The Edge of Infinity di TooSixy (/viewuser.php?uid=52688)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduction ***
Capitolo 2: *** White Gleaming Aura ***
Capitolo 3: *** Leave the Ground ***
Capitolo 4: *** On the Edge ***
Capitolo 5: *** Memories ***
Capitolo 6: *** Together ***
Capitolo 7: *** Calm Before The Storm ***
Capitolo 8: *** The Fallen Angel ***
Capitolo 9: *** In The Garden ***
Capitolo 10: *** So Much Fear ***
Capitolo 11: *** War'n'Peace ***
Capitolo 12: *** A True Word ***
Capitolo 13: *** Heartless ***
Capitolo 14: *** Insomnia ***
Capitolo 15: *** Equal Souls ***
Capitolo 16: *** Facing the Enemy ***
Capitolo 17: *** A Lonely (?) Shore ***
Capitolo 18: *** Hold Me Once Again ***
Capitolo 1 *** Introduction ***
The Edge of Infinity
Ogni
capitolo richiama una parte di canzone dei Lunatica, band
metal gothic svizzera sfortunatamente poco conosciuta…
Dopo
“Eclipse”, molte cose sono cambiate nella grigia e
piovosa cittadina di Forks.
Jacob
Black ha rivendicato e ottenuto il ruolo di capobranco per via della
sua
discendenza, e sorveglia insieme agli altri licantropi Quileute
l’insediamento
indiano di La Push; intanto, col suo permesso di infrangere il Patto,
Isabella
Swan ha finalmente sposato il vampiro Edward ed è stata a
sua volta trasformata
in una figlia dell’oscurità, diventando
l’ottavo membro della potente famiglia
Cullen.
Ora,
tutto sembra essere ricominciato nel migliore dei modi… o no?
Introduzione
“It's
time to forget about the artificial frontiers that our intellect is
inflicting on us.
Prepare yourself for the greatest journey you've ever made.
Dream on until you've reached the edge of infinity.”
Introduction – Lunatica
Shirley
McAlpine era seduta sulla sua poltrona preferita, in
salotto, con le mani intrecciate sopra un grosso e voluminoso libro di
pelle
marrone. Il salotto era arredato nello stile semplice ed essenziale che
le
piaceva tanto, ma sulla parete davanti alla poltrona si spalancava un
affresco
molto elaborato: uno splendido lago velato di nebbia, che pareva quasi
abbracciare la terra verde e ricca. Sottili rami di salice danzavano
tra
impossibili folate di vento, mentre cigni aggraziati e turbini di
foglie
volteggiavano tra gli sbuffi di nebbia.
Non
avrebbe mai creduto di vedere quel giorno.
Finalmente,
dopo più di trent’anni di solitudine, sarebbe
tornata
da lui. Il ricordo
dell’uomo alto e
attraente che aveva sposato palpitava nella sua mente come una
splendida
farfalla. La profonda ferita al torace aveva spezzato la sua vita, ma
non il
suo amore.
Le
dita ossute di Shirley salirono a sfiorare l’elegante
medaglione d’ambra grigia che portava al collo. Era un
oggetto molto bello, che
pareva racchiudere l’essenza del vuoto cosmico e delle nubi
oceaniche, e al suo
tocco s’illuminò leggermente. Il medaglione
d’ambra, il dono di nozze di Jason.
Quasi
le sembrava di sentire la voce bassa e un po’ rauca di
lui… La
sua memoria disegnò un uomo alto e muscoloso, con folti
riccioli castani che
incorniciavano un viso angoloso e un sorriso amabile. Quando rideva
socchiudeva
leggermente gli occhi, caldi nonostante la brillante
tonalità zaffiro: un
dettaglio che Shirley rammentava molto bene.
Jason…
Provò
una stretta al cuore. Quanti anni aveva trascorso in attesa
di quel momento… quante lacrime aveva asciugato, quante
ferite si erano aperte
nel suo cuore ora distrutto. Ma finalmente la felicità era
lì, a un soffio da
lei.
Sua
figlia Renée era già troppo vecchia –
il dono della Chiave
rimaneva attivo fino ai diciannove, massimo vent’anni
– ma sua nipote,
Isabella, aveva l’età perfetta.
Isabella
cara…
l’ultima volta che ti ho vista eri una bambina che si reggeva
a malapena in
piedi, una creaturina delicata e fragile da proteggere da ogni
pericolo. Ora
sei la mia unica salvezza… mia e di Jason.
Shirley
guardò fuori dalla finestra, verso il pesante cielo grigio
ferro. Londra era una bella città, ma aveva proprio voglia
di una vacanza.
Possibilmente
negli Stati Uniti, e precisamente a Phoenix.
Tucker
s’inginocchiò a terra, annusando cautamente
l’aria intrisa
dei profumi boschivi, e l’odore che gli giunse alle narici
gli cancellò
qualunque dubbio dalla mente. Il dolore gli affondò
all’improvviso nel ventre
come una lama avvelenata. Victoria era stata lì. Victoria
era morta lì.
Victoria era stata uccisa
lì.
Da
tempo, forse un paio di mesi, quei sessanta giorni in cui lui
era stato in Italia con l’inutile speranza di convincere il
clan Volturi a
massacrare i Cullen.
Il
rimorso lo azzannò, acuendo il dolore. Se solo fosse stato
al
suo fianco, anziché tra quegli stupidi vampiri con la
stupida testa piena di
stupide idee…
Lei
sarebbe
ancora viva.
La
sofferenza s’inasprì ulteriormente, spalancando un
vuoto
assurdo laddove avrebbe dovuto trovarsi il suo stomaco.
Dopo
la seconda morte di Tess, Victoria gli era sembrata l’unica
creatura al mondo in grado di salvarlo dalla più nera
disperazione. Da un certo
punto di vista si assomigliavano: entrambe selvatiche e dai capelli
rossi,
entrambe dannate per l’eternità.
Entrambe
morte.
A
causa sua.
Tucker
s’accasciò sul morbido terreno erboso. Le aveva
perdute per
sempre, irrevocabilmente; Tess in quel maledetto deserto, Victoria in
quel
bosco.
L’odore
leggero ma inequivocabile di un licantropo gli riempì i
polmoni. Odio e incredulità lo invasero: cosa
c’entravano i licantropi?
Victoria voleva solo liberare il mondo da quegli assassini dei Cullen,
ecco
tutto! Liberarsi degli sporchi traditori che avevano distrutto il suo
clan…
Tucker
si tirò lentamente su. Sotto i ribelli capelli neri, gli
occhi fiammeggiavano. Era stata tutta una trappola! Gli odori
raccontavano la
storia al posto di colei che non avrebbe più potuto
farlo… gli odori raccontavano
di una fiera vampira, di un vampiro neonato e di uno traditore, di uno
sporco
licantropo e di una debole umana tutti riuniti nello stesso posto,
nello stesso
momento.
Victoria…
Tucker
emise un ringhio gutturale e profondo, bestiale. Prima Tess,
ora Victoria. Era tempo di affidarsi a ciò in cui Tess aveva
sempre creduto, a
quella Trasmigrazione dell’Anima in cui lui non aveva mai
voluto credere.
Se
quella
storia del Regno Occulto è vera, Tess, tornerai presto da
me. Tu e Victoria… vi
voglio entrambe, siete entrambe parte della mia esistenza.
Abbassò
le palpebre. Una volta, Tess gli aveva detto che nella sua
famiglia c’era un certo dono, chiamato semplicemente
‘il dono della Chiave.’ In
lei era già morto: non importava se il suo aspetto era
quello di una
diciottenne, in realtà aveva più di
sessant’anni e il Dono richiedeva un limite
di venti; questo perché, aveva spiegato, solo
nell’infanzia e nell’adolescenza
si può sviluppare un Dono basato sulla fede in un mondo
inesistente. In ogni
nuova generazione il Dono risorgeva, cresceva nella mente del bambino e
moriva
quando questo si trasformava in un adulto, in un ciclo infinito e senza
tempo,
ma erano trascorsi secoli dall’ultima volta che un Dono era
stato utilizzato
per invocare il Regno Occulto, la landa della morte uccisa, delle gemme
celesti, degli antichi spiriti dorati.
Il
Regno dove ancora palpitavano le anime di Tess e Victoria.
Tess
non era, non poteva essere l’ultima erede della sua famiglia.
Tucker avrebbe trovato qualche moccioso suo parente e
l’avrebbe costretto a
risvegliare il proprio Dono, a richiamare il Regno Occulto.
A
liberare Tess e Victoria.
Tucker
si alzò in piedi e corse via, nel cuore dei boschi,
lasciandosi alle spalle la delicata fragranza di Victoria,
l’ultimo ricordo che
la vampira gli aveva regalato.
***********************************************+
Ed
ecco la mia prima fan fiction su Twilight e seconda in
assoluto! Cos’avranno in comune una vecchia umana e un
vampiro, a parte una
connessione con questo Dono? Cos’è questo
famigerato Regno Occulto?
Spero di avervi
interessati, almeno un pochino ^^
Aloha
a tutti :)
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Capitolo 2 *** White Gleaming Aura ***
White
Gleaming Aura
“He sets the world under ice,
His aura is white gleaming,
Around him eternal coldness.”
World Under Ice – Lunatica
«Bella?»
Bella
si girò di scatto al suono della voce vellutata e melodiosa
che conosceva così bene, e un sorriso radioso le
illuminò il viso. Edward le si
avvicinò col suo solito passo aggraziato e le
accarezzò i folti capelli
castani, guardandola teneramente. Era passato un mese e mezzo dalla
trasformazione, e la crudele sfumatura color rubino degli occhi
iniziava a
cedere il posto a un rosso più opaco, screziato qua e
là di seriche pagliuzze
ambrate. Quel viso, così simile e così
terribilmente diverso da quello da lui
amato, era di una bellezza sconcertante.
«Sei
incantevole» mormorò Edward contemplandola.
Bella
alzò appena il mento per guardarlo dritto negli occhi. Le
iridi di lui erano bellissime, di una meravigliosa tonalità
dorata che lei per
il momento poteva solo sognarsi. Il sorriso assunse una piega
più amara.
«Ma
nemmeno ora sono anche solo lontanamente paragonabile a
Rosalie…»
«Hai
ragione: tu sei molto, molto più affascinante.»
Edward
la strinse a sé, e Bella ricambiò
l’abbraccio. Si fissarono
per un lungo istante, due creature da sogno sprofondate nella luce del
tramonto
e nel verde del giardino di villa Cullen, due sagome nere stagliate in
un
turbinio di oro liquido e smeraldo…
«Ehi,
voi!»
Una
vocina allegra e trillante ruppe la magia del momento, e Alice
Cullen spuntò fuori dal nulla con un sorriso smagliante
stampato sul bel viso
da folletto. I corti capelli corvini erano sparati da tutte le parti
come gli
aculei di un istrice e le davano un’aria selvatica e
bizzarra: sembrava davvero
un elfo dei boschi pronto ad architettare scherzi di ogni tipo.
Alla
vista della sorella, Edward sospirò. «Avremmo
dovuto sapere
che ci teneva d’occhio…»
Alice
ridacchiò. «Sì, avreste dovuto. Forza,
sbrigatevi, o Emmett
ci farà a pezzi. Vuole arrivare a Raven Hill entro due
ore… ma ce la faremo lo
stesso, i suoi adorati orsi non si sposteranno.»
Il
suo inquietante dono di preveggenza non smetteva di stupire
Bella.
«Andiamo
allora… Ehi, ma…» Bella si
girò di scatto, allarmata. La
vista sensibilissima scandagliò con attenzione i boschi
intorno a Villa Cullen;
nella mente le risuonava una brutale sensazione di pericolo, acuta come
un
grido, eppure non udiva nulla, solo il leggero mormorio del ruscello e
il
frusciare delle foglie…
«Cosa
c’è, Bella?» Anche Alice si
guardò intorno, perplessa, poi
sbarrò gli occhi. «Io…»
«Insomma,
calma!» Edward si concentrò, espandendo la propria
mente. «Non c’è nessuno nelle
vicinanze… nessuno dotato di pensieri,
almeno…»
E
poi lo videro, contemporaneamente.
Si
era trascinato in un angolo del giardino, così silenzioso
che
nemmeno il loro udito finissimo l’aveva sentito, e adesso li
fissava. Non aveva
dei veri e propri occhi, ma piuttosto due scintillanti buchi neri, e il
suo
corpo tozzo e mostruoso ricordava le fattezze di un lupo deforme.
Splendeva come
un ammasso di argento fuso, e trapelava una violenta aura di rabbia,
furore.
«Cos’è
quello?» chiese Bella intimorita.
Alice
tese i muscoli, pronta a scattare. «Non lo so… Ma
leggere il
suo futuro è come provare a leggere quello di un licantropo:
non vedo altro che
un nero confuso e nebuloso…»
«E
non ha pensieri» la interruppe Edward con stizza.
«Qualunque
cosa sia, non pensa. Persino gli animali nutrono dei pensieri, anche se
perlopiù dettati dall’istinto. Questa cosa invece
non ha niente…
Né razionalità, né impulsi
naturali.»
«Cosa
facciamo?» domandò nervosamente Bella.
Lo
strano essere rifulgente s’avvicinò in modo
impercettibile,
snudando zanne di polvere stellare. Il suo sguardo di fuoco eburneo
volteggiò
tra un vampiro e l’altro, in guardia, e infine si
appuntò su Alice: doveva
averla ritenuta la preda meno pericolosa.
«Ha un istinto, però»
aggiunse Edward, muovendo un passo avanti e portandosi davanti a Bella
e ad
Alice con fare protettivo.
La
creatura sembrò esitare un attimo, poi si decise: la sua
terribile aura esplose intorno a lui mentre si slanciava irosamente su
Edward.
Il vampiro rimase immobile, fissando l’essere… e
lo stava ancora fissando
quando quello, a mezz’aria, si dissolse in un filo di fumo
argenteo.
«State
bene?»
Jasper
atterrò accanto tra Edward e Alice con un balzo felino,
senza staccare gli occhi dal punto in cui la creatura si era dissolta.
Bella
continuava a guardare il filo di fumo biancastro fluttuante
nell’aria.
Edward
lesse rapidamente i pensieri del fratello, e lo stupore gli
si dipinse sul viso angelico.
«Quella
cosa…»
«Era
un cumulo di emozioni vaganti, già» concluse
Jasper. «E io
l’ho soppresso. Ora muoviamoci, prima che Emmett sopprima
noi.»
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Capitolo 3 *** Leave the Ground ***
Leave the ground
“Control the power, leave the ground
As fast as an arrow up to the clouds, into the sky
Man and machine are becoming one
A perfect day for changing the face of the world”
Sons of the Wind
«Ammassi
di emozione, eh?»
Carlisle,
appollaiato sulla poltrona del suo studio, osservava i sette
vampiri di fronte a sé con un’ombra di
preoccupazione ad offuscare il viso
bellissimo. Bella stringeva la mano di Edward e lo fissava con gli
occhi
sbarrati, mentre Jasper incombeva minaccioso al fianco di Alice, simile
a un
bodyguard accanto alla propria vip. Esme era invece appoggiata alla
scrivania,
con i morbidi capelli color caramello scarmigliati ad incorniciare i
dolcissimi
lineamenti materni; al suo fianco c’era Rosalie, e vicino
all’arazzo rosso
Emmett.
«Anche
a Denali sono stati avvistati» disse gravemente Carlisle.
«Solo da Tanya, però. Il gruppetto di umani che
era con lei non ha fatto caso a
nulla.»
«Non
riuscivo a indovinare il futuro di quella creatura, ed Edward
non riusciva a leggerne il pensiero» aggiunse Alice scuotendo
la testa. «Però
con Jasper ha funzionato… per fortuna.»
Inarcò le sopracciglia sottili. «Cosa
ci faceva Tanya con un gruppetto di umani?»
«Questo
perché la qualità di Jasper è il
controllo delle emozioni»
spiegò Carlisle ignorando la domanda. «Quel cumulo
di emozioni che avete visto
è privo di pensieri, ha solo un vago istinto nemmeno
lontanamente forte quanto
quello animale. Le prede che sceglie affondano nell’emozione
che rappresenta…
Da quel che mi avete detto, emanava una rabbia intensa. Se ti avesse
colpito,
Alice, tu saresti stata colmata dalla furia, avresti avuto il folle
desiderio
di spaccare tutto. Avresti potuto perfino uccidere i tuoi stessi
fratelli.»
Alice
tacque, attonita.
«E
a Jasper è bastato cancellare quelle emozioni per
distruggere
l’essere» osservò Bella.
«Logico. Ma questo non spiega da dove sia saltato
fuori fuori, o perché ci abbia attaccati.»
Carlisle
aggrottò la fronte. «Questo non lo so. Ma
sarà meglio che
a caccia con voi venga anche Jasper; è l’unica
difesa sicura, per il momento.»
«Tu
ed Esme non ve la caverete, incontrando un’altra di quelle
creature» ribatté Edward piatto. «Fino a
quando non troveremo un rimedio
efficace, sarà meglio rimanere uniti.»
«Molto
bene» disse Emmett mentre un largo sorriso cancellava di
colpo l’espressione seriosa. «Allora, pronti a
partire? Gli orsi non aspettano
certo i nostri comodi.»
Correre
sfiorando il muro del suono era una sensazione fantastica,
che Bella adorava. Ora finalmente capiva come faceva Edward a correre
scansando
gli alberi: dopo la trasformazione, il movimento e la percezione si
erano
improvvisamente bilanciati, un equilibrio perfetto che rendeva le
schivate
facilissime. Bella era meravigliosamente consapevole di ogni foglia, di
ogni
insetto, di ogni frammento di corteccia attorno a lei; si sentiva
rapida come
il fulmine e fortissima. Si sentiva la predatrice perfetta.
Il
tramonto incendiava il cielo di sfumature purpuree quando i
vampiri raggiunsero Raven Hill, la zona di caccia preferita di Emmett.
Rosalie
atterrò con grazia ai bordi di una piccola radura e
scrollò i lucidi capelli biondi, annusando l’aria.
Per Bella era un vero divertimento
osservare la splendida vampira in agguato: le era ancora difficile far
combaciare l’immagine di reginetta della scuola con quella di
spietata
cacciatrice.
«Ce
una femmina piuttosto anziana a ovest della zona paludosa»
mormorò Rosalie. «E un giovane maschio lungo il
fiume.»
Edward
le balzò accanto e scoccò un mezzo sorriso ad
Emmett. «Quale
preferisci, Em?»
Bella
ed Emmett scesero a terra fianco a fianco, quest’ultimo
scosso da una risatina. «Che domande, Edward!
Dov’è il tuo galateo? Non sai che
bisogna rispettare le signore?»
Alice
si materializzò dietro Bella e le sussurrò
all’orecchio: «Tradotto
in lingua corrente, preferisce quello sul fiume perché
ritiene più emozionante
la sfida. Ma stavolta scommetto che l’orso gli
sfugge…»
Emmett
rise. «Non c’è gusto a far scommesse con
te, Alice. Ma
vedremo.»
Ripresero
a correre, dirigendosi verso il fiume. Bella non
conosceva ancora bene Raven Hill, così si limitava a seguire
Edward e Alice. In
retroguardia c’erano Carlisle ed Esme, mentre Jasper rimaneva
verso il centro,
dove avrebbe potuto intervenire più facilmente.
Spostandosi
a folle velocità, raggiunsero il fiume in un battibaleno:
era piuttosto sottile, ma spumoso e violento, biancheggiante di
schiuma. Tra i
ventagli d’acqua s’intravedevano le squame
scintillanti di piccoli pesci. L’orso
era lì, vicino ad una roccia smussata: un’enorme
massa di peli neri e zanne
giallastre. Il corpo tozzo e poderoso era teso, le zampe scattavano
nella spuma
nel tentativo di colpire qualche pesce.
«È
magnifico» disse Emmett allegramente.
«Perfetto.»
I
vampiri si acquattarono tra i cespugli al limitare del bosco, a
non più di una trentina di metri dall’orso.
Guardandone gli arti possenti e il
collo robusto, Bella non poté non avvertire una lieve,
bruciante ondata di
sete, e per un attimo immaginò come sarebbe stato affondare
i denti in quella
carne calda e morbida…
«Oh»
mormorò Esme, riportandola la realtà.
«È una di quelle cose?»
Sette
paia d’occhi sfrecciarono nel punto da lei indicato: una
creatura rossa e fiammeggiante, ardente come una lingua di fuoco,
fluttuante
tra gli spruzzi d’acqua perlacea. Questa aveva fattezze quasi
leonine ed era un
po’ più aggraziata del bianco lupo deforme, ma
appariva comunque orribile, una
raccapricciante scultura di rame fuso e sangue bollente.
Un
velo di calma scese su Bella, scacciando il nervosismo, e lei
inviò un silenzioso ringraziamento a Jasper. Il vampiro
biondo stava ora
dirottando i propri poteri sulla creatura rossa, leggendone
l’essenza.
«Non
è rabbiosa, questa» bisbigliò.
«Sembra più… desolata.
Un’afflizione
intensa e incurabile…»
«Puoi
eliminarla?» chiese Rosalie a mezza voce.
Jasper
socchiuse gli occhi.
Per
un attimo la creatura rossa guardò verso i cespugli dove si
erano nascosti, e Bella incrociò il suo sguardo: uno sguardo
spento e remoto,
ma nel quale era perfettamente visibile una scintilla di profonda
agonia,
l’inesprimibile dolore della madre cui è stato
strappato il figlio.
Poi
lo sguardo si perse, il corpo di fuoco scomparve in un filo di
fumo rossastro.
Prima
che il fumo si diradasse, Bella fu certa che un lampo
cremisi avesse squarciato il cielo.
***********************************+
E
infine giungemmo alla fine del terzo capitolo…
:)
grazie mille ary e noemi, aggiornerò il prima possibile
|
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Capitolo 4 *** On the Edge ***
On the Edge
“Light in my life, I want to keep
this
moment
While the night keeps us alive
Desolation lies beneath euphoria
It's a constant living on the edge.”
A
Little Moment
Of Desperation
La
caccia si concluse rapidamente e quando i vampiri tornarono a
casa, circa un’ora più tardi, la sete di ognuno
era appagata. Con gran sollievo
generale, non riapparve nessuna creatura – nessuna
‘emobestia’, come le aveva ribattezzate
Emmett. Le emobestie accendevano l’interesse di Carlisle, che
nonostante
l’assai longeva vita non aveva mai visto nulla del genere, ma
le poche
informazioni a loro disposizione non soddisfacevano la sua
curiosità. Erano
davvero semplici cumuli di emozioni vaganti, privi di scopo, o avevano
anche
altri fini? E se li avevano, quali erano, e da dove venivano?
Domande
destinate a rimanere senza risposta.
«Dobbiamo
avvisare i Quileute» disse Bella con decisione una volta
al sicuro tra le mura di casa Cullen. «Potrebbero non essere
ancora a
conoscenza delle emobestie. Magari possiamo vederle solo noi
vampiri…»
«Ci
sono parecchie supposizioni sulle emobestie» intervenne
Rosalie in tono calmo. «Potremmo vederle solo noi vampiri.
Potrebbero essere
eliminabili solo tramite i poteri di Jasper.
Potrebbero…» scoccò una rapida
occhiata alla neovampira «… essere incapaci di
toccare Bella. Magari la sua
protezione soprannaturale funziona anche con loro.»
