The Edge of Infinity

di TooSixy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduction ***
Capitolo 2: *** White Gleaming Aura ***
Capitolo 3: *** Leave the Ground ***
Capitolo 4: *** On the Edge ***
Capitolo 5: *** Memories ***
Capitolo 6: *** Together ***
Capitolo 7: *** Calm Before The Storm ***
Capitolo 8: *** The Fallen Angel ***
Capitolo 9: *** In The Garden ***
Capitolo 10: *** So Much Fear ***
Capitolo 11: *** War'n'Peace ***
Capitolo 12: *** A True Word ***
Capitolo 13: *** Heartless ***
Capitolo 14: *** Insomnia ***
Capitolo 15: *** Equal Souls ***
Capitolo 16: *** Facing the Enemy ***
Capitolo 17: *** A Lonely (?) Shore ***
Capitolo 18: *** Hold Me Once Again ***



Capitolo 1
*** Introduction ***


The Edge of Infinity

 

Ogni capitolo richiama una parte di canzone dei Lunatica, band metal gothic svizzera sfortunatamente poco conosciuta…

 

Dopo “Eclipse”, molte cose sono cambiate nella grigia e piovosa cittadina di Forks.

Jacob Black ha rivendicato e ottenuto il ruolo di capobranco per via della sua discendenza, e sorveglia insieme agli altri licantropi Quileute l’insediamento indiano di La Push; intanto, col suo permesso di infrangere il Patto, Isabella Swan ha finalmente sposato il vampiro Edward ed è stata a sua volta trasformata in una figlia dell’oscurità, diventando l’ottavo membro della potente famiglia Cullen.

Ora, tutto sembra essere ricominciato nel migliore dei modi… o no?

 

Introduzione

 

“It's time to forget about the artificial frontiers that our intellect is inflicting on us.
Prepare yourself for the greatest journey you've ever made.
Dream on until you've reached the edge of infinity.”

Introduction – Lunatica

 

 

 

Shirley McAlpine era seduta sulla sua poltrona preferita, in salotto, con le mani intrecciate sopra un grosso e voluminoso libro di pelle marrone. Il salotto era arredato nello stile semplice ed essenziale che le piaceva tanto, ma sulla parete davanti alla poltrona si spalancava un affresco molto elaborato: uno splendido lago velato di nebbia, che pareva quasi abbracciare la terra verde e ricca. Sottili rami di salice danzavano tra impossibili folate di vento, mentre cigni aggraziati e turbini di foglie volteggiavano tra gli sbuffi di nebbia.  

Non avrebbe mai creduto di vedere quel giorno.

Finalmente, dopo più di trent’anni di solitudine, sarebbe tornata da lui. Il ricordo dell’uomo alto e attraente che aveva sposato palpitava nella sua mente come una splendida farfalla. La profonda ferita al torace aveva spezzato la sua vita, ma non il suo amore.  

Le dita ossute di Shirley salirono a sfiorare l’elegante medaglione d’ambra grigia che portava al collo. Era un oggetto molto bello, che pareva racchiudere l’essenza del vuoto cosmico e delle nubi oceaniche, e al suo tocco s’illuminò leggermente. Il medaglione d’ambra, il dono di nozze di Jason.

Quasi le sembrava di sentire la voce bassa e un po’ rauca di lui… La sua memoria disegnò un uomo alto e muscoloso, con folti riccioli castani che incorniciavano un viso angoloso e un sorriso amabile. Quando rideva socchiudeva leggermente gli occhi, caldi nonostante la brillante tonalità zaffiro: un dettaglio che Shirley rammentava molto bene.

Jason

Provò una stretta al cuore. Quanti anni aveva trascorso in attesa di quel momento… quante lacrime aveva asciugato, quante ferite si erano aperte nel suo cuore ora distrutto. Ma finalmente la felicità era lì, a un soffio da lei.   

Sua figlia Renée era già troppo vecchia – il dono della Chiave rimaneva attivo fino ai diciannove, massimo vent’anni – ma sua nipote, Isabella, aveva l’età perfetta.

Isabella cara… l’ultima volta che ti ho vista eri una bambina che si reggeva a malapena in piedi, una creaturina delicata e fragile da proteggere da ogni pericolo. Ora sei la mia unica salvezza… mia e di Jason.

Shirley guardò fuori dalla finestra, verso il pesante cielo grigio ferro. Londra era una bella città, ma aveva proprio voglia di una vacanza.

Possibilmente negli Stati Uniti, e precisamente a Phoenix.

 

 

Tucker s’inginocchiò a terra, annusando cautamente l’aria intrisa dei profumi boschivi, e l’odore che gli giunse alle narici gli cancellò qualunque dubbio dalla mente. Il dolore gli affondò all’improvviso nel ventre come una lama avvelenata. Victoria era stata lì. Victoria era morta lì. Victoria era stata uccisa lì.

Da tempo, forse un paio di mesi, quei sessanta giorni in cui lui era stato in Italia con l’inutile speranza di convincere il clan Volturi a massacrare i Cullen.

Il rimorso lo azzannò, acuendo il dolore. Se solo fosse stato al suo fianco, anziché tra quegli stupidi vampiri con la stupida testa piena di stupide idee…

Lei sarebbe ancora viva.

La sofferenza s’inasprì ulteriormente, spalancando un vuoto assurdo laddove avrebbe dovuto trovarsi il suo stomaco.

Dopo la seconda morte di Tess, Victoria gli era sembrata l’unica creatura al mondo in grado di salvarlo dalla più nera disperazione. Da un certo punto di vista si assomigliavano: entrambe selvatiche e dai capelli rossi, entrambe dannate per l’eternità.

Entrambe morte.

A causa sua.

Tucker s’accasciò sul morbido terreno erboso. Le aveva perdute per sempre, irrevocabilmente; Tess in quel maledetto deserto, Victoria in quel bosco.

L’odore leggero ma inequivocabile di un licantropo gli riempì i polmoni. Odio e incredulità lo invasero: cosa c’entravano i licantropi? Victoria voleva solo liberare il mondo da quegli assassini dei Cullen, ecco tutto! Liberarsi degli sporchi traditori che avevano distrutto il suo clan…

Tucker si tirò lentamente su. Sotto i ribelli capelli neri, gli occhi fiammeggiavano. Era stata tutta una trappola! Gli odori raccontavano la storia al posto di colei che non avrebbe più potuto farlo… gli odori raccontavano di una fiera vampira, di un vampiro neonato e di uno traditore, di uno sporco licantropo e di una debole umana tutti riuniti nello stesso posto, nello stesso momento.

Victoria…

Tucker emise un ringhio gutturale e profondo, bestiale. Prima Tess, ora Victoria. Era tempo di affidarsi a ciò in cui Tess aveva sempre creduto, a quella Trasmigrazione dell’Anima in cui lui non aveva mai voluto credere.

Se quella storia del Regno Occulto è vera, Tess, tornerai presto da me. Tu e Victoria… vi voglio entrambe, siete entrambe parte della mia esistenza.

Abbassò le palpebre. Una volta, Tess gli aveva detto che nella sua famiglia c’era un certo dono, chiamato semplicemente ‘il dono della Chiave.’ In lei era già morto: non importava se il suo aspetto era quello di una diciottenne, in realtà aveva più di sessant’anni e il Dono richiedeva un limite di venti; questo perché, aveva spiegato, solo nell’infanzia e nell’adolescenza si può sviluppare un Dono basato sulla fede in un mondo inesistente. In ogni nuova generazione il Dono risorgeva, cresceva nella mente del bambino e moriva quando questo si trasformava in un adulto, in un ciclo infinito e senza tempo, ma erano trascorsi secoli dall’ultima volta che un Dono era stato utilizzato per invocare il Regno Occulto, la landa della morte uccisa, delle gemme celesti, degli antichi spiriti dorati.

Il Regno dove ancora palpitavano le anime di Tess e Victoria.

Tess non era, non poteva essere l’ultima erede della sua famiglia. Tucker avrebbe trovato qualche moccioso suo parente e l’avrebbe costretto a risvegliare il proprio Dono, a richiamare il Regno Occulto.

A liberare Tess e Victoria.

Tucker si alzò in piedi e corse via, nel cuore dei boschi, lasciandosi alle spalle la delicata fragranza di Victoria, l’ultimo ricordo che la vampira gli aveva regalato.

 

***********************************************+

 

Ed ecco la mia prima fan fiction su Twilight e seconda in assoluto! Cos’avranno in comune una vecchia umana e un vampiro, a parte una connessione con questo Dono? Cos’è questo famigerato Regno Occulto?

 

 Spero di avervi interessati, almeno un pochino ^^

Aloha a tutti :)

 

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Capitolo 2
*** White Gleaming Aura ***


White Gleaming Aura

 

“He sets the world under ice,
His aura is white gleaming,
Around him eternal coldness.”

World Under Ice – Lunatica

 

 

«Bella?»

Bella si girò di scatto al suono della voce vellutata e melodiosa che conosceva così bene, e un sorriso radioso le illuminò il viso. Edward le si avvicinò col suo solito passo aggraziato e le accarezzò i folti capelli castani, guardandola teneramente. Era passato un mese e mezzo dalla trasformazione, e la crudele sfumatura color rubino degli occhi iniziava a cedere il posto a un rosso più opaco, screziato qua e là di seriche pagliuzze ambrate. Quel viso, così simile e così terribilmente diverso da quello da lui amato, era di una bellezza sconcertante.

«Sei incantevole» mormorò Edward contemplandola.

Bella alzò appena il mento per guardarlo dritto negli occhi. Le iridi di lui erano bellissime, di una meravigliosa tonalità dorata che lei per il momento poteva solo sognarsi. Il sorriso assunse una piega più amara. 

«Ma nemmeno ora sono anche solo lontanamente paragonabile a Rosalie…»

«Hai ragione: tu sei molto, molto più affascinante.»

Edward la strinse a sé, e Bella ricambiò l’abbraccio. Si fissarono per un lungo istante, due creature da sogno sprofondate nella luce del tramonto e nel verde del giardino di villa Cullen, due sagome nere stagliate in un turbinio di oro liquido e smeraldo…

«Ehi, voi!»

Una vocina allegra e trillante ruppe la magia del momento, e Alice Cullen spuntò fuori dal nulla con un sorriso smagliante stampato sul bel viso da folletto. I corti capelli corvini erano sparati da tutte le parti come gli aculei di un istrice e le davano un’aria selvatica e bizzarra: sembrava davvero un elfo dei boschi pronto ad architettare scherzi di ogni tipo.

Alla vista della sorella, Edward sospirò. «Avremmo dovuto sapere che ci teneva d’occhio…»

Alice ridacchiò. «Sì, avreste dovuto. Forza, sbrigatevi, o Emmett ci farà a pezzi. Vuole arrivare a Raven Hill entro due ore… ma ce la faremo lo stesso, i suoi adorati orsi non si sposteranno.»

Il suo inquietante dono di preveggenza non smetteva di stupire Bella.

«Andiamo allora… Ehi, ma…» Bella si girò di scatto, allarmata. La vista sensibilissima scandagliò con attenzione i boschi intorno a Villa Cullen; nella mente le risuonava una brutale sensazione di pericolo, acuta come un grido, eppure non udiva nulla, solo il leggero mormorio del ruscello e il frusciare delle foglie…

«Cosa c’è, Bella?» Anche Alice si guardò intorno, perplessa, poi sbarrò gli occhi. «Io…»

«Insomma, calma!» Edward si concentrò, espandendo la propria mente. «Non c’è nessuno nelle vicinanze… nessuno dotato di pensieri, almeno…»

E poi lo videro, contemporaneamente.

Si era trascinato in un angolo del giardino, così silenzioso che nemmeno il loro udito finissimo l’aveva sentito, e adesso li fissava. Non aveva dei veri e propri occhi, ma piuttosto due scintillanti buchi neri, e il suo corpo tozzo e mostruoso ricordava le fattezze di un lupo deforme. Splendeva come un ammasso di argento fuso, e trapelava una violenta aura di rabbia, furore.

«Cos’è quello?» chiese Bella intimorita.

Alice tese i muscoli, pronta a scattare. «Non lo so… Ma leggere il suo futuro è come provare a leggere quello di un licantropo: non vedo altro che un nero confuso e nebuloso…»

«E non ha pensieri» la interruppe Edward con stizza. «Qualunque cosa sia, non pensa. Persino gli animali nutrono dei pensieri, anche se perlopiù dettati dall’istinto. Questa cosa invece non ha niente… Né razionalità, né impulsi naturali.»

«Cosa facciamo?» domandò nervosamente Bella.

Lo strano essere rifulgente s’avvicinò in modo impercettibile, snudando zanne di polvere stellare. Il suo sguardo di fuoco eburneo volteggiò tra un vampiro e l’altro, in guardia, e infine si appuntò su Alice: doveva averla ritenuta la preda meno pericolosa.

«Ha un istinto, però» aggiunse Edward, muovendo un passo avanti e portandosi davanti a Bella e ad Alice con fare protettivo.

La creatura sembrò esitare un attimo, poi si decise: la sua terribile aura esplose intorno a lui mentre si slanciava irosamente su Edward. Il vampiro rimase immobile, fissando l’essere… e lo stava ancora fissando quando quello, a mezz’aria, si dissolse in un filo di fumo argenteo.

«State bene?»

Jasper atterrò accanto tra Edward e Alice con un balzo felino, senza staccare gli occhi dal punto in cui la creatura si era dissolta. Bella continuava a guardare il filo di fumo biancastro fluttuante nell’aria.

Edward lesse rapidamente i pensieri del fratello, e lo stupore gli si dipinse sul viso angelico.

«Quella cosa…»

«Era un cumulo di emozioni vaganti, già» concluse Jasper. «E io l’ho soppresso. Ora muoviamoci, prima che Emmett sopprima noi.»

 

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Capitolo 3
*** Leave the Ground ***


 

Leave the ground

 

“Control the power, leave the ground
As fast as an arrow up to the clouds, into the sky
Man and machine are becoming one
A perfect day for changing the face of the world”

Sons of the Wind

 

 

«Ammassi di emozione, eh?»

Carlisle, appollaiato sulla poltrona del suo studio, osservava i sette vampiri di fronte a sé con un’ombra di preoccupazione ad offuscare il viso bellissimo. Bella stringeva la mano di Edward e lo fissava con gli occhi sbarrati, mentre Jasper incombeva minaccioso al fianco di Alice, simile a un bodyguard accanto alla propria vip. Esme era invece appoggiata alla scrivania, con i morbidi capelli color caramello scarmigliati ad incorniciare i dolcissimi lineamenti materni; al suo fianco c’era Rosalie, e vicino all’arazzo rosso Emmett. 

«Anche a Denali sono stati avvistati» disse gravemente Carlisle. «Solo da Tanya, però. Il gruppetto di umani che era con lei non ha fatto caso a nulla.»

«Non riuscivo a indovinare il futuro di quella creatura, ed Edward non riusciva a leggerne il pensiero» aggiunse Alice scuotendo la testa. «Però con Jasper ha funzionato… per fortuna.» Inarcò le sopracciglia sottili. «Cosa ci faceva Tanya con un gruppetto di umani?»

«Questo perché la qualità di Jasper è il controllo delle emozioni» spiegò Carlisle ignorando la domanda. «Quel cumulo di emozioni che avete visto è privo di pensieri, ha solo un vago istinto nemmeno lontanamente forte quanto quello animale. Le prede che sceglie affondano nell’emozione che rappresenta… Da quel che mi avete detto, emanava una rabbia intensa. Se ti avesse colpito, Alice, tu saresti stata colmata dalla furia, avresti avuto il folle desiderio di spaccare tutto. Avresti potuto perfino uccidere i tuoi stessi fratelli.»

Alice tacque, attonita.

«E a Jasper è bastato cancellare quelle emozioni per distruggere l’essere» osservò Bella. «Logico. Ma questo non spiega da dove sia saltato fuori fuori, o perché ci abbia attaccati.»

Carlisle aggrottò la fronte. «Questo non lo so. Ma sarà meglio che a caccia con voi venga anche Jasper; è l’unica difesa sicura, per il momento.»

«Tu ed Esme non ve la caverete, incontrando un’altra di quelle creature» ribatté Edward piatto. «Fino a quando non troveremo un rimedio efficace, sarà meglio rimanere uniti.»

«Molto bene» disse Emmett mentre un largo sorriso cancellava di colpo l’espressione seriosa. «Allora, pronti a partire? Gli orsi non aspettano certo i nostri comodi.»

 

Correre sfiorando il muro del suono era una sensazione fantastica, che Bella adorava. Ora finalmente capiva come faceva Edward a correre scansando gli alberi: dopo la trasformazione, il movimento e la percezione si erano improvvisamente bilanciati, un equilibrio perfetto che rendeva le schivate facilissime. Bella era meravigliosamente consapevole di ogni foglia, di ogni insetto, di ogni frammento di corteccia attorno a lei; si sentiva rapida come il fulmine e fortissima. Si sentiva la predatrice perfetta.

Il tramonto incendiava il cielo di sfumature purpuree quando i vampiri raggiunsero Raven Hill, la zona di caccia preferita di Emmett.

Rosalie atterrò con grazia ai bordi di una piccola radura e scrollò i lucidi capelli biondi, annusando l’aria. Per Bella era un vero divertimento osservare la splendida vampira in agguato: le era ancora difficile far combaciare l’immagine di reginetta della scuola con quella di spietata cacciatrice.

«Ce una femmina piuttosto anziana a ovest della zona paludosa» mormorò Rosalie. «E un giovane maschio lungo il fiume.»

Edward le balzò accanto e scoccò un mezzo sorriso ad Emmett. «Quale preferisci, Em?»

Bella ed Emmett scesero a terra fianco a fianco, quest’ultimo scosso da una risatina. «Che domande, Edward! Dov’è il tuo galateo? Non sai che bisogna rispettare le signore?»

Alice si materializzò dietro Bella e le sussurrò all’orecchio: «Tradotto in lingua corrente, preferisce quello sul fiume perché ritiene più emozionante la sfida. Ma stavolta scommetto che l’orso gli sfugge…»

Emmett rise. «Non c’è gusto a far scommesse con te, Alice. Ma vedremo.»

Ripresero a correre, dirigendosi verso il fiume. Bella non conosceva ancora bene Raven Hill, così si limitava a seguire Edward e Alice. In retroguardia c’erano Carlisle ed Esme, mentre Jasper rimaneva verso il centro, dove avrebbe potuto intervenire più facilmente.  

Spostandosi a folle velocità, raggiunsero il fiume in un battibaleno: era piuttosto sottile, ma spumoso e violento, biancheggiante di schiuma. Tra i ventagli d’acqua s’intravedevano le squame scintillanti di piccoli pesci. L’orso era lì, vicino ad una roccia smussata: un’enorme massa di peli neri e zanne giallastre. Il corpo tozzo e poderoso era teso, le zampe scattavano nella spuma nel tentativo di colpire qualche pesce.

«È magnifico» disse Emmett allegramente. «Perfetto.»

I vampiri si acquattarono tra i cespugli al limitare del bosco, a non più di una trentina di metri dall’orso. Guardandone gli arti possenti e il collo robusto, Bella non poté non avvertire una lieve, bruciante ondata di sete, e per un attimo immaginò come sarebbe stato affondare i denti in quella carne calda e morbida…

«Oh» mormorò Esme, riportandola la realtà. «È una di quelle cose?»

Sette paia d’occhi sfrecciarono nel punto da lei indicato: una creatura rossa e fiammeggiante, ardente come una lingua di fuoco, fluttuante tra gli spruzzi d’acqua perlacea. Questa aveva fattezze quasi leonine ed era un po’ più aggraziata del bianco lupo deforme, ma appariva comunque orribile, una raccapricciante scultura di rame fuso e sangue bollente.

Un velo di calma scese su Bella, scacciando il nervosismo, e lei inviò un silenzioso ringraziamento a Jasper. Il vampiro biondo stava ora dirottando i propri poteri sulla creatura rossa, leggendone l’essenza.

«Non è rabbiosa, questa» bisbigliò. «Sembra più… desolata. Un’afflizione intensa e incurabile…»

«Puoi eliminarla?» chiese Rosalie a mezza voce.

Jasper socchiuse gli occhi.

Per un attimo la creatura rossa guardò verso i cespugli dove si erano nascosti, e Bella incrociò il suo sguardo: uno sguardo spento e remoto, ma nel quale era perfettamente visibile una scintilla di profonda agonia, l’inesprimibile dolore della madre cui è stato strappato il figlio.

Poi lo sguardo si perse, il corpo di fuoco scomparve in un filo di fumo rossastro.

Prima che il fumo si diradasse, Bella fu certa che un lampo cremisi avesse squarciato il cielo.

 

***********************************+

 

E infine giungemmo alla fine del terzo capitolo…

:) grazie mille ary e noemi, aggiornerò il prima possibile

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Capitolo 4
*** On the Edge ***


On the Edge

 

“Light in my life, I want to keep this moment
While the night keeps us alive
Desolation lies beneath euphoria
It's a constant living on the edge.”

A Little Moment Of Desperation

 

 

La caccia si concluse rapidamente e quando i vampiri tornarono a casa, circa un’ora più tardi, la sete di ognuno era appagata. Con gran sollievo generale, non riapparve nessuna creatura – nessuna ‘emobestia’, come le aveva ribattezzate Emmett. Le emobestie accendevano l’interesse di Carlisle, che nonostante l’assai longeva vita non aveva mai visto nulla del genere, ma le poche informazioni a loro disposizione non soddisfacevano la sua curiosità. Erano davvero semplici cumuli di emozioni vaganti, privi di scopo, o avevano anche altri fini? E se li avevano, quali erano, e da dove venivano?

Domande destinate a rimanere senza risposta.

«Dobbiamo avvisare i Quileute» disse Bella con decisione una volta al sicuro tra le mura di casa Cullen. «Potrebbero non essere ancora a conoscenza delle emobestie. Magari possiamo vederle solo noi vampiri…»

«Ci sono parecchie supposizioni sulle emobestie» intervenne Rosalie in tono calmo. «Potremmo vederle solo noi vampiri. Potrebbero essere eliminabili solo tramite i poteri di Jasper. Potrebbero…» scoccò una rapida occhiata alla neovampira «… essere incapaci di toccare Bella. Magari la sua protezione soprannaturale funziona anche con loro.»

