Soul of Eternity — Pandora Hearts

di marinrin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intervallo: Ch.00 ***
Capitolo 2: *** L'Abisso: Ch.01 ***
Capitolo 3: *** L'orologio: ch.02 ***
Capitolo 4: *** Ricordi: ch.03 ***
Capitolo 5: *** Missione: ch.04 ***
Capitolo 6: *** Incubi: ch.05 ***
Capitolo 7: *** Ballo: ch.06 ***



Capitolo 1
*** Intervallo: Ch.00 ***




 
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Soul of Eternity Pandora Hearts
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Hai paura del buio?

— Non ci ho mai pensato. Però, be’, sì.
La paura del buio indica semplicemente il timore dell’ignoto. —

Già… ma, ad essere sinceri, anche l’oscurità ha il suo lato affascinante.
Perché, in un certo senso, è più buona della luce.
E forse, l’ignoto non fa altro che avvolgere le nostre paure...
  Tu di cosa hai paura?


— … —.

L’oscurità, se ci pensi, non fa paura.
Non c’è niente da temere: non ci sono pianti;
non c’è rancore; non c’è odio;
non c’è guerra.
Il nulla stesso ci appartiene, lo sai?


— … —

Se ti lasci avvolgere nel suo abbraccio mortale, vedrai che il dolore sarà solo un minuscolo ricordo disperso nel vento che oramai qui non soffia più. 

 —Il dolore fa paura, anche i ricordi…
Ho ancora dei ricordi? —

Ognuno di noi ha qualcosa che tende a nascondere e solitamente il vero terrore è affrontare la realtà.
E tu, rivuoi i tuoi ricordi?
Vuoi davvero soffrire ancora?
Ti aggrapperai davvero a quest’ultima speranza?
Stai tentando di scappare, lo vedo. —


— E’ questa la realtà?
I miei ricordi ne facevano e continuano a farne parte?
Non sono sicuro di essere pronto ad accettare tutto in… così poco tempo.
Sempre che io abbia la possibilità di scegliere. —

”Tempo”. Che parola strana, non trovi? Ogni essere umano ne ha, eppure è così fragile, può essere spezzato facilmente dalla lama del destino. Allora, perché cerchi di scappare, perché cerchi la luce o un suo piccolo bagliore nel buio che ti circonda?

— Perché la luce è parte di me esattamente quanto lo è l’oscurità.
Non la voglio eliminare; non posso cancellare me stesso. —

Ricorda tuttavia che non puoi scappare a lungo.
La tua luce non potrà nasconderti dal tuo passato;
scappa pure se vuoi, ma presto o tardi dovrai affrontare il ticchettio del fato.
Sarai uno squarcio dell’oscurità stessa. 

 

 


 

 
Una ragazzina dai lunghi capelli castani riccioluti saltellava allegra per il giardino.
In testa, portava una graziosa fascia verde menta, che si confondeva con l
erba.
Raccoglieva piccole margherite, iniziando a comporre meravigliose creazioni, quali collane e braccialetti che, all
apparenza, sembravano emanare un insolito calore, forse infuso dallamore con cui li intrecciava.
Poi, d
un tratto, girò il suo viso verso il grande portone della casa che si ergeva di fronte a lei, eppure, per quanto di sforzasse, Takuto non riusciva a delineare i lineamenti del volto.
I suoi occhi scivolavano dalla testa della giovane al meraviglioso vestito che questa indossava, pieno di merletti e disegni floreali che sembravano fondersi con il paesaggio stesso.
Gli sembr
ò che stesse sorridendo, finché non prese parola.
Onii-chan
     
 
§ ✶ §
 
 
Shindou sobbalzò dal letto, portandosi stancamente una mano al viso.
Corrucciò la fronte, aggrottando leggermente le sopracciglia.
Sospirò pesantemente.
Ancora una volta quel sogno.
Era  da almeno un mese che, puntualmente, era tutte le notti la stessa storia.
C’erano momenti, in cui gli sembrava di soffrire d’insonnia, perché, nonostante dormisse, si sentiva stanco come non mai.
Il sole del mattino, però, lo rincuorava, riportandolo finalmente alla luce della realtà.
Intanto, fuori dalla sua porta, c’era un gran via vai di gente.
Ne percepiva la presenza, i passi lenti e quelli più veloci, alcuni goffi e altri decisi e sicuri, finché non udì un rumore piuttosto familiare.
— E’ sveglio, bocchan? —, esordì una vocina sottile, con immane delicatezza, mentre la figura esile di una ragazzina si ergeva dalla porta della stanza.
Quel profilo ben presto si delineò, mostrando dei corti capelli verdini e degli occhi color smeraldo.
Indossava l’apparente dodicenne un piccolo completo da cameriera con una gonna, che, sbarazzina, le ricadeva fino al ginocchio.
Un urlo, poi, riecheggiò fin nella camera.
Il povero Ichinose entrò sbattendo contro l’enorme portone in ciliegio, provocando una risata generale, finché una quarta voce si unì al trio.
Ancora impaurita, per la sua timidezza, una fanciulla dalla chioma violetta non comparve sulla soglia, con un enorme vassoio colmo di leccornie.
Tra brioches, pasticcini, biscotti e una teiera colma di tè fumante Shindou non aveva di che lamentarsi, tuttavia si limitò a gustare solo la bevanda.
— Shin-sama —, esordì Fuyuka tremante — Non è di tuo gradimento? Desideri qualcos’altro? —.
Takuto annuì, sfoggiando un sorriso di gratitudine verso la ragazza. Tuttavia ad Aki non sfuggì un lieve pallore sul viso del padroncino. Così, attenta, ne osservò per qualche interminabile secondo il volto.
— Non ti senti bene? —, si accodò, preoccupata.
Ichinose, invece, non faceva che rimuginare qualcosa sull’aspetto che il diciassettenne aveva.
Cose che non sfuggirono alle orecchie acute del maggiore, il quale, in tutta risposta, sbuffò contrariato.
Un gatto, intanto, prese a miagolare, con tono lamentoso, accucciato sul parapetto dell’enorme balcone, che si apriva a pochi passi dal lettone ad una piazza e mezza.
A quel suono Ichinose sobbalzò, fissando truce il povero animale che non lo degnò d’uno sguardo. Rabbrividì.
Aki non riuscì a trattenere una risata.
Per Shindou era finalmente arrivata la tanto attesa occasione di rivedere il padre, nel giorno del suo compleanno.
Diciassette anni.
Ancora stentava a crederci; sembrava tutto così reale, come fosse un sogno, un miraggio dettato dalla fantasia.
Non aveva mai avuto rapporti con il genitore ed erano rare le occasioni in cui poteva vederlo.
Anche durante le feste natalizie, non aveva avuto modo di vederlo.
Per fortuna, però, c’erano Aki, Ichinose e Fuyuka, nonché suo zio Endou, che ogni giorno gli facevano ritrovare il sorriso.
Facendo uscire i tre, schernendoli come sempre, iniziò a vestirsi con abiti piuttosto eleganti, per l’occasione.
Si guardò allo specchio, sistemandosi alla meglio i capelli castani che, delicati, gli ricadevano sul viso niveo.
Le iridi castane, poi, sembravano splendere come diamanti.
Ammiccò sorridendo, notando il suo aspetto impeccabile.
Chissà, quella sera al ballo, avrebbe anche potuto far colpo su qualche giovane donzella. 
A quel pensiero, arrossì vistosamente.
Sì, quest’anno sarebbe stata volta buona, avrebbe trovato la ragazza perfetta.
Anche perché negli ultimi tempi, non aveva avuto modo di uscire di casa e questo aveva limitato, come diceva suo zio Endou, lo “charme”. Sospirò.
A star con i pazzi, sarebbe diventato pazzo anche lui, di questo passo.
Uscito poi dalla camera, si recò come sempre a dare il buongiorno ai suoi zii, che lo aspettavano solitamente in giardino. Ridacchiò al pensiero di sua zia visibilmente sconvolta, perché, per qualche strana ragione, odiava qualsiasi insetto, persino le farfalle; la reazione era un qualcosa di troppo comico per essere definita.
Stavolta, però, all’uscio dell’enorme finestra che conduceva all’esterno non trovò le sagome dei due, bensì quelle di un ragazzo dai capelli argentati ed una donzella dalla chioma verde acqua.
Sussultò per la sorpresa.
— Neh, neh e questo sarebbe il famoso Shindou-kun? — , chiese, con tono affabile e dolciastro la ragazza, girandosi verso l’interpellato, che, così, incrociò gli enormi occhi violacei.
S’imbarazzo, a quella vista. Effettivamente quest’ultima era piuttosto carina, così, con fare attento, prese una rosa e gliela porse sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.
Beta, questo era il suo nome, finse una risatina nervosa, suscitando lo sguardo glaciale del suo accompagnatore, che evitò il contatto visivo.
Gamma, alias l’albino, raggelò il castano sul posto con uno di quegli sguardi all’intendere che, se avesse continuato, l’avrebbe seriamente fulminato lì. Shindou sussultò nuovamente, stavolta per il terrore.
— Non sai che se strappi un fiore, lo priverai della sua bellezza? —, disse poi il ragazzo dai capelli argento.
— Non ci avevo mai pensato, in effetti, però hai ragione. Non me n’ero accorto —, continuò il diciassettenne, evidentemente in imbarazzo.
Beta, intanto, aveva già adocchiato i pasticcini e ne prese uno, piuttosto soddisfatta.
— Ma che bravo ragazzo, ha preferito ammettere la sua colpa! Davvero molto cute , rise la giovane, cercando di togliere i due da quella strana situazione.
— Sbaglio o lei ha un accento inglese? —, domandò Takuto, con aria interdetta, avvicinando il vassoio alla verde acqua.
— Effettivamente, sia io che Beta, siamo stati per molto tempo in Inghilterra, in Francia, in Spagnia e persino in Germania; comunque non immaginavo che ti saresti accorto così facilmente del nostro accento, sinceramente —, disse Gamma, rigirandosi tra le mani una tazzina di tè, che aveva versato poco prima.
Il castano sorrise entusiasta, mentre osservava i suoi ospiti mangiare di gusto.
— Sono piuttosto sorpreso, avete viaggiato davvero molto. In ogni caso, ho molti parenti a Londra e per questo ho potuto imparare l’inglese piuttosto bene —, rispose Shindou, prendendo posto su una delle poltrone del giardino. 
Finalmente, dopo quasi venti minuti d’attesa, Endou e la sua consorte arrivarono.
Quest’ultima, con nonchalance si mise a sedere il più vicino possibile all’entrata della casa, forse pregando affinché nessun insetto le saltasse addosso.
— Stamattina, Hikari, mi è stata consegnata una strana lettera. Credo sia indirizzata al capo famiglia —, prese parola Beta, ammiccando un sorrisetto sornione. Shindou la guardò piuttosto stranito, se non sorpreso: era raro che il padre ricevesse lettere. Tuttavia, gli sembrò comunque normale. Era un essere umano, in fondo, no? In ogni caso, però, Gamma si prese la premura di avvertirlo di non aprire giacché, ribatté, non era indirizzata a lui.
Shindou, così, si limitò ad annuire. Endou, però, non diede tempo di spiegarsi e intervenne: — Se ci sono problemi con mio fratello, può parlarne anche con me —.
La reazione di Natsumi non si fece aspettare; li squadrò così in modo truce, come se  volesse congelarsi lì.
— Takuto,  prendi la lettera e vai in camera tua. Io e tuo zio, dobbiamo parlare con questi signori —, riprese poi la ramata.
Per qualche strana ragione, neanche Natsumi sembrava mantenere la calma; davanti al diciassettenne, c’era un aria piuttosto tesa e così optò per allontanarsi.
L’espressione dei suoi zii non gli piacque per niente.
 
 
§ ✶ §
 
 
Entrato in camera, di nuovo, Shindou la trovò completamente in subbuglio, fra letto disfatto e cuscini per terra, per non parlare della sua raccolta di fotografie.
Si chiese seriamente se non fosse passato di lì un uragano e invece trovò tre chiome, violetta verde e castana, immerse in quel caos.
Iniziò a ridere e non riuscì a fermarsi per almeno cinque minuti, perché le loro facce erano qualcosa di troppo buffo per essere descritto.
Ichinose, forse, aveva fatto tutte le sue solite sbattute squallide e, probabilmente, Aki lo aveva preso a calci mentre Fuyuka aveva tentato di fermarla.
Ad azzardare queste ipotesi, si sentiva davvero un detective privato di Scotland Yard.
Si stava divertendo davvero molto, però adesso la sua stanza era diventata uno sgabuzzino e di certo non poteva rimanere lì.
Sgridò quei pasticcioni, ribadendo che adesso avrebbero dovuto pulire loro, cosa che a Kazuya non piacque per niente.
Perché, diciamolo, odiava pulire.
Intanto, presero a scusarsi con aria colpevole, facendo sfuggire un’altra risata al diciassettenne, il quale, poco dopo, sparì di nuovo oltre la soglia della porta.
Magari, se si fosse rilassato nel giardino di rose, quell’emicrania, che dalla mattina precedente lo tormentata, avrebbe dato segni di resa.
Eppure, appena fatti i primi passi, un capogiro lo costrinse ad accasciarsi a terra, mentre una gonnellina  vermiglia si delineava da dietro i cespugli.

 
§ ✶ §
 
 
Onii-chan, mi hai trovata! Quand’è che mi vieni a cercare di nuovo? Vediamo se mi trovi! —, disse questa con voce infantile, ondeggiando i capelli riccioluti, per poi correre incontro a Takuto.
Nonostante ciò, non riusciva a vederne il volto, proprio come nel sogno.
Lo attraversò ed un brivido di freddo lo percorse lungo la colonna vertebrale.
 
Cosa voleva dire tutto questo?
 
E chi era, poi, soprattutto? Perché lo chiamava onii-chan?
Lui, del resto, non aveva nessuna sorella.
Aspettò paziente l’arrivo del padre, per chiedergli magari qualche spiegazione al riguardo.
Questo gli ricordava qualcosa che non voleva emergere.
Tutto troppo familiare.
Cosa stava nascondendo a sé stesso? Questa domanda lo stava lentamente distruggendo.
Attese fino al pomeriggio inoltrato, cercando ancora di riprendersi dall’accaduto.
Tuttavia, quella lettera, non faceva che incuriosirlo sempre di più: si era sempre occupato degli affari di famiglia, in assenza del genitore, quindi, pensò che avrebbe potuto aprirla.
Così, mosso dall’estrema curiosità infantile di sapere, prese il tagliacarte e stracciò la busta.
 

 
Spett.le Shindou Takuto,
 
Consapevoli che non avrebbe seguito le indicazioni a lei fornite dai nostri collaboratori, la invitiamo a svolgere una ricerca.
Prima di esprimere chiaramente cosa desideriamo che lei faccia, ci lasci spendere due parole a proposito dellincidente di sua sorella Anchobi due anni addietro.
Ci duole doverle ricordare questo sgradevole episodio in un giorno tanto importante, tuttavia è fondamentale che lei conosca quel che è di suo diritto sapere.
Il disastro che costò la vita alla sua sorellina è stato rimosso dal tempo; nessuno sarà tanto masochista da andare contro suo padre confermando ciò che le stiamo scrivendo, quindi è fondamentale che lei ci creda.
Anchobi è reale. E' vissuta.
Non è frutto della disgraziata mente malata di un vecchio.
Cerchi un oggetto che le apparteneva e si rechi questa sera alla Torre dellOrologio.
Ricordi: non c’è altra via.
Con ossequi,
Pandora
Post Scriptum: felicitazioni per il suo diciassettesimo compleanno.

 
 
E uno scherzo!”, continuò a ripetersi, “Non può essere vero”, per convincere più sé stesso che altri.
Era impossibile, tutta questa faccenda non aveva il minimo senso logico.
Un gioco crudele, di pessimo gusto.
Era diventato bianco come un cencio, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
“Anchobi”, pronunciò ancora, interdetto, eppure tutto ciò che esprimeva il contenuto di quella busta color panna sembrava davvero riflettere la realtà, una realtà di cui non aveva ricordi né pensieri.
Per qualche secondo udì una risatina, che gli ricordava quella voce che lo richiamava sempre nei suoi sogni.
Se stava impazzendo, allora, lo stava facendo velocemente. 
Voleva scoprire la verità laddove questa potesse essere uguale alla sofferenza.
Corse via, nello studio del padre, per vedere se fosse almeno arrivato e non trovò anima viva se non quella specie di fantasma che aveva rivisto in giardino, che lo invitava a cercare un oggetto molto importante, che chiamava “ciondolo” o, semplicemente, “il mio principe azzurro”.
Poi svanì con la stessa velocità di com’era arrivata, dissolvendosi nella brezza che entrava, dalla grande finestra dell’ufficio.
Quasi non si spaventò, vedendola sparire; l’aveva vista così tante volte, che ormai gli sembrava abitudine.
Così, con passo svelto, percorse il lungo corridoio in cerca del minimo indizio.
Domandò infine persino a qualche cameriera, le quali appena udirono quel nome, rabbrividirono e si fingevano indaffarate, pur di non rispondere.
 
 
§ ✶ §
 
 
— Neh, Aki, mi puoi spiegare perché in biblioteca c’è sempre qualcuno a sorvegliare? —, domandò Ichinose alla prima.
Erano due anni che faceva parte di quella strana famiglia, che adesso chiamava casa, ma, in ogni caso, c’erano un sacco di cose che ancora non riusciva a spiegarsi.
La verde sobbalzò, come Fuyuka dietro di lei.
— C’è un segreto —, riprese la violetta «che non deve essere svelato».
— Si dice infatti che di notte, nella biblioteca, si veda una specie di fantasma, che girovaga fra gli enormi libroni, farfugliando: “non riuscirà mai a trovare il mio tesoro qui” — disse Aki, imitando una voce da scenario horror, che fece gelare il sangue all’amico, mentre Fuyuka si limitava ad annuire interdetta.
Takuto intanto aveva ascoltato il discorso appartandosi alla parete del corridoio principale.
Ecco che cosa gli tenevano nascosto; ora sapeva perché nessuno poteva entrare in quella stanza durante la notte.
All’imbrunire, sicuramente, avrebbe scoperto qualcosa.
Quando varcò la soglia, le teste dei tre scattarono meccanicamente verso di lui, con un'espressione sorpresa.
Facendo finta di nulla, prese posto accanto alla scrivania e, prima che potesse aprir bocca, li sentì scoppiare in una risata isterica che più che tale pareva un lamento stridulo.
Così, mentre questi uscivano frettolosamente dalla stanza,  lui, ancora la busta stretta nella mano, si lasciò cadere sulla sedia.
Rilesse nuovamente il contenuto della lettera, soffermandosi sulle foto e i vecchi ritagli, che non facevano altro che aumentare la sua preoccupazione.
Si parlava d’incidente, in cui anche lui era coinvolto, ma ne aveva alcun ricordo.
Inserì pian piano nel puzzle che si stava componendo nella sua mente, le parole degli amici e, così, si decise ancora di più ad esplorare la biblioteca.
 
 
§ ✶ §
 
 
Il ballo sarebbe iniziato di lì a poco, di conseguenza di nobili ce ne sarebbero stati davvero tantissimi.
Questo, in un certo senso, era un vantaggio.
Non sarebbe servito molto per distrarre le guardie alla porta.
Ora rimaneva un problema: gli invitati e i loro auguri.
Dilemma non da poco, ma non sarebbe stato certo questo a fermarlo.
Un’idea gli balzò in mente, piuttosto malefica: Kazuya gli doveva un favore, in fondo, visto che aveva rubato dalla dispensa l’ultima volta, facendo infuriare la cuoca e lui si era offerto di proteggerlo dall’ira della donna, che aveva già in mano un enorme randello.
Ichinooose-kuuun~ —, urlò poi nel corridoio, con tono canzonario, imitando una risata malefica.
La voce riecheggiò con fragore, finché non giunse alle orecchie dell’interpellato che raggelò all’istante.
La cosa non prometteva bene, per nulla.
Scappare, oh se avesse potuto farlo!
E gli incubi stavano solo per cominciare.
 
 
§ ✶ §

 
Le guardie ormai erano KO;
le loro pance erano colme di pasticcini alle prugne e ciò rimandava ad un’unica parola: toilette.
Shindou rise di gusto davanti a quella scena, in cui quelle povere anime scappavano via a gambe levate.
Senza chiederselo due volte ne approfittò ed entrò, varcando quell’enorme portone color panna.
Conosceva la biblioteca, tuttavia, non gli era mai capitato di entrarvi di notte.
Scontrarsi faccia a faccia o, per meglio dire, faccia e vuoto con quel fantasma era un’idea che non lo allettava per niente, ma non c'era scelta.
Spalancò le finestre, facendo entrare qualche bagliore di luce lunare, per poi accendere un piccolo lume che aveva avuto la lungimiranza di portare con sé.
Camminò a lungo tra gli scaffali, spostando qua e là qualche libro, facendo meno rumore possibile.
Avanzò a passo felpato, finché non raggiunse l’enorme parete che indicava la fine di quel stanza.
La luce della candela si spense improvvisamente, eppure non c’era vento.
 
 
§ ✶ §

 
Si sentiva un idiota, ringraziò mentalmente la possibilità di avere una maschera.
Stavolta avrebbe ucciso il suo padroncino, per davvero.
Mai stato più ridicolo in tutta la sua vita, non riusciva neanche a camminare con quel diamine di indumento.
Appariva come una bambolona di porcellana e lui non le aveva mai sopportate!
Si domandò come Takuto potesse fare un qualsiasi passo con quel vestito, il solo pensarci lo inquietava non poco.
Tutti gli occhi erano fissi su di lui e il terrore presto s’insinuò nel cuore del povero ragazzo, mentre una valanga di auguri e applausi veniva sfoggiata in quell’enorme salone.
Ringraziò nuovamente che la sua identità non sarebbe stata rivelata, anche se il fatto di non vedere gli altri nobili in viso per lo stesso motivo gli dava sui nervi.
Aki e Fuyuka strabuzzarono gli occhi, facendo cadere inavvertitamente le posate sul pavimento.
Il loro volto era un incrocio tra lo scandalizzato e lo spaventato.
Se quelle due l’avevano scoperto, quante speranze aveva?
 
§ ✶ §
 
 
Le tende delle finestre erano sospinte da qualcosa che non poteva essere definito come vento mentre l’esile figura, che ormai tormentava le sue giornate, apparve di fronte alle sue iridi color cioccolata.
Trattenne il respiro, nel tentativo di calmarsi e di prendere conoscenza di sé.
Onii-chan, non riuscirai a trovare il mio indizio, ne sono sicura~ —, lo canzonò con tono melodioso la fanciulla, quasi ridacchiò, per poi sparire.
La fiamma della candela si riaccese d’improvviso, come se tutto ciò non fosse mai accaduto.
Si appoggiò alla parete, tentando di riprendere fiato.
Perché lo stava contattando proprio ora? Perché non qualche hanno prima?
Cercò di non pensarci mentre un piantoci bambina riecheggiò tra gli scaffali.
Rimase lì per almeno un’ora, cercando un qualsiasi segno del passaggio di quella specie di fantasma.
Probabilmente, se la fiamma si fosse spenta, sarebbe stato vicino all’obiettivo.
Finalmente, udì nuovamente quella voce: — Perché mi hai dimenticata, onii-chan? Perché nessuno mi riconosce? —.
Eppure, le parole sembravano perdersi nel vento che da poco aveva preso a soffiare nella stanza.
Non ci volle molto. 
Notò, infatti, come si aspettava, un foglio di carta ingiallita dal tempo incastrata tra due ante della libreria.
Era piuttosto difficile da trovare, ma, per qualche ragione, Takuto era piuttosto bravo in questi giochi.
Tirò con forza e dei libri gli caddero addosso, al che s’intontì non poco.
 
Non sempre tutti i tasselli vanno al loro posto per completare il puzzle
 
Bofonchiò con voce titubante tra sé e sé.
C’era qualcosa in mezzo a quel tumulto di scartoffie e lui aveva intenzione di scoprire di cosa si trattasse.
Così, spingendo con tutte le forze che si ritrovava in corpo, cercò una breccia nella libreria e, quasi con sorpresa, trovò una porta serrata con assi di legno -nel tentativo di tenere tutti alla larga, forse-.
Ma no, non gli bastava, non si sarebbe fermato lì e si chiese seriamente perché diamine non ci avesse mai fatto caso prima.
Spostare quelle assi non sarebbe stato facile ma, facendo leva con un libro, iniziò pian piano a levarle tutte, aprendo finalmente quell’inviolabile luogo.
Un piccolo corridoio stretto, pieno di polvere e di legno tarlato, si apriva davanti ai suoi occhi con, alla fine, una nuova porta, chiusa però a chiave.
Nonostante avesse forzato la maniglia, sembrava come murata dall’interno.
Qualcosa, tuttavia, brillò alla luce della candela: Shindou allungò la mano per prenderla e notò che era un ciondolo a forma di cuore, con all’interno un orologio.
Iniziò a girargli la testa con l'arrivo della nausea, seguita a ruota da una fitta al cuore: davanti alle sue iridi presero a farsi largo delle immagini sfocate.
 

 
Un nitrito di cavalli;
ruote sulla strada;
la portiera che si apre: due corpi che rotolano.
Una gonna verde ed un ciondolo;
il cuore che batte a mille.
Un ragazzo dai capelli color notte;
la falce puntata contro di lui;
 
occhi dorati ed una risata malevola.

Buio.
 

 
Si appoggiò alla parete, reggendosi a stento.
Tutto ciò non poteva essere reale, sentiva gli occhi pizzicare, segno che le lacrime premevano per uscire.
Si portò una mano alla bocca, per regolarizzare il respiro: un incubo.
Iniziò a correre, mentre sentiva dei passi delinearsi dietro di lui.
Non voleva girarsi.
Scappò fuori dalla biblioteca, non curandosi di nulla.
Andare in quella torre, bene, il suo ultimo obiettivo.
Le guardie cercavano di seguirlo senza riuscire a raggiungerlo, perché qualcosa le stava trattenendo.

