Close your eyes, your dad is here

di ioanna drysia laine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ioanna Dasia Stark ***
Capitolo 2: *** The fragile, the broken ***
Capitolo 3: *** Coming out ***



Capitolo 1
*** Ioanna Dasia Stark ***


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Close your eyes, your dad is here

Un genio, miliardario, playboy, filantropo, Papà.
Mio padre, Anthony Stark.
I miei genitori, Tony Stark e Maya Hansen.
Mio padre mi portò con se, mia madre rimase a Berna a lavorare come botanica.
Mio padre scelse il nome di: Ioanna Dasia Stark.

Ξ

“Papà, devo parlarti.” La mia voce era preoccupata e anche lui sentendomi si preoccupò a sua volta.
“Voglio iniziare il liceo, ma non da privatista.” Continuai squadrando  il suo volto che emanava un’espressione crucciata.
Quindi?” Rispose sbuffando portandosi una mano tra i capelli accarezzandosi le ciocche castane.
Scuola pubblica papà.”  Sbuffai cercando di convincere quel pezzo di ghiaccio che era.
“Non se ne parla!” Si portò avanti prendendo il quaderno.
Sei il primo che dice di non frenare una persona, e tu cosa fai? La freni. Voglio andare alla scuola pubblica, a quattordici anni sono ridotta a star da sola circondata da gente che non mi piace, gente falsa ed ipocrita. Per una volta vorrei fare le cose a modo mio, non a modo tuo.” Ero avvilita da quella situazione.
Arriviamo a questo compromesso, io ti iscrivo, ma se sento una lamentela uscire dalla tua bocca o da quella dei professori perché vai male ti ritiro. Okay?” Cedette alla mia richiesta e così fu.
Oggi iniziavo il primo giorno al liceo di Malibù, avevo sentimenti contrastanti, da una parte ero felice dall’altra mi sentivo in colpa per aver costretto mio padre.
Mi alzai da letto e scesi di sotto, guardai l’orario e segnavano ancora quelle fatidiche ‘6:04’ dovevo fare tutto in fretta per arrivare in tempo a scuola.
La tazza del caffè era posata sul tavolo e mentre lo mescolavo guardavo il mulinello crearsi nella tazza, ero immersa nei miei pensieri, belli o brutti che erano; ma la mia striscia di pensieri fu bruscamente terminata perché Pepper scese a far colazione.
Come ti senti?” Si leggo i suoi capelli biondi in un chignon disordinato.
Nervosa, dammi delle dritte Pepper, come devo comportarmi?” Chiesi in cerca di qualche argomento.
Come sempre, sii te stessa e non dire a nessuno che sei figlia di Iron Man.” Rispose in un tono ironico.
Dopo aver bevuto il caffè, andai di sopra, il tempo a Malibù era bello, il cielo azzurro e sgombro da nuvole, il riflesso della finestra mostravano una me ancora in abiti da notte.
Pettinai i lunghi capelli corvini che mi avevano fin sotto al seno inesistente, indossai una maglietta a maniche lunghe e un paio di jeans. Alla scuola pubblica ci facevano indossare terribili divise blu notte.
Mi sentivo a disagio e mentre applicavo l’eyeliner dalla porta fece capolino mio padre guardandomi finché non si sedette sul letto.
Pepper mi ha detto che sei nervosa, potevi dirmelo.” Si guardò intorno finché i nostri sguardi si incrociarono grazie allo specchio.
Se te lo dicevo mi rimproveravi.” Finì di fare la coda e infilai le cose che sarebbero servite per affrontare la giornata.
Lo sai perché sono contrario alle scuole pubbliche? Perché ci sono bulli ovunque e ho paura per la incolumità, poi non voglio che ti mettano etichette idiote. Se hai bisogno di me io ci sono.” Scattò in piedi e fece due passi per andare vicino alla finestra e guardare il panorama.
“Tranquillo, mi vieni a prendere oppure vengo con il bus?” Presi con me lo zaino e lo portai in spalla.
“Ti accompagno e ti vengo a prendere io, devo parlare con la preside, ricordi?” Prese le chiavi della macchina e le infilò nella tasca posteriore dei suoi jeans neri come la pece.
“E’ vero!” Dimenticai letteralmente che doveva parlare con Ms. Smith.
Ci sedemmo nell’auto e deposi lo zaino sulle gambe.
Quanti soldi ti servono?” Mormorò irritato.
Dammi cinque dollari.”   Odiavo quando si comportava così. “Dovresti comportarti in maniera più matura, a volte sembra che io sia tua madre e tu mio figlio.” Sboccai guardandolo male.
Entrammo nell’edificio e lì il cuore iniziò a battere tremendamente forte, ci dirigemmo verso la porta della presidenza e una vecchia cicciottella con capelli rossi si presentò a noi con voce stridula.
Io sono la preside Smith, voi siete gli Stark?” Porse la mano a mio padre.
“Sì, io sono Tony Stark e lei Ioanna.” Le strinse la mano freddamente, e io mi sentivo a disagio.
“Sono contenta che lei abbia scelto questa scuola, questo è il tuo primo anno qui?” Si rivolse con uno sguardo freddo come il ghiaccio e in quel momento mi vennero i brividi.
Sì, il primo.” Annuì guardando le pareti spoglie e bordeaux con una foto in centro.
Spero che ti troverai bene, abbiamo il miglior team di professori del paese. Segui qualche corso extra come cheerleading o altra roba del genere?” Certo, in ogni scuola in cui avessi messo piede ognuno si è presentato con ‘abbiamo il miglior team del paese’ e poi si rivelava il contrario. Dopo trenta secondi di silenzio tombale le risposi con un freddo “No!”
 Ci recammo nell’aula, stranamente eravamo puntuali , esatto, perché la puntualità era il tallone d’Achille degli Stark.
Il viso di mio padre aveva assunto un’espressione cupa e preoccupata.
“Allora questa è la classe, dove passerai le tue otto ore scolastiche, a mezzogiorno c’è la pausa pranzo e all’una passa dal mio ufficio per l’orario di domani. Essendo una classe nuova vi do’ il tempo di farvi conoscere.” Ribadì con la sua voce stridula e poi posò la sua mano rugosa sulla porta e bussò.
Signor Armstrong lei è nuova alunna.” Tutti gli occhi erano posati su di me, entrai e mi accorsi che avevo l’orologio difettato perché quello scolastico segnava che ero in ritardo di un quarto d’ora. Per fortuna non era colpa mia.
Mi andai a sedere in un angolo e il professore mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Lei è?” Picchiettò la penna sulla cattedra con fare nervoso.
“Ioanna Stark.” Risposi senza pensare.
Stark?” Puntò la penna alla classe. “Stark come Stark Industries?” sbottò tutto d’un tratto.
“Esatto!” Ero in uno stato di irrequietezza, avevo paura per quello che sarebbe successo dopo.
 
