Forever? Forever, asshole.

di auri38
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piacere, io sono Beatrice. ***
Capitolo 3: *** Steve, Rachele. ***



Capitolo 1
*** Piacere, io sono Beatrice. ***


“Quanto manca all’arrivo?” chiesi sbuffando senza distogliere lo sguardo dal finestrino mentre il paesaggio correva veloce alle mie spalle.

“Circa 10 minuti tesoro, su fammi un sorriso” mia madre spostò lo sguardo dal volante e lo posò su di me per vedere il mio sorriso che non appariva, la vidi rimanerci male con la coda dell’occhio e sospirai, appoggiando la testa sul finestrino.


Mia madre e mio padre avevano divorziato al compimento dei miei 4 anni, da allora non vidi mai più mio padre, invece mia madre cercò sempre di farmi vivere al meglio delle nostre possibilità, ovviamente nel nostro piccolo e ora che aveva trovato un nuovo lavoro a Torino eravamo state costrette a trasferirci lì, lei era euforica, la sua paga sarebbe stata doppia e non so, Torino forse le piaceva.

A me già mi mancava Trieste, i miei amici mi avevano promesso che ci saremmo rivisti ma sapevo che non sarebbe successo, la lontananza era troppa, tempo un mese e tutti si sarebbero scordati di me; poi c’era Gabriele, stavamo insieme da quasi un anno e quando gli diedi la notizia l’unica cosa che riuscì a dirmi fu “Mi dispiace ma io non credo che ti aspetterò” e se ne andò lasciandomi lì, in piedi, in bilico su una linea sottilissima tra le lacrime e la risata isterica, che sarebbe comunque finita in pianto.
E ora, a 17 anni la mia vita stava ricominciando da capo, nuove amicizie, nuove delusioni, tutto questo da un lato mi incuriosiva è vero, ma era dura da mandare giù il cambiamento, fortunatamente la scuola che scelsi era lo stesso indirizzo che frequentavo a Trieste, linguistico, e mi dissero che sarei partita nuovamente dalla quarta.

“Siamo arrivate Bea” la voce di mia madre mi risvegliò dai pensieri, senza rispondere aprii la portiera e presi le mie due valigie, davanti a noi si stagliava un enorme palazzo, uno di quegli alloggi sarebbe stata la nostra casa da lì in poi, sospirai e mi avvicinai ad adesso, sotto c’era il padrone di casa che ci guardava sorridente, il Signor Giulio, lo conoscevo già perché quando eravamo a Trieste mia mamma non faceva altro che parlare con lui per essere sicura che tutto potesse andare alla perfezione.

“Buongiorno Signor Giulio” gli sorrise mia madre stringendogli la mano.
“Benvenute signora e signorina Bassi, liete di accogliervi” il signor Giulio strinse la mano anche a me.
“Queste sono le chiavi della vostra nuova casa, spero vi troverete bene” ci sorrise e ci diede in mano le chiavi, mentre noi iniziammo a salire le scale.
Una volta arrivate al terzo piano (senza ascensore oltretutto) mia madre aprì la porta di casa costituita da cinque stanze, il salotto, due camere, il bagno e la cucina, mia madre era già venuta qualche giorno qui a portare i mobili e non era male nonostante la nostra casa di Trieste fosse tutta nostra e grossa il triplo.

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Il giorno dopo avrei già dovuto iniziare la scuola e la mia sveglia suonò alle 6, mi infilai sotto la doccia e spinsi la manopola dell’acqua fredda, per risvegliarmi completamente, una volta uscita inspirai dalle narici il vapore che fluttuava nel bagno e mi diede modo di rilassarmi, feci colazione bevendo un caffè e due biscotti della Vitasnella, maledetta dieta, quando tornai in bagno mi vestii, ero magra, forse anche troppo, mi sporgevano le ossa dei bacini e le mie gambe erano “due fiammiferi” le paragonava così, Gabriele, ma non ci diedi troppa importanza.

