Nuovo inizio

di Bloody_Amy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il rumore di una sana routine ***
Capitolo 2: *** Risate pericolose ***
Capitolo 3: *** Ciò che luccica non è sempre oro ***
Capitolo 4: *** Attacco dei conigli-cane ***
Capitolo 5: *** I wanna know what's inside you ***
Capitolo 6: *** Nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** Il rumore di una sana routine ***


IL RUMORE DI UNA SANA ROUTINE
L’alba: l’inizio di un nuovo giorno che segna il veloce scorrere del tempo.
Robin si era svegliata con quel pensiero in testa, quella mattina. La primavera era inoltrata, fuori si respirava aria di felicità e spensieratezza. Era passato più di un mese dalla loro ultima avventura e tutti quanti si erano ben ripresi dalle ferite loro inferte. L’aria nella stanza era tiepida e il materasso cullava l’archeologa in maniera molto rilassante: non voleva alzarsi. Nami dormiva ancora. Tutto era silenzioso tranne per il leggero rumore delle onde che si schiantavano contro il veliero in movimento. I suoi pensieri furono interrotti da un grosso sbadiglio alla sue spalle: Nami si era svegliata.
“Buongiorno.”, disse dolcemente Robin all’amica, la quale le sorrise per ricambiare. Il risveglio era sempre un po’ duro per la rossa. Dopo una breve chiacchierata, le due giovani decisero di andare a farsi un bagno. Uscirono di soppiatto dalla loro stanza e si diressero nel bagno adiacente. Nel percorrere quel piccolo tratto di strada, la mora notò che Franky era al timone; dava loro le spalle, quindi non le aveva viste. Le ragazze si spogliarono e si lavarono, chiacchierando amabilmente. Nami si lamentava di tutti i disastri che combinava Rufy, e dell’insopportabile modo di dormire di Zoro. Robin adorava ascoltare i suoi sfoghi e, avendo tante cose in comune, non finivano mai gli argomenti di conversazione.
Quando le due amiche uscirono dalla sala docce erano quasi le 9. La pace presente al loro risveglio era stata sostituita dai soliti rumori del veliero: Chopper e Usopp che ammiravano gli splendidi dispositivi di Franky, Rufy che aveva fame e che implorava Sanji di dargli della carne, Sanji che ignorava Rufy per salutare con la solita aria imbambolata le ragazze, Zoro che russava amabilmente, e Brook che intonava una canzone. Faceva tutto parte della solita routine. Nami scese sul ponte, pronta ad impartire ordini a destra e a manca con il suo solito fare autoritario. Assegnò a tutti un compito. L’archeologa era stata incaricata di pulire la stanza delle ragazze e le docce che avevano utilizzato quella mattina; Zoro avrebbe pulito la sua palestra e la vedetta; Sanji si sarebbe occupato della cucina; Usopp e Brook avrebbero pulito il ponte; Rufy e Chopper avrebbero pulito la camerata maschile; infine, Nami e Franky avrebbero dovuto discutere sulle prossime rotte da seguire. Ogni tanto si sentiva qualche tonfo e la voce di Rufy che gridava di aver fame, ma tutto era nella norma.
All’ora di pranzo scesero tutti in cucina. Robin era piuttosto affamata. Dopo poco tempo iniziò il quotidiano trambusto dei pasti. Ogni tanto, nella confusione, Robin sentiva la voce di Sanji che, con toni molto galanti, le porgeva da bere, e quella di Brook che faceva una delle sue battute, o che chiedeva a Nami di mostrarle le mutandine. Dopo il pranzo, ognuno si dedicò alle proprie faccende. Zorò sparì, come al solito, nella sua palestra, gli altri ragazzi se ne andarono in camera a giocare, e le ragazze andarono nella sala dell’acquario per rilassarsi. Una volta arrivate, Nami si sdraiò su un divanetto e Robin le si sedette accanto.
“Sai, Robin. Questa notte ho fatto un sogno strano. Ho sognato di essere in un’enorme casa, una di quelle d’epoca. Insieme a me c’era anche una mandria di bambini combina guai, e io dovevo riparare ai loro disastri, ma, nonostante tutto, volevo un mondo di bene ai quei bambini. Strano, non trovi?”.
L’archeologa riflesse per un attimo in silenzio, poi disse “Bhe, era solo un sogno. Ma se devo essere sincera, credo che…”, ma Nami non la ascoltava più. Era caduta in un sonno profondo. Probabilmente era spossata per il cambio di stagione. Robin decise di lasciar dormire in pace l’amica, ed uscì dalla stanzetta. Una volta sul ponte vide che Franky era al timone. Era molto concentrato sulla navigazione, ma la mora decise comunque di fargli una sorpresa.