 Ξ

Tony’s pov:
Entrai nella sua stanza e realizzai con dispiacere che lei non c’era, si sentiva in tutta casa la sua assenza. Le sue risate mi riempivano il cuore.
Ecco perché volevo restasse a casa, oppure andasse in una scuola privata. La scuola privata aveva gli orari ridotti, mentre quella pubblica no.
Per la prima volta in quattordici anni mi sentivo triste e solo.

Ξ

Arrivò ben presto la pausa pranzo, la sala immensa e io giacevo in un angolino come un cane in cerca di compagnia, e poi lei una mia compagna di classe si sedette lì, proprio di fronte a me.
“Ciao, ti disturbo?” prese in mano il suo cheeseburger e se lo portò alla bocca.
Certo che no, cercavo proprio compagnia.” Sorseggiai la mia bibita e ben presto ogni paura svanì.
“Quindi sei la figlia del miliardario Tony Stark? E’ un piacere conoscerti.” Porse la mano con unghie smaltate perfettamente in un rosa confetto.
Sì, comunque, piacere Ioanna.” La strinsi.
“Io sono Olivia Johnson, ero seduta accanto a te.”
Lo so, ti ho vista, ma non sono una tipa che si apre facilmente con gli altri.”
“Tranquilla, neanche io, mio padre è Michael Johnson, il cestita.” Dio, la figlia del più importante cestita americano era seduta qui di fronte e parlava con me, mi sentivo al settimo cielo.
“Anche tu devi andare dalla preside a prendere gli orari?” Chiese cingendo un foglio tra le mani.
“Sì, andiamo insieme?” le chiesi sperando di non essere di troppo.
“Sai, io qui non ho nessuno, mi sono appena trasferita e tu sei l’unica che mi è simpatica in quella di imbecilli.” Anche io mi sentivo così, il problema? Non avevo fatto caso alla ragazza.
“Lo stesso per me.” Ci scambiammo i numeri di telefono e ben presto scoprimmo che avevamo quasi lo stesso orario, io seguivo alcuni corsi di fotografia e lei di chimica e roba del genere.
Scoccarono le due e dieci e i miei occhi grigi scintillarono, mancava un’altra ora e potevo andarmene a casa, ma c’era un’emozione contrastante: quella che mi sarebbe mancata, ed era solo il primo giorno.
Mi sentivo a mio agio perché ero circondata da persone, per fortuna, che mi accettarono per quello che ero, e purtroppo nelle scuole private c’era la concorrenza del ‘mio padremia madre guadagna più di te, quindi io sono migliore di te.’ Ma io non avevo mai fatto queste preferenze stupide perché mio nonno fondò l’azienda nella povertà del periodo.
Io sono la professoressa Giuliana e vi insegnerò la lingua che avete scelto: l’Italiano.” Ero terrorizzata dal fatto che io di Italiano non spiccicassi parola, sapevo che si trovava in Europa ma non sapevo la lingua, la cultura la conoscevo più o meno per i libri che avevo letto. Esatto, io divoravo libri, non li leggevo.
“Allora partiamo con le basi: i saluti. Quali saluti conoscete?” Continuò ella scrivendo sulla lavagna alcune cose che per me erano insensate, poi posò sulla cattedra gli occhiali neri e spessi e con il dito cercò qualcuno da interrogare all’istante. “Chiamo, te, ragazzi in fondo, tu con i capelli biondi.” Per fortuna non ero bionda e avrei evitato una figura di merda colossale. “Cosa conosci della lingua Italiana?” Chiese giocherellando con la collana di perle che aveva al collo.
“Ciao e Pizza!” la ragazza parlò con tono misto ad insicurezza e calma profonda.
“Già è un passo avanti. Lasciamo questo a parte e iniziamo a presentarci.” Scelse il primo dell’elenco, fino ad arrivare a me.
Terrore negli occhi.
“Mi chiamo Ioanna.” L’unica cosa che sapevo, non avevo recepito il resto perché lei parla la lingua troppo velocemente per un’esperta come me.
Per fortuna mi salvò la campanella, era l’ora di tornare a casa.
Prima di varcare la soglia e lasciarmi la scuola alle spalle salutai Olivia e mi avviai verso la macchina di mio padre, già a distanza capì che non era affatto contento.
Tesoro mio, com’è andata?”Disse con tenendo il broncio.
Bene, ho conosciuto la figlia di Michael Johnson e, come noti, sono ancora viva nonostante mi hai portato sfiga per tre mesi.” Gli risposi con un tono acido.
“E poi?” Continuò tenendo le mani ben salde al volante della macchina di lusso.
“E poi, fammi pensare, ho rischiato di fare una figura di merda perché non so’ l’Italiano, bello eh?!” Replicai aggiustandomi i capelli.
Mise in moto l’auto “Ho un appuntamento con gli altri e non ho tempo di accompagnarti a casa.” Pronunciò quelle parole fatidiche, io mi sentivo a disagio tra i supereroi e un semi dio. Ma non lo capiva.
“Potevo prendere il bus!”Sbottai appoggiando il gomito al finestrino tenendo il palmo sulla guancia.
Non fare così, anche io non voglio andare? Lo sai perché noi abbiamo un legame.” Proferì con voce stupida e stridula.
“Ma va a quel paese!” Dissi tra i denti.
                                                                        SHIELD
“Benvenuto allo Shield signorina Stark.” Fury dal vivo metteva in soggezione.
Grazie!” Il tono acido non mancava mai quando facevo le cose contro voglia oppure quando mi costringevano a farle.
Potete accomodarvi nella sala.” Strascicai i miei piedi fino a quella maledetta stanza zeppa di supereroi.
-Meno male che non siamo andati a New York e loro sono venuti qua.-    pensai tra me e me.
Iniziarono la riunione e io mi addormentai da brava persona interessata a quei fatti, solo dopo il mio sonnellino mi accorsi che tutti mi guardavano e mio padre era diventato rosso dall’imbarazzo.
Che c’è? Sono stanca e non mi interessa nulla dei vostri poteri o di come gestire la rabbia per non diventare un mostro verde.” Mi addirai.
“La piccola Stark è più acida del signor Stark.” Rispose stupefatto Occhio di Falco.
Quell’uomo mi dava leggermente ai nervi e con quelle dannate frecce gli avrei cavato gli occhi.
“Dovevo lasciarti a casa.” Si imbestialì mio padre tirandomi un leggero ceffone dietro la testa “A casa facciamo i conti!” Chinò la testa per bisbigliarmi la frase nell’orecchio.

 Ξ

“Quante volte ti ho detto che devi fare la persona educata quando io lavoro?” Gridò e mi alzò le mani, per fortuna Pepper assisti alla scena e lo fece calmare.
Cosa ho fatto di male con te? Sei in punizione e non farti vedere più da me anche se abitiamo nella stessa casa evitami finché non metti quella testa a posto.” Continuò sbraitando.
Le tende cremisi davano alla stanza un’atmosfera lugubre, accesi la lampadina e mi stesi sul letto lasciandomi andare, le lacrime solcarono il mio viso come un fiume in piena.
Come potevo aver detto una cosa del genere? Come? Mi vergognai di quelle parole.
Volevo addormentarmi al più presto ma la mia attenzione fu catturata da quella foto, era il mio primo compleanno e le sue labbra erano dolcemente appoggiate sul mio viso e io sorridevo.
Adesso ci parlavamo solo per parlarci e il nostro rapporto si spezzò definitivamente quella sera, dovevo riconquistare la sua fiducia, ero convinta che lui mi odiasse. Come avevo potuto? Era l’unica figura che avevo accanto, speravo almeno di non perdere Pepper.
Le mie dita segnate da inchiostro per via degli appunti e dalle lacrime cingevano una foto assieme, e poi dalla mia bocca uscirono delle parole. “Scusa papà.”
 
