Profumo di fiori

di Didone24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inquietudine ***
Capitolo 2: *** Duello ***
Capitolo 3: *** Specchio ***
Capitolo 4: *** Incandescenti verità ***
Capitolo 5: *** Nuove prospettive ***



Capitolo 1
*** Inquietudine ***


Salve!! Sono tornata!!! Eccomi qui dopo molti mesi di assenza con una nuova fan fiction! Il pairing che ho scelto, Harry/Ginny, mi incuriosisce molto anche perché nei libri della Rowling se ne parla ben poco mentre io penso che sia una coppia bellissima, quindi ho deciso di farci una storia ^^ So che molti sono scettici su questa coppia (infatti ho trovato poche ficcy interessanti) ma vi invito a leggere questa perché mi sto impegnando davvero per favore un bel lavoro. Spero di riuscire ad aggiornare almeno una volta alla settimana… sempre che l’ispirazione non mi lasci a corto di idee :P

Piccola premessa: la storia è ambientata al sesto anno a Hogwarts, ma alcune cose sono un po’ diverse (per esempio come noterete non ci sarà il prof Lumacorno), quindi non allarmatevi! E mi raccomando, continuate a seguirmi e recensite in tanti! Un saluto ^^

Didone24

 

 

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Ginny e Dean erano rimasti in sala comune a parlare del più e del meno fino a tarda notte, alla flebile luce proveniente dal camino che mandava le ultime deboli fiamme scoppiettanti.

-          Sai, credo che farò il provino per entrare in squadra.

-          Davvero? Fantastico!

 

Dean sorrise. Ginny non sapeva che altro dire. Aveva la sensazione che ormai le loro parole fossero inutili, pronunciate solo per aumentare l’attesa di ciò che sarebbe successo di lì a poco. Sapeva che quella sera si sarebbero baciati, e adesso che quel pensiero si faceva sempre più strada dentro di lei i battiti del suo cuore accelerarono di colpo.

Abbassò lo sguardo. I lunghi capelli rossi le ricaddero sul viso a nascondere il rossore che si era dipinto sulle gote.

Nel tempo di un istante si fece coraggio e fissò Dean dritto negli occhi.

E un attimo dopo Dean l’attrasse a sé e la baciò con impeto, e lei lo lasciò fare, senza paura.

 

Ginny non era una ragazza che si preoccupava dell’opinione che gli altri potessero avere di lei, ma preferiva evitare che Ron o qualche altro Grifondoro la vedesse sul divano davanti al camino in cui ormai gli ultimi bagliori del fuoco si erano consumati durante la notte, stretta nell’abbraccio di Dean. Perciò, all’incirca alle cinque del mattino gli diede un ultimo, appassionato bacio e si ritirò nel dormitorio femminile, con una strana sensazione di euforia mista a inquietudine.

Un nome le balenò in testa mentre saliva la scale: Harry. Come avrebbe reagito sapendo che Ginny Weasley si era messa con l’ennesimo ragazzo? Gliene importava? In tutti quegli anni Ginny non aveva mai smesso di sperare che un giorno Harry si sarebbe accorto di lei… e nemmeno in quel momento riuscì a sopprimere quella spiacevole sensazione, mentre probabilmente Dean stava ancora gustandosi il ricordo dei suoi baci. Si sentiva in colpa: Dean le piaceva, eppure non era diverso da tutti gli altri ragazzi con cui era stata. Mentre Harry… non riusciva a spiegarsi esattamente il perché dell’effetto devastante che aveva su di lei. Forse era il suo coraggio, la sua determinazione, la sua tenacia… o forse erano anche quei capelli scuri perennemente scomposti, quell’aria attenta, e i suoi splendidi occhi smeraldini. Bè, in ogni caso rimuginare su cosa le piaceva di Harry non sarebbe servito a nulla. Lui non la voleva, e anche nel caso avesse avuto una possibilità di piacergli Harry era troppo occupato a combattere Voldemort per accorgersi di lei. Non aveva tempo per nessuna ragazza… o almeno lo sperava.

E comunque, si disse indignata, non doveva più pensarci. Con tutta probabilità Dean era innamorato di lei, ed era decisa a non farlo soffrire per i suoi stupidi sogni di bambina. Non sarebbe volata alto… ma, se non altro, avrebbe avuto la certezza che ci fosse qualcuno a cui importava di lei.

 

Quando arrivò nella Sala Grande insieme a Luna Lovegood diede uno sguardo al tavolo dei Grifondoro, e si accorse che Dean la guardava mentre Seamus se la rideva dandogli pacche sulle spalle, ammiccando in direzione di Ginny. Lavanda squittì qualcosa a Calì vedendola arrivare. Infine anche Harry, Ron e Hermione si voltarono verso di lei.

Decise all’istante di ignorare l’espressione di puro disgusto che si era dipinta sul volto di Ron. Harry si voltò verso Dean, che adesso parlottava allegramente con Neville; fortunatamente almeno Hermione le sorrise. Lei ed Harry la salutarono, ma Ron era troppo adirato per rivolgerle la parola. Ricambiò il saluto con un cenno della mano e si diresse verso Dean e gli altri, che smisero subito di bisbigliare quando lei si sedette accanto a Dean e gli diede un leggero bacio sulle labbra, provocando altri gridolini isterici di Lavanda e Calì.

 

-          Non hai aspettato un secondo a diffondere la notizia, eh? – disse lei accigliata.

-          Oh, ehm… non dovevo? – chiese Dean preoccupato.

-          No, stà tranquillo, non c’è problema.

 

Finita la colazione si diresse con Luna verso le serre di Erbologia, contenta di non dover condividere le lezioni con Ron, che per tutto il tempo non le aveva rivolto la parola, ed Harry, naturalmente.

 

-          Tutto bene, Ginny? – chiese Luna, interrompendo il fluire continuo dei suoi pensieri.

-          Si, certo, tutto apposto.

-          Come l’hanno presa?

-          Oh, bè, come al solito, direi. Ron sembra sul punto di uccidere chiunque gli passi vicino, Lavanda continua a urlare di gioia… Dean non ha perso tempo a raccontarlo a chiunque. – disse, lo sguardo rivolto a terra.

-          Ed Harry Potter?

-          Harry? Non penso che gli importi, no?

-          Davvero? Io credo che sia dispiaciuto.

 

Per poco a Ginny non andò di traverso il succo di zucca.

 

-          Cosa? E’ impossibile, Luna – disse, cercando di ricomporsi – Insomma, Harry è solo… l’amico di mio fratello.

-          Forse. Sai che i nargilli hanno divorato metà delle piante di un orto vicino Londra? – disse Luna assorta, e mostrò a Ginny un articolo del giornale diretto dal padre, “Il Cavillo”.

-          Oh… interessante…

 

Ma Ginny aveva altro a cui pensare. Sapeva che spesso Luna aveva delle opinioni un po’ bizzarre, ma perché dire che Harry fosse dispiaciuto? Aveva intuito qualcosa che a lei era sfuggito?

Basta, sei patetica. Si insinuò una vocina dentro di lei. Devi smetterla di pensare a lui, stai con Dean.

Si costrinse a concentrarsi sulle piante carnivore che la professoressa Sprite distribuì alla classe man mano che gli studenti si riversavano nella serra numero 3. Quella voce aveva ragione da vendere. Stava con Dean. Nella sua vita non c’era spazio per le utopie. Sentì un peso bruciante in fondo allo stomaco. Era davvero quello che voleva?

 

 

 

Piton si limitò a fissare Harry con astio. Forse per la prima volta in sette anni, il Prescelto (come amava schernirlo l’insegnante dal naso adunco e i capelli untuosi appiccicati alla faccia) aveva risposto perfettamente a una domanda. Ron sogghignava divertito in direzione di Piton; nemmeno Hermione riuscì a trattenere un sorriso. Harry sostenne senza battere ciglio una curiosa radiografia, quasi che Piton si aspettasse che fosse sotto effetto della pozione Polisucco, finchè fu lui ad abbassare lo sguardo per continuare la lezione.

 

-          Vedo che hai avuto un’illuminazione, Potter.

