Little Souls

di Demon1901
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- Sam ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





 

Capitolo 1

 

A Sofia non era mai passato per la testa che un giorno sarebbe tornata in quel paese di sua spontanea volontà, ma non si sa mai quello che il destino ha in serbo per noi. Lei, assieme alla sua gemella, si trovava all'aeroporto di Lahore, una città nel nord del Pakistan, e stava aspettando che il loro zio o qualche altro parente venisse a prenderle.

Adesso immaginatevi la seguente situazione: due ragazze sedicenni, uguali per aspetto fisico e con lo sguardo perso nel vuoto che continuano a guardarsi intorno in cerca di qualche volto familiare; una cosa alquanto difficile, dato che erano tornate in Pakistan dopo ben sei anni.

«Sammi, vedi qualcuno?»

«No, ma mi sembra di aver già visto quello lì.»

La maggior parte del tempo, Sofia pensava che sua sorella fosse stupida. Di conseguenza cosiderava tali anche le sue risposte, ma non poteva nemmeno ignorarla, quindi si girò a guardare la persona che aveva appena indicato.

«Ma sul serio?Anche a me sembra di averlo già visto, e sai dove? Nell'aereo! Devi cercare qualcuno fra quelli», le disse indicando una massa di persone.

«Allora sarebbe meglio andare a guardare da vicino.»

Va bene, forse poco fa aveva esagerato col pensare –per l’ennesima volta- che era totalmente stupida, lo era solo parzialmente. Seguì il suo consiglio, e iniziarono a camminare trascinandosi dietro le valigie; mentre si avvicinavano, videro un cartellone con sopra scritto SOFIA AND SAMMAN FARUQ.

«Sammi, di qua.»

«Ma chi è quello? Me lo ricordavo più vecchio, lo zio.»

«Stupida! È ovvio che non è lo zio, probabilmente hanno mandato qualcun’altro.»

«E perchè non è venuto lui?»

«Sarà occupato con i preparativi per il matrimonio.»

Arrivate davanti al ragazzo che reggeva il cartellone, si misero a fissarlo; era bello ed alto, con occhi scurissimi e capelli della stessa tonalità, entrambi in contrasto con la carnagione chiara. «Sofia? Samman?» chiese.

Sam non dava segni di vita e continua semplicemente a fissare il ragazzo, quindi spettava a lei rispondere. «Io sono Sofia», disse presentandosi, «e lei è Samman»

Il ragazzo annuì sorridendo. «Io sono Harun, vostro cugino.»

A quel punto anche Sofì rimase con la bocca aperta. «Harun? Harun quello che...»

Non le lasciò finire la frase. «Sì, sì, proprio quello», rispose sorridendo. «Datemi le vostre valigie e usciamo da questo posto schifoso.»

In quel momento nessuna delle due riusciva a formulare una risposta, perciò lo seguirono in silenzio. La prima cosa che si nota appena si mette piede in Pakistan è il caldo. Più che notarlo, lo si sente; è insopportabile.

La seconda cosa sono la quantità delle persone povere piazzate fuori dall'aeroporto che insistono ad "aiutarti", oppure che semplicemente ti chiedono soldi nel nome di Dio, del Profeta, di tuo figlio, di tua madre, di tuo padre; insomma, qualsiasi cosa è una buona scusa per chiedere l'elemosina. All'inizio Sofia cedette alle loro preghiere e diede un po' di soldi qua e là. Ad un certo punto intervenne suo cugino.

«Non darli più, sono soldi sprecati.»

«Io non la penso così.»

«Non lo fai perchè non vivi qua. Devi sapere che loro sono abituati a chiederli a tutti, e se tu li accontenti non li aiuti per niente.»

«Ma come fai a saperlo?»

A quel punto erano già comodamente seduti in macchina e Samman, in quel caso più sveglia e astuta della gemella, si era seduta accanto ad Harun.

«Sofia, lo capirai anche tu. Se vuoi veramente aiutarli, compra qualcosa da dar loro, perché spendono quei soldi per comprarsi la droga o per qualsiasi altra cosa inutile.»

Si arrese facilemente; non poteva dargli torto, soprattutto perchè non sapeva come funzionava lì e quindi non poteva sostenere nessun tipo di discussione.