«Non ho intenzione di rischiare» intervenne seccamente Edward.

Rosalie scrollò la testa. «Certo che no. Te l’ho detto, era solo una supposizione.»

«Comunque dobbiamo avvertire i Quileute.» Anche Esme era d’accordo con Bella. «Non è giusto che soffrano per una nostra negligenza.»

Alice arricciò il naso. «Io, Jasper, Bella ed Edward andremo dai Quileute. Voi invece rimarrete qui e… sì, andrà tutto bene, non vedo niente di oscuro o nebuloso intorno a voi. I Quileute sono anche più vicini a queste stregonerie, magari sanno con precisione di cosa si tratta.»

«Figurati se quei lupacchiotti ne sanno più di noi» borbottò Emmett.

«Scommetto che muori dalla voglia di venire» lo prese in giro Alice. «Tranquillo, fratellone, torneremo prima che tu faccia in tempo a tradurre l’inno francese in messicano.»

«Grazie tante…»

 

Jacob Black era seduto sulla morbida sabbia di First Beach e osservava il mare, pensieroso. Tra le onde più basse, Quil giocava con Claire, il soggetto del suo imprinting, e sembrava divertirsi quanto la bambina mentre la prendeva sulle spalle e la portava in giro.

«Shecob!»

Jacob alzò gli occhi. Sulle spalle di Quil, Claire agitava un qualcosa di lucente che teneva stretto nel piccolo pugno.

«Garda cosa trovato Qwil!»

Col faccino raggiante, gli porse l’oggetto, e Jacob lo prese: era una piccola conchiglia violacea, lievemente scheggiata.

«Tua, Shecob» dichiarò solennemente la bambina.

«Molto signorile… Grazie.»

Quil fece scendere Claire dalle spalle e si lasciò cadere accanto all’amico, con i pantaloncini inzuppati e i capelli grondanti. Claire gli si accoccolò al fianco, guardandolo gioiosamente.

«Cinque minuti, Claire, e poi torniamo a giocare, promesso» disse Quil con un sorriso.

Claire annuì, senza staccare i begli occhi neri dal suo volto.

«Allora, Jake, come te la cavi coi nuovi incarichi di capo? Ti diverti a spadroneggiare?» domandò scherzosamente Quil, accarezzandole la testa.

Jacob grattò distrattamente la sabbia, tracciando con le dita una soffice lettera B.

«Non c’è male. Però è davvero difficile badare a tutte le vostre teste di legno senza che finiate nei guai un giorno sì e l’altro pure.»

Quil si mordicchiò un labbro, gettandogli un rapido sguardo. «E come va con… lei? Ti sei abituato al pensiero?»

La questione Isabella Swan era un tasto dolente, per Jacob. Ancora non si capacitava di aver davvero accettato di spezzare momentaneamente il Patto… Lui, l’ultimo discendente di Ephraim Black, aveva permesso che un vampiro mordesse un’umana. E questo perché l’umana glielo aveva chiesto esplicitamente, lo aveva implorato, e lui alla fine aveva ceduto. Si era ritrovato davanti una scelta: avere una Bella sconsolata e malinconica o perdere Bella ma renderla felice. Bella lo amava, sì, ma non quanto amava il suo succhiasangue, Edward. Edward avrebbe potuto donarle la vera felicità, Jacob invece no. La sua scelta era stata dettata dall’affetto per Bella, ma il fatto di saperla felice non spegneva il rimpianto: se solo Edward non fosse esistito…

«Non abbatterti» provò a consolarlo Quil. «Non hai avuto l’imprinting con lei, no? Immagina cosa sarebbe successo se lei avesse scelto te: Edward se ne sarebbe andato, voi due vi sareste sposati e un bel giorno sarebbe capitata per La Push una perfetta sconosciuta con cui tu avresti avuto l’imprinting. Cosa ne sarebbe stato di Bella?»

Già. Cosa ne sarebbe stato?

«Se noi fossimo umani e non quei mostri che siamo…»

Quil scosse la testa, carezzando dolcemente una ciocca scura di Claire. «Così è la vita… A proposito, parli del diavolo e ne spuntano le corna.»

 

«Indovina a cosa stavano pensando, tanto per cambiare» sbuffò Edward sottovoce avvicinandosi ai due licantropi.

«Bella!»

Jacob si alzò in piedi, stupefatto, coi lunghi capelli corvini arruffati dal vento. Bella ricambiò il suo sguardo, e lo vide dilatare impercettibilmente gli occhi quanto notò il colore rossastro delle sue iridi.

Sono un mostro, pensò con controllato orrore. Sono un mostro, come te, Jacob. Come Quil. Come Alice, Jasper e Edward. Alcuni si trasformano in lupi titanici e altri succhiano il sangue alle proprie vittime, ma la nostra essenza è la stessa: siamo tutti dei mostri.

 

«Edward, Alice, Jasper…» Jacob li salutò brevemente, ma continuò a fissare Bella. Gli era sempre sembrata molto carina – non dotata di stupefacente bellezza o di un fascino trascinante, ma carina: carina in un modo semplice, schietto e spontaneo. Carina in modo irresistibile, almeno per lui. Ma quello che adesso aveva davanti era… un’assurdità. Era sempre lei, la sua Bella, ma i suoi lineamenti si erano raffinati e tutta la sua figura era diversa, più stupenda che mai. Ora era una vera bellezza, la più seducente delle sirene.

Ma non è più Bella al cento per cento, pensò mestamente Jacob. La mia migliore amica è morta. Preferivo mille volte la Bella di prima: carina e spigliata, l’immagine della franchezza. E questa? È sempre lei, o dopo la vampirizzazione si è trasformata in un blocco di marmo?

Bella mosse lentamente un passo avanti.

«Ehi, Jake…»
Sorrise, esitante. Jacob rispose automaticamente al sorriso: come si faceva a mettere a disagio una ragazza così?

«Era da un po’, eh, Bells? Mi sembri… be’, non proprio viva e vegeta, ma almeno in buona salute.»

Un leggero movimento alle sue spalle. Quil si era alzato in piedi, e teneva prudentemente Claire dietro di sé facendole scudo col proprio corpo.

«Jacob Black e Quil Ateara» mormorò Edward.

Dietro di lui c’erano Alice – piccola e graziosa come sempre – e Jasper, che al confronto sembrava un gigante. Jacob ricordava che i poteri di Alice non funzionavano sui licantropi, ma in quel momento non rammentava le qualità di Jasper. Forse non ne aveva, o forse non avevano effetto su quelli della sua specie. Chissà…

«Ciao» grugnì Quil.

«Ciao!» trillò la vocina allegra di Claire spezzando la tensione. «Io Claire… Voi?»

Quil rimase immobile per un attimo, poi s’inginocchiò accanto a lei e indicò i vampiri uno per uno. «Loro sono… amici. Queste sono Bella e Alice, il ragazzo con i capelli rossi si chiama Edward e il biondo Jasper. Abitano a Forks.»

Abitano a Forks e il loro passatempo preferito è sgozzare orsi grizzly nel cuore della foresta.

«Ehi, come va? Tutto okay?» Bella indirizzò un sorriso a Quil e a Claire. Affabile come sempre e più attraente che mai. Jacob si sentì un groppo in gola. Lei era a dieci passi di distanza, ma non era mai stata così distante.     

«Suppongo che non sia una visita di cortesia» disse rudemente il licantropo spostando lo sguardo da Bella a Edward. «A cosa si deve il piacere?»

 

Bella si lasciò sfuggire un sospiro. Ecco, naturale: Jacob la considerava un mostro; l’aveva fissata come se avesse avuto davanti un’aliena, o uno strano e disgustoso essere proveniente da qualche lontanissima galassia.

«Bella tiene molto alla vostra salvaguardia, nonostante la vostra discutibile gentilezza» disse Edward con voce controllata. «Voleva solo mettervi in guardia contro…» S’interruppe, e il suo tono si fece vacuo. «Ma vedo che siete già a conoscenza delle emobestie.»

«Le emobestie?» Jacob rise, quella risata fredda e senza gioia che Bella detestava. «Detto così sembrano esseri vestiti di nero che adorano tagliarsi le vene e cantare la morte… Provate a fargli ascoltare un cd dei Metallica, magari se la daranno a gambe.»

«Non sei divertente, Black» ribatté Alice.

Jacob si lisciò una ciocca corvina tra due dita. «Okay. Allora, dove credete che sia Embry, a giocare a monopoli con gli anziani di La Push?»

«Cosa gli è successo?» domandò Bella allarmata.

«È finito nel mirino di una delle vostre emobestie. Sam si è dovuto trasformare per bloccarlo prima che attaccasse Paul… Accidenti, sembrava che Paul gli avesse appena ucciso un fratello, dalla violenza con cui reagiva. Alla fine abbiamo dovuto placcarlo in quattro, e Jared è rimasto pure ferito.»

«Ferito?»

«Nulla di grave, è guarito in mezz’ora, ma gli ha fatto abbastanza male. Ora Embry è legato e rinchiuso in una baracca a parte e noi ci diamo i turni di guardia per tenerlo sotto controllo. Adesso dovrebbe esserci Seth, credo.»

Bella era paralizzata dall’orrore. Embry? Embry Call? Com’era possibile? Era un ragazzo così timido e tranquillo… Possibile che le emobestie portassero a tanto? Per poco non sussultò quando sentì la mano di Edward sul fianco.

«Stai calma, troveremo una soluzione» mormorò il vampiro con dolcezza.

Bella annuì senza convinzione.

«Andiamo a casa mia» borbottò Jacob. «Staremo più comodi e parleremo meglio.»

 

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grazie Smallfly ^^ per quanto riguarda gli ammassi di emozione si scoprirà… ;)

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Capitolo 5
*** Memories ***


Memories

 

“You take yourself apart
To medicate the pain
It shouldn't be this hard
To believe in you again.”

Who You Are

 

E in effetti, la minuscola casa di Jacob ebbe un effetto tranquillizzante su Bella, almeno quanto il velo di potere di Jasper. Era tra quelle mura di legno che aveva recuperato qualche frammento di pace interiore dopo il momentaneo abbandono di Edward.

Ora, dei quattro vampiri solo Bella era seduta sul divano mezzo sfondato; gli altri tre erano dietro di lei, con aria di annoiata disinvoltura. Jacob sedeva rigidamente accanto alla sua vecchia amica, teso, con Quil e Claire alle spalle. Claire sembrava entusiasta della compagnia e le andava a genio soprattutto Alice, probabilmente perché trovava buffo e al contempo affascinante il suo visino da folletto.

Bella aspirò con piacere il familiare profumo di masala chai che entrava dalla finestra semiaperta. Ora quella stanza conteneva sei mostri, ma un tempo quei mostri avrebbero potuto essere amici. La neovampira era convinta che, se non fosse stato per lei, Edward e Jacob avrebbero potuto andare d’accordo. Gettò una rapida occhiata al volto ombroso di Jacob e sentì la sofferenza attanagliarle l’animo. Ora che lo osservava meglio, poteva notare le spesse occhiaie, il viso smagrito, l’espressione sciupata.

Se le cose avessero potuto andare diversamente… Se noi non fossimo esseri soprannaturali ma semplici amici umani…

Quasi poteva immaginare la scena: Edward e Jacob, entrambi attraenti ma di un’avvenenza umana e imperfetta, che si lanciavano in scherzose contese e parlavano di sport, di auto, di motori come tutti i ragazzi normali. Ne sarebbe stata felicissima. Ma loro non erano umani, e quello era il problema. Gli umani non vanno a caccia di orsi. Gli umani non si trasformano in lupi giganti. Gli umani la notte dormono.

«Allora, cosa volevate dirci di tanto importante?» domandò Jacob infrangendo il silenzio.

Alice sospirò. «Le emobestie, zuccone. Quelle cose che hanno fatto impazzire Embry.»

«Inpacire Enbry?» domandò Claire sgranando gli occhioni.

«Sì, con il loro spumeggiante gusto… ehm… cioccolato!» Quil si caricò Claire in spalla. «Be’, vi saluto, ho una fame che non ci vedo e scommetto che anche Claire ha fame. Ehi, Jacob…» I due si scambiarono uno sguardo. Non ci voleva un genio a decifrarlo: se qualcosa non fosse andato per il verso giusto, bastava una flebile chiamata e Quil si sarebbe catapultato al fianco dell’amico.

Il ragazzo e la bambina uscirono, e Jacob rimase solo coi vampiri.

«Tranquillo, abbiamo già pranzato» disse Jasper in tono malizioso, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Edward. «Allora, per il momento non abbiamo ancora trovato un rimedio al male inflitto dalle emobestie. Ma sappiamo come sopprimerle.»

«È una cosa che solo Jasper può fare, per cui lui è l’unica nostra protezione» aggiunse Alice. «Bisogna sopprimere le emozioni dalle quali sono formate, ma senza toccarle.»

«Cosa le attira?» chiese cupamente Jacob.

Edward scosse la testa. «Non ne abbiamo idea. L’unica cosa certa è che solo vampiri e licantropi possono vederli… Gli esseri umani e animali no.»

«Non è che c’entrano i vostri amichetti italiani, eh?»

«Jake, come puoi dire una cosa simile!» esclamò Bella indignata. «Noi non abbiamo più niente a che fare con i Volturi… Accidenti, hanno cercato di ammazzarci!»

«Teoricamente siete già morti.»

«Be’, ma esistiamo ancora!»

«Basta così» intervenne Jasper calmo. «State in guardia, qui a La Push. Ancora non sappiamo quanta influenza potrebbero avere le emobestie sugli umani, o quanto dura l’effetto di un loro attacco. Non sappiamo nemmeno se rimarranno sempre così o se si evolveranno.»

Evolversi? Quella era un’idea che Bella non aveva mai neppure preso in considerazione, ma si diede della stupida per non averci pensato: come le larve crescevano lentamente fino a trasformarsi in insetto e schiudere ali lucenti, anche le emobestie avrebbero potuto mutarsi in qualcosa di ancora più orribile e potente. Un brivido le attraversò la spina dorsale, ma passò inosservato.

«Staremo all’erta» promise Jacob neutro. «E voi fate lo stesso, siete alleati preziosi, dopotutto. Le emobestie sono comparse solo in queste zone?»

«Qui e intorno a Denali di sicuro.»

Jacob si mordicchiò il labbro. Per un attimo parve sul punto di dire qualcosa, poi si bloccò all’improvviso e farfugliò: «Allora, be’, fate attenzione, okay? Soprattutto tu, Bells. Se non puoi essere viva, sii almeno vegeta.»

Bella fece un risolino. «E tu cerca di rimanere vivo, è sufficiente.»

«Certo, certo.»

 

«Finalmente!» Esme abbracciò Alice e Edward, poi toccò a Jasper e infine anche Bella fu tra le sue braccia, avvolta in una nube di profumo di narciso. «Iniziavo a temere che vi fosse successo qualcosa… che aveste incontrato uno di quegli orrendi esseri…»

«Tutto okay, Esme» disse Edward. «Solo, ci siamo attardati un poco a discutere con Jacob Black.»

«Avete scoperto niente?» domandò Carlisle ansioso.

Alice scosse la testa. «Niente, a parte il fatto che Embry Call è impazzito dopo essere stato a contatto con un’emobestia.»

«Una reazione prevedibile, ma comunque interessante» commentò Carlisle. «L’emobestia ha danneggiato i suoi centri nervosi?»

«Non abbiamo visto Call» rispose Jasper duro. «Ma forse è meglio così. Nemmeno io sarei in grado di placare emozioni troppo violente.» 

«Oh… ne riparleremo dopo» sussurrò Alice socchiudendo gli occhi mentre una nuova visione le balenava nella mente. «Charlie sta per chiamare. Muore dalla voglia di sapere come sta Bella…»

Al padre di Bella avevano raccontato una banale storiella, ovvero il fatto che durante la luna di miele la ragazza era stata colta da una strana malattia ultrarara e che non poteva parlare o vedere nessuno, fuorché il suo medico personale. Questo, ovviamente, aveva fatto salire la preoccupazione di Charlie alle stelle, ma le rassicurazioni di Carlisle lo confortavano.

Alice non aveva ancora finito di parlare che il telefono cordless trillò vivacemente.

Bella sospirò. «Devo proprio infliggergli questo dolore?»

«Non riconoscerebbe neanche la tua voce, e poi sarebbe troppo pericoloso» ribatté severamente Carlisle.

Una tristezza senza nome affondò nel cuore di Bella. Charlie, con la sua mania per la pesca e le sue partite di basket, Charlie che le voleva bene e che si era sempre impensierito per lei, Charlie che aveva sofferto tanto e che ancora doveva soffrire a causa sua. Maledetta la sua voce! Per un attimo desiderò riavere quella bassa e odiosa di prima, anziché la splendida voce musicale di ora.

«Mi dispiace, Bella» bisbigliò dolcemente Esme abbracciandola e accarezzandole i capelli con il suo rasserenante tocco materno. Il suo profumo, per quanto amabile, era ben diverso dalle fragranze cariche e un po’ pesanti di Renée, e per la prima volta da quando era stata trasformata Bella avvertì le fitte della nostalgia. Adesso era davvero un’orfana. Il dolore le schiacciò lo stomaco, ma soffocò le lacrime: non voleva sembrare una fragile piagnona.

All’ennesimo squillo, Carlisle prese il cordless e se lo portò all’orecchio. «Sì?»

I suoi occhi dorati sfrecciarono su Bella, poi su Esme. Un sospiro profondo.

«No, mi addolora dirlo, ma non ci sono stati miglioramenti. Sto facendo l’impossibile per… No, gli ospedali sono troppo luminosi e Isabella verrebbe a contatto con troppa gente.»

Da un certo punto di vista è vero, pensò Bella. Non avrebbe potuto stare in un ospedale, con tutte quelle persone calde e appetitose e la luce solare che illuminava la sua nuova pelle di vampira come uno strascico intessuto di diamanti. Però a Charlie non poteva certo essere detto. La sincerità nelle relazioni umane era stata distrutta.

Nonostante tutti i suoi sforzi, un velo di lacrime le offuscò la vista via via che Carlisle parlava, accumulando una bugia dietro l’altra. Avrebbe voluto strappargli il telefono di mano e gridare a suo padre: “Non è vero, Charlie, sto bene e non sono mai stata meglio, non corro nessun rischio di morte!” Ma la parte razionale del suo cervello le suggeriva che sarebbe stata una pessima mossa: avrebbe stupidamente terrorizzato Charlie e messo in pericolo tutti i Cullen. Sempre se avesse riconosciuto la sua voce argentina, se avesse localizzato la sua Bella dietro quei toni sconosciuti. Cosa improbabile.

Piantala, idiota, si rimproverò mentalmente. Hai fatto la tua scelta. Edward era accanto a lei: gli strinse dolcemente la mano, accarezzandolo con lo sguardo. Hai scelto lui, la tua decisione è stata di trascorrere l’eternità al suo fianco. Conoscevi le conseguenze del tuo gesto, sapevi che avresti dovuto rinunciare al tuo vecchio mondo, e sei andata avanti. Adesso non puoi tornare indietro.

Non desiderava tornare indietro, ma in cuor suo sapeva che il dolore per quella separazione l’avrebbe accompagnata per tutta l’eternità. La vita senza Charlie e Renée sarebbe stata dura, durissima, ma in fondo ammissibile; la prospettiva di perdere Edward le era invece inaccettabile.

Ma questo non spegneva il dolore.

 

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Un super-danke, ary, sei sempre gentilissima ^^

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Capitolo 6
*** Together ***


Together

 

“You kept your faith when my words were untrue
You made me laugh when I was feeling blue
Always giving, never asking for more than a smile upon my face
Together we will conquer the whole world.”

Song For You

 

Erano trascorsi due giorni dalla telefonata di Charlie.

Nonostante gli adorati orsi di Emmett si fossero risvegliati da un pezzo dal letargo, il cielo era ancora freddo, costantemente nuvoloso e carico di pioggia. I Cullen erano andati a caccia approfittando di un pomeriggio più clemente degli altri, e quella domenica si sentivano abbastanza sazi da non intraprendere una seconda spedizione.

Così Bella sfruttava il tempo libero sedendosi in giardino e osservando lo scorrere della vita: le sue nuove facoltà di vampira le permettevano di scorgere innumerevoli dettagli e di afferrare i particolari più sfuggenti, come l’impercettibile battito delle ali di una farfalla, i cauti movimenti di una volpe appostata nel bosco, il fruscio di una foglia che cade su uno stelo d’erba.

La Vita pulsava tutto attorno a lei, centinaia di migliaia di piante, di insetti, di microscopici organismi frementi nel terreno e nell’aria.

E un silenzioso passo di vampiro alle sue spalle.

«Ti dai al bird-watching, Bella?» Edward si sedette sull’erba accanto a lei, incurante delle goccioline d’acqua che la ricoprivano. «Fai bene. È stupefacente, vero?»

«Sì, incredibile. Non avrei mai pensato che potessero esistere così tanti organismi in un pugno di alberi.»

Si appoggiò alla spalla di Edward, pensando che la cosa più stupefacente era la sua vicinanza. Le parevano trascorsi secoli dal tremendo giorno in cui lui l’aveva lasciata dopo quello stupido incidente coi regali; era stato allora che aveva davvero temuto di averlo perso per sempre… La vita di Bella si era fatta smorta, fiacca, insulsa, priva di senso.

Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi lì, in quel giardino inondato di profumi, con lui accanto a sé. Meno che mai ‘vampirizzata’.

Edward, Edward, Edward… Non riusciva a pensare che a lui, ai suoi modi disinvolti, al sorriso sghembo che le piaceva tanto. Il desiderio di ascoltare la sua voce si fece impellente.

«Come va con le emobestie?» sussurrò.

«Carlisle non sa più cosa inventarsi» rispose Edward con un sospiro, cingendole la vita con un braccio. «Ma, se non altro, gli umani ne sono immuni, a patto che non abbiano alcun legame con il soprannaturale. Tanya ha voluto fare un esperimento, nonostante le proteste di Carlisle, e per quanto sia ripugnante devo ammettere che ci ha fornito informazioni molto utili.»