 
Angolo autrice:
Allora, ho modificato la storia e spero di essere stata attenta a non far errori grammaticali,
spero di aver dato un po’ di spessore ai personaggi e non quell’aura tutta rosa e fiori come nella
vecchia fan fiction, spero di scrivere il seguito al più presto cari fans degli Avengers, e un grazie a quelli che recensiranno e a quelli che leggeranno.
SCUSATE soprattutto per la grammatica, ma io a scuola l’ho fatta pochissime volte, e per quelle pochissime volte non abbiamo mai  approfondito più di tanto.

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Capitolo 2
*** The fragile, the broken ***


                                                                                                The fragile, the broken.


La giornata iniziò nei peggiori dei modi, mi sentivo fragile e impotente.
Se potevo rimanere a letto, rimanevo. Ma purtroppo avevo scuola.
Mi alzai come sempre, aprì le tende e scoprì che il cielo era grigio proprio come i miei sentimenti, feci tutto di sopravoglia e poi mi avviai verso scuola. Niente, nessun buongiorno, non mi aveva considerato e io stavo malissimo.
Attraversai la strada, e una macchina mi arrivò addosso, perché ero stesa? Cosa era successo? La folla gremita era intorno a me.

Ξ

Tony’s Pov:
poi quella notizia e il mio cuore smise di battere per un po’, abbracciai Virginia in preda alle lacrime mentre tenevo saldo il telefono nella mano. Ero distrutto.

Ξ

Per fortuna non  è un caso grave.” Disse una dottoressa.
Paura totale, volevo ritornare a casa.
E poi riconobbi quel profumo, il suo.
“Papà?” la voce era flebile e piatta. “Non avevi detto che ti dovevo stare alla larga? Quella è la porta, se per te sono un peso puoi andartene, non preoccuparti di me, me la vedrò da sola.” Gli indicai la porta della stanza.
Idiota, io rimango accanto a te, non mi importa nulla del resto e delle mie parole, le ho dette in preda ad un raptus di rabbia. Sei pur sempre il sangue del mio sangue e questa difficoltà la supereremo insieme. Niente Iron Man, niente Avengers per un po’.”  Affermò stringendo la mia mano al suo petto.
Schiusi gli occhi e vidi le pareti vuote e immacolate, troppo bianche, la luce della finestra colpiva la porta dando un tocco di colore, poi girai lentamente il capo per vedere se era vero, la sua testa era appoggiata sul materasso sgualcendo le lenzuola bianche.
Mi riempì di gioia, pensavo che mandasse Pepper e invece, era qui.
“Papà, quando uscirò?” domandai mentre cercavo un appiglio per sedermi.
“Dopo che ti opereranno alla caviglia perché te la sei rotta!”  replicò prendendo il telecomando e alzando lo schienale del letto ospedaliero.
Mi ero rotta la caviglia e io non avevo dolore “quando mi opereranno?” pregai a mio padre di dirmelo “domani mattina.” Il mondo crollò su di me, io avevo una paura folle degli aghi.
Poi mi riaddormentai tranquillamente, come se non fossi mai stata sveglia.