«Non
ho intenzione di rischiare» intervenne seccamente Edward.
Rosalie
scrollò la testa. «Certo che no. Te l’ho
detto, era solo
una supposizione.»
«Comunque
dobbiamo avvertire i Quileute.» Anche Esme era
d’accordo
con Bella. «Non è giusto che soffrano per una
nostra negligenza.»
Alice
arricciò il naso. «Io, Jasper, Bella ed Edward
andremo dai
Quileute. Voi invece rimarrete qui e… sì,
andrà tutto bene, non vedo niente di
oscuro o nebuloso intorno a voi. I Quileute sono anche più
vicini a queste
stregonerie, magari sanno con precisione di cosa si tratta.»
«Figurati
se quei lupacchiotti ne sanno più di noi»
borbottò
Emmett.
«Scommetto
che muori dalla voglia di venire» lo prese in giro
Alice. «Tranquillo, fratellone, torneremo prima che tu faccia
in tempo a
tradurre l’inno francese in messicano.»
«Grazie
tante…»
Jacob
Black era seduto sulla morbida sabbia di First Beach e
osservava il mare, pensieroso. Tra le onde più basse, Quil
giocava con Claire,
il soggetto del suo imprinting, e sembrava divertirsi quanto la bambina
mentre
la prendeva sulle spalle e la portava in giro.
«Shecob!»
Jacob
alzò gli occhi. Sulle spalle di Quil, Claire agitava un
qualcosa di lucente che teneva stretto nel piccolo pugno.
«Garda
cosa trovato Qwil!»
Col
faccino raggiante, gli porse l’oggetto, e Jacob lo prese: era
una piccola conchiglia violacea, lievemente scheggiata.
«Tua,
Shecob» dichiarò solennemente la bambina.
«Molto
signorile… Grazie.»
Quil
fece scendere Claire dalle spalle e si lasciò cadere accanto
all’amico, con i pantaloncini inzuppati e i capelli
grondanti. Claire gli si
accoccolò al fianco, guardandolo gioiosamente.
«Cinque
minuti, Claire, e poi torniamo a giocare, promesso» disse
Quil con un sorriso.
Claire
annuì, senza staccare i begli occhi neri dal suo volto.
«Allora,
Jake, come te la cavi coi nuovi incarichi di capo? Ti
diverti a spadroneggiare?» domandò scherzosamente
Quil, accarezzandole la
testa.
Jacob
grattò distrattamente la sabbia, tracciando con le dita una
soffice lettera B.
«Non
c’è male. Però è davvero
difficile badare a tutte le vostre
teste di legno senza che finiate nei guai un giorno sì e
l’altro pure.»
Quil
si mordicchiò un labbro, gettandogli un rapido sguardo.
«E
come va con… lei? Ti sei abituato al pensiero?»
La
questione Isabella Swan era un tasto dolente, per Jacob. Ancora
non si capacitava di aver davvero accettato di spezzare momentaneamente
il
Patto… Lui, l’ultimo discendente di Ephraim Black,
aveva permesso che un
vampiro mordesse un’umana. E questo perché
l’umana glielo aveva chiesto
esplicitamente, lo aveva implorato, e lui alla fine aveva ceduto. Si
era ritrovato
davanti una scelta: avere una Bella sconsolata e malinconica o perdere
Bella ma
renderla felice. Bella lo amava, sì, ma non quanto amava il
suo succhiasangue,
Edward. Edward avrebbe potuto donarle la vera felicità,
Jacob invece no. La sua
scelta era stata dettata dall’affetto per Bella, ma il fatto
di saperla felice
non spegneva il rimpianto: se solo Edward non fosse esistito…
«Non
abbatterti» provò a consolarlo Quil.
«Non hai avuto
l’imprinting con lei, no? Immagina cosa sarebbe successo se
lei avesse scelto
te: Edward se ne sarebbe andato, voi due vi sareste sposati e un bel
giorno
sarebbe capitata per La Push una perfetta sconosciuta con cui tu
avresti avuto
l’imprinting. Cosa ne sarebbe stato di Bella?»
Già.
Cosa ne sarebbe stato?
«Se
noi fossimo umani e non quei mostri che siamo…»
Quil
scosse la testa, carezzando dolcemente una ciocca scura di
Claire. «Così è la vita… A
proposito, parli del diavolo e ne spuntano le corna.»
«Indovina
a cosa stavano pensando, tanto per cambiare»
sbuffò
Edward sottovoce avvicinandosi ai due licantropi.
«Bella!»
Jacob
si alzò in piedi, stupefatto, coi lunghi capelli corvini
arruffati dal vento. Bella ricambiò il suo sguardo, e lo
vide dilatare
impercettibilmente gli occhi quanto notò il colore rossastro
delle sue iridi.
Sono
un mostro,
pensò con
controllato orrore. Sono un mostro, come
te, Jacob. Come Quil. Come Alice, Jasper e Edward. Alcuni si
trasformano in
lupi titanici e altri succhiano il sangue alle proprie vittime, ma la
nostra
essenza è la stessa: siamo tutti dei mostri.
«Edward,
Alice, Jasper…» Jacob li salutò
brevemente, ma continuò a
fissare Bella. Gli era sempre sembrata molto carina – non
dotata di
stupefacente bellezza o di un fascino trascinante, ma carina: carina in
un modo
semplice, schietto e spontaneo. Carina in modo irresistibile, almeno
per lui. Ma
quello che adesso aveva davanti era…
un’assurdità. Era sempre lei, la sua
Bella, ma i suoi lineamenti si erano raffinati e tutta la sua figura
era
diversa, più stupenda che mai. Ora era una vera bellezza, la
più seducente
delle sirene.
Ma
non è più
Bella al cento per cento,
pensò mestamente Jacob. La mia
migliore amica è morta. Preferivo mille volte la Bella di
prima:
carina e spigliata, l’immagine della franchezza. E questa?
È sempre lei, o dopo
la vampirizzazione si è trasformata in un blocco di marmo?
Bella
mosse lentamente un passo avanti.
«Ehi,
Jake…»
Sorrise, esitante. Jacob rispose automaticamente al sorriso: come si
faceva a
mettere a disagio una ragazza così?
«Era
da un po’, eh, Bells? Mi sembri… be’,
non proprio viva e vegeta,
ma almeno in buona salute.»
Un
leggero movimento alle sue spalle. Quil si era alzato in piedi,
e teneva prudentemente Claire dietro di sé facendole scudo
col proprio corpo.
«Jacob
Black e Quil Ateara» mormorò Edward.
Dietro
di lui c’erano Alice – piccola e graziosa come
sempre – e
Jasper, che al confronto sembrava un gigante. Jacob ricordava che i
poteri di
Alice non funzionavano sui licantropi, ma in quel momento non
rammentava le
qualità di Jasper. Forse non ne aveva, o forse non avevano
effetto su quelli
della sua specie. Chissà…
«Ciao»
grugnì Quil.
«Ciao!»
trillò la vocina allegra di Claire spezzando la tensione.
«Io Claire… Voi?»
Quil
rimase immobile per un attimo, poi s’inginocchiò
accanto a
lei e indicò i vampiri uno per uno. «Loro
sono… amici. Queste sono Bella e
Alice, il ragazzo con i capelli rossi si chiama Edward e il biondo
Jasper. Abitano
a Forks.»
Abitano
a Forks
e il loro passatempo preferito è sgozzare orsi grizzly nel
cuore della foresta.
«Ehi,
come va? Tutto okay?» Bella indirizzò un sorriso a
Quil e a
Claire. Affabile come sempre e più attraente che mai. Jacob
si sentì un groppo
in gola. Lei era a dieci passi di distanza, ma non era mai stata
così distante.
«Suppongo
che non sia una visita di cortesia» disse rudemente il
licantropo spostando lo sguardo da Bella a Edward. «A cosa si
deve il piacere?»
Bella
si lasciò sfuggire un sospiro. Ecco, naturale: Jacob la
considerava un mostro; l’aveva fissata come se avesse avuto
davanti un’aliena,
o uno strano e disgustoso essere proveniente da qualche lontanissima
galassia.
«Bella
tiene molto alla vostra salvaguardia, nonostante la vostra
discutibile gentilezza» disse Edward con voce controllata.
«Voleva solo
mettervi in guardia contro…»
S’interruppe, e il suo tono si fece vacuo. «Ma
vedo che siete già a conoscenza delle emobestie.»
«Le
emobestie?» Jacob rise, quella risata fredda e senza gioia
che
Bella detestava. «Detto così sembrano esseri
vestiti di nero che adorano
tagliarsi le vene e cantare la morte… Provate a fargli
ascoltare un cd dei
Metallica, magari se la daranno a gambe.»
«Non
sei divertente, Black» ribatté Alice.
Jacob
si lisciò una ciocca corvina tra due dita. «Okay.
Allora,
dove credete che sia Embry, a giocare a monopoli con gli anziani di La
Push?»
«Cosa
gli è successo?» domandò Bella
allarmata.
«È
finito nel mirino di una delle vostre emobestie.
Sam si è dovuto trasformare per bloccarlo prima che
attaccasse Paul… Accidenti, sembrava che Paul gli avesse
appena ucciso un
fratello, dalla violenza con cui reagiva. Alla fine abbiamo dovuto
placcarlo in
quattro, e Jared è rimasto pure ferito.»
«Ferito?»
«Nulla
di grave, è guarito in mezz’ora, ma gli ha fatto
abbastanza
male. Ora Embry è legato e rinchiuso in una baracca a parte
e noi ci diamo i
turni di guardia per tenerlo sotto controllo. Adesso dovrebbe esserci
Seth,
credo.»
Bella
era paralizzata dall’orrore. Embry? Embry Call?
Com’era
possibile? Era un ragazzo così timido e
tranquillo… Possibile che le emobestie
portassero a tanto? Per poco non sussultò quando
sentì la mano di Edward sul
fianco.
«Stai
calma, troveremo una soluzione» mormorò il vampiro
con
dolcezza.
Bella
annuì senza convinzione.
«Andiamo
a casa mia» borbottò Jacob. «Staremo
più comodi e
parleremo meglio.»
**********************
grazie
Smallfly ^^ per quanto riguarda gli ammassi di emozione si
scoprirà… ;)
|
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Capitolo 5 *** Memories ***
Memories
“You take yourself apart
To medicate the pain
It shouldn't be this hard
To believe in you again.”
Who You Are
E
in effetti, la minuscola casa di Jacob ebbe un effetto
tranquillizzante su Bella, almeno quanto il velo di potere di Jasper.
Era tra
quelle mura di legno che aveva recuperato qualche frammento di pace
interiore
dopo il momentaneo abbandono di Edward.
Ora,
dei quattro vampiri solo Bella era seduta sul divano mezzo
sfondato; gli altri tre erano dietro di lei, con aria di annoiata
disinvoltura.
Jacob sedeva rigidamente accanto alla sua vecchia amica, teso, con Quil
e
Claire alle spalle. Claire sembrava entusiasta della compagnia e le
andava a
genio soprattutto Alice, probabilmente perché trovava buffo
e al contempo affascinante
il suo visino da folletto.
Bella
aspirò con piacere il familiare profumo di masala
chai che entrava dalla finestra
semiaperta. Ora quella stanza conteneva sei mostri, ma un tempo quei
mostri
avrebbero potuto essere amici. La neovampira era convinta che, se non
fosse
stato per lei, Edward e Jacob avrebbero potuto andare
d’accordo. Gettò una
rapida occhiata al volto ombroso di Jacob e sentì la
sofferenza attanagliarle
l’animo. Ora che lo osservava meglio, poteva notare le spesse
occhiaie, il viso
smagrito, l’espressione sciupata.
Se
le cose
avessero potuto andare diversamente… Se noi non fossimo
esseri soprannaturali
ma semplici amici umani…
Quasi
poteva immaginare la scena: Edward e Jacob, entrambi
attraenti ma di un’avvenenza umana e imperfetta, che si
lanciavano in scherzose
contese e parlavano di sport, di auto, di motori come tutti i ragazzi
normali.
Ne sarebbe stata felicissima. Ma loro non erano umani, e quello era il
problema.
Gli umani non vanno a caccia di orsi. Gli umani non si trasformano in
lupi
giganti. Gli umani la notte dormono.
«Allora,
cosa volevate dirci di tanto importante?» domandò
Jacob
infrangendo il silenzio.
Alice
sospirò. «Le emobestie, zuccone. Quelle cose che
hanno fatto
impazzire Embry.»
«Inpacire
Enbry?» domandò Claire sgranando gli occhioni.
«Sì,
con il loro spumeggiante gusto… ehm…
cioccolato!» Quil si
caricò Claire in spalla. «Be’, vi
saluto, ho una fame che non ci vedo e
scommetto che anche Claire ha fame. Ehi, Jacob…» I
due si scambiarono uno
sguardo. Non ci voleva un genio a decifrarlo: se qualcosa non fosse
andato per
il verso giusto, bastava una flebile chiamata e Quil si sarebbe
catapultato al
fianco dell’amico.
Il
ragazzo e la bambina uscirono, e Jacob rimase solo coi vampiri.
«Tranquillo,
abbiamo già pranzato» disse Jasper in tono
malizioso,
guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Edward.
«Allora, per il momento non
abbiamo ancora trovato un rimedio al male inflitto dalle emobestie. Ma
sappiamo
come sopprimerle.»
«È
una cosa che solo Jasper può fare, per cui lui è
l’unica nostra
protezione» aggiunse Alice. «Bisogna sopprimere le
emozioni dalle quali sono
formate, ma senza toccarle.»
«Cosa
le attira?» chiese cupamente Jacob.
Edward
scosse la testa. «Non ne abbiamo idea. L’unica cosa
certa è
che solo vampiri e licantropi possono vederli… Gli esseri
umani e animali no.»
«Non
è che c’entrano i vostri amichetti italiani,
eh?»
«Jake,
come puoi dire una cosa simile!» esclamò Bella
indignata. «Noi
non abbiamo più niente a che fare con i Volturi…
Accidenti, hanno cercato di
ammazzarci!»
«Teoricamente
siete già morti.»
«Be’,
ma esistiamo ancora!»
«Basta
così» intervenne Jasper calmo. «State in
guardia, qui a La
Push. Ancora non sappiamo quanta influenza potrebbero avere le
emobestie sugli
umani, o quanto dura l’effetto di un loro attacco. Non
sappiamo nemmeno se
rimarranno sempre così o se si evolveranno.»
Evolversi?
Quella
era
un’idea che Bella non aveva mai neppure preso in
considerazione, ma si diede
della stupida per non averci pensato: come le larve crescevano
lentamente fino
a trasformarsi in insetto e schiudere ali lucenti, anche le emobestie
avrebbero
potuto mutarsi in qualcosa di ancora più orribile e potente.
Un brivido le
attraversò la spina dorsale, ma passò
inosservato.
«Staremo
all’erta» promise Jacob neutro. «E voi
fate lo stesso,
siete alleati preziosi, dopotutto. Le emobestie sono comparse solo in
queste
zone?»
«Qui
e intorno a Denali di sicuro.»
Jacob
si mordicchiò il labbro. Per un attimo parve sul punto di
dire qualcosa, poi si bloccò all’improvviso e
farfugliò: «Allora, be’, fate
attenzione, okay? Soprattutto tu, Bells. Se non puoi essere viva, sii
almeno
vegeta.»
Bella
fece un risolino. «E tu cerca di rimanere vivo, è
sufficiente.»
«Certo,
certo.»
«Finalmente!»
Esme abbracciò Alice e Edward, poi toccò a Jasper
e
infine anche Bella fu tra le sue braccia, avvolta in una nube di
profumo di
narciso. «Iniziavo a temere che vi fosse successo
qualcosa… che aveste
incontrato uno di quegli orrendi esseri…»
«Tutto
okay, Esme» disse Edward. «Solo, ci siamo attardati
un poco
a discutere con Jacob Black.»
«Avete
scoperto niente?» domandò Carlisle ansioso.
Alice
scosse la testa. «Niente, a parte il fatto che Embry Call
è
impazzito dopo essere stato a contatto con
un’emobestia.»
«Una
reazione prevedibile, ma comunque interessante»
commentò
Carlisle. «L’emobestia ha danneggiato i suoi centri
nervosi?»
«Non
abbiamo visto Call» rispose Jasper duro. «Ma forse
è meglio
così. Nemmeno io sarei in grado di placare emozioni troppo
violente.»
«Oh…
ne riparleremo dopo» sussurrò Alice socchiudendo
gli occhi
mentre una nuova visione le balenava nella mente. «Charlie
sta per chiamare.
Muore dalla voglia di sapere come sta Bella…»
Al
padre di Bella avevano raccontato una banale storiella, ovvero
il fatto che durante la luna di miele la ragazza era stata colta da una
strana
malattia ultrarara e che non poteva parlare o vedere nessuno,
fuorché il suo
medico personale. Questo, ovviamente, aveva fatto salire la
preoccupazione di
Charlie alle stelle, ma le rassicurazioni di Carlisle lo confortavano.
Alice
non aveva ancora finito di parlare che il telefono cordless
trillò
vivacemente.
Bella
sospirò. «Devo proprio infliggergli questo
dolore?»
«Non
riconoscerebbe neanche la tua voce, e poi sarebbe troppo
pericoloso» ribatté severamente Carlisle.
Una
tristezza senza nome affondò nel cuore di Bella. Charlie,
con
la sua mania per la pesca e le sue partite di basket, Charlie che le
voleva
bene e che si era sempre impensierito per lei, Charlie che aveva
sofferto tanto
e che ancora doveva soffrire a causa sua. Maledetta la sua voce! Per un
attimo
desiderò riavere quella bassa e odiosa di prima,
anziché la splendida voce
musicale di ora.
«Mi
dispiace, Bella» bisbigliò dolcemente Esme
abbracciandola e
accarezzandole i capelli con il suo rasserenante tocco materno. Il suo
profumo,
per quanto amabile, era ben diverso dalle fragranze cariche e un
po’ pesanti di
Renée, e per la prima volta da quando era stata trasformata
Bella avvertì le
fitte della nostalgia. Adesso era davvero un’orfana. Il
dolore le schiacciò lo
stomaco, ma soffocò le lacrime: non voleva sembrare una
fragile piagnona.
All’ennesimo
squillo, Carlisle prese il cordless e se lo portò
all’orecchio. «Sì?»
I
suoi occhi dorati sfrecciarono su Bella, poi su Esme. Un sospiro
profondo.
«No,
mi addolora dirlo, ma non ci sono stati miglioramenti. Sto
facendo l’impossibile per… No, gli ospedali sono
troppo luminosi e Isabella
verrebbe a contatto con troppa gente.»
Da
un certo
punto di vista è vero,
pensò Bella. Non avrebbe potuto stare in un ospedale, con
tutte
quelle persone calde e appetitose e la luce solare che illuminava la
sua nuova
pelle di vampira come uno strascico intessuto di diamanti.
Però a Charlie non
poteva certo essere detto. La sincerità nelle relazioni
umane era stata
distrutta.
Nonostante
tutti i suoi sforzi, un velo di lacrime le offuscò la
vista via via che Carlisle parlava, accumulando una bugia dietro
l’altra. Avrebbe
voluto strappargli il telefono di mano e gridare a suo padre:
“Non è vero,
Charlie, sto bene e non sono mai stata meglio, non corro nessun rischio
di
morte!” Ma la parte razionale del suo cervello le suggeriva
che sarebbe stata
una pessima mossa: avrebbe stupidamente terrorizzato Charlie e messo in
pericolo tutti i Cullen. Sempre se avesse riconosciuto la sua voce
argentina,
se avesse localizzato la sua Bella dietro quei toni sconosciuti. Cosa
improbabile.
Piantala,
idiota,
si rimproverò mentalmente. Hai
fatto la tua scelta. Edward era accanto a lei: gli strinse
dolcemente la
mano, accarezzandolo con lo sguardo. Hai
scelto lui, la tua decisione è stata di trascorrere
l’eternità al suo fianco. Conoscevi
le conseguenze del tuo gesto, sapevi che avresti dovuto rinunciare al
tuo vecchio
mondo, e sei andata avanti. Adesso non puoi tornare indietro.
Non
desiderava tornare indietro, ma in cuor suo sapeva che il
dolore per quella separazione l’avrebbe accompagnata per
tutta l’eternità. La
vita senza Charlie e Renée sarebbe stata dura, durissima, ma
in fondo ammissibile;
la prospettiva di perdere Edward le era invece inaccettabile.
Ma
questo non spegneva il dolore.
**********************************
Un
super-danke, ary, sei sempre gentilissima ^^
|
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Capitolo 6 *** Together ***
Together
“You kept your faith when my words
were
untrue
You made me laugh when I was feeling blue
Always giving, never asking for more than a smile upon my face
Together we will conquer the whole world.”
Song For You
Erano
trascorsi due giorni dalla telefonata di Charlie.
Nonostante
gli adorati orsi di Emmett si fossero risvegliati da un
pezzo dal letargo, il cielo era ancora freddo, costantemente nuvoloso e
carico
di pioggia. I Cullen erano andati a caccia approfittando di un
pomeriggio più
clemente degli altri, e quella domenica si sentivano abbastanza sazi da
non
intraprendere una seconda spedizione.
Così
Bella sfruttava il tempo libero sedendosi in giardino e
osservando lo scorrere della vita: le sue nuove facoltà di
vampira le
permettevano di scorgere innumerevoli dettagli e di afferrare i
particolari più
sfuggenti, come l’impercettibile battito delle ali di una
farfalla, i cauti
movimenti di una volpe appostata nel bosco, il fruscio di una foglia
che cade
su uno stelo d’erba.
La
Vita pulsava tutto attorno a lei, centinaia di migliaia di
piante, di insetti, di microscopici organismi frementi nel terreno e
nell’aria.
E
un silenzioso passo di vampiro alle sue spalle.
«Ti
dai al bird-watching, Bella?» Edward si sedette
sull’erba
accanto a lei, incurante delle goccioline d’acqua che la
ricoprivano. «Fai
bene. È stupefacente, vero?»
«Sì,
incredibile. Non avrei mai pensato che potessero esistere
così tanti organismi in un pugno di alberi.»
Si
appoggiò alla spalla di Edward, pensando che la cosa
più
stupefacente era la sua vicinanza. Le parevano trascorsi secoli dal
tremendo
giorno in cui lui l’aveva lasciata dopo quello stupido
incidente coi regali; era
stato allora che aveva davvero temuto di averlo perso per
sempre… La vita di
Bella si era fatta smorta, fiacca, insulsa, priva di senso.
Mai
avrebbe immaginato di ritrovarsi lì, in quel giardino
inondato
di profumi, con lui accanto a sé. Meno che mai
‘vampirizzata’.
Edward,
Edward,
Edward… Non
riusciva a pensare che a lui, ai suoi modi disinvolti, al
sorriso sghembo che le piaceva tanto. Il desiderio di ascoltare la sua
voce si
fece impellente.
«Come
va con le emobestie?» sussurrò.
«Carlisle
non sa più cosa inventarsi» rispose Edward con un
sospiro, cingendole la vita con un braccio. «Ma, se non
altro, gli umani ne
sono immuni, a patto che non abbiano alcun legame con il
soprannaturale. Tanya
ha voluto fare un esperimento, nonostante le proteste di Carlisle, e
per quanto
sia ripugnante devo ammettere che ci ha fornito informazioni molto
utili.»