Bella arricciò il naso. Aveva incontrato Tanya di Denali in un’unica occasione – al suo matrimonio con Edward – e c’era mancato poco che non scoppiasse una rissa; detestava le sue maniere altezzose, il suo sorriso di sufficienza, la sua risata affettata. D’altro canto, nemmeno Tanya era pazza di lei: nei piani della famiglia, Edward avrebbe dovuto essere il suo compagno. Questo prima che il vampiro conoscesse Bella.

«Che esperimento?» domandò aspramente, cercando di nascondere l’irritazione.

Edward fece un mezzo sorriso. «Bella, ti amavo alla follia quando eri umana, e adesso, se possibile, ti amo ancora di più. Tanya non ha mai suscitato in me nemmeno un centesimo dell’attrazione che eserciti tu.»

Avrebbe dovuto migliorare, come attrice, ma non poteva negare a se stessa che quelle parole l’avevano addolcita: Edward avrebbe potuto scegliere Rosalie, la bionda mozzafiato che in seguito era diventata sua sorella, o Tanya, altrettanto bella e procace, e invece aveva scelto lei, proprio lei, una banalissima umana, goffa in modo imbarazzante e sexy quanto un topo del deserto.

«Che esperimento?» ripeté in tono più gentile.

Edward giocherellò per qualche secondo con una sua ciocca di capelli prima di rispondere: «Ha sedotto due esseri umani e li ha attirati tra i monti abbozzando la scusa di un’escursione, poi li ha lasciati faccia a faccia con l’unica emobestia che ha trovato. E sembra che l’emobestia li abbia deliberatamente ignorati, continuando a tenere d’occhio solo Tanya.»

Okay, andava bene così. Basta Tanya, per quel giorno, ma c’era ancora una cosa che Bella voleva sapere…

«Che misure di sicurezza hanno adottato, a Denali?» chiese incuriosita.

Edward aggrottò la fronte. «Hanno Leslie. Per il momento è sufficiente.

Ah, già. Leslie era la sorella più giovane di Tanya e Irina, una vampira che dimostrava quattordici, quindici anni al massimo. Bella l’aveva conosciuta al matrimonio, e le era parsa la degna compare di Alice: una ragazzina allegra e solare, vivace e testarda. Era l’unica della famiglia di Denali a possedere un potere davvero particolare: sapeva comunicare con ogni essere vivente, pianta o animale che fosse. Ma se era in grado di utilizzare il suo potere come protezione, allora…

«Riesce a comunicare con le emobestie» mormorò Bella.

Edward le passò un dito lungo la guancia, arrestandolo sotto il mento.

«Secondo Alice sì, ma Jasper e Rosalie sono andati a controllare di persona» replicò. «Se è capace o meno, lo sapremo presto.»

Bella sospirò. «E se non ci fossero rimedi, a parte il potere di Jasper?»

«Ce ne saranno» affermò Edward. «Di sicuro.»

La neovampira annuì. «Per forza. Non permetterei mai a dei viscidi cosi emozionali di farti del male.»

«Ma un tempo non ero io il difensore?»

«Hai detto bene: un tempo. Secoli fa.» Bella gli indirizzò un sorriso radioso. Le sarebbe piaciuto giocare il ruolo di difensore, era stufa di vedere ogni volta Edward rischiare la morte per lei. Phoenix… Volterra… i boschi di Forks… Era sempre lui a difenderla, ad affrontare il pericolo. Ma ora Bella non era più una debole umana indifesa; per il prossimo millennio, si ripromise, sarebbe stata lei a proteggere Edward, a qualunque prezzo.  

 

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Un capitolo senza troppo azione, ma secondo qualche critico avevo messo troppo poco BellaXEdward :)

 

Midnight_erin: grazie mille per il sostegno ^^

Ary: okay, sembro un pappagallo rimbecillito a ripetere sempre ‘grazie-grazie-grazie’… spero mi sopporterai ;-p   

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Capitolo 7
*** Calm Before The Storm ***


Calm Before the Storm

 

“It's the calm before the storm
The dawn before the battle's won
It's the mind that cannot sleep
It's the wish that goes so deep
Never weary, never quiet
It's the last night before we fight.”

Together

 

Rosalie e Jasper fecero ritorno il giorno seguente, e con loro vennero anche Tanya e Leslie.

Il clan di Denali aveva deciso di abbandonare momentaneamente il rifugio, ma Irina si era rifiutata di trasferirsi così vicino al territorio dei Quileute, gli uccisori del suo compagno Laurent, e il resto della famiglia l’aveva seguita nell’Ohio.  

«Non prendetela sul personale» disse Tanya a Edward, in un tono che Bella avrebbe giudicato troppo confidenziale per i suoi gusti. «Era molto affezionata a Laurent, e i vostri amici l’hanno barbaramente assassinato.»

«Stava minacciando Bella» ribatté Edward tagliente. «Ha avuto quello che si meritava.»

«Era semplicemente in caccia!» Tanya sgranò gli occhi con scandalizzata innocenza, la voce vibrante di sdegno. «Non apprezzo i nostri simili incapaci di resistere alla tentazione del sangue, ma nemmeno li condanno. Laurent ha incontrato un’umana solitaria e sperduta, e ha deciso di infrangere per una volta le regole. E l’umana in questione era così invitante… anche se… a ben pensarci…» inarcò un sottile sopracciglio scuro «cosa faceva mai un’umana da sola nei boschi? Oh, Edward, non sarai talmente ingenuo da credere che non c’entrasse niente? Insomma, una ragazzina che gira per la foresta, un branco di licantropi e un nostro fratello: è ovvio che si trattava di una trappola…»

«In quei giorni Bella non era a conoscenza dei licantropi» la rimbeccò Edward infastidito. «E comunque sono contento che sia andata così, altrimenti lei sarebbe stata uccisa e uno sporco traditore sarebbe ancora in circolazione.»

«Uno sporco traditore! Laurent!» Tanya alzò gli occhi al cielo. «La tua ragazzina umana ti ha davvero stregato, ora sei cieco persino all’affetto dei tuoi fratelli…»

«Fratelli.» Edward sputò la parola con disprezzo. «Il divertimento preferito dei miei fratelli Laurent, James e Victoria consisteva nel tentare di distruggere la mia unica ragione di vita. E per un soffio non ce l’hanno fatta. Ora scusami, vado a cercare Bella.»

Come se non sapesse esattamente dov’era. Come se il suo delicato profumo di petali esotici non fosse una scia infuocata nell’aria.

Quando Edward se ne fu andato, Tanya intrecciò le braccia, risentita. Si era abituata all’idea di essere considerata una splendida femme fatale, e non tollerava che un maschio – anche se vampiro – preferisse un’altra a lei. Una bamboccia umana, tra l’altro, da poco divenuta neonata. L’aveva vista una volta, a quello stupido matrimonio: un’umana banale e insignificante, niente a che vedere con il fascino maledetto di Tanya. Chissà cosa ci trovava Edward di così speciale in lei…

Oh, Edward! Tanya sospirò. Edward sì che era speciale. Era il vampiro più misterioso e avvincente che avesse mai visto, e non aveva intenzione di lasciarselo soffiare da un’idiota come Bella. Prima o poi i tempi sarebbero stati maturi, e lei ne avrebbe approfittato per sbarazzarsi della fastidiosa rivale.

 

In quel momento, l’oggetto dell’odio di Tanya era seduto sul divano in salotto, vicino ad Alice, candidamente ignaro dei feroci pensieri della vampira di Denali. Era in corso una piccola riunione privata: a parte Bella e Alice c’erano Carlisle, Jasper e Leslie, la sorella di Tanya. Quest’ultima, appollaiata contro il tavolo di quercia, stava spiegando la propria teoria sulle emobestie; la quindicenne che s’atteggiava come una professoressa sembrava uscita da una satira, ma la situazione cancellava il lato comico della faccenda. 

«Le emobestie hanno una mentalità bizzarra, divisa in tre settori» stava dicendo Leslie in tono grave. «Il primo settore – quello prevalente – è pura emozione; una volta eliminato quello, l’emobestia cessa di esistere. La parte emotiva è la base del suo corpo.»

«E gli altri due settori?» domandò Jasper interessato. 

Leslie si arricciò un boccolo rossiccio intorno all’indice e lo contemplò qualche istante, pensosa. «C’è il secondo settore per importanza, che è il lato animale. È dotato di un istinto a sé stante, che funziona proprio come quello di una bestia, e gli permette di localizzare la preda più debole e di distinguere i Soprannaturali dai Naturali. Le cariche vitali che attraversano i Soprannaturali sono molto più appassionanti di quelle dei Naturali: un comune essere vivente può resistere un giorno, un decennio o un secolo, ma i Soprannaturali sono molto più durevoli e hanno una maggiore percezione temporale. Le emobestie ci individuano proprio per il nostro carico di emozioni, assai più intenso di quello dei mortali, e certi esemplari riescono addirittura a fiutare e neutralizzare le nostre capacità, come la lettura del pensiero o la divinazione.»

Pronunciò quel fiume di parole senza batter ciglio, poi gettò un’occhiata eloquente ad Alice e proseguì: «E poi c’è il terzo settore. La parte più umana… Anche le emozioni racchiuse nel primo settore sono umane, ma il terzo contiene le cause di quelle emozioni, frammenti di ricordi, monconi di pensieri…»

«Tipo?»

Leslie alzò una mano e la tenne sollevata di fronte a sé; Carlisle, Jasper e Alice la sfiorarono con le dita, e d’istinto anche Bella fece lo stesso. La pelle di Leslie non era fredda, anzi, era tiepida, calda, bollente…

Serpenti di fuoco risalirono lungo le ossa del braccio di Bella, bruciandole, azzannando la carne viva, e nella mente della vampira ogni cosa si fece traslucida, resa scintillante da onde di fiamma.

 

Un uomo. Alto di statura e massiccio, dal volto marcato da spesse occhiaie. Tiene i capelli scuri tagliati corti, tanto che si vede la pelle rosea sotto le radici. L’uomo è seduto sotto la pensilina dell’autobus, da solo; aspetta il numero 49, quello che passa per Stanford Lane. A Stanford c’è la sua casa, ma ormai lui non la sente più sua, non da quando Gwen se n’è andata. Lo tradiva da due anni, ma lui non se n’era mai accorto prima, accecato dalla folle adorazione per la moglie, e adesso ne deve pagare le conseguenze.

Un suono lieve, frusciante. L’uomo alza gli occhi: c’è una sagoma che s’avvicina a passo rapido alla pensilina. Non fa freddo, eppure la figura indossa una giacca pesante, nera come la pece. Quando è più vicina, l’uomo nota che la pelle di quell’individuo è di una spaventosa sfumatura color gesso. La sagoma si avvicina ancora, fino a trovarsi sotto la pensilina a pochi passi da lui: un giovane alto e snello, dall’aria selvatica. Sotto il cappuccio, i suoi lineamenti sono dritti e spigolosi, perfetti. Il giovane guarda l’uomo, snuda i denti in un sorriso feroce. E poi, semplicemente, gli afferra le spalle e gli affonda i denti nella gola.

L’uomo sussulta, osserva il sangue – il proprio sangue – scorrere sul torace impregnando la camicia di grosse chiazze rossastre. Fissa l’altro negli occhi: splendidi occhi a mandorla, rossi come lacrime di vulcano e altrettanto ardenti. E stupidamente, mentre cade in ginocchio, pensa a lei, pensa a Gwen. A quanto lui le ha voluto bene, a quanto lei l’ha fatto soffrire. Affetto e dolore si mescolano in un unico turbine di dolce afflizione.

Il corpo dell’uomo scivola a terra in una pozza di sangue. Il giovane dagli occhi rossi lo guarda, e sotto il suo sguardo indecifrabile un Qualcosa prende vita: un unico turbine di devozione violata e bruciante sofferenza. Le emozioni si fanno più forti, si congiungono in una forma immateriale, assumono l’aspetto magro e slanciato di un essere canino. La creatura emette un suono acuto e patetico, orrendamente simile a un gemito umano, poi si volta e fugge via, senza toccare terra con le zampe sottili. Il bellissimo giovane lo osserva allontanarsi, poi si gira a sua volta e scompare tra le ombre.

Sotto la pensilina giace immobile il corpo dell’uomo, che già inizia a illividirsi.

 

Bella sbatté le palpebre, confusa, mentre la visione sfumava lentamente. Leslie, davanti a lei, increspò le labbra in un mezzo sorriso pieno d’amarezza.

«L’emobestia di Denali fino a non molto tempo fa era un uomo» disse piano. «Poi qualcuno lo ha trasformato… è una cosa assurda, lo so, eppure credo che il vampiro che l’ha attaccato abbia il potere di fondere le emozioni.»

«E le lascia andare in giro allo sbaraglio?!» esclamò Bella incredula. «Ma è pazzo!!»

Leslie annuì. «Evidentemente le ritiene utili per i suoi scopi, qualsiasi essi siano.»

Stanford Lane. Autobus 49. Quei nomi rotolavano nella mente di Bella come botti male assicurate nella stiva di una nave in tempesta. Quante volte c’era passata davanti? Quante volte si era fermata a cenare al ristorante cinese di Stanford?

«È… a Phoenix» sussurrò con voce spenta. 

Jasper si massaggiò le tempie, socchiudendo gli occhi. «Okay, a Phoenix circola un vampiro che trasforma le ultime emozioni dei mortali in… in cosa, emozioni ambulanti? Be’, comunque sia, le qualità di un vampiro funzionano finché il loro portatore è in vita; se il portatore viene distrutto, automaticamente anche gli effetti delle sue qualità si dissolvono.»

«Quindi basta rintracciare questo vampiro e toglierlo di mezzo» approvò Leslie.
«Non sarà difficile.» Alice aveva abbassato le palpebre e ora, nella pura tenebra del suo potere, cercava di sfiorare i pensieri del vampiro visto nella visione. «Sa chi siamo e dove siamo. Non dovremo rintracciarlo; sarà lui a venire da noi. Non da solo, naturalmente: ha voluto salvare tre delle persone che avrebbero dovuto morire.»

«Li faremo a pezzi» ringhiò Jasper. «Siamo otto contro quattro.»

«Dieci contro quattro» precisò Leslie.

Carlisle, che era rimasto in silenzio tutto il tempo, si chinò verso Alice e le strinse leggermente una spalla.

«Cosa vuole? Ci ha cercati solo per curiosità o desidera prendere possesso del nostro territorio?»

Alice scosse la testa. «No, nessuna delle due. Semplicemente, vuole quello che James, Laurent e Victoria volevano prima di lui.»

Gli occhi di tutti scattarono su Bella.

«Fammi indovinare cosa» sospirò la neovampira. «Okay, ma adesso non sono più umana e non ho più una goccia di sangue nelle vene. Cosa vuole ancora?»

«Questo non te lo saprei dire» mormorò Alice in tono vacuo.

 

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La calma prima della tempesta… qualche dettaglio in più sulle emobestie e l’introduzione di due notevoli personaggi ^^

 

Un grazie in più da aggiungere alla sfilza che rivolgo regolarmente ad ary e un piccolo ringraziamento anche agli spettatori silenziosi, che pur senza aggiungere commenti continuano a seguire la storia.

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Capitolo 8
*** The Fallen Angel ***


The Fallen Angel

 

“In the shades he finds protection, he’s a fallen angel on the run
The night welcomes him like a lost son
As he’s walking under his brother moonlight
Nobody knows where he’s coming from
His breath is freezing the branches of the trees
And his eyes are almost perforating the environment around him.”

World Under Ice

 

Seduto a un tavolo del pub Babilonia, Tucker sorseggiava distrattamente il suo vodka lemon, riflettendo sulle possibilità che gli si spalancavano davanti. Reclutare Howard, Izzy e Kevin era stato un bel colpo, però era ancora in svantaggio numerico e i suoi compagni non possedevano alcun potere interessante, a parte lo stupido e inutile Silenziatore di Izzy.

Ma, se non altro, frugando nella casa dei genitori di Tess aveva trovato parecchie informazioni utili, come ad esempio l’esistenza di una certa Renée Swan, cugina del padre di Tess. Ma non era tanto Renée a interessarlo quanto piuttosto sua figlia: la ragazza era l’unica discendente della famiglia al di sotto dei trent’anni. Un bocconcino niente male.

Le notizie correvano, volavano, soprattutto se a trasmetterle erano vampiri, e soprattutto se quei vampiri erano assetati di vendetta come Irina di Denali. Una ragazza sveglia, Irina. Aveva subito capito chi si nascondeva dietro le ‘emobestie’ e li aveva scovati in poche ore. A Tucker sarebbe piaciuto averla nella squadra d’attacco, ma non voleva coinvolgerla oltre; lo aveva già aiutato abbastanza con i suoi preziosissimi dati. 

Né Isabella né Renée abitavano più a Phoenix; il suo obiettivo, Isabella, si era spostato a Forks, sotto la protezione della potente famiglia dei Cullen. Se li avesse affrontati in campo aperto, i Cullen avrebbero liquidato lui e i suoi compagni… Occorreva cercare una tattica accurata e vincente.

La cercherò, sì, ma dopo cena.

La sete iniziava ad attanagliargli le viscere.

Si alzò di scatto dal tavolo. Howard, Izzy e Kevin, seduti attorno a lui, lo guardarono sorpresi, e Tucker fu assalito dall’esasperazione e dal disgusto: un gigante idiota, una stupida bambina e uno spaventapasseri di dubbie capacità intellettuali.

Un allegro gruppetto di idioti.

Senza una parola, uscì a passo di marcia dal Babilonia.

 

Shirley McAlpine camminava lungo la sottile viuzza di Ridley Street, ingobbita, col volto un tempo molto bello ora ridotto a una fitta ragnatela di rughe. La vecchiaia non le era mai pesata tanto sulle spalle. Renée si era trasferita in seguito a un misterioso incidente, quasi due anni prima: così le aveva raccontato la signora Davidson, la sua ex vicina di casa. Dove? In Florida. Con chi? Col suo nuovo marito. E la figlia? Boh.

Shirley era depressa. Isabella, la sua unica speranza di ritrovare Jason, era sparita nel nulla. Ma soprattutto adesso desiderava Renée.

Ah, Renée. Era da troppo tempo che non si parlavano faccia a faccia. Era orribile il pensiero che sua figlia – la sua bambina, che aveva visto nascere e crescere – si fidasse talmente poco di lei da crederla coinvolta nell’assassinio di Jason. Renée non aveva mai capito nulla, non aveva mai saputo della seconda personalità di suo padre; si era semplicemente affidata alle indagini della polizia, che sostenevano che l’unica persona in casa al momento della morte di Jason McAlpine fosse Shirley.

Interrogazioni, test, analisi. Anni orrendi, per Shirley. Si era sempre fatta forza pensando a Renée, cercando di proteggerla dall’amara verità, e sua figlia si era fatta un’idea totalmente sbagliata delle sue intenzioni. L’aveva creduta una pazza assassina per molto, troppo tempo, e a diciassette anni era fuggita a Forks insieme al suo fidanzatino – come si chiamava…? Chad, Charles, un nome del genere. Renée era sempre stata una ragazza coraggiosa e indipendente.

L’affetto di Shirley si era un poco affievolito col trascorrere degli anni. La completa mancanza di fiducia da parte della figlia l’aveva ferita, dando il colpo di grazia al suo spirito già desolato.

Ora, l’unica speranza di amore di Shirley risiedeva in Jason. Jason l’aveva amata, avrebbe continuato ad amarla, ne era certa. I ricordi del suo uomo riaccendevano una scintilla di energia nel corpo fragile della vecchia, un lampo di luce in una notte scura e pesante. Se fosse morta, avrebbe rivisto Jason? Forse, e forse no. C’era un solo modo sicuro, e quel modo era profanare i confini del Regno Occulto. Jason avrebbe rimesso tutto a posto, ne era certa, avrebbe risolto la situazione anche con Renée, e per arrivare a lui doveva trovare Isabella.

Stava ancora pensando alla nipote quanto avvertì un lieve fruscio alla sua sinistra: si voltò, accigliata, ma tutto quel che vide furono le luci intermittenti di una vecchia discoteca e del pub Babilonia. La stretta Ridley Street era completamente deserta: a quell’ora la gente non era ancora uscita di casa, e i pochi che avevano messo il naso fuori dalla porta se ne stavano rintanati nei bar, al sicuro dalle folate di vento sferzante. Ma certo, sicuro! Quella che aveva sentito era una folata di vento, tutto qui. Cos’altro poteva essere stato?

Shirley si strinse lo scialle intorno al collo sottile, rabbrividendo. Qualcosa, nel suo cervello, le bisbigliava che erano tutte menzogne, fragili utopie per nascondere la verità. Sapeva perfettamente che cosa poteva essere stato, ed era più cosciente che mai del sangue che le scorreva impetuoso nelle vene. Si guardò fugacemente intorno, ma non vide nessuno.

Non dovrai mai temere nulla dai licantropi. La voce un po’ roca di Jason le zampillò nella mente come un prezioso filo d’acqua nel deserto secco. Anzi, potrai sempre contare sulla nostra protezione. Coloro che devi temere sono i freddi: non lasciarti ingannare dal loro aspetto angelico e dalla loro voce di sirena, sono i più brutali assassini esistenti. Sono come fruste, rapidi e violenti nel colpire, e non falliscono mai il bersaglio.

I licantropi a Londra erano numerosi, anche senza Jason. C’erano ben sette grandi branchi, sparsi per i diversi quartieri, che assicuravano una difesa totale, efficacissima; nessun ‘freddo’ avrebbe mai potuto oltrepassare la loro fitta rete protettiva. Ma quella non era Londra; a Phoenix probabilmente non c’erano licantropi, o forse ce n’erano troppi pochi. Non importava; l’importante era che Shirley era lì, sola, senza nessun licantropo al suo fianco. Avrebbe venduto l’anima per avere Jason accanto a sé in quel momento.

«Mi scusi, signora, potrebbe dirmi dov’è Roosevelt Avenue?»

