SOGNI INFRANTI

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Routine ‘autostradale’ ***
Capitolo 2: *** In attesa di un miracolo ***
Capitolo 3: *** Vita o morte ***
Capitolo 4: *** Tesi e supposizioni ***
Capitolo 5: *** Il solito testone ***
Capitolo 6: *** Il sogno di Katrina Brandt ***
Capitolo 7: *** Grazie Hartmut ***
Capitolo 8: *** Mathilde Merkel ***
Capitolo 9: *** Pugno di mosche ***
Capitolo 10: *** Occhiali e sospetti ***
Capitolo 11: *** Fuga ed inseguimento ***
Capitolo 12: *** Semir & Ben ***
Capitolo 13: *** Ne valeva la pena? ***
Capitolo 14: *** Tre mesi dopo ***



Capitolo 1
*** Routine ‘autostradale’ ***


COLORO CHE SOGNANO DI GIORNO SANNO MOLTE COSE CHE SFUGGONO A CHI SOGNA SOLTANTO DI NOTTE
 (EDGAR ALLAN POE)
 
 
Capitolo 1

Routine ‘autostradale’

Colonia , 25 agosto

Era appena iniziata una nuova giornata di lavoro e gli ispettori della polizia autostradale,  Semir Gerkhan e Ben Jager, erano di pattuglia sull’A57 sotto un autentico nubifragio.
La Mercedes grigio scuro procedeva con cautela sotto la pioggia e a stento i tergicristalli riuscivano a tenere testa al diluvio che si stava abbattendo lungo l’autostrada limitrofa alla città.
“Hey Semir” esordì Ben mentre guidava la sua auto di servizio con lo sguardo incollato alla strada “Ti immagini che fra quattro mesi è Natale?” e si girò verso il suo collega sfoderando uno dei suoi più smaglianti sorrisi.
“Mapporca Ben” sbottò Semir “Sei appena tornato dalle ferie e già pensi alle prossime vacanze?”.
“Che vuoi che ti dica socio, mi ero abituato bene in vacanza : niente sveglie, niente alzatacce, suonare con la band nei locali e conoscere ragazze e tirare tardi, niente turni massacranti, niente sparatorie, niente inseguimenti …” cominciò ad elencare Ben, ma improvvisamente fu interrotto.
“Comando a Cobra 11 …” gracchiò la radio.
“Ecco ti dicevo …” disse quasi infastidito Ben e rivolto a Semir  “Rispondi va’ …”.
“Dimmi Susanne” rispose Semir.
“C’è stata una rapina al Colonia Zentrum, il rapitore è fuggito su una Opel nera senza targa  ed alcuni colleghi che lo stavano inseguendo, lo hanno perso all’altezza dello svincolo che collega la tangenziale nord con l’A57; voi la state percorrendo in direzione Düsseldorf quindi dovreste trovarvela qualche chilometro più avanti” disse concisa la bionda segretaria.
 “Ok” disse Semir “Interveniamo “ e accese la sirena ed il lampeggiante.

Ben aumentò la velocità dell’auto stando però sempre attento a non sbandare poiché l’asfalto della strada era molto viscido a causa della pioggia che cadeva incessantemente.
“Guarda Ben “ quasi urlò Semir e indicando un’auto scura davanti a loro “Dai accelera che lo prendiamo”
“Non ti preoccupare socio lo raggiungo, fidati” gli disse di rimando Ben.
Appena il fuggitivo vide i lampeggianti della macchina della polizia aumentò notevolmente la sua velocità, a volte scansando e a volte tamponando le vetture che si frapponevano fra lui e la sua folle corsa e che procedevano nella stessa direzione di marcia.
Malgrado la pioggia e i vari tamponamenti che si stavano susseguendo a catena , la Mercedes dei due poliziotti continuava a stare incollata all’Opel nera del rapinatore.
Quando furono abbastanza vicini Semir estrasse la pistola abbassò il finestrino e subito il piccolo turco fu raggiunto da autentiche secchiate d’acqua gelida.
“Dai muoviti socio, spara alle gomme di quel delinquente prima che l’auto diventi il Titanic su quattro ruote, stiamo imbarcando acqua …” replicò seccato Ben.
Semir esplose alcuni colpi, ma nessuno andò a segno.

Improvvisamente una bisarca si trovò davanti all’auto del malvivente e questi a causa dell’asfalto bagnato non riuscì a fermarsi in tempo e cominciò a tamponare una serie di auto nel tentativo di superarla.
Si susseguirono così una serie di tamponamenti a catena e incidenti più o meno spettacolari e anche il mezzo pesante cominciò a sbandare e il suo autista cercò con ogni mezzo di fermarlo.
Quindi la bisarca si fermò in mezzo alla carreggiata e Ben lanciato ormai a velocità molto sostenuta, non riuscì a frenare in tempo ed a evitare l’impatto con il mezzo; la Mercedes prese letteralmente il volo e cappottò diverse volte fino a finire la sua corsa contro il guardrail.
Anche l’auto del malvivente sbandò e si schiantò contro un’auto alcune decine di metri più avanti.

Un Semir intontito e ammaccato , ma vivo, uscì dalla Mercedes di Ben e vedendo che il malvivente aveva cominciato a fuggire a piedi mosse alcuni passi e urlò:
“Ben coprimi, lo inseguo …” ma non sentendo risposta il poliziotto si voltò verso l’auto dell’amico.
Il cuore di Semir si fermò per una frazione di secondo; Ben stava disteso supino con metà corpo dentro l’auto ridotta ad un rottame e l’altra metà distesa sull’asfalto bagnato.
Semir ritornò sui suoi passi e subito si inginocchiò accanto al suo giovane collega; solo allora notò con orrore che conficcato nel fianco Ben aveva un pezzo della lamiera dell’auto di servizio.
La prima cosa che fece, quasi istintivamente, fu quella di tastargli il polso.
“Grazie al cielo sei vivo, ora chiamo i soccorsi, ma tu resisti okay?” disse un angosciato Semir a un incosciente Ben e detto questo chiamò la centrale operativa.

Mentre aspettava i soccorsi , Semir cercò in qualche maniera di riparare il corpo di Ben dall’incessante pioggia che continuava a cadere, ma senza successo anche perché di fatto non poteva muovere il corpo, avrebbe potuto aggravare la già drammatica situazione.
Velocemente diede anche un’occhiata all’auto per vedere che non ci fosse anche l’eventualità che questa prendesse fuoco o saltasse in aria.
Il piccolo ispettore era così disperato nel vedere il suo amico così che cominciò a piangere.
Le sue lacrime si mischiarono così alla pioggia e orribili pensieri cominciarono ad affollare la sua mente: si immaginò davanti ad Andrea con  le bambine in braccio, si chiese come avrebbe potuto dire alle sue figlie che il loro adorato ‘zietto’ non sarebbe più andato a trovarle, non avrebbe più cantato per loro le ninne nanne perché era … andato in cielo.
Si vide davanti a un furioso e addolorato Konrad che ancora una volta lo avrebbe accusato di avergli ucciso in qualche modo il figlio, non avrebbe neanche avuto il coraggio di dirglielo, di questo era sicuro, avrebbe solo scosso la testa per fargli capire che suo figlio non gli avrebbe più parlato e non sarebbe andato più a trovarlo.
Avrebbe dovuto sopportare le facce scure dei colleghi e soprattutto avrebbe dovuto sostenere la vista della scrivania del suo ufficio quella di fronte a lui, di nuovo vuota e lui , Semir,  sarebbe stato di nuovo solo dopo soli cinque anni vissuti quasi in simbiosi con Ben.

In attesa dei soccorsi e mentre si torturava con questi terribili pensieri Semir cercò di tamponare la ferita e solo allora fece caso che il sangue di Ben che usciva dalla ferita mescolato con la pioggia che cadeva faceva sembrare che da sotto il corpo del giovane il sangue uscisse come se fosse un fiume in piena.
Fortunatamente poco dopo , anche se a Semir sembrò un’eternità, arrivarono i paramedici e Ben fu caricato su un’eliambulanza con tutte le cautele del caso.
“Vi prego” supplicò Semir “Fatemi salire … se dovesse succedere … non voglio che sia solo …” e quasi si fece paura per la frase che aveva appena pronunciato.
“Mi spiace ispettore, ma …” disse un medico.
“Vi scongiuro, io … è colpa mia dovevo dirgli di rallentare, dovevo dirgli che lo avremmo preso in un altro modo, dovevo far valere la mia esperienza … non ci dovevano mettere all’inseguimento così sotto questo diluvio” si disperò l’ispettore asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
Semir era un fiume in piena e alla fine i medici seppur riluttanti acconsentirono .
Sul mezzo di soccorso salì quindi anche Semir, il quale non aveva mai smesso di parlare al suo giovane amico e gli teneva la mano.
Sul volto del piccolo ispettore turco si leggeva il terrore; la visione del suo giovane socio pallido con le labbra violacee, il respiro debole e quel pezzo di lamiera piantato sul suo giovane corpo … Semir sentiva di aver lo stomaco sottosopra.
“Ben ti prego resisti … fallo per me, per le tue nipotine … “ e ricominciò a piangere.

Improvvisamente gli strumenti che controllavano i parametri vitali di Ben cominciarono a dare segnali di allarme.
“E’ in arresto … “ gridò un paramedico “Presto il defibrillatore  o lo perdiamo … ma fate attenzione alla lamiera, se il corpo sobbalza troppo potrebbe lacerare ancora di più il corpo del ragazzo … carica … libera …”
Semir seguiva la scena immobile, era pietrificato dalla paura, non avrebbe mai pensato che quel giorno iniziato tra battute e sorrisi potesse prendere una piega così tragica; il piccolo turco si ritrovò a pregare Dio e tutti quelli che, secondo lui, potevano aiutare il suo giovane amico.
Semir vedeva che il corpo di Ben sobbalzava sotto gli impulsi elettrici del defibrillatore e tra sé pensò ad quella che in quel momento era un’assurdità: quanto dolore attraversava quel giovane corpo?
“Ben ti prego, non morire … “ disse piangendo  disperato e finalmente dopo alcuni angoscianti minuti il medico pronunciò la frase salvifica.
“Bene lo abbiamo ripreso …” e abbozzò un piccolo sorriso verso Semir.
“Dio ti ringrazio … “sospirò l’ispettore con le lacrime agli occhi.
Poco dopo l’elicottero atterrò sul tetto dell’ospedale di Colonia e velocemente Ben fu trasportato in sala operatoria.

Semir fu cortesemente invitato da un’infermiera a sedersi ed attendere nella sala d’aspetto.
L’ispettore si guardò le mani: erano sporche del sangue di Ben e tremavano, ma lui adesso non poteva fare nulla per il suo socio se non aspettare.
Il piccolo turco si avviò quindi verso la toilette, entrò si lavò le mani e il volto e quando si guardò allo specchio ebbe quasi paura; il suo volto era quasi sfigurato dalla paura e dalle lacrime che aveva abbondantemente versato.
Dieci minuti dopo Semir uscì dalla toilette e chiamò il comando per ragguagliare i colleghi e il commissario Kruger sulle condizioni di Ben.
Telefonò anche a casa del padre di Ben, ma trovò solo Helga la governante che tra le lacrime informò Semir che  il padre e la sorella per il momento erano irraggiungibili.
Chiamò anche sua moglie Andrea, ma prima di cominciare a parlare chiese dov’erano le bambine; Semir aveva due figlie intelligenti e se la madre si fosse messa a piangere al telefono avrebbero subito capito che qualcosa di grave era successo e si sarebbero spaventate e questo era l’ultima cosa , per adesso, che voleva.

Dopo un paio d’ore d’attesa dalla sala operatoria uscì un medico, si levò la cuffia e si diresse verso l’ispettore turco.
Semir alla vista del medico si alzò dalla sedia un po’ barcollando e la cosa non sfuggì al dottore che con un cenno lo fece riaccomodare.
“Lei è un collega dell’ispettore Jager, immagino …” chiese il medico.
“Si “ rispose debolmente Semir.
“Ecco io, lo sa che non potrei parlare con lei, ma con la sua famiglia” disse titubante il sanitario.
Fu allora che Semir pensò:
“Ben è morto” ma cercò di essere lucido per quel poco che riusciva ad esserlo e disse:
“Do … do … dottore … c’è qualche … problema?”
Semir non riusciva ad articolare bene le parole tanto era agitato.
“Ecco ispettore … “ cercò di dire il medico, ma fu subito interrotto da Semir.
“Dottore … Ben … è … è …” e calde lacrime solcarono il volto dell’ispettore.
“No, ispettore, ma c’è un problema … il gruppo sanguigno del suo collega è uno 0 negativo … è un gruppo piuttosto raro e qui in ospedale stiamo aspettando da giorni che reintegrino le scorte …”
“Non posso crederci, ma dottore …” Semir si ritrovò a pensare a quella volta che glielo disse  Ben:
“Sai io sono uno 0 negativo, nelle mie vene scorre il sangue raro è questo fa di me una persona speciale, sono donatore universale, ma posso ricevere solo il sangue del mio tipo …”  gli disse quella volta spavaldo Ben, sapendo benissimo però che per il lavoro che faceva questa non era una grande cosa.
“Quanto può resistere dottore?” domandò Semir acquistando un po’ di lucidità.
“Il suo collega è giovane, ha una tempra fortissima, ma se non avrà una trasfusione … non può resistere a lungo” disse il medico sconsolato.
“Quanto gli rimane, me lo dica …” Semir era disperato.
“Senza trasfusione? … sei, massimo otto ore” detto questo il medico tornò in sala operatoria lasciando Semir solo .

 
Ciao a tutti … BENritrovati … Ed ecco il primo capitolo della mia terza storiella (non c’è due senza tre … e il quarto vien da sé…) con la mitica e “cobrissima” coppia Semir & Ben. Come avrete potuto leggere il povero Ben l’ho mandato subito all’ospedale (tanto per togliermi il pensiero … e visto che a Furia saranno sicuramente avanzati i cerotti …), ma …
Buona lettura a chi vorrà continuare a leggere i prossimi capitoli e ringrazio fin da ora chi vorrà recensire.
Un abbraccio.
CHIARABJ
P.S.  GRAZIE COME SEMPRE  ALLA MIA ‘SOCIA’ MATY … TUSAI PERCHE’ … TVB. (hai visto per scrivere questa frase ho usato 9 puntini, che mondo ‘mal spartio’ come si dice dalle mie parti, chi ci ‘sta litigata’ e chi ne mette anche troppi!!!).

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Capitolo 2
*** In attesa di un miracolo ***


In attesa di un miracolo.

Il tempo nella sala d’attesa dell’ospedale passava inesorabilmente e un sempre più afflitto Semir continuava a guardare l’orologio come se il suo insistere a guardarlo potesse fermare il tempo.
Semir aveva chiamato tutti: i primi furono il padre e la sorella di Ben, avendo considerato il gruppo sanguigno raro una caratteristica di famiglia, ma purtroppo Helga, la governante di casa Jager, aveva informato Semir che al momento entrambi i familiari non erano raggiungili: erano all’estero per motivi di lavoro.
Aveva quindi rintracciato gli amici suoi e di Ben, quelli della band dove suonava il suo socio, i colleghi , il commissario Kruger e Andrea, chiunque potesse venirgli in mente, nella speranza che qualcuno tra le loro conoscenze appartenesse  allo stesso gruppo sanguigno di Ben.

Sconsolato il piccolo ispettore si alzò dalla sedia per cercare un po’ di alleviare quell’angoscia che lo attanagliava e decise di fare qualche passo lungo il corridoio del reparto.
Percorse qualche metro tra quelle pareti che a lui davano l’impressione di essere meandri di un cimitero, tanto erano bianche e spoglie.
Il suo sguardo si soffermò poi per un attimo su di una ragazza che usciva dalla cappella dell’ospedale e fu così che anche lui decise di entrarvi.
Semir si sedette nell’ultimo banco, quello più vicino alla porta e cominciò a pregare nella penombra della cappella; non si ricordava neanche più quando fu l’ultima volta che aveva pregato, ma sapeva cosa chiedere: chiese di aiutare il suo giovane collega e amico.

L’ispettore era assorto nelle sue preghiere, quando una mano lo strinse sulla spalla e lo fece sobbalzare riportandolo alla realtà.
“Semir che ci fai qui? E’ successo qualcosa ? Andrea ? Le piccole? ” disse una preoccupata Nadja Kranich.
Nadja Kranich era la sorella di Tom, il miglior amico e partner che Semir avesse mai avuto prima di Ben, ed era un’infermiera dell’ospedale.
La ragazza aveva  l’abitudine di recarsi nella cappella dell’ospedale a pregare prima dell’inizio di ogni turno di lavoro, specie dopo la morte del fratello a cui lei era legatissima.
 “Ciao Nadja” disse Semir asciugandosi gli occhi e continuò “Andrea e le bambine stanno bene …”
“Ma allora perché sei qui?” chiese la ragazza sedendosi a fianco a lui.
“Si tratta di Ben … è in rianimazione … è grave … ha un bisogno disperato di una trasfusione è non c’è il suo sangue … ”  rispose scoppiando a piangere.
“O mio Dio, Ben è uno 0 negativo ?” domandò Nadja.
La ragazza era a conoscenza della mancanza e la cosa la preoccupava molto, ma mai si sarebbe aspettata però che uno dei suoi migliori amici fosse in pericolo di vita proprio per questa ragione.
“Si …” ribatté  Semir con un filo di voce.
“Le scorte le stiamo aspettando da giorni, povero Ben … “ disse la ragazza riflettendo e aggiunse “Almeno che … scusa, ma devo andare”
Semir stava cominciando a dire qualcosa a Nadja, ma fece appena in tempo a vederla uscire di corsa dalla cappella.
 
Un paio d’ore dopo Semir era al telefono con la moglie Andrea; era un Semir diverso, quasi allegro, Nadja aveva trovato un paziente dell’ospedale con lo stesso gruppo sanguigno di Ben.
In pochi minuti il piccolo ispettore aveva chiamato tutti i colleghi e amici di Ben per rassicurarli che ora il suo giovane collega era fuori pericolo.
Semir stava per telefonare anche a casa di Konrad Jager per tranquillizzare Helga ed eventualmente i familiari di Ben, quando vide Nadja uscire dal reparto di terapia intensiva.
“Nadja, ma come ci sei riuscita, cioè …” disse con gli occhi pieni di gratitudine Semir.
“Mi spiace Semir, ma non posso dirti molto. Comunque la donatrice quando le ho spiegato che Ben aveva bisogno di una trasfusione per sopravvivere  e che lei attualmente era l’unica sua salvezza, non ha avuto un attimo di esitazione e ha acconsentito al prelievo senza nemmeno voler sapere chi fosse il ricevente” spiegò Nadja.
“Chi è la donatrice, vorrei incontrarla, ringraziarla, anche Ben vorrà farlo ”  disse euforico il piccolo ispettore.
“Semir non è possibile, il donatore vuole restare anonimo e per favore tu a Ben non dirai niente” rispose seria e decisa Nadja.
“Ma … “ azzardò Semir.
“Semir, niente ma” e poi per troncare il discorso “Ascolta Ben sta riposando e si riprenderà e questo è l’unica cosa che conta” disse sicura la ragazza.
Al piccolo ispettore non restò altro da fare che prendere atto della decisione della ragazza.
“Almeno posso vederlo?” chiese speranzoso Semir.
“Mi spiace, ma per ora no, magari domani. Ora vai a casa è stata una giornata pesante e hai bisogno di riposo. Vieni domani, così potrai anche parlargli” rispose dolcemente Nadja.
“Si hai ragione” e dopo aver abbracciato Nadja Semir se ne tornò a casa.

Il giorno dopo Ben si svegliò nel suo letto d’ospedale e davanti a sé trovò Semir.
“Ciao dormiglione” gli fece Semir.
“Ciao socio” rispose debolmente il ragazzo.
“Come ti senti” chiese serio il piccolo ispettore.
“Insomma … stavolta me la sono vista davvero brutta” poi riprendendo un po’ fiato disse “Nadja mi ha raccontato della mancanza di scorte del mio gruppo sanguigno, pensa sono arrivate stamattina, sarei morto … per una manciata di ore …” disse triste Ben.
“Sei stato fortunato”replicò Semir.
“Tu sai chi è?”
“Chi è chi?” disse facendo lo gnorri Semir, immaginando benissimo dove volesse andare a parare Ben.
“Il donatore Semir!” disse stancamente Ben.
“No, non lo so” mentì Semir guardando il ragazzo dritto negli occhi per risultare il più convincente possibile “Ma l’importante è che tu sia vivo e vegeto no?”
“Si, hai ragione”rispose il ragazzo.
“Ora riposa e rimettiti in sesto, ci vediamo domani, devo tornare al Distretto altrimenti la Kruger mi uccide!”
Semir si aspettò una battuta di Ben, ma stranamente il ragazzo si limitò ad annuire e lo salutò con un semplice gesto della mano e basta.
Poi il ragazzo chiuse gli occhi e Semir uscì silenziosamente dalla stanza con il cuore gonfio di tristezza.

