Pieces of Us

di jomarch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo (parte I) ***
Capitolo 8: *** Settimo Capitolo (parte II) ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono Capitolo ***
Capitolo 11: *** Decimo Capitolo ***
Capitolo 12: *** Undicesimo Capitolo ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo Capitolo ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo Capitolo ***
Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Sedicesimo Capitolo ***
Capitolo 18: *** Diciassettesimo Capitolo ***
Capitolo 19: *** capitolo diciottesimo ***
Capitolo 20: *** Diciannovesimo Capitolo ***
Capitolo 21: *** Ventesimo Capitolo ***
Capitolo 22: *** Ventunesimo Capitolo ***
Capitolo 23: *** Primo Epilogo ***
Capitolo 24: *** Ventiduesimo Capitolo ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventitreesimo ***
Capitolo 26: *** Ventiquattresimo Capitolo ***
Capitolo 27: *** Venticinquesimo Capitolo ***
Capitolo 28: *** Ventiseiesimo capitolo ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventisettesimo ***
Capitolo 30: *** Ventottesimo Capitolo ***
Capitolo 31: *** Ventinovesimo Capitolo ***
Capitolo 32: *** Trentesimo Capitolo ***
Capitolo 33: *** Trentunesimo Capitolo ***
Capitolo 34: *** Capitolo Trentaduesimo ***
Capitolo 35: *** Trentatreesimo Capitolo ***
Capitolo 36: *** Trentaquattresimo Capitolo ***
Capitolo 37: *** Trentacinquesimo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***




Well, I know that it's early
And it's too hard to think.
And the broken empty bottles
Are reminder in the sink.
But I thought that I should tell you
If it's not to late to say.
I can put back all the pieces
They just might not fit the same.


  • Bowling for Soup, When we die-

    *Bene, lo so che è presto,

    e che è troppo difficile da pensare

    e le bottiglie vuote rotte

    sono un promemoria nel lavandino

    Ma io penso che dovrei dirvi

    se non è troppo tardi per parlare,

    che io sono in grado di rimettere insieme tutti i pezzi

    solo, loro non staranno più uniti allo stesso modo.





Novembre 1976


Lily Evans camminava sola per i corridoi del castello di Hogwarts.

I capelli rossi, più lunghi di quanto non fosse di moda, le scendevano dolcemente sulle spalle e i suoi grandi occhi verdi erano fissi sul pavimento di pietra.

Camminava sempre così, Lily, a testa bassa, per evitare di incontrare gli sguardi della gente. Non le piaceva che gli altri la fissassero.

Era oramai pomeriggio inoltrato, le lezioni erano finite e, come spesso capita nei mesi invernali, nonostante non fossero nemmeno le cinque, era già buio pesto.

Lungo la strada incontrò gruppi di studenti che, come lei, stavano rientrando nelle proprie Sale Comuni oppure in Biblioteca, per poter studiare con più tranquillità.

Il carico di libri le faceva rallentare il passo e un incontro col professor Vitious le fece perdere tempo e così, quando giunse alla Torre di Grifondoro, il suo dormitorio, il suo piano di studio per la giornata risultava già modificato.

Non si fermò in Sala Comune come i suoi compagni, non poteva studiare in mezzo a tutto quel chiasso: non solo c'erano ragazzi che, evidentemente liberi da ogni obbligo scolastico, chiacchieravano indisturbati, ma, soprattutto vi era la fastidiosa presenza di Potter e della sua cricca che, attorno al fuoco del camino, fingevano di studiare, impegnati com'erano in realtà, a progettare la loro nuova trovata per far venire l'esaurimento nervoso a Gazza, il custode.

Lily passò oltre, senza udire la chiamata di Remus Lupin, un componente del gruppo, nonché unico membro a cui Lily rivolgeva la parola di sua spontanea volontà.

“Lily! Lily!” la chiamò ancora il ragazzo, alzandosi in piedi.

Lily si girò, quando era già vicina alle scale per salire in camera sua.

“Scusa Remus, non ti avevo sentito.” rispose, accennando un sorriso.

Il ragazzo le si avvicinò, Era alto e dinoccolato e a Lily, piccola e dalla corporatura esile, pareva sempre di doverlo guardare dal basso, tanto doveva alzare la testa.

“Non ti preoccupare. Volevo solo dirti che la McGranitt mi ha consegnato il calendario con i turni di ronda per questo mese. Ne abbiamo parecchi insieme.”

Remus, così come Lily, era uno dei Prefetti della scuola.

A Lily Remus piaceva. Era un bravo ragazzo, studioso, attento, sempre disponibile ad ascoltare gli altri, cercando sempre di dare un consiglio, un appoggio, senza mai giudicare.

Le era stato di grande aiuto qualche mese prima, in seguito alla rottura della sua amicizia con Severus Piton, quello che era stato il suo migliore amico per sei lunghi anni.

L'unica cosa della persona di Remus che a Lily non risultava del tutto chiara era la sua amicizia con James Potter e Sirius Black, ragazzi tanto brillanti e talentuosi quanto arroganti e pieni di sé.

Si chiedeva spesso come il Prefetto Remus Lupin potesse essere amico di quei due e, ogni volta che sfioravano l'argomento, lui le sorrideva, la guardava inclinando un po' la testa verso destra e le rispondeva:

“Sono amici. Di quelli veri.”

“Grazie Remus, allora poi passerò a farmene dare una copia.”

“Oh, non preoccuparti. Ho io la tua. Ce l'ho nella borsa. Vieni, così te la do.”

Remus le fece cenno di seguirlo e Lily, un po' riluttante, camminò fino alla poltrona, ai piedi della quale stava la borsa di Remus.

“Evans...” la salutò James Potter, con un sorriso sghembo, alzando la testa dalla curiosa pergamena che stava studiando col suo amico Sirius Black, che le fece un leggero cenno col capo.

“Potter, Black...” rispose lei.

“Ciao Lily...” disse infine, timidamente, Peter, il quarto componente del gruppo, un ragazzo piccolino e grassoccio che non aveva nulla del fascino di Black e Potter e nemmeno la mentre acuta e lo spirito comprensivo di Remus.

Lily era arrivata a pensare che lo tenessero nel gruppo solo per avere qualcuno da tormentare con battute sarcastiche.

“Ciao Peter.” ricambiò lei.

Nel frattempo Remus aveva trovato ciò che cercava e lo consegnò all'amica.

“Bene, grazie di tutto, Remus.” disse la ragazza, per accomiatarsi.

“Figurati. Ci vediamo più tardi a cena, Lily.”

Lily annuì e si voltò.

“Di solito si saluta, Evans!” urlò Potter

“Che ci vuoi fare, James, noi non siamo degni della sua attenzione...” commentò Sirius Black, facendo sì che Remus li fulminasse entrambi con lo sguardo.


Raggiunse la sua stanza, e, come si aspettava, la trovò vuota.

Cinque letti a baldacchino la occupavano e Lily percorse tutta la stanza per arrivare al suo.

Dormiva nell' ultimo, quello in fondo e più nascosto.

Aveva sempre desiderato poter avere quello vicino alla finestra, le sarebbe piaciuto affacciarsi e guardare fuori, durante le notti un po' tormentate, tuttavia, siccome esiste una legge non scritta per cui i posti che si ottengono al primo anno valgono anche per gli altri sei, Lily si era tenuta il suo letto lontano.

Quando, al termine del banchetto del primo anno, tutti si erano affrettati a raggiungere i propri dormitori, ansiosi di sapere come sarebbero stati, lei si era trattenuta nella Sala Grande, per parlare con Severus dello Smistamento. Così, le sue quattro compagne avevano già scelto i propri letti e a lei era rimasto solo quello.

Dopo sei anni si era ormai affezionata a quell' angolo buio e non le dispiaceva stare lì, lontana da tutti.

Non era mai stata una persona molto socievole, Lily.

Andava facilmente d'accordo con tutti e, per quanto ne sapesse lei, era abbastanza simpatica ai suoi compagni di Casa, semplicemente non riusciva ad aprirsi e a raccontare di sé.

Questo portava gli altri a non sapere esattamente come rapportarsi con lei, quindi, ormai, dopo sei anni tutti erano abituati a vedere in lei qualcuno a cui chiedere aiuto per un compito particolarmente difficile, per un consiglio che riguardasse la scuola, però nessuno vedeva in Lily Evans un'amica.

In verità, a lei non era mai importato più di tanto, degli altri. Cercava di essere gentile ed educata con tutti, ma non era alla ricerca della loro amicizia.

Lei aveva Severus e quello le bastava.

Lily camminò fino al suo letto e vi si stese sopra, abbandonando ogni proposito di studio. L'Aritmanzia poteva aspettare.

Chiuse gli occhi, desiderando dimenticare per sempre quell'orribile periodo e ritrovandosi, invece, ancora intrappolata nei ricordi della giornata.

E della settimana.

E del mese.

E del passato.





“Perchè dovete sempre essere così dannatamente rumorosi? Sto cercando di leggere, accidenti!” esclamò Remus, chiudendo con uno scatto violento il pesante tomo che aveva in grembo.

“E che cos'è stavolta, Lunastorta? Forse qualche sconosciuto drammaturgo del Seicento?” chiese Sirius afferrando il libro, fingendo di consultarlo con interesse.

“Dammi qua. E se ti riferisci a Shakespeare, sappi che non è sconosciuto. Sono solo i buzzurri come te che non sanno neanche che forma abbia un libro a non conoscere il suo nome.” Remus si riprese il suo libro e lo mise al sicuro nella borsa, lontano da fastidiose mani indiscrete, ovvero quelle di Sirius Black, sempre pronto a farsi gli affari degli altri e mai i propri.

James Potter rise forte, spontaneamente, di una risata cristallina che non potè non contagiare anche gli altri tre membri del gruppo.

Peter gettò via le sue Cioccorane per ridere con gli amici.

“Pete, Remus, venite qui. C'è bisogno anche di voi. Stavo pensando che questo mese dovremmo cambiare percorso per raggiungere la Stamberga. Gazza l'altra volta ci ha quasi visti.” disse James, tornando serio non appena anche Remus e Peter si furono chinati sulla pergamena.

Remus sospirò. Si ricordava perfettamente cosa era successo il mese prima. Se Gazza li avesse trovati, l'espulsione sarebbe stata immediata.

E sarebbe stata colpa sua.

“Non so ragazzi, forse è meglio che lasciamo perdere.” disse infine.

“Ma sei matto Lunastorta? Vuoi davvero che lasciamo perdere? Con tutta la fatica che abbiamo fatto!” esclamò Sirius, così forte da far girare tutti quanti verso di loro

“Zitto, cretino! Vuoi che ci sentano?” lo rimproverò James, tirandogli un amichevole colpo sulla nuca.

“Ahi!”

“Bella serata, vero? Proprio divertente!” fece Sirius, quando per la seconda volta tutti gli occhi della Sala Comune furono puntati sui quattro Malandrini.

Quei quattro ragazzi, dalle personalità così diverse, l'una rispetto all'altra, riuscivano sempre ad attirare l'attenzione.

I più piccoli li prendevano come modelli. I più grandi li classificavano come il più grande gruppo di idioti che avesse messo piede ad Hogwarts da anni, anche se non potevano non rimanere affascinati dal loro modo di comportarsi.

James Potter, l'indiscusso leader, Sirius Black, sua fedele spalla, Remus Lupin coscienzioso e saggio in apparenza e Peter Minus, docile ragazzino che sembrava capitato lì per caso erano tra gli studenti più indisciplinati e al contempo più brillanti che la scuola avesse da sempre avuto.

Quando tutti gli altri studenti tornarono a fare ciò che stavano facendo prima che Sirius li distraesse, James prese la parola.

Fissò Remus negli occhi con sicurezza.

“Non dire sciocchezze, Remus. Abbiamo fatto quello che abbiamo fatto per te. Non puoi dirci adesso di lasciar perdere.”

“Ma io non ve l'ho chiesto! Se vi scoprono, se ci scoprono, finiamo in guai grossi. Vi espelleranno e vi processeranno. Siete tre Animagi illegali.” spiegò Remus, perdendo la calma.

“Ascolta, smettila di vedere tutto nero. Non succederà niente. L'altra volta, alla fine, è andato tutto bene. Senza contare che ogni tanto un po' di rischio è divertente...” intervenne Sirius

“Non è questo il punto. Il punto è che io vi ho costretto. Se voi avete fatto tutto questo è perchè vi sentite in dovere di farlo. A causa mia.” rispose Remus

“L'hai detto. Noi ci sentiamo in dovere di farlo per te. Non a causa tua. Per te. Perchè vogliamo darti una mano e scusaci se questo è l'unico modo che abbiamo trovato. L'abbiamo fatto per te, Remus. Ficcatelo in quella zucca. Io non voglio tornare indietro. Se Ramoso ti può aiutare, ci sarà. E voi ragazzi?” chiese James, interrogando con gli occhi anche Peter e Sirius.

“Felpato c'è. Remus, dannazione, sei tanto bravo a memorizzare incantesimi e rivoluzioni di Goblin, perchè non riesci ad imparare anche che ci sono cose che gli amici fanno per gli amici?”

“Sirius, è pericoloso. Posso mettervi in pericolo tutti quanti! Se perdessi la calma, che accadrebbe?” ribattè Remus. Voleva disperatamente che i suoi amici fossero presenti in quei momenti orribili, ma non voleva metterli in pericolo.

Si sentiva in colpa. A causa della sua maledizione, a causa di un Lupo Mannaro come lui, i suoi amici si erano sentiti in dovere di diventare Animagi.

Avevano studiato per anni e, pochi mesi prima, ce l'avevano fatta. Ma lui allora non aveva detto niente, troppo ebbro di felicità per quello stupendo regalo.

“Se posso permettermi... posso parlare, vero James, Sirius?- intervenne timidamente, titubante, Peter- Dicevo, se vuoi la mia opinione, Remus, io ti dico che, se questa cosa ti può far piacere e ti aiuta, noi ci saremo. Del resto, ormai è tardi per tornare indietro.”

“Peter ha ragione, Remus. Ormai è tardi per tornare indietro. Potremmo essere scoperti comunque. Facci provare ancora, Remus. Ormai siamo in sella alla scopa e conviene volare. Senza contare che c'è ancora quella parte della foresta che mi piacerebbe esplorare...”disse Sirius, con un ghigno.

“Ma...” tentò nuovamente Remus

“Niente ma, Remus. Ora basta. L'abbiamo deciso tempo fa. L'abbiamo promesso tempo fa.

Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso. Insieme possiamo farcela, Remus. Condividi con noi il tuo fardello. Possiamo aiutarti.”

James era intervenuto, con voce sicura e convincente come al solito.

Le sue parole sincere, unite al calore che trasmettevano i suoi occhi del colore delle nocciole, convinsero Remus che posò un sorriso di gratitudine su tutti e tre i suoi amici, ringraziando Dio di essere stato così fortunato.





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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


secondo capitolo

Capitolo secondo


Bene, allora è tutto. Un'ultima cosa, prima di andare... Ricordatevi che gli elenchi con le persone che necessitano di corsi di recupero vanno consegnati ai vostri CapoCasa entro il venti.” disse a tutti gli altri Prefetti presenti alla riunione Susan Jacob, una ragazza del settimo anno di Tassorosso che era stata nominata Caposcuola.

Saranno organizzati come al solito?” chiese un Prefetto di Corvonero del quinto anno.

No- rispose Gabriel, l'altro Caposcuola- Quest'anno per quelli che la McGranitt chiama “ problemi di organizzazione” sarà diverso.”

Di' pure che è tutto dovuto all'intensificarsi dei turni di ronda dei professori, Gabriel.” lo corresse Susan

Hanno paura che attacchino la scuola?” domandò un altro Prefetto

Ufficialmente ci hanno detto che è dovuto ai loro impegni, ma credo che tu abbia ragione Kate.” rispose grave Gabriel

Immediatamente calò il silenzio. Quella angusta e fredda aula in cui si tenevano i periodici incontri tra Prefetti e Caposcuola sembrò ancora più gelida, ora che non era animata dal consueto chiacchericcio.

Lily abbassò lo sguardo. Dunque anche i professori avevano paura.

Quello che stava succedendo fuori, quella guerra nascosta, di cui nessuno parlava ma che tutti sapevano essere in corso stava a poco a poco coinvolgendo anche Hogwarts.

Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte avevano già corrotto le menti di alcuni studenti di Hogwarts con le loro idee razziste e, a quanto pareva, secondo il Preside e gli insegnanti presto anche a scuola gli insulti e le prese in giro sarebbero sfociati in qualcosa di più.

Diversi studenti avevano già perso amici e famigliari ed erano un paio d'anni, almeno, che spesso, dopo le vacanze, si vedeva qualche ragazzo non tornare più.

Remus sospirò. Se Silente si comportava così, significava che le cose stavano peggio di quanto il Profeta non dicesse. Del resto, avrebbe dovuto immaginarlo. Le notizie che dava il padre di James erano tutto fuorchè rassicuranti.

Avanti. Diteci che dobbiamo fare. Non ho molto tempo da perdere per piangere sulle sciagure di qualche Mezzosangue.” disse Avery, Prefetto di Serpeverde allo stesso anno di Lily e Remus.

Tutti irrigidirono all'istante, tranne gli altri Prefetti di Serpeverde.

Gradirei che moderassi il linguaggio, Avery.” rispose gelido Gabriel

Comunque- continuò Susan- quest'anno i professori ci hanno chiesto se siamo disposti ad aiutare gli studenti più in difficoltà, supportando così le loro ripetizioni. Ci hanno tenuto a sottolineare che non è un obbligo e che possiamo rivolgerci anche ad altri studenti della nostra Casa che sono interessati a partecipare a questa attività. Basterà che facciate avere a noi l'elenco.”

Io di certo non faccio ripetizioni a qualche Sanguesporco di Grifondoro! Sarebbe tempo perso, non trovate, ragazzi?” Rachel Nott si rivolse ai suoi amici di Serpeverde, che risero soddisfatti e poi si alzò, avviandosi verso la porta.

Non ho detto che potete andare.” ringhiò Gabriel

Bè, io non vedo altri motivi per restare, Ci si vede in giro.” così dicendo il gruppo di Serpeverde lasciò l'aula e, subito dopo, i due Caposcuola sciolsero la riunione.

Lily era rimasta sola, seduta dietro al banco a controllare per l'ennesima volta di avere tutto nella borsa.

L'ultima cosa che voleva era uscire e ritrovarsi in corridoio con le stesse persone che l'avevano insultata qualche minuto prima.

Perchè non la lasciavano semplicemente in pace? Il suo sangue era sporco, forse avevano ragione. Forse non apparteneva al Mondo Magico e nemmeno a quello Babbano.

Però, se erano certi di questa sua diversità, perchè non la lasciavano semplicemente in pace? Potevano ignorarla.

Pensare che quelle persone erano anche quelle che Severus, il suo Severus, riteneva amiche la faceva stare male.

Quando ci pensava un nodo le avvolgeva lo stomaco. L'avevano cambiato. Era di certo colpa loro. Severus non sarebbe mai diventato così. L'avevano fatto diventare così.

Era colpa loro. Solo colpa loro se da quel giorno di giugno il mondo le era crollato addosso.

Lily, ci sei?” la testa bionda di Remus aveva fatto capolino dallo stipite.

Era rimasto lì a guardarla armeggiare con piume, calamai, quaderni e pezzi di pergamena per tutto quel tempo? Se Remus era uno dei pochi a non considerarla un po' strana, da quel momento in poi avrebbe di sicuro cambiato idea.

Remus!” esclamò, sorpresa

Cosa ci fai ancora qui?”

Ti stavo aspettando. Dai, andiamo, altrimenti facciamo tardi a cena. A quest'ora Peter e Sirius avranno già finito anche la nostra porzione di pollo, se non ci muoviamo.”

Inizia pure ad andare.”

Se anche andiamo insieme in Sala Grande, poi non sei obbligata a cenare con noi.” disse Remus, sorridendo e comprendendo qual era il timore della ragazza.

Lily sorrise a sua volta e lo raggiunse. Si diressero insieme verso le scale, in silenzio.

Sei preoccupata per quello che hanno detto i Serpeverde?” chiese Remus, augurandosi di non essere invadente.

Lily ci pensò un momento, prima di rispondere. Come faceva a spiegargli che quelle offese le facevano male ma che a dilaniarla era soprattutto il fatto che provenissero da quelle persone che avevano traviato il suo migliore amico, il fatto che ora anche Severus la pensasse così?

Un po'.” disse infine.

Ti capisco, Lily. Non è facile.”

No, Remus. Forse tu non puoi capirmi. Non è solo per quello. E' tutto quanto. Sono tante cose.”

Ascolta Lily, io forse non sono la persona più adatta per dirtelo, dal momento che giro con gente che lancia incantesimi continuamente su chi osa dirmi “Pazzo, pezzente Lupin” o su chi fa distinzioni tra Purosangue e Mezzosangue e Sanguesporco... Sì, insomma, i miei amici non sono proprio le persone da prendere come modello in queste situazioni... ad ogni modo, non vergognarti mai di quello che sei, Lily. Se poi è altro quello che tu preoccupa, sappi che io ci sono, se me ne volessi parlare. D'accordo?” concluse Remus sorridendo sincero.

Grazie, Remus. Magari un giorno te ne parlerò.”

Remus capì che non era il caso di fare altre domande, quando Lily avesse avuto voglia di parlare, l'avrebbe fatto.

Insieme raggiunsero la Sala Grande, i cui tavoli erano già affollati di studenti.

Bè, allora ci vediamo, Remus.” disse Lily, notando un gruppo di compagne e volendo raggiungerle.

Remus annuì e lei lo vide andare in direzione opposta alla sua, per sedersi accanto a Potter, Black e Minus, immersi in un'allegra conversazione che vedeva James sul punto di strozzarsi col succo di zucca, evento evitato dal provvidenziale intervento di Remus che, con una sonora pacca sulla schiena, evitò il trapasso del Capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro.

Posso sedermi?”

Certo, Lily, vieni.” le rispose Mary McDonald, tornando poi al discorso che aveva interrotto con le amiche.

Lily posò lo sguardo sui Malandrini e per un momento li invidiò: così uniti, così sereni, così semplicemente se stessi insieme a persone che ti conoscono e rispettano per quello che sei.

Lei, invece, nonostante le sue compagne fossero amichevoli, non riusciva mai ad intromettersi con successo nei loro dialoghi. Era come se, ormai, non potesse più entrare in un gruppo già formato.

Tornò a guardare la bistecca nel suo piatto. Del resto, si disse, non poteva lamentarsi. Era una situazione che aveva costruito lei stessa anni prima, quando ancora aveva Severus e lui le bastava.

Mi passeresti il sale, Lily? Tu credi davvero che la McGranitt venga a controllare i nostri dormitori la notte, Lil? Sai, ho sentito dire questo...” disse un'altra compagna

Io... non lo so. Perchè dovrebbe?”

Lily, non lo sai? Gira voce che Black non passi mai una sera nel suo letto! Me l'ha detto Jane Hossas di Corvonero. Dice che...” proseguì un'altra.




All'altro capo del tavolo i Malandrini ridevano sguaiatamente.

Grazie Remus, sei stato provvidenziale! Senza di te non sarei qui!” fu il teatrale ringraziamento che James rivolse a Remus, con tanto di abbraccio.

Eh, Remus! Se non fossi intervenuto tu ci toccava appendere le sue corna di cervo alla testata del letto come ricordo perpetuo del nostro Ramoso...” convenne Sirius, solenne.

Mi vuoi davvero veder tirare le cuoia?”

Ma guarda che ho appena detto che sono lieto che sia giunto un salvatore!” si indignò Sirius

Ok, ragazzi basta così. Peter, passami quello che loro due non hanno divorato così mangio qualcosa anch'io.” disse Remus, pratico, mettendosi seduto di fronte a James.

Peter ridacchiò e passò a Remus il piatto, prima di dire.

Remus, ascolta. Avete parlato delle lezioni di recupero, alla riunione? Io credo di avere bisogno per Incantesimi...”

Codaliscia!- esclamò Sirius- zuccone! Perchè devi sempre vedere tutto nero? Non hai bisogno di lezioni di recupero! Ci siamo noi! Io, James e Remus ti aiutiamo come abbiamo sempre fatto!”

Davvero? Anche se siamo al sesto anno?”

Sì, Pete. Tranquillo. Ci siamo noi, del resto, dobbiamo pur sdebitarci con te per gli appunti di Storia della Magia, no?” sorrise James, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Ma ci sono anche quelli di Remus, di appunti. Sono senz'altro migliori dei miei. Ancora mi chiedo perchè li chiedete sempre a me.” constatò Peter, perplesso.

Sirius fece un gesto della mano, come per scacciare via un'immaginaria mosca.

I suoi sono troppo lunghi, fitti e pieni di fronzoli. I tuoi sono brevi, concisi ed essenziali. Quello che basta per arrivare ad un decoroso “Accettabile”, che grazie alle mie doti da attore consumato sfocia sempre in un “Oltre Ogni Previsione” c'è tutto. Perchè devo rovinarmi gli occhi con la minuta grafia di Messer Lunastorta?”

Io già non ci vedo. Vuoi mica che le mie diottrie scendano e la mia miopia peggiori, Peter? Non faresti mai un'azione così meschina nei confronti del tuo caro amico James, vero? Né rovineresti il bel viso del qui presente cane pulcioso, alias Sirius Black, con una deturpante montatura per occhiali, vero?” chiese James, con una orrenda faccia da cane bastonato, abbracciando Sirius che si stava esibendo in un' altrettanto orribile e contorta espressione.

Peter rise di gusto e Remus roteò gli occhi, posando sul tavolo il vassoio colla purè.

Quanto siete stupidi!”

Sirius e James ghignarono e tornarono alle loro cene.

Per il resto, che si dice coi Prefetti? Di cosa parlavi con la Evans?” chiese James

Remus raccontò quello che era successo, lasciando sconcertati gli amici.

Sapevano che la situazione era grave, ma non credevano fino a quel punto.

Gran bello schifo...” commentò Sirius

Già. Se Silente è preoccupato significa che le cose vanno male. Mio padre mi ha detto che la settimana scorsa hanno per poco sventato una strage di Babbani, però un suo collega è morto.”raccontò James.

In ogni caso noi qui siamo al sicuro no ragazzi? E' una scuola....” disse Peter, preoccupato.

Sì, dovremmo. Finchè c'è Silente, almeno...” lo rassicurò Remus

Sapete, quello che mi fa più schifo di tutto questo è che sembra che i nostri compagni non se ne rendano conto. Cioè, perchè delle amicizie si devono rompere per motivi così stupidi? Guardate la Evans con Mocciosus! Prima erano sempre insieme e adesso a lui hanno fatto il lavaggio del cervello...E guardate lei, sempre da sola, sperduta e spaurita. Cioè, che Mocciosus non mi sia mai piaciuto è ovvio e su questo non ci piove, però non ha senso. E loro due non sono gli unici a non parlarsi più. E' stupido. Lei è sempre quella di prima, non è che è diversa ora che hai scoperto cosa sono i Mezzosangue e i Sanguesporco...” osservò James, attaccando rabbiosamente la sua fetta di torta

Hai ragione, James. Ma come ti ho già spiegato innumerevoli volte, non tutti sono come voi.” disse Remus.

Guarda la mia famiglia, Jamie. Guarda mio fratello. Non c'è mai niente di giusto o sbagliato del tutto. Dipende dai punti di vista. Si può tranquillamente affermare che la Evans doveva stare più attenta nello scegliersi gli amici. Certo, mi dispiace per lei, ma deve reagire. Persone così è meglio perderle che trovarle.” constatò Sirius, guardando verso il fratello al tavolo di Serpeverde.

James e Remus non risposero, comprendendo le allusioni che Sirius aveva fatto nel suo discorso.

Sirius li ringraziò tacitamente e fu ancora più grato a Peter che cambiò discorso, riportando la conversazione sull'imminente luna piena.

Dopo cena i quattro si alzarono e si incamminarono verso il dormitorio, affrontando le solite risate di scherno dei Serpeverde che, al loro passaggio non potevano non ridere di Peter, offendere Remus, chiamare traditore Sirius e Babbanofilo James.

Brutti luridi bastardi.” mormorò Sirius a bassa voce, afferrando la bacchetta, stanco di sentire ingiurie sui suoi amici.

No. Lascia perdere.” Remus lo spinse via.

Lily era appena dietro di loro ed aveva sentito tutto. Avrebbe voluto avvicinarsi e dire a Remus che le dispiaceva per quello che gli avevano detto che ammirava la calma con cui affrontava la situazione. Glielo doveva, dopo che lui era stato così gentile.

James si voltò e si accorse di lei.

Buonasera, Evans? Tutto bene?” chiese, sorridendo e scompigliandosi i capelli.

Sì, Potter. Grazie.” rispose, nervosa. Perchè cercava sempre l'occasione di rivolgerle la parola? Si divertiva forse a farla sentire ancora più in imbarazzo e fuori luogo?

James Potter aveva sempre la capacità di imbarazzarla e di irritarla. Questo non perchè spesso le parlasse, anche solo per intavolare conversazioni sciocche, ma perchè Lily si chiedeva come mai James Potter parlasse proprio a lei, che spesso risultava invisibile ai più.

Non c'erano motivi per cui il popolare James Potter dovesse curarsi di lei.

Aveva la perenne sensazione che si burlasse di lei. Perchè James Potter si divertiva così tanto ad importunarla?

Lily era arrivata alla conclusione che per lui fosse solo un gioco, così come lanciare incantesimi e fatture a chi osava dire qualcosa contro di lui. Tormentarla era solo un gioco per far vedere quanto James Potter fosse superiore a tutti.

Torni in Sala Comune con noi, Lily?” domandò Remus affabile.

Io...”

Eddai, Evans! Non mordiamo mica! Solo Sirius è un po' pericoloso a volte, ma ti prometto che lungo la strada sarà buono come... come...” iniziò James

Come un barboncino!” gli venne in aiuto Peter

Grazie, Pete. Sì, Sirius sarà buono come un barboncino!” concluse James, ridendo con gli amici

Io non sono un barboncino!” protestò Sirius

Gli altri tre andarono avanti a lanciargli frecciatine e, dietro di loro, Lily talvolta non poteva fare a meno di sorridere.

E di invidiarli.







Ecco il secondo capitolo.

Ho aggiornato prima del previsto, ma ripeto, non posso garantire aggiornamenti frequenti. Non ne sono molto soddisfatta, ma serviva per far capire come vanno le cose ad Hogwarts. Nessuno ha ancora ben chiaro cosa accada davvero fuori, a loro giunge solo l'eco delle tragedie.

Spero che questa mia visione di Lily e James vi piaccia e vi incuriosisca almeno un po'.

Ringrazio Bellis e Ron84 che hanno inserito questa storia tra i preferiti, ringrazio chi ha letto e ringrazio soprattutto Lady blue e Bellis per le loro recensioni.

Lady blue: grazie per i complimenti! Sì, Lily e James saranno diversi dal solito, spero di poterli rendere abbastanza reali e non troppo artefatti.

L'altra storia è una What if: Lily e James non sono morti, così come Sirius e Remus. Tutto è finito quel 31 ottobre.

Si intitola” La mia famiglia e la Coppa Quattromalandrini.” E' incentrata sulle vicende di Harry, chiamato a partecipare al Torneo Tremaghi al suo settimo anno e su Beth, la sua timida sorellina e su Dan, turbolento figlio di Sirius. Ovviamente i Malandrini sono sempre molto presenti.

Siccome questa storia ha riscosso parecchio ed inaspettato successo, ora sto scrivendo il seguito, Finding My Own Way. Per saperne di più guarda sul mio profilo.

Bellis: grazie per la recensione. Mi ha fatto immensamente piacere! E' una delle più belle che abbia mai ricevuto. Lily sarà diversa dal solito: non sarà bisbetica ed isterica e non sarà nemmeno la versione femminile di James. E' una ragazza di sedici anni in crisi con se stessa che non riesce a capire a chi o a cosa appartiene, dato che non è una strega, secondo alcuni, ma non è nemmeno Babbana. E poi c'è il rapporto con Severus, il suo unico amico, così esclusivo da precluderle altre amicizie. Ha sempre anteposto lui a tutto il resto ed ora che si ritrova sola ti lascio immaginare come si sente. Sono felice che i Malandrini siano fedeli. Spero che ti piacciano anche in questo capitolo, dove mi auguro sinceramente di essere riuscita ad evitare le scene da telefilm. Fammi sapere, mi raccomando!

















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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Capitolo Terzo


Inizio di Dicembre, 1976


Novembre era passato, lasciando dietro di sé il vento gelido e il cielo coperto per far posto alle prime nevicate. Sul prato di Hogwarts si stendeva una bianca coltre di neve e, guardando fuori dalle finestre, ci si perdeva facilmente in quel paesaggio.

Questo pensava Lily Evans, china sul suo libro di Trasfigurazione una domenica pomeriggio, fissando i prati imbiancati al di là della finestra della Biblioteca.

Quella era stata la prima nevicata di quell'anno: la neve era caduta ininterrottamente per due giorni e non era raro vedere studenti che, tra la pausa di una lezione e l'altra, correvano fuori per improvvisare battaglie.

Tra questi c'erano, inevitabilmente, i Malandrini e Lily, quando aveva visto Remus Lupin che, armato di pergamena indicava con precisione ai suoi amici come costruire una trincea non potè non stupirsi.

Erano sei anni che si meravigliava di come lui cambiasse non appena si trovasse in compagnia dei suoi amici, diventando, se possibile, più pericoloso di loro, in fatto di trovate demenziali.

Osservarlo però dare ordini per la costruzione di una trincea, con in mano il progetto, che, evidentemente doveva aver disegnato di notte, dal momento che non si distraeva mai in classe ( a meno che, e questo Lily non lo sapeva, non arrivassero pergamene volanti dall'altra parte dell'aula o, addirittura, se seguivano lezioni differenti, dall'altra parte del castello), era tutta un'altra cosa e il Prefetto Lily Evans arrivò anche a dubitare della sanità mentale del suo collega, chiedendosi se, in fondo, anche Remus non fosse esibizionista, gradasso e borioso quanto i suoi amici.

Ripensando però a tutte le volte che l'aveva notato spiegare con pazienza a Minus come eseguire un incantesimo, alla costanza che manifestava negli studi, al sorriso disponibile nei confronti dei ragazzini del primo anno, ancora spaesati, alle volte in cui, Lily ne era certa, aveva coperto le bravate dei suoi amici, arrivò alla conclusione che Remus fosse una delle persone più meravigliose che avesse avuto l'onore di incontrare e che se, non ci fosse stato lui, probabilmente la sua situazione emotiva, già di per sé instabile, sarebbe stata senza dubbio peggiore.

Dopo quel momento di distrazione che la portò ad osservare i quattro ragazzi che pattinavano sul Lago Nero (Sirius Black era appena caduto per la terza volta a furia di cercare di far perdere l'equilibrio a Remus, che, ovviamente, risultava posato ed aggraziato anche sui pattini e James Potter rialzava di continuo Minus, disastro ambulante, cercando di aiutarlo a stare in equilibrio), Lily ritornò al suo studio, cercando memorizzare il complicato movimento della bacchetta per eseguire correttamente un Trasfigurazione Scambiata.

La sua concentrazione però fu ben presto interrotta dal rumore di passi pesanti, i cui proprietari, del tutto incuranti delle proteste di Madama Pince, accrebbero la confusione con risate sguaiate e commenti ben poco educati.

Voglio proprio vedere come riuscirà a liberarsi, quello schifoso Mezzosangue!” disse una voce roca, che Lily, irrigiditasi immediatamente sulla sedia, riconobbe come quella di Mulciber.

Un nodo le bloccò lo stomaco e, per poco, non le veniva da vomitare.

Erano in tre. Sicuramente. Lily vedeva le loro scarpe dall'angolo in cui era nascosta.

Dannazione, Piton! Gliel'hai proprio fatta pagare! Voglio proprio vedere se si azzarderà a togliere ancora punti a Serpeverde, quello schifoso! E dire che l'avevo avvisato, alla riunione.” proseguì Avery.

Piton rise, una risata fredda, che Lily non riconobbe come quella del suo amico.

E' stato un gioco da ragazzi! Persino qualche sudicio Grifondoro riuscirebbe... magari anche quell'idiota di Minus potrebbe farcela, ovviamente solo se ha dietro di sé Potter!”

Bell'idea quella di legarlo con delle funi e di fustigarlo... che ne dite, andiamo a liberarlo tra un po'?” propose, scherzosamente Mulciber

E poi magari lo medichiamo anche!” proseguì Avery, ridendo

Con una pozione orticante, ovviamente.” concluse Piton.

Risero di nuovo e a Lily parve di non poter più respirare.

Tratteneva a stento le lacrime e voleva solo andarsene di lì, il prima possibile, senza essere vista.

Dal loro ultimo incontro, Lily faceva di tutto per evitare Severus: se lo incrociava per i corridoi, cambiava strada, in Sala Grande si sedeva sempre in un posto dal quale non avrebbe potuto vederlo.

Era costretta a stare con lui solo nelle lezioni che i Grifondoro condividevano con i Serpeverde e quelle ore erano per lei una vera e propria tortura e non perchè gli studenti delle due case rivali si insultavano e si affatturavano continuamente, non perchè Potter trovasse divertente farsi colpire da qualche incantesimo, dopo averne scagliati altrettanti a chi osava dire qualcosa a lui o ai suoi amici o a qualche altro Grifondoro.

Certo, a Lily era ben chiaro che lui detestasse dal profondo le Arti Oscure, tuttavia non le pareva il caso di dare corda a quelle persone, ripagandole con la stessa moneta.

Lily, durante quelle ore stava male perchè vedeva Severus: era costretta a vederlo ridere, senza poter partecipare della sua gioia, era costretta vederlo sereno. E soprattutto era costretta vederlo soddisfatto ogni volta che un Grifondoro, lei compresa, veniva schernito o affatturato.

Stava male perchè in quella persona non riconosceva il suo migliore amico.

Con lo stomaco ridotto ad un granello di sabbia Lily si alzò, afferrò rapidamente i libri, senza darsi la cura di riporli nella borsa ma tenendoli in mano.

Si nascose nel corridoio laterale, sperando di riuscire ad uscire dalla porta secondaria, senza essere vista.

Si trovava nella fila di scaffali parallela a quella in cui stavano Piton, Avery e Mulciber.

Affrettò il passo ma, sfortunatamente, un libro le cadde per terra, provocando un fragoroso rumore nella Biblioteca deserta e silenziosa.

I tre Serpeverde si scambiarono un'occhiata rapida.

Vediamo un po' se c'è qualche Mezzosangue a cui insegnare la buona educazione!” sussurrò Mulciber agli atri due.

Lily sentì che si stavano avvicinando e raccolse il libro di Trasfigurazione in fretta, stava quasi per raggiungere l'altro corridoio, che l'avrebbe portata lontano dalla loro vista, quando, i tre varcarono l'angolo.

Non era difficile capire di chi si trattasse. I suoi capelli rossi la tradivano.

Bene bene... Meglio del previsto. Nessun Mezzosangue ma una Sanguesporco.- sogghignò Avery- Di' un po', Severus, questa non è forse la tua amica Evans?”

Lily si era bloccata lì davanti a loro. Non riusciva a fare un passo né in avanti né indietro.

Il suo sguardo incontrò quello di Piton, per un istante, ma lui si ritrasse immediatamente.

Io non ho amici tra i Sanguesporco.” disse, perentorio, e quasi offeso da ciò che aveva detto Avery

Per Lily quelle parole furono peggio di una pugnalata. Ciò nonostante non l'avrebbero vista piangere, mai.

Allora potresti dare tu una bella lezione a questa Mezzababbana di Grifondoro, no?” Mulciber desiderava sondare il terreno. Voleva capire quanto si potesse fidare di Piton.

Sì, Piton. Avanti. Se hai bisogno di aiuto, noi siamo qui, vero?” Avery alzò la bacchetta.

Lily non riusciva a muovere un muscolo,ma, quando vide la luce partire, il suo corpo agì per lei, spostandosi rapidamente.

Corri corri, Sanguesporco! Sarà per la prossima volta!”

Lily corse per il corridoio, fermandosi solo una volta arrivata alla Torre di Grifondoro.

Non sentiva più niente.

Si sentiva solo vuota.

Entrò in Sala Comune e si diresse immediatamente nella sua stanza, dove sperava di poter restare sola.

Per sua sfortuna era dicembre e faceva freddo.

Mary McDonald e la sua amica Rose King sedevano sul letto di quest'ultima intente a scambiarsi confidenze,

Lily, tutto bene?” chiese Mary, vedendola entrare di corsa

Sì, tutto bene.” rispose Lily, con un tono che non ammetteva ulteriori domande, prima di buttarsi sul letto.

Rose e Mary si scambiarono un'occhiata scettica e perplessa, come a dirsi, un'altra volta, che quella Lily Evans era proprio strana e, in men che non si dica tornarono alle loro chiacchiere, senza accorgersi che, a quattro letti di distanza Lily singhiozzava con la testa affogata nel cuscino.





Quando ormai il Sole stava iniziando a calare e vedere qualcosa sul ghiaccio stava diventando impossibile, grondanti acqua e doloranti, i Malandrini fecero ritorno al Torre di Grifondoro.

I loro schiamazzi rianimarono la tranquillità della Sala Comune e, sempre gocciolando, raggiunsero la loro stanza.

James e Sirius si stravaccarono sul letto, Peter si diresse verso il suo baule per cercare un maglione asciutto e Remus prese a guardare fuori dalla finestra.

Il silenzio fu rotto da un 'esclamazione di Sirius, alzatosi in piedi.

Porco Bolide che male!” esclamò, massaggiandosi le gambe dopo aver mollato i suoi pattini in mano a Remus.

Era uscito piuttosto malconcio da quel pomeriggio sui pattini.

Sirius!” lo rimproverò Remus, roteando gli occhi

Che c'è?”

Il linguaggio! Per favore! Parli come un allevatore di draghi!”

Ma che ho detto?” chiese ancora Sirius, sempre più meravigliato

Ti costa tanto parlare come un essere umano civilizzato?” proseguì Remus, che, dopo sei anni ancora si chiedeva come mai qualsiasi frase esclamativa di Sirius fosse cosparsa di imprecazioni.

Quanto sei noioso, Lunastorta! Finirai a fare l'insegnante!”

Dico solo che ci sono modi diversi per esprimere lo stesso concetto, vero James, Peter?”

Peter annuì convinto e James disse:

Sirius, devi partire dal presupposto che Remus ha sempre ragione, mi dispiace, ma è così.”

Visto? Ripeti con me: “ Io non ucciderò più la grammatica e non parlerò come un troll.” avanti, ripeti!”

Io non ripeto un Bolide di niente! Dio, ma siamo impazziti? Jamie questo sta andando completamente fuori di testa!” protestò Sirius, cercando il supporto del suo migliore amico, che ora rideva.

Sirius! Il linguaggio!”

Ficcati in quella zucca da secchione che io parlo come mi pare e piace! E poi, senza espressioni colorite... oh Merlino? Che ho detto! Jamie, Peter! Ho detto davvero “espressioni colorite!” questa è tutta colpa di Lunastorta! Me misero! Me tapino! Finirò ridotto come Lunastorta!” Sirius si rigettò sul letto, sfogando tutta la sua disperazione sul cuscino.

Remus, mi spiace dirlo, ma qui devo concordare con Messer Felpato! Ci stai plagiando tutti! Se questo inizia a parlare di “espressioni colorite”, ben presto, che ne sarà di me? Smetterò di essere capace di volare iniziando a soffrire di vertigini? Oh, povero me! Vieni Sirius! Soffiamo insieme!” James si gettò sul letto dell'amico, che, per scacciarlo, gli mise il cuscino in testa, salendo a cavalcioni sulle sue spalle.

Basta, basta! Gli occhiali! Cretino! Se cadono sarà il terzo paio che rompo in un anno! Mia madre non mi darà più un galeone! Gli occhiali ti ho detto! “

James!”

Ahi! Lasciami, stupido! Sai che soffro il solletico! Brutto sacco di pulci! Se ti prendo!”

Che cosa mi fai? Se non sbaglio non ci vedi visto che i tuoi occhiali li ho io!” esclamò Sirius, brandendo come un trofeo gli occhiali di James che, mezzo accecato, si rotolava sul letto.

Sirius! James!”

I due non diedero segno di averlo sentito, anzi, proseguirono la lotta, con Peter che, in piedi lì di fianco, attendeva l'evolversi della situazione.

SIRIUS! JAMES!”

Che c'è? Non vedi che siamo impegnati?” chiese James, mentre la sua mano destra sfiorava pericolosamente l'ascella sinistra di Sirius, che, soffrendo il solletico, giaceva a terra in preda a risate convulse.

Basta! Ti prego, basta! James smettila!”

Sirius!”

Che vuoi, Lunstorta?”

Mi distraete!”

James e Sirius si guardarono. Remus era in piedi di fronte alla finestra, non sembrava intento a fare nulla.

Remus, possiamo sapere cosa stai facendo di così importante lì impalato?” domandò James, riacquistando non solo i suoi occhiali ma anche la posizione eretta.

Sto calcolando di quanto ho sbagliato a calcolare l'angolo sinistro della trincea che abbiamo costruito stamattina. Credo che averla inclinata di trenta gradi di più l'avrebbe resa più stabile...” disse Remus, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Sirius scoppiò a ridere, prese un cuscino e lo gettò contro Remus.

Ma che...?” fece appena in tempo a bofonchiare, prima che anche il cuscino di James gli volasse addosso.

Anche Peter prese il suo cuscino con l'intento di scagliarlo contro Remus, solo che finì in testa a Sirius, frappostosi sulla traiettoria.

Ehi! Non vale! Era il tutti contro Lunastorta!”

Zitto, Felpato! C'è anche per te!” Remus lo zittì con una cuscinata e ben presto il dormitorio fu ridotto ad un campo di battaglia.

Sirius e James si rotolavano uno sull'altro con sporadiche intrusioni di Peter, Remus, studiando le mosse migliori, li colpiva quando si distraevano.

In quei momenti il mondo non esisteva. Contava solo quello che accadeva in quella stanza, solo loro quattro.

Solo Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso.



Qualche minuto dopo, tutti e quattro giacevano esausti sul letto di Peter che, prontamente, scartò una barretta di cioccolato di Mielandia da offrire agli amici.

Grazie, Pete! Se non ci fossi tu, avrei anche saltato la merenda!” lo ringraziò Sirius, stritolandolo in un violento abbraccio ed ingurgitando mezza tavoletta.

Povero cucciolo, lui! Avrebbe saltato la merenda!”pigolò James, accarezzando la testa di quello che prima era Sirius, ma che ora era appena diventato Felpato.

Sirius! Torna immediatamente te stesso! Potrebbero vederti!” lo sgridò Remus

Sirius, di malavoglia, tornò se stesso. Detestava obbedire, ma sapeva che Remus aveva ragione e l'ultima cosa che voleva era ficcarlo in un guaio grosso come quello dell'anno prima.

Se non ci fosse stato James...

Sirius scosse la testa, per scacciare via quei pensieri.

Quello che avrebbe potuto succedere senza l'intervento di James lo tormentava ancora, quotidianamente.

Il segreto di Remus, Piton, lo stesso James... tutti in pericolo per colpa di una sua trovata.

Ricordava la faccia spaventata di Peter quando l'aveva saputo, ma soprattutto ricordava l'espressione di James, la sicurezza con cui aveva detto che sarebbe andato a salvare Piton.

Quello che proprio non riusciva a cancellare erano state le parole di James mentre attendevano che il Preside li ricevesse.


Sei un idiota, Sirius. Un idiota. Che cosa credevi di fare, eh? Lo potevi ammazzare! E a Remus non hai pensato? Remus sarebbe stato processato e magari soppresso! E anche adesso, anche adesso non lo so cosa deciderà Silente! Sei un idiota, Sirius.”

Sirius non ricordava di averlo mai visto così arrabbiato.

James era raro che si arrabbiasse. Capitava solo in casi estremi.

Non era come lui, James.

Io...”

Io cosa, Sirius? Io cosa?”

Stavano quasi per fare a botte, quella volta.

Mi dispiace.” aveva mormorato, infine.

Vieni qui, va tutto bene, fratello.” James l'aveva abbracciato e perdonato.


Va tutto bene, Sirius. Non ci pensare.” disse James, distogliendolo da quei ricordi dolorosi.

Dai Sirius, andiamo. Non vorrai fare tardi a cena, vero? E poi se non sbaglio hai qualche invito ad Hogsmeade da fare, me l'hai detto stamattina...” disse Remus, come a volergli ribadire che ormai non si tornava più indietro e che era necessario andare avanti.

Insieme.

Sirius sorrise agli amici, ringraziandoli tacitamente e stette al gioco:

In effetti c'è quella Kathy di Tassorosso...”

E così settimana prossima si va ad Hogsmeade... Me n'ero dimenticato.” constatò James, mentre si avvicinavano alla Sala Grande.

Hai intenzione di chiederlo alla Evans di nuovo, Ramoso?” chiese Sirius, a metà tra l'incredulo e l'ammirato. Non riusciva a comprendere la fissazione che James aveva per quella ragazza, a suo parere nemmeno bellissima. Aveva solo sedici anni! Non era presto per legarsi così tanto a qualcuno? Da un lato però lo ammirava, lui, fatta eccezione per i suoi amici, non aveva mai provato un simile attaccamento per qualcuno.

“Sì. Chissà che oggi non sia la volta buona? Avrebbe bisogno di parlare con qualcuno, la Evans. Mi spiace vederla sempre così sola. Vorrei che mi desse la possibilità di farmi conoscere, di conoscerla, prima di rifiutarmi così...”sospirò James

“Noi sappiamo che non la vuoi prendere in giro, lei no. Devi solo farglielo capire.” osservò Peter, nella sua ovvia deduzione.

“Stai attento a come ti rivolgi a lei, James. Sii gentile, non usare i tuoi modi soliti. La spaventerai e continuerà a credere che ti voglia prendere gioco di lei.” consigliò Remus che era quello che conosceva meglio Lily e che, in cuor suo, sperava davvero che lei si facesse aiutare. Forse James era davvero quello che ci voleva. Sapeva che il suo interesse era sincero, ma era conscio del fatto che, dati i modi con cui le si rivolgeva di solito, James pareva proprio volerla prendere in giro.

“Ma non è così! Io vorrei davvero poter parlare con lei, magari la riesco ad aiutare...”disse James, varcando la soglia della Sala grande e facendosi largo tra i primini.

“Eccoti con le solite manie da salvatore del mondo! James, magari lei non vuole essere aiutata! Magari lei sta bene così.” affermò Sirius, sedendosi sulla panca del tavolo di Grifondoro.

“Se la conoscessi almeno un po', Sirius, non parleresti così.”lo contraddisse Remus, seduto di fronte a lui.

“Lo vedo anch'io che è sempre sola. E' così dal primo anno, dico solo che forse non è da James che vuole essere salvata. Tutto qui.” andò avanti testardamente Sirius.

“Eppure è sempre così gentile! Mi ha aiutato spesso con i compiti. Mi chiedo perchè nessuno le parli... James, o anche tu Remus, falle capire che se proprio non vuole parlare con nessuno, o nessuno le vuole parlare, potremmo farlo noi.” propose Peter, allegro.

Remus sorrise all'indirizzo del suo timido amico che, per tutta risposta, affondò il viso nel piatto.

“Grazie, Peter! Se riesco a parlare con lei civilmente lo farò senz'altro!” ringraziò James, guardandosi nervosamente attorno.

Non la vedeva.

Non era a cena.

“Evviva ,evviva! Mettiamo su un Fan Club!” scherzò Sirius

James si alzò improvvisamente.

“Ehi! Lo dicevo per dire, non volevo farti arrabbiare! Torna qui, Ramoso!” si scusò Sirius, che non intendeva davvero fare dal sarcasmo maligno ( si accorse di averlo fatto solo guardando la faccia di Remus).

“Devo andare!”

“Ok, è ufficiale. L'abbiamo perso. C'erano una volta quattro Malandrini. Ora sono tre.” sospirò Sirius, ritornando alla sua frittata.






Lily scese in Sala Comune: a quell'ora tutti erano a cena. Forse avrebbe potuto stare un po' accanto al fuoco.

La sua stanza non le era mai parsa così fredda.

Fece per sedersi sulla poltrona alla destra del camino, ma si accorse che era occupata.

Occupata da James Potter, che, anche se lei non lo sapeva, stava seduto lì da un'ora, nella speranza di poterla vedere.

Lily, comprendendo subito chi fosse il proprietario della chioma corvina e spettinata che si intravedeva, si voltò per tornare in camera.

L'ultima cosa che ci voleva in una giornata come quella era James Potter.

James, sentendo un rumore di passi, girò la testa e la vide correre verso le scale.

Era impossibile non riconoscerla.

Evans! Ehi Evans! Aspettami!” gridò, alzandosi e facendo appena in tempo a bloccarla per un polso.

Che vuoi, Potter? Ho da fare.” rispose gelida, abbassando lo sguardo

Ti rubo solo un minuto. Se mi consenti una domanda.” disse James, con il suo solito tono strafottente, così lontano da quello fermo e sicuro che usava con i suoi amici.

Lily non rispose e James, prendendo il silenzio come un assenso parlò di nuovo.

Perchè non eri a cena, stasera? Ti ho cercato.” proseguì

Non avevo fame. E comunque non sono affari tuoi.”

Ok, hai ragione, non sono affari miei. Adesso posso farti l'altra domanda?” chiese, lievemente più affabile.

Sbrigati, però.”

Come vuoi... Allora la faccio breve ed evito tutto il discorso che mi ero preparato...”

Non ci vengo ad Hogsmeade con te, Potter. Risparmia il fiato e smettila di prendermi in giro. Come se a te importasse qualcosa di me!”

Non è vero! Mi importa! Ora che hai detto di no un'altra volta, mi spieghi almeno perchè? Non lo capisco, Evans. Che cos'ho che non va?”

Non ci sono motivi per cui io debba uscire con te, Potter. Smettila di prendermi in giro. Non mi tormentare. Io sono l'anonima Lily Evans e tu il popolare James Potter. Non ci sono motivi per cui tu debba voler parlare con me E adesso devo andare.”

Lily si girò di scatto, volendo salire, ma Potter le continuò a trattenere il suo braccio.

Lasciami!” gridò Lily

Non ti lascio! Non ti lascio fino a quando non mi dici perchè! Fino a quando non mi dai una motivazione sufficiente. Mi hai già detto le stesse parole il mese scorso e quello prima ancora e ancora e l'estate scorsa e la primavera prima. Dimmi perchè, Evans!”

Te l'ho già detto! E ora lasciami!”

No! Sono abituato a guardare la gente negli occhi, quando parlo. Adesso tu alzi la testa a mi guardi. Mi guardi, hai capito? Mi dai una motivazione logica e mi guardi! Guardami, Evans, dannazione! Guardami! Guardami quando ti parlo! Non nasconderti dietro ai tuoi capelli! Urlami tutto il tuo disprezzo, ma guardami! Guardami Evans, per una volta guardami in faccia, quando mi dici no!”urlò James così forte e con un tono così violento che Lily ebbe quasi paura.

La sua mano non si staccava dal polso di lei che alzò la testa e piano, con voce quasi inudibile, cercando di non piangere, dato che i suoi occhi erano già arrossati dalle lacrime versate in precedenza, sussurrò:

Lasciami, per favore.”

James intercettò il suo sguardo supplichevole, incontrando, per la prima volta i grandi occhi verdi di Lily e si sentì un verme.

Si vedeva che si stava sforzando di non piangere, si vedeva che aveva appena finito di piangere.

La lasciò immediatamente e lei, come se non ci credesse, rimase lì impalata.

Chi è stato? Perchè hai pianto, Evans?” chiese James, dolcemente, come se tutta la rabbia di qualche istante prima non fosse mai esistita.

Lily non rispose e a lui non era mai parsa tanto piccola e fragile come in quel momento.

I capelli rossi le cadevano disordinati e pieni di nodi, le guance erano arrossate, così come gli occhi.

Tutto quel colore contrastava con la sua carnagione diafana.

James, ora che ci pensava, non aveva mai avuto occasione di stare tanto vicino a lei.

Lily si riscosse improvvisamente, distolse il suo sguardo da lui e corse di sopra.

James rimase lì, in piedi fissando il muro e mormorando a se stesso che, in fondo, lei aveva ragione.

Non c'erano motivi per cui lui li considerasse affari suoi.



Spero che questo primo contatto Lily-James sia piaciuto, anche se credo che susciterà qualche perplessità...


Grazie a Bellis, jellicat, Lady blue, marco 121184, ron84, Fritty e Thaleron per aver inserito la storia tra i preferiti.

Ringraziamenti ancora più speciali per aver recensito a:

Padfoot_07: sì, i miei Lily e James sono diversi. Ma è così che li immagino, spero che tu possa apprezzare anche questa visione, molto più drammatica rispetto al solito.


Lady Blue:sì, è vero spesso la guerra è assente dalle storie sui Malandrini, ma Hagrid dice ad Harry nella Pietra Filosofale che, prima che scomparisse in seguito all'attacco ai Potter, Voldemort era stato al potere per undici anni, quindi almeno negli ultimi tre o quattro anni dei Malandrini credo che avesse già iniziato a mostrare il suo volto spietato.

E' pertanto mia intenzione portare avanti entrambe le trame, anche perchè, se non ci fosse stata la guerra, molte cose sarebbero andate diversamente: un esempio l'amicizia tra Lily e Severus.

Spero che ti piaccia anche questo capitolo!


Bellis: io e te ci siamo già dette tutto, comunque, GRAZIE. La tua recensione è stata tra le più belle ricevute. Sicuramente la guerra e le divisioni hanno permeato i loro anni di scuola facendoli diventare quelli che sono e per Lily non è semplice.

Non si sente parte di nessuno dei due mondi. Troppo Babbana per essere una strega e troppo strega per essere Babbana. Severus non c'è più e in compenso c'è Potter che la tormenta, senza apparenti ragioni, dato che lui è il popolare James Potter e lei la sconosciuta Lily Evans.

La mediazione di Remus sarà importante e mi piace pensare che fossero ottimi amici, loro due, oltre che come dici tu simili caratterialmente, entrambi bisognosi di aiuto e di legami. Solo che Remus ha i Malandrini, che uniti riescono a trovare il giusto compromesso tra le riflessioni su quello che accade “fuori” e la vita da adolescenti che spetta loro.


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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


Capitolo Quarto

Natale 1976


La neve era scesa senza tregua, nelle settimane prima di Natale e il prato di Hogwarts si stendeva sotto una bianca e soffice coltre.

Tutta quella neve dava serenità all'aspro paesaggio scozzese e, all'interno delle possenti mura del castello, ci si sentiva protetti.

Mai Hogwarts era parsa così accogliente e sicura.

Era come se, stando lì dentro, tutte le tragedie che colpivano e straziavano il mondo esterno, le cui eco giungevano anche al castello, fossero lontane.

Parecchi studenti avrebbero voluto restare a scuola per le vacanze, ma, consci del fatto che isolarsi non era possibile e, preoccupati per le loro famiglie, quotidianamente esposte alle violenze dei Mangiamorte, praticamente tutti avevano infine scelto di tornare a casa.

Lily, invece, contrariamente alla maggior parte dei suoi compagni, desiderava solo tornarsene a casa. Voleva solo rivedere i suoi genitori, per essere scaldata dagli abbracci di sua madre e coccolata ed incoraggiata dalle parole di suo padre.

In quei mesi, per la prima volta in sei anni, Hogwarts le era parsa fredda, distaccata ed inospitale.

Non si era mai sentita tanto fuori posto. Certo, in molti l'avevano sempre vista come una ragazza un po' strana, per via delle sue scarse amicizie, delle poche parole e del costante e, forse esagerato, impegno a scuola. Ora, però, i bisbigli dei Serpeverde e di qualche altro studente sulla presunta sporcizia del suo sangue le ronzavano continuamente nelle orecchie.

Ma non era solo per quello che Hogwarts era cambiata,

Il motivo principale era Severus. Lily aveva sempre sopportato tutto, perchè c'era lui.

C'era Severus che la spronava di continuo, che le aveva sempre spiegato che non era diversa, perchè nata in una famiglia di Babbani.

C'era Severus che non rideva, se lei chiedeva cosa fosse uno Knarl, una Finta Wroski o come si potesse mangiare una Piperilla Nera senza che esplodesse in bocca.

Severus nei suoi ricordi era una presenza costante, ma, in quei mesi Lily era giunta alla conclusione che fosse stato solo il flusso dei suoi ricordi, a renderlo tale.

Ripensandoci e cercando di organizzare le memorie lucidamente, Lily poteva chiaramente ricordare che era dal terzo anno che qualcosa aveva iniziato a rompersi. E l'episodio dell'anno prima era stato solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Non ho bisogno dell'aiuto di una piccola lurida Sanguesporco

Lily si girò nel letto, afferrò le coperte e sussurrò a se stessa:

Basta così, Lily. E' Natale. Sei casa. Sei coi tuoi genitori, con la tua famiglia. Qui tutto quello che tocca il Mondo Magico non arriva. Qui non c'è nessuna Gazzetta del Profeta che porta notizie di morte.”




Attorno all'albero di Natale, posizionato nel grazioso salotto, i signori Evans attendevano che le figlie scendessero per scartare, tutti insieme, i pacchetti colorati che erano stati ordinatamente accatastati.

Negli occhi di Edward e Rose Evans si leggeva trepidazione: erano curiosi di sapere se il loro regalo sarebbe stata una sorpresa gradita per la loro amata secondogenita, per la quale non avevano smesso di provare affetto ma che, spesso, sentivano sfuggente, appartenente ad un qualcosa che non conoscevano, viandante sulle strade di un mondo in cui non erano certi di poterla guidare.

Eccovi! Lily, Petunia! Buon Natale, figlie mie!” la signora Evans andò incontro alle due ragazze che, in silenzio, una dietro l'altra, stavano scendendo le scale.

Petunia, la primogenita, ormai ventiduenne, alta, slanciata e bionda e la piccola Lily, minuta e con i capelli rossi ereditati dalla nonna materna scesero gli ultimi gradini strette nelle loro vestaglie colorate.

Su, avanti! Sono curioso anch'io di guardare che cosa mi hanno regalato le mie figlie quest'anno!” esclamò Edward Evans, ridendo e invitando la famiglia a radunarsi.

A lui, come anche a sua moglie, non erano sfuggite le occhiate diffidenti che le sorelle, prima così unite, si lanciavano.


Grazie! Grazie mille! Mi mancavano proprio questi libri!” esclamò Lily, abbracciando i suoi genitori ed aggrappandosi saldamente alle loro braccia, così come faceva da bambina.

Era il minimo, Lily! Dopo che hai consumato le pagine del volume del nonno, prendertene uno tutto tuo era doveroso!”le rispose, soddisfatto, suo padre.

Ti serviranno per occupare i momenti liberi, cara. Sei sicura che questi maglioni siano sufficientemente pesanti? Deve essere terribile il clima, in Scozia...” commentò la signora Evans, cercando di tenere ferma la figlia per provarle sulle spalle la sagoma dei maglioni.

Petunia osservava la scena in disparte. Perchè a lei nessun chiedeva se i nuovi abiti andavano bene?

La ragazza si morse le labbra. Sapeva che non le stavano facendo domande per il semplice fatto che era presente all'acquisto, avendoli scelti di persona e che, i suoi genitori, avendo ben poche occasioni di stare con Lily, cercavano di sfruttare al massimo quelle giornate.

Adesso lasciate che vi dia il mio regalo! Spero proprio che vi piaccia!” Lily si sciolse dall'abbraccio e corse a prendere un pacco quadrato, foderato di blu e rosso. Lo porse ai genitori, mentre questi stavano scartando la cravatta e la spilla donate da Petunia, la quale si stava godendo il suo momento di attenzioni.

Mamma, papà! Tenete! Fate attenzione che è fragile!”si raccomandò Lily.

Edward prese il pacco e sembrò osservarlo con un po' di scetticismo.

Guarda che non morde, papà!” rise Lily

Io non ne sarei così sicura... non si sa mai cosa possono aver messo dentro questi qui...” commentò, acida, Petunia, la quale si era vista ignorare non appena la sorella era giunta col suo regalo.

La madre delle ragazze scoccò un'occhiata gelida alla figlia maggiore, la quale stizzita, andò a sedersi sul divano.

Oh... ma.. Lily... sembra.. E'... !”

Esatto, papà! Con questa potrai fare anche tu quelle foto che si muovono! Allora, vi piace?”

Oh, tesoro! E' stupenda! Grazie!”

Mentre Rose tornò ad occuparsi della colazione e suo marito si rigirava tra le mani la macchina fotografica, Lily, raccolse da terra un piccolo pacchettino.

Si inginocchiò davanti alla sorella.

Che vuoi?” le chiese, seccata

Darti il mio regalo di Natale, Tunia.”

Non lo voglio.” le rispose, facendo per alzarsi.

Ma...”

Ti ho detto che non lo voglio, Lily. Chissà che sarà, questa volta! Un anno mi regalasti un enorme pacco di quelle disgustose caramelle, d'estate te ne torni con rane e topi... che sarà questa volta?”

Aprilo, almeno, Tunia. Tienilo.” proseguì Lily, senza nascondere la sua delusione e mettendo nelle mani della sorella il pacchettino.

Ti ho detto di no. Sono costretta a stare con te in questi giorni, ma non sono obbligata ad accettare le tue stramberie.”

Ragazze, la colazione!” urlò la signora Evans

Andiamo, Lily. E non farne parola con mamma e papà.”

Petunia si avviò svelta in cucina, seguita da Lily, scossa.

Perchè da quando aveva ricevuto la lettera da Hogwarts, cinque estati prima, il rapporto tra lei e la sorella era cambiato?

Perchè Petunia la considerava un mostro? Perchè non faceva altro che ripeterglielo?

Va tutto bene, Lily?” domandò suo padre, osservandola mentre prendeva posto.

Sì papà, tutto bene.” mentì, sforzandosi di sorridere ed osservando gli occhi di Petunia, abbassati verso il pavimento.

Mentre la signora Evans stava versando il the per tutti, un allocco color castagna picchiettò al vetro della cucina.

E' sicuramente per te, Lily!” esclamò Edward, facendo entrare l'animale, che planò sulla spalla di sua figlia.

Stammi lontano! Porta via quell'animale!” strillò Petunia.

Petunia, calmati! E' solo un gufo! Sarà qualche compagni di scuola di Lily.” la rimbrottò la madre.

Lily srotolò, curiosa, la lettera dalla zampa dell'animale e sfilò anche il pacchetto che portava.

L'allocco, così come era arrivato, volò via, senza aspettare alcuna risposta.

Allora, che cos'è? Apri, Lily!” la esortò suo padre, curioso.

Lily scartò piano l'involucro ed infilò le mani in una morbida sciarpa verde, tessuta di lana calda e pesante.

E' morbidissima, Lily!” esclamò Rose, toccandola. La figlia annuì, incredula, e cercò la lettera che accompagnava il regalo.

Doveva sapere chi gliela mandava.


Buon Natale, Lily!

So che non è il massimo dell'originalità, come regalo... ma non avevo proprio idea di cosa ti avrebbe fatto piacere ricevere e così mi sono detto che, in fondo, una sciarpa in più fa sempre comodo a tutti. Spero tanto che ti piacciano!

Tanti auguri,

Remus


Il sorriso sul volto di Lily si fece più largo: quel biglietto era, se possibile, ancora più prezioso del regalo.

Era la prima volta che riceveva un regalo da parte di un compagno: solitamente si limitavano ai canonici auguri di buon compleanno, se conoscevano la data.

Remus le aveva fatto un regalo.

Era per lei.

Afferrò la sciarpa che, nella foga, aveva gettato a terra e la accarezzò. Era un regalo di Remus per lei.

E così anche voi conoscete il Natale? Sei sicura che non nasconda un qualche strano amuleto per affatturarci tutti?” intervenne brusca Petunia, ignorando i richiami dei genitori.

Sì, Tunia. Anche noi festeggiamo il Natale. Non siamo diversi. E questo è un regalo del mio amico Remus.”

Amico? Ti sei fatta degli amici in quella scuola di pazzi?”

Sì, Petunia. Mi sono fatta degli amici.” rispose Lily, a tono, certa che nulla, in quella giornata poteva più andare per il verso sbagliato.




Godrick's Hollow, Casa Potter


Svegliati, amico! E' Natale! E' Natale!” trillò James, spalancando la porta della camera di Casa Potter che aveva accolto Sirius un anno prima e scostando le tende per far entrare la luce del sole.

Avanti, Sirius! Svegliati! E' Natale! Dobbiamo aprire i regali! I miei genitori ci stanno aspettando!”

James lo scosse pesantemente e Sirius, mugugnando frasi prive di senso compiuto, si svegliò faticosamente.

Detestava alzarsi presto, Sirius.

Per troppi anni era stato costretto svegliarsi molto presto, al mattino, perchè la pigrizia non si addiceva ad un Black.

Arrivo, James, Arrivo...”

E muoviti! Mi avranno senz'altro preso la nuova Nimbus 780! Dai! Voglio vederla!” insistette James, saltellando, impaziente, qua e là per la stanza.

E' l'alba! Si può sapere perchè sei così attivo, porco Bolide!”

Sirius! E' Natale! E non è l'alba! Sono le otto, quasi! Avanti che la mia scopa mi aspetta!”James lo afferrò per il polso e lo trascinò al piano di sotto, dove, il signor Potter li attendeva seduto sul divano.

Era ora che vi alzaste, pelandroni! Dorea, si sono svegliati!” gridò il padre di James, mentre sua moglie correva dalla cucina per andare ad augurare Buon Natale a James e Sirius.

Eccovi qui, finalmente! Temevo quasi che si freddasse la colazione! Ho preparato i biscotti!” Dorea Black in Potter sbucò dalla stanza di fianco con un buffo grembiule a stampa floreale legato in vita e i ricci neri che scendevano sul viso liberandosi dalla crocchia improvvisata in cui li aveva stretti. Era un donna piccola e leggermente in carne, ma, quello che aveva colpito Sirius fin dalla prima volta che l'aveva vista, era il brillio dei suoi occhi castani, di una tonalità molto simile a quella di James. Aveva sempre il sorriso sulle labbra e, da quel poco che il ragazzo aveva capito, vivendo per circa un mese a casa di James, era proprio l'allegra signora Potter, sua lontana parente, a mandare avanti la casa, perchè, sia James sia suo padre erano alquanto confusionari.

Forza! I vostri pacchi sono lì che vi aspettano! Charlus, va' a prendere la macchina fotografica, le mie mani sono completamente imbrattate di farina!” la donna si ripulì velocemente nel grembiule e spintonò James e Sirius verso l'albero, un alto abete che rasentava il soffitto del grande e ricco salotto di casa Potter.

James si fiondò sotto l'albero, inciampando nelle frange dell'antico tappeto persiano, mentre sua madre scuoteva la testa, sorridendo.

Sirius rimase un po' indietro, incerto. Era il primo Natale che trascorreva dai Potter. L'anno prima aveva insistito per restare ad Hogwarts, fino a quando sua cugina Andromeda non era venuta a trascinarlo via di peso, dicendogli che:

Il Natale si passa in famiglia. E io e te siamo tutto quello che ci siamo rimasti.”

Andromeda era scappata per sposare Ted Tonks, un nato Babbano, rifiutando così il nome dei Black e il matrimonio che le era stato combinato.

Si erano sposati, avevano una bambina bellissima, Ninfadora, ed erano felici.

Sirius l'aveva invidiata, sino a quando non aveva trovato il coraggio di fare altrettanto.

Di andarsene, per essere finalmente se stesso e non il perfetto primogenito della casata dei Black.


AGOSTO 1975


Dove poteva andare? Da Andromeda? No, non sarebbe scappato da sua cugina a piangere come una femminuccia. Senza contare che non aveva la minima idea di come trovare casa sua.

Sapeva solo l'indirizzo.

No. Non si sarebbe rifugiato tra le braccia di Andromeda. Era un uomo, lui.

Trascinò il pesante baule ancora per qualche metro, giusto per allontanarsi il più possibile da quella casa e si sedette su una panchina cercando di riorganizzare le idee.

Una settimana e la scuola sarebbe ricominciata. Doveva solo trascorrere quei giorni, ma dove poteva andare?

Non aveva nemmeno sedici anni, era un mago minorenne e quindi non poteva usare la magia.

Ma soprattutto non aveva un soldo.

Sbuffò. Era stato un incosciente.

Si era ripromesso che, quando se ne sarebbe andato, avrebbe avuto un piano. Un qualcosa di sicuro. Un posto dove andare, tanto per cominciare.

Quante volte ne aveva parlato, con James?

Tante, troppe. Ogni volta l'amico aveva offerto il proprio aiuto, la propria casa.

Eppure, in quei momenti, Sirius era certo che non avrebbe mai trovato il coraggio di andarsene. Non che il fegato gli mancasse, però... però quella era pur sempre casa sua. Quelli erano i suoi genitori e, sebbene desiderasse con tutto se stesso andarsene da quell'inferno, andarsene da quei maniaci del sangue puro, tagliare i ponti con chi sosteneva senza vergogna pazzi assassini, non era semplice.

Erano i suoi genitori, comunque.

Si divertiva, quasi, a provocarli. Vestire come un ragazzo Babbano, ridere sguaiatamente, rispondere da maleducato e scendere a tavola con la sciarpa di Grifondoro lo divertiva immensamente.

Era bello e soddisfacente vedere le espressioni contrite di suo padre, il palese disprezzo di sua madre, la quale non faceva che rinfacciargli la vergogna che provava di fronte ai suoi comportamenti, lo sbigottimento di suo fratello.

Sì, erano tutte cose molto, molto divertenti. Sinistramente divertenti.

Era stato bello fino a quel pomeriggio. Fino a quando suo padre non aveva pronunciato freddamente cinque semplici parole.

Tu non sei mio figlio.”

Lui non un figlio.

Lui non era degno della loro considerazione. Di essere un Black.

Lui non c'entrava niente con loro, con quella famiglia.

Non c'erano state scenate plateali e litigate furibonde. Solo altre taglienti parole.

Tu non sei mio figlio. Sei libero di andartene. ”

Era rimasto immobile a fissare i suoi genitori, ansioso che sua madre, l'arcigna Walburga, intervenisse e gli ordinasse, brusca, di tornarsene in camera sua.

Invece niente. Nessuno aveva più aperto bocca.

Era stato invitato a levare le tende, ad andarsene perchè lui non era come loro.

Si era messo a ridere.

Rideva.

Istericamente.

Bene. Sarete contenti! Il disonore della famiglia che se ne va! Me ne vado! Finalmente me ne vado! Me ne vado, madre! Non mi darete più ordini! Reg, piccola serpe, me ne vado! Me ne vado! Non potevate farmi favore più grande!”

Aveva raccolto in fretta le sue cose, infilate a caso nel baule e se n'era andato.

Aveva sentito la porta di Grimmauld Place, quella casa che era stata come una prigione per quasi sedici anni, sbattere dentro di lui. Senza che nessuno, né sua madre, né suo padre e nemmeno suo fratello si desse pena di guardarlo mentre se ne andava.

E adesso era libero.

Libero di essere se stesso.

Assaporò l'aria notturna, che gli scompigliava i capelli chiedendosi, un'altra volta, dove avrebbe potuto andare.

C'era solo un posto. Solo una persona che l'avrebbe accolto a qualunque ora del giorno e della notte.

James.

Ma, come arrivare a Godrick's Hollow? Non aveva uno zellino.

Ok, bene Sirius. E' ora di far valere tutte le tue qualità.” si disse, decidendo di andare alla prima stazione Babbana che trovava prendendo il primo treno che lo portasse a Godrick's Hollow (uno avrebbe ben dovuto esserci), sperando che nessun controllore lo fermasse.




Mentre il sole albeggiava, Sirius scese dal treno, trascinandosi il pesante baule.

No ricordava esattamente la strada per arrivare dai Potter, ma, in quel momento, riteneva di aver avuto un'idea piuttosto sciocca.

Cosa avrebbe fatto?

Si sarebbe presentato dicendo:” Buon giorno a tutti. Mi hanno appena cacciato di casa, non è che posso restare qualche giorno?”

Vagò per le vie del borgo, suscitando le occhiate interessate di tutti gli abitanti: era mattino presto e lui era un ragazzo solo, sporco e spettinato che girovagava con un baule di legno.

Raggiunse la casa di James e si fermò lì davanti. Non riusciva a trovare il coraggio di entrare, di imboccare il vialetto e di bussare alla porta.

Non poteva farlo.

Non era casa sua.

Ma lì c'era James. La sua roccia. Il suo migliore amico, quello che, il primo anno non si era fermato davanti ai suoi modi inizialmente scorbutici e scostanti.

Era quello che, fin da quel primo giorno, aveva deciso che sarebbero stati amici.

James l'aveva capito. Aveva capito la sua necessità di avere dei legami e gli aveva offerto la sua amicizia, senza chiedere nulla in cambio.

Se avesse saputo che era stato cacciato di casa e che non si era rivolto a lui, si sarebbe senz'altro offeso.

E avrebbe fatto bene.

Si passò una mano tra i capelli e si decise a bussare.

Jamie, va' ad aprire!” si sentì urlare da una donna, la madre di James.

Papà, va' ad aprire!” gridò James a sua volta

James Potter! Obbedisci a tua madre!” strillò il signor Potter, visibilmente divertito

Che noia! Ma chi diavolo può essere a quest'ora!”si lamentò James, aprendo la porta.

Se ti dico che sono io va bene?” disse Sirius, cercando di mostrarsi sicuro e sfrontato.

James allargò la bocca in un' espressione di pura sorpresa. Che ci faceva lì Sirius?

Santo Boccino, Sirius! Che cosa ci fai qui?”

Il vecchio mi ha cacciato e io me ne sono andato. Ti basta?”provò a dire, sperando di comunicare menefreghismo.

James lo guardò e Sirius non si vergognò di mostrare il suo volto abbattuto e ferito.

James non fece domande. Se Sirius avesse voluto raccontare l'avrebbe fatto.

Si limitò a farlo entrare.

Mamma, una tazza in più. Ho appena guadagnato un fratello!” esclamò senza rendersi conto che da quel giorno fratelli lo sarebbero stati per davvero.




Non gli è mai piaciuto, quel tappeto... è da quando era piccolo che inciampa sempre.” sussurrò la signora Potter a Sirius.

Lui sorrise.

Santo Boccino! Mamma, grazie! Grazie! Grazie! La Nimbus! Oh, non ci credo!” strillava James, eccitato.

Vai, Jamie! Vedrai che quest'anno la vinciamo, la Coppa!” rispose Sirius

Puoi scommetterci! Oh no! La prozia Jane mi ha mandato un altro dei suoi orribili maglioni a righe! ” si lamentò James.

L'espressione di Sirius divenne improvvisamente malinconica: James prendeva tutto per scontato. Per lui era normale alzarsi a Natale e ricevere una miriade di regali, ciascun pacco contenente il suo ennesimo capriccio, spesso passeggero come solo sa essere il desiderio di un sedicenne. Per lui era normale avere una madre che si svegliasse presto, per preparare i biscotti e un padre che ti porta allo stadio a vedere il Quidditch o a pesca, perchè pare che sia una cosa che entusiasmi parecchio i Babbani.

James non si rendeva conto della fortuna che aveva. Per James era tutto così dannatamente normale.

Forza Sirius, vai. Sono sicura che c'è qualcosa anche per te.” lo incoraggiò Dorea, intercettando il suo sguardo.

Sirius arrossì, non voleva che la madre di James lo considerasse debole o sentimentale.

Oh, bè... non credo che i miei genitori si siano sprecati di mandarmi qualcosa...” borbottò

Forse loro no, ma sono sicura che c'è qualcuno che ti vuole bene.” gli rispose.

Sirius, che cosa ci fai ancora qui? Se tuo zio Alphard non riceve tue notizie entro un'ora sono convinto che ce lo vedremo piombare in salotto vestito da tibetano!”rise Charlus Potter, sopraggiunto armato di macchina fotografica, ripensando al suo amico Alphard, noto giramondo.

Lo zio Alphard? Che cosa c'entra lui?” domandò Sirius

Credevi forse che ti avrebbe lasciato senza regalo di Natale? Andiamo, ragazzo, lo conosci!”

Sirius! Ti muovi? Voglio vedere se Remus ha regalato anche a te una Ricordella incantata con la sua voce che ti minaccia se non fai i compiti!” chiamò James

Sirius sorrise, di un vero sorriso, per la prima volta in quella mattina.

Zio Alphard gli aveva mandato qualcosa... Se non fosse stato per lui non avrebbe nemmeno potuto pagarsi gli studi. Era grazie a lui che Sirius aveva soldi sufficienti per comprare libri, divertirsi e fare tutte quelle cose che fa un ragazzo di diciassette anni.

Oh Charlus! Ancora con questa diavoleria Babbana! Perchè non usi la nostra macchina fotografica?”

Dorea, questa qui sì che è un 'invenzione geniale! Ferma il momento, lo scatto da l'impronta di quello che accadeva in quell'istante! I personaggi non si muovono qua e là. Questa sì che è una vera macchina fotografica! Racconta emozioni, sentimenti!” proseguì il signor Potter, mentre la moglie, oramai rassegnata per l'interesse che il marito aveva per tutto quello che riguardasse i Babbani, lo trascinava dai ragazzi. Se voleva usare quell'aggeggio Babbano, che facesse pure, bastava che scattasse almeno qualche fotografia di quel Natale.

Il padre di James era un uomo alto ed allampanato e, sebbene i suoi capelli non fossero più nero corvino ma leggermente brizzolati, sparavano in tutte le direzioni proprio come quelli di suo figlio.

Diceva sempre che era il marchio Potter: miopia e capelli neri e ribelli caratterizzavano tutti i maschi di casa Potter. Sirius poteva scommettere tutti i suoi pochi averi che, superati i cinquant'anni, James sarebbe stato la copia di suo padre. Capelli brizzolati e spettinati, sorriso stampato in volto, occhi nocciola, anziché azzurri come quelli di Charlus, celati dietro a spesse lenti.

Ecco, lo vedi che Remus è proprio fissato? Non è capace di pensare ad un regalo divertente!” esclamò James, mentre Sirius scartava la Rimembragenda speditagli da Remus.

Caro vecchio Lunastorta! Voglio proprio vedere cosa penserà scartando il nostro, di regalo!”disse Sirius scuotendo la testa e pensando, per la prima volta in vita sua, che, in fondo, il Natale non era così male. Era stato abituato a non chiedere né pretendere nulla, per Natale. Per la nobile ed antichissima casata dei Black le feste natalizie erano solo un'altra delle mille occasioni per mostrare al mondo quanto fossero ricchi e superiori.

Invidie e gelosie serpeggiavano tra parenti che, tuttavia, a Natale celavano se stessi dietro al miglior regalo da fare a cugini o nipoti, in modo tale da mostrare quanto ciascuno fosse migliore del suo stesso sangue.

Da bambino Sirius ricordava di aver sempre ricevuto pochi regali. Lui come suo fratello e le sue cugine, del resto. Niente giochi o passatempi, solo austeri vestiti e seriosi libri che facevano di loro dei piccoli adulti in miniatura.

Soltanto zio Alphard giungeva, di tanto in tanto, addobbato con i suoi colorati mantelli a portare dono che fosse davvero degno di essere chiamato tale per i suoi nipoti. Una bambola per Narcissa, un libro di cucina per giovani streghe per Andromeda, dei colori da pittura per Bellatrix, una Puffola Pigmea per il piccolo Regulus e, infine per Sirius, il prediletto, sua croce e sua delizia, nuovi spartiti per il vecchio pianoforte di Grimmauld Place.

Tieni, Felpato, questo è da parte di Andromeda. Grazie per la felpa dei Cannoni di Chudley, mi mancava!”

Figurati, amico, anche se direi che è il caso che inizi a rassegnarti, il campionato è stato dello United un'altra volta...”rispose Sirius, ghignando, e scartando il regalo di sua cugina, un curioso libro sull'incanto di manufatti Babbani.

Andromeda sta impazzendo... ti pare che io mi metta a leggere questo mattone?”

James alzò le spalle

Evidentemente si è messa d'accordo con Remus...Anche se credo che il capitolo sulle moto sia interessante.” Disse James, con uno strano sorriso stampato in volto.

Ma io non ho una moto, James!” esclamò Sirius, con disappunto.

Al terzo anno aveva scelto di studiare Babbanologia solo per far dispetto ai suoi genitori, ora però, la riteneva la scelta migliore che avesse fatto.

Grazie a quelle lezioni aveva scoperto le motociclette. Desiderava averne una tutta sua. Sarebbe stato come sancire pienamente la sua indipendenza, senza contare tutto quello che lui e James avrebbero potuto fare...

Ma erano sogni ad occhi aperti, non avrebbe mai avuto abbastanza denaro per comprarne una, anche vecchia e malandata e sistemarla.

Non avete ancora finito, ragazzi? Sto iniziando ad avere fame!”

Charlus, sei sempre il solito!” lo rimproverò sua moglie, scuotendo la testa.

Ah, ecco cosa mi sono dimenticato! Mamma, papà! Io e Sirius abbiamo preso delle cose per voi!” James saltò in piedi, dimenticando per qualche istante la sua preziosa Nimbus 780 e corse a prendere due sacchetti colorati.

Ci sono costati diversi pomeriggi di ricerca ad Hogsmeade e qualche punizione...”

Come sarebbe qualche punizione, James?” si spaventò sua madre, la quale era abituata alle punizioni per le bravate del figlio, ma non sapeva che quello scapestrato di James era in grado di farsi mettere in punizione anche per cercare un regalo.

Bè, vuoi mica che esauriamo la scelta dei regali in un paio di pomeriggi al mese? Ci è voluto qualche giro... diciamo... in più ad Hogsmeade...”

L'unico problema è stato che anche la cara Minnie ha pensato che quello fosse il pomeriggio perfetto per comprare i regali di Natale.”terminò Sirius, ridendo.

Comunque, vi abbiamo preso queste cose qui. Se non vi piacciono prendetevela anche con Sirius, sono state anche idee sue.”precisò James, indicando l'amico in piedi accanto a lui.

Un momento, Sirius, hai finito di aprire i tuoi regali? La lettera di tuo zio l'hai vista?”

Lettera di mio zio? No, in verità no...”

Oh, Charlus, mi pareva che non l'avesse vista! Altrimenti sarebbe già in giardino! Te l'avevo detto!” esclamò Dorea.

Tieni, Sirius. Ecco qui, mentre loro discutono io ti do la lettera.”

James era al corrente della sorpresa e non vedeva l'ora che Sirius potesse vedere coi suoi occhi quello che suo zio Alphard e suo padre avevano pensato per lui.

Non stava più nella pelle. Certo, mantenere il segreto non era stato semplice, ma ce l'aveva fatta. Il buon Lunastorta vegliava sulle sue parole.

Se c'era una persona che si meritava davvero un regalo così, quello era senza dubbio Sirius.

E non solo perchè le motociclette erano diventate il suo interesse principale, dopo le ragazze, ovviamente, ma perchè gli avrebbe fatto bene sapere che c'era ancora qualcuno, oltre ai suoi amici, che pensava a lui.

E James voleva che Sirius sapesse che non era solo. Che c'era qualcuno guidare le sue azioni, che, se aveva bisogno, non c'erano solo i suoi scapestrati amici.

Accanto a lui Sirius leggeva, scorrendo lo sguardo rapido tra le righe:


Caro Sirius,

Innanzi tutto, buon compleanno!

So che questi miei auguri avrebbero avrebbero dovuto giungerti una quindicina di giorni fa, tuttavia, nel posto in cui sono non è semplice trovare un gufo postale. Pare che i tibetani si consegnino la posta tramite degli strani uccelli di cui non ho ben capito il nome... Sai come parlano qui, tutti quei biascichii...Ad ogni modo, mi auguro che questa lettera ti giunga per Natale o comunque, prima che tu torni a scuola.

Dimmi, se ci sono stati problemi quest'anno? Il Preside ha forse detto qualcosa a proposito della tua mancanza di tutori? Sì, ragazzo mio, sono certo che Silente sia a conoscenza del fatto che tu sia scappato di casa. Sa sempre tutto, Silente.

Qualora dovessero esserci problemi, digli che ci sono io. Dovunque sarò, Silente mi troverà.

Per qualsiasi altra necessità che richieda l'immediata presenza di un adulto rivolgiti a Charlus, baderà lui a te così come io non sono in grado di fare. Se hai bisogno di parlare con qualcuno, non dimenticarti di Andromeda, d'accordo? Anzi, se la vedi fai alla piccola Ninfadora i complimenti per la sua scintillante chioma e chiedi a Ted come fanno i Babbani a viaggiare con quegli aereocosi...

Ma... che stavo dicendo? Ah, sì! Il tuo compleanno! Sei diventato maggiorenne, Sirius, ci pensi?

Ho pensato a due cose, per il tuo compleanno e per questo Natale: prima di tutto ora che sei maggiorenne intendo nominare te e Andromeda miei unici eredi e, poi, sappi che ti intestato un bel gruzzolo di galeoni, alla Gringott. Sono certo che ti saranno utili, fanne buon uso. Mi raccomando.

E poi... poi ho pensato ad un'altra cosa che credo che ti possa piacere. Una parte indispensabile di questo regalo è contenuto nella scatoletta che è giunta con questa lettera.

Guarda cosa c'è dentro e segui Charlus, lui saprà dove condurti.

I miei più cari auguri, Sirius.


Zio Alphard


James, sono appena diventato ricco. Credo che questa cosa produrrà un'altra bruciatura sull'albero genealogico dei Black...”

E?”

Bè, poco male. E' da quando ha finito la scuola che lo zio è in giro per il mondo. Credo che aspettassero solo la scusa per cancellarlo dalla famiglia. E lui sarà felice di aver raggiunto il suo obbiettivo. Da quanto mi ha raccontato erano anni che ci provava. Ma sai com'è, per essere cancellato devi comportarti come un essere veramente spregevole, nella loro ottica, sempre. Fino ad ora lo zio era strano, sì, ma non aveva mai violato la legge del sangue, quindi...” spiegò Sirius

Se non altro ora ce l'ha fatta...allora, non apri?”chiese James, mentre Sirius esaminava ancora il pacchetto, sentendo un tintinnio per ogni scossone che gli dava.

Ma.. ma.. sono delle.. chiavi. Che me ne faccio? James, Ramoso! Non c'è da ridere! A me hanno regalato delle chiavi! A te una scopa!”

Sirius, indignato, si dibatteva, mentre James rideva a crepapelle, rotolandosi sul tappeto.

Segui Charlus, Sirius. Sì, Jamie può venire.” gli disse la signora Potter, leggendogli negli occhi la domanda di essere accompagnato da suo fratello.

I due ragazzi, seguiti dalla madre di James, raggiunsero Charlus Potter nella rimessa.

Era ora! Allora, Sirius, ti piace?” chiese, indicando la grossa moto nera accanto a lui.

Sirius rimase pietrificato: il manubrio lucido invitava ad essere impugnato, i sedili di pelle nera sembravano essere i futuri testimoni di mille avventure...

Basterebbe dire di sì.” gli sussurrò James.

Sirius annuì a fatica. Era un regalo per lui. Era per lui. Da parte della sua famiglia, quella vera.

Il suo strambo ed originale zio ed i genitori di James, le due persone più meravigliose che conoscesse. Avevano accolto il ragazzo ribelle e col cuore sanguinante e ne stavano curando le ferite.

Con loro non era costretto ad essere Sirius Black, con loro era Sirius e basta. Solo Sirius e a loro bastava, a loro andava bene.

E non erano i suoi amici, erano due adulti, a cui Sirius andava bene.

Io.. grazie.”

Dorea gli sorrise, materna e Charlus lo invitò a salire.

Sirius provò l'impulso di fare da solo quel primo giro, ma poi posò gli occhi su James, in piedi a fianco a lui.

Il suo solito sguardo sicuro, nascosto dietro alle lenti trasparenti. La sua espressione sincera, la sua confortante presenza.

Vieni con me, James?”

Ora e sempre.” gli rispose.

Ora e sempre” ripetè mentalmente Sirius.

Ora e sempre. Là dove ci fosse stato James Potter, Sirius se lo promise, ci sarebbe stato anche lui.

Non sarebbe bastata una vita per ringraziarlo di quello che lui e la sua famiglia stavano facendo.

Ora e sempre. Black e Potter.





Ho situato la fuga di Sirius nell'agosto del '75 perchè secondo alcune fonti Sirius è nato nel dicembre del 1959. Pertanto ha qualche mese più di James e degli altri e, avendo lui detto ad Harry di essere fuggito poco prima dei suoi sedici anni, ho dedotto che fosse l'estate del 1975.

Grazie a chi ha letto, a chi ha recensito e a chi ha inserito questa storia nei preferiti.

Grazie davvero!



Lady blue: Piton non è un personaggio che mi piace, nonostante quello che si è scoperto. A pare mio non ha protetto Harry perchè convinto di aver sbagliato, così come non ha lasciato Voldemort perchè ha compreso di aver sostenuto la parte sbagliata. Ha agito solo perchè, in un certo senso, sentiva di essere responsabile della morte di Lily, ma non perchè avesse compreso di aver scelto delle idee malvagie. Sono anche del parere che non abbia chiaro il motivo che ha portato Lily e James a morire. Senza contare che, viste le amicizie che aveva a scuola, tutto mi fa pensare che non fosse poi così innocente... Visioni personali... le tue sono più che legittime!

Allora, io adoro Remus! Secondo me quel ragazzo è un genio del male! Un plasmatore di coscienze si nasconde dietro allo studente modello... spero che ti piaccia anche questo capitolo.

Lussissa: lieta di aver riscontrato il tuo apprezzamento! Sì, sarà una storia un po' diversa, per certi versi molto più drammatica. Spero che la mia visione dei personaggi ( di Lily in particolare) continui a piacerti.

Bellis: mi ha colpito quel tuo “Per la giovane ragazza, è un sicuramente sì”. Non sappiamo se Severus avrebbe davvero trovato il coraggio di colpirla, quello che conta è ciò che sente Lily, che p spaventata ed incredula. Quello non è il suo migliore amico. Non lo è più.

Non è più tempo di parole ed evitarlo fa meno male. Fare finta che lui non ci sia fa meno male.

James e i Malandrini la aiuteranno, fornendole quell' amicizia che le manca, quell'appoggio da lei tanto agognato. Ma ci vorrà tempo, anche perchè i ragazzi dovranno capire che prima di cambiare il mondo devono cambiare se stessi. E James avrà una prova grandissima da superare. Una prova che gli farà tirare fuori il meglio di sé.

Quanto a Remus, io lo vedo esattamente così: coscienzioso, studioso, affidabile sì, ma anche estremamente perfido e maligno. Quasi più pericoloso di James e Sirius, perchè più razionale, anche in fatto di malandrinate.

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


Gennaio 1977


La fine delle vacanze di Natale era giunta troppo in fretta, secondo Lily che, mai come quell'anno avrebbe tanto desiderato restare a casa circondata dalla sua famiglia. Persino da sua sorella Petunia.

Non voleva tornare ad Hogwarts, ma, nonostante questo, non ne aveva fatto parola con i suoi genitori, sebbene essi avessero intuito che non tutto stava andando per il meglio e le avessero più volte chiesto se era sicura di voler tornare.

Scendendo i ripidi scalini che portavano ai sotterranei per le lezioni di Pozioni, Lily ripensò per l'ennesima volta alla sua ultima conversazione con sua madre, avuta proprio la mattina della partenza.


C'è qualcosa che non va, Lily?”

No, mamma, Va tutto come al solito. Sono solo un po' stanca, questa mattina.” rispose, mescolando il latte nella sua tazza a righe gialle e blu.

Sei sicura? Non mi pare che tu sia così entusiasta come al solito di rientrare a scuola.- obbiettò Rose Evans, cercando di incontrare gli occhi della figlia- Gli altri anni non facevi che parlare di Hogwarts, delle lezioni... Sei stata così taciturna, invece, in queste settimane. Sei sicura che vada tutto bene? C'è qualcosa che vuoi dirci?”

No, mamma. Davvero stai tranquilla. E' solo che quest'anno è molto pesante, sai, è il sesto,... l'anno prima dei M.A.G.O. Tutto qui.”

Non avrebbe potuto dire altro. Non solo non avrebbe saputo come spiegare ai genitori la violenza che si stava abbattendo e che stava distruggendo il mondo magico ma, se ne avesse fatto parola, i suoi genitori si sarebbero preoccupati troppo, allarmati da cose che non riuscivano a comprendere fino in fondo.

Il loro sostegno ai suoi studi non era mai mancato, ma non riuscivano a cogliere completamente tutto quello che Lily raccontava e dire loro di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte li avrebbe solo impensieriti.

Sempre poi che fosse davvero un pericolo reale. In fondo, magari, si trattava davvero solo di tempo, come scriveva il Profeta, prima che li arrestassero tutti.

Sei sicura che sia tutto qui? E Severus, come sta? Non è mai passato in queste settimane. Avete litigato, per caso?” proseguì la madre.

Abbiamo avuto una piccola discussione...” confessò Lily, imbarazzata per la mezza verità.

Non era propriamente una bugia, ma era certa che la madre non avrebbe capito esattamente il significato della parola “Sanguesporco,” seppure tra maghi questa costituisse il peggior insulto.

Capisco.- annuì Rose, senza porre ulteriori domande.- ... e quel ragazzo, Remus, che mi dici di lui? E' stato gentile a mandarti quella sciarpa. Non so cosa sia successo con Severus, Lily, ma ricordati che dopo la notte sorge sempre il sole e che qualcuno che ci sorrida c'è sempre, magari è nascosto. Ma c'è. Ed è lì per te.”


Alla fine, Lily, aveva scelto di tornare. Non per coraggio o tenacia o intraprendenza o fiducia nel futuro e nemmeno per una sorta di tacita scommessa che aveva fatto con Petunia, che l'aveva più volte invitata a mollare tutto e tornare a casa.

Solo perchè si sentiva, in un certo senso, obbligata a farlo, che lo volesse o no.

Quello ormai era il suo mondo e non ne poteva uscire: Hogwarts, la magia, tutto quello che succedeva nel mondo magico la riguardava e non poteva tornare indietro.

Era una strega e quello era il suo mondo.


Entrò nell'aula e fece per sedersi al suo solito ed isolato banco in fondo all'aula: non aveva bisogno della prima fila per seguire Pozioni, il professor Lumacorno sarebbe comunque giunto da lei, in qualsiasi fila sedesse. Era noto che gli fosse estremamente simpatica.

“Ciao, Lily! Hai passato delle belle vacanze?” Remus Lupin era scivolato giù dal banco su cui si era appollaiato con i suoi amici: Black e Potter stavano intrattenendo l'intera classe con delle piccole palline di pergamena infuocate che, dopo aver fatto il giro della stanza, scoppiavano dando origine a dei piccoli e colorati fuochi d'artificio.

“Lo sai vero che i tuoi amici dovrebbero essere puniti per quello che stanno facendo, Remus?” chiese, prima ancora di rendersene conto.

Remus parve sorpreso, ma non si scompose.

“E' il primo giorno, Lily. Lasciamoli divertire e sfogare un po'... Manca loro qualche neurone e su questo direi che siamo d'accordo, però, nel complesso, sono bravi ragazzi...” le sorrise, parlandole tuttavia con quella lieve punta di stizza che riservava a chiunque osasse criticare i suoi migliori amici i quali erano tutto fuorchè perfetti, ma che Remus adorava nella loro totale imperfezione.

Lily abbassò lo sguardo a terra. Che cosa aveva detto? Avrebbe dovuto essere più cortese, rispondere alla domanda di Remus e ringraziarlo per la sciarpa.

“Io.. sì, Remus, scusami. Mi sono fatta prendere da non so cosa.. scusami. Comunque le vacanze sono andate... Ho studiato parecchio, ma sono andate bene. Io ti devo ringraziare per la sciarpe, Remus. E' stato il regalo più bello che potessi farmi. Non ti ho preso niente, mi dispiace...”

“Oh, non ti preoccupare: se ti ho fatto un regalo era perchè mi andava di fartelo, ti pare?”

“Sì, bè... Comunque, come sono andate le tue vacanze?” domandò Lily, impacciata, sperando di recuperare la figuraccia di qualche minuto prima.

“Tranquille o meglio, tranquille per come le si intende quando i tuoi migliori amici si chiamano James Potter e Sirius Black... a Sirius hanno regalato una moto volante e ti lascio immaginare in che condizioni sono spesso rientrato.” spiegò Remus, ridendo.

In quelle due settimane di vacanza aveva più volte pensato che non sarebbe riuscito a tornare ad Hogwarts e a proseguire i suoi studi: Sirius con la sua moto volante ( definita da Remus “Il Terrificante Trabiccolo”) e James stretto a lui erano giunti, a parere di Remus, alla sua finestra in troppe nottate.

Ogni volta l'avevano costretto a mettere da parte i suoi libri per fare un giro, infrangendo ogni regola del buon senso comune, dal momento che in tre su una moto del genere era impossibile starci.

E, puntualmente, ogni volta, Remus tornava a casa rimettendo l'anima.

Lo sapeva di essere di salute cagionevole e delicata, checchè ne dicesse James che lo definiva un malato immaginario, e allora, perchè ogni volta riusciva a farsi coinvolgere in quelle ridicole, ma soprattutto pericolose, trovate?

La verità era che nemmeno il savio Remus Jhon Lupin riusciva a trovare una risposta a quella domanda.

Lo faceva e basta.

Lily si limitò a fissarlo per un momento, quasi inebetita: cosa aveva combinato Remus in quelle settimane? Quel ragazzo la stupiva sempre, ogni volta che aveva occasione di parlargli.

Ma mai in negativo, anzi.

Era come se dentro di lui coesistessero due personalità: lo studente modello e il Malandrino.

Però era sempre così gentile e Lily non se la sentì di fare commenti, peraltro negativi, sulle sue esperienze da motociclista. Così si limitò a sorridergli e ad aggiungere:

“Capisco... devono essere state delle settimane movimentate... allora ci vediamo, dopo, Remus, Lumacorno sta entrando.”

In quel momento il professore stava varcando la soglia della porta e, con un rapido movimento della bacchetta, incenerì le palline incantate che stavano ancora volteggiando per la stanza.

“Signor Black e signor Potter, in punizione, questa sera!”

“Ma signore, non ha prove che siamo stati noi!” protestò Sirius, che, fin dal suo primo anno detestava Lumacorno dal profondo del cuore, visti i continui paragoni che faceva tra lui e le sue cugine.

“E chi altro è stato, signor Black?”

Sirius non rispose e James sospirò: ci mancava colo un'altra punizione con Lumacorno! Non bastava il fatto che lui fosse totalmente incapace nella miscelazione di intrugli, no, ci voleva anche una punizione!

Remus, nel frattempo sedutosi accanto a Peter alle spalle di James e Sirius, ridacchiò maligno.

Era sempre così sinistramente divertente vedere i suoi amici che andavano in punizione per delle bravate veramente sciocche: se avessero lasciato fare a lui senza dubbio non vi sarebbe stata nessuna punizione.

Sirius, accortosi delle risate, lo fulminò con lo sguardo, digrignando i denti e ringhiando:

“Lupo infame! C'è ben poco da ridere!”

“Bene, ed ora, ragazzi, vi chiedo di consegnarmi le fiale con le Pozione Restringente che vi avevo richiesto per le vacanze. Ci sono state difficoltà, per caso? Accio Pozioni!” disse Lumacorno, mentre dai banchi degli studenti si alzavano le piccole boccette dirette alla cattedra.

Lily vide la sua boccetta sollevarsi e la guardò compiaciuta: era perfetta, ne era certa.

Adorava mescere pozioni, la rilassava. Per preparare una pozione doveva essere tutto calcolato, tutto perfetto: se servivano due cucchiai di dente di cobra in polvere, ne servivano solo due. Non si poteva metterne tre o uno e mezzo.

Se bisognava mescolare in senso orario per cinque volte, farlo in senso antiorario non avrebbe dato gli stessi risultati.

Preparare una pozione richiedeva attenzione e precisione, certamente, tuttavia si era sicuri che, con un poco di attenzione tutto sarebbe andato per il meglio.

Non potevano esserci imprevisti: l'arte delle pozioni era esatta e prevedibile.

Il contrario della vita.

E Lily desiderava disperatamente che anche la sua vita fosse così esatta, così prevedibile e perfetta come una pozione.

Invece vivere era diverso. Era difficile, complicato ed imprevedibile.

Adorava preparare pozioni. Non si poteva sbagliare.

“Complimenti, signorina Evans! La sua pozione è proprio del verde brillante indicato! Cinque punti a Grifondoro!” esclamò Lumacorno, eccitato, brandendo la fiala come un trofeo.

“Ma se non l'ha nemmeno provata, come fa a dire che è perfetta? Magari la mia è meglio!” mugugnò Sirius.

“Ci sono problemi signor Black? ”

Peter e Remus continuavano a tirare calci a Sirius per impedirgli di aggravare la sua posizione.

“Perfetta o no vale cinque punti, quindi zitto, Sirius!” precisò Peter, preso da un impeto di di coraggio che fece ridere forte James.

“E adesso che succede, signor Potter? Cosa ha detto il suo amico di così divertente? Se non sbaglio qui non compare la sua pozione...”

James ghignò, abbassò la testa sul banco e poi prese a rovistare la sua tracolla: la capovolse e fece cadere l'intero contenuto sul tavolo, ormai del tutto ingombro di cose dalle dubbie qualità.

“Temo di averla lasciata a casa, signore... - iniziò, sorridente, mentre si scompigliava i capelli con fare fintamente preoccupato-anzi no, ora che ci penso mia madre mi ha impedito di fare i compiti dopo che, per preparare la sua pozione, ho fatto saltare in aria due volte la mia stanza e una volta il garage... mi può perdonare? Dopotutto, non è colpa mia...” spiegò James, scanzonato, dimostrando al professore un'altra volta che per lui la preparazione di intrugli era del tutto inutile.

Mentre l'intera classe rideva e Remus si sfregava la faccia, sorpreso da cotanta idiozia,Lumacorno sospirò: spiegare a Potter come preparare una pozione era del tutto inutile e quello gli era chiaro fin dal primo anno. Quello zuccone non avrebbe capito, tuttavia, erano un paio d'anni che si era fatto fastidiosamente insolente.

“Punizione, signor Potter! Domani sera! E non mi interessa se ha gli allenamenti di Quidditch- aggiunse, rispondendo alla muta occhiata perplessa di James- Bene, ed ora andiamo avanti! Ho già perso troppo tempo!” ordinò il professore, richiamando il silenzio e facendo comparire alla lavagna gli ingredienti e le istruzioni per l'esercitazione del giorno.

“Ben ti sta!” disse Sirius, prendendo in giro James.

“Zitto sacco di pulci.” rispose James, sminuzzando violentemente le sue radici: detestava Pozioni.

Era una materia inutile: le vendevano già pronte.

E prepararle era quanto di più fastidioso potesse esistere: che gusto c'era nel preparare un qualcosa seguendo rigidamente delle istruzioni? Nessuno.

Nessuna variazione era concessa. Doveva essere così e basta.

Niente fantasia, niente imprevedibilità. Niente di niente, solo regole già scritte in precedenza.

Erano statiche: l'esatto opposto della vita, tale proprio per la sua dinamicità, per il cambiamento.

Per il non sapere quello che sarebbe successo.

La metafora migliore per descrivere la vita, secondo James, era il Quidditch: non si poteva mai sapere come sarebbe finita una partita, prima di giocarla.

Mai. I battitori avversari ti potevano disarcionare. Un portiere avrebbe potuto parare il tiro di un tuo amico e allora stava a te salvare la partita, parare le spalle a tutti e cercare di portarli in salvo.

Bisognava solo catturare il Boccino, peccato che fosse così sfuggente... ma era una sfida, Lì stava il gusto.

L'esatto opposto delle pozioni.

Maledendo mentalmente l'odiato professore, James si tagliò un dito ed imprecò.

Remus, che lo sentì lo chiamò prontamente per medicarlo con un veloce incantesimo, mentre Lumacorno era impegnato ad esaminare il lavoro dei compagni,

“Girati, James.”

Il ragazzo porse la mano offesa e godette del sollievo immediato dopo che una debole luce rossastra gli avvolse il dito.

“Cosa farei senza di te, Lunastorta?” sorrise, grato.

“Di sicuro saresti ancora più idiota, senza di me, Ramoso.” sospirò.

“Credo che tutti saremmo più idioti senza Lunastorta-intervenne Sirius- E credo anche che ci divertiremmo molto meno!”

“Già- concordò James- Pochi sono gli apparenti santarellini... di' la verità, Rem, ti sei divertito in moto. Avanti, ammettilo!”

“Io... ”

“Coraggio, Remus, puoi anche dire di esserti divertito! Conosci questa parola o sei solo una vecchia suocera criticona? Sai, il divertimento è quella specie di sentimento che la gente prova quando sta con gli amici e ride e sta bene e fa cose stupide, sentendosi stupida per averle fatte e però è contenta di averle fatte... mi spiego?” chiese Sirius

“Sei chiaro come il Cambridge, Sirius. Cristallino, direi...”

“E sarebbe?”

“E il dizionario, Sirius. Il dizionario. Lo conosci? Sai, quel libro grosso ed alto su cui la gente cerca il significato delle parole...”

“Credi che non sappia cos'è un dizionario? Certo che lo so. Solo non sapevo che l'avesse scritto il signor Cambridge...” si irritò Sirius

“Cambridge non è un signore. E' un' Università Babbana, Sirius. Meno male che studi Babbanologia!” scosse la testa Remus.

“Bè, dettagli... comunque non hai risposto: ti sei divertito?”

“Come un Malandrino!” confessò Remus, ghignando e facendo ridere gli amici.

“Mi dispiace di non essere venuto con voi, ragazzi, ma proprio non potevo muovermi da casa... Sapete, la scuola non è andata molto bene e mia madre si è preoccupata...” disse Peter, visibilmente dispiaciuto.

“Non preoccuparti, Codaliscia! Ci rifaremo quest'estate! Allora saremo tutti maggiorenni!” disse allegro e convincente James

“Potter!Black! Minus e Lupin! Punizione raddoppiata! Dieci punti in meno a Grifondoro!” strillò il professore, cogliendoli in flagrante e facendoli ridere ancora di più.

Da quel momento in poi nessuno in classe fiatò: tutti erano concentrati sui loro calderoni ed i quattro Grifondoro erano già riusciti a procurarsi punizioni per tutta la settimana seguente e quindi optarono per un diplomatico silenzio mettendosi al lavoro.

Al termine della lezione Lumacorno fu costretto ad assegnare a Grifondoro altri quindici punti: cinque a Lily Evans per la sua pozione e altrettanti a Sirius Black che, per quanto scansafatiche, sbruffone ed irritante fosse, a mescere non era poi così imbranato; altri cinque punti fu costretto ad assegnarli a Remus Lupin che aveva risposto brillantemente ad una domanda sui veleni.

Per questo motivo il solitamente gioviale insegnante lasciò la classe con un lieve moto di stizza: lui, così come i suoi colleghi, si vedeva obbligato a causa dei rilevanti risultati scolastici a premiare i Malandrini con lo stesso identico quantitativo di punti che aveva sottratto loro per una condotta a dir poco esagerata.

Sebbene Potter non fosse stato citato per un qualche esemplare esercizio, Lumacorno poteva scommettere che nel corso dell'ora seguente, dopo essesi fatto togliere dalla McGranitt un non meglio precisato quantitativo di punti, era perfettamente in grado di guadagnarne il doppio con una trasfigurazione ben riuscita: lo sapevano tutti, del resto, che fosse particolarmente bravo in Trasfigurazione.

Non appena la campanella suonò Lily raccolse le sue cose, avviandosi verso la porta: voleva lasciare l'aula il più in fretta possibile. Non le piacevano le occhiate che Potter le aveva lanciato per tutta la lezione, voltandosi continuamente verso il suo angolo e, sebbene avesse avuto piacere a parlare ancora con Remus, così come gli aveva detto, desiderava allontanarsi da lì.

James la vide varcare la soglia e, stipate velocemente alla rinfusa le sue pergamene nella tracolla logora, la seguì:

“James! Dove vai? Torna qui!” lo chiamò Sirius, che non si era accorto di nulla.

“Oh no!- esclamò Remus- Ma perchè continua ad insistere così? Non si accorge che va sempre peggio?” domandò retorico.

“Non dirmi che è andato dalla Evans, Lunastorta...” commentò Sirius, che stava iniziando a capire.

Peter e Remus annuirono e Peter, tra un sospiro e l'altro disse:

“Speriamo che vada meglio dell'altra volta... Non deve essere andata bene.”

“Fino a quando James non mette da parte le sue manie da salvatore del mondo non andrà mai bene, Codaliscia.” gli rispose Remus, mentre anche loro stavano lasciando l'aula.

“Ma perchè si è fissato così? E perchè lei lo respinge sempre, voglio dire, lui è James Potter! Farebbero la fila per uscirci anche solo per un'ora... certo, io sono meglio, ma anche Ramoso non è male... Potresti metterci una buona parola, Remus, visto che state diventando amici.” osservò Sirius, in quella sua logica ferrea che per lui era il massimo ma che per Remus costituiva sempre un ottimo argomento di discussione.

“Non è così semplice, Felpato: Lily ha molti problemi. Sta soffrendo ancora per quello che è successo con Piton e non credo che lo supererà facilmente. Ha bisogno di potersi fidare di qualcuno. Ha bisogno di amici non di James che, con fare arrogante, le chiede di uscire.”

“Ma James non è arrogante. E' solo fatto così. Ha questo modo di porsi, ma è la persona più altruista e generosa che conosca. Dovrebbe imparare a moderare i suoi modi...” intervenne Peter.

“Appunto, ma se glielo dici non ti da retta e non vuole sentir parlare della Evans. Spero solo che non faccia danni ancora più gravi.” concluse Remus.

“Ah, Remus, ora che mi viene in mente... me l'ero appuntato da chiederti.... Questa mattina, quando parlavi con la Evans, non hai citato la mia moto, vero? Sai, credo che non sia una cosa propriamente legale... credo che infranga un centinaio di comme ed articoli del Decreto sulla Restrizione dei Manufatti Babbani, dato che vola...forse mio zio e il padre di James potrebbero andare nei casini... e, insomma, la Evans è la persona più ligia alle regole che conosco, non vorrei che dicesse qualcosa. Non le hai detto niente, vero Lunastorta?” chiese Sirius, più che precauzione che per la reale convinzione che davvero Remus ne avesse fatto parola.

Il già di per sé pallido Remus sbiancò: forse aveva davvero detto qualcosa che non doveva.

Tuttavia in un istante recuperò il suo sangue freddo, pronto ad utilizzare le sue eccelse qualità di mentitore: non solo era sicuro che Sirius non avrebbe sospettato niente, ma era ancora più sicuro che Lily non ne avrebbe fatto parola con nessuno.

Prima di tutto non era una cosa che riguardava la scuola e poi Remus era certo che Lily non avrebbe tradito la fiducia che aveva riposto in lei: non erano propriamente amici, d'accordo, e lei pareva non volere avere niente a che fare con i Malandrini, però qualcosa diceva a Remus che mai li avrebbe traditi.

Sirius parve non notare il cambiamento di espressione di Remus perchè, bruscamente cambiò strada.

“Felpato, dove vai? Trasfigurazione è di là!” lo chiamò Peter.

“Andiamo di qui. Facciamo la scorciatoia del quarto piano.”bofonchiò a voce bassa e senza aggiungere altro, mentre Peter si affrettava a trotterellare alla sua sinistra.

Remus, con la coda dell'occhio vide che, dal fondo del corridoio un gruppetto di Serpeverde si stava avvicinando a loro e, al centro del gruppo c'era un ragazzo molto simile a Sirius, lievemente più basso e con dei tratti meno marcati: Regulus Black.

Senza dire niente, Remus prese posto al fianco destro di Sirius: qualunque cosa fosse successa lui era lì.

Sirius non era solo. C'erano lui e Peter. C'era James.




James la vedeva camminare avanti a sé testa bassa, volto coperto dai capelli lunghi, spalla appesantita dalla borsa.

Per la prima volta non sapeva come avvicinarla: dopo quella volta nella Sala Comune non aveva più avuto occasione di parlarle.

Forse allora aveva esagerato, ma, a parer suo, si meritava delle risposte.

Perchè quella ragazza non voleva uscire con lui?

Perchè rispondeva sempre a monosillabi ogni volta che le rivolgeva la parola?

James sapeva di essere bello e popolare.

Sapeva che molte avrebbero voluto essere al posto di Lily Evans, eppure lui si era intestardito.

Se solo gli avesse detto perchè, allora, forse, avrebbe potuto farsene una ragione...

Che poi, sinceramente, non sapeva nemmeno lui come esattamente era iniziata.

Non riusciva a ricordarsi come di preciso avesse avuto intenzione di conoscere quella ragazza solitaria e dai capelli rossi.

Forse era perchè al primo anno i loro rapporti non erano poi così tesi, forse era perchè lei pareva ignorare che lui fosse il Cercatore di Grifondoro preferendo la compagnia di Mocciocus.

Forse era per qualcosa che aveva detto in classe o, forse era perchè nel suo sguardo James leggeva una muta richiesta d'aiuto.

Forse era qualcos' altro ancora, che James non riusciva a definire, fatto sta che lui aveva bisogno di una risposta.

Doveva sapere perchè, solo così avrebbe potuto lasciarla perdere anche se nutriva il sospetto che non sarebbe comunque stato semplice.


Lily camminava svelta, sentendo i passi di Potter dietro di lei. Non voleva girarsi. Non voleva parlargli. Forse facendo finta di non essersi accorta della sua presenza avrebbe potuto raggiungere la classe di Trasfigurazione senza problemi, mentre tentava di concentrarsi sull'articolo di prima pagina del Profeta in cui il Ministro, a seguito di una nuova tentata strage che aveva portato a qualche ferito, invocava la Nazione a mantenere la calma.

Non voleva parlare con James Potter: l'ultima volta l'aveva quasi spaventata e poi, di fatto, il problema era sempre il solito: lui non aveva motivi di interessarsi a lei.

Era il caso che la smettesse di prenderla in giro, aveva già altri problemi per la testa: Severus, sua sorella, tutto quello che stava succedendo nel Mondo Magico... no, non poteva permettersi di aggiungere anche Potter.

Ce l'aveva quasi fatta, ancora pochi metri e avrebbe potuto sedersi tranquilla sotto l'espressione severa della McGranitt.

“Lily aspetta!” gridò Potter, infrangendo ogni sua regola precedentemente autoimpostasi.

Più per abitudine che per altro, Lily si voltò e fissò il ragazzo che svelto le si avvicinava: i capelli sempre in disordine, gli occhiali perennemente sul punto di cadere e il suo classico sorriso strafottente stampato in volto.

A fianco a lei ragazze molto più alte, più belle, meglio pettinate e sui cui la divisa nera ed austera di Hogwarts pareva un capo d'alta moda li fissavano.

Lily si sentì ancora più inadatta.

“Wow... ti sei fermata... Non ci speravo.” mormorò James, messo immediatamente a tacere dall'occhiata che lei gli lanciò.

“Potter... abbiamo lezione.”

“Sì, lo so, lo so... Io.. volevo solo chiederti scusa... insomma, l'altra volta non mi sono comportato bene. Voglio dire ... tu avevi altro per la testa ed io sono arrivato.. sì, insomma, hai capito, no?”

Lily faceva fatica a seguire il discorso: l'arrogante James Potter pareva faticare a trovare le parole.

A fatica, annuì.