Harun le informò che per arrivare a casa avrebbero impiegato circa tre ore. Per non annoiarsi Sofia si sforzò di ricordare qualcosa della sua infanzia e chiedergli qualcosa.

«Allora, dove stiamo andando esattamente?»

«Gujrat», rispose.

«Oh! E com'è Gujrat? È bella?»

Subito arrivò anche la domanda di Sam. «Gujrat non è in India?»

«Samman», iniziò Harun, ma venne subito interotto dalla sopracitata.

«Ti prego, chiamami Sammi o Sam.»

«Va bene. Allora Sam, devi sapere che il Gujrat che si trova in India è una regione, mentre quello in Pakistan è una città. E, Sofia... Okay, ti chiamerò Sofì, fra poco sarai tu stessa a giudicarla.» Mentre parlava continua a sorridere.

«Voglio solo dirvi, e prendetela pure come una richiesta, di non soffermarvi sulle apparenze».

Il resto del tragitto lo trascorsero sonnecchiando perché, spossate dal viaggio, non avevano la forza di sostenere altre conversazioni. Dopo quelli che alle gemelle erano sembrati cinque minuti ma che evidentemente non lo erano, Harun le svegliò, informandole che erano quasi arrivati. Guardarono dai finestrini per vedere il paesaggio, ma vedevano solo sabbia, moto e biciclette che andavano in tutte le direzioni; le macchine erano poche e procedevano ad una velocità molto bassa.

«Questa è Gujrat?» chiese Sam, un po’ preoccupata.

Harun annuì. «Prima di dire qualsiasi cosa guardate la vostra casa, per fortuna siamo abbastanza ricchi da poter vivere comodamente», aggiunse per consolarle.

Samman e Sofia rimasero zitte. Avevano immaginato di tutto, ma non un posto come quello! Ovunque guardavano c'era sporco, il traffico non seguiva nessuna logica e Harun continua a dir loro di pensare positivo?!

Volevano ritornarsene all'aereoporto, prendere il primo volo ed allontanarsi per sempre da quella terra.

«Ragazze, vi prego di rilassarvi, non è così terribile come sembra.»

Sofì lo guardò dallo specchietto alzando un sopracciglio. «Davvero? Cosa, esattamente, non è terribile come sembra?»

Il suo tono era ironico e lui non si degnò nemmeno di rispondere. Solo dopo cinque minuti passati a percorrere strade strette ed affollate videro una villa.

«Eccoci arrivati», disse Harun sorridendo.

Davanti al cancello in ferro battuto c'era un uomo ad aspettarli che salutò Harun come se lo conoscesse da sempre. Dopo aver parcheggiato nel cortile, scesero tutti insieme, e le due gemelle rimasero senza fiato. Notarono subito l'immenso giardino che circondava tutta la casa; era pieno di fiori colorati, sotto l'ombra di un albero c'erano dei tavolini e delle sedie. Sofia si girò a guardare Sam, e le lesse la felicità sul viso; già l'immaginava con i suoi libri seduta su una delle sedie, persa completamente nel suo mondo. Sorrise anche lei.

Harun, vedendole finalemente un po' più rilassate, si tranquilizzò e le trascinò dentro la villa.

Notarono subito il cambiamento d'aria; rispetto all’esterno, la temperatura era più bassa di tre o quattro gradi. Sul divano c'era seduta un donna anziana, con vestiti di un colore chiarissimo, il velo in testa e occhiali neri che, appena le vide, grazie a un sostegno, si alzò e venne loro incontro. Sam stava ammirando le decorazioni, cosi fu Sofia la prima che si fece avanti; la nonna l'abbracciò, le baciò le guance, la fronte e, fra una cosa e l’altra, continuò a ringraziare Dio. Sofia lo trovò cosi ridicolo che si mise a ridere, ma la nonna continuò indifferente e fece lo stesso con Samman. Nel frattempo le avevano raggiunte anche altre persone, che furono presentate loro come zii, zie, cugini e infine il nonno. Lui era quello che attirava di più l'attenzione. Solo a guardarlo sembrava la persona più buona della terra; inoltre aveva un modo tutto suo di vestirisi e, appena le raggiunse, fece loro esattamente quello che aveva fatto la nonna pochi minuti prima, ma questa volta il tutto sembrò molto più dolce.

E solo nel suo abbraccio Sofia sentì che poteva affrontare i tre mesi che l'aspettavano.