Passarono alcuni giorni e arrivò, finalmente per Ben, il giorno delle dimissioni dall’ospedale.
Ben non amava gli ospedali e tantomeno starci come degente, e come paziente era un pessimo elemento.
Continuava a lamentarsi perché doveva limitare al massimo, almeno per i primi giorni qualsiasi sforzo e cosa che lo infastidiva ancora di più era la dieta forzata a cui era sottoposto. Ciò nonostante era un po’ il pupillo di tutte le infermiere complice il suo carattere gioviale e guascone e il suo bell’aspetto.

Quando Semir venne a conoscenza che avrebbero dimesso Ben dall’ospedale, insistette parecchio affinché Ben trascorresse la sua convalescenza a casa sua coccolato da Andrea e dalle figlie, ma, cosa molto strana, Ben rifiutò gentilmente.
Il giovane ispettore avrebbe trascorso il suo periodo di riposo forzato nella villa paterna a Düsseldorf ed Helga, la governante di casa Jager si sarebbe presa cura di lui, come aveva fatto da sempre specie dopo la morte della madre fino a che Ben non aveva lasciato l’abitazione per andare ad abitare da solo a Colonia.
Semir però era preoccupato: Ben non aveva mai rifiutato un invito a casa sua e tantomeno una convalescenza, ma molto probabilmente quell’esperienza lo aveva segnato nel profondo.
Semir vedeva che il suo giovane amico era turbato come non mai, gli si leggeva in faccia che c’era qualcosa che non andava, ma quando Semir glielo aveva fatto notare  Ben aveva glissato l’argomento con un “Sto bene, non ti preoccupare mi passerà, sono solo stanco ”
 
Dopo un un’ora di viaggio Ben arrivò alla villa paterna con un taxi; aveva rifiutato anche il passaggio di Semir, sicuro, che durante il tragitto, il piccolo ispettore turco sarebbe sicuramente riuscito a fargli cambiare idea. Ma Ben aveva altro per la testa e aveva solo voglia di restare solo.
Ovviamente il suo collega aveva insistito, ma Ben era stato fermo nella sua decisione e inoltre aveva anche rifiutato di essere accompagnato a casa sua per prendere della biancheria pulita ed effetti personali.
Era quasi il tramonto quando in lontananza Ben a bordo del taxi scorse l’imponente struttura di quella che era stata la sua abitazione prima di diventare poliziotto.
Arrivato davanti al cancello della villa paterna Ben scese dal taxi  e pagò il tassista che gentilmente lo aveva aiutato anche a scaricare il borsone, lo salutò e suonò il campanello.
Si accese la telecamera del videocitofono e prima ancora che potesse dire il suo nome una voce familiare lo anticipò.
“Ben ragazzo mio, ti apro subito” disse Helga la corpulenta governante di casa Jager.
Quel saluto riscaldò subito il cuore a Ben.
Il giovane ispettore stava percorrendo con passo un po’ incerto e col borsone in mano il vialetto che portava all’entrata del grande edificio quando scorse  la governante che scendeva trafelata la scalinata della villa.
Helga gli corse incontro lo abbracciò e lo baciò.
“Ben tesoro mio, come stai?” disse la donna.
“Bene e ora che ti vedo ancora meglio!” disse raggiante Ben.
“Il solito ruffiano … vieni entra ho già preparato la tua stanza, se vuoi riposarti, se vuoi farti una doccia o un bagno caldo … quello che vuoi” rispose ancora più raggiante la donna.
“Ti ringrazio Helga, sei sempre così premurosa … mio padre?” domandò Ben.
“Tuo padre starà via qualche settimana per affari” replicò la governante.
“Senti, a che ora cenate tu e gli ‘zii’ ? Posso farvi compagnia?” chiese un po’ titubante Ben.
“Ma che domande sono tesoro, certo che sì … per le sette e mezzo può andare per te?” propose Helga.
“Mi basta la vostra compagnia …” replicò Ben.
Helga guardò Ben corrugando la fronte: qualcosa in quel ragazzo non andava se lo sentiva a pelle e dopo tanti anni i ragazzi Jager per lei erano come dei libri aperti.

Helga Masferrer la corpulenta governante di casa Jager aveva quasi sessant’anni.
Ben e Julia la chiamavano scherzosamente ‘Helga Poppins’, per il suo carattere dolce e affettuoso, per il suo viso simpatico e gioviale e perché, come per magia quando loro avevano bisogno di qualcosa o di qualcuno lei c’era sempre.
Helga non si era mai sposata, ne tantomeno aveva figli o nipoti e forse proprio per questo teneva ai figli di Konrad Jager quasi come fossero i suoi ragazzi, un po’ perché erano rimasti orfani della madre in tenera età e un po’ per la quasi totale assenza del padre.
Helga aveva sempre avuto una leggera preferenza per Ben, che fin da subito si era dimostrato un bambino molto sensibile, affettuoso e con un sano disprezzo per la ricchezza di cui era circondato.
Ben aveva sempre considerato Helga come una mamma, gli si era subito affezionato e si sentiva a suo agio anche con il resto del personale di servizio che ormai chiamava affettuosamente ‘gli zii’; loro erano stati la sua prima famiglia e poi una volta cresciuto e diventato poliziotto la sua seconda famiglia era diventata quella di Semir.

Dopo cena, verso le nove, Ben stava seduto nella veranda della villa ad ammirare la luna che si specchiava nel laghetto del parco.
“Tutto bene ragazzo?” chiese premurosa la governante vedendolo tutto solo e sedendosi vicino.
“Si Helga, più o meno … “ rispose un mesto Ben.
“Vuoi parlarmene?” ribatté la governante.
Ben esitò, ma poi pensò che con qualcuno doveva pure confidarsi, altrimenti questa volta rischiava di impazzire.
“Sai Helga, ho rischiato di morire diverse volte, ma questa volta … non so è diverso …” Ben guardò la donna e continuò “E sai perché?”
“Temo di non capire ragazzo mio … ma leggo la disperazione nei tuoi occhi … e questo mi rattrista e preoccupa” rispose teneramente Helga.
“Helga, quasi sempre so chi mi salva la vita, quasi sempre è Semir, ma questa volta non so chi ringraziare e questo mi fa star male” disse sconsolato il ragazzo.
Helga guardò amorevolmente Ben, i suoi occhi color cioccolato erano struggenti e tristi: due occhi così la governante ricordava di averli visti solo quando suo padre aveva detto a Ben, allora bambino di appena otto anni, che sua madre Elizabeth era morta.
“Ben adesso so dove vuoi arrivare, vorresti conoscere colui che ti ha donato il sangue giusto?”
“Si e  non sai cosa darei per conoscere il nome” disse tristemente Ben.
La donna si alzò di scatto e la sua espressione divenne ancora più seria e la cosa non sfuggì a Ben, Ben non poteva nascondere niente a Helga e viceversa.
Anche Ben si alzò, ma lentamente, la ferita gli procurava molto dolore se faceva movimenti bruschi e guardò Helga dritto negli occhi.
“Tu sai chi è? Helga? Per favore se sai qualcosa dimmelo ti prego” supplicò Ben.
La governante si sentì morire, vedere Ben in quello stato la faceva stare malissimo, in fondo lui era per lei il figlio che non aveva mai avuto e così capitolò.
“Non so il nome del donatore, ma quando l’ispettore Gerkhan mi ha chiamato per avvisarci tutti che avevano trovato un donatore  ci ha detto che lo aveva trovato Nadja Kranich ed era un degente dell’ospedale” La donna parlò quasi in apnea.
“Davvero?Ne sei sicura?” chiese euforico Ben.
“Ragazzo mio, ma anche se Nadja lo sa … “ Helga cercò di dissuadere e frenare l’entusiasmo di Ben “Non aggrapparti a false speranze”
Ma Ben non la stava ad ascoltare era troppo preso dalla notizia.
“Domani la chiamo, buona notte Helga”
Detto questo baciò sulla guancia Helga e si avviò verso la sua stanza.
 
Nota dell’autrice:
Visto? Ben vivo e vegeto … fisicamente, ma moralmente e psicologicamente …
Come sempre ringrazio tutti i lettori e recensori e una volta ancora la mia beta “Maty” e i suoi  preziosi consigli e suggerimenti  che rendono la lettura più scorrevole e le scene più … “Matyose” .
P.S. Non ho mai avuti un buon rapporto con la CONSECUTIO TEMPORUM … in latino poi ero un "quasi disastro", meglio la matematica … grazie MATY tvb !!!
CBJ.

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Capitolo 3
*** Vita o morte ***


Vita o morte
 
Il mattino dopo Ben si svegliò di buon umore; erano appena le otto e di solito quando poteva il giovane ispettore stava a letto fino a tardi, ma quella mattina no: era fermamente intenzionato a scoprire l’identità del suo donatore.
Ben quindi scese un po’ a fatica dal letto, la ferita gli faceva ancora molto male specie se faceva alcuni movimenti tipo alzarsi o sedersi o girarsi con il busto a destra o a sinistra.
Il giovane ispettore fece una veloce doccia, si vestì e scese in cucina dove Helga e il resto del personale di casa Jager stava facendo colazione.
“Buongiorno a tutti!” disse allegramente Ben e andando da Helga, l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia, il resto del personale, composto da soli uomini ricevette da Ben pacche sulle spalle o vigorose strette di mano.
“Siamo di buon umore Ben” disse Jorge, il giardiniere, mentre portava in tavola un vassoio di pane tostato.
“Sarà l’aria di campagna … “ rispose Ben prendendo una fetta di pane.
“Che ti preparo ragazzo mio?” domandò Helga.
“Quello che vuoi, per me va bene tutto …” replicò il ragazzo addentando la fetta di pane.
Ben si sedette a tavola e fece colazione scherzando e ridendo coi i suoi commensali dopo chi che  si avviò verso la veranda e cercò nella rubrica del  cellulare il numero di Nadja Kranich.
Sul display apparve il nome ‘Nadja K ‘ e per un attimo Ben restò a fissare il nome come imbambolato con il dito indice indeciso se pigiare il pulsante di chiamata: cosa le avrebbe detto?
Ben conosceva Nadja da più di un anno, l’aveva conosciuta per caso ad un concerto dei Nickelback, non sapendo che era la sorella di un ex partner di Semir. Nadja e Ben erano diventati amici e qualche volta la ragazza andava ad ascoltare Ben che si esibiva con la sua band oppure quando i Gerkhan organizzavano cene o scampagnate loro erano sempre invitati.
Ben non aveva mai fatto mistero che Nadja gli piacesse, ma la morte del fratello l’aveva segnata e così per lei Ben era un amico, un vero e ottimo amico, ma niente di più.
Il giovane ispettore fece un profondo respiro e fece partire la chiamata all’indirizzo di Nadja.

Nella sua casa di Colonia Nadja Kranich stava sbrigando alcune faccende domestiche quando sentì suonare il cellulare, lo prese, lesse il nome e rispose:
 “Ciao Ben!” salutò una voce squillante e allegra “Come stai?”
Appena sentì quella voce il cuore di Ben aumentò notevolmente il ritmo; non ci poteva fare niente Nadja aveva quell’effetto su di lui come se fosse un adolescente alla prima cotta.
“Ciao Nadja … si sto bene … abbastanza …” ribatté Ben e aggiunse “Sei di turno oggi? Avrei bisogno di parlarti … “
“Si oggi ho il turno notturno …” replicò Nadja.
“Senti posso venire a trovarti? “ disse un po’ titubante il giovane poliziotto, non voleva sembrare invadente.
“E come vieni fino a qua? Mica vorrai guidare?” si preoccupò Nadja.
“No prendo un taxi” rassicurò Ben.
“Ben sei sicuro?” Nadja notò che nella voce di Ben c’era un’incrinatura, sentiva che lui doveva dirle qualcosa di veramente importante, ma cosa? Conosceva la testardaggine del ragazzo, ma aveva già chiarito il loro rapporto, ma allora cosa lo tormentava?

Un’ora dopo Ben scese dal taxi davanti alla villetta dove abitava Nadja; non dovette nemmeno suonare il campanello, la ragazza gli aprì sentendo l’auto che si fermava davanti all’ingresso.
“Ciao Ben” disse raggiante Nadja andandogli incontro, poi lo abbracciò e baciò sulla guancia.
“Ciao Nadja” rispose Ben facendo altrettanto, solo che lui ogni volta che la vedeva sentiva le farfalle nello stomaco.
“Dai entriamo, che ti offro qualcosa da bere … un succo di frutta, un tè … la birra no … sei in convalescenza” sorrise divertita la ragazza facendolo accomodare in casa.
“Per me va bene qualunque cosa” replicò il ragazzo.
I due giovani si sedettero attorno ad un tavolo in cucina con ognuno un bicchiere di acqua e menta davanti.
“Di cosa volevi parlarmi Ben? Sembrava importante al telefono” esordì Nadja.
“Ecco, in effetti la cosa è un po’ delicata e forse anche un po’ fuori dalle regole” rispose Ben abbassando lo sguardo e guardandosi le mani.
Nadja era perplessa non capiva dove voleva andare a parare Ben e il fatto che avesse usato l’espressione ‘fuori dalle regole’ la inquietava un po’ ; spesso Tom e Semir usavano quell’espressione e non era mai un buon segno e il fatto che ora la usasse pure Ben … c’era da preoccuparsi.
Il poliziotto continuò “Come sai ho rischiato grosso questa volta, potevo restarci …”
La voce di Ben ebbe un piccolo cedimento e Nadja allungò la mano e prese quella di Ben.
Il ragazzo alzò lo sguardo, gli occhi lucidi “E il fatto di non sapere chi ringraziare …”
“Aspetta un attimo, Ben” lo bloccò Nadja ritraendo la mano “Tu sei venuto qui perché …” ma lasciò volutamente la frase incompleta.
“Lo immagini vero? “  chiese Ben.
“Ben lo sai benissimo che non posso dirtelo” affermò decisa Nadja.
“Non questa volta Nadja … Semir ha riferito a Helga che il donatore era un paziente dell’ospedale, potrebbero averlo visto tutti … tu sai chi è perché sei stata tu a trovarlo e per questo devo la vita anche a te, ma per favore, non ci dormo più la notte, voglio solo dirgli grazie” la voce di Ben assunse il tono quasi di una supplica “Nessuno verrà a saperlo, mi basta solo vedere il suo volto e ringraziarlo”
“Ben la cosa è complicata … “ Nadja cercò di dissuadere il ragazzo.
“Non ci vedo nulla di complicato, sei tu che fai la cosa complicata!” sbottò Ben rendendosi però subito conto che aveva parlato in modo troppo affrettato.
“Scusa Nadja, non volevo … a volte so di essere impulsivo” si scusò Ben assumendo quell’aria da cucciolo smarrito.
“Senti Ben, la cosa è complicata perché … “ ma la ragazza si fermò cercando di trovare le parole giuste  da dire a Ben senza che questi si inalberasse di nuovo.
“Perché?!” incalzò Ben.
Ma Nadja era combattuta, da una parte voleva aiutare Ben, ma dall’altra …
 “Vedi Ben, il donatore è in cura psichiatrica per un forte esaurimento nervoso avuto poco tempo fa e in passato ha tentato anche di togliersi la vita assumendo una dose eccessiva di farmaci, era ricoverato perché doveva fare dei controlli periodici e a me spesso capitava di farle i prelievi, è per quello che conoscevo il suo gruppo sanguigno … e comunque è una ragazza …”
Ben si alzò lentamente dalla sedia e andò alla finestra della cucina.
 Fuori uno splendido sole settembrino illuminava la mattinata e nel giardino di fronte alcuni bambini giocavano a pallone.
Il giovane poliziotto sorrise nel vedere nel volto di quei bambini tanta allegria e sicuramente tanta voglia di vivere e Ben in quel momento ebbe la sensazione di essere stato salvato due volte: la prima dai medici che avevano salvato la ragazza e poi dal sangue di lei.
“Chi è?” chiese ancora Ben voltandosi e incrociando lo sguardo di Nadja e questa volta la ragazza non riuscì a dire di no al giovane amico.

Venti minuti dopo Ben si trovò davanti ad un palazzo.
Era un edificio abbastanza moderno di tre piani ed ogni appartamento aveva un bel terrazzo e in alcuni i fiori e le piante facevano bella mostra di sé.
Ben si appoggiò al cancello e questo si aprì: non era stato chiuso a dovere.
Il ragazzo entrò nel piccolo cortile e si avvicinò al portone d’entrata per dare un’occhiata al nome sui citofoni.
Stava per leggere i nomi quando sentì un urlo; si voltò nella direzione della provenienza del grido e in quel preciso istante vide un corpo precipitare al suolo e finire la sua caduta con un tonfo sordo a pochi metri da lui.
Istintivamente Ben alzò velocemente lo sguardo verso quello che poteva essere stato il punto dove era iniziata la caduta, ma la testa gli cominciò a girare vertiginosamente, era ancora molto debole e la pressione gli giocava ancora brutti scherzi.
Si appoggiò al muro dell’edificio, chiuse un attimo gli occhi e per qualche secondo ebbe l’impressione di vedere migliaia di stelline.
Appena gli sembrò di aver ritrovato la lucidità Ben si avvicinò al corpo: era di una donna.
Lentamente si inginocchiò accanto e le tastò il polso.
Accorsero anche alcuni vicini richiamati dall’ urlo che appena videro la scena soffocarono grida di orrore.
“L’avevamo detto che ci avrebbe riprovato …” disse un condomino.
“Scusi come ha detto?” A Ben vennero i brividi appena sentì quella frase.
“La signorina purtroppo aveva già tentato il suicidio tempo fa …”
Ben lentamente si sfilò il leggero giubbetto che indossava e con quello pietosamente coprì il volto della donna.
“E’ morta vero?” chiese piano un inquilino del palazzo a Ben.
“Sì, purtroppo” rispose il poliziotto e aggiunse “Chiami la polizia per favore”
Ben si guardò attorno e alzandosi con calma domandò ad un altro condomino se conosceva la donna , anche se un terribile presentimento gli attanagliò il cuore.
“Si certo si chiamava Katrina Brandt abitava all’ultimo piano” disse una donna anziana “Io sono la proprietaria dello stabile e le assicuro che Katrina  era una ragazza eccezionale, poverina … “ e l’anziana donna si allontanò piangendo.

Un quarto d’ora dopo Ben era ancora in piedi vicino al corpo della ragazza; era sconvolto sotto ai suoi occhi c’era il cadavere della ragazza che gli aveva donato il sangue salvandogli la vita.
Era ancora assorto nei suoi tristi pensieri quando un’odiosa e familiare voce lo riportò alla realtà.
“Ispettore Jager che piacere vederla, come mai la trovo vicino al cadavere di una ragazza? Una sua amichetta? Fatalità? O è lei che porta sfortuna?” disse beffardo il commissario Bohm.
Il giovane ispettore si voltò piano con uno sguardo duro e pieno di odio e si trovò davanti l’odiosa figura del commissario della omicidi.
Ben aveva le braccia lungo i fianchi avrebbe voluto stenderlo all’istante, ma si impose autocontrollo; il ragazzo strinse forte i pugni e li teneva così fissi che le unghie delle mani gli stavano quasi lacerando la pelle.
“Allora Jager” incalzò Bohm accucciandosi accanto al cadavere e alzando il giubbetto di Ben dal corpo disse ”La conosceva? Una così bella ragazza si chiama, anzi mi hanno riferito che si chiamava Katrina Brandt … ma sicuramente lei lo sapeva già … “ sorrise maligno alzandosi e trovandosi faccia a faccia con Ben.
Ben stava per esplodere quando una mano gli afferrò appena in tempo il polso e con voce calmissima disse “Ciao socio, vieni andiamo via di qua ti riaccompagno a casa, dai … “
“Semir???”