 
 
§ ✶ §
 
 
Ichinose sfuggì all’ultima delle tante ammiratrici di Shindou, afferrato per il polso da una presa salda e sicura.
Quando si trovò fuori dalla sala, poté finalmente guardare in viso il suo “salvatore”: capelli argentei e uno sguardo che ispirava tutto fuorché fiducia.
Accanto a quest’ultimo, una ragazza lo fissava divertita. “Che sia unaltra delle tante?”, si chiese.
Tuttavia, qualcosa gli diceva che non era così.
— Chi diamine sei, tu?! Dove è finito Shindou?! —, ruggì Gamma.
Il ragazzo rimase senza parole, dopo aver compreso di essere stato scoperto.

 
 § ✶ §

 
Apparentemente, la Torre dell’Orologio non era nulla di speciale.
Una struttura in decadenza la cui età era indefinibile.
Sentì degli occhi puntati su di lui, ma li ignorò e procedette imperterrito, finché non si trovò al penultimo piano della costruzione.
Qui si ergeva, sulla sommità delle scale che portavano al livello superiore, un enorme orologio, il quale non accennava a funzionare.
Non ebbe il tempo di girarsi che, a pochi passi da lui, sette uomini in nero armati con delle enormi spade, lo puntarono.
Il suo urlo parve strozzato, mentre questi si avvicinavano con aria minacciosa.
Ebbe paura.
D’un tratto, una sagoma si parò di fronte ai suoi occhi e al suo arrivo delle enormi catene la seguirono tramortendo quelle figure, per poi sparire a sua volta.
 
Mi stavi chiamando? Ho sentito la tua voce.
 
L’orologio suonò ed un baratro si aprì sotto i suoi piedi.
Il nulla lo avvolse, trascinandolo con sé.
 
 
 

 
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Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni...
 Un’altra cacciatrice si è aggiunta a me nell’ardua impresa di un capitolo per un’idea genial-
*viene presa in pieno da un biscotto*
Iris: …
Mary: Iris ma cosacavol-
Iris: Unicorni.
Mary: …
Iris: …
Mary: Reim x Break.
Iris: Ti auguro la morte di Tenma.
Mary: ReimxBreakxGilbertxManiglia (???).
Iris: *depression mode*
 
Vabbeh, a parti i nostri scleri – perchè si, mentre scrivevamo ne abbiamo sparate di cavolate random-, speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito.
Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta a settimana, di sabato e boh(?).
*porge biscotti*
 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 

 

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Capitolo 2
*** L'Abisso: Ch.01 ***


 
 
Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Primo capitolo:

§  L' Abisso  §
 
 

 
§ ✶ §

Sentì una forza che lo trascinava via, sempre più in fondo a quell’enorme baratro.
Finché non si ritrovò sulla superficie acquea che delineava la fine, come un pavimento.
Gli girava la testa, ancora non aveva ripreso conoscenza del tutto, perché non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.
Sembrava una specie di protagonista d’un libro di fantasia.
Era troppo irreale.
Questo distruggeva il suo mondo di scienza e realismo.
La realtà e la finzione sembravano un tutt’uno, come uno scenario inventato.
Si alzò, deciso a scappare da quel buco dove si era ritrovato, ma non vide l’ombra di una luce.
Le gambe gli tremavano e ansimava, senza riuscire a fare qualche passo degnamente, era troppo scosso;
calmarsi non sarebbe stato facile, tuttavia ci provò, portandosi una mano al petto e tentando di regolarizzare il respiro.
Osservò il suo fiato congelarsi, realizzando che doveva fare piuttosto freddo, purtroppo, però, per qualche strana ragione non riusciva a sentirlo.
Aveva perso sensibilità, senza ombra di dubbio.
Piagnucolò, poi scoppiò letteralmente a piangere.
Le lacrime gli rigavano il volto e gli occhi si facevano a mano a mano sempre più rossastri.
Singhiozzava affannosamente, tentando di prendere il più possibile aria nei polmoni e finì quasi col sentirsi male.
Si guardò attorno, cercando di mettere a fuoco ciò che lo circondava: di oggetti strambi nella vita ne aveva visti, ma quelli superavano ogni aspettative. Riuscì ad identificare una specie di cubo con le lettere, agganciato ad una catenella rotta.
Accanto, delle enormi carte da gioco a mo’ di torre ed una gigantesca scacchiera le cui pedine erano sparse a terra; sul pavimento giacevano tutt’intorno pezzi di bambole rovinate dal tempo e grandi pupazzi squartati a metà.
C’erano enormi bottoni che facevano, in un certo senso, da ponte per proseguire.
Nel buio, gli sembrò di vedere qualcosa brillare: era simile ad una testa di un bambolotto per ragazzine, ma questa aveva un occhio distrutto, senza capelli e con evidenti lesioni.
Ad un tratto, proprio nel momento in cui fece per voltarsi, delle enormi zampe meccaniche, simili a quelle di un ragno, presero forma sotto quest’ultima iniziando a inseguire Shindou, che nel frattempo aveva preso a correre nel tentativo di seminarlo, urlando a squarciagola, consapevole che nessuno poteva sentirlo.
Nonostante l’impegno, non riuscì ad andare molto lontano, inciampando qua e là, bloccato spesso da strani pupazzi che, al suo passaggio, sembravano prendere vita.
Lo ferì al braccio ed il sangue intrise la sua giacca biancastra, tingendola d’un rosso amaranto, mentre la chiazza non faceva che ingrandirsi.
Cadde, batté la testa contro una superficie ruvida e pensò che sarebbe stata la fine.

 
— Chiamami. Invoca il mio nome —
Kyousuke
 
 
Lo sussurrò con voce tremante, incapace di capire come quel nome fosse saltato fuori dalla sua bocca o meglio dalla sua testa.
Lo aveva pronunciato inconsciamente, come se fosse stato qualcun altro a nominarlo per lui.
Una falce dalla lama nera come la pece gli si parò davanti, bloccando quella zampa meccanica e la distrusse in pochi secondi prima che il fuoco, d’uno strano colore argenteo bruciasse interamente quella specie di ragno.
Tuttavia, questo opponeva resistenza ma la falce lo tagliò nettamente in due, trapassandolo e macellandolo allo stesso tempo.
Schizzi color della notte guizzarono fuori da quel corpo, sempre che potesse essere rifinito tale, senza vita.
Una figura si delineò dall’oscurità stessa, dai capelli color notte.
Un mantello nero, dal fodero violaceo, con dei ritocchi dorati, strappato sull’orlo, testimonianza di varie battaglie, sembrava muoversi di volontà propria.
Non ebbe il tempo di capire cosa stesse accadendo, che il ragazzo che gli era di spalle, rivelando i suoi occhi ambrati, che brillavano ad ogni suo movimento.
La pelle era pallida, come il latte, mentre le labbra rosee lasciavano scorgere, poiché semiaperta, i canini.
Il vestito era semplice, composto da una camicia nera con una minuscola scollatura, che lasciava intravedere il ciondolo con cui era legato il manto; pantaloni dello stesso colore e stivali al ginocchio, scuri, con rifiniture bianche.
Quasi arrossì a trovarselo dietro, così d’improvviso, al punto che poteva persino sentirne il respiro.
Rabbrividì, scattando per allontanarsi, suscitando l’ira dell’altro, che lo squadrò con un’espressione perplessa.
Shindou non sapeva che cosa fare: sarebbe stata quella la sua morte? Per mano di un ragazzo strambo?
Kyousuke, però, sbuffò.
— Allora vuoi startene lì tutto il tempo? Che razza di idiota. — bofonchiò nuovamente, mentre si accingeva ad osservare la sua enorme arma.
— Ho altre alternative? — sussurrò di malavoglia, piagnucolando Takuto.
— Be’, sì, morire sarebbe una. E poco fa c’eri quasi riuscito. Puoi essere compiaciuto di te, eh? — aggiunse sarcastico il blu, che senza delicatezza gli aveva schiaffato in faccia la cruda verità, cosa che fece irritare non poco il castano.
— Molto —
— Lo vedo, lo vedo — annuì ridacchiando sommessamente il ragazzo dagli occhi ambrati, giocando con la sua falce, prendendosi gioco di Shindou.
— E l’altra alternativa? — domandò, facendosi coraggio il diciassettenne, sedendosi su una specie di panchina di legno, che sembrava far parte di una casa per le bambole.
— Scappare di qui. — mormorò il blu, mentre sedeva sulla testa rotta di quel “mostro” che poco prima aveva aggredito l’altro.
— Come? — chiese curioso, in contemporaneo, prima che l’altro potesse continuare il discorso.
Si torturò le mani, nel tentativo di reggere la tensione, ancora indeciso se quella fosse davvero la realtà dei fatti.
— Be’, prima di tutto dovresti ringraziarmi — sbuffò, appoggiando la testa tra le mani, lasciando andare l’enorme arma per terra che svanì nell’ombra.
— … grazie. — mormorò l’altro con disappunto; giurò di aver visto gli occhi di Kyousuke, se questo era il suo nome, brillare. Raggelò.
— Ci voglio più passione. — continuò sarcastico l’interpellato, ridacchiando tra sé e sé.
— No. —
— Che ragazzino viziato. —
A quelle parole, Shindou sussultò, confermando la teoria della sua testa: quello doveva essere un imbecille.
Kyousuke gli lesse nel pensiero.
— Strano, non è la prima volta che me lo dicono. — ribatté il castano, nervoso.
— Certo, soprattutto sai comportarti degnamente di fronte alle persone, no? — continuò divertito il ragazzo dai capelli blu.
Erano secoli che non aveva una conversazione e, be’, fare arrabbiare quel tipo era piuttosto divertente.
— Ovvio! — rispose, con aria da superiore, imitando una posa davvero buffa, in cui riponeva tutte e due le mani sui fianchi.
— Allora non avrai problemi se questa persona ti abbandona qui... — bofonchiò incrociando le gambe con fare saccente, facendo ricomparire la falce.
—…ah ehm... —
Il giovane dagli occhi ambrati scoppiò in una sonora risata - che parve un risolino malefico - il quale fece arrossire per la vergogna il riccioluto.
— Neh, bamboccio, da ora sei il mio servo. Per cui, sarò caritatevole, ma dovrò tagliarti quella lingua biforcuta, se continui di questo passo. — disse il primo, ancora sghignazzando compiaciuto del suo cosiddetto “acquisto”.
— Io sono il tuo che cosa?! — strillò in tutta risposta il castano, esasperato.
— Servo, schiavo, mettila come vuoi — definì meglio quella sottospecie di padrone o almeno così sentiva di essere.
— … —
Un silenzio spettrale cadde in quel momento.
— Che c’è? Hai perso la parola? — domandò interdetto l’ambrato, riprendendo a sistemarsi il mantello come meglio poteva.
— … —
Nuovamente nessuna risposta.
— Uff, che noioso che sei! — commentò dopo essere rimasto basito dal comportamento, a sua idea fanciullesco, dell’altro.
— Grazie. — bofonchiò alla fine.
— Prego. Mi devi la vita, dopotutto — confermò imitando uno sguardo serioso.
— Poi sarei io l’egocentrico, eh? — rispose sarcastico il castano.
— Appunto. —
— Idiota! —
— Zitto, zerbino! —
— Cretino. —
— Il cretino ha salvato il suo real di dietro, quindi, mio caro, la sua vita mi appartiene. —
A quest’ultimo commento, ormai al colmo della sopportazione, scattò in piedi Shindou, palesemente irritato.
— Dove pensi di andare? — si limitò a proferire il blu, mentre scendeva anche lui, iniziando a seguirlo.
— Da qualsiasi parte, basta che non ti veda più! — ribatté il castano, tentando di affrettare il passo.
— Ma come siamo acidi, neh? — lo schernì l’ambrato.
— “Acido” è il mio secondo nome. — continuò Takuto, svoltando qua e là nel tentativo di seminarlo: andare alla rinfusa non gli era mai piaciuto.
— Ti dona. —
— Lo so. —
Per l’ennesima volta, il silenzio si fece largo nell’abisso, rotto solamente dai frettolosi passi di Shindou e quelli leggeri e felpati dell’altro.
— Comunque non dovresti allontanarti troppo da me. — lo avvertì con tono premuroso e forse non da lui il blu, mentre notava degli occhi rossi nascosti nell’oscurità.
— Che c’è? Da quanto t’importa? — domandò quasi con curiosità  il castano.
— … —
Il ragazzo con la falce si ammutolì, fermandosi di botto, come se stesse attendendo un segno
— Allora? —
La domanda di Shindou si perse come nel vento. Dispersa nel nulla.
— Zitto e cammina. —
— Dove? — chiese, facendosi coraggio.
— … —
Ancora nessuna risposta, però in compenso il blu riprese ad avanzare, avvicinandosi completamente a lui, come se temesse un attacco da un momento all’altro.
— Cercherò l’uscita da solo. — si scostò infastidito, mentre si stava per rendere conto di due paia di occhi che da tempo ormai lo stavano seguendo.
— Fermo, baka. Ti farai ammazzare! — gli sussurrò Kyousuke nell’orecchio.
Rabbrividì, mentre gli indicava quel rossore nel buio.
Trattenne il respiro, ringraziando mentalmente quell’idiota per averlo avvertito.
— Quindi? Che dovrei fare? — si ricompose, mantenendo il tono della voce più basso che poté.
Si avvicinò nuovamente al suo interlocutore.
—Un modo ci sarebbe. Ed è l’unico che conosco. — sorrise l’ambrato.
— Ovvero? — domandò, incuriosito dall'atteggiamento dell’altro mentre si scostava un ciuffo di capelli castani dal viso e lo portava all'orecchio.
— Ogni tanto nell’Abisso c’è scompiglio, perché un chain si lega ad un umano... — fece intendere, volgendo lo sguardo verso l’alto.
— Cos’è un chain? — chiese, sorpreso.
—Razza di buono a nulla, ancora non l’hai capito?—
—…? —
—… praticamente sono esseri con poteri, come quel mostro che ti ha attaccato ed io stesso. — spiegò il blu, abbassando gli occhi a terra e premendo la mano destra al petto. Sorrise tristemente.
— Tu? — mormorò, come se non fosse stata una domanda.
— Be’, che ti aspettavi? — riprese sornione il ragazzo dagli occhi color ambra.
— Unicorni e arcobaleni. — scherzò Shindou, cercando di alleggerire la tensione che si era creata tra i due.
— Ma in che razza di mondo vivi? — ridacchiò il blu.
— Nell’unico che esiste o almeno così credevo... — spiegò.
— Ho paura di chiederti altro. — esclamò divertito, come se fosse stato tutto un gioco.
— Fai bene! — definì il castano, riprendendo la posa buffa di prima.
— Sai, però, mi piacerebbe vederlo, il mondo di sopra. Credo che sia legato ai miei ricordi… — sospirò interdetto, sperando che l’altro non l’avesse ascoltato.
— Come fai ad avere dei ricordi del mio mondo? — riprese Takuto, turbato.
— Non lo so. Ce li ho e basta. — tagliò corto l’interpellato.
— Ce li hai e… basta? Ottimo punto di partenza! —
— Vogliamo parlare di te, Miss Piagnone? — bofonchiò, ridacchiando, Kyousuke.
— Sono un maschio. — fece intendere, incrociando le braccia al petto e alzando il sopracciglio destro, scatenando nuovamente un’altra risata.
— Ma se strillavi come una femminuccia! — sopraggiunse l’altro, mentre cercava di riprendersi.
— Tu stavi ascoltando?! — domandò scandalizzato.
— Avevo un posto in prima fila! — continuò sogghignando “l’amico”, che, per stare in piedi, era stato costretto ad appoggiarsi all’arma che portava con sé.
Scoppiò nuovamente a ridere. Era troppo buffo quando era imbarazzato, specialmente se si trattava di farlo irritare. Mai riso tanto in vita sua.
— Comunque dicevo, l’unico modo per uscire, è legarsi ad un umano per me e ad un chain per te. Io, però, non ho ancora trovato quello giusto — confermò l’ambrato.
— E come sarebbe quello giusto? — lo sollecitò.
— Qualcuno con un intensa forza vitale. — spiegò senza troppi complimenti.
— Allora hai trovato l’umano sbagliato... — sospirò, quasi sarcasticamente dispiaciuto Takuto.
— Non mi stavo riferendo a te. — brontolò.
— E a chi? — s’incuriosì il castano.
— A qualcuno nei miei ricordi. — continuò il blu, senza troppe pretese.
— Tu, comunque, devi un trovare un chain. Buona fortuna, mio caro, sempre che tu riesca a sopravvivere. Se morirai, potrei perfino decidere di fare una tomba e ricordare la tua memoria… Però gli altri chain di solito divorano tutto il corpo, lo sai? — ridacchiò Kyosuke, cercando cambire argomento.
— Ora lo so. — rispose sarcastico Shindou.
— Ma bravo, almeno hai imparato a stare attento! — bofonchiò per l’ennesima volta l’armato.
— Quindi? — si decise il castano, alla fine.
— Quindi mi godrò lo spettacolo in prima classe. Dopotutto sei il mio servo, no? — rivelò, rigirandosi la falce in mano e nascondendo un sorrisetto.
— Be’, padrone, allora divertiti quaggiù! — ribatté, con lo stesso tono il diciassettenne.
— Ci puoi giurare. —
— Addio, —
— Addio. —
Il castano riprese così la sua lunga corsa verso il nulla, alla ricerca di una qualsiasi cosa che avesse potuto utilizzare quantomeno come arma. Il pensiero però ritornava sempre alla sua famiglia e ai suoi amici.
Brontolò, senza riuscire a fare più di una ventina di passi, mentre l’ombra di Kyousuke lo seguiva da dietro i cumuli di giocattoli rotti. Forse per proteggerlo, forse no.
— Allora, già ti arrendi? — domandò poi, quando Takuto si fermò.
Nessuna risposta, se non dei pugni sbattuti a terra, che fecero sussultare l’interlocutore.
— Non mi aspettavo un tipo così arrendevole! — lo schernì, soddisfatto.
— E allora che ti aspettavi? — chiese, irritato.
— Niente, un po’ di forza di volontà, magari. Non c’è quasi gusto… — sbuffò, annoiato, rigirandosi tra le dita i capelli.
— Non sono un burattino. — esordì Takuto.
— Posso assicurarti che lo sei, tutti lo sono...  — ribatté il blu, spaparanzandosi su un cumulo di imbottitura di peluches, sulla destra di Shindou.
Non sempre tutti i tasselli vanno al loro posto per completare il puzzle ripeté meccanicamente, come se non fosse stato lui a parlare.
Ho già sentito questa frase, sai? — rivelò il blu, sussultando nel sentirla.
— Anche io. —
Kyosuke si allontanò, incupito, ritornando sui suoi passi.
—… aspetta. — disse, sentendosi in colpa, come se gli avesse fatto ricordare qualcosa di veramente spiacevole.
Nessuna risposta.
Continuò a camminare.
— Cosa hai detto che serve, per uscire da qui? — domandò in fine, stremato nel tentativo di attirare l’attenzione del chain.
Ci riuscì.
— Tu hai bisogno di un chain ed io di un umano. — rispose e i  suoi occhi lampeggiarono nell’oscurità.
— Non vedi che abbiamo tutto quel che ci serve? — sospirò, prendendo o, meglio, appoggiando la mano sulla spalla di Kyousuke ed emanando un calore che fece scattare quest’ultimo per la sorpresa.
— Ma poco fa non eri contrario? — riprese.
— Voglio solo uscire da qui. — commentò il diciassettenne, esausto.
— Saggia scelta, ma dovrai rispettare due miei condizioni, mio piccolo servetto. — spiegò il blu, riprendendo il tono saccente di prima.
— Del tipo? —
— A, voglio vedere il mondo esterno... — cominciò.
— Penso si possa fare. — analizzò il castano.
—… e, B, mi dovrai aiutare a ricostruire i pezzi del mio passato… Ricorda che dovrai sottostare a me,  schiavetto. — definì al meglio l’ambrato, sorridendo sornione.
— Anche io ho due condizioni: per primo, non osare più chiamarmi “schiavetto” e, secondo, voglio trovare le risposte alle mie domande, quindi tu dovrai essere pronto a combattere, se sarà necessario. — lo  avvisò il ragazzo, notando lo stupore nelle iridi del chain.
— Sembra divertente, ci sto. Penso sia d’obbligo sapere il tuo nome, ora, no? — si decise finalmente il blu.
— Mi chiamo Shindou, Shindou Takuto. — si presentò.
— E tu? — chiese.
— Dovresti saperlo: mi hai chiamato tu. Kyousuke, il mio cognome non deve interessarti. — ribatté.
— Allora non farò domande. — annuì il compagno.
— Bene, vedo che impari in fretta! — sorrise.
— Diamoci una mossa. — riprese il blu, mentre riafferrò la falce dal cumulo.
— Tra poco il portale dovrebbe aprirsi. Solitamente appare quando la linea bianca che vedi nel cielo si scurisce — indicò il chain, alzando il viso.
 Shindou non se n’era accorto.
— Sta per iniziare, vieni. Sei pronto? — domandò.
— Sì —
— Bene —

 
 
§ ✶ §
 
 
 
 
La luce chiara e intensa allo stesso tempo, illuminò l’oscurità dell’Abisso, mentre gli altri chain si nascondevano solo al sol vederlo.
Shindou dovette coprirsi gli occhi per non rimanere accecato, mentre Kyousuke lo trascinava con forza, saltando da una parte all’altra con un’agilità straordinaria.
— Manca poco — aggiunse poi il blu, fissando con iridi languide in castano, finché non sentirono una forza trascinarli via, come se stessero volando.
Fluttuavano e si fermarono a pochi passi dall’apertura, tuttavia non riuscivano a proseguire.
Takuto non capì, ma l’altro aveva una vaga idea: il contratto doveva essere stipulato e non bastava certo un assenso.
Così, senza attendere a lungo, il chain prese tra le mani il viso del diciassettenne, affondando le dita nei morbidi riccioli, scompigliandogli leggermente la chioma.
Shindou non ebbe il tempo di comprendere la situazione che si ritrovò delle labbra delicate sulle sue, mentre il blu chiudeva gli occhi, seguito a ruota dal ragazzo, che si lasciò andare forse avvolto da una miriade di sensazioni.
Per un attimo, pensò di sognare.
 
Un varco si aprì poco dopo, nello stesso punto dove Takuto era stato risucchiato.
L’orologio suonò di nuovo, risvegliando il diciassettenne e riportandolo alla realtà.
Si alzò lentamente, cercando appoggio, finché non si rizzò degnamente.
Osservò tutt’intorno e notò che le piante avevano completamente avvolto l’edificio, sia lentamente che esternamente.
Per qualche secondo pensò che, quello che aveva vissuto, fosse tutto un sogno e quell’antipatico solo un vecchio ricordo. O almeno sperò.
Se fosse stato tutto vero, aveva dato il suo primo bacio ad un ragazzo, UN RAGAZZO!
Solamente l’averlo in mente lo faceva raggelare.
Addio onore, fama e dignità.

 
§ ✶ §

 
— Tutta colpa di quello stupido coso dai capelli blu! —
Proseguì diritto, con ancora pensieri malevoli in testa, finché, bofonchiando nuovamente il nome di Kyousuke, si ritrovò a scendere le scale.
E lì, al medesimo insulto, la sua gamba agì di volontà propria, facendolo inciampare. Così, si trovò a rotolare per i gradini, ma, fortunatamente, un braccio saldo l’afferrò di colpo.
— Sei rimasto il solito idiota. — disse l’albino, mentre tentava di sorreggerlo.
— E tu sei rimasto proprio gentilissimo, guarda! — ribatté Takuto, appoggiandosi al corrimano, facendo segno a Gamma che non aveva bisogno del suo aiuto.
 

 
§ ✶ §


Prima che potesse aprire il portone, la sagoma di una ragazza gli apparve davanti, spalancando l’ingresso e facendo sbattere un’anta contro il viso del povero albino che per poco non urlò per la frustrazione.
— Volevi per caso uccidermi? — strabuzzò Gamma, dopo essersi ripreso per poi rivolgere un’occhiataccia a Beta che, nel frattempo, se ne stava tranquilla a sogghignare maleficamente.
— C’ero andata vicina? Vuol dire che sto migliorando, non sei contento? — ridacchiò lei, sventolandosi con un ventaglio acquamarina.
— Ringrazia che non siamo a casa. — sbottò il maggiore.
Shindou, invece, rimase fermo sul posto, ridendo sotto i baffi per quella stranissima situazione: erano davvero due tipi particolari. Successivamente, però, una terza persona si unì al gruppo.
Inizialmente, non riuscì a distinguere bene la figura, poi, man mano, i tratti si fecero più distinti.
— Lady Tasuke, vi prego di calmarvi, non credo sia il momento adatto per litigare… è da molto che non ci vediamo bocchan, si ricorda di me? — esordì quest’ultimo.
A Takuto strabuzzarono gli occhi, pronunciando il suo nome;
Kirino sembrava più maturo, seppur conservasse la stessa giovinezza di una volta.
Sentì le gote arrossarsi, ma qualcosa o, meglio, il suo braccio schiaffeggiò la sua stessa faccia.
Iniziò ad avere difficoltà a respirare, poi sembrò calmarsi, lasciando gli altri completamente senza parole.
Kirino s’incupì e anche l’aria degli altri due non era rassicurante, tuttavia finsero di calmarsi, accompagnando Shindou via.