 

Harry non rispose. Adesso che era già stato ben torturato da Piton poteva finalmente lasciare scorrere liberamente i pensieri negli angoli più remoti della sua mente. Ormai il fatto di dover affrontare Voldemort occupava un posto fisso nel suo cervello; era così ovvio e così presente nella sua vita che ritrovarsi di colpo a pensare a Ginny Weasley lo sorprese più di ogni altra cosa quella mattina. Il viso di Ginny, contornato dai lucenti capelli rossi che odoravano di fiori continuava a riaffiorare ininterrottamente insieme alla sgradevole scena di Dean Thomas che la stringeva a sé, baciandola.

Aveva promesso a sé stesso che non avrebbe perso tempo con le ragazze, quell’anno; perché, infondo, di questo si trattava. Sprecare il suo prezioso tempo. Tante volte aveva pensato che, mentre gli altri avevano un futuro limpido e sgombro, c’era una sola cosa che lui vedeva davanti a sé: Voldemort. E questo escludeva tutto il resto. Anche se Ginny era la cosa più dolce che occupasse i suoi sogni, non poteva, e non doveva permettere che le loro vite si incrociassero, mai. Perderla sarebbe stata la cosa in assoluto più terribile che potesse capitargli. Sapeva cosa avrebbe fatto: l’avrebbe dimenticata, nonostante fosse la cosa che più desiderava al mondo adesso anche Sirius l’aveva abbandonato, nonostante lei fosse, oltre a Ron e Hermione, lo spiraglio di luce e calore che gli permetteva, ogni giorno, di andare avanti.

 

-          Ma come le è saltato in mente di mettersi con un altro… di nuovo? – sbottò Ron irato mentre il trio lasciava l’aula di Pozioni.

-          Guarda che non è una bambina, Ron! – disse Hermione infastidita – Ginny può fare della sua vita quello che vuole!

-          No che non può! Bè… certo che… comunque poteva aspettare un altro po’, no? Harry è d’accordo con me, vero, Harry?

-          Ah si? – disse Hermione scettica, inarcando un sopracciglio.

-          Harry, diglielo tu! – incalzò Ron.

-          Bè… come? – farfugliò Harry distratto.

-          Digli che sei d’accordo con me su Ginny!

 

Harry si sentì come colpito da un bolide, riportato bruscamente alla realtà dai soliti battibecchi dei suoi migliori amici.

 

-          Suppongo di si – disse debolmente.

-          Vedi, Hermione? L’orgoglio… cosa che voi femmine non potete capire!

-          Ma fammi il piacere!

 

In un'altra circostanza avrebbe cercato di farli smettere, ma quel giorno si ritrovò a camminare da solo, a pochi passi da Ron e Hermione che litigavano per il comportamento della ragazza che Harry credeva di amare.

 

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Capitolo 2
*** Duello ***


Salve! Mi scuso per la mia lunga assenza dovuta a stress, scuola e studio prolungato ^^" Ma sono di nuovo qui! Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, continuate a seguire la storia e a commentare! Spero di riuscire a postare con più regolarità... ah, dovevo dire che ci ho ripensato, riguardo al professor Lumacorno. Mi serve nella storia e mi piace molto come personaggio, quindi l'ho inserito. Dopo questa premessa... grazie ancora a tutti e buona lettura! ***********

Ginny si svegliò parecchie volte quella notte. Non riusciva a pensare ad altro se non a quel vuoto che si allargava ogni istante di più nella sua testa. Forse avrebbe fatto meglio a salutare Dean e basta, quella sera in Sala Comune. Forse non era pronta ad accogliere ancora una volta dentro di se quel mare di sentimenti strani e indecifrabili che la portavano a sentirsi così… sola. Non riusciva a scrollarsi di dosso quel pensiero snervante, eppure era così: si sentiva sola, imprigionata in qualcosa che nemmeno lei sapeva definire. “Sei una stupida”, continuava a ripetere mentalmente a sé stessa. Pensava a tutte le persone che le volevano bene, che le dimostravano giorno dopo giorno il loro affetto: sua madre, i suoi fratelli, Hermione, Luna, Dean, Neville… Harry. Al focalizzarsi del volto di Harry fra i suoi pensieri ebbe un sussulto. Le voleva bene, ne era certa. Le voleva bene come a una sorella, e non riusciva a sopportarlo.

Decise di tornare in sé e ricacciare Harry e il resto in un angolo remoto della memoria. Si alzò, cercando di non fare rumore per non svegliare Calì Patil, che dormiva beatamente nel letto accanto al suo, e si diresse verso il bagno del dormitorio.

Fissò la sua immagine riflessa nello specchio per alcuni istanti, senza fare troppo caso alle scure occhiaie che le conferivano un aspetto stanco e malsano, e si sciacquò il viso con acqua gelida. Tornò a letto e quasi inciampò sul suo baule. Soffocò le lacrime contro il cuscino e si impose di smettere quasi subito. Quello non era un motivo che avrebbe portato Ginny Weasley a piangere. Rassicurata dalla sua stessa forza, chiuse gli occhi e si addormentò.

 

La mattina dopo fu una dei primi ad entrare in classe. C’erano solo lei e alcuni Corvonero che parlottavano fra di loro, che non diedero segno di averla vista. Prese posto all’ultimo banco e si abbandonò contro la parete, esausta. Aveva cercato di tenersi a distanza da Dean a colazione, ma non sarebbe riuscita a evitarlo ancora per molto.

Dopo un po’ del tempo che si era concessa per sonnecchiare immersa nella tranquillità di quel posticino solitario, infatti, Dean arrivò ansimante e si posizionò accanto a lei.

 

-          Ti ho cercata per tutta la Sala! Come mai qui così presto? – chiese corrucciato, mentre tirava fuori il libro di Difesa contro le Arti Oscure.

-          Scusami tanto, è che avevo bisogno di ripassare un po’. – mentì.

-          Non preoccuparti. Sei perdonata! – rise Dean, dandole un leggero bacio sulla guancia.

 

Il punto in cui le labbra di Dean l’avevano toccata arse per qualche istante. Gli sorrise e lo lasciò toccarle i capelli.

Quando Harry fece il suo ingresso in aula insieme a Ron e Hermione, Ginny si sentì più ipocrita di quanto non lo fosse mai stata prima. I loro sguardi si incrociarono per un secondo e poi entrambi si voltarono, senza dire nulla. E Ginny, senza sapere neanche perché, si abbandonò al caldo abbraccio di Dean, come se potesse fare qualcosa per lenire il senso di colpa che cresceva senza scrupoli dentro di lei.

 

Si sciolse dall’abbraccio quando il professor Lumacorno si trascinò pesantemente in aula.

 

-          Buongiorno a tutti, miei cari allievi! – disse allegro, agitando i lunghi baffoni grigi. La cosa migliore di Lumacorno era il suo perenne buonumore, e a Ginny stava simpatico, nonostante i modi pomposi e il vizio di selezionare i suoi studenti prediletti.

-          Spero che abbiate molta energia, stamattina, dato che ho in mente qualcosa che, ne sono sicuro, vi piacerà.

 

Gli studenti presero a bisbigliare fra di loro, incuriositi.

 

-          Che sarà mai? – sussurrò Dean all’orecchio di Ginny.

-          E chi lo sa? Magari è un altro dei suoi festini per pochi eletti…

-          Ti ricordo che sei una di quelli…

-          Bè, questo non è importante… - sorrise lei.

-          Silenzio, silenzio! State a sentire prima di esultare! – continuò Lumacorno. – Dunque, il Preside ha proposto la riapertura del Club dei Duellanti. Suppongo sappiate tutti cosa sia. – altri mormorii eccitati si sollevarono dalla classe. – Bè, essendo un’attività che riguarda soprattutto la mia materia ho accettato, perciò una lezione alla settimana sarà dedicata interamente al Club. Naturalmente non è previsto l’uso di incantesimi di magia oscura o pericolosa, se è questo che pensate, piccoli mascalzoni! Vi limiterete a Disarmare o Schiantare l’avversario. Ci sono domande?

 

Nessuno parlò, quindi Lumacorno continuò: - Avete tutti le idee molto chiare, a quanto pare! Cominciamo subito, allora. Ci sono dei volontari?