Shirley sussultò, ma riuscì a controllarsi dal gettare la borsa di finto coccodrillo in faccia alla persona che si era appena materializzata dietro di lei e fuggire a gambe levate. Raccogliendo tutta la sua audacia, si voltò invece a fronteggiare il nuovo arrivato: un giovanotto alto e snello, in jeans scuri e giacca di pelle, con i tipici capelli lunghi e un po’ ribelli da rocker e il viso da classico ‘bello e dannato’, un viso avvenente e affilato che avrebbe potuto far sospirare parecchie ragazze. Nonostante l’aspetto un po’ inquietante, la sua voce era morbida e carezzevole, e la domanda era stata porta con la calma educata di un ragazzo dabbene.

Shirley lo osservò per un lungo istante, stranita. Guardandolo meglio, si rese conto che definirlo ‘avvenente’ era quasi un insulto: nemmeno Jason, che pure era molto attraente, poteva reggere il confronto con quel giovane angelo piovuto dalle stelle.

 

Tucker non poté trattenere un sorrisetto. Provava un sottile piacere nell’esaminare le prede prima di strappare le loro emozioni vive e pulsanti dal corpo appena ucciso. Avvertiva, in quell’anziana signora di fronte a lui, un esile sentimento di stupefatta ammirazione, che però veniva eclissato da un sentimento infinitamente più bruciante: la nostalgia. Analizzandolo, il vampiro poté assorbire il ricordo di quel ritaglio di anima freddo e vuoto che la morte aveva rubato alla donna. Un rimpianto acuto e lacerante, violentissimo, misto all’ardente desiderio di pace.

Sarà un’ottima creatura, pensò Tucker soddisfatto. Di rado i Suoi Figli sbocciavano già così travolgenti: molto spesso la loro intensità maturava solo dopo parecchio tempo. L’emozione ricavata da quella signora sarebbe stata una Figlia eccezionale.

La donna di fronte a lui si riassettò una ciocca ingrigita dietro l’orecchio e disse in tono vacuo e balbettante: «Sono una forestiera, non conosco bene Phoenix. Ma all’angolo laggiù c’è una pianta della città e… e…»

Cosa stava succedendo? L’adorazione aveva ceduto di colpo posto alla paura, un terrore talmente morboso da essere palpabile nell’aria. Cosa la spaventava?

Non che il mio aspetto sia rassicurante, dopotutto. Pazienza, porrò fine in fretta alle sue sofferenze.

Appuntò il suo sguardo sul collo sottile della vecchia. Un colpo leggero, e sarebbe tutto finito. Si accinse a scattare verso la donna, quando quella crollò a terra in ginocchio e gridò: «No ti prego freddo non uccidermi!»

 

***************************

 

Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare ma ho avuto delle giornate tremende…

Ok…

Danke – gracias – merci – thanks… grazie in tutte le lingue del mondo ad Ary e un Oscar alla pazienza ^^

Grazie anche a MyLittleHeart, proverò ad essere più chiara, promesso!

E – perdonatemi se vi cito solo adesso – un super ringraziamento anche a Bella4, bella5, ka chan, lady bella, ladyarle, Les, ninfea_82, Patricia Dalrymple, sasamy, Shona e underworld_max per avere aggiunto la storia tra i preferiti ^^

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Capitolo 9
*** In The Garden ***


In The Garden

 

“In this garden time is creeping
The odours so firm like a wall
Caressing me, making me loosing my will
Am I alone? How did I get here?”

Garden of Delight

 

Leslie era seduta a gambe incrociate nel giardino dei Cullen, vicino al limitare del bosco, e accarezzava con affetto materno una volpe argentata che le aveva posato il muso sul ginocchio. Sulla spalla sinistra della vampira si era appollaiato uno scoiattolo, intento a sgranocchiare una noce, mentre un fugace serpente color giada le scivolava con cautela intorno allo stivaletto a tacco basso, senza degnare della minima attenzione gli altri due animali.

Quando Bella la raggiunse, nessuna delle quattro creature parve turbata: Leslie si voltò a indirizzarle un sorriso, la volpe socchiuse pigramente gli occhi sotto le sue carezze, lo scoiattolo continuò a rosicchiare la sua noce e il serpente fece dardeggiare la lingua per assaggiare l’aria fresca e profumata d’autunno.

«È l’ultimo breve riposo, poi dovranno andare alla ricerca di un luogo sicuro in cui sprofondare nel letargo» spiegò Leslie. «Secondo loro quest’inverno sarà particolarmente rigido, ed è un bene, perché le giornate di sole saranno pari a zero. Non dovremo inventare storielle assurde sul trekking.»

Bella si sedette accanto a lei. Lo scoiattolo le fiutò una ciocca di capelli, poi le saltò in grembo e si accoccolò sul morbido tessuto del dolcevita bianco. La neovampira lo guardò sorridendo, poi si voltò verso Leslie.

«Mi sembra incredibile» mormorò. «Fino a un paio d’anni fa avrei fatto qualunque cosa pur di potermi godere un po’ di sole, e adesso invece sono contenta se piove o nevica.»

Leslie ghignò. «Io sono nata in Alaska, ma ho vissuto l’adolescenza in Messico. All’inizio della mia nuova vita mi sembrava super deprimente il pensiero di stare lontana dal sole, però ora capisco che è la cosa migliore. Sai, trascorrere le giornate parlando con scorpioni e cactus non è esattamente il massimo.»

Bella rise. «Lo immagino!» 

Iniziarono a parlare di tutto e di niente. Bella trovava simpatica quella vampira giocosa e cordiale, che dietro l’aspetto allegro nascondeva un’immensa sapienza. Dal clima passarono ai poteri, dai poteri ai vampiri di loro conoscenza, dai vampiri alla loro vita precedente. Bella raccontò della scuola di Forks e di Charlie, di quella volta che Edward l’aveva salvata da un gruppo di stupratori, di quando si era tuffata dalla scogliera di La Push sconvolgendo le visioni di Alice. Leslie l’ascoltava come si ascolta un’amica, trattenendo il respiro e inarcando le sopracciglia al momento giusto, e alla fine si complimentò con Bella per la sua abilità nel raccontare storie.

«Era una tua dote umana, e la trasformazione l’ha potenziata» sentenziò.

Poi fu il suo turno: le narrò che da umana aveva avuto due sorelle, da cui però si era divisa una volta vampira, dato che non poteva correre il rischio di far loro del male. Aveva vagato a lungo, lottando contro il disgustoso istinto di uccidere, anche se un paio di volte non era riuscita a controllarsi e aveva assassinato i banditi che l’avevano minacciata. Poi, finalmente, aveva incontrato Tanya e Irina, e in loro aveva trovato l’affetto della famiglia che aveva perduto.

«Non hai più cercato la tua famiglia?» chiese cautamente Bella.

Leslie scosse la testa. «E a che pro? Ormai saranno tutti morti, e i miei genitori erano gente qualsiasi, non particolarmente ricca né nobile. Chissà dove si sono spostati, dopo la mia trasformazione… Le loro tombe sarebbero impossibili da ritrovare.»

E quando il mio corpo da diciottenne racchiuderà una mente secolare? Quando sarò davanti alla tomba inaridita di Charlie? Coloro che mi amano sono destinati a soffrire.

Quelle riflessioni sfioravano la mente di Bella come ali di tenebra. Avrebbe visto morire Charlie, la mamma, Phil, Angela, Mike, Ben, Jess. E Jacob. Tra mille anni, forse, ma alla fine anche Jacob sarebbe morto. Quanto dolore… Essere trasformati in vampiro comportava un enorme sacrificio.

Per rimanere eternamente al fianco di Edward.

Il prezzo da pagare era equo, in fondo.

 

*********************

 

Un microscopico capitolo, che però potrebbe contenere un indizio importante…

aloha! :)

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Capitolo 10
*** So Much Fear ***


So Much Fear

 

In the nights I see the world bleed
In my dreams I have to hide
I cannot close the door to this mystique place…
My eyes blinded by the misery
Never I felt so much fear
It seems that I'm already in hell
.”

Silent Scream

 

Angela,

mi dispiace, mi dispiace tantissimo. Hai tutto il diritto di detestarmi. Continuare questa messinscena sarebbe stato ridicolo, non mi sembra giusto nasconderti oltre la verità. Mi dispiace da morire, lo sai, ma amo Lilith. Con lei c’è stato un feeling straordinario fin dal primo momento. Tengo moltissimo a te, ma con Lil è una cosa diversa. Ti prego di perdonarmi, e…

Angela rileggeva la lettera per l’ennesima volta, accarezzando la carta con vacua delicatezza e pensando che Ben era stato l’ultimo a toccarla. Ben Chevey, riservato e dolce com’era, le aveva suscitato sin dal primo incontro un’istintiva simpatia, e la simpatia si era sviluppata in fretta. Ben non era mai stato semplicemente il suo ragazzo; era stato anche il suo migliore amico, il custode delle sue confidenze… Ma ora? Cos’era per lei ora? E soprattutto, cos’era lei per lui?

Un’insulsa conoscente, pensò Angela con rabbiosa amarezza. Niente di più. La sua vera ragazza è questa Lilith.

Era stata bidonata da Ben: il dulcis in fundo dei guai che le si erano rovesciati addosso negli ultimi tempi. La sua amica Isabella Swan aveva contratto una malattia mortale e ultrarara, i suoi genitori la assillavano per l’università, i vecchi compagni di scuola si erano come dileguati. E Ben aveva dato il colpo di grazia.

Angela, distesa sul suo letto, appoggiò la lettera sul comodino e sospirò, afflitta. Mamma sarebbe tornata a casa in un’oretta al massimo, e sarebbe ricominciata la guerra: Angela hai fatto questo, Angela hai visto quello, Angela hai scelto la facoltà medica o giurisprudenza. La risposta della ragazza le bruciava in gola, ma non osava comporla in parole. Non osava dire: “Mamma, di medicina e giurisprudenza non me ne frega niente, io amo il design e le scienze dei materiali e trovo che l’illuminotecnica sia mille volte più interessante di una frattura multipla. Mamma, tua figlia vuole essere una designer, non un medico o un giudice. Ho diciotto anni, lasciami libera.”

Ma quanto le premevano quelle parole sulle labbra!

E poi, oltre a genitori tirannici e petulanti, c’era anche la questione Bella. Ad Angela mancava tantissimo, le mancava la sua moderazione che spesso si scioglieva in una risata. Timida e testarda, Bella. Da un certo punto di vista erano simili. La sarebbe andata a trovare molto volentieri, ma l’unica persona che aveva il permesso di visitarla era il dottor Cullen: aveva già preso quella malattia, ma nella sua forma minore; per lui c’erano zero possibilità di contagio. Neppure Edward Cullen poteva vederla…

Crack.

Angela sussultò, e il suo sguardo allarmato sfrecciò verso la finestra. Dal rumore, sembrava che qualcosa di secco si fosse sonoramente spezzato…

Poi ci fu un grido: un grido alto e acuto, straziante, di pura agonia.

Angela balzò in piedi e s’avvicinò al vetro, ma erano già calate le ombre notturne e la visuale era scura e offuscata. Col cuore che batteva a mille, s’infilò la prima felpa che trovò e scese rapidamente al pianterreno, quindi socchiuse con cautela la porta d’ingresso e spiò fuori.

Davanti alla sua casa correva una strada sottile e poco battuta, Hawkins Rue. Nessuno la percorreva mai, tranne coloro che avevano la residenza lì vicino, eppure sul marciapiede sassoso c’era qualcuno… e nel riconoscerne i lineamenti ad Angela sfuggì un flebile lamento.

«Melvyn!»

Con un crescente senso d’orrore, la ragazza si catapultò verso il ragazzino e gli s’inginocchiò accanto, tastandogli freneticamente il polso: il cuore batteva ancora, benché a ritmo irregolare. Con estrema attenzione, Angela sollevò Melvyn per le spalle, scuotendolo con delicatezza e chiamandolo sommessamente per nome. I suoi pensieri erano confusi e aggrovigliati. Ben Chevey abitava in pratica dall’altra parte di Forks, no? Ma allora cosa faceva lì il suo fratellino? Perché a quell’ora? E soprattutto, cosa gli era successo?

«Melvyn…»

Il ragazzino socchiuse gli occhi, scuri e profondi, terribilmente simili a quelli di Ben. In essi, Angela lesse la sofferenza.

«Oh, Angie…» singhiozzò con voce spezzata, tremando lievemente. «Aiutami… ti prego… mi vuole mangiare… Angie… io…»

«Va tutto bene, Mel, tutto bene» mormorò Angela sforzandosi di nascondere il terrore che le incrinava il tono. «Adesso telefono a Ben e lui verrà a riprenderti…»

Fu allora che le notò: macchie grandi quanto le unghie della sua mano, scurissime, stagliate contro la pelle pallida del collo di Melvyn, che tracciavano rivoletti neri fin sulle spalle. Angela s’immobilizzò, il respiro le si mozzò nei polmoni. Sangue!

Angela si guardò le dita screziate di goccioline cremisi. «Melvyn, cosa ti è accaduto?» sussurrò.

«È… dietro di te!» urlò il ragazzino, facendola trasalire. «Scappa Angie… via di qui…!»

Ma prima che Angela potesse anche solo replicare alle sue farneticazioni, un qualcosa di freddo come il ghiaccio le si premette con forza sulla faccia, spingendola indietro, schiacciandola contro le pieghe di una giacca pesante. La ragazza si dibatté, ma la mano assurdamente gelida che la stringeva trasformava le sue grida in rochi mugolii. Vide Melvyn ricadere a terra con un gemito, sobbalzando come un animale ferito, e una bassa risata le risuonò all’orecchio.

«Un colpo niente male, vedo… due piccioni con una fava…»

Era una voce maschile, sensualmente rauca. Angela moltiplicò i suoi sforzi per liberarsi, invano: un braccio muscoloso le cingeva la vita in una morsa d’acciaio, bloccandole entrambe le braccia contro i fianchi.

«Lottare è inutile.» La risata echeggiò ancora, bellissima e pericolosa. «Ti ho in pugno… Uscire da quella casa è stato il peggiore sbaglio della tua vita.»

La morsa si strinse, e Angela serrò i denti in una smorfia di dolore: l’inverosimile forza di quella mano la stava lentamente soffocando.

«Angie! No!» Melvyn…

Angela socchiuse gli occhi, fissando la pelle mortalmente pallida del suo aggressore.

Lasciami… andare…

La mano grande e fredda, troppo fredda…

Lasciami andare…

Le ossa gemevano… faceva male, troppo male…

Lasciami andare.

La risata seducente e feroce, troppo feroce…

Ma allora, mi lasci andare?!?

«Angela!»

«Ohf…» Angela cadde in ginocchio, respirando affannosamente. Stilettate d’aria le pungevano i polmoni, però l’ossigeno non le era mai sembrato così gradevole. La stretta dell’uomo si era dissolta di colpo, così com’era arrivata. Sfiancata, la ragazza sollevò la testa e guardò Melvyn: il ragazzino giaceva bocconi per terra, ansimando pesantemente. Non poteva lasciarlo lì, alla mercè di quel pazzo assassino…

Raccogliendo a sé ogni stilla di energia, Angela si girò per fronteggiare l’assalitore, ma non appena si volse il terrore la paralizzò: nel giardinetto perfettamente curato di sua madre c’era la creatura più assurda che avesse mai visto. Aveva la grazia e le fattezze di un lupo, combinate alle dimensioni di un cavallo da tiro. In contrasto col folto pellame rossiccio, i grandi occhi a mandorla erano neri come le profondità cosmiche, rilucenti di una strana luce di intelligenza omicida. Una luce umana. Angela deglutì e abbassò lo sguardo: sotto le pesanti zampe dell’animale c’erano abiti rozzi e scomposti che lasciavano intravedere pezzi di carne lacerata, il corpo di un uomo tozzo e muscoloso.

Melvyn.

Il maniaco assassino.

Un cane gigante nel giardino più curato di Forks.

Era una visione così incredibile e bizzarra che ad Angela sfuggì una leggera risata, e ben presto si ritrovò piegata in due, un po’ dal ridere e un po’ dai singhiozzi. A quel suono spezzato e isterico, il grosso lupo rossiccio alzò gli occhi dal corpo straziato dell’uomo e li appuntò sulla ragazza: uno sguardo freddo e penetrante, che però si ammorbidiva di secondo in secondo. A passi lenti e felpati, l’animale si avvicinò ad Angela: se lei avesse teso un braccio avrebbe potuto toccare il suo pellame splendente, un manto di soffice fiamma.

È un sogno, pensò Angela ancora ridacchiante. È uno stranissimo sogno. Questa non è realtà… o no? Una realtà onirica? Oddio… non capisco più niente…

 

Quando poco dopo la signora Weber tornò a casa, con notevole sorpresa trovò la figlia distesa sul divano insieme al piccolo Melvyn Chevey, entrambi profondamente addormentati. Telefonando alla signora Chevey, scoprì che Melvyn era venuto a trovare Angela, l’oggetto della sua più profonda adorazione, perché era da quando Ben l’aveva lasciata che non rivedeva l’amica. Tutta presa dai fatti suoi, la donna non notò i segni rossi sul collo di Ben e sulla guancia di Angela.

 

Quella notte, all’insaputa di tutti fuorché di certi indiani Quileute, un enorme lupo rossiccio fece pazientemente la guardia a casa Weber, le zampe che non sfioravano nemmeno l’erba fresca e rasata, gli occhi scintillanti nel chiarore della luce lunare. 

 

************************

 

scusate se ci ho messo così tanto a scrivere questo capitolo, ma prendere certe decisioni non è stato affatto facile :)

oddio Ary non ci crederai mai O.o il nome originale di Leslie doveva essere Mel… Comunque ho controllato e l’indizio è davvero molto ben nascosto… trovarlo è davvero un casino! D’altro canto è un bene così… potrebbe spiegare troppi dettagli del finale a sorpresa che sto iniziando lentamente a ricamare XD

 

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Capitolo 11
*** War'n'Peace ***


War’n’Peace

Between love and hate
Maybe that’s our faith
Between war and peace
It’s a very small step
Between life and death
That’s the way between
Saints and sinners.”

Between Love and Hate

«Stanno arrivando.» Alice era, se possibile, ancora più pallida del solito, e le sue occhiaie erano ancora più spesse. «Sono cinque: quattro vampiri e un essere umano. Non capisco… Cosa ci fa un essere umano con loro? Perché non l’hanno ucciso?»

«Sperano di ottenere qualcosa da lui, evidentemente» mormorò quasi tra sé Carlisle. «Qualcosa che li possa condurre a Bella… magari è un suo amico o parente.»

I vampiri attorno a lui tacquero, meditabondi. A quell’insolita riunione famigliare c’erano tutti, incluse Tanya e Leslie, ma il grande tavolo da cucina dei Cullen li ospitava senza problemi.

«Puoi descrivermi l’umano, Alice?» domandò nervosamente Bella dopo un attimo di silenzio.

Alice annuì e si concentrò, rievocando la visione. I suoi occhi si fecero tenebrosi e decisi. «Una donna anziana… Tra i sessanta e i settant’anni, direi. Capelli bianchi, lunghi fino alle spalle e leggermente ondulati, occhi azzurri. Sembra una vampira da quanto è chiara la sua pelle…»

 Bella si mordicchiò il labbro. Il suo pensiero corse subito ad una qualche anziana amica di famiglia, ma l’unica che le veniva in mente con quelle caratteristiche era Donia Morrison, la sua vecchia badante. E Donia era morta di infarto cinque anni prima. Anche le nonne erano morte… be’, era da anni che sua madre non diceva più nulla di Shirley, e Bella era convinta che fosse morta quando era piccolissima. Come nonno Jason.

«Il gruppo si dividerà» continuò Alice lentamente abbassando le palpebre, la fronte corrugata dalla concentrazione. «Sentono l’impulso della sete… Due vampiri e l’umana punteranno dritti verso di noi e un altro andrà a La Push…»

«Non vedo l’ora di scoprire che faccia farà, una volta incappato nei lupacchiotti!» sghignazzò Emmett.

«L’ultimo invece si dirigerà a Forks, in un quartiere piccolo e poco abitato» profetizzò ancora Alice incurante dell’interruzione. «Ma…» Sgranò di scatto i begli occhi ambrati. «Il suo futuro! Si è dissolto… Ma cosa…» Sbuffò, passandosi una mano sottile ad arruffarsi i capelli corvini. «Scommetto che entrerà in scena uno di quei dannati cani…»

«No!» Bella impallidì, ed Edward le strinse lievemente una spalla.

«Sono forti, Bella» mormorò deciso. «Non hanno bisogno del nostro aiuto: sono i perfetti predatori dei vampiri. Se la caveranno.»

Bella scosse la testa, guardandolo esasperata. «Oh, ma perché desiderano così tanto cacciarsi nei pasticci? Perché si devono sempre mettere in mezzo ai piedi?»

«Perché sono licantropi» intervenne pacatamente Jasper. «È nella loro natura.»

Ci fu un attimo di silenzio.

«Separarsi è stato un grosso errore, per quei nomadi senza cervello» sbottò poi Rosalie. «I cani si occuperanno dei due a Forks e a La Push, noi ci prenderemo cura degli altri.»

«Uno è un neonato, ma l’altro ha un’esperienza notevole» sussurrò Alice, leggendo i combattimenti che probabilmente avrebbero dovuto ingaggiare. «Accidenti, sembra che vogliano farsi uccidere… è assurdo, davvero senza…»

«Quello più esperto è mio!» disse subito Emmett interrompendola. «Jazz, invece credo che il neonato sia la giusta preda per te… ultimamente ti sei rammollito, fratello.»

«Spaccone» ringhiò Jasper. «Vedrai chi si prenderà la preda migliore…»

«Idioti» sospirò Alice.

 

Leslie era accoccolata nel giardino dei Cullen, circondata dalla fragranza del bosco notturno, quando le ali del vento portarono l’eco dei silenziosi passi di Tanya. Stupita, la vampira si girò e vide la sorella sgattaiolare cautamente verso il limitare dei boschi. Il gufo che le si era appollaiato sulla spalla svolazzò via ululando, scomparendo nei rami tenebrosi degli alberi, e Leslie si alzò lentamente in piedi. Il bosco attorno a villa Cullen era, nella sua mente, una grandissima aura sfolgorante, intessuta di infinite scintille minori che danzavano e palpitavano per poi unirsi in una ricca cascata di luce. Il potere della comunicazione correva attraverso la vampira, toccando la più primitiva forma di vita e abbracciando gli alberi, le formiche, le civette, gli insetti più microscopici. Attraverso le loro coscienze poteva sentire e vedere tutto, anche la sagoma pallida ed evanescente di Tanya che correva attraverso i tronchi.