 
§ ✶ §


Giunti alla residenza Tasuke, si domandò il perché lo avessero portato nella casa dove Gamma e Beta vivevano.
Che fosse una specie di sequestro? Perché non lo avevano riportato dallo zio?
Non ebbe il tempo di entrare, che venne accolto da una miriade di servitori che si accingevano a preparare la tavola per il pranzo, così, si accomodarono.
— Sarai affamato, mangia pure tutto ciò che vuoi! — lo incoraggiò Beta.
Non se lo fece ripetere due volte che subito si lanciò sui vari piatti con un atteggiamento che non era da lui.
A quel punto, Kirino gli balzò alle spalle, minacciandolo alla gola, ma il castano non sembrò per niente sorpreso, anzi, schivò e riuscì a sopraffare facilmente il giovane dai capelli rosa e dagli occhi acquamarina.
Tuttavia parve turbato, come se fosse forzato ed iniziò a bloccarsi le braccia da solo, chiedendo agli altri di allontanarsi, ma non ebbe il tempo di fermarsi che Gamma lo colpì alla schiena col fondo di una lancia, spingendolo a terra.
Appena riprese conoscenza, Takuto sentì un peso su di lui e, prima che potesse nuovamente urlare come una femminuccia, venne zittito da un pugno dietro la testa.
Il blu, sopra di lui, si alzò lentamente, cercando di muovere braccia e gambe per abituarsi ancora al proprio corpo, tra lo stupore di tutti.
— Un chain. Shindou si è legato ad un chain! — bofonchiò Beta, stupita.
Il castano si drizzò, avvicinandosi all’altro con aria irritata, ma appena cercò di dire qualcosa, Gamma era partito all’attacco, tentando di aggredire Kyousuke, il quale provò a schivare i colpi per quel che poteva, visto che ancora non aveva ripreso completa abilità articolare.
Shindou trattenne un urlo, facendosi avanti per difenderlo con grande sorpresa del blu stesso.
— Se ti metti in mezzo, uccideranno anche te, sai? — aggiunse il chain, cercando di scostare il diciassettenne che, invece, si fece ancora più vicino a lui.
— Non essere idiota. Abbiamo un patto, no? — ribatté il castano, facendo arrossire l’altro.
L’albino, intanto, stava di nuovo per caricare, ma rimase allibito dal fatto che il castano si fosse interposto, lasciandosi colpire.
Attraverso la camicia, ormai distrutta, era possibile vedere il marchio che segnava il legame.
Prima che potesse far altro, Kirino si premurò di fermarlo.
Beta si fece avanti, invitando nuovamente Shindou e l’oramai compagno ad accomodarsi.
Kyousuke, però, ignorò il comando uscendo fuori.
Socchiuse gli occhi, lasciando che il vento gli smuovesse i capelli, abbandonandosi a quel calore e a quella meravigliosa luce.
Takuto, intanto, si era avvicinato ed arrossì impercettibilmente, finché la voce del chain non lo distolse dai suoi pensieri.
— Il sole. Lo vedi anche tu, vero? Non è meraviglioso? — esordì l’altro.
Il castano sussultò e non poté che sorridere ed annuire. 
Se s’impegnava, forse, quel tipo non era poi così male.
— Neh, servetto, la smetti di contemplare il mio aspetto? — domandò poi il cosiddetto “padrone”, vedendo Shindou completamente abbindolato.
Questi, irritato, gli gridò contro:
— NON MI AVEVI PROMESSO CHE NON MI AVRESTI PIU’ COSI’?! —
— Hai detto “schiavetto”, non “servetto”, servetto! —
A quelle parole il castano non poté far altro che minacciarlo nuovamente con una linguaccia, il che provocò una reazione spazientita del blu.
Ma prima che potessero azzuffarsi, Kirino li bloccò.


 
Shindou, sono passati dieci anni, lo sai?
 
 
 § ✶ §

 



Zampettava contenta nel suo mondo di specchi, dove tutto era niente e niente era tutto.
Saltellava entusiasta come un bambino di fronte a qualche caramella.
Il tintinnio del campanello che portava al collo sembrava rimbombare per tutto il corridoio ripetutamente, come fosse una registrazione.
— Questa volta riuscirò a giocare anche io. Non rimarrò mica indietro! — scostò i capelli violetti, mentre uno specchio si materializzava davanti ai suoi occhi. Arricciò la coda e si sistemò le orecchie, con fare attento.
— Neh, neh, meow. Che ne dici di giocare al gatto col topo? Neh, bocchan? —
 
 

 
 
§ ✶ §

 
— Ancora non me ne capacito… sono passati solo cinque anni — aggiunse per l’ennesima volta la ragazza dai capelli verdini, mentre sistemava le lenzuola della camera appartenuta a Takuto.
—  Prima il padroncino, poi anche lei. Ho paura, davvero, Ichinose — continuò, interdetta.
Kazuya, seduto sul davanzale della finestra, continuava a fissare il cielo azzurro.
— Non permetterò a nessuno di farti del male, Aki. Ma, ad essere sinceri, neanche io mi aspettavo una morte così orripilante per Fuyuka. Era fragile già di suo, ma il modo in cui è stata uccisa è… mostruoso. Non oso immaginare chi sia stato, ma quando e se lo troverò dovrà pregare per avere l’ultimo desiderio. — sussurrò i castano, soffermandosi a guardare le proprie mani, come per far forza a se stesso.
Il pianto di Aki, ancora una volta, venne disperso dal vento.


 





 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: Anchobi vuol dire Alice

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni...
Spero che la grafica vi sia piaciuta perchè ci ho messo tanto e contemporaneamente arrivava mia madre alla cavolus che mi chiedeva di fare le faccende di casa- sono pigraH.

 Eccomi qui, - Se non pubblicavo in tempo Iris mi uccideva AHEM -, e beh, che dire. (?)
Trallallà ouo <--- sono fuori di testa (vabbeh che io sono scema).
Sono finita in punizione, ma ce l'ho fatta ad avere il permesso! - e internet non mi partiva.
MA SONO PROPRIO SFIGATAH.
 
In questo capitolo io e Iris ne abbiamo sparate di cavolate Random.
NON POTETE IMMAGINARE QUANTO ABBIAMO GODUTO A FAR FARE LA FIGURA DELLO SCEMO A SHINDOU (?).
Si, ci siamo davvero divertite! Soprattutto per i dialoghi che li abbiamo letteralmente ruolati!
Io/Kyousuke e Iris/Shindou. <3
Un po' di ooc si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non lanciateci pomodori, al limte biscotti -wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola Unicorno*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta a settimana, di sabato e boh(?).
*porge biscotti e meringhe*
 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 

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Capitolo 3
*** L'orologio: ch.02 ***


 
 
Soul of Eternity Pandora Hearts

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Secondo capitolo:

§  L' Orologio  §

 
 
 
§ ✶ §

 
Shindou, sono passati dieci anni, lo sai?
 
 
Takuto sobbalzò, con gli occhi spalancati: non ci poteva credere.
Stavano parlando di un decennio!
Impossibile, si rifiutava  anche solo di supporlo.
Kyousuke invece si limitò a ridacchiare, piuttosto divertito mentre, con la coda dell’occhio, osservava il suo pseudo servo agitarsi come non mai.
Giurò che stesse per piangere da un momento all’altro e non poté trattenere un ghigno malefico.
Kirino prese a ridere tutto d’un tratto, seguito a ruota da Beta che si stava godendo la scena.
— I giochi stanno per cominciare. Non avrai pace, mio caro Shindou! — esordì Gamma.
— Che intendi dire? — sospirò, nel tentativo di comprendere appieno il significato di quelle parole.
— Non so se tu abbia mai sentito la leggenda di Alice nel Paese delle Meraviglie… — enunciò poi con aria saccente, sorridendo sornione, mentre si accingeva a tenere in equilibrio in testa un teiera. Ma che diamine aveva di sbagliato, quel ragazzo?
Prima appariva una persona calma e pacata ed ora se ne usciva con una battuta del genere ed un’azione ancora più stramba.
Soprattutto quando rise. 
Takuto non sapeva che pensare: che in quegli anni Gamma avesse perso qualche rotella?
Probabile.
Sempre se gli anni fossero davvero passati…
 Kirino non era abituato a mentire, però, credere a quella storia era un po’ troppo, anche per lui.
E poi, sia il rosa che gli altri due avevano conservato un aspetto giovanile.
Non poteva essere vero.
— La “leggenda”, vorrai dire “favola”. — puntualizzò il chain, facendo sobbalzare tutti per la sorpresa.
Persino Gamma smise di fare qualsiasi cosa, lasciando cadere la teiera che si frantumò in mille pezzi.
— Com’è possibile che un chain sappia queste cose? — chiese curiosa l’azzurra.
Proprio quando tutto sembrava irreale, la porta si spalancò, rivelando le sagome di un ragazzo dai capelli castani ed occhi color cenere e di una ragazza dalla chioma verdina e le iridi smeraldo, i quali indossavano due divise da camerieri.
Shindou scattò, sotto lo sguardo attento del blu, mentre le due figure si facevano più vicine.
— Bocchan! — urlarono quasi all’unisono, intanto che quest’ultimo indietreggiava.
Allora non stavano mentendo, era quella la realtà, non uno scherzo, non poteva quasi crederci; Ichinose ed Aki erano cresciuti e questo era un’altro tassello mancante di quell’enorme puzzle. Non osò neanche parlare, troppo scosso da quella vista.
Che fosse uno scherzo?
Era ovvio che no e non ci voleva un genio a capirlo.
Dannazione.
Kyousuke li guardò divertito, anche se il fatto che tutti quanti abbracciassero il suo servo o lo chiamassero in continuazione gli stava dando non pochi pensieri.
Non sapeva se definirla gelosia, perché si ripeteva che di quel bamboccio non gliene fregava nulla. Si convinse così che fosse normale, visto che lui era il padrone e doveva controllarlo, anche se ammise che, se avesse potuto, avrebbe dato qualcosa in testa a quell’albino che lo stava fissando un po’ troppo per i suoi gusti.
Si limitò a fulminarlo con lo sguardo mentre Gamma ammiccava un sorretto che lo fece agghiacciare.
Metteva seriamente i brividi.
Ichinose ed Aki, nel frattempo, osservavano interdetti il loro padrone e gli saltarono al collo. La ragazza era maturata parecchio ed era diventata molto più alta mentre il ragazzo si era fatto più robusto e slanciato. Ventidue e ventitré anni.
— Non ci posso credere! — mormorò, dopo una quantità di tempo indefinibile.
La verde prese a sedere senza troppi complimenti, mentre l’amico la raggiunse poco dopo.
— Allora? — domandò Ichinose, sotto l’occhio attento del chain e del suo “servitore”, ancora allibito.
— E Fuyuka? — mormorò poi prendendo nuovamente coraggio, sistemandosi i vestiti in modo più composto.
— Be’, non è facile parlarne, ma… non è più qui. —
Abbassarono le loro iridi, fissando i pavimento in modo vacuo. Capì cosa stavano cercando di dirgli e preferì non insistere, per il momento.
— Comunque, ho una domanda. Se loro hanno ormai superato i venti anni ed io allora ne avevo diciassette, ora avrei…? —
— Ventisette anni — proferì Kyousuke.
Gamma rimase nuovamente allibito dal blu.
Quel chain era capace di ragionare e non era per nulla stupido; finora  non li aveva ancora attaccati com’erano soliti fare quelli della sua specie.
Eppure, sarebbe dovuto essere nella sua natura l’aggredire gli umani.
— Tuttavia, ora, dobbiamo occuparci del tuo amichetto, caro Takuto! — ribatté Beta, agitando un ombrello che gli era apparso magicamente in mano. — Sai cosa vuol dire quel simbolo che hai in petto? Che sei un contraente illegale e, di conseguenza, sei nostro nemico. —
I due domestici scattarono in piedi, come a voler difendere il loro bocchan, ma Kirino spezzò il filo del discorso, lanciando sul tavolo un paio di carte.
— Perché, piuttosto, non lo lasciate diventare un nostro collaboratore? In questo modo riuscirà a sopravvivere, senza contare che quel tipo è piuttosto particolare. Credo di non essere l’unico ad averlo notato. Ogni volta che userai quel potere, sappilo però, sarai vicino ad essere divorato. — sussurrò, avvicinandosi al suo ex padrone sorridendo timidamente, suscitando l’ira del chain.
Shindou non poté far a meno che riflettere su ciò che gli era appena stato detto. Temeva di poter morire davvero, stavolta.
Gamma notò il castano incupirsi.
— Ricordati che vivi solo per te stesso. — disse poi, allungando un paio di chiavi, segno li avrebbero ospitati in quella casa.
Shindou annuì.
Kyousuke invece si girò di spalle, socchiudendo ancora una volta gli occhi, forse per constatare che non fosse un sogno e sorrise dolcemente, come mai prima d’allora.
 
Nessuno se ne accorse ad eccezione di Takuto che, stranamente, provò una sensazione di quiete nellanima.


 

§ ✶ §
 
 
 


Si leccò la zampa soddisfatta ed affondò gli artigli nel morbido pavimento violaceo.
Vedere quella scena l’aveva alquanto incuriosita e divertita allo stesso tempo.
 Si domandò che avrebbero fatto adesso, mentre le ombre si avvicinavano e i ricordi sbiaditi dal tempo riemergevano pian piano. Riprese forma umana.
Il vestito lilla le ricadde sui fianchi fino a solleticarle prima le punte dei piedi poi la moquette; i capelli le si intrecciarono automaticamente lungo la nuca, lasciando intravedere le piccole orecchie feline.
Socchiuse le palpebre e inspirò aria di novità. Si osservò le lunghe unghie affilate, coltelli micidiali e le ritirò.
Ancora doveva farci l’abitudine, dopotutto.
Avanzò con passo felpato, lasciando che il tintinnio del suo campanellino riecheggiasse nell’oscurità di quel corridoio vuoto, lungo e alquanto strano.
La moquette prese via via a sparire, lasciando il posto a delle sottili mattonelle bianche e nere che ricordavano tanto un’enorme scacchiera senza pedine.
Un portone dall’aria principesca apparve poco dopo, fondendosi, in un certo senso, con le tenebre che avvolgevano quel luogo.
Questi si spalancò di scatto permettendo alla violetta di entrare.
Non v’era molto o almeno in apparenza, tuttavia, appena si ritrovò al centro di quell’enorme stanza vuota, una forza la trascinò di sotto, come un grande vortice.
Oppose poca resistenza e sbucò successivamente  in un’altra ampissima sala, dove pupazzi e bambole di ogni tipo erano sistemate tutt’intorno su enormi scaffali.
Libri erano ammucchiati in pile sparse per il salone, alcuni cadevano a terra senza che qualcuno se ne curasse, come sospinti da forze invisibili.
Delle gigantesche bambole dalle fattezze umane erano sedute ad un enorme tavolo che ricopriva gran parte del luogo.
Una piccola scalinata conduceva a un innalzamento dove v’era un grande letto e stramberie d’ogni genere.
Una figura si sistemava allo specchio, ammirando poi le pareti dorate della stanza.
Questa aveva dei meravigliosi capelli blu notte, leggermente all’insù, mentre due ciocche ricadevano sul viso.
Gli occhi erano color del miele e, nel suo pallore, il vestito bianco che indossava ne smorzava la bellezza; unico colore presente nel suo abbigliamento era quello d’un ciondolo color ambra che gli collegava un mantello color neve.
Un minuscolo neo faceva capolino sul viso rosei del ragazzo.
D’un tratto il silenzio svanì grazie al ticchettio di un orologio al cucù, dove un coniglio bianco, con voce stridula, annunciava l’ora del tè.
A quel suono, la figura sobbalzò, mentre saltellava ridendo e canticchiando allo stesso tempo per cercare tutto l’occorrente, iniziando a parlare con le bambole, come se potessero sentirlo.
Poi, si accorse del gatto abbracciandolo in una specie di morsa, per non farlo scappare.
Fuyuka gli saltò addosso, contenta, miagolando per le attenzioni ricevute.
La coda si attorcigliava regolarmente, segno che probabilmente avrebbe iniziato a fare le fusa.
— Yuuichi-kun, ho voglia di latte! — ripeté cantilenante, per poi recarsi dal blu che iniziò a saltellare intorno al tavolo, mentre i pupazzi nelle vicinanze prendevano vita.
E’ l’ora del tè, è l’ora del tè! Lo sai che il tempo scorre, lo sai che il tempo scorre? Non ho tempo, non ho tempo! La regina vuole il suo tè! Se arrivo in ritardo mi taglierà la testa! — urlò, continuando a girare intorno al tavolo qua e là saltando e agitando le mani per prendere l’orologio da taschino e controllare l’orario, mentre alcuni giocattoli prendevano a muoversi da soli.
E’ l’ora del tè, è l’ora del tè! Non voglio far tardi, non voglio far tardi! Si arrabbierà, si arrabbierà! —.
E tutti i pupazzi si agitarono: — Arriverà, arriverà! Attento, ti prenderà! —.
La gattina miagolò e, poco dopo le apparve, appena Tsurugi - questo era il suo cognome - schioccò le dita, un’enorme ciotola di latte che prese e portò sul tavolo.
— Padrone, padrone, ci sono novità! Lei è qui, lei è qui! Si è risvegliata, sai? —
 


 
 
 § ✶ §

 
 
Continuò imperterrito, non curandosi della pioggia, che, leggera, sembrava liberarlo da ogni tormento.
Amava, quei temporali, fin da piccolo.
Quando piove, poi, non hai paura di quello che pensa la gente, perché puoi alzare il viso.
Le lacrime si fonderanno alle piccole gocce d’acqua e nessuno se ne accorgerà definendoti come invisibile.
Si chiedeva se tutto ciò fosse davvero giusto.
Il destino lo stava facendo soffrire: perché ce l’aveva tanto con lui?
Cosa aveva fatto, in fondo? Aveva semplicemente vissuto e questa era la sua punizione: il vivere.
Che cos’è effettivamente la vita?
Rise. Pensieri idioti.
Strinse il cofanetto, nascondendolo sotto la lunga giacca che portava, mentre i suoi occhi d’oro scintillavano nell’oscurità.
Si staccò una ciocca di capelli verde turchese, sogghignando malefico.
Svoltò nel primo vicolo che trovò ed un portale si aprì di fronte ai suoi occhi.
Il nulla lo avvolse e si lasciò trasportare da quel baratro.
Chiuse gli occhi, ritrovandosi in una sala completamente nera, il cui pavimento marmoreo era l’unica cosa che donava luce.
Per terra strani simboli simili a carte da gioco, dai cuori in prevalenza rossi, ad altri come i quadri, i fiori e le picche.
Camminando s’illuminavano e si spostavano senza emettere rumore.
Dalle pareti non traspariva colore se non dell’oro, i cui ricami erano semplici ma di gran classe. Divani di grande stazza erano inseriti ai lati delle pareti, dove librerie ordinate facevano capolino, attirando subito l’attenzione.
Il soffitto, invece, era d’un cremisi brillante, tappezzato da lunghe tende, alcune delle quali toccavano terra.
Notò grandi scheggiature negli angoli: significava che lui era nervoso.
Avanzò imperterrito finché non si ritrovò ai piedi della sottile sabbia biancastra; alcune clessidre fluttuavano avvolte da uno strato quasi invisibile d’oscurità.
A pochi passi, innanzi a lui, apparve un enorme trono, fatto come di vetro, coperto da strascichi in segno di ricchezza e sfarzo, mentre tendaggi rossi coprivano il dietro.
 Una figura avvolta dalle tenebre fece capolino nella stanza, sbucando da dietro quest’ultime e rivelando il proprio aspetto.
Capelli arancioni, splendenti come il sole ed occhi profondi e azzurri più del cielo stesso.
Un’aria triste, quasi glaciale, avvolgeva quel giovane.
All’orecchio portava un orecchino piuttosto lungo, al cui culmine vi era un cuore cremisi. 
Sulla guancia destra tre gocce nere, poco al di sotto dell’occhio, ne risaltavano la pelle rosea, ma comunque pallida.
Indossava un vestito da borghese: pantalone nero, stivali bianchi e camicia del medesimo colore, se non fosse stato per delle macchie rosse che imbrattavano il tessuto.
Un corto mantello amaranto gli ricopriva la schiena ed il torace.
Alla mano sinistra portava un guanto con, rappresentata, una specie di coroncina.
Poco dopo, prese posto.
Sorrise impercettibilmente, notando l’oggetto riportato dal suo servo, il quale annuì compiaciuto.
L’azzurro fissò ancora una volta quel fiore di legno intagliato.
Stavolta Kirino gliel’avrebbe pagata.
 
 
 
§ ✶ §
 
 
 
 
Beta continuò ad osservare Kyousuke curiosa, se non affascinata.
Non faceva che guardare in quegli occhi color ambra, per poi iniziare a toccargli i capelli, mentre il chain tentava di liberarsi, ottenendo solo ombrellate in testa.
Shindou oservò la scena divertito anche se, per qualche strana ragione, si sentiva leggermente infastidito.
Si recarono nella stanza a loro affidata ammirazione il semplice arredamento: due letti poco distanti tra loro, un enorme armadio ed una scrivania affiancata da una piccola libreria.
Sbuffò.
Certo, non era come casa sua, però ora non voleva fare la figura da bambino viziato: aveva la sua dignità, in fondo, da preservare.
Il pensiero di aver baciato un ragazzo gli fece di nuovo accapponare la pelle.
Diamine, si trattava del suo primo, vero bacio!
Si sedette sul bordo del letto, puntellando le dita contro la fronte e sempre lì tornava: IL SUO PRIMO BACIO AD UN MASCHIO.

 
 UN MASCHIO.
 
Sempre se era possibile definirlo tale.
Ammise però che quelle labbra erano piuttosto morbide e il calore che sprigionavano era…
Si schiaffeggiò da solo, sotto gli occhi allibiti del chain, che aveva aperto la porta.
— Che c’è? — domandò seccato, con la voce che tremava.
— Ti stai schiaffeggiando da solo. — ribatté il chain, accigliato, mentre si faceva largo nella stanza.
— Stavo ammazzando una zanzara. Problemi? — mentì il castano, consapevole di starsi arrampicando sugli specchi.
— Certo, certo. — lo schernì Kyousuke.
— Qualcosa in contrario? — chiese, tentando di risultare sicuro di sé.
— Allora perché sei tutto rosso? —
— Perché a differenza tua ho del sangue che scorre nelle vene — rispose il castano, infastidito e soddisfatto per essere finalmente riuscito a ribattere a modo.
— Razza di idiota, secondo te da cosa sono composto? —
Calma.
Niente panico, niente panico.
Quella cosa non era una cosa, ma era vivo.
Al diavolo la sua giustificazione mentale sul “almeno non è un ragazzo umano”.
Si sentì un idiota: aveva baciato un maschio.
Un ragazzo.
— Di idiozia e cattiverie. —
— Il tizio di idiozie e cattiverie ti ha baciato. —
Shindou credette di morire lì.
Non solo per la faccia che aveva, per il rossore.
Ma sì, suicidarsi non sarebbe stato così male in confronto; sembrava il terzo grado.
— Allora? — fece Kyousuke, con un sopracciglio alzato ed un sorriso sornione in viso.
— Muori. —
— Ma ti è piaciuto, mi pare? —
Shindou desiderò di scomparire dalla faccia della Terra, allontanarsi da quello stalker.
— Come un bagno nell’olio bollente. — ribatté, sperando di concludere lì quella patetica conversazione.
— Ma che carino! —
E prima che potesse ribattere si ritrovò nuovamente le labbra del chain sulle sue.
Così morbide,  così dolci e… che cavolo stava facendo?!
Lo spinse via, cercando di riprendere a respirare degnamente, avvampando in una maniera incredibile e suscitando la risata dell’altro.
Sorrise maliziosamente di fronte al castano, che sembrava in piena apnea, toccandosi le labbra e facendo aderire la superficie delle dita per poi baciarle imitando una posa che tutto poteva sembrare, tranne che quello che il chain intendeva.
Shindou sarebbe potuto decedere lì, nello stesso momento in cui Kyousuke aveva 'assaggiato' il dito, dopo esserselo passato sulle sue labbra, mormorando un “dolce”, imitando uno sguardo languido.
Ripensò al suicidio come scelta, ma poi gli venne in mente che non sarebbe bastato: quel tipo era capace di seguirlo anche da morto, ne era certo.
Poi, come se non bastasse,  si ritrovò all’altro letto il signor ‘bacio-tanto-per’ mentre si accingeva a svestirsi.

 
Addio sanità mentale, è stato bello conoscerti!
 
Calma, mantenere la calma.
Ora, l’unica cosa che doveva fare era uscire.
La porta era bella, tanto, tanto bella e lui era tanto vicino, tanto vicino.
E allora perché non si alzava? Perché si sentiva un idiota?
Fece per muoversi, dando uno sguardo repentino al ragazzo alle sue spalle, ormai senza mantello e con la camicia leggermente sbottonata.
Con lentezza estrema, il blu prese a slacciarla mentre il castano rimase lì impalato, con bocca semiaperta, tentando di agguantare la maniglia, lottando contro qualcosa che glielo impediva.
 Dannati ormoni della pubertà, quei maledetti!
Riuscì ad aprire la porta, prima di vedere l’altro togliersi la camicia e scoprirsi i pettorali e le spalle ampie e muscolose.
Boccheggiò, in cerca di appoggio; avrebbe preferito dormire sul divano piuttosto che accanto a lui, anche se in letti separati.
Il blu, dall’altra parte, rideva come se avesse visto lo spettacolo comico più grande ed esilarante della storia.
Avrebbe voluto fermare il tempo per osservare gli sguardi fugaci che gli lanciava il castano.
Non era mica idiota, se n’era accorto, eccome se se n’era accorto!


 
§ ✶ §
 

Ritornò in stanza, dopo un’ora e mezza in camera, sdraiandosi sul letto senza né far domande né voltarsi verso “l’amico”.
Tuttavia, prima di addormentarsi, si premurò di dare un pugno sul setto nasale del caro chain, che stava beatamente riposando, facendolo svegliare di botto.
Rise malefico mentre Kyousuke gli lanciava la lampada appresso, mancandolo.
Quella notte, sognò ancora Anchobi, con l’aggiunta di un nuovo particolare: una figura dai capelli arancioni.
C’erano troppi misteri e troppe domande senza risposta.
Cercarle non sarebbe stato facile.
Ora, però, il problema più grande era capire chi l’avesse attaccato.

Si svegliò di soprassalto, portandosi una mano alla testa massaggiandosi la fronte. 
Pregò che il mattino arrivasse in fretta.
 