 

La mano di Dean scattò in alto prima di tutte. Ginny lo fissò divertita.

 

-          Thomas! Che coraggioso ragazzo, vieni avanti, prego! Qualcuno vuole…

-          Lo sfido io. – disse Harry.

-          Harry Potter! Qui la faccenda si fa interessante!

 

Dean impallidì. Ginny si era aspettata che Harry si facesse avanti, ma non contro Dean. Insomma, cosa diavolo gli frullava in testa?

Harry si alzò e si diresse alla cattedra, senza degnarla di uno sguardo. Era un passo falso, era ovvio che Harry potesse umiliarlo se solo l’avesse voluto. Ginny fissò la scena, furiosa. A quel punto Harry la guardò con un sorrisetto divertito stampato in faccia e Ginny arrossì violentemente, senza però abbassare lo sguardo.

 

-          Fatemi vedere cosa sapete fare, cominciamo!

 

Harry e Dean si posizionarono l’uno di fronte all’altro a qualche metro di distanza, le bacchette pronte. Lumacorno gracchiò “via!” e Dean disarmò Harry all’istante, facendogli volare di mano la bacchetta. Harry corse a riprenderla, la sollevò e disse:

 

-          Expelliarmus! –

 

Dean non fu abbastanza veloce da schivare l’incantesimo, e la bacchetta gli sfuggì di mano.

 

-          Stupeficium! – gridò, colpendo Harry in pieno petto. Lui si rialzò quasi subito.

-          Levicorpus!

 

Dean fu sollevato da terra e si ritrovò come appeso a un filo invisibile per la caviglia.

 

-          Potter! Questo incantesimo non è perm…

 

Ma Dean schiantò Harry prima che Lumacorno potesse completare la frase, anche da quell’assurda posizione. Mentre Harry si rialzava, Dean direzionò la bacchetta su se stesso e disse: “liberacorpus!”  tornando dritto. Ma Harry fu più veloce di lui e lo schiantò.

 

A quel punto lampi di luce rossa fuoriuscirono a una velocità sorprendente da entrambe le bacchette. Cadendo, Dean perse per un attimo la bacchetta.

 

Lo schiantesimo di Harry fu così potente da mandare a sbattere l’avversario contro la cattedra.

 

-          Basta, basta! – gridò Lumacorno, togliendo di mano la bacchetta a Harry. Corse barcollando in direzione di Dean, che aveva sbattuto la testa e perso i sensi.

 

Quasi tutti si alzarono per aiutare Dean, Ginny compresa.

 

-          Bisogna portarlo in infermeria, presto! – disse.

-          S-si… qualcuno mi aiuti a sollevarlo… - disse debolmente Lumacorno, che ancora fissava Harry sbalordito. Ron tirò su Dean, fissando in cagnesco Harry, che nel frattempo si era avvicinato.

-          M-mi dispiace… io non volevo… - disse piano, sbiancando.

-          Non preoccuparti, ragazzo… ti sei fatto prendere dall’ardore, può capitare…

-          La smetta di giustificarlo! – urlò Ginny, furiosa. – Non avresti dovuto… - sibilò al suo orecchio, amara, uscendo dall’aula.

 

Seguì Ron e Dean, che si era rialzato e zoppicava, in infermeria. Era indignata, e improvvisamente quello spaventoso sentimento verso quello che aveva appena fatto del male al suo ragazzo divenne una grande rabbia…

 

***

 

-          Come ti senti? – disse Ginny, seduta sul letto dell’infermeria.

-          Sto bene adesso.

-          E’ stato un idiota…

-          Più che altro ho fatto la figura del perdente.

-          Non dirlo neanche per scherzo, sei stato grande! E poi, insomma, non avrebbe dovuto, eri senza bacchetta, è contro le regole…

-          Stà tranquilla, Gin. Piuttosto, perché non mi dai un bacio?

 

Ginny lo accontentò. Lo baciò, senza neanche sapere veramente quello che faceva e perché.

 

-          Dove vai? – chiese Dean, quando lei si alzò silenziosamente.

-          Devo fare una cosa.

 

 

Corse verso la Sala Comune di Grifondoro. La rabbia non le era ancora passata. La voglia di scagliarsi contro Harry, prenderlo a pugni e fargliela pagare per quello che aveva fatto prese il sopravvento su tutto il resto.

 

Oltrepassò il buco nel ritratto, e trovò quasi subito Harry, Ron e Hermione, seduti sulle poltrone più vicine al camino.

 

-          Io non riesco ancora a capire perché diavolo l’hai fatto… - stava dicendo Ron.

-          Insomma, Harry, se ci fosse stato un altro insegnante al posto di Lumacorno avresti potuto passare guai seri! – continuò Hermione.

-          Lo so, non so cosa…

-          Se non vi dispiace vorrei scambiare due parole con il grande Harry Potter – li interruppe Ginny, acida.

 

Harry non potè far altro che seguirla nel dormitorio delle ragazze, anche se in teoria non era permesso.

Ginny lo aspettava con un’espressione indecifrabile e le mani poggiate sui fianchi. In quella posizione ricordava sorprendentemente la signora Weasley.

 

-          Adesso spiegami perché l’hai fatto. – disse.

-          Ginny, te lo giuro, non so a cosa stavo pensando in quel momento, mi dispiace, sono stato uno stupido…

-          Vuoi sapere qual è il tuo problema? Ti credi chissà chi, infondo sei il grande Harry Potter, non ti importa se le persone soffrono a causa tua…

 

Harry la guardò per un lungo istante. Ginny si rese conto che non era solo per Dean quello che gli aveva detto, che forse lui meritava di sentire che anche lei era una di quelli che soffrivano a causa sua… ma non aggiunse altro.

 

-          Forse hai ragione. – concluse lui alla fine. Fece una lunga pausa, poi disse:

-          Tu non lo ami.

 

Questa volta Ginny era davvero stupefatta, oltre che arrabbiata. Ma come osava? Come faceva a dire una cosa del genere? Cosa ne sapeva Harry Potter dei suoi sentimenti?

 

-          Questi… questi non sono affari tuoi.

-          Hai ragione, Ginny. Ma non devi stare con lui se non vuoi.

-          Ma come ti permetti di darmi lezioni di vita? Che ti diavolo ti importa di con chi sto e cosa faccio? Sei un egoista, Harry, un enorme egoista!

 

 

 

Harry non rispose. La guardò allontanarsi e sbattersi la porta alle spalle. La voglia di stringerla a sé, di proteggerla, di averla, crebbe inspiegabilmente insieme al rancore per sé stesso, per quello che era, per il dovere che lo costringeva a spingere via da sé tutte le persone che avrebbe voluto amare.

Seppe che presto l’avrebbe chiuso davvero fuori dalla sua vita, se non l’aveva già fatto andandosene poco prima. Ma seppe anche che non l’avrebbe lasciata andare via, non così.

 

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Capitolo 3
*** Specchio ***


Mi scuso tanto per l'attesa, sono una frana nel rispettare i tempi... comunque spero che il capitolo vi piaccia, ce l'ho messa tutta per metterci tutto il sentimento possibile. Buona lettura ^^

 

 

Ginny fece il suo ingresso nella Sala Grande insieme a Dean, che mandava sorrisi abbaglianti a chiunque si congratulasse con lui per il duello del giorno prima. La notizia si era sparsa così in fretta fra le quattro case che Harry si guadagnò non poche occhiatacce quella mattina, non ultima quella di Ginny, che passandogli accanto lo trafisse con lo sguardo senza neanche accennare a un saluto.

 

-          Altrochè se esagerano – commentò Hermione alzando gli occhi dalla Gazzetta del Profeta.

-          Già – disse Ron. – Manco ti fossi unito a tu-sai-chi, schierato con i Mangiamorte, finito ad Azkaban e…

-          Dacci un taglio, Ron – lo ammonì Hermione.

-          Ok, scusa… bè, amico, in fondo sei abituato alle radiografie a distanza, no?

 

Hermione lo fulminò con lo sguardo e Ron tornò al suo succo di zucca.