Bella
arricciò il naso. Aveva incontrato Tanya di Denali in
un’unica occasione – al suo matrimonio con Edward
– e c’era mancato poco che
non scoppiasse una rissa; detestava le sue maniere altezzose, il suo
sorriso di
sufficienza, la sua risata affettata. D’altro canto, nemmeno
Tanya era pazza di
lei: nei piani della famiglia, Edward avrebbe dovuto essere il suo compagno. Questo prima che il
vampiro conoscesse Bella.
«Che
esperimento?» domandò aspramente, cercando di
nascondere
l’irritazione.
Edward
fece un mezzo sorriso. «Bella, ti amavo alla follia quando
eri umana, e adesso, se possibile, ti amo ancora di più.
Tanya non ha mai
suscitato in me nemmeno un centesimo dell’attrazione che
eserciti tu.»
Avrebbe
dovuto migliorare, come attrice, ma non poteva negare a se
stessa che quelle parole l’avevano addolcita: Edward avrebbe
potuto scegliere
Rosalie, la bionda mozzafiato che in seguito era diventata sua sorella,
o
Tanya, altrettanto bella e procace, e invece aveva scelto lei, proprio
lei, una
banalissima umana, goffa in modo imbarazzante e sexy quanto un topo del
deserto.
«Che
esperimento?» ripeté in tono più
gentile.
Edward
giocherellò per qualche secondo con una sua ciocca di
capelli prima di rispondere: «Ha sedotto due esseri umani e
li ha attirati tra
i monti abbozzando la scusa di un’escursione, poi li ha
lasciati faccia a
faccia con l’unica emobestia che ha trovato. E sembra che
l’emobestia li abbia
deliberatamente ignorati, continuando a tenere d’occhio solo
Tanya.»
Okay,
andava bene così. Basta Tanya, per quel giorno, ma
c’era
ancora una cosa che Bella voleva sapere…
«Che
misure di sicurezza hanno adottato, a Denali?» chiese
incuriosita.
Edward
aggrottò la fronte. «Hanno Leslie. Per il momento
è sufficiente.
Ah,
già. Leslie era la sorella più giovane di Tanya e
Irina, una
vampira che dimostrava quattordici, quindici anni al massimo. Bella
l’aveva
conosciuta al matrimonio, e le era parsa la degna compare di Alice: una
ragazzina allegra e solare, vivace e testarda. Era l’unica
della famiglia di
Denali a possedere un potere davvero particolare: sapeva comunicare con
ogni
essere vivente, pianta o animale che fosse. Ma se era in grado di
utilizzare il
suo potere come protezione, allora…
«Riesce
a comunicare con le emobestie» mormorò Bella.
Edward
le passò un dito lungo la guancia, arrestandolo sotto il
mento.
«Secondo
Alice sì, ma Jasper e Rosalie sono andati a controllare
di persona» replicò. «Se è
capace o meno, lo sapremo presto.»
Bella
sospirò. «E se non ci fossero rimedi, a parte il
potere di
Jasper?»
«Ce
ne saranno» affermò Edward. «Di
sicuro.»
La
neovampira annuì. «Per forza. Non permetterei mai
a dei viscidi
cosi emozionali di farti del male.»
«Ma
un tempo non ero io il difensore?»
«Hai
detto bene: un tempo. Secoli fa.» Bella gli
indirizzò un
sorriso radioso. Le sarebbe piaciuto giocare il ruolo di difensore, era
stufa
di vedere ogni volta Edward rischiare la morte per lei.
Phoenix… Volterra… i
boschi di Forks… Era sempre lui a difenderla, ad affrontare
il pericolo. Ma ora
Bella non era più una debole umana indifesa; per il prossimo
millennio, si
ripromise, sarebbe stata lei a proteggere Edward, a qualunque prezzo.
**************************************
Un
capitolo senza troppo azione, ma secondo qualche critico avevo
messo troppo poco BellaXEdward :)
Midnight_erin:
grazie mille per il sostegno ^^
Ary:
okay, sembro un pappagallo rimbecillito a ripetere sempre
‘grazie-grazie-grazie’…
spero mi sopporterai ;-p
|
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Capitolo 7 *** Calm Before The Storm ***
Calm
Before the Storm
“It's the calm before the storm
The dawn before the battle's won
It's the mind that cannot sleep
It's the wish that goes so deep
Never weary, never quiet
It's the last night before we fight.”
Together
Rosalie
e Jasper fecero ritorno il giorno seguente, e con loro vennero
anche Tanya e Leslie.
Il
clan di Denali aveva deciso di abbandonare momentaneamente il
rifugio, ma Irina si era rifiutata di trasferirsi così
vicino al territorio dei
Quileute, gli uccisori del suo compagno Laurent, e il resto della
famiglia
l’aveva seguita nell’Ohio.
«Non
prendetela sul personale» disse Tanya a Edward, in un tono
che Bella avrebbe giudicato troppo confidenziale per i suoi gusti.
«Era molto
affezionata a Laurent, e i vostri amici
l’hanno barbaramente assassinato.»
«Stava
minacciando Bella» ribatté Edward tagliente.
«Ha avuto
quello che si meritava.»
«Era
semplicemente in caccia!» Tanya sgranò gli occhi
con
scandalizzata innocenza, la voce vibrante di sdegno. «Non
apprezzo i nostri
simili incapaci di resistere alla tentazione del sangue, ma nemmeno li
condanno. Laurent ha incontrato un’umana solitaria e
sperduta, e ha deciso di
infrangere per una volta le regole. E l’umana in questione
era così invitante…
anche se… a ben pensarci…»
inarcò un sottile sopracciglio scuro «cosa faceva
mai
un’umana da sola nei boschi? Oh, Edward, non sarai talmente
ingenuo da credere
che non c’entrasse niente? Insomma, una ragazzina che gira
per la foresta, un
branco di licantropi e un nostro fratello: è ovvio che si
trattava di una
trappola…»
«In
quei giorni Bella non era a conoscenza dei licantropi» la
rimbeccò Edward infastidito. «E comunque sono
contento che sia andata così,
altrimenti lei sarebbe stata uccisa e uno sporco traditore sarebbe
ancora in
circolazione.»
«Uno
sporco traditore! Laurent!»
Tanya alzò gli occhi al cielo. «La tua ragazzina
umana ti ha davvero stregato,
ora sei cieco persino all’affetto dei tuoi
fratelli…»
«Fratelli.» Edward
sputò
la parola con disprezzo. «Il divertimento preferito dei miei fratelli Laurent, James e Victoria
consisteva
nel tentare di distruggere la mia unica ragione di vita. E per un
soffio non ce
l’hanno fatta. Ora scusami, vado a cercare Bella.»
Come
se non sapesse esattamente dov’era. Come se il suo delicato
profumo di petali esotici non fosse una scia infuocata
nell’aria.
Quando
Edward se ne fu andato, Tanya intrecciò le braccia,
risentita. Si era abituata all’idea di essere considerata una
splendida femme fatale, e non
tollerava che un
maschio – anche se vampiro – preferisse
un’altra a lei. Una bamboccia umana,
tra l’altro, da poco divenuta neonata. L’aveva
vista una volta, a quello
stupido matrimonio: un’umana banale e insignificante, niente
a che vedere con
il fascino maledetto di Tanya. Chissà cosa ci trovava Edward
di così speciale
in lei…
Oh,
Edward! Tanya sospirò. Edward sì che era
speciale. Era il
vampiro più misterioso e avvincente che avesse mai visto, e
non aveva
intenzione di lasciarselo soffiare da un’idiota come Bella.
Prima o poi i tempi
sarebbero stati maturi, e lei ne avrebbe approfittato per sbarazzarsi
della
fastidiosa rivale.
In
quel momento, l’oggetto dell’odio di Tanya era
seduto sul
divano in salotto, vicino ad Alice, candidamente ignaro dei feroci
pensieri
della vampira di Denali. Era in corso una piccola riunione privata: a
parte
Bella e Alice c’erano Carlisle, Jasper e Leslie, la sorella
di Tanya.
Quest’ultima, appollaiata contro il tavolo di quercia, stava
spiegando la
propria teoria sulle emobestie; la quindicenne che
s’atteggiava come una
professoressa sembrava uscita da una satira, ma la situazione
cancellava il
lato comico della faccenda.
«Le
emobestie hanno una mentalità bizzarra, divisa in tre
settori»
stava dicendo Leslie in tono grave. «Il primo settore
– quello prevalente – è
pura emozione; una volta eliminato quello, l’emobestia cessa
di esistere. La
parte emotiva è la base del suo corpo.»
«E
gli altri due settori?» domandò Jasper interessato.
Leslie
si arricciò un boccolo rossiccio intorno
all’indice e lo
contemplò qualche istante, pensosa.
«C’è il secondo settore per importanza,
che
è il lato animale. È dotato di un istinto a
sé stante, che funziona proprio
come quello di una bestia, e gli permette di localizzare la preda
più debole e
di distinguere i Soprannaturali dai Naturali. Le cariche vitali che
attraversano i Soprannaturali sono molto più appassionanti
di quelle dei
Naturali: un comune essere vivente può resistere un giorno,
un decennio o un
secolo, ma i Soprannaturali sono molto più durevoli e hanno
una maggiore
percezione temporale. Le emobestie ci individuano proprio per il nostro
carico
di emozioni, assai più intenso di quello dei mortali, e
certi esemplari
riescono addirittura a fiutare e neutralizzare le nostre
capacità, come la
lettura del pensiero o la divinazione.»
Pronunciò
quel fiume di parole senza batter ciglio, poi gettò
un’occhiata eloquente ad Alice e proseguì:
«E poi c’è il terzo settore. La
parte più umana… Anche le emozioni racchiuse nel
primo settore sono umane, ma
il terzo contiene le cause di quelle emozioni, frammenti di ricordi,
monconi di
pensieri…»
«Tipo?»
Leslie
alzò una mano e la tenne sollevata di fronte a
sé; Carlisle,
Jasper e Alice la sfiorarono con le dita, e d’istinto anche
Bella fece lo
stesso. La pelle di Leslie non era fredda, anzi, era tiepida, calda,
bollente…
Serpenti
di fuoco risalirono lungo le ossa del braccio di Bella,
bruciandole, azzannando la carne viva, e nella mente della vampira ogni
cosa si
fece traslucida, resa scintillante da onde di fiamma.
Un
uomo. Alto
di statura e massiccio, dal volto marcato da spesse occhiaie. Tiene i
capelli
scuri tagliati corti, tanto che si vede la pelle rosea sotto le radici.
L’uomo
è seduto sotto la pensilina dell’autobus, da solo;
aspetta il numero 49, quello
che passa per Stanford Lane. A Stanford c’è la sua
casa, ma ormai lui non la
sente più sua, non da quando Gwen se
n’è andata. Lo tradiva da due anni, ma lui
non se n’era mai accorto prima, accecato dalla folle
adorazione per la moglie,
e adesso ne deve pagare le conseguenze.
Un
suono lieve,
frusciante. L’uomo alza gli occhi: c’è
una sagoma che s’avvicina a passo rapido
alla pensilina. Non fa freddo, eppure la figura indossa una giacca
pesante,
nera come la pece. Quando è più vicina,
l’uomo nota che la pelle di
quell’individuo è di una spaventosa sfumatura
color gesso. La sagoma si avvicina
ancora, fino a trovarsi sotto la pensilina a pochi passi da lui: un
giovane
alto e snello, dall’aria selvatica. Sotto il cappuccio, i
suoi lineamenti sono
dritti e spigolosi, perfetti. Il giovane guarda l’uomo, snuda
i denti in un
sorriso feroce. E poi, semplicemente, gli afferra le spalle e gli
affonda i
denti nella gola.
L’uomo
sussulta, osserva il sangue – il proprio sangue –
scorrere sul torace
impregnando la camicia di grosse chiazze rossastre. Fissa
l’altro negli occhi:
splendidi occhi a mandorla, rossi come lacrime di vulcano e altrettanto
ardenti. E stupidamente, mentre cade in ginocchio, pensa a lei, pensa a
Gwen. A
quanto lui le ha voluto bene, a quanto lei l’ha fatto
soffrire. Affetto e
dolore si mescolano in un unico turbine di dolce afflizione.
Il
corpo
dell’uomo scivola a terra in una pozza di sangue. Il giovane
dagli occhi rossi
lo guarda, e sotto il suo sguardo indecifrabile un Qualcosa prende
vita: un
unico turbine di devozione violata e bruciante sofferenza. Le emozioni
si fanno
più forti, si congiungono in una forma immateriale, assumono
l’aspetto magro e
slanciato di un essere canino. La creatura emette un suono acuto e
patetico,
orrendamente simile a un gemito umano, poi si volta e fugge via, senza
toccare
terra con le zampe sottili. Il bellissimo giovane lo osserva
allontanarsi, poi
si gira a sua volta e scompare tra le ombre.
Sotto
la
pensilina giace immobile il corpo dell’uomo, che
già inizia a illividirsi.
Bella
sbatté le palpebre, confusa, mentre la visione sfumava
lentamente. Leslie, davanti a lei, increspò le labbra in un
mezzo sorriso pieno
d’amarezza.
«L’emobestia
di Denali fino a non molto tempo fa era un uomo»
disse piano. «Poi qualcuno lo ha trasformato…
è una cosa assurda, lo so, eppure
credo che il vampiro che l’ha attaccato abbia il potere di
fondere le
emozioni.»
«E
le lascia andare in giro allo sbaraglio?!» esclamò
Bella
incredula. «Ma è pazzo!!»
Leslie
annuì. «Evidentemente le ritiene utili per i suoi
scopi,
qualsiasi essi siano.»
Stanford
Lane.
Autobus 49. Quei
nomi rotolavano nella mente di Bella come botti male
assicurate nella stiva di una nave in tempesta.
Quante volte c’era passata davanti? Quante volte si
era fermata a
cenare al ristorante cinese di Stanford?
«È…
a Phoenix» sussurrò con voce spenta.
Jasper
si massaggiò le tempie, socchiudendo gli occhi.
«Okay, a
Phoenix circola un vampiro che trasforma le ultime emozioni dei mortali
in… in
cosa, emozioni ambulanti? Be’, comunque sia, le
qualità di un vampiro
funzionano finché il loro portatore è in vita; se
il portatore viene distrutto,
automaticamente anche gli effetti delle sue qualità si
dissolvono.»
«Quindi
basta rintracciare questo vampiro e toglierlo di mezzo»
approvò Leslie.
«Non sarà difficile.» Alice aveva
abbassato le palpebre e ora, nella pura
tenebra del suo potere, cercava di sfiorare i pensieri del vampiro
visto nella
visione. «Sa chi siamo e dove siamo. Non dovremo
rintracciarlo; sarà lui a
venire da noi. Non da solo, naturalmente: ha voluto salvare tre delle
persone
che avrebbero dovuto morire.»
«Li
faremo a pezzi» ringhiò Jasper. «Siamo
otto contro quattro.»
«Dieci contro quattro»
precisò Leslie.
Carlisle,
che era rimasto in silenzio tutto il tempo, si chinò
verso Alice e le strinse leggermente una spalla.
«Cosa
vuole? Ci ha cercati solo per curiosità o desidera prendere
possesso del nostro territorio?»
Alice
scosse la testa. «No, nessuna delle due. Semplicemente,
vuole quello che James, Laurent e Victoria volevano prima di
lui.»
Gli
occhi di tutti scattarono su Bella.
«Fammi
indovinare cosa» sospirò la neovampira.
«Okay, ma adesso
non sono più umana e non ho più una goccia di
sangue nelle vene. Cosa vuole
ancora?»
«Questo
non te lo saprei dire» mormorò Alice in tono
vacuo.
********************************
La
calma prima della tempesta… qualche dettaglio in
più sulle
emobestie e l’introduzione di due notevoli personaggi ^^
Un
grazie in più da aggiungere alla sfilza che rivolgo
regolarmente ad ary e un piccolo ringraziamento anche agli spettatori
silenziosi, che pur senza aggiungere commenti continuano a seguire la
storia.
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Capitolo 8 *** The Fallen Angel ***
The
Fallen Angel
“In the shades he finds protection,
he’s a
fallen angel on the run
The night welcomes him like a lost son
As he’s walking under his brother moonlight
Nobody knows where he’s coming from
His breath is freezing the branches of the trees
And his eyes are almost perforating the environment around
him.”
World Under Ice
Seduto
a un tavolo del pub Babilonia,
Tucker sorseggiava distrattamente il suo vodka lemon, riflettendo sulle
possibilità che gli si spalancavano davanti. Reclutare
Howard, Izzy e Kevin era
stato un bel colpo, però era ancora in svantaggio numerico e
i suoi compagni
non possedevano alcun potere interessante, a parte lo stupido e inutile
Silenziatore di Izzy.
Ma,
se non altro, frugando nella casa dei genitori di Tess aveva trovato
parecchie informazioni utili, come ad esempio l’esistenza di
una certa Renée
Swan, cugina del padre di Tess. Ma non era tanto Renée a
interessarlo quanto
piuttosto sua figlia: la ragazza era l’unica discendente
della famiglia al di
sotto dei trent’anni. Un bocconcino niente male.
Le
notizie correvano, volavano, soprattutto se a trasmetterle
erano vampiri, e soprattutto se quei vampiri erano assetati di vendetta
come
Irina di Denali. Una ragazza sveglia, Irina. Aveva subito capito chi si
nascondeva dietro le ‘emobestie’ e li aveva scovati
in poche ore. A Tucker
sarebbe piaciuto averla nella squadra d’attacco, ma non
voleva coinvolgerla
oltre; lo aveva già aiutato abbastanza con i suoi
preziosissimi dati.
Né
Isabella né Renée abitavano più a
Phoenix; il suo obiettivo,
Isabella, si era spostato a Forks, sotto la protezione della potente
famiglia
dei Cullen. Se li avesse affrontati in campo aperto, i Cullen avrebbero
liquidato
lui e i suoi compagni… Occorreva cercare una tattica
accurata e vincente.
La
cercherò,
sì, ma dopo cena.
La
sete iniziava ad attanagliargli le viscere.
Si
alzò di scatto dal tavolo. Howard, Izzy e Kevin, seduti
attorno
a lui, lo guardarono sorpresi, e Tucker fu assalito
dall’esasperazione e dal
disgusto: un gigante idiota, una stupida bambina e uno spaventapasseri
di
dubbie capacità intellettuali.
Un
allegro
gruppetto di idioti.
Senza
una parola, uscì a passo di marcia dal Babilonia.
Shirley
McAlpine camminava lungo la sottile viuzza di Ridley
Street, ingobbita, col volto un tempo molto bello ora ridotto a una
fitta
ragnatela di rughe. La vecchiaia non le era mai pesata tanto sulle
spalle. Renée
si era trasferita in seguito a un misterioso incidente, quasi due anni
prima:
così le aveva raccontato la signora Davidson, la sua ex
vicina di casa. Dove?
In Florida. Con chi? Col suo nuovo marito. E la figlia? Boh.
Shirley
era depressa. Isabella, la sua unica speranza di ritrovare
Jason, era sparita nel nulla. Ma soprattutto adesso desiderava
Renée.
Ah,
Renée. Era da troppo tempo che non si parlavano faccia a
faccia. Era orribile il pensiero che sua figlia – la sua
bambina, che aveva
visto nascere e crescere – si fidasse talmente poco di lei da
crederla
coinvolta nell’assassinio di Jason. Renée non
aveva mai capito nulla, non aveva
mai saputo della seconda personalità di suo padre; si era
semplicemente
affidata alle indagini della polizia, che sostenevano che
l’unica persona in
casa al momento della morte di Jason McAlpine fosse Shirley.
Interrogazioni,
test, analisi. Anni orrendi, per Shirley. Si era
sempre fatta forza pensando a Renée, cercando di proteggerla
dall’amara verità,
e sua figlia si era fatta un’idea totalmente sbagliata delle
sue intenzioni.
L’aveva creduta una pazza assassina per molto, troppo tempo,
e a diciassette
anni era fuggita a Forks insieme al suo fidanzatino – come si
chiamava…? Chad,
Charles, un nome del genere. Renée era sempre stata una
ragazza coraggiosa e
indipendente.
L’affetto
di Shirley si era un poco affievolito col trascorrere degli
anni. La completa mancanza di fiducia da parte della figlia
l’aveva ferita,
dando il colpo di grazia al suo spirito già desolato.
Ora,
l’unica speranza di amore di Shirley risiedeva in Jason.
Jason l’aveva amata, avrebbe continuato ad amarla, ne era
certa. I ricordi del
suo uomo riaccendevano una scintilla di energia nel corpo fragile della
vecchia, un lampo di luce in una notte scura e pesante. Se fosse morta,
avrebbe
rivisto Jason? Forse, e forse no. C’era un solo modo sicuro,
e quel modo era
profanare i confini del Regno Occulto. Jason avrebbe rimesso tutto a
posto, ne
era certa, avrebbe risolto la situazione anche con Renée, e
per arrivare a lui
doveva trovare Isabella.
Stava
ancora pensando alla nipote quanto avvertì un lieve fruscio
alla sua sinistra: si voltò, accigliata, ma tutto quel che
vide furono le luci
intermittenti di una vecchia discoteca e del pub Babilonia.
La stretta Ridley Street era completamente deserta: a
quell’ora la gente non era ancora uscita di casa, e i pochi
che avevano messo
il naso fuori dalla porta se ne stavano rintanati nei bar, al sicuro
dalle
folate di vento sferzante. Ma certo, sicuro! Quella che aveva sentito
era una
folata di vento, tutto qui. Cos’altro poteva essere stato?
Shirley
si strinse lo scialle intorno al collo sottile,
rabbrividendo. Qualcosa, nel suo cervello, le bisbigliava che erano
tutte
menzogne, fragili utopie per nascondere la verità. Sapeva
perfettamente che
cosa poteva essere stato, ed era più cosciente che mai del
sangue che le
scorreva impetuoso nelle vene. Si guardò fugacemente
intorno, ma non vide
nessuno.
Non
dovrai mai
temere nulla dai licantropi.
La voce un po’ roca di Jason le zampillò nella
mente come un prezioso filo d’acqua nel deserto secco. Anzi, potrai sempre contare sulla nostra
protezione. Coloro che devi
temere sono i freddi: non lasciarti ingannare dal loro aspetto angelico
e dalla
loro voce di sirena, sono i più brutali assassini esistenti.
Sono come fruste,
rapidi e violenti nel colpire, e non falliscono mai il bersaglio.
I
licantropi a Londra erano numerosi, anche senza Jason.
C’erano
ben sette grandi branchi, sparsi per i diversi quartieri, che
assicuravano una
difesa totale, efficacissima; nessun ‘freddo’
avrebbe mai potuto oltrepassare
la loro fitta rete protettiva. Ma quella non era Londra; a Phoenix
probabilmente
non c’erano licantropi, o forse ce n’erano troppi
pochi. Non importava;
l’importante era che Shirley era lì, sola, senza
nessun licantropo al suo
fianco. Avrebbe venduto l’anima per avere Jason accanto a
sé in quel momento.
«Mi
scusi, signora, potrebbe dirmi dov’è Roosevelt
Avenue?»
