Profumo di fiori di Didone24 (/viewuser.php?uid=25386)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inquietudine ***
Capitolo 2: *** Duello ***
Capitolo 3: *** Specchio ***
Capitolo 4: *** Incandescenti verità ***
Capitolo 5: *** Nuove prospettive ***
Capitolo 1 *** Inquietudine ***
Salve!! Sono tornata!!! Eccomi qui
dopo molti mesi di assenza con una nuova fan fiction! Il pairing che ho scelto,
Harry/Ginny, mi incuriosisce molto anche perché nei libri della Rowling se ne
parla ben poco mentre io penso che sia una coppia bellissima, quindi ho deciso
di farci una storia ^^ So che molti sono scettici su questa coppia (infatti ho
trovato poche ficcy interessanti) ma vi invito a leggere questa perché mi sto
impegnando davvero per favore un bel lavoro. Spero di riuscire ad aggiornare
almeno una volta alla settimana… sempre che l’ispirazione non mi lasci a corto
di idee :P
Piccola premessa: la storia è
ambientata al sesto anno a Hogwarts, ma alcune cose sono un po’ diverse (per
esempio come noterete non ci sarà il prof Lumacorno), quindi non allarmatevi! E
mi raccomando, continuate a seguirmi e recensite in tanti! Un saluto
^^
Didone24
o:p>
Ginny e Dean erano rimasti in sala
comune a parlare del più e del meno fino a tarda notte, alla flebile luce
proveniente dal camino che mandava le ultime deboli fiamme scoppiettanti.
-
Sai,
credo che farò il provino per entrare in squadra.
-
Davvero?
Fantastico!
Dean sorrise. Ginny non sapeva che
altro dire. Aveva la sensazione che ormai le loro parole fossero inutili,
pronunciate solo per aumentare l’attesa di ciò che sarebbe successo di lì a
poco. Sapeva che quella sera si sarebbero baciati, e adesso che quel pensiero si
faceva sempre più strada dentro di lei i battiti del suo cuore accelerarono di
colpo.
Abbassò lo sguardo. I lunghi
capelli rossi le ricaddero sul viso a nascondere il rossore che si era dipinto
sulle gote.
Nel tempo di un istante si fece
coraggio e fissò Dean dritto negli occhi.
E un attimo dopo Dean l’attrasse a
sé e la baciò con impeto, e lei lo lasciò fare, senza paura.
Ginny non era una ragazza che si
preoccupava dell’opinione che gli altri potessero avere di lei, ma preferiva
evitare che Ron o qualche altro Grifondoro la vedesse sul divano davanti al
camino in cui ormai gli ultimi bagliori del fuoco si erano consumati durante la
notte, stretta nell’abbraccio di Dean. Perciò, all’incirca alle cinque del
mattino gli diede un ultimo, appassionato bacio e si ritirò nel dormitorio
femminile, con una strana sensazione di euforia mista a
inquietudine.
Un nome le balenò in testa mentre
saliva la scale: Harry. Come avrebbe reagito sapendo che Ginny Weasley si era
messa con l’ennesimo ragazzo? Gliene importava? In tutti quegli anni Ginny non
aveva mai smesso di sperare che un giorno Harry si sarebbe accorto di lei… e
nemmeno in quel momento riuscì a sopprimere quella spiacevole sensazione, mentre
probabilmente Dean stava ancora gustandosi il ricordo dei suoi baci. Si sentiva
in colpa: Dean le piaceva, eppure non era diverso da tutti gli altri ragazzi con
cui era stata. Mentre Harry… non riusciva a spiegarsi esattamente il perché
dell’effetto devastante che aveva su di lei. Forse era il suo coraggio, la sua
determinazione, la sua tenacia… o forse erano anche quei capelli scuri
perennemente scomposti, quell’aria attenta, e i suoi splendidi occhi smeraldini.
Bè, in ogni caso rimuginare su cosa le piaceva di Harry non sarebbe servito a
nulla. Lui non la voleva, e anche nel caso avesse avuto una possibilità di
piacergli Harry era troppo occupato a combattere Voldemort per accorgersi di
lei. Non aveva tempo per nessuna ragazza… o almeno lo
sperava.
E comunque, si disse indignata, non
doveva più pensarci. Con tutta probabilità Dean era innamorato di lei, ed era
decisa a non farlo soffrire per i suoi stupidi sogni di bambina. Non sarebbe
volata alto… ma, se non altro, avrebbe avuto la certezza che ci fosse qualcuno a
cui importava di lei.
Quando arrivò nella Sala Grande
insieme a Luna Lovegood diede uno sguardo al tavolo dei Grifondoro, e si accorse
che Dean la guardava mentre Seamus se la rideva dandogli pacche sulle spalle,
ammiccando in direzione di Ginny. Lavanda squittì qualcosa a Calì vedendola
arrivare. Infine anche Harry, Ron e Hermione si voltarono verso di lei.
Decise all’istante di ignorare
l’espressione di puro disgusto che si era dipinta sul volto di Ron. Harry si
voltò verso Dean, che adesso parlottava allegramente con Neville; fortunatamente
almeno Hermione le sorrise. Lei ed Harry la salutarono, ma Ron era troppo
adirato per rivolgerle la parola. Ricambiò il saluto con un cenno della mano e
si diresse verso Dean e gli altri, che smisero subito di bisbigliare quando lei
si sedette accanto a Dean e gli diede un leggero bacio sulle labbra, provocando
altri gridolini isterici di Lavanda e Calì.
-
Non hai
aspettato un secondo a diffondere la notizia, eh? – disse lei
accigliata.
-
Oh, ehm…
non dovevo? – chiese Dean preoccupato.
-
No, stà
tranquillo, non c’è problema.
Finita la colazione si diresse con
Luna verso le serre di Erbologia, contenta di non dover condividere le lezioni
con Ron, che per tutto il tempo non le aveva rivolto la parola, ed Harry,
naturalmente.
-
Tutto
bene, Ginny? – chiese Luna, interrompendo il fluire continuo dei suoi
pensieri.
-
Si,
certo, tutto apposto.
-
Come
l’hanno presa?
-
Oh, bè,
come al solito, direi. Ron sembra sul punto di uccidere chiunque gli passi
vicino, Lavanda continua a urlare di gioia… Dean non ha perso tempo a
raccontarlo a chiunque. – disse, lo sguardo rivolto a
terra.
-
Ed Harry
Potter?
-
Harry?
Non penso che gli importi, no?
-
Davvero?
Io credo che sia dispiaciuto.
Per poco a Ginny non andò di
traverso il succo di zucca.
-
Cosa? E’
impossibile, Luna – disse, cercando di ricomporsi – Insomma, Harry è solo…
l’amico di mio fratello.
-
Forse.
Sai che i nargilli hanno divorato metà delle piante di un orto vicino Londra? –
disse Luna assorta, e mostrò a Ginny un articolo del giornale diretto dal padre,
“Il Cavillo”.
-
Oh…
interessante…
Ma Ginny aveva altro a cui pensare.
Sapeva che spesso Luna aveva delle opinioni un po’ bizzarre, ma perché dire che
Harry fosse dispiaciuto? Aveva intuito qualcosa che a lei era
sfuggito?
Basta, sei patetica.
Si insinuò una
vocina dentro di lei. Devi smetterla di
pensare a lui, stai con Dean.
Si costrinse a concentrarsi sulle
piante carnivore che la professoressa Sprite distribuì alla classe man mano che
gli studenti si riversavano nella serra numero 3. Quella voce aveva ragione da
vendere. Stava con Dean. Nella sua vita non c’era spazio per le utopie. Sentì un
peso bruciante in fondo allo stomaco. Era davvero quello che
voleva?
Piton si limitò a fissare Harry con
astio. Forse per la prima volta in sette anni, il Prescelto (come amava
schernirlo l’insegnante dal naso adunco e i capelli untuosi appiccicati alla
faccia) aveva risposto perfettamente a una domanda. Ron sogghignava divertito in
direzione di Piton; nemmeno Hermione riuscì a trattenere un sorriso. Harry
sostenne senza battere ciglio una curiosa radiografia, quasi che Piton si
aspettasse che fosse sotto effetto della pozione Polisucco, finchè fu lui ad
abbassare lo sguardo per continuare la lezione.
