da dirti – fredda, gelida se non fosse stata costretta a chiudere
gli occhi verdi per mantenere il pieno controllo di sé.
– Ma come? Non
pensi di dovermi almeno una spiegazione?
– Non ti devo
proprio niente – mormorò lei, prima di non riuscire più a restare
ferma nello stesso posto. Non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione,
di questo ne era convinta, quindi si mosse cercando di avanzare per
aggirarlo e passare oltre, scopo che non riuscì a portare a
compimento: Manabe le si parò di fronte, inarcando un sopracciglio e
sfoggiando un mezzo sorrisetto alquanto supponente.
– Davvero? – le
si rivolse, lasciando sospesa quella domanda retorica e
costringendola a sollevar lo sguardo su di lui – Che sguardo truce
– commentò questi senza lasciarsi minimamente impressionare – Ho
saputo che hai tagliato i ponti anche con la tua cara amica Uzumi...
sei rimasta sola.
Quella
considerazione maligna le penetrò sino al centro del petto e per
riflesso lei fece un mezzo passo indietro, messa a disagio dalla
presenza così vicina dell'unica persona che avrebbe preferito
sparisse dalla faccia della terra. Il ricordo ormai fin troppo vivido
di ciò che era accaduto diversi mesi prima le fece pungere gli occhi
e fu costretta ad allentare la tensione dei propri muscoli per
evitare che le dolessero.
– Non lo sono –
ribatté mentre alla mente le compariva l'immagine del suo bitpower.
Infilando una mano in una tasca della giacca per stringere il suo
bey, ne avvertì il debole tepore dovuto alla presenza in forma umana
di Night, poco dietro di lei – Ed anche se fosse, meglio soli che
male accompagnati.
Manabe la guardò
con una certa sorpresa, non essendosi aspettato una reazione del
genere da parte di lei, cosa che le infuse un altro pizzico di
coraggio. La mora sfoggiò un debole quanto affilato sorrisetto.
– Credevi che non
l'avrei scoperto, di te e Uzumi? Di come mi hai raggirata?
Il castano rimase a
fissarla per una manciata di secondi, finché non riuscì a
riprendersi abbastanza da scuotere il capo con fare sconsolato. Fece
addirittura spallucce, prima di sollevare di nuovo i suoi occhi sul
suo viso; occhi che tradivano un certo divertimento.
– Allora era per
questo.. – una pausa mentre lui fece un nuovo passo avanti –
..non credi di aver avuto una reazione esagerata? In fondo mi sono
solo divertito un po'.
Un vago senso di
nausea tornò a salirle in gola, costringendola a deglutire mentre
sosteneva a stento quello sguardo diretto, senza riuscire a celare
nel proprio i molteplici sentimenti che l'animavano. Come trovava il
coraggio di dirle quelle cose? Come poteva essere così incurante dei
suoi sentimenti, dopo quel che c'era stato? Di fronte a sé lei aveva
un Manabe di cui non aveva mai creduto possibile l'esistenza. Quel
poco di buono che era riuscita a preservare mentalmente della loro
storia, lui lo stava crudelmente mandando in frantumi con una
facilità che quasi la confondeva. Non poteva credere che davvero non
avesse significato nulla per lui, non riusciva a concepire di aver
sbagliato a tal punto il proprio giudizio sul suo conto.
“Perché?!”
– Stai cercando di
fare la dura ma in fondo sei ancora la stessa insicura ragazzina di
allora – la sbeffeggiò senza pietà, sollevando una mano per
allungarla verso il suo viso. Le sollevò il mento senza che lei
riuscisse a muovere un muscolo, le gambe pesanti come piombo, mentre
le parole che lui le rivolse subito dopo le fecero tremare le
ginocchia – Peccato, a me serviva una donna e né tu né la tua
amica lo siete abbasta...
Accadde tutto
talmente in fretta che quando la mente di Yukiko elaborò l'accaduto,
Manabe era a terra, con una mano premuta sul naso e lo sguardo
stralunato, con le prime gocce di sangue che gli colavano dal mento
per macchiargli la maglietta. La mora stessa faticò a riprendere
fiato, fissando inaspettatamente la schiena del dranzerblader ancora
fermo in quella posa leggermente protesa di lato, il braccio destro
teso e fermo dopo aver sferrato il colpo, la mano chiusa a pugno e lo
sguardo di brace fisso sul castano.
– Figlio di..
– Non ti azzardare
mai più a toccarla – la voce di Kei era poco più alta di un
sussurro, ma tanto minacciosa da aiutare la stessa nightblader a
riscuotersi dal senso di torpore che l'aveva avvolta, in reazione
all'assoluto stupore per quanto accaduto.
– E tu chi cazzo
sei?!
Il ragazzo dai
capelli d'argento si raddrizzò e, ponendosi di fronte alla mora, la
costrinse a sollevar lo sguardo sulla sua nuca corvina. Avvertendo il
proprio cuore accelerare i battiti, si accorse per la prima volta di
quanto questi fosse effettivamente alto, così come quanto le
sembrassero improvvisamente ampie le sue spalle, lei che a stento
riusciva a intravedere qualcosa oltre la sua figura.
– Non sono affari
tuoi – ribatté con freddezza il blader, prima di voltarsi appena
verso la moretta – Andiamo – non disse altro, quasi non la guardò
mentre parte del suo volto rimaneva celato allo sguardo di lei a
causa dell'ombra proiettata dalla sua frangia d'argento. La afferrò
per un polso e, presa alla sprovvista, lei non poté far altro che
incespicargli dietro quando lui la tirò in avanti, iniziando a
muoversi con passo deciso.
Passando oltre il
malcapitato ne ignorarono le proteste e, soltanto dopo una decina di
metri, Yukiko riuscì a smettere di farsi trascinare a quel modo,
affiancando il dranzerblader già sul punto di rivolgergli la parola.
Eppure, quando finalmente riuscì a vederne distintamente
l'espressione, ogni cosa che avrebbe voluto dirgli le morì in gola:
lo sguardo puntato avanti sembrava sul punto di mandare lampi mentre
la piega del tutto seria delle labbra tradiva una certa tensione
della mandibola.
Sì, era decisamente
arrabbiato.
Per non dire
furioso.
Kei la condusse
senza fermarsi un solo momento sino all'auto.
– Sali – le si
rivolse seccamente, senza aggiungere altro.
Non attese nemmeno
di vederla fare come le aveva detto, prima di muoversi e raggiungere
lo sportello opposto, aprendolo senza troppi complimenti. Sedendosi
al posto di guida, infilò la chiave nel quadrante sotto il volante,
prima di ruotarla e avviare il motore nello stesso momento in cui
avvertì la seconda portiera richiudersi.
Facendo manovra uscì
dal parcheggio e si immetté nel traffico. Guidò in silenzio e
nemmeno la ragazza sedutagli accanto parlò, cosa che lo aiutò a
raccogliere le idee nel cercare di capire che cavolo gli era appena
successo. Uscendo dalla città il blader imboccò una strada che si
inerpicava su una serie di alture, avvertendo una tensione latente
che non accennava a volersi sciogliere nei suoi muscoli e che lo
induceva ad affondare con rabbia il piede sull'accelleratore. A
favore di Yukiko andava riconosciuto che, per tutto il tempo, non
fiatò nemmeno ed un'occhiata fuggevole rivelò al ragazzo che lei
teneva lo sguardo abbastanza basso da permettere ad alcune ciocche
scure di adombrarle il viso.
Lo stesso viso che
quella feccia aveva osato sfiorare.
Il pensiero gli fece
stringere con più forza le mani sul volante, ma a quel punto notò
una rientranza a lato strada e la imboccò senza pensarci due volte,
frenando e accogliendo con una certa soddisfazione le proteste
dell'auto, che sgommò sulla ghiaia prima di arrestarsi del tutto.
Spento il motore, scese dalla vettura nello stesso modo carico di
slancio con cui ci era salito ancor prima che quella nuvola polverosa
che aveva sollevato con i suoi modi irruenti si schiarisse. Si mosse
come rispondendo ad un bisogno fisico, ficcandosi le mani nelle
tasche dei pantaloni e affacciandosi al bordo di quell'area di sosta
immersa nella penombra. Di fronte a sé si apriva la piana edificata,
costellata di luci e vegetazione, messa in secondo piano soltanto
dalle spesse nubi, lampeggianti di fulmini, che si stagliavano
all'orizzonte. Alcuni alberi adornavano quel lato del pendio,
limitando la vista altrimenti decisamente suggestiva, ma a Kei non
importava un accidente del panorama in quel momento.
La mano destra gli
formicolava ancora, come se non gli fosse bastato il singolo colpo
inferto.
“Che diavolo è
successo?” si chiese nervosamente, svuotando i polmoni in uno
sbuffo a labbra serrate. Non riusciva nemmeno a distendere
completamente la propria espressione, con quelle sopracciglia
pericolosamente aggrottate che lasciavano sin troppo intendere il suo
stesso disappunto.
– Si può sapere
che ti è preso?
Quella domanda
formulata con voce tanto bassa quanto calma lo indussero a voltar
appena lo sguardo dalla parte opposta, ignorando la nightblader
mentre questa gli si affiancava sul lato destro. Ne percepì lo
sguardo addosso e per riflesso si irrigidì maggiormente, ma non
abbandonò la propria posizione né il proprio silenzio, non prima di
sentirla emulare un leggero sospiro. Quel singolo suono racchiudeva
una certa rassegnazione, almeno lui lo interpretò così sebbene in
esso vi fosse molto di più, per questo si ritrovò a sussultare
leggermente quando avvertì quella leggera pressione dietro la
schiena. Spalancò gli occhi dai riflessi violacei, assolutamente
preso alla sprovvista sia dal gesto, sia dall'unica flebile parola
che gli giunse alle orecchie,
– Grazie...
Yukiko non disse
altro, semplicemente rimase con il capo appoggiato contro il centro
della sua schiena e Kei avvertì l'imbarazzo iniziare a tingergli
fastidiosamente il viso. Atteggiò le labbra in una smorfia, messo a
disagio da quella situazione in cui si era cacciato con le sue stesse
mani, ma non si mosse. Inspiegabilmente, contro ogni suo più
razionale ragionamento, se ne rimase lì in piedi, con lo sguardo
perso nel temporale che si scatenava lontano da lì ed allo stesso
tempo proprio dentro il suo animo, mentre l'irritazione che l'aveva
dominato sino a pochi minuti prima scivolava via, lasciandolo in
balia di emozioni ben diverse. Un groviglio che egli stesso non tentò
minimamente di districare.
Non seppe dire in
seguito quanto tempo rimasero in quella posizione, ma quando
finalmente si mossero, il dranzerblader era tornato completamente
padrone di sé. O almeno così credette, prima di cedere ad una nuova
tensione dei muscoli quando la mora, dopo averlo liberato di quel
contatto indiretto, fece udire la sua voce.
– Sono una
stupida. Lo sono sempre stata – esordì inaspettatamente, inducendo
il ragazzo a tendere le orecchie per ascoltare il seguito – Non c'è
altra spiegazione per la facilità con cui mi sono fatta ingannare da
un tipo del genere – esternò un verso di scherno, probabilmente
associato ad un sorrisetto carico di amarezza che il blader non
poteva vedere, dandole ancora le spalle – Avevo riflettuto spesso
su come avrei reagito se mai mi fossi trovata a doverlo affrontare,
ma le cose sono andate molto diversamente da come mi ero prefissa.
Credevo di aver superato questo mio lato debole, eppure.. – una
pausa, come se cercasse di non far tremare la voce. Kei credette che
fosse stata solo una sua impressione, perché quando proseguì, era
tornata ad un timbro più fermo – Eppure non sono stata capace di
dirgli chiaramente ciò che pensavo di lui.
Era la prima volta
che permetteva a qualcuno di aprirsi in quel modo con lui.
Era la prima volta,
in assoluto, che voleva ascoltare.
La confusione che
gli suscitò quell'unica certezza contribuì a non fargli muovere un
solo muscolo, attendendo con le orecchie tese che lei continuasse,
che si confidasse: così come la nightblader diversi minuti prima si
era offerta di fare, ora lui l'avrebbe ascoltata. Solo questo.
Perché in momenti
come quello, ne era ben consapevole, non serviva nient'altro.
Yukiko avvertì le
lacrime pungerle gli occhi verdi ed abbassò le palpebre, lasciando
che quelle gocce le scivolassero incandescenti sulle guance
arrossate. Respirava con la bocca, talmente piano che il più flebile
tremito sarebbe passato inosservato, o almeno era questo che ella si
augurava mentre se ne rimaneva lì, in piedi dietro al dranzerblader,
appoggiata al cofano della macchina ancora caldo. Una leggera brezza
le sfiorò le guance, rinfrescandola e portandole l'odore di lui,
fermo a un paio di passi di distanza. Il suo odore le piaceva, le
piaceva tanto da darle la forza di sorridere mentre il dolore sordo
al centro del petto le fece tremare le spalle, rigide per lo sforzo
di puntellare le braccia alla lamiera della Camaro. Si
aggrappò con tutta sé stessa a quell'odore confortante, usandolo
come un appiglio per evitare di venir trascinata indietro dai ricordi
che stava risvegliando lei stessa, riuscendo soltanto grazie ad esso
a controllare il tremito della propria voce.
– Eravamo nella
stessa classe, io e lei – mormorò, cercando di seguire il filo
logico dei propri pensieri – Diventammo amiche sin da subito,
nonostante fossimo così diverse. Se mi avessi vista non credo mi
avresti riconosciuta: mi riusciva difficile parlare con i miei
coetanei, giravano voci non troppo lusinghiere su di me e venivo
evitata abbastanza facilmente. Uzumi iniziò a parlarmi di punto in
bianco – si lasciò sfuggire uno sbuffetto ironico al pensiero di
quei tempi – Stravolse il mio mondo. Credevo che saremmo state
amiche per sempre.. ma poi arrivò Manabe.
Per un attimo le
sembrò di rivivere quella giornata di un anno e mezzo prima, coi
ciliegi in fiore e la dolce brezza primaverile a sussurrare fra le
fronde ricolme di petali rosa. Si era trattato di un incontro
casuale, dovuto ad una folata di vento che si era appropriata del
fazzoletto di Uzumi. A recuperarlo era stato lui. A ripensarci, si
era trattata proprio di una classica combinazione di eventi che, nei
manga, preannunciano un incontro con il destino. Nel suo caso, un
destino infausto.
– La prima cosa
che pensai di lui fu che fosse molto gentile – ironia della sorte,
tutto l'opposto del blader con cui stava confidandosi. Quel pensiero
l'aiutò a sorridere, eppure un'altra lacrima le scivolò giù dalle
ciglia – Molto più tardi scoprii che era stata tutta una
messinscena.. che la mia amica e quello che credevo fosse il mio
ragazzo mi avevano tradita. Dopo che con fatica ero riuscita a uscire
dal mio guscio, ed avessi persino confidato loro della mia passione
per il Beyblade, si presero gioco di me e di Night alle mie spalle...
ne fui talmente sconvolta che non li affrontai nemmeno – strinse i
denti, cercando di contenere il tormento e la vergogna che percepiva
essere sul punto di sopraffarla – Scappai come una codarda, come se
fossi stata io ad aver fatto qualcosa di male. Cambiai persino
scuola... mi sento così... così...
Tacque, mordendosi
il labbro inferiore senza riuscire ad esprimere il groviglio di
emozioni che le si agitava nel petto. Rabbia, rimorso, dolore,
incredulità, risentimento. Probabilmente stava sbagliando tutto
anche in quel momento: non credeva che a Kei potesse importare
qualcosa di tutta quella storia, eppure non era riuscita a frenarsi.
Una volta scesa dall'auto e avergli rivolto quella domanda, nel
silenzio che era seguito aveva percepito l'ultimo pilastro che aveva
eretto lei stessa crollare miseramente sotto il peso di ciò che
provava. Una volta iniziato, le parole si erano susseguite una dopo
l'altra senza che lei potesse dar loro un freno. Aveva ceduto
completamente al bisogno di sfogarsi, un bisogno tanto intenso da
farla alla fine capitolare, senza che riuscisse più a contenere il
tremito della voce.
– Vorrei...
vorrei... – quasi non riuscì a terminare quelle ultime parole,
incrinate a causa della stretta alla base della gola, la tensione
talmente alta da farle credere di poter soffocare. Odiava quella
situazione, odiava il modo in cui non riusciva a farsi forza in quel
momento. Odiava sé stessa ed il proprio essere così debole, tanto
da cercare un minimo di comprensione dallo stesso ragazzo che più
volte l'aveva sentito ammettere di non provare alcun interesse per
lei e che tutt'ora non poteva non chiedersi se ne avesse mai provata
in vita sua. Lo stesso ragazzo che l'aveva umiliata in quel locale e
poi l'aveva baciata con trasporto in preda agli effetti dell'alcol.
Lo stesso ragazzo pieno di contraddizioni di cui, chissà poi per
quale macabro scherzo del destino, aveva finito per prendersi una
bella cotta. Quella consapevolezza, accostata al senso di
impossibilità che le trasmetteva, le permise di esprimere il proprio
pensiero in un sospiro doloroso – ...vorrei poter andarmene lontano
da tutto questo.
Non ebbe nemmeno il
tempo di rendersi effettivamente conto di aver realmente pronunciato
quelle parole, che il silenzio a seguire venne infranto senza indugi.
– Se è quello che
vuoi allora lo faremo.
L'assoluta sorpresa
che la colse all'udire quella semplice frase le fece spalancare gli
occhi verdi di scatto, lo sguardo perso nel vuoto mentre la voce del
dranzerblader le risuonava nella mente. Sollevò di scatto il capo,
drizzando la propria schiena per poter inquadrare la nuca del
ragazzo, i suoi capelli scuri in netto contrasto con il colore chiaro
della sciarpa che aveva al collo.
– ..cosa?
– Se è quello che
vuoi allora ce ne andremo per un po' – il tono inflessibile con cui
lo disse la aiutò a prendere atto di quella proposta tanto folle
quanto inspiegabilmente dolce – Soltanto io e te.
Stava dicendo sul
serio? Non la stava prendendo in giro?
Davvero aveva
intenzione non solo di assecondarla, ma di accompagnarla in quella
follia?
– Sul serio?
Lui a quella domanda
si voltò a guardarla e lei poté finalmente vederne l'espressione
assolutamente seria che gli dipingeva il volto, accostata ad uno
sguardo carico di determinazione – Per come stanno le cose ogni
singolo rimpianto può rivelarsi una bomba ad orologeria e non ho
intenzione di permetterti di mollare, tua madre è stata chiara su
questo: se uno di noi si dovesse tirare indietro allora l'accordo
salterebbe e non potremmo più opporci alle loro decisioni.
– M-ma..
– L'hai detto tu
stessa che avresti voluto la possibilità di partecipare ai tornei
mondiali di Beyblade e di girare il mondo – la interruppe lui,
incrociando le braccia e fissandola con ostinazione da quella
posizione in parte profilata alla città sottostante – Abbiamo
quasi due mesi a disposizione e per me possiamo partire anche subito.
Yukiko non credette
alle proprie orecchie.
– Perché? –
quell'unica domanda le sfuggì dalle labbra prima che lei potesse
frenarsi, tanto spontanea quanto velata da confusione e curiosità.
Sotto quel suo
sguardo, Kei deviò il proprio con fare quasi seccato – Perché
sono stufo di sentirti frignare.
Yukiko quasi scivolò
per terra dalla sorpresa – Eh?
“Sempre gentile
lui..” sbottò la familiare voce di Night.
“Come al
solito!” si unì in tono divertito l'Aquila.
La comparsa dei due
bitpower fece di nuovo voltare entrambi i ragazzi verso le
apparizioni, trovandoli avvolti nella loro caratteristica
luminescenza, il bianco con le braccia incrociate e la rossa con le
mani sui fianchi, entrambi con un sorrisetto sornione in volto.
– Ma che...? –
la mora non fece nemmeno in tempo a finire quell'esclamazione che
venne nuovamente interrotta.
“L'idea mi
piace” esclamò l'Anka Bianco nella sua forma umana
“Affronteremo sfide degne di questo nome!”
Yukiko lo fissò
cercando di non sembrare troppo stupida. Aveva l'impressione che gli
eventi le stessero sfuggendo di mano, trascinandola con sé, e
dovette fare un enorme sforzo di volontà per accantonare la profonda
incredulità che la stava sopraffacendo e pensare all'aspetto pratico
di tutta quella storia. Esaminando il bianco, lei tentò di
comprenderne il pensiero: stava parlando seriamente? Era davvero una
buona idea quella di accettare la strana proposta del dranzerblader?
Il suo compagno di
battaglie le donò un cenno d'assenso del capo in risposta a quelle
domande non formulate e lei, a quella conferma, mise finalmente da
parte ogni dubbio.
– Va bene –
tornò a voltarsi verso Kei, asciugandosi la pelle ancora umida del
viso con un unico movimento di una mano, prima di rivolgergli
un'occhiata dedita a trasmettergli la propria decisione – Visto che
la metti così, accetto.
Non poteva tirarsi
indietro: se una cosa del genere era fattibile poteva essere la sua
unica occasione. Poteva sfruttare quell'esperienza fantastica per
maturare un altro po', per cercare di diventare abbastanza forte da
non doversi più piegare di fronte a nessuno, nemmeno al suo stesso
passato. Poteva approfittarne per crescere sia come persona che come
blader, insieme a Night.
Ed insieme a Kei.
Quel pensiero le
fece nascere un sempre più ampio e spontaneo sorriso sulle labbra.
“Perché?”
Quella domanda gli
risuonava ancora in testa, nonostante fosse nuovamente chiuso nel
silenzio della sua stanza. Perché le aveva fatto quella proposta?
Perché si stava dando la pena di rintracciare i suoi vecchi compagni
ed organizzare la partenza?
Si disse che l'aveva
fatto per sé stesso, perché, memore delle condizioni a cui i loro
genitori li avevano sottoposti tre giorni prima, era ben consapevole
che non poteva permettersi di avere una 'compagna di squadra'
con dei possibili ripensamenti. O peggio, dei rimorsi.
“Sai, ti
invidio molto” quelle parole gli si riaffacciarono alla mente,
insieme al loro significato.
No, non poteva
proprio permettersi il rischio di vedere il loro reciproco impegno
andare in fumo.
“La verità è
che ti bruciava il fatto di averla vista così vulnerabile per colpa
di un coglione come quello” lo rimbeccò la voce dell'Aquila,
arrivando a lui attraverso il bagliore sprigionato dal bit. Kei
spostò lo sguardo dal suo computer sino al bey, posto sulla
scrivania accanto ad esso, increspando le labbra in una smorfia
contrariata, cosa che non impedì alla sua amica di continuare,
imperterrita e saccente “Non puoi sopportare il modo in cui si è
sminuita, proprio perché tu stesso hai avuto prova del suo
valore.”
– Tsk.
“Non ti sei
divertito stasera con lei?”
Quella domanda a
tradimento gli fece scostare di nuovo gli occhi dai riflessi
d'ametista sul monitor, come se così facendo potesse arrivare
magicamente quella risposta che stava attendendo da un'ora. Nel
mentre si sforzò di non pensare a nient'altro, picchiettando le dita
della mano destra sul legno dello scrittoio al quale era seduto ad un
ritmo che gli impegnava l'intera sua parte cognitiva. Dopo una
manciata di minuti in cui la voce dell'Aquila Rossa non lo raggiunse,
lui lasciò sfumare quel rintocco fin troppo monotono e restò
momentaneamente in ascolto.
Niente.
Il bit al centro di
Dranzer era inerte.
Tirò un sospiro,
constatando di essere riuscito a tagliare fuori dalla sua mente
quell'amica a tratti fin troppo invadente. Il loro legame era
talmente profondo che la bitpower poteva tranquillamente percepirne i
pensieri senza che lui li formulasse a parole, quando erano in
contatto, cosa che per certi versi lo infastidiva: nessuno sarebbe
stato entusiasta di non poter giovare di un minimo di privacy nemmeno
per ciò che gli passava per la testa.
Eppure, aggiornando
la pagina delle e-mail, ora che era di nuovo solo, non poté non
ripensare alle parole che la rossa gli aveva rivolto. Sì, si era
sorprendentemente divertito quella sera a cena, in compagnia di
Yukiko e di quei due disgraziati dei loro migliori amici. Era stata
una serata fin troppo piacevole perché il ricordo potesse essere
contaminato dall'incontro sciagurato con quell'emerito idiota dell'ex
della nightblader. Il pensiero di quanto ci era andato vicino gli
faceva tornare voglia di spaccargli il naso una seconda volta.
Per quello e per
aver fatto piangere lei.
Per averla insultata
e aver affermato che non fosse abbastanza donna.
La verità era che
Yukiko lo era fin troppo, per uno come quell'imbecille.
Alla mente gli tornò
il ricordo di quel sogno a luci rosse che lo stava di tanto in tanto
tormentando e la reazione del suo corpo fu quasi troppo repentina,
tanto da costringerlo a cambiare posizione sulla sedia mentre si
aggiustava i pantaloni in modo che non gli tirassero. Eppure non era
più tanto sicuro che fosse solamente un sogno, a causa della strana
allusione che tempo prima aveva fatto il bitpower di lei ed a cui si
era rifiutato di dare importanza.
Venne distratto dai
suoi pensieri dalla notifica del suo portatile: nuova posta.
Cliccando
sull'icona, il blader aprì la finestra e le poche righe che scorsero
i suoi occhi gli fecero nascere una nuova smorfia sul volto: a quanto
pareva le cose non sarebbero andate così lisce come sperava.
– Dannato vecchio!
[ANGOLO AUTRICE]
Forse sto andando troppo veloce... mamma mia siamo già al quindicesimo capitolo!
Ne approfitto per ringraziare chi ha inserito questa fiction fra le seguite e le preferite, la cosa mi riempie di gioia, non lo nego, perché forse sta a significare che non sto facendo proprio un pessimo lavoro, no? Vi prego ditemi che è così XD
Con questo capitolo c'è stato un bel BOOM, vero?! Insomma, i nostri due blader che partono per un viaggio soli soletti? Che succederà? Sarà la fine del mondo? Probabile... Muhahahaha!
No, ancora non ci sono arrivata, ma sono a buon punto, quindi non è poi da scartare quest'ipotesi!
Vi lascio e vi mando un abbraccio, sghignazzando pure un po'.
La vostra pazza autrice
Kaiy-chan
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Capitolo 16 *** California, Stati Uniti d'America ***
16. California, Stati Uniti d'America
Natsuki Yukiko
teneva lo sguardo fisso oltre il finestrino alla sua destra,
scrutando la distesa di nubi che a tratti lasciava intravedere le
acque color zaffiro dell'oceano pacifico. Ormai erano in volo da
almeno sei ore e il ragazzo che le sedeva affianco sembrava essersi
appisolato da una mezz'oretta abbondante.
La ragazza ne
sbirciò l'espressione rilassata, mentre ripensò agli avvenimenti di
quel mattino.
[Flashback]
Il bussare deciso
alla porta della sua stanza le fece sollevare di scatto il capo,
indirizzando gli occhi verdi, che fino a un attimo prima stavano
scorrendo le righe che le aveva scritto sua madre, sull'anta lignea.
– Avanti.
Sbatté più
volte le palpebre nel constatare che quello che stava entrando in
camera sua con tanta fermezza era proprio Kei.
– Partiamo fra
un'ora, hai già preparato la valigia?
Yukiko inarcò un
sopracciglio – Non proprio...
– Sbrigati.
Abbiamo il volo prenotato, quindi farai meglio a non tardare se hai
davvero intenzione di partire – ribatté il dranzerblader senza
scomporsi ma fermandosi a pochi passi dalla scrivania alla quale la
ragazza era seduta, fissandola con quel suo sguardo imperscrutabile –
Ho informato mio padre della cosa ed ha provveduto alla prenotazione
del volo per la nostra prima tappa.
– E dove
andiamo?
– In America.
– Sicuro che
possiamo permetterci un viaggio simile? – gli domandò lei,
esternando il proprio scetticismo senza distogliere lo sguardo da
lui, indagandone l'espressione – Davvero tuo padre è stato così
accomodante?
Il dranzerblader
deviò quei suoi incredibili occhi di brace, corrucciandosi
leggermente, espressione che già di per sé lasciava intendere che
ci fosse qualcosa sotto – Più o meno – la mora attese che si
spiegasse, cosa che avvenne una manciata di secondi di silenzio dopo
– Si è offerto di ricaricare regolarmente la mia carta di credito,
ma a meno di quanto mi sarei augurato: saremo costretti a
razionalizzare le spese.
Fin lì Yukiko
non ci aveva trovato nulla di strano ed il ragazzo dai capelli
d'argento dovette intuire la sua perplessità, perché con uno sbuffo
aggiunse – Inoltre siamo obbligati a fare tappa negli alberghi
convenzionati con la nostra società. Se mancheremo una notte allora
il vecchio ci taglierà i fondi e rimarremo totalmente al verde.
– E immagino
che questo voglia dire che... – lo invitò lei, muovendo una mano
per fargli cenno di terminare la frase lasciata in sospeso.
– Che in tutta
probabilità ci ritroveremo a condividere la stessa stanza – sbottò
infastidito l'altro, incrociando ambo le braccia sul petto.
– Ah. – la
notizia lasciò la nightblader momentaneamente spiazzata, avvertendo
già le proprie gote imporporarsi, cosa che le fece nascere un
sorriso teso sulle labbra nel tentare di minimizzare – Be', io non
russo e, se non lo fai nemmeno tu, allora non è tutto questo gran
problema! Ahah.. pensavo peggio con la faccia che hai fatto!
Kei inarcò un
sopracciglio, abbandonando quel cipiglio in favore di un'aria
vagamente interrogativa, prima di chiederle – Non ti da' fastidio?
– No.
La prospettiva non
le aveva dato fastidio, né le dava fastidio ora mentre ci ripensava.
Certo, la metteva in imbarazzo sapere che avrebbero condiviso la
stessa stanza, ma questo non voleva dire che sarebbero stati
costretti a condividere lo stesso letto!
Percorse con l'occhi
verdi il profilo del dranzerblader, ritrovandosi a sfoggiare un mezzo
sorriso fra l'incredulo ed il divertito, nel posare la propria
attenzione sui due fregi triangolari che adornavano le guance del
ragazzo, di un bel colore blu scuro. Al vederlo conciato così quando
era stato il momento della partenza, era rimasta quasi spiazzata ed
aveva ceduto all'impulso di additarlo e scoppiare a ridere, preda di
un'ilarità che il giovane Hiwatari non aveva dato l'impressione né
di comprendere, né di condividere. Non che quell'aspetto non gli
donasse, tutt'altro, ma era anche la prova dell'esistenza di quella
sua parte più infantile che lui negava tanto strenuamente di avere.
Non che non
esistesse un bambino in ognuno di noi.
Forse era proprio
grazie a quel lato del suo carattere che ora lei si ritrovava a bordo
di quell'aereo, diretta a Los Angeles, con il sole ormai alle loro
spalle ed il resto del mondo ad attenderli. Il pensiero di poter
conoscere in prima persona blader eccezionali come quelli di cui
aveva sentito solo parlare le impedivano di rilassarsi abbastanza da
riuscire a prendere sonno. Il pensiero dell'avventura in cui aveva
accettato così facilmente di imbarcarsi continuava a tener vivo
l'entusiasmo che era andato risvegliandosi dal momento in cui ne
aveva avuto la conferma.
Forse, in fondo,
stava solo scappando dai suoi problemi.
Forse stava
rimandando l'inevitabile.
Eppure aveva capito
di essere esattamente dove voleva: lontano da Tokyo, lontano dal
proprio passato e dall'ombra opprimente del proprio futuro. Poteva
considerarla la sua ultima vacanza, la sua ultima boccata d'aria
prima di immergersi nella vita piena di responsabilità e oneri che
da sempre sapeva attenderla. Una vita a cui aveva creduto di essere
preparata, ma che gli avvenimenti degli ultimi mesi avevano
contribuito a fargliela vedere sotto una luce più pressante, quasi
di fatalità. Aveva bisogno di capire se davvero era pronta ad
esaudire le aspettative che gli altri riponevano in lei in quanto
erede dei Natsuki, e sperava che quelle poche settimane le sarebbero
bastate.
Non poteva
permettersi tentennamenti.
Sbarcarono che il
sole era ormai prossimo a toccare l'orizzonte e l'aeroporto si era
acceso da poco di lunghe scie di luci ai lati delle varie piste di
atterraggio. Lui e Yukiko erano fermi in attesa davanti al rullo sul
quale sfilavano le valigie dei passeggeri del loro stesso volo,
quando una voce familiare li distolse dalla loro contemplazione.
– Kei! Quanto
tempo!
Il dranzerblader si
voltò verso il biondino che si stava ancora avvicinando a loro, una
mano sollevata in segno di saluto, e non riuscì a non ricambiarne
del tutto il sorriso.
– Max.
Credevo fossi già alla
Berkeley.
– Le
lezioni inizieranno la settimana prossima e, dopo aver ricevuto il
tuo messaggio, non ci ho pensato due volte a rimandare la partenza di
qualche giorno! –
gli rispose l'ex membro dei
Bladebrakers, mentre entrambi si stringevano la mano. La cordiale
amicizia del biondo era rimasta la stessa, così come era sincero il
suo sorriso nel momento in cui la sua attenzione scivolò dal
dranzerblader alla ragazza che sostava dietro di lui –
Tu devi essere la
ragazza di cui Kei mi ha parlato.
Spostando
a propria volta lo sguardo scuro sulla mora, Kei ne notò il leggero
sussulto delle spalle prima di piegarsi in un nervoso ed esagerato
inchino di presentazione.
– P-piacere!
Sono Natsuki Yukiko! È un onore conoscerti!
Di
fronte all'emozione della ragazza, il dranzerblader inarcò un
sopracciglio ma si limitò semplicemente
a fissarla a quel modo, senza
commentare nulla, cosa che non sembrò aiutarla a ritrovare una
parvenza di naturalezza. Per contro Max esternò una risata
divertita, per nulla messo a disagio dal fare formale della mora.
– Nice
to meet you, Yukiko –
la chiamò direttamente per
nome, probabilmente avendo fatto propri i modi più diretti degli
occidentali, porgendo anche a lei la propria mano –
Il mio nome è Max Mizuhara.
La nightblader in
questione parve essere presa in contropiede da quella spontaneità,
ma ben presto si riscosse sfoggiando un ampio sorriso e ricambiando
la stretta con decisione e un filo di imbarazzo a colorarle le gote.
– Well!
– esordì
il nippoamericano, di nuovo rivolto all'ex compagno di squadra –
Se il viaggio non vi ha
stancato troppo, possiamo uscire a mangiare un boccone stasera, dopo
che avrete sistemato le valigie
– propose
con un ampio sorriso.
Kei
annuì con un cenno del capo prima di scoccare un'occhiata alla
moretta che se n'era rimasta tranquilla affianco a lui, cosa che
parve farla riscuotere.
– Oh,
sì.. sì, certamente. Sarebbe fantastico!
– Great!
Allora andiamo, ho già l'acquolina in bocca! –
esclamò Max, sollevando ambo
le braccia per porre le mani intrecciate dietro la nuca.
Il
dranzerblader si voltò verso il rullo trasportatore, dovendo
riconoscere con una nota di nostalgia che il suo vecchio compagno
sembrava non essere cambiato per niente. Certo, fisicamente era
cresciuto, sembrava più robusto del gracile ragazzino con cui si era
scontrato ed allenato a Beyblade in passato, ma caratterialmente
aveva conservato la sua espansività.
Distrattamente,
il blader di ghiaccio si chiese se avesse conservato anche quella sua
inspiegabile passione per la maionese.
Sì,
la passione per la maionese gli era rimasta.
Erano
seduti tutti e tre ad un tavolino rettangolare contornato da un paio
di panche imbottite e rivestite in pelle rossa, il tipico arredo di
un Fastfood per intenderci, e il biondino si era dato la pena di
spremere la bustina di quella salsa giallognola fino all'ultima
goccia, prima di addentare il suo hamburger.
Seduti
di fronte a lui, la mora
spulciò
qualche patatina dal proprio
vassoio, mentre il dranzerblader accanto a lei stava illustrando la
brillante idea del suo vecchio di “fargli mettere la
testa a posto”, citandone le
esatte parole di due settimane prima.
– Il
grande Kei fidanzato. Non credevo che questo giorno sarebbe mai
arrivato! – esclamò
con un pizzico di malizia il dracielblader, scoccandole un'occhiata.
Sotto
quegli occhi blu così indiscreti e velati di ironia, Yukiko si sentì
andare l'ultima patatina di traverso e dovette piegarsi leggermente
sul tavolo per evitare di tossirgli in faccia.
– Il
pericolo è passato, non preoccuparti. Abbiamo trovato il modo di
scamparla – ribatté
con tono impassibile il diretto interessato, ignorando tanto i
sottintesi dell'amico quanto la reazione di lei.
Scamparla
per così dire, perché i loro genitori ancora non volevano darsi per
vinti: nonostante avessero abbandonato l'idea di procedere
ufficialmente infatti, la giovane Natsuki si era già ritrovata a
dover fare i conti con la prospettiva di dividere la stanza con quel
ragazzo dai modi tanto distaccati quanto, il più delle volte,
scostanti. Appena erano arrivati in hotel infatti, la ragazza della
Reception aveva passato loro un'unica chiave con un sorriso
smagliante e le fatidiche parole “Vi stavamo aspettando
con ansia, signori. La vostra stanza è al terzo piano, speriamo che
la vostra permanenza qui sarà di vostro gradimento.”
Il
tempo di salire a sistemare le valige, con Max che li attendeva
all'ingresso dell'edificio, che i due blader si erano fatti coraggio
ad aprire la porta di una camera che, con una
buona dose di sollievo, si
era rivelata avere due letti singoli. Tuttavia avevano concordato di
non dire nulla al riguardo né a Max, né a nessun altro, per evitare
congetture e frecciatine scomode.
Il
biondino la riportò al presente scoppiando a ridere –
Non mi sarei aspettato niente
di meno da te, Kei: proprio
non ti ci vedo a fare la parte del figlio accondiscendente!
– Umphf
– sbuffò
il dranzerblader, addentando a propria volta l'hamburger che si era
preso.
A
quel punto Yukiko ritenne che fosse il caso di intervenire, cambiando
discorso – Allora,
Max. Se non sbaglio è già da qualche anno che ti sei stabilito qui
in America.
– Yeah.
Ho deciso di venire a vivere con mia madre e studiare qui,
collaborando al tempo stesso con il centro di ricerca del PPB. Domani
se volete posso farvi fare un giro –
propose, spostando lo sguardo
su Kei – ..dall'ultima
volta abbiamo apportato diverse modifiche.
Il
PPB, il centro di ricerca e
sviluppo tecnologico di
Beyblade più all'avanguardia. Lo stesso centro che aveva messo in
campo blader molto forti, tanto da arrivare a partecipare ai tornei
mondiali ogni singolo anno. Il solo pensiero le
fece accapponare la pelle in risposta ad un brivido di eccitazione
che le era salito su per la spina dorsale.
– Per
me è indifferente – esordì
il dranzerblader, risposta che fece saltare su dal divanetto la
nightblader.
– Volentieri!
– esclamò
d'impulso lei, sorreggendosi con ambo le braccia al bordo del tavolo.
La
sua reazione sembrò sorprendere un poco il biondino, che comunque
sfoggiò un sorriso compiaciuto –
Well! A
che ora passo domattina?
– Alle
nove andrà benissimo –
ribatté di nuovo Kei, senza
interpellarla.
Il
giorno seguente, dopo una notte di sonno piuttosto breve, Kei si
richiuse la porta della loro camera alle spalle prima di procedere
verso le scale. La nightblader lo anticipava di qualche passo, cosa
che la costrinse una volta raggiunto il pianerottolo, a fermarsi ed a
voltarsi in sua direzione, in volto un'espressione che tradiva una
certa impazienza.
Scesero
le scale in silenzio, così come non parlarono molto nemmeno durante
la colazione. Per lo più la mora gli pose qualche domanda sul PPB e
sugli incontri che aveva disputato nell'ultimo campionato mondiale a
cui aveva partecipato, tutte cose alle quali il dranzerblader rispose
senza dilungarsi, ma in maniera mirata e sintetica.
Avevano
fatto un giro per la città dopo cena, con Max che raccontava loro
delle sue esperienze in suolo americano e dei suoi progetti: si era
iscritto all'università di Berkeley un anno prima con l'obiettivo di
laurearsi in Applied Science and Technology. Questo
grazie all'interesse che aveva dimostrato per i metodi di ricerca di
sua madre, motivo per cui passava molto tempo al Centro del quale
ella era responsabile.
Quando
poi si erano salutati, verso mezzanotte, ed i due ragazzi si erano
ritirati nella loro stanza, avevano usato il bagno per cambiarsi a
turno. Eppure, nonostante si fosse fatto una doccia calda e
rilassante, il dranzerblader non era riuscito a prendere sonno
facilmente, scoprendosi ad ascoltare il respiro della mora dall'altro
capo della stanza che si affievoliva e regolarizzava.
Solo
con i propri pensieri, Kei si era perso a riflettere sulla loro
situazione e ancora una volta si chiese cosa stava facendo. Non era
propriamente da lui starsene tranquillo nella stessa stanza con una
ragazza carina quanto era la moretta, senza dilungarsi in
provocazioni di sorta. Non era mai stato quel che si potrebbe
definire 'un gentiluomo', eppure se ne stava voltato su un
fianco, dando le spalle al centro della camera, ben fermo nelle sue
intenzioni di non superare il limite immaginario che avevano
silenziosamente definito e che divideva l'ambiente in due porzioni
speculari. D'altra parte, era oltremodo determinato a non darla vinta
a suo padre e questo voleva dire non avvicinarsi a lei nemmeno per
sbaglio. Soprattutto per sbaglio.
L'avrebbe
tenuta a distanza al meglio delle sue possibilità.
Non
aveva alternative: era una questione di principio.
Poco
importava se a separare questo ed il suo istinto vi fosse un baratro.
Ne
era oltremodo convinto anche il mattino dopo, mentre uscivano dalla
sala da pranzo dell'albergo e si immettevano nella hall, andando
incontro al biondino che, entrato da poco, li salutava con un ampio
sorriso ed un cenno della mano.
– Pronti
ad andare? – chiese
loro appena lo raggiunsero.
– Sì
– rispose
senza farsi attendere la moretta, sfoggiando un sorriso luminoso. Di
fronte all'entusiasmo
d'ella, al riverbero di eccitazione nel suo sguardo, il dranzerblader
non fece una piega, come se
gli fossero bastate quelle dodici ore scarse ad abituarlo a lei.
Quella
riflessione lo colse tanto
ovvia
quanto inaspettata
e non poté non indispettirsene.
“Che
sciocchezza.”
– Ehi,
Kei – l'oggetto
delle sue riflessioni lo chiamò dall'auto ferma qualche
metro di fronte a lui, a lato
strada, le portiere aperte –
Non vieni?
Il
dranzerblader sbuffò, non
potendo non notarne nuovamente il sorriso spontaneo, questa volta
rivolto proprio a lui. La vista del modo in cui quell'espressione le
donasse gli diede l'occasione di accantonare
quei pensieri
oziosi e privi di importanza, per muovere passo e raggiungere il loro
mezzo di trasporto. Non poteva perdersi dietro simili sciocchezze o
si sarebbe rovinato il viaggio, cosa che era intenzionato a non
permettere in alcun modo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno ragazzi! Finalmente ecco arrivato lunedì e quindi non potevo sottrarmi dall'aggiornare la fic con un nuovo capitolo, tutto per voi ^_^
Che ne pensate? Forse ora le cose saranno sicuramente più chiare ad alcuni di voi XD So che morivate dalla voglia di sapere che ideona avesse colto il nostro Stimatissimo singor Hiwatari e spero che la sua fama di Genio del Male sia risultata meritata anche stavolta! Anche se, in realtà, gli effetti veri e propri di questa sua imposizione li leggerete più avanti.. Muhahahahaha!
Nel frattempo, ne approfitto per cercare di invogliare qualcuno di voi a darmi un parere, ricordando - se nel dubbio non si era capito - che potete anche scrivermi privatamente xD non mi offendo di certo.
Vi saluto e vi auguro un buon inizio settimana! Aggiornerò col prossimo capitolo domani, credo, quindi come al solito non dovrete attendere molto!
Un abbraccio
Kaiy-chan
|
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Capitolo 17 *** Una sfida al PPB ***
17. Una sfida al
PPB
Scendendo dalla
macchina Yukiko sgranò gli occhi verdi, fermandosi dinanzi all'ampio
ingresso dell'alto palazzo che costituiva il centro di ricerca e
sviluppo del PPB. Max le aveva spiegato che lo scopo del centro era
duplice: si occupava di sviluppare e testare nuove tecnologie che
potessero portare un miglioramento sia nel campo del Beyblade, sia
nei confronti del loro più importante collaboratore, la NASA. I
blader del PPB non solo erano i più forti ed i più equipaggiati, ma
collaboravano attivamente nel testare queste tecnologie, ideate per
essere utilizzate non solo sulla Terra ma anche nello Spazio.
Il dracielblader li
guidò oltre la porta d'ingresso, già illustrando loro con
semplicità i vari reparti che occupavano i singoli piani
dell'edificio. Era un tipo abbastanza carino, i cui tratti orientali
erano addolciti dal suo sorriso gioviale, gli occhi azzurri ed i
capelli biondi. Non sembrava esattamente il suo tipo però e in tutta
franchezza la nightblader si chiese se ne avesse realmente uno, prima
di spazzar via quei pensieri oziosi - e l'ombra di un viso che ormai
pareva intenzionato a non abbandonarla mai del tutto - dalla mente.
Osservando
l'abbigliamento di Max, ella dovette ammettere che era abbastanza
alla mano, costituito da una maglietta a maniche corte e piuttosto
ampia di colore arancione ed un paio di pantaloni lunghi sopra al
ginocchio di jeans blu. Il tutto incorniciato da una catenina
d'argento ed un paio di scarpe da ginnastica. Sì, il suo modo di
vestire trasmetteva la medesima impressione che davano i suoi modi,
una coerenza che la mora non poteva non apprezzare.
Lungo il corridoio
che stavano percorrendo si fece loro incontro una donna in camice
bianco, i cui passi rintoccavano sul pavimento mentre procedeva
accanto ad una ragazza dai capelli rossicci e gli occhiali. Al
vederli, la prima interruppe ciò che stava dicendo per donar
attenzione al biondino, di cui ne condivideva il colore dei capelli e
degli occhi, rivelando una qual certa somiglianza dei tratti soltanto
quando il suo viso si schiuse in un sorriso discreto quanto
affettuoso.
– Max, ti stavo
cercando – gli si rivolse, in perfetto inglese.
– Stavo facendo
fare un giro ai miei amici – le rispose lui nella stessa lingua,
fermandosi di fronte alla donna e tornando all'utilizzo del
giapponese – Lei è la ragazza di cui ti avevo parlato ieri sera –
indicando la moretta, che presa alla sprovvista dovette costringersi
a non fare un mezzo passo indietro – Yukiko, ti presento mia madre,
la dottoressa Judy Mizuhara.
Quella presentazione
inattesa fu sul punto di farla piegare in un nuovo inchino, ma
all'ultimo la ragazza dai capelli bicolori si bloccò, deglutendo ed
infine optando per un sorriso ed una mano tesa – Molto lieta, io
sono Natsuki Yukiko.
Judy le strinse la
mano senza indugio – Piacere mio. A quanto ho capito sei un'amica
di Kei – e nel dirlo scoccò un'occhiata al diretto interessato,
provocando nella mora un lieve sussulto, prima di cambiare discorso e
presentarle la ragazza che le si era fermata accanto – Lei è la
mia assistente: Emily Watson.
La ragazza con gli
occhiali le fece un cenno del capo ed un sorriso cordiale in risposta
a quella presentazione, senza sbilanciarsi troppo, prima di esordire
in inglese – Io e la dottoressa stavamo parlando del nuovo campo di
gara e abbiamo bisogno che tu, Max, lo provi. Rick è già là ad
aspettarti – concluse, scoccando un'occhiata strana, penetrante, a
Kei, cosa che non passò inosservata alla mora.
– Ok – ribatté
il biondino, voltandosi verso i due giapponesi – Volete venire con
me? Volevo giusto proporre a Yukiko un incontro – affermò
spontaneamente.
Quell'affermazione
fece inarcare un sopracciglio alla mora, traendola dai propri
interrogativi e trovandola preda di un improvviso disagio dovuto non
tanto allo sfidante, quanto al luogo in cui si trovavano.
Quell'ambiente, pieno di ricercatori e macchinari, pronti ad
acquisire dati, la mettevano in soggezione e ne sminuirono il
naturale entusiasmo, almeno sul momento. Per questo tardò un paio di
secondi, prima di annuire, seppur non troppo convinta.
– C-certo.. molto
volentieri..
S'infilò una mano
in tasca mentre procedevano di nuovo lungo quel corridoio, diretti
all'ascensore, stringendo nel pugno Night. La forma familiare e
fredda del suo beyblade a contatto con la pelle del palmo l'aiutò a
scacciare il leggero senso di inquietudine dovuta al 'giocare
fuori casa' e di lì a poco ci si mise anche il suo bitpower a
farsi sentire, attraverso il loro legame.
“Non hai di che
preoccuparti: ci faremo valere!”
Yukiko sorrise
impercettibilmente.
Quello di cui era
certa era che non si sarebbe fatta sopraffare tanto facilmente. Ne
andava del suo orgoglio di blader.
L'aveva notata anche
lui l'occhiata velata di sottintesi di Emily e non aveva faticato, a
differenza della moretta che lo anticipava di un passo lungo il
corridoio, a dare un senso all'espressione dell'americana.
Probabilmente sperava di avere una nuova occasione per raccogliere
dati su di lui in particolare, augurandosi che decidesse per qualche
arcano motivo di scendere in campo in un incontro.
“Manderemo in
tilt i loro strumenti” affermò nella sua mente l'Aquila.
Quelle parole lo
spinsero a chiedersi quando mai aveva acconsentito all'idea di
scendere in campo, ma dovette correggere il tiro quando la volontà
del suo bitpower di sgranchirsi un po' gli risuonò in un angolo
della testa, tanto imperativa quanto irruenta. Proprio come lo era
lei.
Una Fenice,
si corresse.
“Un nome non
cambia ciò che sono, non lo ha mai fatto. Se così non fosse non ti
avrei scelto” lo interruppe la sua migliore amica,
trasmettendogli un calore che lo aiutarono a distendere i muscoli
della fronte. Rassicurato e convinto ad accantonare definitivamente
la questione, arrivò alla conclusione che avrebbe continuato a
chiamarla Aquila Rossa, così come ella stessa gli aveva appena
suggerito.
– Ma guarda chi si
vede – la voce del grosso americano raggiunse le sue orecchie
appena varcarono la soglia della stanza, al centro della quale li
stava aspettando Rick. Il bisonte aveva, stampata in volto,
un'espressione saccente di quelle che Kei ricordava avergli visto
spesso durante il suo ultimo campionato mondiale e nemmeno
nell'aspetto era cambiato molto: pelle abbronzata, capelli quasi
bianchi legati in una coda dietro la nuca, occhi penetranti e grigi,
stazza considerevole – Così è vero che ti sei rammollito – gli
si rivolse, incrociando le braccia sull'ampio petto.
I nervi del
dranzerblader si tesero, ma scoccandogli uno sguardo penetrante, non
lo diede a vedere, conservando la solita indifferenza anche nel tono
di voce.
– Che vuoi dire?
– Esattamente quel
che ho detto – ribatté imperturbabile Rick.
Kei comprese ciò
che l'americano stava facendo: cercava di provocarlo per farlo
scendere in campo contro di lui. Sfoggiò un debole quanto ironico
mezzo sorriso in sua direzione, incrociando a propria volta le
braccia. Se era davvero ciò che voleva, allora l'avrebbe
accontentato.
– Ehi! – la voce
di Yukiko, carica di contrarietà, gli forò un timpano, facendolo
quasi sussultare nel riportarla nel proprio campo visivo – Che
cos'è, una festa privata? Guardate che ci sono anche io.
– E tu chi
saresti, ragazzina?
– Lei è Natsuki
Yukiko, la compagna di viaggio di Kei – intervenne il biondino,
facendosi avanti con uno dei suoi soliti e cordiali sorrisi per fare
le presentazioni – Lui è Rick Anderson, degli All Starz.
– Rimangiati
subito quel che hai detto, se non vuoi che ti faccia il culo a
strisce! – sbottò contrariata la mora.
Eccolo, quel fuoco
che quella ragazza aveva dentro, che tornò ad ardere impetuoso in
quegli occhi di smeraldo.
La cosa lo fece
sorridere, soprattutto in reazione al pensiero che quel bisonte
avesse appena trovato pane per i suoi denti.
– Come ti
permetti?! – l'ambiente stava scaldandosi relativamente in fretta.
Un leggero fischio
uscì dagli altoparlanti prima che la voce di Emily si diffondesse
nell'ambiente, interrompendo la discussione.
– Risparmiate
le energie per sfidarvi in un incontro di Beyblade, invece di perdere
tempo come foste dei ragazzini. Il nuovo campo aspetta di essere
testato.
Quelle parole
anticiparono il ronzio che invase la stanza, proveniente dal
meccanismo a motore che azionò l'aprirsi di un'ampia porzione
circolare nel pavimento fra loro quattro. Non appena le due lastre
d'acciaio furono scomparse, nel buco prese posto, alzandosi al
livello necessario, il campo da gioco.
Kei inarcò un
sopracciglio.
Si trattava di un
terreno disseminato di spuntoni e pozze d'acqua. Eppure la roccia di
cui era costituito, annerita e plasmata da un calore che doveva
essere fra i più alti mai riprodotti, brillava di quelle che non
potevano essere altro che sferette metalliche incastonate qua e là.
– Un meteorite –
mormorò Max sorpreso, prima che la voce dell'assistente di sua madre
tornasse a farsi sentire.
– Questo campo
da gioco rappresenta la superficie di un asteroide, compresa la
gravità, molto minore rispetto a quella del nostro pianeta. Ci è
stato commissionato per sperimentare le condizioni a cui si
troverebbero gli astronauti in caso di uno sbarco su un corpo celeste
di tali dimensioni, quindi fate il vostro dovere.
– Da quando è
diventata così acida, la quattrocchi? – si informò abbastanza
annoiato il dranzerblader.
Max sorrise, facendo
spallucce – Da quando ha scoperto che il Prof. K non potrà venire
a trovarla prima del prossimo mese.
– E tu Max
devi smetterla di raccontare i fatti miei in giro!! – urlò
nel microfono la diretta interessata, massacrando i timpani dei
presenti e inducendoli a cambiare discorso.
Mizuhara ridacchiò
nervosamente, prima di spostarsi di qualche passo, per porsi dal lato
del suo vecchio compagno di squadra, un dito ancora premuto su un
orecchio nel tentativo di stapparlo.
– Ahah.. meglio
fare come dice o finiremo per diventare tutti sordi – affermò il
biondino, prima di riuscire nel suo intento e abbassare il braccio,
sfoggiando un nuovo sorriso più pacato – Chi vuole scendere in
campo per primo?
– Io –
intervennero all'unisono la mora e l'armadio, facendo un passo avanti
prima di sussultare dalla sorpresa.
– Ehi mocciosa,
fatti da parte, il mio avversario è lui – sbottò Rick irritato,
indicando il dranzerblader senza alcuna remora.
– Non chiamarmi
così, razza di buzzurro troppo cresciuto – esclamò di rimando la
ragazza, stringendo un pugno a mezz'aria e cercando di fulminarlo con
lo sguardo verde smeraldo.
Nel fissare i due
mandare lampi dagli occhi, Kei inarcò un sopracciglio ma si ritrovò
a sorridere leggermente con una nota di divertimento. La tensione
nell'aria non faceva altro che caricarlo e fargli crescere nel petto
la sua naturale combattività, rimasta sopita fino a due settimane
prima. Scoccò un'occhiata a Max ed, incrociandone lo sguardo
cobalto, intuì perfettamente che i pensieri di lui erano
perfettamente in linea con i suoi. Fecero entrambi un passo avanti,
affiancando i due litiganti.
– Che ne dite di
una sfida a quattro? – propose il biondo.
– Per me va bene –
rincarò la dose il dranzerblader, prima di posare lo sguardo sulla
sua compagna di viaggio.
Ne vide
l'espressione interdetta, traditrice di un certo stupore ma anche di
una nota più indefinita e che le fece comparire su quelle guance
candide un velo di rossore, prima che si affrettasse a distogliere lo
sguardo per portarlo al campo di gara.
– Per me non ci
sono problemi – disse il bisonte a quel punto, scoccando
un'occhiata di sfida alla nightblader che, per contro, fu lesta a
ricambiarlo fessurizzando i suoi occhi di smeraldo nel tentativo di
lanciargli una scarica elettrica.
– Ci sto! –
esclamò infatti, quasi di getto. In quanto a combattività non era
facile da battere e Kei ne era divenuto fin troppo consapevole
durante il tempo speso insieme.
Allargando le gambe,
si mise in posizione, impugnando il lanciatore che aveva tenuto
appeso in cintura, nella rispettiva fondina, sino a quel momento. Un
nuovo sguardo a Yukiko, vedendola fare altrettanto alla sua destra, e
poi fu il momento di concentrarsi, i loro avversarsi che nel mentre
li avevano imitati, posizionando i rispettivi bey nell'aggancio
apposito.
La voce
dell'americana risuonò di nuovo dall'altoparlante, scandendo il
tempo.
– Tre. Due.
Uno. – la tensione si fece palpabile – Pronti. Lancio!
Le quattro trottole
sfrecciarono delineando scie di quattro colori diversi a mezz'aria,
atterrando poi nel campo di gara e roteando vorticosamente su sé
stesse. Dranzer e Night sollevarono meno polvere di quanto il giovane
Hiwatari si sarebbe atteso, poi rammentò la differenza di forza di
gravità esercitata all'interno del campo. Non aveva mai avuto
occasione di sperimentare un terreno simile, l'unico ad esservisi
avvicinato era stato Rei molti anni addietro, proprio in un'occasione
del genere. Ne rammentava fin troppo bene la sconfitta rovinosa.
Ma lui non si
sarebbe fatto battere allo stesso modo.
E questo dovevano
saperlo anche i loro avversari.
La mente di Yukiko
vorticava alla stessa velocità del suo bey, preda di una serie di
ragionamenti uno a seguito dell'altro, come il modo in cui ruotava
Night su quel campo di gara estremamente tecnologico, la composizione
così dura del terreno, la stabilità di cui i loro avversari
parevano giovare.
Si sentiva come
elettrizzata, percorsa da continue scariche di adrenalina in tutto il
corpo, ed era un'emozione che la inebriava come avrebbe fatto
soltanto del buon vino. O il bacio di qualcuno.
La mora scoccò uno
sguardo al suo compagno di squadra, avvertendo la stessa emozione che
poc'anzi l'aveva quasi fatta arrossire nel pensare alla possibilità
di combattere fianco a fianco. Una nuova scarica di eccitazione le si
diffuse nelle membra, pompata dal battito furioso del suo cuore
contro la cassa toracica. Avrebbe dovuto mantenere la concentrazione,
lo sapeva bene, non poteva farsi distrarre da simili considerazioni,
se non voleva farsi umiliare.
– Vediamo cosa sai
fare! – esclamò il gorilla dall'altra parte del campo, lanciando
all'attacco il suo beyblade.
Dranzer incassò
bene l'assalto, mentre scintille incandescenti si sprigionarono
all'impatto. Intorno ai due sfidanti, Night e Draciel, il beyblade
verde del nippoamericano, ruotavano in circolo, studiando la
situazione. Se Yukiko rammentava bene dall'ultimo torneo che aveva
seguito in televisione, il bey del biondino era basato sulla difesa.
– Sei migliorato –
constatò la voce di Kei nel frattempo, impassibile come al solito,
verso il suo avversario.
– E questo non è
ancora niente!
Dranzer venne
sbalzato indietro, perdendo stabilità sul terreno di gioco e finendo
incolume a ruotare sulla cima di uno degli spuntoni di roccia scura
che costellavano il campo, molto simile ad un'aquila appollaiata su
un costone di roccia intenta a scrutare con pazienza la propria
preda.
Quel paragone la
fece sorridere.
– È il nostro
momento, Night!
Si gettò contro la
trottola di Rick, mandando il proprio bey alla massima velocità di
cui era capace, ma un attimo prima dell'impatto intervenne Draciel,
contrastandola e sbalzandola a sua volta indietro, nel centro di una
delle pozze d'acqua presenti sul terreno, svuotandola e cospargendo
il campo di gioco di schizzi.
– Non così in
fretta – la redarguì il biondino, la cui affabilità sembrava
scomparsa in favore di una serietà ed una combattività che non
avrebbe mai sospettato possedesse. Aveva in volto un sorrisetto che
la indusse a ricambiarlo con la stessa moneta, mentre un angolo delle
labbra le si sollevava.
Era in gamba,
proprio come ci si sarebbe aspettato da uno dei fu Bladebreakers.
Osservò Night
ruotare leggero sul suolo umido, senza che questo ne rallentasse la
velocità di rotazione. Questo era senza dubbio dovuto alla minor
gravità a cui erano sottoposti i loro beyblade, eppure non sembrava
che quel campo di gioco avesse le stesse ripercussioni sui loro
avversari, la cui stabilità era praticamente perfetta.
Avrebbero dovuto
trovare il modo di destabilizzarli. Il riverbero delle pozze d'acqua
colse l'attenzione di Yukiko e in quel momento le venne un'idea.
– Kei! – lo
chiamò di slancio, incrociandone lo sguardo scuro – Quando te lo
dico io, salta!
Lui non ribatté
nonostante il guizzo di sorpresa nella sua espressione.
Non entrando nel
dettaglio e temendo che i loro avversari li anticipassero, la mora
mandò avanti Night, facendogli innescare il meccanismo motore
interno per aumentarne ulteriormente la velocità di rotazione, prima
di sfrecciare sul terreno impervio. Il bey passò da una pozzanghera
all'altra, spargendo schizzi e diffondendo il liquido cristallino per
tutto il campo. Rick tentò di contrastarla, innervosito da quella
strana tattica, ma lei lo evitò brillantemente, giovando della sua
maggiore velocità. Soltanto quando svuotò l'ultima depressione
diede il segnale al suo compagno.
– Adesso!
Dranzer prese lo
slancio e si lanciò nel vuoto ad un'altezza tanto maggiore quanto le
stesse forze in campo lo portarono a sfrecciare. Fu quello il momento
di Yukiko di agire.
– Glaciazione,
ora!
Immediatamente dal
bey blu scuro, sprigionando una chiara luminosità dal centro del
bit, si diffuse una ventata d'aria gelida e sotto la sua punta una
spessa lastra di ghiaccio prese forma, diffondendosi radialmente
intorno ad esso. Con velocità e precisione Night percorse il campo
intorno ai loro avversarsi, congelando il suolo senza apparente
sforzo per poi lanciarsi proprio fra essi, facendoli sobbalzare in
direzioni diverse, prima di prendere lo slancio necessario e saltare
a propria volta da uno spuntone di roccia più elevato. Si lanciò
così all'attacco di Draciel dall'alto, imitata da Dranzer che si
avventò invece sul bey di Rick, il quale sembrava sbandare sul
ghiaccio, instabile quanto potrebbero essere degli zoccoli sulla
gelida e scivolosa lastra cristallizzata.
– Stella
Cometa!
– Tempesta di
Fuoco!
L'impatto fu
violentò e costrinse entrambi i giapponesi a sollevare le braccia
incrociate di fronte al volto, per ripararsi dall'onda d'urto. Yukiko
dovette chiudere gli occhi, il bagliore emesso dai loro rispettivi
attacchi risultato troppo accecante per permetterle di fare
altrimenti.
Il contrasto fra il
caldo delle fiamme di Dranzer ed il gelo della neve di Night generò
un forte spostamento d'aria e fece condensare le microscopiche gocce
di vapore acqueo in sospensione, dando vita ad una sorta di tempesta
di pioggia e fulmini che si scaricò violentemente sul campo e verso
le pareti della stanza, il tutto per la durata di una manciata di
secondi.
Quando la situazione
si placò e la nightblader si azzardò, richiamata dal sibilo emesso
dai bey ancora in gioco, ad aprire di nuovo gli occhi, in mezzo a
nuvole di fumo e polvere si trovavano ancora tre trottole soltanto,
due blu e una verde. Il beyblade del bisonte giaceva riverso
fuoricampo, così come il suo blader stava cercando di riprendersi,
sollevandosi a sedere con aria frastornata e acciaccata, i vestiti
pieni di taglietti e qualche bruciatura.
Rockbison era fuori
gioco, sì, ma Draciel stava ancora girando stabilmente sul terreno
ghiacciato.
Il sorriso che le
scoccò il biondino, abbassando a sua volta le braccia, le fece
salire un brivido di inquietudine lungo la schiena. Com'era possibile
che non avesse accusato danni? Fin dove si spingeva il potere
difensivo di quel blader?
– Era parecchio
che non avevo occasione di disputare un incontro tanto avvincente –
commentò fra l'euforico ed il soddisfatto il dracielblader – Ora
tocca a me – annunciò, facendo un passo avanti ed appoggiando un
piede sul bordo del campo, muovendo con un gesto secco e rapido il
braccio destro in un chiaro segno di sfida – Draciel!
Controllo di Gravità!
– Cosa?! – si
lasciò sfuggire Yukiko, spalancando gli occhi.
Di fronte a lei fu
come se l'impeto del beyblade avversario fosse pari a un'onda delle
dimensioni di uno tsunami e le andò incontro con una potenza che
solo per il fronte d'aria che l'anticipava fece sbandare
pericolosamente Night. Il suo bey dai riflessi d'argento venne come
incatenato al suolo, avvolto da un cono di energia, impossibilitato a
schivare quell'offensiva dirompente ed ormai la sua blader credette
di non aver scampo. Fu Kei a salvarla.
Dranzer comparve nel
loro campo visivo come una saetta andando a colpire lo stesso Night
per deviarlo dalla traiettoria d'attacco dell'avversario, evitando
che quell'impatto, all'apparenza inevitabile, avvenisse.
Riprendendosi dalla
sorpresa la mora scoccò un'occhiata al blader che aveva accanto,
trovandolo con il respiro pesante quasi quanto lo era quello di lei,
ed una luce in quegli occhi scuri da illuminarli di una sfumatura di
brace tanto intensa da farle accapponare la pelle: era uno
spettacolo.
– Non distrarti!
Quell'esclamazione
impetuosa la fece sussultare e riportare con l'attenzione alla sfida
in corso, riprendendo il controllo della situazione e concentrandosi
su ciò che vedeva. Draciel stava facendo il giro del perimetro del
campo ad una velocità tale da sbrinare il terreno, dando quasi
l'impressione che stesse cavalcando un'onda e per un istante la mora
distinse come un bagliore iniziare ad irradiarsi dal centro del suo
bit.
La situazione non
preannunciava nulla di buono e le fu lampante il non poter farsi
sorprendere un'altra volta da quello strano attacco. L'unica
soluzione, comprese, era fare la prima mossa e non lasciargli il
tempo di riprendere il controllo.
– Attacca,
Night! – urlò, sollevando una mano al soffitto per richiamare
il suo bitpower.
Questo rispose,
sprigionando una luce dai riflessi blu dal centro del bit che ben
presto aumentò di intensità tanto da permettere alla figura
dell'Anka Bianco di materializzarsi sopra le loro teste. A quel colpo
di scena vide Max sollevare ambo le sopracciglia, preso di sorpresa,
e quello era senz'altro il momento migliore per buttarlo fuori gioco.
– Resisti
Draciel! – esclamò a propria volta il biondo però,
riprendendosi velocemente.
Anche dal centro del
bit del bey verde si sprigionò un fascio di luce intenso che, dai
riflessi violacei questa volta, materializzò la figura del suo
bitpower: la Tartaruga Nera.
– Dranzer!
– si unì il comando di Kei, immischiandosi in quel confronto.
La calda ed intensa
luce dell'Aquila Rossa avvolse per intero il campo di gara,
asciugando i vestiti e la pelle della ragazza, che si ritrovò di
nuovo a cercare di ripararsi con le braccia sollevate. Questa volta
fu tutto inutile: si sentì sbalzare indietro allo stesso modo in cui
doveva essere stato per Rick poco prima. L'impatto col pavimento le
svuotò i polmoni in un unico sospiro che la fece gemere di dolore e
sorpresa, prima che una serie di stelline danzanti le comparisse
davanti agli occhi.
Udì l'eco del
rintocco di un beyblade accanto a sé ed, in un angolo remoto della
mente, intuì che quel suono era stato prodotto dal suo Night, che
giacque - immobile come la proprietaria - su un fianco.
Emily aprì di
scatto la porta della sala degli allenamenti, precipitandosi
all'interno trafelata.
Che diamine era
appena accaduto? Ciò che le si presentò davanti agli occhi castani
le diede la risposta che cercava. Rick era ancora seduto a terra, gli
occhi sbarrati nel nulla e l'espressione scioccata di chi ha appena
assistito ad una potenza fuori dal comune. I suoi abiti avevano
qualche segno di bruciatura ma niente di preoccupante, lui
sommariamente sembrava star bene, nonostante avesse subito in pieno
la Tempesta di Fuoco di Kei.
Il suo compagno di
squadra dai capelli biondi era ridotto in ginocchio, un pugno chiuso
premuto sulle mattonelle del pavimento e ricoperto di quella che ad
un esame più attento della giovane assistente sembrava proprio
brina. Il resto degli abiti del dracielblader era ricoperto di
piccoli tagli e bruciature, così come era graffiata la pelle di
braccia e gambe.
Dall'altro lato del
campo, il quale era ridotto ad un ammasso di terra nera e bruciata e
sul quale stava ancora ruotando solitario Dranzer, Kei Hiwatari stava
abbassando in quel momento le braccia, perfettamente saldo sulle
gambe, e le lanciò uno sguardo di superiorità che le fece serrare
la mascella.
Lui sapeva.
Sapeva che i loro
strumenti erano andati in corto circuito dall'improvvisa elettricità
che era nata dalla prima combinazione di attacchi di lui e della sua
compagna. Quella consapevolezza le fece stringere con frustrazione le
mani a pugno, mentre si fermava a fissarlo: era riuscito a vanificare
i loro sforzi di raccogliere qualche informazione utile anche
stavolta. Maledetto.
Poi gli occhi scuri
del dranzerblader slittarono da lei e si posarono sulla ragazza dai
capelli bicolori con la quale aveva combattuto fianco a fianco, cosa
che indusse la ricercatrice a far altrettanto.
Yukiko era stata
sbalzata più indietro ed ora stava tentando di rimettersi seduta,
una smorfia sul viso segnato da un graffio superficiale che le
correva sotto l'occhio destro. I suoi lunghi capelli scuri,
precedentemente legati in una coda alta, erano liberi e sciolti a
ricaderle sulle spalle senza un ordine ben preciso, la fascia
scarlatta che portava in fronte apparentemente in buone condizioni. I
suoi vestiti, costituiti da un paio di pantaloni di jeans ed una
canottiera grigio piombo, sormontata da una felpa nera e rossa, erano
molto meno logori di quelli degli All Starz e presentavano giusto
qualche leggera traccia di abrasione. A parte la botta che doveva
aver accusato nella caduta, sembrava stare bene.
Il gesto di cui fu
spettatrice pochi istanti dopo tuttavia, fece spalancare ancor di più
gli occhi di Emily, che non poté far altro se non accantonare ogni
altro pensiero che non fosse ciò che stava osservando. Kei si
avvicinò alla moretta, porgendole una mano guantata per aiutarla a
rimettersi in piedi.
Hiwatari Kei, il
freddo ed impassibile dranzerblader.
Lo stesso ragazzo -
uomo, si corresse - che ora sfoggiava un mezzo sorriso nei
confronti della giapponese che lo accompagnava, mentre la tirava su
praticamente di peso senza una sola parola. Erano i suoi occhi a
parlare per lui, lasciando trasparire una nota di orgoglio e
soddisfazione, insieme a qualcos'altro... rammarico? Possibile
che le stesse silenziosamente chiedendo scusa per l'epilogo
dell'incontro?
No, si rese conto,
quello non era lo stesso blader che aveva avuto occasione di
incrociare più volte diversi anni prima. Era cambiato ed Emily si
ritrovò a chiedersi, con curiosità accademica, se ad attuare quel
cambiamento fosse stata proprio la ragazza che lo accompagnava.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Sono un'autrice degenera.
Alla fine ieri sera non sono andata avanti di una virgola, anzi. Pensate un po', mi sono messa a spolverare il ripiano della scrivania. Io. Bah, sicuramente sarò impazzita perché, non contenta, stamattina ho sgomberato allo stesso modo il primo scaffale della stessa. Certo, sono soddisfatta del risultato, ma la cosa mi ha impedito di scrivere più di una singola riga del nuovo capitolo. Me tapina. Spero di rimediare nel pomeriggio ovviamente, così che domani non dobbiate rimanere in attesa del prossimo capitolo.
Avrete notato che questo, come il prossimo, è più lungo del solito (è quasi il doppio delle mie paginette di word XD) ma non potevo proprio tagliarlo! E poi scommetto che la cosa non vi dispiace!
Allora, che ne dite? Sperando che vi sia piaciuto il contenuto, vi lascio, che ho fame e vorrei davvero continuare a scrivere! Vi mando un saluto con la manina intanto!
baci
Kaiy-chan
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Capitolo 18 *** Morte certa ***
18. Morte certa
Yukiko si stendette sul proprio letto, la camera rischiarata soltanto dalla luce della lampada posta sul comodino accanto, mentre alle orecchie le giungeva chiaramente il rumore scrosciante della doccia provenire da oltre la porta del bagno. Era il turno di Kei.
Ripensò alla giornata appena conclusasi, sollevando al contempo la mano destra sopra il capo, tenendola sospesa per scrutarne il palmo con aria pensierosa. Il ricordo di come lui gliel'aveva stretta per aiutarla a rimettersi in piedi era qualcosa che non voleva abbandonarla, nemmeno a distanza di diverse ore dall'accaduto. Lei aveva perso, ma il dranzerblader aveva vinto, dimostrando a lei ed agli altri ciò di cui era realmente capace. Strinse quella stessa mano a pugno.
Anche lei ora fremeva per dimostrare il proprio valore in campo. Voleva rivedere il sorriso che lui le aveva rivolto. Voleva leggere in quegli occhi così magnetici sentimenti quali fierezza e rispetto nei suoi confronti, come la blader che era.
“È stata una battaglia indescrivibile” le comunicò Night, il cui beyblade era riposto sul comodino.
– E la prossima volta faremo anche meglio, vedrai – sussurrò lei al suo bitpower, con un sorriso in volto.
Il loro viaggio era appena agli inizi.
Chissà quali altri blader avrebbero incontrato ed affrontato dal giorno seguente.
Il solo pensiero le infuse un entusiasmo che le fece venire la pelle d'oca dall'euforia. Eppure gran parte di quel buon umore era dovuto al fatto di aver combattuto per la prima volta affianco al dranzerblader e non contro di lui. Avevano cooperato, collaborato come una squadra. Si erano fidati l'uno dell'altra ed avevano prevalso sia sui loro avversari, sia sulle apparecchiature di quel centro di ricerca e sviluppo chiamato PPB, rendendo vano il loro tentativo di accumulare dati su di loro.
Una fortuna: se fosse stato altrimenti, lei non sarebbe certamente riuscita a riposare tranquilla. Come se la sola presenza del blader dai capelli d'argento in quella stanza non potesse bastare a intralciare i suoi tentativi di riposare in maniera soddisfacente!
Il suono dell'acqua corrente si spense, facendole scoccare un'occhiata in tralice alla porta del bagno ancora chiusa e la parte di lei che ormai era partita per la tangente si figurò nuovamente il ragazzo dall'altra parte di quell'anta lignea, ricordando il suo sapore, il suo odore, la sensazione che le avevano lasciato sulla pelle le sue carezze.
Chiuse strettamente le palpebre, cercando di soffocare il brivido di calore che le aveva provocato un formicolio inatteso dietro la nuca. Il ricordo di quella sera l'avrebbe fatta diventare pazza, ne era più che certa. Si sistemò meglio sul materasso, intrecciando le mani dietro al capo, un ginocchio sollevato mentre l'altra gamba, di nuovo fasciate entrambe dai suoi adorati jeans anche dopo la doccia che si era concessa, restava distesa sulle coperte. Inspirò a fondo, gonfiando il petto e avvertendo la carezza della canottiera sulla pelle nel seguirla in quel leggero movimento. Bandana e giacca erano appese alla sedia poco distante, quella accanto alla stessa scrivania ai cui piedi i due ragazzi avevano posto le loro due borse. Sì perché, chissà come, lei era riuscita a limitarsi ad una semplice quanto capiente sacca da viaggio e la stessa cosa era stata per Kei, il quale aveva portato con sé soltanto uno zaino.
In quel momento la porta si aprì e lo spiraglio di luce che si proiettò sul pavimento venne oscurato dall'ombra del ragazzo, il quale la calpestò senza riguardo. Riaprendo gli occhi di smeraldo, Yukiko si maledisse interiormente per averlo fatto: il dranzerblader appena uscito dal bagno le si mostrò in controluce, indossando soltanto un paio di pantaloni malamente allacciati in vita e sbilenchi sui fianchi ben definiti. La pelle ancora umida del busto era costellata di goccioline che rilucevano lungo il suo profilo, così come sulle braccia, tenute sollevate a sfregarsi l'asciugamano sui capelli. Capelli d'argento e di tenebra, due colori tanto opposti da sposarsi fin troppo bene fra loro, che gli ricadevano dinanzi agli occhi, adombrandoli, filtrando la luce che li illuminava nel vagare per la camera, alla ricerca di qualcosa.
La mora trattenne il fiato, mantenendo le palpebre semichiuse senza tuttavia riuscire a distogliere lo sguardo dallo stesso fisico che l'aveva tenuta avvinta contro quell'auto nel parcheggio ormai parecchi giorni prima, senza riuscire a non immaginarsi la sensazione che potevano avere quei muscoli nello stringerla contro il petto scolpito di quel blader di ghiaccio.
Sentiva caldo.
Doveva darsi una controllata.
Con uno sforzo che le parve sovrumano richiuse gli occhi, lasciando che le palpebre calassero totalmente a impedirle quella vista, dandosi della stupida per indugiare su certe fantasie. Era senz'altro solo una stupida ragazzina, se perdeva tempo ad immaginare qualcosa che non sarebbe mai potuto accadere. Ad immaginare qualcosa che neanche conosceva così bene.
No, non era vergine. Aveva già dato la sua virtù a quella serpe di Manabe, ma era proprio per questo che il pensiero di Kei era tanto irresistibile quanto colmo di incognite. Lui era così diverso dal suo ex ragazzo, da portarla a chiedersi come sarebbe stato fare l'amore con lui. Con le gote in fiamme, colse il fruscio emesso dal muoversi del blader nella stanza, attraversandola con passo deciso ma privo di qualsivoglia fretta. Sembrava l'andatura di un ragazzo privo di incertezze, sicuro di dove andasse e cosa stesse facendo, privo della classica frenesia che accomunava l'inesperienza. L'andatura di un uomo.
“Sono una pervertita!” si ritrovò ad esclamare mentalmente, al colmo dell'imbarazzo.
Era solo la seconda sera e già si ritrovava a dover avere a che fare con simili fantasie.
Come avrebbe fatto le prossime settimane che si prospettavano loro? Sarebbe morta, si disse senza la benché minima incertezza.
“Esagerata” la sbeffeggiò divertito Night.
I giorni successivi, trascorsi a Los Angeles, passarono più in fretta di quanto la stessa moretta avesse intimamente sperato, sentendosi sballottata da un luogo all'altro quasi senza sosta. Max accompagnò l'amico e la ragazza in giro per la città, facendo loro da guida. Qualche volta si unì a loro anche Rick, fatta eccezione per il quinto giorno, quando andarono ad assistere ad una delle partite di baseball di Michael, il quale aveva intrapreso seriamente la carriera di lanciatore professionista.
Una bella partita, per quanto quello sport non entusiasmasse il dranzerblader. Tuttavia non poté evitare di passare, alla fine della stessa, dagli spogliatoi della squadra per salutarlo insieme agli altri.
– Ehi Max. Sei venuto a vedere la partita? – esclamò amichevole l'americano al compagno di squadra, in inglese.
Il biondo sorrise – Yes, ne ho approfittato visto che per una volta giocavate in casa. Inoltre volevo presentarti una persona – ruotò leggermente su sé stesso e a quel punto fece cenno ai due giapponesi, rimasti in disparte, di farsi avanti.
Kei rimase esattamente dov'era, appoggiato alla parete del corridoio di schiena, le braccia incrociate sul petto e l'espressione indifferente. Yukiko invece abbozzò un pacato sorriso e si fece avanti mentre il biondino la presentava.
– Molto lieto – fece il giocatore di baseball, sfoggiando un ampio sorriso nel stringere la mano alla mora. Uno di quei sorrisi che solitamente riservava alle sue fan, per ammaliarle. Il dranzerblader scoccò al trio un'occhiata in tralice, rammentando fin troppo bene l'ego che aveva dimostrato in passato l'ex capitano della squadra americana.
– Che ne dite se andiamo a mangiarci un boccone?
– Great idea! Mi sta giusto venendo fame – acconsentì il dracielblader con un ampio sorriso.
– Sì, anche per me va bene – accettò persino Yukiko, con fin troppa facilità per quanto riguardava il suo compagno di viaggio, prima di esser interpellato dal medesimo oggetto dei suoi pensieri – Kei?
Lui, preso momentaneamente alla sprovvista, sollevò chiaramente lo sguardo in loro direzione, fissandoli senza remore prima di riabbassare del tutto le palpebre.
– Nessun problema.
Eppure non riuscì in alcun modo a farsi passare totalmente il cipiglio che gli incurvava le sopracciglia verso il basso, mentre si incamminava al seguito degli altri verso l'uscita dello stadio, procedendo accanto alla sua compagna di squadra. E lo stesso fu in seguito, dopo l'essersi accomodati in una delle pizzerie del centro ed essere stati raggiunti da Rick, Steve, Eddy ed Emily. Fu una cena a base di pizza, all'insegna di aneddoti e chiacchiere generali, ma per qualche strano motivo l'argomento andava sempre a ricadere sulla nuova ragazza, la quale dovette destreggiarsi fra diverse domande e curiosità.
– Com'è che sei finita a farti accompagnare da uno come Kei? – le chiese Eddy.
– Ehm... storia lunga.
“Fatti gli affari tuoi!” sbottò fra sé e sé il diretto interessato.
– Avete fatto un bel casino al centro l'altro giorno – intervenne Steve.
– Le apparecchiature sono andate tutte in cortocircuito – si lamentò Emily.
Sul volto di Kei comparve un sogghigno soddisfatto al pensiero dell'incontro disputato al PPB e di come era andato a finire.
– Ma come fai a resistere in compagnia di questo qui? – intervenne divertito il lanciatore, indicando il dranzerblader – Non ti fa saltare i nervi?
Kei gli scoccò un'occhiata di fuoco, inarcando un sopracciglio, prima di spostare il proprio sguardo inquisitorio su Yukiko, che in quel momento sfoggiò una risatina piuttosto nervosa.
– Non troppo – fu la sua risposta diplomatica.
Il ragazzo in questione inarcò anche l'altro sopracciglio, prima di esternare uno sbuffo infastidito e non commentare alcunché, ripristinando la propria facciata di assoluta indifferenza. Se le cose stavano così avrebbe anche potuto pensarci meglio, prima di accettare la sua proposta impulsiva di quel viaggio. Aveva pronta una frecciatina sulla punta della lingua ma scelse il silenzio, essendovi troppi spettatori indesiderati intorno a loro.
La serata proseguì così, fra i tentativi di Michael di attirare l'attenzione della nightblader, quelli di Max di fare da pacere e gli interventi di Eddy e Steve a variare e animare la conversazione. Lui in tutto ciò disse poco e niente, limitandosi a restarsene sulle sue, infastidito da non sapeva bene nemmeno lui cosa. Alla fine concluse che era probabilmente la compagnia, che non gli andava troppo a genio.
Fu così che quando finirono di cenare, dopo neanche dieci minuti, Kei si alzò da tavola, annunciando che sarebbe tornato in albergo e soltanto a beneficio della mora con cui condivideva la camera. Voleva solo uscire, così da non essere costretto a sopportare per un altro minuto quella scena, protrattasi fin troppo a lungo per i suoi gusti. Lo sguardo che gli scoccò Yukiko gli fece chiaramente comprendere che il suo parere era nettamente in contrasto col suo, soltanto per lo smarrimento che vi lesse negli occhi verdi e che lui fu ben attento ad ignorare. Che se ne restasse pure lì con quelli, lui avrebbe giovato per un po' della solitudine che gli era mancata sin dal momento in cui era salito su quell'aereo.
– Ma che gli è preso? – domandò Michael, rompendo il silenzio sceso dal momento in cui Kei aveva scostato la sedia dal tavolo e si era avviato verso l'uscita.
Yukiko, che ne aveva seguito l'allontanarsi con un'espressione perplessa, rivolse lo stesso sguardo al lanciatore americano, inclinando il capo verso la spalla sinistra prima di assumere un'aria fra il pensieroso e il corrucciato.
– Non è cambiato molto in questi ultimi anni – commentò Max, apparendo tutto men che preoccupato.
La mora, dal canto suo, sentì come un sapore amaro in bocca e sfoggiò una smorfia eloquente. Non le piaceva il modo in cui Kei se n'era appena andato. Ai suoi occhi il comportamento del dranzerblader in quell'ultima ora era andato incupendosi di minuto in minuto, come se ci fosse stato qualcosa a indispettirlo. Si sorprese di quella considerazione, seppur era certa di non sbagliarsi, presa alla sprovvista dall'eventualità di iniziare forse a capire in minima parte il complesso carattere del suo compagno di stanza.
Una parte di lei - quella più egocentrica, si disse - le suggerì che, qualunque cosa avesse indispettito Kei, in qualche modo potesse centrare proprio con lei stessa.
Si alzò a sua volta dal tavolo, prendendo la sua decisione e facendo sussultare Emily, che le stava seduta praticamente accanto per quel movimento improvviso.
– Ehi, Yukiko!? – la apostrofò l'altra ragazza infatti, inarcando un sopracciglio.
Stessa aria interrogativa si rifletté sui volti degli altri presenti, ai quali la nightblader sorrise in segno di scuse.
– Sorry guys, mi sono appena accorta che è abbastanza tardi e credo che rientrerò anche io – annunciò senza mezzi termini, tralasciando il vero motivo che l'aveva spinta a desiderare di seguire il dranzerblader – Mi sono divertita un mondo stasera, sono stata davvero felice di conoscervi – affermò con un ampio sorriso, sincera su quel frangente, posando per ultimo lo sguardo su Max – ..e spero avremo ancora occasione di sfidarci.
– Of course! Ti farò sapere la prossima volta che tornerò in Giappone – le assicurò il biondino, pollice alzato.
Anche gli altri All Starz la salutarono più o meno brevemente e lei riuscì a svicolare senza troppi problemi sino all'uscita della pizzeria. Una volta sul marciapiede si guardò in giro: l'hotel non era troppo lontano e lei dubitava che Kei avesse preso un taxi per tornare. Si incamminò speditamente verso l'albergo, cedendo all'impulso di mettersi a correre quando, dopo una decina di metri, ancora non vedeva traccia del dranzerblader. Riuscì a scorgere la sua immancabile sciarpa immacolata soltanto dopo una manciata di minuti, poco prima che girasse un angolo, e fece un ulteriore scatto in avanti, bruciando le ultime distanze che li dividevano in una manciata di secondi.
– Kei, aspettami!
Quel richiamo ebbe il potere di farlo voltare a guardarla, ma solo il tempo di scoccarle un'occhiata in tralice, prima di tornare a voltarle le spalle e riprendere a camminare. Sembrava intenzionato ad ignorarla, cosa che le pompò in circolo un'ondata di adrenalina che le diede la forza di fare gli ultimi passi che le mancavano per raggiungerlo.
– Kei! – lo chiamò di nuovo, potendo rallentare finalmente alla sua andatura non troppo rapida ma nemmeno così lenta, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni. Incespicando cercò di riprendere fiato, piegandosi leggermente in avanti per dare sollievo agli addominali, e questo la fece fermare un istante sul posto. Il ragazzo non sembrò calcolarla minimamente nemmeno questa volta e con la coda dell'occhio lei ne vide la figura continuare a muoversi, passando oltre il suo fianco destro.
La cosa la fece muovere d'istinto e determinata a fermarlo agì d'impulso, allungando una mano per trattenerlo e stringendo meccanicamente le dita su un lembo della candida sciarpa che sino a quel momento gli aveva ondeggiato dietro la schiena. Trattenendolo per questa, vide la parte superiore del suo corpo sussultare, mentre la gamba destra si sollevava senza tuttavia portare a termine quella falcata, il proprietario che finalmente si arrestò, momentaneamente sbilanciato indietro. Non gli ci volle molto per riprendere l'equilibrio e quando si voltò di nuovo verso di lei, la ragazza si sentì trafiggere da quegli occhi scuri, giusto un attimo prima che il suo avambraccio le colpisse il polso, costringendola a lasciare la presa in modo tanto brusco quanto scostante.
– Che vuoi? – e lo stesso si rifletté nel tono gelido di quell'unica domanda.
Spiazzata da quella reazione, Yukiko impiegò un paio di secondi per riprendersi abbastanza da poter pensare di avere a sua volta una qualche reazione che non fosse quella di rimanere lì impalata a fissarlo. Quando finalmente gli ingranaggi del suo cervello ripresero a girare, l'indignazione prese il sopravvento.
– Che cavolo hai? – sbottò a quel punto, senza celare la propria irritazione.
– Nulla che ti riguardi – le rispose freddamente lui, già cercando di voltarle le spalle.
La mora non si lasciò prendere alla sprovvista, muovendosi rapidamente per pararglisi davanti e bloccargli ogni possibilità di riprendere ad avanzare, allargando appena le braccia e sostenendone lo sguardo con decisione.
– E allora perché sembra che tu stia cercando di evitarmi? – lo incalzò, implacabile.
Sul volto del dranzerblader si dipinse una nota di fastidio che gli fece corrucciare l'espressione, prima che deviasse il suo sguardo a lato, chiudendosi in un ostinato silenzio. Quella reazione diede il tempo alla mora di riflettere, la mente che frenetica ripercorreva gli avvenimenti di quella serata. Finché non ci pensò il suo interlocutore a chiarire.
– Ho solo pensato di darti un po' di pace dalla mia presenza, non vorrei mai che ti saltassero i nervi.
I pezzi del puzzle si incastrarono magicamente tutti al loro posto e quelle parole, pronunciate in quel tono tanto gelido quanto strafottente, le diedero l'impressione di una sferzata di vento invernale, facendole sgranare gli occhi dallo stupore.
Allora era quello il motivo.
Rammentò fin troppo bene il motivo che l'aveva portata a rispondere in quel modo a Michael, motivo che le fece tingere le gote di un nuovo rossore. Non si lasciò abbattere dall'imbarazzo però, non questa volta, perché era per lei un equivoco troppo stupido per concedergli di persistere un solo altro minuto. Scosse il capo in segno di diniego, esternando uno sbuffo a labbra serrate e ponendo ambo le braccia conserte sotto il seno puntò i propri occhi dritti in quelli di Kei.
– Non era quello che intendevo.
– E allora cosa intendevi? Sentiamo.
– Che anche se ci sono momenti come questo, in cui ti prenderei volentieri a sberle, sommariamente non ti trovo così irritante – gli rivelò, cercando di non arrossire come un peperone. Tentativo vano: ammettere una cosa del genere, seppur molto genericamente, era alle sue orecchie molto simile ad una confessione involontaria. Una confessione che l'altro parve non cogliere per lo meno, perché se ne uscì con uno sbuffo ironico.
– Ah, ecco.
– Senti – Yukiko sollevò ambo le mani in segno di resa, spazientita, il cuore in petto che le batteva furiosamente senza che lei potesse farci niente, quasi esasperata da quella situazione – Che ne dici di permettermi di rimediare? – gli domandò a quel punto con un mezzo sorriso, cercando di andargli un po' incontro vista la naturale propensione del suo interlocutore a non farlo – Domani ci prendiamo la giornata per noi, per allenarci un po' per conto nostro.. – sentì distintamente il sangue affluirle prepotentemente sul viso, un attimo prima di citare le sue stesse parole di qualche sera prima, con la voce che quasi le tremò mentre pronunciava quelle poche parole – Soltanto io e te.
Si sarebbe tranquillamente aspettata che lui le scoppiasse a ridere in faccia, per quella proposta: era stata fin troppo presuntuosa. Cosa l'aveva portata a credere che lui gradisse la sua compagnia fino a quel punto? Anche se l'idea di partire era stata sua, se non si era tirato indietro nemmeno quando si era trovato di fronte ai complotti del padre, questo non voleva dire niente.
“Farebbe meglio a starmi lontana quanto più possibile”
Quell'unica frase le risuonò nella mente sorprendentemente nitida, ripescata da un ricordo ancora fresco, suggerita da quegli occhi di brace che parevano volerla sondare nel profondo.
– Va bene – mormorò il ragazzo dai capelli d'argento, interrompendo il contatto visivo e spiazzandola con quelle due semplici parole.
– Eh? – la nightblader si sentì come cadere dalle nuvole.
– Domani ci alleneremo per conto nostro – ribadì con nuova fermezza lui, tornando a puntare il suo sguardo penetrante su di lei. Accennò a fare qualche passo per aggirarla, ma non le passò oltre, si fermò ad aspettarla scoccandole un'occhiata penetrante – Ma non ti azzardare mai più a tirarmi per la sciarpa, o patirai le pene dell'inferno.
Lapidario, inflessibile, le lanciò quell'avvertimento ed attese che lei annuisse, dando segno di aver recepito il messaggio, prima di decidersi a voltarsi verso la direzione da intraprendere. Quando lui si mosse, la mora ebbe abbastanza presenza di spirito da far altrettanto, procedendogli affianco con movimenti un po' rigidi a causa dell'animo in subbuglio: quella minaccia era risuonata tanto inquietante quanto ineluttabile, mentre il fatto che avesse accettato la sua proposta senza scoccarle una sola frecciatina le aveva causato una confusione tale da stordirla, facendola camminare quasi come un automa.
Kei le aveva detto di sì.
Avrebbero passato l'intera giornata successiva insieme, solo loro due.
Quel pensiero le diffuse nel petto una sensazione impalpabile, facendole sussultare il cuore.
No, non aveva possibilità di uscire sana e salva da tutta quell'esperienza.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Inutile negare, mi sono divertita decisamente a scrivere questo capitoletto, ma vi anticipo che per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare venerdì. Sono rimasta un po' indietro infatti e mi scuso per chi mi segue così assiduamente quanto assiduamente io riesco ad andare avanti, ma sto avendo qualche contrattempo. Vi assicuro che le cose stanno per farsi interessanti comunque XD certo, non tanto presto quanto forse vi augurerete, ma comunque non farete in tempo ad invecchiare, ecco.
Ringraziandovi per il vostro sostegno vi auguro una buona giornata di sole u.u
alla prossima!
Kaiy-chan
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Capitolo 19 *** Compagni di squadra ***
19. Compagni di squadra
Così, il 16 Settembre di quell'anno lo passarono insieme, per quasi ogni singolo minuto.
Si svegliarono e alzarono senza fretta, non avendo l'entusiasmo di Max a metterne loro sull'uscire e fare un giro da qualche parte. E, se le giornate precedenti si erano rivelate capricciose e volubili, almeno per quel singolo giorno il sole sembrò l'unico vero padrone incontrastato della volta celeste.
Kei ritirò il proprio beyblade, tracciando nella sabbia un solco fra i tanti, prima di lanciare un'occhiata alle onde che si infrangevano, poco distanti da loro, sul bagnasciuga. Si erano diretti in spiaggia, ma il calore di quella splendida giornata iniziava a farsi sentire ora che il sole era ormai alto nel cielo, rendendo invitante l'idea di un tuffo persino al dranzerblader.
Sollevò allora lo sguardo sulla ragazza con cui aveva accettato, senza troppe remore, di passare la giornata. La vide piegata in due, i lunghi capelli sfumati di rosso e legati in quella coda alta pendente in avanti sul capo chino, le braccia nude che puntellavano le gambe fasciate dai suoi immancabili jeans blu, ad altezza delle ginocchia. Stava cercando di riprendere fiato, la pelle chiara che iniziava ad arrossarsi a causa della luce del sole sotto cui erano rimasti sino a quel momento, accaldata e sudata. Poteva coglierne il respiro affannoso sino a lì, confuso con il rumore delle onde.
– Pausa – propose la mora, sollevando finalmente il capo e puntando quei suoi occhi verdi su di lui.
Kei di rimando annuì con un semplice cenno del capo, inspirando certo con più descrizione ma a sua volta in moto accelerato rispetto al normale. Era stato un buon allenamento, un po' sfibrante forse, ma soddisfacente. Le propose di mangiare qualcosa e mentalmente si appuntò l'idea di farla togliere dal sole, per evitare che si prendesse una bella scottatura su braccia e spalle, lasciate scoperte dalla canotta color piombo che sembrava prediligere. Probabilmente sarebbe stato anche il caso di procurarle una crema idratante, giusto per andare sul sicuro.
Il grande e freddo Kei Hiwatari che si da' tanta pena per una ragazza.
Quell'osservazione su sé stesso gli fece serrare le labbra in una smorfia, mentre calcava con i piedi nudi la finissima sabbia del litorale, avvicinandosi alle proprie scarpe per recuperarle con un unico movimento fluido. Raggiunse il duro selciato della strada che costeggiava la spiaggia, cogliendo con la coda dell'occhio Yukiko fare altrettanto. Comparendo infatti alla sua destra, ella aveva le gote arrossate e le labbra leggermente schiuse nell'esternare uno sbuffo, gli occhi luminosi contornati da un'espressione corrucciata mentre esaminava e ripuliva le sue scarpe da ginnastica, assicurandosi che non vi rimanesse della sabbia all'interno.
Quando la mora si accorse del suo sguardo, lui si affrettò a deviarlo, guardandosi brevemente attorno, preda dell'improvvisa necessità di decidere da che parte andare per mettere qualcosa nello stomaco. Ignorò l'intimo quanto istintivo desiderio di tornare a guardarla, un desiderio che non aveva né nome né forma, ma era alla stregua di un mero impulso, tanto labile da venir accantonato nello spazio di un semplice battito di ciglia.
– Come siamo messi a fondi?
La voce della nightblader lo trasse dai suoi oziosi pensieri, dandogli modo di scoccarle una nuova e giustificata occhiata mentre, al contempo, era chinato a infilarsi la seconda scarpa. Gli ci volle un istante per elaborarne la domanda, fare mente locale e poi darle una risposta esauriente quanto concisa.
– Domani il vecchio dovrebbe fare il versamento – le disse – nel frattempo ci rimangono un totale di circa 96 dollari sulla carta di credito.
Terminò di allacciarsi la scarpa e la mora nel frattempo gli rispose con un mugugno pensieroso, prima di esprimersi in un commento più articolato.
– Credo che dovremmo tenerci un po' più di margine per la prossima volta, non si sa' mai. Per ora propongo di trovare un carretto di hotdog e procurarcene un paio.
Kei annuì con un semplice cenno del capo, raddrizzandosi. Non era mai stato un tipo di grandi pretese, il più delle volte gli bastava si trattasse di qualcosa di commestibile, ma questo non voleva dire che non avesse anche le sue preferenze. Sommariamente comunque, gli hotdog non gli dispiacevano.
Trovarono il suddetto carretto di fronte all'ingresso di un parco e alla nuova proposta della moretta di fermarvisi, il blader non ebbe di nuovo nulla in contrario. Dovettero girare un paio di minuti prima di trovare un luogo adatto, ma alla vista dell'albero contorto ed isolato, provvisto di un'ampia chioma ricolma di foglie, non ebbero alcuna esitazione. Yukiko vi si abbandonò sotto, lasciandosi ricadere sull'erba all'interno dell'ombra proiettata dalla pianta stessa, facendosi sfuggire un sospiro di sollievo. Kei dal canto suo fu più discreto, ma non appena ebbe guadagnato la protezione da quel sole battente si rilassò e si dedico a finire il proprio pranzo, cosa che gli impiegò trenta secondi a dir tanto: non si era minimamente reso conto di quanto fosse stato vuoto il suo stomaco, prima del primo boccone.
Concentrato com'era stato sull'allenarsi, gli era nuovamente capitato di perdere la cognizione di sé stesso, come gli accadeva spesso fino a qualche anno prima. La ragazza, che lo fece riemergere dai suoi pensieri, gli porse la bottiglia dell'acqua che avevano acquistato al supermarket lì vicino e lui ne bevve un lungo sorso, prima di restituirgliela e osservarla fare la stessa cosa. Inarcò un sopracciglio, seguendo con lo sguardo una goccia d'acqua scivolare dall'angolo delle labbra di lei e tracciare una linea umida sino al mento. Questo prima di voltarsi di scatto verso un'altra parte, appena si rese conto di quanto quella vista lo attraesse.
Stava ancora tentando di riprendere il pieno controllo dei propri impulsi, cercando di giocare la carta della razionalità, quando un movimento con la coda dell'occhio lo informò del cambio di posizione della nightblader, che si distese con ambo le braccia sopra il capo, le mani intrecciate a far da cuscino dietro la nuca. Ancora una volta allora si soffermò a scrutarne i lineamenti del viso, approfittando del fatto che ella avesse chiuso gli occhi, notandone il sorriso leggero che le delineava le labbra. Aveva un'espressione che trasudava serenità e soddisfazione, le ciocche scure carezzate da un alito di vento di quel primo pomeriggio. Lo stesso alito di vento che si insinuò anche fra i suoi capelli argentei.
Poi venne distratto dal proprio cellulare, che vibrò per avvertirlo di un messaggio. Sfilandolo dalla tasca anteriore dei pantaloni il blader sfiorò lo schermo e immediatamente questo si illuminò, rivelandogli il mittente: Max. Ciò che lesse gli fece inarcare un sopracciglio, cosa che ultimamente gli capitava fin troppo spesso. Una parte di lui si chiese cosa saltasse in mente al biondino di punto in bianco, mentre l'altra già stava domandandosi se il suggerimento che gli era pervenuto fosse abbastanza buono da poter essere preso in considerazione. Ripose il telefono in tasca.
– Ti va? – la voce della nightblader lo costrinse a tornare a guardarla con fin troppa rapidità, per scoprirla porgergli una delle due cuffiette degli auricolari del suo lettore mp3, il suo viso atteggiato in un'espressione interrogativa.
Il dranzerblader ci impiegò un paio di secondi buoni prima di avere una reazione, preso alla sprovvista da quell'invito, ma quando si riebbe non riuscì a far altro che allungare una mano per prendere in consegna quel mezzo auricolare. Scivolò in avanti, stendendosi a propria volta sull'erba, una mano dietro il capo e l'altra poggiata sul ventre mentre le prime note di chitarra elettrica gli penetravano nell'orecchio sinistro. Dal medesimo lato la mora si era rimessa nella stessa posizione di prima, allungata in obliquo rispetto a lui a formare un angolo di circa sessanta gradi, il cui vertice erano le loro teste, vicine tanto basta da non tendere il filo delle cuffie ma non abbastanza da sfiorarsi.
The Art of Breaking accompagnò i suoi pensieri, un'altra canzone a lui nota nel repertorio di quella ragazza. Si chiese se non iniziassero ad avere troppe cose in comune: i gusti musicali, il Beyblade, il tipo di genitori.. eppure, stranamente la cosa non gli causò il minimo fastidio e se ne sorprese lui stesso. Perdendosi a fissare la distesa di quel cielo completamente terso, ripensò ancora una volta alle aspettative di suo padre, agli oneri che lo attendevano in Giappone ed a quanto lontano da tutto quello fossero.
Quel Futuro a loro imposto ora gli appariva tanto distante quanto impalpabile in quella placida giornata estiva, messo in secondo piano dal Presente in cui si erano buttati a capofitto entrambi, scegliendo di prendersi quella pausa da tutto e tutti.
Sorrise, rendendosi conto che quella era la prima volta che si concedeva una vacanza come si deve.
E fin'ora non si era ancora rivelata una cattiva idea.
– Tre – scandì la voce del ragazzo di fronte a lei.
– Due – seguì Yukiko, con il medesimo tono.
– Uno..
– Pronti.
– Lancio! – esordirono all'unisono, azionando il lanciatore nello stesso momento e mandando i loro rispettivi beyblade a sfrecciare sul terreno erboso.
La nightblader osservò la propria trottola dal caratteristico blu scuro fendere il suolo, piegando steli d'erba e lasciando solchi decisi al suo passaggio. Premette il tasto 'play' del proprio lettore a quel punto, già cogliendo le note di attacco della canzone prescelta. Aveva deciso di provare una nuova tattica e l'ispirazione l'era venuta soltanto qualche minuto prima, ripensando al torneo disputato fra i rappresentanti della BBA e della BEGA, fra cui il suo attuale avversario.
Scoccando un'occhiata carica di sfida al dranzerblader, per una frazione di secondo soltanto si chiese come avesse fatto a sopportare tutto il tempo la sciarpa che portava al collo, col caldo avvolgeva Los Angeles quel giorno.
– Vai Dranzer!
Kei prese l'iniziativa, cosa che non la sorprese e per contro lei fece un passo di lato, movimento che venne imitato da Night poco più in là e che gli permise di schivare quel primo assalto. Sulle labbra le si delineò un debole sorriso, avendo ottenuto quel primo risultato positivo.
Si era ritrovata a riflettere, constatando con sé stessa che spesso la musica la aiutava a caricarsi, ad affrontare le proprie giornate a testa alta. Si era chiesta se questo non potesse essere applicato anche agli scontri di Beyblade e allora le era venuta in mente la tattica di gioco di quell'idol che era stata tanto in voga fino a tre anni prima, quella che era entrata a far parte della squadra della BEGA appunto.
Destra. Sinistra. Destra. Avanti. Seguendo un ritmo che poteva udire soltanto lei attraverso gli auricolari, Night si mosse sul terreno, rapido e preciso nelle oscillazioni, colpendo Dranzer un paio di volte prima di ritirarsi di nuovo.
La falla nella tecnica di quella ragazzina si era rivelata una sola: dandosi il tempo da sé nel cantare lei stessa le proprie canzoni, allora anche gli avversari potevano regolarsi ascoltando il suo show e quindi prevenire le sue mosse. Un problema che la blader dai capelli bicolori credeva di essere riuscita ad aggirare, tenendosi una cuffia in un orecchio e l'altra a penzolare nel vuoto.
Un ampio arco per aggirare l'avversario e poi, allo scandire della batteria, ecco stringere l'angolo e accelerare, attaccandolo direttamente. Dranzer sembrava non riuscire a fare molto altro a parte resistere stoicamente ai suoi assalti, cosa che fece nascere un mezzo sorriso sulle labbra di lei, mentre sollevava di nuovo lo sguardo su Kei. Il ragazzo dai capelli d'argento stava fissando con espressione concentrata lo scontro, l'aria corrucciata, gli occhi scuri che non si perdevano un solo movimento. Non lasciava intuire alcunché di ciò che stava pensando, ma la cosa non la preoccupò.
– Ora! – l'improvvisa esclamazione di lui la fece sussultare.
Il bey blu e rosso intercettò mirabilmente quello dai riflessi argentei di lei, in uno stridio di metallo contro metallo che si prolungò per diversi secondi mentre lo spingeva indietro. Yukiko spalancò gli occhi chiari: l'aveva anticipata senza problemi, prendendola in contropiede.
“Com'è possibile?”
Solo lei poteva sentire il ritmo che stava seguendo, possibile che il suo avversario fosse già riuscito a prendere il tempo delle sue mosse? Sì, rifletté, era più che probabile. Avrebbe dovuto aspettarselo dall'ex campione mondiale.
In quel momento le risuonò attraverso l'auricolare il breve esordio di chitarra e lei ne cavalcò le note, approfittandone per disimpegnarsi e riprendere fiato. Una canzone, per quanto basata su un tempo preciso e regolare, aveva una melodia che poteva differire in cadenza e attacchi, e lei poteva usare quelle caratteristiche a proprio vantaggio. Il ritornello le diede il segnale, la musica ormai sul punto di terminare e lei schiuse le labbra, mormorandone le strofe in un impulso di combattività.
– When I feel numb, I'll let you know.
Night sfrecciò accanto a Dranzer, congelando il terreno sotto di esso, cristallizzando la piega degli steli d'erba intorno a loro e ricoprendoli di brina.
– I wont become what I was before.
Gli tagliò la strada, impedendogli di uscire dalla sottile lastra di ghiaccio che già si stava sciogliendo, aumentandone al contempo lo spessore. Dranzer oscillò.
– You cannot kill what's not your creation.
Un ampio movimento del braccio e Night si scostò bruscamente dal suo accerchiamento, tracciando sul terreno un nuovo solco ad U.
– This is the Art of Breaking.
Presa la rincorsa a quelle parole tanto flebili quanto decise, il bey blu scuro si lanciò all'attacco, con la medesima rapidità e precisione dimostrata poco prima. Fioco il bagliore che avvolse la trottola, in risposta all'attivazione del suo attacco migliore, scagliandosi impetuoso contro Dranzer.
Kei afferrò il suo bey al volo, ringraziando mentalmente la propria ostinazione nell'essersi infilato i guanti in pelle anche quel mattino. Credeva di essere riuscito a prendere il ritmo degli attacchi della sua avversaria, ma l'offensiva decisiva lo aveva preso in contropiede, non tanto per il modo in cui si era ripresa, ma per il modo in cui aveva conciliato il suo modo di combattere con l'ispirazione che le era venuta dalla musica che le risuonava nelle orecchie.
Sembrava essere migliorata all'improvviso, sfoggiando movimenti più precisi e puliti rispetto a quello stesso mattino. Inoltre aveva colto l'occasione per destabilizzare Dranzer con quella sottile patina ghiacciata sotto la sua base e lo aveva scagliato fuori gioco con un'offensiva rapida e potente come poteva essere soltanto il suo attacco Stella Cometa.
Sfoggiò un sorrisetto. Non male per un primo esperimento.
Con una rapida occhiata quantificò i danni al proprio bey, notando con una certa soddisfazione che non ve n'erano: si era trattato di un incontro rapido ed indolore, basato sull'effetto sorpresa ma, dopotutto, era stato soltanto un allenamento.
– Allora? – la voce di lei ne catturò nuovamente l'attenzione.
– Sei migliorata, ma credo che tu sappia già di poter fare di meglio – le disse lui, lanciandole quella provocazione con assoluta noncuranza. Si infilò la mano libera in tasca, mentre sotto il suo sguardo vide l'espressione di aspettativa di lei sfumare in favore di una più critica e riflessiva, vagamente corrucciata. Sollevò un angolo delle proprie labbra in un mezzo sorrisetto al vederla annuire, apprezzandone la capacità di essere oggettiva – Vuoi riprovarci?
A quella domanda lei annuì nuovamente e il dranzerblader spostò la mano libera dietro la schiena, estraendo dalla fondina il lanciatore, avvertendo dentro di sé l'entusiasmo all'idea di battersi nuovamente con un avversario degno della sua attenzione, per forza e inventiva. Si chiese che cosa avrebbe escogitato per cercare di aver di nuovo la meglio su di lui, in quanto doveva essere ben consapevole che la stessa tattica non avrebbe funzionato una seconda volta.
Così fu, sebbene la mora riuscì a dargli ancora una volta del filo da torcere. Quando quel nuovo incontro terminò, Kei avvertì il sudore scivolargli dietro la schiena e dovette concedersi un momento per riprendere fiato, approfittando della medesima necessità della sua avversaria. Scrutandola, la ritrovò nella stessa posizione di quel mattino, piegata in avanti a puntellare le ginocchia con le braccia, il capo reclinato e contornato di ciocche nere e rosse, le spalle arrossate e frementi in risposta al respiro irregolare. Inarcò un sopracciglio.
– Yukiko – il chiamarla per nome ebbe l'effetto sperato, perché la ragazza sollevò il capo verso di lui, mostrandogli nuovamente quell'iridi color verde smeraldo piene di interrogativi – Ti interessano le stelle?
Quella proposta l'aveva colta di sorpresa, una sorpresa che era andata aumentando da quando aveva messo piede fuori dal taxi che li aveva portati sin lì. L'osservatorio di Griffith era un edificio imponente, con due ali laterali a far da cornice all'alto soffitto a cupola, posto su una collina che affacciava direttamente e senza impedimenti sulle luci di Los Angeles. Mentre i due ragazzi procedettero con passo misurato lungo il vialetto che li avrebbe condotti all'entrata, Yukiko lasciò spaziare lo sguardo tutt'attorno, finendo per fare un giro su sé stessa, tentando di trattenere almeno nell'espressione la propria ammirazione.
L'ultima volta che aveva visitato un osservatorio, accompagnata da suo padre, era stato quand'era ancora una bambina.
Ora invece il ragazzo che non solo si era offerto di accompagnarla, ma dal quale era partita l'iniziativa, le camminava un passo indietro, lo sguardo volto a fissare un punto alla sua destra e le mani ficcate in tasca. Questi rappresentava quanto di più distante dal suo defunto genitore potesse esserci al mondo.
Quando furono di fronte alla porta a doppia anta che dava sulla sala interna, la mora scoccò un'ultima occhiata al giardino che avevano appena attraversato e che era illuminato da una serie di lampioni, mettendo in risalto la candida pietra da cui era formato il monumento che era stato eretto al centro dello spiazzo. Al di sopra di questo, la volta celeste era oscurata dall'inquinamento luminoso, cosa che le fece storcere le labbra in una piccola smorfia.
Le parve il colmo: un osservatorio le cui luminarie oscurano le stelle del cielo notturno.
“Pignola” le risuonò nella mente la voce di Night, proveniente dal suo bey.
Lei lo ignorò, domandandosi come trovasse la forza di comunicare con lei dopo tutto l'allenamento che avevano affrontato quello stesso giorno. Probabilmente le risorse di un bitpower erano più estese delle sue, che a stento riusciva a non sbandare ad ogni passo. Si sentiva esausta, se avesse avuto un letto a disposizione vi si sarebbe abbandonata senza esitazione, ma non si era sentita minimamente disposta a rinunciare a quella serata. Il pensiero di trovarsi davvero in visita al famoso Griffith Observatory di L.A. bastava per riempirla di entusiasmo. Che poi con lei vi fosse anche il dranzerblader con cui aveva trascorso gli ultimi giorni quasi ininterrottamente, era stato un incentivo a non lasciarsi scappare l'occasione. Quando avrebbe avuto modo altrimenti, di fare qualcosa di diverso dal solito in sua compagnia?
Il protagonista di quelle riflessioni, ignaro di tutto, la anticipò all'interno e lei si affrettò a seguirlo, immettendosi ben presto nella saletta che ospitava alcune arcate per le varie ali del palazzo e la biglietteria. Un poster era affisso alla loro destra e su di esso vi era l'annuncio con gli orari per gli ingressi al planetario. Bastò un'occhiata ai due blader perché concordassero di procurarsi due biglietti per quell'evento, riuscendo per un colpo di fortuna ad accaparrarsi gli ultimi due posti disponibili per lo 'spettacolo'.
Una volta dentro, si accomodarono nell'ultima fila di poltroncine color caffé, nei due posti a ridosso del passaggio centrale. La stanza del planetario era un'ampia sala circolare, con le poltroncine disposte in più file a semicerchio, tutte rivolte verso l'oratore che avrebbe loro illustrato di lì a poco le meraviglie dell'universo, assecondando le proiezioni che si sarebbero susseguite sulle loro teste, tenendo gli spettatori tutti con il naso all'insù.
Così fu per Yukiko, la quale una volta terminata la visita, si ritrovò a massaggiarsi il retro del collo con una mano mentre guadagnava, accanto a Kei, l'esterno.
– Sono tutta un dolore – si lamentò, uscendo nell'ampia terrazza che fungeva da posto panoramico. Appena se ne accorse difatti, la mora spalancò gli occhi chiari, bloccandosi sul posto alla vista dell'enorme distesa di luci della città ai piedi dell'altura.
Alle sue spalle, il suo compagno di viaggio si spostò, aggirandola e accostandosi al parapetto in cemento, come se niente fosse. Il tempo che il ragazzo dai capelli d'argento si fermasse, ché Yukiko si riscosse e senza riuscire a sminuire l'ampio sorriso che le si aprì in volto, lo raggiunse quasi di corsa.
– Wow! – si lasciò sfuggire in un sussurro, appoggiando ambo le mani sul parapetto e sporgendosi parzialmente in avanti, come se così potesse giovare di una vista migliore. L'entusiasmo malcelato le fece dimenticare il torcicollo e la spossatezza accusata fino a un istante prima, mentre spostava lo sguardo a destra ed a sinistra, colmandosi gli occhi di quel panorama. La città si stendeva sino all'orizzonte, la zona del centro che si distingueva sin troppo facilmente grazie ai grattaceli che si stagliavano contro il cielo oscuro. Per quanto anche Tokyo fosse una città di tutto rispetto, quella era la prima volta che la nightblader si ritrovava di fronte a qualcosa del genere.
E Kei era parte integrante di quella 'prima volta'.
Hiwatari Kei scoccò un'occhiata di sottecchi alla mora che se ne stava silenziosa a mirare il panorama, i lunghi capelli scuri carezzati da una leggera quanto costante brezza. La vista di quel suo sorriso, caratterizzato da una sfumatura infinitamente dolce, gli fece sbattere le palpebre, sentendosi come risucchiato in una dimensione lontana da quello spazio e tempo. Stordito e confuso, non riuscì a far altro che guardarla per una manciata di secondi buoni, distinguendo senza alcun problema le luci della città riflesse nei suoi occhi verdi.
Si riebbe soltanto quando lei sembrò accorgersi di quello sguardo, voltandosi a guardarlo con una nota di perplessità che lo fece voltare di scatto dall'altro lato, preda di un disagio che non gli era familiare. Che diavolo gli stava prendendo?
“Ti sei imbambolato” gli sussurrò la vocina dell'Aquila Rossa, in tono malizioso.
– Umphf – sbuffò lui in tutta risposta, corrucciandosi in volto e dando sfoggio del proprio fastidio.
L'imbarazzo del momento gli stava facendo battere il cuore più velocemente di quanto avrebbe dovuto ed impiegò alcuni minuti per riuscire a calmarsi abbastanza da rilassare la propria espressione corrucciata. Non abbastanza tuttavia da azzardarsi a schiudere nuovamente le palpebre, non fidandosi del proprio lato irrazionale, il quale pareva del tutto incline a voler dire la sua sin dal primo mattino. Cosa che lui non era assolutamente intenzionato a permettere.
E adesso che gli era preso?
Era questo che si stava chiedendo la nightblader, mentre scoccava qualche occhiata con fare interrogativo al ragazzo che le stava accanto. Le era sembrato che la stesse guardando e quell'impressione si era rafforzata, trovando la sua conferma, nel momento in cui, voltandosi, lo aveva visto voltarsi bruscamente dall'altra parte.
Stava ancora cercando di rimettere sotto controllo il proprio cuore, partito in un galoppo forsennato che le inondò - ne era sicura - il viso di un rossore fin troppo evidente. Così, la stessa moretta cercò un istante dopo di dare un freno alle proprie emozioni, fissando ostinatamente il panorama di fronte a loro senza fiatare.
Los Angeles. La città degli angeli.
Erano arrivati fin lì eppure, perdendosi a mirare quelle luci, soltanto in quel momento Yukiko prese realmente coscienza della cosa, rendendosi effettivamente conto di aver vissuto quegli ultimi giorni come circondata da una bolla di sapone che aveva reso il mondo intorno a lei sfuocato, quasi irreale. Lo scoppio di quella bolla, avvenuto pochi istanti prima, le diede modo di guardare quello spettacolo di luci e ombre con occhi diversi.
Non si trovava all'interno di un sogno. Quella era la realtà. E a portarla fin lì era stato Lui.
La sensazione di calore che le si sprigionò dal petto la fece arrossire nuovamente, ma era troppo presa dai propri pensieri per dar peso a quell'emozione.
Non ci avrebbe creduto se le avessero detto, due settimane prima, che fra lei e il dranzerblader si sarebbe venuta a creare quella sorta di... cosa? Che cos'era quel rapporto che li legava? Non sapeva nemmeno come definirlo, perché chiamarlo amicizia le sembrava totalmente inappropriato. Eppure, ripercorrendo tutto ciò che era successo negli ultimi venti giorni col pensiero, non trovò una definizione che potesse adattarsi a quella strana complicità venutasi a creare.
A parte la parola 'compagni'. Sì, rifletté, compagni di squadra. Sembrava suonare bene.
– Ehi Kei – lo chiamò, infrangendo quel silenzio fin troppo ostinato e ricevendo in cambio un'occhiata in tralice alla quale rispose con un mezzo sorriso – Noi siamo compagni di squadra..
Quella che non era una domanda ma una semplice affermazione parve prendere in contropiede il dranzerblader, facendogli sbattere più volte le palpebre sotto l'attenzione di lei, che si godette con una nota di soddisfazione quel guizzo di stupore che gli comparve sul volto segnato di blu ed a lei profilato. Questo per pochi secondi soltanto, finché non lo vide richiudere gli occhi e sfoggiare un sorrisetto placido quanto ironico, che ben si accostò allo sbuffetto divertito che gli sfuggì.
– Si direbbe di sì.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! Chiedo un attimo scusa per il ritardo.. cioè di solito aggiorno al mattino ma oggi ho avuto altri incarichi da eseguire (sì, proprio così, non sn stata impegnata per mia volontà) e sono letteralmente distrutta. Distrutta. Mamma mia. Non so nemmeno se avrò la forza di andare un po' avanti e già vi anticipo che dovrete attendere pazientemente fino a lunedì sera per il prossimo capitoletto! (Perché lunedì mattina ho il primo giorno di lezione XD)
Non vi nego che questa volta scrivere questo capitolo è stato un po' più difficile - noterete che è un po' più lunghetto poi - ma spero che i miei sforzi abbiano dato i loro frutti! Fatemi sapere se non è così che ci metto una pietra sopra xD no, al momento non ho la forza di pensare di cambiare qualcosa, scusatemi. Forse in un futuro prossimo.
Intanto vi allego un'immagine dell'osservatorio di Los Angeles, perché è davvero spettacolare e non so se sono riuscita a dare un'idea.
Sperando che sia stata comunque una buona lettura, vi mando un saluto!
baci
Kaiy-chan
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Capitolo 20 *** Dall'Italia alla Francia ***
20. Dall'Italia
alla Francia
Il loro volo atterrò
all'aeroporto di Roma la mattina di giovedì 18 Settembre.
Al momento della
partenza i ragazzi del PPB erano stati gentili ad andare a salutarli
e Yukiko ne era scioccamente rimasta un po' impressionata. Il
Beyblade aveva rapidamente fatto sì che potessero crearsi le
fondamenta di nuove amicizie, una cosa a cui lei non era abituata né
portata naturalmente. La cosa non poteva far altro che metterla di
buon umore persino dopo una nottata di volo e di sonno non proprio
riposante. Le era dispiaciuto partire, ma al contempo era stata
impaziente di continuare quel loro viaggio intorno al mondo, per
poter fare nuove conoscenze e disputare altrettanti incontri.
Quel suo intimo
desiderio venne esaudito quello stesso giorno, per puro caso.
Lei era uscita a
fare due passi, senza la compagnia del dranzerblader che, per una
volta, aveva affermato di aver qualcosa da fare e se n'era andato in
giro per conto suo. La cosa non l'aveva infastidita, ma solo
incuriosita e, spinta da quel suo modo di fare, la mora aveva finito
per fare altrettanto. Così ora si lasciò ricadere seduta sulle
scale di Piazza di Spagna, il cellulare attaccato all'orecchio mentre
la voce di sua madre le giungeva fin troppo chiaramente dal
dispositivo.
– ..l'Italia,
un sogno che si avvera!
– Non è un brutto
posto – ammise la ragazza, senza sbilanciarsi troppo.
– Ma, quindi,
sta andando tutto bene?
– Sì, come ti ho
già detto è tutto a posto. E no, prima che tu me lo chieda, non è
successo niente – sbottò, ben intuendo dove volesse andare a
parare il suo unico genitore. Sicuramente stava pensando a cose che
prevedessero come conclusione una sontuosa cerimonia e, in un futuro
non troppo distante, un nipotino. La risata che le risuonò
nell'orecchio le diede la sua conferma.
– Uhuh! Be' ma
non devi abbatterti tesoro, vedrai che l'occasione giusta arriverà
presto!
Yukiko sussultò,
impacciata e contrariata a quell'affermazione e, scostando il
cellulare da sé, lo fissò con aria truce – Non dire assurdità,
devi smetterla di dare per scontati i miei sentimenti!
– Ma car-.. –
la nightblader non la lasciò nemmeno finire che, sfiorando lo
schermo, interruppe la chiamata, in corpo un'irritazione che aveva
dell'oltraggiato. Quando l'avrebbe finita quella donna di impicciarsi
di cose che non la riguardavano?
Infilandosi il
telefono in tasca, ignorò l'imbarazzo che covava dentro di sé al
pensiero che i pronostici che si augurava sua madre potessero
avverarsi. In quel caso non era più sicura di come avrebbe potuto
reagire, sentendosi estremamente combattuta fra il proprio orgoglio
ed i sentimenti che, ancora incerti eppure così intensi, le
suscitava l'erede della prestigiosa famiglia Hiwatari.
“Sappiamo
entrambi che non lo respingeresti” la distrasse la voce di
Night.
Trovandosi ad
osservare il sorriso sfacciato del suo bitpower, la mora piegò le
labbra in una smorfia, senza tuttavia trovare qualcosa da ribattere:
aveva perfettamente ragione. Si lasciò sfuggire uno sbuffo dal naso,
le labbra ermeticamente serrate e in viso ancora quell'espressione
imbronciata mentre il suo amico badava a ridersela sotto i baffi.
Ignorandolo alla
meglio, Yukiko allora tentò di trovare una distrazione valida a
quell'argomento spinoso. In quel momento due donne le passarono
davanti, attirando la sua attenzione non tanto per il loro aspetto,
per nulla insolito, quanto per il nome che le sentì pronunciare fra
una parola italiana e l'altra.
– Ma quello non è
il famoso chef Olivier Bouringer?
– Sì è proprio
Olivier!
Seguendo lo sguardo
delle due, la giovane Natsuki inquadrò un ragazzo che poteva aver
circa la sua stessa età, con i capelli di un'insolita sfumatura di
verde, lunghi fino a metà schiena e ben curati. Indossava quelli che
parevano abiti all'ultima moda francese e stava attraversando il
centro della piazza, incurante degli sguardi che attirava su di sé.
La nightblader
rifletté un istante: quel nome non le era nuovo, ma non perché
avesse sentito parlare di lui come chef. No, aveva sentito parlare di
lui da Kei qualche tempo prima, quella sera in cui erano usciti a
cena e le aveva raccontato qualcosa degli incontri disputati durante
i vari tornei di Beyblade.
Scattò in piedi
meccanicamente, non riuscendo a contenere del tutto l'emozione di
trovarsi di fronte ad uno di quelli che erano stati i rappresentanti
europei ai tornei mondiali. Che colpo di fortuna! Chissà cosa faceva
in Italia, il francese più popolare del continente? Decise che lo
avrebbe scoperto. Non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione simile.
Le bastò
un'occhiata per notare il sorrisetto di Night, il quale le comunicò
silenziosamente la sua approvazione: era arrivato il loro momento.
– Non mi sarei mai
aspettato che, nel caso passassi da queste parti, ti saresti
disturbato a venire a salutare.
– Non avevo nulla
di meglio da fare.
– E la ragazza di
cui mi hai accennato centra qualcosa? – gli chiese il biondino,
sfoggiando un sorrisetto carico di sottintesi – Non è che voi due
state insieme?
La domanda a
bruciapelo fece saettare un sopracciglio del dranzerblader verso
l'alto, mentre sul suo viso si faceva largo una delle sue espressioni
corrucciate – No, non c'è niente fra me e lei.
– Sarà come dici,
ma sembra che tu sia diverso da come ti ricordavo – sostenne
imperturbabile Gianni, continuando a camminare accanto
all'altrettanto imperturbabile giapponese.
Kei non ribatté a
quell'osservazione, giudicandola priva di importanza. Giancarlo
Tornatore, detto Gianni, non poteva vantare in alcun modo una
conoscenza particolare del suo modo di essere e quindi quelle parole
non lo sfiorarono nemmeno, sebbene il giovane Hiwatari rammentasse
ancora la prima impressione che l'italiano gli aveva fatto, all'epoca
del loro primo incontro. Un'impressione abbastanza favorevole, per i
suoi canoni di allora.
Stavano
attraversando una delle piazze dell'antica città quando, ai loro
piedi, rimbalzò un beyblade dal colore rosa pallido che andò a
fermarsi proprio contro una delle scarpe di Kei. Quando i due
sollevarono lo sguardo nella direzione da cui la trottola era venuta,
il dranzerblader si sorprese di riconoscere Olivier.
– Non è possibile
– la nota trafelata nella voce di Gianni, gli fece spuntare un
mezzo sorriso in volto.
A pochi metri di
distanza, proprio al centro della piazza, il francese e Yukiko
stavano guardando in loro direzione, il primo con in viso
un'espressione attonita, mentre la seconda sfoggiando uno di quei
suoi sorrisetti soddisfatti e sornioni che le comparivano solitamente
sulle labbra dopo una vittoria.
Kei le si avvicinò
con passo misurato e privo di incertezze, voltandosi poi verso i due
europei per fare le presentazioni.
– Gianni, ti
presento Yukiko Natsuki, la mia compagna di squadra.
Quell'appellativo
gli fece guadagnare tre paia d'occhi puntati addosso, fra cui quelli
della diretta interessata, che aveva reagito soltanto all'uso di
quell'appellativo. Lui ne ricambiò lo sguardo senza batter ciglio,
restando serio e fermo sulla sua posizione, e lei di rimando, dopo un
istante di stupore malcelato, tornò a sfoggiare quel sorriso di
poc'anzi ai due blader.
– Sei molto forte,
i miei complimenti – esordì Olivier, raccogliendo il suo beyblade
e sorridendo di rimando.
Gianni, affiancando
l'amico, si fece avanti – Piacere di conoscerti, Yukiko.
La mora, ormai
avvezza a quelle poche formalità, ricambiò con un leggero inchino
del capo, prima di aprire la mano destra e afferrare al volo il suo
beyblade.
– Non hai perso
tempo vedo – le si rivolse allora Kei, piuttosto direttamente,
alludendo all'incontro appena disputato. Sorprendentemente il campo
da gioco che avevano utilizzato era ancora intatto, incassato nel
selciato della piazza e splendente al sole di quella tarda estate.
– Non ho saputo
resistere – affermò lei con una nota di imbarazzo, ridacchiando.
Olivier,
apparentemente tranquillo nonostante la sconfitta, si fece avanti
porgendo la mano alla sua avversaria, la quale dopo un istante di
sorpresa la strinse con piacere.
– Era molto che
non scendevo in campo – stava dicendo il francese – ..ma ammetto
che la soddisfazione di un buon incontro riesce ancora a superare
quella che mi da' il mio lavoro.
Quelle parole fecero
inarcare un sopracciglio al dranzerblader e la sua perplessità
sembrò passare inosservata, sebbene fu soddisfatta subito dopo dalle
parole della stessa ragazza.
– Sei uno chef di
successo, se non sbaglio.. Ho sentito che hai aperto una tua catena
di ristoranti in tutta Europa.
Lui annuì – È
vero ed ormai il mio lavoro non mi lascia molto tempo da dedicare al
Beyblade. E devo ammettere che la cosa un po' mi disturba.
– Caro Olivier, se
si vuol mangiare, tocca lavorare! – esclamò a quel punto
l'italiano, parafrasando un detto piuttosto comune che fece ridere il
francese.
– Ahah! Ma
sentitelo: come se uno di noi due avesse bisogno di soldi!
Era vero, le
famiglie dei rispettivi blader erano fra le più influenti e ricche
dei loro rispettivi paesi e se c'era qualcosa che non mancava loro
erano “i soldi per mangiare”.
– Sentite –
esordì a quel punto il biondo, attirando l'attenzione degli altri
tre – Per celebrare la vostra visita vi invito a mangiare in un
ristorante tipico qui vicino! Offro io. ovviamente.
La sua proposta
venne comunemente accettata di buon grado, perché fra una cosa e
l'altra era già passato mezzogiorno senza che i due giapponesi
avessero avuto modo di mettere qualcosa nello stomaco.
Passarono i giorni a
Roma approfittando della bella stagione tipica di quella zona, più
calda e soleggiata rispetto alla parte settentrionale del paese.
Visitarono la città da cima a fondo, giovando della compagnia e
della guida di Giancarlo che, di tanto in tanto, trovava il tempo di
accompagnarli in qualche luogo di interesse storico a cui la sua
antica famiglia era legata. A quanto aveva capito la mora, la casata
dei Tornatore aveva origini antichissime, addirittura risalenti ai
tempi dell'Impero Romano, cosa che tuttavia non aveva ancora avuto
modo di verificare.
In due giorni
visitarono il Colosseo, il Foro Romano, i Templi di Venere e Giove, e
Yukiko ebbe anche occasione di sbirciare attraverso la famosa
serratura del cancello del Priorato dei Cavalieri di Malta, cosa che
le diede uno scorcio incredibilmente suggestivo della Basilica di San
Pietro, svettante contro un cielo punteggiato di vaporose nuvolette.
Il blader e chef
pluristellato francese non fu dei loro in quell'occasione, essendo
dovuto ripartire la sera stessa del giorno in cui lei l'aveva
conosciuto e sfidato, scusandosi per non poter fare altrimenti ed
approfittandone per invitarli invece a raggiungerlo a Parigi.
– Vi farò
assaggiare le specialità del miglior ristorante della Francia –
aveva affermato.
Lo stesso Kei, a
quell'affermazione, aveva ammesso che la capitale francese costituiva
la loro prossima tappa di quel loro viaggio ed avevano finito per
accettare l'invito.
I giorni che
passarono in Italia non furono sempre caratterizzati dal bel tempo
però, soprattutto quando i due ragazzi, lasciata definitivamente la
capitale senza essere riusciti - con sommo dispiacere della
nightblader - a strappare un incontro a Gianni, il quarto giorno
della loro presenza su quel suolo giunsero alla stazione di Torino.
La città, che vantava una storia altrettanto affascinante e piena di
significato per gli abitanti di quella regione, era avvolta dal
grigiore del maltempo autunnale. Avevano deciso di spezzare il
viaggio di andata in Francia, approfittando della presenza di uno
degli alberghi convenzionati all'Organizzazione Hiwatari per passare
la notte in quella zona.
Yukiko tuttavia si
rifiutò di lasciarsi scoraggiare da un po' di pioggia - testuali
parole - e ne approfittò per trascinare il suo compagno di viaggio
in giro per musei tutto il pomeriggio, accogliendone le rimostranze
malcelate soltanto quando la cosa iniziò ad annoiare anche lei. Un
paio di musei infatti le erano risultati interessanti, ma la maggior
parte di essi contribuì a smorzare il suo già forzato interesse,
nato soltanto dalla prospettiva di un qualche rimorso futuro per non
aver colto l'occasione di apprendere qualcosa di quella città così
diversa da quelle a cui lei era abituata.
– Sei soddisfatta?
– le chiese quella sera il ragazzo, apparentemente indifferente
come al solito.
– Per così dire –
gli rispose lei, arricciando la punta del naso. Erano nuovamente
chiusi nella loro camera d'albergo, questa divisa in due stanze
attigue ed entrambe provviste di un letto singolo, dettaglio che
aveva soddisfatto entrambi i due ragazzi. Recuperando un cambio dalla
propria sacca, la mora si mosse verso la porta del bagno, annunciando
– Vado a farmi una doccia.
– Ti aspetto di
sotto – ribatté con noncuranza il dranzerblader, prima di uscire e
lasciarle un po' più di intimità.
Quel gesto le fece
nascere un leggero sorriso, indirizzato alla porta della loro stanza,
ormai richiusasi dietro le spalle del ragazzo. Piuttosto premuroso da
parte sua, non c'era che dire. Niente di cui stupirsi, ormai aveva
capito che, in fondo, non poteva essere un cattivo ragazzo.
“Anche per
questo ti piace” rimarcò la voce di Night dal suo bey,
cogliendola in fallo e facendola sussultare.
– Saccente e
inopportuno come al solito – sbottò, infastidita e imbarazzata.
Parigi era un sogno.
Questo ovviamente
quando il sole si degnava di fare capolino oltre la coltre di nubi
che sembrò, ai loro occhi, stanziata fin troppo ostinatamente sul
cielo parigino sin dal momento del loro arrivo. Questo tuttavia non
impedì loro, la sera del 23 Settembre, di recarsi a cena in uno dei
ristoranti di lusso di Olivier, con il quale intrattennero
un'interessante conversazione su ciò che aveva da offrire la
capitale francese. Interessante in termini di Beyblade, ovviamente.
– Avrei bisogno di
procurarmi qualche pezzo di ricambio – affermò senza farsi troppi
problemi Yukiko, guadagnandosi un'occhiata dal blader giapponese.
Effettivamente, dopo tutti gli incontri difficili che aveva
disputato, si era ritrovato a sorprendersi dell'apparente
indistruttibilità di Night. Evidentemente qualche danno lo aveva
accusato anche lui, se ora la sua proprietaria si preoccupava di
rinfoltire le proprie scorte.
Olivier,
informatissimo sui negozi di quel genere, ne indicò un paio ad
entrambi, dando sfoggio di una cortesia e un'etichetta impeccabile,
degna di un padrone di casa. Il modo in cui sedeva al tavolo pareva
proprio suggerire che si sentisse il padrone della città e non solo
del ristorante in cui si trovavano, con la schiena appoggiata alla
sedia e le gambe accavallate elegantemente. Kei ne ignorò con
facilità il modo di fare, non trovandolo particolarmente irritante,
tutto sommato.
“Questo perché
nemmeno Yukiko ne è impressionata” lo stuzzicò l'Aquila
Rossa.
Quell'affermazione
gli fece comparire un'espressione corrucciata in volto, cosa che non
sfuggì all'attento osservatore che era il francese in loro
compagnia.
– Qualcosa non va,
Kei?
– No, affatto –
replicò lui con decisione, cercando di ritrovare la tranquillità
che lo aveva colto a fine pasto, senza troppo successo, cosa che lo
spinse a dare una breve spiegazione – Stavo solo ripensando a
quanto fosse inopportuna certe volte una mia amica.
Il ragazzo dai
capelli di quel particolare color verde chiaro scostò lo sguardo
sulla giapponese, perplesso e sorpreso al tempo stesso, come
ipotizzando che potesse centrare qualcosa. Lei stessa tuttavia,
sfoggiando un sorriso, si premurò di chiarire scuotendo il capo in
segno di diniego.
– Non
preoccuparti, non si riferiva a me.
– Meglio così,
allora.
Kei le scoccò
un'occhiata indagatoria, sorpreso del fatto che probabilmente avesse
intuito tanto facilmente a chi lui si fosse riferito con quel
commento. Era una ragazza intelligente e con un buon spirito
d'osservazione, a quanto pareva, molto migliore di quel che aveva
presupposto inizialmente. Per una frazione di secondo non seppe se
sentirsene minacciato o essere soddisfatto di non dover perdere tempo
in eventuali quanto noiose spiegazioni.
L'ultima sera che
trascorsero a Parigi, Yukiko insistette, se così si poteva definire
il modo esuberante di quella sua unica richiesta, per salire sulla
Tour Eiffel.
Fortuna volle che,
almeno quella volta, le nuvole si squarciassero per lasciar
intravedere uno spicchio di luna riflettersi argenteo sulle placide e
implacabili acque della Senna. Ai lati di questa, le luci della
capitale francese risplendevano come tante piccole fiammelle,
contribuendo a definire il dedalo di strade che si diramavano per
tutta l'estensione del territorio sottostante.
Accostati al tubo in
ferro che costituiva la parte superiore al parapetto, i due blader
giapponesi se ne rimasero per lo più in silenzio, come accadeva
spesso fra loro. Eppure non si poteva dire che fosse un silenzio
pesante o forzato, tutt'altro. Kei si scoprì essere il primo ad
apprezzare quei momenti, sorprendendosi a considerare la compagnia di
lei tutto men che insopportabile. Si sentiva a proprio agio con
quella ragazza, come avrebbe potuto soltanto con l'Aquila Rossa, come
se non vi fosse altro luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi in quel
momento.
Scosse il capo per
scacciare quei pensieri tanto strani, di cui l'ultimo era solo la
ciliegina sulla torta.
– Dove andremo?
La domanda della
mora, prendendolo alla sprovvista, lo indusse a spostare lo sguardo
su di lei.
– Sarai tu a
deciderlo – le rispose dopo un istante, tornando a cercare con gli
occhi scuri la linea dell'orizzonte – Da qui possiamo intraprendere
tre diverse direzioni: Spagna, Germania ed Inghilterra. Per me è
indifferente – ammise, illustrandole le alternative e facendo
spallucce.
– Oh –
quell'unica sillaba sfuggita quasi per errore dalle labbra della
ragazza, indusse il dranzerblader a scoccarle un'occhiata di
sottecchi, vedendola imitarlo nel tornare a scrutare con espressione
pensierosa il panorama. Il silenzio che seguì ebbe breve durata,
perché ella sembrò volerlo mettere a parte delle proprie
riflessioni – Che cosa difficile da decidere. La Spagna mi tenta ma
è dalle parole di Olivier che non faccio altro che pensare
all'eventualità di conoscere Ralph ed Andrew.
Kei sapeva a quali
parole in particolare ella alludesse: “Gianni non è mai stato
ansioso di battersi, ma non posso affermare la stessa cosa di
Ralph. Sebbene è un bel po' che non lo sento, credo che non abbia
mai abbandonato il Beyblade e so che lui ed Andrew sono
rimasti in contatto.”
– Possiamo
tranquillamente partire per la Germania e poi dirigerci nel Regno
Unito – le fece notare lui a quel punto, facendole così presente
che una cosa non escludesse l'altra. Lei sfoggiò uno dei suoi
sorrisi allegri, uno di quelli che ultimamente le vedeva in volto
piuttosto spesso e che gli infondevano una strana e - forse -
piacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
– Allora andremo
in Germania – gli rispose, senza più alcun tentennamento.
Nemmeno lui indugiò
prima di annuire con un singolo cenno del capo. Ormai la decisione
era stata presa.
Un vago senso di
inquietudine lo colse al pensiero di ciò che lo attendeva in un
prossimo futuro, ma scacciò quella sensazione dalla mente con un
battito di ciglia. Aveva preso la sua decisione ed era qualcosa di
cui avvertiva la necessità, anche per provare a sé stesso che,
quanto accaduto, non avesse più alcuna importanza.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ciao a tutti! Ed ecco che finalmente il nostro/loro viaggio continua!
Ho scelto di dare uno spazio diciamo minore a questa fase perché sostanzialmente non è che succeda qualcosa di particolare, come avrete notato... colpa mia, non ero abbastanza ispirata, ma il prossimo capitolo dovrebbe andare un po' meglio! Spero che vi sia comunque piaciuto questo ^_^ almeno quanto mi sono divertita io nel scriverlo. Ma cosa avrà in mente Kei secondo voi? Ehh lo scoprirete fra qualche capitoletto!
