Non lasciarmi

di Kerri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I want you to stay ***
Capitolo 3: *** I won't give up ***
Capitolo 4: *** With your love I can breathe underwater ***
Capitolo 5: *** Non si può programmare, la vita. ***
Capitolo 6: *** I was there for you in your darkest times ***
Capitolo 7: *** Perdersi per poi ritrovarsi. ***
Capitolo 8: *** Un Pirata, un Principe e una Corona. ***
Capitolo 9: *** Nightmares and rescues ***
Capitolo 10: *** We are timeless ***
Capitolo 11: *** Epilogo - Lights will guide you home ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra.
"Non lasciarmi" di Kazuo Ishiguro

 
 
Dopo l’ultimo viaggio nel passato, Emma aveva capito che Storybrooke, in fondo, era casa sua. Non importa quante streghe malvagie, draghi o ragazzini egocentrici avrebbe dovuto affrontare, ormai lì aveva trovato un rifugio sicuro.
Bè più o meno sicuro.
Si sentiva strana quando ci pensava, più leggera. Lei che non aveva mai avuto una casa, che aveva da sempre vissuto da “nomade”, che scappava non appena si sentiva minacciata. Da cosa non era mai a riuscita a capirlo. 
Non si era mai fermata nello stesso appartamento per più di sei mesi e adesso, cercare una casa nel piccolo villaggio del Maine, la spaventava non poco. Insomma quella sarebbe stata casa sua per sempre. La sua Tallahassee, dopotutto. Ripensò a Neal e un brivido le salì lungo la schiena.
Henry di certo non le facilitava il compito. Era un osso duro tanto quanto lei ed erano giorni che la assillava con questa o con quella casa. Ne aveva abbastanza di case, appartamenti, villette… Nessuna casa che avevano visitato aveva convinto Emma, però. È vero, nessuna di queste era perfetta ma la giovane donna si impegnava a trovare anche la più piccola imperfezione e la casa era subito accantonata soltanto perché una piastrella in cucina era scheggiata e sarebbe stato troppo difficile riuscire a trovarne un’altra uguale e troppo costoso per sostituirle tutte.
I giorni che seguirono furono tutti uguali per la giovane donna: la mattina al commissariato a compilare scartoffie e il pomeriggio alla ricerca disperata di una casa perfetta. Le sembrava di essere in uno di quei programmi televisivi che suo padre e sua madre guardavano mentre cucinavano per il piccolo Neal. Cercava di tenersi occupata e doveva ammettere che la ricerca di una casa era un compito alquanto difficile, se ci aggiungevi il compito di scovare qualsiasi difetto questa possedeva, allora la tua mente era completamente concentrata e focalizzata su quell’unico pensiero.
Bene.
Non la faceva pensare a lui.
Quando la sera tornava a casa era distrutta e si addormentava non appena si stendeva sul morbido materasso. Non sognava e se lo faceva non se ne ricordava. Dormiva di un sonno pesante e oscuro. Nessuna immagine, nessun volto. Solo l’oscurità, accogliente e generosa. Tanto meglio. Temeva ciò che la sua mente avesse potuto mostrarle inconsciamente, temeva di rivedere chi avrebbe voluto dimenticare.
Si teneva sempre impegnata, affaccendata. Si stancava, correva di qua e di là per le vie della città.
Tuttavia da quel maledetto lunedì era successo solo due volte. Due notti, precisamente. Due notti nelle quali non riusciva ad addormentarsi. Gli occhi non si chiudevano, i suoi pensieri non si spegnevano e la sua mente continuava a elaborare dati e dati, provocandole un forte mal di testa. Un pensiero fisso la attanagliava, non la lasciava in pace.
Cosa starà facendo?
Mi manca veramente?
Perché non l’ho fermato?

Quel lunedì fu la prima notte. Non appena lui se ne andò, si chiuse in casa. Ho bisogno di pensare, si diceva, da sola. Gironzolava scalza per la casa, con una tazza fumante in mano o un giornale. Si stendeva sul divano ma si rialzava poco dopo. Andava in cucina per preparare qualcosa per Henry ma dopo aver preso tutti gli ingredienti e constato che non mancasse niente, li rimetteva tutti a posto. Henry era da Regina e David e Mary Margaret non la disturbarono. La osservavano con quel loro sguardo preoccupato, tipico dei genitori, forse capirono. Forse avevano visto, avevano sentito. Forse erano andati al porto. Emma si costringeva a non pensarci, ma era del tutto inutile. Quella stessa sera non dormì. Si ritrovò da sola, alle 2.13 di notte a dover combattere una guerra contro se stessa. Si addormentò sfinita all’alba con le lacrime agli occhi. La Salvatrice aveva sconfitto un drago, ma era stata battuta dai suoi stessi sentimenti.
 
Emma aveva capito che doveva tenersi impegnata per non pensare. Aveva cominciato a lavorare il doppio, per prendere il posto di suo padre, diceva. David aveva bisogno di passare del tempo con sua moglie e suo figlio ed Emma si era offerta di svolgere anche i suoi compiti. Aveva anche sollevato Mary Margaret dall’incarico di pulire la casa. Si occupava lei di tutto, voleva che i suoi genitori si sentissero tali per la prima volta. E poi la aiutava a non pensare. Così tra il lavoro, le faccende domestiche e la ricerca della nuova casa non aveva un attimo libero.
Tuttavia accadde di nuovo. Quel giorno, quando Henry corse in camera sua trionfante con il giornale stretto in mano, Emma sospirò.
«Mamma, mamma guarda un po’ qui! Appartamento, tre camere da letto, un bagno, cucina e sala da pranzo, già accessoriata e con una splendida vista sul porto»
Oh no, il porto no.
Non le piaceva l’idea di vivere vicino al porto. Insomma, immaginate la puzza di pesce, le urla dei pescatori, le luci delle barche, i rumori. No, non se ne parla proprio. E poi quel posto le ricordava troppo…
Meglio non pensarci.
Tuttavia Henry era fermamente deciso che quella sarebbe stata la loro prossima casa. Adesso bisognava solo convincere anche sua madre e per farlo aveva organizzato un ottimo piano.
Il ragazzino si svegliò presto e andò da Granny’s a comprare le brioche alla cannella. Preparò il caffè, con un goccio di latte e un cucchiaino di zucchero (come piaceva a sua madre) e si precipitò in camera della donna. Quando Emma aprì gli occhi e si ritrovò davanti quelli color nocciola di suo figlio che la fissavano furbi e sorridenti, capì che c’era sotto qualcosa. Ne ebbe la certezza quando sentì il profumo delle brioche e del caffè fumante. Ma si era appena svegliata e suo figlio le aveva portato la colazione a letto! Come avrebbe potuto dire di no? Così si lasciò convincere a visitare la casa, stando ben attenta a non far capire a suo figlio che in cuor suo, l’aveva già scartata.
 
A lavoro non successe niente di entusiasmante. Non che gli altri giorni capitasse qualcosa, soltanto un paio di incidenti e qualche auto in seconda fila ma almeno la tenevano impegnata. Quel giorno, suo padre aveva insistito a compilare tutti i suoi arretrati. Emma sospettava che fosse solo una scusa per allontanarsi un po’ da casa. Il bambino piangeva tutta la notte e nessuno dei due neo genitori dormiva per più di mezz’ora. Essere genitori è il lavoro più arduo del mondo!
Andò a prendere Henry da casa di Regina verso le cinque. Il sindaco non si affacciò neanche a salutarla. Da quando Emma aveva riportato indietro la moglie di Robin dal passato, nessuno aveva più visto Regina fuori da casa sua e lei non aveva nessuna intenzione di uscirci o di lasciare entrare qualcuno. L’unico che poteva entrare ed uscire a suo piacimento era ovviamente Henry.
Emma si sentiva ancora in colpa. Si ripeteva che era stata la cosa giusta, la cosa che avrebbero fatto i suoi genitori se si fossero trovati al suo posto ma quel groppo in gola che le saliva ogni volta che passava vicino la casa del sindaco non voleva andar via. Alle volte si era trovata perfino ad incolpare Uncino per non averla fermata, per aver accontentato i suoi capricci ma subito dopo si sentiva un’ipocrita, un’egoista. Lui non aveva colpe in quella faccenda. Aveva rubato, aveva ucciso, aveva ingannato, aveva sedotto povere donne lasciandole sole il giorno dopo e chissà quanti altri atroci crimini aveva compiuto, ma non aveva rovinato il lieto fine di Regina. Si ritrovò a pensare a lui, rompendo la promessa che aveva fatto a sé stessa.
La verità era che le mancava. Le mancavano i loro battibecchi, le sue frecciatine, il suo sguardo ipnotico, il sorriso sghembo. Aveva cercato in tutti i modi di non pensarci ma non riusciva a togliersi dalla mente quel lunedì di tre settimane prima.





Angolo dell'Autrice:
Grazie a tutti per aver letto! Questo è il primo capitolo di una storia che ho in mente da molto tempo... è una particolare rivisitazione della quarta stagione! Non vi nascondo che non so se sono riuscita a descrivere al meglio i personaggi e le situazione che immaginavo. Spero, però, che questo primo capitolo vi sia piaciuto e spero vi abbia interessato almeno un po'! Il titolo che ho voluto dare alla mia storia è lo stesso del libro che l'ha ispirata, in un certo senso, e di cui ho riportato una frase in particolare. Mi scuso se l'avete trovato un po' corto ma è soltanto il primo capitolo, gli altri saranno più lunghi. Tutto qui, spero vi piaccia.
A presto, 
Kerri

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Capitolo 2
*** I want you to stay ***


TRE SETTIMANE PRIMA
 
DOMENICA SERA
 
Regina se n’era andata sbattendo la porta alle sue spalle. Si precipitò verso casa sua, le gambe le tremavano e non riusciva ad impedire alle lacrime di scivolarle lente sul viso bianco.
L’amore è una debolezza. L’amore è una debolezza.
Si sentì talmente stupida e derisa. Davvero aveva creduto che la Regina Cattiva potesse avere un lieto fine? Davvero aveva permesso ad un insulso ladro di entrare nel suo cuore? Il suo cuore rovinato, malmesso ed ancora in grado di battere.
Sì.
Gliel’aveva permesso. Come aveva potuto?
L’amore fa solo soffrire, l’amore è una debolezza. Ormai lei avrebbe dovuto saperlo.
Regina era ormai arrivata a casa. Si tolse le scarpe e andò in camera sua. Quella orribile situazione le ricordava tanto l’ultima volta che aveva permesso ad un uomo di attraversarle il cuore. Daniel. E  poi cos’era successo? Lui era morto. Per anni aveva incolpato Biancaneve della sua perdita, ma adesso? Loro due avevano scoperto di essere simili dopotutto, di avere tanto male, tanto dolore alle spalle. E per un attimo aveva sentito che avrebbe potuto perdonarla, nel momento in cui la magia bianca le scorreva nelle vene, sì, in quel momento si sentiva invincibile. E poi quell’insulsa biondina e quel pirata sciapito le avevano riportato un bel souvenir dal loro viaggetto nel passato. Marian. Perché? Perché non potevano farsi i fattacci loro e lasciarle il suo lieto fine? Una vocina nella sua testa, flebile, le diceva che non sapevano chi fosse in realtà, che Emma, proprio come sua madre, faceva sempre la cosa giusta.
Ma se la cosa giusta rovinasse un lieto fine era davvero necessaria?
Regina desiderò con tutte le forze che gli ultimi mesi fossero stati soltanto un brutto incubo, dal quale, tra non molto, si sarebbe risvegliata.
Risvegliata? Ma certo! La pozione del sonno! Il suo piano prima dell’arrivo di Zelena! L’avrebbe portato a termine. Ormai il suo cuore era diviso, non apparteneva più soltanto ad Henry ed era convinta che Robin non si sarebbe azzardato a baciarla davanti a sua moglie, per di più sapendo che era stata lei a rinchiuderla e condannarla a morte. Temeva che l’uomo non sarebba mai riuscito a perdonarla per aver fatto uccidere sua moglie…
Sentì la porta sbattere e dei rumori provenire dal piano di sotto. Scese a controllare
« Henry » disse commossa.
« Ciao mamma. Oggi dormo da te… »
Regina non disse nulla e corse ad abbracciarlo. Sentì le braccia di suo figlio cingerle la vita e il suo cuore si riempì di tutto l’amore che una madre può provare. Sapeva che Henry non avrebbe approvato il suo piano e sapeva che le sarebbe mancato come l’aria, ma non vedeva altra via d’uscita. Si era stancata di cercare vendetta? Non lo sapeva più. Per quella sera non si chiese più cosa fosse giusto o sbagliato, non si scervellò nel trovare una vendetta adeguata contro Emma o Robin o il pirata. Per quella sera la vendetta e il dolore uscirono dalla casa della Regina Cattiva.
Quella sera c’erano solo una Madre e un Figlio.
 
Emma era sconvolta. Continuava a guardare la famigliola felice, continuava a fissare la donna che aveva salvato abbracciare suo figlio. Rivide la sorpresa sul volto del ladro quando aveva visto sua moglie. Riascoltò la voce del bambino che pronunciava stupito la parola dalla quale molti anni prima era fuggita e che era venuta prepotentemente a cercarla, sottoforma di un ragazzino con una sciarpa rossa e un libro di fiabe.
Mamma.
Si prese il volto tra le mani. Henry se n’era andato da poco. Era andato da Regina. Sapeva che suo figlio aveva fatto la cosa giusta.
Chissà come stava Regina.
Uscì dal locale che era diventato troppo stretto per lei. Si incamminò verso la spiaggia. Il mare, con il suo respiro costante, la calmava. Lo sciabordare delle onde le riempiva la testa e per pochi secondi riusciva a non pensare a niente. Ma il mare aveva anche i suoi lati negativi. Le ricordava l’ultimo viaggio, l’Isola-che-non-c’è, Peter Pan, Nial, Uncino.
Uncino.
Killian.
Aveva da poco scoperto cosa aveva fatto per lei, aveva da poco accettato l’idea di poter amare di nuovo, di potersi fidare di nuovo di qualcuno. Killian era rimasto sempre al suo fianco, l’aveva aspettata forse come nessuno mai aveva fatto, sentiva che l’amava più di ogni altra cosa. Perché altrimenti avrebbe scambiato la sua nave per un dannato fagiolo magico?
Non dubitava dei sentimenti di Uncino, piuttosto dei suoi. Durante l’ultimo viaggio nel passato aveva imparato a conoscerlo meglio. Conosceva già il suo sarcasmo, le sue battutacce e i suoi mille difetti. Sapeva che sotto il pirata, c’era un uomo ma si era da sempre rifiutata di conoscerlo. Aveva paura di ciò che sarebbe potuto succedere.
Invece durante l’ultima avventura, quell’uomo si era manifestato più vivo che mai. Ormai sentiva che era in grado di leggerle dentro più di chiunque altro. C’era una sorta di empatia che si era stabilita tra loro due che non riusciva a spiegarsi. E dopotutto non nascondeva che le piaceva il loro rapporto fatto da frecciatine, sbalzi d’umore e… amore?
C’era ancora spazio nella sua vita per l’amore?
Killian sembrò averle letto nel pensiero. La seguì sulla spiaggia e le si sedette accanto. Emma non si sorprese, sapeva che l’avrebbe seguita, sempre. Gli sorrise e poggiò la testa sulla sua spalla. Killian sussultò.
« Perché, Killian? Perché non me l’hai impedito? »
Uncino sapeva che si riferiva a Marian.
« Che ti posso dire, Swan. Sappiamo entrambi che sei un tipo abbastanza testardo »
Emma sollevò la testa e gli tirò un leggero pugno sul braccio, poi si rimise nella stessa identica posizione di prima.
« Non devi sentirti in colpa » proseguì Uncino.
« Ma è colpa mia, Killian. Ho rovinato il lieto fine di Regina. – sollevò un po’ la testa e lo guardò dritto negli occhi blu – mi chiedo se ne meriti uno anch’io, non faccio altro che combinare guai. »
« Smettila Emma, tu ci hai salvati. Hai salvato tutti noi, hai salvato me. »
« Killian, non devi dirlo per farmi piacere. Sappiamo entrambi cosa ho combinato nella Foresta Incantata, per poco non rovinavo tutta la vita dei miei genitori e perfino la mia anche se, quella riesco a rovinarla comunque, qualsiasi cosa faccia – disse ironica - E adesso Regina… io non ce la faccio più. A volte penso che sarebbe meglio chiudermi in casa e non uscire più. A New York era tutto così perfetto… »
« E tutto così irreale e falso… » disse sarcasticamente lui. Emma lo guardò di sottecchi. È vero, ormai si era convinta che non avrebbe mai potuto lasciare Storybrooke, che era diventata parte di lei, tuttavia le mancavano le giornate monotone e perfettamente normali nella grande mela.
« Niente magia, niente incantesimi, streghe perfide, portali, pugnali magici… »
« Niente pirata super sexy…» Emma alzò un sopracciglio divertita. Era incredibile quanto quel maledetto pirata fosse sicuro di sé ed egocentrico ma lo amava anche per questo. Aspetta, lo amava?
« Oh andiamo Swan, sappiamo entrambi che ti saresti annoiata. Era tutto troppo normale per una che ha sconfitto un drago, un gigante e tutto il resto. »
« Questo lo dici tu… » Emma si avvicinò pericolosamente alle sue labbra. Sentiva il suo respiro che le solleticava la pelle. Uncino bruciò quei pochi centimetri e posò le labbra sulle sue. Emma non oppose resistenza. Perché avrebbe dovuto?  Nel suo cuore era tutto così giusto e perfetto.

Quando si staccarono, poco tempo dopo, Emma si stese sulla sabbia e cominciò a fissare le stelle. Uncino la imitò.
« Guarda quella è l’Orsa Maggiore e quella… »
Emma lo interruppe.
« Non c’è bisogno che mi mostri il tuo enorme sapere astronomico, capitano. Per conquistarmi ci vuole ben altro che qualche stella… » disse maliziosa e Uncino rise. Lo sapeva fin troppo bene. Emma non era una tipa facile e per arrivare a quel momento perfetto e così romantico ce ne aveva messo di tempo. Era testarda, molto.
Le sue parole gli rimbombarono in mente.
Quando ti conquisterò Emma, e so che ci riuscirò, non sarà grazie all’inganno, sarà perché tu hai scelto me.
« Killian, posso farti una domanda? » disse Emma con tono più serio, interrompendo i suoi pensieri. Si era girata su un fianco e lo scrutava con il suo sguardo da “non mi mentire, tanto lo scopro”.
« Dimmi, Swan »
« Tu mi ami? »
Uncino si sorprese. Si girò su un fianco, in modo che potesse guardarla negli occhi.
« Te ne sei accorta, eh? » e si sentì più leggero,  più libero e al pensiero che lei condividesse i suoi sentimenti gli si gonfiò il cuore.  
Emma sorrise ma ritornò seria subito dopo.
« Cosa sarebbe successo se avessimo riportato Milah indietro e non Marian? » Il nome di Milah, pronunciato da Emma, gli fece uno strano effetto.
« Non avremmo potuto » cercò di sviare ma Emma non si arrese e insisté.
« E se ci fosse stato un modo? »
Uncino prese un respiro profondo. Cercò le parole per spiegare alla donna tutto quello che gli vorticava in testa. Tutto ciò che aveva ammesso a se stesso subito dopo aver capito cosa provava veramente per lei. Tutto ciò che aveva provato per trecento anni volatilizzato quella sera a Neverland.
« Emma, ho passato una vita intera a cercare vendetta per la sua morte perché credevo che in questo modo sarei riuscito a riportarla in vita, sarei riuscito ad alleviare il mio dolore, a colmare il vuoto che mi si era creato dentro dopo la sua scomparsa. Non riuscivo ad accettare il passato, lo rimpiangevo. – fece un altro respiro profondo e continuò – Quando sull’isola ho accettato ciò che provavo per te, ho capito che era giunto il momento di andare avanti, di smettere di rimpiangere il passato e con esso Milah. Dovevo accettare l’idea che fosse morta e che niente al mondo avrebbe potuto portarmela indietro. E l’ho fatto. Grazie a te. Non posso dimenticarla, rinnegherei una parte di me, una parte della mia vita. Se lei tornasse, molto probabilmente non mi riconoscerebbe. Non sono più l’uomo che lei conosceva, l’uomo che lei ha amato. Sono cambiato e, chi l’avrebbe mai detto, sono diventato un eroe. E sai perché, Swan? Perché ti amo e l’ho capito dal primo momento che ti ho vista » fece una piccola pausa, consapevole di tutto ciò che le aveva rivelato, le aveva aperto il cuore proprio come aveva fatto sull’Isola che non c’è, molto tempo prima.
« Ma se prima hai detto che hai capito di amarmi sull’isola che non c’è! » constatò Emma, sempre pignola ma con il cuore ricolmo di un nuovo sentimento a lei sconosciuto da troppo tempo.
Uncino sospirò.
« Ma devi sempre rovinare tutto?! Hai sentito il mio discorso strappalacrime? Poi sarei io quello con la lista interminabile di difetti… »
Emma gli sorrise. Aveva preso una decisione. Ci avrebbe provato, o la va o la spacca come si diceva da quelle parti. Prese la sua mano e gliela strinse. Si accoccolò di nuovo sulla sua spalla e per un attimo si sentì finalmente bene, completa.
Killian ripensò a tutto ciò che le aveva detto. Insomma era quella che si poteva definire una dichiarazione no? Si sentiva stranamente leggero e felice, felice come mai si era sentito, come mai ricordava di esserlo stato. Puntò i suoi occhi blu dritti in quelli di Emma e sentì che non le aveva detto ancora tutto.
« Non voglio spaventarti Emma, ti amo. Ho cercato di farmi da parte ma non ci riesco, te lo giuro. È più forte di me, è come se tu fossi una calamita per me e il mio uncino. » sorrise e continuò.
« Non ti nascondo che questo mi spaventa. Sento che quello che provo per te è troppo grande, non so se ci riuscirò Emma, non sento di meritarti. Sono un pirata da quattro soldi dopotutto… certo, il più affascinante, il più brillante, ma pur sempre un pirata… »
La ragazza capì di aver finalmente conosciuto l’uomo e non il pirata. Gli mise una mano sulla bocca e bloccò il suo delirio. Si avvicinò un po’ di più e restarono così per tutta la notte.  Dapprima in silenzio, per non rovinare l’atmosfera che si era creata. Poi però uno dei due non resse più e sparò una frecciatina che l’altro raccolse al volo. E continuarono così, parlando, ridendo e punzecchiandosi a vicenda. Entrambi consapevoli di ciò che si stava creando, desiderosi di mettersi alla prova, di buttarsi a capofitto nell’amore. Quella sera il cuore rovinato e usato della Salvatrice ricominciò a battere, sintonizzandosi con il cuore ammaccato e un po’ arrugginito di un pirata.
 
Purtroppo anche la più dolce delle notti finisce e il cielo cominciò a tingersi di un rosa tenue. Lo spettacolo era fantastico. Emma si sentiva rinata e piena di forze. Uncino fissava l’orizzonte con uno sguardo sognante.
« Ti manca il mare, Killian? »
Lui distolse lo sguardo dalle acque profonde e puntò i suoi occhi in quelli di lei.
« Adesso ho te » disse serio e poi aggiunse ridendo « chissà, magari potremmo fare una bella crociera come luna di miele… »
Emma lo guardò di sottecchi. « Nei tuoi sogni, forse » e cominciò a ridere.
 
Ritornarono in paese, poco dopo, anche se entrambi avrebbero preferito restare sulla spiaggia un altro po’. Tuttavia l’aria si stava gelando, faceva molto freddo.
Andarono da Granny’s a prendere un caffè per riscaldarsi. Killian aveva detto che il Rum era molto più efficace ma Emma non voleva essere ubriaca già alle prime luci dell’alba! Si sedettero ad un tavolino e ordinarono.
Ruby, ancora un po’ assonnata, preparò subito il caffè e come regalo della casa, offrì loro due deliziose brioche alla cannella. Cannella. Emma pensò ad Henry. Non si sarà ancora svegliato, è giusto che passi un po’ di tempo con Regina, dopotutto anche lei era sua madre. Emma continuava a ripetersi tutte queste motivazioni, ma la verità era che Henry le mancava. Era incredibile come quel ragazzino fosse riuscito ad entrare nella sua vita, stravolgendola del tutto. Andiamo, aveva scoperto di essere la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro! Sorrise al pensiero dei suoi genitori e Killian lo notò.
« Che c’è da ridere, Swan? »
« Uncino, che diavolo stai facendo? »
« Oh, niente dolcezza. Sto soltanto migliorando il caffè della dolce Ruby… »
« Aggiungere Rum nel caffè, significa migliorarlo per te? »
« Il rum fa sempre bene, ricordalo! »
Emma sbuffò e riprese a sorseggiare il caffè. Uncino alzò in alto la sua tazza e urlò “Alla tua salute, tesoro” e bevve il caffè tutto d’un sorso.
Poco dopo scese Robin. Emma si accorse che non aveva l’aria da “Sono l’uomo più felice del mondo, ho appena ritrovato mia moglie, nonché madre di mio figlio, che credevo morta e stecchita!”. Anzi, tutt’altro. I capelli erano più arruffati del solito, gli occhi circondati da occhiaie e la barba gli era cresciuta così tanto in una sola notte che Emma pensò che Regina gli avesse fatto qualche incantesimo. Li salutò con un leggero cenno del capo e si sedette al bancone, dando loro le spalle.
Emma abbassò gli occhi. Quelle lievi tracce di buon umore che Uncino era riuscito a creare, scomparvero dai suoi occhi. Strinse la tazza tra le mani e sentì il calore bruciarle la pelle.
« Così ti scotterai, Emma »
Uncino le prese le mani e ripetè « Non è colpa tua. Hai soltanto salvato una vita »
« Rovinandone altre due » mormorò Emma.
Killian sbuffò. Era davvero troppo testarda.
 
***
 
LUNEDI
 
Dopo essere usciti da Granny’s, Uncino era diventato strano. Emma pensò che fosse solo stanco, per il viaggio e per essere stato sveglio con lei sulla spiaggia. Il suo sguardo era perso, quasi vuoto. Qualche scintilla, ogni tanto, brillava ancora, alimentata dalle battute maliziose di Emma. Tuttavia l’uomo non replicava, non controbatteva, si arrendeva. Emma lo accompagnò al porto, lo salutò e si avviò verso casa. Aveva bisogno di un bagno rigenerante. Doveva pensare alle sue prossime mosse, a cosa avrebbe fatto con Henry, con Regina e con Killian, soprattutto.
Arrivata a casa, si preparò un tè e, nel frattempo, riempì la vasca. Rovistò tra i saponi di Mary Margaret e vi trovò dei piccoli flaconcini di Sali profumati. Versò tutto nella vasca, si spogliò e si immerse. L’acqua era calda e profumata. La schiuma le solleticava la pelle. Chiuse gli occhi e ripensò a tutto ciò che era accaduto negli ultimi giorni, Zelena, Nial, i suoi genitori, Storybrooke, Henry, il viaggio nel tempo
Killian.
~
Quel lunedì, dopo aver passato la notte più bella della sua vita a PARLARE con Emma, si era ritrovato a girovagare di nuovo sulla spiaggia, ricordando e sorridendo di ciò che la vita, che sembrava essersi dimenticata di lui, gli aveva regalato. Emma. La sua salvatrice. Colei che, seppur inconsapevolmente, era riuscita a cambiarlo più di chiunque altro. Lei aveva spazzato via tutta l’oscurità dal suo cuore. Lei aveva fatto riemergere l’uomo che un tempo lontano era stato, l’uomo che sognava di diventare quando si arruolò sulla nave di suo fratello alla volta di territori sconosciuti e avventure emozionanti.
Un eroe.
Chi l’avrebbe mai detto?
Con lei, era se stesso. L’uomo, il pirata, l’eroe, il cattivo… tutto questo non aveva importanza quando era con lei, si dissolveva come acqua al sole. Con lei era solo Killian.
Con Milah era diverso. Milah amava l’uomo, è vero, ma amava soprattutto il pirata. Amava il pericolo, il rhum, la passerella della nave, i vestiti di pelle nera, il mare, le avventure, le isole deserte, i tesori, l’oro. Lo amava come una seconda possibilità che la vita le aveva donato. Come aveva detto ad Emma non poteva rinnegare ciò che era stato e non poteva non ammettere che aveva amato Milah più di quanto si potesse immaginare. Aveva covato rancore per anni contro chi le aveva fatto del male e infine, pur di soddisfare la sua sete di vendetta aveva accolto la morte. Aveva bisogno di qualcosa che la ricordasse. Il disegno non gli bastava più.
E poi era arrivata lei, una folata di aria fresca nella sua vita. La amava, oh eccome se l’amava. L’avrebbe rincorsa ai limiti dello spazio e del tempo. Sorrise ripensando al loro ultimo viaggio nella Foresta Incantata. Non era stato facile rincorrerla, aspettarla, abituarsi ai suoi tempi. Ai pirati viene dato tutto e subito, pena la morte. Non era mai stato un tipo paziente, lui. Eppure l’aveva fatto, aveva aspettato, le era sempre stato accanto, aveva creduto in lei quando neanche lei lo faceva più. Ma, dopotutto quando l’aveva mai fatto? Era testarda, un po’ troppo impulsiva, odiava essere al centro dell’attenzione, non si dava mai alcun merito, era coraggiosa e generosa, pignola e troppo poco sicura di sé. Ma l’amava anche per questo.
Una domanda si fece spazio, silenziosa e tremendamente aspra nei suoi pensieri.
Cosa provava lei?
Ok, si erano baciati, avevano passato una splendida serata insieme e lui le aveva rivelato i suoi sentimenti più profondi. Ma lei?
Vagabondava sulla spiaggia, immaginando di chiederle spiegazioni. Potevano veramente provarci? Stare insieme per davvero? Uncino si rendeva conto che Emma non era fatta per smancerie e serenate a mezzanotte. Si immaginò a suonare la chitarra con una mano sola. Impossibile. E se anche avesse imparato, era piuttosto sicuro che Emma gli avrebbe tirato un secchio d’acqua fredda se si fosse presentato a casa sua, a mezzanotte, cercando di intonare una canzone che non parlasse di Rhum e pirati ubriachi.
No, loro sarebbero stati discreti, diversi. Non voleva ci fossero cambiamenti nel loro rapporto, che la ragazza si sentisse in imbarazzo o a disagio con lui tra i piedi. Desiderava che il loro rapporto restasse così com’era.
Avrebbe solo potuto baciarla ogni volta che gli passava per la testa.
Si fermò e respirò l’aria salmastra, guardando l’orizzonte. Gli mancava la sua nave, ma non si era mai pentito di averla scambiata per lei. Abbassò gli occhi e notò qualcosa che galleggiava a riva. Si avvicinò e si ritrovò tra le mani una bottiglia di vetro, chiusa con un tappo di sughero. La aprì e fece scivolare fuori un pezzetto di carta consumato. Con molta delicatezza slegò il nastro che legava il foglio. Le prime luci dell’alba gli permisero di leggere quelle poche frasi, scarabocchiate di fretta, chissà quanto tempo prima.
 