§ ✶ §


Aki entrò nella stanza, aprendo le ante della finestra e lasciando così trasparire la fioca luce emanata dal sole.
Un mormorio infastidito si diffuse nella camera.
Shindou schiuse gli occhi, continuando a muoversi alla ricerca di un bagliore d’oscurità.
Poi si rese conto che era finalmente mattina e così, anche se di malavoglia, si premurò di alzare almeno il busto.
Mise a fuoco la figura, rivedendo così la testolina verde della domestica, Kino.
Fece per per rimettersi in piedi mentre quella continuava a salutarlo e a chiamarlo “bocchan” e, solo in quel momento, si accorse di aver dormito vestito, camicia compresa.
Forse aveva paura del tipo altamente idiota che, placido, dormiva ancora tranquillo.
Riposava, il maledetto, riposava.
Forse era stata proprio la paura di ritrovarselo vicino a fargli dimenticare di svestirsi.
Dannato chain del cavolo”.
Prese a sistemarsi gli abiti stropicciati: doveva essersi agitato molto durante la notte.
I capelli infatti avevano una forma del tutto stramba.
Aki, gentile come sempre, si premurò di pettinarglieli.
Non aspettò quell’ingrato per fare colazione, ma era nelle sue buone maniere l’andare a chiamare il blu.
Si avvicinò di soppiatto al letto, premeditando lo scherzo perfetto ma, appena si spostò per poterlo afferrare di colpo, sentì una mano bloccargli il collo.
— Non provarci. — avvertì, nel sonno il blu, scaraventando Shindou contro la parete.
“Ma che razza di problemi ha quell’idiota!?”.
Intanto, Kyousuke si era portato le coperte al viso, per non incontrare quei raggi di luce provenienti dall’esterno.
Avvicinandosi notò che il chain stava sudando ed aveva un’aria afflitta.
Una lacrima rigò il viso pallido del blu, mentre il castano rimaneva basito e quasi ne ebbe tenerezza.
Si piegò leggermente per osservare al meglio il volto e quasi cadde.
Riuscì fortunatamente a sorreggersi con le braccia, mentre i riccioli ricadevano sulle guance di Kyousuke. I loro nasi si sfiorarono e, proprio nel momento in cui meno se lo aspettava, due iridi dorate iniziarono a fissarlo male.
— Sono io il dominante, qui. —
In tutta risposta ottenne un pugno del castano.
— Sono un maschio, idiota! — mormorò poi, mentre Aki, leggermente scandalizzata, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, fece cadere repentinamente il pettine che ancora aveva il mano.
— Io vi lascio soli, fate finta che non ci sia. Mi sono appena ricordata una cosa..! — sussurrò più a sé stessa che ai due.
Takuto percepì l’ironia.
— Aki, non è come pensi! — urlò poi in ritardo.
— Bocchan, ricordate che rimarrete il mio padrone qualunque sia il vostro orientamento sessuale! —
— No, no, no! A me piacciono le ragazze, LE RAGAZZE! Le femmine, hai presente? Quelle come te! — strillò, disgustato.
— Ti piace Aki?— mormorò Kyousuke, da dietro, ammiccando uno sguardo poco rassicurante, mentre l’interpellata arrossiva ancora di più.
— No, no… cioè, sì, ma anche no. Non riesco a spiegarmi! Cioè, Aki è… è Aki! —
Uno sguardo felino, nell’oscurità, prese a fissarlo e Shindou non ci mise molto a capire chi fosse.
Maledetto Kyousuke che gli faceva dire cose così imbarazzanti!
— Smettiamola qui, per favore. —
 
 
§ ✶ §


L’atmosfera del grande salone s’era fatta più intensa.
Takuto era arrivato per primo, seguito a ruota dall’intera truppa.
Tuttavia, con sorpresa, trovò Kirino intento a controllare alcune carte, proprio di fronte al tavolo dove la colazione era pronta per essere degustata.
Lentamente, il castano si avvicinò, cercando di spiare cosa leggesse.
— Ben svegliato! — ammonì Gamma, sbucando fuori dalla poltrona poco distante dall’interpellato facendolo sobbalzare.
Beta arrivò poco dopo, vestita in modo davvero principesco, facendo arrossire Shindou.
Bellissima. mormorò, ricercando un qualsiasi fiore da porgerle.
Trovò finalmente l’agognata rosa bianca in un vaso e, dopo averla sistemata, non esitò a donargliela.
La verde acqua ridacchiò fingendo imbarazzo voltando lo sguardo verso l’albino.
Per un istante si scambiarono delle occhiate poco rassicuranti che, fortunatamente, sfuggirono agli altri presenti.
— Servo, ho fame. — esordì Kyousuke, sbuffando mentre indicava il bouffet.
— Allora prendi e mangia. Facile, no? — continuò il castano, infastidito.
— Sei tu, qui, il mio servitore o sbaglio? Vai subito a prendere qualcosa mentre io me ne resto sul divano! — ammiccò il blu, spaparanzandosi sul sofà.
— Idiota, non sono qualcuno che puoi comandare! — esclamò il “servetto”. 
— Era nei patti, no? O vuoi per caso ristabilire il contratto?— ridacchiò il chain, facendo avvampare l’altro di fronte al resto dei presenti, tra cui la verde che non poté evitare di girarsi dall’altra parte, nel tentativo di farsi forza e non ridere.
Il suo padrone era veramente passato dall’altra sponda?
— Vado, vado. Ma solo per stavolta. — sospirò, mentre prendeva una tazza di tè e gliela porgeva.
L’altro ringraziò e, per una volta, Shindou ne fu contento, fiondandosi poi accanto a Kirino, che gli sorrise sornione.
— Credo di avere qualche indizio riguardo ai tuoi rapitori, aggiunse poi il rosa.
— Bocchan, ho fatto del mio meglio! — disse Ranmaru sorridendo, porgendogli delle carte che subito il castano prese ad ispezionare, notando poi un indirizzo segnato in rosso.
— Cosa significa? — domandò, curioso.
— E’ il vostro lavoro, bocchan. — esclamò l’amico con un sorriso sornione.
— Lavoro? — chiese Takuto, più a se stesso.
— Signorino, mi spiace darle questo fastidio ma ora fa parte della Pandora e nonostante io sia stato un vostro sottoposto, qui ho un incarico piuttosto importante. — aggiunse poi.
— Ma la smetti di darmi del 'voi'? Sei il mio migliore amico e ancora ti basi su queste formalità, uff. — borbottò il castano portandosi le mani ai fianchi e assumendo un’espressione buffissima di finta arrabbiatura che, irrimediabilmente, fece scoppiare il rosa in una fragorosa risata,
— Quindi dovremo occuparci di un chain? — mormorò il blu, dividendo i due.
Kirino rimase interdetto e si limitò ad annuire, mentre Beta si divertiva a stuzzicare Gamma, infastidendolo con l’ombrello, puntellandolo sulla faccia.
Diamine, un altro po’ e l’avrebbe preso nell’occhio!
Shindou rivolse uno smagliante sorriso alla verde acqua, i cui occhi violacei scintillarono per l’imbarazzo.
Il chain alzò un sopracciglio, con uno sguardo vagamente basito, per poi tirare via per il colletto il suo caro “servetto”, che sbatté contro il pavimento, ritrovandosi lo stivale dell’altro sulla nuca.
— Razza di servo ingrato, dovresti concentrarti sul lavoro invece di perdere tempo a provarci con qualsiasi cosa respiri! —
— Piantala di chiamarmi servo! — urlò il poverino, tentando di liberarsi, mentre una strana volpe saltellava in testa al suo migliore amico, il quale ridacchio alla scena.
 
 
§ ✶ §


Kyousuke non era mai stato in carrozza o comunque non ne aveva ricordi, eppure c’era nell’aria una sensazione così familiare da farlo rabbrividire.
Di fronte a lui Takuto e Kirino erano seduti vicini, ma non se ne curò, neanche quando il rosa poggiò la testa sulla spalla del suo servetto.
Per qualche istante si limitò ad osservare il paesaggio.
Il sole era davvero bellissimo ed era accecante provare a guardarlo, ma trasmetteva un calore meraviglioso.
Prese a fissare il cielo, azzurro e pieno di nuvole.
 “Nuvole”, già, era così che si chiamavano.
L’aveva letto, in fondo, in uno dei tanti libri sparsi per l’Abisso.
Sapeva sia scrivere che leggere ma senza conoscere né il come né il motivo.
Spesso si era domandato cosa fosse, ma aveva paura di saperlo.
Shindou notò qualcosa di diverso nel blu e, chiamandolo, richiamò la sua attenzione, anche se l’altro non lo guardò nemmeno in viso, perso nel firmamento.
— Si può sapere che hai? — domandò, irritato.
— Non ho niente, sono solo stanco. Riposerò un po’. — proferì l’altro, incrociando gli occhi color cioccolata di Takuto.
Rimase sorpreso da tanta freddezza e dallo sguardo malinconico del blu.
C’era qualcosa di strano, in quel chain e per un attimo pensò seriamente di abbracciarlo.

 
Poi si ricordò che era un maschio.





 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: bocchan vuol dire padroncino <3

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni... (2v)
Spero che sia venuto dcente percheboh, cambiavo parti a caso e si, IRIS MI UCCIDE.

 Eccomi qui,. Apparentemente in vitaH, in realtà dovrei lavarmi i capelli che fanbno schifus, ma so che non ve ne frega una mazza, tranquilli <3
Volevù, volevù patè (?) - machecavolohobevuto-
Si, questo è un esempio del perchè non bisogna mangiare cereali al cioccolato tutti in una giornataH. - sonoscema-
 
In questo capitolo io e Iris:  ABBIAMO FATTO APPARIRE LA DONNINA MESTRUATA CHE C'è IN SHINDOU (?).
Ma che tipo ci siamo divertite a far fare ste figure ewe.
Kyousuke dominante geloso e Takuto in vena di mestruazioni e di rinnnego per la sua ehm... sessualità èwè.
Un po' di ooc si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non linciateci, stiamo provvedendo per la salvezza dei pinguini al cioccolato (?)-wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola pinguino*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta a settimana, di sabato e boh(?).
*porge biscotti e bignè ripieni*

 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
Inoltre provvedere all'aiuto dell'associazione 'assorbenti omaggio per Shindou post ciclo (?)' aiutando il poveretto a superare i suoi problemi mestruali -wtf.

 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 

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Capitolo 4
*** Ricordi: ch.03 ***


Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Terzo capitolo:

§  Ricordi  §




 
 
§ ✶ §

 
Shindou era in preda alle convulsioni.
Si contorceva sulla terra battuta di quel vicolo poco frequentato di Osaka, dove i petali di ciliegio ormai secchi si accumulavano ai piedi delle case vicine.
Urlò, mentre il fragore della battaglia davanti a sé non dava segno di resa.
Kyousuke, falce in mano, si spostò il mantello scuro dietro le spalle ed attaccò.
Il chain di fronte a lui già presentava numerose ferite, che gli laceravano il corpo verde.
Il suo contraente ne stava subendo le conseguenze: la ragazzina era accasciata a terra ed ansimava con sempre più affanno in cerca di ossigeno.
Il blu non ebbe pietà.
Si lanciò ferocemente contro il nemico e ne schivò i colpi: spesse radici fluttuanti che si schiantavano con forza nel terreno.
 Indietreggiò.
 Fece roteare la falce e sferrò due colpi decisi ai “tentacoli” del chain che si paralizzò dal dolore. Kyousuke non attese la sua ripresa e lo immobilizzò ulteriormente con le catene magiche che portava ai polsi.
Altre di queste sbucarono da terra, stavolta elettriche ed appuntite al culmine. Affondarono nel corpo del nemico, squarciandolo.
Sangue violaceo uscì a fiotti dal chain ormai esanime.
Il suo contraente urlò ed anche Shindou.
L’atmosfera si fece più intensa.
 Il cielo divenne più sfocato e coperto da nebbia viola che impediva di vedere a più di un palmo dal naso. Kyousuke non si mosse, preso com’era dalla foga di bersagliare ancora di colpi ciò che rimaneva del suo avversario.
Tuttavia, venne bloccato.
Forze oscure aprirono lo squarcio per l’Abisso e il chain nemico con la sua contraente ne erano al centro. L’ennesimo urlo ruppe il silenzio inquietante che s’era creato, più straziante e insopportabile del solito. Il blu osservò l’orripilante scena che seguì assolutamente indifferente.
 La ragazza iniziò a sprofondare lentamente, come spinta da mani invisibili che fremevano per trascinarla con loro nell’oscurità.
L’espressione che aveva sul volto era terrificante, il viso solcato da rughe che esprimevano tutto il dolore che stava provando, ma Kyousuke non si mosse, non finché non scomparve completamente nell’Abisso ed altre grida di dolore non attirarono la sua attenzione.
Si girò di scatto, il terrore negli occhi, mentre le sue iridi sembravano prese dal panico.
Takuto era a terra, privo di forze e continuava repentinamente a toccarsi il petto come se volesse trafiggersi con la mano stessa.
Preoccupato, si avvicinò a passo veloce, prendendo a mano a mano un ritmo sempre più rapido. Stavolta temeva per la vita di quell’idiota.
Si chinò su di lui, sollevandogli di poco la testa, scorgendone così il viso arrossato e percependone il caldo respiro. Lo scosse leggermente, cercando di fargli riprendere conoscenza.
Funzionò. Takuto sollevò le palpebre.
 Per minuti che parvero indefinibili, rimasero a fissarsi, guardandosi negli occhi l’uno dell’altro, poi la classica reazione alla Shindou: mise a fuoco l’immagine, ritrovandosi davanti un ragazzo dalle iridi color cremisi, che lo fissavano con aria poco rassicurante.
 
Ma perché capitavano sempre dei maschi? Una ragazza, no, eh? Magari formosa e bella? No?!
 
Il chain lo fissò perplesso.
Una catasta di capelli rosa lo raggiunse poco dopo, al seguito della volpe bianca.
Se quello era Kirino, allora il tizio doveva essere Kyousuke.
Aspetta, Kyousuke con gli occhi rossi?
Gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma appena fece per muoversi una fitta al petto lo colpì per l’ennesima volta.
Ebbe solo il tempo di toccare il viso del blu con una smorfia dolorante in volto, nel tentativo di chiedere aiuto.
Il chain, d’altra parte, arrossì per la sorpresa.
Eppure, quel rossore ci impiegò poco a svanire, quando Takuto perse i sensi tra le sue braccia. Kirino non perse tempo e si fiondò accanto al suo padrone per poi utilizzare il suo potere per donargli un po’ di pace.
 

 
§ ✶ §
 

— E quindi, mi spieghi perché continui a chiamarlo padrone? —
Il chain pareva infastidito, seccato da qualcosa che Kirino interpretò come la sua semplice presenza. Il suo viso non poté far a meno di incupirsi, mentre veniva sballottato qua e là nell’abitacolo della carrozza.
Cercava di tenere il corpo inerme di Shindou accanto a sé, ma il risultato non era granché; il blu glielo strappò dalle braccia e pensò bene di distenderlo, in modo che il capo del castano stesse sulle sue gambe ed evitasse di colpire oggetti spigolosi.
Il rosa mandò giù un boccone amaro pensando a come rispondere.
— Be’, è passato molto, molto tempo ormai… Tuttavia, una volta ero il suo servo, nonché il suo migliore amico — riuscì a dire, torturandosi le mani sudate e graffiate.
— Ed ora in che in rapporti sei con lui? Continui a comportarti come se fossi al suo servizio.  — riprese Kyousuke, che evidentemente non aveva alcuna intenzione di concludere lì il discorso. Kirino poté vedere i suoi occhi brillare di desiderio di sapere.
— Infatti, non ho mai smesso di esserlo… — spiegò, dopo un momento di esitazione.
— E cosa ne pensi del fatto che ora sia legato a me? —
Il blu rivolse uno sguardo che il rosa trovò indecifrabile al viso di Takuto, profondamente addormentato.
Lo vide accarezzargli dolcemente i riccioli color cioccolato, come una madre apprensiva al figlio esausto dopo un pomeriggio di giochi estenuanti ed infiniti.
Ranmaru scosse il capo, gli occhi che scheggiavano da un lato all’altro dell’abitacolo nel tentativo di risparmiarsi quella scena che stava facendo riemergere ricordi che desiderava non vedere mai più. Quando aprì la bocca per rispondere, si accorse di essere tremendamente arrabbiato e disgustato, ma non capiva quale fosse la causa. 
— Non posso dire di esserne contento. Già è piuttosto orripilante pensare di legarsi ad un chain per così dire… normale. Tu mi sembri anche peggio: ragioni. — pronunciò quelle parole con la voce carica di sentimenti completamente diversi l'uno con l’altro: ira, tristezza, gelosia e, addirittura, ansia e terrore.
— Ho notato, comunque, che  sei molto affezionato a quella specie di volpe. E’ come me, lo sento. Anche se non mi pare abbia tutte le rotelle a posto — continuò il blu, assolutamente indifferenze alla reazione di disappunto del rosa.
Per Kirino, quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, la lacrima nel mare di sofferenza che aveva riacceso la memoria.
Osservò il chain albino accanto a sé e desiderò pugnalarlo col coltello che portava nella cintura dei pantaloni.
— Ed è proprio per questo che non ti vedo come un amico. E’ proprio questo coso ad aver provocato tutte le mie sofferenze.  — rispose, la voce che tremava.
— Quindi un chain provoca sofferenze, in questo mondo? —
Kyosuke pareva seriamente interessato agli umani, pensò il rosa.
Nelle sue iridi scorreva una curiosità  pericolosa, quasi mortale, di chi sfrutta tutto il tempo che la corta vita gli riserva per sapere quanto più può.
— Vorrei non doverlo dire, ma sì. — disse Ranmaru, con l’amaro in bocca e le lacrime agli occhi.
— Posso farti una domanda? — chiese il blu.
— Dimmi —
— Anche Takuto rischierà di finire di nuovo nell’Abisso? —
Kirino rimase sorpreso da quella domanda: ad un chain che poteva importare?
Erano proprio loro la causa del prosciugamento dell’anima degli umani nel corso della durata del loro legame.
— Non avete stipulato un contratto legale, c’è un’alta probabilità. —
— Io non voglio, non voglio fargli del male, anche se è un idiota. Sento di essergli legato, non so perché, ma è come se lo avessi sempre conosciuto. Mi fa stare bene. —
La voce del blu risultò strozzata, dispiaciuta e, almeno così parve al rosa, impaurita, in cerca di protezione o di un aiuto che non sarebbe mai potuto arrivare.
— Credo che lui non provi lo stesso. — ribatté, quasi soddisfatto di vedere il chain distrutto dalla notizia. Certe volte, non poteva sopportare nemmeno la vista di quegli essere sovrumani e vederli soffrire era un’immensa goduria.
 Poi, il suo pensiero sbatté contro Shindou e i ricordi che aveva di lui e si sentì incredibilmente stupido.
— Sai, sono egoista, non m’importa di ciò che prova lui, voglio proteggerlo. —
Kirino distolse lo sguardo, troppo basito per rispondere.
 
 

 
§ ✶ §
 

 
— … può veramente, un chain, provare sentimenti? —
Ranmaru entrò nella sua stanza così pensieroso, che non si accorse nemmeno di star parlando a voce alta. Il suo chain, la volpe bianca, riprese forma umana: un ragazzo albino, la cui età era indefinibile, col volto etereo e gli occhi di una tinta che variava dal cremisi al viola, in sfumature sempre varie, che Kirino non era mai stato in grado di cogliere dalla prima all’ultima. 
— A che stai pensando? — gli domandò, con un sorriso beffardo. Era appoggiato allo stipite della porta, probabilmente consapevole che il rosa non lo avrebbe degnato di un’occhiata. Fece roteare le due lame ricurve che fino ad un momento prima sostavano sulla sua schiena.
— Niente, Ibuki. Stavo riflettendo… — ribatté, facendo un cenno di congedo con la mano, che, con ogni probabilità, non sarebbe stato preso in considerazione.
— Odio quando lo fai, non mi presti mai attenzione. —
L’albino si passò una mano tra i capelli che, ribelli, si risollevavano subito dopo che il suo palmo si spostava altrove. Avanzò verso il rosa, che imprecò mentalmente.
Indossava una lunga giacca bianca, che Kirino amava definire “mantello con le maniche” ed un’armatura argentea che nascondeva la corporatura muscolosa; della volpe manteneva invece le due code e le orecchie, però nascoste nella chioma candida.
— Dovrei prestarti attenzione? — continuò, infastidito come sempre dal comportamento saccente ed odioso del compagno.
— Be’, credo di sì, sono il tuo chain in fondo! — rispose questo, sorridendo sornione.
Ranmaru trattenne tutti gli insulti pensanti che aveva sulla punta della lingua.
— Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, non dovrei nemmeno parlarti. —
I ricordi emersero per la seconda volta in quella giornata e lo trovò incredibilmente estenuante. Si sentiva distrutto dal peso di tutta quella tristezza mentre il replay di quell’incidente gli passava davanti agli occhi.
E lui dovette sorbirsi fotogramma dopo fotogramma.
Voleva morire.
— Ho fatto solo ciò che andava fatto, nel vero senso della parola. — ribatté l’albino, tornando quasi serio. Kirino non poté credere a ciò che aveva appena udito, era sconcertato.
— E secondo quali parametri decidi? —
Ibuki fece un altro passo verso di lui, gli occhi che brillavano quasi di perfidia.
 Rabbrividì.
— Perché, mio caro, ti sarò legato per l’eternità: che ciò ti garbi oppure no. Preferisco che nessuno si intrometta —
Il rosa non osò controbattere, consapevole che, per un certo verso, aveva ragione.
Tuttavia, non avrebbe permesso a quel… mostro di continuare su quella strada.
— Uff, rimani il solito noioso! — lo schernì alla fine l’albino.
— Io sarò anche noioso, ma tu sei intrattabile! —
Tentò di troncare così quella conversazione. Si sedette su letto e  si prese il viso tra le mani, sfinito.
— Intrattabile, io? Senza di me non saresti nulla. —
— Meglio nulla che così. — rispose, accorgendosi di come la sua voce fosse diventata fievole.
— Questo è solo il tuo parere, ma di fronte agli altri stai diventando importante: hai ottenuto l’eccellenza! —
Ibuki sorrise, soddisfatto.
— Io non volevo l’eccellenza, ciò che desideravo ormai l’ho perso… —
— Ti ho aiutato, allora! — ribatté il chain, guardandolo come se si aspettasse un complimento per questo grande “aiuto”.
— Parlare con te è inutile. — tagliò corto, non facendo altro che sputare la vera e propria verità, impregnando quella frase di tutto l’odio che aveva in corpo.
— Eppure, pensaci, ti ho fatto un favore. Amare ti rendeva vulnerabile. —
“Vulnerabile”? Che importava, se non poteva essere felice.
— Ho mai chiesto di non esserlo? —
— Non ho intenzione di finire nell’Abisso per colpa di tuoi sentimenti, mio caro. Amare è da deboli — rispose l’albino.
Il rosa rise, scoprendo finalmente che era proprio l’egoismo del suo chain ad aver distrutto tutto, di nuovo.
A differenza tua, un cuore io ce l’ho però.
— Tsk —
 
 
 
 § ✶ §
 
Qualche ora prima
 
Shindou non sapeva dove si trovava.
Attorno a sé il buio l’avvolgeva e di luce non ce n’era nemmeno un bagliore.
Poi, però, nell’oscurità due occhi oltremare presero a fissarlo, brillando, come suo unico riferimento. D’un tratto dei fili ramati lo circondarono e, per alcuni secondi, parve non riuscire a prendere il respiro, mentre una figura si delineava davanti ai suoi occhi.
Nient’altro che un mantello grigiastro e un orecchino cremisi al cui culmine vi era un cuore. Lo incitava a prendere la mano che gli porgeva, mormorando che così si sarebbe salvato, ma non ebbe il tempo di provarci che un lampo quasi spettrale li divise, portando alla luce ricordi di quanto accaduto precedentemente.
La carrozza continuava imperterrita, ormai vicina al tanto atteso villaggio.
Kyousuke però non era perfettamente in sé.
L’aria che aveva non gli piacque per niente.
Quell’idiota non faceva battute, segno c’era qualcosa che non andava.
Kirino dormiva placidamente appoggiato alla sua spalla e la volpe biancastra sonnecchiava tranquillamente sulle sue gambe.
Notò delle occhiate fugaci del blu e gli balenò in mente l’idea che fosse geloso, idea che svanì dopo che quest’ultimo emise uno sbuffo, riprendendo a fissare il cielo come in cerca di risposte. Una volta arrivati, non fu difficile capire la causa di tutta quell’agitazione.
Scesero il più velocemente possibile, notando una figura rosata scappare via tra i vicoli.
Ovviamente, i tre la seguirono senza farsi troppe domande, intuendo cosa sarebbe successo poco dopo.

Eppure, per l’ennesima volta, un’altra entità passò loro davanti e questa aveva dei capelli verdi turchesi.

Ranmaru perse un battito; rimase fermo come un palo, mentre il chain prese ad inseguirlo.
Dopo qualche minuto di sbando, il rosa si decise a imitare la volpe, ricorrendoli alla massima velocità possibile.
Infine, ormai distanti dal castano e dal blu, sembrarono riuscire ad intrappolare quella figura dal lungo mantello nero.
Questa si voltò, rivelando le iridi color dell’oro, ammiccando un sorrisetto soddisfatto.
— Non preoccuparti, verrò presto a distruggerti. Ti ho aspettato a lungo. — disse poi, con particolare enfasi, mentre un serpente d’oscurità di abnormi dimensioni lo avvolgeva.
Scomparve senza lasciare traccia, mentre il rosa s’inginocchiava a terra cominciando a piangere senza riuscire a fermarsi.
— Non sarebbe mai dovuto accadere! — mormorò tra i singhiozzi. — Non lui! — confermò, cercando di riprendersi.
Intanto, una sagoma dai capelli verdini gli si avvicinò tremante, porgendogli un foglio di carta strappata per poi fuggire via.
 