Ben era incredulo a volte il suo collega aveva quel potere di apparire nei momenti più impensabili e questo era uno di quelli.
“Ispettore Gerkhan” disse mellifluo Bohm alla vista di Semir “Mi sembrava strano che lei non ci fosse … voi dell’autostradale viaggiate sempre in coppia o sbaglio ?”
“Commissario Bohm è un immenso piacere vederla” rispose  a tono Semir e detto ciò prese il suo giovane collega per un braccio e lo condusse fuori dal cortiletto del palazzo.
“Ma che ci fai qui Semir?” Ben era stupito di vedere lì il suo socio.
“Ho avuto una serie di soffiate …” disse preoccupato il piccolo ispettore.
“Sono adulto e vaccinato … quando la smetterete di trattarmi come un bambino?” disse un po’ stizzito Ben.
“Ieri sera mi ha telefonato Helga … e poi oggi Nadja che mi ha detto che saresti venuto qui a conoscere il tuo, anzi la tua donatrice … Ben siamo preoccupati per te, ti comporti in modo strano, e poi questo … ce la farai a controllarti?”  
 “Che razza di domanda è?” Ben cominciò ad alterarsi.
“Ben quella donna è morta sotto i tuoi occhi è evidente che la cosa ti ha turbato un po’ più del ragionevole, come con Bohm prima … ho visto le tue mani se non fossi arrivato in tempo gli avresti spaccato il naso come l’altra volta … “ Semir cercò di essere il più accomodante possibile.
“Semir, conoscevo la ragazza, o meglio lei forse conosceva me, lei è la ragazza che mi ha donato il suo sangue” e mentre lo diceva a Ben vennero gli occhi lucidi.
“E’ lei? O mapporca miseria Ben … mi dispiace … “ Semir era costernato.
“Si purtroppo … volevo solo conoscerne il volto … dirle grazie … nulla più, forse ha ragione Bohm, sono maledetto, tutte le persone che conosco muoiono … Saskia, Laura e adesso lei …” il tono di Ben si fece quasi disperato.
“Ben io sono ancora vivo …” Semir cercò di rincuorare Ben e continuò il suo discorso “Ma senti un po’ Bohm non ti ha nemmeno chiesto che ci facevi li?”
“No era troppo preso dalle telecamere dei giornalisti che avrà sicuramente avvertito per farsi pubblicità come al solito; comunque se me lo chiederà gli dirò che ho sentito l’urlo e visto che il cancello era aperto sono entrato, non ero in servizio, ma resto sempre un poliziotto” rispose Ben.
“Comunque il caso sarà di sua competenza” disse Semir.
“Si !” disse Bohm alle sue spalle “E verrà subito archiviato come suicidio, il medico legale non ha dubbi.
“Suicidio?” disse meravigliato Ben “Non le sembra presto per trarre conclusioni?”
“Noi non siamo l’autostradale Jager” disse con tono arrogante Bohm “ Niente segni sul corpo, niente segni di effrazioni …  e i coinquilini hanno tutti detto che la ragazza aveva già tentato il suicidio tempo fa … e quindi questa volta ci ha riprovato e … arrivederci colleghi …” e il commissario si accomiatò dalla coppia di ispettori.
“Non ci posso credere, Semir dimmi che non è vero. Non ha vagliato nessuna altra ipotesi è inaudito e poi archiviato così in quattro e quattr’otto” disse sconcertato Ben.

I due ispettori erano ancora vicino al cancello del palazzo, quando videro uscire il medico legale.
“Friedrich” salutò Ben “Come stai? E dai tempi del liceo che non ci si vede”
Semir guardò Ben, sapeva già che quel saluto aveva uno scopo preciso.
Infatti dopo un rapido scambio di convenevoli Ben gli chiese “Senti Friedrich hai finito di fare i rilevamenti sul corpo della ragazza?”
“Ben” disse il patologo  “Il caso non mi sembra di vostra competenza è in mano al commissario Bohm”
“Si lo so, ma vedi” lo incalzò Ben “Se sono qui davanti a te vivo … lo devo a lei, fidati … per favore”
“Ben non vedere omicidi ovunque” disse seccato il medico legale.
“Quindi per lei è un suicidio?” si intromise Semir.
“Tutto lo fa supporre” e ora se mi scusate vorrei tornare al mio lavoro. Ciao Ben … “ e il medico salì in macchina, ma Ben lo fermò.
“Aspetta Friedrich, ma una lettera, qualche riga avete perquisito l’appartamento?” insistette Ben.
“Ben” rispose irritato il patologo “Bohm farà perquisire l’appartamento, ma non credo troverà lettere o simili. Le lettere le scrive chi vuole dare la colpa a qualcuno o a qualcosa, ma chi si getta nel vuoto pensa che la colpa sia solo sua …”
“Ma che razza di teoria è questa?” Ben era perplesso.
“Le statistiche dicono così … arrivederci Ben … “ salutò il patologo e partì sgommando.
“Quello è un deficiente, ecco cos’è … stando a contatto con Bohm, sai com’è chi sta con lo zoppo impara a zoppicare! “ disse Ben infastidito.

Appena Semir e Ben furono fuori dalla vista di tutti Semir prese per un braccio Ben; ormai lo conosceva bene, erano colleghi e amici da cinque anni.
“Si però quel Friedrich ha ragione su una cosa” disse Semir pur sapendo che la cosa avrebbe un po’ alterato il suo già alterato collega.
“E sarebbe?” Ben infatti lo guardò con aria quasi di sfida.
“Non puoi vedere solo e sempre complotti o simili …” lo rimproverò il collega più anziano.
“Non frequentavo così tanto Sturmy , se è quello che pensi” Ben si stava innervosendo sempre più.
“Ben capisco il tuo stato d’animo, dai ti riaccompagno a casa di tuo padre e …” Ma fu interrotto da Ben.
“Okay socio, hai ragione tu … mi accompagni a casa mia? Stanotte resterò qui a Colonia, poi avviso Helga” disse Ben ritrovando la calma.
Semir restò di stucco, qualcosa non quadrava, il suo giovane amico non aveva battuto ciglio e aveva diligentemente obbedito e ritrovato improvvisamente la calma.
“Troppo facile” si ritrovò a pensare Semir “E senza discutere … chissà cosa hai in mente socio …”
 

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Capitolo 4
*** Tesi e supposizioni ***


Tesi e supposizioni

Era quasi mezzogiorno quando Semir accompagnò Ben a casa e per tutto il tragitto i due non avevano profferito parola.
Il collega più anziano era molto preoccupato nel vedere il suo socio in quelle condizioni. Il ragazzo aveva l’aria stanca, era pallido e profonde occhiaie scure e gli sembrava ogni giorno più magro.
Ma non era solo l’aspetto esteriore a preoccuparlo.
Mentre guidava Semir dava di tanto in tanto uno sguardo al suo amico, lo vedeva assente e pensieroso, con lo sguardo perso nel vuoto che si mordicchiava furiosamente l’unghia di un dito della mano destra e questo era un chiaro segnale che qualcosa in lui proprio non andava.
Semir ormai riconosceva in quel gesto il modo con cui Ben scaricava tensione e nervosismo, ma sicuramente c’era anche dell’altro,  di questo il piccolo ispettore era certo.

Arrivato sotto casa di Ben Semir propose:
“Sei sicuro di non voler venire a casa mia? E’ quasi ora di pranzo … Andrea e le bambine sarebbero felici e …” ma fu interrotto da Ben.
“No Semir, davvero ti ringrazio, non sono dell’umore giusto” si giustificò il ragazzo che poi aggiunse “Salutami Andrea e da’ un bacio alle bambine da parte mia. Ti chiamo domani va bene?” scendendo con cautela dall’auto e si avviò verso l’entrata del palazzo dove abitava.
A Semir non restò altro da fare che avviarsi verso casa sua, aveva il turno pomeridiano, quindi aveva il tempo necessario per vedere la moglie e le bambine e pranzare con loro.

Andrea e Semir avevano quasi finito di pranzare quando Aida chiese alla madre se lei e Lily potevano andare a giocare e la mamma acconsentì, anche perché vedeva il marito pensieroso e conoscerne la ragione.
“Tesoro sei silenzioso, ti vedo preoccupato, cosa c’è che ti preoccupa?”
Semir raccontò alla moglie che Ben aveva assistito al suicidio della ragazza che gli aveva di fatto salvato la vita e poi disse alla moglie:
“Ben mi preoccupa, in questo periodo in lui non c’è nulla del Ben che conosciamo” e vedendo la faccia perplessa e preoccupata della moglie continuò “Posso capire che sia triste, ma si comporta in maniera strana, scatta per un nonnulla, è irascibile e ho paura che faccia uno dei suoi colpi di testa”
“Vedrai gli passerà … dovremo stargli vicino … lo invitiamo a cena o … “ suggerì Andrea.
“E’ questo il punto, si ostina a voler restare solo e la cosa mi preoccupa”
Poco dopo Semir salutò le bambine, la moglie e si avviò al Comando: lo aspettava un altro turno di lavoro e purtroppo senza il suo migliore amico.
 
Erano quasi le undici di sera quando anche l’ultima luce di un elegante appartamento di un signorile palazzo si spense e poco dopo una Maserati Gran Turismo uscì dal garage sotterraneo dello stabile.
Ben mentre guidava procedeva con cautela, la ferita al fianco gli doleva ancora molto, specialmente quando la strada lo obbligava a sterzare in modo accentuato o doveva scalare le marce.
Il giovane ispettore parcheggiò poco distante al palazzo dove abitava Katrina Brandt, quindi, sempre con estrema cautela scese dall’auto e si avviò verso l’entrata.
Non fu difficile entrare nell’edificio, cancello e portone erano aperti  e Ben pensò che dopo quello che era successo la mattina un po’ più di sicurezza non sarebbe stata male, ma forse lui era l’unico a pensare che Katrina non si fosse suicidata.
Ben quindi cominciò a salire le scale; in una manciata di secondi si trovò davanti alla porta d’entrata dell’appartamento della ragazza situato al terzo piano.
Il poliziotto sorrise e tra sé pensò “Ben sei in affanno, hai male alle gambe per aver fatto quattro rampe di scale … e senti il cuore … fra un po’ ti salta fuori dal petto, batte all’impazzata“ ma forse la causa di tutto ciò non era da attribuire solo all’incidente che lo aveva parecchio debilitato, Ben era nervosissimo e tremava da quanto era agitato.
Il ragazzo si appoggiò ad uno stipite della porta e stette a guardare per qualche istante i sigilli della polizia criminale che vi erano apposti e così cercò anche di calmarsi un po’ “Ben datti una calmata, così non combini niente” disse sottovoce a se stesso.
Poi Ben forzò la porta ed entrò nell’appartamento.
Il giovane ispettore aveva con sé una piccola torcia elettrica e con quella iniziò a perlustrare l’appartamento quando tutt’ad un tratto una mano lo prese ad una spalla.
Ben cercò di essere il più veloce possibile, ma la ferita gli impedì di girarsi di scatto e infatti fu subito bloccato dall’uomo.
“Ottimi riflessi, ma sei ancora malconcio socio” lo canzonò Semir.
“Semir?? Ma che ci fai qui?” domandò Ben tenendosi il fianco, quel brusco tentativo di girarsi velocemente gli aveva dolorosamente ricordato che la ferita non era ancora rimarginata.
“Potrei chiederti la stessa cosa” ribatté decisamente incazzato l’ispettore turco che continuò “E se non fossi un poliziotto tanto scarso ti saresti accorto che ti seguo da un bel pezzo. Sempre di testa tua eh? Non si era detto niente iniziative personali ? E poi il caso non è di nostra competenza”
“Semir hai ragione, ma ascolta …” tentò di replicare Ben.
Ma Semir non gli lasciò finire la frase e quasi gli urlò contro:
 “NO ASCOLTA TU!!!” e gli puntò un dito contro.
“Se Bohm viene a sapere che ti sei intrufolato nell’appartamento sai cosa rischi? E sei pure in convalescenza dovresti startene a casa tua buono, buono, non dovresti trovarti qui e ti ricordo, ancora una volta, che il caso non è di nostra competenza. Il concetto ti è chiaro, signorino? E ora usciamo di qua e ti accompagno a casa di tuo padre! Avanti marsch!” e accompagnò la frase indicando l’uscita con il braccio, come faceva la Kruger quando furiosa e senza troppi complimenti mandava fuori dall’ufficio i suoi sottoposti.
“Lo so hai ragione Semir” disse Ben giustificandosi e assumendo l’aria da cagnolino bastonato “Ma questa faccenda non mi convince per niente. Ragiona un secondo con me e poi fai le tue valutazioni: una ragazza dona il sangue a un perfetto sconosciuto potrebbe essere un criminale, un assassino, ma a lei non interessa, accetta di donarlo e basta e dopo qualche giorno si suicida?”
“Ben scusa se ti sembro che usi poco tatto e risulti un insensibile, ma non vedo nulla di strano” obiettò seccato Semir “Visto che la ragazza si è suicidata, chissà che aveva per la testa …”
“Si lo so, ma se non si fosse suicidata? Semir chiamalo ‘istinto’, chiamala ‘sensazione’, chiamalo come vuoi, ma in questa storia io ci vedo, anzi sono quasi sicuro, che ci sia qualcosa che non va. Poi il commissario Bohm e la sua squadra di incapaci che indagano. Sappiamo tutti che Bohm è un incompetente. A lui basta archiviare il caso più velocemente possibile per aggiungere un’ altra tacca al suo fascicolo ‘Casi risolti brillantemente alla velocità della luce ’. Senti facciamo così … dammi mezz’ora e poi c’è ne andiamo ok?”
Semir sbuffò alzando gli occhi al cielo, ma ormai conosceva Ben, se si metteva in testa una cosa era più cocciuto di un mulo. E poi si rassegnò, sul volto del giovane riapparve quell’espressione triste piena di amarezza.
“E va bene” capitolò Semir “Almeno hai qualche sospetto, qualcosa da cui iniziare a cercare?” domandò Semir.
“No socio, solo una maledetta sensazione” rispose affranto Ben.

Ben e Semir si misero a perquisire l’appartamento e Ben, cercò di sedare un po’ l’animo del suo amico turco.
“Come procede il caso della rapina al Colonia Zentrum ?” chiese Ben.
“Bah, sai c’è qualcosa che non quadra in quel caso” disse perplesso Semir.
“Sarebbe?” rispose Ben aprendo un cassetto di una scrivania.
“Se decidi di fare una rapina con la tua macchina, qual’ è la prima cosa che fai?” domandò Semir.
“Tolgo le targhe” replicò Ben.
“Bravo: 10+ “ ribatté Semir.
“Ecco il rapinatore è arrivato con la sua macchina, è entrato al Colonia Zentrum, ha messo a segno la rapina e ha tolto le targhe, ma così facendo un testimone lo ha visto e ha preso il numero della targa, poi il rapinatore è salito in macchina ed è fuggito”
“Scusa, ma se aveva intenzione di fare la rapina non poteva toglierle prima? Almeno che fosse arrivato lì con l’intenzione di non compiere una rapina, ma poi ha deciso il contrario” ipotizzò Ben.
“Infatti questo è il punto. Dalle targhe siamo risaliti all’auto e quindi al proprietario, tutto troppo facile, non trovi?” controbatté Semir.
“Sì  e le ipotesi sono due: o hai a che fare con un deficiente o qualcuno lo ha incastrato” disse Ben sospettoso e continuò “Ma il testimone chi è?”
“A dire la verità sono due: il direttore del Colonia Zentrum, un certo Nitterstetter, ha visto una Opel nera allontanarsi a tutta velocità e l’altro si chiama Hengelberg che ha visto la targa mentre il rapinatore la toglieva, attraverso i vetri del suo ufficio ed è il proprietario del Colona Zentrum? ” illustrò Semir.
“E che affinità hanno col rapinatore? Ammesso ci sia un legame” incalzò Ben.
“Vedo che hai messo in movimento i neuroni” disse Semir prendendolo in giro.
“Spiritosone … dai parla … “  continuò Ben aprendo altri cassetti;  non trovando nulla di interessante si diresse verso il notebook della ragazza.
“Beh ecco attraverso  la targa siamo risaliti e quindi arrestato un certo Johannes Lahm, ha svariati precedenti: furto con scasso, rapina, ricettazione … un bel soggetto con un bel curriculum  ed è un ex dipendente del centro commerciale”
“Ex ? Perché ex?” chiese Ben perplesso mentre premeva i tasti sulla tastiera del  notebook aprendo cartelle e file che potevano risultare importanti.
“Il direttore del Colonia Zentrum lo ha trovato due settimane fa mentre rubava della merce dal magazzino e così lo ha licenziato. Comunque lo abbiamo arrestato quasi subito perché era a casa sua”
“Semir, ma scusa” domandò Ben aprendo una cartella del notebook che aveva attirato la sua attenzione “Uno fa una rapina, scappa, ma prima leva le targhe, fa un disastro in autostrada e se ne va comodamente a casa?? Sarà, ma la faccenda fa acqua da tutte le parti …”
“Vedo che non hai perso l’istinto del bravo poliziotto … hai annusato l’odore della miccia” gli sorrise Semir.
“Che??” rispose Ben guardando l’amico con fare interrogativo.
“Modo di dire di una mia amica di Napoli … comunque si, questa storia fa acqua da tutte le parti” disse Semir e continuò “Comunque per  il commissario Kruger e la procuratrice Schrankmann  il caso è chiuso e non hanno voluto sentir ragioni, soprattutto la procuratrice”
“Scommetto che questo Lahm non ha un alibi, con i precedenti che ha poi … ed essendo sua la macchina …” sentenziò Ben.
“Già” gli rispose Semir “Lahm dice che al momento della rapina era andato a fare una lunga passeggiata nel bosco che sta dietro a casa sua, poi quando è tornato a casa si è accorto che l’auto non c’era più e stava andando a fare la denuncia del furto quando lo abbiamo arrestato”
“Hey Semir!” disse improvvisamente Ben “Guarda qui” e mostrò al collega dei progetti salvati su una cartella del notebook della ragazza.
“E allora?? Che ci trovi di strano?” chiese perplesso Semir.
“Scusa sarò anche paranoico e vedo complotti dappertutto, ma secondo te una persona che si sta per suicidare fa progetti per una ludoteca, una specie di casa famiglia, ristrutturazioni varie, parco con annesso un posto per la Pet Therapy, piscina, campetto da calcio e parco giochi e poi si butta giù dal balcone di casa?”
“Ancora con questa storia?? Ben sei …” ma il collega non lo lasciò finire.
“Va bene, hai ragione!! Lasciamo perdere, portami a casa!” disse laconico Ben chiudendo con un colpo secco il notebook.
“Si come no, anche l’altra volta hai detto così” rispose seccato Semir.
“Ti ho già detto che hai ragione, non ti basta?” disse stizzito Ben.
“Ben non ti sembra di esagerare? Vedi di darti una regolata!” replicò Semir.
“Scusa, hai ragione, forse è meglio se vado a casa, farò una bella dormita e poi domani me ne torno a Düsseldorf” si scusò Ben e passando vicino a Semir uscì dall’appartamento e scese piano le scale.

Il piccolo ispettore allargò le braccia, non sapeva più come comportarsi con Ben e ogni volta che lo rimproverava o gli diceva qualcosa che non gli piaceva il suo giovane collega scattava furioso.
Fu così che Semir scortò il suo amico a casa e dopo che lo vide entrare nell’elegante palazzo dove abitava, anche lui tornò a casa; mentre guidava il suo pensiero andò al suo giovane collega: “Ben che ti sta succedendo … e non dirmi niente perché non ci credo”
 
 
Nota dell’autore:
Mi rendo conto che sto facendo Bennuccio caro sempre più sclerato (o squilibrato, se il termine vi piace di più), ma questo rientra nel mio piano “personaggi original  ChiaraBJ”, nel senso che pur forzando la mano, anzi la penna virtuale su alcune sfaccettature del personaggio, Ben rimane abbastanza fedele all’originale (comunque suggerimenti o altro sono graditi!!!). Detto questo ringrazio come sempre tutti per la lettura e in particolare i “miei” affezionati recensori: Furia, MartiAntares, Sophie & _chlo e la ‘new entry’ 144kagome_alice...
Ringraziamento speciale come sempre alla mia Beta qui in versione ‘Quark’ … tvb Maty!!!
CHIARABJ.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Il solito testone ***


IL SOLITO TESTONE

Erano passate le due di notte quando Ben entrò nel suo lussuoso appartamento.
Il giovane ispettore era così nervoso e agitato che letteralmente lanciò le chiavi sopra un tavolino e con stizza levò le scarpe buttandole in mezzo al salotto.
Giubbetto e vestiti non ebbero sorte migliore, finendo sparsi per tutto l’appartamento.
Ben poi si avviò in camera da letto e si stese sul letto, anche se era sicuro che non avrebbe dormito un granché: continuava a pensare e a ripensare a quella ragazza.
L’aveva vista nelle foto appese alle pareti dell’appartamento dove abitava: Katrina Brandt appariva solare, allegra e molto carina e niente in quelle foto lasciava presagire un futuro suicidio.
Per l’ennesima volta il giovane si chiese cosa avesse spinto la ragazza a fare lodevoli progetti per poi togliersi la vita, ammesso che si trattasse di suicidio.
Stanco e sfinito verso le quattro di mattina Ben si addormentò.