Cosa ci fa qui?

Di solito, durante la notte Tanya se ne stava per conto suo nella stanza che i Cullen le avevano assegnato, oppure suonava il pianoforte di Edward. Era un’ottima musicista, anche se non abile quanto il vampiro dai capelli rossi.

Non dovrebbe girovagare per il bosco senza Jasper, è pericoloso!

Ristette per un attimo immobile, pietrificata dall’incertezza, poi si decise e scattò dietro l’amica. Non sarebbe mai riuscita a raggiungerla se avesse perso tempo a chiamare Jasper.

In un attimo fu immersa nel verde tetro del bosco. Correva rapida e delicata, agilissima sui piccoli piedi, al limite della barriera del suono. Sembrava un piccolo splendido demone, una folle dea piovuta direttamente dal cielo, ma nonostante la velocità fosse inebriante i suoi occhi non smettevano un secondo di saettare con attenzione da destra e a sinistra, pronti a cogliere il minimo bagliore delle emobestie. Al contempo cercava di raggiungere la mente di Tanya, però quella pareva sorda ai suoi richiami. Leslie non osava chiedere a niente – né pianta né animale – di cercare di interrompere la corsa dell’amica, perché conosceva fin troppo bene la sua forza ed impulsività. Neppure un elefante o un baobab avrebbero potuto rallentarla, figuriamoci tassi o scoiattoli.

Tanya!

Leslie si mordicchiò un labbro, schivando con fulminea disinvoltura il basso ramo di una quercia e riprendendo a correre. Malgrado la velocità, Tanya la stava poco a poco distanziando. Leslie raccolse ogni briciolo di energia spirituale e lo scaraventò con violenza contro la sua mente.

FERMATI, STUPIDA, MALEDIZIONE!

Tanya rallentò il passo, gradualmente, fino a fermarsi del tutto. Quando si voltò a fronteggiare Leslie, i capelli le volteggiavano selvaggiamente attorno al bel viso d’alabastro e gli occhi simili a schegge d’oro puro lampeggiavano di sfida. Un soffice cono di luce lunare le faceva splendere la pelle, accendendo in lei una sorta di fascino misterioso. Bellissima e pericolosa, e inavvicinabile.

Cosa diavolo crede di fare?!

Leslie frenò a una decina di passi da lei, socchiudendo gli occhi con rabbiosa incredulità. Non l’aveva mai vista comportarsi così… Cosa stava succedendo?

«Tanya» disse tra i denti. «Ma si può sapere che ti prende?»

Tanya le scoccò un sorriso astuto, da cospiratrice. «La vittoria è a portata di mano» sussurrò con una sfumatura di eccitazione nella voce. «Non capisci, Les? Non capisci quanto siamo vicine ai nostri desideri? Basterebbe tendere la mano per poter afferrare le nostre più succose ambizioni… Potremmo allargare il nostro territorio. Perché avere solo Denali, quando si può avere l’intera Alaska? Grazie a loro potremo avere tutto quello che desideriamo… l’eternità non sarà più un fardello, ma una benedizione! Avremo dei figli, Les, e dei nipoti, e vampiri degni di noi come compagni. Sarà tutto magnifico!»

«Stai vaneggiando» ribatté aspramente Leslie. «Prima di tutto Denali è sin troppo grande per la nostra famiglia e non oso pensare all’intera Alaska, e poi chi sono loro? Chi ti ha messo in testa queste assurdità?»

«Non sono assurdità» mormorò Tanya, lo sguardo folle e splendente. «E coloro che le hanno pronunciate sono i membri di uno sparuto gruppetto di nomadi del sud. Sono in cerca di potere, un potere che solo i Cullen sono in grado di donare loro.»

«Pazzi…» Leslie scosse la testa. Adesso la confusione si mescolava al disgusto. «Cosa pensano, che i Cullen serviranno loro il potere su un piatto d’argento? I nostri fratelli di Forks sono fermi custodi del potere, non consegneranno niente di pericoloso a questi nomadi!»

Tanya esitò. «Be’, veramente non servono tutti i Cullen. Solo una, solo la sgualdrina di Edward. E io ho informazioni preziosissime su di lei, informazioni che potrebbero interessare molto ai miei amici nomadi…»

«Ora è tutto chiaro» mormorò Leslie. «Edward… Tu lo desideri ancora, è ovvio, nonostante ti abbia già respinta. E non puoi sopportare di vedere un’altra tra le sue braccia, non ti importa assolutamente niente, né di lei né della felicità di Edward.»

«È la mia felicità che sto cercando!» sibilò Tanya. «Edward non potrà mai essere felice con quello scarto umano, per cui sarebbe come prendere due piccioni con una fava. Quando i nomadi avranno invocato il Regno Occulto, ogni fragile desiderio si trasformerà in una concreta realtà! Unire la gente di Denali e i Cullen porterà solo vantaggi, non te ne rendi conto?»

«Quali vantaggi?» fece Leslie sprezzante. «Mettendo che questa fesseria sia vera, tu avrai eternamente incatenato al tuo fianco qualcuno che non saprà mai amarti, avrai spezzato invano la felicità di due persone ed invocato una forza molto più grande di te.»

«Sciocchezze! Sono la regina di questa partita!»

«Forse, ma vali meno di un pedone.»   

Leslie non aveva ancora finito di parlare che Tanya era schizzata contro di lei. La vampira più giovane fece appena in tempo ad appiattirsi a terra, e sentì il fischio del pugno di Tanya sopra la sua testa.

Truck.

Ci fu un sinistro cigolio, e un tozzo, possente tronco s’abbatté a terra, schiantato dalla violenza del colpo. Leslie avvertì una stilettata di dolore all’altezza del cuore nel sentire la vigorosa aura di vita che andava poco a poco spegnendosi, insieme a quella di un’infinità di insetti minori. Rimase per un attimo immobile, senza respiro, ad ascoltare il silenzioso canto di quelle piccole anime, poi alzò gli occhi brucianti d’odio su Tanya.

L’altra vampira la guardò dall’alto in basso senza fare una piega, però il suo sorriso si fece derisorio.

«Hai ancora una possibilità, stupida sorellina» sussurrò. «Unisciti a noi e al nostro grandioso progetto. Ti è così odiosa la prospettiva di vedere ogni sogno realizzato?»

«Sei impazzita, sorella» ringhiò Leslie.

Scattò in piedi, scagliandosi contro di lei, e il combattimento cominciò: agili schivate aeree, colpi a ripetizione, parate impossibili. Due dolci e adorabili fanciulle impegnate in una feroce danza di morte. A un certo punto Tanya riuscì ad afferrare una manciata di lucide ciocche rossicce e le strattonò con forza, strappando un roco sibilo a Leslie, che per ricambiare la cortesia le affondò i denti nell’avambraccio. 

«Idiota!» strepitò Tanya mollando la presa. «Stai uccidendo ogni tuo desiderio!»

«I miei desideri sono già morti e sepolti, Tanya.»

E con questa brillante risposta, Leslie si lanciò ancora contro Tanya, stavolta mirando al collo. La battaglia riprese, più atroce di prima. Benché l’avambraccio le dovesse fare molto male, Tanya continuava ad attaccare con foga, intrecciando abilmente un assalto dopo l’altro. Leslie allontanava da sé le dita adunche della vampira bionda, ma sentiva di stare lentamente cedendo terreno: Tanya era più veloce, più esperta, più forte.

E infine arrivò il colpo: improvviso e violento, un pugno scaraventò Leslie contro un albero, distruggendone il tronco. Uno schiocco secco e rombante, e Leslie si ritrovò distesa per terra, in un letto di frammenti di corteccia e foglie secche, coi capelli sporchi e arruffati e la pelle chiarissima segnata da numerosi tagli ed escoriazioni. Le gocce di linfa vitale stillavano dal cadavere di legno dell’albero, acuendo la sua sofferenza.

«Stupida Les» sussurrò Tanya ansimante. «Se non ti uccido qui e ora è solo perché per tanti anni sei stata una brava sorella… Però non posso fare a meno augurarmi che un’emobestia ti incontri e risucchi il poco d’anima che ti è rimasto. Non lo meriti. »

Sollevò la testa e sputò nella sua direzione, poi riprese la sua corsa attraverso il bosco, assolutamente ignara nella pallida mano che era emersa da quel cimitero di legno e linfa. Assolutamente ignara del minuscolo allocco che vi si era posato sopra e del silenzioso messaggio mentale che era scorso tra l’uccello e la vampira.

 

**********************************

Un capitolo focalizzato su Tanya e Leslie. Tra amore e odio mi sembra la canzone perfetta per esprimere il loro rapporto! Si vogliono bene come sorelle, ma i desideri convergenti le spingono a combattere e ad arrivare quasi a uccidersi…

Scusatemi, fan di Denali, se ho messo Tanya in cattiva luce, ma da qualche parte la dovevo pur pescare un’antagonista, no?

 
Ary: ahah la verità è che siamo in contatto psichico… il punto è che ho da poco finito di leggere “L’ospite” e quindi avevo ancora in mente il nome Melanie… Ho cambiato idea all’ultimo momento. Il prossimo capitolo sarà concentrato su Jacob, comunque, tanto per sapere cos’ha in mente il ‘cane’ ;) grazie per la recensione.

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Capitolo 12
*** A True Word ***


A True Word

 
“With pure innocence in heart she walks through the woods
Her long coat embraces her like ra
ven wings.
Cold steel in her hands, a red thin trace
Follows her steps through the snow.
In this cold world of hypocrisy she’s a true word.”

Atlantis

 

«Uno in meno alla nostra comitiva di allegri scapoli» sospirò Paul, addentando un panino al prosciutto e iniziando a masticarlo rumorosamente. «Ormai bastano gli occhi dolci di una bella donna a far perdere la testa…»

«Una donna non Quileute» precisò Quil. «Ma comunque niente male.»

Rivolse un gran sorriso a Claire, sua inseparabile compagna, che glielo restituì con candida timidezza. Jacob, comodamente spaparanzato sul divano sfondato, guardò prima l’uno poi l’altra con aria affabile. Ora poteva capire cosa legava così indissolubilmente Quil e Claire. Era un legame che andava al di là di qualunque parola, al di là di qualunque relazione, era una catena che non si sarebbe mai spezzata, una scintilla di fuoco che avrebbe palpitato sotto la più rigida crosta di ghiaccio. Definirla ‘adorazione’ era quasi un insulto. La figlia di Weber… non sapeva nemmeno il suo nome di battesimo, ma non importava: non importava più nulla se non i suoi occhi sgranati nelle tenebre, il suo pianto silenzioso alle orecchie degli esseri umani… e quel dannato vampiro che per poco non aveva distrutto la sua ragione di vita. Era stato un vero piacere affondare le zanne nella sua carne e cancellare quel rischio.

E indimenticabile era stato il momento in cui aveva guardato la ragazza: piuttosto minuta, coi capelli chiari selvaggiamente scarmigliati che incorniciavano un’espressione a metà tra sollievo e paura. I suoi occhi erano bellissimi: grandi e ombreggiati da lunghe ciglia, con l’iride di un’intensa tonalità castana puntellata di seriche e turbinanti screziature nere e nocciola. Nell’istante in cui l’aveva vista, il mondo attorno a Jacob si era fatto di colpo radioso, fiabesco, variegato di morbidi fasci di luce lunare e ombre intrise di tenebrosa dolcezza. Per quel fuggevole attimo, ogni cosa era parsa splendida, meravigliosa. Perfetta.

“La perfezione non esiste”… chi è quell’idiota che l’ha detto?

Jacob sospirò, strappando un altro sorriso a Quil.

«E così, ormai siamo in quattro: tu, io, Sam e Jared. Questo testone di Paul invece è troppo affezionato alla vita celibe…»

Paul finì di masticare il panino e si affrettò a sbranarne un altro. «Ho ancora un po’ di anni da vivere allo sbando, tra ululati, sbronze e baldoria. Intendo sposarmi il più tardi possibile.»  

«Sempre che trovi qualcuna che ti pigli…» 

 I tre licantropi scoppiarono a ridere, e alla loro risata un po' rauca si unì quella trillante di Claire.

Jake…

Sì.

Piantala.

Cosa c’è?

Ma per favore, vedi di tenere a bada i tuoi pensieri!

Su Weber?

No, su Babbo Natale.

Quil era intento a pattugliare il confine di Raven Hill, circa quaranta chilometri più a nord, ma questo non gli impediva di ascoltare i pensieri dell'amico. Imbarazzato, Jacob, che stava ispezionando il settore a est di La Push, chiuse gli occhi e si concentrò sul buio opaco delle palpebre, ma persino in quell’oscurità il ricordo di Weber splendeva come la fiamma di una candela.

Finché pensi a lei in sé va bene. Il ringhio di Quil gli rimbombò esasperato nel cervello. Basta che non pensi ad altro.

Questo contatto mentale sarà anche utile, ma certe volte è davvero stressante. Non si è al sicuro nemmeno nella propria testa…

Jake, capisco che sia normale pensarci, ma cerca di tenere i pensieri perversi lontano dalla mente. Leah ti staccherebbe la testa a morsi se scoprisse che razza di maniaco sei diventato.

Jacob sbuffò. Lo scoprirà presto comunque.

Quil rispose con un sordo grugnito. Concentrati sul giro di pattuglia. 

Certo, certo.

Sollevando il capo, Jacob annusò l’aria. Sapeva di umido e dolciastro, gli odori di un autunno che stava rapidamente stemperando nell’inverno. Era stato pressappoco in quel periodo che, due anni prima, lui e Bella erano diventati amici.

Speravo di diventare qualcosa di più che un semplice amico, per Bella… Amavo Bella e la amo ancora adesso, sì, ma nulla resiste alla devastante forza dell’imprinting. Basta pensare a Sam e a Leah, a tutte le promesse che Sam si è dovuto rimangiare dopo aver conosciuto Emily.

Bella gli voleva bene, sì, ma il suo affetto fraterno non era nemmeno paragonabile al folle amore che nutriva per Edward. Lei aveva qualcuno, al suo fianco, un qualcuno che l’amava incondizionatamente, mentre per Leah non c’era stato nessuno, solo il vuoto grigio e freddo della solitudine.

Sam non si è mai perdonato di averla abbandonata, sussurrarono i tristi pensieri di Quil. Ma non poteva fare altrimenti. L’amore per Emily era una storia ben diversa. Cosa faresti, se dovessi scegliere tra Bella e Weber? 

Jacob scrollò la lustra pelliccia, pensieroso. È un aut-aut?

Sì.

In tal caso… Esitò. Bella era Bella, la sua migliore amica, la ragazza con cui aveva passato tanti bei momenti, la ragazza che amava. Weber alla fine non era che un’estranea, alla quale era prepotentemente legato tramite l’imprinting. Oh, l’imprinting… essere costretti ad amare qualcuno era ripugnante, ma Jacob non riusciva a trovare niente di deplorevole nella pazza adorazione per Weber.

Questo è il punto, Jake. L’imprinting è la cosa più meravigliosamente tremenda che ti possa capitare. È un fardello pesantissimo, specie per degli amanti della libertà come i licantropi, ma se non avessi Claire sono certo che morirei. Lei è il mio piccolo sole. Io sono una pianta possente, ma ho bisogno del suo calore per continuare a vivere. In questo gelido mondo di ipocrisia, lei è la più veritiera delle parole.

Come sei poetico.

Stupido. È la stessa cosa che provi anche tu. Allora, chi sceglieresti?

Weber, Weber!, urlava il suo istinto di licantropo. Non fare il cretino Jake, bisbigliava la parte razionale del suo cervello. Ami Bella. La ami per come la conosci. Tu questa Weber non sai nemmeno chi è…

Chi sceglieresti?

Jacob alzò gli occhi al cielo. Le stelle scintillavano come diamanti incastonati nell’onice nero. Era tutto così dannatamente fulgido, lassù. Fulgido come il momento in cui l’imprinting era echeggiato nella sua mente col suo rintocco dolce e metallico. 

Sceglierei Weber.

 

******************************************************

Piuttosto breve come capitolo. Il prossimo sarà nuovamente incentrato sui cari vecchi Cullen :)

Ary: neanche a me Jacob piaceva granché prima, ma dopo aver letto metà Breaking Dawn (in inglese o.O) l’ho dovuto riconsiderare ^^ grazie per la puntualissima recensione

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Capitolo 13
*** Heartless ***


 

Heartless

Fearless I was once, my strength has turned
Into the weakness that the heartless own
And every fallen word seems to hurt me
And you don't even seem to notice
.”

A Little Moment of Desperation

 

Carlisle sfiorò delicatamente un gracile braccio di Leslie, osservandolo con occhio clinico. La pelle di vampiro era durissima e molto rapida a rimarginarsi, ma Leslie era comunque ricoperta di cicatrici ed ecchimosi, certe anche grosse come mele. Ma la più profonda ferita di Leslie era secca al cuore, ed era il tradimento di Tanya. Tanya! Era stata Tanya a farle così tanto male, a sperare la sua distruzione, ad averla quasi uccisa. Tanya, la sua sorellona, la donna decisa e risoluta con cui aveva trascorso gli ultimi cinquant’anni della sua vita.

Bella, appoggiata alla parete dell’ufficio di Carlisle, guardava Leslie con un misto di pietà e tenerezza. Sapeva che non c’era da fidarsi dell’aspetto apparente dei vampiri, ma in quel momento le sembrava di avere davanti una semplice adolescente ferita e amareggiata. Le bellissime ciocche ramate di Leslie ciondolavano in onde selvagge e ingarbugliate, ricadendo sugli occhi ingigantiti dal dolore e nascondendo in parte l’afflizione dipinta sul suo viso, ma non era necessario essere come Jasper per avvertire la sofferenza della ragazza vampiro.

«Tanya conosce il mio potere» sussurrò tristemente Alice materializzandosi alle spalle di Bella. «Ha preso con sicurezza la sua decisione all’ultimo secondo, e senza volerlo ha influenzato anche le scelte di Leslie.»

Bella sospirò. «Povera Les…»

I quattro vampiri rimasero in silenzio. Bella ed Alice rimasero a guardare Carlisle finché questi non ebbe finito di medicare Leslie.

«Mi sento un’idiota» mormorò la giovane vampira dopo un lungo attimo. «Conosco molto bene Tanya, eppure non sono stata capace di prevederla. E anche quando ho capito le sue intenzioni, non sono riuscita a fermarla…»

«Non dire assurdità» protestò Carlisle. «Avresti potuto unirti a Tanya e a quei nomadi e risparmiarti questa pena, invece non l’hai fatto. Sei stata costretta a compiere una scelta molto difficile, e hai avuto il coraggio di scegliere la cosa giusta, anche se sapevi che ti sarebbe costata un grande sacrificio. Anteporre la giustizia ai propri desideri è molto nobile, sì, ma anche dannatamente difficile. Eppure tu ce l’hai fatta.»

«Non l’ho fatto per giustizia» ammise mestamente Leslie. «Tanya sragionava, sperava di rendere concreti i suoi folli progetti… sperava di distruggervi… è impazzita, Carlisle. Volevo solo fermarla.»

«Questo è il punto!» intervenne Alice abbracciandola con affetto. «L’hai voluta fermare, anche se sapevi benissimo che era abbastanza forte da ridurti a polpette! Grazie a te, ora abbiamo informazioni molto preziose!»

Informazioni preziosissime.

Quasi le stesse parole di Tanya, pensò amaramente Leslie. E ora? Cosa poteva fare? Sarebbe rimasta con i Cullen fino a quando il pericolo non fosse cessato, ovvio. Ma poi?

Tornerò alla mia brava vita di randagia, come prima di conoscere il clan di Denali.

Avrebbe voluto restare con i Cullen, ma non sopportava l’idea di essere così vicina a Denali. No, il suo più grande desiderio adesso era allontanarsi il più possibile dalla sua vecchia famiglia.

Tanya ha tradito i Cullen, sì, ma io ho tradito il mio vecchio clan.

Forse avrebbe potuto unirsi ai Volturi… magari non avevano ancora incontrato nessuno coi suoi poteri e l’avrebbero trovata interessante…

Al suo fianco, Alice aggrottò le sopracciglia, sorpresa dalla furia delle sue predizioni. Il futuro di Leslie ora si diramava: avrebbe potuto scegliere molti destini diversi, eppure nessuno di essi si prospettava piacevole. La vide sola e selvaggia a caccia in un bosco tenebroso, o intenta a sorvegliare con circospezione le mura esterne di Volterra, o ancora la vide morire per mano di Tanya nella sua dimora a Denali. E poi la vide restare con loro, la più gradevole delle prospettive. Senza un compagno, ma serena e tranquilla.

Altrimenti…

Continuò a scandagliare i possibili futuri, senza prestar loro particolare attenzione, fino a quando non ne scorse uno che la sorprese: era nero, completamente nero, e nebuloso. Come quando aveva a che fare coi licantropi. I Quileute avrebbero aggredito Leslie?

No, non infrangerebbero mai il Patto, rifletté Alice. È possibile che Leslie si ritrovi in qualche modo costretta a rimanere a La Push. Ma in che modo?  

Una vampira in mezzo a dei licantropi. Un’idea inconcepibile: gli unici vampiri di sua conoscenza che andavano d’accordo con i licantropi erano Edward e Bella, ma avevano i loro buoni motivi.

Bella notò l’aria assorta della neo-sorella e non poté fare a meno di gettarle un’occhiata perplessa.

«Alice…?»

La vampira dai capelli neri si riscosse. «Il futuro di Les è abbastanza intrigante… Non ho mai visto nulla di simile.»

«Cosa vedi?» chiese Leslie in tono spento.

Alice si riassettò una ciocca di capelli, pensierosa. «Vedo tutto e al contempo niente. Una decisione apparentemente irrilevante potrebbe capovolgere il tuo futuro e…»

La porta dell’ufficio di Carlisle si spalancò di colpo, ed Emmett fece irruzione nella stanza. I suoi muscoli, messi in risalto dalla camicia bianca aderente, guizzavano nervosamente sotto il tessuto.