So inoltre che alcuni si domandano cosa abbia scritto Max al nostro dranzerblader! Ah, forse lo scoprirete, forse no, dipende se mi ricorderò di specificare XD Muhahahahaha!
Intanto vi allego una nuova immaginetta della vista dalla serratura citata nel testo: se vi capita di andare a Roma, cercate il cancello del priorato, ne vale la pena!
Come sempre vi esorto a farmi sapere cosa ne pensate e nel frattempo vi mando un saluto, già anticipandovi che dovrete attendere un paio di giorni (?) per il prossimo aggiornamento (non lo so se ci metterò due giorni, potrei anche metterci meno, non ne ho la certezza matematica! Domani ho lezione fino a sera quindi in caso potrei aggiornare domani notte! XD quindi bho).
Buon inizio settimana a tutti dalla vostra entusiastica
Kaiy-chan
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Capitolo 21 *** Germania, Europa ***
21. Germania,
Europa
Il cielo tedesco era
di un intenso azzurro ceruleo, completamente privo di nubi, il giorno
in cui i due giapponesi approdarono a Berlino. La bella giornata
tuttavia non li accolse con lo stesso calore delle terre italiane,
quanto invece spazzandoli con un freddo vento di ponente, carico di
umidità, cosa che fece intuire loro quanto potevano essere scampati
solo momentaneamente al maltempo che sembrava volerla fare da padrone
sull'Europa Settentrionale.
Non appena i due
ragazzi misero piede in città tuttavia, appresero ben presto che
l'intera regione si stava preparando per un evento importante e
Yukiko, incuriosita, si avvicinò ad una delle vetrine di un'edicola
che metteva in mostra le prime pagine dei quotidiani più importanti.
Ad attirarla fu una foto in particolare, ritraente una bella ragazza
in compagnia di un giovane uomo dai lineamenti duri quanto lo era la
sua espressione. Inarcando un sopracciglio, tentando di leggere il
titolo in grassetto si ritrovò a sbuffare, incrociando le braccia
sotto il seno in una posa infastidita.
– Cavolo, non ci
capisco niente! È tutto scritto in tedesco!
Le sue invettive,
accompagnate da una venuzza pulsante sul lato della tempia destra,
vennero interrotte dall'affiancarsi di Kei, il quale esaminò a sua
volta l'articolo con una rapida occhiata.
– Quello è Ralph.
Quell'affermazione
ebbe il potere di far svaporare il senso di frustrazione della mora,
in favore di uno sguardo più attento alla fotografia in bianco e
nero. Così era quello l'ex campione europeo affrontato dai
Bladebrakers diversi anni prima. E la ragazza che gli stava accanto?
Yukiko tenne per sé la propria curiosità sull'identità di questa,
non rammentando di aver sentito di una qualche parente, dagli accenni
che le erano stati fatti sul rampollo tedesco sino a quel momento.
– Qualunque cosa
stia succedendo, non ci resta che aspettare che sia lui a farsi vivo.
Olivier deve averlo già informato – commentò in tono atono Kei,
allontanandosi dall'edicola con lo zaino in spalla.
Yukiko, rimettendosi
la sacca a tracolla, si affrettò a stargli dietro cercando di non
incespicare troppo sul selciato di quel viottolo del centro, diretti
entrambi all'albergo. Sperava solo di potersi stendere un po' dopo
quel lungo viaggio in treno, magari in un letto coperto di morbidi
cuscini e coperte color crema, vaporose come nuvolette.
“Stai
vaneggiando” le fece notare il suo bitpower con fare divertito,
affiancandola.
– Oh, lasciami
sognare! – sbottò lei a mezzo tono, per non attirare troppo
l'attenzione – Sono a pezzi.
– Tra poco potrai
riposare quanto vuoi – le si rivolse inaspettatamente Kei, senza
darle apparentemente attenzione ma continuando a camminare un passo
avanti a lei, con quel tono un po' scocciato che aveva l'abitudine di
assumere ogni qualvolta alle orecchie gli arrivava una lamentela di
qualche genere.
– Sì, sì! –
ribatté lei di rimando, con una smorfia, troppo stanca per non
indispettirsi di quel suo modo di fare – E comunque stavo parlando
con Night – borbottò subito dopo, mettendo in chiaro le cose. Lui
si lasciò sfuggire un chiaro sbuffo divertito prima di ruotare il
capo e scoccarle un'occhiata in tralice.
– L'avevo capito.
Il generale buon
umore, se così si poteva definire, evaporò come neve al sole quando
giunsero all'hotel e si fermarono di fronte al banco della reception.
Dietro di esso se ne stava un uomo dai corti baffetti impomatati ed
una divisa bordeaux con tanto di cappellino squadrato, che nel
fissarli parve attraversato da un guizzo di comprensione ancor prima
che loro aprissero bocca.
– Hiwatari e
Natsuki.
– Yes, yes. Vi
stavamo aspettando – esordì il receptionista in un inglese dai
suoni piuttosto rudi, altalenando lo sguardo da loro al monitor del
portatile sul quale stava lavorando, prima di tirare fuori una chiave
con portachiavi numerato – Questa è la vostra camera. Ci auguriamo
che il vostro soggiorno qui sia piacevole.
Kei prese in
consegna la loro chiave e si avviò senza una sola parola, eppure
alla mora parve che prima di dar loro le spalle avesse scoccato uno
sguardo inquisitorio al dipendente dell'hotel, uno di quegli sguardi
che solitamente si riservano ad una persona sospetta. Un
comportamento piuttosto strano in effetti ai suoi occhi, abituata
com'era a vederlo sempre così incurante degli altri da ignorarli
quasi continuamente.
Comunque mise ben
presto da parte quelle riflessioni, risistemandosi la sacca su una
spalla mentre il campanello dell'ascensore annunciava loro il momento
in cui si sarebbero dischiuse le sue porte scorrevoli, permettendo ai
passeggeri di uscire sul pianerottolo. Percorsero in silenzio il
corridoio rivestito di moquette verde rame, finché non raggiunsero
la porta di quella che doveva essere la loro stanza.
Yukiko ormai aveva
perso quella sensazione di incognita e tensione che aveva anticipato
in precedenza momenti come quello, così senza indugiare oltre,
avendo preso di mano la chiave dal suo compagno di squadra, la infilò
nella serratura e la fece scattare. Un attimo dopo diede una leggera
spallata all'anta per non dover far la fatica di sospingerla con il
solo braccio sinistro, il destro impegnato a sorreggere la pesante
sacca, facendola ruotare sui cardini ben oliati senza un solo rumore.
Varcato l'ingresso della loro camera tuttavia, dopo neanche un passo
si bloccò sul posto, venendo spintonata in avanti dal corpo stesso
del dranzerblader che le finì inevitabilmente addosso.
– Ma che..? Ehi! –
quell'esclamazione interrogativa natale sulle labbra venne interrotta
da quel contatto improvviso e subito venuto meno, costringendola a
ripristinare l'equilibrio lasciandosi scivolare di dosso il proprio
bagaglio, che atterrò sul pavimento con un tonfo sordo.
Kei non proferì una
singola parola ma anche lui rimase momentaneamente immobile a fissare
la mobilia di quella camera. O meglio, un mobile in particolare, di
quella camera: il letto. Ampio, apparentemente soffice. E
matrimoniale.
– Dannato vecchio
bastardo – soffiò il ragazzo dietro di lei, infrangendo la stasi
nella quale sembrava essere precipitata la situazione, attirando
finalmente gli occhi verdi della mora sulla sua espressione altamente
contrariata. Per un vago momento le parve che il blader stesse per
mandare lampi dall'iridi d'ametista, come ogni tanto le sembrava
quando era palesemente di pessimo umore, prima che questi
abbandonasse con un unico movimento il suo zaino sul pavimento e
ruotasse su sé stesso, procedendo ad ampie e rigide falcate lungo
quello stesso corridoio. Yukiko tornò ad affacciarsi alla porta
ancora aperta.
– Dove vai?
– Ad oppormi a
questa stronzata!
– Senza mezzi
termini, immagino – mormorò ironica la mora, assolutamente
consapevole dell'espressione stralunata sul proprio viso.
Inutile dire che le
proteste del giovane Hiwatari non avevano sortito l'effetto sperato,
nemmeno quando la mora si era decisa a raggiungerlo per assistere
all'esecuzione che il giapponese sembrava del tutto intenzionato ad
eseguire al povero receptionista. A detta sua non potevano
assolutamente cambiar loro la stanza né fornirgliene una seconda,
perché “sfortunatamente” erano al completo. Alla fine
avevano dovuto desistere dal far pervenire le loro rimostranze e si
erano diretti nuovamente in camera, con l'obiettivo di organizzare
quella nuova convivenza.
– Tu prenderai il
letto. Io il divano – le disse bruscamente Kei una volta
ispezionata da cima a fondo la stanza. Ancora seccato per l'accaduto
e determinato a contattare il suo unico padre per fargli passare un
brutto quarto d'ora, il dranzerblader si reputò minimamente
soddisfatto soltanto quando la vide annuire con un cenno del capo.
A quel punto si
avvicinò al mobile designato, afferrando il telecomando della tv
prima di lasciarvisi ricadere seduto. Estraniando un ultimo sbuffo a
labbra serrate, puntò il piccolo dispositivo di comando verso
l'ampio riquadro nero, avviandone l'accensione. Visto che
all'apparenza avrebbero dovuto attendere ancora un bel po', avrebbe
ingannato il tempo facendo zapping, alla ricerca di qualche canale
interessante e, possibilmente, almeno in lingua inglese.
Il nervosismo che
avvertiva sottopelle al pensiero dell'ennesimo tiro mancino di suo
padre, tardò abbastanza a sfumare, cosa che gli impedì di
concentrarsi totalmente nella sua ricerca. Vigile per quanto
riguardava l'ambiente circostante, colse ogni movimento di Yukiko,
mentre la ragazza gli passava più volte dietro la schiena,
sistemando presumibilmente le sue poche cose. Soltanto quando ebbe
finito, alcuni minuti dopo, e lui ebbe trovato nel frattempo un
vecchio film americano in lingua originale, lei sembrò riuscire a
mettersi comoda sull'ampio letto matrimoniale per armeggiare con il
suo cellulare.
– Credo che centri
anche mia madre... – esordì lei dopo una manciata di secondi,
piegando le labbra in una smorfia.
Per riflesso Kei si
lasciò sfuggire uno sbuffo – Non mi sorprende.
Non aggiunse altro e
da parte di Yukiko fu altrettanto, cosa che gli permise di tentare di
ammazzare il tempo distraendosi con la televisione. Non che i
programmi che passassero fossero particolarmente interessanti o
comprensibili: dovette cercare programmi americani in lingua
originale, cosa non facile e quasi deprimente. In pratica, finì per
annoiarsi per quasi tutto il pomeriggio, prima che la sua stessa
compagna di stanza cedesse all'insofferenza di quel 'far niente'
e gli proponesse di fare un giro a piedi.
Che razza di idea le
era venuta!
Yukiko stava
cercando, per l'ennesima volta, di tornare sui suoi passi, ma di
fronte all'ennesimo incrocio si sentì più sperduta che mai. Si era
persa! E non aveva la minima idea di che direzione prendere né per
tornare all'hotel, né per ritrovare Kei.
“Non importa
che ti faccia presente quanto sia da perfetta svampita perdersi il
primo giorno, vero?” gli si rivolse Night, che procedeva
accanto a lei, avvolto in quell'abituale alone bluastro e luminoso.
– No. E guarda che
non sei di alcun aiuto.
“Non potrebbe
essere altrimenti, me ne son rimasto buono buono come mi avevi
chiesto finché non ho avvertito la presenza dell'Aquila scomparire”
le fece notare lui, incrociando le braccia sul petto con
quell'espressione neutra che assumeva quando faceva il finto offeso.
– E te ne sono
infinitamente grata – ribatté a quel punto la mora, sfoggiando un
sorrisetto sghembo.
Il suo bitpower finì
per ricambiarlo, come se non riuscisse a tenerle il broncio ma si
divertisse di più a punzecchiarla, cosa che infatti riprese a fare
l'istante successivo “Comunque sia non è il massimo
dell'impressione da dare al tuo Kei..”
– Non
è il mio Kei! – saltò su lei, come una molla,
mentre l'imbarazzo le tingeva le gote di un bel rosso peperone per
quella semplice allusione.
– Excuse me? –
una voce femminile la fece sussultare e voltare di scatto,
inquadrando nel proprio campo visivo la ragazza che aveva parlato.
Era una ragazza dai lunghi capelli biondi, la pelle non troppo
chiara, sfoggiante un'abbronzatura rosea, ed un paio di chiarissimi
occhi azzurri trapelanti una certa perplessità – Are you ok?
– Yes! – esclamò
per riflesso la nightblader, avvampando ancora di più. Era fin
troppo consapevole dell'impressione da povera pazza che doveva averle
dato, tale da costringere la sconosciuta a sincerarsi di come stesse,
a quanto pareva. Avrebbe desiderato sprofondare e sfoggiò un
sorrisetto nervoso e incerto – Ehm.. The thrut is... I'm lost.
– Oh, of course!
Where do you want to go?
A quella domanda per
poco Yukiko cedette a una nuova risatina nervosa. Dove doveva andare?
Non ne aveva la minima idea, non sapeva di preciso come fare per
raggiungere il suo compagno di viaggio né se fosse il caso di
continuare a girare a vuoto per la città.
“Torniamocene
all'hotel, probabilmente Kei è già tornato lì” le suggerì
Night, aiutandola a trarsi d'impiccio.
Così la mora
comunicò, sempre in inglese, il nome dell'albergo ove alloggiava e
la bionda sembrò illuminarsi a quelle parole, offrendole di
accompagnarla sino a destinazione. Offerta che la nightblader accettò
volentieri, lieta di aver qualcuno a guidarla in quel dedalo di
strade e vicoli.
Durante il tragitto
ebbero modo di parlare, cosa che sminuì di minuto in minuto
l'impressione iniziale che aveva avuto di lei come un volto noto. La
tedesca si chiamava Alexis ed era la figlia del proprietario di
un'importante azienda vinicola... e stava per sposarsi.
– Sposarti? –
ripeté sorpresa Yukiko a quella notizia, sempre in inglese.
– Yes. Anche io
non ci avrei mai creduto, eppure ha saputo conquistarmi totalmente –
le confessò la ragazza, nella stessa lingua, con un sorriso
imbarazzato ma felice al tempo stesso – Ormai le nozze sono alle
porte, mi sento così agitata.
– Ci credo –
mormorò la mora, prima di inarcare un sopracciglio – Scusami se te
lo chiedo, ma quanti anni hai?
– Ne avrei
ventidue...
– Allora si può
dire che siamo quasi coetanee visto che presto ne farò venti! –
esclamò, spalancando gli occhi verdi – ..e sei già convinta di
volerti sposare?
Alexis ridacchiò –
Sì. Ci ho pensato molto prima di dargli una risposta: l'ho tenuto in
attesa per quasi due mesi, ma alla fine mi sono buttata – affermò
lei, pacatamente, con quell'aria angelica che sembrava esserle
propria sin dal primo momento in cui l'aveva incontrata – L'ho
incontrato appena sei mesi fa, ma da allora non sono più riuscita a
togliermelo dalla testa.
Yukiko si lasciò
sfuggire un mezzo sorriso e un verso ironico, ritrovando in quelle
parole la perfetta sintesi del suo ultimo mese – So cosa vuoi dire.
– Anche tu stai
per sposarti?
– Ahah! No, no! –
si affrettò a chiarire scoppiando brevemente a ridere, seppur non
riuscì a sfumare quel mezzo sorriso un po' amaro dal proprio volto –
Anche se, scommetto, che mia madre ne sarebbe fin troppo entusiasta.
– E tu? Cos'è che
vuoi, tu?
Quella domanda,
tanto innocente quanto significativa, la colse talmente impreparata
da farla fermare sul posto e la giapponese si ritrovò a fissare ad
occhi ben spalancati la figura di quella ragazza, che nel mentre si
arrestò a sua volta e voltandosi verso di lei inarcò un
sopracciglio.
Sotto quegli occhi
chiari la sua ultima domanda continuava a fluttuarle nella mente:
cosa voleva lei? Si rese conto di non saperlo affatto.
– Non ti conviene
sottovalutarla.
– Non preoccuparti
di questo: imparo sempre dai miei errori – ribatté fieramente il
tedesco al dranzerblader, probabilmente alludendo all'ultima volta
che si erano affrontati lui e Takao.
Kei si posizionò a
lato del campo da gioco. Non era cambiato molto dall'ultima volta che
era stato in quel luogo: era sempre la solita vecchia alta segreta,
la stessa dove la sconfitta lo aveva colto impreparato contro
quell'inglese spocchioso di Andrew.
Quel mattino, di
buon'ora, uno dei pinguini al servizio degli Jurgens si era
presentato direttamente davanti alla loro camera d'albergo e li aveva
condotti senza possibilità di replica al castello. Una volta
arrivati tuttavia, con sorpresa Ralph non li aveva accolti da solo,
ma in compagnia di una ragazza. La stessa ragazza che il giorno
precedente aveva aiutato Yukiko a tornare all'hotel. Lo stupore dei
due ragazzi era stato tale da incrinare entrambe le loro espressioni
solitamente neutre ed entrambe le loro compagne avevano così deciso
di spiegare come si erano conosciute.
Il giovane Hiwatari
scostò lo sguardo dalla figura del blader tedesco per posarlo sulla
sua compagna di viaggio. Aveva scelto un paio di jeans neri, ai quali
era appesa l'immancabile catena, sovrastati da una maglia verde
petrolio dal collo a barca sbilenco a scoprire la spalla sinistra. Il
viso, la cui espressione lasciava trapelare la stessa combattività
che sfoggiava ogni volta si preparava ad affrontare un incontro, era
incorniciata da ciocche scure lasciate sciolte, le punte rosse che
creavano un degno contrasto con la maglia, seppur non altrettanto si
potesse dire della carnagione: stava ancora cercando di riprendersi
dalla lieve scottatura alle spalle presa in California.
La bionda invece, il
cui nome al momento sfuggiva al dranzerblader, era in attesa a pochi
passi di distanza, le mani giunte in preghiera e l'espressione un po'
tesa. Il ché era comprensibile, viste le intenzioni di entrambi gli
sfidanti di fare sul serio, così come era comprensibile anche grazie
al fatto che quella ragazza dall'aspetto quasi dorato era niente di
meno ché la fidanzata di Ralph.
[Flashback]
– ..quindi è
lui il tuo fidanzato? – chiese Yukiko, indicando l'erede degli
Jurgens.
Alexis annuì con
un cenno del capo e un sorriso radioso quanto pudico.
Kei inarcò un
sopracciglio – Ti sposi?
– Fra qualche
giorno – aveva annuito il diretto interessato, prendendo
sottobraccio la sua futura moglie, spostando lo sguardo su di lei. In
quegli occhi, che il dranzerblader rammentava duri quanto severi,
vide una sfumatura del tutto diversa appena incrociarono quelli
azzurri della ragazza. Non poté in alcun modo negare l'amore che
notò addolcirne i lineamenti spigolosi e velargli le labbra di un
leggero sorriso. Gli parve una visione del tutto fuori dal mondo, ma
riuscì a riprendersi in fretta.
– Allora è a
causa tua se gli alberghi della città hanno fatto il 'tutto
esaurito' – aveva sbottato con una nota di fastidio nata dalla
prima notte trascorsa sul divano, rimanendo impassibile ed
incrociando le braccia, di fronte ai futuri sposi.
Il giapponese lasciò
sfumare il ricordo risalente a poche ore prima, concentrandosi sul
suo ruolo di giudice della sfida.
– Tre. Due. Uno –
scandì a voce chiara – Pronti. Lancio!
I due beyblade
saettarono l'uno contro l'altro, atterrando al centro della stanza
con un ronzio metallico che si diffuse nella segreta. I due blader
non indugiarono un secondo, ingaggiando subito battaglia con una
serie di scintille per ogni attacco sferrato. Griffolyon si accanì
senza riserve su Night, il quale sostenne ogni assalto con mirabile
tenacia, riuscendo a tener testa al suo avversario.
Non passò molto
tempo, prima che dalle due trottole iniziassero a sprigionarsi delle
onde d'urto per ogni attacco parato dall'una o dall'altra parte,
segno che nessuno dei due aveva in mente di tirarla troppo per le
lunghe. Eppure i minuti si protrassero, mentre Yukiko sollevava le
braccia per pararsi ogni volta una folata di vento la raggiungeva e
altrettanto era costretto a fare il tedesco, limitandosi a sollevare
un solo braccio, finché non fu quest'ultimo a decidere di dare una
svolta all'incontro.
– Griffon!
Griffolyon a
quell'unico richiamo perentorio sprigionò un fascio di luce violacea
dal quale prese forma il suo bitpower, dalle sembianze di un possente
grifone. Il grido di battaglia di quest'ultimo risuonò sino al
soffitto, ma la mora non sembrò affatto lasciarsi impressionare.
– Night! –
urlò a sua volta, all'alta volta della sala.
Il blu si unì al
viola, mentre la sagoma dell'Anka Bianco prese forma di fronte a
loro.
I due bitpower si
fronteggiarono senza alcun indugio, lanciandosi l'uno contro l'altro
con una forza tale da generare una nuova onda d'urto, tanto potente
da costringere entrambi i blader a puntare i piedi per non essere
sbalzati indietro. Artigli contro artigli, Night tenne nuovamente
testa a Griffon nonostante l'apparente superiorità in fatto di
dimensioni di quest'ultimo e Kei si ritrovò a pensare che Ralph
fosse migliorato ancora dall'ultima volta e che avesse non solo
perfezionato il controllo sul suo bitpower, ma fosse anche riuscito
ad incrementarne la potenza.
Inoltre non sembrava
più essere dell'idea che quelle stupende creature fossero solo delle
armi, non dal modo in cui lo mandava a combattere: non lo lanciava
più implacabilmente contro l'avversario, a testa bassa, ma dava
quasi l'impressione di combattere con lui, guidandolo e aiutandolo
con le sue indicazioni. Cosa, che sembrava cercar di fare anche la
ragazza dall'altro lato.
– In picchiata!
– esclamò questa in quel momento, facendo in modo che l'Anka
schivasse l'ennesimo assalto del grifone – Stella Cometa, ora!
Il segnale venne
dato e Night, il beyblade come l'entità che vi risiedeva
all'interno, venne avvolto da quel bagliore caratteristico che
raggiunse il culmine quando andò a colpire in pieno Griffolyon,
sollevando un'onda d'urto tanto fredda quanto intensa. Lo stesso
dranzerblader fu costretto a sollevare ambo le braccia per ripararsi
e, nel momentaneo fragore dell'impatto, udì anche il grido
spaventato di una ragazza, probabilmente la tedesca, pochi passi più
indietro.
Lo spazio chiuso
amplificò il rumore di quell'ultimo attacco, cosicché ci volle
qualche manciata di secondi prima che la pressione ai timpani calasse
e lui potesse tentare di riaprire gli occhi sull'arena. Il campo di
battaglia, in precedenza costituito da un semplice pavimento di
pietra, era dissestato e percorso da crepe colme di ghiaccio, al cui
culmine ruotava vittorioso Night. Griffolyon, il beyblade color
grigio-azzurro, era bloccato in una di queste vene cristalline,
sconfitto.
Yukiko ce l'aveva
fatta.
– Ce l'ho fatta..
Il sussurro sorpreso
ed euforico della moretta in questione lo spinse a voltare lo sguardo
su di lei, già avvertendo dentro di sé la soddisfazione per quella
vittoria meritata, nonostante non fosse neanche sua, ma si sentì
gelare il sangue nelle vene quando la vide. La nightblader si reggeva
a fatica in piedi, la mano sinistra sollevata a stringere il braccio
destro poco sotto la spalla medesima, la maglietta stracciata in quel
punto come era costellata da una moltitudine di piccoli tagli.
Nemmeno i jeans erano messi molto meglio, sebbene il danno maggiore
l'avesse assorbito la sua catena, che pendeva come lacerata da uno
dei passanti, la maggior parte degli anelli deformati e riversi sul
pavimento ai suoi piedi. Fece meccanicamente un passo verso di lei.
Alexis si precipitò
dal suo amato, riverso su un ginocchio – Ralph!
“Yukiko!”
la voce che risuonò al contempo non era di nessuna delle persone
presenti.
Fu Night ad andare a
soccorrere la mora, infrangendo quella bolla che sembrava aver
avvolto il dranzerblader in quei pochi secondi solo per farlo
precipitare in un abisso di confusione. Il bitpower bianco, assunta
la sua ormai abituale forma umana, si fermò di fronte a lei
allungando una mano luminosa per sfiorarle la spalla lesa.
Immediatamente un vago chiarore filtrò da sotto le dita della
ragazza e Kei sgranò gli occhi quando, pochi secondi dopo, questa
abbassò l'arto per rivelare un riquadro di pelle chiara e intatta.
– Grazie Night –
disse lei al suo compagno di battaglie, con un sorriso di gratitudine
ed affetto.
Un sorriso che il
blader dai capelli d'argento si accorse di desiderare per sé.
“Quanta scena
per un graffietto..” sbottò fintamente offesa l'Aquila Rossa,
comparendo a sua volta all'interno di quella segreta, canzonatoria
“Come se lui fosse l'unico a saper fare certe cose!”
Kei collegò subito
quel commento con l'accaduto a cui il suo bitpower si riferiva e si
ritrovò a scuotere il capo fra sé e sé, incerto se essere
divertito dal tentativo della sua amica di stemperare l'atmosfera,
oppure seccato per l'essersi scoperto geloso del sorriso della
giapponese. Incrociò le braccia sul petto.
– La vincitrice è
Natsuki Yukiko – annunciò brevemente, con tono impersonale,
avvertendo l'Aquila al limitare del suo campo visivo ridersela sotto
i baffi.
Lo sconfitto si
accostò alla vincitrice a sua volta, affiancato dalla fidanzata,
dopo aver recuperato il suo beyblade, e porse in quel momento la mano
tesa alla ragazza.
– Complimenti –
deviò lo sguardo da lei alla creatura in bianco che le stava ancora
accanto – Non credevo che foste abbastanza in gamba da aver
raggiunto un livello simile – e nel dirlo scoccò un'occhiata anche
a Kei e Dranzer, rendendo palese il fatto che si stesse riferendo
alla forma assunta dai loro bitpower.
A quel punto il
giapponese si avvicinò a sua volta, senza concedersi un minimo
cambiamento d'espressione che non fosse quell'aria di superiorità
nella quale si sentiva tanto a proprio agio, ribattendo – Non vedo
perché avresti dovuto esserne sorpreso.
– Anche Griffon
può assumere questa forma? – chiese la mora, interessata e
incuriosita.
Ralph annuì con un
cenno del capo, dandole quella semplice conferma.
Quel dettaglio fece
riflette il dranzerblader, mentre in silenzio seguì con lo sguardo
l'avvicendarsi degli eventi. Se Ralph era riuscito a raggiungere quel
livello, allora questo poteva voler dire che non erano gli unici ad
averlo fatto. Probabilmente altri, oltre a loro, erano diventati
abbastanza forti da permettere ai loro bitpower di evolversi a tal
punto. Si lasciò sfuggire una smorfia al pensiero che lo stesso
Takao avrebbe potuto raggiungere quel risultato, poi si ricordò che
si parlava pur sempre di quel fannullone di Takao e scacciò quel
pensiero.
– Scusa Alexis,
non volevo causare preoccupazioni – stava dicendo la giapponese
alla tedesca con un sorriso contrito.
– Oh, no. Non devi
scusarti – si affrettò a dire quella, prima di scoccare
un'occhiataccia al suo fidanzato – Non è colpa tua se questo
zuccone non si risparmia nemmeno quando mancano solo pochi
giorni della cerimonia!
Le ire della
biondina verso il fidanzato, sul quale ricadde all'improvviso tutta
la colpa per l'accaduto, stemperarono gli ultimi brandelli di
tensione nell'aria, in favore di qualche tentativo del diretto
interessato di rimediare alla cosa con qualche scusa sull'importanza
di affrontare sempre al meglio una sfida, per non mancare di rispetto
all'avversario. Tentativi che fecero ridere più di una persona, Kei
compreso - seppur abbastanza in sordina - il quale si ritrovò a
pensare, stupito una volta di più, quanto il tempo e le circostanze
potessero cambiare persino uno come Ralph Jurgens.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! E' un po' tardi lo so, ci ho messo un po' per finire il capitoletto e correggerlo.
Questo è un po' più lungo, spero che vi piaccia u.u
vi anticipo che non riuscirò ad aggiornare di nuovo prima della prossima settimana, mi spiace.. fooorse forse forse se domani mi prendo bene e riesco ad andare avanti abbastanza potrei lasciarvi un nuovo capitolo con cui passare il weekend, ma più di così non riuscirò a fare.
Spero che cmq fin qui le cose vi stiano piacendo ^_^ come avete visto, ecco che ritorna un po' d'azione! Ero particolarmente ispirata per questo incontro XD spero sia venuto bene.
Vi saluto e vi mando un bacione, approfittandone per ringraziare ancora una volta chi ha deciso di aggiungere la suddetta fanfiction fra le seguite *.* vi lovvo tutti!
Un saluto veloce dalla vostra immancabile
Kaiy-chan
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Capitolo 22 *** Un matrimonio in stile occidentale ***
22. Un matrimonio
in stile occidentale
Rimasero al
matrimonio ovviamente, non potendo rifiutare l'invito ufficiale dei
due sposi. Nemmeno Kei era riuscito ad opporsi, nonostante Yukiko
fosse la prima a pensare che la faccia tosta necessaria non gli
sarebbe dovuta mancare. Probabilmente la causa era proprio l'identità
dei due innamorati, personaggi di spicco non soltanto in Germania ma
in tutto il continente Europeo.
Persino suo padre si
era complimentato con lui per l'assennatezza di non creare attriti
fra le loro famiglie, lodandolo per aver iniziato a pensare al bene
dei rapporti interpersonali fra persone di rilievo nel mondo degli
affari.. il loro mondo.
La mora, quando il
dranzerblader le aveva borbottato infastidito quelle poche parole,
aveva ridacchiato di una risatina amara, ritrovandosi a pensare che,
per quanto potessero trovarsi lontani da casa loro e dalle loro vite,
queste continuavano a perseguitarli comunque.
– Allora, Yuki? –
le giunse la voce della biondina dall'altra parte del tendaggio del
camerino – Hai deciso?
La ragazza in
questione si diede un ultimo sguardo attraverso l'immagine riflessa
dello specchio. Le suonava strano il sentirsi chiamare nuovamente
così, dopo quanto accaduto con Uzumi, ma con un pizzico di
soddisfazione si sorprese a constatare che non le dava fastidio il
modo in cui l'aveva soprannominata Alexis. Quella ragazza così
genuina e diretta le piaceva e quel pensiero le fece nascere un mezzo
sorriso sulle labbra.
– Sì, ho deciso:
prendo quello blu! – esclamò, ruotando su sé stessa e scostando
il drappo, per mostrarle l'abito.
Il sorriso che le
vide comparire sul volto roseo la spinse a ricambiarlo con facilità.
– Perfetto!
Alexis l'aveva
trascinata fuori quel giorno, rapendola dalla sua stanza d'albergo
per portarla in giro per negozi, a scegliere un nuovo abito che le
avrebbe regalato per farla partecipare alla cerimonia. Non era
riuscita a farla desistere in alcun modo ed ogni posto dove l'aveva
portata aveva prezzi sempre più alti, così la nightblader si era
trovata a capitolare di fronte la cocciutaggine della tedesca.
– Ora mancano le
scarpe ed una borsetta! – affermò questa per l'appunto, dopo aver
pagato con la carta di credito il loro acquisto e averle passato la
borsa con il vestito.
Yukiko sospirò, ma
non poté non sorridere: non le era mai piaciuto più di tanto fare
shopping, ma Alexis rendeva quell'esperienza piuttosto divertente con
il suo buon umore ed i suoi complimenti. Pranzarono in un bar, sedute
ad un tavolino rotondo che dava sulla piazzola sulla quale affacciava
il locale, e nel pomeriggio impiegarono considerevolmente poco tempo
per trovare un paio di scarpe adatte, da abbinare ad una pochette
terribilmente carina di cui la giovane Natsuki non poté non
innamorarsi.
Ovviamente Kei non
era con loro. Aveva subito una sorte simile a quella della moretta,
trascinato fuori dall'hotel da quell'allampanato del maggiordomo
degli Jurgens, che lo aveva fatto salire a forza sulla limousine e lo
aveva portato via sotto lo sguardo esterrefatto dei dipendenti
dell'albergo. Non aveva idea di dove Ralph lo avesse portato, né del
motivo di tanto interesse, da parte di entrambi i futuri sposini,
affinché partecipassero: non le sembrava di ricordare che fra i due
blader scorresse poi tutto questo buon sangue, sinceramente. Persino
il dranzerblader aveva confessato di esserne sorpreso, la sera
precedente, al loro ritorno dal castello del tedesco.
– Sarai un sogno
con quell'abito! – le disse ammiccante Alexis, facendole andare il
sorso di succo di frutta di traverso. Riuscì a ribattere qualcosa
soltanto diversi secondi dopo, quando si fu ripresa abbastanza da
smettere di tossire.
– Ma come? Sei tu
quella che dovrà essere un sogno domani, non io!
La tedesca ridacchiò
– Oh, non preoccuparti di questo! Non mancherò di certo – quella
spontaneità e quel pizzico di vanità, che fin'ora era rimasto
nascosto agli occhi della giapponese, uniti all'occasione, la fecero
ridere a sua volta, unendosi alla voce della bionda, prima che questa
aggiungesse – Sono sicura che però Kei non riuscirà comunque a
distogliere troppo a lungo il suo sguardo da te.
Se la nightblader
avesse ripreso a bere, le sarebbe andato di traverso un'altra volta.
Diventò rossa come un pomodoro maturo, accendendosi d'imbarazzo e
sgranando gli occhi per quell'allusione. Che diavolo stava
succedendo? Ce l'aveva scritto in faccia che provava qualcosa per
lui??
– È per questo
che hai insistito tanto per comprarmi un nuovo vestito? – le chiese
a quel punto, indecisa se esserne delusa o semplicemente emozionata,
per quella libertà che si era presa la bionda. Iniziava a sentirsi
una sorta di bambola.
Questa ridacchiò di
nuovo – Non arrabbiarti, ci tenevo affinché non ti sentissi a
disagio alla cerimonia di domani. Sarà piuttosto pomposa – ammise,
con un sorriso un po' meno sereno, come se l'idea non la
entusiasmasse – ..e poi non ero mai andata a fare shopping con
un'amica.
Quella confessione
la sorprese più di tutto il resto – Sul serio?
– Sì.
Yukiko la osservò
con più attenzione, riuscendo a vedere la ragazza dal volto d'angelo
sotto una luce nuova. Dopo una manciata di secondi le sorrise –
Allora anche un angioletto come te ha un lato oscuro – la prese in
giro.
La risata di Alexis
le valse più di mille parole.
Il fatidico giorno
arrivò, caotico come potrebbe essere solo un evento tanto
importante.
Il matrimonio di
Ralph e Alexis, previsto per le ore 10:30 del mattino del 29
Settembre, si sarebbe svolto presso il famoso Duomo di Berlino.
Kei diede l'ennesima
occhiata all'orologio appeso alla parete della hall: segnava le 9:48.
Era sceso, almeno
venti minuti prima ormai, dopo aver finito di infilarsi negli abiti
affittati da uno dei negozi di fiducia degli Jurgens. Non aveva
potuto evitare di ripulirsi il viso, né di lasciare in camera la sua
sciarpa, ma almeno aveva evitato la cravatta ed ogni possibile
sostituto. Aveva scelto, se così si poteva definire, un completo
nero dal taglio classico accostato ad una camicia, sempre nera, che
aveva ostinatamente tenuto slacciata di due bottoni sul davanti.
Tuttavia, in quel
momento, iniziava a pentirsi della propria galanteria nel lasciare
l'intera camera alla sua compagna di squadra, per farla preparare con
comodo. Venne distratto dalle proprie riflessioni dall'ombra oltre
l'ampia porta vetrata dell'ingresso dell'hotel, che gli rivelò
l'arrivo dell'auto che Ralph aveva mandato loro per portarli a
destinazione.
Sbuffò a labbra
serrate, le mani ficcate in tasca mentre se ne stava accanto al
bancone della reception, in attesa. Yukiko ci stava mettendo troppo.
“Ad una ragazza
vuole il tempo che ci vuole per farsi bella” lo redarguì,
prendendo le difese della mora, il suo bitpower.
Kei scoccò
un'occhiata alla figura dell'Aquila, comparsa da qualche minuto al
suo fianco, inarcando un sopracciglio con aria scettica. Come se la
diretta interessata avesse davvero bisogno di tutta quella
preparazione per farsi 'bella'.
– E tu che ne sai?
– la rimbeccò lui invece in tono bassissimo. Francamente, dubitava
che la sua compagna di battaglie avesse mai sperimentato la cosa.
“Che
screanzato” si offese la Rossa, tornando a chiudersi in un
silenzio che il blader non riuscì ad apprezzare a dovere.
Pochi secondi dopo
infatti, ecco finalmente il campanello dell'ascensore suonare ed
annunciare l'immediata apertura delle porte. Appena la nightblader
uscì nella hall, definendosi nel suo campo visivo, il dranzerblader
dimenticò per un istante tutto il tempo che ella l'aveva fatto
aspettare. Incrociandone lo sguardo, non riuscì più a distogliere
il proprio, costringendo la ragazza a farlo per prima con fare
piuttosto imbarazzato, mentre lo raggiungeva di buon passo. Incurante
di quel disagio il ragazzo invece non riuscì proprio ad evitarsi di
fissarla, in quell'abito che lasciava scoperta una buona porzione di
pelle e ne celava la restante con strati di stoffa blu scura. Era un
abito abbastanza semplice, privo di spalline e dallo scollo a cuore
impreziosito da strass. Il tessuto: una serie di veli di seta
semi-trasparenti e sovrapposti l'uno sopra l'altro, erano arricciati
sulla sommità del ventre prima di aprirsi in una serie di onde, a
formare una gonna che le arrivava decisamente sopra al ginocchio. A
coprirle le spalle aveva indossato uno scialle dello stesso colore,
mentre le sue gambe, prive di calze, erano slanciate dalle scarpe con
tacco dello stesso color argenteo della pochette che ella reggeva fra
le mani. Aveva acconciato i capelli in una serie di morbide onde,
lasciandoli sciolti a incorniciarle il viso, il quale era
impreziosito da un velo di trucco i cui colori si rifacevano al suo
vestiario.
– Scusa il
ritardo!
La voce di lei lo
fece tornare in sé, abbastanza da ricordarsi della situazione e
voltarsi verso la porta con un movimento meccanico, del tutto privo
di volontà.
– Andiamo.
Non aggiunse altro,
ma galanteria volle che si ricordasse di aprirle la porta, prima di
seguirla all'esterno, verso la macchina. Non ebbe alcun bisogno di
guardare la proiezione dell'Aquila Rossa poco distante per intuirne
il sorrisetto sornione, perché lo stesso Night li stava guardando
con quell'espressione saccente e ironica allo stesso tempo.
Maledetti saputelli.
Giunti alla chiesa,
scoprirono di non essere fra gli ultimi. Sebbene Ralph fosse già
presente, accanto a parenti più stretti e testimoni, l'interno
risultava vuoto per metà quando i due giapponesi fecero il loro
ingresso.
Yukiko, cercando di
non infilare i tacchi delle decollette fra gli spessori cementati
delle pietre del pavimento, seguì dappresso il ragazzo che
l'accompagnava tentando di non sembrare troppo impacciata su quelle
scarpe di pochi centimetri più alte di quanto fosse abituata.
Varcando l'alto
portone di quello che era a tutti gli effetti un monumento di
considerevole prestigio, la ragazza procedette a passo misurato lungo
la navata, stringendo nervosamente la propria borsetta di forma
ellittica fra le mani. Ed il motivo di tanta agitazione le procedeva
accanto, silenzioso come non mai. Sospirò. Per lo meno le entità di
Night e Dranzer erano tornate all'interno dei rispettivi beyblade,
anche se era una magra consolazione.
Dopo quella breve
considerazione, la mora si concentrò principalmente sullo sposo e
chi lo attorniava in quel momento, non potendo evitare di notare
quanto anch'egli paresse teso in quello smoking nuziale. In Giappone
i matrimoni all'occidentale non erano rari, spesso le coppie
preferivano quella versione alla più tradizionale della loro terra
d'origine, ma assistere ad un matrimonio simile in uno dei paesi ai
quali apparteneva era un'esperienza nuova e curiosa per lei. Abbozzò
verso il tedesco un mezzo sorriso incoraggiante, prima di deviar lo
sguardo sul giovane uomo che gli stava accanto e che doveva essere,
questo a giudicare dall'abito, uno dei testimoni.
Questi, più basso
del tedesco, aveva una folta capigliatura scura, dai riflessi color
vinaccio, ed occhi di una sfumatura simile ma molto più chiara, che
la fecero sussultare interiormente: la stavano fissando con un'aria
fra il sorpreso e l'interrogativo. Lo sconosciuto altalenò quello
sguardo indagatorio su entrambi i giapponesi, prima di dire qualcosa
allo Jurgens, che gli rispose con rapidità senza che la nightblader
potesse intuire una singola parola.
– Siete arrivati –
si rivolse loro Ralph a quel punto, accogliendoli abbastanza
amichevolmente per i suoi standard, quando entrambi li raggiunsero.
– Dopo tutto
quello che mi hai fatto passare non potevo fare altrimenti –
ribatté Kei, ricordandogli i loro trascorsi – Ti avevo dato la mia
parola, mi par di ricordare.
– Questo è vero –
dovette riconoscere lo sposo, sistemandosi un nodo della cravatta già
perfetto.
Yukiko sorrise: sì,
era proprio nervoso.
– Il fatto che tu
abbia dato la tua parola non lo vedo come qualcosa di rilevante –
ribatté il ragazzo dai capelli scuri accanto al tedesco, rivelando
un tipico accento inglese.
– Puoi pensarla
come ti pare, Andrew, non mi interessa – gli rispose a tono Kei,
con quella cordialità che non gli impediva in alcun modo di
risultare irritante.
L'aria fra i due
ragazzi si accese di scintille in un batter d'occhio e la nightblader
si strinse lo scialle sul petto, a disagio di fronte a quella
dimostrazione di rivalità. Per questo collegò quel nome ad
un'identità ben precisa soltanto dopo una manciata di secondi,
quando Ralph adempì alle presentazioni formali.
– Andrew, lei è
Yukiko Natsuki.
– Molto lieto, io
sono Andrew McGragor, il testimone dello sposo – fece questi,
rivolgendole finalmente la giusta attenzione. Un'attenzione che,
tuttavia, la mise in un discreto imbarazzo, perché l'inglese si
piegò in un inchino che culminò con un galante baciamano. Un
comportamento da perfetto gentiluomo, insomma – È un vero piacere
conoscerti.
– P-piacere –
balbettò lei, abbozzando un inchino dopo essersi riappropriata del
proprio arto.
– Ci siete già
tutti, vedo – affermò una voce a lei familiare, che li fece
voltare verso la navata che avevano appena percorso.
Una coppia di
ragazzi sorridenti, identificati immediatamente come Gianni ed
Olivier, si fece avanti, bruciando le ultime distanze in poche
falcate eleganti. Alla vista dei due, Yukiko riuscì a ritrovare un
po' della propria sicurezza ed a rilassarsi abbastanza da non
rischiare di sembrare il manico di una scopa, riuscendo ad ampliare
le labbra in un sorriso più rilassato quando il francese replicò il
gesto dell'inglese e le baciò la mano.
– Non ero certo
che vi avremmo rivisti, ma sono contento che Ralph vi abbia invitati
a restare per il matrimonio – affermò questi, i cui modi galanti
le erano un po' meno inaspettati di quelli di Andrew.
– Stavo per
chiedere come mai voi due non foste nei paraggi – commentò il
dranzerblader, riportando l'attenzione su di sé.
Un'occhiata veloce
le rivelò che pareva quasi seccato, non fosse stato per quell'aria
costantemente imperturbabile che aveva in volto.
– Non potevamo
mancare, soprattutto dopo aver ricevuto l'invito – ribatté di buon
umore l'italiano di rimando, passando oltre per porsi affianco
all'inglese – Ti trovo bene, Andrew.
– Non potrebbe
essere altrimenti, Gianni – gli rispose questi con quella
superiorità che portò Yukiko a chiedersi se non gli fosse propria –
E tu non sei da meno. Non sei venuto in dolce compagnia?
Osservando la scena,
la giapponese si ritrovò a considerare il fatto di aver di fronte i
quattro membri dell'European Dream e si sentì scioccamente eccitata
all'idea di poterli osservare l'uno vicino all'altro. Nonostante il
tempo passato, erano rimasti comunque buoni amici e la cosa le aveva
permesso di poterli immaginare ai tempi in cui Kei ed i Bladebreakers
li avevano sfidati come squadra.
Persa in quelle
riflessioni che minacciavano di commuoverla, la nightblader si perse
il resto della conversazione e dei convenevoli fra i presenti, finché
pochi minuti dopo non venne invitata a prendere posto ad una delle
panche nelle prime file, fra l'italiano e Kei, l'interno del Duomo
ormai ghermito di persone in attesa della sposa.
L'attesa non si
protrasse a lungo, l'ora fatidica ormai prossima quando, seguendo il
suggerimento dello sposo, si accomodarono al loro posto. E quando
Alexis, accompagnata dalla sinfonia dell'organo della chiesa, fece il
suo ingresso, ogni timore che la giapponese potesse aver avuto il
giorno precedente sull'eventualità di mettere in ombra la
protagonista di quella cerimonia scomparve, disperso come fumo nel
vento di aprile.
La bionda, avvolta
in un abito color avorio che le si arricciava intorno alla vita per
poi aprirsi in una gonna a campanula, era bellissima. Di una bellezza
radiosa, messa in risalto non tanto dal taglio comunque sensuale e al
contempo pudico del vestito, quanto dal suo luminoso sorriso.
Raggiante nel suo velo di seta bianca, percorse elegante tutta la
navata, accompagnata da quello che non poteva essere altri che suo
padre, un uomo di mezza età i cui lineamenti occidentali erano
addolciti da una commozione che quasi non lasciava spazio ad altri
sentimenti. Nemmeno quando procedette al gesto rituale di cedere la
sua amata figlia all'uomo che di lì a poco sarebbe stato suo marito,
consegnandone la mano fra le sue, riuscì a compattare la propria
espressione in stoica fierezza.
Ralph, al colmo
dell'emozione, annuì con un discreto cenno del capo al futuro
suocero, prima di spostare i suoi occhi in quelli azzurrissimi di lei
e rilassarsi leggermente in favore di un leggero sorriso spontaneo.
Affascinata da quella scena, Yukiko non poté far altro che osservare
ammirata ogni passaggio, ogni espressione, ritrovandosi ad arrossire
dalla meraviglia. Sembrava l'epilogo di una fiaba: Alexis era stata
fortunata ad aver trovato qualcuno che la guardava in quel
modo ed ora poteva capire perché aveva deciso di accettare la
proposta di matrimonio di lui. Si chiese se un giorno avrebbe avuto
la stessa fortuna di quella ragazza dai capelli finissimi come l'oro,
prima di scacciare quel pensiero dalla mente in un moto di amor
proprio. Meglio non rigirare il dito nella piaga.
“Non dovresti
farti prendere da simili pensieri...” rincarò la dose Night
dall'interno della borsetta, prima di chiarire “Potresti essere
più fortunata di quel che credi!”
Il silenzio che
seguì da parte del suo bitpower, la lasciò in balia di una
confusione e una perplessità tali da impedirle di seguire il resto
della cerimonia, ma non di notare a un certo punto quanto le
previsioni maliziose proferitele da Alexis il giorno precedente non
si fossero discostate troppo dalla realtà: gli occhi di Kei
sembravano non riuscire a discostarsi mai di molto da lei.
La cerimonia
religiosa durò un'ora, al termine della quale gli invitati si
spostarono per presenziare al ricevimento, che si tenne subito dopo e
che durò per tutto il pomeriggio.
Kei, seduto ad una
delle lunghe tavolate poste perpendicolarmente a quella dei due sposi
e dei rispettivi genitori, dovette sopportare un pranzo di dodici
portate fra antipasti, primi, secondi e contorni, accanto ad un
Olivier stranamente propenso al dialogo e di fronte ad una Yukiko
incredibilmente sveglia, nonostante la cerimonia. Sì, perché il
dranzerblader non aveva mai rimpianto tanto l'aver ceduto alle
insistenze di Ralph ed aver acconsentito a presenziare a
quell'evento. Le parole dell'uomo di chiesa che aveva officiato al
matrimonio, pronunciate tutte in latino, gli erano risuonate nelle
orecchie tanto incomprensibili quanto soporifere.
Una noia
apocalittica, che non gli aveva impedito in alcun modo di cedere
all'impulso di sbirciare di tanto in tanto la figura della
nightblader al suo fianco, studiandone quel particolare o
quell'altro, a seconda del momento.
Stessa cosa stava
prospettandosi il ricevimento. L'unica cosa che lo faceva restare
sveglio era la presenza della sua compagna di squadra, seduta ora di
fronte a lui, che aveva deviato il discorso principale su un
argomento decisamente più interessante: i bitpower.
– Più di uno in
verità ha tentato di ricreare dei bitpower – stava dicendo Gianni,
seduto alla destra della mora, di fronte a Olivier – ..a partire
dai russi.
– I russi? –
domandò Yukiko, inarcando un sopracciglio.
Kei si irrigidì
meccanicamente, già sapendo dove l'italiano volesse andare a parare.
– Sì, si trattava
di un'organizzazione chiamata Borg.
– Ah, ho capito –
esclamò a quel punto la ragazza, illuminandosi di comprensione –
Era l'organizzazione della quale era a capo Vorkof, l'ex presidente
della BEGA, vero?
– Esatto –
intervenne Olivier – ..e ci era pure riuscito. I bitpower dei
finalisti del torneo mondiale in cui hanno esordito i Bladebreakers
provenivano da quella stessa organizzazione.
Un brivido colse il
dranzerblader, risalendogli gelido lungo la schiena e facendogli
rizzare i capelli sulla nuca. Tenne lo sguardo puntato verso il
pavimento al centro della sala, fissando un punto del mosaico di
mattonelle come se non avesse di meglio da fare, ostinato a non
partecipare al discorso. Con la rapidità con cui aveva ringraziato
il cielo per l'iniziativa presa dalla sua compagna di viaggio, ora lo
maledisse silenziosamente per lo stesso motivo. Non le aveva rivelato
molto di quella parentesi della sua vita, di quanto era accaduto in
Russia o di quel che lui stesso aveva avuto a che fare con i ragazzi
della Borg, e non era intenzionato a farlo in quell'occasione. Aveva
bisogno di qualcosa che deviasse la piega che stava prendendo la
conversazione, prima che uno dei due blader seduti con loro dicesse
una parola di troppo.
“Quelle
creature, anche se le avete chiamate bitpower, non erano come noi e
non lo saranno mai” la voce inflessibile dell'Aquila Rossa fu
la distrazione tanto desiderata.
Il silenzio che calò
momentaneo nel gruppetto venne infranto da un'altra voce, ormai
familiare al dranzerblader.
“Il loro potere
non è minimamente paragonabile al nostro” concluse Night.
Sollevando lo
sguardo scuro sui due bitpower, li vide in piedi accanto al bordo del
tavolo, l'uno accanto all'altra in un bellissimo contrasto di bianco
ed oro, rosso fuoco ed azzurro ghiaccio, privi per una volta di
quell'alone luminoso chi li avvolgeva solitamente. Sarebbero potuti
sembrare dei comuni esseri umani, se non fosse stato per i loro
vestiti, ovviamente.
Gianni e Olivier
impiegarono una buona manciata di secondi, prima di riprendersi dal
moto di stupore che li aveva fatti rimanere impietriti, al pari di
due statue di sale. Con un sorrisetto soddisfatto, Kei incrociò ambo
le braccia sul petto mentre si appoggiava allo schienale della sedia,
scoccando un'occhiata al tavolo accanto, notando lo stesso Andrew
bloccarsi a metà frase e scoccare nella loro direzione un'occhiata
perplessa.
Il suo sorrisetto si
accentuò un altro po', soddisfatto della piega inattesa che stava
prendendo la cosa.
– Ragazzi, vi
presento Night – disse Yukiko intanto ai due europei seduti con
loro.
“Salve a
tutti!”
– Lei è l'Aquila
Rossa – fece a propria volta Kei, con assoluta noncuranza.
“Chiamatemi
Dranzer” esordì a sua volta l'Aquila.
– Sono davvero i
vostri bitpower? – domandò incredulo Olivier, fissando il blader
dai capelli d'argento.
Fu Yukiko a
rispondere, specificando – Sì. Sono i nostri compagni.
In quel momento la
musica di sottofondo cambiò, la banda che, dal palco presente in
giardino, approfittò della pausa che separava il sopraggiungere
delle portate dalla cucina dal momento del taglio della torta, per
invitare con quella nuova melodia i commensali a fare due giravolte
sulla pista da ballo. Nella sala si diffusero le note di un valzer e
l'Anka Bianco porse una mano all'Aquila, in un invito teatrale degno
di un principe, che venne accettato senza remore dalla Rossa.
Osservandoli
allontanarsi verso la pista da ballo come fossero davvero due persone
normali, Kei inarcò un sopracciglio prima di scambiare uno sguardo
con la sua compagna di squadra, altrettanto sorpresa da quella
novità. Poi la vide esternare uno sbuffetto divertito, accostato ad
un'alzata di spalle, e lui accettò quel suggerimento sottinteso in
quel suo modo di fare, accantonando ogni dubbio per riportare la sua
attenzione ai due europei.
– È una cosa
incredibile – affermò Gianni, riprendendosi solo in quel momento.
– Lo è davvero –
concordò il suo amico francese, lanciando uno sguardo alla pista da
ballo in giardino, visibile grazie alle ampie vetrate.
– Quindi non
sapevate niente della capacità di Ralph di materializzare il suo
bitpower in forma umana – specificò la mora a quel punto, come a
voler mettere i puntini sulle I.
A quella notizia si
voltarono entrambi a fissare con occhi spalancati il loro antico
leader, prima di guardarsi di nuovo fra loro e scuotere il capo in
segno di diniego. No, non ne avevano saputo nulla fino a quel preciso
momento, ma affermarono di non essere sorpresi della mancata
informazione: in fin dei conti si erano un po' persi di vista in
quegli ultimi tempi.
La stessa cosa era
toccata a lui ed ai suoi vecchi compagni di squadra, si ritrovò a
riflettere fra sé e sé il dranzerblader. Da quanto i Bladebreakers
si erano sciolti definitivamente, dopo la Justice Five, nemmeno lui
si era più premurato di mantenere costanti contatti con quelli che
avrebbero dovuto essere i suoi amici, per tutta una serie di
motivazioni inerenti alla sua sfera privata.
Ripensando a quei
tempi, gli parve che fosse passata una vera eternità.
– ...Kei?? – la
voce della ragazza che aveva di fronte lo riportò al presente,
inducendolo a sollevare lo sguardo per incrociare quello di lei,
inarcando un sopracciglio – A che cosa stavi pensando?
– Niente di
particolare.
– Sembravi
piuttosto concentrato – ribatté Olivier.
– Eh già –
rincarò la dose l'italiano, accostando con aria cospiratoria una
mano alla bocca, delineata in un mezzo sorriso, per evitare che altri
cogliessero qualcosa delle parole che sussurrò subito dopo –
Piuttosto concentrato a puntare la scollatura della nostra Yukiko.
Quell'affermazione
lo fece irrigidire, mentre la diretta interessata sussultò sulla
sedia, assumendo immediatamente una colorazione che avrebbe fatto
invidia ad un semaforo. Olivier se la rise tranquillamente, seguito a
ruota dal suo compare, ignorando l'esclamazione di protesta della
nightblader e le occhiatacce che lo stesso Kei scoccò loro.
– Scusaci Yukiko,
non volevamo metterti in imbarazzo – si premurò di dire infine il
francese, alzandosi dal suo posto, le braccia tese a puntellare il
bordo del tavolo – Permettimi di farmi perdonare: mi concedi un
ballo?
L'audacia di questi
venne premiata, sotto lo sguardo per nulla convinto del
dranzerblader, perché dopo qualche balbettio imbarazzato la ragazza
dai capelli bicolori si alzò a sua volta, accettando l'invito e
allontanandosi poco dopo dal tavolo, accompagnata dal suo cavaliere.
Kei seguì
meccanicamente l'ondeggiare della gonna del vestito della moretta,
interdetto dallo strano effetto che gli fece la vista di lei accanto
al francese. In realtà era tutto il giorno che si sentiva un po'
strano nei suoi confronti, sin da quando avevano messo piede in
quell'enorme chiesa. Il suo tentativo di scacciare simili pensieri
dalla propria mente ebbe esito negativo quando vide Andrew alzarsi
dal suo posto e, nel momento in cui venne superato dalla giapponese,
seguirla per un poco con lo sguardo. Questo per il tempo di un paio
di secondi - intervallo più che sufficiente perché a Kei si
gonfiasse più di una vena fra i capelli argentei - prima che
l'inglese si muovesse in sua direzione, raggiungendo lui e Gianni ed
accomodandosi ove prima era seduta la nightblader.
Il dranzerblader
considerò l'idea di sporgersi quel che bastava per sferrargli un
pugno da sopra il tavolo. Si trattenne soltanto al pensiero della
risata dell'Aquila Rossa e delle sue parole canzonatorie
sull'evidente prova di quanto fosse diventato geloso di quella che,
fino a poche settimane prima, aveva erroneamente bollato come una
semplice 'ragazzina'. Dannazione, il solo aver pensato di
rompergli il naso era, già di per sé, una prova più che
sufficiente!
Andrew,
completamente all'oscuro del conflitto interiore del giapponese,
sfoggiò la sua miglior espressione da stratega, prima di
rivolgerglisi direttamente – Ho una proposta da farti..
Natsuki Yukiko non
si limitò a un solo ballo.
Dopo Olivier, a
invitarla a danzare ci pensarono un altro paio di invitati, parenti
della sposa a giudicare dalle rassomiglianze, e dopo di questi ebbe a
malapena il tempo di scambiare con la biondina qualche parola, prima
che si facesse avanti Gianni.
Ebbe più fortuna,
riuscendo a guadagnare una sedia, soltanto al momento dell'entrata in
scena della torta nuziale, costituita da cinque piani di pandispagna
e farcitura ricoperti da una glassa candida come la neve. Dopo
l'assaggio e un altro paio di chiacchiere, più una serie di brindisi
con lo champagne, che contribuirono ad alleggerirle la mente di quel
costante velo d'ansia che l'attanagliava ogni volta posava lo sguardo
sul dranzerblader, venne il turno di Ralph, lo sposo, rimasto senza
dama grazie al tradizionale ballo fra sposa e testimone. Così lei
non poté rifiutarsi, nonostante la voglia pressante di stendersi
sull'erba e disfarsi di quelle scarpe, ora divenute fin troppo
scomode per i suoi piedi stanchi.
– Ancora
congratulazioni ad entrambi – disse la mora fra un passo e l'altro
a tempo di musica, ringraziando mentalmente l'insistenza di sua madre
sul frequentare quelle noiosissime lezioni serali di ballo.
Questi la ringraziò,
abbozzando un vago sorriso, e nonostante l'aspetto piuttosto rigido,
la nightblader si ritrovò a pensare che fosse un ottimo ballerino.
Un'altra prova di quanto le apparenze potessero trarre in inganno su
una persona.
La musica cambiò ed
alcune coppie si fermarono. Così fecero loro, solo per permettere ai
due novelli sposi di congiungersi di nuovo in una piroetta dietro
l'altra. Yukiko stava per uscire dalla pista da ballo quando venne
intercettata proprio dal testimone dello sposo. L'inglese le porse
cavallerescamente una mano, l'altra chiusa a pugno dietro la schiena,
in una posa leggermente chinata in avanti con il busto. Quel modo di
fare, così gentile e galante al tempo stesso, non molto diverso da
quello di Olivier, ridusse al silenzio la moretta ed ogni risposta
negativa che era pronta a dargli. In fondo, rifletté quasi
sconsolata fra sé e sé, non le sarebbe mai più capitata una
situazione simile e, con tutto quel che aveva mangiato, poteva pur
sempre concedersi un altro ballo, no? Già sentiva la vocina di Night
rinfacciarle ogni portata che era riuscita a far sparire dal piatto.
Sorrise, lasciando
trapelare un accenno dei propri pensieri da quell'espressione e
ricevendo un cortese sorriso incoraggiante in risposta, prima di
venir rapita nuovamente e condotta a passo di danza verso il centro
della pista. L'inglese si rivelò un ballerino eccezionale, attento a
condurla con leggerezza, e da perfetto gentiluomo si premurò di
scambiare con lei qualche parola. Questo prima di rivelarle il vero
motivo che l'aveva spinto a chiederle di ballare.
– Approfitto di
questo ballo per chiedertelo senza interferenze – esordì Andrew,
senza incertezze – Ho saputo da Ralph che ti piacciono i castelli
antichi, pertanto volevo proporre a te ed al tuo compagno di viaggio
di venire a visitare la proprietà dei McGregor, in Inghilterra. Kei
mi ha detto poco fa che sarebbe già stata vostra intenzione venire
nel mio paese.
– Be', sì è vero
– ammise lei, sorpresa delle informazioni di cui l'inglese era
entrato in possesso così facilmente – Mi piacerebbe..
– Avevo in mente
di far ritorno a casa domani, se lo desiderate potete venire con me,
sareste miei graditi ospiti ovviamente.
Yukiko inarcò un
sopracciglio, lieta di quella proposta e quella premura che avrebbe
fatto risparmiare loro i soldi del viaggio – Prima di darti una
risposta dovrei parlarne a Kei – disse tuttavia, rammentandosi fin
troppo facilmente del suo compagno di viaggio e della tensione che
era intercorsa fra i due antichi rivali fino a poche ore prima.
– Certamente. Ho
già provveduto a comunicargli le mie intenzioni io stesso e ha detto
la stessa cosa, così eccomi qui – le rivelò il suo attuale
cavaliere.
– Oh – la mora
girò su sé stessa – Allora non credo ci saranno problemi...
Nemmeno il tempo di
finire di dirlo che una mano batté qualche colpetto sulla spalla del
McGregor, facendoli fermare. Ringraziando mentalmente quel fuori
programma, la mora fece un passo indietro, di nuovo libera, prima di
rammentarsi che quel gesto stava a significare soltanto un cambio di
cavaliere e non il termine di quella sua maratona di ballo. Appena
riguadagnate le distanze, sollevando lo sguardo di smeraldo su colui
che aspirava ad essere il suo nuovo compagno, sentì il respiro
bloccarsi in fondo alla gola.
In piedi accanto ad
Andrew, scambiando con questi un'occhiata penetrante, v'era Kei.
– Posso?
– Prego – si
fece da parte l'inglese, alludendo a lei con un elegante gesto della
mano.
Quando il
dranzerblader abbassò i suoi occhi dai riflessi d'ametista, la mora
avvertì le ginocchia minacciare di farsi di gelatina. Ebbe a
malapena il tempo di realizzare che fosse davvero lui il ragazzo che
le stava di fronte, in quella sua camicia nera così simile a quella
che gli aveva visto addosso la prima volta che si erano incontrati a
quella riunione d'affari, prima che questi le porgesse la mano
sinistra in un chiaro invito.
Allungando la
propria, si ricordò di respirare soltanto quando avvertì il tocco
di lui sulla pelle, caldo e fin troppo piacevole nel modo in cui,
dopo aver fatto un passetto avanti, le appoggiò l'altra mano sul
fianco opposto.
Nemmeno il tempo di
fare il primo di una serie di passi di danza che il suo cuore ebbe un
nuovo guizzo di energia, iniziando a pomparle furiosamente sangue
nelle vene, mentre quella vicinanza mise improvvisamente in secondo
piano ogni altra cosa, adombrando persino la stanchezza delle gambe
ed il fastidio che le causavano ormai ininterrottamente quelle
scarpe. Fu come se, stretta delicatamente fra le braccia del ragazzo
di ghiaccio, il resto del mondo perdesse di consistenza, come se
fosse sul punto di scomparire.
Volteggiando sulla
pista, Kei si rivelò un ballerino che non aveva nulla da invidiare
al rampollo dei McGregor, cosa che la sorprese non poco. Il suo volto
era tremendamente serio, quelle sue iridi scure imperscrutabili,
tanto magnetiche da costringere la ragazza a faticare per sostenere
il suo sguardo.
– Andrew ti ha
detto del suo invito?
L'infrangersi di
quel silenzio fra loro per mezzo di quella domanda la prese in
contropiede, ma l'aiutò a far mente locale e dare un ordine ai
propri pensieri.
– S-sì – riuscì
ad annuire, prima di compiere un mezzo giro. A quel movimento la
testa impiegò una manciata buona di secondi, prima di rallentare il
capogiro e lei si ritrovò a incespicare sui suoi stessi passi, senza
tuttavia cadere o fermarsi. Ci pensò il suo cavaliere a sostenerla
ed evitarle la figuraccia, rafforzando la presa su di lei in un modo
che la fece interiormente sussultare una seconda volta. Aggrappata a
lui, abbassò lo sguardo su uno dei bottoni della sua camicia,
sentendosi la pelle del viso bruciare dalla quantità di rossore che
la colorava sino alla punta stessa dei capelli.
“Non è
possibile una cosa del genere” si ritrovò a pensare al colmo
dell'agitazione “Questo è solo un sogno.. Deve
essere un sogno!”
Imbarazzata ed a
disagio per il mare di emozioni che le suscitava quel semplice
contatto diretto quanto casto, pregò il proprio cuore di smettere di
battere tanto forte e le proprie gambe di non mettere in atto la
continua minaccia di cedere. E pregò con tutta sé stessa che la
testa smettesse di girarle a quel modo. Maledetto champagne.
– Sei molto bella
stasera.
Quel sussurro le
smorzò il fiato, facendole spalancare di nuovo gli occhi di colpo
prima di sollevarli in un moto di incredulità. Quando incrociò
quelli scuri del blader però, ogni dubbio sul coretto funzionamento
dei suoi sensi venne meno e si ritrovò a deglutire a vuoto, prima di
ritrovare un poco di voce.
– Grazie.. –
mormorò appena, tornando ad abbassare lo sguardo sulla sua camicia.
Le aveva appena
fatto un complimento. Un complimento.
E che complimento!
La musica si fermò
e così fecero i ballerini, cosa che permise alla moretta di fuggire
dalla pista da ballo e da tutta quella folla. Raggiunse rapidamente
l'ampia sala del ristorante e, cercando di non far trapelare alcun
tremito nella voce, chiese informazioni ad uno dei camerieri sul
bagno delle signore, prima di chiudercisi dentro.
Quando si voltò
verso lo specchio sopra i lavandini, la sua immagine riflessa le
rimandò indietro la figura di una ragazza dai lunghi capelli mossi e
l'aria stravolta, proprio tale e quale si sentiva lei stessa.
Stravolta da tutte quelle emozioni così intense ed inaspettate, in
un intervallo di tempo irrisorio. Non poteva uscire da lì in quello
stato.
E non ne uscì
finché la voce dello sposo non annunciò, senza mancare i
ringraziamenti per la partecipazione di tutti, il congedarsi di
entrambi i nuovi coniugi in favore di un volo che li attendeva per
portarli a godersi la loro luna di miele. La festa era giunta al
termine.
“Torniamo in
albergo?” le chiese con tono stranamente dolce il suo compagno
di battaglie.
Yukiko annuì con un
moto di sollievo – Torniamo in albergo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ehilà! Visto? Ce l'ho fatta a non lasciarvi a digiuno per tutto il weekend!
Ed è venuto anche un capitolo bello lungo! Spero ne sia valsa la pena! ^_^
So che c'è almeno una di voi che sta invocando a gran voce delucidazioni su cosa sta passando per la testa del nostro dranzerblader e mi spiace dovervelo dire, ma dovrete attendere ancora un po'. Abbiate pazienza, il suo momento deve ancora arrivare, ma vi assicuro che non manca molto. Giusto un paio di capitoletti *_* e allora faremo un viaggio nel mondo interiore del nostro carissimo e fighissimo Kei!
Nel frattempo mi sono divertita a tirar fuori un paio di situazioni degne di nota :D spero che siano di vostro gradimento e nel frattempo vi auguro un buon weekend! Ci si legge la prossima settimana!
Saluti
Kaiy-chan
P.S. vi allego qui sotto il vestito a cui mi sono ispirata per la piccola Yuki u.u (la modella è carina ma non le assomiglia, quindi nn fatevi idee strane xD)
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Capitolo 23 *** Inghilterra, Regno Unito ***
23. Inghilterra,
Regno Unito
Kei aveva lasciato
la sua compagna di stanza, accomodata sul divano della loro camera,
intenta a fare zapping, e lui si era preso del tempo per sé.
Girovagando per le strade di Berlino con le mani ficcate in tasca e
la sciarpa al collo, aveva lasciato correre la propria mente, senza
tuttavia riuscire a dare un filo logico ai molteplici pensieri che si
susseguivano l'uno dopo l'altro. Era ancora piuttosto teso quando
rientrò, a causa di ciò che stava tentando di reprimere con tutto
sé stesso in fondo all'anima. Un tentativo che non sempre gli
riusciva, e la prova era appunto l'aver ceduto alla tentazione di
stringere - anche se soltanto per un ballo - l'oggetto di tali
emozioni fra le braccia.
Richiudendosi con
cautela la porta alle spalle, corse con lo sguardo al divano, non
riuscendo a distinguerne la sagoma nella penombra, rischiarata dal
televisore ancora acceso. Attese qualche secondo, ma non spuntò
alcuna testolina mora da sopra lo schienale, né qualche altro cenno
di saluto. Inarcando un sopracciglio e non vedendo traccia della
ragazza nel resto della camera, si avvicinò al mobile foderato di
pelle color bordeaux, inquadrando ben presto nel proprio campo visivo
l'obiettivo della sua ricerca. La nightblader era distesa su un
fianco, rivolta verso lo schermo senza tuttavia vederne il
susseguirsi di immagini. Si era messa abiti più comodi dopo la
doccia, costituiti da una maglietta a maniche corte ed un paio di
pantaloni della tuta che le aveva visto addosso altre volte in quelle
ultime settimane. Il viso rilassato era stato ripulito da ogni
traccia di trucco ed il dranzerblader, approfittando del sonno in cui
era immersa, si appoggiò con gli avambracci sulla sommità dello
schienale di quel divanetto e si perse a seguire con lo sguardo i
lineamenti di lei, le ciglia scure, la forma del naso, le labbra
leggermente socchiuse, il tutto senza realmente studiarla a fondo.
Ripensò nuovamente alla prima volta che l'aveva incontrata, al
contrasto fra l'impressione che si era fatto di lei in
quell'occasione ed a quella che invece aveva ora. L'aveva trovata
carina appisolata nel proprio letto, ma ora, nella fioca luminosità
azzurrina dello schermo piatto, non poté evitare di ricredersi.
Era bella.
Era dolorosamente
bella.
Dolorosamente,
perché si stava rivelando una tortura continua averla così vicina
eppure così lontana. Lei, che per uno come lui era irraggiungibile,
e non soltanto a causa del limite che si era imposto lui stesso. Non
era sicuro dei propri sentimenti, ma quel poco che aveva capito era
che lei gli piaceva non poco. Gli piaceva come persona, non soltanto
come ragazza. Il tempo che avevano passato insieme sino a quel
momento gli aveva dato modo di scoprire piccoli lati del suo
carattere, lati che avevano contribuito a rafforzare in lui la
volontà di non doverla avvicinare. La volontà di non volerla
ferire. Perché realtà voleva che fosse tutto men che portato ad
essere il 'ragazzo ideale' che lei si meritava. Quello che non
l'avrebbe mai fatta piangere. Quello che non avrebbe avuto bisogno di
proteggerla da sé stesso e dai demoni che si portava dentro.
“Non hai
pensato che forse non cerca un ragazzo così?” gli sussurrò
l'Aquila, prendendo forma umana dietro lo schienale del divano
accanto a lui. Kei ne intercettò lo sguardo dorato, inarcando un
sopracciglio con scettica superiorità “Forse sei proprio tu ciò
che sta cercando..”
Il dranzerblader a
quell'implicazione raddrizzò la schiena, staccandosi dal suo
appoggio con un unico movimento, prima di dirigersi meccanicamente
verso il bagno. Era determinato a ignorare le supposizioni del suo
bitpower, la quale non demordette ed, imperterrita, lo seguì fino
alla soglia dello stanzino.
“Sicuro di
volerti costringere a rinunciare a lei ancor prima di
aver capito cosa provi davvero?” tentò di nuovo.
– Non cambierò
idea – sbottò a quel punto, rompendo il silenzio in cui si era
chiuso ermeticamente e sbattendo la porta del bagno fra sé e lei con
più forza di quanta ne sarebbe realmente bastata. A quel tonfo sordo
la moretta nell'altra stanza mandò un'esclamazione, svegliandosi di
soprassalto.
Era caduta dal
divano.
Nella penombra che
avvolgeva la stanza, risuonò il trillo di un telefono, seguito da
uno scalpiccio di passi ed una figura avvicinarsi lesta
all'apparecchio, zittendolo nel sollevare la cornetta. Alle spalle di
costui, i vetri dell'alta finestra risuonavano di lievi rintocchi a
causa delle gocce di pioggia che vi si riversavano contro.
– Pronto?
– Sono io.
– Oh, signorino..
– Ho un compito
da affidarvi.
L'uomo che aveva
risposto al telefono rimase in ascolto in religioso silenzio,
assimilando attentamente le istruzioni del suo interlocutore
dall'altro capo del filo.
– Tutto chiaro?
– Certamente,
signore.
– Bene.
Assicurati che sia tutto pronto per domani sera.
– Sarà fatto.
Dall'estremità del
ricevitore posta accanto all'orecchio gli giunse il familiare quanto
ripetitivo *tu-tu-tu*
che segnava il termine di quella conversazione e poco dopo la stanza
tornò ad essere avvolta dal silenzio, infranto soltanto dal rumore
del maltempo all'esterno dell'edificio.
Il 30 Settembre, i
tre ragazzi lasciarono la Germania a bordo dell'aereo privato dei
McGregor, alla volta del suolo britannico. Ad accoglierli tuttavia si
presentò una fitta pioggerellina che, attraverso i vetri dell'auto
sulla quale salirono per raggiungere la loro destinazione, pareva
dilavare i colori del paesaggio circostante.
Il grigiore di
quella giornata non si attenuò affatto una volta giunti nei pressi
del castello della famiglia di Andrew, il quale venne accolto da un
paio di maggiordomi, che si affrettarono a ripararli dal maltempo
appena misero piede fuori dall'auto. Reggendo l'ombrello che le era
stato gentilmente offerto, Yukiko sollevò lo sguardo sull'antica
costruzione che si protendeva massiccia verso il cielo, spalancando
gli occhi verdi.
Si trattava di un
castello di pianta squadrata, circondato da alte mura di pietra
grigia, provviste di merli a riparare i camminamenti, ed ai cui
vertici si stagliavano implacabili una serie di torrioni a base
cilindrica. Il complesso all'interno, completamente distaccato da
quella struttura difensiva, vantava un'altezza di ben quattro piani,
con mura spesse almeno un metro e provviste da una serie di
finestrelle tanto strette quanto numerose ed un unico torrione al
centro, anch'esso squadrato, che spiccava fra le forme più tozze che
lo circondavano come un austero e silenzioso guardiano sulla piana
circostante.
– Prego, signori,
da questa parte – la raggiunse la voce di uno dei maggiordomi fermi
all'ingresso.
Tornando a prestare
attenzione a questi, vennero condotti tutti all'interno, in un
ambiente piuttosto tetro a causa della scarsa luce filtrante
dall'esterno. A stento la scarsa luminosità era infatti compensata
da una serie di luminarie artificiali, che apparivano nettamente
fuori posto. La mobilia, così come gli arredi ed i colori,
richiamavano alla mente un'epoca passata, fatta di battaglie,
pericoli, fatiche e morte.
– La cena sarà
servita a breve – esordì un altro membro della servitù lì
presente.
Andrew annuì –
Attenderemo nel mio studio.
La nightblader
drizzò le orecchie a quelle parole, ben rammentando quando, in volo
sopra lo stretto della manica, lo stesso inglese avesse accennato
loro qualcosa al riguardo. Avrebbero giovato della sua ospitalità
presso quella sua antica dimora per tutto il tempo che sarebbero
rimasti nel suo paese, ma al riguardo c'erano alcune accortezze che
avrebbero dovuto tenere per “evitare spiacevoli
incidenti”, come lui stesso aveva asserito. Accortezze di cui
avrebbe parlato loro soltanto al loro arrivo, con calma, nel suo
fantomatico studio.
Così lo seguirono,
lei e Kei, quest'ultimo con quella solita aria fra l'annoiato ed il
noncurante stampata in viso. Dalla sera scorsa non avevano parlato
molto e tutt'ora Yukiko poteva percepire una certa tensione presente
fra loro, un'emozione che le impediva di guardarlo come al solito. Le
aveva detto che era bella, che diavolo! Questo non voleva forse dire
che gli piaceva? No, vero? Era un'eventualità totalmente fuori dal
mondo, che quel ragazzo di ghiaccio si potesse interessare a lei in
quel senso! Avrebbe dovuto prenderla come un semplice commento,
buttato lì senza nessun senso nascosto, perché non ve n'erano, ne
era sicura. Eppure, nonostante le ore passate in un'assidua pratica
di autoconvincimento, ancora riusciva a malapena a sostenerne lo
sguardo per qualche secondo, prima di distogliere il proprio.
Salirono una scala
in pietra, i passi attutiti dal tappeto rosso e logoro che la
adornava, guidati dal padrone di casa finché non li fece accomodare
oltre una porta in legno massiccio, perfettamente oliata. La stanza
in cui entrarono era squisitamente arredata, con un'ampia scrivania
in mogano che costituiva il fulcro di quell'ambiente, attorno alla
quale erano disposte alcune sedie dallo schienale imbottito. Le
pareti erano ricoperte da scaffali di libri e stendardi, intervallati
da qualche lampada a muro in perfetto stile rinascimentale. Il
pavimento, coperto da un bel tappeto persiano, scricchiolò appena
sotto il loro peso, un cigolio sano e appena sommesso, pervenuto da
solido legno incerato e tirato a lucido del parquet.
– Accomodatevi
pure – suggerì loro il McGregor, avvicinandosi ad uno degli
scaffali per prendere un grosso tomo rilegato in pelle.
Kei si mosse per
primo, accomodandosi in una delle poltroncine che attorniavano un
basso tavolino, mentre la ragazza scelse il divano accanto, sedendo
in una posa meno 'stravaccata' rispetto a quella del suo compagno di
squadra. Quando Andrew appoggiò il libro sul basso mibile, risultò
subito agli occhi della mora che si trattasse di un testo piuttosto
antico, i cui caratteri dorati erano stati dipinti a mano sulla
copertina brunita.
– La mia famiglia
risiede in questo castello da generazioni, dopo averlo conquistato e
proclamato come un proprio dominio nel tredicesimo secolo. Tuttavia,
da addirittura prima di quel tempo, sembra che vi siano diverse
leggende che circolano su questo posto. I miei stessi predecessori
sembra che non vi abbiano dimorato per decenni, utilizzandolo come
avamposto e successivamente come mera residenza estiva, ed i motivi
mi vennero svelati nel dettaglio soltanto tre anni fa – annunciò
il rosso con voce greve, segnata dal forte accento e, prendendo posto
di fronte a loro in una delle poltrone ed incrociando le mani fra
loro, continuò – In quel libro sono riportate molte cose di un
passato di cui abbiamo conservato a fatica il ricordo. Vi è, in
particolare, un accenno su alcuni passaggi segreti particolarmente
angusti e la presenza di meccanismi la cui ubicazione non è
riportata con precisione, che potrebbero ancora essere in funzione
nonostante il tempo trascorso. Per questo vi chiedo di non andare in
giro ad esplorare aree del castello per conto vostro, sebbene io non
ritenga che le voci che circolano tutt'ora sull'aggirarsi di strane
presenze in questo posto siano veritiere, potreste inavvertitamente
innescare qualche meccanismo segreto. Io stesso ho trascorso
piacevoli vacanze fra queste mura con la mia famiglia senza incorrere
nell'ira di qualche vaga entità spettrale.
Yukiko, che era
rimasta tutto il tempo a fissare con occhi sempre più spalancati il
loro padrone di casa, lanciò per la prima volta da quando erano arrivati un'occhiata carica
di perplessità al dranzerblader. Questi, dopo quello scambio di
sguardi, si rivolse per la prima volta senza batter ciglio
all'inglese, con le braccia incrociate sul petto e le gambe
accavallate.
– Se è solo
questo ciò che ti preoccupa, allora puoi metterti il cuore in pace –
gli assicurò, con quel suo tono indifferente – Non andremo in
cerca di guai. Ti ricordo che è con me che stai parlando.
Yukiko optò per
unirsi a quelle rassicurazioni, seppur esordendo con una risatina un
po' nervosa – Sì, infatti. Per quanto mi riguarda, io la notte la
uso per dormire, quindi non ci saranno problemi.
– Meglio così –
ribatté soddisfatto Andrew, prima di venir interrotto dal bussare di
uno dei camerieri, venuto per avvisarli che la cena era in tavola –
Grazie, arriviamo subito – disse all'uomo in questione, alzandosi.
La mora si mosse per
ultima, aggirando il tavolino e rimanendo in coda al trio. Stava per
uscire a sua volta in corridoio quando si fermò, cogliendo un alito
di vento gelido dietro il coppino, lasciato scoperto dalla coda alta
in cui aveva raccolto i capelli, che le fece accapponare la pelle. Si
fermò, voltandosi di nuovo verso lo studio del McGregor, spostando
lo sguardo dapprima sulle finestre, ben chiuse, e poi per il resto
dell'ambiente. Per un fugace momento le tornarono alla mente le
implicazioni esposte loro da Andrew sulla natura di quel castello e
venne colta dall'inquietante impressione di essere osservata.
Sentendo i muscoli tendersi automaticamente, sussultò alla voce del
dranzerblader che la richiamò dal corridoio, infrangendo quel
momento di immobilità che aveva pervaso la ragazza. Ella si affrettò
ad uscire da quella stanza allora, richiudendosi la porta alle
spalle.
Soltanto una volta
che la pesante anta in legno si frappose fra lei e lo studio appena
lasciato, riuscì a scacciare quella sensazione.
Kei iniziava per la
prima volta a rimpiangere una ciotola di semplice riso bianco, da
quando era partito. Avrebbe volentieri fatto a meno di quella
zuppetta che gli era capitata nel piatto quella sera, così come non
lo aveva impressionato il pollo alla cacciatora con contorno di
patate e broccoli servito per secondo, né il budino per dessert. Ora
come ora era convinto che avrebbe potuto cedere a qualunque ricatto
per una capatina al ristorante di sushi al quale lo aveva portato
Yukiko, ormai diverso tempo prima.
Procedendo lungo il
corridoio lanciò un'occhiata in tralice alla moretta in questione,
la quale gli era risultata strana sin dal loro arrivo, quasi tesa.
Nemmeno lei aveva mangiato molto in verità, ma il dranzerblader non
poteva in alcun modo stabilire se fosse perché non stesse bene o per
altri motivi. Dalla sera precedente, la ragazza gli era sembrata
diversa dal solito, almeno nei suoi riguardi. Kei non era stupido,
aveva collegato senza problemi quel comportamento a quanto era
accaduto al ricevimento del matrimonio del rampollo tedesco, e lui
stesso non poté evitare di ammettere fra sé e sé di essersi
slacciato un po' troppo con lei in quell'occasione, cosa che non era
da lui. D'altra parte gli era risultato impossibile contenersi quando
quel pallone gonfiato di Andrew si era fatto avanti, strappandole un
ballo. Sì, si era accorto dell'apparente stanchezza lasciata
trapelare dal sorriso di lei in quell'occasione, quando non era
riuscita a rifiutare, motivo che si aggiungeva ai precedenti
nell'essere la causa del fastidio che aveva provato in quel
frangente.
Se c'era qualcuno
che non voleva si avvicinasse a lei, quello era Andrew McGregor.
– Queste sono le
vostre stanze – annunciò loro il maggiordomo, indicando le porte
poste una di fronte all'altra che affacciavano al corridoio.
I due giapponesi
ringraziarono e, augurandosi uno spiccio “buonanotte”, si
separarono, ognuno nella propria camera. Richiudendosi l'anta alle
spalle, il dranzerblader rammentò la facilità con cui aveva
strappato a suo padre il permesso per quella sistemazione, dovuta
senza dubbio alla notizia sul fatto che fosse proprio la famiglia
McGregor ad ospitarli. Supponeva che il motivo fosse lo stesso per
cui si era congratulato riguardo alla decisione di presenziare al
matrimonio di Ralph Jurgens: rapporti sociali.
La sua stanza era un
ambiente piuttosto spoglio, con un armadio a doppia anta alla parete
sulla sinistra ed un letto singolo sulla destra. Due pesanti drappi
contornavano la finestra incassata nel muro e l'unica fonte di luce
era data da una serie di lampade a muro. A parte questo, Kei dovette
ammettere che il livello di pulizia era impeccabile e, avvicinandosi
al suo giaciglio, poté perfino coglierne l'odore caratteristico di
detersivo che doveva essere stato utilizzato per il lavaggio.
Per questo si limitò
a mettersi a letto, ignorando l'unico imponente quadro presente sulle
pareti della camera e lasciandosi ricadere sulle coperte con uno
sbuffo. Si sentiva spossato, incredibilmente stanco dopo una giornata
che gli era parsa fin troppo lunga, e non ebbe nemmeno il tempo di
pensare di infilarsi sotto le coperte o togliersi per lo meno le
scarpe, prima di sprofondare in un sonno che avrebbe dovuto essere
ristoratore e dal quale venne strappato troppo presto.
Si destò nel bel
mezzo della notte, esattamente nella stessa posizione supina di
quando, poche ore prima, si era addormentato inavvertitamente, i
nervi inspiegabilmente tesi mentre tentava di capire la causa della
sua improvvisa veglia. La mente già sin troppo reattiva, non colse
alcun suono provenire dall'esterno ed un'occhiata rapida alla
finestra gli rivelò che le nubi avevano lasciato uno spiraglio per
permettere ad un raggio di luna di insinuarsi sul pavimento della
camera.
Espirò piano,
iniziando a rilassarsi dopo una manciata di minuti in quel totale
silenzio, quando l'istante successivo un urlo di donna lo fece
balzare in piedi, rischiando di cadere per la repentinità del gesto,
dal letto. Senza pensarci, riconoscendo la voce di Yukiko, si
precipitò alla porta, spalancandola e immettendosi nel corridoio con
l'intenzione di raggiungere l'uscio della camera della ragazza, solo
per essere anticipato. Questo infatti gli venne spalancato davanti
con lo stesso slancio che lui aveva utilizzato nel precipitarsi
fuori, per permettere all'occupante della camera di finirgli dritta
fra le braccia.
Urtato al petto, Kei
riuscì a malapena a non farsi sbilanciare indietro ed istintivamente
la cinse per le spalle, avvertendone il tremore sotto la presa ferrea
nei brevi secondi a seguire. Un tremore che vide riflesso nei grandi
occhi di lei, nel momento in cui li sollevò sul suo volto, pallida
come un lenzuolo nella fioca luce del corridoio.
– Che è successo?
– Ho.. ho visto
qualcosa.. – la ragazza deglutì, cercando di riacquistare un po'
di sicurezza almeno nel tono di voce, ma nel dirlo gli si aggrappò
meccanicamente alla giacca di pelle e lanciò un'occhiata alle
proprie spalle, verso lo scorcio della sua stanza, apparentemente
vuota – ..c'era qualcosa fuori dalla mia finestra.
Ormai completamente
sveglio e consapevole del tepore che avvertiva giungergli dalla
vicinanza di lei, il dranzerblader spostò la propria attenzione
verso la finestra in questione, determinato ad appurare quanto
affermato dalla mora. Si staccò da lei entrando nella sua camera e
avvicinandosi alle vetrate, senza tuttavia riuscire a scorgere nulla
di strano nell'oscurità del cortile. Voltandosi di nuovo sulla sua
compagna, scosse il capo.
– Non c'è nulla
lì fuori – le disse spiccio, con una piega incerta delle labbra.
Si chiese se la ragazza non avesse sognato tutto, quando, dopo un
battito di ciglia, si accorse che era completamente vestita. Inarcò
un sopracciglio – Perché sei vestita a quel modo?
– Ehm.. – la
vide arricciarsi una ciocca di capelli scompigliati – ..diciamo che
sono facilmente impressionabile per certe cose e che ho faticato a
prendere sonno..
Bene, se lei non
stava dormendo, l'eventualità che avesse sognato tutto era da
scartare.
Stava per aprire di
nuovo bocca e dirle qualcosa che avrebbe dovuto risultare
incoraggiante, se non rassicurante, quando un vago cigolio li fece
voltare entrambi di scatto verso la porta aperta sul corridoio. Con
le orecchie tese e i nervi a fior di pelle, rimasero in attesa
finché, pochi secondi dopo, quel rumore non si ripeté, questa volta
più vicino.
Le mani della
nightblader scattarono ad afferrargli un braccio.
– ..catene?! –
sussurrò fra l'incredulo e l'allarmato.
– Uno scherzo
decisamente di cattivo gusto – bofonchiò deciso lui in compenso,
con una nuova smorfia, prima di fare un passo avanti – Andiamo. Non
ho intenzione di farmi prendere in giro.
Più che mai deciso
a smascherare l'autore di quel gioco infantile, si ritrovò ad uscire
a passo deciso di nuovo nel corridoio, seguito dappresso da una
Yukiko che lo supplicava di non lasciarla indietro ma che aveva
comunque avuto la presenza di spirito di lasciargli il braccio.
Procedendo con
cautela al centro del passaggio, le orecchie tese a captare di nuovo
quel rumore troppo poco originale per non essere causato apposta,
dopo pochi passi si sorprese di vedere la moretta affiancarlo con in
viso un'espressione corrucciata. Inarcando un sopracciglio non
commentò nulla sul suo cambiamento emotivo, registrando
semplicemente la novità con un moto di sorpresa per la rapidità con
cui era riuscita ad avere la meglio sui suoi timori irrazionali.
Giunti dappresso
alla rampa delle scale si fermarono, cercando di distinguere i
dettagli dell'ambiente avvolto nell'oscurità. Stavano per convenire
che non vi fosse anima viva quando un rintocco metallico venne
accompagnato da un tonfo. Non poteva sbagliare, proveniva dalla base
delle scale.
– Kei!
Il dranzerblader
ignorò quel richiamo, già precipitandosi giù per i gradini in una
corsa che, al buio, rischiò di farlo rovinare a terra quando urtò
qualcosa con un piede che gli fece perdere l'equilibrio. Riuscì ad
evitare la caduta soltanto grazie alla provvidenziale presenza vicina
del corrimano, al quale si aggrappò con una mano per riflesso
involontario, facendolo gemere sotto la forza di quello strattone.
Col respiro affannoso ed imprecando mentalmente, raggiunse il
pianerottolo e si fermò per riprendere fiato. Tentò di fare mente
locale, cercando nella penombra il suo fantomatico fantasma in carne
e ossa, quando l'ambiente venne rischiarato dall'accendersi di
un'improvvisa luce artificiale.
– Che succede?
Accanto ad un
interruttore, sul quale il proprietario di quella voce aveva ancora
premuta la mano destra, comparve Andrew con indosso una vestaglia
verde scuro ed un paio di ciabatte ai piedi. Kei fulminò l'inglese
con un'occhiata di sufficienza, già sospettando che dovesse esserci
dietro lui a quanto stava accadendo.
– Dovrei essere io
a chiederlo a te – gli sibilò, lasciando spazio alla propria
irritazione – Certi scherzi non mi divertono!
– Non ho idea di
cosa tu stia parlando – sbottò, apparentemente infastidito
l'inglese, assumendo quella sua solita aria di superiorità. Eppure
qualcosa in quella sua espressione da schiaffi, suggerì al
dranzerblader che stava mentendo.
– Non è il caso
di mettersi a discutere – intervenne piuttosto decisa Yukiko,
scendendo gli ultimi scalini.
Inutile dire che non
venne minimamente considerata da nessuno dei due, i quali dopo una
muta sfida di sguardi decisero di passare ai fatti. Il sorrisetto
strafottente di Andrew venne ricambiato da uno altrettanto velato di
astio del giapponese, che già pregustava dentro di sé la resa dei
conti.
– Non ti
permetterò di rivolgermi certe accuse senza reagire..
– Non vedo l'ora
di sapere come pensi di impedirmelo – ribatté Kei, fulminandolo
con lo sguardo. Si sarebbe potuto scatenare un piccolo temporale in
quell'atrio, se i loro occhi fossero davvero stati in gradi di
sprigionare elettricità. Entrambi si piegarono leggermente in
avanti, il dranzerblader spostando dietro la schiena il braccio
destro, pronto a tirar fuori dalla fondina il proprio lanciatore,
mentre il giovane McGregor impugnò, sganciando da una delle pareti,
una delle alabarde lì appese, sbloccandola dai sostegni e
rivelandone il dispositivo di lancio.
– Non vorrete
combattere qui?! – esclamò la ragazza lì presente, con una nota
palesemente contrariata nel tono di voce.
Kei e Andrew la
ignorarono un'altra volta, presi dall'idea di mettere in chiaro una
volta per tutte chi fosse dei due il migliore.
– Tre. Due. Uno..
– scandirono all'unisono.
La luce venne a
mancare in quel preciso momento, interrompendoli e facendo piombare
di nuovo quella sala nell'oscurità. Un'imprecazione nel buio, dal
tipico accento inglese, si fece sentire ed Andrew, dopo una manciata
di secondi, snocciolò un nuovo commento.
– Dovrebbero
entrare in funzione le luci di emergenza.
Attesero, tutti e
tre immobili, che la fioca luminosità delle lampadine in questione
comparisse, cosa che non avvenne. Dopo un'attesa di un minuto buono,
il McGregor fu il primo a muoversi ed il *clack*
che si udì poco dopo li informò che doveva aver riposto sui ganci
il suo particolare lanciatore.
– Dovrebbe esserci
uno sportello dietro ad uno degli arazzi con gli interruttori della
corrente – li informò di nuovo la voce del padrone di casa,
assolutamente calma. Lo scalpiccio dei suoi passi venne ben presto
seguito dal fruscio emesso dai due giapponesi quando si mossero a
loro volta, per cercare di raggiungere una delle pareti in questione
e trovare il quadrante.
Riabituandosi meno
velocemente di quanto avrebbe voluto a quella nuova oscurità, Kei
riuscì a posare una mano sulla fredda pietra del muro alla sua
sinistra e, seguendone il profilo, iniziò a percorrerne il
perimetro. Un riflesso gli comunicò appena in tempo della presenza
di una delle armature che erano parte dell'arredamento di quel
castello medievale, evitando che andasse a sbattergli contro. Eppure
prese male le misure per aggirarla, perché urtò con un piede il
piedistallo della stessa e rischiò di perdere l'equilibrio. Con
un'imprecazione, riuscì ad evitare di cadere ancora una volta grazie
alla sua prontezza di riflessi, che lo portarono a serrare una mano
su quello che doveva essere il pomo della spada che il cavaliere
reggeva verticalmente fra i guanti vuoti. Il suo momentaneo ed
involontario appiglio tuttavia, nonostante avesse adempiuto al suo
provvisorio compito di sostegno, si spostò con un suono secco sotto
quella leggera tensione e l'arma finì per inclinarsi in avanti.
L'urlo che seguì gli fece gelare il sangue nelle vene.
– KYAAAh!
– Yukiko!
La lampada a basso
voltaggio della luce d'emergenza si accese in quel momento, rivelando
l'erede dei McGregor fermo accanto al quadrante di cui egli stessi
aveva accennato prima, dall'altra parte della sala, ed un buco
squadrato sul pavimento esattamente nel mezzo di questa.
Una botola segreta.
E Yukiko ci era
appena caduta dentro.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buona sera! Che bello, ho visto che lo scorso capitolo ha totalizzato parecchie visualizzazioni in pochissimo tempo *_* sono molto contenta e sono abbastanza sicura che anche questo non vi deluderà. Finalmente le cose iniziano a movimentarsi! Spero che vogliate farmi sapere cosa ne pensate ovviamente, ma già ne approfitto per ringraziare chi ha inserito la mia storia fra i preferiti o quelle da seguire. Come già detto, sono molto contenta di questo!
Ora, visto che sono piuttosto carente di sonno, non vi anticipo niente, neanche una domanda di suspance, e me ne vado a dormire XD
Ovviamente prima di andare vi mando un abbraccio e un saluto
Arrivederci al prossimo aggiornamento!!
Kaiy-chan |
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Capitolo 24 *** Il castello dei McGregor ***
24. Il castello
dei McGregor
Yukiko era appena
precipitata in una botola di dubbia profondità e l'unica cosa che
Kei, sporgendosi oltre il bordo del riquadro oscuro, riuscì a vedere
era completa oscurità. Che la luce intermittente e fin troppo fioca
delle lampade di emergenza non lo favorisse era secondario.
– Yukiko! – la
chiamò di nuovo.
Niente.
– Non può essere
– commentò Andrew a mezza voce, attirandosi l'attenzione del
giapponese lì accanto. Lui lo fulminò con lo sguardo, ignorandone
l'espressione evidentemente sconcertata mentre fissava il
trabocchetto segreto, finché non ne incrociò lo sguardo – Quella
botola era sigillata.
– Che stai
dicendo? – gli ringhiò, cercando di non cedere all'impulso di
afferrarlo per il bavero di quella sua stupida vestaglia.
– Sto dicendo che
non si sarebbe dovuta aprire! – esclamò questi di rimando, senza
farsi intimidire.
Il dranzerblader non
perse la sua espressione corrucciata, mentre la sua mente intanto
elaborava le informazioni – Mi stai dicendo che qualcuno l'ha
riattivata? – assurdo. Chi avrebbe avuto interesse nel fare una
cosa del genere, se non i padroni di casa?
– Non ci sono
altre spiegazioni. Si tratta di un accesso rapido alle segrete, che
generalmente veniva utilizzato per spedire in cella i prigionieri, ma
da diversi anni ormai la parte relativa a segrete e fondamenta è
stata chiusa ai più, perché giudicata troppo pericolosa.
– E perché dovrei
crederti? Potrebbe benissimo essere tutta opera tua.
A quell'accusa
l'inglese drizzò le spalle, punto sul vivo – Volevo solo
spaventarvi un po', mica uccidervi!
Ah, ecco. Ora si
spiegavano molte cose.
Kei non si sorprese
di quella confessione involontaria e si alzò nuovamente in piedi con
calma, la sua attenzione ora tutta su un problema più urgente del
farla pagare al suo antico rivale: recuperare la sua compagna di
squadra il più in fretta possibile e assicurarsi che stesse bene. Il
fatto che non desse ancora segni di vita gli causava un'ansia che a
stento gli permise di non scaraventare giù per il buco il padrone di
casa.
– Qual'è l'altra
via per i sotterranei? – gli domandò, spiccio.
– Ce n'è due, ma
sono entrambe state murate – gli rispose Andrew, muovendosi con
passo deciso. Il dranzerblader lo seguì senza parlare, osservandolo
aprire una porta incassata nel sottoscala vicino per mettere a nudo
il varco in questione, completamente murato da una serie di mattoni
pieni e dalla tonalità brunastra. L'inglese allora richiuse l'anta
lignea con un cigolio, prima di voltarsi a guardarlo direttamente –
Chiunque abbia attuato questo scherzo non è passato di qua. Questa
era la via più diretta per l'ala dei sotterranei in cui dovrebbe
trovarsi Yukiko, l'altra è una porticina secondaria che si trova
nelle cucine – detto questo si mosse, avviandosi nell'ala del
castello adibita a tale scopo, entrando in un'ampia stanza squadrata,
dalle pareti intonacate e ritinteggiate di bianco. Dietro uno degli
scaffali in compensato dell'angolo adibito a dispensa, i due ragazzi
trovarono ciò che cercavano: la porticina. Quando provarono ad
aprirla, la trovarono ermeticamente sigillata.
– Questa era
l'unica alternativa – affermò apparentemente calmo l'inglese.
– Se davvero
quella botola è stata sbloccata, allora chi l'ha fatto deve aver
utilizzato un'altra via per accedere ai sotterranei – affermò
impassibile Kei dopo un attento esame di quell'accesso. Non avrebbe
lasciato la mora in fondo a quel buco, di questo era più che sicuro
– Hai delle torce?
– Sì, dovrei
averne nel vecchio studio.
– Allora vedi di
procurarcene almeno un paio – gli si rivolse senza mezzi termini,
muovendosi per tornare ad ampie falcate nell'atrio – e vediamo di
risolvere in fretta questo mistero.
Non era disposto a
perdere altro tempo.
Sarebbe andato
laggiù, anche a costo di saltare lui stesso in quella dannatissima
botola.
Quando si riprese,
la ragazza ci mise una manciata di secondi buona, per collegare il
senso di stordimento al volo che aveva fatto prima di perdere i
sensi. L'oscurità quasi totale intorno a lei era rischiarata da un
vago chiarore proveniente dal trabocchetto nel quale era caduta e che
ancora permaneva dischiuso sopra la sua testa, ad un'altezza di circa
quattro metri.
Gemendo, si tirò a
sedere, portandosi poi una mano alla testa per cercare di attenuare
invano il dolore della botta. Le sarebbe venuto un bel bernoccolo, ma
a parte questo sembrava tutto in regola. Stabilite le proprie
condizioni, la mora tentò di guardarsi intorno, ritrovandosi a
distinguere una stanza in spessa pietra grigia, di cui una parete era
occupata da quelle che sembravano vecchie sbarre arrugginite. Sotto
il palmo delle mani, polvere e ruggine si confondevano dandole una
sensazione simile a quella del terriccio contro la pelle del palmo.
L'odore inoltre non era dei migliori, conservando una fragranza
piuttosto acre, tipica di ambienti scarsamente arieggiati.
Reprimendo una
smorfia, la nightblader fessurizzò gli occhi verdi per distinguere
meglio i contorni di quell'ambiente in penombra, trovandolo
totalmente vuoto a parte la sua stessa presenza. Inoltre, fra quelle
sbarre fin troppo esili, sembrava esservi un varco che dava sul
corridoio adiacente.
– Vedi di
recuperare qualche antica mappatura del castello – la voce
perentoria di Kei le fece di nuovo alzare lo sguardo verso l'alto,
sussultando ed avvertendo al contempo un sentimento di commozione per
quella presenza conosciuta a pochi metri da lei.
– Kei!
– Yukiko! – la
chiamò lui di rimando, affacciandosi oltre il varco. Le puntò un
fascio di luce giallastra negli occhi, cosa che la costrinse a
pararsi con una mano – Stai bene?
– Sì, sto bene –
esordì lei, cercando di vedere oltre il proprio arto i visi dei due
ragazzi – ..ho solo fatto un bel volo.
La breve pausa di
silenzio che seguì finalmente la vide tornare a rilassarsi,
sollevata dal cambio di direzione della luce della torcia. Sbattendo
più volte le palpebre, le ci volle un po' perché le pupille
tornassero ad adattarsi alla penombra circostante e non ci riuscì
del tutto, la fonte luminosa proveniente dalla botola che non
riusciva a liberarla del tutto della sua presenza.
– Yukiko – di
nuovo la voce del dranzerblader si fece sentire, inducendola a
sollevare di nuovo lo sguardo verso l'alto – Ti lancio la torcia:
prendila.
La nightblader annuì
di rimando con un cenno del capo e, dopo essersi sollevata cautamente
in piedi ed essersi spazzata le mani sui pantaloni, si predispose a
quel compito. Afferrò la torcia al volo per miracolo, soltanto
grazie alla buona mira del ragazzo, il quale gliela lasciò cadere
fra le mani, ma una volta appropriatasi di quello strumento
provvidenziale avvertì un nuovo guizzo di coraggio animarla. Non che
si fosse sentita così spaventata in precedenza, doveva ancora
riprendersi del tutto dal susseguirsi di avvenimenti frenetici di
quella nottata, ma ora che aveva una fonte di luce stabile poteva
anche azzardarsi a cercare un modo per uscire da lì.
Non ebbe nemmeno il
tempo di fare un passo che dietro di sé avvertì un tonfo sordo ed
uno spostamento d'aria così vicino da farla sobbalzare. Con un
urletto si scostò, ruotando su sé stessa con un balzello e puntando
il fascio di luce dritto sull'erede della famiglia Hiwatari. Questi,
raddrizzandosi come niente fosse, la guardò con apparente e
perplessa sufficienza.
– Ma che cazzo
fai? – sbottò infastidita la ragazza, premendosi una mano sul
petto.
– Pensavi che ti
avrei lasciata girovagare qui sotto da sola? – fece lui in tutta
risposta, rivolgendole quella domanda retorica con un velo di
strafottenza nel tono di voce.
Presa alla
sprovvista, Yukiko si ritrovò combattuta fra l'offesa suscitatale
dal modo in cui lui le si era rivolto e l'impressione favorevole
della premura intrinseca in quell'accortezza. Optò per la seconda,
seppur si curò di non darlo a vedere, e approfittò del momento in
cui i due ragazzi tornarono a parlarsi per puntare la luce verso la
loro via d'uscita.
– Vedete di non
andarvene in giro a vuoto – si raccomandò Andrew – Io cercherò
un'altra via.
– Non
preoccuparti, troveremo senz'altro un'uscita – lo rimbeccò a tono
il blader dai capelli d'argento.
La mora ebbe
l'impressione che fra i due fosse in atto una rivalità molto simile
a quella che aveva visto in qualche documentario fra due leoni dello
stesso branco, pensiero che la fece ridacchiare sommessamente e le
fece così guadagnare un'occhiata in tralice piuttosto perplessa da
parte di entrambi. Ovviamente lei ammutolì e, facendo finta di
niente, si incamminò verso l'arco fra le sbarre.
– Vediamo di
uscire da qui in fretta.
Kei non le rispose
ma le fu subito accanto, procedendo al passo con lei in
quell'oscurità e affacciandosi sul corridoio che si snodava oltre
quella stanza spoglia. Puntando il fascio di luce lungo lo stesso, la
mora individuò alcune aperture che dovevano essere stanze simili a
quella da cui erano appena usciti, prima che il passaggio svoltasse
in un angolo retto verso sinistra. Il soffitto alto quanto quello
delle celle contribuì a rendere ancor più macabro quell'ambiente
dimenticato dall'uomo, dando l'impressione di uno spazio stretto e
continuo, dal quale non si potesse uscire facilmente.
Proprio confortante,
insomma!
Sospirò. Non era
più molto sicura di apprezzare gli antichi castelli medievali.
Procedendo a passo
misurato lungo il passaggio, i due giapponesi effettuarono alcune
svolte prima di arrivare ad un bivio. Da una parte saliva una rampa
di scale a chiocciola che scoprirono condurre alla prima delle due
porte murate che erano l'accesso al piano superiore, mentre
dall'altra il corridoio si snodava nell'oscurità in una serie tre
diversi passaggi. Non fu facile per loro determinare la giusta
direzione da prendere, nemmeno sul pavimento sembrava esservi traccia
di un passaggio recente, cosa piuttosto strana agli occhi del
dranzerblader: doveva per forza essere passato qualcun altro lì
sotto recentemente, oltre a loro due.
Era ancora immerso
nei propri pensieri quando la voce della sua compagna di viaggio lo
riportò alla realtà.
– Ehi, hai
sentito?
Lui inarcò un
sopracciglio, tendendo le orecchie. Poco dopo colse un rumore in
sottofondo.
– Sembra un corso
d'acqua – commentò a mezza voce, per non disturbare il silenzio
che pareva avvolgere l'intera struttura. Si accostò alla parete
dietro la quale sembrava provenire quel nuovo suono e, dopo aver
confermato per mezzo dell'udito la presenza di un qualche torrente
dietro la parete rocciosa, tornò a cercarla con lo sguardo –
Proseguiamo.
Lei annuì
semplicemente con un cenno del capo prima di avanzare, precedendolo
di mezzo passo in virtù del fatto che era proprio lei a reggere la
loro unica fonte di luce. Approfittando della cosa, il dranzerblader
ne studiò la sagoma di schiena: pareva procedere senza troppe
incertezze, tenendo saldamente il fascio di luce puntato in avanti a
illuminare loro il cammino. Non c'era traccia della paura che le
aveva visto riflessa nello sguardo quando gli era finita fra le
braccia diversi minuti prima, cosa che lo sorprese.
Ficcandosi le mani
in tasca, il ragazzo assunse una smorfia. Quella ragazza riusciva
ancora a sorprenderlo continuamente, in qualche modo.
Nell'oscurità
proseguirono per diversi metri, seguendo le varie svolte e
ritrovandosi ancora una volta a dover decidere che direzione
intraprendere quando giunsero ad un nuovo bivio.
– Questo posto
sembra un labirinto – si lamentò Yukiko.
Kei non le rispose,
convenendo con quanto da lei detto soltanto fra sé e sé e
limitandosi a ripiegare sulla destra. Aveva già perso la cognizione
del tempo, potevano essere lì sotto da pochi minuti come da più di
un'ora e si chiese che fine avesse fatto Andrew. Era casa sua quella,
almeno una delle tante, se lui non era stato in grado di trovare quel
terzo accesso ai sotterranei allora c'erano poche probabilità che
potesse riuscirci qualcun altro.
In quel momento,
dopo aver effettuato l'ennesimo passo, Kei avvertì qualcosa sotto la
suola della propria scarpa cedere, seguito da un sommesso clangore
metallico e da un rumore raschiante. Fu un istante, prima si sentirsi
spintonare di peso da un lato e schiacciare contro la parete. La
torcia rimbalzò per terra, un secondo prima che davanti agli occhi
del blader passasse quella che sembrava una lama, che falciò in un
arco l'aria esattamente dove era stato lui l'attimo precedente.
Premuto contro il
muro di schiena, il ragazzo rimase a fissare quella falce di ferro
arrugginito con occhi sgranati, ricordandosi di riprendere fiato
soltanto quando percepì i polmoni bruciargli per la mancanza di
ossigeno. Col cuore ancora in gola, cogliendo con la parte razionale
della mente la pressione che gli gravava ancora sul petto, abbassò
lo sguardo e si rese effettivamente conto della presenza della mora
che, con la sua prontezza di riflessi, gli aveva appena salvato la
pelle. Lei stessa stava cercando di riprendersi dallo spavento,
piuttosto pallida persino in quella penombra, appoggiata a lui con
tutto il suo peso. Il suo odore gli solleticò le narici e lui ne
distinse la vaga fragranza di gelsomino, quasi completamente messa in
secondo piano dall'odore proprio di lei. Gli piacque, inutile
nasconderlo, e lo aiutò a riemergere da quello stato di torpore
dovuto all'accidente che si era preso soltanto per catapultarlo in
una trance differente.
La vide sollevare lo
sguardo alla ricerca del suo e si perse all'interno di quegli occhi
di smeraldo, il suo viso così vicino da poter distinguere il
contrasto fra iride e pupilla; così vicino, da poter cogliere il
suono del suo respiro, tanto flebile quanto irregolare. L'adrenalina
ancora in circolo contribuì ad acuire le sue percezioni, i sensi
talmente all'erta da riuscire a captare la tensione nei muscoli di
lei, che era pari alla sua.
Così vicina, che
avrebbe potuto facilmente rubare un bacio a quelle labbra leggermente
schiuse, tanto invitanti persino in quel particolare frangente. Il
silenzio intorno a loro era assoluto, fatta eccezione per il battito
dei loro cuori, tale da dar l'impressione di non doversi calmare mai
più. La stessa cosa era per le innumerevoli sensazioni che stavano
correndo sottopelle al dranzerlader, tutte intense allo stesso modo e
pulsanti nei punti in cui lei premeva le proprie piccole mani sul suo
petto, oppure dove la pressione contro il suo bacino combaciava con
il basso ventre di lei ed una gamba sfiorava l'interno della sua.
Eppure, a
prescindere da tutto questo, a mandarlo alla deriva delle proprie
emozioni era quella coppia d'iridi luminose, liquide quanto profonde,
le quali esercitarono su di lui una forza magnetica che non tentò
nemmeno di contrastare. Con lentezza quasi esasperante la distanza
fra i loro volti si accorciò sempre più, il tempo scandito soltanto
dal battito dei loro cuori, finché persino questo parve fermarsi
quando lui ne sfiorò la punta del naso con la propria, reclinando
leggermente il capo verso destra.
Ancora pochi
millimetri e avrebbe dato pace all'intenso desiderio di assaporare
quelle labbra.
Ancora pochi istanti
e avrebbe potuto dar sfogo al profondo sospiro di sollievo che
racchiudeva nel petto, al pensiero di soddisfare quell'intimo
desiderio.
Le loro labbra si
sfiorarono... e la parete, contro la quale Kei era poggiato di peso,
cedette.
Il muro di massiccia
pietra si scostò, ruotando su cardini invisibili e facendo
sbilanciare entrambi i ragazzi all'indietro, causandone la rovinosa
caduta sul pavimento del nuovo passaggio segreto. La botta che diede
di schiena alla dura pietra gli tolse il respiro, in aggiunta al peso
della ragazza che gli finì addosso ed il cui urletto di sorpresa si
sommò al senso di vertigine che gli aveva fatto girare la testa e
chiudere la bocca dello stomaco.
Ci impiegò un paio
di secondi ancora, prima di schiarirsi abbastanza la mente da aprire
gli occhi e visualizzare nel proprio campo visivo un volto ben noto.
– Eccovi,
finalmente! Ho trovato una serie di passaggi segreti che fa al caso
nostro – annunciò loro Andrew, con stampata in volto
un'espressione sorniona – Lo so che ci ho messo un po', ma io vi
avevo detto di non muovervi.
Kei sbuffò,
scoccandogli un'occhiataccia di fuoco, prima di avvertire finalmente
il peso della mora venire meno e potersi rialzare a propria volta.
Una volta in piedi, si spazzò la polvere dai vestiti e si rimise a
posto la sciarpa, per poi incrociare ambo le braccia sul petto e
rivolgersi direttamente all'inglese, che pareva aver trovato anche il
tempo di vestirsi.
– Allora, come
facciamo ad uscire da qui?
Non riuscì in alcun
modo a mascherare il fastidio della propria voce, dovuto al pessimo
tempismo di questi: aveva ancora il cuore in tumulto per ciò che era appena accaduto fra lui e la nightblader al suo fianco, qualcosa
che era destinato a rimanere in sospeso.
– Seguitemi –
Andrew fu piuttosto bravo ad ignorare quella sua reazione, sebbene
sembrò sfoggiare uno strano sorrisetto che contribuì ad irritare
maggiormente il dranzerblader, sicuramente non famoso per la sua
pazienza.
Yukiko, rimasta in
silenzio sino a quel momento, ricomparve accanto a loro con la sua
torcia stretta in una mano, miracolosamente funzionante dopo essere
caduta sul pavimento a quel modo pochi minuti prima. Fu la prima a
seguire il blader inglese, aiutandolo a far luce lungo il cammino
mentre i tre avanzavano lungo il passaggio, largo appena da
permettere a due persone di procedere affiancate.
In quel nuovo
silenzio, percorsero qualche metro quando Kei tornò a far sentire la
propria voce.
– Hai notato segni
di un passaggio recente?
Andrew sembrò
rifletterci un istante – Si può dire di sì, visto lo stato
piuttosto pulito di alcuni cunicoli. È così che vi ho trovati.
Yukiko si voltò a
scoccargli un'occhiata carica di sottintesi e lui annuì di rimando,
leggendovi i suoi stessi dubbi: se l'inglese aveva constatato lo
status in buone condizioni di alcuni passaggi piuttosto che altri,
così come sembrava vigere quello che stavano attualmente
percorrendo, ciò voleva dire che il meccanismo che aveva azionato
l'ultima trappola in cui erano incappati era stato riparato per
l'occasione. E probabilmente, quel qualcuno non era troppo distante
da loro.
In quel momento
arrivarono ad un incrocio che si apriva in tre direzioni diverse, ma
prima di riuscire a imboccare una via, lungo i condotti si diffuse di
nuovo uno strano suono molto simile ad uno stridio di catene, tanto
vago quanto di breve durata. Nel silenzio a seguire, Kei si scoprì
piuttosto nervoso e non fu l'unico ad accusare la tensione del
momento: il rumore precedente era sembrato provenire da ognuna delle
direzioni in cui si diramavano i passaggi.
– Per di qua –
esordì a basso tono Andrew, facendo loro strada.
Imboccarono il
cunicolo sulla destra seppur, prima di chiudere la fila, il
dranzerblader si ritrovò a rabbrividire a causa di un umido alito di
vento che gli sfiorò la nuca. Gli si rizzarono persino i capelli
neri e riuscì a malapena a contenere la tensione relativa alla
situazione in cui si erano cacciati.
Che nel bel mezzo di
tale situazione vi fosse anche quello che doveva essere il loro
anfitrione poi, aveva quasi del ridicolo.
L'oscurità era
totale all'infuori del raggio delle torce, l'aria immota in quella
nuova via, finché non sbucarono in una camera dall'alto soffitto a
cupola. Illuminandola, notarono subito gli anelli in pesante acciaio
affissi alle pareti, così come alcuni strumenti di metallo
arrugginito, a ridosso di alcuni resti in legno di quello che
probabilmente era stato il mobile in cui dovevano essere stati
riposti. Al centro, alcune assi di legno marcio e delle catene.
Kei intuì subito
che stanza fosse, ma ci pensò l'inglese a esternare quel pensiero a
parole.
– Questa doveva
essere una sala degli interrogatori...
Sembrava del tutto
indifferente alla cosa, ma il modo in cui non soffermava la luce su
nulla in particolare gli fece intuire quanto in realtà
quell'ambiente dovesse inquietarlo. Si sentì un po' più sollevato
nel constatare che non era l'unico a provare simili sentimenti per
quel luogo piuttosto lugubre e non riuscì in alcun modo a frenare
una smorfia, nel pensare agli orrori a cui quelle pareti dovevano
aver assistito nel corso dei decenni.
– Da che parte? –
domandò spiccio alla loro guida.
– Dovrebbe esserci
una porta più avanti.. – stava dicendo l'inglese, voltandosi
appena in sua direzione e bloccandosi, nel momento in cui posò il
suo sguardo sul compagno.
Il dranzerblader in
quel momento avvertì nuovamente un brivido gelido corrergli su per
la schiena e per riflesso si aggiustò meglio la sciarpa sotto il
mento, inarcando al contempo un sopracciglio nell'osservare il volto
del blader europeo. Questi aveva smesso improvvisamente di parlare e,
il fascio di luce puntato verso il basso, sembrava improvvisamente
pallido quanto un lenzuolo nel fissarlo ad occhi sgranati.
Perplesso, Kei scoccò uno sguardo alla sua compagna di viaggio
apparentemente ignara di tutto e la vide indugiare un secondo
nell'osservare il resto della sala, prima di voltarsi a sua volta
verso di loro, mostrando un sopracciglio inarcato con aria
palesemente interrogativa. Un'aria che mutò nel preciso istante in
cui inquadrò il dranzerblader nel proprio campo visivo, il quale
poté così vederla sgranare a sua volta quegli occhi verdi che, fino
a pochi minuti prima, l'avevano attratto così prepotentemente. Si
rese conto che i due ragazzi non stavano guardando lui soltanto in un
secondo momento, quando avvertì un tocco tanto leggero quanto gelido
sulla spalla sinistra.
Gli bastò ruotare
leggermente il capo per inquadrare la sagoma scheletrica di quella
mano avvolta da una debolissima luminescenza azzurrognola, così come
l'attimo seguente gli si gelò letteralmente il sangue nelle vene
nell'affondare gli occhi scuri in un fosco cappuccio al di sotto del
quale intravedeva appena, nella penombra, dei lineamenti ossuti e
spigolosi, all'apparenza quasi spettrali.
– KYAAAh!!!!
Il grido di Yukiko
rimbombò per tutta la sala, sommato a quello di Andrew, facendogli
prendere letteralmente un colpo prima che entrambi lo afferrassero,
uno per braccio, e lo trascinassero via di peso. Corsero via a gambe
levate, imboccando il primo passaggio a loro disposizione ancor prima
che l'eco di quell'urlo si spegnesse, tutti e tre egualmente
spaventati, nonostante l'adrenalina in circolo nelle vene di Kei
fosse dovuta più alla reazione comune che al resto. Se si fosse
fermato a ragionare un secondo, probabilmente avrebbe capito che
sotto quelle spoglie immortali si celava una creatura umana in tutto
e per tutto mortale, ma non riuscì nemmeno a pensare di rallentare
mentre procedevano come frecce impazzite lungo il cunicolo un po'
più largo dei precedenti.
– Io non ho
paura! Io non ho paura! Io non ho paura!
Ad aprire la fila
una Yukiko più veloce di quanto ci si sarebbe aspettato, che
continuava a proferire quell'unica frase a ripetizione in un tono
tanto terrorizzato da rendere vano quel tentativo di
autoconvincimento da parte della moretta.
Subito dietro c'era
lui, ovviamente, che era troppo preso a riempire i polmoni d'aria per
pensare di dire o pensare qualunque cosa, mentre accanto a lui Andrew
riusciva a mantenere il loro passo fin troppo bene, con le braccia
che seguivano il moto di quella corsa a perdifiato nell'oscurità.
Corsero più
velocemente che poterono, senza risparmiarsi nemmeno quando il
terreno iniziò a salire sotto di loro e la strada che stavano
seguendo raggiunse il suo epilogo contro quella che parve loro come
una massiccia botola in legno rinforzato. Non ci pensarono su un solo
istante, vi si gettarono contro di peso e questa cedette con fin
troppa facilità sotto quell'improvvisa pressione, spalancandosi. Si
ritrovarono fuori, lanciandosi letteralmente sul pendio erboso sotto
quell'uscita di fortuna, finendo a ruzzolare sul terreno umido ed
intriso di pioggia con un gran chiasso di imprecazioni e urla.
Dietro di loro la
botola si richiuse da sé a causa del contraccolpo con le mura sotto
le quali si stagliava, nascosta fra i cespugli, isolando un'altra
volta quei sotterranei dal mondo esterno.
Quando Yukiko si
riebbe dal volo fatto nello sbucare da quel passaggio, si ritrovò
piena di graffi all'interno di quello che doveva essere un folto
cespuglio carico di foglioline. Dolorante, riuscì a liberarsene a
fatica ed una volta riversa carponi sul prato, cercò con lo sguardo
i suoi due compagni di disavventura, il cuore che ancora le risuonava
nelle orecchie per lo spavento presosi pochi minuti prima.
Andrew non era messo
meglio: era riverso su quel pendio a braccia spalancate, gli occhi
sgranati sul cielo volto all'albeggiare e il fiato altrettanto corto
degli altri. Kei invece era seduto con ambo le mani a puntellare il
terreno intriso di pioggia sul quale doveva essere scivolato - questo
almeno a giudicare dalla quantità di fango che gli macchiava i
pantaloni - col capo riverso all'indietro ed il petto che si gonfiava
prepotentemente ad ogni inspirazione.
La volta celeste
sopra le loro teste era punteggiata di nubi, ma un vago chiarore
stava tingendo gli squarci nel manto nuvoloso di sfumature quali
l'azzurrino, il rosa e l'oro: l'astro diurno doveva essere già in
procinto di sbucare all'orizzonte, oltre il profilo delle colline
circostanti.
Quando la
nightblader tornò a guardare i due ragazzi a poca distanza da lei,
intercettò lo sguardo ancora stralunato del figlio dei McGregor e
quello magnetico del suo compagno di viaggio, cosa che le suscitò un
nuovo brivido lungo la schiena, uno di quelli che non avevano nulla a
che fare con la paura sperimentata poc'anzi.
– Che diavolo era?
– chiese, la voce ancora spezzata dal respiro irregolare.
Lo vide scuoter il
capo in segno di diniego, in un modo che le sembrò più sconsolato
che confuso in realtà, come se non avesse alcuna intenzione di
affrontare l'argomento. Qualunque cosa fosse successa là sotto,
meritava di rimanerci. Lo sguardo di Andrew le fece comprendere che
era della stessa idea se non di più, mentre sul suo viso dai
lineamenti occidentali era ancora presente quel pallore da morto di
paura che lo aveva assalito sin dal momento in cui si era accorto di
quella presenza dietro al dranzerblader.
Sospirando, la mora
reclinò il capo verso il basso, lasciando che i propri capelli le
pendessero in avanti in un drappeggio scomposto, così come era
scomposto il resto di lei. Lo risollevò soltanto un paio di secondi
dopo, quando alle orecchie le giunse un suono che non credeva avrebbe
mai avuto occasione di sentire. All'inizio fu talmente lieve che,
scoccando un'occhiata al diretto fautore, dovette scrutarne il viso
delineato in un sorriso per convincersi che non si stava sbagliando.
Kei scoppiò a
ridere sotto i suoi stessi occhi.
Una risata che
crebbe in volume, liberatoria quanto potrebbe esserlo una corsa
sfrenata in reazione ad una felicità incontenibile, riempiendo il
silenzio calato nell'aria del primo mattino, che lo costrinse ad
abbandonare il capo d'argento fra le sue ampie spalle, scosse da quel
moto d'ilarità. Quella reazione la lasciò spiazzata, completamente,
assolutamente priva della possibilità di avere una qualsiasi
reazione per un paio di minuti buoni oltre al fissarlo a bocca
aperta.
Kei stava ridendo.
Stava ridendo di cuore.
A quel suono si unì
ben presto anche la voce di Andrew, il quale scoppiò a ridere a sua
volta in una risata nervosa e poi sempre più divertita e fine a sé
stessa. L'improvvisa ed incomprensibile esternazione di tutto quel
buon umore contagiò ben presto anche Yukiko che, in preda al
sollievo comune di essere uscita da quell'avventura da brivido, si
unì alla comitiva.
L'incredulità
tuttavia non scemò affatto in lei, ridendo mentre la sua mente
ancora non riusciva a ricollegare il blader con cui aveva passato
l'ultimo mese a quello che ora se ne stava lì, seduto a terra, a
bagnarsi i vestiti ed a ridersela di quanto era appena accaduto loro.
E poi comprese.
Comprese di essersi
sbagliata sino ad allora.
Comprese di aver
preso una cantonata colossale dal momento in cui l'aveva definito
come un blader di ghiaccio.
In realtà il potere
del suo bitpower gli calzava a pennello: lui era un blader di fuoco.
Era come un vulcano dormiente sotto un ghiacciaio e pronto ad
eruttare da un momento all'altro. Era l'emblema stesso della
passionalità e dell'istintività, l'unico motivo per cui le era
sembrato il contrario era la sua capacità di contenersi e dominarsi,
di far prevalere la sua parte razionale. Ma quella impulsiva era
sempre lì, sottopelle, pronta ad esplodere appena le difese che il
ragazzo aveva accuratamente eretto intorno a sé avevano un
cedimento.
Con la franca risata
del blader ad accompagnare le loro, avvertì al centro del petto una
sensazione di calore che si sprigionò prepotentemente verso
l'esterno, dolce e amara al tempo stesso, talmente inattesa da
lasciarla senza difese di fronte all'evidenza dei suoi sentimenti.
Comprese di
essersene irrimediabilmente innamorata.
Non aveva idea di
come fosse accaduto di preciso, di quando quella semplice attrazione
si fosse evoluta in qualcosa di più profondo, ma non ebbe alcun
dubbio al riguardo: lo amava.
Lo amava con tutta
sé stessa.
Amava quel suo lato
distaccato e scontroso, così come amava quella parte gentile e
premurosa che le aveva mostrato nei giorni precedenti, ed ancor di
più amava quella sua anima passionale quanto poteva essere il fuoco
più rovente.
Lo amava come non
aveva mai amato nessun altro, tanto da sentir dolere il cuore al
centro del petto, ed in quel momento comprese che ciò che provava
era destinato ad essere un sentimento a senso unico.
Rise di sé stessa,
piegandosi sino a posare la fronte sull'erba bagnata.
Rise appoggiando
ambo gli avambracci accanto a sé per sostenersi, mentre calde
lacrime le scivolarono roventi sulla pelle, ricadendo fra quegli
steli verdi, confondendosi con la rugiada del mattino. In quel
momento di comprensione totale, non ebbe più alcun dubbio su sé
stessa: era davvero una stupida.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ho rischiato di non farcela, perché sono piuttosto di corsa, quindi scriverò giusto due righette!
Ringrazio chi mi segue e chi si è aggiunto fra i lettori di questa mia opera, che ormai ha preso una piega tutta nuova XD L'originale era decisamente diversa. Credo che ormai della fanfic precedente siano rimasti soltanto i personaggi. Fine. Ahah!
Vabbè, sperando che questo capitolo sia piaciuto vi saluti e vi mando un bacio, rimandandovi al prossimo aggiornamento! Fatemi sapere che cosa ne pensate per favore!
Kaiy-chan |
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Capitolo 25 *** Una questione d'orgoglio ***
25. Una questione d'orgoglio
“Non è da te
arrenderti così” la voce di Night le risuonò limpida
nella mente, nonostante il vento le fischiasse costantemente nelle
orecchie.
Era affacciata alla
merlatura dei camminamenti del castello dei McGregor, lo stesso
castello in cui la notte passata aveva passato dei pessimi momenti. E
non era stata l'unica.
Sotto di lei, nel
cortile interno si stavano sfidando il dranzerblader ed il rampollo
inglese, in un incontro che tutto pareva, tranne che un'amichevole.
Vestito di tutto punto con quella sua particolare armatura scarlatta,
Andrew impugnava fra le mani l'arma che era il suo lanciatore e
governava il suo bey con maestria e decisione. Altrettanto si poteva
dire di Kei, il quale sferrava un attacco dopo l'altro senza
risparmiarsi in potenza e velocità.
Yukiko li osservò
un momento, prima di tornare a fissare il paesaggio oltre quelle
mura, costituito da colline i cui colori autunnali erano affievoliti
dal grigiore del cielo e da alcuni sprazzi di verde spento. Non aveva
piovuto per tutto il giorno, cosa positiva per il paese in cui si
trovavano, ma il sole si era fatto piuttosto desiderare e lei di
certo non era riuscita a dormire. Il sonno arretrato si stava facendo
sentire sui suoi nervi, lo sapeva, che erano fin troppo tesi
dall'avventura trascorsa nei sotterranei.
Alla fine il
maggiordomo alle dipendenze di Andrew si era fatto avanti,
accogliendoli per la colazione e rivelando loro che erano stati
proprio gli uomini al servizio dei McGregor ad inscenare quello
scherzo. In realtà era stato lo stesso blader inglese a dare
disposizioni in merito, ma pareva che ci avessero preso un po' troppo
la mano e vi si fossero impegnati fin troppo seriamente, tanto da
riuscire a spaventare anche il mandante. Le scuse del maggiordomo
erano tutto men che contrite, con la scusante che il suo 'Signorino'
non era solito invitare amici a passare a casa qualche giorno ed era
loro ferma convinzione che, alla fine, fosse stata una bella
esperienza per il principale erede dei McGregor.
Andrew si era
inalberato, Kei lo aveva guardato piuttosto scocciato e lei.. non
aveva detto niente. Esatto, non aveva proferito una singola parola né
aveva avuto alcuna reazione al riguardo. Aveva semplicemente preso
nota della finzione di tutto quel teatrino e l'aveva accantonato,
presa da problemi decisamente più pressanti che la riguardavano da
molto più vicino. Gli stessi che la impensierivano in quel momento.
“Non hai
nemmeno provato a fare qualcosa al riguardo” nuovamente il suo
bitpower tentò di farla ragionare, guadagnandosi un'occhiata in
tralice da parte della mora.
Sapeva a cosa si
stava riferendo, sapeva che in fondo aveva ragione, ma era
spaventata. Temeva che, se avesse osato avvicinarsi troppo a quel
blader di fuoco - come lo aveva ribattezzato - ne sarebbe rimasta
bruciata.
Sbuffò, ironica. In
realtà era qualcosa di inevitabile, perché aveva già passato il
punto di non ritorno.
Ne sarebbe
sicuramente uscita distrutta emotivamente, ma poteva ancora salvare
il proprio orgoglio cercando di risolvere la cosa da sola, senza
accennare ai suoi sentimenti con lui. Un proposito piuttosto arduo da
mantenere, in quanto il semplice fatto di essersene innamorata
cambiava drasticamente ogni cosa. Lo sforzo di reprimere ciò che
sentiva nel cuore, aveva per lei lo stesso effetto di una ferita che
sanguinava di continuo, dilaniata costantemente. Eppure, la necessità
di non fargli capire quanto tenesse a lui era talmente intensa da
poter essere paragonata ad un bisogno fisico.
No, non gli avrebbe
detto nulla.
Avrebbe continuato a
fare come se niente fosse ed, una volta tornati in Giappone, avrebbe
fatto l'impossibile per dimenticarlo.
“Perché sei
convinta che ciò che avete vissuto non abbia alcun significato?”
rincarò la dose Night, fissandola seduto a mezz'aria, con le gambe
incrociate.
Yukiko sospirò di
nuovo – Perché è così – inutile dire che lo sguardo che lui le
lanciò di rimando le disse palesemente che non era stata esauriente,
così la mora espose meglio quel pensiero senza riuscire in alcun
modo a mascherare l'amarezza nel sorriso che gli rivolse – Il fatto
che sia stato gentile con me non vuol dire nulla. Ciò che è
successo la scorsa notte.. non posso permettermi di illudermi al
riguardo. Anche se dovesse essersi trattato di qualcosa di più di un
semplice impulso del momento, ciò non cambia le cose: non può
finire bene. Ed il motivo di questa cosa è uno solo e corrisponde a
quello che ci ha fatti incontrare – deviò di nuovo lo sguardo di
smeraldo verso l'orizzonte, cogliendo l'ironia della situazione in
cui si era andata a cacciare, finendo per esternare uno sbuffetto
divertito e malinconico al tempo stesso – La volontà dei nostri
genitori è qualcosa a cui non possiamo piegarci. Kei sicuramente non
è disposto a farlo, non se il prezzo dello stare con me è il suo
stesso orgoglio. E non potrei in alcun modo dargli torto.
“È davvero più
importante l'orgoglio della vostra
felicità?”
– Per due persone
come noi, sulle quali grava costantemente l'ombra del nome delle
nostre famiglie, sì.
Il silenzio che
seguì si protrasse tanto da farle dubitare che Night fosse ancora al
suo fianco, ma voltandosi a cercarlo lo vide esattamente nella stessa
posizione di prima, lo sguardo distante a osservare un paesaggio che
non vedeva realmente, perso nei suoi pensieri. Quando alla fine
parlò, lo fece con un tono tanto serio quanto greve, carico di
significato.
“Si tratta di
una vostra scelta, ma cerca di tener presente che non c'è mai
un'unica strada da poter seguire”
Non aggiunse altro,
prima di abbozzare a lei un mesto sorriso e scomparire in un
riverbero di luce bluastra, dopo aver impiantato in lei con le sue
parole un piccolo seme.
Il seme del dubbio.
Il seme di una
speranza.
Un freddo
incredibile, ecco cosa trovarono appena misero piede a Mosca.
Dall'estate
californiana erano passati all'autunno inglese, per finire ad
affrontare le rigide temperature russe.
Kei, che già aveva
avuto modo, in passato, di confrontarsi con quel clima, si era
premurato per tempo ed ora era oltremodo contento di aver ripreso ad
indossare la sua amata sciarpa bianca. Con le mani in tasca ed il
busto avvolto dal suo nero giubbotto in pelle, non soffriva
particolarmente il freddo, cosa del tutto prevedibile per uno che,
come lui, aveva già avuto a che fare con un clima del genere.
Guardandosi intorno,
mentre procedeva accanto alla moretta lungo una delle strade di
Mosca, il dranzerblader si ritrovò a confrontare i ricordi che aveva
con ciò che poteva vedere ora, trovando tutto praticamente immutato.
Tutto, tranne le masse di ragazzini appassionate di Beyblade. Quelle
sembravano meno presenti, un effetto dovuto a quanto probabilmente
era accaduto in quel posto parecchi anni prima, all'organizzazione di
Vorkof.
Venne distratto
dalle sue riflessioni dall'improvviso fermarsi di Yukiko, cosa che
gli fece render conto di essere finalmente arrivati di fronte
all'hotel.
Si guardarono un
momento, già prevedendo fra sé e sé di dover dividere - come
l'ultima volta - una camera matrimoniale. Il ché non avrebbe causato
poi tutti questi problemi in lui, se non fosse stato quasi sul punto
di baciarla, in quei sotterranei in Inghilterra. Da quel momento
aveva avvertito una costante tensione sottopelle, una sensazione che
non lo aveva più abbandonato, nonostante fossero trascorsi quasi due
giorni da allora. La cosa non era migliorata affatto da quando si era
ritrovato sull'aereo per la Russia, a causa di quanto si era
prefissato di fare una volta giunto a destinazione.
– Direi che è il
caso di entrare – azzardò la nightblader, infrangendo il silenzio.
Kei annuì,
concentrandosi sul presente e facendosi finalmente avanti per varcare
la soglia dell'albergo che li avrebbe ospitati per tutto il loro
soggiorno. Purtroppo, i loro timori si rivelarono fondati, poiché ad
attenderli trovarono una camera provvista di letto a due piazze ed
angolo adibito a salotto, non molto diverso dall'arredo tedesco.
L'unica differenza era la caratteristica un po' sfarzosa della
mobilia, in netto contrasto con il televisorino di vecchia
generazione posto sulla cassettiera, ed un'ampia vetrata che forniva
una splendida vista della città grazie all'altezza a cui si
trovavano, corrispondente al nono piano.
A quanto pareva, il
vecchio non aveva recepito il messaggio l'ultima volta che aveva
fatto loro quello scherzo.
– Andare a
protestare non servirà a nulla immagino – esordì con una smorfia
la sua compagna di viaggio, senza una particolare inflessione nella
voce.
Kei sospirò,
dovendo concordare con lei, e poi si mosse per appoggiare il proprio
zaino accanto al divano. Diede per scontata la suddivisione dei
ruoli, tenendo per buona quella decisa l'ultima volta, e l'altra non
sembrò aver qualcosa da obiettare, anche se indugiò parecchio sulla
porta prima di farsi avanti e posare la propria sacca sul letto.
Il dranzerblader
lanciò un'occhiata all'orologio: segnava le 18:37.
Avevano un'ora prima
di presentarsi al ristorante dell'albergo per la cena.
– Com'è la gente
da queste parti?
– Mh? – la
domanda della sua compagna di stanza lo prese alla sprovvista e ciò
lo indusse a scoccarle un'occhiata interrogativa.
– Mi chiedevo
soltanto come fossero i russi – tentò di spiegare lei, seppur con
una certa riluttanza, senza nemmeno guardarlo. Teneva il viso rivolto
dall'altra parte, negandogli la vista dei suoi incredibili occhi
verdi, cosa che fece nascere un moto di contrarietà nel petto del
blader.
– Non sono molto
diversi da tutti gli altri – commentò a quel punto, deviando il
proprio sguardo sullo scorcio di cielo che si intravedeva dall'ampia
finestra, senza riuscire ad evitare di corrucciarsi. Non riuscì a
capire il motivo di quella strana domanda da parte di lei e la cosa
non fece altro che alimentarne l'inquietudine, persino a cena.
E le cose non
migliorarono molto nemmeno il mattino seguente.
Fecero colazione con
calma prima di uscire, optando per fare un giro per la città.
Ripassando in vecchi
posti a lui conosciuti, Kei si sentì come ricatapultato indietro nel
tempo e non si sorprese più di tanto quando, intravedendo un
giubbotto color azzurro chiaro, per un attimo gli apparve davanti
agli occhi il ricordo della prima visita dei Bladebreakers in quel
paese, in occasione della finale del loro primo torneo mondiale.
Attraversando una
delle piazze che all'epoca aveva visto gremita di ragazzini intenti a
giocare, si fermò nello scrutare lo spiazzo vuoto, avvertendo in sé
un sentimento che era fin troppo simile alla nostalgia. Che fine
avevano fatto tutti quei blader? Che ne era stato dello sport che
aveva conquistato milioni di ragazzini in quella parte del mondo?
Erano semplicemente
cresciuti, abbandonando quella che per loro era stata quasi
un'ossessione giovanile?
– Kei? – la voce
interrogativa e preoccupata di Yukiko lo fece tornare in sé,
permettendogli di riprendere a camminare, senza tuttavia voltarsi a
guardarla.
– Siamo quasi
arrivati – le disse soltanto, procedendo senza indugio, le mani in
tasca e la sciarpa strattonata da una folata di vento.
Le strade erano
tutto sommato affollate e non v'era ancora traccia di neve sui bordi
dei marciapiedi o nelle aiuole. Inoltre, il sole splendeva pallido ma
vivo nel cielo privo di nubi, aiutandoli a combattere il gelo
dell'aria che si insinuava fra gli edifici e lungo le vie. Si sarebbe
potuta definire una bella giornata, quella che li vide presentarsi
davanti all'immensa struttura che aveva ospitato il torneo mondiale
di Beyblade.
Quando vi si
fermarono dinanzi, il dranzerblader si voltò a osservare la ragazza
che lo accompagnava. Yukiko, di fronte all'ingresso dello stadio,
spalancò gli occhi e per un attimo parve illuminarsi, l'iridi accese
da un raggio di sole, prima di voltarsi a guardarlo incredula. La sua
espressione lo fece sorridere.
– È quel che
penso io?
Lui annuì – È lo
stadio che ha ospitato i campionati mondiali di Beyblade di otto anni
fa.
– E possiamo
entrare?!
Non le rispose
direttamente ma si limitò ad avanzare verso l'ingresso, recintato da
un'altra rete metallica. Il cancello era chiuso, ma lui non ebbe
alcun indugio nell'aggrapparsi alle maglie della rete per saggiarne
la stabilità.
– K-Kei! Che vuoi
fare? – la domanda della mora lo fece voltare a guardarla. Gli
parve allarmata e ansiosa, soprattutto a causa del modo in cui si
guardava intorno, comportamento che gli fece nascere un mezzo sorriso
divertito sulle labbra.
– Entriamo –
esordì fermamente.
– Ma non possiamo!
– E chi potrebbe
impedircelo? Non c'è anima viva – le rispose senza batter ciglio –
Eri tu quella che avrebbe voluto assistere dal vivo alle finali –
le fece notare, cosa che suscitò nella ragazza un moto di
contrarietà che lui fu lesto a sopprimere sul nascere con una nuova
incitazione che non ammetteva repliche – Su, sbrigati. Ti aiuto a
scavalcare.
Dopo un momento
ancora di incertezza, alla fine la mora si risolse a fare come le
aveva detto e lui la sospinse verso l'alto dopo aver intrecciato ambo
le mani per crearle un sostegno temporaneo. Una volta che ella fu
dall'altra parte, gli ci volle poco per imitarla, puntellando la rete
con mani e piedi e arrampicandosi sino a saltare oltre.
Quindi, rialzatosi
dalla posa accucciata con cui era atterrato e ben consapevole della
presenza di qualche tipo di sorveglianza che comprendesse telecamere
a circuito chiuso, afferrò per un polso la nightblader e la condusse
a passo rapido verso l'ampio arco che costituiva l'ingresso vero e
proprio all'edificio di pianta semi-circolare.