Ho affidato il mio messaggio al mare, come mi insegnasti tu molto tempo fa. So che, prima o poi, ti troverà. Ho bisogno del tuo aiuto, Killian. Sono nei guai.
In nome della nostra antica amicizia, ti prego di raggiungermi.
F.

 
Killian rimase sconcertato. Lesse il messaggio più volte finché le lettere svanirono sotto il suo sguardo. L’inchiostro era scuro e odorava di ferro e sale: sangue. Rimise la lettera nella bottiglia e si incamminò verso casa di Emma.
Doveva dirle addio, di nuovo.
 
Arrivò a casa sua poco tempo dopo. Durante il tragitto pensò solo ad un modo per dirglielo. Sentiva che l’avrebbe persa per sempre se le avesse raccontato una bugia. Tuttavia non poteva neanche dirle la verità, altrimenti lei avrebbe insistito ad accompagnarlo. Lo sapeva, era nella sua indole. E la cosa che più lo spaventava era che lo desiderava con tutto se stesso. Accarezzava l’idea di solcare i mari in compagnia di Emma, dei suoi sorrisi rari, dei suoi occhi così pieni di vita. Ma non poteva.. Non poteva allontanarla da suo figlio, dai suoi genitori, dal piccolo appena nato. La città intera aveva bisogno di lei.
Anch’io ho bisogno di lei.
Egoista.
Non poteva.
Non poteva strapparla via da Storybrooke, dopo aver insistito così tanto perché non partisse per New York
Era diverso, diglielo. Lei farà ciò che crede sia la cosa giusta.
No.
Non poteva agire da egoista, non adesso che era diventato un eroe. E si sa, gli eroi, devono sempre sacrificare qualcosa.
O qualcuno.

Aveva preso la sua decisione. Le avrebbe mentito, correndo il rischio di essere smascherato. Sapeva che si trovava su un filo di rasoio e se fosse caduto, l’avrebbe persa per sempre. Lei metteva al primo posto la fiducia. L’aveva capito da poco, quando Zelena gli aveva fatto un incantesimo alle labbra e lui non l’aveva informata. Era in bilico e stava saltando da solo.
Salì piano le scale, cercando di ricordare le parole che avrebbe voluto dirle. Aveva escogitato un piano ma era piuttosto sicuro che non avrebbe funzionato. Quella donna ostacolava sempre i suoi piani.
Bussò tre volte. Non aspetto che qualcuno, la sua voce, lo invitasse ad entrare. Spinse la maniglia ed entrò.
La trovò distesa sul divano, stringeva al petto un cuscino. I capelli le ricadevano sulle spalle, le punte ancora bagnate. Indossava una t-shirt grigia che le lasciava un po’ scoperta la pancia bianca e dei pantaloni a quadretti.
« Che ci fai qui? » disse con la voce ancora impastata di sonno. Si era addormentata sul divano, schiacciata dai suoi pensieri e da una montagna di cuscini. Si sedette e picchiettò la sua mano sul posto vuoto accanto a lei, per fare segno ad Uncino di sedersi. Killian si avvicinò silenzioso. Era bella anche così, con i capelli bagnati e i pantaloni a quadretti.
Che cosa era andato a fare lì?
Toccò con la mano la bottiglia, per accertarsi che fosse reale, che non fosse tutto un sogno. Il vetro era freddo e maledettamente vero.
Si posizionò di fronte a lei, la guardò dritto negli occhi. Voleva che ci credesse, che sapesse che l’amava.
« Emma, io… io ti amo. »
Gli occhi della ragazza sorrisero. Killian capì che aveva deciso, aveva deciso che gli avrebbe dato una possibilità e si sentì un verme. La consapevolezza che le avrebbe inflitto più dolore di quanto avesse voluto si insinuò in lui.
« Volevo ringraziarti per ciò che hai fatto per me, Emma. Seppur inconsapevolmente hai riportato alla luce quel poco di buono che c’era ancora in me. Quando ci siamo incontrati non ero solo una persona non amata e che non amava. Ero un nemico dell’amore. L’amore mi aveva provocato solo dolore*. Ho alzato un muro, un muro fatto di odio, di vendetta e di rancore. Un muro che è crollato non appena sei entrata nella mia vita. Voglio che tu sappia che ti sarò sempre debitore Emma – distolse lo sguardo dai suoi occhi e lo abbassò – ma non so se sono in grado di farlo, non sento di meritarti e non so se sia la cosa giusta per te. Ho deciso di partire per un po’, per schiarirmi le idee, per riflettere. »
Rialzò lo sguardo. La sua espressione era cambiata. Aveva indossato di nuovo la sua maschera. Avrebbe finto che non le importava, che sarebbe stata forte. Incrociò le braccia e socchiuse gli occhi, corrugò le sopracciglia.
E capì.
Stava mentendo.
Emma non disse niente. Avrebbe voluto gridargli che aveva deciso, che non gliene importava niente se la meritava oppure no, che era in grado di decidere benissimo da sola. Ma restò in silenzio. Annuì.
« Sono certo che, al mio ritorno, non ti troverò al porto ad aspettarmi. Ma va bene così. Dopotutto non sei la tipica principessa che ogni giorno aspetta alla finestra il ritorno del suo amato, no? » sorrise e Uncino scorse anche nella sua espressione dura una scintilla. Ritornò a guardarla negli occhi.
« Non passerà un giorno senza che io pensi a te » le ricordò proprio come aveva fatto quando le disse addio per la prima volta. Le si avvicinò e la baciò.
« Grazie Swan »
La guardò un’ultima volta per imprimersi meglio la sua immagine nella mente e se ne andò, chiudendosi piano la porta alle spalle. Provò uno strano sentimento, mentre si incamminava di nuovo verso il porto. Delusione, forse.
Emma aveva capito che le stava mentendo, ne era sicuro com’era sicuro di ciò che provava per lei. Lo aveva letto nei suoi occhi, nella sua espressione, nel modo in cui corrugava le sopracciglia mentre esercitava il suo superpotere.
Ma perché non l’aveva fermato? Perché non gli aveva chiesto cosa fosse successo realmente? Se solo avesse aperto bocca, avesse replicato, era sicuro che sarebbe crollato, che le avrebbe detto tutto e insieme avrebbero deciso cosa fare. Era piuttosto sicuro che i suoi super poteri l’avrebbero smascherato.
Il pirata dentro di lui, si rallegrò. Il mare sarebbe stato di nuovo casa sua.
L’uomo, invece, si prese la testa fra le mani. L’aveva persa. Peggio. Non l’aveva mai avuta.
 
Non sapeva perché l’aveva fatto, perché non l’aveva fermato. Ripensò a tutto ciò che le aveva detto e le sue parole si scolpirono nella sua mente.
Era lei. Era lei quella che si era innalzata un muro, era lei la nemica dell’amore. Lui, insieme ad Henry e ai suoi genitori l’aveva abbassato, l’aveva frantumato. E adesso? Adesso le toccava rimettere insieme i pezzi, ricostruire quel muro più forte di prima. 

*Ho scelto di utilizzare le stesse parole di Tremotino perchè secondo me, sono perfette per gran parte dei personaggi della serie. 

Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti! Ho aggiornato adesso la storia perchè, per un po' non potrò farlo. Mi dispiace :( Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio tutti coloro che hanno letto il prologo e leggeranno anche questo capitolo, forse un po' lunghetto... Niente, spero che la storia continui ad interessarvi! Fatemi sapere! Un abbraccio :)
Kerri
 

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Capitolo 3
*** I won't give up ***


Dopo tre settimane le ritornò in mente. Aveva fatto di tutto per non pensarci e il suo volto era riaffiorato tra i suoi pensieri con una facilità che quasi la spaventò.
Guardò Henry attraversare il vialetto della casa di Regina e incamminarsi verso il maggiolino giallo.
« Ciao ma’! Sei pronta? »
Emma annuì e gli sorrise stancamente. Il figlio della Salvatrice era furbo tanto quanto lei e di certo si era accorto che qualcosa non andava in sua madre. Si era accorto che in qualche modo, l’imminente partenza di Killian c’entrasse qualcosa ma non sapeva bene cos’era successo e non voleva chiedere niente. Aveva notato che se durante un discorso si accennava alla sua partenza, lei diventava subito triste, le si spegneva lo sguardo e cercava in tutti i modi di allontanarsi o di spostare la conversazione verso nuovi argomenti.
Era successo proprio qualche giorno prima.
Emma non si era accorta di nulla, stava passando l’aspirapolvere in cucina e pensava a cosa avrebbe cucinato ad Henry per cena. Mary Margaret e David stavano discutendo sul motivo che aveva spinto Uncino ad andarsene e soprattutto con quale nave. Sapevano quali erano i suoi sentimenti nei confronti della loro figlia maggiore e sapevano anche che lei aveva cominciato a ricambiarli. Avevano notato qualche cambiamento nel comportamento di Emma e avevano deciso di affrontare l’argomento con lei. Erano preoccupati. Quando Emma spense l’apparecchio, sentì che i genitori la chiamavano. Henry era disteso sul divano a leggere un fumetto. Aveva avanzato l’ipotesi che fossero reali anche i personaggi dei suoi giornalini e cercava di dimostrarlo. Non appena Biancaneve e il Principe pronunciarono il suo nome, Emma li liquidò con “Vi va del pollo stasera? Perfetto. Vado subito a comprarlo.” Prese la giacca di pelle rossa abbandonata sulla spalliera di una sedia e uscì. Aveva lasciato i suoi genitori interdetti e ancora più preoccupati di prima.
Ad Henry piaceva Killian. Era simpatico e sapeva che amava sua madre. Non riusciva proprio a capire cosa l’avesse spinto ad allontanarsi da Storybrooke, da lei.
Emma cominciò a guidare verso il porto. Cercava di andarci quanto più raramente possibile da quel giorno. Parcheggiò di fronte alla casa. Era bella, questo doveva ammetterlo. Era una casa monofamiliare, a due piani. La cucina era stata appena risistemata, così come i due bagni. C’era tanto spazio ma ad Emma non dispiaceva. Salì e percorse il corridoio. Aprì la porta di quella che sarebbe stata la sua camera. Era grande e luminosa. C’erano due finestre che davano sul mare. Gironzolò per la camera tastando i muri e guardando attentamente le mattonelle. Niente di rotto. Si ritrovò davanti ad una finestra e si affacciò. Scrutò il mare e cercò con gli occhi una nave. Chissà se riusciva a riconoscere la Jolly Roger...
Sì, certo che poteva.
Fissò l’orizzonte. Per un momento ripensò alle sue parole e si immaginò con un grande vestito azzurro, affacciata alla finestra ad aspettare, crogiolandosi nel terrore che gli fosse capitato qualche cosa di male.
No, aveva ragione.
Non l’avrebbe mai fatto.
Scacciò quel folle pensiero dalla testa.
Lei era la Salvatrice e l’avrebbe salvato.
 
Henry entrò poco dopo e notò subito qualcosa di diverso. I suoi occhi, i suoi occhi erano di nuovo accesi, vivi! Aveva qualcosa in mente… chissà una nuova “Operazione Cobra”. Qualcosa gli diceva che sarebbe stata più “Operazione Salviamo il Pirata”, comunque gli andava bene. Se sua madre era felice, lo era anche lui.
«Hey, ragazzino! Avevi ragione… è proprio una bella casa! »
« Ti piace veramente? Non hai visto il pavimento un po’ rovinato, o le piastrelle troppo bianche? » la prese in giro suo figlio. Era contento che la casa le piaceva, finalmente questa  folle caccia al tesoro poteva avere un epilogo.
Emma fece spallucce.
«Sì, ho notato. Tuttavia credo che potrebbe andare bene. Il prezzo non è neanche troppo alto. »
Emma si sorprese a parlare di prezzi con Henry. Era così intelligente e perspicace e furbo che a volte si dimenticava che, in realtà, era ancora soltanto un bambino.
« Tranquilla mamma! Sono piuttosto sicuro che se non ce la facessimo con il prezzo i nonni sarebbero più che felici di darci una mano! » disse ridendo Henry.
Emma si unì a lui.
« Hai ragione! È da un po’ che vorrebbero sbatterci fuori! »
Ancora con il sorriso sulle labbra si incamminarono verso il maggiolino giallo. Emma chiamò la proprietaria, la mamma del principe Eric. La signora fu così felice di vendere la casa alla donna che aveva salvato il paese da maledizioni, streghe cattive e tutto il resto, che abbassò notevolmente il prezzo. In fondo, essere la Salvatrice aveva anche i suoi lati positivi.
Quando arrivarono a casa diedero la bella notizia a Mary Margaret e David.
Avevano una nuova casa.
 
Quella stessa sera Emma non riuscì a chiudere occhio, per la seconda volta. Si girava e rigirava nel letto, ma un pensiero fisso la attanagliava.
Come farò a trovarlo?
Pensò ai suoi genitori, a come si erano sempre ritrovati dopotutto quello che era successo.
Ti troverò, sempre.
Le parole di suo padre gli rimbombavano nella mente.
Sempre. Sempre. Sempre.
Loro avevano mantenuto la promessa e adesso vivevano insieme il loro agognato lieto fine.
Non passerà un giorno senza che io pensi a te.
Ti amo.
Sempre. Sempre.
Ti troverò.
Sempre.


Il giorno seguente Emma si svegliò di buon ora nonostante si fosse addormentata molto tardi. Si trascinò fuori dal letto e si vestì velocemente. Diede un’occhiata alla sveglia e si precipitò in cucina a preparare la colazione. Nell’aria si diffuse il solito aroma del caffè bollente. Preparò ad Henry le uova strapazzate e mentre aspettava che il figlio si alzasse, pensò a come dargli la notizia della sua imminente partenza. C’erano anche i suoi genitori da avvisare e Ruby, Belle, Archie… Ripensò alla sua vita prima di Sotrybrooke, prima di Henry e della magia e a quanto fosse facile partire senza dare nell’occhio, scomparire nel nulla senza che nessuno se ne accorgesse, al senso di solitudine che si impregnava sui suoi vestiti, sulla sua pelle, nella sua mente. Dopotutto era bello essere amati.
Sentì dei rumori provenire dal bagno e poco dopo Henry avanzò sbadigliando verso di lei, in faccia ancora il segno del cuscino.
« Buongiorno ragazzino, dormito bene? »
Henry le stampò un lieve bacio sulla guancia.
« Come al solito… tu? »
« A dir la verità, non riuscivo a dormire… »
« Davvero? Come mai? »
Emma esitò. Non era ancora il momento.
« Vieni, ti ho preparato le uova. Vuoi del succo, il latte con i cereali o la cioccolata? »
« Uova, cioccolata, cereali… stai cercando di corrompermi?! » chiese il bambino divertito. Emma sorrise.
« Mmm, non ancora… » versò nella cioccolata della cannella.
« Ecco, adesso è tutto perfetto! » rise la donna. Henry sorseggiò la bevanda calda e aspettò che sua madre vuotasse il sacco. Sapeva che stava tramando qualcosa, glielo si leggeva negli occhi.
« Dai mamma, vuoi dirmi cosa succede? È da ieri che ti comporti in maniera piuttosto strana… insomma, più strana del solito! »
« Vuoi dire che mi comporto in maniera strana giornalmente? » domandò Emma alquanto allarmata.
« Beh da quanto Killian… » Henry stava per finire la frase ma Emma lo fermò. Suo figlio si accorgeva sempre di tutto.
« Bene, è di questo che vorrei parlarti. » prese un lungo respiro e continuò « Senti, ragazzino, ho bisogno che tu stia per un po’ con Regina… »
« Mentre tu vai a cercare Killian! » continuò Henry per lei. Emma per poco non si strozzò con i cereali che stava masticando.
« Come diavolo…»
« Oh, mamma davvero credevi che non me ne fossi accorto? Sono tuo figlio! E anche se non lo fossi, tutti si sono accorti che da quando lui è partito tu sei diversa…»
Emma incrociò le braccia al petto.
« Io voglio solo assicurarmi che stia bene! »
« Sì, certo certo… comunque non c’è problema! Mi piace Killian, è simpatico! »
Emma tirò un sospiro di sollievo. Un peso che fino ad allora non si era accorta di avere, ma che evaporò dalla sua mente. Il fatto che ad Henry piacesse “l’uomo per il quale provava dei sentimenti” la confortò. Avere l’approvazione di suo figlio era importante per lei.
« Allora quando partiamo? »
Il sorriso sparì dal volto di Emma.
« Hai dimenticato la parte in cui ti chiedo di restare con Regina per un po’? »
Henry sbuffò.
« Certo che no. Speravo solo che l’avessi dimenticata tu! »
« Non se ne parla proprio! Non voglio che tu corra più pericoli di quanti ne affronti qui in città! Ho bisogno di sapere che tu sarai al sicuro e poi a Regina farà piacere passare più tempo con te, dopo tutto quello che è successo… »
Emma si rabbuiò pensando a Marian, a Robin e al malumore di Regina. Tutto a causa del suo spirito da salvatrice.
« Non è stata colpa tua, mamma. » la conforto suo figlio, notando l’improvviso malumore sul suo volto. « Hai fatto la cosa giusta. »
Emma gli accennò un sorriso. Lui sì che era un vero eroe, non lei.
« Comunque resterò qui. Mia madre e Storybrooke avranno bisogno di me! » rise ma ridiventò serio subito dopo « Lo faccio solo per lei, altrimenti mi sarei nascosto nella tua valigia! »
Emma rise.
« Non credo potrò portarmi una valigia! » Henry alzò gli occhi al cielo e continuò a mangiare. Emma finì i suoi cereali e portò la tazza nel lavandino.
Scompigliò un po’ i capelli di suo figlio e si diresse verso il bagno.
Ti voglio bene.
Anch’io.
 
***
Dopo aver accompagnato Henry a scuola, Emma si diresse verso la casa dei suoi genitori. Adesso doveva affrontare loro.  Sperò con tutto il cuore che nessuno dei due insistesse nel volerla accompagnare. Era piuttosto sicura che non avrebbero lasciato facilmente il loro figlioletto da nessuno. Si immaginò già la scena: lei, David e Mary Margaret nella giungla, alle prese con il passeggino del piccolo Nial che si incastrava dappertutto. E poi le sue urla che le impedivano di cacciare, di dormire o di pensare e le continue soste per dargli da mangiare.
Impossibile.
Scacciò quell’incubo dalla mente e bussò.
Non rispose nessuno così entrò lo stesso.
Dentro regnava il caos. Non aveva mai visto così tanto disordine in quella casa! Dopotutto Biancaneve era ricordata anche per la mania della pulizia no?
Un’enorme quantità di pacchetti, giocattoli e vestitini era ammassata in un angolo, reduci della festa di qualche settimana fa. Altri giocattoli erano buttati sul pavimento e sul divano, il tavolo era ricoperto di bavette e pannolini e il divano disseminato di coperte. Il lavello pieno di biberon e ciucci. In più c’era uno sgradevole odore di latte. David e Mary Margaret avrebbero potuto aprire un negozio per neonati con tutte le cose che avevano.
« Hey! Dove siete? » gridò Emma. Suo padre si affacciò dal corridoio. Gli occhi gli brillavano e aveva un sorriso da ebete sul volto.
Neal avrà fatto il suo primo ruttino.
« Oh ciao tesoro! Non ti abbiamo sentito arrivare. Stiamo facendo il bagnetto a tuo fratello ma abbiamo quasi finito. Puoi aspettarci cinque minuti? Scusa il disordine.. »
« Non ti preoccupare, finite di lavare il piccoletto. Io vi aspetterò qui. » disse Emma indicando il divano, spostando con la mano qualche coperta. David le sorrise e sparì di nuovo. Emma si sedette ma si rialzò subito dopo. Quel disordine non la faceva pensare. Raccolse un po’ di giocattoli qui e là.
Chissà se…
Chiuse gli occhi e si concentrò. Quando li riaprì la casa splendeva. Le tazze e i biberon erano al loro posto, ordinati e luccicanti. I vestiti e gli altri regali nell’armadio e le coperte piegate e messe a posto. In più l’odore sgradevole di latte era sparito, lasciando il posto a qualcosa di più dolce: vaniglia e lavanda.
Emma sorrise soddisfatta. Avrebbe dovuto utilizzarla di più, la magia.
Poco dopo arrivarono i suoi genitori visibilmente sorpresi e compiaciuti. Di norma non approvavano l’uso sconsiderato della magia ma si sa “a mali estremi, estremi rimedi”.
« Allora, dov’è il piccolo principino? » domandò Emma.
« Nella sua culla, finalmente » sospirò Mary Margaret.
« Dorme?! Ma sono le – guardò l’orologio appeso alla parete – dieci meno cinque! »
« Ha pianto per tutta la notte, Emma » disse sconsolata sua madre.
« Così abbiamo pensato che il bagnetto potesse fargli chiudere un po’ gli occhi » continuò.
« E la bocca » sospirò suo padre. Biancaneve gli lanciò un’occhiataccia ma gli sorrise subito dopo. Emma rise divertita.
Per essere alle prime armi se la stavano cavando bene, dopotutto.
« Allora tesoro vuoi un caffè? Un tè? »
« No grazie. Sono qui per parlarvi. »
Fissò prima sua madre e poi suo padre. I due si scambiarono uno sguardo di intesa, come se sapessero che quel giorno, prima o poi, sarebbe arrivato.
« Io, ehm… ho deciso di partire… »
« A cercare Uncino » continuarono in coro i suoi genitori. Emma strabuzzò gli occhi e incrociò le braccia al petto spazientita, proprio come quella mattina con Henry.
« Anche voi lo sapevate già? » domandò.
« Beh Emma, non era così difficile da capire… »
Pensate un po’, io l’ho capito solo ieri.
« Voglio solo accertarmi che stia bene! »
Un’altra occhiata. Dio quanto odiava quelle occhiate, sembrava che comunicassero solo tramite quelle!
Per un po’ nella stanza regnò il silenzio.
« Vengo anch’io » disse ad un certo punto suo padre. Ormai aveva accettato l’idea che Killian Jones si unisse alla sua famiglia, ma era preoccupato lo stesso per sua figlia. Non voleva abbandonarla ancora, non voleva che stesse male.
« Cosa?! » gridarono in coro Mary Margaret e sua figlia.
« Non puoi abbandonare il bambino, papà » Emma marcò quell’ultima parola, pensando che così il lato paterno di David prevalesse su quello avventuriero. Ma ottenne esattamente il risultato opposto.
« Non lo sto abbandonando! Ci sarà Mary Margaret con lui! »
La donna lo guardò sorpresa.
« Cosa? – ripeté – Non se ne parla proprio! Se vai tu, verrò anch’io! »
« E il bambino? Non voglio che né tu, né nostro figlio corriate dei rischi. Andiamo Biancaneve, sii ragionevole! »
Emma notò che una scintilla aveva attraversato lo sguardo di sua madre. La mammina dolce e amorevole era sparita. Adesso era Biancaneve, la guerriera.
« Io dovrei essere ragionevole?! Non ho la minima intenzione di lasciarti partire sapendo che potresti non tornare più! Se vai tu, verrò anch’io »
Emma si schiarì la voce per attirare l’attenzione dei due che ormai si erano lanciati in una discussione aperta, litigando sotto voce per non svegliare il bambino. Se non fosse stata coinvolta in tutta la situazione, Emma si sarebbe perfino divertita a vederli litigare così. Ma non poteva lasciarsi distrarre, ormai aveva un compito e doveva portarlo a termine.
Da sola.
« Sentite… vi ringrazio per esservi preoccupati per me, ve ne sono davvero grata perché bè, nessuno l’aveva mai fatto prima d’ora… »
« Emma, noi… »
« Ma non potete venire entrambi! Non voglio che lasciate qui Neal da solo. Non so dove andrò, né per quanto tempo. Sarà pericoloso, come qualsiasi altro viaggio. » disse fissandoli negli occhi. « E poi, è una cosa che sento di dover fare da sola. »
David e Mary Margaret annuirono. Alla fine l’istinto di neo-genitori prevalse su quello da avventurieri e lasciarono che la loro piccola, coraggiosa Emma partisse alla volta di una nuova e misteriosa avventura alla riscoperta di sé stessa e dell’amore.
 