“Ecco, adesso, io ti chiedo di dirmi perchè. Solo questo. Prometto che ti lascerò in pace. Non ti stresserò più. Non mi vedrai più chiederti di uscire ogni volta che c'è programmata una visita ad Hogsmeade. Mai più, però ti chiedo di dirmi perchè. Solo questo.” James aveva riacquistato la sua aria sicura. James Potter era sempre sicuro di sé.

Lily non sapeva cosa rispondere, esattamente: perchè non voleva provare a conoscere Potter?

“James... ascolta... io.. so che tra noi non funzionerebbe.” balbettò, arrossendo furiosamente.

James la guardò di sottecchi e sorrise: anche Lily Evans allora poteva essere imbarazzata.

“E perchè'?”

“Perchè io sono io e tu sei tu. Quelle come me non possono uscire con quelli come te. Lo sappiamo entrambi che è un gioco. Solo un gioco. Ed io ho tante altre cose per la testa.” disse Lily, cercando di mantenere un tono di voce basso.

Sentendo quelle parole, James provò una strana sensazione di vuoto dentro.

Ma aveva promesso. Non serviva che le dicesse che lui voleva davvero provare a conoscerla. Aveva promesso.

Aveva promesso che l'avrebbe lasciata in pace.

Incassò il colpo. Rimase zitto per qualche istante, giusto il tempo di riprendersi e poi, riacquistata la sfrontatezza necessaria, rispose:

“Bene. Ora lo so. Ti lascerò in pace. Aspetto i miei amici ed entro in classe.”

Quelle parole a Lily parvero ancora più dure: dunque aveva ragione. A Potter non importava niente di lei.

Aveva fatto bene.

Si voltò, per entrare in classe mentre verso l'aula si stavano dirigendo anche i Serpeverde: Lily intravide Severus, che, in mezzo ad Avery e Mulciber, rideva.

Abbassò rapida lo guardo ed entrò.

A James, che scrutava il corridoio in cerca dei suoi amici, non sfuggì nulla: non gli sfuggì l'occhiata rancorosa che Piton scoccò a Lily.

Non gli sfuggirono i sorrisetti ironici di Avery e Mulciber.

Ma soprattutto non gli sfuggì l'espressione persa della ragazza.

Aveva promesso: l'avrebbe lasciata in pace.

Nulla però gli impediva di detestare ancora di più Severus Piton.






Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto diversi impegni con l'università.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io non ne sono soddisfatta: ringrazio chi ha letto, chi ha inserito la storia tra i preferiti e chi ha recensito.

Grazie davvero.

Purepura: hai ragione, lo scorso capitolo non c'entrava molto... ma mi piaceva staccare un po' ed illustrare anche qualcos'altro. Credo che, ai fini della trama, sia stato in qualche modo obbligato.

Spero che ti piaccia anche questo!

PrincessMarauders : mi fa piacere avere una lettrice così accanita! Grazie mille! Spero che ti piaccia anche questo capitolo. Eh sì, per Charlus Potter è una sorta di Arthur Weasley, non so esattamente perchè, ma uno come James doveva pur avere una famiglia particolare, ti pare?

Bellis: grazie, grazie! Hai colto nel segno: Lily torna a casa chiedendo di dimenticare quello che succede ad Hogwarts, ma c'è Petunia. E questo non fa che aumentare le sue preoccupazioni.

Però, forse, c'è qualcosa a far tornare il sereno... quel regalo di Remus..

Parlare del Natale in casa Potter ha intenerito anche me: è così che immagino la famiglia di James, allegra, affettuosa e calorosa. Pronta ad accogliere il ribelle Sirius, a crescerlo e ad amarlo per come è, curando le sue ferite con l'affetto.

Spero che ti piaccia anche questo capitolo!


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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


Febbraio 1977


Lily stava tornando da Hogsmeade assieme ad alcuni compagni che, come lei, avendo compiuto i fatidici diciassette anni, avevano appena sostenuto l'esame di Materializzazione.

“Oh, Paul! Non fare così! Hai dimenticato solo mezza unghia del mignolo! E' stato veramente meschino da parte del signor Hopkirk bocciarti!” stava dicendo Mary McDonald al suo ragazzo, Paul Foster, un corpulento giocatore di Quidditch di Tassorosso.

“Bè, amico, in fondo te la sei anche un po' cercata!- commentò Jason Stephenson, il suo migliore amico- Com'è che dicevi fino stamattina? “ E' impossibile che mi boccino! Scommetto che rimarranno strabiliati!”Eh... vorrà dire che ti accompagnerò a sostenere l'esame il mese prossimo...”

“Eh stai zitto, J.! Parla proprio quello che mi ha stressato per dei mesi col suo “ Non passerò mai!”

“Intanto io ce l'ho fatta!” rimbeccò l'amico, senza accorgersi che Paul, munito di un ampio quantitativo di neve appena raccolta, si stava pericolosamente avvicinando.

“Ahi! E' fredda! Razza di... vieni qui che se ti prendo!” esclamò Jason, raccogliendo a sua volta della neve.

“Quando avete finito di fare i bambini avvisatemi!” strillò Mary, ridendo divertita.

Anche Lily si era fermata a guardarli, desiderando di poter prendere parte attivamente di quell'allegria, che sembrava però non poterla contagiare, non essere destinata a lei.

“No! Ahi! Paul no! J.! Mettimi giù! No! La neve no! Ho capelli puliti!” gridava ancora Mary, mentre i due ragazzi la tenevano sollevata, pronti a farla cadere nella neve.

Sembravano non essersi accorti di lei. Era come se, di colpo, Lily fosse scomparsa.

Come se lei non potesse prendere parte ai loro giochi.

Si erano solo ritrovati ad andare per caso tutti e quattro insieme ad Hogsmeade per l'esame perchè, per caso, erano nati tutti e quattro nello stesso periodo.

Al termine di quella situazione tutto sarebbe tornato come prima.

Non che Lily avesse pensato seriamente di fare amicizia o di instaurare un rapporto con Paul e Jason, coi quali, per altro, parlava per la prima volta, ma forse, con Mary.,. Dopotutto andavano abbastanza d'accordo.

Diede un ultimo sguardo alle loro risate e ai capelli di Mary ormai bagnati dalla neve e poi ritornò verso il castello, immergendo nella coltre bianca le scarpe quasi per divertimento.

La realtà era che Lily si era sempre immaginata quella giornata in modo diverso.

Aveva sempre immagino lei e Severus camminare tesi ed eccitati allo stesso tempo per il sentiero che portava ad Hogsmeade.

Si era vista sorridergli preoccupata prima di andare a sostenere il suo esame ed aveva già in mente lo sguardo fiducioso con cui il ragazzo avrebbe ricambiato.

Ed aveva già immaginato lei stessa fare la medesima cosa quando, qualche minuto dopo di lei, sarebbe toccato a Severus entrare e presentarsi di fronte al signor Hopkirk.

Aveva chiaro in mente anche il ritorno ad Hogwarts: i commenti a caldo su quanto era successo, qualche piccola frecciatina ironica diretta all'esaminatore e poi, magari, avrebbero provato a Smaterializzarsi fino al perimetro di Hogwarts, fin là dove era concesso farlo senza incorrere nei potenti incantesimi che difendevano la scuola... Smaterializzarsi per pochi metri appena, così, solo per il gusto di farlo...


Ci pensi Lily? Tra un anno saranno diciassette! Diciassette, ci pensi? Saremo maggiorenni! E potremo fare l'esame di Materializzazione!” esclamò il ragazzo, chiudendo di scatto il biglietto che Lily gli aveva scritto per augurargli buon compleanno.

Ma se hai appena compiuto sedici anni, Sev!” gli rispose, divertita,ma anche leggermente infastidita dalla poca attenzione dedicata al suo biglietto.

Bè... dettagli... comunque, fra un anno saranno diciassette!” ribadì lui, guardando perso verso il cielo rosso dell'ora del tramonto.

Tanto so già che mi bocceranno e dovrò rifare l'esame...” rise Lily

Non dire così! Lo faremo insieme! E' una fortuna che siamo nati nello stesso periodo!” disse Severus,convinto, voltandosi e fissando Lily negli occhi.

Sì, così andremo insieme a farlo e poi... poi saremo pronti per girare il mondo!” si convinse lei, sognando assieme al suo migliore amico quel giorno in cui, finalmente, si sarebbero sentiti adulti.


E invece, i diciassette anni tanto agognati erano arrivati, insieme all'esame di Materializzazione.

Nessun Sev l'aveva accompagnata né le aveva fatto gli auguri.

I diciassette anni, la tanto sognata maggiore età, non era fantastica quanto credeva prima... del resto, cosa cambia con un anno in più?

Forse era solo l'attesa a renderla così carica di aspettative, l'attesa che si trascorreva in compagnia di qualcuno a fare progetti, però.

Pensando a questo, e quasi senza rendersene conto, Lily aveva raggiunto il castello.

Stava salendo lo scalone marmoreo che dall'ingresso conduceva alla Torre di Grifondoro: quella mattina Remus si era non solo offerto di accompagnarla ( offerta da Lily declinata gentilmente) ma si era più volte raccomandato, con fare quasi asfissiante, di venire a comunicargli immediatamente il risultato dell'esame, sul quale, per altro, lui aveva detto di non avere dubbi.

Stava per svoltare nel corridoio, quando un allampanato Remus Lupin, forte delle sue gambe lunghe, le comparve all'improvviso davanti.

“Lily! Allora, come è andata?” si informò, immediatamente, sorridendole caloroso.

“Mi hanno promossa!” esclamò Lily sorridendo, per la prima volta da quando glielo avevano comunicato, in modo netto, rendendo l'intero viso e anche gli occhi partecipi di quella gioia.

“Non avevo dubbi! Hai già pensato a dove andare, come prima tappa?” chiese Remus, accomodandosi sui gradini.

“Prima tappa? E per andare dove?” domandò Lily, senza capire dove intendesse arrivare.

“Di solito, non appena si supera l'esame di Materializzazione si stabilisce una meta e si usa il primo week-end utile per andarci... Non lo sapevi?”

No, Lily non lo sapeva. Non ne aveva idea. Era rimasta esclusa da quella tradizione adolescenziale.

La ragazza abbassò gli occhi verso il pavimento.

Se anche ne fosse stata a conoscenza, non avrebbe saputo con chi andarci...

“Lily, tutto bene?”

“Oh sì... stavo... stavo solo pensando a dove potrei andare...- si affrettò ad aggiungere lei- Dimmi, Remus, a te dove piacerebbe andare, quando farai l'esame?”

“In verità, io mi accontenterei anche solo di una capatina a Diagon Alley, ma purtroppo, con gli amici che mi ritrovo è pressochè impossibile. Aspetteremo che anche James e Peter compiano diciassette anni,

sai, sono nati circa un mese dopo di me e poi andremo a Londra. Nella Londra Babbana, per la precisione. James e Sirius volevano a tutti i costi andare a Barcellona: dico io, ma si può essere più stupidi? Barcellona! Ma come gli è venuto in mente! E solo per la sangria! Ci scommetto, quei due hanno intenzione di dare spettacolo sulla Rambla! Come se si potesse andare e tornare in giornata da Barcellona!” esclamò Remus, infervorato.

Lily sospirò: Potter, Black e le loro idee del Bolide! Se andavano avanti così, avrebbero fatto venire un infarto al povero Remus, che già, secondo lei, talvolta rasentava delle pericolose crisi di nervi.

“Però... sarebbe bello andare a Barcellona. Voglio dire, sperimentare per una volta un po' di vero sole e di vero caldo! Mi sa di città colorata, Barcellona. Certo, se non dovessimo andare e tornare in giornata... Dopotutto si è sempre costretti ad utilizzare la giornata programmata per Hogsmeade.” divagò Remus, che, nonostante la sua bella predica, aveva chiara in mente la visione di loro quattro

in bermuda, sandali, camicia hawaiana, occhiali da sole e cappello di paglia a spasso per le afose strade del Barrio Gotico, il quartiere più antico della città catalana.

Quel quadretto era stato impiantato saldamente nella testa di Remus dai ripetuti lamenti di Sirius che, offeso per il veto che l'amico aveva imposto sulla proposta sua e di James, continuava a menarla raccontando scenette ed aneddoti, non ancora verificati, che era certo sarebbero capitati qualora loro quattro fossero andati a Barcellona.

Il tutto era intervallato dal ripetuto commento di James: “Cioè, ma io devo ancora capire perchè ogni volta che siamo in parità su una proposta messa ai voti, la parte di Remus vince sempre...”

“Sono certa che potrete andarci un'altra volta, a Barcellona, Remus. Magari quest'estate. Comunque, non so se la conoscete, ma Londra è davvero una gran bella città.” disse Lily, più per necessità di ravvivare la conversazione che non perchè convinta del fatto che la proposta della gita a Barcellona avesse delle salde basi e non infrangesse un centinaio di regole della scuola e altrettante leggi.

“Sì... ci siamo già stati troppe volte, a Londra. Però è sempre bello camminare lungo le rive del Tamigi, non credi? Soprattutto quando fa buio... magari potresti venire con noi, se ti va.” le rispose Remus, chiudendo a chiave in un cassetto l'immagine di Barcellona e di Sirius e James affogati nella sangria, mentre Peter cercava di convincerli ad evitare di abbracciare i muri e lui stesso si scusava con il proprietario del locale per i danni inferti al suo mobilio.

“Oh... grazie. Vedremo un po'...- disse Lily, cercando di prendere tempo e certa del fatto che mai e poi mai avrebbe trascorso una giornata intera coi Malandrini- adesso penso che andrò a studiare Incantesimi, vieni con me Remus?”

“Sì, stavo aspettando Peter, mi aveva chiesto di aiutarlo. Ti dispiace se c'è anche lui?”

“No, figurati.” si affrettò ad aggiungere Lily. Peter non le dispiaceva, in fondo. Era un bravo ragazzo, troppo timido ed impacciato per poterle risultare fastidioso. E poi era sempre così gentile, non la finiva mai di ringraziarla quando lo aiutava con qualche compito.

Remus si alzò di scatto e assieme a Lily si diresse verso il dormitorio.

Nell'ultimo mese si erano avvicinati: i ripetuti turni di ronda assieme, la confidenza che Remus si era preso e che Lily non aveva rifiutato avevano fatto il resto.

Lily stava scoprendo che fare amicizia era più semplice di quanto credesse: un sorriso, due parole prima di colazione, sedersi uno accanto all'altro se si trovavano in Biblioteca...

All'inizio era un po' stupita dalle attenzioni che Remus le rivolgeva: in cinque anni non erano mai andati oltre qualche educata conversazione e poi, di punto in bianco, si stavano scoprendo amici.

Forse era iniziato tutto in quel pomeriggio di giugno, quando fu sorpresa a piangere, inginocchiata in un corridoio della biblioteca.


Sanguesporco.

Severus l'aveva definita così.

Sanguesporco.

Era una sciocca, doveva immaginare che sarebbe finita così.

Se chiamava in quel modo tutti quelli come lei, per quale motivo con lei avrebbe dovuto essere diverso?

Per via di una vecchia amicizia?

Ma quel ragazzo era ancora il suo il migliore amico, il suo Severus?

Lily non ne era certa.

Sapeva solo una cosa: l'aveva mandato via.

Lui aveva aspettato per ore in corridoio, sopportando i commenti malevoli della Signora Grassa, stanca di essere svegliata nel cuore della notte, solo per poterle parlare, per chiedere scusa.

E lei lo aveva cacciato.

L'aveva mandato via.

Ma lui, forse, in quei mesi non l' aveva, a sua volta, cacciata dalla sua vita, preferendo Avery e Mulciber, pronti per entrare nelle file dei Mangiamorte?

Perchè era finito tutto, di chi era la colpa?

Perchè era così sbagliata? Forse, se lei fosse stata diversa, lui non se ne sarebbe andato...

Ma che cosa comportava l'essere diversa? Severus le diceva sempre che lei era speciale, proprio perchè era diversa. Diversa dalle altre ragazza, diversa da ogni persona che avesse conosciuto sino a quel momento.

Era unica ed era quello che gli permetteva di considerarla la sua migliore amica... ma forse, per stare vicino a Severus, ci voleva ben altro.

Forse avrebbe dovuto cambiare.

Forse non era più così speciale, come credeva.

Ma che prezzo le veniva richiesto per cambiare, per averlo a fianco? Ne valeva la pena?

Lily era certa di no.

La parte razionale di sé, quella che di fronte al mondo esterno prevaleva sempre, le diceva che era inevitabile che finisse così e che Severus se l'era meritata, che non doveva piangere, perchè lui aveva scelto da che parte stare, così come lei.

Avevano scelto schieramenti opposti, era inevitabile che finisse così.

Ed era giusto che la loro amicizia fosse finita.

Ed allora... perchè quel vuoto dentro? Perchè aveva voglia di scomparire, di sprofondare e di non riemergere mai più?

Stava pensando a questo, Lily, mentre i capelli rossi che le avvolgevano il viso si bagnavano delle lacrime, che, copiose, andavano ad inumidire le pagine di Miranda Gadula.

Lily... Evans...Posso?” Remus era sbucato così, con passo felpato ed inudibile, con la frangetta che gli copriva il volto pallido ed emaciato, mentre le maniche della camicia arrotolate sino ai gomiti scendevano impietose del caldo.

Oh... scusa... sì, mi alzo subito. Passa pure.” rispose, asciugandosi le guance con il palmo di una mano e voltandosi rapida, per nascondersi alla vista del ragazzo.

No, no. Tranquilla, resta seduta. Sono solo venuto per sapere come stavi... non ti ho visto ad Antiche Rune, non eri in dormitorio né in Sala Comune e così...”

Va tutto bene, grazie, Remus.” si scansò Lily, imbarazzata e stupita.

Sicura? Non hai una bella cera... E' per Piton che stai così, Lily?” chiese, bandendo ogni cautela.

Lily si girò e lo fissò con occhi spalancati.

E' per lui, vero?”

Lei annuì a fatica e il ragazzo sospirò.

Ascolta, mi dispiace per come l'hanno trattato James e Sirius. Non sto a dirti che non volevano, che non l'hanno fatto apposta e cose simili perchè non è vero.

Lo volevano fare, hanno sbagliato e io me la sono presa con loro.”

Se la prendono sempre con lui. E solo perchè lo trovano divertente. Per loro è un passatempo.”

Remus evitò di dire che il caro Mocciosus non era innocente e che, a volerla ben vedere, era lui, con i suoi amici Serpeverde, ad aver iniziato.

Era lui che se ne andava in giro a scagliare incantesimi contro chiunque non fosse all'altezza del sangue puro. James e Sirius, sbagliando e comportandosi da veri e propri imbecilli, perchè non era senz'altro quello il modo di fare, cercavano solo di combattere quel razzismo che stava contagiando Hogwarts.

Evitò di dire che in quei giorni erano tutti e quattro piuttosto arrabbiati per quello che Mocciosus aveva organizzato ai danni di Remus. Non voleva fare la vittima e passare per il perseguitato e quindi glissò sulle reali motivazioni che avevano portato James e Sirius a comportarsi in quel modo.

Si limitò a dire, non potendosi e non riuscendo a trattenersi:

Su questo ho i miei dubbi: personalmente non credo che Severus sia così innocente- Lily gli scoccò un'occhiata gelida- però... ecco,vorrei solo dirti che io ci sono, per qualsiasi cosa tu possa voler dirmi, d'accordo? Non voglio entrare nel merito della vostra discussione, non sono affari miei e non devono esserlo. Solo vorrei che tu sapessi che mi dispiace per come sono andate le cose e che vorrei aiutarti. So quanto sia orribile perdere i propri amici.”

E Remus sapeva quello che diceva: lui e Sirius avevano appena fatto pace dopo un tremendo mese di silenzi, seguito a quella che era stata definita la “bravata di Felpato”, bravata per cui, per poco, Sirius e James non si scannavano, tante erano le botte che stavano per darsi.

Grazie Remus, è gentile da parte tua. Voglio dire, non ci conosciamo nemmeno...”

Figurati. Se sono qui è perchè mi va di esserci. Se hai bisogno io ci sono.”


Era piacevole, per Lily, sapere di avere anche lei qualcuno su cui contare.

Erano pochi mesi che i rapporti tra lei e Remus si erano fatti più stretti e non voleva darsi l'illusione di aver trovato davvero un amico, uno di quelli veri, però stare in sua compagnia era piacevole e la stava aiutando.

“Remus! Remus! Vieni! Devi venire subito! La McGranitt ha appena detto che Silente ci vuole tutti in Sala Grande!” Peter Minus, correndo come un forsennato, per poco non travolse Lily e Remus, giunti ormai in prossimità della torre di Grifondoro, ma non ancora così vicini da poter scorgere numerosi gruppi di ragazzi venire in direzione opposta.

“Peter, calmati! Che succede?”

“Silente... in Sala Grande. Ci vuole tutti in Sala Grande. La McGranitt è arrivata con una faccia sconvolta a dirci di muoverci e di andare in Sala Grande.” spiegò, tra un sospiro e l'altro, pregando i due compagni di fare in fretta.

Lily spalancò gli occhi: era capitato solo un'altra volta che Silente li avesse chiamati tutti in Sala Grande e non era per delle buone notizie.

Remus annuì gravemente.

“Dove sono James e Sirius?”

“Non lo so- rispose Peter. Io ti stavo aspettando per studiare, quando è arrivata la McGranitt. Sirius era uscito da pochi minuti per raggiungere James, avevano in programma di andare ad Hogsmeade dal vecchio Aberforth...”

“Prega Merlino che non siano usciti, accidenti!” imprecò Remus

“Remus, che succede? Temi che ci sia stata un'altra strage?” domandò in fretta Peter, mentre Lily, ancora scossa, pareva non sentire.

“Non lo so, forse no. Peter, vai in Sala Grande con Lily. Io vado a cercarli.”







Dall'altra parte di Hogwarts, James Potter stava cercando di liberarsi da una sensazione scomoda, molto scomoda.

“Devi proprio andare, James?” chiedeva una ragazza bionda, seduta ancora su un banco a James Potter che, facendo confusione tra i bottoni della camicia, cercava disperatamente di ritrovare il contegno perduto per raggiungere Sirius e Peter nel più breve tempo possibile.

Rachel gli si avvicinò, prendendo tra le mani la stoffa bianca ed inserendo con tocco sinuoso ogni bottone nella sua asola.

“Sì, i ragazzi mi aspettano. Ho bisogno di parlare con la squadra per la partita di domenica.” rispose, togliendo le mani di lei dal suo petto ed afferrando il maglione abbandonato su una sedia lì di fianco.

Non era propriamente una bugia: avrebbe dovuto raggiungere Sirius per andare alla Testa di Porco. Il vecchio Aberforth avrebbe senz'altro venduto loro qualche bottiglia di Wisky Incendiario per festeggiare la vittoria nella partita di Quidditch di quel fine-settimana contro Corvonero.

In caso di sconfitta sarebbe stato ottimo per affogare il dispiacere: chissà, magari quella volta sarebbero anche riusciti a far ubriacare il savio Remus... Erano due anni che ci provavano, senza successo, ovviamente.

Far sbronzare Peter era così semplice che la cosa aveva perso il suo fascino, ormai.

Il delirio di Remus, invece, costituiva un gran sfida...

Quanto a lui e Sirius, bè, non c'era nemmeno da discuterne: la prima sbronza insieme, accasciati sul pavimento ad urlare improperi contro un mondo troppo ingiusto e a strillare le cose più vergognosamente scurrili che esistessero. Prima di essere costretti da Remus a bere uno strano intruglio da lui preparato nel cuore della notte trafugando gli ingredienti dalle dispense della scuola.

Né lui né Sirius ricordavano di aver mai vomitato così tanto.

Il tutto sotto gli sguardi apprensivi di Peter, che zampettava da un angolo all'altro del bagno.

“Allora ci vediamo dopo cena, James?” gli chiese Rachel, distogliendolo da quei pensieri che gli avevano fatto spuntare un involontario sorriso sul viso.

“Cos...Ah, sì. Certo. A dopo, allora, Rachel.” disse James, attirandola a sé per un ultimo bacio e uscendosene sorridente dalla porta.

Rachel in fondo non era male. Era simpatica, si aveva sempre di che parlare, con lei.

Tra le ragazze che aveva girato nell'ultimo mese era senza dubbio la migliore: Julia, Cassie, Sarah... tutte belle ragazze, un po' troppo insipide per i suoi gusti, ma ottime per qualche momento di leggerezza.

In fondo, quello era quello che la Evans voleva, no? Essere lasciata in pace. Vederlo circondato da persone che erano senza dubbio alla sua altezza, a cui lei era convinta di non poter mai arrivare.

Non le aveva più rivolto la parola da allora. Non l'aveva quasi più guardata in verità.

Possibile che fosse così semplice dimenticarsene? Possibile che avesse ragione Sirius a sostenerla una “cotta adolescenziale”?

E allora perchè da quel giorno l'odio nei confronti di Mocciosus si era accresciuto così tanto?

Perchè da quella mattina non perdeva mai l'occasione di giocargli qualche tiro mancino, di metterlo in imbarazzo davanti a tutta la classe, di scagliargli qualche fattura nei corridoi?

Solo perchè voleva farla pagare a lui e ai suoi amichetti per tutti quelli che loro chiamavano scherzi e che in realtà erano delle vere e proprie violenze nei confronti di ragazzi nati Babbani o con un genitore privo di poteri?

James non riusciva a dimenticarsi la faccia di Anita Jhonson, la sua Cacciatrice, tempestata di ferite provocate da schegge di vetro esplose proprio mentre lei stava passando in corridoio.

Non riusciva a scordarsi nemmeno l'espressione di Andrew Smith o di Stephen Willow, due ragazzini del primo anno, costretti ad andare in giro con la scritta “Il mio sangue non è puro” per un intero fine-settimana.

La rabbia che provava in quei momenti pareva venir compensata, almeno per qualche minuto, dalla smorfia di dolore che compariva sui volti di Piton, Mulciber, Avery, Nott o di qualcuno dei loro compagni, quando una fattura sua o di Sirius raggiungeva l'obbiettivo.

A fargli male c'era anche il fatto che, fra quelli c'era anche Regulus Black. Non osava immaginare che peso albergasse sul cuore di Sirius.

Pensando queste cose, James raggiunse Sirius di fronte all'ingresso della Stanza delle Necessità, nella quale c'era un passaggio diretto per la Testa di Porco.

L'amico stava passeggiando inquieto per il corridoio, portandosi continuamente indietro il ciuffo di capelli che gli copriva il viso.

James pensò che fosse solo impaziente di andare a trovare Aberforth, uomo sempre prodigo di ottimi consigli di vita nei loro confronti.

“Ehi, Ramoso! Eccoti! Hai una faccia! Va tutto bene?” lo accolse immediatamente Sirius.

“Stavo pensando...”ammise l'altro

“Strano...”

“Già... hai preso tutto? Soldi? Mantello? Mappa?” chiese James, cancellando dalla mente i pensieri degli ultimi minuti e concentrandosi sulla prossima uscita.

L'amico ghignò:

“Tranquillo, Remus è impegnato dall'altra parte del castello. Con la Evans.”

“Remus è libero di fare quello che vuole. E la Evans pure. Se diventano amici sono contento.” rispose, secco, James e Sirius capì che non era il caso di far battute.

“Peter non è venuto?”

“No, stava aspettando Remus per studiare. Cielo, è incredibile, quel ragazzo. Se va avanti così diventerà peggio di Remus!”

“Forse dovremmo aiutarlo di più noi- azzardò James- così da non doverci ritrovare con un Lunastorta II, la vendetta.”

“Per Godric, te li immagini? A quel punto credo proprio che dovremmo proporre una petizione per trasferirli a Corvonero!” esclamò Sirius, mentre attraversavano la porta della Stanza delle Necessità, pronti per imbucarsi nel tunnel.

“Sai che però, nonostante tutto ero serio? Alla fine, il povero Remus si ritrova sempre a fare doppio lavoro... anzi, quadruplo lavoro.”commentò James.

“E rilassati, Jamie! Hai quasi diciassette anni! Pensa a divertirti, Peter se la caverà!”ribattè Sirius infilandosi per primo.

“A volte ho paura di non fare abbastanza, ti dirò...” confessò James, in un sospiro.

“Sempre con queste manie da salvatore del mondo, James. Rilassati. Che dovrei dire, io?”

“In che senso?”

“Mio fratello, Jamie.” disse Sirius, mordendosi le labbra e chiarendo col tono di voce che, per quanto lo riguardava non intendeva andare oltre col discorso.

James capì: capì che Sirius si sentiva responsabile di quanto stava accadendo. Capì che nella sua testa ronzava continuamente il pensiero di non aver fatto abbastanza e, per quanto il tunnel fosse stretto, si fermò e posò la sua mano sulla spalla di Sirius, per tranquillizzarlo.

“Va tutto bene, James. Davvero. Non preoccuparti. Va tutto bene.” confermò Sirius.

Sapevano entrambi che era una bugia, ma James annuì.

“Avanti, muoviti cervo quattrocchi, Abe ci aspetta! Non vorrai che venda la nostra riserva a qualcun altro?” fece Sirius, superando in un balzo l'amico e bussando violentemente contro il pannello circolare che stava all'imboccatura opposta.

“Aberforth! Aberforth! Siamo noi! Avanti, apri!” picchiettò il ragazzo.

“Per Merlino e per le sue mutande a fiori! Quanto ci mette!” imprecò Sirius

“Aberforth! Vieni ad aprirci, dai! Fa freddo!” aggiunse James

“Bè, non dirgli così... non è che alla Testa di Porco faccia molto più caldo... secondo me il vecchio pur di risparmiare si è adattato alla broncopolmonite perenne. Non senti che raucedine che ha sempre?” chiese Sirius, prima di cadere a gambe all'aria sul pavimento tarlato del pub, dato che il pannello era stato aperto.

Aberforth, il gestore del locale, li aspettava dall'altra parte, osservando truce Sirius, che stava occupando ancora il pavimento, mentre James entrava scavalcando l'amico.

“Ehm... stavo scherzando sulla raucedine, dai! Lo sai che sono sempre molto spiritoso!” si scusò Sirius, afferrando al volo la mano che James gli stava tendendo per tirarsi finalmente in piedi.

“Non dovreste essere qui. Tornate immediatamente a scuola.” disse burbero il barista, continuando a guardare scontrosamente i due ospiti.

“Bè... non è che ti abbiamo fatto fuggire la clientela. E' vuoto come al solito- azzardò James- Comunque, hai il Wisky che ti abbiamo chiesto?”

“Sei bottiglie. Del '74 lo volevamo, ti sei ricordato?” precisò Sirius.

“ Vi ho detto che dovete andare via. In fretta. Avanti, forza, tornate a scuola.” ripetè Aberforth, spingendoli entrambi nel tunnel.

“Ehi! Che modi! Si può sapere che ti abbiamo fatto?” chiese Sirius.

“Via, via andate via! Tornate a scuola!”

“Aberforth, che succede?” domandò James, serio.

Il vecchio barista era sempre stato un po' scorbutico, misantropo, scontroso, ma con loro si era sempre mostrato sufficientemente gentile e disponibile. Almeno, quel tanto che bastava per concludere degnamente buoni affari, come l'acquisto illegale di bevande alcoliche.

Pareva che gli piacessero, e allora, perchè li stava cacciando via?

“Un attacco. Ma non posso dirvi di più. Ve lo spiegheranno di certo. Ora tornate in fretta a scuola e non uscite. Non uscite sino a quando la situazione non si normalizza. E' il secondo in pochi giorni. Non uscite, mi avete capito?” spiegò, velocemente, Aberforth.

Le espressioni dei due ragazzi si erano fatte improvvisamente serie. Non c'era più traccia dello sguardo irriverente di pochi istanti prima. C'era solo sconcerto. E un' ombra di paura.

“Voldemort! Maledizione!” imprecò Sirius

Aberforth annuì gravemente.

“Dove? Chi? Quando?” chiese James.

“Ve lo spiegheranno, ora per la spada di Godric, tornate al castello e non uscite. Non uscite, d'accordo? Non vi voglio vedere per un po'. Avanti, andate. Via.”

Silenziosamente e non opponendo reclami i due ragazzi si incamminarono per tornare ad Hogwarts.

Nessuno dei sue parlava, ma Sirius ruppe per il primo il ghiaccio. Aveva bisogno di parlare.

Aveva bisogno di conferme.

“James, che è successo? Come è possibile che con tutti gli Auror in servizio sia successo ancora qualcosa?”

“Non lo so... pensavo... pensavo si fossero fermati. Era un po' che non succedeva più niente...”

“La settimana scorsa è saltata in aria una bottega a Diagon Alley. Le cose si fanno serie, James.”

“Lo so. E mai come ora mi rendo conto che aveva ragione Silente sin dall'inizio: non finirà tanto in fretta. Non si tratta di un piccolo gruppo di pazzi. Sono pericolosi e ci distruggeranno tutti se non si agisce in fretta.” disse amaramente James.

“Ma al Ministero non combinano niente! Più che fare proclami che invitano alla calma non fanno. Più che dire di stare tranquilli non fanno. Sono degli idioti.”

“Tanto che gliene importa a loro? Sono gli Auror che si ritrovano le mani sporche di sangue, sono loro che sono mandati in giro per il Paese, sono loro che si ritrovano a dover dire ad una donna che suo marito è scomparso. Sono loro che rischiano la pelle ogni giorno, maledizione!” urlò James, tirando rabbiosamente un pugno contro la parete.

Sirius ingoiò il groppone che gli si stava formando in gola e prese il pugno serrato di James, che stava ancora addosso alla parete.

“Tuo padre starà bene, James. Non gli è successo nulla.” disse, cercando di usare il tono più dolce e tranquillizzante che riusciva a trovare e ricacciando il braccio teso contro il fianco dell'amico.

“Sì. Adesso muoviamoci. Silente starà già parlando.”

Senza aprire bocca si ritrovarono nella Stanza delle Necessità e da lì davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo.

“Non c'è in giro nessuno. Sono già tutti in Sala Grande.” commentò Sirius, mentre scendevano le scale.

“James! Sirius! Per fortuna state bene!” Remus corse loro incontro, percorrendo le scale in direzione opposta.

Aveva le guance rosse per la corsa, il fiatone e gli occhi cerulei si spostavano nervosamente da James a Sirius.

“Remus! Stai calmo! Stiamo bene! Stiamo bene. Va tutto bene.” Sirius cercò di tranquillizzarlo, afferrandolo e posando entrambe le braccia sulle sue spalle.

“Siete stati ad Hogsmeade? Grazie a Merlino siete tornati in fretta. Silente ci vuole tutti in Sala Grande.”

“Lo sappiamo, Aberforth ce l'ha detto. Adesso muoviamoci.” disse James, che non voleva perdere tempo.

Desiderava sapere al più presto cosa fosse successo e in cuor suo pregava che, qualsiasi cosa fosse accaduta, suo padre stesse bene.

Raggiunsero in fretta la Sala Grande, dove i ragazzi di tutte le Case avevano ordinatamente preso posto presso i loro tavoli.

Sedettero accanto a Peter, al cui fianco stava anche Lily, quando Silente stava già parlando.

James non potè non fissare Lily, seduta con le braccia strette attorno alle spalle, come a volersi riparare da un immaginario vento, mentre guardava verso il Preside con la paura negli occhi.

Regnava il silenzio: tra i loro compagni parecchi avevano espressioni spaventate. Qualche ragazza stava addirittura piangendo e neppure gli insegnanti parevano esenti da tensione.

“Mi duole dirvi che siamo in tempi difficili, ragazzi miei. Non voglio mentirvi: qualcuno potrebbe augurarsi che io vi dica di stare tranquilli, perchè si tratta di una situazione passeggera.

Temo purtroppo che non sia così. Ho il sospetto che ci aspetteranno dei momenti difficili e mi duole dirvi che non siamo più vicini alla cattura di Lord Voldemort ora di quanto non lo fossimo l'anno scorso.

La tragedia che ha colpito i vostri compagni, Margaret e Thomas Glow non deve passare inosservata. E' una tragedia che vi riguarda tutti. Dal primo all'ultimo, a prescindere dalla vostra Casa di appartenenza: siate voi Corvonero e Grifondoro come loro o Tassorosso e Serpeverde....”

“Che è successo a quei due ragazzi, Pete?” bisbigliò Sirius.

“S-ssono to-to..”

“Muoviti, Peter! Che diamine è successo?”

“Non urlate, per l'amor di Dio!” li rimproverò Remus, che pure fissava agitato il professor Silente, desideroso di sapere il più possibile.

“Sono tornati a casa. Hanno ucciso i loro genitori.” riuscì, infine, a dire Peter

“Che cosa? Ma perchè?”

“Il padre dirigeva l'ufficio che si occupa dei rapporti con il Primo Ministro Babbano.” spiegò Lily aprendo la bocca per la prima volta ed incontrando gli occhi James dopo molto tempo.

James, che lesse tutta la paura possibile in quello sguardo, dimenticò la rabbia che provava. Voleva solo riuscire a tranquillizzare quella ragazza impaurita, che temeva non solo per sé ma anche per i compagni e per la famiglia a casa.

Voleva parlare, ma non gli riuscì, si limitò a proseguire il contatto e Lily lesse tanta determinazione in quello sguardo.

Lesse la voglia di dire:

“Non distruggeranno il nostro mondo, stai tranquilla.”

E per la prima volta apprezzò di essere vicina a James Potter.

Nel frattempo Silente parlava ancora.

“Mi aspetto che tutti quanti comprendiate la gravità della situazione e vi chiedo di non aggravare la sana, giusta e competitiva rivalità tra Casa con dell'inutile odio razziale. Ho fiducia in voi. Ho fiducia nella generazione che verrà e sono certo che sarà anche grazie a voi se questa terribile minaccia sarà sconfitta e per sconfiggerla si inizierà proprio da qui. Da Hogwarts.

L'esempio di correttezza che vi darete l'un l'altro qui dentro aiuterà ad estirpare questa terribile minaccia dalla nostra società. E adesso tornate nelle vostre Sale Comuni. E' ancora sabato pomeriggio, del resto.”

Il Preside congedò la scolaresca con un sorriso, invitandola a velocizzare il rientro.

Lily si alzò, desiderosa di dimenticare quanto aveva udito, ma conscia che non fosse possibile. Quella era la realtà ed andava affrontata. Non era più una bambina e Silente aveva ragione: addolcire la pillola non avrebbe reso meno innocuo il pericolo. Li avrebbe solo colti impreparati.

Per una volta non voleva restare sola. Non voleva essere costretta a tornare con la mente a quei momenti: voleva attorno tanta gente, per questo non accellerò il passo, ma attese che arrivasse Remus, seguito dai suoi amici.

Il suo viso magro e pallido parve ancora più esangue, ma le sorrise ugualmente.

Dovevano cercare assolutamente di stare tutti calmi.

Peter sembrava non rendersi pienamente conto di quanto stava accadendo: si voltava di continuo, desideroso di controllare che Remus, Sirius e James fossero ancora lì.

Sirius presentava un'espressione diversa da tutte quelle che Lily gli aveva visto sino a quel momento: era preoccupato. Angosciato, per la precisione.

Si girava continuamente verso il gruppo di Serpeverde che stava imboccando il corridoio alla loro sinistra. Osservava un ragazzino poco più basso di lui, magro, ma con gli stessi capelli neri e gli stessi occhi scuri.

Camminava fianco a fianco con Nott e Mulciber, mentre Piton assieme ad Avery li precedeva di qualche metro.

Lily capì che doveva trattarsi di suo fratello Regulus.

La cosa che la sconvolse era che tutti e cinque stavano ridendo.

Ridevano.

Ridevano, incuranti di quanto aveva detto il Preside. Incuranti di quanto stava succedendo.

Parevano felici.

Sirius ingoiò molta saliva e strinse i pugni, sentendosi per la prima volta inerme.

Suo fratello era là e lui aveva scelto un altro posto, un altro fratello.

Non aveva fatto abbastanza.

Lily sentì che Sirius condivideva i suoi stessi pensieri: impotenza, vuoto.

L'uno per il fratello e l'altra per l'amico. Entrambi perduti.

Un vuoto incolmabile pareva ingombrare i loro cuori.

James chiudeva la fila, con un' espressione inquieta: Silente predicava tolleranza, predicava condivisione e coesione. Aveva un bel dire!

In quella scuola c'erano persone che provavano una sorta di strano e sadico gusto nell'umiliare i Nati Babbani o i Mezzosangue e lui, lui doveva tollerare? Lui doveva starsene tranquillo al suo posto, da bravo, mentre questi spadroneggiavano impuniti?

Come poteva sforzarsi di non esasperare la rivalità tra Case quando vedeva i suoi amici presi in giro, i suoi compagni tormentati e feriti nell'animo oltre che nel fisico?

Come poteva non desiderare di annientarli tutti quando vedeva che Remus per poco non ci rimetteva la vita per colpa di Piton, che la coscienza di Sirius lo tormentava sino allo sfinimento, dichiarandosi colpevole delle scelte di Regulus?

Come poteva pensare che la cosa non lo riguardasse, se per colpa di quelle persone Lily Evans, che nonostante tutto continuava ad occupare i suoi pensieri, sembrava fosse sprofondata nella via del non ritorno?





Ciao a tutti!

Lo so, è tanto che non aggiorno più, ma l'università mi impegna tantissimo. Ora sono in vacanza, spero tanto di poter portare avanti la storia con più costanza.

Vi ringrazio tutti per la pazienza con cui mi seguite. Ringrazio chi ha letto, chi ha inserito questa storia nei preferiti.

Un ringraziamento particolare va, ovviamente, a chi ha recensito:

purepura: stai tranquilla, non mi ero offesa per quel commento. Anzi, mi ha fatto riflettere. Ti dirò, anche questo mi pare un po' slegato dal resto, tu che dici?

Ti confesso che scrivere di Remus mi diverte tantissimo: è un genio del male, quel ragazzo, ma è anche così disponibile, così comprensivo che non si può non amarlo... Li seguirei volentieri in quella visita a Barcellona! James voleva davvero capire cosa aveva che non andava, perchè lo rifiutasse sempre. Voleva solo capire.

Pare essersi ripreso, in questo mese, anche se ora tornerà più determinato di prima, ma per motivi diversi: ora il suo scopo principale è diventato proteggerla, non farla diventare la sua ragazza, come puoi intuire da questo capitolo. Questo creerà ovviamente ulteriori problemi a Lily, già confusa e spaventata di suo, perchè, ovviamente, James ha ancora parecchia strada da percorrere.

Padfoot_07: Anche questo capitolo rientra nel modo in cui ti immagini tutti i personaggi? Spero di sì... tra qualche giorno aggiornerò anche Finding My Own Way. A presto!

PrincessMarauders: Grazie, mi fa piacere che tu mi segua sempre e che i personaggi ti piacciano. Spero sia così anche qui. Tra poco, come ho già detto a Padfoot_07 aggiornerò anche Finding My Own Way, quindi, a presto!




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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo (parte I) ***


Febbraio stava avanzando rapido e la neve si stava piano piano sciogliendo.

Il bianco che avvolgeva Hogwarts da ormai tre mesi sarebbe scomparso non appena fosse arrivato marzo, con le sue prime, timide, giornate di sole.

Le nevicate abbondanti stavano lasciando il posto alle più consuete piogge, intervallate da giornate coperte da pesanti nuvoloni grigi.

Lily non ricordava di aver mai assistito ad un inverno tanto freddo e tanto buio; ogni giorno ringraziava mentalmente sua madre per i maglioni che le aveva regalato a Natale. Erano essenziali da indossare sotto la divisa, se non si voleva morire di freddo.

Scostandosi una ciocca di capelli rossi, Lily sbirciò fuori dalla finestra della Biblioteca, augurandosi di trovare solo nubi e non acqua: non le dispiaceva la pioggia, in verità ed anzi, adorava sinceramente l'inverno con le sue giornate grigie, le quali le risultavano ben più gradite del sole estivo, però attraversare il parco del castello per raggiungere la capanna di Hagrid sotto una pioggia torrenziale non rappresentava certo il suo passatempo preferito.

“Mary, Rose, Priscilla, io credo proprio di dover andare: sono già le quattro e avevo promesso ad Hagrid che sarei passata per il tè, un giorno di questo fine-settimana. Oggi è già domenica...” si scusò Lily.

Aveva passato la giornata a studiare con le sue compagne di stanza: non le era dispiaciuto, anzi, le aveva fatto piacere che le avessero chiesto di unirsi a loro. Ovviamente questo non significava che all'improvviso fossero diventate amiche.

“D'accordo...allora grazie, Lily! Ora la ricetta dell' Infuso della Serenità mi pare più chiara! Quasi quasi me lo preparerò prima di ogni lezione di Pozioni, giusto per prevenire l'ansia.” scherzò Priscilla, una ragazza sempre sorridente che giocava come Cacciatrice nel Grifondoro.

“Bastasse quella per dare serenità...” commentò Rose

Lily sorrise e non potè non trovarsi d'accordo con lei: erano solo sei anni che viveva nel Mondo Magico, ma una cosa l'aveva capita. Nessuna pozione o incantesimo era in grado di risolvere i problemi. La magia non rappresentava una soluzione per tutto.

“Sono felice di esservi stata d'aiuto... allora vado. Ci vediamo dopo.” salutò Lily

“Ciao Lily!”

“Bah... io non so chi glielo fa fare di attraversare il parco con quest'aria!” bisbigliò Mary McDonald alle amiche.

Rose alzò le spalle e disse:

“Lo sappiamo che è un po' strana, Lily. Certo, sempre gentile, disponibile e tutto... però è strana, bisogna ammetterlo.”

“Già il fatto stesso che fosse amica di Piton! Voglio dire, Piton! Guardate la gente con cui va in giro!” intervenne Priscilla.

“Fossi in te considererei di più il fatto che preferisse Piton a Potter...- osservò scettica, Mary- comunque è sempre tanto gentile, Lily. Su, avanti, torniamo ai compiti. Lily può fare quello che crede, è grande abbastanza.”

Lily, in piedi poco lontano da quel tavolo, aveva sentito tutto ma non diede peso a quelle parole.

Sapeva benissimo di essere un strana: l'aveva sempre saputo.

Lei stessa si considerava un po' stana, quindi, per quale motivo gli altri avrebbero dovuto pensare qualcosa di diverso?

Salutò Madama Pince, la vigilie bibliotecaria, e si ritrovò nel corridoio.

Tirò fuori dalla tracolla in pelle la sciarpa e il mantello, che aveva appallottolato alla bell'e meglio e si bardò, pronta per affrontare il vento.

Le faceva piacere andare a trovare Hagrid. L'aveva conosciuto all'inizio del suo primo anno, un giorno che lei e Severus si erano persi e non riuscivano a trovare l'aula di Trasfigurazione.

Hagrid li aveva accompagnati e aveva garantito per loro presso la McGranitt che così non si era arrabbiata.

Da allora Lily passava a trovarlo, di tanto in tanto. Il più delle volte da sola, dal momento che Severus non gradiva molto quelle visite e non solo per la pessima cucina del guardiacaccia.

Trovava che fosse fondamentalmente un rozzo e zotico mezzogigante, buono solo per tener vivo l'orto.

Ma da quell'anno, Lily non doveva più farsi problemi: la questione del giustificare con Severus le visite da Hagrid era archiviata, fondamentalmente perchè non c'era più nessun Severus.

Uscì dal castello e proprio a metà strada scorse quattro figure che andavano in direzione opposta alla sua: i Malandrini.

Lily pensò immediatamente che fossero andati anche loro da Hagrid, visto che, come lei ben sapeva, anche per quei quattro il guardiacaccia sembrava aver sviluppato una spiccata e singolare simpatia.

Tutti trovavano simpatici i Malandrini, del resto.

“Evans” la salutò Black, con un cenno del capo.

“Ciao Lily!” fu l'entusiasta esclamazione che accompagnò il sorriso di Peter.

“Ciao, Lily.” disse secco, Potter

“Lily! Dove stai andando?” le chiese Remus, fattosi più vicino.

“Sto andando da Hagrid. Siete stati lì anche voi?” domandò, affabile.

La settimana prima era stato piacevole stare tutti e cinque insieme in Sala Comune, dopo il discorso di Silente. Tutti e cinque troppo spaventati per stare da soli, salvo Sirius.

“Oh sì. E' piuttosto loquace, oggi.” le spiegò Remus

“E ti offrirà tè e biscotti.” precisò Sirius, con una smorfia.

“Come al solito.” disse Lily, tormentandosi le mani.

“Già, come al solito.” sospirò funereo, Peter.

James Potter scoppiò a ridere e con lui anche gli altri due, ma Lily non capì per quale motivo e quindi si limitò ad osservarli, in attesa di spiegazioni.

“Devi sapere che nemmeno Peter riesce a mangiare quelle gallette e ciò significa che sono immangiabili. Per il compleanno di Hagrid pensavamo quasi di regalargli un ricettario, ma dubito che servirebbe. Credo che sia un problema congenito.” le raccontò Potter.

“Sì, sono veramente immangiabili, però mi dispiace e quindi mi sforzo sempre di mandarne giù almeno una...” confessò Lily, facendoli sorridere tutti e quattro.

“Ragazzi... cosa ne dite di rientrare al castello. Fa piuttosto freddo e temo.. temo di non stare molto bene.” balbettò Remus e Lily, guardandolo in faccia notò che aveva un'aria più sbattuta del solito.

Sembrava più pallido, gli occhi erano quelli di un febbricitante e profonde occhiaie gli solcavano il viso.

Subito a James e Sirius si ghiacciò il sorriso sul viso.

“Non hai una bella cera, Remus. Prova ad andare da Madama Chips, di sicuro avrà qualcosa da darti.” gli consigliò Lily, non capendo però il motivo del gelo comparso sui volti dei tre amici di Remus.

In fin dei conti, tutti sapevano che Remus era piuttosto cagionevole di salute e non le pareva il caso di allarmarsi così tanto per un po' di febbre.

“Sì, farò senz'altro così. Allora, ci vediamo, Lily.” Remus accennò un sorriso e si avviò con gli altri al castello.

Lily li guardò allontanarsi e pensò che, in fondo, se presi a piccole dosi, non erano poi così male, i Malandrini.


Lily aveva seguito Remus e i suoi amici in Sala Comune.

A differenza del mormorio che contraddistinse il percorso degli altri studenti, all'interno del loro piccolo gruppo nessuno aveva parlato e, anche ora che stavano tutti e cinque seduti attorno al camino, regnava il silenzio.

Remus aveva tirato fuori dalla cartella un libro e stava fingendo di leggerlo, seduto sulla poltrona.

James stava sdraiato, a gambe distese, sotto alla poltrona di Remus e guardava per aria, giocando nervosamente col Boccino che teneva sempre in tasca.

Gli occhietti nervosi di Peter Minus saettavano continuamente da un amico all'altro, soffermandosi maggiormente su Lily, la nuova venuta e su Sirius che ogni manciata di secondi cambiava posizione.

La stessa Lily non sapeva esattamente il motivo per cui sedeva con i Malandrini: era conscia solo del fatto di non voler stare da sola e allora aveva seguito Remus.

Il fatto che lui stesse con gli amici aveva fatto il resto.

Inaspettatamente fu proprio Lily a parlare.

Li conoscevo.” disse semplicemente

Remus alzò la testa dal libro, Potter smise di giocare col Boccino, intrappolandolo nella mano, Peter prese a fissare lei, desideroso di altre notizie e Sirius stette fermo a gambe incrociate.

Sì.- riprese Lily- Li conoscevo. Thomas Glow mi aveva portato la sua sorellina dopo il Banchetto di inizio anno. Si era persa e non riusciva più a ritrovare il gruppo di Grifondoro per salire alla torre e lui... lui è di Corvonero e non sapeva come arrivare. Da allora ogni tanto ho scambiato qualche parola con loro.”

Ma loro... loro staranno bene, vero?” chiese Peter

Probabilmente li avranno affidati a qualche parente.- ipotizzò Remus- Magari tra qualche settimana rientreranno a scuola, sempre che non li vogliano tenere a casa, visto quello che è successo.”

Devono rientrare a scuola. Hogwarts è il posto più sicuro. Qui c'è Silente. Ci sono i professori, ci sono incantesimi in ogni luogo.

Hogwarts è il posto più sicuro. Sarebbe una follia non farli tornare.” intervenne James

Non è sicurissima, Hogwarts. Guardate che gente la frequenta! Nott, Avery, Mulciber... Mocciosus. Hogwarts non è sicura.” Sirius si aprì in una risata aspra e roca.

E' sempre più sicura di altri luoghi. Questi fanno sul serio. Ricordate Justin Dewey e Ophelia White? Non sono tornati quest' anno a scuola. Scomparsi. Come le loro famiglie.” disse grave, Remus.

Ma se Silente non riesce a proteggere i suoi studenti, come si possono invogliare le famiglie mandare i figli qui? Vi rendete conto di tutto quello che succede ogni giorno in questo posto? Maledizioni, soprusi... e Silente sa perfettamente chi c'è dietro.” replico duro Sirius.

Ma non attaccheranno Hogwarts, Sirius. Non attaccheranno il castello come hanno fatto con qualche villaggio. Non ci saranno stragi di Babbani e nemmeno di maghi “Mezzosangue” .-insistette James- Certo, credo che la situazione qui non sia meglio di quella fuori. Mio padre ha a che fare con dei veri Mangiamorte e qui... qui ci sono gli aspiranti. Ma le cose cambieranno.”

Per la seconda volta in una sola serata Lily si ritrovò ad apprezzare Potter: era sicuro, concreto e pareva sapere esattamente cosa andava fatto.




Camminò in fretta, per percorrere i pochi metri che la separavano dalla capanna di Hagrid.

Bussò alla pesante porta di legno, augurandosi che le aprisse in fretta.

“Hagrid! Apri! Sono Lily!”

“Lily! Che bella sorpresa, entra!”

Hagrid accolse con un enorme sorriso la ragazza che gli arrivava difficilmente alla vita.

“Avanti Lily, siediti! Che cosa ti posso offrire? Prima sono stati qui James, Sirius, Remus e Peter... avevo preparato del te. Ora sarà freddo, ma te lo rifaccio!”

“Non preoccuparti. Sto bene così.”

“Sciocchezze! Fuori si gela! Tanto è un attimo!”

Hagrid mise la teiera a bollire e prese posto di fronte a Lily.

“Che si dice al castello Lily? Ho avuto la versione di quei quattro, ma sono certo che la tua è molto più corretta...Ah... ho anche dei biscotti in forno, aspetta che te li tiro fuori!”

Lily lo vide armeggiare con una presina grossa quanto due tovaglioli attorno ad una stufa fatta a misura d'uomo. Il contrasto era evidente e non poteva non far sorridere.

Non appena Hagrid tirò in avanti la maniglia dello sportello entro cui aveva messo la teglia con i biscotti, un piccolo botto precedette la dispersione di un fumo verdastro e puzzolente per la stanza.

Accidenti! Maledetti Sirius Black e James Potter! Questa me la pagano!” imprecò Hagrid, facendosi aria con una mano e sbattendo nella pattumiera la teglia con le gallette con l'altra mano.

“La prossima volta che li vedo! Caccabombe! A casa mia! Nei miei biscotti! Ha ragione quel vecchio rimbambito di Gazza! E io che li copro sempre! Ah, ma se li prendo!” inveì, prima di ricordarsi che non era solo, ma che c'era davanti a lui Lily Evans, con uno sguardo perplesso e che i biscotti avrebbero dovuto essere per la sua ospite

“Mi dispiace, Lily, non ho più nulla da offrirti, salvo il tè. Colpa di quei due mascalzoni!”

“Non preoccuparti, Hagrid. Davvero. Va bene così. E poi... non avevo molta fame. Davvero, siediti.” lo tranquillizzò Lily.

Il suo stomaco non poteva che considerare provvidenziale lo scherzo, ma la parte razionale di Lily non riusciva a non trovare veramente di cattivo gusto quello scherzo.

Il povero Hagrid era sempre così gentile e disponibile e Potter e Black si erano dimostrati ancora una volta due bulli arroganti, convinti che tutto fosse loro dovuto.

“Mi dispiace di poterti dare solo il tè... ma come vedi...”

“Davvero, Hagrid. Non importa. Non è colpa tua: sono Black e Potter che proseguono imperterriti con le loro pessime burle.”

“Ancora non corre buon sangue tra voi, eh Lily? Eppure pensavo che i vostri rapporti fossero migliorati. Mi hanno detto che tu e Remus siete amici.” disse il nerboruto guardiacaccia, versando il tè nella tazza di Lily.

“Oh sì... bè... siamo amici, credo. Cioè, non lo so di preciso, però penso che siamo amici...”rispose Lily, imbarazzata.

Non si aspettava certo una domanda del genere da Hagrid. Senza contare che la risposta che gli aveva dato raffigurava pienamente il suo pensiero: erano amici lei e Remus? Oppure no?

Quel rapporto era così diverso dal morboso ed esclusivo legame che aveva con Severus da non essere pienamente riconoscibile.

Ma forse, forse Remus la considerava un'amica... e lei, lei era pronta a considerare lui un amico?

“Come sarebbe a dire credi? O si è amici o non lo si è.” osservò Hagrid, con quella sua saggezza popolare.

“Bè... è strano. Si può dire strano? Però sì, penso che siamo amici. Chi te l'ha detto?”

“Me ne hanno parlato prima i ragazzi. Certo, Remus è un gran bravo ragazzo. Molto meglio lui di quel Piton, Lily. Dammi retta. Quello è sempre immerso in cose strane... e nemmeno i suoi amici mi piacciono. Remus invece è proprio un bravo ragazzo.” proseguì Hagrid, mostrando scarso tatto.

“Severus è... era... è diverso.” disse Lily a mezza voce.

“Lily, lo sai. Piton non mi è mai piaciuto... ero gentile solo perchè c'eri tu. Ma ecco, aveva uno strano modo di fare. E non mi piaceva. E' meglio se avete rotto, dammi retta. E se diventi amica di Remus io sono solo contento. Ti farà bene stare con lui.” proseguì Hagrid, calcando la voce.

“E' sempre molto gentile, Remus. Forse troppo.” sussurrò Lily, sorseggiando il tè.

“Sì. Nonostante tutto quello che gli è successo è proprio un bravo ragazzo. Certo, se non avesse gli amici che si ritrova...teste matte, quei due, ma veramente buoni amici. Sirius, sempre pronto a scherzare e James, che mette tutti a proprio agio... e anche Peter, timido, ma buono. Ah, se non ci fossero loro!”

“Hagrid- chiese Lily- che intendi dire? Ti riferisci forse alla madre di Remus che è gravemente malata?”

Hagrid sgranò gli occhi, come se si fosse appena accorto di aver detto qualcosa che non doveva lasciarsi sfuggire.

“Hagrid... tutto bene?”

“Sì, sì... tutto bene, Lily. Ora però devi andare, si è fatto tardi ed è quasi ora di cena.” Hagrid si alzò di colpo, colpendo con la vita il bordo del tavolo e facendo rovesciare il tè.

“Hagrid, ho detto qualcosa che non andava? Se è così scusami. Non volevo, davvero.”

Lily non sapeva cosa pensare: stavano parlando tranquillamente quando Hagrid se n'era saltato in piedi agitato.

“No, Lily, no. Stai tranquilla.- Hagrid raddolcì il tono, vedendo la sua espressione meravigliata ed anche insicura-Adesso però devi andare. E promettimi di stare attenta. Non è un bel periodo e anche a scuola è difficile. Promettimi di stare attenta e se puoi non girare da sola.”

Hagrid la accompagnò alla porta e tra mille raccomandazioni la lasciò andare.

Lily si ritrovò sola nel parco e nuovamente mille riflessioni presero a tormentarla.

Perchè Hagrid l'aveva mandata via così? E Remus, erano amici?

Non era lei ad essere completamente sbagliata? Se Hagrid aveva reagito a quel modo doveva essere colpa sua, per via di qualcosa che aveva detto.

Immersa in mille pensieri, Lily raggiunse il castello, del tutto impreparata alla vista della scena che le si parava davanti.

Una ragazzina di almeno un paio d'anni più piccola se ne stava con le ginocchia tra le mani contro una parete, mentre il sangue le bagnava la divisa.

Davanti a lei James Potter e Sirius Black schivavano fiotti di luce colorata proveniente dalle bacchette di un gruppo di Serpeverde.

La bocca di Lily si spalancò quando riconobbe la testa di Severus.




Ecco qui: ho aggiornato prima che ho potuto... ma sapete, le feste e tutto quanto, gli esami che incombono...

Non è un gran bel capitolo, questo, ma serviva a preparare il prossimo, più denso, lugubre e alquanto disperante.

Proprio per via dei due toni così diversi ho scelto di dividerli.

Non temete, è quasi pronto... mancano poco. Spero di riuscire a postarlo nel giro di un paio di giorni.

Ringrazio chi ha letto, inserito la storia tra i preferiti e, ovviamente, chi ha recensito.

Purepura: grazie per la tua recensione: sono sempre illuminanti i tuoi commenti! Sirius e Lily hanno qualcosa in comune: la perdita, il vuoto dentro. Credo che potrebbe servire ad avvicinarli.

E la guerra... la guerra è lì fuori, alle porte. Ed è anche dentro Hogwarts. E Sirius e James, sbagliando, cercheranno di combatterla, questa guerra, in modi non proprio ortodossi...

Nel prossimo capitolo capirai meglio, per ora scusami. E' orribile questa parte, ne sono consapevole..

Ti è piaciuta questa parte su Lily? Preparati, nel prossimo capitolo sembrerà che tutti i progressi che ha tentato faticosamente di fare siano falliti. E la realtà cadrà su di lei.

PrincessMarauders: grazie anche a te! Mi segui sempre e non posso che esserne felice. Nel prossimo capitolo ci sarà una parte più introspettiva dedicata a Lily, spero che ti piaccia.


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Capitolo 8
*** Settimo Capitolo (parte II) ***


“Lily, togliti di lì!” gridò Potter, piegandosi per evitare uno Schiantesimo

“Evans, va' via! Vai a chiamare un insegnante, qualcuno, dannazione!” le urlò Black, mentre lei, inebetita non riusciva a muoversi di un millimetro.

Posò gli occhi sulla ragazzina che si stringeva le ginocchia e la vista del suo terrore le fece recuperare la calma necessaria ad agire.

Era un Prefetto, dopotutto.

“Adesso basta!- strillò con fare isterico- Basta! Riponete le bacchette!”

“E lo dovrei fare solo perchè me lo dice una MezzaBabbana? Tornatene a casa, Evans. Questo non è il tuo posto.” ghignò Nott, quel corpulento Corvonero del settimo anno, fratello della Rachel Nott Prefetto di Serpeverde.

“Bada a come parli!” ringhiò Potter, puntandogli contro la bacchetta e scagliandogli una maledizione.

“Parlo come voglio, Potter.” gli rispose l'altro, mentre Black dava battaglia ad Avery e Piton.

“Basta! Ho detto! Basta!- proseguì Lily, senza sapere da dove le veniva quel coraggio- Expelliarmus!”

L'incantesimo di disarmo colpì e tutte e cinque le bacchette finirono ai piedi di Lily che, rapida, le raccolse.

“E adesso andatevene, tutti quanti. Avanti. In fretta. Consegnerò le vostre bacchette alla McGranitt. Rivolgetevi a lei.” sentenziò, senza ammettere repliche.

“Tu credi che ce ne andremo così in fretta, Sanguesporco? Non credi che volendo, ci siano altri modi?” rise Avery.

“In effetti la tua faccia aspetta solo di essere gonfiata di botte.” replicò Sirius, sardonico.

“Come ti premetti, traditore! Il tuo posto dovrebbe essere tra noi!”

“Ti sbagli. Lui ha scelto di abbandonarci molto tempo fa.” Regulus Black era comparso all'improvviso, sbucando dall' angolo.

La sua somiglianza con Sirius era impressionante.

“Reg, che bella sorpresa. Mancavi solo tu.”ironizzò Sirius.

“Ho detto che dovete andarvene! Immediatamente.” proseguì Lily, senza accorgersi che Avery si stava allontanando dal gruppo, avvicinandosi pericolosamente alla ragazzina.

“Non provare a toccarla.” soffiò James, parandosi davanti a lei.

“Altrimenti cosa mi fai, Potter? Sei disarmato.”

“Anche tu, se non erro.”

“Ho detto basta!” Lily puntò la bacchetta contro Potter ed Avery, facendoli sbattere entrambi contro le pareti, così da separarli.

“Andiamo via.- propose Piton, vedendo come si stava mettendo la situazione- Evans ha già le nostre bacchette. Ci cacceremo nei guai.”

Gli altri annuirono e, recuperato Avery e lanciata qualche minaccia, si allontanarono.

Sirius li fissò, con occhi spiritati e li seguì.

“Sirius! Dove vai! Torna qui!” gridò James, tamponandosi con un gomito la piccola ferita che aveva sulla guancia.

L'amico non lo sentì e continuò a correre.

Lily, cercando di non lasciarsi prendere dalla disperazione, si inginocchiò di fronte alla ragazzina, che tremava.

“Stai bene? Come ti chiami?” le chiese, gentilmente.

“Eva. Eva Flynn.” balbettò, ancora spaventata.

“Ti fa male la gamba? Pensi di poter arrivare da Madama Chips?” domandò apprensiva.

“Sì. Credo di sì.” rispose, provando a sorridere.

“Aspetta, provo a fermarti il sangue e poi ti accompagno da Madama Chips.”

“Lascia stare, Lily, faccio io.” James Potter si protese in avanti, cercando di aiutare come meglio poteva.

“Non sei d'aiuto, Potter. Accompagno lei e poi vado dalla McGranitt. Potrai rivolgerti a lei per la bacchetta.” replicò dura.

“Allora vai solo dalla McGranitt. Accompagno io Eva.”

Le mani di Lily si muovevano agili sulla ferita che, grazie ad un piccolo aiuto magico, stava venendo ripulita.

“Grazie. Non so davvero come avrei fatto senza di voi.” Eva provò ad alzarsi in piedi, ma ricadde immediatamente a terra, non riuscendo ad appoggiare il peso.

“Aspetta, vieni. Appoggiati a me.” Potter le offrì il braccio a cui la ragazza si attaccò, a mo' di stampella.

“Adesso andiamo, Eva. Solo un momento. Lily... non è che mi ridaresti la mia bacchetta?”

“No, Potter. La riavrai anche tu come gli altri dalla McGranitt.”

“Grazie per la considerazione. Si da il caso però che io sia dalla parte dei buoni, Lily.” le fece notare irritato.

“Ti credi diverso da loro, Potter? E' così?” lo aggredì Lily

“Sì. Nel caso non te ne fossi accorta non vado in giro ad aggredire la gente. Sai com'è...” constatò, cercando di mantenere la conversazione su un livello civile ed ironico.

“Non siete diversi, Potter. Ti sei scontrato con loro. E scagli incantesimi contro chiunque dica qualcosa su di te o sui tuoi amici.” gli disse, decisa ad arrivare al punto.

“Scaglio maledizioni contro chi osa dire sostenere Voldemort e le sue fottute idee. Non le scaglio a caso.”

“E questo fa sì che tu ti reputi diverso, Potter? Siete uguali, invece. Avete la mente annebbiata dagli stessi pregiudizi. Non sei migliore di loro se ti metti a duellare in mezzo ad un corridoio.”

“E che diavolo avrei dovuto fare, sentiamo. Che cosa avrei dovuto fare oggi?” ruggì, sempre più arrabbiato.

Lily trasalì, ma non si fece intimidire. Eva desiderava solo che la facessero finita, così da portarla in Infermeria.

“Non sto parlando solo di oggi, Potter. Possibile che tu non capisca? Possibile che non ti renda conto che questo tuo comportamento non porterà da nessuna parte? Genererà solo altri scontri.” ribattè accorata Lily.

“E allora che scontro sia. Sono pronto.” replicò James, facendole capire che la conversazione era chiusa.

“Dovresti andare in Infermeria anche tu, Potter.” gli disse Lily, gelida.

“E' tutto a posto.”James si sfregò la ferita e si caricò sulle spalle Eva e chiedendosi per l'ennesima volta come potesse Lily Evans non capire.

“Di che Casa sei, Eva?” le chiese James, con fare gentile.

“Tassorosso. Dicono tutti che sia la Casa degli smidollati.” rispose, tra un singhiozzo e l'altro la ragazza.

“Oh, io non credo. Sai Eva? Non ci credo per niente. Non credo che essere amici leali e fedeli significhi essere smidollati.” le sorrise.





“Sirius! Dove vai! Torna qui!” gridò James, tamponandosi con un gomito la piccola ferita che aveva sulla guancia.

L'amico non lo sentì e continuò a correre.

Seguì il gruppo di Serpeverde davanti a lui, ripetendo di continuo il nome di suo fratello.

“Regulus! Regulus! Vieni qui!”

Regulus esitò per un momento, sostando in mezzo al corridoio, quando uno dei suoi compagni, che Sirius non riuscì a riconoscere, lo strattonò per la manica, portandolo via.

Sirius continuò a correre, con le gambe mosse dalla forza della disperazione. Lui doveva parlare con suo fratello.

Non poteva assistere impotente.

Li seguì per i corridoi, giù dalle scale ripide che portavano ai freddi sotterranei.

Sirius capì che la Sala Comune di Serpeverde doveva essere vicina.

“Reg! Vieni qui!” urlò, senza smettere di correre.

Corse, sino a quando non afferrò il colletto della divisa del fratello.

“Adesso io e te parliamo.- ringhiò- E voi non azzardate a mettervi in mezzo.” disse, rivolto ad Avery e Mulciber, che si stavano preparando ad un nuovo scontro.

“Andate. Vi raggiungo subito.” Regulus scacciò gli amici e, sprezzante, si rivolse al fratello.

“Che vuoi, Sirius?”

“Ti devo parlare, Reg. Sono... sono preoccupato per te.” confessò Sirius, cercando i tanto famigliari occhi di quel fratello che era stato amico e compagno di giochi nell'infanzia.

Un' infanzia che mai come allora gli parve così lontana.

Ricordava due occhi azzurri, innocenti e trasparenti e non freddi e distanti come quelli che lo stavano squadrando in quel momento.

“Adesso ti ricordi che esisto, Sirius? L'estate scorsa e negli anni prima io non esistevo. Io ero solo il pedante fratellino rompiscatole.” lo schernì

“Reg, ti rendi conto di che gente sono i tuoi amici?” proseguì Sirius, con tono accusatorio, fingendo di non aver sentito.

“Da quando ti interessa?”

“Sono preoccupato, Reg!”

“E' un po' tardi per essere preoccupati, Sirius.” disse atono

“Dannazione, come puoi non capire! Quelli... quelli non vedono l'ora di unirsi a Voldemort! Non vedono l'ora di diventare Mangiamorte! Hai visto cosa hanno fatto a quella ragazzina?” strillò Sirius, mettendolo al muro.

“Lei non è come noi.” replicò Regulus, altrettanto duramente.

“E queste cosa sono? Le belle idee che ti ha messo in testa mamma o te l'hanno detto i tuoi nuovi amici? Lascia che ti dica una cosa, Reg: se lei è qui significa che è come noi. Impara a pensare con la tua testa.” soffiò Sirius, strattonandolo.

“Come fai tu? Tu che non sei altro che il cagnolino di Potter?” lo schernì

“Lascia fuori James da questa storia.”

“Oh no, Sirius no.- Regulus scoppiò a ridere. Una risata glaciale ed ironica.- Non lascio fuori Potter, visto che tu continui a parlare dei miei amici.”

“James non è un aspirante assassino.”

“No, forse no. Forse è solo un povero illuso ignorante come la maggioranza delle persone che popola questo posto, però Sirius, ammettilo: da quando lo hai conosciuto nessun altro è più esistito. Io per te non sono più stato nessuno.”

“Mi dispiace Reg. Mi dispiace davvero, ma lo sai... negli anni i rapporti a casa sono peggiorati sempre più. Non riuscivo ad essere me stesso. Non mi accettavano per quello che ero... e invece qui, qui... ho potuto essere apprezzato per quello che sono: perchè sono Sirius, solo Sirius. Non Sirius Black il primogenito, l'erede. Solo Sirius. E mi dispiace, mi dispiace Regulus se ti ho trascurato. Ma adesso... adesso potremmo riprovare. Sono preoccupato, Reg: là fuori sta per scoppiare una guerra e quelli sono dei pazzi.... e tu... tu ti stai lasciano coinvolgere.”

Regulus fissò il fratello che gesticolava di fronte a lui, come in preda al panico.

“Non c'eri quando avevo bisogno, Sirius.” sentenziò, secco Regulus.

“Mi hanno detto che non ero loro figlio! Renditene conto! Che dovevo fare? Restare lì? Tu la fai semplice, sei sempre stato preferito, rispetto a me. Il ribelle, lo sfrontato, l'ingrato Sirius contrapposto a te. Come fai a non capirlo, Reg, io ero geloso! Geloso. Geloso marcio, Regulus. Di te.” urlò Sirius, profondamente irato.

“Geloso? Di me?- lo schernì- Se è così torna a casa, Sirius. Ne saranno felici. In famiglia tutti ti riaccoglierebbero.”

“Ti sbagli. Riaccoglierebbero l'erede maschio primogenito. Non Sirius. Non me, con i miei pregi ed i miei difetti, con le mie convinzioni ed i miei ideali. Credi che vogliano bene a te per quello che pensi, per come sei? Ti vogliono solo perchè rispecchi le loro convinzioni. Apri gli occhi, Reg. non è troppo tardi. Vieni via.”

Sirius si accorse che il tono distaccato e severo che aveva all'inizio della conversazione stava diventando sempre più simile ad una supplica.

“No.” fu la perentoria risposta che Sirius ricevette.

“Ma vuoi diventare come loro? Un piccolo, spocchioso razzista assassino?”

“Io ci credo, Sirius. I nostri genitori, Lord Voldemort...hanno ragione. Te ne renderai conto.” fu la replica che ricevette e che gli risultò dolorosa quanto una coltellata.

Furibondo abbassò la testa, per poi rialzarla, di scatto e guardare ancora una volta negli occhi quel viso simile al suo.

Strattonò il fratello per la collottola, urlandogli tutto il suo disprezzo.

“Ah, va' al diavolo, Regulus. Tu e tutta la nostra famiglia. La cara Walburga in primis.”

Mentre lui si allontanava, di corsa, Regulus, si lasciò cadere contro la parete, impotente, chiamando per un'ultima volta il fratello perduto.

“Sirius! Torna qui!”

Ma Sirius non ascoltava e continuava la sua corsa solitaria.

Aveva bisogno di prendere a pugni qualcosa, qualcuno...

Salì le scale senza interrompere la corsa. Percorse tutti i corridoi possibili, senza far caso al fatto che ciascuno appariva identico al precedente.

Arrivò al settimo piano. Barnaba il Babbeo dal suo arazzo gli strizzò un occhio, ma Sirius era troppo impegnato per potersene accorgere.

C'era solo una cosa che avrebbe potuto calmarlo, fatta eccezione per il prendere a botte Avery, Mulciber e tutti i loro compagni.

Titubante entrò nella Stanza delle Necessità: qualora non avesse trovato quello che cercava, avrebbe comunque potuto starsene da solo.

Invece un lucido pianoforte a coda lo stava aspettando proprio al centro della stanza.

Sirius lo scrutò da lontano, incredulo.

Suonare era l'unica cosa che lo faceva stare meglio durante la sua permanenza a Grimmauld Place.

Era ormai più di un anno che non toccava quei tasti bianchi e neri che erano stati i suoi compagni in pomeriggi solitari.

Si avvicinò, incerto, come se temesse che quel regalo inaspettato potesse sparire da un momento all'altro.

Ne accarezzò i tasti, prima di decidersi a sedersi.

Spostò lo sgabello per prendere posto e poi inspirò, iniziando a premere i primi tasti.

Le dita agili e flessuose parevano aver riconosciuto immediatamente il loro posto e presero a muoversi da sole, lasciando il loro proprietario immerso in mille pensieri.

E Sirius suonò.

Suonò quella “Per Elisa” per sé stesso.

Per quello che era stato.

Per quello che sarebbe diventato.

Suonò per quel fratello che correva nella sua stanza dopo un incubo e per le volte in cui cercavano di divertirsi, nascondendosi agli occhi dei genitori.

Suonò per le volte in cui si erano finti malati, pur di non partecipare alle noiose feste di società a cui erano costretti a presenziare.

Suonò per tutte le botte che aveva preso al posto di Regulus, coprendo i suoi errori.

Suonò una sonata che grondava dolore e disperazione.

Suonò senza accorgersi che James l'aveva trovato e si era acciambellato ai suoi piedi, meravigliato dalla bravura del suo migliore amico, ma soprattutto sconvolto per il dolore che quella musica comunicava.

Suonò, guardando oltre le sue spalle solo all'ultimo, quando posò lo sguardo su James ringraziandolo tacitamente per essere stato in silenzio.

Ringraziandolo per essere stato lì.



Di che Casa sei, Eva?” le chiese James, con fare gentile.

Tassorosso. Dicono tutti che sia la Casa degli smidollati.” rispose, tra un singhiozzo e l'altro la ragazza.

Oh, io non credo. Sai Eva? Non ci credo per niente. Non credo che essere amici leali e fedeli significhi essere smidollati.” le sorrise.

Lily aveva consegnato le bacchette alla McGranitt, svolgendo perfettamente il suo compito di Prefetto, ricevendo lodi e promesse di convocazione dal Preside per tutti gli altri.

Ciò nonostante, durante quel colloquio, la sua attenzione era altrove.

Quelle parole, quelle semplici frasi di circostanza, forse, che Potter aveva rivolto ad Eva Flynn continuavano a ronzarle nella mente.

Il sorriso appena accennato che era riuscito, grazie a quelle parole, forse scontate, a far spuntare sul viso di quella ragazzina spaventata le era rimasto impresso.

Il punto era che lui ci credeva davvero in quello che aveva detto. Potter era fermamente convinto.

Ne era sicuro, non certo, perchè la certezza è soggettiva, proprio sicuro. Oggettivamente sicuro che Tassorosso fosse una Casa importante tanto quanto le altre.

E forse, forse era proprio quella sicurezza che traspariva e che aveva reso così funzionanti quelle frasi consolatorie altrimenti scontate e banali.

Quei modi gentili, calorosi e rassicuranti cozzavano con il ragazzo burbero, bellicoso ed arrogante con cui aveva avuto modo di confrontarsi poco prima.

Chi era James Potter? Era il ragazzo egocentrico e borioso che aveva conosciuto in quegli anni oppure il perno attorno a cui ruotava la vita dei suoi amici, come aveva osservato in quella settimana?

Si era resa conto di non conoscerlo affatto, di non sapere nulla di lui. Eppure, eppure in quella settimana che avevano vissuto più o meno insieme le era sembrato di vedere qualcosa di positivo in lui, qualcosa di buono, qualcosa che faceva sì che lui fosse, meritatamente, uno dei ragazzi più popolari di Hogwarts e non solo per il bell'aspetto o per la bravura nel Quidditch, ma per il sorriso, per l'incoraggiamento e le buone parole che aveva per tutti, i suoi amici per primi.

Le era sembrato di capire, anche solo lievemente, per quale motivo Remus o il timido Peter avessero concesso la loro fiducia all'appariscente e carismatico James Potter.

Ma era possibile farsi l'idea giusta di una persona in una sola settimana?

Dopotutto, Potter era sempre lo stesso. Era l'attaccabrighe sfrontato, convinto che essere Grifondoro lo mettesse automaticamente tra i “buoni”. Convinto che Serpeverde fosse il Male, convinto di essere l'unico depositario della ragione e, pertanto, autorizzato a fare quello che gli pareva, duellando tra una lezione e l'altra con coloro che aveva inserito nelle liste dei “cattivi.”

Il modo in cui lui e il suo amico Sirius Black si erano comportati poco prima non faceva che confermarlo.

Ma, allora, che avrebbero dovuto fare? Possibile che non ci fosse un altro modo per combattere quella guerra dentro Hogwarts? Possibile che fosse necessario lo scontro?

Lily non lo sapeva.

Non sapeva cosa pensare.

E poi... poi c'era Severus.

Severus, il suo migliore amico.

Severus, il bambino che le aveva rivelato di essere una strega.

Ma esisteva ancora quel bambino?

Esisteva ancora da qualche parte il suo migliore amico?

Lily sapeva solo che aveva troppe cose per la testa. Troppi erano i pensieri che si affastellavano l'uno sull'altro, senza darle tregua.

Aveva bisogno di stare da sola, senza vedere nessuno. Forse, così, si sarebbe calmata.

Cercando di ricacciare in fondo alla mente i pensieri più dolorosi, Lily attraversò i corridoi ormai bui e freddi, alla ricerca una stanza, una qualsiasi, in cui potersene stare da sola.

Sola.

Come era sempre stata.

“Ma chi vuoi prendere in giro, Lily?” si disse, mentre spingeva la porta di legno di un'aula vuota al primo piano, quella che era stata la classe di Incantesimi al suo primo anno.

“Stare da soli non serve a niente. A niente!” strillò, prendendo a pugni il muro di pietra ed aggrappandosi ad esso come ad un sostegno.

“Non serve a niente stare da soli.” singhiozzò, lasciandosi cadere lungo la parete e prendendosi il viso tra le mani.

Dov'era Severus? Perchè se n'era andato?

Perchè?

Perchè lo avevano traviato? Perchè non c'era più il ragazzo timido ed impacciato che aveva imparato a conoscere, a cui voleva bene e che considerava un fratello?

Perchè Severus non era lì ad asciugare le sue lacrime?

Lily desiderava disperatamente che lì di fianco ci fosse il suo Sev, a dirle che non era lei, quella sbagliata. Era il mondo a non essere ancora pronto per una come Lily.

Ci sarai sempre, Sev?

Sei la mia migliore amica, Lily. E questo non cambierà mai.”

Quindi ci sarai sempre?”

Sempre.”

Anche se sono complessata e paranoica?”

Sempre. Anche se sei complessata e paranoica.”

Perchè sembrava che lei fosse destinata a stare sola? Non ce la faceva più a stare da sola.

Era stanca di essere sempre la perfetta Lily Evans, quella che sembra non avere mai problemi.

Lei, invece, di problemi ne aveva fin troppi. E non c'era nessuno disposto a dividere con lei quel fardello.

“E invece c'era... c'era qualcuno che avrebbe voluto esserci. Ma io... io ho mandato via tutti. Sono... sono... sono sbagliata. E' ovvio che io sia qui sola.”

Forse, se fosse stata come le sue compagne, non avrebbe avuto quei problemi.

Sarebbe stata più furba, più sveglia, più accorta. Più amata.

Anche Remus, presto, si sarebbe stancato di Lily Evans.

Volevo solo che tu sapessi che, se hai bisogno di parlare io ci sono, ok?”

Ma sarebbe stata capace di afferrare quella mano tesa?

E pianse.

Pianse per Severus. Per quello che era stato il “suo” Sev e per quello che era diventato.

Piccola lurida Sanguesporco.”

Pianse per Petunia e per le loro incomprensioni.

Mi dispiace, Tunia. Magari potrei chiedere al professor Silente se puoi venire anche tu.”

Mostro. Io non voglio parlare con te. Sei un mostro.”

Tunia... io... sei mia sorella, non andartene.”

Mostro.”

Pianse per se stessa.

Certo che Lily Evans è proprio strana.”

Pianse, pur sapendo che non sarebbe servito. Pur essendo conscia della necessità di affrontare la realtà rimboccandosi le maniche.

Ma Lily da sola non ce l'avrebbe fatta. Non ne era capace.

Pianse, invocando l'aiuto di qualcuno che la salvasse.

Qualcuno che la salvasse da se stessa.











Ok, è andata. Non è stato un capitolo semplice, questo. Né da scrivere e nemmeno da leggere, credo. Pareva che Lily e James si fossero avvicinati un po', ma è davvero così? Quello che li aspetta, che li aspetta tutti quanti, non è semplice e, in un modo o nell'altro, questo capitolo rappresentava un po' una svolta, credo.

Vi ringrazio ancora una volta tutti quanti, perchè questa non è una storia semplice. Non è bella, non è allegra e non è spensierata e so che anche da leggere risulta più dura di altre; sono anche consapevole del fatto che spesso i capitoli possano sembrare slegati uno dall'altro, ma è voluto. E' mia intenzione dare una narrazione “spezzettata” perchè, come dice il titolo, questi sono Pezzi di Loro e, quindi, per una traduzione esatta del titolo, Pezzi di Noi.

Per questo motivo non posso che ringraziarvi tutti quanti.

Ringrazio Bellis per le continue rassicurazioni e ringrazio chi ha inserito la storia tra i preferiti e Princess Marauders e purepura che hanno recensito e che è giusto che abbiano la loro risposta.

PrincessMarauders: grazie a te, ad Emanuela e a Leila. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

Purepura: sai, io non sono una sostenitrice del “cambiamento di James a tutti i costi”, io credo che lui sia sempre stato così. Empatico, disponibile, riflessivo, corretto. James, per quanto impulsivo, non è Sirius. Non lo è mai stato. Io credo fondamentalmente che lui sia sempre stato “buono”, nel senso che la sua posizione nei riguardi della guerra e di tutto quello che accadeva l'ha sempre espressa ed è sempre stato dalla parte dei “buoni”, però credo che sbagliasse nel modo di combattere, come ho cercato di spiegare un po' qui.

Intendo dire, perchè è una spiegazione confusa, hai presente la scena del peggior ricordo di Piton, quello che ha dato il via alla campagna del “Potter è un bullo arrogante e prepotente che si diverte a prendere in giro i compagni più deboli”?

Se non erro, salvo Lily, nessuno interviene. Nessuno va a salvare Piton, sebbene attorno ci fosse molta gente. E questo perchè? Evidentemente non è Potter ad essere il cattivo della situazione, il bullo che tormenta gli studenti più deboli, ma è Piton a non essere proprio innocente.

Se Potter &Co fossero dei bulli arroganti e basta, dubito che godrebbero del sostegno e dell'ammirazione dei compagni( senza contare che ad Hogwarts tutti conservano ottimi ricordi di James). Mi sono quindi convinta che, agli occhi degli altri, Potter apparisse come una sorte di “giustiziere”, se così posso dire.

Ovviamente è un'opinione personale, condivisibile o meno che sia.

Il cosiddetto “cambiamento” io lo vedo in altro modo e, se vorrai continuare a seguirmi, lo potrai leggere.

Sai, nella tua recensione hai colto perfettamente il punto: Lily deve accettare la realtà, deve essere messa di fronte alla realtà e deve reagire. Solo così potrà andare avanti e riappropriarsi si se stessa, però, come hai visto, questa “mia” Lily da sola non ce la fa.

Spero di non averti traumatizzata con questa lunga risposta, alla prossima!

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Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***


STANZA DELLE NECESSITA'

“Non sapevo che sapessi suonare.” James abbozzò un sorriso, abbassando immediatamente lo sguardo, come se trovasse la punta delle sue scarpe tremendamente interessante.

“Ci sono cose che nemmeno tu sai, James.” gli rispose Sirius in un soffio, fissando un punto imprecisato sulla parete.

James avrebbe voluto dire qualcosa. Qualcosa di più, qualcosa che lo facesse stare bene.

Il passato di Sirius per lui, per loro, era avvolto ancora da troppe nebbie.

“Sirius non è colpa tua.” disse semplicemente

“Ah no? E se lo fosse, James? Se fosse colpa mia? Se avessi dovuto e potuto fare di più?”

“Non potevi, Sirius.”

“Ma dovevo. Dovevo fare di più. Dovevo, dannazione. E' mio fratello! Mio fratello! Finirà male, James. Lo sento. Finirà male. Lo devo tirare fuori da lì. Lo devo assolutamente tirare fuori da lì.”

Sirius si era alzato, passeggiava nervosamente per la Stanza delle Necessità e il tono di voce si stava facendo pericolosamente isterico.

“Dovevo fare di più, maledizione! Di più! Avrei dovuto portarlo via con me! Avrei dovuto! Sono sempre il solito egoista! Ho pensato solo a me stesso! Solo a me stesso, James. Solo a me stesso.”

Anche James si era alzato. Afferrò i pugni vaganti per aria che Sirius stava tirando contro un nemico immaginario e li strinse tra le braccia.

“Non è colpa tua. Non è colpa tua. Ognuno è responsabile delle sue scelte, Sirius. Anche Regulus.”

“Ma..”

“Non è colpa tua, Sirius. Mi hai capito? Non è colpa tua.”ripetè James serio

“James...”

Sirius si aggrappò a lui prendendo a pugni la schiena di quell'amico che rappresentava il fratello che non aveva avuto.

“Sono qui. Sono qui.”

Rimasero così per qualche minuto, il tempo necessario perchè Sirius si riprendesse.

“James, che non esca di qui quello che è successo, ok?” si raccomandò Sirius, a metà tra il serio e il faceto.

“Hai la mia parola. - confermò l'amico- E comunque suoni bene. Avresti potuto dirmelo.”

“La musica è la memoria di un passato che vorrei dimenticare.”


DORMITORIO MASCHILE DI GRIFONDORO

In camera erano rimasti solo James e Remus: Sirius era andato a farsi una doccia e Peter stava cercando un libro in Biblioteca.

Remus stava leggendo Narciso e Boccadoro, impegnato com'era nella conoscenza dell'intera opera di Herman Hesse, mentre James se ne stava sdraiato sul letto a fissare il soffitto.

“Remus. Posso chiederti una cosa?” domandò, interrompendo il silenzio.

Remus aggrottò le sopracciglia. Annuì e dall'espressione di James capì che doveva trattarsi di cose serie, pertanto chiuse il libro posandolo sul comodino.

“Dimmi.”

“Sapevi che Sirius sa suonare il pianoforte?”

“Lo immaginavo.”

Vide la faccia sorpresa e compiaciuta di James e scelse di proseguire.

“Mi è capitato di vedere qualche spartito accartocciato nel baule di Sirius-spiegò-ma soprattutto negli anni scorsi, forse perchè era ancora più disordinato, qualche anno fa.”

James sorrise: Remus sapeva sempre tutto. Remus capiva tutto sempre prima degli altri.

Era come se la sua maledizione gli avesse donato una sensibilità e un'attenzione agli altri così particolare, acuendo alcuni tratti che già gli sarebbero stati propri, da permettergli di essere sempre una spanna avanti.

“Perchè non ce ne hai mai parlato? A me e a Peter intendo.”

Remus alzò le spalle.

“Non mi sembrava giusto. Se Sirius avesse voluto che lo sapessimo ce l'avrebbe detto, credo.”

“Remus...”

“Hmmm?”

“Dici che capiremo mai Sirius completamente? Dici che riusciremo mai a farlo parlare di più di sé?”

Ogni volta che il passato di Sirius arrivava a scombinare il tipico equilibrio malandrino James si poneva delle domande su se stesso, certo di non fare abbastanza per quell'amico che per lui era un fratello.

Il fratello che lui, nella sua coccolata infanzia di figlio unico non aveva avuto e che aveva trovato in quel ragazzino scostante e impertinente, col quale, il primo giorno di scuola, aveva già deciso di fare amicizia. Come se già sapesse che i loro destini sarebbero stati indissolubilmente legati.

Aveva vinto le sue resistenze e la sua ritrosia.

Aveva fatto di Sirius il suo migliore amico e lui stesso era diventato altrettanto, ma allora, allora perchè Sirius restava così misterioso?

“Non lo so, James. Se devo essere sincero, non lo so. Vedi James, io dopo mille titubanze mi confido con voi, Peter ci viene a dire tutto. Tu sei una via di mezzo: chiacchieri e sei logorroico oltre misura ma , anche se non te l'ho mai detto, so perfettamente che molte e troppe cose te le tieni per te, come se non volessi turbare nessuno. Come se fossero problemi tuoi e basta, come se tu dovessi sempre mostrarti sicuro e senza preoccupazioni, solo per far star bene noi. Dico bene?”

Remus ammiccò in direzione dell'amico, che alzò gli occhi al cielo, vergognoso.

“Lunastorta, Lunastorta, Lunastorta... sfugge mai niente a te?” disse, con il suo solito sorriso sghembo stampato in volto.

“E Sirius, Rem? Cosa hai capito di Sirius?” chiese poi, ansioso di sentirsi dire che anche Remus aveva avuto le sue stesse intuizioni.

“Ho capito che Sirius conserva troppi brutti ricordi, dentro di sé. Ci sono cose di cui non so se ci parlerà mai. Ci sono cose che vuole rimuovere, ma che l'hanno reso quello che è.

Sirius è sempre così diretto e schietto nell'esprimere le sue emozioni. Lo è molto più di tutti noi, ma il suo passato, la sua famiglia, lo tormenta ancora.”

“E noi cosa possiamo fare, Rem?”

“Possiamo solo essergli amici, James. E se vorrà parlare, sarà lui a farlo.” concluse Remus, in un sorriso tirato, facendo però capire a James che, nonostante tutto, loro stavano già facendo tutto ciò che era possibile per dei ragazzi di diciassette anni.

Essergli amici, stargli vicino. Essere la sua famiglia.

La bocca di James si aprì in un sorriso: il primo, vero sorriso della giornata.

“James... come sta Lily? Dopo quello che è successo...intendo con Piton e gli altri” chiese ad un tratto Remus

“Credo sia molto turbata, ma nonostante questo ha trovato il tempo di dirmi che sono arrogante, presuntuoso e prepotente perchè ho osato attaccare il suo amichetto aspirante Mangiamorte.”

“James!” sbruffò Remus

“E che dovevamo fare, scusa? Per poco non facevano perdere una gamba ad Eva Flynn! Dovevamo andare lì e dire “ Ehi, scusa... non è che puoi evitare? Comunque, bella camicia, amico!” Remus, anche tu! Dalla Evans me lo aspetto, ma da te!”

James era piuttosto irritato. Perchè nemmeno Remus capiva?

Perchè sembrava che la colpa ora fosse sua?

“James, per Merlino, calmati! Siediti e non urlare.”

“Remus! Che diavolo avrei dovuto fare! Che cosa? Avanti, dimmelo! Da solo non capisco! Dimmelo, Remus! Adesso tentare di fermare dei pazzi è sbagliato? E' sbagliato, Remus?” gridò James, infervorato.

Anche Remus si era alzato in piedi e costrinse l'amico a sedersi.

“James, basta! Siediti e ascoltami! Non è sbagliato il cosa. E' sbagliato il come. Capisci che, se attacchi uno di loro ti poni al loro stesso livello? Perchè credi che Silente vi abbia convocati tutti dopo cena? Per fare le congratulazioni a te e a Sirius? No, James. Avete attaccato degli studenti, accidenti! Avete duellato in mezzo ad un corridoio! Ecco cosa avete fatto di sbagliato. E non si fa!”

“Remus, se tu ci fossi stato concorderesti con me nel dire che non ci sarebbe stato niente di diverso da fare!” insistette James, prendendosi la testa tra le mani.

Il tono di Remus si raddolcì lievemente.

“James, io non c'ero e non so cosa sia successo. Non ne ho idea. Mi devo basare sulle tue parole però sappi che resto della mia opinione. Forse c'è un altro modo di combattere.”

James sbuffò a sua volta, saltando in piedi e sporgendosi quel tanto che bastava per afferrare la Gazzetta del Profeta che stava appoggiata sul comodino di Remus.

La dispiegò, mostrando la prima pagina all'amico.

Il Marchio Nero, simbolo di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte, stava comparendo sempre più spesso negli ultimi tempi e quella mattina troneggiava sull'anonima villetta della fotografia di copertina.

“Quanti ancora dovranno essercene di questi? Quanti Remus? Quanti? Quanti candidati a Ministro della Magia dovranno morire ancora? Sei così sicuro che Owen Hook sia l'ultimo? Quanti villaggi Babbani dovranno essere straziati da assassini senza nome e senza volto? Quanti? Quanti altri come Sirius dovranno vedere la loro famiglia disgregarsi? E quanti altri come Lily Evans perderanno i propri amici più cari? E quanti come te saranno disprezzati e ghettizzati come vogliono questi pazzi? Come vogliono Piton ed Avery e Nott e Mulciber e non so quanti Serpeverde.”

Strillava come un matto e Remus faticò a scavalcare la sua voce, commentando con poche, semplici e lapidarie parole.

“Hai ragione. Sono pazzi e noi dobbiamo combattere. Ma non è questo il modo, James. Hai gli stessi loro pregiudizi, se parli così. Ora scusami, devo andare.”

Remus si alzò dal letto, gettando un'occhiata preoccupata verso James: lo vedeva troppo carico di preoccupazioni. Preoccupazioni che, forse, non dovevano essere tutte sue.

Ma James era fatto così.

Sospirando spalancò la porta. Sul pianerottolo, stretto in un angolo, stava in piedi Peter.

“Peter, che ci fai qui? Perchè non sei entrato?” chiese, sorpreso

“Ho sentito te e James urlare e non volevo disturbare. Perchè stavate litigando, Remus?”

“Non stavamo litigando, Peter. Siamo solo preoccupati.” raccontò Remus

“E' per Sirius, vero? Vorrei tanto poter fare qualcosa per lui...” confessò Peter, cercando conferme nell'amico.

“Non solo, Pete, non solo. Anche se Sirius rappresenta la preoccupazione principale. Dobbiamo solo stargli vicino e ascoltarlo se ci chiama.” disse Remus, corrugando la fronte

“Remus, sono preoccupato anch'io, sai? So che sembra che non mi accorgo mai di niente, ma li vedo tormentati entrambi, da qualche tempo. E' come se James stesse combattendo da solo contro qualcosa... un po' come Don Chishotte coi mulini a vento, mosso dalla sua mania da salvatore del mondo. E Sirius è così distante...”

Peter espresse i suoi pensieri: era un po' che l'aveva notato, ma non ne aveva mai parlato perchè temeva di passare per il solito visionario e di essere schernito.

Si sentiva tutto sommato sollevato dal fatto che anche Remus condividesse le sue idee.

“Che cosa possiamo fare, Remus? Non ci perderemo, vero?” domandò, accorato.

“Possiamo solo cercare di venirci incontro, Peter. Ma non ci perderemo, stai tranquillo. Siamo i Malandrini e niente e nessuno può dividerci.” gli rispose Remus, in quel suo tono conciliante che pareva quasi una nenia.

“Remus... non ne parlerò con James. Io no vi ho sentiti discutere. Se vorrà, sarà lui a raccontarmi la sua versione.” Peter salutò Remus ed aprì piano la porta della loro stanza, ricevendo in cambio un muto ringraziamento.

Remus guardò Peter entrare e scosse la testa, dolcemente. Sino a che fossero stati insieme, non ci sarebbero stati problemi.

Scese le scale, intenzionato a starsene un po' da solo per riflettere, certo che Sirius, presto, molto presto, sarebbe giunto da lui.

Non sapeva se sarebbe stata notte inoltrata, come spesso capitava o mattino presto o se l'avesse costretto a saltare la cena, sapeva che Sirius sarebbe arrivato con qualche sua trovata demenziale da attuare, trovata che sottintendeva certo molto di più.

Una trovata che aveva in sé il bisogno di certezze che accompagnava Sirius sin da quando lo conosceva.

Remus accantonò la sua stanchezza o i suoi malesseri per luna piena ormai troppo vicina, non era il caso di aggiungere anche quelli. C'erano questioni ben più importanti da risolvere e la chiacchierata che sapeva prossima con Sirius era una di quelle.

Stava passeggiando per i corridoi, senza meta, in attesa della cena che li avrebbe riuniti tutti quanti, prima dell'inevitabile confronto di James, Sirius e degli altri con Silente.

Chissà come li avrebbe puniti, quella volta...

Camminava, senza fare caso alla marmaglia di studenti che si incamminava nella sua stessa direzione o in quella opposta.

Colse qualche mormorio dai loro discorsi e quei brevi frammenti gli erano più che sufficienti per rendersi conto che, come sempre in quei casi, l'intera scuola era al corrente di quanto era accaduto.

A Remus non importava più di tanto, in verità. Del resto, non era una novità che James e Sirius fossero colti in flagrante in un'azione che mai avrebbe dovuto essere compiuta.

Quell'ultimo accadimento non faceva altro che allungare la loro fedina penale e, in ogni caso, loro quattro avevano problemi ben più gravi da risolvere che non le chiacchiere che si diffondevano per Hogwarts.

Comunque, si disse, la reputazione di James e Sirius ne avrebbe solo giovato, constatando che, alla fine, seppur con metodi non proprio ortodossi, avevano salvato Eva Flynn.

E, in ogni caso, quello non era affatto un problema suo.

Non avrebbe fatto nemmeno caso a tutti quelli che gli passavano di fianco, se non avesse colto la sagoma di Lily Evans camminare avanti a lui.

Non era pienamente certo del da farsi: avrebbe dovuto lasciarla andare o chiamarla?

Non erano propriamente amici e quello era comprovato, però, in fin dei conti, Remus era sicuro che anche lei fosse rimasta piuttosto sconvolta dalla giornata. Sapeva che non avrebbe avuto occasione di parlarne con nessuno, dal momento che i rapporti con le sue compagne di stanza non erano certo ottimi o men che meno confidenziali ( dopotutto, non era difficile capire che era improbabile che Mary McDonald, Rose King e Priscilla Cole diventassero amiche di Lily Evans. Non potevano essere più lontane.) ed era consapevole anche del fatto che, escluso Hagrid, lui era l'unica persona con cui Lily Evans avesse una sorta di rapporto di complicità, quindi, forse, fare due chiacchiere con lui le avrebbe fatto bene.

Fu questo che lo portò ad accelerare bruscamente il passo travolgendo un imprecisato numero di persone pur di braccare Lily che stava salendo le scale.

“Lily! Lily!”

La ragazza si voltò, leggermente incerta su quello che avrebbe dovuto fare.

“Remus?”

“Ti disturbo, forse? Dove stavi andando?”

“In giro in attesa della cena- sorrise- e tu?”

“Oh... io... diciamo che ero in pellegrinaggio.” Lily si sforzò di usare una voce allegra. Non aveva voglia di vedersi commiserata per gli occhi gonfi persino dall'unica persona che sembrava avere piacere nel parlare con lei.

“Bè, allora siamo in due. Ti dispiace se ti accompagno?” propose Remus, sperando di non essere invadente.

Lily non si aspettava proprio una richiesta del genere: le dispiaceva?

Sì, in verità un po' le dispiaceva che qualcuno la seguisse nella sua passeggiata senza meta, ma rifiutare la compagnia di Remus era scortese e, Lily ne era sicura, avrebbe causato il ripetersi di un'ennesima crisi di pianto, esattamente identica, se non peggiore, a quella che aveva avuto poco prima, a sua volta somigliante a quelle che la colpivano di tanto in tanto a partire da quel giorno di giugno.

Era il caso di provare, di farsi coraggio e provare. Si trattava solo di condividere meno di un'ora, in attesa della cena.

E poi Remus era da solo, senza i suoi fastidiosi amici. Senza Black e la sua risata sguaiata e senza Potter pronto a sparare giudizi e sentenze sul mondo.

“No, Remus, figurati. Vieni pure. Ah, che maleducata! Non ti ho chiesto come va la febbre! Sei stato da madama Chips?”

Remus strabuzzò gli occhi. Febbre? Lui non aveva la febbre... E poi ricordò: ricordò del suo malessere mentre stavano ritornando dalla visita ad Hagrid e ricordava come avessero detto a Lily che si trattava di qualche linea di febbre.

Erano successe talmente tante cose nel giro di poche ore che quel pomeriggio spensierato gli pareva lontanissimo.

“La febbre... eh... sì... va meglio. Già, dopo l'infuso di Madama Chips va proprio meglio!” si sforzò di sorridere Remus.

Lily si fermò e prese ad esaminargli il volto, mentre il ragazzo faceva di tutto per sottrarsi a quel contatto.

Era consapevole di essere più pallido del solito e di avere un'aria tutt'altro che salutare.

“Sei sicuro? Non mi sembra che tu abbia un bell'aspetto. Vuoi per caso che passiamo in Infermeria di nuovo? Magari Madama Chips ti può tenere lì per la notte...” propose Lily

“No, no davvero Lily, non preoccuparti. Ha detto che passerà in breve tempo e poi non ho voglia di passare la serata lì da solo.”

“Sicuro?” insistette

“Sicurissimo.” affermò Remus con il suo miglior sorriso di circostanza.

“Ok.”

Camminarono in silenzio ancora per qualche minuto.

Lily si guardava, nervosa, attorno: il suo sguardo vagava dal soffitto, all'orizzonte o al pavimento, come incapace di fissare un punto solo.

Remus le camminava a fianco, incapace di iniziare un discorso.

“Lily come stai?” disse, ad un tratto, non riuscendo più a trattenersi.

“Come sto in che senso?”

“In generale.”

“Oh... in generale.- increspò le labbra, come in un'espressione rassegnata-Sto. Diciamo che sto.”

Remus sospirò.

“E cosa vuol dire che stai?” proseguì

“Vuol dire... che va tutto come al solito, credo.” rispose Lily, imbarazzata. Aveva intuito dove Remus volesse arrivare e non era sicura di riuscire a dargli le risposte che chiedeva.

“Ed è un bene o un male che vada tutto come al solito?”

Questa volta toccò a Lily, sbruffare.

“Remus, ho capito dove vuoi arrivare e tu prego, non fraintendere quello che ti dico. Mi fa piacere che tu sia qui, non sai quanto. Mi fa piacere che stiamo diventando amici ma ti prego, non parliamo di oggi. Credo di non essere ancora pronta.” confessò Lily rossa per l'imbarazzo, dicendo una parola via l'altra prima di perdere il coraggio.

“Lily, ascolta- iniziò Remus- non è mia intenzione sforzarti a parlare. Se c'è qualcosa che mi vuoi dire, me lo dirai quando vuoi e quando te la senti. Ok? Vorrei solo essere certo che, nonostante quello che è successo oggi tu stia bene. James mi ha detto che ti ha vista piuttosto scossa dall'accaduto.”

“James?” chiese Lily, sorpresa. Potter si era accorto di qualcosa che non fosse lui stesso o il suo amico Sirius Black?

Sì, Potter se n'era accorto, si disse. Potter era anche la stessa persona che aveva così ben consolato Eva Flynn.

“Sì, James- ridacchiò Remus- sembra che non si accorga mai di niente, ma in realtà osserva tutto. Perdonami, Lily, non intendo fare l'avvocato difensore di James.”

“No, scusami tu, Remus... ecco, non mi va di fare sempre quella che parla male dei tuoi amici.” si scusò Lily, quasi vergognandosi.

Remus scacciò un'immaginaria mosca e sorrise:

“Sciocchezze. Non devi scusarti e, comunque, nemmeno noi siamo mai stati gentili nei confronti di Piton. Scusa Lily, non dovevo parlarne.”

Lily sorrise: forse avrebbe dovuto iniziare a parlarne. Iniziare a dirlo ad alta voce. Iniziare a raccontare. Ma la verità era che non era ancora pronta per parlare di Severus in terza persona, per raccontare ad altri quello che sentiva dentro: il vuoto, la rabbia, la disperazione.

“Lascia stare, Remus. Siamo pari. E comunque, comunque Severus ha fatto una scelta. Non è la mia scelta, ma ha scelto.” la voce non era ferma come avrebbe dovuto essere e quelle parole sembravano una riflessione fatta ad alta voce.

Remus non rispose: non sapeva davvero cosa dire. Non sapeva che cosa Lily avrebbe voluto sentirsi dire. L'argomento Severus Piton non sapeva proprio come affrontarlo.

Immaginava solo che dovesse fare tanto e troppo male.

Fu Lily a rompere il ghiaccio. Gli afferrò una manica e lo costrinse a fermarsi.

Remus posò gli occhi chiari su di lei, abbassando la testa quanto era sufficiente per incontrare lo sguardo dell'amica.

“Remus, grazie.” disse, in un sussurro.

“Perchè?” la interrogò Remus, senza capire.

“Perchè oggi mi hai cercato. Perchè mi hai chiesto come stavo. Perchè... perchè eri qui.” spiegò Lily.

Era venuto il momento di afferrare quella mano tesa. Non poteva lasciarsela sfuggire.

Non un'altra volta. Non dopo quello a cui aveva assistito.

Remus sorrise. Come si rispondeva? Lui era abituato ai discorsi tra ragazzi. A quelle conversazioni di poche parole e di tanti gesti. A quelle confessioni imbarazzate e piene di reticenze.

Se lì davanti ci fosse stato o James o Sirius o Peter avrebbe saputo esattamente cosa rispondere ( a prescindere dal fatto che nessuno di loro avrebbe mai provato a dire una cosa simile), ma ad una ragazza che cosa si diceva?

Aggrottò le sopracciglia e si passò una mano tra i capelli.

“Bè... diciamo che mi andava di esserci. Ok?”

Lily scoppiò a ridere.

“Ok.”

“Adesso vado, Remus. E' quasi ora di cena.”

“Lily” Remus la chiamò indietro. C'era ancora una cosa che desiderava dirle. Una piccola precisazione che era necessario fare. Lo doveva a James, in fin dei conti.

Lei si voltò, del tutto ignara dell'argomento che sarebbe stato tirato in ballo.

“Sì?”

Remus si avvicinò di nuovo.

“Ascolta, Lily, forse non vuoi sentirtelo dire, ma te lo dico lo stesso.”

Lily lo guardò con aria interrogativa.

“So che tu e James avete discusso oggi pomeriggio e lui... bè... lui ci è rimasto un po' male.”

L'espressione di Lily divenne improvvisamente fredda.

“James è pieno di pregiudizi. James è come loro. E' esattamente come loro. Avresti dovuto vederlo, Remus, sembrava assatanato.”

“Ferma, Lily, ferma. Lasciami parlare e poi giudica come vuoi. Posso dirtelo?”

Annuì con la testa.

“Non voglio giustificare il comportamento di James. Non voglio dire che sia giusto arrivare allo scontro, però, oggi, che cosa avrebbero dovuto fare? Forse si poteva evitare di duellare e di questo te ne do atto, ma quello che ci aspetta là fuori non è semplice. E James, a modo suo, sta cercando di proteggerci. Non dico che quello che fa sia giusto, che abbia le reazioni migliori o più corrette, ma ti prego di credermi se ti dico che James è preoccupato.”

“Preoccupato?- lo aggredì Lily- A me sembra solo che lui abbia diviso il mondo, la scuola in Buoni e Cattivi. Mi sembra che reputi di avere la ragione dalla sua, come se viaggiasse con un paraocchi, rifiutandosi di osservare il grigio che c'è tra il bianco ed il nero.”

“E' vero. Per James il mondo è o bianco o nero. In questo è rimasto lo stesso bambino che ho conosciuto sei anni fa ma, ma lascia che ti dica che è preoccupato per noi; per me, per Peter e per Sirius soprattutto, per motivi che non ti sto a spiegare. E' preoccupato anche per te, perchè si è accorto che da quando tu e Piton avete litigato sei sempre sola.

E' preoccupato per suo padre che ogni giorno rischia la vita. E' un Auror, sai.

E' preoccupato e a modo suo sta cercando di proteggerci. Sta cercando di proteggere, come può, le persone a cui tiene. Spesso sbaglia, è vero, ma non me la sento di condannarlo del tutto.”

“Io... io non lo sapevo. Non sapevo di suo padre e di tutto il resto. Non sapevo di...me. E' davvero così, Remus?”

Era piuttosto sorpresa da quelle rivelazioni, che non facevano che accrescere le sue domande su Potter.

“Sì, Lily. E' preoccupato anche per te. Non lo da a vedere, perchè se ha un problema difficilmente ne parla, però.. però questo è James. Volevo solo dirti di aspettare a giudicarlo.”

“Remus... io...”

“Va bene così, Lily. Dovevo solo dirtelo. Sei libera di crederci o meno. Come vuoi. Ci vediamo a cena.”

Così come era venuto, Remus se ne stava andando, lasciandola preda di altri mille dubbi, portandola a chiedersi, ancora una volta, chi fosse davvero James Potter.

Lily si sentiva spiazzata.

Una parte di lei faticava a credere che quello che Remus aveva detto fosse vero, anche se lui appariva così tremendamente serio.

Un lieve senso di vergogna si fece strada dentro di lei: se Remus diceva la verità allora, aveva sbagliato a giudicare Potter.

Però... però lui era quello dal comportamento aggressivo, dai mille pregiudizi e dalla rigida classifica di “Buoni” e “Cattivi”.

James Potter era preoccupato per lei.

Significava che l'aveva osservata, che ne aveva colto gli sbalzi d'umore e la malinconia.

Era preoccupato per lei. Non la conosceva, ma era preoccupato per lei.

Forse aveva sbagliato a giudicarlo solo un vanesio ed egocentrico ragazzino viziato... forse c'era davvero qualcosa di buono in lui.

E allora, allora perchè sembrava che lui facesse di tutto per nascondere le sue buone qualità?

O era solo lei a non vederle? Lei, che l'aveva sempre rifiutato per partito preso. Solo perchè era James Potter.

Solo perchè lo vedeva così lontano ed irraggiungibile. Non si era data nemmeno la pena di conoscerlo.

Oppure era un misto di cose: da una parte, forse, c'era lei con la sua folle paura di essere inadeguata e dall'altra lui, così tronfio delle sue sicurezze.

Se era così preoccupato per lei e per i suoi amici, per quale motivo sembrava che facesse di tutto per metterli in pericolo, scagliando fatture a destra e a manca?

Tutto questo però non toglieva un particolare, per nulla insignificante.

James Potter era preoccupato per lei.






DORMITORIO MASCHILE DI GRIFONDORO

Remus non sapeva quale ora del mattino fosse esattamente quando un bisbiglio ben poco sommesso lo riscosse dal sonno.

“Remus! Remus! Remus!” sussurrava forte Sirius, da lui lasciato per l'ultima volta mentre stava per essere convocato in presidenza ed ora chinato interamente sul suo letto.

Remus non provò nemmeno ad opporre resistenza, quella volta. Non gli tirò in testa il cuscino, non si girò dall'altra parte fingendo di non aver sentito né si lanciò nell'apologia delle otto ore di sonno.

“Remus ti alzi? Ho voglia di andare a fare un giro!”

“Arrivo, per Merlino, arrivo!” esclamò, cercando di ritrovare i calzini e di afferrare la vestaglia.

“Remus!”

“Arrivo! Lo sai che poi prendo freddo e mi ammalo!” protestò, infilando un braccio nella manica della vestaglia scozzese.

Sirius Black sorrise.

Dopo tutto quello a cui aveva assistito quel giorno, la vista di Remus che si infilava la vestaglia scozzese era il miglior indice di normalità possibile.








Capitolo nato per caso e scritto molto prima del previsto.

Spero vi sia piaciuto. Come al solito vi ringrazio tutti quanti per la lettura.

Alla prossima.

Ps: se tra voi c'è chi ha letto eo recensito “Like father & son” eo “Ti ricordi di Remus Lupin?”, grazie!


Purepura: Lily non è arrabbiata con James perchè ha difeso Eva, gli contesta il solo fatto di considerarsi automaticamente tra i “buoni”, di dividere il mondo in Grifondoro buoni vs Serpeverde cattivi, certa del fatto che, questo atteggiamento, non porterà da nessuna parte, anzi, creerà ulteriori attriti. Spero di essermi spiegata!

Quanto a Sirius e Regulus... sì, Reg ha ragione ha dire che Sirius l'ha abbandonato, però, insomma, i tra di loro penso che fosse cambiato già qualcosa prima, no? Senza contare che, per come la vedo io, Sirius era geloso, geloso marcio di Regulus. Ha sempre cercato l'approvazione dei genitori, da bambino, e non l'ha mai trovata, ma anzi, Reg risultava sempre il migliore.

Spero tanto di poter esplorare sempre meglio questo rapporto fraterno così complicato e doloroso.

Grazie della recensione!

PrincessMarauders: grazie del commento! Vedrai, piano piano Lily uscirà dalla sua bolla. Ci vuole solo tanto coraggio. Le discussioni tra Sirius e Regulus non sono finite, non si possono archiviare qui, anche se sappiamo tutti come è andata.

A presto e grazie, tra qualche giorno ci sarà anche Finding My Own Way!


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Capitolo 10
*** Nono Capitolo ***


Qualche giorno era trascorso dagli ultimi avvenimenti.

Tutta la scuola sapeva ormai che James Potter e Sirius Black avevano aiutato Eva Flynn, a danno di un gruppo di Serpeverde.

Contrariamente alle sue aspettative, però, Lily non vide né Potter né Black atteggiarsi a salvatori della patria, anzi, scansavano l'uno educatamente e l'altro non troppo, le domande che venivano rivolte.

Nessuno sapeva cosa Albus Silente avesse detto ai ragazzi, durante il loro incontro in Presidenza e, accanto ad ipotesi di encomio stavano supposizioni di punizioni.

Avrebbe voluto chiedere a Remus qualche notizia, certa com'era che lui fosse al corrente di qualcosa, ma il ragazzo era stato ricoverato in Infermeria, come aveva appreso da Sirius Black.

Lily era intenzionata ad andarlo a trovare: erano un paio di giorni che non riusciva ad incontrarlo e, nonostante le continue e vaghe rassicurazioni dei suoi amici, i quali la informavano che Remus era in via di miglioramento, andarlo a trovare era la cosa migliore.

Non appena la lezione di Antiche Rune, alla quale, Black e Potter avevano deciso di non presentarsi, terminò, Lily afferrò libro, quaderno e piuma per andare subito in Infermeria.

Attraversò il castello, senza far caso a nessuno e, giunta al cospetto di Madama Chips, implorò la strega di farla entrare.

Madama Chips non era molto entusiasta, in verità: sosteneva che quel povero ragazzo non riuscisse ad avere un attimo di pace, a causa dei suoi rumorosi amici che si erano trasferiti lì in pianta stabile.

Alla fine, però, considerando che Lily non era tipo da chiedere con insistenza, le fu accordato il permesso.

“Venti minuti, signorina Evans. Non un uno di più. E' ora che il signor Lupin si riposi.” le rammentò, mentre Lily spalancava la porta.

Una decina di letti occupavano la stanza e Remus stava in quello vicino alla finestra.

Lo trovò sveglio, con un libro sulle ginocchia, nonostante fosse ancora a letto.

“Ciao Remus, come stai?” chiese Lily, allegra, emozionata all'idea di rivederlo dopo due giorni.

Remus non aveva una bella cera, presentava ancora un aspetto sofferente. Aveva due occhi stanchi, due guance infossate e i capelli erano stati disordinatamente tirati indietro. Tuttavia, appena la vide entrare, come al solito carica di libri, sul suo viso era comparso il suo abituale sorriso gentile.

“Oh, oggi molto meglio! Pensa che sono anche riuscito a mangiare delle uova, per pranzo!” rispose, scanzonato.

“Allora significa che stai bene, giusto? Sai già quando tornerai a scuola?”

“Penso dopodomani: Madama Chips insiste per trattenermi qui ancora oggi e domani. Se devo essere sincero, sto cominciando ad annoiarmi. Fortunatamente i miei amici sono stati qui tutto il pomeriggio.”

Quindi, pensò Lily, se Potter, Black e Peter non erano stati presenti alle lezioni del pomeriggio, era perchè l'avevano trascorso da Remus.

“Mi hanno anche portato gli appunti della giornata, ma non ho capito molto. Diciamo che erano solo quelli di Peter e.. bè, ha un modo di prenderli completamente diverso dal mio..James e Sirius, ovviamente, non ne hanno presi e, come se non bastasse, al pomeriggio hanno avuto la brillante idea di non andare a lezione. Cioè, non fraintendere, sono felice che siano venuti, però, ecco, la fine dell'anno si avvicina, mi sono assentato in giorni cruciali e loro non prendono appunti! Capisci, no Lily?” proseguì Remus, infervorato.

A Lily venne da ridere: come cambiava, quando si trattava della scuola! Pareva che per lui fosse una questione di vita o di morte, ma non era forse più importante, secondo Lily, avere amici che, pur di starti vicino mentre sei malato, saltano le lezioni?