Col cuore che
batteva all'impazzata e l'adrenalina in circolo, Kei si trovò per un
momento a considerare di aver già sperimentato una situazione simile
appena pochi giorni prima, con l'unica differenza che non stavano
scappando da qualcosa e che le parti sembravano essersi invertite. La
cosa gli causò un battito stonato al centro del petto, che ignorò
magnificamente mentre correva con lei lungo il corridoio deserto,
accompagnati dallo scalpiccio delle loro scarpe da ginnastica.
Si fermò soltanto
quando giunsero oltre l'arco che dava accesso al Beyblade-Stadio, uno
dei due ingressi adibiti all'entrata in scena degli sfidanti, ma una
volta arrestato il passo impiegò un secondo in più del dovuto a
lasciarla andare. Cercando di controllare il proprio respiro
affannoso, lanciò alla sua compagna di squadra un'occhiata da sopra
la spalla, cedendo alla curiosità di vederne di nuovo l'espressione
del viso. E ne rimase piuttosto soddisfatto.
Yukiko aveva gli
occhi talmente spalancati da mostrare completamente i bordi circolari
dell'iridi, in contrasto con il bianco circostante, mentre ammirava a
bocca aperta lo spazio circolare al cui centro era fissato il
semplice campo di gara di default. Notò un bel colorito sulle sue
guance, mentre avanzava di qualche passo, sorpassandolo e guardandosi
intorno con tutta l'aria di non poter credere ai suoi occhi.
Imitandola, il
dranzerblader sollevò gli occhi scuri per abbracciare gli spalti ed
un'ombra minacciò di avvolgerlo, al ricordo dell'ultima volta che
aveva messo piede in quel luogo. Un'ombra che venne prepotentemente
scacciata dalla voce di lei.
– Ehi Kei – lo
chiamò la mora, voltandosi su sé stessa per cercarlo.
Intercettandone lo sguardo, il ragazzo dai capelli d'argento si
ritrovò a trattenere il respiro, alla vista del luminoso sorriso che
lei gli stava rivolgendo, un sorriso che lasciava trasparire tutto il
suo entusiasmo – Ti va un incontro?!
Preso alla
sprovvista, lui di rimando inarcò un sopracciglio – Qui?
– Perché no? È
pur sempre un Beyblade-Stadio – confermò, senza batter ciglio ma
facendo anzi qualche passo per avvicinarsi alla piattaforma rialzata
riservata ai combattenti – Già che siamo qui, è stupido non
approfittarne!
Il giovane Hiwatari
la guardò salire gli scalini con rapide falcate, sorprendendosi nel
comprendere di star valutando seriamente la sua proposta. Quella
poteva essere una buona occasione per cercare di costruirsi nuovi
ricordi legati a quel posto, ricordi che non gli infondessero alcun
rimorso. Certo, questo era possibile solo se non si facevano beccare,
ma a conti fatti non stavano facendo nulla di male. In fondo, sarebbe
bastato fare in fretta e non distruggere tutto.
Sorrise – Non ci
andrò leggero.
– Non chiedo di
meglio – ribatté lei, con uno dei suoi mezzi sorrisi di sfida.
Kei si mosse,
raggiungendola e posizionandosi di fronte a lei, dall'altro lato del
campo da gioco. Bastò uno sguardo per entrare nel vivo del loro
spirito combattivo, mentre la tensione che in passato lo aveva
pervaso più volte di fronte ad una sfida ufficiale tornò a farsi
strada in lui, innescata dall'ambiente circostante. Fu come se fosse
stato catapultato nel passato, con l'unica differenza che di fronte a
lui non c'era Boris, ma Yukiko. Per un fugace momento fu come se
stesse ancora una volta per disputare la finale per il titolo di
miglior blader del mondo e si tenne stretta quell'impressione,
incatenandola nella propria mente con lo scopo di saggiare le stesse
emozioni di allora.
– Tre.
– Due.
– Uno.
– Pronti...
– Lancio!
–
esclamarono
all'unisono.
I beyblade
sfrecciarono l'uno contro l'altro andando a impattare esattamente al
centro dello spiazzo che li separava, ancor prima di toccare terra.
L'onda d'urto che sollevarono costrinse entrambi a socchiudere gli
occhi, sollevando un braccio per ripararsi dalla polvere. Nella mente
di Kei risuonò la voce di DJ-Man, il giudice di gara ufficiale dei
tornei, ripescata da un angolo del suo stesso subconscio.
“Si prospetta
un incontro senza esclusione di colpi, gente! Il match è iniziato
con un esordio incandescente, che ha visto i due beyblade avversari
scagliarsi l'uno contro l'altro senza nemmeno aspettare
di toccare terra!”
Staccandosi, Night e
Dranzer sfrecciarono in due direzioni opposte nel campo di gara, solo
per concludere con una traiettoria ad U che li vide lanciarsi di
nuovo l'uno contro l'altro. Le scintille che ne seguirono si spensero
ancor prima di adagiarsi sul rivestimento in metallo della
pavimentazione, il quale diffondeva le vibrazioni delle due trottole
come un'antenna parabolica.
– Dranzer!
– urlò, richiamando il potere del suo bitpower, determinato a
concludere.
– Night! –
lo imitò lei, sollevando un braccio al soffitto.
Il familiare fascio
di luce rossastra seguì quello bluastro del bit della ragazza, un
attimo prima che le due creature prendessero forma sulle loro teste.
L'Aquila e l'Anka si scagliarono l'una contro l'altro con un grido
che risuonò per tutto lo stadio, esprimendo la combattività dei due
blader di cui erano i compagni di battaglia.
– Tempesta di
Fuoco!
– Stella
Cometa!
Finì tutto così
com'era iniziato.
I due bey si
scagliarono nuovamente l'uno contro l'altro, avvolti rispettivamente
da fiamme e vento gelido, culminando in un'onda d'urto tanto forte da
sbalzare indietro lo stesso dranzerblader. Il colpo che diede con la
schiena al pavimento gli tolse il respiro dai polmoni e l'urto si
aggiunse al contraccolpo dato dallo spostamento d'aria, talmente
intenso da poter paragonarlo ad un assalto fisico. Il contrasto fra
caldo e freddo rese per pochi secondi l'aria talmente pesante da
dargli l'impressione di sentirla scricchiolare. Ci mise un attimo
ancora per riuscire a fermare il giramento di testa e ad aprire gli
occhi sul soffitto, e quando ciò accadde, non fu sorpreso di
distinguere delle stelline ammiccanti ai bordi del proprio campo
visivo.
Il silenzio che era
calato nuovamente nello stadio venne infranto da un gemito sommesso,
proveniente dal lato opposto al campo di gara, e Kei si rammentò
della presenza di Yukiko. Ignorando la protesta dei muscoli del
busto, si sollevò a sedere, cercando subito la ragazza con lo
sguardo. La trovò che stava cercando di sollevarsi a sua volta, dopo
essere stata sbalzata giù dalla piattaforma, a due metri dal punto
in cui si trovava prima di quell'ultimo attacco. I suoi abiti
recavano i segni di quel loro confronto, così come egli sapeva che
costellavano i propri, segni costituiti da un paio di usure da calore
e qualche incrostazione di quella che doveva essere brina.
Dopo essersi
assicurato con lo sguardo che stesse bene, il dranzerblader posò la
propria attenzione sul campo di gara, finendo per sgranare gli occhi.
“Una
conclusione spettacolare, signore e signori! Questa finale del mondo
si conclude con un pareggio!” esordì la sua immaginazione con
la voce di DJ-Man.
Night e Dranzer
giacevano infatti al centro del campo di gara, l'uno riverso contro
l'altro, al centro di quella che gli parve una pioggerellina di
stelle che si dissolse in fretta sotto il suo sguardo. I due bit al
centro, di nuovo inerti e spenti, erano l'uno rivolto verso l'altro,
come se gli emblemi su di essi raffigurati si stessero guardando
reciprocamente.
Lo stesso sguardo
che si scambiarono i due ragazzi nel momento in cui riuscirono a
scendere al centro del campo di gara per recuperare le loro trottole.
Kei, soffermandosi a fissarla, lesse negli occhi della mora le sue
stesse emozioni, una cosa che continuava a lasciargli in bocca un
sapore agrodolce, che gli ricordava un passato in cui non aveva avuto
altre preoccupazioni se non quella di diventare più forte. Per quel
singolo momento, ogni suo proposito, ogni sua preoccupazione o ansia
che lo accompagnava scomparve, lasciando soltanto la soddisfazione ed
il senso di complicità che aveva trasmesso loro quell'incontro.
Ed ancora una volta
lo assalì l'impulso di baciarla.
Un impulso che venne
accantonato l'istante successivo, giacché si ricordò del luogo in
cui erano e della necessità di non attardarvisi oltre. Raccolse
pertanto Dranzer, rimandando ad un altro momento l'esame dei danni
subiti, e dopo aver atteso che Yukiko facesse altrettanto si avviò
nella direzione da cui erano arrivati diversi minuti prima.
– Dobbiamo andare
– le disse soltanto, superandola con passo spedito.
Lei parve
sorprendersi un poco ma non ribatté nulla, limitandosi a scattare a
sua volta ed a raggiungerlo con un salto giù dalla piattaforma. A
quel punto ne intercettò l'espressione fra l'interrogativo e
l'apprensivo e lui, istintivamente, le scoccò un mezzo sorrisetto
velato di ironia, prima di afferrarla per un polso e trascinarsela
dietro.
Corsero fuori,
giusto in tempo per sentire il suono di una sirena in lontananza.
– Per di qua!
Raggiunsero in
fretta la rete ed il dranzerblader quasi scaraventò la compagna
dall'altro lato, prima di issarsi a sua volta aggrappandosi alle
maglie metalliche e scavalcare la recinzione. Col cuore in gola, se
la diedero a gambe, finché non raggiunsero un parchetto della zona e
optarono finalmente per fermarvisi, ormai lontani dalla “scena
del crimine”.
Piegato in due per
riprendere fiato, Kei avvertì le proprie spalle tremare in reazione
ad una leggera risata che gli nacque in petto, nata dall'esultanza di
essere scampati ad un epilogo piuttosto sfortunato. Eppure la prima a
ridacchiare ad alta voce fu proprio la moretta che, pochi secondi
dopo, finì con il tenersi le braccia sullo stomaco nel ridere di
gusto.
– Sei un pazzo! Un
pazzo! – esclamò, continuando a ridersela della grossa.
Fra il perplesso ed
il divertito per quella sua ilarità, lui finì per unirsi a lei
senza ribattere alcunché, assaporando quella sensazione di libertà
che gli dava il poter scoppiare a ridere liberamente a quel modo,
senza avvertire minimamente la necessità di frenarsi o limitarsi.
Con lei, comprese, si sentiva proprio così: libero di essere sé
stesso.
Bastò quel pensiero
per far scemare il buon'umore nato da quell'avventura.
No, non poteva
essere completamente sé stesso. Non con lei.
Non avrebbe potuto
in alcun modo rivelarle quella parte del suo passato che egli stesso
aveva tentato di lasciarsi alle spalle in ogni modo. Un passato che
doveva affrontare una volta per tutte, per capire se realmente era
riuscito ad accantonarlo come aveva creduto sino a quel momento.
Per questo motivo,
dopo aver mangiato qualcosa in una paninoteca per pranzo, si decise a
fare ciò che si era ripromesso ormai da tempo e si alzò dal
tavolino.
– C'è una cosa
che devo fare – annunciò serio, quasi cupo.
– Non vuoi che ti
accompagni..?
– No. È una
questione personale – affermò senza mezzi termini, già muovendosi
per allontanarsi dal tavolo – Non mi ci vorrà molto.
Ne ignorò lo
sguardo interrogativo, ben consapevole che lei aveva capito che non
si trattasse di uno dei suoi soliti giri in solitaria.
Ne apprezzò la
discrezione quando comunque ella annuì solamente, senza fargli
domande o lanciargli qualche commento fine a sé stesso.
Sarebbe tornato
entro un paio d'ore, si ripromise.
Eppure, una parte di
lui già sapeva che non sarebbe stato così semplice mantenere quel
proposito.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Boom! Che cos'avrà mai intenzione di fare Kei?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo ;D non vi anticipo nulla.
Ultimamente mi ritrovo un po' a corto di commenti da fine pagina XD chiedo venia se alcuni di voi si aspettavano qualcosa di più - anche se dubito che ci sia davvero qualcuno che rimpianga i miei papiretti di quest'angolo! Devo dire che cmq, trovare un titolo per questo capitolo è stata dura e non sono convintissima del tutto nemmeno di questo, quindi se vi va potete sempre suggerirmene uno migliore.. anzi, fatelo vi prego! Stasera non ero proprio ispirata!
Sperando che, oltre a propormi titoletti sostitutivi, mi facciate sapere cosa ne pensate, vi saluto..
un 'ciao-ciao' con la manina dalla vostra
Kaiy-chan |
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Capitolo 26 *** Non sei solo.. ***
26. Non sei solo..
Sulle note di In
the Middle of the Night, Yukiko lasciò vagare per l'ennesima
volta lo sguardo verso l'orizzonte di tetti, oltre l'ampia vetrata
della finestra della sua stanza. La loro stanza, si corresse.
Peccato che del
dranzerblader non vi fosse ancora nessuna traccia dopo quasi cinque
ore da quand'era sparito. Ormai la luce diurna si era fatta
abbastanza fioca da lasciar intuire che, oltre il suo campo visivo,
il sole fosse quasi alla fine del suo percorso giornaliero. Ad occhio
e croce mancava ancora un'ora al tramonto, ma la penombra in cui
stava precipitando la città era dovuta al semplice fatto che il
cielo fosse completamente coperto di spesse nubi di un pesante grigio
piombo.
Le ultime note della
canzone le risuonarono nelle orecchie attraverso le cuffie degli
auricolari e la mora si voltò, raggiungendo il letto e sollevando in
una mano il proprio telefono. Sul display comparvero data ed ora:
17:28 di Sabato 4 Ottobre.
E di Kei ancora
nessun segno: né un messaggio, né una chiamata.
Avevano concordato
di scambiarsi i numeri di telefono dopo che lei aveva rischiato di
perdersi a Berlino, ma per quante volte cercasse ora di contattarlo,
nell'orecchio le era risuonato il messaggio dell'operatore che
l'informava dell'irraggiungibilità del numero chiamato. Imprecò a
denti stretti quando, provando un'ultima volta, ottenne il medesimo
risultato.
Con passo deciso
attraversò di nuovo la stanza per afferrare la maglia della felpa ed
il giubbotto in pelle, entrambi appesi all'attaccapanni dietro la
porta, quindi lanciò un'ultima occhiata alla finestra. Le era appena
sembrato di intravedere un lampo con la coda dell'occhio.
Sbuffò infastidita,
risolvendosi ad infilarsi anche i propri guanti senza dita in lana
nera, prima di imboccare la porta ed uscire da quella camera.
Riponendo la chiave in tasca, si premurò di aver ben allacciato
cerniere e bottoni, mentre scendeva le scale con uno slancio dettato
dall'inquietudine che provava dentro sé stessa. Sapeva che non
avrebbe dovuto preoccuparsi, sapeva che il suo compagno di viaggio
era più che capace di badare a sé stesso ed il fatto che ci stesse
mettendo così tanto poteva voler dire tutto e niente. Lei sperava
ardentemente che non volesse dire niente, ma era sempre meglio
assicurarsene, piuttosto che stare rintanata in hotel a far nulla.
Alla reception si
procurò una cartina tascabile della città, ben intenzionata a non
perdersi di nuovo da sola, specialmente visto il motivo per cui stava
uscendo e, già che c'era, prese in prestito uno degli ombrellini
dell'albergo, approfittando dell'omaggio che sarebbe spettato loro
per aver usufruito di una delle camere matrimoniali migliori, unica
cosa positiva dell'intera faccenda.
Quindi, una volta in
strada, si fermò per guardarsi brevemente intorno.
“Da dove hai
intenzione di cominciare?” le chiese Night dall'interno del suo
bey.
– Non lo so –
gli rispose meccanicamente, spiegando la cartina e dando un'occhiata
– Tu non sei in grado di percepire la presenza di Dranzer?
“Guarda che non
sono un power-detector..” ribatté sarcasticamente l'Anka.
– Era solo per
chiedere – bofonchiò la mora, prima di decidersi e muoversi verso
sinistra – Proverò da questa parte. Non credo sia negli stessi
posti che abbiamo attraversato oggi – rifletté, ripiegando la
cartina e ficcandosela in una delle tasche dei jeans.
Infilando le mani in
tasca prese a camminare di buon passo, tenendo a mente le varie
svolte delle strade e ringraziando la propria sorte, che in un
momento di indecisione le aveva fatto mettere in borsa un paio di
calze invernali in più. Già dopo dieci minuti di vagabondaggio per
le strade di Mosca, avvertì sin troppo chiaramente il calore
nell'aria diminuire e, a venti minuti, il primo rombo di tuono in
lontananza risuonò attraverso l'aria altrimenti immota.
All'ennesima
perlustrazione inconcludente di una serie di viottoli secondari,
ritornando su una delle strade principali Yukiko si fermò, chiudendo
strettamente gli occhi in un moto di frustrazione che le fece
sbattere i piedi per terra.
“Per quanto
ancora hai intenzione di girare a vuoto?” le chiese con tono
accomodante il suo compagno di battaglie.
– Quanto sarà
necessario per trovarlo. Non intendo arrendermi prima che faccia buio
– gli rispose lei a mezzo tono, corrucciata mentre tentava di dare
una nuova occhiata alla piantina per decidere da che parte andare
ora.
“Non manca
molto” le fece notare Night.
Lei in tutta
risposta sbuffò, infastidita da quella precisazione non richiesta.
Sapeva che presto avrebbe dovuto darsi per vinta, sapeva che non
aveva avuto nessuna possibilità sin dall'inizio, eppure non era
riuscita ad impedirsi di tentare. In fondo ci aveva sperato davvero,
di riuscire a ritrovare Kei e così aver la scusa di affrontarlo.
Perché non era riuscita in alcun modo a non preoccuparsi per lui,
non ci riusciva nemmeno in quel momento ed era una sensazione
orribile. Avvertì gli occhi pungerle a causa delle lacrime e,
stringendo i denti, le ricacciò indietro: era ancora presto per
lasciarsi andare allo sconforto ed all'autocommiserazione.
Con un brusco gesto
della mano scacciò quei veli umidi e riprese a camminare a passo di
marcia, finendo per sbucare alla base di uno dei ponti che
scavalcavano il fiume Moscova. Attraversando la carreggiata, la
nightblader si affacciò al parapetto prima di guardarsi intorno,
senza risultato. Da che parte avrebbe dovuto ripiegare ora? Batté un
pugno sulla pietra del muretto.
– Maledizione,
come diavolo faccio a trovarlo in una città così grande?!
Nessuno le rispose,
nemmeno Night, che reputò più saggio lasciarla sbollire per conto
proprio. Una decisione che Yukiko non riuscì ad apprezzare appieno,
dovendo fare i conti con sé stessa e la propria frustrazione. Un
nuovo tuono rimbombò sopra di lei, più vicino di quello udito
precedentemente diversi minuti prima, ma comunque non eccessivamente
forte. Si sarebbe messo a piovere, ormai era assodato. Proprio una
fortuna sfacciata!
Scacciando quei
pensieri inconcludenti si voltò di scatto, procedendo ad un passo
sostenuto lungo il viale che affiancava il fiume, finché non mutò
in una vera e propria corsa. Rallentando in prossimità di ogni
incrocio, la mora girò un angolo per buttarsi in una delle vie
laterali, senza in qusto modo poter evitare alla propria impulsività
di metterla d'impiccio.
Andò
inavvertitamente addosso ad un ragazzo, sbattendo contro il suo petto
con tanto impeto da barcollare lei stessa all'indietro, totalmente
presa alla sprovvista dalla comparsa di quell'ostacolo sulla sua
strada. Sbilanciata all'indietro, evitò di ritrovarsi lunga distesa
sul selciato soltanto grazie ad una mano che la afferrò al volo, con
presa ferrea, al braccio destro. Trattenuta in bilico il tempo
necessario affinché potesse ristabilire il proprio equilibrio, la
mora si raddrizzò, ricordandosi di respirare soltanto quando fu in
grado di non pesare più sullo sconosciuto.
– M-mi scusi! –
esclamò istintivamente in giapponese, ancor prima di sollevar
l'iridi sullo sfortunato a cui era finita contro.
Quando lo fece, si
trovò a fissare un paio di occhi della stessa tonalità del
ghiaccio, incastonati in un volto pallido che metteva ancor più in
risalto una chioma ribelle di un particolarissimo rosso scarlatto. Si
pentì subitaneamente di non aver fatto più attenzione, ritrovandosi
a doverne sostenere a fatica lo sguardo diretto quanto penetrante;
uno sguardo che, per certi versi, le ricordò quello che aveva visto
a volte assumere al dranzerblader. Il silenzio che seguì iniziò a
farla sudare freddo, soprattutto a causa del fatto che lui non le
lasciò subito il braccio, nonostante lei fosse ora ben stabile sugli
arti inferiori.
– I'm so sorry –
riprovò con un sorriso teso, questa volta in inglese, resasi conto
di non averlo usato in precedenza.
– Una ragazza come
te non dovrebbe girovagare da sola per le strade di questo quartiere
– le si rivolse finalmente lo sconosciuto, con tono tanto freddo da
farla rabbrividire. A causa di questo impiegò un istante, prima di
rendersi conto che questi aveva appena parlato la sua stessa lingua,
ed inarcò un sopracciglio.
– Allora parli
giapponese! – esordì, un po' meno nervosa e più sorpresa di
poc'anzi, prima di abbozzare un sorriso mortificato – Non conosco
la città, sono arrivata solo ieri e non ho avuto il tempo di farmi
un'idea.
– Ti sei persa?
– No, ho una
cartina – gli rispose lei, facendo un mezzo passo indietro e
tirando fuori la piantina ripiegata su sé stessa da una delle
proprie tasche, mentre il rosso sembrò decidersi a lasciarla andare.
Gliela mostrò reggendola fra due dita, piegando le labbra in una
smorfia nel vedere le sopracciglia del ragazzo saettare entrambe
verso l'alto, come se non si aspettasse davvero che avesse tutto
sotto controllo. L'aveva davvero giudicata con un solo sguardo come
una di quelle ragazzine 'tutto fumo e niente arrosto'?
Ricacciando indietro uno sbuffo spazientito, incrociò ambo le
braccia dinanzi al petto – Scusa ma non ho tempo adesso, sto
cercando una persona.
A quell'affermazione
tuttavia, lo vide sbatter una volta le palpebre prima di tornar ad
un'espressione totalmente imperturbabile, solcata da un leggerissimo
mezzo sorrisetto – Sicura che quella persona voglia farsi trovare
da te? – le chiese, vagamente ironico.
Quell'atteggiamento
non fece altro che indispettire ancor di più la moretta, che per
poco non tentò di incenerirlo con lo sguardo – Avete tutti un
pessimo senso dell'umorismo, voi russi? – lo rimbeccò lei, prima
di tornare a concentrarsi sul suo obiettivo primario e tentare il
tutto per tutto, seppur completamente sfiduciata – Sto cercando un
ragazzo giapponese all'incirca della mia età, vestito con un
giubbotto in pelle e una lunga sciarpa bianca. Ha i capelli neri e
tinti d'argento e sul volto sfoggia due segni blu per guancia.
Il russo si
corrucciò in volto, mentre il suo sguardo si assottigliò a quella
descrizione – Hai detti che ha dei segni blu sul viso?
Yukiko annuì,
spalancando appena lo sguardo. Possibile che la fortuna iniziasse a
girare per il verso giusto?
– Stai parlando di
Kei?
– Sì – esclamò
lei, abbandonando definitivamente quell'aria sostenuta per lasciar
spazio a un largo sorriso – Hiwatari Kei. Lo conosci?
Il rosso non
ricambiò quel sorriso ma, se possibile, si fece ancor più freddo
nei modi e nello sguardo che le rivolse – Sì, lo conosco – il
tono velato di amarezza ed ironia che usò, le fece salire un brivido
su per la schiena – Non sapevo che fosse tornato in Russia.
Per riflesso la
nightblader fece un nuovo mezzo passo indietro, avvertendo i propri
nervi tendersi sino allo spasimo in una reazione difensiva.
Improvvisamente di nuovo in guardia, non riuscì in alcun modo ad
evitare alla domanda che gli rivolse di suonare flebile quasi quanto
un sussurro – ..chi sei?
– Il mio nome è
Yuri Ivanov.
Quando la prima
goccia di pioggia cadde ai suoi piedi, Kei pensò che avrebbe dovuto
far ritorno all'hotel, eppure non si mosse. Rimase seduto su quel
muretto senza riuscire a smettere di rivedere il sé stesso della
propria infanzia allenarsi insieme agli altri ragazzini in quello
stesso cortile, con l'unico intento di diventare più forte.
Appollaiato su quel
parapetto di mattoni e cemento con, come unica protezione dal gelo di
quella stagione, il giubbotto di pelle e la sua sciarpa bianca,
rimase a guardare la struttura del monastero di Vorkof, dopo non aver
trovato nemmeno il coraggio di entrarvi. Era andato lì apposta,
eppure, appena messo piede in quel cortile, non era riuscito ad
andare oltre, assalito da ricordi che non avrebbero dovuto avere più
alcun effetto su di lui, non dopo tutti quegli anni. Peccato che le
cose avessero preso una piega del tutto diversa da quella che egli
stesso si era augurato: aveva avuto l'intenzione di mettersi alla
prova e dimostrare a sé stesso di aver superato quanto era accaduto,
ma oramai era evidente che si fosse sbagliato.
Lasciando vagare lo
sguardo sul selciato cosparso di ribelli ciuffetti d'erba secca, con
un braccio appoggiato sul ginocchio destro, tenuto sollevato al
petto, il dranzerblader si godette l'intensa sensazione di freddo
mentre una leggera pioggerellina mista a neve iniziava a picchiettare
con regolarità sul terreno e gli edifici vicini. Non si curò di
iniziare a bagnarsi, mentre la sensazione di quelle gocce d'acqua e
ghiaccio gli si riversava addosso con lo stesso effetto di piccoli
spilli gelidi; anzi, l'accolse come se fosse un balsamo lenitivo,
sperando che lo aiutasse a scacciare quel suo tormento interiore.
Speranza vana.
L'unica cosa che
ottenne fu di ritrovarsi in pochi minuti impregnato d'acqua, mentre
quel freddo iniziava a penetrargli nelle ossa. Un basso rombo di un
tuono seguì l'inizio di quello scroscio di pioggia che si abbatté
tagliente sulla città, sferzandolo senza ritegno e senza che egli
stesso riuscisse a darvi importanza, come cristallizzato in sé
stesso. Le ciocche d'argento iniziarono ad appesantirsi d'acqua, così
come questa gli inumidì i vestiti, sciarpa compresa.
Tutte cose che lui
ignorò, sentendosi come risucchiato da vecchi ricordi e antichi
rancori in una dimensione parallela.
Una dimensione dalla
quale riemerse soltanto una trentina di secondi dopo che l'ombrello
di un colore viola scuro venne posto sopra il suo capo, riparandolo
dal maltempo. Quando se ne rese conto, risalì con sguardo apatico la
piccola mano guantata che lo reggeva, senza riuscire a sorprendersi
più di tanto nel ritrovarsi a incrociare due occhi di un intenso
verde smeraldo, avendo ormai imparato a riconoscerli fra mille.
– Come sapevi dove
trovarmi?
Yukiko, ferma al suo
fianco e dietro quel basso muretto, abbozzò un mesto sorriso – Me
l'ha detto Yuri.
Il sentire quel nome
pronunciato dalla mora lo fece quasi sussultare e, preda di un nuovo
moto d'ansia, tornò a far vagare i propri occhi scuri su quella
desolazione, immerso in un nuovo silenzio. Un altro borbottio del
cielo lo infranse, ma la voce di lei impiegò ancora qualche minuto
prima di tornare a farsi strada sino alle sue orecchie, flebile
quanto poteva esserlo il fruscio stesso del vento.
– Ero preoccupata
– quella semplice confessione gli fece spalancare gli occhi scuri
dalla sorpresa, prima che lei continuasse – Così sono uscita a
cercarti e l'ho incontrato per caso mentre tornava a casa dal lavoro.
E così Yuri aveva
un lavoro.
Non disse nulla di
rimando a quella rapida spiegazione ed il silenzio che seguì gli
parve ancor più pesante. Sorrise amaramente fra sé e sé, pensando
che alla fine quel passato da cui voleva tenerla lontana era comunque
riuscito ad incrociare la sua strada. Non aveva idea di cosa il russo
le avesse detto ed ormai si sentiva troppo demoralizzato per
curarsene. Non gli importava più nulla del fatto che lei sapesse:
era stanco di tenerle nascosta quella parte della sua vita; stanco di
sforzarsi di tenerla ad una certa distanza; stanco di fingere che non
fosse diventata importante per lui.
Quasi sussultò nel
momento in cui lei gli posò una mano sulla spalla sinistra,
infondendo attraverso quel semplice contatto una pulsazione di calore
che creò un netto contrasto con il freddo che avvertiva dentro di
sé. Quel calore spazzò via anche gli ultimi resti di ciò che erano
state le sue difese, ormai così antiche da frammentarsi in mille
pezzi. Proprio come era successo in quel sogno di tanto tempo prima,
un sogno che erroneamente aveva giudicato privo di importanza e che,
invece, ora pareva calzare fin troppo a pennello, infondendogli una
sensazione di deja vu che lo stordì.
Stringendo i pugni,
chiuse strettamente gli occhi ed indurì la linea della mascella, ma
non poté in alcun modo resistere all'impulso che gli salì dal
petto. Fu proprio perché preda di quell'impulso istintivo che iniziò
a parlare, raccontandole dell'origine di quel luogo e di ciò che
aveva a che fare con lui. Le raccontò ogni cosa, da ciò che aveva
osato tentare di fare suo nonno al modo in cui l'aveva usato, con
voce tanto bassa quanto greve. E con le parole, esternò il suo
rimorso, il suo rancore e la sua delusione per quanto era avvenuto
realmente; ma non si limitò a quello, andando oltre quei semplici
fatti, rivelandole cose che non aveva mai confidato a nessuno,
nemmeno all'Aquila Rossa.
– ..credevo che
fosse finita, di essermi liberato dell'influenza che aveva su di me.
Mi sbagliavo – mormorò, sfoggiando un sorriso amaro alla
desolazione derivante l'abbandono del cortile in cui si era allenato
a Beyblade anni e anni prima – Alla fine sono esattamente come lui:
per i due anni successivi non ho pensato ad altro che a soddisfare il
mio desiderio di diventare il migliore. Quello stesso desiderio che
mi ha fatto tradire più di una volta i miei amici e che ormai era
divenuta un'ossessione... quando Vorkof si ripresentò, io me ne
approfittai e credetti di poter utilizzare quell'occasione per
sconfiggere una volta per tutte Takao. Le cose non andarono come
avevo previsto.. – le raccontò dell'incontro contro Brooklin,
delle conseguenze a cui aveva rischiato di andare incontro e
dell'epilogo di quella faccenda – ..alla fine avemmo la meglio sui
blader della BEGA, ma nonostante avessimo finalmente sventato i piani
di quell'uomo la mia ossessione finì con il consumarmi. Quando
finalmente sconfissi Takao, mi accorsi della verità: non mi era
rimasto più nulla. Non provai la men ché minima esultanza o
soddisfazione quando ebbi la meglio sul mio ex capitano. Tutto ciò
che avevo fatto, compresi, non era servito ad altro che ad
allontanarmi da quelli che erano sempre stati miei amici – chinò
il capo e chiuse gli occhi, il senso di profonda sconfitta talmente
intenso da opprimergli il petto nel momento in cui concluse – In
quel momento persi ogni cosa, anche la passione per il Beyblade.
Nel silenzio che
seguì poté distintamente cogliere il ticchettio costante della
pioggia sull'ombrello ancora sollevato sul suo capo ed esternò un
secco sospiro in una nuvoletta candida, aspettandosi di avvertire da
un momento all'altro quelle gocce d'acqua tornare a riversarglisi sul
capo, immaginandosi la mora dietro di lui che indietreggiava con
espressione inorridita. Non si sorprese quindi, nel momento in cui
avvertì la prima di quelle gocce colpirgli una spalla, accogliendola
al pari del tonfo che ebbe il suo cuore. A sorprenderlo ed a fargli
trattenere il respiro furono una coppia di esili braccia che egli
avvertì cingerlo intorno al collo, sopra le spalle, mentre sentì
contro la schiena il corpo di lei mentre vi si appoggiava. La
sensazione di calore che gli trasmise quell'abbraccio inaspettato lo
colse in fallo e l'ondata di profondo sollievo gli tinse il viso di
un rossore che non aveva nulla a che fare con l'aria fredda della
sera.
Sgranando gli occhi
dai riflessi d'ametista, la visuale del selciato scuro gli si appannò
in pochi secondi a causa di un sottile velo di lacrime, il quale gli
causò un fastidioso pizzicore che lo fece corrucciare. La prima
lacrima che gli bagnò la guancia tuttavia non era sua, ma della
ragazza che lo stava abbracciando, ed il sentirla tremare gli causò
un nuovo sussulto di smarrimento. Incredulo per ciò che stava
accadendo, per le emozioni che stava provando, avvertì un nodo
stringerglisi in gola.
– Tu non sei così
– il sussurro d'ella gli sfiorò e orecchie, la sua voce incrinata
– Non sei come tuo nonno.. non lo sei – ripeté, saldando quella
stretta mentre la sentì soffocare un singhiozzo in fondo alla gola –
..non li hai mai traditi realmente e anche loro lo sanno di sicuro.
Non sei rimasto solo. È normale perdersi di vista fra amici, ma non
per questo si smette di considerarsi tali. Tu non sei solo, Kei –
quelle ultime parole gli risuonarono simili ad una supplica che
giunse dritta al cuore – Ci sono io con te, adesso..
E quell'ultima frase
colse nel segno. Gli argini che con fatica aveva tenuto in piedi si
ruppero e lui, avvertendo la fitta al petto sul punto di soffocarlo,
sollevò di scatto ambo le mani per afferrare gli avambracci di lei,
trattenendola lì e cedendo all'intenso bisogno di quel contatto
consolatorio. Tremò, per il freddo e per il vuoto che aveva covato
per tanto tempo in fondo al cuore. Un vuoto che, attraverso il tepore
di quell'abbraccio, si colmò completamente, così come si colmarono
di lacrime i suoi occhi. Le lasciò sgorgare, affondando il viso fra
le maniche del giubbotto di lei, incapace di fare altrimenti, sfogando ogni
delusione, ogni rimpianto in quelle gocce silenziose che, insieme
alla pioggia, contribuirono a inzuppare anche i suoi abiti, non
riuscendo a fare altro.
Perché c'era lei,
adesso.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buon sabato a tutti!
Eccomi qui con questo nuovo capitoletto, in cui abbiamo la comparsa del mitico Yuri e finalmente la rivelazione delle intenzioni del nostro dranzerblader, tanto decantate lo scorso capitolo! Probabilmente vi starete chiedendo che diavolo è successo... be' come avete visto il nostro Kei è crollato. Sì, perché tenersi tutto dentro per anni può fare davvero male e poi una cosa tira l'altra.. insomma, mica è finita qui!!
Uhuhuhuh <3 personalmente non vedevo l'ora che arrivasse questo momento e so che non sono esattamente l'unica a pensarla così, vero? ;D Quanti fan del russo dai capelli rossi ci sono a seguire questa fiction??? Una sicuramente (io) anche se il primo della mia lista è Kei, ovvio!
Non preoccupatevi, non sarà la sua unica apparizione, devo ancora farvi scoprire di che lavoro si occupa u.u
Nel frattempo, gongolando come una scema (xD sì, perché è tipo 10 capitoli che aspettavo questo momento) vi saluto e vi auguro una buona serata. Non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, forse domani, tutt'al più lunedì, se proprio proprio. Lo so che sto andando un po' in fretta, ma ci tenevo a finire questa ff entro l'ultima di ottobre, perché poi dovrò seriamente buttarmi nello studio in vista della sessione invernale. Ergo, ancora un po' di pazienza, tanto una volta che i capitoli sono pubblicati, potete leggerli quando volete con tutta calma ^____^
un saluto veloce
Kaiy-chan |
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Capitolo 27 *** La prima neve ***
27. La prima neve
Faceva freddo
sulla bianca distesa innevata di quella piana.
Kei sapeva
perfettamente dov'era e non si sorprese delle profonde crepe che si
stavano aprendo sotto i suoi piedi, nel ghiaccio che ricopriva il
lago Bajkal. BlackDranzer ruotava rapido sulla superficie cristallina
e frastagliata, sollevando schegge di ghiaccio tutt'intorno mentre si
lanciava contro l'avversario.
Il blader dai
capelli d'argento tentò di controllarlo, di impedirgli di attaccare,
ma il beyblade nero non era più sotto il suo controllo. Sferrò il
suo attacco contro Night con una potenza tale che avrebbe dovuto
ridurre il suo anello d'attacco in pezzi, cosa che non avvenne: a
finire in pezzi, fu proprio l'attaccante. Il bit stesso al centro si
crepò, lasciandone uscire una luce che si disperse nel cielo terso
sopra di loro.
Abbassando lo
sguardo sulla sua avversaria, sussultò nel vedere che le crepe si
erano ingigantite sotto le sue scarpe da ginnastica, isolandola e
allargandosi, riempiendosi d'acqua scura. Quando la ridotta lastra su
cui la mora si teneva in equilibrio iniziò a sprofondare, Kei
avvertì il panico attanagliargli la bocca dello stomaco in una
morsa.
– Yukiko!
– la chiamò, cercando di scattare in avanti per raggiungerla.
Le gambe gli
risultarono pesanti come piombo, rallentandolo, costringendolo a
lottare contro quella forza contraria ed inspiegabile. Quando
finalmente arrivò a sporgersi sul bordo di quel varco frastagliato,
l'acqua aveva ormai raggiunto l'altezza delle ginocchia di lei.
– Presto,
afferra la mia mano! – la incitò allungandosi al massimo delle sue
possibilità, ben consapevole che fosse troppo lontana.
La nightblader
non ci provò nemmeno a raggiungere quell'appiglio, rivolgendogli un
triste sorriso che gli lacerò il cuore e fece montare in lui la
disperazione. Non poteva perderla, non poteva arrendersi e lasciarlo
solo. Non poteva scomparire così dalla sua vita.
– Sei tu che
hai detto che avresti rinunciato a lei – l'Aquila Rossa comparve
accanto alla ragazza, sospesa sul pelo dell'acqua come una figura
eterea nella sua forma umana, avvolta in quell'alone rossastro che
creava un netto contrasto con la freddezza dell'espressione del suo
volto austero.
Kei si ribellò a
quell'accusa – Non per questo la lascerò andare!
– Hai detto che
non avresti cambiato idea.
– Mi
sbagliavo! – urlò al colmo della disperazione, stringendo i
pugni – Non posso farlo..
non Voglio farlo!
Cocciutamente,
tentò di allungare di nuovo la mano verso la mora, supplicandola con
lo sguardo di fare altrettanto – Afferrala!
Lei scosse il
capo in segno di diniego. Ormai l'acqua le arrivava sotto i fianchi.
– Ti prego! –
un cieco terrore lo assalì con tutta la sua irruenza – Ti prego,
prendi la mia mano! Giuro che non ti lascerò andare! Non ti lascerò,
mi hai capito? – la vide spalancare gli occhi verdi, quei suoi
bellissimi occhi verdi e, sotto quello sguardo incredulo, abbandonò
ogni remora – Ora che ti ho trovata non ti lascerò mai più,
per nessun motivo!
E finalmente lei
sollevò il braccio, allungando la mano destra a sfiorare la sua.
Oltre le vetrate
della finestra, piccoli fiocchi di neve cadevano silenziosi sulla
capitale russa, ovattando il già sporadico suono del traffico. Sul
display del cellulare di Yukiko, rimasto appoggiato sul tavolino
appresso al divano, i numeri si illuminarono al singolo segnale
d'avviso di un messaggio in arrivo, rivelando le 02:18 del mattino.
La mora schiuse le
palpebre, sbuffando appena ed allungando una mano per leggere il
mittente: era sua madre. Con un sospiro, riappoggiò il telefono da
dove l'aveva preso, voltandosi dall'altro lato. Era un po' che non
riusciva a prendere sonno, nonostante le rassicurazioni fatte al
dranzerblader perché le lasciasse quel divano. Non avrebbe potuto
permettersi diversamente, viste le condizioni del ragazzo nel momento
in cui erano tornati all'hotel.
Avvertendo il
fruscio delle coperte del letto matrimoniale ed il respiro pesante
dell'oggetto del suoi pensieri, si sollevò a sedere, lanciando uno
sguardo per la stanza finché non lo soffermò sul fagotto in cui
pareva giacere Kei. In realtà, ad una seconda occhiata, notò che
quelle coperte erano scivolate più in basso a causa di un sonno
tanto inquieto da tormentarlo anche in quel momento.
Sospirando, Yukiko
si decise ad alzarsi in piedi, avvicinandosi al bordo del letto e
fermandosi proprio nel momento in cui il blader tornava a ruotare su
sé stesso, rivolto verso di lei. Osservandolo giacere sul fianco
sinistro, ne distinse chiaramente l'espressione corrucciata nella
penombra, accostata ad un velo di sudore freddo che gli imperlava la
fronte.
Corrucciandosi a sua
volta, in preda ad un moto di preoccupazione, la mora scostò un paio
di quelle ciocche argentee con tocco leggero e gli posò la mano
sulle tempie: scottava ancora. Imprecando fra sé e sé, tentò di
raddrizzar la schiena con l'intenzione di coprirlo nuovamente delle
lenzuola, finite appresso alla sponda del letto, quando venne
bloccata sul nascere da una stretta della mano d'ei sul polso. Lo
strattone con cui la trascinò giù fu talmente inatteso da
sbilanciarla, facendole scappare un'esclamazione sommessa dalle
labbra, prima che il respiro le si smorzasse in gola e ricadesse
distesa su quel letto.
Impiegò una
manciata di secondi nel riaversi abbastanza da comprendere come fosse
finita in quella posizione supina, braccia spalancate ed una gamba
ancora pendente oltre il bordo del materasso, a fissare ad occhi
sbarrati il soffitto mentre il braccio del suo rapitore le cingeva
con stretta possessiva la vita ed il capo di lui le pesava sulla
spalla destra. L'aveva letteralmente placcata.
Sentendolo
rinsaldare la presa e mettersi più comodo, la nightblader dovette
reprimere un sussulto quando lui, affondandole il volto contro
l'incavo del collo ed intrecciando una gamba alle sue, le si strusciò
contro ed inspirò a fondo. Il sospiro che le scivolò l'attimo dopo
sulla pelle era caldo e profondo, la percezione di quella sua
vicinanza quasi rovente, e si ritrovò a rabbrividire di
un'inopportuna eccitazione nel pesante silenzio che permeava la
camera.
Col cuore in gola
che minacciava di soffocarla, immobilizzata da quella sorta di
abbraccio apprensivo che tanto le ricordava il modo in cui da piccola
era solita stringere il suo peluche, Yukiko non poté far altro che
rimanere ad ascoltarne, tesa sino allo spasimo, il respiro che si
regolarizzava, facendosi più profondo, contemporaneamente al
rilassarsi delle membra. Sbattendo più volte le palpebre,
assolutamente spiazzata, con una parte della mente si rese
effettivamente conto dello sfumare di quella tensione nel corpo del
blader soltanto una manciata di secondi dopo, cosa che le permise di
iniziare a far altrettanto grazie all'insperato sonno in cui egli
sprofondò, decisamente più quieto e sereno a discapito della febbre
che ancora lo pervadeva.
Fu questa
consapevolezza a permetterle di tornare a respirare, intenerendosi di
fronte a quell'involontaria richiesta di rassicurazione da parte
dell'inconscio di lui, tanto da farle battere il cuore in un moto
differente, pervasa da una rara commozione. Avvertì ancora una volta
l'intensità dei propri sentimenti per lui pervaderla e rendere
nuovamente difficoltoso il suo stesso respiro, ma non riuscì in
alcun modo a frenare il proprio sorriso al pensiero di tutta quella
tenerezza. Probabilmente questa era dovuta soltanto al fatto che il
dranzerblader stesse male, ma sapeva che quel suo lato nascosto era
comunque qualcosa di prezioso, all'apparenza tanto fragile da farle
nascere un istinto di protezione che la portò istintivamente a
ricambiare quell'abbraccio, affondando la mano destra fra i suoi
fantastici capelli.
Riuscì a rilassarsi
a propria volta avvertendone la consistenza setosa sotto le dita,
cosa che le permise di iniziare finalmente ad accusare la fatica di
quella giornata, mentre si perdeva in quella carezza delicata,
guidata dall'impulso irrazionale di rassicurarlo. Avvolta nella
penombra della notte, forte della consapevolezza che il ragazzo
stretto fra le sue braccia stesse dormendo, gli depositò un dolce
bacio sul capo, prima di reclinare il proprio e posare la guancia in
quel medesimo punto.
Struggendosi in quel
suo folle amore che le fece dolere il cuore al centro del petto, si
diede della sciocca: in quel momento, era la ragazza più felice del
pianeta.
Iniziando a
riaffiorare dal mondo dei sogni, la prima cosa che percepì fu un
piacevole tepore avvolgerlo. Tentò di ruotare sul fianco sinistro e
nel farlo, si ritrovò a stringersi contro la fonte di quel calore
piuttosto gradevole, così come considerò gradevole l'odore che gli
si insinuò nei polmoni. Serrando la presa su quello che era
evidentemente il corpo di una ragazza, vi strusciò contro il viso,
affondandolo fra una massa di scomposte ciocche setose.
Sospirò, rilassato
seppur un poco confuso, iniziando ad emergere da quello stato di
dormiveglia soltanto una manciata di secondi dopo, quando finalmente
iniziò a collegare ciò che aveva fra le braccia alla schiena di una
ragazza ben precisa. La stessa ragazza che lo aveva spinto, malgrado
i suoi ferrei propositi ed i suoi timori, a confidarle ogni cosa la
sera precedente. Schiudendo le palpebre quasi di scatto, il suo
gingillo dentro i boxer ebbe una reazione altrettanto
repentina, che non lo aiutò affatto a riacquistare la propria
lucidità.
Completamente
immobile, teso come una foglia, attese che il proprio cuore tornasse
a piazzarglisi al centro del petto ad un ritmo più umano, seguendo
con attenzione il suo battito frenetico rimbombargli nelle orecchie
in un modo talmente insistente da fargli temere potesse destarla.
Eppure, nonostante la sua parte razionale gli gridasse di scivolare
lontano da lei, quando tentò di farlo, venne frenato dal subitaneo
ruotare su sé stessa di Yukiko, la quale gli si strinse maggiormente
contro, circondandolo con un braccio all'altezza dei fianchi.
Il modo in cui gli
accostò il capo al petto, strusciandosi contro la sua maglietta, gli
infuse all'altezza del cuore un moto di tenerezza che lo mise quasi a
disagio, facendolo arrossire. Se avesse potuto vedersi dall'esterno,
con l'attrezzo bello in tiro e il volto della stessa tonalità di un
peperone, sarebbe sicuramente scoppiato in una fragorosa e
incontrollata risata. Peccato che ogni messaggio che gli giungeva dal
proprio corpo fosse tutto men che divertente. L'eccitazione alla
parte bassa del ventre infatti salì nel momento in cui la mora
intrecciò una gamba alle sue, provocando un effetto strusciante di
pelle contro pelle involontario quanto inevitabile ed, in quel
momento, il dranzerblader si rese effettivamente conto del reciproco
abbigliamento, limitato alla semplice biancheria.
Deglutì, cercando
di osservarla in viso senza per altro riuscirci come si deve a causa
dei capelli che le adombravano i lineamenti. Non subito almeno.
Rifiutando di arrendersi, dovette contorcersi un poco con la schiena
per riuscire nell'impresa, movimento che non fece altro che far
rinsaldare la presa della moretta e farle mugugnare qualcosa. A quel
suono Kei si immobilizzò di nuovo, tendendo le orecchie per tentare
di comprendere se si stesse svegliando. Udendone il respiro regolare
e ancora piuttosto profondo tipico di chi è immerso in un sonno
piuttosto caparbio, riuscì a rilassarsi un poco, prima che la voce
di lei tornasse a farsi sentire, flebile quanto un sospiro. E questa
volta, ciò che le uscì dalle labbra ebbe un suono ben preciso.
–
Kei..
Il
diretto interessato spalancò gli occhi scuri per la sorpresa: lo
stava chiamando per nome.
Istintivamente,
spinto da qualcosa che non provò nemmeno a definire, la strinse a
sé, fregandosene bellamente della sua erezione, cercando di farle
sentire la sua presenza senza tuttavia svegliarla dal suo sonno. In
un flash gli tornò in mente il sogno che aveva fatto quella stessa
notte, rammentando la paura che l'aveva attanagliato al pensiero di
poterla perdere e la promessa che le aveva fatto. Nonostante il
momento delicato per i suoi stessi nervi, si lasciò sfuggire un
mezzo sorriso velato di un affetto che solo lui sapeva provare nei
suoi confronti, carezzandone la schiena sopra le pieghe della canotta
da lei indossata.
Rilassandosi
sul cuscino, con tocco dapprima leggero passò dalle spalle al fianco
sinistro, beandosi di poterla
stringere finalmente a sé e della sensazione che gli dava quel
corpicino premuto contro il proprio,
insinuandosi poi sotto quella
morbida stoffa di cotone grigio chiaro e godendosi la sensazione di
quella pelle liscia e vellutata mentre risaliva la spina dorsale di
lei. Peccato che quel suo passatempo mattutino si rivelò ben
presto una tortura a cui non riuscì in alcun modo a resistere: ad
ogni centimetro di pelle sfiorata si sorprese a bramarne di più,
cosa che contribuì ad ottenebrare la sua piena lucidità mentale. Si
lasciò guidare dalle emozioni, quasi assorto a contemplarne le
ciocche sfumate di rosso riverse sul cuscino e la sua stessa spalla,
il profilo di quel suo naso vagamente a punta, le ciglia scure
e lunghe. Ne respirò l'odore familiare, saggiando al contempo la
morbidezza di quei fianchi per poi non resistere oltre e scendere
ancora, facendo scivolare le dita lungo le gambe di lei e
nell'interno-coscia.
Avvertendo il
proprio autocontrollo al limite, cedette nel momento in cui la sua
erezione fremette nei boxer, tesa allo spasimo, e con un unico
movimento strinse la presa sotto il ginocchio sinistro di lei per
sollevarne e schiuderne maggiormente la gamba. Al contempo, facendo
perno con il gomito sinistro sul materasso, si sporse su di lei
infilandosi in quel nuovo spazio e premendo l'inguine contro il suo
in una frizione che gli strappò un gemito gutturale dal fondo della
gola. Al pari di lui la mora parve rispondere, inarcando la schiena e
accogliendo quell'invasione del suo spazio come se fosse una visita
più che gradita.
–
K-Kei..?
A
quel gemito sussurrato in tono interrogativo e desideroso al tempo
stesso, il blader sollevò di scatto lo sguardo sul suo viso,
incrociandone gli occhi verdi socchiusi e lucidi, languidi quanto
potevano esserlo soltanto i suoi. Alla vista delle sue gote arrossate
e delle labbra rosse, socchiuse in un respiro che aveva perso ogni
traccia di regolarità, non resistette: si chinò a baciarla,
svuotando i polmoni in un profondo sospiro di sollievo alla
sensazione che gli pervenne da quel contatto, come se non avesse
bramato altro per mesi.
Perso
oltre il punto di non ritorno, la assaporò insinuando la lingua
nella bocca di lei, traendo soddisfazione nel tornare a premere il
bacino verso il basso, schiacciandola contro il materasso senza che
la moretta mandasse alcun segno di contrarietà. Ne avvertì anzi la
stretta delle mani sulla stoffa della sua maglia, prima di sentirne
il tocco sulla pelle della schiena scendere sino alle natiche.
Quell'intraprendenza lo sorprese e lo divertì al contempo,
aumentandone l'eccitazione e facendolo sorridere contro le labbra di
lei, dalle quali si staccò giusto quel poco che bastava per poterla
guardare ancora una volta.
–
Te l'avevo detto che non avrei lasciato correre – le disse a mezza
voce, sorridendole maliziosamente nel rievocare quel ricordo.
Lei
si morse il labbro inferiore, combattuta da ciò che doveva star
provando in quel momento, ma bastò quel singolo gesto, che
probabilmente era il semplice preludio di una qualche risposta, a far
tornare Kei sui suoi passi, catturandone nuovamente la bocca in un
bacio più irruento del precedente. La voleva, la voleva con tutto sé
stesso ed avvertendo la consistenza vellutata della lingua di lei
intrecciarsi alla propria avvertì un brivido d'eccitazione talmente
intenso da fargli girare la testa, in una sensazione molto simile
all'ubriachezza.
Ebbro
di lei, del suo sapore, del suo odore, spostò la mano destra dalla
coscia al fianco sinistro della ragazza, sollevandole la canottiera
sino a ché non arrivò a sfiorarne la rotondità del seno. Ne saggiò
la pienezza come se la stesse reclamando per sé, come se fosse un
suo diritto, mentre un nuovo brivido gli salì lungo la spina dorsale
quando sentì premere il capezzolo di lei contro la pelle del palmo,
talmente invitante da indurlo a stuzzicarlo con le dita. In reazione
a quelle attenzioni, Yukiko si lasciò sfuggire un gemito a cui lui
rispose con l'ennesima pressione della sua erezione contro il sesso
d'ella, prima che lei gli stringesse le gambe intorno ai fianchi.
Oddio..
Una
parte di lui avrebbe voluto assaporarne ogni centimetro di pelle,
ascoltarne ogni gemito e sospiro mentre ne carezzava le forme
morbide, sentirla inarcarsi mentre affondava in lei con le dita in
quel pozzo caldo e umido che aveva fra le gambe, ma già sapeva che
non avrebbe resistito a tanto.
Si
staccò da lei una seconda volta, solo per sollevare il busto quanto
era necessario affinché riuscisse a liberarla di quell'indumento
grigio chiaro, aiutandola a sfilarselo da sopra la testa. Quando la
canottiera in cotone venne gettata senza troppo riguardo in un punto
imprecisato della stanza, la stessa fine fece la sua maglietta a
maniche corte nera, prima che il dranzerblader tornasse a sostenersi
sopra di lei, con ambo i gomiti a puntellare il materasso ai lati di
quel corpo che si era trovato a sognare più di una volta. Nella
fioca luce del mattino, Kei trattenne il respiro, facendo scivolare
lo sguardo dalla linea del collo sino alla curva dei seni, sulla cui
pelle chiara spiccava l'aureola del rosa più marcato dei capezzoli,
scendendo ancora per ammirarne la forma dei fianchi ed il ventre, la
cui lieve pendenza terminava a ridosso del bordo di un paio di
mutandine azzurre.
La sua personale
opinione venne definitivamente confermata: era dolorosamente
bella.
Sollevando lo
sguardo per tornare a osservarla in volto, colse un guizzo d'ansia in
quegli occhi lucidi, così come notò la piega stretta e tesa delle
labbra, accostata ad un acceso rossore delle gote, cosa che lo
indusse chissà come a sorriderle con dolcezza e desiderio.
–
Sei bellissima..
A quell'unica
affermazione esternata con voce roca, il viso di lei si accese ancor
di più, prima di ricambiarne il sorriso con uno più ampio e
luminoso. Gli cinse le braccia intorno al collo, prima di tirarlo di
peso verso di sé, movimento che il blader assecondò senza remore,
sprofondando di nuovo fra quelle labbra morbide ed invitanti,
chiudendo le palpebre per immergersi completamente nelle sensazioni
dategli dagli altri quattro sensi, concentrandosi su di lei finché
il suo amichetto, miracolosamente ancora nei boxer, glielo permise,
non senza minacciare di farlo impazzire di desiderio.
In quel mattino, in
cui silenziosi fiocchi di neve si adagiavano sui tetti e per le
strade della capitale russa, fece l'amore con lei per la prima volta,
dando sfogo ai suoi sentimenti più profondi. Gli stessi sentimenti
che non osava ancora esternare a voce, ma su cui non aveva più alcun
dubbio.
Non l'avrebbe
lasciata a nessun altro. Mai.
Inspirando a pieni
polmoni l'odore che aveva impregnato le lenzuola, Yukiko si
raggomitolò fra queste mentre alle orecchie le giungeva costante il
rumore dell'acqua corrente. Kei si era chiuso la porta del bagno alle
spalle, lasciandola con il solo intento di farsi una doccia, e la
mora si crogiolò nella sensazione lasciatale dall'amplesso provato
ormai diversi minuti prima.
Avvampò d'imbarazzo
e felicità allo stato puro, ripensando al particolare buongiorno che
l'aveva destata. No, non era riuscita a resistergli, non ci aveva
nemmeno provato quando aveva incrociato quei suoi occhi di brace e vi
aveva letto il profondo desiderio insito in essi. Ed ora si
sentiva... completa. Possibile? Come se non avesse aspettato
altro per tutta una vita all'infuori di lui. Davvero si poteva
provare un'emozione del genere dopo essere stata con qualcuno?
Schiuse gli occhi
sulla parete verso la quale era voltata, seguendo sovrappensiero le
pieghe delle lunghe tende che, parzialmente schiuse, lasciavano
intravedere una parte del paesaggio esterno. No, si corresse, lui
non era un qualcuno qualsiasi. Lui era Kei.
Un istante dopo si
accorse effettivamente di un riflesso bianco sulla distesa di tetti
della città, visione che le fece inarcare un sopracciglio.
Neve?
Si sollevò a
sedere, scrutando meglio attraverso quella fessura fra i due lembi di
stoffa purpurea, ma l'istante dopo venne scossa un brivido di freddo
talmente intenso da indurla a sprofondare nuovamente sotto le
coperte, tirandosele sin sopra al capo. Anelando una doccia bollente,
cercò a tentoni le proprie mutandine, trovandole in fondo al
materasso, mentre nella ricerca della canottiera che solitamente
usava per la notte, si ritrovò infine combattuta fra la necessità
di lasciare quel caldo giaciglio per recuperarla e quella di
abbandonarla invece lì sul pavimento, restandosene al coperto.
Scelse la seconda opzione, mentre con una parte della mente si
chiedeva se il dranzerblader non le avesse malauguratamente attaccato
il raffreddore.
E poi sbuffò –
Ma chissene importa!
L'eventualità
non riusciva proprio ad
impensierirla, non con quelle fastidiose farfalle allo stomaco che
ancora non volevano smetterla di svolazzare, incitate dal piacevole
indolenzimento che avvertiva tutt'ora
ai muscoli e
le impediva di rilassarsi sino in fondo.
Diamine, aveva
il battito del cuore ancora accelerato per quanto era accaduto in
quella stanza!
In
quel momento la porta del bagno si riaprì e la nightblader lanciò
un'occhiata da sopra il bordo della coperta al ragazzo che ne uscì,
incrociandone lo sguardo e abbozzando un sorrisetto in risposta a
quello di lui. Indossava un semplice asciugamano intorno alla vita e
un altro sulle spalle, che in precedenza doveva essergli servito per
tamponarsi i capelli, questo almeno a giudicare dalla piega scomposta
in cui giacevano quelle ciocche d'argento e tenebra.
–
Il bagno è libero – annunciò con quella sua voce pacata e priva
di qualunque inflessione particolare.
Yukiko
annuì di rimando con un cenno del capo, risolvendosi a sgusciare
fuori da sotto le coperte. Appena mise piede sul pavimento però,
oltre ad abbracciarsi il busto per combattere i brividi, dovette
attendere per un momento che il lieve capogiro che la accolse a
tradimento scemasse, associandolo al fatto di essersi rimessa in
piedi troppo in fretta. Quindi, ancora in parte in imbarazzo per il
fatto di mostrarsi con indosso soltanto le mutandine, attraversò la
stanza, chinandosi per afferrare al volo la canottiera grigia quando
giunse accanto al divano.
Stringendola
al petto con un braccio, passando accanto al dranzerblader fece
appena in tempo a rivolgergli un cenno del capo in segno di
ringraziamento, prima di essere costretta ad arrestarsi di botto.
Kei, afferrandola per un polso, la fece ruotare su sé stessa prima
di tirarla verso di sé, costringendola a fare quell'unico passo che
separava i loro corpi e ad appoggiarsi a lui con ambo le mani, cosa
che la fece sussultare dalla sorpresa.
Presa
alla sprovvista, la ragazza sentì smorzarsi il proprio respiro
quando lui la baciò con trasporto, in una carezza pressante delle
labbra che le fece sbattere più volte le palpebre, prima di
avvertire una nuova ondata di brividi correrle sottopelle in tutto il
corpo, traducendosi in una bassa pulsazione in mezzo alle gambe che
le fece ricambiare quel bacio fin troppo prontamente. Quando esso
sfumò, tornò allora a schiuder le palpebre ed incrociò gli occhi
di brace del blader a cui aveva finito per aggrapparsi, percependo il
cuore sussultarle scompostamente nel petto e la propria coscienza
venir risucchiata in quell'iridi tremendamente magnetiche. Per non
parlare del suo sorriso.
– In questo momento non mi dispiacerebbe fare un'altra doccia.. –
le sussurrò malizioso a fior di labbra.
Imbarazzata ed eccitata al tempo stesso, non ancora abituata a quel
lato del suo carattere, la mora ridacchiò, costringendosi di
malavoglia a fare un passo indietro.
– Ne sono convinta – affermò, stupendosi del fatto di star
effettivamente prendendo in considerazione la proposta, prima di
deglutire e costringersi a riconsiderare l'aspetto pratico –
..magari la prossima volta.. – ma che stava dicendo?! Subito! –
Ricordati che stanotte hai avuto la febbre alta.
– Non basta certo così poco per mettermi K.O. – ribatté lui con
quella sua aria imperturbabile.
Yukiko fece un altro passo indietro, giungendo sotto il vano della
porta, ridacchiando nuovamente – Sì, ho notato – non aggiunse
altro, facendogli l'occhiolino prima di frapporre fra loro quell'anta
lignea, richiudendosi dentro a quel bagno.
L'idea di una replica di quanto era appena accaduto sotto le lenzuola
l'aveva allettata più di quanto avrebbe potuto immaginare, ma ora
che era di nuovo in piedi iniziava ad accusare una strana sensazione
alla bocca dello stomaco. Reprimendo un nuovo intenso brivido di
freddo, si affrettò a liberarsi della biancheria e ad infilarsi
sotto il getto d'acqua bollente, sospirando di sollievo nonostante
poco dopo prese a infastidirla una lieve pulsazione delle tempie. Si
ripromise mentalmente di provarsi la temperatura, ma soltanto dopo
aver messo qualcosa nello stomaco. L'ultima cosa che voleva era
scambiare un raffreddore per carenza di zuccheri.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ta-dan! Sorpresa!!!
Uhuhuh.. no dai, non era così sorprendente.. o sì? Bho, Silmeria secondo me aveva già nasato XD vero cara?
Con sorprendente maestria sono riuscita a completare anche questo capitoletto! Siete contenti? Lo spero u.u è stata piuttosto dura per me descrivere certe cose, nonostante non sia poi entrata nel dettaglio. Non per niente avevo optato per un Rating Arancione..
Credo di essere geneticamente incapace di scrivere un rapporto completo, dovrete lavorare di fantasia! u//u
Allora, bando alle cavolate, che ne pensate di questo capitolo?? E' orribile? E' stupendo? E' da cavarsi gli occhi e bruciarli?? Vi prego, fatemi sapere qualcosa ç_ç sono troppo ansiosa certe volte e che siano commenti positivi o negativi va bene lo stesso, mi basta non rimanere appesa come una scema!
Coff-coff.. ok, mi dileguo, perché è ancora pomeriggio e il file del nuovo capitolo mi sta chiamando!
Intanto vi auguro una buona domenica ^_^ saluti e baci
Kaiy-chan
P.S. Ah, chiedo scusa nel caso mi sia sfuggito qualche errorino di distrazione, appena avrò un momento lo correggerò senz'altro ^^ |
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Capitolo 28 *** Un raffreddore per due ***
28. Un
raffreddore per due
Il pomeriggio del 5
ottobre lo passarono in fila, presso il pronto soccorso.
Yukiko sussultò a
causa di uno starnuto, attirando l'attenzione dei vecchietti presenti
in sala d'attesa, e per riflesso tentò di farsi ancor più piccola.
Non le piaceva attirare troppo l'attenzione già di per sé,
figurarsi quando stava male, e men che meno quand'era una semplice
febbre da colpo di freddo.
– Salute..
Sollevando lo
sguardo sul ragazzo che le sedeva accanto, lo vide deviare il suo
verso la porta dello studio del dottore di turno, come se non avesse
detto niente. Il suo volto sembrava più pallido del solito, fatta
eccezione per un rossore diffuso intorno al naso e gli occhi lucidi,
un aspetto che le rammentò di non essere l'unica a vigere in quelle
condizioni. Era stato Kei a passarle il raffreddore e, nonostante
l'apparente vitalità di quel mattino, non gli era affatto passato,
cosa che li aveva convinti a rivolgersi ad un medico per farsi
prescrivere qualche medicina.
Appoggiò
stancamente il capo al muro dietro di sé, sentendosi le tempie come
intasate, nell'attesa che arrivasse il loro turno di farsi visitare.
Grazie al cielo il dranzerblader conosceva qualche parola di russo,
altrimenti avrebbero avuto molte più difficoltà nel farsi
indirizzare nel luogo giusto. Malgrado tutto, la mora si lasciò
sfuggire un lieve sorriso, assurdamente felice per il semplice fatto
di essergli seduta accanto.
Kei tenne aperta la
porta per permettere alla sua compagna di squadra di uscire per
prima, quindi la seguì all'esterno dell'edificio che ospitava il
pronto soccorso, reggendo in mano la ricetta che il dottore aveva
lasciato loro. Scorrendo con lo sguardo i segni in cirillico, si
ritrovò a sospirare contro la stoffa bianca della sciarpa, non
riuscendo a leggere un solo nome di quelli che l'uomo aveva
pronunciato in un inglese stentoreo. Avrebbero dovuto affidarsi al
farmacista.
– La farmacia se
non sbaglio dovrebbe essere di qua – commentò sovrappensiero la
moretta, attirando nuovamente la sua attenzione.
Lui, guardandola,
inarcò un sopracciglio prima di seguire la direzione in cui ella
teneva puntato il dito della mano sinistra. Piuttosto intontito - il
dottore aveva misurato loro la febbre, riscontrando una temperatura
di 38.6 gradi per lui e 37.9 per lei - annuì distrattamente con un
cenno del capo, per poi avviarsi in quella direzione. Se non altro
non dovettero fare molta strada, prima di individuare la croce
luminosa e varcarne l'ingresso a porte scorrevoli.
Procuratisi i
farmaci, pagati con gli ultimi contanti che erano riusciti a
prelevare il giorno precedente, si fermarono una volta raggiunto il
limitare delle strisce pedonali, attendendo che il semaforo desse
loro il permesso di attraversare. Le strade, nonostante la neve
caduta in nottata ed in mattinata, erano piuttosto pulite grazie
all'azione congiunta di spazzaneve e macchine spargi-sale già in
funzione dal primo mattino, cosicché rimanevano solo cumuletti di
cristalli di ghiaccio sporco a ridosso della carreggiata.
L'aria piuttosto
fredda ridusse in condensa il suo fiato, nonostante filtrasse
attraverso la sciarpa che aveva intorno al collo in quell'attesa
silenziosa. Deviando lo sguardo sulla nightblader accanto a sé,
tornò ad inarcare un sopracciglio: aveva le braccia strette sui
fianchi, le mani ficcate in tasca e le spalle rigide, fra le quali
teneva incassato il capo, come tentando invano di affondare nel
colletto del suo giubbotto di pelle. Non gli ci volle una seconda
occhiata per comprendere che la compagna avesse freddo.
Quasi non ci pensò
nel farlo e, sollevando una mano, si tolse la sciarpa, per
avvolgergliela senza una parola intorno al collo, in un paio di giri
che le coprirono la parte inferiore del viso. Quando lei si voltò a
fissarlo con quei suoi occhi verdi e terribilmente lucidi, lui le
rivolse un debole sorriso di incoraggiamento prima di iniziare ad
attraversare l'incrocio, in contemporanea allo scattare del segnale
verde del semaforo pedonale.
In fondo, non
riusciva a non sentirsi un po' in colpa per il fatto che ella si
fosse ammalata a sua volta.
E poi, l'idea che
lei indossasse qualcosa di suo non gli dispiacque per niente.
– Vado a chiedere
per la cena – annunciò Yukiko, scivolando, suo malgrado, fuori
dalle coperte.
Il fruscio che seguì
l'avvertì per tempo del muoversi del dranzerblader, il quale si
sollevò su un braccio per allungare l'altro e afferrarle il bordo
inferiore della felpa. Voltandosi a guardarlo, la moretta lasciò
sfumare la propria aria interrogativa in favore di un sorriso
rassicurante, notandone l'espressione terribilmente contrariata.
Sotto l'effetto di quella febbre era più espressivo del solito.
– Torno subito,
non preoccuparti.
Un po' riluttante,
lui acconsentì silenziosamente con un cenno del capo, richiudendo
gli occhi e lasciando la presa per farsi ricadere sul materasso.
Libera di muoversi, la ragazza si infilò le scarpe da ginnastica,
prima di attraversare la stanza, recuperando durante il tragitto il
proprio cellulare.
1 messaggio non
letto.
Rammentò di non
aver ancora visto cosa le aveva scritto sua madre e, una volta in
corridoio, sbloccò lo schermo e scorse le poche parole della signora
Natsuki.
Quella frase la fece
bloccare sul posto, sussultando nel rammentare la conversazione a cui
si riferiva.
[Flashback]
Yukiko stava
parlando con sua madre, aggiornandola sul suo soggiorno in
Inghilterra, l'ultima sera prima del volo che avrebbe condotto lei e
Kei in Russia.
– ..non so come
gli sia venuto in mente di cercare di spaventarci, ma alla fine anche
lui si è preso un bel colpo – le stava dicendo, piuttosto ironica.
– Sono così
contenta che vi siate divertiti – affermò la signora Natsuki
dall'altro capo del telefono – Certo che il tuo Kei ha proprio
degli amici particolari.
Al sentirla dire
una cosa del genere, l'umore di Yukiko ebbe un drastico calo – Non
è il 'mio' Kei, mamma – le ribadì in tono fermo, ormai stanca di
quell'insistenza inopportuna da parte di lei, soprattutto a causa dei
suoi veri sentimenti al riguardo – Perché non la smetti con questa
storia? Non ci sarà mai niente fra me e lui ed, invece di sperare il
contrario, potresti avere un po' più di considerazione per i
sentimenti della tua unica figlia! – si era sentita stanca di quel
teatrino ben orchestrato, di sentirsi una marionetta, e non si frenò
affatto dal dirglielo chiaramente questa volta – Se davvero mi
avessi un minimo a cuore me lo dimostreresti permettendomi di tornare
a casa mia! Devi smetterla di cercare di controllare la mia vita e
rispettare le mie decisioni!
Non le aveva
lasciato nemmeno il tempo di rispondere, prima di interrompere la
chiamata.
Dopo di ché non
aveva avuto più sue notizie sino a quel momento e, a dirla tutta,
aveva finito per dimenticarsene.
Ora, in preda alla
febbre, non si sentì in grado di determinare se quell'evolversi
degli eventi andasse a suo favore oppure se, uno di quei giorni,
avrebbe finito per ritorcerlesi contro.
Già provando una fitta di
rimorso, scacciò i propri dubbi e si affrettò a raggiungere le
cucine, riuscendo a chiedere in inglese che le fornissero qualcosa di
caldo da bere, da portare in camera. Quando le consegnarono un
vassoio con un paio di tazze ed una teiera fumante, contornata da un
sacchetto di biscotti, lei sfoggiò un ampio sorriso di gratitudine e
tornò su, prendendo l'ascensore. Avrebbe potuto chiedere il servizio
in camera, ma era un costo aggiuntivo che non era certa potessero
permettersi, non dopo la spesa imprevista costituita
dall'antibiotico.
Una volta che si fu
richiusa la porta della loro camera alle spalle, la moretta si fece
avanti, frenandosi dall'annunciare la propria presenza. Lanciando uno
sguardo al letto infatti, trovò il dranzerblader addormentato sotto
le coperte, con un'espressione a metà fra il rilassato ed il
corrucciato. Sorrise fra sé e sé, appoggiando il vassoio sul
proprio comodino e soffermandosi ad ammirarne i lineamenti.
Fu con un certo
disappunto che si accorse, una volta accostata al letto, del suo
respiro pesante e, andando a recuperare una delle pezzuole del bagno,
la inumidì prima di posizionarla con cura sulla sua fronte, fra
quelle ciocche d'argento. Abbozzò un mezzo sorriso, ripensando a
quanta strada avevano fatto ed ai progressi che avevano interessato
il loro rapporto. Certo, in realtà non aveva la minima idea di cosa
questo fosse diventato. Cos'era diventata per lui?
Scacciò con un moto
di stizza quel pensiero controproducente, ripetendo a sé stessa di
non provare nemmeno lontanamente a farsi qualche illusione sui
sentimenti di lui. Eppure, una parte di lei era convinta che si fosse
instaurato fra loro un legame molto più profondo, che in qualche
modo egli potesse ricambiare i suoi sentimenti. Lo aveva intuito dal
modo in cui, di tanto in tanto, lo scopriva a guardarla, dalla
frequenza con cui la cercava e dal modo in cui la reclamava come sua
quando la trovava. Tutto questo le aveva dato la conferma di
piacergli. Almeno, si disse, era quello che si augurava.
Accortasi della
stranezza di quelle riflessioni, si accostò una mano alla fronte,
rimproverandosi per continuare a rimuginare su certe cose: doveva
essere l'effetto della febbre!
Accantonando ogni
pensiero non fosse quello di rimettersi al caldo, scivolò sotto le
coperte a propria volta, dal proprio lato del letto, prima di
versarsi un po' di Tea in una tazza e sorseggiarlo, finché non si
intiepidì abbastanza da poterlo finire senza scottarsi la lingua. La
piacevole sensazione di avere qualcosa di caldo nello stomaco la fece
sospirare di piacere e, per placare la vaga sensazione di fame,
mangiò anche un paio di biscotti al cioccolato.
Stava per sporgersi
con l'intento di spegnere la luce quando il ragazzo accanto a lei si
spostò, ruotando verso la sua parte e allungando una mano per
cercarla. Quel gesto minacciò di farla sciogliere e, dopo aver
sfiorato un momento il dorso di quella mano, si affrettò a mettere
da parte biscotti e tazza ed a raggiungere l'interruttore accanto al
comodino. Spenta la luce, si distese sotto le coperte e scivolò
abbastanza vicino da poter posare la propria mano sulla sua, poco
sotto il cuscino. Chiuse gli occhi, cercando quindi di rilassarsi,
rinfrancata da quel leggero contatto, ma ben presto dovette
ricredersi dal pensiero che potesse bastare, quando lui tentò di
tirarla più vicina, avvicinandosi a propria volta finché non riuscì
a circondarla interamente in un abbraccio.
Yukiko, dopo un
primo istante, non si sorprese troppo della repentinità di quel
gesto e si ritrovò a sorridere proprio come le era successo la notte
precedente, prima di accoccolarsi meglio contro il petto del
dranzerblader e lasciarsi sfuggire un sospiro. A pensarci ora, il
fatto che Kei fosse riuscito ad ammalarsi così bene era di per sé
una cosa incredibile: conoscendolo, non sarebbe mai riuscita a
figurarselo nella mente. Eppure questa era la conferma che, malgrado
le apparenze, anche un ragazzo orgoglioso e inavvicinabile come lui
avesse bisogno di qualcuno che gli stesse vicino.
Rimasero chiusi in
camera per i tre giorni successivi, fatta eccezione per qualche
boccata d'aria presa durante le ore più calde della giornata.
Yukiko stabilì la
fine della quarantena l'8 Ottobre e, per festeggiare, Kei la trascinò
a cena fuori.
In realtà non la
portò in un ristorante, entrambi fin troppo stanchi della cucina del
posto a causa del regime alimentare mantenuto rigorosamente insapore,
ma si fermarono in un fastfood americano e ordinarono una valanga di
cibo strafritto, dagli hamburger alle crocchette, per finire con una
doppia porzione di patatine ed una bibita grande a testa.
Quando consegnarono
loro i vassoi ricolmi delle loro ordinazioni, alla mora brillarono
gli occhi.
– Pensavo che
questo giorno non sarebbe mai arrivato!
A quella
considerazione il dranzerblader inarcò un sopracciglio, abbozzando
un mezzo sorriso ironico, prima di domandarle – Ma non eri tu
quella che ci ha costretti a pappette insipide per gli ultimi tre
giorni, con la scusa del raffreddore?
– Che ingrato,
grazie a me ora stai una meraviglia! – sbottò lei di rimando,
sfoggiando un'espressione offesa, la quale scomparve l'istante
successivo, appena mise in bocca una delle patatine della sua
porzione.
Kei si lasciò
sfuggire uno sbuffo, prima di nascondere la piega divertita delle
labbra dietro il proprio panino a doppio hamburger e bacon.
L'esplosione di sapore che gli inondò le papille gustative al primo
morso minacciò di farlo commuovere: non era tipo da ammalarsi spesso
e la cosa che più detestava di quei momenti era il venir costretto a
mangiare zuppette che non avrebbe ingurgitato neanche un neonato. Non
che il resto di quella reclusione con lei gli fosse dispiaciuto così
tanto comunque, vista la frequenza con cui era riuscito a spogliarla
nelle ultime 72 ore.
– Per domani.. –
esordì nuovamente la voce della moretta, inducendolo a sollevare lo
sguardo dal suo vassoio – ..sei sicuro di volerlo fare?
Il dranzerblader
comprese subito a cosa ella si stava riferendo ed annuì con un cenno
del capo.
– Ok – concluse
lei di rimando, prima di chiudersi in un nuovo silenzio.
Non tornarono più
sulla questione, dedicandosi al sacro compito di riempirsi la pancia.
Quando uscirono dal locale, Kei si sentì lo stomaco talmente pieno
da costringerlo ad accogliere la proposta di lei di sedersi su una
delle panchine del parchetto che stavano attraversando in quel
momento. Una volta adagiato su di essa, si lasciò sfuggire un
sospiro che prese forma di fronte al suo volto in una nuvoletta
bianca e, in reazione all'impulso di mettersi comodo, allargò le
braccia sopra lo schienale in legno, finendo per occupare tutta la
panchina.
– Comodo?
La domanda retorica
della moretta lo indusse ad inarcare un sopracciglio, prima di
rendersi effettivamente conto di non averle lasciato effettivamente
molto spazio. Allora sfoggiò un sorrisetto malizioso in risposta
all'espressione di lei, indicandosi il grembo con un vago cenno della
mano destra.
– Prego.
La reazione d'ella
fu istantanea e, con un certo divertimento, egli la vide dapprima
arrossire, e poi schiuder le labbra rosate fra il sorpreso ed il
combattuto. Infine, riprendendosi abbastanza da soprassedere sul lato
malizioso di quella sua proposta, la ragazza arricciò le labbra in
un'espressione ancor più buffa.
– Spiritoso! –
sbottò alla fine, mantenendo un profilo sostenuto.
Kei si lasciò
sfuggire uno sbuffo divertito, senza comunque muoversi di un solo
centimetro mentre reclinava il capo all'indietro. Si sentiva bene,
abbastanza da potersi considerare di ottimo umore, per questo quando
sollevò lo sguardo sulla volta celeste si soffermò a mirare le
poche stelle che riuscivano a vincere l'inquinamento luminoso
cittadino. Era una bella serata, serena e non troppo umida,
nonostante il tempo instabile dei giorni passati, e non ebbe alcuna
esitazione quando finalmente la nightblader gli si sedette accanto,
piegando il braccio destro per cingerle le spalle e farla appoggiare
a lui.
Tuttavia, soltanto
quando avvertì il capo di lei posarglisi sulla spalla, riuscì a
rilassarsi veramente.
Si fermò accanto al
'blader di fuoco', quando questi fece altrettanto,
arrestandosi al centro del cortile di quel vecchio monastero.
Erano le dieci del
mattino ed il sole splendeva appena tiepido sulle loro teste, creando
un effetto di luci ed ombre sulle pareti di pietra grigia che
costituiva i confini di quell'edificio in disuso. A limitare
l'accesso: un semplice cartello scritto in cirillico, il cui
significato doveva essere qualcosa come “proprietà privata”,
oppure “vietato l'accesso”. Un cartello che avevano del
tutto ignorato, ovviamente.
Guardandosi intorno,
Yukiko cercò di farsi un'idea su come dovesse essere stato ai tempi
in cui, quel luogo, era frequentato da ragazzini manipolati e
sfruttati dall'uomo di nome Vladimir Vorkof. Lo stesso che aveva
fondato la BEGA ed aveva complottato con il nonno di Kei per un
progetto tanto scontato quanto megalomane: la conquista del mondo. A
mente fredda la mora non era riuscita a non chiedersi come certa
gente potesse davvero sperare di raggiungere un traguardo simile.
Insomma, era scontato che fosse una cosa impossibile, un cliché in
cui ricadevano soltanto gli antagonisti più famosi e meno fantasiosi
di anime e manga.
Scoccando
un'occhiata al ragazzo che le stava accanto, lo vide intento a
fissare un punto preciso più avanti, in una posa austera che tradiva
una certa rigidità nella linea delle spalle. Abbassando lo sguardo
di smeraldo lungo il suo braccio, non si sorprese di trovare la sua
mano stretta a pugno e, dopo un istante di incertezza, la sfiorò con
la propria. Il suo cuore ebbe un moto di energia quando lui lasciò
sfumare quella tensione ed intreccio le dita alle sue, i suoi
bellissimi occhi scuri che tornarono a focalizzarsi sul presente e si
posarono su di lei, accostati ad un lievissimo accenno di sorriso.
– Andiamo.
La moretta annuì,
soffocando la propria naturale preoccupazione per tutto ciò che
riguardava il blader che le era affianco e muovendosi a sua volta per
non rimanere indietro. Attraversarono quel cortile deserto,
fermandosi davanti all'ampio portone di quello che, dall'esterno
dava l'idea di un semplice chiostro privo di finestre.
– Questo è
l'accesso all'ala dei sotterranei – le annunciò Kei col suo solito
tono distaccato.
Non si sorprese di
riuscire a interpretare quella sua cadenza della voce, comprendendone
la funzione di semplice maschera a celare ciò che realmente doveva
star provando in quel momento. Per questo non disse nulla, ma si
limitò a un altro cenno del capo in segno d'assenso, prima di
lasciarlo libero di avanzare per saggiare la resistenza del
chiavistello. La serratura si dimostrò arrendevole, cedendo alla
pressione esercitata dal dranzerblader sul battente e permettendo ad
esso di ruotare sui cardini con un cigolio sinistro.
Dai sotterranei del
castello dei McGregor ai sotterranei del monastero di Vorkof. Di bene
in meglio!
Inspirando a pieni
polmoni l'aria fresca del cortile, la ragazza avanzò quando il suo
compagno si voltò a cercarla con lo sguardo, sopprimendo ogni
possibile indizio di quanto l'idea di addentrarsi in quell'edificio
abbandonato non la entusiasmasse. Non poteva tirarsi indietro, non
dopo aver proposto lei stessa di accompagnarlo, per aiutarlo con la
sua presenza a chiudere una volta per tutte con il suo passato. Un
passato che lo aveva segnato fin troppo profondamente e che era tempo
potesse lasciarsi alle spalle, in favore di un futuro più sereno.
Era stata un po' presuntuosa forse nel ritenersi all'altezza di quel
compito, ma sorprendentemente Kei aveva accettato la sua proposta
senza remore.
Così, stoicamente,
entrò in quell'antro di fantasmi, tirando fuori la torcia che si
erano portati dietro e indirizzandone il fascio luminoso di fronte a
loro. L'ambiente in cui si ritrovarono non aveva nulla di ciò che ci
si aspetterebbe da un semplice chiostro di pianta circolare:
all'interno era completamente spoglio, fatta eccezione per una
depressione che doveva essere stata un campo di gara al centro del
pavimento e la porta dall'altro lato, spalancata sulla parete più
lontana come un inquietante paio di fauci pronto a richiudersi su di
loro in un sol boccone.
“Andiamo bene!”
commentò ironicamente fra sé e sé, immaginandosi addirittura la
voce del proprio bitpower.
Scesero la rampa di
scale che li avrebbe portati al piano inferiore, lei facendo luce
sulla strada da intraprendere e lui avanzandole subito dietro, almeno
fino a ché non scesero l'ultimo scalino e si ritrovarono
all'estremità di un lungo corridoio. I loro passi risuonarono come
echi soffusi in quel dedalo di vie sotterranee, seppur con una nota
desolata caratteristica, diversa da quella che le era giunta quando
si erano trovati nei sotterranei in Inghilterra. Tornando a porsi di
un passo avanti a lei, il dranzerblader le fece strada, dimostrandosi
sicuro e privo di incertezze nel condurla per mano attraverso quello
che poteva considerarsi a tutti gli effetti un piccolo labirinto.
Procedendo in quella via di mezzo dalle pareti di roccia umida e
fredda, calpestarono strati di polvere deposti in quegli ultimi anni,
che ovattarono il vago scalpiccio di suole in gomma delle loro scarpe
da ginnastica. Yukiko, avvertendo uno strano senso di oppressione al
petto, optò per dedicarsi completamente al blader che le camminava
accanto, rivolgendogli qualche sguardo di sottecchi ben sapendo di
non poter mascherare la propria ansia nei riguardi del suo stato
d'animo.
Ogni tanto lui
ricambiava quegli sguardi con un intensificarsi di quella stretta,
altre volte semplicemente sembrava non accorgersene o ignorarli
egregiamente, passando da una serie di stanze alle altre senza mai
soffermarvisi troppo a lungo. Con voce pacata e impersonale, le
illustrò i dormitori dei ragazzi, le sale di allenamento intensivo,
i laboratori in cui venivano eseguiti gli esperimenti sui bitpower e
sui beyblade. Ogni stanza era risultata vuota ed incredibilmente
simile alle altre, fatta eccezione per l'ultima: la sala controllo.
In questa, appena ne
varcarono la soglia, videro abbandonati macchinari ormai superati la
cui moltitudine di schermi era ridotta in pezzi sul pavimento. Una
sorte non troppo dissimile era stata riservata alle console dei
computer ed al loro rivestimento in metallo, sui quali spiccavano
ancora i segni anneriti di quelle che dovevano essere state delle
esplosioni di entità lieve ma efficace.
Con occhi spalancati
su ciò che vedeva in quella penombra, la nightblader si sentì
risalire il cuore in gola mentre ripercorreva mentalmente tutto ciò
che il suo compagno di squadra le aveva raccontato sino a quel
momento, la cui prova lampante era ora proprio dinanzi a lei.
Comprese con stupore di aver nutrito nel proprio inconscio qualche
riserva che, di fronte all'evidenza di ciò che vedeva in quel
momento, la abbandonò definitivamente, lasciando in lei solo un vago
senso di smarrimento.
– Esattamente come
l'ultima volta – mormorò cupamente Kei alle sue spalle.
Yukiko si voltò a
guardarlo, inarcando un sopracciglio – Sei stato tu?
Lui in risposta fece
spallucce – Era un avvertimento.
La mora si lasciò
sfuggire uno sbuffo ironico, accostato ad un mezzo sorriso.
Focalizzando la propria attenzione su quel ragazzo dai capelli
bicolori, dovette rammentarsi di chi aveva di fronte: non v'era
niente di strano che, all'epoca, Kei avesse tentato di distruggere
quei macchinari in un impeto fin troppo comprensibile di rabbia.
Anzi, sarebbe risultato inverosimile il contrario.
Tornando sui propri
passi e tenendo la torcia rivolta verso il basso, gli si fermò di
fronte, sostenendone lo sguardo con una serietà che si rifletté
nella sua stessa domanda.
– Come stai?
Il blader, di fronte
a quell'interrogativo che ne racchiudeva in sé molti altri,
all'inizio non ebbe alcuna reazione, limitandosi a fissarla di
rimando dritto negli occhi, senza per questo lasciar trapelare
qualcosa dai propri. Nella manciata di secondi di assoluto silenzio
che seguì, la mora iniziò a dubitare che le avrebbe risposto
qualcosa e già provò un lieve disagio sotto quello sguardo
impenetrabile, chiedendosi se non si fosse spinta troppo oltre.
Eppure, quando fu sul punto di lasciar perdere e ritirare ogni cosa,
lui bruciò la ridicola distanza che li separava con un passo e la
circondò con un braccio, stringendola contro il suo petto con una
forza che tradiva una certa tensione.
– Sto bene ora –
sussurrò al suo orecchio, serrando quella stretta dietro le sue
spalle.
Per riflesso lei
fece altrettanto, circondandogli la vita con il braccio sinistro e
appoggiando il capo sotto il suo mento, l'orecchio posto ad ascoltare
il battito del suo cuore ed il suo odore, forte abbastanza da
eclissare quello di aria stantia dell'ambiente, che le si insinuava
nei polmoni. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalla sua
presenza, pregando in cuor proprio di essere per quel ragazzo
orgoglioso e testardo l'appiglio che gli serviva. Perché niente le
avrebbe dato uno scopo più alto in quel momento, se non quello di
essergli di qualche conforto, anche solo per poco.
In quella penombra,
colse il proprio cuore battere all'unisono con il suo, come se
fossero direttamente collegati l'uno all'altra.
Un'impressione che
non si affievolì nemmeno quando, finito quel giro, uscirono alla
luce del sole, che li scoprì tenersi ancora per mano.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Eccomi qui! Vi sono mancata?
Sono molto contenta di riuscire ad aggiornare oggi, confesso che ho avuto qualche problema con questo capitolo, ma credo di averlo aggiustato al meglio delle mie attuali possibilità ^.^° la mattina è sempre il mio momento più produttivo se non altro e ho potuto dedicarmici soltanto perché ho bellamente perso il bus. Bello eh? Devo aver preso anche io del freddo, perché non mi sento troppo bene ç_ç
Maaaa comunque, rimango di buon umore ^_^ perché la storia finalmente sta andando avanti un po' da sola e l'unica cosa che mi resta da fare è scriverla! Mh... a pensarla così però non è che suoni proprio facilissimo. Si scrivesse da sola.. XD ma vabbè, non intendo mollare quindi non spaventatevi (oppure non tirate un sospiro di sollievo, a seconda di come la volete vedere insomma u.u). Ci vorrà ancora un po' per vedere la fine di questa ff, e non sapete cosa mi costi non fare spoiler al riguardo!
Poco a poco, arriveremo alla fine, vedrete.
Nel frattempo vi auguro un buon martedì e vi incito - come sempre - a farmi sapere il vostro parere!
Un saluto
Kaiy-chan |
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Capitolo 29 *** Dei nuovi componenti ***
29. Dei nuovi
componenti
Con espressione
interdetta, Kei esaminò l'insegna del negozietto davanti al quale si
erano fermati, inarcando un sopracciglio. Rivolse lo stesso sguardo
alla sua compagna, la quale gli scoccò di rimando un sorrisetto
furbo ed incoraggiante al tempo stesso.
– Non fare quella
faccia – esordì piuttosto allegramente, prima di ammiccare in sua
direzione e aggiungere – Sono sicura che troveremo qualcosa di
interessante qui!
– Un mucchio di
cianfrusaglie datate vorrai dire – la rimbeccò lui senza pietà
con una smorfia.
Yukiko non parve
ascoltarlo, facendosi avanti per sospingere la porta verso l'interno
ed entrare, cosa che costrinse il dranzerblader a seguirla, ma non
senza rivolgere uno sguardo rassegnato al cielo invernale. Una
volta dentro, la prima cosa che notò furono i poster appesi alle
pareti, ritraenti diversi blader i cui volti non gli erano familiari:
era un po' che non seguiva più l'evolversi di quello sport e non era
l'unico della vecchia generazione, stando a quanto aveva potuto
intuire sino a quel momento. Una serie di scaffali era collocata
ordinatamente in quel locale, sfoggianti su diversi ripiani
confezioni al cui interno erano presenti pezzi imballati di beyblade,
vari per forma e colore e tutti attentamente classificati in base
alle loro caratteristiche e potenzialità. Alla sinistra
dell'ingresso v'era il bancone dietro il quale avrebbe dovuto esserci
il proprietario di quel negozio, o comunque chi ne faceva le veci, e
che riscontrarono invece deserto, come il resto di quell'ambiente
stipato di mercanzia ed illuminato dalle fioche luci al neon appese
al soffitto.
– Ehilà! –
chiamò Yukiko, cercando di attirare l'attenzione del responsabile,
ovunque egli fosse.
Voltato di spalle al
bancone e impegnato a guardarsi intorno con sguardo critico, Kei
colse un rumore di passi provenire dal retro e raggiungere il culmine
quando, finalmente, il tizio che doveva essere di turno si decise ad
accogliere i suoi nuovi clienti.
– Ma chi si vede..
Quella voce
familiare, proferita in quel tono gelido e strafottente al tempo
stesso, lo fece irrigidire sul posto per un istante, prima di ruotare
il capo e scoccare alla zona del bancone uno sguardo penetrante da
sopra la spalla. Nel momento in cui inquadrò il rosso nel proprio
campo visivo non ebbe alcun dubbio: era proprio Yuri, il quale
sfoggiava uno di quei suoi sorrisetti arroganti tutti rivolti a lui.
Ricambiando
quell'occhiata, con calma il dranzerblader si voltò per porsi di
fronte all'ex compagno di squadra, fermandosi soltanto a causa della
presenza del bancone fra loro prima di incrociare ambo le braccia sul
petto e sollevare il mento, in una posa ed un'espressione di sfida.
– Allora è vero
che hai un lavoro.
– Allora è vero
che ti trucchi ancora come una ragazzina – ribatté l'altro,
facendo sussultare la ragazza lì presente – Ehi, Boris! Vieni un
po' a vedere chi si è fatto vivo!
Pochi secondi dopo,
sulla porticina che dava sul retro, comparve la figura del russo in
questione, il quale dovette chinarsi per riuscire a passare
nell'altra stanza senza sbattere la testa. Quando si raddrizzò di
nuovo con la schiena, i suoi occhi grigi si spalancarono nel posarsi
sul giapponese. Boris Kuznestov era cresciuto un bel po' in quegli
ultimi anni, mettendo su una buona altezza, che superava di un paio
di spanne quella del concittadino. Aveva anche i capelli grigi più
lunghi, raccolti dietro la nuca da una coda ispida che gli pendeva in
mezzo alle scapole. Sul suo viso tuttavia, era dipinta la stessa
espressione seria che gli aveva visto l'ultima volta, la quale era
una fotocopia di quella di Yuri.
In quel momento la
porta dietro le spalle dei due visitatori si aprì, attirando
l'attenzione di tutti e vedendo fare il suo ingresso l'orso dai
capelli castano chiaro che rispondeva al nome di Sergej.
– Ragazzi, mi
spiace ma non sono riuscito a contattare quel fornitore.. – esordì
in russo, ancor prima di posar lo sguardo sugli astanti accanto al
bancone, bloccandosi nello stesso istante in cui inquadrò le figure
di Kei e della compagna. Inizialmente parve come essersi tramutato in
una statua di sale, ma dopo una manciata di istanti ed uno sguardo
scambiato con il proprietario del negozio, mosse qualche passo
avanti, abbastanza da arrivare a incombere con la sua stazza sul
dranzerblader. Eccolo lì, Sergej Petrov, l'ultimo membro ufficiale
della NeoBorg, ancor più grosso di quanto potesse ricordare. Gli
anni avevano contribuito nell'allargargli ancora un po' quelle spalle
da toro che si era ritrovato da ragazzo, senza riuscire a fargli
perdere l'abitudine di tenersi una fascia di lana intorno alla testa,
nel tentativo di mantenere abbastanza raccolto il cespuglio che si
ritrovava.
La tensione nella
stanza crebbe man mano che i secondi scorsero lenti, mentre nessuno
dei due mostrava l'intenzione di far cadere quello scambio di
sguardi, tanto seri da far trapelare senza possibilità di errore la
sfida racchiusa in essi. Per nulla intimorito dalla stazza dell'ex
compagno di squadra, Kei rimase in attesa senza muover un solo
muscolo, non lasciando intuire il minimo cedimento dalla sua
posizione. Quella situazione non si protrasse ancora a lungo,
infranta proprio dal nuovo arrivato, che sollevò una delle sue
grosse mani e, dopo un istante di suspance generale, gliela poggiò
dritta fra i capelli bicolori, sfoggiando un sorriso sghembo.
– Vedo che gli
anni ti hanno fatto restare piccoletto, eh Kei?!
La tensione
all'interno del negozio si infranse, ed il blader incassò un poco il
capo fra le spalle a quel peso non richiesto, avvertendo il familiare
fastidio gonfiargli una vena a lato della tempia mentre il vecchio
Sergej si prendeva gioco di lui a quella maniera scherzosa, non
troppo dissimile a quella che un tempo aveva riservato agli amici più
stretti, quali Yuri e compagnia.
– A quanto pare i
giapponesi non crescono molto in altezza – rincarò la dose Boris,
sfoggiando un sorriso provocatorio e unendosi a quel quadretto.
L'ultimo a farsi
avanti fu il rosso, che aggirando il bancone gli si accostò,
porgendogli la mano destra. A quel gesto il dranzerblader protese la
propria, ricambiando la stretta dei rispettivi avambracci e
rilassandosi nel constatare la solidità del loro legame. Non aveva
avuto molte occasioni di rimanere in contatto con i ragazzi russi, ma
il rapporto di reciproca collaborazione instaurato negli ultimi
mondiali a cui avevano partecipato insieme, unito all'esperienza
comune di aver avuto a che fare con Vorkof, aveva costituito una base
piuttosto solida di quella sorta di fratellanza. Questo anche se,
all'epoca, nessuno di loro aveva ammesso di considerar gli altri come
tali.
– Sarà anche
così, ma sono comunque ancora in grado di prendervi tutti e tre a
calci nel sedere – ribatté finalmente verso i tre, sfoggiando a
propria volta un mezzo sorrisetto provocatorio.
Un leggero sbuffetto
divertito attirò l'attenzione generale sulla fonte di quel suono,
ricordandogli la presenza della nightblader lì accanto. Sotto
quattro paia di occhi penetranti, la mora parve pietrificarsi, mentre
il suo sorriso assumeva una piega nervosa e più accentuata rispetto
a poc'anzi, finché Kei non la vide cercarlo con lo sguardo in una
muta richiesta di soccorso. Una richiesta che il dranzerblader, dopo
un istante, accolse spostandosi di un paio di passi per fermarsi
accanto a lei e presentarla come si deve.
– Lei è Yukiko
Natsuki.
Completamente presa
alla sprovvista da quegli sguardi di ghiaccio tutti fissi su di lei,
Yukiko si era sentita improvvisamente talmente a disagio da arrivare
a cercare un qualche tipo di sostegno dall'unico blader che si
sarebbe aspettata negarglielo. Per questo era stata completamente
colta di sorpresa quando lui le si era avvicinato a quel modo e
l'aveva presentata formalmente.
– Lei è Yukiko
Natsuki.
Iniziando ad
arrossire, la nightblader tentò di inquadrare nuovamente i russi nel
proprio campo visivo, notandone le espressioni curiose e vagamente
interdette, fatta eccezione per il ragazzo dai capelli rossi di nome
Yuri, che aveva avuto occasione di conoscere qualche giorno prima.
Lui la stava scrutando con un pizzico di malizia ed un accenno di
sorriso che non mitigava affatto l'aria gelida che sembrava
caratterizzarlo. Era il più basso dei tre, sebbene risultasse un po'
più alto di Kei di qualche centimetro buono, ma da lui irradiava il
classico carisma da leader che distingue un vero capitano, il quale
non venne sminuito nemmeno al commento che esternò poco dopo, carico
di ironia.
– E così ti sei
davvero trovato una ragazza in grado di sopportare il tuo pessimo
carattere.
– Così sembra –
rispose in tono piuttosto piatto il dranzerblader.
– È piuttosto
piccola, sembra una bambolina – commento il tipo grosso quanto un
armadio, facendole arricciare il naso in una smorfia.
– È vero – si
aggiunse il ragazzo di nome Boris, dandogli ragione – Non è che te
ne approfitti perché è così minuta, vero, Kei?
Una venuzza prese a
pulsarle fra i capelli scuri a quell'ultima frase, facendola
corrucciare in volto prima di fare un passo avanti e raddrizzare la
schiena. Si impettì letteralmente di fronte a quei tipi che avevano
osato sottovalutarla e classificarla alla stregua di una nanetta;
cosa del tutto ingiusta, in quanto era alta ben 1.66 m, un traguardo
di tutto rispetto per una ragazza giapponese.
– Tsk – sbottò
contrariata, puntellandosi i fianchi con ambo le mani e mantenendo un
certo contegno orgoglioso – Posso tranquillamente prendervi tutti a
calci nel sedere, quanto e meglio di lui! – indicando con un cenno
del capo lo stesso Kei, che a quell'affermazione rimase a fissarla
interrogativo e sorpreso al contempo.
I tre ragazzi russi
a quella dimostrazione di carattere rimasero un momento di stucco,
prima che Yuri allargasse il proprio sorriso con un certo
divertimento e si rivolgesse direttamente al ragazzo dai capelli
bicolori lì accanto.
– Mi era proprio
sembrato che fosse un tipetto interessante, la tua ragazza!
– Tsk. E la cosa
ti sorprende?
– Non molto –
ribatté il rosso, facendo spallucce.
In mezzo a tutta
quella confusione i presenti continuavano a definirla come “la
ragazza di Kei” e la cosa non poté passare inosservata alla
mora, la quale sbirciò l'espressione del dranzerblader con
discrezione. L'aria tranquilla che sembrava aver assunto non lasciava
intuire alcuna traccia di un'eventuale contrarietà, né qualche tipo
di disagio per il fatto che l'avessero classificata a quel modo.
Inoltre, il semplice fatto che lui non li avesse affatto contraddetti
ma, anzi, lasciasse trasparire una quieta fermezza nello sguardo,
poteva voler dire solo una cosa: la considerava davvero come la sua
ragazza.
La cosa non avrebbe
dovuto sorprenderla, non dopo gli ultimi cinque giorni, ma Yukiko non
riuscì comunque ad evitarsi di emozionarsi mentre elaborava quella
nuova definizione di sé stessa. Avvertendo il cuore accelerarle nel
petto, si sentì assurdamente emozionata e, quando per caso incrociò
lo sguardo del giapponese, finì per avvampare in viso come un
semaforo.
– Ce ne hai messo
di tempo per passare da queste parti – stava dicendo Boris.
– Non ci hai
neanche avvisati del tuo ritorno – aggiunse Yuri.
– Prima c'era una
cosa che dovevo sistemare – gli rispose il dranzerblader.
Il ragazzo dai
capelli rossi annuì di rimando e, per la seconda volta, alla
nightblader parve che fra i due vi fosse una comprensione reciproca
particolare, di quella che si viene a creare soltanto quando si
vivono determinate esperienze in comune. Per qualche ragione, si
ritrovò a sorridere, intimamente rasserenata dalla consapevolezza
che Kei potesse vantare un'amicizia del genere. Alla fine aveva avuto
ragione: lui non era rimasto solo.
Più osservava il
suo antico compagno di squadra, più Yuri lo trovava diverso da come
lo ricordava.
Non gli ci volle
molto per capire che dava l'impressione di essere più rilassato di
un tempo, come se fosse riuscito a liberarsi della costante rabbia
che era stato solito portarsi dentro da adolescente e che aveva
trovato il modo di sfogare soltanto attraverso il Beyblade.
Mentre si occupavano
in maniera informale delle presentazioni, il russo dai capelli rossi
osservò con occhio critico anche la ragazza che lo accompagnava,
senza lasciar trasparire alcunché dalla propria espressione,
tenendosi accuratamente per sé i propri pensieri al riguardo. La
moretta appariva in imbarazzo, ma non per questo aveva rinunciato a
dire la sua poco prima, cosa che determinava un certo carattere. Kei
se l'era scelta piuttosto bene da quel lato.
– Comunque siamo
qui anche per un altro motivo – interloquì la giapponese a quel
punto, attirando su di sé l'attenzione di tutti e voltandosi per
contro proprio verso l'ex vicecapitano della NeoBorg – Abbiamo
bisogno di qualche pezzo di ricambio – annunciò, infilandosi la
mano in tasca ed estraendo un beyblade color blu scuro, con l'anello
d'attacco dipinto d'argento e sul bit al centro un emblema piuttosto
particolare. Il suo sguardo sembrava deciso e carico d'aspettativa
mentre glielo mostrava – Night ha bisogno di un meccanismo motore
nuovo.
Yuri prese in
consegna il bey, esaminandolo più da vicino con occhio critico,
mentre nella sua mente scorrevano una serie di dati estrapolati sul
momento. Gli ci volle meno di dieci secondi per trarre le sue
conclusioni e dare una diagnosi – Direi che un M64-C01 dovrebbe
andare – e nel dirlo scoccò un'occhiata a Sergej, il quale sembrò
cadere momentaneamente dalle nuvole e annuire di rimando, in un muto
segno che stava a significare che ne avevano qualcuno in magazzino,
prima di aggiungere – ..ad occhio, anche l'anello che adempie a
contrappeso andrebbe cambiato. Se vuoi posso tranquillamente
fornirtene uno nuovo, più stabile e resistente ma meno spesso.
Quando sollevò gli
occhi di ghiaccio sulla ragazza, riconsegnandole la sua trottola, la
vide intenta a fissarlo con un certo stupore malcelato, prima di
riaversi e schiudere le labbra in un sorriso.
– Te ne sarei
grata.
Quando fu il turno
di Kei, saltò fuori che Dranzer non era messo meglio ed, oltre alla
necessità di sostituire il meccanismo motore, notò anche le crepe
che iniziavano ad aprirsi nell'anello d'attacco. Ne discussero per un
po' prima di convenire che fosse meglio sostituirlo anziché tentare
di ripararlo alla meglio, così si spostarono tutti nel retro, mentre
lui e Boris iniziarono a frugare fra i vari scatoloni per trovare ciò
che serviva.
Non ci volle molto
per mettere insieme tutti i pezzi e, dopo aver lasciato i due
giapponesi in compagnia dei suoi due soci, Yuri si sedette al suo
banco da lavoro e si mise all'opera, calibrando pesi e baricentro con
attenzione. Non gli ci volle molto, non dovendo apportare modifiche
sostanziali ai due beyblade, e quando tornò nella stanza principale
del suo negozio, glieli porse.
– Finito.
Dovrebbero andare – affermò, restituendo Night alla moretta, la
quale lo esaminò a sua volta con una certa serietà – Dovreste
provarli però – aggiunse con professionalità.
Fu Kei a
rispondergli, inarcando un sopracciglio – Dove?
– Abbiamo un campo
nel cortile interno del palazzo a cui si accede passando dal retro –
intervenne questa volta Boris, indicando con il pollice nella
direzione citata.
A quel punto a Yuri
venne un'idea – Possiamo confrontarci in un'amichevole, così da
poter vedere subito se è tutto a posto – in realtà la sua
proposta era ben diversa e il sorrisetto del dranzerblader gli
comunicò che aveva colto il significato nascosto delle sue parole.
– Per me va bene.
– Perfetto – si
aggiunse Yukiko, incamminandosi nella direzione del cortile.
Di fronte
all'impazienza di lei, tradita dal passo deciso che la condusse
fuori, il russo si ritrovò a sorridere lievemente nell'osservare
come il suo vecchio compagno di squadra non si allontanasse mai
troppo da lei, né distogliesse a lungo la propria attenzione a ciò
che quella faceva o diceva. Non che fosse un tipo ciarliero comunque,
da quando era entrata nel negozio l'aveva vista aprir bocca, sì e
no, quattro volte soltanto ed una di queste era stata per affrontare
l'argomento Beyblade. L'aver scoperto che fosse una blader inoltre,
era un punto a suo favore che, unito alla primissima impressione che
aveva avuto di lei, lo indusse a riflettere. Non era sorpreso
comunque di constatare che il caro Hiwatari si fosse avvicinato per
la prima volta ad una ragazza che, coincidenza, era un'appassionata
di quello sport. E se era stata capace di colpirlo, doveva essere
anche piuttosto in gamba.
No, convenne con sé
stesso, non era il caso di sottovalutarla.
Yukiko ritirò il
proprio bey sotto gli sguardi increduli dei loro spettatori,
sfoggiando uno dei suoi immancabili sorrisi accattivanti per la
vittoria appena conseguita.
Il suo Night era
stato fantastico: aveva risposto egregiamente ad ogni comando e si
era rivelato anche più scattante del solito, scaraventando Falborg
fuori campo in meno di due minuti.
– Ottimo lavoro –
cinguettò ancora euforica al suo compagno di battaglie, scoccando un
rapido bacio al centro dell'emblema del suo bitpower, senza per altro
averne richiesto l'intervento. Posando quindi lo sguardo sul suo
sfidante, vide Boris ancora fermo nell'esatta posizione in cui si era
trovato quando lei aveva sventato la sua ultima offensiva, le
palpebre tanto spalancate da sembrare sul punto di farsi cascare gli
occhi sul terreno.
Lì vicino, Kei se
ne stava a braccia incrociate sul petto e gli occhi chiusi, accanto
agli altri due russi, con in volto stampato un mezzo sorrisetto dei
suoi.
– Il prossimo –
incitò allora i due prossimi sfidanti a farsi avanti, dirigendosi
verso questi.
I due blader in
questione si mossero a sua volta all'unisono, diretti verso le due
parti opposte del modesto campo di gara e, quando il dranzerblader fu
sul punto di passarle accanto e superarla, la mora sollevò la mano
sinistra. Si scambiarono un cinque degno di due veri compagni di
squadra ed ancora una volta il cuore di lei si riempì di esultanza
nel veder ricambiato il suo sguardo, leggendo in quegli occhi scuri
una muta soddisfazione che scomparve l'istante seguente, quando
passarono l'uno oltre l'altra.
La sensazione di
formicolio alla mano non riuscì a farla smettere di sorridere
nemmeno raggiunto il fianco di Sergej.
“Ah, l'amore!”
Yukiko sussultò
violentemente sul posto, facendo un salto a lato nel voltarsi di
scatto verso Night, saltato fuori all'improvviso dal beyblade che
aveva riposto in tasca con quel suo commento.
– Sh-Sssht –
sibilò, avvampando come un peperone e portandosi l'indice alle
labbra, in preda all'agitazione.
Il suo bitpower
rise, restando in piedi accanto a lei nella sua forma umana, privo di
quell'alone etereo che era solito avvolgerlo il più delle volte.
Quel suono, ben distinguibile nella mente di tutti i presenti, li
fece voltare verso il ragazzo vestito di bianco, e la mora si accorse
dei loro sguardi perplessi e inquisitori. Night invece,
splendidamente, fece finta di niente.
“Non c'è
legame più forte” commentò imperterrito, incrociando le
braccia sul petto e annuendo fra sé e sé “Né qualcosa che
infonda altrettanta forza.. abbiamo concluso bene questa volta, ma la
prossima ricordati che anche io ho voglia di divertirmi!” le
fece notare, ammiccando nel riferirsi al loro incontro appena
concluso.
– Tu chi sei? –
intervenne Boris, ponendosi ambo le mani sui fianchi.
Yukiko sospirò,
rassegnata alle iniziative poco propizie che ogni tanto il suo
compagno di battaglie si prendeva, avendo ormai perso ogni traccia di
quell'entusiasmo che l'aveva animata sino a un minuto prima – Lui è
Night.
“Ciao a
tutti” salutò lui, accostandosi due dita alla fronte e donando
loro quel particolare cenno di saluto tipicamente marinaresco.
Nemmeno il tempo di un battito di ciglia, e scomparve.
– Ma..?! –
esclamò Sergej, esternando a quel modo il suo profondo sconcerto.
– Cazzo – sentì
soffiare un agghiacciato Boris.
Yuri non aveva fatto
una piega, all'apparenza. Non aveva nemmeno battuto ciglio appunto,
rimanendo in un'immobilità tale da sembrare una statua di sale. Era
quest'impressione a tradire il suo stato d'animo profondamente
spiazzato, che concluse il particolare quadretto raffigurante i tre
russi. Kei per contro scosse il capo con un pizzico di aria
rassegnata, un accenno soltanto, sempre discreto nelle sue
impressioni.
Yukiko,
riscuotendosi, ridacchiò nervosamente – Ahah.. sì, be'.. capita!
I bitpower.. ahah.. al solito.
– Quello era il
suo bitpower?! – chiese finalmente il rosso al suo avversario,
emergendo dal suo status di 'scultura di ghiaccio' solo per
spalancare gli occhi un po' di più di prima.
– Sì – confermò
Kei, piuttosto indifferente.
– Eheh – si
lasciò sfuggire la nightblader, grattandosi una guancia con l'indice
della mano destra, mentre l'altra se ne stava a puntellare il fianco
sinistro.
Certo che il suo
bitpower sapeva anche essere un po' troppo infame certe volte...
– Hai preso tutto?
Kei le rivolse un
cenno del capo in segno affermativo, caricandosi lo zaino in spalla.
Avevano pianificato di viaggiare in treno, il quale li avrebbe
portati sino in Cina e la cui partenza era prevista da lì a un'ora
presso la stazione. Il programma era piuttosto semplice: una volta
raggiunta Urumqi avrebbero continuato a spostarsi con i mezzi a loro
disposizione per gran parte del paese, utilizzando le due settimane
che avevano a disposizione per girovagare a loro piacimento, prima di
imbarcarsi sul volo per il Giappone. Il tutto razionando
meticolosamente le spese, in quanto non avrebbero alloggiato in
nemmeno uno degli hotel affiliati all'organizzazione di suo padre.
La raggiunse presso
la porta della camera, accanto alla quale si era fermata ad
aspettarlo, cosa a cui il dranzerblader non era ancora riuscito ad
abituarsi del tutto: era da sempre stato il primo ad esser pronto a
muoversi, sacca in spalla e tutto il resto, quando si era trovato in
viaggio con i suoi vecchi amici, e ciò che più lo faceva rimanere
interdetto era il fatto che a batterlo in velocità questa volta
fosse una ragazza. La stessa che la sera precedente, ad un'uscita in
gruppo con i vecchi componenti della NeoBorg, aveva finito per
accusare più di tutti loro i bicchierini di vodka che aveva bevuto.
Alla fine avevano dovuto portarla in spalla sino all'albergo, compito
che era toccato a Sergej per la maggior parte del tempo. Divertito
dal controsenso di quanto accaduto - in quanto la giapponese era
stata quella che aveva bevuto meno, rispetto a loro quattro - così
come lo divertiva l'espressione impaziente di lei, si lasciò
sfuggire un sorrisetto.
– Possiamo andare
– affermò la mora, già iniziando a voltarsi per allungare una
mano verso la maniglia.
Lui la fermò sul
nascere, appoggiandosi di peso all'anta in legno con un braccio,
impedendole di farla ruotare sui cardini e sovrastandola con la sua
stessa vicinanza. Lei, per contro, finì per schiacciarsi contro
quella stessa porta con la schiena, sollevando leggermente il volto
per guardarlo in viso, proprio come lui s'era augurato facesse. Per
questo non gli fu difficile chinarsi e catturarne le labbra con un
bacio, mordicchiandole leggermente il labbro inferiore, per poi di
raddrizzare la schiena e godersi la sua espressione. La nightblader
sbatté più volte le palpebre, fissandolo con un paio di occhi
particolarmente lucidi, il volto rosso come un pomodoro maturo e le
labbra leggermente schiuse a causa di quel gesto inaspettato.
Piuttosto
soddisfatto di sé stesso, non poté negare di averci preso gusto
nello stuzzicarla a quel modo.
Se avessero avuto
più tempo, probabilmente si sarebbe spinto più in là, fino in
fondo. Letteralmente.
– Ora –
sottolineò con fermezza ed un pizzico di malizia, sfoggiando un
sorrisetto provocatorio – possiamo andare.
Le sopracciglia di
lei ebbero un fremito, riprendendosi piuttosto rapidamente dallo
stupore che l'aveva bloccata solo per permetterle di reagire con
ostentato fastidio – Andiamo – sbottò, mentre lui le permise di
riguadagnare i suoi spazi e spalancare quindi la porta. Kei non
riuscì a far sfumare il proprio sorriso divertito al vederla
atteggiarsi a quel modo, avendo già imparato quanto in realtà
quella fosse soltanto una posa per mascherare ben altri sentimenti.
La conferma gli venne data quando, in corridoio, lei si voltò e gli
fece la linguaccia, senza per altro riuscire a restare del tutto
seria. Finì per scoppiare in una breve risata e Kei, sorridendo fra
sé e sé, pensò che non gli dispiaceva affatto quel suono.
Raggiunta la
stazione, Yukiko inarcò un sopracciglio intravedendo la massiccia
sagoma di Sergej spiccare fra la folla. In quel medesimo istante il
balder russo li indicò agli altri due ragazzi che aspettavano con
lui, facendoli voltare in loro direzione. Era la NeoBorg al completo.
– Finalmente! –
si lamentò Yuri.
– Cosa fate qui? –
gli chiese Kei, diretto come al solito nel fermarsi di fronte a lui.
– Vi stavamo
aspettando – affermò il rosso con un sorrisetto per certi versi
inquietante.
– Siamo passati a
salutarvi – chiarì per lui Boris, facendosi avanti in quella posa
sostenuta, con le mani ficcate in tasca.
Ancora una volta,
così com'era accaduto negli ultimi tre giorni, la mora assistette a
quell'insolito scambio di frasi più o meno glaciali che consistevano
nel loro speciale rituale di saluti, il tutto concluso con quella
stretta di mano fraterna, salda e carica di significato, che la fece
sorridere. Aveva avuto occasione di assistere per un po' ad un legame
singolare, ormai l'aveva capito, e parte del calore di questo era
riuscita a percepirlo lei stessa, a discapito dell'apparenza fredda
emanata da quel gruppetto. Uno di fronte all'altro, Kei e Yuri
apparivano quasi simili a chi non era capace di cogliere le
sottigliezze ed i particolari del loro modo di fare. La nightblader
invece, dopo un paio di tentativi, era riuscita a comprendere il
delicato equilibrio del loro rapporto: perché se il primo era il
blader di fuoco, l'altro poteva essere considerato senza alcun dubbio
il blader di ghiaccio per eccellenza.
Non per niente
Wolborg, come Night, dominava un potere legato al freddo.
– A fra 10 anni –
concluse Yuri, con quel mezzo sorriso provocatorio di poc'anzi.
– Alla prossima –
ribatté Yukiko semplicemente, con tono di sfida a contraddirla,
attendendo che il dranzerblader finisse di salire sulla carrozza.
– È quel che ho
detto – ribatté imperturbabile il russo, distogliendo lo sguardo
da lei con aria annoiata.
– Umphf – la
moretta arricciò la punta del naso in una piccola smorfia, senza
replicare nient'altro prima di issarsi a sua volta sul vagone. Si
voltò nuovamente verso i tre russi, appoggiandosi alla parete per
permettere a Kei di giovare a sua volta di una buona visuale e donare
loro un ultimo cenno, prima che le porte si chiudessero
definitivamente ed il treno iniziasse a muoversi.
– Torneremo, vero?
– Mh?
Prendendo coraggio,
la nightblader sollevò lo sguardo, cercando il suo e ripetendo la
sua richiesta – Mi piacerebbe tornare, un giorno..
Lo vide ricambiare
il suo sguardo con uno dei suoi, penetranti ed imperscrutabili, prima
di vedergli finalmente schiuder le labbra in un sorriso che gli
addolcì i lineamenti. Annuì con un semplice cenno del capo alla sua
richiesta, sollevando una mano per posargliela fra i capelli scuri.
Fu un contatto rapido e lieve, che durò un solo istante, ma fu uno
di quelli che solitamente si imprimono a fuoco nel cuore delle
persone.
E Yukiko si sarebbe
portata dentro il ricordo di quel momento per molto, molto tempo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ce l'ho fatta anche stavolta!
Come promesso non vi ho fatto aspettare troppo, né?
*_* Con lo scorso capitolo il numero di lettrici è aumentato ancora e non riesco proprio a tenere per me la contentezza! Perciò un ringraziamento speciale a Lucy e Siana, che hanno trovato il tempo di farmi sapere, insieme all'immancabili Keyra e Silmeria, il loro parere. Uhuhuh! Non riesco ad evitare di ridacchiare, scusate, anche perché sta per arrivare un'altra parte che non vedevo l'ora di scrivere.
Allora, questo è un altro capitoletto di simil-transizione, il prossimo capitolo sfiorerà un argomento che più d'uno scommetto non vede l'ora di leggere! ^.^
No, niente spoiler. Non posso, sarebbe imperdonabile per me. E poi vi toglierei la sorpresa (sempre che di sorpresa si possa parlare!!) Non vi trattengo oltre, ma vi invito come sempre a lasciarmi un parere, di qualunque genere, anche su questo nuovo aggiornamento!
Nel frattempo vi saluto e vi mando un baciotto *_* ancora grazie!
la vostra instancabile autrice
Kaiy-chan |
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Capitolo 30 *** In viaggio per la Cina ***
30. In viaggio
per la Cina
Con il vento a
soffiarle contro, la giovane Natsuki attese il conto alla rovescia.
– Tre.
– Due.
– Uno...
– Pronti.. Lancio!
– esclamarono all'unisono, prima di avviare il lanciatore con tutta
la loro forza.
I due beyblade
schizzarono in avanti come fulmini, atterrando sulle massicce pietre
che costituivano la base dell'ampio camminamento della Grande
Muraglia Cinese, prima di sfrecciare lungo la merlatura dei parapetti
in un inseguimento che contrastava la forza di gravità. In
contemporanea, i due blader si mossero all'unisono, scattando in una
corsa che aveva come obiettivo quello di star dietro alle due
trottole di due tonalità di blu differenti.
Scansando eventuali
visitatori in uno slaloon colmo di cambi di direzione repentini,
Yukiko - come d'altra parte lo stesso Kei - si concentrò sul suo
Night, al quale riusciva a star dietro a fatica. Eppure trovò
quell'allenamento abbastanza divertente da spingersi a dare il
massimo, ben intenzionata ad aumentare la propria resistenza e
velocità grazie ad esso. L'aria fredda della Cina settentrionale le
penetrò nei polmoni, frizzante abbastanza da vivacizzare la sua
naturale combattività e ignorò la protesta dei muscoli delle gambe
finché ne fu in grado. Passando accanto ad un gruppetto di turisti
ed alla loro guida, ne fecero addirittura sussultare qualcuno di
spavento e stupore, cosa che la costrinse a trattenere una risata
spontanea.
Si fermarono alla
sommità di una salita, a non troppa distanza da una delle torri di
segnalazione poste fra una vetta e l'altra, talmente esausti che la
mora dovette appoggiarsi al parapetto di pietra per non abbandonarsi
sul pavimento. Piegata leggermente in avanti e con un rivolo di
sudore a impregnarle la maglietta sotto la felpa, perse di vista il
proprio compagno di viaggio per una manciata di secondi, troppo
dedita al compito di far entrare quanta più aria possibile in petto.
Quando finalmente riuscì a sollevar lo sguardo, lo spostò sulla
figura voltata ancora di spalle del dranzerblader, fermatosi due
passi davanti a lei. Ritto con la schiena, le ampie spalle che
s'alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro ancora parzialmente
irregolare, teneva le braccia allungate lungo i fianchi e il capo
leggermente reclinato all'indietro. Una folata d'aria fece ondeggiare
quei suoi capelli d'argento, le ciocche nere, più corte sulla nuca,
gli pendevano in una lunghezza che era andata leggermente aumentando
in quelle ultime settimane, finendo per sommarsi in un contrasto
netto al colore bianco della sciarpa che portava al collo.
Quelle braccia,
coperte dalle maniche del suo giubbotto in pelle, l'avevano stretta
più di una volta.
Quelle finissime
ciocche bicolori, fra le quali aveva affondato le mani, giocandovi e
beandosi della loro consistenza setosa, stavano venendo scompigliate
da quell'alito di vento.
Quelle spalle
rammentò si erano parate in sua difesa ormai diverso tempo prima.
Un pensiero la
colse, improvviso quanto tormentato: come avrebbe fatto quando non
l'avrebbe più avuto così vicino? Come avrebbe convissuto con
l'intenso desiderio di vederlo, di baciarlo, di fare l'amore con lui,
quando al loro ritorno avrebbero finito per doversi separare? Quelle
domande, nate dal ricordo di quell'ultimo messaggio di sua madre, le
serrarono la bocca dello stomaco in una morsa. Sentì le membra
percorse da un tremito e chiuse di scatto gli occhi, nel tentativo di
dominarsi.
Non voleva separarsi
da lui.
Non voleva affatto
tornare a casa propria, perdendo la possibilità di averlo così
vicino come era accaduto in quell'ultimo mese e mezzo.
Peccato che non
poteva più tornare indietro, ora che la signora Natsuki sembrava
aver iniziato ad ascoltarla seriamente. Inoltre, non meno importante,
non avrebbe potuto tornare sui propri passi da sola: aveva bisogno di
parlarne con Kei, dovevano confrontarsi sull'argomento, ma il solo
pensiero la riempiva d'ansia e aveva sempre finito per rimandare ad
un secondo momento.
Codarda.
– Stai bene?
La voce del
dranzerblader la trasse dalle sue riflessioni, facendola sobbalzare
leggermente nel raddrizzare la schiena e schiuder le palpebre.
Incrociandone lo sguardo, vi lesse lo stesso interrogativo espresso a
parole, intenso come solo quegli occhi di un profondo castano scuro
sapevano essere. Assalita da una punta di disagio, la mora riuscì
comunque ad annuire con un cenno del capo, seppur del tutto
consapevole di non poter apparire convincente quanto avrebbe voluto.
– Tutto a posto –
asserì, sottolineando la cosa senza comunque ottenere un risultato
migliore. L'unica reazione d'egli fu un battito di palpebre singolo,
che seguì soltanto un silenzio d'attesa di alcuni secondi, tempo
sufficiente per metterla alle corde e costringerla a correggere il
tiro, confessandogli – ..è che stavo pensando ad una cosa..
Silenzio.
Distolse lo sguardo
da lui con il pretesto di cercare Night, fermo a pochi passi da loro,
appresso a Dranzer, mentre invece approfittò di quel momento per
tentare di raccogliere le idee e decidersi ad affrontare il discorso.
Non vi riuscì in pieno, non prima di chinarsi a cogliere dalla
pietra i due beyblade, stringendo ognuno in una mano con delicatezza.
Voltandosi verso il blader che le stava vicino, gli porse il suo,
attendendo che lo prendesse in consegna.
Quando lui se lo
infilò con un cenno del capo in tasca, lei si ritrovò a stringere
con più forza il proprio, avvertendo le lame smussate dell'anello di
attacco di Night premerle contro la pelle dei guanti senza dita che
indossava. Si schiarì la voce, notandone l'espressione di paziente
attesa e, grazie ad essa, inspirò, decidendosi una volta per tutte a
vuotare il sacco.
– Quando eravamo
ospiti di Andrew McGregor ho avuto una discussione con mia madre –
iniziò, tutto d'un fiato, abbassando lo sguardo dopo quella prima
affermazione per posarlo sul panorama che si allargava alla loro
destra. Impedì comunque piuttosto egregiamente al proprio nervosismo
di trapelare nel tono di voce, che riuscì a mantenere inflessibile e
colloquiale, seppur non privo di una certa serietà – In un moto di
rabbia le dissi che avrebbe dovuto smetterla di cercare di
controllare la mia vita.. e sembra che abbia recepito il messaggio –
deglutì, la gola troppo impastata, mentre con espressione che sapeva
tradire il proprio tormento continuò, sollevando finalmente lo
sguardo sul volto altrui. Incrociandone gli occhi scuri, capì di
avere la sua completa attenzione – Non l'ho più sentita per
giorni. Poi, non molto tempo fa mi ha mandato un messaggio – le
sopracciglia di Kei saettarono verso l'alto, curioso, e lei concluse
– ..annunciandomi che aveva fatto riportare le mie cose a casa
nostra.
Silenzio, di nuovo.
Nel momento in cui
terminò di formulare quell'ultima frase, le sembrò come se l'intero
universo che racchiudeva il dranzerblader si fosse cristallizzato,
congelato in quel determinato istante in cui aveva proferito
quell'ultima frase, scacciando l'impressione sorpresa che ella ne
aveva avuto inizialmente. Nel silenzio che seguì, lui rimase a
fissarla per una manciata buona di secondi senza muovere un solo
muscolo, assolutamente serio, apparendo indecifrabile e terribilmente
incomprensibile persino al suo sesto senso tipicamente femminile che
ogni tanto le andava in aiuto. In quei secondi, Yukiko formulò ogni
ipotesi possibile e inimmaginabile, dal fatto che fosse rimasto
scioccato a quella, più accreditata dai suoi timori, che ne fosse
rimasto del tutto indifferente.
E poi quella stasi
ebbe termine, infranta da un secco sbuffo che sfuggì al ragazzo
stesso, mentre ficcava le mani in tasca con un movimento rigido e
sfuggiva contemporaneamente il suo sguardo.
– Immagino che le
cose saranno meno facili allora.. – commentò, infastidito e
laconico al tempo stesso, prendendola alla sprovvista.
Confusa, la
nightblader schiuse le labbra una prima volta invano, per poi
richiuderle senza che ne fosse uscito alcunché. Ripeté quel
tentativo una seconda volta, prima di riuscire a decidersi su cosa
chiedergli, e quando lo fece temette di non riuscire a udirne la
risposta a causa del frastuono che le provocava nelle orecchie il
proprio stesso cuore.
– In che senso?
– Vederci –
chiarì lui in una singola parola, senza tornare a guardarla ma
apparendo invece più interessato ad ammirare l'orizzonte. Il
paesaggio, definito da quella successione di montagne e colline sulle
quali la Muraglia si inerpicava stoicamente, dando l'impressione di
un serpente addormentato, era ravvivato dal tiepido sole che aveva
deciso di dominare il cielo di quella giornata tipicamente autunnale.
La mora, di fronte a
quella pausa di silenzio, inarcò un sopracciglio e, incoraggiata da
quel suo comportamento fin troppo insolito, gli rivolse la domanda
che aveva iniziato ad assillarla da giorni – Cosa c'è tra noi?
Fu talmente diretta
che lei stessa ne sorbì gli effetti, formulata così come le era
apparsa nella mente, facendola quasi sussultare al pari dello scatto
che fece lui quando si voltò di nuovo a fissarla, con quei suoi
occhi scuri spalancati dall'incredulità per quanto gli era appena
giunto alle orecchie. Un'incredulità intimamente condivisa da lei
stessa, che le delineò le labbra in una smorfia tesa mentre
ricambiava quello sguardo con quanta più determinazione era in grado
di racimolare dentro di sé. La stretta su Night si fece ferrea in
contemporanea al suo stesso stato d'animo, infilandosi la mano in
tasca per nascondere la propria tensione a lui ed al suo fin troppo
buono spirito di osservazione. In quelle ultime settimane aveva
dimostrato di possedere sia buona memoria, sia un'incredibile
attenzione ai particolari, due caratteristiche che la ponevano in
svantaggio in momenti come quello, in cui avrebbe desiderato soltanto
sprofondare in un buco nel terreno.
Eppure, a differenza
della percezione che ne ebbe la ragazza, quel muto confronto durò
soltanto un paio di secondi, prima che Kei all'improvviso facesse
quel passo avanti che gli necessitò per allungare una mano e
afferrarla per un gomito. La tirò in avanti, sbilanciandola e
spostandola verso destra e la merlatura di quelle mura imponenti.
Incespicando, la mora si sentì tirare a lato e sospingere contro la
superficie dura della pietra del parapetto, prima che lui la
afferrasse con presa ferrea in vita e la sollevasse di peso.
Lasciandosi sfuggire un urletto di sorpresa, la nightblader si
aggrappò con forza alla pelle del suo giubbotto, il cuore che le
balzò in gola per quel breve istante che precedette la sensazione
della pietra sotto il sedere. Il suo inconscio, sempre molto
fantasioso, si era aspettato che lui stesse per buttarla di sotto.
Niente da dire al riguardo, avrebbe anche potuto capirne l'impulso,
causato dalla sua stupida domanda da ragazzina insicura. Domanda di
cui si era pentita l'istante successivo all'averla proferita a voce,
per inteso.
Per questo si
ritrovò a spalancare gli occhi verdi nell'avvertirne la presa salda
intorno alla vita spostarsi dietro la schiena, cingendola in un
abbraccio protettivo che permise, allo stesso ragazzo che l'aveva
posta su quel massiccio muretto fra i due merli adiacenti in una
posizione più alta di quella di cui aveva giovato poco prima, di
stringerlesi contro, insinuandolesi fra le gambe, rigide e divaricate
a fornire un saldo appiglio contro la pietra. Avvenne tutto in un
paio di secondi, ancor prima che si rendesse effettivamente conto che
non avrebbe fatto un voletto di qualche decina di metri. Perse
completamente la capacità di metterne a fuoco quel suo viso segnato
da due triangoli blu e da una determinazione che ne aveva fatto
rilucere lo sguardo nel momento stesso in cui lui, sollevando il
volto e sporgendosi in avanti, la baciò. Fu un bacio imperioso e
morbido al tempo stesso, dapprima quasi rude e poi delicato, che le
smorzò il respiro e la fece inevitabilmente sciogliere, al punto da
farle dimenticare luogo e tempo, se non addirittura il proprio stesso
nome.
Quando lui si
staccò, fissandola da pochi centimetri più in basso, lei colse
dalla sua espressione mortalmente seria che stava cercando di dirle
qualcosa che, a parole, non sembrava riuscire ad esprimere appieno.
Qualcosa che, malgrado tutto, continuava a sfuggirle, ancora troppo
confusa dalla piega inaspettata che aveva preso quella discussione.
Il dranzerblader parve rendersene conto e, con un breve sospiro che
si accostò seccamente all'aria combattuta che gli comparve in volto,
incatenò il suo sguardo al proprio con nuova determinazione.
– Non rinuncerò a
te – lo disse con lo stesso tono con cui si annuncia un dato di
fatto immutabile, facendole battere il cuore con un forza tale da
farle credere che le avrebbe sfondato la cassa toracica – Non credo
di esserne più in grado, ormai.. sei diventata troppo importante e
la distanza non cambierà ciò che provo.
Il significato di
quelle parole le penetrò nella mente e nel cuore, facendole sgranare
progressivamente gli occhi di smeraldo.
Non avrebbe
rinunciato a lei.
Non sarebbe cambiato
nulla.
Sondando il volto
altrui, Yukiko non vi scorse alcuna traccia di incertezza, né di
ironia: era mortalmente serio, di una serietà che la spinse a
trattenere il respiro, intuendo che non avesse ancora finito.
– Ci ho messo un
po' a capirlo e ad accettarlo – ammise il dranzerblader, con voce
di un'ottava più bassa, che lasciava trapelare parte del conflitto
interiore in atto nel suo animo – ..ma oramai non intendo sminuirlo
in nome di un orgoglio che in passato mi ha fatto rimpiangere diverse
scelte.
– Ma.. – mormorò
con un filo di voce lei, sentendosi le gote in fiamme e la testa fin
troppo leggera a causa di quella confessione inaspettata, dando voce
ai propri timori – ..per quanto riguarda gli accordi fra le nostre
famiglie? E i nostri genitori?
– La nostra vita
privata non è affar loro – concluse lui seccamente, irremovibile
come la struttura sulla quale lei era seduta, cosa che la fece
irrigidire in un moto di perplessità. Egli sembrò accorgersene,
perché aggiunse – Non devono saperlo per forza – in tono più
morbido, come a correggere il tiro, senza smettere di sondarle
l'animo con quello sguardo dai riflessi di brace – Niente mi vieta
di stare con te comunque, a prescindere da quanto abbiamo deciso a
quella riunione informale.
– Quindi non
intendi più scaricarmi per andare a spassartela con quel branco di
tuoi 'amici' pieni di soldi o qualche gatta morta dai capelli
rossi? – gli chiese per conferma, buttandola sull'ironico con un
mezzo sorriso.
Lui parve cogliere
l'ironia di quella punzecchiatura, ricambiandola a sua volta con un
sorrisetto sghembo nello stringersi un po' più contro di lei –
Direi di no.. – le rispose a fior di labbra, reclinando leggermente
il capo per sfiorargliele in un nuovo, breve contatto, che durò il
tempo di un respiro e dopo del quale mise in chiaro una cosa – ..e,
tanto per essere precisi, nemmeno quella sera sono riuscito a
scacciarti dai miei pensieri.
Yukiko, ritornando
con la mente all'accaduto, ridacchiò – Lo credo bene!
Quell'affermazione
non fece altro che incuriosire ancora una volta il dranzerblader, che
non si trattenne dal chiedere spiegazioni – Che vuoi dire?
– Be' – esordì
lei in risposta, sistemandosi meglio fra le braccia di lui per
cingerlo a propria volta intorno al collo e tenerselo in tal modo
vicino, sfoggiando un sorrisetto carico di malizia e mistero –
Diciamo che l'avevo intuito..
– E da cosa?
– Me l'hai detto
tu stesso – gli chiarì finalmente – Prima di spingermi contro
un'auto e baciarmi.
Un po' sadica, la
nightblader si godette l'improvviso mutamento del viso altrui, che da
vagamente malizioso si fece all'improvviso incredulo, sgranando lo
sguardo e acquisendo, dopo un rapido defluire di sangue, un rossore
più convinto mentre si faceva sfuggire un ansioso – ..come?
Faticando a
trattenere la propria soddisfazione, lei annuì con un minimo
movimento del capo – Mi hai baciata – lui sbatté le palpebre una
volta sola – Con tanto di lingua.
– Ah.
– E il tuo
amichetto lì mi ha chiaramente fatto intuire quanto tu fossi preso
da me in quel momento.
Kei strinse le
labbra in una linea sottile, corrucciato in volto, fissandola non più
negli occhi ma sulle labbra ancora delineate in quel sorrisetto.
– Mi hai gettata
nel caos più completo per giorni, sappilo.
Finalmente lo vide
sbuffare, prima di tornare a sfoggiare uno dei suoi sorrisetti
sghembi – Capisco.
– Come tu abbia
fatto a resistermi per così tanto tempo è un mistero – scherzò
lei, sfoggiando una mancata modestia che non sentiva realmente.
Ebbe comunque
l'effetto sperato, inducendo il dranzerblader ad allargare quel
sorriso – Merito di un ferreo autocontrollo.
– A-ah..
– Ed un caparbio
istinto di negazione – aggiunse, con un velo di autoironia.
Yukiko rise di
nuovo, sommessamente e per pochi secondi, prima di sollevare
nuovamente gli occhi verdi in quelli di lui. Adorava quella
particolare complicità che si era venuta a creare fra loro, così
com'era accaduto poche altre volte nel corso degli ultimi giorni
passati insieme. Era in momenti come quello che avvertiva il peso dei
propri sentimenti farsi oppressivo nel petto, scalpitando per
trapelare all'esterno, e questa volta credette per un istante di non
riuscire a trattenersi dal rivelarglieli, a discapito dei timori e
delle incertezze che li accompagnavano. Peccato che ormai fosse
abbastanza grande e non più così ingenua da buttarsi a capofitto in
quel genere di confessioni senza un valido “paracadute”.
In altre parole, pensò, era una codarda.
Kei si sporse
nuovamente, posandole un nuovo bacio, morbido e caldo, sulle labbra,
che riuscì a distrarla da quei pensieri autolesionistici e la
indusse a rilassarsi un'altra volta, facendosi trasportare dal senso
di protezione e sicurezza che lui riusciva ad infonderle con così
poco. Lo amava profondamente, ma non era ancora pronta a dirglielo a
parole, pertanto si accontentò di lasciar trapelare i suoi
sentimenti in quel semplice ed intimo contatto prima che sfumasse.
In quel tiepido
tardo pomeriggio si ritrovò a sorridergli, prima di rimarcare le sue
parole di poco prima, cercando una conferma a quanto appena avvenuto
– Quindi sono importante..
Il dranzerblader non
si tirò indietro, fissandola dritto negli occhi, seppur donandole un
accenno di sorriso nel darle quella conferma – Sei la mia Compagna.
E quella parola non
le era mai sembrata così dolce e carica di significato come in quel
momento.
– Eccolo là –
le comunicò il ragazzo dai capelli d'argento, alludendo a
quell'assembramento ordinato di casette ai piedi della valle.
La ragazza al suo
fianco si fermò a sua volta, facendo spaziare lo sguardo dalle
creste delle montagne che lo circondavano, sino al villaggio della
Tribù della Tigre Bianca.
– E Rei vive qui?
Un cenno del capo in
segno d'assenso fu tutto ciò che lui le donò in risposta, prima di
riprendere a camminare. Seguirono il sentiero, scendendo dall'altura
sulla quale esso si inerpicava per raggiungere il fondovalle,
attraversando una folta macchia di sempreverdi, prima di attraversare
il ponte in legno di un torrentello e finalmente giungere alle porte
del villaggio. Kei non c'era mai stato prima, ma era sicuro di non
sbagliarsi, avendo seguito meticolosamente le indicazioni che l'ex
compagno di squadra gli aveva fatto pervenire tempo addietro per
arrivare sino a lì.
Si trattava di una
serie di casupole dall'architettura caratteristica, in vecchio stile
orientale, con i tetti dal profilo ricurvo e le finestre in vetro
alternate a paraventi di carta di riso. Scoccando un'occhiata alla
moretta che gli procedeva con passo misurato accanto, ad una distanza
tale che se avesse allungato un braccio avrebbe potuto
tranquillamente arruffarle i capelli, mascherò a stento la propria
soddisfazione nel notarne la luminosità dello sguardo mentre
osservava il villaggio posto poche decine di metri più in basso.
D'altra parte, non era più un mistero che quella regione la
affascinasse, così simile e così diversa al tempo stesso dal loro
paese. Se non altro il cibo era subito risultato meno pesante, vista
l'abitudine di quel popolo di mangiare regolarmente riso, proprio
come i loro vicini nipponici.
– Hai detto che è
un bravo cuoco.. – esordì a un certo punto la nightblader,
dandogli per un momento l'impressione che potesse leggergli nel
pensiero.
– Un tempo se la
cavava piuttosto bene – le confermò, scoccandole un'occhiata
dubbiosa – Perché?
Il sorriso luminoso
e colpevole di lei gli fece intuire il seguito – Inizio ad avere
una discreta fame.
Kei si lasciò
sfuggire uno sbuffo divertito. In effetti l'ora di pranzo era
prossima ed erano ore ormai che erano in cammino, tempo sufficiente
per risvegliare l'appetito di più di una persona normale. Nemmeno a
lui avrebbe fatto dispiacere mettere qualcosa sotto i denti,
soprattutto se si fosse trattato di uno dei piatti di Rei.
– Allunga il passo
tesoro, o ti lascio indietro! – lo richiamò alla realtà la
moretta, calcando ironicamente quell'appellativo ed approfittandone
per anticiparlo di qualche passo, prima di voltarsi a guardarlo da
sopra una spalla, con un sorriso furbesco stampato in volto. Un
sorriso che lui ricambiò con un'espressione fra il sorpreso e lo
scettico, provvista di provvidenziale sopracciglio inarcato.