***
Entrò a passo di marcia, decisa come lo era stata poche volte in vita sua. O almeno così pareva a lei. Dopo il familiare tintinnio, trovò ad accoglierla il solito odore di antico, di segreto e di inesplorato.
Questo era il banco dei pegni del signor Gold: un enorme mucchio di oggetti antichi, desiderosi di poter vivere ancora una seconda vita. Un po’ come aveva fatto il proprietario del negozio. Sbucò all’improvviso, attirato dal tintinnio del campanelli, seguito a ruota da Belle.
« Emma! » esclamò la ragazza e corse ad abbracciarla.
« A cosa dobbiamo l’onore, signorina Swan? » domandò direttamente il signor Gold. Belle gli lanciò un’occhiataccia. Non approvava il carattere un po’ troppo avventato di suo marito. Emma però, colse l’occasione al volo e andò dritta al punto. Le dicevano che era una cosa che aveva ereditato dal padre. Voleva essere subito chiara, andava dritta al nocciolo della questione, per evitare che nascessero ulteriori fraintendimenti.
« Devo trovare una persona! » disse d’un fiato. Il signor Gold non parve sorpreso. Si rigirò il bastone tra le mani e sospirò.
« Suppongo lei stia parlando del pirata »
Emma si sorprese ancora una volta. Perfino Gold aveva capito tutto!
Annuì.
« Mi dispiace deluderla miss Swan, ma non manca a nessuno, men che meno a me! »
A me, a me manca!
Emma cercò di replicare irritata ma Belle la precedette.
« Tremotino! » lo rimproverò.
« Che c’è? Ha cercato di ucciderti, se non sbaglio » replicò irremovibile l’Oscuro Signore.
« È stato molto tempo fa e io l’ho perdonato, dovresti farlo anche tu. Ci ha aiutati molto con Zelena… ». Gold non poté fare a meno di ricordare il periodo passato nella cantina della strega perfida dell’ovest. Emma approfittò dell’attimo di smarrimento del suo interlocutore, ringraziò Belle con un’occhiata e continuò « Bella ha ragione! Il suo aiuto è stato indispensabile. Non ti sto chiedendo di riportarlo qui, Tremotino. Vorrei trovare solamente un modo per raggiungerlo, ovunque sia… per favore »
Mr Gold sospirò. Lanciò un’occhiata a Belle che sorrideva e si diresse con passo zoppicante verso il retro del negozio.
« Seguitemi »
Si fermò davanti ad una mensola, piena di cianfrusaglie. Prese una sfera di cristallo e la posò sul tavolo più vicino. Emma la studiò di sfuggita. Sembrava la classica sfera che i maghi e le streghe usavano nella sua immaginazione da bambina.
« Faremo alla vecchia maniera, quindi… » mormorò.
Gold sorrise beffardo.
« No cara, tu lo farai. Vedi questa sfera è un po’ diversa dalle altre: mostra solo ciò che la persona desidera di più al mondo. » Emma si spaventò. Se apparisse Uncino,  significherebbe che Lui è la persona che desidera di più al mondo, Lui è la persona che lei ama.
« Cosa?! Non hai una sfera che mostri solo dov’è e basta?! » chiese Emma infastidita.
« Questa è la mia offerta tesoro, prendere o lasciare »
La donna lo guardò torva e poi tirò un sospiro. Non le piaceva l’idea che i suoi sentimenti fossero sbandierati ai quattro venti ma doveva farlo, doveva trovarlo a tutti i costi. Poi gliel’avrebbe pagata.
È lui. È lui che amo.
Si concentrò.
Chiuse gli occhi e rievocò tutto quello che avevano vissuto, ogni singolo attimo dal più difficile al più facile, ogni parola dalla più maliziosa alla più sincera. Quando riaprì gli occhi l’immagine era tremendamente nitida.
È lui. È lui. Ti amo.
Le vennero le lacrime agli occhi. Mai era riuscita ad ammetterlo così apertamente.
Studiò l’immagine attentamente. Era seduto su una spiaggia, accanto ad uno sconosciuto.
È su una spiaggia! Quante spiagge esistono al mondo? Migliaia. Non l’avrebbe mai trovato. L’immagine tremò un pochettino.
« È su una spiaggia! Come faccio a…»
« Shh. Concentrati, non perdere la concentrazione » la ammonì Tremotino.
Richiuse gli occhi.
Dov’è? Dov’è? Dov’è?
Quando li riaprì l’immagine era cambiata. Adesso la scena veniva ripresa dall’alto. Emma scorse i capelli corvini di Killian e accanto a lui quelli color cioccolato dello sconosciuto. Dietro di loro si apriva una foresta e all’orizzonte un castello si ergeva maestoso. Quel castello aveva qualcosa di familiare. Emma l’aveva già visto, ma dove?  Ma certo! Nel libro!
Sono nella Foresta Incantata.
 
Non appena Emma capì, l’immagine si dissolse.
« Nella Foresta Incantata! È nella Foresta Incantata! »
Lo ripeté due volte più per auto convincersi che per assicurarsi che i signori Gold avessero capito.
Ti troverò, sempre.
Non passerà un giorno senza che io pensi a te.
Perché Killian? Perché?
Ti amo.
La verità salì a galla così chiaramente che Emma quasi si spaventò. L’aveva ammesso. Aveva ammesso al mondo che il muro che da sempre si era costruita era crollato, che il suo cuore poteva battere di nuovo, che ormai apparteneva a lui.
« Grazie » mormorò con le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Belle guardò soddisfatta e sorridente suo marito.
« Oh, io non ho fatto niente mia cara » sorrise Tremotino.
« Adesso si pone un ulteriore problema: come ci arrivi nella Foresta? »
Emma ci rifletté un attimo.
« Non so, un fagiolo o qualche cappello di Jefferson? Insomma ci sarà un modo! »
Tremotino ci pensò su, cercando di ricordare qualche oggetto magico che avrebbe potuto fare al caso loro. Non occorreva per forza un portale… ma certo!
« Ho trovato! » rise felice e a Belle ricordò tanto il periodo in cui lui era l’Oscuro, il più potente mago temuto da tutti.
Gold aprì un cassetto e ne estrasse un ciondolo. Una stella marina.
« Va in spiaggia e metti questo ciondolo; sarai in grado di trovare la strada da sola. Sta attenta però, indossalo solo poco prima della partenza! » Gold le porse il ciondolo ed Emma lo prese titubante. Era più pesante di quanto pensasse.
« Cosa vuoi in cambio questa volta? » chiese Emma sapendo quale fosse il suo motto. “La magia ha sempre un prezzo”. Tremotino rise. Guardò sua moglie e la prese per mano.
« Per questa volta, offre la casa ».
Sorpresa Emma mise il ciondolo in tasca, ringraziò e si congedò frettolosamente. Ormai era impaziente, ormai era pronta.
 
Quando la porta si chiuse, Belle si girò verso il marito. Aveva le mani sui fianchi e i suoi occhi era furbi e indagatori. Eppure sempre bellissimi.
Sorrideva.
Gold sospirò. Non le sfuggiva niente.
Scelse di provare a fare finta di niente ma alla fine si arrese.
« Che c’è? »
« So quello che hai fatto» disse lei gentilmente.
« Ah si? E cosa avrei fatto precisamente? » chiese suo marito divertito.
« Non fare il finto tonto con me, mr Gold! Sappiamo entrambi che quella sfera non aveva niente di speciale, è in tutto e per tutto simile a tutte le altre… »
Gold sospirò e Belle capì di aver fatto centro anche questa volta. Era stato colto sul fatto anche questa volta.
« Alla signorina Swan serviva una spinta in più. Il viaggio che sta per affrontare sarà pieno di ostacoli, sia fisici che mentali. Non sarà facile. Io le ho dato solo una mano ad ammettere ciò che in cuor suo sapeva già! » tentò di spiegarsi. «Anche se ammetto avrebbe potuto trovare qualcun altro… »
Belle gli si avvicinò e lo abbracciò, fiera e soddisfatta. Anche suo marito, piano piano, si stava trasformando in un eroe.
« L’ho fatto solo per lei, Belle. Come sai, del pirata non mi interessa granché, ha cercato per molto tempo di uccidermi e c’era quasi riuscito. Per me potrebbe restare lì per sempre. Ma la signorina Swan ha la mia stima e merita anche lei un lieto fine, dopotutto. »
Belle affondò il viso nella sua spalla e inspirò il suo profumo antico, segreto e inesplorato. Profumava di nuove chance, nuove occasioni, nuove opportunità. Profumava di una seconda vita.
 
~
 
Tutti erano lì. O meglio, tutti quelli a cui voleva bene erano lì. C’erano Belle e il signor Gold, Ruby e sua nonna, Archie e Pongo, i nani, la Madre Superiora e infine i suoi genitori con Neal ed Henry. Abbracciò ognuno di loro, perfino Gold. Quando arrivò di fronte a suo figlio si chinò e gli diede un lungo bacio sulla fronte. Dio quanto le sarebbe mancato.
« Tranquillo ragazzino, tornerò presto » gli sussurrò ed Henry le sorrise. Stava per indossare il ciondolo quando suo figlio si ricordò di aver dimenticato qualcosa. Corse verso di lei stringendo tra le braccia il libro. Lo riconobbe subito. Tutto era cominciato da lì, da quelle parole e da quelle immagini.
« Portalo con te, ti aiuterà. È la migliore guida per la Foresta Incantata » le sussurrò. Emma annuì sorridendo. Prese il grande libro tra le braccia e scorse con il dito la copertina un po’ consumata. Era una sorta di album di famiglia.
Le venne quasi spontaneo, dopo. Tirò verso l’interno due bordi opposti del grosso volume che divenne più piccolo e maneggevole. Sorrise soddisfatta. Stava diventando proprio brava. Chiuse di nuovo gli occhi e si passò le mani sul libricino. Quando li riaprì era avvolto in una sottile pellicola protettiva, in modo che non si rovinasse durante il viaggio. Lanciò un’occhiata a Tremotino che sembrava piuttosto soddisfatto. Gli sorrise trionfante e poi ripose il piccolo tesoro di famiglia nella sacca che aveva a tracolla, dove aveva messo anche la spada di Nial (accorciata per l’occasione), una torcia e qualche provvista.
Adesso era pronta.
Si sfilò il ciondolo dalla tasca e se lo allacciò al collo. Al contatto con la sua pelle divenne bollente. Poi le gambe presero a pizzicarle e alla fine cedettero. Uno strano fumo azzurro la avvolse e cadde sulla sabbia con un tonfo. Quando il fumo si dissolse, Emma strabuzzò gli occhi.
« O Dio! »


Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti! Finalmente sono riuscita a pubbliare questo terzo capitolo... Mi scuso se vi ho fatto attendere e per gli eventuali errori che troverete all'interno del testo ma non ho avuto il tempo di rileggerlo per bene! Spero di qvervi incuriosito con quest'altra parte della storia! Fatemi sapere cosa ne pensate :) 
Un abbraccio e a presto
Kerri
 

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Capitolo 4
*** With your love I can breathe underwater ***


« Sono un pesce » mormorò.
Al posto delle sue gambe sottili, c’era un lunga coda di pesce.  Era verde, come i suoi occhi e quando la agitava si creavano dei riflessi azzurri. La sacca era sparita e con essa tutti i suoi vestiti.  
« Una sirena » la corresse Mr Gold « e lo sarai finché non toglierai il ciondolo »
« Ma come faccio a trovare la strada? » chiese Emma intimorita.
« Tu nuota e abbi fede. La troverai o sarà lei a trovare te. »
Emma odiava quando Gold faceva il misterioso con lei, avrebbe potuto evitarle un gran bel fastidio semplicemente indicandole la strada giusta, perché era sicura che lui la conoscesse. Lui conosceva qualsiasi cosa. Lanciò un ultimo sguardo agli abitanti di Storybrooke. Nessuno di loro sembrava sorpreso o stupito che si fosse trasformata in una sirena, probabilmente per loro era normale. Si sarebbero stupiti di più se avessero visto un aereo, forse.
Sua madre aveva le lacrime agli occhi e alzò la mano in segno di saluto. Sua figlia le somigliava più di quanto avesse mai creduto. Stava per tuffarsi nell’oceano, senza sapere da che parte andare, solo per ritrovare l’uomo che amava, con la sua stessa tenacia, la sua stessa forza e la sua stessa speranza.
Emma le sorrise, prese un lungo respiro e si tuffò.
 
 
Il mondo sottomarino era  più popolato di quanto avesse mai pensato. Aveva incontrato così tanti pesci diversi che ne aveva perso il conto e perfino qualche squalo e due delfini. Era brava a nuotare con la coda, dopo un po’ le risultò del tutto naturale. La sua vista era limpidissima, come se fosse sulla terra ferma. Girovagò per un po’, non aveva idea di quanto tempo fosse passato perché il suo orologio era sparito con i suoi vestiti e con la sacca. Il fondale le sembrava sempre lo stesso e provò la voglia di far funzionare ancora i suoi polmoni addormentati, salendo in superficie. Ma non sapeva precisamente dove si trovasse, se ancora nel suo mondo o no e non poteva correre il rischio di essere vista, così nuotò ancora. Superò un branco di pesci insolitamente colorati. Non ne aveva mai visti così sulla Terra. Doveva essere vicina.
Nuotò ancora un po’ e ad un certo punto capì che era arrivata.
Una grossa voragine si apriva sotto di lei. Non riusciva a vederne la fine. Aveva l’impressione che fosse circondata da cartelli e insegne lampeggianti con su scritto “Per la Foresta Incantata da questa parte”. Si fece coraggio e si immerse nell’oscurità.
Questa Killian gliel’avrebbe pagata.
 
Tutto era tremendamente buio e silenzioso. Perfino la sua coda non faceva più rumore. Non riusciva a distinguere dove stesse andando. Ad un certo punto scorse una luce tremula e flebile. Si avvicinò.
No! No! No!
Sbarrò gli occhi paralizzata dalla paura ma quando li riaprì nulla era cambiato. Era ancora lì. La Jolly Roger. O meglio, ciò che restava della Jolly Roger.
L’albero maestro era completamente distrutto, il timone si era staccato e dappertutto si muovevano alghe e granchi giganti. Si precipitò verso la cabina più grande.
La sua.
Sulla scrivania era adagiato l’uncino, quasi del tutto irriconoscibile perché ricoperto da alghe. Sul letto giaceva immobile un corpo. Si avvicinò terrorizzata.
La pelle più bianca del solito quasi risplendeva e gli occhi, quegli occhi nei quali si era persa mille volte, che aveva visto pieni di odio, di vendetta, di paura, di malizia e di amore adesso erano vitrei. Era lì, inerme, immobile. Le braccia lungo i fianchi e la guardava, gridava quasi.
Perché non mi hai fermato? Tutto questo non sarebbe successo. Io ti amavo…
Avrebbe voluto svegliarlo, urlare ma la voce le morì in gola. Non poteva parlare sott’acqua. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ma una sirena non può piangere.
Il senso di colpa la attanagliò.
Come aveva potuto lasciarlo andare? Avrebbe dovuto impedirglielo, fermarlo, tutto questo non sarebbe successo. Era solo colpa sua. Riusciva ad allontanare chiunque cercasse di amarla.
Dimenticò la voragine, la luce, il viaggio. Aveva fallito prima ancora di cominciare. La Salvatrice salvava tutti fuorché le persone che amava.
Si accucciò al suo capezzale e lo fisso, immobile, pallido.
Alla fine il mare aveva vinto, alla fine se l’era preso. Era troppo geloso di lei, gliel’aveva strappato via per nasconderlo nei suoi abissi più profondi.
 
Ma tu l’hai visto! Lui è vivo!
No, no è qui ed è solo colpa mia!
Io l’ho visto! L’ho visto sulla spiaggia, lui non è…
Devo continuare, devo andare nella foresta, lui è vivo. Posso ancora salvarlo.
Si allontanò, corse via e la nave sparì misteriosamente, così come era apparsa.
Era solo un’allucinazione, sospirò Emma di sollievo. Ancora turbata continuò a nuotare verso il centro della voragine. Adesso sapeva cosa c’era in gioco e non era disposta a perdere.
 
« Mamma! »
Henry.
Si bloccò. Si voltò ma non vide nessuno. Doveva averlo immaginato.
« Mamma! Non lasciarmi! »
Era lui, era lì, l’aveva sentito di nuovo. Tentò di rispondere ma ingoiò solo acqua salata.
« Emma! Emma! »
David e Mary Margaret. Mamma e papà.
Dove siete? Dove siete?
« Fermati Emma, non andartene! »
Neal.
Rabbrividì.
Neal è morto, come può…?
« Tu! Ti metti sempre in mezzo! Tu hai rovinato la mia vita! »
Regina, io…
« Emma, Emma, Emma! »
Mille voci le riempirono la testa.
Gold, Belle, Archie, Ruby, Granny, Leroy…
No! No! No!
Vi prego, basta.
Si tappò le orecchie ma le voci non si spensero. Erano dentro di lei. Chiuse gli occhi e continuò a nuotare. Sentiva che una mano invisibile e ghiacciata la spingeva indietro, le voci le rimbombavano ancora in testa. Nuotò più forte.
Non erano lì, non erano lì.
Erano tutti a Storybrooke, erano tutti al sicuro.
Tutti al sicuro.
Non era reale, non era reale.
Ad un tratto si accese una luce alla fine del tunnel. Fu invasa da una sensazione di calore che la abbracciò e la riscaldò. La mano ghiacciata che la tratteneva sembrò sciogliersi. Attraversò la luce e si trovò dall’altra parte.
Tantissimi occhi la fissavano. Era nella Foresta Incantata.
 
Ebbe la certezza di essere arrivata quando si ritrovò davanti tanti occhi che la fissavano increduli. C’erano così tanti tritoni e sirene che non riusciva neanche a contarli. Ognuno di loro aveva la coda di un colore diverso, seppur alcune erano simili tra loro. Si sentì profondamente a disagio e provò ad accennare un timido sorriso. Una sirena si fece largo tra tutti gli altri e le si avvicinò. Aveva i capelli lunghissimi e neri che le fluttuavano alle spalle e la coda era arancione con delle sfumature rosse. Era bellissima. Le sorrise a sua volta.
« Ciao! »
Emma si sorprese. Aveva parlato. Si toccò la gola con la mano.
« Qui puoi parlare, tranquilla! » la rassicurò la sirena. « Sei nel regno di re Tritone e io sono una delle sue figlie. Abbiamo aspettato il tuo arrivo da così tanto tempo…Benvenuta! »
Emma era scioccata. Loro la conoscevano, la aspettavano. Lei, invece, non sapeva niente di loro e non si fidava subito delle persone, figuriamoci di esseri con la coda al posto delle gambe. E poi era distrutta, il viaggio l’aveva sfinita, il relitto della Jolly Roger continuava a dipingersi nella sua mente, e poi il corpo, le voci…
« Lui era morto…ed Henry, Regina…io, io…»
La voce le sgorgò dalla gola normalmente, limpida e cristallina eppure tremendamente agitata.
« Sta tranquilla è tutto finito, è tutto finito. Quel portale ti fa rivivere le tue paure più grandi, niente era reale. » la rassicurò la sirenetta dai capelli neri.
« Non capisco, come fate a conoscermi? » chiese Emma leggermente rassicurata.
La sirena le sorrise.
« Vedi è da tanto che qualcuno non attraversava il Portale Oscuro »
Emma si voltò. La luce che aveva attraversato poco prima era sparita e la nera e cupa voragine si apriva di nuova in profondità.
Perché per una volta non posso attraversare il “Portale dell’Arcobaleno” o “La voragine dei dolci al cioccolato”?
« Di solito alle sirene non è permesso viaggiare nel tuo mondo, per questo è così difficile attraversare il portale… » si spiegò la principessa.
« Sta’ tranquilla, tutto quello che hai visto era frutto della tua mente, niente era reale »
Emma sentì le lacrime pungerle gli occhi. Pensò che sarebbero ritornate indietro, come era successo nella voragine ma questa volta solcarono il suo volto, come se si trovasse sulla terra ferma. Erano splendenti, brillavano e si dissolvevano non appena lasciavano il suo viso. La sirena le si avvicinò e la strinse tra le braccia.
« Sei al sicuro adesso » mormorò.
« Sono Emma, la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro in questo mondo »
« Oh anche tu sei una principessa! »
Emma sorrise stancamente.
No, non lo era mai stata.
« In un certo senso sì… »
« Piacere di averti qui Emma, io mi chiamo Aria! »
Le sirene avevano uno strano senso dell’umorismo…
« Il re, mio padre, vorrebbe che tu venissi al castello. Desidererebbe conoscerti… »
Emma acconsentì, seppur titubante. Qualcosa le diceva che non era molto saggio contrariare il re, anche se non voleva perdere tempo. Seguì la principessa e la folla si aprì al loro passaggio.  Arrivarono ai piedi di una piccola collina sottomarina. Su di essa si ergeva un bellissimo castello. Emma non capì con che materiale fosse costruito ma brillava. Si avvicinarono ad una grande porta, sorvegliata da dei grossi granchi. Aria fece a ciascuno un cenno col capo e proseguì. Emma la seguì in silenzio. Era incredula! In ogni angolo del castello c’erano alghe diverse e stelle marine dai colori più strani. E poi coralli rossi e arancioni, come la coda di Aria e pesci, pesci ovunque! Tutti diversi, grandi e piccoli, tutti colorati. Arrivarono in una grande e spaziosa sala. Di fronte a loro si ergeva il trono del sovrano. Aria le spiegò che in quella sala di solito si tenevano i balli ed Emma si chiese come ballassero le sirene. Le tornò alla mente l’ultimo ballo a cui aveva preso parte. Il vestito rosso, le danze, il cibo, gli odori, le maschere, Killian… Basta, doveva darci un taglio.
Avanzarono verso il sovrano. Era seduto su un possente trono di coralli azzurri. Era un uomo piuttosto anziano, la barba bianca gli copriva quasi tutto il petto. La coda celeste chiaro, quasi bianco. Impugnava un grosso tritone dorato. I suoi occhi grigi fissarono quelli verdi di Emma per un po’. Aria gli stampò un bacio su una guancia e si posizionò alle sue spalle. Poco dopo arrivarono altre quattro sirene, tutte bellissime. Salutarono tutte il re con un bacio, sorrisero ad Emma e si posizionarono dietro di lui, una accanto ad Aria e le altre tre al lato opposto. Emma era impaziente. Non si era messa in viaggio per fare una visita di cortesia alle sirene, doveva trovare Killian.
« Buongiorno Maestà, mi chiamo Emma »
« Sappiamo chi sei, sappiamo che hai spezzato tu il sortilegio della Regina Cattiva »
“Regina” corresse mentalmente Emma. Non era più cattiva, anche se dopo tutto quello che era successo non ne era più così sicura.
Emma sorrise imbarazzata. Non le piaceva essere al centro dell’attenzione e da quando era arrivata lì, lo era sempre stata.
« Ma dicci perché sei qui? Cosa ti ha spinto ad attraversare il Portale Oscuro? E soprattutto come hai fatto a ricevere una coda? » chiese il re incuriosito. Aveva una voce profonda e autoritaria, tipica dei re.
Non temeva che un’ondata di esseri umani con la coda invadesse il suo regno perché c’era sempre il portale a difenderlo, ma voleva saperne di più. Se aveva attraversato il Portale da sola, doveva essere veramente coraggiosa. Non è da tutti riuscirci al primo tentativo.
« L’amore »
La voce di Emma distolse il re dai suoi pensieri. Era tremendamente limpida e sicura.
« L’amore mi ha spinto ad attraversare il portale. Devo trovare una persona » continuò Emma sincera. Poco dopo si pentì di essersi messa a nudo davanti a sconosciuti. Il re si rabbuiò.
Aveva detto qualcosa di male?
Notò che Aria aveva posato la sua mano sulla spalla del padre, in segno di conforto.
« Anche noi abbiamo perso qualcuno qui » aggiunse triste il sovrano. 
La prima sirena prese la parola. Aveva dei lunghi capelli biondi e occhi color del cioccolato – chissà se le sirene conoscono il cioccolato. La coda era lilla.
« Ecco perché sei qui » disse con voce melodiosa. Emma alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto.
« Mi chiamo Marina e queste sono le mie sorelle Beatrice, Lily e Irene* e hai già conosciuto Aria. »
Le sirene sorrisero e si inchinarono quando vennero nominate.
« Molto tempo fa, nostra sorella minore scomparve misteriosamente. Era stata da sempre affascinata dal tuo mondo in superficie. Le piaceva raccogliere oggetti dai relitti dei velieri naufragati. »
Alla parola “relitto” Emma rabbrividì.
«…credevamo che fosse stata colpita dal sortilegio così quando fummo sicuri che fosse stato spezzato, grazie a te, credemmo che sarebbe tornata…»
La giovane sirena si asciugò una lacrima.
« Il suo nome è… »
« Ariel » continuò Emma.
Il re alzò lo sguardo, sorpreso e di nuovo pieno di vita e speranza. Emma tentò di spiegarsi.
« Sì, bè... non l’ho mai incontrata personalmente ma la conosco, è una sorta di… amica di famiglia, ecco »
« E sai dov’è? Perché non torna da noi? » chiese una sirenetta dai capelli ricci, Lily.
Emma ripensò allo specchio, alla maledizione a Zelena e inevitabilmente a Killian.
« È su un’isola con suo marito, il principe Eric »
Tutti strabuzzarono gli occhi ma non furono sorpresi più di tanto. Prima che Ariel scomparisse avevano notato che c’era in lei qualcosa di diverso.
« È felice? » chiese con un filo di voce il re. Il tono autoritario era scomparso, lasciando il posto a quello preoccupato di un padre. Emma ripensò all’immagine nello specchio e a quanto Ariel avesse girato il mondo in cerca del suo amore. Dopotutto si somigliavano.
« Sì » disse con convinzione. « Sì, è felice e contenta. Sta vivendo finalmente il suo lieto fine. »
Il re annuì commosso. Strinse la mano di Aria.
« Sai dirci su quale isola si trova la mia bambina? »
« Credo si chiamasse l’Isola dell’Impiccato ma non ne sono sicura…»
« Grazie per essere venuta Emma. Io e le mie figlie ti siamo grati per averci dato notizie di Ariel. Aria ti accompagnerà ai confini del regno, di lì in poi dovrai continuare da sola. Buona fortuna! »
Emma annuì e si congedò. Seguì la sirena dai capelli neri fino alle mura della città sottomarina. Prima di salutarsi la curiosità si impossessò di lei e non poté fare a meno di chiedere:
« Conosci Killian Jones? »
Aria sorrise.
« È l’uomo che stai cercando? »
Emma annuì imbarazzata. La sirena si fermò e ci pensò su.
« È il capitano della Jolly Roger vero? »
« Sì, esatto. È lui. »
« Non lo conosco, ma ne ho sentito parlare. È molto famoso qui…»
Emma alzò un sopracciglio sorpresa. Si faceva conoscere anche sott’acqua? E per quale motivo poi?
« Ah si? E come mai? » chiese scettica.
« Bè, forse saprai che ad alcune sirene piace “distrarre” i marinai per poter affondare le loro navi…»
Ripensò alle sirene che avevano incontrato viaggiando verso Neverland e annuì.
« Bene, lui è famoso perché non si è mai lasciato ammaliare, mai, neppure una volta! È una sorta di leggenda qui… soltanto lui e un certo Ulisse ci sono riusciti… »
« Sì, è un tipo abbastanza testardo » commentò ironica Emma. Pensò che se gliel’avesse raccontato avrebbe contribuito ad innalzare alle stelle il suo ego, già sproporzionato. Se non lo sapeva già… E poi chissà quante donne si sarà portato a letto, sulla terra ferma.
Si rese conto che c’erano così tante cose che ancora  non sapeva su di lui…
Ringraziò Aria ancora una volta e si salutarono con la promessa di rivedersi prima o poi. Risalì in superficie, felice di poter assaporare di nuovo l’aria fresca.   
 