 

Harry era divertito dall’assurdità della situazione. Anche quando Ginny cominciò a fissarlo mentre baciava Dean con un trasporto esagerato, sostenne lo sguardo finchè non fu lei a cedere e tornare a parlare con Luna e Neville come se niente fosse.

 

-          A proposito, cosa ti ha detto Ginny l’altra sera? – chiese Hermione.

-          Oh, ecco… l’intenzione era di farmi il lavaggio del cervello.

-          Bè, certo, metterti a mandare schiantesimi ovunque non è stato esattamente…

-          Non ricominciare, Hermione! – la interruppe Ron. – Anche io al suo posto…

-          Tu?! – Hermione scoppiò in una fragorosa risata.

 

I due amici erano così intenti a battibeccarsi che non fecero caso a Harry che usciva dalla Sala esasperato.

In qualche modo sentiva di avere la situazione in pugno. Certo, non poteva avere Ginny – sarebbe stato troppo rischioso per lei – ma riconquistare la sua amicizia si.

 

-          Attenti ragazzi, Potter potrebbe ammazzarci tutti! – biascicò Malfoy, anche lui diretto nell’aula di Trasfigurazione, seguito da Tiger, Goyle, Nott e Pansy Parkinson, che presero a sghignazzare in direzione di Harry.

-          Fanculo, Malfoy. – disse Harry, sorridendo beffardo. – Fammi spazio, grazie.

 

Malfoy restò immobile, così Harry si fece largo fra il gruppetto dandogli una spallata.

 

-          Non toccarmi, feccia! – imprecò Malfoy.

-          Risparmia il fiato!

 

Appena entrato in classe andò a sedersi al solito posto verso le ultime file e pensò ai tanti oggetti in cui avrebbe potuto trasfigurare Malfoy alla prossima occasione.

 

Fu svegliato, pochi minuti dopo, da qualcuno che lo strattonava piano.

 

-          Non hai dormito stanotte? – disse Hermione prendendo posto accanto a lui insieme a Ron.

-          Cosa? Mi sono addormentato?

 

Hermione annuì silenziosa vedendo entrare la McGranitt.

 

-          Herm, non svegliarmi, d’accordo? – disse Ron.

 

-          Weasley, vieni qui alla cattedra.

-          Cosa?!

Ron si alzò di malavoglia fra le risatine sommesse degli altri due.

 

Mentre Ron cercava di Trasfigurare un gatto in un canarino (trasformandolo prima in diversi bizzarri animaletti tra cui un gatto col pelo giallo e il becco al posto del muso) Harry si abbandonò a estasianti sogni a occhi aperti. Ginny che mollava Dean… lui e Ginny in riva al lago… lui e Ginny su un’isola deserta, lontano, senza l’ombra di un solo Mangiamorte a rovinare tutto…

 

Qualcosa lo colpì sulla testa, piano. Un biglietto di pergamena ricadde un secondo dopo sul pavimento accanto al suo piede. Harry lo raccolse e lesse.

 

Non hai avuto nemmeno il coraggio di chiedermi scusa.

 

Non era firmato, ma Harry sapeva di chi era. Ancora una volta si sentì pervaso da una sensazione di pienezza. Le importava. Era ferita dal fatto che non si fosse ancora scusato. Guardò in direzione di Ginny, qualche banco più avanti, ma lei non si girò. In quel momento il desiderio di stringerla a sé, o semplicemente dirle quanto gli importava di lei parve bruciargli dappertutto. Non poteva andare avanti così. D’un tratto si rese conto di avere bisogno di lei. Del suo sorriso, del suo profumo, dei suoi capelli rossi tra le dita, dei suoi occhi vispi e luminosi. Doveva assolutamente fare qualcosa.

 

***

 

Si diresse con ostentata noncuranza verso Ginny e Dean, che pranzavano parlottando con Neville e Seamus. Posò con delicatezza una mano sulla spalla di Ginny, che si voltò. Parlò prima che lei potesse dire qualcosa.

 

-          Scusa se ho schiantato il tuo ragazzo, Ginny.

 

Cercò di non ridere mentre i quattro lo fissavano allibiti. Ginny arrossì violentemente, ma non replicò. Poi, dato che nessuno aveva una qualsiasi reazione, si voltò senza dire altro e se ne andò.

 

 

 

Ginny continuava a guardare il piatto mentre gli altri avevano ripreso la conversazione, che si era inevitabilmente spostata su Harry. Certo che non se l’era aspettato. L’unica cosa di cui era convinta era che quel ragazzo si meritava una raffica di schiaffi.

 

-          Ginny, sei pronta? – disse Hermione, interrompendo il fluire incessante dei suoi pensieri.

-          Per cosa?

-          Andiamo a Hogsmeade questo pomeriggio, ricordi?

-          Ma Gin, pensavo di andarci con te… – s’intromise Dean.

-          Oh… no, grazie, vado con Hermione, così facciamo un giro per negozi, va bene?

 

Quella era senz’altro un’ottima occasione per stare per un po’ lontana da Dean e rinfrescarsi le idee, e poi Hermione era la persona ideale per farle da psicologa e tirarle su il morale.

 

Raggiunsero le carrozze per il villaggio ferme al limitare del giardino e ne scelsero una su cui viaggiavano alcuni chiassosi Tassorosso del secondo anno.

 

-          Ho portato un bel po’ di galeoni – disse Hermione – così possiamo scegliere il vestito per il ballo di Natale!

 

Ma Ginny non l’ascoltava. Guardava fuori dal finestrino, assorta, come se non conoscesse a memoria ogni dettaglio di quel paesaggio che già cominciava a coprirsi di un sottile strato di neve candida.

 

-          Gin, si può sapere dove hai la testa oggi?

-          Scusa, Herm. Sono un po’… confusa, credo.

 

Hermione tacque per qualche istante.

 

-          Ginny, come vanno le cose con Dean? – azzardò.

-          Tutto normale. Perché me lo chiedi?

-          Dalla faccia che hai non sembra proprio. – sorrise Hermione. - Cosa c’è che non va?

 

Per quale motivo Hermione faceva sempre centro?

 

La carrozza si fermò. I Tassorosso scesero eccitati per riversarsi da “Tiri Vispi Weasley”, il negozio di scherzi magici di Fred e George.

 

-          Hermione, pensi che ci sia qualcosa di sbagliato in me?

 

L’amica la fissò come se fosse impazzita.

 

-          Vedi, io… credo di essere io li problema. Dean è affettuoso, protettivo, so di piacergli veramente. Ma non è diverso da tutti gli altri con cui sono stata. Mi sento… come in trappola. Non riesco a capire di cosa ho bisogno e sapevo dal primo momento che non avrebbe funzionato. Non lo merita, Hermione.

 

Hermione riflettè per un attimo. Sembrava contenta che Ginny si fosse finalmente decisa ad aprirsi con lei.

 

-          Bè, tutto quello che posso dirti è… lascialo. Non è questo che vuoi, giusto? Meglio farla finita subito, sai benissimo che aspettare ancora significherebbe solo farlo soffrire di più. E non dirmi che sei una stupida – disse quando Ginny aprì la bocca per parlare -, hai semplicemente fatto uno sbaglio. Se gli vuoi bene, non illuderlo.

 

Erano arrivate da Madama McLan.

 

-          Adesso ti consiglio di sceglierti un vestito e non pensarci più… oh, Harry è dietro di te. – bisbigliò Hermione.

 

Ginny sussultò.

 

-          Ciao – disse Harry con un enorme sorriso.

-          Ciao.

 

Si maledisse mentalmente per essere arrossita.

 

-          Possiamo entrare con voi o volete fare le vostre cose da ragazze da sole? – chiese Ron.

 

“Andatevene all’istante” pensò Ginny… ma Harry e suo fratello erano già dentro ed Hermione le diede una leggera spinta, catapultandola fra centinaia di deliziosi abiti e altrettante ragazze in delirio. E menomale che doveva essere un pomeriggio rilassante.