– Illusa – la
sbeffeggiò, allungando la propria falcata in uno scatto.
Quel cambio di
andatura non durò molto, solo il tempo di una risata cristallina e
l'arrendevolezza di lei lo indusse a rallentare a sua volta per non
allontanarsi dal suo fianco, ormai prossimi a raggiungere la loro
destinazione. Quando superarono il confine del boschetto che si
inerpicava sul pendio dal quale stavano scendendo, il dranzerblader
notò la presenza di alcuni abitanti per le strade, che nel notarli
avvicinarsi scoccarono loro qualche occhiata curiosa.
Stavano per superare
il limitare esterno, definito dalla prima casa alla loro destra,
quando un ragazzo bloccò loro il cammino, ponendosi a gambe larghe e
mani chiuse a pugno sui fianchi nel bel mezzo della strada
principale, esclamando qualcosa in cinese che dava tutta
l'impressione di una domanda provocatoria.
Guardandolo meglio
Kei si accorse di trovare quel tipo piuttosto familiare a causa del
modo in cui aveva raccolti i capelli di un color verde scuro dietro
la nuca, fatta eccezione per un ciuffo che gli copriva l'occhio
sinistro. Quegli occhi, di un pallido castano dorato, li fissavano
con una nota di irriverenza che era indiscutibile. Gli ci volle una
manciata di secondi, ma poi rammentò il ragazzino che aveva
ricoperto il ruolo di riserva della squadra dei White Tigers, e gli
rivolse un sorriso sghembo altrettanto sfrontato.
– Ma guarda, non
pensavo che sarebbero bastati pochi anni per farti alzare la cresta
quel tanto che basta da metterti sulla mia strada!
Il cinese in
questione perse quella sua espressione strafottente, inarcando
dapprima un sopracciglio e poi abbandonando quell'aria confusa in
favore di una ben più incisiva, pallida e allarmata al tempo stesso.
– Tu sei Hiwatari
Kei!
Il sorriso di colui
che rispondeva a quel nome gli si accentuò in volto, carico di
oscure promesse – In persona.
Kiki fece due passi
indietro, il dito ancora puntato verso di lui e la bocca aperta,
probabilmente chiedendosi come avesse fatto a non riconoscerlo subito
– V-vado a chiamare Rei! – esclamò in giapponese, voltandosi su
sé stesso e sfrecciando via.
Compiaciuto per la
reazione del ragazzino, il dranzerblader scoccò un'occhiata alla
ragazza accanto a sé, non aspettandosi l'occhiata in tralice che lei
gli rivolse. Inarcando un sopracciglio, le chiese silenziosamente
spiegazioni, ma lei si limitò a scuoter il capo e sospirare con una
certa rassegnazione, prima di muovere qualche passi in avanti.
Non fecero molta
strada, giusto il tempo di arrivare al limitare di una piazzetta il
cui suolo era formato da terra battuta e ghiaia, prima di veder
venire loro incontro il detentore del bitpower della Tigre Bianca.
– Kei! – lo
chiamò il draigerblader, facendosi avanti – Non pensavo che ti
saresti davvero scomodato a venire fin qui.
Si fermarono l'uno
di fronte all'altro ed il giapponese assunse una delle sue
espressioni indifferenti.
– Speravo di far
nevicare – replicò, in tono serio che avrebbe confuso qualcun
altro sull'ironia di quell'affermazione.
Non indugiò
tuttavia un solo istante prima di stringere la mano protesa
dell'amico, in una stretta ferrea che il cinese ricambiò senza
indugio. Scrutandolo brevemente, ritrovò sul suo volto uno dei suoi
vecchi sorrisi tranquilli e fermi al tempo stesso, così come notò
che i suoi gusti in termini di abbigliamento non avevano subito
grossi cambiamenti: teneva ancora i lunghi capelli neri legati in una
coda dietro la schiena, raccolti da una fascia sulla quale spiccava
il simbolo dello Ying e dello Yang al centro della fronte. I suoi
abiti, costituiti da un paio di pantaloni neri in tessuto larghi sino
alle caviglie ed una tunica a maniche lunghe bianca e rossa, non ne
sminuivano affatto il fisico prestante, tipico di quella vita fra le
montagne.
All'improvviso un
suono gorgogliante attirò l'attenzione di entrambi, facendoli
voltare verso colei dalla quale era provenuto quel rumore. Yukiko,
oggetto di tutta quell'attenzione, avvampò in volto tenendosi una
mano ad altezza dello stomaco, mentre l'altra era intenta a reggere
ancora la sua sacca dietro una spalla.
– Ehm...
– Ti presento la
mia compagna, Yukiko Natsuki – incedette per lei il giapponese,
occupandosi delle presentazioni formali e lasciando libera la mano
del cinese – Yukiko, lui è Rei Kon.
Lui dopo quel
momento di perplessa sorpresa tornò a sorridere, cordiale e
incuriosito al tempo stesso – Piacere di conoscerti, Yukiko.
– P-piacere mio –
balbettò la mora, tardando un momento prima di stringerne la mano.
Kei di fronte a
tanto imbarazzo da parte di lei venne colto da un dubbio e, preda di
questo, scoccò un'altra occhiata al suo vecchio compagno di squadra.
I lineamenti erano mutati leggermente rispetto ad otto anni prima,
risultando più maturi senza sminuirne il fascino, cosa che non ne
mitigava affatto il naturale carisma di leader. In quella frazione di
secondo, il dranzerblader si chiese se lei lo trovasse attraente e
provò un certo fastidio a quell'eventualità, che fece sfumare parte
del suo buon umore.
– Immagino siate
affamati – esordì il cinese, calamitando l'attenzione di entrambi
– Venite, sarete miei ospiti.
Accettarono
l'invito, prima di seguirne la figura fino ad una casupola in una
posizione un po' rialzata rispetto al resto del villaggio, dando loro
l'impressione di un guardiano silenzioso. Per raggiungerla dovettero
attraversare il resto dell'abitato, costituito più o meno dallo
stesso tipo di edifici. Ad un certo punto Kei si decise a porre
all'amico una domanda che si stava facendo da un po', interrompendo
il colloquiale discorso in cui si stavano cimentando lui e la
moretta.
– C'è una locanda
o una pensione in cui potremo alloggiare?
Quell'interrogativo
fece voltare lo sguardo dorato dell'altro in sua direzione, da sopra
una spalla, accostato ad un sorriso quieto – Non dovete
preoccuparvi: potrete stare da noi per tutto il tempo che vi
tratterrete qui. Purtroppo non abbiamo molti visitatori da queste
parti e fino ad alcuni anni fa la nostra Tribù era del tutto isolata
dal resto del mondo, perciò non vi è alcun luogo adibito ad
ospitare gente estranea.
Il blader di fuoco
inarcò un sopracciglio, rammentandosi soltanto in quel momento di
aver sentito qualcosa al riguardo in passato. Se non andava errato
era proprio per questa politica restrittiva che Rei aveva finito per
ritrovarsi ad affrontare i suoi vecchi amici d'infanzia durante il
loro primo torneo mondiale di Beyblade. Sebbene fosse passata quasi
un'eternità da allora, si sorprese di riscontrare, almeno
all'apparenza, una certa chiusura nei confronti della
modernizzazione, almeno ad una prima occhiata.
– È molto gentile
da parte tua, Rei – intervenne Yukiko, prima di aggiungere – In
effetti ci farebbe comodo risparmiare un po'.
Incontrando lo
sguardo di lei, Kei rammentò perfettamente a cosa quelle parole
fossero dovute e di fronte all'occhiata interrogativa del cinese,
annuì con un cenno del capo.
– Ti spiegherò
meglio dopo, per ora ti basti sapere che, fino al momento in cui
lasceremo la Cina, abbiamo i soldi contati.
– Naturalmente ci
sdebiteremo per il disturbo! – si affrettò ad aggiungere la
giapponese.
Rei annuì a sua
volta, allargando quel suo sorriso spontaneo – Non preoccupatevi di
questo, potrete rimanere tutto il tempo che vorrete.
La nightblader lo
ringraziò ancora per entrambi, prima che lui li anticipasse
all'interno di casa sua, annunciando il loro rientro.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Anche se raffreddata (Terribilmente raffreddata) sono riuscita ancora una volta a rispettare la mia scadenza!
Allora, cosa ne dite? Sembra che finalmente la questione del "come affrontare la cosa al loro rientro" sia stata chiarita ^_^ voi cosa ne dite? Vi aspettavate qualcosa di più drammatico?? A dirla tutta anche io quando mi è venuto in mente il problema, ma poi ho pensato al modo di risolvere i problemi che poteva avere il dranzerblader e mi è venuta fuori una cosa così XD
Avrei voluto metterci meno tempo comunque, ma dovendo soffiarmi il naso ogni tre secondi mi è risultato difficile scrivere con un buon ritmo. In realtà sono stata piuttosto lenta ^.^° e mi lacrimano in continuo gli occhi, quindi credo che vi saluterò in fretta e tornerò a cercare un nuovo pacchetto di fazzoletti!
Un baciotto a chiunque mi delizierà della sua recensione!
la vostra malaticcia autrice
Kaiy-chan |
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Capitolo 31 *** La Tigre e il Dragone ***
31. La Tigre e il Dragone
Appoggiando la ciotola del riso ormai
vuota di fronte a sé, Kei lasciò vagare lo sguardo sui componenti
di quella tavolata. In realtà erano soltanto in quattro, di cui
l'unica nuova conoscenza era Yukiko. Insieme a loro sedevano Rei e
Mao, che si era rivelata ben presto la cuoca che aveva adempiuto a
preparare il loro pasto appena conclusosi nel migliore dei modi: non
era rimasto niente.
– Tutto ottimo – affermò la
nightblader con palese soddisfazione, sorseggiando la propria tazza
di tea verde, prima di rivolgere un ampio sorriso alla ragazza cinese
– Sei davvero un'ottima cuoca, Mao.
La diretta interessata ricambiò quella
gentilezza con un sorriso altrettanto ampio – Grazie mille, Yukiko.
Sai, fino a pochi anni fa non potevo competere con Rei.
Il draigerblader, chiamato in causa,
abbozzò un mezzo sorriso – Be', ma sei migliorata davvero molto.
Ormai non sono più abituato a prendere in mano un coltello da
cucina.
– Questo è perché fai sempre
cucinare me e ti stai impigrendo – affermò l'altra con un
sorrisetto ironico, prima di volgersi di nuovo verso Yukiko con lo
sguardo, ammiccandole – E poi è risaputo che la via per il cuore
di un uomo passa per il suo stomaco!
La giapponese ridacchiò a quel
commento, mentre Kei inarcò un sopracciglio, osservando il suo
vecchio compagno di squadra. Il moro sfoggiò un sorriso piuttosto
imbarazzato, cosa che gli ricordò quanto fosse realmente stato
riservato sulle questioni di cuore, specialmente quelle che lo
riguardavano. Non gli aveva mai dato l'idea, in passato, che potesse
provare qualcosa per la galuxblader e quando avevano saputo che
convivevano ormai da tre anni, ne era rimasto un po' sorpreso.
Come rimase sorpreso quando Mao,
iniziando a sparecchiare, venne momentaneamente fermata dalla moretta
lì con loro, che si offrì di aiutarla. Dopo un istante di stupore
collettivo, il volto della cinese dai brillanti capelli fucsia si
schiuse di un luminoso sorriso commosso, accettando quella generosa
offerta. Probabilmente non amava molto quell'incombenza, impressione
che gli venne confermata quando Rei, una volta che entrambe le
ragazze si furono ritirate in cucina, gli confessò che solitamente i
piatti toccavano a lui e che la loro presenza lo aveva salvato da
quell'onere domestico non troppo amato.
Per quanto lo riguardava da vicino, Kei
non aveva mai nemmeno dovuto avvicinarsi ad un piatto sporco, quindi
non commentò alcunché, sorseggiando la sua tazza di tea.
Fu a quel punto, rimasti soli, che il
suo vecchio amico ne approfittò per incominciare a parlare.
– Sai, se non ti conoscessi almeno un
po' avrei detto che tu avessi una relazione seria con la tua compagna
di viaggio!
Il tea gli andò quasi di traverso a
quelle parole, pronunciate in quel modo tanto incurante e divertito
da lasciar intuire quanto lo stesso cinese non vi desse alcun
credito. Dovette ricomporre la propria espressione accigliata in una
nuovamente neutra, abbassando un'altra volta la tazza sul tavolo,
prima di poter sollevare gli occhi scuri in quelli dorati dell'altro
e schiarirsi la voce in un singolo colpetto di tosse.
– In realtà – esordì,
assolutamente serio – ..è così.
A quella conferma il volto dell'amico
si fece simile ad una maschera di assoluto stupore, prima che
riuscisse a riprendersi abbastanza da farsi sfuggire un semplice –
Ah – accortosi della gaffe in cui era caduto, tentò di rimediare,
ma non ci riuscì, rivolgendogli una richiesta di conferma – Sul
serio?
– Sì.
Rei parve cogliere la serietà di
quella conferma, cosa che lo indusse a lasciar intercorrere una pausa
di silenzio, durante la quale lo osservò con un nuovo malcelato
interesse. Quando aprì di nuovo bocca, sembrava ancora leggermente
sorpreso, ma al tempo stesso più accorto, come se avesse compreso
qualcosa che fino a poco prima gli era sfuggito – Rivederti così
simile all'ultima volta mi ha indotto in errore, facendomi credere
che non fossi cambiato... mentre è evidente che il tempo sia passato
anche per te – si lasciò andare ad un sorriso piuttosto sicuro,
concludendo – ..in meglio, a quanto pare.
Kei non commentò nulla su di sé,
proferendo invece con noncuranza – Anche tu non sembra che te la
stia cavando male.
Rei annuì di rimando, annunciandogli –
Da sei mesi a questa parte sono stato nominato Capo del Villaggio.
Questa sì che era una novità
inaspettata. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio –
Congratulazioni.
– Grazie. Non ti nascondo che è una
grossa responsabilità, ma Lai e gli altri sanno essere un buon
sostegno nei momenti critici – qualcosa nell'espressione del
draigerblader indusse Kei a pensare che vi fosse qualcosa che non gli
avesse ancora detto, qualcosa che aveva il diritto di sapere.
– Siamo capitati in un brutto
momento?
– Niente di troppo serio mi auguro –
ribatté, tentando di minimizzare, l'altro, seppur non riuscì a
mascherargli la sua preoccupazione nel continuare – Recentemente
abbiamo avuto alcuni problemi con gli abitanti del villaggio vicino.
C'è sempre stata una certa rivalità fra noi, ma da qualche
settimana un gruppo ha causato diversi problemi, complicando la vita
solitamente tranquilla della nostra gente per mezzo di un potere che
è in grado di contrastare quello della Tigre Bianca.
– Mh? – Kei sbatté le palpebre,
incuriosito.
– Riescono a far perdere le loro
tracce fra le montagne ogni volta, ti lascio immaginare come la cosa
si stia ripercuotendo su Lai, che è a capo della guardia del nostro
villaggio.
Il giovane Hiwatari rammentava fin
troppo bene il temperamento facilmente irritabile dell'amico
d'infanzia di Rei, nonché fratello maggiore della cinese nell'altra
stanza. Che fossero fratelli, lui e Mao, in realtà poteva essere
intuibile più dal carattere che dall'aspetto, in quanto non è che
si assomigliassero granché in realtà.
– Se ricapiterà vi aiuteremo, almeno
per il tempo che ci tratterremo qui.
– Ma sì, certamente. Il vostro aiuto
non può che farmi piacere – acconsentì, apparentemente un po' più
sollevato il giovane capo-villaggio – Quanto pensavi di restare?
– Una settimana – gli rispose –
..ma eventualmente, se servisse, possiamo anche posticipare la
partenza a dieci giorni da oggi.
– Tu e la tua ragazza siete i
benvenuti – gli disse, rinnovando quell'offerta di ospitalità con
un sorriso franco, uno di quelli che rispecchiavano il suo carattere
diretto e pragmatico.
Un sorriso che gli ricordò il motivo
per cui, da sempre, lo aveva considerato il più simpatico dei
Bladebreakers.
A Yukiko quasi sfuggì la ciotola che
stava asciugando in quel momento, rischiando che andasse a
infrangersi in decine di schegge sul pavimento. Grazie al cielo la
riagguantò al volo, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo
quando si rese conto del mancato pericolo, riprendendo a respirare
una volta appoggiato l'oggetto insieme agli altri. Soltanto
successivamente tornò a cercare con lo sguardo la ragazza con cui
stava intrattenendo una conversazione dai toni decisamente femminili,
rammentando la domanda che era stata la causa di quel suo intimo
sussulto.
– Be'.. ecco.. direi di sì.
Gli occhi color del miele della ragazza
si illuminarono – Sapevo di non sbagliarmi! Il mio fiuto per certe
cose è infallibile!
Yukiko ridacchiò, nervosa di tutto
quell'interesse sulla sua vita privata, cosa che non passò
inosservata alla cinese, che sembrò imbarazzarsi.
– Scusa, è che non mi capita mai di
confrontarmi con una ragazza della mia età sulle questioni di
coppia. L'idea che fra te e Kei ci sia davvero qualcosa mi ha fatta
sentire meno sola – le confidò con un sorriso un po' più spento,
riprendendo a sciacquare uno dei piatti ancora nel lavello.
Quella confessione fece inarcare un
sopracciglio alla moretta, che dedicò una nuova manciata di secondi
per studiare la persona che aveva accanto. Era una ragazza
decisamente carina, con occhi dal taglio felino e il naso leggermente
rivolto all'insù. Teneva i lunghi capelli di un particolarissimo
rosa scuro acconciati in una doppia crocchia ai lati del capo, dando
l'impressione di un paio di orecchie feline che sbucavano fra quelle
ciocche lucide e per la maggior parte libere di ricaderle sulle
spalle. Indossava un vestito di foggia tipicamente cinese, con
colletto alto e chiusura obliqua, di un arancione chiaro dai
ghirigori neri e giallo-dorati, che si apriva in un modesto spacco
laterale la cui sommità arrivava poco sopra il ginocchio sinistro.
Le maniche, lunghe e strette, erano state tirate su sugli avambracci,
per evitare alla ragazza di bagnarle durante quell'incombenza
domestica.
– Non hai qualche amica? – le
chiese, prima di realizzare quanto quella domanda potesse risultare
scortese e mordersi il labbro inferiore – Scusa, non volevo essere
inopportuna..
Mao parve accorgersi immediatamente del
suo rimorso, perché le sorrise accondiscendente – Non
preoccuparti. Purtroppo non ci sono molte ragazze della mia età qui
al villaggio e da sempre sono stata circondata dalla presenza di mio
fratello e dei suoi amici. Non ho mai avuto occasione di legare con
le mie compagne di scuola, né in passato mi interessava – le
rivelò con naturalezza, come se per lei non avesse alcun peso –
Certo, nemmeno ora mi ispira l'idea.. ho provato a conoscerle un po'
meglio, ma non sono riuscita affatto a trovarmi a mio agio. In fondo,
credo di essere un po' troppo maschiaccio per loro.
Yukiko inarcò un sopracciglio a quelle
ultime parole – Maschiaccio? – ripeté, incredula, prima di
squadrarla da capo a piedi e veder confermata la propria opinione su
di lei – So' che potrebbe risultarti strano, detto da una che hai
appena conosciuto, ma sei la ragazza più femminile che abbia mai
incontrato. Delle due, il maschiaccio qui sono io.
Di fronte a quel complimento, la cinese
si illuminò di un nuovo sorriso – Ti ringrazio del complimento,
davvero – le rispose, sincera in quella sua gratitudine, che fece
per qualche motivo arrossire la mora – ..ma comunque la mia
intolleranza verso certi argomenti non cambia, temo.
– Tipo?
– Ad esempio i rimedi naturali contro
le doppie-punte. Oppure quale sia la crema migliore per rendere la
pelle più morbida. O altrimenti quale smalto dovrebbe essere il più
adatto per ogni giorno della settimana.. – elencò Mao, con una
smorfia che tradiva il suo scarso entusiasmo per certi discorsi, già
precedentemente confessato.
Yukiko si ritrovò a ridacchiare,
prendendo in consegna la nuova stoviglia in attesa di essere
asciugata – Posso capire – commentò con un mezzo sorriso un po'
forzato, dovendo concordare sulla mancanza di fascino di certi
argomenti. Questo, prima di rammentarsi di non aver avuto molte
occasioni di sopportarli. Le tornò in mente Uzumi e quel bagliore di
buon umore scomparve, lasciandola in un flebile sospiro – Nemmeno
io ho mai avuto molta fortuna con le amicizie femminili.
Quella confessione sembrò attirare
l'attenzione di Mao, che sembrò osservarla con attenzione, cosa di
cui la ragazza presa in esame si accorse dopo una manciata di
istanti. Sentendosi quasi sotto esame, strinse le labbra in
un'espressione tesa, cercando di concentrarsi sulla tazza che aveva
fra le mani per evitare che le scivolasse anche quella. Questo finché
sul volto della cinese non comparve un nuovo sorriso dolce e
amichevole.
– Sei una blader vero?
Quel cambio di argomento, unito
all'intuizione che l'aveva causato, prese un momento alla sprovvista
la mora, che inarcò un sopracciglio prima di risponderle – Sì.
– Più tardi, ti va un incontro?
Quella proposta ebbe il potere di far
tornare il sorriso sulle sue labbra – Volentieri!
In fondo, entrambe erano ben
consapevoli che non vi fosse niente di meglio di un incontro di
Beyblade per risollevare gli animi.
– Vai Galux! Attacco Felino!
– Non mi batterai!
Le voci delle due ragazze risuonarono
nello spiazzo adibito a campo da gioco appena fuori dal villaggio,
richiamando una serie di curiosi.
Ad assistere v'erano anche Rei e Kei,
l'uno accanto all'altro, il cui appoggio silenzioso arrivava comunque
a sfiorare il cuore delle due blader in campo in quel momento. Mao,
determinata a farsi valere ed a non perdere, trasse la propria forza
dai sentimenti che la univano al Capo della Tribù della Tigre
Bianca, ma al contempo era perfettamente consapevole che sentimenti
simili sostenevano la sua avversaria. Poteva leggerle quei sentimenti
negli occhi, e nonostante la conoscesse da poco, provò una certa
affinità con la giapponese.
Un fascio di luce scaturì
contemporaneamente dai due bit, mentre i loro rispettivi bitpower
prendevano forma sopra le loro teste. La Lince Rosa ruggì di sfida,
lanciandosi all'attacco, ma la creatura sacra della mora lo schivò
con un battito possente d'ali. La ragazza dai capelli rosa, superando
l'iniziale sorpresa, studiò l'entità apparsa in contemporanea alla
sua. Non aveva mai visto niente di simile: contornato da un alone
bluastro, aveva il piumaggio bianco come la neve e due occhi da
rapace che ricordavano il colore del ghiaccio. Il becco fiero
ricordava uno di quei grandi rapaci del nord che aveva visto in un
documentario, mentre gli artigli sembravano altrettanto affilati e
pronti a scattare per ghermire la preda.
– Vai Night!
Il bitpower rispose prontamente
all'incitamento della sua compagna, mandando un grido che per un
istante le fece gelare il sangue, prima di lanciarsi all'attacco di
Galux. La cinese avvertì un rivolo di sudore freddo scivolarle fra
le scapole, mentre la consapevolezza di non poter evitarne l'attacco
si impossessava di lei.
Eppure lo scontro non avvenne.
Quando i due bey stavano per entrare in
contatto, imitando i rispettivi bitpower, una vibrazione nell'aria
anticipò un sibilo sommesso e l'incontro venne interrotto
dall'intromissione di una lama, che nel momento in cui andò a
conficcarsi nel terreno venne lambita da scintille di un rosso
sangue. Da esse, innalzandosi verso il cielo al pari di una singolo
fulmine incandescente fra i due contendenti, comparve la sagoma
serpeggiante di un dragone, il cui ruggito di sfida risuonò
assordante fra le rocce.
– Che succede? – esclamò Yukiko,
sussultando.
– Ancora loro! – sbottò
infastidita la cinese, cercando con lo sguardo i responsabili.
Incontrando la sagoma di Rei, lo vide
far altrettanto nell'affiancarla, l'espressione tesa che ne tradiva
il reale stato d'animo ansioso e arrabbiato al tempo stesso. Aveva
già calzato i suoi artigli in metallo e gli bastò un secondo per
richiamare il potere della Tigre Bianca ad alta voce.
Davanti ai loro occhi il potere del
protettore della loro Tribù si palesò in un fascio di luce che
partì direttamente dalla sommità dei polsi del loro Capo, facendo
indietreggiare con la sua sola presenza i bitpower delle due ragazze.
Mao richiamò a sé Galux, notando distrattamente quanto rapidamente
lo stesso dranzerblader si fosse affiancato alla sua compagna, prima
che una risata si facesse strada sino a loro, proveniente dalla
sommità di una formazione rocciosa a pochi metri da loro.
Ancora faticando a riaversi dalla
sorpresa, la cinese sollevò lo sguardo sui loro rivali, coloro che
stavano causando tutti quei problemi al loro villaggio.
– I Red Dragons!
Il tipo a cui sapeva appartenere quella
lama conficcata nel terreno sfoggiò un ghigno strafottente.
– Sono sorpreso che in quella tua
testolina ci sia abbastanza spazio da essere rimasto impresso il nostro nome – la sbeffeggiò.
Mao si sentì assalire
dall'irritazione, avvertendo più d'una vena gonfiarsi fra i propri capelli.
Tentò di fulminare con lo sguardo quel tipo irriverente, così come
i tali che gli stavano accanto. Erano in cinque in tutto, quattro
uomini ed una ragazza, tutti agghindati allo stesso modo: una lunga
tunica verde scuro e pantaloni neri, larghi lungo le gambe e stretti
intorno al ginocchio.
Quello che ormai era evidente fosse il
loro capo, fessurizzò quel suo sguardo di un castano talmente scuro
da apparire nero, tradendo una muta soddisfazione.
– Cosa volete? – chiese Rei,
fronteggiandoli.
Una domanda che aveva posto loro ogni
volta che si erano fatti vivi. Una domanda che, come le volte
precedenti, non ebbe una risposta chiara. Anzi, questa volta non ebbe
proprio risposta.
– Rei! Mao!
Quella voce li fece voltare subito
verso colui che li aveva chiamati e la cinese non si sorprese di
vedere il suo fratellone correre in loro direzione, raggiungendoli in
pochi istanti per porsi accanto al suo ragazzo. Con discrezione,
anche i due giapponesi si posero accanto a quel gruppetto venutosi a
formare, rivelando alla galuxblader come il loro atteggiamento
difensivo fosse in realtà una reazione alla precisa volontà di
combattere nel caso ciò si fosse rivelato necessario, cosa che la
sorprese non poco: non molti altri avrebbero dato loro un qualche
appoggio, soprattutto per questioni che non li riguardavano.
– Facciamoli scendere da lì –
propose con un sorriso gelido la giapponese, in un sussurro che fece
sussultare la rosa e spalancare gli occhi.
La ragazza con cui fino a poco prima
aveva sentito una certa affinità aveva dipinta in viso
un'espressione che ne lasciava trasparire le intenzioni di rivalsa,
senza che su di esso vi fosse traccia di timore o incertezza.
Soltanto a quel punto Mao si rese conto
che il bey di lei era ancora in campo.
Un istante dopo Night si mosse, avvolto
in un bagliore talmente accecante da darle l'impressione di lasciarsi
dietro scie colme di riverberi. Le ci volle un momento, prima di
rendersi conto che quelle scie luminose erano sottili lastre di
ghiaccio.
– Night!
La trottola color blu notte della
blader nipponica sfrecciò con impeto verso la base rocciosa,
sferrando il suo attacco con un'irruenza che gli permise di risalire
la ripida parete, aprendovi al suo passaggio una serie di profonde
crepe, che si colmarono all'istante di ghiaccio. Di fronte a
quell'assalto i Red Dragons saltarono giù, ognuno in una direzione
diversa, presi alla sprovvista da quell'attacco frontale, che culminò
in una parabola che permise alla moretta di afferrare il suo bey al
volo. A quella dimostrazione di potere, la galuxblader si sentì
spiazzata al pari dei loro avversari, che tuttavia apparvero lesti a
riprendersi da quel colpo di scena, perché si raccolsero tutti
dietro la lama del coltello dal quale si era materializzato quel
dragone scarlatto.
– Questa è una cosa fra la vostra
Tribù e la nostra. Non accetto intromissioni – affermò con una
nota di rimprovero il capo, stagliandosi in tutta la sua figura un
passo davanti agli altri. Il profilo fiero era messo in evidenza
dalla fascia che ne raccoglieva i capelli all'indietro, di un castano
scuro e lunghi sino alle spalle.
– Siete voi ad esservi intromessi nel
nostro incontro! – ribatté prontamente Mao, facendo istintivamente
un passo avanti, prima di venir bloccata dalla presenza di Lai. Suo
fratello, da sempre il più robusto, riusciva tranquillamente a farle
da scudo col suo corpo e a stento, anche a causa della presenza di
Rei al suo fianco, la cinese riusciva a inquadrare nel proprio campo
visivo i loro attuali avversari.
– Come se uno stupido gioco potesse
avere tutta questa importanza – la sbeffeggiò un altro dei
dragoni.
Sentendo montare la collera per quella
risposta, Mao strinse i pugni lungo i fianchi, desiderando di aver
con sé i propri sai per far rimangiare loro quanto appena detto. Con
la coda dell'occhio si accorse di non essere l'unica ad essersi
irrigidita, mentre Kei posava una mano sulla spalla della sua
compagna di squadra, stringendola appena in una tensione il cui scopo
fu chiaramente quello di trattenerla, cosa del tutto comprensibile,
visto il suo sguardo. Da quegli occhi verde smeraldo, Mao notò
scaturire una serie di lampi di puro astio, che la aiutarono a
mantenere la calma di sé.
L'unica ragazza del gruppo si avvicinò
al loro capo, mormorandogli qualcosa, e lui sembrò reagire con una
smorfia di disappunto, prima di volgersi di nuovo verso di loro.
– A quanto pare dovremo rimandare –
esordì, chinandosi a recuperare la propria arma – ..ma ci
rivedremo presto.
Detto questo, scattarono ognuno in una
direzione diversa, in una ritirata precipitosa che loro non
riuscirono a seguire, scomparendo fra le rocce e la vegetazione un
attimo prima che Kiki e Gao potessero raggiungerli e dar manforte ai
difensori.
Non provarono nemmeno a seguirli,
fermati dallo stesso Rei.
– Fermi! – la sua voce imperiosa
fece bloccare tutti, inducendoli a voltarsi a fissarlo, combattuti e
confusi.
Quando tuttavia il loro capo scosse il
capo in senso di diniego, ne accettarono la decisione, ben
consapevoli che anche se ci avessero provato, non sarebbero andati
lontano. Non era la prima volta che quei tizi davano loro problemi
per dei motivi che tutt'ora non erano chiari. Mao si lasciò sfuggire
una smorfia al pensiero di come fosse terminata quella che si era
prospettata sin dall'inizio come una bella giornata.
Sospirò.
Evidentemente non potevano aspettarsi
di passare un intero giorno da tranquilli.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Per prima cosa mi scuso per il tempo che ho impiegato ad aggiornare questa volta.
Immagino che ormai vi stavate chiedendo che fine avessi fatto... ho dovuto prendermi qualche giorno di pausa perché non sn stata molto bene e mi spiace di non essere riuscita a concentrarmi come si deve su quest'opera. Sono riuscita ad andare avanti di un paio di capitoli, ma in modo talmente grossolano che erano da revisionare completamente da capo prima di poter anche solo pensare di pubblicarli! Purtroppo, nel mio stato attuale, non mi soddisfa molto nulla di ciò che riesco a buttare giù e mi sento terribilmente non-ispirata ç_ç
Oggi però ho pensato di approfittare del fatto di sentirmi abbastanza bene per guardarci seriamente e provare ad aggiornare, così eccomi qui, con la prima puntata al villaggio di Rei! Il nostro caso draigerblader sembra aver accettato ufficialmente il suo ruolo di capo, prendendo finalmente il comando del suo villaggio! Chi non se l'aspettava? XD Era quasi scontato direi.. ma era una caratteristica troppo determinante del nostro cinese preferito.
E Mao! Vi assicuro che all'inizio neanche mi ricordavo della sua dichiarazione durante le semifinali del torneo della prima serie in Cina, quando ha affrontato Rei e l'ha quasi battuto! Rivedendomi la puntata ero tutta emozionata come se la vedessi per la prima volta!!
Approfitto di questo angolino per ringraziare ufficialmente tutte le mie ragazze che continuano a recensire e a cui, per la seconda volta, non sono riuscita a rispondere singolarmente: Keyra Hanako D Hono, LadySilmeria, Lucyvanplet93, Siana e Baghera7690 (il cui commento mi è pervenuto come messaggio privato). Sono contenta che lo scorso capitolo vi sia piaciuto e spero che anche questo non vi deluderà ^^
un saluto dalla vostra acciaccata
Kaiy-chan |
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Capitolo 32 *** Una nuova linea d'azione ***
32. Una nuova linea d'azione
Quella sera si tenne
una riunione fra il capo della Tribù e i suoi, alla quale
parteciparono anche i due ospiti nipponici.
Yukiko, seduta
accanto a Kei, alla propria sinistra aveva quel ragazzino che si era
posto sul loro cammino quel mattino; quello a cui il dranzerblader
aveva fatto rizzare i capelli sulla nuca e che ora, per tutta la
sera, aveva tenuto lo sguardo fisso sulle proprie mani, raccolte
intorno alla piccola tazza circolare. I toni erano tesi e ansiosi, le
frasi per lo più comprensibili in quanto tutti si sforzavano di
parlare in giapponese, a beneficio loro.
Lai, il giovane con
quegli occhi così simili ad un felino e la chioma nera talmente
ispida da poter essere paragonata ad una vera e propria criniera,
sbatté il pugno sul tavolo, facendo sobbalzare le tazze di tea dei
suoi due vicini di posto. A quel gesto, per nulla imprevisto, nessuno
batté ciglio, essendo ormai la terza volta che il braccio destro del
capovillaggio si lasciava andare ad uno di quegli eccessi.
– Non importa
quali siano i loro reali scopi – ringhiò, quasi letteralmente,
dando l'impressione di voler incenerire qualcuno con il solo sguardo
– ..non gli permetteremo di passarla liscia dopo tutti questi
affronti!
Al suo fianco, il
grosso tizio che corrispondeva al nome di Gao, con un fisico
piuttosto corpulento ma non per questo meno allenato, annuì con un
semplice cenno del capo.
– Cerca di
ragionare – lo redarguì la sorella minore, in un tono ed una posa
che ne tradivano l'umore piuttosto seccato.
Gli occhi dorati di
Lai scattarono verso la ragazza, ma un istante dopo era tornato
seduto ed apparentemente calmo, padrone delle proprie azioni.
– Mao ha ragione,
non dobbiamo perdere la testa – affermò Rei, passando lo sguardo
su ognuno dei presenti in quel soggiorno – Probabilmente è proprio
quello che tentano di fare: provocarci per farci reagire.
Yukiko si chiese
ancora una volta quale fosse il motivo scatenante. Li avevano messi
al corrente di ogni cosa, dopo che Rei aveva ribadito la loro
legittimità a presenziare a quella riunione grazie all'offerta che
gli aveva fatto il suo stesso ex compagno di squadra. Offerta di cui
lei era rimasta all'oscuro sino a quel momento, ma che in fin dei
conti non l'aveva sorpresa così tanto come era stato per alcuni di
loro. In particolare, Lai sembrava aver messo il muso per quella
novità, ma non aveva comunque avuto molto da ridire al riguardo,
segno che evidentemente erano piuttosto frustrati da quella
situazione.
– Anche se così
fosse, le cose non cambiano – insistette il cinese dallo sguardo
ferino – Dobbiamo rispondere. Non possiamo continuare a subire
queste rappresaglie senza far niente.
– No – lo frenò
subito Rei, fissandolo con un'intensità ed una serietà che
racchiudevano una nota di comando – Non ci abbasseremo al loro
livello prendendocela con gente innocente. I Red Dragons ormai è
evidente siano un gruppo che agisce autonomamente, non c'è motivo di
coinvolgere l'intera Tribù a cui appartengono.
Kei, rimasto in
silenzio fino a quel momento, sollevò le palpebre, posando
finalmente lo sguardo dai riflessi d'ametista sui presenti a quel
tavolo.
– Fin'ora ogni
tentativo di catturarli è andato a vuoto – ricordò con tono
assolutamente indifferente, facendo nascere una smorfia sul volto di
Lai ma senza lasciargli il tempo di ribattere qualcosa – ..ma
questo è stato prima del nostro coinvolgimento – specificò, cosa
che indusse la nightblader a inarcare un sopracciglio, attendendone
la spiegazione successiva – Ritengo che siamo in un numero più che
sufficiente per provare a tendere loro un'imboscata sulle montagne.
A quelle parole, al
limitare del suo campo visivo, le parve di cogliere un cambiamento
lievissimo nella postura di Kiki e la mora non si sorprese di credere
che anche lui finalmente iniziasse a prestare attenzione a quella
riunione.
– E chi dovrebbe
fare da esca? – si intromise, brusco, il secondo in comando della
Tribù della Tigre Bianca.
Alla domanda
prevedibile di Lai, il giapponese lanciò alla sua compagna di
squadra un'occhiata in tralice, il cui significato le fu chiaro in un
istante. Quegli occhi le stavano chiedendo di farsi avanti. Tentando
di reprimere un guizzo di tensione che minacciò di bloccarle ogni
muscolo, la moretta si lasciò sfuggire un leggero sospiro di
rassegnazione a labbra serrate, prima di sollevar un po' di più il
mento in una posa orgogliosa e priva di incertezze.
– Posso farlo io.
Cinque paia di occhi
a mandorla si voltarono a fissarla contemporaneamente, spalancati in
volti parimenti attoniti per ciò che aveva detto. Il silenzio che
seguì comunque ebbe vita breve.
– Non se ne parla
– esordì per primo Rei, fermamente convinto a negarle il suo
consenso.
Dopo quelle semplici
parole, i membri intorno a quel tavolo parvero rianimarsi
all'unisono.
– Non ha senso..
– È troppo
pericoloso per una ragazza!
– Non funzionerà
mai.
– Non sa nemmeno
combattere!
– Non è neanche
della nostra Tribù! Non abboccheranno mai!
La voce di Mao si
levò sopra quel miscuglio di toni concitati così come tentò di
farlo con la propria figura, alzandosi improvvisamente in piedi e
sbattendo ambo le mani sul bordo del tavolo, esclamando – Andrò io
con lei!
Bastò quell'unica
frase a far calare una seconda volta un silenzio attonito, prendendo
in contropiede ognuno dei membri della Tribù. Apparendo soddisfatta
della reazione dei suoi compagni, la ragazza dai capelli rosa non
permise che si riavessero abbastanza da osare contraddirla e non
attese di vedere quali argomentazioni avrebbero sollevato, perché
continuò.
– Yukiko non è
così debole e se ci sarò io con lei non ci succederà niente –
affermò con risolutezza, poggiando ambo le mani sul tavolo dopo
essersi sollevata in piedi – Inoltre, questo dovrebbe risolvere il
problema dell'appartenenza alla Tribù della Tigre Bianca.
– Finirà tutto in
un buco nell'acqua – si lamentò Lai, non rinunciando alla propria
negatività – E anche se così non fosse, è un rischio troppo
grande da sottoporre a due ragazze. Specialmente –
sottolineò quella parola con il tono di voce, scoccando un'occhiata
penetrante alla giapponese – se una delle due non è addestrata
alle arti marziali.
Di fronte a
quell'accusa, la moretta si sentì piuttosto infastidita, quasi punta
sul vivo. Eppure non era disposta a farsi mettere i piedi in testa e
ad essere accantonata in un angolo, come sola spettatrice di quella
vicenda. Aveva piena fiducia nel piano di Kei, qualunque esso fosse,
e se le aveva rivolto quella silenziosa richiesta un motivo doveva
pur esserci.
– Se è tutto qui
il problema, allora addestratemi voi! – ribatté, incrociando le
braccia sotto il seno con un'espressione di sfida.
– Le arti marziali
cinesi non sono qualcosa che si può imparare in pochi giorni – si
fece finalmente avanti Gao, con una serietà che non creava quasi
alcun mutamento su quel suo faccione rotondo.
– Non devo
diventare una maestra, devo solo affinare i miei riflessi –
insistette senza batter ciglio, cercando con lo sguardo Rei. Sperava
di aver qualche possibilità in più se fosse riuscita a insinuare il
dubbio in lui – Se tutto quello che mi si richiede è che non mi
faccia male, non vedo quale sia il problema.
Il volto del capo
della Tribù della Tigre Bianca rimase contratto in un'espressione
che ne lasciava chiaramente trapelare il conflitto interiore al quale
era sottoposto. Quando anche lui scoccò un'occhiata a Kei, Yukiko
era sicura che a darle il vantaggio del beneficio del dubbio era il
fatto che fosse stato proprio il dranzerblader ad aver lanciato la
proposta. L'impercettibile cenno d'assenso del giapponese indusse il
suo ex compagno di squadra a posare lo sguardo sugli altri, prima di
scendere ad un compromesso con sé stesso.
– Credo che valga
la pena di ascoltare nel dettaglio la proposta di Kei.
In contemporanea al
quasi invisibile sorrisetto del giapponese, sul volto di Lai comparve
una smorfia più che evidente.
Non avrebbe potuto
fare diversamente, lo sapeva.
Guardandosi intorno
nell'oscurità della notte, il ragazzo si premurò che non vi fosse
nessuno in giro, prima di attraversare la strada e girare l'angolo,
scendendo rapido lungo la stradina che conduceva fuori dal villaggio.
Si sentiva malissimo per ciò che stava facendo, per il modo in cui
stava tradendo la loro fiducia, ma non si sarebbe mai perdonato il
contrario.
Con un sorriso
amaro, il cinese sgattaiolò oltre il perimetro che delimitava il
territorio della Tribù della Tigre Bianca, agevolato dalla
familiarità di quel sentiero se non dall'oscurità circostante. La
luna, alta e argentea nel cielo punteggiato di nubi, forniva lui la
luce necessaria per raggiungere con sicurezza ogni appiglio nella sua
ascesa, sino al luogo dell'incontro.
Sperava ardentemente
di trovarla al suo arrivo.
Sperava di poterla
vedere un'ultima volta per metterla in guardia e scongiurare il
peggio.
Non voleva che le
accadesse nulla di male.
Era stato talmente
preso da certi pensieri, da non accorgersi affatto di un paio d'occhi
che si erano posati sulla sua figura furtiva, dietro il vetro una
delle finestre buie della casa che aveva appena lasciato. Occhi che
seguirono i suoi spostamenti finché ciò fu possibile nella scarsa
luce delle stelle.
Kei si tenne in
disparte rispetto al resto del gruppo che si era raccolto in quella
piccola radura erbosa, osservando con celato interesse la prima
sessione di allenamento a cui Yukiko stava per essere sottoposta.
Intorno alla moretta stavano raccolti Mao, Lai, Gao e Kiki, intenti a
decidere chi per primo avrebbe avuto la ragazza come insegnante.
Rei invece, nel suo
ruolo di supervisore e spettatore imparziale, se ne stava a braccia
conserte accanto al dranzerblader con un'espressione pensierosa.
“Non hanno
ancora iniziato?” quella voce familiare gli risuonò nelle
tempie, con un accento piuttosto seccato che gli fece inarcare un
sopracciglio.
Scoccò
un'occhiata in tralice all'Aquila Rossa ferma al suo fianco, avvolta
in quel suo consueto alone rossastro, con le braccia conserte e gli
occhi dorati puntati sul gruppetto distante pochi metri. Era bella e
altezzosa come sempre, con quei capelli del colore del fuoco più
scarlatto in contrasto con la veste dorata e la carnagione
abbronzata. Levitava a pochi centimetri dal terreno, in una postura
eretta che per un normale essere umano sarebbe risultata quasi
scomoda per la sua rigidezza.
L'iniziale moto di
stupore che colse il ragazzo dai capelli d'argento però venne
moltiplicato dalla comparsa del profilo di Night proprio dietro
quello della sua bitpower, che per contro si prese la briga di
risponderle con un tono piuttosto divertito e rilassato.
“La riempiranno
di lividi appena inizieranno” commentò l'Anka, sospeso a
mezz'aria nella sua posa a gambe incrociate.
“Povera cara”
mormorò, per nulla sarcastica, la Rossa, prima di decidersi a
scoccare un'occhiata in tralice al suo blader e abbozzare così un
mezzo sorrisetto divertito e malizioso al tempo stesso “Dovrai
compensare in qualche modo tutte quelle botte, Kei..”
Quell'affermazione,
unita all'espressione della bitpower, gli fecero tendere ogni muscolo
del corpo in reazione ad un imbarazzo più che lecito. Non faticò
affatto a coglierne i sottintesi infatti e, rammentandosi della
presenza di Rei alla propria sinistra, si voltò a scoccargli uno
sguardo di sottecchi.
Il cinese li fissava
apertamente con occhi fin troppo spalancati, altalenando lo sguardo
dai bitpower a lui senza riuscire a soffermarsi troppo a lungo su
nessuno in particolare. Dalla posa delle braccia lungo i fianchi,
terminanti in un paio di pugni ben stretti, Kei comprese senza
difficoltà il livello di tensione che gli stava tendendo i muscoli
in quella manciata di istanti, quasi pari a quella che sentiva
pervaderlo dalla testa ai piedi.
Corrucciato, sbuffò
a labbra serrate in una smorfia, optando per tentare di ignorare le
due creature in forma umana dall'altro lato e fingendo di prestar
attenzione a ciò che stava per svolgersi al centro del prato.
Inutile, anche se dentro di sé pregava che sparissero, l'Aquila e
l'Anka proseguirono il discorso come se niente fosse, ignorando i due
esseri umani lì accanto.
“Non sei
preoccupato per la tua blader?” stava chiedendo la Rossa.
“Nah. È tosta,
anche se non sembra” affermò tranquillamente il Bianco con un
sorriso sornione “Non l'avrei scelta altrimenti.”
“Oh sì,
dev'essere così..” commentò a quel punto l'altra con un
sorrisino strano, prima di aggiungere “..altrimenti non si
spiegherebbe la facilità con cui ha fatto breccia nel cuore
di Kei!”
Quella frecciatina
fece sobbalzare le spalle del diretto interessato, mettendo a dura
prova la sua decisione di ignorarli e facendogli affondare le dita
nelle maniche del giubbotto, in quella posa conserta delle braccia.
Da quando la sua compagna di battaglie si lasciava andare a quel
genere di commenti? Una vena iniziò a pulsargli sulla tempia
sinistra, mentre frustrato teneva fisso lo sguardo sul terreno.
– Ehm.. –
l'esordio di Rei gli fece sollevare di scatto gli occhi dai riflessi
d'ametista sull'ex compagno di squadra, in un modo talmente repentino
e penetrante che il cinese accentuò il suo sorriso imbarazzato,
grattandosi la tempia destra con una mano – ..mi spiace chiedertelo
Kei, ma che sta succedendo?
Un'altra vena gli
comparve fra le ciocche d'argento.
– Nulla di
importante – ribatté ostentando un'indifferenza che in realtà
sapeva benissimo essere solo di facciata. Non degnò i due bitpower
nemmeno di una qualche presentazione, cosa che l'Aquila parve
cogliere al volo, perché non attese un secondo di più per porre
rimedio alla mancanza.
“Siamo i loro
bitpower” affermò, piuttosto infastidita, incrociando le
braccia in una posizione che era lo specchio di quella del
dranzerblader “Dranzer..”
“..e Night”
concluse il Bianco, mantenendo invece quella sua aria divertita e
imperturbabile.
– Ah.. piacere –
ribatté il capo dei White Tigers.
Kei si chiese che
diavolo era preso a tutti e due per saltare fuori a quel punto, ma
non osò porre la domanda, cercando invece di domare la propria
irritazione per essere stato messo a disagio a quel modo. Non gli
risultò nemmeno troppo difficile indovinare il motivo che avesse
spinto l'Aquila e L'Anka a farsi così audaci in mezzo a tutti quegli
sconosciuti. L'unica attenuante era che, per ora, ad essersi accorti
della loro presenza era stato soltanto Rei, gli altri troppo
impegnati a illustrare le nozioni di base a Yukiko per accorgersene.
“Sembra che
sarà Mao a farle per prima da avversaria..” udì risuonargli
nella mente, da una voce totalmente diversa da quelle che fin'ora gli
avevano martellato le tempie.
Rei sussultò,
perdendo quell'aria vagamente divertita che aveva assunto sino a
pochi istanti prima.
Il dranzerblader
scoccò un'occhiata in tralice all'ultima apparizione, che aveva
preso forma in quell'istante dall'altro lato del cinese. Avvolta in
un alone di luce dai riflessi verdi, con le mani chiuse a pugno sui
fianchi e le gambe leggermente divaricate, se ne stava un'entità
femminea dai lunghi capelli bianchi raccolti in una treccia e gli
abiti di foggia tipicamente orientale. Gli occhi, ad un esame più
attento, erano di uno spiccato verde scuro, minimizzato dalla linea
stretta mantenuta dalle palpebre. Sulla pelle di viso e braccia delle
linee nere sbucavano da oltre i lembi della tunica bianca senza
maniche, al cui centro spiccava il simbolo dello Ying e dello Yang.
Ma non era l'unica.
“Sapevo che non
avresti resistito, Draiger” la salutò l'Aquila con palese
soddisfazione.
“Se combatte
Mao, allora dobbiamo fare il tifo per lei!” esclamò una quarta
voce, più vivace delle precedenti.
Accanto alla Tigre
Bianca prese forma la sagoma di una ragazzina dai lunghi codini rosa
chiaro ed una coda maculata dello stesso colore, con orecchie da
lince e le forme acerbe avvolte in un paio di pantaloni a sbuffo ed
una fascia per il petto, di colore rosso. Gli occhi, particolarmente
grandi, erano anch'essi di un bel rosso intenso.
“Non è un
combattimento, ma un allenamento” fece notare impassibile la
Tigre alla sua piccola amica.
“E Galux. Ora
davvero non manca più nessuno” annunciò Night ironico.
Rei si portò una
mano alla fronte, sconsolato, esternando un sospiro rassegnato.
Intanto, il
giapponese, rimasto a fissare lo scambio di battute fra i quattro
bitpower, sbatté un paio di volte le palpebre prima di realizzare
che, sia Mao, sia Rei, erano in grado di far materializzare i loro
compagni a loro piacimento. La consapevolezza di questo lo colse
impreparato, ma gli bastò una manciata di secondi per arrivare alla
conclusione che non aveva un motivo serio per esserne sorpreso:
qualche tempo prima aveva constatato che lui e Yukiko non erano gli
unici ad aver raggiunto un livello simile. In fin dei conti, non era
così sorprendente che anche il suo vecchio amico ci fosse riuscito.
“Stanno
iniziando!” esclamò ancora Galux, vivace come solo una
scimmietta avrebbe potuto essere.
Quel paragone lo
fece sorridere leggermente, divertito di quella involontaria presa in
giro per il bitpower della ragazza cinese. D'altra parte, non sempre
la natura di qualcuno rispecchiava le similitudini convenzionali.
Rammentandosi del
giorno precedente, Kei ricordò un particolare che gli era saltato
all'occhio durante l'assalto dei Red Dragons e ne approfittò per
sollevare il discorso.
– Tu e la Tigre
Bianca combattete ancora fianco a fianco, ho notato – commentò
inizialmente, all'indirizzo di Rei.
Lui, tardando un
momento per riaversi dall'effetto che gli faceva la materializzazione
in forma umana di tutte quelle creature, sembrò grato di aver una
distrazione dal sorriso che gli delineò le labbra.
– È vero,
nonostante non si tratti più solo di incontro di Beyblade – mentre
parlava parve rilassarsi un poco di più e andò avanti, spiegandogli
– Da quando sono diretto responsabile della sicurezza del
villaggio, la Tigre Bianca mi presta la sua forza contro ogni
minaccia diretta.
“Sono la
protettrice della nostra Tribù, mi sembra il minimo” commentò
impassibile la bitpower.
– Già –
convenne Rei, prima di aggiungere, verso il suo interlocutore –
Anche se questo in realtà non sarebbe stato possibile, senza un
adeguato inserto per il bit nella coppia di artigli che uso di
solito.
– Mi ero giusto
chiesto se fosse un'arma con poteri particolari..
– Soltanto quelli
che vi infonde la Tigre, di per sé si tratta solo di comune acciaio
– affermò Rei.
Kei registrò
l'informazione e la accantonò, volgendosi un'altra volta a seguire
l'allenamento della mora, dalla quale non riusciva a distogliere
troppo a lungo la propria attenzione nemmeno quando l'argomento
trattato era particolarmente interessante come in quel momento. Si
ripromise di riprendere quella conversazione più avanti, già
meditando su un possibile addestramento analogo per sé. In fin dei
conti, ne avrebbe avuto bisogno se voleva proteggerla, come aveva
pianificato di fare la sera precedente.
Il primo giorno di
allenamento Yukiko si ritrovò a fronteggiare un'avversaria
tutt'altro che debole.
– Impegnati al
massimo o non concluderemo niente!
Quell'incitazione
provocatoria non fece altro che far tendere i muscoli della moretta,
posta in una posizione difensiva che la stessa cinese poco prima le
aveva illustrato. Un attimo dopo Mao si fece avanti, partendo
all'attacco e caricando un calcio che andò a fendere l'aria con una
discreta velocità. Vedendolo arrivare, la mora scattò all'indietro
in un paio di passi, evitando il colpo per un soffio e avvertendo lo
spostamento d'aria sulla pelle del viso, mentre la scarpetta della
sua maestra le passò davanti al naso, terribilmente vicina.
Stava per lasciarsi
sfuggire un'imprecazione fra i denti ma non ne ebbe il tempo, perché
Mao prese a incalzarla, costringendola ad indietreggiare ancora,
finché al quinto attacco non ne parò il colpo laterale, serrando
l'avambraccio ad altezza della spalla destra. L'impatto le fece
sfuggire una smorfia di dolore, ma non si permise un solo gemito.
– Yha! – esclamò
la cinese, abbassando la gamba solo per sferrarle un pugno in pieno
ventre.
La nightblader lo
accusò in pieno, non riuscendo ad abbassare abbastanza in fretta la
guardia né a schivare, e si ritrovò piegata in due sul terreno
erboso, con le braccia strette sullo stomaco.
– Cerca di non
scoprirti così tanto – le giunsero le parole dal tono
completamente impietoso d'ella- Yukiko sollevò lo sguardo,
incrociando quello severo della sua avversaria che, senza batter
ciglio, la fissava dall'alto della sua posizione – Devi essere più
veloce e cercare di non farti incalzare a quel modo, mantenendo le
distanze e trovando poi il momento giusto per contrattaccare.
La giapponese, per
farle capire di aver ascoltato quanto da lei detto, annuì appena con
un cenno del capo, mentre sbatteva ripetutamente le palpebre per
cercare di ricacciare indietro il velo di lacrime che le aveva
appannato la vista.
– Su, riprendiamo.
La mora non poté
far altro che stringere i denti e rimettersi in piedi, determinata a
non dare alcuna soddisfazione a coloro che avevano dubitato di lei
sino a quel momento.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera a tutti! ^_^
Questa volta ci ho messo davvero meno del previsto, cosa che spero vi faccia piacere, come spero sia per la notizia che sto per darvi: mi sono ripresa e sono riuscita ad andare avanti abbastanza da dirvi che potete tirare un bel respiro di sollievo!! XD da oggi in poi aggiornerò abbastanza regolarmente ogni 2/3 giorno al massimo, almeno fino alla fine di ottobre. Dopodiché vi anticipo che dovrò mettermi seriamente a studiare, quindi il ritmo rallenterà, se non sarò ormai arrivata alla fine, cosa che mi auguro vivamente!
Dal canto mio ce la sto mettendo davvero tutta, quindi incrociate le dita per me ç_ç
Comunque, parlando di cose serie: il capitolo! Come vi è sembrato? Purtroppo la conclusione è quella che è, perché in realtà sono 3 capitoli consecutivi, che ho dovuto dividere alla bell'e-meglio perché mi era venuta fuori una cosa di tipo 20 pagine di documento! Ma non preoccupatevi XD il prossimo stacco è decisamente meno traumatico!
Come sempre vi invito a farmi sapere sinceramente cosa ne pensate e accetto volentieri qualsiasi critica costruttiva - non ho fatto nemmeno in tempo a riguardarlo attentamente, quindi probabilmente troverete qualche errore di distrazione ç_ç I'm sorry! Segnalatemeli e io li correggerò subito!
Intanto vi saluto e vi auguro una buonissima domenica :*
al prossimo aggiornamento
Kaiy-chan |
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Capitolo 33 *** Una promessa ***
33. Una promessa
Rei seguì con lo
sguardo il proprio ex compagno di squadra che si avvicinava alla sua
compagna, mentre quella si lasciava scivolare a terra in
corrispondenza ad una delle pause che seguivano la fine di una
sessione di allenamento con uno dei suoi severi maestri. Aveva appena
affrontato Lai e, per tutto il tempo, lui e Kei si erano sorbiti i
commenti dei bitpower, ai quali si era aggiunto persino il Leone
Nero, affermando lui stesso di come quella scena gli ricordasse un
gatto che gioca col topo. Commento che non aveva suscitato un
apprezzamento unanime.
Negli ultimi due
giorni Yukiko era migliorata, ma la severità dei suoi maestri non
era calata per quello e il draigerblader poteva capire sin troppo
facilmente il motivo dietro al comportamento del suo vice. Non
avrebbe potuto permettersi alcun errore quando fosse arrivato il
momento, nessun calo di attenzione né la minima distrazione.
L'aveva vista
impegnarsi giorno dopo giorno ed era una cosa che lo aveva sorpreso
intimamente, più di quanto si sarebbe aspettato. Oramai era chiaro
che la giapponese non intendesse affatto mollare, a discapito delle
difficoltà che stava incontrando e superando progressivamente. Il
suo stile rimaneva grezzo e istintivo, ma i suoi riflessi stavano
lentamente migliorando, così come la postura e le capacità di tener
una buona guardia, ed era quanto di più positivo potessero
aspettarsi da lei. Eppure, ciò non era ancora abbastanza per fargli
pensare al ruolo che ella aveva nel loro piano d'azione con
tranquilla fiducia per la sua realizzazione. Se non vi fosse stata
Mao insieme a lei, non avrebbe permesso a quella ragazza di correre
un rischio simile, nemmeno col giudizio favorevole del dranzerblader.
Il cinese studiò il
suo vecchio amico, il modo con cui la aiutò a rimettersi in piedi e
l'attenzione che sembrava rivolgerle. Lo sguardo che gli vide in quel
momento sembrava suggerire che non vi potesse essere nient'altro di
suo interesse all'infuori di lei, ma non perché avesse stampata in
volto un'espressione particolare. Esteriormente, ad un altro, sarebbe
sembrato il solito vecchio blader dall'animo di ghiaccio di anni fa.
Soltanto pochi avrebbero notato l'attenzione con cui lui si
soffermava sui lineamenti d'ella, sui suoi occhi, sulla sua bocca
quando sorrideva, persino sui suoi capelli scompigliati. Quando le
scostò una di quelle ciocche bicolori da davanti al viso, Rei sbatté
più volte le palpebre mentre tentava di dare un senso a ciò che
vedeva. Poi comprese da cosa derivasse la familiarità che traspariva
da quella scena: gli ricordava i suoi momenti in compagnia di Mao.
La verità era che
Kei era innamorato di lei.
Quella
consapevolezza gli fece spalancare gli occhi ambrati in
un'espressione incredula. Non riuscì a capacitarsene completamente,
cosa che gli diede da riflettere. Il motivo del suo stesso stato
d'animo probabilmente derivava dall'intima convinzione avuta sino ad
allora che il dranzerblader non potesse affezionarsi così facilmente
e profondamente a qualcuno. Non aveva mai pensato che ci sarebbe
stato per lui qualcosa di più forte del legame di sincera amicizia
che, con gli anni, si era consolidato fra i Bladebreakders. Faticava
ancora a considerare tutto ciò reale, nonostante ne avesse le prove
davanti agli occhi.
Si accorse di aver
fatto qualche passo avanti soltanto quando colse i discorsi dei due.
– ..non intendo
farlo – stava dicendo Yukiko, contrariata, affrontando il compagno
a testa alta.
– Stai chiedendo
troppo a te stessa – affermò senza batter ciglio Kei.
– Nient'affatto –
ribatté caparbia l'altra.
L'atmosfera notata
da Rei poco prima era svanita, completamente evaporata per lasciar il
posto ad una certa tensione nell'aria nata da quella breve
discussione, a tal punto da fargli dubitare di averla soltanto
immaginata. Non fosse stato così sicuro di sé, avrebbe creduto di
aver preso un abbaglio, eppure la posa irrigidita del giapponese non
lasciava dubbi.
– Ho bisogno di
sapere che hai fiducia in me, Kei.
– Non è di te che
non mi fido – sbottò infastidito lui, scoccando un'occhiata
accusatoria a Lai.
– Ehi, hai qualche
problema? – ribatté quest'ultimo con un'arroganza che Rei
riconobbe: Kei non gli era mai andato a genio e dall'occhiata che il
dranzerblader gli scoccò, il sentimento era reciproco.
“Si prospetta
un risvolto interessante” commentò Night, trovando il consenso
degli altri quattro bitpower.
Con sorpresa, Rei si
rese conto che effettivamente mancava un nonnulla per far scoppiare
il finimondo: non aveva mai visto Kei perdere il controllo di sé,
mai, nemmeno una volta, ma ora sembrava sul punto di incendiare
l'aria intorno a sé per autocombustione mentre fissava con sguardo
penetrante il cinese dalla criniera corvina. Fece per fare un passo
avanti quando, rapidamente tanto quanto s'era scaldata, l'aria in
quella piccola radura si raffreddò nuovamente e il giapponese volse
le spalle sia a Lai, sia a Yukiko, tornando senza una parola sui
propri passi.
– Kei..? – la
voce della moretta si levò senza suscitare una sola reazione.
Il ragazzo proseguì,
con lo sguardo basso, raggiungendo il capo della Tribù della Tigre
Bianca e, prima di passare oltre, rivolgendogli un'unica parola.
– Andiamo.
Rei si voltò
tenendo per sé il proprio stupore, seguendolo senza una parola.
D'altronde, non ve
n'era alcun bisogno: aveva colto perfettamente la sua richiesta
implicita e non pensò nemmeno per un istante di rifiutargli quel
favore.
Yukiko si sentiva
irrequieta e dolorante al tempo stesso. La stanchezza di quella
giornata si sommava alla sensazione di ansia dovuta alla discussione
avuta con Kei quel mattino. Da allora non aveva più incrociato né
lui né Rei, ed ora lei e Mao se ne stavano fuori casa ad aspettarli,
con la scusa del bucato da stendere.
Appendendo una delle
proprie canottiere al filo più basso, la mora lanciò l'ennesima
occhiata al sentiero che un'ora prima lei e la cinese avevano
risalito.
– Non stare troppo
in pensiero – le si rivolse Mao, comprensiva – Capita di litigare
qualche volta.
Quelle parole non
fecero altro che farle nascere in volto una smorfia – Non è una
bella sensazione. Mi sono sentita malissimo tutto il pomeriggio.
– Ho notato –
commentò la cinese, senza entrare nello specifico.
Sapeva perfettamente
quanta fatica le era occorsa per concentrarsi sulle nozioni
impartitele da Gao.
Nella calda luce del
tramonto finalmente si stagliarono due ombre sul terreno umido e,
poco dopo, i due ragazzi aggirarono lo steccato che separava la
proprietà dal viottolo d'ingresso. La mora tardò a muoversi a causa
degli occhi dai riflessi d'ametista del suo compagno, avvertendo nel
momento in cui li incrociò i muscoli del proprio corpo bloccarsi
istintivamente sotto l'intensità di quella coppia d'iridi. Si sentì
pervadere da un brivido gelido e rovente insieme, una sensazione
talmente intensa e inattesa che le smorzò il fiato in gola e le
impedì di far altro a parte ricambiare quello sguardo, mentre dentro
di sé percepiva infuriare una tempesta.
Aveva bisogno di
scusarsi con lui, di sentirsi dire che non era successo niente o
qualunque altra rassicurazione le avrebbe concesso. Eppure non si
mosse, né lui sembrò far altro a parte guardarla con un'espressione
tremendamente seria.
I pochi secondi che
permeò quella situazione di stallo trascorsero tremendamente lenti
alla sua percezione, finché ella non credette di vedere in quegli
occhi di brace una nota tormentata che non fece altro che conficcarle
la lama del senso di colpa ancor più a fondo al cento del petto,
acida e rovente al tempo stesso.
Poi, finalmente,
quel momento passò, spazzato via dal frapporsi di Rei nel suo campo
visivo.
– Avrei bisogno di
parlarti – le disse, sostandole di fronte e attirando l'attenzione
su di sé.
Presa in
contropiede, come cadendo dalle nuvole, Yukiko sollevò lo sguardo
sul volto del cinese, inarcando un sopracciglio nel notarne il quieto
sorriso sulle labbra. Impiegò un paio di secondi, incerta, prima di
annuire con un cenno del capo a quella richiesta.
– Sì.. d'accordo.
Il draigerblader si
spostò, facendole strada verso il retro della casa e quando la mora
posò nuovamente lo sguardo su Kei, ne distinse chiaramente
l'occhiata con cui seguì l'amico mentre gli passava davanti. In quel
singolo istante, alla ragazza parve di scorgere in quegli occhi un
guizzo di irritazione, subito soffocato da un movimento brusco che lo
vide procedere verso la porta d'ingresso. Scomparve in una manciata
di secondi all'interno della casa, senza aver sprecato una sola
parola per nessuno. Il modo in cui sbatté l'uscio non lasciò più
spazio a dubbi di sorta: si era arrabbiato.
Tesa, la nightblader
cercò allora Mao, ricambiandone il sorriso incoraggiante con uno non
altrettanto spontaneo, prima di muoversi. Nel seguire una volta per
tutte Rei, alla mente tornò a farsi strada dubbio e curiosità
riguardo all'argomento di cui il draigerblader voleva parlarle in
privato, incognita a cui non riuscì a dare risposta in quel breve
lasso di tempo che impiegarono a raggiungere quell'angolo di
proprietà più silenzioso. Soltanto a quel punto il cinese si volse
in sua direzione e la serietà dei suoi lineamenti la indusse a
scrutarlo con una nuova attenzione, nata da un inatteso istinto di
autodifesa. Qualunque cosa avesse intenzione di dirle, dubitava che
le sarebbe piaciuta.
– So che non
dovrebbero essere affari miei – iniziò lui, tutt'altro che
incerto. Doveva essersi immaginato quella conversazione più d'una
volta, dal modo in cui riusciva a tener alto lo sguardo dorato –
..e ti chiedo scusa per quanto sto per dirti, non sono il tipo che si
intromette in cose che non lo riguardano, ma Kei è un caro amico e
non voglio vederlo soffrire.
Yukiko a
quell'esordio già iniziò a sentirsi girare la testa in preda ad un
presentimento, ma corrugando la fronte si concentrò su quanto il
capo della Tribù della Tigre Bianca stava cercando di dirle.
– Ho notato che è
molto.. preso da te e ciò che è accaduto oggi me ne ha dato
la conferma – le disse, prima di chiarirsi – Non l'avevo mai
visto reagire a quel modo ad una provocazione. Non so se sai cos'ha
passato, ma ti prego di tenere presente che non è un tipo che lascia
avvicinare a sé gli altri.. – man mano che il draigerblader
continuava, il senso del suo discorso iniziò a penetrare nella mente
della mora, facendole spalancare sempre più gli occhi verdi,
totalmente spiazzata.
Non poteva crederci:
le stava facendo la predica!
Quel pensiero le
fece stringere i pugni lungo i fianchi talmente forte da far gemere
la pelle dei guanti che indossava, ma non lo interruppe, lasciandolo
continuare.
– Io non ti
conosco, ma volevo solo dirti che oggi era seriamente preoccupato per
te e che, con lui, dovresti tenere a mente che c'è sempre qualche
motivo più profondo di quanto potrebbe sembrare, a muovere le sue
azioni – insistette, addolcendo i propri lineamenti con un sorriso
di scuse – ..e ti prego di non offenderti per quanto ti ho appena
detto, ma mi è sembrato più giusto che lo sapessi, piuttosto che
tenermi il dubbio.
“Troppo
tardi..” pensò Yukiko amaramente.
Sapeva che non
avrebbe dovuto prendersela per quella ramanzina, che le intenzioni di
Rei erano buone, ma la stanchezza della giornata e la tensione di
quelle ultime ore le avevano fatto saltare i nervi a fior di pelle.
Per questo non riuscì in alcun modo a non sentirsi punta sul vivo,
di fronte alle supposizioni del moro, finendo per scoccargli
un'occhiataccia di quelle che avrebbero fatto rabbrividire un tizzone
ardente.
Rei parve accusare
il colpo, perché sussultò e quel suo sorriso di scuse gli si ampliò
in volto, seguito da una constatazione nervosa – Ah.. ti sei
offesa.
La nightblader
sbuffò, corrucciata in viso, riuscendo con quel gesto a scacciare
parte della propria irritazione e mantenendo in quel modo gran parte
del proprio autocontrollo – Hai detto bene, tu non mi conosci –
affermò senza mezzi termini, in modo più scostante di quanto
razionalmente avrebbe voluto – Apprezzo la lealtà che stai
dimostrando nei suoi confronti e credimi – sbottò,
sottolineando quell'ultima parola con il tono di voce, prima di
continuare – se riesco a dire questo è perché so'
perfettamente cos'ha passato.
Il capovillaggio
inarcò un sopracciglio, come se l'eventualità che lei sapesse
realmente dell'infanzia di Kei non gli fosse mai passata per la
testa. Quel pensiero le fece nascere un sorrisetto carico di amarezza
sulle labbra rosee, mettendo a repentaglio il suo sangue freddo.
– Hai mai pensato
che potrei essere io quella che rischia di rimanere maggiormente
ferita? – Rei non rispose, ma rimase a fissarla in silenzio, così
lei continuò, cedendo all'impulso di riempire quel vuoto; dando
sfogo a ciò che teneva custodito nella parte più profonda di sé
stessa, senza nemmeno rendersene realmente conto se non quando ormai
fu troppo tardi per impedirselo – Mi sono innamorata di lui senza
nemmeno rendermene conto e, per qualche motivo, sembra che io gli
piaccia abbastanza da stare con me – si batté una mano aperta al
centro del petto per indicarsi e sentì distintamente l'incredulità
della propria voce, prima che questa si incrinasse – Eppure.. ho
sempre il terrore di rovinare tutto – si sentiva così stanca, così
disperata. Il sorriso tremò e cedette. Un nodo le si strinse in
fondo alla gola, riempiendole gli occhi di calde lacrime e rendendo
la figura del suo interlocutore terribilmente sfuocata – Se mi
fermo a pensarci rischio di impazzire – perse del tutto la
padronanza del tono di voce e deglutì, mentre la prima lacrima
scivolò incandescente oltre le ciglia, rigandole la pelle del viso.
Soffocando un singhiozzo in fondo alla gola, sollevò ambo le mani
per tentare di spazzare via quel piccolo torrente in piena, senza
riuscire a frenarlo in alcun modo. Continuò a piangere ed a cercare
di asciugarsi gli occhi con il dorso di una o dell'altra mano con
gesti rabbiosi e agitati, finché non si arrese e chinò il capo, il
volto adombrato dai capelli che le erano scivolati in avanti a quel
movimento.
Intanto, Rei sembrò
come impietrito e il suo maldestro tentativo di rimediare a quanto
scatenato non fece altro che peggiorare le cose, perché al suo
incerto – ..ehm.. – la mora gli scoccò un'occhiata di fuoco
tanto incandescente da creare un netto contrasto con lo sguardo
gelido di poco prima.
– Lasciami sola...
il tempo di riprendere il controllo e tornerò dentro – gli disse,
trovando miracolosamente la forza di non far tremare di nuovo la
voce, attingendo alla rabbia di sé e desiderando solo che lui la
lasciasse in pace – Tu vai.
Il ragazzo sembrava
sinceramente combattuto dal rimorso e dal senso di impotenza, ma dopo
un paio di secondi di indecisione finalmente annuì e si mosse per
passarle oltre. Tuttavia, quando fu sul punto di farlo, le posò una
mano su una spalla, stringendola appena in un tentativo piuttosto
impacciato di darle un qualche sostegno morale. Lei a quel gesto non
poté evitare di rivolgergli un mezzo sorriso, riuscendo ad
apprezzarne in minima parte il tentativo dal sapore cameratesco,
prima che lui lasciasse scivolare l'arto dalla sua spalla e girasse
l'angolo.
Solo a quel punto
Yukiko si lasciò ricadere sulle ginocchia, nascondendosi il viso fra
le mani, lasciando libero sfogo a ciò che per tutto il giorno era
stato un mero presentimento presente sottopelle, troppo sfuggente per
poter essere afferrato ed analizzato dalla sua coscienza. C'era
voluto Rei a rendere quella sensazione abbastanza tangibile -
abbastanza reale - da darle un nome ed una forma. C'era voluta
quella presa di coscienza improvvisa per affrontare il terrore che
l'aveva attanagliata fastidiosamente per tutto il pomeriggio.
In realtà, non ce
l'aveva affatto con lui, ce l'aveva con sé stessa.
Come ogni volta che
si scopriva così debole e insicura.
Codarda.
Kei vide rientrare
Rei e la sua espressione non fece altro che aumentare il malumore che
provava.
Che cos'era passato
per la testa del cinese?
Da quel pomeriggio,
da quando gli aveva raccontato per sommi capi come l'aveva
conosciuta, durante l'allenamento a cui l'aveva sottoposto sembrava a
tratti ansioso, a tratti sovrappensiero. Non che questo avesse
intaccato la sua guardia o sminuito la precisione dei suoi attacchi.
Nei due minuti che seguirono il ritorno dell'amico, attendendo che la
mora facesse altrettanto, il dranzerblader avvertì distintamente la
propria pazienza assottigliarsi pericolosamente. Stava per cedere al
proprio stato d'animo e uscire da quella porta con il preciso intento
di andare a cercarla quando, finalmente, l'anta si dischiuse una
seconda volta. Dalla sua posizione abituale, appoggiato di schiena al
muro e con le braccia incrociate sul petto, alla vista dell'oggetto
delle sue ansie, il suo cuore perse un battito e non gli ci volle più
di un istante per indovinare che qualcosa non andasse in lei.
– La cena è
pronta, Yukiko – si fece avanti Mao con un'espressione ansiosa. La
ragazza in questione alzò lo sguardo sulla rosa, uno sguardo che gli
parve fin troppo lucido nella luce artificiale della stanza.
– Scusate, ma non
ho molta fame – esordì la nightblader, con un tono di voce velato
e l'espressione mortificata – ..mi farò una doccia e andrò a
dormire.
Non potevano esserci
più dubbi, non per lui: c'era qualcosa di profondamente sbagliato in
quel comportamento. Quando Yukiko lasciò la stanza senza avergli
rivolto nemmeno un'occhiata, la rabbia lo colse talmente intensa da
smorzargli il respiro in gola e fargli volgere uno sguardo carico di
accuse al suo ex compagno di squadra.
Staccandosi dalla
parete, gli bastarono un paio di falcate ampie e rapide per andare
incontro a Rei e, ancor prima di realizzare ciò che stava facendo,
lo afferrò per il bavero della sua tunica rossa e lo spinse
indietro, contro la parete della sala principale. Il cinese a quel
gesto sembrò del tutto impreparato, finendo soltanto per sussultare
e sollevare lo sguardo su di lui. La consapevolezza che gli lesse
negli occhi dorati gli fece stringere la presa sulla stoffa del
bavero, mentre il moro serrava di rimando le labbra in un'espressione
contrita e tesa.
– Kei! – la voce
di Mao si alzò l'attimo seguente, allarmata, ma il dranzerblader la
ignorò.
– Che diavolo le
hai fatto?! – ringhiò verso il cinese, tenendolo lì.
– Abbiamo solo
parlato.
Al di fuori della
sua sfera cognitiva, il suo cervello registrò un nuovo suono di
passi, ma era troppo furioso, troppo carico di adrenalina, per badare
a qualcos'altro non fosse l'espressione del draigerblader di fronte a
lui.
– E di cosa?!
– Le ho chiesto un
favore.. – fu la risposta evasiva dell'accusato, una risposta che
non fece altro che peggiorare il suo umore.
– Kei, smettila –
questa volta quella voce non poté ignorarla, men ché meno la
sensazione di un paio di braccia sottili che gli cinsero il petto.
Yukiko non tentò di staccarlo da Rei, ma gli si premette contro,
aderendo perfettamente alla sua schiena e nascondendo il viso fra le
pieghe della sua maglia, cosa che non gli impedì affatto di
comprenderne il dire seguente, nonostante il tono pesantemente
incrinato – Non è colpa sua, lascialo Kei.
Come poteva non
essere colpa sua? Era sicuro che, nel momento in cui erano tornati,
lei non avesse avuto in viso quell'espressione!
Nonostante le
proprie convinzioni, il blader giapponese lasciò finalmente la presa
sulla stoffa rossa dell'amico, abbassando le braccia lungo i fianchi
senza però indietreggiare di un solo passo. Soltanto quando, un
secondo dopo, abbassò lo sguardo e rilassò vagamente i muscoli del
corpo, la mora rinsaldò quell'abbraccio a senso unico, e lui ne
colse distintamente il tremito.
Ancora abbastanza
teso da poter essere paragonato ad una corda di violino, non seguì
con lo sguardo lo spostamento del cinese, ma rimase a fissare la
parete nel punto in cui l'aveva spinto, lo sguardo un po' più basso
ed adombrato da alcune ciocche d'argento. Passarono altri trenta
secondi, prima che la stretta di lei si allentasse abbastanza da
permettergli di voltarsi senza forzarla e, sotto gli sguardi degli
altri, la afferrò con quanta più delicatezza possibile per un polso
e la condusse verso il corridoio senza proferirle parola.
– Teneteci
qualcosa da parte – disse soltanto ai loro padroni di casa, prima
di sparire con lei oltre l'angolo.
Avevano bisogno di
un po' di privacy, determinato com'era a chiarire una volta per tutte
la situazione.
E l'arrendevolezza
di lei nel seguirlo gli fece intuire che non era l'unico ad avvertire
quel bisogno.
Non ricordava
l'ultima volta in cui si era sentita così tesa in sua presenza,
eppure non si sottrasse a quel contatto, né si oppose alla direzione
da lui intrapresa. Lo seguì sino alla porta della camera che Mao e
Rei avevano offerto loro per la notte, ma quando lui la superò senza
nemmeno guardarla, la mora inarcò un sopracciglio, riemergendo da
quella sensazione di torpore che l'aveva avvolta sino a quel momento.
La loro meta si
rivelò presto con l'essere il bagno, all'interno del quale non aveva
nemmeno fatto in tempo a mettere piede prima di tornare di corsa sui
propri passi, richiamata dall'esclamazione di Mao. Si sentì come
cristallizzata in un'espressione interrogativa che non ebbe alcun
mutamento, finché il dranzerblader, dopo averla trascinata
all'interno di quella stanzetta, richiuse la porta e, lasciandola
finalmente andare, si mosse ed aprì il rubinetto della doccia. Il
rumore dell'acqua corrente infranse il silenzio venutosi a creare, un
silenzio che non avrebbe comunque avuto vita breve, perché lei si
ritrovò a premere la schiena contro l'anta in legno della porta, gli
occhi spalancati a fissare con sorpresa il suo compagno. Il suo volto
era avvolto nella penombra della stanza, ma la fioca luce che ancora
giungeva dalla finestra lì accanto le permise di cogliere il
tormento interiore che trapelava da quegli occhi scuri. Si sentì
mancare il fiato mentre questi la legava con catene invisibili a quel
suo sguardo penetrante, negandole ogni possibilità di fuga a causa
delle sue braccia, tese ai lati del capo bicolore di lei, i palmi
appoggiati al legno di quell'anta.
– Così non ci
sentirà nessuno – annunciò il blader in poco più di un sussurro,
facendole spalancare gli occhi verdi in una nuova comprensione –
perciò ti prego, dimmi cos'hai.
Quella supplica, per
nulla accorata ma talmente seria e controllata da sortire un effetto
anche maggiore di quanto sarebbe stato altrimenti, le penetrò fino
all'anima, insinuandosi al centro del petto della mora in una
sensazione che le causò una fitta dritta al cuore. Avvertì una
nuova ondata di lacrime pungerle gli occhi, mentre il senso di colpa
riaffiorava, nato dalla consapevolezza che quanto dettole da Rei era
vero: era solo preoccupato per lei. Non c'era altro che un intimo
tormento su quel viso segnato di blu, una preoccupazione il cui unico
oggetto ora era lei, e questo in quell'istante fu troppo da
sopportare.
– Ho paura.. –
parlò senza riuscire a far altrimenti, la voce che nuovamente
minacciò di spezzarsi, e dovette inspirare dalla bocca prima di
riuscire a continuare, la vista che già iniziava ad appannarsi –
..ho paura di rovinare tutto.. io non ti merito.
Kei a quelle parole
sembrò rimanere spiazzato, ma fu rapido a reagire perché si
corrucciò in volto un istante dopo – Come puoi pensare una cosa
del genere?
Yukiko abbassò gli
occhi sulla sua sciarpa – È così.. sicuramente finirò per
rovinare tutto. Oggi ci sono andata pericolosamente vicino.
– Non è vero.
– Sì invece! –
scattò la mora, sollevando per un momento di nuovo gli occhi nei
suoi, prima di mordersi il labbro inferiore e optare per chiuderli –
Non hai idea di come mi sia sentita dopo che te ne sei andato.. ero
arrabbiata con te e al tempo stesso mi sentivo andare in pezzi –
soffocò un sussulto delle spalle, continuando – ..e adesso mi
sento anche peggio, perché l'ultima cosa che voglio è che tu
finisca per allontanarti da me... Vorrei.. vorrei dimostrarti che non
ti sei sbagliato, che puoi contare su di me per qualunque cosa.. –
deglutì, sforzandosi di cercare di nuovo quegli occhi dai riflessi
d'ametista nella fioca luce del bagno – ..ho bisogno che tu abbia
fiducia in me.
La prima lacrima le
scivolò sulla guancia, tracciando un sentiero umido sulla pelle
arrossata, e appena catturò un riflesso nella penombra Kei se ne
accorse. L'istante successivo era di nuovo stretta fra le sue
braccia, schiacciata contro il suo petto, con il suo odore che le
penetrava a fondo nei polmoni, avvolgendola al pari di
quell'abbraccio. Un abbraccio talmente forte da minacciare di
incrinarle le ossa, che la convinse irrimediabilmente ed
istintivamente ad aggrapparglisi a sua volta con uno slancio di pari
intensità, finendo per affondare il viso nella stoffa candida di
quella preziosa sciarpa, impregnandola per questo di calde lacrime
salate.
– Come posso
restare a guardare? – le giunse di nuovo la voce di lui, bassa e
tesa, in una domanda sofferta – Come posso permettere che ti
riempiano di lividi per causa mia?
– Non è a causa
tua.. – cercò di dire lei, reclinando un po' di più il capo per
poggiare solo la fronte all'incavo del suo collo, prima di modulare
il respiro e continuare, un po' più controllata – ..e sono
determinata a dimostrarti che avevi ragione: posso farcela. So badare
a me stessa.
Lui non rispose e il
silenzio che seguì durò il tempo di un paio di battiti del loro
cuore, prima di venire nuovamente infranto.
– Ti prometto che
quelli di oggi saranno gli ultimi lividi che mi vedrai addosso.
Quelle parole non
sembrarono sortire qualche effetto, non subito almeno. Trascorse
un'altra manciata di secondi prima che i polmoni del blader si
svuotassero in un sospiro e che la sua voce tornasse a sfiorarle le
orecchie.
– D'accordo –
acconsentì, in un tono talmente basso che per un momento la mora
credette di aver capito male, prima che lui le sfiorasse la sommità
del capo con le labbra, donandole un bacio fra i capelli – Hai
vinto – e le parole successive fecero fare al suo cuore un balzo in
avanti – Ho sempre avuto fiducia in te.
Sapeva che era vero,
ma quella conferma la fece sentire infinitamente più leggera,
cavandole un peso dal petto che fino a un istante prima aveva
minacciato di soffocarla. La felicità che sentiva iniziare a
pervaderla era tale che le fece bruciare la gola e pervadere i
muscoli di un brivido di tensione. Si era risolto tutto, non c'era
più nulla a incrinare il loro rapporto perché era riuscita a farsi
comprendere.
– Ma non posso
impedirmi di preoccuparmi – aggiunse poco dopo Kei, scostandola con
gentilezza da sé quel poco che bastava a permettergli di sollevarle
il viso con una mano, con il solo scopo di poterla guardare negli
occhi. Sotto quello sguardo intenso e magnetico, la nightblader si
ritrovò ad annuire.
– Lo so –
mormorò in un soffio, finendo per abbozzare un tenue sorriso nel
confessargli – La stessa cosa vale per me.
Poteva accettare
quanto lui le aveva detto perché sapeva che, se le situazioni
fossero state invertite, lei non avrebbe saputo tenere a bada la
propria ansia nei suoi confronti. Per un attimo se lo figurò pieno
di lividi e tagli, e la sensazione che le nacque in petto le fece
credere che avrebbe potuto facilmente morirne.
Il sollievo che la
inondò quando lui si chinò a baciarla scacciò via quell'ombra,
inducendola a ricambiare quel contatto ed a cercare di renderlo più
profondo e intimo. Insinuando la lingua nella sua bocca, avvertì un
brivido di calore pervaderla da capo a piedi quando avvertì la
sensazione vellutata che l'accolse e la respinse, ricambiando quella
visita con un'irruenza che le smorzò di nuovo il fiato in fondo alla
gola.
Le carezze di lui si
insinuarono sotto i suoi vestiti, i quali ricaddero uno ad uno sulle
pietre levigate del pavimento prima di venire seguiti dalla maggior
parte di quelli del blader stesso. Quando lui la spinse verso la
doccia però non si infilò sotto il getto d'acqua con lei,
arretrando di un passo quando le prime gocce fredde la fecero
rabbrividire.
– Aspetta –
mormorò con voce roca, voltandole la schiena nella penombra, per poi
accostarsi alla parete accanto alla porta.
Yukiko approfittò
di quel momento, intuendo ciò che cercasse, per regolare la
temperatura dell'acqua e si rilassò quando, pochi secondi dopo,
quella assunse una temperatura accettabile. Mettendosi sotto il getto
caldo, fece appena in tempo a scacciare il ricordo dell'ultimo
brivido di freddo, prima che la luce si accendesse. Pochi istanti
dopo il dranzerblader scostò la tenda di plastica e la raggiunse,
infilandosi nell'abbraccio che lei gli rivolse e che si concluse in
un nuovo bacio. Un bacio più breve di quanto intimamente si sarebbe
aspettata, che durò il tempo di venir scostata da sotto il getto
della doccia abbastanza da avvertire la fredda parete sfiorarle la
pelle della schiena.
Kei a quel punto si
tirò indietro, lasciando che quelle miriadi di goccioline gli si
riversassero sulle spalle mentre i suoi occhi si tennero
ostinatamente fissi su di lei. Incrociandoli, la mora avvertì
distintamente il proprio viso accendersi, mentre lo sguardo altrui
scendeva sulla sua pelle umida. Non capì subito cosa stesse cercando
di fare e, preda di un improvviso imbarazzo, tentò di coprirsi in
qualche modo con le braccia, tentativo che venne bloccato da una
stretta decisa ma morbida che le circondò i polsi.
– Hai promesso –
le disse soltanto, rammentandole le parole che lei stessa gli aveva
detto pochi minuti prima. Bastò questo per farle capire una volta
per tutte a cosa si riferisse e cosa stesse cercando con quell'iridi
così attente e cariche d'ansia, inducendola ad arrenderglisi e
continuare.
Lo osservò
soffermarsi con lo sguardo su ogni ombra, ogni macchia scura che
decretava la presenza di un livido sul proprio corpo, preda di un
disagio che le fece credere per l'ennesima volta che avrebbe potuto
farle balzare il cuore fuori dal petto. Arrivò persino a sfiorare
con tocco lieve i segni più recenti, come se temesse di farle male
ma al tempo stesso non potesse credere di vederla in quello stato.
Quando terminò, dopo aver tracciato il contorno di un ultimo livido
che spiccava sulla parte esterna della gamba destra, sollevò di
nuovo gli occhi di brace a cercare quelli di lei, tradendo il proprio
stato d'animo dall'espressione corrucciata e combattuta che aveva in
viso.
– Non uno di più
– mormorò.
Yukiko annuì
mordendosi il labbro inferiore sino a sentire dolore, siglando così
il loro patto, prima di far un passo avanti e avvertire le braccia di
lui richiudersi dietro la propria schiena. Ne cercò le labbra, di
nuovo ammessa sotto il getto d'acqua calda, scaldandosi grazie ad
esso ed al contatto diretto di pelle contro pelle. Gli si aggrappò,
cingendogli il collo e le spalle con le braccia, ignorando la
protesta dei muscoli che aveva sforzato durante il corso della
giornata. Soffocò il disagio precedentemente provato in quel
contatto, crogiolandosi nella sensazione - tanto familiare da
apparirle sempre nuova - che da esso traspariva, incontrando di nuovo
le sue labbra in un bacio tenero e passionale al tempo stesso.
Ben presto il
ricordo di quelle ultime ore cariche di ansie e preoccupazioni venne
spazzato via, messo in ombra da un presente infinitamente più
piacevole per entrambi.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
E così finisce anche il 33° capitolo! Cosa ne pensate??
So che non è successo niente XD è un capitolo di transizione, ma ci tenevo a scriverlo perché mi sembrava brutto passare subito alle conclusioni, ecco. E poi doveva pur capitare qualcosa del genere, no? Era praticamente d'obbligo, con tutto il tempo a disposizione!!!
Non ho risposto a nessuna delle vostre domande suscitate nei precedenti capitoli, lo so. Chi era il ragazzo che sgattaiolava nel buio? Che piano avrà architettato Kei? Riuscirà Yukiko a migliorare abbastanza da poter affrontare quella misteriosa minaccia? Ma cosa altrettanto importante, riuscirà a mantenere la sua promessa?
Lo scoprirete, ora posso dirlo, nel prossimo capitolo!! Promesso, non uno di più!! (citando un blader a caso)
Nel frattempo ringrazio tantissimo il vostro sostegno <3 siete carinissime, mi fate sempre stra-felice con le vostre recensioni e spero di non aver fatto storcere il naso a nessuno nemmeno questa volta! Non saprei cosa fare senza voi ragazze! E ovviamente, anche chi continua a seguirmi in silenzio è molto importante per me, non dubitatene! Vedere il contatore di visite che continua a salire di capitolo in capitolo è sempre una gioia *_* grazie grazie grazie!
Per oggi è tutto, vi lascio e vi mando un baciotto, augurando a tutti un buon inizio settimana!
A prestissimo!
la vostra ispiratissima
Kaiy-chan |
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Capitolo 34 *** Lo scontro decisivo ***
34. Lo scontro
decisivo
Il piano era stato
discusso più volte ed ormai non avevano più tempo per rivederne i
dettagli: sperava soltanto che andasse tutto liscio per l'indomani.
Varcando la soglia
al seguito di Rei, Kei lasciò al padrone di casa il compito di
annunciare il loro rientro e si mosse invece nella sala, cercando
automaticamente con lo sguardo la sua compagna. Yukiko era
abbandonata su una delle sedie al tavolo che lei e Mao avevano appena
finito di allestire per la cena. Tardò un paio di secondi per
drizzare il capo dalla posa reclinata all'indietro in cui si era
attardata, ma la sua espressione si illuminò di un sorriso spontaneo
quando lo vide. Un sorriso che Kei si ritrovò fin troppo pronto a
ricambiare, seppur senza abbandonare lo sguardo critico con cui ne
esaminò l'aspetto: la ragazza aveva raccolto i capelli bicolori in
una coda alta ancora lucida ed appesantita di umidità, indossando
una delle magliette sformate che ultimamente le aveva visto
prediligere dopo ogni doccia rilassante. Gli parve piuttosto stanca,
cosa che gli fece nascere ancora una volta i classici “dubbi
dell'ultimo minuto”.
Avrebbe dovuto
andare tutto bene l'indomani. Assolutamente.
Il dranzerblader non
era mai stato facilmente preda dell'ansia o del nervosismo, ma ora,
nonostante tutte le proprie convinzioni sull'assoluta sicurezza del
ruolo che doveva ricoprire la mora, iniziava a sentirsi terribilmente
inquieto. E se qualcosa fosse andato storto? E se si fosse sbagliato?
E se...
– Com'è andata?
La domanda lo trasse
da quegli interrogativi autolesionistici e lo costrinse a prestare
attenzione alla sua compagna, alla quale rispose con un'alzata di
spalle, prima di domandarle a sua volta – E il tuo allenamento?
– Oh, tutto a
posto – affermò lei, raddrizzando la schiena per mettersi seduta
un po' più composta – Domani me la caverò alla grande, vedrai.
Era la stessa cosa
che lui, pochi minuti prima, aveva ribadito a Rei.
Cenarono tutti e
quattro insieme. L'atmosfera, dopo l'accaduto di quattro sere prima,
si era rasserenata dopo che i due ragazzi si erano chiariti, a modo
loro.
[Flashback]
Il mattino
seguente Kei si era alzato all'alba e per puro caso si era ritrovato
a incrociare il cammino di Rei in corridoio. Era bastato loro uno
sguardo per comprendersi e dirigersi entrambi in cucina ed, una volta
lì, mentre il cinese tirava fuori il necessario per la colazione,
avevano parlato. Anche se forse tale termine potrebbe risultare un
po' troppo pretenzioso, per la conversazione che era avvenuta fra i
due.
– Mi ha
spiazzato – aveva detto di punto in bianco il moro mentre gli dava
le spalle, eppure il dranzerblader non ebbe bisogno di chiedergli a
chi si riferisse – ..è una ragazza in gamba.
L'altro annuì
con un cenno del capo, deviando gli occhi scuri sul lavandino.
– Vi devo delle
scuse.
Questa volta il
cenno fu di diniego – Yukiko mi ha detto che eri solo preoccupato.
– Non avrei
dovuto impicciarmi comunque.
– Ed io non
avrei dovuto appenderti al muro.
Il cinese gli
rivolse un tenue sorriso, che il blader di fuoco ricambiò con uno
quasi identico.
– Cerca solo di
non rompere il naso a nessuno dei miei, prima del fatidico giorno.
– Non ti
prometto niente.
E la cosa era
finita lì.
Ormai era passata
una settimana dal loro arrivo inaspettato al villaggio.. sette giorni
in cui si erano raccolti tutte le sere intorno a quel tavolo,
approfittando del momento per scambiarsi impressioni sui progressi di
Yukiko e sulla linea d'azione migliore da intraprendere, sui percorsi
e le caratteristiche della zona. Eppure, anche se quella sera si
astennero dal rivangare certi dettagli, il tempo per apportare
modifiche decisamente scaduto, quella di vedere le due coppie sedute
vicine con, in mano, una ciotola di riso a testa, era divenuta una
scena dai connotati decisamente familiari e rassicuranti. Durante la
permanenza dei due giapponesi, Rei aveva dato il cambio a Mao di
tanto in tanto, per quanto riguardava la preparazione della cena, ma
la differenza era risultata sottile al palato del dranzerblader ed
aveva dovuto ammettere che le abilità culinarie della ragazza
avevano finito per eguagliare quelle dell'amico.
Cenarono
chiacchierando del più e del meno, senza sfiorare più di una volta
l'argomento che riguardava il giorno seguente ed, una volta terminato
il pasto, Kei approfittò della scusa fornitagli dalla stanchezza
della nightblader per congedarsi con lei e ritirarsi nella loro
stanza. Richiusa la porta dietro di sé, si soffermò un istante a
percorrere le pareti della camera degli ospiti messa a loro
disposizione, ritrovandola delle stesse dimensioni ridotte che
ricordava. Di pianta rettangolare, era provvisto di un letto a una
piazza e mezzo, posizionato sotto una piccola finestra scorrevole
celata dietro un paio di tendine color panna, mentre alla parete
sulla destra era accostato un armadio, unico mobile adibito –
escludendo il comodino – ad ospitare i loro averi, ancora per lo
più stipati dentro le rispettive borse. La ragazza al suo fianco
attirò la sua attenzione, puntando con uno sbadiglio direttamente al
loro giaciglio, raggiungendolo e lasciandovisi cadere distesa in
diagonale, in una posizione che risultò occuparne tutta l'ampiezza.
Il sospiro che le sentì esternare ne accompagnò il sollevare delle
braccia sopra il viso, movimento che, oltre a nasconderglielo per
metà, contribuì a scoprirle un frammento di pelle ad altezza
dell'ombelico abbastanza grande da fargli notare l'ombra di un livido
giallastro sotto il lembo di quella maglietta. Niente di nuovo, era
uno degli ultimi che le aveva visto quella sera, sotto la doccia.
Quel ricordo gli fece inarcare un sopracciglio.
– Hai bisogno del
bagno?
– Mmhmnuh..
L'altro sopracciglio
di Kei si accostò al fratello, completando l'espressione sul volto
del ragazzo dai capelli d'argento in una decisamente sorpresa, nata
più dalla facilità con cui ne aveva dedotto il significato negativo
al primo tentativo che dal resto. Aveva assistito a tale scena già
quattro volte e sembrava già in grado di fare da traduttore
simultaneo per le repliche monosillabiche che uscivano di bocca alla
mora in quelle occasioni. A dirla tutta, era una cosa che trovava
piuttosto buffa di lei e che gli fece salire l'impulso di prenderla
in giro anche in quell'occasione.
– Peccato che tu
non ti regga in piedi – esordì con indifferenza, attraverso la
camera per recuperare un cambio di vestiti senza guardarla – Non
eri stata tu a dire che questo non era affatto troppo per te? Se non
fosti così stanca, avrei anche potuto proporti una piacevole
serata per ricompensarti a dovere.
Non aggiunse altro e
nel silenzio che seguì gli parve di udire un vago fruscio di stoffa
provenire da dov'era distesa la nightblader. Non faticò affatto a
immaginarsi il suo sguardo color smeraldo puntatogli addosso, ma lui
la ignorò, tornando sui suoi passi senza batter ciglio. Stava per
schiudere nuovamente l'uscio quando la voce di lei lo raggiunse,
facendolo fermare con la mano destra posata sulla maniglia.
– Farai meglio a
sbrigarti a tornare – quelle parole gli giunsero in un tono
piuttosto sostenuto, che gli fece immaginare fin troppo facilmente la
sua espressione imbronciata.
Eppure quella era
una reazione un po' diversa, più sicura rispetto a quelle che aveva
ottenuto a frecciatine simili in passato; una reazione che lo indusse
a lanciarle un'occhiata da sopra la spalla sinistra. Nell'istante in
cui la inquadrò di nuovo nel proprio campo visivo tuttavia, avvertì
il proprio cuore accelerare i battiti mentre le parole di lei
acquistavano per lui un nuovo significato. Si era mossa, in modo da
giacere distesa supina sulle coperte, il braccio sinistro ripiegato
su di esse mentre la mano destra era adagiata indolentemente sul
ventre, sottolineando a quel modo la curva del fianco. Era voltata
verso di lui, il viso incorniciato da una massa scomposta di capelli
scuri e atteggiato in un'espressione talmente seria da far risultare
penetranti i suoi occhi, seppur li tenesse leggermente socchiusi. Non
c'era traccia di rossore sulle sue gote, né di imbarazzo nel modo in
cui lo stava guardando, solo un muto incitamento che gli fece nascere
un brivido d'eccitazione dietro la nuca e l'impulso di fare
esattamente come lei gli aveva detto.
Strinse le labbra,
ben consapevole della tensione che gli stava rendendo difficile
persino distogliere lo sguardo da lei, preso totalmente alla
sprovvista da quella mancanza di pudore inattesa per i sottintesi che
aleggiavano nell'aria. Un paio di secondi dopo, in quel silenzio,
giunse finalmente ad una conclusione e si staccò dalla porta,
abbozzando un sorrisetto malizioso mentre tornava sui propri passi e
si accostava a quel letto. Senza mai perdere il contatto visivo con
lei, salì sul materasso insinuando un ginocchio fra le sue gambe e
ponendo ambo le mani ai lati del suo corpo, le braccia tese a
sostenersi in quella posa a carponi. Sopra di lei la sovrastò senza
problemi, mentre il pensiero di ciò che gli stava passando per la
mente lo costrinse a sorridere maggiormente, in un'espressione che
sapeva perfettamente quanto poco rassicurante apparisse.
– Ho un'idea –
le disse a basso tono, scrutandola in viso e notando il sospetto
trapelare in quegli occhi verdi: stava iniziando a non riuscire più
a nascondergli quel suo lato più impacciato, a cui lui era
decisamente più abituato in quel genere di momenti così intimi,
cosa che contribuì a divertirlo alquanto. Soddisfatto di iniziare a
vederla accusare un certo effetto, si abbassò sino a sfiorarle la
guancia destra con la propria, prima di farle la sua proposta,
illustrandole in maniera sintetica ma non priva di dettagli il modo
in cui l'avrebbe convinta di lì a poco a spostarsi da quella camera
al bagno.
Il gemito soffocato
che le sfuggì dalle labbra lo interpretò come un “sì”.
Non c'era nulla di cui preoccuparsi: il piano avrebbe funzionato come
doveva.
Continuava a ripeterselo da una mezz'ora buona, mentre camminava
lungo quel sentiero fra le montagne accanto alla ragazza di Rei. Il
sole era ormai alto nel cielo, l'ora di pranzo passata da neanche due
ore, e finalmente era giunto il tempo per cui si stavano preparando
da tutta la settimana.
– Siamo sicuri che abboccheranno? – chiese a bassa voce Mao,
scoccandole un'occhiata nel procedere verso la loro meta.
– Non c'è motivo di pensare il contrario, non dopo il resoconto
che ci avete dato degli attacchi precedenti – le rispose Yukiko.
– E se Kei si fosse sbagliato? – insistette lei – ..ormai è
parecchio che giriamo e non si sono ancora fatti vivi.
Quelle parole cariche di una malcelata preoccupazione sfiorarono un
nervo sensibile della moretta e la costrinsero a fermarsi lì, al
centro di quella che sembrava una piccola radura fra le montagne,
stringendo i pugni lungo i fianchi in un moto di tensione. Per un
attimo prese in considerazione l'eventualità che il suo compagno si
fosse sbagliato, che qualcosa nel suo ragionamento avesse una falla,
ma quando risollevò lo sguardo sulla sua nuova amica, scacciò quel
dubbio inconcludente: Kei era un osservatore troppo attento per
travisare certe cose.
– Non può essersi sbagliato.
– Eppure sembra così – l'interruppe una voce sconosciuta.
Sussultando, Yukiko sollevò di scatto lo sguardo su chi aveva
parlato, inquadrando la sagoma comparsa all'inizio del loro stesso
sentiero. Era uno dei Red Dragons ed aveva stampato in volto un
ghigno saccente che si ricollegava piuttosto bene alle parole che
aveva proferito loro poco prima. Un vago rumore giunse alle loro
spalle e si voltarono di scatto, vedendo un altro tizio della stessa
Tribù bloccare la via da cui erano venute. Con un rapido sguardo
tutt'attorno a loro, la giapponese si appurò che non vi fossero
altri avversari nei paraggi, cosa che le fece progressivamente
delineare le labbra in un mezzo sorrisetto vittorioso.
Il piano stava funzionando.
– Eccoli – mormorò Rei, restando nascosto.
– Sembra siano soltanto in due – gli rispose a bassissimo tono il
dranzerblader, tenendo d'occhio la situazione da dietro il loro
riparo.
– Gli altri... – il suo ex compagno di squadra non finì la
frase, lasciandola in sospeso, e lui gli rispose con un semplice
cenno d'assenso.
Gli altri membri dei Red Dragons stavano sicuramente cercando di
aggirare il gruppo di Lai e prenderli alle spalle, nello spiazzo
soprastante al pendio che delimitava un lato di quella piccola
radura. Lo scambio fra le ragazze e i due avversari continuò,
scandendo il trascorrere inesorabile del tempo: era quasi l'ora di
entrare in azione.
– Solo in due? Non crederete di poterci tenere testa?! – stava
dicendo Mao, con una nota velenosa.
Uno di loro ridacchiò, prima di ribattere – Per voi bastiamo e
avanziamo!
– Mao se li mangerebbe a colazione – sussurrò, divertito,
un'altra volta Rei.
Kei non faticava a credergli: la cinese quando ci si metteva sapeva
tirar fuori un caratterino che non aveva nulla da invidiare a quello
di una tigre infuriata.
Eppure non potevano permettersi di lasciarla divertire, quei due
dovevano essere messi fuori gioco in fretta per poter passare alla
seconda fase del piano.
Peccato che, un paio di secondi dopo, accadde qualcosa di non proprio
previsto. Yukiko, mettendosi in posizione difensiva, fece un passo
indietro, ma sotto il suo piede il terreno cedette, aprendosi in una
buca che la inghiottì con un grido di sorpresa. Kei la vide
scomparire e, prima di poter muovere anche un solo muscolo, Mao la
seguì, spinta da uno dei loro assalitori. Rei scattò in avanti
senza dargli il tempo di battere ciglio, innescando nel giapponese
una pronta reazione che lo fece saltare in piedi a propria volta, per
sgusciare da dietro il proprio nascondiglio e avventarsi sul tizio
che aveva puntato sin dall'inizio.
– Mao!
Il draigerblader scaraventò nella buca il suo avversario con una
spallata dietro la schiena, mentre Kei si gettò di peso sul suo
compare, facendogli fare la stessa fine. Riuscì ad evitare di
condividerne il destino soltanto all'ultimo istante, frenando lo
slancio sul bordo della trappola. In quella manciata di secondi,
esclamazioni e urla rauche riempirono l'aria, mentre dal fondo della
stessa si levarono due voci femminili che urlarono di protesta.
Quando si affacciarono per poter assicurarsi della buona salute delle
loro compagne, Kei non si sorprese più di tanto degli sguardi truci
delle due ragazze, che cercavano di liberarsi del peso dei corpi dei
tizi che erano loro finiti praticamente addosso, troppo frastornati
per opporsi.
– Tirateci fuori!
– Faccio ancora in tempo a raccontarlo a Lai e allora sì che ci
sarà più di un occhio nero!
– Scusa tesoro, ma dovrete fare da babysitter a questi due –
ribatté il capo della Tribù della Tigre Bianca ammiccando,
decisamente meno in pensiero di poc'anzi, prima di stendere una rete
sulla sommità di quel buco profondo più di due metri.
– Cosa?! – esclamò Yukiko, spalancando gli occhi e incrociando
quelli del dranzerblader.
Questi sfoggiò un sorrisetto in sua direzione, lasciando cadere
verso di lei un paio di corde – Usate queste. Torneremo presto.
La voce della moretta gli giunse senza problemi, mentre quella si
lanciava in invettive e minacce, talmente infervorata da fargli
nascere un sorrisetto divertito sulle labbra, a causa della
prospettiva concreta di dover rimanere fuori dall'azione. Che le cose
avessero preso una piega del genere non era stato del tutto previsto
nemmeno da lui, ma ci aveva segretamente sperato sino a quel momento.
Non attese un solo istante di più, prima di allontanarsi in tutta
fretta, facendo uno scatto per star dietro al suo ex compagno di
squadra. Si inerpicarono sullo stretto sentiero che serpeggiava sul
pendio cosparso di vegetazione, mentre ad ogni passo i rumori di una
lotta in corso si facevano più distinti. Quando finalmente sbucarono
nel luogo prestabilito, Kei non si sorprese affatto di trovare i
White Tigers in minoranza numerica, sul punto di venir sopraffatti.
Lo spazio era piuttosto ristretto, di un diametro di circa cinque
metri e circondato su tre lati da pareti a strapiombo. Lai, Gao e
Kiki si stavano supportando spalla a spalla, circondati da cinque
persone agghindate con gli stessi colori scuri. Sulle schiene delle
loro tuniche verdastre spiccava, rosso come il sangue, il profilo di
un dragone rampante.
A quella vista, lui e Rei si mossero all'unisono, mettendo mano alle
bolas che avevano con sé e, dopo averle sganciate dalle rispettive
cinture, facendole roteare in aria, mirando alle gambe dei due nemici
più vicini. Il primo cadde con un'esclamazione e il secondo lo seguì
a ruota, le caviglie improvvisamente legate da quelle corde annesse a
sfere di metallo pesante, avvolte in una morsa salda attorno alle
loro gambe. Sei paia d'occhi si voltarono verso di loro, ma due di
essi fra tutti furono altrettanto rapidi a reagire e prendere
quell'occasione al volo.
Lai e Gao si gettarono come delle furie sui loro assalitori e Kiki si
mosse per difendersi da un assalto frontale, senza troppo successo.
Venne spedito con il sedere a terra, mentre un taglio mediamente
profondo sulla guancia destra gli lasciò scivolare una goccia di
sangue sulla pelle abbronzata. L'unica ragazza che faceva parte del
gruppo antagonista, a quella piega inattesa degli eventi, parve sul
punto di reagire ma il suo avversario la anticipò. Rei corse in
aiuto del compagno, lasciando al dranzerblader il compito di rendere
innocui i due che avevano momentaneamente messo a terra, che lo
stordì entrambi.
Le cose stavano volgendo velocemente a loro favore ma, come ogni
volta, accadde qualcosa che cambiò le carte in tavola.
Kiki si guardò intorno senza riuscire a mascherare la propria
espressione combattuta.
Allarmato, vide la ragazza dei Red Dragons venire messa alle strette
e agì d'impulso, senza riuscire ad impedirselo. Si frappose fra lei
e Lai, che la stava minacciando con uno dei suoi pugnali, provocando
nel suo antico compagno un moto di stupore che lo immobilizzò.
Quando ne incrociò lo sguardo dorato del tutto simile a quello di un
grosso felino, il più giovane dei White Tigers digrignò i denti
sotto il peso del senso di colpa, ma non si mosse di un solo
centimetro.
– Kiki! Cosa diamine stai facendo?!
Quelle parole fecero bloccare anche gli altri.
Lui non si guardò intorno per capirlo, ben consapevole anche così
di aver tutti gli occhi puntati addosso, compresi quelli della
ragazza che stava proteggendo in quel momento. Tenne il proprio
sguardo puntato in quello di Lai, restando in una posizione
difensiva, senza mostrare alcun cedimento. Ormai non poteva più
farsi da parte e far continuare quella follia, non poteva rischiare
che qualcuno si facesse male sul serio.
– Basta! Fermatevi!
Nessuno si mosse, cosa che lo indusse a cercare con lo sguardo i due
capi delle due Tribù nemiche.
– Dovete finirla qui – esclamò, ignorando il nodo che gli si era
formato in gola, prima di rivolgersi direttamente al capo dei Red
Dragons, evitando accuratamente di incrociare gli occhi del
draigerblader – Sono io quello che cercate.
– Credo che tu ci debba delle spiegazioni, Kiki – esordì a quel
punto la voce impassibile di Rei.
Il più giovane dei White Tigers annuì con un cenno del capo,
abbassando lo sguardo sul terreno.
Fece un respiro profondo, prima di iniziare a raccontare come era
realmente iniziata tutta quella storia. Nel confessare i propri
sentimenti, nati circa un mese prima, avvertì un senso di
mortificazione quasi soffocante, ma al tempo stesso riuscì ad
assaporare la liberazione del non doverli più nascondere ai suoi
compagni. Cercando lo sguardo della sua amata, lei gli si spostò
accanto e lo sorprese, prendendogli la mano fra le sue e stagliandosi
a sua volta sotto quegli sguardi attoniti e fissi. Quando terminarono
la loro spiegazione, il primo a reagire fu il fratello maggiore
d'ella, che fece un passo avanti e puntò il dito contro di lei.
– Linmei! – la chiamò per nome, facendola sobbalzare – Mi hai
mentito per tutto questo tempo?
La ragazza annuì con un cenno del capo, abbassando a sua volta lo
sguardo – Scusa, Liang.
– La colpa è solo mia. Ero troppo spaventato per assumermi la
responsabilità delle mie azioni – intervenne Kiki prendendone le
difese, combattendo la tensione che ormai minacciava di bloccargli
ogni muscolo e affrontando con un coraggio che non sapeva nemmeno di
avere il capo dei Red Dragons – Nessuno ha rubato il vostro
prezioso amuleto: non ho saputo fare la dovuta attenzione ed è
andato rotto.
Un movimento al limitare del suo campo visivo gli rivelò che ad
avanzare di un passo questa volta era stato il dranzerblader, lo
stesso ragazzo che continuava ancora ad inquietarlo con quel suo
sguardo penetrante e l'atteggiamento indifferente. Tuttavia, questa
volta sul suo viso era delineato un mezzo sorrisetto saccente.
– Non sei davvero cambiato in questi ultimi otto anni.
Quella presa in giro gli fece inarcare un sopracciglio, mentre si
rendeva conto che il giapponese non sembrava affatto sorpreso della
storia che aveva raccontato loro. Spostando lo sguardo su Rei,
finalmente ne studiò i lineamenti e ancora una volta non vide
traccia di stupore negli occhi del suo capovillaggio.
– Lo sapevate? – domandò in un soffio, preso completamente alla
sprovvista.
Il capo della Tribù della Tigre Bianca annuì con un cenno del capo,
prima di spiegare.
– Kei ti ha visto sgattaiolare di nascosto fuori dal villaggio la
settimana scorsa – annunciò, incrociando ambo le braccia e
proseguendo – ..così abbiamo capito che ci stavi nascondendo
qualcosa ed abbiamo deciso di modificare il piano originale senza
dirvi nulla, non sapendo se aspettarci o meno qualche fuga di
informazioni. Con uno stratagemma avevamo intenzione di farti uscire
allo scoperto una volta concluso lo scontro, ma a quanto pare non ve
n'è stato bisogno.
Guardandosi attorno, Kiki notò lo stesso sconcerto che l'animava
riflettersi nello sguardo di Lai e nell'espressione di Gao. Erano
stati entrambi esclusi.
Quella consapevolezza sembrò non andare giù al secondo in comando.
– Perché non me l'hai detto, Rei?!
– Perché non saresti riuscito a far finta di niente: sei come un
libro aperto, Lai.
Il detentore del bitpower del Leone Nero digrignò i denti ma non
aggiunse altro, combattuto a causa della verità insita in quelle
parole. La sua irritazione non fece altro che aggravare l'atmosfera
che aleggiava fra i presenti, appesantendola, finché non fu il capo
della Tribù della Tigre Bianca a porre fine a quella pausa di
silenzio, rivolgendosi a Liang.
– In qualità di capo dei White Tigers ti porgo ufficialmente le
mie scuse per i guai che vi ha causato il più giovane dei miei
compagni – di fronte a tanta formalità, l'altro sembrò venir
preso in contropiede e, riemergendo dalle sue riflessioni, fece per
ribattere qualcosa, ma venne frenato sul nascere dalle parole che
seguirono, rivolte proprio al responsabile di tutta quella storia –
Kiki. Non ti nascondo che sono deluso dal tuo comportamento. Dovrai
porre rimedio a quanto accaduto e cercare di risarcire l'amuleto che
hai rotto, questo nel modo ritenuto più appropriato dalla stessa
famiglia che hai danneggiato.
Quella decisione fece spalancare gli occhi sia a lui, sia a Linmei,
con la quale scambiò una rapida occhiata.
– Che significa? – chiese il capo dei Red Dragons a quel punto,
direttamente a Rei.
– Significa che spetterà a te decidere una punizione adatta che
possa porre rimedio al torto che vi ha fatto – spiegò impassibile
il moro.
Questo parve soddisfare il capotribù avversario, che sfoggiò un
sorrisetto sornione, che fece correre un brivido dietro la schiena
del giovane penitente.
– Allora dico che dovrà prestare servizio alla nostra famiglia
sino all'arrivo della prima neve come tuttofare, ogni giorno,
dall'alba al tramonto – decretò.
Rei annuì, dando il suo consenso e siglando con la sua parola quel
nuovo accordo.
E la decisione sembrò essere definitivamente presa.
Yukiko si sentiva presa in giro.
Alla fine non soltanto non aveva messo in pratica ciò che aveva
imparato durante quell'ultima settimana, ma era stata lei stessa
artefice del suo destino, cadendo come un'allocca in quella trappola.
Quando ne era uscita, aiutata dai loro compagni, aveva capito dalle
loro pose rilassate che era già tutto finito. La presenza
dei Red Dragons aveva fugato ogni dubbio: sembravano aver raggiunto
una sorta di compromesso, perché nessuno sembrava guardarsi in cagnesco. Non troppo almeno.
Soltanto poi, sulla via del ritorno, lei e Mao erano state messe al
corrente degli sviluppi di quella storia, apprendendo con stupore
quanto fatto da Kiki e decretato infine da Rei per fare ammenda al
torto di cui il giovane cinese si era macchiato.
[Flashback]
– Cosa? – aveva esclamato Mao, sgranando gli occhi color miele
sulla figura del suo amico d'infanzia più giovane.
– E così finisce, senza che io abbia avuto occasione di
prendere a calci nessuno – sbottò infastidita la mora, serrando i
pugni lungo i fianchi.
Rei tentò di fare da mediatore, rivolgendosi a loro due con ambo
le mani sollevate ad altezza delle spalle in universale segno di resa
ed un sorriso conciliante – In fondo è andata meglio così, non
credete? – chiese loro in una domanda che suonò retorica ad
entrambe.
Nessuna delle due ragazze gli rispose affermativamente,
infastidite nell'orgoglio, e assunsero entrambe la stessa identica
posa a braccia conserte, una scena che fece scoppiare a ridere sia i
White Tigers che i Red Dragons.
Un paio di colpi alla porta la distrassero e la voce della sua nuova
amica cinese la fece riemergere da quel ricordo.
– Yukiko, sei pronta?
La mora terminò di allacciarsi l'abito che le aveva procurato la
ragazza dai capelli rosa. Si trattava di un vestito di raso lucido,
color verde scuro, di foggia orientale con le maniche strette e la
gonna che si apriva in un paio di spacchi che, dalle caviglie,
risalivano i lati delle gambe di lei sino ad oltre metà coscia. La
stoffa era impreziosita di ricami floreali sul lato destro, sfumati
dal giallo al rosa e contornati da piccole foglioline di un verde
brillante. Gli orli erano messi anch'essi in risalto da un filo color
ocra che li rinforzava sia lungo i polsi, sia alla sommità del
colletto alto, per poi scendere da esso in diagonale dinanzi al petto
in una chiusura a piccoli bottoncini in vetroresina.
– Quasi – le rispose, dandosi una veloce controllata allo
specchio – Entra pure.
La porta di aprì l'istante successivo e la rosa fece il suo
ingresso, sfoggiando un abito molto simile a quello di lei, dai
colori che variavano dal bianco al rosso cremisi. Appena ne incrociò
sguardo di miele della cinese, quella parve illuminarsi.
– Ti sta davvero benissimo, sembra fatto apposta per risaltare il
colore dei tuoi occhi! – quel complimento, oltre a prendere in
contropiede la moretta, la fece arrossire violentemente e non le
permise di ribattere alcunché, dandole così modo di riprendere a
parlare senza interruzioni – Ti ho portato le scarpette che ti
avevo detto – le annunciò, sollevando la mano destra e
mostrandogliele.
Erano un paio di ballerine di stoffa nera del tutto simili a quelle
di lei, lisce e dalla morbida suola in cuoio, il tacchetto non più
spesso di due centimetri. L'ampio sorriso che le vide in viso non
sfumò un solo istante, mentre si faceva avanti, annunciandole che
l'avrebbe aiutata volentieri con i capelli.
Non potendo far altro che accettarne l'offerta, Yukiko si rimise a
sedere su una sedia, permettendole di mettersi all'opera. Mao era
senz'altro la più esperta in acconciature e sembrava non aver nulla
in contrario quando le chiese di restare sul semplice, sebbene la
moretta per un istante si chiese silenziosamente se i suoi standard
di semplicità rispecchiavano quelli che aveva in mente lei. Mentre
la cinese armeggiava con le sue ciocche bicolori, al sentirla
affermare quanto fosse felice di aver potuto aiutarla a mettersi in
tiro per quell'occasione, Yukiko si lasciò andare ad una risata
sommessa.
– Be', sei tu l'esperta di tradizioni cinesi e ti sono grata di
avermi prestato un abito adatto.
– Oh, ma non te lo sto prestando, è un regalo! – chiarì
allegramente l'altra, prendendola in contropiede – Era di mia
cugina, prima di crescere di un'altra manciata di centimetri sia di
altezza, sia di circonferenza. Lei me l'ha ceduto ma per me era
troppo lungo, sono contenta che ti stia così bene – cinguettò.
Era proprio al settimo cielo e la giapponese, seppur combattuta, non
ebbe cuore di contraddirla o rifiutare quel dono inaspettato, così
la lasciò continuare, osservandola attraverso il riflesso dello
specchio e ripromettendosi di trovare un modo per ricambiare quel
gesto. Mao intanto continuò – Sono sicura che anche Kei farà la
sua figura, con gli abiti che gli ha dato Rei.
Quell'osservazione fece inarcare un sopracciglio alla mora, che sentì
nascere dentro di sé una nuova curiosità e una certa impazienza.
Chissà che effetto le avrebbe fatto vederlo vestito di quegli abiti
orientali? Una parte di sé era convinta totalmente
dell'impossibilità del dranzerblader di sfigurare in qualsiasi
vestito, ma sospettò che quel giudizio terribilmente di parte fosse
dovuto ai sentimenti che provava per lui e che avevano, in sua
presenza, lo stesso effetto di una calamita.
Mao la aiutò anche col trucco, spolverandole le palpebre di un tenue
color oro, prima di terminare con una linea di ombretto rosso che
richiamava il colore delle punte dei suoi stessi capelli. Un tocco di
rossetto scarlatto e fece un passo indietro, ammirando con un sorriso
soddisfatto la sua creazione.
– Ora sei perfetta. Su, la festa sta per cominciare!
A Yukiko non restò altro da fare che annuire e seguirla, ignorando
lo specchio quanto l'improvviso nodo di tensione che le si strinse
alla bocca dello stomaco.
La festa indetta dal capo della Tribù della Tigre Bianca era stato
un espediente di Rei per appianare gli ultimi disaccordi fra White
Tigers e Red Dragons. Ovviamente anche quest'ultimi erano stati
invitati e la loro presenza attorno a quel tavolo aveva gettato un
velo di tensione sui vari presenti che ora, dopo una mezz'ora buona,
finalmente stava alleggerendosi.
Fra il gruppo di ragazzi e ragazze raccolti in quell'ampia sala che
normalmente adempiva al ruolo di palestra per i giovani membri della
Tribù, mancava ancora un discreto numero di gente, fra cui le
ragazze. Guardandosi intorno, Kei non mutò espressione, sebbene
dentro di sé si chiedesse che fine avesse fatto Yukiko. Si sentiva
un po' impacciato in quegli abiti che gli aveva prestato il suo
vecchio amico, seppur non fossero troppo dissimili da quelli degli
altri presenti. Una ben magra consolazione!
Il capotribù gli aveva procurato un paio di pantaloni in stoffa
neri, larghi lungo la gamba e stretti intorno alle caviglie. Sopra
questi indossava una giacca di foggia orientale senza maniche e di un
discreto blu notte, con i bordi in grigio perla e la chiusura
allineata lateralmente rispetto al centro del petto. Se non altro,
era riuscito a tenersi la sciarpa, unica consolazione per quella che
considerava una sciocchezza a cui non aveva comunque potuto sottrarsi
per non mancare di rispetto alle tradizioni del popolo dell'amico.
Rei lo trasse dalle sue riflessioni, facendolo sussultare con una
gomitata dritta fra le costole, che gli fece guadagnare una prima
occhiata penetrante in risposta. Il cinese non parve nemmeno
accorgersene perché teneva lo sguardo fisso verso la porta
d'ingresso, serio come un morto, indicandogliela con un cenno del
capo ed inducendolo a voltarsi in quella direzione. Appena posò gli
occhi scuri sul vano della soglia, non poté però far a meno di
assumere un'espressione del tutto simile a quella dell'altro,
rifiutandosi addirittura di sbattere le palpebre per non perdersi un
solo istante di ciò che vedeva.
Era lei ovviamente, accompagnata da Mao, con un abito verde
scuro che ne esaltava la corporatura slanciata senza sminuirne per
questo le curve. Quando la mora si accorse di lui un istante dopo,
vide i suoi occhi verdi spalancarsi dopo un battito di ciglia,
lasciando spazio ad un'emozione sorpresa e meravigliata che le
dipinse i lineamenti e la piega delle labbra rosse e ammalianti.
La vide arrossire e scostarsi per riflesso una ciocca di capelli
dietro un orecchio, la maggior parte della sua chioma sfumata di
rosso acconciata in una crocchia fissata dietro la nuca da un paio di
bastoncini color mogano, laccati e intarsiati. Quel vestito le
donava, nonostante fosse lontano dal suo solito stile quanto lo era
per lui quello prestatogli dall'ex compagno di squadra, e questo lo
aiutò a dimenticare istantaneamente il disagio provato sino a un
attimo prima. La sua attenzione ormai era tutta incentrata sulla
ragazza che gli stava venendo incontro, un passo più indietro della
galuxblader.
– Sei bellissima – sentì dire Rei, ai bordi del suo campo
visivo.
– Grazie – rispose Mao, con una voce che lasciava tradire una
nota di imbarazzo per quel complimento.
A quel punto lui e la nightblader furono faccia a faccia e le sue
labbra si schiusero per prime in un timido sorriso.
– Stai davvero bene – era stata lei a parlare, sebbene il
giapponese avesse appena immaginato nella propria mente un
apprezzamento molto simile.
Preso in contropiede, Kei avvertì il sangue salirgli in viso nel
rendersi finalmente conto di esser rimasto impalato a fissarla per
tutto quel tempo, senza riuscire a mostrare neanche un briciolo della
solita indifferenza. La verità era che, ogni volta che la moretta
sfoggiava un abbigliamento diverso da quelli con cui era abituato
vederla, lo lasciava completamente spiazzato: qualunque vestito
fosse, egli aveva avuto come l'impressione che non avesse mai
indossato altro sino a quel momento.
Fu costretto a distogliere lo sguardo da lei per ritrovare la
padronanza della propria voce – Anche tu.
Non l'avesse mai fatto. L'occhio gli cadde ad altezza delle gambe di
lei e l'accorgersi dello spacco vertiginoso che le lasciava
intravedere fu un colpo ancor più duro da digerire. Se solo avesse
voluto, avrebbe potuto far risalire le proprie mani attraverso
quell'apertura sino ad arrivare al bordo delle mutandine di lei,
sfilandogliele senza alcuno sforzo.
Rei gli corse in aiuto, perché propose a tutti di prendere posto
intorno alle varie tavolate imbandite per l'occasione, dandogli una
scusa per muoversi e rivolgere la propria attenzione su qualcos'altro
che non fossero certe fantasie. Fantasie che tornarono a tormentarlo
di tanto in tanto per tutta la serata e che nemmeno il liquore
servito in tavola contribuì a mitigare, sebbene lo aiutò a
sciogliere i muscoli, dandogli l'opportunità di godersi la festa, il
cibo e la musica, oltre alla compagnia della ragazza alla sua destra.
Verso la fine di quel banchetto, il capo della Tribù della Tigre
Bianca si alzò in piedi, attirando l'attenzione di tutti i presenti
prima di fare il suo discorso. Ribadì l'importanza di gettare solide
basi di amicizia fra i membri del loro villaggio e quelli di quello
vicino, ringraziando i Red Dragons ufficialmente per aver
acconsentito a presenziare a quella serata e aver così dimostrato
l'intenzione di onorare quel proposito.
– C'è anche un altro motivo per cui ho indetto questo banchetto..
– aggiunse, cercando per la prima volta lo sguardo del
dranzerblader, rimasto seduto dall'altro lato del tavolo. Kei
indovinò subito cosa stesse per dire, inarcando un sopracciglio
quando tuttavia il suo vecchio compagno di squadra lo indicò a tutti
– ..ed è quello di salutare come si deve un vecchio amico, che ci
ha aiutati a rendere tutto questo possibile. Con questo.. –
aggiunse, voltandosi direttamente in sua direzione – ..è nostra
intenzione salutarvi e celebrare la vostra ultima sera presso il
nostro villaggio. Spero, a nome di tutti, che sia tu che la tua
compagna tornerete a trovarci, prima o poi.
Nel silenzio che seguì Kei si sentì stringere la mano destra sotto
il tavolo e quando si voltò a cercare la ragazza che aveva osato
tanto, ancora faticando a riprendersi dalla sorpresa, ne incrociò
gli occhi verde smeraldo, brillanti di una silenziosa richiesta. Una
richiesta che le aveva già sentito esternare qualche tempo prima, su
quel treno in partenza da Mosca, e per questo non faticò affatto a
comprenderla. Ricambiando quella stretta, le donò un leggero sorriso
che ebbe l'effetto di ampliare quello di lei in un modo talmente
spontaneo e irrefrenabile che gli causò uno strano moto d'orgoglio
per essere riuscito ad arrivare a quel risultato con così poco. La
felicità che le vide nello sguardo in quei pochi secondi di silenzio
lo indusse a volgersi nuovamente verso Rei e gli altri, dando loro la risposta tanto attesa.
Sì, sarebbero tornati senz'altro in futuro.
E l'avrebbero fatto insieme.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Tah-daan! Eccomi, come promesso ho aggiornato u.u
Tra l'altro - ormai è una settimana buona che volevo scriverlo ma poi per una cosa o per l'altra mi sono sempre scordata - ma avete notato anche voi che il sito ha cambiato modo di visualizzazione delle FF seguite?? Che ne pensate? Io, dopo un primo momento di stupore/confusione, credo sia piuttosto carino!
Ok, comunque, tornando al capitolo... con questo si chiude ufficialmente la parte dedicata al villaggio della Tigre Bianca e alla Cina in generale! Che ne pensate? Siete rimasti delusi dalla rapidità con cui è finita?? Ve l'aspettavate?! No, non credo XD
Spero di non aver toppato con questo capitoletto - per di più decisamente lunghetto - e che aspetterete con me di vedere come sarà il rientro a casa dei nostri due blader preferiti.
Nel frattempo, oltre a esortarvi a dirmi cosa ne pensate, vi saluto ^_* già annunciandovi che aggiornerò Venerdì!!
un baciotto
Kaiy-chan |
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Capitolo 35 *** Il ritorno a casa ***
35. Il ritorno a casa
Il display del suo
cellulare segnava le 15:39 del 29 Ottobre, quando l'aereo atterrò
sul suolo nipponico presso Tokyo.
Un'ora e mezzo dopo,
Yukiko era ferma davanti casa propria, lo sguardo a seguire il
contorno dell'edificio contrapposto al cielo plumbeo. La luminosità
lattiginosa del pomeriggio rendeva quella giornata ancor più
deprimente, in aggiunta al fatto d'essersi dovuta separare dal suo
compagno di viaggio.
Le parve passata
un'eternità dall'ultima volta che aveva messo piede in casa propria,
nonostante fossero passati a malapena due mesi. Due mesi durante i
quali era cambiato tutto. Inspirò a pieni polmoni l'aria di quel
quartiere non troppo vivace, costituito da case indipendenti del
tutto simili alla sua, ed ignorò una coppietta di liceali di ritorno
da scuola, prima di decidersi a superare il cancello di ferro battuto
incassato in una parete in cemento del tutto grigio ed anonimo.
Tirando fuori le
chiavi, dopo una manciata di secondi raggiunse la porta d'ingresso e
l'aprì, passando attraverso il vano della porta con una certa
difficoltà dovuta al borsone che reggeva ancora in spalla.
– Sono a casa..
Silenzio. Proprio
come s'era aspettata.
Un nuovo sospiro le
sfuggì dalle labbra, sconsolata e sollevata al tempo stesso all'idea
che non vi fosse nessuno a darle il bentornata. Sua madre era ad
un'importante riunione di lavoro e ci voleva ancora un'ora prima del
suo ritorno, con tanto di cena da asporto recuperata dal ristorantino
take-away più vicino.
Richiusa la porta
alle spalle, Yukiko si tolse le scarpe e attraversò il corridoio
centrale senza volgere il capo né a destra, verso la sala, né a
sinistra, alla cucina. Tirò dritto sino alle scale in legno
incerato, salendole a due a due nonostante il peso della propria
sacca le stesse distruggendo la spalla destra. Non si fermò fino a
quando non giunse di fronte all'uscio della propria camera,
bloccandosi un istante prima di posare la mano sulla maniglia. Di
fronte alla prospettiva di aver le prove di quanto sua madre le aveva
scritto, si sentì improvvisamente combattuta. Davvero avrebbe potuto
tornare? Le sembrava davvero un secolo dacché era uscita da quella
porta, sebbene non dovesse sorprendersi della nostalgia provata sin
da quando era scesa dall'auto che l'aveva accompagnata sin lì,
considerato che due mesi di tempo fossero comunque un periodo
piuttosto lungo per star lontani dalla propria dimora. Dopo una
manciata di secondi inspirò, trattenendo il fiato nei polmoni e
finalmente esercitando la giusta pressione per ruotare la maniglia e
far scattare la serratura.
Così entrò,
trattenendo il respiro, avvolta in una bolla d'ansia che scoppiò
l'istante successivo, quando nel suo campo visivo comparvero una
serie di scatoloni ancora chiusi e abbandonati ai piedi del letto.
L'odore di chiuso le
pizzicò il naso quando si ricordò di tornare a respirare e,
sollevando lo sguardo sulla finestra, lasciò ricadere una volta per
tutte la propria sacca sul pavimento in legno, prima di avvicinarsi
alle imposte e spalancarle. Una folata d'aria fresca le penetrò nei
polmoni, carezzandole la pelle del viso e scostandole qualche ciocca
di capelli da davanti agli occhi. La familiarità dell'odore che le
si insinuò nei polmoni e nella mente le fece abbassare lo sguardo su
quella che era la propria scrivania. Su quel ripiano giaceva una
scatola di dimensioni ridotte, accanto a quello che non poteva esser
altro che il pacco che aveva spedito lei stessa dalla Germania, al
cui interno vi aveva riposto gli abiti che aveva indossato al
matrimonio di Ralph Jurgens.
Il ricordo di quella
cerimonia ne richiamò immediatamente molti altri, in una catena che
si susseguì rapida nell'intervallo di un solo secondo e che le causò
una pungente sensazione di disagio al centro del petto.
Già le mancava.
Frugando all'interno
di quella scatola, ne tirò fuori lo stereo e alcuni CD. Non impiegò
troppo tempo per sceglierne uno e inserirlo nell'apposito ingresso,
collegando il tutto alla corrente elettrica. Nel preciso istante in
cui premette play, il lettore entrò in funzione, selezionando una
canzone casuale del disco che aveva a disposizione. Il suono della
chitarra elettrica uscì immediatamente dalle casse, familiare quasi
quanto ciò che la circondava. Sorrise, mentre le prime parole di
Your Heroes Are Dead si diffondevano fra quelle quattro mura.
I
don't know who you are
In
the mirror I see you still a mask
Era a casa propria.
Nella propria
stanza, con la propria musica.
Tolse il proprio
beyblade dalla tasca del giubbotto e lo ripose sulla scrivania, prima
di dare le spalle alla finestra e guardarsi attorno. Il letto, sulla
destra, era posto a ridosso del muro, le lenzuola prive di una sola
grinza, mentre dal lato opposto v'era il suo unico armadio a tripla
anta, che insieme alla cassettiera accanto alla porta conteneva tutti
i suoi vestiti, sia estivi che invernali. Alcuni scaffali appesi alle
altre pareti invece sfoggiavano apertamente dei vuoti, in attesa di
una mano che avrebbe restituito loro gli oggetti che sua madre vi
aveva prelevato impunemente, per farglieli avere presso Villa
Hiwatari.
Avrebbe dovuto
adempiere a quel compito al più presto, rifletté, nonostante non ne
avesse alcuna voglia.
All
the darkness, all the pain
Was
it really all in vane?
Now
tell me who you are
Now
tell me who you are
Le sfuggì uno
sbuffo divertito e amaro al tempo stesso mentre quelle strofe la
riportavano al presente. Non era più sicura di ciò che avrebbe
dovuto rispondere. Chi era lei? Cos'era diventata? Era possibile per
una persona cambiare a tal punto in sole nove settimane?
Perché, se c'era
una cosa di cui era certa, era che qualcosa in lei era cambiato
irrimediabilmente.. eppure non se ne sentiva affatto sconfortata.
Anzi, quella consapevolezza la riempiva di un entusiasmo
incoraggiante. Era come se ora fosse sicura di aver la forza per
andare avanti ed affrontare a testa alta ciò che la vita le avrebbe
riversato addosso. Perché in qualche modo non era più sola.
“Non lo sei mai
stata veramente” le fece notare Night, comparendole accanto.
Lei sfoggiò un
mezzo sorriso al suo bitpower, prima di farsi sfuggire un sospiro –
Ho voglia di vederlo..
“Chiamalo”
le suggerì lui.
Per un istante la
mora si fece stuzzicare dall'idea, ma appena prese fuori il proprio
cellulare dalla tasca, constatò il livello di batteria inesistente e
sbuffò.
– Posso
sopravvivere – affermò, sebbene spinta dalle circostanze, già
attraversando la stanza per cercare il caricabatterie e intanto
lasciando trapelare a voce i propri pensieri – Dovrò comunque
farci l'abitudine, quindi tanto vale iniziare oggi stesso.
“Come se non ti
portasse fuori, domani..” la sbeffeggiò ironico lui.
Quella constatazione
le fece nascere un nuovo piccolo sorriso sulle labbra, mentre ancora
era chinata sul suo borsone e ne frugava l'interno con un braccio.
Era vero, l'indomani Kei le aveva promesso che avrebbero trascorso
l'intera giornata insieme, sebbene non aveva voluto rivelarle quale
fosse la loro meta. Il pensiero contribuì a far riaffiorare il buon
umore.
Non sarebbe stato
così difficile adattarsi alla loro nuova condizione di 'coppia
normale', escluso
l'anonimato che avrebbero dovuto mantenere nei confronti dei loro
genitori. Bastava che non si facessero scoprire, in fondo erano
entrambi abbastanza grandi da poter mantenere un certo riserbo per
quanto riguardava la vita privata, no?
Certo, che sua madre
fosse una di quelle che avevano la mania di sapere tutto dei propri
figli era un dettaglio trascurabile. Se la sarebbe vista lei con la
signora Natsuki, il dranzerblader avrebbe soltanto dovuto far
attenzione a non farsi vedere troppo spesso da quelle parti.
Dopo aver
riaccompagnato Yukiko, la limousine che suo padre gli aveva mandato
all'aeroporto ci mise poco più di mezz'ora per varcare i cancelli
della villa di famiglia. Kei pensò distrattamente che con la Camaro
ci avrebbe impiegato, sì e no, 20 minuti, un tempo decisamente più
accettabile da trascorrere nell'attesa di vederla salire
nell'abitacolo, sul sedile del passeggero.
Quando mise piede a
terra, gli andò incontro il caro William, alla cui cortese domanda
su come fosse andato il viaggio rispose con una parola monosillabica
e imparziale. Lo superò senza battere ciglio, assumendo l'abituale
contegno di facciata che era solito esternare nei confronti di
chiunque fosse alle dipendenze di suo padre.
Tenendosi lo zaino
su una spalla rifiutò di cedere il bagaglio quando glielo chiesero,
salendo i pochi gradini che conducevano al portone d'ingresso.
Attraversando l'atrio, puntò direttamente alle scale, ma una voce
che non si aspettava certo di sentire lo bloccò a metà della sala.
– Kei, bentornato.
Quell'unica parola,
proferita con quel tono particolarmente sentito, lo fece irrigidire
come una statua e gli ci volle tutto il suo autocontrollo per
rivolgere a suo padre una mera occhiata indagatoria, a discapito del
reale stupore suscitatogli da quel saluto. Che faceva il vecchio a
casa? Possibile che non avesse qualche riunione importante o un
incontro d'affari a cui presenziare? Non era forse mercoledì 29
ottobre, un normalissimo giorno infrasettimanale?
– Spero che tu
abbia fatto buon viaggio, nonostante le ristrettezze economiche delle
ultime due settimane – gli si rivolse l'uomo in giacca e cravatta,
andandogli incontro con un sorriso quieto. Come se quella condizione
non l'avesse causata lui stesso, con quella sua assurda condizione
posta all'inizio del suo viaggio. In fin dei conti aveva preteso un
po' troppo da loro, per quanto riguardava il territorio cinese
infatti non v'erano più di due alberghi affiliati alla sua società.
E non vi avevano messo piede nemmeno una volta.
– Ce la siamo
cavata – affermò apatico, omettendo che era stato così soltanto
grazie ai soldi risparmiati dalla giovane Natsuki.
– Sono contento di
sentirtelo dire – gli rispose il signor Hiwatari, piuttosto
pragmaticamente – ..è importante per te, come futuro erede della
nostra famiglia, imparare a razionalizzare le spese.
Kei si lasciò
sfuggire una smorfia a quella sorta di ramanzina: non era certo stato
lui fin'ora a gestire in maniera a volte discutibile le spese di
famiglia.
– La cena sarà
pronta alle 19:30 – proseguì l'altro nel frattempo, già
volgendosi per mostrare l'intenzione di chiudere quel breve scambio –
Ci sono alcune cose di cui voglio parlarti, riguardo al corso presso
la NC ed al tuo ruolo nelle riunioni a cui presenzierai dalla
prossima settimana in avanti.
Il ragazzo dai
capelli d'argento si corrucciò leggermente in volto ma non ribatté
nulla più che un assenso monosillabico, prima di incedere verso la
rampa di scale che l'avrebbe condotto di sopra. Dando le spalle a suo
padre, nessuno dei due aggiunse altro e ignorò automaticamente la
voce dell'uomo che era il capofamiglia mentre questi si rivolgeva al
maggiordomo, dandogli disposizione per il pasto serale,
allontanandosi rapidamente.
Soltanto una volta
che si richiuse la porta della propria camera alle spalle, il
dranzerblader si lasciò scivolare lo zaino di dosso e permise ai
suoi nervi di rilassarsi abbastanza da godere di quella nuova
solitudine. Un attimo dopo tuttavia, mentre ancora era appoggiato
alla porta, come spinto da un impulso che non aveva nulla di
razionale, volse lo sguardo verso la propria destra, alla ricerca
della porticina che attraverso il muro collegava la sua stanza a
quella che aveva occupato un mese e mezzo prima la sua compagna di
viaggio.
Inarcò un
sopracciglio, rendendosi conto della verità insita in quel gesto:
gli mancava.
Dovette far ricorso
a tutta la propria razionalità per evitare di avvicinarsi a quella
piccola anta mimetizzata e aprirla, per assicurarsi di persona
dell'assenza della moretta. Come se il fatto di averla riaccompagnata
lui stesso a casa meno di un'ora prima si fosse trattato di un sogno
un po' troppo realistico. Il silenzio assoluto che proveniva
dall'altro lato di quella parete avrebbe dovuto già di per sé
costituire una prova schiacciante della nuova piega che avevano preso
gli eventi.
Una svolta che lui
stesso non aveva previsto in nessun modo.