Il giorno dopo Ben, anche se aveva promesso il contrario a Semir si ritrovò di nuovo davanti al cancello del palazzo dove viveva la ragazza.
Stava per entrare nello stabile, ma questa volta il cancello era chiuso.
“Mapporca, e adesso?” sospirò Ben.
“Cerca qualcuno giovanotto?” disse una voce femminile alle sue spalle.
Ben si voltò e vide una donna sulla settantina che gli sorrise.
“Beh ecco signora ero venuto a fare qualche … “ ma lasciò cadere il discorso, non sapeva come proseguire.
La donna guardò Ben con fare interrogativo poi disse “Adesso mi ricordo, lei è il ragazzo che per primo ha soccorso la povera Katrina …” aprendo con le chiavi il cancello e invitandolo ad entrare nel cortiletto.
“Sì signora, ma purtroppo … “  rispose il ragazzo e notò  che la signora aveva un’espressione come se volesse dirgli qualcosa.
“Senta” continuò Ben “Lei conosceva Katrina Brandt? Ha mai parlato con lei?”
“So che lei è un poliziotto, e l’ho sentita parlare con quel ‘pallone gonfiato’ dell’anticrimine ... è stato bravo sa, io gli avrei dato un bel ceffone …” disse decisa l’anziana donna.
Ben si trovò a sorriderle, Bohm stava proprio antipatico a tutti e i suoi modi da cafone non lo aiutavano certo.
“Signora, lei si sarà fatta un’idea del perché la ragazza si è suicidata … o pensa che non si tratti di un suicidio?” chiese aggrottando la fronte Ben.
“Io non penso niente, signor … “ ma la signora si bloccò.
Ben vedendo che la signora, prima di sbilanciarsi, voleva sapere con chi stava parlando disse “Signora mi chiamo Ben, Ben Jager e sono un ispettore della polizia autostradale” e per togliere ogni dubbio le mostrò il tesserino di riconoscimento.
“Ecco ispettore” disse alla fine come se sapere con chi stava parlando le avesse tolto un peso “La poveretta un giorno si confidò con me,   mi disse che aveva tentato il suicidio tempo fa ingerendo una massiccia dose di farmaci, ma poi aveva trovato una ragione per cui vivere, diceva che aveva dei sogni da realizzare”
“Sa dirmi cosa?” incalzò Ben.
“No, mi spiace” rispose la donna.
“Senta se dessi un’occhiata all’appartamento … ?” propose Ben.
“Ho il passe-partout  le apro io, sono la padrona dello stabile e la gente che ci abita sono tutti affittuari miei” e poi aggiunse:
“E sa una cosa ispettore in fondo vedo che lei non è come quell’altro poliziotto, mi pare che lei sia convinto di tutt’altro, quella ragazza era solitaria, ma era dolce e … “ la signora cominciò a singhiozzare “Vado a prendere le chiavi …”
Poco dopo la donna tornò con le chiavi e salendo all’appartamento della ragazza rispose ad un’altra domanda di Ben.
“Senta sa se aveva problemi economici … “ chiese il poliziotto.
“Ecco effettivamente era in ritardo con l’affitto, ma io le dissi di non preoccuparsi, lei lavorava in un negozio di giocattoli in Ludwigstraße , l’attività era sua, gestita con  altre persone, può chiedere anche a loro” detto questo le aprì.
“La lascio ispettore, quando ha finito chiuda la porta e se qualcuno chiedesse qualcosa …” ma fu interrotta da Ben.
“Non si preoccupi signora qualcosa mi inventerò senza metterla in mezzo; è stata gentile e non voglio che lei abbia dei guai per colpa mia” disse sicuro Ben.
Poi la donna lo salutò e se ne andò.
L’intenzione di Ben era quella controllare ancora il notebook della ragazza quando la sua attenzione fu attratta da una stupenda orchidea color blu. La sera prima non ci aveva fatto caso, anche per la scarsità della luce, ora invece la notò quasi subito e vide anche che attaccato al vaso c’era un biglietto a cui mancava un pezzo.
Ben aveva l’abitudine di portare sempre con se un paio di guanti in lattice li indossò e lesse il bigliettino:

GRAZIE PER AVER ACCETTATO IL MIO INVITO CI VEDIAMO SABATO – KARL NITT
 

Ben si rigirò il pezzo di carta tra le mani “Manca un pezzo del cognome o del nome e  chi sarà questo Karl Nitt?”  si domandò poi prese un piccolo sacchettino di plastica e ce lo mise dentro dopo di che si avviò al computer.

Era quasi mezzogiorno, quando il telefono di Ben squillò e sul display apparve il nome di Semir.
“Ciao socio” disse allegro Ben.
“Ciao socio” rispose Semir “Sei ancora a Colonia o sei nella reggia di tua padre?”
“Semir, sono ancora a Colonia …” disse titubante Ben, non voleva mentirgli, ma nemmeno sorbirsi la sua ramanzina.
“Ma non a casa tua” replicò Semir “Adesso sono al Distretto, ma sono passato da casa tua e tu non c’eri, pensavo fossi passato di qua a salutare i colleghi … “ ma si bloccò, un terribile dubbio lo assalì ; con un tono sconsolato  disse “Mica sarai a casa della Brandt?”  E non sentendo risposta ebbe la conferma che Ben si trovava là.
 “Ben,  razza di testone che non sei altro” disse decisamente furioso “Che ci fai ancora li? Lo sai che il caso è stato appena archiviato come suicidio e …”
Ben trasecolò quell’idiota di Bohm aveva definitivamente chiuso il caso in quattro e quattr’otto.
“Si, ma Semir ascoltami” si giustificò il ragazzo interrompendolo.
“No bello mio ascolta tu! Adesso esci di lì  e te ne torni a Düsseldorf e … pronto? Ben?... Razza di deficiente impulsivo … mi ha buttato giù il telefono” disse rabbioso Semir.

Il piccolo ispettore prese rabbiosamente le chiavi della sua auto e uscì di corsa dal Comando e per poco non si scontrò con una donna che stava entrando.
Era una donna sulla quarantina: alta, magra e con i capelli rossi e con un viso tristissimo.
 “Salve signora” esordì Semir, ma restò sul vago perché non si ricordava il cognome, né tantomeno il nome della donna.
“Ispettore Gerkhan, sono Martje  Neumann e  sono la moglie di Johannes Lahm, la prego posso parlarle? ” le disse quasi supplicandolo.
Semir conosceva la donna solo di vista, era la madre di una compagna di classe di sua figlia Aida e sicuramente era in confidenza con sua moglie Andrea e forse era stata proprio la moglie a mandarla da lui.
Semir avrebbe voluto dirle che adesso non aveva tempo, ma quella donna aveva un’espressione triste e disperata e così disse “Venga andiamo nel mio ufficio là potremo parlare in tranquillità, sono quasi tutti in pausa pranzo”
Semir la fece accomodare alla scrivania di Ben, mentre lui si sedette alla sua scrivania.
“Desidera qualcosa un bicchiere d’acqua …” chiese premuroso l’ispettore.
“No grazie … “ rispose mesta la donna.
“Allora signora Lahm, di cosa voleva parlarmi?”
“Ecco ispettore, vede … mio marito è innocente, con quella rapina non c’entra niente, lo so che in passato ha fatto cose riprovevoli, ma dopo ci siamo conosciuti, lui mi ha raccontato tutto del suo passato, e ciononostante me ne sono innamorata e lui è cambiato. Poi è nata nostra figlia  Benedikta che è stata una vera benedizione dal cielo, abbiamo fatto tanti sacrifici. Poi un mese fa ho perso il lavoro e col suo stipendio non c’è la facevamo ad andare avanti. Io gli ho detto, anzi l’ho scongiurato di non rubare due settimane fa dal magazzino del Colonia Zentrum dove lavorava. Gli ho detto che avrei fatto di tutto per trovarmi un lavoro e proprio il giorno prima della rapina ho trovato un impiego, ero stata assunta come impiegata in una ditta di trasporti” e la donna scoppiò a piangere.
“Mi scusi signora, ma suo marito sapeva che aveva trovato un lavoro?” chiese gentilmente Semir e prima ancora di avere una risposta un sospetto cominciò a insinuarsi dentro di lui, c’era qualcosa che non quadrava, ma cosa?
“Sì ispettore lo sapeva, gran parte dei nostri problemi si sarebbero risolti. Che motivo aveva di fare quella rapina? Stravede per la figlia e noi malgrado le difficoltà economiche ci amiamo moltissimo, allora perché rischiare di perderci entrambe finendo in prigione? La prego ispettore ci aiuti … mio marito è innocente, non può essere stato lui e quando sono andata a trovarlo in carcere mi ha giurato che non è stato lui”
“Vedrò cosa posso fare al riguardo signora, ma vede i miei superiori hanno già chiuso il caso arrestando suo marito e le prove sono tutte contro di lui” disse Semir.
“Quindi lei crede che sia colpevole … “ la donna si alzò con le lacrime agli occhi.
“La ringrazio comunque ispettore … “ disse sconsolata dirigendosi verso l’uscita dell’ufficio.
La signora Lahm si stava avviando verso l’uscita del Comando seguita dallo sguardo sconfortato di Semir, quando al piccolo ispettore  parve di sentire dentro la sua testa la voce di Ben e poi se lo immaginò che, con il suo solito broncio da bambino saccente, le mani sui fianchi e lo sguardo interrogativo gli diceva:

“E bravo socio!!! Lei viene al Comando a chiederti aiuto, il tuo istinto da’ ragione alla donna e tu che fai? Dai ragione alla Schrankmann e alla Kruger, ma quando mai? Stai invecchiando socio, non ti riconosco più.”
 
“Signora aspetti” le disse Semir correndole dietro e quando se la ritrovò di fronte continuò ”Non le prometto niente, ma vedrò cosa posso fare …”
“La ringrazio ispettore “ disse e uscì dal Comando.

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Capitolo 6
*** Il sogno di Katrina Brandt ***


Il SOGNO DI KATRINA BRANDT

Mezzogiorno era passato da qualche minuto, quando Ben, decise di andare a dare un’occhiata al negozio in cui lavorava Katrina Brandt.
Dall’abitazione della ragazza al negozio di giocattoli il tragitto era breve, così Ben decise di andarci a piedi e per strada non poté fare a meno di pensare a Semir; si chiedeva come avrebbe reagito il suo esuberante collega quando si sarebbero rivisti. Stavolta era sicuro, l’aveva fatta grossa, non solo gli aveva mentito, aveva anche riattaccato il telefono senza lasciargli il tempo di finire la frase.

Una decina di minuti dopo Ben entrò nel negozio di giocattoli.
Era un luogo stupendo: tutta l’aria era impregnata del profumo tipico del legno e per un attimo a Ben vennero in mente le gite che faceva con sua madre e con sua sorella nella ‘Foresta Nera’.
Attorno a lui c’erano costruzioni, puzzle, bambole, cavalli a dondolo, giochi in scatola, tutti rigorosamente in legno.
”Buongiorno, posso esserle utile?” disse una giovane e bella commessa appena vide Ben entrare.
“Grazie, sto solo dando un’occhiata, la merce esposta in vetrina mi ha incuriosito, magari dopo …” rispose cortesemente Ben.
“Certamente, faccia pure con comodo e se ha bisogno chieda pure” rispose la ragazza.
Ben si mise a curiosare in giro per il negozio e la sua attenzione fu attratta da una foto sulla parete: tre donne ed una di esse era Katrina e sullo sfondo un casale.
Il ragazzo restò quasi imbambolato, quella ragazza aveva un sorriso bellissimo e contagioso.
“Mi dispiace Katrina, sono arrivato tardi …” sussurrò alla foto senza accorgersi che dietro di lui c’era la commessa che stava mettendo in ordine alcuni oggetti.
“Mi scusi, ma lei conosceva Katrina? Era un suo amico?” si incuriosì la commessa sentendo Ben pronunciare il nome della ragazza.
Ben trasalì, si voltò e vide la commessa di prima “Se ero suo amico? Beh diciamo di si … eravamo … legati da vincoli di sangue” e vide che la ragazza lo stava guardando un po’ perplessa e quindi si affrettò a dire “Ho notato che sopra al bancone avete messo un vaso per delle offerte … posso chiederle per cosa?”
“Stiamo facendo una colletta per realizzare il sogno di Katrina, anche se dubito che potrà essere mai realizzato” rispose la commessa.
“Sogno? Mi scusi le sembrerò un po’ impiccione, ma di quale sogno sta parlando?” chiese Ben.
“Ma non gliene ha parlato? Ultimamente non faceva che parlare d’altro, ogni occasione era buona per parlarne con qualcuno, per avere magari sovvenzioni dallo stato o da privati” rispose la ragazza.
“Non ne ero a conoscenza” disse il giovane.
“Comunque Katrina voleva convertire una vecchia tenuta di famiglia in un centro per bambini disagiati, per persone bisognose di un rifugio o di un lavoro, aveva un grandissimo e bellissimo progetto”
La ragazza ne parlava in modo entusiasta e la cosa non sfuggì a Ben.
“Aveva in mente un parco giochi, una piscina, pure un maneggio per la Pet Therapy, lei amava molto i bambini e non potendone avere a causa di una malattia avuta in passato, ha deciso di aiutare quelli degli altri e le loro madri”
 “Scusi l’indiscrezione, ma tutto ciò avrà avuto un costo non indifferente” chiese Ben.
“Certamente, ma aveva pensato anche a questo” rispose la ragazza.
“Per mantenere contenute le spese aveva creato una specie di cooperativa dove dava lavoro a chi non ne trovava. La tenuta è circondata da campi e orti dove vi  hanno trovato lavoro chi un lavoro non c’è l’aveva più, ex tossicodipendenti o persone che sono appena uscite di prigione”
“Mi scusi se insisto, ma Katrina stava ancora lavorando a questo progetto?”
“Sì e teneva anche a questo negozio ereditato dal nonno falegname, anche se dopo la morte di Katrina, non so quanto riusciremo a tenerlo ancora aperto …”
“La tenuta ora a chi andrà? Apparteneva alla famiglia di  Katrina, aveva parenti? Aveva soci?”
Ma in quel momento entrò un signore “Mi scusi, ma devo andare …” e la commessa si accomiatò da Ben.
“Certo, grazie” e anche il ragazzo uscì dal negozio non prima di aver lasciato una generosa offerta nel vaso sopra al bancone.

Erano quasi le una quando Ben uscì dal negozio, ma anche se l’ora era quella del pranzo lui stranamente non aveva fame, in quel momento troppe cose lo tormentavano e tra queste doveva anche risolvere la spinosa questione ‘Semir’.
Pensò di telefonargli, ma prima doveva informarsi dove si trovava la tenuta di famiglia di Katrina Brandt e quindi chiamò al Distretto.
“Polizia autostradale, sono Susanne Konig” disse l’efficiente segretaria.
“Ciao Susanne, sono Ben”
“Ciao, Ben come stai?”
“Bene, senti scusami se vado subito al dunque, ma ho bisogno di una informazione” disse Ben.
“Okay dimmi” rispose la ragazza.
“Devi trovarmi l’indirizzo di una proprietà, un casale, una fattoria o simile al nome di Katrina Brandt, posso aspettare in linea …”
“Scusa, ma sei in convalescenza e …” disse perplessa la segretaria.
“Ti prego Susanne, è importante” replicò il giovane ispettore.
“Solo perché sei tu”
Ben sentiva le dita della segretaria battere freneticamente i tasti del computer e dopo un paio di minuti la ragazza disse:
“Mi risulta una tenuta intestata a Katrina Brandt vicino a Düsseldorf , ti mando l’indirizzo e la mappa sul tuo cellulare”
“Sì, grazie Susanne, sei un tesoro” rispose Ben.
“E tu il solito ruffiano, ci vediamo” e la ragazza riattaccò.

Raccolte le informazioni che gli servivano Ben decise di telefonare a Semir, ma mentre stava attraversando una strada per fare ritorno alla sua auto, cercando il numero sulla rubrica, lo vide.
Semir aveva parcheggiato la sua BMW vicina all’auto di Ben e lo stava aspettando appoggiato al cofano con le braccia incrociate e scuro in volto.
Appena Semir vide Ben arrivare si drizzò subito su.
“Senti ti è andato di volta il cervello” disse andandogli incontro Semir.
“Semir hai ragione …” cercò di giustificarsi Ben.
“Me ne frego di avere ragione, tanto a che serve, fai sempre di testa tua, a volte penso di aver a che fare con un deficiente!!!” lo rimproverò Semir.
Ben si era ripromesso di stare calmo, ma a quelle parole scattò pure lui e con tono quasi furioso gli rispose:
“Senti sono maggiorenne e vaccinato e tu non sei mio padre, quindi smettila di trattarmi come se fossi un poppante okay? Non ho bisogno della baby sitter ” replicò Ben cominciando un po’ ad alterarsi.
“E invece sì! Ti rendi conto che stai infrangendo tutte le regole? E io sono stufo di continuare a correrti dietro e poi coprire i tuoi eventuali casini” ribadì Semir.
“Non mi sembra di averti mai chiesto aiuto! So cavarmela da solo … e poi scusa … tu puoi  violare le regole e va bene, se lo faccio io no ?” ribatté Ben.
“Cosa vorresti dire” chiese Semir guardandolo torvo.
 “Il fatto che tu sia da  più anni in polizia non vuol dire che sei un poliziotto migliore di me o solo perché sei cresciuto nei bassifondi della città  non vuol dire che capisci le persone meglio di me” disse Ben.
“Ehi andiamoci piano con le parole, brutto viziatello, non offendere le mie origini” e poi puntandogli un dito contro replicò quasi rabbioso:
 “Tu fai quello che ti dico io … sono un tuo superiore tra l’altro, siamo intesi?”
Ma Ben ormai era fuori di se e rincarò la dose.
 “Te lo scordi, io me ne frego di quello che pensi …”
.Ma il ceffone che gli mollò Semir lo zittì di colpo.
“Senti brutto insolente che non sei altro” gli disse furioso Semir “Bohm ha già chiuso il caso e sarebbe contento di avviare un procedimento disciplinare a tuo carico, così rischi il posto. Il caso non è nostro, lo capisci si o no ?”  
Tra i due calò il silenzio, poi Ben ritrovando la calma e  massaggiandosi la guancia disse quasi sottovoce:
“Scusami, Semir hai ragione”
Il ragazzo sapeva di averla combinata grossa, ma teneva a Semir come a nessun altro e adesso aveva anche bisogno del suo aiuto.
“Mi dispiace Semir, ho esagerato, forse … anzi senza forse, hai ragione tu … questo caso mi sta facendo sragionare e me la prendo per niente e soprattutto me la prendo con te, scusami …”
“Ben quando capirai che agisco cosi perché … insomma lo sai che ti voglio bene e il comportamento che hai in questo periodo mi preoccupa molto” disse Semir un po’ avvilito “Comunque c’è un altro problema che adesso devo risolvere” continuò il piccolo ispettore “Quindi vorrei evitare di correrti dietro in continuazione per evitare che tu ti metta nei guai capito” e guardando la guancia arrossata di Ben “Scusami non volevo …”
“Non ti preoccupare” disse con aria da cucciolo smarrito Ben “ I tuoi schiaffi sono per certi versi mortificanti, ma affettuosi e questo non è il primo che mi molli e son del parere che se tu non ci tenessi a me al posto del ceffone mi spareresti!!!” disse tagliando un po’ l’aria.
“Comunque devi aiutarmi e se posso io aiuterò te, okay socio?” e poi porgendogli  la mano per farsi dare un ‘cinque’  disse “Pace?”
“Pace” rispose Semir dandogli un ‘cinque’.
“Allora qual è il tuo problema” disse comprensibile Ben.
“Si tratta della moglie del rapinatore che ha fatto il colpo al Colonia Zentrum è un’amica di Andrea ed è venuta da me per chiedermi aiuto, effettivamente ci sono delle cose che non mi tornano” e Semir raccontò a Ben il colloquio che aveva avuto con la donna nel suo ufficio al distretto.
“Effettivamente se il marito sapeva che la donna aveva trovato lavoro, perché fare la rapina, che poi, visto che in passato ne aveva già fatte, questa è stata fatta in maniera stupida, come se qualcuno avesse voluto incastrarlo o no?” disse Ben.
“Si è la stessa conclusione a cui sono arrivato io” poi ricordandosi di quello che gli aveva detto prima Ben Semir disse “E tu di che volevi parlarmi?”
“Premetto che il ceffone me lo sono meritato però ascolta, sono stato nell’appartamento di Katrina  Brandt e guarda che ho trovato …” e diede a Semir il biglietto che aveva trovato.
“Un appuntamento? Il giorno che è morta?” disse perplesso Semir.
“Vedi a Bohm non interessa questo caso o almeno per lui il caso è  già risolto” disse Ben “Ma se la ragazza fosse stata uccisa da questo Karl Nitt?  Bohm si è informato chi era? Sempre ammesso che gli sia interessato informarsi. E poi quel biglietto è restato lì e nessuno lo ha preso in considerazione … Bohm ha dato per scontato fin da subito che la ragazza si fosse suicidata. Dobbiamo scoprire chi è, ci saranno le sue impronte impresse nella carta … potrebbe essere l’assassino …” Ma fu interrotto da Semir.
“Karl Nitterstetter è il padrone del Colonia Zentrum” disse perplesso Semir.
“Cosa?” disse uno sbigottito Ben “ E questo biglietto dice che dovevano incontrarsi il giorno in cui la ragazza è morta”
“Però la cosa è strana, abbiamo due fatti che il nostro istinto dice di indagare a fondo, apparentemente slegati tra loro e adesso … mah …” ragionò il piccolo ispettore turco.
“Semir senti che ne dici di venire con me a fare un giro in campagna?” propose Ben.
“Che? “ rispose il socio.
“Dai ti lascio guidare anche la mia auto anche perché, quando cambio le marce o sterzo, la ferita al fianco mi fa male. Dobbiamo andare a questo indirizzo” gli disse Ben mostrando a Semir l’indirizzo che gli aveva mandato Susanne sul cellulare “E per strada ti dico alcune cose che ho scoperto su Katrina Brandt, sali dai … “ e gli consegnò le chiavi della sua auto.