Cosa avrebbe dato lei per essere al posto di Remus...

“Se vuoi ti do i miei.- intervenne Lily- Te li ho portati perchè ho pensato potessero servirti.”

“Davvero? Grazie mille, Lily! Sai, la settimana scorsa non avevo ben capito quello che la McGranitt aveva spiegato a proposito della Trasfigurazione Umana e mi dispiace così tanto di aver perso l'occasione di chiarirmi i miei dubbi oggi! Ha detto qualcosa di nuovo? Dici che, se la prossima volta le chiedessi delle precisazioni, mi risponderebbe senza storie?”

Discussero per un po' di scuola e di compiti, fino a quando, non finirono, inevitabilmente, a parlare d'altro.

“Penso che dovrei parlare con James.” disse Lily, ad un tratto, alzando la testa e fissando Remus che, per tutta risposta, sistemò meglio la schiena sul cuscino.

“E io penso che faresti bene.- le sorrise- Voglio dire, non voglio intromettermi, però, ecco, James è uno dei miei migliori amici e, quindi, se tu e lui riuscite ad andare d'accordo non posso che essere felice.”

“Non è detto che scopriremo di andare d'accordo. Ci sono ancora troppe cose che non mi piacciono di lui.” puntualizzò Lily.

“Dammi retta, Lily. James è fatto a modo suo, per certi versi è ancora nella fase del delirio da onnipotenza, ma è fondamentalmente buono e giusto ed onesto. In ogni caso, è mio amico.” concluse Remus, come a dire che, qualsiasi cosa potesse fare, qualsiasi difetto potesse avere, James era un amico e, quindi, nulla era importante.

“Spero che tu abbia ragione.”

“Se ti può consolare, all'inizio lo odiavo. Odiavo sia lui che Sirius, in realtà.” confessò Remus, ridendo.

“Davvero?” Lily strabuzzò gli occhi: non riusciva a ricordare un solo momento in cui James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus non fossero un tutt'uno.

“Sì, li detestavo proprio! Andavo d'accordo solo con Peter. Non capivo come potessero prendere tutto così alla leggera, come potessero pensare solo a divertirsi. Però, anche se mi dicevo che io ero ad Hogwarts solo per studiare, un po' li invidiavo. Mi sembravano più sereni e più felici di me.” raccontò Remus.

“E poi?”

“Poi con la loro invadenza mi hanno trascinato in una delle loro folli idee e il resto- concluse alzando le spalle-... il resto è storia.”

Lily gli sorrise, come a dirgli che aveva capito. In realtà, sapeva benissimo quello che aveva provato Remus, da bambino.

Erano le stesse sensazioni che provava lei, quando si ritrovava ad osservare i Malandrini: uniti, felici, sereni grazie alla certezza che, qualunque cosa fosse successa, l'avrebbero affrontata insieme.

“Sai- proseguì Remus- all'inizio nemmeno Sirius poteva vedere James.”

“Sirius Black che non soffriva James Potter? Ma se sembrano fratelli!” esclamò Lily, sempre più sorpresa.

“Ora sì, ora non potrebbero stare l'uno senza l'altro, ma sei anni fa, bè... Sirius ha fatto un mese abbondante a non sopportare James. Vedi, Lily, James è la classica persona che, di primo acchito, prenderesti a sberle. E' vero, lo dico seriamente, sai? E' un bel ragazzo, si capisce che è uno nato per vincere, è abituato ad essere circondato da gente che lo apprezza, è coccolato e viziato dalla sua famiglia... è, insomma, quello che molti vorrebbero essere. Sirius compreso. Quindi, si può dire, che, inizialmente, Sirius volesse star lontano dal bambinetto petulante che, dopo che avevano parlato per soli cinque minuti, gli aveva già giurato amicizia eterna.”

“Ero convinta che si fossero dichiarati migliori amici dopo il solo viaggio in treno. Sai, io e Severus abbiamo condiviso lo scompartimento con loro due per qualche minuto.” spiegò Lily.

“Non lo sapevo. Immagino che siate fuggiti a causa delle loro battute. Comunque, fidati di me. Sirius Black ha detestato James Potter e la sua vocetta petulante per un bel po', prima di rendersi conto che, forse, James era l'amico di cui aveva bisogno. Immagino che tu sappia che le cose tra Sirius e la sua famiglia non vanno molto bene...”

“Ho intuito qualcosa, ma non so molto, a parte che non parla con suo fratello Regulus.”annuì Lily

“Non credo di essere la persona più adatta per parlartene, Lily. Sono cose che riguardano Sirius e, pertanto, se mai vorrà ,te ne parlerà lui.- precisò Remus- Ti basti sapere che James aveva tutto quello che Sirius desiderava ed è facile immaginare per quale motivo inizialmente non volesse avere a che fare con lui.”

Lily comprese che per Remus quell'aspetto della conversazione poteva considerarsi concluso. Controllò l'ora e, notando che erano trascorsi bene trenta minuti, si affrettò a salutare Remus.

“Credo di dover andare.”

“Sì, prima che Madama Chips piombi qui. Tornerai domani?” le chiese Remus

“Se ti fa piacere, io vengo volentieri.” affermò Lily.

“Certo che mi fa piacere! Vieni quando vuoi, Lily!”

“Allora a domani!”

“A domani e fammi sapere se parli con James!” le gridò dietro Remus, osservandola voltarsi per un ultimo saluto.




“Mi è sembrato che Remus stesse abbastanza bene, ieri.” esordì Peter, la mattina dopo a colazione, slegando dalla zampa del gufo l'edizione del Profeta destinata a Remus.

“Fortuna che Madama Chips saprebbe resuscitare anche un morto!- esclamò Sirius- Ha perso molto sangue l'altra notte, per via di tutte quelle ferite sul torace.”

“E' tutta colpa loro se non abbiamo potuto essergli accanto!” disse James, con rabbia, indicando il titolo di prima pagina del Profeta, sotto al quale campeggiava il Marchio Nero.

“James- provò Sirius- era un po' difficile che potessimo essere con Remus durante la notte, quando Silente ci ha voluto nel suo ufficio. Non fartene una colpa, là dove non l'hai.”

James borbottò qualcosa, contrariato e né Sirius né Peter osò replicare, ben sapendo che sarebbe stato inutile.

Una civetta bianca planò sul tavolo di Grifondoro, sul piatto di uova strapazzate di Sirius Black, per la precisione.

“Santippe, per i boxer a pois di Merlino, possibile che tu non riesca a consegnarmi la posta senza invadere la mia colazione?” brontolò Sirius Black, infilando nella bocca dell'animale qualche mollica di pane.

“Dammi retta, amico, quella civetta ha qualche problema. Del resto, nomen omen!” commentò James Potter, riferendosi alla tradizione che volesse la Santippe moglie di Socrate come particolarmente bisbetica.

“E' un'altra lettera di Andromeda?” domandò Peter, voltandosi verso Sirius, intento a convincere Santippe a tornarsene in guferia.

“Cosa? Ah no, non è di Andromeda. La grafia è quella di zio Alphard.”

“E che dice? Che si è perso in Nuova Zalanda assieme ai Maori?” ipotizzò James, spalmandosi un generoso cucchiaio di marmellata sul pane tostato.

L'espressione che vide sul volto di Sirius gli fece però capire che non era il caso di scherzare.

“Ehi, che succede, Sirius?”

“Sta tornando in Inghilterra. Vuole vedermi. E' preoccupato e arrabbiato. Andromeda gli ha scritto di quello che è successo, gli ha detto che è stata convocata qui ad Hogwarts da Silente e lo zio ha deciso di tornare a casa per essere più vicino nel caso in cui succeda qualcosa. Ma, dannazione, me la so cavare benissimo da solo! Sono anni che me la cavo da solo!” spiegò Sirius, rimestando con rabbia il contenuto del suo piatto.

Peter non sapeva cosa dire e, in mancanza di Remus, il quale aveva sempre una frase per tutti, toccò a James parlare.

“Anche mio padre è piuttosto arrabbiato, Sirius. Come se fosse colpa nostra, adesso. Come se fossimo noi, ad aver sbagliato.”

Sirius annuì. Non aveva mai visto il padre di James irato col figlio come quella sera.

Non credeva nemmeno che il gioviale signor Potter fosse capace di arrabbiarsi tanto.

A differenza di Andromeda, che era stata in grado di sgridare Sirius davanti a tutti, senza farsi troppi problemi, il padre di James aveva parlato poco e, quelle rare frasi che aveva detto, erano state senza dubbio in grado di mettere a tacere James e le sue rimostranze.

Per un attimo a Sirius parve di rivedere suo padre in Charlus Potter: aveva parlato poco, ma aveva fissato il figlio con delle occhiate torve che, ne era certo, avevano turbato parecchio James. Non perchè fossero particolarmente cariche d'ira, ma perchè trasudavano delusione.

Sapeva che avevano litigato, prima che Potter lasciasse il castello, ma James non gli aveva detto niente e lui aveva evitato di fare domande.

Del resto, si diceva, tra amici funzionava così: poche domande. Ciascuno era libero di dire solo quello che si sentiva di dire.

“Coraggio, James, andiamo. La Minnie ci aspetta.” disse Sirius, così, tanto per cambiare argomento.

“Passiamo a trovare Remus, all'ora di pranzo?” chiese Peter, incerto se prendere o meno qualche panino in più, da mangiare qualora non pranzassero in Sala Grande.

“Mi sembra ovvio, Peter. Non possiamo lasciarlo là da solo. Anzi, ho deciso: quest'oggi seguirò anche le lezioni e prenderò appunti, così li darò a Remus!” esclamò James, scherzando, con un'ombra sul viso di cui Sirius si era accorto.

“Raccontane una più grossa, Ramoso, la prossima volta! Scommetto che non resisterai più di dieci minuti, al termine dei quali mi pregherai di giocare a Battaglia di Scope!” lo prese in giro Sirius.

“Nient' affatto! Giuro solennemente di avere buone intenzioni, per oggi! Almeno fino a quando Remus è Infermeria!” rimbeccò Potter, alzandosi dalla panca.

“Sì, sì l'importante è crederci! Codaliscia, zuccone, lascia stare! Non serve che fai scorta di cibo! Passiamo dopo in cucina, così portiamo anche qualcosa di decente da mangiare a Remus!”urlò Sirius, riferendosi a Peter, che proseguiva la sua incetta di cibo, come se fossero in arrivo tempi di carestia.

“Cercavo solo di rendermi utile!” protestò lui.

“Ecco, bravo e allora fa' una cosa intelligente. Vai a tenerci i posti nell'aula della Mc!” gli suggerì, ironico, Sirius.

“Sirius, dai!- lo corresse James- Siamo in anticipo, non è necessario che mandiamo Peter. Non dargli retta, Pete. E'che Sirius oggi è solo ansioso di andare a lezione, non è vero Felpato?” James gli tirò una gomitata nelle costole. Gli dava parecchio fastidio quando Sirius prendeva in giro Peter in modo così maligno.

“Guastafeste!” gli bisbigliò Sirius all'orecchio. James rispose con un'alzata di spalle, avviandosi verso l'aula.

“Va tutto bene, James?” chiese Sirius.

James si voltò.

“A meraviglia.”

“Sicuro?” insistette Sirius, per nulla convinto.

“Sì.” ribadì James, cercando di convincerlo anche se, dentro di lui, ben poche cose andavano bene.


James, sono deluso.” così aveva cominciato Chalus Potter, dopo aver ottenuto da Silente il permesso di scambiare qualche parola con suo figlio.

James sedeva scomposto su una sedia. Lo sguardo basso.

Gradirei che almeno mi guardassi in faccia, quando ti parlo. Mi farebbe piacere anche che non avessi quell'aria di sufficienza, quasi mi facessi un favore a stare qui.”proseguì.

James, in risposta, chinò la testa dall'altra parte, sbuffando sonoramente.

James, ascoltami!”aveva urlato, allora.

Non ti ascolto! Non ti ascolto, invece! Siete tutti bravi a dirmi cosa devo o non devo fare! Ma nessuno di voi era lì. Nessuno di voi li ha visti! L'avrebbero uccisa a furia di fatture, dannazione! Perchè non volete capirlo! Ho fatto solo quello che era giusto.”aveva replicato James, con rabbia.

Non urlare, James! Non urlare!”

Se urli tu, perchè io non posso?” aveva chiesto, con l'espressione di sfida che ogni adolescente riserva ai propri genitori.

Perchè non hai ragione, ecco perchè!”

Non ho ragione? Non ho ragione? E allora chi ha ragione, papà? Chi? Cosa diavolo avrei dovuto fare? Smettetela di fare gli ipocriti!”

James sono stato ad Hogwarts anch'io e un conto è lanciare un Fattura Gambemolli, una Pastoia Total-Body o far esplodere il calderone di quel Serpeverde particolarmente antipatico, un conto è mettersi a guerreggiare con dei compagni! Credi che possa cambiare qualcosa se ti metti a cercare lo scontro ad ogni costo? Non sono giorni semplici, James. Per niente e lo sai bene. Io vorrei solo che mio figlio fosse d'esempio ai compagni in un momento come questo. Vorrei che sapesse distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile.”

Non lascerò che distruggano tutto. Papà, hai visto Sirius? E' distrutto! Suo fratello si unirà ai Mangiamorte e nella sua famiglia li sostengono tutti! Non ce la faccio più a vederlo così! E Remus... è trattato come un animale!”

E tu non ci puoi fare niente! Tu non puoi farci niente, James! Puoi solo cercare di comportarti in modo corretto con tutti! E' anche così, che si combatte! Non solo con le bacchette sguainate ! Con il tuo comportamento non fai che ingigantire le loro file!”

Fantastico-sbruffò James- ora il cattivo sono io!”

James, non ho detto questo: dico solo che per ora quello che tu puoi fare, anche per impedire che questi tuoi compagni si uniscano ai Voldemort è opporre tolleranza e rispetto ad odio e violenza. Questo è quello che puoi fare a diciassette anni quando sei ancora a scuola. Quando uscirai di qui, allora diventerai un Auror o quello che ti pare .”

E va' al diavolo!” aveva gridato, allora, James, abbandonando suo padre in quella stanza e sbattendo la porta.


“Buongiorno a tutti. Oggi riprendiamo quello che ho spiegato ieri sulla Trasfigurazione Umana, dopodiché vi eserciterete a coppie. Sì, signorina Cole, temo che per la durata di questa lezione la sua perfetta acconciatura biondo miele subirò un cambiamento. Ed ora, cominciamo.”

“Professoressa... avrei una domanda.” Sirius alzò la mano

“No Black, non puoi uscire, non puoi andare in bagno, non puoi fare niente che non riguardi la Trasfigurazione e no, trasfigurare il signor Minus in un calice di Burrobirra non ha niente a che fare con la lezione.” la McGranitt anticipò la sciocca richiesta che aveva in programma di fare Sirius.

“E io che volevo chiedere se potevo trasfigurare Potter in un Boccino d' Oro!” esclamò Sirius, facendo ridere tutta la classe, prima di essere messo a tacere da un'occhiata della McGranitt.

James si accorse di essere a lezione solo dopo aver sentito fare il suo nome da Sirius, il quale si beccò uno spintone.

Osservò la classe e gli parve di notare un sorriso sul viso di Lily Evans, allora, forse, non stava andando tutto male.

E lui non avrebbe permesso che le cose andassero peggio.




Lily sedeva sul suo letto, con un libro di Antiche Rune alla sua destra, il vocabolario a sinistra e la pergamena davanti. La versione di quel giorno era molto complicata o, forse, era lei a non riuscire a trovare la concentrazione necessaria.

Li aveva osservati durante tutta la giornata. Li aveva visti scherzare tra di loro, li aveva visti correre via durante la pausa pranzo per andare a trovare Remus.

Aveva visto James aiutare Peter ad Incantesimi e Trasfigurazione, l'aveva visto mettere a tacere Sirius con una sola occhiata dopo una battuta troppo cattiva nei confronti di qualcuno.

Aveva visto James scansare le attenzioni di alcune ragazze, preferendo i suoi amici. L'aveva osservato prendere “appunti per Remus”, come aveva scoperto che stava facendo, origliando una loro conversazione.

Aveva riso, di nascosto, delle loro battute.

Quindi, che Remus avesse ragione? Che si fosse intestardita lei a voler vedere solo il male in James Potter?

Aveva deciso, doveva provare a parlargli... dopotutto, qualche volta erano anche riusciti ad avere una conversazione civile e, in quei casi, Lily ringraziava mentalmente James Potter di essere così come era. Emanava sicurezza, quella sicurezza di cui lei aveva un disperato bisogno.

Si alzò, di scatto, abbandonando i suoi compiti dove erano, uscendo in fretta dalla stanza. Scese di corsa le scale, sperando di trovare Potter in Sala Comune. Al suo posto, però c'erano solo molti studenti di Grifondoro, sorpresi dalla vista di una Lily Evans così trafelata.

“Meglio così, in fondo. Non avrei mai trovato il coraggio di parlargli di fronte a tutta questa gente.” pensò, dirigendosi verso l'uscita.

Se era alla torre, James avrebbe ben dovuto uscire, prima o poi. Se, invece, era fuori, avrebbe dovuto rientrare. Aspettarlo davanti alla Signora Grassa sembrava la soluzione migliore.

Lily continuava a tormentarsi, nervosa. Prima le mani, poi i capelli, poi la manica del maglione e poi l'orlo della gonna, poi di nuovo i capelli.

Se solo non fosse stata così dannatamente insicura, avrebbe cercato di parlare con James Potter in un altra circostanza: l'avrebbe avvicinato al termine di una lezione o all'ora di pranzo o in Sala Comune.

Dopotutto, che cosa ci voleva ad andare lì a dirgli:

“Scusa, James, posso parlarti un attimo?”

In fondo, a lei di James Potter non era mai importato niente. Non aveva senso che si agitasse.

Invece, ogni volta che si ritrovava, suo malgrado, ad avere a che fare con James Potter Lily era agitata, imbarazzata, nervosa. Si sentiva insignificante, inadeguata.

Per quel motivo aveva scelto di aspettarlo in corridoio, davanti al quadro della Signora Grassa, sperando di poterlo trovare in un momento in cui era da solo o, al limite, accompagnato da qualcuno dei suoi amici, evitando così che l'intera scuola vedesse Lily Evans parlare con James Potter.

Aveva pensato e ripensato a quanto le aveva detto Remus: James era preoccupato per lei.

James si era accorto che stava male, che soffriva, che non era ancora del tutto riuscita a riprendersi dalla rottura con Severus. Aveva notato le sue espressioni perse e i suoi occhi malinconici.

Forse aveva fatto male a giudicarlo così male.

“James!” chiamò, quando intravide una sagoma alta e spettinata dirigersi in direzione opposta alla sua.

Il ragazzo si voltò, con un'espressione stupita.

Non aveva più parlato con Lily da quel pomeriggio. Anzi, per la precisione, era fermamente convinto che lei non volesse avere nulla a che fare con lui.

“Lily, è successo qualcosa?” domandò, avvicinandosi a lei.

Non c'erano motivi particolari per cui lei dovesse parlare proprio con lui, quindi, James, si era preparato al peggio.

“No, va tutto bene. Volevo solo parlarti. Posso?” chiese, intimidita, con le guance rosse d'imbarazzo.

James sorrise, Lily gli faceva sempre una tenerezza infinita.

“Sì, certo che puoi parlarmi. Dimmi.”

“Non so bene da che parte iniziare... comunque, comunque volevo dirti che ho ripensato a quello che è successo l'altro giorno e credo che, alla fine, tu e Sirius abbiate fatto l'unica cosa che si poteva fare. Voglio dire, con le parole non credo che si sarebbero fermati.”

“Tu li hai fermati con le parole, Lily.” la contraddisse.

“Solo perchè tu e Sirius eravate già arrivati. Non credo che, se fossi stata da sola ce l'avrei fatta. L'altra volta... l'altra volta sono scappata via.”

“Altra volta?” James aggrottò le sopracciglia: cosa le avevano fatto? Avevano forse provato a farle del male?

“Sì, li ho incontrati in Biblioteca, prima di Natale, sai, quella volta che ti ho spaventato con la mia faccia da crisi isterica.” confessò Lily, arricciando le labbra, senza essere sicura che fosse stato un bene o un male toccare quel punto.

“Quindi era per quello che piangevi?” domandò James a voce bassa, con un tono completamente diverso da quello sguaiato che usava di solito, cercandole gli occhi.

“Sì.” ammise Lily

“Ma ti hanno fatto qualcosa, Lily? Ti hanno fatto del male?” domandò, preoccupato.

“No, no non mi hanno fatto niente. Sono fuggita via, te l'ho detto.”

“Se dovessero dirti altro, verrai a dirmelo, Lily?”

“Non ho bisogno del tuo aiuto, James, so cavarmela da sola.- replicò, leggermente stizzita- e comunque, troveranno di certo qualcosa da dirmi. Io non sono... come loro.”

“Ehi, non dire mai più una cosa del genere. Tu vali dieci volte più di loro.”

“Sono contenta di essere come sono... solo che, sai, a volte ti chiedi se sei giusta oppure no. Tutto qui.” spiegò Lily, in un'amara alzata di spalle.

“Se essere giusti significa essere come loro, preferisco essere sbagliato. Dovremmo essere fieri, di essere sbagliati.” disse James, deciso.

“James...”

“Hm?”

“Perchè sei così?” chiese, di colpo, stupendo se stessa per il coraggio trovato nel fare la domanda.

Lily sapeva che, probabilmente, la risposta che avrebbe ricevuto non le sarebbe piaciuta. Sapeva che, molto probabilmente, avrebbe portato alla fine di quella conversazione, al suo allontanamento definitivo da James Potter, però, sentiva la necessità di capire.

James aggrottò le sopracciglia.

“Così come?”

“Così... io non ti capisco, James. E' vero, non ti conosco e quindi forse è per questo che non ti capisco, però, fino a qualche mese fa, se mi chiedevano di descriverti sapevo esattamente cosa dire. Ora, invece, non lo so più. In questi mesi, senza che io lo volessi, abbiamo passato del tempo insieme ed io ho visto una persona che mi sono pentita di non aver conosciuto prima. E' il James di cui mi parla Remus, il James che aiuta i suoi amici, il James che non si vergogna di parlare con me, nonostante io non sia nessuno.”

“Lily io...” la interruppe, venendo immediatamente fermato dalla mano che Lily aveva alzato per zittirlo.

“Ho visto però anche un altro James. Un James che combacia di più con quello che ho sempre pensato di te, con il ragazzino viziato e vanesio che vedevo in te. James, quando ti rivolgi ad Avery, Mulciber, Nott mi... mi fai paura, mi spaventi. Diventi violento, aggressivo, pieno di pregiudizi. Diventi esattamente come loro.”

“Lily, che cosa dovrei fare? Quelli sono dei pazzi! Bisogna solo combattere!”

“Ma è questo l'unico modo di combattere, James? Non si potrebbe, forse, cercare di andare al di là della divisione tra Case? Non tutti a Serpeverde sono Mangiamorte! Credi forse che qui a Grifondoro siano tutti degli eroi senza macchia e senza paura? Anche qui c'è gente convinta che abbiano ragione!”

“Io non ne ho trovati.”

“Non ne hai trovati perchè ti ostini a non volerli vedere!” gridò Lily, sovrastando la voce di James.

“O forse perchè non ce ne sono.” replicò secco.

“E se ci fossero? Non credi che, forse, bisognerebbe provare, dato che siamo a scuola, ad andare d'accordo con tutti? Non credi che si possa combattere anche opponendo tolleranza ad odio e non solo con le bacchette sguainate? Sei migliore di loro se hai i loro stessi pregiudizi?”

Lily lo investì di domande, stupendosi di se stessa.

James fermò il fiume di parole.

“Lily, loro non vogliono un accordo. A loro non importa niente. Mettitelo in testa. Severus Piton non è più il tuo migliore amico. E' ora che apri gli occhi. Se parli così è solo perchè ti vuoi convincere che lui è quello di prima.”

L'espressione di Lily mutò improvvisamente. Perchè aveva nominato Severus, perchè?

“Lui non c'entra.” sibilò a mezza voce.

“C'entra eccome, Lily! Ogni volta che parliamo lui salta fuori, in qualche modo! Forse è per colpa sua se non sono mai riuscito nemmeno ad uscire una dannatissima volta con te!” ruggì James

“Che cosa c'entra questo adesso? Che cosa, James? Se non te ne fossi accorto sono venuta qui, ho cercato di parlare con te, ho cercato di mettere da parte la timidezza, ho cercato di dar retta a Remus solo perchè mi sembrava di vedere qualcosa di buono in te! E invece non fai che confermare di essere solo un egocentrico e presuntuoso ragazzino viziato, abituato ad avere attorno gente che lo idolatra!” il tono di voce si era fatto acuto, rasentava l'isterismo. Lily si era fatta tutta rossa in volto e sembrava sul punto di piangere.

“Se mi conoscessi non parleresti così!” contrattaccò James

“Se ti conoscessi? Se ti conoscessi cosa, James? Quello che ho conosciuto di te mi basta e mi avanza.”disse Lily

“Bene, Evans, come ti pare. Ma forse, se imparassi a vivere un po' di più coi piedi per terra, senza startene sempre nel tuo mondo fatto di libri e belle favole, ti accorgeresti che, forse, ogni tanto, anche tu sbagli a giudicare le persone. E che, forse, c'è un motivo per cui non hai amici.” ringhiò James, arrabbiato per le continue sentenze che aveva sentito sul suo conto in quei pochi minuti.

“Questo non dovevi dirlo.”

Lily troncò la discussione, correndo via.

“Lily! Aspetta! Non volevo! Lily!” urlò James, rincorrendola per le scale.

“Lily! Lily!”

“Lasciami in pace, Potter! Ogni volta che compari tu, fai solo danni!”





Ok, con il solito esagerato ritardo ecco qui il capitolo... Era periodo d' esami, sapete com'è...

Ho deciso di smetterla di fare pronostici sui prossimi aggiornamenti perchè, tanto, non sono mai rispettati.

Spero che, nonostante i miei mostruosi ritardi, continuiate a seguire la storia perchè, sebbene Lily e James sembri proprio che facciano un passo in avanti e due all'indietro, ci sono novità importanti in vista.

Vi ringrazio tutti quanti per la lettura e per le recensioni. Grazie davvero. Alla prossima.


PrincessMarauders: la professione psicologo di Remus va avanti alla grande, come vedi! Non lo ferma nessuno, nemmeno da “malato”! Lily e James hanno litigato, di nuovo, e ora... aspettiamo fiduciose. Vedrai, si sistemerà tutto.

Purepura: ti anticipo che Sirius e Lily diventeranno ottimi amici, ma non è ancora il momento. Prima di tutto occorre avvicinarsi a James, cosa non facile, dal momento che mai come ora sembrano lontani...

Ayumi Yoshida: benvenuta! Spero di non averti già perso, come lettrice, visto che ci ho messo tanto ad aggiornare! Scherzi a parte, grazie per la magnifica recensione che mi hai lasciato: cercare di descrivere come si sentono i personaggi è una cosa abbastanza sfiancante, anche perchè, spesso è un po' “dolorosa” ma sono felice che ti stia piacendo il modo in cui li ho resi fino ad ora. Anche se sono un po' diversi da quello che si vede di solito.

Un'altra scena Lily James c'è stata, anche se forse non è proprio l'apoteosi del romanticismo, ma abbi fede! Lily si aprirà e capirà che James è l'unico che la possa aiutare davvero e James, dal canto suo, la smetterà di partire dal presupposto di avere ragione, accorgendosi che, non è possibile dividere il mondo in Buoni e Cattivi, perchè c'è molto grigio laddove lui vede solo o bianco o nero.



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Capitolo 11
*** Decimo Capitolo ***





CAPITOLO DECIMO



Marzo 1977

L'ora di Storia della Magia trascorreva lenta come al solito.

Il professor Ruf aleggiava da un angolo all'altro della classe raccontando del Concilio degli Stregoni del 1659 e delle sue importanti conseguenze per la comunità magica.

Come al solito, però, nessuno degli studenti di Grifondoro o Tassorosso sembrava interessato alla lezione, salvo gli abitudinari dei primi banchi: un ragazzo ed una ragazza di Tassorosso, Lily Evans e, seduto un paio di file dietro di lei, Remus Lupin.

Ruf proseguiva imperterrito nella spiegazione, senza far caso al chiacchiericcio della classe, che, quel lunedì pomeriggio, aveva un motivo in più per parlare.

La sera prima c'era stata la festa di compleanno di James Potter, diventato finalmente maggiorenne.

Metà degli studenti tra il quinto, sesto e settimo anno aveva partecipato e la serata precedente era ancora il miglior argomento di conversazione per tenersi occupati durante le lezioni.

Dall'ultima fila James Potter e Sirius Black ammiccavano ringraziamenti a tutti i compagni che lanciavano segnali nella loro direzione o spedivano pergamene cariche di messaggi e di foto ricordo stampate nella notte.

“Per Merlino e i suoi boxer fiorati, Ramoso, quella di ieri sera è stata la festa più degenerante che io ricordi!” esclamò Sirius, non riuscendo a fermare le risate di fronte alla foto appena planata sul loro banco di lui e James con le spalle coperte da una tenda usata come mantello.

“Te l'avevo detto! Ti avevo detto che i miei diciassette anni avrebbero battuto i tuoi!” rispose James

“Voi non siete stanchi però, ragazzi?” chiese Peter, che manteneva la testa appoggiata al banco dalle nove di quella mattina.

“Peter, insomma! Bisogna divertirsi! Erano i diciassette anni di James! Vale la pena di patire un po' di sonno!” fece Sirius, scuotendo la testa.

“Vorrà dire che stasera andrai a letto prima.” gli consiglio James, afferrando l'ennesima pergamena che stava svolazzando per l'aula.

“Sì, come no! Con voi prima dell'una non si riesce ad andare a dormire!”sospirò Peter, sbattendo via la piuma e rinunciando a prendere appunti. Avrebbe usato quelli di Remus anche lui, per una volta.

“Dovremmo prendere esempio da Remus e drogarci di caffeina. Nonostante i suoi non molto segreti bagordi notturni, questa mattina il caro Lunastorta è pimpante ed attento come al solito.” osservò James.

“Dite che si è reso conto che mezza scuola l'ha visto ballare sul tavolo sbronzo?” chiese Sirius, malcelando noncuranza.

“Io credo proprio di no. Altrimenti stamattina sarebbe ancora chiuso nell'armadio rifiutandosi di uscire.” rispose Peter, contento di non avere nulla da nascondere.

“O magari se n'è reso conto, solo che ci tiene troppo alla sua immagine di studente modello e, quindi, ha scelto di far finta di nulla. Non è lui che, in queste occasioni fa suo il motto: “Negare sempre”?” ridacchiò James cercando di attirare l'attenzione di Remus gettandogli qualche pallina di pergamena contro la schiena.

“Bè, credo che non potrà negare di fronte a questa!” Sirius sventolò sotto il naso degli amici la fotografia appena giunta sul suo banco.

Ritraeva Remus in una posizione davvero imbarazzante: se ne stava sdraiato per terra, con gambe e braccia aperte, come per abbracciare l'obbiettivo.

“Vediamo che faccia fa!” James tolse la foto dalle mani di Sirius e la spedì sul banco di Remus.

“James! Se Ruf ci vede è la volta buona che ci manda da Silente!” strillò Peter, preoccupato.

“Tanto Silente da ragione a noi, Codaliscia! Lo sa anche lui che seguire Ruf è impossibile!” lo zittì Sirius.

Remus alzò appena gli occhi dalla pergamena, quando vide la fotografia incriminata discendere sul suo banco.

Rapidamente la afferrò, tenendosela stretta ed arrossendo fino alla punta delle orecchie. Senza far caso a quello che il professore stava dicendo e perdendosi qualche prezioso secondo di appunti, si voltò verso gli amici e sillabò:

“Voi tre siete morti se fate vedere questa in giro. Morti, mi avete capito? Morti. Sì, anche tu Peter, anche tu. Tu smettila di ridere, stupido cagnaccio pulcioso. E non mi importa se hai appena compiuto diciassette anni, James. Non me ne frega niente. Mettetela in giro e siete morti.”

Soddisfatto della minaccia, tornò alla sua pergamena, mentre, dietro di lui i tre amici sghignazzavano senza contegno.

A Lily la scena non era sfuggita.

Sorrise, come faceva sempre quando li osservava.

Aveva litigato nuovamente con James Potter, non gli aveva più rivolto la parola e si era mantenuta alla larga dai Malandrini, ma non da Remus.

Era solo merito suo se lei stava, piano piano, ricominciando a camminare con le sue gambe. Se stava, piano piano, ricominciando a fidarsi della gente.

Avevano stretto un tacito accordo: non si parlava di Potter o di Black. Remus era libero di frequentare chi voleva.

Venendo a conoscenza dell'ultima discussione tra Lily e James, Remus non aveva più cercato di fare da intermediario. Aveva scelto di smetterla di intromettersi, iniziando a pensare di aver sbagliato a pensare che, forse, loro quattro avrebbero potuto aiutare Lily.

In ogni caso, né James da una parte, né Lily dall'altra aveva più toccato l'argomento ed anzi, entrambi sembravano fingere che l'altro non esistesse.

Se questo riusciva bene a Lily, però, non si poteva dire lo stesso di James, che veniva sorpreso spesso a fissare i capelli rossi di Lily, seduta sempre qualche banco avanti a lui.

Eppure, dentro di sé, Lily non poteva fare a meno di invidiare il calore e l'amicizia in cui era sommerso Remus.

Nonostante disprezzasse James Potter, nonostante trovasse così distante da lei il modo di pensare che avevano le sue compagne, non poteva fare a meno di non essere invidiosa di quello che loro avevano.

Calore, affetto, amicizia.

Lei aveva se stessa. E Remus, Remus, grazie al quale si stava riprendendo un pezzo della sua vita. Tuttavia, per dieci brevi giorni ci aveva creduto.

Aveva creduto che James, Sirius, Peter e Remus potessero aiutarla. Aveva creduto di essersi sbagliata, nel giudicarli.

Aveva creduto che avrebbero potuto diventare amici.

Aveva creduto nello sguardo di James, nelle battute di Sirius, nell'aria paciosa di Peter e nel sorriso di Remus.

Aveva creduto di poter, finalmente, fare anche lei parte di qualcosa.

Poi era successo quello che era successo e ciascuno si era mostrato per quello che era.

Punto e basta, fine delle fantasticherie.

Lei era rimasta da sola con se stessa e con Remus, che ricompariva, di tanto in tanto, a ricordarle che, forse, non era tutto perso.

Questo tuttavia, non implicava che Lily non provasse rimpianto nel vedere i suoi compagni godere di qualcosa che, a lei, sembrava precluso.

Le sarebbe piaciuto moltissimo partecipare alla festa di compleanno di Potter: non perchè fosse la festa di Potter, ma perchè era una festa e, di solito, la gente in quelle occasioni si diverte, spensierata.

Remus l'aveva invitata. Le aveva proposto più volte di unirsi a loro, in fondo, poco importava che si trattasse del compleanno di James: avrebbe partecipato mezza scuola e, di certo, pochi erano quelli venuti appositamente per festeggiare la maggiore età di James Potter.

La maggioranza aveva visto in quella serata un'occasione per rompere la quotidianità, per divertirsi e stare insieme, liberi, per una volta, dai seriosi ed imponenti schemi di comportamento di Hogwarts.

Ma lei, cosa ci sarebbe andata a fare ad una festa?

Non aveva voglia di starsene in un angolo davanti a tutti a farsi osservare, a recitare, nuovamente, la parte di quella strana, quella che viene e non si sa integrare.

Non aveva voglia di guardare gli altri divertirsi, mentre lei se ne stava sola.

Avrebbe potuto tallonare Remus per tutta la serata, certo, ma gli avrebbe impedito di divertirsi con i suoi amici. L'avrebbe, in un certo senso, costretto a fare una scelta: o me o loro.

Non era giusto.

Così, aveva declinato l'invito, adducendo come scusa il fatto che fosse il compleanno di Potter e non le pareva il caso di partecipare, dato che si conoscevano poco e che, quel poco, era sufficiente a farli litigare non appena si rivolgessero la parola.

Tuttavia, quando aveva saputo che, a causa di improvvisi imprevisti (Remus le aveva riferito che Silente era stato visto da James e Sirius dipingere ed appendere le proprie tele esattamente nella Sala prescelta per la festa), tutto era spostato in Sala Comune, non aveva resistito.

Si era innervosita parecchio quando aveva sentito Sirius Black scacciare i ragazzini dei primi anni e mandarli a letto, perchè stava per avere luogo “La più grande festa che Hogwarts ricordi”, ma non aveva detto nulla, mordendosi le labbra: in fondo, se la festa fosse stata la sua, probabilmente anche lei avrebbe fatto altrettanto.

Aveva rassicurato le sue compagne sul fatto di non voler scendere: sarebbe stata in camera a leggere, non le piacevano le feste.

Lily era convinta di quello che aveva detto e, sebbene una parte di lei morisse dalla voglia di scendere, dopo cena si era sistemata sul suo letto.



Noi scendiamo, vieni anche tu Lily?” le chiese Penelope, provando un po' di pena per la compagna stesa sul letto in compagnia di un libro mentre loro stavano andando a divertirsi.

No, grazie. Preferisco restare qui. Sono un po' indietro con la lettura.” rispose Lily, abbozzando un sorriso di scuse.

Ah, come preferisci. Allora noi andiamo. Buona serata, Lily.” le augurò Mary, lanciando un'occhiata scettica alla copertina del Giovane Holden.

A domani Lily!”esclamò Rose, facendo appena in tempo ad infilarsi l'ultimo orecchino prima di seguire le amiche fuori dalla porta.

Divertitevi!” gridò Lily, senza avere la certezza di essere sentita.

Sospirò e riaprì il suo libro: Il Giovane Holden.

Glielo aveva consigliato suo cugino e sfogliando quelle pagine non poteva non pensare a lui e alla travagliata ed entusiasmante adolescenza che, Lily poteva scommetterci, era stata molto simile all'inquieta vita di Holden.

Tristan per lei era come un fratello maggiore: l'aveva sempre coccolata moltissimo, quando era bambina e le era stato vicino quando il distacco tra lei e Petunia si era fatto più netto ed insanabile.

Ora però viveva lontano, in America. Si era recato lì per lavoro e si era sposato, trasferendosi dall'altra parte dell' Atlantico in pianta stabile.

Certo, potevano scriversi e telefonarsi, ogni tanto, quando lei era a casa, però... però non era la stessa cosa e Lily sentiva terribilmente la mancanza di quell'abbraccio fraterno che Tristan riservava a lei sola.

Forse, se rileggeva di continuo Il Giovane Holden era per riportare alla memoria quei ricordi lontani.

Era arrivata alla conversazione notturna tra Holden e la sua sorellina, Phoebe, il suo momento preferito. Stavano ballando.

Non riusciva a leggere. Nonostante “Il giovane Holden” fosse un romanzo coinvolgente, nonostante rivedesse se stessa in alcune sensazioni del protagonista, nonostante le venisse spontaneo chiedersi dove andassero le anatre di Central Park quando il laghetto era ghiacciato, proprio come faceva Holden, quella sera ogni pagina le sembrava vuota.

Non capiva quello che stava scritto. Non riusciva a seguire Holden nei suoi pellegrinaggi per New York.

Lei voleva andare a quella festa. Lily voleva essere lì, stare coi suoi compagni, ridere, scherzare...

Voleva ballare come faceva Holden con la piccola Phoebe e voleva ridere, come ridevano Holden e Sally.

Ma, se fosse andata, cosa avrebbe fatto?

No, non era ambiente per lei, quello. Era la classica situazione in cui si trovavano a loro agio Mary, Rose, Penelope. Persino sua sorella Petunia avrebbe saputo perfettamente cosa fare e come comportarsi.

Lei era come Severus: un po' ombrosa, incapace di integrarsi nel gruppo, gelosa custode di se stessa.

Non era posto per lei. Ma, forse, avrebbe potuto, comunque, dare un'occhiata, vedere, almeno, quello che stavano facendo.

Abbandonò il libro sul letto, salutando Holden ed i suoi problemi con un sorriso malinconico.

Si spazzolò i capelli e pescò un maglione e un paio di jeans puliti da quell'ammasso di vestiti che riempiva il suo baule.

Contrariamente alle aspettative, Lily Evans non era ordinata.

Non era per niente ordinata.

Quando sua madre o, prima, anche Severus, due veri maniaci di ordine e perfezione, le facevano notare che, forse, il disordine che invadeva le sue cose era diventato davvero troppo, lei soleva rispondere, con un sorriso:

Sciocchezze, io nel mio disordine trovo tutto!”

Non era propriamente vero e molte erano le volte in cui aveva letteralmente ribaltato scatole e cassetti, pur di trovare “quella cosa” che era certa di aver messo “proprio lì”. Tuttavia, era bello vedere le loro smorfie di insoddisfazione, quando venivano zittiti a quel modo.

Aprì piano la porta della sua stanza, controllando diverse volte che nessuno la vedesse uscire.

Scese lentamente gli scalini, appollaiandosi sul primo pianerottolo: il più vicino alla Sala Comune.

Da lì sarebbe riuscita a vedere gli altri, senza essere vista.

Si prese il viso tra le mani, appoggiando i gomiti alle ginocchia ed iniziò a canticchiare il ritornello della canzone che stava passando dalla vecchia radio che qualcuno era riuscito a recuperare.

Vide Mary Mcdonald in compagnia del suo ragazzo, scoprendo così che i dissapori che aveva sentito raccontare a Rose e Penelope erano stati accantonati.

Riconobbe gli studenti di altre Case: una ragazza che seguiva Antiche Rune con lei, Susan Ferguson, di Corvonero e Max Frost di Tassorosso.

Vagò per la stanza, cercando i Malandrini: probabilmente il festeggiato stava dando il meglio di sé, impegnato nei suoi soliti spettacolini in compagnia di Sirius Black.

I Malandrini stavano, tutti e quattro, vicini al tavolo di cibi e bevande, comportandosi quasi come se non toccassero cibo da una settimana.

Persino Remus continuava ad ingozzarsi come un cavernicolo.

Lily sorrise: era bello vederli insieme.

Non seppe per quanto tempo rimase lì, a fissarli scambiarsi battute e improvvisati passi di danza.

Successe però una cosa che la fece fuggire via, pentita di essersi concessa quello svago.

James Potter e Sirius Black stavano guardando nella sua direzione.






James!” chiamò Sirius

James stava stappando due bottiglie di Burrobirra, una per sé ed una per un ragazzo che gliel'aveva chiesta.

James!” richiamò Sirius, più forte.

E non urlare, per Merlino, Sirius! Cosa c'è di così urgente? E' il mio compleanno, Santo Boccino! Potresti lasciarmi un po' in pace per questa sera! Lo so che ti manco, però, accidenti, non succede nulla se anche stiamo lontani per qualche minuto!” James arrivò, portando anche un bicchiere pieno di vino elfico per l'amico.

La Evans.” sillabò piano, Sirius, attento a non farsi sentire.

L'espressione di James cambiò immediatamente e il suo solito sorrisetto sghembo cedette il posto ad una smorfia contrita.

Non c'è. E se proprio lo vuoi sapere non l'ho nemmeno invitata. Non abbiamo più nulla da dirci.” rispose, duro. Si era convinto di non aver più nulla a che spartire con Lily Evans. Era stanco di accuse, di bisticci e di sentenze emesse da chi non sapeva nulla di lui e della sua vita.

Lily Evans era libera di fare e pensare quello che voleva, lui non l'avrebbe più disturbata né innervosita. Anzi, non si sarebbero innervositi a vicenda. L'avrebbe guardata da lontano, tenuta al sicuro dai pericoli come si tiene al sicuro un fiore delicato durante un temporale, ma avrebbe smesso di pensare a quello che avrebbe potuto essere.

Non aveva senso. Non ne aveva mai ricavato nulla di buono.

Aveva ragione Sirius, sin dall'inizio.

E' qui.” disse Sirius, senza aggiungere altro.

Dove?” gli occhi di James fecero un guizzo. Era lì? Perchè era venuta? Per dirgli quanto fosse da irresponsabili organizzare una festa a scuola?

E' nascosta sulle scale. Forse è venuta per te.” gli suggerì l'amico, con un ghigno divertito, indicandogli la sagoma nascosta dall'ombra.

James la vide. La vide raggomitolata su se stessa, con le ginocchia strette alle mani che si guardava attorno, meravigliata. Forse aspettava semplicemente che lui andasse lì, la prendesse per mano e le dicesse che era la benvenuta.

No, se fosse andato lì avrebbero discusso, ancora una volta e James non aveva la minima intenzione di rovinarsi la sua festa di compleanno.

Se la meritava, per Morgana! Diciassette anni si compiono una volta sola.

Non credo.” rispose, bevendo dalla bottiglia.

Vuoi andare da lei?”chiese ancora, Sirius.

Non è me che sta aspettando.” rispose James, amareggiato, adducendo al fatto che, sebbene lei non volesse ammetterlo, stava ancora attendendo che il suo caro amico Mocciosus la invitasse a pranzare con lui nel parco domenica.

Bè, di sicuro Remus non può andare da lei. Credo che sia già in botta.” ridacchiò Sirius, indicandogli quel che restava della dignità di Remus, impegnato in conversazioni deliranti con alcuni degli invitati.

Santo Boccino! Dici che ce l'abbiamo finalmente fatta a farlo sbronzare? Ma è un miracolo, Sirius!” esclamò James, quasi dimentico di Lily.

Io non credo nei miracoli,ma nel punch corretto sì!” ghignò Sirius

Sirius Black, tu sei...” iniziò James

Un genio?” ammiccò Sirius

No, la più grande canaglia che sia mai esistita!” rise James, di gusto, iniziando a prendere scherzosamente a pugni l'amico.

James! James!” cinguettò Peter, raggiungendoli.

Sì, Codaliscia, lo sappiamo! Remus è sulla via della perdizione, finalmente!”

Ma no, Sirius, che cos'hai capito!- esclamò Peter scuotendo la testa-Me ne sono accorto subito che avevi corretto il punch apposta, cosicchè bevesse anche Remus!”

Complimenti, Peter, fai progressi!” lo prese in giro Sirius

Spiritoso! Comunque, sono venuto a dirvi che è l'ora della torta!” nel dirlo Peter strizzò l'occhio a Sirius, che rispose.

Giusto, la torta! Dovrei proprio regalare qualche calzino bucato agli Elfi!- intervenne James- Il pandispagna che mi hanno preparato sembra delizioso! Dite alla gente che sto per andare a prendere la torta.”

Ma no, James, lascia stare! Avvisali tu, ci pensiamo io e Peter a prendere la torta.” lo contraddisse Sirius, con dei modi un po' troppo teatrali, a cui, però, il festeggiato non badò.

Sirius e Peter si allontanarono, mentre James chiamava a raccolta gli invitati.

Dici che Remus sarà in condizione di aiutarci?” domandò Peter, un po' perplesso.

Deve aiutarci! Pesa troppo quella roba! Ehi, Remus, ce la fai?” Sirius lo scosse pesantemente.

Ci sono... Sirius... Ci sono. C'è solo qui Amelia che vuole farci una foto... come siamo belli, Sirius... Sorridi. Anche tu, Peter.”

Si ecco, facciamo questa foto così sei contento.”annuì Sirius, scorbutico.

Amelia, però datti una mossa, che noi abbiamo da fare e questo qui è ubriaco.” aggiunse, in fretta.

Un attimo, Sirius. Non è immediato! Sorridete!”

Sirius, te l'ho sempre detto che devi imparare a trattare le ragazze con più cura. Non sono le tue Elfe Domestiche.” spiegò Remus.

Remus, per favore, abbiamo da fare. Smettila di farmi prediche, stasera che sei pure sbronzo. Dobbiamo andare a prendere quella cosa per James.” insistette Sirius, trascinandolo via a fatica.

Quella cosa?- strillò Remus, strabuzzando gli occhi- Allora muoviamoci! Peter, muoviti! Usa quelle gambe, per una volta!”

Remus, sono davanti a te! E' incredibile come anche in questa condizione riesca a darci ordini.” sbruffò Peter.

Credo sia insito nella sua natura, purtroppo.” commentò Sirius.

Studia , Sirius! Studia!” strillò Remus

E impiccati!” lo insultò Sirius, strattonandolo.

Finalmente il trio riusci a recuperare quello di cui aveva bisogno, tornando giusto in tempo per ascoltare l'orazione che James Potter stava rivolgendo al suo pubblico.

Bene, grazie a tutti per essere venuti! Sono certo che questa festa resterà negli annali: in fondo, la maggiore età di James Potter, ovvero me, ovvero il più grande Cercatore e Capitano che Hogwarts abbia da secoli, sarà qualcosa da ricordare! Ah, siccome è una festa, c'è ovviamente la torta, che i miei fidi collaboratori di malefatte, nonché compagni di stanza e di banco, nonché miei migliori amici, sono andati a recuperare: arriva direttamente dalle cucine. La pasticceria Hogwarts si è data da fare, stavolta!”

Mentre partivano gli auguri degli invitati, Sirius scambiò con gli amici il segnale concordato.

Auguri, fratello!”

Auguri, Ramoso!”

Auguri, James!”

gridarono, uno ad uno i tre amici, immergendo le mani nello scatolone e tirando contro il festeggiato un' imprecisata quantità di panna montata.

Ehi ma che cosa...” stava dicendo James, senza capire.

Panna! Ma voi siete matti!” esclamò James, ricoperto di soffice schiuma su tutta la faccia.

Hai detto che volevi una sorpresa per il tuo compleanno, no?” gli gridò dietro Sirius, sommergendolo di altra panna.

L'hai voluta!”rispose James,affondando la mano nella panna per rincorrere Sirius.

Si chiama panna, amico!” gli gridò qualcuno, mentre da quel momento in poi iniziò un degenero fatto di panna montata sugli invitati.



“Credo di avere ancora panna sui capelli.” osservò James, annusandosi la mano con cui si era appena scompigliato la zazzera nera.

“Che schifo, Ramoso! Potresti lavarti!” lo insultò Sirius, allontanandosi da lui.

“Mi sono fatto lo shampoo tre volte! Può essere che ci voglia un po', prima che venga via del tutto...” ipotizzò, continuando ad esaminarsi i capelli.

“Sulla mia testa non c'è più una traccia di panna montata, ergo, se sulla tua sì significa che non sei in grado di lavarti!” andò avanti Sirius.

“Magari può essere semplicemente che i capelli di James siano diversi dai tuoi.” azzardò Peter.

“Ecco, vedi. Può essere che sia così. Ben detto, Codaliscia.” approvò James.

Sirius sbruffò, appena prima che si sentisse qualcuno bussare alla porta.

La professoressa McGranitt entrò, aveva una strana espressione. più seria del solito e appariva quasi... addolorata.

“Ruf, per favore, ho bisogno che Potter, Lupin e la signorina Dewey vengano con me.”

Ruf la guardò stupito, ma non accennò protesta, facendo cenno agli studenti chiamati di alzarsi.

“Che cosa è successo? Perchè dobbiamo venire con lei?” domandò Emily Dewey di Tassorosso, alzandosi preoccupata.

“Prof, le giuro che qualsiasi cosa sia successa Remus ed Emily non c'entrano niente! E' colpa mia per ieri sera!” esclamò James, raggiungendo la vicepreside.

“Prof- Sirius si alzò in piedi- lasci in classe Remus. Siamo io e James ad aver organizzato tutto. Quello che è successo è colpa nostra.”

La McGranitt guardò meravigliata i due ragazzi in piedi.

“Non so di cosa stiate parlando, Black, però ho ordini precisi del professor Silente: i signori Potter e Lupin e la signorina Dewey devono venire con me.”

“Ma prof!” protestarono ancora Sirius e James, mentre già Remus e Emily Dewey avevano affiancato la McGranitt.

“Potter, Black, quello che è successo non riguarda nessuna delle vostre sciocche trovate. Black, siediti e tu, Potter, vieni qui, in fretta.” disse spiccia, la McGranitt.

In silenzio James attraversò la classe, intuendo dal tono e dallo sguardo che la professoressa gli riservò che c'era qualcosa di serio che non andava.

Sirius, invece, proseguiva nella sua protesta e ci volle tutta la pazienza di Ruf e la forza di Peter nel tirargli la manica della divisa per convincerlo a mettersi a sedere.









Le ore trascorsero, ma nessuno dei ragazzi chiamati tornò a scuola per cena.

Lily si era detta che sarebbero senza dubbio tornati presto, che c'era di certo qualcosa da sistemare, ma nulla di grave. Cercava di convincersi che la sensazione negativa che la pervadeva da quando se n'erano andati non fosse altro che una sensazione.

Sirius e Peter avevano ciondolato in giro per il resto della giornata, senza meta.

Sirius in particolare si sentiva perso ed impotente. Era all'oscuro di tutto e detestava non poter fare niente.

Perchè la McGranitt li aveva portati via? Ormai era sicuro che non c'entrasse alcuna bravata: era venuto a sapere che diversi studenti erano stati fatti allontanare da scuola e quello poteva significare solo una cosa: era successo qualcosa alle loro famiglie, magari un attacco di quei pazzi.

Se ne stava mollemente abbandonato su una poltrona della Sala Comune, con Peter seduto di fronte a lui, incapace di emettere una frase sensata da quel pomeriggio.

“Sirius, scusa, posso chiederti una cosa?” la voce di Lily Evans era arrivata del tutto inaspettata, così come lei, che lo fissava in piedi, con la testa inclinata.

Da quanto avesse memoria, era la prima volta che Sirius doveva alzare gli occhi per parlare con Lily.

Si tirò a sedere, in una posizione più consona, facendo aderire la schiena allo schienale della poltrona.

“Dimmi tutto, Evans. In cosa posso esserti utile?”domandò, con tono beffardo

“Remus è tornato? Non l'ho più visto.” spiegò Lily.

“Siamo in due. ” le rispose Sirius, mesto.

“Sai cosa è successo?” incalzò Lily.

“Ti pare che possa sapere per quale motivo la Mc ha portato via sia lui che James? Qui c'è sotto qualcosa, Evans. Qualcosa di grosso. E la cosa non mi piace.”

Lily fece per rispondere qualcosa, ma Sirius la precedette.

“Basta: vado da Silente.”

“Ma, Sirius- intervenne Peter, rimasto zitto fino a quel momento- credi davvero che ti dirà qualcosa?”

“Deve dirmi qualcosa, Peter! Non può far scomparire nel nulla James e Remus per una giornata!” esclamò Sirius, rabbioso.

“Voglio venire con te.” disse Lily

“Ma... Evans...” cominciò Sirius, perplesso. L'ultima cosa a cui aveva pensato era di doversi portare la Evans a fare un giro turistico di Hogwarts in notturno.

“Sirius...” bisbigliò Lily

Sirius si voltò verso Peter, per sapere cosa ne pensava lui e, visti i continui cenni d'assenso che gli stava mandando, uniti ad occhiate che comunicavano un “Non fare il solito buzzurro”, cedette.

“E sia.”

“Grazie.” gli sorrise Lily, grata come se le avesse fatto il dono più grande.

Sirius cercò di non pensare al fatto che quella ragazza si accontentava davvero di poco e nemmeno volle badare più di tanto alla sensazione che gli faceva l'averle concesso il permesso di seguirlo.

“Pete, noi andiamo. Tu stai qui, nel caso tornino.” ordinò, alzandosi in piedi.

“Evans, allora, ti muovi?” chiamò, quando già lui era al buco del ritratto e lei stava ancora scambiando qualche parola con Peter.

Lily salutò Peter e si precipitò al fianco di Sirius.

Camminarono in silenzio per i corridoi, solo quando stavano per raggiungere il gargoyle di pietra che consentiva l'accesso all'ufficio di Silente, Lily si azzardò a parlare.

“Pensi che staranno bene?” domandò

“Evans, se la sanno cavare benissimo da soli. Fidati. Solo io vorrei sapere per quale razza di motivo li hanno portati via senza spiegazioni.” le rispose Sirius, usando un tono di voce più dolce, quasi si fosse reso conto della necessità di infonderle sicurezza.

Raggiunsero il gargoyle.

“Piperilla Nera, DoppiaCoppa alla Mollelingua, Cioccorana!” strillò Sirius

“Perchè stai urlando i nomi di dolci, siamo qui per Silente!” lo rimproverò Lily, senza capire.

“Silente usa sempre parole d'ordine di questo tipo.- spiegò Sirius, con aria di sufficienza- Cioccocalderoni!”

Il gargoyle si mosse.

“Cioccocalderoni?- fece, scettico, Sirius- Wow, mi delude! Era molto meglio Burrobirra come l'anno scorso!”

“Ti ringrazio per i complimenti, signor Black, ma temo che la parola d'ordine non sia nemmeno Cioccocalderoni. Caso vuole che avessi deciso di fare una passeggiata...” la sagoma imponente di Albus Silente scese gli ultimi scalini, ponendosi di fronte ai due ragazzi.

“Buona sera anche a te, signorina Evans.”

Lily rispose con un timido cenno di capo.

“Dove sono James e Remus?” chiese immediatamente Sirius

“Con calma, ragazzo, con calma. Sapevo che sareste venuti. Anzi, mi aspettavo di trovarvi qui molto prima.”

“Le ho chiesto dove sono Remus e James, professore! Mi risponda!” proseguì Sirius, irritato.

Il Preside sospirò, grave, e si sedette su un gradino, invitando anche i ragazzi a fare altrettanto.

Lily obbedì, pensando che fosse meglio assecondarlo.

Sirius, invece, rimase in piedi, a fissarlo torvo.

“Questa mattina i Mangiamorte hanno attaccato Diagon Alley. Il padre di James, la madre di Remus e i genitori di altri studenti sono rimasti coinvolti.”

“Che cosa, ma non è possibile! Dovevano esserci dei controlli! Ci sono Auror ovunque!” esclamò Sirius, fuori di sé, incapace di crederci.

Il padre di James... la madre di Remus... no, doveva esserci uno sbaglio.

“Eppure è accaduto.- riprese Silente- James e Remus ora sono al San Mungo. I loro genitori sono ricoverati lì.”

“Ma staranno bene, vero? Si riprenderanno?” chiese Lily, sconvolta, pensando già alla salute della signora Lupin, che credeva già compromessa di per sé.

“Purtroppo non posso dirvi niente, se non che le loro condizioni sono gravi.”

“Come sta il padre di James?” chiese Sirius, bianco in volto. Charlus Potter non poteva essere ricoverato in un ospedale. Non lui.

“E' grave, ma dovrebbe riprendersi.” rispose, Silente, ben sapendo che mentire era inutile.

“Io vado là.” disse Sirius.

“No, non se ne parla.- lo bloccò Silente, duro.- Potrete andare da loro tra qualche giorno. Ora è giusto che siano presenti solo i famigliari.”

“Ma lei non capisce!- sbraitò Sirius- James e Remus hanno bisogno di me!”

“Sirius, non è tuo padre.” disse Silente, scandendo bene ogni sillaba e certo di aver individuato quale punto della questione premesse maggiormente a Sirius.

“Ma è come se lo fosse!” urlò Sirius, forte.

“E' come se lo fosse! E io devo sapere come sta!”









Forse sarete sorpresi da questo brusco cambio di scenario, ma come ho già precisato qualche capitolo fa, il fatto che a volte la storia risulti “spezzettata” è voluto.

Da questo capitolo iniziamo ad entrare nel vivo e si avranno i primi cambiamenti nei rapporti.

Sono convinta che a far maturare James sia stato qualcosa che è successo, qualcosa che gli ha fatto capire che si faceva sul serio e che tutto andava oltre una rivalità tra Case. Questa è la mia versione, spero che vi possa sembrare credibile.

So benissimo che la scena di Lily che sbircia la festa dalle scale è improbabile e, per certi versi esagerata, però vorrei che fosse ben chiaro che Lily stessa vorrebbe essere diversa. Vorrebbe essere come i suoi compagni, vorrebbe divertirsi, è conscia della sua situazione e sa perfettamente che cosa ha perso legandosi così tanto a Severus ed escludendo qualsiasi altra persona dalla sua vita. Sa benissimo anche che cosa andrebbe fatto, come dovrebbe fare per riappropriarsi della sua vita, solo che non ci riesce. Non da sola. Credo che momenti simili nella vita capitino.

Ps: se non l'avete fatto, leggete “Il Giovane Holden”, è un libro che dovrebbero leggere tutti prima dei vent'anni.



Vi ringrazio tutti quanti infinitamente, il particolare:

Alohomora: grazie mille per tutti gli splendidi complimenti! Spero di averti fatto ridere, sognare, commuovere e preoccupare con loro anche in questo capitolo!

PrincessMarauders: ti anticipo che presto Lily e James smetteranno di urlarsi contro ogni volta che si vedono. Hanno solo “bisogno di rodaggio”, si può dire? Qui il Dott. Remus Lupin non ha potuto esercitare la sua professione, ma tornerà a farlo. Adesso ha bisogno che siano gli altri ad aiutare lui.

Purepura: ogni tanto anch'io ho voglia di urlare a James di evitare di tirare in ballo Piton ogni volta, è solo che sono convinta che lui la prenda un po' sul personale, qualcosa come:

Ehi, non vuoi uscire con me perchè dici che sono arrogante e prepotente, però sei stata amica di Severus Piton per anni. Hai per anni difeso lui e i suoi amichetti Mangiamorte ed ora continui a soffrire per lui, mentre invece hai sempre demonizzato me, che, comunque, posso definirmi dalla parte giusta.”

Se ti può tranquillizzare, direi che da questo capitolo, Lily e James non si allontaneranno più.

Ayumi Yoshida: ciao, la tua recensione mi davvero emozionato ed inorgoglito, sai? E' così bello sapere di riuscire a trasmettere qualcosa!

Sono felice che il dialogo tra James e suo padre ti sia parso vero, anche perchè quelle parole torneranno spesso nella mente del ragazzo, da questo momento in poi.

Sì, hai ragione, James vuole mostrare sempre il suo lato un po' superbo, è come se volesse farsi portatore di tutte le sicurezze di cui Lily ha bisogno, solo che... lo fa in maniera leggermente sbagliata.

Da questo capitolo, però, Lily e James si avvicinano e non si allontaneranno più.

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Capitolo 12
*** Undicesimo Capitolo ***


CAPITOLO UNDICESIMO

HOGWARTS

Sirius aveva discusso col Preside per una decina di minuti abbondanti e c'erano volute tutta la pazienza e tutta la capacità di persuasione di Silente per convincerlo a non precipitarsi al San Mungo.

Se anche fosse andato, non avrebbe potuto fare nulla e non gli sarebbero state date notizie importanti: era il caso che aspettasse almeno sino al pomeriggio dopo per raggiungere James e Remus.

In ogni caso, riuscì a farsi congedare con la promessa che, se fosse successo qualcosa, sarebbe stato mandato immediatamente a chiamare.

Silente affidò a Lily il compito di riportarlo in dormitorio e di non fargli fare pazzie, assicurando che, alla fine delle lezioni, si sarebbe impegnato personalmente per farli arrivare al San Mungo.

“Andiamo, Sirius.” aveva detto Lily quando il Preside era sparito oltre il gargoyle.

“Non serve che me lo dica tu, Evans.” aveva ribattuto Sirius, scontroso.

Lily preferì non rispondere, sebbene si fosse irritata parecchio.

Non aveva potuto fare a meno di rimanere colpita dalle proteste di Sirius, che sembrava temere per la sorte del padre di James come un figlio e che desiderava poter raggiungere Remus per essere al suo fianco. Tuttavia, quando Sirius Black mostrava quei modi così strafottenti, Lily non poteva non irritarsi.

Fecero ritorno alla Torre di Grifondoro e lì si separarono: Lily salì nella sua stanza e Sirius raggiunse Peter.


Sirius si era seduto sul letto, incapace di parlare e desideroso di silenzio per raccogliere i propri pensieri.

Peter, che lo aveva tempestato di domande, avrebbe voluto parlare ancora e ancora, come per convincersi che sarebbe andato davvero tutto bene: ma come poteva andare tutto bene se non c'erano il sorriso confortante di Remus e le parole di James, l'unico che riuscisse davvero a farti credere che ogni cosa si sarebbe risolta?

Vedendo Sirius ridotto in quello stato di catalessi, Peter non potè fare a meno di pensare che, sotto quell'aspetto, fossero molto simili: entrambi erano incapaci di affrontare la vita da soli, entrambi si sentivano persi di fronte ad una difficoltà, se non c'era qualcuno che li trascinasse via dai loro pensieri.

James ogni tanto diceva che Sirius era ammalato dei suoi pensieri e Peter, in quel momento, pensò che avesse pienamente ragione, anche se, forse, la definizione doveva essere ampliata anche a lui.

Terminò di infilarsi il pigiama e zampettò due letti oltre, sino a raggiungere Sirius.

Era strano vedere quella stanza vuota.

Il letto di Remus, prima di quello di Sirius, era immacolato e sul comodino era stato posato “Delitto e Castigo”.

Sul letto disfatto di James, vicino alla finestra, stava ancora la sua divisa da Quidditch, abbandonata lì dalla sera prima.

“Sirius...” chiamò piano, Peter.

Sirius si voltò e gli fece posto accanto a sé.

“Non può morire, Peter, non può. Non può. Non è giusto.” continuava a dire Sirius, come se si trattasse di una litania apotropaica.

Peter non sapeva cosa dire: del resto, che parole si potevano avere di fronte alla morte? C'era davvero qualcosa da dire o bisognava solo stare in silenzio e farsi una ragione della cosa?





La mattina dopo, a colazione, Lily notò che non era l'unica ad aver passato la notte in bianco.

Aveva sentito diverse conversazioni e tanti erano gli studenti che temevano per la sorte dei genitori dei loro compagni.

Buttò l'occhio verso l'angolo del tavolo di Grifondoro solitamente occupato dai Malandrini: era strano vederlo così vuoto, così silenzioso, così privo dell'abituale chiasso festoso che lo animava.

Sirius fissava il suo piatto, senza avere realmente il coraggio di assaggiare qualcosa della montagna di cibo con cui l'aveva riempito.

Peter era seduto di fronte a lui e consumava la sua colazione in silenzio, anzi, la divorava, per nervosismo, probabilmente.

Sembravano persi senza James e Remus.

Facendo scorrere gli occhi sul resto della Sala Grande, Lily osservò che quella era una scena che si ripeteva, sebbene ci fossero i più temerari che discutevano animatamente dell'accaduto.

Forse, proprio per evitare che si diffondessero per la scuola versioni fantasiose di quanto era successo, Albus Silente si alzò in piedi e pretese il silenzio.

Tutti notarono immediatamente come averlo dal tavolo di Serpeverde non fu affatto semplice.

Silente, tuttavia, non si lasciò scoraggiare e parlò, certo che chiunque avesse intenzione di ascoltarlo l'avrebbe fatto.

“Sono certo che da ieri sera circolano le versioni più strampalate su quanto è successo nella mattinata di lunedì a Diagon Alley, pertanto, assieme ai miei colleghi, siamo giunti alla conclusione che sia più opportuno informarvi direttamente.

Ieri mattina Lord Voldemort e i suoi seguaci hanno attaccato Diagon Alley a scopo dimostrativo: molte persone sono rimaste ferite, qualcuno, come purtroppo sapete, è morto. Gli Auror hanno fatto quel che hanno potuto, ottenendo, ahimè, una controversa vittoria. Ci tengo infatti a sottolineare, dal momento che non so quanto i giornali riporteranno dell'effettiva verità, che per consentire la ritirata dei Mangiamorte o la loro decimazione, qualcuno è stato eletto a vittima sacrificale, si trattasse di Auror scelti o di semplici passanti. Riflettete su questo, ragazzi miei, ponetevi delle domande e datevi una risposta: è giusto o è semplice? O forse è entrambe le cose?”

Senza aggiungere altro, il Preside si risedette e, in fretta, il suo posto fu preso dalla McGranitt, la quale invitò tutti quanti a sbrigarsi a raggiungere le aule delle proprie lezioni.

Lily si alzò ed si accorse che tutti quanti stavano mormorando qualcosa, a proposito delle parole del Preside.

Afferrò la sua Gazzetta del Profeta e si incamminò verso le serre di Erbologia, per la prima lezione di quella giornata.

Colse anche gli sprazzi di conversazione di qualche Serpeverde e quello che sentì, non le piacque per niente.



“Andiamo, Sirius. E' tardi.” Peter cercò di convincere Sirius ad alzarsi dalla panca.

“Sì, arrivo, Pete. Un attimo.” gli occhi di Sirius vagavano nervosi per la Sala Grande, cercando Regulus.

Si era reso conto di quello che era successo, aveva capito sino a dove si stava spingendo la follia di quei pazzi? A Diagon Alley la mattina precedente ci doveva essere stato per forza anche qualche parente dei suoi compagni di Casa.

Nemmeno i nobili eletti a far parte della Casa di Salazar Serpeverde potevano dirsi esclusi dalle compere.

Finalmente individuò il gruppo che cercava. Regulus marciava accompagnato da Severus Piton, Avery e Mulciber.

Sembravano non essere stati toccati minimamente dalla cosa, seppur quella ragazza con cui ricordava che Reg fosse piuttosto amico durante i suoi primi anni, Diane Greengrass, avesse perso la madre o, almeno, così aveva sentito dire.

Senza far caso agli schiamazzi di Peter che lo pregava di raggiungerlo, Sirius si fece incontro al fratello.

Lo guardò sfilare via, passando oltre.

Che cosa potevano avere mai da dirsi, dopotutto?

Credeva davvero che, se fosse andato lì, sarebbe riuscito a convincere Regulus, a trascinarlo via, a metterlo al sicuro e a farlo ragionare?

Sirius non ci credeva più. Non quando lo aveva visto passargli avanti, senza degnarlo d'uno sguardo. Non quando, in cuor suo, sapeva già che Regulus aveva una riposta.

Avrebbe parlato della Causa. Tutti quei morti avevano uno scopo: la Causa, liberare il Mondo Magico dalla feccia.

Sapeva che James aveva ragione, a sostenere che ciascuno era responsabile delle sue scelte, però quello era suo fratello. Ed era invischiato in qualcosa di più grande di lui.

Maledisse mentalmente se stesso e quell'orribile marchio chiamato sangue, quella stessa cosa che gli faceva provare un viscerale (e a suo parere esagerato, perchè non Regulus non se lo meritava di certo) attaccamento a quello che per lui sarebbe stato sempre il suo “fratellino”.

Scavalcò il seggiolino della panca e gli corse dietro.

“Hai visto, Reg, hai visto cosa è successo?” grugnì.

Appena lo avevano visto avvicinarsi, gli altri Serpeverde si erano allontanati: nessuno di loro era così stupido da voler ingaggiare un duello in mezzo alla Sala Grande.

“Non so di cosa tu stia parlando.” rispose, gelido, il fratello.

“Reg, hanno ammazzato un sacco di gente! Escine, finchè puoi! Non farti coinvolgere in qualcosa di più grande di te! Troveremo un posto, zio Alphard ci aiuterà, vieni via!”

“Era per la causa. Hanno agito per la causa.” spiegò, meccanicamente, Regulus.

“Causa? Quale causa?- ribattè Sirius, sprezzante- E' una causa ammazzare un sacco di gente?”

“Ripulire il nostro mondo, questa è la causa, Sirius.”

“Non credo che Diane Greengrass sia molto d'accordo su questo punto...” commentò Sirius

Regulus si irrigidì.

“Diane sa che sua madre è morta per la causa. Purtroppo ci sono sempre delle vittime.”

“Prova a spiegarlo a Diane, se ne sei così sicuro. Cresci, Reg, e datti una svegliata.” ribadì, voltandosi.

Regulus lo vide allontanarsi e scosse la testa: un giorno avrebbe capito. Un giorno si sarebbe reso conto di qual era il suo posto. Il posto di Sirius era con loro e, presto o tardi, se ne sarebbe reso conto.



Lily stava seduta in sala comune, sulla poltrona vicino al camino, cercando di dare un senso agli appunti di Trasfigurazione. Non era riuscita a prestare molta attenzione alle lezioni, quel giorno, come tutti del resto. Il suo pensiero correva a Remus e persino a James Potter. Non andavano d'accordo, certo, ma non si poteva augurare a nessuno una cosa simile.

Arrivò addirittura ad essere grata di avere dei genitori Babbani: forse loro avrebbero potuto essere al sicuro, lontani da tutta quella violenza.

Controllò l'ora, come faceva ormai da quando le lezioni erano terminate: Silente le aveva assicurato che avrebbe concesso loro di andare al San Mungo. Che Sirius Black avesse deciso di non avvisarla?

“Evans... noi andiamo. Vieni?” la voce di Black la fece sobbalzare e, voltandosi, Lily vide che sia lui sia Peter erano in piedi dietro di lei.

Lily annuì e si avviò con loro verso l'Infermeria dove c'era un camino collegato col San Mungo, solitamente usato in casi di emergenza.

Peter stava aprendo la porta dell' Infermeria, al di là della quale li aspettava Madama Chips.

“Evans...” chiamò Sirius

“Sì?”

“Mi dispiace per ieri sera... lo so che anche tu sei amica di Remus.” confessò Sirius, imbarazzato.

“Non importa. Davvero, non farti problemi.”lo scusò Lily

“Sirius...- aggiunse poi e Sirius notò come lei mai facesse ricorso al cognome- cosa credi che troveremo?”

“Non ne ho idea, ma ce la caveremo anche stavolta.” le rispose, cercando quasi di confortare anche se stesso.




OSPEDALE SAN MUNGO


“Vai a casa a riposare un po', James, non c'è niente che tu possa fare qui.” la signora Potter si era alzata dalla scomoda sedia metallica che stava al bordo destro del letto del marito per raggiungere il figlio, in piedi dall'altro lato.

“No, voglio stare qui.” rispose perentorio, James, trattenendosi per non aggiungere quello che la madre gli lesse negli occhi.

“Resto qui fino alla fine.”

James non riusciva a capacitarsi di come tutto fosse cambiato in poche ore.

La sua festa di compleanno gli pareva di mesi prima, dal suo arrivo all'ospedale sembravano passate settimane, anziché poche ore.


Andrà tutto bene, Remus. Non sarà niente di grave, ne sono certo.” continuava a ripetere a se stesso e all'amico.

Remus camminava al suo fianco, pallido.

Come James non riusciva a credere a quello che gli era stato detto: sua madre non poteva morire, non era giusto, dannazione, già aveva perso il padre da bambino. Non poteva andarsene anche sua madre. Non era giusto.

Che colpa ne aveva? Era un reato recarsi al lavoro ogni mattina ed aprire quel bugigattolo di libreria che era stata dei suoi genitori prima ancora che sua?

Remus, vieni, la mamma e di là.” Remus si sentì prendere per una spalla. Suo nonno, un anziano mago di origine irlandese, era venuto ad aspettarlo all'ingresso.

Come sta?”chiese immediatamente Remus

Crediamo che si riprenderà. Non è grave, qualche escoriazione da fattura. Vieni con me, ora.” lo esortò l'uomo.

Io vado, James, mi raccomando. Fammi sapere. Non esitare a venirmi a chiamare, d'accordo?” si raccomandò Remus, accorato. Se suo nonno aveva ragione, non aveva più molto da temere. La paura avrebbe presto ceduto il posto ad un grande spavento. Ora l'incognita era il padre di James.

James annuì, grave.

Anche tu, Remus.”

Andrà tutto bene, James. Ne sono certo.” Remus diede una pacca sulla spalla di James, che accennò un sorriso contrito, e lo vide allontanarsi sulle scale.

James chiese informazioni a qualche infermiera e, lungo i corridoi, incontrò persino qualche compagno di scuola: era evidente che fossero lì tutti quanti per lo stesso motivo.

Salì due rampe di scale, prima di arrivare al piano giusto: “Traumatologia”, riferiva il cartello appeso sulla porta a vetri.

Percorse in fretta il corridoio, sino a trovare la stanza indicatagli.

Mamma!” esclamò, entrando, di corsa.

James!” Dorea Potter gli venne incontro e strinse forte il suo ragazzo.

Come sta papà?”

La madre si spostò, per lasciare che James si rendesse conto da solo della situazione.

Charlus Potter era a letto, vigile e cosciente. Capelli disordinati e sguardo vivace.

Che ti credi, che ci voglia così poco per far fuori il tuo vecchio?” ridacchiò.

Anche James potè finalmente lasciarsi andare in una risata liberatoria.


Poi era peggiorato tutto, di colpo i valori avevano iniziato a calare, la coscienza era venuta meno e Charlus Potter era passato in uno stato di coma.

James si prese il volto tra le mani: non riusciva a crederci. Dov'era la Giustizia che tanto era decantata? Che anche l'antica Dike fosse cieca quanto la Fortuna con il suo corteo?

Essere dalla parte dei buoni non avrebbe dovuto mettere al sicuro da tutto quello?

Suo padre era un Auror, uno dei migliori di sicuro. Combatteva per riportare l'ordine, aveva svolto il suo compito, era dalla parte giusta.... non poteva andarsene. Non lui. Non era giusto.

Ma esisteva la Giustizia? Oppure era tutta una bella favola, quella che ti raccontano e in cui il bene vince sempre?

Dorea gli si avvicinò e gli scompigliò affettuosamente i capelli e James trattenne la mano della madre nella sua.

Dorea fissò il figlio: non voleva che James vivesse momenti simili. Aveva solo diciassette anni. Avrebbe dovuto avere altri pensieri per la testa: Quidditch, amici, ragazze.

Si voltò a guardare il marito: era come se dormisse. Con le lacrime agli occhi, Dorea si ritrovò a pensare che Charlus aveva avuto ragione sin dall'inizio. Per quanto si sforzassero di tenere lontano il pericolo da James, per quanto cercassero di fare finta che non fosse successo niente, James aveva capito da solo. Aveva ragione Charlus ad avvisarla che non avrebbero potuto proteggerlo per sempre: la realtà avrebbe fatto presto irruzione nelle loro vite.

“Mamma, non è giusto!” esclamò rabbiosamente James, scattando in piedi.

“Lo so che non è giusto, Jamie. Tante cose non sono giuste. A questo punto possiamo solo sperare.” gli disse con tono consolante.

“Permesso? Possiamo?” la testa nera di Sirius fece capolino dallo stipite, seguita dalla gambetta tarchiata di Peter.

“Sirius! Peter!” esclamò James, correndo verso di loro.

Diede una pacca sulla spalla di Peter e poi corse immediatamente da Sirius.

La stretta di mano si tramutò in uno stretto abbraccio fraterno.

“Sono qui, James.” gli sussurrò Sirius, nell'orecchio.

“Grazie.” James non potè non notare il panico che aleggiava nello sguardo dell'amico.

Era preoccupato quanto lui.

“Come sta, James?”

“Guarda tu stesso.” disse, in un sospiro, staccandosi da lui.

Sirius posò gli occhi sul letto: quell'uomo non sembrava nemmeno Charlus Potter. Charlus Potter era un uomo attivo, allegro, sempre in movimento... non era lui quello.

“E' in terapia intensiva.” spiegò la madre di James, mentre lui distoglieva in fretta lo sguardo.

Nessuno riusciva a parlare.

“Siete stati da Remus? Sua madre come sta?” domandò la signora Potter, per rompere il silenzio.

“Sì, siamo stati lì fino adesso. Sta meglio: chiacchiera e i Guaritori sono del parere che tra un paio di giorni possa ritornare a casa.” spiegò Sirius.

“Adesso Remus è là da solo?” intervenne James

“No.- rispose Peter- C'è Lily Evans con lui.”

“Ah, capisco.” rispose semplicemente James. Non c'era da meravigliarsi, dopotutto, si disse, era ovvio che si precipitasse anche lei all'ospedale.

Per un istante James si chiese se sapesse di suo padre...

“Più tardi vorrei passare da Remus anch'io. Lui è stato qui questa mattina.” raccontò James.

“Se vuoi andare, James, vai.” lo incoraggiò sua madre.

James annuì, ma rimase nella stanza.

Peter si guardava attorno, nervoso. Quelle situazioni lo mettevano a disagio e non poteva non pensare a come avrebbe reagito lui al posto di James: James sembrava calmo, rilassato. Peter immaginava che dentro di lui si agitasse una tempesta, eppure, era così bravo a mostrarsi sicuro anche in quell'occasione.

Avrebbe voluto fare di più per James, lui l'aveva aiutato così tante volte... e invece, l'unica cosa che poteva fare era stare in ospedale e sperare.

Gli occhi di Sirius dardeggiavano continuamente dal letto di Charlus, a Dorea, a James e lui stesso aveva solo un pensiero in testa. Non era giusto, non se lo meritava. Non James, non Dorea, non Charlus... Aveva ancora un sacco di cose da insegnargli, un sacco di promesse da mantenere. Non poteva andarsene anche l'unico uomo somigliante ad una figura paterna che aveva conosciuto.

Faticò a non tirare un pugno contro al muro.

James incrociò gli occhi dell'amico e gli fece cenno di uscire. Non voleva che sua madre li sentisse parlare ancora di quanto era successo. Peter li seguì a ruota e i tre si ritrovarono soli in corridoi.

James rispose finalmente alla muta domanda che Sirius gli aveva rivolto non appena era entrato.

“Era una sorta di imboscata: volevano diffondere il panico... poi con l'arrivo degli Auror lo scontro è degenerato. Non sono riusciti a salvare tutti, molti civili sono rimasti coinvolti nell'esplosione, mi chiedo se non li si potesse salvare, se fosse indispensabile lasciarli lì, far esplodere la vecchia sede dell'Archivio... ordini delle gerarchie, così mi ha detto mio padre. Hanno dovuto obbedire, farlo per forza, diceva, altrimenti sarebbe stato peggio. Ma è giusto, Sirius? Credo che si sarebbero potute evitare le morti di persone innocenti. Papà ne è venuto fuori per miracolo... ma oggi, lo vedete anche voi...”

Nessuno dei due seppe cosa replicare.

Finalmente Sirius prese la parola, comprendendo il timore di James.

“Vai a prendere una boccata d'aria, James. Resto io con lei.”

James lo guardò negli occhi, sapendo che già quello bastava come ringraziamento.






Dall'altra parte dell'ospedale, qualche piano più in su, Remus e Lily si stavano salutando.

Lily era sollevata, sapendo che la madre di Remus stava meglio. Non si meritava di perderla: già era mancato suo padre che lui era poco più di un bambino, non poteva perdere anche la madre.

Non era giusto.

Ma cosa era giusto, nella situazione che stavano vivendo? Era forse giusto che stesse male il padre di James Potter, così come aveva saputo?

Non doveva esserci nessun tipo di strano contrappasso per cui Potter si meritasse una cosa simile.

“Adesso devo andare: i miei nonni stanno tornando a casa e io andrò con loro. Grazie di essere venuta, Lily. Mi ha fatto piacere.” disse Remus, riscuotendola dalla sua riflessione.

“Oh, figurati, era il minimo.” gli sorrise.

“Allora ci vediamo presto, Lily. E grazie di tutto, davvero.” Remus si chinò per abbracciarla e Lily ricambiò la stretta, consapevole di quanto fosse confortante la certezza di avere accanto qualcuno in momenti come quelli.

Remus fu il primo a staccarsi, avendo visto la nonna fargli cenni.

Lily lo vide andare via più sereno e non potè non esserne contenta.

Lily prese a passeggiare per il corridoio ed arrivò in fondo, dove c'era la porta a vetri che conduceva alla scala d'emergenza.

Si fermò per un momento ad osservare le foglie che il vento spazzava in giro: probabilmente stava per scoppiare un temporale.

Il suo sguardo venne catturato dalla sagoma di un ragazzo che se ne stava appoggiato alla ringhiera metallica: James Potter.

Senza sapere bene perchè, Lily spalancò la porta ed uscì.

“James...” mormorò Lily, avvicinandosi a lui che se ne stava lì fuori, incurante del vento, incurante dell'aria.

“Mi dispiace.” aggiunse, facendosi sempre più vicina.

James alzò la testa e la fissò: le punte dei capelli danzavano mosse dal vento, dipingendo tante lingue di fuoco perse nell'aria col freddo che la faceva apparire ancora più pallida.

“Lo so.” rispose semplicemente, a voce bassa.

Lily non sapeva cosa replicare: avrebbe voluto dirgli tante cose, ma nessuna pareva consona al momento e, in più, lui era lo stesso James Potter con cui non mancava occasione di discutere; era difficile dire qualcosa che non apparisse falso o retorico.

Pertanto se ne rimaneva lì, in piedi sul pianerottolo della scala d'emergenza, a fissare il nulla.

“Ne vuoi?” chiese James, incerto sul da farsi e scartando un pacchetto di sigarette.

“Cosa?” fece Lily, senza capire.

“Ti ho chiesto se ne vuoi una...” ripetè James, mostrandole il pacchetto di sigarette e tirandone fuori una.

“No, no. Grazie.” rispose Lily, a scatti.

James le fece un cenno e si accese la sigaretta.

“Non sapevo che fumassi.” disse Lily.

“Ogni tanto. Quando sono nervoso.” spiegò James, in un'alzata di spalle.

Lily fece qualche passo in avanti, sino ad arrivare esattamente di fronte a James.

“Andrà tutto bene.” gli sussurrò, cercandogli gli occhi.

Anche se erano nascosti dalle lenti degli occhiali, non era difficile capire che aveva pianto, tanto erano arrossati.

“Lo spero.” le rispose, distogliendo lo sguardo ed eliminando una boccata di fumo.

La osservò mentre, silenziosa, faceva ritorno nel corridoio dell'ospedale.

“Lily!” chiamò.

La ragazza si voltò verso di lui.

“Grazie!”

Lily gli sorrise e poi aprì la porta.



Uhm... che aggiornamento rapido! Sto migliorando...

Ci tengo a sottolineare una cosa: non fumo, anzi, mi è una cosa che mi infastidisce parecchio, però non riuscivo a figurarmi quella scena in modo diverso, quindi, se dovessi aver offeso la sensibilità di qualcuno, chiedo scusa.

Vi ringrazio tutti quanti, chi legge, chi recensisce e chi ha inserito la storia tra i preferiti: grazie davvero, è importante sapere che c'è qualcuno che ci sta credendo.

Da questo capitolo, come potete facilmente notare, ci sarà una svolta nei rapporti tra Lily e i Malandrini.

Alla prossima.

Purepura: sì, esatto: Lily difende il suo amico Sev, non il Mangiamorte. E' James a non riuscire a separare le due cose. Ed hai ragione anche sul fatto che Lily vedrà in James il suo salvatore, nel senso che, comunque, lui e i Malandrini l'hanno trascinata via da quel sentiero scosceso e roccioso in cui era intrappolata. Si sono dati la pena di conoscerla e James l'ha amata, tanto quanto lei ha amato lui.

Alohomora: Lily e James si avvicineranno piano piano e James si renderà conto che la sua “cotta” è qualcosa di più profondo, per il fatto che finalmente conoscerà la vera Lily e non l'idea che si era fatto di lei.

PrincessMarauders: purtroppo anche il mio invito alla festa si è perso! Ah, se trovi un Remus Lupin, ti pregherei di darmi il suo indirizzo perchè sono anni che lo cerco...

Ti è piaciuto questo incontro tra Lily e James?


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Capitolo 13
*** Dodicesimo Capitolo ***


CAPITOLO DODICESIMO


Aprile 1977


TILFORD, SURREY, CASA EVANS


Le vacanze di Pasqua erano finalmente arrivate ed Hogwarts si era svuotata in fretta: dopo quello che era accaduto appena dieci giorni prima a Diagon Alley, la maggioranza degli studenti aveva preferito tornare a casa.

Lily era casa, finalmente a casa dalla sua famiglia.

Peccato che tutto questo comprendesse anche la presenza di Petunia.

Da quando era tornata, cinque giorni prima ormai, non aveva fatto altro che ignorarla. Forse, Lily, avrebbe dovuto prendere la cosa con un po' più di filosofia, eppure, si era ritrovata a rimpiangere i momenti in cui sua sorella la insultava, la scherniva, la definiva un mostro.

Se non altro, così facendo, mostrava di ricordarsi di avere una sorella. Ignorandola era come se l'avesse cancellata dalla sua vita, come se Petunia non avesse sorelle.

Provare a parlarle era inutile perchè, tanto, non rispondeva, anzi, passava gran parte del suo tempo fuori casa, probabilmente in compagnia del suo fidanzato, quel Vernon che Lily aveva sentito nominare spesso ma che mai aveva incontrato per volere di Petunia.

Sua madre e suo padre non sapevano più come gestire la situazione: i rimproveri su Petunia non avevano alcun effetto, se non quello di farla innervosire ancora di più e di scatenare furibonde discussioni in cui, ciascuna delle sorelle, urlava contro l'altra.

Lily stava leggendo, raggomitolata sul divano, quando sentì la voce di Rose Evans chiamarla.

“Lily! Lily! C'è posta per te!”

Si alzò in fretta, correndo in cucina. Magari era una lettera di Remus: era tornato a scuola per gli ultimi tre giorni, a differenza di James, e si erano salutati con la promessa di scriversi.

“Brava mamma! Ormai i gufi ti riconoscono! Potresti quasi passare per una strega!” esclamò, ridendo.

“Direi che di strega già ci basti tu! Chi è? Forse quel tuo compagno che ti ha mandato la sciarpa per Natale?” si informò la donna, scoperchiando l'arrosto.

“Credo di sì. La grafia sull'indirizzo mi sembra la sua.” Lily si sedette su una sedia e scartò la pergamena, del tutto ignara di quello che avrebbe trovato.

Ciao Lily,

spero di non disturbarti, volevo solo avvisarti che il padre di James è morto questa notte.

I funerali si terranno domani mattina a Godric's Hollow, il paese in cui abita James.

Non sei obbligata a venire, solo mi sembrava giusto dirtelo.

Se dovessi sentire qualcuno dei nostri compagni di scuola, se puoi, se riesci, non dire niente. A James non va che si sappia in giro.

Spero che tu stia passando delle buone vacanze.

Remus”


Lily gettò la lettera sul tavolo, incredula.

Non era possibile. Non era giusto.

La signora Evans sbirciò la pergamena ed intuì che il padre di quel ragazzo di cui la figlia le aveva parlato dovesse essere morto.

Lily si gettò nell'abbraccio di sua madre: era dispiaciuta per il padre di Potter, certo, ma era l'insieme di cose, tutte sommate assieme, a farle avere quella reazione.

La signora Evans le baciò la fronte.

“Va tutto bene, mamma, davvero. Adesso salgo in camera, ci sono ancora quei vestiti da ritirare.” disse.

Uscì dalla cucina e salì le scale in fretta e proprio quando stava per aprire la sua porta, sentì la sorella, dietro di lei.

“Che succede?” domandò, con tono quasi impercettibile.

Lily si girò e la fissò.

“Va tutto bene?” chiese di nuovo, la sorella, ora preoccupata che fosse successo qualcosa di grave.

Lily scosse la testa e si inginocchiò sul pavimento del corridoio, singhiozzando.

Petunia si affiancò a lei e, accarezzandole i capelli, la invitò a parlare.

“Dimmi, Lily.”

Lily la guardò negli occhi: possibile che le importasse qualcosa?

E Lily parlò.

Racconto di lei, di Severus, di Remus, di quello che stava succedendo nel Mondo Magico, di Voldemort e ancora di Severus, di come Remus la stesse aiutando e degli amici di Remus, di Sirius Black, Peter Minus e, naturalmente, di James Potter e delle loro discussioni e di come lui stesse entrando prepotentemente nella sua vita, senza che entrambi facessero qualcosa perchè questo accadesse.

E pianse mentre riviveva quei momenti d'angoscia seguiti ai fatti di Diagon Alley, mentre rievocava la corsa in ospedale e il sollievo conseguente alla guarigione della madre di Remus e poi, subito dopo, le notizie sul padre di Potter.

Petunia si era inginocchiata di fianco a lei e l'aveva lasciata parlare, senza interromperla, nemmeno per un attimo.

Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto di stoffa bianca e lo porse alla sorella.

“Non disperare, Lily, c'è qualcosa che possiamo fare.” le disse.

“E cosa, Tunia? Cosa? Ho paura, Tunia, ho paura per voi.” singhiozzò Lily.

“Vieni via, Lily, allontanati da quel mondo di squilibrati sinchè sei in tempo!” spiegò con impazienza Petunia, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Che cosa?” Lily sgranò gli occhi.

“Sì, Lily! Abbandona quella tua scuola e torna a casa! Sei intelligente, sei studiosa, potresti recuperare in fretta gli anni di studio che hai perso e tra un anno o al massimo due iscriverti all'università come tutti i tuoi coetanei. Sei ancora in tempo, Lily. Torna a casa e dimentica tutto.”proseguì Petunia, infervorata.

“Tunia, ma sei impazzita? Non posso lasciare tutto! E' la mia vita quella, ormai!”esclamò Lily, sorpresa: sembrava che Petunia avesse capito, sembrava che stessero risolvendo tutto e invece si trattava solo di un nuovo modo per non accettarla.

“Lily, questa tua vita, questo tuo mondo, lo vedi dove ti sta portando? Se tu vivessi con le persone normali tutto questo non ti sarebbe mai successo!” urlò Petunia.

“E invece sì! Hai sentito di quegli strani incidenti e di quelle scomparse? Chi credi che sia stato, Petunia? Voldemort! C'è lui dietro a tutto questo!” spiegò Lily

“Sciocchezze! E' una frottola che ti hanno messo in testa in quella tua scuola di anormali! Quelli come voi non stanno con quelli come noi!” esclamò Petunia.

“Ascoltami, quello è il mio mondo, è la mia vita, Petunia. Ormai ci sono dentro, sono una strega. Non posso far finta di niente, non è un film che posso scordarmi di aver visto! Io ormai faccio parte di quel mondo: è il mio mondo! E che tu ci creda o no, troppo spesso Maghi e Babbani entrano in contatto e se ti dico che sono preoccupata per voi è perchè ho paura che i Mangiamorte possano arrivare anche qui!” proseguì Lily, infervorata quanto sua sorella, gesticolando a destra e a manca.

Petunia impallidì impercettibilmente e scosse in aria le mani, come per scacciare via quel pensiero, il pensiero che la sorella potesse avere ragione.

“Se sei così preoccupata come dici, Lily, allora dovresti riconoscere che l'unica cosa sensata da fare è tornare a casa!”

“Ma non posso, non posso, Petunia, capisci? Non posso! E' la mia vita, il mio mondo! Io sono così, sono una strega e se tu non lo vuoi accettare, non posso farci proprio niente! Mamma e papà l'hanno capito, perchè tu no, Petunia?” ribattè Lily

“Perchè non accetto che mia sorella sia un'anormale, ecco perchè!” sbruffò Petunia.

“Ma non sono un'anormale, sono sempre Lily, tua sorella!”

Petunia inspirò, come se volesse prendere tempo per dire quello che stava pensando.

“Fai la tua vita, Lily, resta in quel tuo mondo, ma ti prego, non trascinarmici più dentro. Siamo intesi?” detto questo, Petunia si voltò, lasciandola in mezzo al corridoio, raggomitolata su stessa.




GODRIC'S HOLLOW


Lily si Smaterializzò nella piazza di Godric' s Hollow. Era una piazzetta circolare, sulla quale si aprivano tante piccole costruzioni di foggia seicentesca che davano al piccolo borgo un'aria accogliente.

Un vecchio pub, una bottega di alimentari, quello che sembrava un negozio di vesti per Maghi, un minuscolo ufficio postale e tante casette tutte uguali si inerpicavano per ciascuna delle quattro stradine ricoperte di porfido che partivano dalla piazzetta circolare.

Godric's Hollow sembrava proprio uno di quei tanti borghi fatati di cui si sente raccontare nelle fiabe, uno di quei posti in cui il tempo sembrava essersi fermato e, forse, pensò Lily, era così, dal momento che il paese era famoso per la pacifica convivenza tra Maghi e Babbani ma, soprattutto, per aver dato i natali al valoroso Godric Grifondoro.

“Chissà dove abita James...” pensò.

Si era sempre figurata un imponente maniero, uno di quelli in cui dimorano le antiche famiglie Purosangue, quando pensava alla casa di James Potter: in fondo lui era più che benestante e, sicuramente, l'ambiente che l'aveva cresciuto doveva essere tale.

Tuttavia, un castello, una dimora altolocata stonavano del tutto con l'atmosfera accogliente e famigliare di Godric's Hollow.

Una folata di vento la riportò alla realtà: c'era un motivo per cui si era avventurata sino a Godric's Hollow, attraversando l'intero Paese e giungendo ai piedi della Scozia.

Si strinse nel suo mantello scuro ed imboccò la direzione della chiesa: intravedeva la punta del campanile dietro ad un fitto filare di alberi.

Diede le spalle alla piazza e si incamminò.

Lungo la strada incontrò diverse persone, qualcuno stretto in pesanti mantelli come lei e qualcun altro, invece, dall'aria chiaramente Babbana, imbacuccato in sciarpe e cappotti.

Era la prima settimana di aprile, la giornata era soleggiata e il cielo terso ma faceva ancora freddo: faceva sempre freddo in Scozia e il vento non la smetteva mai di soffiare.

La chiesa non era lontana e non le ci volle molto per arrivare: era una piccola costruzione di epoca gotica in muratura grigia. Il tetto spiovente pareva volersi avvicinare al cielo in modo sorprendente.

Dietro la chiesa sorgeva il cimitero: un largo prato verde brillante solcato da tante lapidi di marmo bianco o, più comunemente, di pietra chiara.

Un nodo le attanagliò lo stomaco al pensiero che il signor Potter sarebbe giaciuto lì in eterno.

La spaventava terribilmente il pensiero della morte, il non sapere cosa c'era dopo, l'idea di terminare per sempre, l'idea di non esistere, di non provare più nulla.

Un freddo brivido attraversò il corpo di Lily, irrigidendolo tutto e lei, per riscuotersi, volse la testa, entrando in chiesa dal pesante portone di legno.

C'era una sola navata e l'ambiente era raccolto ed intimo.

Gran parte delle panche era già stato occupato ed altre, mentre lei ragionava su dove sedersi, stavano per essere occupate da chi stava entrando in quel momento.

Sostò in piedi per qualche istante, scorgendo Remus e Peter seduti in seconda fila: accanto a loro c'erano due donne ed un uomo, probabilmente i loro genitori.

Davanti a loro c'era James con sua madre e con Sirius. Erano accompagnati da un uomo alto con i capelli scuri che Lily non riuscì a riconoscere: forse uno zio o un parente di James.

Dalla parte opposta della navata, sulla fila sinistra di panche, sedevano, avanti ma non troppo, Albus Silente, Minerva McGranitt ed Hagrid.

Non ritenne opportuno farsi troppo avanti e così si sistemò accanto ad una strega piuttosto anziana in ultima fila.

Scrutò l'ambiente: c'era parecchia gente, ma non erano presenti molti dei loro compagni di scuola.

C'erano lei e gli amici di Potter più il resto della squadra di Quidditch.

Evidentemente James non aveva voluto che si sapesse in giro.

Lily non ascoltò molto delle parole del celebrante. La sua mente tornava continuamente al pensiero che l'aveva attanagliata sin da quando aveva ricevuto la notizia: come avrebbe affrontato lei un momento simile?

Ce l'avrebbe fatta? Sarebbe riuscita ad andare avanti oppure si sarebbe ripiegata sempre di più nel suo dolore? Avrebbe avuto una sorella da confortare e da cui essere confortata oppure Petunia l'avrebbe ignorata, ritenendola, magari, addirittura responsabile?



Alla fine della cerimonia, Lily si fece più avanti, cercando di non farsi calpestare da chi, come lei, stava cercando James e sua madre per le condoglianze di rito.

Passando di mano in mano, di stretta in stretta, James giunse a detestare quel momento.

Non ne poteva più di sentirsi dire che erano dispiaciuti per lui o che avevano conosciuto suo padre e potevano testimoniare che fosse un grand'uomo.

Non voleva la loro compassione. Non voleva la compassione di nessuno, tanto meno quella di persone che non sapevano nulla di lui o di suo padre.

Stava ricevendo un anziano e grassoccio mago, il quale era intento, probabilmente nell'elencargli tutte le numerose occasioni in cui aveva avuto modo di incontrare suo padre.

James, nello stringergli la mano, alzò lievemente la testa, quel tanto che bastava per individuare Lily, nascosta dalla folla.

La vide lì, stretta nel suo mantello nero, e si accorse che lo stava cercando.

Scavalcò due coniugi che, nel vederlo, mostrarono un'aria contrariata e le arrivò di fronte.

“Sei venuta.” disse, semplicemente.

Lily abbozzò una sorta di sorriso.

“Mi dispiace, James. Mi dispiace davvero tanto.”

“Lo so.” rispose lui, chinandosi per baciarle la guancia, come era in uso.

“Ci vediamo a scuola, Lily.” disse poi, sforzandosi di apparire sicuro.

Lily annuì, rimanendo, come una settimana prima in ospedale, colpita dal suo modo di fare.

Ancora una volta sentì che quelle due semplici parole, quel “Lo so.” detto a mezza voce, contenevano in sé molto di più.

Mi dispiace.”

Lo so.”

Per due volte avevano avuto la stessa conversazione e per due volte entrambi si allontanarono sentendo che in quelle due semplici parole c'era molto di più.


“Che ci fa lei qui?” ringhiò Sirius, rivolgendosi a Remus.

Lui, Remus e Peter stavano qualche metro dietro a James e alla signora Potter, insieme al Alphard Black, lo zio di Sirius.

“Le ho scritto io.” rispose calmo Remus.

“Non doveva venire. James sta male. James è distrutto e non ha bisogno di Lily Evans e dei suoi giudizi. Non oggi.” disse, rabbioso.

Non ce l'aveva con Lily Evans, non davvero. Ci aveva parlato un po', negli ultimi giorni, avevano anche fatto il viaggio di ritorno insieme; non era poi così male, però lei non doveva essere lì quel giorno.

Non doveva e basta. Aveva sempre trattato male James, aveva sempre emesso sentenze su di lui senza sapere niente di James Potter.

Non sapeva quanto James fosse generoso, al punto di condividere con lui la sua famiglia, non sapeva quanto fosse bravo a farti credere che tutto sarebbe andato bene, che ogni cosa si sarebbe risolta, quando tu non avevi un solo motivo per andare avanti.

Non sapeva quanto James fosse capace di farti credere che ce l'avresti fatta, perchè lui aveva fiducia in te.

Non sapeva quanto James fosse noioso e ridicolo e petulante e logorroico e tremendamente rompiballe ( Lunastorta diceva sempre che era una bella sfida, tra lui e James, in fatto a capacità di far innervosire la gente).

Non sapeva quanto James fosse bravo a nascondere ogni sua preoccupazione, solo per non far insospettire chi gli stava attorno.

Non sapeva quanto James fosse testardo, nel volersi arrangiare da solo ad ogni costo.

Non sapeva quanto James avrebbe finto di stare bene, pur di non sentirsi fare domande su suo padre.

Non sapeva quanta fatica avrebbe fatto James per uscirne da solo.

Non lo sapeva. Non lo sapeva e basta. Per questo avrebbe dovuto starne fuori, lei, coi suoi giudizi su tutto e su tutti, lei con la sua perfezione.

Erano affari di James e basta, ergo, erano affari dei Malandrini. Non di Lily Evans.

Remus fece finta di non sentire e, seguito da Peter, incominciò ad avviarsi verso il fondo della chiesa.

Sirius non volle muoversi, ma anzi, proseguiva nello scortare James e sua madre come un 'ombra.

Erano la sua famiglia e quello era il suo posto.

A poco a poco la chiesa si svuotò e i Potter si diressero verso il cimitero, per la tumulazione.

Alcuni dei presenti li seguirono, coloro che erano sempre stati i più intimi.

Mancavano le autorità: salvo il Capo Dipartimento Auror, che poteva considerarsi un amico di Charlus, Dorea non aveva voluto nessuno.

Non voleva curiosi o stampa o rappresentanti del Ministero al funerale di suo marito: era un dolore privato e discreto il loro, il suo, quello di James e quello di Sirius, ovviamente.

Era stata proprio lei a chiedere che fosse Alphard Black e non qualche politicante di turno a tenere l'orazione funebre: Alphard e Charlus erano amici sin dai tempi della scuola, era giusto che fosse qualcuno che aveva avuto la possibilità di conoscere suo marito a parlare.

Uscirono da retro e il piccolo gruppo si avviò verso la fossa che era stata scavata sul lato est del prato, leggermente isolata.

James scortò sua madre proprio davanti alla buca.

Sirius fece per seguirli, ma suo zio lo fermò tenendolo per un braccio.

“No, Sirius. Questo momento deve essere loro.” lo ammonì, serio, Alphard.

“Ma...” protestò il ragazzo.

“No, non è tuo padre.” Alpahrd scandì bene ogni sillaba e, alzando la testa verso di lui, Sirius quasi lo scambiò per suo fratello Orion.

Alto, con i capelli e con gli occhi scuri. Gli bastò però osservare quegli occhi per capire che quello non era il suo severo padre, arido di affetto, ma era suo zio. Il suo buffo, caloroso ed affettuoso zio.

“E' come se lo fosse, zio.” rispose Sirius con rabbia.

“Lo so, ragazzo mio, lo so. Ma lascia che siano solo loro ad affrontare questo momento. E' giusto così.” gli spiegò l'uomo, trattenendo il nipote al suo fianco.

Dorea, notando che il posto alla sua sinistra era vuoto, si voltò, alla ricerca di Sirius.

Sirius incrociò gli occhi di Dorea e scosse la testa, facendosi rispettosamente indietro.

La signora Potter tra le lacrime gli sorrise e annuì.

“Mi aveva detto di badare a James, una volta.” sussurrò Sirius, amaramente, allo zio.

Charlus in quei quasi due anni era stato un padre: l'aveva rimproverato duramente quando necessario e l'aveva incoraggiato ogni volta che lo vedesse troppo pensieroso.

Ogni settimana i Potter scrivevano a James. Da due anni a quella parte arrivavano due lettere ad Hogwarts: una era anche per lui e Sirius sorrise, ripensando a tutte quelle volte che lui e James non avevano risposto o che mandavano indietro pezzetti di pergamena strappati e bruciati, così, tanto per far sapere di essere ancora vivi o, come diceva James:

“Avvisiamoli che io non mi sono ancora spaccato l'osso del collo con la scopa e che il tuo fan club non ti ha ancora ucciso.”

“Ti voleva bene, Sirius, e sapeva quanto tenessi a James.” commentò Alpahard.

“Finirà questa guerra, zio?” chiese

“Temo che debba ancora cominciare, Sirius.” fu la risposta di Alphard.

“Allora ci troverà pronti a combattere.”giurò Sirius, stringendo i pugni, con rabbia.



Suo padre.

Quella bara di legno, quella tomba apparteneva a suo padre.

James aveva continuato a ripeterselo per tutta la funzione.

Chiuso in quella cassa di legno c'era suo padre: ma com'era possibile se lui ancora si ricordava il suo ghigno divertito (lo stesso che Dorea era solita dire appartenesse anche a lui, quando era sul punto di confessare una “Malandrinata”), se ancora ricordava il tono scocciato con cui era solito ripetergli:

Basta scompigliarti quei capelli, James!

Non l'avrebbe più sentito.

Non l'avrebbe più sgridato o difeso quando sua madre incominciava ad urlare, tirando fuori tutto quello che James aveva combinato negli ultimi sei mesi.

Non si sarebbe messo più a ridere quando sua madre minacciava di sbatterlo fuori, se non si decideva a rendere presentabile quell'ammasso di cose accatastate che lui osava definire camera.

Non avrebbe più detto:

Avanti, James, obbedisci a tua madre.”

dopo essere stato minacciato anche lui, se non tentava di aiutarla ad infilare un po' di sale nella zucca di suo figlio.

Aveva perso.

Per la prima volta nella sua vita, James, si sentiva di aver perso. Il suo tanto osannato intuito, la sua innata capacità di mettersi nei guai e poi di tirarsi fuori, quella volta non avevano funzionato.

Aveva perso.

Si accorse che sua madre stava cercando Sirius: James si era immaginato che anche lui sarebbe stato lì, quando... quando l'avrebbero fatto. Invece, quando vide l'amico scuotere la testa in segno di diniego, si ritrovò sollevato.

Quel momento doveva affrontarlo da solo.

E avrebbe dovuto uscirne, anche, prima o poi, ma come poteva se ricordava che le ultime parole che aveva detto suo padre erano state:

E va' al diavolo!”

prima di andarsene sbattendo la porta.

Le ultime parole che aveva detto erano state per cacciarlo, per mandarlo via, per dirgli che lui non aveva capito niente.

Che razza di figlio era?

Che razza di figlio era quello che per partito preso, per una insulsa questione di principio non risponde nemmeno alla lettera d'auguri, ringraziando per il magnifico regalo di compleanno, solo perchè:

E' uno sciocco tentativo di farsi perdonare.” come l'aveva definito la settimana prima.

Perchè è naturale che un padre ami incondizionatamente il proprio figlio, anche quando questo urla per testimoniare le sue ragioni.

Perchè, in fondo, è solo una questione di punti vista: io la penso così, mio padre la pensa in un altro modo, ma comunque ho ragione io, perchè, tanto, la verità è relativa. Quello che è bene per me non lo è per te.

Pazienza.

E va' al diavolo!”

Lui era quel figlio che urlava “Va' al diavolo!” con rabbia.

James strinse con rabbia la mano di sua madre, mentre le lacrime iniziavano a rigargli il volto.









Ok, eccomi qui.

Non sono particolarmente convinta di come ho descritto i pensieri di James, però, credo di riuscire ad approfondire meglio nei prossimi capitoli. Credo che sia chiaro tuttavia, che James vuole uscirne da solo, affrontare la cosa da solo.

Vi ringrazio ancora una volta tutti quanti. A presto.

PrincessMaruaders: apriamo un'agenzia di ricerca di Remus Lupin? Da qualche parte dovranno pur esistere, accidenti! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che non ti sia risultata oscena la ripetizione del dialogo tra Lily e James.

Alohomora: ho riflettuto molto sulla sorte di Charlus, non ne ero sicura che questa fosse la cosa migliore e, alla fine, è andata così. Spero di non aver sbagliato. In particolare, mi auguro di riuscire a gestire i sentimenti di James e Sirius.

Purepura:mi odi per la fine che ho fatto fare a Charlus? Ok, sappi che mi disprezzo da sola: mi stava parecchio simpatico, Charlus.

Sai, io individuo due “categorie” di Mangiamorte: quelli un po' più grandi, che si sono uniti a Voldemort da “adulti”, non credo che considerassero lo sterminio di Mezzosangue, Sanguesporco e Babbani una priorità. Anzi, credo che gliene fregasse ben poco di tutto ciò. Penso che fossero molto più attratti dal potere e dai vantaggi che sarebbero derivati se Voldemort avesse conquistato il Mondo Magico. Credo che Voldemort stesso usasse questa della purezza di sangue come una sorta di scusa, per far leva sulle coscienze e raccogliere consensi, soprattutto tra i più giovani. I ragazzini come Regulus o come forse altri coetanei dei Malandrini, rimanevano senz'altro affascinati da questi discorsi e forse è stata la Causa il motivo principale che li ha portati ad unirsi ai Mangiamorte.

Spero di poter approfondire questo aspetto.

Ayumi Yoshida:temevo di averti perso! Grazie, grazie per la magnifica recensione! Non so che cosa risponderti, davvero... sai, mi imbarazzano molto i complimenti.

Io ci provo, a renderli reali questi personaggi e spero di riuscirci. Spero di trasmettere quello che sentono, non so se ci riesco sempre, ma ci provo.

Forse, quella con cui ci riesco di più è Lily, forse, è più semplice immedesimarsi in lei e nei suoi pensieri.

Quanto a James, il vero James deve ancora venire fuori e farsi strada piano piano, arrampicandosi, arrabbiandosi e avvicinandosi a Lily. Forse, quello che gli è successo lo aiuterà a venire fuori.

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Capitolo 14
*** Tredicesimo Capitolo ***



I see the course we're on
Spinning farther from what I know
I'll hold on *



*Vedo il percorso su cui siamo

precipitando lontano da quello che conosco

Resisterò


TREDICESIMO CAPITOLO


Fine Aprile 1977


La campanella trillò, segnando la fine di un'altra interminabile giornata.

Il professor Kettleburn congedò la classe richiamando l'attenzione sul compito per la lezione successiva, un tema sulle proprietà curative delle lacrime d'unicorno.

James gettò un'occhiata veloce ai suoi tre amici: notò Sirius guardare per aria, rammentando a Remus di segnarsi bene tutte le indicazioni per il compito, Remus rimproverarlo istericamente e Peter scrivere affannosamente sulla sua agenda tutto ciò che stava dicendo il professore.

A Peter piaceva veramente tanto Cura delle Creature Magiche ed era bravino, soprattutto nella parte teorica, sapeva infatti tantissime cose che loro tre ignoravano sugli Animali Fantastici e, persino nella pratica si dimostrava portato, a meno che a Kettleburn non saltasse in mente di portare a lezione strani incroci pericolosi, come quando aveva avuto la brillante idea, l'anno prima, di far fare la conoscenza del suo illegale esemplare di Manticora incrociata con uno Schiopodo.

James si mise poi a fissare il cielo: aria secca, cielo terso e giornate finalmente un po' più lunghe.

Quella sera sarebbe stata perfetta per l'allenamento di Quidditch.

Quidditch... ormai gli era rimasto solo quello. Il Quidditch e gli amici, quelli no, non se ne sarebbero mai andati.

“Ehi! James! Dove stai andando? Aspettaci!” gli gridò Peter.

“Ho l'allenamento, Codaliscia, devo andare, voi fate pure con calma!” rispose, salutandoli con la mano e camminando in direzione del castello quando il resto della classe era ancora accalcato sul prato dove c'era stata la lezione sino a pochi minuti prima.

Peter sospirò. Ultimamente James aveva sempre l'allenamento o i compiti da fare o una cosa da sistemare.

Da solo.

Sirius e Remus interruppero immediatamente il loro battibecco e, assieme a Peter presero a fissare James che camminava solitario.

“Io non ce la faccio più.” disse Sirius, interrompendo il silenzio.

Peter lo guardò con aria interrogativa e Remus inarcò il sopracciglio, in attesa che continuasse.

“Non ce la faccio più a vedere James così. Non è più lui. E' da quando siamo tornati a scuola che non parla con nessuno, che sparisce appena può, che finge che vada tutto bene.”

Peter abbassò la testa. Remus era sul punto di dire qualcosa, ma non riuscì a pronunciare parola.

Era stanco a lui di vedere James così. Ma cosa potevano fare? Non lo potevano certo costringere a parlare o a passare del tempo con loro.

Sirius grugnì qualcos'altro, ma né Remus né Peter lo ascoltarono, iniziando invece ad avviarsi verso il castello.




James rientrò al castello ed evitando i corridoi più frequentati, tornò in dormitorio.

C'era già troppa gente ad occupare la Sala Comune, per i suoi gusti. Gente che, pensava, avrebbe potuto trovare un altro posto in cui studiare, come la Biblioteca o aule vuote, anziché starsene lì seduti a controllare morbosamente chi entrava o usciva dalla torre.

Salì nella sua stanza e si diresse verso il suo baule, dal quale tirò fuori la divisa di Quidditch per l'allenamento di quella sera.

Grandi chiazze tra il verdastro e il marroncino la sporcavano, testimoni silenziose del suo solitario allenamento della sera prima.

Si rendeva conto di essere esagerato, di essere diventato fanatico, continuando a fissare allenamenti su allenamenti ad orari sempre più improbabili. Era consapevole anche del fatto che la squadra non l'avrebbe tollerato per molto, ma, se non altro, quello era un buon modo per non pensare.

Quando giocava a Quidditch nessuno poteva chiedergli come stava.

Nessuno poteva avvicinarlo per porgergli le sue condoglianze o offrigli il suo sostegno.

E James non voleva il sostegno di nessuno. Se la sarebbe cavato da solo anche perchè erano affari suoi e basta.

Indossò la divisa, afferrò la sua scopa dal baule e tornò di sotto. Nessuno dei suoi compagni di squadra si trovava in Sala Comune già pronto per l'allenamento, anzi, James si ritrovò ad essere fissato dai ragazzi lì presenti.

Senza degnare nessuno di uno sguardo, attraversò il buco del ritratto e si diresse al campo. Avrebbe aspettato lì che la squadra lo raggiungesse.

Attraversò il castello e il parco e raggiunse lo stadio.

Era vuoto, come ci si poteva aspettare. Le torri che sostenevano gli spalti si innalzavano solitarie, rendendo anche un lievemente inquietante l'atmosfera, dal momento che il cielo si stava rannuvolando.

James, con la sua scopa in mano, sembrava un minuscolo puntino rosso- oro sul prato.

Inforcò la scopa e si sollevò in volo, provando, ancora una volta, la stessa sensazione di libertà che aveva provato la prima volta.


27 Marzo 1968

Allora è davvero senza incantesimi frenanti? E' davvero una scopa di quelle vere? Una di quelle da grandi?”

James saltellava per il giardino, eccitato, facendosi arruffare i capelli ancora di più e quasi perdendo gli occhiali, a furia di saltelli e stringendo la sua nuova scopa, una Tornado dell'ultimo modello.

Papà! Allora ti muovi?”

Sono qui, James!” Charlus Potter era sbucato fuori dalla rimessa, ridendo.

Allora io vado, eh!” aveva esclamato James, inforcando la scopa e volando, per la prima volta, davvero in alto.

Quella scopa non aveva limiti di velocità, non aveva incantesimi frenanti e limiti d'altezza. Era una scopa vera. E cavalcarla faceva stare bene, faceva essere liberi.


“Papà, non ti mai detto grazie.”

Una virata e poi un'altra, nell'aria, nel vento, sino a non capirci più niente.

Io vorrei solo che mio figlio fosse d'esempio ai compagni in un momento come questo. Vorrei che sapesse distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile.”

E va' al diavolo!”

“Papà, non ti ho mai chiesto scusa. Non ho fatto in tempo.”

La velocità era sempre più alta, il sangue gli stava andando alla testa e James per un istante desiderò davvero perdersi.

Quei bastardi... tutta colpa loro. Loro e le loro folli idee.

Se non fosse stato per loro, suo padre sarebbe stato ancora a casa, in attesa di ricevere le sue lettere, ansioso di sapere se anche quell'anno la Coppa del Quidditch sarebbe stata di Grifondoro e di sapere quante centinaia di punti lui e Sirius avevano fatto perdere alla Casa.

Glielo avevano portato via.

“Ciò non toglie che non abbia potuto chiederti scusa, papà.” pensò, amaro.

“Ehi, Capitano, che ci fai quassù?” Theodore Vaughn, Cacciatore, gli si era affiancato, mentre il resto della squadra attendeva istruzioni dal bordo campo.

“Scusami, Theo, vi stavo aspettando e non vi ho sentiti arrivare.”si scusò James, ancora immerso in altri pensieri.

“Nessun problema. Ora, cominciamo?” propose, eccitato, Theodore, era al quarto anno ed aveva una vera e propria venerazione per il suo Capitano.

James annuì, riportandosi a terra ed iniziando ad impartire indicazioni, pur con la spiacevole sensazione che nulla lo potesse distogliere da quello che aveva in testa.



Lily stava studiando in Biblioteca, o meglio, stava sudando e si stava annoiando su una versione di Antiche Rune. Era già ora di cena, la maggior parte della scuola si era già riversata in Sala Grande e Lily non vedeva l'ora di finire: aveva fame ed era rimasta d'accordo con Remus che si sarebbero visti a cena. Peccato che la versione non fosse d'accordo.

“Ciao Lily.”

Lily sobbalzò, non era abituata ad essere chiamata da qualcuno in Biblioteca.