 




 § ✶ §

 
 
Shindou non ricordava molto, se non due occhi cremisi nelle sue color cioccolata o forse semplicemente evitava a se stesso di ricordare.
Sollevò leggermente le palpebre, finalmente in grado di mettere a fuoco la stanza dove si trovava, alias quella degli ospiti della villa di Beta.
Istintivamente, guardò nel letto di fianco al suo, non notando la presenza del chain.
Perché si stava preoccupando? Domandò a se stesso.
 Il fatto era che, per qualche strana ragione, si sentiva davvero legato a lui.
 
 Non in quel senso, a lui piacevano le ragazze, le femmine!
 
Che eterosessualità stentata!
Si massaggiò le tempie, scacciando dalla mente quei pensieri.
Riavvolse mentalmente il nastro a quello che era accaduto solo poco tempo prima, ma che a lui parvero giorni.
Si sentiva così stanco che anche rimanere seduto era gran dispendio di energie, così si lasciò cadere sul morbido cuscino mentre le immagini dell’accaduto scorrevano rapide.
La ragazza che aveva causato tutto quel trambusto doveva avere più o meno la sua età e, secondo la sua opinione, non aveva gran controllo del suo chain.
Quest’ultimo pareva quasi averla posseduta e Shindou rabbrividì al pensiero che anche Kyousuke potesse fare lo stesso.
 Deglutì a fatica.
Non aveva molti dati sulla storia di quella fanciulla, tuttavia da ciò che aveva visto poteva intuire le pessime condizioni di vita in cui si trovava.
E pensare che, poco prima della battaglia, le aveva persino parlato.
Sembrava dolce, troppo innocente per poter domare una creatura spaventosa come quella. Proveniva, si ricordò, da un orfanotrofio e da sola aveva tentato di mantenere i suoi fratellini, morti proprio qualche mese prima in un attentato al conte dei Kuro, residente nella cittadella di fianco. Ne parlava ostentatamente, forse ancora distrutta dal trauma. Si domandò come avesse conosciuto quel chain, dato che gli aveva spiegato che era impossibile agli essere umani finire nell’Abisso o meglio da vivi e senza scadenza di contratto.
Lui era l’eccezione alla regola e per qualche istante pregò di non ritrovarsi più lì con quei mostro pronti ad attaccarlo.
Una lacrima solcò la sua guancia, in ricordo di Sakura, quello era il nome della ragazza, della quale ora era svanita ogni traccia, dimostrazione della fine della sua esistenza.
E se anche Kyousuke si ribellasse?
Una paura immane prese possesso del suo cuore: gli occhi cremisi che aveva visto parvero fissarlo nuovamente.
Per quanto tentasse, quelle iridi rimanevano persistenti nella sua mente.
Il chain,  Kyousuke, il nero e poi il rosso.
Parole che apparentemente non avevano senso, come dettagli d’un mantello di cui è impossibile vedere la fattura. Digrignò i denti un intenso scatto di rabbia.
Si era dimostrato debole, inutile in quella battaglia.
Ripensava al suo orgoglio perso, al suo finto coraggio e a quei sorrisi beffardi che non avevano concluso niente.
Il dolore che aveva sperimentato era insopportabile, sembrava che fiamme infernali lo avvolgessero nel tentativo di bruciargli l’anima stessa.
Gli toglievano l’aria e non facevano che pugnalarlo con ricordi lontani di cui non aveva memoria, come una punizione divina peri suoi peccati.
Temeva Shindou, temeva che la pioggia della misericordia non sarebbe più scesa in suo soccorso e che la sua agognata forza di vivere potesse abbandonarlo lì, da un momento all’altro.
La cercava, la bramava quella speranza, quell’ultimo filo di salvezza a cui aggrapparsi, ricco di spine e tormenti che portavano il nome della sua disperazione e della sua verità.
 Si domandò più volte, quella notte, se esistesse un perché alle sue sofferenze ma, come risposta, ottenne solo un rombo di tuono in lontananza.
 
Annuncio di tempesta.
 
 
 § ✶ §


 
Correva. Correva così forte da non sentire più nemmeno il vento fischiargli nelle orecchie.
I muscoli bruciavano e le gambe scattavano in avanti senza che lui volesse.
Si sentiva così stanco che pareva non avesse dormito da settimane intere, ma la paura e il terrore avevano la meglio e lui avanzava imperterrito.
Nella borsa che portava a tracolla, qualcosa emise un gemito.
Idiota di un coniglio, pensò, senza fermarsi per controllare che aveva quello stupido chain.
 Il cappuccio scivolò dal capo, rivelando la brillante chioma verde che era come un lampo che squarciava la notte, un’insegna luminosa in un vicolo buio.
Se lo rimise come meglio poté senza arrestare la sua fuga, la pioggia che batteva insistentemente sul suo viso già rigato di lacrime.
Scivolò nel fango, imbrattando il mantello da cima fondo, si rialzò per mettersi in piedi e ripartì più rapido che poté.
Qualcosa gli afferrò la caviglia, ma non si fermò.
— Ehi, sei ancora tra noi? —
Fey alzò il capo, per guardare negli occhi il rosa e ricordare cosa stava facendo.
L’atmosfera nel locale era calda ed impregnata di odore di cane bagnato.
Il verde riprese la conversazione con Kirino.
— Sì, ci sono. — lo rassicurò, tossendo.
— Be’, ci credo. Dopotutto, sei stato tu ad invitarmi qui. 
Kirino parve accigliato, la bocca tirata in una smorfia tutt’altro che sorridente.
— La Pandora deve sapere… — spiegò il verde, incupendosi.
— Cosa succede esattamente? — domando il rosa, stringendo i palmi al bordo del tavolo, come a prepararsi ad una notizia che avrebbe potuto trascinarlo via.
— Eternity. —
— Eternità…? —
— No, Eternity. Non posso spiegarti molto, perché mi seguono e lui ascolta ciò che dico. E’ pronto per una battaglia di cui so poco e nulla, ma dovete prepararvi. — disse il verde, guardandosi attorno per rassicurasi che nessuno oltre al rosa gli stesse prestando attenzione.
— Cosa ti insegue? — chiese Kirino, con la voce strozzata.
—  Un Nameless. Sono creature d’ombra, composte da incubi e paure, il cui compito è quello di catturare i sentimenti umani. Attaccano senza avere pietà per nessuno, risultando insaziabili. Inizialmente non hanno una vera forma, poi, dopo aver assorbito il cuore dell’umano, sono in grado di prenderne l’aspetto. — spiegò, nervoso.
— Allora anche lui era un…—.
Fey lo interruppe con un gesto della mano.
— No. Lui non lo era prima e non lo è adesso. E' solo un mostro, ancora più terribile dei chain stessi. —
 
 
  § ✶ §

 
Uscì di fretta e furia fuori dal bancone, nel tentativo di riprendere fiato.
Si sentiva oppresso da qualcosa.
S’incupì quando quella sensazione di chiuso lo riavvolse, come incatenandolo in una morsa fatale. Ebbe solo il tempo di aggrapparsi al parapetto.
Al tatto rabbrividì e le dita affusolate si strinsero intorno a quell’unica presa di salvezza.
Il buio lo avvolse, mancò un battito.
 
 
  § ✶ §

 



Onii-chan, non trovo il mio pupazzo! ammiccò il piccolo Kyousuke sorridendo allarrivo del suo fratellone, il quale, contento, per consolarlo, lo strinse in un piccolo e caldo abbraccio. 
Gli accarezzò la nuca, scompigliando i capelli bluastri, eppure, per qualche strana ragione, quella figura non era del tutto chiara.
Poi, unaltra si aggiunse ai tre, con loggetto del desiderio del minore.
Questo aveva dei cappelli arancioni, ma, come per laltro, non era possibile scorgere i dettagli del volto.
Yuuichi-kun, Kyousuke-kun, che ci fate ancora in giardino? Dovreste essere al ballo, no? Dopotutto siete della famiglia Tsurugi! continuò il nuovo arrivato, mettendosi in una posa piuttosto buffa, con le mani sui fianchi, iniziando ad atteggiarsi da superiore, provocando la risata dei due.
Neh e con chi dovrei ballare? Magari con la giovane figlia degli Otonashi?ammiccò  il maggiore dai capelli blu, provocando uno sbuffo infastidito dellinterlocutore.
Poi, porse il pupazzetto al piccolo: un orsetto beige dal fiocchetto rosso con una gemma color ambra.
Kyousuke sorrise sornione, prendendo il giocattolo e stringendolo a sé.
Una figura si avvicinò ai tre ragazzi, infastidendo sia il piccolo Tsurugi che lamico.
Neh, neh, Tsurugi-kun, ce lhai una fidanzata?ripeté la ragazza dai capelli e gli occhi rossi, sventolando un ventaglio per farsi aria, sperando forse in una risposta negativa.
Oh, certo, ne ho una! concluse con un sorrisetto beffardo che si riuscì a delineare mentre i due dietro sussultavano.
Ah, davvero e com’è? mormorò Natsumi, con tono canzonante.
Dovresti proprio vederla, ha dei meravigliosi occhi da gatta color azzurro cielo e dei stupendi capelli arancioni, che sembrano riflettere i raggi del sole! rispose divertito Yuuichi, premendo sulla parola "vederla".
Kyousuke notò la figura del ragazzo accanto sé andare completamente in panico e urlare per lesasperazione, con il viso color cremisi.
Non riuscì a trattenere una risata.
 
 



 § ✶ §

 
 
Takuto si precipitò a soccorrerlo non appena notò la sagoma di Kyousuke accasciarsi a terra.
Preso dal panico, aveva chiamato aiuto e così, grazie ad Aki e ad a Ichinose, lo aveva trasportato sul letto. Tuttavia, il blu non aveva ripreso conoscenza e ciò fece salire l’ansia del povero castano.
Quando il chain riaprì gli occhi si sorprese della luce che invadeva la camera, constatando che doveva essere mattina.
Fece per alzarsi, notando un leggerlo peso al  lato sinistro del letto.
Shindou riposava placidamente con il respiro lento che trasmetteva un serenità impressionante. La testa era appoggiata sul letto, con accanto, piegate, le braccia.
Era inginocchiato. I riccioli gli ricadevano morbidi sul viso, coronando quell’espressione così sorniona. Sembrava persino dolce e decisamente bellissimo.
Poi, lo vide dischiudere le labbra in ennesimo sospiro che fece immediatamente avvampare Kyousuke.                         
Il blu si fece forza con tutto sé stesso e così si decise a scuoterlo per svegliarlo.
Un mugolio irritato non si fece attendere seguito da uno sbuffo irritato.
Dischiuse le iridi, massaggiandosi la fronte per tentare di mettere a fuoco ciò che stava succedendo. Dopo pochi attimi scattò, saltando letteralmente dal materasso.
Un urlo stridulo si diffuse per la camera, provocando uno sbuffo annoiato di Kyousuke.
— O-ohayo. — pronunciò il chain, sistemandosi al meglio e notando che gli mancava la camicia.
Shindou non riuscì a non fissarlo e il blu, letteralmente imbarazzato, si portò sotto le coperte, imprecando e tentando di capire chi diamine gli avesse tolto l’indumento.
— Aki ha detto c-che era s-sporca, c-così l’ha l-lavata… — mormorò Takuto, spezzando inconsciamente le frasi, mentre l’altro tirava fuori la testa dalle lenzuola.
Controllò che avesse almeno i pantaloni e ringraziò mentalmente la provvidenza e la sua fortuna sfacciata, anche se, constatò, quelli non erano decisamente i suoi. 
— E che cavolo! — bofonchiò Shindou. — Cerca di riprenderti! —
Kyousuke però non era della stessa opinione e rimase in quel bozzolo di coperte.
— Schiavo, vammi a prendere qualcosa per coprirmi! — disse poi, con una certa nota di autorità che fece irritare non poco il castano.
— Se sua ‘maestà’ non me lo chiede con cortesia, potrei non portarle nulla! — ribatté con tono sadico.
— Allora, saresti costretto a vedermi mezzo nudo! —
Takuto avvampò.
 
 
Dannato chain che gli faceva pensare cose imbarazzanti!




 



 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: ohayo vuol dire buongiorno uu <3

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni... (3v)
Spero che sia venuto decente perche boh, stavolta ho avuto pochissimo tempo- I compitiiiiiii
SE CI SONO ERRORI PERDONATEMI T-T


Eccomi qui, soffernte davanti al libro di inglese che implora di essere aperto ---SOFFRO.
NON HO AVUTO MOLTO TEMPO PER CERCARE GLI ERRORI, PERDONATEMI T-T (P2)

Piccolo avviso piccino picciò(?).
Visto che beh, oramai siamo a scuola, abbiamo deciso di postare il capitolo ogni due settimane, così da trovare il tempo per scrivere e voi -volendo xD- per recensire, che ne pensate?

DRADRADRADRADRADRADRADRA (?)
Si, parole alla cavoluuuus xD
-mistorimbambendooooo-
Se non pubblicavo in tempo, oggi IRIS mi uccideva sul serio  ah ah... ah.
*fuggeH*
 
In questo capitolo io e Iris:  VI ABBIAMO MOSTRATO LA DUBBIA(?) ETEROSESSUALITà DI SHINDOU-
Ma stavamo godendo troppo nel fargli fare la figura del defi xD
E POI VI ABBIAMO FATTO APPARIRE UN KYOUSUKE PUCCIOSO E UN KYOUSUKE IMBARAZZATO DI ESSERE A PETTO NUDOH (???)
*nosebled*
Un po' di ooc si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non linciateci, stiamo provvedendo per i pacchi Lines ultra da dare a Shindou ( Io opto per i lines è notte conb Ali éwé)

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola pinguino*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costanti, una volta ogni due settimane, di sabato/domenica BD
*porge biscotti e gelato alla vaniglia(?)*

 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
Inoltre ci impegneremo a mandare  Shindou da un bravo psicologo per confermare la sua eterossessualità stentata(?)
E visto che ci troviamo, anche per comprargli dei boxer nuovi EWE
- sa tanto di perverso lol -

 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 
 
 

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Capitolo 5
*** Missione: ch.04 ***


Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Quarto capitolo:

§  Missione  §




 
 
§ ✶ §
 
Fuyuka miagolò soddisfatta, mentre si accingeva a leccare la ciotola.
Mosse la cosa e tese le zampe per prepararsi al salto.
I muscoli si fletterono, rapidi, e quanto toccò terra i cuscinetti attutirono il colpo.
Si rotolò per un momento sulla moquette viola; poi, ricordandosi cosa doveva fare, balzò nuovamente per rimettersi in piedi e riprendere sembianze umana.
Si grattò le orecchie; cambiare forma ogni tanto era ancora difficile e fastidioso ma, oramai, ci stava prendendo l’abitudine.
Spostò i capelli dietro la nuca e si avvicinò a Yuuichi, sorridendo.
Il ragazzo sembrò non notarla, forse soprappensiero, continuando a versare imperterrito il tè nella tazzina, notando, con lo stesso sguardo d’un bambino curioso, come quest’ultimo cadeva sulla tovaglia mancando completamente il recipiente.
Prese a ridere di gusto, come impazzito.
Alle volte era davvero inquietante quando pensava ma la lilla, in un certo senso, l’adorava.
Nonostante il tempo passato con suo ‘padrone’, non era riuscita ad ammirare la sua stanza con calma.
Notò un pupazzetto distante da tutti gli altri, come a mostrare che fosse il più prezioso.
Incuriosita, mosse qualche passo ma, prima di poterlo afferrare, constatò che Yuuichi era sparito dalla sedia.
Si girò e lo trovò alle sue spalle.
— Allontanati. — sibilò il ragazzo, mentre le iridi color ambra si tingevano di un rosso scarlatto, quasi demoniaco.
Il gatto si scostò in fretta, soffiando, intuendo che era meglio non insistere.
Aveva paura quando si comportava in quel modo.
Se non fosse stata attenta, probabilmente avrebbe rischiato la vita uno di quei giorni.
Fece le fusa per poter calmare l’ira del padrone.
Parve funzionare, perché l’altro le accarezzò il capo.
Se l’era cavata.
Vide il blu prendere l’orsetto e stringerlo a sé.
— Sai, è molto importante quest’oggetto per me, non posso permetterti di prenderlo. —
Fuyuka lo fissò stranita e con evidente curiosità nel tono di voce.
— Vuoi sapere il perché? — indovinò, inspirando con le palpebre socchiuse, come a ricordare qualcosa di veramente piacevole.
Poi, il viso s’incupì di nuovo; gli occhi si spensero e tornarono di un'ocra più scuro.
Lo guardò seriamente sorpresa, senza sapere come muoversi.
La sua coda iniziò ad agitarsi come ad esprimere nervosismo.
Yuuichi provò a sorriderle, ma ne uscì una smorfia sghemba e tirata.
La lilla fece un passo indietro.
— Ti faccio paura, Fuyu-chan? — le chiese, senza ottenere risposta.
— Diciamo che dentro quel peluche c’è un pezzo di me e di due “persone” a me molto care. E’ quasi come una fotografia per gli umani, capisci? — le spiegò, tenendosi una mano sulla fronte come ad indicare la sua stanchezza.
Un'immagine piombò nella mente di lei, come un lampo, e rivide quella foto scattata con il suo padrone, Aki ed Ichinose.
Non disse più nulla.
Si ritrasformò in gatto e salì sulla spalla del blu.
L’orologio si era fermato.
Il coniglio bianco potrebbe tardare all’ora del tè.
 
 § ✶ §
 
 
— Cosa gli è successo di preciso? —
Kirino camminava avanti e indietro nell’ampia sala delle riunioni, nervoso ed esausto.
Fey, d’altra parte, se ne stava seduto su una delle numerose poltroncine e sgranocchiava grato dei deliziosi panini preparati da Aki.
Questo, tuttavia, non implicava che il volto fosse meno scarno o più felice.
— Credo sia stata l’influenza dei Nameless e di un chain molto particolare. Ricordo che aveva tracce d’ombra in volto. – rispose, senza guardarlo in viso, troppo concentrato sul cibo.
Il rosa avrebbe voluto che gli prestasse più attenzione.
— A dir la verità non ho ancora capito cosa sono esattamente questi Nameless, vorrei che mi chiarissi un po’ il concetto, non è chiaro. — ribatté, nel tentativo di racimolare qualche informazione in più. Girò i tacchi per l’ennesima volta e ricominciò il suo percorso da capo.
Si chiese se tutto quello stress se ne sarebbe mai andato.
— Quest’argomento, come ti ho già detto, non è il mio forte. Sembra strano, ma è davvero difficile spiegare cosa siano. Si presuppone siano d’oscurità, ma sono in grado di incanalare l’essenza degli umani: i sentimenti –.
Finalmente Fey alzò il capo per guardarlo negli occhi, ma con un’espressione saccente che non fece altro che farli salire nuovamente il nervoso.
— Non ti stai rendendo utile, in questo modo. Se dobbiamo combatterli, abbiamo bisogno di più informazioni! — gli rispose, cercando di mantenere la pazienza.
Il verde si rialzò, ma solo per accomodarsi meglio: direttamente sul tavolo.
Doveva aver finito i panini, pensò Kirino, se era diventato tutto d’un tratto “loggetto” più interessante della stanza.
— Per quanto ti sforzerai, non riuscirai a trovare molto. Io stesso sono stato coinvolto nella loro creazione…  Io ed a una persona a cui tengo davvero molto. Nonostante gli sforzi che ho fatto, non sono riuscito a ricordare molto; mi hanno quasi cancellato tutta la memoria riguardo al progetto.  — ribatté, osservandolo con attenzione, come se così facendo potesse capire i suoi pensieri.
Il rosa distolse lo sguardo.
— E allora che stai facendo qui? Sei venuto a dirci che c’è una minaccia contro cui non possiamo scontrarci e pretendi anche di avere protezione, nonostante tu ne abbia fatto parte, senza darci nulla in cambio? Mi disgusti. — sbottò alla fine, dopo un attimo di silenzio molto teso.
Tornò a guardare il verde con un’espressione disperata, senza sapere come muoversi.
— Quello che voglio, non è la vostra pietà, ma collaborazione. Il mio obbiettivo è uno solo. Impedire che venga fatto del male al genere umano. Se ciò dovesse continuare e non riusciremo a fermare in tempo questa pazzia, l’ultima speranza andrà persa e saremo condannati. È questo che vuoi? – domandò alla fine Rune, con una mano sulla fronte per contenere  lacrime e  ricordi che gli stavano piombando addosso uno alla volta, in modo che se li dovesse sorbire dall’inizio alla fine.
Kirino, tuttavia, aveva esaurito la pazienza.
— Fey, ti stai rendendo conto che non ha senso? Dici di voler combattere, di avere un obiettivo e di star cercando collaborazione. Eppure ammetti che non c’è modo di vincere. Come posso anche solo pensare di lanciarmi in un’impresa così folle, trascinandomi indietro amici e compagni con la consapevolezza che non ci sarà il lieto fine? — gli urlò, mentre questo lo guardava come stupito, sorpreso della realtà che finalmente veniva fuori.
Il verde non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere, anzi, avrebbe confidato in aiuto, comprensione.
— E allora, resterai qui a guardare? Non ci saranno altre possibilità. Ci sono state vittime nei paesi sotto il dominio dei Kuro e aumenteranno. Per quanto riguarda me, non ho bisogno di essere protetto, conosco la materia di cui quegli esseri sono composti… Conosco i loro limiti. Tuttavia, non ricordo perfettamente ogni cosa. Se sbagliassi mossa, verrei divorato, proprio come una pedina degli scacchi. Sono seguito, minacciato e non ho pace. Se mi azzardo ad esagerare faranno del male ad una persona che mi è cara. Sono sotto ricatto e perciò ho un limite di tempo. —
Fey si rese conto che suonava quasi come una lamentela, la sua, ma non riuscì a trattenersi, a non farsi trasportare dalle emozioni.
Aveva tenuto duro per così tanto tempo…
— Per favore, capiscimi, io… Ho già perso quello che avevo. Sono stato fortunato a trovare alloggio qui, dopo tanto tempo; poi ti presenti tu, dicendo di essere scappato da chissà dove, inseguito da chissà cosa e… Dovrei accettare di partecipare ad una lotta suicida? Le tue informazioni non sono né attendibili, né abbastanza esaurienti. Non mi hai dato nulla di convincente  perché io possa dire “Sì, va bene, andiamo”. Non ho intenzione di sacrificare tutto ciò che ho per due frasi insensate, buttate lì. Anzi, se tu sei un pericolo per la nostra sicurezza, ti invito ad andartene, caro Fey, visto che non hai bisogno di nulla se non collaboratori. Ti auguro di trovare tante povere pedine, come dici tu, pronte a seguirti e a morire per qualcosa che non possono combattere. — sussurrò Kirino, così vicino al viso dell’altro da farlo rabbrividire.
Mai l’aveva visto tanto freddo… Mai dopo l’incidente.
— Quindi ti andrebbe bene se uccidessi quel ragazzino dai capelli azzurri? Suppongo che di lui ti importi poco. Non puoi neanche immaginare l’inferno che sta provando. Ti rendi conto di cosa è diventato? Davvero vuoi abbandonarlo? Vuoi permettere che venga manovrato come una marionetta da un burattinaio invisibile? Bene, io me ne andrò. Ma non sottovalutarmi. Sono dieci anni che combatto per sopravvivere. Ucciderò senza pietà, e non avrò grazia per lui, sappilo. Tutti quei mostri vanno eliminati e se tu non hai intenzione di salvarlo, di certo non sarò io a prendermene cura. Detto questo, ho concluso. Oh, per avvisarti, aspettati qualche incursione. C’è un chain potente, ne sento la presenza. Verranno a prendervi e io, mio caro, non ti dirò come fermarli. —

Kirino sbiancò.
 
­— Visto? Perderai nuovamente tutto e, inoltre, abbandonerai quella persona. Ma, in fondo, non sono problemi miei. Arrivederci mio caro discendente degli Shiro… O meglio, ci rivedremo nell’aldilà magari! — sbottò in un ultimo, disperato, tentativo di convincerlo.
Si alzò senza più la forza di guardarlo negli occhi.
— Cos’è diventato, Fey… Cos’è diventato lui? — mormorò il rosa, con la voce spezzata e le lacrime agli occhi... Lacrime che non scesero mai.
Era troppo forte per piangere e certo non era quello il momento per lasciarsi andare.
Il verde non rispose, rimase a fissare cupo il braccio dell’altro ancora teso verso di lui.
— Rune, allora? —
— Non andrai a salvarlo, non c’è bisogno che te lo dica, potresti non uscirne da questo trauma. — lo avvisò, con la voce tremante, allontanando la mano dal pomello della porta.
— E allora, cosa vuoi che faccia? Sei stato tu a chiedere il mio aiuto! — proseguì Kirino, interdetto.
— Dato che abbiamo annullato tutto, non vedo ragione per aiutarti… — gli rispose, curioso di sentire le sue scuse.
— Anche tu hai qualcuno da salvare, no? Non dirmi che rimangi già tutto! —
Quelle parole lo fecero rabbrividire. Certo, che aveva qualcuno da salvare. Era ovvio.
— Ma non eri contrario alla nostra alleanza? —
— Piantala di tirarla per le lunghe! Non abbiamo tempo, no? Hai detto anche questo… —
Il rosa parve come risvegliato da un lungo sonno che l’aveva lasciato inerme.
La speranza si era accesa in lui e, anche Fey provò gratitudine nell’aver finalmente raggiunto un “quasi accordo”.
— Deduco che sia una risposta affermativa, correggimi se sbaglio… — disse, sicuro di non ricevere un ‘’no’’ in cambio.
— Muoviti, riunisco la truppa. – ribatté l’altro, facendogli cenno di rimanere dov’era.