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Ciao a tutti. Questa è una storia che vede come protagonisti la mia coppia preferita. Buona lettura a tutti e se avete voglia recensite.

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Capitolo 2
*** Risate pericolose ***


RISATE PERICOLOSE
Franky era diventato un tutt’uno con la rotta. Guardava sempre dritto, senza mai distogliere lo sguardo, ma Robin sapeva come attirare la sua attenzione. Fece comparire un braccio sulla cima del timone, e lo agitò indicando alle spalle del carpentiere. Il braccio sparì in un turbine di petali. L’uomo si girò e a quel punto la mora iniziò ad avanzare verso di lui.
“Ciao, Robin. Cosa ti porta qui?”, disse Franky riposizionando lo sguardo sull’orizzonte. Un sorriso amichevole gli era comparso in volto.
“Nami si è addormentata e ho preferito lasciarla riposare in pace.”, confessò l’archeologa che si era fermata a fianco del compagno.
“Sai, Robin, non ho avuto il tempo di complimentarmi con te per l’ultimo combattimento. Sei stata davvero forte, si vede che ti sei allenata molto durante i due anni di separazione.”, disse il cyborg.
Robin era lusingata, e con un leggero sorriso soddisfatto disse“Grazie. Anche tu sei stato bravo, soprattutto quando…”, ma si arrestò, qualcosa aveva attirato al sua attenzione.
In un primo momento Franky non si accorse che Robin aveva smesso di parlare. Dopo aver realizzato che la compagna non aveva concluso la frase, girò la testa verso di lei, senza staccare le mani dal timone, e disse “Robin? Tutto a posto?”.
“Guarda! Che cos’è quello?”, chiese la mora indicando un insetto che camminava lento vicino al divanetto.
Franky si girò per guardarlo. Assomigliava molto ad uno scarabeo di medie dimensioni. Era di diversi colori, mescolati in strane combinazioni, e dalle forme più bizzarre. I due lo fissarono imbambolati per qualche secondo e poi, d’un tratto, scoppiarono all’unisono in una forte risata. Il motivo di quella risata era a loro sconosciuto. Sentivano entrambi una strana sensazione, a poco a poco cominciarono a perdere le energie. Continuavano a ridere mentre qualcosa li svuotava della loro forza, sia mentale che fisica. Volevano arrestare quella risata insensata, ma, nonostante gli sforzi sovraumani, non potevano far altro che ridere a perdifiato. Ormai erano completamente storditi. Gli addomi doloranti e gli occhi pieni di lacrime li rendevano vulnerabili. In un attimo, dal nulla, comparve qualcosa di indistinto. Faceva un gran rumore, come se fosse la forza più potente al mondo, come se potesse spazzare via qualsiasi cosa ogni volta che l’avesse voluto. La sagoma conica ballava freneticamente, e si avvicinava sempre di più ai due pirati stravolti e privi di forze. La sagoma scura era sempre più distinta, puntava dritto verso Robin. Ormai era davanti a lei: un possente tornado buio, che sembrava possedere emozioni maligne. Franky, con quel pizzico di forza disperata che gli rimaneva, si avvicinò alla compagna per trarla in salvo. Il gesto fu vano, e i due si trovarono risucchiati in quel vortice arrabbiato. Una volta inglobati persero entrambi i sensi.







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Ciao a tutti. Eccomi tornata con il secondo capitolo di questa storia. Spero vi sia piaciuto e che abbiate voglia di leggere il continuo. Se lasciaste una recensione mi farebbe piacere. A presto!