Dopotutto, se fosse stata in quel suo piccolo palazzo avrebbe vissuto da principessa; e chissà, magari sarebbe anche riuscita a trovare il suo principe.

 


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- Sam ***


Capitolo 2

SAM

 

 

Sam era comodamente semisdraiata in una panchina a dondolo sotto l'ombra di un albero nel giardino con in mano un libro che aveva l’aria di essere stato letto varie volte, circondata dal profumo dei fiori. Le era sempre piaciuto leggere: i libri la facevano sentire viva e rendevano meno noiosa la sua vita. Nella sua mente s'immaginava tutto: i volti dei personaggi, l'ambiente, ogni piccola scena, certe volte pensava che fossero persino meglio dei film: non c'erano parti tagliate o completamente modificate, quello che c'era nella sua testa era come un altro mondo in cui vivere una seconda vita.

Sentiva gli occhi diventare sempre più pesanti e la luce del sole scomparire pian piano, ormai si trovava in quella posizione da ore ma non aveva pensato neanche per un secondo di abbandonare il libro, era assorbita cosi tanto dalla sua lettura che aveva persino dimenticato di trovarsi nella grandissima villa in Pakistan che sinceramente non sapeva nemmeno a chi appartenesse. Era di suo zio? Del nonno? Oppure era di suo padre? Non ne aveva la minima idea e nemmeno le importava finché la lasciavano lì nel giardino da sola con i fiori e i suoi libri.

Proprio in un momento clou della storia, fu interrotta da qualcuno che, tossendo in maniera così esagerata da sembrare ridicolo, cercava di attirare la sua attenzione.

Sam alzò lo sguardo; di fronte a lei si trovava un ragazzo che non aveva mai visto. «Si?» chiese, con una punta di irritazione.

«Sono Qais...» si presentò il ragazzo dopo qualche istante.

«E questo dovrebbe dirmi qualcosa?» ribatté Sam, irritata.

«Probabilmente no. Abito nella casa accanto quindi pensavo di presentarmi, lei come si chiama?»

«Poiché ti sei presentato e io ti ho visto non credi che adesso puoi andartene?» rispose, tornando al suo libro. Il ragazzo però rimaneva ancora lì a guardarla, frustata chiuse il libro con un piccolo tonfo e, dopo aver raddrizzato la schiena, allungò la mano verso il ragazzo. «Sam, piacere di conoscerla Qasim.»

«Qais. Mi chiamo Qais», precisò lui ricambiando la stretta di mano.

«Certo, Qais. Adesso se non ti dispiace posso tornare a leggere?»

Lui annuì sorridendo ma rimase lì a fissarla. Sam inspirò e sbuffò rumorosamente, poi guardò di nuovo Qais, questa volta con più attenzione. Notò che aveva i capelli scuri –come ognuno in Pakistan-, ed era alto e magro; insomma, era come qualsiasi altro ragazzo che aveva incontrato fino a quel momento in quel paese.

«Posso sapere cosa ci fai ancora qua?»

«Perché? Non mi sembra di disturbarla», rispose, con un tono leggermente divertito.

«Invece lo stai facendo, non mi piace essere osservata.»

Qais rimase in silenzio a guardarla per qualche secondo.

«Dovrebbe lasciar ammirare agli altri la sua bellezza, lei è splendida», sussurrò.

Per Sam il ragazzo stava diventando insopportabile: non solo le stava impedendo di continuare a leggere ma se ne stava lì a osservarla e continuava a darle del Lei! Ma chi si credeva di essere?

Sam, esasperata, iniziò a parlare lentamente e con voce minacciosa. «Per prima cosa, nessuno ti ha detto di farmi i complimenti; secondo, smettila di darmi del Lei, sono molto più giovane di te. Terzo, per favore puoi andartene?»

«Non era mia intenzione farla arrabbiare…Sam.»

Prima che la ragazza potesse ribattere, un tocco sulla spalla di Qais lo fece girare e si ritrovò davanti Harun, con un gran sorriso stampato sul volto; i due s'abbracciarono con grande trasporto e dopo aver parlottato fra di loro per diversi minuti di cose e persone che Sam non conosceva, Harun si girò verso di lei per presentarli.

«Ebbene Qais, lei è la mia cuginetta inglese Samman, e....»