 
 § ✶ §
 
 

Il corridoio scuro e poco delineato sembrava essere senza fine.
Le mattonelle, rigorosamente grigiastre trasmettevano un senso di solitudine e disprezzo verso il mondo al di fuori di quel rifugio nascosto.
La cappa violacea del mantello, ricadeva fino ai piedi strusciando per terra e provocando un leggero rumore che rimbombava per tutta la lunghezza della corsia.
La figura, un ragazzo ad essere precisi, camminava a passo deciso, forse troppo sicuro.
Scosse i capelli albini, lasciando che qualche ciocca ricadesse sul viso niveo.
Si trovò, dopo aver camminato per una decina di minuti, di fronte alla porta, completamente d’acciaio, del laboratorio.
Smosse  per aprirla, e i suoi occhi ametista brillarono all’azione.
Mise una maschera, che ricopriva appena la bocca, completamente bianca con una specie di ‘x’ centrale color pece.
Tutto questo per proteggersi dalla nebbia nera che invadeva la stanza.
Appena entrato, non mancò di indossare anche gli occhialini che portava sul capo.
Il macchinario era enorme e, alcuni esseri fatti d’ombra, ma con qualche macchia bianca, gironzolavano, tentando di mantenere l’intera struttura in buono stato.
Levò la cappa mentre un nameless porgeva, ambizioso, il camice bianco da laboratorio su cui era scritto il nome ‘ Saru Evan’.
Sogghignò notando dei capelli azzurrini svanire dietro il passaggio verso l’altra sala.
Che Tayou lo cercasse? Di certo Masaki non sarebbe entrato lì per nulla al mondo.
Così, mosso da curiosità, evocò il suo chain e iniziò a seguire il compagno.
 

 
§ ✶ §
 

Avanzò imperterrito lungo quellla strettoia, seguito a ruota da due Nameless.
Si faceva strada con una rudimentale torcia, giacché non c’erano luci.
Quel posto non gli sarebbe mai stato familiare… Era tutto così mutevole da impossibilitarne la memorizzazione.
Il chain che gli sostava sulle spalle strillò costringendolo a coprirsi  le orecchie, anche se in ritardo.
Sapeva bene che quell’odiosa scimmia non sopportava quei “guardiani” alquanto ‘‘protettivi’’, ma d’altro canto non poteva impedirgli di fare il loro lavoro.
Si limitò a sbuffare e proseguire. Aveva già visto quelle creature all’azione e ne rimaneva ogni volta più terrorizzato e ammaliato.
Era come avere a che fare la con vera e propria oscurità…
Si sa, afferrare il fumo a mani nude è impossibile; stesso principio per le ombre.
Pensare che era stato lui a progettarli…
Sì, beh, naturalmente non l’aveva fatto da solo… Ma che importava ormai?
L’unico corpo dotato di anima era lui, laggiù.
Si chiese che fine avessero fatto i famosi “alleati” del suo padrone.
Aveva intravisto Kariya sì e no tre o quattro volte, ma era da diverso tempo che non lo incontrava.
Che fosse impegnato in qualche altra missione?
Era molto probabile, ma non ci mise la mano sul fuoco.
Poteva essere molto stravagante ed originale certe volte.
“Per non dire sempre”, pensò, prima di lasciarsi andare in lungo respiro.
Raggiunse finalmente il portone rosso che stava cercando da diverso tempo.
Non era stato facile orientarsi con la pressione dei due Nameless dietro, capaci di ucciderti da un momento all’altro.
Spinse con forza e varcò la soglia dell’imponente stanza adibita a fabbrica.
Era proprio lì che avevano messo a punto quelle creature oscene e non solo.
Infatti, accanto alle macchine, lavoravano quelli che parevano veri e propri umani, ma Saru era consapevole che si trattava solamente di corpi vuoti, senza volontà.
 ‘Nobody’. È così che li chiamava lui.
 Erano decisamente ideali per fare tutto il lavoro manuale che da solo non sarebbe mai riuscito a portare a termine e, inoltre, formavano un numero abbastanza alto da poter essere considerato un esercito vero e proprio.
Il ragazzo deglutì, consapevole che in una stanza poco distante da quelle giacevano la maggior parte di quei soldatini; inermi solo fino ad ordine padrone.
Rabbrividì ed avanzò verso Omega, l’organo centrare di quella fabbrica quasi demoniaca.
Una risata malefica si delineò, riecheggiando nell’intera sala e i Nobody si fermarono udendola.
Saru raggelò mentre la sagoma dell’azzurro si mostrò a pochi passi da lui, prendendolo alle spalle.
Non ci volle molto;  L’albino rispose all’attacco, facendolo ricadere per terra con un tonfo leggero.
L’idiota, che continuava a deriderlo, ci provava gusto a fargli certi scherzi.
— Razza di stupido, vuoi farmi prendere un infarto? — sbottò, spazientito già in partenza.
— Diciamo che è una buona alternativa al pugnalarti mentre dormi! — lo schernì Masaki mentre si rialzava. Saru gli scoccò un’occhiata malevola.
— Ah, bene, ora mi osservi anche mentre riposo. Direi che sei un vero maniaco… Cos’è ti manca il tuo caro amichetto? —
Evan si premurò di fargli la linguaccia ridendo a crepapelle mentre l’altro diventava rosso come un peperone, sia per la rabbia che per l’effettivo imbarazzo.
— Se la metti così a te manca il tuo, mio caro! — ribatté il minore, sorridendo sornione.
— Ne parli come se io potessi ricordarlo, mentre tu il tuo bel rosato lo nomini anche nel sonno! — Bofonchiò Saru, aggiungendo una punta di cattiveria nella voce.
Quanto odiava quell’argomento!
— E poi il maniaco sono io, eh? —
Kariya prese a fissarlo con un urgenza, unita alla sua solita sfacciataggine, come se avesse fretta di andarsene; Lo sguardo ricadde su un macchinario semi-coperto da una tenda di velluto rosso.
Sbiancò.
— Non è colpa mia se sei quasi morto l’ultima volta che ho usato il macchinario; Nel tuo stato non potevo fare molto… — gli rispose, intuendo il disagio dell’altro.
L’azzurro rimase in silenzio, pensieroso, apatico.
Alzò un sopracciglio e sbuffò.
— Oh, cosa succede, come mai ti sei zittito? — domandò Saru, insospettendosi.
Non lo sopportava per niente quando giocava a fare il misterioso.
— Vuole vederti. — gli disse poi con un’espressione indecifrabile in volto.
Stavolta era il suo turno di non avere parole.
Se lui richiedeva la sua presenza non poteva trattarsi certo di nulla di buono.
Sentì una scossa percorrergli i muscoli delle gambe, impazienti di correre altrove.
— Muoviti. —
L’oscurità del corridoio li avvolse.

 
§ ✶ §
 
 
— Ti aspettavo — tuonò la voce di Tayou, dall’alto del suo trono.
I capelli fiammeggianti ondeggiavamo nel nulla.
Una nuvola di Nameless ricopriva il soffitto e Saru non poté che rabbrividire.
La cosa non gli piacque.
Immaginava, tuttavia, che non potessero né cacciarlo né ucciderlo: era l’unico a sapere far funzionare Omega.
— Di cosa ha bisogno? — chiese, inchinandosi e pregando qualunque dio ci fosse che non gli venisse fatto del male.
Non avrebbe sopportato altro dolore.
— I Nameless hanno rintracciato Fey, lo sai? — annunciò il suo padrone, sorridendogli e sollevando un bicchiere di vino, come a voler festeggiare. Per lui, però, quella notizia suonò quasi come fosse stata la sua condanna a morte.
Deglutì a fatica e cercò di riprendere la calma.
— Ora lo so. — rispose, la voce sottile sottile.
— Dovresti occuparti di più di Omega, se lo avessi fatto, lo avresti scoperto prima di me. —
Tayou aveva ragione; Saru aveva lasciato un po’ il laboratorio a sé stesso in quel periodo.
Si sentiva in colpa solo a metterlo in funzione, quindi lasciava che fossero i Nobody ad occuparsi di tutto al suo posto.
— Lo uccideranno. — disse Tayou, fissandolo. Gli parve quasi di vederlo ridere, con quel bagliore che gli attraversava gli occhi color cielo.
— Che posso farci? Non prendo io le decisioni, qui — si sforzò di ribattere, di sembrare sicuro di sé-
— Beh, volevo avvisarti che appena lo avremo catturato, voglio che sia tu a trasformarlo in un Nobody. Dopotutto, è stato per molto tempo il tuo assistente… Mi sembra giusto, no? —
Saru rimase impietrito.
— Preferirei lo facesse qualcun altro, non credo di esserne in grado. Infondo, rimango ancora un umano. — balbettò, la voce strozzata.
I muscoli fremevano per l’ansia e il desiderio di fuggire.
— Credi solo di esserlo. Non è stato Fey a cercare di ucciderti in fondo? Perché non vendicarti? Te ne offro la possibilità! Sarà divertente vederlo contorcersi dal dolore mentre gli strapperai via ogni rimasuglio di vita e sentimenti. Potrai persino trasformare il suo cuore in un Nameless, oppure tenerlo per ricordo, mio caro. — tentò di convincerlo, ammiccando un sorriso sarcastico mentre l’orecchino a forma di cuore vibrava sempre di più.
Non poté che pensare a quanto Tayou fosse bravo nell’abbindolare le persone.
La rabbia crebbe senza che lui se ne accorgesse.
— Per quanto riguarda i miei sentimenti, sono ancora contrastanti e per questo la mia idea di vendetta non corrisponde esattamente alla sua. Ho ancora un’anima, sono vincolato da quel che provo e, perciò, riguardo questo argomento preferirei non avere responsabilità. —
Una falce prese forma di fianco all’arancione;
— Okay, vorrà dire che farò in modo che della tua umanità non rimanga traccia. —
La calma apparente dipinta sul viso niveo dell’albino mutò in terrore.

Uno schiocco di dita.
 
 


 
 § ✶ §

 
— Fey, questo è tutto quello che abbiamo. —  annunciò Kirino, aprendo la porta per far entrare gli altri. Il verde non parve contento del numero, ma sospirò e prese posto a capotavola.
— Non è molto ma è qualcosa infondo, no? — rispose, accennando il sorriso più falso che avesse mai fatto.
Uno alla volta, sfilarono davanti al rosa ed andarono a sedersi con espressioni diverse l’una dall’altra.
— Non ci sto capendo nulla. Che ci facciamo qui? — sussurrò Shindou a Kyousuke, non riuscendo a seguire nemmeno le parole d’introduzione di Fey.
— Come se tu capissi mai qualcosa. — rispose il blu, seccato.
— Ma quanto sei simpatico! — ribatté il povero castano, sentendosi incompreso.
Si agitò sulla sedia, sperando che nessuno notasse il suo nervosismo.
— Non è colpa mia se il tuo cervello è troppo piccolo… — lo schernì il chain, scuotendo il capo con fare canzonante.
— Disse quello che neanche ce l’ha! —
— Ma che bravo, hai imparato a rispondere! — continuò il blu, sorridendo sornione.
La volpe prima accovacciata sulle gambe di Kirino si era avvicinata, ciondolante e li fissava confuso.
— Potreste smetterla? — disse, con una punta di arroganza nella voce.
Ranmaru si voltò, catturato dalla voce del suo chain.
— Stai al tuo posto. — lo ammonì, infastidito.
La volpe lo guardò socchiudendo gli occhi.
— Odio quando fai così. —
— Aspetta, quello cos’è?! — strillò Takuto, un’espressione impaurita sul volto.
Kyousuke scosse il capo, esibendosi in un facepalm epico.
— E’ un chain, idiota, non ci sei arrivato? —
— E’ già tanto se riconosce quelli della sua specie! — s’intromise Beta, dall’altra parte del tavolo.
Una risata generale avvolse la stanza e gli ospiti, mentre Shindou sprofondava nella sua sedia.
— Arriviamo al punto in fretta. Che succede? — domandò Gamma, che il castano ringraziò mentalmente per aver distolto l’attenzione da lui.
— Perdonate questo mio modo brusco, ma è un affare piuttosto complicato. — disse Fey, storcendo la bocca.
— Spiegati, che non c’è tempo. — tagliò corto Kirino, incitandolo a proseguire.
Il verde annuì e s’immerse nel discorso.
 

 
 § ✶ §
 

— Non posso crederci. E’ uno scherzo?! — esordì la verde acqua, con un’espressione sorpresa e sconcertata sul viso.
— Ne sei sicuro? E’ una minaccia così imminente? — proseguì Gamma, accodandosi alla sua ojou-sama.
— Troppo, troppo vicina… — disse Fey, abbassando gli occhi e scacciando le lacrime.
Quante forse gli costava dover raccontare tutto ciò!
— La cosa è piuttosto grave, non è un argomento su cui scherzare troppo. — mormorò Shindou, immerso nei suoi pensieri così tanto da non accorgersi di tutti coloro che lo fissavano.
— Ah, ma allora hai capito qualcosa? — gli disse Kyousuke, sorridendo malevolo.
— Ma che stronzo che sei! — ribatté il castano, consapevole di non essere stato proprio fine nella sua risposta.
— Ehi, modera i termini, razza di servetto! —  lo ammonì il suo chain, offeso.
A Takuto saltarono i nervi.
— Non chiamarmi così! — gli strillò.
— Dovresti essere orgoglioso di avere un padrone come me! — ribatté il blu, con fare annoiato e saccente.
— Uh, non vedi come sprizzo di gioia? —
— Dovresti smetterla di trattare così Takuto!  —
La volpe albina si era nuovamente alzata dal suo posto e veniva incontro ai due sghignazzante.
— Senti chi parla! — s’intromise Kirino, che nel frattempo seguiva la conversazione.
— Pff, chi ti credi di essere? — ribatté il blu, rivolgendo tutta l’attenzione all’altro chain.
— Non ti deve interessare chi sono, razza di scarto dell’Abisso. —
— Lo scarto dell’Abisso ha forma umana. —
— Oh, ma anche io ce l’ho la forma umana. — gli rispose, mentre si allungava e i tratti di un ragazzo prendevano il posto di quelli di volte, il mantello bianco svolazzante sotto l’agitazione della coda biforcuta.
— Visto? Sono più anche più bello di te! —
— Questo è tutto da vedere — rispose il blu, irritato e vagamente perplesso.
— Tsk, neh, Shindou che ne pensi? — domandò Ibuki, alla fine, al castano, che rimase basito.

 
A te piacciono le ragazze, le femmine. Takuto, a te non piacciono i maschi. Ripeti: a te non piacciono i maschi”, si diceva; gli occhi che parevano fuori dalle orbite per lo sforzo di non mettersi ad urlare per la frustrazione.

 
— Allora? — chiesero in coro i due.
— Preferisco Beta. — rispose lui, sottovoce.
— Tu cosa?! —
La voce di Gamma risuonò nella sua testa e lo vide scoccargli un’occhiata decisamente poco rassicurante.
— Ah, dovresti essere orgoglioso di avere un servo così docile! — disse Ibuki, sghignazzando compiaciuto.
— Docile a chi?! —
Takuto si sentì decisamente umiliato, probabilmente per la millesima volta in quei giorni. Per una volta, voleva semplicemente sembrare serio e inattaccabile, ma evidentemente agli occhi degli altri pareva solo un rammollito, perlopiù effeminato.
Non riuscì a trattenersi nello sferrare un pugno ad Ibuki, che arretrò vagamente sbigottito.
Kyousuke rise divertito.
— E’ proprio la dolcezza, non trovi? — disse il blu rivolto all’albino, che nel frattempo si era nuovamente riavvicinato ghignante.
— Maledetto. Ma-le-det-to — mugugnò il castano, nel tentativo di colpire anche Kyousuke.
Ma, giusto un momento prima che la sua mano chiusa a pugno potesse toccare il pallido viso del chain, lui lo fermò senza la minima difficoltà.
Si avvicinò al viso di Shindou, mormorandogli, quasi sulle labbra: “E' il tuo sapore, ad essere smielato”.
Takuto sobbalzò, arrossendo vistosamente.
— Aw, è diventato rosso! — sghignazzò l’albino, inumidendosi le labbra con la lingua.
Si mosse di scatto ed afferrò Shindou tra le braccia, avvicinandosi col viso alla nuca del povero castano in preda al panico.

No, stai calmo. Stai calmo. A te piacciono le ragazze, no? Le femmine.
 
Se lo diceva sa solo, consapevole che sarebbe servito a ben poco.
Kyousuke invece aveva un’espressione tutt’altro che calma, anzi.
Scattò in avanti per “riprendersi” il servo, mentre questo di divincolava e svelto usciva dalla stanza soffocando le urla in mugugni poco delicati.
— A me piacciono e femmine! — furono le sue ultime parole, mentre si chiudeva la porta alla spalle e Beta gli scoccava un’occhiata scioccata.
— Aspetta, ma quel tipo di essere umano era maschile?— ebbe il coraggio di dire Ibuki, allibito.
— Aha. —  confermò  Fey, annuendo serio.
— Ma sul serio non l’aveva capito? — bisbigliò Gamma, rivolto a Kirino.
Kyousuke rimase in silenzio, esibendosi in facepalm degno di nota.
— Ma è sempre così? — chiese il verde, incredulo.
— Non me lo domandare. Non ce la faremo mai — sospirò il rosa.
 
 
 § ✶ §

 
Aprì la porta, tentando di non far rumore, entrando così nella stanza semi-oscurata. Notò una sagoma nascosta, inginocchiata di fronte alla finestra, con il viso nascosto dalle braccia che a loro volta avvolgevano le gambe.
Shindou piagnucolava e non ci volle molto a capirlo.
Ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo per guardare chi era appena arrivato che subito occultò di nuovo il volto, stringendo il più possibile gli arti.
Kyousuke fece per avvicinarsi ma, appena fu a pochi millimetri dalla sua spalla, si rese conto che forse era meglio evitare il contatto. Si premurò di sedersi a qualche centimetro di distanza, tuttavia il castano sobbalzò ugualmente.
— Tutto bene? — gli chiese.
— Secondo te? —
— Scusa. — bofonchiò, quasi imbarazzato.
— Non volevo farti stare male… — proseguì, cercando un contatto visivo col castano, che tuttavia non ottenne.
— Però lo hai fatto — mormorò lui, il pollice della mano destra infilato tra i denti.
— Tu hai cercato di colpirmi con un pugno, tanto per la cronaca eh! — cercò di scherzare il blu, sperando in un miglioramento.
— Lo sapevo che non ti avrebbe mai fatto male —
No, decisamente nessun cambiamento.
— Ma non ti sei fermato. Un po’ offeso lo sono anch’io, sai? — gli sussurrò all’orecchio, sfiorandolo con le labbra.
— E per quale motivo? Non ti ho mica messo in imbarazzo davanti a tutti! — lo aggredì Takuto.
Kyosuke si allontanò nuovamente, deluso.
— Non capisco ancora bene i sentimenti… — sospirò, quasi a sé stesso.
— Perché? Tu provi sentimenti? — gli domandò Takuto, sinceramente interessato. Alzò la testa, aprendo gli occhi che vennero immediatamente incontro a i suoi.
— Non lo so e ho paura. —
— Paura di cosa? —
— Di essere com’ero prima… — mormorò sottovoce, come se cercasse di non farsi sentire da qualcuno.
— Cioè? —
— Umano. —
— Tu sei stato umano? — gli chiese il castano, allibito e particolarmente sorpreso.
Comprensibile, pensò il blu.
— Non te l’ho detto, ma dopo aver battuto quel chain, quando mi hai trovato privo di sensi, ho riavuto un ricordo. — gli confessò, spostando nuovamente lo sguardo sul pavimento.
— E cosa hai visto? — gli sussurrò Shindou.
— Mio fratello. —  rispose, con la voce sottile sottile.
— Anche io avevo una sorella di cui ora non ricordo nulla. — ammise il castano a sua volta, smettendo di guardarlo. Parlare forse gli faceva più male di quel che credeva.
— E’ strano vederti così… — confessò, alla fine.
— Davvero? Non dovresti avere pietà di me, sono solo un mostro, infondo, no? — lo provocò il chain, gli occhi ardenti di qualcosa che Takuto di non riuscì a comprendere.
— I mostri non tornano per chiedere scusa. —mormorò.
— Vorrei che fosse davvero così… Si sta facendo tardi, gli altri si stanno preoccupando per te. Midispiace, non era mia intenzione ferirti. Da ora in poi non ti infastidirò più. — gli disse con serietà, alzandosi in piedi.
Fece per allontanarsi.
— Io laggiù non ci torno e nemmeno tu sei obbligato. Stai qui. —
Kyousuke sorrise; forse il primo sorriso sincero che gli spuntava sul viso da molto, molto tempo.
— Mi piacerebbe, ma così non terrei fede al patto che ho appena fatto. Arigatou. — spiegò, accarezzandogli i riccioli.
— Per favore, non andare. Non voglio stare solo. — bofonchiò  Takuto, quasi sperando che non lo sentisse.
Al diamine il patto!
— Hai molti amici, Shindou, non sarai mai solo. —
­— Posso… Abbracciarti? —
Il castano sobbalzò, arrossendo leggermente al contatto col blu. Annuì.
— Ti avverto, non sono molto bravo… — si scusò il più alto.
— Strano, quando  mi hai baciato sembravi proprio esperto! — lo schernì Shindou, con un sorriso tirato in volto.
Kyousuke piegò gli angoli della bocca in una smorfia soddisfatta e lo abbracciò, percependo il calore del corpo di Takuto accanto al suo. La luce proveniente dalla finestra di fronte a loro si affievolì minuto dopo minuto, finché non divenne solo un lontano bagliore.
 
Lo sguardo si addolcì, come quello di un bambino di fronte alla propria madre.
Gli occhi del chain scintillarono.
Iridi di un mostro che, di mostruoso, non sembrava avere nulla...
Il blu fece per staccarsi, ma l'altro glielo impedì.
 
Rimani qui, solo un altro po’.
 




 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: Iris mi ha trasformato Ibuki in un figoH - sappiate però che è un gran pezzo di str**** //linciata

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni... (3v)
SONO TRE SETTIMANE CHE NON AGGIORNO.
OH MY TENMA.
LINCIATEMI.
Il fatto è che sti compiti mi stanno uccidendo T-T
Spero che sia venuto decente perchè boh, cambiavo parti a caso, e ho corretto alla cavolo (?).
Si, IRIS MI UCCIDE DI NUOVO.

Eccomi qui. Apparentemente MEZZA vivaH;
In realtà dovrei fare ancora Fisica, Filosofia, Scienze e Inglese-
Caffo. Sono fregata.
Le mucche fanno Muuu ma una fa mu----
- I miei disturbi mentali sono agghiaccianti.
Si, questo è un esempio del perchè non bisogna rimanere alzati fino alle 2 di notte per leggere fic - sonoscema-
 
In questo capitolo io e Iris: ABBIAMO FATTO APPARIRE TAYOU VERSIONE BADASS E YUUCHI... COME LA SOTTOSCRITTA :D
No, ok, Yuuchi è più sano-
Vabbeh, il FLUFF.
FLUFF.
FLUFF.
FLUFF.
*esplode in coriandoli arcobaleno (?)*
Un po' di ooc / a palate/ si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non linciateci, stiamo provvedendo per la salvezza della lasagna di nonna Pina! /ma non erano le tagliatelle? nd Iris/(?)-wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola pinguino*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costanti /si spera/(?).
*porge biscotti e torta al cioccolata*

 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
Inoltre provvedere all'aiuto dell'associazione 'pillole anti-stress/ sonniferi/ medicine mentali(??)' per Yuuchi e Tayou , aiutando a superare la loro rimbambitagi---, voglio dire, ritardo mentale (?)-wtf.

 
//ognimessaggiosubliminaleèpuramentecasuale(?) 

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Capitolo 6
*** Incubi: ch.05 ***


 
 
Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Quinto capitolo:

§  Incubi  §


 
 
 
 
§ ✶ §
 
 
Un rumore fastidioso riecheggiò nella stanza, provocando un sussulto del chain.
Kyousuke spalancò gli occhi, rivelando le sue iridi color miele ed accorgendosi poco dopo di essere rimasto attaccato a Shindou.
Il castano dormiva placidamente con la nuca appoggiata sulla sua spalla.
Poteva persino sentirne il respiro caldo e affannoso.
Successivamente si accorse di un bellissimo sorriso, che, in un certo senso, ne illuminava il volto.
Si alzò, cercando di non scuotere Takuto.
Lo prese in braccio, afferrandolo per la schiena e le gambe, e lo posò sul suo letto.
Si premurò di portargli le coperte fino al torace, levandogli la giacca per farlo stare più comodo.
Il castano mugolò infastidito, quando gli spostò alcune ciocche di capelli dal viso.
Poco prima che se ne andasse, una mano attirò la sua, facendolo avvampare.
Cercò di liberarsi dalla presa, ma, nonostante i numerosi tentativi, sembrava impossibile da sciogliere. Cavolo, non ci voleva.
Solo dopo cinque lunghissimi minuti, riuscì finalmente a slegarsii.
Il contatto era piacevole: una mano calda contro una fredda e glaciale.
Sorrise, avviandosi poi verso la porta e notando di avere i capelli tutti in disordine.
Ci avrebbe messo almeno un quarto d’ora a farli ritornare dritti come prima.
Confermò che avere i capelli sciolti e lisci lo faceva sembrare un vero idiota.
 