«I Quileute hanno riferito che i nomadi sono in arrivo» annunciò con voce controllata. «Due di loro sono già stati eliminati… Ne rimangono altri due tutti per noi. Ma che nessuno tocchi il neonato, quello è di Jasper.»    

«Spiritoso» sbuffò Jasper comparendo accanto al fratello. I suoi occhi chiari e penetranti percorsero rapidamente l’ufficio, soffermandosi su Carlisle. «Io ed Emmett andiamo a sbarazzarci di loro. Torneremo in un paio d’ore al massimo.»

«Non da soli» ribatté Carlisle. «Quei nomadi cercano Bella. Ora, la domanda che ci poniamo è: perché la cercano? Prima di ucciderli dovrete strappar loro la risposta. Adesso sono due – uno dei quali è un neonato – ma la prossima volta potrebbero essere un esercito; bisogna capire cosa vogliono da Bella.»

Bella impallidì. Non aveva più una sola goccia di sangue nelle vene… Cosa potevano desiderare da lei quei vampiri?

«Senza contare l’umana» continuò Carlisle. «Chi è? Perché è con loro? Se li ucciderete subito, non troveremo mai una risposta a questi interrogativi. No, non andrete solo voi due… Andremo tutti.»

I presenti annuirono, Bella rigidamente, Emmett di malavoglia.

 

Leslie era rannicchiata al solito posto nel cortile dei Cullen. Il cielo perlaceo era affollato di nuvole soffici e splendenti, rischiarate da qualche tremulo raggio di sole. Ormai gli uccelli erano migrati, gli animali avevano trovato un rifugio per l’inverno, gli alberi erano avvizziti e avevano perso quasi tutte le foglie.

La vampira rimase per un attimo in ascolto della vita assopita, poi tirò fuori da una tasca un piccolo diario rilegato in pelle vermiglia, sul quale era elegantemente vergato in oro il nome Tanya. Lo contemplò cupamente, soppesandolo tra le dita e sfogliandone qualche pagina. Pareva racchiudere al suo interno la vecchia personalità di Tanya, la Tanya che Leslie aveva imparato a conoscere e rispettare. La sua calma razionalità, il forte senso di giustizia, la dolcezza spesso eclissata dal desiderio di apparire fredda e potente. Tanya, la capoclan di Denali. La sua migliore amica, la sua amata sorella.

Quasi senza pensarci, Leslie sfogliò il diario fino all’ultima pagina scritta: risaliva al matrimonio di Edward e Bella.

 

Edward è stupendo come sempre. Mi riempie di dolore il pensiero che presto verrà legato per l’eternità a quella sciocca sgualdrina umana. Oh, Edward… Se solo nutrissi un briciolo dell’affetto che io provo per te…   

 

Qui iniziava un lungo poema sulla radiosa bellezza di Edward, sul suo fascino magnetico e bla bla bla. Edward era molto attraente, questo andava ammesso, ma da come ne parlava Tanya sembrava un dio sceso direttamente dall’Olimpo. Continuava così per una decina di pagine buone, e si concludeva con un’ultima ode ai suoi bellissimi occhi, “profondi come gli oceani cosmici e splendenti come calde lacrime di sole.

Con un sospiro, Leslie si cavò una penna di tasca e segnò la data, quindi iniziò a scrivere.

 

Tanya ha dimenticato il suo diario nella camera che i Cullen le avevano assegnato. Non avrà più occasione di recuperarlo, temo, e spero che non si offenda se narrerò qualcosa di mio. La mia storia. Non avrò figli e nipoti a cui raccontarla, per cui la scrivo adesso su queste pagine consunte… è un peccato, magari a loro sarebbe piaciuta, chissà. Una storia bizzarra e diversa, la storia di una vampira forte e selvatica che fuggì dalla madrepatria e dalla famiglia, che causò dolore per non uccidere l’amore. Una vampira che, seppur bruciante dal desiderio di sangue, soffocò i propri appetiti e viaggiò. Un viaggio lunghissimo, attraverso i mari e i deserti, le steppe e le colline, che infine la portò tra i ghiacci perenni di Denali. Credevo che il suo – il mio – viaggio fosse finito… Ora invece capisco che è appena iniziato.   

 

***************************

 

Ci ho messo un po’ per aggiornare ^^” ma comunque si va avanti.

 

Ary: ahah ma dai povero Jacob XD è una brava persona, in fondo

Kiu Ku: grazie sia per la recensione che per il consiglio ^^ ok vedrò di renderlo più forte possibile… Sì, comunque McAlpine doveva pur starci da qualche parte, no? :-p e nei prossimi capitoli mi divertirò un sacco con Tucker e soprattutto con Izzy muahahah

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Capitolo 14
*** Insomnia ***


Insomnia

 “Insomnia is the key to my life
I don’t want to see the world behind
This thin curtain which separates
Conscience from sleep.”

Silent Scream

 

La mezzanotte era passata da un pezzo, ma Angela era ancora sveglia. Giaceva sul letto, immobile, con gli occhi spalancati nell’oscurità, mentre mille pensieri le turbinavano furiosamente nel cervello. Erano trascorsi due giorni dall’aggressione in giardino, ma ancora non riusciva a ricavare un senso logico dall’episodio; ricordava di aver visto Melvyn Chevey ferito e di essere stata assalita da un uomo – un uomo davvero affascinante, a dirla tutta – e a un certo punto era saltato fuori un cane gigante…

Che cosa stupida, pensò, cercando di esaminare la situazione con un minimo di lucidità. Melvyn era semisvenuto, sì, ma lui non ha visto nessun cane, meno che mai uno grosso come un cavallo. Forse sto impazzendo…

Era indubbiamente sulle soglie della follia, e a confermarlo c’era un altro dettaglio che non le quadrava: come aveva fatto a tornare in casa? L’ipotesi più realistica era che Melvyn, una volta ripresosi, l’aveva sollevata e trascinata fino al divano, ma Melvyn non era che un ragazzino esile e smilzo. Non sarebbe riuscito a sollevarla nemmeno al pieno delle forze, figurarsi ferito e quasi incosciente. In alternativa c’era il signor Richardson, il vicino di casa dei Weber, un vecchio arzillo e pettegolo e curioso come una comare, ma era improbabile che gironzolasse per il quartiere nel cuore della notte.

E poi, se fosse stato lui a trovarci, probabilmente avrebbe chiamato l’ambulanza, la polizia, la NASA… Giusto il minimo necessario per farlo sapere a mezzo mondo.

Invece tutto si era svolto nel silenzio più assoluto. Se non fosse stato per Melvyn, Angela avrebbe creduto di essere a un passo dal manicomio.

Clac.

Un suono flebile risuonò nel silenzio, come un lieve tonfo. Angela fu percorsa da un brivido.

Oddio… Di questo passo mi rinchiuderanno in una cella imbottita…

Un altro suono, leggermente più ovattato.

Il ricordo orribile e affascinante di pochi giorni prima le si affacciò nella mente, e uno strano pensiero vi si insinuò: Questa è l’occasione giusta per dimostrarmi se sono sana o fuori di testa.

Più cautamente possibile, scivolò fuori dal letto e indossò la vestaglia. Doveva fare attenzione al pavimento cigolante: se sua madre l’avesse scoperta…

Le dirò che soffro d’insonnia e che stavo andando a prepararmi una camomilla, ribatté il suo ego più astuto.

Prima di uscire dalla camera si premurò di prendere la mazza da baseball che teneva per sicurezza dietro la porta, poi, con la massima circospezione, la ragazza sgattaiolò nel corridoio e giù per le scale. Il vento ululava all’esterno, un sibilo acuto e costante che faceva rizzare i capelli, ma a parte quello non si sentiva niente, né grida né tonfi né altro. Nell’atrio di casa Weber ondeggiavano ombre inquietanti. Angela strinse con forza la mazza da baseball e socchiuse prudentemente la porta.

La strada era fredda e vuota, tranquilla come al solito.

La giovane si guardò attorno, sentendosi come la protagonista di un qualche contorto film horror. I cespugli di rose di sua madre fremevano lievemente… e un qualcosa di splendente fiammeggiò per un attimo tra di essi.

Il cuore le balzò in gola mentre una possente sagoma nera sgusciava tra i rovi e si avvicinava di soppiatto al muro della casa. Angela rimase per un attimo pietrificata dal terrore, ma poi una strana decisione s’impadronì di lei.

Allora, non vuoi scoprire quanto è sano il tuo cervello? E non sei stanca di fuggire sempre come un coniglio braccato?

Angela balzò in avanti, brandendo minacciosamente la mazza.

«Chi è là?»

La sagoma s’immobilizzò, poi riprese ad avanzare verso di lei. Era enorme… Sembrava una specie di tigre, una tigre mostruosa. Uno scintillio argenteo balenò nella notte, congelando le ossa di Angela. Per un momento il pellame rossiccio sfavillò in una chiazza di luce lunare, e la ragazza riconobbe il cane innaturalmente grosso che aveva squartato il suo assalitore, due giorni prima. Doveva ormai aver digerito la sua ultima cena, e Angela notò con nitido orrore le fauci irte di denti aguzzi e i lunghi artigli affilati. La mazza da baseball le tremò tra le dita. Deglutì.

Oh cazzo.

Doveva correre in casa!! Cosa faceva lì come un’idiota? Il mostro l’avrebbe sbranata, doveva scappare e chiamare subito qualcuno!!!

E invece no, rimase lì immobile, con la mazza da baseball in mano, incapace di staccare lo sguardo dagli occhi neri e attenti dell’animale. Nonostante la stazza e l’aspetto feroce, i suoi movimenti aggraziati e il pelo luminoso la rendevano la creatura più bella che avesse mai visto.

Il bello e il dannato vanno sempre a braccetto: una delle grandi verità della vita, pensò intorpidita.

 

Jacob annusò l’aria fredda e notturna, intrisa del delicato profumo di Weber. Si sentiva in un certo senso intimorito dalla prepotente forza esercitata dell’imprinting, ma allo stesso tempo non poteva negare che quel magnetismo lo inebriava, come se avesse davanti a sé la soluzione a tutti gli enigmi del mondo. Si avvicinò lentamente a Weber, senza staccare lo sguardo da lei. Era meravigliosa: i lunghi capelli castani, benché arruffati, ricadevano morbidamente sulle spalle sottili, e la pelle chiara sembrava splendere in contrasto con gli occhi scuri e profondi. La ragazza tremava visibilmente; se per il terrore o per il freddo, Jacob non avrebbe saputo dirlo.

Okay, immagino che non sia bello vedersi apparire davanti un essere mostruoso munito di zanne enormi…

Ma il pensiero di tornare a La Push era intollerabile: spasimava dal desiderio di sapere qualcosa di più. Era una cosa piuttosto stupida, d’accordo, ma a quel punto nulla gli sembrava ragionevole. Nulla eccetto Weber. Incapace di trattenersi, il licantropo si avvicinò a rapide falcate e premette la pelliccia folta e soffice contro la pelle gelida della ragazza. Quasi all’istante avvertì il suo sospiro di sollievo.

Forse alla fine non sono un idiota patentato.

Dalla gola gli sfuggì un ronzio soddisfatto quando Angela gli posò una mano sulla testa. Il suo tocco, benché freddo, era squisitamente umano.

Niente a che vedere col tocco di puro ghiaccio dei vampiri, pensò amaramente. Bella non mi toccherà così mai più. Non per i prossimi centomila millenni, almeno… Ma che razza di cretino che sono! Devo smetterla di pensarci, la mia storia con Bella è finita prima ancora di cominciare.

Mentre Weber gli sfiorava delicatamente il collo, a Jacob per un attimo parve di tornare indietro nel tempo. Pochi mesi prima… sembravano distanti secoli.

Nella radura, Jasper Cullen addestra i suoi famigliari ad uccidere i vampiri neonati sotto lo sguardo vigile dei lupi di La Push. Vampiri e licantropi uniti nell’osservazione di innaturali giochi di morte. E in un angolo, un grosso lupo rossiccio disteso sul terreno erboso con una giovane umana appoggiata al fianco.

Un silenzioso sospiro.

Bella, mi manchi.

 

«Ma che deliziosa scenetta!»

Angela sussultò, voltandosi di scatto. Una bambina sui dieci o undici anni era apparsa al limitare del bosco, pallida come uno spettro. La maglietta che indossava era chiazzata di sudiciume e i jeans erano logori e graffiati, ma lei non se ne curava. Malgrado l’inverno fosse alle porte, era a piedi nudi.

Il grosso lupo rossiccio snudò i denti in un ringhio silenzioso. Angela guardò la bambina a bocca aperta per un lungo istante, poi tornò in sé.

«Cosa stai facendo?» esclamò stupefatta. «Congelerai! Dove sono i tuoi genitori?»

La bambina si fece avanti a passi felpati. Il suo viso era la cosa più bella e sinistra che Angela avesse mai visto: lineamenti dolcissimi e angelici che si sposavano a un’espressione crudele e famelica, incendiata da feroci occhi rosso sangue. Sotto il delicato nasino, le labbra piene e ben disegnate erano distorte in un sogghigno disumano. Angela non poté reprimere un brivido. Era un mostro meravigliosamente affascinante, o un angelo spettrale e malvagio.

«I miei genitori?» La bambina gettò indietro i capelli disordinati, una nuvola scura e arruffata intorno alla testa. «I miei genitori sono morti. E il loro assassino è il mio signore e padrone.»

È un incubo, pensò Angela sbigottita. Prima il cane gigante, e ora pure questa inquietante bambina… Cosa significa che l’assassino dei suoi genitori è il suo signore? Ah! Ma certo! Come sei sciocca, Angela. È chiaramente tutto uno scherzo. Uno scherzo di pessimo gusto.

«Tutto questo è molto divertente» disse gentilmente alla bambina. «Ma scusami, non sono in vena di scherzi stanotte. Vuoi qualcosa di caldo da mangiare? Va bene, basta che me lo dici e… Stai bene?!»

Alla parola ‘mangiare’, la faccia della bambina era impallidita.

«No!» strillò. «Non cercare di comprarmi con il tuo cibo avvelenato!»

«Ssst» sibilò Angela. «O sveglierai i miei.»

«Non m’importa!» La bambina appuntò lo sguardo fiammeggiante di collera e sete sulla gola morbida di Angela. «Non m’importa niente, niente, niente…»

Un grido strozzato, un fruscio secco, e un attimo dopo la bambina era a terra, inchiodata dal peso schiacciante del lupo. L’animale aveva accostato il muso alla testa della ragazzina, e dalle sue fauci serrate proveniva un suono basso e ringhiante, che sembrava tagliare l’aria.

«Fermo!» Angela gli sfrecciò accanto e cercò di spingerlo via dalla bambina, ma al lupo bastò scrollare le spalle per allontanarla. «Non ucciderla!»

«Deve» sentenziò la bambina con voce soffocata. «O io ucciderò lui. E ucciderò anche te. Soprattutto te. Ah, se penso a tutto il tuo buon sangue… così caldo… così succulento…»

Il lupo le affondò le zanne nella spalla, quasi staccandole un braccio, e lei cacciò un grido acuto e stridente.

«Tu sei pazza!» esclamò Angela rinnovando i suoi sforzi di spostare l’animale. «Via, bello… non è affatto appetitosa, non la puoi mangiare… forza, vieni…»

Il lupo si scostò appena dalla bambina, e quella schizzò via a velocità soprannaturale. Esitò un solo istante per scoccare ai due un’occhiata indecifrabile – una frazione di tempo in cui Angela notò che un braccio pendeva in modo irregolare – poi scomparve nelle ombre in due rapidi balzi. Il lupo emise un lieve latrato, poi si riavvicinò trotterellando alla ragazza e le appoggiò il muso su una spalla. Sapere che quelle zanne feroci – che un secondo prima avevano quasi strappato un braccio – erano così vicine a lui turbò Angela, ma non più di tanto: era ancora troppo sconvolta.

«Chi era?...» chiese con voce flebile, rivolta a chissà chi.

Il lupo mugolò lievemente, si girò verso la boscaglia e sparì in due agili falcate.

«Ehi!»

Angela era sempre più confusa. La bambina più inquietante del mondo e l’animale più intelligente della galassia… Immagini che si sovrapponevano e spezzettavano. Doveva essere la stanchezza. Stringendosi nella vestaglia, la ragazza s’accinse a tornare in casa, ma un suono frusciante alle proprie spalle la fece voltare: nel punto in cui era scomparso il lupo ora c’era un giovane sui ventiquattro o venticinque anni. Era molto alto e aveva un fisico snello e asciutto, messo in evidenza da una maglietta piuttosto stretta e dai pantaloni di una tuta da ginnastica. Il giovane le si avvicinò rapidamente. Guardandolo meglio, Angela pensò che aveva un viso troppo giovane per avere venticinque anni, e gli attribuì piuttosto la propria età. Ciò non toglieva che fosse un ragazzo notevolmente attraente.

«Quell’essere era un vampiro» scandì. La sua voce era profonda, un po’ rauca. «So che sembra assurdo, ma immagino che tu dopo stanotte possa credere anche all’impossibile.»

Angela annuì goffamente. Era imbarazzata all’idea di essere in pigiama e vestaglia davanti a uno sconosciuto, oltretutto così giovane e affascinante, e sgomenta al pensiero di avere visto un vampiro. Perché il ragazzo aveva ragione: ormai poteva credere a qualunque fantasia.

«Io sono Jacob Black» si presentò, tendendole la mano.

Angela la strinse: era grande e affusolata, la pelle pareva scottare. «Angela Weber.»

A parte l’imbarazzo, si sentiva assurdamente felice. Forse era matta da legare, ma se Jacob Black era incluso nella sua pazzia, allora ben venga.

«Perché…» Non seppe terminare la domanda. Aveva troppi interrogativi in testa… centinaia di migliaia, e non sapeva a quale dare voce. «Tu…»

Jacob la interruppe posandole una mano sul braccio. «Tua madre è sveglia… Svelta, torna in casa e inventati una storiella qualunque, di’ che avevi sete o qualcosa del genere, non parlare assolutamente di quello che hai visto. E apri la finestra della tua stanza.»

 

Jacob rimase in paziente attesa tra i cespugli di rose della signora Weber. Ora che il pericolo si era spento, il suo cuore batteva più calmo. E poi c’era Angela. Angela… un nome bellissimo, che si confaceva alla grande allo spirito del suo imprinting. L’aveva difesa ancora una volta, salvandola da morte certa, ma non era completamente soddisfatto.

Due vampiri, due visite a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, rifletté. Che c’entrino con i Cullen? È possibile, alla fine sono tutti succhiasangue. Però perché Angela li attrae in modo particolare? Avrà un sangue particolarmente buono? Può darsi, ma questa storia non mi convince. Succhiasangue assassini ed emobestie… La faccenda non mi piace.

Alzò lo sguardo: al piano superiore, Angela stava cautamente aprendo la finestra. I passi di sua madre risuonavano in una stanza diversa, a distanza di sicurezza. Jacob inspirò a fondo e scattò in avanti, verso un vecchio castagno ancora florido; artigliò la corteccia con precisione micidiale, saltò su un ramo con l’agilità di un acrobata e spiccò un lungo balzo verso la casa. Raggiunse la finestra per un pelo e atterrò sulla moquette non proprio elegantemente.

Angela era seduta sul letto, più sgomenta che mai ma ben decisa ad andare a fondo.

«Raccontami tutto quello che sai.»

 

**********************************************

 

Scusatemi per il ritardo dell’aggiornamento ma questo capitolo oltre ad essere piuttosto lungo è stato anche abbastanza difficile da scrivere… senza contare che il mio stupido computer non riusciva ad agganciarsi a Internet…

Ho trovato lo spezzone di ‘Silent Scream’ perfetto per descrivere questo momento della vita di Angela, quindi mi è sembrato logico utilizzarlo. (Anche perché il resto della canzone è piuttosto macabro.)

Un ringraziamento speciale a Sarwen per i preziosi consigli tecnici.

Ary: danke della recensione ^^

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Capitolo 15
*** Equal Souls ***


Equal Souls

 “Once in history you will find
A soul equal to yours, to share a lifetime with
To count the stars.
Fortune is a rare thing, grab it
And make your day
Because you'll never get a second chance.”

Still Believe.

 

Fu la notte più strana della vita di Angela.

Jacob Black la riempì di aneddoti di vampiri e licantropi, di minacce e abilità soprannaturali, di realtà che si mescolava a ovvie fantasie. Eppure ogni sua parola era come oro colato per lei. Incredibilmente, gli credeva. Credeva all’assurdità della situazione, credeva a tutte quelle fesserie sui vampiri. Credeva allo sguardo folle e opaco della bambina-vampiro, che ancora bruciava impresso a fuoco nei ricordi. Credeva e ascoltava.

«Perché mi stai rivelando queste cose?» domandò a un certo punto. «Non sono né una vampira né un licantropo… Sono la semplice vittima di due creature soprannaturali.»

Jacob, accovacciato sulla moquette, si lisciò distrattamente una ciocca. Sembrava vagamente imbarazzato.

«Le leggende del branco talvolta indicano alcune persone» disse esitante. «E tu sei una di queste.»

Angela decise che si trattava della verità, ma di una verità incompleta. C’era qualcosa, di quelle leggende, di cui Jacob Black non voleva parlarle, ne era certa. Qualche losco affare top secret… 

«È per questo che mi tieni d'occhio?»

«Sì.»

«Ed è per questo che non sono ancora stata sbranata da un vampiro?

«Sì.»

«Quanti vampiri ci sono ancora?»

«Stabili? Otto.»

Angela trasalì. Otto vampiri a Forks?! E nessuno se n’era mai accorto?

«Chi sono?» sussurrò.

Jacob alzò la testa e la fissò, gli occhi simili a cristalli di onice.

«Conosci i Cullen?»

«Certo, conosco i figli adottivi del dottor Cullen: Alice, Edward, Rosalie, Jasper ed Em…» Le morirono le parole in gola. «Sono loro i vampiri?!»  

Jacob rise piano. «Te l’ho detto che sono le creature più affascinanti del Creato. Ti viene in mente qualcuno più seducente dei Cullen?»