Si girò per controllare chi fosse, anche se sapeva perfettamente a chi appartenesse quella voce.

Non era più la voce squillante a cui era abituata, era un tono sommesso e delicato quello che aveva accompagnato il saluto.

“Ciao James.”

“Tutto bene?” si informò, più per cordialità che per voglia di proseguire la conversazione James, appoggiato allo schienale della sedia di fianco a quella in cui sedeva Lily.

“Sì, sì, tutto normale. Tu? Stavo facendo la versione di Antiche Rune.” rispose Lily, mostrando il vocabolario aperto e con mille pezzi di pergamena infilati a far da segnalibro, il foglio già scritto a metà e il testo da tradurre con i verbi sottolineati ed uniti al soggetto da una freccia.

“Oh, Antiche Rune... me n'ero dimenticato, della versione. Sono un po' distratto, ultimamente.” James abbozzò un sorriso, si scompigliò i capelli e tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia.

Lily non sapeva cosa replicare. Era ovvio che James avesse altri pensieri per la testa.

“Non sei andata a cena?” chiese James, ad un tratto.

La Biblioteca era vuota, eccetto loro due e Madama Pince che li fissava astiosa appollaiata alla sua scrivania.

“Volevo cercare di finire la versione, prima. Credo di fare in tempo, a mangiare qualcosa. Mezz'ora e dovrebbe chiudere, anche se dubito che riuscirò a finire di tradurre.” spiegò Lily.

“Dove sei arrivata?”

“Sono a metà, circa, mi sa tanto che dovrò continuare in camera.” sospirò Lily.

“Tu, invece, come mai non sei andato a cena?”

“Avevo gli allenamenti di Quidditch.” rispose James, alzando le spalle.

Lily sapeva da Remus che James passava gran parte del suo tempo sul campo da Quidditch, in sella alla sua scopa, anche da solo.

Solitamente gli allenamenti finivano in tempo per l'ora di cena e Lily immaginò che lui fosse rimasto da solo a volare.

Rimasero in silenzio per un po', sino a quando James non disse.

“E' un genitivo partitivo, qui. Non una specificazione.” indicò una riga della traduzione di Lily.

Lily si affrettò a controllare, rileggendo tra sé la frase.

“Oh, è vero. Ecco perchè non quadrava. Grazie.”

“Figurati.” sorrise James, desideroso di andarsene, per essere lasciato solo con se stesso ma allo stesso tempo affascinato dalla prima conversazione che stava avendo con Lily Evans.

Rimasero così per qualche istante, incerti su cosa dirsi, senza capire bene se dovevano salutarsi oppure no.

Lily iniziò a raccogliere le sue cose e ad infilarle nella borsa e James non si mosse. Rimase lì a guardarle mentre ordinava i libri nella tracolla.

Attese che Lily finisse e la seguì fuori dalla Biblioteca, fino al corridoio.

“Bè, allora ci vediamo in giro, Lily.” salutò James, prendendo la direzione opposta alla sua.

“Sì... ci vediamo.”

Lo vide allontanarsi e, istintivamente, lo chiamò:

“James!”

Il ragazzo si voltò, facendo qualche passo indietro e tornandole di fronte.

“Spero che vinciate, domenica.”

James sorrise per ringraziare.

“Non sapevo che seguissi il Quidditch. O che comunque te ne importasse qualcosa.”

Lily avvampò e balbettò una risposta.

“Oh.. bè, in realtà vengo a tutte le partite. Sai, è un po' difficile non interessarsene quando sei cresciuta con un padre tifoso del Manchester United.”

Lily si rese conto solo dopo aver parlato che, forse, citare suo padre davanti a James Potter, non era proprio opportuno.

“Scusa, James, non volevo. Scusami.” si affrettò a dire.

James si era irrigidito, sentendo parlare Lily di suo padre, non poteva farci niente. Però, non era colpa di Lily Evans se lui un padre non ce l'aveva più.

“Non devi scusarti, non è colpa tua.”

Non era colpa di Lily, era colpa di quei bastardi.

Lily non rispose, abbassò solo la testa.

“Forse non dovevo dirtelo comunque.” disse, infine.

“Non è colpa tua. Allora, allora ci si vede domani, Lily.” ribadì James, sentendo che era ora di andare.

“A domani, James.” sussurrò Lily.




Remus, Sirius e Peter stavano cenando in Sala Grande. In verità, stavano cercando di allungare il più possibile la cena, nella speranza che James si presentasse, anziché aspettare di passare in cucina dopo cena, mangiando da solo con la compagnia di una ventina di Elfi ossequianti.

“Non verrà neanche stasera.” disse Remus, pulendosi la bocca con il tovagliolo.

“Non vuole domande.” aggiunse, poi.

“Si riprenderà. E' James. Si rialza sempre.” commentò Peter, che pure sentiva che qualcosa gli stava sfuggendo, che pure aveva compreso che quella volta James non si sarebbe rialzato così in fretta.

Sirius non sembrava stesse ascoltando, anzi, fissava con occhi vuoti il tavolo di Serpeverde.

Come sta tuo fratello?” le parole di zio Alphard suonavano come una condanna. Una condanna a parlare.

Eppure, Sirius dovette ammettere che lo zio aveva visto là dove lui si ostinava a non voler guardare: aveva capito che Sirius aveva bisogno di dirlo a qualcuno, qualcuno, però, che potesse capire. Che potesse capire davvero cosa significava essere un Black, essere un Black sbagliato, perdere un pezzo di sé.

Qualcuno che potesse anche dirgli, dall'alto della sua esperienza, che cosa sarebbe stato giusto fare, qualcuno che gli dicesse che non era lui, quello sbagliato.

Sirius abbassò lo sguardo, tornando a fissare il pavimento.

Erano ancora a Godric's Hollow, a casa di James. Sirius ci sarebbe rimasto fino alla fine delle vacanze e Dorea aveva insistito perchè si fermasse anche Alphard, il quale però, pur promettendo che sarebbe passato ogni giorno, aveva ritenuto più opportuno tornare nella sua casa immersa nelle nebbie dello Yorkshire.

Sono preoccupato, zio. La gente con cui gira...le idee che ha in testa.- rise- Il perfetto figlio di Walburga Black.”

Zio Alphard scosse la testa. Sua sorella Walburga, un'ottima persona se avevi la fortuna di pensarla come lei.

Se solo suo cugino Orion avesse badato un po' meno agli affari e un po' di più ai suoi figli, forse, tante cose si sarebbero potute evitare.

Forse, Sirius sarebbe stato ancora a casa, forse Regulus non sarebbe stato sul punto di unirsi ai Mangiamorte.

Orion non era una cattiva persona, non del tutto, almeno. Era semplicemente il perfetto Purosangue, che perpetrava le convinzioni della tradizione nella sua famiglia.

Come tutti i Purosangue era convinto di essere superiore, era certo che essere un Black lo rendesse migliore di ogni altra persona, ma non era fanatico come sua moglie.

Le sue uniche colpe erano quelle di rappresentare le convinzioni dell'elite e di essere fermamente convinto che nulla potesse essere cambiato. Certo, forse, nel mestiere di padre non eccelleva tanto quanto negli affari, ma semplicemente perchè a lui non interessava essere padre.

Aveva fatto il suo dovere, si era sposato ed aveva dato i natali a due rampolli Purosangue che avrebbero perpetrato la dinastia, ma non era interessato a partite di Quidditch nei boschi o a battaglie di solletico sul letto o a conoscere ogni singolo dettaglio della vita dei figli.

A lui era sufficiente che sapessero come comportarsi, che non lo facessero sfigurare e che i loro voti a scuola fossero decenti, per il resto, c'era Walburga. L'educazione era un suo compito.

E i risultati si erano visti.

Avrebbe potuto schierarsi in difesa di Sirius, se avesse voluto, se avesse anche solo provato a conoscere suo figlio, anziché disinteressarsene completamente.

Orion non era uno sciocco e, conoscendolo, si stava già rendendo conto da solo di quello che stava succedendo, non si trattava di ridare il Mondo Magico ai Purosangue, c'era molto di più in gioco.

Se avesse voluto, avrebbe potuto fermare Regulus.

Il suo onore non avrebbe potuto sopportare di perdere un altro figlio.

Hai parlato con lui?” domandò a Sirius, pur conoscendo già la risposta.

Sì. E abbiamo finito per litigare. Zio, finirà male, lo sento. Bisogna tirarlo fuori. E' solo un ragazzino.”

Lo so, Sirius, lo so. E' solo un ragazzino ubriaco di idee che nemmeno capisce fino in fondo.”

Proverai a fare qualcosa?”

Alphard annuì, alzandosi in piedi e sedendo accanto al nipote.

Certo, Sirius, gli scriverò. Gli dirò che,se vuole, potrà venire a stare da me, così come hai fatto tu. Penserò io a voi. A te, a lui, ad Andromeda. Temo solo una cosa: che lui non abbia la minima intenzione di abbandonare tutto. Temo che sia convinto di essere dalla parte della ragione. Temo che voglia continuare, andare avanti, sino a quando non sarà troppo tardi per tornare indietro.” disse zio Alphard, grave.

Regulus era sempre stato diverso da Sirius: di aspetto gracile e fragile lo era anche nella personalità. Non aveva nulla dell'orgoglio, dell'irrequietezza, della parlantina e del coraggio di Sirius.

Se possibile, aveva anche ben poco in comune con i Black: certo, rispecchiava perfettamente le idee che sua madre gli aveva messo in testa, le idee di famiglia, per così dire, tuttavia, era molto più Black il modo di fare di Sirius che non quello del docile Regulus.

Regulus era stato un bambino timido e silenzioso, contrariamente a Sirius, che faticava a sottostare ai rigidi standard di comportamento imposti dal rango sociale dei Black.

Era diventato un adolescente schivo ed introverso, plasmato dalle vetuste idee sulla purezza del sangue tanto care alla sua famiglia. Tanto care a sua nipote Bellatrix.

Ognuno è responsabile delle sue scelte.” sussurrò Sirius

Sì,ognuno è responsabile delle sue scelte, Sirius. Purtroppo temo che Regulus abbia già scelto la sua strada.”osservò Alphard.

Non l'ha scelta!- gracchiò Sirius- Non l'ha scelta, gliel'hanno imposta! Convive con quelle idee da quando è nato. L'hanno rovinato! Si è bevuto tutte quelle storie che gli raccontano la mamma e Bellatrix!”

Sirius!” lo ammonì suo zio, intimandogli di tacere.

Ma è vero, zio! L'hanno plasmato!”

Ti ricordi com'eri tu prima di andare ad Hogwarts?” chiese Alphard, senza distogliere lo sguardo dal nipote.

Che c'entra questo?” ribattè Sirius, aggrottando le sopracciglia, confuso.

Ti ho chiesto- ripetè Alphard- se ti ricordi com'eri tu prima di andare ad Hogwarts.”

Lui sì, se lo ricordava.

Ricordava un bambino desideroso di parlare, di giocare, di raccontare, un bambino a cui appena era concesso di sfuggire all'occhio vigile di sua madre, correva e saltava ed urlava così come avrebbe dovuto fare un bambino della sua età.

Ricordava un bambino che faticava a presenziare alle lunghe cene di famiglia, ma che si era imparato a memoria le regole del galateo e che consigliava Regulus, perchè afferrasse la forchetta giusta e non quella da dolce, perchè non confondesse il bicchiere dell'acqua con quello del vino.

Ricordava un bambino introverso e all'apparenza scontroso, che si era trasformato nel ragazzo che aveva di fronte, non ancora privo di quei due tratti di carattere.

Ricordava soprattutto un bambino che desiderava più d'ogni altra cosa attirare su di sé l'attenzione dei suoi genitori perchè, per una volta, suo padre alzasse gli occhi dai suoi documenti e sua madre smettesse di rimproverarlo per una scarpa allacciata, ma dicesse “Bravo, Sirius.”

Un bambino che voleva solo sentirsi amato ed apprezzato, come tutti bambini, del resto.

Ci credevo.- disse Sirius, in un soffio- Ero come loro. Pensavo avessero ragione.”

Non esattamente.” lo contraddisse lo zio.

Ci credevi, Sirius, è vero. Ma non lo facevi perchè conoscessi perfettamente la differenza tra Purosangue e Babbani, non perchè il mantenere puro il tuo sangue fosse il tuo primo pensiero. Ci credevi semplicemente perchè eri vissuto in quel mondo, perchè quelle idee avevano fatto parte di te per undici anni e non pensavi che la si potesse pensare diversamente. Per te era normale ascoltare quei discorsi. Per te era ovvio che tutte le famiglie di Maghi temessero il contagio.”

Ho preso James per matto, quando mi ha detto che a casa sua non erano mai stati fatti discorsi di questo tipo e che, anzi, suo padre era fissato con i manufatti Babbani. E speravo di finire anch'io a Serpeverde. Quanto ho maledetto quel cappellaccio rattrappito!” sorrise Sirius.

Stava cercando di metterla sul ridere, ma i primi tempi ad Hogwarts non erano stati semplici.

Quando aveva sentito il Cappello Parlante dirgli che lui era diverso, che avrebbe potuto fare tanto, che, avrebbe trovato una famiglia, che era un Grifondoro, il mondo gli era crollato letteralmente addosso.

Nessuno gli avrebbe mai detto “Siamo fieri di te, Sirius. Ci hai reso così orgogliosi!”

Quando tutti il giorno dopo avevano ricevuto lettere da genitori entusiasti per l'esito dello smistamento, lui aveva ricevuto un freddo biglietto.

Se le ricordava ancora, quelle parole.

Cosa ti è saltato in testa, Sirius?

Cercheremo di farti spostare. Non puoi stare lì.”

Il tutto accompagnato dagli urletti isterici di un James Potter undicenne e particolarmente rompiscatole ed eccitato da qualsiasi cosa vedesse.

Lo vedi Sirius? Sei andato ad Hogwarts, ti sei confrontato con un altra realtà, con la vera realtà. Hai conosciuto altre persone, ti sei fatto idee tue. Hai scelto. E così ha fatto anche tuo fratello. Ha scelto, Sirius. Non sta seguendo nessuno. Ha scelto. Temo proprio che non sia possibile fargli cambiare idea, ha scelto e ciascuno di noi è responsabile delle sue scelte.” concluse Alphard.


Lo zio aveva ragione. Sirius sapeva che era così. Aveva ragione, eppure, osservare Regulus camminare per i corridoi, mangiare al tavolo di Serpeverde senza fare niente, non era semplice.

Sirius scaraventò le posate sul piatto con tanta violenza da far traballare anche il bicchiere e poi si alzò.

“Sirius, ma che ti prende?” chiese Remus, osservando corrucciato la goccia d'olio schizzata dal piatto di Sirius che stava dando origine ad un'enorme macchia circolare sui suoi pantaloni.

“Scusa, Lunastorta. Non ho più fame. Vado a farmi un giro. Ci vediamo dopo.” rispose Sirius, vago.

“A dopo.” risposero Peter e Remus, guardandosi, prima di tornare a mangiare, in silenzio.

Remus era stanco.

Stanco non solo perchè la luna piena si avvicinava, mancavano ancora cinque giorni. Era stanco di dover rimettere insieme i pezzi.

Stanco di vedere che tutto sembrava sul punto di sfasciarsi.

James, che ormai trovava ogni scusa possibile pur di stare da solo.

Sirius, che provava a stare vicino a James, ma che soffriva quanto e forse più di lui per aver perso non solo la persona più simile ad un padre che avesse conosciuto, ma anche un fratello.

C'era in tutto quello una sorta di curiosa ironia: James era il primo a volersi accollare anche i problemi degli altri, ma per risolvere i suoi voleva essere lasciato solo.

Sospirò pesantemente e scosse la testa.

Nel frattempo, senza che lui se ne accorgesse, Lily Evans gli si era seduta a fianco, nel posto lasciato libero da Sirius.

“Buonasera a tutti e due.” li salutò.

“Ciao Lily.” rispose, mesto, Peter.

“Oh, Lily, scusa. Non ti ho sentita arrivare.” Remus si riscosse, volgendosi verso l'amica. Non credeva che lei sarebbe venuta davvero. Era ancora piuttosto restia all'idea di cenare o pranzare con loro quattro. Anche se era qualche settimana che non erano più in quattro.

“Va tutto bene, Remus?” chiese, insospettendosi. Remus aveva una faccia stravolta.

“Va.” rispose lui e Peter annuì, per confermare che sì, la vita andava avanti, ma non andava bene.

“Ho incontrato James prima.” disse Lily

“Come l'hai visto?” cinguettò Peter, pur conoscendo già la risposta.

“Credo che lo sappiate meglio di me, come sta.” rispose Lily.

Stentava a riconoscere James Potter nel ragazzo che aveva visto da quando erano riprese le lezioni.

Solitario, silenzioso, studioso e non più circondato da gente, accompagnato dall'inseparabile Sirius Black, chiacchierone ed impertinente.

Era più che comprensibile che non fosse il solito James, però, tutto quello la portava, seppur con un po' di vergogna, a porsi ulteriori domande su James Potter.

Era la classica persona che non riusciva proprio a catalogare: un momento era in un modo e il momento dopo l'opposto. Non bastavano pochi giorni a cancellare degli anni, non era possibile, eppure Lily ebbe la spiacevole sensazione che la vita sua e quella di James Potter avrebbero continuato ad entrare prepotentemente in contatto, senza che entrambi facessero qualcosa perchè accadesse.



“Ehi.” disse Sirius, aprendo la porta, rivolgendosi a James, steso sul suo letto.

“Ehi.” rispose James, senza muoversi.

Sirius si buttò sul letto, provocando un sonoro tonfo che, in altre occasioni, avrebbe probabilmente fatto scoppiare fragorosamente a ridere James ed indignare Remus.

Quella volta però non successe.



Capitolo terminato e poco convincente, almeno per me.

Vi ringrazio tutti quanti e vorrei dirvi che ho provato a realizzare una sorta di trailer per questa storia lo trovate qui: http://www.youtube.com/watch?v=J31nU1eVzMA

La canzone è “Say it's Possible” di Terra Naomi. Cercatene il testo, se potete, trovo che sia perfetta per l'atmosfera che sto descrivendo.

Alohomora: Lily e Sirius diventeranno ottimi amici, hanno solo bisogno di rodaggio. In fondo, Lily sarà la mascotte dei Malandrini, il membro onorario del gruppo!

Purepura: forse la morte di suo padre aiuterà James a tirare fuori il meglio di sé e a diventare quello che sappiamo è stato. Spero che l'incontro tra Lily e James ti sia piaciuto, si troveranno ad incontrarsi molto spesso, d'ora in poi, pur senza cercarsi troppo.

Ps: guarda lo stesso il trailer, che ho aggiunto qualcosa e grazie mille anche per il commento su youtube.

PrincessMarauders:Petunia è insopportabile per partito preso, direi, tuttavia io credo che lei cercasse davvero di fare il meglio per Lily: voglio dire, sono convinta della buona fede con cui ha chiesto a Lily di tornare a casa, di abbandonare quel mondo che l'ha allontanata così tanto da lei e che la sta facendo soffrire. Inizialmente penso che la volesse proteggere. Poi, il rapporto è degenerato, anche se credo che Petunia abbia sempre avuto la convinzione che, se Lily l'avesse ascoltata, sarebbe stata ancora viva.


Infine, grazie a Bellis per il betaggio e consigli continui.

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Capitolo 15
*** Quattordicesimo capitolo ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO





Maggio 1977

Cimitero di Godric's Hollow


Dorea Potter, inginocchiata sulla tomba del marito, trattenendo a stento le lacrime, che già erano scese copiose a bagnarle la veste scura, ripassava col dito i contorni delle lettere scolpite sul marmo.

CHARLUS EMMANUEL POTTER

1918 - 1977

“Che cosa devo fare, Charlus? Che cosa? Da sola non so se ce la faccio... James... James ha così tanto bisogno di te.” singhiozzò la donna, con un tono così basso da essere quasi impercettibile, inudibile a tutti i pochi visitatori che popolavano il cimitero in quella fredda mattinata di primavera.

Inascoltabile per tutti, tranne che per l'uomo che si stava nascondendo dietro una alta quercia.

Alphard Black fece qualche passo in avanti: erano giorni che spiava le mosse di Dorea. Da quando Charlus era mancato, non passava giornata senza che lui non facesse un salto a Godric' s Hollow: inizialmente aveva motivato le sue visite con delle commissioni da sbrigare, poi aveva semplicemente smesso di giustificarsi di fronte a Dorea.

Si presentava a casa sua, cercando di riempire quel vuoto che era comparso nella vita della perennemente affaccendata Dorea con la sua presenza amica e famigliare.

Sebbene non fosse particolarmente credente, anzi, si dichiarasse sostanzialmente agnostico, e provasse ancora più scetticismo nei confronti di un discorso rivolto ad una lapide o nell'utilità di una visita al cimitero, ogni mattina accompagnava Dorea Potter al cimitero.

I primi giorni Dorea lo domandava, come se dovesse quasi ottenere il suo permesso per potersi recare alla tomba del marito, in seguito era diventata una silenziosa abitudine.

Pertanto, non appena Alphard metteva piede in casa, rapida, Dorea afferrava il mantello che ancora serviva a ripararsi dal vento mattutino e, senza parlare, si mettevano in marcia per il cimitero.

Alphard aveva provato a ripetersi più e più volte i versi “Dei Sepolcri” di Foscolo, secondo il quale ( e a ragione, sosteneva Alphard) la tomba fosse l'unica forma di immortalità possibile.

Attraverso di essa ed attraverso il perpetuo e continuo ricordo dei vivi si aveva garanzia d'immortalità. Ad ogni modo, a trarre giovamento da questo, secondo il Foscolo, erano solo e soltanto i vivi che si illudevano così di avere ancora con sé il caro ormai estinto.

Fino ad un mese prima, Alphard Black avrebbe concordato con Foscolo anche su quest'ultimo punto, ora però non era affatto convinto.

Sinceramente, trovava pericoloso e dannoso il morboso attaccamento che Dorea mostrava per la tomba di Charlus, quasi che essa potesse ridarle l'amato marito.

Era pericoloso per lei, che si sarebbe poco a poco annullata; era pericoloso per James e per Sirius che contavano su di lei.

“Forse dovresti cominciare a smetterla di venire qui, Dorea.” disse Alpahrd, grave.

Dorea si voltò verso di lui.

“Cosa vuoi saperne tu, Alphard?” ribattè, sprezzante, alzandosi.

“Era il mio migliore amico, Dorea. So cosa vuol dire perderlo.” Alphard fissò intensamente le lettere scolpite nel marmo.

Negli ultimi anni non si erano visti molto spesso, in verità. Lui passava gran parte del suo tempo lontano dalla Gran Bretagna, in giro per il mondo, con la scusa di occuparsi degli affari di famiglia, insaziabile e famelico com'era di conoscenza e di colori e sapori del mondo.

Ma, a prescindere da questo, ad allontanarli l'uno dall'altro oltre all'implacabile tempo che muta tutti i rapporti, erano stata la diametralmente opposta scelta di vita che avevano intrapreso.

Alphard non si era mai sposato, per scelta, nonostante i continui richiami della famiglia a mettere la testa a posto, a comportarsi da Black.

Era andato avanti a vivere la sua vita da scapolo impenitente sino a quando non si era fermato un attimo a pensare: tralasciando i suoi famigliari, sposati più per tradizione che non per vero amore, tutti i suoi vecchi conoscenti arrancavano sempre di più, nell'unirsi a lui in viaggi o divertimenti.

Tutti quanti avevano ormai una famiglia, qualcuno da cui tornare, qualcuno per cui valesse la pena essere a casa ogni sera.

Lui no. Lui aveva se stesso e la sua cultura, nient'altro. Forse solo i suoi nipoti erano note colorate nel grigio della sua vita.

Probabilmente, era stata proprio questa consapevolezza del vuoto e della vacuità della sua vita a farlo impegnare ancora di più nei suoi viaggi e ad allontanarlo da Charlus.

Sentirlo parlare di suo figlio, osservare Dorea che correva da una parte all'altra della casa, ridere delle ginocchia sbucciate di James gli faceva pensare a quello che avrebbe potuto avere e che, per scelta, non aveva voluto avere.

Forse, all'epoca, non era stato abbastanza forte da mollare tutto: in fin dei conti, lui, nonostante tutte le belle ed avventurose storie che raccontava ai suoi nipoti, non aveva mai trovato il coraggio di rinnegare la sua famiglia, anzi, ci era rimasto vigliaccamente attaccato, sino a quando gli era stato possibile sino a quando, la fuga di Andromeda prima e di Sirius poi non l'avevano posto di fronte ad una scelta.

Non aveva costruito ancora nulla che potesse essere definito importante, forse quella era l'occasione giusta per ricominciare da capo, per dare un senso a tutto, per aiutare due ragazzi che stavano solo crescendo troppo in fretta, da soli, lasciati privi di punti di riferimento.

A voler ben vedere, però, il suo amato Sirius non aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di qualcuno che potesse fargli da padre. Qualcuno che sapesse essere padre e, quel qualcuno, non era certo lui. Quel qualcuno era Charlus.

Ed ora, ora che Charlus se n'era andato, era giunto il momento che Alpahrd Black raccogliesse ciò che il suo migliore amico gli aveva lasciato, la sua famiglia, e la traghettasse su sponde più sicure.

Lo doveva a Charlus, lo doveva a se stesso.

“Era mio marito. Forse è un po' diverso.” sentenziò Dorea, sempre più contrariata.

“E' il mio migliore amico, Dorea. So cosa ho perso. E tu, tu, dannazione, sei mia cugina. E non voglio che ti riduca così.”

A Dorea non sfuggì l'utilizzo del presente. Si tirò indietro i riccioli neri che le stavano scendendo sulla fronte.

Alpahrd l'aveva definita “cugina”. Quanto tempo era che non parlava di lei in quei termini?

In realtà, benchè fosse più giovane di lui di due anni, Dorea Black in Potter era zia di Alphard Black.

Sorella di Pollux, padre di Alphard e di Walburga, Dorea Potter poteva vantarsi di essere l'ennesimo esperimento malato nato dallo squilibrato sangue dei Black.

“Mi manca così tanto, Alph. Non so come potrei andare avanti, senza di lui.”

Alphard le si avvicinò e guardandola negli occhi, rivide la stessa espressione impaurita del suo primo giorno ad Hogwarts, quando, ad undici anni e senza conoscere nessuno, l'aveva assediato di lamentele pur di fare il viaggio con lui.


King's Cross, binario 9 34 , 1 Settembre 1931


Alph, ti prego! Prometto che non ti disturbo, me ne starò zitta zitta! Dai...” una ragazzina di appena undici anni, esaltata per il suo primo giorno ad Hogwarts, scuoteva la chioma di ricci scuri su e già, alternando questo gesto alla storpiatura della manica del ragazzo che la teneva per mano.

Erano appena saliti sul treno, sfuggendo così alle infinite raccomandazioni dei genitori, preoccupati che tenessero alto l'onore di famiglia comportandosi così come ci si aspettava da due giovani Black.

Alphard, giovane Serpeverde che stava per iniziare il suo terzo anno, non ne poteva più: non vedeva l'ora di salire sul treno e di incontrare i suoi compagni, pertanto, quando sua zia Violetta si era finalmente decisa a dare un ultimo bacio alla bambina, Alphard non si fece salutare due volte.

Afferrò il polso della cugina e la trascinò sul treno con sé.

Trovati uno scompartimento come fanno tutti, Dors, potresti fare amicizia con quelli del tuo anno già prima dello Smistamento.” sbuffò Alphard, spalancando con la mano libera la porta di un vagone ancora semivuoto.

Hai sentito cosa ti hanno detto la mamma e la zia! Ti hanno detto di badare a me, quindi, io da qui non mi muovo!”protestò Dorea, imbronciata, incrociando le braccia sopra al nastro di raso bianco che le segnava la vita ed andava a ravvivare il vestito di velluto nero.

Alphard fece per ribattere, esasperato.

L'ultima cosa che voleva era ritrovarsi a far da balia ad una ragazzina ficcanaso e petulante come sua cugina, anzi, sua zia. Maledì mentalmente la sua posizione di primogenito e si stravaccò su un sedile, ignorando di proposito gli strilletti isterici che provenivano da oltre il vetro.

Dorea, incurante di tutto, aprì la porta e si posizionò di fianco al cugino, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Ho paura, Alph. Non sono mai stata lontano da casa così tanto. Nemmeno quando sono venuta a casa tua a vedere Walburga e Cygnus sono stata via così tanto.” confessò Dorea, in un sospirò.

Alphard voltò la testa e poggiò il mento sulla folta capigliatura di Dorea.

Non è così male, una volta che ti ci abitui. E poi, ad Hogwarts puoi fare tutto quello che vuoi, senza che nessuno ti controlli. E poi ci sono io, non ti sei forse lamentata per anni del fatto che io ci sarei andato prima di te?”

Sì, ma...”

Poche storie, ti divertirai. E vedi il lato positivo, ti salterai un sacco di quelle noiose feste a cui ti costringono a partecipare. E non metterai nessuno di quegli stupidi vestiti che ti fanno sembrare una bambola di porcellana.” le ricordò Alphard.

Non dovremmo parlare così di quelle cene, Alph. Siamo Black, è normale tutto ciò. Abbiamo delle tradizioni da rispettare.” puntualizzò Dorea.

Come non finire gli studi come tua sorella Cassiopea che è stata costretta a sposarsi quest' estate? Non mi piace la cosa, Dors. Non è giusto.”

Siamo Black. Anche se a volte non ci piace.” precisò Dorea, lisciandosi le pieghe del vestito come le era stato insegnato.

Era una Black, lei. Non era sempre semplice, ma bisognava essere orgogliosi del cognome che portava.

Black, una delle più antiche famiglie del Mondo Magico.

Alphard non rispose e prese a fissare il paesaggio fuori dal finestrino che scorreva, rapido. Si era impelagato in quella conversazione con Dorea e non era ancora riuscito a trovare i suoi compagni.

E se non finisco a Serpeverde? Mamma e papà si arrabbieranno!Finirò anch'io come la prozia Isla o lo zio Phineas!” esclamò Dorea, immaginando il suo nome cancellato dall' imponente Arazzo che le ricordava ogni giorno cosa significava essere una Black.

Sua madre le aveva detto di stare tranquilla: era una Black, sarebbe stata a Serpeverde per forza, era una cosa di famiglia e lei era non doveva avere nulla da temere.

Peccato che quella squinternata della prozia Elladora l'avesse terrorizzata sino all'estate prima con tutto quello che si narrava fosse successo a quei Black che avevano osato disubbidire alla tradizione.

Dorea era arrivata al punto di sognare così spesso la sua testa appesa ad una parete come quella di un qualsiasi elfo domestico che suo padre Cygnus era stato costretto dall'evidenza dei fatti ad impedire a sua zia di raccontare ancora una sola delle sue storie a Dorea.

Siamo Black, Dorea, e siamo Serpeverde. Anche se a volte non ci piace.” le rispose Alphard, che stava piano piano elaborando una sua concezione di quello che gli era stato insegnato a casa e , col quale, sentiva di avere sempre meno da spartire.

Ma non era il caso di dire di più a Dorea. Era solo una bambina.

Sì, sono una Black e porterò alto l'onore di famiglia, così come ci si aspetta da me. Sono una Black e non posso fallire.” ripetè Dorea, nella mente, appoggiando la testa sulla spalla di Alpahrd e socchiudendo gli occhi, facendosi cullare dallo sferragliare del treno sulle rotaie.



“Andrà tutto bene, Dors. Bisogna andare avanti, adesso. Hai James che conta su di te, non dimenticartelo.” le sussurrò Alphard, abbracciandola forte.

Dorea annuì, fra le lacrime.

“Lo so, Alphard, lo so. Ho caricato James di responsabilità non sue, in questi giorni. Non gli ho permesso di essere ragazzo e di affrontare il dolore come un ragazzo. E non è giusto. Non sono stata una buona madre.”

“Dorea, non dire sciocchezze! Sei sconvolta! Questo... questa... cosa- tartagliò Alphard, indicando la tomba- ha sconvolto tutti noi! Puoi permetterti di essere umana, Dorea. Puoi sbagliare. Sono certo che James non ce l'ha con te.”Alphard tentò di rassicurarla, del tutto impreparato a quello che Dorea gli avrebbe obbiettato.

“Ma sono sua madre, Alphard! Sono sua madre! Sono io che devo essere forte, non lui. E' lui a dover contare su di me, non il contrario. Sono io a dover dare certezze a lui! Ho fallito, Alph, tu non puoi capire.” spiegò Dorea, parlando solo da madre.

“James sa che hai cercato di fare tutto il possibile. E' grande e sa come deve comportarsi.” la contraddì Alphard, senza riuscire ad afferrare quel qualcosa che separava la sua sensibilità di uomo da quella di madre di Dorea.

“Lo so, è grande oramai. Ma vedi, quando tu hai un figlio, cerchi soltanto di proteggerlo. Non volevo che vivesse tutto questo. Mi sembra ancora così giovane!” Dorea si lasciò scappare un sospiro.

“Non lo potrai proteggere per sempre, Dors. E' anche così che si cresce.” precisò Alphard.

“Parli come Charlus. Anche lui la pensava così, a proposito di tutto quello che sta succedendo, di questa guerra.- Dorea alzò lo sguardo verso il cielo- Non so, Alph, forse vorrei solo che James potesse godersi la sua giovinezza, senza altri pensieri.”

Alphard annuì: Dorea aveva tutti i diritti di pensarlo. A rigor di logica avrebbe dovuto essere così: James, Sirius e tutti i loro coetanei non avrebbero mai e poi mai dovuto affrontare fatti tanto grandi quando erano poco più che ragazzini.

Posò gli occhi scuri ancora sulla lapide ed assottigliò lo sguardo, per impedire che Dorea scorgesse le sue pupille inumidite.

“Avete fatto un buon lavoro, Dorea. Si vedranno i risultati.”

Dorea annuì e alzò gli occhi verso il cugino, che stava ancora fissando il nome di Charlus inciso sul marmo.

“Ti ricordi cosa mi dicesti quando me lo presentasti?” sussurrò piano Dorea.

Alphard, sorrise di un sorriso vero.

“Come dimenticarlo?”



Hogwarts, 1 Settembre 1931


Dorea si era appisolata sulla spalla di Alpahrd e lui, per renderla più comoda, le aveva delicatamente appoggiato la testa sulle sue ginocchia.

Probabilmente aveva passato la notte in bianco, agitata da mille pensieri sul primo giorno di scuola, e il perpetuo movimento del treno le stava conciliando il sonno.

Nel frattempo era entrato nello scompartimento dei due Black un altro ragazzo, che stava sommergendo Alphard di chiacchiere, aneddoti dell'estate e pensieri sull'anno che stava per iniziare.

Lì per lì, Dorea, sentì le due voci come lontane, quasi fossero echi nei suoi sogni, in breve, però, si rese conto, pur nel dormiveglia, che i discorsi di cui era testimone stavano avvenendo esattamente di fronte a lei.

E come ti dicevo, Alphard, sono sempre più curioso di iniziare con questa strana Babbanologia: quest'estate sono stato in Francia con i miei genitori ed ho scoperto usanze Babbane sempre più bizzare...”

Dorea aprì gli occhi proprio mentre lo strano ragazzo seduto di fronte ad Alphard stava raccontando di un anziano signore Babbano che ogni mattina giungeva in spiaggia in sella alla sua bicicletta.

Davvero, sai? Mi chiedo se ci faranno provare anche quegli strani trabiccoli... voglio dire, sono così curiosi! Spostarsi per mezzo di quelle loro biciclette! Mi sembrano così instabili!” proseguiva, eccitato.

Alphard, alzando appena gli occhi dalle parole crociate che stava completando sull'angolo dell' enigmista del Profeta, gli rispose, leggermente annoiato.

Se lo dici tu! Non capisco proprio cosa ci trovi di così interessante.”

Dorea sbattè le palpebre per un paio di volte e poi focalizzò gli occhi castani sul nuovo venuto: era un ragazzo dell'età di Alphard, probabilmente, un po' più magro di suo cugino, aveva una aggrovigliata zazzera nera in testa e due occhi azzurro cielo, che saettavano, curiosi, per lo scompartimento, stavano coperti da un paio di sottili occhiali in corno.

Di qualsiasi cosa i due stessero parlando, Dorea non poteva che concordare con Alphard: i Babbani erano solo Babbani. Cosa ci poteva essere di interessante nello studiarli?

Alphard si accorse che la cugina si era svegliata, pertanto, chiudendo in fretta il giornale, si affrettò a fare le presentazioni.

Oh, ben svegliata Dors! Lui è il mio amico Charlus Potter.” spiegò, indicando il ragazzo seduto di fronte a lui.

Charlus allungò il braccio, per stringere la mano a Dorea.

Charlus, lei è mia cugina Dorea. Cioè, in realtà è mia zia, ma facciamo finta di essere cugini.”

Dorea, guardò sprezzante verso Alphard per un attimo. Quella cosa dell'essere zia e nipote la metteva tremendamente a disagio, facendola arrossire sino alla punta dei capelli.

Charlus scoppiò a ridere, fragorosamente, mentre i due Black lo guardavano, allibiti, senza battere ciglio.

Ok, gran bello scherzo, Black. Ci stavo quasi credendo.” riuscì a dire, fra una lacrima e l'altra.

Non è uno scherzo.” intervenne seria, Dorea.

Come scusa?”

Ho detto che non è uno scherzo. - ripetè piano, Dorea- Sono sua zia, in teoria, sorella di suo padre Pollux. Solo che sono nata due anni dopo di lui. E' strano, ma è vero.”

Charlus la fissò aggrottando le sopracciglia e poi voltò lo sguardo verso Alphard, puntandogli l'indice contro.

Voi Black siete completamente matti, lasciatevelo dire, ragazzi.”

Alphard si mise a ridere, ma non Dorea.

Non vedo cosa ci trovi di divertente, sai? Può essere strano o inconsueto o tutto quello che ti pare, ma è così. E noi siamo dei Black.” precisò con una punta d'orgoglio, impedendo al ragazzo di replicare.

Calò il silenzio, rotto solo qualche istante dopo da Alphard, che propose di fare una partita a Scacchi, dato che Charlus, imbarazzato, si era chiuso nel suo mutismo e Dorea si definiva offesa per quella che riteneva una sorta di mancanza di rispetto.

Qualche ora dopo, mentre mancava sempre meno all'arrivo ad Hogwarts, il clima si era fatto meno teso: Dorea aveva ricominciato a parlare, rivelando una parlantina tale da far concorrenza alla lingua lunga dei due ragazzi.

Sei preoccupata per lo Smistamento?” le domandò Alphard, vedendola, stranamente muta.

Un po'.” confermò lei.

Io credo che non dovresti esserlo.- intervenne Charlus.- Voglio dire, lo Smistamento è solo qualcosa che inizia a dirti a che punto sei, che tipo di persona potresti diventare, serve solo per farti capire quali sono gli aspetti del tuo carattere. Perchè dovresti essere spaventata dal sentirti dire chi sei?”

Alphard avrebbe voluto obbiettare che, non sempre, quando sei un Black ti viene chiesto che tipo di persona desideri essere, ma rimase zitto.

E se non sono a Serpeverde? I miei genitori ne saranno delusi!” pigolò Dorea

Serpeverde? Anche tu con questa storia? Ma allora è proprio un vizio di famiglia! Serpeverde! Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore!” esclamò Charlus, vantando, orgoglioso, lo stemma di Grifondoro appuntato sulla sua divisa.

Non è un “vizio di famiglia” e basta. E' di più, è una sorta di tradizione. E' una sorta di appartenenza e comunque, le so tutte le cose che si dicono su quella Casa. Ma ha ragione mia madre: essere a Serpeverde non fa di nessuno una cattiva persona. E io sono una Black. Quello è il mio posto. E comunque, giusto per informarti, l'essere un Grifondoro non ti rende un eroe.”replicò Dorea.




“Non avrei mai detto che avreste potuto sposarvi, quel giorno.” commentò Alphard, abbozzando una sorta di sorriso.

“E invece l'abbiamo fatto.” gli rispose Dorea, guardando ancora la tomba del marito.

“Devi andare avanti anche per lui, Dors. Devi continuare quello che avete iniziato.” le sussurrò, posandole un braccio sulla spalla.

“Lo so. E non sarà semplice.”annuì Dorea.

“Non sarà semplice, ma i ragazzi contano su di te.” le ricordò Alphard.

“Spero di essere all'altezza.”

“Lo sei. E per qualsiasi necessità, io sono qui. Ricordatelo.” le assicurò Alphard.

“Grazie. E' bello sapere che sei di nuovo a casa.” gli disse Dorea.

Alphard annuì, ma non potè fare a meno di pensare a quanto fosse egoista e sbagliato il fatto che lui fosse tornato quando Charlus era mancato.

“Non fartene una colpa, Alph. Farai un buon lavoro.” disse Dorea, quasi avesse interpretato i suoi pensieri.

“Lo spero. Avanti, andiamo a casa, adesso.”

Si soffermarono ancora per un attimo sulla tomba di Charlus, dopodichè, più leggeri, imboccarono il vialetto d'uscita, scortati dal fresco vento mattutino che stava spazzando via le fitte nubi degli ultimi tempi.






Sono lieta di annunciarvi che non sono sparita, scusatemi per questo ritardo ma ho avuto davvero molto da fare.

Spero che questo capitolo, seppure non compaiano James, Lily, Sirius, Remus e Peter vi sia piaciuto.

Credo che sapere qualcosa di più della famiglia di James possa essere interessante ed io sto provando a raccontare una versione.

Preciso che, ammettendo che il Charlus e la Dorea che compaiono sull'albero genealogico dei Black (http://www.hp-lexicon.org/wizards/blackfamilytree.html) siano effettivamente i genitori di James mi sono presa qualche licenza poetica:

  • Alphard Black, cugino di Orion Black e fratello di Walburga Black è nato nel 1929, ma per quanto riguarda ciò che concerne “Pieces of Us”, lo considero nato nel 1918

  • di conseguenza anche l'età di suo padre Pollux sarà superiore di almeno una decina d'anni, direi.

  • Dorea Black è nata nel 1920 e, pur essendo più giovane di due anni, si ritrova ad essere zia di Alphard, che tuttavia la considera una sorella minore.


Detto questo, vi lascio, ringraziando una per una le persone che hanno inserito questa storia tra i Preferiti o tra i seguiti.

Ovviamente vi ringrazio anche per aver visto il video trailer su youtube, se non l'avete visto, il link è questo:

http://www.youtube.com/watch?v=J31nU1eVzMA

Purepura: James si riprenderà, ci vuole solo tempo. In ogni caso, nel prossimo capitolo vedrai che sta già un po' meglio. I Malandrini lo aiuteranno.

PrincessMarauders: l'infanzia di Sirius è un argomento che mi interessa molto anche perchè, di solito, viene trattata in un modo un po' superficiale, mentre invece credo che sia stato un periodo importantissimo per lo sviluppo del carattere di Sirius, per la sua presa di posizione.

Vedrai, nel prossimo capitolo Lily avrà una magnifica conversazione con Sirius: i presupposti perchè diventino amici ci sono tutti.

Alohomora: avevi già avuto qualche assaggio, ma qui eccoti l'intera scena. Spero che i giovani Alphard, Charlus e Dorea ti piacciano, di certo il loro passato è importante per capire le loro scelte. Tanto per cominciare: come ha potuto Dorea Black sposare Charlus Potter? Proverò a dare una risposta quantomeno plausibile.

MEISSA_S: non sai quanto mi faccia piacere che il “mio” Sirius e il “tuo” Sirius si somiglino... forse stiamo solo raccontando chi era Sirius, nel bene e nel male. Sono sicura che il prossimo capitolo ti piacerà parecchio, dato il ruolo che avrà Sirius. Quanto a James, logicamente non può cambiare da un giorno all'altro, ma quello che è successo gli servirà per diventare il James che sappiamo è stato.



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Capitolo 16
*** Capitolo Quindicesimo ***



CAPITOLO QUINDICESIMO

And the hopes and dreams you had for me
You thought went down the drain.
And the room feels so empty
where my pictures used to be.
And I can't say that I blame you,
But you can't blame me.

-Bowling for Soup, When We Die-

                      *E le speranze e i sogni che avevi per me

                      tu pensasti che fossero andate alla malora.

                      E la stanza, dove erano solite esserci le mie fotografie, si sente così vuota.

                      E io non posso biasimare te,

                      ma tu non puoi biasimare me







HOGWARTS

James Potter si era svegliato presto quella domenica mattina. Si svegliava sempre presto la mattina delle partite di Quidditich.

Non che fosse nervoso o poco sicuro delle sue abilità, James Potter era pur sempre James Potter. A farlo svegliare presto era piuttosto l'adrenalina, la voglia di entrare in campo, di dimostrare qualcosa, di giocarla e vincerla, quella partita.

Per cui, solitamente, si alzava ed iniziava a far baccano aprendo e chiudendo le finestre, le porte, facendo cadere appositamente qualsiasi oggetto gli capitasse sottomano solo per il gusto di svegliare i suoi amici e prepararli all'entusiasmante giornata che li aspettava.

Si sarebbe sentito i borbottii di Remus su tutto fracasso che era in grado di fare da solo, le lamentele di Sirius sul fatto che, se lui doveva andare a rincorrere una stupida pallina alata, a rimetterci non doveva essere per forza il suo sonno, le proteste di Peter che capiva la sua voglia di giocare, ma che proprio non riusciva a spiegarsi come potesse essere così attivo di prima mattina e pretendere di coinvolgere anche loro nelle sue rumorose attività, perchè, in fondo, quello che doveva giocare era lui e non loro tre.

Tuttavia, quella mattina, James si era alzato e, in silenzio, senza nemmeno tirare una ciabatta in testa a Lunastorta o far scendere dalla bacchetta dell'acqua che sarebbe finita sulla faccia di Felpato e imbavagliare Codaliscia con le sue stesse lenzuola.

James non fece niente di tutto ciò. Si alzò, camminò fino alla finestra e, stando bene attento a non far filtrare luce dai pesanti tendoni, ma infilandovisi sotto, spalancò la finestra, lasciando che la brezza mattutina gli rinfrescasse le idee, oltre alla faccia.

Dal letto più vicino, Remus si rigirò tra le coperte. Aveva il sonno leggero, come non mancava mai di far notare con una finta pesante stizza.

In altre circostanze, si sarebbe alzato, blaterando minacce contro James che, nei giorni delle partite, si alzava all'alba costringendo anche i suoi compagni di stanza a fare altrettanto.

Quella mattina, però, Remus, mentre si stropicciava gli occhi, pensò solo che, forse, a James andava di fare due chiacchiere.

Era tanto che non parlavano. Che non parlavano davvero e Remus sentiva di dover fare qualcosa. Sino a quel momento aveva aspettato, aspettato che le cose si rimettessero a posto da sé, sebbene nella sua testa rimbombasse la voce di Sirius che gli suggeriva che le cose da sé non si sistemano mai.

Aveva aspettato semplicemente perchè voleva che fosse James a prendere l'iniziativa, a chiamarli quando avesse sentito che era il momento giusto.

Dal momento però che James non aveva mostrato alcun segnale, Remus non osò introdurre per primo l'argomento.

Giusto o sbagliato che fosse, sentiva che non sarebbe stato corretto nei confronti di James. Non voleva invadere il silenzio del suo amico, seppure dovesse per forza di cosa tenere presente che James non stava affatto bene e che, continuando a comportarsi così, sarebbe stato anche peggio.

Sbuffò: era tutto troppo difficile. Prendere una decisione gli sembrava troppo difficile.

Si era sempre considerato una persona abbastanza pragmatica, certo, non votata all'azione come James, solito ad agire d'impulso e nemmeno satollo di tutte le paranoie mentali proprie di Sirius, che, alla fine, dopo essersi consumato in mille riflessioni, riusciva sempre a fare la cosa più irragionevole che gli venisse in mente. Non come loro, certo, ma pragmatico, riflessivo e pratico.

Si ributtò sul materasso, chiedendosi cosa fosse giusto fare.

James, nascosto dalle spesse cortine, aveva sentito il tonfo del corpo di Remus sul letto.

Inspirò un'ultima boccata d'aria e ritornò dentro.

“Buongiorno Lunastorta.” disse, sforzandosi di sorridere.

“'Giorno James. Sei pronto per giocare?” chiese Remus, provando a fare conversazione.

James alzò le spalle.

“Credo. E' una partita. Una partita come un'altra.” rispose, passandosi una mano tra i capelli, come se non fossero abbastanza disordinati.

“Corvonero quest'anno ha messo su una buona squadra.”proseguì Remus.

“Già, ma non commetteremo gli errori del girone d'andata. Ho studiato il loro gioco, basterà pressare continuamente su Hawkes, è lui il regista dell'intero attacco. Se lo perdono, sono finiti.” spiegò James, assorbito dal discorso sul Quidditch che, se non altro, gli impediva di pensare ad altro. Ad un'altra partita che aveva perso senza possibilità di rivincita.

“E il loro Cercatore non è senz'altro bravo quanto te. Conserveremo senza dubbio il primo posto!” sorrise Remus.

“Poi manca solo Serpeverde.” aggiunse James.

“Dettagli, la Coppa è nostra! Ieri con Tassorosso non hanno giocato bene, sono spacciati, ormai. Dovrebbero sperare che Corvonero oggi vinca per avere ancora qualche speranza.” osservò Remus, che fin da settembre teneva il conteggio di tutte le squadre per ricordare puntualmente a James con quale scarto potessero permettersi vincere o, eventualmente, perdere.

“Ma Corvonero non vincerà... quindi.” James mimò il gesto della vittoria e Remus si mise a ridere.

“Scendiamo a fare colazione?” propose.

“E gli altri?” domandò James che sì, non aveva voglia di stare in mezzo alla gente, ma non aveva mai passato una mattina prima della partita senza tutti e tre i suoi amici.

“Peter dovrebbe svegliarsi...- Remus guardò l'orologio- tra più o meno dieci minuti.”

Peter era famoso per essere un maniaco degli orari, faceva una concorrenza spietata a Remus, in questo, come diceva Sirius e, se possibile, Remus si mostrava quasi più flessibile, notava James.

A Peter piaceva fare le cose con calma e senza fretta, non come Sirius e James che erano sempre affannati ed in ritardo così da seminare devastazione per la stanza e, dal momento che non aveva la precisione ed il rigore di Remus, cercava di colmare queste lacune sviluppando delle utili tabelle di marcia, tabelle che, purtroppo, avevano vita breve, considerando che era costretto a convivere con due individui come James e Sirius.

Nella sua tabella di marcia compariva anche la voce “Sveglia ore 08.00 alla domenica”, così da portarsi avanti con le lettere da scrivere a casa, qualche prestito in biblioteca, la pulizia settimanale del suo baule, tutte cose che non potevano essere fatte se si fosse alzato alle dieci passate come James e Sirius.

“Direi che per dieci minuti non gli verrà un infarto.- osservò James.- Sirius invece mi sa proprio che resterà a poltrire ancora per molto.”

“Non se lo svegliamo.” un ghigno malefico illuminò il volto di Remus, già segnato da pesanti occhiaie per i malesseri che non lo facevano riposare bene in quei giorni.

Ancora due giorni.- si ripeteva- Due giorni e per un mese sei posto, Remus. Due giorni. Puoi farcela, Lunastorta.”

“Sei la persona più malefica che conosca, Remus Jhon Lupin!” esordì Peter, a mo' di buongiorno, sbucando fuori dalle sue coperte.

Remus gli fece un sorrisetto accondiscendente, come a dire che, in fondo, lui non poteva farci proprio nulla e si avviò al letto di Sirius.

Non appena Remus puntò la sua bacchetta sul cumulo di lenzuola che conteneva il corpo di Sirius Black, quello garrì da sotto.

“Sono sveglio, Lunastorta, sono sveglio. Abbassa quell'aggeggio infernale!” strillò riferito al potente getto di luce che stava uscendo dalla bacchetta di Remus.

“Buondì anche te, Felpato.” lo salutò con noncuranza Remus.

“Buondì un paio di Bolidi! Tra quello là che si alza a passeggiare all'alba- imprecò, riferendosi a James- Codaliscia che vi strilla un saltellante buongiorno e te con 'sto maledetto raggio di luce non è per niente un buon – giorno, infami che non siete altro!”

Detto questo, Sirius, ben capendo che il tempo da dedicare al suo riposo mattutino poteva considerarsi archiviato, si alzò in piedi e prese a fissare uno per uno i suoi amici, con particolare attenzione a James.

“Bè, che stiamo aspettando? Andiamo a far colazione?” esclamò.

Gli altri tre annuirono e, dopo essersi rapidamente vestiti, scesero in Sala Grande.

James apprezzò davvero quello che stavano facendo per lui: non erano giornate semplici per nessuno di loro, ma quella mattina era la sua giornata. C'era la partita di Quidditch e sapeva che Remus, Sirius e Peter si stavano impegnando perchè lui rendesse al meglio, perchè lui stesse bene, nonostante tutto, nonostante anche loro avessero i loro problemi da risolvere.

Entrarono in Sala Grande con i Malandrini che facevano da scudo a James: Sirius alla sua destra, Peter alla sinistra e Remus davanti. Come a volerlo proteggere da qualche immaginario nemico, in quella giornata così importante.

C'era la partita di Quidditch e c'erano troppi curiosi che si sarebbero accalcati attorno a James.

E James doveva essere lasciato in pace.

“Tutto ok, James?” gli chiese Sirius, mentre stavano prendendo posto al tavolo di Grifondoro.

James alzò le spalle.

“Va. Non so se bene o male ma va.”

Sirius annuì: anche lui non sapeva se stava andando bene o male, ma andava. Come, non era ancora riuscita a capirlo.

“Già. Va.” sospirò.

“Cereali, ragazzi?” domandò Peter porgendo loro la scodella.

“Grazie Pete.” sorrise James.

“Arriva la posta!” gracchiò Remus, inghiottendo in fretta il pezzo di pane che aveva in bocca.

Gufi reali, civette ed allocchi fecero il loro ingresso, mentre i rispettivi proprietari alzavano gli occhi, pronti a scorgerli.

Santippe, la civetta di Sirius e il gufo reale di James recapitarono due missive, mentre anche Remus e Peter sfilavano dalle zampe dei loro animali le lettere giunte da casa, l'una contenente le solite raccomandazioni e l'altra carica di buone notizie per il miglioramento delle condizioni di salute della signora Lupin.

Sirius appoggiò la tazza col caffè per poter leggere subito la lettera che gli era arrivata da parte della signora Potter.

Dorea era sempre così gentile, così piena di attenzioni anche per lui che, in fondo, non era nessuno.

Si stava scusando per essere stata distante nell'ultimo mese. Dorea Potter che si scusava con lui? Avrebbe dovuto essere lui a scusarsi, con tutto il disturbo che stava dando.

Invece

Lei stava chiedendo scusa per non essersi comportata da madre, per non essere stata abbastanza presente, ma cosa avrebbe dovuto fare? Era distrutta anche lei.

Io e Charlus ti abbiamo considerato un figlio sin da quella mattina d'agosto e niente cambierà.

Vorrei solo che sapessi che siamo entrambi fieri di te. Charlus era orgoglioso dei progressi che hai fatto, di quello che stai diventando e ti voleva bene, Sirius.

“Ehi, Sirius, tutto ok?” fece Peter, notando il suo sguardo imbambolato.

“Cosa? Ah, sì, tutto ok.” si infilò la lettera in tasca, l'avrebbe riguardata più tardi.

“Dov'è James?” chiese, subito dopo.

“Ha detto che doveva fare una cosa. Forse voleva leggere la lettera da solo.” spiegò Remus.

“Già. Forse.” replicò Sirius, che avrebbe voluto fare altrettanto.





James si era alzato non appena aveva sganciato dalla zampa di Gaspard la pergamena. Non sapeva perchè, ma non voleva leggerla davanti ai suoi amici. Era sciocco, come ragionamento.

Erano con lui il giorno che successe, erano con lui quella mattina. Erano con lui da sempre, l'avevano osservato per tutto quel mese, era stupido che non volesse farsi vedere mentre leggeva una lettera, considerando che prima adorava farlo ad alta voce, per commentare ogni frase.

Salì una rampa di scale e si sedette su un gradino, sperando che nessuno avesse intenzione di passare proprio di lì e srotolò la pergamena.


James,

riesco a immaginare come ti possa sentire in questo momento. Anche se a volte non ti dico nulla, so cosa ti passa per la testa. Sono tua madre e certe cose le sento.

Immagino che tu ti sia chiuso nel tuo silenzio, immagino che tu non voglia parlare con nessuno. James, so che è difficile, so che non riuscirai a rialzarti in fretta, ma provaci. Aggrappati alla tua vita con le unghie e coi denti e vai avanti.

Non sei solo. Non rifiutare l'aiuto che i tuoi amici ti danno. Non mandarli via, non sai quanto preziosi possano essere i loro sforzi.

Voglio che ti sia ben chiaro che io e tuo padre siamo contenti di te, di quello che sei, di quello che diventerai, non dimenticartelo mai.

So di non essere stata molto presente, ultimamente, di averti caricato di responsabilità che non ti spettano, per questo chiedo scusa. Avrei dovuto fare di più, sono tua madre, dopotutto.

Ma sappi che ci sono, James, ci sono per qualsiasi cosa tu abbia bisogno.

Anche se sono perfettamente conscia del fatto che non mi darai retta e che farai di testa tua, ricorda che non sei solo, che non devi affrontare tutto da solo.

Sirius, Remus e Peter sono pronti ad aiutarti e io ed Alphard anche.

Vuoi uscirne da solo, capisco, ma ricordati che c'è qualcuno disposto a darti una mano.

Mamma”


Sembrava tutto così semplice, a leggerlo. Nella realtà però era diverso. James non voleva caricare i suoi amici di responsabilità che non gli spettavano: ne sarebbe uscito, prima o poi.

Ce l'avrebbe fatta da solo... Forse era solo questione di tempo.

Sospirò James, ripiegando la lettera e ficcandosela in tasca.

Se era solo questione di tempo, pregò che scorresse il fretta: non ne poteva più.





Lily era uscita presto per prendere posto sulle tribune dello stadio. Se fosse arrivata più tardi, avrebbe dovuto per forza sedersi accanto a qualcuno, magari alle sue compagne, giusto per non sembrare ancora più strana e maleducata di quanto non la considerassero già.

Mentre scendeva le scale si ritrovò a pensare a Severus: a lui il Quidditch non era mai piaciuto. Spesso seguiva le partite solo perchè interessavano a lei, con un grosso senso di colpa che assumeva le dimensioni di un enorme nodo che attanagliava lo stomaco di Lily. Non le faceva piacere che lui si sentisse costretto a seguire una partita, anche se non gli interessava.

Più volte gli aveva spiegato che poteva andarci da sola, che non era obbligato, ma Severus l'aveva sempre accompagnata. Solo l'anno prima era capitato che le desse buca, un paio di volte, e Lily si era sentita quasi sollevata, a poterci andare da sola.

Nella sua ingenuità, ancora si stupiva di come Severus non trovasse interessante uno sport tanto avvincente: le scope, i Bolidi, lo stesso Boccino d'Oro, la quasi totale mancanza di regole, il fatto che una partita potesse andare avanti all'infinito... Per chi come lei era cresciuta in una famiglia di Babbani, ogni singolo dettaglio del Mondo Magico aveva un sapore particolare.

Probabilmente Severus era convinto che lei desiderasse vedere il Quidditch per i suoi giocatori, per Potter in particolare.

Ricordava ancora, tutte le loro discussioni:

Tu piaci a James Potter, Lily, come fai a non capirlo?”

Non dire sciocchezze, Severus! Lo sai anche tu chi è Potter!”

Proprio perchè lo so te lo sto dicendo!”

Lei Potter lo conosceva appena, come poteva Severus pensare che seguisse il Quidditch solo per lui?

Quel pomeriggio non sarebbe senz'altro andato allo stadio: partecipare a Grifondoro- Corvonero non poteva nemmeno essere considerato un obbligo morale dettato dal senso di appartenenza alla Casa.

Forse sarebbe rimasto a studiare, forse non sarebbero andati neanche i suoi amici a seguire la partita e sarebbero rimasti insieme, forse qualcosa d' altro ancora.

Guardando malinconica la Sala Grande ancora affollata vista l'ora, Lily pensò che, in fondo, non erano più affari suoi.

Si era fermata un attimo, nascosta dal muro per controllare il tavolo di Serpeverde: era un'abitudine di cui non riusciva a fare a meno. Voltarsi verso il banco di Severus durante le lezioni che avevano in comune, cercarlo nei corridoi, capire cosa stesse facendo... Era malsano, ma non riusciva a smettere. Si stava convincendo che non ci sarebbe riuscita sino a quando fosse rimasta ad Hogwarts.

Tra la massa di studenti che si alzava e si sedeva, entrava ed usciva, Lily non vide Severus e ne fu felice.

Appena due giorni prima l'aveva incrociato dopo Incantesimi, i Serpeverde avevano avuto Storia della Magia, nel frattempo, e vederlo le aveva fatto male.

Era passato quasi un anno e Lily ne stava uscendo, piano piano, ma faceva male. Faceva ancora tanto e troppo male e ogni volta un pezzettino di lei spariva nei corridoi bui con Severus.


Si era seduta sulla tribuna centrale, più o meno a metà ed erano pochi gli studenti erano già allo stadio.

Riconobbe la sagoma di un paio di persone che conosceva e qualche ragazzino dei primi anni, per il quale le partite di Quidditch rappresentavano ancora il massimo dell'eccitazione.

Più in là, sulla tribuna alla sua destra, storicamente attribuita alla tifoseria dei Corvonero alcuni ragazzi stavano già sistemando i primi striscioni animati dalla magia, così come, a qualche fila da lei, stavano facendo due Grifondoro del quinto anno.

Aveva visto Remus, un paio di giorni prima, si erano detti che avrebbero potuto seguire la partita insieme, ma poi non l'aveva più incontrato. Si era accorta di quanto lui, Sirius e Peter si impegnassero nel far da scudo a James e non voleva creare disturbo a nessuno.

Certo, le avevano sempre detto, lui e Peter, che lei non era affatto di disturbo, anzi, però ecco, Lily considerava quei momenti solo dei Malandrini. Non suoi.

E James Potter aveva bisogno della loro compagnia molto più di quanto non ne avesse bisogno lei, quello era sicuro.

James Potter... che non sapesse ancora bene cosa pensare di lui era ovvio, però... però era stato bello parlare con lui, in Biblioteca, come era stato bello, qualche mese prima, mentre le notizie di quella guerra che infuriava fuori giungevano ad Hogwarts, ascoltare le sue parole sicure, vedere le sue espressioni risolute.

E il James Potter degli ultimi tempi non sembrava nemmeno più lui e Lily doveva ammettere che la cosa non le piaceva affatto.

Basta, era stanca di ritrovarsi a pensare sempre le stesse cose. Le dispiaceva per Potter, ma non doveva immischiarsi. Non era giusto.

“Ehi Lily!” Peter stava trotterellando verso di lei, mentre le teste spettinate di Remus e Sirius sbucavano dalla torretta delle scale.

“Ciao Peter! Siete già qui?” salutò Lily, alzandosi in piedi.

“Sai com'è, il comitato del tifo non si ferma mai! Remus era così angosciato che ci ha intimato di darci una mossa e di arrivare allo stadio in fretta.” raccontò Peter, prendendo posto accanto a Lily e facendo cenno ai due amici di raggiungerli.

Lily salutò Sirius e Remus e vide Sirius sedersi accanto a Peter e Remus scavalcarla, per posizionarsi alla sua sinistra.

“Scusa Lily, non ti ho più fatto sapere niente, ma sono stati due giorni movimentati.” spiegò Remus, accaldato, passandosi un fazzoletto sulla fronte.

Lily scosse la testa: di cosa si doveva scusare, Remus? Piuttosto era lei che, forse, avrebbe dovuto farsi da parte. Non era certa che Sirius Black la volesse lì.

“Non è un problema, davvero. So che avevi cose più importanti a cui pensare.” gli rispose gentilmente Lily e Remus ricambiò con un sorriso molto espressivo.

“Non sapevo che ti piacesse il Quidditch, Evans.” intervenne Sirius Black, guardano pensieroso il prato.

Lily prese ad accarezzarsi nervosamente i capelli.

“Oh, bè... in verità credo che mi piaccia perchè sia l'equivalente magico del calcio Babbano.” spiegò arrossendo furiosamente.

Si aspettava che Sirius Black scoppiasse a ridere ed esclamasse che il Quidditch non ha niente a che fare con quello che i Babbani reputano un sport divertente. Di solito nel mondo magico reagivano tutti così.

Invece Sirius Black la fissò interessato.

“Segui il calcio?”

Lily, spinta dall'interesse che Black sembrava mostrare, incominciò a parlare.

“E' un po' difficile non interessarsene, anche marginalmente, se cresci con un padre tifoso del Manchester United. Nel '67 mi portò allo stadio il giorno in cui il Manchester vinse il campionato. E' da allora che seguo.”

“Il Manchester United non è dove giocava George Best?” chiese Sirius, sempre più interessato.

“Conosci George Best?” Lily sgranò gli occhi: era la prima volta che trovava qualcuno che sapesse chi fosse George Best e mai, mai avrebbe pensato che quel qualcuno sarebbe stato Sirius Black.

Sirius scosse per aria una mano.

“Non bene, ho solo letto qualcosa... so solo che era un genio.”

Aveva letto qualcosa, di Best, quando girovagava per Londra e sbirciava i notiziari o i quotidiani Babbani.

Aveva l'abitudine di camminare per Londra, nei pomeriggi d'estate, sfuggendo così per qualche ora a quella casa che considerava una prigione.

Una domenica di agosto era arrivato sino ad Highbury, nord di Londra, e, colpito dalla folla festante, dal chiasso e dai cori si era fermato a chiedere cosa stesse succedendo.

Gioca l'Arsenal, ragazzo. Ma dove vivi?” gli aveva risposto una signora di mezz'età, bardata di rosso e bianco, uscendo di casa per attraversare la strada e recarsi allo stadio.

L'aveva seguita con lo sguardo e l'aveva visto: l'Arsenal Stadium, meglio noto semplicemente come Highbury, che sorgeva in mezzo all'isolato, circondato da tante villette a schiera.

“Wow!” aveva esclamato, colto di sorpresa, mentre tanti tifosi lo scavalcavano, per accalcarsi agli ingressi.

Ricordava di aver pensato a quanto sarebbe stato bello se anche gli stadi di Quidditch, come quello del suo Puddlemere, potessero sorgere in mezzo alla città, senza problemi di sicurezza ed Incantesimi Respingi- Babbano.

Una volta ci era anche tornato, ad Highbury, per veder giocare l'Arsenal. Uno dei migliori pomeriggi della sua vita. Il calcio non era poi così male, certo, non poteva paragonarsi al Quidditch, ma c'era un contatto fisico diretto, un agonismo così puro che i giocatori di Quidditch non avrebbero mai sperimentato.

Inoltre, i Babbani urlavano, si agitavano, imprecavano contro l'arbitro, esultavano, esattamente come i maghi negli incontri di Quidditch. Non erano per nulla diversi.

“Già.- confermò Lily.- Qualche anno fa mi ero presa una bella cotta per George Best!” ammise candidamente Lily, rendendosi conto di quello che aveva detto solo dopo ed arrossendo sino alla punta delle orecchie.

“Cioè, non è che ne ero innamorata... avete capito, insomma!”si giustificava, gesticolando tutta, vedendo i tre ragazzi ridere.

“E' tutto a posto, Evans, davvero! Ed è... bello che ti piaccia il calcio, che tu segua il Quidditch. Voglio dire, Wow!” la rassicurò Sirius.

“Davvero è “Wow”?”

“Sì, è davvero “Wow”!”le confermò Sirius.

“Sai Lily, mi sorprendi sempre!” esclamò Remus, ridendo.

“Avresti anche potuto provare a giocare a Quiddicth, Lily, se ti interessa!” aggiunse Peter.

“Oh no. No, decisamente. Non fa per me.” si scansò Lily.

“E perchè, se posso saperlo.” si informò, attento, Sirius.

“Non vi ricordate al primo anno? Quando sono finalmente riuscita a far alzare da terra la mia scopa e a salirci sopra poi non riuscivo più a governarla! Mr. Quaffleborn non sapeva come aiutarmi a scendere!” raccontò Lily, meravigliata dal fatto che non se ne ricordassero e mortificata da quella tremenda e vergognosa esperienza.

Restare lì sospesa a dieci metri da terra senza sapere cosa fare era stata la cosa più terribile che le fosse mai successa. Era terrorizzata. Quando il professore era finalmente riuscito a farla scendere, Lily tremava come una foglia.

“Eri tu, allora? Sai che non me lo ricordavo proprio?” fece Remus, nella cui memoria si fece strada l'immagine di una ragazzina dai capelli rosso fuoco intrappolata su una scopa, sopra ad una ventina di coetanei a metà tra lo spaventato e il divertito.

“Sì, ero proprio io.” ammise Lily, sconfortata. Si vergognava ancora di quella orribile esperienza.

Non era mai più salita su una scopa e, se fosse dipeso da lei, non ci sarebbe mai più salita.

“Nemmeno io sono mai stato bravo a volare.” le disse Peter, con tono consolante.

“Grazie, Peter.” gli sorrise Lily, mesta.

“Coraggio, Evans. Scommetto che non se ne ricorda nessuno.” le disse Sirius.

“Non credo proprio. E' stata una scena così imbarazzante! Credo che solo voi non ne conserviate memoria!” esclamò Lily, scuotendo vigorosamente la testa.

“Può essere. Ma non credo.” replicò Sirius.

“Tu dici?”ammiccò Lily.

“Dico. Credo che noi umani siamo così tremendamente egocentrici da essere convinti che chi ci sta attorno non faccia altro che pensare a noi facendo caso a qualsiasi cosa facciamo. Siamo così egocentrici da essere affetti da una sorta di “Illusione di Trasparenza”, come se tutti gli altri avessero il sacrosanto dovere di riconoscere ogni nostro stato d'animo. Quasi che fosse il minimo che riuscissero a capire quando dentro stiamo da schifo e fingiamo che vada tutto bene. Vedi, Evans, siamo tutti così dannatamente egocentrici da prestare un'attenzione sin troppo maniacale ad ogni nostra azione, quando, in fondo, agli altri, di quello che facciamo, importa poco o niente.”

Sirius espose la sua teoria con convinzione, sotto gli occhi sorpresi di Peter, attenti di Remus e curiosi di Lily.

“Vorrei tanto che fosse così, Sirius Black. Fino ad ora la mia esperienza è stata contraria.” asserì Lily, convinta.

“Fidati, Lily Evans. E' così, solo che siamo troppo egocentrici per accorgercene.” ribadì Sirius, portando i gomiti sulle ginocchia ed assottigliando lo sguardo per scorgere i giocatori che entravano in campo.

Lily gli sorrise, piacevolmente sorpresa dall' esito della loro conversazione e poi, rivolse lo sguardo al campo da Quidditch.







“Bella partita, James.” Remus era entrato in camera per posare un libro, senza aspettarsi di trovare James steso sul letto.

James si alzò sui gomiti.

“Grazie. E' stato più semplice del previsto. Il Boccino era lì che aspettava solo di essere preso.” rispose James.

Remus fissò l'amico e poi si sedette sul letto.

“Ti disturbo se sto qui?” chiese

“No, figurati.”

Remus non disse più nulla per alcuni minuti, poi riprese a parlare.

“James, ascolta, lo so che in un mese non te l'ho mai detto perchè pensavo fosse implicito, però.. bè, se hai bisogno di parlare io ci sono, ok?” riuscì a dire, infine, impacciato.

James annuì, ma non rispose. Remus, di contro, si rialzò dal letto e si avviò verso la porta.

“Remus!” lo chiamò James e lui immediatamente si voltò.

“Ti manca mai?” domandò James, a bassa voce.

“Tuo padre, voglio dire.” aggiunse, immediatamente.

Remus sospirò e tornò e andò a sedersi sul letto di Sirius, quello più vicino a James.

“Ogni giorno.” rispose.

Jhon Lupin era improvvisamente morto d'infarto quattro anni prima.

“Allora è normale.”disse James, con una smorfia.

“Credo di sì.” gli confermò Remus.

“Avrei voluto che vedesse chi sono ora.” proseguì Remus.

James rimase zitto.

“Io penso che sarebbe contento di quello che sei.” ipotizzò, dopo un po'.

“Forse.”

“Avrei voluto potergli dire addio, Remus.” confessò James, tacendo però sul fatto che avrebbe voluto che suo padre sapesse che non lo considerava affatto un fallito, così come gli aveva invece fatto capire.

“Anch'io, James. Ma è andata diversamente: purtroppo, una cosa che ho imparato è che non si può tornare indietro, quel che è fatto è fatto e ci tocca andare avanti ed affrontare le conseguenze. Il mondo non aspetta.” sospirò Remus.

“Come hai fatto? Voglio dire, avevi solo tredici anni e noi... noi eravamo troppo piccoli e troppo stupidi per capire davvero cosa significasse una cosa simile. Forse Sirius era il meno piccolo e stupido, lui una famiglia non ce l'ha mai avuta, di certo ti capiva meglio di quanto non potessi fare io.”spiegò James, tirando fuori dalla tasca un Boccino d'Oro e iniziando a farlo volare per la stanza.

Remus si mise a fissare il movimento della pallina, imbambolato.

“Non lo so, esattamente. So solo che ogni giorno che passava faceva meno male. E non so quanto questo sia un bene, mi inquieta alquanto questa cosa, in verità. Eppure è così: ogni giorno faceva sempre meno male e poi avevo voi, avevo la scuola... la vita di tutti i giorni. Forse questo mi ha aiutato.” raccontò Remus, ritornando con la memoria a quei giorni di novembre del 1973: sembrava tutto studiato apposta, novembre, la nebbia, la pioggia, l'inverno, suo padre... I suoi tre amici che erano come lui, senza parole di fronte ad un fatto tanto grande, che non sapevano cosa dirgli, come parlargli, come gestire la situazione. Le smorfie impacciate di James, i borbottii di Peter, le occhiate di Sirius, il solo che forse potesse capire qualcosa in più, ma non era comunque in grado di dire alcunchè.

“Non hai... paura di dimenticarlo? Voglio dire, con la vita che va avanti e tutto... Più che dimenticarlo, come se riuscissi a farne a meno, ecco.” chiese James.

Anche lui si stava accorgendo che ogni giorno faceva meno male e non riusciva a capire se fosse un bene o meno.

Remus rispose subito con sicurezza.

“Ti abitui a farne a meno, però, sebbene ogni giorno faccia meno male, dentro ti resta sempre un vuoto.”

Un vuoto che potrebbe essere riempito solo da tutte quelle cose che non gli ho mai detto e che mai gli potrò dire.” pensò Remus.

“Già.”

“Credo che non sarà semplice, riprendere tutto quanto.” osservò James.

“Penso che lui vorrebbe che lo facessi.” precisò Remus.

“Grazie ad un gruppo di pazzi non lo saprò mai, quello che vorrebbe.” gli fece notare James, con rabbia.

“E allora cosa pensi di fare?” lo interrogò Remus, ben cosciente del fatto che, per quanto ti ostini, non puoi impedire al tempo di scorrere. Se James non si fosse ripreso, il mondo sarebbe andato avanti senza di lui.

“Non lo so. Ma da qualche parte dovrò pur cominciare.” rispose James.

Il punto è che non so da dove.”aggiunse nella mente.

“Comincia dalla parte che ti sembra più fattibile.” gli consigliò Remus, alzandosi.

“Grazie.” gli sorrise James mentre già stava per uscire.

Remus alzò le spalle.

“E' il minimo.”

Già, era il minimo, peccato che niente potesse mai concedergli un solo istante per chiedere scusa.

Per dimostrare di non essere un ragazzino convinto di sapere tutto della vita.

James si voltò dall'altra parte del materasso e riprese in mano la lettera che gli aveva spedito sua madre.


Immagino che tu ti sia chiuso nel tuo silenzio, immagino che tu non voglia parlare con nessuno. James, so che è difficile, so che non riuscirai a rialzarti in fretta, ma provaci. Aggrappati alla tua vita con le unghie e coi denti e vai avanti.

Non sei solo. Non rifiutare l'aiuto che i tuoi amici ti danno. Non mandarli via, non sai quanto preziosi possano essere i loro sforzi.”

Aggrapparsi alla vita... che cosa significava, esattamente?





Sirius non era tornato al castello insieme a Peter, Remus e Lily: si era intrattenuto a bordo campo a salutare compagni che non vedeva da un po'.

Mentre chiacchierava si diede più volte dell'idiota: troppe persone gli stavano chiedendo di James, di come stesse, della sua reazione. Si era trincerato dietro ad un:

“Non bene, ma si riprenderà.”, liquidando con un'occhiata eloquente altre domande.

Non voleva parlarne, non voleva raccontare niente a nessuno, anche perchè non aveva niente da dire a nessuno.

Lui e gli altri si erano compattati immediatamente attorno a James, costruendo un vero e proprio muro, impenetrabile agli esterni.

Si era impegnato così tanto affinchè nessuno si impicciasse degli affari di James, da aver tagliato i suoi amici fuori dalla sua vita.

Si era concentrato sul dolore di James, conficcando il proprio in un angolo.

Perchè, anche se non aveva parlato con nessuno, anche lui stava male. Anche Sirius Black soffriva. Anche lui aveva perso un padre. Perchè per lui Charlus Potter era stato quello: Sirius cercava di convincersi con tutte le sue forze che Charlus Potter potesse, riuscisse, in qualche modo a scacciare la figura di Orion Black, che ancora lo accompagnava quotidianamente.

Anche lui aveva perso un padre, solo che non poteva dirlo.

Per colpa di quegli stessi che gli avevano portato via un fratello, Regulus. Ma non poteva dire nemmeno quello, perchè ora il problema principale era James.

E che razza di amico sarebbe stato se, in un momento come quello, si fosse messo a reclamare attenzione per se stesso?

Avrebbe voluto tornare indietro di qualche mese: i problemi con Regulus c'erano. C'erano sempre. C'erano da che avesse memoria, quando ancora erano fratelli anche su un Arazzo e non solo nel sangue.

Eppure... eppure gli sembravano meno pesanti, meno complicati.... folkloristici, quasi. Aveva i suoi amici, aveva lo zio Alphard con le sue lettere, aveva i genitori di James.

Forse era sempre stato tutto così grave. Forse era solo lui a non essersene mai davvero reso conto. Forse la situazione era precipitata all'improvviso.

Forse era solo che aveva la sensazione di potersi aggrappare a qualcosa e, in quel momento, invece, sentiva di non avere niente a cui aggrapparsi.

Sirius si sentiva sull'orlo di un baratro: era lì lì per cadere. Se chiudeva gli occhi quasi vedeva il burrone e sentiva il terreno roccioso sfrigolare sotto alle suole delle scarpe.

Non riusciva a capire come potessero uscirne.

Se provava a guardare avanti, vedeva solo altre giornate identiche a quelle: James, perso nei suoi pensieri, Peter spaventato per quello che stava succedendo, Remus che si affannava a trovare un modo per gestire la situazione e lui... lui perennemente tormentato, senza sapere come agire.

Sbruffò. Odiava quelle situazioni. Non sapeva come trattarle.

Non era in grado nemmeno di gestire se stesso, spesso, figurarsi una situazione come quella.

Non sapeva da che parte cominciare, non sapeva come superarla lui, per primo. Forse, se fosse riuscito ad uscirne lui, avrebbe potuto aiutare anche James.

Di solito era James, quello che aiutava gli altri. Non lui.

James era capace di farti credere che saresti riuscito ad andare avanti, che ce l'avresti fatta. Lui non era poi così bravo, ad iniettare ottimismo alla gente, era fin troppo pessimista di suo.

Anche se non sembrava, per le cose importanti, il pensiero di Remus era molto, molto più positivo del suo.

Camminando, dallo stadio si era spostato al parco.

La prima aria della sera stava iniziando a salire, ma Sirius non sentiva freddo.

L'unica cosa che riuscisse a sentire era la confusione dei suoi pensieri.

Ok, Potter: credo che possiamo essere amici. Non sei così male, in fondo.” così aveva detto, quando si era finalmente arreso alle insistenze di James, al primo anno.

Quando James, senza che nessuno lo costringesse, l'aveva per la prima volta tirato fuori dai guai.

Si chiedeva ancora per quale strano motivo James l'avesse fatto: in un mese di scuola, Sirius, non aveva fatto altro che trattarlo male, che dirgli di farsi gli affari suoi, che lanciargli frecciatine, quando si degnava di rivolgergli la parola.

In sei anni non era mai riuscito a chiedergli per quale motivo avesse scelto proprio lui, perchè una cosa Sirius l'aveva capita: sin da quella loro conversazione sull'Espresso, troncata appena dopo che Lily e Mocciosus erano usciti, James Potter aveva deciso.

Aveva deciso che lui e Sirius Black sarebbero diventati amici. Punto e basta e non importava come, sapeva solo che sarebbero stati amici.

Qualcosa gli suggeriva di aver trovato uno spirito affine al suo, per nulla timoroso di infrangere regole, spiritoso, pronto a divertirsi.

Avrebbe tanto voluto tornarci, al primo anno. Quando avevano solo undici anni, quando erano solo due ragazzini, quando era tutto più semplice.

Ma indietro non ci si poteva tornare. Non era concesso. Si poteva solo andare avanti: loro erano cambiati, il mondo stava cambiando e, che lo volessero o meno, quello che sarebbe stato non avrebbe mai potuto essere identico a quello che era.

Era il caso di capirlo.

Distrutto, Sirius sedette sotto al faggio dove erano soliti studiare nei pomeriggi di giugno.

Appoggiò i gomiti alle ginocchia e sopra di essi la testa, come se fosse in attesa di qualcosa o di qualcuno.

Lo so che molte volte Charlus ti ha sussurrato un “Bada a James, Sirius.”. Conoscendo la capacità di mio figlio di ficcarsi nei guai non me ne stupisco, vorrei aggiungere però anche un “Lascia che anche James badi a te.”

Dorea gli aveva scritto e in quel momento, ripensando alle sue parole, tutto sembrava quasi avere un senso logico. In una certa strana contorta ratio che Sirius non riusciva a cogliere ancora del tutto.


Lascia che anche James badi a te.”



11 Gennaio 1975

Sirius, lo sai che credo che tu sia fondamentalmente un idiota?” la risatina divertita di James, suonava ovattata a causa della sciarpa di Grifondoro che lo copriva sino alla punta del naso, lasciandogli scoperti solo gli occhi. Saltellò sulla neve fresca, le mani insaccate in pesanti guanti di di lana, mentre aspettava la replica del suo migliore amico.

Oh, e maledizione James, pensa, anziché darmi dell'idiota! Ci arrivo anche da solo a capirlo e, se non ci arrivassi, ci penserebbe Remus domattina a ricordarmelo!” esclamò Sirius, meno coperto di James, infilandosi i guanti in pelle di drago, fino a quel momento confinati in una delle tasche del cappotto.

Hai forse deciso di metterti i guanti perchè hai eletto la neve a tuo provvisorio giaciglio per questa notte, Felpato?” proseguì James, irriverente.

Ah ah ah. Non è divertente. Siamo chiusi fuori e fa un freddo boia. Tra poco verrà su pure una tormenta. Manca solo quella.” rispose Sirius.

E quindi?” chiese James.

Sirius lo guardò e strabuzzò gli occhi. Ma era impazzito? Erano chiusi fuori da Hogwarts, nevicava, era gennaio e James si limitava a dire” E quindi?” con un sorrisetto beota stampato in faccia? Perchè, anche se non lo vedeva, Sirius era sicuro che avesse un sorrisetto beota, nascosto dietro la sciarpa.

James ma sei scemo? Siamo chiusi fuori! Fuori! Non ci fanno entrare! E fa freddissimo!”

Se non sbaglio sei tu che hai voluto restare alla Testa di Porco tutto questo tempo!”gli fece notare James, con un sorriso obliquo.

Parla il genio che voleva organizzare un giro di scommesse su chi avrebbe vinto le uova di drago!” puntualizzò piccato Sirius.

Mi stavo solo preoccupando per il nostro futuro perchè, ahinoi, Felpato, se qualcuno dovesse scoprire che non siamo nel nostro dormitorio...” incominciò James

Cosa che potrebbe succedere benissimo, considerando che Remus e Peter avranno gia allertato la Squadra Magica Speciale.”si inserì Sirius.

Appunto. Quindi che cosa proponi? Io da Gazza non busso, non ho intenzione di passare il resto della mia vita appeso al soffitto del suo ufficio con quelle sue catene là con cui ci minaccia sempre.” precisò James, divertito.

Mi sembra di notare che sei divertito dalla situazione, James.” osservò Sirius, guardano l'amico che si era appena accomodato su uno dei freddi gradini di pietra sotto al portone.

Eccome! Trovo la situazione fantastica, nella sua surrealità! Io che ti do retta, abbandoniamo I Manici per andare dal vecchio Abe che gestisce una bischera clandestina, diventiamo fratelli spirituali del Wisky Incendiario pur essendo minorenni, restiamo chiusi fuori da scuola perchè è oggettivamente troppo tardi, Remus avrà chiamato i soccorsi, una tormenta di neve è prossima....- elencò James, tenendo il conto sulle dita della mano- Sì, direi che è troppo surreale per non essere divertente!”

Sirius era rimasto in piedi, a passeggiare nervosamente.

Bè, io la situazione non la trovo per niente divertente! Quindi, James, alzati in piedi che ce ne torniamo ad Hogsmeade: Madama Rosmerta ci terrà lì per la notte!” propose Sirius.

Concordo. Se sto fermo ancora un po' potrei stramazzare all'istante dal freddo.”

Per carità, no! Altrimenti mi tocca anche sbarazzarmi del tuo corpo!” lo spintonò Sirius.


Sirius si mise a ridere, tanto che un paio di ragazze che passavano di lì lo fissarono inebetite.

Non riuscì a capire perchè, con tutti i momenti che gli potevano venire in mente, ricordò di quella volta che rimasero chiusi fuori, dopo una gita ad Hogsmeade.

Non andarono da Madama Rosmerta, risalirono la collina che li separava dal villaggio e lui propose di entrare da Mielandia sfondando un vetro, così da rientrare a scuola attraverso il passaggio segreto delle cantine, ma James, nonostante il freddo, gli bocciò l'idea: avrebbero potuto scambiarli per dei ladri.

Poi, senza sapere né come né perchè, si erano ritrovati di nuovo alla Testa di Porco, avevano fatto così tanto rumore che Aberforth gli aveva urlato contro dalla finestra.

Eddai, Abe! Facci entrare! Domattina leviamo subito il disturbo!”

Si congela qua fuori! Abe, siamo tra i tuoi migliori clienti, dai!”gli avevano urlato dalla strada, fino a quando lui non si era deciso a farli entrare e, con modi molto poco ortodossi, aveva mostrato loro quel passaggio segreto che partiva da dentro il suo locale, proprio dal ritratto di una ragazzina che Aberforth teneva appeso vicino al bancone, arrivava alla Stanza delle Necessità.

Più ci pensava, più gli veniva da ridere: una delle migliori serate della sua vita.

Si alzò in piedi, sfregando via dai pantaloni l'erba e il terriccio ed inspirò, con un mezzo sorriso sulle labbra.

Rivoleva indietro la sua vita, almeno per quanto fosse possibile. Almeno per quanto riuscissero.

Si mise a correre, sotto la pioggia che scendeva e corse, sino alla torre di Grifondoro, travolgendo tutti quelli che incontrava sulla sua strada perchè aveva una cosa troppo importante da fare.

Uscirne insieme era possibile. Forse.





Spalancò la porta della loro stanza, senza sapere che Remus ne era uscito da poco.

James era disteso sul letto e stava giocando col Boccino che si era portato via dalla partita, il suo trofeo personale.

“Lily Evans non è così male, Ramoso.” disse senza sapere bene da dove gli fosse venuta.

Dopotutto, era Remus, quello dei discorsi intelligenti, lui poteva aiutare James solo a modo suo.

James scoppiò a ridere e Sirius, guardandolo in faccia, fece altrettanto.

Una risata nervosa, forse, ma pur sempre una risata.




Bene, che ne pensate? Non c'è stata nessuna scena tra Lily e James, ma vediamo lo sbocciare di una nuova amicizia, quella tra Lily e Sirius che vi preannuncio sarà una gran bella e dolce amicizia.

Ancora una volta vi ringrazio tutti quanti, chi legge, chi recensisce, chi ha inserito la storia tra i preferiti e chi tra i seguiti.

Un grazie speciale va ad Alohomora che mi ha sedato qualche dubbio.


Purepura: in realtà non ci avevo pensato nemmeno io! Cioè, inizialmente era prevista solo la conoscenza tra Alphard e Charlus, poi, studiando l'albero genealogico dei Black, mi sono accorta della relazione di parentela tra Alphard e Dorea. Racconterò anche la loro storia e spero che possa interessarti. Nemmeno qui Lily e James compaiono insieme, passa lo stesso il capitolo?

Alohomora: Dorea è una donna molto forte, anche se dallo scorso capitolo non sembra (ma del resto, nelle sue circostanze, chi lo sarebbe?). E' una Black e l'appartenere a quella famiglia ti tempra, in un modo o nell'altro. E' una donna che ha saputo portare avanti con coraggio le sue scelte, come vedrai, ha scelto Charlus e l'ha seguito sin dove è stato loro concesso. E non dimentichiamoci che ha dovuto convivere con lo stralunato Charlus Potter e con la confusione di James, anche questo tempra! La conoscerai meglio strada facendo e spero che la troverai interessante come l'ho trovata io.

Meissa_S: sì, capitolo molto Black. Inizialmente il legame tra Potter e Black non era preventivato, poi è uscito, si è scritta questa storia nella mia mente, si sono delineate sempre meglio le personalità di Charlus, Alphard e Dorea e non ho potuto fare a meno di raccontare la loro storia. Spero che troverà spazio all'interno di Pieces of Us. Per il resto, esperta di Sirius Black, cosa ne dici di questo capitolo e dei suoi dubbi?

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Capitolo 17
*** Sedicesimo Capitolo ***


CAPITOLO SEDICESIMO


You say we've got nothing in common
No common ground to start from
And we're falling apart
You say the world has come between us
Our lives have come between us
But I know you just don't care

-Deep Blue Something, Breakfast at Tiffany's-

* Tu dici che non abbiamo niente in comune
Nessuna base in comune da cui partire
E stiamo cadendo a pezzi
Tu dici che il mondo si è messo fra di noi
Le nostre vite si sono messe fra noi
Ma io so che a te semplicemente non importa


Per quella domenica era stata programmata una visita ad Hogsmeade, ma Lily non aveva voluto andarci, nonostante sia le sue compagne che Remus l'avessero invitata ad unirsi a loro.

Non era dell'umore adatto per attraversare il paese, avanti ed indietro per la via principale e poi rinchiudersi ai Tre Manici di Scopa. Non sapeva perchè, ma non ne aveva voglia.

Forse si era solo svegliata male quella mattina.

Così, dopo pranzo, in una Hogwarts occupata solo dagli studenti dei primi due anni e da qualcuno del settimo, rimasto per portarsi avanti con lo studio, Lily aveva deciso di starsene un po' nel parco a leggere. Almeno, quello era il suo proposito, in realtà stava distesa all'ombra di una quercia, con la testa che passava da un pensiero all'altro.

Quella mattina aveva scritto a casa, come al solito aveva chiesto anche notizie di Petunia, ben sapendo che tanto sarebbe stato inutile: sua madre le avrebbe scritto che Petunia stava bene, le avrebbe parlato del suo lavoro, ma niente di più.

Petunia non avrebbe aggiunto alcuna riga di mano sua.

Si sentiva sciocca a continuare a cercarla, ma era pur sempre sua sorella e, che lo volesse o no, lo sarebbe sempre stata. Prima o poi avrebbe dovuto ascoltarla. Prima o poi avrebbe dovuto accettare le sue ragioni: Lily non pretendeva che le comprendesse o che fosse felice che lei vivesse in un mondo completamente diverso dal suo, ma quanto meno che lo accettasse, che se ne facesse una ragione e che tornasse a vedere in lei una sorella.

Fai la tua vita, Lily, resta in quel tuo mondo, ma ti prego, non trascinarmici più dentro. Siamo intesi?”

Così Petunia aveva troncato l'ultima loro conversazione: sembrava dirle nuovamente di non cercarla, di lasciarla in pace.

Severus, quando ancora erano amici, era solito dirle di lasciarla perdere, di non badare più a lei e alla sua ignoranza. Era solo una Babbana, diceva con disprezzo.

Sì, Severus disprezzava profondamente Petunia, sin dalla prima volta che le aveva rivolto la parola.

Lily aveva anche smesso di parlarne con lui: non le piaceva il fatto che il suo migliore amico insultasse gratuitamente sua sorella. Non andavano d'accordo, Petunia sembrava fare di tutto per cancellare Lily dalla sua vita, ma era pur sempre sua sorella. E Severus non aveva il diritto di insultarla.

Pensò che, se qualcuno potesse mai avere il diritto di tagliare Petunia fuori dalla sua vita, quella avrebbe dovuto essere solo lei e mai nessun altro.

“Ehi, Lily!” James Potter si stava camminando nella sua direzione con un libro sotto braccio, senza cravatta e con la camicia tirata su fino oltre gli avambracci.

“James, cosa ci fai qui?” domandò, stupita, convinta che avrebbe dovuto essere ad Hogsmeade con gli altri.

James si fece più vicino e si sedette accanto a lei.

“Ho dei compiti da finire.” tagliò corto, come se fosse più che sufficiente.

Lily incarcò il sopracciglio e lo guardò scettica: non si era mai sentito di James Potter che rinunciava ad un'uscita per i compiti.

“Ehi, non guardarmi così, è vero! E' che con questi allenamenti di Quidditch in vista dell'ultima partita non ho quasi più tempo di fare niente e quindi- alzò le spalle- oggi mi tocca restare qui e finire questo tema sui Bezoar.”

Probabilmente, in un'altra occasione, prima di quello che era successo (James faceva ancora fatica a dirlo ad alta voce), si sarebbe presentato il lunedì mattina senza compiti, pur di non rinunciare al divertimento. Ora però sentiva che sua madre contava su di lui, sentiva di dover cercare di darle meno delusioni e grattacapi possibili.

“Capito.” annuì Lily. La metteva ancora a disagio, stare con Potter, senza contare che non era ancora riuscita a comprenderlo.

Da dopo Pasqua non se ne andava più in giro a fare stupidi scherzi ai danni della gente, parlava poco, a lezione scherzava con Sirius, ma si faceva più attento alle spiegazioni. Si era come spento.

“Tu, invece, perchè non sei andata ad Hogsmeade?”

“Oh... avevo delle cose da finire, sai. E poi, tanto, Hogsmeade rimane sempre lì. Sono convinta che dopo un po' perda tutto il suo fascino, sai, quando sei abituato ad andarci.” gli spiegò Lily, giocando con i capelli.

James annuì e poi aprì il suo libro di Pozioni, in cui aveva inserito una pergamena e dalle tasche tirò fuori la piuma ed una boccetta d'inchiostro.

“Ti do fastidio se sto qui?” chiese, stappando con la bocca l'inchiostro.

“No, no. Fai pure.” Lily scosse la testa e si decise ad aprire il libro che teneva sulle ginocchia a da mezz'ora.

Ogni tanto Lily si ritrovava ad alzare gli occhi e fissare James e la sua pergamena, piena di frasi scritte a metà e di cancellature.

Lo vedeva scrivere e tirare righe su righe, sbruffare, scompigliarsi i capelli, sistemarsi gli occhiali e tornare a leggere cosa diceva Pozioni Avanzate sui Bezoar.

“Ti serve una mano?” chiese dopo un po', impietosita dallo stato della pergamena e dall'espressione scoraggiata di James.

“Se non ti scoccia, volentieri.” rispose James, cauto.

“No, tranquillo. Dai, fammi vedere cosa hai scritto.” Lily si sporse e prese la pergamena dalle mani di James.

“Detesto Pozioni. E' inutile, noioso e non sono capace. Credo che l'incapacità nel miscelare intrugli mi sopravviverà, trasmettendosi ai miei figli e ai miei nipoti!” esclamò, con tono melodrammatico e con una mano impegnata a scompigliarsi i capelli, facendo scoppiare Lily a ridere.

“Non essere così tragico! Non è poi così complicato, è lineare. Basta studiare.” lo contraddisse Lily, intenta a decifrare la sua scrittura.

Lavorarono scambiandosi opinioni per un po', con James che proponeva cosa scrivere e Lily che lo correggeva, sino a quando, mentre lei stava cercando delle precisazioni consultando il libro, James le chiese:

“Perchè lo fai?”

“Cosa?”

“Perchè lo fai? Perchè mi aiuti, Lily? Voglio dire, tu mi detesti!”esclamò, basito del fatto che Lily non lo considerasse ovvio quanto lui.

“Non è vero che ti detesto. E se lo faccio è solo perchè mi va di farlo, va bene?” gli rispose, gelida, Lily.

“Ti faccio pena, non è così?” chiese a bruciapelo James.

“James, ma che cosa stai dicendo?” Lily sgranò gli occhi, arrossendo.

James non era uno stupido.

“Non giriamoci attorno, Lily, per favore. Non mi hai mai sopportato. Non sei costretta a fare tutto questo.” ribadì, secco.

Lily non sapeva cosa rispondere, consapevole che James avesse dalla sua una parte di ragione. Quello che gli era successo, la morte di suo padre, l'aveva toccata. L'aveva osservato sotto una luce diversa, l'aveva scoperto vulnerabile e allora si era sforzata di essere gentile con lui, almeno inizialmente. Ma in quel momento, se lo stava aiutando con quel tema, era solo perchè le andava di farlo.

“Se mi andasse semplicemente di farlo?” domandò, retorica.

James sospirò, intenzionato a mantenere la calma, nonostante tutto.

“Ascoltami, Lily, tu mi piacevi, va bene? Ti ho chiesto per anni di uscire, ho cercato per anni di poterti parlare ma non ho mai ottenuto niente. Me le sarò anche cercate, d'accordo, ma anche recentemente, non è che io e te abbiamo mai avuto un idilliaco rapporto, giusto?” si fermò un attimo giusto per aspettare che lei gli facesse capire che stava seguendo il discorso.

“Bene, quindi, voglio dire, non mi piace che tu sia qui, con me, a farmi un tema o a parlare del tempo solo perchè mio padre è morto, ok? Voglio che tu mi faccia un tema o mi chieda del Quidditch perchè ti va di farlo, perchè credi che valga la pena farlo, perchè sei convinta che passare del tempo con me ti faccia stare bene. Non perchè ti senti in colpa per qualcosa o perchè ti faccio pena, chiaro?” precisò James, cercando di essere il più chiaro possibile e di nascondere l'irritazione.

Lily non aveva smesso di fissarlo negli occhi.

“Se è così, allora neanche tu avresti dovuto continuare a tormentarmi solo perchè ti facevo pena: la povera Lily Evans senza amici, in attesa solo che tu la salvassi.” rimbeccò dura, Lily.

“Non è la stessa cosa!” la contraddisse James

“Forse no, ma vedi, James, io mi sentivo così, ogni volta che mi rivolgevi la parola. Questo è quello che pensavo: ero convinta di farti pena e credimi, non è bello.” gli spiegò Lily, a testa bassa, infilando le dita nei capelli.

“Mi facevi tenerezza. Non pena. E volevo davvero che tu uscissi con me.” disse James, a voce bassa.

“Tenerezza, pena... sottile il confine, non trovi? Ascolta James, siamo chiari, ci sono cose di te che non mi piacciono e lo sai. Per te sarà lo stesso con me, credo, ma stanno cambiando tante cose, sono cambiate tante cose e non so perchè mi ritrovo sempre più spesso a parlare con i tuoi amici o con te. Non lo so, va bene? Forse perchè siete gli unici con cui mi va di parlare, non lo so. Però se sono qui con te adesso è perchè mi va di farlo, altrimenti, credimi, me ne sarei già andata.” Lily gesticolava, presa dalle troppe cose che voleva che lui capisse.

“Morgana, vorrei tanto che ci fosse qualcosa di normale, nella mia vita!” imprecò a bassa voce.

“Lo vorremmo tutti, Lily.- le rispose James- Prima della morte di mio padre vivevo in una gabbia dorata. Avevi ragione a pensare che fossi solo un ragazzino viziato, egocentrico, vanesio ed abituato ad avere tutto dalla vita. Lo ero e forse lo sono ancora. Ma in questi due mesi mi sono accorto di cose che prima non vedevo. Avevi ragione a dire che il mondo non è diviso in Buoni e Cattivi, in Grifondoro e Serpeverde. Anche se penso ancora che i Serpeverde siano più cattivi dei Grifondoro.” aggiunse, strappandole un sorriso.

“E non pensavo davvero nemmeno che tu non ti meritassi degli amici per via del tuo carattere. Tutti si meritano degli amici. Questo sono io, Lily Evans, non so quanto tu mi conosca fino in fondo, ma sono fatto così. Ho dei pregi,credo, anche se non so ancora bene quali siano, forse che riesco a mettere la gente a proprio agio; ma ho anche una caterva di difetti, una quantità immane: sono troppo sicuro di me, sono impulsivo e pretendo di avere sempre ragione. Ma sono fatto così, non dico di non poter cambiare, ma ci sono lati del mio carattere che al limite potranno solo essere smussati e non voglio la pietà di nessuno. Mio padre è morto, d'accordo, ma è morto da eroe e se c'è qualcuno a cui vorrei somigliare è lui, per cui non ho bisogno di un codazzo di gente che continua a mormorarmi che è costernata da quanto è accaduto. Chiaro?” James strappò dei fili d'erba e se li rovesciò sui pantaloni, carico di nervosismo.

“James, tutti noi abbiamo mille e mille difetti. – Lily accennò un sorriso- Io sono cocciuta e voglio fare sempre di testa mia. Voglio i consigli ma non li seguo. Sono facile a scoraggiarmi e se mi ci metto parlo davvero troppo, ma vedi, io credo che crescere significhi anche cercare di capire cosa non va in noi stessi e provare a cambiare. Non è detto che ci si riesca, ma ci si prova. E' un segno di maturità, penso. Tu dici di esserti accorto di cose che non andavano nel tuo modo di essere e stai agendo di conseguenza e io credo che sia positivo. E mi dispiace di di averti fatto un'impressione sbagliata, forse hai ragione, ho cercato di essere gentile con te per via di quello che è successo. Non è stato molto corretto da parte mia, ma volevo solo farti capire che non ti odiavo e che, anche se tra noi non c'è mai stata amicizia, non ti meritavi quello che ti è successo. Non se lo merita nessuno. E se la mia vita è un casino, se ho un carattere particolare, se sono “strana”, come dicono le mie compagne, non è colpa tua, perciò non scusarti.” terminò Lily, in un sospiro.

Era arrossita e non credeva possibile che sarebbe riuscita a dire tutte quelle cose a James Potter.

“Non sei “strana”.- James mimò con le dita il segno delle virgolette- Sei tu. Così come io sono io, e Sirius è Sirius. Siamo tutti un po' strani.”

“Forse.”sospirò Lily.

Rimasero in silenzio: Lily giocava con i capelli e con le pagine del libro, mentre James spostava lo sguardo da lei alle nuvole.

“Vuoi provare a fidarti di me, Lily Evans?” chiese James, dolcemente, dosando la voce e le parole.

Lily si voltò verso di lui. Doveva provare? E se fosse finita male? E se gliela avesse concessa, quella fiducia, e lui l'avesse tradita, lasciandola squarciata ed in balia di se stessa, come già era successo con Severus? Non era in grado di dire se sarebbe riuscita a riprendersi. Non in quel momento, in cui stava riuscendo a rialzarsi.

“Cosa succederà, James?” domandò, in un soffio.

“Non lo so. Ti offro solo quello che sono io.” le tese la mano, incerto.

Lily agì d'impulso e la strinse. Si chiese la ragione che la spingesse a farlo, ma riuscì solo a fidarsi degli occhi castani di James.

“Proviamo.” sussurrò.

“Cercherò di non deluderti, Lily.” promise James, sicuro. Non l'avrebbe delusa. Mai.

Un piccolo sorriso le increspò un angolo della bocca.

“Lo so, James Potter.”disse in un soffio.



Capitolo corto ma denso, direi e che segna un nuovo inizio.

Al solito vi ringrazio tutti quanti. Alla prossima


Alohomora: non credo che questi Malandrini siano poi così lontani dai “soliti Malandrini”, sono rappresentati in modo diverso, certo, ma sono ragazzi di diciassette anni, ancora pieni di voglia di ridere, giocare, cambiare il mondo. E qui c'è un inizio di quello che saranno James e Lily,

Dafny: sì, sì, Mr Quaffleborn era voluto! Mi è venuto in mente e l'ho inserito... spero di risentirti.

MEISSA_S: guarda, ti confesso che secondo me l'intera vita dei Malandrini è surreale. Penso che fossero tre elementi che potrebbero essere usati come arma di distruzione di massa, se consideri che anche il tranquillo Remus si trasforma facilmente in una folle mente criminale! Sono contenta che Sirius ti sia piaciuto, spero di saperlo descrivere sempre meglio nel corso della storia perchè, se c'è qualcuno con una personalità complessa, quello è proprio lui! Ah, ultima cosa, io credo che lui e Lily avessero davvero un buon rapporto: per prima cosa sono le due persone più vicine a James ( e se Lily non fosse stata sinceramente affezionata a Sirius, dubito che l'avrebbero scelto come padrino e tutore di Harry) e in secondo luogo credo che abbiano avuto entrambi delle vicissitudini famigliari che li hanno formati e che li hanno resi quello che sono.

Purepura: l'arroganza di James Potter è insita nel suo DNA (altrimenti come spieghi che si sia trasmessa anche ad Harry, che, sinceramente, mi pare abbia le sue belle manie di protagonismo), semplicemente imparerà un po' a direzionarla. Il Sirius che immagino io è particolarmente interessato ai Babbani, ma non in modo folkloristico come il signor Weasley, a Sirius piace la musica Babbana (ingaggerà con Lily l'eterna lotta Beatles- Rolling Stones), la cultura, l'arte, il modo di vestire (tra un po' te lo vedrai girare con l'eskimo, promesso! In fondo, siamo negli anni '70) e penso che spesso, in estate, appena poteva si facesse un giro per Londra, a piedi, camminando e girando a caso. Credo che gli siano servite molto, quelle giornate, o, almeno, lui ne è convinto. Spero che questo Sirius ti piacerà.

PrincessMarauders: Dorea era a Serpeverde, ovviamente. E' stato Sirius il primo Black a rompere la tradizione. Comunque, torneremo sulla storia di Charlus, Dorea ed Alphard, promesso.

Sirius e James sono così potenzialmente distruttivi che non so se qualcuno sia in grado di batterli, persino i gemelli Weasley credo avrebbero qualche problema.

Oh, vedrai come diventeranno amici Sirius e Lily, saranno come fratello e sorella, forse accomunati anche dalle loro vicende famigliari. Alla prossima!


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Capitolo 18
*** Diciassettesimo Capitolo ***


Molta follia è saggezza divina
per chi è in grado di capire.
Molta saggezza, pura follia.
Ma è la maggioranza
in questo, in tutto, che prevale.
Conformati: sarai sano di mente
Obietta: sarai pazzo da legare
immediatamente pericoloso e presto incatenato.


Emily Dickinson, Molta Follia


CAPITOLO DICIASSETTESIMO


LONDRA, DIAGON ALLEY, Maggio 1977


Studio Notarile del Dott. Alsvidher Lyartangen


Lyartangen stava in piedi davanti alla finestra, fissando con apparente interesse il via vai di maghi e streghe che, dopo lo scorso Aprile, era tornato ad affollare le vie di Diagon Alley.

Sei sicura, Dorea?” chiese, voltandosi verso la strega che sedeva di fronte alla sua scrivania.

Portava i capelli neri, striati da un velo grigio, stretti in uno chignon e, nonostante il lutto, non vestiva di nero. Indossava una ampia veste da strega color prugna, ma la fede nuziale brillava ancora all'anulare destro.

Sì. Con Charlus ci abbiamo pensato a lungo. E' la cosa migliore da farsi, Alsvidher. Non sappiamo per quanto tempo mi sarà concesso vivere, di questi tempi.” annuì Dorea.

C'è forse qualcosa che devo sapere, Dorea?” domandò Lyartangen, sistemandosi gli occhiali che scivolavano spesso sul lungo naso aquilino.

L'accompagnava da tempo la strana e sciocca idea che la pendenza del suo naso fosse aumentata con la vecchiaia e con la calvizie che, ormai, lo rendeva completamente privo di capelli.

No, niente Alsvivhder, davvero. Era solo un inutile intercalare.” mentì Dorea, con sicurezza. Non era il caso di parlare con Alsvidher delle minacce ricevute da lei e Charlus qualche mese prima.

Minacce di morte nemmeno troppo velate per i protettori della popolazione non Magica, per i Purosangue fedeli al Ministero.

Charlus aveva rifiutato i ripetuti inviti giunti da importanti membri della famiglie di Purosangue più in vista, convinti che Lord Voldemort fosse la scusa che attendevano per la loro scalata al potere.

Da quando avevano rifiutato, la loro posizione si era aggravata. James, ovviamente, non sapeva niente e, fosse stato per Dorea, non avrebbe mai dovuto saperlo.

“Come vuoi, Dorea, come vuoi. Allora posso procedere?” Alsvidher accondiscese alle richieste di Dorea, senza porgere ulteriori domande. Aveva capito che stava mentendo, ma la conosceva da una vita, erano stati compagni di scuola, ad Hogwarts, tra le file dei Serpeverde, e sapeva che stava mentendo, ma non volle investigare. Non erano affari suoi, dopotutto, e non gli era mai piaciuto farsi gli affari degli altri.

“Sì. Procedi. E' l'unico modo per tutelare James ed evitare beghe intestine con il resto della mia famiglia.” ordinò Dorea, stringendo più forte la borsa di seta che portava sulle ginocchia.

Lyartangen aprì un cassetto della scrivania e ne tirò fuori un foglio di pergamena, intinse il pennino nell'inchiostro,un vizio Babbano che amava concedersi, ed iniziò a scrivere.

Conosceva Dorea Potter da quando si chiamava ancora Black e portava i capelli raccolti in due spesse trecce. Ne aveva osservato i cambiamenti in sette lunghi anni di scuola. L'aveva ascoltata lamentarsi per la lontananza dall'amata sorella Cassiopeia e da sua madre, l'aveva consolata dopo i litigi con Alphard e l'aveva vista innamorarsi di Charlus Potter, quell' apparentemente assurdo Grifondoro che era un paio d'anni avanti a loro.

In seguito, quando Charlus aveva sposato Dorea, Alsvidher non aveva affatto accolto la notizia con dispiacere, aveva imparato a conoscere Potter e a trovarlo simpatico sino a diventarne amico, nel corso degli anni.

C'erano argomenti su cui non erano perfettamente d'accordo, un esempio su tutti il maniacale interesse di Charlus su tutto ciò che fosse Babbano, ma, nel complesso, ciascuno rispettava le posizioni dell'altro, senza per questo cambiare di una virgola le proprie opinioni.

Alsvidher era cresciuto in una antica famiglia di Purosangue, suo padre, olandese, aveva sposato Melissa Derwent, pronipote della famosa Preside di Hogwarts nonché unica figlia di una nobile famiglia della Gran Bretagna del Sud. Quando suo marito era mancato, Melissa era tornata in patria con il figlio, cresciuto nella liberale Olanda per quasi dieci anni.

L'aver assaporato, seppure per poco, un'aria diversa da quella inglese, aveva plasmato il carattere sia suo sia quello di sua madre, donna che aveva quindi educato il figlio con mentalità libera, aperta e priva di preconcetti.

Alsvidher Lyartangen non vedeva di buon occhio quello che stava accadendo in Gran Bretagna: aveva con Charlus condiviso le sue idee sull' ascesa di quel Lord Voldemort, che troppi Purosangue si ostinavano a considerare del tutto innocuo, presi com'erano dall'appoggiare la sua causa per programmare oscuri complotti di potere, convinti che, presto o tardi, avrebbero potuto sbarazzarsi di lui, salvando i loro profitti.

“Ecco, Dorea, firma qui. Tramite questa donazione, James diventa sin da ora proprietario di tutti i tuoi beni, del Manor, dei vostri terreni e, naturalmente, di quanto conservi alla Gringott.” -indicò a Dorea una riga sul margine destro in basso e poi riprese-” Ovviamente non appena James tornerà da scuola, dovrai accompagnarlo ad apporre la sua firma, altrimenti questa non è valida.” precisò, levandosi gli occhiali e sfregandosi gli occhi.

“Appena torna da scuola, verremo. Tranquillo. Ora devo andare, Alsvidher, grazie di tutto.” sorrise Dorea, alzandosi.

Lyartangen la accompagnò alla porta.

“Figurati, se posso fare qualcosa, sai che sono qua. Puoi chiamarmi in ogni momento, non dimenticartelo.” le confermò.

“Lo so e credimi, il tuo aiuto mi è sempre prezioso.” Dorea gli posò una mano sulla spalla e lo salutò, incamminandosi per le scale.

Lyartangen tornò alla finestra e vide l'amica camminare rapida assieme agli altri passanti.

Dorea Potter era una donna forte e determinata, ce l'avrebbe fatta anche quella volta.



Dorea lasciò che il pesante portone di legno, intarsiato con i simboli della famiglia di Alsvidher, si chiudesse alle sue spalle, immettendola in una traversa di Diagon Alley.

La primavera più che inoltrata permetteva al sole di illuminare anche quegli angoli di Diagon Alley solitamente bui ed angusti.

Osservava i passanti che si muovevano rapidi per il corso, chi preso da mille commissioni e chi, ancora spaventato, sperava solo di concludere quel giro di compere il più in fretta possibile.

Da Marzo non succedeva più niente. Due mesi, quasi due mesi senza che si sapesse niente, senza che fosse accaduto più nulla di plateale.

Se non fosse stato per l'ultima visita di Octavius Bones, probabilmente, avrebbe anche creduto a quanto raccontava il Profeta e ai proclami del Ministero che invocava calma e minimizzava la cosa.

Octavius era stato un grande amico di Charlus, sin da Hogwarts: mai erano mancate le sue visite a Potter Manor negli anni, per una partita a biliardo con Charlus, mentre sua moglie Lucretia e Dorea sorseggiavano tè e pasticcini ed anche ora, Octavius non aveva scordato di passare a trovare Dorea.

Octavius lavorava al Ministero, all' Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e sapeva perfettamente che, in quei mesi, le misteriose sparizioni e gli accadimenti inconsueti non erano cessati, anzi. Il Ministero, tuttavia, continuava ad insabbiare i fatti, certo che la cosa migliore fosse infondere calma alla popolazione.

Dorea sospirò, non si poteva fare nulla di concreto, per il momento. Lei, almeno, non poteva fare nulla di concreto, se non sperare che, in fondo, nonostante tutto, il Dipartimento Auror lavorasse sottobanco e sapesse esattamente cosa fare, anche se, le notizie che le giungevano dai vecchi colleghi di suo marito non erano incoraggianti.

A preoccuparla era soprattutto il mondo in cui sarebbe vissuto James una volta abbandonata Hogwarts con le sue mura protettive: quella scuola era un mondo a parte, un mondo a sé, in cui le leggi e le regole della vita vera raramente entravano.

Probabilmente, anche le notizie che angustiavano quotidianamente le famiglie giungevano ad Hogwarts smorzate e rese ovattate dall'atmosfera: pochi ragazzi erano realmente a conoscenza di quello che stava succedendo e, se da un lato, questo era senza dubbio un bene, dall'altro non poteva che essere considerato un male: nascondere la verità non la rendeva certo meno aspra, serviva solo a renderli impreparati al mondo.

Ma Hogwarts era così: Hogwarts era una sorta di idilliaca società in miniatura, che, almeno ai suoi tempi, voleva provare a descrivere un mondo che non esisteva.

Forse ora che era suo figlio James a frequentarla, ora che Silente era Preside, qualcosa era cambiato, ma quarant'anni prima si viveva nell'illusione che l'appartenere alla stessa Casa potesse annullare le differenze di Sangue.

Quando lei e Charlus frequentavano Hogwarts, negli anni Trenta, molte erano le coppie che si sarebbero separate subito dopo il diploma, molti erano gli amici che non si sarebbero più visti, una volta usciti da scuola.

Se ancora in quegli anni presenti il Sangue era importante per parecchie famiglie del Mondo Magico, negli anni Trenta era molto peggio.

Erano ancora gli anni dei matrimoni combinati e delle rigide differenze di classe e lei non avrebbe mai smesso di ringraziare i suoi genitori per averle concesso di sposare Charlus Potter, ottima famiglia Purosangue, ma certamente di convinzioni abbastanza lontane da quelle della Nobile e Antichissima Casata dei Black. Probabilmente avevano voluto concedere a lei quello che non erano riusciti a dare a suo fratello Pollux e a sua sorella Cassiopeia, quello che non erano riusciti ad ottenere nemmeno per se stessi e, soprattutto, quello che non erano riusciti a fare per suo fratello Marius, nato senza poteri magici e per questo sottratto alla famiglia sin dalla più tenera età.

Dorea non aveva mai dubitato della stima e del rispetto reciproco che legasse i suoi genitori, Cygnus e Violetta e nemmeno dell'affetto che provassero l'uno per l'altra, affetto che però è ben lontano dall'amore.

Si volevano bene e non avevano mancato al compito prescritto dalle loro famiglie, sposarsi e mettere al mondo dei nuovi rampolli Purosangue, ma non erano innamorati, semplicemente, negli anni erano diventati amici, complici, amanti, ma mai marito e moglie nel senso più canonico del termine.

Nonostante questo, erano stati degli ottimi genitori, suo padre Cygnus, Purosangue con tendenze da bohemienne, immerso nella Filosofia da mattino a sera e sua madre Violetta, pittrice, che girava per casa con addosso sempre un grembiule grigio, imbrattato di colori ad olio, che riempiva i figli di baci al sapor di pittura.

Il resto della famiglia era a dir poco scandalizzato dall'educazione che Cygnus e Violetta impartivano ai figli, che stavano crescendo, a sentir loro, come tre piccoli selvaggi.

A pensarci bene, Dorea, riusciva a ricordare ancora la voce arcigna e gli occhi sbarrati di sua nonna Ursula, quando vedeva lei e Cassiopeia correre per le scale di casa con i vestiti macchiati di terra o di vernice e con i capelli lasciati sciolti, anziché costretti da mille forcine.

Probabilmente, era stato proprio per quei motivi che suo nonno Phineas Nigellus aveva scelto di occuparsi personalmente dell'istruzione e dell'educazione di Pollux, perchè almeno l'erede maschio si salvasse da quello scempio.

Era stato un duro colpo per i suoi genitori e forse, per quel motivo, da allora in avanti, avevano scelto di seguire maggiormente i dettami della famiglia, per evitare che almeno le loro preziose figlie non fossero loro sottratte e costrette al matrimonio quando non erano nemmeno adolescenti.

Da quando era passato sotto la tutela di Phineas Nigellus, Pollux era cambiato totalmente, era diventato il ritratto in miniatura del nonno, aspro Purosangue convinto, non aveva più niente del fratello maggiore che Dorea aveva conosciuto nei suoi primi anni di vita.

Dorea era rimasta immobile, ancora sotto al portone dello studio di Lyargarten. I pensieri, le preoccupazioni ed i ricordi l'avevano trascinata via. Le avevano fatto presente quanta voglia avesse di riavere con sé Charlus, per poter affrontare meglio il resto dei Black, per poter affrontare meglio quegli obbligati incontri settimanali al San Mungo.