 Pepper’s pov:
Non vedevo Tony così distrutto da tempo,  quell’uomo era una corazza di ferro difficilmente inespugnabile, ne aveva passate di tutti i colori: dipendenze da alcol e droga, lo vedemmo distruggersi bicchiere dopo bicchiere, ago dopo ago. I suoi occhi a quei tempi erano spenti e la sua personalità ebbe ripercussioni sul mondo interno, su suoi genitori che lo lasciarono al suo destino, sua figlia che era troppo piccola per capire, non poteva capire perché stringeva il suo braccio in un laccio emostatico, non poteva capire ciò che significa il suo bicchiere di whisky. E poi dopo dodici anni che incominciò, capì che sua figlia di due anni doveva crescere senza figure e probabilmente marcire in orfanotrofio fino a quando una persona con il cuore d’oro l’avesse adottata. Allora fu lì che decise di andare in rehab e iniziò a prendersi cura di una Ioanna fragile.
Nonostante ogni tanto buttava giù un bicchiere dopo l’altro non aveva più l’idea di ammazzarsi per la solitudine.
Ma non sapeva che il suo comportamento autolesionista ebbe ripercussioni sulla sua reputazione.
I suoi capelli marroni e scompigliati sono poggiati sul braccio della ragazza, entrambi si sono addormentati, Fury è entrato e si è seduto accanto a me.
Una dolce famigliola!” commentò guardando quella scena così dolce, ma anche tanto difficile da capire chi fosse estraneo alle vicende di ieri.
“Signor Fury, ieri Tony e Ioanna hanno litigato pesantemente e Tony le ha detto di stargli alla larga. Poi questa mattina Ioanna è stata investita, e il tipo che guidava la vettura non si è fermato.  Tony è venuto qui in lacrime.” Gli spiegai scuotendo l’uomo per farlo svegliare.
“Ditemi che non è successo nulla alla mia bambina!” si lamentò nel sonno.
Signor Stark, sono venuto a sapere della notizia e sono venuto qui per parlargli.” Fury ribatté tenendo le braccia conserte al petto.
Ditemi pure.” Alzò la testa e si fissarono negli occhi intensamente.
“Bloccheremo il progetto Avengers finché sua figlia non si rimetterà in sesto, stagli accanto il più possibile, lei si merita il tuo amore e hai fatto un grosso errore ieri, Virginia me l’ha raccontato.” Si alzò e spinse dolcemente la sedia di legno verso il muro.
Grazie per il suo supporto, buona giornata.” Si alzò anch’egli e si strinsero la mano e poi l’uomo se ne andò.
“Pep, che ora è?” Domandò cercando un orologio nella stanza.
Le sette meno venti.” Guardai il mio orologio da polso, e poi flebilmente emise un suono “Di già?”
“Tony, ti ricordi dei miei problemi di digestione? Ho scoperto che non è un problema.” Ero emozionata per la notizia che gli avrei dato.
Cos’hai?” Non capì, era confuso.
Sono incinta!” Vidi il suo viso segnato in un bellissimo sorriso.
Aspettate, chi è incinta?” Sibilò Ioanna nel sonno e poi anche lei capì “Oddio, papà avrò un fratello! Sono felicissima!” Continuò mentre due lacrimucce le segnavano le guance piene.
Potevi dirmelo prima!” Allacciò le sue braccia dietro il mio collo e poi posò le sue labbra sulle mie scoccandomi un bacio.
Ho fatto il test oggi!” La nostra relazione era molto privata, poche persone sapevano del nostro legame, tra cui Ioanna, ma lei non si era mai fatta un problema perché in un certo senso le avevo fatta da mamma nel corso della sua vita.
Il giorno fatidico per me arrivò, dovevo sottopormi a quell’intervento per la caviglia.
Datemi un buona fortuna, per favore, ho paura!” Incrociai le dita sotto il grembiule e poi mi misero la cuffietta in testa.
Buona fortuna, piccola Stark!”  Rispose Virginia.
Non far innervosire i chirurghi!” Ribatté mio padre vedendomi scomparire sulla barella.

Tony’s pov:
Non ero così felice da quando seppi che Maya era incinta, ma sapevo che Pepper non mi avrebbe abbandonato.
Ero ansioso, giravo in tondo nella sala d’aspetto pronta a vederla e poi una ragazza che si chiamava Olivia si avvicinò a me “Ioanna come sta?” chiese posando il suo zaino rosa sul pavimento bianco e rovinato.
Non ho sue notizie, ma credo che tra poco dovremmo averne.” Risposi impaziente “Ioanna mi ha parlato di te, positivamente.” Sorrisi sedendomi accanto a lei mentre appoggiavo il mio capo sul muro irregolare con i quadri di alcuni pittori a me sconosciuti.
Signor Stark, sua figlia sta bene, tra poco la sveglieremo e la porteremo in stanza.” Arrivò questa dottoressa bassa e tarchiata.
Grazie.” Replicai.
Dopo dieci minuti eravamo in stanza e lei dormiva ancora beatamente mentre Olivia le era accanto accarezzandole i capelli corvini.
Papà, smettila di giocare con i miei capelli, mi fai male, quando mi sveglierò ti amputo le mani!” Sbraitò per un po’ per ritornare tra le braccia di Morfeo.
Ci scambiammo un’occhiata e scoppiamo a ridere.
Una volta fatta sera potemmo tornare a casa.
Le stampelle mi donano!” Esclamò guardandosi allo specchio.

Ioanna’s pov:
Speravo che tutta la vicenda tra me e mio padre era finita, ma continuò a non rivolgermi parola per più di qualche minuto, tutto ciò mi stava distruggendo piano piano, mi sentivo:
sola;
rifiutata;
arrabbiata;
persa;
ansiosa;
male.
Sembrava che fossi un peso per lui, e probabilmente lo ero.
Figlia di Maya che mi abbandonò per continuare il suo lavoro e lui mi ha cresciuta tra i suoi mille problemi, e forse uno dei suoi problemi ero io.
“Papà, Sali sopra, ti devo parlare.” Lo chiamai e lui arrivò con un pacco di patatine in mano.
“Dimmi!” Si sedette sopra al letto accanto a me e girò la testa per guardarmi in viso.
“Per te sono un peso? Sii sincero.” Gli posi la domanda fatidica, ci guardammo per un po’ e il silenzio tombale calò nella stanza.
 “Non volevo essere così severo con te l’altro ieri, ero arrabbiato con te.” Afferrò le patatine e se ne portò una manciata alla bocca.
Scusa davvero, tu non puoi capire come mi sono sentita.” Risposi con voce cupa.
Poi egli si sollevo e se ne andò in camera sua con Pepper come se non gli importasse nulla.
“Lasciamo perdere, con te è impossibile parlare.” Strillai e chiusi la porta a chiave lasciandomi andare in un cumulo di lacrime.