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Capitolo 3
*** Ciò che luccica non è sempre oro ***


CIO’ CHE LUCCICA NON E’ SEMPRE ORO

Una lieve sensazione di caldo la pervase. Qualcosa di morbido e ruvido la toccava su tutta la parte posteriore del corpo. La luce si fece a poco a poco più forte. Era come risvegliarsi da un lungo sonno che, al posto di ristorare, aveva solo aiutato a demolire le forze. Cercò mentalmente di ristabilire tutti i collegamenti con le varie parti del suo corpo. Una volta riuscita, Robin si alzò a sedere. La testa non le faceva male, era solo molto disorientata. Ricostruì velocemente gli ultimi fatti accaduti. Nella sua mente figurava a fatica la sagoma del tornado minaccioso, come se si fosse trattato di un sogno. Ricordava a stento le sue risate e quelle di… Franky! Si girò velocemente alla ricerca dell’amico. Lo vide disteso sulla spiaggia, a circa 5 m da lei. Gli corse in contro. Franky giaceva a terra a pancia in su, le gambe e le braccia buttate a caso. Pareva morto. Robin fece comparire delle braccia e iniziò a schiaffeggiare ripetutamente il compagno. Dopo pochi secondi, con gran sollievo della mora, il cyborg aprì gli occhi e fece un respiro soffocato. Dopo un attimo di confusione guardò l’amica e le disse “Robin, Robin! Oh, Mio Dio. Stai bene?”.
“Si. Si, sto bene. Grazie.”, ma più che per lei, Robin era preoccupata per Franky. Cominciò a scrutarlo, per individuare eventuali danni. Proprio sul fianco sinistro era incisa una profonda ferita obliqua, ormai non più sanguinante. Con lo sguardo nella direzione del taglio disse ”Franky! Sei ferito!”.
“Oh… a quanto pare…”, rispose il robot che non sembrava affatto preoccupato. In fondo avrebbe dovuto aspettarselo, come poteva recargli fastidio un semplice taglietto.
“Dobbiamo capire cosa è successo e dove ci troviamo.”, disse il carpentiere.
La mora annuì, e contemporaneamente si girano per guardare l’isola. Si trovarono davanti una foresta verde e rigogliosa, una di quelle classiche foreste che si trovano solitamente sulle isole tropicali, niente che non avessero già visto. Mentre cominciarono ad avvicinarsi alla foresta, Franky tirò fuori uno strano congegno sferico dal braccio sinistro, il quale prese il volo e si dileguò. Dopodiché spiegò “Ho installato sulla Sunny un congegno che rileva i segnali. Nel mio corpo è presente un cip che segnala la mia posizione e grazie a quella sfera i nostri compagni riusciranno a trovarci. Spero solo che Nami riesca a capire come funzioni, ma so che è in gamba, ho fiducia in lei.”.
“Ora sono più tranquilla, ma il problema è che non sappiamo quanto è distante la nave da noi.”, disse l’archeologa.
“Ce la caveremo.”, disse il robot per tranquillizzarla, ma nel profondo non ne era così sicuro.
Si addentrarono nella fitta foresta, in silenzio, rapiti dalla bellezza del posto. Sembrava tutto calmo. Dopo qualche minuto di cammino la mora notò che il compagno aveva tirato fuori dal braccio sinistro una sorta di monitor, e stava cliccando una serie indefinita di tasti. Avrebbe voluto chiedergli il motivo di tanto interesse per il suo schermo, ma le sembrò un gesto sconveniente, da ficcanaso. Riprese a guardarsi davanti. Il cielo era quasi completamente coperto dalle enormi foglie degli alberi, i quali non presentavano molti frutti. La vegetazione del suolo era molto fitta; liane, piccoli arbusti e pianticelle, sassi e rami caduti erano il luogo di abitazione di tanti piccoli insignificanti e buffi insettini colorati.
“E’ molto strano…”, disse Franky senza preavviso. I due compagni arrestarono il loro cammino.
“Che cosa?”, chiese Robin, ormai era diventato anche un suo affare. I suoi occhi puntarono per un attimo il graffio dell’amico, ma poi si riposizionarono sul suo sguardo serio.
“Vedi, sul mio monitor posso vedere la temperatura dell’ambiente. Noi percepiamo caldo ora, ma i dati mi dicono che c’è una temperatura di quasi 10°C; dovremmo avere freddo. Ho provato a ricalibrare il sistema ma non mi segnala alcun errore. Lo trovo strano.”, confesso l’azzurro. Ormai solo il leggero scroscio di un tranquillo fiumiciattolo lì vicino rompeva il silenzio.
“Cosa pensi che voglia dire?”, chiese la donna un po’ stranita.
“Non ne ho idea, ma qui c’è qualcosa che non va.”, disse l’uomo.
“Mmmh… fammi provare a fare una cosa.”, disse Robin.
Si girò verso un masso, e gli fece comparire ai piedi delle mani. Poi, lo colpì con tutti gli arti contemporaneamente. A grande sorpresa dei due, le mani trapassarono il masso. Durante l’impatto una parte rocciosa si dissolse per pochi secondi: era fatto di una sorta di fumo. I due compagni si guardarono sbalorditi negli occhi. Dopo si girarono verso il ruscello, dove anche lì erano spuntate delle braccia. In quel caso non riuscirono ad attraversarlo: era solido e duro come cemento. Ancora confusa e incuriosita posò una mano sulla corteccia di un grosso albero e dichiarò “E’ fredda e liscia, però è morbida. Sembra quasi gelatina.”.
Franky e Robin si guardarono di nuovo negli occhi.
“Che cos’è questo posto?”, disse il cyborg a voce bassa e confusa.