TRE GIORNI PRIMA:
Aveva sbattuto contro qualcosa di solido. Si mise a sedere e si massaggiò lentamente la testa. Aveva la vista sfocata, poteva giurare di aver visto degli occhi azzurri vagamente familiari che lo fissavano. Li strizzò per mettere meglio a fuoco.
Un uomo lo fissava.
Un uomo vagamente familiare…
Capelli neri, occhi azzurri, sorriso sghembo.
« Killian! » esclamò.
Cercò di rialzarsi ma fu colpito da un altro pugno.
« Ma che ca…? » si lamentò l’uomo.
« E questo è per avermi fatto abbandonare l’amore della mia vita… Buonasera mio vecchio amico! »
L’uomo fece una specie di inchino e aiutò l’amico a tirarsi su.
« Killian! » ripetè.
« A cosa devo l’onore, Flynn? » rispose il pirata. Aveva un tono strano, come se volesse scappare da un momento all’altro.
« Aspetta, aspetta! L’amore della tua vita?! Credevo che Milah fosse… beh, insomma…morta »
Uncino alzò un sopracciglio. Aveva dimenticato quanto quel ragazzo, ormai uomo, fosse terribilmente sfacciato.
« Sì, in effetti lo è. Da più o meno trecento anni… sai anno più, anno meno… »
Non gli faceva più male come una volta parlare di lei. Sapeva che era in un luogo migliore. Sapeva che adesso il suo cuore era a Storybrooke, con Emma.
Basta, non pensarci.
Flynn annuì, visibilmente sorpreso. La sua espressione un po’ corrucciata gli ricordò la prima volta che ebbe il piacere di fare la sua conoscenza…
 
 
 
*Si dovrebbero leggere “Beatris” e “Airin”. Ovviamente la prima si rifà all’eroina di Divergent, la seconda all’Irene Adler di Elementary. Lily invece come la mamma di Harry Potter, uno dei personaggi più coraggiosi che abbia mai incontrato. Aria come una delle protagoniste di Pretty Little Liars e Marina, bè Marina mi sembrava il nome più adatto per una sirena!
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
Finalmente è arrivato anche questo quarto capitolo! Mi scuso infinitamente per il ritardo, prometto che da ora in poi cercherò di aggiornare ogni settimana!
Per quanto riguarda il capitolo, ci sono molte novità!!
Molte avevano indovinato, Emma si è trasformata in una bella sirenetta! Spero di non essere stata troppo banale e di avervi incuriosito almeno un po’. Ariel è un personaggio che mi è sempre piaciuto quindi ho voluto inserirla nella storia!
Per quanto riguarda il nostro capitano, finalmente si scopre chi è questo misterioso F… Il prossimo capitolo sarà incentrato per lo più su di loro, così, forse, capiremo cosa abbia spinto Flynn a chiedere aiuto al capitano più temuto di tutti i mari…
Ok, spero di non avervi annoiato! Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, aspetto una vostra recensione! Ringrazio infinitamente coloro che continuano a farlo (scusate ancora se vi ho fatto aspettare!) e ringrazio anche chi si ferma solamente a leggere… Grazie!
Un abbraccio e a presto!
Kerri 

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Capitolo 5
*** Non si può programmare, la vita. ***


All’epoca erano entrambi due bambini molti vivaci. Abitavano nello stesso villaggio e si conoscevano sin da piccoli. Uno figlio del più potente capitano dei sette mari, l’altro di un ricco mercante. Facile indovinare chi fosse figlio del primo e chi del secondo. Entrambi uniti dal desiderio di vivere nuove avventure, pericoli, duelli e scoprire nuove terre.
E adesso eccoli lì, su un isola deserta, il primo un pirata, il più potente, il più forte e il più crudele del mondo. Il secondo un ladro, il più furbo.
Forse, tutti e due, sarebbero voluti diventare qualcos’altro ma si sa, la vita non è mai facile, non è mai come ci si aspetta che sia. Non si può programmare, la vita. Ci sono delle scelte che mirano a cambiare interamente il nostro percorso, scelte che bisogna affrontare. Senza di esse non saremmo chi siamo e Killian e Flynn lo sapevano bene.
Da piccoli, si erano promessi che non importava cosa sarebbe successo o chi sarebbero diventati, sarebbero stati amici. E quando qualcuno aveva bisogno di aiuto, l’altro sarebbe stato sempre pronto ad offrirgli il suo. Un pirata non poteva rompere una promessa. Quando divennero più grandi, Killian raccontò a Flynn delle numerose avventure che suo fratello viveva sul suo vascello. Nuove mete, nuovi metodi di navigare, bussole, sestanti, il profumo del mare, le onde, le tempeste, il canto ammaliatore delle sirene, le stelle. Tutto ai loro occhi sembrava meraviglioso e decisero che un giorno, sarebbero partiti anche loro alla volta del Nuovo Mondo.
Quando entrambi compirono diciassette anni, si dissero pronti a partire. Tuttavia prima di imbarcarsi, Flynn fu accusato di aver derubato tutti gli averi di suo padre. Ovviamente Killian sapeva che non era vero. In realtà era stato il padre stesso ad accusarlo perché egli si era rifiutato di portare avanti l’attività di famiglia, troppo desideroso di solcare i sette mari con quel buono a nulla del suo migliore amico. Gli fu quindi impedito di imbarcarsi prima del processo che avrebbe deciso la sua colpevolezza o la sua innocenza. Ma si sa, a quell’età i giovani sono abbastanza testardi e quei due lo erano veramente troppo. Niente avrebbe potuto rompere i loro sogni, neanche un futile processo. Così Killian propose a Flynn di nascondersi nella stiva e poi, durante il viaggio, sarebbe ricomparso con un nuovo nome. Purtroppo però, non valutarono bene le conseguenze e furono scoperti dopo soli tre giorni di viaggio. Volevano far salire Flynn sulla passerella per darlo in pasto agli squali ma Killian, essendo il figlio del potente capitano Jones riuscì ad impedirlo. Lo lasciarono a terra alla prima occasione. Prima di salutarsi Killian gli ricordò della promessa.
« Ricorda amico, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno fammi un fischio. Ti basta regalare il tuo messaggio al mare. Lui sa sempre dove trovarmi » e gli fece l’occhiolino. Flynn annuì. Si abbracciarono e quella fu l’ultima volta che si videro.
Almeno fino ad oggi.
Killian ci rifletté su.
« Aspetta, tu come fai a sapere di Milah? »
« Oh, sai le voci corrono… Capitan Uncino » marcò quell’ultima parola, sorridendo sotto i baffi. Killian provò l’impulso di tirargli un altro pugno in faccia, ma si trattenne. Avvicinò pericolosamente la sua arma agli occhi dell’amico, provocandogli ancora più terrore. Sorrise tra sé.
« Allora… se le voci corrono, saprai di sicuro cos’è successo negli ultimi trent’anni… »
« Stai parlando del sortilegio e di tutto il resto? Sì ne ho sentito parlare… ma non so precisamente cosa sia successo. Forse potresti parlarmene tu! »
« Non sono qui per parlare di questo. Ho abbastanza fretta e vorrei sapere a cosa ti servono i miei servigi »
Flynn fece una smorfia. Per un attimo si era quasi dimenticato del guaio in cui si era cacciato.
« Grazie per essere venuto, amico. Hai ragione, il mare ti trova sempre. »
« Che vuoi farci, ci siamo piaciuti fin da subito noi due… »
“Puoi giurarci” pensò Flynn. Gli tornò in mente quella volta in cui cadde per sbaglio in mare. Era agitato e le onde altissime. Killian si era subito tuffato e l’aveva portato in salvo. Gli aveva salvato la vita, di nuovo. Non riusciva più a contarle le volte in cui era accorso in suo aiuto. Non riusciva proprio a conciliare la figura del suo migliore amico, con quella del famigerato pirata. 
« Allora vuoi raccontarmi o no che diavolo hai combinato? »
« Sei sempre stato un tipo impaziente sai? Non vedi il tuo migliore amico da quasi trecento anni e lo tratti così… »
Killian sorrise.
Il solito, vecchio Flynn era tornato.
Ma era davvero sicuro di aver trovato lo stesso Killian di sempre?
 
Emma si era appena tolta il ciondolo e adesso camminava febbrilmente avanti e indietro, cercando di capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Gli unici indizi che aveva erano una spiaggia, un castello e uno sconosciuto dai capelli castani e lo sguardo furbo.
Fantastico.
Cercò di concentrarsi su Killian ma persino la magia si rifiutò di aiutarla. Cercò di urlare a gran voce il suo nome ma ottenne in risposta soltanto l’eco della sua voce.
Disperata si accasciò a terra e prese la sacca che era ricomparsa assieme alle sue gambe e ai suoi vestiti. Tirò fuori la spada di Neal, la riaggiustò e se la sistemò sulle spalle, proprio come aveva fatto molto tempo prima a Neverland. Poi prese la borraccia e bevve un po’ d’acqua dolce, dopo tanta acqua salata. Infine si ritrovò tra le mani il libro. In pochi secondi ritornò alle sue dimensioni normali ed Emma cominciò a sfogliarlo.
La storia dei suoi genitori, di Regina, di Ruby… tutte si susseguivano, una dietro l’altra, intrecciate da fili invisibili. Tutte avevano come sfondo quella foresta, la stessa dove adesso si trovava lei.
Sono tornata nel libro, dopotutto. Solo a causa sua, sempre a causa sua. Le pagine scivolarono una dopo l’altra ed Emma si ritrovò a fissare la principessa Laila e il principe Charles mentre ballavano un valzer. Riuscì perfino a ridere, ricordando quella sera, a come lui l’aveva guidata in quell’insieme di giri, passi e pirouette. Poi però le ritornarono in mente la prigione, il rogo e tutte le altre conseguenze del suo viaggio e voltò in fretta le pagine. Era meglio dimenticare.
Sussultò.
Si ritrovò a fissare un disegno: rappresentava lo stesso castello che aveva visto nella sfera da Gold.
Adesso sapeva qual’era la prossima mossa.
Andare da Raperonzolo.
Il castello era il suo.
 
 
Stavano camminando da tempo ormai e Killian assaporava l’idea di mettere qualcosa sotto i denti. Sognava un bell’hamburger da Granny’s, magari in compagnia di Emma che si divertiva a far sparire…come si chiamavano? Ah si, le patatine fritte.
Il suo amico gli aveva raccontato, per sommi capi, il problema in cui si era cacciato e doveva ammettere, era un gran bel problema. La sua vita era in pericolo e lui era lì, con il suo sguardo da eterno ragazzino, che lo scrutava in cerca di risposte.
« A cosa stai pensando amico? » gli chiese curioso.
« Agli hamburger, amico » disse sarcastico.
« A che?! Che sono Killian? Possono aiutarci a risolvere il problema? »
Killian rise, incanalando in quella risata tutta la frustrazione e la nostalgia di quei giorni. Più che una risata sembrava un urlo, una tacita voglia di mollare tutto e ritornare a casa, a Storybrooke, da lei.
« No, Flynn. Gli hamburger si mangiano, a Storybrooke… »
Anche pronunciare il nome della cittadina era come ricevere un pugno al petto.
« Oh » commentò pensieroso Flynn, cercando di immaginare se assomigliasse più ad una chimera arrosto o ad un dolce di zucca. Alla fine si arrese e decise di chiedere.
« Bè, è difficile da spiegare… è un panino tondo, con qualche strano seme sopra e dentro della carne di non so quale animale e pomodori… puoi metterci anche delle salse, tipo il ketchup »
« Ketchup? Pomodori? Che diavolo…? »
« O lascia perdere! Descrivertelo contribuirebbe solo ad aumentare il mio appetito! »
« Quindi hai solo fame! Potevi dirlo prima! Ecco tieni… »
Flynn gli porse della carne essiccata che conservava nella sua borsa. L’amico la prese senza troppe cerimonie, la masticò e la ingoiò.
« Avevo dimenticato quanto facesse schifo la cucina della Foresta Incantata! »
Ripresero a camminare, senza sapere bene dove andare o chi cercare. Il loro obiettivo era astuto, sapeva come giocare, come nascondersi. Ma Killian Jones l’avrebbe trovato e poi, finalmente, sarebbe ritornato a Storybrooke, sarebbe ritornato dal suo cigno.
 
 
 
Il castello si trovava nel bel mezzo della Foresta. Non fu facile trovarlo perché era nascosto da una grande quantità di alberi e cespugli. Sembrava quasi che Raperonzolo non volesse essere trovata. Vagò per la Foresta, guidata dal libro. Nelle ultime pagine lesse di come suo padre avesse salvato la vita alla giovane principessa. Non si stupì più di tanto. Loro salvavano sempre tutti, dimenticando, a volte, perfino, loro stessi. I Charmings erano le persone più buone e generose che avesse mai conosciuto. Erano sempre pronti ad aiutare, a sacrificarsi per chiunque, a perdonare. A volte non si sentiva all’altezza, non riusciva ad essere la loro figlia. Non si sentiva la principessina, buona e altruista, degna erede dei suoi genitori. No. Lei era egoista, calcolatrice. In cuor suo, sapeva che aveva ereditato buona parte del suo carattere dalla sua famiglia, ma era convinta di avere solo gli aspetti negativi. Perché quando credeva di aver fatto finalmente la cosa giusta, qualcosa andava storto e tutto crollava di nuovo.
Poco prima di arrivare al castello si imbatté in un cartello appeso ad un albero. Sopra vi era un volto, proprio come tanti anni prima c’era quello di sua madre. Aveva qualcosa di familiare.
“RICERCATO”
Non c’era scritto nient’altro. Emma lo guardò di sfuggita e lo oltrepassò. Non sapeva che, se si fosse fermata, avrebbe evitato gran parte della fatica.
 
 
Killian e Flynn passarono di lì quando ormai Emma era giunta ai piedi del castello. Flynn si fermò a guardare il cartello che lo ritraeva.
« Non riescono a disegnare il mio naso » commentò pensieroso « Guarda qua, mica è così grosso! »
Killian lo guardava divertito. Era davvero incredibile! Davanti ad un cartello da ricercato, non riusciva a pensare ad altro che al suo naso. Poi era lui quello egocentrico… Emma avrebbe dovuto conoscere il suo amico e poi non si sarebbe lamentata di lui. Emma. Di nuovo. Non riusciva pensare ad altro, persino lì, in quella foresta sperduta e isolata da tutto e da tutti, sentiva il suo odore. Impossibile. Basta non pensarci.
« Flynn smettila di fissare quel dannato cartello e continuiamo a cercare! Qualcuno deve pur sapere qualcosa! » rispose infastidito.
L’uomo annuì, strappò il foglio dal tronco dell’albero e se lo mise nella borsa. Poi seguì in silenzio il suo amico.
Non aveva ancora trovato il coraggio di chiedergli di lei. Perché era sicuro che c’era qualcuno. L’aveva capito dal suo sguardo, dal suo voler affrettare le cose, dal suo umore. Rivedeva in lui un chiaro specchio di sé stesso. Anche lui amava qualcuno. Ma la domanda si insinuava in lui prepotente e vorace.
Lei mi ama ancora?
 
 
Il castello di Raperonzolo era così diverso da quelli in cui era stata. Era più sfarzoso, più sontuoso, quasi fino all’eccesso. Tutto era decorato con dell’oro e per tutte le sale, correvano dei lunghi panneggi rossi. E poi in ogni angolo c’erano delle piante verdi e rigogliose, alcune piene di fiori profumati. Alle pareti grandi arazzi, finemente intrecciati, raccontavano la storia della famiglia della regina. Se si prestava attenzione si poteva udire lo scroscio dell’acqua, appartenente probabilmente alle numerose fontane che ornavano il castello.
Non fu difficile entrare. Appena arrivata davanti al grosso portone d’oro, due enormi guardie mascherate l’avevano trascinata dentro con la forza. Credevano fosse una minaccia ma Emma riuscì a convincerli della sua identità e fu portata presso la sala delle udienze.
Questa era la seconda sala del trono che visitava in due giorni. Se continuava così, le avrebbero dato un record. La giovane donna era seduta su un sontuoso trono d’oro, finemente decorato con rubini. Aveva i capelli lunghissimi, tenuti insieme in una folta treccia che le arrivava ai piedi. Indossava un abito di velluto rosso e giallo che le sfiorava le caviglie. I suoi occhi neri sembravano tristi, si posarono per un po’ in quelli di Emma.
« Buongiorno Maestà » disse Emma, cercando di usare il tono più cordiale che aveva.
La regina sospirò.
« Mi dica, cosa volete ancora? Non ho intenzione di sposarmi, almeno non adesso! »
Emma guardò stranita la donna. Sposarsi?
« Mi scusi, maestà…deve aver frainteso. Io non… »
« Per favore, basta! » disse la donna, quasi con le lacrime agli occhi. « Ne ho abbastanza! »
Emma la fissò quasi come se fosse un alieno, poi sbottò.
« Mi ascolti! » disse spazientita. Quel comportamento da bambina viziata aveva disintegrato tutti i buoni propositi che aveva. Il tono cordiale era sparito, lasciando il posto a quello autoritario. Non aveva tempo da perdere, non ammetteva repliche.
« Io non sono qui per farle sposare nessuno! Mi chiamo Emma Swan, sono la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro e sto cercando una persona che è stata avvistata nelle vicinanze di questo castello! Sono qui, per chiederle gentilmente, se avesse qualche sua notizia! » disse d’un fiato, arrabbiata.
La donna non si mosse, la sua espressione non cambiò. Emma le risultava sempre un fastidio, qualsiasi cosa fosse venuta a fare. Tuttavia quel po’ di vita e di curiosità che erano ancora in lei, la spinsero a chiedere chi stesse cercando.
« Il suo nome è Killian Jones. È il capitano della Jolly Roger. L’ho visto su una spiaggia, in compagnia di un uomo…»
« Mi dispiace, non lo conosco. Adesso, se non le dispiace può uscire. Ah e porti i miei saluti ai suoi genitori… dica a suo padre che adesso so governare, da sola »
Disse freddamente la donna. Stava per alzarsi, ma Emma la bloccò.
« Dice di non conoscere Killian, ma forse può conoscere l’altro uomo… Se mi permetteste di utilizzare la magia, potrei mostrarvelo. Vi prego, aiutatemi. Fatelo per mio padre, lui è stato pronto ad aiutare voi, anche non conoscendovi. Adesso, aiutate me. »
La regina sospirò ma acconsentì.
« Avrei bisogno di uno specchio, maestà » chiese Emma, cercando di riprendere il tono gentile di poco prima.
Tutti si erano radunati intorno ad Emma e allo specchio. La regina se ne stava dietro di lei con fare annoiato, pronta a scappare non appena avesse potuto.
Emma si concentrò di nuovo su Killian. Le risultava più facile e poi sapeva che l’uomo misterioso sarebbe stato con lui. I suoi capelli corvini, gli occhi blu mare, i denti bianchi e perfetti, l’uncino, i vestiti di pelle nera…
Quando riaprì gli occhi, l’immagine era lì, nitida. Killian sembrava stesse bene e l’uomo era accanto a lui, proprio come aveva immaginato. Si voltò trionfante e speranzosa verso la regina. Aveva gli occhi sbarrati, la mano sulla bocca. Tutti cominciarono a mormorare scandalizzati.
« Per favore, tutti fuori. Ho bisogno di parlare da sola con la forestiera » disse Raperonzolo, dopo essersi riscossa un po’. Tutti si persero in inchini e riverenze e corsero letteralmente fuori dalla sala, continuando a mormorare.
“È un traditore! Un traditore! Deve essere esiliato! Deve morire!”
La regina barcollò fino al trono, quasi tremante. Si lasciò cadere e chiuse di nuovo gli occhi, quasi volesse fermare le lacrime.
Emma la fissava stupefatta. Non riusciva a capire cosa fosse appena successo e soprattutto perché tutti avevano reagito così.
« Non capisco, cos’è questa storia? »
« L’uomo che il tuo amico sta aiutando è un traditore » disse la regina cercando di utilizzare un tono duro, sprezzante ma tradendo tutta la sua tristezza.
« Di conseguenza, se aiuta il traditore, anch’egli sarà considerato tale e per questo sarà ordinato un mandato di cattura per entrambi. Dopo, decideremo cosa farne di loro… »
Emma, improvvisamente, si ricordò del cartello. Era lui. Era lui l’uomo che aveva visto con Killian. Ma perché lui era con quel traditore? Cosa aveva fatto poi quell’uomo di tanto grave da essere ricercato in tutto il regno?
Emma voleva delle risposte. Odiava non sapere, odiava essere tenuta all’oscuro.
« Senta, Killian è innocente! Posso assicurarglielo! Io non mi muovo di qui, finché non mi raccontate, per filo e per segno, cosa è successo tra voi e quell’uomo! Devo capire perché Killian è con lui! Devo capire perché mi ha lasciato! » gridò.
Questa volta, la donna non riuscì a trattenere le lacrime che corsero lungo il suo viso. Emma non poteva crederci.
Raperonzolo stava piangendo.
Si guardò intorno, non sapendo cosa fare, cercando qualcuno che potesse aiutarla ma tutti erano usciti. Così si avvicinò alla donna, titubante. Schioccò le dita e apparve un fazzoletto di seta, che Emma donò alla ragazza.
« Su, non faccia così. Si calmi e mi spieghi per bene cosa è successo. Io posso aiutarla. » la consolò Emma nello stesso modo in cui consolava Henry, quando tornava a casa distrutto per aver litigato con Grace o con qualche altro bambino a scuola.
« Io non… lui… »
Era ancora scossa dai singhiozzi e non riusciva a parlare. Emma pazientò, aspettò che si calmasse e attese che si riordinasse le idee. Non poteva fare altro. Aveva bisogno di risposte e al momento la regina era l’unica in grado di dargliele. 

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Capitolo 6
*** I was there for you in your darkest times ***


I suoi genitori erano morti da poco. Prima sua madre e dopo, per il dispiacere o per la stessa malattia, suo padre. Le avevano lasciato il regno in custodia, non in eredità. Loro odiavano la parola “eredità” perché non consideravano il regno di loro proprietà. Il regno era dei cittadini, dei servi e degli artigiani. Il loro compito, da sovrani, era solo custodirlo, assicurarsi che tutto andasse bene, che tutto seguisse le regole della giustizia. Avrebbe preferito restare con loro per sempre, c’erano così tante cose che avrebbe voluto imparare prima di lasciarli andare. Eppure, quel fatidico giorno era arrivato e lei era stata incoronata regina, davanti a tutto il regno. Decise di non cambiare corona, ma utilizzò la stessa che sua madre le aveva regalato quando era ancora una principessa. L’altra, la teneva rinchiusa in una teca di cristallo, assieme a quella di suo padre. Si era ripromessa di indossarle solo quando qualcun altro avrebbe governato assieme a lei.
Per un po’, tutto trascorse nel migliore dei modi. Si pensò che tutti i problemi della giovane regina fossero svaniti. Fu in grado di governare seguendo gli insegnamenti dei suoi genitori e ottenne, ben presto, il consenso del suo popolo. Tuttavia, qualche anno dopo la sua incoronazione, incominciarono a presentarsi al castello rappresentanti di altri reami, desiderosi di combinare un “matrimonio d’alleanza”, come lo chiamavano loro. Alle volte, si presentavano gli stessi principi con mille regali e mille complimenti che lei detestava.
Bambina mia, arriverà un giorno anche per te. L’Amore, quello vero, quello forte, quello che spezza qualsiasi sortilegio arriverà. Forse si farà attendere, ma arriverà. Non devi cercarlo, sarà lui a trovare te. Fino a quel giorno, non sposarti, non concederti a nessuno. Non permettere che il tuo cuore soffra.  
Continuava a ripetersi le ultime parole di sua madre, tutte le volte che un nuovo, sconosciuto e noioso principe varcava la soglia del suo castello.
Nessuno era mai riuscito a catturare la sua attenzione, il suo cuore. Tutti le risultavano troppo noiosi, troppo egocentrici, troppo sicuri di avere già in mano le redini del suo amore. A nessuno dei principi importava qualcosa di lei. Tutti erano più interessati al suo regno e alle sue ricchezze.
Almeno finché non lo incontrò.
Da quando cominciò a ricevere visite dai principi, la regina perse tutta la vitalità e la determinazione. I suoi occhi si fecero spenti e annoiati. Nessun ballo fu più organizzato a palazzo, temendo che i pretendenti arrivassero anche lì. Manteneva sempre la sua gentilezza nei confronti del suo popolo che cercava di assecondare in ogni modo. Ormai, i sorrisi dei braccianti, degli artigiani, delle donne e dei bambini erano la sua unica fonte di gioia. Tutte le notti, desiderava essere una di loro, una donna comune, lavorare, sudare per guadagnarsi da vivere e poi sposare chi voleva. A palazzo, tutti premevano che la regina trovasse marito e quelle quattro mura divennero per lei di nuovo una prigione.
Un giorno, dopo aver discusso con uno dei suoi consiglieri, si chiuse in camera e pianse. Voleva fuggire ormai da molto tempo, anche solo per un po’. Soltanto l’amore per la sua gente l’aveva frenata. Quel giorno però non ne poté più. Silenziosa, indossò un vecchio mantello e uscì dalle cucine senza essere vista. Non voleva scappare via per sempre, aveva paura di ciò che ne sarebbe stato del suo regno. Aveva solo bisogno di una pausa.
Si incamminò silenziosa per le vie della città e arrivò nella piazza principale, dove quel giorno si teneva il mercato. Gironzolò per un po’ tra le bancarelle colorate, tra le urla dei venditori e la folla. Nessuno parve riconoscerla e lei se ne rallegrò. Assaporò ogni istante, ogni spezia, ogni fiore, ogni sorriso che vedeva sulle labbra delle persone. Si imbatté in un ragazzino che cercava di afferrare una mela da una bancarella. Commossa si avvicinò e stava per porgergliela ma un uomo la batté sul tempo. Raccolse la mela e la offrì al bambino che la prese tra le mani come fosse un tesoro e si allontanò di corsa. L’uomo dietro il bancone notò il bambino e si infuriò accusandolo di essere un ladro. L’uomo tentò di spiegarsi, il bambino aveva fame, erano giorni che non toccava cibo, lui stesso sudava per avere qualcosa di caldo da mangiare la sera ma l’uomo non ammise repliche. Raperonzolo assisté sconcertata alla scena e decise di intervenire, senza però svelare la sua identità. Nella tasca del mantello aveva qualche moneta.
« Ecco, tenga signore. Pagherò io la mela che quel bambino ha preso. » e con queste parole porse due monete all’uomo che, con sguardo burbero la ringraziò e si avvicinò ad un altro cliente. Si voltò verso l’altro uomo, colui che aveva donato la mela al ragazzino pur non avendo soldi. Tante domande le attraversarono la mente. Aveva sempre creduto che tutto il suo popolo vivesse nell’abbondanza e nella prosperità ma a quanto pareva, si sbagliava. Il suo sguardo perplesso incontrò gli occhi color cioccolato dell’uomo che si spalancarono sorpresi.
« Voi siete, voi siete… » balbettò. Raperonzolo capì di essere stata scoperta. Prese la manica della maglia di quel tizio e lo trascinò via, verso il castello, dove non c’era nessuno.
« Sì, sono io » disse fieramente abbassandosi il cappuccio, una volta al sicuro da occhi indiscreti. Non voleva scatenare il panico in città.
« Come avete fatto a riconoscermi? » chiese perplessa la regina.
« Sta scherzando? Qui tutti conoscono il tuo, mi scusi, il vostro volto» disse sorpreso l’uomo, poi aggiunse di fretta « Maestà » e fece una specie di inchino.
La giovane donna sorrise di fronte alle maniere impacciate di quell’uomo ma ritornò seria subito dopo.
« Dimmi, qual è il tuo nome? »
« Sono Flynn, vostra altezza. »
« Bene Flynn, ho bisogno che mi raccontiate un po’ di cose… »
 
Flynn le aveva parlato del mondo al di fuori del paese, delle campagne, dei campi, dei poveri contadini. In seguito alle ultime piogge, tutti i semi erano marciti e nessuno aveva più nessun ortaggio. Gli animali, non avevano di che nutrirsi e furono uccisi e macellati nel giro di qualche mese. I capi famiglia cercavano di raggiungere il paese e il castello, ma erano poche le volte in cui arrivavano sani e salvi. I briganti erano sempre in agguato. Così qualche volta, le madri mandavano via i propri figli, credendo che se la sarebbero cavata, che sarebbero sopravvissuti più a lungo. Raperonzolo ascoltava, le pupille dilatate, il volto contratto dal dolore. Si sentiva un fallimento, indegna della corona che portava sul capo. Credeva che almeno nel regno, andasse tutto bene, che tutti avessero di che sfamarsi ma purtroppo si sbagliava anche in questo. Flynn fu invitato ufficialmente al castello, in veste di testimone e di consigliere. Lui aveva visto, lui sapeva cosa stava accadendo.
La regina si mobilizzò immediatamente: doveva fare qualcosa per il suo popolo. Adesso aveva un nuovo scopo e la scintilla nei suoi occhi si era riaccesa. Organizzò numerosi viaggi verso le periferie e le campagne e ad alcuni vi partecipò lei stessa. Andava di casa in casa e distribuiva a tutti farina, latte e formaggi. Le tasse furono diminuite, se non del tutto abolite. La regina si accertava di persona se quella famiglia fosse in grado o meno di pagare. Ormai si fidava solo di sé stessa. I vecchi consiglieri furono mandati via, con la colpa di non averla informato di ciò che accadeva nel suo regno, troppo occupati ad organizzarle il matrimonio.
Solo Flynn restò. Lui era diventato così prezioso per lei! Non aveva mai accennato al matrimonio e non era certo interessato alle sue ricchezze. Ogni settimana, la accompagnava in carrozza o sul suo cavallo nelle piccole spedizioni verso le campagne.
Le era stato di grande aiuto in quegli ultimi mesi, l’aveva aiutata e sapeva capirla come nessuno aveva mai fatto. Sapeva quando aveva bisogno di essere lasciata sola ma sapeva anche quando, tutto ciò che le serviva, era una parola di conforto. In più, i suoi modi strani e buffi la facevano ridere. Si sentiva felice dopo tanto tempo, felice come forse non lo era mai stata.  
Dopo qualche mese, i risultati incominciarono a vedersi. I nuovi semi, cominciarono a germogliare, verdi e forti. I mulini ripresero a girare e le stalle accolsero nuovi animali. La giovane regina continuò a far visita al suo popolo ancora per qualche tempo. Voleva far capire loro che sarebbe stata sempre pronta ad aiutarli nel caso avessero avuto di nuovo qualche difficoltà. Non aveva nessuna intenzione di abbandonarli di nuovo. E poi si era anche affezionata ad alcuni di loro. I bambini le correvano incontro ogni volta che arrivava e lei li riempiva di dolcetti e frutti che prendeva dalle cucine reali. Vedendo tutto ciò che aveva creato, che aveva aiutato a ricreare, si sentiva soddisfatta. Finalmente sicura e felice, degna di essere una regina.
La situazione si stabilizzò e Raperonzolo, per festeggiare, ordinò che la sera dell’imminente solstizio d’estate, tutto il paese sarebbe stato in festa. Dalle campagne, passando anche per il paese e per finire a palazzo. Nessuno avrebbe lavorato e insieme avrebbero danzato, mangiato e bevuto. Il popolo era entusiasta, da troppo tempo le feste erano proibite a castello.
Fortunatamente la sera non piovve (si sa le pioggerelle estive rovinano sempre i piani) e tutti poterono divertirsi. Anche la regina scese in piazza, assieme alla corte e a Flynn. Assisté gioiosamente alle danze, battendo le mani e sorridendo ai suoi sudditi. Era radiosa. Il vestito verde smeraldo le modellava il corpo e si abbinava perfettamente alla sua pelle ambrata. I lunghi capelli erano stati intrecciati con dei fiori profumati e le cadevano sulle spalle. I suoi occhi sprizzavano vitalità, felicità e soddisfazione come mai prima di allora. Si sentiva, finalmente, una vera Regina.
E fu in quell’istante che Flynn capì di essere completamente ed irrimediabilmente innamorato di lei. Fu lì, in quella piazza illuminata da decine e decine di candele che le illuminavano il volto che capì. E si sentì uno stupido, un pazzo e uno sciocco. Come poteva anche solo sperare che lei ricambiasse i suoi sentimenti? In fondo era solo un pover’uomo che aveva aiutato la regina a risollevare l’economia del paese. Ormai il compito era finito e lui sarebbe stato mandato via. Eppure c’era qualcosa…
Le si avvicinò e incurante della vocina nella sua testa che gridava “Lascia perdere, stupido! Soffrirai, soffrirai!” la invitò a ballare. E lei sorrise e accettò e allora una piccola luce di speranza si affacciò nel cuore del giovane. Ballarono, risero e si divertirono per tutta la sera. Le persone continuavano a battere le mani, a ringraziare la loro regina per tutto ciò che aveva fatto per loro e la musica continuava a suonare, canzone dopo canzone, melodia dopo melodia.
Quando l’ultima nota vibrò sulle corde della piccola chitarra e le dame si inchinarono davanti ai loro cavalieri, lì, in quel momento, guardandolo negli occhi, anche la regina capì.
Forse l’Amore, quello vero, aveva bussato alla sua porta.
 