«Ci siamo già conosciuti», rispose dolcemente Sam. La semplice presenza di Harun la rilassava fino a renderla la persona più amabile del mondo: con lui le sembrava di essere a casa; si preoccupava sempre per lei e Sofia, le aiutava a capire le usanze e i costumi del posto, le faceva sentire meno diverse, non le trattava come gli altri che, appena le vedevano, iniziavano a cercare collegamenti con l'Inghilterra, continuavano a fare domande e cercavano di intrattenere conversazioni in inglese. Lui era semplicemente lui, Harun.

Qais e Harun avevano ripreso a parlare e questa volta dalla loro conversazione capì che probabilmente non si vedevano da tanto tempo, perciò per non disturbarli ulteriormente Sam s'alzò col libro sottobraccio e, interrompendoli, li salutò cortesemente. «Io vado. È stato un piacere conoscerti Qais.»

Quest'ultimo aveva un' espressione divertita sul volto; si vedeva che i salti d'umore di Sam lo deliziavano e anche parecchio.

Dopo che Sam ebbe fatto pochi passi una voce la richiamò. « Cuginetta! Qais ed io andiamo a mangiarci un gelato, vuoi venire con noi?»

«Veramente non saprei... Sai devo ancora fare molte cose», rispose indecisa Sam.

«Puoi sempre rimandare la lettura del tuo libro Sammy», disse qualcuno con la voce simile alla sua; senza farsi notare Sofia era spuntata in mezzo a loro. «Sono stufa di starmene a casa gemella, non abbandonarmi così», continuò facendo gli occhioni dolci.

«Sofì nessuno ti ha invitata a venire con noi», replicò Sam.

«Certo che può venire anche lei», rettificò subito Harun.

Dopo quindici minuti passati ad informare i famigliari che stavano per uscire, tutti e quattro si ritrovarono nella macchina di Harun, con le gemelle sedute sui sedili posteriori. Il paesaggio che si vedeva dai finestrini non era molto gradevole, le solite case dalle quali si poteva capire la situazione economica della famiglia, grande e maestose quelle dei ricchi e piccole, quasi nascoste da tutto l'ambiente erano quelle dei poveri, sembrava quasi che in quel paese non esistesse una via di mezzo, a tutto questo però Sam non badava più, in quel momento continuava ancora a pensare al libro ma soprattutto a Qais. Chissà cosa avrebbe pensato di lei…era quasi certa che ormai per lui era diventata una pazza lunatica. Insomma, chi risponderebbe male ad uno con quel sorriso, che per di più si presenta come il tuo vicino, per poi diventare subito zuccherosa col proprio cugino?!

Nel frattempo erano arrivati in una gelateria che saltava subito all'occhio, da fuori era decorata da tante piccole luci di vari colori e grandi vetrate che permettevano di osservare l'ambiente interno, si vedeva che era chiassoso, quando entrarono dentro c'era una dolce musica di sottofondo eppure le risate e le parole delle persone erano molto più udibili, per tutto il tempo che passarono insieme Sam continuò a torturarsi con i suoi pensieri, mentre gli altri chiacchieravano e si divertivano. Persino Sofia sembrava rilassata; di solito era timida con gli sconosciuti, ma con tutte le persone che aveva conosciuto in quei pochi giorni era impossibile non lasciarsi andare un po'. Era Harun a guidare la conversazione, chiamando qualche volta in causa Sam, ma vedendola distratta la lasciò in pace. Qais non cercò più di attirare la sua attenzione e solo quando ritornarono a casa l'avvicinò di nuovo per salutarla. «È stato davvero un piacere conoscerti Sam.»

Sam si sentì un po’ in colpa. «Anche per me, e scusami per il mio comportamento di prima; mi capita spesso d'immedesimarmi troppo con i personaggi dei miei libri e odio quando vengo interrotta mentre leggo, per questo ti ho risposto male.»

«Capisco. Ci rivedremo presto. E...» Sam aspettò che continuasse a parlare ma Qais iniziò ad allontanarsi. Si era ormai allontanato di un paio di metri, ma lei sentì comunque le sue parole. «Quel libro ti lascerà molto sconvolta.»

Si girò con quel suo sorriso lasciando Sam senza parole; in quel paese sperduto aveva trovato qualcuno che aveva letto quel libro, e adesso non vedeva l'ora di incontrare di nuovo Qais.

 

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