, pensò subito Angela, ammirando i lucidi capelli corvini e il fisico scolpito di Jacob.

«In effetti no. Ma i Cullen sono sette, giusto?»

«Se n’è aggiunta un’altra negli ultimi mesi. Isabella Swan.»

«Bella!» Angela era senza fiato. «Ma… non è vero, Bella è stata affetta da una grave malattia e…»

«La sua unica malattia è il vampirismo» borbottò Jacob. «Fisicamente parlando è più sana di me.»

Angela scosse la testa, sempre più confusa. «Il signor Swan lo sa?»

«No. E non correre a dirglielo: certi dettagli causano sofferenza, ma è per il bene universale. Come pensi che reagirebbe sapendo che sua figlia è stata vampirizzata

Angela si morse il labbro. Charlie Swan era un brav’uomo, semplice e onesto. Strappargli la cosa più preziosa della sua vita senza fornirgli una valida spiegazione le sembrava oltremodo crudele.

«Bella mi parlava spesso di te» mormorò deviando lo spinoso argomento. «Il suo amico di La Push. Certi miei compagni di classe idioti scommettevano su di te per la conquista di Bella, come se lei non fosse stata che una specie di trofeo. Il tuo rivale era Edward.»

«Quello sporco succhiasangue.» Jacob digrignò i denti. «Non hai idea di quanto mi sia costato concedergli il mio lasciapassare per mordere Bella.»

«È necessario il lasciapassare di un licantropo?»

«È necessario il lasciapassare del leader dei licantropi, e io lo sono per diritto di eredità: sono l’ultimo erede di Ephraim Black, l’antico capo di La Push.» 

«Da quanto tempo avete licantropi, a La Push?»

«Il sangue di lupo scorre in tutti i Quileute, ed è pronto a risvegliarsi ogni volta che capta la presenza dei nostri nemici naturali, i vampiri. Siamo i loro perfetti predatori, i difensori degli esseri umani.»

Angela assimilò anche quell’informazione. Si sentiva sempre più pazza, più pazza e stupida che mai, ma la presenza di Jacob la tranquillizzava. Se non altro, erano matti in due.

 

Tucker, acquattato in mezzo ai cespugli, fiutò cautamente l’aria.

«Licantropi» ringhiò piano, quasi tra sé.

Dannati cagnacci. Non bastava una famiglia di super vampiri: assolutamente no, il divertimento non era abbastanza. Ci voleva anche la ciliegina sulla torta. Una ciliegina pelosa e ringhiante.

«Mio signore…» Izzy strisciò accanto a lui, tenendosi il braccio spezzato con quello sano, un’espressione patetica e infelice dipinta sul viso delizioso. «Mi fa male…»

Tucker le sfiorò la spalla ferita, socchiudendo gli occhi. Uno di quei mostri aveva sfregiato una sua seguace, forse irrimediabilmente. Izzy non era certo una grande vampira, ma era l’ultima dei suoi ancora in vita, o meglio, ancora esistente.

«Non possiamo fermarci adesso, abbiamo il loro fiato sul collo. Prima dobbiamo raggiungere il confine settentrionale…»

Izzy emise un ansito più pesante. Soffriva, soffriva orribilmente.

Forse ho sbagliato a scegliere una vittima così giovane.

Izzy desiderava lottare, desiderava soddisfare la fame insaziabile che le accendeva lo sguardo, ma era troppo debole. D’altro canto, nessuna vittima più anziana gli sarebbe stata così fedele. La lealtà e la dedizione della piccola vampira erano impareggiabili, nonostante le sue scarse doti combattive.

«Come hai potuto farle questo! È solo una bambina!» Shirley McAlpine gemette, rannicchiata tra le radici di un albero. Negli ultimi tempi era diventava l’ombra di se stessa: ora gli abiti stracciati pendevano flosci dal corpo scheletrico, la pelle sul viso era fragile e tirata e gli occhi si erano fatti vitrei e nebulosi. L’elegante e ordinata crocchia di una volta aveva ceduto il posto a un cespuglioso ammasso di ciocche secche e ruvide al tatto, il tocco finale all’aspetto già scompigliato.

«Taci, vecchia» ringhiò Tucker per nulla impietosito. «Lei non è più una delle vostre inutili bambocce umane.»

«Una bambina come lei…» Shirley raggrinzì la ragnatela di rughe sul viso. «Sei un mostro, una disgustosa bestia. E non provi il minimo pentimento all’idea di aver bruciato l’anima di una creatura così giovane e innocente…»

Emise un verso strozzato; Tucker le aveva afferrato la gola, e gliela stringeva con controllata violenza.
«Preoccupati della tua, di anima» latrò.

Ma non poteva ignorare le condizioni di Izzy.

Avrebbe bisogno di un medico… Ma non possiamo certo presentarci all’ospedale di Forks, né tornare a Phoenix.

Tuttavia tornare a Phoenix gli sembrava la soluzione più ragionevole. Dopotutto, aveva a disposizione l’eternità per tornare a cercare la nipote di Shirley… Tanto ormai la vecchia non gli serviva più: non dopo che Irina di Denali aveva indicato la precisa posizione di Isabella Swan. Se ne sarebbe sbarazzato – rendendo ovviamente irriconoscibile il corpo senza vita – e poi sarebbe tornato a Forks… e la caccia avrebbe ripreso.

 

«Aspettate…»

Alice si fermò di botto. Se Bella fosse stata umana, avrebbe di certo urtato contro di lei; invece la neovampira compì un’aggraziata mezza piroetta e schivò la sorella. Edward si voltò verso Alice, e una semplice occhiata ai suoi pensieri fu sufficiente a rivelargli la sua esitazione.

«Non vedo più nessuna discussione né battaglia» disse piano Alice. «I nomadi non progettano più di incontrarci…»

 

Un lieve fruscio attirò l’attenzione di Tucker, che scattò sul chi va là. C’era qualcosa, in mezzo ai cespugli… Un qualcosa che si muoveva a velocità disumana. Via via che si avvicinava, il vampiro capì che non si trattava un licantropo (la creatura in questione emanava un delicato profumo di gelsomino, ben diverso dal fetore boschivo dei lupi) e soprattutto che era solo.

Forse è un Cullen, pensò fulmineo. Io e Izzy insieme possiamo sconfiggerlo… E una volta immobilizzato, lo tortureremo. Nemmeno un essere immortale può resistere a torture innaturali: canterà come un usignolo, e allora sapremo tutte le debolezze della sua famiglia.

Un piano semplice e azzeccato. Un sorriso feroce increspò le labbra di Tucker.

E facendo leva sui suoi sentimenti, sono certo che sorgerà una splendida Figlia.

Nella zona di Forks non c’erano poi così tante emobestie: erano perlopiù sparse lungo Denali e Phoenix, e per il Messico e l’America del Sud: Brasile, Perù, Argentina, Paraguay, Cile, Bolivia. Solo a La Paz giravano almeno una trentina di emobestie. Tucker si leccò le labbra, preparandosi allo scontro. Intuendo le sue intenzioni, Izzy sollevò Shirley e se la caricò sulle spalle senza la minima esitazione. La vecchia cercò di liberarsi, ma la sua stretta tenace la bloccò. Tucker aveva ragione: Izzy non era una debole bambina umana. Stringendo i denti per proteggere sia la propria reputazione che quella di Tucker, la giovane vampira lasciò che il suo potere si diffondesse nell’aria e calasse intorno a loro.

Esykia…

Tucker lo chiamava “il Silenziatore”, ma Esykia era il nome che le riverberava attraverso le vene. Come una cappa di velluto, Esykia scese su di loro, avvolgendoli in una sfera di silenzio perentorio, il cui lieve odore polveroso contribuì a smorzare la fragranza sprigionata dalla loro pelle candida.

I passi si avvicinavano.

Senza emettere il minimo suono, Tucker sfrecciò verso il cuore della boscaglia, incontro al nemico. Izzy era al suo fianco, agile come un gatto e sorprendentemente veloce. Sulle sue spalle, Shirley gridava a pieni polmoni, terrorizzata dalla folle celerità dei suoi movimenti, ma Esykia lo cancellava. Davanti a loro, il fruscio si fece più intenso.

Sei mio!

Tucker si scagliò senza tanti complimenti contro l’avversario appena emerso dai cespugli. Colto di sorpresa, quest’ultimo non riuscì ad evitarlo, e in un lampo si ritrovò paralizzato a terra, con le braccia immobilizzate dietro la schiena e la faccia premuta contro il tappeto di foglie morte.

«Una femmina» ringhiò Izzy, affondando una piccola mano tra le soffici ciocche biondo ramate sparse sul terreno. «Una femmina incauta. Ha l’odore dei Cullen.»

«Non sono una Cullen» sibilò subito la vampira immobilizzata, girando la testa in modo da poterle scoccare un’occhiata feroce. «Sono Tanya di Denali, sorella di Irina di Denali. So che la conoscete e…»

«Non potrei negarlo.» Tucker sorrise, mettendo in bella mostra denti bianchissimi ma affilati come rasoi. «Irina ci ha detto di avere una famiglia… Sembra che voi vampiri locali amiate raccogliervi in gruppo.»

«Le idee comuni uniscono i vampiri» affermò Tanya. «E noi tutti crediamo che uccidere gli umani sia futile.»

Tucker avvertì il brivido di Shirley alle proprie spalle. La vecchia non doveva essersi ancora abituata al fatto che gli umani venissero usati dai vampiri come aperitivo. Strinse più forte la mano intorno agli avambracci bloccati di Tanya, e con la mano libera le scostò i capelli dal collo, lasciando una macchia di pelle bianca proprio sotto la nuca. Un’ondata di piacere lo investì: la sensazione più brutale, per Tanya, era la rabbia, che si mescolava ad un’intensa invidia e a un altrettanto feroce rancore. Una Figlia potente, anche se banale.

«Ma voi non siete vegetariani» osservò Tanya, fissando gli occhi rossi e splendenti di Izzy. «E allora come mai portate con voi una donna umana? Cosa ne volete fare, uno spuntino?»

Shirley sussultò. Il suo terrore era quasi palpabile nell’aria.

«Probabilmente lo diventerà» replicò freddamente Tucker. «A te che importa?»

«Niente. Semplice curiosità.» Tanya rivolse loro un sogghigno. «E così eravate a caccia di Cullen, eh? A cosa si deve il vostro odio?»

«Ti uccideremo, dopo avertelo detto» l’avvertì Izzy. Il suo tono serissimo cancellava qualunque traccia infantile. Se non l’avesse fatto Tucker, l’avrebbe fatto lei.

Tucker ascoltò le emozioni vorticanti di Tanya stemperarsi in una pioggia di speranza e soddisfazione.

«Non m’importa la motivazione» sussurrò la vampira. «So dove abitano i Cullen e vi ci posso condurre. Posso aiutarvi… Irina mi ha parlato di voi, mi ha detto che avete un piano.»

La sua voce dolcemente subdola avrebbe potuto racchiudere una bugia, ma le sue sensazioni purissime rassicurarono Tucker: Tanya non stava mentendo. Per qualche ragione, detestava i Cullen ed era disposta persino ad aiutare i loro nemici.

«Non vogliamo sferrare un attacco» puntualizzò il vampiro. «Voglio uno dei Cullen. E per averlo sono disposto a massacrare gli altri.»

«Otto contro due» borbottò Izzy. «Siamo messi bene.»

«Otto contro tre» precisò Tanya. «È comunque un passo avanti, no? Senza contare che abbiamo qualcosa che loro desiderano riavere indietro.»

«Ovvero?»

«Me. E la vecchia, immagino.»

Tucker sorrise e lasciò libera Tanya. La bionda vampira si scrollò le foglie dai capelli e guardò i nomadi con alterigia mista a complicità, riservando un’occhiata speciale al boss della situazione. Avrebbe presto riavuto Edward, sì, ma il fisico asciutto e muscoloso di Tucker era assai degno di nota, e lei aveva una gran voglia di divertirsi. Con un sorriso compiaciuto, gettò indietro i capelli e si contorse in maniera invitante, ma dal canto suo Tucker ignorava completamente la bella vampira di fronte a lui: nella sua mente si affacciavano vivide le immagini di Tess e Victoria, le donne della sua vita.

Due anime meravigliose, entrambe intrecciate alla mia… Le nostre splendide anime, talmente simili da essere quasi uguali.

 

Quella notte, parecchie persone furono convinte di essere accanto all’anima gemella.

Angela continuava ad ascoltare Jacob, incantata, beandosi del suono della sua voce un po’ rauca.

Esme e Carlisle discutevano sommessamente tra sé delle prossime mosse da eseguire, alimentati dal conforto della reciproca vicinanza.

Jasper vigilava premurosamente su Alice, immersa nel nebuloso ruotare delle sue visioni.

Izzy non staccava lo sguardo da Tucker, seguendo con sguardo adorante ogni suo gesto, mentre Tanya lo osservava con intenzioni decisamente meno limpide. 

Shirley McAlpine rimaneva congelata nel freddo della sua solitudine, bisbigliando tra sé e sé il nome del marito Jason.

 

****************************************

 

Scusate se ci ho impiegato un secolo a finirlo ma gli studi mi uccidono… ma ora sono molto più libera, prometto che il prossimo capitolo sarà molto più veloce!

 

danke sarwen della recensione ^^

grazie Shiva Fuyu, ma non penso che sia all’altezza del tuo ‘liberi’ :)

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Capitolo 16
*** Facing the Enemy ***


Facing the Enemy

 “We stand invincible
Real heroes
We're indestructible
Raise your swords
[…]
We'll face the enemy
Together
The horns are calling out to the
Strong fighters.”

Together

 
Alice imprecò tra sé e sé. L’ultima visione fluttuava nella sua mente come una tetra nuvola di tempesta: due vampiri indistinti che correvano agilmente attraverso la foresta. Non da soli: con loro avevano l’anziana donna umana già apparsa nelle sue precedenti visioni, e anche Tanya, che giaceva inerte tra le braccia del vampiro maschio.

«Hanno catturato Tanya» mormorò.

«E chi se ne importa? È una traditrice» sibilò Rosalie.

Tutti i Cullen erano seduti nella sala da pranzo, il luogo dove solevano tenere le riunioni di famiglia. Avevano aggiunto una sedia in più per Leslie, ma la giovane vampira non era granché partecipe: continuava a fissare il vuoto, i begli occhi nocciola-dorati vaganti nel nulla.

Edward lesse senza difficoltà i suoi pensieri: erano perlopiù cupe riflessioni e ognuna di esse stillava tormento. Si sentiva doppiamente in colpa: per non essere stata capace di intuire le intenzioni di Tanya, per non averla fermata prima che finisse nei guai. E ora a causa della sua debolezza sua sorella sarebbe morta…

«Che sciocchezza» brontolò Edward.

Rosalie affilò lo sguardo. «Non credi che sia una traditrice?»

Edward scosse la testa e si rivolse a Leslie. «Ha cercato di ucciderti, Les, non merita la tua compassione, e meno che mai la tua sofferenza. Non addolorarti se il pugnale che ti ha ferito si è spezzato.»

A Leslie sfuggì un risolino isterico. «Che metafora bellicosa, Edward… ma se è lo stesso pugnale che ti ha sempre difeso, è difficile non soffrire.» Increspò le labbra in un sorriso triste. «E avevo pure la presunzione di sapere tutto di lei… A quanto pare non ho mai capito niente di Tanya.»

«Non importa se è una traditrice, Rose» intervenne pacatamente Esme. «Per tanti anni è stata un’amica fidata e una gentile sorella, per noi. Non l’abbandoneremo al proprio destino.»

«Incontreremo i nomadi…» Bella digrignò lievemente i denti. Aveva lottato così tanto per ottenere quel che ora aveva… Non avrebbe permesso che accadesse qualcosa di male alla sua famiglia.

«Li faremo a pezzettini!» Emmett le diede una pacca sulla spalla, con tanta forza da mozzarle il fiato.

«Hanno due ostaggi… Tanya e la donna umana.» Carlisle disegnò una vaga forma col dito sulla lustra superficie del tavolo. «Ma la possibilità di combattere è tutt’altro che scarsa. Jasper, tu ti occuperai di potenziali emobestie, mentre Rosalie e Bella avranno il compito di badare alla nomade femmina. Emmett e Alice, vi affido l’incarico di rendere inoffensivo il maschio in caso la contrattazione vada male. Esme, tu e io cercheremo di convincerli a ragionare, e in caso extremis dovremo portare via gli ostaggi dal campo di battaglia. Edward, tu e Jasper siete i migliori combattenti» - Emmett sbuffò - «e poiché tuo fratello è impegnato, dovrai leggere le intenzioni degli avversari e spostarti a seconda dei rischi del combattimento. Leslie, segui le sue istruzioni e fai lo stesso.»

«Impossibile perdere» commentò Leslie con voce atona.

Alice socchiuse gli occhi. «Bene, e questa è fatta. Andiamo a prenderli o aspettiamo che le pecore vengano al macellaio?»

 

Tucker emerse dal fogliame di slancio, in un vortice di aghi verdi e rametti, stringendo a sé il corpo immobile di Tanya. Da quel che le aveva raccontato la vampira, la chiaroveggente dei Cullen era in grado di vedere solo le immagini, senza captare anche i pensieri, e non poteva sapere che dietro l’apparente cattura Tanya sorrideva sotto i baffi. Il problema maggiore sarebbe stato il telepatico, ma aveva già incontrato vampiri di quel genere e conosceva un sistema infallibile: concentrarsi intensamente su qualcosa, un suono o un’immagine. I telepatici non erano in grado di perforare la verità, o almeno così credeva.

Non può nemmeno sapere per certo di quali doni siamo dotati, pensò, lanciando una rapida occhiata a Izzy che sfrecciava pochi passi dietro di lui. Izzy poteva essere potente come Alec o brutale quanto Jane: che ne sapevano, i Cullen?

E passo dopo passo il confronto si avvicinava.

 

Jacob sollevò la testa di scatto. Un fioco ululato echeggiava nel boschetto dietro la casa di Angela… Un ululato inconfondibile.

Seth!

Assopita sul materasso, Angela sbatté le palpebre e soffocò uno sbadiglio.

«Cosa…?»

«Vampiri» ringhiò Jacob. «Devo andare.»

Angela trasalì, guardandolo con gli occhi ingigantiti dalla paura.

«Andrà tutto bene» la rassicurò Jacob, ma il lieve sorriso non gli illuminò lo sguardo.

Fu un attimo.

Un momento prima era lì di fronte ad Angela; l’attimo dopo era scomparso nel nulla, un’ombra scagliata oltre la finestra spalancata.

 

Si scrutavano dai lati opposti dello spiazzo. Con diffidenza, ostilità, dubbio, interesse. La tensione era come una corrente elettrica in mezzo a loro, un velo labile e pronto a infrangersi. Bella era al fianco di Edward, le braccia incrociate con aria protettiva. Avrebbe fatto l’impossibile per proteggere la sua famiglia, non si sarebbe fermata di fronte a niente, nemmeno alla situazione più strana e spaventosa. Appuntò gli occhi sul vampiro nomade, che la fissava con sguardo bruciante. Se fosse stata umana si sarebbe sentita sciogliere sotto la disperata follia di quegli occhi, ma la forza vampira che le divampava nelle membra le infondeva nuovo vigore.

«Signori» esordì Carlisle in tono fermo, muovendo un passo avanti «avete invaso il nostro territorio, ucciso umani su di esso e sequestrato una nostra compagna. Come giustificate il vostro esecrabile comportamento?»

La vampira nomade più giovane snudò i denti in un ghigno pericoloso, rafforzando la presa sul corpo esanime di Tanya. La reggeva con un solo braccio, notò​ Bella: l’altro era piegato in una curva impossibile e pendeva come senza vita sul fianco esile. Vedendo la sorella al giogo di quei due mostri, Leslie emise un sordo ringhio di ammonimento. La vampira bambina la fissò con aria beffarda e non fece una piega.

«Cerchiamo qualcuno» rispose il maschio accanto a lei. La sua aria adulta e selvaggia era terrificante; ai suoi piedi giaceva il corpo tremante di un’anziana donna umana. «Un qualcuno che voi non cedereste mai se non sotto ricatto… Isabella Swan.»

A quel nome, la vecchia trasalì, ma nessuno vi fece caso.

Celando a stento la propria furia, Edward si posizionò automaticamente davanti alla propria compagna.

«Che volete da lei?» domandò con voce secca e gelida.

Il nomade ribatté nello stesso tono: «Quello che solo il più giovane erede della famiglia McAlpine può avere, quello che solo un discendente dei sacerdoti della perduta Avalon può conservare.»

«Cosa stai dicendo?!» sibilò Edward.

«Il patto è questo» continuò l’altro con calma. «Voi mi consegnate Isabella Swan e noi vi concediamo la vostra compagna bionda viva e vegeta. In caso contrario, lei» indicò con un cenno Tanya «patirà sofferenze terribili, i più brutali tormenti mai generati da una mente intelligente. Non avete mai visto Izzy all’opera…»

Il ghigno della vampira si allargò.

 

Mentre parlava, Tucker prestò particolare attenzione a mantenere il pensiero fisso sull’immagine di Tanya che si dimenava nella sua morsa letale. Anche solo il più fragile dei pensieri avrebbe permesso al telepatico dai capelli rossicci di scovare la loro menzogna. Pensando con forza a Tanya, Tucker sperava di poter cancellare la falsità dalle proprie affermazioni…

 

…Non fu sufficiente.

«Izzy non ha poteri simili» sentenziò Edward. «E nemmeno tu, Tucker. Ah, e credo che Tanya possa anche smettere di fingere… Non è un gioco, questo, Tanya, in cui recitare la parte della morta vivente.»

E in una frazione di secondo accaddero molte cose.