Dopo quella sera però, niente andò come previsto. La regina aveva paura dei suoi sentimenti. Ormai sentiva di amare Flynn, sebbene non conoscesse il suo passato. E Flynn, da parte sua, temeva di poter rovinare il bel rapporto instaurato se solo avesse provato ad affrontare l’argomento. Così entrambi si allontanarono.
Un giorno, tutto crollò.
A palazzo regnava il caos.
Le due corone reali erano state rubate, la teca rotta.
La regina si precipitò nella sala, desiderosa di trovarsi in un brutto sogno.
Non poteva essere vero!
Le corone erano tutto ciò che restava dei suoi genitori, tutto ciò che ancora la legava a loro. Erano la prova tangente che si stava impegnando, che stava diventando una regina all’altezza dei suo genitori.
Credeva che il giorno in cui avrebbe indossato la corona da regina fosse ormai imminente, si sentiva veramente pronta dopo tutto quello che aveva fatto per aiutare il suo popolo. Avrebbe finalmente lasciato la corona da principessa. E non le importava se non avesse ancora un marito, se i principi la scocciavano ancora, se Flynn non era innamorato di lei. Quel giorno era sempre più vicino e le corone erano sparite.
Che razza di regina è una regina a cui rubano la corona?
Si accasciò al suolo, incurante dei vetri rotti che le graffiavano le gambe. Una cameriera arrivò in suo soccorso e le sussurrò in un orecchio qualcosa che mai avrebbe voluto sentire.
La corona del re era stata trovata.
In camera di Flynn.
 
Pianse probabilmente tutte le lacrime che aveva. Ordinò di arrestarlo e per la prima volta si interessò al suo passato. Dopo alcune ricerche, scoprì dell’accusa, del processo mai avvenuto, della fuga.
Non poteva essere vero, non poteva.
Flynn cercò di spiegarsi, cercò di discolparsi ma la verità era sotto gli occhi di tutti. La regina non poteva ignorarla, non sarebbe stata considerata giusta, imparziale.
Le corone dei suoi genitori erano le cose a cui teneva di più al mondo, non poteva ignorare ciò che aveva fatto.
E poi mancava ancora una corona, quella più importante, quella di sua madre, la sua.
Avevano setacciato ogni angolo del castello, ogni passaggio segreto, ogni quadro era stato spostato, invano.
L’esecuzione di Flynn era stata rimandata. Finché la corona era ancora lì fuori, il ladro doveva essere vivo.
 
Flynn però, aveva trovato il modo di scappare. Aveva scritto due messaggi, prima. Uno al suo vecchio amico e l’altro a lei.
Voleva trovare la corona, trovarla per lei, provarle che non era un ladro.
Voleva riscattarsi.
La pregò di credergli, di avere fiducia in lui.
Mai le avrebbe fatto una cosa così, mai avrebbe voluto vederla soffrire. Sapeva quanto le corone contassero per lei.
Lo lasciò lì, nella cella, la sera in cui scappò.
E di lì in poi, fu tutto un susseguirsi di fughe, di guardie e di paura.
 
 
« Certo amico, devo ammettere che te la sei cavata egregiamente… » disse Killian pensieroso.
« Cosa intendi, Kil? » chiese Flynn sorpreso.
« Non chiamarmi Kil! Intendo nella fuga e tutto il resto... »
Flynn si fermò un attimo, ci pensò su e poi annuì.
« Sì, sono stato un grande. Solo che… » disse pensieroso.
Killian alzò un sopracciglio e aspettò che il suo amico si confidasse.
« Che?! » domandò Hook
« Bè, ormai avrai capito che… bè, insomma… - si grattò la testa e abbassò lo sguardo imbarazzato – io provo qualcosa per, per Raperonzolo »
Killian incrociò le braccia divertito. Era bello non essere l’unico tipo sfigato, innamorato perso di una principessa che non avrebbe mai potuto avere. O forse sì?
« Non era molto difficile da intuire… » commentò sarcastico e Flynn divenne ancora più rosso. Se era evidente per lui, figuriamoci per il resto del mondo…
« Voglio dimostrarle che non sono un ladro, Killian e anche se lei non ricambia i miei sentimenti me ne andrò felice di averci almeno provato. »
Adesso era ritornato il vecchio Flynn, l’uomo sempre ottimista, colui che riesce a guardare il lato positivo di ogni cosa. Aveva sempre desiderato un briciolo della sua voglia di provarci sempre, del suo senso di giustizia. Flynn era convinto che il bene vinceva sempre sul male, i buoni trionfavano sempre sui cattivi. Ma avrebbe dovuto pensarci prima di chiedere aiuto a lui, a Capitan Uncino, al pirata, al cattivo.
Annuì, pensando ai vecchi tempi. Quando lui era ancora solo Killian Jones e Flynn, bè Flynn era solo Flynn.
« Sta’ tranquillo amico, vedrai che troveremo quel bastardo che ti ha incastrato e proveremo alla giovane madamigella la tua innocenza! » disse cercando di imitare lo stesso tono deciso che aveva Flynn poco prima.
« Così tu potrai tornare a Storybrooke! » continuò per lui, l’amico.
Killian sorrise e gli fece l’occhiolino. Iniziò ad incamminarsi, sentendo lo sguardo di Flynn dritto alle sue spalle.
« Sai che prima o poi dovrai raccontarmi di lei, vero?! » gli urlò.
E Killian sorrise.
Forse l’avrebbe fatto.
Forse gli avrebbe fatto bene.
 
Emma ascoltò le parole della regina in silenzio. Per un attimo cercò di mettersi nei suoi panni, dopotutto se il sortilegio non fosse mai stato scagliato, anche lei un giorno sarebbe diventata Regina. E forse, avrebbe avuto gli stessi problemi.
Quando Raperonzolo finì, Emma alzò gli occhi.
Avevano un gran bel problema.
Non sapeva se credere o meno a Flynn, la sua natura da eterna diffidente le diceva di non fare passi azzardati. Tuttavia Killian ci credeva, aveva fiducia in lui. Altrimenti non l’avrebbe mai lasciata, altrimenti non sarebbe con lui in giro per i boschi.
Per un attimo si chiese se Killian si fosse pentito di aver mollato tutto per un presunto ladro.
No, non l’avrebbe mai fatto. Né Capitan Uncino, né il vero Killian. Ormai aveva capito che sotto quella dura corazza, sotto quel pesante giaccone di pelle si nascondeva un vero uomo d’onore che non avrebbe mai lasciato un suo amico in difficoltà.
« Io devo trovarli! Killian non c’entra niente in questa storia! Lo capisce vero? »
Raperonzolo si asciugò le ultime lacrime.
« Emma, io sono la Regina. Non posso tralasciare questa storia, ho dei doveri nei confronti del mio popolo… »
« E a Flynn non pensi? Tu lo ami, Raperonzolo e il tuo cuore ti dice che non è stato lui a rubare le corone, lo so, lo vedo nei tuoi occhi…»
« Il mio cuore non c’entra, non ha voce in capitolo. Io devo attenermi ai fatti, alla legge. La corona di mio padre era nella sua camera. »
« E se qualcuno ha cercato di incastrarlo? Dopotutto non avete ancora trovato l’altra corona! »
« Questo perché ce l’ha lui… »
Emma la guardò spazientita. Quella donna continuava a farle perdere la pazienza!
« Non è vero! »
« E voi che ne sapete? Certo, ce l’ha il vostro amico… »
Emma strabuzzò gli occhi incredula.
« Ma vi sentite? Continuate ad inventare teorie e vi rifiutate di accettare l’unica verità che già conoscete! Flynn è innocente e voi lo sapete bene, vi rifiutate solo di accettarlo perché avete paura dei vostri sentimenti! »
La regina non controbatté, non si arrabbiò, non parlò.
Passarono alcuni minuti, Emma continuava a camminare avanti e indietro cercando di trovare una soluzione, il capo di quell’enorme matassa. Chi aveva rubato le corone?
« Avevi ragione »
La voce di Raperonzolo la distolse dai suoi pensieri.
« Cosa? »
« Avevi ragione. Non è stato Flynn e io ti aiuterò a trovare chi è stato. »

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Capitolo 7
*** Perdersi per poi ritrovarsi. ***


 
« Basta così! Io vado a cercarli! »
Emma non ne poteva più. Quella donna stava mettendo sempre più a dura prova la sua pazienza! Non riusciva a decidersi, non riusciva a capire cosa voleva veramente! Prima affermava di voler partire con lei, alla ricerca di Flynn. Si alzava dal trono, lo sguardo deciso, i lunghi capelli svolazzanti. Ma durava poco meno di cinque minuti. Così come si alzava si accasciava sul trono, con la testa fra le mani e le lacrime trattenute a stento.
Basta!
Si incamminò verso la porta, cercando di essere più veloce possibile. La regina avrebbe potuto cambiare idea da un momento all’altro.
« Aspetta! »
Ecco appunto…
Emma si voltò, per l’ultima volta pensò.
« Che vuole ancora? Non so se ha capito ma non ho tempo da perdere! Killian e Flynn – marcò bene quest’ultimo nome – sono lì fuori da qualche parte, magari stanno scappando da una delle vostre enormi guardie e posso assicurarglielo, non sanno essere molto gentili! Con permesso… »
« Aspetta! Verrò con te! »
Emma non si lasciò convincere. Probabilmente era la seicentocinquantesima volta che lo ripeteva.
« Ti prego, tu hai bisogno di me! »
Emma rise tra sé. Questa era davvero buona. Raperonzolo, che per anni era stata rinchiusa in una torre, che per anni non aveva mai vissuto veramente, credeva che lei, la Salvatrice, la cacciatrice di taglie, la bimba sperduta, la figlia di Biancaneve e il Principe Azzurro, avesse bisogno del suo aiuto! Ma per piacere!
« Ah davvero? Sono arrivata fin qui, riuscirò a trovare Killian, io lo troverò, sempre »
« E cosa farai quando lo troverai? Lui non se ne andrà finché non riuscirà a scagionare Flynn »
« Allora lo aiuterò! Se lui crede che il suo amico sia innocente, ci credo anch’io »
Emma parlò con più enfasi di quanto, probabilmente, avesse voluto. Tuttavia non se ne pentì. Credeva in Killian, si fidava di lui ormai. Era una parte di lei.
Raperonzolo ammutolì. Le parole le si spezzarono in gola.
Lei, lei credeva in Flynn.
Aveva colto una scintilla nei suoi occhi quando aveva pronunciato quelle parole.
Lei ci credeva veramente, credeva che non fosse un ladro.
Eppure non l’aveva mai conosciuto.
Non aveva mai visto i suoi occhi, le fossette che si creavano ai lati della bocca quando sorrideva.
Eppure si fidava di lui.
Perché aveva fiducia nel pirata, Killian o come si chiamava.
Perché lo amava.
E lei?
Lei aveva dubitato del suo amore, dell’unica persona che era riuscita ad attraversare il suo cuore, ad abbattere tutte le sue barriere.
Come aveva potuto?
« Sono sicura che li troverai » disse lentamente, cercando di scegliere le parole più corrette tra tutte quelle che le attraversavano la mente.
Flynn, le corone, ladri, guardie, pirati, Emma, il Vero Amore, mamma e papà…
« Ma cosa farai dopo? Io ti servo, senza di me le accuse su di loro non possono cadere, resteranno dei ricercati a vita e non potranno tornare mai più! »
« Bene, vieni con me! » la sfidò Emma. Gli occhi verdi stretti in fessure, le braccia incrociate, i lunghi capelli biondi sulle spalle.
Raperonzolo sospirò.
« Non è così semplice. Dimentichi chi sono, dimentichi il mio ruolo! Non posso abbandonare il mio popolo… »
« Addio! »
Emma stava già varcando la soglia, stanca e frustrata. Cosa avrebbe fatto adesso?
« Ma… »
Si voltò, la regina era a pochi passi da lei.
Per la prima volta si era allontanata dal trono e camminava verso di lei.
Emma scorse un lampo nei suoi occhi. Che si fosse decisa veramente?
« Posso aiutarti anche restando qui »
 
 
Per quella notte, Flynn e Killian si accamparono sulla spiaggia. Di nuovo.
Non che a Killian dispiacesse, il rumore del mare riusciva sempre a calmarlo, ma sentendo la sabbia fredda sulla pelle, gli ritornavano alla mente ricordi che avrebbe preferito seppellire.
Tesori, avventure, Milah, sangue, spade, oro.
Quei ricordi appartenevano al Killian del passato, al pirata.
E poi c’erano i ricordi più freschi, più recenti: la spiaggia di Storybrooke, la prima volta che aveva messo piede lì, in quella terra misteriosa in compagnia di Cora. E poi tutte le mille avventure e disavventure. In particolare ricordava le lunghe passeggiate solitarie sul bagnasciuga, dopo che Zelena gli aveva lanciato il sortilegio. Come all’epoca, lasciava vagare i suoi pensieri, guardando le stelle e accompagnato dal rumore del mare al quale si era aggiunto il russare di Flynn.
« Non è possibile! » mormorò girandosi su un fianco e tappandosi le orecchie. Da quando era tornato, probabilmente aveva dormito sì e no, una notte. Non perché non si accampassero ogni notte, anzi. Puntualmente al tramonto Flynn lo guidava verso la spiaggia più vicina, cercavano un posto appartato e si stendevano. E a quel punto Flynn cominciava a russare. E se solo Dio avesse potuto sentirlo, sicuramente si sarebbe tappato le orecchie anche lui.
Così, anche quella notte, Killian si ritrovò a girovagare per la spiaggia. Senza una meta, con la mente piena di pensieri, dubbi, ricordi.
Chissà Emma dov’è…
La luna si rifletteva perfettamente nell’acqua.
Un grande cerchio bianco.
Si chiese se quella fosse la stessa luna che c’era a Storybrooke, la stessa che stava vegliando su Emma al posto suo. Probabilmente no. Nella Foresta sembrava molto più grande, più bianca, più luminosa, più pura.
Si fermò. Sentì dei passi.
Qualcuno si stava avvicinando.
D’istinto toccò l’elsa della spada, pronto a combattere.
Una figura nera si stava avvicinando. Correva.
Killian estrasse la spada, la Foresta Incantata non era Storybrooke, lì non tutti avevano buone intenzioni. Non che a Storybrooke se la passassero così bene, però…
La figura si fermò, a pochi passi da lui. La luna le illuminò il viso e Killian per poco non cadde dalla sorpresa.
« Swan! » mormorò.
La luce bianca della luna le illuminava i capelli dorati, un po’ scompigliati per la corsa. Gli occhi ridotti a fessure. Killian non riuscì a distinguere quel verde così familiare per via della notte, ma riuscì comunque a vederlo, a perdercisi dentro come la prima volta. Si mordeva il labbro, le mani sui fianchi. Si era immaginato quell’incontro così tante volte, ma mai avrebbe mai immaginato di ritrovarsela lì.
« Emma! »
La donna non rispose, riprese a camminare, passo dopo passo si avvicinò pericolosamente al suo volto.
E poi…
Sbam!   
La sua mano lo colpì in pieno viso.
« Ahi! Emma ma che…? »
« Sei uno stupido Killian Jones! Un vero stupido! Come hai potuto?! Davvero credevi che non mi fossi accorta di niente? Che non mi fossi accorta che stavi mentendo? Dopo tutto quello che abbiamo passato!! Davvero credevi che ti avrei aspettato alla finestra, pregando che non ti succedesse niente ovunque tu fossi! Ti odio! Sei uno stupido! » urlò furiosa.
Gridava e sbatteva i piedi per terra, non riuscì a capire se fosse perché voleva pestare i suoi o per la rabbia. Non l’aveva mai vista così, mai. Neanche Henry era mai riuscito a farla innervosire così tanto! Le mani le tremavano, per un momento ebbe quasi il presentimento che volesse colpirlo di nuovo.
« Emma posso spiegarti, non volevo lasciarti! »
« Avresti dovuto pensarci prima non credi? Prima di baciarmi a Neverland, prima di vendere la tua nave, prima di New York, prima del viaggio indietro nel tempo, prima di lasciarmi! »
Ormai era furiosa, le lacrime cominciarono a sgorgarle fuori e lei non se ne curò, continuò a urlargli contro parolacce e insulti di ogni genere.
Era questa, era questa la persona che amava, che aveva riportato in vita il suo cuore malato.
Le si avvicinò, incurante dei pugni che cominciarono ad arrivargli sul petto e la avvolse tra le sue braccia, come desiderava fare da troppo tempo. Accarezzò i suoi capelli morbidi e inspirò il suo profumo così familiare. Avrebbe potuto riconoscerlo tra mille.
Lei continuò a colpirlo e a colpirlo. Alla fine si arrese e si lasciò cullare.
« Sei uno stupido Killian Jones, un vero stupido! » continuava a mormorare.
« Lo so, Emma, lo so…»
 
 
« Mi devi una spiegazione! » aveva mormorato poco dopo, sciogliendo quell’abbraccio. Killian si staccò a malincuore, sentiva ancora il suo calore, il suo odore nelle narici. Il suo corpo si era talmente modellato al suo che gli sembrava che gli mancasse qualcosa, qualcosa di più importante di una gamba, una mano o un polmone.
Annuì e si grattò la testa con l’uncino.
Emma si piazzò di fronte a lui, i piedi ben saldi e le braccia sui fianchi.
« Un amico ha un problema e mi ha chiesto di dargli una mano – si guardò l’uncino e sorrise – beh, hai capito ciò che intendo… »
Emma alzò un sopracciglio, un piccolo sorriso le illuminò il volto, ma probabilmente fu solo un’impressione. Continuava a torturarsi il labbro inferiore e a guardarlo sospettosa. Se il suo sguardo fosse stato uno di quegli aggeggi che utilizzavano a Storybrooke per uccidere, come si chiamavano? Ah si: pistole.
Se il suo sguardo fosse stato una pistola, probabilmente sarebbe già morto da tempo.
« Perché non me l’hai detto tre settimane fa? Perché mi hai mentito? » chiese furente.
« Non volevo che anche tu portassi questo peso, Emma. Neanche lo conosci e mi punisca il cielo se non è così, avresti insistito per venire con me! E io non volevo che corressi altri pericoli! »
Emma rise isterica.
« Come se a Storybrooke non ci siano pericoli o ragazzini pazzi o streghe verdi con crisi di mezza età! Killian, per favore! »
« Appunto! Storybrooke ha bisogno di te, ha bisogno della Salvatrice per affrontare tutto questo! E io non potevo portarti via dopo averti convinto a non tornare più a New York! » gridò. Doveva capire che l’aveva fatto per lei, per il suo bene, perché l’amava più di sé stesso.
Emma si avvicinò un po’, lo guardò dritto negli occhi.
« Anche tu avevi bisogno di me, Killian. E hai ragione, sono la Salvatrice ma adesso mi sto chiedendo come posso esserlo se non riesco a salvare neanche le persone che amo? »
Dopo Killian non se ne rese neanche conto. Non ricordò se fosse stata lei a baciare lui o il contrario, ma quando sentì le sue labbra sulle sue, capì che il mondo aveva cominciato a girare per il verso giusto.
 
Il sole stava sorgendo. L’orizzonte era tinteggiato di rosa pallido e piccole nuvolette rosa incorniciavano il cielo.
« Dio, sembravamo i tuoi genitori a Neverland! » commentò pensieroso Killian, ricordando la scenata della sera prima.
Emma lo guardò di sottecchi.
« Non è colpa mia se voi maschi volete sempre fare gli eroi del cavolo! »
Killian rise. Erano stesi sulla sabbia, il mare a pochi metri.
« Killian »
« Mmm… »
Aveva gli occhi chiusi. Forse era stato tutto un sogno?
« Promettimi una cosa »
« Cosa tesoro? »
Emma gli diede un leggero pugno sul braccio. Sapeva quanto odiava quei nomignoli ma così Killian seppe che era tutto reale, lei era veramente lì con lui. Non sapeva come fosse arrivata, né quando, né come avesse fatto a trovarlo. Ma dopotutto il tempo che aveva passato con i Charmings, doveva sapere che era un loro talento naturale trovare le persone e la loro figlia maggiore, non era da meno.
« Devi promettermi che non lo farai mai più, che mi dirai sempre la verità qualsiasi cosa accada. Se vuoi davvero provarci, è giusto che anch’io ti aiuti a portare i tuoi pesi, come tu fai con i miei. »
Killian si girò su un fianco e la guardò negli occhi. Adesso riusciva perfettamente ad immergersi in quel mare verde. Aveva un po’ di sabbia sul viso e nei capelli ma era sempre bellissima.
« Te lo prometto » disse e in quelle parole c’erano tutte le promesse del mondo, promesse per una vita insieme, un futuro e chissà cos’altro avrebbe riservato loro la vita.
Gli sorrise e gli diede un leggero bacio sulle labbra.
« Tu, invece spiegami una cosa… » chiese Killian pensieroso, toccandosi le labbra.
« Cosa? »
« Come diavolo hai fatto ad arrivare fin qui? »
 Emma rise immaginando la faccia che avrebbe fatto vedendo la coda da sirena.
« È stato così divertente? »
« Per niente! Anzi! Piuttosto tu, come hai fatto ad arrivare qui senza la tua, ehm… senza la tua nave? » chiese Emma. Si sentiva ancora un po’ in colpa per ciò che lui aveva fatto per lei. Era la sua casa, dopotutto, da trecento anni!
« Oh, ho chiesto un favore a qualcuno e mi sono procurato un fagiolo. Uno degli ultimi purtroppo…»
« Spero tu non abbia fatto un patto con Gold! »
« Stai scherzando? Tra me e il Coccodrillo non corre buon sangue, lo sai. » commentò Killian aspramente. Dal suono della sua voce, Emma capì che non sarebbe mai riuscito a perdonare Gold per quello che gli aveva fatto. E seppe che neanche Gold avrebbe mai dimenticato che sua moglie aveva preferito un pirata a lui.
« Comunque, adesso il problema è ritornare… »
« Cosa?! Non hai pensato a chiedere un altro fagiolo? E come facciamo adesso? » domandò Emma, leggermente agitata. Di certo non poteva portare Killian sott’acqua.
« Non lo so, ma affronteremo questo problema dopo aver risolto l’altro… »
Non appena finì di parlare la voce di Flynn ruppe quel momento perfetto.
« KILLIAN! KILLIAN DOVE SEI? » gridò.
« Vieni, voglio farti conoscere una persona » disse Killian. Si alzò e porse la mano ad Emma, per aiutarla ad alzarsi. Lei l’afferrò e la strinse. .
Non ti libererai di me tanto facilmente, capitano!
 
 
Raperonzolo sedeva sul trono. Si aggrappava con tutte le sue forse a quei braccioli d’oro, come se potessero salvarla.
L’uomo le si stagliava davanti, con fare altezzoso.
« Sai ciò che voglio, sai qual è il prezzo » disse con quella sua voce bassa e irritante.
« E se mi rifiutassi? » domandò la regina con quel po’ di voce che aveva ancora.
« Allora i tuoi amici si cacceranno nei guai…» disse, come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
« Sia quel ladruncolo da quattro soldi che il pirata e la biondina. Carina non trovi? »
« Non oseresti… » disse Raperonzolo tremante.
« Credevo mi conosceste meglio, mia Regina »  Di nuovo la sua voce smielata e odiosa.
« Adesso devo andare, ho parecchie faccende da sbrigare. Il regno deve sapere che la Regina ha aiutato due ricercati a fuggire, non trovi? »
Fece un inchino talmente esagerato che toccò quasi per terra. Poi si voltò ghignando e se ne andò.
Raperonzolo lasciò che le lacrime scorressero libere sul suo viso.
Era la Regina.
Aveva un regno da governare, delle persone da proteggere. E le avrebbe protette a costo della sua stessa vita.
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
Ciao a tutti! Prima di tutto vorrei ringraziarvi per essere arrivati fin qui! Il settimo capitolo! E chi se lo sarebbe mai aspettato? Sono contenta che la storia vi stia piacendo e mi fa piacere ricevere i vostri pareri, seppur brevi! J
Passiamo alla storia:
Finalmente Killian ed Emma si sono incontrati! Non mi sembrava il caso di farli riappacificare subito, Emma aveva bisogno di sfogarsi.
E poi c’è questo nuovo uomo misterioso… chi sarà mai?
E la corona? Che fine ha fatto?
Spero di aver risvegliato un po’ di curiosità in voi e spero anche che continuiate a seguire/recensire la storia!
Cercherò di aggiornare giovedì prossimo!
A presto!
Kerri

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Capitolo 8
*** Un Pirata, un Principe e una Corona. ***


« Kil, amico, posso parlarti un attimo » chiese Flynn titubante dopo le consuete presentazioni. Flynn era sorpreso, anzi scioccato! Mai avrebbe immaginato che, durante quei giorni da ricercato avrebbe ricevuto così tante visite. Insomma, l’aiuto di Killian l’aveva chiesto, loro due si conoscevano da decenni, ma quella biondina non l’aveva mai vista prima. Per quanto ne sapeva avrebbe potuto essere benissimo una spia o persino la responsabile dei furti. E Killian, come al solito, si era fatto abbindolare da quei suoi occhi verdi smeraldo.
Il pirata acconsentì anche se non riusciva a spiegarsi come mai Flynn volesse allontanarsi così tanto da Emma. Non le era stato accanto per tre lunghe settimane e adesso aveva intenzione di recuperare ogni istante perduto. Si sentiva talmente libero, leggero e felice come mai prima d’allora. La donna che amava e che era stato costretto a lasciare, era venuto a cercarlo, a chiedere spiegazioni.  Perché anche lei l’amava, anche lei teneva a lui, al loro ipotetico futuro insieme. Seguì Flynn perso nei suoi pensieri con un sorriso da ebete, lanciando un’ultima occhiata sognante ad Emma.
« Insomma amico, che problemi hai? » chiese Flynn con un tono accusatorio, quasi arrabbiato, facendolo tornare alla realtà.
« Che intendi Flynn? » chiese stranito, non riuscendo a capire le intenzioni dell’amico. A lui sembrava tutto così perfetto adesso.
« La bionda! Per quello che ne sappiamo, potrebbe essere una spia! »
Killian scoppiò a ridere. Non provò neanche ad arrabbiarsi (cosa che avrebbe fatto in altre circostanze) perché era troppo felice.
« Flynn ma non capisci? Emma è venuta fin qui per me! Si è messa in viaggio, ancora non so come diavolo ha fatto a trovarmi! Ma caspita, quella donna mi stupisce ogni giorno! Puoi fidarti di lei, non è una spia! »
Flynn lo fissò senza dire nulla, stava cominciando a capirci qualcosa. Il motivo per il quale il suo amico era così schivo, così nostalgico, così perso nei suoi pensieri…
Era per via della biondina dagli occhi verdi!
« Amico, lasciatelo dire, sei messo proprio male! » commentò, ritornando il vecchio Flynn di sempre. Le sue parole non lo avevano convinto appieno poiché, dopo tutto ciò che gli era capitato, non si fidava più ciecamente delle persone. Per ironia della sorte, non sapeva che Emma, dal canto suo, era più restia di lui a concedere la sua fiducia a qualcuno e questo il pirata lo sapeva bene.
« Senti chi parla! » gli disse Killian, dandogli un leggero pugno sulla spalla e poi tornò serio. Era giusto, gli doveva una spiegazione. Dopotutto, era da sempre il suo migliore amico e lui si era confidato. Adesso toccava a lui.  
« Flynn, lei è tutto ciò che ho cercato in questi trecento anni. Lei è la mia possibilità di redimermi. »
Flynn annuì, leggermente colpito dalle parole dell’uomo. Conosceva la sua reputazione, aveva sentito parlare del capitano più temuto di tutti i mari e delle sue bravate. Ma gli era difficile conciliare Capitan Uncino con il suo migliore amico, sapeva che sotto quella dura scorza c’era ancora del buonsenso in lui. E il fatto che si trovasse lì per aiutarlo in un’impresa del tutto suicida ne era una prova.
Ritornarono da Emma, che nel frattempo stava spegnendo ciò che rimaneva del fuoco della sera prima. Killian si accomodò accanto a lei e Flynn rimase un po’ in disparte. Non voleva essere il terzo incomodo.
« Allora, Swan, come ci sei riuscita? » chiese Killian curioso.
La ragazza lo guardò.
« A fare cosa, precisamente? » Era esausta, non dormiva da due giorni e il viaggio l’aveva spossata.
« Ad arrivare fin qui, a trovarmi! » chiese Killian pieno di enfasi. Tutto il malessere e la stanchezza dei giorni passati erano svaniti non appena aveva visto Emma.  
« Probabilmente se te lo dicessi, non mi crederesti. » commentò divertita.
« Comunque ho parlato con Raperonzolo. » continuò seria.
Flynn si girò di scatto e si incamminò verso di lei, attratto da quel nome che da troppo tempo cercava di dimenticare, inutilmente.
« T-tu l’hai vista? E come sta? » chiese non del tutto sicuro di voler conoscere la risposta. Emma sospirò.
« È distrutta » disse abbassando lo sguardo. Killian si voltò preoccupato verso l’amico che si era voltato di nuovo di spalle.
« Tranquillo, Flynn. Vedrai che proveremo la tua innocenza. Adesso abbiamo un altro asso nella manica » disse sorridendo ammiccando verso Emma che gli diede una gomitata nello stomaco.
Dio, come le era mancata!