Shirley
sussultò, ma riuscì a controllarsi dal gettare la
borsa di
finto coccodrillo in faccia alla persona che si era appena
materializzata
dietro di lei e fuggire a gambe levate. Raccogliendo tutta la sua
audacia, si
voltò invece a fronteggiare il nuovo arrivato: un giovanotto
alto e snello, in
jeans scuri e giacca di pelle, con i tipici capelli lunghi e un
po’ ribelli da
rocker e il viso da classico ‘bello e dannato’, un
viso avvenente e affilato
che avrebbe potuto far sospirare parecchie ragazze. Nonostante
l’aspetto un po’
inquietante, la sua voce era morbida e carezzevole, e la domanda era
stata
porta con la calma educata di un ragazzo dabbene.
Shirley
lo osservò per un lungo istante, stranita. Guardandolo
meglio, si rese conto che definirlo ‘avvenente’ era
quasi un insulto: nemmeno
Jason, che pure era molto attraente, poteva reggere il confronto con
quel
giovane angelo piovuto dalle stelle.
Tucker
non poté trattenere un sorrisetto. Provava un sottile
piacere nell’esaminare le prede prima di strappare le loro
emozioni vive e
pulsanti dal corpo appena ucciso. Avvertiva, in quell’anziana
signora di fronte
a lui, un esile sentimento di stupefatta ammirazione, che
però veniva eclissato
da un sentimento infinitamente più bruciante: la nostalgia.
Analizzandolo, il
vampiro poté assorbire il ricordo di quel ritaglio di anima
freddo e vuoto che
la morte aveva rubato alla donna. Un rimpianto acuto e lacerante,
violentissimo, misto all’ardente desiderio di pace.
Sarà
un’ottima
creatura,
pensò Tucker soddisfatto. Di rado i Suoi Figli sbocciavano
già
così travolgenti: molto spesso la loro intensità
maturava solo dopo parecchio
tempo. L’emozione ricavata da quella signora sarebbe stata
una Figlia
eccezionale.
La
donna di fronte a lui si riassettò una ciocca ingrigita
dietro
l’orecchio e disse in tono vacuo e balbettante:
«Sono una forestiera, non
conosco bene Phoenix. Ma all’angolo laggiù
c’è una pianta della città
e… e…»
Cosa
stava succedendo? L’adorazione aveva ceduto di colpo posto
alla paura, un terrore talmente morboso da essere palpabile
nell’aria. Cosa la
spaventava?
Non
che il mio
aspetto sia rassicurante, dopotutto. Pazienza, porrò fine in
fretta alle sue
sofferenze.
Appuntò
il suo sguardo sul collo sottile della vecchia. Un colpo
leggero, e sarebbe tutto finito. Si accinse a scattare verso la donna,
quando
quella crollò a terra in ginocchio e gridò:
«No ti prego freddo non uccidermi!»
***************************
Scusate
se ci ho messo tanto ad aggiornare ma ho avuto delle
giornate tremende…
Ok…
Danke
– gracias
– merci – thanks… grazie
in tutte le lingue del mondo ad Ary e un Oscar alla
pazienza ^^
Grazie
anche a MyLittleHeart, proverò ad essere più
chiara,
promesso!
E
– perdonatemi se vi cito solo adesso – un super
ringraziamento
anche a Bella4, bella5, ka chan, lady bella, ladyarle, Les, ninfea_82,
Patricia
Dalrymple, sasamy, Shona e underworld_max per avere aggiunto la storia
tra i preferiti
^^
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Capitolo 9 *** In The Garden ***
In
The Garden
“In this garden time is creeping
The odours so firm like a wall
Caressing me, making me loosing my will
Am I alone? How did I get here?”
Garden of Delight
Leslie
era seduta a gambe incrociate nel giardino dei Cullen, vicino
al limitare del bosco, e accarezzava con affetto materno una volpe
argentata
che le aveva posato il muso sul ginocchio. Sulla spalla sinistra della
vampira
si era appollaiato uno scoiattolo, intento a sgranocchiare una noce,
mentre un
fugace serpente color giada le scivolava con cautela intorno allo
stivaletto a
tacco basso, senza degnare della minima attenzione gli altri due
animali.
Quando
Bella la raggiunse, nessuna delle quattro creature parve
turbata: Leslie si voltò a indirizzarle un sorriso, la volpe
socchiuse
pigramente gli occhi sotto le sue carezze, lo scoiattolo
continuò a rosicchiare
la sua noce e il serpente fece dardeggiare la lingua per assaggiare
l’aria
fresca e profumata d’autunno.
«È
l’ultimo breve riposo, poi dovranno andare alla ricerca di un
luogo sicuro in cui sprofondare nel letargo»
spiegò Leslie. «Secondo loro
quest’inverno sarà particolarmente rigido, ed
è un bene, perché le giornate di
sole saranno pari a zero. Non dovremo inventare storielle assurde sul
trekking.»
Bella
si sedette accanto a lei. Lo scoiattolo le fiutò una ciocca
di capelli, poi le saltò in grembo e si accoccolò
sul morbido tessuto del
dolcevita bianco. La neovampira lo guardò sorridendo, poi si
voltò verso Leslie.
«Mi
sembra incredibile» mormorò. «Fino a un
paio d’anni fa avrei
fatto qualunque cosa pur di potermi godere un po’ di sole, e
adesso invece sono
contenta se piove o nevica.»
Leslie
ghignò. «Io sono nata in Alaska, ma ho vissuto
l’adolescenza in Messico. All’inizio della mia
nuova vita mi sembrava super
deprimente il pensiero di stare lontana dal sole, però ora
capisco che è la
cosa migliore. Sai, trascorrere le giornate parlando con scorpioni e
cactus non
è esattamente il massimo.»
Bella
rise. «Lo immagino!»
Iniziarono
a parlare di tutto e di niente. Bella trovava simpatica
quella vampira giocosa e cordiale, che dietro l’aspetto
allegro nascondeva
un’immensa sapienza. Dal clima passarono ai poteri, dai
poteri ai vampiri di
loro conoscenza, dai vampiri alla loro vita precedente. Bella
raccontò della
scuola di Forks e di Charlie, di quella volta che Edward
l’aveva salvata da un
gruppo di stupratori, di quando si era tuffata dalla scogliera di La
Push sconvolgendo
le visioni di Alice. Leslie l’ascoltava come si ascolta
un’amica, trattenendo
il respiro e inarcando le sopracciglia al momento giusto, e alla fine
si
complimentò con Bella per la sua abilità nel
raccontare storie.
«Era
una tua dote umana, e la trasformazione l’ha
potenziata»
sentenziò.
Poi
fu il suo turno: le narrò che da umana aveva avuto due
sorelle, da cui però si era divisa una volta vampira, dato
che non poteva
correre il rischio di far loro del male. Aveva vagato a lungo, lottando
contro
il disgustoso istinto di uccidere, anche se un paio di volte non era
riuscita a
controllarsi e aveva assassinato i banditi che l’avevano
minacciata. Poi,
finalmente, aveva incontrato Tanya e Irina, e in loro aveva trovato
l’affetto
della famiglia che aveva perduto.
«Non
hai più cercato la tua famiglia?» chiese
cautamente Bella.
Leslie
scosse la testa. «E a che pro? Ormai saranno tutti morti, e
i miei genitori erano gente qualsiasi, non particolarmente ricca
né nobile.
Chissà dove si sono spostati, dopo la mia
trasformazione… Le loro tombe
sarebbero impossibili da ritrovare.»
E
quando il mio
corpo da diciottenne racchiuderà una mente secolare? Quando
sarò davanti alla
tomba inaridita di Charlie? Coloro che mi amano sono destinati a
soffrire.
Quelle
riflessioni sfioravano la mente di Bella come ali di
tenebra. Avrebbe visto morire Charlie, la mamma, Phil, Angela, Mike,
Ben, Jess.
E Jacob. Tra mille anni, forse, ma alla fine anche Jacob sarebbe morto.
Quanto
dolore… Essere trasformati in vampiro comportava un enorme
sacrificio.
Per
rimanere
eternamente al fianco di Edward.
Il
prezzo da pagare era equo, in fondo.
*********************
Un
microscopico capitolo, che però potrebbe contenere un
indizio
importante…
aloha!
:)
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Capitolo 10 *** So Much Fear ***
So Much Fear
“In
the nights I see the world bleed
In my dreams I have to hide
I cannot close the door to this mystique place…
My eyes blinded by the misery
Never I felt so much fear
It seems that I'm already in hell.”
Silent
Scream
Angela,
mi dispiace, mi
dispiace tantissimo. Hai tutto il diritto di detestarmi.
Continuare questa messinscena sarebbe stato ridicolo, non mi sembra
giusto
nasconderti oltre la verità. Mi dispiace da morire, lo sai,
ma amo Lilith. Con
lei c’è stato un feeling straordinario fin dal
primo momento. Tengo moltissimo
a te, ma con Lil è una cosa diversa. Ti prego di perdonarmi,
e…
Angela rileggeva la
lettera per l’ennesima volta, accarezzando la
carta con vacua delicatezza e pensando che Ben era stato
l’ultimo a toccarla. Ben
Chevey, riservato e dolce com’era, le aveva suscitato sin dal
primo incontro
un’istintiva simpatia, e la simpatia si era sviluppata in
fretta. Ben non era
mai stato semplicemente il suo ragazzo; era stato anche il suo migliore
amico,
il custode delle sue confidenze… Ma ora? Cos’era
per lei ora? E soprattutto, cos’era
lei per lui?
Un’insulsa
conoscente, pensò
Angela con rabbiosa amarezza. Niente di
più. La sua vera ragazza è questa Lilith.
Era stata bidonata
da Ben: il dulcis
in fundo dei guai che le si erano rovesciati addosso negli
ultimi tempi. La
sua amica Isabella Swan aveva contratto una malattia mortale e
ultrarara, i
suoi genitori la assillavano per l’università, i
vecchi compagni di scuola si
erano come dileguati. E Ben aveva dato il colpo di grazia.
Angela, distesa sul
suo letto, appoggiò la lettera sul comodino e
sospirò, afflitta. Mamma sarebbe tornata a casa in
un’oretta al massimo, e
sarebbe ricominciata la guerra: Angela hai fatto questo, Angela hai
visto
quello, Angela hai scelto la facoltà medica o
giurisprudenza. La risposta della
ragazza le bruciava in gola, ma non osava comporla in parole. Non osava
dire:
“Mamma, di medicina e giurisprudenza non me ne frega niente,
io amo il design e
le scienze dei materiali e trovo che l’illuminotecnica sia
mille volte più
interessante di una frattura multipla. Mamma, tua figlia vuole essere
una
designer, non un medico o un giudice. Ho diciotto anni, lasciami
libera.”
Ma quanto le
premevano quelle parole sulle labbra!
E poi, oltre a
genitori tirannici e petulanti, c’era anche la
questione Bella. Ad Angela mancava tantissimo, le mancava la sua
moderazione
che spesso si scioglieva in una risata. Timida e testarda, Bella. Da un
certo
punto di vista erano simili. La sarebbe andata a trovare molto
volentieri, ma
l’unica persona che aveva il permesso di visitarla era il
dottor Cullen: aveva
già preso quella malattia, ma nella sua forma minore; per
lui c’erano zero
possibilità di contagio. Neppure Edward Cullen poteva
vederla…
Crack.
Angela
sussultò, e il suo sguardo allarmato sfrecciò
verso la
finestra. Dal rumore, sembrava che qualcosa di secco si fosse
sonoramente
spezzato…
Poi ci fu un grido:
un grido alto e acuto, straziante, di pura
agonia.
Angela
balzò in piedi e s’avvicinò al vetro,
ma erano già calate le
ombre notturne e la visuale era scura e offuscata. Col cuore che
batteva a
mille, s’infilò la prima felpa che
trovò e scese rapidamente al pianterreno,
quindi socchiuse con cautela la porta d’ingresso e
spiò fuori.
Davanti alla sua
casa correva una strada sottile e poco battuta,
Hawkins Rue. Nessuno la percorreva mai, tranne coloro che avevano la
residenza
lì vicino, eppure sul marciapiede sassoso c’era
qualcuno… e nel riconoscerne i
lineamenti ad Angela sfuggì un flebile lamento.
«Melvyn!»
Con un crescente
senso d’orrore, la ragazza si catapultò verso il
ragazzino e gli s’inginocchiò accanto, tastandogli
freneticamente il polso: il
cuore batteva ancora, benché a ritmo irregolare. Con estrema
attenzione, Angela
sollevò Melvyn per le spalle, scuotendolo con delicatezza e
chiamandolo
sommessamente per nome. I suoi pensieri erano confusi e aggrovigliati.
Ben
Chevey abitava in pratica dall’altra parte di Forks, no? Ma
allora cosa faceva
lì il suo fratellino? Perché a
quell’ora? E soprattutto, cosa gli era successo?
«Melvyn…»
Il ragazzino
socchiuse gli occhi, scuri e profondi, terribilmente
simili a quelli di Ben. In essi, Angela lesse la sofferenza.
«Oh,
Angie…» singhiozzò con voce spezzata,
tremando lievemente. «Aiutami…
ti prego… mi vuole mangiare… Angie…
io…»
«Va tutto
bene, Mel, tutto bene» mormorò Angela sforzandosi
di
nascondere il terrore che le incrinava il tono. «Adesso
telefono a Ben e lui
verrà a riprenderti…»
Fu allora che le
notò: macchie grandi quanto le unghie della sua
mano, scurissime, stagliate contro la pelle pallida del collo di
Melvyn, che
tracciavano rivoletti neri fin sulle spalle. Angela
s’immobilizzò, il respiro
le si mozzò nei polmoni. Sangue!
Angela si
guardò le dita screziate di goccioline cremisi.
«Melvyn,
cosa ti è accaduto?» sussurrò.
«È…
dietro di te!» urlò il ragazzino, facendola
trasalire. «Scappa
Angie… via di qui…!»
Ma prima che Angela
potesse anche solo replicare alle sue
farneticazioni, un qualcosa di freddo come il ghiaccio le si premette
con forza
sulla faccia, spingendola indietro, schiacciandola contro le pieghe di
una
giacca pesante. La ragazza si dibatté, ma la mano
assurdamente gelida che la
stringeva trasformava le sue grida in rochi mugolii. Vide Melvyn
ricadere a
terra con un gemito, sobbalzando come un animale ferito, e una bassa
risata le
risuonò all’orecchio.
«Un colpo
niente male, vedo… due piccioni con una
fava…»
Era una voce
maschile, sensualmente rauca. Angela moltiplicò i
suoi sforzi per liberarsi, invano: un braccio muscoloso le cingeva la
vita in
una morsa d’acciaio, bloccandole entrambe le braccia contro i
fianchi.
«Lottare
è inutile.» La risata echeggiò ancora,
bellissima e
pericolosa. «Ti ho in pugno… Uscire da quella casa
è stato il peggiore sbaglio
della tua vita.»
La morsa si
strinse, e Angela serrò i denti in una smorfia di
dolore: l’inverosimile forza di quella mano la stava
lentamente soffocando.
«Angie!
No!» Melvyn…
Angela socchiuse
gli occhi, fissando la pelle mortalmente pallida
del suo aggressore.
Lasciami…
andare…
La mano grande e
fredda, troppo fredda…
Lasciami
andare…
Le ossa
gemevano… faceva male, troppo male…
Lasciami
andare.
La risata seducente
e feroce, troppo feroce…
Ma
allora,
mi lasci andare?!?
«Angela!»
«Ohf…»
Angela cadde in ginocchio, respirando affannosamente. Stilettate
d’aria le pungevano i polmoni, però
l’ossigeno non le era mai sembrato così
gradevole. La stretta dell’uomo si era dissolta di colpo,
così com’era
arrivata. Sfiancata, la ragazza sollevò la testa e
guardò Melvyn: il ragazzino
giaceva bocconi per terra, ansimando pesantemente. Non poteva lasciarlo
lì,
alla mercè di quel pazzo assassino…
Raccogliendo a
sé ogni stilla di energia, Angela si girò per
fronteggiare l’assalitore, ma non appena si volse il terrore
la paralizzò: nel
giardinetto perfettamente curato di sua madre c’era la
creatura più assurda che
avesse mai visto. Aveva la grazia e le fattezze di un lupo, combinate
alle dimensioni
di un cavallo da tiro. In contrasto col folto pellame rossiccio, i
grandi occhi
a mandorla erano neri come le profondità cosmiche, rilucenti
di una strana luce
di intelligenza omicida. Una luce umana.
Angela deglutì e abbassò lo sguardo: sotto le
pesanti zampe dell’animale
c’erano abiti rozzi e scomposti che lasciavano intravedere
pezzi di carne
lacerata, il corpo di un uomo tozzo e muscoloso.
Melvyn.
Il maniaco
assassino.
Un cane gigante nel
giardino più curato di Forks.
Era una visione
così incredibile e bizzarra che ad Angela sfuggì
una leggera risata, e ben presto si ritrovò piegata in due,
un po’ dal ridere e
un po’ dai singhiozzi. A quel suono spezzato e isterico, il
grosso lupo rossiccio
alzò gli occhi dal corpo straziato dell’uomo e li
appuntò sulla ragazza: uno
sguardo freddo e penetrante, che però si ammorbidiva di
secondo in secondo. A
passi lenti e felpati, l’animale si avvicinò ad
Angela: se lei avesse teso un
braccio avrebbe potuto toccare il suo pellame splendente, un manto di
soffice
fiamma.
È
un sogno, pensò
Angela ancora ridacchiante. È uno
stranissimo sogno. Questa non è
realtà… o no? Una realtà onirica?
Oddio… non
capisco più niente…
Quando poco dopo la
signora Weber tornò a casa, con notevole
sorpresa trovò la figlia distesa sul divano insieme al
piccolo Melvyn Chevey,
entrambi profondamente addormentati. Telefonando alla signora Chevey,
scoprì
che Melvyn era venuto a trovare Angela, l’oggetto della sua
più profonda
adorazione, perché era da quando Ben l’aveva
lasciata che non rivedeva l’amica.
Tutta presa dai fatti suoi, la donna non notò i segni rossi
sul collo di Ben e
sulla guancia di Angela.
Quella notte,
all’insaputa di tutti fuorché di certi indiani
Quileute, un enorme lupo rossiccio fece pazientemente la guardia a casa
Weber,
le zampe che non sfioravano nemmeno l’erba fresca e rasata,
gli occhi
scintillanti nel chiarore della luce lunare.
************************
scusate se ci ho
messo così tanto a scrivere questo capitolo, ma
prendere certe decisioni non è stato affatto facile :)
oddio Ary non ci
crederai mai O.o il nome originale di Leslie doveva essere Mel…
Comunque ho
controllato e l’indizio è davvero molto ben
nascosto… trovarlo è davvero un
casino! D’altro canto è un bene
così… potrebbe spiegare troppi dettagli del
finale a sorpresa che sto iniziando lentamente a ricamare XD
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Capitolo 11 *** War'n'Peace ***
War’n’Peace
“Between
love and hate
Maybe that’s our faith
Between war and peace
It’s a very small step
Between life and death
That’s the way between
Saints and sinners.”
Between Love and Hate
«Stanno arrivando.» Alice
era,
se possibile, ancora più pallida del solito, e le sue
occhiaie erano ancora più
spesse. «Sono cinque: quattro vampiri e un essere umano. Non
capisco… Cosa ci fa un essere umano con loro? Perché
non
l’hanno ucciso?»
«Sperano
di ottenere qualcosa da lui, evidentemente»
mormorò quasi
tra sé Carlisle. «Qualcosa che li possa condurre a
Bella… magari è un suo amico
o parente.»
I
vampiri attorno a lui tacquero, meditabondi. A quell’insolita
riunione famigliare c’erano tutti, incluse Tanya e Leslie, ma
il grande tavolo
da cucina dei Cullen li ospitava senza problemi.
«Puoi
descrivermi l’umano, Alice?» domandò
nervosamente Bella dopo
un attimo di silenzio.
Alice
annuì e si concentrò, rievocando la visione. I
suoi occhi si
fecero tenebrosi e decisi. «Una donna anziana… Tra
i sessanta e i settant’anni,
direi. Capelli bianchi, lunghi fino alle spalle e leggermente ondulati,
occhi
azzurri. Sembra una vampira da quanto è chiara la sua
pelle…»
Bella si
mordicchiò il
labbro. Il suo pensiero corse subito ad una qualche anziana amica di
famiglia,
ma l’unica che le veniva in mente con quelle caratteristiche
era Donia
Morrison, la sua vecchia badante. E Donia era morta di infarto cinque
anni
prima. Anche le nonne erano morte… be’, era da
anni che sua madre non diceva
più nulla di Shirley, e Bella era convinta che fosse morta
quando era piccolissima.
Come nonno Jason.
«Il
gruppo si dividerà» continuò Alice
lentamente abbassando le palpebre,
la fronte corrugata dalla concentrazione. «Sentono
l’impulso della sete… Due
vampiri e l’umana punteranno dritti verso di noi e un altro
andrà a La Push…»
«Non
vedo l’ora di scoprire che faccia farà, una volta
incappato
nei lupacchiotti!» sghignazzò Emmett.
«L’ultimo
invece si dirigerà a Forks, in un quartiere piccolo e
poco abitato» profetizzò ancora Alice incurante
dell’interruzione. «Ma…»
Sgranò
di scatto i begli occhi ambrati. «Il suo futuro! Si
è dissolto… Ma cosa…»
Sbuffò, passandosi una mano sottile ad arruffarsi i capelli
corvini. «Scommetto
che entrerà in scena uno di quei dannati
cani…»
«No!»
Bella impallidì, ed Edward le strinse lievemente una spalla.
«Sono
forti, Bella» mormorò deciso. «Non hanno
bisogno del nostro
aiuto: sono i perfetti predatori dei vampiri. Se la
caveranno.»
Bella
scosse la testa, guardandolo esasperata. «Oh, ma
perché
desiderano così tanto cacciarsi nei pasticci?
Perché si devono sempre mettere
in mezzo ai piedi?»
«Perché
sono licantropi» intervenne pacatamente Jasper.
«È nella
loro natura.»
Ci
fu un attimo di silenzio.
«Separarsi
è stato un grosso errore, per quei nomadi senza
cervello» sbottò poi Rosalie. «I cani si
occuperanno dei due a Forks e a La
Push, noi ci prenderemo cura degli altri.»
«Uno
è un neonato, ma l’altro ha
un’esperienza notevole» sussurrò
Alice, leggendo i combattimenti che probabilmente
avrebbero dovuto ingaggiare. «Accidenti, sembra che vogliano farsi uccidere…
è assurdo, davvero senza…»
«Quello
più esperto è mio!» disse subito Emmett
interrompendola. «Jazz,
invece credo che il neonato sia la giusta preda per te…
ultimamente ti sei
rammollito, fratello.»
«Spaccone»
ringhiò Jasper. «Vedrai chi si prenderà
la preda
migliore…»
«Idioti»
sospirò Alice.
Leslie
era accoccolata nel giardino dei Cullen, circondata dalla
fragranza del bosco notturno, quando le ali del vento portarono
l’eco dei
silenziosi passi di Tanya. Stupita, la vampira si girò e
vide la sorella sgattaiolare
cautamente verso il limitare dei boschi. Il gufo che le si era
appollaiato sulla
spalla svolazzò via ululando, scomparendo nei rami tenebrosi
degli alberi, e Leslie
si alzò lentamente in piedi. Il bosco attorno a villa Cullen
era, nella sua
mente, una grandissima aura sfolgorante, intessuta di infinite
scintille minori
che danzavano e palpitavano per poi unirsi in una ricca cascata di
luce. Il
potere della comunicazione correva attraverso la vampira, toccando la
più
primitiva forma di vita e abbracciando gli alberi, le formiche, le
civette, gli
insetti più microscopici. Attraverso le loro coscienze
poteva sentire e vedere
tutto, anche la sagoma pallida ed evanescente di Tanya che correva
attraverso i
tronchi.