Una volta pronta mamma era già in macchina ad aspettarmi, in 10 minuti eravamo alla mia nuova scuola, scesi dalla macchina salutando mia madre “Buona fortuna amore” esclamò tirando giù il finestrino, mi guardai intorno, mi incamminai timidamente verso l’entrata sentendo gli occhi di tutti addosso a me, sentendo frasi del tipo “è quella nuova” e cazzate varie, la campanella suonò e io cercai la mia classe. 4C, era il 2 Novembre

. Una professoressa dai capelli rossi sulla quarantina entrò insieme a me per presentarmi “Ragazzi buongiorno, oggi diamo il benvenuto a una nuova compagna di classe, Beatrice Bassi” entrai timidamente guardandomi i piedi dall’imbarazzo e i ragazzi mi salutarono con un “Ciao” strafottente ricominciando a chiaccherare tre secondi dopo, “Puoi sederti vicino a Riccardo, è l’unico posto libero della classe” era al penultimo banco vicino alle finestra, mi piaceva quel posto, mi sedetti vicino a lui, era uno di quei soliti ragazzi che se ne fregano di tutto e tutti, basta che ci sono loro al centro del mondo, lo capii perché non alzò nemmeno lo sguardo per vedere chi ero, forse nemmeno aveva sentito ciò che aveva detto la professoressa, era un bel ragazzo, capelli neri con un ciuffo disordinato e occhi color verde muschio, abbastanza bianco di pelle, non mi guardò neanche in faccia intento a messaggiare con qualcuno, la lezione iniziò e ascoltai in silenzio.

RICCARDO.
Perfetto, avrei dovuto sorbirmi la novellina della classe, era una bella ragazza, capelli lunghi biondi, occhi color cielo e una corporatura molto esile, ma poteva sognarsi la mia amicizia, io non giro con tipette come lei, io sono a un livello superiore.
Lei era intenta ad ascoltare la lezione mentre io continuavo a messaggiare con Rachele, non era la mia ragazza, semplicemente era il mio passatempo, quando mi annoiavo sapevo che lei era sempre lì pronta a farmi divertire, non provavo sentimenti, mentre lei ha sempre cercato di mettersi con me o di farmi innamorare con frasi sdolcinate, ma ora ha capito che questa roba con me non attacca, a me basta stare due ore nel suo letto e poi ciao, amici come prima, tutto qua.
La campanella suonò, finalmente la lezione di quella noiosa della Grimaldi era finita, ora ci sarebbe stata la lezione di inglese con la Rossi, la mia preferita, o almeno se proprio dovevo scegliere, la meno peggio. Nei pochi minuti liberi prima dell’arrivo della prof, un caos iniziò ad animarsi nella nostra classe, la ragazza che si era seduta accanto a me circa un’oretta prima si girò verso di me e mi disse “Piacere io sono Beatrice” alzai lo sguardo verso di lei…

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Capitolo 3
*** Steve, Rachele. ***


BEATRICE.
Ecco, ora i miei dubbi avevano avuto la conferma, quel ragazzo era davvero un asociale, dopo che mi presentai alzò lo sguardo e mi guardo con sufficienza esclamando un “Ciao” così scazzato e a bassa voce che nemmeno capii, vabbè, chissenefrega.


Intanto suonò anche la seconda ora, segno che avremo avuto un intervallo di 10 minuti circa.

Mentre uscii dalla classe un ragazzo della classe vicina alla nostra si affiancò a me e sorridendomi mi disse “Piacere io sono Steve” mi porse la mano e io gli sorrisi di rimando “Piacere, Beatrice” la mia voce era imbarazzata ed ero abbastanza sicura di essere diventata rossa come un peperone.


“E’ da poco che sei qui vero?” continuò lui, “Sì a dire la verità sono arrivata qui esattamente ieri, neanche il tempo di respirare ed eccomi qui” si mise a ridere “Conosci Torino?” mi chiese “No, infatti stamattina ci ho messo un’eternità a trovare la scuola” si sedette su una panchina di fronte a me accendendosi una sigaretta “Che ne dici se oggi pomeriggio ti faccio fare un giro per vederla?” “Ehm, mi farebbe piacere, grazie” mi sorrise “Allora ci vediamo alle 15 sotto casa tua, dove abiti?” nemmeno io lo sapevo con certezza “Vicino Piazza Vittorio Veneto, credo” ci mettemmo a ridere e tornammo in classe.