Inspirò ed espirò, strinse forte la borsa ed impugnò la bacchetta e si Smaterializzò di fronte al

grande magazzino abbandonato Purge & Dowse Ltd..

Ritirando la bacchetta, fissò insistentemente il manichino vestito di verde e, ad un suo cenno, attraversò il vetro ritrovandosi nell' atrio del San Mungo.

Senza nemmeno guardare il prospetto dei reparti e salutando con un cenno le infermiere presenti, salì immediatamente al quarto piano: Lesioni da Incantesimo, dove c'era anche il Reparto per Lungodegenti.

Percorse l'intero corridoio, arrivando subito alla stanza 144, da lì stava uscendo proprio in quel momento una Guaritrice.

“Buongiorno, signora Potter. Tutto bene? Ho appena portato la solita pozione a sua sorella.” la informò, cortesemente.

“Grazie per il lavoro che fate, dottoressa Davis. Vediamo un po' come andrà oggi.” sorrise Dorea.

“Vi lascio sole, arrivederci signora Potter.” la salutò, iniziando a spostarsi.

Dorea entrò nella stanza e scorse subito dei disegni appesi al muro, disegni che fino a qualche giorno prima non c'erano.

“Dottoressa Davis!” chiamò, uscendo e facendo voltare la Guaritrice.

“Cosa sono quei disegni appesi al muro?”

La Davis si avvicinò per rispondere.

“Oh, quelli! Ieri è venuta sua nipote, la signora Tonks con sua figlia, un piccolo uragano ambulante, per poco non rovesciava le ampolle con dentro le pozioni medicinali, si figuri! Comunque, la bambina ha portato quelli ed ha chiesto se si potevano appendere. Tutto qui, spero che non le dispiaccia.” spiegò, sorridendo.

“No, no, tranquilla. Non è un problema, volevo solo sapere. Arrivederci, allora.” la salutò Dorea, rientrando nella stanza.

Andromeda era venuta a trovare Cassiopeia portando con sé la piccola Ninfadora. Le faceva piacere, ad essere sincera.

Aveva conosciuto Andromeda solo pochi anni prima, presentatale da Alphard ed erano state entrambe ben felici di poter recuperare un legame con la propria famiglia d'origine. Dorea non faceva più parte della famiglia Black da anni e, quindi, era impensabile che Andromeda la potesse conoscere.

Da quando nel 1943 suo padre Cygnus era mancato, la famiglia Black aveva escluso Dorea, sua madre Violetta e sua sorella Cassiopeia da ogni rapporto e, ad essere sincere, la cosa non aveva creato grossi problemi a nessuno.

Per i Black Dorea aveva smesso di esistere quando suo padre aveva annunciato il fidanzamento con Charlus Potter; per sbarazzarsi di sua madre Violetta, invece, avevano dovuto attendere la morte di Cygnus. Anche se forse era con Cassiopeia che la vita era stata davvero poco generosa.

“Sissi, sono io, Dorea.” Dorea si era avvicinata alla sorella, seduta sul letto a gambe incrociate.

“Oh Dorea, buongiorno! Vuoi un cioccolatino? Andrew è stato in Francia per lavoro e ne ha portata a casa una scatola!” Cassiopeia prese la scatola di cioccolatini appoggiata sul comodino e ne porse uno a Dorea che, accennò un sorriso, ed accettò il regalo.

“Come mai Charlus non c'è?” chiese innocentemente Cassiopeia

“E' via per lavoro.” rispose in fretta Dorea. Ci aveva già provato a dirle che era morto, ma niente entrava nella testa di Cassiopeia, già ebbra di pensieri e desiderosa, se mai, di liberarsene e non di acquistarne di nuovi.

A volte, Dorea aveva ancora voglia di fare come aveva fatto trent'anni prima, di mettere Cassiopeia con le spalle al muro ed urlarle che Andrew era morto, che i bombardamenti su Londra del 1940 l'avevano ucciso, che il loro papà era morto, così come la loro mamma e che lei doveva smetterla. Doveva smetterla di comportarsi come se fossero ancora tutti vivi. Doveva smetterla di rovinarle la vita solo perchè era pazza, pazza, pazza. Perchè lei non ne poteva più, non riusciva più a sopportare tutto quello, a sopportare la sua pazzia e i suoi deliri. Era stanca. Stanca di tutto, stanca di aver visto la sua splendida famiglia disgregarsi in un attimo, sparire, come se non ci fosse mai stata.

Tutto era iniziato il dieci Settembre del 1940, quando i tedeschi, in quella guerra che stava mettendo in ginocchio la Gran Bretagna Babbana, bombardarono Londra.

L'elegante residenza di Andrew e Cassiopeia McFarland in Oxford Street, protetta dai più avanzati incantesimi, era stata rasa completamente al suolo da un ordigno Babbano.

Andrew era stato trovato morto tra le macerie, così come quattro dei cinque Elfi Domestici, la governante ed anche Theodore, il figlio di Andrew e Cassiopeia. Aveva appena tre anni. Soltanto Cassiopeia era sopravvissuta, trovata in fin di vita sotto a blocchi di cemento armato.

La notizia della morte di Andrew e, soprattutto, quella della morte di Theodore l'avevano portata alla pazzia.

Cassiopeia non si era più ripresa e l'unica cosa da fare era stata rinchiuderla al San Mungo.

Sua madre non si era mai più data pace, per quanto successo, così come suo padre, stroncato da una malattia appena tre anni dopo.

L'unica consolazione per Cygnus e Violetta Black era stato poter vedere Dorea felice con Charlus Potter, con la certezza che almeno la loro ultima figlia potesse essere felice.

Si sentivano responsabili, responsabili per Pollux ed anche per Cassiopeia. Se avessero educato i loro figli diversamente, l'uno non sarebbe stato portato via e l'altra non avrebbe terminato i suoi giorni rinchiusa al San Mungo.

Continuavano a credere che, se non avessero permesso che non terminasse gli studi, sposandosi con Andrew McFarland, conosciuto sì ad Hogwarts, ma maggiore di lei di sei anni, allora avrebbero avuto ancora la loro Cassiopeia.

Andrew e Cassiopeia si erano conosciuti a scuola, per caso e nessuno dei due pensava a dividere la sua intera vita con l'altro. Ma Wiston McFarland e Phineas Nigellus avevano mosso le loro carte, organizzando uno dei matrimoni più redditizi che si fossero mai visti.

A Cassiopeia Andrew non era indifferente, non lo era mai stato e ad Hogwarts era orgogliosa di potersi considerare la sua fidanzata. Dal canto suo, Andrew, per i primi due anni provò ad opporsi al matrimonio: sentiva di non avere nulla da spartire con una che considerava poco più di una bambina.

Poi si era rassegnato e, infine, vedendo sbocciare Cassiopeia in una bellissima donna, se ne era anche innamorato.

Quando Phineas Nigellus e Wiston McFarland organizzarono il matrimonio, Cygnus e Violetta Black parlarono chiaramente con la figlia: se accettava di sposarsi non avrebbe proseguito i suoi studi, avrebbe dovuto abbandonare Hogwarts, avrebbe dovuto smettere di essere ragazza prima ancora di esserlo del tutto e, dal canto loro, promettevano di fare qualsiasi cosa per proteggerla e impedirle di sposarsi, se lo voleva.

Cassiopeia però aveva scelto di sposarsi e, a quel punto, i genitori non poterono che accettare la sua decisione, senza smettere di credere di non aver fatto abbastanza ed anzi, di averla condannata alla pazzia.

Se c'era una cosa che Dorea sentiva di dover rimproverare ai suoi genitori era proprio la mancanza di polso: avevano permesso che Pollux venisse affidato ai nonni, che Cassiopeia si sposasse a sedici anni, che Marius fosse portato via ancora bambino. Non riusciva a perdonarli per non aver lottato abbastanza per i loro figli e, forse, non se lo perdonavano nemmeno loro stessi: forse era proprio quello il motivo per cui avevano acconsentito immediatamente al suo matrimonio con Charlus.

“Anche lui è sempre via, Dors. E' già un bel po' che non lo vedo!” esclamò Cassiopeia, sorridendo alla sorella.

Dorea accennò un sorriso di scuse e fissò il volto di Sissi: esteticamente non aveva perso nulla.

Le guance erano rosee e piene, gli occhi verdi ancora brillanti, i capelli ancora setosi, ma Dorea non poteva fare a meno di pensare a quando quel viso era privo di rughe, a quando quegli occhi brillavano di felicità e non di un seme di follia, a quando quei capelli, oltre che setosi e fini erano anche biondo miele. A quando sua sorella era ancora sua sorella e non un involucro contenente solo i ricordi dei tempi che furono.

“Hai visto che belli quei disegni, Dors? Li ha fatti Teddy! Hai visto come è bravo il mio bambino?” squittì Cassiopeia, orgogliosa, indicando i disegni portati da Ninfadora.

“Sì, Sissi. Sono davvero belli. E' proprio bravo.” la assecondò stancamente Dorea. Affrontare tutto quanto da sola era sempre più pesante. Si stava piano piano accorgendo quanto la presenza di Charlus fosse stata importante in quegli anni.

Adesso era sola. C'era James, certo, ma era giusto che lui avesse la sua vita.

“Che libro vuoi che ti legga oggi, Sissi?” chiese, infine, preparandosi alle ore che la aspettavano.


Al solito, scusate il ritardo. Da settimana prossima, conto di poter aggiornare con più regolarità, in ogni caso.

Credo che questo capitolo vi abbia un po' sorpresi, ma mi vi avevo anticipato che saremmo tornati ad occuparci di Dorea. Spero che, nonostante tutto, vi sia sembrato interessante e che mi concediate la licenza poetica sugli avvenimenti alla famiglia di Andrew e Cassiopeia McFarland: sull'albero genealogico dei Black, Cassiopeia non risulta sposata a nessuno.

Piccolo sondaggio tecnico da proporre: come volete regolarvi per il mese di Agosto? Io sarò via circa quindici giorni, ma nei restanti, potrei continuare ad aggiornare: preferite sospendere la pubblicazione sino a settembre o che la continui?

Detto questo, alla prossima e grazie a tutti.


Alohomora: James Potter si svelerà piano piano in tutta la sua essenza di Malandrino, di leader dei Malandrini e futuro marito di Lily: sino ad ora si è parlato più che altro di Lily, ma in questa storia non è solo lei la protagonista, sebbene la sua vicenda sia centrale.

Spero di poterti regalare altri bei momenti tra Lily e James.

Elawen Aeglos: benvenuta! Sono contenta che la storia ti piaccia, che i personaggi ti sembrino ben descritti e che, soprattutto, ti paiano veri. Lily acquisterà fiducia, soprattutto perchè potrà contare su quattro Malandrini, dei quali diventerà inizialmente la mascotte e poi, parte integrante. Alla prossima!

MEISSA_S: ci tenevo tanto che Lily e James si parlassero senza gridarsi addosso, senza preconcetti e pregiudizi e alla fine ce l'hanno fatta, forse dovevano solo aspettare il momento giusto, dettato, fra le altre cose, da una serie di spiacevoli eventi. Io James lo vedo così, come uno che riesce a farti sentire a tuo agio, che non esita a criticare se stesso, sempre pronto a cercare del buono, nelle persone che reputa giuste. Aveva voglia di parlare con Lily, di cercare di farle capire chi fosse, se non altro per potersi, eventualmente, allontanare da lei senza rancore. Lily, messa alle strette dalle affermazioni di James, capisce di non potersi più sottrarre, di dover prendere una posizione con lui e su di lui. Si parlano, si chiariscono, decidono di fidarsi l'uno dell'altro e Lily, pur non conoscendolo, sa che James Potter non tradirà quella fiducia. Lo sa e basta.

Dei Marauders non mi preoccuperei: io credo che accetteranno senza problemi Lily nel gruppo, scopriranno di lei anche lati inaspettati e, perchè no, Malandrini. Alla prossima!

Purepura: hai descritto bene quello che potrebbe provare Lily: è già stata distrutta una volta, se, a questo punto, anche James, anche Remus scegliessero di lasciarla, non riuscirebbe più a rialzarsi, a credere nelle persone e ad avere speranze per il futuro. Si sente costantemente giudicata, inadeguata, ma allo stesso tempo riesce a fare una analisi razionale della sua situazione, cosa non da poco, e quando sceglie di stringere la mano di James sa semplicemente che lui non la tradirà. Lo sa e basta. Sono quelle cose che si capiscono. A presto!

PrincessMarauders: oh bè, in verità mi piace molto pensare che Harry abbia ereditato l'odio per Pozioni da James, che poi, in verità non è che Harry sia proprio negato ( se Piton lo facesse lavorare in pace, qualche risultato in più si vedrebbe), solo che non gli piace e di conseguenza non si applica. Un po' come James, insomma, che, se volesse, qualcosina in più potrebbe fare, sebbene i suoi risultati continuerebbero ad essere scarsi. Se a ciò ci aggiungi che Lumacorno non può vedere quello squinternato di Potter...

Dici che Lily riuscirà ad aiutarlo? Io credo che proverà, ma sarà sconfitta dall'evidenza. A presto!



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Capitolo 19
*** capitolo diciottesimo ***


CAPITOLO DICIOTTESIMO


It's the first day of spring

And my life is starting over again

Well the trees grown, the river flows

And it's water will wash again my sin

-The First Days Of Spring, Noah And The Whale-


* E' il primo giorno di primavera

E la mia vita sta iniziando da capo un'altra volta

Gli alberi crescono e il fiume scorre

Ed è l'acqua che laverà ancora il mio peccato


Hogwarts, Maggio 1977


Quella domenica pomeriggio, Lily Evans e James Potter erano andati avanti a parlare sino all'ora di cena. Erano rientrati al castello insieme, con i loro libri sottobraccio da riportare nel dormitorio, prima di scendere in Sala Grande.

Tanti erano gli sguardi stupiti degli studenti che fissavano la coppia e altrettanti quelli invidiosi: si era visto che da qualche tempo Lily Evans girava spesso con Remus Lupin o Peter Minus, la si era vista parlottare fitto fitto con Sirius Black sugli spalti dello stadio di Quidditch, ma mai sola in compagnia di James Potter.

Che James Potter fosse interessato a Lily Evans non era una novità per nessuno, anche se in molti si chiedevano in che senso fosse interessato. Pochi credevano che Potter nutrisse un sincero interesse per quella ragazza così strana e solitaria, famosa solo per essere stata amica di Severus Piton, noto più per le sue discutibili amicizie con i Serpeverde che non per la sua simpatia. Era comune pensare malamente che James Potter avesse scommesso con i suoi amici che sarebbe riuscito ad avere Lily Evans, ragazza che, in fondo, in molti non consideravano all'altezza di Potter, essendo lei quanto più lontana si potesse immaginare dallo stile di vita di James Potter.

James, dal canto suo, non era minimamente interessato a quello che potevano pensare gli altri. Sinceramente, non gliene era mai importato. Sin dal primo anno, non faceva caso a chi si chiedeva cosa ci facesse Peter Minus tra i suoi amici; non faceva caso alle persone con cui si ritrovava a parlare, per il semplice fatto che era stato abituato a parlare con tutte le persone che gli capitavano davanti, senza pregiudizi o preconcetti.

E, in fondo, dell'opinione di persone che non lo conoscevano, che non sapevano nulla di lui, non gliene importava niente. Soprattutto negli ultimi tempi non gliene importava niente. Che si chiedessero pure cosa ci facesse con Lily Evans, la verità, d'altronde, la potevano conoscere solo loro.

Era contento che Lily gli avesse dato una possibilità, che fossero riusciti a spiegarsi, a dirsi le cose in faccia. Era piacevole anche sentirsi squadrato da cima a fondo dagli occhi verdi di Lily, che ogni volta che lo guardavano, sembravano leggergli l'anima.

Lo so, James Potter.” così gli aveva detto, quando lui aveva promesso che avrebbe fatto di tutto, per non deluderla.

Quelle parole avevano mosso qualcosa nel suo stomaco: Lily sapeva, sapeva davvero. Era strano da descrivere, ma lui era sicuro che Lily sapesse davvero.

Non aveva raccontato ai suoi amici della conversazione tra lui e Lily e presto ebbe la certezza che anche lei aveva fatto lo stesso, scegliendo di non parlarne con Remus: era una cosa loro e basta.

E inoltre, da spiegare non c'era niente. Non dovevano giustificarsi.

Lily, invece, aveva deciso di non parlarne con Remus perchè sentiva che non ce n'era alcun bisogno: cosa avrebbe dovuto raccontargli? Avrebbe forse dovuto dirgli che aveva avuto ragione sin dall'inizio?

Senza contare che una parte di lei le suggeriva di andarci piano con Potter, di starsene sulle sue, di osservare la piega che prendeva la situazione, ma, dannazione, lei sentiva, lei sapeva di potersi fidare di James. Lo sapeva e basta, non era in grado di dire da dove le provenisse quella certezza, ma era di intensità sufficiente a suggerirle di avere ragione.

C'era qualcosa di buono in James Potter. Più passavano i giorni più se rendeva inesorabilmente conto. Qualcosa di buono in James Potter. Non credeva che fosse possibile, sino a poco tempo prima, però una cosa andava ammessa: dall'inizio dell'anno scolastico, gli unici che le fossero stati in qualche modo vicini erano proprio James Potter e i suoi amici. Nessun altro si era avvicinato a lei o forse era lei che non aveva permesso a nessun altro di farlo.

Negli ultimi giorni, aveva trascorso parecchio tempo con i Malandrini ed a stupirla era stata l'accoglienza di tutti e quattro: mai una parola sul fatto che lei fosse lì con loro, mai una battuta. Solo accoglienza, sorrisi, inviti a parlare da parte di tutti. Remus che le teneva il posto a lezione, Peter che si premurava di occupare cinque posti nelle ore dei pasti, Sirius che al mattino scendeva sempre in Sala Grande con lei, accampando come scusa che loro due erano i più lenti a prepararsi al mattino, l'una perchè ragazza e l'altro perchè dormiva sino a quando Remus non lo tirava giù dal letto a furia di tiri mancini. Poi James. James che osservava tutto, spesso in silenzio, riuscendo con un cenno a riportare l'ordine, a mettere tutti d'accordo, a farli sentire tutti parte di qualcosa.

Vivere con i Malandrini le fece capire in fretta una cosa: quei quattro erano più che amici, erano fratelli, erano una famiglia e a tenerli insieme c'era proprio James Potter.

Non poteva dire di conoscerli o di essere grande amica di tutti e quattro, semplicemente risultava chiaro che, se non ci fosse stato Potter, probabilmente gli interi rapporti tra Remus, Sirius e Peter sarebbero stati diversi. Era palese e, forse, essere giunta a quella conclusione, la aveva aiutata anche a capire meglio per quale motivo James fosse così popolare ed amato ad Hogwarts.

Se Sirius Black godeva di una certa fama per via del suo bell'aspetto e della collezione di fidanzate vere o presunte che gli erano attribuite, la popolarità di James aveva altre fondamenta, dovute più che all'aspetto al carisma, al sorriso, alla disponibilità ad ascoltare tutti e, perchè no, anche al fascino del combinaguai, che mai guastava.


Dopo l'ennesima, lunga, estenuante e tremendamente noiosa lezione di Antiche Rune, finalmente, la campanella suonò e Sirius Black emise un sonoro sbadiglio.

Non credeva che cercare di imparare a leggere la metrica runica fosse così spinoso, ma soprattutto ridicolo.

L'insegnante, il professor Greekholder, uno strambo mago che trasudava naftalina da qualunque cosa gli appartenesse, fosse lui stesso, i suoi vestiti o i suoi libri, li aveva costretti ad alzarsi in piedi uno ad uno per leggere tre versi ciascuno della poesia di quel giorno.

Inutile dire che Sirius Black non aveva capito nulla di accenti, sillabe, parole tronche, sdrucciole, anafore, anastrofi e quant'altro concernesse la poesia.

“Signor Black- aveva commentato il professore, che si ostinava a dare del Lei ai suoi studenti- mi auguro per lei che si decida a trovare il tempo di studiarla, la metrica, altrimenti il prossimo anno agli esami la vedo in grande difficoltà. Prego, signor Lupin, tocca a lei. Le spiacerebbe rileggere quegli amabili versi così barbaramente storpiati dal suo compagno?”

Remus si era alzato in piedi e, preciso e perfetto come sempre, aveva recitato la sua parte, sedendosi con uno sguardo soddisfatto e maligno all'indirizzo di Sirius e guadagnando cinque punti per Grifondoro.

“Ricordami per quale strano motivo al terzo anno ho scelto di studiare Antiche Rune, Lunastorta, per favore.” si lagnò, melodrammatico, Sirius, raccattando alla svelta le sue cose per uscire dall'aula il più in fretta possibile.

“Perchè l'ho scelta io e tu e James eravate convinti che vi avrei passato le versioni.” rispose, perfettamente calmo e rilassato, Remus, seduto una fila davanti a lui.

“Povero me! Ero ancora così ingenuo da pensare che tu fossi buono e pieno di compassione per i più bisognosi, Remus. Dammi retta, Evans, questo qui è un mascalzone della peggior specie.” commentò Sirius, rivolto a Lily Evans che, ormai, sedeva abitualmente accanto a Remus.

Lily si limitò a sorridere, senza sapere bene cosa rispondere: Sirius Black la metteva sempre a disagio, nonostante lui si mostrasse sempre amichevole.

“Sì, Lily, Remus sembra tanto buono, ma quando ci si mette è davvero infido.” concordò Peter, infilandosi la tracolla.

“Pensa che qualche volta ci ha anche passato i compiti sbagliati perchè non continuassimo a pressarlo.” aggiunse.

“Davvero hai fatto una cosa simile, Remus? Non credevo fossi il tipo!” esclamò Lily, sempre più meravigliata dalle novità che ogni giorno scopriva.

Remus non si scompose e, mentre uscivano dall'aula, proclamò che l'aveva fatto solo per forgiare il loro carattere in modo tale che imparassero a studiare, oltre che a combinare scherzi ai danni di Gazza e che, comunque, l'aveva fatto al terzo anno.

“La verità, Lily, è che Remus è un po' come quei distributori di merendine che avete voi Babbani... sai quelli che ci sono nelle stazioni, ad esempio.”intervenne James.

“Ma è come uno di quelli guasti, solo che non c'è fuori il biglietto. Per cui tu inserisci i soldi e lui in cambio non ti da niente.” aggiunse Peter.

“Insomma, è uno di quei distributori di merendine che ti fregano i soldi. Per inciso, Lunastorta, non è una cosa di cui andare fieri, sai?” precisò Sirius, mentre tutti ridevano. Remus si era fatto tutto rosso ed aveva iniziato a tirare i libri in testa agli amici, che non si fecero cogliere impreparati, ma anzi, ingaggiarono una lotta in mezzo al corridoio, iniziando a tirarsi addosso libri, palle di pergamena, inchiostro.

Attorno a loro si era formato un crocchio di gente, interessata a capire fino a che punto si sarebbero spinti i Malandrini quella volta.

Lily osservava la scena, in disparte, sorridendo. Qualche mese prima sarebbe forse corsa lì in mezzo, minacciando punizioni esemplari e togliendo punti con la sua carica di Prefetto o, più probabilmente, se ne sarebbe andata, etichettandoli come quattro depravati.

Ora, invece, li osservava giocare e ridere come dovrebbero fare tutti i ragazzi di diciassette anni. Stavano solo giocando. Non c'era alcun bisogno di intervenire, sebbene gli occhiali di James fossero sporchi dell'inchiostro lanciato dalla boccetta di Remus, Peter fosse steso per terra dal solletico che gli stava facendo Sirius, mentre James e Remus si accordavano per affatturarlo.

“La McGranitt, la McGranitt!” iniziò a sussurrare qualcuno, facendo sì che ben presto la folla si disperdesse.

La professoressa di Trasfigurazione marciava per il corridoio con sguardo severo.

“Signor Potter, signor Black, signor Minus e signor Lupin, smettetela subito!”intimò, separandoli con un incantesimo.

“Non è come pensa, professoressa!” esclamò subito Sirius, alzando le mani per fare un ultimo gestaccio a Remus.

“Le assicuro che Black ha ragione. Non è assolutamente come pensa!” lo appoggiò prontamente James.

“Sì, sì. Noi stavamo solo aiutando Remus.” convenne Peter, balbettando.

La McGranitt si voltò verso Remus, pronta a sentire l'ennesima scusa.

“Esattamente, professoressa. Hanno ragione: mi è esplosa la boccetta dell'inchiostro, ecco perchè le lenti di Potter sono sporche. Mi è esplosa la boccetta e... e loro mi hanno aiutato a rimettere dentro l'inchiostro che aveva macchiato i libri perchè Sirius da qualche parte ha letto che... che... che se si strizzano bene le pagine si riesce a far uscire l'inchiostro e a rimetterlo nella boccetta. E se Potter e Minus brandivano una piuma non era per usarla a mo' di spada, assolutamente, era solo perchè... perchè poteva aiutare a rimettere dentro l'inchiostro. Già. Sì, aiutava davvero.” raccontò Remus, serio ed impettito, mostrando a tutti la sua faccia di tolla.

“Una storia davvero interessante, signor Lupin, veramente. Sono costernata di non poterti credere, questa volta, ma avete l'evidenza dei fatti che vi smentisce. Quindici punti in meno a Grifondoro e tutti e quattro nel mio ufficio dopo cena.” li avvertì la McGranitt.

“Ma prof! Siamo della sua Casa! Non è giusto che tolga sempre i punti a Grifondoro!” si lamentò Sirius.

“Ti sono mai parsa parziale, Black?” lo interrogò.

“No! Appunto per questo! Toglie sempre i punti a noi! E' parziale solo in questo!” proseguì, imperterrito.

“Chiedetevi perchè, Black.”

“Non potremmo raggiungere un compromesso, tipo... un giorno di punizione in più e niente punti in meno?” propose furbamente James.

La McGranitt sembrò pensarci un po' su, ma poi scosse decisa la testa.

“No, signor Potter. Voi quattro in punizione insieme sembra che vi divertiate. E' più saggio da parte mia togliervi i punti. E ora, muoversi che è ora di pranzo.” la professoressa li degnò di un'ultima occhiata, prima di voltarsi verso Lily, che aveva assistito ai goffi tentativi dei Malandrini di limitare i danni.

“Oh, signorina Evans, ci sei anche tu? Mi meraviglio di te! Avresti dovuto intervenire, sei pur sempre un Prefetto!” la professoressa non risparmiò la predica neppure ad una delle sue allieve più brillanti.

“Mi scusi, non mi ero accorta di cosa stessero facendo.”borbottò Lily.

“Me ne sono accorta, Evans. Adesso basta, però, via di qui tutti e cinque, subito.” li spronò, vedendoli allontanarsi insieme.

“Mica male, Lily: inizi a passare del tempo con noi e cominciano le sgridate. Che sia tutto direttamente proporzionale?” rise Sirius.

“Bè, quella di oggi è stata una nuova esperienza!” esclamò Lily, sorridente.

“Hai uno strano concetto di nuova esperienza, Lily.” commentò Peter, che era abituato da sei anni a nuove esperienze.

“Stavo pensando... la McGranitt non ha detto niente sul fatto che anche tu fossi un Prefetto, Remus.” osservò Lily.

“Sarà abituata a considerarmi un Prefetto particolare...” disse Remus, allegro e per niente preoccupato al pensiero di una nuova punizione.

“Probabilmente sa che, se succede qualcosa a scuola e io Sirius siamo in mezzo, anche Remus ha fatto la sua parte. Si sarà rassegnata. Ma è così che ti vogliamo, Remus, ricorda: infimo, maligno, ingannatore.” rise James. Rideva sempre, James, si ritrovò a pensare Lily.

Raggiunsero la Sala Grande per il pranzo e si sedettero al tavolo di Grifondoro. Lily vide Sirius distogliere in fretta lo sguardo dal tavole dei Serpeverde: sapeva che non andava d'accordo con suo fratello, lo sapevano tutti ad Hogwarts e lei sapeva bene quanto potesse fare male.

Anche James se n'era accorto, per questo riportò immediatamente la conversazione sul Quidditch, argomento che non rischiava di procurare alcun danno a nessuno.

“Oggi pomeriggio pensavo di passare da Hagrid, dopo le lezioni.” disse Lily, al termine del pranzo.

“Noi siamo andati ieri, te l'avevo detto, ricordi? Per farci aiutare con quel compito di Cura delle Creature Magiche che ci ha dato Kettleburn: nessuno ne sa più di Hagrid, in quanto a mostri.” le rispose Remus.

“Sì, mi ricordo che me l'avevi detto. Vi ha aiutato?”

“Per poco non ci faceva sbranare dal suo amico Aragog, in compenso il nostro tema sulle Acromantule è meraviglioso.” spiegò Sirius, la cui mano portava i segni del recente incontro ravvicinato con un essere a dir poco disgustoso.

“Chi è Aragog?” chiese Lily, senza capire perchè Sirius associasse un tema sulle Acromantule ad un certo Aragog che, a quanto pareva era amico di Hagrid.

“Vuoi dire che non ti ha mai parlato di Aragog?” si intromise Peter, che ancora tremava al pensiero di quello che aveva visto il giorno prima.

“Peter, a noi ne ha parlato per caso e solo perchè aveva l'influenza e lui era preoccupato.- precisò Remus- Non è strano che Lily non lo sappia.”

“Allora, mi volete dire chi è Aragog?” chiese di nuovo Lily.

“E' l'animaletto da compagnia di Hagrid. Un ragno un po' troppo cresciuto.” disse James, a bassa voce, all'orecchio di Lily.

“Oh Santa Morgana! Non mi starete dicendo che...” Lily non fece in tempo a finire di parlare che le giunsero quattro cenni d'assenso.

“Qui a scuola!” esclamò

Altri quattro cenni d'assenso.

“E Silente?”

I Malandrini annuirono di nuovo.

“Sono sempre più contenta di aver scelto Aritmanzia anziché Cura delle Creature Magiche.” convenne pratica, in un sospiro, lasciando che gli altri ridessero di lei.

“Ti accompagno io da Hagrid, se ti va.” si offrì subito James.

“Ieri avevo gli allenamenti, non sono andato con loro, il mio tema è ancora da iniziare.” aggiunse, a mo' di scusa.

Lily annuì. Non aveva pensato che James volesse venire, ma andava bene così.

“Stai tranquilla. Non permetterò che ti porti nella Foresta. Non avremo alcun incontro ravvicinato con la bestia. Promesso.” giurò James.

Attesero la fine delle lezioni per raggiungere la capanna di Hagrid, che si ergeva ai confini della Foresta Proibita.

“Ero serio, prima.” disse James

“Quando dicevo che non avrei permesso che ti portasse nella Foresta Proibita.” precisò.

“Lo so.” gli sorrise Lily, incoraggiante, mentre la capanna del guardiacaccia si faceva sempre più vicina.

“Quante volte ci siete stati tu e gli altri?” domandò, con la netta sensazione che la gita del giorno prima non fosse una novità per i Malandrini.

“A dire la verità ogni tanto ci passiamo. Vieni, siamo arrivati” rispose James.

Hagrid li accolse a braccia aperte e, tra una tazza di tè ed un biscotto stantio che Lily non osò rifiutare, disse loro quanto fosse felice di vederli insieme.

Sfortunatamente Hagrid non mancò di sottolineare la sua antipatia per Severus Piton con qualche commento poco piacevole, che portò Lily a dare delle frettolose ed imbarazzate risposte.

James, intuendo che la situazione stava prendendo pieghe spiacevoli, si mise a parlare del suo tema, richiedendo la consulenza di Hagrid.

Hagrid spiegò che non poteva portarli nella Foresta, perchè i figli di Aragog non avevano preso bene la recente visita di Remus, Sirius e Peter pertanto spiegò che, se ci tenevano a conoscerlo, avrebbero dovuto aspettare la fine della scuola o, ancora meglio, la ripresa in autunno.

Così James prese malamente appunti sull'infanzia di Aragog per non deludere Hagrid, che trascorse la successiva mezz'ora a raccontare di come aveva cresciuto l'Acromantula.

“Credo che dovremmo andare, Hagrid, è quasi ora di cena.” disse James, fissando il cielo oltre il vetro della finestra.

Hagrid annuì e li accompagnò alla porta.

“Tornate in fretta! Non è bene stare fuori di questi tempi!” si raccomandò, chiudendo la porta solo quando non riusciva più a scorgere le loro sagome.

“Penso che il mio tema sarà un riassunto dell'Opera Omnia di Remus.” osservò James.

“Magari potresti passare in Biblioteca.” gli suggerì Lily.

“Non ho tutto questo tempo, questa notte. Userò il tema di Remus, di certo a Kettleburn non interessa sapere come Aragog si divertiva nei pomeriggi di infanzia.” rispose James, ripensando a tutte le assurdità che aveva appena narrato Hagrid.

Lily era rimasta scandalizzata, sul momento, sapendo cosa aveva fatto Hagrid: la sua passione per i mostri non le era sconosciuta, però tra l'amare i Kelpie e l'allevare Acromantule c'era una significativa differenza.

Ad ogni modo, bastava pensare a quanto Hagrid fosse buono, per scacciare ogni dubbio.

Camminavano verso il castello e Lily sentiva sempre di più l'esigenza di porre una domanda a James.

Non riusciva più a tenersela dentro, nonostante fossero giorni che ci provasse.

Strizzò gli occhi e si fece coraggio.

“Cosa hai pensato di me al primo anno, James?” chiese.

“Cosa ho pensato di te? Perchè me lo chiedi?” rise James, alzando la testa e rimettendosi gli occhiali che aveva appena finito di pulire.

“Sì. Cosa hai pensato di me. Voglio saperlo. Voglio capire che impressione ho fatto alla gente.” ribadì Lily, seria. Voleva sapere se l'etichetta di strana le era stata data immediatamente o, se, invece, come credeva, lei avesse contribuito a crearsela.

James, per tutta risposta, si sedette in riva al lago.

“Serve la giusta concentrazione, per risponderti.” si scusò James, per giustificare se stesso seduto tra l'erba. Lily prese posto accanto a lui, senza demordere.

“Ho pensato- iniziò, rispondendo agli occhi verdi che lo fissavano ansiosi- che fossi strana. E anche un po' bisbetica e petulante. Però eri una bambina molto carina.” precisò, ridendo.

Non ricordava molto di quello che vide quel giorno, solo tanti lunghi, lisci e fini capelli rossi. Rossi, non carota. Rossi. Si ricordava i capelli rossi di Lily, non aveva fatto caso a quanto i suoi occhi fossero grandi e verdi. Se n'era accorto solo dopo.

“Oh. Non credo di aver fatto una buona impressione.” sospirò Lily.

Strana. Anche James la reputava strana.

Strana. Un 'etichetta che mai si sarebbe levata di dosso. Strana.

“Fammi finire di parlare, almeno! Considera che la prima volta che ti ho visto, era quando, sull'Espresso, discussi con Piton per quella storia delle Case. E tu eri con lui, è ovvio che mi sembrassi antipatica allo stesso modo. Poi sono passati gli anni e ti ho visto studiare con impegno, ho visto la tua intelligenza e la tua gentilezza nei confronti di tutti. Non avevi amici, ma eri gentile e disponibile con chiunque ti chiedesse una mano, con chiunque ti dicesse qualcosa. Lo eri persino con me, all'inizio. Solo due cose non mi erano chiare: il perchè fossi sempre con Piton e il perchè ti chiudessi al mondo. Non mi sei mai sembrata felice, Lily, sbaglio?” chiese James, sagacemente.

Sperava di non toccare tasti dolenti, di non rovinare tutto, di non farla arrabbiare. Ci teneva a meritarsi la fiducia che lei gli aveva concesso e che, sapeva, poteva essere ritirata in qualsiasi istante.

Sapeva che ci occorreva molto per costruire un rapporto e che bastava pochissimo per distruggerlo e, l'ultima cosa che voleva, era troncare tutto sul nascere.

“Non è vero che non sono mai stata felice. Lo sono stata. Anche se è stato un po' di tempo fa. Ora sono, come dire... diversamente felice.” obbiettò Lily.

I complimenti che James le aveva rivolto le avevano fatto spuntare il sorriso sulle labbra, ma non appena aveva nominato Severus, Lily si era irrigidita. Sapeva di dover affrontare il discorso, ma non si sentiva ancora pronta. Non con James, almeno.

“Diversamente felice.... un modo nuovo per dire triste, non credi?” ribattè James.

Lily non rispose.

James voleva chiederle per quale motivo lei avesse sprecato anni dietro a Piton, anni ad essere amica di uno che non nascondeva di volersi unire ai Mangiamorte, anni a giustificare lui e i suoi amici.

Gli stessi anni che aveva trascorso a dare del borioso, arrogante attaccabrighe a lui che, santo non era né pretendeva di esserlo, ma se non altro non si divertiva a torturare o insultare la gente per passatempo.

Non lo fece. Capì che Lily non avrebbe parlato e si disse che c'era tempo. Avevano tanto tempo davanti.

“E tu? Cosa pensasti di me?” la incalzò, provando a cambiare argomento e a mantenersi sul faceto.

Lily lo ringraziò con gli occhi, per aver capito.

“Lì per lì- rispose- mi desti parecchio fastidio. Avevi l'aria del prepotente, dello sbruffone, di un bambino di undici anni che vuole fare il grande. Poi... poi sono passati gli anni e ti ho visto diventare quello che si capiva immediatamente che saresti diventato: un popolare giocatore di Quidditch, accompagnato da amici altrettanto popolari. Mi hai sempre messo in soggezione, mi sono convinta che non potessimo mai ritrovarci ad avere una conversazione civile o che, comunque, non avessimo nulla da spartire. Questo è quanto.”

“E?” James si aspettava che proseguisse.

“E cosa?” chiese Lily, fissandolo negli occhi.

“E adesso sono ancora così orribile?” domandò James, con precisione, un mezzo sorriso gli increspava le labbra.

“Non lo so. Ma non credo. E comunque non ho detto che eri orribile. Solo lontano. Lontano da me.”

disse Lily, in un soffio. Lontani. Su due pianeti opposti, questo era quello che Lily Evans e James Potter erano per tutti e che erano anche per lei. Forse, l'unico a credere con testardaggine che non lo fossero era proprio James.

“Adesso stiamo parlando. Forse non siamo più così lontani.” puntualizzò James. Testardo, ostinato, caparbio, non aveva mai aderito agli schemi.

“Magari ci accorgeremo di esserlo. O magari no.” sospirò Lily, strappando violentemente dell'erba.

“Sei sempre così ottimista, Lily?” scherzò James, prendendo sul palmo della mano l'erba che lei aveva distrutto.

Lily lo guardò, inclinando il volto.

“Posso fare anche di peggio, se è per questo.”

“Che Merlino me ne scampi, allora! Sembra che me li vada proprio a cercare! Anche Remus e Sirius sono pessimisti, sai?” rispose, ironico e pungente.

“Non è che sono pessimista. Sono semplicemente realista, James. A volte le cose succedono, succedono e basta e non è detto che succedano nel modo giusto. Sono più le volte che vanno nel modo sbagliato e quindi è il caso di essere pronti, no? Almeno si evitano potenziali delusioni.”spiegò Lily calma e malinconica.

Dopo tante delusioni, dopo tante porte in faccia si diventa per forza pessimisti, a volte mascherandosi di fronte ad un più consono realismo. In realtà, Lily era del parere di poter vincere qualsiasi tipo di competizione, in fatto di castelli in aria. Le sue fantasie erano piene e radiose, semplicemente, aveva imparato che, spesso, è meglio tenerseli per sé quei castelli, senza concedere troppa fiducia alla gente che, di solito, non la merita.

“E' vero, ma per quanto uno si prepari, non è mai pronto al fallimento e, in ogni caso, è sperare nel futuro che ci manda avanti. Che cosa saremmo senza sogni e senza speranze, Lily? Se, dopo una O in Pozioni non pensassi di poter far meglio e di arrivare ad E la volta dopo, che ne sarebbe di te? Che cosa ti manderebbe avanti? Se non pensassi che un giorno le tue fatiche scolastiche ed i tuoi bei voti ti ripagheranno, permettendoti di fare il lavoro che speri per quale motivo studieresti? E' l'aspirazione per un futuro migliore che ci manda avanti, nient'altro. Senza questo non si potrebbe vivere.” obbiettò James.

Lily lo aveva ascoltato affascinata: parlava con passione e trasporto. Per quanto poco lo conoscesse, era rimasta immediatamente colpita dalla passione che metteva in ogni cosa che facesse.

“Hai ragione. Niente di quel che facciamo ha senso se non ci proiettiamo al futuro, ai nostri sogni e alle nostre aspirazioni. Io stessa sono la prima che si perde in mille fantasie: Morgana sola sa quanti sono i castelli in aria e i progetti che mi faccio quotidianamente. Sono solo speranze o intenzioni, forse, ma sono quello che mi permette di andare avanti. Quello che voglio dire, James, è che piano piano impari a tenerteli per te, questi castelli, per paura che qualcuno te li distrugga o per paura di scontrarti con la realtà, sempre troppo aspra. Ti culli nell'illusione, restando però ben piantato per terra, consapevole che, difficilmente, le cose andranno come sogni. Ma non per questo smetti di sperare o di impegnarti. Solo inizi a vedere più nero che bianco.” concluse Lily alzando le spalle.

“Sarai mai felice, Lily Evans?” James moriva dalla voglia di chiederglielo. Per tanti aspetti Lily aveva ragione e, più le parlava, più si accorgeva di quanto fosse matura per la sua età. Diciassette anni appena, lui, al suo confronto, si sentiva molto più piccolo. Dov'era l'incoscienza di Lily? Dov'erano i discorsi frivoli che facevano le ragazze? C'era qualche traccia di tutto questo in Lily oppure no? Si comportava così perchè era davvero fatta in quel modo o solo perchè la vita l'aveva resa in quel modo? James optò per la seconda. Sentiva che in Lily c'era di più, molto di più.

“L'importante è andare avanti per la propria strada, cercando di raggiungere i propri obbiettivi. Una buona dose di realismo non fa mai male, ma una ancora più grande di ottimismo è quella che manda avanti. Non dicono sempre che il mondo è di chi sa rischiare?” chiosò James, retorico.

“Sì. Il mondo è di chi sa rischiare e credere nei propri sogni. Solo che a volte si è troppo vigliacchi per farlo. Non sto parlando di me, preciso, ma in generale.”sospirò Lily.

“Ti ammiro James. Tu sei uno che raggiungerà tutto quello che vuole. Forse è per questo che mi infastidivi. Hai stampato in fronte che potresti raggiungere qualsiasi obbiettivo.” aggiunse.

James chinò il capo, deferente.

“Grazie. Ma anche tu, Lily, so che sei in grado di raggiungere qualsiasi obbiettivo. Sei destinata a grandi cose, Lily Evans!” concluse, imitando Lumacorno e facendola ridere.

“Grazie, James.” riuscì a dire, Lily.

“E di cosa?” fece lui, convinto che si riferisse all'averla accompagnata da Hagrid.

“Sono stata bene, oggi. E mi ha fatto piacere parlare con te.” spiegò, imbarazzata, con gli occhi bassi,coperti dai capelli, e le guance imporporate.

“Anch'io, sono stato bene. Ci stupiremo l'un l'altro, Lily, credo. Ad ogni modo, mi viene in mente che ho infranto una promessa.” cominciò James.

“Quale?” chiese Lily, rialzando lo sguardo e sgranando gli occhi verdi.

“Ti avevo promesso che ti avrei lasciato in pace, Lily Evans.” le ricordò James.

“Ti ho permesso io di infrangerla, non credi?” gli fece notare Lily.

“O forse me lo sono preso da solo, il permesso. Ti dispiace che l'abbia fatto?” domandò James, incontrando i suoi occhi.

“No. Non mi dispiace e non me ne pento. Per adesso, va bene così.”concluse Lily.

“Non ti dispiacerà neanche in futuro. Te lo prometto. Dai, ora vieni. E' quasi tempo di cenare.” James si alzò in piedi e le offrì la mano perchè facesse altrettanto. Lily sorrise ed accettò, incamminandosi con lui verso il castello.

“Sai James, mi sono accorta di una cosa, in questi giorni...” incominciò Lily, ridendo da sola, al pensiero di quello che stava per dire.

“Cioè?” chiese incuriosito James, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

“Che il tuo accento scozzese è qualcosa di tremendo, l'avevo già notato, ma adesso devo ammettere che talvolta è inudibile. Senza offesa, eh!” esclamò Lily, scoppiandogli a ridere in faccia, di fronte alla sua espressione stupita.

James aveva aggrottato le sopracciglia ed aveva espresso il suo disappunto in una smorfia contrita.

“Sono Scozzese e fiero di esserlo! E comunque, per la cronaca, tu parli esattamente come Sirius: voi e vostro accento Cockney... Vi rende così dannatamente Inglesi!” la voce allegra di James calcò sull'avverbio enfatizzando la frase.

Mash-terr Pah-tah!”la voce di Lily si fece più nasale per imitare il professor Greekholder, il loro insegnante di Antiche Rune, Londinese fino al midollo.

James scoppiò a ridere. Greekholder lo chiamava proprio in quel modo.

Aveva visto giusto. In Lily Evans c'era di più, molto di più. Doveva solo uscire.

“Merlino, Lily, sei uguale, fai quasi paura! E comunque, uno con quell'accento non dovrebbe insegnare Antiche Rune, storpia tutto!” esclamò James, ridendo per l'imitazione.

“Però è un buon professore, accento a parte... che poi... parlo anch'io così? Ogni tanto mi chiedo se gli altri sentono il mio accento così come io sento il loro.” disse Lily.

“Io lo sento. Lo sento perchè sono Scozzese. Sento le tue parole bofonchiate con una patata in bocca così come tu senti le mie R marcate. Ma ripeto, io lo sento perchè sono Scozzese. Probabilmente, nel resto d'Europa, non farebbero caso al tuo accento, che è considerato il vero accento Britannico, più o meno. Invece, se parlassi io, tutti mi punterebbero il dito contro gridando scandalizzati “Ah! Quello è Scozzese!” James camuffò la voce e fece di tutto per esprimere il suo sconcerto, lasciando Lily libera di ridere.

James la vide ridere e non potè fare a meno di fermarsi a guardarla: non riusciva a stare ferma, mentre rideva, anzi, sembrava quasi che saltellasse, mentre muoveva la testa in su e in giù.

Lily si accorse che James la stava fissando e cercò di darsi un contegno.

“Scusami. Lo so che non sono capace di stare dritta o di ridere in modo normale. Non volevo imbarazzarti.” si scusò timidamente, colpita da un enorme senso di inadeguatezza.

James la guardò e sorrise teneramente.

“Non dovresti scusarti. E' stato... bello. Davvero.” ribadì alle sue occhiate perplesse.

Lily lo guardò negli occhi e sorrise. Era sincero.

Sai James, credo di farmi troppo spesso problemi altamente inutili. Il guaio è che talvolta mi arrovello parecchio, per conclusioni inutili di questo genere.”osservò Lily, che aveva appena riacquistato la posizione eretta, tornando a camminare al fianco di James.

“Me ne parlerai, un giorno, di questi tuoi problemi inutili?” domandò cauto James, misurando il tono della voce.

Lily lo guardò e poi abbassò gli occhi.

“Forse.” rispose.

James le cercò gli occhi. Per il momento gli bastava quello.

Camminavano svelti, senza parlare. Il castello era vicino, stavano attraversando il parco.

Cercavano di fare i fretta, convinti che Remus stesse costringendo Peter e Sirius ad aspettarli per cena.

Erano poco lontani da una quercia alle cui radici sedevano Avery, Mulciber e i due Nott. Severus Piton era con loro, ma se ne stava per gli affari suoi, senza parlare.

Rachel Nott aveva appena finito di malignare qualcosa all'indirizzo di Lily ed ora rideva sguaiata.

James accelerò il passo, nella vana speranza che Lily non si fosse accorta di niente. Lily fece altrettanto.

“Ehi Potter, dopo ibridi e traditori del sangue te la fai con le Sanguesporco ora?” gridò Mulciber, mentre Lily e James stavano passando davanti, facendo ridere i suoi amici.

James strinse le nocche così forte da farsi male, Lily gli fece cenno di ignorare.

“Evans, credi forse di poter mettere quelle tue sudicie mani sui soldi di Potter?” la incitò, sprezzante, Rachel Nott.

Lily impallidì, quelle parole la colpivano di più dell'insulto di Sanguesporco.

James afferrò la sua mano e la strinse forte.

“Andiamo, Potter, che aspetti? Non provi nemmeno a difendere la l'onore della tua Sanguesporco?” le parole di Avery, dette con disprezzo, fecero sì che la mascella di James si irrigidisse.

James si fermò e fece per voltarsi, ma la mano di Lily, intrecciata alla sua, lo strattonò via.

“Aspetti forse che ti aiuti papà, Potter? Ah già, non può. E' morto.” le parole di Severus Piton, che aveva abbandonato il suo libro per unirsi agli amici, erano pesanti come massi.

James lasciò la mano di Lily, la quale guardò con disprezzo colui che era stato il suo migliore amico.

“James!” gridò, mentre lui, senza bacchetta, correva addosso a Piton pronto a lottare.

Severus Piton aveva varcato una soglia che mai andava oltrepassata.




Salve a tutti, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento: spero di essere riuscita a delineare al meglio l'inizio di un 'amicizia tra Lily e James, spero che riconosciate in essi Lily e James. Vi lascio così, in sospeso ma non troppo, augurandomi di ritrovarvi tutti al prossimo capitolo, che prevedo ricco di rivelazioni perchè i nodi, prima o poi, vengono tutti al pettine.

A presto e grazie a tutti quanti.


Alohomora: avevo anticipato che saremmo tornati sulla vicenda di Dorea e, in particolare, sui suoi rapporti con la famiglia Black, perchè se quella Dorea che ha sposato Charlus Potter è davvero la madre di James, un interrogativo sorge spontaneo: come è possibile che lei abbia tagliato tutti i ponti con i Blak, tanto da crescere suo figlio in modo completamente diverso e da accogliere Sirius, Black rinnegato? E' solo un'ipotesi la mia, ma mi rendo conto che mi ci sto affezionando parecchio, a questa Dorea.

PrincessMarauders: ricordati il nome di Alshvider Lyartangen! Tornerà in futuro, magari non in un futuro prossimo, ma tornerà. Sono contenta che la storia di Dorea ti sia piaciuta, di certo la presenza di Cassiopeia ha avuto influenze sulla famiglia Potter e, come detto più sopra, come mai Dorea Black, sposata a Charlus Potter, non ha avuto più rapporti con la sua famiglia? E' solo una spiegazione, la mia, ma per il momento, mi piace credere che sia andata così.

purepura:in realtà è stato complesso anche per me riuscire a tracciare una sorta di mini- albero genealogico delle parentele dei Black, però, come ho spiegato sopra, oltre ad essermi emozionata nello scrivere la storia di Dorea e delle sua famiglia, ho cercato di riflettere su quei due nomi che compaiono sull'arazzo dei Black: Dorea Black sposata a Charlus Potter. Se sono i genitori di James, come mai James è cresciuto in un ambiente molto lontano da quello dei Black?

MEISSA_S: immaginavo che un capitolo simile ti interessasse e ti stimolasse, in realtà non era programmato, ma è uscito così e, in fondo, mi ci sto affezionando a Cassiopeia, ad Alshvider, a Cygnus il filosofo e a Violetta la pittrice...


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Capitolo 20
*** Diciannovesimo Capitolo ***



Capitolo Diciannovesimo




If you hate the taste of wine
Why do you drink it till you're blind?
And if you swear that there's no truth and who cares
How come you say it like you're right?
Why are you scared to dream of God
When it's salvation that you want?
You see stars that clear have been dead for years
But the idea just lives on... *

-Bright Eyes, We Are Nowhere and it 's now-

* Se odi il gusto del vino

perchè bevi fino ad essere cieco?

E se giuri che non c'è nessuna verità e che a nessuno importa

come arrivi a dire di avere ragione?

Perchè hai paura a sognare di Dio

quando la salvezza è quello che vuoi?

Vedi le stelle che chiaramente sono morte da anni,

ma l'idea semplicemente sopravvive...



“James!” ripetè Lily, questa volta più forte.

“James!” urlò ancora, con quanta voce aveva in gola, mentre le ginocchia crollavano, portandola a terra, coi capelli vermigli ad impedirle di vedere.

James sembrava non ascoltare, o meglio, non sentire o, se anche aveva sentito, l'ultimo suo pensiero era tornarsene indietro.

Con furia cieca si era diretto contro i Serpeverde, incurante del fatto di essere senza bacchetta.

Severus Piton era di fronte a lui e James non ci mise molto a mettergli le mani sotto al collo, mentre gli altri, Avery, Mulciber e i fratelli Nott si preparavano a gustarsi una divertente scenetta.

“Che cosa hai detto, pitocchio? Che cosa hai detto?” ringhiò contro a Piton, afferrandolo violentemente per la collottola e scuotendolo.

Piton gli sputò in un occhio.

L'espressione di James divenne, se possibile, ancora più feroce e non ci mise molto a sbattere Piton contro al tronco della quercia vicina.

“Fottuto bastardo che non sei altro. Mi fanno schifo quelli come te. Schifo, lo sai?” gli soffiò nell'orecchio.

Piton non aveva tradito ancora una minima smorfia di dolore, nonostante la forza con cui James l'aveva colpito fosse indubitabile.

Inclinando il labbro, come a deridere Potter una nuova volta, Piton riuscì a tirare fuori dalla tasca la bacchetta, puntandola alla gola di James.

“Chi è che comanda adesso, Potter?” sogghignò.

James arretrò istintivamente.

“Cos'è, senza i tuoi amichetti non sei in grado di difenderti?”Mulciber si avvicinò a lui con la bacchetta sguainata, seguito da Avery e Nott. Soltanto la sorella di Nott era rimasta in disparte, a godersi la scena con un sorriso malvagio stampato in fronte.

Lily, lontana da loro, riusciva soltanto a sussurrare il nome di James come una nenia, fissando Severus Piton avanzare nella sua direzione.

Come aveva potuto? Come aveva potuto, lui che per primo sapeva cosa significava crescere senza un padre, senza una famiglia che potesse essere definita tale?

“Non mi fai paura, Mulciber.”lo sfidò James, scampando ad un primo raggio luminoso.

“Tu dici, Potter? Avanti, tira fuori quella bacchetta o non sai che cose possono capitare alla tua Sanguesporco...”

Senza farselo ripetere due volte, James si scagliò contro Mulciber.

“Devi volere proprio bene a tuo padre, eh Potter? Sembra che il tuo unico desiderio sia di finire i tuoi giorni in un modo miserabile come lui...” commentò Nott lanciando una fattura contro a James che cadde a terra, senza potersi muovere né difendere.

“Non credo che tu conosca l'intensità di un sentimento simile, sai? O forse sì, semplicemente mi fa pena il fatto che lo provi per un pazzo che si fa chiamare Oscuro Signore!” lo schernì James, disgustato.

Raggi luminosi partirono dalle bacchette, colpendo James sul petto, sulla testa, sulle gambe.

Il giovane si divincolava, urlando, gridando maledizioni, senza potersi muovere da lì.

Lily osservava la scena, impietrita, mentre la sagoma di Severus Piton lasciava il gruppo.

Gli occhi verdi di Lily, carichi di lacrime represse, indugiarono a lungo sul viso magro e lungo di colui che era stato il suo migliore amico.

Severus Piton tirò dritto, sottraendosi a quegli occhi che continuavano a tormentarlo peggio di un incubo che solo la vista di James Potter agonizzante era riuscito ad alleviare.


Doveva fare qualcosa, doveva fare qualcosa. Doveva portarlo via, l'avrebbero ucciso, ne era sicura.

Era da solo, disarmato. L'avrebbero ucciso.

Lily se lo ripeteva, cercando di afferrare la sua bacchetta, senza trovarla, senza che la sua presa potesse avere effetto sul legno.

Ma se anche ci fosse riuscita, se anche si fosse decisa a prendere in mano la bacchetta e a lanciarsi nella mischia, cosa sarebbe cambiato?

D'un tratto scorse il tetto della capanna di Hagrid, alla sua sinistra. Forse avrebbe potuto andare a chiamarlo, forse ce l'avrebbe fatta. Forse era ancora in tempo.

“James. James. James.”mormorava, come un delirio.

Di scatto alzò una gamba, rimettendosi presto in piedi.

Prese a correre, guadagnando terreno su Rachel Nott che la seguiva.

“Hagrid, Hagrid!” strillò, in direzione del Mezzogigante che veniva nella sua direzione. Doveva aver visto o sentito qualcosa.

“Lily, Lily! Dov'è James?” chiese preoccupato Hagrid.

Lily gli indicò la quercia sotto cui si era riunito il gruppo ed Hagrid di corsa giunse in aiuto di James.

Lily non riuscì mai a ricordare i momenti che seguirono con lucidità.

Vedeva Hagrid, che riuscì a tirarli via, a separarli da James che, sebbene ferito e disarmato , stava continuando a lottare come un leone.

Vedeva i Malandrini, materializzatisi da non si sa bene dove, accorrere spaventati. Vedeva Sirius aiutare James a rialzarsi lanciando improperi ai Serpeverde, Peter usare le sue braccia per sostenere James, Remus dotato del suo immancabile sangue freddo ordinare agli altri di portarlo il più velocemente possibile in dormitorio, senza farsi vedere da nessuno per non incorrere in una punizione.

Niente Madama Chips, avrebbero fatto tutto loro, come al solito.

Vedeva James, rialzarsi tossendo sangue e i Serpeverde ridere della sua condizione, mentre rientravano al castello, scortati da Hagrid.

Ricordava il calore dell'abbraccio di Remus, impensierito dalla sua condizione.

L'aveva stretta forte, chiedendole probabilmente come stava o cosa era successo.

Lily non seppe mai se gli aveva risposto oppure no e, qualora gli avesse risposto, cosa gli avesse detto.

“Vigliacca, vigliacca, vigliacca.” questo rimbombava nella sua testa, assieme alla certezza che, se fosse dipeso interamente da lei, probabilmente James sarebbe morto.






DORMITORIO MASCHILE DI GRIFONDORO


“Sirius, sai dov'è Lily?” chiese James, liberandosi in fretta dalle premure di Remus che lo stava costringendo sul letto con un batuffolo di cotone premuto sulle labbra.

Sirius scosse la testa: aveva perso di vista Lily quando erano riusciti a tirare via James.

“Ho visto che c'era anche Piton, quindi, forse, aveva bisogno di stare sola per pensare un po'.” ipotizzò Peter, che fissava James con occhi ansiosi. Era preoccupato, molto preoccupato.

“Voglio andare da lei.” disse James. Voleva spiegarsi, farle capire che lui non aveva cercato lo scontro a tutti i costi, ma gli era stato impossibile agire diversamente.

Non poteva restare fermo di fronte ad una cosa simile

“Non so se sia una buona idea.” obbiettò Remus, ritirando in un cassetto del comodino la lozione medicante e le garze: quasi sei anni di vita malandrina l'avevano reso un esperto nello svaligiare le dispense dell' Infermeria.

“Perchè?” domandò James, nervoso, guardando il cotone bagnato di sangue.

“Magari ha voglia di stare da sola. Di stare da sola e pensare.”spiegò Remus.

“Ma se continui a stare da solo a pensare, non risolvi molto.” intervenne contrariato Sirius, passandosi, nervoso, una mano sulla faccia.

Remus lo investì con un'occhiata da “senti-da-pulpito-viene-la-predica”.

“E' vero!” esclamò nervoso Sirius, afferrando la sua giacca di pelle che aveva disordinatamente appoggiato sul letto.

“Dove stai andando?” Peter lo guardò severamente: l'ultima cosa che ci voleva in una giornata come quella era la tipica mattana alla Sirius Black, tutto fumo e niente arrosto.

“A cercare Lily, perchè se non lo faccio io non lo fa nessuno.” grugnì Sirius, aprendo la porta.

Remus alzò gli occhi al cielo, James fece per alzarsi ma fu bloccato dalla pesante stretta di Lunastorta mentre Peter volgendo lo sguardo da loro alla porta, scuotendo la testa si lanciò all'inseguimento di Sirius.

“Perchè mi hai fermato, Remus?” si lamentò James, costretto alla sedia da un Impedimenta lanciatogli contro dall'amico.

“Perchè la tua testa ha bisogno di medicazioni tanto quanto Lily ha bisogno di te.” gli rispose, passandogli la garza bagnata per un'ultima volta.

“Andrai da lei, James. Solo fammi finire qui.” aggiunse.

“Sono l'idiota più emerito che ci sia, Remus.” sbuffò James.

“No.”- lo contraddisse Lunastorta afferrando la boccetta di Dittamo contenuta nel suo comodino- “Sei solo impulsivo. E comunque non credo che Lily sia arrabbiata con te. Sarà arrabbiata con se stessa ora.” gli spiegò, coprendogli ogni graffio di Dittamo.

“Per via di Piton e di tutta quella storia dici?” James scostò istintivamente il braccio: le ferite bruciavano al contatto con l'unguento.

Remus annuì.

“E' già difficile uscirne e lei ci sta riuscendo solo adesso ed ora, ora sente quello che sente da Piton, da quello che era il suo migliore amico. Voglio dire, sapeva perfettamente già da prima come lui si comportasse o cosa pensasse di te, però un conto è pensarlo, un conto è sentirlo con le proprie orecchie. Se poi aggiungi che non mi risulta che si siano mia parlati dall'anno scorso, insomma, le prime parole che sente dire dal caro Mocciosus sono queste, quindi può farle tutto fuorchè piacere.” convenne pratico, Remus.

James annuì, pur sentendo dentro di sé la spiacevole sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Che poi, a pensarci bene, non aveva fatto niente di così sbagliato: aveva risposto ad una provocazione, anzi, a quello che andava ben oltre una provocazione. Chiunque l'avrebbe fatto al suo posto, aveva ragione, era così davvero e allora perchè si sentiva così dannatamente sporco?

C'entrava Lily? Era quello il motivo o sotto c'era molto di più? Centrava l'ombra di suo padre che James sentiva sempre seguirlo?

Remus sembrò intercettare i pensieri dell'amico perchè, sorridendogli, gli disse:

“Identifica pure la tua coscienza con Lily, James. Se ti fa stare meglio, vai da lei; comunque, sappi che, secondo me, non hai fatto niente di sbagliato. E' inutile che facciamo finta di niente: ci sarà una guerra James e allora dovremo combattere.” concluse grave, sedendosi sul letto di fronte all'amico.

James annuì.

“Ci sarai, Remus... voglio dire, sarai con me quando... quando sarà il momento?” James ingoiò un groppone di saliva. Un anno e sarebbero stati catapultati nel mondo, nel mondo vero e, che lo volessero o no, i segnali puntavano tutti verso una stessa direzione. Silente lo ripeteva sempre.

Diventare un buon Auror era la sua aspirazione. Diplomarsi, entrare in Accademia ed andare a combattere.

“Se si combatterà non mi tirerò indietro, Ramoso. Lo sai, ho una bestia con me.” ghignò Remus, per stemperare un po' la tensione.

James lo ringraziò con gli occhi.

“Vado a farmi un giro. Grazie per le tue amorevoli cure, lupacchiotto del mio cuore.” James spedì un melenso bacio a Remus che, scuotendo la testa, lo guardò lasciare la stanza.

James avrebbe prima di tutto dovuto perdonare se stesso, smettendola di trascinarsi dentro un peso che albergava in lui da mesi.



TORRE DI ASTRONOMIA


“Ehi...” Sirius aveva salito le ripide scale della Torre di Astronomia in fretta, dopo essersi ricordato improvvisamente di quella volta in cui Lily aveva accennato alla Torre come ad un ottimo posto per stare soli a pensare. L'avevano cercata in Sala Grande, in Sala Comune, nel Parco, in Biblioteca, avevano persino mandato Peter a chiedere a Mary McDonald di controllare se Lily era nella loro stanza.

Lily lo vide avanzare piano, con passo incerto, impacciato ed imbarazzato. I capelli gli uscivano dalla morbida coda in cui li aveva stretti senza successo, i pantaloni erano sporchi di erba, ma Lily non si chiese il perchè. Non si chiese neppure per quale motivo indossasse un giubbotto di pelle, in verità. Lei sentiva l'aria scuoterle la pelle, ma non le importava. Non si stava accorgendo nemmeno se fosse calda o fredda.

Sirius si fermò davanti a lei, accucciata per terra, con le braccia ad abbracciarle le ginocchia.

Insicuro sul da farsi, le si sedette a fianco.

Lily non disse nulla, lasciò solo che lui prendesse posto.

Sirius sbirciava di nascosto il suo viso arrossato, gli occhi rossi, le guance bagnate dalle lacrime.

“Come sta James?” fu Lily a parlare per prima, un lieve tremito nella voce.

“Una pozione di Madama Chips e un po' di cure da Lunastorta e passa tutto. James non si lascia mettere sotto così facilmente.” rispose Sirius.

“Ho avuto paura, Sirius. Ho avuto davvero paura. Avrebbero potuto fargli male sul serio, se non fosse arrivato Hagrid. E io non riuscivo a fare niente, Sirius, niente. Ero lì, paralizzata. Non ero in grado nemmeno di afferrare la bacchetta.” spiegò Lily.

“Non è colpa tua, Evans. Tu non c'entri niente.” replicò Sirius.

“E' stato lui Sirius. E' stato lui.”disse Lily a voce rotta.

Non ce la faceva più a trattenersi, poco importava che lì ci fosse Sirius Black: poteva esserci anche qualcun altro che avrebbe fatto poca differenza, doveva parlare con qualcuno.

Sirius si rizzò, sapeva a cosa e a chi si riferiva Lily.

“E' un fottuto bastardo, Lily. Solo un fottuto ed irrispettoso bastardo. Ci sono cose che non vanno mai dette a nessuno e, se lo fai, significa non conosci cosa sia il rispetto. Ma del resto, in quella Casa nessuno sa cosa sia il rispetto.” commentò Sirius, carico di rabbia.

“Era il mio migliore amico, Sirius. In un certo senso lo è ancora: capisci? Capisci cosa ho dentro? Ti rendi conto che da giugno dell'anno scorso il mondo mi è crollato addosso?” a Lily tremava la voce, nonostante i singhiozzi fossero acuti.

“Ti capisco, Lily. Capisco molto più di quanto tu non creda, ma non permettere mai che persone di questo tipo ti rovinino la vita. Non ci sono solo loro a questo mondo. Ascoltami, io non ti conosco, però quel poco che so di te mi fa venire voglia di conoscerti di più: sei divertente, sei disponibile, sorridi come non ho mai visto fare a nessuno, se ti ci metti fai concorrenza a Lunastorta in quanto ad acidità, stai con noi, sei riuscita a farti ben volere da tutti noi. Non sei sola, Lily. Ci siamo noi. Non devi affrontare tutto da sola, non puoi neanche farlo, non reggeresti.” disse Sirius, sperando di non fare danni con quella mezza confessione.

“E' stato difficile, sino... sino a quando non è arrivato Remus, sino a quando... a quando non ci siete stati voi. Non so cosa siamo, però ti ringrazio per essere qui, Sirius, voglio dire, nessuno ti costringe ad essere qui...” confessò Lily, imbarazzata. Non avrebbe mai pensato che, dopo quello che era successo, i Malandrini, anziché chiudersi in se stessi e nella loro preoccupazione per James, avrebbero cercato lei.

Sirius inclinò il volto e pretese che Lily lo fissasse negli occhi:

“Siamo amici, Lils, siamo amici noi cinque. E' normale che io mi preoccupi per te.” le sorrise Sirius, imbarazzato quanto lei. Tra ragazzi non erano necessarie quelle frasi sdolcinate, ma, da quanto aveva capito, per le ragazze era importante sentirselo dire e poi, Lily non era proprio una ragazza qualsiasi, quindi.

Lily non gli rispose, ancora metà compiaciuta e metà interdetta dalla rivelazione.

Amica: i Malandrini la consideravano un'amica. Amica: da quanto tempo era che non si sentiva dire una cosa del genere?

Era poi amicizia quella che la legava a Severus o era un morboso rapporto possessivo? In quegli ultimi tempi con i Malandrini lei non si era mai sentita in dovere di giustificare i suoi comportamenti, di spiegare il motivo di una qualsiasi azione, di trascorrere ogni suo minuto libero con loro. Era un scambio reciproco: ciascuno diceva quello che voleva dire, ciascuno stava con gli altri quando se la sentiva. Era quella allora l'amicizia?

“Grazie, Sirius. Sei... sei diverso da come pensavo che fossi.” riuscì a dire Lily, mugugnando a bassa voce.

“Anche tu. Lils, sei diversa da come pensavo. Senti, lo so che dopo questo mi odierai, perchè riesco a passare da serio al faceto con una rapidità esorbitante, ti risparmio i commenti di Remus su questo che è meglio....” Sirius farfugliava parole, biascicandole una attaccata all'altra.

“Cosa stai cercando di dirmi, Sirius?” lo interrogò Lily, con le sopracciglia alzate a formare un'espressione dubbiosa e curiosa.

“Ecco, James è il mio migliore amico, è una persona stupenda, è... è fatto a modo suo, a volte discutiamo, a volte non capisco cosa abbia per la testa, ma è il mio migliore amico, nonostante tutto. Quindi... bè, io ti consiglio di dargliela, una possibilità. Non dovresti pentirti.” concluse Sirius, l'espressione finalmente un po' più rilassata e un ghigno ad illuminargli il bel volto.

Lily scoppiò in una risata imbarazzata, il suo modo per rispondere.

Sirius la guardò, senza capire: era consapevole che la sua perorazione fosse quanto di più ridicolo potesse esistere, però, ecco, lui l'aveva fatto a fin di bene.

“Ero serio, sai?” precisò, accigliato.

“Come siete diventati amici tu e James?” fu la domanda con cui Lily rispose. Non lo chiese per essere indiscreta o per farsi gli affari loro. Le venne spontaneo chiederlo. Sentiva di poterlo fare e sperava che Sirius le rispondesse. Remus le aveva detto una volta che inizialmente James e Sirius non si sopportavano o meglio, che Sirius non sopportava James. Sembrava il destino di James Potter l'essere profondamente detestato alla prima impressione.

“Come siamo diventati amici io e James?” Sirius ripetè la domanda, inspirando profondamente.

Lily annuì e lui fece lo stesso.

“Te lo voglio raccontare, Lils. Mi fido abbastanza di te per sapere che non lo racconterai in giro. Premetto che James mi ha salvato la vita. Sono serio, Lils, serio come non sono mai stato: James Potter mi ha salvato la vita. Non sarei qui, se non fosse intervenuto lui.” cominciò Sirius, serio.

Cercava di mettere da parte tutta la sua ritrosia: non gli piaceva ricordare quei tempi, quegli anni, quei momenti orribili ma, in fondo, lo doveva a James.

Rispose allo sguardo interrogativo di Lily proseguendo la storia.

“Credo che saprai abbastanza della mia famiglia da evitarmi di raccontarti da che razza di gente sono nato, vero? La Nobile ed Antichissima Casata dei Black, il posto più ipocrita che conosca!” rise Sirius nervosamente.

“Ad ogni modo, i primi tempi qui ad Hogwarts sono stati un vero e proprio inferno. Tutti ricevevano lettere di congratulazioni dai genitori soddisfatti per lo smistamento, il due Settembre Orion e Walburga Black chiesero udienza a Silente per farmi spostare a Serpeverde. Silente, ovviamente, disse che era impossibile e, da lì, incominciarono a sgridarmi, a prendermi a male parola, a chiamarmi disonore e tutti questi nomignoli affettuosi e sdolcinati.

Non sono mai stato un bambino tranquillo o sottomesso, ma undici anni in Casa Black mi avevano insegnato a farmi gli affari miei, per evitare rimproveri o punizioni o, peggio, qualche simpatica maledizione lanciatami contro dalla mia carissima madre. Purtroppo per me avevo anche il vizio di prendermi anche quelle che spettavano a mio fratello.”

Lily stava per dire qualcosa, ma Sirius riprese il racconto.

“Comunque sia, quella era la mia famiglia, che lo volessi oppure no e, so che è stupido dirlo, ogni giorno, per tredici anni mi sono ripetuto che tutto quello che volevo era che fossero fieri di me che, forse, ce l'avrei fatta a renderli orgogliosi, a compiacerli, nonostante tutto. Quando il Cappello Parlante mi smistò a Grifondoro adducendo come scusa il fatto che avessi le naturali caratteristiche di un Grifondoro, dicendomi che Serpeverde non fosse Casa per me, nonostante avessi singhiozzato quel nome per tutto lo Smistamento, il mondo mi è crollato addosso. Sentivo che, ormai, non c'erano più speranze di poter compiacere i miei genitori, di sentirli, finalmente, dire che erano fieri di me.

Ero il primo Black a non essere smistato a Serpeverde: capisci cosa può significare questo per una famiglia come la mia?

Come se non bastasse, Grifondoro era la Casa peggiore in cui potessi finire: covo di Babbanofili, Mezzosangue e Nati Babbani, la feccia, insomma.

Non avevo ben chiara la differenza tra “loro” e noi Purosangue, ma mi era stato insegnato che erano diversi e mi pareva più che normale che lo fossero. Capisci? Poi ho capito che quelle sul sangue sono tutte fesserie, ma ad undici anni ti pare normale pensare che i tuoi genitori abbiano ragione, specialmente se sei vissuto solo in un ambiente del genere. Non mi era chiaro come la famiglia di James, Purosangue anche lui, avesse convinzioni così diverse.

Comunque, tu mi hai chiesto come siamo diventati amici io e James, non ti importa la storia della mia vita.” tagliò corto Sirius che di tutto aveva voglia, fuorchè di parlare della sua famiglia. Lily necessitava di quelle informazioni aggiuntive, ma, per comprendere il resto della storia, altro non era necessario.

“Ti basti sapere che detestavo James con tutto me stesso: vedi, anche se a vedermi non sembra, io sono cresciuto in un ambiente silenzioso e tranquillo, ero abituato a bastare a me stesso e l'avere un petulante e logorroico ragazzino occhialuto che ti ronza attorno senza tacere un momento, convinto di essere il tuo migliore amico dal viaggio sull'Espresso, era proprio quanto di meno potessi tollerare.

James, fin dal viaggio in treno, ti ricordi, c'eravate anche tu e Piton non mi lasciava in pace, ma anzi aveva deciso che saremmo stati amici. Non perdeva mai l'occasione di rivolgermi la parola ed io lo trattavo male, non gli rispondevo o, se lo facevo, erano risposte brusche e maleducate. Volevo essere lasciato in pace, lasciato solo nella mia disperazione. Sai, ero ancora convinto di poter far qualcosa con cui, a prescindere dalla Casa, conquistare i miei... E James, dannazione, aveva tutto quello che io desideravo: è sempre stato schifosamente viziato, James, qualora non lo sapessi. Sua madre è una mia lontana parente, prozia o qualcosa di simile, ma non l'avevo mai conosciuta. A casa mia non si parla mai di Dorea Potter e di sua sorella Cassiopeia, sono delle rinnegate... Comunque, James Potter aveva tutto quello che desideravo ed io ero geloso marcio di lui. E' cambiato tutto a dicembre.”



Dicembre 1971

Torre di Grifondoro


Sirius Black stava sdraiato nel suo letto: sotto alle coperte era infagottato nel suo mantello nero e nella sua sciarpa di Grifondoro. Le mani strette a pugno, coperte dagli spessi guanti di pelle di drago che gli aveva regalato zio Alphard il Natale precedente.

Un grugno rabbioso gli era dipinto sul volto ed in testa aveva un solo pensiero: odiava Hogwarts.

Fortunatamente la tortura stava per finire: aveva deciso che finisse.

Odiava Hogwarts con tutto se stesso. Quasi quasi era meglio stare a Grimmauld Place, lì, se non altro, strilli di sua madre e occhiate deluse di suo padre a parte, poteva farsi gli affari suoi o, al limite, tormentare un po' Regulus.

Gli costava ammetterlo, considerando che talvolta col fratello si era comportato davvero male, come è la norma, tra fratelli, ma Regulus era il suo migliore amico. Non aveva mai stretto rapporti con i rampolli della cerchia di amici dei suoi famigliari, alcuni, come i Malfoy, erano troppo grandi, altri, come i Rosier, erano troppo piccoli ed altri ancora, come i McNair avevano figlie femmine.

La sua unica compagnia era sempre stato Regulus, sebbene, spesso, tirarlo fuori dai pasticci gli era costato qualche settimana di reclusione in camera con la sola compagnia di quel malefico Elfo Domestico.

Odiava Hogwarts, odiava sua cugina Narcissa e quel suo fidanzato biondo platino di Lucius Malfoy, che non mancavano mai di fargli notare quanto fosse disonorante la sua posizione.

Dopo lo Smistamento aveva creduto che Cissy potesse aiutarlo, potesse consolarlo, così come, di tanto in tanto, l'aveva vista fare a casa. Non era mai stata una persona che dava plateali manifestazioni d'affetto, Cissy, ma era sempre stata tutto sommato buona, con lui. Niente a che vedere con Meda, certo, ma non poteva nemmeno essere paragonata a quella pazza di Bellatrix, abituata a guardare chiunque dall'alto in basso.

Contrariamente alle sue aspettative, Cissy, sussurrandogli un “Mi dispiace” a fior di labbra aveva seguito il resto della famiglia nell' ignorare la sua esistenza.

Soltanto Andromeda e lo zio Alphard avevano mostrato solidarietà, dicendogli che, in fondo, se il Cappello aveva scelto per lui Grifondoro significava che nel suo destino era scritto qualcosa di diverso da quanto era stato scritto per gli altri Black. Meda gli aveva ripetuto che già nel suo nome c'era quel presagio: Sirius, Alfa Canis Maioris, la stella più brillante della Costellazione del Cane. Era destinato a grandi cose diceva. Era sempre malinconica Meda negli ultimi tempi, nelle sue lettere spedite di nascosto dai genitori, e Sirius si chiedeva cosa nascondesse.

Odiava anche i suoi compagni di stanza, a pensarci bene: quella piattola di Peter Minus che passava le giornate incollato alle sottane del secchione, quel Remus Lupin che anziché un ragazzino di undici anni sembrava avere la capacità di divertirsi di suo nonno Arcturus, ma soprattutto detestava James Potter, che non faceva altro che tentare continuamente di rivolgergli la parola. Lui e quella sua vocetta stridula.

Starnutì e tossì in una volta sola. Doveva essersi preso una bella influenza, considerando che, ignorando bellamente il tempo, proseguiva imperterrito nelle sue passeggiate solitarie in mezzo al parco.

Dal letto di fianco al suo, Potter emise un lamento e Sirius si affrettò a controllare che i suoi occhi fossero ancora ben chiusi.

Si decise a mandare all'aria le lenzuola e scese piano dal baldacchino. La sua sacca era pronta ai piedi del letto, qualche galeone infilato in tasca.

Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di quella scuola.

Forse zio Alphard avrebbe potuto portarlo con sé in qualcuno dei suoi viaggi...

Si abbassò per afferrare la borsa, teso, nervoso. In fretta raggiunse la porta e la sentì aprirsi e chiudersi. Era fuori dalla stanza prima che se ne rendesse conto.

Scese le scale a chiocciola ed era in Sala Comune, di già.

Il buco del ritratto, quella noiosa Signora Grassa, era lì pronto per essere attraversato, le fiamme del camino si stavano poco a poco consumando. Non aveva idea di che ora fosse, in realtà non se lo ricordava più, nonostante l'avesse appena letto sulla sveglia di Minus.

Black! Si può sapere che diamine stai facendo?” James Potter, voce impastata dal sonno, capelli arruffati e pigiama a righe bianche e azzurre sostava in piedi sul primo scalino.

Anche qui!” fu il primo, esasperato, pensiero dotato di senso che Sirius riuscì a formulare.

Che vuoi, Potter?” ringhiò, senza nemmeno voltarsi.

Sapere cosa stai facendo con indosso il mantello e con uno zaino sulle spalle all'una del mattino.” rispose Potter, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Fatti gli affari tuoi e torna a dormire, Potter.”

James, per tutta risposta, scese dalle scale e gli si avvicinò:

Te ne stai andando, non è vero?” chiese sagacemente, fissandolo negli occhi.

Sirius distolse in fretta lo sguardo.

Se anche fosse non sono affari tuoi.” replicò, stringendo più forte la sua sacca alla spalla.

Forse.- asserì Potter- Ma se credi che, uscendo da qui, la tua vita possa cambiare, ti sbagli, Black. Se non cambi tu, la vita non cambia da sola.” James aveva imparato da suo nonno quella frase, la ripeteva sempre, inizialmente non aveva la minima idea di cosa significasse, ora lo stava piano piano imparando. Serve a poco arrabbiarsi col mondo, se non si tenta di fare qualcosa per cambiarlo, diceva suo padre.

La piega della mia vita non è un problema tuo, Potter. Ed ora, per favore, lasciami in pace.” Sirius lo scansò, lasciandolo in mezzo alla stanza ad imprecare.

Attraversò il buco del ritratto e si ritrovò solo per i bui e freddi corridoi di Hogwarts.

Aveva studiato la strada a memoria. Sapeva che scale doveva percorrere, che quadri avrebbe incontrato. Anche al buio sapeva cosa fare.

Inspirò: lo stava facendo, si sarebbe liberato da quell'inferno.

Camminò cercando di fare meno rumore possibile quando, sulle scale del terzo piano, la sua scarpa pestò qualcosa di morbido, che scappò via con un miagolio infastidito.

Maledizione!” imprecò: Mrs Purr, l'orrenda gatta di Gazza aveva scelto quelle scale per riposare e, conoscendola, ora sarebbe andata di corsa dal suo padrone.

Sirius perse la testa ed iniziò a correre a perdifiato per le scale: urtò un'armatura e il fracasso risvegliò i personaggi addormentati dei quadri delle vicinanze.

Tesoro mio adorato, dov'è, dov'è che uno di quei buzzurri arroganti ti ha fatto male?” la vocetta stridula ed irritante di Gazza si sentiva vicina.

Sirius non sapeva cosa fare: se l'avesse visto, sarebbe stato portato immediatamente dalla McGranitt e la Vicepreside avrebbe contattato subito i suoi genitori.

Un brivido freddo gli attraversò la schiena, al pensiero che i suoi sapessero della sua tentata fuga.

Si rimise in piedi, dopo essere nuovamente caduto e provò ad appiattirsi contro una parete. Gazza si faceva sempre più vicino, riusciva ormai a vedere la luce della lanterna che il custode reggeva nella mano sinistra.

E' qui, Mrs Purr? Senti il suo odore? Lo senti? Dov'è? Dove sei, piccolo sudicio ragazzino!” ruggì Gazza, raddolcendo la voce solo per rivolgersi nuovamente al gatto.

Sirius non sapeva cosa fare: se fosse andato avanti, sarebbe finito esattamente in braccio a Gazza, se fosse tornato indietro l'avrebbero sentito, non sarebbe riuscito a non inciampare di nuovo in un'armatura.

Di qua, vieni, presto!” una mano lo trascinò via.

Che cosa?” riuscì a chiedere Sirius, prima che James Potter gli intimasse di tacere e gli versasse addosso uno strano mantello.

Ehi!” protestò Sirius, ma James gli fece ancora segno di stare zitto e non far rumore.

Il cuore di Sirius batteva forte, forte, troppo forte e le gambe non volevano spostarsi da lì.

Gazza stava salendo le scale e lui era bloccato nell'angolo con James Potter: addosso a loro un mantello. Bello scherzo, che gli aveva giocato Potter: come se gazza non si potesse accorgere di un massa umana coperta da un mantello scuro sulle scale.

Perchè miagoli, cara? Non c'è nessuno qui!” Gazza era a pochi centimetri da loro, la gatta miagolava, ma lui spingeva via.

Era come se Gazza non li vedesse, come se non ci fossero.

Ma... ma...” balbettò Sirius, incredulo, vedendo il custode proseguire di due rampe.

Mantello dell'Invisibilità!” esclamò James, con un pericoloso ghigno in viso.

Cosa?” chiese Sirius, incredulo.

E' un mantello che rende invisibili.- spiegò Potter con naturalezza, sistemandolo meglio addosso a sé e al compagno.- Me l'ha dato mio padre.”

Sirius lo guardò, come interdetto.

Bè, che fai lì impalato? Se ti muovi ti accompagno al portone o se, ti va, torniamo su in camera.” aggiunse Potter, in fretta.

Perchè l'hai fatto?” domandò Sirius.

James alzò le spalle.

Perchè mi importa di te, suppongo.”



“Grazie, Sirius. Non deve essere stato semplice raccontarmi questa storia.” Lily lo guardò, seria.

Sirius annuì, mentre la voce del James undicenne che gli diceva “Perchè mi importa di te, suppongo”, gli rimbombava nelle orecchie.

“Non lo è stato, infatti.”

“Perchè hai scelto di raccontarmelo?” domandò Lily, guardandolo negli occhi.

“Perchè me l'hai chiesto.” rispose lui, scrollando le spalle.

“Avresti potuto non farlo, inventarti una scusa, qualcos'altro.” obbiettò Lily.

“Mi fido di te, Lils.” Sirius sorrise e si alzò in piedi, lasciandola incredula.

“Che fai, vieni?” le porse la mano, dopo essersi sistemato i jeans.

Lily afferrò la mano tesa, con la mente ancora rivolta alla confessione di Sirius Black.




Lily lo vide accampato su un pianerottolo, una sigaretta in bocca e lo sguardo fisso al muro di fronte.

James sentì arrivare qualcuno alle sue spalle ed istintivamente si voltò.

“Posso?” domandò Lily, cauta.

“Vieni.” con una mano James le indicò di sedersi accanto a lui, spegnendo la sigaretta con un piede.

“Non devi smettere per me.” disse Lily, notando il gesto.

“So che ti da fastidio.” spiegò lui, in un'alzata di spalle.

“Per questa volta si può fare un' eccezione.” lo scusò Lily.

Restarono in silenzio, senza guardarsi.

Fu James a parlare: forse, se le avesse chiesto scusa, se le avesse detto di essere stato un idiota a comportarsi a quel modo, allora, magari, il senso di colpa sarebbe diminuito.

Più passava il tempo, più si rendeva conto di ritrovarsi perfettamente nella descrizione che suo padre e sua madre davano spesso di lui: un ragazzo senza dubbio carismatico e dal buon cuore, ma irruento, facile all'irritazione, impulsivo e sì, anche arrogante.

Stava iniziando a pensare che non sarebbe mai riuscito a cambiare, ma come, come avrebbe potuto, poche ore prima stare tirare dritto e fare finta di niente? Non ci sarebbe mai riuscito.

“Non ce l'ho fatta a non fare niente.” si giustificò ad alta voce.

“Non devi scusarti, James. Hai fatto quello che avrebbe fatto chiunque.” gli rispose Lily.

“Pensavo fossi arrabbiata con me.” disse James

“No. Non potrei essere arrabbiata con te.- Lily scosse decisamente la testa.- Ero solo preoccupata. Temevo che potessero farti del male. Tu eri senza bacchetta, avevi solo le mani per difenderti e loro... loro erano in tre ed erano pronti a scagliarti contro qualche fattura.” si voltò verso di lui, sul cui volto facevano bella mostra di sé un occhio nero dietro alle lenti degli occhiali, un livido sulla guancia sinistra e un taglio sul labbro.

“Capita.” James alzò le spalle, in risposta agli sguardi eloquenti di lei.

“Chiedi scusa a me o a te stesso, James Potter?” sussurrò Lily, con voce quasi mistica, disegnandosi ghirigori con l'indice sinistro sulla mano destra.

James le scrutò il viso.

“E tu, Lily Evans?”

“Perdonare se stessi è sempre più difficile, James. Dovresti saperlo.”gli spiegò, paziente.

“Tu non hai niente da perdonarti.” le disse.

Lily abbozzò una sorta di sorriso.

“Tu dici? Oh, io non credo. Era il mio migliore amico, lo sai James? Era il mio migliore amico. E' stato lui a dirmi che sono una strega, lui a parlarmi di Hogwarts. Non avrei niente da perdonarmi? Non dico che sia colpa mia, se ha preso la strada che ha preso. Dico solo che forse avrei dovuto essere più accorta.”

“Non puoi colpevolizzarti per esserti fidata di una persona, Lily.” la contraddisse James.

“Nemmeno tu per aver difeso la tua famiglia.”gli fece notare Lily.

James non rispose e Lily riprese dopo qualche istante.

“So che l'hai salvato da morte certa, poco più di un anno fa. Nonostante tutto quello che ci fosse tra voi gli hai salvato la vita, James. Non avrebbe mai dovuto permettersi di dirti una cosa simile.” la voce di Lily era carica di rabbia.

“Cosa sai?” chiese James troppo bruscamente.

Quella volta Sirius l'aveva fatta grossa, troppo, troppo grossa. Se Piton fosse morto, Remus sarebbe stato giustiziato. Tutto per una bravata di Sirius che, nonostante tutto, Remus era anche riuscito a perdonare.

Ammirava profondamente l'amico per quel gesto: nonostante tutto, col passare dei mesi, Remus era riuscito a perdonarlo, a capire che Sirius non poteva essere lasciato solo.

Nonostante gli avesse detto, dopo averlo preso a pugni che era tutto a posto, James ci aveva messo un po' a fidarsi ancora completamente di Sirius. Non voleva, d'accordo, ma quella volta era troppo.

“So che tu gli hai salvato la vita in una notte di luna piena dentro al tunnel del Platano Picchiatore.” rispose Lily, tacendo sulla astrusa teoria che Severus le aveva confidato più volte.

Severus era ossessionato da James e dai suoi amici; sembrava che il suo unico scopo fosse sapere cosa facevano, come occupavano le notti. Soprattutto era convinto che Remus fosse un Lupo Mannaro: Remus, Remus Lupin il Prefetto un Lupo Mannaro! Come poteva anche solo lontanamente immaginare che lui fosse un Lupo Mannaro? Aveva solo problemi a casa ed era cagionevole di salute, ecco il perchè della sua aria perennemente smunta. Come poteva pensare che, se fosse stato un Lupo Mannaro avrebbe frequentato la scuola?

“E' quello che ho fatto. Non avrei mai potuto lasciarlo lì, sebbene sia la persona peggiore che abbia mai conosciuto.” confermò James.

“Cosa accadde di preciso?” domandò curiosa Lily, che aveva notato la fretta con cui James aveva risposto.

James scosse la testa.

“Mi dispiace ma non posso dirtelo. Non riguarda solo me: riguarda anche gli altri: Sirius, Peter e Remus. Non ti dirò mai niente senza il loro consenso. E' una cosa che ci riguarda tutti. Non posso dirtelo.” disse categorico. Silente aveva impedito a Piton di raccontare alcunchè sulla licantropia di Remus e dal canto loro i Malandrini erano più che disposti a sotterrare quella brutta storia.

Lily intuì dal tono che sotto doveva esserci una storia molto brutta ma non fece altre domande: James non avrebbe né risposto né soprattutto gradito.

“Lily, posso farti una domanda?” chiese James, occupando il silenzio.

“Dimmi.”

“Credi... Credi che sia colpa mia se tu e Piton non siete più amici?” James si riferiva al suo gesto dell'anno prima quando, perchè si annoiava, aveva deciso di giocare a Mocciosus un ennesimo tiro mancino.

Era vero che in quell'afoso pomeriggio di giugno, nella pausa tra una prova dei G.U.F.O. e l'altra, si stava annoiando. Era altrettanto vero che la possibilità di lanciare qualche scherzo era un ottimo antidoto contro la noia. Era vero anche che Severus Piton lo irritava e che con la sua stramaledetta curiosità il caro Mocciosus stava quasi riuscendo nella titanica impresa di distruggere i Malandrini. Certo, Sirius era stato il solito imbecille che non sa dove stia di casa la ragione, nell'organizzare quel brutto scherzo, ma Piton era sempre in mezzo, come un pipistrello unticcio e ombroso che, quando non si dilettava in allegre torture ai danni dei compagni assieme ai suoi amichetti, passava il suo tempo studiando in modo maniacale ogni sua mossa.

E se in quel pomeriggio di giugno James Potter aveva attaccato Severus Piton era perchè lo riteneva più che responsabile di quello che loro quattro stavano passando da tre mesi a quella parte.

James non andava particolarmente fiero del suo gesto, ma da quella notte di marzo la necessità di trovare un colpevole che non fosse Sirius lo ossessionava e Mocciosus era il candidato ideale, lui che con la sua maligna curiosità stava per distruggere i Malandrini.

“Ti riferisci a quel pomeriggio sul lago, vero? No, James. Non è colpa tua.- Lily sospirò- Era solo questione di tempo prima che succedesse.” prese a giocare con l'orlo della sua gonna, come se in quelle cuciture ci fosse qualcosa di interessante.

“Mi dispiace. Perdere un amico, perderlo a quel modo deve essere la cosa più brutta che possa capitare.”disse James, un po' più sollevato dal fatto che Lily non lo ritenesse responsabile.

“Ti devasta, James. Ti devasta dentro. Non senti più niente. Hai solo il vuoto dentro e ti sembra che tutto intorno a te non abbia più molto senso. Ti trascini tra un giorno e l'altro, senza capire bene il perchè.” spiegò Lily, malinconica.

“Mi dispiace. Io... io non ho mai provato qualcosa di simile.” commentò James, senza sapere esattamente cosa dire. Dopo la morte di suo padre aveva sentito il vuoto, ma era una sensazione completamente diversa. Lui non aveva mai perso un'amicizia, soprattutto a quel modo.

“Era il mio unico amico, capisci? L'unico in questo posto a cui fosse mai importato qualcosa di me. Ti auguro di non vivere mai un'esperienza come questa. Essere traditi da una persona nella quale riponiamo fiducia è la cosa peggiore che possa mai capitare.” spiegò Lily calma e, oramai, lievemente più razionale.

Se non fosse successo l'anno prima, quanto tempo ancora avrebbero retto lei e Severus insieme? Un mese? Due? Una settimana? Chiamava SangueSporco tutti quelli come lei, perchè con lei avrebbe dovuto essere diverso?

Si stava rialzando, ci stava riuscendo. Aveva trovato delle persone che la stavano aiutando senza pretendere nulla in cambio e, a pensarci bene, quel pomeriggio non aveva fatto altro che darle la conferma di quello che già sospettava da tempo.

Era il caso di accettare che Severus Piton non fosse più il bambino che la spiava di nascosto mentre giocava con Petunia.

James non rispose, limitandosi a pensare che i suoi amici sarebbero morti, piuttosto che tradirlo.

“Cerca di pensare a quello che hai ora, Lily. A me.... voglio dire, a noi, importa di te. Ricordatelo.”

Lily gli rivolse un sorriso dolce. Era bello sentirselo dire. Era bello sentire di appartenere a qualcosa.

“Grazie.”- sussurrò- “ Se non ci foste stati voi, a quest'ora non so dove sarei.”

James le circondò le spalle con il braccio sinistro, controllandole minuziosamente gli occhi, nella speranza di non fare qualcosa che la infastidisse.

Lily non si ritrasse a quel contatto e James prese coraggio, facendola accomodare sul suo petto.

Lily appoggiò la testa sul petto di James. Chiuse gli occhi e sentì il suo cuore battere e pompare ritmicamente sangue. Caldo era il primo aggettivo che le veniva in mente. Caldo, James era caldo.

Si sentiva bene, tra quelle braccia. Era protetta.

James stava riuscendo in poco tempo a far crollare tutte le sue ritrosie, tutte le barriere che aveva per anni eretto tra lei e il mondo.

Ce l'hai fatta, James Potter. Mi sto aprendo tanto con te, te ne rendi conto? Tu lascerai che qualcuno penetri nei tuoi pensieri tormentati, prima o poi?” pensò Lily, guardandolo intensamente negli occhi castani, vivi e brillanti dietro alle lenti degli occhiali ma velati da un po' di malinconica preoccupazione sin da quando lo conosceva.

James incontrò gli occhi verdi, tristi e velati di malinconia di Lily che lo guardavano con curiosità ed, istintivamente, provò l'impulso di staccarsi da quelle calamite che, se lo ripeteva sempre, gli leggevano dentro.







Buon ventitré Agosto a tutti quanti, spero che l'estate o quel che rimane sia stata trascorsa da tutti al meglio.

Come potete vedere mi sono lanciata in questi esperimenti di grafica, per ora c'è solo il banner di questo capitolo ed una locandina al primo ma, prima o poi, riempirò i vuoti degli altri capitoli.

Stand by me” significa “Sostienimi” e mi piaceva l'idea di legarlo a questo capitolo in cui non è solo Lily ad aver bisogno di aiuto, ma anche James, così come è un bisogno che hanno avuto Sirius e anche Piton, in un certo senso, la cui ombra aleggia sempre su Lily e sui Malandrini.

Spero che sia di vostro gradimento, così come il finale del capitolo: non ve lo aspettavate, forse, ma non ho potuto fare a meno di vederla così, ma non temete, passerà parecchio tempo prima di poterli considerare a tutti gli effetti una coppia.

Vi chiedo di leggere l'abbraccio finale nell'ottica dello “Stand by me” perchè è questo che significa: una muta risposta a questa richiesta reciproca.

Vi lascio ringraziandovi tutti per la pazienza. A presto.


Alohomora: in realtà credo che Piton abbia reagito a quel modo soprattutto alla vista di Lily con l'odiato Potter, ad ogni modo va detto che il suo scopo principale negli anni di Hogwarts era tentare di far espellere i Malandrini. Prima o poi avrai anche una spiegazione dell' efferato gesto di James in riva al lago dopo i G.U.F.O. E una versione di come e perchè James ha salvato Piton. Qui c'è già qualche indizio, ma saranno i Malandrini a raccontare l'intera versione. Non sarà un tentativo di giustificare la loro crudeltà, semplicemente io credo che sia un motivo nel fatto che, quando James mette Piton a gambe all'aria nessuno interviene ed anzi, i compagni lo incitano: se James fosse un bullo, nessuno lo stimerebbe e invece lui è adorato in tutta Hogwarts: un motivo ci sarà, no?

A volte credo di allungare troppo, questi dialoghi, però non posso farci niente, li vedo così, pieni di tutto e pieni di niente...

purepura: di sangue qui mi sa che c'è solo quello di James, purtroppo! Spero che anche questa scena tra Lily e James ti sia piaciuta: non è niente, forse, ma è già un inizio.

PrincessMarauders: Remus è infido e maligno nell'animo, ma è un buon amico, presente e leale e, credo, che tra i suoi hobby principali ci sia la messa in ridicolo di Sirius Black... perfido il nostro lupacchiotto!

La storia tra Lily e James è andata nascendo piano piano, non sarà mai nulla di troppo veloce ma sarà un continuo avanti e indietro, sebbene entrambi diventeranno dipendenti dall'altro.

MEISSA_S: Remus deve essere stato un Malandrino coi fiocchi, altrimenti, che ci faceva lì? Vedrai, nel corso della storia mostrerà tutta la sua malvagità, rivelandosi sempre un buon amico, però.

Sì, James è davvero colui che tutte vorrebbero al loro fianco: positivo, carismatico, coraggioso, divertente, protettivo... ma anche lui ha i suoi segreti, la sua complicata personalità e il rapporto con Lily lo aiuterà a tirare fuori il meglio di sé.

Quanto a Severus Piton, io non lo apprezzo. Non è un personaggio che mi piace e non lo reputo nemmeno una povera vittima incompresa da tutti come si legge spesso: Piton aveva fatto le sue scelte, ad Hogwarts. Aveva come amici Avery e Mulciber, chiamava gli studenti Mezzosangue e Sanguesporco, si è unito a Voldemort ed è stato lui a rivelare la Profezia. Non credo che sia stato poi così tanto succube di idee altrui...Inoltre aveva come scopo la dissoluzione dei Malandrini, certo, probabilmente era invidioso di James, invidioso della loro amicizia, invidioso del loro rapporto con Lily, ma questo non lo giustifica.

Senza considerare che apprendiamo da quel famoso capitolo dei G.U.F.O. Che quando James lo alza per aria nessuno a parte Lily si getta in sua difesa, anzi, tutti incitano James: qualcosa vorrà pur dire, no?

Spero che questa mia visione dell'amicizia tra James e Sirius ti sia piaciuta: purtroppo non riesco ad immaginarli immediatamente amici.

Ayumi Yoshida: sono contentissima di risentirti. Avevo iniziato a pensare che non seguissi più la storia e, invece, questa tua recensione mi ha davvero piacevolmente sorpreso.

Sono accadute tante cose, in questi capitoli, la storia di Dorea Potter e l'avvicinamento tra Lily e James, tra Lily e i Malandrini.

Se ho inserito la storia di Dorea e Charlus è per dare una motivazione del fatto che, se i due Potter sull'albero genealogico dei Black sono davvero i genitori di James, c'è un motivo per cui James, seppur imparentato con i Black, è cresciuto in un modo completamente diverso.

Ancora più felice mi rende il fatto che tu possa immaginarti James e Lily così come li sto descrivendo: per me non è semplice, considerando che sono consapevole di rompere parecchi schemi consolidati nella scrittura di fanfic, ma avere l'appoggio di altri rende le cose più semplici.

Vedo un progressivo disvelarsi dell'uno all'altro, un donarsi di Lily a James, da cui diverrà totalmente dipendente e un James che si scopre innamorato di Lily Evans per quello che lei è, e non per l'idea che si era fatto di lei negli anni. Io spero che la personalità di Lily vi piaccia: sino ad ora l'abbiamo vista parlare poco e dire cose misurate, ma se James l'ha sposata e i Malandrini accolta era perchè era capace di convivere con quattro ragazzi, integrandosi perfettamente con loro, cosa non da poco, direi. Quindi in futuro riserverà tantissime sorprese, compresa una bella amicizia con Sirius.

Qui ne hai un altro assaggio ma vedi, io credo che Sirius fosse sì un po' geloso di Lily, la quale gli ha portato via James, ma che, nonostante questo, fossero grandi amici. Un'amicizia diversa rispetto a quella che Lily intrattiene con Remus: Remus è e sarà sempre l'Amico, Sirius una sorta di fratello maggiore, capisci cosa intendo?

A presto.


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Capitolo 21
*** Ventesimo Capitolo ***


Can we climb this mountain
I don’t know
Higher now than ever before
I know we can make it if we take it slow
Let's take it easy
Easy now

- The Killers, When you were young-


*Possiamo scalare questa montagna
non so

ora è più alta di quanto non lo sia mai stata prima
so che possiamo farcela se la prendiamo con calma
Prendila con scioltezza.
Con scioltezza ora

Fine Giugno 1977


Nessuno di loro aveva più parlato di quanto era successo quel pomeriggio; era come se, apparentemente, tutti e cinque non conservassero alcun ricordo.

In realtà, quei momenti erano ben scolpiti nelle loro memorie, ma nessuno voleva parlarne. Nessuno voleva ripercorrere quegli istanti di paura. Remus sospettava che sotto all'accaduto ci fosse, per la prima volta, qualcosa che andava al di là della rivalità tra Case. Era stato un attacco personale, quasi.

Non sapeva spiegarlo a parole, non sapeva nemmeno da dove gli venisse quella sensazione, sapeva solo di aver sbagliato a giudicare tutto quello che era stato sino a quel momento.

Forse errando, ora lo riconosceva, si era cullato nell'illusione che, in fondo, alla loro età e, soprattutto ad Hogwarts, le differenze ideologiche, i toni accesi delle discussioni avessero un che di fiabesco, fossero più che altro portatori di una tradizione che non avrebbe mai capito sino in fondo, quella della rigida differenza tra Case che etichettava i Grifondoro come i Buoni per eccellenza, coraggiosi ed impulsivi, i Tassorosso come Sfigati, i Corvonero come Cervelloni e i Serpeverde, inevitabilmente, come i Cattivi per antonomasia, subdoli, maligni ed infimi.

In tutto questo si inserivano gli studenti che, ciascuno a modo suo, erano costretti a recitare la parte assegnata dal Cappello Parlante.

Pertanto, nell'ottica di Remus, anche quei discorsi che venivano fatti su Voldemort, sui Mangiamorte e sulla purezza del sangue avevano un che di retorico, come se tutti quanti non facessero altro che ripetere le idee che circolavano nelle loro famiglie o nel loro Dormitorio.

Quello che era successo a Lily e James, però, era diverso.

Lì non si trattava di attaccare James Potter in quanto Grifondoro Babbanofilo. Si trattava di attaccare James Potter come persona. Si trattava di attaccare James Potter per le idee di cui si faceva portatore.

Non stavano attaccando Lily solo perchè era di origini Babbane o meglio sì, ma in un ottica diversa: loro volevano eliminare Lily e quelli come lei.

Differenza sottile, forse, ma una differenza che Remus stava imparando a cogliere.

Anni dopo, ripensando a quei momenti, Remus Lupin si sarebbe reso conto che la sua adolescenza terminava con l'arrivo di quella consapevolezza.

In quei giorni però, riusciva solo a far caso agli occhi di Silente che si spostavano continuamente dall'uno all'altro del loro gruppo, fissandoli uno ad uno con particolare intensità e lasciandosi scappare un sorriso triste ogni volta che incontrava l'occhio nero di James.

Quasi sicuramente Hagrid doveva aver detto qualcosa, del resto, se loro quattro riuscivano senza troppo impegno e con la promessa di una buona bottiglia di Odgen a farsi rivelare da Hagrid cose che degli studenti non avrebbero mai dovuto sapere, senza dubbio il Preside era in grado di usare metodi più ortodossi ed altrettanto persuasivi.

“Ci sei Remus? E' ora di andare.” gli ricordò Lily, appoggiandosi allo schienale della poltrona su cui si era seduto Remus subito dopo pranzo.

“Che ore sono?” bofonchiò con la voce impastata.

“Sono le tre, la partita è tra poco. Sirius e Peter sono già andati.” gli spiegò Lily.

“Accidenti! Devo essermi addormentato! Sirius è già andato a parlare con la Mc? Era una scena che non volevo perdermi!” esclamò Remus, scattando in piedi.

Sirius, infatti, aveva promesso a William Goldstein, un ragazzo di Corvonero del loro stesso anno ed ufficiale speaker delle partite di Quidditch, un rifornimento annuale di cibo, bevande e quant'altro volesse (compresa la promessa di una futura rivelazione di almeno uno dei passaggi segreti che portavano fuori Hogwarts) per poter commentare l'ultima partita di campionato, Grifondoro- Serpeverde.

Remus, appellandosi a tutta la sua autorità di Prefetto, gli aveva impedito di somministrare al povero Goldstein un qualche intruglio o una fattura che l'avrebbe reso infermo per il resto della settimana.

“E' uscito da circa un 'ora, ma non temere: Peter è il testimone che ci documenterà l'intero colloquio!” rise Lily.

“Questa notizia mi fa sentire meglio.- sorrise Remus, che maledì se stesso mille volte per essersi perso un così commovente dialogo- Avanti, andiamo, quel poveraccio avrà bisogno di una spalla su cui piangere.” disse, convinto che mai la McGranitt avrebbe accettato un cambio.

Raggiungendo il campo da Quidditch, furono travolti da Peter che saltò letteralmente in braccio a Remus.

“Finalmente siete arrivati! Lunastorta, fai qualcosa, esorcizzalo, affatturalo, torturalo, imponigli un incantesimo tacitante, ma ti prego, fallo stare zitto!” li implorò il povero Peter che stava ascoltando i borbottii sconnessi di Sirius da una mezz'ora abbondante.

Remus alzò gli occhi al cielo ed inspirò profondamente. Prepararsi ad ascoltare le lamentele di Sirius per la seguente ora e mezza richiedeva molta concentrazione e molta pazienza.

Non che gli mancassero queste doti, sia chiaro, semplicemente Sirius aveva la capacità (più unica che rara) di far perdere la pazienza a chiunque gli capitasse attorno, quando era in preda a crisi esistenziali di così basso livello.

Remus aveva accumulato esperienza sufficiente ad essere in grado di annuire e dire “Sì, Sirius, hai ragione. E' una vera ingiustizia.” ogni volta che fosse necessario e, contemporaneamente, a pensare bellamente agli affari suoi.

Era una tecnica che gli aveva portato via anni ed anni di allenamento ma per la quale era valsa la pena.

Sfortunatamente per loro, James e Peter non erano ancora così ferrati in materia.

“Coraggio, Lily. Ci aspetta un lungo pomeriggio.” sospirò mesto, indicando a Lily le scale, senza accorgersi delle urla che provenivano dalla ringhiera.

“Ehi! Lunastorta, Lils! Sono qui, sono qui! Mi ha preso! Mi ha preso!” l'ululato di Sirius li raggiunse, costringendoli a precipitarsi da lui.

“Che bello Sirius! Sono così contenta!” esclamò Lily, ridendo della buffa espressione di Remus. Aveva capito da dove provenivano le esclamazioni di Peter: era semplicemente esasperato dal continuo parlare di Sirius che, angosciato dalla sua prima performance, proseguiva nello stressare chiunque gli capitasse a tiro.

“Evviva, Sirius sono così contento!” esclamò Remus, con un tono tristemente neutro. Doveva ancora capire se era meglio ascoltare le lamentele di Sirius o il resoconto dettagliato ed ogni minuto diverso di come fosse riuscito a convincere la McGranitt a dargli il posto che spettava a Goldstein.

“Credo che sia meglio questo delle lamentele, Remus.” gli venne in aiuto Peter, sospirando.

“Spero che tu abbia ragione, Codaliscia.” sussurrò Remus, in un mesto commento.

“Remus, potresti mostrarti anche un po' entusiasta, sai?” lo guardò accigliato Sirius.

Remus roteò gli occhi e gli mise una mano sulla spalla.

“Avanti, Sirius, ti prego, raccontaci come hai convinto la Mc a sostituire Goldstein dopo che ti sei indebitato con lui sino all'eternità.” disse Remus, sorridendo. Nonostante tutto era contento per il suo amico.

“Dai, Sirius, racconta!” lo incoraggiò anche Lily, mentre Peter si esprimeva in un rantolo. Lui, quella storia, l'aveva già sentita cinque volte e poteva testimoniare che ogni racconto era diverso dalla scena originaria a cui aveva assistito.

“Sono andato nell'ufficio delle Mc e, educato come solo io so essere, l'ho gentilmente informata che William Goldstein oggi pomeriggio non avrebbe potuto fare la radiocronaca perchè infermo.” recitò, con fare teatrale, mentre le sopracciglia di Remus si alzavano pericolosamente.

“Lei, ovviamente, non mi ha creduto e allora le ho detto che, se voleva, poteva averne la prova, così siamo andati in Infermeria dove ha trovato Goldstein steso a letto con Madama Chips come unica compagna.” spiegò Sirius.

“Sirius, scusa, ma non avevi detto che tutto questo non prevedeva nessun peggioramento delle condizioni di salute di Goldstein?” chiese calmo Remus.

Sirius alzò le spalle.

“Avrei dovuto indebitarmi per tutto l'anno, Lunastorta. Io e James abbiamo convenuto sul fatto che non fosse per niente conveniente, quindi abbiamo sistemato la faccenda con una mezza concessione a Goldstein e una piccola pozione che lo facesse star male oggi pomeriggio per qualche ora.

E' stata un'idea anche di James, Rem, quindi aspetta ad arrabbiarti solo con me.” precisò, come se il fatto che fosse un'idea di James sistemasse ogni cosa.

Remus scosse la testa.

“Io dico che voi due avete dei problemi, di quelli grossi. Cosa ho fatto di male per meritarmi questo!”

Peter gli diede due amichevoli pacche sulle spalle.

“Coraggio, Rem, non è colpa tua se le loro teste sono vuote come due zucche ad Halloween.”

Lily, invece, guardò seriamente Sirius, contrariata.

“Non è stata una bella cosa, Sirius, lo sai, vero? Hai ingannato quel poveretto.”

“Anche nel nostro accordo avrebbe perso il posto, Lils. Ho solo accelerato le cose. E poi, in questo modo, evito di fregargli il posto per tutto l'anno prossimo. A settembre ripartiremo alla pari.” spiegò Sirius, grattandosi la nuca.

“Non sono comunque convinta che sia stato un bel gesto.” ammise Lily, perplessa.

“Lils, andiamo, Goldstein non starà male per sempre. E' solo un piccolo aiuto, questo che gli abbiamo dato.” Sirius cercava di appiattire la faccenda e, a pensarci bene, non è che stesse raccontando fandonie. Era vero che gli accordi iniziali con Goldtein erano diversi, però, a pensarci bene, forse era meglio così: William si sarebbe saltato l'ultima partita, lui dava prova di quello che sapeva fare e poi, a settembre, avrebbero scelto il nuovo commentatore.

Non era forse meglio così?

“Black! Vieni su immediatamente, parlerai dopo con i tuoi amici!” La professoressa McGranitt si era sporta dagli spalti per chiamare Sirius reo, a suo parere, di perdere tempo a far salotto con gli amici.

“Arrivo prof!” gridò lui, precipitandosi a raggiungere la sua postazione.

“Lils!” gridò, raggiunta la McGranitt.

“Di' a Priscilla che ci vediamo stasera!” strillò a qualche metro di distanza da lei.

“Da quando esci con Priscilla?” rispose Lily, urlando altrettanto forte.

“Da stasera dopo la partita direi!” ammise candidamente Sirius, guadagnandosi un'occhiata severa dalla McGranitt.

“Felpato non cambierà mai.” commentò Peter, scuotendo la testa.

“Io credo che prima o poi lo farà, invece. Cambiamo tutti.” rispose Remus, mestamente.

Lily lo guardò, stupita ancora una volta dalla saggezza che Remus mostrava.

“Io spero che non cambi mai, sai Remus? Sarebbe così bello se tutti potessero mantenere la freschezza e il candore di quest'età, non credi?” ammise Lily, con ingenua franchezza.

“Credi che sia possibile, Lily?” le domandò Remus.

“Lo spero. O almeno, spero che alcune persone ci riescano.” rispose Lily, storcendo le labbra e guardando Sirius salutare il suo pubblico.

“Come stai, Lily?” domandò Remus, dopo qualche minuto di silenzio.

Lily esitò a rispondere. Sapeva a cosa si stava riferendo Remus.

Come stava non lo sapeva nemmeno lei, con esattezza. Stava cercando di scacciare i brutti pensieri dalla sua testa, provava a godersi il presente, ma quello che era successo a lei e a James continuava a tormentarla. Ogni tanto sognava ancora quegli istanti di paura , quei visi cattivi, il coraggio di James e il suo panico, in grado solo di farle sillabare il nome dell'amico.

Continuava a pensare a Severus. Proprio quando stava smettendo, proprio quando stava riuscendo a confinarlo lontano, lui era tornato. Tornato a sconvolgerle l'equilibrio. Fragile. Lily si sentiva fragile. Forse più fragile ancora di prima. Prima non si rendeva conto di cosa stava per perdere, ora sì. Ora che si era rialzata, l'idea di ripiombare in quell'inferno la terrorizzava.

Quelle parole, quelle parole maligne rivolte a James... era davvero Severus ad averle pronunciate? Lui, lui che per primo non sapeva cosa significava avere un padre! Poteva davvero arrivare a tanto il suo Sev?

James, James, James.” eccole, ancora, quelle parole.

Rivide se stessa, carponi tra l'erba sussurrare il nome di James, che lottava come un animale, senza bacchetta, disarmato, solo.

Sì, Severus era capace di pronunciare quelle parole.

Dov'era la ragione? Dove il torto? Perchè non si era accorta prima di ogni cosa? Perchè aveva dovuto legarsi così tanto a Severus, così tanto da escludere chiunque altro, e poi scoprire che razza di persona era?

Perchè sì, diamine, Severus aveva insultato James nel peggiore dei modi possibili! L'aveva attaccato più volte, continuava a metterla in guardia su Remus e a disprezzare Sirius, così pieno di bontà. Aveva scacciato lei l'anno prima!

Dov'era, dov'era, dov'era tutto?

Non puoi colpevolizzarti per esserti fidata di una persona, Lily.” la voce di James, le sue parole.

Posò gli occhi sulla tribuna di Serpeverde e lo vide, attorniato dai suoi amici, venuto a fare il tifo per Regulus Black. Quella rivalità si stava sfogando anche sul campo.

Lo cercò, lo fissò. Le sembrò che lui stesse facendo altrettanto.

Si voltò verso Remus.

“Meglio.” gli rispose.

“Ogni cosa si metterà a posto, Lily, vedrai.” le disse Remus, misurando la voce e parlando al suo orecchio.

Lily lo guardò ed annui. Non era sola. Non più.

“Stanno entrando!” esclamò Peter, eccitato. Si era bardato tutto di rosso ed oro, facendo concorrenza ai suoi compagni più esaltati.

Sia Lily che Remus si alzarono in piedi salutando con grida ed applausi la squadra di Grifondoro che entrava in campo, accompagnata dalle parole di Sirius.

Ciascun giocatore, sentendo il proprio nome, accompagnava le ovazioni della folla con un giro di campo.

“Un ultimo applauso per la squadra di Grifondoro! Potter, Capitano e Cercatore, schiera Anderton in porta, Lloyd e Yates come Battitori, Vaughn, Cooper e Priscilla Foster in attacco! Che squadra gente! Riuscirà Grifondoro a riprendersi la Coppa meritatamente rubata da Corvonero lo scorso anno?”

Fischi selvaggi da parte dei Corvonero riempirono lo stadio, mentre Remus scuoteva la testa, la squadra di Grifondoro faceva un ultimo giro di campo e Sirius riceveva minacce dalla McGranitt.

“Non mi dica così,Prof! Ricordo bene come la pensava l'anno scorso! Dicevo, un ultimo applauso alla squadra di Grifondoro, perchè, gente, oggi siamo tutti quanti rossi ed oro! Ripeto, Grifondoro gioca con Potter, Anderton, Lloyd, Vaughn, Cooper e Foster! Sì, prof ora dico anche di Serpeverde.” ammise Sirius, a malincuore. Si stava divertendo un mondo.

Il pubblico verde argento iniziava a borbottare e a fischiare in direzione di Sirius, mentre la squadra era già scesa in campo, pronta e vogliosa di iniziare. Poco ci mancava che Collins, un corpulento ragazzo del settimo anno, Capitano e Battitore, non scaraventasse la sua mazza in testa a Sirius.

“Dunque, entrano anche i Serpeverde, capitanati da Collins. Serpeverde gioca con Collins, Nott, Crabble, Midgen, Pucey, Baddock e...- Sirius inspirò prima di parlare- e Regulus Black come Cercatore.”

Prese fiato per un attimo, aspettando che Mr. Quaffleborn, quell'assurdo mago da strapazzo che si occupava di Quidditch e delle lezioni di volo di quelli del primo anno, imponesse ai due Capitani un a stretta di mano che nessuno voleva concedere all'altro e desse il fischio d'inizio.

La pluffa fu lanciata in aria per la contesa e Sirius riprese la sua cronaca.

“Dicevo, Potter Cercatore di Grifondoro e Black di Serpeverde, che sfida! Anche se, devo ammettere, che James Potter, il mio migliore amico, ha qualcosa in più! Qualcosa che lo rende davvero uno dei migliori Cercatori che Hogwarts abbia mai avuto! Punti alla Nazionale, Jamie?” chiese retoricamente, mentre Regulus gli svolazzava davanti.

Passò i seguenti cinque minuti ad esaltare le doti di Grifondoro, sino a quando il professor Lumacorno non arrivò per redarguirlo.

“Vuole che parli di più di Serpeverde, prof? Va bene, ma che c'è da dire se non che la difesa messa in campo da Potter è di gran lunga superiore? Yates e Lloyd non permettono a nessun Bolide di tagliare la strada all'attacco. E poi, siamo sinceri? C'è qualcuno qui a cui importa qualcosa di Serpeverde? Non vorrebbero tutti che vincesse Grifondoro?” Sirius ammiccò al pubblico che rispose con un boato e cori a favore di Grifondoro.