-
Vedo che
hai avuto un’illuminazione, Potter.
Harry non rispose. Adesso che era
già stato ben torturato da Piton poteva finalmente lasciare scorrere liberamente
i pensieri negli angoli più remoti della sua mente. Ormai il fatto di dover
affrontare Voldemort occupava un posto fisso nel suo cervello; era così ovvio e
così presente nella sua vita che ritrovarsi di colpo a pensare a Ginny Weasley
lo sorprese più di ogni altra cosa quella mattina. Il viso di Ginny, contornato
dai lucenti capelli rossi che odoravano di fiori continuava a riaffiorare
ininterrottamente insieme alla sgradevole scena di Dean Thomas che la stringeva
a sé, baciandola.
Aveva promesso a sé stesso che non
avrebbe perso tempo con le ragazze, quell’anno; perché, infondo, di questo si
trattava. Sprecare il suo prezioso tempo. Tante volte aveva pensato che, mentre
gli altri avevano un futuro limpido e sgombro, c’era una sola cosa che lui
vedeva davanti a sé: Voldemort. E questo escludeva tutto il resto. Anche se
Ginny era la cosa più dolce che occupasse i suoi sogni, non poteva, e non doveva
permettere che le loro vite si incrociassero, mai. Perderla sarebbe stata la
cosa in assoluto più terribile che potesse capitargli. Sapeva cosa avrebbe
fatto: l’avrebbe dimenticata, nonostante fosse la cosa che più desiderava al
mondo adesso anche Sirius l’aveva abbandonato, nonostante lei fosse, oltre a Ron
e Hermione, lo spiraglio di luce e calore che gli permetteva, ogni giorno, di
andare avanti.
-
Ma come
le è saltato in mente di mettersi con un altro… di nuovo? – sbottò Ron irato mentre il
trio lasciava l’aula di Pozioni.
-
Guarda
che non è una bambina, Ron! – disse Hermione infastidita – Ginny può fare della
sua vita quello che vuole!
-
No che
non può! Bè… certo che… comunque poteva aspettare un altro po’, no? Harry è
d’accordo con me, vero, Harry?
-
Ah si? –
disse Hermione scettica, inarcando un sopracciglio.
-
Harry,
diglielo tu! – incalzò Ron.
-
Bè…
come? – farfugliò Harry distratto.
-
Digli
che sei d’accordo con me su Ginny!
Harry si sentì come colpito da un
bolide, riportato bruscamente alla realtà dai soliti battibecchi dei suoi
migliori amici.
-
Suppongo
di si – disse debolmente.
-
Vedi,
Hermione? L’orgoglio… cosa che voi femmine non potete
capire!
-
Ma fammi
il piacere!
In un'altra circostanza avrebbe
cercato di farli smettere, ma quel giorno si ritrovò a camminare da solo, a
pochi passi da Ron e Hermione che litigavano per il comportamento della ragazza
che Harry credeva di amare.
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Capitolo 2 *** Duello ***
Salve! Mi scuso per la mia lunga assenza dovuta a stress, scuola e studio prolungato ^^" Ma sono di nuovo qui! Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, continuate a seguire la storia e a commentare! Spero di riuscire a postare con più regolarità... ah, dovevo dire che ci ho ripensato, riguardo al professor Lumacorno. Mi serve nella storia e mi piace molto come personaggio, quindi l'ho inserito. Dopo questa premessa... grazie ancora a tutti e buona lettura! ***********
Ginny si svegliò parecchie volte
quella notte. Non riusciva a pensare ad altro se non a quel vuoto che si
allargava ogni istante di più nella sua testa. Forse avrebbe fatto meglio a
salutare Dean e basta, quella sera in Sala Comune. Forse non era pronta ad
accogliere ancora una volta dentro di se quel mare di sentimenti strani e
indecifrabili che la portavano a sentirsi così… sola. Non riusciva a scrollarsi
di dosso quel pensiero snervante, eppure era così: si sentiva sola, imprigionata
in qualcosa che nemmeno lei sapeva definire. “Sei una stupida”, continuava a ripetere
mentalmente a sé stessa. Pensava a tutte le persone che le volevano bene, che le
dimostravano giorno dopo giorno il loro affetto: sua madre, i suoi fratelli,
Hermione, Luna, Dean, Neville… Harry. Al focalizzarsi del volto di Harry fra i
suoi pensieri ebbe un sussulto. Le voleva bene, ne era certa. Le voleva bene
come a una sorella, e non riusciva a sopportarlo.
Decise di tornare in sé e
ricacciare Harry e il resto in un angolo remoto della memoria. Si alzò, cercando
di non fare rumore per non svegliare Calì Patil, che dormiva beatamente nel
letto accanto al suo, e si diresse verso il bagno del dormitorio.
Fissò la sua immagine riflessa
nello specchio per alcuni istanti, senza fare troppo caso alle scure occhiaie
che le conferivano un aspetto stanco e malsano, e si sciacquò il viso con acqua
gelida. Tornò a letto e quasi inciampò sul suo baule. Soffocò le lacrime contro
il cuscino e si impose di smettere quasi subito. Quello non era un motivo che
avrebbe portato Ginny Weasley a piangere. Rassicurata dalla sua stessa forza,
chiuse gli occhi e si addormentò.
La mattina dopo fu una dei primi ad
entrare in classe. C’erano solo lei e alcuni Corvonero che parlottavano fra di
loro, che non diedero segno di averla vista. Prese posto all’ultimo banco e si
abbandonò contro la parete, esausta. Aveva cercato di tenersi a distanza da Dean
a colazione, ma non sarebbe riuscita a evitarlo ancora per molto.
Dopo un po’ del tempo che si era
concessa per sonnecchiare immersa nella tranquillità di quel posticino
solitario, infatti, Dean arrivò ansimante e si posizionò accanto a lei.
-
Ti ho
cercata per tutta la Sala! Come mai qui così presto? – chiese
corrucciato, mentre tirava fuori il libro di Difesa contro le Arti Oscure.
-
Scusami
tanto, è che avevo bisogno di ripassare un po’. – mentì.
-
Non
preoccuparti. Sei perdonata! – rise Dean, dandole un leggero bacio sulla
guancia.
Il punto in cui le labbra di Dean
l’avevano toccata arse per qualche istante. Gli sorrise e lo lasciò toccarle i
capelli.
Quando Harry fece il suo ingresso
in aula insieme a Ron e Hermione, Ginny si sentì più ipocrita di quanto non lo
fosse mai stata prima. I loro sguardi si incrociarono per un secondo e poi
entrambi si voltarono, senza dire nulla. E Ginny, senza sapere neanche perché,
si abbandonò al caldo abbraccio di Dean, come se potesse fare qualcosa per
lenire il senso di colpa che cresceva senza scrupoli dentro di lei.
Si sciolse dall’abbraccio quando il
professor Lumacorno si trascinò pesantemente in aula.
-
Buongiorno a tutti, miei cari
allievi! – disse allegro, agitando i lunghi baffoni grigi. La cosa migliore di
Lumacorno era il suo perenne buonumore, e a Ginny stava simpatico, nonostante i
modi pomposi e il vizio di selezionare i suoi studenti prediletti.
-
Spero
che abbiate molta energia, stamattina, dato che ho in mente qualcosa che, ne
sono sicuro, vi piacerà.
Gli studenti presero a bisbigliare
fra di loro, incuriositi.
-
Che sarà
mai? – sussurrò Dean all’orecchio di Ginny.
-
E chi lo
sa? Magari è un altro dei suoi festini per pochi eletti…
-
Ti
ricordo che sei una di quelli…
-
Bè,
questo non è importante… - sorrise lei.
-
Silenzio, silenzio! State a sentire
prima di esultare! – continuò Lumacorno. – Dunque, il Preside ha proposto la
riapertura del Club dei Duellanti. Suppongo sappiate tutti cosa sia. – altri
mormorii eccitati si sollevarono dalla classe. – Bè, essendo un’attività che
riguarda soprattutto la mia materia ho accettato, perciò una lezione alla
settimana sarà dedicata interamente al Club. Naturalmente non è previsto l’uso
di incantesimi di magia oscura o pericolosa, se è questo che pensate, piccoli
mascalzoni! Vi limiterete a Disarmare o Schiantare l’avversario. Ci sono
domande?