Tucker scattò, e come secondo i piani di Carlisle Alice ed Emmett lo intercettarono al volo e lo rispedirono indietro, ringhiando. Izzy affrontò direttamente Bella, ma la sua inesperienza la rendeva ancora incerta nei movimenti dell’attacco, e ben presto si ritrovò costretta a saltellare qua e là per evitare le offensive incatenate di Bella e Rosalie. Tanya invece si avventò su Leslie, obbligando Edward a correre in aiuto della vampira non ancora completamente in forze. Nel caos dello scontro, sottili figure evanescenti apparvero tra gli alberi galoppando verso di loro, ma bastò un tocco dei poteri di Jasper a sciogliere le emobestie in azione. I Cullen stavano schiacciando i loro avversari. Non più preoccupati per le sorti dello scontro, Esme e Carlisle balzarono dalla donna umana, la sollevarono senza sforzo e cercarono di allontanarla dal campo di battaglia, ma quella si sollevò in piedi di scatto e urlò: «Isabella!!»

Bella si voltò a guardarla per un attimo interminabile. Anche a quella distanza, distinse nitidamente ogni singola ruga che le solcava il volto, ogni capello rinsecchito dall’età, ogni pagliuzza smeraldina che le inondava gli occhi azzurri. Occhi uguali a quelli di Renée.

Nonna!

Quello che solo il più giovane erede della famiglia McAlpine può avere, quello che solo un discendente dei sacerdoti della perduta Avalon può conservare.

Bella sentì come se una scintilla di fuoco le stesse divampando all’altezza del petto. La percepiva con chiarezza assoluta, era lì, era parte di lei, una chiave sepolta nei recessi della sua anima, il Dono della Chiave.

E tutto fu luce.

 

Faceva freddo e c’era un’umidità pazzesca, ma Angela non desisteva. Ora sapeva di essere completamente folle, ma per qualche strano motivo la cosa non la turbava. Aveva indossato le prime cose capitatele sotto mano – blue jeans, una giacca dello stesso materiale e una maglietta nera – e ora correva attraverso il bosco, inseguendo l’eco degli ululati risuonante nell’aria, col scivoloso tappeto di foglie morte che rimbombava di secchi sciak-sciak-sciak sotto le scarpe da ginnastica. Al diavolo l’università, al diavolo le critiche chioccianti di sua madre, al diavolo tutto!

Ma non lui.

Jacob. Lo conosceva da pochissimi giorni, ma già era disposta a mandare ogni cosa a quel paese per lui. Se gli fosse accaduto qualcosa non se lo sarebbe mai perdonata, lo sapeva.

Un altro ululato. Più freddo, più vicino.

E una luce abbagliante oltre il fitto fogliame.

*********************************
sembra che finalmente questo benedetto Regno Occulto sia stato rivelato ^-^
ormai inizia il countdown per la fine...


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Capitolo 17
*** A Lonely (?) Shore ***


A Lonely (?) Shore

 Awaiting the sunset on this lonely shore
Home, a strange word in my mouth
I call on the winds to lead me through the veiling mists
To reach my motherland in the dawn
.”

Avalon

 

Tucker.

Tucker sbatté le palpebre. Si sentiva più umano che mai, disteso a terra e coi muscoli doloranti, ma la mielata dolcezza di quella voce lo esortò a sollevarsi in piedi. E la vide: alta ed elegante come non mai, gli splendidi capelli rossicci sciolti sulle spalle, un’espressione compiaciuta sul viso felino. Il corpo snello e ben tornito era avvolto in una veste larga e impalpabile, un velo bianco e aereo come la nebbia.

«Victoria…»

Tese una mano verso di lei, incredulo, e Victoria la sfiorò con le dita sottili. Era proprio lei, anche se il suo tocco era stranissimo: freddo e impercettibile, troppo delicato persino per una vampira.

Sapevo che ce l’avresti fatta. Ho sempre nutrito molta fiducia in te.

La sua voce non veniva dalla sua gola, era piuttosto come un pensiero che accarezzava con leggerezza la mente.

«Ho creduto alla storia di Tess» mormorò Tucker. «Ho trovato l’ultima portatrice di sangue McAlpine.»

Isabella Swan. Victoria lo guardò intensamente, gli occhi simili a rubini fiammeggianti. Dubito che tu lo sappia, ma è stata lei a causare la mia morte. Lei e il suo compagno traditore, quell’Edward Cullen.

Tucker digrignò i denti. «Lo sospettavo. Sulla tua tomba c’era il loro odore.»

Victoria gli prese delicatamente le mani, facendolo sussultare con quel suo assurdo tocco di ghiaccio.

Non parlare più di tomba, sussurrò con dolcezza. Grazie a te, ora potrò ritornare alla vita e avere finalmente la mia vendetta. Ti sono debitrice, Tucker Jared Anderson.  

Victoria si sollevò in punta di piedi, sbattendo le lunghe ciglia con aria civettuola, e avvicinò le labbra carnose alle sue. Tucker rimase immobile, aspirando l’aria vacua, priva del profumo fresco e boschivo dell’esistenza concreta…

E Victoria si scostò di colpo da lui, voltandosi a fissare la spiaggia che si perdeva in lontananza. Il suo ex compagno si girò nella stessa direzione, e scorse un minuscolo puntino nero che s’avvicinava a velocità sconvolgente. Circa venti secondi dopo, una vampira apparentemente molto giovane era ferma davanti a loro e li scrutava con incredulità mista a sospetto.

«Victoria!» esclamò sbigottita.

Victoria ricambiò il suo sguardo con aperto stupore. «Leslie. Che cosa fai qui?»

Tucker guardò prima l’una poi l’altra, confuso. Victoria, la sua Victoria, la predatrice dolce e selvaggia dei suoi sogni, conosceva una di quei traditori Cullen? E anziché attaccarla le chiedeva cosa facesse lì?!

«Non ne ho idea» rispose Leslie, stringendosi nelle spalle e continuando a fissare Victoria. «Ma… insomma, Victoria… non eri…?»

«No.» Victoria scosse rigidamente la testa. «Mi rimase qualche goccia di sangue… molto poco, ma sufficiente affinché il veleno mi infettasse l’anima.»

Le due si guardarono per diversi, interminabili istanti.

«Anche Tess è con te?» chiese Leslie speranzosa.

A quel nome, Tucker trasalì.

Calma. Ci sono centinaia di Tess al mondo, non è lei, non può essere lei…

«No» mormorò Victoria. «Lei non ce l’ha fatta, è morta dissanguata» aggiunse, un po’ troppo precipitosamente.

«Un momento» intervenne Tucker squadrando prima l’una poi l’altra. «Di cosa state parlando? Chi è Tess?»

Leslie si voltò verso di lui, mordicchiandosi il labbro.

«È nostra sorella» sussurrò. «Era nostra sorella.»

Per Tucker fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso.

«Voi. Siete. Sorelle.»

Leslie e Victoria si scambiarono un’occhiata cupa. La loro reazione non aveva nulla di fraterno: avrebbero dovuto gettarsi l’una al collo dell’altra, scoppiando in lacrime e declamando quanto avessero patito in quei lunghi anni di separazione in cui si erano credute morte a vicenda. E invece niente: si fissavano, semplicemente, e nemmeno con troppo affetto. 

Non si assomigliano molto

Ma il suo occhio attento di vampiro non poté non notare i capelli: di un bel rosso fulvo, della medesima sfumatura color ruggine, e con le ciocche che s’attorcigliavano in soffici riccioli sopra le spalle. Gli stessi capelli di Tess. La sua Tess.

Victoria gli aveva ispirato immediata fiducia e adorazione perché era simile a Tess. La prima volta che l’aveva vista si era dato del pazzo, credendola una Tess rediviva… ma adesso ogni tassello di quel puzzle assurdo era al suo posto, e l’immagine composta era sconcertante.

È sua sorella. Il pensiero lo sbigottì. E io non l’ho mai saputo.

«Victoria» disse Leslie con voce ferma, spezzando i suoi pensieri «voglio sapere cos’è successo a Tess. Anzi, non voglio: lo esigo

Victoria ringhiò, innervosita. «Non ne so niente! Non so niente di Tess, non sapevo nulla nemmeno di te! E non conosco neppure questo… luogo…»

Si girò a contemplare il mare violaceo, di una sfumatura talmente intensa da sembrare ametista liquida. Quello strano mare rifletteva il bagliore di un sole congelato in un eterno tramonto; cinque sanguigne falci di luna brillavano nella tetra limpidezza del cielo, fluttuando in una lenta e silente danza.

«Avalon» sputò la vampira, come una bestemmia. «Il Regno Occulto, la prigione delle anime. Il nome cambia, il luogo rimane lo stesso. Non c’è modo di fuggire, si può solo sprofondare nella dolce incoscienza a metà tra la vita e la morte… anche se ho il sospetto che una via aperta da creature mortali sia percorribile…» Fece una risatina. «E una volta tornata in vita, ucciderò Isabella Swan e Edward Cullen, e poi toccherà agli altri. Sì, li ammazzerò tutti!» urlò, gli occhi roteanti di follia.

Istintivamente, Leslie e Tucker arretrarono.

È pazza, pensò Leslie sconvolta.

La morte le ha fatto perdere il senno, pensò Tucker. Victoria…

Non poteva abbandonarla così! Era stata lei a ridare un senso alla sua esistenza dopo l’uccisione di Tess… era stata lei a impedirgli di suicidarsi… insomma, si amavano!

«Victoria! Io…»

Non poté andare avanti, perché Victoria gli si era scagliata contro e ora lo braccava in una feroce danza mortale. Il suo sguardo era vitreo e spiritato, il viso bellissimo pareva un teschio da quanto era tirato. Tucker respinse l’assalto e balzò indietro, incapace di colpire la donna che aveva adorato tanto devotamente.

«Cosa stai facendo, idiota?» gli urlò Leslie buttandosi su Victoria da dietro e inchiodandole le braccia dietro la schiena. «Ti ucciderà!»

Victoria lanciò un lungo ululato raccapricciante, che non aveva nulla di umano, e si scrollò furiosamente. Leslie strinse i denti e rafforzò la presa sui suoi polsi, concentrandosi su un’immagine di fiamme fameliche che divoravano fragili pareti di quercia. Lasciò che il potere della comunicazione suprema le inondasse la voce, perforando la pazzia che animava Victoria.

«Vicky, ti prego, non fare sciocchezze e riprendi il controllo di te. Non vogliamo farti male, ma ci costringerai a farlo se non ti fermi.»

Victoria si agitò ancora più spasmodicamente, e con un violento strattone riuscì a liberarsi. Fece un salto mortale all’indietro con agilità disumana e atterrò sulla riva di quello strano mare violetto, dove rimase immobile, fissando i due vampiri con espressione assorta. C’era un qualcosa di malvagiamente perfetto in quella splendida donna felina attorniata dallo scintillio alieno del mare.

«Non capite» sibilò con improvvisa tensione. «Non capirete mai. Tess era un ostacolo di troppo. È stata lei a spalancare le porte di questo mondo di terrore, lei a sciogliere le catene di spettri e demoni e a sguinzagliarli alle spalle dei vampiri. Prima le anime dei vampiri annientati fluttuavano verso abissi misteriosi, magari celestiali, adesso invece sono condannate a vivere per sempre segregate in questo orribile posto!»

«Non essere stupida» protestò Leslie. «Come avrebbe potuto una persona sola creare un nuovo aldilà? E poi se fosse vero anche lei sarebbe qui.»

Victoria scoppiò in una risata assatanata. «Oh, c’è, la stolta c’è.»

Tucker trasalì. «Tess? Tess è qui?» chiese, insieme speranzoso e incredulo.

Victoria gli gettò un’occhiata disgustata. «Tu hai aperto Avalon per salvarmi, Tucker Jared, ma vedo bene che gli obiettivi di un uomo sono mutevoli come il vento. La tua preziosa sgualdrinella è con noi, ma non la troverai mai: è nascosta nel cuore più irraggiungibile del Creato.» Un’altra risatina. «Mi dispiace tanto, Tuckeruccio, sembra che la vostra romanticissima storiella d’amore sia destinata a troncarsi.»

«Come la tua con James, carissima Vicky» ribatté Leslie mordace.

Victoria strabuzzò gli occhi.

«Ma come, Vicky, non ricordi il tuo James?» continuò Leslie. «Non rammenti nemmeno il tuo amico Laurent? Quindi immagino non ricorderai il fatto che lui sia stato il compagno di Irina di Denali.» Si girò verso Tucker. «Ti ha strumentalizzato, ti ha usato come un burattino. Ha già avuto un compagno, James. È lui che vendicare, è per lui che ti ha sedotto e assoldato!»

Tucker guardò Victoria, ma senza affetto né ammirazione. Una freddezza mortale gli calò sulla mente; l’improvvisa malignità di Victoria e la rivelazione di Leslie s’incastravano alla perfezione, ma a renderlo davvero furibondo era la confessione della sua ex compagna: aveva ucciso lei Tess, o se non altro ne aveva causato la morte. E questo era inaccettabile.

«Sta mentendo» sibilò Victoria, e il suo sguardo si fece amorevole mentre accarezzava il volto rabbuiato di Tucker. «Io amo solo te. Credimi, Tucker. Lascia perdere la tua sciocca relazione con la mia altrettanto sciocca sorellina… era solo uno svago, allora eri ancora giovane e immaturo e non avevi idea di cosa fosse il vero amore e…»

Tucker saltò addosso a Victoria, paralizzandole le braccia e affondandole i denti nella spalla.

Un urlo disumano squarciò la quiete del mare violetto.

 

«Edward!!»

Bella si guardò attorno, sconfortata. Avrebbe pagato milioni per vedere il baluginare del suo sorriso luminoso o il vellutato sguardo d’oro liquido che conosceva tanto bene.

«Edward…»

Abbassò la testa. Attorno a lei c’era solo grigiore, un manto spesso e ferrigno riverberante di riflessi adamantini che si sposava ad un cielo assurdamente lattescente. Un movimento alla sua sinistra attrasse la sua attenzione, ma bastò una frazione di secondo perché la delusione si riabbattesse su di lei. Un lupo rossastro delle dimensioni di un cavallo le posò il muso sulla spalla, dandole un colpetto per rincuorarla.

«Siamo soli, Jake» sospirò la vampira. «Noi e… lei.»

Indicò con un cenno della testa la vecchia distesa sul dorso del licantropo. L’avevano trovata priva di sensi al loro risveglio, e Jacob aveva accettato di trasportarla fino a quando non si fosse ripresa.

«È mia nonna, credo che sia la madre di Renée» aggiunse.

Jacob abbaiò un latrato interrogativo.  

«Non so come sia invischiata» ammise Bella. «Pensa che credevo che fosse morta… Mamma non parla molto volentieri di lei. Potrebbe aiutarci a scappare da qui.»

Jacob arruffò il pelo del dorso, poco convinto.

«Troveremo un modo per andarcene, Jake» gli assicurò Bella posandogli delicatamente una mano sul collo. «Te lo prometto.»

Jacob la scrutò per un lungo istante, poi si voltò a contemplare il nebuloso grigiore che li circondava. Bella sospirò: non aveva senso cercare di fregarlo. Se anche avessero trovato una via d’uscita, l’unico a sfuggirne sarebbe stato Jake; perché Bella si rifiutava di andarsene senza Edward. Avrebbe passato l’eternità cercandolo senza sosta in un universo sconosciuto piuttosto che fare ritorno nel suo mondo ma senza di lui.

 

 *******************************************

 

“Lonely Shore”? Siamo sicuri che questa spiaggia sia così “solitaria”?  

Prima parte ambientata ad Avalon… riusciranno Bella e Jake a emergerne? E cosa accadrà a Leslie, Tucker e Vicky?

 ciao Ary ^^ figurati, nessun problema… grazie mille per la recensione :)

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Capitolo 18
*** Hold Me Once Again ***


Hold Me Once Again

 “You cast that spell over my senses
And I wonder how it could come so fast
Without you I'm no one
Oh could you hold me once again
the flame would be renewed.”

The Neverending Story

 

«Come abbiamo fatto ad arrivare fin qui, Jake?»

Jacob scosse la testa, osservando Bella che camminava avanti e indietro in quella cappa di grigiore assoluto mentre si sforzava di non perdere la calma.

«Il vampiro nomade ha detto che l’ultima dei McAlpine aveva un dono» continuò lei. «E in effetti mio nonno si chiamava Jason McAlpine, ma… Jake?»

Al nome di suo nonno, Jacob aveva drizzato le orecchie e ora la guardava con un interesse tutto nuovo.

«Cosa c’è?»

Un basso latrato.

«Ma non puoi trasformarti in umano per qualche secondo?! Non so leggere nel pensiero, io…»

Jacob agitò una zampa.

«Okay, okay…»

Bella gli tolse Shirley dal dorso e si girò dall’altra parte, sbuffando. Udì uno schiocco alle proprie spalle, poi la voce profonda e un po’ rauca di Jacob:

«Bella, così la strozzi…»

La vampira sussultò, rendendosi conto solo in quel momento dei lievi colpi di tosse che scuotevano il corpo di Shirley. Moderò la presa sulla vecchia, che subito tornò a respirare, sebbene faticosamente.

«Allora» iniziò Bella, appuntando gli occhi sull’orizzonte evanescente «cosa sai di nonno Jason?»

«Cosa ne so? Bella, è una leggenda tra i licantropi!» esclamò Jacob in tono entusiasta. «Stiamo parlando di uno dei più celebri capotribù europei! McAlpine, Schafer, Ramirez, Galeotti e Tsepesh: i cinque grandi Sterminatori di Vampiri del ventesimo secolo.»

«Mio nonno era un licantropo?!» Bella scosse la testa. «Impossibile. Renée l’avrebbe saputo.»

«Magari lo sa e non te lo vuole dire.»

«Perché no?»

Jacob sbuffò. «Oh, avanti, Bella! Quale madre direbbe alla propria bambina che suo nonno si trasforma in un mostruoso lupo gigante? La notizia potrebbe averla scioccata e non vuole traumatizzarti… anche perché la prenderesti per pazza.»

«In effetti…»

Comunque era una sciocchezza. Chiunque fosse quello Sterminatore, di certo non era suo nonno. Non poteva esserlo, semplicemente. Non c’era modo.

Oh… Shirley.

La sentiva risvegliarsi tra le sue braccia, sbattere piano le palpebre. Poi una mano piccola e ruvida le toccò stancamente il polso.

«Credi al ragazzo, Isabella» sussurrò Shirley. «Jay era un licantropo… il più fiero licantropo mai esistito al mondo.»

«Nonna…»

Shirley raggrinzì la faccia in un debole sorriso. «Ciao, principessa. Accipicchia, ti sei fatta davvero carina, crescendo.»

«Grazie, nonna… ma…»

«Signora, lei conosce questo posto, no?» intervenne rudemente Jacob. «Bene, come si fa a uscirne?»

Shirley scosse lievemente la testa, i pallidi occhi azzurri fissi su Bella.

«Solo Isabella ha la soluzione. Così come ci ha portati qui, può anche portarci fuori.»

E ora?

Bella si guardò le mani, si tastò lo stomaco, si massaggiò le tempie; non le venne in mente nulla. In preda alla disperazione, provò a sedersi a terra a gambe incrociate come i monaci buddhisti e a concentrarsi per depurare col pensiero le vie dei sette chakra, ma fu inutile.

Allora pensò a Edward: era lì da qualche parte, magari in pericolo di morte, e lei non poteva aiutarlo. Non era mai stata altro che una zavorra per lui, eppure lui l’amava, lo sapeva.

Mi ama abbastanza da rischiare la vita per me.

Batté un pugno sul terreno freddo e cenerino.

Edward.

Edward a terra, immobile, con un’espressione sbalordita stampata in viso, il petto attraversato da un’orribile ferita slabbrata.

Edward che sprofondava nelle tenebre, lontano da lei.

Edward che moriva senza che i suoi meravigliosi occhi di oro liquido incontrassero per l’ultima volta i suoi, ancora ambrati, ancora imperfetti.

Edward.  

Un fragile chiarore iniziò a lampeggiare sulla candida pelle di Bella.

 


«Basta così…»

Leslie strattonò gentilmente Tucker, allontanandolo dal corpo orrendamente devastato di Victoria. Con un ultimo sussulto, Victoria gettò un’occhiata di puro odio all’ex amante, dopodichè si lasciò ricadere a faccia in giù sull’impalpabile sabbia della spiaggia, e sotto gli occhi sorpresi dei due vampiri il suo corpo prese a dissolversi poco a poco, riducendosi in finissima polvere.

Una folata di vento la spazzò via.

«Se n’è andata» mormorò Leslie. «Per sempre, stavolta.»

Rimase in silenzio per un lungo attimo, poi il ricordo dell’energica e vivace Tess la investì.

Les, stai bene? Vuoi che ti prepari una camomilla?

Come ti sta bene quest’abito, Les! Dovresti mettere il verde un po’ più spesso, ti esalta le iridi.

Les, mi vai a prendere qualche mela?

Così spaventosamente simile a Victoria.

Così incredibilmente diversa.

Così semplicemente Tess.

Leslie tirò su col naso, abbassando le palpebre.

Un attimo dopo si ritrovò a piangere sommessamente tra le braccia di Tucker, che le accarezzava nervosamente i capelli senza sapere bene cosa dire o fare per consolarla.

 

La luce la guidava.

Era ovunque, la luce: radiosa e perfetta, abbracciava tutto e tutti, legando a sé le anime dei vivi e lasciando a riposo gli spiriti dei morti.

Bella si lasciò trasportare, beandosi del contatto impalpabile di quello splendore e sentendosi la regina del Creato, vecchia di interi millenni e più sapiente di qualunque altra creatura. Morta milioni di volte e poi rinata, ancora e ancora, come la fenice delle leggende.

Chiamò a sé tutti: Jake, Shirley, Leslie, il vampiro nomade. Avvertì altre coscienze, vaghe e distanti; quelle no, non osò ripescarle. Invocò Edward, la presenza che bramava più di tutte, gridò il suo nome attraverso la luce e l’etere, ma non servì a nulla.

Edward non è qui… Edward è rimasto nell’altra sponda.

Tra Avalon e il suo mondo c’era come un velo, grigio e pesante.

Carica dei propri compagni, Bella lo lacerò.

Edward, Edward, Edward.

 

 
***********************************************

 

Intanto, buon anno a tutti  ^^

Breve e astratto… il penultimo capitolo doveva essere così… Mi dispiace perché mi stavo affezionando a scrivere “the edge of infinity”… Ma purtroppo il prossimo cap sarà quello del rush finale…

 Se vi va di commentare... :-) anche le critiche sono ben accette

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