Cosa
ci fa
qui?
Di
solito, durante la notte Tanya se ne stava per conto suo nella
stanza che i Cullen le avevano assegnato, oppure suonava il pianoforte
di
Edward. Era un’ottima musicista, anche se non abile quanto il
vampiro dai
capelli rossi.
Non
dovrebbe girovagare per il bosco senza Jasper, è pericoloso!
Ristette
per un attimo immobile, pietrificata dall’incertezza, poi
si decise e scattò dietro l’amica. Non sarebbe mai
riuscita a raggiungerla se
avesse perso tempo a chiamare Jasper.
In
un attimo fu immersa nel verde tetro del bosco. Correva rapida
e delicata, agilissima sui piccoli piedi, al limite della barriera del
suono. Sembrava
un piccolo splendido demone, una folle dea piovuta direttamente dal
cielo, ma
nonostante la velocità fosse inebriante i suoi occhi non
smettevano un secondo
di saettare con attenzione da destra e a sinistra, pronti a cogliere il
minimo
bagliore delle emobestie. Al contempo cercava di raggiungere la mente
di
Tanya, però quella pareva sorda ai suoi richiami. Leslie non osava
chiedere a
niente – né pianta né animale
– di cercare di interrompere la corsa dell’amica,
perché conosceva fin troppo bene la sua forza ed
impulsività. Neppure un
elefante o un baobab avrebbero potuto rallentarla, figuriamoci tassi o
scoiattoli.
Tanya!
Leslie
si mordicchiò un labbro, schivando con fulminea disinvoltura
il basso ramo di una quercia e riprendendo a correre. Malgrado la
velocità,
Tanya la stava poco a poco distanziando. Leslie raccolse ogni briciolo
di energia
spirituale e lo scaraventò con violenza contro la sua mente.
FERMATI,
STUPIDA, MALEDIZIONE!
Tanya
rallentò il passo, gradualmente, fino a fermarsi del tutto.
Quando
si voltò a fronteggiare Leslie, i capelli le volteggiavano
selvaggiamente
attorno al bel viso d’alabastro e gli occhi simili a schegge
d’oro puro
lampeggiavano di sfida. Un soffice cono di luce lunare le faceva
splendere la
pelle, accendendo in lei una sorta di fascino misterioso. Bellissima e
pericolosa, e inavvicinabile.
Cosa
diavolo crede di fare?!
Leslie
frenò a una decina di passi da lei, socchiudendo gli occhi
con rabbiosa incredulità. Non l’aveva mai vista
comportarsi così… Cosa stava
succedendo?
«Tanya»
disse tra i denti. «Ma si può sapere che ti
prende?»
Tanya
le scoccò un sorriso astuto, da cospiratrice. «La
vittoria è
a portata di mano» sussurrò con una sfumatura di
eccitazione nella voce. «Non
capisci, Les? Non
capisci quanto siamo vicine ai
nostri desideri? Basterebbe tendere la mano per poter afferrare le
nostre più
succose ambizioni… Potremmo allargare il nostro territorio.
Perché avere solo
Denali, quando si può avere l’intera Alaska?
Grazie a loro potremo avere tutto
quello che desideriamo… l’eternità non
sarà più un fardello, ma una benedizione! Avremo
dei figli, Les, e dei nipoti,
e vampiri degni di noi come compagni. Sarà tutto
magnifico!»
«Stai
vaneggiando» ribatté aspramente Leslie.
«Prima di tutto Denali
è sin troppo grande per la nostra famiglia e non oso pensare
all’intera Alaska,
e poi chi sono loro? Chi ti ha
messo
in testa queste assurdità?»
«Non
sono assurdità» mormorò Tanya, lo
sguardo folle e splendente.
«E coloro che le hanno pronunciate sono i membri di uno
sparuto gruppetto di
nomadi del sud. Sono in cerca di potere, un potere che solo i Cullen
sono in
grado di donare loro.»
«Pazzi…» Leslie
scosse la testa. Adesso
la
confusione si mescolava al disgusto. «Cosa pensano, che i
Cullen serviranno
loro il potere su un piatto d’argento? I nostri fratelli di
Forks sono fermi
custodi del potere, non consegneranno niente di pericoloso a questi
nomadi!»
Tanya esitò.
«Be’, veramente non servono tutti
i Cullen. Solo
una,
solo la sgualdrina di Edward. E io ho informazioni preziosissime su di
lei,
informazioni che potrebbero interessare molto ai miei amici
nomadi…»
«Ora
è tutto chiaro» mormorò Leslie.
«Edward… Tu lo desideri
ancora, è ovvio, nonostante ti abbia già
respinta. E non puoi sopportare di
vedere un’altra tra le sue braccia, non ti importa
assolutamente niente, né di
lei né della felicità di Edward.»
«È
la mia felicità che
sto cercando!» sibilò Tanya. «Edward non
potrà mai essere felice con quello
scarto umano, per cui sarebbe come prendere due piccioni con una fava.
Quando i
nomadi avranno invocato il Regno Occulto, ogni fragile desiderio si
trasformerà
in una concreta realtà! Unire la gente di Denali e i Cullen
porterà solo vantaggi,
non te ne rendi conto?»
«Quali
vantaggi?» fece Leslie sprezzante. «Mettendo che
questa
fesseria sia vera, tu avrai eternamente incatenato al tuo fianco
qualcuno che
non saprà mai amarti, avrai spezzato invano la
felicità di due persone ed
invocato una forza molto più grande di te.»
«Sciocchezze! Sono
la
regina di questa partita!»
«Forse,
ma vali meno di un pedone.»
Leslie
non aveva ancora finito di parlare che Tanya era schizzata
contro di lei. La vampira più giovane fece appena in tempo
ad appiattirsi a
terra, e sentì il fischio del pugno di Tanya sopra la sua
testa.
Truck.
Ci
fu un sinistro cigolio, e un tozzo, possente tronco
s’abbatté a
terra, schiantato dalla violenza del colpo. Leslie avvertì
una stilettata di
dolore all’altezza del cuore nel sentire la vigorosa aura di
vita che andava
poco a poco spegnendosi, insieme a quella di
un’infinità di insetti minori. Rimase
per un attimo immobile, senza respiro, ad ascoltare il silenzioso canto
di
quelle piccole anime, poi alzò gli occhi brucianti
d’odio su Tanya.
L’altra
vampira la guardò dall’alto in basso senza fare
una piega,
però il suo sorriso si fece derisorio.
«Hai
ancora una possibilità, stupida sorellina»
sussurrò. «Unisciti
a noi e al nostro grandioso progetto. Ti è così
odiosa la prospettiva di vedere
ogni sogno realizzato?»
«Sei
impazzita, sorella»
ringhiò Leslie.
Scattò
in piedi, scagliandosi contro di lei, e il combattimento
cominciò: agili schivate aeree, colpi a ripetizione, parate
impossibili. Due
dolci e adorabili fanciulle impegnate in una feroce danza di morte. A
un certo
punto Tanya riuscì ad afferrare una manciata di lucide
ciocche rossicce e le
strattonò con forza, strappando un roco sibilo a Leslie, che
per ricambiare la
cortesia le affondò i denti nell’avambraccio.
«Idiota!»
strepitò Tanya mollando la presa. «Stai uccidendo
ogni
tuo desiderio!»
«I
miei desideri sono già morti e sepolti, Tanya.»
E
con questa brillante risposta, Leslie si lanciò ancora
contro
Tanya, stavolta mirando al collo. La battaglia riprese, più
atroce di prima. Benché
l’avambraccio le dovesse fare molto male, Tanya continuava ad
attaccare con
foga, intrecciando abilmente un assalto dopo l’altro. Leslie
allontanava da sé
le dita adunche della vampira bionda, ma sentiva di stare lentamente
cedendo
terreno: Tanya era più veloce, più esperta,
più forte.
E
infine arrivò il colpo: improvviso e violento, un pugno
scaraventò Leslie contro un albero, distruggendone il
tronco. Uno schiocco
secco e rombante, e Leslie si ritrovò distesa per terra, in
un letto di
frammenti di corteccia e foglie secche, coi capelli sporchi e arruffati
e la
pelle chiarissima segnata da numerosi tagli ed escoriazioni. Le gocce
di linfa
vitale stillavano dal cadavere di legno dell’albero, acuendo
la sua sofferenza.
«Stupida
Les» sussurrò Tanya ansimante. «Se non
ti uccido qui e
ora è solo perché per tanti anni sei stata una
brava sorella… Però non posso
fare a meno augurarmi che un’emobestia ti incontri e risucchi
il poco d’anima
che ti è rimasto. Non lo meriti. »
Sollevò
la testa e sputò nella sua direzione, poi riprese la sua
corsa attraverso il bosco, assolutamente ignara nella pallida mano che
era
emersa da quel cimitero di legno e linfa. Assolutamente ignara del
minuscolo
allocco che vi si era posato sopra e del silenzioso messaggio mentale
che era
scorso tra l’uccello e la vampira.
**********************************
Un
capitolo focalizzato su Tanya e Leslie. Tra
amore e odio mi sembra la canzone perfetta per esprimere il
loro rapporto! Si vogliono bene come sorelle, ma i desideri convergenti
le
spingono a combattere e ad arrivare quasi a uccidersi…
Scusatemi,
fan di Denali, se ho messo Tanya in cattiva luce, ma da
qualche parte la dovevo pur pescare un’antagonista, no?
Ary: ahah la verità è che siamo in contatto
psichico… il punto è
che ho da poco finito di leggere
“L’ospite” e quindi avevo ancora in mente
il
nome Melanie… Ho cambiato idea all’ultimo momento.
Il prossimo capitolo sarà
concentrato su Jacob, comunque, tanto per sapere cos’ha in
mente il ‘cane’ ;)
grazie per la recensione.
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Capitolo 12 *** A True Word ***
A
True Word
“With pure innocence in heart she
walks
through the woods
Her long coat embraces her like raven wings.
Cold steel in her hands, a red thin trace
Follows her steps through the snow.
In this cold world of hypocrisy she’s a true word.”
Atlantis
«Uno in
meno alla nostra comitiva di allegri scapoli»
sospirò
Paul, addentando un panino al prosciutto e iniziando a masticarlo
rumorosamente. «Ormai bastano gli occhi dolci di una bella
donna a far perdere
la testa…»
«Una donna
non Quileute» precisò Quil. «Ma comunque
niente male.»
Rivolse un gran
sorriso a Claire, sua inseparabile compagna, che
glielo restituì con candida timidezza. Jacob, comodamente
spaparanzato sul
divano sfondato, guardò prima l’uno poi
l’altra con aria affabile. Ora poteva capire
cosa legava così indissolubilmente Quil e Claire. Era un
legame che andava al
di là di qualunque parola, al di là di qualunque
relazione, era una catena che
non si sarebbe mai spezzata, una scintilla di fuoco che avrebbe
palpitato sotto
la più rigida crosta di ghiaccio. Definirla
‘adorazione’ era quasi un insulto. La
figlia di Weber… non sapeva nemmeno il suo nome di
battesimo, ma non importava:
non importava più nulla se non i suoi occhi sgranati nelle
tenebre, il suo
pianto silenzioso alle orecchie degli esseri umani… e quel
dannato vampiro che
per poco non aveva distrutto la sua ragione di vita. Era stato un vero
piacere
affondare le zanne nella sua carne e cancellare quel rischio.
E indimenticabile era
stato il momento in cui aveva guardato la
ragazza: piuttosto minuta, coi capelli chiari selvaggiamente
scarmigliati che
incorniciavano un’espressione a metà tra sollievo
e paura. I suoi occhi erano
bellissimi: grandi e ombreggiati da lunghe ciglia, con
l’iride di un’intensa
tonalità castana puntellata di seriche e turbinanti
screziature nere e
nocciola. Nell’istante in cui l’aveva vista, il
mondo attorno a Jacob si era
fatto di colpo radioso, fiabesco, variegato di morbidi fasci di luce
lunare e
ombre intrise di tenebrosa dolcezza. Per quel fuggevole attimo, ogni
cosa era
parsa splendida, meravigliosa. Perfetta.
“La
perfezione non esiste”… chi
è
quell’idiota che l’ha detto?
Jacob
sospirò, strappando un altro sorriso a Quil.
«E
così, ormai siamo in quattro: tu, io, Sam e Jared. Questo
testone di Paul invece è troppo affezionato alla vita
celibe…»
Paul finì
di masticare il panino e si affrettò a sbranarne un altro.
«Ho ancora un po’ di anni da vivere allo sbando,
tra ululati, sbronze e
baldoria. Intendo sposarmi il più tardi possibile.»
«Sempre che
trovi qualcuna che ti pigli…»
I
tre licantropi scoppiarono a ridere, e alla loro risata un po' rauca si
unì quella trillante di Claire.
Jake…
Sì.
Piantala.
Cosa
c’è?
Ma
per
favore, vedi di tenere a bada i tuoi pensieri!
Su
Weber?
No,
su
Babbo Natale.
Quil era intento a
pattugliare il confine di Raven Hill, circa
quaranta chilometri più a nord, ma questo non gli impediva
di ascoltare i pensieri dell'amico. Imbarazzato, Jacob, che stava
ispezionando il settore a est
di La Push, chiuse gli occhi e si concentrò sul buio opaco
delle palpebre, ma
persino in quell’oscurità il ricordo di Weber
splendeva come la fiamma di una
candela.
Finché
pensi a lei in sé va bene. Il ringhio di Quil
gli rimbombò esasperato
nel cervello. Basta che non pensi ad altro.
Questo
contatto mentale sarà anche utile, ma certe volte
è davvero stressante. Non si
è al sicuro nemmeno nella propria testa…
Jake,
capisco che sia normale pensarci, ma cerca di tenere i pensieri
perversi
lontano dalla mente. Leah ti staccherebbe la testa a morsi se scoprisse
che razza
di maniaco sei diventato.
Jacob
sbuffò. Lo scoprirà
presto comunque.
Quil
rispose con un sordo grugnito. Concentrati sul giro di
pattuglia.
Certo, certo.
Sollevando il capo,
Jacob annusò l’aria. Sapeva di umido e
dolciastro, gli odori di un autunno che stava rapidamente stemperando
nell’inverno. Era stato pressappoco in quel periodo che, due
anni prima, lui e
Bella erano diventati amici.
Speravo
di
diventare qualcosa di più che un semplice amico, per
Bella… Amavo Bella e la
amo ancora adesso, sì, ma nulla resiste alla devastante
forza dell’imprinting.
Basta pensare a Sam e a Leah, a tutte le promesse che Sam si
è dovuto
rimangiare dopo aver conosciuto Emily.
Bella gli voleva
bene, sì, ma il suo affetto fraterno non era
nemmeno paragonabile al folle amore che nutriva per Edward. Lei aveva
qualcuno,
al suo fianco, un qualcuno che l’amava incondizionatamente,
mentre per Leah non
c’era stato nessuno, solo il vuoto grigio e freddo della
solitudine.
Sam
non si
è mai perdonato di averla abbandonata, sussurrarono i
tristi pensieri di Quil. Ma non poteva fare
altrimenti. L’amore per Emily
era una storia ben diversa. Cosa faresti, se dovessi scegliere tra
Bella e
Weber?
Jacob
scrollò la lustra pelliccia, pensieroso. È
un aut-aut?
Sì.
In
tal
caso… Esitò.
Bella era Bella, la sua migliore amica, la ragazza con cui
aveva passato tanti bei momenti, la ragazza che amava. Weber alla fine
non era
che un’estranea, alla quale era prepotentemente legato
tramite l’imprinting.
Oh, l’imprinting… essere costretti ad amare
qualcuno era ripugnante, ma Jacob
non riusciva a trovare niente di deplorevole nella pazza adorazione per
Weber.
Questo
è
il punto, Jake. L’imprinting è la cosa
più meravigliosamente tremenda che ti
possa capitare. È un fardello pesantissimo, specie per degli
amanti della
libertà come i licantropi, ma se non avessi Claire sono
certo che morirei. Lei
è il mio piccolo sole. Io sono una pianta possente, ma ho
bisogno del suo
calore per continuare a vivere. In questo gelido mondo di ipocrisia,
lei è la
più veritiera delle parole.
Come
sei
poetico.
Stupido.
È
la stessa cosa che provi anche tu. Allora,
chi sceglieresti?
Weber, Weber!, urlava
il suo istinto di licantropo. Non fare il
cretino Jake, bisbigliava la parte razionale del suo cervello. Ami
Bella. La
ami per come la conosci. Tu questa Weber non sai nemmeno chi
è…
Chi
sceglieresti?
Jacob alzò
gli occhi al cielo. Le stelle scintillavano come
diamanti incastonati nell’onice nero. Era tutto
così dannatamente fulgido,
lassù. Fulgido come il momento in cui l’imprinting
era echeggiato nella sua
mente col suo rintocco dolce e metallico.
Sceglierei
Weber.
******************************************************
Piuttosto breve come
capitolo. Il prossimo sarà nuovamente
incentrato sui cari vecchi Cullen :)
Ary: neanche a me
Jacob piaceva granché prima, ma dopo aver letto
metà Breaking Dawn (in inglese o.O) l’ho dovuto
riconsiderare ^^ grazie per la
puntualissima recensione
|
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Capitolo 13 *** Heartless ***
Heartless
“Fearless I was once, my strength
has turned
Into the weakness that the heartless own
And every fallen word seems to hurt me
And you don't even seem to notice.”
A
Little Moment of Desperation
Carlisle
sfiorò delicatamente un gracile braccio di Leslie,
osservandolo con occhio clinico. La pelle di vampiro era durissima e
molto
rapida a rimarginarsi, ma Leslie era comunque ricoperta di cicatrici ed
ecchimosi, certe anche grosse come mele. Ma la più profonda
ferita di Leslie
era secca al cuore, ed era il tradimento di Tanya. Tanya! Era stata
Tanya a
farle così tanto male, a sperare la sua distruzione, ad
averla quasi uccisa.
Tanya, la sua sorellona, la donna decisa e risoluta con cui aveva
trascorso gli
ultimi cinquant’anni della sua vita.
Bella, appoggiata
alla parete dell’ufficio di Carlisle, guardava
Leslie con un misto di pietà e tenerezza. Sapeva che non
c’era da fidarsi
dell’aspetto apparente dei vampiri, ma in quel momento le
sembrava di avere
davanti una semplice adolescente ferita e amareggiata. Le bellissime
ciocche
ramate di Leslie ciondolavano in onde selvagge e ingarbugliate,
ricadendo sugli
occhi ingigantiti dal dolore e nascondendo in parte
l’afflizione dipinta sul
suo viso, ma non era necessario essere come Jasper per avvertire la
sofferenza
della ragazza vampiro.
«Tanya
conosce il mio potere» sussurrò tristemente Alice
materializzandosi alle spalle di Bella. «Ha preso con
sicurezza la sua decisione
all’ultimo secondo, e senza volerlo ha influenzato anche le
scelte di Leslie.»
Bella
sospirò. «Povera Les…»
I quattro vampiri
rimasero in silenzio. Bella ed Alice rimasero a
guardare Carlisle finché questi non ebbe finito di medicare
Leslie.
«Mi sento
un’idiota» mormorò la giovane vampira
dopo un lungo
attimo. «Conosco molto bene Tanya, eppure non sono stata
capace di prevederla.
E anche quando ho capito le sue intenzioni, non sono riuscita a
fermarla…»
«Non dire
assurdità» protestò Carlisle.
«Avresti potuto unirti a
Tanya e a quei nomadi e risparmiarti questa pena, invece non
l’hai fatto. Sei
stata costretta a compiere una scelta molto difficile, e hai avuto il
coraggio
di scegliere la cosa giusta, anche se sapevi che ti sarebbe costata un
grande
sacrificio. Anteporre la giustizia ai propri desideri è
molto nobile, sì, ma
anche dannatamente difficile. Eppure tu ce l’hai
fatta.»
«Non
l’ho fatto per giustizia» ammise mestamente Leslie.
«Tanya
sragionava, sperava di rendere concreti i suoi folli
progetti… sperava di
distruggervi… è impazzita, Carlisle. Volevo solo
fermarla.»
«Questo
è il punto!» intervenne Alice abbracciandola con
affetto. «L’hai
voluta fermare, anche se sapevi benissimo che era abbastanza forte da
ridurti a
polpette! Grazie a te, ora abbiamo informazioni molto
preziose!»
Informazioni
preziosissime.
Quasi
le
stesse parole di Tanya, pensò
amaramente Leslie. E ora? Cosa poteva
fare? Sarebbe rimasta con i Cullen fino a quando il pericolo non fosse
cessato,
ovvio. Ma poi?
Tornerò
alla mia brava vita di randagia, come prima di conoscere il clan di
Denali.
Avrebbe voluto
restare con i Cullen, ma non sopportava l’idea di
essere così vicina a Denali. No, il suo più
grande desiderio adesso era
allontanarsi il più possibile dalla sua vecchia famiglia.
Tanya
ha
tradito i Cullen, sì, ma io ho tradito il mio vecchio clan.
Forse avrebbe
potuto unirsi ai Volturi… magari non avevano ancora
incontrato nessuno coi suoi poteri e l’avrebbero trovata
interessante…
Al suo fianco,
Alice aggrottò le sopracciglia, sorpresa dalla furia delle
sue predizioni. Il futuro di Leslie
ora si diramava: avrebbe potuto scegliere molti destini diversi, eppure
nessuno
di essi si prospettava piacevole. La vide sola e selvaggia a caccia in
un bosco
tenebroso, o intenta a sorvegliare con circospezione le mura esterne di
Volterra, o ancora la vide morire per mano di Tanya nella sua dimora a
Denali. E poi la vide restare
con loro, la più gradevole delle prospettive. Senza un
compagno, ma serena e
tranquilla.
Altrimenti…
Continuò
a scandagliare i possibili futuri, senza prestar loro
particolare attenzione, fino a quando non ne scorse uno che la
sorprese: era
nero, completamente nero, e nebuloso. Come quando aveva a che fare coi
licantropi. I Quileute avrebbero aggredito Leslie?
No,
non
infrangerebbero mai il Patto,
rifletté Alice. È
possibile che Leslie si ritrovi in qualche
modo costretta a rimanere a La Push. Ma in che modo?
Una vampira in
mezzo a dei licantropi. Un’idea inconcepibile: gli
unici vampiri di sua conoscenza che andavano d’accordo con i
licantropi erano
Edward e Bella, ma avevano i loro buoni motivi.
Bella
notò l’aria assorta della neo-sorella e non
poté fare a meno
di gettarle un’occhiata perplessa.
«Alice…?»
La vampira dai
capelli neri si riscosse. «Il futuro di Les è
abbastanza intrigante… Non ho mai visto nulla di
simile.»
«Cosa
vedi?» chiese Leslie in tono spento.
Alice si
riassettò una ciocca di capelli, pensierosa. «Vedo
tutto
e al contempo niente. Una decisione apparentemente irrilevante potrebbe
capovolgere il tuo futuro e…»
La porta
dell’ufficio di Carlisle si spalancò di colpo, ed
Emmett
fece irruzione nella stanza. I suoi muscoli, messi in risalto dalla
camicia
bianca aderente, guizzavano nervosamente sotto il tessuto.