Gli spalti erano un tripudio rosso ed oro, anche i Tassorosso e i Corvonero, in maggioranza, avevano scelto di tifare Grifondoro.

Nel frattempo la partita proseguiva: i primi minuti erano trascorsi senza azioni rilevanti e senza punti. Sembrava che le due squadre si stessero studiando a vicenda, pressandosi e tornando ciascuno nella propria metà campo.

James e Regulus volavano in cerca del Boccino, ma era ancora troppo presto per prenderlo, sebbene entrambi sapessero che l'esito della partita dipendeva da loro.

“Ehi, fallo! Fallo! Quello è un fallo bello e buono! Mr. Quaffleborn, Baddock merita di essere mandato fuori!” Baddock aveva attaccato Priscilla Foster mentre lei era portatrice di palla e, per poco, la ragazza non cadeva dalla scopa.

Quaffleborn fece gesti in direzione di Sirius e bloccò sul nascere un litigio che stava già degenerando in rissa.

Chi si aspettava da Sirius Black una cronaca fatta di battute e risate in perfetto stile Malandrino rimase deluso perchè le parole che seguirono il resto della partita era commenti duri, sprezzanti, cinici e dotati di una sorta di umorismo freddo e perverso che più che far ridere serviva ad allentare la tensione.

Sirius stesso era partito con l'intenzione di fare una cronaca diversa, ironica, divertente, leggera; forse aveva sbagliato partita per iniziare la sua carriera di commentatore.

“Venti a trenta per Serpeverde e pluffa al centro! Dopo il brutto fallo la Foster non si è ancora ripresa del tutto! Presumo sia per questo che Serpeverde ha infilato due pluffe in poco tempo! La squadra di Grifondoro pare incapace di gestire una manovra d'attacco, perdendosi nel suo stesso calderone quando si tratta di difendere. Pucey va, va salta Vaugh, salta Yates e si trova davanti ad Anderton! Dai Doug, difendi quegli anelli! E va, Doug Anderton respinge la pluffa con la coda della scopa! La pluffa ora è in mano a Cooper che la passa a Vaughn, accerchiato dal grosso Collins, passa a Foster, ma Priscilla perde la pluffa, Baddock manda un bolide contro di lei, di nuovo e ancora, Priscilla questa volta lo schiva, ma la pluffa è persa. Anderton fa quello che può, esce dai pali, ma Serpeverde segna ancora! Semplice vincere così, vero? Questo è terrorismo psicologico! Black va a complimentarsi con i suoi, mentre Potter raduna la squadra e chiede un time-out!”

James era sceso dalla scopa e faceva crocchio con la sua squadra. Si vedeva che era teso e Sirius avrebbe voluto andare lì e dirgli che ce l'avrebbe fatta. Ce la faceva sempre, lui.

Era più bravo di Regulus, lo sapevano tutti.

Sirius era convinto che il commentare quella partita, le azioni del suo fratello di sangue contrapposte a quelle del suo fratello d'adozione, di quel fratello che si era scelto, gli avrebbe fatto male, gli avrebbe dato fastidio.

In realtà non sentiva niente. Si vergognava quasi ad ammetterlo, ma il commentare le azioni di suo fratello non gli faceva né caldo né freddo. Niente, non sentiva niente. Gli era del tutto indifferente.

Forse era un mostro, a non provare niente; o forse era normale.

Sirius non lo sapeva, se lo domandò per parecchio tempo, senza riuscire mai ad arrivare ad una conclusione che lo soddisfacesse.

Nel frattempo la partita era ripresa: James aveva apportato qualche cambio alle posizioni dei suoi Cacciatori, ma sapeva perfettamente che le sorti della partita dipendevano dalla velocità con cui lui riusciva ad acchiappare il Boccino d'Oro.

L'aveva visto, l'aveva sfiorato, ma Regulus gli era sempre troppo vicino. Era bravo Regulus, il miglior avversario che avesse mai incontrato, ma nei suoi occhi c'era sempre troppo disprezzo. James sapeva che quel disprezzo era rivolto a lui, reo di avergli portato via suo fratello.

“Siamo in parità, gente! Theodore Vaughn è davvero un ottimo Cacciatore! Ad inizio stagione nessuno avrebbe scommesso uno zellino su di lui, senza offesa eh, Teddy! Ma Potter ha avuto ragione a credere in lui! Consiglierei invece al simpatico Crabble di lavarsi la bocca per scacciare la sporcizia delle sue parole. Siamo su un campo da Quidditch, qui la politica non entra Crabble!” lo ammonì Sirius, concentrandosi poi sulla scopa di James che sfrecciava sulle torrette.

“Potter deve aver visto qualcosa! Vai James, te la meriti tutta!” gridò al microfono.

Tutto lo stadio si era alzato in piedi per seguire le evoluzioni dei due Cercatori che si inseguivano.

Remus, Lily e Peter seguivano la scena con il batticuore, Sirius non riusciva a dire altro al microfono se non “Vai, James, vai!”, senza che nessuno dei professori intervenisse.

La McGranitt si era alzata come tutti, Lumacorno pestava i piedi e il minuscolo Vitiuous si sporgeva più che poteva. Solo Silente osservava immobile ed imperturbabile l'azione.

James era avanti e sembrava più vicino a l Boccino di quanto non fosse Regulus che però, abilmente, gli tagliò la strada. James virò, tornò indietro e, per pura fortuna, riuscì a non perdere il Boccino, che aveva cambiato strada.

Ora lui e Regulus erano ancora affiancati; un bolide passò sopra le loro teste,a ricordare che lontano da quell'inseguimento si stava ancora giocando una partita, il suo movimento distrasse leggermente Regulus, che rimase indietro, allungandosi invano sulla scopa ed assistendo al trionfo di James.

James strinse il Boccino nella mano destra e non lo lasciò più per i successivi venti minuti.

Planò, per fare un giro dello stadio e mostrare a tutti la sua conquista, il segno, inequivocabile, che Grifondoro aveva vinto ancora, che era andato a riprendersi la Coppa dopo due anni, che la squadra migliore era la sua, allenata con tanta dedizione e sacrificio.

“Ce l'ha fatta” urlarono all'unisono Lily, Remus e Peter.

Ce l'ha fatta! Abbiamo vinto, abbiamo vinto!”

“Ce l'hai fatta, fratellino ce l'hai fatta!” Sirius si gettò addosso a James, stringendolo di un abbraccio saldo e rude.

“Abbiamo vinto, Sirius! Abbiamo vinto!”continua a dire James, euforico, mentre tanti mani gli tiravano affettuose pacche sulle spalle, mentre tanti reclamavano la sua presenza, mentre la sua squadra inneggiava al suo Capitano.

Qualche professore cercava di ridestare l'attenzione, di richiamare il silenzio per poter premiare la squadra vincitrice, ma Silente, saggiamente, concesse ai ragazzi qualche altro minuto per sfogare la propria gioia, prima di chiamare personalmente James Potter e tutta la squadra di Grifondoro a ritirare la Coppa.






Dopo la partita, per celebrare il trionfo di Grifondoro, ci fu una grande festa sulla Torre.

I Malandrini erano riusciti ad imbucare degli alcolici e le cibarie dalle cucine, qualcuno riuscì a portare una radio.

Era tutto come alla festa di compleanno di James, tre mesi prima, pensava Lily.

Con una differenza: quella volta c'era anche lei e niente e nessuno le avrebbe impedito di godersi la serata. Avrebbe riso, avrebbe cantato, avrebbe scattato fotografie come tutti gli altri, quella sera.

Voleva farlo. Doveva farlo.

“Tutto ok, Lily?” Peter si era avvicinato a lei, che stava in piedi, da sola, vicino alla finestra.

Lily annuì, senza distogliere lo sguardo da James e Sirius che stavano intrattenendo tutti i Grifondoro con qualche aneddoto sulle loro vicissitudini.

Rise e scosse la testa, osservando il loro pubblico divertirsi e far battute sulla loro avventura: avevano un futuro da comici, quei due.

“Stavo pensando, Peter.” disse.

“Mette sempre un po' di tristezza l'arrivo delle vacanze, vero? Le aspetti per un intero anno e poi, quando arrivano, vorresti che ti sia dato ancora un po' di tempo da trascorrere qui con i tuoi amici, non è così?” osservò Peter, assaggiando la sua bibita.

“In parte.” rispose Lily che, dal canto suo, non aveva mai avvertito una particolare repulsione per l'idea di tornare a casa, soltanto uno strano e spiacevole nodo allo stomaco quando preparava i bagagli.

“Sono... sono cambiate tante cose, quest'anno.” aggiunse.

Peter abbozzò un sorriso.

“Cambiano sempre tante cose. Mi suona quasi strano che inizieremo l'ultimo anno.” rispose.

“Sì... l'ultimo anno, solo poco tempo fa mi sembrava lontano e invece!” concordò Lily, senza perdere di vista per un attimo James e Sirius.

Peter se ne accorse e ,volgendo lo sguardo nella stessa direzione di Lily, disse:

“Hanno aiutato tanto anche me, sai?” in realtà più che aiutato avrebbe voluto dire salvato, ma gli suonava troppo melodrammatico e preferì optare per un termine più neutro.

Lily gli sorrise, senza rispondere. Non credeva che Peter cogliesse qualcosa dei suoi pensieri solo per il fatto che stava fissando James e Sirius da un abbondante quarto d'ora, però le fece piacere ricevere una conferma.

Si chiese quale fosse la storia di Peter. Dai loro discorsi aveva intuito che, tutti e quattro, avevano la loro e che essa fosse una delle ragioni più importanti che li avesse portati a diventare amici.

Era strano da spiegare, ma Lily aveva la sensazione che James, Sirius, Remus e Peter si fossero trovati per il semplice motivo che non poteva andare diversamente, quasi che ci fosse un qualche strano Fato a decidere per loro.

Peter, invece, stava pensando a quando, undicenne, seguiva ed assecondava i gesti di James, Sirius e Remus senza quasi ragionarci sopra e a come, inaspettatamente, loro avessero trovato naturale considerarlo un amico.

I primi tempi aveva la sensazione che Sirius non lo sopportasse e, a pensarci bene, Peter poteva anche dargli ragione: non potevano essere più diversi, caratterialmente.

Poi, Peter si chiedeva ancora come avesse potuto succedere, l'avevano preso sotto la loro ala protettrice e non si erano mai allontanati.

Non sapeva come era cominciata, non sempre le storie hanno un inizio ben preciso, però, forse, il giorno della svolta, era stato quel viaggio sull'Espresso, il ritorno ad Hogwarts dopo le vacanze di Natale. James, Sirius e Remus avevano iniziato a fare comunella da poco più di un mese e lui li seguiva, di tanto in tanto, così come di tanto in tanto stava con le loro compagne.

In quei mesi soprattutto Priscilla era piuttosto amichevole.

Poi, quel viaggio di ritorno aveva smosso qualcosa, non sapeva spiegare cosa.

Non c'erano stati eclatanti gesti o sceneggiate teatrali che li avessero portati ad essere amici: era successo, successo e basta. Si parlavano da mesi, ma quel viaggio aveva sbloccato qualcosa e Peter, dopo sei anni, ricordava ancora la gioia che gli aveva dato l'essere in compagnia di James, Sirius e Remus.

Quando la scuola era iniziata era più che certo che non sarebbe riuscito a farsi degli amici, o almeno, non in fretta.

Era figlio unico e, come diceva suo padre, aveva l'abitudine di vivere in un mondo tutto suo. Sapeva anche di essere piuttosto goffo ed imbranato e già si figurava preda dei più atroci scherzi da parte dei più grandi.

In realtà non si era mai verificato niente di tutto ciò, cioè, sapeva che lo prendevano tutti un po' in giro, sapeva anche di suscitare cori di risate non appena apriva la bocca, sapeva di essere sempre lasciato da solo ma di vere e proprie cattiverie nei suoi confronti non ce n'erano mai state.

Salvo forse quella volta che due studenti del quinto anno si erano rifiutati di aiutarlo con la parola d'ordine che aveva dimenticato o quell'altra volta in cui un gruppo di Serpeverde del settimo anno l'aveva chiuso nei bagni del terzo piano e, ancora non sapeva spiegarsi perchè, ma James Potter aveva deciso di usare proprio quel bagno e, senza saperlo, l'aveva per la prima volta tirato fuori dai guai.

Poi c'era quella volta che a Pozioni gli si era fuso il calderone e Remus Lupin si era offerto, nonostante avesse le maniche della divisa completamente impiastricciate di una poltiglia verdastra, ovvero quanto bolliva nel calderone di Peter, di proseguire la lavorazione della sua pozione con lui.

A pensarci bene, c'era anche quella volta, ma erano già al secondo anno, che era stato nella Foresta Proibita con Sirius: non ricordava il motivo per cui erano stati puniti solo loro due, sapeva solo che quella era stata la prima “vera” conversazione che aveva avuto con Sirius Black.

“Lily, Peter venite! Cosa fate qui da soli?” la voce allegra di Remus era arrivata a distoglierli entrambi dai loro pensieri.

“Vogliamo fare una foto tutti insieme!” aggiunse, come spiegazione.

Remus li trascinò al centro delle Sala Comune, vicino a James e Sirius. Theodore Vaughn, il Cacciatore di Grifondoro, era in piedi davanti a loro con una macchina fotografica.

“Dopo però c'è la foto di tutta la squadra con la Coppa, Capitano!” esclamò, a mo' di promemoria.

“Teddy, dopo farai questa tua foto con James, ora però vedi di tenere dritto quell'affare e di non farlo cadere perchè altrimenti quello che potrebbe farti la Piovra Gigante è niente in confronto a quello che potrei farti io se me la rompi. Ora, se hai finito, visto che ci siamo tutti scatta quella fotografia!” lo rimbrottò affettuosamente Sirius, mentre anche Peter e Remus si erano uniti a lui e James.

“Lily, cosa fai lì, vieni!” James chiamò Lily che era rimasta in piedi di fianco a Theodore. Sentendo il suo nome, sembrò sorpresa ed esitando, si accomodò al centro del gruppo, tra Remus e Sirius.

James le sorrise caldamente, avrebbe voluto averla vicino a sé, ma Theodore aveva premuto in fretta il pulsante e non gli fu possibile chiedere nulla.

“Credevi forse di non meritare una foto con noi?” le chiese, prendendola da parte mentre gli altri stavano sciogliendo i ranghi.

“Mi sembrava solo... strano.” confessò Lily, ancora intimidita.

James la prese per il polso, senza badare troppo alla gente accalcata per tutta la Sala Comune.

Lily, sorpresa e curiosa, si limitò a seguirlo.

La portò verso le scale, dove c'era un po' meno confusione. Si appoggiò alla parete e la guardò fisso negli occhi.

“Non devi mai, mai pensare di essere di troppo o di non poter stare con noi? Chiaro? Se così fosse... se così fosse...” James tartagliò, voleva forse dirle che altrimenti non sarebbe corso da solo contro ai Serpeverde o qualche altra cosa di questo tipo, ma Lily gli prese la mano e gliela strinse forte.

“Grazie.” gli disse semplicemente, mettendoci in quella semplice parola tutte le lacrime e tutti i sorrisi di quei mesi bui.

Da quando Remus le aveva teso la sua mano gentile aveva iniziato a rialzarsi. Ma era stato due mesi prima, quando la stretta energica di James l'aveva tirata fuori da quell'inferno che aveva iniziato di nuovo a sperare e a credere in qualcosa.

“Sempre.” sussurrò James, in un soffio. Non sapeva se lei avesse sentito o meno, ma il sorriso che gli rivolse gli fece pensare che fosse così.

“Ehi, eccovi qui, non vi trovavamo più!” Sirius, Peter e Remus vennero a rompere quel contatto suggestivo. Sia Lily che James abbassarono gli occhi in fretta, imbarazzati.

“Vi spedirò la foto, quando l'avrò fatta sviluppare.” promise Sirius.

“Felpato, quanto durerà questa moda della fotografia?” ridacchiò Remus.

“Dura da abbastanza, direi.” replicò Sirius offeso.

Lily scoppiò a ridere e James esclamò:

“Ma guardatevi! Sembrate una vecchia coppia di sposi!” Remus e Sirius si squadrarono,indispettiti, e poi risero insieme agli altri.

“Mi mancherete, ragazzi!” riuscì a dire Peter, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.

“Anche a me.” disse Lily, accampata sui gradini.

“Ti scriveremo ogni giorno, Lily. Una lettera a testa.” giurò Remus, che poteva immaginare che quell'anno, per Lily tornare a casa poteva significare l'apertura di vecchie ferite.

Lily lo guardò, sospettosa ed incredula.

“Non è necessario, davvero!” si schernì.

“No, no, Lily, ti scriveremo!” proclamò convinto anche Peter.

“Ogni giorno, Lils.” aggiunse Sirius.

Lily non seppe cosa rispondere. Doveva avere un'espressione proprio buffa, a pensarci bene.

Probabilmente aveva anche gli occhi appannati da un po' di commozione e forse il cuore stava per scoppiarle nel petto. Guardò verso James che le sorrise, lei ricambiò.

Si erano già detti tutto a quel modo.






Buon pomeriggio a tutti quanti; che ve ne pare? A me personalmente non piace molto,in particolare per il Quidditch, risulta anche troppo “frammentario”, rispetto al capitolo precedente, ma forse era questa l'idea che volevo dare.

A presto, e questa volta davvero, il prossimo capitolo è quasi pronto.




Alohomora: grazie ancora per le belle parole! Ovviamente quella frase non era messa lì a caso, ma conteneva un chiaro riferimento e una testimonianza di come James credesse davvero in tutti i suoi amici. Spero di riuscire a dipingere sempre con dolcezza questa loro storia. A presto.

Purepura: grazie, speravo davvero di essere riuscita a trasmettere ogni emozione, soprattutto ci tenevo alla parte finale tra Lily e James (con l'ovvio richiamo a Minus, per sottolineare, ancora, come James tenesse a tutti suoi amici.). Questo capitolo non è eccezionale, ma a modo suo parla ancora di Lily e James: Lily diventerà dipendente da James nel senso che lui è quello che l'ha tirata fuori, lui è quello che in ogni momento sarà presente per farla ridere, per distrarla, per ascoltarla, per proteggerla, per amarla, per diventare casa e famiglia. Per Lily James diverrà tutto e non potrà mai ringraziarlo per averla salvata da se stessa (anche se un enorme passo l'ha fatto lei per prima).

In questo senso diventerà dipendente da lui. Comunque, nel corso della storia ti sarà più chiaro.

James era disarmato perchè non aveva pensato a portare la bacchetta: stava andando da Hagrid, era convinto di non averne bisogno. Ecco perchè non l'aveva.

PrincessMarauders: sì, Liy ha aperto il capitolo James Potter, anche se per il momento sta “sfogliando piano le pagine”. Sono contenta che ti sia piaciuta la mia visione della nascita dell'amicizia tra James e Sirius.



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Capitolo 22
*** Ventunesimo Capitolo ***


CAPITOLO VENTUNESIMO





And truth is such a funny thing
With all these people
Keep on telling me
They know what's best
And what to be frightened of
And all the rest are wrong
They know nothing about us
They know nothing about us


-Terra Naomi, Say it's possible-

* E la verità è così bizzarra
con tutte queste persone
che continuano a dirmi
che sanno qual'è la cosa migliore
e di cosa aver paura
e tutto il resto è sbagliato
Non sanno niente di noi
Non sanno niente di noi

Luglio 1977



Le giornate si erano allungate. Era il periodo dell'anno in cui il Sole beneficiava la terra della sua più lunga compagnia.

Dopo cena Remus era andato, come sempre,in Infermeria dove avrebbe incontrato Madama Chips che l'avrebbe accompagnato alla Stamberga Strillante per la trasformazione.

James, Sirius e Peter lo raggiunsero poco dopo che l'infermiera l'aveva lasciato per passeggiare nella Foresta Proibita prima che facesse buio.

Si accamparono su quattro tronchi, iniziando a chiacchierare, la cronaca di Sirius sulla partita poteva vantare, una settimana dopo, di essere ancora uno degli argomenti di conversazione più gettonati.

Probabilmente fecero un po' più rumore di quanto previsto perchè, in breve, venne loro incontro un centauro, Fiorenzo, come già avevano avuto modo di apprendere nel corso di un altro incontro.

“Vi conviene andare. Si sta facendo buio e il mio branco non gradisce umani nelle sue terre, lo sapete.” i ragazzi annuirono, ben sapendo cosa comportava la loro presenza per i centauri, e si affrettarono ad alzarsi.

“Marte è molto luminoso e non è del tutto buio.” sentirono dire dal centauro.

“Che cosa intendi dire?” domandò immediatamente Sirius, voltandosi di colpo. James, Remus e Peter stavano in silenzio, attenti, ritti in piedi.

“Marte è luminoso, giovane Black.”ripeté Fiorenzo

“Dovresti sapere cosa significa. I tempi si fanno oscuri e vi riguardano.” spiegò il centauro, con quella che pareva calma ma che, in realtà, era tutt'altro.

Improvvisamente sentirono freddo, tutti e quattro, come se il vento avesse iniziato a spirare all'improvviso. In realtà, non c'era più aria del solito. Il freddo che sentivano era dentro di loro.

“In che cosa, perchè? Come?” chiese di nuovo Sirius. Aveva intuito quello a cui si riferiva Fiorenzo. Da bambino gli erano state impartite delle lezioni sul moto delle stelle, sui pianeti, sulla loro luce.

Era considerato importante nella sua famiglia conoscere il significato delle stelle di cui ciascun membro portava il nome. Aveva solo cinque anni quando gli fu insegnato che Sirius era la stella più brillante della costellazione del Cane e ne aveva solo otto quando suo nonno iniziò a ripetergli che, con un nome del genere, non poteva essere destinato ad altro che a rendere lustro alla Casata.

Per una strana ironia del destino, si era reso famoso per aver macchiato la reputazione di quella stessa Casata.

Fiorenzo indugiò a lungo, prima di parlare ancora, dando così il tempo a James di intervenire.

“Sirius, che cos'è questa storia? Perchè reagisci così?” che lui sapesse, l'amico non aveva mai mostrato interesse per la Divinazione, anzi.

Peter tremava, nervoso. E non era per il freddo. Remus osservava serio, con gli occhi attenti.

“Marte è luminoso stanotte, James, vedi? E' luminoso da tanto, significa che succederà qualcosa, qualcosa di non semplice, qualcosa di brutto.” Sirius indicò un puntino luminoso nel cielo e gli amici alzarono istintivamente lo sguardo.

“Ma cosa c'entriamo noi?” gridò agitato James.

“Calma, giovane Potter- lo ammonì Fiorenzo.- A tempo debito capirai, capirete tutto tutti quanti. Purtroppo non mi è concesso dirvi nient'altro.” Fiorenzo sospirò, voltandosi.

“Ehi! Che cosa succederà e perchè ci riguarda?” gridò James.

“Hai lanciato il sasso, ora non puoi ritrarti!” aggiunse, rincorrendolo.

Sirius, con una strana espressione in volto, più seria e consapevole di quanto James l'avesse mai visto, lo rincorse, tirandolo indietro.

“Lasciami, Sirius, voglio sapere cosa che ruolo avrò io!” ruggì James.

Fiorenzo cavalcò all'indietro e torno dai ragazzi, guardandoli uno ad uno negli occhi.

“Non posso dire niente a voi umani. Non mi è concesso e ciascuno di voi dovrebbe prendere le sue scelte indipendentemente dagli aùguri degli aruspici. Tu hai scelto, giovane Potter, e questa scelta ti condizionerà per il resto della vita. Condizionerà tutti quanti.” sentenziò il centauro, correndo via prima che gli fossero poste altre domande.

“Aspetta! Che cosa ho scelto? Che cosa?” urlò ancora James, mentre Sirius lo tratteneva e Remus accorreva a riportarlo indietro.

James si divincolò in fretta dalla presa degli amici.

“Lasciatemi!”rantolò, prima di avventarsi su Sirius.

“Cosa sai, Sirius? Sembrava che tu capissi cosa diceva.”

Sirius guardò il cielo e poi gli occhi del suo migliore amico.

“Non so niente, James. Niente di più di quanto non sappia tu. Da bambino ho studiato un po' i moti dei pianeti, la loro luce e il significato, ma ne so ben poco. I centauri sono dei grandi interpreti di segnali, tutto qui, colgono sfumature che noi non sappiamo cogliere. Marte è luminoso, significa che ci saranno degli sconvolgimenti, una guerra, forse.” disse, scandendo le parole.

“E cosa significa che io sarò coinvolto? Che farò delle scelte?” lo incalzò James.

“Tutti noi faremo delle scelte, James- intervenne Remus, calmo e sicuro- E' così per forza. Faremo delle scelte nel corso dei prossimi anni, faremo delle scelte anche domani, se è per questo. Faremo delle scelte che, volenti o nolenti, ci condizioneranno e avranno riflessi sulla vita delle persone che ci stanno accanto. E' inevitabile.” la voce di Remus venne per consolare, ma James sembrava non voler ascoltare.

“Jamie, ascolta, non dar retta a quanto è stato detto. Potrebbe non significare niente!” esclamò Sirius, ridendo di una risata nervosa.

“Hai appena detto che i centauri sanno leggere quello che noi non vediamo.” replicò James.

Sirius sospirò, voltandosi verso Remus, in cerca di aiuto.

“James, pensa a quello che dice sempre la McGranitt sulla Divinazione: è impossibile sapere quello che accadrà, la vita è tutto un intrecciarsi di conseguenze dovute a scelte. Viviamo insieme, siamo amici. E' inevitabile che le mie scelte ricadano anche su di voi. Non trovi?”

“Remus ha ragione- convenne Peter, spaventato.- è tutta una questione di scelte, James. Prima dimentichiamo questa storia, meglio è.”

“Peter ha ragione, James. Non roderti il fegato per questo. Lo sapevamo tutti quanti che questi non sono tempi facili.” asserì Sirius.

James avrebbe voluto urlare ancora che era stato fatto il suo nome, che sembrava che lui fosse la causa di qualche cosa, che si trattava di più che di coincidenze dovute a scelte, ma si limitò ad annuire, svogliato, e a rialzarsi in piedi.

“Andiamo. E' quasi buio. Dobbiamo accompagnare Remus nella Stamberga.” scandì bene ogni parola e poi, ad occhi bassi ed in silenzio, fu il primo ad avviarsi, in testa ad una strana processione per la prima volta silenziosa.





All'alba, quando tornarono in Dormitorio, James seguì Sirius e Peter in camera ma, in breve tempo, abbandonò il letto per la poltrona della Sala Comune.

Era sfinito, ma non riusciva a prendere sonno, nonostante ogni muscolo del suo corpo lo richiedesse. Il graffio sul suo braccio pulsava, ma più che tamponarlo con del cotone non aveva fatto. Si sarebbe formata la crosta e sarebbe guarito da solo. In quel momento, James, aveva altro per la testa.

La sua mente tornava a quei minuti nella Foresta: scelte, Remus parlava di scelte. Aveva ragione, le loro vite erano tutte un intrecciarsi di conseguenze dovute a scelte non sempre prese in prima persona. Ma cosa c'entrava lui con le scelte che avrebbero preso i suoi amici? Cioè, era ovvio che c'entrasse, come diceva Sirius loro erano legati, qualsiasi scelta dell'uno ricadeva sull'altro, ma perchè era stato fatto il suo nome?

Perchè non si era limitato a parlare di Marte? Perchè aveva fatto il suo nome? Se davvero i centauri potevano sapere, perchè non poteva essere messo al corrente di quello che lo riguardava?

I suoi amici avevano ragione.

Avevano ragione Peter e Remus a dirgli che, tutto sommato, Fiorenzo li aveva riempiti di banalità.

Aveva ragione Sirius, a dirgli che era necessario buttarsi tutto alle spalle.

Non potevano sapere come sarebbero andate le cose prima di viverle, quello lo sapeva anche lui. Solo che, maledizione, sembrava che fosse lui il responsabile.

Tirò fuori dalla tasca il Boccino d'Oro e lo guardò svolazzare per la stanza.

Le orecchie di Lily, che stava scendendo le scale proprio in quel momento, colsero il ronzio e la portarono a voltarsi verso quella poltrona.

“James?” mormorò riconoscendo la famigliare capigliatura spettinata.

“Lily!” James si rizzò in piedi, passandosi una mano tra i capelli.

“Che ci fai qui?”le chiese.

“Stavo andando a fare colazione, tu?” rispose, sedendosi sul divanetto.

“E' già così tardi?- non aveva idea di che ora fosse, erano le sei e mezza quando aveva abbandonato la sua stanza.- Non riuscivo a dormire.” si scusò, ricacciandosi in tasca il Boccino.

“Non hai l'aria di aver dormito molto, va tutto bene?” ispezionò con gli occhi il volto stanco e sciupato di James.

“Sì, sì, tranquilla.” si affrettò ad annuire.

Lily finse di credergli. James aveva l'aria di uno rimasto sveglio a pensare. Non disse nessuna di quelle frasi che invitano a parlare, si limitò a guardarlo. James non le avrebbe confessato niente. Era fatto così.

Non poteva dire di conoscerlo bene, ma aveva imparato a capire che raramente James confessava di essere preoccupato. Era come se il ruolo che si era imposto non prevedesse preoccupazioni o, almeno, non per lui.

Lily lo esplorò con gli occhi, soffermandosi sul viso, sui vestiti sgualciti. I suoi occhi si fermarono sul suo avambraccio, un grosso graffio insanguinato lo stava deturpando.

“Che cosa ti sei fatto lì?” si inginocchiò per terra, prendendogli l'avambraccio fra le mani.

Le sue dita erano fredde, ghiacciate quasi, al contrario della pelle di James, rovente.

“Cosa? Niente, davvero, sarò caduto.” rispose James, agitandosi. Era un ricordo della notte prima, a Remus era sfuggito il controllo o forse era a loro che era sfuggito il controllo di Remus...

“James, questo è un graffio... come se te l'avesse fatto un artiglio.” disse Lily, guardandolo con apprensione. James si divincolò dalla presa, ritraendo il braccio e sottraendolo alla vista di Lily.

“Allora deve essere stato il gatto di Thedore Vaughn, mi è saltato addosso ieri sera. Dai, adesso vieni, andiamo a fare colazione così sistemiamo le ultime cose prima di partire.” James la trascinò in fretta fuori dalla Torre, coprendosi a ferita con la camicia.

“James, se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti? Lo so che non ci conosciamo da tanto,ma, insomma, se qualcosa non va mi piacerebbe aiutarti.” Lily avvampò.

Quella sera si era rifugiata nelle braccia di James, trovando un saldo riparo ed un solido conforto. James aveva quella rara capacità di farti stare bene. Si era aggrappata a lui, quella sera e si stava rendendo conto che, piano piano, James stava diventando indispensabile. Era importante averlo vicino, vederlo sorridere, sapere della sua presenza.

James Potter le stava cambiando la vita, seppure ci fosse entrato da troppo poco tempo per stravolgerla.

“Va tutto bene, davvero.” rispose, sforzandosi in un sorriso. Fino a pochi mesi prima la sua vita era perfetta. Una famiglia, degli amici, che cosa poteva volere di più un ragazzo della sua età? A poco a poco il velo di perfezione che lo attorniava si stava bucando, rivelando davvero quello che c'era sotto di esso.

Dolore e sofferenza in famiglia, il rimorso di essere un figlio ingrato, l'impossibilità di chiedere scusa a suo padre. Per quanto riguardava gli amici, si stava rendendo conto che, anche lì, di perfetto, ad esclusione del rapporto che lo legava ai Malandrini, c'era ben poco. C ' era Sirius con gli infiniti problemi che lo tormentavano, suo fratello, la sua famiglia, c'era Remus con la sua maledizione.

La notte prima, per la prima volta, avevano sperimentato davvero cosa volesse dire avere a che fare con un lupo mannaro, anche sotto forma di animali. Avrebbero dovuto prendere le cose più seriamente d'ora in poi.

Ora c'erano anche quelle strane parole di Fiorenzo, che sembravano confermagli una volta di più che la strada che aveva scelto di intraprendere sarebbe stata pericolosa.

Poi però c'era Lily e con lei Peter, Remus, Sirius. Avevano troppe cose a cui pensare. Non poteva mettercisi anche lui.

“James...”

“Davvero.- annuì- E ricordati di scrivermi quest'estate. Non voglio tornare a settembre e scoprire che ti sei dimenticata di me.” James ridacchiò e le fece l'occhiolino, conducendola verso la Sala Grande, mentre lo sguardo di Lily continuava a posarsi su di lui, preoccupato.

Dimenticarlo? Troppo difficile ora che era arrivato a scuoterle l'esistenza.





Era arrivata l'ultima sera da trascorrere ad Hogwarts. Durante il banchetto di fine anno, organizzato con parecchio lavoro da parte di Prefetti, Caposcuola e Professori con alcuni screzi, si sarebbe svolta la premiazione della Casa che avesse mostrato di essere la più meritevole.

Quell'anno la Coppa andava a Tasssorosso, qualcosa nelle teste di James, Sirius, Remus e Peter suggeriva loro di aver una grande responsabilità nell'assegnazione di questa ad una Casa che non fosse Grifondoro: proprio la sera della partita, quando la festa sulla Torre volgeva alla conclusione i quattro, nascosti sotto al Mantello dell'Invisibilità di James o addirittura senza, avevano pensato bene di dipingere con i colori di Grifondoro parecchie pareti del Castello, comprese le scale che portavano al cupo sotterraneo di Serpeverde, riempiendo le mura di slogan.

“Grifondoro Rulez”, “Non vincete mai”, “Meglio un giorno da Grifoni che una vita verde-argento”,

“Coppa di Quidditch A.S. 1976-1977 a Grifondoro.” erano solo i più gettonati.

Non si era ancora scoperto chi fosse stato, anche se, ovviamente, i sospetti del corpo docente andavano ai Malandrini. Tuttavia, senza prove, a pulire erano stati gli Elfi Domestici e Grifondoro, a tavolino, aveva perso circa duecento punti, piazzandosi in fondo alla classifica.

Nonostante questo, nessuno era arrabbiato, anzi, vincere la Coppa del Quidditch e vedere la porta del dormitorio degli antichi rivali dipinta di rosso ed oro dava soddisfazioni che nessuna Coppa delle Case avrebbe mai potuto eguagliare.

Per questo motivo, nel vedere la Sala Grande decorata con i colori di Tassorosso nessuno si era lamentato, anzi, sentire il Preside omaggiare gli studenti di Tassorosso per la vittoria aveva portato a convinti applausi da parte di tutti gli studenti. Certo, i Corvonero erano quelli rimasti peggio, ma appuravano saggiamente che era molto meglio Tassorosso di Serpeverde e, soprattutto, era molto bello che, per una volta, Grifondoro e Serpeverde fossero rimasti esclusi dalla Coppa.

Dopo il solito discorso introduttivo, il Preside passò alla premiazione della Casa vincitrice, rinnovando nuovamente i complimenti a Tassorosso per aver vinto la Coppa delle Case e non mancando di ricordare la recente vittoria di Grifondoro nel Quidditch.

Gli studenti si preparavano già al banchetto, quando Silente riprese la parola.

“Prima di lasciarvi alle delizie del banchetto, vorrei ricordarvi alcune cose che, nonostante la vostra giovane età, è il caso conosciate. Come sapete negli ultimi mesi si sono succeduti uno all'altro gravi fatti, omicidi, sparizioni, il tragico attentato a Diagon Alley. Fatti che, mi duole dirlo, continuano a ripetersi continuamente ogni giorno.

Lord Voldemort e i suoi seguaci acquistano ogni giorno un potere sempre maggiore.

Qualcuno non vorrebbe che ve lo dicessi, ma ritengo corretto informarvi che stiamo combattendo una guerra che non stiamo vincendo.

Hanno combattuto, seppure senza impugnare la bacchetta in uno scontro diretto, alcuni vostri conoscenti, alcuni vostri amici, alcuni dei vostri genitori. Alcuni tra loro si sono opposti, altri hanno perso la vita combattendo valorosamente, altri ancora si sono semplicemente trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma tutti quanti sono certo che vi abbiano lasciato qualcosa.

Quindi vi chiedo, a conclusione di questo anno scolastico, di osservare un minuto di silenzio per i vostri compagni che sedevano accanto a voi sino a qualche mese fa e che, assieme alle loro famiglie, non sono mai tornati; per coloro che hanno pagato con la vita lo svolgimento del loro lavoro.

Un minuto di silenzio per:

Horace e Diana Chase

Malcom, Jane e Benjamin Deaborn

Robert, Augusta e Vince Deeval

Cornelius, Annabeth, Claire e Lois Doge

George e Tabitha Flanagan

Emily e Martinus Glow

Rita Jones

Simon Longbottom

Clarissa Lux

Andrew McFarland

Hanna O' Neal

Charlus Potter

Sheila Raven

Molly e Roseanna Smith

Brian Sthepenson

Quentin Talmond

Caradoc Vance

Humprey Weasley”

Le quattro tavolate guardavano al Preside con attenzione, sebbene qualche sguardo annoiato o qualche occhiata ironica provenisse dal tavolo di Serpeverde o, in minore percentuale, anche dagli altri tavoli.

Nel silenzio James Potter si alzò in piedi, omaggiando quei caduti con la sua espressione di dolorosa consapevolezza.

Sirius Black guardò timidamente verso l'amico fraterno e poi,dopo una rapida occhiata alla Sala Grande, si scostò dalla panca, prendendo posto accanto a lui.

Remus Lupin e Peter Minus fecero rispettosamente lo stesso.

Non rimasero gli unici quattro in piedi in tutta la Sala Grande ancora per molto: Teddy Vaughn e tutta la squadra di Grifondoro portò rispetto al suo Capitano accompagnandolo in quel silenzio doloroso e poi anche Lily Evans e Mary McDonald e le loro compagne.

Dal tavolo di Corvonero si levò Gabriel Vance il Caposcuola e la sua collega Susan Jacob fece lo stesso dalle file dei Tassorosso.

Thomas e Margaret Glow pensarono intensamente ai loro genitori, mentre si alzavano in piedi e lo stesso fecero gli altri studenti che ricordavano un amico, un parente, un conoscente o che intendevano semplicemente mostrare rispetto e partecipazione.

Piano piano da tutti e quattro i tavoli si alzarono altri studenti. La quasi totalità dei Grifondoro era in piedi, così come i Tassorosso e Corvonero. Qualche grida silenziosa si era levata anche dal tavolo di Serpeverde, con parecchi dei suoi componenti ritti in piedi.

Dal tavolo dei professori, Albus Silente osservava orgoglioso quella gioventù, pensando che, in fondo, niente era ancora perduto.












Buonasera a tutti, come promesso ecco un aggiornamento rapido.

Questo capitolo mi piace particolarmente, non so perchè, forse per le reazioni dei personaggi o per le relazioni che si tessono fra loro.

Volevo precisare che questa scena con Fiorenzo non toglie né aggiunge niente, a mio parere. E' solo molto simile a quanto il centauro dice ad Harry nella “Pietra Filosofale”, quando ripete “Marte è molto luminoso stanotte.”

Non credo che negli astri fosse già scritto il loro futuro, semplicemente, forse, la sapienza dei centauri è riuscita a cogliere qualcosa in quei moti millenari e, comunque, come Fiorenzo sottolinea, è una questione di scelte, scelte che, ciascuno di loro, prenderà autonomamente.


Vi aspetto domenica 27 settembre per l'Epilogo che conclude questa prima parte di Pieces of Us dedicata al sesto anno.

A presto.


Purepura: sono contenta che ti abbia convinto anche un capitolo che a me non piaceva per niente; poi è vero, servono anche capitoli di transizione, senza contare che questa storia è cupa già di suo, ogni tanto bisogna rischiararla!

Credi che davvero andandosene da Hogwarts Lily non avrà contatti col suo mondo? Ora ha quattro Malandrini che si occupano di lei, non credo che la lasceranno sola per due mesi...

Alohomora: Forse ai Malandrini è successo quello che capita spesso, passa il tempo e ci si allontana. Non dimenticare che Sirius sospettava che la spia fosse Remus, forse con gli anni sono cambiati i loro legami e Peter è stato quello che, più degli altri, si è allontanato dal gruppo. Ora, con questo non vuol dire che lui fosse giustificato nel fare quello che ha fatto, però è innegabile che dopo la scuola cambino tante cose, cambiano per tutti e così è stato anche per loro. Sta solo nel cercare di investigare la sua psiche e capire cosa può averlo spinto a condannare Lily e James a morte e ad incastrare Sirius, però è innegabile che negli anni di Hogwarts Peter provasse una sincera riconoscenza per i suoi amici.

Per il resto, io credo che Sirius si sia sempre sentito un po' colpevole per la strada presa da Regulus, pensando che, forse, avrebbe dovuto fare di più per portarlo via.





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Capitolo 23
*** Primo Epilogo ***


PRIMO EPILOGO


Oh, there are rocks
They will always role in the sea
And the ocean can't stop they're being
All in all currents can't defeat them

And I will think for, for it all
These rocks will always given

And all those,
These birds instead it now
A wave can pull them under
And all this turn down the sea

And I will pray to those rocks
Will be there for me


-Noah and the Whale, Rocks and Daggers-

*Oh, ci sono rocce

hanno sempre una parte nel mare

e l'oceano non le può fermare

Niente in tutte le correnti le può battere


Ed io penserò a tutto

Queste rocce sono date per sempre

E tutte quelle

al loro poso questi uccelli ora

E un onda li può mandare sotto

E tutto questo va in fondo al mare

E io pregherò che quelle rocce

siano lì per me


Luglio 1977





Lily guardò la stanza ormai spoglia.

Tutte quante, lei, Priscilla, Rose, Penolope, Mary, avevano tolto ogni traccia di sé dai comodini, dai davanzali, dalle pareti.

Non c'era più il poster di Marvin Gaye di Priscilla sulla parete sopra al suo letto o le fotografie di Mary sul comodino, non c'erano le scarpe di Rose sparse per la camera o i ninnoli che Penelope lasciava ovunque.

Lily aveva staccato a malincuore il suo poster dei Fab Four e le poesie di Baudelaire che aveva copiato ed attaccato al muro.

Non le era mai piaciuto fare quel lavoro: era sempre stata piuttosto contenta di ritornare a casa per le vacanze, eppure, sin dal primo anno, le era sempre venuto uno strano nodo allo stomaco, quando si trattava di abbandonare la camera, di spogliarla di tutti quegli oggetti che avevano rappresentato una parte di sé per quell'anno.

A settembre, come ogni anno, avrebbero cambiato stanza, alternandosi con le altre ragazze, andando ad occupare quella che, ancora in quella mattinata, era la camera delle ragazze del settimo anno. Un piano più su, come a dire, un anno avanti.

Quell'anno poi, era stato strano sotto tanti e troppi punti di vista. Quell'anno erano cambiate tante cose e Lily si era ritrovata ad essere sempre se stessa, ma con qualcosa di diverso. Non soltanto per via di Severus o di James, Sirius, Remus e Peter. No, sentiva che in lei c'era qualcosa di diverso, sebbene non riuscisse a spiegare cosa.

Si passò, distratta, una mano tra i capelli e poi si diresse al suo comodino, per controllare ogni cassetto, come faceva sempre.

Il terrore di dimenticare qualcosa la accompagnava ogni volta. Nell'armadio non aveva trovato niente, ma, magari, lì avrebbe scoperto qualcosa.

Controllò ogni cassetto e non trovò niente neppure là, quindi si mise la tracolla in spalla e, fece per incantare il baule.

Sbirciò appena la fessura rimasta aperta nella tracolla, come al solito era troppo piena, la aprì del tutto, per vedere di incastrare ancora qualcosa nel baule.

Fu in quel momento che lo vide e le venne un idea.

Si ritrovò in mano “Il Giovane Holden”, quel volume che tanto l'aveva accompagnata in quegli anni, con le confusioni, le arrabbiature, le proteste e la voglia d'evasione di Holden, che, in fondo, sentiva un po' sue.

Sedette sul letto e prese a sfogliare quelle pagine.

Realizzò, all'improvviso, che non le serviva più. Che sì, era legata ad Holden, lo sarebbe sempre stata, che sì, in futuro sarebbe tornata a sfogliare quelle pagine, a rivivere la confusione di Holden, sopratutto quando si sarebbe sentita lei stessa così, ma realizzò anche che, in un certo senso, era guarita. Guarita o cresciuta. O forse tutte e due.

Per il momento Holden non le serviva.

Le venne in mente, però che, forse, serviva a qualcun altro. Le scappò un sorriso, al pensiero di come il suo nuovo amico avrebbe accolto quel buffo prestito.

Così, ridendo da sola, strinse forte il libro, si alzò in piedi, si aggiustò la tracolla ed incantò il baule per raggiungere l'Espresso.





“Sirius, ehi, Sirius!”gridò Lily, vedendo il ragazzo caricare il suo baule sul treno con non poca fatica.

Sirius si voltò, con la conseguenza di far perdere al suo bagaglio quel poco di precario equilibrio che aveva raggiunto in bilico sul gradino di uno dei vagone dell' Espresso.

“Lils! Che ci fai qui? Non eri già nel vagone dei Prefetti con Remus?” l'espressione meravigliata si trasformò immediatamente in un sorriso, vedendo l'amica correre verso di lui.

Lily era scesa dall'altra porta dello stesso vagone su cui lui stava tentando di caricare il suo baule.

“Ti cercavo, ho aspettato sino a quando non ti ho visto arrivare. James è già sul treno, mancavi solo tu e io volevo darti una cosa.” spiegò Lily, con un lieve imbarazzo ad accompagnare le ultime parole.

Sirius le rivolse uno sguardo interrogativo e perplesso: non capiva, come mai voleva dare proprio a lui qualcosa? Soprattutto, che cosa? Notò poi che Lily aveva in mano qualcosa, un libro forse.

Lily rise della sua occhiata curiosa e gli mostrò la copertina del libro che teneva in mano.

“Il Giovane Holden, vedi?” gli indicò, fermandosi un attimo con l'indice a sottolineare il titolo sulla copertina.

Le sopracciglia di Sirius si incurvarono sempre di più.

“Mi ricorda un po' te, Holden, sai Sirius? E' per questo che ci tenevo a dartelo. Lo conosco a memoria, ormai. Se ti va, dacci un'occhiata questa estate.” gli disse Lily, sistemandosi, nervosa, una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Sirius prese a sfogliare il libro, confuso. Cosa doveva rispondere? Non aveva mai letto molto, anzi, non aveva mai letto per niente. Non gli piaceva passare il tempo sui libri, convinto com'era che c'era un mondo di fuori che non si poteva perdere sprecando così il proprio tempo.

Tuttavia, anche lui aveva i suoi libri, quelli che andavano letti per forza.

Lily sostava davanti a lui, inquieta.

Le dita di Sirius si fermarono sulla pagina in cui era scritta una filastrocca:

Gin a body meet a body

Coming trought the rye

Gin a body kiss a body,

Need a body cry?*




“Un coglitore nella segale; è così che mi vedi, Lils?” chiese Sirius, enigmatico, con una lieve ironia, facendo riferimento al titolo del libro.1

Lily sorrise e scosse la testa.

“Anche. Ma a volte mi sembri un po' un terzino nella grappa.2

Sirius la guardò e scoppiò a ridere.

Un coglitore nella segale, un terzino nella grappa. Sì, a volte si sentiva davvero un po' così... in equilibrio, su un filo davvero sottile.

Scorse ancora una volta le pagine consumate del libro datogli in prestito.

Forse avrebbe potuto fare un'eccezione alla regola.

Forse lui ed Holden sarebbero andati d'accordo.

Forse.



***




Remus era appena tornato dal suo giro di pattugliamento dei corridoi del treno, stanco per le due ore in piedi che si era fatto, si buttò a peso morto sul sedile che i suoi amici avevano tenuto libero per lui e tolse dalla sua tracolla il Profeta di quella mattina.

Altri articoli sui gravi fatti di due giorni prima, altre tristi testimonianze, quasi che i giornalisti provassero un perverso gusto nel raccontare dolore e sofferenza.

Si disse che avrebbe dovuto informarsi, che era importante leggere cosa era successo.

Ma poi guardò James giocare con Peter a Scacchi e perdere miseramente come ogni volta, Lily riposare ad occhi chiusi sul sedile di fronte al suo e Sirius, seduto alla sua destra, armeggiare con la sua macchina fotografica, pronto a documentare, come ogni anno, il viaggio di ritorno.

Li guardò uno ad uno e pensò che, in fondo, il mondo poteva aspettare.

Lui aveva qualcosa di più importante da fare.





***




L'Espresso per Hogwarts si era fermato da poco, ma era già tutto un viavai di carrelli, bauli, gufi, grida e genitori apprensivi.

Peter Minus raggiunse i suoi genitori facendosi stritolare da un abbraccio di sua madre, mentre suo padre lo invitava a dire ai suoi amici di usare la loro tenda da campeggio per le vacanze che avevano programmato.

Peter, alzando gli occhi al cielo per cotanta apprensione, richiamò indietro il gruppo.


***





Remus Lupin strinse forte sua madre, facendosi cullare da quell'abbraccio. Non erano stati mesi semplici per nessuno quelli e non si vergognava affatto a farsi vedere salutare la madre a quel modo.

Le sorrise tristemente, mentre lei osservava con apprensione i nuovi graffi che il ragazzo si era procurato.

Afferrò di nuovo il baule che aveva posato per terra, salutò Lily e i suoi amici e poi si avviò a casa con sua madre al suo fianco.

***


Edward e Rose Evans si scambiarono un sereno cenno d'assenso quando videro la loro Lily correre loro incontro.

Aveva uno sguardo molto più sereno rispetto all'ultima volta che l'avevano vista, per le vacanze di Pasqua.

Sospettarono che il merito fosse dei quattro ragazzi che si fermarono per darle un ultimo caloroso abbraccio.


James Potter corse da sua madre Dorea, che lo stava aspettando in fondo al binario come sempre.

Charlus diceva che era inutile andare proprio sotto al treno, c'era confusione e poi, James non li avrebbe mai perdonati per quell'eccesso di apprensione.

La abbracciò, per la prima volta senza imbarazzi. Voleva solo dirle che lui era a casa.

Sirius Black sostava in piedi accanto a lui, in imbarazzo.

Aveva sentito su di sé gli occhi di suo padre Orion Black accompagnarlo per tutta la camminata sulla banchina.

Orion e Walburga Black erano venuti ad aspettare Regulus, il loro unico e prezioso figlio.

Sirius li aveva sentiti. Aveva sentito gli occhi di Orion su di sé mentre camminava.

Dorea Potter alzò lo sguardo e sorrise a Sirius, stringendolo forte in un altro affettuoso abbraccio materno.











*Se una persona incontra una persona che viene attraverso la segale, se una persona bacia una persona, deve una persona piangere?”

1: si fa riferimento al titolo originale: The Catcher in the Rye, intraducibile per noi. Uscirebbe qualcosa come “Il Coglitore nella Segale”.

2: Catcher è anche nel baseball il “prenditore”, colui che sta dietro al battitore, cercando di prendere la palla mancata dalla mazza del battitore.

Con il nome di rye si designa anche un tipo di wisky, quindi, il titolo può essere letto anche in questo modo.

Tutto fa riferimento alla particolare situazione di Sirius, al suo carattere riservato, ai suoi problemi in famiglia, al suo distreggiarsi nella vita con confusione, nonostante tutto.

Considerando che la filastrocca sopracitata narra le vicende di un gruppo di bambini che giocano in un campo di segale e, in particolare, di un bambino che sta per cadere da un dirupo, salvato provvidenzialmente dal “Catcher in the Rye”, forse l' “adattamento” a Sirius potrebbe essere molteplice: forse anche lui sta cercando il suo “Catcher in the Rye”


Credit: The Catcher in the Rye (trad: Il Giovane Holden) è un 'opera di J.D. Salinger.

Le citazioni da me fatte non hanno alcuno scopo di lucro ed ogni informazione sul titolo è stata presa da una nota dell'edizione pubblicata da Einaudi.









Spero che il paragone di Sirius con Holden Caufield non vi risulti azzardato, ma anzi, vi faccia sorridere: forse Sirius cerca il suo Catcher in the Rye, o forse è lui stesso il suo Coglitore. O forse è come un terzino nella grappa, si adopera per sistemare le cose, corre avanti e indietro come un terzino, ma a volte la realtà è proprio confusa e mutevole come l'effetto della grappa.

O forse è entrambe le cose, a voi la scelta.

Preciso anche che la scena finale, con Remus, Sirius e Lily sul treno, non vuole cancellare in un colpo tutto quello che è stato detto prima, semplicemente è la consapevolezza che loro hanno ancora qualcosa per cui lottare, qualcosa da proteggere, qualcosa che in quegli anni bui gli serviva da stimolo per andare avanti.

Mi dispiace che mi abbiate frainteso! Pieces of Us non finisce qui, questo è solo un primo epilogo che riguarda, appunto, la fine delle prima parte della storia ambientata al sesto anno, cioè il racconto di come Lily si sia avvicinata a James, di come Sirius affronta i problemi con la sua famiglia

Al prossimo capitolo e grazie a tutti quanti.

Ps: scusate, avevo promesso che avrei postato ieri ma non ce l'ho fatta.




Elawen Aeglos: grazie, ci tenevo ad una “scena ad effetto” ed ho pensato che, a fine anno, da Silente ci si poteva aspettare una scena del genere e, vista la situazione, James non avrebbe potuto fare altrimenti.

Purepura: certo che ci sarà la seconda parte, questa storia non finisce. Sappiamo che Lily e James ora sono amici, ma come si sono innamorati? E la confusione nella testa di Sirius smetterà di essere così contorta? La loro storia andrà avanti, temprati e mutati anche dagli avvenimenti di quest'anno scolastico.

Alohomora: non so bene in che ottica vada letta la “profezia” di Fiorenzo. Non ha detto che cosa succederà, semplicemente, forse, li fa riflettere sul fatto che le scelte che prenderanno avranno pesanti conseguenze sulla loro vita, forse va letto solo in quest'ottica..


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Capitolo 24
*** Ventiduesimo Capitolo ***



CAPITOLO VENTIDUESIMO


And as the summer's ending,
The cold air will rush your hard heart away
You were so condescending:
And this is all that's left.
Scraping paper to document
I've packed a change of clothes and it's time to move on.
-Photobooth, Death Cab For Cutie-


E come l'estate sta finendo così l'aria fredda spazza lontano il tuo cuore ostinato

sei stato così accondiscendente:

e questo è tutto quello che ti è lasciato

Fogli stracciati per documenti

Ho impacchettato un cambio di vestiti ed è tempo di andare avanti








Luglio 1977


BIRMINGHAM, INGHILTERRA


Le vacanze erano iniziate da appena due settimane e Sirius Black si stava già irritando. Irritando parecchio, a dire il vero, e nemmeno la prospettiva che tre giorni e sarebbe partito per un lungo fine settimana di bagordi con i suoi amici sulle scogliere di Dover lo metteva di buon umore.

Anzi, la sua insofferenza cresceva di minuto in minuto.

In due settimane aveva già cambiato tre case, senza riuscire a stare per più di quattro giorni fermo nello stesso posto.

Dopo essere tornato da Hogwarts era stato da James per tre giorni, giusto il tempo necessario perchè zio Alphard tornasse dal suo viaggio d'affari in Russia per portarselo ad Orchard House, la sua dimora vittoriana immersa nelle nebbie della Brughiera.

Quattro giorni ad Orchard House con la altalenante compagnia dei Malandrini erano stati sufficienti affinchè Andromeda si affrettasse ad invitarlo da lei per qualche giorno.

Così, Sirius, impacchettati di nuovo armi e bagagli si era trasferito nelle Midlands, appena fuori quel tristissimo posto chiamato Birmingham, per fare da baby - sitter a quella peste di sua cugina Ninfadora.

Ancora un paio di giorni e sarebbe tornato nuovamente a casa di James, giusto in tempo per la partenza.

Tutta questa mobilità non giovava certo al suo spirito inquieto. Certo, Sirius era affamato di visitare posti, di girovagare, di perdersi e di tornare indietro, ma cambiare casa ogni tre giorni non era esattamente quello che gli serviva.

Stava iniziando a non poterne veramente più di impacchettare e spacchettare la sua roba. Desiderava solo un posto in cui entrare, svuotare le tasche e potersi buttare a peso morto sul divano, senza sentirsi in obbligo di dover offrire il suo aiuto per la cena, senza sentirsi costretto a vestire i perenni abiti dell' ospite.

Urgeva una soluzione e in fretta.

Si ritrovava a pensarlo sempre più spesso negli ultimi giorni, quando vagabondava per i boschi attorno a Birmimgham. Aveva trovato una zona particolarmente interessante, piena di vecchi canali abbandonati e rifugiarsi lì a pensare, leggere quell'incasinato libro che gli aveva prestato Lily o scattare fotografie lo rendeva ancora più indeciso e confuso di quanto già non fosse.

Il giorno prima Remus era passato da lui per il pomeriggio e, come al solito, aveva intuito che qualcosa non andasse.


Parla. Esprimiti. Illumina il mondo dipingendolo col nero di tutta la tua frustrazione.” Remus se n'era uscito così, con quella frase, non appena Sirius si era seduto su una roccia, posandosi la sua macchina fotografica sulle ginocchia.

Aveva voluto mostrare quel posto anche a Remus, permettere anche a lui di posare gli occhi sulla scarna luce che quei boschi avevano anche in piena estate.

Avrebbe voluto che ci fossero anche James e Peter, ma James aveva da fare con sua madre e Peter, bè, Peter era Peter. Riusciva sempre ad essere coinvolto in strani impegni famigliari che nessuno riusciva mai a capire.

Aveva alzato gli occhi e l'aveva guardato interrogativamente.

Su, avanti, dimmi quanto ti fa schifo tutto quanto.”aveva proseguito Remus, imperturbabile.

Sirius se n'era restato zitto.

Ok, come vuoi.” Remus non aveva intenzione di costringerlo.

Ok, senti... è che... cioè, nel senso...” la testa di Remus si era inclinata a guardare attentamente Sirius, come a voler estrapolare un significato da quelle parole sconnesse.

Cristallino come sempre, caro Felpato.” Remus non era riuscito a trattenersi e Sirius si esibì in una smorfia offesa. Remus era parecchio irritante quando ci si metteva.

Dai, vai avanti. Sono qui apposta.”

Sirius lo esaminò un'altra volta e poi si voltò a guardare verso l'orizzonte. Il sole era ancora alto in cielo.

Dicevo che... che bho, Rem... è tutto un casino. Cioè, la mia vita è sempre un casino e fin qui siamo tutti d'accordo. E' che... che non lo so Remus... sento di dover fare qualcosa per non continuare ad affogare nel pantano, capisci? Sento... sento di dover fare qualcosa per me. Per me e basta. E siete tutti tremendamente gentili con me e io... io sarò sempre grato a James per avermi dato una casa quando non ne avevo una. Sarò sempre grato allo zio per esserci senza chiedere nulla in cambio e a Meda, per cercare di ricostruire una parvenza di famiglia. Però, Remus, sento di dovermi dare una mossa. Altrimenti sarà un casino per sempre. Capisci?” Sirius gesticolava, si perdeva in ragionamenti contorti, con gli occhi che vagavano, vagavano lontano, lontano da lì, da quel bosco e da quei canali, mentre la sua macchina fotografica restava sempre ben salda sulle sue ginocchia.

E cosa pensi di fare, Sirius? Cosa credi che possa aiutarti?” intervenne Remus.

Forse... forse cercare una casa mia. Per provare a ricostruirmi, in un certo senso. E' che non lo so... non lo so se è davvero la soluzione corretta oppure no. O forse, forse è sola la mia ennesima mattana... non lo so, Remus. Non so che cosa fare... ma sono due settimane che ci penso continuamente, che mi chiedo se sia normale preparare valigie ogni tre giorni. Sono stato a casa di James, su in Brughiera da zio Alphard e ora qui da Meda. E' normale, Rem?” si chiedeva Sirius, usando l'amico come un interlocutore immaginario.

Remus non disse niente. Rimase zitto, pensando che, forse, quello che Sirius stava dicendo era che aveva tre case, ma nessuna che sentisse davvero sua.

Aveva bisogno di normalità. Sirius chiedeva normalità. Ma come fare a trovarla? Credeva davvero di trovarla se fosse andato a vivere da solo? Non si rendeva conto che lui una famiglia ce l'aveva, per quanto buffa, strana o complicata fosse, lui una famiglia l'aveva. Erano loro, i Malandrini.

Era suo zio, era Meda, era la mamma di James.

Forse però gli serviva davvero riassettarsi da solo la sua vita. O almeno provarci.

Se è quello che ti senti di fare, Sirius, fallo. Se credi che ti possa aiutare, fallo. Devi farlo per te stesso.”

Sirius si esibì in un mezzo sorriso e Remus comprese che era il suo modo di dire grazie e di sospendere la conversazione, almeno per il momento.

Rimasero in silenzio, fino a quando non fu Sirius a riprendere a parlare.

Remus?”

Hm?”

Posso farti una domanda?” chiese Sirius, con un sorriso pericoloso.

L'hai appena fatto.” era stata la ovvia risposta di Remus

Ok. Dunque... Com'è che ti è uscita quella cosa del “Dipingi il mondo con tutto il nero della tua frustrazione”?”



Remus capiva sempre tutto. James diceva che era sempre avanti agli altri, Remus.

Remus gli consigliava di farlo, se per lui era importante.

Forse doveva farlo per davvero.

Ci doveva pensare. Doveva pensarci ancora.

Si alzò in piedi e spolverò i jeans per togliere la terra. Era ora di andare.

Aveva promesso a Ninfadora che l'avrebbe aiutata con le sue costruzioni magiche.

Prevedeva danni, ad essere sincero.







“Perchè non c'è il tuo amico con la barba, Sir?” la piccola Ninfadora si riferiva a Remus, l'amico con la barba che suo cugino aveva portato il giorno prima.

Remus aveva mostrato pazienza nell'assecondarla in tutte le sue richieste e in tutte le sue stramberie e la piccola si chiedeva perchè non potesse tornare più spesso.

“Perchè aveva da fare. Ma tornerà presto.” rispose Sirius, ritirando nella scatola i blocchi inutilizzati.

“Ma tornerà ancora?” si informò Ninfadora, angustiata.

“Sì, te lo porto qui la prossima volta.”

“Me lo prometti, Sir?” Ninfadora chiedeva certezze. Porse al cugino il suo mignolo, perchè lo stringesse e giurasse solennemente.

“Te lo prometto, bimba.” Sirius tornò in ginocchio e incastrò il suo mignolo con quello della cuginetta, impegnandosi in un solenne giuramento.

Ninfadora sorrise. Sirius manteneva sempre le sue promesse.

“Andiamo adesso. La mamma ha detto che è quasi pronta la cena e papà torna tra poco.” la bambina si rialzò in fretta, pronta per catapultarsi giù dalle scale non appena sentì la porta di ingresso aprirsi e i pesanti passi di suo padre nell'ingresso.

Sirius la seguì al piano di sotto e sorrise dell'accoglienza che Ninfadora tributò a suo padre.

Erano completamente nascosti in un abbraccio e, al solletico che il padre le stava facendo, la bambina reagiva cambiando di continuo colore di capelli.

“Buona sera, Sirius!- lo salutò Ted- Ti ha fatto ammattire oggi?”

“Tranquillo Ted, oggi è anche stata tranquilla, per i suoi standard!” Sirius dovette interrompere la conversazione perchè Ninfadora pareva infastidita dalle attenzioni che suo padre stava riservando a Sirius.

Sirius li guardò per un attimo e poi si diresse in cucina, dove Andromeda stava preparando la cena.

“Sirius! Eccoti qui, dammi una mano, dai!” Andromeda gli indicò la tovaglia, i piatti, le posate ed i bicchieri che aspettavano solo di essere ordinati sul tavolo.

Sirius rimase imbambolato a fissare sua cugina per qualche istante. Si era tagliata i capelli, da qualche anno, e continuava a portarli in un ordinato caschetto. Ed era felice, felice come non era mai stata. Felice con Ted e Ninfadora, come se quello solo fosse l'unico scopo della sua vita.

“Tutto bene, Sirius?” si informò Andromeda, a cui non era sfuggito il suo strano sguardo, sebbene fosse impegnata a cucinare.

Sirius ebbe per un istante l'idea di parlarle di tutto quello che non andava, dei suoi progetti futuri.

Poi però ci ripensò.

“A meraviglia, Meda. Va tutto a meraviglia.”disse, sorridendo.

Andromeda non ci credette e si appuntò di investigare.



TILFORD, SURREY, INGHILTERRA CASA EVANS


Rose Evans chiuse con un piede la porta del ripostiglio: portava in mano parecchia biancheria da stirare e, in quella casa, nessuno sembrava mai avere un attimo di tempo per aiutarla.

Non che lei lo chiedesse. Non era da lei chiedere aiuto per i lavori domestici: suo marito Edward non sarebbe stato comunque in grado di aiutarla, Petunia e Lily, invece, erano cresciute con la consapevolezza che, qualsiasi cosa ci fosse stata da fare, Rose l'avrebbe fatta per loro.

Non poteva quindi pretendere che, di colpo, si offrissero di lavare o stirare o spolverare al posto suo se lei per prima le aveva cresciute con l'idea che ci avrebbe pensato la mamma.

Però, alle volte, quando li vedeva tutti e tre seduti sul divano a far niente, Rose provava l'impulso di trasformarsi ed ordinare a tutti quanti di pensare un po' di più a tenere in ordine le loro cose, anziché delegare tutto a lei.

Per quel motivo, quel pomeriggio, quando vide Lily appoggiata sul davanzale a fissare il cielo oltre il vetro della finestra combattè con la voglia di urlare, sopprimendola e sublimandola con il suo miglior tono materno.

“Tutto a posto, Lily?” non era stupita dal vederla in casa durante un pomeriggio d'estate. Era sempre uscita poco, Lily, molto poco rispetto a Petunia o rispetto a quanto sentiva dire facessero le adolescenti.

Prima di quel misterioso diverbio con Severus (Rose non aveva mai voluto approfondire più di tanto: Lily non sembrava intenzionata a volerne parlare), passava i pomeriggi al parco, su quella vecchia altalena sgangherata ed arrugginita a parlare con lui. Ma ora, ora Lily era sempre a casa e sembrava attendere con morboso entusiasmo il gufo o la civetta che, ogni giorno, mattino o sera che fosse, bussavano al vetro carichi di una pergamena.

Lily si voltò di colpo e fissò la madre, sgranando gli occhi.

“Ti capita mai di volere qualcosa di più, mamma?”

Rose appoggiò la biancheria sul divano e roteò gli occhi. La discussione avrebbe preso una piega lunga.

“In che senso, Lily?”

Lily si passò distratta una mano tra i capelli rossi, raffazzonati in una coda improvvisata.

“Non so... è che... non lo so, a volte mi chiedo se non sia tutto qui. O se, invece, ci sia di più. Di più davvero. Se c'è un senso in quello che faccio o se, invece, accade tutto per caso. Sono qui, ora e adesso, ma se penso al mio futuro... bè, non lo so cosa vedo. E da una parte questa cosa mi affascina, dall'altra ho paura che non combinerò mai niente.”

“Lily...” incominciò sua madre, presa in contropiede come sempre dalle riflessioni della figlia.

“Mamma, alla mia età tu pensavi davvero che saresti... finita così?” Lily si morse la lingua. Non intendeva offendere sua madre, criticare la sua scelta di dedicare tutto alla famiglia, anche a discapito dei suoi desideri ma sentiva che dentro di sé le stava succedendo qualcosa.

Qualcosa che le suggeriva di non perdere tempo, di concentrarsi sui suoi interessi, di lottare per raggiungere i suoi scopi. Qualcosa che la avvisava anche che non sarebbe stato semplice, che tante erano le possibilità di fallire.

Qualcosa che le faceva salire l'ansia, pensando che forse non c'era abbastanza tempo. Che Voldemort e il suo esercito erano lì fuori da qualche parte, pronti a distruggere tutto quanto senza che lei potesse fare qualcosa per impedirlo. E l'ansia cresceva, sapendo che tutto avrebbe potuto scivolare via come un granello di sabbia.

Che senso poteva avere tornare ad Hogwarts, diplomarsi, cercare un lavoro e sognare se ogni giorno si sentivano notizie di morte? Se ogni giorno sembrava che l'equilibrio del mondo fosse sempre più precario?

Aveva senso sperare? Sì, aveva senso. Era quello che faceva andare avanti. Ma il tempo scorreva e delle infinite possibilità che si aprivano fino a poco prima, ora ne erano rimaste molte meno. E Lily aveva paura. Paura di non farcela.

“Sai che quello che ho fatto l'ho fatto per voi, Lily.” rispose duramente sua madre. Non accettava essere rimproverata su quello. Aveva scelto di smettere di lavorare per potersi occupare meglio della famiglia. Lo stipendio di Edward era più che sufficiente a mantenerli e lei non voleva perdersi niente delle sue figlie.

Ora come ora, se avesse potuto tornare indietro, forse avrebbe scelto diversamente: gli anni dell'infanzia erano volati e, con Petunia oramai indipendente e Lily lontana per nove mesi all'anno, le giornate casalinghe erano davvero difficili da far passare.

Ma il passato era passato e, ventitré anni prima aveva scelto con il cuore.

“Lo so, mamma. Non intendevo criticare questo... è solo che, alle volte, mi chiedo se riuscirò a fare anche solo una delle mille cose che ho in mente.” Lily cercò di tamponare con quelle parole la sua affermazione di prima anche se, alle volte, arrivava davvero a chiedersi se sua madre fosse davvero felice.

Rose sedette di fianco alla figlia e le sorrise materna.

“Lily, hai così tanto tempo davanti a te! E ci sono così tante cose che potrai fare, disfare e riprovare.

Anche se adesso ti sembra tutto così confuso, al momento giusto, al momento di scegliere, prenderai la decisione più istintiva e forse sarà proprio quella più corretta. Vedi Lily, molto spesso ti capiterà di chiederti cosa sarebbe stato se avessi scelto diversamente, ma, a pensarci bene, ti accorgerai che, se hai preso proprio quella decisione, evidentemente, in quel particolare momento della tua vita era giusto così. Poi, senza dubbio sbaglierai e prenderai fischi per fiaschi, ma non essere troppo angustiata dal futuro, Lily, hai diciassette anni e, al momento giusto, ogni cosa si chiarirà.”

Lily non distolse un attimo lo sguardo dagli occhi della madre, di un verde molto simile al suo benchè più chiari e brillanti dei suoi, mentre tanti pensieri si accavallavano: Voldemort, i Malandrini, lei, il suo futuro....

“Ho paura lo stesso, mamma.” sussurrò, lasciandosi consolare da un abbraccio e da un puntuale bacio sulla fronte, rimedio materno a qualsiasi dolore, piccolo o grande che fosse.











LONDRA, DIAGON ALLEY


Il tempo ci aveva messo del suo, quella mattina per accompagnare James in quella triste obbligazione.

Niente sole, ma una nuvolosa e densa giornata d'estate con possibili sprazzi di pioggia. Nulla a cui uno Scozzese come lui non fosse abituato, ma, giù al Sud, in Inghilterra, era più infrequente una giornata estiva da quelle caratteristiche.

Quella mattina si era svegliato prima del solito, senza poltrire a letto o bivaccare in pigiama fino all'ora di pranzo. Sirius era da sua cugina nelle Midlands, quindi non c'era nessuno da disturbare, ciò nonostante la mattinata non si era trascinata stancamente.

Sua madre l'aveva fatto vestire prima ancora che potesse terminare la lettera che aveva intenzione di spedire a Lily, l'ultima prima che i Malandrini partissero per il loro campeggio.

Così erano arrivati a Diagon Alley, senza scambiarsi più di mezza parola, infilandosi in una traversa del caratteristico corso e ritrovandosi a breve nel lussuoso ed imponente ufficio di Alshvider Lyartangen.

L'avvocato rivolse a James un sorriso mellifluo che il ragazzo si sforzò di ricambiare.

Non gli era mai piaciuto, Lyartangen, sebbene fosse un buon amico di suo padre e rappresentasse l'infanzia e gli anni di Hogwarts per sua madre.

Aveva qualcosa, qualcosa nei modi di fare, qualcosa nello sguardo, qualcosa nelle parole che portava James a non fidarsi completamente di lui. Ciò nonostante, aveva seguito Dorea senza brontolare, pronto a mettere la sua firma dove doveva.

“E' sicuro che, se tutto entra legalmente in mio possesso, i Black non potranno mai reclamare alcun diritto di proprietà?” chiese James, sollevando dalla pergamena il pennino.

“Assolutamente, James. I possedimenti di tuo padre, della famiglia Potter e quel che resta di quanto tua madre ereditò dai tuoi nonni apparterranno esclusivamente a te. Tua madre non avrà più alcun diritto legale su di essi, pertanto, qualora dovesse succederle qualcosa, nessun Black potrà mai azzardare una richiesta.” rispose Lyartangen, indicando nuovamente la riga in cui avrebbe dovuto essere apposta la firma di James.

Come avevano concordato qualche mese prima, Dorea Potter avrebbe ceduto interamente a James, ormai maggiorenne, qualsiasi sua proprietà e qualsiasi risorsa ereditata dal marito. Diventando James il titolare legale di quanto apparteneva ai Potter e di quanto era stato del ramo Black della famiglia di sua madre, Dorea stessa e James in futuro erano al riparo da sanguinose guerre ereditarie.

“Basterà a tutelare mia madre?” questo voleva chiedere James, senza riuscirci.

La sua posizione era subordinata. Era subordinata a sua madre, che già l'aveva rimproverato con gli occhi. Era subordinata a Lyartangen, che godeva della massima fiducia di Dorea.

In fondo, pensò James tracciando la prima lettera del suo cognome, aveva solo diciassette anni e di quelle cose non ne sapeva nulla. Era sempre stato estraneo alle faccende finanziare della sua famiglia per volere di suo padre che mai l'aveva voluto coinvolgere.

Non ne sapeva nulla, aveva diciassette ed era solo un figlio. Tanto bastava perchè dovesse fidarsi quanto tutti consigliavano.

Terminò di scrivere, porgendo a Lyartangen la piuma ed augurandosi di non aver commesso uno sbaglio.

Ma, in fondo, come poteva essere sbagliato escludere quei matti dei Black dalla sua eredità?

Dorea sorrise, visibilmente più rilassata.

Rendere James proprietario di tutto lo proteggeva dal futuro. Nessuno avrebbe mai potuto reclamare alcunchè, nessuno avrebbe mai potuto affermare che quanto era suo non gli spettasse.

Tutelare gli interessi di James e proteggerlo era l'unica cosa che le era rimasta da fare. Pareva che questo suo compito fosse iniziato al meglio.

“Porterai tu tutto quanto al Ministero Alsh?” chiese all'amico che ripiegava la pergamena e la inseriva in una busta.

“Certamente, Dorea. Ho una vertenza nel primo pomeriggio.” le sorrise affabile Alshvider, sembrando, per la prima volte, decisamente più bonario anche a James.

Era strano, Lyartangen, distaccato con tutti salvo che con Dorea.

Non era mai piaciuto, a James, mai, sin da quando, bambino, si era trovato a contatto con lui.

Era abituato agli amici ed ai colleghi di suo padre che lo trattavano come se fosse speciale, Lyartangen, invece, a differenza loro, se interrompeva una discussione tra lui e Charlus, lo invitava a tornare ai suoi giochi per lasciare che gli adulti discutessero in pace di affari importanti.

Forse era per quel motivo, riflettè James, che Lyartangen non gli era mai andato a genio: perchè non lo metteva al centro dell'attenzione.

Ma era tempo di crescere, si disse James, e di mettere da parte vecchi pregiudizi infantili: Lyartangen era sempre stato presente nella vita di sua madre e, da quando era mancato suo padre, si era fatto in quattro per aiutare Dorea. Quello era l'importante, non le sue personali antipatie o simpatie.

“Grazie. Andiamo, James? Si è fatto tardi e abbiamo un sacco di cose da preparare, se domani parti.” gli ricordò Dorea, indossando lo scialle di seta sulle spalle.

Alshvider sorrise dell'elegante mise di Dorea e poi si rivolse a James.

“Dove vai?” domandò Lyartangen, rivolto a James.

“Alle Scogliere di Dover per il fine settimana con amici.” fu la cortese ed esauriente risposta che gli tributò James. Educato con gli estranei. James era abile in questo. Era stato cresciuto per essere cortese con tutti, quindi, sebbene il suo tono volesse essere lievemente più ben disposto nei confronti del mai sopportato Alshvider Lyartangen, quello che gli uscì fu l'educata risposta che il rampollo di una illustre famiglia era solito dare agli estranei.

“Spero che vi divertiate. E' un bel posto davvero. C'ero stato anch'io, da ragazzo. Una delle settimane più divertenti della mia vita.”sorrise Lyartangen.

Scambiò uno sguardo complice con James che lo vide, per la prima volta, come davvero umano.






ABINGDON, OXFORDSHIRE, INGHILTERRA


Peter sedeva imbronciato sul letto.

Sembrava che niente andasse mai per il verso giusto, in quei tempi.

Avevano programmato ogni dettaglio di quel fine settimana. Ogni singolo dettaglio.

Conservava ancora gelosamente, in attesa di utilizzarla, la lista dei possibili scherzi ai danni di Lunastorta che aveva organizzato assieme a James e Sirius.

Ok, non era colpa di nessuno se i suoi genitori di colpo avevano deciso che era il caso di prendersi altro tempo per pensare se fosse o meno il caso di mandarli davvero via da soli dopo quello che era successo.

A pensarci bene, i ripensamenti potevano anche essere condivisibili.

Il fatto che, dopo qualche mese di silenzio, i Mangiamorte si fossero fatti vivi proprio ad Abingdon non poteva certo rendere la gente tranquilla.

Se poi ci si aggiungeva anche il fatto che a sparire fossero stati proprio i vicini dei Minus, Peter poteva ben capire la preoccupazione dei suoi genitori.

A volte ci pensava anche lui, a cosa sarebbe potuto succedere se fosse accaduto qualcosa mentre loro erano via o, peggio ancora, proprio nel posto in cui stavano loro, quattro ragazzini eccitati per la prima vacanza da soli.

Era forse infantile da parte sua preoccuparsi per la possibile cancellazione della vacanza o dare la colpa ai suoi genitori che prima si offrivano di prestare la tenda da campeggio e poi si tiravano indietro.

Questo lo riconosceva, ma pensava, nonostante tutto, che quelle giornate se le meritavano. Se le meritavano tutti quanti, dopo la miriade di fatti di quei tempi.

Avevano tutti bisogno di staccare, tutti quanti.

E, come ripeteva sempre Remus, l'essere solo loro per qualche giorno avrebbe sanato qualche ferita altrimenti insanabile.

Non diceva proprio così, Remus, ma il succo era quello, pensò Peter, senza voler essere troppo melodrammatico.

Basta, era il caso di fare qualcosa. Di agire. Di permettere che si godessero davvero quei giorni, a prescindere da quello che era successo, per far sì di essere in grado di andare avanti e, come diceva sempre James, di essere pronti ad affrontare quello che li aspettava.

Scese dal letto, infilò le ciabatte e scese le scale, per raggiungere suo padre impegnato a leggere la Gazzetta del Profeta in salotto.

“Papà, credo che dovremmo parlare.”annunciò, tirandosi sui gomiti la camicia a quadri bianchi e blu.

Sembrava un boscaiolo, a pensarci bene. Appuntò a mente di non portarla mai più con sé in un luogo che prevedeva la presenza di altra gente oltre alla sua famiglia.

David Minus appoggiò stancamente gli occhiali e il giornale sul tavolino, pronto ad ascoltare le lamentele del figlio sui dubbi sorti a lui e alla moglie.

“Peter, lo sai che non abbiamo ancora deciso e che, comunque, siamo solo preoccupati per quello che è appena successo. Temiamo che possa accadervi qualcosa mentre siete via soli.” spiegò nuovamente.

Non era mai stato un genitore troppo severo, a suo dire. Anzi, si ritrovava a pensare di essere piuttosto accondiscendente e bonario. Non amava discutere, questo no, però, sostanzialmente, permetteva a Peter di fare quello che voleva. Sua moglie Claire, lei sì che era decisamente più invasiva nelle decisioni del figlio.

Quella volta, però, c'erano motivazioni oggettive che lo portavano a dire no.

“Papà, ti prego! Ormai ho detto a tutti che avremmo usato la nostra tenda! Che figura ci faccio? Cosa credi, che se anche io non vado loro se ne stiano a casa? Non se ne staranno di certo a casa, loro tre!” esclamò Peter, alzando per primo la voce e risparmiandosi degli impietosi confronti sul modo di fare i genitori di David e Claire Minus rispetto a Dorea Potter, Eveline Lupin e Alphard o Andromeda Black.

“Quindi, fammi ben capire, io dovrei lasciarti andare solo per non farti fare brutta figura con i tuoi amici?” lo provocò il padre.

Peter si sentì messo al muro, per un attimo. Sì, aveva pensato anche a quello. Però c'era qualcosa di più, adesso.

“Cosa credi, papà? Credi che se non mi mandassi potremmo starcene qui, tranquilli, senza che là fuori succeda qualcosa? Non so, papà, non so... Vorrei solo, per una volta, decidere da me. E io ho deciso. Ho deciso che ci voglio andare. Ho deciso che questo non ci ferma. Ho deciso che è vero che dobbiamo fare qualcosa, ma è meglio cominciare dalle piccole cose. Quindi, se anche non volete, io ci vado lo stesso alle Scogliere.” Peter si stupì del suo stesso coraggio, mentre fissava il padre, che, era certo, stava per scoppiare a ridere, ma ebbe il buon gusto di trattenersi.





BURRY PORT, GALLES, CASA LUPIN


Remus osservava pensieroso i vestiti piegati sul letto.

Fare le valigie era sempre un problema.

Peter, James e Sirius erano soliti dirgli che era peggio di una ragazza, quando si trattava di scegliere i vestiti. In realtà, controbatteva Remus, se uno faceva che ammucchiare vestiti a caso senza pensare ai possibili abbinamenti o senza cercare di avere un capo per ogni probabile variazione climatica, preparare i bagagli non era mai un problema. Infatti loro facevano in quattro e quattr'otto.

Diversa era la questione qualora si cercasse di usare un minimo di criterio.

Quindi non c'era da meravigliarsi se Remus Jhon Lupin sostava da cinque minuti buoni tra il letto e il guardaroba aperto, cercando di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo: ovvero avere un cambio per giorno, un cambio di scorta e la possibilità di affrontare le intemperie più feroci e il caldo più torrido (poco probabile, in verità considerando che i giornali non facevano che annunciare pioggia nel fine settimana).

“Hai finito, Remus?” sua madre sbirciò dallo stipite.

“Sono indeciso, mamma.” confessò il ragazzo.

“Però i libri da portare via li ha scelti.” osservò sogghignando Eveline Lupin. Si era ripresa, dall'incidente, anche se molti dei loro risparmi erano stati usati per ristrutturare la libreria di famiglia, distrutta dall'attentato.

Questo aveva provato tremendamente Eveline sul piano psicologico, sia perchè davanti a sé vedeva un futuro sempre meno roseo sia perchè sapeva che Remus si sarebbe sentito doppiamente responsabile, cosa non giusta per un ragazzo della sua età.

Remus sorrise, imbarazzato, guardando i libri che aveva poggiato sul comodino.

Sapeva che probabilmente non ne avrebbe letta più di mezza pagina, ma il sentimento del libro da portare con sé in vacanza faceva parte di lui e senza i suoi amati volumi non si sarebbe mai mosso.

“Avanti, cerchiamo di mettere insieme questa valigia!” esclamò sua madre, aiutandolo con i corretti abbinamenti.

“La tenda la porta Peter, allora?” si informò Eveline.

Remus annuì.

“Sì, ha detto che la porta lui. Spero che non abbia troppi problemi con suo padre. Dopo quello che è successo l'altro giorno, mi ha detto che i suoi non sono troppo propensi a mandarlo via... ma ormai è tutto organizzato. E Peter quando vuole sa farsi valere.” spiegò Remus, riferendosi alle discussioni che la comparsa dei Mangiamorte al Sud aveva suscitato a casa Minus.

La scomparsa di gente così conosciuta nel piccolo paesino in cui Peter abitava aveva segnato profondamente tutti quanti ed un sentimento di spavento era più che comprensibile.

“Spero che riusciate a godervi questi giorni. Faranno bene a tutti quanti.” osservò sua madre.

“Fortuna che la Luna Piena è stata settimana scorsa. Ti sei tolto un bel peso, Remus.”

Remus le rivolse uno sguardo infastidito. Non gli piaceva parlare della Luna Piena, della licantropia e quant'altro. Certo, a volte era il primo a scherzarci sopra, soprattutto se era in compagnia dei Malandrini ma una cosa che l'aveva sempre infastidito del comportamento di sua madre era l'eccesso di ansietà, la rassegnazione, la pena con cui vedeva e viveva ogni Luna piena.

Remus era spesso il primo ad autocompatirsi e di questo era più che consapevole.

Così come era consapevole del fatto che spesso si chiedesse come era possibile che uno come lui frequentasse la scuola, avesse degli amici, vivesse normalmente, per quanto possibile.

Non finiva mai di ringraziare Dio o chi per lui per avergli concesso di incontrare persone meravigliose, persone come James, Sirius e Peter che mai, mai l'avevano fatto sentire diverso.

Quello che lo indisponeva era il comportamento di sua madre e dei suoi nonni nei confronti della sua licantropia.

Lui, lui sì che aveva il diritto di considerarla una maledizione, ma dalle persone attorno a lui si aspettava altro. Si aspettava che lo facessero sentire normale, si aspettava che fossero le prime a minimizzare la cosa, le prime a fargli capire che non sarebbe stato quello a bloccargli l'accesso alle possibilità della vita.

Remus amava la sua famiglia, ma quell'atteggiamento pietoso non l'aveva mai tollerato.

Suo padre, a differenza degli altri, era stato il primo a crescerlo ed educarlo nella convinzione che nulla gli sarebbe stato impossibile, nulla avrebbe placato la sua sete di fare e sapere. La licantropia non avrebbe impedito che Remus vivesse normalmente. Perchè lui era normale.

Normale. Non diverso.

Remus si era sempre chiesto se questo modo di pensare fosse una conseguenza del senso di colpa che suo padre provava per essere la causa involontaria della licantropia di suo figlio, avendo suscitato l'ira di Greybeck. Forse sì, forse no. Non avrebbe mai potuto saperlo con certezza. Poteva solo dire che mai Jhon Lupin aveva fatto sentire suo figlio Remus diverso.

“Sì, mamma.” si limitò a rispondere freddamente, senza nemmeno guardarla negli occhi.

Eveline Lupin lanciò un'occhiata triste, preoccupata e delusa all'indirizzo del figlio, lasciando immediatamente la stanza.




TILFORD, SURREY, INGHILTERRA CASA EVANS



Era sabato mattina e la casa era ancora immersa nella placida quiete delle mattinate festive.

Non sapeva di preciso che ora fosse, Lily, sapeva solo che probabilmente il sole era già sorto e che un gufo picchiettava alle persiane.

Intontita, si alzò da letto, raggiunse l'abbaino e lasciò che Gustav entrasse, scaricando la pergamena sulla scrivania e ripartendo immediatamente.

Lily la aprì, senza far troppo caso al fronte della pergamena, solcato dalla sua calligrafia ordinata.



James,

scusami se ti disturbo, ancora. Scusami se scrivo sempre a te, toccherebbe a Sirius, credo, ma l'ho sentito distante... come se avesse altro per la testa.

E' che ultimamente va un po' così e... e non lo so, James, non lo so davvero. Che diamine ti sto scrivendo, James? Non ne ho idea ad essere sincera, sai?

Scusami di nuovo, ma la verità è che essere bloccata qui, senza sapere niente di quello che succede mi sta facendo impazzire...

Spero di vedervi presto, buon fine settimana a Dover: ci ero stata da bambina e mi era piaciuto parecchio.

Lily”


Aveva scritto quella lettera d'impulso, un paio di giorni prima.

Era stata la peggior giornata che le fosse capitata da quando erano iniziate le vacanze.

Era uscita per delle commissioni e aveva incontrato Severus: per quanto si fosse sforzata di non guardare nella sua direzione, per quanto avesse provato ad evitare la sua strada, era stato inevitabile condividere un pezzo di percorso con lui.

Camminava qualche metro avanti a lei, mentre Lily faceva di tutto per aumentare la distanza, camminando sempre più piano.

Se n'era senza dubbio accorto di averla dietro, perchè aveva accelerato il passo per distanziarla.

Lily, nervosa, irritata e delusa già di suo si era poi chiusa in camera, attaccando il 45 giri di Help! Dei Beatles, un originale del '65 ricevuto in regalo da suo padre.

Probabilmente il volume era troppo alto, perchè le parve di sentire un urlo da parte di sua madre, senza però farvi caso sino a quando Petunia non era entrata come un uragano nella sua stanza sbraitando su quanto fosse irrispettosa ed interrompendo il voluto silenzio che le contraddistingueva da quando erano iniziate le vacanze.

Ti preferivo quando stavi zitta, sai? Se ti faccio così schifo ignorami, Petunia. E' meglio così.”aveva ribadito a sua volta Lily, sforzandosi di non piangere lacrime di rabbia e crollando non appena la sorella era uscita sbattendo la porta.

In realtà le importava, le importava ancora troppo.

Ci aveva pensato spesso, in quei giorni.

Nonostante qualcuno dicesse che il rapporto con i propri fratelli di sangue non fosse così scontato, perchè, di fatto, potevano anche essere imparentate persone del tutto diverse e, quindi, era meglio considerare fratelli degli amici, in quanto scelti personalmente, Lily sentiva la mancanza di quel legame, consapevole che, in un modo o nell'altro, lei e Petunia sarebbero comunque state legate per sempre.

Avrebbe dovuto andare avanti senza Petunia, così come stava imparando a fare senza Severus, ma era ancora troppo presto per far sì che non le importasse.

Forse, un giorno ci sarebbe riuscita, forse, un giorno, sarebbe riuscita a farne a meno. Si augurava che fosse così, sia augurava che arrivasse in fretta il momento in cui non le sarebbe più importato niente di Petunia. Perchè sarebbe arrivato. Avrebbe dovuto arrivare. Per forza.

Nel frattempo, però, i pezzi si mischiavano e si confondevano e lei aveva scritto quella lettera a James, la cui risposta non si era fatta attendere.


Lily,

che succede? Cosa c'è che non va?

Vorrei tanto poter fare qualcosa, venire lì, se necessario. Ma mia madre sta ammattendo, con questa storia delle vacanze: mi farà portare cose per sei mesi, anziché per due giorni e, come se non bastasse non si fida della mia (in)capacità organizzativa.

Fortuna che lo zio di Sirius è intervenuto a calmarla un po'...

Scherzi a parte, spero di strapparti un sorriso con questi discorsi confusi...

Peter, dopo quello che è successo ad Abingdon, sta bene. Avrebbe potuto accadergli qualcosa, ma fortunatamente va tutto per il meglio: è stato solo un grande spavento per tutti, ma ora è tutto risolto.

Cambierà qualcosa, Lily. Deve cambiare qualcosa.

Appena torni dalla Bretagna ci vediamo, ok? Non mi va di saperti in balia del nulla fino a settembre...

Te lo prometto: i Malandrini al gran completo si materializzeranno davanti alla tua porta.

Non permettere a nessuno di distruggerti, Lily.

A presto,

James”



Lily guardò la pila disordinata di lettere che teneva sulla scrivania.

Remus, Sirius, Peter, James.

Si accorse di piangere.

I problemi con Petunia, i problemi con la vita ci sarebbero sempre stati. Sempre.

Ma non era sola. Non era obbligata ad affrontarli da sola, li avrebbero affrontati insieme.






Buonasera a tutti quanti, scusatemi per il ritardo di più di un mese, ma l'università mi ha impegnata parecchio e l'ispirazione non arrivava...

Che dire? Cosa frullerà nella testa di Sirius? E come si configurerà questa vacanza Malandrina?

E Lily e James che si scrivono?

Spero di potervi dare risposte esaurienti (non tanto) presto.

Vi ringrazio tutti quanti, come al solito, perchè se Pieces of Us sta andando avanti è solo merito vostro.


Alohomora: non si tratta di secondo epilogo, ma di un nuovo capitolo. Semplicemente, dato che segna l'inizio di un nuovo anno scolastico, mi sembrava giusto definire una svolta.

Lo scorso capitolo voleva essere volutamente sereno, questo lo è meno, perchè sono tutti quanti inquieti, ma forse, è giusto che sia così...

MEISSA_S: sono lieta di sapere che il Sirius di Pieces of Us ti piaccia: forse è più malinconico di quanto non si veda di solito, ma io lo vedo così, come parecchio tormentato. Ecco, sulla scena dello scorso capitolo, mi piace pensare che qualcosa nel cuore di Orion si sia mosso, che qualcosa abbia provato, vedendo suo figlio abbracciare un'altra donna. Non so cosa e nemmeno a cosa porterà, ma io credo che qualcosa si sia mosso.

Approfondire i legami genitori- figli dei miei personaggi mi piacerebbe, e spero di aver fatto qualcosa di buono in questo capitolo delineando modi diversi di essere genitori.

purepura: gli epiloghi, le fini mettono sempre tristezza, però, quella dello scorso capitolo era una tristezza tutto sommato serena, almeno, io l'ho vista così. Questo capitolo, invece, mi inquieta un po', ad essere sincera.

PrincessMarauders: no, qui Sirius non incontra Hellen. Ho voluto che sia così perchè vorrei seguire il filo originale della storia. Non escludo possibili storie d'amore di Sirius, ma non me la sento di legarlo ad Hellen....




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Capitolo 25
*** Capitolo Ventitreesimo ***





CAPITOLO VENTITREESIMO




There's a spanner in the works you know,
you gotta step up your game to make to the top.
So go!
Gotta little competition now,
you're going to find it hard to cope with living on your own now.
Uh oh!
Uh oh!

  • Something Good Can Work, Two Door Cinema Club-

* C'è una chiave per risolvere ogni lavoro, lo sai

migliorerai il tuo modo di fare per farlo al meglio

Avrai qualche problema ora,

troverai difficile sopravvivere con il convivere con te stesso,

Uh oh!



CAPITOLO VENTITRESIMO


Agosto 1977


GODRIC'S HOLLOW, SCOZIA, CASA POTTER


“Che razza di imbecilli!” esclamò James, masticando rumorosamente i cereali della colazione.

“James!” lo rimproverò sua madre, irritata più dalla mancanza di educazione nel masticare che per l'esclamazione cui, suo malgrado, era abituata.

“Massì mamma, sono tre emeriti imbecilli! Lo sapevo io che stavano tramando qualcosa! Ma questo è uno scherzo davvero stupido, anche se, devo ammettere, che è stato preparato con cura. Guarda qui, la spilla e la lettera sembrano quasi originali!” James, lasciando da parte per un attimo la sua colazione, passò a sua madre la pergamena e la spilla che aveva trovato in quella busta marrone scuro intarsiata dello stemma di Hogwarts.

“James...” stava iniziando a dire Dorea, scorrendo rapida le parole scritte in verde smeraldo.

“Vedi? Vedi come sono abili e infigardi? Questa sembra proprio la firma della McGranitt! Sono tre anni che Sirius si esercita a farla!” James indicava la pergamena dove, in calce, la McGranitt aveva firmato, confermando quanto detto sopra.

“Ma adesso mi sentiranno! Cioè, non pretendo chissà che scherzo demenziale, ma questo è davvero triste e privo di senso dell'umorismo.”

“James...” aveva ripetuto Dorea, stringendo in mano la spilla e tentando di fermare il figlio che a grandi falcate si stava dirigendo verso il camino del salotto.

Era già arrivato di fronte al camino, pronto ad urlare a pieni polmoni “Orchard House”, pur di mettersi in comunicazione con quel rognoso del suo migliore amico, quando gli venne un'idea.

Un'idea di quelle ottime, a dir la verità. Un'idea degna di Lunastorta.

Perchè mai arrabbiarsi e protestare quando avrebbe potuto servire una vendetta lenta, fredda e dolorosa?

Oh sì, sarebbe stata una vendetta che sarebbe stata servita a freddo.

Già li vedeva. In punizione prima ancora che iniziasse la scuola.

Era proprio di fronte al camino quando, di colpo, fece marcia indietro e, incurante delle grida di sua madre, James si fiondò in camera sua.

La vendetta aveva inizio.


TILFORD, SURREY, INGHILTERRA. CASA EVANS

Come ogni mattina, Lily si svegliò relativamente presto.

Non aveva particolari programmi per la giornata e si aspettava di ciondolare un po' per casa e poi, magari, qualora avesse provato lo spasmodico impulso di uscire di casa, avrebbe potuto fare un salto in Biblioteca o al parco anche se, per il momento, la sola idea di mettere piede nel mondo le faceva venire ancora più voglia di proseguire la sua permanenza nel letto.

Avrebbe voluto fare un salto a Diagon Alley, in realtà. Aveva ancora i libri da prendere e poi chissà mai che sarebbe riuscita a convincere sua madre a farle prendere una nuova divisa ed un nuovo mantello per l'inverno, considerando che la sua attuale divisa aveva almeno un paio d'anni e che il suo mantello era decisamente passato di moda.

Non era una fanatica della moda o delle compere ma era del parere che quando ci voleva ci voleva e, in quel caso, ci voleva disperatamente.

Comunque, quando aveva proposto a Remus di fare un salto a Diagon Alley quel pomeriggio il ragazzo aveva risposto che avrebbero potuto andarci tutti insieme, con anche gli altri e Lily aveva capito da sé che per mettere d'accordo tutti, a Diagon Alley ci sarebbero andati il trentuno Agosto.

Quindi, se proprio ci voleva andare, era il caso che iniziasse a farlo da sola.

Ma, considerata la situazione e considerato il caldo, la prospettiva di vegetare in casa la allettava molto più dell'affollata ed afosa Diagon Alley.

Pertanto quando si alzò dal letto, dirigendosi in cucina per la colazione e per la necessaria dose di caffeina, Lily era pronta ad un'ennesima giornata piuttosto inutile.

Forse solo il tema di Trasfigurazione l'avrebbe fatta sentire meno inutile...

Masticava ritmicamente i suoi cereali, quando un allocco posò la sua missiva sul tavolo della cucina ripartendo immediatamente.

Lily aggrottò le sopracciglia, non riconoscendo l'animale. Poi vide che la busta recava il timbro di Hogwarts.

Lasciò immediatamente da parte la sua colazione per leggere quali notizie giungevano da scuola.

Che fosse successo qualcosa di grave? Impossibile.

Tirò fuori la pergamena, vergata dal solito inchiostro verde smeraldo. Le dita le tremavano, mano a mano che proseguiva nella lettura.


Gentile Sig.na Evans,

sono lieta di informarla che il Consiglio Scolastico ha scelto di nominarla Caposcuola per l'A.S. 1977-1978.

E' chiamata a presentarsi il prossimo Primo Settembre per organizzare il lavoro dei Prefetti fin sull'Espresso.

Augurandole di svolgere il suo compito nel miglior modo possibile, le auguro una buona prosecuzione delle vacanze.

Ossequi

Minerva McGranitt, Vicepreside


Ps:il suo distintivo si trova all'interno della busta.”


Caposcuola. Lei Caposcuola!

Per Morgana, quella sì che era una notizia!

“Mamma! Papà! Sono Caposcuola! Caposcuola! Mi hanno nominato Caposcuola!” Lily uscì in giardino, dove i suoi genitori stavano lavorando alle piante, saltellando.

“Caposcuola, mamma! Ti rendi conto?”

Da lì fu un continuo abbracciarsi e continue congratulazioni.

“Devi onorare questo titolo, Lily!”le ricordò suo padre, ammirando la spilla lucida in cui la “C” era intarsiata con lo stemma della scuola.

“Ci proverò, anche se non credo che sarà semplice...”ammise Lily, pensando, per la prima volta, alle ovvie responsabilità che quel titolo comprendeva.

“Sono certa che farai del tuo meglio, Caposcuola!”le disse sua madre, accarezzandole i capelli.

“Del resto, sei già stata un Prefetto, no?” le ricordò suo padre.

In quel momento Petunia mise la testa fuori dalla finestra, per capire cosa stesse suscitando tutta quell'euforia. Fece in tempo a scorgere la spilla che suo padre teneva orgogliosamente in mano, mentre sua moglie continuava a congratularsi con Lily, che spiccava per felicità.

Lily alzò gli occhi per un attimo e riuscì a scorgere l'occhiata di disprezzo che sua sorella stava gettando sulla scena, prima di rientrarsene in casa.

Istintivamente portò lo sguardo alla spilla e la strinse forte.



ORCHARD HOUSE, CONTEA DI YORK, INGHILTERRA

Sirius sedeva davanti al pianoforte, un antico e prezioso Steinway a coda risalente ad almeno trent'anni prima.

Aveva appena finito di suonare l'ottava di Beethoven, la cosiddetta “ Patetica” e stava voltando la pagina dello spartito che stava sul leggio per andare avanti.

Gli piaceva Beethoven, gli piaceva la quieta malinconia di quei suoni, gli piaceva il tormento interno che sembrava sempre accompagnarli. O forse a piacergli era la storia personale di Beethoven, che rendeva, di conseguenza, gradita anche la musica.

Quando era piccolo, ricordava di avere una particolare preferenza per Rachmaninov e per le sue note energiche.

Era curioso che proprio la donna che più detestava al mondo, sua madre, l'avesse iniziato alla musica. A quello strumento Babbano che, per definizione, avrebbe dovuto essere rozzo e volgare.

Sirius si chiedeva ancora come fosse possibile che colei che, almeno con lui, si era sempre mostrata arida di sentimenti e di affetti potesse capire ed apprezzare la musica, al punto tale da voler trasmettere quella sua passione ai suoi figli.

O forse, riflettè, forse non era passione, forse era solo il modo per perpetrare una tradizione di famiglia. Forse era solo un ennesimo modo di fare di lui il figlio perfetto, il futuro erede della Nobile ed Antichissima Casata dei Black.

No, pensò Sirius, no. Non poteva arrivare a pensare a tanto: se c'erano due cose che sua madre amava per davvero o per le quali, comunque, aveva sempre mostrato genuino interesse erano la famiglia Black e la musica anche se forse, a parere suo, non sarebbe mai arrivata a capirla per davvero, considerando che il suo cuore era insensibile e privo di umana misericordia.

Tuttavia, Sirius, riusciva ancora a ricordare quando a quattro o cinque anni si sedeva di nascosto dietro alla porta dello studio, lasciata socchiusa, per sentire sua madre pigiare quei tasti bianchi e neri con eleganza e con gli occhi socchiusi.

Vuoi che ti insegni?” aveva detto un giorno, Walburga, cogliendolo di sorpresa.

Sirius aveva annuito e lei l'aveva fatto accomodare accanto a sé, sullo sgabello, per mostrargli i primi rudimenti.

Non sapeva se sarebbe stata una cosa che gli sarebbe stata comunque imposta o se, invece, Walburga l'avesse fatto perchè lo aveva visto interessato.

Sirius sapeva soltanto che quell'occasione era stata la prima ed unica volta in cui si fosse sentito realmente apprezzato, l'unica occasione in cui sua madre si era comportata realmente da madre.

“Padroncino, il padrone è rientrato.” deferente Ruth, l'Elfa Domestica a servizio di zio Alphard da che Sirius avesse memoria, avvisò il giovane dell'arrivo dello zio, distogliendolo dai suoi pensieri.

“Grazie Ruth. Allora andrò da lui.” rispose educatamente Sirius.

Era solo l'Elfo Domestico della sua famiglia, Kreacher, ad indisporlo e a fargli detestare quella sottomessa Razza. Non erano gli Elfi di Hogwarts e neppure Ruth. Era solo Kreacher ad avere in sé tutte le peggiori caratteristiche che potesse avere in sé un Elfo Domestico, prima fra tutti, la somma deferenza alla famiglia che, caso vuole, Kreacher mostrasse a tutti i membri della famiglia Black fuorchè a lui.

Prese un profondo respiro e attraversando ad ampie falcate raggiunse la porta e da lì scese le scale per andare da suo zio che, presumibilmente, lo attendeva nel suo studio personale.

Bussò alla porta di legno intarsiato.

“Entra, Sirius.” lo chiamò gioviale lo zio.

“Allora, ragazzo mio, che hai fatto oggi? Mi dispiace di non essere potuto tornare prima, come ti avevo promesso, ma alla Gringott mi hanno trattenuto.” si scusò Alphard, venendo incontro al nipote. Indossava ancora il suo completo da viaggio in tweed verde acqua, notò Sirius.

“Nessun problema, zio.” annuì Sirius.

“Hai visto la lettera di Hogwarts che ti è arrivata stamattina? Te l'ho lasciata in cucina per assicurarmi che la vedessi.”

“Sì, sì. E' la solita lista dei libri, zio. Sento gli altri e poi andrò a Diagon Alley con loro. Magari già domani... prima ho scritto a Remus... se lui sente gli altri in tempo utile magari andiamo già domani. Devo anche andare a far sviluppare delle foto, ora che ci penso...” spiegò Sirius, pensando al cassetto pieno di rullini che gli faceva compagnia nella sua stanza.

“Perchè non impari a sviluppartele da te, Sirius? Potremmo attrezzare quel ripostiglio al piano di sopra... Dici che funzionerebbe come camera oscura?” propose Alphard, figurandosi già in mente cosa sarebbe diventato.

Sirius scoppiò a ridere, pur ringraziando lo zio di tanto interesse.

“Svilupparle io? Si vedrà... per il momento non credo di avere molto tempo per imparare, sai, tre settimane e torno a scuola.”

“Bè, mai dire mai, Sirius! Scommetto che sarebbe ancora più bello scattare fotografie sapendo di poterle sviluppare! Ti ci vedo immerso in quei liquidi strani, mentre appeni fotografie sul filo...”ridacchiò lo zio, tormentandosi la barba.

Sirius ebbe per un istante la medesima fugace visione che stava avendo suo zio e poi, scuotendo la testa e sbruffando, cercò di riscuotersi.

“Torno alle mie robe, zio. Ci vediamo a cena.”

Sirius stava già uscendo, quando lo zio lo prese per un gomito.

“Aspetta, Sirius. C'è qualcosa che non va? Ti vedo insofferente da quando sei tornato.”

Sirius si ritrasse dagli occhi grigi di suo zio che lo fissavano, ansiosi.

“No zio, non è che sono insofferente... è che... che non lo so. Mi sento in trappola, in realtà.”

“In trappola?” chiese lo zio con espressione scettica.

“Sì, nel senso...è che è difficile dirlo, zio. Perchè tu sei così gentile con me, perchè tutti siete gentili con me. Perchè tutti avete fatto tanto... ma...”

“Ma...” Alphard invitò il nipote a parlare, allungando appena la bacchetta quel tanto che bastava per aprire l'armadietto dei liquori e versarsi un wisky.

“Ma è difficile. E io non sono abituato.” mugugnò Sirius, toccandosi nervosamente i capelli che, come suggerivano Remus e Lily, si stavano facendo decisamente troppo lunghi.

“Abituato a cosa?” lo incalzò Alphard, sorseggiando dal suo bicchiere in cristallo, proveniente da un servizio donatogli da un collega svizzero.

“A questo! A queste attenzioni! Al dover rendere conto a qualcuno di dove sono o cosa faccio! Vorrei... vorrei tornare da scuola e non dovermi sentire un ospite ovunque vado! Vorrei un posto da chiamare casa, in cui sdraiarmi sul divano e chiudere fuori il mondo!” confessò Sirius, alzandosi dalla poltrona e vagando nervoso per la stanza.

Lo sguardo di Alphard si assottigliò, diventando di colpo freddo.

“Un posto da chiamare casa? Che vai farneticando? Sirius tu hai una casa! Hai questa casa!”

“Sì, ma è casa tua, zio! Casa tua! Non mia! E' casa tua! Così come casa di James è di James! E casa di Meda è di Meda! Sono le vostre vite, zio! Non la mia! Io non ce la faccio più a stare così!” sbottò Sirius.

“Cosa ti manca, Sirius?” commentò freddamente Alphard, osservando il nipote dar di matto sui suoi preziosi tappeti persiani.

“Cosa mi manca? Come cosa mi manca?” ripetè Sirius. Cosa gli mancava non lo sapeva neanche lui, di preciso. Forse si era solo immaginato che vivere in famiglia fosse diverso ed ora anelava la sua solitudine confusa.

“Cosa ti manca, Sirius. Cosa vuoi che io faccia? Vuoi andare a vivere da solo? E' questo che vuoi? Ammettilo! Abbi il coraggio di ammetterlo!” il tono di voce non era di molto superiore al solito e, Sirius, non riuscì a capire cosa realmente intendesse suo zio con quelle parole.

“Non lo so... Forse... Zio... E' un casino.” sbruffò, confuso.

Alphard inspirò e sedette di fronte al nipote.

“Se è un casino, Sirius, devi solo fare mea culpa. Non iniziare a dire che non sei fatto per la vita di famiglia o sciocchezze del genere. Hai diciassette anni e voglia di essere confuso. Mi sta bene. L'ho avuta anch'io la tua età. Perciò- qui lo zio posò una mano sulla spalla di Sirius, fissandolo negli occhi spaventati.- Perciò, ragazzo mio, va'. Va' e corri incontro alla libertà, se è questo che vuoi.” ridacchiò, tornando al suo wisky mentre fissava la brughiera oltre il vetro.

Sirius rimase lì, attonito, immobile, con le ginocchia che gli tremavano.

Gli stava dando il permesso di andare? Suo zio stava dicendo ad un adolescente di diciassette anni che poteva andare a vivere da solo?

Aveva senso?

Aveva senso quello che stava per fare?

In realtà, Sirius non ne era certo. Non era mai stato più insicuro di così. Ma forse, come diceva sempre Remus, valeva la pena di provare.

Forse.





TILFORD, SURREY

Quando James, Sirius, Remus e Peter si ritrovarono, come da accordo, nella piazzetta di Tilford per aspettare Lily, scoppiarono istintivamente a ridere tutti insieme.

Quel pomeriggio, a poca distanza l'una dall'altra, erano arrivate due lettere: una di Sirius che proclamava solenne l'annuncio di una grande novità ed una di James, che si diceva fremere dall'emozione per un 'incredibile notizia.

“A Lily avete detto di raggiungerci qui?” chiese Peter, riunito a crocchio con gli amici in quella serata estiva.

“Sì, ha detto che ci avrebbe raggiunto qui verso le nove.” annuì Remus.

“Bene! Allora ho ancora un quarto d'ora per annunciarvi la grande notizia!” esclamò James che non voleva mettere in mezzo Lily in quella sua ennesima idiozia.

“Non potresti aspettare Lily come faccio io?” propose Sirius, tirando un calcio alla pallina di carta che aveva appena trovato per terra.

“No, no, mi dispiace ragazzi, ma non ce la faccio più a trattenermi! Devo assolutamente dirvelo! Poi lo ripeterò davanti a Lily, ma vi prego! Fatemelo dire!” James usava parole e gesti esagerati che non ingannarono Remus che, anzi, proseguiva nel guardarlo scettico.

“Mi è successa una sciagura pazzesca! Una delle cose che ci eravamo giurati a dodici anni non potesse fare mai parte del curriculum di un Malandrino! Anch'io, come Remus, ho infranto l'articolo 4 del Codice del Malandrino!” strillò James, mimando il gesto di strapparsi i capelli.

Sirius per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, gli occhi di Remus balzarono fuori dalle orbite e solo Peter parlò.

“Hai... hai violato l'Articolo 4? Sei... sei... sei un Prefetto?” riuscì a chiedere.

“Peggio!” esclamò James.

Sirius proseguì a non parlare.

Remus fiatò.

“Caposcuola.”

“Oh accidenti.”disse Peter.

“James. Se questo è uno scherzo, ti prego di dircelo subito.” riuscì a dire Sirius.

James scrutò gli amici: se le erano proprio preparate bene quelle reazioni! Sembravano frutto di vera e propria incredulità. Scelse di calcare la mano.

“Non è uno scherzo. E' questo il bello. O brutto che sia.” commentò.

Sirius e Remus fecero l'ultima cosa che James si sarebbe mai aspettato. Uno scoppiò a ridere mentre l'altro si tormentava la faccia con la sua miglior espressione da “Dobbiamo fare qualcosa.”

James li guardò in silenzio e poi una piccola luce dotata della voce di sua madre iniziò a farsi largo nella sua coscienza.

“Ok. Mi state forse dicendo che non l'avete scritta voi quella lettera? Che non mi avete spedito voi un falso distintivo?”

“James ma sei scemo?” fu tutto quello che Peter riuscì a dire, parlando anche per gli altri due.

“No, dai, seriamente. Mi volete dire che voi non mi avete scritto quella lettera spedendomi quella spilla con la “C”?” proseguì James, che stava iniziando a farsi prendere dal panico.

“James, ma ti pare che ti faremmo uno scherzo così imbecille?” chiese Sirius, retorico.

“Questo vuol dire...” sillabò James

“Che sei Caposcuola. Per davvero.” concluse per lui Remus, con una lieve stizza. Se c'era tra loro quattro qualcuno che se lo meritava, quel titolo, era lui. Non James. Nessuno di loro quattro lo meritava, a dire il vero. Ma lui più di James. Quello era poco ma sicuro. Forse, se non fosse stato per quella maledetta licantropia...

“Oh Santo Boccino!” fu l'unica cosa che James riuscì a dire.

Caposcuola. Lui Caposcuola. Non poteva essere vero.

Lui non era la persona adatta. Lui era quello che faceva i compiti all'ultimo, che organizzava scherzi, che passava le giornate con la ridicola compagnia di Gazza per passatempo, quello che aveva sempre gli allenamenti di Quidditch. Insomma, era l'ultima persona adatta per un ruolo del genere che, per sua stessa natura, prevedeva il ripudio di tutto ciò che lui era solito fare.

Se c'era qualcuno che se lo meritava, che se lo meritava davvero, era Remus. Remus era la persona ideale.

Remus era bravo a scuola, era disponibile, sapeva sempre cosa andava fatto, era affidabile, non si irritava facilmente, aveva idea di cosa volesse dire organizzare un lavoro e portarlo a termine.

Remus era il Caposcuola ideale. Non lui.

“Domani scrivo a Silente. Devono aver sbagliato. Per forza.”disse James con una serietà tale per cui Sirius non potè fare a meno di proseguire nella grassa risata che aveva interrotto poco prima.

“No, ma Sirius davvero! Non posso essere io uno dei due Caposcuola!”

Peter ridacchiava, nervoso. Solo Remus restava serio.

“Non hanno sbagliato, James. Non spediscono a casa nomine sbagliate.”precisò Remus, toccandosi, preoccupato, la barba.

“No dai, ma seriamente! Non possono pensare di averlo fatto Caposcuola! James, per Merlino, questa volta sì che mi hai stupito! Ti prenderò in giro sino ad oltre la tua pensione per questo, lo sai vero?” riuscì a dire Sirius tra un ghigno e l'altro.

“Non ho intenzione di essere Caposcuola! Domani scrivo a Silente e sistemiamo questa pagliacciata. Chiunque può esserlo ma non io. Io non sono capace!” ribadì James, che stava piano piano realizzando quello che lo aspettava.

“Temo che dovrai imparare, James. Se ti hanno nominato Caposcuola si vede che hanno notato in te qualcosa.” disse Remus, facendo appello al suo buon senso e cacciando indietro la gelosia.

“Qualcosa che non vede nessun altro, però Lunastorta!” esclamò Sirius.

“Sirius, per favore, lo so che questa notizia ti ha decisamente rallegrato la giornata, ma ti prego di non farne parola davanti a Lily, va bene? Crede finalmente che io sia in grado di combinare qualcosa di buono. Se le dico di questa storia del Caposcuola...”

“Sarà ancora più fiera di te.” osservò Peter, nella sua semplicità.

“Non credo, Coda. Anzi, penserà anche lei che io non sia adatto ad una cosa del genere. E poi, Lily o non Lily, non sono io quello che deve essere Caposcuola! Remus, tu avresti dovuto essere Caposcuola. Non io! Io sono un buono a nulla...in queste cose.” si sfogò James. Remus fissò l'amico negli occhi. James era sincero quando affermava che, a parer suo, sarebbe stato Remus a dover vestire quella carica.

“James, non è questo il momento di parlarne. D'accordo? Lily sta arrivando.” gli disse.

Lily stava arrivando dalla strada principale, sola. Uno smagliante sorriso era l'ornamento che portava con sé per quella serata.

Quando li vide, iniziò a correre.

“Come sono contenta di vedervi!” esclamò, abbracciandoli uno ad uno.

“Hai fatto tutta la strada da sola al buio, Lily?” si preoccupò James.

“Sì, ma sono solo dieci minuti. Niente di grave. Sono sopravvissuta! Non guardatemi così! Sono una donna indipendente, io!” affermò orgogliosamente Lily.

“Sarà, ma vedi, Lily, se ce l'avessi detto ti avremmo aspettato sotto casa!” le disse James.

Lily gli concesse uno sguardo di compatimento e poi li invitò ad entrare nel piccolo pub del paese, informandoli che, generalmente, con i ragazzi del posto non facevano troppe storie sugli alcolici ma, essendo loro stranieri, era meglio che non provassero ad avvicinarsi al bancone.

Presero posto ad un tavolo, dopo essere passati dal bancone ordinando bevande rigorosamente non alcoliche.

Alcuni ragazzi, che Lily riconobbe poi essere suoi compagni alle elementari, ridacchiarono all'indirizzo dei loro bicchieri, ma nessuno se ne preoccupò.

Dopo tanto tempo loro cinque erano tutti insieme e quello era ciò che contava.

“Bene,sono lieta di annunciarvi che oggi mi è giunta una lettera da scuola: sono Caposcuola!” proclamò Lily con orgoglio.

Era meraviglioso avere di nuovo qualcuno a cui comunicare quelle notizie. Qualcuno che gioisse di gioia sincera, qualcuno a cui importasse veramente.

Quando quel pomeriggio le era giunta la lettera di Sirius, che le annunciava che i Malandrini si sarebbero trasferiti a Tilford per poter stare tutti insieme, aveva incominciato ad agitarsi per la gioia.

Dopo aver festeggiato la nomina con i suoi genitori, le era venuto spontaneo pensare immediatamente ai suoi amici e, guardando i loro sorrisi carichi di felicità per quello che era capitato a lei, Lily pensò che non c'era niente di più bello delle labbra umide di tè che mostrava Peter, della piega affettuosa di quelle di Remus, degli occhi brillanti di Sirius e di quelli orgogliosi di James.

“Risparmiaci dalle punizioni, Lily! Siamo amici!” le ricordò Sirius.

“Giusto- annuì James- chiudi un occhio o anche due quando si tratta di noi!”

“Sapete qual è il fatto...- iniziò Lily, quando l'entusiasmo più forte stava andando via via scemando- E' che quest'anno ho idea che sia dura essere Caposcuola. Non credo che si tratterà semplicemente di punti da togliere, punizioni e addobbi per la festa di Halloween. Quest'anno ci vuole autorità. Ci vuole sicurezza, ci vuole qualcosa che gli altri anni non era poi così necessario... qualcosa che faccia capire da che parte è giusto stare. E io... io non lo so se sono la persona adatta.” a Lily costava confessare le sue preoccupazioni. Si stava stupendo anche del suo stesso coraggio nel parlare.

“Non dire sciocchezze, Lils. Non c'è persona più adatta di te.” disse Sirius, dopo qualche minuto di silenzio in cui tutti avevano cercato James con lo sguardo.