Mentre tornai in classe perché l’intervallo era finito mi chiedevo avevo davvero un “appuntamento”? Se così si poteva chiamare, beh Steve era davvero carino e mi avrebbe fatto piacere fare un giro insieme a lui, nonostante i suoi tratti mi ricordavano alquanto Gabriele, sospirai.
 
 Quando mi sedetti al mio posto entrò un prof alto e magro che esclamò a gran voce “Oggi allenamento in palestra, iniziamo a scendere” prese il registro di classe e si mise il fischietto intorno al collo, merda, non mi avevano detto che ci sarebbe stata educazione fisica oggi, così mi affiancai al professore e timidamente gli dissi “Ehm, mi scusi prof io sono Beatrice Bassi, sono nuova, nessuno mi ha avvisata che oggi ci sarebbe stata educazione fisica…”
“Non importa” esclamò il prof “Ti siederai sugli spalti e la prossima volta recuperi” mi sorrise “Grazie”.
 
Odiavo fare educazione fisica, mi sentivo a disagio nonostante il mio fisico minuto, mi sedetti sugli spalti a osservare le ragazze tutte in tiro che si volevano far vedere dai ragazzi, i ragazzi che guardavano il culo alle ragazze, tutti uguali erano.


Ad un tratto qualcuno si sedette di fianco a me e mi risvegliò dai miei pensieri, mi voltai e vidi Riccardo, spalancai gli occhi a vedere che era proprio vicino a me e non dall’altra parte degli spalti, o magari a fare educazione fisica.

“Così ti frequenti con Steve” mi disse lui soffocando una risatina.
“Non sono fatti tuoi, mi ha semplicemente chiesto di andare a fare un giro con lui per Torino visto che sono arrivata ieri, ma che ti importa?”
“Si certo, Steve che porta una ragazza a fare un giro, dopo dieci minuti sarete in un bagno a scopare” rise e io mi girai “Ma smettila! Non è quel tipo di persona” lo guardai con aria di sfida e lui scoppiò a ridere “Già, si vede che sei arrivata solo ieri”, “Perché non fai educazione fisica?” cambiai argomento

“Non sono fatti tuoi” rispose lui freddo e mi girai senza dire una parola.

Alle due e trenta stavo tornando a casa in pullman con le cuffie nelle orecchie.
Il primo giorno di scuola era finito e io stavo tornando a casa felice? Se così si può dire, tra mezz’ora avrei avuto un appuntamento con Steve, mi sembrava un bravo ragazzo e sicuramente Riccardo era invidioso di lui, non so.
 

Una volta tornata a casa mangiai un panino, mi diedi una sistemata ai capelli e alle 15.01 qualcuno suonò al citofono, mia madre era già a lavoro, era Steve, gli dissi che sarei scesa in due minuti e lui mi aspettò sotto, una volta scesa mi salutò con due baci sulla guancia e ci avviammo.
 
RICCARDO.
 
Non pensavo che Beatrice fosse una facile, anzi, pensavo fosse tipo una figa di legno, tanto per intenderci.

Ma perché si pensavo? Che mi importava di Beatrice e di ciò che faceva con Steve? Scossi la testa buttando la cicca della sigaretta a terra, mentre Rachele si avvicinava a me.


Diamine se era sexy quella ragazza, aveva un carattere peggio di un’oca certo, ma il suo culo parlava per sé.
Si avvicinò a me sorridendo maliziosa e senza nemmeno parlare mi ficcò la lingua in gola, lei era così e per questo mi piaceva, perché mi soddisfava sempre.
 
“Andiamo a casa mia” una risatina uscì dalla sua bocca con una voce alquanto stridula.
Senza proferire una parola la feci salire in moto e ci avviammo.
 
Una volta entrati nella sua camera da letto spegnemmo la luca e i nostri corpi si unirono, senza parole, senza sentimento, senza amore, solo il desiderio di essere soddisfatto, mi dispiaceva per Rachele, io non la sopportavo, lei per me era solo oggetto di soddisfazione, e quella era l’ennesima volta che lei ci cascava.
 
 
Chissà Beatrice e Steve che facevano, pensai.
Come potevo pensare a Beatrice in quel momento?

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