«I
Quileute hanno riferito che i nomadi sono in arrivo»
annunciò
con voce controllata. «Due di loro sono già stati
eliminati… Ne rimangono altri
due tutti per noi. Ma che nessuno tocchi il neonato, quello
è di Jasper.»
«Spiritoso»
sbuffò Jasper comparendo accanto al fratello. I suoi
occhi chiari e penetranti percorsero rapidamente l’ufficio,
soffermandosi su
Carlisle. «Io ed Emmett andiamo a sbarazzarci di loro.
Torneremo in un paio
d’ore al massimo.»
«Non da
soli» ribatté Carlisle. «Quei nomadi
cercano Bella. Ora, la
domanda che ci poniamo è: perché la cercano?
Prima di ucciderli dovrete strappar loro la
risposta. Adesso sono due – uno dei quali è un
neonato – ma la prossima volta potrebbero
essere un esercito; bisogna capire cosa vogliono da Bella.»
Bella
impallidì. Non aveva più una sola goccia di
sangue nelle
vene… Cosa potevano desiderare da lei quei vampiri?
«Senza
contare l’umana» continuò Carlisle.
«Chi è? Perché è con
loro? Se li ucciderete subito, non troveremo mai una risposta a questi
interrogativi. No, non andrete solo voi due… Andremo
tutti.»
I presenti
annuirono, Bella rigidamente, Emmett di malavoglia.
Leslie era
rannicchiata al solito posto nel cortile dei Cullen. Il
cielo perlaceo era affollato di nuvole soffici e splendenti,
rischiarate da
qualche tremulo raggio di sole. Ormai gli uccelli erano migrati, gli
animali
avevano trovato un rifugio per l’inverno, gli alberi erano
avvizziti e avevano
perso quasi tutte le foglie.
La vampira rimase
per un attimo in ascolto della vita assopita,
poi tirò fuori da una tasca un piccolo diario rilegato in
pelle vermiglia, sul
quale era elegantemente vergato in oro il nome Tanya.
Lo contemplò cupamente, soppesandolo tra le dita e
sfogliandone
qualche pagina. Pareva racchiudere al suo interno la vecchia
personalità di
Tanya, la Tanya che Leslie aveva imparato a conoscere e rispettare. La
sua
calma razionalità, il forte senso di giustizia, la dolcezza
spesso eclissata
dal desiderio di apparire fredda e potente. Tanya, la capoclan di
Denali. La
sua migliore amica, la sua amata sorella.
Quasi senza
pensarci, Leslie sfogliò il diario fino all’ultima
pagina scritta: risaliva al matrimonio di Edward e Bella.
Edward è
stupendo come sempre. Mi riempie di dolore il pensiero
che presto verrà legato per l’eternità
a quella sciocca sgualdrina umana. Oh,
Edward… Se solo nutrissi un briciolo dell’affetto
che io provo per te…
Qui iniziava un
lungo poema sulla radiosa bellezza di Edward, sul suo
fascino magnetico e bla bla bla. Edward era molto attraente, questo
andava
ammesso, ma da come ne parlava Tanya sembrava un dio sceso direttamente
dall’Olimpo. Continuava così per una decina di
pagine buone, e si concludeva
con un’ultima ode ai suoi bellissimi occhi, “profondi come gli oceani cosmici e splendenti come
calde lacrime di
sole.”
Con un sospiro,
Leslie si cavò una penna di tasca e segnò la
data,
quindi iniziò a scrivere.
Tanya
ha dimenticato il suo diario nella camera che i Cullen le
avevano assegnato. Non avrà più occasione di
recuperarlo, temo, e spero che non
si offenda se narrerò qualcosa di mio. La mia storia. Non
avrò figli e nipoti a
cui raccontarla, per cui la scrivo adesso su queste pagine
consunte… è un
peccato, magari a loro sarebbe piaciuta, chissà. Una storia
bizzarra e diversa,
la storia di una vampira forte e selvatica che fuggì dalla
madrepatria e dalla
famiglia, che causò dolore per non uccidere
l’amore. Una vampira che, seppur
bruciante dal desiderio di sangue, soffocò i propri appetiti
e viaggiò. Un
viaggio lunghissimo, attraverso i mari e i deserti, le steppe e le
colline, che
infine la portò tra i ghiacci perenni di Denali. Credevo che
il suo – il mio –
viaggio fosse finito… Ora invece capisco che è
appena iniziato.
***************************
Ci
ho messo un po’ per aggiornare ^^” ma comunque si
va avanti.
Ary:
ahah ma dai povero Jacob XD è una brava persona, in fondo
Kiu
Ku: grazie sia per la recensione che per il consiglio ^^ ok
vedrò di renderlo più forte possibile…
Sì, comunque McAlpine doveva pur starci da qualche parte,
no? :-p e nei prossimi capitoli mi divertirò un sacco con
Tucker e soprattutto
con Izzy muahahah
|
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Capitolo 14 *** Insomnia ***
Insomnia
“Insomnia
is the key to my life
I don’t want to see the world behind
This thin curtain which separates
Conscience from sleep.”
Silent
Scream
La mezzanotte era
passata da un pezzo, ma Angela era ancora
sveglia. Giaceva sul letto, immobile, con gli occhi spalancati
nell’oscurità,
mentre mille pensieri le turbinavano furiosamente nel cervello. Erano
trascorsi
due giorni dall’aggressione in giardino, ma ancora non
riusciva a ricavare un
senso logico dall’episodio; ricordava di aver visto Melvyn
Chevey ferito e di
essere stata assalita da un uomo – un uomo davvero
affascinante, a dirla tutta
– e a un certo punto era saltato fuori un cane
gigante…
Che
cosa
stupida, pensò,
cercando di esaminare la situazione con un minimo di
lucidità. Melvyn era semisvenuto,
sì, ma
lui non ha visto nessun cane, meno che mai uno grosso come un cavallo.
Forse
sto impazzendo…
Era indubbiamente
sulle soglie della follia, e a confermarlo c’era
un altro dettaglio che non le quadrava: come aveva fatto a tornare in
casa?
L’ipotesi più realistica era che Melvyn, una volta
ripresosi, l’aveva sollevata
e trascinata fino al divano, ma Melvyn non era che un ragazzino esile e
smilzo.
Non sarebbe riuscito a sollevarla nemmeno al pieno delle forze,
figurarsi
ferito e quasi incosciente. In alternativa c’era il signor
Richardson, il
vicino di casa dei Weber, un vecchio arzillo e pettegolo e curioso come
una
comare, ma era improbabile che gironzolasse per il quartiere nel cuore
della
notte.
E
poi, se
fosse stato lui a trovarci, probabilmente avrebbe chiamato
l’ambulanza, la
polizia, la NASA… Giusto il minimo necessario per farlo
sapere a mezzo mondo.
Invece tutto si era
svolto nel silenzio più assoluto. Se non fosse
stato per Melvyn, Angela avrebbe creduto di essere a un passo dal
manicomio.
Clac.
Un suono flebile
risuonò nel silenzio, come un lieve tonfo. Angela
fu percorsa da un brivido.
Oddio…
Di
questo passo mi rinchiuderanno in una cella imbottita…
Un altro suono,
leggermente più ovattato.
Il ricordo orribile
e affascinante di pochi giorni prima le si
affacciò nella mente, e uno strano pensiero vi si
insinuò: Questa è
l’occasione giusta per dimostrarmi se sono sana o fuori di
testa.
Più
cautamente possibile, scivolò fuori dal letto e
indossò la
vestaglia. Doveva fare attenzione al pavimento cigolante: se sua madre
l’avesse
scoperta…
Le
dirò
che soffro d’insonnia e che stavo andando a prepararmi una
camomilla,
ribatté
il suo ego più astuto.
Prima di uscire
dalla camera si premurò di prendere la mazza da
baseball che teneva per sicurezza dietro la porta, poi, con la massima
circospezione, la ragazza sgattaiolò nel corridoio e
giù per le scale. Il vento
ululava all’esterno, un sibilo acuto e costante che faceva
rizzare i capelli,
ma a parte quello non si sentiva niente, né grida
né tonfi né altro. Nell’atrio
di casa Weber ondeggiavano ombre inquietanti. Angela strinse con forza
la mazza
da baseball e socchiuse prudentemente la porta.
La strada era
fredda e vuota, tranquilla come al solito.
La giovane si
guardò attorno, sentendosi come la protagonista di
un qualche contorto film horror. I cespugli di rose di sua madre
fremevano
lievemente… e un qualcosa di splendente
fiammeggiò per un attimo tra di essi.
Il cuore le
balzò in gola mentre una possente sagoma nera
sgusciava tra i rovi e si avvicinava di soppiatto al muro della casa.
Angela
rimase per un attimo pietrificata dal terrore, ma poi una strana
decisione
s’impadronì di lei.
Allora,
non vuoi scoprire quanto è sano il tuo cervello? E non sei
stanca di fuggire
sempre come un coniglio braccato?
Angela
balzò in avanti, brandendo minacciosamente la mazza.
«Chi
è là?»
La sagoma
s’immobilizzò, poi riprese ad avanzare verso di
lei. Era
enorme… Sembrava una specie di tigre, una tigre mostruosa.
Uno scintillio
argenteo balenò nella notte, congelando le ossa di Angela.
Per un momento il
pellame rossiccio sfavillò in una chiazza di luce lunare, e
la ragazza
riconobbe il cane innaturalmente grosso che aveva squartato il suo
assalitore,
due giorni prima. Doveva ormai aver digerito la sua ultima cena, e
Angela notò
con nitido orrore le fauci irte di denti aguzzi e i lunghi artigli
affilati. La
mazza da baseball le tremò tra le dita. Deglutì.
Oh
cazzo.
Doveva correre in
casa!! Cosa faceva lì come un’idiota? Il mostro
l’avrebbe sbranata, doveva scappare e chiamare subito
qualcuno!!!
E invece no, rimase
lì immobile, con la mazza da baseball in mano,
incapace di staccare lo sguardo dagli occhi neri e attenti
dell’animale. Nonostante
la stazza e l’aspetto feroce, i suoi movimenti aggraziati e
il pelo luminoso la
rendevano la creatura più bella che avesse mai visto.
Il
bello e
il dannato vanno sempre a braccetto: una delle grandi verità
della vita, pensò
intorpidita.
Jacob
annusò l’aria fredda e notturna, intrisa del
delicato
profumo di Weber. Si sentiva in un certo senso intimorito dalla
prepotente
forza esercitata dell’imprinting, ma allo stesso tempo non
poteva negare che
quel magnetismo lo inebriava, come se avesse davanti a sé la
soluzione a tutti
gli enigmi del mondo. Si avvicinò lentamente a Weber, senza
staccare lo sguardo
da lei. Era meravigliosa: i lunghi capelli castani, benché
arruffati,
ricadevano morbidamente sulle spalle sottili, e la pelle chiara
sembrava
splendere in contrasto con gli occhi scuri e profondi. La ragazza
tremava
visibilmente; se per il terrore o per il freddo, Jacob non avrebbe
saputo
dirlo.
Okay,
immagino
che non sia bello vedersi apparire davanti un essere mostruoso munito
di zanne
enormi…
Ma il pensiero di
tornare a La Push era intollerabile: spasimava
dal desiderio di sapere
qualcosa di più. Era una cosa piuttosto stupida,
d’accordo, ma a quel punto
nulla gli sembrava ragionevole. Nulla eccetto Weber. Incapace di
trattenersi,
il licantropo si avvicinò a rapide falcate e premette la
pelliccia folta e
soffice contro la pelle gelida della ragazza. Quasi
all’istante avvertì il suo
sospiro di sollievo.
Forse
alla
fine non sono un idiota patentato.
Dalla gola gli
sfuggì un ronzio soddisfatto quando Angela gli
posò
una mano sulla testa. Il suo tocco, benché freddo, era
squisitamente umano.
Niente
a
che vedere col tocco di puro ghiaccio dei vampiri, pensò
amaramente.
Bella non mi toccherà
così mai più. Non
per i prossimi centomila millenni, almeno… Ma che razza di
cretino che sono!
Devo smetterla di pensarci, la mia storia con Bella è finita
prima ancora di
cominciare.
Mentre Weber gli
sfiorava delicatamente il collo, a Jacob per un
attimo parve di tornare indietro nel tempo. Pochi mesi
prima… sembravano
distanti secoli.
Nella
radura, Jasper Cullen addestra i suoi famigliari ad uccidere i vampiri
neonati
sotto lo sguardo vigile dei lupi di La Push. Vampiri e licantropi uniti
nell’osservazione di innaturali giochi di morte. E in un
angolo, un grosso lupo
rossiccio disteso sul terreno erboso con una giovane umana appoggiata
al
fianco.
Un silenzioso
sospiro.
Bella,
mi
manchi.
«Ma che
deliziosa scenetta!»
Angela
sussultò, voltandosi di scatto. Una bambina sui dieci o
undici anni era apparsa al limitare del bosco, pallida come uno
spettro. La
maglietta che indossava era chiazzata di sudiciume e i jeans erano
logori e
graffiati, ma lei non se ne curava. Malgrado l’inverno fosse
alle porte, era a
piedi nudi.
Il grosso lupo
rossiccio snudò i denti in un ringhio silenzioso. Angela
guardò la bambina a bocca aperta per un lungo istante, poi
tornò in sé.
«Cosa
stai facendo?» esclamò stupefatta.
«Congelerai! Dove sono i tuoi
genitori?»
La bambina si fece
avanti a passi felpati. Il suo viso era la cosa
più bella e sinistra che Angela avesse mai visto: lineamenti
dolcissimi e
angelici che si sposavano a un’espressione crudele e
famelica, incendiata da
feroci occhi rosso sangue. Sotto il delicato nasino, le labbra piene e
ben
disegnate erano distorte in un sogghigno disumano. Angela non
poté reprimere un
brivido. Era un mostro meravigliosamente affascinante, o un angelo
spettrale e
malvagio.
«I miei
genitori?» La bambina gettò indietro i capelli
disordinati, una nuvola scura e arruffata intorno alla testa.
«I miei genitori
sono morti. E il loro assassino è il mio signore e
padrone.»
È
un
incubo, pensò
Angela sbigottita. Prima
il cane gigante, e ora pure questa inquietante bambina… Cosa
significa che
l’assassino dei suoi genitori è il suo signore?
Ah! Ma certo! Come sei sciocca,
Angela. È chiaramente tutto uno scherzo. Uno scherzo di
pessimo gusto.
«Tutto
questo è molto divertente» disse gentilmente alla
bambina.
«Ma scusami, non sono in vena di scherzi stanotte. Vuoi
qualcosa di caldo da
mangiare? Va bene, basta che me lo dici e… Stai
bene?!»
Alla parola
‘mangiare’, la faccia della bambina era impallidita.
«No!»
strillò. «Non cercare di comprarmi con il tuo cibo
avvelenato!»
«Ssst»
sibilò Angela. «O sveglierai i miei.»
«Non
m’importa!» La bambina appuntò lo
sguardo fiammeggiante di
collera e sete sulla gola morbida di Angela. «Non
m’importa niente, niente,
niente…»
Un grido strozzato,
un fruscio secco, e un attimo dopo la bambina
era a terra, inchiodata dal peso schiacciante del lupo.
L’animale aveva
accostato il muso alla testa della ragazzina, e dalle sue fauci serrate
proveniva un suono basso e ringhiante, che sembrava tagliare
l’aria.
«Fermo!»
Angela gli sfrecciò accanto e cercò di spingerlo
via
dalla bambina, ma al lupo bastò scrollare le spalle per
allontanarla. «Non
ucciderla!»
«Deve»
sentenziò la bambina con voce soffocata. «O io
ucciderò
lui. E ucciderò anche te. Soprattutto
te. Ah, se penso a tutto il tuo buon sangue… così
caldo… così succulento…»
Il lupo le
affondò le zanne nella spalla, quasi staccandole un
braccio, e lei cacciò un grido acuto e stridente.
«Tu sei
pazza!» esclamò Angela rinnovando i suoi sforzi di
spostare l’animale. «Via, bello… non
è affatto appetitosa, non la puoi
mangiare… forza, vieni…»
Il lupo si
scostò appena dalla bambina, e quella schizzò via
a
velocità soprannaturale. Esitò un solo istante
per scoccare ai due un’occhiata
indecifrabile – una frazione di tempo in cui Angela
notò che un braccio pendeva
in modo irregolare – poi scomparve nelle ombre in due rapidi
balzi. Il lupo
emise un lieve latrato, poi si riavvicinò trotterellando
alla ragazza e le
appoggiò il muso su una spalla. Sapere che quelle zanne
feroci – che un secondo
prima avevano quasi strappato un braccio – erano
così vicine a lui turbò
Angela, ma non più di tanto: era ancora troppo sconvolta.
«Chi
era?...» chiese con voce flebile, rivolta a chissà
chi.
Il lupo
mugolò lievemente, si girò verso la boscaglia e
sparì in
due agili falcate.
«Ehi!»
Angela era sempre
più confusa. La bambina più inquietante del
mondo e l’animale più intelligente della
galassia… Immagini che si
sovrapponevano e spezzettavano. Doveva essere la stanchezza.
Stringendosi nella
vestaglia, la ragazza s’accinse a tornare in casa, ma un
suono frusciante alle proprie
spalle la fece voltare: nel punto in cui era scomparso il lupo ora
c’era un
giovane sui ventiquattro o venticinque anni. Era molto alto e aveva un
fisico
snello e asciutto, messo in evidenza da una maglietta piuttosto stretta
e dai
pantaloni di una tuta da ginnastica. Il giovane le si
avvicinò rapidamente. Guardandolo
meglio, Angela pensò che aveva un viso troppo giovane per
avere venticinque
anni, e gli attribuì piuttosto la propria età.
Ciò non toglieva che fosse un
ragazzo notevolmente attraente.
«Quell’essere
era un vampiro» scandì. La sua voce era profonda,
un
po’ rauca. «So che sembra assurdo, ma immagino che
tu dopo stanotte possa
credere anche all’impossibile.»
Angela
annuì goffamente. Era imbarazzata all’idea di
essere in
pigiama e vestaglia davanti a uno sconosciuto, oltretutto
così giovane e
affascinante, e sgomenta al pensiero di avere visto un vampiro.
Perché il ragazzo aveva ragione: ormai poteva credere a
qualunque fantasia.
«Io sono
Jacob Black» si presentò, tendendole la mano.
Angela la strinse:
era grande e affusolata, la pelle pareva
scottare. «Angela Weber.»
A parte
l’imbarazzo, si sentiva assurdamente felice. Forse era matta
da legare, ma se Jacob Black era incluso nella sua pazzia, allora ben
venga.
«Perché…»
Non seppe terminare la domanda. Aveva troppi
interrogativi in testa… centinaia di migliaia, e non sapeva
a quale dare voce. «Tu…»
Jacob la interruppe
posandole una mano sul braccio. «Tua madre è
sveglia… Svelta, torna in casa e inventati una storiella
qualunque, di’ che
avevi sete o qualcosa del genere, non
parlare assolutamente di quello che hai visto. E apri la
finestra della tua
stanza.»
Jacob rimase in
paziente attesa tra i cespugli di rose della
signora Weber. Ora che il pericolo si era spento, il suo cuore batteva
più
calmo. E poi c’era Angela. Angela… un nome
bellissimo, che si confaceva alla
grande allo spirito del suo imprinting. L’aveva difesa ancora
una volta, salvandola
da morte certa, ma non era completamente soddisfatto.
Due
vampiri, due visite a pochi giorni di distanza l’una
dall’altra,
rifletté. Che c’entrino
con i Cullen? È
possibile, alla fine sono tutti succhiasangue. Però
perché Angela li attrae in
modo particolare? Avrà un sangue particolarmente buono?
Può darsi, ma questa
storia non mi convince. Succhiasangue assassini ed
emobestie… La faccenda non
mi piace.
Alzò lo
sguardo: al piano superiore, Angela stava cautamente
aprendo la finestra. I passi di sua madre risuonavano in una stanza
diversa, a
distanza di sicurezza. Jacob inspirò a fondo e
scattò in avanti, verso un vecchio
castagno ancora florido; artigliò la corteccia con
precisione micidiale, saltò
su un ramo con l’agilità di un acrobata e
spiccò un lungo balzo verso la casa. Raggiunse
la finestra per un pelo e atterrò sulla moquette non proprio
elegantemente.
Angela era seduta
sul letto, più sgomenta che mai ma ben decisa ad
andare a fondo.
«Raccontami
tutto quello che sai.»
**********************************************
Scusatemi per il
ritardo dell’aggiornamento ma questo capitolo
oltre ad essere piuttosto lungo è stato anche abbastanza
difficile da scrivere…
senza contare che il mio stupido computer non riusciva ad agganciarsi a
Internet…
Ho trovato lo
spezzone di ‘Silent Scream’ perfetto per descrivere
questo momento della vita di Angela, quindi mi è sembrato
logico utilizzarlo. (Anche
perché il resto della canzone è piuttosto
macabro.)
Un ringraziamento
speciale a Sarwen per i preziosi consigli
tecnici.
Ary:
danke della recensione ^^
|
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Capitolo 15 *** Equal Souls ***
Equal
Souls
“Once in history you will find
A soul equal to yours, to share a lifetime with
To count the stars.
Fortune is a rare thing, grab it
And make your day
Because you'll never get a second chance.”
Still
Believe.
Fu la notte
più strana della vita di Angela.
Jacob Black la
riempì di aneddoti di vampiri e licantropi, di
minacce e abilità soprannaturali, di realtà che
si mescolava a ovvie fantasie.
Eppure ogni sua parola era come oro colato per lei. Incredibilmente,
gli
credeva. Credeva all’assurdità della situazione,
credeva a tutte quelle
fesserie sui vampiri. Credeva allo sguardo folle e opaco della
bambina-vampiro,
che ancora bruciava impresso a fuoco nei ricordi. Credeva e ascoltava.
«Perché
mi stai rivelando queste cose?» domandò a un certo
punto. «Non
sono né una vampira né un licantropo…
Sono la semplice vittima di due creature
soprannaturali.»
Jacob, accovacciato
sulla moquette, si lisciò distrattamente una
ciocca. Sembrava vagamente imbarazzato.
«Le
leggende del branco talvolta indicano alcune persone» disse
esitante. «E tu sei una di queste.»
Angela decise che
si trattava della verità, ma di una verità
incompleta. C’era qualcosa, di quelle leggende, di cui Jacob
Black non voleva
parlarle, ne era certa. Qualche losco affare top
secret…
«È
per questo che mi tieni d'occhio?»
«Sì.»
«Ed
è per questo che non sono ancora stata sbranata da un
vampiro?
«Sì.»
«Quanti
vampiri ci sono ancora?»
«Stabili?
Otto.»
Angela
trasalì. Otto vampiri a Forks?! E nessuno se n’era
mai
accorto?
«Chi
sono?» sussurrò.
Jacob
alzò la testa e la fissò, gli occhi simili a
cristalli di
onice.
«Conosci
i Cullen?»
«Certo,
conosco i figli adottivi del dottor Cullen: Alice, Edward,
Rosalie, Jasper ed Em…» Le morirono le parole in
gola. «Sono loro i vampiri?!»
Jacob rise piano.
«Te l’ho detto che sono le creature più
affascinanti
del Creato. Ti viene in mente qualcuno più seducente dei
Cullen?»