“Sirius ha ragione, Lily. Non c'è niente che non possa fare. A volte... è solo questione di organizzazione.” sorrise James.

“Lily... io credo che tu lo possa fare. Voglio dire, c'è stata gente peggiore di te, no?” osservò il timido Peter.

“Se ti hanno scelto, è perchè credono in te. Silente non è uno sciocco.” disse Remus, riferendosi anche a James.

“Lo so, ma vedi, Remus, è che è forse una responsabilità troppo grande per me.”

“Non è forse come essere Prefetto, più o meno?” la incalzò Remus.

“Forse.”

“Forse niente, Lily. E' come essere Prefetto. Solo che lo coordini il lavoro dei Prefetti. E, fidati, tu sei stata un ottimo Prefetto.” commentò Remus, sincero.

Lily si schernì e preferì cambiare argomento.

“Bene ed ora, senza offesa Lily, ma è venuto il momento del vero grande annuncio della serata!” Sirius picchiettò il boccale con la bacchetta, così da attirare l'attenzione.

Gli amici tacquero all'istante, chiedendosi cosa facesse brillare così tanto gli occhi di Sirius.

“Vado a vivere da solo!” esclamò Sirius, senza troppe parole.

“Cosa?” chiese Peter, accompagnato dallo sguardo di eterno stupore di Lily.

“Vado a vivere da solo, Codaliscia! Oggi ho parlato con lo zio: da domani cercheremo un posticino tutto mio, magari a Londra! Sarò indipendente, Pete, capisci? Nessuno in mezzo a far danni, solo io!” spiegò Sirius, con fare teatrale.

“Non so quanto sia bene, che tu e il cervello stiate da soli.” James tentò di scherzare, ma si notava che stava parlando tanto per dire qualcosa. Giocava con il suo bicchiere, nervoso.

“Io e il mio cervello ci faremo un'ottima compagnia, vedrai, miscredente!” rispose Sirius, troppo eccitato per fare caso al tono di voce dell'amico, che rispose con un sorriso sforzato al brindisi proposto da Remus.

Lily rispose facendo trillare il suo bicchiere contro quello degli altri, chiedendosi tuttavia, quanto potesse essere difficile la situazione famigliare di Sirius, se già a diciassette anni aveva meditato di andare via da casa.

Sapeva che non viveva più con i suoi, sapeva quale fosse l'orientamento politico dei Black ma quella notizia le stava aprendo un intero mondo sulla personalità di Sirius, ancora più complesso di quanto già non le fosse sembrato.

Guardò verso Remus, che ricambiò l'occhiata facendole capire che lui già sapeva e, soprattutto, che non si preoccupava affatto di quelle che potevano essere le conseguenze.





Alla fine della serata, Remus, Sirius e Peter trovarono un angolo per Smaterializzarsi. James volle a tutti i costi accompagnare Lily a casa.

“Bè... Allora, grazie di avermi accompagnata, James.” balbettò Lily, tirando fuori dalla borsa le chiavi di casa.

“Ho fatto semplicemente il mio dovere di cavaliere, non le pare, signorina?” rispose James, coronando l'espressione del suo miglior sorriso da cascamorto.

“Oh certo! Non sia mai lasciare una strega da sola di notte!” rise Lily, facendo trillare al contempo le chiavi.

“Già prima mi hai fatto prendere un colpo quando ti ho vista voler fare da sola, al buio tutta la strada... Ci mancava solo che te la facessi fare davvero! Il mio cuore debole non avrebbe retto!” esclamò James.

“E comunque, congratulazioni per la tua nomina a Caposcuola!” aggiunse James, più per non vederla sparire subito che per altro. Lo terrorizzava l'idea di essere Caposcuola. Quello di esserlo con Lily poi ancora di più.

“Oh bè... in realtà non so ne sono all'altezza.” bofochiò Lily, a voce bassa.

“Sei all'altezza di qualsiasi cosa tu voglia fare, Lily Evans. Ricordatelo.”le disse James, sicuro, guardandola negli occhi. Lily fece altrettanto e vide che, per una volta, gli occhi di James avevano perso la loro vena ironica per mostrarsi orgogliosi. Sì, Lily leggeva orgoglio in quegli occhi castani. Orgoglio rivolto a lei.

Arrossì.

“Forse.” rispose Lily.

“E poi, se hanno scelto proprio te c'è un motivo, non credi?”

Lily sorrise e si portò una ciocca dietro l'orecchio, imbarazzata.

“Dai, ora è tardi, vado.”

“Sì, è tardi, devi andare.”annuì James a sua volta.

Lily distolse lo sguardo dagli occhi castani di James, in fretta. Posò istintivamente gli occhi sulla finestra della stanza di sua sorella, dalla quale proveniva una tenue luce, oltre le tendine verdi.

James se ne accorse.

“Lily... io... se vuoi parlare, ci sono.”

Lily gli sorrise teneramente, piegando gli angoli della bocca in due fossette.

“Lo so.”






Buonasera a tutti quanti. Che dire? Scusate per questo immenso ritardo. Non ho scusanti e non ne voglio trovare. Basta solo dire che è stato un periodo un po' così. Spero di riuscire a riprendere a scrivere con regolarità.

Spero che nonostante il tempo siate ancora incuriositi da questa adolescenza malandrina.

Vi aspetto al prossimo capitolo, senza smettere di ringraziarvi e chiedendo di scusarmi per questo capitolo un po' troppo ingessato per i miei gusti.


Alohomora: Sirius sta compiendo un grandissimo passo. Andare via di casa non è una passeggiata. Figurarsi a diciassette anni e con la confusione che ha in testa lui! Ma forse questo trovarsi con se stesso lo può aiutare, proprio come dice Remus...

purepura: spero che tu sia ancora qui e che questo capitolo abbia placato un po' le inquietudini di questi protagonisti che, quando sono insieme, vedono proprio una luce nel buio!

Hellen è un personaggio di mia invenzione che ho scelto per essere la moglie di Sirius in un'altra mia storia, un universo parallelo che tratta di una ipotetica vita delle famiglie Potter-Black se Voldemort fosse stato sconfitto nell'81. La trovi sul mio profilo, se ti interessa.

Ultimamente, però, l'ho un po' abbandonata, sebbene sia più che affezionata ai suoi personaggi.

Devijina: che piacere trovarti anche qui! L'hai letto il Giovane Holden in questi mesi?

Ci tengo a scrivere questa storia così diversa, che forse è un po' più reale. Diventare grandi è difficile per tutti. Credo che fosse ancora più difficile in quegli anni, in cui bisognava crescere in fretta e, a volte, quello che ti serve è solo un punto di riferimento. Spero che questi miei problematicamente complicati Malandrini continuino a piacerti!




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Capitolo 26
*** Ventiquattresimo Capitolo ***


Coz' I'll be laughing at all your silly little jokes,
And we'll be laughing about how we used to smoke.
All those stupid little ciggarettes and drink stupid wine,
Cuz' it was what we needed to have a good time.

- Five Years Time, Noah and the Whale-





Perchè io starò ridendo dei tuoi piccoli stupidi scherzi

E noi staremo ridendo di quello che eravamo abituati a fumare

Quelle piccole stupide sigarette e di bere quello stupido vino,

perchè quello era ciò di cui avevamo bisogno per divertirci.


CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO



Metà Agosto 1977


Sirius aveva trovato il posto che faceva per lui. Con i soldi che zio Alphard gli aveva donato a Natale, Sirius si era comprato un appartamento al sesto piano di un palazzo nel London Borough, nord di Londra. Le finestre del suo salotto si affacciavano proprio sul mercato di Camden Town.

Aveva passato settimane a setacciare Londra, in lungo e in largo con zio Alphard alle calcagna che, quando non bocciava una sua proposta, tentava di convincere Sirius a prendere casa nel ricco Kensington. Passeggiando attorno alle vecchie Docklands, Sirius, aveva poi notato che l'area era piena di cantieri, si mormorava che ne avrebbero fatto una zona residenziale all'avanguardia: i palazzi sarebbero sorti attorno ai vecchi moli.

Sirius avrebbe volentieri sopportato di vivere in un tugurio, pur di potersi svegliare, un giorno, quando fossero terminati i lavori, con una vista sull'acqua. Zio Alphard, però, non era molto d'accordo: avrebbe preferito che Sirius andasse a vivere in un posto più sicuro di quanto non fossero le vecchie e abbandonate Docklands.

Così Sirius gli era praticamente scoppiato a ridere in faccia quando l'idea di abitare a Camden Town non era stata bocciata in tronco. In realtà suo zio aveva riconosciuto un suo vecchio socio in affari tra i mercanti di Camden e, appurato che lui sarebbe stato lì ogni giorno, Alphard aveva dato il suo assenso perchè Sirius abitasse quella che il ragazzo considerava a tutti gli effetti casa sua.

Il progetto di Sirius era, inizialmente, limitato: non chiedeva molto, semplicemente un posto tutto suo, dove ricominciare a fare ordine. Zio Alphard, però, aveva voluto il meglio per lui e la madre di James aveva dato libero sfogo alle sue doti di chioccia. Remus e Peter dal canto loro cercavano di disporre in ordine razionale gli arredi che erano stati acquistati per far sì che, almeno inizialmente, Sirius non vivesse in una sorta di discarica.








“James, ti dispiacerebbe almeno fingere di essere contento?” se ne uscì Sirius, guardando l'amico che scaricava l'ennesima cassa di Burrobirra.

“Che intendi dire?” rispose James, facendo finta di niente, ma nascondendo il viso con gli occhi fissi sulle travi del parquet.

Sirius si passò una mano sui capelli, nervoso.

“Finiscila.” grugnì.

“Di fare cosa?” chiese a sua volta James, spostatosi davanti alla finestra.

“Di comportarti così.”

“Così come?” domandò James, apparentemente attratto dall'insegna del caffè dall'altra parte della strada.

“Come un moccioso viziato.”soffiò Sirius.

“Non sono io il moccioso viziato, Sirius Black.”ridacchiò James.

“Nemmeno io, se è per questo. Va' al diavolo, James Potter. Quando la finisci di fare il bambino chiamami. E tornatene pure a casa, non sei di nessun aiuto qui.” disse Sirius, faticando a trattenere la rabbia. Aveva contato almeno fino a trenta. Era dura desistere dal tirare un pugno al proprio migliore amico.

“Al diavolo vacci tu, Sirius Black.” sussurrò James, che non aveva per niente gradito l'invito a levare le tende.

“Vedi Sirius, lo sai qual è il tuo problema?” James si fece più vicino a Sirius.

“Il fatto che tu sia tremendamente egocentrico e spesso attento solo a te stesso. Hai deciso di mollare quella pazza di tua madre. Hai fatto bene. Sei venuto da me. Quella mattina sei diventato mio fratello. Ti ho dato casa mia. Ti ho dato la mia famiglia. E adesso, come se niente fosse, hai deciso che non ti va bene! Che vuoi di più! Che nessuno può placare la tua inquietudine mentale e che, quindi, andartene a stare da solo sia la cosa migliore...” rise amaramente James.

“Non me ne sono andato per egoismo, James. Sarò eternamente grato a te e ai tuoi per quello che avete fatto, che state facendo per me... ma rimettere ordine è una cosa che devo fare da solo.” spiegò Sirius, colpito nell'orgoglio. Aveva voglia di urlare contro James. Di fargli presente che lui una famiglia non ce l'aveva mai avuta e che James avrebbe dovuto smetterla di comportarsi come se tutto gli fosse dovuto.

“Sirius tu ce l'hai una casa. Tu ce l'hai una famiglia, maledizione! Non serve che te ne vieni a stare qui, che ti paghi l'affitto con i soldi che ti ha lasciato tuo zio, che fai finta di fare l'indipendente! Tu hai una casa! Era necessario tutto questo?”sbraitò James, deciso a tirare fuori tutto quello che aveva dentro.

A vederla da fuori, la scena doveva parere piuttosto confusa o, quantomeno, era come se i due fossero due attori che stessero provando una scena: vagavano in una stanza spoglia, giusto un divano ed una credenza, al sesto piano di un condominio alla periferia nord di Londra, poco lontano dal pittoresco mercato di Camden Town che, giusto un paio di giorni prima, Sirius e James avevano eletto a meta privilegiata dei loro vagabondaggi estivi.

“Il fatto che, per una volta, qualcosa che riguarda me non comprenda te ti dà così fastidio, James?” mugugnò Sirius, convinto di aver centrato il punto.

James non rispose e Sirius si sedette a gambe incrociate, con la schiena appoggiata ad una parete.

“Sai James, io mi fido davvero di te. So che se mai avrò bisogno ci sarai. Solo ti chiedo, per favore, di accettare la mia scelta, se non la vuoi proprio non riesci ad capirla. Sarà ridicolo, ma mi ricordo ancora cosa mi dicesti quella notte in cui mi salvasti da Gazza.”Sirius fece dondolare le mani avanti e indietro nell'aria, nel dire quelle parole e James alzò la testa.

“Quando ti chiesi per quale motivo avessi deciso di risparmiare da una punizione eterna me, proprio il più antipatico tra i tuoi compagni, quello che rispondeva con un “Taci, Potter!” ogni volta mi rivolgessi la parola, tu risposi che ti importava. Ecco perchè l'avevi fatto. Se ti importa ancora, James, lasciami in pace.”

James sospirò. Non intendeva davvero che la discussione arrivasse a quel punto, come Sirius, del resto.

Non sapeva nemmeno lui dove volava andare a parare.

Era solo difficile da accettare, per non dire da comprendere, l'idea che Sirius andasse a vivere da solo. Non per una sorta di gelosia per l'aver tradito il patto di quattro quindicenni che avevano giurato che sarebbero andati a vivere insieme dopo il diploma.

Nemmeno per via di una gelosia personale.

Il vero punto della questione era, forse, la concezione che James aveva di sé, la sua autostima, incrinatasi come un vetro.

Era come se si ritenesse parzialmente responsabile del fatto che Sirius non stesse bene come dovrebbe. Il vero problema era però che, questa considerazione, rendeva James inquieto e non completamente a posto con la sua coscienza. Quindi, in un certo senso, era come se la preoccupazione per Sirius si riflettesse in una preoccupazione per sé.

“Tu stai bene?” chiese semplicemente, con un soffio di voce.

“Spero di stare meglio di quanto non sia stato fin ora. E poi, se non era adesso era tra un anno.” rispose Sirius.

James sospirò, chiuse gli occhi per un istante. Soppresse la voglia di urlare contro il mondo, contro Sirius e contro se stesso.

“Si potranno fare delle gran feste, qui.”disse, alzandosi in piedi e sorridendo all'indirizzo di Sirius, che afferrò la mano che James gli stava porgendo.

“Potremmo iniziare già da domani.”rispose Sirius.

James si rizzò in piedi e perlustrò con gli occhi la stanza.

“Sì, però qui bisogna darsi una mossa con gli arredi stupidi! Questa stanza è ancora troppo seriosa per una festa di quelle giuste!”

“Cosa proponi?”fece Sirius aguzzando la vista.

“Mercatini!” esclamò James, correndo verso la porta.

Sirius seguì James, pensando che, in fondo, James restava pur sempre James.

Non era d'accordo, glielo aveva detto. Provava ad accettare. Ma era lì.



Il giorno dopo i gufi con gli inviti erano stati spediti ai compagni di scuola e Sirius e i suoi amici si affaccendavano per predisporre al meglio l'appartamento per la festa.

Lily aveva offerto il suo aiuto solo per il tardo pomeriggio: quello era il giorno del tanto atteso shopping da Madama McClan.

“James, l'hai detto a Lily?” chiese Remus, appoggiandosi allo stipite della porta della cucina.

James non rispose, scosse soltanto la testa.

Peter, che stava portando dentro la cassetta di viveri che la signora Potter aveva prontamente donato a Sirius, lanciò uno sguardo di disapprovazione, pur senza voler intervenire: Remus con le paternali era molto meglio di lui.

A parer suo, nessuno più di James meritava la carica di Caposcuola. Forse giusto Remus, ma Remus stava sempre un gradino sopra agli altri. Senza contare che quella spilla a Remus era cosa quasi scontata. Darla a James non lo era per niente ovvio, anzi. Però James aveva qualcosa, qualcosa che permetteva che la gente gli si avvicinasse senza problemi, qualcosa che attirava a lui le persone, qualcosa che lo rendeva in grado di poter parlare a tutti.

Per quello, Peter pensava, James era la miglior scelta che i professori potessero prendere.

L'unico inconveniente ora era persuadere James che fosse la verità. Ma per quello, si diceva Peter, c'erano i Malandrini.

Ma per dirlo a Lily no. Lì doveva pensarci lui e basta.

Remus roteò le palpebre e sospirò. Sapeva che James aveva rimproverato Sirius di essere un egoista, ma, in quel momento lui stesso si stava dimostrando altrettanto egoista.

“Non guardarmi così, Lunastorta! E' che è difficile. Già non mi pare una buona idea accettare. Già non mi sembra una cosa ragionevole che io occupi quel ruolo...” sbruffò James, che era già fin troppo confuso.

Sua madre gli aveva impedito di scrivere a Silente per rassegnare dimissioni anticipate e, nel corso di una colorita discussione, gli aveva fatto notare che si mostrava di essere persone adulte e responsabili anche quando si accettavano incarichi che si ritenevano troppo difficili, cercando, ogni giorno, di svolgerli al meglio.

Così James, d'impulso, aveva detto che sì, l'avrebbe fatto. Aveva, sostanzialmente, assunto come di sfida le parole della madre.

Grandissima prova di maturità, doveva ammettere.

“Tu non sei tipo che si tira indietro.” osservò Remus, senza staccarsi dallo stipite che ormai stava sostituendo la sua colonna vertebrale.

“Infatti sono il solito idiota che, pur di non darla vinta alla madre, l'ha presa come una sfida.” ribatté

James.

“Perchè diamine devi sempre prendere tutto così, James?” sbruffò Remus, infastidito.

“Così come?” replicò James

“Così!- esclamò Remus allargando le braccia- Così! Così di petto, così a tuo modo! Vorrei solo che ti rendessi conto che è ora di mostrare anche agli altri il James che noi conosciamo. Se hanno scelto te, James, c'è un motivo. Scommetto che sai anche quale sia, questo motivo.”

“Vedi Remus- iniziò James, col tono che si faceva sempre più pacato- ho giurato a me stesso che non avrei più dato grane. Che avrei fatto del mio meglio per evitare di dare pensieri a mia madre, che già ne ha troppi. E adesso non è tempo di fare gli idioti per via di tutto quello che sta succedendo. Diventare Caposcuola però, credo che sia al di sopra delle mie capacità.” ammise candidamente.

“Non esiste un modello a cui appellarsi, per essere un buon Caposcuola, James. Se Silente ha fatto il tuo nome, perchè lo so che è stato lui a volerti, significa che ha visto qualcosa. Devi solo convincerti e vederlo anche tu, questo qualcosa. Capisci?”

“Non lo so, Remus, non lo so. Davvero. Adesso... adesso pensiamo a Sirius, a sistemare Sirius. Alla scuola manca ancora un po'. Forse vedrò. Forse capirò che non fa per me.”disse James, tornando agli scatoloni.

“Forse lo capirete tutti, che non fa per me.”aggiunse nella mente.

Sorrise di se stesso, James: qualche tempo prima avrebbe preso l'intera faccenda con semplicità, si sarebbe goduto il momento e avrebbe pensato alla libertà che quella carica gli avrebbe concesso.

Ora, invece, in quella carica vedeva solo un mare di guai.

Sorrise di se stesso, perchè una parte di lui voleva davvero tornare ad essere quel vecchio James.

Quel vecchio James così semplicista però, sapeva che non sarebbe più tornato.






Lily, un po' titubante, si Smaterializzò direttamente dal suo salotto alla casa di Sirius.

Non era molto entusiasta all'idea della gente: le feste continuavano a non fare per lei, perchè non era in grado di essere disinibita come gli altri, anche se, a volte, le sarebbe piaciuto essere un po' meno se stessa e un po' più qualcun altro.

Quella però era la gran serata di Sirius e non si poteva mancare, per nessuna ragione al mondo. E poi, poi, a volerla dire tutta, l'ultima conversazione che aveva avuto con James le aveva fatto venire voglia di proseguire a parlare con lui.

Andando a letto, quella sera, si era chiesta cosa avrebbero potuto dirsi, se fossero andati avanti a parlare. Forse tanto, forse nulla; eppure Lily sentiva che sarebbe stata una delle conversazioni migliori che avrebbe mai potuto avere.

“Lils!” strillò Sirius, così forte da riuscire a far voltare diverse persone, non appena vide la chioma rossa di Lily spuntare dietro all'improvvisato attaccapanni. Le corse incontro, mentre Peter, Remus e James le lanciavano cenni di saluto.

“Lils! Grazie per l'aiuto, per la torta, per il fatto che sei venuta e... per il libro!” Sirius tolse le mani da dietro la schiena e ne tirò fuori il libro che Lily gli aveva prestato.

Lily lo prese dalle sue mani.

“Pensavo che ci avresti messo più a leggerlo....”

“Lo pensavo anch'io. Grazie Lils, mi è piaciuto un sacco. Quasi quasi un giorno vado a trovarlo, questo Salinger: lo dice lui che bisognerebbe avere la possibilità di contattare gli scrittori per poterli riempire di domande. Anzi, andiamoci insieme!”esclamò Sirius, concitato.

Lily scoppiò a ridere, prima di rispondere.

“Dubito che ci riceverà: è chiuso in un auto esilio misantropico da più di dieci anni...però si potrebbe fare!”

“Grazie davvero, Lils! Mi piace qui, quando dice: “Eppure certe volte mi comporto ancora come se avessi sì e no dodici anni. Lo dicono tutti, specie mio padre. E in parte è vero, ma non è del tutto vero. La gente pensa sempre che le cose siano del tutto vere. Io me ne infischio, però certe volte mi secco quando la gente mi dice di comportarmi da ragazzo della mia età. Certe volte mi comporto come se fossi molto più vecchio di quanto non sono-sul serio-ma la gente non c'è caso che se ne accorga. La gente non si accorge mai di niente.”lesse Sirius.

“Spesso la gente non si accorge di niente. E' vero. Ma mi piace pensare che a volte se ne accorga, invece.”lo corresse Lily, alzando lo sguardo e spostandolo da lui a James, Remus e Peter che sostavano nell'angolo delle cibarie.

“E poi, forse non è importante quello che pensa la gente...”aggiunse Sirius.

“Vorremmo convincerci che sia così.”precisò Lily mordendosi le labbra e lasciandoli entrambi in un silenzio imbarazzato e privo di consolazione per entrambi.

“Sete ragazzi?”bonariamente Peter arrivò con due bicchieri pieni, invitandoli prontamente a partecipare al gioco che Ted Vaughan stava organizzando.

Remus sorrise a Lily e se la prese sottobraccio per aggiornarla sugli ultimi pettegolezzi.

“Accidenti, Remus! Tu sei più pettegolo di una vecchia strega di palude!”esclamò Lily, ridendo degli ultimi aneddoti che Remus le aveva raccontato. Il ragazzo aguzzò lo sguardo, fissò l'amica e le disse che non era pettegolo, bensì si teneva semplicemente informato.

“E comunque- aggiunse- se non c'è malizia non è spettegolare. Ti pare, Lily?”

Lily scoppiò a ridere.

“Mi arrendo! Remus Lupin tu sei la persona più maligna che io conosca!”

“Tzè. Informarsi non è reato.” osservò lui, portandola dove gli altri stavano giocando a Twister.

James con Connor McFinn e Penelope era rimasto in precario equilibrio sulle macchie colorate del tappeto, mentre gli altri li incitavano a resistere lungo pose sempre più scomode o imbarazzanti.

“Sei caduto, Potter! Hai appoggiato il gomito!”urlò qualcuno, all'indirizzo di James.

“Ma non è vero!” protestò James

“Sì, invece! Fuori James!”

“Ma dai! Maledetti giochi Babbani!”imprecò James, rialzandosi.

“Non sei su una scopa, amico! Qui va diversamente!”osservò Sirius, spostando materialmente James dal tappeto e prendendo il suo posto, ignorando le rimostranze di chi gli faceva notare che non era corretto inserirsi in una partita già iniziata.

James, ridendo ancora, si spostò accanto a Lily e le sorrise, come a dirle che lui ci aveva provato a restare in equilibrio il più possibile.

“Sirius... sembra sereno.” osservò Lily, appoggiando alla mensola la sua bottiglia di Burrobirra e stringendo forte la copertina del suo libro, quel Giovane Holden che Sirius le aveva restituito.

“Sì. Sembra sereno. Finalmente.”osservò James, con un sorriso.

“Non colpevolizzarti, James. Volevi proteggerlo.”disse Lily e l'espressione di James mutò in sorpresa: come poteva sapere? La guardò fisso nei suoi occhi verdi e Lily abbozzò un sorriso ed alzò le spalle, come a dire “Era evidente”.

“Non sempre le persone vogliono essere protette, Lily. E, soprattutto, non sempre dobbiamo proteggerle.” le fece notare James.

“Tu vuoi proteggere chi sta accanto, James, lo so.” disse Lily.

“Chi non vorrebbe, Lily?” le chiese retoricamente.

“Tutti lo vogliono. Ma a volte si vuole anche essere protetti, pur necessitando libertà. E' consolante sapere che c'è qualcuno che veglia su di noi.” puntualizzò Lily, giocando con i capelli.

James, imbarazzato, fissò il pavimento. Poi, vide le gambe di Lily, dondolare accanto a lui, le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi.

Le prese la mano. Sentì le dita di Lily intrecciarsi nelle sue.

La vide sorridere alle travi del parquet. E sorrise anche lui.











Ecco qui un altro capitolo!Spero sia stato di vostro gradimento! Vi ringrazio per aver continuato a seguire la storia nonostante avessi avuto un blocco piuttosto lungo.

Melody Potter: ciao e grazie! Spero che tu possa continuare a seguire!

Purepura:oh bè i Malandrini ci sono andati per Lily. Adesso Lily fa parte del gruppo e, essendo l'unica ragazza, da un lato dovrà tirar fuori le unghie e dall'altro sarà vezzeggiata e coccolata.

Noi sappiamo da Hagrid, lo dice ad Harry nella Pietra Filosofale, che Lily e James sono stati Caposcuola: posto che non vengono scelti a caso, credo che Silente sapesse esattamente cosa stesse facendo e, nell'immaginare il mio James sono partita dalla sua scelta di entrare nell'Ordine sin da giovanissimo e da qui, dalla nomina a Caposcuola. Tutto il resto è venuto da sé.

Deviljina:grazie mille! Mi piace che riusciate a cogliere sentimenti, parole in mezzo a gesti non detti. Mi piace ancora di più che riusciate a rivedere un pezzo di voi in questi personaggi, è importante rileggersi in essi.

Alohomora: la strada di Lily e di James insieme è appena iniziata, anche se si vedono diversi segnali di avvicinamento. Cosa succederà quando saranno Caposcuola?

Anche la strada solitaria di Sirius è appena cominciata... vediamo cosa accadrà anche a lui!

Bellis:vorrei che prima di tutto questa fosse una storia di relazioni. Di relazioni non sempre semplici, perchè ciascuno di loro è preso, a volte troppo, da se stesso e dai suoi problemi. Ma sono gli altri, chi ci sta intorno, che fa molto per aiutarci ad essere così come siamo.

Vorrei quindi che Pieces of Us raccontasse la loro storia, di come sono diventati grandi (troppo in fretta) stando gli uni a contatto con gli altri, discutendo, imparando a fidarsi ed affidarsi (perchè Lily ha tanto da imparare da loro) e sostenuti da qualche adulto che sa qualcosa in più.















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Capitolo 27
*** Venticinquesimo Capitolo ***


CAPITOLO VENTICINQUESIMO


What can I say
Any simpler
That now is all there is
That you're free to be any person
And you're all that you give


-Do What I Do, Noah and the Whale-

*Quello che posso dire

è semplicemente

che ora è tutto qui

e che tu sei libero di essere qualunque tipo di persona

e che tu sei tutto quello che dai






LONDRA, STAZIONE DI KING'S CROSS, BINARIO 9 3\4

Settembre 1977


Le vacanze estive avevano ormai conosciuto il loro termine, la frizzante aria autunnale stava sostituendo il sole e tantissimi studenti di Hogwarts affollavano la stazione londinese di King's Cross amalgamandosi chi bene e chi meno bene con la folla di Babbani che popolava abitualmente la stazione.

Il Ministero, temendo l'incursione di qualche Mangiamorte, aveva predisposto che una pattuglia di Auror perlustrasse la stazione: il rientro a scuola di tanti giovani maghi presupponeva la presenza di gran parte della popolazione magica concentrata integralmente nello stesso luogo che, in aggiunta, pullulava di Babbani. Non era difficile presupporre che, per le truppe di Voldemort, ben poche occasioni sarebbero state più ghiotte.

Le famiglie, seppur con un po' d'angoscia, guardavano i figli salire sull'Espresso per Hogwarts, sperando da un lato che l'essere lontani li avrebbe protetti dagli orrori del mondo e, dall'altro, che la forzata clausura al castello per i prossimi mesi fosse garanzia di sicurezza.

“C'è meno gente dell'anno scorso.”osservò Alphard Black, stretto a crocchio con Dorea Potter, Sirius e James.

Dorea annuì gravemente e Sirius, come sempre quando era imbarazzato o non sapeva che dire, alzò lo sguardo.

“Settimana scorsa ho incontrato Gladis Finnigan a Diagon Alley... mi diceva che i suoi non volevano farla tornare. Suo padre lavorava con Sheila Raven alla Squadra Magica Speciale e l'ha vista sparire così, da un giorno all'altro...”disse James, più per parlare che per altro.

Alphard Black aveva ragione: rispetto agli altri anni il binario era molto meno affollato. Non erano solo i Finnigan a temere per l'incolumità dei figli: molti altri avevano scelto di far proseguire gli studi a casa. Altri ancora poi, Black ne era certo, potevano essere spariti senza lasciare traccia, del resto, ogni giorno si sentivano notizie di sparizioni.

Dorea Potter, scorgendo le sue conoscenze qua e là per il binario, non poteva che concordare con l'analisi di Alphard aggiungendo alle sue osservazioni anche le informazioni passatele da Charlus su quelle che avrebbero potuto essere famiglie certamente molto vicine al Lato Oscuro e che ora, imperturbabili, stavano a pochi passi da lei.

“Su, avanti!-esclamò più per riscuotersi dai suoi pensieri che non per spronare i ragazzi- E' ora che saliate! Scrivete, mi raccomando! E cercate di non combinare troppi guai, soprattutto tu James! Sei Caposcuola, per Morgana! Abbiate cura di voi e salutate Peter e Remus che non li vedo!” si raccomandò accompagnandoli fin sotto allo sportello.

“Tranquilla, mamma, andrà tutto bene.”disse James, sicuro e deciso. Non aveva idea di come si facesse a fare il Caposcuola, ma a quello ci avrebbe pensato a tempo debito.

Adesso contava solo che sua madre fosse tranquilla. Mai più grane, l'aveva giurato a se stesso.

“Baderò io a lui!”esclamò Sirius, a metà tra il serio e il faceto, incontrando gli occhi materni di Dorea in uno sguardo d'intesa che conoscevano entrambi.

“Scrivete!” fu il saluto riservato loro da Alphard, ben cosciente dell'inutilità della cosa.

“Ciao zio e grazie!”fu l'unica risposta che ottenne da un impaziente nipote.

Alphard e Dorea li videro allontanarsi per i corridoi, ancora prima che il treno partisse.

Sirius e James oltrepassarono diversi vagoni, trascinandosi dietro i loro bauli.

“Jamie caro, non dovresti forse già essere lassù in testa al vagone dei Caposcuola, laddove la nostra Lily è di sicuro da almeno mezz'ora?” cinguettò Sirius, in una pessima imitazione di Remus, mentre questo gli stava aprendo la porta dello scompartimento che lui e Peter avevano occupato.

“Impiccati, Felpato!” gli rispose James, puntando la bacchetta contro il baule e facendolo levitare sulla retina portabagagli.

“Sirius ha ragione, James. Siamo saliti sul treno assieme a Lily: vi aspettato un po' perchè ci teneva a salutarvi ma poi, non vedendovi arrivare, alle 10.57 in punto si è recata al primo vagone.” spiegò Peter, indicando i bagagli di Lily mentre Sirius posava il suo baule.

“Non gliel'hai ancora detto, vero?” fece Remus, esausto delle scuse che James gli propinava prima ancora che questo iniziasse.

“E' una sorpresa, Lunastorta! Non essere pedante, Remmie carissimo!” lo scansò James.

“James...”lo redarguì ancora Remus, senza far caso alle risatine cagnesche di Sirius.

“Vado, vado!” si arrese James, tirando fuori dalla tasca la spilla ed appuntandosela sopra alla divisa appena infilata in fretta e furia.

Uscì dallo scompartimento, abbandonando per la prima volta i suoi amici quando Sirius gli stava ancora urlando “Primo vagone!”.

Man mano che attraversava i tre vagoni mancanti, James sentiva il passo sempre più corto.

Temeva quello che Lily avrebbe potuto pensare: si sarebbe arrabbiata? Sarebbe stata felice della sorpresa o offesa perchè lui non le aveva detto nulla? Soprattutto, sarebbe stato in grado?

Erano stati così bene insieme durante l'ultima settimana di vacanza! Si erano visti ancora ed avevano camminato per ore lungo il Tamigi, avanti e indietro, parlando tanto, parlando di tutto.

Stava conoscendo Lily. Stava conoscendo Lily Evans per davvero e neanche nei suoi pensieri più segreti avrebbe mai potuto immaginare che lei fosse così come si stava mostrando. Chiacchierona, divertente, sempre piena di argomenti e di riflessioni e di entusiasmo per qualsiasi cosa dicesse. Entusiasmo, entusiasmo nel raccontare, nel fare, nel progettare. E bisogno di protezione. Non l'avrebbe mai ammesso, ma Lily aveva bisogno di qualcuno che vegliasse su di lei. E lui aveva intenzione di farlo, se gli fosse stata data la possibilità... ora che la stava conoscendo...






Lily era già seduta con una cartelletta piena di fogli appoggiata sulle ginocchia. Scartabellava quei moduli e quei fogli con gli orari delle ronde come se potesse trovare da lì qualche risposta.

Era nervosa. Nervosissima. Come si teneva una riunione? Cosa si aspettavano gli altri da lei?

Era davvero solo un lavoro organizzativo quello del Caposcuola? Anche quell'anno?

E dov'era il suo collega? O meglio, chi era? Jacobus Abbott di Tassorosso? O forse Charles Steeval di Corvonero, dopotutto lui era molto bravo a scuola e responsabile e stimato dai professori. Troppo saccente, per i suoi gusti, però. Jacobus era molto meglio, a suo parere: avevano seguito Aritmanzia insieme e Lily ne conservava un ottimo ricordo... Un brivido le gelò il sangue pensando che forse avrebbe potuto essere Severus il suo collega: non era stato Prefetto e magari i professori avevano pensato ad un Serpeverde per tentare di appianare la tensione.

“No, no, no. Severus no. Tutti ma non Severus. Non potrei farcela!” pensò Lily. Come poteva fare il suo lavoro con Severus? Non sarebbero andati d'accordo ma, soprattutto, lui sarebbe riuscito a ferirla nuovamente e lei sarebbe ripiombata nel buio. Non voleva ripiombare nel buio ora che stava scoprendo la bellezza della luce.

“Permesso? Posso?” la nuvola di capelli neri di James fece capolino dalla porta.

“James!” Lily saltò in piedi e gli corse incontro. Buio e Luce. Proprio quando stava temendo di ricadere nel buio era arrivata la luce di James.

“Come stai?” le domandò James cercandole gli occhi.

“Bene, sono tesissima ma sto bene. O almeno credo. Vi ho cercati prima! Volevo salutarvi ma non arrivavate e così sono venuta qui, convinta di dover aspettare fino all'arrivo, prima di vedervi.” gli spiegò Lily.

“E invece, eccomi qui! Ti saluta Sirius.” le sorrise James.

“Oh, salutamelo tanto, quando torni di là! E inizia a scusarmi per la mancata risposta alla sua lettera, ma in questi giorni ho avuto così tanto da fare!” si scusò Lily che, negli ultimi giorni non aveva proprio avuto modo di rispondere alla missiva di Sirius.

“Ma io non torno di là.” sentenziò criptico James.

“Dai, non fare lo sciocco! Me la cavo benissimo anche da sola qui, eh! Anzi, sto aspettando che arrivi il mio collega...”

“Lily...” James indicò la sua spilla ed annuì.

Lily fissava James, spiazzata. L'ultima persona con cui poteva immaginarsi di dover collaborare era lui. Certo, aveva avuto in quei mesi l'opportunità di conoscerlo meglio e aveva scoperto un'ottima persona, sotto la fragile scorza del Malandrino ma, se proprio doveva essere sincera, non era del tutto sicura che lui potesse essere in grado di fare il Caposcuola.

James era James. Era così dannatamente capace di metterti a tuo agio, di farti da spalla, di capirti ma James era James. James era il Malandrino per eccellenza. Poteva mai essere un buon Caposcuola?

“Potevi dirmelo.”replicò freddamente al sorriso sguaiato che lui le stava rivolgendo. L'espressione di James si ghiacciò all'istante.

“Pensavo sarebbe stato carino farti una sorpresa.” disse, omettendo la verità. Sicuramente aveva intenzione di fare in modo che Lily lo scoprisse il più tardi possibile, ma la motivazione non risiedeva interamente nella voglia di sorprenderla.

“E io pensavo che fossimo amici.”Lily lo zittì nuovamente.

“Ma... c'è un motivo, se non te l'ho detto, Lily.” tentò di spiegarle James.

“Adesso non mi interessa saperlo. I Prefetti stanno arrivando e noi abbiamo un sacco di cose da fare.” Lily, incoraggiata dal vociare proveniente dal corridoio, impedì a James di replicare.

L'ampio gruppo di Prefetti si fece avanti scorrendo la porta. Arrivavano a gruppetti di due, qualche faccia nota già presente gli anni precedenti, qualche novità, qualche carica non confermata e qualche occhio titubante.

Lily salutava ciascuno con un sorriso, anche i Prefetti di Serpeverde dagli sguardi altezzosi, l'occhiata dei quali provocò un enorme ondata di irritazione in James.

Lily ci rimase ovviamente male, ma non diede segni di cedimento, nemmeno quando estraendo dalla sua tracolla dei fogli da distribuire, andò incontro al rifiuto.

“Bene!-esclamò- ora che ci siamo tutti, direi che possiamo iniziare! Il mio nome è Lily Evans e frequento il settimo anno a Grifondoro, per quelli che non mi conoscono.” esordì Lily

“Falla finita, Evans, sappiamo tutti chi sei!”gracchio la voce roca di Avery, mentre un altro Serpeverde, forse del quinto anno, sillabava un “cosa sei”.

“Ma non manca l'altro Caposcuola?” domandò, innocentemente, Laura Brighton, Prefetto di Tassorosso al sesto anno.

“L'altro Caposcuola è lui, Laura, James Potter.” annunciò Lily, dopo qualche attimo di silenzio in cui si aspettava fosse James a presentarsi.

James, invece, se n'era rimasto lì fermo, senza dire niente.

Avrebbe voluto dire qualcosa, in realtà, qualcosa di sensato, anche. Tuttavia le uniche parole che riuscirono ad uscire dalla sua bocca e che, a suo parere, resero la sua stupidità ancora più palese, furono:

“Ehm bè... io.. credo che mi conosciate tutti, no?”

Come se non bastasse, Lily, gli rivolse una pessima occhiata di compatimento.

“Andiamo Potter, non è il momento dei tuoi stupidi scherzi!”brontolò Charles Steeval, a cui la mancata nomina aveva bruciato tutta estate e per il quale vedere quel distintivo appuntato sul petto di James Potter era un grande affronto.

“Io e James saremo i vostri Caposcuola per quest' anno, Charles. E io, pensavo, che dovremmo cercare di collaborare al meglio tra tutti noi...”incominciò Lily, cercando negli di James quell'approvazione che non venne.

“Quindi, credo che per prima cosa- proseguì- dovremmo iniziare col presentarci tra noi, col darci qualche indicazione pratica su come rintracciarci al meglio...”

“Evans, per favore, finiscila con queste indicazioni inutili. Dicci cosa dobbiamo fare e lasciaci in pace.” disse, seccato, un prefetto di Serpeverde del quinto anno che Lily non conosceva.

Lily si sentì gelare il sangue nelle vene. Cosa stava facendo? Cosa stava dicendo?

James prese i moduli che Lily aveva in mano e cominciò a distribuirli, Lily allora riprese la parola.

“I moduli che vi sta consegnando James recano gli orari dei primi turni di ronda, quelli per questa settimana. Per i prossimi ci aggiorneremo durante la seconda riunione. La professoressa McGranitt mi ha fornito anche delle nuove copie delle autorizzazioni per le uscite ad Hogsmeade da consegnare agli studenti che le avessero perse. Avvisateli che, in caso di bisogno, possono venire da voi.”

“Lily, le parole d'ordine?” domandò Kate O' Flanagan

“Giusto, le parole d'ordine sono... aspetta che le cerco, avevo i fogli.”Lily si sedette nuovamente e prese a scartabellare nella sua cartelletta.

“Evans, Evans... marca male qui. Lo sapevo che certi incarichi non erano adatti ad un certo tipo di persone...”sogghignò Avery ai suoi colleghi di Serpeverde, ignorando l'occhiata malevola di James.

“Bene! Ecco qui. Ci sono le pergamene sigillate contenenti le parole d'ordine. Vi ricordo di comunicarle ai vostri studenti appena possibile.”Lily fece levitare le pergamene direttamente nelle mani dei rispettivi proprietari.

“Se hai finito con questa inutile manfrina, credo che potremmo andare.” Avery si alzò, e, seguito dagli altri Serpeverde, abbandonò lo scompartimento.

Lily se li vide sfilare davanti agli occhi, uno ad uno, guidati dai Serpeverbe. Le pareva di captare i loro mormorii di disappunto, il loro malumore.

Si chiese cosa avesse detto di sbagliato, cosa avesse fatto che non andava bene. Sarebbe stata in grado di reggere tutto l'anno quel clima ostile? Avrebbe voluto cercare conferme negli occhi di James, lui però stava già per defilarsi.

Era rimasto lì un po' di più, in piedi, incerto sul da farsi.

“Pensavo di tornare dagli altri. Vieni, Lily?” fu l'unica cosa che riuscì a dire.






HOGWARTS, TORRE DI GRIFONDORO



“Lily...” Remus si avvicinò alla poltrona su cui si era rannicchiata l'amica, mentre lei, infastidita, fissava i ragazzi rumorosi che allietavano con i racconti delle vacanze quella prima sera nella Sala Comune.

“Non voglio parlarne, Remus.”Lily fece per alzarsi.

“Non voleva.”disse Remus.

“Non voleva? Oh io credo che volesse eccome! Un mese Remus, un mese! E ogni volta che ci siamo visti, mai che ne facesse cenno!”esclamò Lily, spostandosi, nervosa, una ciocca di capelli.

“Non lo giustifico, Lily, ma sappi che è confuso! E' una cosa così nuova per lui!”

“Siamo in due ad essere confusi! Ascolta, Remus, non voglio litigare con te per una sciocchezza simile. Solo... ci sono rimasta male. Tanto. Credevo... mi fidavo di lui e pensavo che lui si fidasse di me.”Lily finì la frase in un sussurro, accentando lievemente sulle voci del verbo fidarsi.

“Non so che cosa ha in testa.” mentì Remus, venendo zittito da un'occhiata significativa di Lily.

“Non so... forse deve ancora abituarsi.” proseguì.

“Spero che lo faccia in fretta, allora.”si augurò Lily, ancora piuttosto irritata dal comportamento che James aveva avuto quel pomeriggio sul treno.

Non gli chiedeva di sapere a menadito cosa esattamente dovesse fare un Caposcuola, non pretendeva neppure che da un giorno all'altro si improvvisasse tale, semplicemente sperava che evitasse perlomeno di starsene lì in piedi di fianco a lei con una faccia da ebete, come fosse capitato lì per caso.

Neanche lei sapeva esattamente cosa comportasse la responsabilità dell'essere Caposcuola, nemmeno lei l'aveva scelto, anzi, avendo ben chiaro in mente che non sarebbe stato semplice, si augurava, almeno, che il suo collega fosse in grado di trasmettere quella sicurezza che a lei mancava. E, sotto le spoglie dell'offesa, quando aveva visto James con la spilla da Caposcuola appuntata sulla divisa, era quasi grata a quel destino che le aveva messo a fianco proprio lui.

James era quello che per antonomasia sapeva sempre cosa andava fatto e poi, poi la conosceva, la stava imparando a conoscere. Non c'era nessuno di potenzialmente migliore di lui.

Invece, a seduta iniziata, tutto quello che aveva fatto era starsene lì fermo, in piedi, immobile a guardarla scivolare sulle parole.

“Lily...” sussurrò Remus

“Non è colpa tua. Non parliamone più, Remus.” rispose Lily, spostandosi una ciocca di capelli. Remus annuì, capendo implicitamente, che mai Lily gli avrebbe parlato male di James.





DORMITORIO MASCHILE DI GRIFONDORO


“Una giornata da Caposcuola e sono già esaurito!” esclamò James, buttandosi sul letto a peso morto.

“Ahahah... non essere così tragico!”ridacchiò Sirius, mentre ribaltava il contenuto del suo baule per recuperare Godric solo sapeva cosa.

“Già.- intervenne Peter-Non essere così tragico. Pensa ai privilegi dell'essere Caposcuola.”aggiunse, saggiamente, prendendo due camicie dall'ordinata pila che aveva fatto sul letto prima di riporle nella cassettiera.

James li guardò alternativamente, uno ad uno. Non aveva proprio idea di quali potessero essere i lati positivi: tolto il fatto che non era così masochista da autopunirsi (ma per quello c'era sempre Lily), non riusciva a trovare una sola condizione che rendesse piacevole lo svolgimento di quel compito.

“Trovato!”l'urlo di giubilio che lanciò Sirius, uscendosene dal baule con uno strano oggetto metallico in mano, riscosse James dai suoi pensieri e fece trasalire il povero Peter e le sue camicie che caddero rovinosamente a terra.

“Ma che diamine! Sirius Black, prima o poi mi farai venire un infarto!”esclamò Peter imitando, senza saperlo, il tono di voce di quel suo nonno paterno particolarmente arcigno.

James scoppiò a ridere e Sirius con lui. Quando rideva uno, rideva sempre anche l'altro.

“Che diavolo hai lì?” James era avvicinato all'amico che, dal palmo della mano, gli mostrava, orgoglioso, quello che sarebbe diventato la novità dell'anno.

“Un kazoo.”sillabò gaudente Sirius, con gli occhi brillanti dall'eccitazione.

“Un che cosa?”domandò Peter, che aveva mollato le sue camicie per riunirsi agli altri due.

“Un kazoo, Codaliscia.” ripetè Sirius.

“E sarebbe?”chiese curioso Peter, mentre James si limitava ad osservare.

“E' uno strumento inventato dalle tribù Africane per richiamare gli animali o per eseguire qualche canto rituale. Un secolo fa circa un industriale americano ne ha migliorata la versione originale creando questo. Adesso è usato da molti esponenti del blues o del jazz.” spiegò, didascalico Sirius.

“Dove l'hai trovato?” chiese nuovamente Peter, osservandolo con gli occhi sgranati.

“Al mercato sotto casa mia. A Camden Town si trova di tutto. Era una bancarella dell'antiquariato. Che poi, questa roba non è antiquariato. Poi l'ho portato da un liutaio perchè controllasse che era a posto.” spiegò ancora Sirius, in un'alzata di spalle.

“E che cosa hai intenzione di fartene?” intervenne James

“Non lo so. Però è bello. E suona.” rise Sirius, incominciando a soffiare dentro al tubetto metallico.

Era bello e suonava. A Sirius bastava quello. James lo invidiò. Voleva che anche a lui bastasse la sua scopa e il campionato di Quidditch alle porte. Il problema non era tanto che ora avrebbe dovuto pensare anche ad altro.

Il problema era che ora lui sentiva di dover pensare ad altro perchè il Quidditch non bastava più.

E se a non bastare era il Quidditch, allora sì che c'erano dei problemi. Problemi molto grossi anche.







Non sono sparita! Anche se gli aggiornamenti sono sempre più sporadici per via di una lunga lista di motivazioni, non ho intenzione di abbandonare la storia: Piece of Us è troppo importante.

Spero che possiate essere pazienti, anche se non biasimo chi di voi, in questi mesi, avesse deciso di smettere di seguire. Anzi, vi ringrazio comunque e ringrazio, soprattutto, chi sta avendo la pazienza di seguire.

A presto.

Ps: per chi voi se lo chiedesse, un kazoo è questo:

http://www.youtube.com/watch?v=9VvSelqulO4&feature=related





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Capitolo 28
*** Ventiseiesimo capitolo ***


VENTISEIESIMO CAPITOLO



HOGWARTS, inizio ottobre 1977

BIBLIOTECA



L'umore di Lily in quei giorni era peggio che altalenante.

Le lezioni si facevano sempre più interessanti, i compiti erano sempre di più e quella faccenda del Caposcuola riduceva drasticamente il suo tempo per farli.

Detestava essere Caposcuola. Alle riunioni andava sempre peggio, il clima continuava a peggiorare e lei, anziché acquisire sicurezza, appariva sempre più insicura.

James partecipava fisicamente, ma con la mente era da tutt'altra parte. Non aveva la minima intenzione di essere mentalmente presente. Non gliene importava niente, di essere presente.

E questo la indisponeva, la indisponeva più di qualsiasi altra cosa. Più delle riunioni e del pessimo clima. Più degli incarichi, più delle discussioni. La indisponeva il fatto che se solo James avesse fatto qualcosa, se solo si fosse comportato da James, allora, forse, tutto sarebbe andato alla perfezione.

Sapeva che nessuno più di James, se solo ci avesse messo volontà, era adatto per un incarico simile: carismatico, volenteroso, leader nato, in grado di mettere tutti a proprio agio, capace di ascoltare ed apprendere da tutti, buono. Avrebbe potuto essere un esempio per tutti, se solo avesse voluto.

Se solo avesse voluto. Peccato che non era sua intenzione e questo, questo deludeva Lily più di ogni altra cosa.

Qualche mese prima le sembrava di aver visto qualcosa di buono in James Potter, qualcosa che lo rendeva così popolare e beneamato ad Hogwarts. Lo aveva conosciuto, ne stava imparando i modi ed i tempi e la sua sensazione era diventata certezza: c'era davvero qualcosa di buono in James Potter. Allora, si chiedeva, per quale assurdo motivo ogni dannata volta in cui riusciva a riconoscere questo, James ci metteva del suo per squalificarsi?

Ultimamente, poi, si ritrovava ad essere spesso sola. Non le piaceva stare troppo attorno a James. La irritava il suo comportarsi come se nulla fosse successo, la sua spasmodica ricerca di una banale scusa per passare del tempo con lei. Non capiva che, stando così le cose, le loro lunghe chiacchierate erano solo ricordi di un tempo lontano?


Oh ma davvero preferisci gli Stones? Seriamente? Ma no, James! I Beatles! I Beatles!”

Le prime canzoni dei Fab Four sono solo canzonette, Lily.”

E' vero, ma lo facevano solo per avere abbastanza soldi da poter poi fare quello che più gli interessava.”

E ti sembra un buon motivo? Ridursi a scrittori di canzonette per fare soldi? Gli Stones questo non l'hanno mai fatto!”

Ma poi loro sono stati gli iniziatori del rock psichedelico! Senza di loro nemmeno i Pink Floyd che tu e Sirius siete andati a sentire Stafford in marzo non avrebbero fatto quello che fanno! Pensa a “Strawberry Field”, il primo pezzo di rock psichedelico della storia!”

"Ok, è vero, hai ragione su tutto: Sirius mi ha parlato del Mellotron, il campionatore di Strawberry Field. Ha cercato di spiegarmi tutto e forse ci ho anche capito qualcosa... Quello che intendo dire, Lily, è che non mi piace che per soldi si siano messi a scrivere canzonette. Tutto qui... Lily, ma mi stai ascoltando, almeno?"

In Penny Lane there's a barber showing photographs of every head he's had the pleasure to know and all the people that come and go stop and say hello... Scusa James, ma Diagon Alley mi fa venire in mente la Penny Lane in cui è cresciuto McCartney. La prima volta che ci sono venuta, ad undici anni, ricordo che mio padre la canticchiava...”



James, grazie.”

E di cosa?”

Di esserci. Esserci non è una cosa da poco...”

Oh Lily, smettila! Se ci sono è perchè mi va di esserci. Nessuno mi obbliga, ti pare?”

E' vero, però ci sei.”


James aveva detto che ci sarebbe stato. Lui forse era ancora disponibile ad esserci. Forse era lei a non volerlo, a non riuscire a tollerare la sua presenza.

Era sola, ancora; era sola, di nuovo.

Non che Sirius, Remus o Peter la evitassero, anzi, era lei ad evitare loro.

Perchè, poi? Faceva forse male pensare a qualcosa che avrebbe potuto essere, che era stato per un breve periodo e che si era dissolto? O forse era perchè, nonostante tutto, loro erano dalla parte di James e sempre lo sarebbero stati?

Lily pensò che avrebbe voluto anche lei avere qualcuno che fosse dalla sua parte, sempre e comunque. Mentre tirava fuori il libro di Antiche Rune, Lily, non si rendeva conto che, qualcuno che era dalla sua parte sempre e comunque ce l'aveva già. Era solo necessario incontrarsi; incontrarsi forse a metà strada.











“Facci sapere, Ramoso!” disse Peter, mentre lo vedeva alzarsi dalla panca.

“Facci sapere davvero, James.”puntualizzò Remus, dopo essersi pulito la bocca col tovagliolo.

“Ehi, rilassati! Quante volte siamo stati dal Preside?” ammiccò Sirius, facendogli l'occhiolino.

“A dopo, ragazzi.” li salutò James, senza una vena di spavalderia.

Uscì dalla Sala Grande, ripensando, per l'ennesima volta in quella giornata, a quanto avesse deciso.

Dare le dimissioni era la cosa migliore, mai avuto idee migliori.

Non era portato, non ne aveva la stoffa. Non era un compito per lui.

Non ci sapeva fare, in quel modo, con la gente. Come poteva portare rispetto e civiltà, quando in quelle riunioni non riusciva ad intervenire perchè stare a discutere sui festoni per Halloween gli pareva stupido e, quando interveniva, era solo per zittire in malo modo i Serpeverde?

Astio, disprezzo. Questo era quello che lui metteva nelle sue parole, le poche volte che apriva bocca. Lo infastidiva che che intralciassero e boicottassero il lavoro di Lily e degli altri. Lo infastidiva che insultassero Lily, eppure, non era in grado di intervenire, di far nulla.

Perchè avevano scelto lui? C'erano persone più adatte, c'era chi avrebbe potuto supportare il lavoro di Lily molto meglio di lui.

Dimissioni. Era la cosa migliore.

Arrivò davanti al gargoyle di pietra. Non sapeva quale fosse la parola d'ordine, aveva cercato di lavorare su Pix, ma quel malefico poltergeist gli aveva solo procurato una punizione con Lumacorno.

Fissò inebetito il gargoyle, dandosi dello sciocco, avrebbe potuto chiedere un colloquio, se solo ci avesse riflettuto a dovere.

Improvvisamente, il gargoyle si mosse, lasciando spazio alla scalinata.

James sorrise tra sé. Silente. Silente sapeva sempre tutto.

A grandi falcate salì le scale, ritrovandosi ben presto nello studio ovale del Preside, pieno di curiosi ammenicoli.

Professore...”

Oh James, buongiorno! Vuoi forse una Apefrizzola? Si dà il caso che me ne abbia portato un sacchetto fresco da Mielandia il mio caro amico Dedalus Lux.” il Preside allungò le caramelle a James che rifiutò scuotendo la testa.

Cosa ti porta qui, ragazzo mio?” domandò allora Silente, facendogli cenno di sedersi.

Vorrei rassegnare le mie dimissioni come Caposcuola.” James esordì senza giri di parole.

Silente annuì e si accarezzò la barba per qualche interminabile secondo. James avrebbe voluto sparire lontano. Avrebbe voluto alzarsi, ma sapeva di non poterlo fare.

Per quale motivo hai preso una decisione simile?” lo interrogò Silente, scrutandolo dalla profondità dei suoi occhi azzurri. James si sentì a disagio. Un nodo gli attorcigliò lo stomaco e, la voce che gli uscì dalle labbra, era tremante.

Perchè credo che questo incarico non spetti a me. C'è chi se lo merita e chi no. Io non me lo merito.” spiegò semplicemente.

Silente annuì ancora e nuovamente si carezzò la barba.

Capisco- rispose, aggiustandosi gli occhiali a mezzaluna- E chi sarebbe questo qualcuno che lo merita più di te?”

Remus, forse.” affermò James.

"Remus? Remus Lupin? Sinceramente, James, credo che il tuo amico Remus abbia ben altri fardelli, decisamente più pesanti da dover già sopportare. La professoressa McGranitt lo aveva scelto come Prefetto nella vana speranza che potesse tenere a freno l'esuberanza tua e del signor Black. Sono lieto di sapere, tuttavia, che non è per merito suo, se vi siete calmati. Avete fatto tutto da soli e, se non altro, la vostra presenza consente a Remus Lupin di conservare parte della sua ingenuità di ragazzo" sospirò il Preside.

James annuì, imbarazzato. Era vero, Remus aveva ben altri problemi, per la testa. Era la prima volta che Silente ne parlava con lui. Due anni prima, al termine di quella nottata, quella in cui per poco Piton non venne sbranato da Remus, il Preside aveva liquidato la questione con fare secco e duro, facendosi giurare che quella storia non avrebbe mai varcato le mura della stanza dei Malandrini.

Magari ci sarebbe anche qualche altro nome.”suggerì allora.

Silente lo guardò, senza parlare.

Sei proprio deciso ad abbandonare?”

Sì, signore”annuì James.

Silente sospirò.

Vedi James, se devo essere sincero la tu candidatura è stata osteggiata da gran parte della commissione, la stessa professoressa McGranitt non era poi così entusiasta dell'idea. Tuttavia, sebbene là fuori ci sia più di qualcuno che mi considera un vecchietto pieno di balzane trovate, voglio dirti che c'è un motivo per cui io stesso ti ho proposto. Lo stesso motivo che poi spinto il resto degli insegnanti ad approvare la mia intuizione.” confessò Silente, senza smettere di sorridere, mefistofelico.

James si irrigidì e il cuore iniziò a battere più forte.

Un motivo? Quale? Perchè dovrei essere scelto proprio io?” riuscì infine a dire.

Il Preside ridacchiò.

Devi trovarlo tu, questo motivo, James. Non sarò certo io a dirtelo. Non sei mai stato uno che si

tira indietro davanti alle difficoltà. Vuoi iniziare ora? Te ne pentiresti e poi sono più che sicuro che tu sappia di poter fare bene. Ho scelto te: sono fermamente convinto della mia decisione. Non mi rimangio assolutamente nulla. Adesso scusami, ma il ministro mi aspetta... Pertanto, che la Foruna ti assista, James Potter." Silente si alzò in piedi e tese la mano a James per congedarlo. James la strinse incontrando, per la prima volta durante quel colloquio, gli occhi del Preside, cui si era volontariamente sottratto.


DORMITORIO MASCHILE DI GRIFONDORO


Peter continuava ad alzarsi dal letto, a correre alla finestra e a ritornare a sedersi sul materasso.

Sirius aveva rinunciato ad apostrofare l'amico da almeno mezz'ora. Giaceva anche lui sul letto, apparentemente intento a ripassare la lezione di Incantesimi.

Non arrivano, Sirius, non arrivano!”esclamò Peter, dopo parecchi minuti di silenzio, fregandosi le mani, agitato.

Sirius fece finta di non sentire.

Non è che Remus ha fatto qualche sciocchezza, eh Sirius? Eh?”proseguì Peter, con vocetta stridula.

Oh, insomma, Sirius! Va bene che forse io esagero a preoccuparmi! Ma tu, tu che te ne stai lì, sembra che non te ne importi niente!” sbottò ancora, indisposto.

“Peter, dannazione! Certo che sono preoccupato, certo! Cosa credi? Credi che non me importi niente? Semplicemente non credo che stando alla finestra Remus comparirà! Ho fiducia nel buon senso di Remus, dopo quello che gli abbiamo detto questa mattina...”

“Sirius... non lo so, non lo so. Ho strane sensazioni addosso.” proseguì Peter, scuotendo la testa.

Sirius scattò in piedi e si posizionò davanti all'amico.

“Non dire più una cosa del genere! Non succederà niente, sarà tutto a posto. Remus...Remus sarà andato a schiarirsi le idee.” disse Sirius, volendo a tutti i costi darsi una spiegazione.

Peter annuì a fatica.

“Come sta la gamba?” sussurrò, a mezza voce.

“Si tira a campare, Codaliscia. Passerà. L'importante è altro.” rispose Sirius.

Due notti prima c'era stata la Luna Piena. Quel mese la stavano aspettando quasi con ansia. Persino Remus non sembrava essere troppo sofferente al pensiero dell'imminente trasformazione, anzi, tutti e quattro insieme continuavano a rievocare i momenti più belli, più esilaranti o più pericolosi dei mesi precedenti. Quell'estate erano riusciti a vedersi durante le notti di Luna Piena. Remus non era mai stato solo e anzi, tutti insieme avevano vissuto altre grandi avventure.

Per questo e per il fatto che erano ad Hogwarts per l'ultimo anno e per l'ultima volta, non vedevano l'ora di quella nuova Luna Piena.

Convinti com'erano ormai di avere la situazione perfettamente sotto controllo, avevano abbassato la guardia. Dopo la trasformazione, la creatura che prendeva il posto di Remus era stata attrata dal profumo della carne umana di una coppia di Corvonero, incurante del coprifuoco quanto i Malandrini.

Stavano passeggiando nel parco e, in un attimo, il lupo li avrebbe raggiunti e squarciati per placare la sua sete di sangue. Avrebbe potuto succedere di tutto, se Felpato non si fosse lanciato sul lupo, offrendogli il suo corpo in una lotta, vinta anche con l'aiuto del cervo, che spinse il mannaro lontano.

Tornato umano, Sirius portava sul polpaccio sinistro il segno del contatto. Sarebbe rimasta una grossa cicatrice, probabilmente. Nonostante le medicazioni immediatamente impartite in modo clandestino, i segni dei graffi sarebbero difficilmente andati via.

Il clima in cui i Malandrini si erano svegliati era tutt'altro che caldo e lieto. James, Sirius e Peter potevano appena immaginare cosa si affollasse nella testa di Remus.

La mente di tutti era corsa all'incidente con Piton.

Non erano pronti a che accadesse un'altra volta. Temevano che Remus impedisse loro di seguirlo per timore di far loro del male. Tuttavia erano ben consapevoli che, senza il loro intervento, avrebbe potuto accadere qualcosa di molto grave.

Nessuna notizia di James?” domandò Remus entrando all'improvviso nella stanza e rompendo il denso silenzio che si era creato.

Remus!”esclamò Peter

Va tutto bene, ragazzi. Davvero.” sorrise Remus, incontrando gli occhi degli amici.

Ho pensato-proseguì- che se non ci foste stati voi sarebbe successo. E allora, siateci. E' forse davvero meglio così. Se fosse una notte particolarmente brutta potrei sfondare le porte della Stamberga e fare Godric solo sa cosa. In questi anni la forza è aumentata, la sento, la sento maggiore e non si sa mai.” confessò Remus, a testa alta e senza vergogna, per la prima volta.

Stava chiedendo aiuto senza vergogna; per la prima volta.

Aveva preso in considerazione l'idea di vietare ai suoi amici di seguirlo. Era la cosa più sicura per loro. Però non poteva ignorare la forza del lupo che di mese in mese si accresceva. Avrebbe potuto succedere qualcosa. La presenza dei suoi amici riusciva a distoglierlo, riusciva ad allontanarlo da luoghi in cui avrebbe potuto accadere ciò che non poteva succedere.

Avrebbe potuto ferire loro, però, di contro. Cosa era meglio?

Remus, non sarà un problema. Ce la siamo sempre cavata.” disse Sirius, quasi intercettando i suoi pensieri.

Remus, tranquillo. Il mese prossimo possiamo provare a restare nella Stamberga o, al limite, non usciremo dai confini della foresta. L'importante è che tu non sia solo.” aggiunse coraggiosamente Peter, mentre Sirius annuiva, fiero e sorpreso del coraggio che il timido Codaliscia stava mostrando in quella situazione: Sirius non poteva essere tranquillo, era agitatissimo. Remus attraversava le fasi della colpa e James non sapeva dove voltare la testa. Codaliscia, invece, era quello che era riuscito a farsi prendere meno dal panico. Sirius incontrò lo sguardo di Remus e si sorrisero, pensando forse alla stessa cosa.

James non è ancora tornato?” chiese allora Remus.

No. Non ancora. Mi auguro che non faccia sciocchezze.” disse Sirius, ripensando alle ultime parole di Dorea. Gli aveva raccomandato di tener d'occhio il suo ragazzo e, forse, si disse, in quei mesi non aveva fatto altro che canzonarlo per quell'incarico, anziché sostenerlo e spronarlo come facevano Remus, Peter e come, a modo suo, faceva Lily. Forse, riflettè, con quel suo modo di fare aveva anche allontanato Lily.

Non le farà.”annunciò Codaliscia.

Lo so, non le farà.”proseguì.

Silente gli farà capire cosa deve fare.” concordò Remus.

Ma voi siete contenti della nomina? Voglio dire... bho... non lo so...Avete capito che intendo?” chiese Sirius, gesticolando furiosamente.

E' stato strano.” ammise Peter che però, in cuor suo, pensando a quanto James facesse per lui, non poteva che concordare.

Sì, è stato strano. Molto anche. Chissà, forse era solo un modo per tenerci d'occhio. O per farci guardare dove ancora abbiamo visto.”spiegò Remus.

Non sono bei tempi, Remus. In questi giorni.. in questi giorni pensavo a quanto ci aveva detto Fiorenzo, ricordate ragazzi?” sussurrò Sirius, con un tono di voce serio e grave, che raramente gli avevano sentito usare.

Peter annuì a testa bassa.

Tu hai scelto, giovane Potter, e questa scelta ti condizionerà per il resto della vita. Condizionerà tutti quanti.” Remus ripeté le parole del centauro, lasciando calare un silenzio tombale. Non riusciva a scordarle, quelle parole.

Dite che questo, che questo c'entra anche ora?”pigolò Peter.

Forse.” Remus scosse le spalle nel dirlo, temeva una risposta affermativa.

Sirius conosceva l'arte divinatoria dei centauri. Loro leggevano i segni. Coglievano segnali che all'uomo non si decifravano.

Comincia da ora.” sussurrò a sua volta.




Lily si stava divincolandosi a metà tra il sonno e la veglia da troppo tempo, ormai.

Era buio, buio. Ancora buio.

Aprì gli occhi, iniziando quasi a tremare. Gli occhi le si riempirono di lacrime, che presto iniziarono a scorrerle sulle gote. Non voleva singhiozzare, non voleva svegliare le sue compagne.

Voleva starsene da sola, voleva piangere, se doveva, ma in solitudine. Senza suscitare la pietà e la commozione di nessuno.

Scese dal letto e a piedi scalzi raggiunse la porta. Cercò di aprirla senza fare rumore, mentre già Mary si rigirava nel letto.

Richiuse di scatto la porta di legno, poggiando subito il piede sullo scalino di pietra. Ogni gradino le sembrava via via più freddo dell'altro. Lily pensò che le stesse facendo bene, le pareva di acquistare un contatto maggiore con la realtà, lontana dai suoi incubi. Non più Severus, non più. Stava svanendo, piano piano.

Adesso, adesso aveva così paura di essere sbagliata. Insicurezza, tensione, solitudine. Tutto insieme.

Non riusciva a definire...insomma, credeva che la sua vita stesse, finalmente, per prendere una piega normale. Perchè allora stava così? Perchè?

Aveva paura che tornasse il buio. Temeva che tornasse, temeva di ricascarci.

Non esisteva un fondo da toccare per poter risalire. Si poteva solo sprofondare sempre di più, a meno che non ci fosse una mano a cui aggrapparsi saldamente.

La Sala Comune era lì, con le ceneri del camino acceso per le prime volte. E, di colpo, la razionalità che l'aveva accompagnata per i primi secondi della sua discesa, venne meno.

Lily, quasi carponi, raggiunse quello stesso camino spento, come se cercasse lì una luce.

I singhiozzi iniziarono a venire, misti ai ricordi e alle voci che popolavano la sua testa.









James era stato fuori tutta la sera. Non erano tornato dai suoi amici, non si era nemmeno premurato di pensare che forse potessero essere preoccupati per lui, non avendolo visto rientrare.

Non gli era passato per la mente che essi potessero essere ancora svegli, a mezzanotte passata, ad aspettarlo sul letto. Non aveva nemmeno considerato che, avendo con sé la Mappa del Malandrino, nessuno di loro potesse sapere dove lui fosse.

O forse, semplicemente, non gliene importava più di tanto.

James non aveva rimosso i fatti di due notti prima, come magari, malamente, avrebbe potuto pensare qualcuno dei Malandrini. Semplicemente, voleva starsene da solo.

Silente gli aveva detto di trovare la ragione. Lui in quelle ore aveva trovato solo ragioni per lasciar perdere tutto.

Rientrare al dormitorio era per lui una sconfitta: significava dover, in un certo senso, rifare i conti con quel mondo che aveva cercato di rimuovere.

Come se non bastasse, James, era consapevole che i suoi amici non gliela avrebbero fatta passare liscia. Non avrebbe potuto ficcarsi sotto le coperte a cercare il sonno. Avrebbe dovuto passare prima da una serie infinita di domande a raffica.

Maledizione!” imprecò. Una cosa via l'altra, senza dargli tregua. E la promessa niente grane da mantenere a tutti i costi.

Entrò in Sala Comune a passi lenti, come per trovare un motivo che gli facesse ritardare la salita.

Fu questione di un attimo l'intravedere nel chiaroscuro la sagoma di Lily, raggomitolata su se stessa.

La raggiunse immediatamente, accucciandosi accanto a lei, posandole una mano sul ginocchio.

“Lily... cosa fai qui?”

Lily alzò la testa, guardandolo coi suoi grandi occhi verdi.

“Ho freddo.” sussurrò

“E nel tuo letto non fa forse più caldo?” le disse James, aprendosi in un sorriso. Non gli sfuggirono gli occhi rossi.

“No, lì è solo buio.”Lily scosse la testa

“Hai avuto un incubo?”

Lei annuì.

“Vuoi parlarne?”

“No, James. Non voglio ripensarci.” negò, decisa.

“Com'era, Lily?” chiese ugualmente James

“Buio.” disse lei, semplicemente

“Ma adesso c'è la luce, vedi?C'è la luce del camino...Adesso va tutto bene.” James puntò la bacchetta contro le ceneri del camino, accendendo un fuoco scoppiettante, poi la strinse in un abbraccio.

“Davvero?”

“Sì, tesoro mio. Adesso va tutto bene. Adesso ci sono io.”

“Davvero va tutto bene?” domandò ancora Lily.

“Sì, Lily, te lo prometto.” fu la risposta decisa di James.

Lily, allora, si tranquillizzò. Appoggiò la testa sulla spalla di James e lo strinse forte.

Un piccolo sorriso e un bacio sulla fronte.




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Capitolo 29
*** Capitolo Ventisettesimo ***





Let him know that you know best
Cause after all you do know best
Try to slip past his defense
Without granting innocence
Lay down a list of what is wrong
The things you've told him all along
And pray to God he hears you
And pray to God he hears you*

-The Fray, How to Save a Life-


Fagli sapere che tu lo conosci meglio di chiunque altro
perché, in fin dei conti, lo conosci davvero meglio
cerca di infiltrarti tra le sue difese
senza concedergli l'innocenza
stendi una lista di cosa è sbagliato
le cose che gli hai sempre detto
e prega Dio che lui ti stia a sentire
e prega Dio che lui ti stia a sentire







Quella notte, alla fine, Lily non aveva chiuso occhio. Ma non per gli incubi.

Dopo le lacrime, erano arrivati i sorrisi e le chiacchiere, che avevano lo sguardo sereno di James Potter.

E si era fatto mattino.

Nessuno dei due si lamentò del mancato sonno e delle lezioni incombenti, no, sorridendo erano corsi in camera a prendere le borse, mormorandosi a vicenda “Ho bisogno di tanti caffè.”

Dopo quella notte buia, era tornata la luce.

Lily non aveva più pianto. Non aveva più pensato al buio. C'era James, adesso.

“Ehi, Lils, me lo lasci James almeno oggi pomeriggio o tra te e il Quidditch mi conviene prendere appuntamento?” scherzò Sirius, all'uscita dalla lezione di Incantesimi.

“Oggi sono tutto tuo, mio caro Felpato...almeno fino alla riunione coi Prefetti.” rispose James.

Non aveva mai rivelato a nessuno cosa fosse emerso dal suo incontro con Silente. Non avrebbe sopportato le parole dei suoi amici e nemmeno l'espressione di Lily: proprio ora che lei stava riacquistando fiducia in lui, non aveva il coraggio di confessarle che aveva pensato di mollare.

Era per lei che aveva scelto di andare avanti, di provare ad essere un Caposcuola migliore.

Era consapevole che ci fossero candidati migliori per quel ruolo, ma aveva deciso di provarci. Se, in capo a qualche mese si fosse reso conto che proprio non faceva per lui, allora sarebbe tornato da Silente ma, per il momento, avrebbe tenuto duro.

In fondo, essere Caposcuola poteva avere i suoi lati positivi, si ripeteva.

“Oh no! E io che pensavo che potessimo fare qualcosa insieme!” esclamò Sirius, ridacchiando.

“Da quando in qua voi due fate qualcosa insieme?” domandò Lily mentre Peter ridacchiava sommessamente e Remus scuoteva la testa, pronto però ad intervenire piccatamente.

“Lils carissima, io e Jamie facciamo sempre tante cose insieme!” le rispose Sirius.

“E sapessi che cose!” aggiunse James, ridendo.

“E' un problema se ci aggiungessimo anche io e Remus alle vostre cose?” intervenne Peter

“Perchè no, Codaliscia, in fondo faremmo un po' quel che si usa tra i Babbani da un po' di tempo a questa parte con quella loro Beat Generation...”spiegò Sirius, confondendosi un po'.

“Uhm... interessante, direi. Tuttavia preferirei fare cose di altro genere: credo che i Babbani non si limitino a studiare come dovremo fare noi oggi pomeriggio, ragazzi. E inoltre, preferisco compagni d'altro genere.” precisò Remus.

“Comunque”- Lily cambiò discorso, incerta sul risultato che avrebbe preso quella conversazione, che lei aveva immediatamente etichettato come “da maschi”.- “Vi regalo James per tutto il giorno, almeno fino a questa sera alle otto e mezza. Fatene quel che volete...io penso che ne approfitterò per scrivere a casa e magari andare a trovare Hagrid. E comunque, Sirius, sarebbe il caso che andassi a farti vedere da Madama Chips: stai continuando a zoppicare da due settimane. Magari è una cosa seria, cadere da una scopa è pericoloso.” Lily osservò la gamba di Sirius increspando le labbra.

“Lils, vedrai che non è niente di grave.” si schernì Sirius.

“Davvero, Lily, sapessi quante volte Sirius è caduto dalla scopa!” esclamò Peter.

“Io sono spesso caduto, ma ho sempre avuto traumi più gravi rispetto ad una semplice gamba rotta. Sirius non ha niente.” aggiunse James.

“Remus, per favore, almeno tu. Convincilo a farsi vedere. Sono preoccupata.” Lily si rivolse a Remus, l'unico rimasto in silenzio.

Remus le sorrise: “Stai tranquilla.”

Lily li fissò uno ad uno prima di andarsene con addosso la strana sensazione che ci fosse qualcosa che non volessero dirle.



I Malandrini avevano abbandonando ogni progetto per la giornata per chiudersi in camera. Ciascuno stava seduto sul suo letto, con l'unica eccezione di Sirius, appollaiato sul davanzale.

“Io penso che lo potremmo dire a Lily. Di lei ci possiamo fidare.” disse James.

Sirius lo guardò in tralice.

“Ma deve decidere Remus.” si affrettò a precisare James.

“Qui non si tratta di mettere in discussione Lily. So che lei è a posto. Però non spetta a noi decidere, ma a Remus.” disse Sirius.

“Remus?” Peter, seduto a gambe incrociate, si sporse verso l'amico, sdraiato sul letto di fronte.

“Non so, ragazzi... sinceramente non so. So che di Lily ci si può fidare. Lei è dalla nostra parte. E so anche che non si spaventerà... però... non lo so. So anche che non è una stupida. Arriverà a fare due più due. Se non l'ha capito in tutti questi anni è stato perchè non ha vissuto a stretto contatto con me...Altrimenti sarebbe successo come con voi.”

“Devi decidere tu, Remus. Non sei obbligato a dirglielo.”

“Lo so, lo so...ma vedete... non possiamo tenerglielo nascosto per sempre, vi pare? Voglio dire, la gamba di Sirius ora, il braccio di James qualche mese fa, i continui richiami a farci vedere da Madama Chips...Penso che dovremmo dirglielo. Lo potrebbe capire da sola e, se così fosse, ci odierebbe per non averla informata.”

“Remus, non devi dirglielo solo perchè temi la sua reazione!” esclamò Sirius.

“Lily non ci perdonerebbe mai. E' come se avessimo tradito la sua fiducia. La destabilizzerebbe troppo.” aggiunse James.

“Qui non si tratta di Lily, James. Si tratta di Remus. Solo di lui. Ti spiacerebbe escludere Lily da una conversazione per una volta?” Sirius lo interruppe, irritato.

“Basta. Volete smetterla, tra tutti e due? Volete piantarla di essere sempre protagonisti? Per una dannata volta si tratta di qualcosa che riguarda solo me. Solo me. Quindi, dopo aver ascoltato i vostri rispettivi pareri, vorrei poter decidere da solo… Senza ritrovarmi qui a guardarvi scegliere al posto mio.” Remus, seccato, si alzò dal letto e andò a controllare che la porta fosse ben chiusa.

“Remus, loro non volevano…” bisbigliò Peter, beccandosi un’occhiataccia in risposta.

James fissava il copriletto del suo letto, quasi trovasse tremendamente interessante la trama del ricamo con lo stemma di Grifondoro e Sirius osservava il Parco fuori dalla finestra, fino a quando, nervosamente, si alzò e andò verso la porta e, senza dire niente, la richiuse dietro di sé.

Remus guardava la scena quasi fosse uno spettatore estraneo, seccato dall’ennesima uscita ad effetto che Sirius pareva sempre voler fare.

James si alzò in piedi e bofonchiò qualcosa a proposito di una riunione coi Prefetti prima di uscire dalla stanza.

Peter rimase a fissar Remus per qualche altro minuto

“Remus… loro, loro sono così, lo sai. Non l’hanno detto con cattiveria.”

“Peter, loro non dicono mai le cose con cattiveria… semplicemente spesso sembra che ogni cosa li riguardi. Anche quando sono affari loro solo parzialmente.” Sentenziò Remus

“Rem… non è così. Noi vogliamo aiutarti.” Sussurrò Peter

“Bè, questa volta non voglio il vostro aiuto. Voglio pensarci da me.”

Peter si sentì cacciato via, quindi, discretamente e con la maggior dignità possibile tirò fuori dal comodino i suoi Scacchi Magici ed uscì, abbandonando Remus a se stesso.

“Maledizione!” imprecò Remus, non appena sentì la porta richiudersi dietro alle spalle di Peter.

Non era arrabbiato coi suoi amici, non davvero perlomeno.

Era semplicemente innervosito dal fatto che tutti, da Silente, a sua madre ai suoi amici sembrassero, o volessero mostrarsi in grado, di gestire la sua licantropia meglio di lui.

Quasi che a sentirsi squarciare il corpo e lacerare la mente ogni mese fossero loro e non lui.

Sembravano sempre più padroni della situazione di lui.

Non era così sciocco da credere che James avesse torto: sapeva perfettamente che Lily doveva essere informata e sapeva anche che con lei il loro segreto sarebbe stato al sicuro.

Lily era sua amica e doveva sapere. Doveva sapere perchè era giusto così. Se l'era ripromesso, Remus, di non commettere più lo stesso errore.

Si era ripromesso che sarebbe stato sincero con tutte le persone che in futuro fossero entrate in stretta confidenza con lui.

L'aveva promesso e così sarebbe stato, semplicemente erano affari suoi. Affari suoi e basta.

Doveva decidere lui.

E aveva promesso che sarebbe stato sincero.

L'aveva promesso tanti anni prima, quando era stato costretto a raccontare ai suoi amici la verità.


Maggio 1971

La luna piena quella volta l'aveva spossato più del solito. I dolori e i disturbi che la precedevano l'avevano costretto a letto già un paio di giorni prima ed un paio di volte aveva rimesso l'anima.

Madama Chips aveva insistito per tenerlo in osservazione anche un paio di giorni dopo la Luna Piena, sebbene il recupero fosse stato immediato e Remus non vedeva l'ora di tornare alla sua vita, alle sue lezioni, alla sua stanza, alle sue cose, ai suoi amici.

Quando, finalmente, potè lasciare l'Infermeria il suo unico desiderio era fare quattro chiacchiere coi suoi amici e tornare alla normalità. Era corso in Sala Comune alla ricerca dei suoi amici che avrebbero dovuto trovarsi lì a studiare o a fare altro e fu sorpreso di non trovarli: pensò che magari erano in Biblioteca a studiare e pensò di passare in camera a prendere i suoi libri per raggiungerli e farsi spiegare cosa avevano fatto in quei giorni a lezione. Non li vedeva da prima di andare in Infermeria, da quasi cinque giorni ormai. Era stato così male da dover andare in Infermeria senza inventare scuse a proposito della malattia della madre o qualche altra fandonia: era più che evidente che stesse male ed avesse bisogno di cure. Non aveva più avuto occasione di vederli, Madama Chips li aveva cacciati via, ritenendolo troppo indisposto per ricevere visite.

Remus aprì la porta della stanza che condivideva con James, Sirius e Peter convinto di non trovarci nessuno, invece Sirius stava appollaiato sul davanzale della finestra, Peter sedeva a gambe incrociate sul letto e James era sdraiato sul suo letto, quello vicino alla finestra di Sirius.

Nessuno di loro parlò quando Remus entrò nella stanza.

Ragazzi!”esclamò Remus “Sono proprio contento di essere tornato, non ne potevo più di stare in Infermeria!”

Come stai ora Remus?” domandò Peter offrendogli del cioccolato che Remus riconobbe come il proprio. Nel prenderlo, Remus non fece caso alle occhiate che James e Sirius avevano appena lanciato a Peter, il quale si era limitato ad alzare le spalle.

Adesso va meglio, davvero. Voi come state? Cosa avete fatto questi giorni a scuola? Pensavo foste in biblioteca...” disse Remus, incredulo di fronte a quel silenzio che lui stava cercando di riempire.

Remus, cosa hai fatto sulla guancia?” chiese Sirius, indicando il taglio che Remus si era procurato durante la trasformazione.

Qui?- Remus si toccò la guancia- Oh mi sarò graffiato. Adesso... adesso cosa ne dite di spiegarmi cosa è stato fatto? Gli esami sono vicini, ho fatto molte assenze e non voglio restare indietro...”disse, nel tentativo di distrarli.

Remus falla finita.”intervenne James, rimasto zitto fino a quel momento.

Remus impallidì: che avessero capito qualcosa? Non era possibile, non potevano aver capito! Ogni volta c'era una motivazione più che valida a giustificare il suo allontanamento: la malattia di sua madre, i suoi frequenti malanni, l'allergia... Non potevano aver capito qualcosa!

E poi, per Godric, erano amici da pochi mesi: è vero, condividevano la stanza da settembre ma era solo dal mese di Dicembre che avevano fatto amicizia; per la precisione da quella volta in cui avevano messo un pacco di Caccabombe nell'ufficio di Gazza e, inseguiti dal custode, certo di aver individuato i responsabili, avevano trovato in Remus colui che giurò di essere stato in Biblioteca con loro a svolgere la ricerca di Pozioni.

C'è qualcosa che non va, James?” si sfozò di dire Remus, dopo qualche istante di silenzio.

Remus, perchè non ce l'hai detto?” gli chiese James, gli chiese James, serio come non l'aveva mai visto.

Detto cosa?” Remus proseguì nel fare lo gnorri, incredulo. Non potevano aver capito. Certo, non erano stupidi e, da quanto aveva capito a Sirius erano state impartite a casa severe le lezioni Astronomia, ma non potevano aver capito. Non era possibile.

Che sei un Lupo Mannaro.” completò Sirius, al posto suo, mentre Peter sobbalzava sul letto solo al sentire la parola “Lupo Mannaro.”

Remus sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene: non era preparato all'eventualità che qualcuno lo potesse scoprire. Non era contemplato nel piano ideato da Silente per permettergli di subire la sua trasformazione senza creare pericolo ai compagni.

Sua madre era terrorizzata al pensiero che qualcuno lo potesse scoprire, per pagargli tutti gli accertamenti medici del caso avevano speso una fortuna, contattato tutti gli specialisti... Se si fosse venuto a sapere, era probabile che i suoi genitori avrebbero perso il lavoro...

Non potevano aver capito... c'erano troppi dettagli da cogliere, bisognava mettere in relazione i suoi malesseri con la fine del ciclo lunare e poi graffi e capire che le sue erano solo scuse... Troppi dettagli da mettere in fila... Non era possibile che capissero, non potevano.

Ragazzi...”provò a dire, sorridendo nervosamente- “Cos'è questo scherzo...Non è divertente. Perchè siete così seri?”

Remus, noi non stiamo affatto scherzando.” precisò James, scendendo dal letto ed avvicinandosi a lui con un fare che Remus giudicò minaccioso.

Remus rise ancora una volta, nervosamente.

James...”

Remus, la verità... ormai la conosciamo.” disse Sirius.

Remus, a noi puoi dirlo.”James lasciò che i suoi occhi nocciola incontrassero quelli ambrati dell'amico. Lì per lì la cosa inquietò un poco Remus che, negli anni, avrebbe imparato che quegli occhi quando fissavano qualcuno a quel modo stavano semplicemente dicendo “Di me puoi fidarti. Io ci sono”.

Peter annuì con la testa: sì, a loro avrebbe potuto rivelare la verità, per quanto spaventosa fosse. Lui, che neanche voleva crederci di fronte ai sospetti di James e Sirius prima e alle prove empiriche che avevano trovato poi. Lui che continuava a vedersi davanti solo e soltanto Remus ancora stentava a crederci. Non trovava la cosa neanche lontanamente affascinante come James o Sirius che, pur nella tragicità della faccenda, riuscivano a cogliere il lato interessante. No, lui lo trovava solo spaventoso.

Ma lì davanti c'era Remus, solo e soltanto il suo amico Remus e, sebbene Peter fosse conscio che non avrebbe mai rivelato a nessuno (soprattutto ai suoi genitori) la vera natura del suo compagno di scuola, non riusciva proprio a trovare il tutto affascinante. Era spaventoso. Era spaventoso che Remus fosse un Lupo Mannaro anche se, in fondo, come aveva detto James non cambiava nulla. Remus restava sempre Remus. Anche se forse era un pizzico più spaventoso di prima.

Ragazzi...”

Remus, sappiamo che sei un Lupo Mannaro!” esclamò Sirius

A quel punto Remus non capì più niente. Nulla. Non seppe mai spiegare cosa lo portò a voltarsi indietro e a scappare via.

Corse, corse giù dalle scale, travolse un paio di studenti che rientravano in Sala Comune, corse giù dalla Torre di Grifondoro, giù dalle scale principali, fuori nel Parco.

Corse sino al Platano Picchiatore. Lì si fermò e lasciò che le ginocchia gli cedettero ed iniziò a piangere.

Pianse di paura e pianse di rabbia. Nessuno venne a consolarlo, nessuno venne a consigliarlo.


La portà cigolò, distogliendo Remus dai suoi ricordi. Ne entrò Sirius, con in viso un'espressione scura.

“Remus, l'ho visto... Stavano parlando di una riunione e Avery si toccava il braccio. Ha il marchio, ne sono certo.” Sirius camminava per la stanza, nervoso.

Remus non ebbe bisogno di chiedere di chi stesse parlando, l'implicito soggetto era Regulus Black.

Avery il Marchio Nero? Era realmente possibile? Se davvero ad Hogwarts qualcuno si stava facendo tatuare il Marchio Nero, la situazione era più grave del previsto.

“Dirò tutto a Lily.” disse. Se il mondo stava andando a scatafascio, almeno il loro mondo avrebbe dovuto restare integro.

Sirius sorrise appena, poi si buttò sul letto.



Buonasera a tutti,

è passato molto tempo e non so se vi ricordate ancora di questa storia... nel caso in cui l'abbiate tenuta a mente, ecco qui un nuovo capitolo.

Vorrei scusarmi per il ritardo, ma anche ringraziarvi perchè di tanto in tanto, quando l'ispirazione non veniva e quando gli impegni erano troppo gravosi rileggevo le vostre recensioni che mi hanno dato la voglia di andare avanti.

E' per voi.

Grazie di tutto.

jomarch

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Capitolo 30
*** Ventottesimo Capitolo ***


CAPITOLO VENTOTTESIMO


Love that will not betray you,
dismay or enslave you,
It will set you free
Be more like the man
you were made to be.
There is a design,
An alignment to cry,
At my heart you see,
The beauty of love
as it was made to be
*


-Sigh no more, Mumford & Son-


* L'amore che non ti tradirà,

che non ti scoraggerà o schiavizzerà,

Ti renderà libero

Sii più simile all'uomo che sei

destinato ad essere.

C'è un progetto,

un tracciato da urlare,

E nel mio cuore tu vedi

la bellezza dell'amore,

così come è stato creato per essere”



Fine Ottobre 1977

“James! Già qui?” Lily era nell'aula che usavano per le riunioni coi Prefetti già da mezz'ora: voleva controllare che fossero giunti tutti i moduli con le richieste di corsi di recupero e quelli degli studenti che si offrivano come tutor. Che lavoraccio! Si ricordava che Gabriel, il Caposcuola dell'anno prima, si era più volte lamentato di quanto fosse lungo e noioso cercare di organizzare quei corsi di recupero. A causa del maggior impegno richiesto agli insegnanti nel sorvegliare la scuola era il secondo anno che quel compito era stato delegato ai Prefetti, che dovevano raccogliere i moduli nelle loro Case e rispettive annate, ed ai Caposcuola che avrebbero dovuto organizzare il tutto.

Scartabellando tra le cartelle che aveva ordinato, notò che da Tassorosso mancavano le richieste per il quarto anno: che fossero tutte giovani menti brillanti? Si appuntò sulla pergamena di chiedere a Tiffany Hossas.

Sbuffò. Detestava i lavori da burocrati annoiati. Senza contare di avere sempre il terrore di dimenticare qualcosa... sorrise pensando che la McGranitt però era parsa sollevata sapendo che se ne sarebbe occupata lei soltanto, senza l'aiuto di James. Povero James, dopo quel faticoso ed irritante inizio in salita si stava impegnando molto. Aveva iniziato a prendere il compito con serietà, si era offerto di pensare interamente alla festa di Halloween, lasciando Lily libera di occuparsi dei suoi moduli per i corsi di recupero.

Lily si chiedeva come riuscisse a stare dietro a tutto: la scuola, il Quidditch, le riunioni... lei faticava a conciliare studio e riunioni, figurarsi James con anche il Quidditch! Ma probabilmente era solo questione di organizzazione e lei, del tutto incapace di rispettare gli orari che si dava, faticava per quel motivo. Forse non era semplicemente abituata, James invece negli anni aveva imparato ad incastrare la scuola col Quidditch...

Era felice di aver ritrovato James. Era bello sapere che in qualsiasi momento della giornata lui sarebbe stato lì per ascoltarla, per farla ridere, per farle alzare gli occhi al cielo e dire “Oh James!”

E adesso James Potter il Malandrino era lì in piedi davanti a lei, arrivato con anticipo alla riunione coi Prefetti.

“Non sapevo cosa fare, quindi eccomi qui!” le sorrise, distrattamente.

“Oh... ma da come parlava stamattina Sirius pareva piuttosto impaziente di trascorrere un po' di tempo con te. Su quali vie della perdizione avete viaggiato oggi pomeriggio?” lo stuzzicò Lily, abbandonando ben volentieri quelle scartoffie.

“Sapessi!”le rispose James. Non aveva voglia di parlare a Lily della discussione coi suoi amici. Sarebbe stato costretto a rivelarle anche il motivo e non poteva permetterselo.

“James... va tutto bene?” gli chiese, notando lo sguardo assente.

“Certo! Tutto a posto! Allora, come va l'organizzazione dei corsi di recupero?” James sviò il discorso e prese a leggere gli appunti di Lily come se sapere quale percentuale chiedesse un recupero in Aritmanzia fosse la cosa più interessante che ci fosse.

“Ho appena notato che mi mancano i moduli del quarto anno di Tassorosso, considerando che dubito che siano tutti delle giovani menti brillanti dovrò chiedere a Tiffany Hossas che fine hanno fatto... per il resto penso di poter portare tutto ben ordinato alla McGranitt mercoledì.”gli spiegò Lily, mostrandogli i suoi appunti.

“Capito. Fortuna che te ne stai occupando tu, Lily, io penso che avrei cercato tutti i passatempi più inutili, pur di procrastinare... Tutto bene oggi pomeriggio?”

“Oh bè, anch'io mi sono un po' persa in attività d'altro genere pur di non continuare...”Lily prese il pacco di fogli di pergamena e se li infilò nella borsa, ne cadde un foglio di carta da lettera.

Lily impallidì vedendolo toccare il pavimento e si affannò a raccoglierlo, prima che James lo facesse al posto suo.

James notò la fretta e la premura che Lily mise nel tirare su dal pavimento e riporre nella sua borsa quella lettera e non riuscì a trattenersi dal chiederle se andava tutto bene.

“Sì, James. Stai tranquillo... è solo una lettera da casa.” Lily sorrise a mezza bocca.

“Va tutto bene a casa?” James si morse la lingua subito dopo aver parlato: sapeva che Lily aveva dei problemi con sua sorella, lei gli aveva accennato qualcosa, senza però mai entrare nel dettaglio. Non aveva mai fatto ulteriori domande perchè gli sembrava che Lily volesse evitare l'argomento.

“Oh il solito, sai... Il lavoro di papà sta avendo qualche problema per via degli scioperi delle Trade Unions, mamma è un po' preoccupata...qualche notizia su mia sorella...sai, mamma mi ha scritto che le cose col suo fidanzato, Vernon, si stanno facendo serie...In fondo Petunia ha sei anni in più di me...Scusami, non so perchè ti sto dicendo tutte queste cose. Non ti interessano di certo!” Lily abbozzò un sorriso, ben sapendo in realtà il motivo per cui volesse raccontare tutto a James. Aveva voglia di parlare con qualcuno, con qualcuno che le dicesse che non era pazza, che non era un mostro e che sua sorella sbagliava ad averla tirata fuori dalla sua vita in quel modo.

Lily ci sperava ancora, in realtà. Sperava ancora che Petunia tornasse la sua cara sorella maggiore, la sua migliore compagna di giochi...adesso che anche lei stava crescendo, poi, avrebbero potuto avere più cose in comune e quei sei anni non sarebbero stati troppi. Avrebbero potuto fare compere insieme, andare al cinema o a teatro, a loro piaceva tanto il teatro quando erano piccole, o scambiarsi pettegolezzi...

“A me interessano queste cose, se ti andasse di raccontarmele.”le disse James,seriamente.

Lily si riscosse dal suo sogno ad occhi aperti e lo guardò negli occhi.

“Grazie. Ma magari un 'altra volta...magari una volta in cui non abbiamo i Prefetti da aspettare. Dai, aiutami a spostare quei tavoli...così possiamo stare più vicini e la riunione sarà meno formale.”

James obbedì, continuando a guardare Lily di sottecchi.


“La professoressa McGranitt mi ha consegnato questa mattina il calendario con le visite ad Hogsmeade previste per il mese prossimo” disse Lily, indicando la pergamena che aveva appoggiato alla scrivania.

“Tanto sicuramente Greekholder penserà bene di sorprenderci con uno dei suoi “Ferroignique” il lunedì dopo!” ridacchiò Steve Hopkins, prefetto di Corvonero, riferendosi alle tremende verifiche a sorpresa con cui il professore di Antiche Rune amava terrorizzare i suoi studenti marchiando il loro livello di autostima “col ferro e col fuoco”.

“Oh bè, quello è sicuro...però insomma, visto che siamo sempre chiusi qui dentro, Greekholder potrebbe anche a andare a farsi mordere dagli Avvincini!” esclamò il Prefetto di Grifondoro del quarto anno.

“Intanto io ve lo lascio qui...appuntatevi le date ed appendetele in bacheca nella Sala Comune della vostra Casa: la prima dovrebbe essere sabato 5 Novembre e la seconda domenica 20...se non erro.” disse Lily, sbirciando dalla pergamena che aveva appoggiato in fondo alla cattedra.

“Volevo dirvi poi che sto per consegnare alla McGranitt le richieste di chi avrebbe bisogno di corsi di recupero e quelle di chi vorrebbe offrirsi come tutor. Le vorrebbe avere entro settimana prossima e ancora mi mancano i moduli del quarto anno di Tassorosso. E' tutto a posto, Tiffany?”domandò poi a Tiffany Hossas.

“Scusatemi, scusatemi, davvero.. E' che l'altra volta dopo la riunione sono stata un paio di giorni in Infermeria e non ho detto a Paul dove li avevo messi, così li ho consegnati solo l'altro ieri e ho pensato di lasciare comunque i sei giorni prima della consegna. Mi dispiace, davvero, scusatemi...” Tiffany Hossas era diventata paonazza e faticava a trovare ancora nuove parole di scusa.

“E' tutto a posto, Tiffany. Va bene così, non fa niente. Ce la facciamo a consegnare tutto per mercoledì. Non ti preoccupare.” James le sorrise.

“Mi dispiace così tanto!” esclamò ancora lei.

“E' tutto a posto, Tiffany, davvero.” la rassicurò Lily.

“Te li faccio avere appena possibile, Lily, promesso!”giurò Tiffany, ancora rossa di vergogna.

Dall'ultima fila, notò James, Avery e Ursula McNair ridacchiare sillabando la parola “Sanguesporco”. Strinse i pugni, imponendosi di evitare sceneggiate.

Intanto la voce di Lily stava ricordando ai Prefetti di rivolgersi a lui per l'organizzazione della festa di Halloween.

“Sì, dunque...-intervenne, senza aver capito bene da dove partiva il discorso- come ogni anno i Professori richiedono il nostro aiuto per l'addobbo della Sala Grande... mi occuperò io di dirigere il tutto...insomma, lo faremo tutti insieme, ma dato che Lily sta mettendo a posto i moduli dei corsi di recupero, alla festa di Halloween penserò io.”

“Quindi chi volesse occuparsi delle decorazioni Halloween o di organizzare gli intrattenimenti per la serata parli direttamente con James.”aggiunse Lily.

“Non sentitevi obbligati a partecipare...abbiamo già così tanto da fare con la scuola!Però chiaramente più siamo meglio è...finiremo prima e la McGranitt ci ha lasciato carta bianca nell'organizzazione della festa...nei limiti della decenza, ovviamente.” puntualizzò ancora Lily.

“Sentite...io sto perdendo così il mio tempo per dar retta ad una Sanguesporco che mi parla di quella stupida festa di Halloween e di quanto è importante dar ripetizioni ai Mezzosangue del primo anno?Evans, facci un favore...la prossima volta pensaci da sola...”puntualizzò Ursula McNair con voce seccata, guadagnando segnali d'assenso dai suoi compagni.

“Smettetela. Io credo che Lily ci stia offrendo una possibilità. Una possibilità di costruire qualcosa mentre là fuori si sta distruggendo tutto. Penso, penso che sia anche da qui che ci possiamo rendere utili. Quella è la porta. Se c'è qualcuno che si ritiene troppo grande o troppo impegnato o troppo qualcos'altro per appendere festoni ed incantare zucche, può benissimo uscire.” James non urlò nel parlare. Non mostrò di essere seccato. Si limitò a dire quello che pensava, provocando il silenzio attorno a lui.

“Potter, non eri tu quello che fino a un paio di settimane fa riteneva ridicolo tutto questo? La tua SangueSporco ti ha fatto cambiare idea?”ridacchiò Avery, alzandosi in piedi.

“Avery, fuori.”replicò James.

“Non puoi cacciarmi, Potter.”

“Posso eccome. Fuori. Ho detto fuori, Avery. Fuori tu e chiunque la pensi come te. Siamo qui per lavorare. E lavorare, oggi come oggi, significa anche opporre rispetto, collaborazione e tolleranza al disprezzo. Se avete voglia di lavorare, restate. Se pensate che organizzare la festa di Halloween sia inutile, potete anche uscire.” ribadì deciso James, fissando con sguardo gelido Avery, la sua compagna e Theodore Bulstrode, il Prefetto del quinto anno seduto dietro di loro.

“Potter, sappi che questa me la pagherai.” sibilò Avery, toccandosi il braccio sinistro, passando davanti a James prima di uscire dalla porta.

Roseanna Travers, Prefetto di Corvonero del settimo anno, e William Selwyn, Purosangue di Tassorosso, si unirono ad Avery, alla Bullstrode, alla McNair ed a Robert Kirke nell'abbandonare l'aula.

James lì guardò andarsene, mentre Lily fissava il pavimento.

“C'è qualcun altro che vuole unirsi a loro? E' libero di farlo.” sentenziò James, fissando uno ad uno i presenti. Era certo che ci fossero almeno un altro paio di persone che ritenevano inutile quanto loro erano lì a fare: c'era Charles Coote, suo madre applicava così rigidamente il regolamento sulla Segretezza delle Arti Magiche, e Jane Rockwood, suo padre andava in giro vantandosi di essere l'ultimo discendente maschio di una delle più antiche famiglie di Purosangue. Forse, pensò James, a soli quattordici anni erano ancora troppo piccoli per prendere una posizione.

La stanza fu attraversata da qualche interminabile minuto di silenzio. Nessuno si azzardava a parlare. Qualcuno, timidamente, guardava verso Lily e James in attesa che loro riprendessero in mano la situazione.

Lily non riusciva a parlare. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non le veniva in mente niente da dire.

“Bene.” James ruppe il silenzio che si era creato. “Questo è quanto. Chi di voi, ovviamente siete piuttosto costretti tutti quanti, altrimenti per Halloween non ci sarà nessuna festa, è intenzionato ad aiutarmi... credo che potremo vederci venerdì alle sei per capire come organizzarci e mettere giù qualche idea e da sabato mattina incominciare a preparare..Halloween è martedì e domenica mattina c'è il Quidditch, quindi non faremo nulla e lunedì le lezioni...pertanto è il caso che ci diamo una mossa. Tutto chiaro? Se è così credo che possiamo finire qui... A venerdì.”

Uno ad uno e sempre in silenzio i Prefetti abbandonarono l'aula, qualcuno lanciando sguardi significativi all'indirizzo di James.

Lily era rimasta zitta, in piedi in un angolo.

“James...grazie. Io non sono capace di gestire quei momenti. Non sono in grado di parlare o di dire quello che penso come riesci tu. Non ci riesco, per questo credo di non essere esattamente la persona giusta per questo ruolo.”

“No Lily, no. Tu sei la persona giusta.”

“Non credo, James, non credo. Io non sono come te. Non sono forte come te, non sono carismatica come te...Non so gestire le situazioni come le sai gestire tu.”

“Lily, non è vero. Non è vero. Tu sei la persona giusta. Lo sei. Sei riflessiva, sei buona e, soprattutto, riesci sempre a vedere del buono in tutti. Dai a tutti una possibilità.”

“Non sono io ad essere così, James.” Lily scosse la testa. “Non stai parlando di me. Stai parlando di te. Tu sei così, James.”

James la guardò, stupito.

“Sì, James. Tu sei così.”

“No, Lily, no.”

Sì James. Tu sai come mettere a proprio agio le persone, sai come parlare con tutti, vedi del buono in tutti.”

“Io? Io Lily sono solo molto egoista, alle volte.”

“Tutti lo siamo, James. Anch'io. Spesso agiamo per il nostro tornaconto...tu però riesci spesso a far in modo che il tornaconto tuo combaci con quello degli altri, perchè per te è più importante il loro. Sai qual è stata la cosa che più mi ha colpito di all'inizio? Il fatto che tu ascoltassi con attenzione chiunque ti stesse parlando. Anche se non sei interessato a quello che ti stanno dicendo, mai dal tuo sguardo traspare noia: no, tu fai sempre sentire tutti come se ti stessero dicendo la cosa più importante del mondo. Tu credi negli altri, James. E sai ascoltarli.”

“Lily... non sono così. Non sono quello che racconti. Sono anche irascibile e irruento ed assai cocciuto. E raramente prendo in considerazione l'ipotesi che le cose non stiano come io le vedo. Ma tu”, sorrise James, “tu sai come parlare con gli altri. Sai come tirar fuori il meglio di loro. E sei buona Lily. Sei buona.”

“Non basta essere buoni per essere dei buoni Caposcuola. Ci vuole anche altro.”

“Tu hai tutto, Lily. Hai tutto...lo so. Io ci credo. Credici anche tu.”

“Allora, crediamoci insieme, James.” Lily gli sorrise e gli strinse la mano.

Io vorrei solo che mio figlio fosse d'esempio ai compagni in un momento come questo. Vorrei che sapesse distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile.”

“Sai Lily, non l'ho mai detto a nessuno. Né a Sirius, né a mia madre... a nessuno. L'ultima volta che ho visto mio padre abbiamo litigato. Non aveva approvato quel duello nei corridoi, ti ricordi? Mi aveva detto “Vorrei che mio figlio fosse d'esempio ai compagni. Vorrei che sapesse distinguere ciò che è giusto da ciò che è facile.” Non avevo capito cosa intendesse dire, anzi...l'ho simpaticamente mandato al diavolo...”James rise amaramente.

“Oh James, mi dispiace...”James incontrò gli occhi verdi di Lily e seppe che quella non era una frase di circostanza. Era sincera.

“No Lily... non importa. Sto imparando a convivere col fatto che quelle siano state le ultime parole che io gli abbia rivolto...Il punto è che credo di aver finalmente iniziato a capire cosa significassero le sue parole: non sono un Auror, per il momento non posso combattere i cattivi. Posso però fare qualcosa qui...”

“Io credo che sia per questo che Silente ti abbia scelto come Caposcuola. Sapeva che tu eri la persona giusta. Ti confesso che anch'io, quando ti ho visto entrare dal corridoio, sul treno...sono stata sollevata dal sapere che c'eri tu.”gli spiegò Lily, senza abbassare lo sguardo.

“Grazie.” si limitò a rispondere James.

“Grazie davvero, Lily.”aggiunse, dopo qualche istante di silenzio. Lily gli sorrise e fece per alzarsi dal pavimento su cui erano seduti da una mezz'ora abbondante.

La mano di James le strattonò la divisa, costringendola a voltarsi.

“E capirai quanto vali, Lily, lo capirai. Mostrerai al mondo intero quanto vali. E lo scoprirai anche tu.”bisbigliò James.

Lily non rispose. Sorrise ed annuì,

“Ogni tanto fa ancora male.”Lily sussurrò quelle parole, quasi vergognandosi di quanto avesse detto.

James capì immediatamente a cosa lei si riferisse. Senza dire una parole, la abbracciò forte.

Lily affondò la testa nel petto di James che la strinse forte, come a volerla proteggere da tutto quello che potesse farle male, ma, soprattutto, tenendola al riparo da quei fantasmi interni, decisamente più insidiosi.



Buongiorno!

Avrei preferito aggiornare prima...ma l'università mi è stata un po' col fiato sul collo...

Vorrei ringraziarvi uno ad uno per non aver smesso di seguire questa storia: vorrei ringraziare Sciops e Princess Marauders e Shine e MoMozzia che mi hanno lasciato deliziose e troppo gentili recensioni...Grazie, davvero! E Grazie a chi ha letto, inserito nei preferiti...grazie, solo questo.

Personalmente credo che sia a partire da questo capitolo che riusciamo a vedere come James cresce: James si assume la responsabilità di aver cura di altre persone, dei suoi amici e di Lily. Personalmente credo che sia questo che ci fa crescere, la promessa di aver cura di un'altra persona.

Era questo che aveva visto Silente, la capacità di James di farsi carico degli altri, è per questo che l'ha scelto come Caposcuola...almeno, io la vedo così.

Grazie a tutti.

jomarch

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Capitolo 31
*** Ventinovesimo Capitolo ***


 

 

CAPITOLO VENTINOVESIMO

 

 

Maybe I will never be

All the things that I want to be

But now is not the time to cry

Now's the time to find out why

I think you're the same as me

We see things they'll never see *

-Oasis, Live Forever-

 

* Forse non sarò mai

Tutto ciò che vorrei essere

Ma ora non è tempo di piangere

Ora è tempo di cercare il perchè

Io penso che tu sia uguale a me

Noi vediamo cose che loro non vedranno mai


 

 

 

HOGWARTS, inizio di Novembre 1977

 

“Sei sicuro, Remus? Non sei obbligato a farlo, se non ti va. Mi dispiace per aver reagito in quel modo, l'altra volta. Forse ci sono cose che devono rimanere tra noi.”disse James, fissando l'amico.

Sirius e Peter erano già in Sala Comune con Lily, quel pomeriggio era in programma la gita ad Hogsmeade e loro tre stavano stilando la lista di alcuni ingredienti per le lezioni di Pozioni di cui avevano urgentemente bisogno e che speravano di trovare nella piccola,ma fornita, drogheria del villaggio.

“Avevi ragione, James. Lily deve saperlo. Fa parte di noi adesso... e credimi, se si trattasse di un'altra persona, stai certo che non vorrei dire nulla. Ma è Lily...e già per il solo fatto che riesce a convivere con quattro ragazzi senza impazzire,ma tenendoci testa merita di saperlo. E poi, James, sono tempi bui..Sirius ti ha detto che sospetta che Avery abbia il Marchio Nero?”

“Avery? Avery il Marchio Nero? Ma cosa... Ad Hogwarts?”

“L'ha visto toccarsi il braccio. Era con suo fratello.”

“Regulus ha il Marchio? Ma non è nemmeno maggiorenne!” sbottò James, incredulo.

Il fratello di Sirius era davvero il degno figlio di sua madre, pensò James.

“Non so se Regulus ha il Marchio Nero...Penso che Sirius lo creda possibile. Non dirgli che te l'ho detto. Non so se in realtà volesse parlarne davvero. Mi ha semplicemente trovato in camera quando è successo. Era sconvolto. James, per favore, non accennare nulla. Non è giusto.” proseguì Remus, quasi scusandosi per non aver mantenuto il silenzio.

James annuì a fatica. Voleva aiutare Sirius. Doveva essere dura per lui.

“James...” lo apostrofò Remus

“D'accordo. Andiamo adesso. Ci staranno aspettando.” disse James

Si allacciarono i mantelli e si avviarono verso la porta del dormitorio.

“Remus, non sei obbligato a fare nulla.” aggiunse James, serio e dispiaciuto per la discussione di qualche giorno prima.

“Lo so. Ma è giusto così. Andiamo adesso.” Remus aprì la porta e si tuffò giù per le scale.

“Eccovi! Quanto tempo ci avete messo questa mattina!” li salutò Lily, con un gran sorriso.

James le posò un bacio tra i capelli. Non sapeva di preciso cosa ci fosse tra loro, semplicemente

prenderle la mano era la cosa più naturale che ci fosse.

“Gli altri sono già andati quasi tutti!”esclamò Peter, indicando la Sala Comune piena solo di ragazzini dei primi anni a cui era impedito di uscire dalla scuola.

“Ringrazia che possiamo ancora andare ad Hogsmeade, Peter. Prima o poi ce lo impediranno.” commentò lugubre Sirius.

Sirius fu il primo a raggiungere lo stretto corridoio che conduceva al di là della Signora Grassa, seguito da Peter e poi da Remus. Chiudevano la fila Lily e James,mano nella mano.

Da quella sera alla riunione il loro rapporto si era fatto più stretto e più complice. James stava riuscendo a penetrare nella mente sofferente di Lily e a portarci la sua allegria e la sua fermezza. Lily,d'altro canto, stava curando, senza saperlo, le ferite nascoste di James entrando così profondamente dentro di lui da riuscire a sollevarlo dalle sue preoccupazioni, rendendogliele più lievi.

La passeggiata verso Hogsmeade fu piacevole. L'autunno stava diventando inverno e le piogge degli ultimi giorni avevano reso fangoso il sentiero, appiccicando al suolo le foglie gialle e croccanti che erano cadute dagli alberi.

Lungo la strada incontrarono qualche compagno con cui scambiare due chiacchiere, Mary e Priscilla invitarono Lily a fare acquisti con loro presso la boutique di Gladrags, che aveva recentemente aperto ad Hogsmeade portando stoffe e capi d'abbigliamento direttamente dal negozio di Londra.

Lily declinò gentilmente l'invito. Aveva voglia di fare compere, era pur sempre una ragazza, ma l'idea di lasciare la compagnia di James la metteva a disagio.

Non sapeva spiegarne il motivo, ma voleva stare con lui.

Recentemente i rapporti con le sue compagne di stanza erano migliorati. Non faceva del tutto parte del loro gruppo, però le risultava più piacevole stare in loro compagnia. Avere James e i ragazzi le aveva fatto capire che negli anni precedenti si era chiusa troppo in se stessa, convincendosi di essere sbagliata, di essere troppo diversa per poter stare con gli altri.

Adesso si era resa conto di poter avere degli amici. Di poter essere più serena. Di volersi aprire agli altri, perchè non di tutti c'era da avere paura. Perchè c'era qualcuno a cui importava davvero chi era.

Sorrise a James che era in piedi alla sua destra. Lui ricambiò il sorriso, trovandola perfetta, imbacuccata nel suo mantello nero, coi capelli rossi scompigliati dal vento.

Adesso la vedeva sorridere. La vedeva serena. Non sapeva se era felice, ma il solo sentire che Lily era finalmente più serena lo faceva stare bene.

Si stava innamorando di lei. Innamorando per davvero. Di Lily, non dell'idea che si era fatto di lei, ma di Lily.

Camminarono in silenzio,sino a quando non parlò Sirius.

“James, hai portato il Mantello?” chiese d'un tratto Sirius

“No, perchè avrei dovuto?” rispose James, sinceramente stupito dalla domanda.

“Niente, così...” rispose vago Sirius

Peter guardò l'amico, senza capire bene cosa intendesse, mentre Remus e James si scambiavano occhiate significative.

“Questa sera ne parliamo bene.” promise James, infrangendo la promessa fatta poco prima a Remus che, tuttavia, non se la sentì di rimproverarlo.

Sirius annuì, mostrando un'espressione rabbiosa.

“Silente dovrebbe saperlo.” disse

“Credo che lo sappia già.” commentò mestamente Remus

Lily non si intromise nella conversazione. Intuì che riguardasse il fratello di Sirius; Sirius si induriva e si intristiva sempre quando si toccava quell'argomento.

“E non fa niente? Sta forse dalla loro parte?” si innervosì Sirius.

“Sirius, non dire sciocchezze!” esclamò duro James per poi riprendere con più calma “Silente non li può cacciare. Si unirebbero a lui, a Voldemort.”

Peter e Lily trasalirono sentendone il nome. Nessuno lo pronunciava mai.

“Se stanno qui, fanno meno danni. E Silente lo sa. Con questo, la questione è chiusa. Ne parliamo questa sera.” James rimase irremovibile, ma lui e Sirius si scambiarono uno sguardo carico di parole.

Remus voltò la faccia da uno all'altro, sperando che non si cacciassero nei guai e poi, Peter, cercò di riportare la conversazione su binari normali mormorando del nuovo torrone di Mielandia.

“Lils, andiamo a prendere quelle erbe che ci servono? Voi che fate, venite con noi o ci troviamo tra mezz'ora da qualche parte?” chiese Sirius, quando furono arrivati nella strada principale di Hogsmeade.

“No, veniamo con voi... poi potremo andare a prendere una Burrobirra.” rispose Remus.

Arrivarono davanti alla bottega di Dervish & Banges e, mentre Lily, Peter e Sirius facevano i loro acquisti, James e Remus attesero fuori.

“Devo parlare con Lily.” disse Remus, giocando con l'alamaro del suo montgomery verdone.

“Devi sentirtela tu, Remus.” disse James, mostrandosi empatico.

“Devo farlo, James. Basta segreti.” ribadì Remus.

“Sono dalla tua parte.” annuì James, convinto.

La risata di Sirius in lontananza fece capire loro che gli amici avevano terminato gli acquisti.

“Eccoci!” disse Lily, stringendo nelle mani un pacchetto.

“Cosa ne dite se prima di andare ai Tre Manici di Scopa facciamo una passeggiata?” propose Remus, con un lieve imbarazzo nella voce.

Condusse il gruppo vicino alla Stamberga Strillante, alla periferia del villaggio.

La passeggiata era stata tranquilla e piena di chiacchiere. Remus si appoggiò alla staccionata e per qualche istante guardò in aria, assente.

“Lily...” riuscì a dire, “C'è qualcosa che dovresti sapere.”

Il tono grave che accompagnò le sue parole turbò Lily, che fece fatica a rispondere.

“E' tutto a posto, Remus?”

Remus sbuffò e scosse la testa.

Sirius, James e Peter si sentirono impotenti in quel momento. James avrebbe voluto togliere ogni sofferenza all'amico, Peter sperava solo che andasse tutto bene e Sirius avrebbe voluto parlare al posto suo, se solo fosse stato possibile. Tutti e tre però sapevano che spettava a Remus raccontare e solo a lui, loro potevano soro essere al suo fianco.

A Lily non sfuggirono le espressioni degli altri.

“Remus....”

“No, Lily...non è tutto a posto. Non è mai stato tutto a posto.” rantolò Remus, nervoso.

“Remus...” bisbigliò Lily senza capire. Cosa poteva essere successo? Pochi minuti prima sembrava essere il solito Remus.

“Lily... sono un lupo mannaro.” riuscì a confessare, in un sibilo di sofferenza.

“Avrei dovuto dirtelo prima, Lily. Mi dispiace averti mentito per così tanto tempo.” aggiunse, sperando che l'amica non fosse troppo turbata o terrorizzata dalla rivelazione.

“Oh Remus...” sospirò Lily con affetto.

Non sapeva che cosa dire, fare o pensare. Severus aveva ragione. Ma lei non sapeva cosa pensare. Non aveva paura. Era Remus. Si vergognò, ma provò pena per il suo caro amico costretto a sopportare un peso così grande.

“Venni morso da un lupo mannaro una notte, ero un bambino... E da allora sono questo. Non provare pena per me, Lily. Sono questo, sono un lupo mannaro e devo imparare a conviverci. I miei genitori le provarono tutte... ma nessuna cura può qualcosa contro il morso di un mannaro. Desideravo tanto venire ad Hogwarts, ma pensavo che non avrei mai potuto studiare come voi, come gli altri... poi Silente diventò Preside e mi permise di frequentare la scuola. Escogitò uno stratagemma che mi permettesse di trasformarmi senza far del male a nessuno... Il Platano Picchiatore fu piantato l'anno che iniziammo la scuola, da esso si diparte un tunnel che arriva sin qui, sotto la Stamberga Strillante. Avrei potuto passare le notti di luna piena nella Stamberga e nessuno avrebbe mai saputo niente di me... I lamenti che gli abitanti di Hogsmeade sentono provenire dalla Stamberga... sono io.” Remus parlò senza prendere fiato, desiderando terminare il racconto il più presto possibile. Non guardò il viso di Lily e nemmeno quello dei suoi amici. Non voleva scorgere i loro sguardi di pietà.