Nessuno parlò, quindi Lumacorno
continuò: - Avete tutti le idee molto chiare, a quanto pare! Cominciamo subito,
allora. Ci sono dei volontari?
La mano di Dean scattò in alto
prima di tutte. Ginny lo fissò divertita.
-
Thomas!
Che coraggioso ragazzo, vieni avanti, prego! Qualcuno vuole…
-
Lo sfido
io. – disse Harry.
-
Harry
Potter! Qui la faccenda si fa interessante!
Dean impallidì. Ginny si era
aspettata che Harry si facesse avanti, ma non contro Dean. Insomma, cosa diavolo
gli frullava in testa?
Harry si alzò e si diresse alla
cattedra, senza degnarla di uno sguardo. Era un passo falso, era ovvio che Harry
potesse umiliarlo se solo l’avesse voluto. Ginny fissò la scena, furiosa. A quel
punto Harry la guardò con un sorrisetto divertito stampato in faccia e Ginny
arrossì violentemente, senza però abbassare lo sguardo.
-
Fatemi
vedere cosa sapete fare, cominciamo!
Harry e Dean si posizionarono l’uno
di fronte all’altro a qualche metro di distanza, le bacchette pronte. Lumacorno
gracchiò “via!” e Dean disarmò Harry all’istante, facendogli volare di mano la
bacchetta. Harry corse a riprenderla, la sollevò e disse:
-
Expelliarmus! –
Dean non fu abbastanza veloce da
schivare l’incantesimo, e la bacchetta gli sfuggì di mano.
-
Stupeficium! – gridò, colpendo Harry in pieno
petto. Lui si rialzò quasi subito.
-
Levicorpus!
Dean fu sollevato da terra e si
ritrovò come appeso a un filo invisibile per la caviglia.
-
Potter!
Questo incantesimo non è perm…
Ma Dean schiantò Harry prima che
Lumacorno potesse completare la frase, anche da quell’assurda posizione. Mentre
Harry si rialzava, Dean direzionò la bacchetta su se stesso e disse: “liberacorpus!” tornando dritto. Ma Harry fu più veloce
di lui e lo schiantò.
A quel punto lampi di luce rossa
fuoriuscirono a una velocità sorprendente da entrambe le bacchette. Cadendo,
Dean perse per un attimo la bacchetta.
Lo schiantesimo di Harry fu così
potente da mandare a sbattere l’avversario contro la cattedra.
-
Basta,
basta! – gridò Lumacorno, togliendo di mano la bacchetta a Harry. Corse
barcollando in direzione di Dean, che aveva sbattuto la testa e perso i
sensi.
Quasi tutti si alzarono per aiutare
Dean, Ginny compresa.
-
Bisogna
portarlo in infermeria, presto! – disse.
-
S-si…
qualcuno mi aiuti a sollevarlo… - disse debolmente Lumacorno, che ancora fissava
Harry sbalordito. Ron tirò su Dean, fissando in cagnesco Harry, che nel
frattempo si era avvicinato.
-
M-mi
dispiace… io non volevo… - disse piano, sbiancando.
-
Non
preoccuparti, ragazzo… ti sei fatto prendere dall’ardore, può
capitare…
-
La
smetta di giustificarlo! – urlò Ginny, furiosa. – Non avresti dovuto… - sibilò
al suo orecchio, amara, uscendo dall’aula.
Seguì Ron e Dean, che si era
rialzato e zoppicava, in infermeria. Era indignata, e improvvisamente quello
spaventoso sentimento verso quello che aveva appena fatto del male al suo ragazzo divenne una grande
rabbia…
***
-
Come ti
senti? – disse Ginny, seduta sul letto dell’infermeria.
-
Sto bene
adesso.
-
E’ stato
un idiota…
-
Più che
altro ho fatto la figura del perdente.
-
Non
dirlo neanche per scherzo, sei stato grande! E poi, insomma, non avrebbe dovuto,
eri senza bacchetta, è contro le regole…
-
Stà
tranquilla, Gin. Piuttosto, perché non mi dai un bacio?
Ginny lo accontentò. Lo baciò,
senza neanche sapere veramente quello che faceva e perché.
-
Dove
vai? – chiese Dean, quando lei si alzò silenziosamente.
-
Devo
fare una cosa.
Corse verso la Sala Comune di
Grifondoro. La rabbia non le era ancora passata. La voglia di scagliarsi contro
Harry, prenderlo a pugni e fargliela pagare per quello che aveva fatto prese il
sopravvento su tutto il resto.
Oltrepassò il buco nel ritratto, e
trovò quasi subito Harry, Ron e Hermione, seduti sulle poltrone più vicine al
camino.
-
Io non
riesco ancora a capire perché diavolo l’hai fatto… - stava dicendo
Ron.
-
Insomma,
Harry, se ci fosse stato un altro insegnante al posto di Lumacorno avresti
potuto passare guai seri! – continuò Hermione.
-
Lo so,
non so cosa…
-
Se non
vi dispiace vorrei scambiare due parole con il grande Harry Potter – li
interruppe Ginny, acida.
Harry non potè far altro che
seguirla nel dormitorio delle ragazze, anche se in teoria non era permesso.
Ginny lo aspettava con
un’espressione indecifrabile e le mani poggiate sui fianchi. In quella posizione
ricordava sorprendentemente la signora Weasley.
-
Adesso
spiegami perché l’hai fatto. – disse.
-
Ginny,
te lo giuro, non so a cosa stavo pensando in quel momento, mi dispiace, sono
stato uno stupido…
-
Vuoi
sapere qual è il tuo problema? Ti credi chissà chi, infondo sei il grande Harry
Potter, non ti importa se le persone soffrono a causa tua…
Harry la guardò per un lungo
istante. Ginny si rese conto che non era solo per Dean quello che gli aveva
detto, che forse lui meritava di sentire che anche lei era una di quelli che
soffrivano a causa sua… ma non aggiunse altro.
-
Forse
hai ragione. – concluse lui alla fine. Fece una lunga pausa, poi
disse:
-
Tu non
lo ami.
Questa volta Ginny era davvero
stupefatta, oltre che arrabbiata. Ma come osava? Come faceva a dire una cosa del
genere? Cosa ne sapeva Harry Potter dei suoi sentimenti?
-
Questi…
questi non sono affari tuoi.
-
Hai
ragione, Ginny. Ma non devi stare con lui se non vuoi.
-
Ma come
ti permetti di darmi lezioni di vita? Che ti diavolo ti importa di con chi sto e
cosa faccio? Sei un egoista, Harry, un enorme egoista!
Harry non rispose. La guardò
allontanarsi e sbattersi la porta alle spalle. La voglia di stringerla a sé, di
proteggerla, di averla, crebbe inspiegabilmente insieme al rancore per sé
stesso, per quello che era, per il dovere che lo costringeva a spingere via da
sé tutte le persone che avrebbe voluto amare.
Seppe che presto l’avrebbe chiuso
davvero fuori dalla sua vita, se non l’aveva già fatto andandosene poco prima.
Ma seppe anche che non l’avrebbe lasciata andare via, non così.
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Capitolo 3 *** Specchio ***
Mi scuso tanto per
l'attesa, sono una frana nel rispettare i tempi... comunque spero che il
capitolo vi piaccia, ce l'ho messa tutta per metterci tutto il sentimento
possibile. Buona lettura ^^
Ginny fece il suo ingresso nella
Sala Grande insieme a Dean, che mandava sorrisi abbaglianti a chiunque si
congratulasse con lui per il duello del giorno prima. La notizia si era sparsa
così in fretta fra le quattro case che Harry si guadagnò non poche occhiatacce
quella mattina, non ultima quella di Ginny, che passandogli accanto lo trafisse
con lo sguardo senza neanche accennare a un saluto.
-
Altrochè
se esagerano – commentò Hermione alzando gli occhi dalla Gazzetta del
Profeta.
-
Già –
disse Ron. – Manco ti fossi unito a tu-sai-chi, schierato con i Mangiamorte,
finito ad Azkaban e…
-
Dacci un
taglio, Ron – lo ammonì Hermione.
-
Ok,
scusa… bè, amico, in fondo sei abituato alle radiografie a distanza,
no?
Hermione lo fulminò con lo sguardo
e Ron tornò al suo succo di zucca.