Tony’s pov:
Sapevo cosa aveva fatto, sbirciai perché sentivo dei singhiozzi e poi si addormentò  tenendo stretto al petto una nostra foto. La amavo, era
pur sempre mia figlia. Anche io mi addormentai con il pensiero che l’indomani mi sarei alzato con la tristezza addosso.

Ξ

“Tony svegliati, mi si sono rotte le acque.” Lo scuoteva per farlo svegliare, ma lui continuava a rigirarsi nel letto.
Si alzò portandosi una mano sulla pancia e si trascinò fino in camera mia; la luce del pc illuminava il mio viso come la luna illuminava l’oceano.
“Ioanna, mi si sono rotte le acque e tuo padre non si sveglia.” Sussurrò facendo attenzione a non far rumore.
Andai a svegliarlo “Papà, ti vuoi svegliare? Non ho la patente e non voglio che Pepper partorisca sul mio letto.” Si levò dal letto e andò a mettersi qualcosa di decente e poi andammo in ospedale.
Alle 05:28 diventò papà di: Luna Stark.
Un bellissimo fagotto con gli occhi azzurri e capelli biondo cenere, le lacrime incisero i loro visi mentre io, io ero messa da parte. Capivo la situazione, ma quando mi avvicinai a vedere la bambina mi guardò malissimo e sentì un vuoto al cuore: mi sentivo veramente sola.
 


ANGOLO AUTRICE:
scusate per la cortezza del capitolo, per le ripetizioni e per aver mischiato i vari punti di vista dei personaggi, ma era per dare del spessore al capitolo (altra ripetizione).
Spero vi piaccia e scusate veramente per gli errori ma come vi ho detto ho dei problemi con la grammatica, ma ciò non mi fermerà, perché scrivere è una mia passione, ma purtroppo lo faccio meglio sui fogli.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito e quelli che recensiranno.
Ps: il titolo è presa dalla canzone ‘Hospital for Souls’ dei Bring Me The Horizon, grazie anche ai My Chemical Romance.

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Capitolo 3
*** Coming out ***