 

Guardò i vestiti stipati a decine in ogni angolo del negozio senza vederli. Vagava silenziosamente per la grande sala affollata senza cercare qualcosa in particolare. Con la coda dell’occhio si soffermò a osservare Ron e Hermione che ridevano di gusto mentre si tenevano per mano. Perché non poteva andare così anche per lei ed Harry? Perché doveva sempre cacciassi in storie che la portavano sempre verso una fine certa e dolorosa? Provò un moto di rabbia improvvisa verso Hermione che l’aveva trascinata lì dentro e poi lasciata sola. Si chiese cosa ci faceva lei in un posto del genere. Per chi avrebbe indossato un bel vestito, per un ragazzo che non amava e probabilmente presto l’avrebbe detestata?

 

-          Ginny, ho trovato questo! Non è delizioso? – disse Hermione interrompendo i suoi torvi pensieri.

-          Non voglio provare niente. – disse soltanto.

 

Hermione la fissò con un’espressione indecifrabile.

 

-          Okay… dammi quel vestito. – sospirò Ginny rassegnata, afferrandolo dalle mani di Hermione. – Però se non mi piace, ce ne andiamo.

 

Si diressero verso i camerini. Ginny non aveva nemmeno guardato la sottile stoffa che teneva stretta tra le mani, come se potesse ancora aggrapparsi a qualcosa per non precipitare. Harry camminava dietro di lei parlando con Ron, ma non le importava. In quel momento niente le importava. Voleva solo un po’ di pace.

 

Non appena fu entrata nel camerino cominciò a spogliarsi, fissando la sua immagine riflessa allo specchio, chiedendosi cos’era che le persone vedessero in lei. Le gambe sottili e bianche, il ventre piatto, il seno piccolo e sodo, le braccia così esili e fragili, anche se, in realtà, lei non si sentiva per niente fragile. E poi i suoi occhi verdi e profondi, e quei capelli rossi così luminosi che sembravano prendersi gioco della luce emanata dai raggi del sole. Era bella. Solo che nemmeno quello le importava, perché quella bellezza non poteva portarle neanche un po’ di felicità. Scivolò nel grazioso abito, verde smeraldo come i suoi occhi. Lungo fino al ginocchio, le ricadeva a pennello disegnando le sue forme appena accennate. Sorrise alla Ginny dello specchio, che rimandò il sorriso. Fece una piccola giravolta e uscì, cercando Hermione per farsi allacciare il nastro dietro il collo.

 

Inorridì quando si rese conto che Hermione non era lì ad aspettarla, e nemmeno Ron. C’era solo Harry, che la guardava con un enorme sorriso sulle labbra.

 

-          Stai benissimo. – disse, sempre sorridendo. Sembrava rapito.

-          Io… dove sono finiti Ron e Hermione? – mugugnò ignorandolo.

-          Sono usciti a fare una passeggiata.

 

Tremante di rabbia, si richiuse nel camerino senza dire una parola. Provò ad allacciarselo da sola, maledicendosi per essere stata tanto ingenua. Dopo molti inutili tentativi le braccia le ricaddero lungo i fianchi, e rimase a guardare quell’immagine imperfetta, desiderando ardentemente di prendere a pugni lo specchio.

 

Un attimo dopo si vide avvolgere da due braccia fredde, e, nonostante una parte di lei volesse allontanarlo, rimase inerme mentre Harry le allacciava il vestito come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

-          Fatto. – disse.

-          Grazie.

 

Poi Harry tornò a stringerla, e Ginny sussultò mentre le scostava i capelli dal collo e la baciava da dietro. Una lacrima solitaria le attraversò il volto mentre assisteva esterrefatta a quella scena, quella meravigliosa scena che aveva sognato così tante volte e in così tanti modi.

 

-          Per favore, non piangere.

 

Ginny si voltò lentamente verso di lui, fissandolo dritto negli occhi.

 

-          Non volevo che mi vedessi piangere.

 

Lui non disse niente. Delicatamente prese il viso di lei tra le mani, la guardò per un interminabile istante e la baciò.

 

Ginny fece di tutto per non piangere, ma non ci riuscì. Le lacrime bagnarono il viso di Harry mentre la sua bocca premeva su quella di lei, ma lui non sembrò farci caso. La baciò con una delicatezza assoluta, come se fosse la cosa più fragile e preziosa del mondo. Non poté fare a meno di stringersi a lui, aggrappandosi alle sue spalle, come se quel contatto fosse ossigeno.

 

Si staccarono dopo quella che parve un’eternità, e lei non osò sciogliere l’abbraccio. Abbassò lo sguardo, il volto arrossato rigato di lacrime.

 

-          Che cosa significa? – sussurrò rivolta al suo petto.

 

Harry non rispose. Il suo silenzio fu come una pugnalata al cuore. I secondi passavano, Ginny aspettava, respirando il suo profumo e odiandosi allo stesso tempo per quello che stava facendo. Eppure non riusciva a scostarsi da lui di un millimetro.

 

-          Vattene. – disse infine, guardandosi i piedi. Ma Harry non accennava ad allontanarsi, anzi le parve aver aumentato la stretta. – Ti prego.

 

Finalmente lo lasciò, e le sembrò di essere investita dalla distanza che si era creata tra loro.

Harry la guardò un’ultima volta, il volto segnato dal dolore. E se ne andò.

 

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Capitolo 4
*** Incandescenti verità ***


Ok... si è capito che non vado molto d'accordo con la concezione di postare velocemente... perdonatemi! :( Spero che il capitolo vi piaccia comunque. Lasciate tante recensioni, mi raccomando! Ci rivedremo presto (spero) col prossimo capitolo! Bacissimi!

***

 

Ginny si accasciò alla parete del piccolo stanzino, il viso tra le mani. Desiderava disperatamente nascondere a sé stessa quelle lacrime senza senso. Non si preoccupò di trovarsi in un negozio affollato e tantomeno del fatto che decine di ragazze si stessero domandando come mai quel camerino non si liberava. Se pensava che attimo prima c’era Harry a stringerla forte tra le sue braccia, il dolore si faceva troppo forte de sopportare. Ma era la rabbia che le pulsava dappertutto. L’unico pensiero razionale era che avrebbe voluto strangolarlo, ma non riusciva nemmeno ad alzarsi. Improvvisamente si ricordò di Dean; lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere…

Ancora una volta si infuriò con sé stessa per essere stata così meschina con un ragazzo che avrebbe dato tutto pur di renderla felice. Si sentiva sporca e arrabbiata, lontana mille miglia dalla Ginny che conosceva: lei non si sarebbe mai ridotta a piangere in un camerino, meno che mai per uno stupido, insignificante ragazzo.

Il ricordo del bacio di Harry le bruciò in gola e in qualche modo le diede la forza di rialzarsi. Si tolse rapidamente il bel vestito che aveva addosso, si rivestì, e un attimo dopo uscì dallo stanzino con una teatrale indifferenza nei confronti di un gruppetto di petulanti Serpeverde che la fissavano di sottecchi, maligne. Abbandonò il vestito su uno scaffale qualunque e uscì in fretta dal negozio, sbattendosi la porta alle spalle.

La temperatura era scesa parecchio e l’aria congelata le pizzicava fastidiosamente il viso. Fu grata che le carrozze non distassero molto da lì e saltò su quella che era già stata occupata da Lavanda Brown e Calì Patil. In quel momento era quasi felice di averle incontrate; il loro fitto chiacchiericcio e la loro spensieratezza trascinarono via almeno in parte quei suoi cattivi pensieri.

 

-          Ginny! Cosa ti è successo? – esclamò subito Calì. Ah, già. Doveva avere un aspetto orribile.

-          Non preoccuparti, sto bene. – disse solo.

-          Sul serio? Senza offesa, ma non hai una bella cera…

 

Ginny non rispose. Si limitò a un’alzata di spalle e le due amiche tornarono a bisbigliare fra loro.

 

Era già buio quando la carrozza accostò al limitare del parco. Ginny scese per ultima e, nonostante il freddo pungente, camminò piano per attraversare il giardino fino alla Sala Grande. Non voleva vedere Harry o Dean, ma il suo stomaco protestò e alla fine si diresse stancamente al suo solito posto al tavolo dei Grifondoro.

Si guardò intorno circospetta, decisa ad evitarli entrambi. Poco dopo si accorse stupita che Harry non c’era. Un moto di rabbia e frustrazione si impadronì di lei; infondo una parte remota del suo cuore aveva sperato di vederlo.