 
§ ✶ §
 
Ibuki se ne stava tranquillamente appoggiato alla parete esattamente di fronte alla porta della stanza dei due.
Sobbalzò alla vista di Kyousuke.
— Cos’è, ti aspettavi Shindou? — ghignò il blu.
L’albino, d’altra parte, rispose a tono.
— Uhm- forse. Qualcosa in contrario? —
— E se anche fosse? — domandò Kyousuke.
— Be’, saresti ridicolo — ribatté Munemasa.
— Come te, del resto. Scambiarlo per una femmina, come si può! Solo un idiota non ci sarebbe arrivato e tu, a quanto pare, non fai eccezione — rispose il blu, in tono melodrammatico.
— Mmm… Strano, mi sembra di avervi visto dormire insieme — sghignazzò l’albino, mostrando i denti appuntiti.
— Be’, a me sta bene così. Ho sempre saputo che era un maschio. —
Kyousuke scrollò le spalle e si voltò, come per dare poca importanza a quell’affermazione.
— Quindi sei tu femmina o cosa? — chiese la volpe, con una punta d’ironia nella voce.
— Ci sei o ci fai? Sono un chain. — ribatté lui, ormai spazientito.
— E quindi? Lo sappiamo benissimo che non sei solo un chain. —
Ibuki assottigliò le palpebre.
— E che cosa sarei? Sono curioso di sentire. — rispose il blu, giunto oramai all’esasperazione.
— Non credo che la risposta ti piacerebbe. —
— Sono proprio curioso di sentirla, invece. — Ammiccò, fintamente serio.
— Sei solo uno scarto umano caduto nell’Abisso. —
La voce dell’albino risuonò nelle orecchie come il sibilo di un serpente a sonagli.
— Scarto umano a chi? — ribatté, senza accorgersi di come il suo tono fosse diventato violento.
— A te. —
— L’unico animale qui sei tu. —
— Ma sentilo. Vai dal tuo tesoruccio caro, su, mi divertirò un mondo a vederlo scappare da te — ghignò Ibuki, con un sottile ringhio proveniente dal profondo della gola.
— Lui è mio amico, non il mio “tesoruccio” — rispose Kyousuke, gli occhi ridotti ad una fessura.
— Lo vedo che stai mentendo. —
L’albino sorrise in modo per nulla rassicurante, mentre il blu si lasciava sfuggire un momento di incertezza, in cui gli occhi si spalancarono mostrando la sua inquietudine.
— Ah, da cosa, sentiamo? — disse, riprendendo il suo contegno.
— Si dà il caso che io senta quando la gente mente o no — confessò.
— Allora dovresti far controllare i tuoi poteri da Kirino, con i chain non funziona — ringhiò Kyousuke, tutto d’un fiato a denti stretti.
— Questo non lo puoi sapere — gli sussurrò Ibuki,
— Be’, me lo hai appena dimostrato, noi chain non abbiamo sentimenti. Non possiamo provare emozioni umane, lo hai dimenticato? — disse il blu, convinto di avere la vittoria in pugno.
— La verità non è un sentimento e, come ho già detto, qualcosa di umano ce l’hai anche tu — sbuffò l’albino, quasi annoiato.
— Come se potessi credere a una volpe che non sa riconoscere un maschio da una femmina. —
— Non mentire a te stesso, Kyousuke. —
— Nessuno ti ha dato il permesso di chiamarmi con il mio nome. —
— Allora come ti devo chiamare? Fidanzato di Shindou? — sghignazzò Ibuki, mostrando un falso sorriso.
— Semplicemente non mi chiamare. Io sono il suo padrone, non il suo fidanzato. — mise in chiaro il blu.
— Sicuro? —
— Più che sicuro. Ne sono certo. Lui è il mio servo, è ovvio che mi preoccupi per lui. — sbuffò infine, seccato.
— Tsk, certo, come no! — lo schernì l’albino.
— E tu, invece? Com’è essere lo schiavetto di un essere umano? —
— Kirino è più idiota di quel che pensi, io non faccio quello che vuole lui… — s’incupì,  stringendo i pugni.
— In ogni caso rimani condannato, dovrai andare in suo soccorso, fattene una ragione. A differenza tua io comando e il mio servo deve solo ubbidire. — ghignò lui, felice di aver ripreso in mano la situazione.
— Ne riparliamo quando avrà scoperto come funziona. In ogni caso, non sai niente di me e Kirino e non ti conviene nemmeno saperlo — lo avvertì, gli occhi brillanti d’ira.
— Come se dovessi avere paura di te. —
— Non devi avere paura, evita di dire assurdità però. —
— Non sai neanche quanti, di quelli come te, ho eliminato. E ti assicuro che non ci ho messo molto.—
— Perché non fai una prova col tuo fidanzato. Voglio vederti all’opera. —
— Non mi permetterei mai di farlo soffrire per una cosa così idiota. Non scendo al tuo livello. —
— Allora vedi che spari cavolate? Tu provi qualcosa. —
— Sentimenti d’amicizia, cosa che tu non puoi capire a quanto pare. —
— Infatti, non capisco, sono un chain. Tu sei umano, o quasi… —
— Tsk, fa’ come credi. Se sei stupido non è colpa mia —
— Se sei un bugiardo, non è nemmeno colpa mia —
— Anche tu menti.—
— Mento? Direi di no. Nascondo qualcosa? Forse sì. —
— Non interferire. —
— Interferire su cosa? —
— Sulla lotta alla ricerca dei frammenti della mia memoria. Non ti voglio tra i piedi. C’è qualcosa in te che non mi piace. —
— Uh, allora il mondo gira sulla tua memoria? —
— Be’, il mio sì. —
— E sei anche disposto a uccidere? —
— Se necessario. Non sono umano, sono un chain, te lo ricordo. —
— Allora non sei molto meglio di me. —
— Probabilmente. Siamo due mostri, niente lo può cambiare. —
— Sembra quasi che te lo dimentichi a volte… —
— Cosa? —
— Di essere un chain. Vivi come se la tua vita potesse finire da un momento all’altro. —
— Perché ho paura che sarà così. Sono cresciuto con un’unica regola: sopravvivere. —
— Sei patetico. —
— Non ho bisogno del tuo giudizio —
— E di quale avresti bisogno? —
— Solo di quello di me stesso. —
— Menti —

Questione di un attimo, uno scatto così lampante e veloce che neanche riuscì a percepirlo; si trovò bloccato alla parete, un dolore atroce alla nuca, e un forte senso freddo che gli fece intuire la situazione.
Era completamente paralizzato, gli arti non rispondevano.
Kyousuke l’aveva sollevato, prendendolo per il collo, mentre unghie nere e aguzze penetravano nella carne.
Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, o meglio dire, tentò invano di scrutarlo ma le forze lo stavano abbandonando ed era inutile.
Provò a liberarsi senza successo, mentre una voce roca fece a pezzi il suo timpano.
Non sembrava lo stesso chain, quello non poteva essere lui; da dove veniva tutta quella forza?
 
— Non provare a dire che mento, perché se questa verità non sei capace di scorgerla, il tuo potere è solo una menzogna —
Un ultimo sussurro e lo lasciò andare. Si accasciò a terra, ansimando, immergendosi in iridi cremisi che svanirono poco dopo, mentre il blu, a passo deciso, svoltava ormai l’angolo.
 
Quel chain era davvero un mostro spaventoso.
 
 § ✶ §
 
 
L’orologio a cucù sulla parete tuonò le undici in punto.
Beta e Gamma erano molto silenziosi, entrambi assorti nei loro pensieri. La stanza era parzialmente illuminata, poiché parte delle enormi vetrate era oscurata da spesse tende viola.
 Il tè di quella mattina era al ribes nero e il tavolo era colmo di piatti pieni leccornie di ogni tipo, tra pasticcini e brioche.
Nonostante nessuno dei due li toccasse mai, i camerieri si ostinavano a imbandire così la tavola per loro.
Il silenzio di quel momento era imbarazzante, specialmente per Gamma, che difficilmente vedeva la ragazza così ammutolita e pensierosa. Si schiarì la voce.
— Neh, principessina, oggi ti vedo troppo distaccata. —
 — Ma che cavaliere, se ne è accorto! Vuole un premio, di grazia? — Agiunse la blu, finalmente decisa ad assaggiare un pasticcino alla frutta, con un vago senso di superiorità.
—Non non c’è ne è bisogno, la sua espressione è più che appagante. — Continuò, l'albino, osservano la faccia cupa della giovane, piuttosto stranita.

— Lo sarà anche la tua tra poco se non la pianti. — Precisò l’acquamarina, divorando l’ultimo boccone del dolcetto.
— Su, su, datti una calmata e dimmi cosa succede. —
—Curioso, neh? —
— Sempre. —
— L’ho notato tesoruccio. —
— Su principessina, sbrigati che non abbiamo molto tempo! — Boccheggiò Gamma, iniziano a giocare con una zolletta di zucchero, pregustando la succosa verità dalle parole della sua Ojo-sama.
— Ma che impaziente; Facciamo così, se mi preghi in ginocchio potrei anche farci un pensierino —
— Come preferisci, non mi importa. —
— Uffa che noioso, e va bene. —
Beta cambiava idea molto facilmente soprattutto quando il maggiore fingeva una finta nota di noia;
—Quindi…?-
— Questa riunione mi ha davvero scombussolata… Insomma, non ci ho capito molto… Tuttavia so che Kirino non richiamerebbe per nulla. —
— Penso che l’unica cosa da capire sia che si sta avvicinando una minaccia troppo grande anche per noi e che bisogna correre ai ripari.—
— E non c’è miglior difesa se non l’attacco, giusto? —
— Più o meno è così… —
Annuirono entrambi, mentre un tremore prese possesso di Beta. Voleva parlare, ma dalla sua bocca non uscì che un profondo sospiro.
— Ti senti bene? —
- … Neh, sai, credo di avere un po’ paura.- Boccheggiò infine, tremolante.
- Come tutti del resto.-
- Anche tu?-
- Beh…Diciamo di si… Però, beh, cerco di superarlo.-
-… Affrettiamo a terminare, Ranmaru ha intenzione di tornare a casa di Shindo, nelle proprietà degli Hikari.-
Si sorrisero a vicenda, nel tentativo di smorzare la tensione.
Per un attimo, parve funzionare.

 
§ ✶ §
 
 
Nel momento in cui a Shindou parve di aprire gli occhi, ombre lo avvolsero.
Spalancò le iridi non appena di fronte si ritrovò una figura che si contorceva in cerca di stabilità. Una sedia si materializzò e questa prese finalmente forma, rivelando un ragazzo sui diciotto anni con i capelli color del sole.
Sollevò le palpebre, rivelando due pozze color azzurro oltremare.
Prese a sorridere sornione, mentre delle catene agganciavano gli arti di Takuto, incollandolo al letto, che mano a mano si stava trasformando una qualcosa di molle, che non riuscì a identificare.
— Finalmente ci incontriamo, altro me… — proferì divertito.
Shindou lo guardò confuso, dimenandosi disperatamente nel tentativo di scappare via.
— Tranquillo, ci rivedremo ancora! —.
 
§ ✶ §
 
Takuto continuava ad agitarsi, scuotendo le coperte e provocando un gran rumore.
Kyousuke si accingeva ad aprire la porta e, quando varcò la soglia, vide qualcosa che lo sconvolse immediatamente.
Si affrettò ad avvicinarsi al suo servo, nel tentativo di capire cosa avesse.
Rischiò più volte di beccarsi un pugno in piena faccia e ringraziò mentalmente di essere un chain. Shindou continuava a contorcersi, disperato, emettendo urli strozzati in cerca di aiuto che il blu non ignorò per nulla.
Finalmente, dopo averlo scosso più volte, il castano riprese conoscenza, ritrovandosi a pochi centimetri dalla faccia di Kyousuke.
Sbatté la testa contro quella dell’altro, che sbuffò irritato.
— Ma che diamine avevi?— mormorò poi, riprendendo parola.
— Io… Non lo so — borbottò, quasi tra sé.
 Alzò il busto, in modo da appoggiare la schiena sui cuscini dietro di sé.
— Sei certo di star bene? — domandò infine, adocchiando lamico, sedendosi poi ai piedi del letto, lontano dal castano, cosa che Takuto notò bene.
— Sì, almeno credo. Perché ti sei scostato? — chiese, quasi sorpreso.
— Piuttosto che perdere tempo con me, ricorda che oggi c’è il ballo, magari potresti approfittarne per danzare con qualche umano femmina. — sbuffò l’altro, mentre si alzava e spariva dietro la porta principale.
Un po’ si sentì ferito, nell’avergli detto quelle cose, ma in fondo era un bene: lui dopotutto era solo un chain, non poteva permettersi di stare con un umano come un certo castano.
 
§ ✶ §
 
Shindou si sentiva decisamente a suo agio in quell’elegante giacca bianca, tant’è che passò almeno dieci minuti a rimirarsi davanti allo specchio prima di decidere che era arrivato il momento di andare.
Dentro di lui le emozioni imperversavano, alternandosi una dopo l’altra senza un preciso ordine: ansia, eccitazione, nostalgia, preoccupazione, felicità, rimorso e tristezza.
Sospirò, tentando di cacciare via quella confusione.
Scese le scale deciso a non sembrare in soggezione, una volta tanto.
Si rassettò i pantaloni, quando Kirino gli venne incontro, assieme ad Ibuki.
Salirono silenziosamente sulla carrozza e finché l’albino non prese parola, l’unico rumore udibile era quello dei cavalli.
— E Kyosuke? Non c’è il tuo fidanzato? — chiese, ghignando insopportabilmente.
Shindou sobbalzò e quasi arrossì.
— Primo, non è il mio fidanzato. Secondo, ci raggiunge dopo. — rispose, alla fine.
— Tsk. —
—Ti senti bene, Takuto-kun? — gli domandò infine Kirino, dopo un attimo di incertezza.
— Sto bene. Benissimo! — mormorò il castano, quasi per farsi forza.

 
§ ✶ §
 
Il grande portone in legno di ciliegio, con rifiniture dorate, aveva un che di caldo e accogliente.
Una strana nostalgia pervase Shindou, quasi incredulo dell’essere a pochi passi dalla sua famiglia.
In pochi attimi, tutte le domande e il timore presero il sopravvento.
Che avrebbero detto suo zio, suo padre e persino gli altri nobili vedendolo così giovane?
Rabbrividì e insieme agli altri due uscì dalla carrozza.
Beta, Gamma e Fey gli vennero incontro poco dopo.
—Mi piace il tuo vestito, Shin-sama, è proprio bello! — esclamò Beta, con un sorrisetto che non seppe interpretare.
Lui ringraziò, non mancando di notare lo sguardo di disapprovazione dell’albino alle sue spalle.
La sala del ballo era simile a come la ricordava, solo che evidentemente nei dieci anni trascorsi qualcosa doveva essersi evoluto, poiché decorazione ed addobbi arrivavano veramente in alto.
Si sentì pervadere da una gioia che non provava da molto tempo e non ci mise troppo ad ambientarsi.
Era tutto così familiare!
Uomini e donne di ogni età affollavano lo spazio, chi danzando, chi chiacchierando allegramente con in mano un bicchiere di vino.
Si staccò dal gruppo quasi senza accorgersene, troppo attratto da quella che era stata la sua vita per badare agli amici.
Un coro di vocine stridule si alzò al suo passando e Shindou notò un gruppetto di ragazzine ridacchianti che al suo sguardo arrossirono e accentuarono i gridolini.
Avanzò sorridendo: ecco a cosa era abituato.
Procedette con disinvoltura, avvicinandosi ad un figura che sostava silenziosamente in un angolo.
Era bella, splendida, pensava, ma era come se mancasse qualcosa.
Si convinse che parlandole si sarebbe smosso tutto.
Si trattava di una ragazza, forse poco più piccola di lui, dalla chioma scura e riccia e le labbra rosse, gli occhi gialli contornati da spesse e lunghe ciglia.
Lo stava osservando dal momento esatto in cui era entrato e lui non aveva smesso di ricambiare lo sguardo, mettendo a tacere quel senso di vuoto che provava senza motivo.
Le iridi scure della fanciulla si socchiusero quando lui le arrivò davanti.
Le sorrise e lei ricambiò.
Disse di chiamarsi Umeko e parlarono un poco, camminando lentamente uno accanto all’altra.
— Mi concederesti un ballo? — le domandò infine, prendendo il rossore di lei come un sì e trascinandola verso il centro della sala. Sentì un pungo dello stomaco.
 
§ ✶ §
 
Beta ostentava la propria bellezza con così tanta innocenza da sembrare piccola e indifesa.
E questa era una delle cose che amava di lei.
Tuttavia, nonostante adorasse accanto a sé la presenza di Gamma, si stufò ben presto della sua compagnia, quella sera.
C’erano dei momenti in cui ci provava così spudoratamente che avrebbe vomitato miele.
Mentre andava a scegliersi un posto a sedere in solitudine, non poté che sorridere alla vista di Takuto che ballava con quella fanciulla mora.
Lui sembrava così sereno che quasi non lo riconobbe.
Distolse lo sguardo e proseguì, finché non si sentì afferrare con dolcezza la mano.
Ti prego, Gamma, no”, pensò, mentre si voltava.
La figura che si trovò davanti, tuttavia, non era quella di Gamma, bensì di un ragazzo dalla capigliatura violetta e gli occhi sottili, che le ricordò immediatamente un koala.
Le sorrise con dolcezza e lei non poté che arrossire.
— Posso avere questo ballo? — le domandò.
Annuì, seguendolo, cercando di interpretare la sensazione di averlo già visto da qualche parte.
— Tu sei Beta, vero? —
Rimase sorpresa da quella domanda e per un momento, finché lui le cingeva i fianchi con una mano, prese in considerazione la possibilità di andarsene.
Ma la curiosità ebbe la meglio.
— Come conosci il mio nome? —
— E’ difficile dimenticare il meraviglioso viso dell’erede dei Tasuke. Il mio nome è Alpha, lieto di fare finalmente la vostra conoscenza. —
Beta arrossì, sentendosi avvampare.
Mentre danzavano in sincronia con le altre coppie, le parve di incrociare lo sguardo di un Gamma arrabbiato, allibito e forse persino frustrato.
Rise tra sé e tornò a prestare attenzione al suo accompagnatore.
Si erano avvicinati più di quanto lei pensasse, il viso di lui, molto più in alto del suo, che lentamente si portava al suo orecchio, sussurrandole: — La bellezza è una qualità a volte fin troppo sopravvalutata, ma direi che non è proprio il tuo caso. Se gli angeli cadessero dal cielo, sarebbero identici a te.
Trasalì, sentendosi trascinare via, lontano dalla pista da ballo.

 
§ ✶ §
 
Umeko sarebbe potuta essere la ragazza perfetta per Shindou - non troppo invadente, tranquilla, cortese, aggraziata e con un voce meravigliosa -, se non fosse stato che la sua vicinanza non gli portava quel tipo di reazione chimica, che invece, vista l’età, si sarebbe già dovuta verificare da tempo.
Deglutì nervoso, mentre lei, serena, gli stava raccontando aneddoti della sua infanzia.
Che fine aveva fatto Kyousuke?
Oh, Shin-sama, che fai di bello? — domandò una voce alle sue spalle.
Ibuki.
Takuto trattenne il nervoso.
— Cosa desidera, di grazia? — chiese, tentando di mantenere un tono di voce cortese, per evitare di fare brutta figura davanti ad Umeko.
— Come mai Kyou non è qui? —
L’albino poggiò il mento sulla sua spalla e rise.
— Cos’è, Ibuki, ti manca? Non puoi stare un momento senza di lui, eh? Su, su, vallo a cercare che magari lo trovi — gli rispose, sorridendo compiaciuto mentre questo si allontanava a grandi passi sferrando pugni a destra e a manca.
 
 § ✶ §
 
Alpha le teneva la mano, mentre scivolavano aggraziatamente verso il giardino.
Beta rise, lasciandosi trascinare dal viola.
L’altro osservò il suo viso allegro con ammirazione, come se mai avesse potuto anche solo imitare un’espressione del genere.
Sentì il calore pervaderlo da capo a piedi.
Proseguirono lentamente, finché non percepì qualcosa alle sue spalle che lo fece sobbalzare.
— Ehm, credo tu abbia qualcosa che mi appartiene. — domandò Gamma, visibilmente arrabbiato.
— Da quando le giovani fanciulle, peraltro non fidanzate, sono proprietà di qualcuno?— chiese lui, sorridente.
Beta rise e lasciò la sua mano.
— Neh, neh, state calmi. E’ inutile litigare, su! — disse, sghignazzando.
—Alpha-kun, è stato un piacere conoscerti. Gamma, andiamo. —
— A mai più, koala nervosetto. — rise l’albino.
Alpha sorrise tra sé e, prima che la verde se ne andasse, le sussurrò un ‘’ci rivedremo presto’’ che fece imporporare le gore dell’azzurrina.
 
 § ✶ §
 
Nonostante si fosse ripromesso di non cadere in tentazione, e di non farsi vivo a quello stramaledettissimo ballo, ora era lì, a fissarsi allo specchio come un’idiota, pregando che nessuno potesse vederlo.
Si sistemò i capelli, perfettamente in ordine e profumati, premurandosi di adocchiarsi nuovamente con sguardo altamente compiaciuto.
Che poi lui non era tipo da certi pensieri, però… Era piuttosto curioso.
Le luci, le musiche, per non parlare di Buffett assortiti e risate.
Aveva sempre desiderato poter rivivere quelle cose.
Sapeva cos’erano, ma non ricordava molto.
Tutti le sue memorie erano come fili dorati ancorati al destino che, a causa del tempo, perdevano la loro brillantezza, scurendosi inevitabilmente.
L’unica possibilità che aveva era rimettere insieme tutti i pezzi di quel puzzle matto, pieno di intrighi e dispiaceri, e per quanto non sopportasse l’idea, non c’era altro modo.
Sbuffò pesantemente, pensando poi che, così conciato a livello vestiario, non era per niente presentabile.
Non aveva la più pallida idea di cosa fare e come agire, così, pensieroso, prese ad andare avanti e dietro per la stanza, alla ricerca di un qualcosa che potesse aiutarlo.
Il pavimento marmoreo sembrò quasi tremare ad ogni suo passo e le pareti, apparentemente,  parvero in scurirsi per tale nervosismo.
Poi, di colpo,  notò appoggiata su una di quelle varie mensole, una vecchia fotografia, leggermente rovinata, dove di  distinguevano precisamente tre  figure, di cui una spiccava incredibilmente per la bellezza del suo abito.
Un’idea geniale fece capolino nella sua mente, donando nuova vitalità al blu che d’istinto, ispirò profondamente,  chiudendo gli occhi.
L’oscurità parve come richiamata e in poco tempo si concentrò intorno al chain. Questo, con fare attento d’un suonatore d’orchestra, riuscì a  farla aderire al proprio corpo, incrociando le braccia, facendo poi apparire un meraviglioso cristallo a forma di fiocco di neve tra le mani.
Le sbatté leggermente e la nebbia pece si scansò da lui, sfoggiando un meraviglioso abbigliamento.
Sollevò le palpebre, rivelando gli occhi color miele, per poi avvicinarsi di colpo allo specchio. Indossava un meraviglioso completo e ne era piuttosto soddisfatto.
Il pantalone nero  era comodo ed elegante e, lateralmente, portava una rifinitura color oro che percorreva tutta la gamba.
Gli stivali invece, lunghi e grigiastri, gli arrivavano fino al ginocchio, dove incontravano morbidamente l’indumento.
La camicia, rigorosamente pece, era lunga e setosa.
Al  collo appariva con uno sbuffo, al cui centro c’era la sua amata gemma color ambra ed Intorno portava un gilet del medesimo colore, che fungeva un po’ da panciotto, con dettagli color topo che spiccavano con intensità.
La giacca era lunga, arrivando all’altezza delle scarpe e alla maniche sembrava allargarsi leggermente, mostrando bigi ricami accurati, fusi con quelli dorati.
Guanti corvini  ricoprivano le sue pallide mani, mentre un mantello fosco, il cui fodero era aureo, ricadeva con leggerezza sulle spalle e gli arrivava all’altezza dei piedi.
Ridacchiò, giocando con quest’ultimo, facendolo svolazzare, entusiasta.
Notò, solo un quel momento, di indossare un minuscolo orecchino ocra.
Tuttavia, non dette peso alla cosa, concentrandosi di più sul suo aspetto nel complesso.
 
Finalmente poteva entrare in scena.




 


 
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*Piccolo appunto: Iris ha tentato di uccidermi, e sono talmente rimbambita che so che ci saranno molti errori, perdonatemi (?) //linciata

Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni... (4v)
SONO MESI CHE NON AGGIORNO.
MESI.
... MESI.
OH MY TENMA.
MI IMMAGINO IL NUMERO DI MALEDIZIONI------.

La scuola mi sta uccidendo, e spesso sono troppo impegnata anche solon per girivagare su efp.
Tantevvero, sono costretta a leggere fanfic all'una di notte, con il telefonino-
NON PENSATE MALE---dovreste *coffcoff* cit Piff
Mi  rendo conto che è un caos, ma con venti minuti non ho potuto fare granchè a livello di correzioni---- *le lanciano 7 sgabelli, quattro maniglie, 16 ippopotami, 5 teletabbies e... una gomma da masticare*(?)

LO SO CHE MI VOLETE MORTAH.

Eccomi qui. CON. UNA CICCA NEI CAPELLI.
:D
:DDDDD;
Ok, basta, sembro psicopatica (?).
EH BOH, BUON SAN VALENTINOOOOOOOOO <3
-l'hopassatoacasaadrogarmidiyaoieabadareadueidiotichechiamofratellimavbb(?)-
 
In questo capitolo io e Iris: ABBIAMO FATTO APPARIRE UNO SHINDOU VISIBILMENTE MESTRUATO :D
IL SIABETE E' STATO OFFERTO DA:
FLUFF.
FLUFF.
FLUFF.
FLUFF.
*esplode in coriandoli arcobaleno (?)*
Un po' di ooc / a palate/ si noterà, ma stavolta è voluto (?)//linciaggio-
Non linciateci, stiamo provvedendo per la salvezza della lasagna di nonna Pina! /ma non erano le tagliatelle? nd Iris/(?)-wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola pinguino*
Mary: Gli aggiornamenti saranno costant- le lanciano un piano-(?).
*porge biscotti e torta al cioccolata*

 
Donate una recensione alla fic, salverete tanti pinguipandanicorni in via di estinzione/ e mandare le autrici in un manicomio con qualche confort-What(?)
Inoltre provvedere all'aiuto dell'associazione 'salviamo Takuto dalla banca rotta con i vestiti fatti da Kyousuke.'! per pagare le suddette spese per il ballo a casa Hikari! (eh, le location costano in questi tempi ewe)-wtf.