Non aveva mai
immaginato di affezionarsi tanto a qualcuno ed il ricordo del
malinconico sorriso che le aveva visto in volto durante il volo
continuava ad insistere nella sua mente, inducendolo a cercare un
pretesto per contattarla.
“Perché allora
non lo fai?”
La voce dell'Aquila
Rossa lo indusse a voltare lo sguardo dai riflessi di brace sulla sua
bitpower, che aveva preso forma al centro della stanza.
– Avrà senz'altro
da fare – le rispose, sebbene fu chiaro persino a lui quanto
patetica fosse come scusa.
Lo sguardo della sua
compagna di battaglie gli procurò una smorfia e, senza aggiungere
altro, tirò fuori il proprio cellulare dalla tasca.
In fin dei conti non
c'era nulla di male a sincerarsi delle sue condizioni, no?
– Yuki-chan!
La mora saltò su
dal letto, stringendo meccanicamente la presa sulla cover del
telefono – È lei.. – annunciò a voce un po' più bassa al suo
interlocutore – Devo andare.
– Allora a domani
– le rispose Kei dall'altro capo, spiccio.
– A domani –
ripeté, riagganciando prima di udire ancora una volta la voce di sua
madre.
– Cara, sono a
casa!
– Bentornata,
mamma! – le rispose finalmente, alzandosi rapidamente dal letto e
raggiungendo la ringhiera del vano scala.
Non dovette
attendere molto prima di vedere far capolino il viso familiare della
signora Natsuki dal piano inferiore, illuminato di un largo sorriso.
– Com'è andato il
viaggio? Scendi, voglio che mi racconti ogni cosa!
Quell'affermazione
le fece inarcare un sopracciglio, ma non si fece desiderare troppo
prima di fare come le aveva detto e raggiungerla sul pianerottolo,
preda di una certa perplessità mista a incredulità. Per un istante
credette di essere stata colta in flagrante e che lei sapesse già
tutto di lei e Kei, ma la sua razionalità le venne in soccorso
l'istante successivo, ricordandole che era impossibile. Soltanto
grazie a questo riuscì a ricambiarne il sorriso una volta scesa
l'ultima serie di gradini, ma quell'uragano che era sua madre non
attese nemmeno di vederla appoggiare tutti e due piedi sul pavimento
del pian terreno prima di avvilupparla in un abbraccio stritolatore.
– Oh Yukiko, mi
sei mancata tantissimo! – le esclamò nell'orecchio, rintronandola
e quasi tentando di soffocarla, cosa che le fece strabuzzare gli
occhi nel vuoto – Stasera usciamo, dobbiamo festeggiare il tuo
ritorno! Mi sono sentita tanto sola in quest'enorme casa senza di te,
tesoro mio!
La malcapitata tentò
di districarsi da quella stretta per riprendere fiato, presa
totalmente alla sprovvista dalla reazione della donna. Sembrava di
ottimo umore, cosa che probabilmente era dovuta anche al suo rientro,
ma non poteva essere l'unica causa di quel comportamento esagerato.
– Mamma..
allenta.. soffoco..
– Oh, scusa!
La stretta venne
meno e la moretta fu di nuovo libera di raddrizzare la schiena e
riempire completamente i polmoni d'aria. Si dedicò un paio di
respiri, spazzando via un lacrima nata da quel principio di asfissia
con un gesto della mano destra, prima di tentare di prestare
attenzione al fiume di parole che le stava riversando addosso il suo
unico genitore.
– ..è moltissimo
tempo che non andiamo al Kippei. Sei d'accordo? Devi cambiarti?
– A-ah.. – annuì
lei, cercando di controllare il battito del cuore. Il Kippei era lo
stesso ristorante dove aveva portato Kei l'unica volta che erano
usciti a cena, un mese e mezzo prima, e quel pensiero la portò
inspiegabilmente ad arrossire.
– Su vai a
prepararti, io ti aspetto in macchina! – la incitò sua madre, con
quell'atteggiamento esuberante a cui la ragazza di tanto in tanto si
scopriva del tutto impreparata.
Quando fu di nuovo
nella propria stanza, Yukiko si rese conto dell'agitazione che le
faceva battere il cuore nel petto; un'agitazione che in parte le era
stata trasmessa dalla donna che si aggirava al piano di sotto.
Sospirò, rassegnata a quella sensazione di lievissimo disagio dovuta
alla necessità di tenere per sé alcuni dettagli - i più importanti
- del viaggio appena concluso, quindi si avvicinò all'armadio,
cambiandosi la maglia e recuperando il proprio giubbotto di jeans
dall'appendi-abiti in cui l'aveva riposto da meno di venti minuti.
Sapeva che, passata
quella prima serata, sarebbe stato tutto più facile.
Doveva soltanto
stringere i denti e comportarsi normalmente, niente di troppo
difficile.
“L'importante è
che tu ti ricordi di respirare” la prese in giro Night,
dall'interno del suo bey.
Spostando lo sguardo
sulla trottola blu e argento, la blader si concesse uno sbuffo
ironico.
– Grazie tante,
non saprei proprio come fare senza di te – gli rispose
sarcasticamente, affiancandosi alla scrivania.
– Yuki-chan, sei
pronta?
– Arrivo! –
esclamò in risposta lei, voltandosi di scatto senza per questo
dimenticarsi di afferrare il suo beyblade. Infilandoselo in tasca, si
diresse di nuovo verso le scale, scendendole con uno slancio che le
permise di raggiungere in pochi secondi la porta d'ingresso accanto
alla quale la stava aspettando la signora Natsuki, le chiavi già in
mano.
Uscirono di casa
insieme e durante tutto il viaggio in macchina la donna che l'aveva
messa al mondo non fece altro che parlarle di tutta una serie di
avvenimenti che avevano interessato la NC, ricordandole che cinque
giorni dopo sarebbe iniziato il suo stage formativo.
– A proposito,
domani hai da fare? – le chiese, mentre parcheggiavano.
– Ehm.. –
indugiò un solo istante prima di sfoggiare un sorriso rammaricato –
In realtà sì, avevo programmato di andare in un posto. Starò via
tutto il giorno.
– Ah – si
sorprese l'altra, spalancando un po' di più gli occhi scuri – E
dove vai?
Yukiko ricordò
brevemente la scusa a cui aveva pensato – Ad un evento di Beyblade.
– Oh – esordì
inizialmente sua madre, prima di mostrarle un nuovo sorriso
comprensivo – Divertiti allora. Pranzerai fuori?
– Mi preparerò il
bento domattina – annuì la moretta, aprendo la portiera e
scendendo dall'auto, per tentare di terminare lì il discorso.
Ci riuscì, perché
la donna sembrò accontentarsi di quella prima impressione sul fatto
che la figlia avesse tutto sotto controllo e scese a sua volta
dall'utilitaria, affermando di non veder l'ora di mettere qualcosa
sotto i denti. Lo stomaco della giovane Natsuki si unì a
quell'acclamazione di cibo, inducendo la proprietaria a schiarirsi la
voce con un colpetto di tosse prima di affiancare la madre.
Era davvero passata
un'eternità dall'ultima volta che aveva percorso quella strada
insieme a lei e la sensazione che le sfiorò il cuore al pensiero le
fece nascere un nuovo sorriso sulle labbra. Le era mancata un po' sua
madre, nonostante le avesse causato una lunga serie di imbarazzi a
cui non era riuscita del tutto a passare sopra, l'ultimo senz'altro
il più devastante di tutti. Eppure sembrava pentita di
quell'iniziativa, almeno dal modo in cui la stava ricoprendo di
attenzioni. Si scusò persino quando il telefono le squillò nella
borsetta e fu costretta a rispondere, per accertarsi che non fosse
accaduto nulla di grave in azienda. Non impiegò più di trenta
secondi a chiudere la conversazione e far scomparire il cellulare,
volgendole un nuovo sorriso a trentadue denti ed invitandola ad
entrare.
Il fiume in piena
che era la signora Natsuki sembrò riuscire ad arginarsi nemmeno
quando misero piede nell'atrio del ristorante, permettendo alla
ragazza di guardarsi intorno. Tutto era esattamente lo stesso
dall'ultima volta che si era ritrovata lì con lui.
– Ma guarda,
sembra che il nostro Kippei abbia apportato qualche modifica!
– Eh già.. – la
figlia sfoggiò un sorrisetto.
Subito dopo, da
dietro il bancone, si fece avanti il proprietario, spazzandosi le
mani robuste nel grembiule e sfoggiando un'aria tanto compiaciuta
quanto sorpresa.
– Natsuki!
– 'Sera Kippei,
come stai? – lo salutò sua madre, andandogli incontro.
– Bene, sono
contento che tu sia finalmente passata! L'ultima volta ho chiesto
alla nostra Yuki-chan di portarti i miei saluti – esclamò gioviale
il cuoco, prima di rivolgersi direttamente alla ragazza – Sei
riuscita a tornare con tua madre! E quel tuo amico come sta?
La domanda diretta
quanto indiscreta ebbe lo stesso effetto di una secchiata d'acqua
gelida. Il sangue le si pietrificò nelle vene, bloccandola in ogni
muscolo e rendendo teso e innaturale il sorriso che le si formò
sulle labbra.
– T-tutto a posto,
grazie – balbettò, assalita da un'ondata di panico. Non aveva
affatto previsto una domanda del genere e per un primo istante fu
certa di non aver alcuna scampo, specialmente quando incrociò lo
sguardo perplesso di sua madre. Ridacchiò nervosamente sotto gli
occhi castani della donna, cercando freneticamente di pensare ad una
qualche scusa che potesse scongiurare il pericolo che l'altra si
facesse un'idea che risultasse terribilmente esatta.
– Sono contento –
affermò intanto Kippei, sovrastando con la sua voce il sibilo delle
piastre dietro il bancone, prima di far loro strada – Prego,
seguitemi. Vi faccio subito accomodare!
Questo se non altro
giunse a suo favore, perché costrinse la signora Natsuki a rimandare
eventuali domande ad un secondo momento, dandole il tempo di trovare
un'idea che le permettesse di uscire indenne da quell'incresciosa
situazione. Eppure, per quanto cercasse di inventarsi qualcosa, la
sua mente in quell'intervallo di tempo concessole dalla provvidenza,
le parve il set polveroso e desolato di un film western, con tanto di
sterpaglia secca rotolante.
Fu solo all'ultimo
momento, quando, una volta accomodate, sua madre le rivolse la
fatidica domanda, che un neurone le andò in soccorso.
– Ecco.. la verità
è che.. – deglutì – ..sono stata qui a cena con un mio ex
compagno di scuola.
– Un tuo compagno
di scuola? – si sorprese la donna.
– Sì sì –
mentì, con un cenno affermativo del capo – ..lo ho incontrato per
caso circa due mesi fa e pochi giorni dopo mi ha chiesto di uscire,
così siamo venuti qui.
– Ah.. e com'è
andata? – le chiese, ancora faticando a mettere da parte quell'aria
stupita.
– Bene, direi.. –
esitò Yukiko, prima di cogliere con la coda dell'occhio un
movimento.
La cameriera si
avvicinò al loro tavolo per prendere le ordinazioni delle bevande e,
dopo che si fu allontanata, la signora Natsuki finalmente abbassò lo
sguardo sul menù, senza tuttavia rinunciare a interrogare la sua
unica figlia sul presunto ragazzo in questione.
– E lo rivedrai? –
indagò con un malcelato interesse la donna, suscitando nella mora
una risposta istintiva che le morì sulle labbra, perché lei
l'anticipò nettamente con un'occhiata carica di sottintesi ed un
sorrisetto furbetto – Ora capisco perché eri così reticente nei
confronti del figlio di Hiwatari.
Quell'affermazione
la fece avvampare in volto, confusa e spaesata dal ragionamento che
doveva aver attraversato la mente di sua madre. Sbatté più volte le
palpebre, optando per non negare quella conclusione decisamente
affrettata da parte di lei, ma cogliendo invece la palla al balzo per
giustificare l'uscita del giorno seguente.
– In effetti, è
con lui che passerò la giornata di domani..
– Oh.. e non ha
avuto nulla da ridire sul tuo ultimo viaggio?
Di nuovo sua madre
la prese in contropiede, costringendola a far spallucce e pensare
rapidamente ad una risposta – Non molto. Siamo usciti una volta
sola.
L'altra parve un po'
sorpresa della cosa, ma constatò a voce che in effetti era del tutto
ragionevole come motivazione per impedire a questo qui di farle
qualche sorta di pressione. Poi sorrise, commentando che doveva
essere un bravo ragazzo se evitava di assumere atteggiamenti
inopportuni e accaparrarsi diritti che ancora non aveva. Il discorso
continuò perché lei volle saperne nome e carattere e la moretta si
lanciò in una descrizione che si rese conto, in un secondo momento,
combaciare con quella di Rei, almeno caratterialmente. Le saltò così
fuori la descrizione di un tipo alto, dai capelli corti neri e occhi
scuri, con un fisico da atleta grazie alla sua passione per il tennis
e il sorriso sempre pronto e gentile. Riuscì così in qualche modo a
soddisfare la curiosità di sua madre e ad indurla a cambiare
discorso, prendendo a parlare del periodo di lontananza e delle
esperienze vissute in America e in Europa, rilassandosi abbastanza da
poter tirare metaforicamente un sospiro di sollievo.
Il peggio ormai era
passato.
Chiese intanto
mentalmente scusa alla sua amica Mao, rammentandosi poi della
promessa di scriverle.
Decise che l'avrebbe
fatto quella sera stessa, prima di andare a dormire. Le avrebbe
raccontato di quelle ultime ore e il solo pensiero di aver finalmente
qualcuna della sua età da chiamare amica e con cui potersi confidare
la fece sorridere.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Eccoci qui, finalmente i nostri due blader sono tornati in Giappone!
Come prime ore di separazione direi che la cosa si sta mettendo comunque abbastanza bene, no?
Voi che dite? Cosa ne pensate? Eh sì, alla fine pure questo si è risolto essere come un capitoletto di transizione, in attesa del prossimo! Cosa mai avrà in mente di fare Kei? Ehhh.. lo scoprirete nella prossima puntata!!
Nel frattempo vi anticipo purtroppo che da settimana prossima dovrò rallentare il ritmo e che questo weekend non potrò aggiornare, quindi mi duole lasciarvi così, ma non ci sono alternative ç_ç Spero di riuscire a postare qualcosa mercoledì prossimo ma vedremo! Dipende quanta ispirazione e quanto tempo mi resteranno martedì! Se la memoria non mi inganna purtroppo, non molte: sarò in uni tutto il giorno T_T
Vi saluto e ringrazio tanto chi continua a seguirmi ancora, nonostante questa FF si stia rivelando piuttosto prolissa XD scusate, non era mia intenzione.. sono le idee che continuano ad assalirmi!
Buon weekend a tutti/e!
un abbraccio dalla vostra impegnatissima
Kaiy-chan |
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Capitolo 36 *** Fra le pagine dei ricordi ***
36. Fra le pagine
dei ricordi
– Non vuoi proprio
dirmi dove stiamo andando?
– No – le
rispose Kei, impassibile, continuando a camminare.
Si erano dati
appuntamento per quel mattino in stazione, di comune accordo, per
prendere poi il treno. Erano scesi entrambi la stazione di Akebono
dopo un viaggio non troppo lungo ed ormai erano quindici minuti che
il dranzerblader le faceva da guida presso quel reticolo di viuzze
tipicamente di periferia.
Di fronte alla
testardaggine del suo compagno di squadra, la mora non poté far
altro che emulare un sospiro e lasciar perdere, tenendosi la
curiosità. In fin dei conti, anche se non aveva idea di cosa avesse
in mente Kei, lei era contenta di avere un'ultima possibilità per
passare una giornata intera in sua compagnia ed in tutta
tranquillità. Chissà quando avrebbero avuto un'altra occasione del
genere?
Abbassando lo
sguardo, l'occhio le cadde sulla sua mano destra abbandonata lungo il
fianco e, spinta da un desiderio istintivo, spostò con una certa
esitazione la propria per cercare di intrecciare le dita con le sue.
Non arrivò sino in fondo: rinunciò l'istante successivo, bloccando
il gesto e riaccostando il proprio braccio a sé e volgendo gli occhi
verdi nella direzione opposta. Si sentì arrossire in viso
dall'imbarazzo ed il disagio, dandosi silenziosamente della scema per
tutta quell'insicurezza a rigor di logica immotivata.
Era già capitato
che si tenessero per mano, sebbene non in pubblico e sotto gli occhi
di tutti. La prima volta ad esempio era capitata in autobus, durante
il loro viaggio in Cina, poco prima che lei rischiasse di
addormentarsi nel bel mezzo della corsa. Un'altra volta fu quando,
sempre in Cina, il dranzerblader la aiutò a superare un sentiero
particolarmente impervio, tenendole la mano per diverso tempo anche
dopo aver superato quell'ostacolo, lungo la strada per il villaggio
della Tribù della Tigre Bianca.
In entrambi i casi
precedenti era risultato un gesto naturale, come lo era continuare a
respirare, mentre ora Yukiko non riusciva a non sentirsi agitata al
solo pensiero. Analizzando il proprio stato d'animo, non impiegò
molto ad ipotizzare che la causa fosse da imputare all'ambiente
circostante, in un certo senso fin troppo familiare ed ordinario. La
consapevolezza di essere tornati in Giappone, alle loro rispettive
vite, sembrava impedirle di comportarsi con la naturalezza e la
spontaneità conquistate sino a pochi giorni prima, non dandole modo
di lasciarsi andare ai propri sentimenti.
Arricciò il naso in
una smorfia, infastidita per quel blocco interiore e, cocciutamente,
stava per forzarsi ad allungare un'altra volta la propria mano
sinistra quando lui si fermò di colpo, prendendola alla sprovvista.
– Siamo arrivati –
le annunciò, scoccandole un'occhiata da sopra la spalla.
Quasi sobbalzando,
la blader ci impiegò un istante per ricordarsi il modo corretto di
respirare e, dandosi un contegno, si schiarì la voce con un colpetto
di tosse prima di prestar attenzione all'ingresso accanto al quale
s'erano fermati.
L'enorme cancello in
legno era aperto a lasciar intravedere il cortile interno di una
villa in perfetto stile giapponese antico, costruita in legno e
mattoni, con il pavimento rialzato e le porte scorrevoli. Per un
primo attimo alla ragazza parve di udire il caratteristico rintocco
provocato dalla mezza canna di bambù di una fontanella. Inarcando un
sopracciglio, cercò di nuovo lo sguardo di Kei e non riuscì a
trattenere la propria confusione mista a curiosità nel notarne il
sorrisino sornione che aveva stampato in volto. Non ebbe il tempo di
chiedergli alcunché tuttavia, perché lui tornò a muoversi,
avanzando e varcando l'accesso a quella proprietà privata, con la
stessa naturalezza che avrebbe avuto se si fosse trattato di casa
propria.
Non si annunciarono,
né aspettarono che qualcuno della casa venisse loro incontro.
Yukiko non poté far
altro che seguire il suo compagno, mentre questi attraversava il
cortile della proprietà, affiancando l'edificio principale e
seguendo quelle che ella distinse come due voci differenti. Quando fu
palese che di lì a poco avrebbero incontrato i proprietari di quelle
voci, l'impazienza si aggiunse alle altre due emozioni che la stavano
pervadendo, causandole una manciata di secondi di ritardo quando si
trattò di dover seguire Kei sotto il porticato, sino all'ingresso di
quello che aveva tutta l'aria di essere un dojo.
Eppure, nel momento
in cui si decise a salire sulla pavimentazione rialzata, mai si
sarebbe immaginata di trovarsi nel luogo in cui otto anni prima,
secondo una delle tante versioni, era iniziata ogni cosa.
Come ogni giovedì
mattina, l'ultimo discendente dei Kinomiya si stava prendendo cura
del dojo di famiglia. E, come ogni volta, suo nonno era lì pronto a
rimproverarlo con la solita burbera vitalità per ogni angolo di
parquet rimasto indietro.
– Devi darci più
olio di gomito! Fai lavorare i muscoli, nipote!
Takao si rimangiò
una rispostaccia e, prendendo lo slancio, utilizzò l'energia
infusagli dall'irritazione che il suo anziano mentore riusciva a
instillargli per accelerare il passo e sfrecciare da una parte
all'altra della palestra, con lo straccio premuto contro il pavimento
da ambo le braccia, aprendo la bocca in un'esclamazione combattiva e
frustrata al tempo stesso.
– Bravo, continua
così – approvò suo nonno, osservandolo sgobbare in nome della sua
veneranda età, rigirando il dito nella piaga – Se la tua Hilary ti
vedesse adesso non dubiterebbe della tua buona volontà e a quest'ora
sarei già bisnonno!
– Non voglio
sentire!! – esclamò di rimando l'ex capitano dei Bladebreakers con
quanto fiato aveva in corpo per sovrastare la voce del vecchio e le
sue frecciatine. Continuò a imprecare mentalmente per tutto il tempo
che impiegò a far risplendere quelle assi di legno, correndo da una
parte all'altra come una massaia piena di steroidi, talmente preso
dall'ignorare ciò che lo circondava da non accorgersi di una figura
appostata all'ingresso del dojo, finché questi non aprì bocca.
– Alcune cose non
cambieranno mai, vedo.
Quella voce
sprezzante e ironica lo fece sussultare e per riflesso sollevò gli
occhi scuri dal pavimento, scoccando un'occhiata alla propria destra,
verso la porta. Questo tuttavia, gli fece scivolare un piede sul
parquet, causandogli una perdita d'equilibrio che lo portò ad una
caduta rovinosa su un fianco, con la stessa grazia di una pera cotta.
– Ouha!
– Ma cosa combini
Takao! – lo redarguì il nonno Jey.
– Ahi ahi ahi –
si lamentò sommessamente il ragazzo, tirandosi su a sedere e
massaggiandosi la parte dolorante, prima di ricordarsi del motivo che
era stato la causa della sua sventura. Alzando nuovamente il capo e
l'attenzione su colui che aveva parlato, spalancò gli occhi scuri
nel fissare il volto del suo vecchio amico e rivale.
Kei era appoggiato
di schiena allo stipite della porta, le braccia conserte ed in volto
quel mezzo sorrisetto arrogante che gli aveva visto spesso anche in
passato ogni qualvolta trovasse qualcosa di abbastanza divertente da
suscitargli quell'espressione. Completamente spiazzato, per un attimo
il dragoonblader si chiese se non stesse avendo un'allucinazione da
troppo lavoro a quella vista, riconducendo quella sciarpa bianca ed i
segni sulle guance all'ultimo ricordo che aveva di lui, così com'era
per quelle ciocche d'argento a calargli sulla fronte, in netto
contrasto con i riflessi color vinaccio dei suoi occhi.
– Sei proprio tu
Kei? – chiese, sentendosi gelare il sangue nelle vene – Non è
che sei un fantasma, vero?
Si rasserenò un
poco quando lo vide muoversi, abbandonando l'appoggio di quella
parete per stagliarsi nel vano dell'ingresso e guardarlo dall'alto in
basso con un'espressione di sufficienza che gli diede un'impressione
nettamente umana.
– Dovresti sapere
che i fantasmi preferiscono l'oscurità della notte – gli rispose,
beffardo.
Questo aiutò il
giovane Kinomiya a scacciare quella sorta di inquietudine irrazionale
per fargli nascere un sorriso sul volto, indubbiamente contento di
rivedere il vecchio compagno di squadra dopo tutto quel tempo.
– Che sorpresa! –
esclamò tirandosi in piedi e muovendo qualche passo in sua direzione
– È passata un'eternità dal... – le parole gli morirono in
gola, ricacciate indietro dalla comparsa di un'altra figura al fianco
del dranzerblader, che gli fece inarcare nuovamente un sopracciglio –
Uh?
Sbattendo un paio di
volte le palpebre nel tentativo di schiarirsi la vista, si ritrovò a
fissare con una certa perplessità una ragazza, fattasi avanti in
quel momento. Il suo aspetto era particolare, con quella chioma
corvina sfumata di rosso sulle punte e legata dietro la nuca in una
coda alta e scompigliata, che contrastava col color verde intenso dei
suoi occhi. La pelle chiara era parimenti evidenziata dalla maglietta
nera e dal giubbotto e i pantaloni di jeans blu, ai quali era appeso
il moncone di una catena in acciaio. Gli parve di intravedere, in
quel poco tempo a disposizione per riprendersi, la fondina di un
lanciatore dietro il fianco destro, appeso in cintura, ma la sua
attenzione venne subitaneamente richiamata da un inchino formale
della sconosciuta.
– Scusate
l'intrusione.
L'educazione di lei,
in netto contrasto con l'impressione ribelle che ne aveva avuto ad
una prima occhiata, contribuirono a mandare il moro in confusione per
un primo istante, non aspettandosi certo una tale divergenza di
opinioni nel lasso di tempo di quei due secondi scarsi.
– È davvero
passato molto tempo dall'ultima volta che sei stato nostro ospite Kei
– intercedette suo nonno, facendosi avanti e facendo gli onori di
casa – Da allora sei cresciuto, ora sembri proprio un uomo –
affermò giovialmente, prima di spostare l'attenzione sulla ragazza –
..e sembra anche che tu abbia trovato una buona compagnia.
La moretta arrossì
vistosamente a quei complimenti.
– Lei è Natsuki
Yukiko – la presentò il dranzerblader.
Takao inarcò un
sopracciglio, non ricordando un solo evento in cui il suo vecchio
compagno di squadra si fosse scomodato a fare qualche presentazione
e, tornando a guardare la mora mentre abbozzava un tenue sorriso
imbarazzato, una domanda gli salì spontanea alla mente.
Chi era quella
ragazza?
Erano seduti tutti e
tre in veranda, intorno ad un basso tavolino in attesa del tea
promesso da nonno Jey.
Kei non si sorprese
molto del ritrovare tutto quasi uguale a come lo ricordava. Certo,
ora che la grande casa d'epoca non era più abitata da un'orda di
ragazzini che passavano da una sfida di Beyblade all'altra,
l'ambiente sembrava averci guadagnato in tranquillità.
Takao si era
lanciato in uno dei suoi vecchi aneddoti, non avendo saputo resistere
alla tentazione di rivangare le glorie passate dopo aver saputo che
anche Yukiko era una blader. La cosa sorprendente era che anche lei
sembrava interessata ai racconti dell'ex campione mondiale, cosa che
non faceva altro che alimentare l'ego del soggetto in questione,
facendolo somigliare a un pallone gonfiato.
– ..non potrò mai
dimenticare la sensazione che lascia un buon incontro, disputato con
un avversario degno di questo nome.
– Come mai non
partecipi più ai tornei organizzati dalla BBA? – chiese la moretta
a quel punto, inarcando un sopracciglio.
– Perché mi sono
impegnato a portare avanti l'attività di famiglia – le spiegò
lui, rivolgendosi ad entrambi con un largo sorriso – Mio padre e
mio fratello maggiore sono sempre in giro per il mondo e l'onere di
occuparmi delle lezioni di kendo che teneva fino a pochi anni fa mio
nonno è passato direttamente a me.
– Allora non ti
stava solo sfruttando per far risplendere come uno specchio il
pavimento della sala – commentò, mantenendo la stessa aria
impassibile di sempre, il dranzerblader.
Takao si lasciò
andare ad una breve risata contenuta – No, infatti.. – annuì,
prima di aggiungere con una nuova ombra di un antico entusiasmo –
..ma non ho smesso di far girare Dragoon per questo. Con Daichi di
tanto in tanto salta sempre fuori qualche pretesto per una sfida,
quando non è impegnato con la scuola e gli incontri ufficiali.
Yukiko assunse
un'espressione pensierosa – Mi pare di averne visti un paio,
recentemente, di suoi incontri, in televisione..
Il dragoonblader si
sfregò il naso con un dito, sfoggiando un sorriso sornione dei suoi
– Sì, è diventato davvero fortissimo. D'altra parte, non poteva
essere altrimenti, con un maestro come me! Ma ne ha ancora molta di
strada da fare per sperare di superarmi!
– Certo che non ti
smentisci mai, Takao!
La voce che
interruppe quei discorsi anticipò lo scivolare a lato della porta
scorrevole, lasciando delinearsi sullo sfondo del cortile una figura
ben nota, che fece sobbalzare il diretto interessato, preda di uno
spavento ben comprensibile.
– Hilary! Non..
non avevi detto che saresti stata via tutta la settimana?
– Siamo tornati
qualche giorno prima.. – affermò quella senza batter ciglio e
facendo un passo avanti per fare il suo ingresso definitivo. Quando i
suoi occhi color nocciola si posarono sui presenti, sembrò perdere
quell'espressione accusatoria e irritata, in favore di una più
stupita – Kei.. che cosa fai qui?
Takao, riavutosi in
fretta dallo stupore, parve reagire con un certo fastidio a quella
nuova intrusione, appoggiando un gomito sul tavolino e dando le
spalle alla nuova arrivata nel sostenersi il capo con la medesima
mano – Lui e Yukiko sono passati a salutare – sbottò,
decisamente imbronciato.
La ragazza apparve
piuttosto rapida a reagire a quell'informazione, perché finalmente
distolse lo sguardo dal dranzerblader e lo posò sulla mora che gli
sedeva affianco. Per un attimo Kei credette di intravedere una nota
di smarrimento in quella coppia d'iridi castane, ma non se ne curò
affatto, messa in secondo piano dalla pronta reazione dell'altra.
– Ah, ecco
spiegato il motivo per cui stavi cercando di metterti in mostra –
tornò ad accusare il dragoonblader, scoccandogli un'occhiata carica
di significato.
Quell'allusione
dovette sortire l'effetto sperato perché, nel momento in cui Takao
raddrizzò la schiena e tornò a rivolgersi all'ex compagna di
classe, il blader dai capelli d'argento scorse una punta di
soddisfazione sul sorriso di Hilary.
– Non è affatto
vero!
– Ti conosco
troppo bene perché tu possa sperare di darmela a bere, Takao – gli
ricordò lei.
– Su su, ragazzi
smettetela di fare i piccioncini o finirete per mettere in imbarazzo
i nostri ospiti – li richiamò all'ordine il più anziano dei
Kinomiya, facendo la sua comparsa nella stanza, recando con sé un
vassoio con quattro tazze cilindriche ed una teiera colma di tea
appena fatto.
A quell'affermazione
i due in questione si voltarono di scatto all'unisono, come un'unica
entità, esclamando in un moto di imbarazzo e contrarietà: – Non è
così!
No, Kei ne ebbe così
la conferma, non era cambiato quasi nulla rispetto a sei anni prima.
Le scenette comiche che erano in grado di metter su quei due
continuavano ad alleggerirgli l'umore e ad infastidirlo al tempo
stesso.
La franca risata di
Yukiko attirò l'attenzione di tutti e spezzò la tensione venutasi a
creare, cosa che lo indusse a ringraziarla silenziosamente per quel
piccolo miracolo.
Non poteva essere
più lieto di così di averla con sé in quella gabbia di matti.
Quando Yukiko smise
di ridere, l'imbarazzo che provava in fondo all'animo non si
alleggerì, lasciandole una sensazione strana alla bocca dello
stomaco. Una sensazione che l'aveva assalita da quando quella ragazza
di nome Hilary aveva fatto la sua comparsa, rivolgendo al
dranzerblader quell'unica domanda diretta. Questi, per contro, non
aveva fatto una sola piega, sostenendo lo sguardo sorpreso di lei con
una delle sue espressioni impassibili.
Per un attimo, prima
che i battibecchi fra la moretta e Takao prendessero piede,
costringendo il nonno di questi a intervenire per sedare quello
scambio continuo, le era sembrato di scorgere qualcosa sul volto
dell'altra ragazza, qualcosa che le aveva suscitato quella sorta di
disagio nei suoi confronti ancor prima che la voce di lei iniziasse a
striderle nelle orecchie.
Persino quando ebbe
in mano una tazza di tea caldo, la nightblader non riuscì ad
evitarsi di scoccare occhiate di sottecchi all'ultima arrivata,
studiandone con discrezione l'espressione e gli atteggiamenti, senza
notare nulla di particolare in questi. Maledizione, possibile che
avvertisse solo lei quella strana tensione sospesa nell'aria fra loro
due, che le impediva di rilassarsi abbastanza da prestare la dovuta
attenzione a ciò che stava dicendo Takao?
In quel momento non
v'era nessun indizio nei modi della moretta che confermasse quel suo
infido sospetto, niente che potesse essere definito in qualche modo
'strano' nei loro confronti. Che si fosse semplicemente
confusa?
– Ho trovato
questo in uno degli scaffali in cui mio nipote tiene le sue targhe ed
i premi vinti a Beyblade – esordì il nonno di Takao, rifacendo la
sua comparsa dopo una decina di minuti di assenza, recante con sé un
raccoglitore di discrete dimensioni che si rivelò essere un album
fotografico quando lo appoggiò sul ripiano in legno in mezzo a loro
– Sapevo che l'avevamo da qualche parte e ho pensato che sarebbe
valsa la pena mostrarlo alla nostra ospite.
Il dragoonblader
sollevò ambo le sopracciglia, sorpreso – Me n'ero completamente
scordato!
– Grazie nonno, è
una bella idea – si accodò Hilary, sorridendo.
Appena la copertina
rigida venne sollevata, le foto posizionate in prima pagina
rivelarono una coppia di ragazzini sorridenti, di cui quello sulla
sinistra non poteva essere altri che una versione più infantile di
colui a cui apparteneva quell'album.
– Queste risalgono
al primo torneo nazionale di Beyblade – spiegò loro Takao,
indicandogliela con una certa nostalgia – Io e il Professor K ci
eravamo appena conosciuti.
Il fantomatico
professore doveva essere quello scricciolo posto accanto al
dragoonblader. Quando, poche pagine più avanti comparvero le prime
immagini di Kei, Yukiko si ritrovò a spalancare gli occhi verdi,
avvertendo un sussulto all'altezza del cuore nel riconoscerlo.
– Ahah, dalla tua
espressione corrucciata in questa foto Kei, si vede troppo quanto la
sconfitta ti bruciasse – lo prese in giro Takao, beccandosi
un'occhiataccia dal diretto interessato, che oltre a questo non fece
una piega, mantenendo un'aria sostenuta con la schiena perfettamente
dritta e le braccia conserte.
– Ci sono anche
Rei e Max – osservò la nightblader, attirando l'attenzione su di
sé mentre si sporgeva sul tavolino per guardare meglio quegli
scatti, non riuscendo in alcun modo a sminuire il proprio sorriso
entusiasta. I due erano cresciuti molto dall'epoca che stava
sbirciando in quel momento, com'era anche per gli altri componenti
dei Bladebreakers, eppure qualcosa nelle loro espressioni la
rimandava ai ragazzi che aveva conosciuto di recente di persona. Quel
dettaglio la aiutò a sentirsi in qualche modo legata a quelle
immagini di un passato di cui aveva solo sentito parlare.
– Sì, esatto.
Stavamo per partire per la Cina – annuì Takao, prima di domandarle
– Come sai chi sono?
– Oh, è perché
li ho conosciuti poco tempo fa – affermò senza pensarci la mora,
suscitando una nota di stupore sul volto del suo interlocutore.
Un'espressione simile era stampata anche sul viso di Hilary, lì
accanto, anch'essa appoggiata al bordo del tavolino per vedere meglio
le foto in questione.
– Ah – ribatté
solamente Takao, faticando a ricomporsi. Ci pensò la sua amica a
girare pagina, rivelando uno dopo l'altro scorci di quelle che erano
state le loro tappe in giro per il mondo, durante quel loro primo
torneo mondiale.
In ognuna delle
foto, Kei le appariva sempre con la stessa espressione severa e
irriverente, leggermente corrucciata. Quella versione molto più
giovane del suo compagno di squadra rassomigliava molto al ragazzo
che aveva imparato a conoscere e di cui aveva finito per innamorarsi,
soprattutto a causa di quella sua sciarpa bianca e dei segni blu che
sfoggiava sulle guance. All'ennesima foto, questa volta scattata in
Russia, non riuscì a reprimere una risatina che le nacque in fondo
alla gola e le fece sussultare le spalle. Quel suono attirò di nuovo
l'attenzione di tutti e tre i presenti e lei, incrociando lo sguardo
dai riflessi d'ametista del suo ragazzo, non poté evitare di
rivelare il pensiero che l'aveva divertita tanto.
– Ora capisco
perché Yuri ti ha salutato a quel modo. A quanto pare è da
parecchio che hai l'abitudine di “truccarti come una ragazzina”
– lo punzecchiò, riprendendo a ridacchiare fra sé e sé.
Kei non sembrò
prenderla troppo bene, perché il suo sguardo si fessurizzò,
divenendo penetrante come una lama e lei credette di poter
distinguere fra i suoi capelli un paio di vene affioranti e pulsanti
di un'irritazione più che evidente nella tensione insita nella piega
delle labbra. Un attimo dopo, quando ancora lei cercava di soffocare
quello scoppio di ilarità dietro la mancina, il blader sollevò una
mano verso di lei e le pinzò con due dita una guancia, iniziando a
tirarla verso di sé in una ripicca che le fece lacrimare gli occhi
di dolore.
– Ahii.. –
gemette la mora, sbilanciandosi in avanti tanto da doversi sostenere
con un braccio sul pavimento, con voce distorta dal fatto di non
riuscire a muovere le labbra come avrebbe voluto. Dopo una manciata
di istanti durante i quali l'altro non sembrò minimamente accennare
ad allentare la presa ma, anzi, sfoggiò un sorrisetto piuttosto
sadico, Yukiko con le lacrime agli occhi cedette – ..shcusha
shcusha.. nohn vo'hevo..
Kei la lasciò e la
sua povera guancia tornò al suo posto, rossa e dolorante,
costringendola a massaggiarsela con la mano sinistra, indecisa se
ridere o piangere per quel dispetto appena subito e che purtroppo era
del tutto meritato. Se l'era decisamente cercata: sapeva bene che il
suo compagno non era il genere di persona che apprezza troppo simili
commenti ironici, eppure non era proprio riuscita a trattenersi. Il
pensiero rischiò di farla ridacchiare di nuovo.
Stava ancora
cercando di far passare l'indolenzimento alla parte sinistra del viso
quando si accorse degli sguardi stralunati di Hilary e Takao, fissi
su di loro. Quella mancanza di pudore la mise nuovamente a disagio,
facendola sorridere di sbieco un'altra volta, dimentica del male
residuo e rimpiangendo il proprio tempismo discutibile. Non si
sentiva molto a suo agio sotto quegli sguardi indagatori che si
alternavano fra lei e il dranzerblader, il quale per contro era
tornato perfettamente impassibile.
Cercando di darsi a
sua volta un contegno, ancora rossa in viso per l'imbarazzo di quella
situazione, dovette ringraziare la sua buona stella perché, a un
certo punto, finalmente gli occhi castani della moretta ricaddero su
una nuova foto, fornendole la distrazione di cui necessitava per
lasciarsi l'accaduto alle spalle.
– Mi ricordo di
questa – affermò con un certo entusiasmo, indicandola agli altri –
Ero entrata da poco nel gruppo e volevo disperatamente vedere uno di
quei vostri fantomatici bitpower coi miei occhi.
– Sì – rincarò
la dose Takao, riprendendosi – E ci facesti perdere la
concentrazione con i tuoi strepiti da gallina.
Quel commento gli
fece guadagnare un bernoccolo fra i capelli scuri, provocato da un
ventaglio di carta che la ragazza aveva tirato fuori non si sa bene
da dove.
– E adesso ci
riesci? – le domandò a quel punto Yukiko.
Il sorriso vagamente
malinconico dell'altra anticipò la sua risposta – No.
– Oh..
La nightblader,
osservando quell'immagine in cui erano stati immortalati i quattro
Bladebreakers, provò un moto di dispiacere per lei.
Non ebbe comunque
modo di rifletterci a lungo, perché Takao voltò di nuovo pagina e
l'argomento venne accantonato, in favore di una nuova miriade di
ricordi. Un ragazzo ritratto insieme a Takao, dai lunghi capelli
verde acqua e gli occhi dello stesso colore, le suscitò un nuovo
moto di curiosità.
– E questo chi è?
– Lui è Zeo –
le rispose Kei, parlando per la prima volta da quando era stato
aperto l'album.
Quel nome le
rammentò ciò che il ragazzo le aveva precedentemente raccontato su
di lui e la mora annuì di rimando, rendendosi conto che l'argomento
poteva sollevare ricordi spiacevoli nei ragazzi seduti lì a quel
tavolo, specialmente in Takao, così nel silenzio che seguì voltò
di nuovo pagina.
– Oh.. – si
lasciò sfuggire una seconda volta, affrettandosi a tapparsi la
bocca, alla vista della nuova immagine.
Quando capì di aver
di nuovo attirato l'attenzione di tutti e tre, i quali attendevano
che si esprimesse con in volto una serie di espressioni più o meno
interrogative, si maledisse silenziosamente per non riuscire a
contenere parte dell'entusiasmo che le suscitava ogni scatto in cui
era stato immortalato il suo dranzerblader.
Deglutendo si
schiarì la voce, prima di scuoter il capo in segno di diniego –
Niente, niente.
Grazie al cielo il
nonno di Takao tornò ad interessarsi delle loro condizioni e ne
approfittò per chiedere a lei e Kei se avevano intenzione di
mangiare con loro. Lì per lì la mora pensò che fosse un invito
piuttosto gentile e non le sarebbe dispiaciuto accettare, ma
l'istante successivo si rammentò dei bento che aveva preparato quel
mattino, alzandosi alle sette praticamente apposta per adempiere a
quel compito.
– Sì, restate –
rincarò la dose Takao, rivolto sia a loro, sia ad Hilary – ..fra
poco dovrebbe tornare anche Daichi, sembrerà di essere tornati ai
vecchi tempi!
– Accetto, ma solo
per questa volta – acconsentì la ragazza, prima di spostare gli
occhi color nocciola su lei e Kei, in attesa della loro risposta.
– Anch.. – come
il dranzerblader aprì bocca, la mano di Yukiko partì d'impulso,
calando con forza sul braccio destro di lui, aggrappandoglisi
letteralmente alla manica. Le parole che gli stavano uscendo di bocca
in quel momento gli morirono in gola, evidentemente preso alla
sprovvista da quell'interruzione, tanto da scoccarle un'occhiata
interrogativa a cui la ragazza rispose con una tanto intensa quanto
implorante. Lui di rimando inarcò un sopracciglio e, nella manciata
di secondi che seguì, la nightblader si morse il labbro inferiore,
avvertendo le proprie guance arrossarsi per l'improvvisa
consapevolezza di aver agito d'istinto, guidata dal proprio egoistico
desiderio. Lo stesso desiderio che ora, nonostante gli sguardi
perplessi dei quattro, non riusciva ad accantonare in nessun modo.
Inspirando, afferrò
il proprio coraggio con ambo le mani e, sollevandosi in ginocchio, si
sporse per accostare le labbra all'orecchio del suo ragazzo,
coprendole agli sguardi altrui con una mano.
– Ehm.. – gli
sussurrò, preda di un'agitazione che le dipingeva le guance di un
rosso sempre più acceso ad ogni secondo che passava –
..veramente.. ecco, stamattina.. avrei preparato il pranzo per
entrambi e speravo che.. che l'avremmo mangiato insieme.
Tirandosi indietro
sulle ginocchia per affrontare lo sguardo del compagno, era
perfettamente consapevole della propria espressione combattuta e
tesa, così come lo era del colorito che doveva aver assunto, ormai
pari soltanto a quello di peperone. Eppure si rifiutò di abbassare
lo sguardo dal volto di Kei, sforzandosi di sostenere il peso di
quegli occhi così magnetici e limpidi, distinguendone il moto di
stupore che li attraversò in una frazione di secondo. Gli bastò un
battito di ciglia per far sparire ogni traccia di quel sentimento,
spazzato via in favore di una nuova serietà rivolta di nuovo verso
il suo ex capitano ed il nonno di lui, per rispondere al loro invito.
– Ci dispiace, ma
abbiamo altri programmi.
Il sollievo provato
da Yukiko al sentirgli dire quelle parole fu talmente intenso da
spazzar via ogni rigidità dei muscoli e si ritrovò a sorridere come
una bambina a cui avevano appena concesso di uscire a giocare in una
giornata di sole. Avrebbe pranzato con Kei e lui avrebbe mangiato ciò
che gli aveva preparato con tanta cura, loro due soli. L'emozione e
la felicità minacciarono di farle scoppiare il cuore nel petto.
– Capisco –
disse Takao, ancora faticando a riprendersi dalla sorpresa.
– Peccato..
Quel commento a
seguire risuonò talmente sincero che smorzò parte della felicità
della nightblader per indurla a posare lo sguardo di smeraldo su
colei che l'aveva mormorato. Hilary sembrava non riuscire a
mascherare la delusione del suo viso, nonostante tenesse lo sguardo
puntato da tutt'altra parte, in un punto imprecisato della stanza, e
la cosa risvegliò quella fastidiosa sensazione che l'aveva colta
inizialmente alla bocca dello stomaco. Con una nota di risentimento
per il tempismo del proprio sesto senso, Yukiko allora tentò di
rimediare in qualche modo.
– Ma ripasseremo
lungo la strada del ritorno.. – affermò, attirando di nuovo
l'attenzione dei due, prima di esternare una proposta venutale in
mente in quel preciso momento – ..e magari potresti concedermi un
incontro, Takao.
Il sorriso che tornò
sul volto del dragoonblader venne accompagnato da un gesto del
pollice, che lui sollevò per sfregarsi una volta la punta del naso
prima di darle una risposta affermativa.
– Più che
volentieri! È da un po' che Dragoon non scende in campo contro un
nuovo avversario.
Alla mora venne
spontaneo ricambiare il franco sorriso dell'altro con uno molto
simile, carico di sfida.
– Preparati
allora, perché ti darò del filo da torcere.
– Eheh.. Non vedo
l'ora!
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Lo so, sono in ritardo di almeno 24 ore da pronostici, ma ieri proprio non ce l'ho fatta.
Mi spiace, spero di essermi fatta perdonare con questo capitoletto però ^__^ come avete visto, abbiamo finalmente il momento della conoscenza fra Takao e Yukiko, e guarda caso c'è pure Hilary nei paraggi! Ho notato che la coppia HilaryxKei è stata molto gettonata in ognidove, cosa che fin dall'inizio a me faceva e fa tutt'ora storcere il naso - XD eh già, nn posso farci niente, mi fa venire l'orticaria! - ma devo ammettere che in fin dei conti non sarebbe così strano, tutto a causa di quella puntata in cui Kei la salva non ricordo in che ambito. Voi cosa ne pensate? In questa fic Hilary proverà davvero qualcosa per il nostro dranzerblader o sono solo supposizioni di una improvvisamente gelosa Yuki?? Oppure c'è qualcos'altro sotto?!
E Takao?! E Daichi?? Sembra proprio che ci siano tutti insomma XD
Ahimé, oramai mi ritrovo a dover rallentare seriamente la pubblicazione: se tutto va bene dovrei riuscire ad aggiornare mercoledì prossimo, quindi non disperatevi troppo! Non vi abbandonerò! E ne approfitto sin da subito per ringraziare tutti coloro che continuano a seguirmi, nonostante tutto, e che mi fanno sempre presente le loro impressioni! Senza di voi probabilmente questa ff sarebbe stata decisamente più corta (il ché non so dire se sia un male o un bene XD)!! Vi lascio, un saluto dalla vostra ritardataria
Kaiy-chan |
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Capitolo 37 *** Un'innegabile complicità ***
37. Un'innegabile complicità
La spiaggia era spazzata da un tenue
venticello carico di umidità, che li accolse scompigliando loro i
capelli e gonfiando rispettivamente la giacca di jeans di Yukiko e la
sciarpa di Kei. Quest'ultimo, le mani in tasca e il viso rivolto
all'orizzonte, stava percorrendo il litorale con lo sguardo alla
ricerca di un luogo adatto, quando la voce della mora ne richiamò
l'attenzione.
– Questa è la stessa spiaggia dove
venivate ad allenarvi?
Quella domanda gli fece inarcare un
sopracciglio, sorpreso ancora una volta del buono spirito di
osservazione di cui la sua compagna era dotata.
– Sì – le rispose dopo un istante
di silenzio, tornando a osservare l'infrangersi delle onde alcuni
metri più avanti con un debole sorriso stampato in volto. I ricordi
legati a quell'ambiente erano molteplici e tutti legati alla sua
appartenenza alla squadra dei Bladebreakers. Si accorse di essere
rimasto assorto fra i propri pensieri più a lungo di quanto avrebbe
voluto dopo più di un minuto di silenzio, infranto soltanto dal
costante rifrangersi delle onde e dal sibilo del vento. Sulle loro
teste le nuvole si rincorrevano nel cielo, oscurando a tratti i raggi
di un tiepido sole autunnale e Kei comprese che quella sarebbe stata
una delle ultime giornate di bel tempo di cui avrebbero potuto
giovare per il prossimo futuro.
Scoccando un'occhiata alla sua
compagna, il dranzerblader la vide intenta a guardare il panorama
nella direzione diametralmente opposta alla sua, cosa che gli insinuò
il dubbio che stesse cercando di evitarlo. Cocciutamente allora la
fissò per un po', osservandone il profilo in attesa che si voltasse
finalmente verso di lui e gli prestasse attenzione e, nel frattempo,
rammentando la richiesta che lei gli aveva fatto poco prima, a casa
di Takao. Per qualche motivo, persino uno come lui era capace di
provare qualcosa al pensiero di poter mangiare il pranzo preparato
appositamente per lui dalla ragazza che gli piaceva.
Per questo, quando la mora si voltò
finalmente a guardarlo, alla sua espressione impacciata rispose con
l'ombra di un sorriso.
– Troviamoci un posto un po' riparato
– le propose, senza aspettare oltre prima di avanzare e scendere
gli scalini in cemento armato, sino ad affondare la suola delle
scarpe sulla sabbia umida. Procedettero sul lungomare per una
trentina di metri, fianco a fianco, finché non trovarono un
baraccotto in legno che aveva tutta l'aria di un magazzino da
spiaggia. Vi si sedettero appresso, utilizzandone la parete in assi
di legno come schienale e paravento fortuito.
La nightblader a quel punto tirò fuori
dal piccolo zaino, che si era portata appresso per tutta la mattina,
un oggetto dalla forma bassa e tipicamente squadrata, coperto da un
fazzoletto verde chiaro annodato sulla sommità di quella che doveva
essere evidentemente una scatola per il bento. Quando lei gliela
porse, sfoggiando un'espressione quasi sostenuta in un palese
tentativo di mascherare il proprio imbarazzo, Kei avvertì nuovamente
quell'insolito formicolio alla bocca dello stomaco. Fu inutile il suo
tentativo di sopprimerlo, prendendo in consegna l'oggetto del suo
turbamento interiore, ed il fatto che lei non indagò la sua
espressione gli permise di sentirsi meno a disagio di quanto sarebbe
stato altrimenti, mentre faceva i conti con sé stesso. Rimase a
fissare la sommità di quella scatolina, completamente avvolta dalla
stoffa di cotone monocolore, cercando di venire a patti con l'assurda
impazienza e la curiosità che gli causava il pensiero del contenuto
di quel pacchetto.
In quel momento ebbe conferma del
motivo per cui non aveva avuto alcuna esitazione nel rifiutare
l'invito a pranzo del suo ex capitano, cogliendo al volo
l'alternativa che gli si era prospettata: la verità era che voleva
mangiare quel bento e voleva farlo in
compagnia della ragazza che gliel'aveva preparato, senza
nessun altro intorno.
– Buon appetito – gli augurò la
mora a quel punto, traendolo da quelle conclusioni e inducendolo ad
iniziare ad armeggiare con il nodo del fazzoletto.
Questo non oppose troppa resistenza,
permettendogli di tener il contenitore appoggiato fra le gambe
incrociate finché, raggiunto il suo scopo, non lasciò riversarsi ai
lati dello stesso i quattro lembi di stoffa. Quando finalmente poté
sollevarne il coperchio, badando che il paio di bacchette non gli
scivolasse di mano, sbatté un paio di volte le palpebre alla vista
del contenuto magistralmente ordinato e ricco di colori che gli si
palesò davanti agli occhi.
Nella metà destra della scatola erano
stati disposti dei bocconcini di carne impanati e ricoperti di una
salsa rossastra, adagiati sopra un piccolo letto di insalata fresca
ed affiancati da un paio di rotolini di omelette e qualche wurstel
intagliato a forma di polpo, alternati a dischetti arancioni e verdi
di quelle che dovevano essere rispettivamente carote e zucchine. La
metà sinistra invece era ricolma di riso bianco, sopra il quale, con
striscioline di nori, era stata creata in kanji la scritta “Buon
appetito”.
Kei impiegò più di una manciata di
secondi buona per riprendersi abbastanza dalla sorpresa per anche
solo pensare di mangiare qualcosa da quel piatto.
– Se..se c'è qualcosa che non ti
piace buttalo pure!
L'improvvisa esclamazione della mora
quasi lo fece sussultare e sollevò di scatto lo sguardo, voltandosi
a guardarla con una certa confusione. Lei non lo stava guardando ma
teneva gli occhi bassi sulla propria scatola, le bacchette nella mano
destra. Il suo pranzo era la copia esatta di quello che aveva passato
a lui.
– Se non ti piace, non devi mangiarlo
per forza – ripeté in tono un po' meno teso, talmente seria che
credette di vedere quelle labbra delinearsi di una smorfia ansiosa –
Non sapendo quali fossero i tuoi gusti ho provato a tirare ad
indovinare.. ma non fa niente, davvero, non..
Kei smise di ascoltarla e optò per
ficcarsi in bocca un pezzo di carne. Come previsto, bastò quel gesto
esageratamente enfatizzato per far zittire la ragazza che gli sedeva
accanto e, nel silenzio che seguì, masticò con la stessa esagerata
attenzione, prima di deglutire.
– ...a-allora? – pigolò l'altra a
quel punto, con voce tanto bassa quanto interrogativa. La sua
espressione corrucciata e combattuta gli fece quasi venir da ridere –
Com'è?
Mantenendo il solito contegno
altezzoso, il dranzerblader mascherò accuratamente le proprie reali
emozioni e sollevò il bento con la mano libera per avvicinarselo
alla bocca, prima di risponderle in un borbottio sostenuto che era
soltanto un tono di facciata.
– Buono.
Non le disse altro prima di riempirsi
di nuovo la bocca, avvertendo una nota di fastidio che gli fece
corrugare le sopracciglia quando, in quel medesimo istante, sentì
affiorare in volto un leggero imbarazzo. Eppure, nonostante il
disagio suscitatogli da quell'atmosfera venutasi a creare, percepì
un piacevole calore diffonderglisi al centro del petto.
Di quel bento non ne avanzò un solo
chicco di riso.
Hilary volse lo sguardo verso il
cortile, perfettamente visibile attraverso la porta scorrevole
spalancata, nel quale Takao e Daichi erano intenti ad allenarsi. Come
il rosso aveva saputo della visita di Kei e della misteriosa ragazza
che l'accompagnava, aveva ribadito di volersi battere con lei per
primo, cosa che aveva fatto scattare subito la lite. Ora stavano
risolvendo la cosa a modo loro: con una sfida a beyblade.
La moretta dal canto suo invece era
rimasta seduta sul pavimento, allo stesso tavolino che li aveva visti
raccolti tutti e quattro poco meno di due ore prima a sfogliare quel
vecchio album fotografico. Facendo scivolare gli occhi castani sino
al libro in questione, rimasto chiuso dall'altro capo del mobile che
ella stessa stava utilizzando per studiare gli appunti del giorno
precedente, rinunciò a concentrarsi sui testi universitari e
appoggiò il viso sul palmo della mano destra, lasciandosi sfuggire
un sospiro.
Rivedere Kei le aveva fatto uno strano
effetto. Per i primi minuti le era sembrato quasi che il tempo non
fosse passato affatto, che fossero ancora gli stessi ragazzini di
allora, fanatici per il beyblade. Sapeva perfettamente che ad averla
tratta in inganno era stato il suo aspetto, così simile a quello a
cui si era abituata anni addietro, con quelle guance segnate di blu e
la sciarpa bianca, l'aria imperturbabile di sempre..
Tranne che al momento dell'ardita presa
in giro di Yukiko. In quell'occasione non si era trattenuto affatto
dallo sporgersi verso di lei e pinzarle così una guancia, come se
fosse stato un gesto del tutto naturale per un tipo come lui, rigido
e distaccato.
Sospirò appena.
Credeva di aver superato quella cotta
adolescenziale a senso unico, specialmente dopo gli ultimi cinque
anni, eppure non poteva negare a sé stessa di aver accusato una
certa agitazione nel momento in cui l'aveva visto seduto di fronte a
Takao. Era rimasta così sorpresa che aveva notato soltanto dopo un
po' una seconda presenza femminile oltre il dranzerblader, cosa che
le aveva fatto nascere nella mente un unico interrogativo: chi era
quella ragazza?
– Ehi Takao, ma secondo te Kei si è
davvero trovato una ragazza?! – la voce di Daichi la fece
sussultare, rispecchiando i suoi dubbi e facendola voltar di scatto
verso il cortile, gli occhi spalancati.
– Mah.. – ribatté il dragoonblader
al suo piccolo rivale – ..è possibile. Di certo sembravano essere
piuttosto in confidenza.
Hilary accusò il colpo con una
smorfia, seppur scettica. Takao non era mai stato bravo a capire il
suo vecchio compagno di squadra. Nessuno di loro lo era mai stato più
di tanto, fatta eccezione forse per Rei. Ripensando agli ultimi tempi
in cui avevano avuto a che fare con lui, rammentò fin troppo bene il
blader che alla fine aveva sconfitto una volta per tutte il suo più
acerrimo rivale. Il ragazzo che anni prima l'aveva salvata si era
trasformato, con l'andare avanti dei mesi, in una persona diversa,
per lo più interessata soltanto alla vittoria ed a nulla era valsa
la compagnia di tutti loro. Nemmeno lei era mai riuscita ad attirarne
l'attenzione, nonostante non potesse dire affatto di averci provato
assiduamente. Quella sorta di ossessione del “diventare il più
forte” lo aveva divorato dall'interno e la moretta non aveva
potuto non accorgersene. Quel Kei di allora era stato la causa di un
tormento che aveva finito per farle rinnegare la propria infatuazione
e non aveva avuto difficoltà a dimenticarlo del tutto dopo la sua
partenza. Non s'era più fatto vivo, non l'avevano più visto né
Takao aveva saputo più nulla da lui, così aveva finito per
guardarsi intorno e trovare nel suo vecchio compagno di scuola una
presenza più che gradita. Ma ora, esattamente come l'argenteo era
stato solito fare, eccolo comparire di nuovo senza avvisare nessuno,
prendendo tutti in contropiede. Dal canto suo,Hilary era
assolutamente convinta che lo facesse apposta e ci provasse pure un
certo gusto nello spiazzare le persone.
Sospirò, di nuovo, giocherellando con
la matita che aveva nella mano destra, facendola roteare fra le dita
finché non perse la presa e questa andò a rintoccare prima sul
tavolo e poi sul pavimento. Allungandosi a raccoglierla, non terminò
mai quel movimento perché una voce distinta si levò sopra il ronzio
di beyblade in gioco, zittendo i due sfidanti.
– Vi spiace se ci uniamo alla festa?!
Sollevando di getto il capo e lo
sguardo, Hilary spalancò gli occhi nel vedere Kei e Yukiko
nuovamente lì, spalla a spalla, la seconda con un sorrisetto
stampato in volto.
Le facce di Takao e Daichi, fermi in
mezzo al cortile, erano una visione talmente identica da meritare
l'entrata in scena che si erano disturbati a fare. Una parte di lei
condivideva totalmente la predilezione del dranzerblader per certe
cose, ora che ne aveva provato a sua volta gli effetti, e per un
attimo pensò ironicamente che quel ragazzo la stesse deviando
progressivamente a quello comunemente definito come il 'lato
oscuro'. Eventualità che, sinceramente, non le dispiacque
affatto.
– Allora? – li incalzò, facendo un
paio di passi avanti con in volto un sorriso carico di sfida: non
vedeva l'ora di scendere in campo.
Vide Takao ricambiare
quell'espressione, piegando leggermente le ginocchia, come se si
stesse mettendo in guardia, prima di rispondere – Fatti sotto! Sarò
io il tuo avversario!
– Non è vero, Takao! Non abbiamo
ancora finito la nostra sfida per decidere chi l'affronterà per
primo! – saltò subito su Daichi, contrariato e indispettito.
A quanto pareva era in corso un
incontro per stabilire una classifica.
Yukiko a quella consapevolezza avvertì
un certo imbarazzo al pensiero di essere l'oggetto della contesa,
lusingata dell'entusiasmo dimostrato da entrambi nel volerla sfidare.
All'idea di aspettare ancora un po' fece spallucce, senza perdere il
proprio sorriso a quell'eventualità, ancora in balia della
rilassante sensazione di pienezza del proprio stomaco.
– Finite pure, aspetterò di vedere
un vincitore allora.. – affermò tranquillamente, già spaziando lo
sguardo per il cortile. Intravedendo il portico e oltre questo la
sala dove avevano bevuto il tea, inarcò un sopracciglio quando
scorse, oltre la porta scorrevole in legno, la figura di Hilary,
seduta al tavolino e intenta a fissarli.
La salutò con un cenno della mano, al
quale l'altra sembrò riaversi abbastanza da rispondere con un tenue
sorriso.
Soltanto poi la nightblader si mosse,
avviandosi in quella direzione, non senza prima aver scoccato
un'occhiata a Kei ovviamente, trovandolo presente al proprio fianco.
Rassicurata dalla sua presenza, eppure nervosa al contempo, salì
sulla pavimentazione in legno e si sedette a gambe incrociate a
ridosso del vano della porta.
– Ti disturbo se mi metto qui? Stai
studiando? – chiese direttamente all'amica di Takao, sollevata
nello scoprire quanto ora le fosse più facile essere amichevole nei
suoi confronti. Probabilmente, rifletté, questo era dovuto
all'emozione piacevole che ancora le albergava al centro del petto
dopo che il suo compagno aveva gradito il bento che gli aveva
preparato. Il solo pensiero la mandava al settimo cielo.
La moretta le rispose con un sorriso
altrettanto cordiale e solare, un'espressione che contribuì a far
sciogliere il ghiaccio residuo che aveva avvertito fra loro.
– No.. ci ho rinunciato, con quei due
lì fuori! – ribatté, indicando con un sospiro rassegnato gli
abitanti di quella casa.
Come a rimarcare quanto da ella detto,
i diretti interessati levarono le loro voci in una serie di
esclamazioni e provocazioni l'uno verso l'altro, che fecero nascere
nella nightblader un sorriso fin troppo comprensivo.
– Non posso darti torto..
Yukiko fece scivolare lo sguardo di
smeraldo sul tavolo occupato dall'altra ragazza, notando l'album di
foto ancora lì presente, chiuso e abbandonato a sé stesso. Un
istante dopo però un movimento al limitare del suo campo visivo la
distrasse, inducendola a sollevar lo sguardo su quello che era il suo
ragazzo, inarcando un sopracciglio. Kei era salito a propria volta
sul pavimento in legno rischiarato da qualche raggio di sole,
sdraiandosi come se niente fosse nel verso della lunghezza del
passaggio, di traverso rispetto alla porta accanto alla quale si era
messa la mora poco prima. Per completare il quadro ovviamente aveva
intrecciato le mani dietro la nuca a mo' di cuscino, talmente vicino
alla sua gamba sinistra da sfiorarle i jeans con alcune ciocche
d'argento.
Sembrava del tutto a suo agio,
tranquillo e soddisfatto, seppur sul suo viso permanesse quell'aria
tremendamente seria ed “indifferente a tutto e tutti” che
lo distingueva solitamente. La nightblader si ritrovò allora a
sorridere, osservandone i lineamenti e ripensando meccanicamente
un'altra volta al modo in cui lui aveva apprezzato il pranzo che lei
gli aveva preparato. Non aveva ricevuto nessun complimento
particolare, ma a lei era bastato l'evidente slancio con cui aveva
finito fino all'ultimo chicco di riso per cogliere il messaggio. In
passato non l'aveva mai visto mangiare un boccone dietro l'altro come
era accaduto in quell'occasione, era sempre stato composto e
apparentemente indifferente al cibo che gli entrava in bocca, mentre
stavolta l'era apparso diverso.
Le era sembrato.. felice.
Che scema che era a pensare certe cose!
Rammentandosi di essere in compagnia di
altre persone, venne distolta dalle proprie riflessioni da una folata
di vento che, proveniente dal campo di gara, le si insinuò sotto il
giubbotto di jeans e scompigliò i capelli dell'indifferente
dranzerblader. Dovette soffocare l'impulso di accarezzargli quelle
ciocche ribelli e chinarsi a baciarlo ed, arrossendo in viso per quel
pensiero, sollevò gli occhi verdi per scoccare un'occhiata alla
sfida in corso.
Sembrava vigere una situazione di
stallo, con i due beyblade intenti a cercare di sopraffarsi a
vicenda. Avrebbe dovuto restare a studiarne gli attacchi, prestare
attenzione al loro modo di combattere, ma era una giornata troppo
tranquilla per lasciar sfumare del tutto il torpore indottole dalla
digestione in corso, così si voltò di nuovo verso Hilary.
– Ti spiace allungarmi l'album
fotografico? – le domandò, sorridendole debolmente.
Lei parve riaversi da qualche pensiero
perché sussultò appena e si voltò a guardarla con espressione
interrogativa, prima di registrare la sua richiesta ed annuire –
C-certo.. – le disse soltanto, ricambiando il sorriso e afferrando
ciò che le aveva chiesto.
Prendendo in consegna l'album, Yukiko
sentì le proprie labbra schiudersi maggiormente in un sorriso tanto
contento quanto soddisfatto, sistemandosi il tomo sulle gambe e
aprendolo all'incirca a metà del suo spessore. Immediatamente le
foto che le comparvero davanti agli occhi la divertirono e la
emozionarono al tempo stesso, sentendosi come attratta dai ricordi
che custodivano quelle immagini statiche. Il piccolo Daichi,
decisamente più infantile della versione che stava combattendo a
pochi metri da loro, spiccava in più di una fotografia, insieme a
Takao e gli altri. Dovette soffocare una risatina sul nascere,
traducendola in uno sbuffo divertito ad uno scatto in cui i due
venivano ritratti intenti a mangiare un tramezzino. Erano così
buffi, con quelle espressioni praticamente identiche!
E in diverse foto c'era anche Hilary, a
volte imbronciata, a volte sorridente, altre intenta ad ascoltare o a
riflettere su qualcosa.
Man mano che la nightblader continuava
ad andare avanti, arrivò ben presto alle foto risalenti al terzo
torneo mondiale di Beyblade, nel quale i membri originari dei
Bladebreakers avevano partecipato in squadre separate. Kei e quelli
della NeoBorg, Rei e i White Tigers, Max e gli All Starz... e poi
Takao, con Daichi e gli altri. Soffermandosi ad osservare alcuni
scatti del dranzerblader, le parve quasi di riuscire a comprendere la
profonda determinazione ad arrivare sino in fondo e coronare quello
che era stato il suo sogno.
Le piaceva quel Kei, il modo in cui non
dimostrava alcuna incertezza né prestava troppa attenzione a cose
futili, come la mano che aveva scattato la foto in cui lui e Yuri
venivano immortalati uno accanto all'altro. Persino da ragazzo il
russo era stato un po' più alto del dranzerblader al suo fianco.
Si lasciò sfuggire una risata
sommessa, che le fece incassare un poco il capo fra le spalle, alla
quale l'oggetto dei suoi pensieri sembrò non riuscire a farsi gli
affari suoi.
– Cos'hai da ridere a quel modo?
Yukiko, presa alla sprovvista ma senza
per questo perdere il proprio sorriso divertito, spostò lo sguardo
dal Kei del passato a quello del presente, trovando gli stessi occhi
scuri dai riflessi d'ametista della foto che aveva sotto mano a
fissarla dal vivo.
– Niente di ché.. – affermò,
sebbene non riuscì proprio ad evitarsi di punzecchiarlo, sfoggiando
un sorriso sornione – ..è che pensavo che sei troppo carino in
queste foto! Guarda! – e sollevò l'album per permettergli di dare
un'occhiata alla pagina in questione – Proprio un amore! –
rincarò persino la dose, ridacchiando nuovamente – E si vede che
eri già piuttosto musone all'epoca.. sì sì – continuò – un
piccolo scorbutico davvero adorabile..
Abbassando il volume, la ragazza venne
interrotta nel momento stesso in cui lanciò una nuova occhiata al
volto del suo compagno, trovandolo delineato di un sorrisetto carico
di minacce non troppo sottintese.
– Continua pure.. te le farò pagare
tutte, sappilo – le promise, in tono mellifluo e serio al tempo
stesso.
Yukiko scoppiò a ridere, non dubitando
per nulla della veridicità di quelle parole che, per contro, non
riuscivano affatto a spaventarla. L'aveva appena portato dove voleva
- metaforicamente parlando - e questo le poteva bastare, tanto da
chiuder lì il discorso e smettere di tormentarlo.
L'unica non-blader dei presenti
assistette alla scena senza riuscire a non arrossire d'imbarazzo,
cogliendo i significati più profondi della minaccia esternata dal
blader dai capelli d'argento verso la mora. Sembravano essersi
dimenticati di lei, cosa che per certi versi non le dispiacque,
perché era appena stata testimone di qualcosa che non avrebbe
dimenticato facilmente.
Qualcosa che le aveva appena fatto
intuire quanto profondo potesse essere il legame fra quei due, un
dettaglio sul quale avrebbe rimuginato per tutto il pomeriggio a
seguire. A quanto pareva, quella ragazza era
riuscita in qualcosa che la stessa Hilary aveva creduto impossibile
fino a quel momento: scherzare con Kei Hiwatari.
Nella manciata di minuti a seguire,
Yukiko si dedicò alle ultime pagine di quell'album, in cui si
vedevano comparire anche i ragazzi della Justice Five. Stava per
tornare all'inizio quando finalmente un grido di esultanza fece
alzare gli occhi di tutti e tre verso il campo di gara in cui si era
appena disputata una sfida.
– Ho vinto! Rassegnati Takao, ci sono
prima io!
– Non vale..
– Non è certo colpa mia se tu ti sei
distratto nel momento decisivo.. dovresti saperlo che in un incontro
bisogna stare concentrati fino alla fine!
Be', a quanto pareva era stato
decretato chi sarebbe stato il suo primo sfidante.
Quella consapevolezza riaccese il fuoco
che aveva lasciato quietare nell'animo, avvertendo la familiare
sensazione di entusiasmo pervaderla da capo a piedi. Riponendo
l'album accanto a sé, si sollevò in piedi con un unico movimento,
prima di saltar giù dalla pavimentazione di legno con un balzo e
farsi avanti, la mano destra già alla ricerca del lanciatore, pronta
a procedere.
– Forza, il mio Night sta fremendo
dalla voglia di scendere in campo! – esclamò, con un ampio sorriso
a trentadue denti, tenendo sollevato il proprio beyblade per mostrar
loro la parte superiore, al cui centro sfoggiava il bit con l'emblema
dell'Anka Bianco.
Daichi ricambiò il suo sorriso con uno
anche più ampio, con uno sguardo combattivo che non aveva nulla da
invidiare a quello di lei, dello stesso color verde smeraldo.
– Preparati ad una cocente delusione:
non hai speranze di battermi!
Questo, rifletté la mora, lo avrebbero
appurato presto.
Takao si sarebbe mangiato le mani per
il proprio errore, se avesse saputo che gliene sarebbero ricresciute
un altro paio entro i prossimi dieci minuti. Si era distratto
all'ultimo momento a causa della risata schietta di quella nuova e
misteriosa ragazza e non era riuscito a non voltarsi a guardarla,
rimanendo come scioccato nel comprendere che a farla ridere doveva
essere stato qualcosa dettole da Kei. Che lui ricordasse, il
dranzerblader non era mai stato tipo da battute, né aveva mai dato
loro motivo di ridere così di gusto. Per questo aveva perso la
concentrazione e si era fatto battere dal rosso.
Allontanandosi imbronciato dal campo di
gara, si chiese se il suo vecchio compagno di squadra non si fosse
ammorbidito. Un'occhiata alla sua espressione assolutamente
indifferente gli diede una risposta negativa a quella domanda.
Accostandosi al porticato, Takao si
voltò a osservare in direzione dei due sfidanti, ora entrambi in
posizione di lancio. Dopo Daichi sarebbe toccato a lui e sapeva che,
per avere una risposta alle infinite domande che la comparsa di
quella blader aveva suscitato, non v'era niente di meglio di un
incontro di beyblade.
Il dragoonblader si preparò quindi ad
assistere alla sfida fra il suo compagno più giovane e Yukiko, prima
di accorgersi della posizione distesa del ragazzo dai capelli
d'argento, completamente disinteressato a ciò che stava per
accadere. Quella vista, seppur per certi versi fin troppo familiare,
gli fece inarcare un sopracciglio.
– Non segui l'incontro?
Lui nemmeno aprì un occhio – So già
come andrà a finire.
Quella risposta gli fece sollevare
anche l'altro sopracciglio, perplesso e confuso al tempo stesso. Per
un secondo credette di ritrovarsi catapultato indietro nel tempo ed
avere di nuovo a che fare con il blader che aveva dato tutto per
sconfiggerlo e che, una volta raggiunto il suo obiettivo, si era
eclissato dalla loro vita. Rammentava sin troppo bene la fine di
quell'incontro, il sorriso vittorioso dell'altro e l'espressione
vuota che era seguita per un attimo, prima che voltasse loro le
spalle e si allontanasse come se niente fosse. Quel ricordo, che il
moro credeva di aver sepolto e dimenticato, gli creò un disagio tale
da indurlo a prendere una decisione al riguardo.
– Kei..
Il dranzerblader aprì un occhio.
– Puoi venire un momento con me?
Vorrei parlarti.
L'altro non fece domande, ma si sollevò
un secondo più tardi senza apparente sforzo, pronto a seguirlo, e
Takao si ritrovò a considerare che nemmeno in quello fosse cambiato
molto.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buon mercoledì piovoso a tutti!!
Eccomi qui, finalmente aggiorno, come promesso! Mi spiace non potermi dilungare molto ma ne approfitto visto che ho un po' di calma per prendere in mano il nuovo capitolo. Intanto mi auguro, come sempre, che le vostre aspettative non siano state deluse e vi ringrazio tanto per il supporto che mi state dando, seguendomi *_* grazie davvero! Per questo capitolo ci avevo preso gusto ad armeggiare con la grafica quindi ho pensato di inserire qualcuna delle foto descritte nella storia, spero che il risultato sia piacevole, a me ha fatto tornare indietro nel tempo in un modo assurdo!!
Cosa avrà in mente Takao ora? Di che vorrà parlare con Kei?? Lo scoprirete nella prossima puntata XD
Nel mentre non vedo l'ora di sapere cosa ne pensare di questo capitolo, quindi fatevi pure sotto!
Un bacio dalla vostra
Kaiy-chan |
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Capitolo 38 *** La decisione giusta ***
38. La decisione
giusta
Kei sapeva già di
cosa voleva parlargli il suo ex capitano. L'aveva previsto ancor
prima di decidere di andare davvero a trovarlo, per dare modo alla
propria compagna di conoscere anche lui e concludere così quella
loro piccola parentesi vacanziera.
Ed ora che il
momento del confronto era arrivato, non si sentiva minimamente
ansioso.
Lo seguì sino
all'angolo opposto del cortile, seguendo il porticato sino a fermarsi
accanto alle mura di cinta della proprietà dei Kinomiya, accanto a
quello che era un albero dal tronco nodoso ed i rami ancor in parte
ricoperti di fogliame dai colori autunnali. Soltanto a quel punto,
mani in tasca e sguardo fermo, il dranzerblader imitò il moro ed
arrestò il passo, dando le spalle al resto del giardino anteriore ed
ai due sfidanti.
– Credo che ci
siano un paio di cose che dovresti spiegarmi, Kei – esordì l'ex
campione del mondo, del tutto serio.
Aveva in volto
un'espressione che in qualche modo aveva scacciato del tutto
qualsiasi impressione infantile dai suoi lineamenti, facendoglielo
apparire come una versione più matura e pacata del Takao che
conosceva e ricordava. Un po' se ne sorprese, ma non fece altro che
attendere con pazienza che l'altro continuasse, arrivando al punto.
– Da quando sei
sparito non abbiamo più avuto tue notizie.. in nome della nostra
vecchia amicizia, se davvero non mi sono sbagliato a considerarla
tale fino a questo momento, vorrei che mi fornissi una spiegazione
per quanto accaduto.
Una folata di vento
passeggera arrivò a scompigliare loro i capelli e gonfiare i
vestiti, ma nessuno dei due si mosse, rimanendo a fronteggiarsi l'uno
di fronte all'altro in un silenzio che si protrasse per una manciata
di secondi. Il blader dai capelli d'argento ripensò al passato per
l'ennesima volta da quando Yukiko era entrata nella sua vita, e fu
proprio il pensiero di lei a farlo decidere a farsi avanti e dare
all'amico la spiegazione che meritava. Così come lei era riuscita ad
affrontare il suo passato, così avrebbe fatto lui stesso: non poteva
essere da meno, non se sperava di poterla ancora guardare negli
occhi.
– Non ho mai messo
davvero in dubbio la nostra amicizia – gli disse inizialmente,
appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero ed incrociando le
braccia sul petto, in una posa che lo aiutò a sentirsi un po' più a
suo agio – ..nemmeno quando ho iniziato a vederti soltanto come un
rivale e nient'altro.
– Perché
allora..? – provò Takao, prima che l'altro lo interrompesse sul
nascere.
– Perché non ero
più lo stesso blader – lo disse in tono talmente brusco e privo di
incertezza che sortì l'effetto sperato, facendo ammutolire il moro.
Questo gli diede il tempo che gli serviva per continuare e spiegarsi
una volta per tutte – Ero ossessionato dall'idea di batterti a tal
punto da arrivare a dimenticarmi della ragione per cui per me era
così importante e quando, in quell'ultimo incontro, ci sono
riuscito, non ho provato alcuna reale soddisfazione.
Takao lo ascoltava
senza parlare, fissandolo con un'espressione che lasciava
tranquillamente intuire il suo stato d'animo completamente spiazzato.
– Mi sono
ritrovato senza più nulla per cui battermi.. così me ne sono andato
e basta.
– Ma.. –
l'iniziale contraddizione del giovane Kinomiya ebbe un momento di
incertezza, prima che lui riuscisse a formulare il pensiero che
l'aveva colto – Come mai non ce ne hai parlato?
Quella domanda gli
fece nascere un sorrisetto sulle labbra – Ti sei scordato con chi
stai parlando, Takao? – gli chiese in via del tutto retorica, prima
di concludere – Non avrei mai potuto ammetterlo nemmeno a me
stesso, figurarsi a qualcuno di voi.
– Ed ora? –
insistette lui, più curioso che altro – Ora cos'è cambiato?
Kei si ritrovò a
sorridere debolmente all'immagine del volto della ragazza che, ad
appena una decina di metri da loro, stava scatenandosi contro Daichi.
Ne udì l'esclamazione di combattività mentre lanciava all'attacco
il suo beyblade, prendendo alla sprovvista il rosso a giudicare dalla
sua imprecazione, e quei suoni lo indussero a scoccare un'occhiata
oltre la propria spalla, dietro di sé, inquadrandola per un fugace
istante nel proprio campo visivo. Non vi fu bisogno di altro, perché
anche uno naturalmente ottuso come Takao comprese.
– Lei? – chiese,
spalancando gli occhi scuri – È stata lei a cambiarti?
Kei nuovamente non
gli rispose, limitandosi a tener lo sguardo sulla ragazza concentrata
nella propria sfida. Si stava divertendo, a giudicare dal sorriso che
le delineava le labbra, mentre metteva in pratica una tattica che
avevano provato insieme soltanto una volta, con quella singola cuffia
in un orecchio a pomparle nel timpano sinistro un ritmo che solo lei
poteva sentire.
– Mi spieghi una
cosa? – gli chiese di punto in bianco il dragoonblader,
incuriosito, inducendolo a tornare a fissarlo in volto prima di
continuare – Che cosa c'è fra voi? State davvero insieme?
Il dranzerblader a
quella domanda diretta si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito,
arrivando a pensare che c'era più di quanto quella parola da lui
proferita potesse esprimere, fra lui e la nightblader.
– È la mia
compagna.
– Eh? – Takao
sembrò del tutto impreparato a quella risposta, reazione che il
blader di fuoco aveva previsto, ma che gli suscitò comunque un certo
intimo divertimento. Alla sorpresa iniziale infatti seguì una certa
confusione che gli delineò il volto in un'espressione interrogativa
– In che senso? Non credo di capire..
Kei si staccò dal
proprio appoggio, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi nel
voltarsi di profilo all'amico mentre, con un sorrisetto ironico e
saccente al contempo, gli rispose – Nel senso che preferisci – e,
detto questo, si incamminò.
– Ma..ma come? –
gli giunse la voce del dragoonblader, prima di richiamarlo in tono
supplicante – Kei?!
Mentre Takao si
affannava a raggiungerlo, Kei si ritrovò a considerare che quella
era una scena che avevano ripetuto più di una volta in passato,
eppure continuava a procurargli sempre la stessa sensazione. Sì, far
arrovellare il suo ex capitano invano era sempre piuttosto
gratificante.
Yukiko ritirò il
proprio beyblade, afferrandolo al volo con la mano sinistra, prima di
riprendere fiato. Le era occorsa tutta la sua forza per resistere
agli assalti di Gaia Dragoon, ma aveva scoperto che il punto debole
del rosso non era venuto meno: si ritrovava ancora in difficoltà ad
affrontare qualcuno che seguisse schemi d'attacco scanditi da un
ritmo musicale. Anche se, di strada, ne aveva fatta parecchia il
piccolo Daichi. O, per meglio dire, quello che un tempo era
stato il 'piccolo' Daichi. Il ragazzo che, con aria sbalordita
e insofferente, raccolse il suo beyblade nel punto in cui lei stessa
l'aveva scagliato con il suo ultimo attacco era piuttosto alto, con
due spalle robuste e una folta zazzera scarlatta che ondeggiò
all'ennesimo soffio di vento.
– Com'è
possibile?
La nightblader
sfoggiò un sorrisetto sghembo, ignorando lo strappo che le aveva
appena rovinato l'ultimo paio di jeans di cui disponeva poco sotto il
fianco destro, graffiandole la pelle della gamba.
– Mi sono solo
limitata a non rendere convenzionali i miei movimenti – gli disse,
senza tuttavia riuscire a sminuire la propria soddisfazione per aver
scelto di eseguire quella tattica.
Un movimento con la
coda dell'occhio le rivelò che Kei era tornato ad appoggiarsi ad una
delle colonne del porticato e incrociandone lo sguardo, dopo un
istante, gli fece segno col pollice alzato. Lui ricambiò con un
accenno di sorriso compiaciuto, dando l'idea di non essere per nulla
sorpreso di quell'epilogo, e lei non riuscì proprio a non sfoggiare
un sorriso sornione di rimando, orgogliosa. Certo, aveva notato che
il dranzerblader e il suo ex compagno di squadra si erano allontanati
per qualche minuto, ma le cose sembrava fossero tornate al loro posto
fra i due, quindi non le riuscì difficile accantonare il pensiero di
ciò che potevano essersi detti per concentrarsi su altro.
– Avanti il
prossimo! – affermò allegramente, ponendo le mani sui fianchi e
spostando l'attenzione su Takao.
Questi sfoggiò uno
dei suoi sorrisetti sornioni e combattivi al tempo stesso, prima di
scoccare un'occhiata al blader con cui aveva parlato in privato poco
prima.
– Se però sei
d'accordo preferirei prima sfidare Kei.
Il diretto
interessato inarcò un sopracciglio, un'espressione che Yukiko ci
mise una frazione di secondo ad imitare, inclinando per di più il
capo verso la spalla destra. Il dragoonblader non impiegò molto per
avvalorare la sua proposta.
– È parecchio che
aspetto di avere la mia rivincita.
Finalmente il
dranzerblader sembrò comprendere appieno le intenzioni dell'amico
perché sulle sue labbra si delineò un mezzo sorrisetto
accondiscendente, prima che si staccasse dalla trave a cui si era
appoggiato sino a quel momento e si rivolgesse direttamente a lei.
– Ti dispiace?
Nonostante si
sentisse ancora un poco sorpresa per la piega che stava prendendo la
cosa, la mora non poté assolutamente evitare a sé stessa di
iniziare a sentirsi emozionata al pensiero di poter assistere di
persona ad uno degli scontri fra i due membri più forti dei
Bladebreakers e annuì con un cenno del capo.
– Fai pure.
– Non è giusto! –
saltò su Daichi, ancora fermo accanto al campo di gara – Anche io
voglio una rivincita!
– Perché non fate
un incontro a quattro? – suggerì Hilary inaspettatamente,
interrompendo quel susseguirsi di repliche e ricordando a tutti la
sua presenza.
– Mh? – Takao
assunse un'espressione interrogativa a quel punto, prendendosi il
tempo di rifletterci su un paio di secondi, prima di lasciar spazio
ad un ampio sorriso – Perché no? L'idea non mi dispiace –
affermò, prima di rivolgersi alla sua suggeritrice – Ottima idea.
Quella sollevò la
punta del naso verso l'alto in un atteggiamento di superiorità –
Naturale.
– Allora? – li
interpellò direttamente Takao, ignorando la sua amica e tornando a
rivolgersi a loro.
Presa alla
sprovvista dal susseguirsi degli eventi, Yukiko impiegò un secondo
in più per elaborare quelle ultime parole ed infine annuire.
–
Per me va bene – affermò convinta, accompagnando quelle parole con
un cenno del capo, cercando poi con lo sguardo il proprio compagno.
Questi,
approfittando di quell'intervallo di tempo per affiancarla, annuì a
propria volta e Daichi sembrò ritrovare la propria vitalità e le
energie, stringendo i pugni e accodandosi al dranzerblader
nell'affermare il suo consenso.
–
Non avete speranze di batterci, io e Takao nel gioco di squadra siamo
imbattibili!
Quell'affermazione
non fece altro che far nascere un sorrisetto ironico sul volto della
nightblader, che inarcò un sopracciglio con un'aria piuttosto
furbesca quando, l'istante seguente, diede voce ai propri pensieri.
–
Ah sì? – esordì, incrociando le braccia sotto il seno e
scambiando uno sguardo carico di sottintesi con Kei – Allora che ne
dite di rendere la cosa ancor più interessante?
Vide
Daichi farsi perplesso e fu Takao a farsi avanti – Cos'hai in
mente?
–
Aggiungiamo qualcosa in palio.. – propose avanzando a propria volta
sino a fermarglisi di fronte, sfoggiando un nuovo sorriso
accattivante.
Il
ragazzo dai capelli d'argento non si mosse, tradendo solo una vaga
curiosità nello sguardo, fisso su di lei.
–
Mmh.. – Takao assunse un'aria pensierosa, ma prima di poter dire
alcunché Daichi lo precedette.
–
Va benissimo! – esclamò, puntando il dito verso di loro – Se
vinciamo noi, voi due dovrete fare dieci giri di corsa intorno alla
casa!
–
Sei proprio un bamboccio – si intromise Hilary – Solo a te poteva
venire in mente una punizione del genere! Scommetto che è solo per
ripicca per la sconfitta di poco fa!
–
Non ti intromettere ochetta! – saltò su il rosso.
La
situazione minacciò di degenerare in fretta, ma Takao si mise in
mezzo prima che ciò potesse accadere e dopo una rapida occhiata,
anche Yukiko aprì bocca.
–
Va bene – affermò con sicurezza – Tanto non perderemo.
–
Sicuri? – chiese il dragoonblader, rivolto all'amico.
Kei
annuì con un cenno del capo e l'espressione indifferente.
–
Se però vinciamo noi.. – iniziò a quel punto la mora, prima di
sporgersi un poco di più verso il moro e abbassare il tono di voce
abbastanza da non farsi udire da nessun altro – ..voglio una foto
del tuo album.
Takao,
preso alla sprovvista, spalancò gli occhi scuri e raddrizzando la
schiena, scoccò un'occhiata verso Hilary e il tomo accanto alla
quale era seduta. Questa sembrò venire presa altrettanto alla
sprovvista, inarcando un sopracciglio, ma il blader fu altrettanto
rapido a distogliere lo sguardo dall'amica per tornare ad abbassarlo
sulla ragazza in attesa – E quale, scusa?
Yukiko
si infilò le mani in tasca con un'aria rilassata – Ah non lo so,
non ho ancora deciso.
–
Su Takao, sbrigati ad accettare, non ne posso più di aspettare! –
si levò nuovamente la voce di Daichi alle spalle del moro.
–
Va bene, va bene! – sbottò esasperato a quel punto lui – E sia.
A
quella conferma, la nightblader non riuscì in alcun modo a
trattenere un ampio sorriso, sentendosi al settimo cielo al pensiero
di poter scegliere una delle foto che aveva visto poco prima.
Tornando sui propri passi, ci mise una manciata di secondi per
accorgersi dell'espressione stampata in volto di Kei, del tutto
sfiduciata e contrariata, e quando lo fece, parte del proprio buon
umore sfumò.
–
Cosa c'è?
–
Che gli hai chiesto? – le domandò il dranzerblader, in tono quasi
seccato.
–
È un segreto – ribatté lei, ammiccandogli – Non preoccuparti,
non è niente di ché.
Il
suo compagno di squadra voltò lo sguardo di fronte a sé,
chiudendosi nel suo silenzio e scegliendo di concentrarsi
sull'incontro che stava per iniziare. Questo le rese vita facile,
perché la sua compagna fece altrettanto, spostandosi di un passo di
lato per metter mano al proprio bey.
–
Cominciamo!
Il
*click* che seguì le
annunciò che anche l'ultimo sfidante si era messo in posizione ed a
quel punto iniziò il conto alla rovescia.
– Tre – scandì,
seguita ben presto da Takao.
– Due.
– Uno..
– Pronti... lancio!! – esclamarono
all'unisono, facendo sfrecciare contemporaneamente i beyblade verso
il centro di quello che era il terreno del campo di gara.
Le quattro trottole, appena toccarono il suolo
in terra battuta, si lanciarono l'una contro l'altra, andando a
scontrarsi nel punto esattamente equidistante alle due parti appena
scese in campo. L'impatto sollevò immediatamente un'onda d'urto che
costrinse la ragazza ad assottigliare lo sguardo, insieme ad una
serie di scintille nei punti in cui gli anelli d'attacco entrarono in
contatto. L'incontro, iniziato da subito al meglio, vide le trottole
staccarsi le une dalle altre dopo una manciata di secondi,
sfrecciando in quattro direzioni diverse. A quel punto Dranzer e
Dragoon, in una stretta curva, tornarono indietro, urtandosi a
vicenda in una serie di attacchi che venne interrotta da Gaia
Dragoon. Il bey del rosso si scagliò a propria volta contro Dranzer,
ma Night intervenne e lo sbalzò via, prima di avventarsi a propria
volta sulla trottola bianca del moro, decretando uno scambio di
avversari. Continuarono così per un po', mentre Yukiko studiava la
situazione e le reazioni delle due trottole avversarie.
Dragoon rispondeva con una certa rapidità alle
offensive, senza per questo accusare i colpi ricevuti sino a quel
momento. Gaia Dragoon, che aveva già fronteggiato pochi minuti
prima, era leggermente più impreciso nelle traiettorie, ma ne
arrivava al culmine con una potenza che non aveva niente da invidiare
a Dranzer.
Bene, era il momento di mettere alla prova le
loro reali capacità.
– Night! – chiamò a sé il potere del
proprio bitpower.
– Dranzer! – seguì a ruota il suo compagno
– Tempesta di Fuoco!
– Stella Cometa!
I due bey di due diverse tonalità di blu
sprigionarono in contemporanea una luce dal centro dei loro bit,
prima che il primo diventasse simile ad un proiettile luminoso ed il
secondo venisse avvolto da lingue di fuoco e si scagliassero
all'unisono contro gli altri due.
– Resisti Dragoon!
– Gaia Dragoon!
La collisione fra le quattro trottole creò una
nuova onda d'urto che fece sollevare ambo le braccia agli sfidanti
per tentare di ripararsi in qualche modo, anticipata da una luce che
li costrinse a chiudere gli occhi per evitare di venire abbagliati.
Quando polvere e vento si placarono, il suono distintivo dei bey
ancora in gioco preannunciò loro che sia Dragoon che il suo compagno
avevano resistito a quella combinazione d'attacchi. Takao e Daichi,
dall'altro lato del campo, abbassarono di poco le braccia e sui loro
volti era delineato lo stesso sorriso soddisfatto.
Un sorriso che non diminuì la combattività
della mora, né quella dell'argenteo, mentre i loro bey tornavano a
tracciare una curva a parabola sul terreno cosparso di solchi,
sollevando polvere e terriccio al loro passaggio.
– Adesso tocca a noi! Vai Dragoon! –
esclamò Takao, mandando all'attacco il suo beyblade – Attacco
Tornado!
Il vento intorno al beyblade bianco aumentò
mentre un fascio di luce si sprigionò una seconda volta dal centro
del suo bit, più intenso del precedente, tanto da far apparire
finalmente il Drago Azzurro sulle loro teste. Ma Yukiko non si lasciò
impressionare e, mentre la colonna d'aria iniziava a formarsi, mandò
il suo Night all'attacco richiamando a propria volta il suo bitpower.
– Night! Glaciazione!
Quel semplice comando, accostato ad un
movimento ampio del braccio destro, fece azionare il meccanismo
motore della trottola color blu scuro, mentre questa si gettava in
avanti, anticipando gli altri bey in gioco. Seguendo la rotazione del
vento per sfruttarne l'energia di risucchio, Night formò sul campo
una lastra di ghiaccio che circondò Dragoon, prima di arrivare ad
estendersi per inerzia sin sotto di lui, rendendo scivoloso il suolo
sul quale ruotava vorticosamente, prima di venir finalmente staccato
da terra dalla tromba d'aria venutasi a creare dall'attacco ad
effetto dell'avversario.
– Adesso! – esclamò verso Kei.
Questi non se lo fece ripetere due volte,
spronando Dranzer a lanciarsi in avanti con un unico comando
imperativo – Tempesta di Fuoco!
Le fiamme avvolsero nuovamente la trottola blu,
insieme ad un alone rosso che si sprigionò dal centro del bit e dal
quale ne uscì l'Aquila Rossa. Il grido di sfida che la creatura
lanciò, dispiegando le ali del colore del fuoco, risuonò nel
cortile vittorioso e implacabile al tempo stesso, mentre Dranzer si
scagliava direttamente contro l'avversario con una potenza ed una
velocità che resero inutili le folate di tempesta create da Dragoon.
Il confronto rese l'aria più calda, in
un'ultima ondata che annullò il tornado venutosi a formare, sul
campo di gara, facendo schizzare il bey che ne era il fautore alle
spalle del proprietario, mancandolo di poco sopra la testa e
facendolo sussultare di sorpresa e sgomento.
– Adesso Gaia Dragoon!
La voce di Daichi tornò a farsi sentire e il
suo beyblade, rimasto a ruotare in un cerchio intorno agli sfidanti
ad una distanza sufficiente a non farsi trascinare dalla tromba
d'aria di poc'anzi, sfrecciò minaccioso verso Dranzer, sprigionando
tutta la sua potenza in quell'attacco a sorpresa che mirava a fargli
fare la stessa fine di Dragoon.
Yukiko si lasciò sfuggire un sorrisetto,
intenzionata a non permettergli di riuscire nel suo intento.
– Stella Cometa! – esclamò,
sollevando gli occhi verdi per puntarli sul proprio bey.
Night, rimasto sospeso in aria sino a quel
momento, ora che il vento di Takao si era placato ricadde in
picchiata, avvolto da un alone freddo e brillante. L'Anka Bianco,
proiezione dei movimenti della trottola che aveva scelto come dimora,
lanciò il suo grido di battaglia e si scagliò contro il bitpower
del Drago Dorato, il becco proteso e le candide ali raccolte intorno
al corpo piumato.
La luce invase di nuovo il campo di battaglia
quando i due beyblade si scontrarono, con una potenza che sollevò
un'onda di energia tale da minacciare di sbalzare all'indietro la
mora stessa, che aveva nuovamente sollevato le braccia in un inutile
tentativo di ripararsi in qualche modo. Avvertendo le scarpe da
ginnastica perdere la presa sul terreno, la nightblader si lasciò
sfuggire un'esclamazione che venne stroncata dall'impatto che accusò
con la schiena l'istante successivo, appena un passo più indietro.
Un paio di forti braccia la strinsero intorno alle spalle, sostenendo
il suo peso e impedendole di ricadere all'indietro, resistendo con
lei a quella forte folata. Quando l'onda d'urto si esaurì e la luce
si spense, la mora sbatté più volte le palpebre cercando di
sollevare il capo sul ragazzo che l'aveva presa al volo e le aveva
fatto da sostegno col suo corpo, sorridendogli in un moto di affetto
e riconoscenza quando ne incrociò l'iridi dai riflessi color
vinaccio che ormai le erano così familiari. Kei le sorrise di
rimando allentando la presa per far scivolare le mani poco sotto le
sue spalle, tenendole appoggiate lì sulle sue braccia senza per
questo rinunciare subito al contatto fra il suo petto e la schiena di
lei.
Entrambi invece tornarono a fissare il campo di
gara, sul quale si stava posando la nuvola di polvere sollevata dagli
attacchi decisivi dei loro bey.
Il ronzio che raggiunse le loro orecchie le
anticipò, prima che riuscissero a vederlo, che almeno una della
trottole era rimasta in gioco e, dall'altro lato del campo, Daichi e
Takao se ne stavano parimenti immobili a fissare il polverone che
andava diradandosi con esasperante lentezza.
E poi finalmente, l'aria appresso al terreno si
diradò, lasciando così modo a tutti di vedere un bey blu ruotare
piuttosto stabilmente accanto ad un altro che, a differenza di
Dranzer, sembrava faticare a mantenere dritto l'asse di rotazione, di
una tonalità più scura di quello stesso colore.
Gaia Dragoon mandò un riverbero dal punto in
cui era andato a conficcarsi nel muro di cinta del cortile, a poca
distanza dal suo proprietario, il quale era stato sbalzato indietro
allo stesso modo della nightblader e non si era affatto reso conto
della trottola mentre quella gli era sfrecciata poco prima accanto
come un proiettile colorato.
– Abbiamo.. perso – mormorò il ragazzino
dai capelli rossi, con gli occhi verdi talmente spalancati da
sembrare messi in secondo piano rispetto al bianco del bulbo.
Yukiko pensò all'esatto opposto: avevano
vinto.
Lei e Kei avevano vinto su tutta la linea!
Quella consapevolezza le fece fare un passo
avanti per voltarsi verso il suo compagno di squadra e sfoggiare un
sorriso carico di soddisfazione. L'entusiasmo era tale da sollevare
la mano destra chiusa a pugno a mezz'aria, in un tacito invito che il
dranzerblader accolse un paio di secondi dopo, battendole nocche
contro nocche.
Ce l'avevano fatta. Avrebbe ottenuto quella
foto.
Ora non le restava altro da fare che decidere
quale sarebbe stata!
Hilary rimase con un sopracciglio inarcato a
fissare la coppia vincitrice dell'incontro appena concluso, dopo aver
assistito al gesto che s'erano scambiati. In realtà, le poche volte
in cui in passato aveva assistito ad un incontro a coppie a cui aveva
partecipato Kei, non l'aveva mai visto esultare in nessun modo,
nemmeno in qualche semplice gesto di soddisfazione.
Osservando l'oggetto delle proprie riflessioni,
allungò una mano per agguantare l'album fotografico che aveva
accanto e lo aprì, sfogliandolo velocemente, guardando una foto dopo
l'altra. In nessuno scatto in cui era ritratto il dranzerblader,
questi aveva stampato in volto lo stesso leggero sorriso che gli
delineava in quel momento le labbra. Un sorriso che era rivolto tutto
alla sua compagna di squadra.
Fu a quel punto che la moretta non ebbe più
dubbi: Yukiko era importante per lui.
Quella rivelazione le fece perdere un momento
di lucidità, mentre avvertiva nel cuore l'eco dei sentimenti che
aveva provato in passato dissolversi nel nulla, pronti per venire
finalmente accantonati. Fu una sensazione strana, malinconica e
definitiva al contempo, che le lasciò un piccolo vuoto al centro del
petto e le fece abbassare lo sguardo sul terreno del cortile.
– Scegli quella che preferisci – la voce di
Takao si insinuò prepotentemente nelle sue riflessioni, facendole
sollevare il capo un attimo dopo averlo reclinato.
Il dragoonblader si stava rivolgendo alla sua
avversaria, indicando proprio nella sua direzione e l'istante
successivo Hilary vide la ragazza voltarsi a guardarla. Come presa da
un brivido d'ansia, ci impiegò un momento per realizzare di cosa
stessero parlando, rammentandosi della scommessa che avevano fatto
soltanto dopo una manciata di secondi. Perplessa e curiosa
sull'oggetto richiesto dalla mora, la vide avvicinarsi insieme a
Takao e sorriderle, seguita dagli sguardi perplessi di Kei e Daichi,
del tutto inconsapevoli di ciò che avevano concordato gli altri due.
Quando la giovane Natsuki si avvicinò
abbastanza da non lasciarle più dubbi sulla sua meta, Hilary non
riuscì a mantenere neanche l'ombra di un sorriso, prima che lei le
si fermasse di fronte e indicasse l'album che ancora reggeva in
grembo.
– Ti dispiace?
Presa alla sprovvista, non poté far altro che
porgerle il volume, mormorando un – Oh no, figurati..
Yukiko sfoggiò un sorriso spontaneo di
gratitudine che contribuì ad attenuare il disagio che provava dentro
di sé, quindi le si sedette proprio al suo fianco, iniziando a
sfogliare l'album che teneva fra le mani, del tutto incurante degli
sguardi che le erano puntati addosso.
Persino Kei, freddo e impassibile, si era
accostato al gruppo che si era raccolto accanto al porticato in
legno, incrociando le braccia e fissando la sua compagna con
un'espressione vagamente perplessa per i suoi standard. Daichi invece
era salito sulla pavimentazione in legno e si era messo a sbirciare
da sopra il capo delle ragazze, come un corvo appollaiato su un ramo.
Quando la nightblader parve trovare ciò che
cercava e l'indicò a Takao, Hilary riuscì ad allungare abbastanza
il collo da vedere la foto incriminata e si ritrovò a sbattere più
volte le palpebre, perplessa dalla scelta della ragazza. In effetti,
non la sorprese affatto il soggetto dello scatto in questione, quanto
la foto in sé: si sarebbe aspettata che ne avrebbe scelta una dove
il dranzerblader aveva un'espressione meno scorbutica e più
rilassata, se non proprio sorridente, invece nell'immagine stampata
su carta plastificata era immortalata l'espressione esattamente
contraria alle sue aspettative.
Sollevando lo sguardo su Kei, la moretta lo
vide inarcare un sopracciglio prima di assumere un'aria quasi seccata
e volger il capo in un'altra direzione, dopo aver visto quale premio
l'altra avesse scelto per la loro sudata vittoria. Per quel primo
istante ad Hilary sembrò quasi imbarazzato. Un'altra stranezza da
attribuire a quella giornata.
– Be', che fate? Restate per cena? –
intervenne Daichi, calamitando l'attenzione della moretta sul
discorso in atto.
– Negativo – rispose Yukiko, sovrapponendo
le braccia ad X davanti a sé – Ho promesso a mia madre che avremmo
cenato insieme.
– Tornerete a trovarci spero – aggiunse
Takao, sfoggiando un sorriso solare dei suoi e ponendo le mani sui
fianchi – Dovrete concederci la rivincita.
– Si può fare – concesse magnanimamente
Kei, prima di voltarsi verso il cancello.
Meccanicamente, come richiamata da una forza
invisibile, anche Yukiko si alzò e si mosse in quella direzione,
come se non potesse allontanarsi troppo dal dranzerblader.. come se
questi fosse il suo unico centro gravitativo.
– È stato un piacere conoscervi – stava
dicendo la mora – ..spero che avremo altre occasioni – e poi
stranamente il suo sguardo di smeraldo si posò su di lei, insieme ad
un accenno di sorriso – Mi ha fatto davvero piacere, Hilary.
Quelle parole la presero in contropiede, perché
la ragazza le era sembrata tutto meno che propensa ad instaurare un
rapporto amichevole con lei. Un leggero senso di colpa l'assalì il
momento successivo, nel rendersi conto che buona parte di quel muro
invisibile fra loro l'aveva tenuto in piedi lei stessa. Per questo
esitò, e ciò diede l'opportunità all'altra di continuare.
– Spero potremo essere buone amiche, un
giorno – lo disse con un tono particolare, accostato a quel tenue
sorriso ed uno sguardo indagatorio, e lei capì.
Capì che Yukiko aveva forse uno spirito di
osservazione ed un intuito decisamente superiori alla media che le
avevano permesso di analizzare la tensione nell'aria, e che le stava
offrendo un'opportunità per cambiare le cose. La scelta ora spettava
solo a lei: poteva decidere di lasciarsi il passato alle spalle e
conoscere meglio quella ragazza tanto particolare da essere entrata
nelle grazie del dranzerblader, oppure ignorare la cosa e continuare
esattamente come aveva fatto sino a quel momento.
Istintivamente spostò lo sguardo su Takao,
come se lui avesse potuto aiutarla in qualche modo. Negli ultimi anni
aveva finito per trovare in lui un qualche tipo di punto di
riferimento la cui natura non aveva indagato, né era riuscita ad
ammettere in qualche modo a sé stessa. Eppure ora che si ritrovava
per l'ennesima volta in difficoltà, non poteva far altro che posare
i suoi occhi color nocciola sul dragoonblader.
Questi era cresciuto dai tempi in cui
partecipava attivamente ai tornei di Beyblade, si era fatto più
alto, con le spalle più larghe ed i lineamenti più maturi. I suoi
occhi neri, nel momento in cui incrociarono quelli di lei, le
trasmisero un messaggio indecifrabile ma di un'intensità tale da
riempire quel vago vuoto che le si era aperto poco prima al centro
del petto e, per qualche motivo, finì per arrossire.
Si voltò di nuovo verso la nightblader allora,
preda di una strana agitazione, ma seppe d'istinto cosa risponderle.
– Volentieri – le disse di getto,
ritrovandosi a sorriderle con fare impacciato ma incoraggiante.
Il sorriso di lei in risposta sembrò
illuminarla in viso, talmente spontaneo e sincero da contagiarla, e
per Hilary fu come se le venisse tolto un peso dall'animo.
Nei minuti a seguire l'ultimo saluto dei due,
fu sempre più sicura di aver preso la decisione giusta.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Questa volta sono riuscita ad aggiornare in meno di una settimana! Che ne dite? Siete contenti?
Io abbastanza! Finalmente avete avuto risposta alle vostre domande! Non mi dilungo, non credo che questo capitolo abbia bisogno di un commento troppo lungo della sottoscritta, quindi lascerò a voi il compito di farmi notare i punti che più vi hanno colpito e dirmi cosa ne pensate!
Nel frattempo vi auguro una buona domenica, spero di riuscire ad aggiornare presto, ma non sono sicura di quando sarà, vi chiedo scusa in anticipo!!
un saluto
Kaiy-chan |
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Capitolo 39 *** Il primo giorno ***
39. Il primo
giorno
Lunedì 3 Novembre:
primo giorno di stage formativo alla N.C.
Contemporaneamente,
era anche il primo giorno del corso di formazione professionale che
avrebbe dovuto seguire presso l'organizzazione Hiwatari, eppure la
giovane Natsuki sin dal momento in cui aveva aperto gli occhi sul
soffitto della propria stanza, non si era sentita così nervosa come
lo era stata i giorni precedenti. Lei e Kei non erano riusciti a
vedersi spesso dopo la giornata passata ad Akebono e questo era anche
in parte il motivo per cui si sentiva un po' più insofferente del
dovuto.
Avvicinandosi alla
propria 'scatola dei tesori' ne sollevò il coperchio
di cartone per prendere con una mano la foto che era stata il trofeo
vinto in quell'ultima giornata di sole passata in sua compagnia.
Sorrise al viso imbronciato e dai caratteri più infantili del
proprio ragazzo, mentre il pensiero di avere per sé uno scorcio del
Kei del passato la rimetteva di buon umore.
L'impazienza e la
felicità di poterlo rivedere, anche solo per poco tempo, in un
ambiente comunque di lavoro, si aggiunse all'irrequietezza suscitata
dalla consapevolezza che quello fosse anche il 'primo
giorno' di quello stesso cammino che entrambi avevano
scelto di intraprendere. Un cammino che, se tutto andava come doveva,
li avrebbe visti procedere fianco a fianco per il prossimo anno.
Passando accanto
allo specchio, diede al proprio riflesso un'ultima occhiata prima di
scendere di corsa dalle scale ed entrare in cucina. Sua madre, già
sveglia da un pezzo ed intenta a sparecchiare, le indicò il suo
piatto, accanto al quale aveva depositato il bento, già chiuso ed
impacchettato da portar via. Quell'accortezza le fece rammentare
dell'ultima volta che aveva consumato un pranzo al sacco, evento
avvenuto in compagnia del dranzerblader, e si ritrovò a sorridere,
sebbene si ripromise nel metterlo in borsa che il giorno dopo avrebbe
fatto in modo di procurarne uno anche per lui - se questi ne avesse
avuto bisogno, ovviamente.
– Yuki-chan, ma
non mangi?
– Non voglio
arrivare tardi il mio primo giorno – disse la ragazza, afferrando
un paio di fette di pane tostato e addentandole nello spostarsi per
l'ambiente, prima di raccogliere le chiavi dalla mensola accanto alla
porta ed aggiungere – Allora la prendo io la macchina..
– Sì certo,
prendila pure, io andrò in taxi.. dobbiamo iniziare a pensare ad una
seconda auto: in fin dei conti ne avrai bisogno – commentò la
signora Natsuki alla figlia, asciugandosi le mani allo straccio
appeso accanto al lavello e voltandosi in parte a guardarla.
– Non scordarti
che avrò io l'ultima parola sul modello – le rammentò lei di
rimando, scivolando oltre la soglia che dava sul corridoio e
fermandosi nell'atrio per calzare le proprie scarpe. Si era vestita
di tutto punto, con quello stesso tailleur blu scuro che aveva
indossato l'ultima volta ormai più di due mesi prima, accostato ad
una camicia bianca sfiancata. Non aveva affatto raccolto i capelli,
che avevano miracolosamente conservato la piega che la parrucchiera
aveva dato loro il giorno precedente, quando vi si era recata sotto
costrizione materna per spuntarli. Ne aveva approfittato per cambiare
colore, cambiando la sfumatura delle punte in un bel viola scuro, il
quale aveva finito per piacerle quanto, se non più, del rosso
precedente.
– Certo cara –
la raggiunse ancora una volta la voce dell'altra donna.
Infilate le scarpe
con tacco basso, la nightblader afferrò la cartella professionale
che molto tempo addietro era appartenuta a sua madre ed uscì sul
vialetto, diretta verso l'utilitaria parcheggiata lì accanto, senza
per questo dimenticare la formula di rito.
– Sto uscendo.
– Buona giornata –
le rispose sua madre, prima che la porta si richiudesse dietro le sue
spalle.
Con passo rapido,
Yukiko si accostò all'auto dal lato del guidatore, già pronta con
le chiavi in mano a inserirle nella serratura e aprire la portiera,
quando alle orecchie le giunse un rumore che stonava terribilmente
con ciò che la circondava: il rombo del motore di un'auto sportiva.
Inarcando un
sopracciglio, la ragazza si voltò verso il cancellino in ferro
battuto, riuscendo a scorgere soltanto un angolo posteriore della
macchina da cui proveniva quel suono caratteristico, sebbene fu
abbastanza a lei per distinguerne il colore grigio piombo
metallizzato della carrozzeria.
Il cuore le sussultò
nel petto e, presa da un sospetto improvviso, la blader si mosse
automaticamente per sporgersi oltre il muro di cemento che definiva
il confine fra il loro cortiletto e la strada. Appena ci riuscì,
uscendo sul marciapiede, aveva già ambo gli occhi verdi spalancati
alla vista della Chevrolet Camaro Cabrio che aspettava proprio
lì davanti, col tettuccio alzato ed i finestrini abbassati.
Accostandosi al lato
del guidatore non si sorprese più di quanto già lo fosse nel
vedervi seduto Kei, che ricambiò il suo sguardo con un'aria del
tutto impassibile e un po' scocciata, come se l'attesa lo avesse
messo di malumore. Impressione che, nel profondo stupore che ancora
non voleva saperne di farla tornare lucida, venne meno l'istante
successivo perché dagli occhi dai riflessi di brace del blader
trasparì una nota di sorpresa che ella non ci mise un secondo a
collegare al suo nuovo colore.
– Che cosa ci fai
qui?? – si ritrovò ad esclamare di getto.
– Ti porto al
lavoro – le rispose lui con un sorrisetto sghembo dei suoi.
– Ma..! – sbottò
inizialmente la mora, completamente presa alla sprovvista. Mossa
dall'agitazione di un pensiero dopo l'altro, sollevò lo sguardo
verso casa propria, corrucciata in viso, prima di sospirare a labbra
serrate – Aspetta qui – gli disse soltanto, tornando indietro e
raggiungendo velocemente la porta di casa. Apertala, non diede
nemmeno il tempo a sua madre di affacciarsi in corridoio che lei
esclamò – La macchina la puoi prendere tu, io ho trovato un
passaggio! Ci vediamo alla NC, ciao! – lasciandole le chiavi sul
mobiletto accanto all'uscio.
– Yu-chan..?
Ignorando quel
principio di domanda, la moretta richiuse l'anta del portone e corse
verso la strada, perdendosi il resto delle parole di sua madre e
affrettandosi a raggiungere la Camaro del suo ragazzo. Sì,
perché quello che continuava a sorprenderla era proprio quel
pazzo del suo compagno.
Raggiunta la
portiera a lato passeggero, la aprì e vi si infilò dentro di
slancio, richiudendola un istante dopo.
– Parti,
parti, parti!
Il rombo del motore
si ravvivò sotto la sollecitazione del dranzerblader e l'auto fece
un balzo in avanti, costringendo la ragazza a schiacciarsi contro il
sedile mentre questa si immetteva in strada e sfrecciava via.
Spiazzata, riuscì a riprendere fiato soltanto una manciata di
secondi dopo, che in termini di strada corrispondeva all'isolato
adiacente, sebbene il cuore non volesse saperne di tornare ad un
battito normale.
Ancora stralunata
dalla piega che aveva preso quella mattina, si voltò allora verso il
suo autista, senza riuscire ad evitarsi di esclamare – Sei
completamente
fuori di testa! – il vederlo incassare il capo fra le spalle
e cercare di smorzare un sorriso divertito la fece continuare con il
medesimo tono accusatorio – Non dovevamo tenere un basso profilo? E
se mia madre ti avesse visto?!
L'ultima frase ebbe
il potere di attirare abbastanza attenzione da indurre il blader a
scoccarle finalmente un'occhiata in tralice nel fermarsi ad un
incrocio, prima di tornare a prestare attenzione alla strada.
– Credevo ti
avrebbe fatto comodo un passaggio.
Yukiko piegò le
labbra in una smorfia, spostando lo sguardo a propria volta oltre il
parabrezza – Comunque, avremo presto una seconda auto.
– Buongiorno a te.
La mora a quella
risposta non troppo entusiastica si lasciò sfuggire uno sbuffo quasi
divertito, iniziando a calmarsi abbastanza da riuscire a vedere il
lato positivo della situazione, e rispose – Buongiorno, tesoro.
Grazie per essere passato – e senza pensarci troppo si sporse dal
sedile per scoccargli un bacio sulla guancia immacolata.
Quel mattino persino
Kei si era vestito a modo, con quella sua camicia nera ed i pantaloni
del medesimo colore, e si era finalmente ripulito il viso.
L'orecchino che gli decorava il lobo era l'unico vezzo che aveva
mantenuto, insieme alla piega dei capelli assolutamente casuale, come
al solito.
– Come mai vestito
così?
– Mio padre ha
indetto una riunione per presentarci ufficialmente.
– Ah. Capisco –
commentò la mora, scivolando nuovamente composta e ricordandosi
soltanto in quel momento della necessità di allacciare la cintura di
sicurezza. Ora era piuttosto chiara anche la sua presenza sotto casa
sua: le era sembrato un po' troppo strano che Kei si fosse svegliato
apposta per passare a prenderla a quell'ora.
– Non proprio.
– Eh? – la
giovane Natsuki cadde dalle nuvole, reclinando il capo verso destra.
– Ti passerò a
prendere tutte le mattine, finché non avrai un'auto tua – affermò
senza batter ciglio lui, svoltando ad un bivio. La guida del
dranzerblader in città risultò essere meno spericolata dell'ultima
sera in cui lei era salita a bordo di quell'auto e permetteva ad
entrambi di avere una conversazione civile, nonostante il rumore del
motore.
La mora inarcò un
sopracciglio, chiedendosi come avesse fatto ad indovinare ciò che
stava pensando, ma l'istante dopo la prospettiva di vederlo ogni
mattina sotto casa le insinuò un brivido di emozione al centro del
petto, cosa che non le impedì di tentare di dire – Non importa..
Tentativo reso vano
dalla replica dell'altro – Non ci provare – la bloccò, con tono
che non ammetteva repliche – A me importa eccome.
Sentendosi arrossire
per quella confessione, ma ragazza rammentò fin troppo chiaramente
la discussione affrontata quasi tre settimane prima sulla Muraglia
cinese e le parole che le aveva detto all'epoca. A ripensarci ora,
quell'episodio stava già assumendo nella sua mente le connotazioni
di un evento passato, ma la fece sorridere ugualmente.
– Anche a me –
disse soltanto, puntando lo sguardo oltre il finestrino.
Non proferirono più
una sola parola per il resto del tragitto, che ebbe una durata di un
quarto d'ora scarso, sino al parcheggio privato del personale
dell'azienda. Passando sotto la transenna, la mora ebbe finalmente
una chiara visuale del palazzo che ospitava l'organizzazione
Hiwatari. La visione del grattacielo di architettura all'avanguardia,
posto accanto ad una costruzione gemella dall'altro lato del
parcheggio, le fece spalancare gli occhi verdi dall'incredulità
mentre arrivava ad appoggiarsi al vetro per riuscire a scorgerne la
sommità.
– Quanti piani
sono destinati agli uffici? – domandò meccanicamente.
– Tutti e
ventidue.
Yukiko si voltò di
scatto a fissare il suo ragazzo, sempre più sbalordita, cercando una
conferma – Tutto il palazzo?
Kei sfoggiò un
sorrisetto ironico e divertito al tempo stesso – Entrambi.
– Scusa??
– Anche quello
accanto appartiene alla Hiwatari.
Di nuovo la mora
sentì le forze abbandonarla. Sul serio sua madre aveva creduto che
lei potesse avere tutte le capacità per gestire gli affari di
un'azienda tanto grande da occupare gli uffici di due grattacieli di
ventidue piani ciascuno? Anche ammesso che lei e Kei avrebbero finito
per dividersi i compiti, questo voleva comunque dire ventidue piani a
testa.
Quella donna
nascondeva dentro di sé un pericoloso lato da megalomane.
Decisamente
pericoloso.
– Pronta ad
andare? – la voce del dranzerblader le venne in soccorso e la
ragazza deglutì, realizzando che l'auto era ferma ed era giunto il
momento di scendere e affrontare il suo destino.
– No – gli
rispose meccanicamente, già mettendo mano alla portiera – Andiamo.
Udì senza problemi
il distinto sbuffo divertito del suo compagno, cosa di cui non si
sorprese più di tanto ormai: sembrava trovare divertente la maggior
parte delle cose che diceva, cosa di per sé assurda, perché
ricordava sin troppo bene i motivo per cui nei primi tempi lo aveva
battezzato come blader di ghiaccio.
– Non stai
dimenticando qualcosa?
Quella domanda a
bruciapelo la fermò prima di far scattare la serratura, inducendola
a voltarsi con un'espressione interrogativa in pieno volto. Stava per
domandargli di cosa stesse parlando quando se lo ritrovò ad una
distanza irrisoria dal proprio volto. Il tempo di frenare
istintivamente il proprio respiro che avvertì le sue labbra sulle
proprie, in un bacio rubato a tradimento che durò una manciata di
secondi ma non mancò di farle sobbalzare il cuore nel petto.
Quando lui si tirò
di nuovo indietro, Yukiko era fin troppo consapevole del proprio
sorriso ebete stampato in faccia e lui ricambiò il suo sguardo con
un'espressione maliziosa che lasciava intendere quanto anche lui
l'avesse notato. Avvertendo le proprie gote colorarsi di una tonalità
simile a quella di un pomodoro maturo, la nightblader allora deglutì,
voltandosi verso la portiera e aprendola meccanicamente per saltar
fuori senza una sola parola.
Nell'aria fredda del
mattino, inspirò un paio di volte a fondo prima di ritrovare il
controllo della propria espressione, se non delle proprie emozioni,
ed attese come nulla fosse che il suo accompagnatore le facesse
strada, seguendolo poi senza indugio verso l'ingresso del grattacielo
alla loro destra. Non era più tempo di tentennamenti: la sua nuova
vita di aspirante manager aziendale la stava aspettando.
Tutto sommato la
giornata non era iniziata male per Kei ed, al di là di quella noiosa
riunione formale indetta da suo padre, il resto della mattinata
trascorse rapidamente sino all'ora di pranzo. Rapidamente perché -
dopo aver presentato lui e la giovane Natsuki a colleghi e soci ed
aver contribuito ad indirizzare la seconda al suo responsabile per il
corso di formazione professionale a cui ella partecipava insieme ad
un ristretto numero di persone selezionare fra le varie domande
d'iscrizione - il presidente lo aveva trattenuto in quella stanza per
discutere di affari ed assistere alla presentazione del bilancio
aziendale mensile, onere a cui, gli aveva spiegato, avrebbe dovuto
adempiere ogni primo lunedì mattino del mese.
Dopodiché lo aveva
condotto ad una delle scrivanie da lavoro provviste di separé
dell'ufficio accanto, spiegandogli che quella sarebbe stata la sua
postazione di lavoro e che il responsabile del reparto gli avrebbe
spiegato ciò che avrebbe dovuto fare in sua vece. Inoltre, avrebbe
cambiato reparto di riferimento ogni due settimane, per poter avere
così una panoramica completa di ogni settore amministrativo e del
ruolo ricoperto nell'azienda.
In pratica, aveva
passato le ultime tre ore ricontrollando alcuni documenti per conto
del suo supervisore e facendo fotocopie, ma dopo neanche mezz'ora
aveva iniziato a perdere qualunque interesse per quell'incarico
monotono, così la sua mente aveva iniziato a divagare. Comprendendo
di sentirsi annoiato ed insofferente, attribuì la causa del suo
umore all'unica possibile: lei. Se non c'era lei nei paraggi a
tener viva la sua attenzione, non riusciva a provare alcun interesse,
non importava con chi stava parlando o cosa stesse facendo. Si
permise di esternare un fugace sospiro a labbra serrate, graffettando
una pila di fogli che erano la copia di una relazione appena uscita
dalla fotocopiatrice. Al posto delle parole in grassetto del titolo,
davanti agli occhi gli comparve l'immagine di lei quel primo mattino,
con indosso il tailleur color blu scuro e i capelli neri e viola. La
prima cosa che aveva pensato era che le donavano, la seconda che non
gli sarebbe dispiaciuto sentire la loro consistenza setosa sulla
pelle.
Accorgendosi di star
tergiversando tornò alla propria scrivania temporanea, appoggiando
lì le due distinte pile di fogli prima di lanciare uno sguardo
all'orologio appeso alla parete dall'altro capo dell'ufficio. Erano
le 12:02.
– Ah, eccoti qui –
lo apostrofò il dirigente che avrebbe dovuto affiancare per quelle
prime due settimane, comparendogli accanto – Ottimo lavoro. Per
oggi è tutto.
La pausa decretava
per lui la fine dei suoi oneri verso la società per quel giorno,
cosa che gli procurò una sensazione di sollievo che non si lasciò
sfuggire. Annuì semplicemente con un cenno del capo e, recuperando
la propria giacca, si avviò verso la porta che dava sull'atrio di
scale e ascensore.
Anche se non
potevano far sapere in giro della loro relazione, questo non gli
avrebbe impedito di passare ogni minuto libero con lei.
La incrociò fuori
dalla sala ristoro mentre cercava di trovare un posto a sedere,
l'espressione preoccupata che si rischiarò di un sorriso quando si
accorse di lui. Avvicinandosi alla ragazza allora, Kei abbassò lo
sguardo sulle sue mani, notando che reggeva in mano un involto
squadrato dalla forma tipica: si era portata il bento da casa.
– Stavo cercando
un posto libero.. – affermò, voltandosi verso il resto
dell'ambiente. Non c'erano molte sedie adatte allo scopo, nonostante
quella non fosse l'unica sala adibita a quel compito all'interno del
palazzo. Persino al bancone, nonostante la relativa calma della
clientela, v'era un discreto numero di persone intente ad attendere
il loro turno per prendersi qualcosa da mangiare.
– Io cercavo te –
le disse d'impulso con voce bassa, cosa che fece voltare di nuovo di
scatto la ragazza a guardarlo con occhi spalancati. Quella reazione
lo fece sorridere leggermente, soddisfatto di averla presa ancora una
volta in contropiede – Vieni.
Non aggiunse altro,
prima di voltarsi. Aveva già un'idea su dove poter mangiare qualcosa
in santa pace, nell'attesa di salire di nuovo in macchina e fare
rotta verso la sede della Natsuki Corporation.
La condusse verso
l'ascensore, salendo con lei sino al diciottesimo piano, per poi
proseguire lungo un breve corridoio incredibilmente silenzioso. Solo
una donna incrociò il loro passo, non riuscendo ad evitarsi di
guardarli entrambi con un'espressione perplessa nel momento in cui la
superarono senza una parola. Probabilmente quella che doveva essere
una segretaria si stava chiedendo cosa facessero lì, ma non aprì
bocca nemmeno quando, con sicurezza, il dranzerblader tirò fuori il
proprio badge e lo strisciò sul lettore magnetico accanto all'unica
porta a vetri posta in fondo al corridoio.
Questa si schiuse
senza problemi con un clangore ovattato di metallo, dandogli modo di
sospingerla verso l'interno e far entrare Yukiko. Prima di seguirla,
scoccò un'occhiata penetrante alla donna rimasta accanto
all'ascensore e questa sussultò, prima di affrettarsi ad entrare nel
vano di quest'ultimo e far richiudere le porte scorrevoli. Soltanto
una volta che il corridoio fu di nuovo sgombro il blader si concesse
di lasciar richiudere la porta a vetri dietro di sé e si voltò
verso l'ampia stanza in cui era appena entrato.
– Dove siamo? –
la voce della nightblader lo indusse a prestarle attenzione e la sua
aria ingenuamente interrogativa lo fece quasi sentire a disagio.
Quasi, perché in fin dei conti non aveva nulla da rimproverarsi se
non il desiderio di stare da solo con lei in tranquillità, senza il
brusio di voci e la presenza di altre persone che gli avrebbero
impedito di comportarsi in modo spontaneo.
– Questa è la
sala riunioni privata del presidente – le spiegò semplicemente,
volgendo lo sguardo verso l'ampia vetrata che dava su un modesto
terrazzo baciato da un pallido sole.
Era una stanza
piuttosto ampia, delimitata su tre lati da mura in cartongesso e
sulla quarta da una parete di doppi vetri, oltre la quale si poteva
ammirare il panorama cittadino, nei limiti del possibile fra i
grattacieli adiacenti ed i tendaggi sintetici a strisce verticali.
L'ampio tavolo, anch'esso in vetro, era circondato da dieci seggi in
pelle con tanto di rotelle, mentre il resto dell'arredo era limitato
ad un quadro impressionistico, un divanetto, un paio di poltroncine
abbinate ed un basso tavolino fra queste, più quattro felci, una ad
ogni angolo della sala. Sul terrazzo erano presenti alcune sedie ed
un altro tavolino rotondo.
– E possiamo stare
qui? – chiese di nuovo la ragazza al suo fianco, preoccupata.
– Nessun problema
– le rispose, facendosi avanti per avvicinarsi alla porta che dava
sul terrazzo. Appena la aprì una folata di vento gelido gli si
insinuò sotto i vestiti, ma appena fece qualche passo sotto il sole
di novembre, i pochi brividi che gli avevano fatto venire la pelle
d'oca scomparvero. Voltandosi verso la giovane Natsuki, la vide ferma
al centro di quella soglia e le fece un cenno del capo, invitandola
così a prender posto.
La vide indugiare un
momento prima di abbozzare un tenue sorriso e avvicinarsi ad una
delle due sedie poste accanto al parapetto e appoggiare il proprio
pranzo sulla superficie in metallo del tavolino. Soltanto quando lui
fece altrettanto, traendo a sé la sedia libera e accomodandosi come
se niente fosse, lei parve venir colta da un pensiero improvviso
proprio mentre stava cercando di armeggiare con il nodo del
fazzoletto monocromatico.
– Tu non ti sei
preso niente?
– No.
– Perché?
Quella domanda lo
fece corrucciare un poco in volto, ben consapevole della risposta
che, a causa del suo orgoglio, non le avrebbe dato: se n'era
dimenticato. In mensa aveva visto tutta quella confusione al bar e
non ci aveva pensato due volte a girare i tacchi, pensando soltanto
all'intento di portarsi dietro la mora che ora sedeva lì con lui.
Dovette aver assunto un'espressione particolare perché l'altra non
insistette sull'aver una risposta e si lasciò sfuggire uno sbuffo
divertito, prima di sospirare con enfatizzata rassegnazione.
– Sei un caso
perso, Hiwatari – lo sbeffeggiò, scuotendo il capo.
Kei inarcò un
sopracciglio, non riuscendo comunque a sentirsi più infastidito di
quanto in realtà non fosse in imbarazzo per la propria mancanza. Che
poi lei avesse capito subito la situazione era qualcosa che
continuava a lasciarlo spiazzato, motivo per cui continuava di tanto
in tanto a cercare di ricambiarle il favore ogni volta che poteva.
– Non ho fame –
mentì spudoratamente, con la sua solita impassibilità.
– Dovrai fare di
meglio, se speri di darmela a bere.
Tornando a
incrociarne lo sguardo di smeraldo, pronto ad accontentarla, ogni
parola o pensiero divennero troppo inconsistenti per poter essere
formulato adeguatamente e lui dovette abbandonare quel proposito,
comprendendo con una nota di disappunto di non poter “fare di
meglio” con lei. Non in quel momento per lo meno. Rimanendo
corrucciato in viso allora, incrociò le braccia sul petto e tornò a
far divagare lo sguardo sulla città, in un silenzio sostenuto che
non lasciò durare a lungo.
– Com'è andata?
– Mh? – la mora,
che aveva appena finito di aprire il coperchio del suo bento, sollevò
di nuovo lo sguardo su di lui, prima di rispondergli – Oh be',
direi bene.. stasera dovrò dare una sistemata ai miei appunti, ma il
corso mi è sembrato piuttosto semplice. Bene o male sono tutte cose
di cui avevo già avuto un'infarinatura da mia madre – una piccola
pausa di silenzio, prima che arrivasse il suo turno – E tu?
– Niente di ché:
una noia mortale – ribatté semplicemente, brutalmente sincero.
– Oh – mormorò
quella soltanto, senza entrare nel dettaglio.
Quella reazione lo
indusse a cercarla di nuovo con lo sguardo dai riflessi di brace,
inarcando un sopracciglio nel vederla alzarsi e spostarsi con la
sedia in modo da finirgli accanto. Spalancando le palpebre ne notò
il leggero rossore sulle guance e lo sguardo sfuggente, così come il
sorrisino che aveva a delinearle le labbra, mentre si dedicava ad
afferrare con le bacchette un pezzo di omelette. Quando glielo porse,
il blader si ritrovò a deglutire, immobilizzato in ogni muscolo da
un intenso imbarazzo che rischiò di fargli dimenticare il modo
giusto di respirare. Allora aprì la bocca, ma non per farsi
imboccare, bensì per protestare.
– Ho detto che non
ho fame – affermò, seccato.
Per contro, il suo
stomaco ritenne invece doveroso dire la sua, perché borbottò
talmente forte da fargli nascere una smorfia in volto.
Quel suono fece
inarcare un sopracciglio alla ragazza, mentre quel suo sorrisetto
sghembo le si accentuò, velato di sottintesi. Quell'espressione,
così sicura e furbetta al tempo stesso, lo fece capitolare senza che
l'altra dovesse aggiungere una sola parola ed arrendendosi, si chinò
verso quelle bacchette, prendendo in bocca il cibo che lei gli stava
offrendo senza per questo abbandonare la propria aria corrucciata.
Il buon sapore,
accentuato dal senso di fame, contribuì a farlo deglutire piuttosto
velocemente prima di aprire di nuovo le fauci ed accettare la nuova
offerta senza fare storie. Al terzo boccone si rese conto di
prestarsi più volentieri del previsto a quella scena, essendosi
rilassato piuttosto velocemente, e non ci mise molto a comprendere
che dovesse essere dovuto al luogo appartato che aveva scelto lui
stesso. Non c'era nessuno ad assistere, erano soltanto loro due, e
quella consapevolezza gli fece nascere un nuovo mezzo sorriso in viso
prima di fessurizzare lo sguardo sulla sua compagna.
– A che ora
dobbiamo essere alla N.C.?
La mora sollevò lo
sguardo al cielo con espressione pensierosa, abbassando le bacchette
– Mh.. – mugugnò, per poi deglutire e tornare a guardarlo in
volto – Entro le 2 del pomeriggio.. credo.. – la voce le si
abbassò talmente tanto da morirle in gola e lui seppe immediatamente
quale fosse la causa.
Sorrise soddisfatto,
bruciando gli ultimi centimetri rimasti a separarli per baciarla.
Non si spinse troppo
in là in quel contatto, lasciando semplicemente le proprie labbra
appoggiate sulle sue per una manciata di secondi, sporto in avanti
verso di lei su quella sedia priva di braccioli e tenendosi in
equilibrio con un braccio appoggiato al bordo del tavolino lì
accanto. Per quella manciata di secondi il mondo circostante perse
nitidezza, come se venisse posto dietro una lastra di vetro opaca, la
propria coscienza concentrata soltanto su di lei.
Quando tornò ad
appoggiarsi allo schienale della sedia, ponendo nuovamente ambo le
braccia incrociate sul petto, si sentì decisamente meglio di pochi
minuti prima. Sogghignò fra sé e sé al pensiero di iniziare ad
accusare una lieve dipendenza da lei, soprattutto dopo quegli ultimi
giorni di distacco. In realtà non riusciva a smettere di cercarla
con una parte di sé quando lei non c'era e questo gli aveva causato
persino qualche problema nel dormire la notte: il letto della sua
camera era diventato improvvisamente troppo grande per lui soltanto.
Scoccando
un'occhiata alla moretta, la vide con lo sguardo perso a fissare un
punto indefinito oltre il parapetto del terrazzo, il viso baciato dal
sole tinto di una sfumatura rossastra più che evidente e le labbra
leggermente piegate in un sorriso, nonostante si stesse tenendo
impegnata a finire il suo pranzo.
Sorridendo, si
limitò a fissarla per un po' a propria volta, del tutto a proprio
agio, tanto che quasi cadde dalle nuvole quando lei ruppe il silenzio
venutosi a creare fra loro.
– Domani posso.. –
il resto della frase si perse in una folata di vento.
– Mh?
– Domani –
scandì nuovamente lei, tornando a fissarlo in un moto di decisione –
..ho detto che ci penserò io al tuo pranzo. D'accordo?
Kei inarcò un
sopracciglio, prima di rammentare l'ultimo bento che lei gli aveva
appositamente preparato.
– C'è qualcosa di
particolare che vorresti mangiare?
La domanda gli fece
assumere un'espressione pensierosa, prima di rendersi conto di starci
pensando seriamente, cosa di per sé incredibile. Non indagò a fondo
sul proprio stato d'animo arrendevole, concentrandosi soltanto sulla
risposta da darle; risposta che gli giunse fin troppo prontamente
l'istante successivo.
– Gamberi – le
disse solamente, col tono sostenuto usato precedentemente.
Yukiko annuì con un
cenno del capo a quella richiesta, in volto stampato un sorriso
soddisfatto che non teneva affatto conto del modo in cui le aveva
fornito quella risposta. O forse era proprio perché ne aveva tenuto
conto, che gli sorrideva così tranquillamente; perché, forse, aveva
già imparato a vedere oltre quel suo lato scorbutico ed indifferente
che assumeva in determinate circostanze persino con lei.
Ancora una volta,
avvertì una piacevole sensazione nascergli al centro del petto e
affiorargli alle labbra, piegandole in un tenue sorriso fine a sé
stesso.
Quella sera Yukiko
lasciò ricadere la propria cartella porta-documenti sulla sedia,
prima di accostarsi al frigo e aprirne l'anta, avvertendo al contempo
i passi della donna che era sua madre aggirarsi per il corridoio e
raggiungere le scale.
– Pesce?
– Va bene cara,
come preferisci. Io vado a cambiarmi – le annunciò la signora
Natsuki già a metà scala.
La nightblader
sospirò, prima di tirare fuori tutto il necessario per la cena e
mettersi all'opera, munita di grembiule. Mentre si dedicava al
compito di preparare la cena per tutte e due, ripensò brevemente
alla giornata appena conclusasi, avvertendo una certa stanchezza
incurvarle le spalle, cosa che la costrinse a inspirare profondamente
per sciogliere i muscoli.
Alla N.C. il tempo
era volato mentre sia lei che Kei svolgevano un compito dopo l'altro.
A causa di questo e del fatto di essere stati assegnati a due manager
differenti, non avevano avuto occasione di scambiarsi nemmeno una
parola prima di tornare ognuno a casa propria e ciò era stato dovuto
soprattuto alla presenza della presidentessa. Il loro saluto di
commiato si era tradotto in un unico sguardo, prima di prendere due
direzioni diverse.
Mentre stava
friggendo le cotolette di sogliola nell'olio, udì distintamente
l'avviso di un messaggio provenire dal telefono lasciato sul tavolo e
dopo aver abbassato il fuoco si affrettò a raggiungerlo, sbloccando
lo schermo per avvedersi di chi fosse. Inarcò un sopracciglio, prima
di farsi sfuggire un sorrisetto divertito alle uniche tre parole che
il dranzerblader le aveva inviato: “Ricordati i gamberi”.
– Bene, bene..
In fin dei conti ci
teneva più di quanto avrebbe mai ammesso, si disse con una punta di
orgoglio e soddisfazione. Quella prova dell'impazienza altrui la mise
tanto di buon umore che finì per canticchiare fra sé e sé mentre
predisponeva la tavola e si dedicava anche ai pranzi del giorno
seguente, riempiendo le due scatoline di riso e contorni. Stava
ancora canticchiando quando sua madre scese in cucina, sorprendendola
con quell'umore.
– Come mai così
allegra?
Yukiko sussultò,
presa alla sprovvista, e per poco non rischiò di scottarsi con la
pentola del riso, prima di riacquistare il controllo delle proprie
reazioni e voltarsi verso la donna, ridacchiando nervosamente –
Niente di particolare, davvero.
– Davvero? Non
centra niente il misterioso passaggio di stamattina, allora.. – le
rispose l'altra, apparentemente impassibile mentre prendeva posto con
la schiena dritta a capotavola.
Quella frecciatina
deliberata le fece appoggiare con un po' troppa forza la ciotola
colma di riso davanti alla donna, ma si sforzò di non darvi peso
mentre prendeva la propria e si accomodava a tavola, ostentando
un'aria quanto più indifferente possibile.
– Niente di niente
– affermò, cercando di trovare nel cibo un pretesto per non
continuare la conversazione.
Per un primo momento
parve funzionare, perché sua madre sfoggiò un sorrisetto sornione
prima di annuire e iniziare a mangiare a sua volta, ma quel silenzio
non durò a lungo.
– Com'è andato il
tuo primo giorno? – le chiese infatti dopo un paio di minuti.
– Tutto bene –
le rispose, prima di schiarirsi la voce ed entrare nel dettaglio,
cercando così di prevenire ulteriori domande specifiche da parte del
suo unico genitore – Il corso sembra meno problematico del
previsto, ma per ora mi astengo dal dare giudizi definitivi.
– E la compagnia?
– Mh? – la
ragazza inarcò un sopracciglio.
– Hai trovato
buona compagnia? – le chiese con un'espressione furbesca la donna
seduta accanto a lei.
Il suo sorrisino per
un attimo fece correre un brivido su per la schiena della mora, che
deglutì prima di appoggiare le bacchette e sollevare con una mano la
tazza di tea verde appena preparato – Non saprei, non ho ancora
socializzato con nessuno...
– Non avrai
pranzato da sola? – le domandò la presidentessa della N.C. fra il
severo ed il dispiaciuto.
La familiare
preoccupazione di sua madre per i suoi rapporti sociali la rimandò
per un istante indietro nel tempo, a quando faticava a rapportarsi
coi suoi vecchi compagni di classe e finiva sempre per passare le
pause pranzo da sola sul tetto. Sospirò, scuotendo quindi il capo in
segno di diniego.
– No, non ho
mangiato da sola – le rispose. Nel silenzio che seguì però
comprese che sua madre si aspettava qualcos'altro, soprattutto dal
modo in cui la guardava, e la ragazza si irrigidì, improvvisamente
combattuta su cosa dirle. Ci pensò sua madre a trarla d'impiccio.
– Eri con quel
ragazzo, vero? Quello di cui mi hai parlato l'altra sera – le
domandò subito, con un'espressione che era tutta un programma –
..e ti ha accompagnata lui alla Hiwatari stamattina.
– Eh? – cadendo
quasi dalle nuvole, Yukiko impiegò una manciata di secondi prima di
realizzare di cosa quella donna stesse parlando, ma alla fine riuscì
a rammentarsi del suo vecchio compagno di classe immaginario e
ridacchiò nervosamente, annuendo – Ah, sì.. infatti..
– Lo vedrai anche
domani?
– No.
– Allora per chi è
il bento in più che hai preparato?
Il riso rischiò di
andarle di traverso e con qualche colpo di tosse ben assestato riuscì
a scongiurare il pericolo, finendo il contenuto del proprio bicchiere
prima di correggere il tiro – Volevo dire sì. Sì, ci
vediamo anche domani.
– Uhuh! –
ridacchiò la signora Natsuki, facendo sparire una fetta di pesce
impanato dentro la bocca, prima di continuare – E brava la mia
piccola Yuki-chan!
Quella reazione la
fece corrucciare in viso e, preda di un discreto fastidio dovuto ai
sottintesi di quell'ultima frase, riprese a mangiare in silenzio,
determinata ad ignorare per il resto della cena la donna che l'aveva
messa al mondo. Non sapeva come avrebbe fatto ad andare avanti così,
ma il pensiero che era appena all'inizio di quella situazione non ne
migliorò l'umore. Sperava solo che la curiosità di sua madre
scemasse presto e tornasse a pensare ad altro che non avesse niente a
che fare con il suo fantomatico ragazzo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ce l'ho fatta anche stavolta!!!
Due capitoli in meno di una settimana, sta volta sono stata brava no?! <3
Allora, più o meno tutte avete indovinato cosa avrebbe riservato questo capitolo XD cosa che non mi sorprende, ormai era scontato, ma spero comunque che sia risultato meno prevedibile del previsto! Cosa ne pensate? Spero tanto che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo! Fatemi sapere, mi raccomando, intanto io ne approfitto e vi auguro una buonissima serata!