 

 

 

 

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Ciao a tutti. Per questo nuovo capitolo ho deciso di non farvi attendere molto, ed eccolo qua. Spero vivamente che vi sia piaciuto e che, magari, il titolo vi abbia trasmesso una morale. Al prossimo capitolo e non dimenticatevi di recensire.

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Capitolo 4
*** Attacco dei conigli-cane ***


ATTACCO DEI CONIGLI-CANE
Un rumore interruppe il loro scambio di sguardi confusi. Un leggero trotterellare di centinaia di zampette si avvicinava sempre di più dalla foresta. I due si videro circondati da un branco di esili animaletti sconosciuti. Le piccole bestioline assomigliavano molto a dei coniglietti batuffolosi ad eccezione dei musi, che ricordavano molto dei teneri cuccioli di cane. Il branco guardava gli umani con occhi dolci e innocenti, e con un sorriso sdentato, innocuo. Formarono un cerchio composto da varie file, tenendosi ad una certa distanza dai due intrusi.
“Che cosa vogliono, secondo te?”, chiese Robin, che intanto si stava stingendo sempre di più verso il compagno.
“Non lo so, ma ho una strana sensazione. Meglio stare all’erta.”, rispose Franky.
Passarono degli attimi in cui ci fu uno scambio di sguardi teneri, da parte degli animaletti, e di sguardi dubbiosi, da parte dei due compagni. D’un tratto le bestiole saltarono tutte contemporaneamente verso i due umani. Come un gesto quasi automatico, Robin fece comparire un’enorme bracciò che scaraventò via una parte del branco, aprendo un varco. I due fuggirono via rincorsi dalle bestiole fameliche che emettevano dei versi striduli e demoniaci. Qualcosa sul terreno complicava la corsa, ma era difficile definire cosa fosse. I due correvano sempre più veloci, ma gli animaletti potevano compiere salti rapidi e di lunghezze grandissime. Improvvisamente Robin sentì qualcosa di forzuto colpirgli la spalla destra. Cadde a terra e si vide arrivare addosso cinque coniglietti canidi. Avevano una forza spaventosa, quasi disumana. Sembrava irreale, visti i loro piccoli ed esili corpicini. La donna cominciò a lottare contro quegli esserini. Franky, che si era accorto che la compagna era stata attacca, disse “Robin! Adesso mi avete stufato. Weapons… left!”. Il cyborg riuscì a colpire il numeroso branco che avanzava verso di loro. Poi si diresse dalla compagna per aiutarla, ma vide che se l’era cavata anche lei. Non poterono tirare un sospiro di sollievo, che alcuni animali si erano ripresi dall’attacco di Franky, e li stavano di nuovo inseguendo. I due si misero a correre ancora più veloci, fin che l’archeologa non vide a poca distanza da loro una cascata, coperta ai lati da liane. Subito chiamò il compagno, facendogli cenno di seguirla. Si diressero ad alta velocità verso le liane e riuscirono ad attraversarle, poiché si rivelarono liquide. Infine si girarono verso la cascata e videro gli animaletti sbatterci ripetutamente contro, ma, dopo aver visto che ormai le loro prede erano irraggiungibili, si arresero e se ne andarono. Riprendendo fiato, Franky chiese “Come sapevi che saremmo riusciti ad oltrepassare le liane?”.