 
Emma aveva raccontato tutto ciò che era successo con Raperonzolo. Il castello sfarzoso, le due enormi guardie, il malinteso con la regina, lo specchio, i fiumi di lacrime…
Killian ascoltava attento, bevendo ogni parola che la ragazza pronunciava come un assetato. Flynn invece, ascoltava ma avevo lo sguardo fisso all’orizzonte.
« Ci sono ancora un paio di cose che non capisco… » commentò Killian sovrappensiero.
« Come hai fatto a trovarci? Siamo stati molto attenti a nascondere ogni traccia…»
« È stata Raperonzolo ad aiutarmi. Le sue guardie vi tenevano d’occhio da un po’ ma voi siete sempre riusciti a filarvela. Mi ha detto che l’ultima volta che vi hanno visti è stato su una spiaggia e conoscendoti, ho fatto due più due. » sorrise Emma.
« Ma ci sono milioni di spiagge, di posti… come facevi a sapere esattamente dove ci trovassimo? » chiese Flynn con il tono più curioso che era riuscito a trovare.
« Istinto forse, non so. È una cosa di famiglia, noi ritroviamo sempre le persone che amiamo… » disse Emma, poggiando la sua mano sottile su quella di Killian.
« Allora, qual è la prossima mossa? » chiese Emma, desiderosa di risolvere quella faccenda e ritornarsene a Storybrooke. Anche se non sapeva ancora come…
« Dobbiamo scoprire chi ha voluto incastrare Flynn… »
« E come? Potrebbe essere chiunque! »
« Flynn crede che sia stato qualcuno che lavorava al castello, qualche consigliere… »
« L’unico modo per provare la sua innocenza è ritrovare la corona e riportarla al castello… » disse Flynn, ripensando a quanto quell’oggetto fosse importante per lei.
« Allora mettiamoci in marcia! » propose Killian, scattando in piedi e trascinandosi Emma con lui che non riusciva più a reggersi in piedi, per quanto fosse stanca. Tuttavia non l’avrebbe mai ammesso e si preparò ad un lungo ed estenuante cammino nei boschi. Raccolsero quel po’ di oggetti che avevano e cominciarono ad incamminarsi. Lo stomaco di Emma brontolò e Killian le porse un po’ di carne essiccata che gli era avanzata. La ragazza la masticò lentamente e ingoiò, cercando di non pensare troppo a quanto fosse disgustosa. Perfino la chimera era meglio di quel malloppo rosso.
« Che schifo » commentò disgustata, bevendo l’ultimo goccio d’acqua che conservava nella sua borraccia.
« Benvenuta nella Foresta Incantata, tesoro! »
 
 
Killian aveva sentito in paese che qualcuno si aggirava nei boschi. I cittadini lo descrivevano come un uomo alto, magro e con un grosso fagotto tra le mani. Se i suoi sospetti erano esatti, quell’uomo era il vero colpevole e aveva nascosto la corona tra gli alberi. Voleva aspettare che passasse del tempo e le acque si calmassero, così dopo sarebbe ritornato a riprendere il bottino. Almeno, questo era ciò che avrebbe fatto lui se avesse rubato un tesoro di immenso valore e diciamocelo lui, di tesori, ne aveva rubati tanti, quindi si sentiva piuttosto esperto.
Così Killian, Emma e Flynn iniziarono ad ispezionare ogni angolo della foresta vicino il piccolo paesino. Quando vedevano della terra smossa, si precipitavano a controllare e scavare ma trovarono solo tane di talpe o conigli. Emma ne uccise perfino uno, sotto gli occhi sbalorditi di Killian.
« Che c’è?! – chiese, sentendosi addosso gli occhi dei due uomini – non avevate forse intenzione di mangiare di nuovo quella cosa disgustosa? »
Poiché erano tutti parecchio affamati, decisero di fare una piccola sosta. Emma e Killian andarono a cercare della legna da ardere e dell’acqua, mentre Flynn si occupava di scuoiare l’animale.
Mentre camminavano, fianco a fianco, Emma notò che Killian la fissava.
« C’è qualcosa che non va? » chiese fermandosi. Era stanca, affamata e assetata ma si sentiva piuttosto euforica.
Anche Killian si fermò e le sorrise.
« Niente, è che ancora non posso crederci, Swan… » le disse accarezzandole una guancia. Era davvero lei, lì con lui.
« Mmmm, non puoi crederci eh? » chiese maliziosa, avvicinandosi pericolosamente al suo volto. « E cosa potrei fare per farti capire che sono qui, proprio davanti a te? »
Quella donna l’avrebbe fatto diventare matto, prima o poi, ne era sicuro.
Stava per poggiare le sue labbra sulle sue e bruciare quei pochi centimetri che ancora li separavano, quando qualcosa catturò il suo sguardo. Uno strano rigonfiamento nel terreno.
« Emma! Guarda! » disse indicando un punto impreciso tra gli alberi. La ragazza puntò lo sguardo nella direzione che le indicava. Cercò di mettere a fuoco.  
Si avvicinarono.
Nel terreno vi era una piccola buca, poco profonda. Dentro giaceva un sacco marrone, apparentemente abbandonato.
« Emma, svelta! Va a chiamare Flynn! Credo che abbiamo trovato ciò che stavamo cercando. Il tipo è più stupido di quel che pensavamo… » commentò divertito.
« Va bene, aspettami qui. » disse la ragazza. Fece dietro-front e cominciò a correre. La radura dove avevano deciso di accamparsi non era distante ed Emma la raggiunse in pochi minuti.
« Flynn, Flynn corri! L’abbiamo trovata! Abbiamo trovato la corona! » disse Emma, non appena scorse l’uomo.
Flynn si precipitò immediatamente tra i boschi. Si accorse solo dopo poco che non aveva la più pallida idea di dove andare e aspettò che Emma lo raggiungesse, sperando di non aver perso anche lei. Fortunatamente Emma lo raggiunse poco dopo, con il fiatone.  Ritornare da Killian non fu facile come previsto ma alla fine riuscirono a trovarlo. Stringeva tra le mani il sacco e ne tastava il contenuto.
Aveva un sorriso a trentadue denti.
« Eccovi qui… credo sia proprio lei! » disse mentre estraeva l’oggetto dal sacco.
Non appena la sua mano toccò l’oro della corona, una nube grigiastra lo avvolse. Killian cominciò a tossire, Emma gridò.
« Killian! Killian! »
La nube sparì portandosi con sé anche Killian.
 
 
L’atterraggio non fu tra i migliori della sua vita. Cadde su un pavimento duro e umido, la corona rotolò accanto a lui. Si mise a sedere e si massaggiò il braccio e la testa. Dove diavolo era finito?
Cercò di mettere a fuoco, ma aveva la vista annebbiata a causa della nube o forse della caduta. Probabilmente per entrambe.
Strizzò gli occhi per farli abituare a quella flebile luce. Tutto era buio, tranne qualche torcia. C’era puzza di piscio e di morte. Killian rabbrividì.
« Bene, bene, bene… chi abbiamo qui? »
Una voce maschile, troppo tranquilla, troppo falsa.
Alzò lo sguardo e notò che si trovava in una cella. Dietro le sbarre vi era un uomo, probabilmente un principe a giudicare da come era vestito. I capelli rossi o almeno così sembravano alla luce delle torce, gli ricadevano sulla fronte e terminavano in lunghe basette ai lati delle guance. Degli occhietti piccoli lo scrutavano curiosi e allo stesso tempo delusi.
« Chi vuole saperlo? » biascicò Killian con voce roca.
« Sono Hans, principe delle Isole del Sud nonchè futuro re di questo regno
 

Emma continuò ad urlare e urlare, finché la voce le mancò. Il suo nome riecheggiava tra gli alberi e lei continuava a cercarlo, rifiutandosi di credere che l’avesse abbandonata. Non lui, non di nuovo.
Flynn la guardava con quel suo sguardo vacuo e sognante. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, scuoterlo forte e farlo svegliare.
« Dobbiamo trovarlo! » mormorò, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Aveva attraversato mondi, mari e terre per lui e quando credeva di averlo finalmente trovato, qualcosa glielo portava via, di nuovo. Come se qualche forza sovrannaturale non volesse concederle il suo lieto fine. Solo problemi per la Salvatrice.
« Andiamo » disse Flynn, con voce seria e determinata « Ritorniamo al castello, dobbiamo parlare con Raperonzolo »
Emma annuì. Le sembrò la soluzione migliore che avessero. Raperonzolo era l’unica che avrebbe potuto aiutarli.
Si incamminarono. Emma d’istinto guardò il piccolo orologio che aveva al polso, più per abitudine che per altro. Erano passate poco più di dieci ore ed era riuscita a ritrovare Killian e a perderlo di nuovo. Avrebbero potuto darle un record, dubitava che qualcuno potesse batterla. Perfino i suoi genitori, quando si trovavano lì nella Foresta Incantata, con Regina che bramava vendetta e il regno da salvare, riuscivano a passare più tempo insieme di quanto avesse fatto lei con Killian. La luce filtrava tra le foglie degli alberi e le riscaldava la pelle. Aveva paura. Paura che gli fosse successo qualcosa, paura che non l’avrebbe mai più rivisto. Rabbrividì.
Ci sarebbe riuscita. L’aveva trovato una volta e poteva farlo anche un’altra.
Guardò le spalle larghe dell’uomo davanti a lei e stranamente, si tranquillizzò. Le ricordò suo padre, probabilmente. O forse fu il fatto di non dover affrontare più quella disperata ricerca da sola, che la consolò.  La Salvatrice si affidò al senso dell’orientamento del suo compagno e si lasciò guidare tra alberi e arbusti.
Il silenzio era opprimente e imbarazzante. Entrambi si sentivano terribilmente a disagio, ognuno perso nei propri pensieri. Emma ripensava a Killian, al suo viaggio, alla sera prima. Riusciva ancora a sentire la sua mano stretta intorno alla propria. Flynn, invece, non riusciva a smettere di pensare a lei. Tra non molto l’avrebbe rivista e aveva paura di ciò che, quell’incontro, avrebbe risvegliato in lui.
La voce di Emma lo riportò alla realtà.
« Cosa? » chiese.
La ragazza alzò gli occhi al cielo. Flynn notava quanto fosse nervosa, preoccupata per le sorti del pirata. Dopotutto lo era anche lui.
« Ho chiesto se manca ancora molto » rispose stizzita.
« Non molto… »
« Com’era prima? » Le parole le sgorgarono fuori e non riuscì a fermarle. Forse non ci provò neanche. La curiosità era troppa.
« Chi? » chiese Flynn, non capendo cosa la donna intendesse.
« Killian » rispose e a Flynn sembrò che Emma avesse fatto uno sforzo assurdo anche solo a pronunciare il suo nome. « Tu lo conoscevi prima che diventasse un pirata, prima di Milah, della vendetta. Com’era? » continuò la donna.
L’uomo sorrise, ripensando al ragazzino dagli occhi color del cielo che voleva vedere il mondo.
« Era un ragazzino, un po’ magrolino per la sua età adesso che ci penso… » L’uomo vide gli occhi della ragazza che lo pregavano di continuare, di raccontarle frammenti di vita dell’uomo che adesso amava.
« Era sicuro di sè, già da allora, anche se suppongo adesso sia peggiorato »
« Non puoi neanche immaginare quanto » commentò Emma, divertita. Flynn sorrise e poi continuò.
« Ma dietro quel ragazzino un po’ egocentrico e spavaldo c’era dell’altro, c’era del buono. Era generoso, a modo suo. Se avevi bisogno di qualcosa, si struggeva finché non riusciva a fartela avere. Tutti gli altri bambini del paese volevano diventare come lui, forte e coraggioso. Non aveva paura di niente. Sai, non si è mai ripreso dopo l’abbandono del padre. » Flynn ammutolì. Sentì di aver superato un limite, nominando il padre di Killian. Di solito con lui era un tabù, non sapeva se Emma conoscesse tutto il suo passato, c’erano cose che perfino Capitan Uncino voleva nascondere.
« Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, deve essere stata dura per lui » notò Emma e di colpo si sentì tanto stupida. Si era da sempre preoccupata sempre e solo di sé, dei suoi problemi. Non si era mai soffermata a pensare al dolore che Killian aveva provato, ai suoi di problemi. Egoista, ecco cos’era. Killian era sempre stato pronto a consolarla, c’era sempre stato e lei? Lei non ci aveva fatto caso, non si era mai preoccupata, non aveva mai pensato che anche il più potente dei pirati, poteva soffrire. Si incupì e distolse lo sguardo. Entrambi sprofondarono di nuovo nel silenzio. Flynn si ritrovò a guardare la ragazza di fianco a lui e a pensare a cosa ci trovasse Killian in lei. Non che gli fosse antipatica, anzi. Dopo aver ucciso quel coniglio e aver rifornito un po’ il suo stomaco brontolante, gli era diventata un po’ più simpatica, anche se era ancora restio a lasciarsi andare completamente. Ma anche lei era diversa, adesso che Killian era svanito. Vedeva quel suo sguardo un po’ triste, un po’ rassegnato, tutto nascosto dietro una finta maschera di cera. Probabilmente era quello, probabilmente Emma somigliava a Killian più di quanto avesse mai immaginato.
 
 
« Sai, sono un po’ dispiaciuto. Credevo che sarebbe arrivato qualcun altro… » commentò triste Hans.
« Mi dispiace avervi scombussolato i piani » commentò Killian. Era ancora frastornato ma riuscì a mettersi in piedi. L’uomo, fuori, stava rimuginando.
« Tuttavia, non ritenerti inutile, mio caro amico » disse, mellifluamente. Killian rise.
« Potete stare tranquillo, non mi sono mai ritenuto tale! » disse scoprendo una serie di denti perfettamente bianchi.
« I tuoi amici verranno a salvarti e io, avrò ciò che voglio! » disse sorridendo il principe. Killian si incupì. Non voleva che Emma corresse pericoli ma sapeva che era impossibile. Probabilmente adesso era già in cammino con Flynn, cercando di capire dove si trovasse. Bella domanda. Dov’era?
« Sai, amico, io non ci giurerei più di tanto - disse cercando di non far trasparire la tensione che provava – piuttosto dove mi trovo? Sai, questo posto è così caldo e accogliente… Desidererei saperne il nome, sai magari in futuro potrà servirmi qualche luogo appartato… » Si appoggiò al muro, incrociò le braccia e gli fece l’occhiolino.
Hans sorrise ma era più un ghigno che un vero e proprio sorriso.
« Bel tentativo, pirata. Adesso se vuoi scusarmi, devo informare la regina che a breve, riceverà degli ospiti » e continuando a sorridere, se ne andò.
« Se fossi in te, mi taglierei quelle orribili basette prima! » gridò Killian con tutto il fiato che aveva in gola. Si girò e notò che la corona era sparita.
Pregò che Emma sapesse ciò che stava per fare.
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
Salve a tutti! Grazie per essere arrivati fin qui! So che lo ripeto ogni volta, ma per me è veramente importante sapere che c’è qualcuno che legge le mie storie, un po’ troppo fantasiose. Se non l’aveste capito, l’uomo misterioso è Hans di Frozen. L’idea mi è venuta guardando le nuove puntate. Ma avete visto come sono carini Emma e Killian nelle immagini della prossima puntata?! Non vedo l’ora di vederla! ^^
Questa quarta stagione mi sta piacendo troppo!!
Okey, mi sto dilungando troppo! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e se volete, potete farmi sapere cosa ne pensate!
A giovedì prossimo!
Un abbraccio e ancora grazie infinite!
Kerri

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Capitolo 9
*** Nightmares and rescues ***


 
Arrivarono ai piedi del castello quando il sole stava ormai tramontando. Emma era veramente stanca e Flynn se ne accorse. Le propose di andare da Raperonzolo e chiederle un posto al caldo dove dormire, ma Emma rifiutò. Non voleva abbandonarlo, gli disse. Forse, però, era lei che aveva paura di restare di nuovo sola, sola con le sue paure, sola con i suoi dubbi.
Killian dove sei?
Si accamparono nei boschi, questa volta però neanche il fuoco era permesso. Le guardie si sarebbero potute accorgere del fumo e allora per Flynn, sarebbe stata la fine. Emma tirò fuori dalla borsa quel po’ di carne che era avanzata. Con l’aiuto della magia la riscaldò e i due la divisero. Mangiavano in silenzio, a volte rivolgendosi occhiate fugaci e imbarazzanti. Flynn aveva sorpreso più di una volta quei due occhi verdi che lo fissavano, orgogliosi e allo stesso tempo così fragili. Il giorno dopo, Emma sarebbe dovuta entrare di nuovo nel castello per aggiornare Raperonzolo su tutto ciò che era successo. Questo era il loro piano ed Emma sperò tanto che funzionasse. Si rannicchiò sul mucchietto di foglie che aveva raccolto, proprio come aveva fatto Killian durante il loro ultimo viaggio nel passato. A quel ricordo, rabbrividì. Si strinse ancora di più le ginocchia al petto e chiuse gli occhi. Come se fosse la cosa più naturale e logica del mondo, la sua mente disegnò il suo volto, i suoi occhi e quel sorriso beffardo che tanto le era mancato. Stanca, si addormentò. Una domanda si ripeteva all’infinito nella sua testa, sempre con lo stesso tono, un disco rotto.
Killian dove sei?
 
 
Aprì gli occhi. Aveva freddo, molto freddo. Si guardò intorno, non capendo dove fosse. Tastò le pareti di pietra, umide e fredda. Nell’aria galleggiava un odore di muffa. Vagava per la cella, cercando una via d’uscita. Doveva uscire, era tutto ciò che sapeva. E doveva portare Killian con sé. Puntò gli occhi verso un’informe massa nera che giaceva ai suoi piedi. Cominciò a prendere a pugni le pareti, sapendo che non avrebbe ottenuto così ciò che voleva. L’aria cominciò a diminuire, faticava a respirare, stava soffocando. Si portò le mani alla gola. Le pareti sembravano muoversi, restringersi. Si accasciò. Prima di chiudere definitivamente gli occhi, notò qualcosa: un piccolo stemma rosso. L’aveva già visto da qualche parte ma non riusciva a capire dove. L’aria non arrivava più ai polmoni, tutto intorno girava e girava e girava. Una risata malvagia squarciò il silenzio.
Rabbrividì.
Chiuse gli occhi.
E poi il buio.
 
Si alzò di scatto. Goccioline di sudore le imperlavano la fronte. Prese un profondo respiro e poi un altro ancora e un altro. Lentamente il cuore riprese il suo ritmo regolare. Rabbrividì e si strinse le ginocchia al petto, dondolando avanti e indietro. Era tutto così reale.
Ripensò all’incubo, l’odore di muffa, l’umidità, la pietra fredda, Killian. Doveva salvarlo. E poi quella risata e l’immagine del piccolo stemma rosso le brillò nella mente. Guardò all’orizzonte il castello che si ergeva in tutto il suo splendore. E di colpo, ricordò. Ecco dove l’aveva visto: nel castello.
Killian era lì, da qualche parte.
Probabilmente rinchiuso nella stessa cella che aveva visto poco prima. Perché adesso ne era sicura, non era stato solo un sogno.
Svegliò Flynn e lo informò di ciò che aveva appena scoperto. Non avevano più tempo da perdere, Emma non poteva neanche considerare l’idea di rimettersi a dormire dopo quell’incubo. Probabilmente da un momento all’altro il cielo si sarebbe tinto di rosa, o forse no. Non le importava che ore erano, tutto ciò che voleva era salvarlo. E sarebbe andata all’Inferno pur di farlo.
« Emma, aspetta! »
Si voltò di scatto. Insomma, perché non riusciva a capire che non potevano perdere tempo? Che Killian era lì?
« Flynn, lui è lì! Dobbiamo salvarlo! »
« Emma, non posso tornare in paese. Le guardie mi arresterebbero e probabilmente arresterebbero anche te e a quel punto saremo tutti rinchiusi in una di quelle celle accogliente che mi hai descritto poco fa! Bello no? »
Emma sbuffò. Doveva ammettere che aveva ragione.
« Metti un mantello, un cappello o quello che ti pare! Se non ti riconoscono, andrà tutto bene! » commentò stizzita.
« E dove lo trovo un mantello adesso, secondo te Miss-ho-istinti-suicidi? »
Quell’uomo stava veramente mettendo a dura prova la sua pazienza. Per un attimo, rimpianse le battutacce orribili di Killian e anche la sua solitudine. Ma fu solo un secondo, perché si rese conto che senza di lui, non sarebbe arrivata fin lì.
« Forse ho un’idea » disse, ricordando il suo ultimo viaggio nella Foresta Incantata.
« L’ultima volta che sono venuta qui, è stato nel passato – Flynn la fissò a bocca aperta – lo so, lo so è una storia piuttosto lunga da spiegare, forse puoi chiedere a Killian non appena lo liberiamo… comunque, il punto è che Tremotino (sì, conosciamo anche l’Oscuro, davvero Killian non ti ha detto niente?) ci ha fatto un incantesimo per evitare che gli altri ci riconoscessero e cambiassimo così il passato. Se riesco a concentrarmi, forse riesco a farlo anche su di te! » disse eccitata, fremendo dalla voglia di partire.
Flynn non era molto sicuro ma, al momento, era l’unica soluzione che avevano.
« Sei sicura di saperlo fare? » chiese implorante.
« Ti mentirei se ti dicessi che l’ho già fatto prima… » disse Emma stendendo le mani verso di lui e chiudendo gli occhi.
« Aspetta! »
« Che c’è? » chiese, ancora ad occhi chiusi.
« Puoi farmi un bel naso? »
Sì, adesso stava veramente rimpiangendo Killian.
 
 
 
« Sai, i tuoi amici non mi hanno per niente deluso. » disse una voce terribilmente familiare e viscida.
« Che cosa intendi? » biascicò Killian con voce roca.
« La biondina, com’è che si chiama? Oh non importa, è stata avvistata in paese proprio pochi minuti fa. Era insieme ad un uomo dai capelli rossi, mai visto prima…»
Capelli rossi? Chi diavolo era? E Flynn?
« Sono contento che quell’altro tale, Flynn o come si chiama, abbia deciso di andarsene. Non era una compagnia raccomandabile per la mia povera signora. Ha sofferto tanto per quel ladruncolo da quattro soldi! »
La sua voce sembrava veramente preoccupata ma a Killian risuonò più falsa di qualsiasi altra cosa.
« Ladruncolo da quattro soldi? – disse beffardamente, alzando un sopracciglio – io e te sappiamo chi ha davvero rubato le corone. »
Ammiccò nella sua direzione e incrociò le braccia, aspettandosi una sua reazione.
Quello non si mosse. Sorrise colpevole come un bambino colto in flagrante mentre ruba biscotti appena sfornati.
« Adesso, se non ti dispiace, devo andare ad accogliere la tua amichetta e il suo nuovo fidanzato. Non essere geloso, amico. Dopotutto chi non resiste ai rossi? » disse accarezzandosi i capelli color rame.
Qualcosa gli salì in gola e lui tentò di ricacciare tutto dentro. Poi si avventò verso le sbarre.
« Non osare torcerle un capello » mormorò arrabbiato, minaccioso. Stringeva i denti, lo sguardo fissò negli occhi dell’altro. Capitan Uncino era tornato. Adesso però, difendeva le persone che amava, non più sé stesso.
Hans ghignò divertito.
Si allontanò da lui e si avviò verso l’uscita.
« Sta’ tranquillo, pirata. Non le farò nulla…Dopotutto, oggi mi sposo » gridò.
A quelle parole Killian capì che doveva trovare un modo per uscire da quella maledetta cella.
 
 
 
« Flynn! Flynn! Vieni subito qui! » gridò Emma, stanca di dover fare da balia a quell’uomo mai cresciuto.
Era entrato in una locanda, desideroso di bere qualcosa di caldo dopo tanto tempo. Voleva approfittare del suo “momentaneo momento disponibile”, così l’aveva chiamato. Ma Emma aveva fretta, troppa per stargli dietro e assecondare ogni suo capriccio. Ogni secondo che passava, Killian poteva trovarsi in chissà quale situazione pericolosa e lei non era lì con lui.
Dopo aver provato svariate volte l’incantesimo di camuffamento ed esserci riuscita, aveva deciso di fare qualcosa anche per i suoi vestiti, memore sempre del suo viaggio con Killian. All’epoca fu lui a trovarle dei vestiti adatti. Ripensandoci, non l’aveva mai ringraziato veramente per ciò che aveva fatto. Perché era sicura che senza di lui, avrebbe combinato sicuramente più danni di quanti ne avesse effettivamente commessi e con la sola differenza che non avrebbe saputo come affrontarli. Sì, doveva decisamente ringraziarlo. Evitando però di gonfiare ulteriormente il suo ego smisurato. Con Killian era così, bisognava procedere per gradi, piano piano.
Ma chi stava prendendo in giro, era lei che aveva avuto bisogno di tempo, non di certo Killian.
Dio, quanto lo odiava!
Per lui sembrava tutto così dannatamente facile!
Persa nei suoi pensieri, si lasciò trascinare da Flynn nella locanda. Si abbassò il cappuccio del mantello, sospirando. Adesso che ci pensava, avrebbe potuto semplicemente far apparire un mantello per Flynn piuttosto che trasformarlo in un tizio magrolino e lentigginoso. Vabbè, tutto tornava utile… Alla fine si era solo esercitata con la magia, sia in un modo che nell’altro.
« Flynn, il tuo amico è rinchiuso in chissà quale cella in quel maledetto castello e tu entri in una locanda?! » disse con un tono più minaccioso di quanto avesse voluto.
« Shh, aspetta! » disse, liquidandola con un gesto della mano.
Aveva già detto che Killian le mancava più di qualunque altra cosa? Si ripromise che non l’avrebbe più preso in giro, anche quando sarebbe diventato insopportabile. E lui sapeva essere insopportabile più di chiunque altro. O almeno così credeva prima di incontrare Flynn e la sua fidanzata, la Regina Aspetta-non-so-che-fare-vado-non-vado-m’ama-non-m’ama.
Sospirò e lo seguì.
Si incamminarono verso il bancone dove due uomini stavano bevendo il loro – uno,due, tre, quattro, cinque…- quinto boccale di birra.
Maschi.
Riuscivano a bere birra perfino alle prime luci dell’alba.
« Hey ragazzi, cosa si festeggia? » chiese Flynn con voce baldanzosa. Chissà perché avrebbero dovuto festeggiare qualcosa. Ad Emma parevano dei tipi che bevevano così ogni santo giorno. Eppure Flynn sembrava sicuro. Chissà forse li conosceva… Quelli, mezzi ubriachi, lo squadrarono dalla testa ai piedi, con un sorriso sornione sul volto.
« Non lo sai, straniero? » disse uno.
« Devi essere proprio uno straniero! » rise l’altro e scoppiarono a ridere.
Emma corresse mentalmente “ mezzi completamente ubriachi”
« Flynn, andiamocene! » disse Emma a denti stretti, trattenendosi dal colpire tutti con un pugno in faccia. Flynn compreso.
« Oggi è un giorno speciale per noi! » disse una donna che era apparsa, quasi per magia, dietro il bancone.
Flynn, o meglio l’uomo dai capelli rossi, la guardò curioso.
« Come mai? » chiese.
« La nostra amata regina finalmente si sposa! » disse la donna, riempiendo il sesto bicchiere di birra ai due uomini.
Flynn impallidì.
Strinse le labbra.
Si voltò e uscì.
Questa proprio non ci voleva.
Emma lo seguì e finalmente si diressero al castello, in un silenzio tombale.
 