Alla prossima dalla vostra immancabile
Kaiy-chan |
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Capitolo 40 *** Il primo mesi-versario ***
40. Il primo
mesi-versario
Quella sera
avrebbero festeggiato, a costo di portare lei stessa fuori Kei.
Era questo ciò che
aveva pensato il primo momento in cui aveva aperto gli occhi quel
mattino, rendendosi conto di che giorno fosse. Era passato
esattamente un mese da quella notte in Russia. Un mese da quando la
loro storia aveva ufficialmente - e segretamente per molti - avuto
inizio. Si potrebbe tranquillamente immaginare, quindi, la sua
sorpresa quando, la prima cosa che lui le chiese appena salita in
macchina, fu se aveva impegni per cena.
Ecco perché ora
stava cercando in tutti i modi di rimediare un abbigliamento adatto
ad una serata tanto fredda quanto umida, mentre pazientemente il
dranzerblader la stava aspettando in macchina, parcheggiato a lato
strada con tanto di quattro frecce. Non era arrivato da molto,
essendo passato da casa a sua volta per cambiarsi, ma Yukiko aveva
fatto appena in tempo a pensare di annunciare a sua madre le sue
intenzioni quando la signora Natsuki l'aveva anticipata sul tempo,
rivelandole poco prima di staccare dal lavoro che aveva un impegno
per la serata e che le dispiaceva non poter cenare con lei.
La cosa aveva
sorpreso non poco la mora, ma aveva ben presto accantonato il
pensiero, trovando la cosa piuttosto fortuita. Per questo avevano
dovuto fare i turni per il bagno del primo piano e, sempre per
questo, aveva finito con il risultare in ritardo sulla propria
tabella di marcia.
– Vestiti bene,
tesoro! Il meteo ha dato 6° – le giunse la voce di sua madre dal
bagno.
– Non preoccuparti
– ribatté prontamente la ragazza, frugando fra i maglioni di lana.
“E soprattutto,
mettiti qualcosa di facile da togliere!” le disse con una nota
di divertimento il suo bitpower, sovrastando i suoi pensieri.
Voltandosi a
scoccargli un'occhiataccia, lei non ribatté nulla a voce,
arricciando il naso prima di infilarlo di nuovo nel proprio armadio.
Suo malgrado, non riuscì proprio ad evitarsi di prendere in
considerazione anche quell'ultimo suggerimento nella scelta, finendo
per tirare fuori un vestito a maglia color verde petrolio, sotto il
quale decise per un paio di leggins neri, dalla fantasia simile al
jeans, un acquisto relativamente recente che doveva ancora spianare.
– Quando torni? –
la interpellò di nuovo la voce della signora Natsuki oltre il suo
campo visivo.
– Non troppo tardi
– o almeno era quel che si augurava, le rispose, prima di rigirarle
la domanda – E tu?
– Anche io non
dovrei tardare molto – le rispose, restando a sua volta sul vago.
Quella risposta,
come il fatto che poco prima sua madre si fosse quasi rifiutata di
dirle alcunché sul suo accompagnatore, fecero inarcare un
sopracciglio alla nightblader, che finì di infilarsi i vestiti
prescelti mentre rifletteva sulla questione. Che sua madre uscisse
con qualcuno era già di per sé una novità più che incredibile:
non ricordava di averla mai vista interessata ad un uomo, dopo la
morte di suo padre. Per un istante, mentre osservava con sguardo
critico la propria immagine riflessa nello specchio, Yukiko rifletté
sul comportamento del suo unico genitore. Era senz'altro una donna
dal fascino indiscutibile, quindi non v'era nulla di strano che
qualcuno le potesse fare la corte, ma non rammentava alcuna occasione
nella quale sua madre avesse ceduto alle lusinghe dell'altro sesso.
Si chiese se la donna le stesse nascondendo deliberatamente qualcosa,
ma le sue congetture vennero interrotte dal suono di un clacson
proveniente dall'esterno.
A quel punto si
allungò verso l'interruttore, spegnendo la luce.
– Arrivo, arrivo!
– esclamò, ben consapevole di non poter comunque essere udita dal
proprio cavaliere, prima di sucire in corridoio – Mamma io vado,
divertiti!
– Anche tu cara –
le disse allegramente la signora Natsuki.
La blader si
precipitò giù dalle scale, afferrando la borsetta ed il cappotto,
prima di fermarsi nell'atrio per il tempo di infilarsi gli
stivaletti. Quando uscì l'aria fredda le riempì i polmoni,
rivitalizzandola per poi fuoriuscire in una nuvoletta di condensa
dalle labbra. Avvertendo il sapore dell'inverno sul palato, Yukiko si
ritrovò a sorridere.
Amava l'inverno.
Scesa in strada
impiegò meno di dieci secondi per salire in auto ma, una volta
richiusa la portiera, si bloccò spalancando gli occhi mentre, di
fronte a lei, comparve un'unica rosa rossa. Quando risalì con lo
sguardo di smeraldo il braccio che gliela porgeva, ancora spiazzata
da quella vista, ci mise una manciata di secondi a far qualunque
altra cosa a parte fissare il profilo del ragazzo che aveva accanto.
Questi teneva lo sguardo sulla strada, i suoi occhi scuri che
sembravano tutto men che intenzionati a voltarsi in sua direzione
nonostante la situazione e, nella penombra, Yukiko credette di
distinguere una certa tensione nella sua espressione. Quando si
schiarì la voce, la mora cadde finalmente dalle nuvole, prendendo
fra le mani quel dono e aprendo infine bocca, fin troppo consapevole
delle proprie gote già in fiamme.
– Grazie.. –
mormorò a quel punto con una nota di imbarazzo e stupore, abbassando
lo sguardo sul fiore che teneva delicatamente per lo stelo – ..è
bellissima.
Era vero. Il
bocciolo ancora parzialmente chiuso svettava rosso sangue sulla cima
di un gambo cosparso di foglie ed a cui erano state tolte
preventivamente le spine. La ragazza poté cogliere il riverbero di
alcune goccioline d'acqua quando la Camaro si mosse,
conducendo entrambi alla meta designata dall'autista stesso, sulla
quale questi mantenne per altro il più discreto riserbo. La ignorò
bellamente persino quando ella tentò di domandargli per l'ennesima
volta dove fossero diretti.
Eppure, arrendendosi
ben presto, la cosa non le diede fastidio ma contribuì soltanto ad
aumentare la sua curiosità, sentendosi talmente positiva da arrivare
a pensare di poter accettare di buon grado qualunque cosa il blader
avesse escogitato per quella la serata.
L'ultima cosa che
avrebbe creduto era che le sorprese non fossero ancora finite.
Kei ripensò
nuovamente al tempo passato da quando aveva capito di non essere
disposto a fare a meno di lei e, carezzandone i capelli sfumati di
viola, sorrise fra sé e sé. L'aria fredda della sera gli portava il
delicato odore del suo shampoo alle narici, mentre il tepore del suo
corpo gli impediva di accusare la bassa temperatura di quella notte
tersa, con l'ausilio ovviamente della coperta che si era portato
appresso per l'occorrenza.
Dopo una cena a base
di sushi da Kippei, si erano fermati sulla sommità di un belvedere e
si erano spostati entrambi sui sedili posteriori, reclinando quelli
anteriori in avanti il più possibile per restare più comodi mentre
rimanevano lì, a contemplare la volta celeste o il paesaggio
cittadino, a seconda dell'altezza a cui cadeva il loro sguardo.
Semi-sdraiato in diagonale, il dranzerblader si lasciò sfuggire uno
sbuffo divertito al sentire il tocco delle sue labbra sul collo, il
suo fiato che gli si insinuò piacevolmente tiepido sotto il colletto
della camicia. Le casse all'interno delle portiere anteriori stavano
diffondendo in quel momento il ritornello della dodicesima canzone
del CD inserito nello stereo: Away.
Un ritornello che la
mora stava canticchiando in quel preciso istante.
I
see you
'Cause
you won't get out my away
I
hear you
'Cause
you won't quit screaming my name
I
feel you
'Cause
you won't stop touching my skin
I
need you
They're
coming to take you away
La sua voce, in
contrasto con quella più roca del cantante, gli parve un
accompagnamento decisamente gradevole, un pensiero che lo sorprese in
parte, sebbene non tanto quanto ciò che era arrivato a pensare le
prime volte che l'aveva sentita cantare. Inutile, nemmeno con
l'Aquila Rossa era riuscito, ormai quasi due mesi prima, a mentire:
gli piaceva anche per quel motivo.
Stringendosela
addosso, reclinò il capo verso di lei per baciarla e, quando si
staccò, lo fece soltanto per scoccarle un'occhiata maliziosa.
– Così finirò
per farti mia un'altra volta – le disse in tono basso, affondando
in quel paio d'iridi di un lucido verde smeraldo ed accentuando il
proprio sorrisetto, per poi farle presente – ..il parabrezza non ha
ancora finito di spannarsi.
In fin dei conti si
erano rivestiti entrambi ed accomodati in quella posizione da meno di
un quarto d'ora.
La nightblader
ridacchiò un momento, sfiorandogli le labbra in un nuovo fugace
bacio, prima di rispondergli – Scusa – una pausa, durante la
quale si sistemò meglio appoggiando di nuovo il capo nell'incavo del
suo collo, prima di aggiungere in un sospiro – ..è che sto davvero
bene ora.
– Merito mio.
Lei rise di nuovo.
– Scemo.
Restarono in
silenzio per un altro poco, mentre la melodia di sottofondo cessava, il blocco di sicurezza
della batteria che entrava in funzione per evitare che si scaricasse
completamente. Nella solitudine di quella notte un fruscio lontano
mosse le fronde alte di alcuni alberi, accostando tale rumore al loro
respiro regolare finché, negli occhi la sagoma tondeggiante di una
luna calante, alle orecchie del ragazzo giunse un nuovo sospiro.
– Che c'è?
– Stavo solo
pensando ad un'antica leggenda occidentale – gli giunse la voce
pacata di lei, la quale attese una manciata di secondi prima di
esplicare – Pensavo alla storia di Endymion e Selene – la
curiosità anticipò una certa perplessità, ma non la interruppe,
lasciandola proseguire – Lei era la Dea della Luna, lui un Semi-Dio
mortale. Per coronare il loro sogno d'amore Selene chiede al Re degli
Dei di concedere all'uomo la vita eterna, ma si dimentica di
chiederne anche l'eterna giovinezza. Così fa cadere Endymion in un
sonno profondo che durerà per l'eternità, che gli impedisca di
invecchiare.
– Mh? – mugugnò
a quel punto Kei, interrogativo, prima di esprimere il proprio
pensiero – Non mi sembra ci abbiano fatto un buon affare.
– No,
probabilmente no – convenne con lui la mora, in tono fra il
divertito ed il cinico, prima di addolcirsi – ..ma credo anche che
sia molto bella. In un certo senso, Selene si mette in gioco in nome
dei suoi sentimenti per il suo uomo, tanto da affrontare il Re degli
Dei e chiedergli di esaudire il suo desiderio.
– E poi si
incasina e si dimentica il dettaglio fondamentale – concluse per
lei il blader, con un mezzo sorrisetto stampato in volto.
Gli arrivò un
pugnetto sugli addominali che lo fece sussultare e, quando incrociò
di nuovo gli occhi della sua compagna, non riuscì a trattenersi
dallo scoppiare in una breve risata sommessa. Il suo viso contornato
di ciocche scure era delineato in un'espressione corrucciata che
faticava lei stessa a mantenere seria e che, quando lui cedette, si
delineò di un ampio sorriso un po' storto.
– Può capitare di
farsi prendere dall'ansia – affermò lei, campando quella scusante.
– Eh sì – le
diede ragione seppur ancora piuttosto ironico, cosa che gli fece
guadagnare una smorfia di rimprovero che lo divertì anche di più.
Nel silenzio che
seguì, Yukiko si appoggiò di nuovo sulla sua spalla, ma poco dopo
la sentì rabbrividire, cosa che suo malgrado gli fece render conto
del freddo che stava realmente iniziando a farsi fastidioso.
– Si è fatto
tardi, è il caso che ti riporti a casa – le disse, carezzandole
ancora una volta la nuca, prima di aggiungere – Non voglio esser
costretto ad andare in azienda da solo perché hai preso freddo.
Quelle ultime parole
sortirono l'effetto sperato perché la mora, dopo uno sbuffetto a
labbra serrate, si tirò su, acconsentendo a lasciargli libertà di
movimento. Spostandosi sui sedili anteriori, il dranzerblader attese
che lei facesse altrettanto dopo averle raddrizzato il suo schienale
ed, una volta che si fu accomodata al suo fianco, ruotò le chiavi
nel quadrante, azionando il meccanismo di chiusura del tettuccio
mentre metteva in moto. Soltanto una volta che il cielo venne
oscurato sopra le loro teste il ragazzo si prese la briga di
osservare con occhio critico la condensa ancora presente sul
parabrezza, tramutatasi in uno strato opaco di piccole goccioline
traslucide.
Piegò le labbra in
una smorfia, infilando i piedi nelle scarpe e allungandosi verso il
vano porta-oggetti per tirarne fuori la spatola lava-vetri. Dopo
essersi assicurato una visuale di nuovo perfettamente libera, fece
retromarcia e si immetté finalmente in strada, dando sfogo ai
cavalli di quell'auto una volta che le ruote aderirono all'asfalto.
Non passò più di
mezz'ora prima che Kei frenasse di fronte a casa della compagna,
esattamente nello stesso punto di ogni mattina, appena fuori dal
campo visivo di chi poteva affacciarsi dalle finestre di
quell'edificio indipendente a due piani. Dopo aver tirato il freno a
mano e messo in folle, lasciò il motore libero di girare e si voltò
di nuovo verso il lato del passeggero, posando lo sguardo su quella
che, a conti fatti, era la sua ragazza.
– Grazie per
stasera – gli disse lei, donandogli un quieto sorriso che lui
ricambiò con uno dei suoi. Reggeva fra le mani la rosa che le aveva
donati ad inizio serata con la stessa grazia che si riserverebbe ad
un fiore di cristallo.
– Grazie a te –
le rispose semplicemente a mezzo tono.
Sporgendosi verso di
lei, le andò incontro sollevando la mano destra per posarla sulla
guancia d'ella poco prima di assaggiarne per l'ennesima volta le
labbra. La baciò dolcemente, senza fretta, per nulla desideroso di
vederla scendere realmente dall'auto. Non si sarebbe mai stancato di
saggiarne la morbidezza, né di avvertire il suo respiro carezzargli
la pelle del viso mentre lei ricambiava. Muovendo delicatamente la
bocca sulla sua, avvertì il familiare nodo alla bocca dello stomaco
accostato ad un'emozione struggente che gli nacque al centro del
petto, al solo pensiero di doversi separare da lei.
Quando, dopo quasi
un minuto, si decise a staccarsi, si fece indietro ma non abbassò la
mano, lasciandola posata sulla guancia accaldata della nightblader.
Incrociandone gli occhi verdi e liquidi, non riuscì in alcun modo a
non ricambiarne il sorriso in cui ella piegò quelle sue labbra
arrossate e leggermente gonfie.
– Buonanotte –
mormorò lei.
– Buonanotte –
le rispose, facendo finalmente scivolare le dita oltre la delicata
linea della mascella.
La osservò uscire
dalla macchina, ripetendosi che l'avrebbe rivista entro poche ore,
eppure gli riuscì ancora una volta incredibilmente difficile pensare
di non poterla avere con sé, abbastanza vicina da poterne respirare
il profumo nel dormiveglia. Scacciando quel pensiero ingranò la
prima, dando gas ed immettendosi nuovamente nel traffico inesistente
di quell'ora della notte; ma ancor prima di svoltare al primo
incrocio, al posto della nightblader si materializzò la figura
eterea della sua compagna di battaglie.
“Separarsi è
una pena così dolce!” commentò ironicamente l'Aquila Rossa,
rompendo il silenzio ed i pensieri del dranzerblader.
Questi inarcò un
sopracciglio, perplesso e seccato al tempo stesso – Spiritosa.
“Sono
serissima” ribatté impassibile l'altra, sorridendogli e
ignorando lo sguardo in tralice che le rivolse. Lui sbuffò
infastidito, continuando a guidare verso casa in un cocciuto
silenzio, ma la sua bitpower sembrava di tutt'altro avviso, perché
continuò “Allora, chi aveva ragione?”
– Umphf – sbottò
in tutta risposta, mantenendo la linea precedente. Eccolo, il momento
in cui la sua migliore amica avrebbe rimarcato il fatidico “te
l'avevo detto” – Cerca di non rovinarmi la serata, se non ti
dispiace.
Lei rise “Non
preoccuparti, non intendo tormentarti ancora” affermò
allegramente, prima di aggiungere “Mi basta saperti felice”
una pausa, durante la quale il blader inarcò un sopracciglio, preso
alla sprovvista da quella verità, prima che lei gli chiedesse
direttamente “Sei felice?”
Kei rimase un attimo
interdetto, ma la risposta gli salì muta e spontanea alle labbra,
delineandole di un sorriso. Non vi fu bisogno d'altro, il
collegamento con l'Aquila Rossa tanto profondo da non necessitare di
parole dette a voce alta per comunicare.. non da parte sua almeno.
Sì, era felice.
Indubbiamente.
Quando scese dalla
Camaro l'aria fredda gli scompigliò i capelli e gli si
insinuò sotto il colletto della camicia, inducendolo a muovere ampie
falcate verso il portico dell'ingresso. Per una volta non andò
nessuno ad accoglierlo, novità che il dranzerblader accettò più
che volentieri senza sorprendersi, vista l'ora tarda. Sicuramente era
l'unico ancora sveglio all'interno della tenuta. Per questo non fece
particolare attenzione quando, salite le scale, imboccò il corridoio
che allungandosi nelle due direzioni opposte conduceva alla sua
stanza ed a quella di suo padre dall'altro lato, senza far caso al
fioco bagliore che si intravedeva appena sotto l'anta lignea di una
delle porte lasciata socchiusa.
Stava per
raggiungere la sua camera quando la porta del bagno in fondo alla sua
metà-corridoio si aprì, lasciandone uscire un signor Hiwatari
ancora vestito di tutto punto. La reazione dei due componenti della
stessa famiglia fu la medesima, perché si bloccarono in ogni muscolo
appena si videro. Kei con la giacca su una spalla e la mano libera
sulla maniglia della propria porta fissò senza muovere un muscolo
suo padre, fermo sotto il vano della porta di quel bagno e recante
sul braccio destro la giacca del suo abito grigio e la cravatta
scura, entrambe ordinatamente ripiegate.
In quella manciata
di secondi di silenzio durante la quale i due Hiwatari non fecero
altro che guardarsi l'un l'altro, il silenzio avrebbe potuto lasciar
intendere che anche le loro lingue si fossero tramutate in pietra,
prima che la voce del padrone di casa smentisse la cosa.
– Oh Kei, ancora
sveglio? – gli domandò finalmente il suo unico genitore, per una
volta privo del suo solito cipiglio, cosa ancor più sorprendente,
mentre finalmente avanzava lungo il passaggio.
Per contro il blader
aprì la propria porta, ribattendo in tono piatto, del tutto
discordante con ciò che gli si agitava in mente – Sei stato da
qualche parte?
Che diavolo ci
faceva suo padre ancora sveglio?!
– Sì, infatti.
Anche tu vedo – gli rispose, soddisfatto, prima di aggiungere –
Sei uscito con una ragazza?
– Non sono affari
tuoi – affermò subito il figlio, corrucciandosi in volto per
quell'intromissione.
– No, certamente,
sei abbastanza grande da non dovermi render conto di tutte le persone
che frequenti – ammise il signor Hiwatari, piuttosto bonariamente,
passandogli accanto e superandolo. Lo spostamento d'aria creato da
quel movimento fece giungere al naso di Kei l'odore della costosa
acqua di colonia che suo padre si doveva essere spruzzato poco tempo
prima, tenue ma ancora persistente, e quella fragranza gli fece
inarcare un sopracciglio mentre ne seguiva la figura con lo sguardo.
“Che fosse..?”
Non terminò nemmeno di dar forma a quell'interrogativo nella propria
mente.
– Buonanotte
figliolo – gli augurò l'uomo.
– Umphf – sbuffò
lui di rimando, ancora infastidito per quell'incontro e stranito per
la natura dello stesso. Soltanto quando si richiuse la porta della
propria camera alle spalle, finalmente solo in un ambiente familiare,
rifletté sulle sue congetture e quell'interrogativo tornò a
comparirgli nella mente, tanto incredibile quanto probabile.
Che suo padre
fosse.. uscito con una donna?
Yukiko quel mattino
varcò la soglia della cucina con meno entusiasmo del solito,
risentendo un poco della mancanza di sonno accusata quella notte. Era
tornata all'una passata e, chissà come, era riuscita ad entrare
quatta quatta nella propria stanza senza svegliare sua madre.
E quella stessa
donna si stava ancora aggirando al piano di sopra, stranamente in
ritardo rispetto al solito, intenta a prepararsi, cosa che la
costringeva ad alzare la voce per comunicare con lei.
– Ti ho procurato
un paio di depliant di alcune concessionarie, sono lì sul tavolo! –
stava dicendo in quel momento la presidentessa, probabilmente dal
bagno.
La giovane Natsuki,
procurandosi qualcosa per la colazione, lanciò uno sguardo alla pila
di cataloghi in questione e ricordandosi della necessità di
acquistare una seconda auto, prese posto. Poco dopo, mentre stava
sfogliando ancora il primo volumetto fotografico e sgranocchiando
qualche biscotto con le gocce di cioccolato, la presidentessa della
N.C. comparve in quella stanza, appoggiando la sua borsa ed il
cellulare sul tavolo, prima di raggiungere la credenza.
– Allora, com'è
andata ieri sera?
– Bene, grazie –
le rispose, assumendo un'aria vaga – Siamo andati a cena e poi
abbiamo fatto un giro. E tu?
– Oh, tutto bene
anche io – affermò tranquillamente la signora Natsuki,
riempiendosi una tazza di latte ed accomodandosi, cambiando discorso
– Hai già deciso che auto vorresti?
– Non ancora.
– Pensaci pure,
hai tempo fino a sabato – le ricordò sua madre, prima di zittirsi
e bere il suo latte macchiato.
In quel momento il
telefono le vibrò ed il display si accese ad evidenziare l'icona di
un messaggio in arrivo. Un messaggio di cui la mora riuscì a
sbirciare il nome del mittente, prima che sua madre si affrettasse a
sollevare il telefono ed oscurarle la vista.
Inarcando un
sopracciglio allora, Yukiko sfoggiò uno dei suoi sorrisetti ironici,
non resistendo alla curiosità.
– Chi è Susumu?
La donna sembrò
farsi di cristallo in un primo istante, per poi ritrovare mobilità
in un battito di ciglia che le permise di delineare le labbra in un
sorrisetto un po' teso ma anche emozionato – Uhuhuh – rise a
basso tono, di quella sua risata costruita che di per sé era tutta
un programma.
Un risata che fece
accentuare il sorriso della figlia, che rincarò la dose – È il
tuo cavaliere di ieri?
Quando l'altra
annuì, lo fece con un malcelato riserbo che non sfuggì alla
ragazza, la quale addentò un altro biscotto, assumendo un'aria più
contenuta e impassibile – Prima o poi dovrai farmelo conoscere,
mamma, è inutile che tu faccia quella faccia – le disse senza
mezzi termini, prima di sorriderle e incitarla a sbottonarsi un po' –
Dai, raccontami qualcosa.. com'è questo Susumu? – il sorriso le si
accentuò in volto, sornione – ..è bello??
Finalmente aveva la
possibilità di ricambiare il favore a sua madre, ma non voleva
andarci troppo pesante, essendo realmente curiosa di scoprire che
tipo fosse l'uomo che l'aveva fatta uscire dal guscio creato da una
vita incentrata sul mondo degli affari.
La signora Natsuki
sotto quelle pressioni sembrò quasi a disagio, ma mantenne il suo
abituale contegno e con la schiena dritta, in una posizione ed
un'espressione che assumeva spesso durante un colloquio d'affari
sull'orlo di un fallimento, sospirò.
Yukiko inarcò un
sopracciglio. Aveva appena sospirato?!
– Sì, è
piuttosto attraente – concesse finalmente la presidentessa,
nascondendosi dietro il bordo della tazza che accostò di nuovo alla
bocca – Ed è un importante uomo d'affari.
– M-mh..
– L'ho conosciuto
qualche tempo fa invero e avevo già intuito fosse uno di quei
signori vecchio stampo, ma mi ha sorpresa quando mi ha invitata ad
uscire la prima volta.
La nightblader si
fece di nuovo perplessa – La prima volta? – ripeté.
Sua madre annuì con
un piccolo sorriso – Non ti ho detto niente perché è una
situazione nuova e non so nemmeno io come considerarla.. ma usciamo
insieme da tre settimane ormai.
Quell'ultima notizia
per poco non la fece soffocare, facendole andare il biscotto di
traverso, e si dovette dare qualche colpo sul petto, tossendo piegata
in due sul tavolo, per evitare il peggio. Quando si riprese dalla
sorpresa e dal tentato omicidio-suicidio, sollevò di nuovo lo
sguardo sino all'altro capo del tavolo, gli occhi ancora sgranati e
il viso arrossato, ripetendo con voce strozzata – Tre settimane?
– Uhuh.. suvvia,
non è così rilevante – cercò di sminuire l'altra di rimando,
muovendo la mano destra a mezz'aria dall'alto verso il basso.
Raddrizzando la
schiena in una posa più composta, la mora continuò a fissarla senza
riuscire a venire a capo dei propri pensieri. Non si era minimamente
accorta del cambiamento finché sua madre non aveva vuotato il sacco,
ma ora molte cose stavano trovando un senso, a partire da alcuni
piccoli dettagli ai quali non aveva badato perché troppo ansiosa di
nascondere a sua volta alla donna la propria relazione. Il silenzio
che seguì si protrasse per diversi minuti, mentre la signora Natsuki
si dedicava alla sua tazza di latte macchiato e biscotti e la figlia
si perdeva dietro le proprie riflessioni.
Non poteva negare,
negli ultimi giorni, di averla vista più vitale del solito ed ora
era in grado di dire con certezza che quel suo nuovo modo di fare non
era affatto dovuto soltanto al suo ritorno a casa. Era stata una
sciocca a non farci caso sino a quel momento, a non prendere in
considerazione l'idea, ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Per lei
era strano che sua madre cercasse un qualche tipo di relazione con un
uomo diverso dall'ex presidente della N.C. ed ora, di fronte ai suoi
occhi verdi, ella le appariva non solo come sua madre ma come una
donna. E come tale era naturale che prima o poi provasse interesse
verso un altro uomo, indipendentemente da quanto questo potesse
scombussolare la sua unica figlia. Eppure lei stessa, osservando
attentamente il suo unico genitore, non poté negare l'evidenza:
chiunque fosse questo Susumu, la stava rendendo felice.. e tanto
poteva bastare.
– Va bene.
– Come, tesoro?
– Hai la mia
benedizione mamma – affermò impassibile Yukiko, alzandosi in
piedi.
La presidentessa
della N.C. sembrò rimanere interdetta, cosa che non fece altro che
far accentuare il leggero sorriso della mora.
– Aspetterò il
momento in cui sarai pronta a farmelo conoscere – le disse di
nuovo, portando al lavello il proprio piatto – Nel frattempo sappi
che non sono contraria e che non devi farti problemi: se ti rende
felice allora mi sta bene.
La donna seduta
dall'altro capo del corto tavolo rettangolare sembrò troppo
spiazzata per reagire in tempi brevi e la ragazza si lasciò sfuggire
un sorrisetto piuttosto soddisfatto, prima di avvertire il doppio
richiamo del clacson che era il suo speciale avviso per uscire. Non
lasciò quindi il tempo necessario a sua madre per riprendersi e si
avviò in tutta fretta verso la porta, afferrando al volo la propria
borsa ed il cappotto.
– Io vado! –
esclamò, uscendo quasi di corsa e cogliendo distrattamente la
risposta di rito dell'altra, prima di calcare il vialetto.
Mentre camminava
spedita verso la Camaro in attesa, il motore acceso e la
marmitta ronzante, la nightblader si ritrovò a sorridere fra sé e
sé, nonostante il cielo quasi totalmente coperto di nubi lasciasse
presagire l'arrivo del maltempo tipicamente autunnale.
Aveva la netta
impressione che la sua vita fosse nel pieno di una fiorente
primavera.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
Mi ritrovo a pubblicare fin troppo speditamente per le mie previsioni XD ma non posso farci niente. Ormai la storia si scrive da sola! Anche perché non manca troppo alla conclusione ^_^ credo che arriverò ai 50 capitoli al massimo, quindi non disperate.. intanto vi lascio con il 40° capitolo, un traguardo che non ero ancora riuscita a raggiungere! Ammetto che ne sono piuttosto fiera e spero che sia venuto fuori un bel lavoro! Voi che ne pensate?! Ovviamente aspetterò con impazienza i vostri pareri e nel frattempo ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi! Vi adoro e spero davvero di non annoiare nessuno!!
Buona settimana a tutti dalla vostra profiqua
Kaiy-chan |
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Capitolo 41 *** Gelosia ***
41. Gelosia
Le due settimane a seguire trascorsero
più velocemente di quanto i due ragazzi si sarebbero immaginati.
Il corso presso la Hiwatari tenne
impegnata la giovane Natsuki tre mattine su cinque e le altre due le
passò direttamente in sede alla N.C. per lo stage formativo nel
corso della prima settimana. In quei giorni aveva tempo di tornare a
casa a metà pomeriggio e dedicarsi agli appunti che prendeva
diligentemente ogni lunedì, mercoledì e venerdì ed il programma si
ripeté praticamente invariato la settimana successiva.
Persino Kei si era ritrovato a doversi
adeguare al suo nuovo ritmo di vita all'insegna del lavoro,
giostrandosi all'organizzazione paterna fra riunioni ed altri ruoli
di rilievo sempre più impegnativi. Ogni pomeriggio inoltre si
presentava per lo stage formativo al quale partecipava anche la sua
compagna, ma i rispettivi impegni erano troppo diversi per far sì
che si scambiassero più di qualche sguardo in quelle poche ore. E
spesso il blader era costretto poi a far ritorno alla Hiwatari,
tornando a casa soltanto molto più tardi.
A causa di questo i due ragazzi erano
riusciti a stare insieme sempre meno, a parte durante le pause
pranzo, e neppure tutte.
Quel venerdì, se non altro, era una di
quelle saltuarie volte.
– Domani mattina mi aspetta il
fatidico giro per concessionarie alla ricerca di un'auto – stava
dicendo Yukiko, prima di infilarsi in bocca un piccolo hosomaki al
tonno.
Era stato Kei ad offrirle il pranzo
stavolta, cosa che aveva significato la consegna a domicilio di una
scatola di bento di tre piani da un ristorante di sushi
incredibilmente rinomato del centro. Quando lui gliel'aveva aperta
davanti, il riverbero della ventresca alla luce del giorno aveva
minacciato di accecarla.
– Hai già un'idea sul modello? –
le domandò il giovane Hiwatari, seduto sul divanetto della sala
riunioni accanto a lei.
Avevano rinunciato a sedersi in
terrazza, ambiente tutt'ora sferzato da folate gelide cariche di una
fastidiosa pioggerellina, prendendo invece posto nell'angolo adibito
a salottino. La pelle del rivestimento cigolava appena ad ogni minimo
spostamento dei due, l'odore tipico di nuovo che ancora poteva
raggiungere le narici di entrambi grazie alla cura del personale
delle pulizie.
– Qualcosa di pratico e confortevole
– gli rispose meccanicamente la blader, dopo aver deglutito.
Spostando lo sguardo sul volto del
compagno, lo vide intento a far sparire un nigiri al gambero in un
sol boccone, prima di assumere un'espressione vagamente pensierosa
che non stonava affatto con l'aria imperturbabile di sempre.
Espressione che sfumò appena deglutì, di nuovo libero di parlare.
– Prenditi una Camaro – se
ne uscì a quel punto, facendole inarcare un sopracciglio.
Avvedendosi della sua faccia, lui assunse una smorfia prima di
aggiungere, come se ciò potesse farle cambiare punto di vista –
..non dev'essere per forza Cabrio.
– Ed io non devo infrangere per forza
tutti i divieti di velocità da qui a casa – ribatté sarcastica a
quel punto lei, sfoggiando un sorrisetto a rimarcare quanto detto, al
quale Kei ribatté con uno sbuffo.
– Quante storie..
Yukiko si fece sfuggire uno sbuffetto
divertito, incassando la testa fra le spalle prima di sollevare con
le bacchette una nuova polpetta di riso e sushi. Non fece nemmeno in
tempo ad avvicinarsela alla bocca tuttavia che, a tradimento, il
dranzerblader gliela sottrasse sporgendosi verso di lei e facendo
sparire quella monoporzione di sushi nella sua bocca.
L'esclamazione che le uscì spontanea
dalle labbra soffocò il rumore di sottofondo del maltempo che si
riversava sui vetri.
– Così non vale!
Senza donare più di un cenno di saluto
alla segretaria incrociata in ascensore, il presidente Hiwatari uscì
in corridoio quando le porte dello stesso si aprirono sul
diciottesimo piano. Raramente si trovava a dover recarsi in archivio
di persona, ma non poteva chiederlo alla sua segretaria personale
quando questa era in pausa pranzo, e lui aveva bisogno di consultare
quelle carte al più presto. Inoltre, aveva stabilito che fare
qualche passo in più non gli avrebbe certo fatto male, non poteva
trascurare troppo la propria forma fisica, soprattutto di quegli
ultimi tempi. Era rimasto sorpreso di aver riscoperto un qualche tipo
di interesse verso il gentil sesso, ed ancora di più si era sorpreso
di averne riscosso lui stesso. Non che non si ritenesse un bell'uomo
di mezza età, ma la donna a cui stava pensando ultimamente si era
rivelata essere una continua quanto piacevole scoperta. Che poi
avessero entrambi un ruolo nel mondo degli affari era un aspetto in
più ad accomunarli che non disdegnava affatto.
Perso nelle proprie riflessioni, quasi
mancò la pratica che era andato personalmente a cercare, ma tornando
con l'attenzione al presente, i suoi sensi captarono qualcosa di
diverso, di inaspettato, provenire dalla stanza adiacente attraverso
la sottile parete di cartongesso: la risata di una voce femminile.
Inarcando un sopracciglio, il signor
Hiwatari si allontanò dall'archivio e si affacciò di nuovo in
corridoio, volgendo lo sguardo verso la direzione da cui la voce gli
era giunta. Soffermandosi con la medesima espressione aggrottata
sulla porta a vetri chiusa, si fece ancor più perplesso quando si
rese conto che quella che stava guardando era effettivamente la porta
della sala riunioni per le conferenze intercontinentali riservata a
lui stesso. Solo un'altra persona aveva i codici di accesso a
quell'ambiente inseriti nel badge aziendale..
– Kei, non fare storie! – di nuovo
la voce di poc'anzi gli giunse da sotto la sottile fessura che
separava il bordo inferiore della porta dal pavimento.
La conferma ai suoi sospetti non lo
stupì, ma in un misto di contrarietà e curiosità uscì
definitivamente in corridoio e si avvicinò alla lastra di vetro con
pochi rapidi passi, in modo da poter gettare uno sguardo all'interno
dell'ambiente, fra le righette opache di quell'anta.
– Dovrai metterci più impegno – si
levò la voce familiare di suo figlio, in un tono sbeffeggiante ed
ironico al contempo, verso la sua interlocutrice.
A quel punto il presidente riuscì ad
avere una visione di ciò che stava accadendo all'interno della sala,
ma la vista che gli si palesò agli occhi fu talmente inattesa da
farlo immobilizzare in ogni muscolo per diversi secondi, incapace di
far qualunque altra cosa a parte osservare inerte quello spettacolo.
Nell'angolo adibito a salotto, sul suo
divano in pelle nera, Kei se ne stava proteso verso l'esterno della
seduta, mezzo disteso, il braccio sollevato a tener fuori portata una
scatolina di quello che doveva essere un bento. Eppure non fu il suo
sorriso divertito a far restare di sasso l'uomo, quanto il
riconoscere la ragazza che stava cercando di protendersi il più
possibile verso quel contenitore con un paio di bacchette alla mano,
sospesa per un soffio sopra il corpo del ragazzo, tanto vicina da
usarlo come appoggio diretto. I suoi capelli bicolori le ricadevano
sulla schiena, il viola che creava un netto contrasto con il candore
della sua camicia, incorniciandole il viso atteggiato in
un'espressione contrariata e combattuta, determinata a raggiungere il
suo obiettivo, tanto da costringere lo stesso blader a cercare di
tenerla a distanza con un braccio. Tentativo inutile: lei ormai gli
era praticamente spalmata addosso, eppure Kei continuava a ridersela.
– Essù! – lo supplicò Yukiko,
suscitando un'altra volta l'ilarità dell'altro.
Il presidente fece un passo indietro,
poi un altro, mentre alle orecchie gli giungeva ancora il suono delle
risate dei due ragazzi che giocavano dall'altra parte di quella porta
a vetri, ora di nuovo fuori dal suo campo visivo. Non si erano
accorti di nulla e lui era troppo sorpreso da ciò di cui era appena
stato testimone per far altro se non tornare sui propri passi e
prendere la pratica che era inizialmente venuto a cercare. Senza una
parola, molto simile ad un automa, si avviò quindi lungo quello
stesso corridoio, di nuovo verso l'ascensore, l'eco delle voci del
suo unico erede e di quella che fino a poco tempo prima aveva
considerato sua futura nuora ormai presente solo all'interno della
sua mente dopo che le porte si furono richiuse nell'abitacolo.
Soltanto quando fu nuovamente seduto
alla propria scrivania, il signor Hiwatari riuscì a formulare un
pensiero coerente.
Un unico pensiero che gli fece
finalmente abbassare le iridi scure sulla pila di fogli che aveva
recuperato.
“Qui qualcosa non torna..”
Yukiko stava per uscire dal box del
bagno delle signore quando la porta principale si aprì, lasciando
che una voce di donna accompagnasse il suono del doppio paio di
tacchi che calcarono in quel momento le piastrelle dell'ambiente.
– ...certo che è proprio un
bocconcino – stava dicendo la sconosciuta – Chissà in che
rapporti è con la figlia della presidente?
La mora in questione, la mano sulla
maniglia, si bloccò all'istante a quelle parole, mentre il cuore le
balzava subitaneamente in gola. Stavano parlando di lei!? Ci mise un
istante a comprendere che non era l'argomento principale della
conversazione, ma non per questo si fece avanti né rivelò la
propria presenza. Anzi, per riflesso si ritrovò a trattenere il
respiro, attenta alla conversazione in atto, proprio mentre una
seconda voce si univa alla precedente.
– Non saprei dirlo.. forse potremo
chiederlo direttamente a lei.
– Figurati! – ribatté la prima,
alla cui esclamazione seguì lo scroscio del rubinetto dell'acqua –
Non ce li vedo proprio insieme e non ho intenzione di risultare
indiscreta e rischiare di offendere il futuro capo di quest'azienda.
Ho lavorato sodo per farmi assumere, non vorrei che per qualche
sciocco capriccio di una ragazzina viziata il mio futuro venisse
compromesso.
L'altra sbuffò.
– Rimarremo con il dubbio allora..
– Non è certo un piccolo dubbio che
mi metterà i bastoni fra le ruote.
– Che cosa intendi dire?
– Che anche se quel ragazzo avesse
una fidanzata, sono certa di riuscire a fargliela dimenticare in meno
di una notte.
Il rumore dell'acqua corrente si fermò.
– Oh be', non credo ci voglia molto
per certe cose – ribatté la seconda voce femminile, ridacchiando
mentre entrambe si allontanavano.
La porta tornò a chiudersi con un
cigolio e la giovane Natsuki uscì finalmente dal suo nascondiglio
occasionale, ritrovandosi a fissare con occhi sgranati il proprio
riflesso nello specchio. Aveva i lunghi capelli scuri legati in una
coda bassa, due ciocche sfumate di viola a incorniciarle il viso
atteggiato in un'espressione scioccata, con le sopracciglia
corrucciate e le labbra leggermente schiuse. Mentre nella mente
ripercorreva la breve conversazione origliata per caso, non riuscì a
non esaminare con occhio critico l'ovale del proprio viso..
Figurati se era possibile che una
come lei stesse con uno come Kei.
Era certa di riuscire a farlo
dimenticare di lei in meno di una notte.
Una ragazzina viziata non poteva
competere con una donna.
Il pallore iniziale si colorò di un
rosso acceso sulle guance, nato da un'indignazione talmente profonda
da farle abbassare lo sguardo sul lavandino al quale si era
avvicinata. Si abbassò sullo stesso per raccogliere un po' d'acqua
fra le mani e con movimenti meccanici si sciacquò il volto due
volte, attenta a non bagnarsi la camicetta prima di asciugarsi con
qualche salvietta di carta.
Quindi tornò a osservare il proprio
riflesso nel vetro dell'ampio specchio, inspirando a pieni polmoni
per calmarsi definitivamente ed accantonare quella storia. Era
inutile prendersela, non doveva importarle ciò che aveva appena
sentito, perché il parere di persone del genere non contava affatto.
E non doveva nemmeno preoccuparsi che avessero delle mire su Kei, lui
non era quel genere di persona. O sì?
“Non lo è, e lo sai”
intervenne con una nota di rimprovero nella sua mente Night.
– Hai ragione – ammise a quel
punto, in un sospiro.
Sistematasi alcune ciocche di capelli,
Yukiko si voltò e procedette con passo deciso verso la porta del
bagno delle signore senza più guardarsi intorno.
Kei sollevò lo sguardo dal monitor per
puntarlo sulla donna ferma accanto alla sua scrivania. Prese in
consegna i fogli che gli stava porgendo e senza una parola tornò a
vagliare i dati che stava esaminando sino a poco prima. Ci mise
qualche secondo per accorgersi che l'altra non s'era mossa di un
millimetro ed, inarcando un sopracciglio, tornò a voltarsi in sua
direzione, perplesso e seccato al tempo stesso.
– C'è altro?
– Non proprio – ribatté lei con un
sorriso che lasciava presagire il contrario.
Il dranzerblader la squadrò da capo a
piedi, iniziando ad intuire il gioco che quella donna stava tentando
di fare. Era un po' più bassa di Yukiko, con lunghi capelli castano
chiaro ed occhi scuri accentuati dall'eyeliner che doveva essersi
sistemata da poco. Il suo rossetto, di un rosso acceso, gridava al
mondo “guardatemi!” ed il completo di giacca e gonna a
tubino bordeaux ne evidenziò le curve generose quando quella si
appoggiò alla sua scrivania con il sedere. Sorrise fra sé e sé
rendendosi conto di continuare a paragonarla alla sua ragazza,
convenendo con sé stesso che in realtà non c'era proprio nulla da
paragonare: quella donna non aveva alcuna possibilità in un
confronto concreto con la sua mora. Yukiko era decisamente superiore
a quella trentenne abbastanza frustrata da provarci con un ragazzo di
quasi diec'anni più giovane.
– C'è una cosa di cui mi piacerebbe
discutere con te in privato – continuò quella, traendolo dalle sue
riflessioni, probabilmente equivocando il sorrisetto che gli era nato
in volto. Si piegò leggermente, mettendo in mostra l'incavo fra i
seni che si intravedeva dallo scollo della camicia ed il cartellino
appuntato sul petto con su stampato il suo cognome: Kanigawa – Un
affare importante – specificò – ..una di queste sere magari, a
cena.
Kei si appoggiò allo schienale della
propria sedia, fissando la donna con espressione imperscrutabile,
tenendo per sé l'occhiata di sufficienza che in altre occasioni le
avrebbe riservato senza alcun riguardo per la sua esagerata
autostima.
– Spiacente – le disse soltanto,
prima che nel suo campo visivo passasse per un attimo una figura a
lui ben nota. I suoi capelli bicolori gli fecero per un istante
perdere la messa a fuoco sulla trentenne che stava inutilmente
tentando di ammaliarlo e notò una certa rigidezza nella postura
della nightblader. Nel procedere verso il corridoio ella gli dava le
spalle ed il dranzerblader ebbe la netta impressione di poterne
distinguere il secco rintocco dei tacchetti delle sue scarpe sul
pavimento, poco prima che sparisse dalla sua vista. La cosa minacciò
di fargli perdere la sua indifferenza costruita per l'occasione, ma
un attimo dopo la voce di Kanigawa ne richiamò nuovamente
l'attenzione.
– Sono piuttosto brava ai fornelli –
insistette con un sorriso anche più ampio dei precedenti.
– Scusa ma è impossibile, sono un
uomo molto impegnato – ribadì, fessurizzando di poco gli
occhi scuri per scoccarle uno sguardo più penetrante, accostato ad
un mezzo sorrisino velato di sottintesi.
Il messaggio andò a segno perché la
donna ebbe un fremito delle sopracciglia ben curate, ma il suo
sorriso non sfumò del tutto mentre si staccava finalmente dalla sua
scrivania ed esordiva – Peccato – per un primo istante Kei
credette che fosse tutto, ma la dignità di quella sembrava reclamare
più di un'uscita di scena dignitosa, perché aggiunse – Se dovessi
cambiare idea, fammelo sapere – prima di voltarsi definitivamente e
tornare al suo lavoro.
Il ragazzo la seguì brevemente con lo
sguardo, ripensando all'impressione che aveva avuto per quell'attimo
fugace della più giovane delle Natsuki. Probabilmente si era
trattato soltanto di un momento, un'impressione fugace e nulla più,
si disse.
Simili pensieri persero presto
consistenza, assorbiti dal lavoro che stava svolgendo, ed il
pomeriggio presso la N.C. proseguì come al solito per l'ora
seguente, senza che facesse troppo caso al personale femminile che
gli girava intorno ed il quale ad un occhio esterno sarebbe parso
impegnato a dispensargli sorrisi che lui neanche ricambiava. Almeno
finché un'altra dipendente, passando accanto alla sua postazione,
finì per inciampare e far volare il carico di documenti che aveva
fra le braccia ovunque sul pavimento in un raggio di due metri.
Quell'incidente lo costrinse a voltarsi per riflesso a fissare
quell'imbranata con sguardo cinico, proprio nel momento in cui si
stava sollevando in ginocchio.
– Che disastro – piagnucolò,
osservando allarmata il risultato della sua goffaggine – Mi
dispiace così tanto!
Aveva i capelli castani raccolti in uno
chignon ed un visetto più infantile rispetto a quell'altra, così
come erano meno accentuate le curve del suo corpo stretto in quel
vestito scuro e dal taglio casual. Quel genere di vestito che ora,
mentre stava cercando a carponi di raccogliere i fogli a lei più
prossimi con una certa agitazione, metteva in risalto il suo
fondo-schiena.
Con una smorfia Kei si chinò a sua
volta per raccattare dal pavimento un fascicolo ed il suo contenuto,
porgendolo alla 'collega' senza troppo entusiasmo interiore.
Lei, dapprima sorpresa, si prodigò in un sorriso imbarazzato,
ringraziandolo e prendendo in consegna i documenti che lui le stava
porgendo. La punta delle dita ben curate di lei sfiorò le sue in
quel breve momento, ma il dranzerblader non fece alcun caso a
quell'evento, tornando a sollevare lo sguardo da quella imbarazzante
forma di vita.
E fu allora che la vide, Yukiko, ferma
in piedi accanto al suo responsabile con i suoi occhi di un verde
brillante fissi su di lui, in viso un'espressione talmente incisiva
da farlo impietrire sulla sedia, mentre distingueva chiaramente una
scintilla di qualcosa di molto simile al furore in quei pozzi di
smeraldo. Persino la piega delle labbra tese ed il rossore delle sue
gote trasudava sdegno, finché un istante dopo, quando si rese conto
che lui s'era accorto di lei, voltò con un movimento rapido e
orgoglioso il capo dall'altra parte, fingendo di prestare la massima
attenzione a qualcosa che il suo superiore le stava dicendo in quel
momento.
A Kei ci volle un istante per rendersi
conto di ciò che aveva visto e collegarlo a quanto era appena
accaduto, ma voltandosi verso il monitor del proprio computer si
ritrovò a sorridere fra sé e sé nel trarre le sue conclusioni: era
gelosa. Non poteva essere altrimenti, la sua compagna era gelosa di
lui e ne aveva appena avuto la conferma.
L'eventualità non lo disturbò affatto
ma anzi, lo divertì e lo inorgoglì più di quanto avrebbe creduto
possibile, proprio per il fatto di rendersi finalmente conto di non
essere l'unico della coppia a provare certe emozioni verso l'altra.
Bastò questo a risollevargli la giornata lavorativa, della quale
passò l'ultima mezz'ora a riflettere su un modo per affrontare il
discorso con lei, ben consapevole che, anche se non era direttamente
colpa sua, stava a lui quietare le ansie della sua ragazza. Questo
ovviamente dopo averla punzecchiata un po'.
Quando le cinque scoccarono, aveva già
spento il suo computer e stava per alzarsi dalla sedia quando sul
telefono gli giunse il messaggio di suo padre: doveva passare alla
Hiwatari per assistere ad una videoconferenza. La notizia gli fece
nascere una nuova smorfia sulle labbra, per nulla entusiasta della
prospettiva. Inoltre, questo gli avrebbe impedito di dedicare il
tempo previsto alla mora ed al discorso che voleva affrontare con
lei.
Con la coda dell'occhio scorse un
movimento e, notando l'oggetto dei suoi pensieri sul punto di uscire
dall'ufficio, si affrettò a seguirla, recuperando la giacca dallo
schienale della propria sedia prima di imboccare il suo stesso
corridoio.
– Natsuki – la chiamò.
Lei si fermò, voltandosi di mezzo giro
su sé stessa in un movimento fluido che culminò con un sopracciglio
inarcato – Sì, Hiwatari?
Avevano concordato di mantenere dei
toni formali sul lavoro, per non insospettire sua madre, ma in quel
primo momento Kei ebbe la netta impressione che il suo cognome
venisse scandito con una nota più marcata di freddezza. Eppure, il
morbido sorriso che lei gli rivolse l'istante successivo, quando lui
la raggiunse e le si fermò di fronte, gli fece dubitare per
l'ennesima volta di essersi sbagliato.
– Va tutto bene? – le chiese,
indagatorio, abbassando il tono di voce e scrutandola con attenzione.
Lei fece spallucce declinando leggermente capo verso la spalla destra, prima di
rispondergli con leggerezza – Certo, perché non dovrebbe? – gli
chiese. Il dranzerblader inarcò un sopracciglio, per nulla disposto
a farsela dare a bere, ma non poté ignorare in alcun modo
l'atteggiamento rilassato di lei mentre aggiungeva – Ci sentiamo
stasera, d'accordo?
Lui annuì, perplesso e incuriosito al
tempo stesso, prima di osservarla voltargli le spalle e raggiungere
la porta dell'ufficio di sua madre. Probabilmente il discorso sarebbe
saltato fuori quella sera, quando lui le avrebbe telefonato, lontana
da sguardi ed orecchie indiscreti.
Yukiko si lasciò ricadere sul proprio
letto, il telefono nella mano sinistra di nuovo inattivo dopo aver
chiuso la chiamata.
Aveva appena dato la buonanotte al suo
ragazzo come ogni sera ed ora, consapevole di aver resistito dal
lanciargli qualsivoglia frecciatina riguardo l'accaduto di quel
pomeriggio, si sentiva più stanca del solito. Non era colpa sua se
era un ragazzo attraente, uno di quelli che per strada fanno voltare
più d'una persona a guardarlo, ma si sentiva comunque in ansia per
la situazione che stava venendo a crearsi in ufficio.
Per fortuna era venerdì sera e questo
voleva dire che, prima di dover rimettere piede in quell'ambiente,
avrebbe dovuto passare tutto un weekend. Una pausa era proprio ciò
che le serviva per metabolizzare il proprio disappunto e trovare la
forza di far finta di niente per i prossimi cinque giorni. Ormai
aveva capito a chi appartenevano le voci che aveva ascoltato per caso
sfortuito in bagno: anche un cieco avrebbe notato che quelle due oche
non avevano perso occasione per ronzare intorno a Kei per tutto il
tempo.
A farla decidere di far finta di niente
era stato il comportamento dello stesso dranzerblader, che si era
dimostrato indifferente ai sorrisi ed agli stratagemmi di entrambe le
donne. Certo, si era chinato a raccogliere un fascicolo della
seconda, ma questo non poteva costituire un problema, no?
Non poteva certo impedirgli di rendersi
utile in ufficio.
Certo, se quella svampita non avesse
ostentato tanta goffaggine da scolaretta verginella, sarebbe stato
tutto più semplice.
Sospirò, preferendo deviare i propri
pensieri su cose più immediate e si ritrovò a riflettere sul giro
che sua madre le aveva promesso per quel sabato. Avrebbe dovuto
decidersi e scegliere una macchina per sé, cosa che in un certo
senso l'elettrizzava e la spaventava al tempo stesso. Scegliere
un'auto era una decisione di un certo peso, che avrebbe agevolato i
suoi spostamenti e non solo. Aveva già una mezza idea ma non si
sarebbe sentita sicura finché non l'avrebbe provata di persona.
Inoltre, il fatto che sua madre le
avesse detto che sarebbe stato l'equivalente del suo regalo di
compleanno le aveva permesso di scendere a patti con sé stessa ed
accettare con cuore più leggero la cosa.
“Basta che non scegli un'auto da
bacchettona” la punzecchiò Night con ironia.
– Ah-ah – scandì altrettanto
ironica la mora a voce alta, in una risata costruita – Non
preoccuparti, ci penserò poi io a renderla mia.
In proposito aveva già in mente
qualche ideuzza per personalizzare gli interni, venutale fuori grazie
a qualche ricerca fatta di recente su internet.
Ormai non le rimaneva da far altro che
procurarsi la materia prima.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buonasera!!
E se fino alla settimana scorsa sono stata celere, ecco la ricaduta!!
Mi spiace infinitamente, purtroppo non ho avuto molto tempo e questa settimana non ho scritto praticamente nulla! Chiedo venia alle mie lettrici accanite y.y cercherò di farmi perdonare in qualche modo! Intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto e scappo, senza aggiungere altro XD solo che sono impaziente di leggere cosa ne pensate di questo nuovo attacco di follia da parte mia!
Buona seconda metà di settimana dalla vostra autrice
Kaiy-chan |
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Capitolo 42 *** Ti amo ***
42. Ti amo
L'odore di lei gli
penetrò nei polmoni mentre Kei tentava di riempirli d'aria,
lasciando sfogare il respiro affannoso che gli sollevava
ripetutamente il petto nel reclinare il capo all'indietro, sui
cuscini. Avvertendo gli strascichi dell'orgasmo disperdersi lungo i
muscoli di gambe e braccia, rilassò progressivamente la schiena,
allentando la presa con la quale le aveva lasciato, sui fianchi, una
coppia di segni rossi piuttosto caratteristici.
Abbandonato sul
letto, ascoltò il respiro altrettanto irregolare di Yukiko
sfiorargli l'orecchio destro, abbandonata sopra di lui, pelle contro
pelle, il sudore in parte assorbito dalle lenzuola. Il dranzerblader
chiuse gli occhi e si godette la sensazione che, puntuale, gli
pervase ogni muscolo, ogni nervo, ogni fibra del corpo stanco e
soddisfatto.
Ancora dentro di
lei, fece scivolare una delle due mani lungo il profilo della sua
schiena, mentre rifletteva sul proprio compiacimento per il piacere
che sapeva averle procurato e la cui testimonianza gli era stata
impressa sulle spalle e dietro la schiena. Senza dubbio di lì a poco
gli sarebbero comparsi sfregi di un bel rosso fuoco sulla pelle,
eppure la cosa non gli dispiacque per niente: avrebbe fatto l'amore
con lei ancora e ancora, se il suo amichetto lì in basso ne avesse
avuto le forze, ma dopo la terza volta di fila si sentiva
praticamente a secco.
Involontariamente
contrasse i muscoli della sua erezione e bastò quella debole
vibrazione perché la mora sussultasse, irrigidendo ogni muscolo,
ipersensibile dopo quanto era appena successo fra quelle quattro
mura. Quella reazione da parte di lei lo fece ridacchiare, suono al
quale seguì un sibilo contrariato che gli sfiorò nuovamente il lobo
dell'orecchio e che ne aumentò l'ilarità, prolungandogli quella
risata fra i denti.
Yukiko si tirò
indietro quel tanto che bastava da permetter ad entrambi di
incrociare i reciproci sguardi e Kei ne inquadrò senza problemi
l'espressione del viso fra l'imbronciato ed il divertito,
ricambiandola con un sorrisetto sghembo dei suoi. I suoi occhi verdi
rilucevano sotto le ciglia scure come smeraldi e le labbra gonfie di
baci erano schiuse a lasciar passare aria per i polmoni. Le guance
erano tinte da un rossore che andava attenuandosi mentre, ad
incorniciare il tutto, la sua chioma corvina e violacea le ricadeva
sulle spalle in una piega ribelle, dalla quale spuntavano alcune
ciocche temerarie ancor meno soggette alle ordinarie leggi della
fisica. Sulla base del collo, appena sopra la clavicola, individuò
una rosa rossa, un piccolo marchio lasciatole da lui stesso poco
prima, che avrebbe impiegato un giorno o due per scomparire. Il
pensiero lo fece sorridere, ammirando la propria compagna, preda di
sentimenti contrastanti ma che si tradussero presto in un'unica
parola: “Mia”.
Gli venne del tutto
naturale avvolgerle il busto con ambo le braccia e, con un colpo di
reni, capovolgere la situazione. Il movimento improvviso lo costrinse
a uscire da lei, ma una volta che la sentì premuta fra il suo petto
ed il materasso, insinuò il viso nell'incavo del suo collo,
mordicchiandole il lato della mandibola con fare giocoso.
La risata che sgorgò
dal petto della mora lo fece sorridere nuovamente fra sé e sé e ben
presto la voce di lei assunse una sfumatura incredula.
– Un'altra volta??
– Non sai quanto
mi piacerebbe – le mormorò con voce roca all'orecchio, sfiorandole
lo zigomo con la punta del naso, malizioso, prima di continuare –
..ma credo che ti concederò una decina di minuti per riposare.
– Ah, è così..?
– ribatté lei divertita, ruotando appena il capo in sua direzione.
Tornando a
incrociarne lo sguardo, Kei le mostrò di nuovo quel mezzo sorriso
ironico e malizioso al tempo stesso, prima di abbassarsi abbastanza
da posare le sue labbra su quelle di lei. La baciò più
delicatamente di quanto aveva fatto sino a quel momento, avvertendo
ancora in bocca il sapore di lei, così come sapeva avere il suo
odore addosso. Una consapevolezza che gli faceva quasi girare la
testa.
Suo malgrado,
rammentandosi di non potersi ancora rilassare, dovette farsi indietro
per scendere dal letto ed, una volta in piedi sul pavimento in legno,
uscì dalla camera e raggiunse il bagno, dal quale tornò un paio di
minuti dopo.
Accostando la porta
dietro di sé, fece spaziare lo sguardo scuro per l'ambiente, del
tutto incurante del fatto di star girando nudo per casa di qualcun
altro. La luce che filtrava attraverso la finestra aveva assunto una
sfumatura più tenue, tipica di un tardo pomeriggio autunnale, e
tingeva di riflessi più caldi le pareti ed i mobili, senza per
questo risparmiare le tende color panna.
Stirandosi i muscoli
vagamente indolenziti, si voltò allora per contemplare il lato della
camera nel quale giaceva ancora la mora, che durante la sua breve
assenza s'era infilata sotto le coperte. Abbozzando un mezzo sorriso,
Kei rimase a guardarla per una manciata di secondi ancora, seguendone
la curva della schiena sino a ché questa non scompariva sotto il
bordo delle lenzuola color azzurro chiaro e la coperta invernale di
un bel blu notte.
Rilassata, stanca e
soddisfatta.
Ecco come gli
appariva, a tal punto da finire per addormentarsi in quei pochi
minuti che era stato via, e questo non poteva ché essere un motivo
d'orgoglio per lui, sebbene non si limitasse solo a quello. A
sfiorargli il centro del petto vi si mise un moto di tenerezza che
non aveva mai provato per nessun altro e quella sensazione gli fece
delineare le labbra in un tenue sorriso, prima che iniziasse ad
accusare il freddo e pensasse di infilarsi sotto quelle coperte con
lei.
All'intenso brivido
che gli fece rizzare i capelli neri sulla nuca, il blader finalmente
si mosse ed, una volta raggiunto il letto, si infilò sotto le
lenzuola approfittando dello spazio che la stessa ragazza gli aveva
lasciato prima di sprofondare nella fase Rem. Il tempo di mettersi
comodo che Yukiko gli si strinse contro e lui, voltato su un fianco
verso di lei, si bloccò allo stesso modo di come era successo più
d'un mese prima, in quella stanza d'albergo in Russia, cercando di
non svegliarla del tutto. Dopo una manciata di secondi, ancora
tenendo sollevato il busto sul gomito sinistro, si premurò di
coprirla meglio sino alle spalle, prima di infilare il proprio
braccio destro sotto quelle coperte e cingerla all'altezza del
fianco. Il sospiro soddisfatto che le sgorgò dalle labbra gli si
riversò tiepido sulla pelle del petto, rispecchiando in parte il suo
stesso stato d'animo, al punto da sembrargli la cosa più naturale
del mondo quella di far scivolare le dita a seguire il profilo della
spina dorsale di lei.
Quel pensiero lo
sorprese sul momento, inducendolo ad aggrottare le sopracciglia
mentre fissava l'espressione rilassata della ragazza che, di poco più
in basso, sembrava già sul punto di dormire profondamente. Il tocco
lieve della stessa tuttavia lo fece ricredere, perché ella ricambiò
quelle sue attenzioni, posando la mano sinistra sul suo braccio,
sopra il gomito, in una carezza lenta e costante che ebbe il potere
di distrarlo e farlo rilassare a propria volta. In fondo, perché
avrebbe dovuto sorprendersi di stare tanto bene con qualcuno? Solo
perché non gli era mai successo prima?
Sorreggendosi il
capo sul palmo della mano, fece vagare il pensiero mentre con l'iridi
dai riflessi di brace seguiva il profilo della mora come si era
ritrovato a fare diverse volte in un passato recente, soffermandosi
sulla piega leggermente tesa in un accenno di sorriso delle labbra di
lei.
Un sorriso che si
ritrovò ad imitare senza neanche rendersene conto.
Ancora una volta
pensò che, in quel momento, non avrebbe potuto trovarsi in un luogo
migliore se non quel letto, con lei fra le braccia. Una parte della
sua mente gli suggerì che avrebbe potuto essere la stessa cosa in
qualunque altro posto, purché ci fosse stata lei.
La sua
Compagna.
Quand'era diventata
tanto importante da suscitargli emozioni tanto profonde?
Rivangando i propri
ricordi, tornò al tempo in cui l'aveva incontrata la prima volta,
rammentando perfettamente ogni momento di stupore che lei gli aveva
causato, ogni momento in cui si era sentito spiazzato o colpito da
qualcosa che aveva a che fare con lei. Non poteva credere che fossero
arrivati tanto lontano. Non poteva credere di potersi sentire tanto
fortunato e felice solo per il fatto di poterla osservare come in
quel momento.
Si lasciò sfuggire
un debole sbuffo autoironico a labbra serrate, delineate in un mezzo
sorrisetto che avrebbe potuto essere chiaramente una smorfia. S'era
rammollito? Sembrava l'unica spiegazione per ciò che era arrivato a
pensare; l'unica, a parte...
Quel sorrisetto si
dissolse sul suo volto, mentre la conclusione più ovvia gli balenò
nella mente con la stessa intensità della luce di un faro nella
notte. Inarcando ambo le sopracciglia, Kei lasciò che la propria
mente tornasse a tutti i momenti di tenerezza e di ansia vissuti con
lei.. per lei, si corresse, e progressivamente avvertì la
propria espressione tradire la profonda incredulità che lo stava
cogliendo.
Trattenne il fiato.
Se n'era
innamorato.
Si era innamorato di
Natsuki Yukiko, futura presidentessa della Natsuki Corporation
e giovane donna
che definire 'complicata'
sarebbe stato un eufemismo,
senza nemmeno rendersene conto. Una ragazza la cui forza d'animo lo
aveva favorevolmente impressionato, così com'era stato per la sua
potenza di blader. L'unica ad essersi avvicinata abbastanza a
lui da rischiare di
bruciarsi, senza per questo tirarsi indietro o demordere quando aveva
tentato di tenerla a distanza. Alla mente gli tornò in un flash il
ricordo del sogno fatto molte settimane prima, nell'istante esatto in
cui lei riusciva ad infrangere l'oscurità nella quale si era
barricato e con slancio tentava di raggiungerlo, la sua mano protesa
verso di lui.
Comprese
che, in qualche modo, lei gli aveva sempre teso quella mano, sin
dall'inizio, e questo ebbe il potere si sorprenderlo ancor più di
tutto il resto.
Osservando
il viso della ragazza accanto alla quale era disteso con sguardo
diverso, si sentì arrossire, eppure al tempo stesso avvertì la
consapevolezza dei propri sentimenti crescere e rafforzarsi al centro
del petto, pervadendolo da capo a piedi. Una sensazione insolita, che
tuttavia lo fece sorridere spontaneamente, preda di qualcosa che
poteva essere paragonato ad una profonda gratitudine.
Se
n'era innamorato e non avrebbe cercato di negarlo a sé stesso,
perché gli era semplicemente divenuto impossibile.
– Yuki..?
– la
chiamò a bassa voce, cercando di capire se fosse
sveglia.
Lei
non si mosse, né mandò segno di averlo udito in qualche modo o di
star tornando alla realtà. Il suo respiro regolare e profondo
continuò a riempirle i polmoni e scivolarle oltre le labbra
leggermente schiuse per una manciata di secondi piuttosto lunga,
abbastanza da convincerlo del sonno in cui era sprofondata. Doveva
essere stata parecchio stanca, di una stanchezza che lentamente stava
insinuandosi anche in lui, sebbene l'adrenalina che gli era finita in
circolo a causa della rivelazione che lo aveva appena colto stesse
ancora facendo il suo effetto.
Allora
chinò il capo, sfiorandole con la punta del naso la tempia sinistra
ed avvertendo la sensazione setosa dei suoi capelli fargli il
solletico. Inspirando, ne colse nuovamente l'odore, una fragranza che
mista a quella che doveva appartenere allo shampoo che aveva
utilizzato, gli ricordò i fiori di gelsomino, ed il sorriso tornò
ad accentuarglisi, seppur morbidamente, in volto. Si accostò
all'orecchio di lei, scostandole una ciocca di capelli dietro lo
stesso con la mano destra, prima di decidersi a schiudere le labbra.
Trattenne il fiato.
– Ti
amo – le
sussurrò, in un sospiro che flebile gli svuotò i polmoni,
abbattendo anche l'ultimo ostacolo che aveva eretto a difesa di sé
stesso.
Non
osando ancora respirare,
rimase immobile e tese le orecchie, in ascolto di un qualsiasi suono
che potesse suggerire che la ragazza non fosse così addormentata
come aveva supposto, ma non vi fu alcun cambiamento e dopo un minuto
d'orologio tornò a rilassarsi, facendosi nuovamente indietro e
riappoggiando il capo sul palmo della mano sinistra.
Sapeva
di essere sleale, che quella non avrebbe potuto considerarsi una vera
e propria dichiarazione, ma non poteva comunque negare che il proprio
cuore gli stesse battendo ad un ritmo frenetico al centro del petto.
Gli aveva fatto un'impressione strana il suono di quelle due parole,
proferite dalla sua bocca e con la sua voce: aveva dovuto fare uno
sforzo per farle uscire, dandogli quasi l'idea che nel scivolargli
sulla lingua gli avessero raschiato le corde vocali. Non aveva mai
detto niente di simile a nessuno prima, nemmeno a suo padre, e sua
madre se n'era andata che lui era ancora in fasce, per cui non aveva
alcun ricordo di quel tempo o di lei.
Per
la prima volta si sentì completamente in balia delle proprie
emozioni, senza più un appiglio, e la cosa lo inquietò. Non era
abituato a cedere alla propria parte emotiva, si era sempre sforzato
di valutare ogni cosa, di seguire il proprio lato razionale, eppure
ora non ci riusciva. Sapeva solo di voler stare con lei.
E
lei era lì, fra le sue braccia, talmente a suo agio da dormire in
tutta tranquillità. Si fidava di lui.
Si
rilassò, riuscendo grazie a quest'ultima constatazione a scacciare
quella sensazione di paura che l'aveva sfiorato poc'anzi. Fu grazie a
questo che cedette alla sensazione di formicolio del polso sinistro e
scivolò più in basso, ruotando su sé stesso per stendersi supino e
al tempo stesso far passare il proprio braccio sotto il collo
della mora.
Il movimento la destò in parte, ma fu una cosa del tutto naturale
per entrambi incastrarsi in quella nuova posizione ed
il dranzerblader si ritrovò
a stringerla contro di sé,
mentre lei prendeva posizione con il capo sulla sua spalla e gli
cingeva il fianco più lontano con il braccio sinistro. Quando arrivò
ad intrecciare le gambe con la sua, lui si ritrovò per l'ennesima
volta a sorridere, appoggiando la guancia al capo d'ella ed
avvertendo sulla pelle la liscia
consistenza dei suoi capelli scuri. Lasciandosi
così
pervadere da un nuovo senso di pace che lo aiutò ad accantonare
timori e ansie di sorta, colse
il profondo sospiro che
sgorgò dal petto della nightblader.
Un
sospiro che rispecchiava
esattamente il suo stato d'animo.
Non
avrebbe voluto svegliarsi ma, nella penombra della sua stanza,
avvolta dal piacevole tepore che le trasmetteva la presenza del suo
ragazzo, Yukiko iniziò a riemergere dal mondo dei sogni in uno stato
di preallarme. Il ché era assurdo, perché non c'era posto più
sicuro dove avrebbe potuto essere se non quello, convinzione che si
accentuò quando si ricordò con uno sprazzo di lucidità di essere
fra le braccia del suo dranzerblader.
Quando
tuttavia, l'istante successivo, il suono di una voce raggiunse la sua
coscienza chiamandola per nome, venne bruscamente riportata alla
realtà con lo stesso effetto di una secchiata d'acqua gelida: la
signora Natsuki.
– Yuki-chan?!
Sei in casa??
Il
sussulto che la colse svegliò anche il ragazzo al suo fianco, il
quale spalancò gli occhi scuri allarmato mentre la mora si alzava di
scatto a sedere, imprecando fra sé e sé mentre si lasciava
sfuggire, in un sussurro strozzato da
un'ondata di panico: –
È mia madre!
La
reazione di Kei non fu altrettanto fine.
– Cazzo!
– ringhiò
questi, quasi
caracollando giù dal letto, tirandosi dietro le coperte nello
slancio e rischiando per questo di inciampare –
Cazzo! –
ripeté a
voce contenuta, lottando con
la stoffa per
restare in piedi – Mi
sono addormentato.. merda!
– Tesoro?
– la
voce della presidentessa della N.C. questa volta sembrò più vicina
e ad essa si accostò
il caratteristico suono
di passi per le scale.
Non
avevano più tempo.
– Sì!
– esclamò
la mora, guardandosi brevemente intorno mentre il giovane
Hiwatari tentava di
raccattare i suoi vestiti. Saltò
letteralmente giù dal letto,
raggiungendo di corsa la propria cassettiera –
Ci sono, mamma! –
ripeté intanto, prima di
abbassare il tono e rivolgersi al dranzerblader con
fare concitato –
..nasconditi!! –
ormai il panico minacciava di prendere il sopravvento e rovistando
nel cassetto che aveva aperto con forza ne estrasse un paio di
mutandine – Mi..mi
sto cambiando!!
Nei
due secondi a seguire Kei si appiattì contro la parete, proprio
accanto alla porta, stringendo a sé i pantaloni e la maglia ma
dimentico delle scarpe, in bella mostra al centro della camera.
Scarpe che la ragazza con un calcio spedì sotto il letto mentre si
infilava l'indumento intimo e si affrettava ad anticipare sua madre.
Raggiunse la porta proprio mentre la maniglia ruotava e vi si gettò
contro con slancio, impedendo al genitore di schiuderla più di una
manciata di centimetri.
– Non
entrare!
– Oh..
Yuki-chan! – esclamò
la donna, sorpresa –
Che succede?
– Mi
sto cambiando, mamma! –
ribadì la ragazza, facendo
attenzione a non mostrar più del viso oltre lo spiraglio aperto
dall'altra.
La
signora Natsuki sembrò crederci, perché poi se ne uscì con una
delle sue risate caratteristiche.
– Uhuh!
Ma cara, ti ho partorita, non devi sentirti in imbarazzo con la tua
mamma!
– Mamma,
insomma!! –
esclamò spazientita e
completamente nel pallone,
cercando di controllare la propria agitazione e tentando di farla
passare per imbarazzo – Non
ho più 5 anni, rispetta la mia privacy!
– D'accordo,
d'accordo.. – concesse
sua madre a quel punto, facendo un passo indietro e permettendole di
richiudere la porta. Una volta che la serratura tornò a posto, la
voce di lei si fece sentire da oltre l'anta lignea con
una sfumatura più ovattata –
Non mi avevi detto che
saresti uscita stasera.. hai già cenato?
– No,
non l'ho fatto – la
blader scambiò un'occhiata al suo compagno, tanto teso da darle
l'impressione di volersi fondere con il muro dietro la sua schiena.
Non che lei fosse messa meglio, per dire. Si schiarì la voce –
Esco a cena, per l'appunto –
si inventò sul momento.
Il
borbottio del suo stomaco sembrò approvare e sul volto di Kei
comparve un sorrisino divertito ed ironico al contempo, prima che
questi schiudesse le labbra
per mimare le parole:
“Carne alla griglia”.
La
proposta venne accettata dalla mora con un cenno del capo, prima che
alle orecchie le giungesse nuovamente la voce della donna ancora
ferma in corridoio.
– Con
Eiji?
Il
sorriso dal volto del dranzerblader scomparve, come evaporato, mentre
un sopracciglio sfrecciò verso l'alto.
– Chi?
– chiese
di getto lei, non riuscendo a collegare quel nome a nessuno di
conosciuto.
– Ma
come chi?! –
ribatté in tono divertito e
perplesso al tempo stesso l'altra –
Eiji! Il tuo vecchio compagno
di classe? È successo qualcosa, per caso??
Il
cervello di Yukiko riuscì a fare i giusti collegamenti e si illuminò
di comprensione – Ah!
No no, non è successo niente di particolare! –
neanche il tempo di finire di
dire quella frase che avvertì lo sguardo penetrante del suo ragazzo
trafiggerla da parte a parte e lei, voltandosi nuovamente a
guardarlo, sfoggiò un sorrisetto nervoso alla vista della sua nuova
espressione, fra l'accusatorio ed il saccente. Continuò comunque a
parlare a sua madre – Sì,
usciamo. E sono pure in ritardo, mamma!
–
Uhuh.. be', spero di conoscerlo prima o poi.. sembra proprio una cosa
seria!
–
Non..non saprei! È presto per dirlo..
–
Come vuoi tesoro, non ti metterò pressioni!
Quell'ultima
frase, accostata ad un fruscio, fece improvvisamente venire il dubbio
alla mora di star davvero parlando con sua madre. Come sarebbe che
non le avrebbe fatto pressioni? Ma se non aveva fatto altro in tutta
la sua vita! Cos'era cambiato? Che fosse a causa del tipo con cui si
vedeva e di cui non voleva dirle nulla?
– Ehm..
e come vanno le cose fra te e il
tipo con cui esci?
– Oh,
bene direi..
–
Quando lo porterai a casa?
– Yu-Yukiko,
non mi sembra il caso.. –
sentì dire a sua madre,
piuttosto impacciata invero, altra cosa che le fece inarcare
maggiormente un sopracciglio, accentuando l'aria interrogativa che
aveva in volto mentre ascoltava il seguito –
..è un po' presto per dirlo.
Le
parti si erano appena invertite. Quella consapevolezza ebbe il potere
di farla rilassare, ma non per questo si sentì meno impaziente di
chiudere il discorso – Ho
capito mamma, non c'è bisogno che tu mi dica altro –
affermò, prima di deglutire
e aggiungere – Ora
scusa, ma devo proprio vestirmi!
– Sì,
ho capito: ti lascio fare. Divertiti, mi raccomando!
– Lo
farò – le
rispose, prima che il suono di passi nel corridoio le preannunciasse
che sua madre stava allontanandosi. Fece altrettanto, scostandosi
dalla porta soltanto quando la sentì entrare nella sua stanza e
allora Yukiko si voltò di nuovo verso Kei, che sembrava averne
approfittato per infilarsi almeno
i pantaloni.
– Mi
aspetto delle spiegazioni –
le disse lui
con tono basso, ma non per
questo meno gelido, accompagnato
da
un'occhiata penetrante.
Quella
reazione da parte del
blader le fece salire un nuovo brivido su per la spina dorsale, che
la costrinse a sfoggiare un nuovo
sorrisetto nervoso. Da una parte la situazione aveva il suo lato
umoristico, ma per un attimo la mora si pentì della bugia che aveva
dovuto inventarsi per coprire la loro relazione sino a quel momento.
Deglutì, annuendo, prima di
tornare sui propri passi, verso il centro della stanza e poi alla
cassettiera, tirandone fuori un reggiseno pulito.
Anche
Kei si mosse, recuperando il resto dei propri vestiti ed iniziando a
metterseli in silenzio e con una certa rapidità. Lasciandolo fare,
lei per contro esaminò i propri indumenti ancora appesi nell'armadio
e, alla fine, scelse un maglione di lana a collo alto ed un paio
degli ultimi jeans che aveva comprato due giorni prima con sua madre.
Stava cercando di infilarvi le gambe quando la voce del dranzerblader
la richiamò.
– E
questo?
Quell'unica
domanda la fece bloccare, voltando il capo verso di lui perplessa,
finché
non lo vide accanto alla cassettiera, la sua sciarpa in una mano
mentre con l'altra con
l'indice puntato ad un lembo
di stoffa che sporgeva dal cassetto aperto. Le ci vollero un paio di
secondi per capire cosa fosse ciò che il ragazzo le stava indicando
con aria perplessa e ironica al tempo stesso e, quando accadde, fu
lei stessa a sorprendersi.
– Oh..
– riuscì
a dire soltanto inizialmente, prima di finire di tirarsi su i jeans.
Muovendosi per avvicinarsi a sua volta verso
il mobile, si
sentì terribilmente in imbarazzo nel fornirgli una spiegazione,
in tono basso – ..era
il pigiama di mio padre.
Lo
vide inarcare un sopracciglio ed assumere un'aria quasi preoccupata,
reazione che per contro le fece comparire
un leggero mezzo sorriso che
voleva essere incoraggiante –
Mi ero quasi
scordata di averlo –
affermò, con una punta di
malinconia.
Erano
quasi due mesi che non lo metteva, sin da prima di partire per
l'America. Non ne aveva più sentito il bisogno e nemmeno vi aveva
più pensato, sino a quel momento. Notando la perplessità del
ragazzo di fronte a sé fece spallucce, prima di spiegargli
brevemente ciò a cui stava pensando.
– Lo
mettevo spesso quand'ero
giù di morale, mi aiutava.. –
si frenò dal proseguire
quella frase e lui non glielo
chiese, cosa di cui gli fu grata e
poco dopo la riformulò da
capo –
..mi faceva sentire meno sola
– diede
una spinta al cassetto, chiudendolo prima di voltarsi di nuovo ad
incrociare lo sguardo del suo compagno, sorridendogli infine
con più convinzione –
Ora non mi serve più.
Lo
vide ricambiare il sorriso e per un istante si dimenticarono entrambi
del luogo e del momento. Furono i passi della madre di Yukiko a
ricordarlo loro, suono al quale seguì ben presto il
tonfo sordo di una porta che
si chiuse sul corridoio.
Ancora un istante e il rumore
dell'acqua corrente della doccia giunse ovattato sino alle
loro orecchie, inducendo la
mora a tornare a muoversi, di nuovo cosciente della necessità di
sbrigarsi.
– Sbrighiamoci
– incitò
difatti il
suo compagno, indicandogli il letto e procurandosi un paio di
calzini.
Il
tempo a Kei di recuperare le sue scarpe e infilarsele che lei stava
già tentando di aggiustarsi la piega dei capelli davanti allo
specchio. Non ci stette a perdere troppo tempo tuttavia, ben
consapevole di non poter chiedere troppo alla propria chioma
bicolore, e si risolse legandola in una coda alta, prima di voltarsi.
– Andiamo
– disse
soltanto, prima di accostarsi alla porta. Fece cenno al blader di
seguirla e schiudendola con cautela diede un'occhiata fuori: come
previsto, sua madre era in bagno ed aveva solo lasciato la luce
accesa in camera sua. Sgattaiolarono
fuori in punta di piedi, raggiungendo in fretta il pianerottolo delle
scale e scendendole con altrettanta rapidità, la ragazza quasi finì
per fare un bel capitombolo.
Si
riprese all'ultimo, aggrappandosi al corrimano, ed attese
di aver raggiunto indenne
l'atrio ed essersi infilata i
primi stivali che aveva
trovato a portata di mano,
prima di esclamare a voce alta –
Io vado!
La
risposta della donna fu talmente flebile e ovattata che quasi lei non
la udì, ma non per questo attese un istante di più.
Uscirono
sul vialetto e Yukiko tirò fuori le chiavi della macchina che aveva
nella tasca del giubbotto, espirando una nuvoletta candida di fiato
quando l'aria fredda della sera le sfiorò la pelle del volto.
– Prendiamo
la mia – annunciò
senza preamboli, dirigendosi verso quella che a tutti gli effetti era
la sua nuova auto. Lei e sua madre erano andate a ritirarla quello stesso primo pomeriggio in concessionaria e, neanche a dirlo, la signora Natsuki
aveva approfittato di una promozione per dare indietro la loro
utilitaria e farsi un'auto nuova a propria volta. Il risultato era
parcheggiato nel vialetto di casa loro: una Mazda 2
ultimo modello dalla carrozzeria color viola metallizzato a 5 porte
sostava subito accanto ad una Mazda 3
di un rosso fiammante.
Dirigendosi
verso la prima, la nightblader si spostò sul lato di guida mentre
Kei la imitò dall'altro e, dopo un rapido lampeggiare di 4 frecce
arancioni, aprirono all'unisono le portiere e vi si fiondarono
dentro. Gli interni erano in pelle bianca, il cruscotto di un nero
sporco e le rifiniture in grigio chiaro. Avrebbe dovuto procurarsi
delle foderine per i sedili al più presto ed, eventualmente, un
altro paio di cosette a cui aveva pensato. Sui sedili posteriori ci
aveva già piazzato il cuscino rosso a forma di cuore che sua madre
le aveva regalato per il suo San Valentino dei dieci anni.
Soltanto
quando furono fuori dal cancello, in strada, la mora si rilassò
abbastanza da fermarsi al primo stop e voltarsi a cercare lo sguardo
del suo compagno.
– Dove
si va?
– A
destra – le
rispose lui, prima di abbozzare un mezzo sorriso sarcastico –
..ed ora raccontami un
po' di questo Eiji.
Per
un attimo la giovane Natsuki rischiò di grattare la marcia e,
sbuffando, gli rispose soltanto dopo aver scalato sino alla terza –
Ho dovuto inventarmi qualcosa
appena tornata a casa e non mi è venuto in mente altro. Vedila così
– lo
spronò ironica, ridacchiando –
..tu per mia madre ti chiami
Eiji, sei un tennista ed
andavamo a scuola insieme alle superiori.
– Umphf
– il
dranzerblader spostò lo sguardo oltre il finestrino alla sua
sinistra e la mora capì che il discorso era appena stato chiuso lì.
O almeno ebbe
quell'impressione, prima che quella venisse smentita da un ultimo
commento sarcastico –
Potevi almeno inventarti un
nome più figo.
Quell'unica
replica suonò talmente sincera nel suo rimprovero che la fece
scoppiare a ridere.
Sollevando
in una mano la cornetta dell'ufficio, il presidente Hiwatari
schiacciò il tasto di chiamata automatica e attese che il telefono
componesse il numero, accostandola all'orecchio e rimanendo in
ascolto. Non dovette attendere molto prima che la donna all'altro
capo rispondesse.
–
Pronto?
–
Buonasera Natsuki. Puoi parlare?
–
Sì, sì. Yukiko è uscita da poco – assicurò l'altra senza
tentennamenti.
L'uomo
abbozzò un mezzo sorriso – Bene, perché credo di aver assistito
per caso ad una cosa insolita ieri mattina.
La
sua interlocutrice si fece curiosa e vagamente preoccupata al
contempo – Non avranno scoperto...?
–
No no – la rassicurò subito l'uomo, appoggiandosi allo schienale
della sua poltrona da ufficio – Si tratta di qualcos'altro;
qualcosa che riguarda in prima persona entrambi i nostri figli.
–
Mh?
–
Forse è un po' presto per parlare, ma credo che il nostro piano
originario stiano avendo i suoi effetti – le disse, prima di
esporle la scena a cui aveva assistito per caso lui stesso. Quando
ebbe finito, dall'altro capo del telefono seguì una pausa di
silenzio talmente lunga da fargli credere che la sua interlocutrice
fosse rimasta senza parole. Si sbagliava.
–
Uhuhuh.. – la sua particolare risata gli giunse dapprima
sommessa e poi sempre più distinta, seppur di breve durata –
Allora i miei sospetti potrebbero non essere così infondati.. ma
sì, confermo il fatto che sia presto per trarre conclusioni
affrettate. Propongo di continuare come se niente fosse e stare a
vedere come va avanti la cosa.
Sfoggiando
uno dei suoi mezzi sorrisetti sghembi che suo figlio aveva ereditato
da lui, il presidente annuì – Sì, mi pare la cosa più sensata da
fare per ora – affermò compiaciuto dell'acuta mente della sua
compagna d'affari – ..farò in modo di racimolare qualche
informazione in più. So già a chi rivolgermi.
–
Non esagerare – lo ammonì l'altra con tono bonario e
critico al tempo stesso – Se lo scoprissero non ce
lo perdonerebbero mai.
–
È vero – ammise con un sospiro il signor Hiwatari, ben rammentando
quanto il suo rapporto con Kei fosse andato peggiorando, malgrado i
suoi sforzi iniziali di riavvicinarglisi dopo quanto accaduto per
colpa di suo padre. Per fortuna c'era lei a ricordargli la necessità
di una certa moderazione – Piuttosto, la prossima settimana dovrò
partire per un viaggio d'affari ad Hong Kong e pensavo di portar con
me mio figlio. Staremo via qualche giorno.
–
Oh – se ne uscì la signora Natsuki a quel punto, presa alla
sprovvista ma comunque composta, tanto da non lasciar passare più di
un paio di secondi prima di dare una risposta più articolata – Sì,
mi sembra un'ottima idea.. io ne approfitterò per tener d'occhio
Yukiko.
–
Appena avrò la data precisa del nostro ritorno ti farò sapere.
Considerati prenotata per una cena la prima sera disponibile.
–
Uhuh.. d'accordo, come vuoi.
–
Ti saluto, Natsuki – le disse in ultimo, non senza sentirsi a
disagio per la necessità di non potersi permettere una maggiore
informalità in quell'ambiente di lavoro. La risposta che gli giunse
all'orecchio gli suonò infinitamente più dolce.
–
A presto, Susumu.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno a tutti!! Ok, non mi dilungherò, volevo solo ringraziare le mie ragazze per le loro recensioni - Silmeria, ho aggiustato la parte del capitolo che mi hai segnalato (errore di correzione distratto maledetto XD classica cosa da 'prima volevo scrivere una cosa, poi ci ho ripensato') - e mi scuso ma in sto periodo nn ho molto tempo. Ho un esame il 23 dicembre e devo assolutamente studiare -.- quindi mi spiace, ma sarò terribilmente lenta negli aggiornamenti da ora in poi. In pratica, non so quando riuscirò ad aggiornare!
Scusateeee!
Spero che questo capitolo però vi sia piaciuto abbastanza da portare pazienza con me <3
Scappo! Ma prima di farlo volevo citare qui sotto la fanfic della mia cara Obsidian_Butterfly, perché è stata taaanto carina da citarmi nella sua! <3 Se vi capita fateci un salto, l'idea è molto buona a mio parere e gli sviluppi sembrano decisamente interessanti! ^_^ Aspetto di vederne il seguto: Light and Fire.
un bacione a tutti e buon Dicembre!
Kaiy-chan
P.S. allego qui sotto le auto delle nostre due Natsuki! La prima è quella della madre
la seconda è quella di Yuki-chan con tanto di interni!
|
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Capitolo 43 *** Fra un saluto ed una bugia ***
43. Fra un saluto
ed una bugia
– Natsuki – la
chiamò una voce femminile.
La mora si voltò
con, fra le braccia, un plico di fogli che raccoglievano alcuni
bilanci finanziari di cui doveva occuparsi. Ferma accanto alla
fotocopiatrice, inquadrò il volto sorridente di una delle due
dipendenti dell'azienda che lei aveva ascoltato inavvertitamente
qualche tempo prima nel bagno.
Da quel giorno le
aveva viste continuare, seppur con una certa moderazione, a girare
intorno a Kei come moscerini sulla frutta, tanto che la scena aveva
finito per annoiarla a sua volta. Colei che le stava davanti ora era
la moretta, quella dalla finta aria innocente e tanto impacciata da
farla arrivare a chiedersi se avesse qualche disturbo
dell'equilibrio, a causa del numero di volte che riusciva a prendere
contro qualcosa o qualcuno.
– Miyako. Hai
bisogno di qualcosa? – le chiese, inarcando un sopracciglio e
mantenendo la propria aria pacata.
– Ecco, volevo
parlarti.. hai un minuto? – le domandò a quel punto l'altra, meno
impacciatamente di quanto la giovane Natsuki si sarebbe aspettata.
Annuì a lei
comunque, curiosa e sospettosa al tempo stesso – Fammi solo
appoggiare questi documenti – le disse, già pronta a recuperare le
due fotocopie che stava facendo ed a dirigersi verso la propria
scrivania con tutto il malloppo.
Nel percorrere mezzo
ufficio cercò meccanicamente con lo sguardo il suo compagno di
stage, senza per questo riuscire a scorgerlo. Soltanto un istante
dopo si ricordò che il ragazzo in questione era partito per Hong
Kong insieme a suo padre già dalla sera precedente e si lasciò
sfuggire un sospiro rassegnato al pensiero: i contatti con lui
sarebbero stati più che limitati a causa della natura stessa di quel
viaggio; e lei non voleva certo risultare inopportuna tempestandolo
di messaggi nel bel mezzo di un qualche incontro d'affari.
Tornando sui propri
passi, seguì la donna - che non poteva aver più di 4 anni in più
di lei - sino in bagno.
Evidentemente si
trattava di una prassi obbligatoria, quella di scambiarsi confidenze
nei wc aziendali senza che queste facessero il giro dell'ufficio.
Probabilmente eventuali orecchie femminili non costituivano, per la
maggior parte, un possibile problema di fuga d'informazioni.. seh,
come no.
Caso volle che,
appena furono dentro, Night mettesse in atto la geniale idea di
uscire dal suo bey, il quale la mora continuava a tenere in una tasca
della giaccia. Nel suo alone di luce blu le sorrise, rimanendo
appoggiato al muro piastrellato color rosa salmone e limitandosi a
farle l'occhiolino, un attimo prima che Miyako ne richiamasse
l'attenzione.
– Mi spiace di
risultare inopportuna, ma c'è una cosa che speravo di poterti
chiedere.. – iniziò quella, sfoggiando un sorriso contrito.
– Di cosa si
tratta? – le chiese subito Yukiko, cercando di mantenere comunque
un tono cordiale seppur senza ricambiarne il sorriso. Non le piaceva
quella donna, anche se non era in grado di dire razionalmente da cosa
quella sensazione di antipatia fosse causata. A parte il fatto che ci
provasse col suo ragazzo, ovviamente.
– Ecco.. c'è
qualcosa fra te e Hiwatari?
Per l'appunto.
La domanda le giunse
improvvisamente, tanto diretta, così com'era diretto il suo sguardo
nocciola, da farla irrigidire sul posto e spalancare gli occhi verdi.
La prima cosa che pensò automaticamente fu, in un primo momento di
panico, che lei avesse scoperto il loro segreto in qualche modo. Poi,
un respiro dopo, spronata dalla necessità di darle una risposta,
abbozzò un mezzo sorriso e si disse che non era affatto possibile:
sia lei che il dranzerblader erano stati piuttosto attenti in ufficio
e, sebbene uscissero dall'ascensore spesso nello stesso momento, non
si comportavano in modo particolare l'uno verso l'altra. Non in
presenza d'altri insomma. A meno che...
“Respira”
le ricordò Night dal suo angolo.
Fece come le era
stato suggerito ed abbozzò un mezzo sorriso nervoso, che si tradusse
in una risatina pochi istanti più tardi, prima di risponderle
l'esatto contrario di quel che avrebbe voluto invece sbatterle in
faccia senza ripensamenti.
– Ahah, no.. certo
che no! – Yukiko agitò persino una mano a mezz'aria, come a
scacciare quel pensiero – Io e Hiwatari? No, non potrei mai! –
mentì di nuovo, rimarcando la propria affermazione e stringendo i
denti.
Avrebbe pagato oro
per poterle dire che lei e il blader di fuoco stavano insieme e che
avrebbe fatto meglio a stargli alla larga, con quei suoi
atteggiamenti da gatta morta, se voleva conservare quello stupido
sorrisetto che le aveva rivolto sino a un minuto prima. E che andasse
a riferirlo pure anche a quell'altra 'biondona'
sessualmente frustrata di mezza età, che il discorso sarebbe
valso anche per lei! Invece si tenne tutto dentro, sforzandosi di
sorridere nonostante il profondo disagio di tutta quella situazione.
Miyako parve
inizialmente perplessa, ma non passò più di un secondo prima di
esordire con un sospiro di sollievo – Oh.. che sollievo –
affermò, ponendosi teatralmente una mano sul cuore e sollevando gli
occhi al soffitto – Ti confesso che ero preoccupata: non vorrei mai
fare un torto ad una collega. Ma quindi, non ti piace proprio?
– No – ne era
solo innamorata persa – Siamo solo amici.. – lasciò intercorrere
una breve pausa durante la quale non riuscì a tener lo sguardo su di
lei, prima di domandarle – A te piace? Intendo, ti piace
seriamente?
L'altra ridacchiò
con fare imbarazzato, seppur sul suo viso non comparve alcun accenno
di rossore – Ihih.. non saprei. Però è senza dubbio un bel
ragazzo.
Non gliel'avrebbe
lasciato neanche a morire, si disse senza alcun tentennamento, preda
di una nuova ondata di avversione. Temendo di tradirsi si voltò,
dandole le spalle con la chiara intenzione di chiudere lì la
conversazione, ma una volta che ebbe tregua dallo sguardo dell'altra
tese le labbra in un'espressione ironica in risposta ad un pensiero
improvviso, che si lasciò sfuggire irrimediabilmente un attimo dopo.
– Fossi in te non
ci spererei troppo, comunque..
– Che vuoi dire?
Yukiko dovette fare
un enorme sforzo per non sobbalzare. L'aveva detto davvero!
Riflettendo febbrilmente su un modo per trarsi d'impiccio, per una
manciata di istanti credette di esser sul punto di rimanerci secca.
Poi le venne l'idea.
Voltò il capo verso
la propria spalla destra, già sentendo nella mente la risatina
divertita del proprio bitpower, reazione contagiosa che la aiutò a
sfoggiare un mezzo sorriso accondiscendente – Be', mi spiace
dirtelo, ma non hai molte speranze con lui.
Quella parve
arrossire seriamente questa volta, corrucciandosi – E perché?
– Perché non gli
piacciono le donne.
Night si piegò in
due dal ridere al limitare del suo campo visivo, riempiendole la
mente della sua voce, mentre la povera Miyako sembrò precipitare dal
suo piedistallo di ragazza innocente, spiazzata a tal punto da
fissarla impietrita con tanto d'occhi sgranati e bocca spalancata.
Solo dopo qualche secondo di silenzio riuscì a riaversi abbastanza
da reagire in qualche modo.
– Mi stai
prendendo in giro?
La nightblader ruotò
di nuovo in parte su sé stessa, profilandosi rispetto alla sua
interlocutrice e ponendo una mano sul fianco destro, senza staccar
più l'iridi di smeraldo da lei. Stava gongolando talmente tanto da
non riuscire proprio a far sfumare del tutto il proprio sorrisino
divertito.
– No, mi spiace..
– le rispose, prima di far spallucce – ..anche io la prima volta
che l'ho saputo ci sono rimasta di sasso.. – scosse il capo con
fare sconsolato – ..che spreco, ti pare?
La poverina non
diede segno reale di averla udita, la spallina della sobria
canottiera che indossava finitale oltre la spalla destra, a causa di
una posa più ribassata di questa.
– Ora scusami, ma
devo assolutamente tornare al lavoro – le disse, voltandosi verso
la porta e dandole nuovamente le spalle.
– Oh, sì..
certo.. è vero – la sentì dire un istante prima di aprire l'anta
ed uscire da quel bagno. Tornando in ufficio non riuscì in alcun
modo a mitigare il nuovo sorrisetto divertito che le affiorò sulle
labbra rosee per la conversazione appena conclusa.
“Quell'espressione
ti fa somigliare a tua madre, sai?” la prese in giro il suo
bitpower, camminandole accanto lungo il corridoio.
– Qualcosa dovrò
pur aver preso da lei – commentò ironicamente la ragazza, prima di
prendere posto alla propria scrivania.
La risatina di Night
si dissolse, mentre l'entità ritornava all'interno del suo beyblade
blu e argento, ma l'effetto benefico dell'accaduto ebbe il potere di
tenerle sollevato il morale fino sera, soprattutto quando, una decina
di minuti dopo, colse con la coda dell'occhio Miyako e Kanigawa
parlare fra loro. La faccia della seconda, che minacciò di vedersi
sgretolare il trucco che vi era stato applicato qualche ora prima,
assunse un'espressione tanto incredula e contrariata che Yukiko
dovette piegarsi sulla scrivania per evitare di farsi vedere mentre
cercava di trattenere un'irrefrenabile risata fra sé e sé.
Ben gli stava a
quelle due.
Almeno, pensò, sul
fronte “colleghe zoccole” non avrebbe più avuto motivo di
preoccuparsi troppo.
Kei sollevò lo
sguardo dal proprio piatto, inarcando un sopracciglio mentre le
parole di suo padre si susseguivano l'una dopo l'altra.
– ..per cui mi
complimento con te per come hai saputo gestire la prima fase di
quest'affare – stava dicendo il suo vecchio, tagliandosi nel
frattempo un pezzo di carne nel piatto, in volto stampato un sorriso
affabile quanto moderato.
Il blader si
trattenne dal lasciare spazio ad una smorfia di disagio, mantenendo
la propria aria impassibile mentre tornava a dedicarsi alla propria
cena, costituita da una bistecca ai ferri con contorno di patate al
forno ed insalata. Era già la seconda sera e suo padre sembrava
abbastanza di buonumore da sostenere una conversazione-monologo con
il figlio, cosa di per sé piuttosto imbarazzante per quest'ultimo,
che ogni tanto era costretto dalle circostanze a rispondergli
qualcosa.
– Se le cose
continueranno così potremo far ritorno in Giappone entro sabato..
Quella notizia
sembrò risvegliare parte dell'interesse del dranzerblader che,
seppur senza risollevare lo sguardo, fermò il movimento delle
posate. Il signor Hiwatari dopo una breve pausa di silenzio riprese a
parlare.
– ..il ché
sarebbe un'ottima cosa. Ho una questione piuttosto importante di cui
occuparmi.
A quell'ultima frase
Kei inarcò un sopracciglio, prima di decidersi ad aprire finalmente
bocca, scoccandogli un'occhiata diretta – Che questione?
Suo padre apparve
sorpreso da quella domanda, ma dopo un primo istante riacquistò la
sua solita compostezza – Oh, niente di cui tu ti debba preoccupare,
figliolo: non riguarda l'azienda.
Il ragazzo non
replicò ma si limitò a fissarlo con la stessa espressione
interrogativa di poco prima, in attesa di una delucidazione e, quando
questa non arrivò, tornò all'attacco – Riguarda la donna con cui
esci?
Per poco a suo padre
non andò di traverso il boccone e, dopo un colpo di tosse soffocato
dietro un sorso di vino, mormorò con voce arrochita – Come..?
– Non ci vuole un
genio per capire quando sei di ritorno da un appuntamento galante,
piuttosto che da uno di lavoro – lo interruppe subito Kei senza
batter ciglio ma, anzi, riprendendo a mangiare come se niente fosse –
Se volevi nascondermelo per paura di un mio giudizio in merito, puoi
stare tranquillo: la tua vita sentimentale non rientra fra i miei
interessi.
– Sì, immagino
che tu abbia già la tua a cui pensare.
Quell'insinuazione
proferita in tono tanto neutro e comprensivo questa volta sortì un
certo effetto, perché fu il suo turno di sentirsi andare di traverso
il cibo. Allungandosi verso il proprio bicchiere ne svuotò il
contenuto a propria volta, prima di riuscire a respirare a pieni
polmoni senza intoppi di sorta. Soltanto allora, ancora spiazzato
dalla piega che stava prendendo il discorso, sollevò di nuovo gli
occhi scuri sul genitore, il quale continuò, impassibile.
– Come va con la
giovane Natsuki? Non mi hai raccontato nulla del vostro viaggio.
– Siamo.. – il
blader deglutì, schiarendosi la voce, prima di riprovarci – Siamo
semplicemente amici – affermò, deviando lo sguardo verso la
propria destra nel tentativo di non fargli notare in alcun modo
l'agitazione che lo stava pervadendo da capo a piedi – Non c'è
altro da aggiungere. È una ragazza a posto, ma non è il mio tipo –
mentì spudoratamente.
– Capisco.. è un
peccato, sarebbe stata proprio una nuora in gamba! Con anche lei a
gestire gli affari della società sarei andato in pensione anticipata
senza una sola preoccupazione! Ahah! – affermò, scoppiando in una
breve e gioviale risata. Una di quelle che Kei gli aveva sentito
esternare poche volte in tutta la sua vita e che gli fecero
guadagnare qualche occhiata persino dai tavoli vicini.
“Almeno è di
buon umore..” gli fece notare l'Aquila dall'interno di Dranzer,
osservazione che lo fece corrucciare in volto.
Dal canto suo Kei
infatti non lo era per niente. Non riusciva a scacciare in alcun modo
la sensazione di inquietudine che gli causava suo padre in quel
momento.. il brutto presentimento che egli fosse a conoscenza di più
di quanto lasciava intendere gli serrò la bocca dello stomaco,
costringendolo a mollare la presa sulle posate ed a dichiarare la
resa del proseguimento della cena.
Fece par alzarsi,
quando suo padre lo interpellò di nuovo, bloccandolo a metà di quel
movimento.
– Chi è allora la
ragazza con cui ti stai vedendo ultimamente?
Quella domanda a
bruciapelo lo prese alla sprovvista un istante, ma quando, quello
successivo, terminò ciò che aveva iniziato e si fu messo in piedi
accanto al tavolo, lo sguardo che regalò al suo genitore era tanto
serio quanto imperscrutabile.
– Nessuno – gli
rispose piuttosto bruscamente. Non aggiunse altro, facendogli così
chiaramente capire che la questione era chiusa, prima di voltargli le
spalle ed allontanarsi.
Soltanto una volta
che si fu chiuso nella sua camera d'albergo e lasciato cadere disteso
sul letto, tirò fuori il cellulare dalla tasca e ne sbloccò lo
schermo. Non si stupì di notare in alto a sinistra l'icona di un
nuovo messaggio e, dopo averne scorto il breve contenuto, si ritrovò
a sorridere leggermente fra sé e sé in preda ad un umore meno tetro
di poc'anzi. Rimase ad osservare la foto allegata per una manciata di
secondi ancora mentre alla mente gli tornò il ricordo a cui essa lo
rimandava.
[Flashback]
Era una domenica
mattina ed avevano deciso di vedersi in centro per fare due passi e/o
andare al cinema. Si sarebbero incontrati davanti alla stazione, come
avveniva di consueto ogni volta che volevano andare da qualche parte
insieme, e Kei era già lì in attesa da qualche minuto quando si
accorse di un paio di bambini che stavano punzecchiando qualcosa
posto all'interno di uno scatolone.
Parzialmente
incuriosito il dranzerblader, avvicinandosi, comprese immediatamente
di cosa si trattava, ancor prima di vedere chiaramente il gattino dal
pelo grigio tigrato raggomitolato in un angoletto della scatola di
cartone. La bestiola tentava di graffiare coi suoi piccoli artigli lo
stecchetto molesto, miagolando in segno di protesta ed alimentando in
tal modo l'ilarità dei ragazzini.
Infastidito da
quella scena, gli bastò porsi esattamente dietro ai due mocciosi
perché questi ammutolissero e sollevassero lo sguardo su di lui.
Squadrandoli dall'alto in basso con espressione minacciosa, Kei se ne
rimase in silenzio in quella posizione: braccia conserte e schiena
dritta.
Non dovette
nemmeno aprire bocca che la coppia di monelli, dopo un sussulto di
spavento, mollò il bastoncino e corse via, per nulla desiderosi di
prenderle da uno che, con quel giubbotto di pelle ed i guanti senza
dita, doveva essergli apparso in tutto e per tutto un teppista.
Soltanto quando
furono scomparsi il ragazzo dai capelli d'argento abbassò lo sguardo
dai riflessi d'ametista sul cucciolo di gatto abbandonato a sé
stesso, notando nello scatolone qualche avanzo di cibo ed una serie
di fogli di giornale mezzi strappati. Quando la creaturina sollevò i
suoi occhi azzurri su di lui, le pupille verticali dilatate e la posa
rannicchiata su sé stesso, entrambi rimasero a fissarsi per una
manciata di secondi buona, durante la quale Kei si ritrovò a
combattere contro sé stesso una battaglia interiore che era
destinato a perdere.
Al termine di
questa sciolse la posa delle braccia e stava giust'appunto per
chinarsi a raccogliere il piccolo randagio, quando una voce lo fece
sussultare.
– Non sapevo ti
piacessero i gatti..
Quel tono limpido
ed allegro al tempo stesso gli fece voltare il capo e lo sguardo alla
propria sinistra, inquadrando nel proprio campo visivo il viso
sorridente di Yukiko. Ricambiandone il sorriso con un'alzata di
spalle, sentì l'impulso di giustificarsi in qualche modo, ma quando
fece per provarci lei lo interruppe sul nascere.
– Ho visto come
hai spaventato quei ragazzini – affermò infatti lei piuttosto
divertita, prima di abbassare lo sguardo verde smeraldo sul piccolo
gattino ed aggiungere, più seria – ..poverino, lo hanno
abbandonato al freddo.
– Già – fece
lui in tutta risposta, con la sua solita imperturbabilità,
preferendo guardare altrove.
– Non ricordo
gatti a casa tua.. come mai? – gli domandò lei pochi istanti dopo,
tornando ad attirarne l'attenzione. L'espressione di semplice
curiosità che le delineava il viso in quel momento gli fece
comprendere immediatamente quanto quella domanda fosse fine a sé
stessa, motivo per cui, dopo una manciata di secondi, lui tornò a
guardare il gattino.
– Da bambino
provai a portare un randagio a casa – esordì – ..ma mio nonno si
oppose e lo fece ributtare in mezzo ad una strada – le raccontò
brevemente di quell'episodio, avvertendo ancora il sapore amaro che
gli aveva lasciato in bocca con una smorfia interiore, senza per
questo lasciarla trasparire in alcun modo – Il giorno dopo vidi il
suo corpicino sul ciglio della carreggiata: era stato investito.
– ...oh –
mormorò soltanto la mora, lasciando trasparire da quell'unico suono
quanto ciò l'avesse colpita. Poco dopo, chinandosi sullo scatolone,
schiuse nuovamente le labbra – Che facciamo con questo piccolino?
Non possiamo lasciarlo qui..
Kei abbassò lo
sguardo sulla sua compagna, osservandola allungare una mano verso il
micio abbastanza da permettergli dapprima di darle qualche zampata e
poi, di annusarla. Un istante dopo le si stava già strusciando
contro, miagolando di fame e dandole qualche morsetto alla punta
delle dita.
– Conosco un
posto dove si prenderanno cura di lui – le rispose allora,
ficcandosi le mani in tasca prima di aggiungere – ..e probabilmente
non faticherà a trovare presto una casa. I cuccioli solitamente sono
i primi a venire adottati.
A quelle parole
lei aveva sollevato il capo verso di lui ed aveva sorriso,
apparentemente rincuorata da quella notizia. Quindi aveva sollevato
fra le braccia il cucciolo e si era rimessa in piedi, ridacchiando
della foga con cui questi le si era attaccato al maglione di lana
color crema con quei suoi piccoli artigli e vezzeggiandolo di rimando
per tranquillizzarlo.
Quella scena fece
sorridere persino il dranzerblader che, dopo aver atteso che lei
tornasse a prestargli attenzione, con le mani tenute ostinatamente
infilate nelle tasche dei jeans si incamminò, facendole strada verso
il gattile in questione.
Osservando
il viso della propria ragazza accanto al musetto peloso di quel
cucciolo grigio tigrato, avvertì una volta di più il desiderio di
tornare a Tokyo. Sospirò fra sé e sé, convenendo che prima
sarebbero tornati, meglio sarebbe stato per tutti, a prescindere da
ciò che aveva da sbrigare suo padre.
In
realtà era da qualche giorno che Kei si chiedeva chi fosse la donna
che era riuscita ad attirare l'attenzione del presidente della
Hiwatari, ma aveva
iniziato a nutrire qualche sospetto soltanto dalla sera in cui aveva
quasi rischiato di farsi scoprire a casa di Yukiko. Ascoltando lo
scambio di battute fra madre e figlia, aveva inevitabilmente
scoperto che anche sua madre si vedeva con qualcuno da non troppo
tempo.
Certo,
poteva trattarsi di una semplice coincidenza e, quando quella sera a
cena ne avevano parlato, avevano convenuto che non poteva essere
altrimenti. Però... e se stessero sottovalutando la cosa? Se i loro
genitori avessero davvero iniziato a frequentarsi, nonostante le
scarsissime possibilità?
“Non capisco
quale sia il problema” intervenne
Dranzer, traendolo dalle sue
riflessioni.
– Umphf
– sbuffò
il blader, senza risponderle direttamente ma scegliendo invece di
accantonare per l'ennesima volta quei pensieri.
Non
gli sarebbe servito
a nulla rimuginarci all'infinito, ormai
l'aveva imparato: tanto
valeva lasciar proseguire le cose secondo il loro corso e
preoccuparsi solo di ciò che lo riguardava da vicino, come la sua
attuale relazione
con Yukiko. La decisione
di mantenere il segreto stava iniziando a pungolarlo
interiormente, come se una parte di lui non fosse soddisfatta di come
stavano proseguendo le cose,
ma alla luce della conversazione di quella stessa sera
era convinto una volta di più
della necessità di non far ancora sapere nulla
ai loro genitori. E poi,
chissà cos'aveva in mente
suo padre, per aver tirato
fuori di nuovo l'argomento? Il
pensiero gli fece di nuovo salire un brivido di inquietudine lungo la
spina dorsale.
Inoltre,
il fatto che si vedesse con qualcuna gli suonava ancora strano. Non
l'aveva mai visto interessato ad una donna, mai, ed
inconsciamente aveva sempre pensato che il ricordo di sua madre fosse
ancora presente. Nelle ultime settimane invece aveva dovuto fare i
conti con il suo lato razionale, quello che aveva ammesso che il suo
vecchio era un uomo e che, come tale, aveva bisogno di stimoli
a cui lui stesso stava venendo sottoposto negli ultimi tempi.
La
mancanza di una figura femminile a villa Hiwatari si era fatta
sentire negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza di Kei, ma ora
che era adulto il pensiero di una nuova pseudo-matrigna
gli sembrava stonato, inappropriato per l'ambiente in cui era
cresciuto. In tutta franchezza il blader si augurava che, semmai si
fosse davvero trattato di una storia seria, il cambiamento avesse
luogo soltanto dopo che lui avesse trovato il modo di andarsene da
quella casa. Una casa che,
per lui, era
solo piena
di fantasmi.
La
giovane Natsuki scorse le foto che era riuscita a passare sul
portatile, mentre a lato l'icona della chiamata in corso le fece
presente che era in arrivo una video-chiamata. Riducendo la finestra
a icona allora, cliccò sul simbolo della cornetta verde con il
puntatore del mouse e non riuscì ad evitare alle proprie labbra di
aprirsi in un sorriso quando il monitor venne interamente occupato da
una testa piena di capelli color rosa scuro.
– Ciao
Mao – la
salutò meccanicamente, già infilandosi le cuffie nelle orecchie.
Appena lo fece la voce della cinese le trapassò i timpani.
– Yuki!
Finalmente, non vedevo l'ora di darti la notizia!
– frastornata,
la mora abbassò l'audio ad un volume accettabile, ridacchiando
dell'entusiasmo della galuxblader, la quale continuò –
Finalmente abbiamo una linea internet stabile! Tutto grazie
al mio Rei che è riuscito a convincere gli anziani a permettere alla
linea telefonica di installare l'antenna trasmittente all'altro capo
della valle! – cinguettò
entusiasta.
Di
fronte a tanta vivacità la mora si ritrovò a sorridere divertita,
ma non riuscì ad aprire bocca che l'altra la interruppe di nuovo.
– Yuki, che bel
colore! Sai che stai benissimo?
– Grazie,
Mao – riuscì
a dire questa volta, senza
faticare a comprendere che si riferisse ai suoi capelli.
Purtroppo lo stava imparando: con la cinese bisognava attendere che
il momento di euforia passasse, prima di riuscire a intavolare un
discorso normale, così le
rivolse una domanda quasi di circostanza
– Come
sta Rei?
– Sta
benissimo! Da quando siete ripartiti i rapporti coi Red Dragons si
sono fatti amichevoli ed è venuta ad instaurarsi una sorta di tacita
alleanza che gli ha permesso di tirare un sospiro di sollievo
– le
raccontò – Ormai
la prima neve è imminente e Kiki è disperato perché non riuscirà
a vedere la sua ragazza per un bel po', così trova pretesti su
pretesti per andare al villaggio vicino e restarci più tempo
possibile, persino quando Lin non ha nulla da fargli fare.
Yukiko
ridacchiò, immaginandosi senza problemi quel ragazzo dai capelli
verde scuro che piombava in casa del capotribù cinese in ogni
momento, anche i più inopportuni, con la scusa della punizione che
gli avevano assegnato per quanto accaduto. Poi una voce maschile le
risuonò nelle cuffie.
– Funziona bene
la linea, tesoro? È stabile?
Mao
si voltò a guardare alla sua destra –
Sì, va una meraviglia! Sono in chiamata con Yukiko!
– Ah, sul
serio? C'è anche Kei? – in
quel momento comparve nel riquadro del monitor la sagoma di Rei,
chinato in avanti per entrare appieno nell'inquadratura, proprio alle
spalle della sua compagna, in volto stampata un'espressione
interrogativa che subito si distese in un sorriso mentre la cingeva
in un abbraccio e guardava
verso il monitor – Ciao.
– Ciao
Rei – lo
salutò di rimando la giapponese, contenta di rivedere anche lui. Non
era cambiato affatto nelle ultime settimane –
No, Kei non c'è: è partito
per un viaggio d'affari ad Hong Kong due giorni fa.
– Ah, capisco
– rispose
il cinese dall'altro capo della webcam, senza perdere il suo sorriso
– Be', salutamelo
quando ti capita! Come vanno le cose fra voi due?
– Tutto
bene, grazie – fece
appena in tempo a rispondergli, prima che Mao iniziasse a
spazientirsi.
– Rei,
spostati, ci stavo parlando io con Yukiko!
– sbottò,
fulminando il suo ragazzo con un'occhiata di miele e fuoco. Quella
reazione parve sortire l'effetto sperato perché, oltre a
suscitare
l'ilarità del moro in questione, ebbe
comunque il potere di farlo spostare per lasciarle campo libero.
–
Sì sì, va bene.. vado a preparare la cena!
– Bene..
finalmente un po' di privacy –
esclamò la rosa, appoggiando
gli avambracci incrociati sul bordo della scrivania e tornando a
puntare i suoi occhi di
fronte a sé. Un attimo dopo
il sorriso tornò sulle sue labbra –
Ecco, mi è tornato in mente cosa volevo dirti! Sai che
verremo in Giappone??
Quella
notizia prese Yukiko in contropiede e, sorpresa, esclamò –
Davvero?!
Quando?
– Per il
periodo natalizio! –
le rispose l'altra, con un
sorriso a trentadue denti, prima che la sua attenzione venisse
attirata da qualcos'altro –
Oh –
esordì infatti l'attimo
dopo, inarcando un sopracciglio prima di tornar a sorridere –
Aspetta, c'è Hilary connessa! Ti spiace se la aggiungo?
– Ah..
– di
nuovo presa alla sprovvista Yukiko raddrizzò la schiena sulla sedia
– N-no
no, fa pure.
Detto
fatto, l'istante dopo lo schermo si divise in due e nella metà
destra comparve il riquadro di attesa della chiamata verso la moretta
in questione. Furono sufficienti un paio di secondi, prima che Hilary
Tachibana accettasse la chiamata e l'ovale del suo volto comparisse
accanto a quello di Mao.
– Pronto?
– Ciao Hilary!
È bello vederti finalmente! –
esclamò la cinese.
– Mao, è un
piacere rivederti! –
i suoi occhi nocciola
cambiarono impercettibilmente direzione, mentre il suo sorriso quieto
rimase immutato – ..e
non sapevo che anche tu avessi questo programma, Yukiko. Come state?
– Sì,
l'ho installato da poco –
affermò la mora abbozzando
un mezzo sorriso – Comunque
qui tutto bene.
– Anche noi
stiamo bene, anche se mi manca un po' viaggiare per il mondo
– affermò
Mao, preda di un attacco di nostalgia.
Yukiko
ridacchiò – Sì,
posso capire.
– A proposito,
avete ricevuto l'invito? –
domandò Hilary a quel punto,
suscitando nuova perplessità
nella giapponese. Mao invece parve illuminarsi.
– Sì, me l'ha
detto Rei poco fa! Dì a Takao che ci saremo senz'altro!
– E tu Yukiko?
– Eh?
– la
nightblader si sentì cadere dalle nuvole.
– Tu e Kei
verrete per Capodanno?
–
Ah.. non lo so, Kei non mi ha detto niente al riguardo.
Il
volto di entrambe le ragazze assunse un'espressione perplessa, ma fu
Hilary a continuare.
– Strano, Takao
mi aveva assicurato di aver mandato un messaggio anche a Kei.. –
e subito dopo il volto della
moretta si corrucciò e, mandando lampi a un oggetto che aveva in
mano e che, inquadrato in parte, la giovane Natsuki riconobbe essere
un telefono, aggiunse –
..se si è dimenticato mi sentirà, mi ero raccomandata di
non perdere tempo! È sempre il solito fannullone!
Yukiko
sorrise imbarazzata e per
riflesso tentò di attenuare
l'irritazione dell'altra giapponese –
Ma no.. vedrai che non si è
dimenticato, è che Kei è in viaggio all'estero per lavoro e forse è
per questo che non mi ha detto niente.
– Mh?
– lo
sguardo di Hilary tornò a sollevarsi sul monitor e perse quell'aria
minacciosa che aveva poc'anzi –
Ah, ok allora te lo dirò direttamente io
– e
schiaritasi la voce si apprestò a parlare, ma venne interrotta dalla
cinese.
– Siamo tutti
invitati a casa di Takao per festeggiare il nuovo anno!
– saltò
su Mao, rubando la scena all'amica –
Ci divertiremo un mondo, vedrai! Dovete esserci anche voi!
Sarà come ai vecchi tempi..
– Sì, ci
saranno cibo a volontà, fuochi d'artificio e champagne! Tanto
champagne! –
si sovrappose Hilary,
congiungendo le mani fra loro in preghiera e fissando davanti a sé con
sguardo adorante.
– Hilary, non
sapevo fosti diventata un'amante degli alcolici!
– la
prese in giro la cinese, ridacchiando.
Persino
Yukiko a quel punto si lasciò
sfuggire uno sbuffo divertito.
– Anche tu li
apprezzeresti di più se dovessi aver a che fare con uno come Takao!
– ribatté
la giapponese, sollevando gli occhi al soffitto.
– Ahah! Sì,
hai ragione –
scoppiò a ridere Mao di
rimando. Risata alla quale si
unì la stessa nightblader.
– Allora,
Yukiko? Verrete? –
insistette a quel punto la
moretta sulla destra del suo schermo.
L'immagine
le mandava un'espressione di attesa che la ragazza interpellata non
poté ignorare e, dopo un istante di incertezza, si lasciò
convincere da tanto interesse apparentemente sincero.
– Sì, non
credo ci saranno problemi.. –
fece appena in tempo a dire,
prima di venir interrotta. L'esclamazione di Mao infatti le forò di
nuovo un timpano, poco prima che quest'ultima si alzasse di scatto
dalla sedia e scomparisse dall'inquadratura dello schermo, chiamando
a gran voce Rei per dargli la notizia. Ed, a giudicare
dall'espressione di Hilary, nemmeno lei era
stata risparmiata dal picco
d'intensità del tono della cinese. Lo
sguardo che le due rimaste si scambiarono poco dopo le indusse a
scoppiare a ridere all'unisono, di quella che fu una risatina
contenuta e complice, che ebbe il potere di avvicinarle un poco l'una
all'altra.
– Ma
fa sempre così? – le
chiese a quel punto la giovane Natsuki con un mezzo sorriso.
– Il più delle
volte.. credo sia un problema di microfoni perché dal vivo non è
così squillante! –
le rivelò la giapponese.
Poco
dopo la ragazza dai lunghi capelli rosa tornò a sedersi e il suo
viso era ancora delineato di un ampio sorriso entusiasta,
che influenzò il resto della conversazione.
L'argomento passò al
problema “regali”,
sul quale si soffermarono per tutto il resto del tempo e, quando
venne il momento di salutarsi, prima di chiudere la chiamata la
giapponese dall'altro capo la sorprese un'altra volta.
– Se ti va ci
possiamo scambiare i numeri di cellulare, intanto salvo il tuo
contatto, ok?
Sbattendo
un paio di volte le palpebre, la nightblader impiegò un attimo prima
di annuire – Sì,
certo..
Il
sorriso delicato dell'altra la indusse a ricambiarlo –
Allora ciao, ci sentiamo presto! Buona notte!
– Notte
– ripeté,
prima che l'immagine dell'altra scomparisse e lo schermo tornasse a
visualizzare il desktop.
A
quel punto, lanciando uno
sguardo all'orologio nell'angolo sinistro del monitor e
constatando con stupore che la
durata della videoconferenza
aveva superato l'ora, Yukiko
si ritrovò ad inarcare un sopracciglio.
Il tempo era trascorso più
velocemente del previsto e quella strana prima esperienza non le era
dispiaciuta affatto. A dir la
verità, si era decisamente divertita,
tanto più che aveva finito per rivalutare in parte l'impressione che
aveva avuto di Hilary: non aveva capito quanto potesse essere piena
di vita quella ragazza, specialmente quanto si trattava dell'ex
capitano dei Bladebreakers.
Il
pensiero di rivedere un po' tutti le fece nascere un brivido di
eccitazione lungo la spina dorsale, una sensazione insolitamente
vivida, che non ricordava di aver mai provato in precedenza. Non era
mai stata impaziente di rivedere i suoi compagni di classe dopo un
distacco, nemmeno quando credeva ancora che Uzumi fosse una vera
amica.
Sorrise
pensando che, forse, aveva finalmente
trovato un posto a cui appartenere.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Uff... esame finito, finalmente posso dedicarmi a questa fanfic, e non potevo proprio evitare di pubblicare il nuovo capitolo prima di Natale per farvi gli auguri!! ^_^ Quindi, Tantissimi Auguri a tutte/i! Con il periodo delle feste non riuscirò ad aggiornare spesso, anche perché mi aspetta la montagna *-* ma spero comunque di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo!!
Questo era un po' un capitolo di transizione (sì, è un vizio), ma poi vedrete i prossimi XD cioè, ormai è palese no? Con i genitori dei nostri due blader che si frequentano, l'ambiente lavorativo pieno di civette e poi la questione del 'Ti amo' ancora in sospeso!! Che cavolo succederà??
Bho...lo scoprirete più avanti insomma! Nel frattempo vi lascio e vi auguro davvero buone feste a tutti e vi ringrazio tanto per continuare a seguirmi! Vi adoro!! Buon anno nuovo, già che ci sono! *_*
un bacione
Kaiy-chan |
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Capitolo 44 *** Inquisizione familiare ***
44. Inquisizione
familiare
“Ti manca.”
Kei inarcò un
sopracciglio, sollevando lo sguardo dallo schermo del proprio
telefono alla proiezione del suo bitpower. L'Aquila se ne stava ferma
accanto a lui, con le braccia incrociate ed il caratteristico alone
rossastro a darle un'impressione eterea.
“Dimmi qualcosa
che non so” ribatté mentalmente con una nota di fastidio.
L'altra sorrise
“Anche tu le manchi.”
Come faceva a dirlo?
“Sesto senso
femminile” ribadì la Rossa, senza per questo apparire meno
elegante nell'espressione di superiorità.
Il dranzerblader
assunse una smorfia, tornando a fissare il proprio cellulare senza
tuttavia sfiorare l'icona di chiamata del numero della sua ragazza.
Era dal primo giorno di lontananza che ci stava pensando, eppure
ancora non era riuscito a prendere una decisione in merito. L'amava,
lo aveva capito e se n'era fatto una ragione, se così si poteva
dire, ma da lì ad ufficializzare la cosa c'era di mezzo un mare di
dubbi ed interrogativi. Per non parlare della spiacevole sensazione
di disagio che gli attanagliava la bocca dello stomaco al solo
pensiero di 'vuotare il sacco'. Voleva dirglielo, voleva
smettere di fingere che non fosse così, che lei non fosse abbastanza
importante da rendere nota la loro relazione ai loro genitori, ma al
tempo stesso non era sicuro di volerlo davvero.
L'amava. Eppure si
sentiva quasi terrorizzato da questa cosa.
Per l'ennesima volta
si ritrovò a pensare a quanto le cose fossero cambiate nel giro di
pochi mesi. Da scapolo e sostenitore della libertà individuale da
qualsiasi legame sentimentale con l'altro sesso, ora si ritrovava
invischiato fino al collo in qualcosa che sino a quel momento aveva
giudicato erroneamente come una sciocchezza, una farsa. Non che
mettesse in dubbio i propri sentimenti, ma non era propriamente
sicuro di come avrebbe affrontato d'ora in poi quel loro rapporto, di
come questo sarebbe cambiato una volta esposto alla luce del sole.
Specialmente per le aspettative che ciò avrebbe comportato.
Sarebbe riuscito a
gestire quel tipo di relazione?
Ma, cosa più
importante, sarebbe riuscito a farla felice?
Domande di cui fino
a quel momento non gli era importato mai un accidente, né aveva mai
immaginato prima di potersi ritrovare a farle a sé stesso.
“Vuoi stare con
lei?” gli chiese a tradimento l'Aquila, con tono pacato.
Kei assunse una
leggera smorfia. Certo che sì. Quei giorni passati senza poterla
nemmeno vedere lo stavano facendo diventare matto. Aveva assoluto
bisogno di stringerla, di sentire la sua pelle sotto le dita, di
cogliere il profumo dei suoi capelli e avvertire il calore del suo
corpo contro il proprio.
Cazzo, stava
iniziando ad accusare persino tutti i sintomi di un qualche tipo di
astinenza.
“E allora
piantala di farti seghe mentali. Non è da te” la sua compagna
di battaglie a quel punto gli rivolse un caldo sorriso “Segui il
tuo istinto.”
Che in parole povere
voleva dire: segui il tuo cuore.
Sbuffando, il blader
oscurò lo schermo ed appoggiò la schiena alla poltrona da ufficio
della sala riunioni in cui lui e il padre, insieme ad un altro paio
di esponenti di maggior importanza della Hiwatari, erano stati
fatti accomodare per trattare con gli uomini d'affari che erano
seduti di fronte a loro. A quel gesto uno di questi gli sferrò
un'occhiata penetrante di rimprovero, cosa che lo infastidì
abbastanza da tentare di trafiggere il malcapitato con un'occhiata
ancor più gelida, già avvertendo una vena gonfiarglisi a lato della
tempia destra.
Che voleva quel
damerino cinese ora? Avrebbe fatto meglio a farsi gli affaracci suoi!
– Signor Hiwatari
– esordì in quel momento uno dei cinesi in un inglese fortemente
accentato – Se venisse dimostratoci un po' più di interesse, non
le nascondo che saremmo più propensi a chiudere l'accordo con voi.
Quella frecciatina
deliberata fece irrigidire i muscoli del dranzerblader in un istante,
mentre spostava lo sguardo su colui che aveva appena parlato. Ci
pensò suo padre tuttavia a rispondergli prontamente, evitando non
solo che il ragazzo aprisse bocca ma facendo forse pentire il
dignitario cinese di aver fatto altrettanto, sfoggiando uno dei suoi
sorrisetti politici.
– Se gli affari si
concludessero in base all'interesse di una sola delle due parti, non
ci sarebbe bisogno di incontri che richiedono il sacrificio di una
tale quantità di tempo e di denaro – il presidente della Hiwatari
intrecciò le dita fra loro, i gomiti ad appoggiare sul tavolo in
legno laccato – Ritengo inoltre che sia giunto il momento di
effettuare una pausa: l'ora di pranzo è passata ed è risaputo che
le capacità di mediazione migliorino nettamente con lo stomaco
pieno.
– Non posso darle
torto, signor Hiwatari – ribadì a quel punto l'uomo dagli occhi a
mandorla, non potendo effettivamente dissentire al riguardo.
I presenti a quel
tavolo si alzarono, Kei non per ultimo, e l'atmosfera sembrò farsi
meno pesante, alleggerita dal pensiero del pranzo che li attendeva
fuori da quella stanza. Ancor prima di mettere piede in corridoio, il
ragazzo giapponese si era già allentato il colletto della camicia,
riprendendo fiato e riuscendo a rilassare in parte i muscoli delle
spalle. Se non fosse stato per suo padre, sicuramente avrebbe trovato
il modo di far saltare l'incontro con una risposta dritta nei denti
di quel pallone gonfiato cinese e dei suoi tirapiedi.
Con la coda
dell'occhio, notò che anche il suo vecchio si stava allentando di
poco la cravatta.
La questione di
quell'affare nelle ultime dodici ore si stava complicando
progressivamente.
“Che sfiga.”
Sperava solo che a
Yukiko le cose stessero andando meglio, in Giappone.
“Che
giornataccia!” pensò fra sé e sé la nightblader,
raccogliendo il proprio quaderno.
Un tipo del corso di
formazione nella fretta di raggiungere l'ascensore le aveva urtato il
braccio, facendole perdere la presa della propria borsa. Il risultato
era stato il riversarsi sul pavimento del suo contenuto ed il
conseguente arrestarsi della ragazza per raccogliere tutto.
Chinata su un
ginocchio, stava cercando di tener a freno il proprio malumore - nato
quel mattino da una combinazione devastante fra un'alzataccia
tremenda ad opera di sua madre e la consapevolezza che non avrebbe
visto Kei nemmeno quel giorno - quando, nel suo campo visivo, si
insinuò una mano sconosciuta.
Sollevando lo
sguardo di smeraldo lungo quel braccio coperto della manica di una
giacca, Yukiko si ritrovò ad inarcare un sopracciglio
nell'inquadrare nel proprio campo visivo il volto sorridente di un
giovane uomo che non poteva aver molti più anni di lei.
– Tieni – le
disse questi, porgendole l'ultimo foglio con aria cordiale.
Aveva occhi di una
sfumatura ambrata, caldi e gentili, e corti capelli castani, sfumati
sulle punte di un biondo intenso. Ricordava di averlo visto al corso
qualche volta, soprattutto negli ultimi giorni, ma non gli aveva mai
rivolto la parola sino a quel momento, né lui aveva dato
l'impressione di essere interessato ad instaurare un qualche tipo di
rapporto con lei che andasse al di là del semplice saluto mattutino
di rito.
– Grazie – gli
rispose automaticamente allora lei, dopo un istante, presa alla
sprovvista.
Rialzandosi in
piedi, infilò le proprie cose all'interno della borsa da ufficio, ma
non fece in tempo a salutare o pensare di muoversi verso la mensa che
il ragazzo in questione la anticipò, interrompendola sul nascere.
– Ultimamente ti
vedo spesso in mensa – esordì questi con naturalezza – ..hai
litigato col tuo ragazzo per caso?
A quell'ultima frase
il cuore le schizzò in gola – Chi?!
Lo sconosciuto
scoppiò a ridere – Quello con i capelli tinti e lo sguardo di
ghiaccio.
A quel punto capì
che stava proprio parlando di Kei e reagì d'impulso, mettendosi
sulla difensiva.
– Ti sbagli –
esclamò, prima di accorgersi dell'irruenza del proprio tono e
correggersi, seppure con meno entusiasmo – Non abbiamo litigato.. –
disse, abbassando poi lo sguardo per non fargli intuire la menzogna
dietro le parole a seguire, più sommesse – ..e non è il mio
ragazzo. Siamo solo amici.
– Scusa –
quell'unica parola le fece alzare di nuovo lo sguardo sul volto
altrui, trovandolo delineato di un sorriso rammaricato tanto inatteso
da farle inarcare un sopracciglio – Mi sono appena reso conto di
non essermi presentato! Sono Takumi Shinnosuke. Piacere.
– Piacere.. io
sono Yukiko Natsuki – si presentò a sua volta lei a quel punto,
scoccando un'occhiata all'estremità del corridoio – ..e stavo
cercando di andare in mensa a mangiare qualcosa.
Shinnosuke rise
brevemente ancora una volta – Sì, l'avevo intuito. Anche io avevo
in mente di andare là, sebbene non mi piaccia granché l'ambiente in
generale – affermò con assoluta noncuranza – Se ti va possiamo
pranzare insieme: in cambio mi assicurerò che nessuno ti faccia
cadere gli appunti.
Quell'offerta prese
di nuovo in contropiede la ragazza che, di rimando, rimase a
osservarlo un paio di secondi ancora prima di decidersi. In fondo,
nonostante sembrasse un tipo strano, un po' di compagnia l'avrebbe
aiutata a non pensare a Kei ed a quanto le mancasse persino in
quell'istante. In genere, il momento del pranzo era quello peggiore
per lei, ultimamente. Così ricambiò finalmente il suo sorriso con
uno altrettanto cortese.
– Sì, mi
piacerebbe..
Non aveva ancora
fatto conoscenza con nessuno del corso e quella sarebbe stata una
buona occasione per socializzare. Senza dubbio sua madre si sarebbe
sentita un po' più sollevata nel sapere che stava facendo progressi
nel campo delle relazioni interpersonali, si ritrovò a pensare con
una smorfia appena accennata.
– Figliolo – la
voce di suo padre lo fece voltare a fissarlo con sospetto, prima che
questi continuasse – Stamane eri piuttosto distratto.. qualcosa non
va?
Erano seduti a
tavola, di nuovo, ed il suo vecchio gli si era appena rivolto in
giapponese per far sì che i loro ospiti non capissero il loro
discorso. Il suo volto, perfettamente sbarbato e dal taglio di
capelli ben curato, esprimeva una preoccupazione appena intuibile per
il figlio, che ad occhi estranei sarebbe sicuramente passata
inosservata. Sotto quel suo sguardo indagatorio Kei si sentì come
minacciato, improvvisamente vulnerabile, ed era una cosa a cui non
era mai riuscito ad abituarsi - a cui fin'ora si era sottratto in
ogni modo possibile, ogni volta gli si era presentata l'occasione. Si
era sempre sentito a disagio di fronte ai tentativi del suo vecchio
di instaurare un qualche tipo di rapporto con lui, dopo quanto
accaduto con nonno Hito, e in cuor suo il dranzerblader sapeva di
aver sempre reagito in modo sbagliato a quel tipo di approcci.
Eppure, ora che era cresciuto, sapeva che non avrebbe potuto fare
diversamente: era fatto così, non voleva la compassione di nessuno,
men che meno quella di suo padre. Era stata una questione d'orgoglio
che poi aveva finito per trasformarsi nella quotidianità.
– Nulla – gli
rispose meccanicamente, tornando a prestare attenzione al proprio
piatto.
Non aveva mai
pensato che avrebbe potuto riprovare ad instaurare un qualche tipo di
dialogo, non dopo l'ultima volta. Era passato così tanto tempo..
– C'è qualcosa
che devi fare in Giappone – non era una domanda, ma Kei si sentì
nuovamente spiazzato da tanta loquacità da parte del suo unico
genitore, così come dalla correttezza di quell'affermazione, tanto
da non sapere cosa rispondere; così rimase a fissarlo per una
manciata di secondi di immobilità. Secondi che Susumu si prese la
briga di riempire con un placido sorriso di circostanza – Non ti
chiederò cos'è, anche se credo di saperne qualcosa, quindi non
preoccuparti. Hai tutto il diritto di mantenere la tua privacy –
un'altra frase insolita da sentirgli dire.
Chi era costui? Che
fine aveva fatto suo padre?!
– ..ma cerca di
separare le cose nella tua mente e concentrarti su una alla volta, ti
garantisco che ti sembrerà tutto più semplice. Mi servi concentrato
su quest'affare ora.
Ah, eccolo lì. Non
si smentiva mai.
Kei annuì con uno
sbuffo infastidito e la questione finì lì, ma un presentimento
iniziò a tormentarlo appena sottopelle, da quel momento per tutto il
resto della giornata.
Cos'aveva appena
voluto dirgli il suo vecchio?
Con una rotazione
del polso spense il motore della propria auto, accogliendo il
silenzio a seguire con un sospiro. Oltre il parabrezza i
tergicristalli giacevano immobili a riposo, lasciando che le gocce di
pioggia si riversassero liberamente sulla superficie di vetro
inclinata di fronte a lei, al di là della quale spiccava il riquadro
illuminato della finestra della cucina. Sua madre doveva essere già
rientrata da una mezz'oretta. Il tempo che a lei era voluto per fare
un giro in quel gattile ed assicurarsi che il piccolo Micio non
avesse di ché soffrire il maltempo.
“Un nome
proprio originale” le risuonò nella mente la voce di
Night, attraverso il bey che ella aveva appoggiato nel porta-oggetti
dietro la leva del cambio.
Yukiko sbuffò –
Oh, senti.. – esordì, arricciando il naso nel posare gli occhi
verdi sulla trottola, il cui bit al centro emanava un debole bagliore
ben distinguibile nella penombra dell'auto – ..non sarò comunque
io quella che alla fine gli dovrà dare un nome duraturo e non posso
affezionarmici troppo.
“Potevi sempre
evitare di dargliene uno” ribatté sarcastico il
suo bitpower.
– In qualche modo
dovevo pur chiamarlo!
La risata divertita
che le riecheggiò nella mente fu il preludio di una nuova pausa di
silenzio, durante la quale la mora si perse ad osservare l'interno
della sua macchina. Era riuscita a procurarsi delle foderine per
sedili davvero niente male, nere con simboli tribali bianchi a
racchiudere una rosa rossa. Inoltre, si era scelta un copri-volante
in finta-pelle sportivo, così come poteva essere di un certo impatto
la coppia di catenelle intorno alla base della leva del cambio. I
dadi neri appesi allo specchietto retrovisore erano abbastanza
modesti da non intralciarle la visuale, ma non aveva rinunciato ad un
paio di rose rosse in plastica e stoffa poste in prossimità del
lunotto posteriore.
E il solito cuscino
a forma di cuore sui sedili di dietro.
Sì, poteva dirsi
decisamente soddisfatta del risultato.
Con un nuovo sospiro
pensò a cosa avrebbe detto il suo ragazzo quando avrebbe notato le
personalizzazioni che lei aveva apportato, chiedendosi se l'avrebbe
notato o commentato in qualche modo senza che lei avesse bisogno di
chiedergli un parere. Ripensando a lui, la nightblader si ritrovò a
convenire fra sé e sé che un'altra giornata era trascorsa senza di
lui, tale e quale quella che era stata il giorno prima e che sarebbe
stata quella seguente.
“Stai pensando
di restartene seduta qui finché non sarà Lui a farti
uscire di persona?” le chiese sardonico Night, interrompendo
nuovamente il filo dei suoi pensieri.
Con una smorfia
Yukiko colse al volo i sottintesi sul 'darsi una mossa',
pertanto agguantò il proprio bey per farlo sparire in una delle
tasche della giacca, recuperò il giubbotto e la borsa, sfilò le
chiavi dal quadrante e finalmente aprì la portiera.
Sotto la pioggia
raggiunse di corsa la porta d'ingresso e, dopo un rapido cambio di
chiavi in mano, riuscì a far scattare la serratura e ad immettersi
all'interno dell'atrio. Soltanto una volta richiuso il battente alle
proprie spalle rilassò le spalle, l'ambiente luminoso che la accolse
in un caldo abbraccio e la fece sospirare di un modesto sollievo.
Quindi si sfilò le scarpe.
– Sono a casa!
– Bentornata
Yuki-chan! – la voce di sua madre le giunse squillante dal vano
della porta della cucina, dal quale si affacciò poco dopo – Com'è
andata?
– Bene – le
rispose, abbozzando un sorriso – Al gattile sembra tutto a posto.
La signora che se ne occupa è davvero affidabile.
– Non l'ha
adottato ancora nessuno quel gattino di cui mi hai parlato?
La giovane Natsuki
scosse il capo in segno di diniego, salendo sul pavimento in legno
rialzato e infilandosi le ciabatte di morbida spugna che erano pronte
ad accoglierla al suo rientro da ore. Procedendo verso le scale
quindi, assicurò alla presidentessa della N.C. che sarebbe scesa
subito dopo l'essersi fatta una doccia calda, ricevendo un assenso da
parte della donna, la quale tornò a destreggiarsi in cucina. Il ché
voleva dire solo una cosa: quella sera avrebbero mangiato ramen
istantaneo arricchito con tocchetti di pollo alla piastra e pancetta.
Forse un uovo all'occhio di bue da posare sopra all'ultimo, di
straforo, ma nient'altro di più elaborato. Sua madre non era quel
che si poteva esattamente definire come una 'maga dei fornelli'.
Le sue previsioni si
dimostrarono veritiere perché, appena mise piede in cucina, la mora
trovò davanti alla sua sedia una ciotola ricoperta da un piattino
capovolto e sua madre che l'aspettava all'altro capo della tavola
con, davanti a sé, un assortimento di stoviglie analogo.
Sorrise. Era proprio
quel che le ci voleva in una giornata come quella, piovosa, fredda
e.. be', malinconica.
– Buon appetito –
augurò a sua madre, prendendo posto e sollevando quel coperchio
improvvisato.
Una nube di vapore
la investì in faccia, recante con sé l'odore delle spezie e del
brodo del ramen, sopra il quale galleggiava flemmatico e prevedibile
l'uovo, in attesa di essere divorato. Sì, perché appena quel
profumo carico di ricordi la investì, Yukiko avvertì la pronta
risposta del proprio stomaco salirle in un gorgoglio, facendole
contrarre i muscoli involontari dell'addome.