Harry era divertito dall’assurdità
della situazione. Anche quando Ginny cominciò a fissarlo mentre baciava Dean con
un trasporto esagerato, sostenne lo sguardo finchè non fu lei a cedere e tornare
a parlare con Luna e Neville come se niente fosse.
-
A
proposito, cosa ti ha detto Ginny l’altra sera? – chiese
Hermione.
-
Oh,
ecco… l’intenzione era di farmi il lavaggio del cervello.
-
Bè,
certo, metterti a mandare schiantesimi ovunque non è stato
esattamente…
-
Non
ricominciare, Hermione! – la interruppe Ron. – Anche io al suo
posto…
-
Tu?! –
Hermione scoppiò in una fragorosa risata.
I due amici erano così intenti a
battibeccarsi che non fecero caso a Harry che usciva dalla Sala
esasperato.
In qualche modo sentiva di avere la
situazione in pugno. Certo, non poteva avere Ginny – sarebbe stato troppo
rischioso per lei – ma riconquistare la sua amicizia si.
-
Attenti
ragazzi, Potter potrebbe ammazzarci tutti! – biascicò Malfoy, anche lui diretto
nell’aula di Trasfigurazione, seguito da Tiger, Goyle, Nott e Pansy Parkinson,
che presero a sghignazzare in direzione di Harry.
-
Fanculo,
Malfoy. – disse Harry, sorridendo beffardo. – Fammi spazio, grazie.
Malfoy restò immobile, così Harry
si fece largo fra il gruppetto dandogli una spallata.
-
Non
toccarmi, feccia! – imprecò Malfoy.
-
Risparmia il fiato!
Appena entrato in classe andò a
sedersi al solito posto verso le ultime file e pensò ai tanti oggetti in cui
avrebbe potuto trasfigurare Malfoy alla prossima occasione.
Fu svegliato, pochi minuti dopo, da
qualcuno che lo strattonava piano.
-
Non hai
dormito stanotte? – disse Hermione prendendo posto accanto a lui insieme a
Ron.
-
Cosa? Mi
sono addormentato?
Hermione annuì silenziosa vedendo
entrare la
McGranitt.
-
Herm,
non svegliarmi, d’accordo? – disse Ron.
-
Weasley,
vieni qui alla cattedra.
-
Cosa?!
Ron si alzò di malavoglia fra le
risatine sommesse degli altri due.
Mentre Ron cercava di Trasfigurare
un gatto in un canarino (trasformandolo prima in diversi bizzarri animaletti tra
cui un gatto col pelo giallo e il becco al posto del muso) Harry si abbandonò a
estasianti sogni a occhi aperti. Ginny che mollava Dean… lui e Ginny in riva al
lago… lui e Ginny su un’isola deserta, lontano, senza l’ombra di un solo
Mangiamorte a rovinare tutto…
Qualcosa lo colpì sulla testa,
piano. Un biglietto di pergamena ricadde un secondo dopo sul pavimento accanto
al suo piede. Harry lo raccolse e lesse.
Non
hai avuto nemmeno il coraggio di chiedermi scusa.
Non era firmato, ma Harry sapeva di
chi era. Ancora una volta si sentì pervaso da una sensazione di pienezza. Le importava. Era ferita dal fatto che
non si fosse ancora scusato. Guardò in direzione di Ginny, qualche banco più
avanti, ma lei non si girò. In quel momento il desiderio di stringerla a sé, o
semplicemente dirle quanto gli importava di lei parve bruciargli dappertutto.
Non poteva andare avanti così. D’un tratto si rese conto di avere bisogno di
lei. Del suo sorriso, del suo profumo, dei suoi capelli rossi tra le dita, dei
suoi occhi vispi e luminosi. Doveva assolutamente fare
qualcosa.
***
Si diresse con ostentata noncuranza
verso Ginny e Dean, che pranzavano parlottando con Neville e Seamus. Posò con
delicatezza una mano sulla spalla di Ginny, che si voltò. Parlò prima che lei
potesse dire qualcosa.
-
Scusa se
ho schiantato il tuo ragazzo, Ginny.
Cercò di non ridere mentre i
quattro lo fissavano allibiti. Ginny arrossì violentemente, ma non replicò. Poi,
dato che nessuno aveva una qualsiasi reazione, si voltò senza dire altro e se ne
andò.
Ginny continuava a guardare il
piatto mentre gli altri avevano ripreso la conversazione, che si era
inevitabilmente spostata su Harry. Certo che non se l’era aspettato. L’unica
cosa di cui era convinta era che quel ragazzo si meritava una raffica di
schiaffi.
-
Ginny,
sei pronta? – disse Hermione, interrompendo il fluire incessante dei suoi
pensieri.
-
Per
cosa?
-
Andiamo
a Hogsmeade questo pomeriggio, ricordi?
-
Ma Gin,
pensavo di andarci con te… – s’intromise Dean.
-
Oh… no,
grazie, vado con Hermione, così facciamo un giro per negozi, va
bene?
Quella era senz’altro un’ottima
occasione per stare per un po’ lontana da Dean e rinfrescarsi le idee, e poi
Hermione era la persona ideale per farle da psicologa e tirarle su il morale.
Raggiunsero le carrozze per il
villaggio ferme al limitare del giardino e ne scelsero una su cui viaggiavano
alcuni chiassosi Tassorosso del secondo anno.
-
Ho
portato un bel po’ di galeoni – disse Hermione – così possiamo scegliere il
vestito per il ballo di Natale!
Ma Ginny non l’ascoltava. Guardava
fuori dal finestrino, assorta, come se non conoscesse a memoria ogni dettaglio
di quel paesaggio che già cominciava a coprirsi di un sottile strato di neve
candida.
-
Gin, si
può sapere dove hai la testa oggi?
-
Scusa,
Herm. Sono un po’… confusa, credo.
Hermione tacque per qualche
istante.
-
Ginny,
come vanno le cose con Dean? – azzardò.
-
Tutto
normale. Perché me lo chiedi?
-
Dalla
faccia che hai non sembra proprio. – sorrise Hermione. - Cosa c’è che non
va?
Per quale motivo Hermione faceva
sempre centro?
La carrozza si fermò. I Tassorosso
scesero eccitati per riversarsi da “Tiri Vispi Weasley”, il negozio di scherzi
magici di Fred e George.
-
Hermione, pensi che ci sia qualcosa
di sbagliato in me?
L’amica la fissò come se fosse
impazzita.
-
Vedi,
io… credo di essere io li problema. Dean è affettuoso, protettivo, so di
piacergli veramente. Ma non è diverso da tutti gli altri con cui sono stata. Mi
sento… come in trappola. Non riesco a capire di cosa ho bisogno e sapevo dal
primo momento che non avrebbe funzionato. Non lo merita,
Hermione.
Hermione riflettè per un attimo.
Sembrava contenta che Ginny si fosse finalmente decisa ad aprirsi con lei.
-
Bè,
tutto quello che posso dirti è… lascialo. Non è questo che vuoi, giusto? Meglio
farla finita subito, sai benissimo che aspettare ancora significherebbe solo
farlo soffrire di più. E non dirmi che sei una stupida – disse quando Ginny aprì
la bocca per parlare -, hai semplicemente fatto uno sbaglio. Se gli vuoi bene,
non illuderlo.
Erano arrivate da Madama
McLan.
-
Adesso
ti consiglio di sceglierti un vestito e non pensarci più… oh, Harry è dietro di
te. – bisbigliò Hermione.
Ginny
sussultò.
-
Ciao –
disse Harry con un enorme sorriso.
-
Ciao.
Si maledisse mentalmente per essere
arrossita.
-
Possiamo
entrare con voi o volete fare le vostre cose da ragazze da sole? – chiese
Ron.
“Andatevene all’istante” pensò
Ginny… ma Harry e suo fratello erano già dentro ed Hermione le diede una leggera
spinta, catapultandola fra centinaia di deliziosi abiti e altrettante ragazze in
delirio. E menomale che doveva essere un pomeriggio rilassante.
Guardò i vestiti stipati a decine
in ogni angolo del negozio senza vederli. Vagava silenziosamente per la grande
sala affollata senza cercare qualcosa in particolare. Con la coda dell’occhio si
soffermò a osservare Ron e Hermione che ridevano di gusto mentre si tenevano per
mano. Perché non poteva andare così anche per lei ed Harry? Perché doveva sempre
cacciassi in storie che la portavano sempre verso una fine certa e dolorosa?