“Non lo sapevo.”, rispose Robin, con molta naturalezza.
Franky immaginò subito le peggiori conseguenze se le liane non fossero state liquide. Poi gli cadde l’occhio su Robin. I suoi vestiti erano  strappati e logorati. Aprì la pancia e ne tirò fuori una camicia viola a fiori neri. La porse alla compagna e disse “Tieni. Non è molto… ma almeno portai cambiarti.”.
Robin lo guardò con infinita riconoscenza, lo ringraziò, ed uscì dalla grotta per cambiarsi. Quando tornò il robot non credeva ai suoi occhi: la mora aveva allacciato la camicia per farlo sembrare un vestito senza spalline, e aveva legato le maniche intorno alla vita. La luce del tramonto risaltava la pelle pallida che si sposava a meraviglia con i capelli corvini dai riflessi argentati. E poi quegli occhi blu intenso, solo il mare avrebbe potuto essere più blu. La ammirò dall’alto in basso, ritrovando le meravigliose gambe della giovane. Aveva curve che mozzavano il fiato. Un leggero rossore si fece strada sul viso del cyborg.
“Super.”, bisbiglio il cyborg imbambolato. Robin non lo sentì.
“Allora, ora che sappiamo meglio cos’è questo posto, come pensi che dovremmo procedere?”, disse l’archeologa riportando alla realtà l’uomo.
“Non lo so, ma la cosa è sospetta. Perché siamo capitai su quest’isola? E perché proprio noi?”, disse Franky sedendosi a terra con braccia e gambe incrociate.
“E’ quello che vorrei scoprire anche io…”, disse Robin. Ormai la sera cominciava a manifestare la sua presenza.
Il cyborg guardava per terra da alcuni minuti quando si vide comparire un braccio davanti. Gli spinse il naso per tre secondi e sulla sua testa uscì il folto ciuffo azzurro che era stato reciso durante il timeskip.
“Ci ero rimasta un po’ male quando ho visto che ti eri tagliato il ciuffo.”, rivelò la donna sedendosi in parte al compagno e appoggiando la schiena alla cascata. “Tu pensi che i nostri compagni ci troveranno presto?”.
“Penso che faranno il possibile, e anche di più.”, rispose Franky.
I due si addormentarono contemporaneamente pochi minuti dopo. Robin era appoggiata alla spalla di Franky, mentre i raggi lunari filtravano timidi dalla cascata in movimento.








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Ciao a tutti. Eccovi qui il quarto capitolo di questa avventura. Spero che la storia vi stia piacendo e che vogliate vedere come andrà a finire. Grazie mille per la vostra attenzione e non dimenticatevi di recensire. A presto.

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Capitolo 5
*** I wanna know what's inside you ***