 
« Hai capito qual è il piano? » chiese Emma nervosa. Erano arrivati finalmente. Emma riusciva a scorgere la grande porta d’oro dell’entrata e le due guardie enormi che l’ultima volta l’avevano “gentilmente” accompagnata dalla regina.
« Flynn! Mi ascolti! » disse, scuotendolo. L’uomo non aveva parlato durante tutto il tragitto ed Emma poteva benissimo immaginare perché. Sospirò, forse per la centesima volta quel giorno.
« Senti, ascoltami! » disse ormai senza pazienza. « Io l’ho vista ok? Ho visto i suoi occhi quando le ho mostrato che Killian era con te! Ho visto le lacrime che ha versato, ho visto il sorriso che aveva quando parlava del vostro primo incontro! Lei è cotta di te, fidati! »
Flynn abbassò lo sguardo. Se da un lato le parole della ragazza gli avevano riscaldato il cuore, dall’altro si sentiva tradito e umiliato. D’altronde, avrebbe dovuto saperlo fin da subito, non era consigliabile innamorarsi della regina. Soprattutto se sei un uomo qualunque. Avrebbe dovuto ascoltare quella maledetta vocina, oh se avrebbe dovuto!
« E allora perché oggi si sposa? » chiese, con un tono di voce più alto del solito.
« Non lo so, Flynn! Ma è un motivo in più per entrare in quel dannato castello! » sbottò. Flynn annuì e si lasciò trascinare verso la grande e troppo familiare porta d’oro.
 
« Salve, siamo qui per aiutare per il banchetto. In paese dicono che avete bisogno di cuochi e servitori, dicono anche che pagate bene. La prego signore, non abbiamo di che sfamarci! »
Emma ammise che Flynn recitò piuttosto bene. Al resto del mondo appariva come un piccoletto magrolino e dai capelli rossi, quindi molto credibile no?
La guardia lo squadrò dalla testa ai piedi poi il suo sguardo si posò su di lei. Pregò il fato, il destino, gli dei e tutto ciò che volete, perché non la riconoscessero.
« Io sono sua sorella » disse scostandosi un po’ il cappuccio dal volto.
L’uomo la fissò per secondi interminabili. Poi fece un cenno all’altro con la testa e la porta si aprì.
« Aspettate, ehi, tornate indietro! » tuonò una.
Ma Emma e Flynn erano già dentro.
 
 
Si fermarono un po’ per riprendere fiato.
« Dobbiamo scendere, le celle sono da quella parte! » ansimò Flynn, portandosi una mano al petto.
« Flynn, tu vai da lei. Io me la saprò cavare! » disse Emma, notando il suo sguardo. Lei non aveva la minima idea di dove si trovassero ma lui sembrava essere piuttosto a suo agio, dopotutto aveva passato mesi in quel castello no?
L’uomo scosse la testa. Emma notò che gli occhi stavano piano piano riprendendo la loro forma originale e la maggior parte delle lentiggini era già scomparsa.
Diamine! L’incantesimo stava già svanendo!
L’uomo scosse la testa.
« Le prigioni sono un labirinto! O peggio… »
Emma impallidì. La Salvatrice non poteva mai avere un colpo di fortuna vero?
« Ci sei già stato? » domandò a Flynn che scosse la testa.
« Allora siamo sulla stessa barca! Va’, devi salvare il tuo Vero Amore! Io mi occuperò del mio! »
« Killian è anche mio amico, Emma. Per tutta la vita, è stato lui a salvare me! Non sai quante volte! Adesso è il mio turno. »
Emma non poté fare a meno di sorridere di fronte a quella manifestazione d’amicizia. Il loro legame era più saldo di quanto avesse immaginato. Adesso capiva come mai Killian si era precipitato a salvarlo.
Annuì, commossa.
« Da questa parte! »
Trovarono una piccola porticina che dava su un’immensa scala a chiocciola. Non si riusciva a vedere la fine, totalmente immersa nelle tenebre.
« Qualcosa mi dice che siamo arrivati! » commentò Emma. Quel tunnel le ricordò quello che aveva attraversato negli abissi e rabbrividì solo al pensiero.
« Pronta? » chiese Flynn, cominciando a scendere le scale.
« Come sempre »
 
 
Dire che la prigione fosse un labirinto era un eufemismo. Quando finalmente scesero l’ultimo gradino ad Emma girava un po’ la testa e questo non aiutò nella ricerca disperata della cella di Killian. La puzza di muffa le invase le narici e le riportò alla mente il sogno della notte precedente. Rabbrividì.
« Che facciamo adesso? » chiese Emma, sbattendo i denti.
« Non so, hai qualche filo magico luminoso o un fuoco o che so io…? »
Emma sbuffò.
« Non è così che funziona Flynn! »
« E come funziona, allora? » chiese esasperato. Quel posto non gli piaceva molto e voleva evitare di perdersi e morire lì dentro, solo e lontano da tutti.
« Io, io non lo so » rispose Emma sconsolata.
« Ok, prova a visualizzare l’immagine di Killian: capelli neri scompigliati, occhi azzurri, barba nera, vestiti di pelle, l’uncino…ci sei? »
Emma annuì. Era fin troppo facile, anche se non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
« Ok, adesso cercalo »
Emma strinse le mani a pugno e le aprì. Fuoriuscirono tante piccole scintille che si librarono in aria come lucciole.
« Che hai fatto? » domandò Flynn a bocca aperta.
« Non lo so… Be’ tu volevi una torcia e qualcosa per rintracciare Killian no? – poi si rivolse a quelle strane lucciole rosse – Per favore, portateci da Killian! »
Non appena finì di parlare quelle si mossero. Flynn lanciò uno sguardo ad Emma che sorrideva soddisfatta.
Vagarono per un po’ in lunghi corridoi di pietra. Le fiammelle illuminavo un po’ il percorso rischiarando l’oscurità. Girarono a destra, a sinistra e poi ancora a destra. Emma sperò che sapessero dove stessero andando e soprattutto che poi riuscissero a trovare l’uscita.
Adesso erano arrivati ad un bivio. Le fiammelle si fermarono, tremolarono un po’ e poi sentirono dei passi avvicinarsi.
« Merda! » mormorò Emma e trascinò Flynn dietro una colonna. Notò che stava ritornando quasi normale.
« Stai qui e non ti muovere! » gli ordinò.
Prese la spada di Neal che aveva nascosto sotto il mantello e si preparò ad affrontare lo sconosciuto.
I passi si facevano sempre più vicini, sempre più vicini. Balzò in avanti, sguainando la spada.
« Dio, Swan, stavi cercando forse di uccidermi? »
« Killian! » Emma abbassò l’arma, il cuore continuò a battere veloce.
« Killian! Oh, grazie al cielo! » Flynn era uscito dal suo “nascondiglio” e avanzava verso di loro.
« Flynn?! Perché diavolo sei così magro? E sbaglio o hai i capelli rossi? »
« È una lunga storia, Kill! Sono sicuro che Emma te la racconterà non appena usciamo di qui, adesso per favore torniamo indietro! »
Le piccole lucciole rosse, alle parole di Flynn, cominciarono a muoversi. L’uomo le seguì, desideroso di andare via da quel luogo freddo e umido, dove aveva passato le giornate più brutte della sua vita.
Killian si voltò verso Emma e alzò un sopracciglio.
« Non mi hai neanche salutato! Vergognati, Swan, credevo che contassi di più per te… » disse scherzando. La ragazza si mise le mani sui fianchi e lo guardò.
« Hai ostacolato il mio piano di salvataggio! » mormorò.
Killian sorrise. Ricordò il suo piano e come Emma fu in grado di anticiparlo, salvando non solo sé stessa ma anche la defunta moglie di Robin Hood, che adesso era viva e vegeta. Dai suoi occhi capì che anche lei stava ripensando al viaggio nel passato e sì, aveva ragione, da sempre. Lei non era mai stata la principessa da salvare.
« Senti chi parla, Swan! La brutale distruggitrice di piani-salvataggio! » la prese in giro. Si incamminarono e lei intrecciò le mani tra le sue.
« Mi sei mancato » sussurrò la ragazza e Killian strinse le dita sottili, solo per assicurarsi che fosse reale, che fosse veramente lì con lui.
« Anche tu »
« Piccioncini volete muovervi! Queste fiammelle non possono aspettare voi! » gridò Flynn.
I due si misero a correre, ancora mano nella mano.
« Come hai fatto a liberarti? »
« Oh, Swan! Chi credi abbia insegnato a Bealfire tutti quei trucchetti?! »



Angolo dell' Autrice:
Ciao a tutti! Ecco qui anche il nono capitolo! Spero che vi piaccia e non abbia deluso le vostre aspettative! Sinceramente non so per quanti altri capitoli andrò avanti! So già come finirà la storia ma se fosse per me la continuerei all'infinito! :D 
Mi farebbe tanto tanto tanto (ho già detto tanto?) piacere ricevere i vostri pareri o le vostre critiche! 
Adesso mi dissolvo! :D
A giovedì prossimo! 
Grazie infinite a tutti per aver letto fin qui! Noi finirò mai di ringraziarvi! 
Un abbraccio! :*
Kerri

 

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Capitolo 10
*** We are timeless ***


Si fermarono per riprendere fiato non appena varcarono la piccola porticina e si ritrovarono di nuovo nei lunghi corridoi del castello.
« Che si fa adesso? » chiese Emma guardando sia Killian che Flynn.
Flynn voltò pensieroso lo sguardo verso la fine del corridoio. Se da un lato non aveva nessuna intenzione di lasciare quel castello, ormai troppo familiare, dall’altro cominciava a sentirsi soffocare. Solo il pensiero che lei stava per sposare qualcun altro…
Cercò di ricacciare indietro l’urlo straziante che stava uscendo dalla sua gola.  
Killian scambiò uno sguardo con Emma, uno di quelli che erano soliti scambiarsi David e Mary Margaret quando volevano comunicare in silenzio e che Emma aveva da sempre detestato. Adesso però, quegli occhi color del mare parlarono per lei e fu in grado di capire al volo ciò che volevano dirle. Annuì in un tacito consenso.
« Flynn, dobbiamo fermare quel bastardo » disse Killian brusco, arrabbiato con l’uomo che aveva incastrato il suo amico in una trappola mortale.
Una risata isterica squarciò l’aria.
Emma rabbrividì. Avrebbe potuto riconoscere quella risata tra mille. Le immagini del sogno della notte precedente le attraversarono la mente e per istinto si mise davanti a Killian, per proteggerlo come non era riuscita a fare nel sogno.
« E come vorreste fare, pirata? »
Quella voce.
Killian scostò Emma che inspiegabilmente si era posizionata di fronte a lui. Se quel vigliacco voleva prendersi la sua felicità, sarebbe passato sul suo cadavere. Sguainò la spada e la impugnò con un ringhio.
« Tu! »
Flynn, diventato ormai del tutto normale, fissava il principe con odio.
« Salve, mio buon amico! Chi non muore si rivede eh? » disse Hans, ghignando.
« Avrei dovuto capire che c’eri tu dietro tutto questo! » gridò Flynn furioso.
Emma fissava quell’uomo, incredula. Dall’aspetto sembrava un principe, un uomo per bene, educato e gentile. Ma la voce, quella voce melliflua e gelida, le fece venire i brividi. Notò che stringeva tra le mani la corona della regina, quella che avevano trovato abbandonata nel bosco.
« Tu hai rubato le corone! Tu hai incastrato Flynn! » constatò Emma, arrabbiata. Perché gli uomini fossero così meschini, non riusciva a spiegarselo. La sete di potere, a quanto pare, vinceva su qualsiasi sentimento puro.
« Perspicace la biondina! » commentò Hans, seriamente divertito. Era come se godesse ad assistere a quello spettacolo, come se amasse farsi odiare dal mondo.
Emma sentì Killian irrigidirsi al suo fianco. Stava per scoppiare, lo sentiva. Tra non molto sarebbe scattato diretto alla gola del principe.
Flynn, dal canto suo, non se la passava di certo meglio. Continuava a stringere i denti e tremare, come se cercasse di contenersi. Quell’uomo gli aveva rovinato la vita. Emma non poteva certo biasimarlo se desiderasse con tutto il cuore vederlo marcire nelle segrete per il resto della sua vita.
Aveva bisogno di sapere prima che si scatenasse il finimondo. Sentì dei passi avvicinarsi di corsa e capì che per quanto fossero veloci, erano in trappola quindi tanto vale, chiedere e soddisfare la sua curiosità.
« Perché? »
L’uomo continuava a sorridere divertito e la guardò come se fosse la domanda più stupida del mondo.
« Perché, il vostro amico qui, ha cercato di soffiarmi il trono! »
A quelle parole, Flynn si scagliò sull’uomo e Killian lo seguì.
« GUARDIE! PRESTO! »
Non ebbero neanche il tempo di voltarsi, di capire ciò che stava succedendo, perché quattro enormi guardie li circondarono.
« Portateli da qualche parte! » disse l’uomo sprezzante rivolgendosi ai soldati.
« Bè, non posso certo dire che sia stato un piacere incontrarvi – continuò Hans rivolgendosi a Killian e Flynn che cercavano di allontanare le guardie – quanto a te, biondina, so che hai la magia nel sangue e forse, in futuro avrò bisogno di te »
Le fece un occhiolino ed Emma si trattenne dal mostrargli il dito medio.
Col cavolo, brutto sbruffone!
Si limitò a guardarlo gelida, come solo lei era in grado di fare.
Quello rise, non riusciva a smettere di ridere. Diavolo ma dove credeva di essere? In un cabaret?
« Adesso se volete scusarmi, ho un matrimonio a cui presenziare! Oh, Flynn porterò i tuoi saluti a Raperonzolo. Sono convinto che amerà il tuo regalo di nozze » disse accennando alla corona che stringeva.
« Non osare! » gridò Flynn.
« Vedrò cosa fare di voi più tardi »
Fece un gesto con la mano alle guardie come se volesse cacciarle via. Poi si girò e si allontanò.
Emma non poté fare a meno di sentire la risata che riecheggiò subito dopo. Guardò Killian e capì che anche lui l’aveva sentita.
 
 
Erano stati portati in una stanza quadrangolare, con un letto al centro e una piccola scrivania. Non era lussuosa come Emma immaginava sarebbero state le stanze degli ospiti in quel castello.
Oh ma semplicemente perché non era una vera e propria stanza degli ospiti. Era soltanto una stanza dove un pazzo smanioso di potere li aveva fatti rinchiudere, in attesa di sapere il loro destino. Fantastico no? E come se non bastasse da una finestra riuscivano a scorgere il salone dove si sarebbero svolte le nozze. Quell’uomo era veramente perverso e malvagio.
Flynn diede una piccola sbirciatina. Vide il lungo tappeto rosso, le decorazioni, i troni, la corona del re. Diede un pugno al vetro, sfinito e sofferente. Poi si accasciò sul letto che lo accolse con un cigolio e una nuvola di polvere.
Chissà da quanto tempo quella stanza non veniva usata da qualcuno.
Emma si mise le mani sui fianchi. Guardò prima Flynn e poi Killian con sguardo interrogativo.
« Mi spiegate chi diavolo è quel tizio e come fate a conoscerlo? » disse irritata che i due uomini non avessero ancora cominciato a parlare.
Killian puntò i suoi occhi verso Flynn, poi sospirò.
« Per quanto mi riguarda, l’ho visto per la prima volta dopo essere stato trasportato qui! »
Flynn si stese e allungò le braccia, alzando altra polvere nell’aria.
« È stato qui, più o meno, un anno fa » disse pensieroso. « Come tutti, si presentava al castello chiedendo la sua mano ma anche lui, come gli altri, ottenne solo un rifiuto. Era il periodo in cui io e Raperonzolo andavamo in giro per il regno ad aiutare i contadini e i bisognosi, quindi lei era più impegnata del solito. Quando se ne andò, notai nel suo sguardo una scintilla, un qualcosa di malvagio. Dopo alcuni mesi, ritornò. Era veramente insistente, le comprava regali di ogni genere e cercava di persuaderla. Io n-non riesco a capire come abbia fatto a convincerla… » balbettò. Aveva gli occhi lucidi, si vedeva che cercava di trattenere a stento le lacrime. Killian si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
Emma li guardò per un momento pensierosa. Se non si fossero trovati in quella situazione, probabilmente avrebbe anche apprezzato quel quadretto. Quei due erano come fratelli, sempre presenti l’uno per l’altro, sempre pronti a combattere.
Incrociò le braccia e alzò un sopracciglio, spostando il peso sul piede sinistro.
« Non avrai intenzione di arrenderti spero! » esclamò rivolgendosi all’uomo.
Flynn non alzò neanche lo sguardo verso di lei, a quelle parole sussultò soltanto. Killian la guardò e le sorrise.
« Diavolo Flynn! Emma ha ragione! Non possiamo stare qui ad assistere mentre quel bastardo sposa la tua donna! »
« E diventa re! » puntualizzò Emma.
« Giusto! »
« E cosa avete intenzione di fare ragazzi? Siamo bloccati in una stanza, costretti ad assistere a tutto, senza sapere cosa quell’uomo ci riserverà per il futuro! » biascicò Flynn con voce spezzata.
« Dimentichi il nostro asso nella manica, Flynn » disse Killian ammiccando in direzione di Emma e facendole l’occhiolino.
 
 
 
Continuava a guardare le sue scarpe bianche e lucide, i suoi piedi che si muovevano contro la sua volontà su quel tappeto troppo rosso. Le mani sudate stringevano dei fiori, l’abito le svolazzava dietro, leggero. Non osò alzare lo sguardo verso l’altare, verso l’uomo che l’aspettava lì, desideroso di prendersi tutto ciò che era suo.
Non riusciva a capire neanche se ciò che stava suonando fosse la marcia nuziale o qualche altra canzone. Tutti i suoni le arrivavano ovattati, indefiniti. Sentiva solo il martellare del suo cuore nel petto. Desiderò che quel tappeto fosse più lungo e più lontano ma si sa, tutto prima o poi finisce.
Sollevò lo sguardo e lo vide. Vide degli occhi nocciola, dei capelli castani e un timido sorriso. Strizzò gli occhi e quell’immagine svanì, chissà dove. Al suo posto delle braccia robuste la trascinarono verso l’altare, facendola quasi inciampare.  Una lacrima solitaria solcò il suo viso.
No, non poteva dargli la soddisfazione di vederla piangere.
Si asciugò velocemente quel piccolo segno di debolezza che aveva attraversato il suo volto.
« Mia Regina »
Quella voce la fece rabbrividire. Gli fece un cenno col capo, incapace di parlare.
Il resto della cerimonia fu solo un susseguirsi di parole e immagini sfocate, ascoltò a stento la promessa del suo futuro marito, cercando di non vomitargli addosso.
« E voi Maestà, volete prendere quest’uomo come vostro sposo, finché morte non vi separi? »
Il prete si stava rivolgendo a lei, lo sapeva, riusciva a vedere il suo volto interrogativo, le piccole rughe che solcavano la sua fronte…
Si schiarì la gola secca. Guardò verso l’uomo accanto a lei, colui che le aveva rovinato la vita. La guardava con la sua finta maschera da uomo perfetto ma riuscì a scorgere ugualmente la nota di impazienza nel suo sguardo. Sperò che Flynn e Emma e il loro amico si fossero salvati, che quel vile avesse mentito quando le aveva detto che erano tutti…
Non riusciva neanche a pensarlo.
Si girò verso il suo popolo, il suo regno. Puntò lo sguardo su ognuno di loro, cercando di leggerli dentro, di capire cosa fosse meglio per loro. Il matrimonio con Hans sarebbe stato sicuramente fruttuoso per loro perché avrebbe portato molti soldi nelle casse del regno. Ma ne avevano veramente bisogno?
 
 
Emma non riusciva a capire neanche come aveva fatto a forzare la serratura. Sapeva soltanto che doveva correre, dovevano muoversi se volevano impedire a Raperonzolo di fare l’errore più grande della sua vita.
Vide Flynn e Killian poco più avanti.
Correvano veloci, trattenendo il respiro.
Sperò, per una volta, che l’indecisione della regina, li avrebbe salvati.
 
 
Flynn vagava per i corridoi del castello. I suoi piedi lo stavano portando esattamente dove il suo cuore desiderava essere.
Da lei.
Svoltò l’ultimo corridoio, oltrepassò l’ultima porta che li separava.
E poi si ritrovò milioni di occhi puntati su di lui ma lui riuscì a scorgerne solo uno.
 
 
« Raperonzolo, allora? » la intimò, dandole uno strattone. Prese un respiro. Si voltò per un attimo verso di lui, verso colui che sarebbe diventato suo marito e l’unica cosa che riuscì a pensare fu che non aveva le fossette.
Che strano che le fosse venuto in mente proprio ora, non avrebbe dovuto permettersi di pensare a qualcun altro in quel momento.  
Sentì dei passi avvicinarsi e si voltò di nuovo verso la porta.
E poi lo vide.
Lì davanti a lei.
Ansimava, aveva i capelli arruffati e gli stessi abiti che indossava l’ultima volta che lo aveva visto.
Tutto crollò, niente aveva più importanza.
Solo i suoi occhi, solo il suo sorriso.
Che inevitabilmente contagiò il suo.
 
 
Emma e Killian arrivarono subito dopo. Videro Flynn, in piedi di fronte a Raperonzolo. Hans era diventato tutto rosso.
La regina si voltò verso di lui.
« No, Hans. Non voglio. »
Si sentì un mormorio provenire da tutti gli invitati.
Cosa? Ma chi è quello? Il ladro? Non era morto?
« Ascoltatemi, per favore! » intimò la regina col tono più autorevole che Emma le avesse mai sentito.
« Quest’uomo è un vile, un malvagio ricattatore. È stato lui a rubare le corone tempo fa, incastrando un uomo innocente »
Flynn staccò lo sguardo da lei e si voltò verso il popolo.
Sapeva che l’avevano riconosciuto.
« Raperonzolo, io… »
Gli fece segno di restare in silenzio e si ammutolì.
« Io non l’ho mai amato, ho accettato di sposarlo solo perché aveva minacciato queste persone » fece segno verso Emma e Killian e infine posò di nuovo il suo sguardo su Flynn.
« Io ho amato poche persone nella mia vita, poche persone sono riuscite a superare le barriere del mio cuore e ad arrivare in cima alla torre. Ma tu, con le tue battute, i tuoi modi buffi, i tuoi consigli e la tua presenza costante sei riuscito non solo a superarle ma ad abbatterle del tutto. Per questo non potrei mai amare qualcun altro nella vita che non sia tu, non sarebbe giusto… »
Flynn la accolse tra le braccia, ancora stordito, incredulo, sorpreso e tremendamente leggero.
« Ti amo, stupido, sciocco di un ladro! »
« Ti amo anch’io »
 
 
Emma e Killian si scambiarono uno sguardo.
« Sai, la Regina mi ricorda qualcuno… » mormorò Killian.
Emma si voltò e gli diede un leggero pugno sul braccio.
« Un altro lieto fine… » commentò pensierosa guardando i due innamorati finalmente insieme.
« Gelosa, Swan? »
Emma roteò gli occhi e si posizionò davanti a lui.
« Sai Jones, credo che anch’io abbia finalmente trovato il mio lieto fine! » gli sussurrò ad un orecchio. Lui si scostò e la guardò negli occhi, divertito e felice. Le sistemò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
« Lo credo anch’io, Swan, lo credo anch’io. »
 
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
Salve a tutti! Eccoci con quest’altro capitolo… il decimo! Non avrei mai creduto di poter arrivare fin qui! Vorrei ringraziare ognuno di voi, ogni singola persona che ha inserito la storia tra le preferite/ricordare/seguite, tutte voi che recensite (Non finirò mai di ringraziarvi per tutti i complimenti!) e chi legge soltanto.
GRAZIE!
Credo che questo sarà il penultimo capitolo, quindi la storia sta giungendo al termine. In realtà la storia di per sé è finita ma capitemi, è la mia prima long e vorrei darle un finale decente! Quindi dovrete sopportarmi per un’altra settimana! :D
Ringrazio ancora tutti coloro che leggeranno anche questo capitolo e lasceranno una (sempre gradita) recensione. Ovviamente non è obbligatorio ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! :)
A giovedì!
Un abbraccio! :*

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Capitolo 11
*** Epilogo - Lights will guide you home ***