 

Nello stesso istante in cui quelle considerazioni sconvolgevano i suoi pensieri due braccia le cinsero la vita e la strinsero delicatamente, facendo rabbrividire ogni sua terminazione nervosa.  Un attimo dopo Dean, raggiante, la voltava verso di sé dandole un innocuo bacio sulla fronte.

 

-          Amore, finalmente! – amore… - Non ti vedo da un paio d’ore e già mi manchi!

-          Oh. Ciao, Dean.

 

Il sorriso scomparve dalle labbra di lui.

 

-          Qualcosa non va? Sei stanca? – disse allarmato.

-          E’ tutto a posto, devo essere solo un po’ stanca, si – le sue parole suonavano false anche a sé stessa. Dato che Dean non rispondeva, continuò:

-          Sai, ho provato un mucchio di vestiti per il ballo di Natale, e quando sono uscita dal negozio devo aver preso freddo… - e ho baciato Harry Potter nel camerino, contento? Questo però non lo disse.

-          E non ne hai trovato neanche uno? – si, e me l’ha allacciato Harry. E’ stato molto gentile da parte sua.

-          No. Non ho saputo scegliere, magari la prossima volta mi consiglierai tu, che ne dici? – Ipocrita.

-          Dici davvero? Oh, Gin… - la sollevò dolcemente da terra. – Adesso è meglio che mangi qualcosa e vai a dormire, prima che ti venga un raffreddore.

 

Ginny annuì, odiandosi profondamente per la gentilezza del tutto immeritata che quel ragazzo le riservava. Mangiò in fretta delle uova strapazzate e del purè, evitando accuratamente lo sguardo dispiaciuto di Hermione. Probabilmente si sentiva in colpa per averla lasciata sola, ma di certo non sapeva il resto. E Ginny non aveva intenzione di condividere quella follia con nessuno, non adesso.

Appena finito salutò Dean con un bacio sulla guancia e si diresse in fretta verso la Torre di Grifondoro, ma non ebbe il coraggio di guardare in faccia Ron e Hermione. L’unica colpevole della situazione era lei… e quell’ idiota di Harry, certo.

 

Per la seconda volta in due giorni non potè fare a meno di essere arrabbiata con Harry. Tutto la infastidiva di quel suo sfuggirle ogni volta; si rese conto di non aver ancora riflettuto sul perché l’avesse baciata.

Non aveva senso.

 

Varcò il buco nel ritratto. Fu tentata di restarsene al calduccio accanto al camino in Sala Comune, ma il bisogno di schiaffeggiare Harry Potter era di gran lunga più influente. Si diresse verso la sua camera da Prefetto; se Harry non ci fosse stato, avrebbe aspettato fuori fino al suo ritorno.

 

Non appena le nocche toccarono debolmente il legno massiccio della porta, un odioso rossore le inondò le guance, ma non ci badò. Voleva andare fino in fondo, voleva delle spiegazioni. O forse voleva solo sfogarsi, prenderlo a pugni e…

 

-          Ginny? – Harry, inaspettatamente, era lì, in pantaloncini del pigiama e maglietta bianca, un sopracciglio alzato che gli conferiva un’aria divertita e angosciata allo stesso tempo. Lo sguardo di Ginny andò a finire sui muscoli ben scolpiti del suo braccio; si sorprese a pensare a quanto ogni dettaglio di lui la attraesse come una forza magnetica, e questo la irritò ancora di più.

-          Mi fai entrare o c’è bisogno di un biglietto? – disse, sarcastica.

-          Entra pure.

 

Era stata altre volte in quella camera, ma mai tutto quel rosso e oro dei fieri stendardi di Grifondoro che ricoprivano allegramente le pareti l’avevano infastidita così tanto. Le davano alla testa, come ogni cosa lì dentro, d’altronde. Tutto odorava di Harry.

 

-          Ginny, io…

-          Fa parlare me, signor bambino sopravvissuto. – disse, fissandolo dritto negli occhi. Sospirò.

-          Senti, credo proprio che tu mi debba delle spiegazioni. Prima hai Schiantato Dean, non mi hai rivolto la parola per giorni e poi, improvvisamente, hai deciso di incasinarmi la vita entrando nel mio camerino e baciandomi. Vedi, io vorrei solo che… che la smettessi di evitarmi, vorrei che tra noi ci fosse un rapporto civile e…

-          Evitarti? – Harry rise amaramente. - Magari potessi riuscirci.

 

Ginny smise di respirare. – C-come scusa? Tu…

 

-          Ginny… cavolo, mi sembra evidente. Vuoi proprio sapere perché mi sono comportato in quel modo con Dean?

 

Tacque un secondo, lo sguardo straripante di pensieri.

 

-          Perché ero geloso. Mi dava sui nervi che stesse con te. Lo sono ancora, in effetti. Sto provando a non farci caso. Ma se tu piombi in camera mia, o se ti incontro in un negozio con un vestito slacciato addosso, non credo di poter riuscire a ignorarti ancora per molto. Per questo ti ho baciata. Sono stato un idiota, non avrei dovuto. Noi due non possiamo stare insieme, io ho mille nemici che mi vogliono morto là fuori, capisci?

-          E se non mi importasse? – lo interruppe, acida. – E’ troppo tardi, Harry.

-          Non… non sei arrabbiata con me?

-          Lo sono eccome, ma non cambiare discorso.

-          Noi due non abbiamo niente da dirci. Non dovresti stare qui, Ginny. Io non ho niente da offrirti, a parte il pericolo. Tu hai già un ragazzo, e lui ti ama. Non merita questo.

-          Ma senti da che pulpito viene la predica!

-          Hai… hai la possibilità di scegliere, Ginny. Hai decine di ragazzi hai tuoi piedi.

-          Non mi interessa.

-          Io… io ti interesso?

 

Ginny rise, amara. Gli si avvicinò fino a quando non si trovò a un passo dal suo viso.

 

-          Secondo te?

 

Posò le labbra sulle sue, arrabbiata, risoluta, sicura che non si sarebbe sottratto a quella dolce tortura. Lo baciò con trasporto, spingendolo con forza contro l’armadio. Harry rispose al bacio, attraendola a sé e affondando le mani nei suoi lunghi capelli…

Ginny giocherellò con i bottoni della sua camicia, tormentando ogni asola prima di sfilargliela del tutto. Fece per togliersi la maglietta, ma Harry la bloccò, stringendole il braccio con forza.

 

-          Smettila, Ginny.

 

Lo fissò di rimando, offesa.

 

-          Non sono abituata a essere rifiutata. A che serve che mi fermi? – disse, sprezzante e maliziosa. Si liberò dalla stretta e in un attimo la maglietta fu a terra accanto alla camicia di Harry. Attenta a non incrociare il suo sguardo riprese a baciarlo con veemenza, accarezzandogli il torace. Si soffermò a stuzzicargli il collo per poi tormentargli il lobo dell’orecchio.

Dopo quella che parve un’eternità, Harry la scostò da sé, mutilato dalla sofferenza provocata dalla rottura di quel contatto.

 

-          Non è giusto. – disse. – Hai idea di come potrebbe sentirsi Dean?

-          Non c’è bisogno che tu me lo faccia notare. Ma non voglio fingere di non essere attratta da te, anche se non te lo meriti.

 

Si rivestì, rossa in viso, e fece per andarsene.

 

-          Aspetta.

 

La abbracciò, bloccandola contro la porta.

 

-          Scusa, è più forte di me…

 

Catturò le sue labbra in un bacio che le tolse il fiato. Le sue mani scivolarono inesorabili sotto la maglietta, e lei lo lasciò fare.

 

-          Lo…lo vuoi fare? – sussurrò Ginny, arrossendo violentemente.

 

Harry si fermò, prendendo le distanze.

 

-          Non sai quanto.

 

Un’ondata di eccitazione, stupore, adrenalina la inondò. Riuscì a non muoversi da dove si trovava; non voleva essere lei a doversi fermare.

 

-          Ma non puoi.

-          Già.

-          Bè, non c’è che dire, sei insopportabile. – Trasse un sospiro. – Harry, io ti piaccio?