Per strada Ben ragguagliò il suo collega sulla conversazione che aveva avuto al negozio di giocattoli con la commessa e poi fece una considerazione guardando fisso Semir anche se questi, guidando non poteva certo guardarlo come lo stava guardando lui.
“Semir puoi dirmi che sono paranoico o altro, ma ascolta: Katrina Brandt dona il sangue, il proprio sangue per salvare una vita, la mia vita e poi pochi giorni dopo si uccide? Non ti sembra strano? E poi ho scoperto che quella ragazza voleva ristrutturare una sua proprietà, in testa aveva un progetto, un grande e bellissimo progetto, voleva aiutare i bambini in difficoltà, le madri e altre persone a cui nessuno darebbe un lavoro e secondo me chi è capace di fare progetti, di fare sogni non si suicida”
Per un attimo Semir si voltò verso Ben e non poté fare a meno di notare che gli occhi dell’amico erano lucidi, davanti a se aveva un Ben che si stava facendo in quattro per una persona che non aveva conosciuto personalmente, ma a cui lui si sentiva legato da un legame fortissimo: Ben e Katrina Brandt erano uniti da un legame di sangue e lei in qualche maniera continuava a vivere dentro di lui.

Finalmente i due ispettori arrivarono ad una tenuta in aperta campagna nelle vicinanze della città di Düsseldorf.
Il parco che circondava la struttura racchiudeva un grande e curato giardino ed una splendida piscina, poco distante un piccolo maneggio con un paio di cavalli e dietro alla tenuta si vedevano vigne e altre colture.
“Bello qui” disse scendendo dall’auto Semir.
“Già …” disse triste Ben “Guarda ci sono delle persone, chiediamo a loro”
Un uomo sulla quarantina alto, magro, dal viso simpatico gli si fece incontro.
“Salve desiderate qualcosa? Posso esservi utile?”
“Salve” rispose al saluto Ben e mostrando il tesserino si legittimò “Sono l’ispettore Ben Jager e questo è il mio collega Semir Gerkhan, senta vorremmo qualche informazione su questa tenuta e su Katrina Brandt”
“Scusi ispettore, ma non penso di capire, state indagando sul caso di Katrina?” l’uomo era basito.
“Diciamo che stiamo prendendo informazioni e ci sono alcuni punti da chiarire” disse Semir venendo in aiuto dell’amico.
“Non vedo cosa ci sia da chiarire, purtroppo Katrina si è suicidata, anche se non capisco come abbia potuto arrivare a un gesto simile, certo in passato aveva già tentato una volta di togliersi la vita, ma adesso” e l’uomo si asciugò una lacrima ”Scusate” disse “Ma non riesco a farmene una ragione”
“Chiedo scusa “ disse Ben “Ma in questa tenuta cosa fate di preciso, vedo che vi lavorano diverse persone”
“Vede ispettore la tenuta e il suo mantenimento costano parecchio e Katrina aveva anche ipotecato la proprietà, il suo sogno era quella di trasformarla in un posto dove potessero vivere persone con disagi economici, fisici, psicologici, un posto dove le persone potessero trovare un po’ di svago … aveva pure creato una sorta di cooperativa per mantenerla … vede quelle persone laggiù che lavorano nei campi o negli orti? Sono tutti ex detenuti o ex tossicodipendenti a cui nessuno offre lavoro, Katrina li ha accolti e dato loro un lavoro e un alloggio sempre qui nella tenuta. Stiamo tentando di andare avanti anche senza di lei, ma senza l’entusiasmo che lei trasmetteva sarà difficile, lei era unica. E poi se il progetto dovesse fallire tante persone non saprebbero dove andare o cosa fare, poi adesso che lei non c’ è più … sa questa terra fa gola a molta gente. E vede laggiù” e indicò un punto oltre i campi “Sorgerà la nuova tratta autostradale”
“Scusi , ma cosa centra la costruzione della nuova tratta autostradale con la tenuta? L’autostrada non passerà per di qua?” ribatté Semir.
“No, ma qualcuno aveva contattato Katrina per farsi vendere la proprietà e le aveva offerto parecchi soldi, ma lei aveva sempre rifiutato, per lei contava solo portare avanti la tenuta per assicurare un futuro a tante persone”
“Grazie delle informazioni” disse Ben e rivolgendosi al collega “Andiamo?”
“Sì certo” rispose Semir e saliti sull’auto i due ispettori fecero ritorno a Colonia.
 
 
 

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Capitolo 7
*** Grazie Hartmut ***


 
Grazie Hartmut
 
I due ispettori stavano percorrendo la strada verso Colonia e per l’ennesima volta Semir notò il nervosismo e la tensione che attanagliava il suo giovane collega.
L’ispettore più anziano stava per farglielo notare quando fu invece Ben a parlare per primo.
“Semir” disse Il giovane “Che dici se chiediamo ad Hartmut di verificare se la morte di Katrina è davvero un suicidio? Lui può avere accesso al computer centrale della polizia criminale e ai  loro files e…”
“Ben, per favore …” disse ancora una volta Semir, ma poi vedendo la faccia seria e triste del suo amico “Uffa … come faccio a dirti di no  … mapporca … però ad una condizione: se anche Hartmut arriva alla stessa conclusione …”  
Ma Ben non lo lasciò finire “Si ho capito, me ne farò una ragione “ concluse il giovane.

Arrivati a Colonia i due ispettori si diressero verso lo stabile della scientifica e appena entrati videro il loro giovane collega dai capelli rossi che armeggiava con degli strani strumenti.
“Ciao Einstein” esordì salutando il tecnico Ben “Che stai facendo?”
“Niente che vi possa interessare … tanto anche se ve lo spiego” disse il tecnico e poi con sguardo torvo continuò “Che volete? Le vostre non sono mai visite di cortesia…”
“Siamo nervosetti Einstein …” disse Semir.
“Che volete?” ribadì seccato Hartmut.
“Beh effettivamente la nostra non è una visita di cortesia” intervenne Ben.
“Ecco lo sapevo” ribatté il tecnico.
 “Hartmut devi farmi un favore” cominciò  Ben “Bohm …”
“Il commissario Bohm, quello della polizia criminale?” lo interruppe con uno sguardo interrogativo e allarmato Hartmut.
“Maledizione … mi lasci finire?” Ben si stava alterando.
“Ben vedi di calmarti …” disse Semir mettendo una mano sulla spalla a Ben.
“Sì scusate avete ragione, ma questa faccenda … forse hai ragione tu socio, mi sta facendo impazzire” disse sconsolato Ben.
“Scuse accettate, ma cosa ha a che fare Bohm con il ‘favore’ che vi devo fare? Scommetto che anche la Kruger non ne sa niente … anzi non ditemelo è meglio …” replicò Hartmut.
“Allora Bohm ha archiviato un caso come suicidio, la ragazza morta si chiamava Katrina Brandt “ disse Ben “E tu dovresti verificare se la posizione del corpo della ragazza è compatibile esclusivamente con la dinamica di un suicidio. Secondo me quella ragazza potrebbe essere stata uccisa”
“E va bene, datemi la foto o il rapporto …” disse il tecnico allungando la mano come per farsi dare qualcosa.
“Non abbiamo né l’una, né l’altro” rispose un po’ imbarazzato Ben.
“Quindi mi state chiedendo che dovrei pure entrare negli archivi della omicidi?” balbettò Hartmut sgranando gli occhi.
“Si Hartmut!!” disse serio Ben.
“Ma Ben ti rendi conto?” il tecnico era sconcertato e poi rivolto ad entrambi “Ragazzi lo sapete che odio infrangere le regole e poi …” ma Ben lo interruppe.
“Hartmut, la ragazza morta … sono vivo per merito suo … è stata la donatrice … “ ma non riuscì a finire la frase, la voce di Ben si stava incrinando.
“Ben così non vale” piagnucolò il giovane scienziato.
“Hartmut, ti prego aiutami, per favore … “ disse quasi implorante Ben.
“Uffa … e va bene, ma se lo viene a sapere Bohm o la Schrankmann o peggio ancora la Kruger …” replicò Hartmut.
“Nessuno verrà a sapere niente, e in caso contrario dirai che ti ho costretto o ti sei fidato di me, insomma qualcosa inventerò…” sentenziò Ben.
“Si come no …”  replicò mesto il tecnico.
“O forse stai dicendo che non c’è la fai ad entrare negli archivi della criminale??? Ti credevamo il miglior tecnico della scientifica di tutta la Germania invece …” venne in aiuto Semir che fino a quel momento era stato in silenzio.
“Semir per favore stai zitto almeno tu, tanto ormai …”  
Il giovane tecnico della scientifica cominciò a schiacciare freneticamente i tasti del suo computer.

Poco dopo il telefono di Semir squillò: il numero era quello della segretaria del Distretto.
 “Dimmi Susanne” esclamò Semir.
“Il commissario Kruger ha detto di informarti subito: ha avuto un’emergenza familiare ed ha dovuto lasciare di corsa il comando” disse Susanne.
“E’ successo qualcosa di grave?” si preoccupò Semir e parlando così attirò l’attenzione di Ben e Hartmut.
“Suo padre era in vacanza a Venezia, ha avuto un leggero malore e quindi è partita alla volta dell’Italia” rispose la segretaria.
“Comunque sta bene il padre?” chiese serio Semir.
“Si, ma ha preferito raggiungerlo, sarà assente qualche giorno e quindi adesso devi farne tu le veci”
“Certo” mentre rispondeva fece cenno a Ben che non c’era niente di cui preoccuparsi.
“Senti, dovresti appena puoi, tornare in centrale ci sono alcune pratiche che richiedono la tua presenza, in quanto sostituto della Kruger“ disse l’efficiente segretaria.
“Okay” rispose Semir e riattaccò.

Appena conclusa la telefonata Semir si avvicinò a Ben che stava osservando con attenzione Hartmut.
Il tecnico era riuscito ad aprire le cartelle  relative al caso di Katarina Brandt ed ora le stava scaricando.
Hartmut aveva messo a punto un software che attraverso grafici e simulazioni sulla posizione del corpo, poteva accertare quasi con assoluta certezza se il caso a cui stava lavorando Bohm, e di conseguenza Ben, era da classificare come suicidio o no.
“Ben” disse Semir richiamando l’attenzione del ragazzo “Ha chiamato Susanne, la Kruger starà fuori città per un po’ e …”
“Si ho capito, vai pure sto qui io con Hartmut, poi appena so qualcosa ti chiamo o meglio torno in centrale” Ben era troppo preso dal lavoro di Hartmut per dare la dovuta attenzione a Semir.

Un paio d’ore dopo Hartmut attirò l’attenzione di Ben.
“Avevi ragione Ben, siamo di fronte ad un omicidio “ e il tecnico cominciò a delucidarlo su tutte le procedure e calcoli che aveva fatto, ma Ben non lo stava ascoltando, la sua mente era altrove.
Il giovane poliziotto si ritrovò a pensare che se quella mattina fosse arrivato all’appartamento di Katrina magari anche solo dieci minuti prima, forse la ragazza non sarebbe morta.
“Capito?” disse soddisfatto Hartmut “Ben?”
“Sì, sì“ mentì il giovane “Grazie Hartmut, senti mi stampi il referto?”

Poco dopo Ben arrivò in centrale, ad accoglierlo tutti i colleghi, ma lui gentilmente li evitò e andò diretto nell’ufficio della Kruger.
“Capo ci sono novità” disse Ben a Semir che in quel momento occupava il ruolo e la poltrona del commissario.
“Scommetto lo stipendio che non è un suicidio. Lo vedo dalla tua espressione, socio” ribatté Semir e Ben si accomodò sulla poltrona di fronte a Semir.
“Socio dobbiamo riaprire il caso e indagare, Hartmut …” cominciò a parlare Ben, ma Semir lo bloccò.
“Ben se anche il caso fosse riaperto … la competenza non è nostra” disse sicuro Semir.
“Lo so, ma Bohm non accetterà mai di riaprirlo, sarebbe come ammettere di aver preso un colossale granchio”
“Ben” disse con un tono quasi esasperato Semir “E poi pensa quando Bohm saprà che siamo entrati nei loro database, sii ragionevole, la Kruger prima e la Schrankmann poi,  deve essere lui a far marcia indietro, pensaci Ben rischiamo una sospensione come minimo… “
“Io la rischio” disse sicuro il giovane.
“Ben …” disse avvilito Semir.
“Ben un corno! Maledizione Semir quella ragazza è stata uccisa!”

Ben si alzò di scatto dalla sedia, ma quel movimento improvviso gli provocò un forte dolore al fianco, ogni tanto se ne dimenticava specie quando era troppo concentrato dal caso di Katrina Brandt ora non più suicida, ma assassinata.
Semir notò la smorfia di dolore del giovane, e gli si strinse il cuore nel vedere il suo amico in quelle condizioni.
 “Vado dalla procuratrice, non mi importa se verrà fuori che abbiamo violato  … tutto il codice … ma non lascerò che la morte di Katrina sia catalogata come suicidio quando non lo è! “ disse risoluto Ben.
“Ben aspetta vengo con te” replicò Semir alzandosi dalla poltrona.
“No Semir questa volta no, se rischiamo la radiazione … tu devi restarne fuori …” disse tranquillo Ben.
“Non se ne parla, siamo soci” controbatté il collega più anziano.
“Questa volta no, tu hai famiglia, io se proprio dovesse andare male … mio padre avrà una scrivania per me”

Detto questo il giovane poliziotto si avviò verso l’uscita dell’ufficio e Semir non ebbe il coraggio di dirgli niente, ma quando attraverso i vetri dell’ufficio lo vide salire in macchina e avviarsi verso il Palazzo di Giustizia disse tra se “Buona fortuna ragazzo mio”
 
 
 

 
 
 

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Capitolo 8
*** Mathilde Merkel ***


MATHILDE MERKEL

Ben a bordo della sua auto, si stava dirigendo verso il Palazzo di Giustizia e per tutto il tragitto pensò a cosa avrebbe potuto dire alla procuratrice Schrankmann.
La donna era  da sempre prevenuta nei confronti dei due ispettori dell’ autostradale e in più di un’occasione i due poliziotti avevano dovuto in qualche modo subire le angherie della dottoressa.
Arrivato al  Palazzo di Giustizia e dopo essersi qualificato, il giovane si diresse verso il banco ‘informazioni’.
“Mi scusi” fece Ben all’avvenente ragazza che era presente “Sono l’ispettore Ben Jager, polizia autostradale” e mostrando sempre il tesserino continuò ”Sa dirmi dove posso trovare la procuratrice Schrankmann?”
“La dottoressa Schrankmann è in congedo per malattia e non verrà in ufficio per molto tempo, ha avuto un incidente, si è fratturata una gamba”  rispose la ragazza guardando il tesserino.
“Maledizione … “ imprecò piano Ben.
La ragazza notò il disappunto di Ben “Comunque ispettore … Bayer?“
“Jager!” precisò Ben interrompendo la ragazza.
“Si, comunque” ribatté seccata “Può rivolgersi ad un’altra procuratrice, la sua sostituta è la dottoressa Mathilde Merkel e l’ufficio dove si trova è lo stesso: sesto piano, corridoio C, stanza 6”
“Grazie mille” ringraziò Ben sfoderando uno dei suoi smaglianti sorrisi.

Ben prese l’ascensore e salì al piano indicato dalla ragazza, poi trovò il corridoio C e arrivò davanti alla porta dell’ufficio numero sei.
La targa affissa alla porta riportava il nome della Schrankmann, ma sotto un foglio riportava un altro nome.
“Mathilde Merkel“ lesse Ben “Già il nome è tutto un programma” e poi traendo un profondo respiro e sistemandosi i capelli e la giacca bussò e restò in attesa di risposta.
Pochi secondi dopo dall’interno si sentì un “Un attimo”
Ben aspettò che gli venisse detto “avanti” e poi entrò nell’ufficio in modo quasi reverenziale.
“Permesso” disse il poliziotto.
“Prego si accomodi” disse la donna senza nemmeno alzare lo sguardo dagli enormi faldoni che aveva dinnanzi “Un attimo e sono da lei…”
Ben restò in piedi davanti all’enorme scrivania e si mise ad osservare la donna.
Era una bella signora bionda, sui quarantacinque anni, doveva essere anche molto alta perché stava un po’ curva sulla poltrona della Schrankmann, che alta non lo era proprio.
“Dunque” disse dopo un po’ la donna chiudendo un fascicolo “Lei è?” e si tolse gli occhiali dando l’impressione a Ben che la donna lo guardasse come un insetto, alzando leggermente una delle due sopracciglia.
Per un attimo Ben restò come ammutolito: davanti a se due occhi nocciola penetranti che lo squadrarono da cima a fondo.
“Procuratrice Merkel, sono l’ispettore capo Ben Jager della CID…” disse riprendendosi.
“Ha un appuntamento ispettore Jager?” 
Ben fu subito interrotto dalla donna e pensò “Cominciamo bene …”
“No, ma vede …” si giustificò il poliziotto.
“Mi scusi ispettore, ma senza appuntamento non posso ricevere nessuno, è la prassi e una regola di buona educazione e quindi mi spiace, ma devo chiederle di andarsene”
 Alzandosi con un discreto numero di fascicoli in mano si diresse verso uno schedario, ma durante il tragitto alcuni caddero per terra.
Prontamente Ben si accucciò a raccoglierli dimenticandosi che la ferita al fianco gli faceva ancora male se faceva bruschi movimenti, ma soffocò ogni lamento, perché anche la donna si era piegata a raccoglierli e lui non voleva dare una cattiva impressione.
“Grazie” disse la donna alzandosi in contemporanea con Ben e prendendo i fascicoli dalle sue mani.
Ben così ebbe modo di vederla da vicino.
Il giovane ispettore aveva supposto che la procuratrice fosse alta, ma la donna era decisamente alta, quasi quanto lui e non portava tacchi, indossava un tailleur pantalone scuro che metteva in risalto il suo bel fisico, ma in tutta quella “austerità” che richiedeva il ruolo che ricopriva, una nota di colore era data dalla camicetta fucsia e portava al collo una collana di perle grigie.
 