Provò un moto di rabbia improvvisa verso Hermione che l’aveva trascinata lì
dentro e poi lasciata sola. Si chiese cosa ci faceva lei in un posto del genere.
Per chi avrebbe indossato un bel vestito, per un ragazzo che non amava e
probabilmente presto l’avrebbe detestata?
-
Ginny,
ho trovato questo! Non è delizioso? – disse Hermione interrompendo i suoi torvi
pensieri.
-
Non
voglio provare niente. – disse soltanto.
Hermione la fissò con
un’espressione indecifrabile.
-
Okay…
dammi quel vestito. – sospirò Ginny rassegnata, afferrandolo dalle mani di
Hermione. – Però se non mi piace, ce ne andiamo.
Si diressero verso i camerini.
Ginny non aveva nemmeno guardato la sottile stoffa che teneva stretta tra le
mani, come se potesse ancora aggrapparsi a qualcosa per non precipitare. Harry
camminava dietro di lei parlando con Ron, ma non le importava. In quel momento
niente le importava. Voleva solo un po’ di pace.
Non appena fu entrata nel camerino
cominciò a spogliarsi, fissando la sua immagine riflessa allo specchio,
chiedendosi cos’era che le persone vedessero in lei. Le gambe sottili e bianche,
il ventre piatto, il seno piccolo e sodo, le braccia così esili e fragili, anche
se, in realtà, lei non si sentiva per niente fragile. E poi i suoi occhi verdi e
profondi, e quei capelli rossi così luminosi che sembravano prendersi gioco
della luce emanata dai raggi del sole. Era bella. Solo che nemmeno quello le
importava, perché quella bellezza non poteva portarle neanche un po’ di
felicità. Scivolò nel grazioso abito, verde smeraldo come i suoi occhi. Lungo
fino al ginocchio, le ricadeva a pennello disegnando le sue forme appena
accennate. Sorrise alla Ginny dello specchio, che rimandò il sorriso. Fece una
piccola giravolta e uscì, cercando Hermione per farsi allacciare il nastro
dietro il collo.
Inorridì quando si rese conto che
Hermione non era lì ad aspettarla, e nemmeno Ron. C’era solo Harry, che la
guardava con un enorme sorriso sulle labbra.
-
Stai
benissimo. – disse, sempre sorridendo. Sembrava rapito.
-
Io… dove
sono finiti Ron e Hermione? – mugugnò ignorandolo.
-
Sono
usciti a fare una passeggiata.
Tremante di rabbia, si richiuse nel
camerino senza dire una parola. Provò ad allacciarselo da sola, maledicendosi
per essere stata tanto ingenua. Dopo molti inutili tentativi le braccia le
ricaddero lungo i fianchi, e rimase a guardare quell’immagine imperfetta,
desiderando ardentemente di prendere a pugni lo specchio.
Un attimo dopo si vide avvolgere da
due braccia fredde, e, nonostante una parte di lei volesse allontanarlo, rimase
inerme mentre Harry le allacciava il vestito come se fosse la cosa più naturale
del mondo.
-
Fatto. –
disse.
-
Grazie.
Poi Harry tornò a stringerla, e
Ginny sussultò mentre le scostava i capelli dal collo e la baciava da dietro.
Una lacrima solitaria le attraversò il volto mentre assisteva esterrefatta a
quella scena, quella meravigliosa scena che aveva sognato così tante volte e in
così tanti modi.
-
Per
favore, non piangere.
Ginny si voltò lentamente verso di
lui, fissandolo dritto negli occhi.
-
Non
volevo che mi vedessi piangere.
Lui non disse niente. Delicatamente
prese il viso di lei tra le mani, la guardò per un interminabile istante e la
baciò.
Ginny fece di tutto per non
piangere, ma non ci riuscì. Le lacrime bagnarono il viso di Harry mentre la sua
bocca premeva su quella di lei, ma lui non sembrò farci caso. La baciò con una
delicatezza assoluta, come se fosse la cosa più fragile e preziosa del mondo.
Non poté fare a meno di stringersi a lui, aggrappandosi alle sue spalle, come se
quel contatto fosse ossigeno.
Si staccarono dopo quella che parve
un’eternità, e lei non osò sciogliere l’abbraccio. Abbassò lo sguardo, il volto
arrossato rigato di lacrime.
-
Che cosa
significa? – sussurrò rivolta al suo petto.
Harry non rispose. Il suo silenzio
fu come una pugnalata al cuore. I secondi passavano, Ginny aspettava, respirando
il suo profumo e odiandosi allo stesso tempo per quello che stava facendo.
Eppure non riusciva a scostarsi da lui di un millimetro.
-
Vattene.
– disse infine, guardandosi i piedi. Ma Harry non accennava ad allontanarsi,
anzi le parve aver aumentato la stretta. – Ti prego.
Finalmente lo lasciò, e le sembrò
di essere investita dalla distanza che si era creata tra
loro.
Harry la guardò un’ultima volta, il
volto segnato dal dolore. E se ne andò.
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Capitolo 4 *** Incandescenti verità ***
Ok... si è capito che non vado
molto d'accordo con la concezione di postare velocemente... perdonatemi! :(
Spero che il capitolo vi piaccia comunque. Lasciate tante recensioni, mi
raccomando! Ci rivedremo presto (spero) col prossimo capitolo!
Bacissimi!
***
Ginny si accasciò alla parete del
piccolo stanzino, il viso tra le mani. Desiderava disperatamente nascondere a sé
stessa quelle lacrime senza senso. Non si preoccupò di trovarsi in un negozio
affollato e tantomeno del fatto che decine di ragazze si stessero domandando
come mai quel camerino non si liberava. Se pensava che attimo prima c’era Harry
a stringerla forte tra le sue braccia, il dolore si faceva troppo forte de
sopportare. Ma era la rabbia che le pulsava dappertutto. L’unico pensiero
razionale era che avrebbe voluto strangolarlo, ma non riusciva nemmeno ad
alzarsi. Improvvisamente si ricordò di Dean; lui non le avrebbe mai fatto una
cosa del genere…
Ancora una volta si infuriò con sé
stessa per essere stata così meschina con un ragazzo che avrebbe dato tutto pur
di renderla felice. Si sentiva sporca e arrabbiata, lontana mille miglia dalla
Ginny che conosceva: lei non si sarebbe mai ridotta a piangere in un camerino,
meno che mai per uno stupido, insignificante ragazzo.
Il ricordo del bacio di Harry le
bruciò in gola e in qualche modo le diede la forza di rialzarsi. Si tolse
rapidamente il bel vestito che aveva addosso, si rivestì, e un attimo dopo uscì
dallo stanzino con una teatrale indifferenza nei confronti di un gruppetto di
petulanti Serpeverde che la fissavano di sottecchi, maligne. Abbandonò il
vestito su uno scaffale qualunque e uscì in fretta dal negozio, sbattendosi la
porta alle spalle.
La temperatura era scesa parecchio
e l’aria congelata le pizzicava fastidiosamente il viso. Fu grata che le
carrozze non distassero molto da lì e saltò su quella che era già stata occupata
da Lavanda Brown e Calì Patil. In quel momento era quasi felice di averle
incontrate; il loro fitto chiacchiericcio e la loro spensieratezza trascinarono
via almeno in parte quei suoi cattivi pensieri.
-
Ginny!
Cosa ti è successo? – esclamò subito Calì. Ah, già. Doveva avere un aspetto
orribile.
-
Non
preoccuparti, sto bene. – disse solo.
-
Sul
serio? Senza offesa, ma non hai una bella cera…
Ginny non rispose. Si limitò a
un’alzata di spalle e le due amiche tornarono a bisbigliare fra loro.
Era già buio quando la carrozza
accostò al limitare del parco. Ginny scese per ultima e, nonostante il freddo
pungente, camminò piano per attraversare il giardino fino alla Sala Grande. Non
voleva vedere Harry o Dean, ma il suo stomaco protestò e alla fine si diresse
stancamente al suo solito posto al tavolo dei Grifondoro.
Si guardò intorno circospetta,
decisa ad evitarli entrambi. Poco dopo si accorse stupita che Harry non c’era.