                                                                                                          Coming out
 
Mi sentivo un fantasma, chiedevo aiuto e nessuno mi capiva, a scuola nessuno mi considerava, tranne Olivia.
Nessuno mi considerava, nessuno mi cercava e io volevo solo affetto, Pepper e mio padre erano troppo occupati con Luna, ma nessuno si occupava di me due minuti. Sapevo di essere grande e di badare a me stessa e quella situazione non mi piaceva per niente, così presi il toro per le corna quando mi chiese se potevo riscaldare il latte. In quel momento il latte bollente glielo volevo lanciare.
“Se mi devi parlare di quel fatto ‘tu mi isoli’ e roba del genere, facciamo pace così la smetti. Ok?” Domandò secco senza che io gli rivolgessi parola.
“Non dipende da me, ma da te.” Gli sbottai in faccia lanciandogli il biberon addosso per poi andarmene in camera mia.
“Tu non puoi comportarti così con me, sono tuo padre.” Iniziò a bussare furiosamente alla porta di legno.
“Sei mio padre ma non hai il permesso di comportarti così, sembra che io sia solo l’ombra di Luna. Lo so, è piccola e ha bisogno di attenzioni, ma esisto anche io.” Gridai per poi aprire la porta e sussurrargli un “Sei ancora, qua? Vai a badare a tua figlia! Tanto io sono frutto di un amore falso.”
“Voi due, vi devo parlare, è urgente.” Arrivò Pepper  a calmarci, e continuare con un “Siete padre e figlia, non ci dovrebbero essere tante divergenze, fate pace e non rompete. Non vi sopporto più, la tensione in questa casa la posso toccare per mano.”
Guardai entrambi e chiusi la porta che fece un tonfo.
“Vedi, è impossibile parlarle.” Commentò mio padre in un tono scherzoso.
Volevo scappare da questo posto, sapevo che ero colpa mia, e mi sentivo in colpa, iniziai a prendere la valigia nera e l’aprì “Sarai piena tra poco!” Commentai, iniziai a metterci tutte la mia roba dentro, foto e il computer; la richiusi facendo pressione con il  mio corpo.
“Mamma, arrivo.” Guardai l’orizzonte pensando che ben presto sarei stata da mia madre.
Comprai un biglietto per Berna, il suo indirizzo lo avevo, e arrivata l’aeroporto mi guardai intorno.
Ero veramente sicura di fare quel passo? Scappare di casa?
Ero sicura?
Sì.
Poi sentì un “Ioanna” gridato ed era la voce di mio padre, lo vidi mentre correva verso di me.
“Non farlo mai più, razza di idiota.” Mi puntò il dito in segno di rimprovero.
“Io, parto. Non mi interessa se a te sta bene o no, è una mia scelta, tanto qui non sono la benvenuta. Non sono la benvenuta a casa mia.” Lo respinsi per poi iniziare ad andarmene.
“Non farlo, per favore.” Mi implorò.
Continuai a camminare, poi sentì una mano afferrarmi il braccio.
“Lasciami in pace.” Gli gridai.
“So che mi sono comportato male, ma tu sei importante per me, ma tu sei tutto per me. Se tua madre ci teneva veramente ti lasciava a me? No! Noi siamo cresciuti insieme, io di maturazione però. Non andartene, senza di te non saprei cosa fare, lascerei tutto per trovarti, per difenderti.” Le lacrime solcarono il suo viso.
“Ti voglio bene!” Mi abbracciò e gli bisbigliai nell’orecchio “Anche io, scusa papà.”
Questa storia fu sepolta tra i nostri ricordi peggiori e non ne riparlammo più, eravamo in ottimi rapporti.
Luna cresceva a vista d’occhio, e oggi era il giorno del suo primo giorno di scuola, cioè, asilo.
“Mi raccomando, non tornare a casa con il fidanzatino.” Scherzò Pepper mentre le allacciava un giubbottino rosa shocking che le stava bene.
“A proposito di fidanzati, io ho un fidanzato.” Non ero mai stata così seria in sedici anni di vita.
“Ah sì? Come si chiama?” Ribatté mio padre mentre preparava un caffè per noi.
“Tom.” Sbottai secca preparandomi pane e nutella.
“Ancora con quell’attore?” Rispose Pepper uscendo dalla porta “A dopo!” continuò per poi posare Luna sul seggiolino.
“E chi è questo Tom?” sogghignò tra se e se per poi guardarmi in faccia “Allora?”
“Ma che, è un attore, papà sono lesbica.” Ero veramente seria, non stavo scherzando.
Quando elaborò la risposta alzò il capo verso di me e con un bel “Ehi, lo sapevo.”
“Come lo sapevi?” Gli domandai aspramente sorseggiando il caffè.
“Perché ho sbirciato il tuo diario segreto. Ma non ti preoccupare, puoi stare con chiunque vuoi, donna, uomo, carce- ok, no carcerato, no. Ma hai capito.” Rispose ironicamente.
Ero felice, non gliel’avevo detto per il semplice motivo di non essere accettata.
Arrivò Pepper  “Ha pianto tutto il tempo perché non voleva lasciarmi, e la maestra ha detto che puo’ farle compagnia Ioanna. Domani vuoi andare?” chiese sedendosi sulla sedia per poi dirmi un “Allora? Vuoi andare?”
“Certo, domani me la vedo io, l’accompagno io, faccio tutto io.” Risposi mentre i miei occhi luccicavano dalla felicità.
“Non prendere un palo però, prendi la mia macchina e me la porti intatta!” Esclamò tutto d’un fiato mio padre.
“Quindi domani te la vedi tu, che bello prendersi un po’ di tempo. Tu quando inizi la scuola?” Sorrise Pepper guardando la mia faccia terrorizzata.