I WANNA KNOW WHAT’S INSIDE YOU
Il mattino dopo furono svegliati da una grossa secchiata di acqua di mare. Per Robin fu come un violento pugno nello stomaco. Si trovarono circondati da uomini armati fino ai denti.
“Ciao, Nico Robin.”. Robin si voltò. A parlare era stato un uomo alto e magro dai capelli scuri. Aveva una barbetta a punta e uno sguardo da pazzo, gli occhi rossi come il fuoco. Franky fece per caricare un Weapons left ma uno degli uomini lo fulminò con una scossa talmente potente che lo fece cadere sulle ginocchia. Senza  arrendersi, caricò un altro attacco ma gli venne inferta un’altra scossa, ancora più potente.
“Chi sei tu?”, chiese la donna con disprezzo. Non fece in tempo a contrattaccare che due uomini gli misero ai polsi delle manette di algamatolite marina.
“Scusa la maleducazione. Io mi chiamo Mr. Fiftyeyes. Ora tu verrai con me. Voi altri, occupatevi del gigante di ferro.”, rispose l’uomo in tono sadico.
L’uomo, insieme a Robin e a pochi dei suoi seguaci, uscirono dalla caverna e aprirono un passaggio sospeso in aria, per chissà quale luogo. L’ultima cosa che Robin sentì fu la voce di Franky che la chiamava a gran voce.
Si ritrovò in una grande stanza sotterranea. Dai pavimenti laterali uscivano fiamme infernali e il soffitto era ricoperto di stalattiti. In fondo alla stanza si ergeva rialzato un grande trono d’oro, con la stella del Caos incisa sulla cima. Nella stanza echeggiava un’inquietante canzone. Mr. Fiftyeyes si sedette soddisfatto sul suo trono. Robin fu fatta inginocchiare violentemente a poca distanza.

“Sweet dreams are made of this,
Who am I to disagree?
Travel the world and the seven seas,
Everybody is looking for something.”


“Cara Nico Robin, è tanto che ti cerco. Sono felice di fare la tua conoscenza.”, disse piano l’uomo. Gli zigomi infossati e gli occhi spalancati rendevano ancora più sadico il suo largo ghigno.
“Che cosa vuoi da me? Come sono arrivata qui?”, chiese la mora.

“Some of them want to use you,
Some of them want to get used by you,
Some of them want to abuse you,
Some of them want to be abused.”


L’uomo scoppiò in una forte risata. Si alzò dal suo trono e si avvicinò a Robin dicendo  “E’ stato semplice. Due anni fa ho mangiato il frutto del mare Psycho-psycho e grazie ad esso sono in grado di plasmare oggetti che possono ipnotizzare la gente, posso fargli fare tutto quello che voglio, posso scatenare qualsiasi reazione io voglia, posso fargli vedere qualunque cosa io desideri, posso torturali psicologicamente fino a farli impazzire. Dopo aver ipnotizzato tu e il tuo patetico amico, sulla nave, ho ordinato ad un mio seguace di creare un tornado che ti portasse da me. Ma quel tuo stupido compagno ha voluto fare l’eroe e si è messo in mezzo sabotandomi le coordinate del tornado. Peggio per lui, avrà l’onore di diventare una delle cavie dei miei fedeli scienziati. All’inizio eri solo una delle tante vittime che avrei consegnato alla giustizia per intascarmi la taglia, ma mi sono reso conto che con il demone di Hoara in mio possesso avrei potuto decifrare i simboli dei puagne griff e svelare i segreti delle armi ancestrali per guadagnarmi così il titolo di Re dei pirati.”. Sul volto dei suoi discepoli era nato un sorriso crudele e soddisfatto.

“I wanna use you and abuse you,
I wanna know what’s inside you,
Moving on, moving on,
Moving on, moving on,
Moving on.”