 
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Capitolo 7
*** Ballo: ch.06 ***


*Allura, nonostante io sia alla ricerca dei pinguipandanicorni... (5v)
SIGNORI, SONO 10 MESI CHE NON AGGIORNO.
MI VOLETE PRENDERE A SPRANGATE LO SO, MA RICORDATEVI CHE VI HO DATO LA MINI SCENA HOT MLMLML /?/
VI AVVISO QUINDI. IL RATING ARANCIONE C'E' ANCHE PER QUESTO /?/

 e ce ne saranno altre in futuro, forse anche più spinte, ma io stio morendo di vergogna
/pls perdonatemi/
 
Soul of Eternity Pandora Hearts

 
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Sesto capitolo:

§  Ballo  §
 
 
 
 
§ ✶ §
 

 
 
D’un tratto le porte si aprirono nuovamente: le grosse ante parvero vacillare dinanzi alla forza utilizzata.
Una figura si apprestò ad entrare, sotto lo sguardo attento di tutti; non ci volle molto, Shindou lo riconobbe subito.
Il lungo mantello corvino strisciava sul pavimento, mentre il rumore dei passi rimbombava sulle pareti dell’enorme salone.
Subito dopo, la musica poco prima si era fermata riprese nuovamente, con ritmo allegro e giocoso, mentre le coppie di nobili si facevano avanti per ballare.
Gridolini eccitati, sospiri e risate aggraziate, si facevano largo tra le fanciulle evidentemente colpite da fascino e dal mistero che ricopriva l’identità del nuovo arrivato, il quale si premurò di fare un leggero inchino in onore di tutte quelle sue fans che seduta stante lo avevano accerchiato.
Takuto fece una smorfia contrariata, quasi invidioso di tutta quell’attenzione che le donzelle stavano ricevendo.
Si schiaffeggiò da solo: era giusto, quella non poteva essere gelosia, non doveva esserlo.
Si colpì nuovamente, probabilmente era solo invidia per le fans, sì, di sicuro, non perché quelle ochette stavano strillando e…
Ehi quella come osava toccargli la faccia?!
Si maledì nuovamente. Rivolse lo sguardo altrove, giusto per evitare l’ennesima espressione sghemba e assolutamente ridicola.
La ragazza accanto a lui non s’era mossa d’un passo e lo squadrava con il viso quasi assente. Sospirò, chiedendosi cosa pensasse e per quale sacrosanto motivo non aveva la capacità di essere così dannatamente attraente come il suo chain.
Deglutì, quando si accorse a cosa stava pensando di nuovo.
A me piacciono le ragazze” pensava “le femmine, non i maschi. Le ra-gaz-ze”.
— Neh, Shin-sama, com’è che sei tutto rosso? Non è che Kyousuke ti ha rubato l’att- —
— No. Ibuki, va’ via! — lo interruppe sul nascere.
— Ma come sei cattivo, guarda che…  Oh, oh, capisco. Tu sei gel- —
— TI HO DETTO TI SPARIRE! IO NON SONO GELOSO DI KYOUSUKE E LE SUE FANS! — strillò, con voce forse troppo alta, poiché attirò l’attenzione di buona parte della sala.
Desiderò di morire, di scavare una buca a nascondervisi per l’eternità.
Si abbandonò alla sedia, prendendosi il viso tra le mani, sentendosi lo sguardo addosso di tutti.
Poi, la risata di Tsurugi, troppo flebile per gli chiunque altro non fosse lui.
La udì così chiara nella sua testa che non poté non sentirsi gli occhi bruciare, pizzicati dalle lacrime.


 
 
§ ✶ §


Kyousuke rimase piuttosto sorpreso dalla gran folla che lo circondava, tuttavia notò il castano seriamente in crisi.
Umeko era restata letteralmente basita, forse nel tentativo di comprendere tutta quella strana situazione.
Aggrottò le sopracciglia, imitando un’aria da investigatore, ma non udì altro che un lamento proveniente dal ragazzo.
Il blu sorrise compiaciuto.
 Quanto amasse essere desiderato, forse nemmeno la Volontà dell’Abisso lo sapeva.
Prese per la mano la prima delle ragazze capitatigli a tiro e senza fare complimenti la trascinò sulla pista da ballo.
La sua grazia nel danzare era innata e per un attimo nella mente del chain balenò una figura dai capelli color del sole che gli insegnava i passi…
La scacciò dalla testa: inventarsi immagini di un’infanzia che gli era stata sottratta non era proprio il caso.
— Posso sapere il vostro nome? — gli domandò la ragazza mora al suo fianco, che probabilmente doveva aver notato la sua momentanea “assenza”.
— Puoi chiamarmi Kyou. E il suo, di nome, invece? — rispose, senza badarle veramente.
— Ame — disse prontamente lei, sorriso malizioso sul viso.
 
 
§ ✶ §

 
Umeko osservava pensierosa il volto corrucciato del suo accompagnatore, chiedendosi se non fosse il caso di andarsene e lasciarlo ai suoi problemi.
Lui non le aveva prestato un momento d’attenzione, persino quando l’aveva invitata nuovamente a ballare sembrava distante, la sua mente in viaggio chissà dove.
D’altra parte, Takuto si muoveva sì armoniosamente, ma con lo sguardo fisso sul suo chain.
Che diamine ha intenzione di fare?!”.
Mille voci imperversavano nella sua testa, con l’unico risultato di confonderlo sempre più.
Moriva dalla voglia di andarsi a fare un giro e lasciare le lacrime cadere una dopo l’altra senza essere costretto a fermarle.
Non che ci fosse motivo di piangere, naturalmente.
Troppo stress per il sottoscritto. Voglio tornare alla mia vita”, si giustificava, mentre voltava per l’ennesima volta il capo nella direzione opposta, nel tentativo di non perdere di vita il blu nemmeno per un secondo.
Gli dispiacque molto non riuscire a passare del tempo e, quindi, a trattare come l’etichetta gli imponeva, Umeko, tuttavia… non sentiva niente.
Il niente assoluto.
Fece un lungo sospiro, che quasi si bloccò a metà nel momento in cui la mora che stava ballando con Tsurugi si avventava su di lui o, meglio, sulle sue labbra. Si fermò di colpo, azione che quasi fece cadere la povera ragazza al suo fianco.
— Qualcosa che non va, Takuto? — gli domandò, seriamente preoccupata.
— Umeko-chan, spero tu possa perdonarmi un momento — si scusò, mentre si dirigeva a grandi passi verso la grande porta che segnava il limite della sala.
La ragazza non rispose: sospirò e lentamente si diresse alla ricerca di un posto a sedere in solitudine.
 

 
§ ✶ §

 
Le lacrime bruciavano gli occhi del castano, sgorgavano dalle sue iridi color cioccolato come zampilli d’acqua in una fontana.
Si portò una mano alla fronte, mentre di sedeva su una delle panchine dell’enorme giardino cosparso di fiori.
Era la sua zona preferita quella; nascosta dagli alti alberi e dai cespugli di more ben curati, oltre che dall’oscurità della notte.
Nessuno l’avrebbe notato, nessuno all’infuori si se stesso.
Si sentiva come se una nuvola grigia gli stesse versando addosso tutta la sua frustrazione sotto forma di pioggia violenta e grandine.
Trattenne a stento un singhiozzo, mentre per l’ennesima volta i suoi pensieri andavano a sbattere sulla figura elegante di Kyousuke.
Quel chain maledetto, quanto avrebbe voluto che sparisse, che se ne tornasse nell’Abisso a calci nel sedere!
L’impulso di urlare crebbe, crebbe fino a quando, sul punto di aprire di aprire la bocca e lasciar uscire tutto quello che aveva da dire, un paio di labbra non si appoggiarono sulle sue.
E non fu in grado di respingerle.
 
Il loro tocco era così familiare, deciso, che non poté non rifiutarlo.
Fu come se tutto l’odio e la tristezza fossero stati curati in quell’attimo e proprio quello che desiderava gli fosse venuto incontro, richiamato proprio da lui stesso.
I corpi aderirono leggermente, facendo fremere entrambi; poteva sentire il battito del cuore di Takuto farsi sempre più forte, così come i suoi ansimi fuori controllo.
— Ti sono mancato, eh? — gli sussurrò Kyosuke, mentre lui si lasciava sfuggire un gemito strozzato da un sorriso sghembo che gli era spuntato in viso quasi in automatico.
In tutta risposta, il compagno mugolò appena mentre il maggiore ne accarezzava delicatamente il viso, soffermandosi in particolare dietro l'orecchio prendendo a morderlo delicatamente.
Percepiva la temperatura della pelle aumentare, l'aria intorno a se farsi più calda.
— Te lo detto che sai di miele, no..? — domandò il blu, sottovoce, mettendogli una mano dietro la nuca facendo combaciare ancora una volta le labbra.
Shindou rabbrividì e gemette nuovamente.

— Dannazione, smettila di parlare. — 
Trascinò Tsurugi verso di sé, affondandogli le unghia nella carne strapazzando la camicia, per poi sbottonargliela leggermente.
Questo non si scompose, nemmeno mentre lo stringeva tra le braccia e gli lasciava una lunga scia di baci sul collo.
Il castano aveva le gote completamente arrossate, di un color fragola che si accentuò particolarmente quando le mani del chain si infilarono sotto la camicia; Sfiorarono prima i fianchi e poi gli percorsero lentamente la schiena, un tocco diaccio che lo fece fremere nuovamente mentre si ricongiungevano.
Non riusciva a staccare gli occhi da quelle iridi: lo ipnotizzavano.
Si sentiva come una preda inerme nella tela del ragno: dannato ma allo stesso tempo succube del piacere.
Kyosuke esplorò ogni angolo della bocca di Takuto con assoluta scioltezza, mentre i gemiti si facevano più frequenti ed acuti.
Prese a stringerlo ancora di più a se lasciando che il suo corpo lascivo tentasse di opporsi: prima si allontanava, poi si avvicinava, questo non fece altro che stuzzicarlo; scese fino ai glutei dell'altro, beandosi del sobbalzo del suo contraente.
Si avventò di nuovo sul collo scoprendone per metà il petto. Lo desiderava.
Gli fece divaricare le gambe leggermente, bloccandolo con il ginocchio: ne seguì un'altro sussulto.
Shindou prese a divincolarsi, ma il chain non gliene diete il tempo, fermandogli le mani al muro, riprendendo quella scia di baci lungo il petto.
Si strusciò dapprima piano, poi più deciso, godendosi il boccheggiare del castano che stava diventando quasi frenetico.
Voleva sentire la sua voce, voleva sentire il suo corpo.
Cos'era  questo sentimento che gli martellava la testa? Era come ebrezza piena, cancellava ogni barlume di ragione.
Afrodisiaca.
Continuò a domandarselo mentre riprendeva possesso delle sue labbra.
La sua mano si spostò verso la cintura dei pantaloni.
Takuto sussultò di botto, riuscendo ad allontanarlo, riprendendo un pizzico di lucidità.
Ansimando, riuscì a sussurrare appena in tempo un ‘non qui, per favore’.

 
Quella sensazione di possessività, passione, amore...
Ne era certo ora, era lussuria.
 
 
 § ✶ §


La festa procedeva bene e il rosa ne era piuttosto compiaciuto.
Il fatto, però, che Ibuki se ne andasse a zonzo tra i nobili invitati gli dava di che preoccuparsi.
Quell’idiota ne avrebbe combinata un’altra delle sue, proprio ora che Takuto sembrava sparito.
Era tutto così dannatamente tranquillo e la cosa non fece che renderlo più nervoso.
Poi, d’un tratto, notò una sagoma scusa farsi largo.
L’avrebbe riconosciuta tra mille, quell’ombra, quel viso e quegli occhi.
Il solo pensiero di averlo lì a pochi passi lo distruggeva.
Non osò fare neanche un passo avanti, intimidito, quasi terrorizzato, fermo come una statua.
L’unico desiderio che aveva era quello di poterlo stringere ancora, sussurrargli parole dolci all’orecchio e rivedere quella faccia imbarazzata e scontrosa mentre cercava di tranquillizzarsi.
Lo rivoleva, lo rivoleva a tutti i costi, tuttavia era stroncato da quel sentimento chiamato paura e per quanto volesse non era in grado di affrontarlo.

 
Il suo ego, era stato messo a dura prova.
 
Quella doveva necessariamente essere un’ illusione.
Pregava che lo fosse.
Il suo ingarbuglio di pensieri però non fece che rallentarlo, fermarlo e nella sua mente non desiderava che inseguirlo.
Le gambe si mossero da sole, indistinte in quell’ingarbuglio di voci, pianti e volti. Poteva persino sentire il suo profumo, nonostante gli anni.
Quella scia d’essenza afrodisiaca non avrebbe permesso all’azzurro di depistarlo, il rosa ne era più che certo; si sentì stupido e incapace quando, girando per  più di un quarto d’ora, non riuscì a identificarlo.
Ibuki, poco a poco lo squadrava, alla ricerca di un ‘perché’.
Il suo padrone non era tipo infondo da girovagare così maleducatamente ad una festa, senza prestare attenzione neanche ai nobili più importanti. Molte dame l’avevano adocchiato, eppure Ranmaru non aveva degnato loro d’un misero sguardo, neanche una minima occhiata, magari senza perspicacia.
Non poté che domandarsi il perché di quell’atteggiamento remissivo e glaciale; poi gli venne in mente che Shindou era sparito, con lui Kyousuke.
Tuttavia non ebbe il tempo di voltarsi che una sagoma dai capelli lunghi e turchesi gli svettò davanti, con la stessa maestria ed eleganza d’un serpente orientale.
Profilo dritto e testa cotonata, abito bianco a ricami, pelle scurastra.
Provò a inseguirla, ma si ritrovò presto con un pugno di mosche. Lo inquietava, questo era certo, a tal punto che il suo istinto da volpe vacillò, tentennando alla vista del suo contraente completamente in panico.
Poi, finalmente, Ranmaru lo scorse.
Bellissimo, intatta la sua giovinezza; se non fosse stato per quello sguardo folle, quel viso pallido sarebbe stato il suo ideale di perfezione.
Le iridi vacue, taglienti allo stesso tempo e le labbra carnose e rossastre, come piccoli strati d’un frutto proibito.
Indossava una giacca dello stesso colore dei capelli, con camicia bianca e ricami miele lungo le maniche, leggermente a penzoloni.
Un mantello ambrato svettava nel complesso, lungo, impedendo al contraente di vedere oltre.
Avrebbe pagato qualsiasi somma per potergli accarezzare la nuca, come faceva un tempo.
Sibilò il suo nome,  mentre la voce scemava nella gran confusione.
L’altro scattò a razzo, identificandolo, correndo immantinente verso il secondo piano.
L’aveva sentito.


 
§ ✶ §
 
 
Era veloce, dannatamente veloce.
Ma non avrebbe mollato, non ora.
I piedi si muovevano come da soli, in un misto di preoccupazione, terrore e sgomento. L’azzurro non si voltò, continuando imperterrito verso le scale, salendole come in preda ad un attacco di panico e timore. Odiava con tutto se stesso quelle iridi oltremare che l’avevano scoperto, come denudato nel profondo dell’anima.
Quello sguardo era in grado di fermagli il cuore; non faceva che chiedersi perché.

 
O meglio, non ricordava.
 
Arrivato all’ultimo gradino, sentì un tonfo provenire dall’atrio sotto di lui, scorgendo la figura del rosato ai piedi dell’inizio degli scalini.
Faceva male, era caduto, ancora.
Voleva raggiungerlo, ma ogni volta che era sul punto di farcela, qualcosa glielo impediva.
Appena afferrava la speranza, questa scappava ancora più nefasta; per un’istante pensò di terminare lì la sua corsa.
Sentì il volto caldo e le gote scaldarsi irrimediabilmente. La vista gli si offuscò, mentre un liquido caldo prese a scendere lungo le guance arrossate e umidicce, costatando che il suo respiro s’era fatto affannoso e ostentato.
Quelle gocce non tardarono a toccare il pavimento, ed un rumore leggero rimbombò nelle orecchie di Masaki come una cantilena.
Rise, divertito di fronte a quella scena, come fosse uno spettacolo comico di cui lui era unico spettatore.
Eppure anche lui, nella sua risata, provava dolore, un qualcosa di lancinante, come se volessero sventrarlo vivo, strappando la carne con violenza.
Rimase immobile.
Era il suo nemico, no? Perché allora stava soffrendo così tanto?
Kirino si rialzò, zoppicante, con la velocità d’un gatto, ignorando le fitte, dirigendosi ancora una volta verso di lui.

Non l’avrebbe abbandonato, non di nuovo.

 
§ ✶ §
 
Aspetta... —
— Aspettare cosa? Te? Ma non farmi ridere —
— Cosa sei venuto a fare qui? —
— Non sono cose che devono interessare ad una femminuccia —
— Rispondi alla domanda. —
— Ho risposto, se non sbaglio. Hai anche problemi di memoria? —
— Ti ho detto che voglio una risposta. E che sia esauriente. —
— Oh, mi scusi, sua altezza. Pretende anche la riverenza o posso porgerle una tazza di tè? Quale idiota direbbe il suo piano ad un mammalucco buonista? —
— Strano, ho sempre pensato che i cattivi lo facessero prima di dare il colpo di grazia. Solo che alla fine vengono sconfitti loro… —
— Questo è solo ciò che si legge nelle favore, quelle della buonanotte. Per poppanti, aggiungerei… —
— … —
— Cos’è il gatto ti ha mangiato la lingua? O sarebbe meglio dire la volpe? —
— Chi sei tu in realtà? —
— Non deve importarti. Sono qui solo per ucciderti e porre fine alla tua misera esistenza —
Davvero non ti ricordi chi sono?

— … —
 
 
§ ✶ §
 
 
Ame e Umeko presero a cercare i loro cavalieri invano.
Nonostante i numerosi tentativi non riuscirono a trovarli da nessuna parte. Sfinite, decisero così di arrendersi e, dopo un po’, si rimescolarono tra gli invitati, domandandosi però se i loro “principi azzurri” se la fossero svignata per duellare in nome del loro amore o cosa.
Probabilmente non avevano neanche idea di quello che i due stavano facendo, anche se qualcuno lì, nella folla, aveva già un’idea chiara in mente.
Tutto ad un tratto, un sonoro crash si udì dai piani superiori. La musica si fermò. Tutto quello che le ragazze ricordarono dopo quel momento furono una pioggia di vetri rotti accompagnati da ombre scure che si muovevano in armonia.
Urla.
Solo urla si potevano udire.
Anime strappate ai loro corpi, vite spezzate e disperazione.
Morte.
Sembrava che quelle stesse ombre lo fossero, lasciando solo cadaveri dietro di loro.
Le ragazze impallidirono alla vista delle figura che li guidava, ma non ebbero tempo di potersela imprimere nella loro mente che già non facevano più parte di quel mondo.
 

 
§ ✶ §

 
Endou Mamoru non aveva atteso che passasse troppo tempo.
I capelli che oramai presentavano fili argentei e la barba leggermente sbiancata, parevano seguire i suoi movimenti.
Le ossa oramai stanche imploravano riposo, tuttavia lui le ignorò, continuando a spartire ordini. Trovare un luogo sicuro era stato pressoché impossibile, per cui era stato costretto a mobilitare non solo cocchieri e carrozze che portassero al più presto via gli ospiti, ma anche la Pandora perché potesse respingere l’attacco.
La confusione gli provocava un gran mal di testa; non aveva più l’eta per giocare a fare l’eroe.
Sospirò, cercando di mantenere un’aria tranquilla nonostante dentro di lui imperversasse il panico più totale e lasciò alle sue deboli corde vocali il compito di avvertire l’ennesimo gruppo di soldati. 
Già sconfiggere chain in massa era piuttosto complicato, ma quegli affari sembravano inafferrabili.
Fece un profondo respiro e, quando l’ultimo degli ospiti superstiti uscì dalla tenuta, si preparò alle maniere forti.

 
I cadaveri sparsi a terra lo disgustavano parecchio, tuttavia lasciarsi impressionare non rientrava nelle “azioni - utili - per - evitare - una - possibile - apocalisse”.
 
Sguainò la spada e con un abile affondo mise al tappeto il primo dei chain che gli si era parato davanti.
Il braccio doleva per il peso dell’arma, ciò nonostante s’immerse nel fuoco della battaglia.
 

 
§ ✶ §

 
Kariya fronteggiava Kirino con la sua innegabile sfacciataggine, alle sue spalle il chain più orrendo -sì, perfino più disgustoso di Ibuki- che avesse mai visto.
Il busto era quello di una donna dai corti capelli azzurri, ma il corpo, dalla vita in giù, si attorcigliava in un’enorme coda si serpente.
Aveva unghie lunghe, verde limone, che parevano artigli pronti a scattare in qualsiasi momento. La pelle, se così si poteva definire, aveva una sfumatura bluastra che rendeva quella creatura decisamente ripugnante.
Il rosa rabbrividì.
Ibuki ringhiò alle sue spalle, spadoni in mano ed i muscoli tesi.
Sentì il rumore delle lame strusciare le une contro le altre.
— Aspettavo da tanto questo momento, Ranmaru... — annunciò a voce alta il verde.
Poi, un solo sussurro: — Rika.—
Attaccò. Non ci fu alcun segnale d’inizio o almeno nessuno che il rosa poté percepire.
La donna-serpente si mosse così repentinamente che se non fosse stato per Ibuki non avrebbe fatto nemmeno in tempo a vederla.
La volpe gli si parò davanti, prima in forma umana poi in quella completa da chain, azzannando il collo.
Attorno a loro si era creato un cerchio completamente vuoto, come se nessuno osasse avvicinarsi e la battaglia proseguisse indipendentemente da loro due. 
Kariya sorrise e Kirino fece un passo indietro, quasi scivolò: sotto al suo piede giaceva la mano di un corpo senza vita; pregò per non fare la stessa fine.
 

 
§ ✶ §

 
 
Non toccarla!
— Le ho appena salvato la vita, idiota!—
Beta osservava i due che litigavano e si chiese come in una situazione del genere potessero farsi distrarre da sciocchezze simili.
I chain non le facevano paura e Gamma lo sapeva bene, ciò nonostante, appena era stata attaccata le si era messo davanti finché anche Alpha non era arrivato per combattere. 
Dal quel momento in poi era scoppiato il caos più totale.
Nessuno dei due aveva intenzione di mollar la presa.
Di fronte a loro, nel frattempo, il loro nemico si preparava ad attaccare, dopo un momento di d’attesa dettato dalla ridicolezza della scena. Beta sbuffò, appuntandosi mentalmente di dare una bella lezione ai due e richiamò il suo chain:
Gillis! —
Il centauro si alzò, il rumore degli zoccoli dorati che sovrastava quello della battaglia circostante. Non era difficile capire come poteva essersi legato alla verde. Era di una bellezza disarmante, i riccioli biondi scintillavano alla luce riflessa dal metallo bronzeo che, sul busto, gli fungeva da armatura.
Con la faretra sulle spalle e l’arco tra le mani, sembrava proprio uno di quegli arcieri elfici che la ragazza amava tanto.
Beta sorrise al pensiero e fece cenno al suo chain di attaccare. Gillis scoccò una freccia esattamente nell’occhio del suo nemico - un paguro di dimensioni gigantesche- che si ritirò nel suo guscio.
Prese di nuovo la mira, nel punto più alto della “difesa” avversaria e quando la freccia centrò l’obiettivo, questa si frantumò.
Il familiare portale che conduceva all’Abisso si aprì, facendo scomparire chain e contraente.
Beta si voltò, giusto per vedere la faccia dei due nel momento in cui avrebbero compreso cosa aveva appena fatto.
Alpha! — strillò una voce alle spalle della ragazza.
Gillis le si mise davanti per precauzione, ma non c’era alcun pericolo: la persona che si stava avvicinando a loro era Fey.
Quando il verde li raggiunse, aveva il fiato corto per la corsa e l’ampio consumo di energie richiesto dalla battaglia.
Non rivolse neppure uno sguardo alla ragazza, pareva assolutamente concentrato sul viola, che a sua volta gli rivolgeva un’espressione seria, impassibile.
Che si conoscessero?
— E’ tutta la sera che ti cerco! — sbottò Rune, seriamente preoccupato.
Alpha non rispose.
— Cosa? Voi due…?— intervenne Beta, alquanto sorpresa.
Gamma pareva esprimere la stessa incredulità.
— Quello è il mio chain. — spiegò il verde, presumibilmente seccato e stanco.
 
 
 
Finalmente poteva entrare in scena.




 


 
Angolo delle autrici prossimamente in seduta psichiatrica Image and video hosting by TinyPic

*Piccolo appunto: Si, c'erano due OC presi a caso destinati a morire e si, qui gli OC muoiono sempre.

Allura... La scuola mi uccide, sono al quinto anno e son cavoli :D
HO L'ESAME, FUUUUUUUCK :D
E SONO QUI A SCRIVERE :D

 
 COSA. NE. STO. FACENDO. DELLA. MIA. VITA.
/la sto sprecando in dolcih/

 
Mi rendo conto che è davvero da tantissimo che state aspettando ;;
Spero di non aver deluso nessuno, e che questo capitolo vi sia piaciuto NON SOLO LA SCENA HOT.
LO SO CHE MI VOLETE MORTAH.
Ho fatto di recente l'intervento agli occhi, quindi sono stata off per un po'----
 
In questo capitolo io e Iris: ABBIAMO UCCISO GENTE ( PERCHE' SIAMO SADICHE :D), PORTATO KARIYA ALLO SCOPERTO, SCRITTO COSE POCHE CASTE(sperando che vi piaccia*coffcoff* mi ci sono impegnatah), E FATTO APPARIRE QUELLA BESTIACCIA DI RIKA ( SI MI STA SUL CAVOLO CCCC: )
*esplode in coriandoli arcobaleno (?)*
VIVA l'ooc / a palate/ BD
Non linciateci, stiamo provvedendo per gli antidepressivi per Ibuki! /ma non erano narcotici per elefanti? nd Iris/(?)-wtf

Iris: Speriamo che il primo capitolo vi sia piaciuto e che via abbia quantomeno incuriosito! *sventola pinguino*
Mary: Gli aggiornamenti ogni 3 settiman- le lanciano un tizio a caso-(?).
*porge dolci varih, dietetici perchè sta per arrivare Natale e siamo tutti all'ingrasso LOL*

 
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Inoltre provvedere all'aiuto dell'associazione 'vogliamo più hard/????/'!  ( cosa?! Guarda che le scrivi tu eh, non tirarmi in ballo! ndIris).

 
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