Sì, pensò
subito Angela, ammirando i lucidi capelli corvini e il fisico scolpito
di
Jacob.
«In
effetti no. Ma i Cullen sono sette, giusto?»
«Se
n’è aggiunta un’altra negli ultimi mesi.
Isabella Swan.»
«Bella!»
Angela era senza fiato. «Ma… non è
vero, Bella è stata
affetta da una grave malattia e…»
«La sua
unica malattia è il vampirismo»
borbottò Jacob. «Fisicamente
parlando è più sana di me.»
Angela scosse la
testa, sempre più confusa. «Il signor Swan lo
sa?»
«No. E
non correre a dirglielo: certi dettagli causano sofferenza,
ma è per il bene universale. Come pensi che reagirebbe
sapendo che sua figlia è
stata vampirizzata?»
Angela si morse il
labbro. Charlie Swan era un brav’uomo, semplice
e onesto. Strappargli la cosa più preziosa della sua vita
senza fornirgli una
valida spiegazione le sembrava oltremodo crudele.
«Bella mi
parlava spesso di te» mormorò deviando lo spinoso
argomento. «Il suo amico di La Push. Certi miei compagni di
classe idioti
scommettevano su di te per la conquista di Bella, come se lei non fosse
stata
che una specie di trofeo. Il tuo rivale era Edward.»
«Quello
sporco succhiasangue.» Jacob digrignò i denti.
«Non hai
idea di quanto mi sia costato concedergli il mio lasciapassare per
mordere
Bella.»
«È
necessario il lasciapassare di un licantropo?»
«È
necessario il lasciapassare del leader dei licantropi, e io lo
sono per diritto di eredità: sono l’ultimo erede
di Ephraim Black, l’antico
capo di La Push.»
«Da
quanto tempo avete licantropi, a La Push?»
«Il
sangue di lupo scorre in tutti i Quileute, ed è pronto a
risvegliarsi ogni volta che capta la presenza dei nostri nemici
naturali, i
vampiri. Siamo i loro perfetti predatori, i difensori degli esseri
umani.»
Angela
assimilò anche quell’informazione. Si sentiva
sempre più
pazza, più pazza e stupida che mai, ma la presenza di Jacob
la tranquillizzava.
Se non altro, erano matti in due.
Tucker, acquattato
in mezzo ai cespugli, fiutò cautamente l’aria.
«Licantropi»
ringhiò piano, quasi tra sé.
Dannati cagnacci.
Non bastava una famiglia di super vampiri: assolutamente
no, il divertimento non era abbastanza. Ci voleva anche la ciliegina
sulla
torta. Una ciliegina pelosa e ringhiante.
«Mio
signore…» Izzy strisciò accanto a lui,
tenendosi il braccio
spezzato con quello sano, un’espressione patetica e infelice
dipinta sul viso
delizioso. «Mi fa male…»
Tucker le
sfiorò la spalla ferita, socchiudendo gli occhi. Uno di
quei mostri aveva sfregiato una sua seguace, forse irrimediabilmente.
Izzy non
era certo una grande vampira, ma era l’ultima dei suoi ancora
in vita, o
meglio, ancora esistente.
«Non
possiamo fermarci adesso, abbiamo il loro fiato sul collo. Prima
dobbiamo raggiungere il confine settentrionale…»
Izzy emise un
ansito più pesante. Soffriva, soffriva orribilmente.
Forse
ho
sbagliato a scegliere una vittima così giovane.
Izzy desiderava
lottare, desiderava soddisfare la fame insaziabile
che le accendeva lo sguardo, ma era troppo debole. D’altro
canto, nessuna
vittima più anziana gli sarebbe stata così
fedele. La lealtà e la dedizione
della piccola vampira erano impareggiabili, nonostante le sue scarse
doti
combattive.
«Come hai
potuto farle questo! È solo una bambina!» Shirley
McAlpine gemette, rannicchiata tra le radici di un albero. Negli ultimi
tempi
era diventava l’ombra di se stessa: ora gli abiti stracciati
pendevano flosci dal
corpo scheletrico, la pelle sul viso era fragile e tirata e gli occhi
si erano
fatti vitrei e nebulosi. L’elegante e ordinata crocchia di
una volta aveva
ceduto il posto a un cespuglioso ammasso di ciocche secche e ruvide al
tatto,
il tocco finale all’aspetto già scompigliato.
«Taci,
vecchia» ringhiò Tucker per nulla impietosito.
«Lei non è
più una delle vostre inutili bambocce umane.»
«Una
bambina come lei…» Shirley raggrinzì la
ragnatela di rughe
sul viso. «Sei un mostro, una disgustosa bestia. E non provi
il minimo
pentimento all’idea di aver bruciato l’anima di una
creatura così giovane e
innocente…»
Emise un verso
strozzato; Tucker le aveva afferrato la gola, e
gliela stringeva con controllata violenza.
«Preoccupati della tua, di anima» latrò.
Ma non poteva
ignorare le condizioni di Izzy.
Avrebbe
bisogno di un medico… Ma non possiamo certo presentarci
all’ospedale di Forks,
né tornare a Phoenix.
Tuttavia tornare a
Phoenix gli sembrava la soluzione più
ragionevole. Dopotutto, aveva a disposizione
l’eternità per tornare a cercare
la nipote di Shirley… Tanto ormai la vecchia non gli serviva
più: non dopo che
Irina di Denali aveva indicato la precisa posizione di Isabella Swan.
Se ne
sarebbe sbarazzato – rendendo ovviamente irriconoscibile il
corpo senza vita –
e poi sarebbe tornato a Forks… e la caccia avrebbe ripreso.
«Aspettate…»
Alice si
fermò di botto. Se Bella fosse stata umana, avrebbe di
certo urtato contro di lei; invece la neovampira compì
un’aggraziata mezza piroetta
e schivò la sorella. Edward si voltò verso Alice,
e una semplice occhiata ai
suoi pensieri fu sufficiente a rivelargli la sua esitazione.
«Non vedo
più nessuna discussione né battaglia»
disse piano Alice.
«I nomadi non progettano più di
incontrarci…»
Un lieve fruscio
attirò l’attenzione di Tucker, che
scattò sul chi
va là. C’era qualcosa, in mezzo ai
cespugli… Un qualcosa che si muoveva a
velocità disumana. Via via che si avvicinava, il vampiro
capì che non si
trattava un licantropo (la creatura in questione emanava un delicato
profumo di
gelsomino, ben diverso dal fetore boschivo dei lupi) e soprattutto che
era
solo.
Forse
è un
Cullen, pensò
fulmineo. Io e Izzy
insieme possiamo sconfiggerlo… E una volta immobilizzato, lo
tortureremo.
Nemmeno un essere immortale può resistere a torture
innaturali: canterà come un
usignolo, e allora sapremo tutte le debolezze della sua famiglia.
Un piano semplice e
azzeccato. Un sorriso feroce increspò le
labbra di Tucker.
E
facendo
leva sui suoi sentimenti, sono certo che sorgerà una
splendida Figlia.
Nella zona di Forks
non c’erano poi così tante emobestie: erano
perlopiù sparse lungo Denali e Phoenix, e per il Messico e
l’America del Sud:
Brasile, Perù, Argentina, Paraguay, Cile, Bolivia. Solo a La
Paz giravano almeno
una trentina di emobestie. Tucker si leccò le labbra,
preparandosi allo
scontro. Intuendo le sue intenzioni, Izzy sollevò Shirley e
se la caricò sulle
spalle senza la minima esitazione. La vecchia cercò di
liberarsi, ma la sua
stretta tenace la bloccò. Tucker aveva ragione: Izzy non era
una debole bambina
umana. Stringendo i denti per proteggere sia la propria reputazione che
quella
di Tucker, la giovane vampira lasciò che il suo potere si
diffondesse nell’aria
e calasse intorno a loro.
Esykia…
Tucker lo chiamava
“il Silenziatore”, ma Esykia era il nome che le
riverberava attraverso le vene. Come una cappa di velluto, Esykia scese
su di
loro, avvolgendoli in una sfera di silenzio perentorio, il cui lieve
odore
polveroso contribuì a smorzare la fragranza sprigionata
dalla loro pelle
candida.
I passi si
avvicinavano.
Senza emettere il
minimo suono, Tucker sfrecciò verso il cuore
della boscaglia, incontro al nemico. Izzy era al suo fianco, agile come
un
gatto e sorprendentemente veloce. Sulle sue spalle, Shirley gridava a
pieni
polmoni, terrorizzata dalla folle celerità dei suoi
movimenti, ma Esykia lo
cancellava. Davanti a loro, il fruscio si fece più intenso.
Sei
mio!
Tucker si
scagliò senza tanti complimenti contro
l’avversario
appena emerso dai cespugli. Colto di sorpresa, quest’ultimo
non riuscì ad
evitarlo, e in un lampo si ritrovò paralizzato a terra, con
le braccia
immobilizzate dietro la schiena e la faccia premuta contro il tappeto
di foglie
morte.
«Una
femmina» ringhiò Izzy, affondando una piccola mano
tra le
soffici ciocche biondo ramate sparse sul terreno. «Una
femmina incauta. Ha
l’odore dei Cullen.»
«Non sono
una Cullen» sibilò subito la vampira
immobilizzata,
girando la testa in modo da poterle scoccare un’occhiata
feroce. «Sono Tanya di
Denali, sorella di Irina di Denali. So che la conoscete
e…»
«Non
potrei negarlo.» Tucker sorrise, mettendo in bella mostra
denti bianchissimi ma affilati come rasoi. «Irina ci ha detto
di avere una
famiglia… Sembra che voi vampiri locali amiate raccogliervi
in gruppo.»
«Le idee
comuni uniscono i vampiri» affermò Tanya.
«E noi tutti
crediamo che uccidere gli umani sia futile.»
Tucker
avvertì il brivido di Shirley alle proprie spalle. La
vecchia non doveva essersi ancora abituata al fatto che gli umani
venissero usati
dai vampiri come aperitivo. Strinse più forte la mano
intorno agli avambracci
bloccati di Tanya, e con la mano libera le scostò i capelli
dal collo,
lasciando una macchia di pelle bianca proprio sotto la nuca.
Un’ondata di
piacere lo investì: la sensazione più brutale,
per Tanya, era la rabbia, che si
mescolava ad un’intensa invidia e a un altrettanto feroce
rancore. Una Figlia
potente, anche se banale.
«Ma voi
non siete vegetariani» osservò Tanya, fissando gli
occhi
rossi e splendenti di Izzy. «E allora come mai portate con
voi una donna umana?
Cosa ne volete fare, uno spuntino?»
Shirley
sussultò. Il suo terrore era quasi palpabile
nell’aria.
«Probabilmente
lo diventerà» replicò freddamente
Tucker. «A te che
importa?»
«Niente.
Semplice curiosità.» Tanya rivolse loro un
sogghigno. «E
così eravate a caccia di Cullen, eh? A cosa si deve il
vostro odio?»
«Ti
uccideremo, dopo avertelo detto»
l’avvertì Izzy. Il suo tono
serissimo cancellava qualunque traccia infantile. Se non
l’avesse fatto Tucker,
l’avrebbe fatto lei.
Tucker
ascoltò le emozioni vorticanti di Tanya stemperarsi in una
pioggia di speranza e soddisfazione.
«Non
m’importa la motivazione» sussurrò la
vampira. «So dove
abitano i Cullen e vi ci posso condurre. Posso aiutarvi…
Irina mi ha parlato di
voi, mi ha detto che avete un piano.»
La sua voce
dolcemente subdola avrebbe potuto racchiudere una
bugia, ma le sue sensazioni purissime rassicurarono Tucker: Tanya non
stava
mentendo. Per qualche ragione, detestava i Cullen ed era disposta
persino ad aiutare
i loro nemici.
«Non
vogliamo sferrare un attacco» puntualizzò il
vampiro. «Voglio
uno dei Cullen. E per averlo sono disposto a massacrare gli
altri.»
«Otto
contro due» borbottò Izzy. «Siamo messi
bene.»
«Otto
contro tre»
precisò Tanya. «È comunque un passo
avanti, no? Senza contare che abbiamo
qualcosa che loro desiderano riavere indietro.»
«Ovvero?»
«Me. E la
vecchia, immagino.»
Tucker sorrise e
lasciò libera Tanya. La bionda vampira si scrollò
le foglie dai capelli e guardò i nomadi con alterigia mista
a complicità,
riservando un’occhiata speciale al boss della situazione.
Avrebbe presto
riavuto Edward, sì, ma il fisico asciutto e muscoloso di
Tucker era assai degno
di nota, e lei aveva una gran voglia di divertirsi. Con un sorriso
compiaciuto,
gettò indietro i capelli e si contorse in maniera invitante,
ma dal canto suo
Tucker ignorava completamente la bella vampira di fronte a lui: nella
sua mente
si affacciavano vivide le immagini di Tess e Victoria, le donne della
sua vita.
Due
anime
meravigliose, entrambe intrecciate alla mia… Le nostre
splendide anime,
talmente simili da essere quasi uguali.
Quella notte,
parecchie persone furono convinte di essere accanto
all’anima gemella.
Angela continuava
ad ascoltare Jacob, incantata, beandosi del
suono della sua voce un po’ rauca.
Esme e Carlisle
discutevano sommessamente tra sé delle prossime
mosse da eseguire, alimentati dal conforto della reciproca vicinanza.
Jasper vigilava
premurosamente su Alice, immersa nel nebuloso
ruotare delle sue visioni.
Izzy non staccava
lo sguardo da Tucker, seguendo con sguardo
adorante ogni suo gesto, mentre Tanya lo osservava con intenzioni
decisamente
meno limpide.
Shirley McAlpine
rimaneva congelata nel freddo della sua
solitudine, bisbigliando tra sé e sé il nome del
marito Jason.
****************************************
Scusate se ci ho
impiegato un secolo a finirlo ma gli studi mi
uccidono… ma ora sono molto più libera, prometto
che il prossimo capitolo sarà
molto più veloce!
danke sarwen della
recensione ^^
grazie
Shiva Fuyu, ma non penso che sia all’altezza del tuo
‘liberi’ :)
|
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Capitolo 16 *** Facing the Enemy ***
Facing
the Enemy
“We
stand invincible
Real heroes
We're indestructible
Raise your swords
[…]
We'll face the enemy
Together
The horns are calling out to the
Strong fighters.”
Together
Alice imprecò tra sé e sé.
L’ultima visione fluttuava nella sua
mente come una tetra nuvola di tempesta: due vampiri indistinti che
correvano
agilmente attraverso la foresta. Non da soli: con loro avevano
l’anziana donna
umana già apparsa nelle sue precedenti visioni, e anche
Tanya, che giaceva
inerte tra le braccia del vampiro maschio.
«Hanno
catturato Tanya» mormorò.
«E chi se
ne importa? È una traditrice» sibilò
Rosalie.
Tutti i Cullen
erano seduti nella sala da pranzo, il luogo dove
solevano tenere le riunioni di famiglia. Avevano aggiunto una sedia in
più per
Leslie, ma la giovane vampira non era granché partecipe:
continuava a fissare
il vuoto, i begli occhi nocciola-dorati vaganti nel nulla.
Edward lesse senza
difficoltà i suoi pensieri: erano perlopiù cupe
riflessioni e ognuna di esse stillava tormento. Si sentiva doppiamente
in
colpa: per non essere stata capace di intuire le intenzioni di Tanya,
per non
averla fermata prima che finisse nei guai. E ora a causa della sua
debolezza sua
sorella sarebbe morta…
«Che
sciocchezza» brontolò Edward.
Rosalie
affilò lo sguardo. «Non credi che sia una
traditrice?»
Edward scosse la
testa e si rivolse a Leslie. «Ha cercato di
ucciderti, Les, non merita la tua compassione, e meno che mai la tua
sofferenza. Non addolorarti se il pugnale che ti ha ferito si
è spezzato.»
A Leslie
sfuggì un risolino isterico. «Che metafora
bellicosa,
Edward… ma se è lo stesso pugnale che ti ha
sempre difeso, è difficile non
soffrire.» Increspò le labbra in un sorriso
triste. «E avevo pure la
presunzione di sapere tutto di lei… A quanto pare non ho mai
capito niente di
Tanya.»
«Non
importa se è una traditrice, Rose» intervenne
pacatamente
Esme. «Per tanti anni è stata un’amica
fidata e una gentile sorella, per noi. Non
l’abbandoneremo al proprio destino.»
«Incontreremo
i nomadi…» Bella digrignò lievemente i
denti. Aveva
lottato così tanto per ottenere quel che ora
aveva… Non avrebbe permesso che
accadesse qualcosa di male alla sua famiglia.
«Li
faremo a pezzettini!» Emmett le diede una pacca sulla spalla,
con
tanta forza da mozzarle il fiato.
«Hanno
due ostaggi… Tanya e la donna umana.» Carlisle
disegnò una
vaga forma col dito sulla lustra superficie del tavolo. «Ma
la possibilità di
combattere è tutt’altro che scarsa. Jasper, tu ti
occuperai di potenziali
emobestie, mentre Rosalie e Bella avranno il compito di badare alla
nomade
femmina. Emmett e Alice, vi affido l’incarico di rendere
inoffensivo il maschio
in caso la contrattazione vada male. Esme, tu e io cercheremo di
convincerli a
ragionare, e in caso extremis dovremo portare via gli ostaggi dal campo
di
battaglia. Edward, tu e Jasper siete i migliori combattenti»
- Emmett sbuffò -
«e poiché tuo fratello è impegnato,
dovrai leggere le intenzioni degli
avversari e spostarti a seconda dei rischi del combattimento. Leslie,
segui le
sue istruzioni e fai lo stesso.»
«Impossibile
perdere» commentò Leslie con voce atona.
Alice socchiuse gli
occhi. «Bene, e questa è fatta. Andiamo a
prenderli o aspettiamo che le pecore vengano al macellaio?»
Tucker emerse dal
fogliame di slancio, in un vortice di aghi verdi
e rametti, stringendo a sé il corpo immobile di Tanya. Da
quel che le aveva
raccontato la vampira, la chiaroveggente dei Cullen era in grado di
vedere solo
le immagini, senza captare anche i pensieri, e non poteva sapere che
dietro
l’apparente cattura Tanya sorrideva sotto i baffi. Il
problema maggiore sarebbe
stato il telepatico, ma aveva già incontrato vampiri di quel
genere e conosceva
un sistema infallibile: concentrarsi intensamente su qualcosa, un suono
o
un’immagine. I telepatici non erano in grado di perforare la
verità, o almeno
così credeva.
Non
può
nemmeno sapere per certo di quali doni siamo dotati, pensò,
lanciando una rapida occhiata a Izzy che sfrecciava pochi passi dietro
di lui. Izzy
poteva essere potente come Alec o brutale quanto Jane: che ne sapevano,
i
Cullen?
E passo dopo passo
il confronto si avvicinava.
Jacob
sollevò la testa di scatto. Un fioco ululato echeggiava nel
boschetto dietro la casa di Angela… Un ululato
inconfondibile.
Seth!
Assopita sul
materasso, Angela sbatté le palpebre e soffocò
uno
sbadiglio.
«Cosa…?»
«Vampiri»
ringhiò Jacob. «Devo andare.»
Angela
trasalì, guardandolo con gli occhi ingigantiti dalla paura.
«Andrà
tutto bene» la rassicurò Jacob, ma il lieve
sorriso non gli
illuminò lo sguardo.
Fu un attimo.
Un momento prima
era lì di fronte ad Angela; l’attimo dopo era
scomparso nel nulla, un’ombra scagliata oltre la finestra
spalancata.
Si scrutavano dai
lati opposti dello spiazzo. Con diffidenza,
ostilità, dubbio, interesse. La tensione era come una
corrente elettrica in
mezzo a loro, un velo labile e pronto a infrangersi. Bella era al
fianco di
Edward, le braccia incrociate con aria protettiva. Avrebbe fatto
l’impossibile
per proteggere la sua famiglia, non si sarebbe fermata di fronte a
niente,
nemmeno alla situazione più strana e spaventosa.
Appuntò gli occhi sul vampiro
nomade, che la fissava con sguardo bruciante. Se fosse stata umana si
sarebbe
sentita sciogliere sotto la disperata follia di quegli occhi, ma la
forza
vampira che le divampava nelle membra le infondeva nuovo vigore.
«Signori»
esordì Carlisle in tono fermo, muovendo un passo avanti
«avete
invaso il nostro territorio, ucciso umani su di esso e sequestrato una
nostra
compagna. Come giustificate il vostro esecrabile
comportamento?»
La vampira nomade
più giovane snudò i denti in un ghigno
pericoloso, rafforzando la presa sul corpo esanime di Tanya. La reggeva
con un
solo braccio, notò Bella: l’altro era piegato in
una curva impossibile e pendeva
come senza vita sul fianco esile. Vedendo la sorella al giogo di quei
due
mostri, Leslie emise un sordo ringhio di ammonimento. La vampira
bambina la
fissò con aria beffarda e non fece una piega.
«Cerchiamo
qualcuno» rispose il maschio accanto a lei. La sua aria
adulta e selvaggia era terrificante; ai suoi piedi giaceva il corpo
tremante di
un’anziana donna umana. «Un qualcuno che voi non
cedereste mai se non sotto
ricatto… Isabella Swan.»
A quel nome, la
vecchia trasalì, ma nessuno vi fece caso.
Celando a stento la
propria furia, Edward si posizionò
automaticamente davanti alla propria compagna.
«Che
volete da lei?» domandò con voce secca e gelida.
Il nomade
ribatté nello stesso tono: «Quello che solo il
più
giovane erede della famiglia McAlpine può avere, quello che
solo un discendente
dei sacerdoti della perduta Avalon può conservare.»
«Cosa
stai dicendo?!» sibilò Edward.
«Il patto
è questo» continuò l’altro
con calma. «Voi mi consegnate
Isabella Swan e noi vi concediamo la vostra compagna bionda viva e
vegeta. In
caso contrario, lei» indicò con un cenno Tanya
«patirà sofferenze terribili, i
più brutali tormenti mai generati da una mente intelligente.
Non avete mai
visto Izzy all’opera…»
Il ghigno della
vampira si allargò.
Mentre parlava,
Tucker prestò particolare attenzione a mantenere
il pensiero fisso sull’immagine di Tanya che si dimenava
nella sua morsa
letale. Anche solo il più fragile dei pensieri avrebbe
permesso al telepatico
dai capelli rossicci di scovare la loro menzogna. Pensando con forza a
Tanya, Tucker
sperava di poter cancellare la falsità dalle proprie
affermazioni…
…Non fu
sufficiente.
«Izzy non
ha poteri simili» sentenziò Edward. «E
nemmeno tu,
Tucker. Ah, e credo che Tanya possa anche smettere di
fingere… Non è un gioco,
questo, Tanya, in cui recitare la parte della morta vivente.»
E in una frazione
di secondo accaddero molte cose.