-          Troppo. – rispose, senza esitazione.

-          Bene. – disse compiaciuta. – Sono disposta a lasciare Dean, anzi, credo che lo farò di sicuro.

-          Ginny…

-          Non cercare di fermarmi, l’avrei fatto comunque. E poi te l’ho detto, è tardi per tornare indietro.

-          Ti metterei in pericolo, lo sai.

-          Non pretendo di stare con te. – lo guardò dritto negli occhi, decisa. – Ma non ho intenzione di starti lontana.

-          Cos’è, una minaccia?

-          Pensala come ti pare.

-          Posso anche… tirarmi indietro, vero?

-          Non ti facevo così codardo, Harry Potter. Te l’ho detto, fai come vuoi. Ma l’unico che ci perde, a non stare con me, sei tu.

-          Sei molto arrabbiata, eh?

-          Più che altro direi aggressiva.

-          Uhm, direi che mi piace.

-          Io direi che a me piace questo casino. E’… eccitante. Ciao, Harry.

 

Uscì, sbattendosi la porta alle spalle, senza dire un’altra parola. Già, era un bel casino. Ma almeno aveva scoperto un paio di cose interessanti…

 

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Capitolo 5
*** Nuove prospettive ***


Ginny corse finchè non raggiunse il dormitorio delle ragazze, evitando accuratamente la Sala Comune. Si intrufolò sotto le coperte prima che i ronzii sommessi dei pettegolezzi Lavanda e Calì invadessero la camera. Non accettava interrogatori, quella sera. Più che sentirsi in colpa come quel pomeriggio, era su di giri. Entusiasta. Ogni cellula del suo corpo vibrava di felicità, di desiderio, di soddisfazione. Si, era soddisfatta, anche se esserlo implicava inevitabilmente una serie di complicazioni alle quali non voleva pensare… non quella sera.

 

 

Avvertì un rumore dietro di sé e aprì gli occhi, spaventata. Sentì il calore di due mani scorrerle lungo le braccia. Il battito cardiaco prese ad accelerare, come impazzito.

 

-          Dean! – gemette, senza girarsi verso di lui.

 

Non riusciva a crederci. Dean era entrato nel dormitorio delle ragazze di nascosto, nel cuore della notte, e adesso si trovava nel suo letto, a un metro da quello di Calì, che dormiva beata.

 

-          Sei pazzo? E se avessi svegliato qualcuno?

-          Scusa, Gin. Non resistevo più – sussurrò semplicemente.

 

Le sue mani ripresero ad accarezzarla, gentili e calde. Posò le labbra sul collo bianco e teso di Ginny, che sospirò, mentre il senso di colpa inondava ogni sua terminazione nervosa.

Sentì il respiro irregolare di Dean sulla pelle; quando indugiò sotto la maglietta Ginny ebbe un fremito. Si costrinse a fermarlo, voltandosi verso di lui.

 

Dean la fissava, adorante. In quegli occhi assetati di lei c’era tutto l’amore che aveva sempre desiderato, tutto ciò che una ragazza potesse chiedere. Si allontanò ancora, sfiorando il bordo del letto.

 

-          Mi dispiace di essere piombato qui a quest’ora e senza preavviso… ti chiedo scusa. E’ solo che… stavo impazzendo.

 

In un attimo si trovò sopra di lei, e la baciò come non l’aveva mai baciata prima, con trasporto, con passione, con impazienza. Ginny rispose al bacio, assalita dalla disperazione. Non sapeva cosa fare, intrappolata sotto di lui, che non accennava a smettere.

 

-          Ginny… ti va di…ecco… - soffiò Dean tra un bacio e l’altro, imbarazzato.

 

Ginny avvampò. Non si aspettava una richiesta così diretta.

 

-          Dean, io… - cominciò, scostandosi da lui, cercando le parole.

-          Oh. Bè, non fa niente, se… non te la senti. Aspetterò, non preoccuparti. – disse comprensivo. Quelle parole, così dolci e gentili, le fecero male. Non c’era una goccia di risentimento nella sua voce; le voleva davvero bene, e non lo meritava.

-          Non è questo. Io non… - prese fiato, odiandosi profondamente – non posso. Mi dispiace.

 

Dean si spostò su un lato del letto, senza staccare gli occhi da lei.

 

-          Perché? – chiese, diretto come sempre.

-          Io… noi… non possiamo più stare insieme. – Ecco, l’aveva detto.

 

Dean si rabbuiò.

 

-          Ma che stai dicendo, Gin? Davvero, per me non è un problema aspettare…

-          Non si tratta di questo. – lo interruppe. – Non possiamo continuare a frequentarci.

 

Tacque, trovandosi a corto di parole. Una lacrima solitaria le rigò il viso, la stessa che la sentenziava: colpevole. Colpevole di averlo tradito, illuso e ferito.

 

-          Non capisco. Dammi almeno una spiegazione.

-          Non c’è nulla da spiegare. La colpa è mia. Tu sei… fantastico – disse con sincerità. – Ti voglio davvero bene. Ma niente di più.

 

-          Oh.

 

Il volto di Dean si fece teso, segnato da una smorfia di dolore. Ginny soffocò i singhiozzi sul cuscino non appena capì che non era arrabbiato con lei. L’avrebbe perdonata, se solo avesse saputo cosa era stata capace di fargli? Sarebbe ancora mai stato gentile con lei, una volta scoperta la verità?

 

-          Bè… allora non abbiamo più niente da dirci.

 

Ginny chiuse gli occhi.

 

-          Mi dispiace – sussurrò.

-          Dispiace anche a me. Ti voglio davvero bene, Gin. Ma se è questo che vuoi, per me va bene. Voglio che tu sia felice.

 

Le soffiò un bacio sulla fronte e si sollevò dal letto cercando di non fare rumore.

 

-          Dean… grazie. Scusa, scusami tanto.

 

Si voltò un’ultima volta, immergendo i suoi occhi in quelli di lei per un interminabile istante. E quello sguardo triste e rassegnato diceva che non gli importava, che voleva solo la sua felicità. Che stava per amarla, ma lei non gliene aveva dato l’opportunità. Si sentì stupida più che mai per aver esultato qualche ora prima, contenta di essere una traditrice.

E, tra le lacrime silenziose e il volto di Dean impresso nei suoi pensieri, si addormentò.

 

 

 

Harry non dormiva. Fissava il soffitto, ma senza vederlo veramente. Vedeva gli occhi di Ginny, e i suoi capelli, e riusciva a immaginare il suo profumo. Ripensava alle sue piccole mani bianche sul suo petto, alle sue guance tinte di rosso per l’imbarazzo, a ogni suo gesto casuale che riusciva a ipnotizzarlo e a renderlo schiavo del volerla sempre di più.

C’erano un milione di ragioni che gli imponevano di stare lontano da Ginny. Primo, era la sorella del suo migliore amico. Secondo, non gli apparteneva. E terzo, non gli sarebbe mai appartenuta, non gli sarebbe mai neanche stato concesso di sognarla, perché Voldemort e i Mangiamorte erano dietro l’angolo, pronti a distruggere ogni cosa bella ancora rimasta nella sua vita. Ginny era una di quelle. La più preziosa, forse, insieme a Ron e Hermione. La più delicata, indifesa, fragile. Non poteva permettersi di amarla, non poteva esporla a un tale rischio.

Ma di immaginarla, di chiudere gli occhi e imprimersi i suoi occhi dentro, forse si. Forse quello gli era concesso. E così chiuse gli occhi, non per cercare di dormire, di darsi pace, ma per torturarsi ancora costruendo momenti di una vita che desiderava insieme a lei. E, per l’ennesima notte, la sognò.

 

***

 

-          Gin, sei depressa. – esordì Hermione quando Ginny si lasciò cadere pesantemente accanto a lei al tavolo dei Grinfondoro.

-          Meglio se non ci giro intorno, così non mi bombardi di domande. Io e Dean ci siamo lasciati.

 

Hermione la abbracciò, comprensiva.

Hermione era una di quelle persone che, in qualsiasi situazione o stato d’animo, riuscivano a capire senza giudicare. Poggiò la testa sulla sua spalla, sbadigliando. Se non altro in tutto quel casino aveva lei, il suo rifugio personale di tranquillità e saggezza.