 
Erano passati ormai sei giorni dallo scampato matrimonio con Hans, il principe malefico assetato di potere e Raperonzolo e Flynn avevano insistito affinché Emma e Killian restassero per assistere al loro vero matrimonio.
Emma desiderava tornare a casa, Henry le mancava più di quanto le costava ammettere e voleva tanto riabbracciarlo, ma aveva visto negli occhi di Killian il desiderio di restare. Allora aveva deciso che giorno più, giorno meno, non faceva poi così tanta differenza. Anche perché non aveva la minima idea di come ritornare a casa.
Mentre le domestiche l’aiutavano a infilare l’abito che Raperonzolo le aveva ordinato di indossasse e i vertiginosi tacchi a spillo, Emma maledì ogni persona che l’aveva convinta a restare, Killian compreso. Avrebbe dovuto chiedere a sua madre se le principesse fossero autolesioniste o masochiste o soffrissero di chissà quale disturbo mentale, perché in quel corpetto che le toglieva il respiro e con quei tacchi ai piedi ad ogni singolo ballo era un miracolo che fossero ancora vive. Se fosse stato per lei, sarebbe scesa con i suoi soliti jeans e la sua solita maglia, probabilmente si sarebbe sforzata di renderli più presentabili con la magia, ma non se ne preoccupava più di tanto.
No, non era una principessa. Assolutamente. 
Tuttavia non appena intravide i suoi occhi che la fissavano estasiati mentre cercava di scendere elegantemente la scalinata d’onore, cercando di non inciampare nel vestito, dimenticò ogni cosa e per un attimo pensò che ne era valsa la pena.
Solo per un attimo, una frazione di secondo.
Poi inciampò nell’ultimo gradino, pensare che ce l’aveva quasi fatta. Ma quegli occhi dannatamente blu l’avevano stordita, confusa e aveva fatto un passo troppo lungo per raggiungerli. Sentì il vuoto sotto di lei e poi due braccia forti che la stringevano, evitando che avesse un incontro troppo ravvicinato con il pavimento.
« Swan, per l’amor del cielo, sta’ attenta! »
Lei si scostò per un attimo, il cuore le batteva a mille, non sapeva se per la scampata caduta o per la vicinanza di quell’uomo.
Si ritrovò a fissarlo.
Era, era diverso.
Continuava ad essere Killian, l’uomo che l’aveva salvata più volte di quanto avrebbe mai ammesso a sé stessa, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che non ricordava. Una scintilla nuova.
Ah! I matrimoni! Commuovono tutti, persino il più temibile pirata di tutti i mari.
Emma si allisciò il vestito, leggermente imbarazzata. Se da un lato avrebbe voluto bruciarlo, dall’altro non voleva che si rovinasse in qualche modo, dopo tutta la fatica che aveva fatto per indossarlo.
Era di un bel verde smeraldo, simile ai suoi occhi. In confronto al grande abito rosso che aveva indossato all’ultimo ballo a cui aveva presenziato, questo non era poi così male. Le lasciava le spalle nude e scendeva morbido lungo i fianchi, giù fino a terra  terminando in un piccolo strascico. Forse stava un po’ esagerando, è vero, ma si sentiva tremendamente a disagio.
Emma smettila di fare la paranoica e goditi la festa!
Dal canto suo, Killian non se la passava certo meglio. Flynn l’aveva costretto ad abbandonare la sua amata giacca di pelle, seconda solo al suo uncino.
“Non sono adatti ad un matrimonio, Kill. Cosa credi che penserà Emma quando ti vedrà così!!”
Aver nominato Emma, fu probabilmente la mossa decisiva e Killian si lasciò convincere. Si sfilò lentamente quell’indumento nero e pesante che l’aveva accompagnato per buona parte della sua vita.  Non se l’era mai tolta, se non per dormire. Flynn l’aveva rimpiazzata con una camicia bianca e un gilet nero. Doveva ammettere che non si discostavano molto dal suo stile ma preferiva di gran lunga la sua amata giacca.
« Dov’è finita la giacca di pelle, capitano? » chiese Emma, squadrandolo dalla testa ai piedi. Come sempre lei riusciva a leggerlo dentro, a capire ogni minimo e insignificante pensiero che gli passava per la mente.
« Che c’è, Swan? Non ti piaccio? So che probabilmente mi preferiresti senza niente, però dovrai accontentarti… »
Emma sbuffò e alzò gli occhi al cielo, nascondendo il timido sorriso che le si era dipinto in volto. Quell’uomo l’avrebbe fatta impazzire, ne era certa.
Killian le porse il braccio, da vero gentiluomo ed Emma lo afferrò. Almeno si sarebbe potuta aggrappare a lui se qualcosa fosse andato storto.
Insieme si incamminarono verso i loro posti. Flynn aveva convinto Raperonzolo ad allestire un piccolo patio all’aperto. Diceva che sarebbe stato più bello, più originale ma in realtà, desiderava solo che la sua futura moglie non temesse di rivedere Hans all’altare e si godesse la cerimonia che aveva da sempre sognato.
Il pigro sole pomeridiano splendeva ancora e il cielo era tinto di rosso e arancione. Emma strinse il braccio di Killian quando si incamminarono sull’erbetta fresca, affondando ad ogni passo. Maledetti tacchi!
Chissà per quale miracolo o forza sovrannaturale, raggiunsero i loro posti sani e salvi, del tutto illesi. Emma si lasciò cadere sulla piccola sedia dietro di lei e cercò di massaggiarsi i piedi, provocando una risata di Killian.
Avrebbe voluto vedere lui al suo posto, con quelle trappole infernali ai piedi! E allora sarebbe stata lei a ridere!
Stupido di un pirata.
Poco dopo il loro arrivo, Flynn entrò a passo di marcia. Indossava un completo simile a quello di Killian ma a differenza di questo, un piccolo giglio era appuntato sul suo taschino destro. Emma notò l’agitazione e il panico nei suoi occhi e non poté fare a meno di sorridergli. Non aveva assistito a molti matrimoni nel corso della sua breve esistenza, ma riusciva benissimo ad immaginare l’ansia che assaliva gli sposi poco prima della celebrazione.
« Allora Flynn, sei pronto? » chiese cordialmente, cercando di rassicurarlo. Flynn la guardò con i suoi occhi da cucciolo spaventati e annuì, non troppo convinto. Killian gli picchiettò la spalla con l’uncino.
« Andrà tutto bene, Flynn! Adesso muoviti, gli invitati stanno arrivando! » gli disse e lo spinse verso l’altare. Emma si guardò intorno. In effetti, un gruppetto di persone si stava incamminando verso di loro, seguiti da tanti altri. Questa volta, la Regina non aveva badato a spese e aveva invitato tutto il regno. Emma non poté fare a meno di notare come lo sguardo di Killian vagasse, scrutando ogni invitato. O meglio, ogni invitata.
« Ahi! Dannazione, Swan quei cosi fanno male! » disse Killian massaggiandosi il piede che Emma aveva, “accidentalmente” pestato.
« Scusa caro, volevo solo farti notare che non sei solo e ci sarei anch’io qui. » disse acida e spazientita con le braccia incrociate.
Killian si aprì in un sorriso, uno di quelli maliziosi e maledettamente belli che riservava solo a lei e che ogni volta le toglievano il respiro.
« Oh non sarai mica gelosa, vero? »
Emma lo scrutò pensierosa, gli occhi verdi ridotti a fessure.
« Andiamo, Swan! Sai che ho occhi solo per te da un bel po’ di tempo ormai… È un record se lo si paragona agli standard dei pirati…  »
Alzò un sopracciglio, fingendosi totalmente indifferente a quelle parole che in realtà, le avevano riscaldato il cuore.
« Bene! » disse avvicinandosi e poggiando la fronte contro la sua.
« Perché altrimenti avresti dovuto vedertela con qualcuno di molto molto pericoloso»
Killian si scostò un attimo e la guardò interrogativo.
« Sai che ultimamente io e tuo padre abbiamo fatto amicizia vero? Credo di cominciare a piacergli… » disse pensieroso, lasciando vagare lo sguardo alle sue spalle.
Emma scoppiò a ridere.
« In realtà stavo pensando a questo… » disse gentilmente pestandogli ancora il piede.
« Ahia! Va bene, allora dovrò ricordarmi di non farti mai arrabbiare se indossi quei cosi… com’è che si chiamano? »
Emma continuò a ridere.
« Tacchi, Killian. Si chiamano tacchi e credo proprio che da oggi in poi non li dimenticherai più… »
Killian annuì e la strinse a sé. Poi, con una mossa svelta, le sciolse i capelli che le rimbalzarono morbidi sulle spalle.
Emma  lo guardò incredula e gli diede un pugno spazientita e arrabbiata.
« Ma sei scemo! Sai quanto tempo mi ci è voluto per fare quell’acconciatura? »
Killian si strinse nelle spalle.
« Stai meglio così. A proposito, Swan: sei bellissima. Una vera principessa…»
Emma dovette controllarsi per non rispondergli male e tirargli un altro pugno. Strinse le mani lungo i fianchi. Non riuscì a rispondergli come avrebbe voluto perché proprio in quel momento cominciò a suonare la marcia nuziale. Si limitò a pestargli il piede un’altra volta, sorridendo alla smorfia di dolore che si dipinse sul suo viso.
Oh, non li avrebbe mai dimenticati, ne era sicura.
 
 
La marcia cominciò. Questa volta la sentì bene, forte e chiara. Strinse più forte il piccolo mazzo di fiori che aveva in mano. Il suo nuovo abito le svolazzava intorno e le solleticava le caviglie. Aveva deciso di non indossare nessun velo. Non voleva che qualcosa le impedisse di vedere chiaramente l’uomo che la aspettava all’altare. I capelli le ricadevano morbidi sulle spalle, intrecciati finemente con piccoli gigli. Continuava a camminare con sguardo fiero e un sorriso sulle labbra. I suoi occhi non si staccarono neanche per un secondo dai suoi e probabilmente ad un certo punto si ritrovò persino a correre per raggiungerli.
Vide le sue stesse paure, i suoi stessi timori all’interno di quei occhi. Ma allo stesso tempo, scorse speranza e la bellezza di un futuro felice. Ma soprattutto vi scorse amore. Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno.
 
 
I più forti, sono coloro che non sono mai stati protetti..
Adesso, mentre osservava il profilo perfetto dell’uomo accanto a lei, i suoi occhi ormai sereni, il suo sorriso e la barbetta ispida le vennero in mente quelle parole. Non si ricordava dove le avesse sentite, né chi era stato a pronunciarle. Sapeva solo che l’avevano segnata, marchiata a vita. Durante i suoi mesi più bui, a casa di famiglie affidatarie e perfino in prigione continuava a ripetersi quelle parole in una lenta cantilena, per convincersi che ce l’avrebbe fatta, che avrebbe superato qualsiasi cosa, che avrebbe vinto.
Di sicuro non avrebbe mai immaginato di scoprire che i suoi genitori fossero in realtà Biancaneve e il Principe Azzurro o che un giorno avrebbe assistito al matrimonio di Flynn e Raperonzolo, un ladro e una Regina, stringendo la mano di Capitan Uncino.
Sorrise pensando a quanto fosse surreale quella scena, eppure irreparabilmente vera.
Lei non era mai stata protetta. Durante tutta la sua infanzia continuava a sognare che prima o poi, qualcuno sarebbe venuto a prenderla e l’avrebbe portata a casa, al sicuro. Sognava una di quelle case con il tetto spiovente e un grande giardino. Sognava un cane e un letto caldo dove rifugiarsi. Sognava solo un po’ di amore, un po’ di conforto.
Ma niente le era stato concesso, nessuno le aveva mai preparato la merenda o l’aveva mai consolata quando tutto diventava buio. Lei aveva imparato a convivere con le sue paure, con i suoi mostri e piano piano era diventata più forte di loro. Continuava a rialzarsi ad ogni caduta, più forte di prima. Dopo tutto ciò che era successo con Neal, anche quell’unica parte di lei ancora ingenua e sognatrice, si era trasformata. I muri erano cominciati a crescere, mattone dopo mattone, anno dopo anno. E dopo undici anni di fatica e lavoro, tutto era crollato.
Adesso, mentre guardava quei due giovani innamorati, promettersi l’amore eterno non poté non pensare a quanto fosse cambiata la sua vita.
Per la prima volta in vita sua, adesso aveva una casa dove fare ritorno. Una casa dove sicuramente tutti erano in pensiero per lei, dove suo figlio la aspettava.
Adesso aveva una famiglia che la amava. Aveva una madre e un padre e persino un fratello.
Adesso aveva qualcuno al suo fianco, con cui condividere i suoi dolori, qualcuno che sarebbe stato sempre pronto a tirarla su di morale. Strinse un po’ la sua mano, per fargli capire che lei era lì, che avrebbero affrontato ormai qualsiasi cosa, insieme.
Per la prima volta in vita sua si sentiva protetta e amata. E se questa non era forza, allora non aveva la minima idea di cosa potesse essere.
 
 
 
« Stai scherzando? Non è possibile…»
« Ti dico di sì, Emma! Lui viveva qui! Per una volta, fidati di me! »
« Io mi fido di te, Killian! Ma non riesco a capire come sia possibile! Lui viveva a Storybrooke! »
Killian, spazientito, continuò a camminare e trascinare Emma per i boschi. Se non ci credeva, gliel’avrebbe mostrato. E poi, finalmente, sarebbero tornati a casa.
Arrivarono in una piccola radura, poco distante dal castello di Raperonzolo. Proprio al centro, c’era un piccola casetta con il tetto spiovente. Si avvicinarono ed Emma notò che non era messa tanto bene. Le finestre erano rotte e sbarrate con delle tavolette di legno, i fiori che un tempo decoravano il giardino erano spariti, lasciando il posto ad erbacce e radici. E tutta la facciata era piena di crepe, la vernice della porta scrostata.
Killian, con un colpo dell’uncino, scassò la serratura ed entrò. La porta emise un sordo cigolio ed Emma rabbrividì involontariamente stringendosi il mantello sulle spalle. La casa era piena di polvere e ragnatele e sembrava abbandonata da un bel po’ di tempo. Le assi del pavimento scricchiolavano sotto i loro piedi.
« Saliamo, la sua stanza è sopra » disse Killian, indicando le scale. Emma annuì e lo seguì. Più cercava di non fare rumore, più il legno cantava sotto i suoi piedi.
« Sta’ attenta, le scale possono essere marce » la ammonì Hook.
Cominciarono a salire, silenziosi come dei gatti. Non volevano disturbare la quiete di quella casa, non volevano spezzare l’equilibrio precario che continuava a reggerla in piedi. Credevano che se anche avessero fatto un piccolo rumore, tutta la casa sarebbe crollata e con essa anche la speranza di ritornare a casa.
Il pianerottolo superiore si apriva su un lungo corridoio che terminava con una piccola porticina in legno.
Si incamminarono e aprirono piano la porta.
« Visto?! Che ti avevo detto?! Oh, Swan come devo fare con te? »
Emma non lo sentì neanche, troppo occupata ad ammirare lo spettacolo che aveva davanti. File e file di cappelli. Cappellini, cilindri, visiere. Qualsiasi genere di cappello era lì e riempiva ogni angolo di quella piccola stanza.
Killian aveva ragione.
Jefferson aveva abitato veramente lì.
 
 
« Ok Killian, per la milionesima volta, avevi ragione. Mi dispiace aver dubitato di te, come potrai perdonarmi? »
Emma stava per perdere la pazienza. Quell’uomo era un bambino, un bambino a cui piaceva giocare e prenderla in giro.
« Mmm Swan, io un’idea ce l’avrei… » disse ammiccando verso di lei e fissando le sue labbra.
« Piantala! Troviamo questo dannato cappello e torniamocene a casa! »
Erano circondati da migliaia di cappelli e non tutti avevano proprietà magiche. Ma come avrebbero fatto a capire quale fosse il cappello giusto?
Emma cominciò ad esaminare un piccolo cappellino di paglia, chissà forse di Grace.
« Come facciamo a capire qual è il cappello? »
« Non guardare me! Non sono io quello con i poteri magici qui dentro. Ma sai ho sentito che la magia attira altra magia… »
Emma gli lanciò un’occhiataccia. Dovevano darsi una mossa, altrimenti sarebbero rimasti nella Foresta Incantata per sempre.
Chiuse gli occhi, distese le braccia e si concentrò.
Sentì la magia scorrerle dentro, in tutto il corpo, desiderosa di uscire fuori ad un suo solo comando. E lo fece, Emma lo fece. Riuscì a controllarla, quella forza misteriosa che aveva dentro dalla nascita. Schioccò le dita e le piccole lucciole rosse riapparvero.
Killian fischiò ed Emma riaprì gli occhi, soddisfatta del suo lavoro.
« Per favore, indicateci come tornare a casa! »
Non appena Emma finì di parlare, le piccoli scintille si mossero per tutta la stanza frenetiche, tremanti, velocissime. Emma e Killian non riuscivano a capire dove fossero finché, dopo alcuni secondi si posarono su un piccolo berretto, nascosto in un angolo della sala. Emma si precipitò a raccoglierlo. A prima vista sembrava un cappello come tutti gli altri, anche più anonimo.
Emma e Killian si fissarono negli occhi.
Era giunto il momento di ritornare a casa.
 
 
« Mandateci vostre notizie! Emma, lo farai vero? Oh, sono così triste che dovete andare proprio ora… »
Emma annuì, desiderosa di allontanarsi il prima possibile da quel castello. Non che Raperonzolo e Flynn non le stessero simpatici, anzi. Con il tempo, aveva imparato a voler bene anche a loro. Ma lei detestava gli addii, soprattutto se sapeva che sarebbero stati definitivi. Ma chi poteva dirlo?
Abbracciò ancora una volta la giovane regina e le promise che sì, le avrebbe mandato sue notizie in qualche modo e sì, avrebbe portato i suoi saluti a suo padre e sì, l’avrebbe invitata al suo matrimonio…
Aspetta, cosa?
« M-matrimonio? » balbettò imbarazzata, cercando di evitare lo sguardo di Killian, poco lontano da loro, intento a salutare il suo amico d’infanzia.
Raperonzolo annuì estasiata.
« Oh sì, Emma! Adoro i matrimoni! E poi, voi due siete perfetti insieme! »
« Qualche settimana fa non avresti detto la stessa cosa » mormorò Emma tra i denti. Si limitò a sfoggiare il suo sorriso migliore e ad annuire. Poi si incamminarono verso i ragazzi.
« Emma, mi raccomando, tieni d’occhio Kill! » le disse Flynn, mettendo un braccio sulla spalla di sua moglie.
« Tranquillo Flynn, è in buone mani! » disse Emma, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans e sorridendo ad un, alquanto imbarazzato, Killian.
« Bene, è il momento. » sussurrò Emma.
« Grazie Killian per tutto ciò che hai fatto per me, so quanto ti sia costato lasciare tutto e partire e non lo dimenticherò mai. La nostra amicizia è più forte di qualsiasi altra cosa, perfino del tempo. Quindi quando hai bisogno di me, io ci sarò sempre… però magari la prossima volta avvisa Emma prima di partire! » Flynn le fece l’occhiolino. Killian annuì in direzione del suo amico. Gli occhi un po’ lucidi.
« E grazie anche a te Emma perché senza di te, probabilmente adesso Hans sarebbe ancora a piede libero. Ma, soprattutto, grazie per aver riportato indietro il mio amico, Killian Jones, non Capitan Uncino… lui, chissà per fortuna o no, non l’ho mai incontrato. »
Emma strinse Flynn in un ultimo abbraccio. Quell’uomo, per quanto viziato e insopportabile, era riuscito ad entrare anche nel suo cuore.
« Non vi dimenticheremo! È grazie a voi che, adesso siamo insieme! » disse Raperonzolo, prendendo la mano di Flynn.
Adesso era giunto veramente il momento.
Scambiarono un ultimo sguardo con i loro amici, nuovi e vecchi. Neanche loro li avrebbero dimenticati, questo era certo. Poi Emma estrasse dalla sacca il cappellino e lo posizionò per terra.
Prese la mano dell’uomo accanto e lei e gli sorrise.
A quel contatto, le fiammelle fuoriuscirono, più rosse che mai. Emma sorrise anche a loro. Ormai, le stavano diventando simpatiche. Facevano parte di lei, dopotutto.
Cominciarono a girare intorno al cappello, sempre più veloci, sempre più veloci…
Finché un vortice arancione si aprì sotto di loro.
Ed Emma e Killian saltarono.
Insieme.  
 
 
Atterrarono sulla sabbia.
Emma si alzò in piedi, trascinando Killian con sé.
« Ce l’abbiamo fatta! Ha funzionato! »
« Swan, dubiti ancora dei tuoi super poteri? E poi te l’ho detto, insieme siamo una bella squadra! »
Emma sorrise.
Ecco perché era tornata a cercarlo, ecco perché si era imbarcata in un altro viaggio verso l’ignoto.
Loro due, per quanto impossibile e impensabile fosse, erano una bella squadra.
« Andiamo, voglio riabbracciare Henry! »
« Sì anch’io non vedo l’ora di rivedere tuo padre, mi è mancato troppo! »
« Smettila, Killian! È un uomo sposato! » disse Emma trattenendo a stento le risate.
Si precipitarono verso il piccolo appartamento dei Charmings.
Emma bussò questa volta, per evitare qualche altra figura imbarazzante come quando lei ed Henry li sorpresero nel letto a coccolarsi alle tre di pomeriggio!
Tuttavia nessuno rispose.
Prima che potesse suonare il campanello, Uncino le bloccò il polso.
« Aspetta Emma! Forse è meglio che io vada… insomma è la tua famiglia. Io non c’entro, non voglio essere d’intralcio. E poi, scherzi a parte, credo di aver perso tutti i punti che mi ero guadagnato con questa partenza improvvisa… »
Emma lo guardò silenziosa, chiedendosi dove diavolo andasse il pirata malizioso e irritante in momenti come quello.
« Killian stai blaterando! Non è un gioco, non ci sono punti. Io non sono un premio chiaro? E poi, anche loro erano preoccupati per te! Si chiedevano cosa ti avesse spinto a… - ingoiò quell’improvviso malloppo che le era salito in gola e voltò lo sguardo da un’altra parte – a lasciarmi…»
« Emma mi disp…»
« Va tutto bene, Killian. Adesso so perché l’hai fatto, so che hai avuto delle motivazioni valide ma non farlo mai più. Niente più segreti, ok? »
« Niente più segreti » annuì lui, carezzandole lievemente la guancia.
Emma appoggiò lievemente le labbra sulle sue. Un piccolo tocco, un soffio. Poi si voltò e suonò il campanello.
Sentì dei passi avvicinarsi.
Prese la mano dell’uomo accanto a lei e la strinse.
« Ah, Killian, un’altra cosa… Non arrenderti mai con me Killian e soprattutto
non lasciarmi. »
« Non lo farò Emma, te lo prometto. »
 
 
« Mamma! »
Henry aprì la porta e si fiondò tra le sue braccia. Il suo piccolo ometto. Quanto era cresciuto, da quanto non lo vedeva?
Lo strinse di più a sé e inspirò il suo profumo di cannella, vaniglia e casa.
« Henry, mi sei mancato! »
« Anche tu! »
« Emma! » dissero in coro i suoi genitori, precipitandosi ad abbracciarla. Inutile dire che in quei giorni non avevano fatto altro che preoccuparsi. Non ricevevano sue notizie da quando era partita.
Killian restò sul ciglio della porta. Nonostante quello che aveva detto Emma, si sentiva ancora fuori posto e terribilmente a disagio. Dopotutto era stato lui a spingere Emma ad intraprendere questo folle viaggio! Se non fosse stato per i suoi nuovi istinti eroici, Emma non avrebbe rischiato la sua vita.
Solo al pensiero che sarebbe potuto succederle qualcosa a causa sua rabbrividì.
« Killian! »
Il suo nome lo distrasse dai suoi pensieri. Poco dopo si ritrovò tra le braccia un ragazzino alquanto felice di rivederlo.
« Hey, amico! » disse scompigliandoli i capelli, leggermente imbarazzato.
« Allora Emma, ce l’hai fatta! Hai dovuto tirarlo per le orecchie? » sogghignò suo padre.
Emma sorrise e incrociò le braccia.
« Possiamo dire che è tornato di sua spontanea volontà… » commentò divertita.
« Sono così felice! Dovete raccontarci tutto! »
Henry saltellò da una parte all’altra intorno a sua madre e al pirata.
« Henry, sono appena tornati. Probabilmente vogliono riposarsi… perché non andate a casa? » disse Mary Margaret apprensiva. Lei se ne intendeva di viaggi e riusciva a capire bene sua figlia.
« MARY MARGARET! » gridarono in coro Henry e David.
« Doveva essere una sorpresa! » continuò il ragazzino.
Mary Margaret si portò la mano davanti alla bocca, imbarazzata.
« Ops! »
Dall’altra stanza, un bimbo cominciò a piangere.
« Ecco bravi, adesso avete fatto svegliare anche Neal! » continuò Biancaneve stanca.
« Scusate, ci volete spiegare cosa sta succedendo? Henry, cosa avete combinato? »
David scambiò uno sguardo con il nipote e gli fece un piccolo cenno con il capo. Poi Emma, Killian ed Henry si ritrovarono fuori dall’appartamento, diretti verso la loro nuova casa.
 
 
« Henry, perché stiamo andando lì? Non dirmi che… »
Il ragazzino continuava a sorridere, ignorando le sue domande. Emma si stava seriamente preoccupando. Killian, dal canto suo, si limitava a seguire Emma e suo figlio, senza capire perché si stessero dirigendo di nuovo verso la spiaggia.
Infine, il ragazzo si fermò di fronte ad una bella casa bianca.
« Venite! »
Killian guardò Emma spaesato. Che ci facevano lì?
« Beh, quando tu eri via, io ed Henry ci siamo occupati di trovare la casa perfetta, sai visto che rimarremo a Storybrooke… Io non volevo una casa sulla spiaggia ma sai, questa è veramente bella! Così l’abbiamo acquistata! Il problema è che è completamente vuota, non c’è niente, non possiamo trasferirci subito! »
Henry prese le loro mani e li trascinò verso l’ingresso con quel solito sorriso furbo da chi ha combinato qualcosa ma non vuole ammetterlo.
« Tu dici? » chiese ingenuamente spalancando la porta.
Emma non riuscì a trattenere un “Oh” di stupore.
Era tutto perfetto.
Tutto come aveva immaginato.
Ogni mobile, mensola, quadro. Tutto.
Era la casa che aveva sempre sognato. Il luogo sicuro dove rifugiarsi alla fine di una giornata stancante.
« Henry, è bellissimo! Come hai fatto? »
Henry sorrise, contento che sua madre avesse apprezzato il suo piano.
« In realtà io ho solo dato il nome all’operazione! (Operazione Cavalluccio Marino, se lo vuoi sapere) Tutti gli abitanti di Storybrooke si sono messi all’opera, non appena hanno saputo che avevamo comprato questa casa. Sai, hanno voluto sdebitarsi per tutto ciò che hai fatto, fai e farai per loro… Anche la Salvatrice merita di essere salvata, qualche volta… »
Emma aveva le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto ringraziare tutti, uno per uno, in quel preciso istante.
Si spostò nella cucina e notò un cesto di mele sull’isola centrale. Rosse.
Sorrise.
Continuò a vagabondare per la casa, sfiorando ogni dettaglio, ogni ripiano per assicurarsi che fosse tutto vero.
Si voltò verso Killian che continuava a gironzolare per la casa, dietro di lei, ispezionandone ogni angolo e sorridendo alle foto di famiglia appoggiate su un piccolo tavolino.
« Allora, Capitano, ti piace la tua nuova casa? »
Killian si voltò sorpreso verso di lei. Sorpreso era un eufemismo, in effetti.
« Davvero? Emma, io… »
Emma annuì, testarda.
« Non hai un posto dove stare e non hai una nave per colpa mia. Io voglio che tu stia qui, Killian. » scandì bene le ultime parole, per assicurarsi che il messaggio gli arrivasse forte e chiaro.
Io voglio che tu stia qui. Voglio che tu rimanga. Io ho bisogno di te.
L’uomo si avventò sulle sue labbra, quasi fossero il suo pane e la sua vita dipendesse da quello.
Quando si staccarono per riprendere fiato, Emma sorrise.
« Sai che dormirai nella camera degli ospiti, vero? » disse divertita.
Uncino sbuffò.
« Andiamo Emma, dopo tutto quello che abbiamo passato? Non pensi che meriti un premio? » disse sbattendo le folte ciglia, sotto gli occhi da cucciolo.
Henry, che si era volatilizzato nella sua stanza, le ricordò però qualcosa.
« Mammaaa! Geppetto ha avuto qualche problema con il tuo letto, quindi sembra che dormirai anche tu nella camera degli ospiti! »
Killian la guardò trionfante, mostrandole una fila di denti bianchissimi e il suo solito sguardo da sbruffone.
« Dopotutto ho vinto! »
Emma ripensò alle sue parole sull’Isola che non c’è.
When I win your heart Emma, and I will win it, it will not be because of any trickery. It will be because you want me.
Lo squadrò da sotto le ciglia e poi si precipitò nella camera degli ospiti, seguita a ruota da Killian.
« Io dormo vicino la finestra! »
« Oh, andiamo Swan, si vede il mare da lì! Sei ingiusta! Sai quanto mi manca… »
Hai vinto Killian, hai vinto.
Emma sospirò divertita di fronte agli occhi da cucciolo che Killian riusciva a sfoggiare quando gli era più comodo.
« Forse non ti è ancora chiaro che è anche la mia camera, adesso » disse Emma ridendo, incamminandosi verso il bagno. Killian la seguì con lo sguardo.
Non riusciva a descrivere come si sentisse in quel momento.
Felice, innamorato, al sicuro, a casa. Di sicuro non era mai stato meglio.
Sentì il rumore dell’acqua e capì che Emma era sotto la doccia. Spostò lo sguardo sul letto matrimoniale e si distese sulle coperte bianche.
Lui l’avrebbe aspettata, sempre.
Si girò su un fianco e fisso lo spazio vuoto al suo fianco. Ma sì, forse gliel’avrebbe lasciato il posto vicino alla finestra. Dopotutto a lui bastava solamente specchiarsi nei suoi occhi verde prato.
No, non l’avrebbe lasciata mai più.
 
 
FINE
 
 
 
 
Tadaaan! Ecco qui, anche quest’ultimo capitolo. So che sono in un ritardo enorme e mi scuso infinitamente ma queste settimane sono state parecchio impegnative e come forse saprete, scrivere l’epilogo di una storia non è mai facile! Forse avrete notato che, quest’ultimo capitolo è un po’ lunghetto, forse perché non riuscivo proprio a lasciare andare questa storia, un po’ pazza, un po’ folle che mi ha accompagnato per tutta l’estate fino ad oggi. Prima di passare ai ringraziamenti ufficiali di rito volevo fare delle piccole precisazioni:
1) Emma, in questa storia, ha accettato la magia come parte integrante di ciò che è, a differenza della storia reale che stiamo seguendo! (**)
2) Ho voluto riportare le parole di Killian in inglese perché, personalmente, mi suonano meglio, le sento più vere.
Detto questo volevo infine ringraziare tutti voi che avete recensito la storia o l’avete semplicemente aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate ma anche chi ha letto in silenzio.
Mentre scrivevo mi sono divertita, commossa e ho perfino riso con Emma, Killian e tutti gli altri. Spero sia stato lo stesso anche per voi.
Ogni pensiero o critica è ben accetta! So che si può sempre migliorare.
Dopo questo sproloquio mi dissolvo… :)
Grazie veramente a tutti!
Un abbraccio!
Kerri
 
 
 

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