Un moto di rabbia e frustrazione si impadronì di lei; infondo una parte remota
del suo cuore aveva sperato di vederlo.
Nello stesso istante in cui quelle
considerazioni sconvolgevano i suoi pensieri due braccia le cinsero la vita e la
strinsero delicatamente, facendo rabbrividire ogni sua terminazione nervosa.
Un attimo dopo Dean, raggiante, la
voltava verso di sé dandole un innocuo bacio sulla fronte.
-
Amore,
finalmente! – amore… - Non ti vedo da
un paio d’ore e già mi manchi!
-
Oh.
Ciao, Dean.
Il sorriso scomparve dalle labbra
di lui.
-
Qualcosa
non va? Sei stanca? – disse allarmato.
-
E’ tutto
a posto, devo essere solo un po’ stanca, si – le sue parole suonavano false
anche a sé stessa. Dato che Dean non rispondeva, continuò:
-
Sai, ho
provato un mucchio di vestiti per il ballo di Natale, e quando sono uscita dal
negozio devo aver preso freddo… - e ho baciato Harry Potter nel camerino,
contento? Questo però non lo disse.
-
E non ne
hai trovato neanche uno? – si, e me l’ha
allacciato Harry. E’ stato molto
gentile da parte sua.
-
No. Non
ho saputo scegliere, magari la prossima volta mi consiglierai tu, che ne dici? –
Ipocrita.
-
Dici
davvero? Oh, Gin… - la sollevò dolcemente da terra. – Adesso è meglio che mangi
qualcosa e vai a dormire, prima che ti venga un raffreddore.
Ginny annuì, odiandosi
profondamente per la gentilezza del tutto immeritata che quel ragazzo le
riservava. Mangiò in fretta delle uova strapazzate e del purè, evitando
accuratamente lo sguardo dispiaciuto di Hermione. Probabilmente si sentiva in
colpa per averla lasciata sola, ma di certo non sapeva il resto. E Ginny non
aveva intenzione di condividere quella follia con nessuno, non
adesso.
Appena finito salutò Dean con un
bacio sulla guancia e si diresse in fretta verso la Torre di Grifondoro, ma non ebbe il
coraggio di guardare in faccia Ron e Hermione. L’unica colpevole della
situazione era lei… e quell’ idiota di Harry, certo.
Per la seconda volta in due giorni
non potè fare a meno di essere arrabbiata con Harry. Tutto la infastidiva di
quel suo sfuggirle ogni volta; si rese conto di non aver ancora riflettuto sul
perché l’avesse baciata.
Non aveva senso.
Varcò il buco nel ritratto. Fu
tentata di restarsene al calduccio accanto al camino in Sala Comune, ma il
bisogno di schiaffeggiare Harry Potter era di gran lunga più influente. Si
diresse verso la sua camera da Prefetto; se Harry non ci fosse stato, avrebbe
aspettato fuori fino al suo ritorno.
Non appena le nocche toccarono
debolmente il legno massiccio della porta, un odioso rossore le inondò le
guance, ma non ci badò. Voleva andare fino in fondo, voleva delle spiegazioni. O
forse voleva solo sfogarsi, prenderlo a pugni e…
-
Ginny? –
Harry, inaspettatamente, era lì, in pantaloncini del pigiama e maglietta bianca,
un sopracciglio alzato che gli conferiva un’aria divertita e angosciata allo
stesso tempo. Lo sguardo di Ginny andò a finire sui muscoli ben scolpiti del suo
braccio; si sorprese a pensare a quanto ogni dettaglio di lui la attraesse come
una forza magnetica, e questo la irritò ancora di più.
-
Mi fai
entrare o c’è bisogno di un biglietto? – disse,
sarcastica.
-
Entra
pure.
Era stata altre volte in quella
camera, ma mai tutto quel rosso e oro dei fieri stendardi di Grifondoro che
ricoprivano allegramente le pareti l’avevano infastidita così tanto. Le davano
alla testa, come ogni cosa lì dentro, d’altronde. Tutto odorava di
Harry.
-
Ginny,
io…
-
Fa
parlare me, signor bambino sopravvissuto. – disse, fissandolo dritto negli
occhi. Sospirò.
-
Senti,
credo proprio che tu mi debba delle spiegazioni. Prima hai Schiantato Dean, non
mi hai rivolto la parola per giorni e poi, improvvisamente, hai deciso di
incasinarmi la vita entrando nel mio camerino e baciandomi. Vedi, io vorrei solo
che… che la smettessi di evitarmi, vorrei che tra noi ci fosse un rapporto
civile e…
-
Evitarti? – Harry rise amaramente.
- Magari potessi riuscirci.
Ginny smise di respirare. – C-come
scusa? Tu…
-
Ginny…
cavolo, mi sembra evidente. Vuoi proprio sapere perché mi sono comportato in
quel modo con Dean?
Tacque un secondo, lo sguardo
straripante di pensieri.
-
Perché
ero geloso. Mi dava sui nervi che stesse con te. Lo sono ancora, in effetti. Sto
provando a non farci caso. Ma se tu piombi in camera mia, o se ti incontro in un
negozio con un vestito slacciato addosso, non credo di poter riuscire a
ignorarti ancora per molto. Per questo ti ho baciata. Sono stato un idiota, non
avrei dovuto. Noi due non possiamo stare insieme, io ho mille nemici che mi
vogliono morto là fuori, capisci?
-
E se non
mi importasse? – lo interruppe, acida. – E’ troppo tardi,
Harry.
-
Non… non
sei arrabbiata con me?
-
Lo sono
eccome, ma non cambiare discorso.
-
Noi due
non abbiamo niente da dirci. Non dovresti stare qui, Ginny. Io non ho niente da
offrirti, a parte il pericolo. Tu hai già un ragazzo, e lui ti ama. Non merita
questo.
-
Ma senti
da che pulpito viene la predica!
-
Hai… hai
la possibilità di scegliere, Ginny. Hai decine di ragazzi hai tuoi piedi.
-
Non mi
interessa.
-
Io… io
ti interesso?
Ginny rise, amara. Gli si avvicinò
fino a quando non si trovò a un passo dal suo viso.
-
Secondo
te?
Posò le labbra sulle sue,
arrabbiata, risoluta, sicura che non si sarebbe sottratto a quella dolce
tortura. Lo baciò con trasporto, spingendolo con forza contro l’armadio. Harry
rispose al bacio, attraendola a sé e affondando le mani nei suoi lunghi
capelli…
Ginny giocherellò con i bottoni
della sua camicia, tormentando ogni asola prima di sfilargliela del tutto. Fece
per togliersi la maglietta, ma Harry la bloccò, stringendole il braccio con
forza.
-
Smettila,
Ginny.
Lo fissò di rimando,
offesa.
-
Non sono
abituata a essere rifiutata. A che serve che mi fermi? – disse, sprezzante e
maliziosa. Si liberò dalla stretta e in un attimo la maglietta fu a terra
accanto alla camicia di Harry. Attenta a non incrociare il suo sguardo riprese a
baciarlo con veemenza, accarezzandogli il torace. Si soffermò a stuzzicargli il
collo per poi tormentargli il lobo dell’orecchio.
Dopo quella che parve un’eternità,
Harry la scostò da sé, mutilato dalla sofferenza provocata dalla rottura di quel
contatto.
-
Non è
giusto. – disse. – Hai idea di come potrebbe sentirsi
Dean?
-
Non c’è
bisogno che tu me lo faccia notare. Ma non voglio fingere di non essere attratta
da te, anche se non te lo meriti.
Si rivestì, rossa in viso, e fece
per andarsene.
-
Aspetta.
La abbracciò, bloccandola contro la
porta.
-
Scusa, è
più forte di me…
Catturò le sue labbra in un bacio
che le tolse il fiato. Le sue mani scivolarono inesorabili sotto la maglietta, e
lei lo lasciò fare.
-
Lo…lo
vuoi fare? – sussurrò Ginny, arrossendo violentemente.
Harry si fermò, prendendo le
distanze.
-
Non sai
quanto.
Un’ondata di eccitazione, stupore,
adrenalina la inondò. Riuscì a non muoversi da dove si trovava; non voleva
essere lei a doversi fermare.
-
Ma non
puoi.
-
Già.
-
Bè, non
c’è che dire, sei insopportabile. – Trasse un sospiro. – Harry, io ti
piaccio?