Tucker
scattò, e come secondo i piani di Carlisle Alice ed Emmett
lo intercettarono al volo e lo rispedirono indietro, ringhiando. Izzy
affrontò
direttamente Bella, ma la sua inesperienza la rendeva ancora incerta
nei
movimenti dell’attacco, e ben presto si ritrovò
costretta a saltellare qua e là
per evitare le offensive incatenate di Bella e Rosalie. Tanya invece si
avventò
su Leslie, obbligando Edward a correre in aiuto della vampira non
ancora
completamente in forze. Nel caos dello scontro, sottili figure
evanescenti
apparvero tra gli alberi galoppando verso di loro, ma bastò
un tocco dei poteri
di Jasper a sciogliere le emobestie in azione. I Cullen stavano
schiacciando i
loro avversari. Non più preoccupati per le sorti dello
scontro, Esme e Carlisle
balzarono dalla donna umana, la sollevarono senza sforzo e cercarono di
allontanarla dal campo di battaglia, ma quella si sollevò in
piedi di scatto e urlò:
«Isabella!!»
Bella si
voltò a guardarla per un attimo interminabile. Anche a
quella distanza, distinse nitidamente ogni singola ruga che le solcava
il
volto, ogni capello rinsecchito dall’età, ogni
pagliuzza smeraldina che le
inondava gli occhi azzurri. Occhi uguali a quelli di Renée.
Nonna!
Quello
che
solo il più giovane erede della famiglia McAlpine
può avere, quello che solo un
discendente dei sacerdoti della perduta Avalon può
conservare.
Bella
sentì come se una scintilla di fuoco le stesse divampando
all’altezza del petto. La percepiva con chiarezza assoluta,
era lì, era parte
di lei, una chiave sepolta nei recessi della sua anima, il Dono della
Chiave.
E tutto fu luce.
Faceva freddo e
c’era un’umidità pazzesca, ma Angela non
desisteva. Ora sapeva di essere completamente folle, ma per qualche
strano
motivo la cosa non la turbava. Aveva indossato le prime cose capitatele
sotto
mano – blue jeans, una giacca dello stesso materiale e una
maglietta nera – e
ora correva attraverso il bosco, inseguendo l’eco degli
ululati risuonante
nell’aria, col scivoloso tappeto di foglie morte che
rimbombava di secchi sciak-sciak-sciak sotto
le scarpe da
ginnastica. Al diavolo l’università, al diavolo le
critiche chioccianti di sua
madre, al diavolo tutto!
Ma
non lui.
Jacob. Lo conosceva
da pochissimi giorni, ma già era disposta a
mandare ogni cosa a quel paese per lui. Se gli fosse accaduto qualcosa
non se
lo sarebbe mai perdonata, lo sapeva.
Un altro ululato.
Più freddo, più vicino.
E una luce
abbagliante oltre il fitto fogliame.
*********************************
sembra che finalmente questo benedetto Regno Occulto sia stato rivelato
^-^
ormai inizia il countdown per la fine...
|
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Capitolo 17 *** A Lonely (?) Shore ***
A Lonely (?) Shore
“Awaiting the sunset on this
lonely shore
Home, a strange word in my mouth
I call on the winds to lead me through the veiling mists
To reach my motherland in the dawn.”
Avalon
Tucker.
Tucker
sbatté le palpebre. Si sentiva più umano che mai,
disteso a
terra e coi muscoli doloranti, ma la mielata dolcezza di quella voce lo
esortò a
sollevarsi in piedi. E la vide: alta ed elegante come non mai, gli
splendidi
capelli rossicci sciolti sulle spalle, un’espressione
compiaciuta sul viso
felino. Il corpo snello e ben tornito era avvolto in una veste larga e
impalpabile, un velo bianco e aereo come la nebbia.
«Victoria…»
Tese una mano verso
di lei, incredulo, e Victoria la sfiorò con le
dita sottili. Era proprio lei, anche se il suo tocco era stranissimo:
freddo e
impercettibile, troppo delicato persino per una vampira.
Sapevo
che
ce l’avresti fatta. Ho sempre nutrito molta fiducia in te.
La sua voce non
veniva dalla sua gola, era piuttosto come un
pensiero che accarezzava con leggerezza la mente.
«Ho
creduto alla storia di Tess» mormorò Tucker.
«Ho trovato
l’ultima portatrice di sangue McAlpine.»
Isabella
Swan. Victoria lo
guardò intensamente, gli occhi simili a rubini
fiammeggianti.
Dubito che tu lo sappia, ma è stata
lei a
causare la mia morte. Lei e il suo compagno traditore,
quell’Edward Cullen.
Tucker
digrignò i denti. «Lo sospettavo. Sulla tua tomba
c’era il
loro odore.»
Victoria gli prese
delicatamente le mani, facendolo sussultare con
quel suo assurdo tocco di ghiaccio.
Non
parlare più di tomba,
sussurrò con dolcezza. Grazie
a te, ora potrò ritornare alla vita e avere finalmente la
mia vendetta. Ti sono
debitrice, Tucker Jared Anderson.
Victoria si
sollevò in punta di piedi, sbattendo le lunghe ciglia
con aria civettuola, e avvicinò le labbra carnose alle sue.
Tucker rimase
immobile, aspirando l’aria vacua, priva del profumo fresco e
boschivo
dell’esistenza concreta…
E Victoria si
scostò di colpo da lui, voltandosi a fissare la
spiaggia che si perdeva in lontananza. Il suo ex compagno si
girò nella stessa
direzione, e scorse un minuscolo puntino nero che
s’avvicinava a velocità
sconvolgente. Circa venti secondi dopo, una vampira apparentemente
molto
giovane era ferma davanti a loro e li scrutava con
incredulità mista a
sospetto.
«Victoria!»
esclamò sbigottita.
Victoria
ricambiò il suo sguardo con aperto stupore.
«Leslie. Che
cosa fai qui?»
Tucker
guardò prima l’una poi l’altra, confuso.
Victoria, la sua Victoria, la
predatrice dolce e
selvaggia dei suoi sogni, conosceva una di quei traditori Cullen? E
anziché
attaccarla le chiedeva cosa facesse
lì?!
«Non ne
ho idea» rispose Leslie, stringendosi nelle spalle e
continuando a fissare Victoria. «Ma… insomma,
Victoria… non eri…?»
«No.»
Victoria scosse rigidamente la testa. «Mi rimase qualche
goccia di sangue… molto poco, ma sufficiente
affinché il veleno mi infettasse
l’anima.»
Le due si
guardarono per diversi, interminabili istanti.
«Anche
Tess è con te?» chiese Leslie speranzosa.
A quel nome, Tucker
trasalì.
Calma.
Ci
sono centinaia di Tess al mondo, non è lei, non
può essere lei…
«No»
mormorò Victoria. «Lei non ce l’ha
fatta, è morta
dissanguata» aggiunse, un po’ troppo
precipitosamente.
«Un
momento» intervenne Tucker squadrando prima l’una
poi l’altra.
«Di cosa state parlando? Chi è Tess?»
Leslie si
voltò verso di lui, mordicchiandosi il labbro.
«È
nostra sorella» sussurrò. «Era
nostra sorella.»
Per Tucker fu come
ricevere uno schiaffo in pieno viso.
«Voi.
Siete. Sorelle.»
Leslie e Victoria
si scambiarono un’occhiata cupa. La loro
reazione non aveva nulla di fraterno: avrebbero dovuto gettarsi
l’una al collo
dell’altra, scoppiando in lacrime e declamando quanto
avessero patito in quei
lunghi anni di separazione in cui si erano credute morte a vicenda. E
invece
niente: si fissavano, semplicemente, e nemmeno con troppo affetto.
Non
si
assomigliano molto…
Ma il suo occhio
attento di vampiro non poté non notare i capelli:
di un bel rosso fulvo, della medesima sfumatura color ruggine, e con le
ciocche
che s’attorcigliavano in soffici riccioli sopra le spalle.
Gli stessi capelli
di Tess. La sua Tess.
Victoria gli aveva
ispirato immediata fiducia e adorazione perché
era simile a Tess. La prima volta che l’aveva vista si era
dato del pazzo,
credendola una Tess rediviva… ma adesso ogni tassello di
quel puzzle assurdo
era al suo posto, e l’immagine composta era sconcertante.
È
sua
sorella. Il pensiero lo
sbigottì. E
io non l’ho mai saputo.
«Victoria»
disse Leslie con voce ferma, spezzando i suoi pensieri
«voglio sapere cos’è
successo a Tess. Anzi, non voglio:
lo
esigo.»
Victoria
ringhiò, innervosita. «Non ne so niente!
Non so niente di Tess, non sapevo nulla nemmeno di te! E non conosco
neppure
questo… luogo…»
Si girò
a contemplare il mare violaceo, di una sfumatura talmente
intensa da sembrare ametista liquida. Quello strano mare rifletteva il
bagliore
di un sole congelato in un eterno tramonto; cinque sanguigne falci di
luna
brillavano nella tetra limpidezza del cielo, fluttuando in una lenta e
silente
danza.
«Avalon» sputò la
vampira, come una bestemmia. «Il Regno Occulto, la prigione
delle anime. Il
nome cambia, il luogo rimane lo stesso. Non c’è
modo di fuggire, si può solo
sprofondare nella dolce incoscienza a metà tra la vita e la
morte… anche se ho
il sospetto che una via aperta da creature mortali sia
percorribile…» Fece una
risatina. «E una volta tornata in vita, ucciderò
Isabella Swan e Edward Cullen,
e poi toccherà agli altri. Sì, li
ammazzerò tutti!» urlò, gli occhi
roteanti di
follia.
Istintivamente,
Leslie e Tucker arretrarono.
È
pazza, pensò
Leslie sconvolta.
La
morte
le ha fatto perdere il senno, pensò
Tucker. Victoria…
Non poteva
abbandonarla così! Era stata lei a ridare un senso alla
sua esistenza dopo l’uccisione di Tess… era stata
lei a impedirgli di
suicidarsi… insomma, si amavano!
«Victoria!
Io…»
Non poté
andare avanti, perché Victoria gli si era scagliata
contro e ora lo braccava in una feroce danza mortale. Il suo sguardo
era vitreo
e spiritato, il viso bellissimo pareva un teschio da quanto era tirato.
Tucker
respinse l’assalto e balzò indietro, incapace di
colpire la donna che aveva
adorato tanto devotamente.
«Cosa
stai facendo, idiota?» gli urlò Leslie buttandosi
su
Victoria da dietro e inchiodandole le braccia dietro la schiena.
«Ti ucciderà!»
Victoria
lanciò un lungo ululato raccapricciante, che non aveva
nulla di umano, e si scrollò furiosamente. Leslie strinse i
denti e rafforzò la
presa sui suoi polsi, concentrandosi su un’immagine di fiamme
fameliche che divoravano
fragili pareti di quercia. Lasciò che il potere della
comunicazione suprema le
inondasse la voce, perforando la pazzia che animava Victoria.
«Vicky,
ti prego, non fare sciocchezze e riprendi il controllo di
te. Non vogliamo farti male, ma ci costringerai a farlo se non ti
fermi.»
Victoria si
agitò ancora più spasmodicamente, e con un
violento
strattone riuscì a liberarsi. Fece un salto mortale
all’indietro con agilità
disumana e atterrò sulla riva di quello strano mare
violetto, dove rimase immobile,
fissando i due vampiri con espressione assorta. C’era un
qualcosa di malvagiamente
perfetto in quella splendida donna felina attorniata dallo scintillio
alieno
del mare.
«Non
capite» sibilò con improvvisa tensione.
«Non capirete mai. Tess
era un ostacolo di troppo. È stata lei a spalancare le porte
di questo mondo di
terrore, lei a sciogliere le catene di spettri e demoni e a
sguinzagliarli alle
spalle dei vampiri. Prima le anime dei vampiri annientati fluttuavano
verso abissi
misteriosi, magari celestiali, adesso invece sono condannate a vivere
per
sempre segregate in questo orribile posto!»
«Non
essere stupida» protestò Leslie. «Come
avrebbe potuto una
persona sola creare un nuovo aldilà? E poi se fosse vero
anche lei sarebbe qui.»
Victoria
scoppiò in una risata assatanata. «Oh,
c’è, la stolta
c’è.»
Tucker
trasalì. «Tess? Tess è qui?»
chiese, insieme speranzoso e
incredulo.
Victoria gli
gettò un’occhiata disgustata. «Tu hai
aperto Avalon
per salvarmi, Tucker Jared, ma vedo bene che gli obiettivi di un uomo
sono
mutevoli come il vento. La tua preziosa sgualdrinella è con
noi, ma non la
troverai mai: è nascosta nel cuore più
irraggiungibile del Creato.» Un’altra
risatina. «Mi dispiace tanto, Tuckeruccio, sembra che la
vostra romanticissima
storiella d’amore sia destinata a troncarsi.»
«Come la
tua con James, carissima
Vicky» ribatté Leslie mordace.
Victoria
strabuzzò gli occhi.
«Ma come,
Vicky, non ricordi il tuo James?» continuò Leslie.
«Non
rammenti nemmeno il tuo amico Laurent? Quindi immagino non ricorderai
il fatto
che lui sia stato il compagno di Irina di Denali.» Si
girò verso Tucker. «Ti ha
strumentalizzato, ti ha usato come un burattino. Ha già
avuto un compagno, James.
È lui che vendicare, è per lui che ti ha sedotto
e assoldato!»
Tucker
guardò Victoria, ma senza affetto né ammirazione.
Una freddezza
mortale gli calò sulla mente; l’improvvisa
malignità di Victoria e la
rivelazione di Leslie s’incastravano alla perfezione, ma a
renderlo davvero furibondo
era la confessione della sua ex compagna: aveva ucciso lei Tess, o se
non altro
ne aveva causato la morte. E questo era inaccettabile.
«Sta
mentendo» sibilò Victoria, e il suo sguardo si
fece amorevole
mentre accarezzava il volto rabbuiato di Tucker. «Io amo solo
te. Credimi,
Tucker. Lascia perdere la tua sciocca relazione con la mia altrettanto
sciocca
sorellina… era solo uno svago, allora eri ancora giovane e
immaturo e non avevi
idea di cosa fosse il vero amore e…»
Tucker
saltò addosso a Victoria, paralizzandole le braccia e
affondandole i denti nella spalla.
Un urlo disumano
squarciò la quiete del mare violetto.
«Edward!!»
Bella si
guardò attorno, sconfortata. Avrebbe pagato milioni per
vedere il baluginare del suo sorriso luminoso o il vellutato
sguardo d’oro
liquido che conosceva tanto bene.
«Edward…»
Abbassò
la testa. Attorno a lei c’era solo grigiore, un manto
spesso e ferrigno riverberante di riflessi adamantini che si sposava ad
un
cielo assurdamente lattescente. Un movimento alla sua sinistra attrasse
la sua
attenzione, ma bastò una frazione di secondo
perché la delusione si
riabbattesse su di lei. Un lupo rossastro delle dimensioni di un
cavallo le
posò il muso sulla spalla, dandole un colpetto per
rincuorarla.
«Siamo
soli, Jake» sospirò la vampira. «Noi
e… lei.»
Indicò
con un cenno della testa la vecchia distesa sul dorso del
licantropo. L’avevano trovata priva di sensi al loro
risveglio, e Jacob aveva
accettato di trasportarla fino a quando non si fosse ripresa.
«È
mia nonna, credo che sia la madre di Renée»
aggiunse.
Jacob
abbaiò un latrato interrogativo.
«Non so
come sia invischiata» ammise Bella. «Pensa che
credevo che
fosse morta… Mamma non parla molto volentieri di lei.
Potrebbe aiutarci a scappare da qui.»
Jacob
arruffò il pelo del dorso, poco convinto.
«Troveremo
un modo per andarcene, Jake» gli assicurò Bella
posandogli delicatamente una mano sul collo. «Te lo
prometto.»
Jacob la
scrutò per un lungo istante, poi si voltò a
contemplare
il nebuloso grigiore che li circondava. Bella sospirò: non
aveva senso cercare
di fregarlo. Se anche avessero trovato una via d’uscita,
l’unico a sfuggirne
sarebbe stato Jake; perché Bella si rifiutava di andarsene
senza Edward. Avrebbe
passato l’eternità cercandolo senza sosta in un
universo sconosciuto piuttosto
che fare ritorno nel suo mondo ma senza di lui.
*******************************************
“Lonely
Shore”? Siamo sicuri che questa spiaggia sia così
“solitaria”?
Prima
parte ambientata ad Avalon… riusciranno Bella e Jake a
emergerne? E cosa accadrà a Leslie, Tucker e Vicky?
ciao Ary ^^
figurati, nessun problema… grazie mille per la
recensione :)
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Capitolo 18 *** Hold Me Once Again ***
Hold Me Once Again
“You
cast that spell over my senses
And I wonder how it could come so fast
Without you I'm no one
Oh could you hold me once again
the flame would be renewed.”
The
Neverending Story
«Come
abbiamo fatto ad arrivare fin qui, Jake?»
Jacob scosse la
testa, osservando Bella che camminava avanti e
indietro in quella cappa di grigiore assoluto mentre si sforzava di non
perdere
la calma.
«Il
vampiro nomade ha detto che l’ultima dei McAlpine aveva un
dono» continuò lei. «E in effetti mio
nonno si chiamava Jason McAlpine, ma…
Jake?»
Al nome di suo
nonno, Jacob aveva drizzato le orecchie e ora la
guardava con un interesse tutto nuovo.
«Cosa
c’è?»
Un basso latrato.
«Ma non
puoi trasformarti in umano per qualche secondo?! Non so
leggere nel pensiero, io…»
Jacob
agitò una zampa.
«Okay,
okay…»
Bella gli tolse
Shirley dal dorso e si girò dall’altra parte,
sbuffando. Udì uno schiocco alle proprie spalle, poi la voce
profonda e un po’
rauca di Jacob:
«Bella,
così la strozzi…»
La vampira
sussultò, rendendosi conto solo in quel momento dei
lievi colpi di tosse che scuotevano il corpo di Shirley.
Moderò la presa sulla
vecchia, che subito tornò a respirare, sebbene faticosamente.
«Allora»
iniziò Bella, appuntando gli occhi sull’orizzonte
evanescente «cosa sai di nonno Jason?»
«Cosa ne
so? Bella, è una leggenda tra i licantropi!»
esclamò
Jacob in tono entusiasta. «Stiamo parlando di uno dei
più celebri capotribù
europei! McAlpine, Schafer, Ramirez, Galeotti e Tsepesh: i cinque
grandi Sterminatori
di Vampiri del ventesimo secolo.»
«Mio
nonno era un licantropo?!» Bella scosse la testa.
«Impossibile. Renée l’avrebbe
saputo.»
«Magari
lo sa e non te lo vuole dire.»
«Perché
no?»
Jacob
sbuffò. «Oh, avanti, Bella! Quale madre direbbe
alla propria
bambina che suo nonno si trasforma in un mostruoso lupo gigante? La
notizia
potrebbe averla scioccata e non vuole traumatizzarti… anche
perché la
prenderesti per pazza.»
«In
effetti…»
Comunque era una
sciocchezza. Chiunque fosse quello Sterminatore,
di certo non era suo nonno. Non poteva esserlo, semplicemente. Non
c’era modo.
Oh…
Shirley.
La sentiva
risvegliarsi tra le sue braccia, sbattere piano le
palpebre. Poi una mano piccola e ruvida le toccò stancamente
il polso.
«Credi al
ragazzo, Isabella» sussurrò Shirley.
«Jay era un
licantropo… il più fiero licantropo mai esistito
al mondo.»
«Nonna…»
Shirley
raggrinzì la faccia in un debole sorriso. «Ciao,
principessa. Accipicchia, ti sei fatta davvero carina,
crescendo.»
«Grazie,
nonna… ma…»
«Signora,
lei conosce questo posto, no?» intervenne rudemente
Jacob. «Bene, come si fa a uscirne?»
Shirley scosse
lievemente la testa, i pallidi occhi azzurri fissi
su Bella.
«Solo
Isabella ha la soluzione. Così come ci ha portati qui,
può
anche portarci fuori.»
E ora?
Bella si
guardò le mani, si tastò lo stomaco, si
massaggiò le
tempie; non le venne in mente nulla. In preda alla disperazione,
provò a
sedersi a terra a gambe incrociate come i monaci buddhisti e a
concentrarsi per
depurare col pensiero le vie dei sette chakra, ma fu inutile.
Allora
pensò a Edward: era lì da qualche parte, magari
in pericolo
di morte, e lei non poteva aiutarlo. Non era mai stata altro che una
zavorra
per lui, eppure lui l’amava, lo sapeva.
Mi
ama
abbastanza da rischiare la vita per me.
Batté un
pugno sul terreno freddo e cenerino.
Edward.
Edward a terra,
immobile, con un’espressione sbalordita stampata
in viso, il petto attraversato da un’orribile ferita
slabbrata.
Edward che
sprofondava nelle tenebre, lontano da lei.
Edward che moriva
senza che i suoi meravigliosi occhi di oro
liquido incontrassero per l’ultima volta i suoi, ancora
ambrati, ancora
imperfetti.
Edward.
Un fragile chiarore
iniziò a lampeggiare sulla candida pelle di
Bella.
«Basta così…»
Leslie
strattonò gentilmente Tucker, allontanandolo dal corpo
orrendamente devastato di Victoria. Con un ultimo sussulto, Victoria
gettò
un’occhiata di puro odio all’ex amante,
dopodichè si lasciò ricadere a faccia
in giù sull’impalpabile sabbia della spiaggia, e
sotto gli occhi sorpresi dei
due vampiri il suo corpo prese a dissolversi poco a poco, riducendosi
in
finissima polvere.
Una folata di vento
la spazzò via.
«Se
n’è andata» mormorò Leslie.
«Per sempre, stavolta.»
Rimase in silenzio
per un lungo attimo, poi il ricordo dell’energica
e vivace Tess la investì.
Les,
stai
bene? Vuoi che ti prepari una camomilla?
Come
ti
sta bene quest’abito, Les! Dovresti mettere il verde un
po’ più spesso, ti
esalta le iridi.
Les,
mi
vai a prendere qualche mela?
Così
spaventosamente simile a Victoria.
Così
incredibilmente diversa.
Così
semplicemente Tess.
Leslie
tirò su col naso, abbassando le palpebre.
Un attimo dopo si
ritrovò a piangere sommessamente tra le braccia
di Tucker, che le accarezzava nervosamente i capelli senza sapere bene
cosa
dire o fare per consolarla.
La
luce la guidava.
Era ovunque, la
luce: radiosa e perfetta, abbracciava tutto e
tutti, legando a sé le anime dei vivi e lasciando a riposo
gli spiriti dei
morti.
Bella si
lasciò trasportare, beandosi del contatto impalpabile di
quello splendore e sentendosi la regina del Creato, vecchia di interi
millenni
e più sapiente di qualunque altra creatura. Morta milioni di
volte e poi
rinata, ancora e ancora, come la fenice delle leggende.
Chiamò a
sé tutti: Jake, Shirley, Leslie, il vampiro nomade.
Avvertì altre coscienze, vaghe e distanti; quelle no, non
osò ripescarle. Invocò
Edward, la presenza che bramava più di tutte,
gridò il suo nome attraverso la
luce e l’etere, ma non servì a nulla.
Edward
non
è qui… Edward è rimasto
nell’altra sponda.
Tra Avalon e il suo
mondo c’era come un velo, grigio e pesante.
Carica dei propri
compagni, Bella lo lacerò.
Edward,
Edward, Edward.
***********************************************
Intanto, buon anno
a tutti ^^
Breve
e astratto… il penultimo capitolo doveva essere
così… Mi
dispiace perché mi stavo affezionando a scrivere
“the edge of infinity”… Ma
purtroppo il prossimo cap sarà quello del rush
finale…
Se vi va di
commentare... :-) anche le critiche sono ben accette
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