“E poi… guardati. Perchè consegnare alla giustizia un vision perfetto come questo? I tuoi occhi azzurri non avrebbero retto un secondo a Impel Down.”, dicendo ciò il pirata aveva cominciato ad accarezzare il viso di Robin, scendendo sempre più in basso.
Con tutto l’odio che aveva in corpo, Robin gli sputò in faccia. L’uomo schifato si sentì arrivare addosso la saliva che lo centrò proprio sotto la guancia sinistra. Si pulì riluttante e disse con disprezzo “Brutta, piccola e sporca…”, ma non fece in tempo a terminare la frase che il muro alla sua sinistra venne sfondato. Tra la polvere si sentì una voce irritata “Lascia stare la mia compagna.”. A parlare era stato Rufy, il quale scandì con precisione le parole. Dalla polvere comparvero tutti i suoi compagni, più arrabbiati che mai, persino Franky era presente.
“Franky! Come hai fatto a liberarti?”, chiese la mora.
“Li ho morsi.”, rispose Franky. Tutti i nemici avevano un volto spaventato e confuso.
“Bene, è arrivato il momento di rompere qualche faccia.”, disse Sanji dopo aver tirato una boccata di fumo.
“Non la passerete liscia.”, rivelò Nami.
“Vi faremo tutti a fettine.”, dichiarò Zoro, e così dicendo si mise il manico dell’ultima spada in bocca.
“Ho la pelle d’oca per l’emozione… anche se io la pelle non ce l’ho. Yohohoho!”, disse Brook.
“Bene, se siamo tutti pronti, indossate pure gli occhiali protettivi, in questo modo non potrà ipnotizzarci… Usopp, Chopper voi pensate a liberare Robin”, i due interpellati annuirono “a tutti gli altri ci pensiamo noi.”, decretò Rufy, e tutti partirono per lo scontro, carichi di adrenalina.
Rufy volle occuparsi personalmente di Mr. Fiftyeyes, mentre tutti gli altri si occupavano degli altri. Non passò molto tempo che Robin fu liberata e le furono consegnati un paio di occhiali. In men che non si dica, anche lei cominciò a partecipare alla battaglia. I nemici erano molti ma facili da battere. L’aria era invasa da tonfi, pareti infrante, macerie che si schiantavano l’un l'altra e contro il suolo, grida di battaglia e di dolore. “Avanti, ragazzi. Dobbiamo andarcene di qui.”,  ordinò Rufy.
Un attimo prima di uscire dal sotterraneo, Robin si girò e vide Mr. Fyftyeyes steso a terra, con il corpo e , soprattutto, la faccia piena di ferie, lividi e sangue. Prima andarsene fece comparire una gamba vicino all’uomo e gli assestò un potentissimo calcio in mezzo alle gambe. Soddisfatta uscì e seguì i compagni verso la nave.








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Ciao a tutti. Sono tornata da voi con il capitolo 5. Spero che vi sia piaciuto e che magari vi abbia strappato anche una mezza risata. Grazie mille per aver letto e non dimenticatevi di recensire. A presto col prossimo capitolo.
P.S.: Se a qualcuno interessa la canzone è Sweet dreams di Marilyn Manson.

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Capitolo 6
*** Nuovo inizio ***