Eppure non fece in
tempo a mandar giù più di un paio di bocconi prima che il suo unico
genitore tentasse di instaurare un qualche tipo di conversazione.
– Questa settimana
non sei ancora uscita – le fece notare di punto in bianco, con un
tono leggero di semplice curiosità.
Quella prima uscita
fece bloccare il movimento del braccio destro della blader a metà,
le bacchette sospese a mezz'aria con il loro delizioso carico. Le ci
volle un attimo per riprendersi abbastanza dall'effetto sorpresa da
far spallucce e riprendere a mangiare.
– Non credo uscirò
prima del weekend – le rispose a quel punto, seppur inarcando un
sopracciglio, prima di aggiungere – Ho bisogno di rivedere gli
appunti del corso in questi giorni – una mezza verità, dettata più
dall'impulso di campare una giustificazione che non riguardasse colui
con cui usciva di solito.
Giustificazione che
parve andare a segno, perché la donna annuì di rimando.
– Sì, capisco..
anche se penso che dovresti riposarti di più – le fece notare,
sollevando con le bacchette un paio di noodles per farlo sgocciolare
del brodo caldo – In questi giorni ti vedo più giù.. più triste,
quasi.
Quelle parole la
spronarono a riempirsi di nuovo la bocca per non essere costretta a
risponderle ed, in contemporanea, abbassò il capo e lo sguardo verso
la sua cena, cosa che per contro convinse sua madre a riempire il
silenzio che ne seguì con la stessa determinata leggerezza
dimostrata sino a quel momento.
– Sicura che non
sia successo niente di particolare?
Quella domanda
rimase ad aleggiare nell'aria della stanza, mentre la nightblader
avvertì gli occhi scuri della sua interlocutrice su di sé per tutto
il tempo che impiegò a masticare e mandar giù il boccone. Quando
alla fine si fece forza e sollevò lo sguardo a intercettare quello
d'ella, abbozzò un mezzo sorriso.
– Niente, davvero.
Sono solo stanca.
Che bugiarda che era
diventata.
Il fatto di non
essere libera di confidarsi liberamente con sua madre le pesava, non
poteva più negarlo a sé stessa. La necessità di mantener segreta
la sua relazione con Kei era stata dettata principalmente dalla
possibile reazione estroversa d'ella, seppur il timore di un qualcosa
di esageratamente vivace si era affievolito giorno dopo giorno ed
aveva lasciato il posto alla semplice volontà di rispettare
l'accordo preso con il dranzerblader ormai più di un mese prima.
Il fatto che la sua
stessa madre non le dicesse molto del suo attuale corteggiatore era
un palliativo che aveva perso quasi del tutto la sua efficacia da una
settimana a quella parte. Non poteva dimenticare il modo in cui lei
le era stata vicina dopo la rottura con Manabe, del modo in cui aveva
acconsentito così facilmente a farle cambiare persino casa, oltre
che la scuola. Ne avevano approfittato per cercare un posticino
nuovo, tutto loro, lasciando l'appartamento in affitto in cui erano
state per anni anche dopo la morte di suo padre. Solo sua madre era
riuscita a colmare in parte il vuoto lasciato dal tradimento di Uzumi
come amica e fra loro si era instaurato in quegli ultimi mesi un
rapporto che andava oltre il semplice affetto fra madre e figlia
unica. Un rapporto basato su discussioni, frecciatine, ma anche
confidenze e fiducia assoluta. Quel genere di rapporto in cui potevi
dire tutto.
– In ufficio si
sente la mancanza del giovane Hiwatari – se ne uscì, tutt'a un
tratto, la signora Natsuki, traendola dai propri pensieri e facendole
alzare di scatto il capo a fissarla, presa ancora una volta alla
sprovvista. Quella continuò come se niente fosse, con un tono
allegro simile a quello di poc'anzi, accostato ad un mezzo sorrisetto
intrigante rivolto alla ciotola di ramen – Le nostre dipendenti
sembrano meno vivaci senza quel ragazzo nei paraggi.. – quel
commento fece balenare nella mente della mora un'immagine delle due
giovani donne che per prime avevano puntato il blader in questione e
la presa sulle bacchette si accentuò all'improvviso, facendole quasi
sbiancare le nocche mentre l'altra continuava – ..spero che il loro
rendimento non ne risenta: solitamente queste cose in ambiente di
lavoro stimolano il buonumore ed aumentano la produttività!
Yukiko sbuffò dal
piccolo naso prima di riempirsi di nuovo la bocca e cercare di
distogliere la propria attenzione da quello sproloquio. Tuttavia non
riuscì in alcun modo a mitigare la propria espressione corrucciata,
a tal punto che finì in fretta il contenuto della propria scodella e
si alzò in piedi con movimento deciso e un po' rigido, appoggiando
le mani e le bacchette sul tavolo.
– Sono sicura che
non sarà un problema – sbottò, senza guardarla direttamente ma
voltandosi verso la porta alla propria sinistra – Ho finito. Grazie
per la cena.
Detto questo, non si
disturbò a scoccare un'ultima occhiata a sua madre prima di uscire
da quella cucina e avviarsi verso le scale, il passo attutito dalle
ciabatte nel salire con un certo slancio i gradini due a due, fin
troppo desiderosa di chiudersi in camera. Se avesse resistito
all'impulso di sfuggire a quel momento, avrebbe potuto notare un
mezzo sorriso sornione sul volto della donna. Uno di quei sorrisi
che, una volta rimasta sola, le si accentuò in viso, delineandolo
con una manciata di rughe d'espressione intorno agli occhi e due
fossette sulle guance mentre osservava con sguardo carico di
sottintesi il vano della porta dalla quale era appena uscita la sua
unica figlia.
– Prego, cara...
– Pronto?
– Pronto –
rispose l'uomo alla chiamata, in giapponese.
– Buonasera
signore, mi scuso per il disturbo ma ho delle novità. Come sta
andando la sua permanenza a Hong Kong?
– Soddisfacente.
Puoi mandarmi la documentazione all'indirizzo email che ti ho
lasciato: la visionerò subito – gli disse il presidente, lasciando
spaziare lo sguardo nella penombra della sua stanza d'albergo –
Come procede lì?
– Procede come
previsto. È una ragazza un po' introversa, ma sono riuscito ad
avvicinarla senza difficoltà.
– E le ricerche
che hai fatto che risultati hanno dato?
– Nessun
precedente. Percorso scolastico encomiabile, almeno fino al quinto
anno. L'ultimo anno delle superiori ha cambiato scuola per
motivi ignoti, tagliando i ponti con tutti coloro che la conoscevano
in precedenza, sembra –
la voce del suo interlocutore
dall'altro capo del telefono risuonò vagamente perplessa quanto
riflessiva, come se stesse vagliando tali informazioni in quel
preciso momento.
Il signor Hiwatari
inarcò un sopracciglio – Amicizie?
– Da quel che
ho scoperto una sola certa, ma ha tagliato i ponti anche con lei.
– Mh.. – mugugnò
pensieroso l'uomo d'affari, chiedendosi cosa mai potesse scatenare
una reazione del genere in qualcuno. Forse c'era qualcosa di grosso
sotto. Scacciò quel pensiero quando gli venne in mente il volto
della signora Natsuki: avrebbe fatto prima a chiedere direttamente a
lei – Procedi come stabilito – gli disse dopo un paio di secondi
di riflessione, appoggiandosi con la schiena alla poltrona – ..puoi
utilizzare ciò che sai sul conto di entrambi come credi, ma ricorda
che non sono ammessi scandali di nessun tipo. Ti ho assunto proprio
per la tua rinomata discrezione, ricordalo.
– Può stare
tranquillo, signore.
Il presidente
riagganciò, lasciandosi sfuggire un mesto sospiro.
Lo sperava
vivamente.
La franca risata di
Hilary le fece accusare una piccola smorfia, mentre osservava
imbarazzata ed a disagio la figura della ragazza sul monitor del
computer che batteva più volte una mano sulla propria scrivania,
dall'altro capo della webcam.
– Ahahaha!
Oddio, non posso crederci! – le ci vollero ancora un paio di
secondi prima che si calmasse abbastanza da sollevare di nuovo il
capo ed aggiungere, continuando a ridacchiare – Pagherei per
assistere alla faccia di Kei quando saprà della voce che hai messo
in giro su di lui!
Yukiko inarcò per
un attimo ambo le sopracciglia, prima di farsi sfuggire un mesto
sospiro, vagamente imbronciata – Sì. Immagino.
– Come va
comunque fra voi?
Il tono di quella
domanda risuonò incerto nelle cuffie della mora, che inarcò un
sopracciglio senza saper bene come rispondere. L'altra parve intuire
il suo disagio, o più probabilmente lo notò attraverso la ripresa
della webcam ancora attiva, perché dopo un attimo tornò a parlare
con un leggero sorriso forzato.
– Sì,
insomma... questa cosa della gelosia, lui lo sa?
– No – la
risposta meccanica che le uscì fuori dalle labbra la spinse a
fermarsi l'istante successivo, riflettendo e tentando di correggersi
– Cioè.. non credo, insomma.. non ne abbiamo parlato – tacque,
non sapendo nemmeno come continuare o se fosse opportuno farlo, ma
Hilary la trasse ben presto d'impiccio.
– Fossi in te
mi sarei già persa ad inventare modi sempre più complicati per
vendicarmi di tutte quelle che osano anche solo salutarlo, in
quell'ufficio – le rivelò piuttosto solidale la moretta
dall'altro capo della linea, incrociando le braccia e annuendo su
quella sedia.
A quell'affermazione
Yukiko sorrise – Be', immagino che comunque anche tu abbia il tuo
bel da fare.
– Cosa intendi,
scusa? – questa volta il volto della ragazza era seriamente
perplesso.
– Mi riferisco al
tuo rapporto con Takao.
– Takao?! –
esclamò l'altra, trapassandole i timpani mentre al contempo scattava
in maniera tanto repentina da cader da sola dalla sedia. Come
scomparve dall'inquadratura, la nightblader si sporse, come se così
potesse spostare l'inquadratura ed avere una visione
dell'origine dei lamenti della sfortunata appena finita sul
pavimento.
– ..Hilary? Tutto
bene?
In risposta una mano
tornò ad agguantare lo schienale della seggiola, prima che la
proprietaria riuscisse a rimettercisi seduta. La massa di capelli
castani lasciò di nuovo il posto ad un viso dai lineamenti fini ed i
grandi occhi color cioccolato, che questa volta la cercarono con
un'espressione fra l'accusatorio e l'allucinato.
– Sei
impazzita?
– Ma che ho
fatto?!
– Non c'è
assolutamente niente fra me e quell'idiota!
– Ah – e se
prima era stata sul punto di ridere, ora lo scetticismo ebbe la
meglio, facendole scomparire ogni sorta di ilarità dall'espressione.
Scrutò con espressione critica l'immagine della sua nuova amica già
inalberata, inarcando un sopracciglio, prima di domandarle conferma –
Davvero?
Se Hilary avesse
potuto, avrebbe sputato fiamme tanto era rossa in viso, mentre
ribatteva con quanto fiato aveva in corpo – Certo! Come ti è
saltato in mente il contrario?! –
sembrò quasi oltraggiata,
tanto fuori di sé da iniziare uno dei suoi monologhi su quanto Takao
fosse inaffidabile, infantile, presuntuoso e via dicendo. Un monologo
che la blader interruppe a metà, con ambo le mani a tener
distanziate le cuffiette dai timpani abbastanza da rendere la voce
dell'altra più sopportabile.
– Ho
capito, ho capito! Torna a parlare ad un volume normale, per piacere!
A
quell'esortazione, la moretta dall'altra parte del monitor sbuffò ma
si quietò abbastanza da deviare lo sguardo in un punto imprecisato
della sua camera, le braccia di nuovo conserte su quel maglioncino di
un delicato verde chiaro. Con neanche troppa immaginazione la mora
riuscì persino a vederle una venuzza pulsante fra i capelli scuri,
cosa che la fece quasi ridacchiare.
– Mi
spiace aver equivocato, ma sai com'è: chi disprezza compra.
– Ti dico che
non è così! – esclamò
Hilary.
– Va
bene, come dici tu! Non ti arrabbiare! –
Yuki sollevò persino due
mani in segno di resa a quel punto, optando per lasciar perdere.
Questo parve
bastare, perché poco dopo la conversazione era di nuovo incentrata
sulle festività in avvicinamento. Ormai mancava appena un mese a
Natale e questo voleva dire che Capodanno non era poi così lontano.
Eppure, nonostante questo, Yukiko non riuscì comunque a scacciare
completamente una strana inquietudine alla bocca dello stomaco.
Una sensazione
spiacevole direttamente collegata al pensiero di un futuro non molto
lontano.
Un futuro in cui
ogni segreto sarebbe stato svelato.
– Hilary?
– Sì?
– Ho
bisogno di un parere oggettivo...
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Eeeee.. Buona Befana!!!! XD
Sì, sono riuscita a pubblicare finalmente, nonostante abbia trovato il tempo di andare avanti solo oggi! Come avete passato queste feste? Io a ingrassare... x°D sì, mi spiace ma nn c'è molto da aggiungere! Fra pranzi, cene, ritrovi e viaggi dai parenti, mangiare è ciò che ha impegnato gran parte del mio tempo...
Ma va bene! Meglio mangiare che stare a digiuno, no?!
Ok ok, bando alle ciance.
Che ne pensate allora? Vi ho lasciato col fiato un po' sospeso e lo confesso, lo ho fatto apposta XD ahah! Sì, odiatemi... lo ho fatto più che altro per ravvivare un po' la vostra curiosità perché - giustamente - come mi è già stato fatto notare la storia non sta avendo più molti colpi di scena e purtroppo questo per un motivo ben preciso: è quasi finita.
Ebbene sì! Ormai è ufficiale, non manca molto. In tutta franchezza spero che chi mi ha seguito sin qui si sia divertito tanto quanto mi sono divertita io ^.^ se non di più, e che questo epilogo (un po' lunghetto) nn vi stia deludendo o annoiando.
Ad ogni modo vi mando un bacione! Alla prossima.
Kaiy-chan |
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Capitolo 45 *** Una serata diversa ***
45. Una serata
diversa
Davanti allo
specchio, la sua immagine le rimandò indietro lo stesso sguardo
corrucciato, perfettamente in linea con l'espressione tesa che le
aveva delineato le labbra in una smorfia. Non mancava molto ormai e
questo non faceva altro che contribuire alla tensione che le permeava
tutto il corpo.
– Kei – esordì
seria il più possibile – ..c'è una cosa di cui dobbiamo parlare..
– inutile dire che il suo riflesso non le rimandò alcuna risposta,
così proseguì – ..ormai è parecchio che.. che.. – alla vista
della propria espressione quasi terrorizzata perse il filo del
discorso, iniziando a balbettare a sé stessa e, chiudendo
strettamente gli occhi, si nascose il volto fra le mani mandando un
mugugno di frustrazione.
In quei giorni di
lontananza e video-chiamate con Mao ed Hilary s'era decisa. Avrebbe
affrontato con lui l'argomento relativo ai suoi sentimenti, ma c'era
ancora un unico ed evidente problema: il come. Continuando
così infatti, non sarebbe andata proprio da nessuna parte.
Quando di lì a poco
il cellulare vibrò, la mora venne presa alla sprovvista e sussultò,
pensando in un'ondata di panico che non era ancora pronta ad
affrontarlo. Afferrando l'oggetto in questione volse il display verso
di sé, notando che era solo un messaggio di Hilary, e si rilassò
con un pesante sospiro.
Le aveva fatto
prendere un colpo, segno che era ancora troppo tesa per ciò che si
era prefissa di fare.
Dopo quell'ultima
video-chiamata sul computer, avevano chattato un po' ed avevano
finito per scambiarsi i numeri di telefono. La ragazza dai capelli
castani si era dimostrata decisamente più estroversa negli ultimi
due giorni, finendo per gettare le basi di un possibile e prossimo
vero rapporto di amicizia. Scorrendo il contenuto del nuovo
messaggio, Yukiko si ritrovò a sorridere divertita all'annuncio
della conferma di un'idiozia patologica che affliggeva il caro Takao,
il quale aveva fatto di nuovo arrabbiare la moretta. L'ultima riga
però le fece inarcare un sopracciglio: era presente una faccina
triste.
Solitamente l'altra
esprimeva il suo disappunto con piccole emoticon infuriate, non con
simboli di tristezza o delusione.
Fece appena in tempo
ad inviarle una risposta che il telefono vibrò di nuovo, questa
volta facendo comparire sul display la foto del suo ragazzo relativa
al suo contatto. Questa volta la nightblader rischiò di far fare un
bel volo all'apparecchio, sussultando al ritrovare l'ansia che
l'aveva attanagliata sino a un momento prima. Scongiurò il pericolo
per un soffio e, appena riuscì a fare un respiro ed a calmarsi, aprì
il testo del nuovo messaggio, ritrovandosi ad inarcare ancora una
volta un sopracciglio.
La
finestra.
Che cavolo aveva ora
la finestra? Assolutamente perplessa, Yukiko si avvicinò
all'intelaiatura dei doppi-vetri, facendola scorrere sulle guide per
aprirla. Appena l'aria fredda entrò nella stanza, smuovendo le tende
e facendola rabbrividire nel suo semplice maglioncino a collo alto,
non fece nemmeno in tempo a metter il naso fuori che la voce del
blader le fece fare un balzo indietro.
– Spostati..
– Ma che..?! –
esclamò, eseguendo meccanicamente l'ordine.
Fece appena in tempo
a scostarsi dalla finestra che il giovane Hiwatari saltò dentro,
utilizzando il davanzale come perno da scavalcare.
La nightblader
rimase a fissarne la figura a bocca aperta, assolutamente attonita.
– Ma che..?! –
ripeté, come un disco rotto, fra il corrucciato ed il sorpreso.
Incrociandone gli occhi dai riflessi di brace, avvertì il suo stesso
cuore sussultarle nel petto mentre finalmente gli ingranaggi del suo
cervello ripresero a girare. Allora si ritrovò a sbottare – Ma da
dove sei arrivato?
Il dranzerblader in
tutta risposta le sfoggiò uno dei suoi sorrisetti sghembi, prima di
indicare con una mano la finestra dietro di lui ancora aperta –
Dalla finestra.
Yukiko sbatté le
palpebre, riuscendo grazie all'ironia altrui a riprendersi abbastanza
da assumere un'aria accigliata – Grazie, non l'avevo capito –
ribatté assolutamente ironica, ponendo ambo le mani sui fianchi
coperti dalla stoffa color blu scuro e donandogli di rimando un
sorrisetto molto simile a quello di lui.
Solo a quel punto,
esternando uno sbuffo fra il sostenuto ed il divertito, l'altro si
guardò brevemente attorno, esaminando con fare distratto la camera
mentre chiedeva, monosillabico come al solito – Tua madre?
– È già uscita –
gli rispose con semplicità, muovendosi per aggirarlo. Scambiandosi
di posto, poté finalmente richiudere il vetro e dare un freno alla
dispersione di calore ancora in atto, mentre proseguiva – Aveva un
appuntamento.. cosa che rende del tutto immotivata la tua entrata in
scena.
Quasi non fece in
tempo a terminare quella frase che si sentì tirare per la vita e, un
attimo dopo era stretta fra le braccia del suo ragazzo, poggiandosi a
lui schiena contro petto ed avvertendone il tocco lieve delle labbra
sotto l'orecchio sinistro.
– Non lo rende
immotivato – le mormorò con voce suadente, facendole nascere un
brivido caldo che le si disperse in tutto il corpo.
Si ritrovò a
sorridere d'eccitazione e divertimento al tempo stesso, mentre lui le
baciava e mordicchiava il collo, facendola per riflesso reclinare il
capo verso l'altra spalla. Quella dolce tortura non durò a lungo
perché, preda di una certa impazienza, gli si rigirò presto fra le
braccia, ritrovandosi ad incrociarne nuovamente lo sguardo magnetico.
E, come ogni volta,
tutto il resto perse importanza mentre gli circondava il collo con le
braccia e si perdeva sulle sue labbra. L'ansia, l'impazienza, tutto
sfumò nel suo animo, lasciandola in balia di emozioni più irruente,
come la felicità, l'eccitazione, l'amore.. lo stesso amore che gli
trasmise con quel bacio e che egli ricambiò fin troppo prontamente,
insinuandole la lingua in bocca in una carezza vellutata e complice.
Dio, quanto
le era mancato.
Espirando di
sollievo e soddisfazione, si prese tutto il tempo per godersi quel
contatto, quella presenza nella propria vita, prima di staccarsi
dolcemente da lui quel tanto che le bastò per incrociarne di nuovo
l'iridi dai riflessi ora quasi violacei sotto quelle ciocche
argentee.
Gli sorrise,
proferendo in poco più di un sussurro – Bentornato.
Lui la ricambiò
allo stesso modo, sfoggiando un nuovo piccolo sorriso.
– Che
accoglienza.. – la sua voce dal timbro basso e leggermente roco le
sfiorò le orecchie, provocandole una nuova ondata di brividi che le
salì lungo la spina dorsale, e per riflesso il sorriso le si
accentuò in volto, mentre lui continuava – ..potrei anche
abituarmici, sai?
– Non credo
sarebbe una cosa così tremenda.. no?
– Oh, no davvero –
ribatté divertito, prima di cercarla ancora una volta.
Le loro labbra
tornarono a fondersi, mentre al contempo quell'abbraccio veniva
rinsaldato da entrambi. Con una parte della mente ancora attiva,
Yukiko ebbe quasi l'impressione di essere sul punto di fonderglisi
addosso, tale era l'aderenza fra i loro corpi, e la cosa le piacque e
la spinse a reclinare un poco di più il capo verso destra, per
permettergli di entrare più a fondo nella sua bocca. Si godette il
sapore e la morbidezza di quel contatto approfondito, che diede vita
ad una serie di schiocchi umidi e sospiri da entrambe le parti,
finché non furono costretti a staccarsi una seconda volta per
riprendere fiato.
Tornando sollevar le
palpebre sugli occhi verdi, la ragazza ne incrociò un'altra volta lo
sguardo scuro, trovandolo tanto lucido quanto intenso. La vicinanza
era tale che il suo respiro le si riversò dentro le labbra ancora
leggermente schiuse, mentre il suo odore le riempiva le narici e le
offuscava la mente, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che
lui ed il suo viso, le cui gote tradivano un accenno di rossore alla
luce artificiale di quella camera. Era comunque fin troppo
consapevole di un colorito anche più deciso sulle proprie guance, ma
questo era un altro dettaglio che perdeva tutta la sua importanza,
completamente alla deriva delle proprie emozioni. Voleva solo
riprendere da dove avevano appena interrotto, un desiderio
apparentemente del tutto condiviso dal dranzerblader che ancora la
stringeva a sé.
Quei suoi
incredibili occhi sembravano sul punto di prendere fuoco.
– Hai fretta di
uscire?
Lei sbatté le
palpebre una volta sola, deglutendo e passandosi la lingua sulle
labbra in gesto automatico, attirando a causa di questo quegli occhi
di brace su di esse, prima di ritrovare abbastanza voce da
rispondergli – No.
– Bene.
Quell'unica parola
le si riversò come un sospiro sulla pelle del viso, prima che lui
riprendesse a baciarla con trasporto, strappandole un gemito.
Sì, le era
decisamente mancato troppo.
– Yukiko, che
sorpresa! – Kippei li salutò da dietro il bancone del suo
ristorante un'ora più tardi, con quel suo solito modo esuberante
riservato per lo più alla moretta; seppur Kei ultimamente avesse
come l'impressione che questi avesse preso a rivolgersi anche a lui.
– Sono contento di
rivedervi: passate spesso ultimamente!
Ecco. Per l'appunto.
– Volete un tavolo
per due? – fece di nuovo il proprietario e capocuoco, già
adocchiando la sala – O vi faccio accomodare con tua madre?
“Come?!”
La ragazza al suo
fianco si irrigidì immediatamente e lui si voltò di scatto a
guardare verso la sala suddivisa di separé, alla ricerca della
presidentessa della N.C. e del suo sguardo inquisitorio puntato su di
loro. Non lo trovò, così tornò a prestare attenzione allo scambio
fra la sua compagna ed il suo 'zietto'.
– Mia.. mia madre
è qui? – la voce di lei tradì il suo stesso stato d'animo,
condito con una nota di panico che gliela incrinò appena.
Per riflesso il
dranzerblader la cinse ad altezza dei fianchi, stringendola a sé con
discrezione, ma Kippei parve troppo preso dal suo lavoro per notare
alcunché della loro reazione. D'altra parte, quella era una delle
sere in cui il ristorante era solito riempirsi maggiormente, e
sembrava non aver troppo tempo da dedicare loro.. fortunatamente.
– Sì, anche se è
arrivata quasi un'ora fa ormai.. lei e il suo accompagnatore avranno
già finito di mangiare, probabilmente.
A quell'ultima
frase, Kei inarcò un sopracciglio.
– Accompagnatore?
– ripeté automaticamente Yukiko nel frattempo, prima di cercarlo
con lo sguardo e scambiarsi un'occhiata confusa ed interrogativa al
contempo.
In tutta risposta
lui fece spallucce, non riuscendo a capacitarsi di quanto stava
accadendo per primo, e la nightblader ci mise un paio di secondi
ancora prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto
verso il ristoratore, accostata ad un sorriso tirato.
– No.. no, grazie:
non vogliamo disturbarli e poi se hanno già quasi-finito di
mangiare.. – lasciò la frase in sospeso, affrettandosi invece a
dire – Se potessi darci un tavolo in disparte rispetto al loro ci
faresti un favore.. senza comunicarle la nostra presenza, magari.
– Certo, certo –
Kippei fece cenno ad una delle ragazze che accompagnavano ai tavoli –
Capisco: neanche io me la sentirei di immischiarmi nell'appuntamento
di qualcun altro. Ehi Rin! Trova un tavolo per loro dietro al
paravento numero 6.
La cameriera
avvicinandosi annuì al suo datore di lavoro e si avviò verso la
sala, conducendo i due ragazzi sino ad un tavolino a ridosso di una
delle pareti rivestite di carta, non troppo distante dall'uscita.
Quando li lasciò, Yukiko fu lesta a sollevare il menu di fronte al
viso, come a nascondervisi dietro, mentre Kei ispezionò con lo
sguardo l'esigua porzione di sala che poteva vedere da
quell'angolazione, tanto essa era ingombra delle barriere visive
fornite dai paraventi in carta di riso colorata e bambù.
– Li vedi? –
mormorò la ragazza con malcelato interesse.
– No.
Abbassando di nuovo
il menù fin sotto la punta del naso ma non oltre, ora toccò alla
giovane Natsuki ispezionare la sala dalla sua angolazione, con quegli
occhi verdi che guizzavano da un punto all'altro, vivaci e vigili.
Quando arrivò a posare, una manciata di secondi dopo, la rilegatura
del menu sulla superficie del basso tavolo a loro assegnato, il
dranzerblader intuì che nemmeno lei aveva individuato il loro
obiettivo.
Attesero un altro
minuto in piena allerta, restando in ascolto e vagliando il brusio
diffuso dell'ambiente, prima di riuscire a rilassarsi abbastanza da
permettersi di parlare fra loro in tono più normale. Soltanto a quel
punto Kei si prese la briga di osservare con più attenzione la
propria ragazza, mantenendo per contro un'espressione impassibile
mentre lei era intenta a tamburellare le dita sulla superficie di
legno. Definirla nervosa in quel momento sarebbe stato solo un
delicato eufemismo.
– Vuoi andartene?
– le domandò.
La nightblader voltò
lo sguardo di scatto verso di lui, spalancandolo con una certa
sorpresa, prima di riuscire ad aprire bocca e, quando lo fece, la
risposta gli giunse tanto impulsiva da fargli inarcare un
sopracciglio.
– No! – dopo un
secondo lei parve accorgersi della propria reazione e tentò di
rimediare – Cioè.. se preferisci che ce ne andiamo.. – lasciò
ancora una volta la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione
che non gli diede il tempo materiale di esternare, perché subito
dopo tornò a parlare, abbassando lo sguardo sulle proprie mani
intente a giocherellare con il bordo del menu aperto fra loro – In
realtà credo che rischieremmo di farci scoprire se ci muoviamo ora..
e poi – alzò di nuovo il viso e lo sguardo, rivolgendogli un mezzo
sorrisetto alquanto incerto – Ecco.. speravo di poterti parlare di
una cosa..
Il suono di una
franca risata sovrastò per un attimo il brusio generale,
interrompendola e facendo irrigidire ad entrambi la schiena in una
posa dritta come un fusto.
Kei si immobilizzò
meccanicamente in ogni muscolo, riconducendo quello scoppio di
ilarità al tavolo esattamente dietro il paravento alle proprie
spalle. Ma non fu per la vicinanza quanto per la tonalità di quella
voce, la quale gli si insinuò in mezzo alle orecchie con una
familiarità sconcertante, che smise addirittura di respirare per una
manciata di secondi.
– Uhuh! – la
risata artificiosa dal timbro femminile che seguì, più bassa ma non
meno definita ora che egli era in ascolto, gli diede la conferma che
cercava, gelandolo una seconda volta nell'arco di pochissimi secondi
– Sei proprio un ragazzino certe volte, Susumu!
– Mi sento ancora
un ragazzino con te, mia cara! – ribatté allegramente una voce
maschile.
E lui conosceva
quella voce.
Con lo sguardo
ancora puntato sul viso della sua compagna, la vide sbiancare e
sgranare gli occhi, avendo evidentemente colto anche lei quell'ultimo
scambio di battute. Le labbra le si schiusero a fatica e il sussurro
che le sgorgò da esse risuonò strozzato, tanto che lui quasi non la
udì mentre esternava l'unica conclusione a cui era arrivato anche
lui.
– Mia madre..
– ..e mio padre –
terminò lui, per nulla entusiasta, altrettanto sommessamente.
In quell'istante la
cameriera tornò ad affiancarsi al loro tavolo, sorridendo con garbo
e chiedendo loro le ordinazioni, cosa che fece quasi fare un salto a
Yukiko.
– Ehm.. non siamo
ancora pronti, possiamo avere ancora un minuto?
Quella annuì
comprensiva e si allontanò altrettanto lestamente, lasciandoli di
nuovo soli e scombussolati.
Con discrezione
persino Kei si prese il tempo di fare un bel respiro, tentando di
frenare l'agitazione che gli impediva di pensare con la giusta
lucidità. Se davvero i rispettivi presidenti della N.C. e della
Hiwatari erano seduti dietro di lui, separati soltanto da un
sottile foglio di carta di riso..
I suoi pensieri
vennero interrotti dal muoversi della mora ed inarcò nuovamente un
sopracciglio, assumendo un'aria interrogativa, mentre questa si
inclinava sempre più verso l'esterno, cercando di gettare uno
sguardo nella direzione del tavolo. Arrivò persino ad alzarsi dal
suo cuscino, prima di arrivare ad un punto in cui finalmente, proprio
quando Kei arrivò a pensare che si sarebbe fatta scoprire, si
immobilizzò un istante e tornò subito dopo composta al suo posto,
dritta come un giunco e con il colorito del viso simile a quello di
un lenzuolo.
Quando lui la fissò
negli occhi, non era del tutto pronto a ciò che lei gli disse ancora
sotto shock.
– Tuo padre esce
con mia madre!
“Ma co..?”
non fece nemmeno in tempo a terminare quell'interrogativo nella
propria mente che lei ribadì la cosa.
– È un
appuntamento! – insistette in preda all'agitazione, accostando
persino una mano all'angolo destro delle labbra, prima di incitarlo –
Guarda tu stesso!
Non riuscendo a
crederci realmente, colse il suggerimento di lei e la imitò,
cercando di scoccare un'occhiata oltre la barriera divisoria, ma
quando riuscì ad avere uno scorcio di ciò che vi si celava dietro,
fu la visione di un istante prima che tornasse a rimettersi dritto al
proprio posto. Eppure tanto bastò a confermare la versione che gli
aveva appena dato la nightblader: aveva visto suo padre in abiti
eleganti, con un braccio appoggiato sul tavolo e rivolto verso la sua
accompagnatrice, della quale stringeva delicatamente una mano.
Era tutto
vero. I sospetti che aveva avuto sino a quel momento si erano
dimostrati fondati: suo padre era uscito ad un appuntamento galante.
Ciò che non aveva minimamente preso in seria considerazione sino a
quell'istante era l'eventualità che la donna con cui il suo vecchio
si vedeva regolarmente fosse realmente la signora
Natsuki.
La presidentessa
della Natsuki Corporation.
La madre di
Yukiko.
“Cazzo.”
– Che diamine sta
succedendo? – si ritrovò a mormorare fra sé e sé.
Susumu non era altri
che il signor Hiwatari. Il padre di Kei.
Tentando di
respirare profondamente, Yukiko non riuscì a pensare nient'altro per
i successivi cinque minuti, accorgendosi solo con una parte della
mente della domanda a senso unico che era sfuggita alle labbra del
dranzerblader sedutole di fronte. Le ci volle un po', prima di
riuscire a metterne a fuoco la figura e, quando ciò accadde, si
scoprì a chiedersi la stessa cosa.
“Che diamine
sta succedendo?!”
L'espressione
solitamente impassibile dell'altro lasciava trapelare il suo stesso
sconcerto, seppur quelle sopracciglia aggrottate erano un segno che
tentava di contrastare lo stupore a cui erano entrambi stati
sottoposti. Quando lui riuscì spiccicare di nuovo parola, aveva
abbassato ancor di più gli occhi scuri, facendo in modo che i suoi
capelli proiettassero un'ombra sulla parte superiore del suo viso.
– Non l'avrei mai
creduto.. – disse piano – ..non avrei mai creduto che potesse
essere.. – sembrava non riuscire a concludere quella frase, ma non
c'era alcun bisogno che lo facesse: aveva capito perfettamente e una
sensazione di disagio le si insinuò al centro del petto, mentre lui
sembrava altrettanto impossibilitato a reagire – ..da quando..?
Questa volta Yukiko
finì per lui, ritrovandosi ad esternare, con un sorrisetto privo di
ilarità – ..è iniziata? Parecchio, a quanto ne so. Da prima che
tornassimo.
Le proprie stesse
parole le risuonarono nella mente con una nota amara che non fece
altro che farle chiudere in una morsa la bocca dello stomaco. Si
ritrovò meccanicamente a stringere i pugni, avvertendo una nota di
fastidio dentro di sé che reclamò la sua attenzione. Comprese di
non esserne felice. Proprio per niente.
Sua madre le aveva
tenuto deliberatamente nascosta quella verità per tutto quel tempo..
costringendola persino a mentirle.
Quella
considerazione la indusse a scuoter appena il capo in segno di resa
ma, subito dopo aver ceduto al bisogno di avere un appoggio concreto
sotto i gomiti, quella nuova angolazione le permise di cogliere -
così come poté senza dubbio fare Kei - parte della conversazione
che stavano affrontando i loro genitori dietro a quel paravento.
– ..non è stato
facile per lei.. – quelle poche parole, le prime che comprese senza
ombra di dubbio, la fecero irrigidire nuovamente in ogni muscolo,
tesa come una corda di violino. Stavano parlando di lei? Trattenne
persino il respiro, nel tentativo di cogliere il dire successivo –
..è sempre stata una ragazza piuttosto introversa, ma dopo quel che
è successo con quel ragazzo.. Oddio...
Per un attimo Yukiko
credette di essere sul punto di avere un capogiro. Sua madre stava
raccontandogli della storia di Manabe!
Incrociando lo
sguardo di Kei, lo vide immobile tanto quanto lei, sebbene con
un'espressione più tesa, quasi corrucciata. Nemmeno lui sembrava
entusiasta di ciò che stava arrivandogli all'orecchio.
– ..ora capisco..
– a quel punto colse distrattamente la replica del signor Hiwatari,
anche se il resto del suo dire le giunse troppo ovattato per esserle
comprensibile. Così non fu per la voce di sua madre un paio di
secondi dopo.
– Il trasferimento
è stato un bene, ma non so se si sia davvero ripresa del tutto.. –
il brusio circostante coprì parte della frase successiva – ..nuovi
amici, per questo.. – nuova pausa di incomprensione – ..con tuo
figlio speravo che.. – il resto le giunse confuso ma il senso
l'aveva intuito.
– Kei è riuscito
più volte a vanificare i miei tentativi – la voce del presidente
risuonò improvvisamente nitida nel suo timbro tipicamente baritonale
e questa volta fu il dranzerblader a tradire la sua attenzione,
drizzando leggermente la schiena e bloccandosi ancora una volta in
quella posa rigida – Non è mai stato facile averci a che fare e mi
sorprende che si siano avvicinati tanto..
– Non tutto è
perduto, Susumu – intervenne la signora Natsuki con tono più
morbido – Ricorda che c'è ancora una speranza, da quel che mi hai
detto. In fin dei conti, potrebbero essere riusciti dove noi come
genitori abbiamo fallino sino ad ora.. non dimenticare che sono
ragazzi.
– Sì – il tono
dell'altro era più sicuro, più fiducioso – A tal proposito ho già
messo in moto.. – il rintocco costante di un paio di zoccoli di
legno fece perdere parte delle parole a seguire e quando la mora
riuscì a distinguere qualcosa di ciò che il presidente stava
dicendo, ormai aveva già terminato – ..sono fondati, ne avremo
presto una prova.
– Tutto ciò che
potrà scoprire sul loro rapporto andrà a nostro vantaggio.
A quelle ultime
parole, il senso di colpa che aveva provato negli ultimi tempi sino a
quel preciso istante svaporò dall'animo della mora, come se non
fosse mai esistito. Al suo posto iniziò a montarle in petto
un'irritazione che la costrinse a chiudere gli occhi, corrucciata in
viso mentre lo abbassava, lasciando che i propri capelli glielo
adombrassero al pari di quanto aveva fatto il suo compagno poc'anzi,
tesa tanto da arrivare al punto d'essere pronta a scattare come una
molla.
E, ricordando i
propri propositi per quella serata, non riuscì a trattenersi.
– Ne ho
abbastanza... – mormorò in un soffio.
Appoggiando ambo le
mani di nuovo aperte sul bordo del tavolo si sollevò in piedi in un
movimento talmente brusco da far sussultare la cameriera che stava
nuovamente tentando di avvicinarsi a loro. Kei per contro non si
mosse e, quando lei ne incrociò gli occhi scuri leggermente
spalancati, si ritrovò a rimarcare dentro di sé quanto le era
appena sfuggito con un sorriso contrito.
Era giunto il
momento di mettere le cose in chiaro, specialmente con sua madre.
Quando si mosse sul
parquet, questo cigolò appena, rumore che venne soffocato dalla
cacofonia circostante, sebbene questa non fosse mai risultata
eccessiva nel suo volume. Percepì più di un paio di occhi puntati
addosso a sé, ma non se ne curò mentre, sollevando il mento,
superava il separé.
Si fermò
esattamente accanto al tavolo dei due presidenti, i quali tardarono
un momento a zittirsi. Calò il mutismo soltanto quando la mora
incrociò il loro sguardo, vedendoli farsi simili a statue di sale di
fronte a lei. Un vago movimento alla propria sinistra le rese noto,
senza doversi prendere il disturbo di accertarsene, che il
dranzerblader l'aveva raggiunta e si era fermato a sua volta,
calamitando per un istante l'attenzione dei due.
– Yuki-chan..
che.. che sorpresa.. – se ne uscì con voce carica di tensione la
donna che l'aveva messa al mondo.
– Kei.. – esordì
il signor Hiwatari, prima che un'occhiata da parte dello stesso lo
mettesse a tacere.
Yukiko, tenendo ora
il proprio sguardo di smeraldo sul volto atteggiato in un'espressione
carica di tensione e imbarazzo di sua madre, avvertì la propria
irritazione crescere e gonfiarsi, mutando in una collera che la
raggelò dall'interno. Quando finalmente riuscì a parlare, lo fece
con una tale freddezza ed una impersonalità da farle credere che la
sua anima si fosse distaccata dal suo stesso corpo.
– E così era
questo che non volevi dirmi.
– Lascia che ti
spieghi.. – tentò la presidentessa, in un tentativo di diplomazia
che finì in un buco nell'acqua.
– Non c'è nulla
di cui ti mi debba dare spiegazioni – la contraddisse, senza batter
ciglio – Mi è tutto perfettamente chiaro, ora.
Il signor Hiwatari
fece per dire qualcosa ma Kei lo interruppe sul nascere, incrociando
ambo le braccia sul petto.
– Padre –
esordì, in un tono che risuonò tanto serio e fermo da essere la
causa di una nuova paralisi dei muscoli facciali dell'uomo più
anziano – Credo che tu abbia qualcosa da dirmi. O sbaglio?
La provocazione fece
serrare la mascella al presidente della Hiwatari, che per
contro non disse una parola.
Di fronte a quel
nuovo silenzio, Yukiko non riuscì più a trattenere una smorfia di
sdegno.
– Siete proprio
fatti l'uno per l'altra.
Quell'ultima frase
la sputò come veleno, prima di voltarsi, non riuscendo più a
sopportare l'immobilità a cui la situazione la stava costringendo.
– Andiamo.
Non disse altro e
Kei, dopo averla lasciata passare, la seguì senza una parola mentre
lei si riavvicinava al loro tavolo per prendere la propria borsa. La
voce di sua madre si levò alta nel locale.
– Natsuki Yukiko!
Lei la ignorò, così
come non diede importanza al tono perentorio da lei usato per
chiamarla.
No, questa volta non
l'avrebbe lasciata fare come se niente fosse, si disse.
Si diresse con passo
deciso e la giacca sottobraccio verso l'uscita, mentre una sensazione
di soffocamento iniziò ad attanagliarla alla gola. Doveva uscire;
doveva respirare un po' d'aria fredda e schiarirsi le idee. Doveva
andarsene da lì, e l'avrebbe fatto subito. Assolutamente.
Alla guida della sua
auto, Kei lanciò per la terza volta un'occhiata alla sua compagna
sedutagli affianco, prima di imboccare la strada sulla quale
affacciava casa di lei. Usciti dal ristorante di Kippei, lei si era
scusata e gli aveva chiesto di riportarla a casa, cosa a cui lui
aveva acconsentito con un cenno del capo. Dopodiché non aveva detto
più null'altro.
Durante il viaggio
di ritorno non gli aveva rivolto più la parola ed il silenzio
nell'abitacolo della Camaro era tutt'ora talmente pesante da
dargli l'impressione che l'aria fosse intrisa d'elettricità.
Un'elettricità la cui fonte era proprio la giovane Natsuki lì
accanto.
Rallentò, sino a
fermarsi accanto all'accesso al vialetto di casa di lei e, dopo aver
tirato il freno a mano, ruotò la chiave nel quadrante, spegnendo
finalmente il motore. Tuttavia, contro ogni sua aspettativa, appena
si voltò a guardarla apertamente ruotando persino il busto verso di
lei, trovò la mora con la cintura già slacciata e protesa verso la
maniglia della portiera.
– Scusami – gli
disse in poco più di un sussurro, senza nemmeno guardarlo
direttamente – Non è stata la serata che mi ero aspettata.. mi
spiace.. – un momento di pausa, come se faticasse a mantenere
controllato il tono di voce, nonostante il tenue sorriso privo di
ilarità che le si stava delineando in volto – ..ho bisogno di
stare da sola per un po'.
Kei fece per aprire
bocca e tentare di fermarla ma risultò di un istante troppo lento.
L'aria fresca gli sfiorò la pelle del viso appena la portiera si
spalancò e un istante dopo lei era già sul marciapiede, imboccando
quasi di corsa il passo carraio che irrompeva nella sua proprietà.
Con un'imprecazione fra i denti, lui si slacciò in fretta la cintura
prima di scendere a sua volta dalla propria auto.
Poteva capire come
si sentiva, ma non gli piaceva per niente il suo modo di reagire a
quella storia. Non che lui avrebbe fatto diversamente.. se non fosse
stato per lei, probabilmente, a quest'ora avrebbe persino rotto il
naso a quello che per tutti quegli anni si era spacciato per suo
padre, finendo per questo in un discreto mare di guai. Ma lei era più
importante persino di quella magra soddisfazione, per questo le andò
dietro senza pensarci due volte, sbattendo forse la portiera della
Camaro con più impeto del dovuto, visto il tonfo sordo che
emise nel richiudersi.
Non fece in tempo a
raggiungerla tuttavia: appena raggiunse il cancello aperto, fece
appena in tempo a svoltare l'angolo del muro di cinta che alle
orecchie gli giunse il rumore di un motore in fase di avvio e le luci
posteriori della Mazda 2 si accesero, come ad intimargli
nella loro viva tonalità rossa di stare fermo dov'era.
Così fece, suo
malgrado, arrestandosi appena oltre l'ingresso al cortile, non
potendo far altro che seguire con lo sguardo l'auto mentre faceva
retromarcia e si immetteva in strada con un'unica manovra priva di
sbavature. Si mosse soltanto quando l'auto viola si fu immessa
completamente in strada, ferma il tempo che la ragazza al volante
potesse cambiare marcia, inserendo la prima, ma riuscì a malapena a
raggiungere il marciapiede, prima di vederla sgommare via con uno
stridio di protesta dei pneumatici neri sull'asfalto intriso di
umidità.
Una manciata di
secondi dopo Kei era ancora lì, fermo sul ciglio della strada, lo
sguardo perso nel punto in cui aveva visto scomparire l'auto della
sua ragazza, con l'abbaiare di un cane in lontananza come unico suono
a tenergli compagnia nella quiete della notte.
Inspirò un'ampia
boccata d'aria fredda che gli si insinuò fra i denti, prima di
sollevare una mano e ravviarsi i capelli d'argento nello stesso
momento in cui svuotava i polmoni in uno sbuffo di insofferenza. Non
aveva idea di dove fosse appena andata la sua compagna ed era una
consapevolezza che non gli piacque affatto, specie visto l'umore di
lei.
Preda di una nuova
irrequietezza che lo fece corrucciare visibilmente in volto, digrignò
i denti, piegando le labbra in una smorfia.
– Maledizione!
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Uhaaa!!!!! Eccomi!! Vi sono mancata?!
Finalmente ho di nuovo la linea, ma... ahimé, gli esami incombono, quindi bene o male dovrete avere ancora un po' di pazienza. Non manca molto, rallegratevi, appena riesco a finire il capitolo avrete degli aggiornamenti più rapidi, promesso!! *___*
Intanto, ecco qua il capitolo che aspettavate tutti con ansia: quello dei nodi che saltano al pettine!!!
E siamo anche arrivati al numero 45, per cui mi sento in dovere di ringraziarvi apertamente per i fantastici commenti ed il supporto che mi avete dato tutte fino ad ora. Senza di voi non so se sarei arrivata sino a questo punto, sul serio! Quindi vi ringrazio pubblicamente tutte quante, dalla prima all'ultima! Grazie grazie grazie, per la vostra pazienza soprattutto!
Intanto, siccome sono piuttosto soddisfatta di questo capitoletto, aspetto con trepidazione un vostro nuovo parere, annunciandovi che mancano solo 5 capitoli alla fine. Sì, 5. Li ho già suddivisi e impostati e sto per finire l'ultimo, quindi non ci sono più dubbi.
Non piangete, e se dovete gioire, fatelo con discrezione XD potrei sempre mettermi a scrivere qualcos'altro! Ahahaha!
Mi sono dilungata anche troppo.
Vi mando un bacione *-* e a presto!
La vostra esaltatissima..
Kaiy-chan |
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Capitolo 46 *** Come uno specchio ***
46. Come uno specchio
La serata era iniziata nel migliore dei
modi, quindi perché era dovuta andare a finire così?
Da quando avevano messo piede in quel
ristorante era andato tutto a rotoli. E la colpa era di una sola
persona.
Spento il motore la giovane Natsuki
restò immobile per una manciata di secondi ancora, limitandosi a
fissare la sagoma dell'edificio oltre il vetro del parabrezza. Le
finestre del vecchio appartamento in cui era nata e cresciuta erano
buie, neri occhi di tenebra in un volto squadrato di asettico cemento
armato. Accanto alla rampa di scale che portava direttamente alla
porta d'ingresso allo stesso, posto al primo piano, era ancora
presente il cartello di Affittasi che la proprietaria aveva affisso
dopo che sua madre le aveva comunicato che se ne sarebbero andate. A
quanto pareva era ancora in cerca di un affittuario, nonostante
fossero passati parecchi mesi.
Lasciandosi sfuggire un sospiro, si
decise a piegarsi verso il cruscotto, aprendolo e tirandone fuori una
chiave solitaria dalla base cilindrica, quindi scese finalmente
dall'auto. Il fiato le si condensò subito in una candida nuvoletta
al primo respiro, ma lei non vi prestò la benché minima attenzione,
facendo scattare la chiusura automatica e avanzando verso la
rampa in metallo.
Aveva tenuto la propria copia di quella
chiave per ricordo, ma non aveva mai creduto di riutilizzarla.
No, non aveva mai pensato neanche per
una volta di tornare lì, prima di quella sera.
Eppure ora sentiva di non aver altro
luogo in cui andare per poter stare sola con sé stessa.
“Non scordarti di me” le
risuonò nelle tempie la voce del suo bitpower, seppur più morbida
del solito.
Inarcò un sopracciglio ma non disse
niente, fermandosi davanti alla porta e inserendo la chiave nella
toppa.
Come avrebbe potuto dimenticarsi di
Night?
Il clangore della serratura che
scattava le risuonò talmente familiare nelle orecchie che finì per
aspettarsi di venir accolta dal familiare odore di bruciato assieme
ad una versione più giovane di quattro o cinque anni di sua madre,
intenta ad impazzire ai fornelli nel cucinotto, illuminato appena
dalla luce della lampada da parete dello stesso. La porta d'ingresso
ruotò sui cardini senza sforzo, dandole accesso ad uno spazio
immerso nell'oscurità e nel silenzio assoluto. Gli unici suoni
provenivano dall'esterno e, dopo un paio di secondi d'esitazione,
Yukiko si risolse a fare quel passo avanti che la fece entrare
definitivamente, accompagnando il battente blindato con una mano
finché questo non tornò al suo posto, esiliando il mondo esterno
fuori da quell'ambiente.
Come spinta dalla sensazione di
familiarità che le attanagliò il petto, attraversò il cucinotto su
cui dava l'ingresso al buio, finché non entrò nella stanza che
avevano usato per salotto, trovando l'interruttore della luce
esattamente dove ricordava. Quando tuttavia, l'istante dopo illuminò
l'ambiente, lo trovò spoglio, delimitato soltanto dalla presenza
delle due porte scorrevoli laterali che separavano l'ambiente dalle
due stanze adiacenti. Il tavolino, il basso ripiano di legno in cui
originariamente era stata posizionata la televisione.. tutto sparito.
Così come sapeva non esserci più alcuna stoviglia o batteria di
pentole nei ripiani alle proprie spalle, accanto al lavandino ed ai
fornelli a gas.
Sullo stipite della porta sotto la
quale stava ancora attardandosi, le tacche incise nel legno erano
state riverniciate, cosicché la traccia dei suoi progressi in
altezza di anno in anno erano quasi del tutto invisibili.
Mentre si addentrava nella modesta
stanza tuttavia, non furono i ricordi della sua infanzia ad assalirla
mentre posava lo sguardo sull'ampia ed unica finestra che forniva
luce all'ambiente. No, i ricordi che la colsero erano tutti molto più
recenti e vividi in lei e la collera, dapprima presente come un vago
formicolio sottopelle, si ridestò con la stessa rapidità di un
incendio su cui era stata versata della benzina.
“..è sempre stata una ragazza
piuttosto introversa, ma dopo quel che è successo con quel
ragazzo..” le parole di sua madre le risuonarono nella mente
inaspettatamente nitide, facendole stringere i pugni mentre si
arrestava di botto sul posto. In un angolo, la sagoma luminescente di
Night era appoggiata al muro accanto al vano dell'ingresso, le
braccia incrociate sul petto e lo sguardo di ghiaccio fisso su di
lei.
Ignorando quegli occhi di un azzurro
incredibile, la mora tornò a muoversi, mentre sprazzi del discorso
origliato per caso tornavano ad affacciarlesi alla mente. Ed ogni
passo, ogni secondo avvertì la propria delusione, la profonda
contrarietà e l'irritazione farsi più pressanti, gonfiandolesi in
petto finché alla fine non si ritrovò a sbottare verso il suo
bitpower, rimasto sino a quel momento in attesa.
– Io non posso crederci! – esclamò.
Night inarcò un sopracciglio, senza
comunicarle ancora alcunché, cosa che le permise di continuare coi
suoi improperi, tirando pian piano fuori ogni cosa.
– Credevo di potermi fidare –
affermò infatti, riprendendo a girare per la stanza come una fiera
in gabbia, liberandosi del giubbotto e della borsetta, che lasciò
ricadere per terra senza alcuna grazia mentre proseguì – Credevo
che il suo ruolo di madre fosse una garanzia sufficiente al fatto che
non sbandierasse i miei affari in giro..
Il suo migliore amico la seguì con
quel suo sguardo imperturbabile, abbozzando un accenno di mezzo
sorriso prima di far sentire la propria voce “Non ti sembra di
essere un po' troppo esagerata? In fondo non li stava sbandierando a
chiunque..”
– È proprio questo il punto! –
esplose Yukiko, arrestandosi nuovamente di botto per rivolgersi al
suo interlocutore dall'altro capo della stanzetta – Li stava
raccontando a lui! Al padre di Kei! – si ravviò i capelli
scuri con una mano, deviando il proprio sguardo verso la finestra in
un momento di esasperazione. Il suo riflesso la fissò di rimando con
la stessa espressione tesa, prima che si voltasse di nuovo verso
Night – L'uomo con cui è uscita per tutto questo tempo.. il Susumu
di cui lei mi ha parlato.. era lui! Mioddio.. – un'occhiata
anche al soffitto, come se lì potesse trovare le risposte alle
proprie parole – Che staranno architettando stavolta?!
“Forse niente che vi riguardi..”
azzardò ottimisticamente l'altro.
Lo sbuffo ironico che lei gli rivolse
in risposta sarebbe di per sé stata una replica sufficiente, non
fosse per la sua alterazione.
– Peccato che li abbia sentiti dire
il contrario! – sottolineò, rammentando fin troppo bene
l'impressione natale dalle ultime due frasi dei loro genitori, con un
secco movimento del braccio ad esternare una certa esasperazione –
Stanno indagando su di noi.. su di me! Hanno pure assoldato
qualcuno per spiarci! – imprecò di nuovo, richiamando in causa un
Dio fra i tanti mentre tornava a ravviarsi i lunghi capelli neri e
viola, lo sguardo strabuzzato in un punto imprecisato dell'ambiente –
Come ha potuto? Credevo... credevo che le cose fossero cambiare, che
il nostro rapporto di madre e figlia fosse cambiato, diventando quasi
normale... ero persino pronta a dirle ogni cosa!
Gli occhi di ghiaccio del suo bitpower
non la persero un solo istante, ma non commentò nulla, sfoggiando
soltanto una smorfia tesa sul bel volto.
– Che stupida che sono stata.. –
sospirò a quel punto Yukiko, avvertendo un moto di spossatezza –
..una totale stupida. Mi sono pure sentita in colpa.. ero disposta a
darle fiducia, credendo persino che, per una volta, sarebbe
semplicemente stata felice per me.. e invece sta ancora pensando a
quella storia dell'azienda!
“Cosa te lo fa credere?” le
chiese lui con assoluta pacatezza.
– È evidente!
“Finché non vi parlerete non puoi
dirlo con certezza” le fece notare con pazienza e diplomazia
l'amico e compagno di battaglia.
Stava per rispondergli pan per
focaccia, troppo arrabbiata per prendere davvero in considerazione
l'idea di ascoltare il suo compagno di battaglie, quando lo stesso
reclinò appena il capo verso la spalla sinistra e spostò lo sguardo
in quella stessa direzione, verso il cucinotto e conseguentemente
l'ingresso, come in ascolto.
Un istante dopo un paio di colpetti
alla porta infransero il silenzio appena calato.
La mente ancora in subbuglio della
giovane Natsuki non ci impiegò molto a trarre le sue conclusioni,
ipotizzando che fosse la padrona di casa che, sentendola berciare a
vuoto, fosse passata per capire cosa stesse succedendo nel suo
appartamento.
Con uno sbuffo che la aiutò a
scaricare parte della tensione nervosa, dopo un istante di immobilità
si mosse per raggiungere nuovamente il battente che dava sulla rampa
di scale esterna, iniziando a visualizzare nella propria mente tutta
una serie di scuse e/o motivazioni riguardanti la sua presenza in
quella proprietà. Eppure ogni pensiero che le attraversò la mente
sino a quando non posò la mano sulla maniglia svaporò, dileguandosi
nel nulla, proprio nel momento in cui schiuse l'anta e si ritrovò a
posar lo sguardo sulla persona che, fra tutte, non si sarebbe mai
aspettata di vedere lì davanti.
Uzumi le donò un flebile quanto teso
sorriso, mentre dalle sue labbra già sul punto di schiudersi
fuoriuscì una nuvoletta di candido fiato.
E Yukiko le sbatté la porta in faccia.
Kei esternò una nuova nuvola di fiato
condensato, che si disperse in fretta nella notte gelida della sera.
Con lo sguardo abbassato sul display
del suo cellulare e l'espressione corrucciata, vide l'ora scandire le
22:18, ma nessun nuovo messaggio. Dopo una manciata di istanti
ancora, sbloccò lo schermo e fece partire la chiamata, accostandosi
quindi il telefono all'orecchio destro. Un secondo dopo ecco partire
di nuovo il messaggio registrato dell'operatore telefonico, che con
timbro femminile quanto impersonale lo informò per l'ennesima volta
dell'irraggiungibilità del numero da lui selezionato.
Fantastico. Davvero fantastico.
– Tsk.
Con un movimento carico di tensione
repressa si infilò nuovamente cellulare e mano all'interno della
tasca del giubbotto, tornando a spaziare lo sguardo tormentato verso
il cielo punteggiato di nubi di fine Novembre. Si intravedevano solo
poche stelle e non v'era alcuna traccia della luna calante, ma non
erano gli astri notturni ciò che sperava inconsciamente di vedere su
quella volta. In realtà sperava di trovarvi un segno;
qualcosa che gli dicesse il senso di ciò che era accaduto quella
stessa sera.
Cazzo! Le cose non potevano
andare lisce per una volta?
Finalmente era tornato. Finalmente era
riuscito a riabbracciarla ed aveva persino avuto l'impressione che ci
fossero stati tutti i presupposti a far nascere l'atmosfera giusta
per parlarle. Aveva creduto che quella sarebbe stata La sera.
Digrignò i denti in una smorfia di
frustrazione, avvertendo nuovamente una fitta di disagio al pensiero
di non aver idea di dove fosse Yukiko.
“Vedrai che starà bene..”
tentò di dirgli l'Aquila, la cui forma eterea era presente al suo
fianco già da una manciata di minuti.
– Umphf.
L'attimo dopo si ritrovò a pensare a
colui a cui aveva attribuito tutta la colpa: suo padre.
Era già tornato alla villa ma del suo
vecchio non c'era ancora traccia. Probabilmente si stava trattenendo
con la signora Natsuki a parlare di quanto accaduto, forse per
decidere come comportarsi da quel giorno in avanti. Oppure stavano
brindando, incuranti di ciò che avevano scatenato con i loro
comportamenti da arroganti uomini d'affari.
– Tsk – ripeté fra i denti,
corrucciato in viso nel distogliere lo sguardo dalla volta celeste.
Tirando un'altra volta il cellulare
fuori dalla tasca compose il numero della sua ragazza, pregando con
tutto sé stesso di non sentire altra voce se non la sua.
“Non ti sembra di esagerare?”
– Quella è proprio l'ultima
persona che vorrei vedere in questo momento!
“Fuori ci saranno 5 gradi a dir
tanto” ribatté imperturbabile Night nel cucinotto.
– Chissenefrega!
Yukiko scoccò un'occhiataccia talmente
penetrante al suo bitpower, da fargli inarcare un sopracciglio.
S'era rifugiata in quel piccolo
appartamento col preciso intento di stare lontana da tutto ciò che
era la causa o l'eventuale valvola di sfogo del suo pessimo umore.
Non aveva alcun bisogno di alimentarlo, ritrovandosi davanti una
delle due persone che aveva deciso di escludere per sempre dalla sua
vita.
– Non voglio parlarle.
“Forse è lei ad aver qualcosa di
importante da dirti.”
– Chissenefrega! – ripeté una
seconda volta la nightblader, sbattendo una mano sull'anta del
portone.
Il suo migliore amico rimase a
guardarla in silenzio per una manciata di secondi ancora, senza
ribattere niente. Si limitò a fissarla con espressione carica di
significato, con quel suo sopracciglio sempre sollevato e le palpebre
mezze abbassate, contornato da quel vago alone di luce bluastra che
illuminava di riflessi il lavabo della cucina ed i vari accessori in
metallo.
Quando il silenzio si protrasse per più
di un minuto, Yukiko si ritrovò a cedere e, con uno sbuffo ed un
secco movimento del braccio di nuovo proteso verso la maniglia,
riaprì l'uscio ritrovandosi davanti la sagoma di Uzumi ancora
esattamente nella stessa posa in cui l'aveva lasciata, con l'ombrello
chiuso appeso al polso e gli avambracci sovrapposti sulla chiusura
del suo giubbotto di nylon color beige.
– Che diavolo vuoi? – le chiese con
ben poco garbo, guardandola malissimo.
La sua coetanea abbozzò un sorriso
contrito. Aveva il viso completamente struccato, fatta eccezione per
un velo di ombretto sugli occhi scuri, e quell'aria di superiorità
che le aveva visto l'ultima volta in volto sembrava solo un lontano
ricordo, con le spalle minute un po' più curve ed il capo quasi
incassato fra di esse.
– Ehm.. – quella indugiò un
istante – ..non ero sicura fossi tu.. ma lo speravo – un'occhiata
nervosa alla strada, prima di tornare su di lei – ..volevo.. ecco,
speravo potessi darmi la possibilità di parlarti.. non ti ruberò
più di un minuto, davvero..
Per una frazione di secondo Yukiko
credette di aver di nuovo di fronte la stessa ragazza che l'aveva
avvicinata a scuola; la stessa che con tanta facilità era riuscita a
guadagnarsi la sua amicizia a dispetto della sua disgraziata
reputazione di ragazzina viziata e snob. Quella sensazione le fece
trattenere il fiato per un primo momento, prima di esternarlo in uno
sbuffo infastidito del naso e fare un mezzo passo indietro, ruotando
su sé stessa.
– Entra.
Solo questo, e la cosa bastò ad Uzumi
per annuire con un cenno del capo e cavarsi dall'aria fredda della
notte. Anche se, si disse la nightblader, si sarebbe meritata di
restarci fino alla fine dei suoi giorni, dannazione!
Richiudendole alle spalle l'anta con un
tonfo sordo, non le rivolse alcuna parola mentre l'anticipava in quel
salottino vuoto, illuminato di una luce artificiale che non arrivava
comunque a ferire gli occhi per la sua tonalità giallastra. Soltanto
quando la sua ex compagna di classe l'ebbe seguita, la mora si voltò
verso di lei a braccia conserte e rimase a fissarla con una freddezza
che si rifletté nelle poche parole che finalmente le rivolse.
– Ti avevo detto che non volevo più
aver niente a che fare con te.
– Lo so – le rispose l'altra
prontamente, seppur abbassando lo sguardo sulle assi di legno del
pavimento sul quale stava ancora ritta in piedi, scalza – Lo
capisco. Non sono stata una vera amica per te, nemmeno per un
secondo.. ed è diventato il mio rimpianto più grande.
– La cosa non mi interessa più
ormai.
– Non potevo comunque non dirtelo –
affermò Uzumi a quel punto, sollevando inaspettatamente i suoi occhi
castani sulla mora con una determinazione tale da lasciarle intendere
la profonda serietà delle sue intenzioni ed il suo tormento – Mi
dispiace. Davvero. Per tutto.
Già piuttosto tesa, Yukiko voltò lo
sguardo su Night, fermo in piedi nel vano della soglia, appoggiato
con una spalla allo stipite, ed i suoi occhi le rimandarono indietro
soltanto calma e un pizzico di sorpresa in quel mare di ghiaccio. Lo
sguardo di Uzumi invece era traboccante di dispiacere, ma in esso la
ragazza scorse anche un barlume di speranza.
Una speranza che fece inarcare ambo le
sopracciglia alla diretta interessata: non poteva crederci.
– Sei qui per questo?! Per dirmi che
ti dispiace?? – l'incredulità le fece alzare di un'ottava l'accusa
nel proprio tono di voce, ma non se ne curò, sentendo di nuovo la
rabbia prendere il sopravvento. Fece un passo avanti, stringendo le
mani a pugno lungo i fianchi, con un'espressione tanto minacciosa da
far indietreggiare di un mezzo passo persino la ragazza che aveva di
fronte – Ma cosa credi? Che un misero 'mi dispiace' possa
risolvere ogni cosa?! – sbottò, prima di sentire affiorare un
sorriso carico di amarezza sulle proprie labbra, quando agli occhi
della mente le comparve il viso di sua madre. Quasi le venne da
ridere ed alzò gli occhi verdi al soffitto, ancora del tutto
impossibilitata a crederci – Io dico che vi è saltato a tutti il
cervello!
– No.
La replica secca dell'altra le fece
abbassare di nuovo lo sguardo, facendole render conto di aver fatto
addirittura mezzo giro su sé stessa in quel breve momento di
irrazionalità. Poca cosa comunque, perché non tornò a
fronteggiarla pienamente, preferendo rimanere profilata alla moretta,
fissandola con un sopracciglio inarcato.
– No – ripeté quella, con aria
greve, tirando fuori parte del coraggio che l'aveva condotta fin lì.
O quello, o una gran faccia tosta, insomma – So bene che non
basterebbe e non te l'ho detto per questo.. volevo solo che tu
sapessi.. ho fatto un grosso errore e ne sto pagando pienamente le
conseguenze, credimi – il sorriso amareggiato che lei sfoggiò fece
perdere ogni traccia di ironia dal viso della nightblader, che non la
interruppe più ma anzi, attese con rinnovata pazienza che
continuasse.
Non dovette aspettare a lungo perché
anche quel fioco sorriso scomparisse dal volto della castana.
– Sai.. le cose non sono andate come
speravo e forse me lo merito.
“Senza il forse” pensò
amaramente Yukiko, prima di avvertire una spiacevole sensazione alla
bocca dello stomaco. Spostando impercettibilmente lo sguardo verso
Night, lo vide scuoter il capo in segno di diniego e quel suo gesto
di commiserazione le fece nascere in volto una smorfia, prima di
tornare sulla sua interlocutrice. Anche lei stava scuotendo il capo.
– ..no, decisamente non è andata
come speravo – ripeté Uzumi.
Quelle parole risuonarono terribilmente
nitide nella mente della blader, tutt'ora rimasta in silenzio ad
osservare la sua interlocutrice, e fu come se il mondo si
capovolgesse davanti ai suoi occhi. Le tornò alla mente ciò che
l'aveva portata lì e quell'unica frase le calzò talmente a pennello
che si sentì come risucchiata in una dimensione parallela.
Una dimensione nella quale era lei la
ragazza con lo sguardo fisso al pavimento e l'aria miserabile; lei
quella con le lacrime agli occhi ed un nodo ben fissato in fondo alla
gola che le impediva di avere il totale controllo della propria voce.
Fu come se, in quel momento, fosse in
piedi di fronte ad uno specchio che riflette non tanto l'aspetto
esteriore, quanto i sentimenti più profondi. Rivedersi in Uzumi le
provocò un'acuta sensazione di disagio mista a nausea che le fece
mordere il labbro inferiore con insistenza e la costrinse a voltarsi,
dandole le spalle con il preciso intento di non darle modo di notare
il suo tormento interiore. Eppure questo non bastò ad impedirsi di
lasciarsi sfuggire il proprio pensiero al riguardo.
– So cosa vuol dire.. – mormorò
atona.
Le sembrò addirittura di poter vedere
il capo dell'altra risollevarsi e ne indovinò fin troppo facilmente
l'espressione sorpresa. Ma questo non impedì alla ragazza dietro di
lei di mormorare pochi istanti dopo un assenso tanto flebile che, se
in quella stanza non vi fosse stato lo stesso silenzio, se lo sarebbe
perso.
A quel punto fu il suo turno di scuoter
il capo in segno di diniego, seppur il motivo che la spinse a farlo
fu quello di cercare di scacciare quella sensazione alienante da sé
stessa.
– Immagino che con Manabe... – non
terminò la frase, riuscendo ad esternarla in tono più fermo e
indifferente di quanto si sarebbe aspettata, puntando l'iridi di
smeraldo sul riflesso che le mandava il vetro della finestra.
Attraverso di esso vide l'altra abbozzare un mezzo sorriso privo di
allegria e deviar lo sguardo alla sua destra.
– Sì... è finita.
Il silenzio che seguì sapeva di
dolore, di rimpianto, di delusione... e fu come se quei sentimenti
volessero soffocarla, così Yukiko cedette all'impulso di riempirlo.
– Ho trovato qualcuno – la vide
guardarla con un nuovo stupore, lo stesso che la sua parte razionale
le stava trasmettendo per quell'affermazione, ma la ignorò e
proseguì – ..un ragazzo – specificò, prima di abbozzare un
mezzo sorriso al pensiero del dranzerblader, di quanto potesse essere
al contempo uomo e bambino insieme – Sto bene con lui – ammise,
prima di avvertire l'impulso di dire di più, come se quanto fatto
fin'ora non fosse abbastanza. Dopo un istante di esitazione lo fece –
Me ne sono innamorata.
Quella confessione le risuonò nelle
orecchie con tutto il suo peso ed il suo significato, quella volta
più di quanto era mai accaduto in precedenza, diverse settimane
prima in Cina. Le fece un effetto strano, non propriamente spiacevole
ma trasmettendole per altro un senso di ineluttabilità tale da
spingerla a voltarsi finalmente su sé stessa, per incrociare lo
sguardo castano dell'altra ragazza. Quando ciò avvenne, avvertì la
rabbia ed il rancore ormai scomparsi dal proprio animo, come svaporati,
sopraffatti da una spossatezza interiore che lei per prima non era in
grado di combattere. Sorrise.
– E ciò che provo per lui non è
neanche lontanamente paragonabile a ciò che sentivo per Manabe –
le spiegò, realizzando forse per la prima volta lei stessa quella
verità – Perché non ci si può innamorare davvero di una
menzogna.. ed era solo questo che c'era fra noi: una bugia. Tutto
falso, dall'inizio alla fine – tacque un istante, soppesando una
nuova sensazione. Fu come se si fosse finalmente tolta un peso dal
cuore e, incrociando gli occhi di Night ancora fermo accanto allo
stipite della porta, ne ricambiò il sorriso prima di tornare a
guardare Uzumi – E so perfettamente che penserai che mi sbaglio, ma
sono convinta che anche tu capirai ciò che sto dicendo un giorno..
anche tu troverai qualcuno che ti farà capire cosa vuol dire davvero
amare una persona con tutto il cuore per quello che è.. ma accadrà
soltanto quando sarai totalmente sincera con te stessa e con gli
altri.
La stanchezza di quella giornata si
fece sentire ancora una volta e Yukiko si ritrovò a desiderare di
tornare a casa.. o, anche meglio, di tornare da lui.
Sospirò, muovendosi per attraversare
la stanza e passare oltre alla sua ex migliore amica, ma quando
quella tentò di aprire bocca la interruppe sul nascere.
– Non pensare che te l'abbia detto
perché in qualche modo ti ho perdonata – la frenò immediatamente,
desiderando metter le cose in chiaro prima di raggiungere la porta e
raccogliere le proprie poche cose dal pavimento – Ti ho detto
questo solo per fartelo sapere.
Non aggiunse altro e voltò l'angolo,
entrando nel cucinotto e raggiungendo l'atrio. Le giunse la voce di
Uzumi ma non la stette a sentire, ignorandola per aprire nuovamente
il portone verso l'interno e lasciarvi le chiavi appese. La folata
d'aria gelida le si insinuò sotto il cappotto, facendole incassare
un poco il capo fra le spalle, ma si fermò giusto il tempo di
voltarsi verso la sua coetanea e dirle di chiudere la porta quando se
ne fosse andata, prima di lasciarla lì.
Soltanto una volta che fu salita in
macchina, la mora si ritrovò a guardare oltre il parabrezza davanti
a sé senza realmente vedere il mondo esterno. L'oscurità della
notte infranta dal bagliore dei lampioni e dall'unico riquadro
luminoso dato dalla luce ancora accesa nell'appartamento; il silenzio
dell'ora ormai fattasi tarda ad accentuare il profondo sospiro che le
svuotò i polmoni; la sensazione di freddo sulla pelle delle mani
aggrappate indolentemente al volante.. ogni cosa le trasmise una
quiete che le fece rilassare le spalle e la spinse a tardare ad
accendere il motore.
L'impulso di andare a casa era già
sfumato, lasciandole soltanto il dubbio su dove andare ora che era
nuovamente in macchina. Non se la sentiva di tornare, né di
discutere con qualcuno... a dirla tutta, non se la sentiva nemmeno di
chiedere a Kei, ben consapevole che se l'avesse fatto avrebbe alla
fine vuotato il sacco su ogni cosa riguardasse la loro storia. Prese
a mano il proprio cellulare e lo riaccese, valutando l'ora sul
display nuovamente illuminato, ma non fece in tempo ad appoggiarlo
accanto a sé e ad accendere il motore che questo iniziò a squillare
in un susseguirsi continuo di nuovi messaggi. Sussultando alla prima
ondata, Yukiko lo raccolse nuovamente e con orrore crescente si rese
conto che la maggior parte erano avvisi di chiamata del
dranzerblader.
Cazzo!
Nove chiamate, di cui l'ultima meno di
quindici minuti prima.
Stava per sfiorare l'icona di
richiamata quando l'apparecchio vibrò di nuovo nelle sue mani,
avvisandola di un nuovo sms non letto. Questa volta però, non si
trattava né di Kei, né di sua madre. Appena lesse il mittente, entrambe le sopracciglia le schizzarono verso l'alto, in una sorpresa
e una perplessità iniziale che durarono soltanto un paio di secondi.
Subito dopo questi infatti, l'idea che mise fine ai suoi
tentennamenti le balzò alla mente tanto disperata da convincerla a
fare un tentativo e mandò subito risposta, prima di scrivere due
righe anche al suo ragazzo.
Non attese un attimo di più.
Avviò il motore e si immetté in
strada, lasciandosi presto alle spalle quell'area abitata senza saper
ancora dove andare di preciso. Conobbe la sua meta soltanto un minuto
dopo, quando la risposta che attendeva le giunse con tanto di un
indirizzo. Le bastò quello. Spense nuovamente il cellulare e inserì
l'indirizzo sul navigatore gps, già dirigendosi nella zona indicata
senza neanche attendere che questo calcolasse il percorso più
veloce.
Aveva bisogno di vedere un viso amico..
gliene sarebbe bastato soltanto uno.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Bene.. finalmente mi sono decisa!! XD Scusatemi, fra una cosa e l'altra ho tardato ad aggiornare e ne sono consapevolissima... tutta colpa dell'ultimo capitolo: non mi piace, sto cambiandone la stesura e la cosa mi sta impiegando più tempo del previsto, soprattutto perché ho un esame a breve e devo studiare... maledetta ispirazione che salta su nei momenti meno opportuni!
Beh, questo capitolo è incentrato su Yukiko come avrete notato e il motivo è semplice: avevo bisogno di farvi capire dov'era e cos'aveva combinato XD Tanto Kei per contro non ha fatto molto.. quindi diciamo che non vi siete persi niente! Ahah.. dai, vi rifarete nel prossimo capitolo, che è anche abbastanza lunghetto ^__^
Nel frattempo auguro a tutte voi buon resto della settimana, che ora devo proprio scappare!
Vi ringrazio tanto per continuare a seguire e sì, aggiornerò presto, promesso!
Un saluto dalla vostra impossibile
Kaiy-chan |
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Capitolo 47 *** Un epilogo infausto ***
47. Un epilogo infausto
Non ricordava d'essersi mai arrabbiato
tanto.
Era andato tutto storto, dalla prima
all'ultima cosa.
Era incazzato con suo padre per aver
osato arrivare a tanto, ma al tempo stesso era incazzato con sé
stesso ed un po' anche con lei. Con Yukiko.
Sì, era incazzato nero anche con lei
per il modo in cui se n'era andata e l'aveva lasciato lì davanti a
casa sua senza uno straccio di spiegazione, degnandosi di mandargli
un misero messaggio di due righe scarse dopo due ore di assoluto
silenzio. Si era sentito uno stupido. Si sentiva uno stupido persino
in quel momento, se si soffermava a pensarci su troppo a lungo.
La riunione di quel mattino s'era
protratta oltre l'orario d'inizio pausa-pranzo, cosa che aveva
contribuito in maniera esponenziale a fargli saltare i nervi. Che poi
non fosse ancora riuscito ad incrociare neanche per sbaglio suo
padre, per aver così l'opportunità di affrontarlo una volta per
tutte, aveva sortito lo stesso effetto di una valvola di sfogo
guasta.
Perciò, lo sapeva, ormai era sul punto
di esplodere.
Attraversando il corridoio con passo
deciso, il dranzerblader non si risparmiò neanche un'occhiata storta
a chi incrociava il suo cammino, finendo per indurre ogni dipendente
della Hiwatari a scostarsi al suo passaggio in tutta fretta. Persino
appena varcò la soglia della mensa, il brusio abituale ebbe un netto
calo e non pochi sguardi saettarono verso di lui fra il sorpreso e
l'allarmato, per poi deviare in qualche altra direzione, sfuggendo i
suoi occhi di brace. Incurante della cosa, Kei si ritrovò a
corrugare ancor di più le sopracciglia chiare: fra tutte quelle paia
d'occhi, infatti, mancavano proprio quelli che stava cercando.
Dopo una manciata di secondi di
immobilità, fece dietrofront, tornando sui suoi passi e rischiando
per il movimento brusco di urtare uno dei contabili del nono piano.
Se ne fregò altamente, ignorando il modo goffo di quest'ultimo di
spostarsi all'ultimo secondo così come ne ignorò l'esclamazione
soffocata che gli era scappata nel farlo.
L'unica cosa che gli importava, ora,
era trovare lei.
Ma dove cazzo era finita?!
“Forse dovresti calmarti un poco”
gli suggerì atona la voce dell'Aquila nella sua mente “Cosa
pensi di ottenere in questo modo?”
Delle spiegazioni, ovviamente.
“Sai benissimo che le spiegazioni
che vuoi non sono le sue..”
Quelle parole lo fecero bloccare
davanti all'accesso alle scale, le braccia ancora rigide lungo i
fianchi, i pugni chiusi sino a far sbiancare le nocche. Cosa stava
dicendo? Certo che voleva delle spiegazioni da lei! Non gli aveva
nemmeno mandato un messaggio, dopo ieri notte! Non sapeva dov'era
stata, né con chi! L'unica cosa di cui era certo era che non fosse
tornata a casa..
In balia di silenziose invettive contro
il mondo intero, il dranzerblader finalmente si ricordò di aver un
cellulare e senza porre altro tempo in mezzo lo estrasse dalla tasca
dei jeans. S'era a malapena messo la camicia, quel mattino, lasciando
perdere tutte quelle stronzate sull'abbigliamento più consono
all'ambiente di lavoro e tutto il resto. Sul petto gli pesava
addirittura la croce d'argento che solitamente sfoggiava solo quando
usciva la sera, questo più per il fatto di essersi dimenticato di
togliersela che per vera intenzione di sfoggiarla in quell'ufficio.
“Merda!”
Era troppo teso addirittura per usare
il cellulare senza rischiare di sfondarne lo schermo con le dita.
Doveva davvero darsi una calmata.
Inspirando, pensò in un impeto di
frustrazione che quel che gli ci sarebbe voluto era un bell'incontro.
Sì, un incontro di Beyblade lo avrebbe
fatto scaricare e concentrare su qualcos'altro, dando il tempo al suo
cervello di elaborare l'intero accaduto senza minacciare di implodere
o fargli venire un embolo. Avrebbe sfogato la tensione nervosa che
gli accendeva lo sguardo di lampi incandescenti e sarebbe riuscito ad
affrontare la situazione con il giusto autocontrollo e la solita
padronanza di sé.
Peccato che non ne aveva la
possibilità. Non in quel momento. Prima doveva trovare Lei!
Facendo partire la chiamata, si accostò
il cellulare all'orecchio ed attese, ascoltando con sempre meno
pazienza il susseguirsi di squilli a vuoto. Ne contò sei, prima che
la ragazza dall'altro capo si degnasse di rispondere.
– Pronto?
– Dove sei? – spiccio, freddo come
il ghiaccio. La sentì esitare per un secondo.
– Sul tetto...
Non le lasciò il tempo di aggiungere
altro che riattaccò, imboccando di nuovo il corridoio per arrivare
così davanti all'ascensore. Per questa volta fu abbastanza
fortunato: le porte gli si spalancarono praticamente davanti e lui
poté entrarvi senza dover attendere che chicchessia
scendesse. Non degnò di un'occhiata i tre dipendenti all'interno, si
accostò alla pulsantiera e ne spinse il bottone dell'ultimo piano
con una certa veemenza, prima di incrociare le braccia e, con un
cipiglio più che evidente, appoggiarsi ad una delle pareti di
metallo con una spalla. Si predispose così ad attendere che la sua
ascesa terminasse al piano desiderato, lo sguardo basso e
un'imprecazione mentale dietro l'altra per ogni sosta effettuata da
quella cabina. Quando finalmente poté scendere, mettendo piede sul
pavimento piastrellato dell'ultimo piano, ne era assolutamente
convinto: la prossima volta ci avrebbe sicuramente messo meno tempo
facendosi quelle dieci rampe di scale a piedi.
Sicuramente.
Tenendo il cellulare ancora di fronte a
sé, Yukiko tardò a rimetterlo in tasca, osservando il display con
aria ansiosa e tormentata al contempo.
– È successo qualcosa?
Quella domanda la fece voltare verso il
suo interlocutore, seduto come lei sulla pavimentazione di quel tetto
che era a tutti gli effetti un giardino pensile. Gli occhi ambrati di
Shinnosuke la scrutavano con una punta di curiosità, seppur il suo
tono avesse lasciato trapelare una nota di preoccupazione; per questo
la mora si ritrovò a sorridergli in un tentativo di rassicurazione.
– Nulla di grave, davvero. Non
preoccuparti.
Kei non le aveva risposto dopo quel
messaggio. Non l'aveva neanche cercata, stando alla mancanza di
avvisi che aveva riscontrato quel mattino, quando aveva riacceso il
cellulare dopo aver fatto colazione a casa di Hilary. Quel silenzio
si era protratto per tutta la mattinata, una cosa che aveva minato il
suo umore già pericolante, facendola sprofondare in un'acuta
depressione. Quando poi non l'aveva incontrato come al solito
all'inizio della pausa pranzo, le era nata nel petto una fitta che le
aveva gelato il cuore e si era diffusa nel resto del suo corpo,
facendola rabbrividire di freddo.
Un freddo che tutt'ora la stava
attanagliando, combattendo il fioco tepore del sole autunnale che
tutt'ora splendeva su di loro e rendendo perciò vana quell'uscita
sul tetto. Il cielo era sereno, spazzato da un debole vento che in
quell'ora più calda s'era quietato abbastanza da permettere ad
entrambi di restare a godersi il bel tempo. O almeno, provarci.
Yukiko non ci stava riuscendo, men che meno in quel momento, dopo
aver finalmente sentito la voce del suo dranzerblader.
Una voce talmente fredda da risuonarle
nelle orecchie come una pugnalata in pieno petto.
Non aveva alcun dubbio: era in arrivo
una tempesta. Metaforicamente parlando, ovviamente.
– Qualche problema con Hiwatari?
La tensione che già la permeava in
ogni muscolo la fece quasi sussultare a quella domanda diretta e si
affrettò a riporre nella borsa il cellulare mentre gli rispondeva,
evitandone lo sguardo con un sorrisetto nervoso.
– No, figurati! Che problema dovrebbe
esserci? – una domanda retorica che cadde nel vuoto, suonando vuota
persino a lei. Per questo tentò di riempire quella sensazione con
nuove parole – Davvero, sarà una cosa da nulla..
– Quello ha una pessima reputazione –
se ne uscì senza preavviso lui, interrompendola con fare noncurante
ed inducendola a scoccargli un'occhiata fra il guardingo ed il
sorpreso. L'aveva presa totalmente alla sprovvista, effetto che si
accentuò alla vista del tranquillo sorriso che aveva in volto.
Quel sorriso glielo aveva visto spesso
nei giorni passati, ogni qualvolta avevano avuto occasione di parlare
e, sebbene con un certo sconcerto della mora, avevano finito per
passare quasi tutto il tempo libero alla Hiwatari insieme da
quando si erano presentati, quella volta in corridoio. Per questo,
sebbene certo fossero pochi i giorni trascorsi a quel modo, inarcò
suo malgrado un sopracciglio, lasciando affiorare la propria
perplessità riguardo quelle parole.
– Di cosa stai parlando?
– Ho sentito delle voci di corridoio:
pare sia un tipo poco raccomandabile – le rivelò lui, apparendo
quasi mortificato della cosa, prima di proseguire – ..è stato
coinvolto più d'una volta in qualche rissa ed i ragazzi con cui
girerebbe sembra siano tutti dei 'figli di papà' che hanno,
come concetto di divertimento, quello di passare le serate a
sbronzarsi con donne sempre diverse.
– Ah... – se ne uscì Yukiko,
impietrita, senza riuscire ad aggiungere altro, prima di venire
anticipata ancora una volta.
– Insomma, non voglio farti la
paternale, anche perché sarebbe strano visto che abbiamo quasi la
stessa età.. ma, fossi in te, ci starei attento ad uno come lui..
Sorpresa, la nightblader lì per lì
non seppe cosa rispondergli, aspettandosi di tutto tranne un discorso
simile da parte di qualcuno appena conosciuto. Ebbe quasi la netta
sensazione che le cose le stessero iniziando a sfuggire di mano; una
sensazione sgradevole, che la spinse a sfoggiare un sorriso a metà.
Poco dopo, sul punto di ribattere qualcosa nel modo più cordiale
possibile concesso dalle circostanze, vennero tuttavia interrotti dal
rumore della porta di servizio che si spalancava, cosa che la indusse
a voltarsi di scatto in quella direzione, spalancando le palpebre.
Sotto i suoi occhi, Kei fece un passo
avanti, fermandosi a fissarla con un'espressione che ella riuscì
soltanto a classificare come 'di pietra', malgrado i suoi
occhi si fossero appena altalenati da lei a Shinnosuke e viceversa.
Una folata di vento più fredda spazzò il tetto, scompigliando loro
i capelli e insinuandosi sotto gli abiti, infrangendo quel silenzio
calato a dividerli all'improvviso con il suo fruscio.
Per Yukiko fu come se il mondo intero
perdesse importanza, come se non vi fosse più altro a parte loro
due, cosa che contribuì a farla sprofondare in sé stessa.
Dio, era bello persino da
arrabbiato. Perché sì, per lei era evidente quanto in realtà lo
fosse, nonostante l'aria apparentemente imperturbabile che ostentava.
Lo poteva indovinare dalla forma delle spalle, dalla linea tesa della
mascella, dalla posa delle braccia lungo i fianchi, culminanti con
due mani chiuse a pugno, mentre si stagliava stoico contro quella
carezza gelida che gli schiuse maggiormente il colletto della camicia
nera e le permise di cogliere il riverbero prodotto dal pendente a
forma di croce che teneva al collo, appeso ad una catenina del
medesimo metallo grigio.
Quando il dranzerblader si soffermò
per un lungo momento a fissare il ragazzo che era con lei, la mora
sentì una nuova tensione permearla da capo a piedi, inducendola ad
alzarsi in piedi per pararglisi innanzi. Alla mente le tornarono le
parole che Shinnosuke le aveva proferito poco prima, per quanto
razionalmente queste per lei non potessero aver alcuna importanza e,
in una situazione diversa, le avrebbe sicuramente accantonate in un
battito di ciglia.. invece, in quell'occasione non le fu così
semplice farlo, serrando le labbra in una smorfia che tradiva tutta
la sua ansia.
– Dobbiamo parlare – esordì il
ragazzo dai capelli d'argento, interrompendo il silenzio che era
calato fra loro. Quelle parole non ammettevano repliche e lui non si
mosse, cosicché fu la sua voce ad attraversare i pochi metri di
distanza fra loro, prima che scandisse, senza ombra di incertezza –
da soli.
Quella precisazione le bloccò ogni
muscolo, pietrificandole il sangue nelle vene, ma la sua mente dopo
un primo istante di assoluta sorpresa, si ribellò.
No.
Era stanca di nascondersi; era stanca
di mentire..
Shinnosuke si mosse dietro di lei, ma
Yukiko, cogliendo con la coda dell'occhio quel movimento, allargò il
braccio destro per frapporlo fra lui e quella porta. L'irritazione si
riaccese in lei, questa volta rivolta verso quello che da più di un
mese e mezzo era il suo ragazzo.
– Lui resta – ribatté senza più
alcuna incertezza, in un tono di sfida che la spinse a sollevare
persino il mento.
Quella reazione parve prendere in
contropiede il blader di fronte a lei, perché questi inarcò un
sopracciglio in un primo momento. Il successivo, sembrò tuttavia che
gli argini che si era costruito per contenere il suo umore si fossero
finalmente infranti, perché le scoccò uno sguardo tanto tagliente
da costringerla a ricambiarlo, stringendo al contempo la mano ancora
accostata al proprio fianco a pugno.
– Bene – le rispose ancor più
freddamente, facendo un mezzo passo avanti. Si richiuse la porta alle
spalle con un unico movimento del braccio, imprimendo in esso tanta
forza da far risuonare il tonfo che ebbe il battente sino alla base
del vano scale su cui si apriva.
Quel suono la fece sussultare e
riavvicinò il braccio a sé, improvvisamente impaurita di fronte
alla furia espressa dell'altro, il quale finalmente si mosse,
avanzando verso di lei con un'andatura dalla quale era evaporata ogni
fluidità. Un'occhiata sommaria le rivelò che non dovesse esservi
più traccia di un solo muscolo rilassato in quel corpo a lei noto.
– Inizia a dirmi chi cazzo è
lui.
Nessuna inflessione particolare, nessun
sentimento che non fosse un astio tagliente ella riuscì a cogliere
nel giovane, del quale l'intimidazione la prese alla sprovvista. Aprì
la bocca per parlare ma a quel primo tentativo la voce, infame
traditrice, le venne a mancare, dando il tempo al dranzerblader di
fermarsi a meno di due metri da lei. I suoi occhi, fissi in quelli
verdi di lei, ardevano come braci incandescenti.
– Io sono Takumi Shinnosuke – si
fece a quel punto avanti il diretto interessato, comparendo affianco
alla nightblader e prendendola alla sprovvista. Voltandosi a
fissarlo, lo vide sfoggiare quell'aria tranquilla ed incurante che
gli aveva visto spesso addosso, in quel suo sorriso sicuro di sé e
gentile al tempo stesso. Una gentilezza che tuttavia nascondeva una
sfumatura più tagliente ora che i suoi occhi d'ambra si fissarono su
Kei – Un nuovo amico di Yukiko.
Merda.
Quell'esordio le tolse il respiro, come
se l'aria di tutto il pianeta fosse stata risucchiata da un buco nero
il cui centro era proprio il dranzerblader. Questi sembrò sul punto
di incenerirlo senza una parola, prima di riservare lo stesso sguardo
anche a lei, in accompagnamento ad un mezzo sorriso privo di
qualsiasi ilarità.
– Un tuo amico, eh?
I sottintesi racchiusi in quell'unica
parola la fecero arrossire, preda di un improvviso sdegno che
riaccese, in una vampata di tutto rispetto, la sua irritazione,
facendole ritrovare la voce persa poc'anzi.
– Un amico – ribatté con
veemenza, punta sul vivo, offesa, oltraggiata da
quell'allusione maligna.
In cuor suo non considerava ancora
Shinnosuke un amico, ma era stata spinta dall'impulso del momento a
rimarcare quelle parole con quel tono. Che lui avesse pensato, spinto
da un qualche tipo di gelosia, all'eventualità che lei avesse potuto
guardare qualcun altro all'infuori di lui la faceva andare
letteralmente in bestia. Con chi diamine credeva di aver a che fare?!
Lo sguardo che gli restituì non ebbe
niente da invidiare a quello di lui di poc'anzi, mentre stringeva
convulsamente i pugni lungo i fianchi.
– Che razza di opinione ti sei
fatto?! – gli domandò, cedendo all'impulso di esternare ciò che
pensava – Non sono io quella che ha passato gli ultimi anni della
sua vita a scoparsi chiunque avesse un paio di tette!
Colpito.
Kei digrignò i denti, punto sul vivo a
sua volta a quell'accusa, e le sue spalle ebbero un fremito, ma lei
non gli lasciò aprire bocca. Col respiro rotto a causa della
tensione, afferrò con un movimento rapido il proprio beyblade,
tirandolo fuori dalla tasca per rivolgerne il bit in sua direzione,
lo sguardo fermo e tagliente. Se davvero era bastato così poco per
fargli dimenticare chi fosse, ci avrebbe pensato lei a spolverargli
la memoria.
– Risolviamo questa cosa a modo
nostro! – lo spronò, senza più alcun tentennamento.
Aveva preso la sua decisione: solo così
avrebbero messo fine a quella situazione; solo così si sarebbero
chiariti. Per quanto il blader infatti potesse essere chiuso in sé
stesso e non abituato a parlare, quando scendeva in campo era
tutt'altra cosa e lei ne aveva avuto la prova ormai più d'una volta.
In campo, il suo ragazzo tirava fuori un'espressività che, seppur
sottile, era sempre meglio di quel muro di indifferenza che, con un
impeto inatteso, le era venuto a sbattere contro.
L'iniziale momento di stupore che gli
fece così inarcare un sopracciglio, venne presto accantonato da un
lievissimo tremito dell'angolo destro delle sue labbra, che si
sollevò verso l'alto prima che il blader di fuoco infilasse la
mancina in tasca ed estraesse Dranzer dai jeans.
– Come vuoi..
Kei si mise in posizione dopo che la
moretta ebbe recuperato il suo lanciatore dalla borsa e finalmente
quel tipo dai capelli biondi si fece da parte, incitato dalla ragazza
stessa, per lasciar loro lo spazio che gli serviva.
Fissandosi l'un l'altra con il medesimo
sguardo combattivo e penetrante, il dranzerblader si ritrovò a
pensare che sì, la splendida ragazza che lo stava fronteggiando in
quel momento era proprio l'unica che avrebbe potuto considerare
“sua”. Solo a lei sarebbe venuto in mente di sfidarlo;
solo lei avrebbe avuto l'intuizione che il modo più rapido e sicuro
per risolvere ogni cosa con lui era un incontro di Beyblade.
Non dovette attendere molto, prima che
Yukiko si mettesse in posizione ad una manciata di metri di distanza,
ed appena questo avvenne scandì il conto alla rovescia.
– Tre.
– Due – fece lei di rimando, con il
medesimo tono combattivo.
– Uno..
– Pronti.. Lancio! –
esclamarono all'unisono, azionando il lanciatore.
Imprimendo tutta la sua forza nel
lancio, Kei digrignò i denti mentre Dranzer sfrecciò ad altissima
velocità verso il centro dell'area che lo separava dalla sua
avversaria e compagna, al pari di ciò che fece Night nello stesso
momento. Le trottole di due diverse tonalità di blu si scontrarono,
mandando scintille per poi riallontanarsi di scatto a causa del
contraccolpo inferto e subito. La lieve onda d'urto che arrivò a
sfiorare il volto dei due contendenti ed a smuoverne i capelli neri e
d'argento, gli fece batter una volta sola le palpebre mentre la
concentrazione, ormai preda di tutto il suo essere, gli fece seguire
con sguardo fisso la traiettoria circolare seguita dai due beyblade,
intenti a girarsi intorno.
Fu in quel momento di stasi, il quale
si protrasse per qualche minuto - entrambi fin troppo consapevoli che
l'iniziativa avrebbe decretato la vittoria o la sconfitta - che la
voce di lei lo raggiunse, tanto fredda quanto alta a sovrastare il
rumore delle due trottole in gioco.
– Io non riesco a credere che tu
abbia davvero pensato ciò che hai detto!
Kei si riscosse, sollevando lo sguardo
sulla mora a qualche metro da lui: sembrava rigida nella sua posa,
con le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi, per non parlare di
quegli occhi, di un verde tanto intenso quanto cupo. Ricordando
l'impulso che lo aveva spinto a rivolgerle l'insinuazione di cui ella
stava parlando, scoccò un'occhiata in tralice all'unico spettatore
presente, quel tale di nome Shinnosuke, prima di tornare a dare tutta
la sua attenzione alla moretta.
– Non lo so – mormorò scontroso,
con una smorfia malcelata. Lo sguardo di lei lo trapassò da parte a
parte, facendolo irrigidire meccanicamente.
– Stai dicendo che non ti fidi di
me?!
– Non mi fido degli altri! – sbottò
il dranzerblader, esasperato da quella situazione.
Davvero non capiva? Davvero non
riusciva a vedere che genere di sguardi attirava su di sé, persino
in ufficio?
– Scusami?! – esclamò di rimando
lei, con tanto d'occhi, prima di continuare – Come se fossi io
quella che per strada attira gli sguardi di ogni ragazza che
incontra! Come se fossi io quella che gli altri tentano di
abbordare con ogni pretesto! Io, quella a cui viene fatta la
radiografia persino in ufficio!
A quelle parole accusatorie e cariche
di insofferenza, lui si ritrovò a boccheggiare, gli occhi
spalancati.
Allora non capiva davvero.. non vedeva!
– Allora sei cieca!
Con un movimento del braccio Kei, persa
la pazienza, mandò di nuovo all'attacco Dranzer, che si scagliò con
forza contro il bey avversario. Quando lui e Night cozzarono l'uno
contro l'altro rimbalzarono nuovamente indietro, per poi tornare a
scontrarsi più volte, con più foga, tanta da rispecchiare
perfettamente gli stati d'animo di entrambi gli sfidanti. E, proprio
durante questi attacchi consecutivi, la nightblader ritornò a
parlare con una voce della quale riuscì a captare chiaramente la
nota incrinata.
– Te ne stai via più di una
settimana, senza neanche raccontarmi com'è andata o cos'hai fatto...
e poi te ne salti su con un'accusa simile?! Sei uno stronzo! – lo
insultò apertamente, prima di far prendere lo slancio a Night e
scagliarlo di nuovo contro il suo avversario in un riverbero luminoso
del bit al centro – Neanche mi hai chiamata stamattina, men che
meno hai risposto al mio sms!
Kei richiamò il potere del proprio
bitpower appena in tempo per sostenere quell'assalto tanto energico,
mentre le parole di lei riecheggiavano ancora nella sua mente in
tutto il loro significato, inducendolo a rispondere con il medesimo
tono a quella nuova accusa irragionevole. Dopo essersi riparato
dietro un braccio alzato a quella nuova folata causata dagli attacchi
dei loro beyblade, tirò fuori il cellulare dalla tasca, mostrando il
display ora illuminato alla mora, lasciandola libera di riconoscere
quel fantomatico messaggio di cui stavano ora discutendo ed il cui
scarno contenuto di due righe lo informava che stava bene e che
sarebbe rimasta fuori per la notte.
– E cosa avrei dovuto rispondere?! –
ringhiò, per nulla accondiscendente a dargliela vinta su quella
questione, sfoggiando uno dei suoi sorrisetti ironici ed amareggiati
al tempo stesso nel proseguire con sicurezza – E scusa se
volevo parlare con te di persona, dopo quanto accaduto ieri sera! –
l'ironia nella sua voce venne meno, lasciando posto ad un'accusa
palpabile – Sei sparita! Non sapevo dove fossi né con chi, né se
stavi bene! – ribadì, totalmente serio nel dar voce a ciò che si
teneva dentro da ore, sbottando infine – Hai idea di quanto mi sia
preoccupato?!
Non gli importava più ormai di
apparire debole o ridicolo: da un pezzo aveva smesso di far finta di
non preoccuparsi per lei. Era la sua ragazza, era naturale che lui lo
facesse! E lei non poteva in alcun modo continuare a far finta di
niente; non poteva continuare a comportarsi come se non avesse alcuna
responsabilità nei suoi confronti.
Scoccandole uno sguardo penetrante
tanto quanto quello d'ella di pochi minuti prima, la vide spalancare
gli occhi di smeraldo ed aprire le labbra in un moto di stupore, cosa
che gli fece nascere in petto una scintilla di soddisfazione. Le
parti s'erano appena invertite.
Quell'ultima frase colpì Yukiko in
pieno petto, facendola vacillare nelle sue convinzioni. Kei che
ammetteva di essersi preoccupato per lei era in assoluto una delle
poche cose che mai si sarebbe aspettata di sentire, non così presto
né a quel modo. Gli occhi le pizzicarono. In quel momento, la colse
l'illusione di essere tornata indietro nel tempo, in quel
parcheggio, entrambi non propriamente padroni di sé stessi, seppur
per motivi diversi da quello attuale - questa volta l'alcol non
c'entrava nulla.
Un'illusione che venne infranta
l'attimo seguente.
– A mio parere.. – esordì
Shinnosuke facendo un passo avanti, intromettendosi così in quella
discussione biunivoca.
I due litiganti si voltarono entrambi a
guardarlo di scatto, gli occhi che mandavano lampi.
– Tu stanne fuori! –
esclamarono all'unisono, prima di tornare a rivolgersi l'una verso
l'altro.
Il malcapitato fece un passo indietro,
apparentemente sconvolto e nuovamente silenzioso, permettendo alla
mora di riprendere la parola.
– Ero fuori di me, ok? Avevo bisogno
di stare un po' per conto mio! – esclamò a quel punto Yukiko,
tornando a concentrarsi esclusivamente sull'altro blader.
– Questo non implicava il tenermi
all'oscuro! Dove cazzo sei stata, che non vuoi dirmelo?
– Sono tornata a casa!! – gli disse
tutto d'un fiato, vedendolo dopo questo inarcare un sopracciglio,
come se fosse stato preso alla sprovvista. Non gli diede il tempo di
dire alcunché comunque, spiegandosi mentre teneva i suoi occhi
incollati in quelli di lui – Sono tornata al vecchio appartamento
dove ho vissuto con mia madre e mio padre – abbassò finalmente lo
sguardo lucido sui due bey ancora in gioco, di nuovo intenti a
girarsi attorno. I lunghi capelli scuri e sciolti le adombrarono
parte del viso, prima che proseguisse con il medesimo tono alterato,
incrinato ma un poco più basso, tornando a stringere i denti – Ho
incontrato per caso Uzumi.. e dopo non me la sentivo di tornare, così
ho passato la notte da Hilary.
– Da Hilary? – ripeté in tono
interrogativo, in un soffio carico di incredulità.
Sollevò ancora una volta i propri
occhi verdi sul ragazzo dai capelli d'argento, quasi a sfidarlo a
contraddirla dopo averne udito il tono – Sì, da Hilary! Non sapevo
da chi altro andare e lei è stata tanto gentile da accogliermi a
casa sua.
– Potevi venire da me – ribatté
prontamente Kei, con una nota di amarezza nel tono nuovamente
controllato, seppur fece quasi un mezzo passo avanti, sostenendone lo
sguardo con uno altrettanto deciso e fermo, ribadendo risentito –
Potevi tornare da me.
Quelle parole le lacerarono il cuore.
– No, non potevo – scosse il capo
in segno di diniego, l'irritazione e la rabbia di poc'anzi ormai
evaporate come neve al sole, mentre trovava finalmente il coraggio di
aprirgli il suo cuore. Lo guardò come si guarda l'oggetto di un
desiderio consumato dal tempo dell'attesa ma ancora troppo intenso
per perdere il suo effetto – Non potevo parlarti in quelle
condizioni, né potevo chiederti il consiglio che mi serviva.
Il dranzerblader serrò la mascella, ma
stavolta rimase calmo dietro una nuova maschera di freddezza;
anch'egli era abbastanza provato dalla rabbia che aveva sfogato sino
a pochi istanti prima, tanto da lasciare che sul suo volto si
delineasse un'espressione carica d'amarezza mista a confusione.
– Perché no? – le chiese, più
cupo che mai.
E quella domanda finalmente giunse,
facendola irrigidire prima di lasciare che i propri sentimenti
avessero la meglio su di lei e sulla sua compostezza ancora una
volta. Così esplose, chiudendo strettamente gli occhi ed incassando
il capo fra le spalle mentre dava sfogo a quella verità.
– Perché ti amo!
Kei sussultò, sgranando gli occhi e
fissandola con un'incredulità ed uno smarrimento che non riuscì a
nascondere. Le corde vocali non gli risposero più, men che meno gli
andò in aiuto il suo cervello, in preda ad un corto circuito
neuronale da record. Persino la sfida in corso perse importanza e
Dranzer rallentò impercettibilmente a causa del turbamento del suo
blader.
Questi infatti, si sentì
improvvisamente tanto stupido che anche Takao in quel momento avrebbe
potuto passare per intelligente, al confronto. Ma lei non gli diede
neanche il tempo di riprendersi dallo shock emozionale che gli aveva
causato quella confessione tanto repentina quanto sentita.
Vide una lacrima abbandonare le ciglia
scure d'ella, ne incrociò nuovamente lo sguardo ed il rimpianto che
vi lesse dentro gli tolse il respiro, negandogli il guizzo di
felicità che aveva tentato di esplodergli al centro del petto,
soffocandolo come farebbe un panno umido su una fugace scintilla.
– Non ce la faccio più a continuare
così, Kei – gli si rivolse ancora, con voce spezzata ed un flebile
sorriso sulle labbra rosee – Non posso più negare di provare
qualcosa per te e non mi importa che si venga a sapere di noi: non
voglio più nascondermi!
Night tornò all'attacco, scagliandosi
contro Dranzer con la stessa foga dimostrata poco prima dalla mora,
mettendo il bey di fuoco alle strette senza che il suo blader potesse
reagire a quel nuovo assalto.
– Non voglio più stare in silenzio a
guardare qualcuna che ci prova con te!
Quell'ultima affermazione lo travolse
in tutto il suo significato, facendolo boccheggiare. Non riuscì a
far altro che rimanere lì impalato a guardare impotente la propria
disfatta, senza riuscire a recuperare abbastanza fiato da farlo
passare per la gola sotto forma di parole di senso compiuto. Riuscì
solo a pensare di essere stato uno stupido, fin dall'inizio, per aver
sottovalutato la faccenda. La sua mente era sommersa da quell'unico
pensiero e fu questo a farlo tardare ad avere una qualsiasi reazione,
abbastanza da venir preso in contropiede dall'attacco speciale di
lei.
– Night! Stella Cometa!
– gridò.
Totalmente incapace di opporvisi, il
dranzerblader sussultò quando, l'istante successivo, il suo beyblade
subì in pieno l'attacco gelido, venendo scagliato nella direzione
opposta con tanta energia da rendergli impossibile il seguirne lo
spostamento. Gli passò a pochi millimetri dalla guancia sinistra,
mancandolo di poco, e la cosa lo pietrificò sul posto facendogli
balzare il cuore in gola. Immobile, colse il secco rintocco che
produsse Dranzer andando a colpire la parete di alcuni metri dietro
di lui, intaccandone l'intonaco prima di ricadere mestamente sul
pavimento. Spiazzato dalla rapidità con cui si erano susseguiti gli
eventi, non riuscì nemmeno a rendersi conto del pizzico di capelli
che la sua stessa trottola gli aveva reciso passandogli tanto vicino,
non potendo far altro che rimanere a fissare colei che si era appena
aggiudicata la vittoria di quell'incontro.
Yukiko, lo sguardo basso e le labbra
schiuse a riempire ripetutamente i polmoni d'aria, tremava appena di
fronte a lui, i capelli corvini ad adombrarle il viso a discapito
della luminosità di quel tiepido meriggio. Per il breve tempo a
seguire, la cui percezione per entrambi era alterata dall'adrenalina
in circolo, facendo loro credere che esso fosse eterno ed assoluto,
nessuno si mosse, le orecchie di tutti colme del ronzio prodotto
dall'unico beyblade rimasto ancora in gioco.
Quando finalmente Kei riuscì anche
solo a pensare di scuotersi di dosso quella sgradevole sensazione di
smarrimento che l'aveva assalito sin dal termine della loro sfida,
venne privato dell'occasione di aprire bocca a causa di un movimento
al limitare del suo campo visivo. Questo gli ricordò la presenza
indesiderata di Shinnosuke, ancora lì, fermo a fissarlo con tutta
l'aria di attendere una sua precisa reazione. La cosa lo irritò e,
serrando nuovamente i pugni lungo i fianchi, gli fece perdere
momentaneamente di vista la sua ragazza, giusto il tempo di
scoccargli un'occhiataccia delle sue.
Tanto bastò a lei per reagire, perché
nello stesso momento richiamò il suo beyblade e, senza attendere
oltre, scattò in avanti, passando accanto al dranzerblader tanto
rapidamente da non dargli neanche possibilità di provare a fermarla.
Non potendo far altro, lui si voltò su sé stesso, puntando i suoi
occhi dai riflessi d'ametista sulla schiena di lei.
– Yukiko! – la chiamò, invano,
mentre i suoi muscoli finalmente rispondevano correttamente ai
messaggi inviati dal cervello e le gambe si muovevano.
La nightblader lo ignorò, sparendo
oltre la porta in metallo prima che lui riuscisse a raggiungerla e,
quando si affacciò alla rampa di scale chiamandola ancora una volta,
ne colse appena la chioma bicolore sparire per la rampa di scale.
L'unica risposta che gli giunse fu
l'eco della sua stessa voce.
Quando quella sera Yukiko rincasò, si
chiuse in camera senza una sola parola e, raggiunto il proprio letto,
vi si lasciò andare in uno stato di abbandono pressoché totale.
Sua madre rincasò meno di venti minuti
più tardi e quando salì a cercarla lei le rispose a malapena a
mugugni, cosicché fu la stessa signora Natsuki a gettare la spugna
ed a lasciarla sola, senza insistere sul fatto che scendesse a
mangiare qualcosa. Persino una madre degenera come lei aveva quel
minimo di sensibilità necessaria a capire quando insistere su certe
cose e quando invece non fosse opportuno.
Quella sera, per Yukiko fu come se gli
accadimenti della notte precedente avessero perso del tutto la loro
importanza in virtù di quanto era successo quel primo pomeriggio.
Gliel'aveva detto.
Gli aveva detto che lo amava.
Ed ora era tutto finito.
Soffocò un singhiozzo contro il
cuscino, raggomitolandosi su sé stessa e stringendoselo sul volto,
artigliando la stoffa con ambo le mani sino a ché le dita non
iniziarono a dolerle, mentre il senso di vuoto che aveva provato per
quelle ultime ore lasciava il posto ad un dolore sordo talmente
intenso da smorzarle il respiro.
Merda.
Rivisse per l'ennesima volta l'intera
discussione, si rivide davanti agli occhi della mente l'espressione
marmorea del dranzerblader subito dopo la sua stessa confessione,
rilesse la sorpresa e la confusione sul suo volto e si sentì morire.
Che stupida era stata, a pensare, a sperare che lui provasse
gli stessi sentimenti. Che razza di stupida, nel credere che si
sarebbe risolto tutto per il meglio.
Alla fine era accaduto proprio ciò che
temeva: aveva rovinato tutto, con le sue stesse mani.
Voleva piangere. Almeno il dolore che
sentiva al centro petto avrebbe trovato uno sfogo di qualche tipo,
invece non riuscì ad esternare una sola lacrima. Solo singulti
aridi, che le ferirono la gola e minacciarono di soffocarla. Soltanto
a quel punto cedette e, con una fatica inimmaginabile, in un momento
di calma ed autocontrollo scivolò giù dal letto per raggiungere lo
stereo. Quando lo accese, alzò il volume finché la musica non fu
l'unica cosa che fu in grado di sentire fra quelle quattro mura,
riuscendo a trovare un po' di sollievo nel non udire più il suono
del proprio respiro affannoso.
Sapeva di essere penosa, non aveva
bisogno di alcuna conferma da parte del proprio corpo.
Fece scorrere la playlist sino a
trovare la canzone cercata e, quando le prime note di Bring me to
life inondarono cristalline l'ambiente, si lasciò ricadere sul
pavimento al centro della camera, gli occhi socchiusi sul soffitto e
le braccia spalancate, in un abbandono di sé praticamente totale. Si
concentrò sulla musica, su quelle parole che lei conosceva a
memoria, finché infine riuscì ad arrestare il frenetico lavoro
della propria mente e la prima lacrima le trasbordò dalle ciglia,
scomparendo il secondo seguente nell'attaccatura dei suoi lunghi
capelli neri.
Smise di pensare.
Smise di essere.
E finalmente riuscì ad abbandonarsi al
proprio dolore.
Il ragazzo fece un rispettoso cenno di
saluto al suo cliente più importante, prima di accomodarsi alla
scrivania, cercando di mantenere un'espressione più neutra
possibile, ma l'uomo d'affari dall'altro lato inarcò comunque un
sopracciglio nel soffermarsi a scrutarlo in volto.
– Che nuove mi porti, Shinnosuke?
– Signore, credo che sia accaduto il
peggio – gli rivelò senza mezzi termini il castano, piegando le
labbra in una smorfia. Si sentiva a disagio, quasi in colpa per
quanto era avvenuto sul tetto, ed il pensiero aveva continuato a
tormentarlo per tutto il pomeriggio.
Il signor Hiwatari lo fissò come si
può guardare una corsa d'auto in cui la tua beniamina veniva appena
sorpassata in curva da un'avversaria. O almeno questo fu l'unico
paragone che il giovane detective riuscì a trovare più calzante in
quel momento di disagio. Con voce pacata gli raccontò tutto,
osservando nel mentre il volto del presidente perdere
progressivamente la sua imperturbabilità in favore di un'aria
dapprima incredula, poi allarmata ed infine decisamente cupa.
Quando il silenzio tornò a calare
nell'ufficio, lo vide passarsi una mano sul viso prima di abbassare
poi lo sguardo sul telefono alla sua destra. Passarono un paio di
secondi prima che l'importante uomo d'affari arrivasse a capo dei
propri pensieri e tornasse ad incrociarne gli occhi ambrati.
– Bene. Se le cose stanno davvero
così è il caso di prendere in mano la situazione – affermò con
risolutezza, prima di allungare una mano verso quello stesso telefono
e iniziare a comporre il numero.
A quel punto Shinnosuke accennò ad
alzarsi per lasciare la stanza, ma Hiwatari lo fermò con un semplice
cenno della mano che gli indicava di nuovo la sedia, così si rimise
seduto. La voce femminile che rispose all'altro capo della linea
risuonò poco dopo nell'interfono.
– Pronto, Susumu?
– Sakura, è successa una cosa..
– Che è successo alla mia
Yuki-chan?! – la voce della signora Natsuki non perse
compostezza, anzi. Il suo tono assunse una sfumatura più seria ed
inflessibile: il tono di una madre pronta a difendere i propri
cuccioli in qualunque modo e momento.
Ora toccò al signor Hiwatari spiegare
l'accaduto alla donna e lo fece con voce greve, che lasciava
trapelare quanto seria potesse essere per loro l'intera questione.
Shinnosuke non lo valutò troppo strano, in fondo era pur sempre dei
loro figli che si parlava, era inverosimile che la loro felicità non
gli stesse un minimo a cuore. Quando terminò, la risposta dall'altro
capo della linea si fece attendere e in un primo momento il detective
credette che la chiamata potesse essersi interrotta, ma poi la voce
della donna d'affari tornò a farsi udire.
– ..è colpa nostra –
mormorò quella infatti, tradendo per la prima volta una nota
trafelata. Shinnosuke inarcò un sopracciglio, non riuscendo a
seguire più il loro ragionamento, ma la signora continuò –
..avremmo dovuto dir loro tutto fin dall'inizio. Avrei dovuto dire
a Yukiko di noi fin da subito, così niente di tutto questo sarebbe
successo.. oh, Susumu, è tutta colpa mia.
– Non è colpa tua, cara – la
interruppe morbidamente il presidente della Hiwatari,
scuotendo il capo – Tutta questa storia è iniziata nel peggiore
dei modi e non abbiamo saputo gestirla nel modo corretto nemmeno alla
fine.
– Ora come ora è inutile
rivangare il nostro fallimento – si fece avanti la
presidentessa della N.C. con una certa determinazione che denotava il
suo carattere pragmatico, sempre incline al cercare una soluzione
piuttosto che al piangersi addosso.
A quel punto Shinnosuke si schiarì la
voce, attirando l'attenzione di entrambi.
– La persona di cui mi hai parlato
è lì con te?
– Sì, è qui: può sentirti.
– Salve signora Natsuki – la salutò
il giovane detective, scandendo bene le parole per farsi capire il
più possibile al viva-voce – Se permettete, io avrei un'idea su
come fare a sistemare le cose.
Il signor Hiwatari inarcò un
sopracciglio, ma dopo un istante fu la donna a rispondere.
– No.
Il ragazzo si ritrovò a spalancare un
po' di più gli occhi chiari sull'apparecchio.
– Ci siamo impicciati anche
troppo.. è giunto il momento per noi di fare i genitori, Susumu.
Il presidente
Hiwatari assunse un'aria greve fissando anche lui il telefono da
ufficio lì accanto al suo braccio, prima di passarsi stancamente una
mano sul volto e infine lasciar sgonfiare i polmoni in un quieto
sospiro a labbra chiuse.
– Hai ragione,
Sakura.. – ammise, suo malgrado.
Una pausa di
silenzio.
– Vado a
preparare qualcosa per la cena.. non credo che per stasera la mia
bambina uscirà dalla sua stanza.
L'uomo d'affari
annuì e si salutarono, concludendo così quella conversazione.
Quindi i suoi occhi scuri così simili a quelli del figlio si
posarono sull'unico rimasto.
– Non sono mai
stato molto bravo a fare il padre.. – mormorò, preda dell'impulso
del momento, facendo inarcare un sopracciglio al suo interlocutore.
Questi attese, non avendo nulla da dire in merito, finché pochi
secondi dopo il presidente di fronte a lui non aprì nuovamente bocca
– Da questa sera puoi considerare il tuo incarico terminato.
Qualunque cosa farai da questo momento in poi sarà a tua
discrezione.. farò in modo che domani la somma pattuita venga
versata sul conto di cui mi hai fornito i dati bancari.
Che in lingua da
uomo d'affari voleva dire che aveva carta bianca e che poteva agire
liberamente secondo il suo personale giudizio. Non c'era niente di
più liberatorio di questo, per un libero professionista come lui.
Annuendo, si alzò dalla sedia su cui era stato fatto precedentemente
accomodare e si voltò per raggiungere la porta.
Alla prima
occasione avrebbe fatto la sua mossa. Ormai non c'era più nulla a
trattenerlo.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Ciao a tutte/i!! XD ok, lo confesso, sono un po' nervosa.
Cosa ne pensate di sto capitolo? Confesso che è un po' il fulcro di quest'ultima parte, quindi sì, ci tengo particolarmente ad avere un parere oggettivo a sto punto.. è anche più lunghetto dei precedenti di un paio di pagine, cosa che non sono proprio riuscita ad evitare! Allora, allora?? ç.ç
Ho aggiornato prima, visto? L'avevo detto che l'avrei fatto presto, ma a sto punto mi chiedo se la cosa vi abbia fatto piacere, visti i contenuti ed i risvolti della trama di questo capitolo!! ^.^'
Inizio ad essere nervosa, soprattutto perché la fine è trooooppo vicina e io coi finali sono sempre un disastro! Spero ne venga fuori una cosa accettabile, in caso contrario vi do' l'autorizzazione a linciarmi..
be', che dire? vi saluto e vi auguro un buon weekend!
Alla prossima!
Kaiy-chan |
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Capitolo 48 *** My Selene ***
– Hai un minuto?
Voltatosi a guardare
il suo interlocutore, Kei si corrucciò immediatamente nel trovarsi
ad incrociare un paio d'occhi castano chiaro.
Takumi Shinnosuke
gli stava bello che impalato davanti, con le mani in tasca e
quell'irritante sorriso quieto stampato in volto. Una visione che il
dranzerblader aveva già bollato come fin troppo irritante dal primo
momento in cui l'aveva visto.
Che diavolo voleva
da lui quella sottospecie di fighetto?
– Vorrei
parlarti..
Ah ecco. Grazie
tante, fin lì non c'era arrivato.
– E di cosa?
Quel suo sorriso si
accentuò appena – Se vuoi saperlo dovrai seguirmi.
Be', se credeva che
questo gli sarebbe valso qualcosa, si sbagliava di grosso. Era già
pronto a voltargli le spalle e lasciarlo lì impalato come un
allocco, quando la voce dell'Aquila lo anticipò sul nascere.
“Non vuoi
sapere cos'ha davvero a che fare questo tizio con Yuki?”
Merda. Certo
che voleva saperlo.
Assottigliando la
piega delle labbra per non esternare alcuna smorfia, tornò a
focalizzare la figura del ragazzo dai capelli biondicci ancora in
attesa di fronte a lui. Gli concesse appena un cenno d'assenso del
capo, prima di seguirlo sino all'ascensore. Salirono sul tetto
dell'azienda, trovandolo deserto nonostante l'ora di pausa, visto il
maltempo che si stava preannunciando su Tokyo.
Il vento che sferzò
loro i vestiti avrebbe fatto rabbrividire persino il dranzerblader,
non fosse per lo stato di assoluta apatia che lo aveva assalito da
due giorni a quella parte. In fin dei conti, niente poteva essere
peggio della sorda sensazione di vuoto che gli premeva al centro del
petto come un macigno.
Si limitò pertanto
a ficcarsi le mani in tasca, seguendo la sua guida sino a un punto un
po' più riparato dietro l'angolo formato dalla cabina d'accesso a
quell'area, prima che questi si voltasse a fronteggiarlo.
– Allora? – gli
domandò senza mezzi termini, apatico.
Sul volto di
Shinnosuke comparve un mezzo sogghigno.
– Volevo solo
ringraziarti – esordì lui con calma, suscitando nel blader una
certa perplessità che si guardò bene dall'esternare – ..per
esserti fatto scappare una come la Natsuki. Immagino che, per uno
come te, la cosa non abbia poi tutta questa importanza, giusto?
Sbagliato.
Per una volta non
raccolse la provocazione, limitandosi a deviare il proprio sguardo su
un punto indefinito dell'orizzonte. Il cielo denso di nubi era quasi
del tutto grigio, fatta eccezione per una linea più chiara proprio
in prossimità di quella linea inframmezzata da quei pochi
grattacieli che rivaleggiavano in altezza con quello su cui erano
loro attualmente.
Si sentiva come se
ormai le cose avessero perso il loro significato. Niente più aveva
un senso, nel mondo che lo circondava.
– Sai, non credevo
che una ragazza come lei potesse interessarsi ad uno come te.. ma
devo ammettere che il fascino del teppista ha sempre il suo effetto.
Be', grazie a te non vorrà più saperne di tipi del genere,
immagino.. il ché rende tutto più facile per me.
A quelle parole, un
sopracciglio gli saettò verso l'alto mentre tornava repentinamente a
fissare il suo interlocutore. Il ragazzo dagli occhi d'ambra lo
scrutava con quel suo irritante sogghigno stampato in volto, cosa che
gli fece irrigidire i muscoli di braccia e spalle, iniziando ad
avvertire un certo formicolio alle mani. Tuttavia non si mosse, né
disse alcunché, così fu l'altro ancora una volta a riempire il
silenzio venutosi a creare.
– Ma dimmi.. ci sa
fare a letto?
“Non sono
affari tuoi, stupido figlio di puttana!” imprecò fra sé e sé,
limitandosi a tenere il suo sguardo di brace su di lui.
“Sta solo
cercando di provocarti, non ascoltarlo” lo ammonì la sua
bitpower dall'interno di Dranzer.
Lo sapeva, ma il
sentirgli parlare di Yukiko in quei termini stava mettendo a dura
prova il suo stesso autocontrollo. E, come se non bastasse, pareva
che non avesse ancora finito.
– Dev'essere
piuttosto brava, a giudicare il fatto che abbia saputo attirare la
tua attenzione, dico bene? Il grande Kei Hiwatari non è
sicuramente fatto per le storie serie..
– Non credo che
questi siano affari tuoi – sibilò a quel punto, reagendo per la
prima volta a quelle provocazioni a senso unico.
L'occhiata che
scoccò al suo interlocutore fu carica di una silenziosa minaccia,
sebbene la sua espressione non ebbe alcun tremito. Rimase
impassibile, nonostante si sentisse ribollire nell'animo, giovando
del ferreo autocontrollo che aveva sviluppato molti anni prima. No,
non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione, decise.
Si strinse
maggiormente nella propria giacca, senza per questo riuscire ad
impedirsi di rabbrividire ad un'altra folata di vento che la investì
in pieno. Aveva suo malgrado seguito il suggerimento di quel
biglietto anonimo ed era salita fin sul tetto del grattacielo, che
aveva trovato deserto proprio come le era stato detto. Tuttavia, al
lieve sospiro che le era salito dal petto, era seguita una voce ed un
nome fin troppo conosciuto perché non le facesse l'effetto di una
stilettata in pieno petto.
Sgranando gli occhi
e preda di un panico che le aveva attanagliato il cuore in una morsa,
s'era guardata intorno aspettandosi di vedersi Kei alle spalle, e
invece così non era stato. Soltanto dopo un istante di più, aveva
capito che quelle voci provenivano da dietro l'angolo di quel muro in
cemento che divideva la rampa di scale dall'ambiente esterno.
– Non credo che
questi siano affari tuoi.
Il cuore ebbe un
sobbalzo nel suo petto, riconoscendo quel timbro di voce fin troppo
facilmente.
Si premette contro
la parete, sporgendosi oltre il bordo d'intonaco soltanto quel tanto
che le bastò per scoccare alla zona più riparata un'occhiata quanto
più rapida possibile. Un istante dopo era di nuovo al coperto, gli
occhi strettamente chiusi nel tentativo di tener a freno i propri
pensieri e le proprie emozioni.
Quelli erano Kei e
Shinnosuke.
Che cosa facevano lì
sul tetto?
“Sembra che
stiano parlando di te..” le rivelò con tono pacato Night,
comparendole sopra la testa.
Sollevando lo
sguardo di scatto sul suo bitpower, lo vide sporto ad assistere alla
scena e quasi le scappò un urletto di sorpresa, soffocato
repentinamente dalle sue stesse mani, che l'aiutarono a tapparsi la
bocca in quel fugace momento di razionalità.
Lui abbassando lo
sguardo le sorrise sornione, prima di dirle con aria imperturbabile:
“Faresti meglio ad ascoltare, secondo me.”
In quel momento la
voce del suo compagno di corso tornò a farsi sentire e lei, suo
malgrado, aguzzò le orecchie, trattenendo il fiato.
– ..hai ragione,
non lo sono. Tuttavia sono piuttosto bravo a farmi gli affari degli
altri.. – il tono di quell'affermazione le risuonò quasi
canzonatorio – ..in fin dei conti, mi perdonerai se ho tratto le
mie conclusioni in merito. Infondo, un ragazzino viziato come te,
nato e cresciuto nella bambagia in seno ad una famiglia tanto
importante e potente, non avrà nulla da obiettare a ciò che sto
dicendo.
Yukiko fu assalita
da una confusione che minacciò di farle girare la testa. Di che
stavano parlando ora? Che cavolo stava succedendo?!
– Nessun mistero
che tu ti sia già stufato di una come la Natsuki, dico bene? Ti
sarai ormai abituato ad usare le persone senza curarti dei loro
sentimenti.. uno come te come potrebbe fare altrimenti, non avendo
mai dovuto curarsi di nulla e di nessuno all'infuori di sé stesso? –
quella domanda retorica risuonò in tutto il suo veleno, trasportata
dal vento, e la nightblader si ritrovò a stringere i pugni lungo i
fianchi in risposta ad una scintilla di contrarietà che le si
infiammò in fondo all'animo.
Non era così. Non
era come stava insinuando il castano.
In quei brevi
momenti di silenzio fra una frase e l'altra, Yukiko venne assalita da
una serie di pensieri tanto frenetici quanto conflittuali.
Le tornò alla mente
ciò che quello stesso ragazzo le aveva detto due giorni prima su
quel tetto, quelle parole apparentemente gentili che ora, alla
luce dei fatti in corso, stavano assumendo una piega del tutto nuova
nella sua coscienza. Possibile che si fosse trattato di una cortesia
di facciata? Che la sua prima impressione in realtà fosse tanto
errata, su quel tipo che giorni prima le aveva dato una mano in
corridoio?
Perché mai si
trovava a fronteggiare Kei per quanto accaduto a lei? Nessuno si
sarebbe comportato a quel modo nelle sue condizioni; nessuno che non
avesse un buon motivo per farlo.. un tornaconto di qualche genere. E
poi il dubbio più incisivo: e se non fosse stata altro che una
tattica, fin dall'inizio? Un modo per arrivare a quello che stava
accadendo? Per arrivare a lui?
Una nuova ondata di
gelo le si insinuò al centro del petto, accompagnata da un flebile
quanto breve mezzo sorrisetto carico di amarezza. L'attimo seguente
venne distolta da tutti quei pensieri dalla replica del dranzerblader
a quelle recriminazioni.
– Non ho
intenzione di perdere tempo ad ascoltare simili stronzate da uno come
te – intervenne Kei a quel punto, con tutta la sua freddezza
abituale.
– No, certo che no
– ribadì subitaneamente l'altro, imperturbabile. Non riuscendo a
trattenere l'impulso di gettare un'altra occhiata oltre il suo
riparo, la mora si sporse nuovamente e questa volta vide la figura
del blader di fuoco parzialmente voltata in sua direzione, con il
volto e lo sguardo ancora rivolti al suo interlocutore, che aveva la
medesima espressione saccente di prima mentre continuava come se
niente fosse – Dev'essere stato fin troppo facile per te..
vezzeggiato ed accontentato in tutto e per tutto in ogni richiesta
più stupida. Un simile bamboccio viziato come può sapere cosa
voglia dire sentirsi usato e poi gettato via?
Il respiro di Yukiko
le si smorzò in gola mentre una vampata di calore scacciò il gelo
che aveva in corpo tutto d'un tratto, l'adrenalina che improvvisa le
si riversò in circolo sino a farle stringere convulsamente le mani a
pugno lungo i fianchi e serrare i muscoli della mascella, preda di
un'unica domanda istintiva.
Come si permetteva
di parlargli a quel modo?
Lei era fin troppo
consapevole di quanto si stesse sbagliando quel.. quello stronzo
su Kei e per questo poteva indovinare anche l'effetto che quelle
parole velenose stessero avendo sul dranzerblader. Lo vide
distogliere lo sguardo per rivolgerlo al pavimento, la frangia
argentea che, smossa dal vento, gli proiettò un'ombra sul viso
delineato di un'espressione carica di tensione.
La stessa che stava
avendo il sopravvento su di lei.
“Non farti
andare il sangue alla testa” la ammonì il suo bitpower.
Tentò di seguire il
suo consiglio ed inspirò, gonfiando i polmoni...
– Scommetto che
non è la prima volta che lo fai.. – le giunse ancora la voce del
castano – Uno come te non ci penserà due volte, immagino, a
tradire chi gli sta intorno. Tanto, a che servono gli amici quando si
hanno soldi e potere, dico bene?
...per poi fallire
miseramente e perdere il controllo, a quell'ultima provocazione
maligna.
Stringendo i denti,
la nightblader non poté più starsene con le mani in mano. Non
poteva più sopportare di sentire denigrare a quel modo quello che,
fino a due giorni prima, era stato la persona più importante per
lei.. no, in realtà lo era ancora, nonostante quanto accaduto fra
loro. In realtà lo amava ancora allo stesso modo, per quanto il
pensiero di non essere ricambiata la faceva soffrire.
Fissò il suo
sguardo di smeraldo sul biondino innaturale nell'uscire dal proprio
riparo, stagliandosi in una posa dritta e rigida contro lo sfondo del
giardino pensile che era il tetto del grattacielo. Perfettamente
consapevole della propria espressione marmorea, cristallizzata in una
tensione che le permeava ogni muscolo, avanzò con passo misurato e
privo di indecisione, ignorando lo sguardo dell'erede della famiglia
Hiwatari finché non lo superò. Si fermò soltanto quando, in
completa balia delle proprie emozioni, fu di fronte a Shinnosuke, che
per contro le sfoggiò un sorriso tanto quieto quanto artificioso.
– Ehi, Natsuk..
*SCIAFF*
Lo colpì a mano aperta in pieno volto con tutta la forza di cui era
capace, facendolo barcollare un paio di passi indietro, fissandolo
senza mai distoglier il proprio sguardo carico d'odio e sdegno. Il
malmenato si portò una mano al volto, impiegando un paio di secondi
per riaversi dal profondo stupore che tradiva la sua stessa
espressione e lei attese che trovasse la forza di risollevare il suo
sguardo su di lei, prima di aprire bocca, il braccio destro di nuovo
abbassato lungo il fianco.
– Non permetterti mai più – lo avvertì in un sibilo, riversando
nel proprio tono tutto il gelo che si era portata dentro nelle ultime
quarantotto ore. Per contro, i suoi occhi verdi mandarono lampi
all'indirizzo dell'altro – Come osi? Come puoi permetterti di dire
certe cose, senza sapere nulla di ciò che lo riguarda? – stava
bruciando, era questa la sua personale impressione mentre una smorfia
le delineò le labbra, un chiaro indizio per chi la stava fissando
con tanto d'occhi in quel momento. Le mani di nuovo chiuse a pugno le
tremarono, così come quel tremito le salì lungo le braccia. Fece un
passo avanti, minacciosa nella sua modesta statura, senza più alcun
freno – Tu non sai niente di lui! Non sai assolutamente nulla,
quindi non ti azzardare mai più!
Voleva colpirlo un'altra volta - ormai sentiva di non capire più
nulla - e l'avrebbe fatto se una mano non l'avesse trattenuta,
afferrandole il braccio sinistro poco sopra il gomito. Voltandosi di
scatto con la medesima espressione accusatoria e combattuta, si
ritrovò ad incrociare due occhi dai riflessi porpora tanto magnetici
da smorzarle il respiro e costringerla a sbattere le palpebre. Kei la
fissava con una sorpresa ed una meraviglia che l'aiutarono a
concentrarsi su qualcosa che non fosse il proprio improvviso scoppio
d'ira e quando quel sentimento iniziò a sfumare, la stanchezza e
l'incredulità presero il suo posto, insieme ad un acuto disagio.
Merda.
Aveva perso il controllo, facendo la figura della pazza.
Avvertendo i propri occhi iniziare a pungerle li abbassò con uno
scatto, preda di emozioni tanto intense quanto contrastanti, prima di
liberarsi della stretta altrui con uno strattone del braccio e
procedere ad ampie falcate oltre al ragazzo dai capelli argentei. Si
ritrovò a correre giù per le scale col fiato corto una manciata di
secondi più tardi, senza sapere bene dove stesse andando. Sapeva
solo di doversi allontanare il più in fretta possibile; di dover
scappare il più lontano possibile.. perché soltanto una volta che
fosse stata abbastanza lontana dalla fonte del suo profondo tormento,
sarebbe stata nuovamente abbastanza lucida da essere sé stessa.
Kei
era totalmente spiazzato.
Non ricordava di aver mai visto Yukiko tanto fuori di sé come in
quell'occasione. Nemmeno quella volta che lo aveva schiaffeggiato era
stata tanto arrabbiata, sebbene non potesse dire di esserne sicuro,
essendo i ricordi totalmente sfuocati a causa dell'alcol che aveva
ingurgitato quella sera.
Osservandola sparire dietro l'angolo fece un passo avanti, ma poi si
fermò di nuovo, rinunciando all'impulso di seguirla. Il ricordo di
ciò che era appena accaduto su quel tetto gli invase la mente,
smorzandogli il respiro, e si ritrovò a digrignare i denti.
Cazzo.
Si sentiva su di giri.
Sì, era decisamente su di giri per la grinta appena dimostrata dalla
moretta; per la veemenza con cui si era scagliata su quell'imbecille
di Shinnosuke. Eppure, la cosa che più lo aveva colpito era il
motivo che l'aveva spinta a reagire a quel modo: perché, per quanto
tentasse di trovare una risposta di qualche tipo, era evidente che
una parte di lui non riusciva proprio a capacitarsi di ciò che
l'aveva spinta a difenderlo così prontamente, dopo quel che era
accaduto due giorni prima su quello stesso tetto. Nessuno era mai
arrivato a tanto per lui.
“Perché
ti amo!” di nuovo
quelle uniche parole gli risuonarono nelle tempie, così com'era
accaduto per tutta la serata precedente.
– Che caratterino.. – commentò ironico l'altro ragazzo,
ricordandogli così la sua presenza.
Voltandosi a scoccargli un'occhiata di fuoco, il dranzerblader questa
volta non si curò affatto di trattenersi.
– Se provi ad avvicinarti a lei, giuro che ti ammazzo – ingiunse
con una freddezza senza pari, prima di specificare in un sibilo –
Lei è mia!
La minaccia insita in quella frase proferita in poco più di un
sussurro tagliente fece bloccare ogni muscolo del diretto
interessato, reazione che parve soddisfarlo in minima parte e che lo
convinse a voltargli le spalle, per seguire l'esempio della ragazza.
Lo lasciò lì per conto suo, raggiungendo la porta che dava sulle
scale, la mente che già correva su ben altri pensieri mentre lui ne
varcava la soglia.
Doveva trovare il modo di parlarle.
“Dovresti convincerla ad ascoltarti, prima..” gli
suggerì l'Aquila, diplomaticamente.
Sì, aveva ragione. Prima doveva trovare il modo di convincerla a non
scappare via appena lui tentava di avvicinarla. Nelle ultime
quarantotto ore non aveva avuto alcuna possibilità di affrontarla a
quattrocchi, quasi non era riuscito ad incrociarla. In azienda non
l'aveva intravista per più di pochi secondi ed ogni volta che aveva
provato a chiamarla al cellulare aveva finito per trovare il
dispositivo spento o non raggiungibile. Questo suo modo di fare, atto
ad evitarlo ed ignorarlo in ogni modo umanamente possibile, lo aveva
frustrato in una maniera che riteneva fosse impossibile da sopportare
per un semplice essere umano.
Per questo, alla fine aveva creduto che fosse davvero tutto andato
inevitabilmente a puttane.
Per questo si era trovato a gettare la spugna dopo quella
discussione, avendola suo malgrado interpretata come una rottura
definitiva.
Quanto accaduto pochi minuti prima invece cambiava
drasticamente le carte in tavola.
Non era finito proprio un accidente! Non finché lui non avesse avuto
la possibilità di dire la sua.
Perché lui la ricambiava e doveva farglielo sapere.
In preda a simili pensieri salì sull'ascensore per tornare ai piani
bassi, ma una volta che si furono richiuse le porte un messaggio gli
giunse sul cellulare. Tirandolo fuori dalla tasca lesse il mittente e
inarcò un sopracciglio.
Che voleva adesso quell'inopportuno di Takao?
Aprendo con uno sbuffo ed un'aria poco accondiscendente il messaggio,
ne lesse il breve contenuto. Gli stava chiedendo conferma della loro
presenza per Capodanno. Kei si ritrovò a fissare corrucciato il
display: se n'era totalmente dimenticato.
In un impeto di ottimismo ed ancora sull'onda di quella
determinazione che l'aveva assalito, gli mandò risposta affermativa,
prima di ritrovarsi a scorrere i vari messaggi degli altri ragazzi.
Quando si ritrovò a vagliare gli sms di due mesi prima, incappò in
quello di Max. Abbozzò un mezzo sorrisetto, rammentandone
perfettamente il contenuto anche senza aprirlo del tutto: gli aveva
suggerito di andare a visitare l'osservatorio di Los Angeles con la
sua compagna, cosa che lui alla fine aveva fatto, seguendone il
consiglio non richiesto.
Forse avrebbe dovuto chiedere un parere a qualcuno...
Rimuginò ancora un po' su quel frangente, prima che un altro
ricordo, più recente, relativo ad una serata passata sotto le stelle
gli riaffiorasse alla mente. E allora si ritrovò a sorridere fra sé
e sé, mentre deviava per raggiungere lo studio di suo padre e
prendersi il resto della giornata libera.
Forse aveva appena trovato la soluzione che stava cercando.
Quella sera Yukiko quasi non chiuse occhio dall'ansia. Rivisse nella
propria mente i fatti degli ultimi giorni ancora una volta, con
l'aggiunta questa volta di ciò che era accaduto quello stesso
meriggio, non senza darsi ripetutamente della stupida, sfogando la
frustrazione con silenziose lacrime di rabbia che si era asciugata
altrettanto freneticamente con il dorso delle mani e le maniche del
suo pigiama.
Sì, perché per quanto le cose potessero incasinarsi fra loro, lei
sarebbe sempre stata dalla sua parte.. dalla parte di Kei.
E quella era una consapevolezza difficile da accettare, per una ragazza orgogliosa come lei.
Per questo il mattino dopo fu quasi più arduo dei tre giorni
precedenti, per lei, alzarsi dal letto ed andare al lavoro. L'unica
cosa che la spronò a farsi vedere in cucina per la colazione fu il
fatto che quel giorno, almeno, non avrebbe avuto il corso alla
Hiwatari, ma avrebbe potuto tranquillamente andare
direttamente alla sede della N.C. Con un po' di fortuna non avrebbe
incrociato il dranzerblader fino al primo pomeriggio, e per allora la
mora sperava ardentemente di aver raccolto al meglio la padronanza di
sé e della propria espressione.
Al terzo sorgere del sole di quella sorta di tragedia si sentì quasi
pronta ad andare avanti come se nulla fosse, assecondando il mondo
che, a discapito di tutto, continuava a girare imperterrito. Così,
malgrado i suoi timori, riuscì a dedicarsi al lavoro d'ufficio,
affianco sua madre in una riunione dell'ultimo minuto e dando buona
prova di sé in ambito finanziario, quando gli ultimi rapporti
riscontrarono un calo degli introiti pari al 2%.
La stessa signora Natsuki si rivelò sorpresa e preoccupata insieme,
quando la trattenne a fine riunione per chiederle come stesse.
– Tu lo sai, vero? – le aveva chiesto di rimando la figlia, con
assoluta calma e padronanza di sé, guardandola dritta negli occhi –
Sai cosa è successo..
Il suo silenzioso cenno d'assenso le aveva fatto nascere un triste
sorriso in viso e, senza dirle altro o rispondere alla sua prima
domanda, aveva semplicemente gettato la spugna, lasciando l'ufficio e
richiudendosi la porta alle spalle. Quando si ritrovò davanti
l'ampio spazio aperto dell'ufficio dei dipendenti però, più di un
capo si voltò nella direzione opposta ed alla mora parve persino di
incrociare per un attimo gli sguardi perplessi di Kanigawa e Miyako,
prima che anche queste tornassero a farsi gli affari loro. Nelle
ultime settimane passate a stretto contatto con quelle persone, la
mora aveva quasi avuto l'impressione che quell'ambiente di lavoro
fosse altrettanto efficiente nel far circolare pettegolezzi su
pettegolezzi e la cosa non poté che venirle confermata da una rapida
ispezione dell'ambiente e dei suoi occupanti.
Fu in quel momento che lui arrivò.