“Dottoressa, mi scusi l’insistenza, ma se mi concede due minuti … si tratta di un omicidio che invece è stato archiviato come suicidio“ disse deciso e sicuro Ben, voleva arrivare subito al nocciolo della questione senza essere di nuovo interrotto dalla donna.
“Mi sta dicendo che qualche suo collega ha archiviato una indagine come suicidio senza fare i necessari riscontri? E poi da chi sarebbe stata condotta questa indagine?” obiettò la procuratrice mentre riponeva i fascicoli nel cassetto più in basso dello schedario e lo richiudeva con un piede.
“Dalla squadra omicidi … ovviamente …” rispose prontamente Ben rendendosi subito conto che con quella risposta avrebbe potuto mettere immediatamente la parola fine a quel colloquio.
"Ovviamente... facciamo gli spiritosi ispettore Jager?” replicò dura la donna togliendosi la matita che portava dietro l’orecchio.
“Dottoressa Merkel non era mia intenzione mancarle di rispetto è che …” si scusò il giovane.
“Ebbene?” incalzò la procuratrice con la matita in mano quasi a puntargliela contro con un gesto che a Ben rammentò una sua professoressa di liceo.
“L’indagine è stata condotta  e archiviata dal commissario Bohm”
“Aspetti un attimo” disse corrugando la fronte la donna e portandosi le mani ai fianchi:
“Ben Jager e Semir Gerkhan … adesso rammento, siete quasi famosi voi due, la dottoressa Schrankmann mi ha parlato spesso di voi e da come mi risulta con la squadra del commissario Bohm avete una sorta di conto in sospeso o sbaglio? Spesso vi pestate i piedi”

Ben cercò di sembrare tranquillo, ma la situazione gli sembrava gli stesse sfuggendo dalle mani, la donna si stava dimostrando tosta quanto la Schrankmann, ma almeno per il momento non lo aveva ancora messo alla porta.
“Procuratrice, ho chiesto ai tecnici della scientifica di effettuare alcuni rilievi, volevo sapere se la posizione del corpo era compatibile con una caduta o una spinta…” disse quasi in apnea Ben, voleva subito arrivare al dunque.
“Con che diritto? Lo sa che tra l’altro prove raccolte così non possono essere utilizzate?” ribadì scocciata la donna e tornò a sedersi sulla poltrona lasciando sempre Ben in piedi al centro della stanza.
“E’ stata una mia iniziativa, secondo me la ragazza non può essersi suicidata …” disse esibendo sicurezza Ben.
“Ispettore Jager come ha fatto ad effettuare questi rilievi? E' forse entrato nel data base della omicidi? E con quale diritto? Il caso non risulta di vostra competenza e poi in base  a cosa afferma che il commissario Bohm non abbia fatto tutto ciò che un buon poliziotto deve fare?”
 La donna sapeva il fatto suo e a Ben sembrò di essere un imputato in un processo.
Ben avrebbe voluto risponderà che conosceva molto bene Bohm e sapeva che quell’uomo era un incompetente, ma si limitò a tacere.
Quel silenzio insospettì la procuratrice.

“Ispettore Jager, mi dica la verità? Il suo è un caso … personale? Sia sincero”
Ben la guardò, avrebbe voluto mentirle, ma quegl’occhi così profondi e penetranti avrebbero subito capito che non era la verità.
“La ragazza in passato mi ha salvato la vita, e sono del parere che il suo non sia suicidio, ed è vero ho convinto il tecnico della scientifica a fare delle prove entrando nei data base della polizia criminale e così ho scoperto che la posizione del corpo non è compatibile con un suicidio”
“Lo sa che per questo lei rischia la radiazione?” disse severa puntandogli sempre la matita contro, ma poi quasi addolcendo il tono continuò “Per lei quella ragazza contava molto …”
“Le ripeto, sono davanti a lei solo grazie a quella ragazza” disse deciso Ben.
La procuratrice fece cenno a Ben di sedersi e poi affermò sicura:
“Lei si rende conto che è possibile riaprire un’archiviazione solo in presenza di prove altrimenti il caso è chiuso?”
“Le prove ci sono” disse ostentando sicurezza Ben.
“Ma non legittime?” contestò la procuratrice.
“Esatto dottoressa”
“Senta ispettore Jager” replicò la donna con tono deciso “ Io capisco la sua situazione” ma fu interrotta da colpi decisi alla porta.
“Chi è” fece un po’ seccata, ma prima che dicesse “avanti” dalla porta entrò il commissario Bohm.
Alla vista di Bohm un senso di panico invase il corpo di Ben.
Senza neppure salutare la procuratrice, Bohm appena lo vide guardò in malo modo Ben e disse:
“Ispettore Jager, che piacere vederla di nuovo …” e poi rivolgendosi alla procuratrice “Dottoressa vorrei portare a sua conoscenza che sono stati violati alcuni files attinenti ad un caso di mia competenza e sicuramente, anzi, ho quasi la certezza che l’ispettore Jager sappia qualcosa “

Ma la procuratrice spiazzò tutti, facendo sobbalzare Ben sulla sedia.
Alzandosi piano e rivolgendosi a Bohm con un tono che non ammetteva repliche di nessun genere disse:
 “Se lei ha qualcosa da dire sull'ispettore Jager la formalizzi ed io la valuterò, altrimenti taccia ed esca; all’Accademia non le hanno insegnato le buone maniere? Come minimo avrebbe dovuto aspettare che le dicessi si entrare e soprattutto salutare un suo superiore commissario BROM …”
Ben si portò una mano davanti alla bocca, non voleva far vedere che quell’acceso scambio di battute lo stava divertendo.
Bohm restò impietrito in mezzo alla stanza.
“Allora? Si accomoda fuori o devo chiamare un usciere?” disse decisa la donna guardandolo con aria a dir poco disgustata.
Bohm non ebbe neppure il coraggio di dire una sola  parola e non gli restò altro da fare che uscire dalla stanza.
Ben notò che un impercettibile sogghigno era apparso sul volto della procuratrice, forse questo poteva essere un punto a suo favore, lui almeno si era dimostrato molto più educato.
 
“Che maleducato! Le teste di alcune persone più sono vuote e più la loro lingua è lunga!!! Allora ispettore dicevamo” disse la donna sedendosi di nuovo “Ho appena deciso di darle fiducia, ma rischio molto riaprendo il caso in queste condizioni. Quindi veda di portarmi prove legittime, delegherò lei a seguire le indagini, lei ufficialmente sarà la mia polizia giudiziaria, le affiderò il caso in via diretta e risponderà a me e non più al suo superiore … che è il commissario? “ domandò la donna.
“Il commissario Kim Kruger, dottoressa …che non è in servizio attualmente. E poi c'è... un però” disse quasi costernato Ben “Io tecnicamente sarei, anzi sono in convalescenza”
Ben aveva deciso che con quella donna la sincerità era indispensabile, lei si fidava di lui, perché sin dal principio lui era stato sincero, anche a rischio del buon esito di quel colloquio.
“Potrei fare una delega ufficiale all’ispettore capo Gerkhan”
Ben titubò un attimo , Semir si sarebbe arrabbiato e non poco, ma dopo pochi istanti disse:
“Se per lei può andare, per me e il mio socio, cioè l’ispettore capo Gerkhan, andrà senz’altro bene”
 “Un’altra cosa non vorrei essere ripetitiva” disse con tono molto serio, quasi teatrale la Merkel “Ma qui io rischio la mia carriera, forse anche la destituzione, ma anche lei e il suo collega. Se la sente in coscienza di procedere?”
A Ben si accapponò la pelle, con la sua testardaggine rischiava di compromettere seriamente la carriera della procuratrice e soprattutto rischiava un procedimento disciplinare lui, ma soprattutto metteva a rischio il lavoro di una vita di Semir.
“Dottoressa se non fossi assolutamente certo di quello che penso, non sarei venuto da lei” disse sicuro Ben.
 “Molto bene ispettore, per adesso è tutto, direi di aggiornarci domani e deve naturalmente esserci anche l’ispettore capo Gerkhan” disse decisa.
“Certo dottoressa” ribatté Ben.
“Ah ispettore, stavolta prenda appuntamento dal cancelliere il dottor Mario Herbert ” disse.
“La ringrazio dottoressa, provvedo subito” poi salutò e uscì dall’ ufficio.
Appena uscito dalla stanza Ben si appoggiò con la schiena al muro e lentamente scivolò giù fino a sedersi sul pavimento; si sentiva spossato, quel colloquio lo aveva in un certo senso demolito.
E rimase lì  alcuni minuti, poi lentamente si alzò prese appuntamento per l’indomani dal cancelliere e uscì dal Palazzo di Giustizia.
Ora doveva affrontare un altro problema.
Doveva dirlo a Semir.
 
NOTA DELL’AUTRICE:
Mi sento quasi di “ringraziare” Bohm, se non avesse fatto …il solito Bohm, probabilmente la Merkel non avrebbe riaperto il caso …Grazie ancora a tutti voi recensori e non.
E come sempre … Maty se non ci fossi tu …
CHIARABJ.
 

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Capitolo 9
*** Pugno di mosche ***


 
 

PUGNO DI MOSCHE
 
Erano quasi le sette di sera quando Ben rientrò al Distretto e subito si diresse verso l’ufficio del commissario Kruger ora occupato da Semir.
Ben bussò e restò in attesa.
“Ben, non fare lo scemo ed entra” disse Semir vedendolo attraverso la porta a vetri.
“Salve capo” esordì il ragazzo.
“Si accomodi ispettore Jager” rispose di rimando il collega più anziano, poi continuò “Devo cercarmi un altro partner? Come ha reagito la Schrankmann quando le hai detto di rivedere il caso?”
“La ‘vecchia acida zitella’ è in congedo per malattia, quindi ho dovuto rivolgermi ad un altro procuratore … donna pure questa” disse di rimando Ben abbozzando un leggero sorriso.
“Oh, oh sento che il mio giovane ‘latin lover’ avrà sfoderato tutte le sue armi…” sogghignò Semir.
“Insomma, era …” tergiversò Ben.
“Era?” si incuriosì Semir.
“Si chiama Merkel, Mathilde Merkel, magari tu la conosci già …” replicò il giovane.
“Oddio solo il nome mette paura, ti ha fatto a pezzi?” chiese Semir “Anzi immagino la scena …  ti avrà strappato dal petto il tuo giovane cuoricino e se lo sarà mangiato in un sol boccone” e accompagnò con i gesti teatralmente la frase.
“No, anzi mi ha dato la delega per poter indagare” disse tutto d’un fiato Ben guardando Semir dritto negl’occhi.
“Ma sei  impazzito? Le hai detto che sei in convalescenza?” ribadì il piccolo ispettore.
“Si” rispose Ben.
“E lei ti ha lasciato … a indagare sul caso?” Semir era incredulo.
“Veramente … ha delegato te!” disse in apnea Ben.
Semir non sapeva se arrabbiarsi o no.
Ancora una volta Ben aveva agito in maniera sconsiderata e avventata.
“Scusa, ma non potevi chiedermelo almeno prima?” disse con un tono che lasciava presagire un altro diverbio tra i due.
“Semir lo so e mi dispiace, ma al mio posto tu …” tentò di giustificarsi Ben.
“Ben io al posto tuo penso prima di agire!!!” Semir si stava arrabbiando.
 “E poi lo sai che sto seguendo un altro caso”
“Semir tu potrai seguire il tuo caso, io seguirò quello di Katrina, mi serve solo la tua … come dire firma, al resto penserò io” disse ostentando sicurezza il giovane ispettore.
“Sai una cosa Ben? “ disse cercando di mantenere la calma Semir “Non so se strozzarti o spararti! A volte non so davvero come devo comportarmi con te”
“Semir, hai tutte le ragioni del mondo per essere incazzato con me. Ma rifletti: la ragazza è stata uccisa, adesso ne abbiamo anche la conferma e poi io ho avuto un’intuizione. Ti ricordi della telefonata che ha ricevuto Katrina Brandt prima di morire alla tenuta? Magari scopriamo qualcosa. Chiedi a Susanne di far controllare i tabulati telefonici” Ben aveva già cominciato a fare ipotesi e congetture, di fatto aveva appena riaperto il caso ed ora stava già indagando.

Semir sbuffando sollevò il telefono:
“Si, Semir dimmi …” rispose dall’altro capo del telefono la segretaria.
“Susanne” disse compito Semir “Dovresti farmi avere l’elenco di tutte le telefonate in entrata e in uscita sul numero di Katrina Brandt …diciamo due settimane antecedenti alla sua morte, grazie e appena hai la stampa mi porti i tabulati?” poi chiuse la comunicazione.
“Perfetto, capo” disse sfoderando un magnifico sorriso Ben.
“Sì come no …” rispose mesto il socio.
“Ah un’altra cosa, la Merkel domani ci vuole in ufficio da lei, vuole prove concrete …”
“Già, dimenticavo pure la polizia giudiziaria mi tocca fare … è la volta buona che la Kruger ci uccide, garantito …” disse seccato Semir chiudendo un fascicolo dopo averlo firmato.
“Dai socio, magari la Merkel ti fa avere la promozione… ‘commissario’ Gerkhan suona bene …”
“Certo se non mi radiano prima …” disse sarcastico Semir.
Ben a quella battuta ci rimase male; effettivamente il suo socio aveva ragione come sempre, era stato avventato e impulsivo anche stavolta.
Semir notò subito il viso rabbuiato del socio.
“Scusa Ben, non volevo” si scusò Semir.
“No Semir, hai ragione, sto giocando con la carriera degli altri … la tua e quella della Merkel che mi ha dato fiducia …” disse demoralizzato Ben.
“Sai una volta lessi un libro e mi colpì questa frase: ‘La vera scelta non è mai tra il fare una cosa e il non farla. Ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura’. Son del parere che tu di coraggio ne abbia da vendere, a volte lo mascheri con il tuo fare spavaldo, ma in fondo ce n'è voluto molto di coraggio in questa storia. Hai seguito il tuo istinto, anche se all’inizio sembravi Don Chisciotte che lotta coi mulini a vento, ma alla fine hai avuto ragione quindi …”
Ma il discorso tra i due fu interrotto da Susanne che bussò ed entrò nell’ufficio con i tabulati delle telefonate della ragazza . Poi dopo averli consegnati a Semir salutò e uscì dall’ufficio.

Semir cominciò a controllare la lista sotto gli occhi attenti di Ben. “Mapporca miseria , Ben guarda qua, la Brandt ha fatto e ricevuto telefonate da Nitterstetter il proprietario del Colonia Zentrum” esclamò esterrefatto.
“Come?!” Ben era scioccato “Ma che rapporti avrà mai avuto con Katrina Brandt”
“Non lo so, ma son curioso perché non lo convochiamo?” domandò Semir.
“A quest’ora? Sono le sette e mezza passate” replicò perplesso Ben.
“Si, ma domani abbiamo bisogno di prove concrete e legittime … se non vuoi che la Merkel … insomma ci siamo capiti no?” disse con tono faceto Semir.
Solo allora Ben si ricordò del biglietto che aveva trovato a casa della ragazza.
“Semir ti ricordi il biglietto che ho trovato a casa di Katrina?” gli rammentò Ben.
“Certo “ poi prendendo la cornetta del telefono in mano “Facciamo così, chiamo l’ufficio della procuratrice Merkel e chiedo se mi fanno avere immediatamente un mandato di comparizione per Nitterstetter, lo convochiamo subito”
 “Io intanto mando Hartmut e la sua squadra a casa di Katrina Brandt” disse deciso Ben “Facciamo rilevare tutte le impronte presenti nell’appartamento e soprattutto quelle vicino al balcone da cui è caduta, chissà magari troviamo qualcosa che ci possa essere utile nelle indagini”

Un’ ora dopo Semir e Ben erano nella stanza degli interrogatori per interrogare Nitterstetter.
“Allora signor Nitterstetter, ci spiega come mai abbiamo trovato questo biglietto a casa della signorina Brandt?” cominciò Ben mostrando il pezzo di carta che aveva rinvenuto a casa della ragazza.
L’uomo che era seduto sulla sedia , si allentò un po’ la cravatta, stava visibilmente cominciando a sudare.
La cosa non sfuggì ai due ispettori e Semir incalzò “Signor Nitterstetter, lei ci risulta sposato, e uno sposato solitamente non manda una pianta di orchidee blu con un biglietto per un appuntamento …”
Vistosi alle strette il direttore del Colonia Zentrum cominciò a parlare.
“Vede ispettore tra me e mia moglie le cose non stanno andando molto bene e io sono sempre stato innamorato di Katrina fin dai tempi della scuola, ma lei non ne ha mai voluto sapere niente di me. Eravamo amici e basta. In seguito dopo anni mi sono sposato, ma il mio è stato quasi un ripiego, un matrimonio d’interesse. Poi un giorno Katrina è venuta al Colonia Zentrum e mi ha chiesto se potevo finanziare un suo progetto, aveva ereditato una tenuta e voleva convertirla … ma non so in cosa volesse trasformarla. All’inizio non ne volli sapere perché appena mi informai dove era situata quella tenuta e il terreno circostante mi prodigai per rilevarlo. Quella proprietà è ubicata vicino alla nuova tratta autostradale che sarà costruita e potete immaginare. Avevo in progetto la costruzione di un altro centro commerciale e quel posto era perfetto. Poi però, come le ripeto, il matrimonio tra me e mia moglie  ormai è al capolinea , così decisi di finanziare il progetto di Katrina per poi potermi avvicinare a lei e così le mandai quel biglietto e fissai l’appuntamento, ma poi lei è morta e così …”
“Secondo me invece” disse Ben vedendo che Nitterstetter aveva finito il suo racconto “Le cose sono andate così. Katrina Brandt  le ha detto che avrebbe accettato l’offerta, ma non era innamorata di lei, così l’ha uccisa buttandola giù dal balcone …”
“No ispettore, mi creda non è così, io amavo Katrina e non l’avrei mai uccisa …”disse disperato Nitterstetter.
“Dov’era quando Katrina Brandt è morta?” incalzò Ben.
“Stavo andando al lavoro, al Colonia Zentrum, in macchina, da solo” disse affranto Nitterstetter.
“Per ora è tutto” intervenne Semir “Si tenga a disposizione, ma prima attenda un attimo che le facciamo firmare il verbale intesi?”
Poco dopo Ben portò a Nitterstetter il verbale che fu firmato e quindi il direttore fu accompagnato all’uscita.
Ben estrasse dalla tasca una busta di plastica e vi mise all’interno la penna con cui aveva firmato Nitterstetter, poi salutò Semir e si diresse alla scientifica.

“Ciao Einstein” disse Ben “Hai trovato qualche impronta in casa della ragazza?”
“Si certo e alcune molto nitide proprio sopra alla balaustra del balcone da dove è caduta la ragazza, non appartenenti alla ragazza ovvio”
“Ovvio!” rispose Ben.
“Purtroppo il soggetto non risulta schedato”
“Ovvio” ribadì Ben “Bene ora confrontale con quelle che sono presenti su questa penna e su questo biglietto che ho prelevato stamattina dalla casa della Brandt”
Hartmut con fare professionale cominciò i suoi rilievi e poi dopo un po’ disse “Ben le impronte presenti sulla penna e sul biglietto sono le stesse, ma non coincidono con quelle presenti sulla balaustra della terrazza e in casa di queste impronte nemmeno una piccola traccia”
Hartmut vide Ben sbiancare “Mi dispiace Ben” disse sottovoce.
Ben si sentì crollare il mondo addosso: era già pronto per andare ad arrestare Nitterstetter, ma non aveva prove anzi, le prove che aveva lo scagionavano.
Senza nemmeno salutare Hartmut Ben uscì dalla scientifica e si avviò verso casa senza nemmeno avvisare Semir.
Non se la sentiva di parlargli, e soprattutto non aveva voglia di assistere all’ennesima sfuriata del collega.
Si sentiva malissimo, sconfitto, e soprattutto questa era la prova che con la sua irruenza e testardaggine aveva distrutto la sua carriera, quella della procuratrice e soprattutto quella del suo migliore amico e socio Semir.
Ebbe solo la forza di telefonare al Distretto e un collega lo informò che Semir era andato a casa.
La sfuriata era solo rimandata.
 
Nota dell’autore: ’La vera scelta non è mai tra il fare una cosa e il non farla. Ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura’ (tratta da “l’ultima riga delle favole” di Massimo Gramellini)

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Capitolo 10
*** Occhiali e sospetti ***


OCCHIALI E SOSPETTI

Sconfortato dopo la sua visita alla scientifica Ben si avviò verso casa.
Voleva telefonare a Semir, dirgli che aveva preso un granchio colossale accusando Nitterstetter, ma si disse che almeno per questa notte era meglio che lui , Semir , la passasse tranquillo, anche perché il giorno dopo sarebbe stato, forse, uno dei giorni più brutti della sua vita.
“Ma lei è stata uccisa! Devo solo trovare il vero colpevole …” disse tra sé e sé entrando in casa.
Il giovane ispettore tentò di mantenere la lucidità, cercò di vagliare tutti i possibili moventi, prove e altri possibili indiziati, ma niente: non riusciva ad arrivare a nessuna conclusione.
Decise allora di cercare di rilassarsi facendo una doccia calda, ma niente, dopo pochi minuti ne uscì più teso di prima.
Alla fine optò per andare a letto si sentiva distrutto, moralmente e fisicamente e malgrado tutto riuscì ad addormentarsi.