NUOVO INIZIO
Quando arrivarono sulla spiaggia videro la sommità della Sunny spuntare appena pochi metri dalla sabbia. Si fermarono un attimo per riprendere fiato. Robin si tolse gli occhiali, le davano fastidio. Si divertì ad osservare i suoi compagni: Usopp, Rufy e Chopper che giocavano a rincorrersi, Sanji che faceva delle avance a Nami, e Brook che intonava una canzone in compagnia di Zoro.
“E’ tutto finito.”, le disse Franky togliendosi gli occhiali. Ora le sorrideva.
L’archeologa ricambiò il sorriso.
“Pensavate di esservi liberati di me? Siete solo degli illusi.”. Mr. Fyftyeyes uscì dalla boscaglia seguito da non più di cinque scagnozzi. L’uomo aveva il volto sfigurato, e si reggeva in piedi grazie ad una specie di follia che gli attraversava il corpo. I vestiti strappati e sporchi rendevano il pirata ancora più malridotto.“Avanti, Brownhand. Attacali.”,ordinò.
Un uomo al suo fianco cominciò a generare dalle sue mani un tornado che cresceva rapidamente di dimensioni.
“Eh, no. Questo non te lo permetterò. Pioggia di fulmini!”, disse Nami con grinta. Dal suo bastone celeste uscì un ammasso di fulmini che colpirono il creatore di tornado, folgorandolo.
“Maledetta!”, gridò il nemico. Ad un certo punto Robin notò che i suoi occhi stavano mutando. Non erano più rossi, ma bensì di un miscuglio indefinito di colori in movimento. Tutt’a un tratto, l’archeologa, sentì il corpo e la mente più leggeri. L’aria intorno a lei si era fatta di un fresco ristoratore, e la luce che l’avvolgeva era di un bianco angelico e la faceva sentire in pace con se stessa. “Vieni verso di me. Ti farò stare bene.”. Ora la voce dell’uomo non era più rauca e spietata; era soave, calma, gentile, accogliente, calda. Robin cominciò ad avanzare verso la voce. Ogni cellula del suo corpo voleva unirsi a quella voce, la sua mente non poteva resistergli, era come una droga che creava una forte dipendenza. Ignorò completamente le grida dei suoi compagni.
“Adesso mi hai stufato. Bazuka Gumguam… in azione!”, gridò Rufy alle spalle della mora. Colpì l’uomo in pieno volto, con una potenza tale da rompergli la mascella.
Robin si risvegliò come da un sogno felice. Poi svenne.
Si risvegliò la sera seguente nel suo letto. La spalla destra era ancora dolorante. Dalla finestra entrava poca luce. Era sola nella camera silenziosa. Scese dal letto e guardò fuori dalla finestra: il cielo era limpido e semibuio poiché la luce della luna piena era molto forte. Il ponte era deserto. Si girò e vide la camicia di Franky ripiegata sulla sedia.  Si avvicinò e l’afferrò. Profumava di fiori e Cola. Decise di riconsegnargliela. Si tolse il pigiama e al loro posto indossò una camicetta nera e una gonna verde smeraldo. Prese la camicia, uscì dalla stanza, scese le scale e si fermò davanti alla porta del laboratorio di Franky. Faceva un po’ freddo. Sentiva che Franky era lì. Bussò. Dopo alcuni passi vide il cyborg aprirgli la porta e rispondere gentile “Robin. Che ci fai qui a quest’ora?”.
“Sono venuta a riportarti la tua camicia.”, disse la mora porgendogliela.
L’uomo la prese, e invitò la compagna ad entrare. La donna dai capelli corvini entrò e Franky chiuse la porta dietro di lei. Per fare più luce Franky accese una candela. Robin si guardò un po’ in giro. Sulla destra della stanza erano posizionati, uno a fianco all’altro, un tavolo da lavoro e una libreria piana di bulloni, strumenti, progetti, manuali, ecc… Dalla parte opposta erano presenti un letto ad una piazza e mezza palesemente inutilizzato da alcuni giorni, fiancheggiato da un piccolo comodino sul quale ardeva la candela con la piccola ma potente fiammella danzante.
“Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me.”, disse Robin rivolgendosi al compagno. Notò che aveva mantenuto il ciuffo, ne era piacevolmente sorpresa.
“Di niente. Sai che farei di tutto per t…utti voi.”, disse Franky, la compagna a meno di mezzo metro di distanza.
“Allora… buona notte.”, disse l’archeologa.
Non potè resistere. Franky annullò la distanza che c’era tra i due e strinse la donna tra le sue possenti braccia. Poi le mormorò “So che per te è difficile lasciarti andare alle emozioni, ma io so quello che hai provato a Enies Lobby, e so che è quello che stavi per rivivere pochi giorni fa. Non permetterò che ti accada nulla di male.”.
La sua presa era protettiva ma dolce. Robin sentì qualcosa uscire dal profondo di se. Come se un sentimento che era stato incatenato a lungo, ora avesse trovato la forza di spezzare le catene e di far sentire il suo grido incontrollato. Non voleva più tenersi tutto dentro. Mise le braccia intorno al collo del cyborg, infilò una mano tra i suoi morbidi capelli e gli diede un bacio appassionato, duraturo. Si staccarono per un breve periodo, ma non poterono fare resistenza alla loro attrazione reciproca. E in quella notte, mentre si toglievano a vicenda i vestiti, scivolarono nel loro turbine di passione, consapevoli che quell’atto avrebbe segnato un nuovo inizio.





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Ciao a tutti. Ebbene sì, questo era l’ultimo capitolo della storia. Spero che vi sia piaciuto. Grazie a tutti per aver letto pazientemente e un ringraziamento speciale a Seductress_of_Death per aver recensito tutti i capitoli (so che recensirai anche questo). Un saluto a tutti e alla prossima storia (speriamo).

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