“Fine settembre, i ragazzi della mia classe partono per un viaggio in Canada e sinceramente io non volevo andarci.” Sbottai.
Una cosa che odiavo con tutto il mio cuore era il freddo e il Canada non faceva per me, però aveva posti stupendi, ma preferivo rimanere a Malibu’ al caldo e a casa mia, e avevo problemi seri con il Francese.
Qualcuno bussò alla porta e vidi mio padre camminare per il salotto “Mi ero dimenticato di dirti che oggi venivano i ragazzi del progetto Avengers a mangiare qui.” E poi fece un sorriso preoccupato e aprì la porta.
“Tu lo sapevi?” Chiesi a Pepper per poi salutare ogni membro dello shield.
“Sì.” Confermò che io ero sempre l’ultima in casa Stark a sapere le cose.
Andai a prendere la piccola da scuola e la maestra si rivolse a me con un “Sei la mamma?” e seccata ribattei con un “No, è mia sorella.” Presi il suo zaino fucsia e l’appoggia sul sedile anteriore della macchina mentre lei sedeva sul seggiolino dietro di me.
“Allora, com’è andata?” Le domandai guardandola dal specchietto.
“Così così, domani vieni?” Sprizzava entusiasmo da tutti i pori.
“Sì, perché così così?”   Ribattei mentre svoltavo per arrivare a casa.
“Mi sei mancata!” Rispose facendomi gli occhi dolci.
“A casa ci sono i ragazzi degli Avengers, fai la brava!” Le raccomandai, infondo Luna era una bambina calma, ma quando c’erano loro si agitava ed era incontrollabile.
Arrivammo a casa, la presi in braccio e una volta aperta la porta calò il silenzio.
“Ciao mammina!” Esclamò Thor spostandosi il mantello rosso.
“Io sono mamma, ma tu sei talmente vecchio che hai l’età del mio trisnonno.” Sbottai senza pensarci due volte.
“Papà ho paura di quello.” Luna puntò il dito verso Bruce e iniziò a piangere ininterrottamente.
“E’ verde? No! Non devi avere paura, se ci sono io, o papà o Pepper, tu sei al sicuro.” Le dissi teneramente aggiustando la sua coda.
Il pranzo andò bene, Steve diede fuoco al balcone con il barbecue ma arrivò Thor a spegnere il tutto.
Ξ
Il giorno dopo mi svegliai presto, sbadigliando e barcollando per il sonno arrivai in camera sua, la porta di legno e le pareti azzurre mi davano un senso di relax. Mi avvicinai e con le bisbigliai un “Svegliati, ti devi lavare.” Si alzò, il pigiama azzurro e blu notte le andava largo, ma arrivò in bagno senza cadere.
“Voglio le trecce!” Esclamò sciogliendosi la coda di cavallo bionda e porgendomi la spazzola.
Iniziai a passare la spazzola sui suoi capelli mossi e dorati per poi intrecciarli in due trecce.
“Con cosa facciamo colazione?”  Le domandai mentre giravo l’elastico nero.
“Latte e nutella.” Vidi i suoi occhi brillare dalla felicità “E’ vero che rimani con me tutto il tempo? E’ vero?” Insisteva e con un “Vediamo!” La feci contenta.
Facemmo le solite cose e arrivammo all’edificio fatto di mattoni color Siena, chiusi la macchina ed entrammo, l’edificio era immenso e una maestra si avvicinò a me “Sei venuta ad accompagnare Luna?” La sua voce roca mi fece sobbalzare dallo spavento “Sì.” Risposi.
La giornata la passammo a fare cose da asilo, ma quella classe mi metteva ansia, sembrava un carcere, una finestra grande con una tenda scura che non permetteva di illuminare la stanza, per fortuna il tempo passò in fretta e tornammo a casa.
Misi la chiave nella serratura, girai e mi ritrovai lei seduta sul divano che con un gridolino acuto mi disse “Sorpresa!” Perché lei era là?  Non si era mai interessata di me, perché adesso era nel mio salotto?
“Che ci fai qui?” Domandai con un tono acido.
“Volevo vederti, sei cresciuta parecchio.” Asserì lei accavallando le gambe.
“Sai,  non sono più una bambina in fasce, e non ti considero neanche mia madre, mi hai abbandonata per continuare il tuo lavoro, e adesso puoi uscire da casa mia. A mai più.” Ribattei cacciandola, con quale faccia tosta vieni a casa mia?
“Ti deve parlare.” Fece capolino dal balcone mio padre.
“Parla, ma poi lasciami in pace.” Risposi sedendomi di fronte a lei.
“Mi dispiace per averti abbandonato, ma adesso mi sento sola, vuoi venire a vivere a Berna con me?” Chiese sogghignando.
“No, adesso puoi andare a vivere la tua vita, ti senti sola? Potevi pensarci sedici anni fa.” Obbiettai, per poi farle segno della porta, ella si alzò in piedi e scomparii  lasciando un profumo di rose nell’ambiente.
Non avrei mai abbandonato mio figlio per poi ritornare sedici anni dopo a chiedergli se vuole venire con me, certo che la risposta sarà no. Poteva pensarci prima di abbandonarmi.
“Mamma, ho fame, cosa prepari?” Luna strattonava la gonna di Pepper per farsi notare.
“Prendi una brioche, tra poco avrò finito di preparare la purè.” Rimbeccò porgendo la brioche alla bambina.
La giornata passava nei modi più tranquilli, salì le scale e aprì il mio diario “segreto”, che segreto non era ma era un modo per sfogarmi.
“Luna è molto importante per me, senza di lei sarei persa.
Anche se è la mia sorellastra è lei che mi ha salvato la vita in un certo senso,
nonostante la gelosia dei primi mesi per via della litigata con mio padre.
Lei è tutto per me.”