-
Troppo.
– rispose, senza esitazione.
-
Bene. –
disse compiaciuta. – Sono disposta a lasciare Dean, anzi, credo che lo farò di
sicuro.
-
Ginny…
-
Non
cercare di fermarmi, l’avrei fatto comunque. E poi te l’ho detto, è tardi per
tornare indietro.
-
Ti
metterei in pericolo, lo sai.
-
Non
pretendo di stare con te. – lo guardò dritto negli occhi, decisa. – Ma non ho
intenzione di starti lontana.
-
Cos’è,
una minaccia?
-
Pensala
come ti pare.
-
Posso
anche… tirarmi indietro, vero?
-
Non ti
facevo così codardo, Harry Potter. Te l’ho detto, fai come vuoi. Ma l’unico che
ci perde, a non stare con me, sei tu.
-
Sei
molto arrabbiata, eh?
-
Più che
altro direi aggressiva.
-
Uhm,
direi che mi piace.
-
Io direi
che a me piace questo casino. E’… eccitante. Ciao, Harry.
Uscì, sbattendosi la porta alle
spalle, senza dire un’altra parola. Già, era un bel casino. Ma almeno aveva
scoperto un paio di cose interessanti…
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Capitolo 5 *** Nuove prospettive ***
Ginny corse finchè non raggiunse il
dormitorio delle ragazze, evitando accuratamente la
Sala Comune. Si intrufolò sotto le coperte
prima che i ronzii sommessi dei pettegolezzi Lavanda e Calì invadessero la
camera. Non accettava interrogatori, quella sera. Più che sentirsi in colpa come
quel pomeriggio, era su di giri. Entusiasta. Ogni cellula del suo corpo vibrava
di felicità, di desiderio, di soddisfazione. Si, era soddisfatta, anche se
esserlo implicava inevitabilmente una serie di complicazioni alle quali non
voleva pensare… non quella sera.
Avvertì un rumore dietro di sé e
aprì gli occhi, spaventata. Sentì il calore di due mani scorrerle lungo le
braccia. Il battito cardiaco prese ad accelerare, come
impazzito.
-
Dean! – gemette, senza girarsi verso di
lui.
Non riusciva a crederci. Dean era
entrato nel dormitorio delle ragazze di nascosto, nel cuore della notte, e
adesso si trovava nel suo letto, a un metro da quello di Calì, che dormiva
beata.
-
Sei
pazzo? E se avessi svegliato qualcuno?
-
Scusa,
Gin. Non resistevo più – sussurrò semplicemente.
Le sue mani ripresero ad
accarezzarla, gentili e calde. Posò le labbra sul collo bianco e teso di Ginny,
che sospirò, mentre il senso di colpa inondava ogni sua terminazione nervosa.
Sentì il respiro irregolare di Dean
sulla pelle; quando indugiò sotto la maglietta Ginny ebbe un fremito. Si
costrinse a fermarlo, voltandosi verso di lui.
Dean la fissava, adorante. In
quegli occhi assetati di lei c’era tutto l’amore che aveva sempre desiderato,
tutto ciò che una ragazza potesse chiedere. Si allontanò ancora, sfiorando il
bordo del letto.
-
Mi
dispiace di essere piombato qui a quest’ora e senza preavviso… ti chiedo scusa.
E’ solo che… stavo impazzendo.
In un attimo si trovò sopra di lei,
e la baciò come non l’aveva mai baciata prima, con trasporto, con passione, con
impazienza. Ginny rispose al bacio, assalita dalla disperazione. Non sapeva cosa
fare, intrappolata sotto di lui, che non accennava a
smettere.
-
Ginny…
ti va di…ecco… - soffiò Dean tra un bacio e l’altro,
imbarazzato.
Ginny avvampò. Non si aspettava una
richiesta così diretta.
-
Dean,
io… - cominciò, scostandosi da lui, cercando le parole.
-
Oh. Bè,
non fa niente, se… non te la senti. Aspetterò, non preoccuparti. – disse
comprensivo. Quelle parole, così dolci e gentili, le fecero male. Non c’era una
goccia di risentimento nella sua voce; le voleva davvero bene, e non lo
meritava.
-
Non è
questo. Io non… - prese fiato, odiandosi profondamente – non posso. Mi
dispiace.
Dean si spostò su un lato del
letto, senza staccare gli occhi da lei.
-
Perché?
– chiese, diretto come sempre.
-
Io… noi…
non possiamo più stare insieme. – Ecco, l’aveva detto.
Dean si
rabbuiò.
-
Ma che
stai dicendo, Gin? Davvero, per me non è un problema
aspettare…
-
Non si
tratta di questo. – lo interruppe. – Non possiamo continuare a frequentarci.
Tacque, trovandosi a corto di
parole. Una lacrima solitaria le rigò il viso, la stessa che la sentenziava:
colpevole. Colpevole di averlo tradito, illuso e ferito.
-
Non
capisco. Dammi almeno una spiegazione.
-
Non c’è
nulla da spiegare. La colpa è mia. Tu sei… fantastico – disse con sincerità. –
Ti voglio davvero bene. Ma niente di più.
-
Oh.
Il volto di Dean si fece teso,
segnato da una smorfia di dolore. Ginny soffocò i singhiozzi sul cuscino non
appena capì che non era arrabbiato con lei. L’avrebbe perdonata, se solo avesse
saputo cosa era stata capace di fargli? Sarebbe ancora mai stato gentile con
lei, una volta scoperta la verità?
-
Bè…
allora non abbiamo più niente da dirci.
Ginny chiuse gli
occhi.
-
Mi
dispiace – sussurrò.
-
Dispiace
anche a me. Ti voglio davvero bene, Gin. Ma se è questo che vuoi, per me va
bene. Voglio che tu sia felice.
Le soffiò un bacio sulla fronte e
si sollevò dal letto cercando di non fare rumore.
-
Dean…
grazie. Scusa, scusami tanto.
Si voltò un’ultima volta,
immergendo i suoi occhi in quelli di lei per un interminabile istante. E quello
sguardo triste e rassegnato diceva che non gli importava, che voleva solo la sua
felicità. Che stava per amarla, ma lei non gliene aveva dato l’opportunità. Si
sentì stupida più che mai per aver esultato qualche ora prima, contenta di
essere una traditrice.
E, tra le lacrime silenziose e il
volto di Dean impresso nei suoi pensieri, si addormentò.
Harry non dormiva. Fissava il
soffitto, ma senza vederlo veramente. Vedeva gli occhi di Ginny, e i suoi
capelli, e riusciva a immaginare il suo profumo. Ripensava alle sue piccole mani
bianche sul suo petto, alle sue guance tinte di rosso per l’imbarazzo, a ogni
suo gesto casuale che riusciva a ipnotizzarlo e a renderlo schiavo del volerla
sempre di più.
C’erano un milione di ragioni che
gli imponevano di stare lontano da Ginny. Primo, era la sorella del suo migliore
amico. Secondo, non gli apparteneva. E terzo, non gli sarebbe mai appartenuta,
non gli sarebbe mai neanche stato concesso di sognarla, perché Voldemort e i
Mangiamorte erano dietro l’angolo, pronti a distruggere ogni cosa bella ancora
rimasta nella sua vita. Ginny era una di quelle. La più preziosa, forse, insieme
a Ron e Hermione. La più delicata, indifesa, fragile. Non poteva permettersi di
amarla, non poteva esporla a un tale rischio.
Ma di immaginarla, di chiudere gli
occhi e imprimersi i suoi occhi dentro, forse si. Forse quello gli era concesso.
E così chiuse gli occhi, non per cercare di dormire, di darsi pace, ma per
torturarsi ancora costruendo momenti di una vita che desiderava insieme a lei.
E, per l’ennesima notte, la sognò.
***
-
Gin, sei
depressa. – esordì Hermione quando Ginny si lasciò cadere pesantemente accanto a
lei al tavolo dei Grinfondoro.
-
Meglio
se non ci giro intorno, così non mi bombardi di domande. Io e Dean ci siamo
lasciati.
Hermione la abbracciò, comprensiva.
Hermione era una di quelle persone
che, in qualsiasi situazione o stato d’animo, riuscivano a capire senza
giudicare. Poggiò la testa sulla sua spalla, sbadigliando. Se non altro in tutto
quel casino aveva lei, il suo rifugio personale di tranquillità e
saggezza.