 

-          Mi dispiace tanto…

-          L’ho lasciato io. – la interruppe Ginny, lo sguardo rivolto al pavimento. Temeva che guardandola si sarebbe tradita.

-          Oh, bè, c’era da aspettarselo. Suppongo che le cose fra voi non andassero proprio… alla grande, ecco.

-          Già.

-          Se vuoi parlarne…

-          No, non preoccuparti – tagliò corto Ginny. – Sono solo dispiaciuta per Dean, tutto qui.

-          Però hai le occhiaie. Un motivo per cui non hai dormito stanotte dev’esserci, no? – sorrise Hermione. – Senti. Stasera c’è una festa. Una di quelle organizzate da Seamus, Malfoy e compagnia bella. Perché non ci andiamo?

 

A Ginny quasi andò di traverso il succo di zucca.

 

-          Da quando in qua vai alle feste clandestine?!

-          Bè, non sarebbe la prima volta… - farfugliò Hermione imbarazzata.

-          No, certo che no. Non per me.

-          Ho solo voglia di divertirmi un po’, va bene? Solo perché sono un prefetto non significa che… e poi è un modo per tirarti su, no? Beviamo, ci rilassiamo…

-          Aspetta. Non sarai mica Pansy Parkinson sotto effetto della Pozione Polisucco, vero? – questo era uno scandalo abbastanza forte da permettere a Ginny di sgombrare la mente dal triangolo Ginny-Dean-Harry.

-          E dai, non prendermi in giro! Ci vuoi andare anche tu, lo so.

-          Ovvio che ci voglio andare. Ma tu…

 

Hermione la guardò in cagnesco.

 

-          Devi prestarmi qualcosa da mettere – concluse Hermione. – I miei vecchi jeans non vanno bene per queste cose.

 

La situazione cominciava davvero a piacerle. Ecco, Hermione le aveva offerto uno di quei momenti in cui poteva permettersi di sgombrare la mente per qualche ora per pensare solo a un sano, scatenato divertimento tra ragazze. Hermione voleva andare a una festa dove scorrevano litri di alcolici e un alto tasso di Malfoite pronta ad annientare le anime di Grifondoro giudiziosi e responsabili come lei? Certo non poteva lasciarla andare da sola.

 

-          Certo che ti presto qualcosa. Tutto quello che vuoi, pur di dimenticarmi di questo inferno per un po’.

-          A quale inferno ti riferisci? – disse Hermione, guardinga.

-          Oh, niente. Solo… Dean.

 

Ed Harry. Ma questo non lo disse. Doveva stare molto, molto attenta a non farsi scappare frasi scomode.

Sperò con tutto il cuore che anche Harry avesse conservato un minimo di buonsenso.

 

 

***

 

-          A proposito, dov’è che organizzano la festa clandestina? – disse Ginny, rovistando nel suo armadio alla ricerca di qualcosa di carino ma seducente per Hermione.

-          Alla Stamberga Strillante. – disse Hermione, tranquilla.

-          Il tono con cui pronunci il nome di quel posto mi terrorizza. Hai idea del delirio che ci sarà lì dentro? E dovremo mimetizzarci con gli alberi del parco, per arrivarci.

-          Bè, un modo lo troveremo. Ci aggregheremo agli altri, suppongo. E poi c’è sempre il Mantello dell’Invisibilità di Harry, no? Andremo insieme a lui e Ron. Sarà fantastico.

 

Le parve di sentire le capriole allo stomaco. Fantastico. Hermione era impazzita, suo fratello frequentava quella squallida gente e avrebbe dovuto condividere una parte di Mantello con Harry.

 

-          Non vedo l’ora – commentò con poco entusiasmo.

 

-          Guarda, ho trovato questo – esultò Ginny dopo qualche istante, estraendo dall’armadio un vestitino bianco, corto e svolazzante.

 

Hermione lo studiò a lungo, indecisa.

 

-          E dai, ti starà d’incanto. Provalo!

-          Non starebbe meglio a te?

-          Adesso non tirarti indietro, Granger. Penso io al mio look, tu segui i miei ordini e prova questo vestito. – ordinò Ginny, sorridendo.

 

Lo mise in mano a Hermione e riprese a rovistare fra le sue cose, pensierosa.

 

-          Ehm… Ginny? Che te ne pare?

 

Ginny si girò, le braccia stracolme di abiti di qualsiasi genere.

 

-          Sei una favola – disse soddisfatta.

-          Ti è caduto quello. – disse Hermione indicandone uno per terra.

-          Dio, è un secolo che non lo metto. Però è carino, che ne pensi?

 

 

 

 

Alle 10 in punto, dopo essersi accuratamente truccate e pettinate a vicenda, Ginny ed Hermione raggiunsero Harry e Ron, che le aspettavano in Sala Comune. Ginny cercò di evitare lo sguardo curioso e indagatore di Harry, che la fissava dal primo istante in cui l’aveva vista, splendida nel suo corpetto nero e la gonna coordinata che alla fine aveva scelto. Si salutarono rapidamente e varcarono uno dopo l’altro il buco nel ritratto, ridendo di alcuni ragazzini del secondo anno che li precedevano nella fuga, eccitati. Una volta fuori la Sala Comune si strinsero attorno al Mantello, che frusciava attorno ai loro piedi scoperti. Si ritrovò a contatto con il braccio di Harry, che, per fortuna, almeno in quella circostanza guardava dritto davanti a sé senza trafiggerla con lo sguardo.

Attraversarono il giardino, inciampando nel Mantello e stretti uno contro l’altro, finchè non raggiunsero il Platano Picchiatore, accanto al quale erano raccolti una decina di ragazzi in attesa di scendere nella Stamberga Strillante. Una volta mescolati alla piccola folla si tolsero il Mantello, ridendo.

Ginny promise a sé stessa che quella sera non avrebbe pensato a Harry né a Dean. Si sarebbe divertita e sbronzata, avrebbe ballato fino allo sfinimento insieme a Hermione e l’indomani sarebbe tornata alla solita vita. Niente complicazioni, continuava a ripetersi mentalmente.

 

Arrivò il loro turno di attraversare il tunnel che conduceva alla Stamberga. Hermione e Ginny badarono a non rovinare i loro vestiti, incespicando nel buio.

La musica a tutto volume li accolse nell’atmosfera festaiola prima di vedere Dean e Seamus che accoglievano gli ospiti nell’antisala.

 

-          Ciao – salutò Dean, cordiale.

-          Ciao.

 

-          Ehi, Hermione! Che si dice da queste parti? – disse Seamus, già mezzo ubriaco, rompendo l’atmosfera gelata che si era creata. – Entrate, forza! E divertitevi!

 

Ginny seguì gli altri, rivolgendo un ultimo sguardo di scusa a Dean.

 

Come al solito, Grifondoro e Serpeverde insieme avevano fatto un ottimo lavoro. Al centro della sala era stato collocato l’angolo bar, attorno al quale c’era una grande pista da ballo che emanava bagliori di luce oro e argento dal pavimento, che serpeggiavano tra i piedi che si muovevano scatenati al ritmo di musica. All’altro capo della sala erano stati posizionati dei divani. Il tutto era accompagnato dal profumo dell’incenso mescolato a un forte odore di alcool.

 

-          Balli? – urlò Ron a Hermione per sovrastare i decibel della musica altissima. Un attimo dopo, Hermione sparì insieme a lui, e Ginny si ritrovò sola con Harry. La disperazione l’assalì al primo istante quando Harry le lanciò una lunga occhiata e se ne andò.

Mi sta evitando, pensò.

 

Si diresse verso il bancone degli alcolici, desiderando ardentemente di tornarsene in camera sua all’istante.

 

-          Ehi, Weasley! Vuoi da bere, bellezza? – Draco Malfoy doveva essere brillo per rivolgersi a lei senza l’ombra di un insulto.

-          La tua gentilezza mi spiazza, Malfoy. Dammi qualcosa di forte – disse.

 

Salvami – pensò, mentre si scolava il primo bicchiere di vodka. – Ti prego, vieni a salvarmi da questo inferno.

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