Posai la penna blu sul tavolo e chiusi il quadernetto per poi spegnere la luce.
“Ioanna posso entrare?” Papà bussò alla porta freneticamente.
“Io non ho combinato niente eh!” esclamai pensando al peggio.
“Lo so, non hai fatto nulla però volevo parlarti del fatto di ieri mattina, non immaginavo che facevi coming out buttandola giù così, pensavo che me lo dicevi in un contesto più serio.
Sappi che ti accetterò sempre e comunque, non mi interessa del tuo orientamento sessuale, ti amerò sempre.” Asserì per poi stringermi in un abbraccio forte, mi sentivo finalmente accetta “Quando mi presenti la ragazza?” Ci scherzò su.
“Quando la troverò!” Risposi ridendo.
“Cosa mi sono persa? Un’altra litigata?” Pepper si addentrò nella camera portando il cestino delle robe sporche.
“No, ha fatto coming out ieri mattina, è lesbica!” Sbottò senza un filo di serietà.
“Vivi la tua vita al meglio!” Mi raccomandò lei.

 
 
 
Angolo autrice:
yeah, sono tornata, ecco il capitolo nuovo.
So’ che vado a sbalzi facendo capitoli lunghi oppure estremamente piccoli.
Grazie a chi ha recensito, e a chi recensirà.

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