Sbucando dal corridoio, la sua figura si fermò immediatamente per
far vagare lo sguardo scuro per l'ambiente, finché non si posò su
di lei. Quando i loro occhi si incrociarono, per Yukiko fu come se
tutta l'aria venisse di nuovo risucchiata via dalla stanza, in
aggiunta ad una scarica di adrenalina che le fece sussultare il cuore
ormai a pezzi. Come le volte precedenti, non riuscì a sostenere
quegli occhi d'ametista e preferì abbassare i propri, voltandosi per
procedere dritta alla propria scrivania senza una sola parola.
“Quanto ancora hai intenzione di andare avanti così?” le
domandò seccato Night.
Finché non si sarebbe più sentita morire nell'incrociarne il solo
sguardo, per lo meno.
“Non hai preso in considerazione l'idea di ascoltare la sua
risposta, vero?”
No, certo che no. Per questo fin'ora s'era impegnata con tutta sé
stessa ad evitarlo, sia in ufficio che fuori. Non era masochista,
l'aveva capito che lui non era disposto ad affrontare i loro genitori
per lei; quindi perché continuare a tormentarsi? Probabilmente
sarebbe stato meglio per tutti troncare la cosa ora che erano in
tempo, prima di arrivare ad odiarsi a causa della sua stessa
insofferenza. Se non avessero dovuto continuare a lavorare insieme,
probabilmente il discorso sarebbe stato diverso, ma non poteva
rimetterci anche la sua professionalità. L'azienda di famiglia era
tutto ciò che le rimaneva, a quel punto.
Una parte di lei sentì di capire per la prima volta ciò che aveva
provato sua madre dopo la morte di suo padre, un pensiero che le fece
nascere un velato sorriso amareggiato a fior di labbra mentre
prendeva posto sulla propria sedia e si rimetteva al lavoro.
Dopo quel fugace scambio di sguardi, il pomeriggio procedette tutto
sommato tranquillo, senza che fra i due vi fossero altri contatti
diretti e la nightblader riuscì quasi a dimenticarsi della sua
presenza. Quasi, perché le bastava sollevare un attimo lo sguardo
dalla sua scrivania per volgerlo automaticamente verso quella del
ragazzo, abitudine piuttosto autolesionistica per lei in effetti, che
si maledisse più di una volta per la propria stupidità.
Quel pomeriggio, per l'appunto, il numero di volte che fu mandata a
raccogliere fascicoli ed a fare fotocopie da allegare ad importanti
documenti fu più alto del solito, cosicché si ritrovò più spesso
a lasciare la propria scrivania in quelle ultime quattro ore che nei
tre giorni precedenti.
Per questo, quando finalmente poté riavvicinarsi al suo posto, fu
soltanto quando ormai era orario per lei di staccare. Premurandosi di
spegnere il computer della sua postazione, soltanto a quel punto si
accorse, vagliando gli oggetti presenti, della presenza di una
custodia squadrata di un CD appoggiata delicatamente sulla tastiera
altrimenti sgombra.
Su di essa, in uno spesso pennarello nero indelebile, era scritto in
caratteri occidentali un “X Yuki” il cui spessore
delle lettere doveva essere stato ricalcato un paio di volte, prima
che l'autore fosse soddisfatto. Prendendo l'oggetto di plastica fra
le mani, si guardò brevemente intorno, cercando di indovinare chi
glielo avesse potuto lasciare, ma non incrociò neanche uno sguardo
nella sua rapida ricerca. Così tornò ad esaminare la scatola in
plastica trasparente, rigirandosela una volta sola fra le mani, prima
che la sveglia che aveva impostato sul suo cellulare l'avvisasse
vibrando che il suo orario di lavoro era ufficialmente terminato.
Lasciando perdere la ricerca del mittente si ficcò il CD in borsa e
raccolse il proprio giubbotto, salutando il suo diretto supervisore e
lasciando l'ufficio.
Accomodatasi in auto, la prima cosa che fece fu accendere la radio,
facendo partire il CD che v'era ancora all'interno del lettore. Per
tutto il viaggio in macchina sino a che non spense l'auto nel
vialetto di casa propria tuttavia, non riuscì in alcun modo ad
ascoltare fino alla fine un solo brano dell'MP3 selezionato e quando
finalmente spense la radio e scese, sbuffò di insoddisfazione e
nervosismo.
Entrata in casa neanche si prese la briga di togliersi il cappotto.
Si sfilò le scarpe con rapidità e scalza salì in fretta le scale,
apprezzando quelle poche ore di solitudine e quiete che l'attendevano
prima del ritorno del suo unico genitore. Neanche accese le luci,
facendosi bastare la scarsa luminosità di quel pomeriggio autunnale
per salire i gradini a due a due ed arrivare in camera.
Soltanto quando si fu richiusa la porta alle spalle ed ebbe lanciato
cappotto e borsa porta-documenti sul letto, quest'ultima si aprì
lasciando scivolare sulle coperte la custodia squadrata del CD
trovato al lavoro. Ricordandosi di quest'ultimo e di nuovo preda di
uno strano presentimento, si avvicinò di qualche passo,
raccogliendolo fra le mani per rigirarselo fra le stesse. Nella
penombra della camera lo osservò riflettendo fra sé e sé per una
manciata di istanti, prima di raggiungere finalmente l'interruttore
ed accendere la luce. Appena ne aprì il coperchio, un biglietto
scivolò sul pavimento con un fruscio di carta ed un ticchettio
delicato, tanto che, se non fosse stata così attenta nel maneggiare
l'oggetto, la cosa le sarebbe passata inosservata. Tardò comunque a
raccoglierlo, perdendosi a fissare la scritta a caratteri cubitali
sul lato superiore del compact disc, tracciata con lo stesso
pennarello nero che era stato usato anche sull'etichetta del
coperchio. Questa volta le lettere formavano la parola arcuata:
Listen.
Inarcando un sopracciglio, la nightblader scoccò un'occhiata al
proprio stereo, prima di seguire il suggerimento ed inserire il disco
nel lettore CD dello stesso. Appena premette, le prime note di
chitarra elettrica inondarono la sua camera, ricordandole di aver
lasciato il volume insolitamente alto. Stava per abbassarlo quando il
cantante attaccò con la prima strofa, facendola frenare con il
braccio ancora teso e le dita che quasi era giunte a sfiorare la
manopola.
Nocturnal
poetry, Dressed
in the whitest silver, you'd smile at me Every
night I wait for my sweet Selene
But,
still..
Non poteva essere. Quella voce...
Fece un passo indietro, troppo sconvolta per osare distogliere lo
sguardo dal suo stereo che, imperterrito, continuò a leggere la
traccia impressa sul CD al suo interno.
Solitude's
upon my skin A
life that's bound by the chains of reality Would
you let me be your Endymion?
Le labbra le tremarono quando si schiusero per aiutarla a respirare
di nuovo, prima che lei vi premesse le mani sopra, gli occhi ancora
spalancati di fronte a sé. Eppure non vedeva più chiaramente lo
stereo, completamente sopraffatta dalla canzone che le stava
riempiendo le orecchie nota dopo nota, parola dopo parola.
Quella voce...
I
would bathe in your moonlight, and slumber in peace Enchanted
by your kiss in forever sleep
Gli occhi verdi le si riempirono di lacrime, offuscandole la vista
quel che bastò ad indurla a sbattere le palpebre una volta soltanto.
Lasciando scivolare quindi la mano destra dalla bocca al centro del
petto, lì la tenne, il cuore che subito sotto quel punto le batteva più veloce di
quanto avrebbe umanamente creduto possibile.
But
until we unite I
live for that night Wait
for time Two
souls entwine
Quello non era il cantante originale.
Il ragazzo che aveva inciso su disco quella canzone non poteva essere
altri che lui.
In
the break of new dawn My
hope is forlorn Shadows,
they will fade But
I'm always in the shade Without
you...
Sorpresa. Sconvolta. Senza parole. S'era ridotta a questo la giovane
Natsuki, la quale fece un altro passo indietro e per questo andò a
calpestare il foglietto di carta precedentemente caduto e dimenticato
sul pavimento. Fu a quel punto che ella si chinò a raccoglierlo,
tesa tanto da trasmettere il tremito alle mani mentre lo spiegava e
si apprestava a leggerne il contenuto con il cuore in gola ed il
respiro corto. Il testo, scritto in giapponese, all'inizio le parve
quasi incomprensibile a causa del contrasto con le lettere
occidentali con cui aveva avuto fin'ora a che fare, ma dopo un
istante riuscì a far ingranare il cervello quel poco necessario per
tradurre ciò che vedeva in parole nella propria mente.
“Sarai la mia Selene? K.”
Lesse quelle poche parole più volte, mentre la canzone presente sul
CD si avvicinava alla sua conclusione, finché non giunse l'ultima
strofa e ciò che seguì fu soltanto il silenzio. Un silenzio
assordante, che le rimbombò nella mente più di quanto la musica era
riuscita a fare poco prima.
Quando trovò la forza di muoversi, fece ripartire la canzone
dall'inizio, rimanendo ad ascoltarla ancora ed ancora, senza mai
lasciare andare quel foglietto. Lo tenne stretto nel palmo come ci si
aggrapperebbe ad una fune di salvataggio, mentre la voce di lui
continuava a cantare, una nota dopo l'altra, senza mancarne una.
Al quarto giro, la prima lacrima le rigò la guancia destra, in
concomitanza di un gioioso quanto timido sussulto del cuore.
Kei le aveva cantato una canzone.
“Ascolterai ciò che ha da dire?” le chiese a basso tono
il suo migliore amico.
Lei annuì con un cenno del capo, senza voce.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Buongiorno e buon inizio settimana a tutte/i!!
Allora, ben sapendo che il lunedì per molti non è un giorno proprio felicissimo e facile da affrontare, ho pensato che magari un nuovo aggiornamento potesse risollevarvi il morale! *-* ci ho preso? Che ne dite, può essere valsa la pena?
Ecco l'altro capitolo più importante della fanfiction XD sì, lo considero tale - ancor più importante del capitolo scorso - proprio perché finalmente qui qualcuno (uno a caso *guarda Kei di sottecchi*) si da' finalmente una mossa. Allora, che ne pensate?? Mi sento nervosa >.< aiuto.. siate clementi con me.. ç.ç
Spero di essermi un po' fatta perdonare per il capitolo precedente comunque, so che almeno una di voi sperava ardentemente che non li facessi litigare XD scusami Lu-chan, anche se me l'hai chiesto in ginocchio non ho potuto accontentarti! Purtroppo era la prassi.. ma con questo cap spero di essere riuscita a rimediare... mi perdoni? *-*
Non potete farci niente, sono un'inguaribile romantica in fondo in fondo, quindi... vi saluto e resto in trepidante attesa!
baci a tutti!!
Kaiy-chan
P.S. Vi piace la canzone? XD Sono diventata matta per trovare qualcosa di romantico ma non sdolcinato, ve lo giuro, sia come musica che come testo! E' da più di dieci capitoli che cercavo qualcosa di adatto ma alla fine ho optao per My Selene dei Sonata Arctica (il link lo trovate nel titolo).. fatemi sapere il vostro parere, mi raccomando! |
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Capitolo 49 *** Il confronto decisivo ***
49. Il confronto decisivo
Quando uscì di
casa, il mattino dopo, reggeva ancora in mano quel CD.
L'aria era fresca ed
umida, cosa che la rinvigorì a discapito della nottata passata a
rigirarsi nel letto. Alla fine aveva tenuto stretto in mano quel
biglietto tanto a lungo da consumarne inevitabilmente le pieghe e
stropicciarne i bordi, così era stata costretta dal buonsenso a
lasciarlo sulla scrivania.
Cosa che non era
riuscita a fare con quel singolo CD.
No, quello voleva
portarselo dietro, quasi alla stregua d'un talismano porta-fortuna.
Per questo, appena aperta la macchina, invece di mettersi seduta, la
prima cosa che fece fu di lanciare dentro la cartellina senza badare
a dove andasse a finire mentre scoccava una rapida occhiata verso la
strada.
Fu allora che la
vide, la Camaro.
Era parcheggiata
proprio di fronte al cancello, le quattro frecce inserite, posta di
traverso a bloccare l'accesso al vialetto. Appoggiato di schiena alla
carrozzeria grigio scuro, Kei se ne stava fermo a braccia conserte
nel suo giubbotto in pelle ed i jeans scuri, lo sguardo rivolto in
sua direzione. Quando ne incrociò gli occhi dai riflessi di quel
porpora così magnetico tanto familiari, il mondo si arrestò in un
sussulto.
Yukiko avvertì le
proprie gambe farsi di gelatina e minacciare di abbandonarla lì
dov'era, insieme a cuore, cervello e polmoni. Il pacchetto completo,
insomma. Come se la sola vista del ragazzo che più riusciva a
sconvolgerla al mondo non fosse abbastanza da destabilizzarla,
soprattutto nel trovarselo davanti casa di prima mattina.
Per questo tardò ad
avanzare in sua direzione e quando lo fece, si dimenticò della
portiera della propria macchina aperta, così come si dimenticò di
avere ancora il suo CD stretto fra le dita della mancina. Il suo
sguardo non la abbandonò per tutto il tempo che impiegò ad
attraversare il cortile e fermarsi al centro del passo carraio, ad un
paio di metri di distanza dal blader, il quale si mosse a sua volta
in sua direzione. Senza perdere il contatto visivo questi, infatti,
lasciò il suo appoggio e sciolse la posa conserta delle braccia per
avvicinarsi, riducendo le distanze fra loro ad un metro soltanto.
Sollevando lo
sguardo sul suo viso, la nightblader credette di essere sul punto di
farsi venire un infarto, tanta era l'agitazione che le permeava ogni
muscolo, il cuore che le pompava frenetico tutta l'adrenalina di cui
disponeva il suo fisico in circolo nelle vene.
Il silenzio fra
loro, calato come un sudario ed opprimente allo stesso modo, venne
infranto un paio di secondi dopo.
– Ciao – la saluto lui senza una particolare intonazione in
quella parola.
– Ciao.. – gli rispose lei meccanicamente, con meno voce di
quanto avrebbe voluto, ma comunque più di quel che si sarebbe
aspettata.
– Hai ascoltato il CD?
Lei annuì.
Kei a quel punto
esitò e, per la prima volta da giorni, la ragazza poté distinguere
i segni di un tormento interiore sul suo viso altrimenti atteggiato
nella solita aria indifferente. Aveva le sopracciglia leggermente
corrucciate sugli occhi d'ametista, i quali ora sembravano esitare
sui tratti del suo viso più che riuscire a sollevarsi ed incontrarne
l'iridi verdi. Le sue labbra erano serrate, tese in una linea
sottile, come se non avessero alcuna intenzione di permettergli di
dire altro, cosicché il silenzio che calò di nuovo fra loro
acquistò un'apparenza di eternità. Fu Yukiko alla fine a trovare il
coraggio di infrangerlo, nonostante il proprio nervosismo interiore
ed il senso di panico che le instillava il momento del confronto.
Un confronto che era
finalmente arrivato e perciò era inutile continuare a rimandare.
– Che intenzioni hai?
Lo chiese di getto, suscitando un certo stupore iniziale nel blader
di fuoco di fronte a lei, il quale spalancò un poco di più le
palpebre, prima di riaversi abbastanza da abbassarle totalmente. Un
attimo dopo erano di nuovo occhi negli occhi, mentre le sue labbra si
delineavano di un mezzo sorriso.
– Credevo di averti già detto che non sono disposto a rinunciare a
te – le disse, in tono basso e vagamente roco, suscitandole un
brivido che le corse lungo la spina dorsale sino alla punta dei
capelli. Era così vicino che le sarebbe bastato fare un mezzo passo
avanti per sfiorarlo, ma non riuscì a muoversi né avanti né
indietro, completamente catturata da quegli occhi dai riflessi
violacei tanto penetranti come non potevano esserlo quelli di nessun
altro. Fu come se le stessero divorando l'anima, risucchiandola al
loro interno con una forza inarrestabile, e lei si ritrovò a cercare
di ricordare a sé stessa il modo corretto di respirare, proprio
mentre lui avanzava di quel fantomatico passo.
– Non posso lasciarti, adesso che so che sei innamorata di me –
ripeté, mentre quel suo fantastico sorriso gli si affermò in volto.
Yukiko si morse il labbro inferiore con insistenza, cercando di
combattere la sensazione di improvvisa ed assoluta vulnerabilità a
cui si era esposta lei stessa, dal giorno in cui gli aveva
confessato i suoi sentimenti sul tetto dell'Organizzazione Hiwatari.
Deglutì a vuoto.
– Perché? – mormorò in un soffio, tentando invano di non
tremare.
Kei sollevò una mano a sfiorarle il viso, avvicinando il suo –
Perché anche io sono innamorato di te.
Il CD le scivolò dalle dita, cadendo sul cemento nel momento stesso
in cui lei perdeva del tutto la messa a fuoco sul viso altrui, sia
per lo stupore che per la vicinanza. Ne avvertì il tocco delle
labbra sulle proprie, una sensazione che le strappò una fitta al
centro del petto.
E il mondo riprese improvvisamente a girare su sé stesso.
La mora gli si aggrappò istintivamente al collo, ricambiandone il
bacio con più enfasi di quanta razionalmente avrebbe sospettato di
possedere lei stessa, faticando a tenere il passo delle profonde
emozioni che le stavano sbocciando nell'animo. Avvertì le sue
braccia circondarle la vita e stringerla a sé con forza tale da
farle dolere le costole e darle al contempo l'impressione che i
frammenti del suo cuore tornassero a rinsaldarsi l'un con l'altro,
mitigando in parte la sensazione agrodolce che le era sbocciata al
centro del petto. Fu come se si sentisse rifiorire, come se ogni cosa
riacquistasse un senso, per poi venire accantonato in virtù di quel
momento unico.
Yukiko si lasciò baciare e lo baciò a propria volta come se non vi
fosse stato altro bacio, né prima né dopo, simile a quello.
Ed in effetti era proprio così.
Reclinando il capo verso destra, ne assecondò i movimenti,
insinuandogli una mano fra i capelli neri dietro la nuca, trovandoli
morbidi esattamente quanto ricordava sotto i polpastrelli. Lo cercò
con la lingua, in una carezza vellutata che le inondò la bocca e la
fece sospirare di sollievo e struggimento, finché non rimasero
entrambi senza fiato.
Soltanto allora si staccarono l'uno dall'altra, senza per questo
distanziarsi di un solo centimetro in quall'abbraccio reciproco. Tenendo la
fronte appoggiata alla sua, Kei schiuse le palpebre e la nightblader,
cercando di riprendere fiato, si ritrovò persa in un mare dai
riflessi violacei intrappolato in due iridi luminose e liquide,
incastonate su un volto così bello da farle sussultare il cuore. Il
respiro di lui le si riversò sulla pelle del viso così come era
consapevole stesse facendo il suo, mentre seguitava a gonfiare i
polmoni ad un ritmo più sostenuto ed irregolare rispetto a quel che
era sino a pochi minuti prima.
Yukiko non seppe mai dire quanto tempo trascorsero così, persi l'una
negli occhi dell'altro e viceversa, felicemente ignari del mondo che
li circondava fin quando non fu il reciproco quietarsi dei loro
respiri ad indurli a tornare alla realtà. La mente della mora
allora, seppur riluttante, riprese a lavorare frenetica, elaborando
l'accaduto con una velocità tale da farle poi nuovamente presente
ciò che li aveva portati a quella crisi temporanea e, preda di
un'ansia nuova quanto indesiderata, fece scivolare la mano che prima
aveva tenuto immersa nei capelli di lui di nuovo più in basso, sul
suo petto, sul quale depositò persino lo sguardo di smeraldo.
– Non voglio più nasconderlo.. – sussurrò, mordendosi il labbro
inferiore.
Il suo blader di fuoco le fece scivolare una mano sotto il mento,
prima di fare una leggera pressione ed indurla così a risollevare il
capo e lo sguardo sul suo volto. Quando lo fece, il quieto sorriso
che lui le rivolse mitigò il suo conflitto interiore, infondendole
una rassicurazione che contribuì a rilassarla una seconda volta.
Dio.. le era mancato così tanto..
– Non lo faremo – le assicurò lui con dolcezza, donandole un
nuovo piccolo bacio a fior di labbra, prima di trarsi di nuovo
indietro di un passo.
Yukiko si ritrovò a seguirlo verso l'edificio che aveva avuto sino a
quel momento alle spalle e verso il quale ora erano voltati entrambi,
percorrendo di nuovo il vialetto a ritroso, condotta per mano e con
sicurezza dal suo ragazzo finché questo non si fermò proprio
davanti alla porta di casa. Senza una sola parola suonò il
campanello, sotto lo sguardo sempre più sorpreso della moretta al
suo fianco, ed attese in un'immobilità che lo vide sostare dritto
come un fuso su quel pianerottolo, gli occhi di brace puntati sul
battente e l'espressione apparentemente impassibile di sempre.
Eppure, la sua mano era calda in quella di lei, le dita intrecciate
in una presa salda che non si allentò mai, nemmeno quando la porta
finalmente si aprì, ruotando sui cardini e rivelando la figura della
signora Natsuki pronta per uscire.
Ritrovandosi di fronte i due ragazzi, la donna spalancò gli occhi
scuri, altalenandoli un paio di volte dalla figlia al giovane che le
si stagliava accanto.
– Yukiko... Kei... ma cosa...?
– Io e sua figlia stiamo insieme.
Boom. Secco, così.
Alla nightblader per poco venne un colpo e la stessa cosa sembrò
accusare sua madre, la quale rimase pietrificata sul posto, incapace
di fare qualunque altra cosa che rimanere a fissarli con tanto
d'occhi ed a bocca aperta. Col respiro bloccato in gola, lei si
ritrovò a stringere con più forza la mano del suo ragazzo, in
attesa di una reazione da parte della donna che stava loro di fronte.
Una reazione che non si fece attendere troppo, a conti fatti, ma che
le sembrò comunque eterna a causa dell'improvvisa tensione ad
alterarne la percezione del tempo, finché un sopracciglio sul volto
della presidentessa della N.C. finalmente si mosse e le sue labbra si
riavvicinarono fra loro per delinearsi in un piccolo ma significativo
sorrisetto.
– Finalmente. Immagino che sia una cosa seria – commentò,
sorniona.
– È così – confermò Kei di rimando, senza batter ciglio. Il
sorriso della signora Natsuki parve farsi un pochino più largo
seppur sempre sottile – Ora andate alla Hiwatari?
Questa volta annuirono entrambi.
– Bene. Buona giornata ad entrambi.. – disse tranquillamente,
prima di volgersi nuovamente al dranzerblader – ..e stasera tu e
tuo padre siete invitati a cena: ritengo che abbiamo diverse cose di
cui parlare.
Il diretto interessato annuì una terza volta con un semplice cenno
del capo in segno d'assenso, prima di muoversi. Ancor prima di
realizzare pienamente ciò che era appena avvenuto sotto i suoi
occhi, la mora si ritrovò ad incespicare per la terza volta su quel
vialetto, faticando a sostenere le ampie falcate del ragazzo che la
guidava, quasi trascinandola, verso la Camaro.
– Aspetta.. La mia borsa – cercò di dire, notando con la coda
dell'occhio la propria macchina con lo sportello ancora aperto, in
attesa.
Solo a quel punto lui si arrestò di colpo, rischiando che lei gli
finisse addosso, prima di permetterle di recuperare i propri effetti
personali rimasti sulla Mazda color viola metallizzato. E fin
quando lei non fu tornata al suo fianco, lui non si mosse affatto,
pronto ad afferrarla nuovamente per mano prima di procedere verso la
sua auto sportiva.
Quando misero piede in azienda avevano almeno mezz'ora di ritardo.
– Hiwatari, tuo padre ti cerca da mezz'ora... – lo interpellò
uno dei manager aziendali alle dipendenze dell'azienda. Era un uomo
di mezza età, con una stempiatura iniziale che riduceva la
superficie di pelle occupata dai capelli neri, ed in volto
un'espressione che aveva del corrucciato, prima che inarcasse un
sopracciglio, spostando lo sguardo sulla giovane Natsuki subito
dietro di lui – ..e tu non sei un'allieva del corso che si tiene
all'undicesimo piano?
– Ehm.. – Yukiko per riflesso abbozzò un sorriso nervoso.
– Lei è con me – intervenne il dranzerblader con fare
perentorio, scoccando un'occhiata penetrante all'uomo che aveva
interrotto il loro cammino lungo il corridoio. A rimarcare quanto
detto, se la fece più vicina rinsaldando la presa sulla sua mano
destra – Dov'è mio padre?
Il manager sembrò ancor più perplesso, ma non osando contraddire il
figlio del presidente di una delle organizzazioni più importanti del
paese, gli rispose – Nel suo ufficio..
Kei non pose altro tempo in mezzo, prima di superare quell'ostacolo e
dirigersi verso l'atrio che dava accesso alla rampa di scale ed ai
due ascensori di quella parte del grattacielo. Fermandosi di fronte
alle porte scorrevoli di uno dei due, premette il pulsante di
chiamata e rimase immobile ad attendere che la cabina raggiungesse il
loro piano.
Fu a quel punto che la nightblader, la quale lo aveva sino a quel
momento seguito piuttosto docilmente per tutto il tragitto da casa
sua sino a lì, tentò di attirare la sua attenzione.
– ..forse.. ecco, credo che sia il caso che io vada al corso.. sono
già molto in ritardo – gli fece notare.
Voltandosi a guardarla, il giovane Hiwatari ne notò l'espressione
accigliata ed ansiosa, quasi timorosa, definita da una piega
sottilmente tesa delle labbra. Lui di rimando si ritrovò a donarle
un mezzo sorriso incoraggiante quanto sicuro di sé.
– Appunto, ormai sei in ritardo, puoi tranquillamente prendertela
comoda – le assicurò, con una punta di ironia che non fece altro
che accentuare il cipiglio della mora, proprio come s'era aspettato
accadesse. Il suo sorrisetto gli si affermò in volto, divertito
dalla cosa – ..e poi non intendo aspettare che sia tua madre ad
informarlo – aggiunse, più seriamente, prima di avvicinar il
proprio viso al suo per mormorarle a fior di labbra – Questa cosa è
più importante.
Le scoccò un nuovo bacetto a tradimento e quando si fece indietro,
lei aveva perso del tutto quell'aria corrucciata in favore di un
rossore uniformemente diffuso ed un'espressione che lasciava intuire
quanto fosse andata nel pallone per così poco. La cosa contribuì a
divertirlo ancor di più e, quando le porte si aprirono l'istante
successivo, se la trascinò dietro senza riscontrare la minima
resistenza.
Se la rise sotto i baffi finché, quando l'ascensore prese a muoversi
verso l'alto, un pizzicotto al fianco sinistro lo fece sussultare
leggermente e voltare di nuovo per inquadrare il volto della sua
ragazza, un poco sorpreso di trovarla sì imbronciata ma non
abbastanza da non apparire comunque divertita a sua volta.
Incrociandone gli occhi verdi, li notò brillare di una luce
sbarazzina che gli fece nascere l'impulso di spingerla contro la
parete lì accanto ed infilarle la lingua in bocca.
No, una cosa alla volta, Hiwatari.
Prima dovevano andare a parlare con suo padre, cosa che stavano per
l'appunto facendo. E poi l'ascensore non era effettivamente del tutto
vuoto: una delle segretarie del dodicesimo piano li stava osservando
con un'espressione che definire allibita era semplicemente un
eufemismo, mentre un altro paio di signori in giacca e cravatta
sembravano aver più esperienza nel fare finta di niente.
Quando finalmente la cabina si arrestò all'ultimo piano, il
dranzerblader si ritrovò ad inspirare profondamente prima di fare un
passo avanti quando si aprirono loro le porte. Avanzando nell'ampio
atrio, la segretaria personale di suo padre sollevò lo sguardo
dietro uno spigoloso paio d'occhiali dalla montatura in argento
sottile, puntandolo su di loro come un falco a caccia. Appena li
inquadrò infatti, nonostante il sopracciglio fuori controllo, si
aggiustò la montatura sul naso spigoloso mentre si alzava dalla
sedia.
– Signor Hiwatari, suo padre la sta aspettando – la donna aprì
bocca, poi la richiuse, ripetendo il gesto una seconda volta, come se
avesse voluto aggiunger qualcosa e poi ci avesse ripensato all'ultimo
momento.
Lui le rispose con un semplice cenno del capo, per poi dirigersi
verso la porta dell'ampio ufficio del presidente, ignorandone lo
sguardo inquisitorio e portandosi dietro una Yukiko improvvisamente
più tesa di quanto era stata sino a poc'anzi. Notando la rigidità
trasmessa dal suo braccio, una volta fermo davanti all'anta in
compensato e vetro patinato, si volse un istante per assicurarsi
delle sue condizioni e la trovò più pallida e ansiosa di quanto
avrebbe voluto. Tentando di trasmetterle un po' di sicurezza
attraverso una stretta più decisa della mano, attese di vederla
annuire, prima di allungare una mano verso la maniglia ed aprire
quell'anta.
Entrarono una dietro l'altro, ritrovandosi in un ampio ufficio più
largo che profondo, al cui centro era disposta la scrivania dietro la
quale suo padre era accomodato con tanto di cornetta all'orecchio.
Appena sollevò lo sguardo castano su di loro, ebbe la stessa
reazione avuta meno di un'ora prima dalla signora Natsuki: ogni suo
muscolo si bloccò, tant'è che il figlio ebbe la netta impressione
che avrebbe potuto benissimo sfilargli la sedia da sotto il sedere
che lui sarebbe rimasto esattamente nella stessa posizione, senza
cadere.
L'espressione sorpresa si accese di perplessità quando fece
scivolare lo sguardo sulla mora e sulla mano che il dranzerblader si
ostinava ancora a stringere nella propria. Entrambi i ragazzi fecero
in tempo a fermarsi di fronte all'imponente scrittoio dell'uomo
d'affari, prima che questi riagganciasse la cornetta con un insipido
“..la richiamo io..” e ritrovasse le parole da rivolgere
loro.
– Kei – esordì infatti, in un tono che lui gli aveva sentito
usare spesso quando preso in contropiede – ..confesso che non mi
aspettavo di vedervi entrambi – affermò, prima di deglutire e
schiarirsi la gola, in un palese segno di disagio che tuttavia non ne
minò la cortesia, rivolgendosi direttamente a Yukiko – ..come
procede il corso? Va.. va tutto bene?
– A-ehm.. bene, grazie.. La risposta della mora suonò esitante,
come se quei convenevoli la disorientassero ed il dranzerblader
decise di mettere fine a quella farsa.
– La madre di Yuki ci ha invitati a cena da lei stasera – li
interruppe senza mezzi termini, deciso ad andare subito al sodo e
risolvere la questione una volta per tutte. Lasciò la mano di lei,
soltanto per fare un passo ed al contempo circondarle le spalle con
il braccio destro, stringendosela al petto in un chiaro messaggio che
ribadì a voce – Inoltre ti informo che puoi piantarla coi tuoi
giochetti: siamo una coppia a tutti gli effetti, quindi mettiti pure
il cuore in pace su questa cosa.
E se la nigthblader, voltata a sua volta verso il loro interlocutore,
smise quasi di respirare fra le sue braccia, messo di fronte a quella
chiara provocazione il presidente della Hiwatari non fece una
piega. Dopo un momento iniziale di assoluto e silenzioso stupore, gli
bastò un battito di ciglia per delineare le labbra di un diplomatico
sorriso.
– Oh, capisco – commentò, intrecciando ambo le mani fra loro sul
tavolo di fronte a sé – ..questo cambia alcune cose, immagino.
Kei fu lesto a contraddirlo – Questo non cambia proprio niente. Te
l'ho detto solo perché non siamo più disposti a continuare così..
Stava per aggiungere altro quando la sua ragazza fece pressione con
ambo le mani sul suo petto per indurlo ad allentare la stretta,
costringendolo a guardarla mentre lei si scostava da lui solo quel
poco di spazio necessario ad assumere una postura eretta e composta,
il mento sollevato e lo sguardo insolitamente fermo sull'uomo seduto
dall'altro capo della scrivania.
– Basta segreti e sotterfugi, signor Hiwatari – lo ammonì lei,
prendendo in contropiede lo stesso blader di fuoco alla vista di
tanta rinnovata fermezza nella sua voce – Se lei e mia madre
continuerete a frequentarvi dovrete farlo alla luce del sole, così
come abbiamo intenzione di fare noi. Non ci immischieremo nel vostro
rapporto, ma ci aspettiamo lo stesso da voi: affari e vita privata
andranno tenuti rigorosamente separati.
Di fronte a quella dimostrazione di carattere Kei per primo si
ritrovò a sorridere sotto i baffi, espressione che assunse anche il
presidente, seppur fu più accorto nel nascondere la piega delle
labbra dietro un gesto vago della mano, prima di annuire.
– E sia. Mi sembra un buon accordo, tutto sommato – commentò a
quel punto, ma già vide Yukiko fare un passo indietro per prendere
del tutto le distanze dal dranzerblader, cosa che suscitò una
malcelata contrarietà a quest'ultimo, prima che lei ne cercasse la
mano con la propria, già pronta ad andare.
– Un'altra cosa – aggiunse, attirando nuovamente tutta
l'attenzione dei due Hiwatari su ciò che aveva da dire – ..per
stasera, sarà meglio che concordiate un orario.. devo sapere per che
ora dovrà essere pronta la cena, se vorrete mangiare qualcosa.
– Non mancherò – le assicurò il presidente, con un nuovo cenno
del capo e un malcelato sorrisetto divertito.
– Bene – concluse Yukiko – Se non c'è altro, io ho un corso da
seguire – si congedò, attuando un delicato inchino – ..scusi
l'intrusione.
Kei era già pronto ad andare quando la replica di suo padre scombinò
i suoi piani.
– Certamente, ma prima che andiate avrei bisogno che mio figlio
restasse qualche altro minuto: dovrei parlargli di questioni legate
all'azienda.
Ah, ecco spiegato il motivo di tanta confusione quel mattino.
Irrigidendosi un istante, voltò nuovamente lo sguardo sulla moretta,
della quale strinse momentaneamente con maggior veemenza la mano per
indurla a restare dov'era ancora un po'; il tempo necessario a lui
per accostarsi al suo orecchio.
– Ci vediamo a pranzo.
Lei si scostò appena, quel poco che le bastò per incrociare il suo
sguardo ed il blader quasi si perse in quell'iridi di un verde
intenso e brillante, profonde come un abisso in cui avrebbe potuto
smarrirsi più che volentieri. Lei ne ricambiò il mezzo sorriso con
uno molto simile, prima di andare e lasciarlo lì con suo padre.
Una volta che la porta si fu richiusa dietro la sua snella figura,
avvertì l'impulso irrazionale di uscire da quella stanza per
seguirla, come se non vi fosse più nulla di così importante a
trattenerlo in compagnia di suo padre ora che lei non era lì con
lui. Come se l'attrazione che provava per quella ragazza lo spingesse
a non allontanarsene più di una certa distanza.
Era ancora intento a riflettere sullo strano effetto appena accusato,
quando il suo vecchio ne attirò nuovamente l'attenzione con un
colpetto di tosse che lo spinse a distogliere finalmente gli occhi
scuri da quell'anta. Il sorriso che per contro gli vide stampato in
volto lo indispettì e lo mise a disagio più di quanto avrebbe
potuto fare qualunque parola.
– Dai, smettila.. saranno qui a momenti! – esclamò contrariata e
al contempo divertita la mora, scostando da sé il proprio ragazzo –
Ladro e approfittatore che non sei altro!
Il dranzerblader fece un paio di passi indietro, facendo sparire il
suo bottino e poi mostrando ambo le mani vuote di fronte a sé, come
se non si fosse appena messo in bocca uno dei gamberetti che la
ragazza stava tentando di finire di friggere con tanto impegno, prima
del rientro dei loro genitori.
L'orologio appeso alla parete segnava già le otto.
– Su siediti – lo spronò, indicandogli con un gesto della
spatola una delle sedie del tavolo già apparecchiato.
Lui piegò le labbra in una smorfia poco convinta e che a malapena
riuscì a mantenere per più di un secondo, prima di tornare a
sorridere di nuovo di quel sorrisetto carico di furbizia – Ma mi
annoio.. – si lamentò, lasciando cadere di nuovo il suo sguardo
sulla scodella di gamberetti già cotti ed adagiati sulla carta
assorbente.
Non sapendo bene come reagire a tanta impazienza ed ironia tutte
insieme, Yukiko alzò gli occhi al soffitto, prima di ficcargli la
spatola in mano.
– Bene, allora continua tu.
Non riuscì a trattenersi affatto dal ridacchiare alla vista della
sua espressione assolutamente perplessa, quasi contrariata, che gli
comparve in volto, cosicché bastò il suo divertimento a fargli
raccogliere la sfida lanciatagli a tradimento. Quando tuttavia si
fece avanti e tentò di aver a che fare con la padella sfrigolante ed
i gamberi da versarci dentro, ne riversò nell'olio una quantità
eccessiva, tanto da schizzare mezzo ripiano cottura e far fare ad
entrambi i ragazzi un salto indietro.
– Ma che fai?! – esclamò istintivamente la nightblader,
osservando stralunata lo scempio attuato dal suo ragazzo.
Questi in tutta risposta le rivolse un'occhiata da finto innocentino
che la indusse con uno sbuffo a togliergli la spatola di mano per poi
avvicinarsi temerariamente ai fornelli per tentare di contenere quel
disastro.
– No so se sei più pazzo tu o io ad aver pensato che potessi
farcela a friggere due gamberetti! – sbottò, assorta nel proprio
operato, aiutandosi con un coperchio recuperato da un tegame vicino –
Passami una spugna..
– Dov'è?
Yukiko gli scoccò un'occhiata in tralice, prima di ricordarsi con
chi stava parlando: probabilmente il blader era entrato per la prima
volta in una cucina poco più di due mesi prima, in occasione
dell'episodio del curry. Sospirando con fare sconsolato gli indicò
il secchiaio e poco dopo eccola stringere finalmente la spugna
richiesta, con la quale si premurò di tamponare gli schizzi d'olio
sparsi per il ripiano cottura.
Neanche il tempo di girarsi che, beccandolo ad allungare ancora una
volta le mani verso i suoi gamberetti, lo bacchettò sul dorso della
mano destra con la spatolina di legno che ancora reggeva con la
destra. Il ladro si ritrasse immediatamente di scatto,
fissandola quasi oltraggiato per tanta spudoratezza e lei di rimando
gli fece una linguaccia.
– Ti ho detto di piantarla.. – gli ripeté, prima che il suono
del campanello la interrompesse e lei cogliesse l'occasione al balzo
per avere un po' di tregua – ..ecco, sono arrivati. Va' ad aprire!
Con un'espressione imbronciata e la promessa che gliel'avrebbe fatta
pagare, finalmente Kei uscì dalla cucina, lasciandole così modo di
finire di cuocere i pochi gamberetti rimasti. Stava giusto scolando
gli ultimi quando la voce di sua madre le giunse, un attimo prima che
tutti e tre si affacciassero sulla soglia della cucina.
– Cara, tutto bene? – le domandò la donna che l'aveva messa al
mondo, con uno dei suoi toni vivaci.
– Sì.
– Vuoi una mano?
– No, grazie – scandì chiaramente Yukiko, sforzandosi di non
sussultare all'eventualità.
– Allora ci accomodiamo?
– Sì, mamma..
Finalmente poté prendere il vassoio su cui aveva appena finito di
disporre la frittura e, con una rapida rotazione su sé stessa, le
bastarono pochi passi per appoggiarlo al centro del tavolo, insieme
al riso ed al resto delle cibarie lì disposte. Sospirando, fece un
passo indietro per ammirare il proprio operato e la tavola imbandita
le parve uno spettacolo davvero magnifico, soprattutto contornata da
quelle persone. Sua madre s'era accomodata a capotavola, come al
solito, mentre il signor Hiwatari - Susumu, si corresse mentalmente
aveva preso posto alla sua destra. All'altro capotavola s'era messo
Kei, ovviamente, l'aria ancora un po' imbronciata che tentava invano
di mascherare una certa impazienza, a giudicare dal modo in cui
altalenava lo sguardo dai vari vassoi a lei, ai commensali al tavolo.
Cavolo, avrebbe anche potuto abituarsi ad una visione del genere.
Scacciando quel pensiero ma non il sorriso che le era nato spontaneo
in volto, si voltò sfilandosi il grembiule da sopra la testa e
appallottolandolo fra le mani lo lanciò in un angolo, prima di
prendere finalmente posto fra sua madre e il suo ragazzo, esattamente
di fronte al presidente della Hiwatari.
– Buon appetito.
– Buon appetito – le risposero in coro, prima che toccasse ora a
sua madre fare gli onori di casa, riempiendo le varie ciotole di
riso.
– Da quant'era che non mangiavo un pasto preparato in casa.. –
commentò bonario il presidente, prendendo con un sorriso la ciotola
che gli stava porgendo la signora Natsuki. Lei gli sorrise di
rimando, prendendo in consegna quella del figlio di lui.
– La mia Yu-chan è davvero bravissima ai fornelli, non so cosa
farei senza di lei!
– Mamma.. – tentò di redarguirla la diretta interessata, già in
imbarazzo.
Chissà a che cibi raffinati era abituato l'uomo d'affari seduto alla
loro tavola. Ah, ma che cosa era venuto in mente a sua madre, quando
aveva invitato lui e Kei a cena?! Non potevano andare a mangiare
fuori, da qualche parte?
All'improvviso tutto il duro lavoro di quel tardo pomeriggio le
sembrò tempo buttato e le si chiuse lo stomaco, cosicché non poté
far altro che rimanere a guardare con espressione ansiosa ognuno dei
presenti che iniziava a servirsi. Quando Susumu portò alla bocca per
la prima volta il carico delle bacchette, quasi le si smorzò il
respiro in gola in attesa di una qualche reazione che potesse
decifrare su quel volto di mezza età ora fattosi pensieroso.
E poi, quasi senza preavviso, fu come se i lineamenti dell'uomo si
addolcissero ed il suo sguardo si perse per una frazione di secondo
nel vuoto, prima che un battito di ciglia si portasse via quel
cambiamento quasi invisibile ad occhio altrui e lui tornasse a
focalizzare la propria attenzione sulla ragazza dai lunghi capelli
bicolori.
– Be', tua madre non ha esagerato molto... – e scoccando
un'occhiata al figlio, il quale s'era già riempito il piatto di
tutti i gamberetti impanati disponibili – ...sembra proprio che tu
sia stato preso per la gola, eh, Kei?
– Kei?! Che fai, lasciane un po' anche a noi! – esclamò
contrariata ed in preda all'imbarazzo la blader in questione,
spalancando gli occhi verdi sul suo ragazzo. Questi per contro le
scoccò un'occhiata assolutamente indifferente, prima di riempirsi la
bocca di una parte della sua refurtiva.
La schietta e vivace risata di Natsuki Sakura li fece voltare tutti e
tre a fissarla, Yukiko per prima con espressione allibita, mentre gli
altri due Hiwatari erano rispettivamente, il più giovane guardingo
ed il più vecchio divertito a sua volta.
Era un sacco di tempo che non sentiva sua madre ridere di cuore a
quel modo. Nessuna risatina artistica, niente di artificioso o
esageratamente enfatizzato, così come non c'erano freni al
divertimento sul suo volto segnato da piccole rughe d'espressione.
Nessuno disse niente, attesero che lei finisse di ridere e quando lo
fece era sempre la stessa donna d'affari composta e controllata,
soltanto con un ampio sorriso ad illuminarle i lineamenti femminili.
– Sapete.. fino a poco tempo fa non avrei mai creduto di poter
assistere ad una scena del genere – rivelò loro in un impeto di
sentimentalismo che scioccò la sua unica figlia, che tutto riuscì a
fare men che meno trovare la voce per dire qualsiasi cosa. Così
rimase ad osservare ad occhi spalancati il presidente della Hiwatari
protendere sul tavolo una mano aperta per accogliere quella di lei e
tenerla lì, mentre la presidentessa della N.C. si rivolgeva di nuovo
ai due ragazzi scuotendo il capo con un sorriso rammaricato – Se
solo l'avessi immaginato, non avremmo perso tanto tempo..
– Hai perfettamente ragione, Sakura.
– Mettiamo subito in chiaro una cosa – intervenne a quel punto
Kei, con fare assolutamente indifferente e lo sguardo che si alzò
soltanto un momento per fissarsi su entrambi i presidenti delle
rispettive aziende – Gli accordi presi non subiranno alcun
cambiamento. Io e Yukiko siamo ancora dell'idea di prenderci carico
delle rispettive aziende separatamente..
– Certo, figliolo – annuì prontamente il signor Hiwatari con la
sua miglior aria da diplomatico, senza per questo lasciare la mano di
Sakura – Tutto proseguirà come precedentemente stabilito.. –
un'occhiata fra i due e per qualche strano motivo alla nightblader
parve quasi che sua madre tentasse di nascondere un guizzo di
imbarazzo nei suoi occhi castani, prima che Susumu terminasse –
..finché ovviamente non dovesse avvenire un qualche cambiamento atto
ad influenzare le nostre vite in ambito familiare.
Per poco la mora non rischiò di rovesciare il proprio bicchiere con
una mano e, con la coda dell'occhio, poté distinguere chiaramente il
suo ragazzo nell'atto di strabuzzare gli occhi sul genitore. Non si
erano ancora ripresi dallo shock che la signora Natsuki intervenì,
ridacchiando e passando ad un argomento più colloquiale.
– Be', ad ogni modo sarà divertente fare qualcosa insieme per le
feste, vero Susumu?
– Ma certo, cara – ribatté prontamente l'altro, prima di
voltarsi a guardare proprio Yukiko, la quale si irrigidì
istintivamente contro lo schienale – Potremmo andare a passare
qualche giorno alla nostra residenza estiva.
Stavolta fu Kei a interrompere il padre, inflessibile – Abbiamo già
un impegno.
Quell'unica affermazione fece inarcare un sopracciglio alla moretta,
prima che comprendesse a cosa stesse alludendo ed intervenisse a
propria volta, questa volta però rivolgendosi proprio al
dranzerblader – Ma se neanche me l'hai ancora chiesto?! – sbottò,
con una punta di fastidio che la spinse ad arricciare il naso in una
smorfia. Il vederlo sussultare, preso alla sprovvista, la spinse ad
evitarne lo sguardo magnetico per volgerlo in un punto imprecisato
della stanza, aggiungendo – Sì, so della festa di Capodanno di
Takao, me l'hanno detto Mao ed Hilary due settimane fa.
– Non vuoi andarci?
– Certo che voglio andarci – ribatté prontamente lei, voltandosi
di nuovo di scatto verso di lui.
Soltanto a quel punto si rese conto, dal sorrisetto che questi aveva
stampato in volto, che era appena caduta nella sua trappola.
– E allora abbiamo un impegno – ribadì, tradendo una certa
soddisfazione nonostante si ostinasse a voler ostentare
un'espressione indifferente.
Cavolo, l'aveva fregata di nuovo.
Defraudata dell'opportunità di valutare con calma quell'opportunità,
nonostante non ne avesse comunque sentito alcun bisogno, avendoci
riflettuto sopra per giorni da quando Mao le aveva comunicato la cosa
in videochiamata, alla giovane Natsuki non rimase altra scelta che
iniziare finalmente a mangiare, ostentando un cipiglio che in realtà
era tutto un artificio. In cuor suo, anche se per una volta non si
soffermò ad analizzare le proprie emozioni, avvertì una felicità
che le alleggerì l'animo e che venne oscurata l'istante successivo
da qualcos'altro. L'ombra di un ricordo pressante.. e riappoggiò le
bacchette a lato della propria ciotola di riso per tornare a cercare
sua madre con gli occhi verdi.
– C'è una cosa importante di cui dobbiamo parlare – annunciò,
nuovamente seria e padrona di sé.
La donna parve intuire la gravità di quel nuovo momento e ritrasse
la propria mano da quella del presidente della Hiwatari per prestarle
la massima attenzione – Sì, è così.
Cercando di mantenere sotto controllo la nuova tensione che l'aveva
appena assalita, la mora inspirò gonfiando i polmoni al suo massimo,
prima di esternare tutta quell'aria in un più discreto sospiro a
labbra serrate. Soltanto dopo si sentì abbastanza sicura di sé da
iniziare.
– Riguarda quanto è accaduto da Kippei – esordì, abbassando lo
sguardo per un momento. Sapeva di avere in volto un'espressione tanto
corrucciata quanto tormentata, ma non osò abbracciare con lo sguardo
nessun altro dei presenti mentre continuava, solo sua madre – Sono
ancora arrabbiata con voi.. con te, per quanto è successo – si
prese una breve pausa, il tempo di tornare a guardare in volto
Sakura, prima di continuare – Cos'era quella storia? Perché
parlavate di quel che ho...? – la voce le venne meno tanto era
nervosa, cosicché fu costretta a zittirsi e ad abbassare di nuovo
l'iridi sul tavolo. Quando fu chiaro che non avrebbe ultimato la
domanda tuttavia, a risponderle fu direttamente Susumu.
– È colpa mia – affermò senza alcuna incertezza, calamitando
gli sguardi dei presenti – Sospettavo già di voi due, ma a quel
punto mi sono reso conto di non sapere nulla sul tuo conto – Yukiko
a quelle parole non riuscì ad evitarsi di inarcare un sopracciglio,
fissando il padre di Kei già sul punto di ribattere qualcosa, ma lui
fu più veloce nel continuare, mantenendo quella sua aria
imperturbabile ma seriosa al tempo stesso – Così ho assunto una
persona per fare qualche ricerca.. ricerche che evidenziarono una
lacuna di informazioni, di cui poi parlai con tua madre.
La mora spostò di scatto lo sguardo di smeraldo su sua madre, come
se soltanto con esso potesse immediatamente leggere la risposta alla
moltitudine di domande che le assalì la mente. Quando la signora
Natsuki annuì, lei si ritrovò a serrare la delicata linea della
mascella.
– E non ti è venuto in mente che io potessi non essere d'accordo,
vero mamma?
– So bene di aver sbagliato, ma non è stato facile nemmeno per me
come madre, quel periodo.. – ammise la donna in tutto il suo
contegno, cosa che non impedì alla figlia di notare la lieve
increspatura comparsale sulla fronte. Le parve volerle uno sforzo non
da poco per continuare e quando lo fece, tenne il suo sguardo puntato
su di lei e su nessun altro, come se non vi fosse nessun altro –
..e, per la prima volta, ho ceduto al bisogno di sfogarmi con
qualcuno che potesse capire il mio punto di vista e magari darmi un
parere da genitore – abbozzò un sorriso appena accennato, ma
carico di un rammarico che si rifletté nelle sue parole – Per
quanto possa sembrarti strano, ci sono momenti in cui non sono sicura
di essere davvero una buona madre.
Quella confessione spiazzò la ragazza più di ogni altra cosa,
facendole spalancare gli occhi e perdere il filo dei propri pensieri.
Non le era mai passato per l'anticamera del cervello che sua madre
covasse simili incertezze, che mettesse in discussione il suo
operato. Non rammentava una sola volta in cui l'avesse vista meno che
totalmente sicura di sé stessa e delle sue decisioni e fu questa sua
nuova, inaspettata apertura, a lasciarla spiazzata.
Il silenzio che seguì si fece imbarazzato ancor prima che una delle
due Natsuki distogliesse lo sguardo l'una dall'altra, e quando ciò
accadde, la prima a farlo fu proprio Yukiko, che per trovar qualcosa
da fare prese in una mano le bacchette e nell'altra la ciotola di
riso, cedendo all'impulso di concentrarsi su qualcos'altro.
– Mangiate o si raffredderà – mormorò un po' cupa, lasciando
cadere il discorso.
Con suo sollievo, i loro ospiti seguirono il suo consiglio e nel
silenzio che seguì la mora si chiese una volta di più, preda di un
caparbio disagio, se le cose avrebbero mai davvero potuto funzionare,
fra loro.
“Dai tempo al tempo”
Con un sospiro discreto, lei annuì mentalmente al proprio bitpower.
In fin dei conti, non ci sarebbe stato nulla di male a vedere come
sarebbero andate le cose da lì in avanti.
...continua.
[ANGOLO AUTRICE]
Eeee siamo a -1!!!! Sì, il prossimo capitolo è l'ultimo e io sono finalmente riuscita a farmelo piacere, perciò entro venerdì sera state pur certi che potrete leggerlo!
No, non piangete, è un bel capitolo, davvero!! (spero..)
XD vabbè... che ne pensate di questo? Spero ne pensiate bene perché a me è piaciuto scriverlo e credo di aver fatto del mio meglio per restare attinente all'idea che avevo in mente. Ma bando alle ciance, lascio come sempre la parola a voi! Mi mancherete tanto ç_ç sniff.
Ok ok, ora asciugo le lacrimucce, che se inizio io qui non finisco più.
Ah, nel caso abbiate trovato qualche errorino, sì, lo confesso, ho dato una rilettura veloce e non approfondita quindi può essermi sfuggito qualcosa.. se vi va di segnalarmi eventuali imperfezioni, poi provvederò subito a correggerle!
Intanto vi mando un bacione e vi auguro una buona serata!
ciau ciau
Kaiy-chan |
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Capitolo 50 *** Il nuovo anno ***
50. Il nuovo anno
Varcando l'ingresso
alla sala da pranzo di Villa Hiwatari dopo il modo formale in cui
vennero annunciate dallo zelante William lei e la madre, la
nightblader si fermò il tempo di far spaziare meccanicamente lo
sguardo di smeraldo per l'ambiente, alla ricerca di una persona ben
precisa.
Era passato quasi
un mese dalla prima cena consumata tutti e quattro allo stesso tavolo
e, dopo quella serata, se n'erano susseguite altre, a volte a casa
loro, altre volte lì alla villa, oppure a cena da Kippei o in
qualche altro posto. Dopo circa quattro settimane da allora, Yukiko
aveva iniziato a considerare, suo malgrado, quel tipo di avvenimenti
come una inattesa costante della loro vita - una nuova normalità
- e l'idea, se doveva essere del tutto sincera con sé stessa, non
poteva dispiacerle davvero.
– Cerchi qualcuno?
Il suono di quella voce a pochissima distanza dal proprio orecchio
sinistro la fece sussultare in avanti, ruotando tanto rapidamente su
sé stessa da inciampare sulle proprie stesse scarpe. Non cadde; si
ritrovò invece stretta all'altro, un braccio di lui a reggerla ad
altezza della vita ed il proprio polso sinistro bloccato nella
stretta altrui, delicata e ferrea al contempo. Arrossendo
violentemente per l'imbarazzo e lo stupore, fissò due occhi dai
riflessi d'ametista tanto familiari quanto misteriosi, senza trovare
in essi alcun ché da rispondergli.
Il sorriso che aleggiava, appena accennato ma ben distinguibile,
sulle labbra del dranzerblader si accentuò, dandogli un'apparenza
del tutto soddisfatta che non fu sufficiente a privarlo del piacere
di stuzzicarla ancora un po', commentando a basso tono – Non te
l'aspettavi..
Yukiko si imbronciò imbarazzata, borbottando – Mi hai fatto
prendere un accidente. Secondo te?
Lui si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito prima di lasciarla
andare, dopo ovviamente essersi assicurato che lei riuscisse a
reggersi in piedi da sola. Punta nell'orgoglio, la moretta riacquistò
ben presto l'equilibrio e dopo essersi lisciata la gonna dell'abito
di lana che aveva scelto per la serata, sollevò lo sguardo sul
blader di fuoco, trovandolo intento a fare il finto tonto, con le
mani ficcate in tasca e quei suoi incredibili occhi scuri sollevati
in un punto imprecisato alla sua destra. Quel suo sorrisetto era
ancora lì, ovviamente, nonostante lui tentasse di contenerlo.
E la mora si ritrovò a sorridere di rimando, a discapito di tutto:
non sarebbe cambiato mai.
– Kei, Yukiko, venite a tavola – li raggiunse la voce di sua
madre, inducendoli a voltarsi entrambi verso l'ampio tavolo imbandito
per il cenone. Lei ed il padre di Kei li stavano aspettando in piedi
accanto alle rispettive sedie, uno più sorridente dell'altro, ed ai
due ragazzi non rimase altro da fare che annuire e prender posto
l'uno accanto all'altra.
Fu una cena di quattro portate principali, una di quelle che di
solito mettevano a dura prova lo stomaco della mora e che spingevano
Night a prenderla in giro per la quantità di cibo con cui riusciva
puntualmente a riempirlo, a discapito delle apparenze.. e Yukiko
sapeva bene che prima della fine di quella serata il suo bitpower non
avrebbe mancato neanche quell'occasione. In preda ad una rinnovata
sconsolazione che la indusse a sospirare mestamente, la ragazza trovò
ben presto un altro genere di pensieri a cui dedicare la propria
attenzione.
– Ti va di andare da qualche parte, dopo cena? – chiese al
dranzerblader.
Il diretto interessato inarcò un sopracciglio, ma un istante dopo
già stava annuendo con quella sua aria impassibile.
– Prima dovete aprire i vostri regali – intervenne Sakura,
inducendo la figlia a voltarsi verso di lei.
Giusto, i regali. Il suo non poteva di certo aspettare.
Ignorando lo scatto verso l'alto che fece anche l'altro sopracciglio
del suo ragazzo, la mora riprese a mangiare, improvvisamente
impaziente che giungesse e passasse oltre anche il momento del dolce.
Non vedeva l'ora di vedere la faccia che avrebbe assunto Kei quando
gli avesse consegnato il suo pacco e lui l'avrebbe aperto,
rivelandone il contenuto. La tensione le chiuse quasi la bocca dello
stomaco, ma l'atmosfera natalizia pareva aver contagiato persino
quell'enorme dimora, aiutandola a rilassarsi man mano che la
conversazione proseguiva leggera, una portata dopo l'altra.
Conversazione alla quale la ragazza non partecipò attivamente a
lungo, ritrovandosi a lasciar vagare la propria mente su ben altri
pensieri. Erano cambiate molte cose in quelle ultime settimane, a
partire dal suo personale rapporto con la signora Natsuki. Dopo
quella sera, Yukiko l'aveva presa da parte e le aveva parlato in
privato faccia a faccia, assicurandosi che lei capisse il suo punto
di vista e interessandosi per una volta di quello d'ella. Era la sua
unica madre, non aveva avuto alcuna possibilità di scelta ma non per
questo poteva cambiarla, quindi aveva deciso di prendere in mano la
situazione. Avevano parlato a lungo, per almeno un'ora e mezza di
orologio, e la mora aveva accettato di alzarsi per andare a letto
soltanto quando aveva avuto chiara percezione che si fosse venuta a
creare una sorta di intesa fra entrambe. Da quel momento in poi, le
cose erano sembrate andare in discesa, persino nei rapporti con il
signor Hiwatari, il quale si era dimostrato molto meno altero della
prima impressione che ella stessa ne aveva avuto.
Certo, le ci era voluto del tempo per abituarsi a tutto quello,
persino ora non era sicura di esserci riuscita completamente, ma le
cose sembravano procedere sulla buona strada ed era così riuscita a
rilassarsi un poco di più giorno per giorno. Certo, ogni tanto
qualche battutina su un possibile matrimonio saltava fuori, ma veniva
ben presto rinnegata o accantonata, fra le risate e gli sbuffi
infastiditi generali.
Quando finalmente cena e convenevoli terminarono, si spostarono nel
salotto vero e proprio, ed ormai la nightblader era arrivata a
credere di non potersi stupire più di niente, riguardo la
prestigiosa famiglia con cui aveva avuto a che fare negli ultimi
tempi; e invece si ritrovò a spalancare gli occhi verdi alla vista
dell'enorme albero di natale che sfiorava con la punta il soffitto,
nell'angolo fra la finestra ed il camino acceso, anch'esso piuttosto
ampio. Il calore e la luce delle fiamme proiettarono riflessi
danzanti davanti ai suoi occhi, sul pavimento rivestito di un
pregiato tappeto persiano ampio almeno metà dell'intera stanza.
Il signor Hiwatari, da perfetto padrone di casa, li invitò ad
accomodarsi sui divani appresso al camino ed attese che l'avessero
fatto tutti e tre, prima di tirare fuori il suo personale regalo per
la signora Natsuki. Prima che Yukiko potesse anche solo fare qualcosa
di più che chiedersi distrattamente cosa contenesse quella scatolina
grande a malapena un pugno e tutta infiocchettata, si ritrovò a
stringere fra le mani una busta color rosso sangue.
– Questo è da parte mia – le disse il ragazzo che le si era
seduto accanto un istante prima, senza guardarla direttamente.
Inarcando un sopracciglio, ne scrutò il volto rivolto verso la
finestra più vicina, prima di riabbassare lo sguardo su ciò che lui
le porgeva e sorridere lievemente fra sé e sé, prendendo
definitivamente in consegna la busta scarlatta. Rigirandosela fra le
mani, notò che da un lato recava scritto in kanji il suo nome, in un
inchiostro argenteo che le piacque per il contrasto con il colore più
vivo della carta. Non attese troppo tempo, cogliendo un vago
movimento con la coda dell'occhio: il suo blader di fuoco iniziava a
dare segni di irrequietezza in quella posa semi-svaccata - con una
gamba accavallata sull'altra e un braccio appoggiato allo schienale -
nell'attesa che lei aprisse il suo regalo, e la cosa la fece
sorridere maggiormente.
Strappò un lato del riquadro con attenzione per non rovinarne il
contenuto, cosa che le impiegò non più di un paio di secondi, ma
quando rivelò finalmente cosa essa contenesse il respiro le venne
meno ed avvertì il proprio cuore accelerare i battiti, mentre
spalancava sempre più le palpebre, attonita.
Non poteva crederci.
Alzò di scatto lo sguardo sul suo ragazzo, vedendolo già sfoggiare
uno dei suoi sorrisetti sghembi, allora tornò a guardare il suo
regalo e poi di nuovo Kei.
– Ommioddio.. – mormorò, prima che in volto le si delineasse un
sorriso tanto ampio che credette di sentire arrivarle alle orecchie.
Senza riuscire a frenarsi o ad esprimersi a voce, gli gettò le
braccia al collo, troppo emozionata ed entusiasta per pensare di
trattenersi, finendo per spalmarglisi addosso con uno slancio tale da
farlo aderire al bracciolo dietro la sua schiena. Eppure lui non
mancò di ricambiare il suo abbraccio, mentre soffocava sul nascere
uno scoppio d'ilarità in uno sbuffo.
– Ehi..
Presa dal momento, Yukiko si limitò a stringerlo, abbassando le
palpebre nel godersi quel contatto mentre dava sfogo a ciò che le si
agitava in petto – Grazie!
Questa volta lui non si trattenne dal ridacchiare, prima di chiederle
all'orecchio – Ti piace?
Lei si staccò da lui quel poco che le bastò per incrociarne di
nuovo lo sguardo dai riflessi di brace, esclamando tutto d'un fiato –
Sì, certo che sì! Ma come hai fatto a.. come sapevi..? –
l'agitazione che le serrava la bocca dello stomaco era tale, in quel
momento, da non permetterle di completare una sola delle domande che
voleva fargli, cosicché fu costretta a zittirsi, interrotta dalla
pronta risposta di lui, che ancora la guardava con quell'aria
sorniona stampava in volto.
– Ho i miei metodi – le rispose misteriosamente, con un riverbero
furbesco negli occhi scuri.
Un colpo di tosse da parte di sua madre la riportò alla realtà,
inducendola a sciogliere quell'abbraccio del tutto impulsivo per
tornare seduta composta - o quasi. Guardò ancora per un po' i due
biglietti del concerto di uno dei suoi gruppi preferiti, notandone la
data fissata per quella primavera, e quasi si dimenticò del passo
successivo. Per fortuna ci pensò il servizievole e sempre accorto
William a riportarla alla realtà, rivolgendole parola dopo un minuto
di rispettosa attesa.
– Volete che porti di qua il pacchetto?
Quella domanda la fece tornare al presente con un piccolo sobbalzo e,
sollevando lo sguardo sul maggiordomo, si affrettò ad alzarsi in
piedi – No no, ci penso io, grazie lo stesso – e rivolgendosi ora
al suo ragazzo gli sorrise, prima di avviarsi con passo svelto verso
la porta – Torno subito.
Appena fu di ritorno, Kei si ritrovò ad inarcare un sopracciglio nel
notarla trasportare fra le braccia un pacco che la nascondeva per
metà, date le dimensioni ragguardevoli. Sollevandosi in piedi
meccanicamente per andarle incontro tuttavia, non fece nemmeno in
tempo a fare più di un passo verso di lei che la mora, una falcata
dopo l'altra, aveva già attraversato quasi tutta la sala ed aveva
stampato in volto un sorriso tanto ampio che anche William senza i
suoi spessi occhiali l'avrebbe visto.
Perplesso, rimase pertanto in piedi al centro della sala, fra il
camino e le poltrone lì disposte, seguendo con lo sguardo la ragazza
fermarglisi di fronte con assoluta tranquillità, come se quel che
aveva fra le braccia non fosse un enorme pacco regalo infiocchettato
e foderato di carta regalo tipicamente natalizia.
– Questo è da parte mia – gli annunciò allegramente,
porgendoglielo.
Lui esitò un solo istante prima di liberarla di quell'ingombro e
quando ne sostenne il peso, capì immediatamente come avesse fatto
l'altra a muoversi con tanta sicurezza e rapidità nonostante fosse
stata gravata da quel carico: nonostante le apparenze infatti, questo
non era così pesante come la prima impressione gli aveva suggerito.
Sempre più perplesso ma ben attento a non lasciar trasparire il
proprio stato d'animo curioso e inquietato al tempo stesso, lo
appoggiò per terra e, appoggiando un ginocchio sul tappeto per
sostenersi, iniziò a togliere il nastro decorativo. Con la coda
dell'occhio registrò meccanicamente il fare di Yukiko, la quale gli
si inginocchiò accanto in assoluto silenzio, lasciandolo fare senza
intromettersi in alcun modo.
Il silenzio che in quella manciata di secondi calò nella sala, era a
malapena riempito dallo scoppiettare del fuoco alle sue spalle, i cui
schiocchi delle fiamme gli sfioravano a malapena le orecchie, messi
in secondo piano dal frusciare della carta regalo. Quando finalmente,
con ambo le mani, tolse il coperchio dalla sommità del pacco
squadrato, si pietrificò letteralmente nel fissare un dolcissimo
musetto peloso che, sul fondo della scatola, lo guardava a sua volta
con occhi vivaci di felino.
“Ma che ca..?”
– Meow..
Tesa come un
fuscello, Yukiko rimase immobile, lo sguardo di smeraldo puntato con
intensità sul dranzerblader per studiarne la reazione e non perdersi
alcun particolare della sua espressione. Fu così che fu spettatrice
di una rigidità tale, nei muscoli del ragazzo, da indurla a
trattenere il respiro ed iniziare a pregare silenziosamente in un
qualche cambiamento, su quel volto tanto serio quanto indecifrabile,
che mettesse a tacere il suo povero cuore impazzito.
Quando, pochi
secondi dopo, la situazione non ebbe alcun mutamento, la mora
credette che il cuore fosse sul punto di scoppiarle in petto
dall'agitazione e abbozzò un sorriso incerto, prendendo quindi
l'iniziativa.
– Ehm.. Kei? – mormorò in tono interrogativo, senza per questo
riuscire ad attirarne l'attenzione.
Merda.
Lo sapeva che avrebbe dovuto ripensarci, ma dopo aver avuto il chiaro
appoggio del signor Hiwatari aveva creduto di aver avuto l'intuizione
giusta nel pensare che lui sarebbe stato felice di tenere con sé
quel cucciolo che settimane prima avevano salvato dalla strada.
Avvertendo come una gelida morsa minacciarla di stritolarle il cuore,
si ritrovò ad affondare le dita affusolate nella morbida stoffa
della gonna, le mani poste in grembo, con sempre maggior energia,
arrivando quasi al punto di far sbiancare le nocche. La certezza di
aver preso un granchio grande come una casata le si insinuò maligna
nella mente, serrandole la gola a tal punto da costringerla a tentare
di deglutire una volta, prima di indurla a mordersi insistentemente
il labbro inferiore.
Gettando, in preda ad un panico crescente, un'occhiata fuggevole ai
loro genitori, li vide altrettanto silenziosi ed attenti a quanto
stava accadendo, così si ritrovò a tornare subito a fissare il suo
ragazzo, timorosa di perdersene anche la più infima reazione. Era
sul punto di provare a dire qualcos'altro quando, schiudendo
nuovamente le labbra, stavolta venne interrotta sul nascere dal
cucciolo stesso che, con un salto finì dritto dritto fra le braccia
del blader, facendo sussultare tutti i presenti.
Ed ogni tensione venne infranta, alleggerendole l'animo tanto
rapidamente da minacciare di stordirla.
Così, senza riuscire a raccapezzarsi, la giovane Natsuki si ritrovò
a fissare con occhi spalancati all'inverosimile il proprio ragazzo
non riuscire a ricomporsi mentre teneva la bestiola dal pelo
grigio-tigrato con ambo le mani e sollevata davanti al volto,
apparendole tanto impacciato come non lo aveva mai visto in
precedenza. Eppure, sotto quella strana incertezza che gli dava
un'aria più infantile del solito, Yukiko notò la presenza di
un'emozione che gli illuminava di riverberi lo sguardo dai riflessi
di brace e gli ammorbidiva leggermente i tratti del viso. Sembrava
non riuscire neanche a distogliere lo sguardo mentre il gattino, al
pari di lui, protendeva il musetto, annusando l'aria in sua direzione
ed arrivando a sfiorargli il mento con la punta del naso.
Quella scena, davanti agli occhi verdi della nightblader, apparve
tanto dolce da farla sciogliere come un cioccolatino al sole e colse
una nuova ondata di speranza nascerle nel petto ed affiorarle sino
alle labbra, inducendola a schiuderle ancora una volta in un nuovo
tentativo.
– Kei..?
Finalmente lo vide sollevare lo sguardo ad incrociare il suo ed in
esso lesse una serie di emozioni tanto intense da minacciare di
levarle ancora una volta il respiro. V'era stupore, incredulità,
quasi meraviglia avrebbe osato dire, in quell'iridi tanto attraenti,
cosa che la spinse a torturarsi il lembo dell'abito con ambo le mani,
dando voce alla fatidica domanda, avvampando in viso.
– Ti piace?
Il dranzerblader di fronte a lei sbatté un paio di volte le
palpebre, mentre sul suo viso ella fu sicura di distinguere un sempre
maggior rossore estenderglisi sino alle orecchie. Dovette attendere
un paio di secondi, il tempo al ragazzo di distogliere lo sguardo da
lei e tornare a fissare il gattino che ora stava tentando di
divincolarsi dalla sua presa, perché poi trovasse il coraggio di
muovere il capo. Il cenno d'assenso che gli vide donarle l'indusse a
schiudere le labbra in un nuovo quanto ampio sorriso mentre si
sentiva rinascere a quella conferma, tanto sollevata da rischiare di
abbandonarsi sul tappeto.
Gli piaceva.. gli piaceva davvero!
Al colmo della felicità non aggiunse altro, godendosi quell'insolito
ed insperato quadretto, osservando il ragazzo che, proprio come un
bambino, riappoggiava delicatamente il gattino per terra, il capo
reclinato verso il basso in modo da fargli pendere quelle sue ciocche
argentee davanti al viso ancora tinto di una vivace sfumatura
rossastra, seguendo ogni mossa della bestiola con lo sguardo.
– Tanti auguri – gli mormorò dolcemente.
E non riuscì più a smettere di sorridere.
Era fin troppo consapevole di aver gli sguardi di tutti addosso, ma
quando, ancora in preda ad uno stupore che non voleva abbandonarlo,
gli giunse la dolce voce della sua ragazza, tornò a sollevare lo
sguardo su di lei finendo per avvampare ancora di più in viso.
Aveva un sorriso dolcissimo, talmente bello da smorzargli il fiato e,
per un istante soltanto, si dimenticò del luogo e del momento.
Era assolutamente stupenda.
Un sentimento simile alla commozione gli scaldò il centro del petto,
al cui interno avvertiva distintamente il proprio cuore battere ad un
ritmo forsennato. Si sentì quasi scosso, colto da un tremito che gli
fece irrigidire i muscoli di schiena e spalle mentre si ritrovava,
per la terza volta da quando la conosceva, a pensare a quanto fosse
dannatamente fortunato ad averla incontrata.
Si ritrovò a sorridere fra sé e sé, prima di venir distratto
l'istante successivo dallo stesso micio che un mese e mezzo prima
aveva portato con lei al gattile, ritrovandolo intento ad attaccargli
giocosamente una fibbia dei pantaloni in jeans. Inarcando un
sopracciglio e ritornando a sentirsi alla stregua di un bambino
meravigliato, il dranzerblader non riuscì a trattenersi ed allungò
una mano per accarezzarlo.
La morbidezza del suo pelo sotto le dita gli trasmise una bella
sensazione, prima che la bestiola si rivoltasse sul dorso ed
accogliesse quel contatto inaspettato a zampate e morsetti. Il blader
di fuoco si ritrovò a giocarci senza neanche rendersene
effettivamente conto, rapito da quelle zampine morbide e graffianti
insieme, riflettendo con una parte della mente a quanto gli avrebbero
fatto comodo i suoi soliti guanti in pelle in quel particolare
momento.
Cavolo. A guardarsi da fuori probabilmente non si
sarebbe riconosciuto affatto, eppure era mosso da qualcosa più forte
di lui.
Non provava simili emozioni da quando aveva cinque anni.
Rammentando quell'età, ciò che era accaduto e che aveva contribuito
a creare la base di una serie di delusioni che erano state il
fondamento del suo carattere attuale, sollevò appena la mano
lasciando il cucciolo libero di rotolare su sé stesso e schizzare
via, sfuggendo a quell'avversario impossibile da battere per
rifugiarsi sotto il divano, alla ricerca della sua intraprendenza
momentaneamente andata perduta.
Allora Kei tornò a cercare con lo sguardo la nightblader,
ritrovandola nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata, con un
sorriso sereno e divertito al tempo stesso ad illuminarle lo sguardo,
voltato a seguire la bestiola. Quando, l'istante dopo, tornò ad
incrociarne gli occhi di smeraldo, lui non perse altro tempo e,
seguendo l'impulso del momento, sollevò la mano destra per afferrare
una delle sue e tirarla verso di sé, finché ella non fu costretta
ad appoggiarsi a lui.
Ignorandone la sorpresa ed avvertendo una nuova ondata di calore
accendergli il viso, le passò un braccio dietro il fianco destro
mentre l'altro lo portò a cingerle la schiena ad altezza delle
spalle, in un abbraccio tanto impulsivo che lui per primo colse
distintamente il respiro d'ella venir meno, mentre tentava di
sorreggersi a lui con ambo le mani posategli sulle spalle.
Soltanto quando la sentì completamente su di sé, infilandole una
mano fra i capelli dietro la nuca e accostando il capo al suo
orecchio, schiuse le labbra.
– Grazie – le sussurrò dolcemente, tanto piano da rendere
comprensibile quella parola ed il tono terribilmente espressivo
soltanto a lei.
Gli
riusciva difficile esprimere certe cose, per di più se circondato da
altre persone, ma questa volta - vuoi per l'atmosfera, vuoi perché
era sempre e comunque lei - non era riuscito a frenarsi. Si godette
la sensazione di averla fra le braccia, calda e profumata, reale,
e si ritrovò a sorridere fra sé e sé, le scompigliate ciocche
argentee che gli proiettavano un'ombra sugli occhi e gli
solleticavano le palpebre.
Contò una decina di secondi, prima che la sua ragazza si ricordasse
di aver bisogno di respirare, e quando lo fece, la sua risposta gli
giunse tanto bassa quanto carica di sentimenti. Gli stessi che il
blader avvertiva agitarglisi in petto.
– A te..
Rimasero abbracciati una manciata di secondi ancora, giovando
entrambi di quel contatto reciproco, tanto rassicurante quanto
confortante, finché non vennero riportati bruscamente alla realtà
dalla voce del padrone di casa.
– Devi dargli un nome, figliolo – proruppe il suo vecchio, con un
tono bonario sfumato di una nota divertita, nell'alludere al
cucciolo.
Kei sollevò di scatto lo sguardo su suo padre, sciogliendo suo
malgrado quell'abbraccio e lasciando così modo alla sua ragazza di
fare altrettanto. Il presidente della Hiwatari aveva stampato in
volto un sorriso velato d'affetto seduto accanto alla madre di
Yukiko, la quale gli era appoggiata al fianco, con un suo braccio
intorno alle spalle ed un sorriso altrettanto morbido sulle labbra.
Un sorriso che Kei ritrovò sul volto della mora quando tornò a
cercarla con gli occhi scuri, seppur questo si allargò in
un'espressione incoraggiante quando lui inarcò un sopracciglio con
aria dubbiosa. Allora iniziò a pensare ad un nome adatto per quel
cosetto peloso, adocchiandolo dietro una gamba del divano,
intento a prendere giocosamente a zampate una nappina di stoffa.
Rassegnato a considerare seriamente la cosa e combattendo ancora la
ventata di imbarazzo per la situazione venutasi a creare, il
dranzerblader si soffermò a riflettere attentamente riguardo ad un
nome adatto. Gli ci volle una buona dose di impegno ed inventiva
prima di giungere ad una conclusione, ma quando annunciò la sua
decisione lo fece col solito tono serio e determinato di sempre,
tornando a scrutare i presenti.
– Kija.
Il sorriso di Yukiko fu sufficiente a fornirgli l'approvazione di
cui aveva bisogno.
Hilary si fermò davanti all'imponente ingresso alla tenuta dei
Kinomiya, sostando lì davanti una manciata di secondi ancora. Il
cancello in legno era spalancato e l'arcata nella quale era incassato
spiccava scura contro la luminosità proveniente dalle finestre della
casa dietro di esso. Voci e schiamazzi provenivano da oltre
quell'accesso privato e fra tutti ella distinse chiaramente Takao e
Daichi.. e quello non era forse Max? Dovevano esserci già tutti,
pensò stringendosi nel proprio cappotto di panno nero dal taglio
classico.
Per quell'occasione aveva messo più cura del solito nel vestirsi,
scegliendo una minigonna di jeans sotto la quale aveva indossato un
paio di leggins neri, lunghi sino ai polpacci e bordati in pizzo. Ad
avvolgerle dolcemente il busto aveva scelto un dolcevita in cachemire
color lilla, sotto il quale aveva una semplice canottiera nera, ma
più per abitudine che per il fatto di averne sentita realmente la
necessità.
A
dirla tutta, non sapeva nemmeno perché stavolta si fosse data tanta
pena davanti allo specchio. Insomma, aveva persino finito per
truccarsi un po', lei che a malapena si metteva la matita sotto gli
occhi! Ma ciò che la impensieriva e la innervosiva ancor di più era
l'effetto che le avevano fatto le allusioni di Yukiko. Sì, da quella
volta che era caduta dalla sedia, non era più riuscita a scacciare
completamente la malsana
idea suggeritale dalla mora stessa.
Scacciò quei pensieri dalla propria mente con un breve cenno del
capo in segno di diniego, rammentandosi che quella sera era lì per
divertirsi insieme ai suoi vecchi e nuovi amici e non per tormentarsi
con la visione di qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
No.
Mai.
Fra
lei e Takao non ci sarebbe mai
stato nulla di più di una travagliata amicizia.
Imprecando contro sé stessa e l'improvviso quanto irrazionale peso
al centro del petto causatole da quel semplice pensiero, la moretta
si decise a farsi avanti, varcando così il cancello della tenuta del
suo ex compagno di scuola. Concentrandosi per indovinare in che parte
della casa fosse in atto la festa, non fu sorpresa di scoprire che il
dragoonblader aveva allestito il salotto che dava sul porticato con
un paio di bassi tavolini colmi di vassoi ricolmi di prelibatezze e
coperti da coperchi e/o carta stagnola, mentre il pavimento era
coperto da una marea di cuscini posti per far sedere comodamente gli
ospiti. Appena varcò la soglia scorrevole, i primi a notarla furono
Mao e Rei.
– Ehi, ciao Hilary!
– Hilary, finalmente sei arrivata! – proruppe la cinese,
sollevando ambo le mani verso il soffitto.
Anche tutti gli altri si volsero in sua direzione a quel punto, ma
fra tutti l'unico a cui la mora riuscì a dare importanza fu proprio
il padrone di casa. Appena incrociò lo sguardo di Takao, questo ebbe
lo stesso effetto di una scarica elettrica a basso voltaggio e per un
primo, interminabile istante, alla ragazza parve come se tutto il
resto del mondo scomparisse all'infuori di quegli occhi neri più
grandi e profondi del solito. Poi una voce la trasse da quella sorta
di trance.
– Ehi,
Hilary! How are you?
Sbattendo più volte le palpebre si volse verso l'origine di quella
voce e non si sorprese di vedere Max sbucare da dietro un paravento
con un DVD in mano, sorridente esattamente come lo ricordava.
– Bene. Sono contenta che sia riuscito a venire anche tu –
affermò sincera, facendo qualche passo avanti per trovare un posto
da rivendicare come proprio per il resto della serata. Nel mentre
salutò tutti, ovviamente, seppur piuttosto genericamente, mentre
faceva brevemente l'appello mentale dei presenti. Accanto a Mao
sedeva Yukiko, con la quale scambiò un sorriso prima di spostare lo
sguardo su Kei, dall'altro lato della moretta. Max, Takao e Daichi,
seguivano dal lato di Rei, cosicché i posti vuoti erano soltanto un
paio, segno che evidentemente non era ancora l'ultima.
– Sei in ritardo, ochetta – la interpellò, irritante come
sempre, quella scimmia di Daichi, inducendola a lanciargli
un'occhiataccia delle sue. Purtroppo la bertuccia non le fece il
favore di schiattare sul colpo, anzi, rincarò la dose – Cos'è?
Hai perso tempo nel cercare di farti bella? Perché se è così ti
informo che non ci sei riuscita granché..
*TONK*
Takao gli sferrò un pugno in testa abbastanza forte da fargli
nascere un bernoccolo in mezzo alla zazzera rossa e il ragazzino
malmenato si ritrovò a mugugnare di dolore, con ambo le mani sulla
testa chinata verso il pavimento. Pochi secondi dopo era già in
piedi.
– Takao, ma che ti ha preso?! Mi hai fatto male, accidenti a te!
Il dragoonblader in questione assunse la sua miglior aria
indifferente, incrociando addirittura le braccia sul petto, prima di
rispondergli – Dovresti fare più attenzione a quel che dici,
potresti finire per morderti la lingua da solo.
– Ma se sei stato tu a colpirmi!?
Quel battibecco andò avanti ancora per un po' sotto gli sguardi fra
l'esasperato ed il divertito dei presenti, ad eccezione di lei e Kei
ovviamente. Hilary non sapeva se essere irritata, lusingata o
imbarazzata e quando incrociò lo sguardo della mora e la vide
sorriderle con un'aria decisamente ambigua e carica di sottintesi,
optò per quest'ultima. Rossa come un peperone e preda di un'insolita
agitazione, decise di interessarsi un po' di chi le stava nelle
immediate vicinanze ed attaccò bottone con la blader cinese.
– Tuo fratello non è venuto, stavolta?
– No –
le rispose Mao con un modesto sorriso – C'erano alcune questioni al
villaggio di cui si è offerto di occuparsi.
– Certo
che voi due non cambierete mai – commentò una voce
familiare, in un tono fra il divertito e lo sconsolato.
Hilary,
al contempo degli altri, si voltò immediatamente verso l'ingresso,
spalancando gli occhi alla vista del ragazzo che era appena comparso
sotto il porticato da lei appena percorso poco prima. Del piccolo
Kenny, detto Prof K, non era
rimasto altro che l'abitudine
di tenersi gli occhiali sulla sommità della frangia e la statura
abbastanza modesta, sebbene si fosse alzato di un bel po' dai tempi
dei Bladebreakers. Il suo fisico s'era definito e le spalle s'erano
fatte un po' più larghe, evidenziate
dal completo in giacca e cravatta che si era messo, forse per
l'occasione o più probabilmente per l'abitudine,
ricordandole quanto avesse
sempre amato le camicie sin da bambino.
– Prof,
finalmente! Mancavi solo tu! – Lo accolse allegramente Takao –
Vieni, accomodati! Adesso possiamo dare davvero inizio ai
festeggiamenti!
A quell'esordio, Hilary ne
approfittò subito per prender in mano il proprio bicchiere.
Alla ricerca di un
po' d'aria, Yukiko uscì quatta quatta dalla saletta in cui era in
corso la festa, approfittando della momentanea confusione che vi
regnava ad opera di un certo biondino nippo-americano, il quale ci
era andato giù piuttosto pesante con gli alcolici. Avevano persino
tirato fuori una sorta di karaoke e Mao ed Hilary erano state le
prime a formare un duetto al microfono. Poi Daichi era seguito subito
dopo ed ora, mentre la mora faceva qualche passo lungo il pavimento
rialzato in legno che dava sul cortile interno, a giudicare dalla
voce quello che s'era fatto sotto non poteva essere altri che Takao.
Quando girò
l'angolo che dava sul fianco della casa, la nightblader giudicò di
aver trovato un posto adatto e si sedette, lasciando penzolare le
gambe oltre il bordo del portico. Sentiva la testa un po' più
leggera, effetto dovuto indubbiamente a quel che aveva bevuto, ma il
freddo della nottata stava lentamente facendo effetto, aiutandola a
ritrovare la lucidità necessaria a seguire il filo logico dei propri
pensieri.
Si ritrovò così
a sorridere fra sé e sé, ripensando al gruppo di persone che s'era
radunato di là, ai loro volti sorridenti ed agli schiamazzi.
Così erano quelli
i Bladebreakers..
Le sarebbe
piaciuto trascorrere l'adolescenza così, si disse, in mezzo ad un
gruppo tanto affiatato, ed il fatto di trovarcisi quella sera le
suscitava, ora che poteva rifletterci con tutta calma, una certa
incredulità.
Le piacevano quei
ragazzi. Le piaceva l'atmosfera che aveva notato crearsi in quella
stanza, a discapito della presenza di un'estranea. Sì, perché in
fin dei conti lei era un'estranea fra loro, una sorta di 'nuovo
acquisto' ancora da testare.. eppure avevano saputo essere tutti
quanti molto gentili ed amichevoli, persino il Prof K, che aveva
finalmente avuto l'opportunità di conoscere poche ore prima.
Si abbracciò il
busto, facendosi passare ambo le mani sulle braccia, iniziando ad
accusare le basse temperature e si rese conto che avrebbe fatto
meglio a recuperare qualcosa di più del semplice cappotto che aveva
indossato quella sera, ma non se la sentiva ancora di tornare dentro.
Ripercorrendo a
ritroso con la memoria gli ultimi tempi, si rese conto che erano
cambiate molte cose in brevissimo poco tempo.. abbastanza da
chiedersi come lei stessa potesse essere la stessa ragazza di sei
mesi prima. Sollevando le ginocchia al petto, si abbracciò le gambe
e lasciò vagare lo sguardo di smeraldo sul piccolo spazio erboso che
divideva la casa al muro di cinta intonacato di bianco.
Le cose dovevano
essere cambiate anche per i Bladebreakers, lo sapeva. Ormai non erano
più ragazzini, compagni di squadra, che passavano le estati insieme
per partecipare a tornei ed eventi sul Beyblade. Max si era
trasferito in America, Rei era tornato al suo villaggio e si era
costruito una vita lì con Mao, il Prof K a quanto aveva capito era
stato assunto da un'importante azienda internazionale di software per
computer, e Kei.. be', Kei ora era il suo ragazzo e si stava
rimboccando le maniche anche lui.
Eppure, tutti loro
erano riusciti a conservare la loro bella amicizia, a discapito di
tutto, anche del passare del tempo. Forse, per quanto alcune cose
possano cambiare, certi legami tendono ad essere più forti di
qualunque cambiamento, sia esso passato, presente e futuro. Svuotando
i polmoni in un profondo sospiro che si tramutò in una nuvoletta di
candido fiato, Yukiko si ritrovò a paragonare ciò che aveva appreso
essere capitato un po' a tutti a ciò che era successo a lei, al
cambiamento ancora in atto nella sua stessa vita, e per la prima
volta avvertì in fondo al cuore una scintilla di chiaro ottimismo
riguardo al domani.
– Non è un po' freddo per te, qui fuori? – le giunse inattesa
una voce ben nota.
La mora, riscuotendosi dai propri pensieri, sollevò rapidamente il
viso, ruotando il capo verso la propria spalla destra, senza stupirsi
troppo nell'incrociare due iridi dagli insoliti riflessi d'ametista.
Sorrise al suo dranzerblader, osservandolo prendere posto accanto a
lei senza abbandonare per questo il sorrisetto sghembo che sfoggiava
sin dal principio. La sua vicinanza la indusse istintivamente a far
di nuovo scivolare le gambe oltre il bordo del porticato per ruotar
un poco il busto verso di lui, donandogli tutta la sua attenzione
nonostante egli non la pretendesse in alcun modo. Se ne stava in
quella sua posa rilassata a fissare oltre la sommità del muro di
cinta, sorreggendosi con ambo le braccia tese dietro la schiena, i
palmi posati al parquet e le gambe incrociate.
– Avevo bisogno di un paio di minuti di tranquillità, mi stava
girando la testa.
Il ragazzo dai capelli bicolori le sfoggiò un'occhiata fra il
divertito ed il malizioso – Sappiamo entrambi che non reggi molto
l'alcol.
Yukiko ridacchiò, sentendo i rimasugli del suo buon umore
riaccendersi come braci che venivano riattizzate, pronte a divampare
al minimo pretesto. Rammentava quell'uscita in Russia con i
Demolition Boys, seppur il ricordo avesse di per sé contorni vaghi e
qualche lacuna. Sapeva che non era riuscita a tornare a casa con le
proprie gambe però e questo era di per sé un motivo sufficiente per
farle accusare una punta di imbarazzo. Eppure doveva ammettere di
essersi divertita anche in quell'occasione.
– E tu? Come mai sei qui fuori al freddo?
– Ho solo pensato di controllare come stessi, visto che non tornavi
– le disse, con una noncuranza da premio oscar mentre teneva lo
sguardo puntato verso il cielo. Per essere una serata di fine
Dicembre, la volta era priva di stelle e di una tonalità scura e
lattiginosa al tempo stesso, a causa dell'inquinamento luminoso che
si rifletteva sulle nubi piuttosto basse – A che stavi pensando?
– Un po' a tutto – gli rispose con un accenno di sorriso lei,
deviando il proprio sguardo su un punto indefinito del cortile – A
quanto sono fortunata ultimamente, credo..
Kei inarcò un sopracciglio a quelle parole – Quindi tu sei tipo da
sbornia triste? – la prese fintamente in giro – Eppure l'altra
volta non hai fatto altro che ridere fino alle lacrime.
Lei per ripicca gli sferrò un pugnetto subito sotto l'attaccatura
della spalla, con l'unico risultato di farlo sghignazzare e finire
per ridacchiare a propria volta, mentre controbatteva – Non sono da
sbornia triste! E soprattutto, non sono ancora così ubriaca, mio
caro Hiwatari.
– Allora credo che aspetterò con ansia quel momento, carissima la
mia Natsuki – le rispose lui a tono.
La nightblader si ritrovò a sorridergli di rimando con una tale
spontaneità che un po' le venne il dubbio di essere già sulla buona
strada, ma non fece parola al riguardo.
– Potrei sorprenderti.. – lo avvertì invece sorniona, prima che
lui le scoccasse un'occhiata in tralice. Il suo sorriso, tuttavia,
ora aveva una sfumatura più morbida, quasi dolce, come furono
morbide le parole che le mormorò di rimando, senza guardarla
direttamente.
– Lo fai già tutti i giorni..
E come ogni volta che il suo blader se ne usciva con una frase del
genere, il suo cuore ebbe un sussulto nel petto, smorzandole il
respiro mentre sollevò una mano sino a sfiorare quel punto. Alla
sorpresa iniziale, seguì subito una commozione che ravvivò i
profondi sentimenti che covava nel proprio cuore e che la spinsero a
tirare di nuovo su ambo le gambe. Senza una parola, si spostò dietro
al ragazzo dai capelli d'argento, con l'unico scopo di cingerlo in un
abbraccio che la vide appoggiargli delicatamente le braccia sulle
spalle mentre aderiva col busto alla sua schiena, leggermente
sollevata in ginocchio per poter così accostare il volto al suo,
guancia contro guancia. Soltanto quando poté cogliere l'odore della
sua pelle e ne avvertì il calore del corpo, si lasciò sfuggire un
lievissimo sospiro da innamorata.
– Cosa che non riesce difficile nemmeno a te.. – gli mormorò,
sorridendo fra sé e sé mentre alla mente le tornavano svariati
ricordi relativi a quel tipo di situazioni – ..specialmente quella
volta in cui ho trovato il tuo CD sulla scrivania – continuò,
scegliendo di rivangare l'accaduto. Ancora se ne sentiva meravigliata
e sorpresa ed ormai non era più tempo di nascondergli nulla, così
aggiunse – Sai, ho copiato il file su un altro CD, insieme ad altre
canzoni, e l'ho inserito in macchina. Così ogni tanto salti fuori
tu...
Lo sentì esternare uno sbuffetto divertito, cosa che la spinse ad
attendere una qualche risposta, ma prima egli sollevò una mano dal
pavimento per posarla sull'avambraccio di lei ripiegato di fronte al
suo petto, accarezzandolo delicatamente dal gomito al polso. Quel
gesto, oltre a trasmetterle una certa dolcezza, la rilassò, cosicché
quando Kei le rispose ci mise un attimo a tornare sulla sua stessa
lunghezza d'onda.
– Da una maniaca del karaoke come te invece, non ho ancora ricevuto
nulla di simile – la punzecchiò, seppur mantenendo un tono basso e
confidenziale.
La prima reazione di Yukiko fu la perplessità, che le fece sbatter
un paio di volte le palpebre nel vuoto, prima di realizzare quanto
appena le era stato detto. Elaborando quella strana lamentela, non
poté in alcun modo dargli torto e la prima cosa a cui pensò era che
si trovava in una spiacevole condizione di svantaggio. Se non fosse
stata così di buon umore, né avesse bevuto abbastanza da
sciogliersi fino a quel modo, probabilmente non le sarebbe passato
nemmeno per l'anticamera del cervello di fare una cosa simile. Ed
invece, quando schiuse nuovamente le labbra, lo fece senza alcun
tentennamento, rievocando la melodia che accompagnava le
strofe che puntualmente le affiorarono alla mente.
– A drop of blood..
Le spalle del dranzerblader si tesero un po' sotto le sue esili
braccia, e quella carezza cessò di essere, la mano di lui ferma
nell'incavo del suo gomito.
– A flood of anger for old times – proseguì lei,
mantenendo un tono contenuto, vista la vicinanza – Hunger. Save
me.. One world depending on me. I have the force in me. The truth
will be revealed..
Cantò solo per lui, nella notte altrimenti quieta di quell'ultimo
giorno dell'anno, e per tutto il tempo il cuore non volle smettere di
batterle all'impazzata, facendole quasi tremare la voce nel passare
alla seconda ed ultima strofa del ritornello.
– Higher. Faster.. I am the fuel to set you free – gli
sfiorò l'orecchio destro con le labbra, prima di concludere
dolcemente – I am your destiny.
Dopo un istante di silenzio, lui si voltò a guardarla dritto negli
occhi e lei, come tutte le volte precedenti, vi si smarrì dentro,
poco prima che lui le posasse la mano destra sulla guancia e
l'attirasse a sé, depositandole un altrettanto dolce bacio sulle
labbra.
Takao si diede dello scemo. Era incappato in quella situazione per
caso e, una volta gettata la prima occhiata, non era riuscito a far a
meno di restare ad assistere a quello scambio di effusioni,
nonostante si sentisse in tutto e per tutto alla stregua di un ladro
o, peggio, un guardone. Per questo sussultò sul posto quando la voce
di lei lo chiamò.
– Takao, che stai facendo?
Col cuore che gli perse un colpo, il dragoonblader si voltò di
scatto su sé stesso, ritrovandosi la moretta ad un passo da lui che
lo guardava con una delle sue espressioni inquisitorie e le mani
poggiate sui fianchi. Agì d'impulso, con come unico pensiero quello
di non farsi scoprire, e la agguantò per un braccio, dandole uno
strattone in avanti che la fece perdere l'equilibrio. Fu lesto a
lasciarla andare per prenderla al volo con il medesimo braccio,
mentre l'altra mano le tappò la bocca per impedirle di emettere
anche il più piccolo suono di protesta, appiattendosi contro la
parete di casa propria.
Teso come un fuscello, strinse a sé il corpo di lei, usando la sua
forza per tenerla ferma e buona, lì con lui.
– Ssht.. non farti sentire – le sussurrò, preda di un'agitazione
che non riuscì a mitigare in alcun modo, specie se aveva lei stretta
al petto a quel modo.
Hilary sollevò i suoi bellissimi occhi color cioccolato su di lui,
dovendo reclinare il capo per riuscire a farlo, in quanto ormai il
moro la superava in altezza di una spanna buona, e quando lo fece lui
si ritrovò a sfoggiarle un sorriso contrito e nervoso al tempo
stesso. Lo avrebbe ucciso, lo sapeva, ma non era nulla al confronto
di quel che gli avrebbe fatto Kei se lo avesse scoperto a spiare lui
e la sua ragazza.
In realtà, come già accennato poc'anzi, non era stata sua
intenzione farlo ma, uscito per andare al bagno, al ritorno aveva
sentito delle voci e non era riuscito a soffocare la curiosità; così
si era trovato a sbirciare da dietro l'angolo formato dal portico che
affacciava sul giardino, favorito dalla mancanza di luminosità
artificiale di quell'ala dell'edificio.
Alle orecchie gli giunse la voce di Yukiko e lui, riemergendo dai
propri pensieri, tornò a concentrarsi su quanto si stavano dicendo,
finendo per spalancare gli occhi scuri. Lei stava cantando e la
sorpresa, unita alla mancanza di movimento della ragazza che teneva
ancora stretta a sé, lo indusse a lasciar scivolare sul suo braccio
la mano che prima le teneva premuta sulla sua bocca. Allo stesso
tempo si sporse oltre l'intelaiatura in legno della trave di sostegno
del muro, gettando un'altra occhiata verso i due piccioncini.
– ..ma che stiamo facendo? – il sussurro concitato di Hilary lo
spinse ad abbassare lo sguardo di nuovo su di lei, anch'essa piegata
in avanti a seguire il suo movimento ed in volto un'espressione tanto
tesa quanto buffa. I suoi occhi brillavano nella notte come gemme
preziose cariche di contrarietà – ..non dovremmo stare qui!
Oddio. Il fatto che lei avesse parlato al plurale gli fece un
effetto indescrivibile e, per questo, si ritrovò più teso di prima
nel distogliere lo sguardo da lei per rivolgerlo alla coppietta, come
se fossero diventati la sua scusa per non restare imbambolato a
guardarla.
Non le rispose nemmeno, non fidandosi del proprio cervello, men che
meno quando c'era lei nei paraggi.
Il solo fatto di averla premuta contro di sé stava già mettendo a
dura prova il suo autocontrollo.
Silenzio. Kei e Yukiko si stavano baciando e la fioca luce
proveniente dai lampioni sulla strada contribuì a donare a quel
quadretto un'atmosfera terribilmente suggestiva. Per qualche motivo,
il moro si ritrovò ad arrossire, cosa che lo mise in difficoltà
quando, un momento più tardi, avvertì Hilary serrare la presa sulla
sua maglietta, artigliandogli la stoffa con le sue dita affusolate e
perfette.
Abbassando lo sguardo di nuovo su di lei, la vide intenta a fissare a
sua volta la coppia, in volto un'espressione tanto combattuta quanto
imbarazzata che lo incuriosì un poco, prima di venir distratto
ancora una volta da lei. Aveva due mani così piccole e
delicate.. e ciglia lunghe, che non facevano che aumentare il fascino
che aveva su di lui quello sguardo sempre attento e carico di
intelligenza.
Hilary era sempre stata più intelligente di lui, sin dai tempi della
scuola e, sebbene allora non avessero fatto altro che punzecchiarsi
per tutto il tempo, con il passare degli anni s'era accorto che per
lui la moretta era lentamente diventata una presenza insostituibile.
Di più, gli era diventata necessaria.
Quando aveva iniziato a sognare di averla per sé, all'inizio ne era
rimasto scioccato e spaventato insieme, ma poi aveva finito per
accarezzare seriamente l'idea nella propria mente, finché non era
diventato un pensiero tanto seducente quanto portatore di un tormento
che Takao non aveva mai conosciuto prima.
Lei era stata il suo primo amore. Sentimento che non aveva fatto
altro che rafforzarsi nel suo petto con il passare degli anni,
presentando il conto ogni ora del giorno e della notte. Persino ora
avvertiva il proprio desiderio alla stregua di un bisogno fisico, un
impulso che gli partiva dal centro del petto e gli colmava gli arti
sino alla punta dei capelli neri.
– Dovremmo proprio andare – mormorò in un soffio nervoso Hilary,
cercando di convincerlo e traendolo dai propri masochistici pensieri.
Tornando in sé, il dragoonblader annuì, sciogliendo svogliatamente
la presa intorno alla vita di lei per permetterle di riacquistare da
sé il proprio equilibrio e camminare a ritroso, così come fece lui,
per i primi due metri. Quindi, sempre in punta di piedi, si voltarono
e, facendo più silenzio possibile - cigolii del legno permettendo -
tornarono entrambi verso la festa.
Camminando lungo il portico tuttavia, di nuovo il moro si ritrovò a
osservare la figuretta della sua amica d'infanzia, la quale gli
procedeva avanti di un paio di passi, ripensando a ciò a cui aveva
assistito. Non avrebbe mai immaginato che il freddo e scostante Kei
fosse capace di dimostrazioni d'affetto e, se non l'avesse visto coi
propri occhi, non avrebbe potuto crederci ugualmente. Eppure era
stato tanto in gamba da aver trovato la forza di costruirsi qualcosa,
e per farlo doveva necessariamente aver rischiato qualcos'altro.
Ancora una volta il dranzerblader aveva dimostrato di essere un passo
avanti a lui, che non riusciva a star in compagnia della ragazza che
gli piaceva senza che i nervi minacciassero di saltargli tutti d'un
colpo.
Quella stessa ragazza all'improvviso si fermò, inducendolo a far
altrettanto mentre inarcava un sopracciglio. Stava per domandarle
qualcosa quando lei, lo sguardo puntato verso il giardino, schiuse le
labbra.
– Nevica.. – mormorò, meravigliata.
Sorpreso, Takao si volse a sua volta a guardare il proprio cortile ed
il cielo che si stagliava oltre le mura di cinta dello stesso,
individuando nell'aria turbinare sottilissimi fiocchi di neve. Rimase
a fissare quello spettacolo per una manciata di secondi, durante la
quale riuscì a svuotare la mente delle ansie e dei pensieri che lo
avevano colto in quegli ultimi minuti, cosicché quando la sua
moretta si strinse un po' di più nel cappotto ed il suo fiato si
disperse nella notte in una nuvoletta candida, il movimento captato
con la coda dell'occhio lo spinse a tornare a guardarla con
un'intensità dovuta ai suoi stessi sentimenti.
Hilary parve accorgersi del suo sguardo, perché si voltò ad
incrociarlo e quando ciò accadde, le labbra le si schiusero e gli
occhi le si spalancarono su quel viso a forma di cuore che avrebbe
riconosciuto fra mille. L'aria fra loro venne attraversata da una
scarica elettrica, esattamente come quando lei era arrivata quella
sera ed i loro sguardi s'erano incrociati la prima volta.
Il cuore di Takao prese a pompare con più energia all'interno del
suo petto, mentre il ragazzo lottava con sé stesso ed il forte
impulso di stringerla a sé ancora una volta, lì ed ora. Avrebbe
dato qualsiasi cosa per poter assaggiare quelle labbra apparentemente
morbide, sentire le sue mani sul proprio petto, fra i propri
capelli.. sapeva che in quel momento avrebbe anche venduto la propria
anima, per sapere come fosse il suo sapore.
Merda.
Sarebbe impazzito, lo sapeva. Non poteva continuare così; non poteva
continuare a nasconderle i propri sentimenti, non ce la faceva più.
Doveva dirglielo e l'improvvisa atmosfera che s'era venuta a creare
lo spinse a farsi avanti di un passo, sovrastandola ancora una volta.
– Hilary, io.. devo dirti una cosa.
– Che cosa? – la sua voce gli suonò quasi incerta, così come
distinse nella penombra una nuova improvvisa tensione sul volto di
lei. Cedendo all'impulso di mitigare quell'ansia, cercò di prenderle
una mano per racchiuderla fra le proprie, senza per questo far venire
meno il contatto visivo che s'era instaurato.
– Ecco.. – era il momento giusto, se lo sentiva, ma l'emozione
gli bloccò le parole in gola, facendolo tentennare.
– Sì?
Era attenta, concentrata su di lui ed il blader ci riprovò.
– Hilary, io..
– Ecco dove vi eravate cacciati!! – quell'esclamazione lo
interruppe, facendoli trasalire entrambi, e Takao lasciò
istintivamente la mano di lei per voltarsi di scatto verso la fonte
di quella voce, inquadrando il volto sorridente di Max che si stava
avvicinando loro dalla direzione opposta – Su sbrigatevi, è quasi
mezzanotte! Sapete dove sono finiti Kei e Yukiko? Ah, eccoli!
La coppia, che voltò in quel momento l'angolo, si fermò un attimo a
fissarli con una certa sorpresa, prima di avvicinarsi con passo
tranquillo. Non sembravano affatto diversi dal solito, Kei con le
mani in tasca e la sua solita aria indifferente, mentre Yukiko gli
procedeva accanto con.. aspettate un momento.. ma quella era la
sciarpa di lui!
– Forza, rientriamo per il brindisi! – li esortò vivacemente il
nippo-americano, facendo dietrofront.
La sua occasione ormai sfumata, Takao sospirò prima di seguire il
gruppetto, ma poco prima di varcare la soglia scorrevole del salotto
allungò ancora una volta una mano, trattenendo momentaneamente
Hilary per il polso. Aveva preso la sua decisione.
– A fine serata aspettami qui fuori..
Non le disse altro e, con la luminosità più spiccata proveniente
dalla stanza adiacente, gli parve di distinguere una nota di rossore
più accesa sulle sue guance, prima che lei annuisse con un semplice
cenno del capo. Allora lui la anticipò dentro, sfoggiando il suo
abituale sorriso gioviale e, scusandosi per l'attesa, prese uno dei
bicchieri da champagne già provvidenzialmente riempiti, procedendo
mentalmente con il suo personale conto alla rovescia del tempo che lo
separava dal momento in cui avrebbe messo in gioco sé stesso e i
propri sentimenti.
– BUON ANNO!! – esclamarono tutti in coro, alzando i
bicchieri da champagne per quel brindisi.
Il vetro tintinnò soave più volte, prima che la moretta potesse
finalmente mandare giù quasi tutto d'un fiato il contenuto del
proprio flute.
Che cos'era appena successo fuori da lì, pochi minuti prima?
Hilary non ebbe la minima idea di come spiegare a sé stessa ed al
proprio orgoglio quello che aveva sentito nascere in fondo al cuore..
qualcosa di molto simile ad un'accorata speranza. Lanciando
un'occhiata di sottecchi a Takao rimase a spiarlo, pensierosa,
continuando a sorseggiare il contenuto del proprio bicchiere con
noncuranza studiata. Era davvero cresciuto, almeno fisicamente.
Quando lui l'aveva premuta contro di sé in uno dei suoi gesti
impulsivi, se n'era finalmente resa pienamente conto: era diventato
piuttosto alto, tanto da sovrastarla di tutta la testa. Al ricordo di
quelle forti braccia strette intorno al busto, la ragazza dovette
fare uno sforzo per non farsi prendere da pensieri fin troppo spinti
per i suoi canoni.
Non poteva proprio pensare a certe cose di lui.. non poteva!
Era pur sempre di Takao di cui stava parlando, no?
Peccato che, già al suo quarto flute di champagne, avvertì la
propria mente ormai libera di sfrecciare a briglia sciolta, tanto che
non poté in alcun modo non soffermarsi su quell'eventualità e,
attraverso il vetro del bicchiere colmo di liquore frizzantino, si
soffermò a studiarlo sovrappensiero.
Chissà come sarebbe stato avere quel tipo di relazione con
lui? Sentire quelle mani grandi e forti che le accarezzavano
dolcemente la pelle della schiena, il collo, il viso.. come sarebbero
state le sue labbra sulle proprie? Sapeva fin troppo bene che la
caratteristica principale del dragoonblader era l'impulsività.
Sarebbe stato passionale con lei? Come sarebbe stato se l'avesse
baciata con trasporto, con tanta irruenza da darle l'impressione di
volerla divorare?
Oh, merda!
Preda di un'improvvisa quanto torrida ventata di calore, Hilary
distolse lo sguardo e l'attenzione dal giovane uomo che le aveva
innescato in pochi istanti quel genere di emozioni assolutamente
incoerenti, mordendosi il labbro nell'inquadrare un punto a caso
della stanza. Dovette chiudere strettamente gli occhi, combattendo
contro la sensazione di vuoto che le imbottiva le tempie per cercare
di ricordarsi che era proprio di Takao che stava fantasticando.
Insomma.. Takao!
Quel tentativo tuttavia venne reso vano l'istante successivo, perché
pareva proprio che il suo cervello avesse fin troppo ben presente di
chi stesse fantasticando. L'immagine di quegli occhi scuri che la
guardavano con un misto di adorazione e desiderio, ripescata
dall'ultimo ricordo che era stato caratterizzato dall'impressione di
un lungo momento fra loro, l'assalì a tradimento, inducendola a
spalancare di nuovo le palpebre sul tavolo senza fiato.
Oh, merda..
– Hilary, ti senti bene? – la voce di Mao la trasse dai suoi
pensieri, vivace ma con una nota di preoccupazione.
– Sto bene – rispose meccanicamente, svuotando il flute che si
era fatta riempire poco prima con tanta prontezza di nuovo champagne.
Sul tavolo erano presenti già tre bottiglie, di cui due vuote, segno
che forse stava esagerando.. e non era l'unica ad essersi tuffata
nell'alcol. Spostando per riflesso lo sguardo sull'altra coppia lì
presente, non poté non sgranare gli occhi nocciola quando li
inquadrò nel proprio campo visivo.
– R-ragazzi! Insomma, trovatevi una stanza! – balbettò al colmo
dell'imbarazzo un Professor K piuttosto agitato.
Daichi si era acceso come una lampadina, riuscendo ad eguagliare il
colore di suoi capelli fiammanti, mentre Takao e Max, l'uno con un
braccio sulle spalle dell'altro, alzarono i calici per brindare alla
felicità dei due, fra le risatine di Mao e l'aria impacciata di Rei.
Il motivo di tanto sconcerto, che fece avvampare persino Hilary con
lo stesso effetto che avrebbe avuto un getto di benzina sul fuoco,
era uno solo: Kei, seduto come poc'anzi a gambe incrociate, era
intento a racchiudere fra le sue braccia il più esile corpo della
sua ragazza, la quale gli era praticamente spalmata addosso di
traverso, con una mano dritta sulla sua patta dei pantaloni e le
labbra incollate a quelle di lui come se fossero due ventose.
La castana era talmente spiazzata che, quando l'istante successivo i
due si staccarono per rivolgere uno sguardo a loro, ebbe la
tentazione di seppellirsi viva per l'imbarazzo dovuto a quella scena.
Una scena molto simile a quelle che si era involontariamente
immaginata sino a un istante prima.
Il dranzerblader a quell'interruzione, nel rivolgere un'occhiata di
fuoco ai presenti, le sembrò in tutto e per tutto il vecchio Kei,
tanto che non ebbe alcun dubbio su ciò che la sua espressione
seccata e scostante volesse comunicare. Immaginandosi per un momento
l'eventuale risposta celata in quell'iridi, Hilary non ebbe nessuna
difficoltà a focalizzarne nella propria mente persino il tono:
“Fanculo, fatevi un po' i cazzi vostri!”
La risatina della nightblader, natale in gola nello stesso momento in
cui anch'ella spostò un secondo lo sguardo lucido su di loro, non
lasciò alcun dubbio: era ubriaca. Eppure, restando appesa al collo
dell'argenteo, nascose il suo viso contro la stoffa bianca della
sciarpa di lui - precedentemente restituita e già allentata
malamente sulle sue spalle - mentre si lasciava sfuggire, in un
mormorio divertito ed un po' roco.
– Credo che sia meglio fare come hanno detto.. perché non ho
ancora finito con te..
Hilary, che era praticamente seduta di fronte a loro, ebbe un
sussulto quando vide Kei richiudere gli occhi con un'espressione più
che eloquente e stringere con una certa prepotenza le gambe di lei
sopra la stoffa dei jeans, finite chissà come già mezze accavallate
alle sue.
Fu Takao ad alzarsi in piedi per primo, per fare gli onori di casa.
– Bene, direi che vi accompagno di sopra – esclamò, più allegro
di quanto sarebbe stato consono alla situazione.
Max, il solito entusiastico biondino di sempre, lo appoggiò in
pieno, levando ancora una volta il suo calice in vetro verso i due.
– Yeah! Fatti onore, Kei!
Hilary suo malgrado si ritrovò a ridacchiare, spaesata e incredula,
mentre di fronte ai suoi occhi il caos regnò sovrano per un paio di
minuti ancora dopo che il dranzerblader e la sua compagna furono
spariti oltre la porta, fra quella bertuccia di Daichi, che cercava
di darsi un contegno, ed il Professor K, che era già partito in
quarta a biasimare certi atteggiamenti, tanto che persino la moretta
si spazientì, per nulla desiderosa di simili discorsi da bacchettoni
in quel momento. Era una festa, per la miseria!
– Ma si può sapere che c'è di male? – lo interruppe Mao ad un
certo punto, prima di avvinghiarsi al braccio di Rei, il quale
sussultò e diventò paonazzo in viso – Si sa', chi non fa certe
cose a Capodanno, non le fa tutto l'anno! E poi, siamo qui per
divertirci, vero mio piccolo tigrotto?!
Ok, forse aveva bevuto un po' anche lei, perché adesso, con gli
occhi d'ambra lucidi, guardava il cinese come se volesse mangiarselo
solo con lo sguardo. Lo stesso che rese il diplomatico capovillaggio
della Tribù della Tigre Bianca, più simile ad un piccolo topolino
messo con le spalle al muro, che ad un leader carismatico. La rosa ne
approfittò per affondargli le mani fra i capelli neri,
strusciandoglisi contro come una gatta in cerca di attenzioni.
– Mao ha ragione – si scoprì a dire Hilary, che non ci vedeva
nulla di male in quanto stava accadendo. Anzi, l'aver trovato anche
un pretesto per sfogare parte del proprio risentimento, derivante
alla confusione che sentiva agitarla dall'interno da un pezzo, la
spinse a sostenere le proprie parole con veemenza ed un sorrisetto
privo di ilarità – E poi non hai anche tu una ragazza? Che c'è?
Col fatto che è una relazione a distanza non scopate abbastanza?
Il Prof K sembrò sbiancare all'improvviso, prima di tornare più
rosso di prima, quasi livido. Lo stupore generale fece ammutolire
tutti, giusto in tempo perché il giovane informatico esplodesse in
una sequela di balbettii e rimostranze a metà, il cui filo logico le
sfuggì, facendogliele apparire del tutto disconnesse l'una
dall'altra.
Max e Daichi tentarono di riappacificare gli animi, con lo scarso
contributo di Rei, il quale era all'improvviso troppo distratto dalla
sua compagna per partecipare come avrebbe voluto alla cosa, e Hilary
ben presto perse interesse, agguantando un calice di champagne ancora
mezzo pieno a caso, priva della voglia persino di riempirsi di nuovo
il proprio.
Sorseggiandolo con una certa compostezza che era solo di facciata, il
suo corpo reagì prima di lei al rumore di passi che anticipò il
ritorno di Takao e quando lui sbucò di nuovo sulla soglia della
sala, ella si scoprì sia tesa che sollevata insieme. Lo vide
sfregarsi con un dito la punta del naso, in volto un'espressione fra
il soddisfatto e l'imbarazzato, mentre prendeva di nuovo posto al
tavolo e posava i suoi occhi su di esso, prima di accigliarsi.
– Ma dov'è il mio bicchiere?
Quella domanda la fece irrigidire, mentre strinse la presa su quello
che si era procurata pochi secondi prima, ancora accostato alle
labbra. L'espressione indagatoria di Takao li squadrò uno a uno per
poco più di mezzo secondo a testa.
– Ve lo siete fregato eh? Ma tu guarda, uno non può alzarsi un
attimo che gli rubano persino lo champagne – si lamentò
imbronciato, appoggiando un gomito al tavolino ed al contempo
sorreggendosi con la medesima mano il capo.
– Ehm.. – Rei, piuttosto impacciato e momentaneamente impedito
dalle effusioni della sua gattina, attirò l'attenzione dell'amico
con un sorrisetto che la castana non gli aveva mai visto – ..credo
che si sia fatto piuttosto tardi ormai, Takao. Se non ti spiace,
anche noi ci ritiriamo..
– Yes! – si aggiunse Max, stirandosi con le braccia verso l'alto,
in volto un'espressione sorniona – Anche io credo che cercherò di
dormire: penso che lo champagne stia iniziando ad entrarmi troppo
bene in circolo.
Si alzò in piedi, seguito subito dal Professor K, il quale affermò
che era anche per lui tempo di tornare a casa. Seguirono i
ringraziamenti per la festa, ancora auguri per il nuovo anno e
convenevoli vari, che spinsero persino la castana a tentare di
alzarsi in piedi. Appena ci provò tuttavia avvertì la testa girare
e, portandosi una mano alla tempia, desiderò intensamente una nuova
boccata d'aria fresca.
– Ehi, Hilary. Che hai, non stai bene? – le domandò a bruciapelo
Takao.
– L'ochetta avrà sicuramente bevuto troppo – la sbeffeggiò
senza pietà Daichi, facendola irrigidire e lanciargli un'occhiata
malevola.
– Non è vero! – esclamò contrariata, seppur consapevole che in
realtà era proprio quello il problema – Fatti gli affaracci tuoi,
stupida bertuccia!
Gli altri si misero in mezzo, interrompendo il diverbio sul nascere e
la ragazza non si stupì troppo dei rimproveri che Takao fece al
ragazzino dai capelli rossi. Così ebbero modo di procedere coi
saluti e poco dopo Hilary uscì per ultima sotto il portico, proprio
dietro il dragoonblader, il quale prima di accompagnare i suoi ospiti
nelle rispettive stanze - tutti tranne il Prof K, che come lei
avrebbe dormito a casa propria - si fermò un istante, voltandosi a
guardarla con espressione talmente seria da farla bloccare sul posto.
– Aspettami un minuto, prima di andare: c'è ancora una cosa di cui
vorrei parlarti – le ricordò.
Sussultando intimamente, Hilary annuì, prima di salutare tutti con
un “Buonanotte” generale, poco prima che sparissero lungo
il corridoio più interno della casa, quello che dalle scale portava
al piano superiore.
Rimasta sola, la moretta si lasciò sfuggire un sospiro che si
tramutò in una nuvoletta di candido fiato appena lasciò le sue
labbra, avvertendo quella familiare agitazione pervaderla di nuovo da
capo a piedi. Essa, insieme al freddo della notte, contribuì a farla
tornare abbastanza lucida da portarla a chiedersi, con una certa
ansia, di cosa volesse dirle di così importante il dragoonblader.
Ai lati del proprio campo visivo, furono i fiocchi di neve che
volavano silenziosi nell'aria della notte a rammentarle di quando,
più di un'ora prima, avesse vissuto un momento tanto intenso quanto
particolare. Non le era mai capitato e, preda di un improvviso
impulso, ci rimuginò su nel tentativo di districare il garbuglio di
emozioni che le pesava sul petto, smorzandole il respiro.
Non aveva mai provato qualcosa di simile incrociando gli occhi di
qualcuno, non aveva mai sentito una connessione simile con un
ragazzo, né era stata colta dalla stessa quantità di brividi in
tutto il corpo solo per questo. Il solo pensiero le fece tornare un
principio di pelle d'oca, tanto che si ritrovò ad arrossire mentre
la consapevolezza di aver posato le labbra sullo stesso bordo di
vetro che aveva visto attaccarvisi anche quelle del dragoonblader le
diffondeva un brivido torbido sottopelle.
Ossignore.
Si rese conto di tremare come una foglia quando, facendo un passo a
lato, si appoggiò ad una delle colonne squadrate che sostenevano il
porticato e, facendo spaziare gli occhi castani per il giardino sul
punto di venir coperto da un soffice velo candido, sollevò per
riflesso una mano verso il proprio cuore, avvertendone il battito
convulso sotto le dita.
Era lui. Era Takao che le faceva quell'effetto.
Con gli occhi lucidi spalancati, si chiese se non avesse bevuto
davvero troppo quella sera, ma dopo un istante parve dissentire. Non
poteva essere un effetto dell'alcol, doveva essere qualcosa di più,
qualcosa che fin'ora aveva sempre ignorato fermamente e la cui
presenza aveva iniziato a rifiorire soltanto dopo quella
conversazione avuta con la giovane Natsuki.
Si sentì una stupida per come stava affrontando la cosa; per quanto
quella verità la sconvolgesse e la attirasse al tempo stesso. Nel
silenzio infranto solo dal debole eco proveniente dai piani
superiori, Hilary si tormentò una ciocca di capelli scuri,
mordendosi con insistenza il labbro inferiore.
Lei e Takao.
Quel pensiero le si affacciò alla mente, ancora in parte sfuggente a
causa dello champagne, talmente allettante ed intriso di un fascino
masochistico che, per un istante, si perse a fantasticare al
riguardo. Solo un istante, perché quello successivo si ricordò
perfettamente ciò che invece era la realtà, ciò che l'attendeva
subito oltre il confine delle proprie fantasie.
Come si era già detta quella sera, fra lei e Takao non ci sarebbe
stata altro che una travagliata amicizia.
Ma allora, di cosa voleva parlare assolutamente il dragoonblader,
prima che lei tornasse a casa?
Takao, scendendo le scale dopo un quarto d'ora dal momento in cui le
aveva salite l'ultima volta, si ficcò le mani in tasca
nell'appoggiare la suola delle ciabatte di nuovo sul pavimento in
legno del corridoio. Covando un'ansia che non rammentava di aver mai
provato se non in occasioni particolari, quando sbucò da dietro
l'angolo del porticato, si fermò sgranando un poco gli occhi scuri
sull'immagine che gli si prospettò agli occhi.
A pochi metri la figura di Hilary, profilata a lui con lo sguardo
perso sulla miriade di fiocchi di neve che cadevano silenziosamente
dal cielo notturno, se ne stava appoggiata ad una colonna di
sostegno, le braccia esili a stringersi quel suo cappotto scuro
addosso. La particolare luce indiretta dei lampioni che illuminavano
la strada oltre il muro di cinta le conferiva l'impressione di
un'ombra i cui tratti risplendevano come argento vivo su quel volto
pallido.
E lui non riuscì a far a meno di trovarla bellissima, ancora una
volta.
Non seppe quantificare di preciso il tempo che rimase impalato a
fissarla senza dire una parola, ma quando lei si volse a guardarlo,
accortasi della sua presenza, sembrò irrigidirsi appena, spalancando
i suoi profondi occhi nocciola con uno stupore che si affrettò a
smorzare con un paio di battiti di ciglia.
– Oh, eccoti. Ero sul punto di andarmene, pensando che te ne fossi
dimenticato, Takao – quella sua voce con una punta di acidità lo
aiutò a tornare presente a sé stesso, facendogli al contempo
inarcare un sopracciglio con aria contrariata.
– No, certo che no – affermò con una punta di risentimento,
muovendo qualche passo in sua direzione.
Lei si scostò dal suo appoggiò senza per questo sembrare meno
rigida nei movimenti – Bene, meglio così – affermò, negandogli
la visione di quelle due perle scure. Un attimo dopo, il tempo a lui
di limitare la distanza fra loro ad un metro scarso, che lei parve
riscuotersi e fare un passo indietro – Be', sarà meglio che vada..
– disse all'improvviso, come in preda ad una strana irrequietezza,
già sul punto di voltarsi.
Quel comportamento prese alla sprovvista il dragoonblader, che era
stato convinto fino a un attimo prima di averle fatto chiaramente
capire di aver qualcosa di importante da dirle. Eppure, il
comportamento della sua ex compagna di scuola lasciava presupporre il
contrario, così si ritrovò a seguirla meccanicamente verso
l'ingresso.
– Ehi, ma.. – tentò di dire seppur troppo sorpreso per riuscire
a fare qualcos'altro, prima che lei si fermasse per tentare di
infilarsi le scarpe.
– È stata una bella serata. Mi sono divertita – affermò quella,
senza dargli la minima attenzione mentre si sistemava gli stivaletti
uno ad uno sui polpacci – Per una volta hai avuto una buona idea,
ad organizzare questa rimpatriata..
– Hilary, aspetta – cercò di interromperla Takao, confuso e
incredulo. Lei gli scoccò un'occhiata, voltandosi finalmente a
guardarlo.
– Scusami, ma devo proprio andare – lo disse con tono talmente
impersonale da fargli gelare il sangue nelle vene, non fosse stato
per il riverbero che lui le distinse nello sguardo subito prima che
lei scendesse il gradino del portico e si avviasse.
Non riuscendo ad accettare quello svolgersi degli eventi tanto
assurdo quanto inaspettato, Takao fece lo stesso senza riflettere,
ritrovandosi ad affondare la suola delle pantofole in stoffa sul
leggero strato di neve appena depositatosi sul selciato del suo
vialetto.
– Hilary – la chiamò di nuovo per nome, decidendosi a bruciare
la poca distanza che lo separava da lei con un paio di ampie falcate.
Raggiuntala, allungò una mano verso il suo polso destro, facendola
così fermare e voltare di nuovo verso di lui – Aspetta – ripeté
con più convinzione ed un tono più basso, corrucciandosi in viso di
fronte a quella che gli diede la stessa sensazione di un tentativo di
fuga quando riuscì ad incrociarne di nuovo gli occhi scuri.
La moretta sembrò sussultare appena, ma lui rinsaldò la presa sul
suo polso, deciso più che mai a trattenerla nonostante l'espressione
contrariata e quasi impaurita di lei. Sì, lo scorcio che ebbe del
suo viso gli diede proprio quell'impressione, cosa che gli fece
digrignare i denti, non riuscendo a capire. Perché ora lei sembrava
non voler far altro che correre via da lui, dopo averlo aspettato
pazientemente sino a quel momento?
– Takao – il suo nome le sgorgò dalle labbra più simile ad un
sospiro che ad una vera e propria parola, vagamente tremulo, cosa che
gli fece nascere un brivido che, prepotente, gli salì lungo la spina
dorsale rizzandogli i capelli sulla nuca.
L'improvviso desiderio gli divampò dentro come un incendio,
facendogli sperare ardentemente di poter sentire ancora una volta la
voce di lei chiamarlo per nome a quel modo, e dovette farsi forza per
darsi una controllata. Si costrinse a sbattere le palpebre più
volte, mitigando quell'effetto improvviso che gli faceva averla così
vicina, ma non rinunciò a lasciarla andare per questo, anzi: fece
addirittura un nuovo passo avanti, quasi a contatto con il suo corpo
più minuto, senza scostare mai gli occhi scuri dai suoi, sempre più
sgranati e scuri.
Deglutì, prima di trovare di nuovo la propria voce, seppur più roca
del normale – Hilary, c'è una cosa di cui volevo parlarti da un
po'..
Hilary avvertì le gambe farsi di gelatina mentre la voce di lui le
sfiorava le orecchie con quel timbro così roco e sensuale,
trasformando il suo nome in una sinfonia colma di una promessa da una
sfumatura torbida quanto calda. Si sentì arrossire terribilmente, ma
non riuscì in alcun modo a deviare il proprio sguardo da quello di
lui, vicino in quel momento quanto non lo era mai stato prima, eppure
ancora troppo lontano per la sua parte irrazionale, tanto da causarle
un capogiro. Si ritrovò fra le sue braccia il momento seguente,
sorretta dalle stesse ed aggrappataglisi di rimando senza più alcuna
riserva alla maglietta.
Quello scemo.. era uscito sotto la neve in ciabatte e maglietta di
cotone a manica lunga, eppure non sembrava curarsene minimamente.
– Ehi, stai bene? – le domandò con una nota di preoccupazione il
dragoonblader, senza per questo modificare quel tono più basso e
roco.
Hilary deglutì, avvertendo il lieve spostamento d'aria sulla pelle
del viso prodotto dal respiro altrui – Sì.. sì, sto bene.. –
mormorò, più confusa che mai.
Da quando Takao le faceva quell'effetto? Da quando aveva iniziato a
pensare al suo abbraccio come a qualcosa di cui non poter più fare a
meno?
– Hilary, io.. – mormorò di nuovo lui, schiudendo le labbra.
La moretta non riuscì ad impedire al proprio sguardo di abbassarsi
su queste, il volto di lui tanto vicino che riuscì a distinguerne
senza problemi un paio di piccoli solchi sulle stesse. Doveva
essersele morse poco prima, cosa che la indusse a fare altrettanto,
trattenendo il labbro inferiore sotto gli incisivi per una manciata
di secondi di silenzio, finché lei non tornò a cercarne lo sguardo
colore dell'ebano più puro.
– Sì..? – chiese, in un sussurro soltanto, esitante. Stava
perdendosi in quegli occhi, lo sapeva, ma non poteva farci niente.
Sentendosene risucchiata, non riuscì a distogliere più lo sguardo
né a trovare una sola ragione per resistere alla profonda attrazione
che provava in quel momento. Il cervello ormai in tilt, completamente
vuoto, non le diede alcun motivo per tirarsi indietro e lei si
ritrovò ad avvicinare lentamente il volto al suo.
E Takao sembrava essere altrettanto in difficoltà, con quell'aria
vagamente corrucciata, come se tentasse di concentrarsi su qualcosa.
Ricordava di avergli già visto quell'espressione quando, ai tempi
della scuola, lei cercava di dargli ripetizioni di matematica.
Eppure, all'epoca non aveva avuto quello sguardo così magnetico,
così profondo.
– Io... – ritentò lui suo malgrado, in un soffio che le si
riversò tiepido sulle labbra socchiuse.
Lei reclinò un poco il capo verso destra, abbassando sempre più le
palpebre. Ormai era così vicino che poteva percepirne il calore
della pelle.
– ...sì..? – mormorò in un soffio tanto flebile da non sentirlo
lei stessa.
Trattenne meccanicamente il respiro quando avvertì le sue labbra
sfiorarla e l'istante dopo il suo sapore le inondò la bocca come
un'onda voluttuosa accostata ad un nuovo sospiro che svuotò i
polmoni di lui, ed Hilary avvertì una nuova ondata di vertigini
assalirla, alimentando una serie di brividi di caldo e freddo insieme
che le fecero venire la pelle d'oca. Si ritrovò a ricambiare quel
bacio con trasporto, cercandone la lingua con la propria,
avvertendone il sapore di champagne mischiarsi a quello di lui in un
connubio che le diede alla testa, così come le diede alla testa la
sensazione del proprio corpo stretto al suo petto.
Le sue mani furono sulla sua schiena, premendola contro di lui al
pari del profondo trasporto con cui la stava baciando, trascinandola
alla deriva delle emozioni che quel contatto le stava scatenando sin
nella parte più recondita di lei. Si sorprese a sospirare di
sollievo, a gemere mentre gli si avvinghiava addosso, facendo passare
le braccia sopra le sue spalle e affondandogli le dita nei capelli
neri. La consistenza setosa delle sue ciocche ribelli le piacque.
Takao aveva sempre avuto dei bei capelli, nonostante la piega
tendenzialmente indisciplinata, lucidi e lisci, scuri quanto i suoi
occhi.
Le labbra di lui, inizialmente fresche, ora la cercavano roventi,
smorzandole il respiro, a tal punto che, quando finalmente egli si
staccò da lei, avevano entrambi il fiatone. Tremando, Hilary ne
cercò immediatamente lo sguardo senza per questo allentare la presa
dietro al suo collo, non lasciandolo allontanare più di una decina
di centimetri dal proprio volto. Incrociandone nuovamente gli occhi
neri, li trovò esattamente dove si aspettava che fossero: persi nei
suoi; tanto scuri quanto liquidi, colmi di un sentimento che ella
stessa avvertì al centro del petto, ma al quale non osò dare un
nome. Ora per lei c'erano solo quegli occhi.. c'era solo lui.
– Takao..
– Resta con me stanotte.
Quella richiesta le smorzò di nuovo il respiro, facendole serrar la
presa sulla stoffa della sua maglietta nell'illusione di star per
perdere l'equilibrio. La stretta di quelle sue braccia era la
promessa di non farla cadere, la silenziosa rassicurazione di una
presenza protettiva e possessiva al contempo. E Hilary comprese di
non aver atteso nient'altro.. di non aver atteso nessun altro.
Anni di silenziosa ed inconsapevole attesa, per trovarsi a vivere
quel semplice momento di estasi.
Quando gli diede la sua risposta, le labbra morbide e sottili del
moro calarono una seconda volta sulle sue.
– Sono carini, non trovi?
La domanda della nightblader lo fece voltare a osservarla,
ritrovandola al proprio fianco con un quieto sorriso a delinearle le
labbra, illuminata dall'unica fonte di luce che trapelava dalla
finestra alla quale erano entrambi affacciati. Kei, appoggiato con
una spalla all'intelaiatura in legno, abbozzò un vago sorrisetto,
tornando ad osservare la scena che si prospettava loro da
quell'angolazione, proprio al limitare del cortile d'ingresso a casa
Kinomiya.
– Non gli do' più di una settimana.
Yukiko gli donò un pugnetto stizzoso sul braccio, esclamando a tono
moderato – Ma che cattivo!
Sopprimendo un moto d'ilarità sul nascere, il dranzerblader si voltò
a guardare di nuovo la sua donna, il cui riverbero dello sguardo non
venne minimamente intaccato dall'espressione vagamente imbronciata di
lei. I suoi occhi verdi, alla fioca luce proveniente dalle luminarie
dell'esterno, sembravano brillare di luce propria.
– Dovresti fare il tifo per il tuo amico – tentò di nuovo lei.
Sbuffò, prima di scrollar le spalle e sciogliere la posa conserta
delle braccia. Perdendo del tutto interesse per la situazione amorosa
del suo ex capitano, Kei attirò la mora a sé, avvertendo le sue
mani posarglisi meccanicamente sul torace, fresche e delicate. Un
istante dopo era di nuovo perso a baciarla, ritrovando il proprio
sapore su quelle labbra morbide e già gonfie di baci.
Era accaduto tutto in così breve tempo che il blader di fuoco si era
ritrovato senza fiato poco dopo l'essersi chiuso nella loro stanza lì
con lei. Priva di qualsiasi freno inibitore grazie all'alcol, la sua
compagna aveva fatto la prima mossa, cosa che lo aveva piacevolmente
sorpreso ed avevano faticato ad arrivare al letto, preda di una
passione che gli era divampata in corpo tanto rapida quanto
inarrestabile.
Ed ora a stento s'era riallacciato i jeans, la sua maglietta finita
chissà dove, mentre a lei nemmeno aveva sfilato il maglione di lana
blu che le faceva da vestito, con un ampio scollo a barca che le
lasciava scoperte le esili spalle. Aveva ancora le guance dipinte di
un allegro rossore, dettaglio che la rese terribilmente seducente
sotto i suoi occhi scuri. Si ritrovò a sfiorarne una con il pollice,
appoggiandole il palmo destro sulla linea delicata della mascella
quando si staccò dolcemente da lei, perdendosi in quel mare verde
smeraldo così incredibilmente magnetico e conturbante.
– Ti amo..
Il sorriso le distese le labbra in un'espressione morbida, prima di
rispondergli con lo stesso tono confidenziale – ..anche io.
La baciò di nuovo, cingendola con un braccio dietro la schiena
mentre l'altra mano permaneva sulla sua guancia morbida. Lei per
contro gli si appoggiò completamente contro, sollevando ambo le mani
per farle scivolare fra i suoi capelli scuri dietro la nuca e
trattenersi lì, come ad invitarlo a non smettere più. E lui lo
fece, si spinse più a fondo nella sua bocca, prima di ritrarsi e
farsi inseguire dalla lingua vellutata di lei, in un gioco che ormai
avevano testato ed affinato a più riprese negli ultimi tre mesi. Un
gioco che gli riaccese acuti brividi d'eccitazione e gli rammentò
che lei non aveva altro addosso se non quell'abito di lana.
Stava giusto chiedendosi se non si fosse malauguratamente rimessa le
mutandine, sul punto di far scendere una mano a controllare, quando
lei si staccò da lui quel poco che le concesse per guardarlo negli
occhi un'altra volta. Col fiato già più rapido di poco prima, Kei
ne incrociò per l'ennesima volta gli occhi luminosi ed il lieve
sorriso di lei lo indusse a piegare un angolo delle proprie labbra
verso l'alto.
– La mia vita è cambiata totalmente – gli disse lei, dolcemente,
sfiorandogli una guancia con il lieve tocco della punta delle dita
della mano destra, inducendolo ad inarcare un sopracciglio in attesa
che si spiegasse. Non lo fece attendere a lungo – ..e sei stato tu
a farlo, quando sei entrato a farne parte.
Kei si lasciò sfuggire uno sbuffetto a labbra serrate mentre
abbassava le palpebre, il tempo necessario affinché i molteplici
pensieri e ricordi che lo assalirono si traducessero in una risposta
da darle. Allora, ritrovandosi a carezzarle suo malgrado la schiena
con movimenti leggeri e costanti al contempo, tornò a cercarne
l'iridi ancora una volta.
– Quando ho incrociato il tuo sguardo per la prima volta, non
potevo immaginare quanto esso avrebbe significato per me.. – lasciò
che il proprio sorriso sghembo gli si accentuasse in volto – ..ma
in qualche modo avevo già compreso di essere spacciato.
Era vero. Col senno di poi, non gli era del tutto impossibile
ammettere che quei suoi occhi erano ciò che a primo impatto lo
avevano colpito di più, così limpidi e diretti. Per una frazione di
secondo iniziale c'era stato qualcosa in quegli occhi che lo aveva
attratto, e soltanto adesso che si sentiva totalmente in pace con sé
stesso riusciva ad ammetterlo.
Soltanto adesso sentiva di poter finalmente rilassarsi e godersi il
suo presente, senza dover lottare per raggiungere qualcosa che
rischiava di perdere di vista durante il tragitto; senza più
nascondersi dietro un muro di indifferenza, per tenere lontani coloro
che gli erano intorno.
Lei gli faceva un effetto unico, persino in quel momento, entrambi
persi l'uno negli occhi dell'altra.
Lo faceva sentire libero.
Si baciarono ancora una volta, dapprima dolcemente, mentre quel
semplice contatto gli infuse al centro del petto una sensazione di
sollievo misto a completezza che ormai aveva imparato a distinguere
ed apprezzare. Perché solo lei riusciva a farlo sentire a quel
modo.. solo lei riusciva a farlo sentire speciale.
Lasciando che quel bacio si evolvesse ancora, passando ad un livello
più coinvolgente per entrambi, il blader colse l'accendersi del
proprio desiderio e non fece nulla per nasconderlo, ma lo assecondò,
prendendosi tutta la dovuta calma questa volta. Stringendosela
contro, la sentì aderire con le sue forme morbide contro il suo
petto, il suo basso ventre che premeva ad altezza del suo inguine ed
ambo le gambe nude di lei fra le sue, sulla stoffa dei jeans blu.
Gli piaceva stringersela contro a quel modo.
Gli piaceva il modo in cui giocava coi suoi capelli.
Gli piaceva affondare fra le sue labbra morbide e cogliere il suo
odore.
Ma, ancor di più, amava il trovarsela fra le braccia al
risveglio la mattina, con quei suoi capelli dalle punte colorate
tutti sparsi fra il cuscino e la sua spalla, ed il suo braccio
appoggiato sul suo ventre. Fra tutte, quell'ultima era una delle cose
a cui, sapeva, non avrebbe più potuto assolutamente rinunciare.
Spostandosi dalla finestra la sollevò letteralmente di peso,
afferrandola con ambo le mani sotto le natiche, conducendola a
ritroso sino al letto già in parte disfatto per farla distendere sul
materasso e sfilarle da sopra la testa quel vestito. Una volta che la
mora giacque, nuda nella penombra della stanza, distesa sotto di lui,
il dranzerblader rimase suo malgrado a guardarla per una manciata di
secondi, riempiendosi gli occhi di ogni curva, ogni linea, ogni
dettaglio della sua pelle chiara. Conosceva quel corpo, così come
aveva imparato a conoscere la ragazza a cui apparteneva, ed il fatto
che fosse proprio la sua nightblader a donarsi a lui a quel modo gli
fece nascere un nuovo piccolo sorriso sulle labbra, mentre veniva
assalito da una nuova constatazione.
Era come aveva detto lei: le loro vite erano cambiate, avevano preso
un'altra strada, intrecciandosi l'una all'altra nel procedere nella
stessa direzione. Avevano finito per influenzarsi l'un l'altra,
innescando una serie di cambiamenti che altrimenti non avrebbero mai
avuto luogo; cambiamenti che erano tutt'ora in atto, persino in
quell'istante, mentre lui, puntellando il materasso sui gomiti, si
perdeva nuovamente nell'iridi lucide e piene di promesse di lei.
Calando a baciarla, con una parte di sé non poté non ammettere a sé
stesso che quel continuo cambiamento era inevitabile, ma non se ne
preoccupò affatto.. perché, con lei al suo fianco, non v'era nulla
che potesse spaventarlo, al mondo.
Perché aveva lei. E lei aveva lui.
Devotamente ed incondizionatamente.
...FINE!
[ANGOLO AUTRICE]
Non ci credo... non ci credo che questo giorno è veramente arrivato!
L'ultimo capitolo. Questo è proprio l'ultimo e la lunghezza non è una cosa casuale. Non potevo d'altronde lasciarvi con due righe e spero che ne sia valsa la pena per voi, di arrivare fin qui!
Questa è la prima ff che mi viene fuori così lunga e spero di aver fatto un buon lavoro.. ma ovviamente lascio a voi l'ultima parola ^_^
Ne approfitto per ringraziarvi tutti per avermi seguito fino alla fine, sia coloro che hanno aggiunto la storia fra le preferite, sia fra le seguite. Siete stati di gran sostegno, non sapete quanto, per questa piccola cosa e sono contenta di non aver perso nessuno di voi per strada <3
E grazie mille al sostegno attivo di Obsidian_butterfly, Lady Silmeria, Little_astrid,, Kuroi Namida, Keyra e Lucyvanplet93. Davvero grazie di cuore.
Spero di poter contare su di voi per il mio prossimo lavoretto.. sì, ho in cantiere una nuova storia.. ma non vi anticipo nulla di più di questo.. ah, e sto lavorando anche ad una one-shot nel caso sentiate la mancanza di Kei e Yuki <3 ahah sì, avete letto bene. Mi piaceva l'idea e credo che finirò per pubblicarla, se mi viene bene.
Quindi non è con un addio che vi saluto, ma un semplice arrivederci!
Alla prossima ragazze e ancora grazie mille!!
baci
Kaiy-chan
P.S. Vi lascio uno schizzo fatto da me di Yukiko <3 spero che vi piaccia.. [click!]
Ah, e quasi dimenticavo: questa è la canzone da cui è tratto il ritornello cantato da Yuki: *click!* |
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