-
Mi
dispiace tanto…
-
L’ho
lasciato io. – la interruppe Ginny, lo sguardo rivolto al pavimento. Temeva che
guardandola si sarebbe tradita.
-
Oh, bè,
c’era da aspettarselo. Suppongo che le cose fra voi non andassero proprio… alla
grande, ecco.
-
Già.
-
Se vuoi
parlarne…
-
No, non
preoccuparti – tagliò corto Ginny. – Sono solo dispiaciuta per Dean, tutto
qui.
-
Però hai
le occhiaie. Un motivo per cui non hai dormito stanotte dev’esserci, no? –
sorrise Hermione. – Senti. Stasera c’è una festa. Una di quelle organizzate da
Seamus, Malfoy e compagnia bella. Perché non ci andiamo?
A Ginny quasi andò di traverso il
succo di zucca.
-
Da
quando in qua vai alle feste clandestine?!
-
Bè, non
sarebbe la prima volta… - farfugliò Hermione imbarazzata.
-
No,
certo che no. Non per me.
-
Ho solo
voglia di divertirmi un po’, va bene? Solo perché sono un prefetto non significa
che… e poi è un modo per tirarti su, no? Beviamo, ci
rilassiamo…
-
Aspetta.
Non sarai mica Pansy Parkinson sotto effetto della Pozione Polisucco, vero? –
questo era uno scandalo abbastanza forte da permettere a Ginny di sgombrare la
mente dal triangolo Ginny-Dean-Harry.
-
E dai,
non prendermi in giro! Ci vuoi andare anche tu, lo so.
-
Ovvio
che ci voglio andare. Ma tu…
Hermione la guardò in
cagnesco.
-
Devi
prestarmi qualcosa da mettere – concluse Hermione. – I miei vecchi jeans non
vanno bene per queste cose.
La situazione cominciava davvero a
piacerle. Ecco, Hermione le aveva offerto uno di quei momenti in cui poteva
permettersi di sgombrare la mente per qualche ora per pensare solo a un sano,
scatenato divertimento tra ragazze. Hermione voleva andare a una festa dove
scorrevano litri di alcolici e un alto tasso di Malfoite pronta ad annientare le
anime di Grifondoro giudiziosi e responsabili come lei? Certo non poteva
lasciarla andare da sola.
-
Certo
che ti presto qualcosa. Tutto quello che vuoi, pur di dimenticarmi di questo
inferno per un po’.
-
A quale
inferno ti riferisci? – disse Hermione, guardinga.
-
Oh,
niente. Solo… Dean.
Ed Harry. Ma questo non lo disse.
Doveva stare molto, molto attenta a non farsi scappare frasi
scomode.
Sperò con tutto il cuore che anche
Harry avesse conservato un minimo di buonsenso.
***
-
A
proposito, dov’è che organizzano la festa clandestina? – disse Ginny, rovistando
nel suo armadio alla ricerca di qualcosa di carino ma seducente per Hermione.
-
Alla
Stamberga Strillante. – disse Hermione, tranquilla.
-
Il tono
con cui pronunci il nome di quel posto mi terrorizza. Hai idea del delirio che
ci sarà lì dentro? E dovremo mimetizzarci con gli alberi del parco, per
arrivarci.
-
Bè, un
modo lo troveremo. Ci aggregheremo agli altri, suppongo. E poi c’è sempre il
Mantello dell’Invisibilità di Harry, no? Andremo insieme a lui e Ron. Sarà
fantastico.
Le parve di sentire le capriole
allo stomaco. Fantastico. Hermione era impazzita, suo fratello frequentava
quella squallida gente e avrebbe dovuto condividere una parte di Mantello con
Harry.
-
Non vedo
l’ora – commentò con poco entusiasmo.
-
Guarda,
ho trovato questo – esultò Ginny dopo qualche istante, estraendo dall’armadio un
vestitino bianco, corto e svolazzante.
Hermione lo studiò a lungo,
indecisa.
-
E dai,
ti starà d’incanto. Provalo!
-
Non
starebbe meglio a te?
-
Adesso
non tirarti indietro, Granger. Penso io al mio look, tu segui i miei ordini e
prova questo vestito. – ordinò Ginny, sorridendo.
Lo mise in mano a Hermione e
riprese a rovistare fra le sue cose, pensierosa.
-
Ehm…
Ginny? Che te ne pare?
Ginny si girò, le braccia stracolme
di abiti di qualsiasi genere.
-
Sei una
favola – disse soddisfatta.
-
Ti è
caduto quello. – disse Hermione indicandone uno per terra.
-
Dio, è
un secolo che non lo metto. Però è carino, che ne pensi?
Alle 10 in punto, dopo essersi accuratamente
truccate e pettinate a vicenda, Ginny ed Hermione raggiunsero Harry e Ron, che
le aspettavano in Sala Comune. Ginny cercò di evitare lo sguardo curioso e
indagatore di Harry, che la fissava dal primo istante in cui l’aveva vista,
splendida nel suo corpetto nero e la gonna coordinata che alla fine aveva
scelto. Si salutarono rapidamente e varcarono uno dopo l’altro il buco nel
ritratto, ridendo di alcuni ragazzini del secondo anno che li precedevano nella
fuga, eccitati. Una volta fuori la
Sala Comune si strinsero attorno al Mantello,
che frusciava attorno ai loro piedi scoperti. Si ritrovò a contatto con il
braccio di Harry, che, per fortuna, almeno in quella circostanza guardava dritto
davanti a sé senza trafiggerla con lo sguardo.
Attraversarono il giardino,
inciampando nel Mantello e stretti uno contro l’altro, finchè non raggiunsero il
Platano Picchiatore, accanto al quale erano raccolti una decina di ragazzi in
attesa di scendere nella Stamberga Strillante. Una volta mescolati alla piccola
folla si tolsero il Mantello, ridendo.
Ginny promise a sé stessa che
quella sera non avrebbe pensato a Harry né a Dean. Si sarebbe divertita e
sbronzata, avrebbe ballato fino allo sfinimento insieme a Hermione e l’indomani
sarebbe tornata alla solita vita. Niente complicazioni, continuava a ripetersi
mentalmente.
Arrivò il loro turno di
attraversare il tunnel che conduceva alla Stamberga. Hermione e Ginny badarono a
non rovinare i loro vestiti, incespicando nel buio.
La musica a tutto volume li accolse
nell’atmosfera festaiola prima di vedere Dean e Seamus che accoglievano gli
ospiti nell’antisala.
-
Ciao –
salutò Dean, cordiale.
-
Ciao.
-
Ehi,
Hermione! Che si dice da queste parti? – disse Seamus, già mezzo ubriaco,
rompendo l’atmosfera gelata che si era creata. – Entrate, forza! E
divertitevi!
Ginny seguì gli altri, rivolgendo
un ultimo sguardo di scusa a Dean.
Come al solito, Grifondoro e
Serpeverde insieme avevano fatto un ottimo lavoro. Al centro della sala era
stato collocato l’angolo bar, attorno al quale c’era una grande pista da ballo
che emanava bagliori di luce oro e argento dal pavimento, che serpeggiavano tra
i piedi che si muovevano scatenati al ritmo di musica. All’altro capo della sala
erano stati posizionati dei divani. Il tutto era accompagnato dal profumo
dell’incenso mescolato a un forte odore di alcool.
-
Balli? –
urlò Ron a Hermione per sovrastare i decibel della musica altissima. Un attimo
dopo, Hermione sparì insieme a lui, e Ginny si ritrovò sola con Harry. La
disperazione l’assalì al primo istante quando Harry le lanciò una lunga occhiata
e se ne andò.
Mi sta evitando, pensò.
Si diresse verso il bancone degli
alcolici, desiderando ardentemente di tornarsene in camera sua all’istante.
-
Ehi,
Weasley! Vuoi da bere, bellezza? – Draco Malfoy doveva essere brillo per
rivolgersi a lei senza l’ombra di un insulto.
-
La tua
gentilezza mi spiazza, Malfoy. Dammi qualcosa di forte –
disse.
Salvami – pensò, mentre si scolava il primo
bicchiere di vodka. – Ti prego, vieni a
salvarmi da questo inferno.
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