Il mattino seguente Semir fu svegliato da un tenero e affettuoso bacio di Andrea.
“Tesoro a che ora devi essere in ufficio?” chiese la moglie.
 “E’ una proposta … “ disse sornione il marito.
“Veramente avevo in mente di mandarti al Colonia Zentrum, sai che oggi Aida ha invitato le sue amiche per un party? E solo là vendono quei buffi pasticcini a forma di animaletti, non è che dopo un po’ di coccole andresti prenderli?” disse maliziosa Andrea.
Erano appena le otto di mattina quando Semir entrò nel centro commerciale e pochi istanti dopo arrivò al suo cellulare un messaggio di Ben.
“Quando arrivi? Devo parlarti urgentemente”
Il piccolo ispettore messaggiò a Ben che avrebbe tardato un’ora e poi si avvicinò al banco informazioni del centro commerciale : non voleva perdere tempo a cercare quegl’ insulsi biscotti.
Al bancone ‘informazioni’ Semir notò che c’era il signor Hengelberg, il proprietario del Colonia Zentrum.
“Salve ispettore” lo salutò cordialmente Hengelberg.
“Salve signor Hengelberg” rispose Semir, poi tenendo presente il motivo per cui era li disse “Senta sarebbe così gentile da indirizzarmi  verso il reparto dove posso trovare quei buffi biscotti a forma di animaletti, sa mia figlia ne va matta …”
“Certo ispettore, aspetti che metto gli occhiali, sa senza non vedo molto bene ed è da un po’ che gli ho ordinati e sono arrivati solo ieri, avevo rotto anche quelli di scorta il giorno prima della rapina” e digitò qualche parola sul computer che aveva davanti.
“Ecco qua, ispettore, corsia 25 … ah ispettore oggi ricorre l’anniversario del Colonia Zentrum mi permetta di darle un piccolo omaggio” e gli consegnò una piccola scatoletta.
“Grazie” rispose Semir e mise la scatoletta nella tasca della giacca e si congedò dall’uomo.

Intanto Ben era già arrivato al distretto e più passava il tempo e più cresceva la sua agitazione: cosa avrebbe detto a Semir?
Il ragazzo era soprappensiero e stava guardando fuori dalla finestra dell’ufficio, quando Semir entrò e salutò facendolo sobbalzare.
“Ciao socio” esordì l’ispettore più anziano, stava per aggiungere qualcos’altro, ma poi vedendo l’espressione di Ben quello che voleva dirgli gli morì in gola.
“Che è quella faccia da funerale? Oggi è un gran giorno, abbiamo le prove per un mandato …”
“No Semir” disse afflitto Ben “Abbiamo, anzi ho preso un granchio colossale … le impronte trovate a casa di Katrina e quelle di Nitterstetter non coincidono, mi spiace Semir ho preso un abbaglio e quello che mi fa star male di più è che tu e la procuratrice mi avevate dato fiducia”
“Mapporca, questa non ci voleva …” disse sedendosi.
“Resta il fatto che sappiamo che non si è suicidata, ma da chi?” continuò Ben anche lui sedendosi “E già mi immagino la faccia della procuratrice quando , oggi pomeriggio andremo da lei, si leverà gli occhiali, mi squadrerà da cima a fondo come l’altra volta e me ne dirà di tutti i colori …”
Fu in quel momento che Semir ebbe una folgorazione.
“Hai detto occhiali?”
“Si … da vista perché?” rispose Ben corrugando la fronte.
“Non so chiamalo intuito, chiamalo quello che vuoi, ma se fosse …” e Semir cominciò a rimuginare.
“Dai Semir non tenermi sulle spine” disse un tesissimo Ben.
“Ascolta chi ha identificato la targa dell’auto di Lahm è stato Hengelberg, ma se la targa dell’auto lui l’ha vista dall’interno del suo ufficio come ha fatto a leggerne la targa? Per uno che ha bisogno di occhiali …e lui ha detto che si erano rotti, gli sono arrivati ieri e non ne aveva altri”
Ed estrasse con cautela le scatoletta che aveva riposto all’interno della giacca e la mise dentro un sacchettino di plastica.
“Qui troviamo le impronte di Hengelberg perché questa scatoletta me l’ha data lui e io direi di confrontarle con quelle trovate sulla balaustra del balcone da dove è caduta la Brandt. Vale la pena tentare che dici socio?” e alzandosi dalla sedia chiamò Jenny.
“Dimmi Semir” disse la giovane poliziotta entrando “Senti puoi portare questa scatoletta ad Hartmut? Deve immediatamente confrontare le impronte che ci sono sopra con quelle che ha trovato sulla balaustra della ragazza morta”
“Certo” disse lei con un enorme sorriso e si congedò dai due ispettori.

Intanto nell’ufficio dei due ispettori l’attesa cresceva e Ben era sempre più agitato, mentre Semir seduto sulla sua scrivania, stava compilando una serie infinita di carte al posto del commissario Kruger.
“Ben” disse Semir “Agitarsi non serve a niente, rilassati “
“La fai facile socio, ma non ci riesco …” disse mordicchiando un dito della mano.
Poco dopo squillò il telefono di Semir, sul display comparve il numero della scientifica.
“Si Einstein” rispose Semir.
A quel saluto Ben si agitò ancora di più sulla sedia, mentre Semir con fare serio ascoltava il responso della scatoletta che aveva inviato poco prima al giovane tecnico.
“Si … okay … grazie Einstein” Semir mise giù il telefono dopo di che guardò Ben ancora più serio.
Ben si sentì morire, la faccia del suo socio era emblematica, non aveva bisogno di fare domande, conosceva già la risposta è la risposta era ‘Ben ci hai fatto radiare tutti’.
“Semir “ disse con un filo di voce “Mi dispiace …”
“Sai qual è la differenza tra me e te socio?” chiese Semir con un tono che non ammetteva repliche. Ben non ebbe il coraggio di rispondere in quel momento avrebbe voluto essere ovunque, ma non lì e soprattutto non di fronte a Semir.
“Che io so come si fa a mentire tu no!!! Dai andiamo ad arrestare quel bastardo!!! Le impronte sulla balaustra sono quelle di Hengelberg!”
 
Nota dell’autore … povero Ben, le sue coronarie sono messe a dura prova … e lo saranno ancora di più … grazie a tutti recensori e non e … alla mia “socia” Beta Maty!
 

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Capitolo 11
*** Fuga ed inseguimento ***


 
FUGA ED  INSEGUIMENTO
 
Appena avuta la conferma che le impronte trovate sulla balaustra della terrazza dell’appartamento da dove era precipitata Katrina Brandt appartenevano a Maximilian Hengelberg, Semir e Ben si precipitarono subito fuori dall’ufficio e saliti sulla BMW andarono a sirene spiegate verso il Colonia Zentrum.
Erano a un paio di chilometri dal Centro commerciale quando Semir spense sirene e lampeggianti questo per non insospettire il loro indiziato.
Semir parcheggiò l’auto, i due ispettori scesero e entrarono all’interno dell’esercizio.
Appena i due poliziotti videro Hengelberg misero d’istinto le mani sopra la fondina della pistola: tra loro e l’indiziato c’erano una cinquantina di metri e purtroppo anche molti clienti.

Il proprietario dell’ipermercato insospettito dalla presenza dei due ispettori e vedendoli portare le mani verso le loro armi si avvicinò repentinamente alla guardia giurata  che aveva vicino, gli prese la pistola e facendosi scudo con essa urlò:
“Buttate a terra le armi  altrimenti  la faccio fuori” mentre attorno a lui tutti i clienti appena si resero conto del pericolo cominciarono ad urlare e attorno a Hengelberg si creò un fuggi fuggi generale.
Vicino a  Hengelberg non restò nessuno, a pochi metri da lui pistole in pugno c’erano Semir e Ben.
“Non ve l’ho ripeterò più, gettate le armi  e allontanatele da voi o le sparo” ribadì Hengelberg facendo pressione sulla testa della guardia.
“Okay” disse Ben  e sia lui che Semir misero lentamente le pistole a terra e con un calcio le allontanarono da loro qualche metro.
“Hengelberg si arrenda per lei  è finita” cercò di negoziare Semir “Non complichi ancora di più la sua già difficile situazione”
“Questo lo dice lei ispettore” e togliendo la pistola dalla tempia dell’ostaggio la puntò verso i due ispettori e sparò.

Fortunatamente i proiettili non colpirono  i due ispettori e tanto meno gli avventori che stavano fuggendo.
Hengelberg poi diede una grossa spinta al suo ostaggio che cadde a terra e fuggì verso il retro dell’ipermercato.
Raccolte le pistole e sincerandosi delle condizioni della guardia Semir e Ben si misero all’inseguimento del fuggitivo.
“Dai lumacone” urlò Semir vedendo che il suo collega arrancava.
“Scusa tanto socio, se ho ancora la ferita che mi fa un male cane, correre mi risulta un po’ difficile” gli disse di rimando Ben.

I due ispettori entrarono quindi con cautela nel retro dell’esercizio, appena in tempo per vedere che Hengelberg era arrivato al parcheggio antistante  e stava salendo sulla sua auto.
I due ispettori si stavano quasi per rassegnare per esserselo lasciato sfuggire quando una vecchietta arrivò al parcheggio su una vecchia e scassatissima Fiat cinquecento.
“Guarda socio” fece Semir.
“Ma sei matto io in quella scatola di fiammiferi non ci entro … è della tua taglia non della mia” protestò Ben.
“Ed dai, quanto la fai lunga” rimbeccò Semir.
Appena la macchina si fermò Semir aprì la portiera e si trovò davanti un’arzilla vecchietta.
“Mi scusi signora, polizia autostradale devo chiederle di prestarci l’auto ci serve per inseguire un criminale che sta fuggendo”
“Scusi ,mai telefilm non dite che dovete requisirla?” disse divertita la vecchietta.
“Vero signora” rispose con un sorriso divertito l’ispettore mentre faceva scendere dall’auto la signora.
E mentre Semir parlava con l’anziana signora, Ben prese con difficoltà posto nel sedile passeggero.
La vecchietta quindi scese dall’auto aiutata da Semir che velocemente salì e poi vedendo sgommare la sua autovettura disse:
“Quando durante l’ora del the lo racconterò alle amiche, nessuna mi crederà!”

Ben prese allora il cellulare e compose il numero della centrale operativa.
“Cobra 11 a comando” disse.
“Dimmi Ben” rispose Susanne l’efficiente segretaria.
“Stiamo inseguendo una Audi nera targata K-AG 2023, siamo sulla Bayer Straße e ci stiamo dirigendo a Nord, chiediamo rinforzi …Ah Susanne siamo su una Fiat cinquecento quindi per una nostra posizione costante puoi rintracciare il mio cellulare … adesso stiamo percorrendo Düsseldorf Straße”
“Ok Cobra 11, vi mando rinforzi” e chiuse la comunicazione.
Cominciò quindi un inseguimento che si snodò attraverso le vie del centro di Colonia; l’auto del fuggitivo attraversò diversi incroci alcuni con il via libera del semaforo verde e purtroppo alcuni con il semaforo rosso.
“Susanne sono sempre io” richiamò Ben “Manda un’ambulanza e vigili del fuoco all’incrocio tra Isabellen Straße e Jakob-Engels Straße noi stiamo percorrendo la Severin Straße in direzione nord”
“Ricevuto Ben” rispose la ragazza.

L’inseguimento proseguì per diversi chilometri fino a che l’Audi di Hengelberg non si fermò nei pressi di un enorme stabilimento in disuso alla vista abbandonato da anni; li la strada era bloccata e proseguire con l’auto era impossibile.
Il fuggitivo quindi scese velocemente dalla macchina e si addentrò tra le rovine degli edifici.
Semir fermò la macchina vicino all’Audi, scese velocemente e rivolgendosi al collega:
“Ben avvisa Susanne che siamo qui io intanto vado”
“Si l’avviso della nostra posizione e poi entro anche io” replicò il ragazzo.
“Ok, Ben, ma mi raccomando stai attento, non sei ancora in forma” si sincerò Semir.
“Tranquillo, cercherò di non mettermi nei guai”
“Speriamo” disse Semir e sfoderando la pistola si addentrò nell’edificio dove aveva visto Hengelberg entrare.

Il piccolo ispettore entrò con circospezione nei polverosi e bui meandri dell’edificio, quando sentì dietro di lui un improvviso scricchiolio: di scatto si girò e vide fuggire via un piccolo topolino.
Anche Ben dopo aver telefonato a Susanne ed averla informata della loro posizione e chiesto rinforzi, estrasse la pistola ed entrò nell’edificio.
Il ragazzo ci mise un  po’ ad abituarsi a quella semioscurità e cominciò a percorrere un lungo corridoio con ai lati parecchie porte e quindi stanze.
Ben si muoveva con circospezione, e ogni volta che si avvicinava ad una stanza si fermava guardingo per poi perlustrarla a fondo.
Il giovane ispettore stava avanzando quando muovendo un passo calpestò la coda di un topolino, questi cacciò un lamentò e liberatosi dal piede di Ben fuggì via spaventato.
“Maledizione” esclamò piano Ben “Anche Ratatouille sotto le scarpe dovevo trovare …”
Ma questa distrazione per Ben fu fatale.

“Mi dia la pistola …  lentamente … e alzi le mani ispettore …” disse Hengelberg comparendogli da dietro le spalle e puntandogli la pistola alla tempia.
“Hengelberg, non peggiori la situazione, stanno arrivando i colleghi per lei è finita si arrenda”
“Stia zitto!!! “ gli disse prendendogli dalle mani la pistola per poi gettarla lontano e spingendolo lungo il corridoio ”Adesso lei verrà con me e …”
Improvvisamente davanti a loro comparve Semir.
“Lasci andare il mio collega e si arrenda” urlò spianando la pistola.
“Stia zitto o l’ammazzo” urlò Hengelberg.
“Ha già sulla coscienza Katrina Brandt …” ribatté Semir.
“Ormai non ho niente da perdere, adesso che è morta la vita non ha più senso per me. Io ero innamorato di Katrina, ho inscenato una finta rapina con un delinquente da quattro soldi, per avere il denaro per finanziare il suo progetto”
“Ha mandato in galera un innocente” gli disse Ben ancora sotto la minaccia della pistola.
“Lei non capisce, io ero pazzo di lei, ma lei non ne voleva sapere. Dopo la rapina sono andata da Katrina, le ho detto che avevo i soldi per finanziare il suo progetto ,  lei mi ha chiesto come li avevo avuti, insisteva e insisteva per saperlo e alla fine glielo ho detto. Lei voleva denunciarmi, mi ha detto che gli facevo schifo perché ho accusato un innocente … allora io gli ho ripetuto che l’ho fatto per lei perché l’amavo e così mi sono avvicinato. Katarina era vicino alla balaustra della terrazza, ho cercato di farla ragionare l’ho abbracciata, ma lei per divincolarsi …è caduta giù” disse cominciando a piangere disperato.
“La riconoscenza non ha niente a che fare con l’amore” disse Ben quasi furioso, poi continuò “Si arrenda, getti l’arma”
Semir stava sempre con la pistola spianata davanti a lui, vedeva che Ben cercava di negoziare e tentava di capire se Hengelberg potesse un po’ distrarsi per poter fare fuoco, ma Hengelberg urlò:
“Ispettore è meglio che getti la pistola, le ripeto non ho niente da perdere, la butti o ammazzo il suo collega!”
“Non l’ho farà, Semir” disse Ben convinto.
“Non ne sia così sicuro, ispettore” disse minaccioso Hengelberg premendo di più la pistola alla tempia di Ben “La abbassi … conto fino al tre … guardi che lo uccido … uno … “
Ben guardò implorante Semir “Sparagli Semir …” disse tra sé e sé, ma Semir aveva paura di colpire il suo compagno, oltretutto la testa di Ben e quella di Hengelberg erano molto vicine.
“Okay, faccio come vuole lei … abbasso la pistola” disse Semir e la mise giù.
“Ora le dia un calcio”  disse Hengelberg e Semir obbedì.
“Mi spiace, ma un ostaggio mi basta"

Poi tutto successe molto in fretta.

Hengelberg puntò la pistola e sparò.
 
 
 



 
 
 

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Capitolo 12
*** Semir & Ben ***


SEMIR & BEN

Era quasi mezzogiorno e alcuni corvi erano appollaiati sul tetto dell’edificio abbandonato in cui erano entrati Semir, Ben e Hengelberg quando improvvisamente il silenzio fu rotto da uno sparo.
Spaventati i corvi si levarono immediatamente in volo come un presagio di morte.

Hengelberg aveva appena sparato a Semir e il piccolo ispettore cadde all’indietro come se qualcuno gli avesse dato una spinta molto forte e decisa.
“NO !!!” urlò Ben con quanto più fiato poté.
In una frazione di secondo gli passarono davanti tutti i momenti più belli che aveva trascorso in compagnia di Semir in cinque anni di vita passati assieme.
Nella sua mente si materializzarono i volti tristi e disperati di Andrea, Aida, Lily e di tutti i colleghi del distretto.
Non ci poteva credere quel bastardo aveva sparato a sangue freddo.
Aveva sparato a un uomo disarmato.
Aveva sparato al suo migliore amico.

Rabbioso e furioso come non mai e azzerando tutti i recettori del dolore Ben sferrò un’improvvisa gomitata allo stomaco di Hengelberg che fu preso alla sprovvista. Hengelberg barcollò e cadde all’indietro portandosi però dietro anche Ben.
Ben cadendogli sopra ebbe il tempo di dargli un’altra gomitata in pieno volto e tramortì Hengelberg, quindi gli prese la pistola e lo ammanettò velocemente; poi nel corridoio calò il silenzio più totale, silenzio che fu interrotto pochi istanti dopo dal suono delle sirene delle auto della polizia in lontananza.

Ben lentamente si alzò e tenendosi il fianco andò verso Semir.
Il ragazzo si inginocchiò accanto all’amico, cercando di trattenere le lacrime che prepotentemente stavano salendo e annebbiando la vista.
Si disse che non aveva tempo per piangere quando istintivamente tastò il polso a Semir; il giovane ispettore constatò con orrore che il suo collega non aveva battiti  e non respirava più.
Ben si mise subito in posizione per eseguire le manovre di rianimazione e così poté anche vedere che il suo amico aveva una profonda ferita tra la scapola e il cuore che sanguinava abbondantemente.
Cercando di resistere al dolore lancinante che aveva al fianco, Ben si sfilò velocemente la maglietta nel vano tentativo di bloccare l’emorragia.
“Coraggio, amico mio resisti, stanno arrivando i colleghi, li sento in lontananza” pensò disperato Ben mentre eseguiva le manovre di rianimazione, ma il ragazzo non aveva fatto i conti che quelle operazioni ben presto gli avrebbero provocato terribili dolori alla ferita che in quei concitati momenti si era riaperta.
Cercò con uno sforzo quasi sovraumano di resistere e continuare a immettere aria nei polmoni dell’amico e fare le compressioni al torace, ma la sensazione che aveva Ben al fianco era quella di qualcuno che all’interno del suo corpo lo stesse pugnalando in continuazione.
Sentiva correre lungo la schiena enormi gocce di sudore, aveva la fronte madida e il respiro cominciava ad essere difficoltoso.
“Semir ti prego respira” cominciò a pensare disperato il giovane collega “Ti prego apri gli occhi, non c’è la faccio, la ferita mi fa dannatamente male, non ci riesco … Semir …” e non riuscì più a trattenere le lacrime.
Pochi attimi dopo aver pensato questo la vista di Ben cominciò ad annebbiarsi e a lui apparvero migliaia di stelline.
“Semir!” chiamò Ben  e sentendo che le sirene erano vicine e subito dopo frenate di auto urlò con quanto fiato aveva:
“Aiuto, siamo qui presto!”
Poi detto questo Ben svenne accanto al partner.

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Capitolo 13
*** Ne valeva la pena? ***


NE VALEVA LA PENA?

Era quasi sera, quando Ben si svegliò, ma senza aprire gli occhi nella sua stanza d’ospedale.
Sentiva accanto a sé una voce ovattata, ma non capiva bene a chi appartenesse e tantomeno che cosa dicesse, anzi sembrava che stesse sussurrando una melodia.
Percepiva qualcuno che gli stava sistemando le coperte, il cuscino e gli accarezzava il volto.
Tutto ad un tratto in quell’atmosfera ovattata si ricordò del suo amico e come se avesse ricevuto un pugno allo stomaco sbarrò gli occhi.
“Semir!?” disse quasi ansimando e davanti a lui apparve Nadja Kranich.
“Ciao Ben” disse Nadja accompagnando il saluto con un sorriso.
E Ben senza ricambiare il saluto chiese “Nadja come sta Semir? Dimmi che è vivo, dimmi che …”
A Ben vennero in mente quei concitati momenti che lo avevano portato a essere lui li in un letto d’ospedale e Semir … già, come stava il suo amico? E senza pensare a cosa faceva e senza rendersi conto che aveva un braccio attaccato ad una flebo cercò di alzarsi e di scendere dal letto, ma un dolore terribile proveniente dal fianco lo paralizzò.
“Ben sei impazzito? Vuoi che la tua ferita si riapra di nuovo?” lo rimproverò Nadja.
“Come sta, ti prego dimmi che sta bene”
Non ci fu bisogno formulando la domanda di dire a chi si stesse riferendo Ben; Nadja sapeva benissimo quanto affetto e quanta amicizia legava Ben a Semir.
“Beh ecco, è molto grave e poco dopo il suo ricovero…” e tra sé e sé la giovane infermiera pensò “Ed ora come faccio a dirglielo, come faccio a dirgli che Semir è entrato in coma…” ma fu interrotta da Ben.
“Non respirava, non aveva battiti e io non c’è l’ho fatta, ho tentato di rianimarlo, ma il fianco mi faceva male…ho ceduto…”
“Ben avevi la ferita aperta e comunque dobbiamo solo aspettare…” ma fu interrotta di nuovo, Ben aveva capito al volo la gravità della situazione di Semir.
“Se riportasse danni neurologici, se dovesse non farcela, sarebbe solo colpa mia, l’ho messo io in questo guaio, io e la mia testardaggine, dovevo lasciar perdere invece mi sono incaponito…”
“Se non ti fossi incaponito la ragazza a cui tu devi la vita non avrebbe avuto giustizia” cercò di consolarlo Nadja.
“Si, ma a che prezzo? Avrò solo privato Andrea di un marito e Aida e Lily di un padre se Semir …” ma non ebbe nemmeno il coraggio di finire la frase e una lacrima scivolò lungo il viso.
“Senti, ti ripeto dobbiamo solo aspettare…e tu devi cercare di calmarti e guarire, per adesso questo è l’unica cosa che puoi fare per te e per Semir”

Poco dopo si sentì bussare alla porta e sulla soglia comparve Andrea che lentamente si avvicinò a Ben.
Il ragazzo alla vista della donna si sentì malissimo: aveva il volto sfigurato e sembrava invecchiata di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista.
I suoi occhi erano rossi, segno che aveva pianto molto e quando salutò Ben aveva la voce quasi afona.
“Ben” disse Andrea “Come stai?” e quasi barcollando si avvicinò al letto, ma prima che Ben potesse dire qualsiasi cosa Nadja lo anticipò “Andrea, siediti qui” e la fece accomodare sulla poltroncina accanto al letto.
“Andrea mi dispiace io…” disse con un filo di voce Ben.
“”Non devi dispiacerti, hai fatto il possibile e…” ma poi scoppiò di nuovo a piangere.
Ben avrebbe voluto alzarsi, consolarla, ma fortunatamente venne in aiuto Nadja che mise le mani sopra le spalle della donna e con voce calma disse:
“Vedrete che ogni cosa andrà a posto, Semir ha una tempra fortissima, ce la farà”
“Non lo so, davvero non so che pensare, a me sembra che stia male che si stia spegnendo poco a poco” disse Andrea.
“Dobbiamo crederci Andrea, Nadja ha ragione Semir tornerà a casa, tornerà da te e dalle bambine” disse Ben cercando di dare coraggio più a se stesso che ad Andrea.
“E se non fosse così? Come farò ad andare avanti, come farò a dirlo alle bambine?”
Nadja si chinò e abbracciò Andrea sotto lo sguardo atterrito di Ben.

Passarono un paio di giorni Ben era ancora ricoverato, ma si stava riprendendo abbastanza velocemente, mentre Semir era sempre in rianimazione ed era purtroppo sempre in coma.
Disteso sul suo letto Ben non poteva fare altro che aspettare di essere dimesso o di avere il permesso di andare a trovare il suo collega.
Ogni tanto riceveva le visite di Nadja, dei colleghi e amici e passava a trovarlo anche Andrea; purtroppo ogni volta che la vedeva per Ben era sempre una stilettata al cuore, sinceramente si chiedeva quanto avrebbe resistito.
La donna trascorreva  tutto il tempo che poteva accanto al marito e poi alla sera prima di andare a casa dei genitori, dove c’erano anche Aida e Lily, passava da Ben a salutarlo.

A riempire le sue noiose giornate di degenza di Ben erano venute a fargli visita anche Helga e sua sorella Julia e con loro aveva trascorso dei momenti abbastanza sereni. 
Era venuto a trovarlo anche suo padre e come al solito il discorso era degenerato: suo padre non gli perdonava di essere entrato in polizia e che quel lavoro così pericoloso lo portava , ultimamente troppo spesso a frequentare stanze d’ospedale.

Tutt’ad un tratto qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” fece Ben chiedendosi chi poteva essere a quest’ora, erano appena passate le otto di mattina e lui aveva appena fatto colazione con un scialbo tè e un paio di fette biscottate.
“Salve ispettore Jager” disse la procuratrice Merkel entrando.
A Ben mancò per un attimo la parola nel vedere la donna: che ci faceva lì?
“Come sta? Il medico che l’ha in cura, che tra l’altro è un mio amico, mi ha detto che fra tre quattro giorni potrebbero dimetterla” disse quasi con tono tenero la donna avvicinandosi al letto.
“Si, grazie mi sto rimettendo in sesto…” e il ragazzo fece cenno alla donna di accomodarsi, ma il suo pensiero andò  a Semir e si intristì e la procuratrice lo notò.
La procuratrice si sedette nella poltroncina vicino al letto di Ben, dopo di che chiese:
“E il suo collega come sta? Il mio amico non ha saputo dirmi molto, non essendo del reparto”
“Semir è in coma…stiamo aspettando un miracolo…e…” ma Ben si bloccò.
“E?” chiese la procuratrice.
“Non riesco a farmene una ragione, se Semir è  in coma è colpa mia” rispose un mesto Ben.
“Non dica sciocchezze ispettore, non ha premuto lei il grilletto” ribatté decisa la donna.
“Lo so, ma se non avessi coinvolto Semir in questa storia…” e lasciò cadere il discorso a metà.
“Ispettore se lei non mi avesse fatto riaprire il caso un innocente sarebbe in prigione, un assassino sarebbe in libertà e un omicidio sarebbe passato per suicidio” asserì decisa.
“Non ho ancora compilato il rapporto…” disse stupidamente senza pensarci Ben.
Ma la procuratrice non ci badò, sapeva che la frase era uscita perché Ben stava pensando alla salute del suo collega e aveva la mente altrove.
“Pensi a guarire e mi tenga aggiornato sulle sue condizioni e su quelle del suo collega”
“Senz’altro”
“E spero che in futuro ci sia ancora una collaborazione tra lei, il suo collega e il mio ufficio, vi siete dimostrati dei validi elementi. Arrivederci ispettore” e alzandosi porse la mano a Ben.
Ben gliela strinse “Grazie a lei procuratrice” e la donna uscì.

Verso metà mattina entrò il medico che aveva in cura Ben; era di origine balcanica alto, moro, con profondi occhi neri e al ragazzo incuteva un po’ di soggezione all’inizio, ma poi conoscendolo meglio si era accorto che dietro lo sguardo duro si celava una persona affabile.
“Salve dottor Goran“ esordì il ragazzo.
“Salve Ben, se la sente di alzarsi e di andare a trovare il suo collega?” disse il medico.
“Certo” Ben si stampò un enorme sorriso in viso, ma poi corrugando la fronte disse: “Ma dottore a quest’ora di solito c’è la moglie, non vorrei allontanarla dal marito nella stanza si entra solo uno alla volta…”
“I medici del reparto dove è ricoverato il suo collega sono riusciti a convincere la signora Gerkhan ad andare a casa a riposarsi un po’ a restare con le sue figlie, in cambio ci ha fatto giurare che l’avremmo accompagnata dal suo collega” gli rispose il dottore.
“Dottore, sia sincero…Semir ce la farà, dico si sveglierà?” domandò Ben.
“Beh il suo attualmente è un coma reversibile, ma più tempo passa meno possibilità ci sono che si svegli …è per quello che preferiamo che le persone a lui più care gli stiano vicino, per stimolarlo a svegliarsi. Fra un po’ le manderemo un infermiere che l’aiuterà ad alzarsi e a mettersi su una sedia a rotelle, e poi verrà accompagnato dal suo collega. Cerchi di essere forte, lo faccia per il suo amico e anche per se stesso”

Pochi minuti dopo aiutato da un infermiere Ben si alzò dal letto per sedersi su di una sedia a rotelle e fu accompagnato nel reparto dove era ricoverato Semir.
Per tutto il tragitto, breve tra l’altro, Ben pensò a cosa poteva dirgli, ma la sua mente non riusciva a elaborare per il momento frasi razionali: nella sua mente c’era solo un grande dolore  e una sofferenza continua.
Poco dopo Ben col cuore pesante si trovò ad essere nella stanza di Semir a fianco del suo letto.
“Ciao socio” gli disse prendendogli la mano ”Come stai?” poi vedendolo intubato con la testa fasciata e le bende che aveva sul torace un enorme dolore quasi fisico lo invase.
“Mi dispiace Semir, come sempre hai ragione tu, se ti alzassi e mi dessi uno schiaffo avresti tutte le ragioni del mondo…” disse cercando di farsi forza.
Ben restò li accanto al suo partner per più di due ore ridendo e scherzando come se fossero di pattuglia in autostrada, il ragazzo si era imposto di essere il più tranquillo e sereno possibile.
Si ritrovò anche a parlargli dell’arresto di Hengelberg e come gli aveva riferito il commissario Kruger durante una sua visita, era stato arrestato anche il suo complice, l’uomo che di fatto aveva rubato l’auto e incastrato Lahm.
Ogni tanto nella stanza entrava una infermiera, Semir l’avrebbe apostrofata come ‘giunonica’ per le sue caratteristiche fisiche: alta, formosa, ma ben proporzionata. L’unica nota stonata era data dal suo modo di fare un po’ rude.
“Ispettore” venne salutato Ben.
“Salve, signora Berthold” rispose gentilmente Ben e poi continuò “Senta, ma il fatto che ogni tanto mi sembri di percepire delle strette…” ma l’infermiera non gli lasciò finire il discorso.
“Sono spasmi ispettore” e dal tono Ben non ebbe neanche il coraggio di controbattere.
 
Verso mezzogiorno nella stanza fece comparsa dietro le spalle il dottor Blatter, il medico che aveva in cura Semir.
“Salve ispettore” disse cordiale.
“Salve dottore” rispose Ben.
“La riportiamo in reparto è ora di pranzo” continuò il medico.
“Certo” rispose a malincuore Ben.
Ben era perennemente affamato e in circostanze ‘normali’ lo sarebbe stato vista l’ora , ma ora solo al pensiero di buttar giù qualcosa lo stomaco gli si era bloccato e per di più l’idea di lasciare Semir da solo gli aveva tolto qualsiasi appetito.
“Hai sentito socio?” parlò Ben rivolto al suo amico “Fra un po’ mi cacciano… che ne diresti di aprire gli occhi per salutarmi? Dai socio, quando sto male io tu riesci sempre a portarmi sempre indietro…perché non può essere anche a parti invertite”
Al dottor Blatter si strinse il cuore nel vedere da quanto affetto era circondato il suo paziente, la moglie che non lo lasciava mai e ora il suo collega che da come poteva constatare era molto più di un semplice collega, li legava una profonda e salda amicizia.
 “Venga ispettore l’aiuto ad uscire” e mise le mani sulle maniglie della sedia a rotelle per aiutare Ben, ma il suo sguardo si gelò alla vista del monitor.
“Ispettore, Semir le ha stretto la mano per caso?” disse corrugando la fronte il dottore.
“Si, ma quando l’ho detto all’infermiera lei mi ha risposto che erano spasmi e che nei pazienti come Semir è normale”
“Senta, le faccio portare il pranzo più tardi, lei continui a parlare al suo socio e gli dica di stringergli la mano….” E si mise davanti agli strumenti, stampò qualche grafico e senza dire una parola uscì dalla stanza.
“Okay, socio mi lasciano qui con te” disse speranzoso Ben, ma cominciava a essere stanco, gli antidolorifici stavano esaurendo il loro effetto e il dolore al fianco si stava acuendo.
Ben si avvicinò ancora di più al letto di Semir e vinto dalla stanchezza appoggiò la testa sul letto accanto alla mano di Semir.
Ben cominciò a piangere silenziosamente e supplicava Semir di svegliarsi, ma ancora una volta vinto dal dolore e dalla stanchezza si addormentò.
Passò un po’ di tempo e Ben si svegliò, per un attimo non capiva dove era, sentiva attorno a lui tanto trambusto e aprendo gli occhi incrociò quelli di Semir.
“Semir?!”
Ben si tirò su e attorno a lui vide il dottor Blatter, l’infermiera Berthold e Nadja, quest’ultima si avvicinò a Ben e gli disse:
“In circostanze normali saresti stato allontanato, ma tu e Semir fate cose eccezionali” disse sorridendo.
“Ora però” disse il dottor Blatter rivolto  a Ben  “La riportiamo al suo reparto”
“Va bene” disse e rivolgendosi a Semir “Vado socio, mi raccomando rimettiti in sesto”
Semir cercò di sorridere all’amico.
Ora il peggio era passato e tutto sarebbe tornato come prima.
 
Nota dell’autore:
La 'coppia d’oro' si è riunita…
Restano alcune cosucce in sospeso che avranno risposta nell’ultimo capitolo…
Un abbraccio a tutti.
CBJ.

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Capitolo 14
*** Tre mesi dopo ***


Tre mesi dopo

Era una bellissima giornata invernale a Colonia, una di quelle in cui il cielo è azzurro ed è sgombro da ogni nuvola.
Mancava poco a Natale, Ben e Semir se ne stavano seduti nel parco limitrofo alla tenuta che era appartenuta a Katrina Brandt a godersi l’inaugurazione della struttura polifunzionale.
Ben l’aveva rilevata e intitolandola al nome della ragazza e di fatto aveva realizzato il suo sogno.
Aveva chiesto alla ditta di costruzioni di suo padre di ristrutturala e dopo un primo rifiuto da parte del padre che vedeva nel progetto solo uno spreco enorme di denaro, Konrad Jager alla fine aveva accettato di fare i lavori, anche perché Ben lo aveva messo al corrente che, se lui aveva ancora un figlio, era merito della generosità di Katrina Brandt.
La tenuta era stata convertita e ampliata secondo i progetti e i sogni di Katrina Brandt.
Ora era una casa famiglia, un rifugio per madri in difficoltà e per i loro figli, un posto dove bambini  e adulti con le più svariate problematiche potevano trovare aiuto e conforto. La struttura offriva  lavoro a ex carcerati o tossicodipendenti essendo stata creata una fattoria con annessi campi e orti.

“Allora che te ne pare socio” disse soddisfatto Ben “E’ o non è un bel posto?”
“Si direi che hai fatto un buon lavoro e Katrina sarebbe, anzi sicuramente è felice nel vedere realizzato il suo sogno, sei stato generoso… hai un grande cuore Ben”
“Katrina mi ha donato se stessa, io ho solo ricambiato…” Ben era in evidente imbarazzo specialmente quando si toccava anche lontanamente l’argomento ‘denaro’  in presenza di Semir.
A levarlo dall’impiccio arrivò tutta trafelata Aida che teneva per mano Lily.
“Zio Ben, ci sono anche i cavalli, ne ho visti due sono appena arrivati con un strano rimorchio”
“Si principessa” rispose il ragazzo “Una delle ragazze che aiuta i bambini meno fortunati di te li userà per fare la Pet Therapy”
E poi prendendola per mano disse “Dai andiamo a vederli” e rivolto a Semir “Vieni anche tu socio?”
“Certo” rispose Semir prendendo in braccio Lily.
“Zio Ben, ma hanno già un nome?” disse euforica Aida.
“Non lo so, perché avresti qualche idea?” rispose divertito il ragazzo.
 “Furia” disse decisa la ragazzina “E l’altro nome potrebbe sceglierlo Lily ”
“Lily è troppo piccola per dare nomi” disse il padre.
“Lo chiameremo Stallone Turco, che dici Semir?” disse Ben sfoderando uno dei suoi sorrisi.

Semir e Ben stavano ancora conversando tra loro quando alle loro spalle apparvero il Commissario Kruger e la procuratrice Merkel.
Ben all’inaugurazione aveva invitato tutti i colleghi del distretto, i suoi amici,  Helga e anche i ‘suoi zii’ , mancava solo suo padre, in viaggio per affari, e sua sorella Julia che assieme al marito erano andati a  trovare i genitori di lui in Baviera.
“Commissario, procuratrice” le salutò Ben “Grazie per essere venute” disse in evidente imbarazzo specie guardando la procuratrice.
Ben non si sarebbe aspettato di vedere la donna lì, le aveva mandato l’invito quasi per procura, ma era felice di vederla in fondo se Katrina aveva avuto giustizia era anche per merito suo.
“E’ un bel posto qui” disse la procuratrice “E sicuramente chi frequenterà questo posto troverà serenità, conosco la gran parte del personale medico che vi lavorerà, si è avvalso di persone serie e competenti, le faccio i miei complimenti ispettore” disse compita la Merkel.
“Comunque ispettori” disse il commissario Kruger “Ero venuta anche a congedarvi da voi, devo rientrare a Colonia”
“L’accompagno all’uscita” si offrì Semir che ricevette un’occhiataccia da Ben e accompagnò il commissario verso la sua auto accompagnato dalle figlie.

Ben e la procuratrice si trovarono così soli e ancora una volta il ragazzo restò senza parole.
La donna appariva molto più giovane dismessi gli abiti che il suo ruolo le imponeva, vestiva un paio di jeans e una semplice maglietta e portava scarpe da ginnastica.
Ben era come folgorato e in evidente imbarazzo.
“La metto in soggezione ispettore?” disse divertita la donna.
“Beh se devo essere sincero, si” rispose Ben.
“Facciamo così quando saremo o ci capitasse di incontrarci ancora in situazioni non ufficiali per lei sarò solo Mathilde, che ne dice?” e porse la mano a Ben.
“Direi che per me può andare e per lei io sarò Ben” le rispose stringendole la mano e azzardò “Sarei troppo sfacciato se domani la invitassi a cena?”
“Direi di si, ma ci potrei pensare” rispose la Merkel.

La giornata continuò all’insegna dell’allegria, molte persone avrebbero trovato pace e serenità in quel luogo e di Ben Katrina sarebbe stata fiera: aveva realizzato il suo sogno e le aveva reso giustizia.
Ben guardando tutte le persone che animavano o erano presenti alla festa si ritrovò a pensare a quel 25 agosto, giorno in cui ebbe l’incidente, per lui quel giorno fu come la fine di una vita e l’inizio di una nuova.
Ben aveva cambiato le sue priorità: ora era calmo e riflessivo, cosa che gli aveva fatto notare anche il suo socio; era diventato più maturo e meno impulsivo, non aveva perso la sua allegria, ma era diventato meno sfrontato e spavaldo.
Per un attimo ebbe come la sensazione che Katrina fosse dietro di lui che gli sussurrasse all’orecchio un ‘grazie’, e lui con la mente rispose “Grazie a te, Katrina!”
Alle sue spalle invece apparve Semir “Sei pensieroso socio, tutto bene?”
“Si, direi di si” rispose Ben e poi prendendo per le spalle il suo amico continuò “Dai andiamo ci aspetta una festa”
“E già che aspettiamo, dai andiamo!”
 
Nota dell’autrice:
Ed eccoci arrivati alla fine di questa “storiella” .
Vorrei citare due frasi che ho trovato in due recensioni una dice: “la vera amicizia è una delle cose più belle al mondo”, “La forza della loro amicizia (…) tiene unite tutte noi fans!”. Potrei citarne ancora perché ogni recensore per me è speciale, “la coppia d’oro” ha creato un legame, un’amicizia e un’alchimia unica tra “autori” e “recensori”… quindi pubblicamente vorrei ringraziare : Furia, Sophie, MartiAntares, _Chlo, Tinta, Marcellina e 144kagome-alice144 (se ho tralasciato qualcuno chiedo venia!).
Ringrazio tutti coloro che hanno letto questa F.F. restando “silenziosi”, grazie a chi ha inserito la storia tra i preferiti, da ricordare o da seguire, grazie siete in tanti e sono commossa, veramente!!!
Ringraziamento speciale come sempre alla mia Beta, nonché socia Maty (la parte “Semir” della coppia,  visto che a volte deve tenere a bada la parte “Ben” che è in me).
Che dire… ci sentiamo molto presto, la “coppia d’oro” entrerà presto in azione…e ci sarà da divertirsi… perché…4 mani sono meglio di 2…
Un abbraccio a tutti.
ChiaraBJ.
 
 
 
 
 
 
 
 

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