“E adesso, adesso che sai tutto, Lily?”

“Va tutto bene, Remus.” Lily parlò con estrema dolcezza, accennando un sorriso.

Era quasi stupita dalla sua serenità. Remus le aveva raccontato qualcosa di spaventoso, qualcosa che avrebbe portato chiunque a scappare e invece lei si sentiva serena. Davanti a lei, Lily, vedeva solo il suo amico Remus.

James, Sirius e Peter sorrisero sentendo le parole di Lily.

“Lily...sei sicura? Sei autorizzata a dire che sono un mostro spaventoso...” il tono di Remus era inspiegabilmente calmo, anche se dentro di lui ardeva un fuoco.

Lily avrebbe capito. Era Lily, Lily per Godric!

“Sei tu, Remus. Sempre tu. Cosa può cambiare?” chiese semplicemente Lily.

Davanti a lei c'era solo Remus, il suo caro, amico Remus.

Remus. Solo lui.

“Lily...”

“Non guardatemi così, non sono pazza. Ho avuto la possibilità di conoscervi, mi siete stati vicino quest'anno... siete miei amici. Io sto bene con voi. Perchè tutto questo dovrebbe cambiare qualcosa?” continuò lei, cercando di parlare con razionalità.

Si trattava solo di Remus, per quanto potesse sembrare spaventosa quella storia. Solo di Remus.

“Lily...”

“Severus lo sa.” disse Lily. Dovevano sapere che qualcun altro oltre a loro cinque conosceva la verità. Le vennero alla mente tutti i discorsi avuti con lui.

 

E' un lupo mannaro! Lupin è un lupo mannaro! E Potter e Black lo sanno! Lo sanno e lo coprono!”

Sev... non dire sciocchezze! E' malato! Dicono che è malato!”

E' malato ad ogni luna piena, Lily? Ad ogni luna piena il povero,cagionevole Remus Lupin si sente così male da dover sparire per un paio di giorni...Povero Remus Lupin! Un'allergia alla luna piena...”

Smettila, Sev, non parlare di lui con questa cattiveria!”

Ma Lily... è un mannaro! Un mannaro! Ma d'altronde, ai grandi Black e Potter non si può fare niente! A loro è concesso tutto! Anche di trastullarsi con un lupo mannaro!”

 

“Era ossessionato da voi. Letteralmente. Il suo unico scopo dopo il diletto con le Arti Oscure era scoprire cosa facevate voi, cosa pensavate, come potervi ostacolare.... Lui! Lui che inventava incantesimi contro i ragazzini Nati Babbani come me!” Lily scosse con rabbia la testa, mentre James le mise una mano sulla spalla.

“Lils...” disse dolcemente Sirius.

“E' tutto a posto, ragazzi... Tutto a posto. Volevo solo dirvi che lui sa.” Lily si riprese in fretta.

“Lo sappiamo.” disse Remus. “Ma non dirà niente. Silente glielo ha fatto giurare.” le spiegò Remus con il tono di chi vorrebbe chiudere la conversazione.

Lily annuì, seppur desiderosa di capire. Non era il momento, forse. Le tornò in mente quando James salvò la vita a Piton nel tunnel del Platano. Sicuramente quell'episodio era collegato. Provò un moto di rabbia per Severus che stava per distruggere Remus. Voleva fare tante domande, ma capì che non era il momento.

“Remus...tu resti sempre tu. Davvero.” Lily e Remus si guardarono negli occhi. Remus capì subito che Lily era sincera.

Lily, invece, si chiese quanta Remus soffriva della sua condizione. Nel mondo magico i lupi mannari erano considerati pericolosi, malvagi, vivevano in colonie da reietti.

Remus, invece, era lì di fronte a lei col suo sorriso dolce, la sua sottile ironia. Quanto dolore doveva provare quotidianamente per la sua condizione?

Lily si promise che gli sarebbe stata vicina, così come lui era stato vicino a lei nel momento di maggior bisogno.

Remus si sentì rinfrancato dai sorrisi che Lily gli stava rivolgendo. Non era spaventata. Lei sarebbe rimasta.

“Adesso arriva la seconda parte della storia, Lily, se sei pronta. Naturalmente James, Sirius e Peter hanno notato le mie assenze, i miei malesseri... e l'hanno scoperto e poi...” Remus accennò un sorriso “poi hanno trovato il modo di aiutarmi.”

 

Giugno 1973

Dormitorio di Grifondoro

 

 

Remus, in questi giorni ne abbiamo parlato. Forse sappiamo come aiutarti!” esclamò James con un sorriso caldo ed al contempo irriverente.

Remus lo guardò mesto: aiutarlo? Come potevano aiutarlo? Nessuno poteva liberarlo da quella maledizione.

I suoi amici lo sostenevano e Remus era lo grato in una maniera che loro non riuscivano nemmeno ad immaginare. C'erano. Non erano scappati. Gli dimostravano concretamente la loro amicizia con i fatti, ogni giorno.

Esserci, si diceva, era la cosa migliore che potessero fare. Cosa poteva desiderare di più, Remus? Aveva ottenuto il permesso di frequentare Hogwarts, era uno studente discreto, aveva degli amici.

Cosa poteva desiderare di più? A cosa altro potevano aver pensato i suoi amici?

Remus, è un'idea geniale! Geniale! Sono in fibrillazione!” esclamò Sirius, con gli occhi che gli brillavano dalla felicità. A James era venuta un'ottima idea e non vedeva l'ora di tornare a casa e sgraffignare qualche prezioso volume dalla biblioteca di Grimmauld Place, lì c'era senz'altro qualcosa che avrebbe potuto aiutarli.

Ragazzi..ma cosa..” sussurrò Remus, sedendosi sul letto. Era stanco, probabilmente aveva corso avanti e indietro centinaia di volte nella Stamberga quella notte. Le gambe gli facevano male.

Il fatto è, Remus, che abbiamo letto che i lupi mannari sono pericolosi per le persone. Non sono pericolosi per gli animali.” iniziò a spiegare Peter, titubante. L'idea di James era davvero stupenda: avrebbero aiutato tanto Remus in quel modo! Però lo spaventava anche, sarebbe stato pericoloso, molto, e la possibilità di ritrovarsi con qualche parte del corpo non del tutto al suo posto era reale. Doveva ancora decidere il da farsi, nel frattempo però, quella di James era un'ottima idea.

Avevano passato gli ultimi mesi lambiccandosi il cervello per capire come poter aiutare Remus. Lo vedevano sempre più provato, luna piena dopo luna piena ed erano alla disperata ricerca di un modo per aiutarlo.

Avevano passato le ultime lune piena chiusi in biblioteca, anche di notte a sfogliare qualsiasi testo, persino quelli del Reparto Proibito, che potesse dare loro utili suggerimenti.

Sino a quando, James, soffermandosi su una delle più banali affermazioni sui lupi mannari non aveva trovato la chiave di svolta. Se i lupi mannari erano pericolosi solo per gli esseri umani, allora, se degli animali avessero accompagnato Remus durante le sue trasformazioni, non sarebbe accaduto nulla.

Se loro fossero diventati Animagi, avrebbero potuto stare con Remus mentre si trasformava, fargli compagnia. Essere al suo fianco.

Peter...non riesco a capire cosa tu voglia dire.” commentò Remus, perplesso, volgendo lo sguardo verso i suoi amici e tentando di ignorare la luce che traspariva dai loro occhi.

Remus, noi vogliamo diventare Animagi. Così ti potremo accompagnare nelle trasformazioni.” disse semplicemente James, mischiando un tono serio alla faceta irruenza giovanile.

 

“Li presi per pazzi.” sorrise Remus. “Come potevano aver pensato una cosa del genere?”

“E ce l'avete fatta?” domandò Lily meravigliata. Il racconto di Remus l'aveva colpita, l'aveva segnata, ma non impaurita. E quella seconda parte del racconto, le sembrava solo la più bella storia che le avessero mai raccontato.

“Oh sì, ce l'hanno fatta. Ce l'hanno fatta al quinto anno. Lily, qui davanti a te ci sono tre Animagi non registrati.”

“Sono lieto di presentarti Messer Codaliscia.” Remus indicò Peter che, puntandosi la bacchetta alla testa, si tramutò in un topolino grigio e squittì a piedi di Lily, prima di tornare umano e, paonazzo, di guardare l'amica.

“Messer Felpato!” esclamò Remus, indicando questa volta Sirius che si tramutò in un grosso cane nero festante, che corse da Lily per farsi fare due carezze.

Lily rideva, divertita e piena di meraviglia.

“Infine, ecco a te Messer Ramoso!” Remus questa volta tese il braccio indicando un maestoso cervo con un grosso palco di corna che aveva preso il posto di James.

Lily era sorpresa, emozionata e stupita dalle capacità di James, Sirius e Peter. Si trattava di magia molto avanzata che loro erano riusciti ad eseguire senza l'aiuto di nessuno.

“Per Morgana! Siete tre Animagi!” esclamò

“Non urlare, Lils, non deve saperlo nessuno!” la ammonì Sirius

“Avete fatto qualcosa di veramente grande. Sono impressionata.” Lily si chiedeva come fosse possibile che loro fossero riusciti a diventare Animagi e, soprattutto, pensava alla grandezza di quel gesto, al significato che potesse avere per Remus essere accompagnato dai suoi amici durante le sue trasformazioni.

Adesso capiva le reticenze e le sparizioni nelle notti di luna piena, capiva le ferite nascoste e graffi coperti da maglioni anche nei mesi più caldi.

Li ammirava, li ammirava profondamente.

“E' la cosa più bella che abbiate potuto fare.” Lily sorrise, con gli occhi lucidi.

Remus la guardò e capì di aver fatto la scelta più giusta. Si trattava di Lily.

“Su, su, Lils! Le sorprese non sono ancora finite!” esclamò Sirius, per togliere tutto il gruppo da quel momento di commosso imbarazzo.

“Sirius ha ragione, visto che ora sai di Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso è giusto che tu conosca anche lei!” James le mostrò un foglio di pergamena e poi pronunciò qualcosa che suonò come “Fatto il Misfatto!”

“Ma cosa...?” chiese Lily, senza capire.

“E' la Mappa del Malandrino! L'abbiamo costruita l'anno scorso, è una mappa di Hogwarts e dei suoi dintorni.” spiegò Peter.

“Ti permette di conoscere cosa fa ogni singola persona presente ad Hogwarts.” James spiegò la Mappa e mostrò a Lily un puntino che si muoveva nell'ufficio di Silente, al di sotto del quale compariva la scritta “Albus Silente”.

Lily osservava con curiosità la Mappa del Malandrino. Era qualcosa di realmente incredibile.

“Ecco come fate a sgattaiolare fuori la notte senza essere visti da nessuno!” esclamò

“Prima di costruirla abbiamo dovuto esplorare in lungo e in largo la scuola...” aggiunse James con un gran sorriso.

Era felice che Lily capisse, era felice di non avere più segreti con lei. Era felice che lei fosse parte del tutto. Non potè fare a meno di scoccarle un bacio sulla guancia, che la fece arrossire e sorridere. Lily si sentiva parte di qualcosa adesso. Parte di loro.

Remus osservava James, Sirius e Peter descrivere la Mappa in ogni suo dettaglio a Lily e non potè che essere soddisfatto della sua scelta. Niente più segreti. Era giusto così.

Lily ascoltava divertita i discorsi dei ragazzi, sino a quando, sulla Mappa non vide il nome di Severus aggirarsi per i sotterranei del castello, nel dormitorio di Serpeverde. Non era venuto ad Hogsmeade.

“Lily... è tutto a posto?” chiese James, apprensivo, quando la vide distratta, non più interessata ai segreti della Mappa del Malandrino.

“Sì, James.” annuì lei, senza però convincerlo. Stava ancora pensando a Severus.

“Lily...” James la implorò di non mentirgli.

Lily allora allora alzò lo sguardo dal suolo ed inspirò profondamente. Doveva sapere cosa era successo quella notte.

“Mi raccontate, per favore, se ve la sentite, cosa esattamente è accaduto quando James gli ha salvato la vita? E' collegato a questo, vero? Quando James gli ha salvato la vita nel tunnel...”Lily li guardò uno ad uno negli occhi.

Peter guardò uno ad uno gli amici.

“Remus” sussurrò e subito James alzò gli occhi verso l'amico.

“Lils...sei... sei sicura di volerlo sapere?” domandò Sirius, con voce tremante. Odiava ricordare quell'episodio. Odiava dover parlare della sua sventatezza. Odiava ritornare con la mente a quando stava per distruggere i Malandrini.

“Remus...” disse lieve James.

“Penso che sia giusto che Lily sappia.” disse Remus, in risposta, fissando gli amici con sguardo enigmatico.

Non era in grado di definire cosa stesse provando, se un senso di tranquillità perchè tutti i nodi stavano venendo al pettine o se, invece, paura di quel che avrebbe potuto esserci dopo.

Lily era spaventata. Quella cappa di silenzio soffocante e di angoscia che era scesa su di loro la spaventava. Cosa ci poteva essere di così terrificante da spaventare James, Sirius, Remus e Peter come fossero un sol uomo?

“Credo di dover parlare io.” Sirius tirò fuori con coraggio la voce. Era lui ad aver dato inizio a tutto. Era lui a doversi spiegare davanti a Lily.

“Lils, sarai libera di pensare di me qualunque cosa al termine del racconto. Se sceglierai di odiarmi... bè posso solo comprenderti. Per farla breve, stanco di trovarmi Piton sempre appiccicato addosso all'orlo del mantello, sempre lì a pedinarci, sempre lì a cercare di infiltrarsi tra noi, convinto che nascondessimo chissà quale segreto, ho deciso di chiudere la questione una volta per tutte. L'ho incontrato in biblioteca, stava leggendo un libro sui morsi di lupo mannaro... Gli ho puntato la bacchetta alla schiena e gli ho detto che se voleva vedere un vero lupo mannaro avrebbe dovuto entrare nella Stamberga Strillante quella notte. Gli spiegai come affrontare il Platano Picchiatore e come entrare nel tunnel, poi lo lasciai alla sua lettura con una strana luce negli occhi. Non so perchè l'ho fatto...credevo forse che vedendo Remus da lupo mannaro ci lasciasse in pace, che non capisse che si trattava di lui... non lo so...volevo solo che la piantasse. Credevo anche che non avrebbe mai avuto il coraggio di andare...e se anche l'avesse avuto...bè... era semplice immaginare cosa gli sarebbe potuto accadere...” Sirius si interruppe e, con gli occhi lucidi, guardò Lily. Sperava che lei lo perdonasse. Sperava che lei gli dicesse che, nonostante tutto, erano ancora amici.

Non aveva mai pensato seriamente, sino a quel momento, a quanto Lily si fosse amalgamata con loro. L'idea che lei non si fidasse più di lui, lo distruggeva.

Lils... gli piaceva parlare con lei. Gli piaceva averla attorno, farle scherzi che lei non avrebbe capito, scoprire il mondo che si portava dentro.

Se Lily non l'avesse perdonato, Sirius avrebbe avuto la riprova di essere un buono a nulla. Non perchè l'opinione di Lily contasse più di quella di altri, semplicemente perchè sarebbe stata l'oggettiva dimostrazione che erano James e Remus ad essere una spanna sopra gli altri per averlo perdonato, nonostante tutto.

“Sono un cretino, Lils. Un emerito cretino. Stavo per distruggere tutto. Avrei potuto portare all'arresto di Remus, l'avrebbero soppresso così come si sopprime un cane. Sono un cretino, un cretino!” urlò Sirius calciando una pietra.

“Sirius...” lo ammonì Peter

James e Remus ascoltavano ed osservavano la scena in silenzio. Spettava a Sirius parlare.

Lily era sconvolta, incredula...non credeva possibile che Sirius fosse così stupido da condannare Severus a morte certa. Per un istante provò un impeto d'odio per lui.

Sirius, intanto, si era inginocchiato a terra. Faceva male raccontare. Faceva male incontrare gli sguardi di Peter e di James, faceva ancora più male incontrare quello di Remus, che l'aveva perdonato, nonostante tutto, e gli occhi di Lily delusi da lui.

Sirius, a voce più bassa, riprese a raccontare.

“Sono tornato in camera con James e Peter dopo cena. Remus ci aveva lasciato quel pomeriggio...lui non sapeva niente. Così come loro, sino a quando non commentai sulla fantastica sorpresa che avrebbe atteso Mocciusus quella sera. James mi strattonò e corse via, corse a salvare Piton e Remus dalla mia stupidità.” finalmente alzò gli occhi ed incontrò quelli verdi di Lily.

“Lils, mi dispiace.” sembrava dire il suo sguardo.

Lily non resse il contatto. Non sapeva cosa pensare. Era consapevole del disprezzo che Sirius provava per Severus, le aveva fatto capire un sacco di volte quanto fortunata fosse ad averlo perso.... ma tra il disprezzare una persona ed il volerla uccidere c'era una gran differenza.

Nel frattempo Remus chiuse gli occhi. Non ricordava nulla di quella notte. Non ricordava mai nulla delle sue trasformazioni. Avrebbe potuto uccidere Piton. Avrebbe potuto farlo e non rendersene nemmeno conto se non fosse stato per James.

Detestava perdere il controllo sino al punto di non avere più coscienza delle sue azioni. Esisteva forse maledizione più grande della perdita di coscienza?

Peter, di fianco a lui, era rimasto zitto come Remus, sino a quel momento. Del resto, non avrebbe saputo proprio cosa dire. Non era coraggioso come James o tormentato dal senso di colpa come Sirius e nemmeno coinvolto come Remus. Lui era solo Peter e, tutto quello che desiderava fare, era fare in modo che loro quattro restassero insieme, restassero amici, che Lily non si spaventasse e rimanesse insieme a loro. A lui bastava questo.

“Coraggio, Remus.” sussurrò con un filo di voce ed un accenno di sorriso.

James, intanto, riviveva quegli istanti nel tunnel della Stamberga Strillante. Aveva corso, corso, corso più che poteva, con quanto più fiato aveva per arrivare in tempo.

Aveva trovato i rami del Platano Picchiatore già immobili e l'ingresso al tunnel aperto.

“Piton! Piton!” aveva urlato con tutta la voce che aveva, correndo come un forsennato lungo il tunnel, alla fioca luce della bacchetta che non gli impediva di inciampare e rialzarsi ferito, con le ginocchia graffiate e le mani sanguinanti.

Poi l'aveva trovato davanti alla botola che portava alla Stamberga. Una lieve asse di legno li separava da un lupo mannaro

James sentiva ancora la sua voce gridare e quella di Piton, rispondere sprezzante.

 

Marzo 1976

Stamberga Strillante

 

Vieni via, Piton. Vieni via! E' pericoloso!”

Potter, vattene! Sto per scoprire il vostro segreto...”

Vieni via, ti ho detto! Vieni via! Non c'è niente da guardare!” Piton, con gli occhi colmi d'eccitazione, stava per aprire la botola. Remus era dall'altra parte, trasformato.

James si gettò su di lui, provando ad immobilizzarlo col suo stesso corpo, visto che ogni incantesimo lanciato con la sua bacchetta veniva respinto da Piton.

Lottarono, sbattendo i loro corpi contro alle pareti del tunnel; abilmente Piton riuscì a togliergli gli occhiali, ben sapendo che James non avrebbe visto nulla nell'oscurità.

Approfittando del suo svantaggio, Piton corse verso la botola. L'avrebbe aperta, avrebbe finalmente scoperto il segreto di Potter e dei suoi amici, avrebbe detto a tutta la scuola di essere stato attaccato da un lupo mannaro e poi, uno ad uno, li avrebbe fatti espellere.. per primo Lupin, il lupo mannaro.

Era eccitato, in fibrillazione.

Aprì la botola e poi lo vide.

Il lupo era proprio lì dietro e si accorse della sua presenza, gli ringhiò addosso, si avvicinò, ma Piton restava fermo, immobile, come volesse assaporare ogni istante di quel momento.

Piton! Spostati! E' pericoloso!” ancora la voce di Potter. Piton si girò per Schiantarlo, ma il lupo fu più veloce di lui e lo immobilizzò con un artiglio.

Remus, per favore, spostati da lì!”supplicò James nella sua mente, ben sapendo che quel lupo non era il suo amico e che se non fosse intervenuto, Piton sarebbe morto.

Perdonami, Remus!” esclamò James, alzando la bacchetta e mormorando incantesimi che stordissero il lupo, ferendolo e allontanandolo da Piton.

Alzati e muoviti a venire via, Mocciosus.” sibilò James con rabbia all'indirizzo di Piton che, ancora spaventato, ansimava a terra.

 

Mentre James ricordava, Sirius concluse il racconto.

“Silente fece promettere a tutti quanti di non rivelare nulla sull'accaduto. Sei parte del segreto adesso, Lils. Giudicami come vuoi, ma non rivelare a nessuno quel che ti ho appena raccontato.”

Questa volta, Lily, riuscì a sostenere lo sguardo di Sirius.

Lesse dolore in quegli occhi, lesse paura. La stessa paura che aveva provato lei tante volte.

Istintivamente corse ad abbracciare Sirius, ferito nell'anima da un dolore che difficilmente si sarebbe rimarginato.

“Mi dispiace.” mormorò Sirius

“Lo so.” si limitò a dire Lily, con gli occhi gonfi di lacrime.

Intervenne James, desideroso di spiegare la sua parte, di rendere Lily a conoscenza di alcune precisazioni.

“Quel pomeriggio dopo i G.U.F.O... aggredì Piton perchè avevo bisogno di un responsabile. Avevo bisogno che lui si addossasse la colpa di averci portato sull'orlo di un burrone. Era colpa sua se stavamo male, se continuavamo a litigare, colpa sua e della sua curiosità. Era colpa sua se noi ci stavamo rovinando. Avevo bisogno di credere che fosse colpa sua, Lily. Ecco perchè l'ho aggredito. Mi dispiace, Lily. Non avrei dovuto. Non ha risolto niente, ti ha solo fatto del male.” scosse le spalle, deluso da se stesso, desideroso che Lily, tuttavia, capisse nonostante tutto.

“James...” sì limitò a rispondergli Lily, prendendogli la mano. “Tu gli hai salvato la vita.” aggiunse.

“Tu gli hai salvato la vita, nonostante tutto, nonostante tutti i trascorsi tra voi. Stai certo che lui non l'avrebbe mai fatto per te. Mai. Lui ha sempre voluto vederti morto.” scosse la testa nel dirlo.

Si voltò verso James. Lui non la stava guardando. Sembrava avere la mente distante. Era lì, di fianco a lei, con il mantello e la sciarpa, con gli occhiali sul naso e i capelli scompigliati ma la sua attenzione era altrove.

“L'avrei fatto per chiunque, Lily.” rispose James, minimizzando. Non sarebbe stato in grado di uccidere nessuno.

“Gli hai salvato la vita, James.” disse Lily, nuovamente. James aveva salvato la vita a Severus. James e Remus e Peter avevano perdonato Sirius, nonostante tutto. Sirius era sinceramente dispiaciuto per l'accaduto, Lily sentiva che ne soffriva ogni giorno.

Lì, si disse, stava la differenza tra loro e Severus.

Ci sarebbe voluto tempo per elaborare il racconto, Lily lo sapeva. Sentiva, tuttavia, di essere sul punto di liberarsi dello scomodo e sinistro fantasma di Severus.

James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus, le persone che Severus detestava di più sapevano amare, sapevano perdonare.

Severus era solo in grado di disprezzare chi era diverso, chi non la pensasse come lui.

Lì stava la differenza.

James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus erano diversi.

“Odiaci pure, se vuoi.” disse James.

Non c'era molto da vantarsi, sebbene avesse salvato la vita a Piton, tante volte l'aveva umiliato, sfregiato.

James non sapeva realmente se nel frattempo fosse diverso rispetto a quando aveva colpito Piton per bisogno, sapeva però di voler essere una persona diversa. Una persona diversa dal ragazzino che era stato, una persona diversa da Severus Piton e dai suoi amici Mangiamorte.

Per il momento gli bastava quello. E poi, poi c'era Lily.

“Oh, no. Non riesco a farlo. Voglio essere vostra amica. Per me siete solo voi. Remus, Sirius, Peter e James.” mormorò Lily, ben sapendo, tuttavia, che metabolizzare quel racconto non sarebbe stato semplice.

Le sue parole tuttavia erano sincere.

Adesso riusciva a comprendere il rifiuto di James, la primavera precedente, quando lei accennò alla notte in cui salvò la vita a Piton.

Quell'evento li aveva legati uno all'altro in una maniera invisibile.

Non potè non osservare meravigliata la forza di quell'amicizia che li teneva insieme, nonostante tutto. Quell'amicizia che stavano offrendo anche a lei, rendendola parte di quel segreto.

Accennò un sorriso, cercando gli occhi sofferenti di Sirius per primi e poi strinse forte la mano di James.

Lei era lì. Con loro.

 

 

 

 

 

 

So è che è passato troppo tempo dall'ultimo capitolo, ma chi di voi ha scelto di rimanere... spero che vi sia piaciuto.

 

Jomarch

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Capitolo 32
*** Trentesimo Capitolo ***


 

 

 

CAPITOLO TRENTESIMO

 

Me used to be a angry young man
Me hiding me head in the sand
You gave me the word, I finally heard
I'm doing the best that I can

-Getting Better, The Beatles-

 

 

 

Inizio di Novembre, 1977

 

James Potter, quel tardo pomeriggio di inizio novembre, tornò a maledire la sua spilla di Caposcuola.

Questa volta, però, la motivazione era molto meno nobile rispetto a quando non era intenzionato a lasciare la carica a qualcuno che, a suo dire, avrebbe svolto meglio di lui quell'incarico.

Quella mattina lui e Sirius erano stati messi in punizione da Lumacorno e, questa volta, per torturarli il professore aveva deciso che si occupassero di riordinare la dispensa degli ingredienti e James si chiedeva continuamente per quale motivo i Caposcuola non fossero esonerati dalle punizioni.

“Santo Boccino, Sirius, non ne posso più! Odio Pozioni e, ancora di più, odio riordinare la dispensa della scuola: guarda qui, questi Pungiglioni di Celestino Essiccati sono andati a male... senti che odore!” sbottò James, gettando nel sacco della spazzatura l'ennesima boccetta dal contenuto dubbio.

“Bè, se ti può consolare, ho la sensazione che il muco di Vermicoli puzzi molto ma molto di più di un qualsiasi altro ingrediente andato a male che ci sia!” rispose Sirius Black, riempiendo il ripiano di bottiglie contenenti una soluzione melmosa e verdastra, muco di Vermicoli, utile per addensare pozioni.

“Bè, puzzerà anche, ma, per quanto mi riguarda, è l'ingrediente più utile che ci sia...” commentò James, scettico, alla vista di una boccetta di fegato di drago. Per quanto lo riguardava, ringraziava chi avesse pensato di ricavare del muco dai Vermicoli: le sue pozioni risultavano sempre troppo liquide ed aveva presto imparate che un mestolo di muco e la consistenza del suo calderone raggiungeva l'Accettabile.

“Anzichè lamentarti, Ramoso, ti consiglio di prendere un po' di succo di Horklump: Remus ce l'ha ripetuto mille volte e Lily dice che con un po' di quello può preparare un infuso per la cicatrice che si è procurato Peter.” disse Sirius, accatastando in qualche modo i rametti di lavanda secca.

“Ti consiglio di prendere un po' di succo di Horklump!”,gli fece il verso James, “Smettila, Sirius, che è solo colpa tua se siamo finiti qui e non al Club del Lumacone con Lily, Remus e Peter! Esclamò James, seriamente tentato dall'eventualità di impataccare l'amico con il muco di Vermicoli.

“Colpa mia? Ma senti un po'! Chi ha fatto esplodere il nostro calderone? Chi ha osato dire a Lumacorno che era tutto sotto controllo e che l'esperimento era pienamente riuscito? Non io, caro il mio pedante quadrupede cornuto!” brontolò Sirius

“Professore, noi abbiamo preparato l'essenza di uovo marcio.” James imitò perfettamente la voce di Sirius, accludendo anche il sorriso scintillante che Sirius allegava ad ogni sua menzogna.

 

 

Oh SantoBoccino! Come facciamo Sirius? Come facciamo? Magari Lily ci può dare una mano! Cosa ne dici, la vado a chiamare?” James si agitava attorno al calderone, senza riuscire a star fermo, mentre Sirius, scettico, rimestava il contenuto grigio topo che nulla aveva a che fare con il Distillato della Morte Vivente che avevano intenzione di preparare.

Stai zitto, James, per Godric! Qui non c'è più niente da fare... abbiamo sbagliato qualcosa, forse non abbiamo tritato bene l'artemisia o forse i fagioli sopoforosi non erano abbastanza freschi...”spiegò Sirius.

Ma se noi alziamo la fiamma e lo facciamo addensare? Dici che somiglia di più al Distillato? Oh ma perchè abbiamo scelto proprio questo? Perchè? Non potevamo preparare un Erbicida?” James puntò la bacchetta contro la fiamma, propagandone l'intensità.

James, abbassa, abbassa per Morgana! Abbassa o esplode tutto!” lo ammonì Sirius, abbassando la fiamma del calderone con un sospiro profondo: avrebbe dovuto andare tutto bene, avrebbero dovuto consegnare il loro Distillato della Morte Vivente e ricevere magari qualche encomio; James non era bravissimo in Pozioni, ma solo perchè non si applicava, e lui aveva dei risultati discreti. Avrebbe dovuto andare tutto bene. Se solo avessero scelto di presentare una pozione più semplice... Quasi quasi invidiò Lily, Remus e Peter che con l'Amortentia andavano sul sicuro.

Sirius... puzza. Puzza tanto. Puzza troppo.” fu la conclusione di James, quando riemerse dal calderone che aveva usmato con interesse.

Dici di aggiungerci un po' di lavanda? Magari le da' un odore più gradevole...” suggerì James.

Sirius acconsentì, sospettando, tuttavia, che non sarebbe bastata la lavanda.

Credo che, prescindendo dall'odore, dovrebbe avere un effetto simile al Distillato della Morte Vivente: gli ingredienti erano giusti, forse abbiamo sbagliato qualcosa, ma, a pensarci bene, gli effetti dovrebbero essere simili...”osservò Sirius mentre James sminuzzava la lavanda.

Improvvisamente il calderone iniziò a sobbollire, le bolle erano sempre più grosse, nonostante si fossero affannati ad abbassare la fiamma.

Con un sonoro “POP” la pozione si consolidò in una melma gelatinosa che nessun incanto né aggiunta di ingredienti riuscì a scalfire.

Sirius, pensieroso, fissava il calderone alla ricerca di qualche idea; ma era mezzanotte passata e c'era ben poco che potessero fare per sistemare quel Distillato. Avrebbero dovuto prepararne un altro, ma era tardi e Lumacorno aveva appena deciso di sigillare la dispensa della scuola con una parola d'ordine che loro ancora non conoscevano e tra i loro ingredienti non c'era abbastanza artemisia per mettere sul fuoco un altro calderone.

Mi dispiace, Felpato. E' colpa mia. Sono negato per questi intrugli.” disse James, a voce bassa, seriamente dispiaciuto per l'accaduto. Si sentiva responsabile, forse Sirius avrebbe fatto meglio senza di lui ad intralciare.

No, James, non è colpa tua.” ammise lealmente Sirius “Ci siamo distratti, tutti e due. Ed è un attimo che tutto si sballi...”

Senti un po', Sirius... facciamo così: come abbiamo già ripetuto, gli ingredienti sono giusti e l'effetto, più o meno, dovrebbe essere lo stesso. Il furetto che il Lumacone userà domani per testare la pozione si addormenterà comunque...magari non sarà proprio un sonno che lo farà sembrare più di là che di qua, ma dovrebbe funzionare, non credi? E' solo la consistenza a non andare... Io direi di consegnarglielo così.” propose James, pensando di sistemare il sistemabile in questa maniera.

Sirius annuì e, sfoderando un sorriso, propose di andare a letto: una pozione non riuscita non era una tragedia, in fondo. James aveva ragione. Più o meno poteva andare bene.

Il mattino dopo, tuttavia, nulla andò come avevano sperato. Dopo gli encomi ricevuti dalla pozione di Lily, Remus e Peter e dopo la D ricevuta da due Corvonero coi quali i Grifondoro del settimo anno condividevano le ore di Pozioni, Lumacorno chiamò Potter e Black a presentarsi alla cattedra con la loro fialetta.

Potter e Black... Distillato Della Morte Vivente, giusto?” chiese, osservando i suoi appunti e rispondendosi da sé. Annusò il contenuto della fialetta e, disgustato, guardò i due ragazzi.

Questo non è Distillato, Potter.” commentò, serafico. Aveva perso le speranze con lui, fortunatamente quell'anno si era fatto meno insolente del precedente.

Ehm.. no, signore, però è andato tutto come previsto. Noi volevamo portare...”

L'essenza di uovo marcio!” esclamò Sirius, togliendolo dall'impiccio.

L'essenza di uovo marcio? Black, cosa vai farneticando?” sbraitò Lumacorno, aggiustandosi le basette.

Signore... noi abbiamo cambiato idea questa settimana e l'essenza di uovo marcio è esattamente ciò che volevamo presentare. Quindi l'esperimento è perfettamente riuscito, non crede?” proseguì Sirius, mostrando un luminoso sorriso che, spesso, riusciva a fargli ottenere i risultati sperati.

Sì, signore, l'essenza di uovo marcio.” aggiunse James, come a voler confermare la cosa.

Lumacorno, tuttavia, non era dello stesso parare.

Annusò il contenuto della fialetta portatagli dai due ragazzi e, sebbene con disappunto, dovette confermare che l'odore era davvero quello dell'uovo marcio. Ciò nonostante, sentì di dover punire i due impertinenti Grifondoro. Non avrebbe mai potuto darla vinta così alle insolenze di Potter e del suo compare.

In punizione, questa sera! La dispensa della scuola ha un disperato bisogno d'ordine!” esclamò, seccato, evitando di togliere punti a Grifondoro soltanto per non far gravare su tutta la Casa la maleducata impertinenza di Potter e Black.

 

“James...” lo chiamò Sirius, mentre intascava un po' di dittamo, “ Questa sera?” domandò, riferendosi a quello che da giorni li teneva svegli la notte, entrambi.

Sirius sospettava che suo fratello avesse il Marchio Nero: da quando aveva saputo dell'entrata di Avery tra le file dei Mangiamorte il pensiero che anche Regulus l'avesse seguito lo angustiava parecchio. Erano almeno sei mesi che non parlava con suo fratello ed ogni volta che l'aveva fatto, finivano per discutere. Regulus gli rinfacciava di essersene andato, di averlo lasciato da solo per seguire James Potter il fratello che, a suo dire, Sirius aveva scelto, rinnegando lui, il sangue, la famiglia e tutto ciò che essere un Black comportava.

Sirius in quei mesi aveva alternato diversi stati d'animo: alla rabbia seguiva la rassegnazione ed ad essa il menefreghismo. Era arrabbiato con Regulus, che senza pensare seguiva le direttive della famiglia e di quelli che lui riteneva amici. Era arrabbiato con suo padre, che non faceva nulla per fermarlo. Era arrabbiato con suo padre, che non era venuto a riprenderselo, preferendo i suoi affari e le sue carte ai suoi figli. Era arrabbiato con sua madre, che aveva riempito di strane idee la testa di Regulus.

Altre volte, però, riusciva serenamente a mettere da parte la rabbia e il risentimento. Altre volte di Regulus e della sua famiglia non gliene importava niente. Aveva i suoi amici, la sua vera famiglia, la madre di James e zio Alphard e Meda. Poteva bastare. A volte si convinceva davvero di non desiderare altro, di aver imparato a vivere senza i suoi spiacevoli ricordi. A volte Sirius sapeva che era meglio non svegliare il cane che dormiva.

“Questa sera.” annuì James.

 

 

Attesero che Remus, Lily e Peter lasciassero la torre per andare alla festa organizzata da Lumacorno, senza fare parola con loro di quanto avevano in mente.

James ebbe la strana sensazione che, in cuor suo, Lily avesse intuito quello che avevano intenzione di fare, dal momento che, mentre usciva dal buco del ritratto, continuava a voltarsi indietro e, al momento di salutarlo, il suo sguardo si soffermò troppo sugli occhi di James, fissandolo con apprensione.

James scacciò quella sensazione e fece un cenno a Sirius. Tornarono in camera e Sirius tolse dal suo comodino la Mappa del Malandrino, raggiungendo James che aveva già il Mantello dell'Invisibilità in mano.

Senza parlarsi, uscirono nel corridoio di fronte al ritratto della Signora Grassa.

“E' meglio che prenda tu il Mantello, Felpato.” disse James: oramai erano troppo grandi per stare sotto insieme.

“Ma James...” borbottò Sirius, sapendo però che l'amico aveva ragione.

“E' giusto così. Io ti copro le spalle.”rispose James, aggiungendo subito dopo. “Però sto zitto da qui al dormitorio di Serpeverde. Sai com'è, ho una certa reputazione e non vorrei che vedendomi parlare con il nulla pensassero che sono pazzo.”

Sirius ghignò “Non temere, Ramoso. Sanno già che sei pazzo.”

Deviarono lungo il percorso più breve, conoscevano la scuola come le loro tasche.

Il loro piano prevedeva che James, Caposcuola, attendesse che un Serpeverde uscisse o entrasse dalla sua sala Comune, usandolo come messaggero per Tracy Rosier, Prefetto del Quinto Anno con la quale lui era in buoni rapporti. In quel frangente Sirius sarebbe sgattaiolato dentro ed avrebbe cercato Regulus.

Fortunatamente, una volta arrivati nei sotterranei non ebbero da attendere molto. Un ragazzino del primo anno con la divisa di Serpeverde stava, tutto trafelato, rientrando dalla biblioteca, quasi fosse dimentico del fatto che al coprifuoco mancava ancora un'ora.

Guardò James stranito, ma non oppose parola alla strana richiesta del Caposcuola e corse in Sala Comune a cercare Tracy Rosier.

Sirius lo seguì, mentre James rimase fermo immobile fuori dall'ingresso, implorando che andasse tutto bene. Se solo avessero scoperto Sirius, l'avrebbero sicuramente accerchiato e ferito. Senza contare i guai, inevitabili, che avrebbero avuto con i professori e con Silente.

James sentiva i muscoli tesi, pronti ad agire. Era in pensiero per Sirius. La sua mente era all'interno del dormitorio di Serpeverde con Sirius. Pertanto, nemmeno notò l'arrivo di Tracy e faticò a trovare una qualsiasi domanda da farle o un motivo per proseguire la conversazione.

Passarono almeno dieci minuti, che a James sembravano secoli. Tracy lo fissava perplessa: le aveva già fatto due volte la stessa domanda, peraltro, su argomenti di cui avevano già ampiamente discusso nel corso dell'ultima riunione.

“Ah...sì, scusa, Tracy.. E' che Lily è alla festa di Lumacorno e quindi non ho potuto chiedere a lei. Non sapevo come foste rimaste d'accordo....”borbottò, cercando di guadagnare tempo. Sirius non era ancora uscito, non c'era stato il segnale concordato.

Se gli era accaduto qualcosa? Se Regulus non era ancora nel dormitorio?

James faticò a contenersi. Voleva entrare, accertarsi delle condizioni di Sirius. Tuttavia era consapevole che, se fosse entrato, era maggiore il pericolo di mettere a rischio la copertura di Sirius.

“James... tutto a posto?” Tracy Rosier, sinceramente preoccupata, riscosse James dai suoi pensieri.

“Sì, sì tutto a posto... mi chiedevo... ecco, hai tu il turno di pattugliamento domani sera?” chiese James, ormai a corto di argomenti.

Tracy non doveva rientrare. Non doveva rientrare almeno sino a quando Sirius non fosse tornato.

I muscoli erano tesi, il cuore gli batteva forte. Doveva sapere.

Con la mano strinse forte la bacchetta che teneva sotto al mantello, dov'era Sirius?

E poi, all'improvviso, lo vide sbucare dall'angolo del corridoio. Come aveva fatto? Gli era forse passato accanto senza che lui, troppo teso, se ne accorgesse?

“James, anche tu qui?” Sirius, fingendosi sorpreso, si avvicinò all'amico. James cercava di cogliere qualche segnale dai suoi occhi nascosti.

Mostrando ancora un comportamento per lui inusuale, riuscì ad accomiatarsi da Tracy, che, sempre più perplessa, fece rientro nel suo dormitorio.

James accelerò il passo, raggiungendo la sagoma di Sirius, pronto a sparire dietro l'angolo buoio.

“Allora?”

“Non sono riuscito a trovarlo, non c'era...” riuscì a biascicare due parole, Sirius, parole che non trasmettevano nulla del groviglio di pensieri che gli appesantivano la mente.

“Sirius... mi dispiace. Forse non è stata una grande idea.” mormorò James, toccando il braccio dell'amico.

Sirius scosse la testa ed accennò un sorriso, fingendo una risata per nascondere lo sguardo triste.

“Non fa niente, James. Non so cosa succederà... io ho solo capito che Regulus non è dalla nostra parte.” Sirius abbassò la testa ed accelerò il passo.

“Sirius... mi dispiace.” la voce di James suonò realmente delusa e ferita.

Sirius sì voltò e guardò l'amico.

“E' tutto a posto. Andiamo adesso.”

 

 

 

 

Remus, quando il mattino dopo vide James e Sirius scendere per la colazione, sospettò immediatamente che ci fosse qualcosa di strano. Sirius appariva più malmostoso di quanto non fosse solitamente al mattino e James si sforzava di conversare, calibrando con attenzione le parole.

“Arriva la posta!” esclamò Peter, rompendo uno strano ed insolito silenzio.

“Remus, poi mi passi Il Profeta?” chiese Lily, interessata all'inserto del giovedì.

Remus fece in tempo appena ad annuire che il giornale gli cadde sulle ginocchia. Incuriosito dalla strana foto in copertina, lo aprì immediatamente.

L'intera prima pagina era occupata da una fotografia magica che ritraeva una fenice volare intorno al Marchio Nero.

“Il Marchio Nero...” sussurrò con un filo di voce Peter. Immediatamente James, Sirius e Lily si accalcarono intorno a Remus per sapere quale altra strage avesse compiuto Lord Voldemort.

“I Mangiamorte hanno attaccato un villaggio Babbano del Kent, sono arrivati due maghi...nessuno sa chi siano. Hanno dato battaglia, sono riusciti a limitare il danno... e poi una fenice. Una fenice è comparsa dal nulla ed ha cominciato a volare intorno al Marchio Nero.” Remus lesse le prime righe dell'articolo agli amici.

“Una fenice, ma che significa?” domandò Lily

“Significa che c'è una possibilità.”rispose Remus.

 

 

 

DORMITORIO DI GRIFONDORO

 

“Una fenice... una fenice...” James continuava a lambiccarsi il cervello.

Che cosa poteva mai significare quella fenice che si ergeva cantando nel luogo dove due maghi sconosciuti, dei quali nessuno conosceva l'identità, avevano osato sfidare i Mangiamorte?

Perchè proprio una fenice? E che significato aveva? Non era un caso se, alla Smaterializzazione dei due, era seguita la sua comparsa, illuminata da un canto melodioso.

“Significa che c'è una possibilità.” aveva sussurrato piano Remus, mostrando agli amici l'edizione della Gazzetta del Profeta di quella mattina, con la fenice in prima pagina.

Li aveva fissati tutti e quattro, Remus, guardandoli bene negli occhi, Peter, Lily, Sirius e James.

Gli occhi di Sirius, per un attimo, si erano distratti, seguendo il frusciare dei pensieri: c'era qualcuno che combatteva, c'era qualcuno che si opponeva e lui desiderava disperatamente unirsi a loro.

Giustizia. Ecco quello che reclamava e pretendeva. Quello per cui voleva combattere.

James aveva incominciato a pensare al significato di quella fenice, non era un caso che fosse comparsa ed avesse iniziato a cantare. Voleva dare un messaggio. Un messaggio per chiunque riuscisse a capire, un messaggio di speranza per chi era schiacciato dal terrore, perchè la fenice muore e rinasce dalle proprie ceneri. Un messaggio di sfida a Voldemort ed ai suoi Mangiamorte, perchè per quanto schiacciati, non tutti si sarebbero piegati al loro volere, ma come la fenice, avrebbero continuato a combattere, nascendo dalle proprie ceneri. Un messaggio per chiunque fosse riuscito a cogliere l'indizio e volesse combattere.

James ne era sicuro, la fenice non era lì per caso.

“Una fenice... una fenice...” mormorava di continuo.

“Fanny!” esclamò, ricordando la gabbia dorata nell'ufficio di Silente: Fanny, la sua fedele fenice che moriva e rinasceva dalle proprie ceneri con un canto melodioso.

“Silente sa. Silente guida la resistenza.” pensò James, senza dover precisare a se stesso che anche lui avrebbe fatto parte di quella valorosa avanguardia.

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Capitolo 33
*** Trentunesimo Capitolo ***


 

TRENTUNESIMO CAPITOLO

 

Long as I remember

The rain been comin' down.
Clouds of myst'ry pourin'

Confusion on the ground.
Good men through the ages,

Tryin' to find the sun;
And I wonder, Still I wonder,

Who'll stop the rain? *

 

-Who will stop the rain, Creedence Clearwater Revival-

*Da che io ricordo,

La pioggia cade giù.

Nuvole da temporale,

Confusione sulla terra.

Uomini coraggiosi nei tempi,

Hanno tentato di trovare il sole.

E io mi chiedo, ancora mi chiedo,

Chi fermerà la pioggia?

 



 

FINE NOVEMBRE 1977

 

A quella prima apparizione della fenice, ne erano seguite altre. Da allora, ogni volta che la Gazzetta del Profeta dava notizia di qualche attacco dei Mangiamorte, sempre gli uomini della fenice (così erano stati ribattezzati dai giornalisti) erano apparsi dando battaglia ai Mangiamorte ed aiutando gli Auror nella ricostruzione: c'erano nell'Essex, c'erano a Manchester, c'erano persino all' Isola di Wright. Via via il loro numero era aumentato e spesso arrivavano prima degli Auror, guadagnando così tempo.

Erano arrivati persino a Salisbury, troppo tardi.

 

RAPITI I FIGLI DEL MINISTRO. LA FENICE NON CANTA PIU'”

 

Il titolo in prima pagina sul Profeta di quella mattina, raggelò tutta la Sala Grande.

Non fu necessario che Silente invocasse il silenzio, un' atmosfera cupa era calata, inghiottendosi tutte le parole.

Due bambini, due bambini di sei ed otto anni erano stati ripetutamente torturati con la Maledizione Cruciatus davanti ai loro genitori e poi portati via, in un attimo, senza che nessuno potesse intervenire. Gli Auror della scorta del Ministro Lufkin erano stati uccisi e Voldermort in persona aveva potuto entrare senza che nessuno se accorgesse.

Davanti a due genitori straziati e pronti a promettere di tutto, Lord Voldemort aveva torturato due bambini e poi, in un lampo, li aveva portati con sé.

Voleva dimostrare di avere in pugno il Paese e quale modo migliore della violazione della casa, della famiglia, degli affetti privati del Ministro della Magia? Quale gesto simbolico avrebbe dato un effetto altrettanto grandioso?

Colpire la famiglia del Ministro, a prescindere dalle posizioni politiche, a prescindere dai malumori e dalle polemiche che avrebbero attraversato l'intera classe dirigente, significava, prima di tutto, colpire al cuore una Nazione.

Ci sarebbe stato tempo per le polemiche, le perplessità, le critiche all'amministrazione di Lufkin.

Ci sarebbe stato tempo perchè le varie correnti agissero in sordina, sfiduciando il governo.

Ci sarebbe stato tempo per tutto. In quel momento, la Gran Bretagna intera si sentiva presa in scacco, sconfitta in una partita contro un nemico con cui non si riusciva nemmeno a provare a giocare, quasi che egli riuscisse sempre ad anticipare le mosse.

Hogwarts non faceva eccezione al resto del Paese, sebbene lì l'indignazione e la paura regnassero più forti che mai: i ragazzini più piccoli avevano solo paura, un terrore cieco, un tremore senza rimedio. I più grandi, invece, univano al timore una sete di giustizia, resa ancora più acuta dall'età che stavano attraversando, in cui gli ideali di Giustizia e Libertà splendevano come mai avrebbero fatto nel corso della vita.

Davanti ad una scolaresca annichilita dalle emozioni, Albus Silente parlò. Intimò ai suoi studenti di non smettere di sperare, di non smettere di pretendere giustizia, ma senza addolcire la pillola. I suoi ragazzi meritavano di essere messi al corrente della verità e così si sarebbe fatto fintanto che lui fosse Preside. Annunciò anche che il Consiglio Scolastico aveva deciso di sospendere le uscite ad Hogsmeade previste per i giorni successivi: motivò questa decisione con la sicurezza degli studenti e con la necessità di concordare con Ministero nuove misure di protezione anche per la scuola. Tuttavia, tutti capirono che il motivo principale era la necessità di proteggere Archie Lufkin, figlio primogenito del Ministro, un Tassorosso del quarto anno.

“Non capisco dove vogliano arrivare.” disse James, quella sera quando, con gli amici, era seduto di fronte al camino della Sala Comune.

“Non vogliono arrivare da nessuna parte, James. Sono solo pazzi.” rantolò Sirius, rauco.

Remus lo guardò in tralice.

“Vogliono arrivare da qualche parte, Sirius. Non stanno attaccando i Babbani per passatempo. Vogliono arrivare da qualche parte.” lo contraddisse Remus, in un sospiro grave.

“Si divertono così, Remus. Pensa che i miei antenati per rendere migliori le riunioni di famiglia organizzavano delle simpatiche cacce al babbano!” replicò Sirius, in un ghigno caustico e superficiale.

La faccia di Lily, seduta accanto a lui, tradì tutto il ribrezzo per quella pratica barbara.

“Ehi Lils, non ho detto che ci sono andato! Sai come la penso! Sto solo dicendo che quelli si divertono così...” alzò le spalle, Sirius.

“E' qualcosa di veramente riprovevole, Sirius!” esclamò Peter, rimasto in disparte sino a quel momento. “Ma se avesse ragione lui... e semplicemente volessero “divertirsi”? Prima o poi il Ministero riuscirà a prenderli... voglio dire... dalle loro ultime azioni non sembra che abbiano uno scopo, una qualche finalità, un qualche piano per arrivare da qualche parte. Sembrano solo un gruppo di criminali assassini...” spiegò Peter che, come gli altri, non riusciva a capire la connessione tra le varie notizie che giungevano ogni giorno, tra i massacri e gli attentati e le sparizioni.

“Da qualche parte vogliono arrivare... penso.” Lily si espresse per la prima volta. “Voglio dire... o hanno ragione Peter e Sirius e sono solo un gruppo di pazzi assassini senza scopo o, altrimenti, vogliono arrivare da qualche parte. E tutto quello che succede non è che un modo per seminare panico e terrore, in maniera tale da poter ottenere quel che cercano... ma cosa cercano? Questa strategia semina solo panico... e terrore...Se volessero il potere... voglio dire...se volessero la Nazione...”

Confusione. Non si capiva dove mirassero tutti gli avvenimenti degli ultimi anni.

“Vogliono il potere.” intervenne Remus.

“E' palese.” continuò in una ruga di preoccupazione. “Vogliono arrivare a governare il Paese, è ovvio... cioè, se faccio sparire persone scomode, persone che magari hanno un 'idea della convivenza con i Babbani diversa dalla mia, se rapisco i figli del Ministro è per mandare un messaggio. Tutto il resto, sono chiacchiere. Tutto il resto, tutti gli attentati, tutto quello che fanno contro i Babbani sono chiacchiere. Dietro c'è la volontà di arrivare al potere.”

Remus sospirò, come colpito dal contenuto delle sue stesse parole. Era convinto di quel che aveva detto. Sirius e Peter avevano ragione a dire che le torture e le uccisioni di Babbani erano solo un passatempo. L'importante era altro. L'importante era arrivare al possedimento del Ministero, alla conquista del Paese.

“Remus ha ragione. Rapire i figli del Ministro è un atto che vile, sono solo dei bambini... ma ha un grande significato dimostrativo. Voglio dire... significa che il Paese è vulnerabile, che arrivati lì possono arrivare ovunque. Adesso penso che nessuno li sottovaluti più. Penso che nessuno farà più finta di non vedere... è impossibile non vedere! Il fatto è che tanti, tanti la pensano come loro... quanti, qui dentro, vengono da famiglie come quella di Sirius? Senza offesa, Felpato...” James gli fece l'occhiolino e lo toccò su una spalla, Sirius, consapevole della verità delle parole dell'amico, alzò le spalle. James aveva ragione. Lui non era l'unico tra i loro compagni di scuola ad essere stato educato a quel modo.

“Quante famiglie pensano che i Babbani o i Mezzosangue siano inferiori? Tanti... e alcuni forse non si sono ancora esposti... ma lo faranno. Lo faranno, se qualcuno non ferma questo Voldemort. Lo faranno e la Gran Bretagna, con buona pace della sua Regina, sarà in mano loro.”

“E cosa ne sarà di noi? Noi cosa possiamo fare?” le parole di Peter suonarono come un singulto in quel silenzio.

“Combattere.” rispose Sirius, per primo, negli occhi un'espressione molto più consapevole di quello che aveva animato le sue parole in precedenza, alzando la testa con fierezza.

Non sapeva perchè aveva parlato così prima: per nervosismo, per rabbia, per ridere di qualcosa di cui non c'era da ridere, forse. Certo era che, dal suo punto di vista, combattere contro quei pazzi che la pensavano esattamente come la sua famiglia aveva un significato diverso. Non significava soltanto combattere la sua famiglia, significava lottare contro quel ridicolo pensiero. Aveva senso.

Agli occhi di Sirius aveva molto senso.

“Fare la nostra parte.” ripetè James, con uno sguardo deciso e adulto negli occhi.

Lily annuì, insieme a Remus. Fare la propria parte. Non necessariamente combattere, ma cercare di fare la propria parte per aiutare.

 

La testa nera ed aggrovigliata di James sbucò dalla tromba delle scale a chiocciola che portavano ai dormitori. Stava scendendo a rotta di collo, per raggiungere i suoi amici, sembrava. Lily e Peter stavano terminando insieme il tema di Erbologia, mentre seduti sul tappeto Sirius e Remus stavano giocando a scacchi e, in quel preciso momento, un pedone di Sirius colpì James sulla fronte, mentre, con profonda frustrazione lasciava il campo alle pedine di Remus che avevano in mano la partita.

Ho capito! Ho capito!” continuava a ripetere, sventolando l'edizione del Profeta che aveva sottratto dal comodino di Remus.

So di chi si tratta.” aveva sussurrato piano James, con un tono di voce che non gli era abituale.

Si era avvicinato agli amici e li aveva fatti chiudere a crocchio tutti e cinque.

C'è Silente dietro alla fenice. E' Fanny, capite? Lui ha mandato Fanny a cantare!” esclamò.

Peter, Sirius e Remus spalancarono gli occhi, sorpresi: come avevano fatto a non pensarci prima?

Quante fenici c'erano? Era un animale molto raro e Silente ne possedeva una. Remus ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista, l'estate prima di iniziare Hogwarts. Era stato ricevuto insieme ai suoi genitori dal Preside, il quale era intenzionato a spiegargli tutte le precauzioni che sarebbero state prese per consentirgli di affrontare al meglio le notti di luna piena.

Fanny aveva preso fuoco proprio sotto ai suoi occhi, spaventandolo molto. Era a conoscenza dell'esistenza delle Fenici, ma, essendo un animale considerato dai più quasi estinto (come del resto aveva letto sugli scritti di Scamandrio), Remus aveva strabuzzato gli occhi davanti ad un uccello che si era, letteralmente, suicidato non appena lui aveva posato lo sguardo sulla gabbia.

Pertanto, gli sorse spontaneo un sorrisetto compiaciuto, non appena udite le parole di James.

Fanny?”domandò Lily, incuriosita. A quanto pareva era l'unica a non sapere nulla di questa Fanny. Remus, Sirius e Peter, invece, avevano l'aria di chi si sta chiedendo come aveva fatto a non pensarci prima.

Sì, Silente ha una fenice. La tiene nel suo studio. E' stato lui a mandare quegli uomini, è stato lui a mandare Fanny. Silente sta lavorando per fermarli.”spiegò concitato James, desideroso di aggiungere altre parole.

Wow!” esclamò Sirius

Remus sorrise di nuovo, più apertamente. C'era una speranza. Aveva ragione. C'era una speranza.

Quindi, in sostanza, Silente è a capo di un gruppo di persone, che non sono Auror, e che hanno scelto liberamente e volontariamente di combattere contro Colui Che Non Deve Essere Nominato?” chiese Peter, utilizzando per parlare di Lord Voldemort la perifrasi che la stampa aveva scelto da un po' di tempo a quella parte.

Sì, Codaliscia! Non è meraviglioso?” chiosò James, retoricamente.

Era eccitato. La scoperta di quell'avanguardia, la scoperta di quel gruppo che Silente aveva riunito in segreto lo aveva eccitato e, allo stesso tempo, riempito di profondo rispetto per quelle persone. James era certo che, se suo padre fosse stato ancora vivo, Silente gli avrebbe chiesto di unirsi a lui e Charlus Potter non avrebbe rifiutato.

Dobbiamo unirci a lui!” esclamò Sirius, euforico. Era solo quello che aspettava. Potevano fare qualcosa anche loro. Avrebbero potuto dire a Silente che anche loro erano disposti a combattere.

Non essere sciocco, Sirius! Silente non permetterebbe mai a degli studenti di entrare!” lo ammonì Remus, a ragione. Nonostante fosse attratto dall'idea, sapeva che non era praticabile, almeno nell'immediato. Ciò che lo attirava di più era la volontà gratuita di chi si mette al servizio degli altri, di chi cerca di fare la propria parte.

Sirius, siamo solo dei ragazzini!” gli fece notare Peter. Tutta quella faccenda lo terrorizzava. Era ben contento che ci fosse altra gente, oltre agli Auror, a dare filo da torcere ai Mangiamorte ma, se doveva essere sincero, tutta quella faccenda lo spaventava. Sentiva che era qualcosa di molto più grande di loro e non riusciva a capire quanto i suoi amici riuscissero a rendersene conto.

Ma siamo maggiorenni! Possiamo decidere!” precisò Sirius, allettato e pronto a varcare la soglia dell'ufficio del Preside per affermare di essere della brigata.

Sirius... se James ha ragione, come credo che abbia, sai anche tu che Silente non permetterebbe mai a degli studenti di entrare. E poi, serve preparazione. Una preparazione che noi ancora non abbiamo.” disse Lily, anch'ella, come gli altri, affascinata dall'idea che Silente avesse creato un gruppo di combattenti, alternativi agli Auror, pronti a combattere contro Lord Voldemort.

Remus e Lily hanno ragione, Felpato.” convenne James. “Adesso non possiamo fare niente. Possiamo solo aspettare.”

Bè, manca poco. Tra un anno saremo dei loro!” esclamò Sirius con impeto, forse non pienamente consapevole di tutto, ma solo molto irruente e desideroso di impegnarsi.

Jamie, Rem, Peter... so che voi ci state. E tu, Lils?”

 

“James... Lily, posso parlarvi un attimo?” al termine della riunione, Kingsley Shackebolt, Prefetto del quinto anno di Tassorosso si avvicinò alla cattedra, dove Lily e James stavano riordinando alcune carte.

“Certo, dimmi pure, Kingsley.” sorrise Lily

“Archie Lufkin, come sapete, è nella mia Casa... e siamo buoni amici. Vorrebbe chiedere a Silente se può tornare a casa. I suoi genitori, dice, potrebbero aver bisogno di lui. Vorrebbe che io che sono un Prefetto “intercedessi” in qualche modo. Ma a me non sembra una cosa molto sensata, voglio dire, Hogwarts è sicura. Il castello è protetto e gli insegnanti, in caso di estrema necessità saprebbero come difendere la scuola e, se necessario, evacuarla. Non penso che dovrebbe andare via... per lui è più sicuro stare qui. Non può fare niente per collaborare alle ricerche.” Kingsley finì di parlare. Parlò in fretta, come era sua consuetudine, e con saggezza. James lo riteneva molto maturo per i suoi quindici anni e, tra il resto dei Prefetti, era uno di quelli con si trovava meglio. Si poteva scherzare con lui, ma allo stesso tempo era un valido collaboratore. Non parlava molto, ma quando lo faceva era sempre per schiarire le idee.

“Hai ragione, Kingsley.” annuì James. “E' più sicuro che resti qui. Hogwarts è sicura e lui non può certo aiutare gli Auror! Senza contare che, rimanendo qui, anche i suoi genitori possono essere più tranquilli. Parleremo a Silente, se vuoi, iniziando ad accennargli questa volontà di Archie perchè lo convinca a desistere.” spiegò James

“So che il Ministro e sua moglie sono stati qui, ieri. Penso che Silente concederà loro il permesso di venire qui più spesso per stare con Archie.” intervenne Lily, anche ella colpita da quanto aveva appena detto Kingsley Shackebolt.

“Grazie, sapevo che mi avreste aiutato! Archie deve restare qui. E' più sicuro, per tutti!” esclamò Kingsley, in un sorriso, accomiatandosi così dai due.

James e Lily rimasero in silenzio per qualche minuto, occupati dalle carte da ritirare, dai verbali da firmare e dai loro pensieri.

“Lily... tu hai paura?” James ruppe il silenzio. Alzò la testa e fissò Lily, alla sua sinistra.

Lily abbassò lo sguardo: qualcosa era diverso negli occhi di James. Erano maturi.

“Non sarebbe saggio non averne, non credi?” gli rispose, a testa bassa. Non voleva incontrare i suoi occhi perchè, in realtà, Lily avrebbe tremato di paura.

“Hai ragione. Non sarebbe saggio non averne.” convenne James, fattosi più vicino, tallonando con la sua anca il fianco di Lily.

“Sai qual è la cosa che mi fa più paura, James? Il fatto che non si può avere paura di vivere, ma ce ne stanno mettendo. Vorrei avvertire i miei genitori, perchè Voldemort può colpire dovunque. E loro potrebbero trovarsi lì in mezzo, con l'unica colpa di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Con l'unica colpa di vivere. Ma non posso dire a mia madre di non andare a fare la spesa e a mio padre, che ogni giorno litiga con le Trade Unions di andare in pensione prima del tempo e a mia sorella, che pure mi disprezza perchè io sono una strega, che pure so essere invidiosa di me, che pure mi chiama mostro, di non andare a fare spese in Oxford Street perchè un pazzo potrebbe ucciderli. Non posso impedire loro di vivere. Quello che mi terrorizza, James, è questo. Non si può avere paura di vivere. Ma quello che sta succedendo ci fa ghiacciare il sangue nelle vene. E ho paura, perchè non so cosa succederà. Perchè non so come fare per proteggere la mia famiglia, che è ignara di tutto, che non può capire tutto. Perchè non so come fare a difendere nemmeno me stessa, perchè so che dovrò fare la mia parte. Per me stessa, per tutti. Devo fare la mia parte.” Le parole le erano uscite in fretta dalla bocca, come se fossero rimaste chiuse, confinate nella sua mente per troppo tempo e potessero, finalmente, liberarsi nell'essere dette a qualcuno. Lily aveva tirato fuori tutti i suoi timori. Aveva paura per se stessa, perchè non aveva idea di cosa sarebbe stato di lei una volta finita Hogwarts; aveva paura per la sua famiglia, che non poteva capire e che, allo stesso tempo, non poteva proteggersi.

James le aveva circondato le spalle con un braccio, in silenzio. Non c'era poi molto che lui potesse dire o fare. Era spaventato quanto lei. Era consapevole quanto lei delle difficoltà cui stavano andando in colpo. Era disorientato quanto lei.

Dopotutto, si chiese, era possibile non essere disorientati in quella situazione. Forse soltanto con l'avventatezza sarebbe stato possibile.

“Io ho paura, Lily. Ho paura perchè ho già perso mio padre. Ho paura di perdere mia madre. Ho paura...perchè so che Sirius prima o poi farà una sciocchezza che gli costerà caro. Ho paura per Remus, perchè questi lo vogliono morto. Ho paura per Peter, perchè è fragile ed ha bisogno del nostro sostegno. Ho paura per te, perchè vorrei che tu fossi felice. Ma so che voglio combattere. Voglio fare la mia parte. E' giusto.” spiegò James, senza vergognarsi di ammettere le sue debolezze.

I suoi punti deboli, la sua vulnerabilità stava proprio nell'affetto che lo legava alle persone per lui più importanti e mai si era sentito altrettanto determinato nel voler proteggere quegli affetti.

“Silente ha lanciato la sua sfida col canto di Fanny: c'è chi combatterà e non si arrenderà. Morirà se è necessario! Voglio combattere anch'io, Lily, lo voglio!” esclamò James, con impeto.

Nonostante la serietà del momento,Lily non riuscì a trattenere un sorriso orgoglioso: era a conoscenza dei progetti di James.

James quell'anno stava mettendo molto impegno nello studio: i suoi voti avrebbero dovuto essere eccellenti in Difesa contro le Arti Oscure per poter essere ammesso all'Accademia per Auror. Sarebbe diventato un Auror, come suo padre, ed avrebbe presto fatto la sua parte, dato il suo contributo a quel Paese straziato.

“Sarai un'Auror eccellente, James.” gli sorrise.

Lui la ringraziò e continuò a parlare:

“Vorrei dirti che non abbiamo il tempo di aspettare e che non ho sufficiente pazienza: mi tocca purtroppo ammettere soltanto che quella che mi manca è la pazienza. Non sono così avventato da sostenere di essere pronto a combattere, ho ancora tanto da imparare. So che questi mesi di scuola che ci restano, ci serviranno. La McGranitt, Vitious e Lyons- Rutt stanno seguendo sempre meno il programma e sempre più ci stanno insegnando qualcosa che là fuori ci potrà servire. Ho bisogno di apprendere il più possibile e l'Accademia mi servirà. Voglio diventare un Auror. Se le cose fossero diverse, forse, proverei seriamente a giocare a Quidditch... lo vorrei tanto, sai, Lily? Magari potrei riuscirci per davvero... però non è il tempo. Adesso devo fare la mia parte. E non ho intenzione di catapultarmi da Silente e dirgli che so tutto e che voglio entrare nell'Ordine della Fenice. Voglio aspettare di essere pronto. Pronto per davvero. Solo allora potrò davvero fare la mia parte.”

Lily gli sorrise, orgogliosa. James, James stava diventando ogni giorno sempre più maturo. Stava diventando un uomo. Stava tirando fuori, ogni giorno, qualcosa di più per essere sempre più simile a quanto Lily immaginava avrebbe potuto diventare.

Si era fatto più paziente e più riflessivo. Stava imparando a dosare l'intemperanza e a sostituirla con un po' di ragionamento in più. E poi, quella che per Lily era la sua qualità migliore, era buono. James era buono e soltanto quello, a parer di Lily, gli faceva meritare di essere apprezzato e stimato.

“Sono fiera di te, James.”gli sorrise Lily, non sapendo trovare altre parole, ma stringendogli così forte la mano che lui non potè in alcun modo fraintendere, ma anzi, James la sentì ancora più vicina.

“E tu, Lily? Tu cosa vorresti fare una volta uscita da Hogwarts?”le domandò James, dopo averle baciato una guancia. “E che cosa vorresti fare se... se potessi?”

“Oh... io?” rise Lily, alzando la testa e muovendo la mano per aria.

“Oh...ci sarebbero un sacco di cose che vorrei fare, sai?” cominciò con un entusiasmo che fece sorridere anche James.

“Vorrei tanto lavorare al Profeta, mi piacerebbe fare la giornalista, sai?” James le guardò gli occhi che brillavano. Non lo sapeva. Nonostante conoscesse Lily da un po', non aveva mai saputo di questo suo interesse. Si chiese se dipendesse dal fatto che avesse prestato poca attenzione a lei o a quello che diceva o se, invece, Lily custodisse per sé quel desiderio.

“Oppure... oppure mi piacerebbe approfondire lo studio dell'arte delle Pozioni. C'è una buona scuola di Alchimia a Wickford, sai? Se potessi permettermelo, vorrei frequentare l'Académie Francaise des Etudes des Alchimie a Orléans... ma non ho né le possibilità economiche né il tempo.” ammise subito Lily, contraendo la sua espressione. James si morse la lingua. Sapeva che a Lily avrebbe fatto piacere potersi specializzare in Pozioni. Avrebbe significato poter coltivare il suo talento. Era portata per lavorare sulle pozioni e avrebbe potuto imparare tanto e, perchè no, dare il suo contributo alla ricerca che studiava sempre nuove combinazioni che potessero non solo migliorare la vita, ma anche salvarla, come era il caso dell'alchimia applicata alla medicina.

“Devo fare la parte. E così cercherò di fare. Mi piacerebbe lavorare sulle pozioni curative. Su qualcosa che possa aiutare qualcuno. Vedi, James, adesso conto di diplomarmi al meglio che posso e poi penso che mi iscriverò alla scuola di Wickford. Lavorano anche per il San Mungo, molti docenti sono dei curatori. Penso che in questa maniera potrei fare la mia parte anche per quanto riguarda questa guerra invisibile. Non come te, che cerchi i cattivi e li combatti, ma nelle retrovie. Posso lavorare su qualche lozione curativa, posso studiare come migliorare quelle esistenti; posso studiare qualche arma in più di cui dotare gli Auror. Penso che questa sarà la mia parte.” concluse Lily. Se la situazione fosse stata diversa, forse avrebbe studiato Alchimia solo per interesse, per soddisfare una sua curiosità.

In quel momento, tuttavia, Lily era certa che ciascuno dovesse fare la sua parte.

James la guardava, ammirato. Lily aveva parlato con sicurezza. Era risoluta. Sapeva cosa voleva e come ottenerlo. Si stava facendo donna davanti a lui, senza quasi che lui se ne rendesse conto, tanto il processo si stava compiendo con naturalezza. Per un attimo a James sovvenne alla mente la ragazza che aveva conosciuto, con cui si era ritrovato a parlare esattamente un anno prima. Era Lily, era sempre lei. Ma prima non sorrideva in maniera così aperta, prima non mostrava quella sicurezza nel parlare, prima spesso abbassava lo sguardo.

Adesso la vedeva serena, felice e, se non fosse per peccare di presunzione, James era consapevole che in parte fosse merito suo. E dei Malandrini, naturalmente.

“Sono orgoglioso di te, Lily Evans. Farai grandi cose.” le sussurrò James, in un orecchio.

“Sono orgogliosa di te, James Potter. Farai grandi cose.” Lily usò le stesse parole di James, perchè altre non le sarebbero parse altrettanto appropriate.

Lo strinse forte, aggrappandosi a lui. James ricambiò la stretta con un delicato bacio sulla guancia.

 

 

 

Prima di tutto, grazie a Xela, Shine, Piovra e Lucy per aver recensito con parole così belle; in seguito, vorrei precisare che nel richiamo di James alla Regina non so esattamente cosa ci sia dietro: è qualcosa che è uscito così e che così doveva restare. Penso che la Comunità Magica sapesse che la Gran Bretagna era parte del Commonwealth e che era uno stato monarchico. Inoltre, se il Primo Ministro Babbano sapeva della Comunità Magica (cfr HP6) penso proprio che ne fosse a conoscenza anche la famiglia reale, o almeno così mi piace pensare. E poi, perchè non potrebbe essere che la Regina regni sia sulla Comunità Babbana che su quella Magica? In un millennio monarchia, dite che è impossibile che un membro della famiglia reale abbia frequentato Hogwarts? ;-)

Non so chi fosse il Ministro della Magia in quegli anni, il Lexicon non lo dice, parla solo di una tale Bagnold dal 1980 al 1990, pertanto ne ho inventato uno prendendo a prestito il cognome di un Ministro della Magia ottocentesco. Anche in questo caso, comunque, ci sarà qualche sconvolgimento dato che sappiamo che Barty Crouch ha avuto molta influenza in quegli anni...

Quanto a Kingsley Shackebolt, sappiamo che lui conosceva Lily e James ma che non era parte dell'Ordine durante la prima guerra o che, quantomeno, non ne era parte al tempo in cui fu scattata la fotografia che viene mostrata ad Harry. Pertanto, penso che lui avesse conosciuto Lily e James a scuola, magari proprio perchè era un Prefetto e loro Caposcuola e che poi, eventualmente, li abbia incontrati nuovamente durante il 1981 o il 1980, magari si può essere unito all'Ordine soltanto in un secondo momento, terminata Hogwarts, appunto...comunque sia,mi piace pensarlo a Tassorosso, grande e grosso com'è!

Spero di aver fatto un buon lavoro con questo capitolo,soprattutto nelle espressioni e nei pensieri dei protagonisti. Spero che tutto vi paia plausibile date le loro personalità. Non sono molto convinta di alcune cose, ma so che non riuscirei a fare diversamente.

Non abituatevi a quest'aggiornamento rapido che, ahimè, l'università mi stressa assai...

A presto!

Jomarch

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Capitolo 34
*** Capitolo Trentaduesimo ***


CAPITOLO TRENTADUESIMO

 

 

All your dreams are made

Of Strawberry lemonade

And you make sure

I eat today

You take me walking

To where you played

When you were young *

-Talk Tonight, Oasis-

*Tutti i tuoi sogni sono fatti

Di limonata di fragole

E tu ti sei accertato

Che io oggi abbia mangiato

Tu mi hai portato a camminare

Dove tu eri solito giocare

quando eri piccolo



 

 

DICEMBRE 1977

 

 

“Remus...” Lily lo chiamò, distogliendo lo sguardo dal nulla che stava fissando da un po'. Remus alzò la testa dal libro di Letteratura Runica e si rivolse a lei.

Lily non riusciva a studiare in biblioteca, si metteva a fissare la gente e si distraeva. Inoltre, e Remus lo aveva imparato a proprie spese, lei, proprio come Sirius, era incapace di rimanere concentrata e studiare seriamente se era in compagnia di qualcuno. Lily era la prima a perdersi in fantasie, non appena loro cinque si riunivano per ripetere insieme le lezioni o riprendere alcuni concetti. Sirius poi la seguiva a ruota e cominciavano coi loro discorsi fantasiosi su musica Babbana o angoli del mondo che avrebbero voluto visitare o associazioni casuali tra i contenuti dei loro libri di testo e l'accozzaglia di idee delle loro menti. Una volta erano riusciti persino, con somma vergogna di Lily che al petto portava appuntata la spilla di Caposcuola, a farsi cacciar via da Madama Pince, mentre Sirius riempiva la Biblioteca con la sua risata simile ad un latrato.

Pertanto, quando si sentì chiamare, Remus capì immediatamente che il tempo dello studio era ormai finito. Non che la cosa gli dispiacesse, sia chiaro.

La fissò per un attimo, in attesa che lei parlasse. Era sempre sul punto di dire qualcosa, Lily, quando lo chiamava con quel tono.

“Era tanto che te lo volevo dire... Avevi ragione su James.” gli disse, a voce bassa, con un'espressione gioiosa negli occhi.

Anche Remus si aprì in un sorriso. Stava intuendo quel che stava accadendo tra Lily e James e, a suo parere, nessuno era indicato per l'uno più dell'altra e viceversa. Si stavano facendo del bene a vicenda.

Gli sovvenne alla mente la conversazione che avevano avuto quasi un anno prima, in Infermeria. Aveva raccontato a Lily come lui e James erano diventati amici e le aveva suggerito di dare una possibilità a James, difendendolo a spada tratta.

Avrebbe voluto dirle che era felice, che tutto sarebbe andato a posto, invece inclinò le labbra in un sorriso e disse:

“Lo so.”

Lily ricambiò il sorriso ed aggiunse:

“Che vecchia strega di palude, che sei, Remus Lupin... anzi, Lunastorta! Sempre lì, con quel sorrisetto da SoTuttoIo-SonoLaPerfezione!” esclamò, per sdrammatizzare.

“Penso che ultimamente, Lily carissima, tu stia passando fin troppo tempo con James. E col suo pulcioso amico a quattro zampe dal pelo nero. Comunque, erri. Io non credo di essere la perfezione. Io sono, la perfezione.” Remus ricambiò la leggera stoccata facendola ridere e, pensando, che, in fondo, alla malinconica Lily dell'anno prima preferiva questa che aveva davanti. E di molto.

“Torni a casa per Natale, Rem?” gli chiese poi, quando le frecciate si erano concluse con una risata da parte di entrambi.

“Sì, certo. Il castello non mi è mai sembrato così accogliente come di questi tempi. Tuttavia ho voglia di vedere mia madre ed i miei nonni, inoltre sono sicuro che qualche volta con gli altri potremo organizzare qualcosa... Perchè? Hai forse intenzione di non tornare?” le domandò sorpreso. Che lui sapesse, Lily non aveva mai fatto menzione di non voler rientrare a casa per le vacanze.

“Oh no, no... Certo che no! Torno, non potrei non farlo! Te l'ho chiesto per curiosità...Scusa.” Lily si zittì all'improvviso e Remus non sapeva con precisione come gestire quel silenzio. Intuì che sotto le parole di Lily ci fosse dell'altro, tuttavia non osò indagare.

Lily gli aveva confidato più volte le paure per la propria famiglia e anche, sebbene non in maniera approfondita, delle difficoltà nel rapporto con la sorella. Remus pensò che, forse, era accaduto qualcos'altro, ma non voleva essere indiscreto.

“Se ti va di fare un giro a Diagon Alley proprio la Vigilia, potresti aiutarmi a cercare un regalo per mia madre.” le disse infine, dopo un minuto di silenzio.

Le visite ad Hogsmeade erano state interrotte il mese prima e ancora non era concesso rimettervi piede. Dal momento che era facile riconoscerli come studenti, non era possibile recarsi ad Hogsmeade attraverso il passaggio segreto che conduceva a Mielandia. James e Sirius avevano pensato di preparare la Pozione Polisucco ma erano stati fermati non tanto dal senno, quanto dal fatto che ci volesse circa un mese prima che fosse pronta e così la pigrizia l'aveva avuta vinta dal momento che, parte di loro, pur conscia della gravità della situazione, sperava che prima della ripresa delle lezioni nell'anno nuovo Silente revocasse il divieto.

“Oh sì, con piacere! A mia madre piacerebbe tanto un libro di cura dei fiori preso dal Ghirigoro! Devi sapere che, da quando ho raggiunto la maggiore età mi fa preparare qualche intruglio per le sue piante... e funzionano!” Lily sperava di far felice sua madre con quel pensiero. Ai suoi genitori faceva sempre piacere ricevere doni provenienti dallo strano mondo di Lily.

Lily si morse la lingua. Era qualche giorno che si chiedeva se avesse dovuto pensare a qualcosa per Petunia, ben certa che la sorella non avrebbe ricambiato.

Stava per dire qualcos'altro a Remus, ma, improvvisamente sbucò da dietro l'angolo la sagoma grassoccia di Peter che, tuttavia non li vide. Era impegnato ad esplorare la biblioteca in lungo e in largo cercandoli, con le braccia cariche di libri e pergamene.

“Pete, che ci fai qui?” Remus alzò troppo la voce e la bibliotecaria gli scoccò un'occhiata antipatica. Lui la ignorò e corse dall'amico.

“Eccovi qui!Vi cercavo! James è andato agli allenamenti di Quidditch e Sirius sta facendo la mappa astrale, solo che mi sta facendo venire il nervoso a furia di sbattermi addosso i filetti di gomma che perde cancellando e così ho pensato di venire qui a studiare con voi. E' veramente irritante quando ci si mette!” spiegò Peter, lasciando cadere con un sonoro tonfo i libri di Astronomia e la pergamena sul tavolo: il Solstizio d' Inverno sarebbe stato l'ultimo giorno di lezione prima delle vacanze natalizie ed il professor Hudos desiderava che preparassero una mappa astrale del sistema solare settimana per settimana.

Remus ridacchiò e fece accomodare Peter accanto a sé.

Lily continuò a studiare un po' con loro ma il tarlo che si era insinuato in lei prima dell'arrivo di Peter continuava a tenerle la mente occupata.

Improvvisamente chiuse il libro e si alzò, davanti agli sguardi perplessi dei suoi amici.

Bofonchiò qualche parole di scusa, lasciandoli in Biblioteca e, nell'uscire, inciampò parecchie volte sui suoi stessi piedi.

La strada per la Torre di Grifondoro le parve infinita, seppure cercò di camminare il più velocemente che le concedesse la tracolla piena di libri.

Entrò correndo e facendo voltare qualcuno, con gli occhi che vagavano per la stanza, verso la poltrona dove lui sedeva di solito.

Lo vide accucciato, con la schiena bassa e la pergamena sulle ginocchia, matita in bocca, che si grattava la testa.

Si avvicinò e lo sentì sbuffare dal nervoso.

“Sirius... posso farti una domanda?” Lily lo guardò, cauta, come se l'agitazione e la fretta che l'avevano condotta lì fossero svanite non appena si trovò di fronte a lui.

Sirius la osservò e chiuse la mappa astrale che stava preparando.

Si ricompose, assumendo una posizione decisamente più comoda e fissò lo sguardo su Lily.

“Certo Lils, perchè no?” Il tono che Lily aveva usato l'aveva incuriosito. Quando usava quel tono e quando chiedeva se poteva fare una domanda, Lily implicitamente, domandava attenzioni. In punta di piedi, Lily chiedeva se si poteva parlare, perchè la matassa dei pensieri era troppo ingarbugliata da sbrogliare da sola.

Sirius, osservandola quando faceva così, aveva l'impressione di vedersi allo specchio. Anche lui usava quelle parole quando aveva bisogno di rassicurazioni e conferme. Conoscendola stava scoprendo non solo di essere stato troppo affrettato nel giudicarla duranti gli anni precedenti ma, soprattutto, che, per un certo verso, lui e Lily si assomigliavano.

“Ti va di fare due passi?” le chiese subito dopo.

Lily annuì: non era particolarmente ansiosa di passeggiare per i corridoi del castello o nel parco con quel freddo ma aveva bisogno di parlare con Sirius. Pertanto fece una corsa a prendere il suo mantello e, in un attimo, lo raggiunse all'imboccatura del tunnel per uscire dalla Sala Comune.

Camminarono in silenzio fino al grande portone d'ingresso. Sirius volle uscire nel parco. L'erba era ghiacciata. Non c'era stata ancora nessuna delle grandi nevicate scozzesi del tardo autunno. Solo un po' di lieve nevischio, scioltosi non appena un timido raggio di sole era comparso dalle nuvole la mattina seguente.

Lily ricordò che una volta Sirius le aveva detto che i centauri ritenevano che grossi cambiamenti climatici si registravano prima di una catastrofe. Le era venuto spontaneamente da sorridere, quella mattina quando, alla sua esclamazione di sconforto perchè la neve non era rimasta, Sirius aveva risposto a quel modo.

 

Forse non ci saranno grandi nevicate quest'anno. I centauri dicono che il clima cambia, prima di grandi sconvolgimenti, prima della catastrofi.”

Lily stava per scoppiare a ridere e per dire qualcosa che avrebbe potuto suonare come: “Oh, andiamo! Ma chi crede alla Divinazione?”. Aveva ragione la McGranitt: era solo tempo sprecato.

Tuttavia Lily rimase zitta, con le parole rimaste in fondo alla gola e con il sorriso ghiacciato sulle labbra.

Peter, James e Remus avevano risposto con un grave silenzio alle parole di Sirius. Con lo sguardo basso, cercavano di fingere di non aver sentito.

Lily avvertì la sensazione di non essere al corrente di qualcosa che i ragazzi, invece, avevano vissuto e non dimenticato.

Non fece domande. Rimase a suo posto per qualche istante, sino a quando James si rialzò dicendo:

Andiamo o faremo tardi. Come dice sempre Remus, la Divinazione è imperfetta.”

 

Nel ricordare la scena, Lily fu colta da un tremito. C'era qualcosa che non le avevano detto, così come era chiaro che per James, Remus e Peter le parole di Sirius avevano un significato particolare.

“Tutto a posto, Lils?” Sirius si era accorto che Lily si era stretta nel mantello, aggrottando le spalle.

Osservò il suo alito colorarsi di bianco. Forse stava arrivando il freddo, quello vero. Forse quella cosa che aveva detto un paio di settimane prima quando Lily mostrava il suo disappunto per la mancanza della neve non era vero. Forse sarebbe andato tutto a posto.

Il Marchio Nero. Forse suo fratello aveva il Marchio Nero.

Lily gli toccò improvvisamente il braccio e lui si riscosse. Lily, Lily aveva bisogno di parlargli.

“Lils... scusa. Stavo pensando. Siamo venuti fin qui perchè volevi dirmi qualcosa... giusto?”

Lily annuì. Prima di parlare abbassò la testa, fissò l'erba ai suoi piedi e poi si rialzò il capo e guardò Sirius.

“Sirius, come si fa a passare sopra al fatto che tua sorella ti odia? Al fatto che tu non l'hai più, una sorella?”

Sirius poteva capire, ne era certa.

Aveva provato a farlo con James. James capiva sempre tutto... James la capiva. Tuttavia, quella volta non c'era riuscito. O meglio, James sapeva come lenire la ferita guardando avanti e provando a farla guardare indietro il meno possibile. Ma Lily, per poter andare avanti, doveva guardare indietro, ancora un po'.

 

META' NOVEMBRE, 1977

 

James...” lo chiamò, proprio quando lui stava aprendo la porta dell'aula che aveva ospitato la riunione coi Prefetti.

Lui si voltò, aggiustandosi gli occhiali sul naso e scompigliandosi i capelli.

Ti ricordi quando ti avevo detto che un giorno ti avrei raccontato tutto?” Lily si morse la lingua. Sperava che James comprendesse l'allusione. Ripetere avrebbe reso tutto più difficile.

Sì, certo.” confermò James avvicinandosi.

Lo voglio fare ora. Se hai voglia di ascoltarmi.”Lily allungò le mani, come a volerlo avvicinare a sé.

Lily non devi... Non devi farlo solo per me. Devi farlo solo se te la senti. Tra noi non cambia nulla.”James provò a rassicurarla: non doveva parlare per forza. Cercò di pensare alla possibilità di aver detto qualcosa che potesse aver portato Lily a sentirsi costretta a raccontare.

Voglio farlo, James. Devo farlo. Non voglio che ci sia del non detto tra noi.” precisò Lily, stringendo i pugni.

Allora sono qui per ascoltare.”le sorrise.

Lily lo guidò sui banchi e si sedette su uno di essi, incrociando le gambe, incurante della sconvenienza della posa. James le si sedette accanto

Ho scoperto di essere una strega quando me l'ha detto Severus... sai? Certo che lo sai... Te l'ho già raccontato! Sono una persona ripetitiva! Petunia ha iniziato a definirmi un mostro non appena mi è arrivata la lettera... e io non capivo. Non capivo come mai, non le avevo fatto nulla. Eravamo sempre insieme fino al giorno prima! Poi, un giorno io e Severus trovammo una lettera nella sua stanza: scrisse a Silente per chiedergli se poteva venire anche lei ad Hogwarts, se non ci fosse stato un errore e fosse anche lei una strega. Ovviamente il Preside, pur nella sua cortese risposta, le disse che non c'era stato alcun errore: lei non era una strega ed avrebbe, in ogni caso, dovuto essere felice per me. Davanti a me Petunia negò di aver scritto quella lettera. Ma io sapevo... l'avevo letta, me l'aveva fatta leggere Severus dopo averla rubata dalla sua stanza. “Mostro! Mostro!” mi diceva. E' stato il saluto che mi ha rivolto prima che salissi sull' Espresso... Non so se ti ricordi, ma avevo gli occhi arrossati quel giorno.” Lily si fermò un attimo, come persa del ricordo.

Non era facile parlare, raccontare tutto a James. Sapeva però di doverglielo. Molte volte era stata reticente o aveva abbozzato qualche parola, qualche mezza verità. James sapeva che non andava d'accordo con sua sorella ma lei non aveva mai rivelato nulla di più.

Sapeva di doverlo fare. Il rapporto fra loro era molto stretto e lei era arrivata a fidarsi di James più di chiunque altro. Sapeva che quella fiducia non era mal riposta e sapeva di doverglielo dire. Era qualche tempo che era consapevole di doverlo fare: non voleva che il loro rapporto avesse alla base un qualcosa di non detto. Non se lo meritavano. E non voleva che quel non detto potesse guastare le cose tra loro.

James si era limitato ad ascoltare. Le aveva detto che non doveva farlo per forza. Non era costretta a parlare, se non se la sentiva.

Immaginava che fosse doloroso per lei e non voleva esporla ad altra sofferenza.

Lily aveva insistito, convinta e lui le aveva preso la mano.

Vorrei non credere che Petunia mi odi davvero. Però è difficile. Non mi scrive mai... prima le mandavo sempre delle lettere. Al primo e al secondo anno allegavo sempre una lettera apposta per lei a quella che mandavo ai miei genitori. Le raccontavo tutto quello che succedeva, tutto quello che facevo, tutto quello che mi sorprendeva: l'arrivo dei gufi la mattina a colazione, i primi esperimenti con le pozioni, i primi incantesimi riusciti e quelli falliti... I graffi ad Erbologia e le cadute delle lezioni di volo. Oh e poi i quadri... i personaggi dei quadri che se andavano, quando erano stufi di star dentro la loro cornice. E le cioccorane... le cioccorane che saltavano! Le scrivevo tutto...Tutto!Lei non ha mai risposto.” Lily alzò le spalle e si fermò un attimo prima di riprendere.

E quando tornavo a casa...quando tornavo a casa non mi parlava. Lo faceva solo se costretta. E' così da quando mi è arrivata la lettera, ormai sei anni fa. Vorrei credere che non mi odi, ma è difficile.”

Lily... mi dispiace.” James si vergognò di se stesso perchè le uniche parole che riusciva a dire erano quelle e, forse, non erano di molto aiuto a Lily.

Qualche volta ho creduto davvero di essere il mostro che lei descriveva. O meglio, non un mostro perchè sono una strega... ma un mostro perchè non riuscivo a comprendere il suo senso di esclusione, perchè non riuscivo, qualunque cosa facessi, a farla sentire mia sorella ugualmente.”

Lily... tu hai fatto tutto il possibile. E anche di più. Non è colpa tua. Non è colpa tua.” sussurrava James, accarezzandole una spalla.

Lo so. Adesso lo so che non è colpa mia. Anche Sev me lo diceva... dopo averla insultata, ovviamente. Non ho mai tollerato che lui la insultasse. Io potevo farlo, è mia sorella. Lui no.” disse, dura e con un velo di rabbia nella voce.

James non credette di riuscire a dirlo o anche solo a pensare a qualcosa del genere ma, dopo tutto quello che Lily gli aveva raccontato, non potè, per una volta, che essere d'accordo con Severus Piton, la persona che più disprezzava al mondo.

Anche lui in quel momento avrebbe insultato volentieri Petunia Evans per tutto il male che aveva fatto e che stava facendo a Lily.

Piton aveva ragione... a dirti che non è colpa tua.” aggiunse.

Lily annuì, cacciando via una lacrima.

Sì, lo so. Non è colpa mia. Ho fatto tutto il possibile. E' solo che non vorrei che fosse tutto così difficile. A volte credo che, nonostante tutto, passerò la vita a cercare di ritrovare Petunia. Eravamo così legate...”Lily sospirò.

C'è stato un momento, la scorsa primavera in cui ho creduto che fosse tornata, sai?” Lily si morse la lingua. Forse avrebbe dovuto tacere. Quel pomeriggio, quando Petunia l'aveva trovata a singhiozzare sulle scale e le aveva offerto aiuto era il giorno in cui Lily aveva saputo della morte del padre di James.

Ormai aveva parlato. Si morse nuovamente la lingua. Vide gli occhi di James, ansiosi di sapere come sarebbe andata avanti la storia.

Non poteva rimangiarsi tutto, pertanto scelse di omettere la parte in cui ricevette la lettera di Remus che annunciava la morte di Charlus Potter. Non voleva far tornare James a quei giorni, a quell'angoscia.

Le dissi che ero spaventata per tutto quello che stava succedendo, per Voldemort... che avevo paura per loro. Per un attimo sembrò che capisse. Mi stava consolando, sai James?” Lily inghiottì un po' di saliva.

Peccato che poi mi ha suggerito di lasciare Hogwarts per tornare a vivere con lei, tra i Babbani. Non ha capito... mi ha posto davanti ad una scelta: se volevo mia sorella, avrei dovuto lasciare il mio mondo e, secondo lei, la presenza di Voldemort è direttamente collegata al fatto che siamo solo dei mostri, degli anormali. Avevo sperato che capisse. Invece per lei resto sempre un mostro.

Fa' la tua vita, Lily. Fa' come vuoi, ma non trascinarmici più dentro.” Qualcosa del genere, mi ha detto...” Lily sospirò, portandosi una ciocca di capelli rossi dietro le orecchie.

James, senza dire una parola, le prese la mano. Lily lo ringraziò per non aver detto nulla e si appoggiò a lui.

Forse” cominciò James dopo qualche istante “Forse è solo invidia, non credi? Se come dici scrisse quella lettera a Silente per chiedere di essere ammessa ad Hogwarts, è solo invidiosa di te. Non crede realmente che tu sia un mostro, un'anormale... è il suo modo per non ammettere di essere invidiosa marcia di te.” disse James, faticando a contenere la rabbia.

Ci stava che Petunia fosse invidiosa. Era comprensibile. Ma come si faceva a rivolgere quelle parole alla propria sorella?

Mostro, anormale... Feccia, Traditore del Sangue. Cambiava molto tra quello che Lily si sentiva dire e quanto veniva apostrofato a Sirius?

James conosceva già la risposta e, ancora una volta, si stupì di quanto la gente sapeva essere crudele. Di quanto una madre, un padre, una sorella, un fratello potevano essere crudeli.

Per lui, il viziato, coccolato ed amato primogenito ed unico erede dei Potter era incomprensibile e si stava pian piano rendendo conto di come la vita fosse stata giusta con lui ma tremendamente ingiusta con le persone che amava.

In un attimo si sentì più adulto.

Sì,hai ragione, James. Probabilmente è solo invidia. Però fa male.” Lily si strinse nelle ginocchia.

James seppe solo continuare ad accarezzarle i capelli.

Lily... mi dispiace. Mi dispiace. Però forse devi provare a voltare pagina.”

Sì ma...” provò a intervenire Lily.

Voglio dire... ti ho visto cambiare tanto quest'anno. E so cosa puoi diventare. Conosco le cose belle che hai e le cose belle che sei. E hai noi, me ed il resto dei Malandrini. Ci siamo noi adesso. E tu sei una persona splendida, Lily... hai così tante buone qualità. Prova a guardarti con gli occhi degli altri... con i miei occhi, che vedono una splendida giovane donna buona e gentile e sempre con un sorriso per tutti. O con gli occhi di qualcuno dei ragazzini dei primi anni che aiuti sempre o, per quanto odioso sia, con gli occhi di Lumacorno, che in te vede una perfetta strega. Sei una persona meravigliosa, Lily... accorgiti di stessa.” nel dirlo James le aveva preso il mento tra le dita e l'aveva guardata fisso negli occhi. Lily doveva pensare al bello che aveva e lui le avrebbe mostrato ogni giorno tutto il bello ed il buono che c'erano.

Sì ma per mia sorella resto sempre un mostro.” Tutto quello che James diceva era vero e Lily lo riconosceva, tuttavia non le bastava a togliersi da dosso quella spiacevole sensazione.

Lily... devi provare ad andare avanti. Renditi conto di quanto vali! Io sono qui per aiutarti a capirlo, se vorrai. Io ti tengo la mano. Te la tengo forte.” James le strinse la mano e Lily ricambiò la stretta.

Grazie, James. So che tu hai ragione. Grazie di tutto, grazie per quello che fai per me. Grazie davvero. So che tu hai ragione, devo andare avanti. Devo farlo per me stessa. E adesso sono più consapevole di me stessa e di cosa voglio, di dove posso arrivare.” convenne Lily, senza smettere di stringergli la mano.

Quello che mi chiedo è se mi porterò il peso di questo rifiuto per tutta la vita.” lasciò per i suoi pensieri questa riflessione, senza comunicarla ad alta voce.

 

Sirius proseguì a camminare. Non rispose subito alla domanda di Lily.

“Penso che non sia possibile passarci sopra, mai del tutto. Ti resta sempre dentro qualcosa. Una traccia.” pronunciò piano quelle parole e Lily suppose che gli ci volle molto coraggio per tirarle fuori. Era come se fossero incastonate dentro di lui da molto tempo.

“Sì, lo credo anch'io.” gli rispose, affondando sgraziatamente un piede nel terreno. Voleva dire qualcos'altro, ma le parole le morirono in gola e fu Sirius a prendere nuovamente la parola.

“Ti resta sempre dentro una traccia, un po' di dolore. E rabbia. Tanta rabbia. Tanta rabbia nei confronti di chi non ti ha capito, voluto, accettato.” Sirius si morse la lingua. Per tutta la sua infanzia aveva agognato l'affetto dei suoi genitori, di sua madre in particolare. Adesso si era resto conto di essere stanco di nascondere la sua rabbia: rimpianto ne avrebbe sempre avuto, ma non poteva nascondere a se stesso la rabbia.

“Quindi non è sbagliato essere arrabbiati? A volte sono stata così infuriata così Petunia da farmi paura, tanto sentivo la rabbia crescere dentro di me! Altre volte ho provato rimpianto, altre ancora mi sono chiesta cosa avessi di sbagliato... ma sempre la rabbia faceva capolino.”gli confessò Lily, stringendosi nelle spalle.

“Lils... è normale. Davvero. Penso che dovremo farci sempre i conti con quel pezzettino vuoto e con un po' di rabbia.”

Sirius ripensò a quando si era infiltrato nel Dormitorio di Serpeverde per scoprire se suo fratello avesse il Marchio Nero: nonostante non l'avesse trovato, il dubbio continuava ad assalirlo. Aveva il Marchio? Regulus era tra coloro che servivano Voldemort?

Ma se anche l'avesse trovato, se anche avesse avuto la prova che suo fratello si era unito ai Mangiamorte, cosa poteva fare? Ci aveva già provato, a fare qualcosa. E non era servito a niente.

Forse avevano ragione i suoi amici: tutto quanto avesse a che fare coi Black andava lasciato perdere. Forse aveva ragione suo zio Alphard. Forse doveva solo guardare Meda, che era felice della vita che aveva scelto.

“Un pezzettino di vuoto e un po' di rabbia che ti accompagnano per tutta la vita. Si può fare.” affermò Lily. “A patto che ci sia qualcuno che ti aiuta a riempire la vita di alto, non credi?” Sapeva che Sirius aveva ragione. Anche lei aveva pensato le stesse cose. Sempre dentro di lei ci sarebbe stato un pezzettino di vuoto causato da Petunia, sempre quel vuoto sarebbe stato circondato da un po' di rabbia. Ma attorno sarebbe cresciuto qualcos'altro, qualcosa di felice, qualcosa di bello.

“Sì, Lils. E' proprio così.” L'espressione corrucciata di Sirius si aprì in un sorriso. Avevano qualcos'altro.

 

 

 

A chi si ricorda ancora di questa storia: GRAZIE

A chi invece l'ha appena trovata, GRAZIE.

 

Jomarch

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Capitolo 35
*** Trentatreesimo Capitolo ***


CAPITOLO TRENTAREESIMO

 

 

And it really doesn't matter
If I'm wrong I'm right
Where I belong I'm right
Where I belong
Silly people run around
They worry me and never ask me *

 

-Fixing a Hole, The Beatles-

*E davvero non importa
Se ho torto, ho ragione
A casa mia
Ho ragione, a casa mia
Vedo là quelle persone
Che litigano e non vincono mai

 

 

 

DICEMBRE 1977, prima delle vacanze di Natale

 

Natale stava arrivando e, proprio come Sirius aveva suggerito, non si era vista ancora una nevicata degna di quel nome in Scozia.

In compenso il freddo stava arrivando per altra via. Una via, se possibile, ancora più gelida del solito.

Era un freddo secco, che penetrava nelle ossa. Che congelava i prati e le foglie sugli alberi. Che ghiacciava i vetri alle finestre.

Che congelava chi si avventurava fuori dalle accoglienti mura di Hogwarts.

Sirius pensava che ci fosse qualcosa di sinistro in quel freddo. Che celasse qualcosa di inquietante, che sibilasse qualche parola ancora incomprensibile.

Non ebbe il coraggio di confessare a nessun altro se non a Remus quella fastidiosa impressione.

Remus sapeva cogliere le sfumature: le sfumature nelle parole, le sfumature in quel gelo. E sapeva interpretarle con razionalità.

Se avesse osato farne parola con James, sapeva che l'avrebbe riempito di angoscia: Sirius sentiva che spesso l'amico ripensava con ossessione a quanto Fiorenzo aveva detto loro l'estate precedente.

Peter invece, forse, si sarebbe spaventato o forse l'avrebbe preso per visionario. Raramente credeva alle sue sensazioni, preferiva rimuginare continuamente, per essere sicuro di non prendere cantonate.

Forse il tempo non è realmente cambiato, quest'anno. Forse siamo noi a voler leggere qualcosa di diverso in questo gelido inverno.”

Le parole di Remus avevano letto nella sua mente: Sirius era stato educato alla lettura della volta celeste. Non si trattava di Divinazione. Nessuno nella famiglia Black credeva alla possibilità di conoscere il futuro. Tuttavia per i Black le stelle erano importanti. Ed ogni famigliare aveva la sua a cui votarsi. Per questo i segni andavano letti: bisognava essere in grado di ravvisare la propria stella nel firmamento, bisognava sapere dove stava andando, affinchè essa non avesse segreti.

Sirius.

Così sua madre l'aveva chiamato. Come la stella più luminosa, più brillante, più ardente.

Mio figlio darà gloria e lustro alla Nobile ed Antichissima Casa Black. Per questo sarà Sirius.”

Splendente, luminoso, brillante. Quello voleva significare Sirius.

Lugubre, scuro, nero. Quello significava Black.

E Sirius, in quel momento, si sentiva addosso l'ossimoro insito nel suo nome, mentre il freddo gli pervadeva le ossa. C'era qualcosa nell'aria. Lo sentiva. Riusciva a sentirlo come Felpato percepiva e distingueva gli odori nella terra.

Qualche strano movimento c'era da qualche giorno al tavolo di Serpeverde, se n'erano accorti i suoi occhi.

Niente guai. L'aveva promesso allo zio ed alla mamma di James. Niente guai.

Sospirò e si mise le mani in tasca stringendosi nelle spalle prima di affrontare la prima rampa di scale per il dormitorio, dove sapeva di trovare Peter che senza dubbio era riuscito a sgraffignare dalle cucine cinque tazze di cioccolata calda per quando gli amici fossero rientrati: Sirius era in punizione con Lyons- Ruth mentre Lily, James e Remus erano ad una riunione.

“Cinque piani a piedi. Non male per scaldarsi in una sera di dicembre!” pensò

Ne aveva appena percorsi due, quando, proprio all'altezza del quadro del Visconte Ignotus, nome che gli studenti avevano dato al ritratto di un giovane mago che nessuno era in grado di identificare né tanto meno la cui presenza ad Hogwarts era qualcuno stato mai in grado di giustificare, gli sembrò di vedere un'ombra.

Un'ombra e un mantello.

Istintivamente Sirius affrettò il passo per inseguire quell'ombra. Sentì il suo olfatto acuirsi, quasi che Felpato fosse solo un'altra faccia di sé.

Inizialmente l'idea che, di tanto in tanto, in situazioni di bisogno, i sensi di Felpato acuissero i suoi o ne prendessero il posto l'aveva turbato.

Ora non più, anzi, era particolarmente lieto del fatto che talvolta Felpato venisse in suo soccorso. Come, ad esempio, quando lui e James stavano facendo qualche sciocchezza ed i sensi di Felpato gli consentivano di cogliere i passi della McGranitt prima che le sue orecchie li sentissero.

L'ombra era corsa via, ma Sirius riuscì a percepirne la traccia.

Non seppe per quale motivo scelse di seguirla, a posteriori si disse che, forse, aveva agito qualche meccanismo inconscio, forse Felpato aveva capito prima di lui. Dopotutto, razionalmente, non c'era nessun motivo che giustificasse il suo desiderio di seguire un'ombra che aveva notato davanti ad uno dei quadri di Hogwarts: poteva essere uno studente qualsiasi uscito a fare una delle cose qualsiasi che fanno solitamente gli studenti.

Come ad esempio cercare passaggi segreti che portano fuori Hogwarts: premendo sul naso del Visconte Ignotus si sarebbe aperto un passaggio che sbucava sul retro dell'ufficio postale di Hogsmeade. Sirius però sapeva bene che quel passaggio era rischioso: Gazza ne conosceva l'esistenza e non era il caso di rischiare di farsi scoprire da uno di quei suoi gattacci che pattugliavano per lui i corridoi.

L'ombra poteva appartenere ad uno studente che non sapeva di Gazza.

Razionalmente era tutto giustificato, ma Sirius si affrettò a seguire la traccia fiutata da Felpato.

Il corridoio proseguiva nel buio, forse qualche torcia si era rotta.

La persona cui apparteneva l'ombra non c'era più, forse sparita in qualche anfratto o in uno dei passaggi segreti che portavano dall'altra parte del castello.

Sirius riusciva tuttavia a percepirne l'odore: gli sembrava famigliare, gli richiamava una sensazione conosciuta, senza riuscire tuttavia a capire dove lo avesse già sentito.

Sirius rimase fermo nel corridoio un attimo. Poi scosse la testa.

Era stato sciocco mettersi a seguire quell'odore. Non aveva alcun senso. Probabilmente si trattava solo di un altro studente alla ricerca di un modo per uscire dal castello e fare una gitarella ad Hogsmeade. Idea sciocca, in quei tempi in cui non era permesso. Se anche solo uno dei negozianti del villaggio avesse incrociato uno studente fuori dal castello, il rapporto al Preside sarebbe stato immediato, così come i guai.

Persino loro avevano rinunciato ad andarci.

Scosse nuovamente la testa, dicendosi di non pensarci più, perchè non era il caso.

Molto meglio tornare in Sala Comune, dove sperava che Peter avesse portato cinque tazza di cioccolata calda.

 

 

 

RIUNIONE COI PREFETTI

 

 

L'ultima riunione prima Natale con i Prefetti si era conclusa e Lily allineò i fogli e li rimise nella sua cartelletta, mentre James appuntava la sua firma sul verbale da consegnare alla McGranitt: avrebbe dovuto farglielo avere quanto prima

“James, Lily... posso parlarvi?” mentre gli altri Prefetti, ad eccezione di Remus, avevano già lasciato l'aula, Tracy Rosier e la sua amica Tiffany Hossas erano rimaste sedute al loro posto, borbottandosi qualcosa all'orecchio.

Lily, incuriosita, si avvicinò a loro mentre James tornò indietro, richiudendo la porta alle spalle di Remus che in un'occhiata gli aveva fatto capire che li avrebbe aspettati fuori.

James guardò Tracy aveva gli occhi arrossati ed i bei capelli biondi che acconciava sempre in maniera originale, erano quella volta tenuti fermi in malo modo da un elastico sulla nuca.

Tiffany, invece, aveva l'espressione di chi deve confessare qualcosa di importante. Lily ne notò gli occhi titubanti.

“Tiffany vuoi sederti?” propose James.

“No, no. Non voglio sedermi.” rifiutò con decisione.

“Tiffany, cosa succede? Stai bene?” domandò Lily, con apprensione.

“Scusatemi, ho detto che non volevo sedermi perchè se lo facessi, tutto sarebbe ancora più difficile.” Tiffany accennò un sorriso, mentre la sua amica restava in piedi in silenzio accanto a lei.

Lily e James si erano fatti più vicini. James era rimasto in piedi, gli occhi carichi di apprensione fissavano Tracy.

Lily, invece, aveva preso una sedia e si era seduta accanto a Tracy e a Tiffany, istintivamente strinse la mano di Tiffany tra le sue.

La ragazza ricacciò indietro qualche lacrima, imbarazzata ed a disagio sentendo gli sguardi di Lily, James e della sua amica puntati su di lei.

Si asciugò con un gomito le gote bagnate, ricacciò i pugni nei lembi della manica della divisa.

“Probabilmente e gennaio non ci sarò più. I miei genitori hanno paura e non vogliono farmi tornare.”

 

 

SALA COMUNE DI GRIFONDORO

 

Un silenzio grave, rotto solo da qualche parola di Lily alla ricerca di una motivazione, li accompagnò tutti e tre in Sala Comune.

Remus disse la parola d'ordine ed in un baleno furono invasi dal calore che arrivava dal caminetto.

Sirius e Peter li stavano aspettando seduti sul tappeto con in mano due tazze fumanti.

“Cioccolata! Grazie Coda!” esclamò James, aprendosi in un sorriso mentre l'amico gli porgeva la sua tazza rossa.

“Tutto bene oggi?” domandò Peter, quando tutti ebbero in mano la loro tazza.

Lily era seduta a gambe incrociate, in una posa che sua madre avrebbe giudicato disdicevole per una signorina; aveva la tazza in mano e due baffetti marroni sopra le labbra che si pulì prima di parlare.

“Mi ha messo addosso un po' di inquietudine quello che ci ha detto Tiffany. Temo che molti dopo Natale non torneranno: ho sentito che anche Rose diceva che suo padre non era molto tranquillo nel lasciarla a scuola...”

“E' possibile.” annuì Remus. “Alcuni genitori pensano che portandosi i figli a casa, non possa succedere loro niente. Cosa non del tutto vera, come dimostrano gli ultimi eventi. I figli del Ministro rapiti, l'attentato a Belfast, le sparizioni...”

“Diagon Alley.” aggiunse James lasciando calare un silenzio ancora più grave.

Lily ebbe voglia di prendergli la mano, ma si trattenne. Non era quello che lui desiderava in quel momento.

“Però posso comprendere che le famiglie li vogliano a casa... ti concede di stare più tranquillo. L'idea che tuo figlio dorme nella stanza accanto...”provò ad intervenire Peter, nervoso. A volte anche lui aveva pensato che i suoi lo rivolessero a casa, soprattutto dopo i fatti dell'ultima estate, prima che partisse per il campeggio coi suoi amici. Sua madre era molto apprensiva ed aveva dovuto insistere parecchio per farsi dare il permesso di andare.

Lui però non voleva tornare a casa. Era sicuro del fatto che nessun posto fosse più sicuro di Hogwarts, edificio fortificato e ben difeso.

Fuori invece poteva accadere qualsiasi cosa.

“A volte ringrazio di essere una Nata Babbana.” disse Lily. “Così posso riuscire a non far preoccupare troppo i miei genitori. Scelgo io cosa dire e come dirlo.” si morse un labbro, pensando che talvolta aveva mentito ai suoi genitori, rassicurandoli quando invece di notizie rassicuranti ce n'erano ben poche.

Questa volta fu James a prenderle la mano e ad accarezzargliela dolcemente.

“Il Profeta ormai credo non dica tutta la verità... per non allarmare la gente.” disse Sirius. Pensò a Margaret Glover. L'anno prima i Mangiamorte avevano ucciso i suoi genitori. Il padre dirigeva l'ufficio del Ministero che si occupava di gestire i rapporti col Primo Ministro Babbano.

Quella ragazzina era tornata a scuola dopo qualche settimana ed una volta Sirius l'aveva trovata in Biblioteca che distruggeva diverse copie della Gazzetta del Profeta. Si chiese cosa ci fosse scritto in quelle pagine da renderle insopportabile la sola vista. Dopo aver capito chi fosse quella ragazzina sconvolta, non ebbe bisogno di altre spiegazioni.

“Forza! Tra poco è Natale! Non roviniamoci del tutto l'umore!” esclamò James, dandosi una scompigliata ai capelli.

Bisognava trovare qualcosa per sorridere, altrimenti si sarebbero persi a poco a poco.

Era Natale. Forse era solo quello l'importante.

Il Natale. Suonava bene.

“Sì! E' Natale! Non vedo l'ora di tornare a casa a preparare i biscotti! Siete tutti invitati a casa mia per la Vigilia, così ve li farò assaggiare!” Lily amava il Natale e ringraziò James di averla distratta da quei pensieri tristi per lasciarla tornare a concentrarsi su qualcosa di gioioso.

Amava il Natale e i biscotti alla cannella e l'albero illuminato e le calze sul caminetto.

“Oh Lils....” Sirius scosse la testa, bonariamente. Il Natale sarebbe stato l'ambiente di vita ideale di Lily.

“Fa' un po' come ti pare, Felpato, io a mangiare i biscotti di Lily ci vado!” Peter sorrise, pregustandoli.

“Però per me senza mandorle e nocciole. Sai che sono allergico. Grazie. Mi raccomando, ricordatelo. Ti manderò un gufo il 23. Così da essere sicuro.” precisò Remus, che, per precauzione, si fece spuntare qualche macchia rossa in fronte, così da dimostrare cosa gli poteva accadere al solo udire la parole mandorla e nocciola.

“Ahah, Lunastorta! Sei sempre il solito! Io mangio tutto, Lily.” la rassicurò James, vista l'espressione sorpresa che aveva assunto dopo aver saputo della nuova allergia di Remus.

“Uff... che complicati che siete tra tutti! Vorrà dire che vi incanterò gli Omini Pan di Zenzero!” sorrise Lily, sorniona.

“Gli Omini Pandiche?” domandò Sirius, sbarrando gli occhi da quello strano nome Babbano.

“Lo vedrai, Sirius, lo vedrai...” fu l'unica cosa che riuscirono ad estrapolare a Lily quella sera.

 

 

 

 

 

 

 

 

So che è passato molto tempo e che forse alle mie scuse non crederete più. In ogni caso ve le porgo ugualmente ed aggiungo anche che ero seriamente convinta che sarei riuscita a fare prima.

Pertanto, basta promesse!

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto: preciso che, se vi pare slegato dal precedente, forse è vero. Tuttavia come avevo già spiegato, la storia non sempre segue un assetto lineare, a volte i capitoli sono collegati, a volte non lo sono. Dopotutto il titolo è proprio “Pezzi di noi”.

Grazie ancora a tutti voi. Per aver letto, recensito, continuato a seguire la storia.

Grazie.

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Capitolo 36
*** Trentaquattresimo Capitolo ***


CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO

 

This is the first day of my life
I swear I was born right in the doorway
I went out in the rain suddenly everything changed
Their spreading blankets on the beach
- First Day Of My Life, Bright Eyes- *

* Questo è il primo giorno della mia vita

Giuro di essere nato proprio fuori dalla porta

Sono uscito sotto la pioggia ed improvvisamente tutto è cambiato

Loro stavano stendendo coperte sulla spiaggia



 

 

 

 

Vigilia di Natale 1977

 

TILFORD, SURREY, CASA EVANS

 

“Oh mamma, dici che gli piaceranno lo stesso anche se ad alcuni gli occhi si sono fusi coi capelli ed ad altri il braccio è incollato con la glassa?” Lily, mordendosi il labbro inferiore si appostò di fianco al lavello, dove la madre stava sciacquando le ciotole usate per impastare.

Aveva le mani sporche di glassa ed il pavimento sotto al punto del tavolo sul quale aveva appoggiato la sac à poche si era macchiato con una grossa chiazza di liquido bianco ed appiccicoso.

Lily, sgranando gli occhi, appellò silenziosamente la sua bacchetta (ringraziando mentalmente il Professor Vitious di averli fatti esercitare sugli incantesimi non verbali) che, in un batter d'occhio, volando per la casa, raggiunse Lily in cucina, la quale, mormorò un veloce “Gratta e Netta”, facendo così sparire la macchia prima che Rose Evans potesse rendersene conto.

“Lily... saranno buoni lo stesso! Vedrai che faranno più caso al sapore che non al resto!” esclamò la signora Evans, chiudendo il rubinetto.

Lily sospirò. Forse più per il sollievo che sua madre non si fosse accorta del pasticcio che aveva combinato sul pavimento che non per il dispiacere di non essere stata in grado di decorare gli omini pan di zenzero come desiderava.

“Lo so mamma... è che non tutti sono carini. Alcuni sì. E quelli sicuramente andranno a loro. Ma altri sono bruttini. E sicuramente li teniamo noi.”

“Stai certa che non finirà nulla di buttato! Sono talmente buoni! E poi è solo il secondo anno che proviamo a decorarli... un po' di pratica e li faremo benissimo, non credi? E poi... forse l'importante è che non ci fossero mandorle e nocciole: mi sembra di ricordare che l'unica avvertenza fosse questa, non una pessima decorazione, ti pare?” sua madre ridacchiò, ripensando al gufo arrivato da Remus la mattina precedente con la raccomandazione di ricordare di evitare la frutta secca cui lui era allergico.

Rose Evans era forse più eccitata della figlia all'idea di ospitare quella sera i quattro nuovi amici di Lily: da quando il rapporto con Severus si era guastato senza che lei ne avesse capito i motivi, aveva visto Lily chiudersi sempre più in se stessa e nessun compagno era mai stato nominato nelle lettere che scriveva a casa o nei racconti della scuola durante le vacanze. Pertanto, quando il Natale precedente un gufo era arrivato con un pacchetto mandato da un certo Remus, Rose Evans aveva tirato un sospiro di sollievo.

Era stato molto difficile per lei e per suo marito accettare che la loro Lily appartenesse ad un mondo in cui non avrebbero mai potuto seguirla per davvero, un mondo a loro precluso e che potevano solo osservare da lontano con curiosità, carichi di domande e di apprensione.

Lily aveva solo undici anni quando era salita su quel treno, da sola, se non fosse stato per la compagnia di quel ragazzino che abitava poco lontano da loro. In città non correvano buone voci sulla famiglia Piton, tuttavia, come Rose stessa aveva potuto constatare, Severus era un bambino educato e posato e sua madre Eileen una donna certamente di buone maniere. Inoltre la signor Piton aveva fornito loro qualche spiegazione aggiuntiva sul Mondo Magico, chiarendo loro alcuni dubbi e per loro era stato di gran conforto sapere che Lily non si era incamminata sola quel Primo Settembre.

Negli anni seguenti, Rose si era accorta, come ogni buona mamma, che c'era qualcosa di strano nell'amicizia tra Lily e quel ragazzo: le sembrava un rapporto morboso e una strana espressione riempiva lo sguardo di Severus. Tuttavia, Lily era a casa talmente poco durante l'anno che Rose cercava di convincersi che forse non c'era niente di cui preoccuparsi: lei non era ad Hogwarts con Lily, pertanto non poteva sapere esattamente come stavano le cose.Forse c'erano degli amici, le sue compagne di stanza. Forse Lily e Severus passavano molto tempo insieme durante le vacanze per il semplice fatto che l'uno fosse per l'altra il compagno più vicino durante il periodo di sospensione delle lezioni.

Tuttavia quando l'anno precedente lei ed Edward videro Lily sul binario di ritorno per l'estate, Rose capì immediatamente che qualcosa si era rotto e tanta era l'apprensione nel riaccompagnarla a scuola in autunno.

Poi era arrivata quella sciarpa a Natale. E nelle lettere c'erano dei nomi: Remus, dapprima, poi James. Remus e James. Poi si erano aggiunti Peter e Sirius.

Finalmente, dopo averne letto per settimane, poté vederli scendere tutti e cinque dall'Hogwarts Express: Lily al centro, come scortata da quei quattro ragazzi. Lily stava sorridendo.

“Mamma.... forse avremmo dovuto preparare anche le stelline alla cannella...”Lily la guardava mordendosi il labbro.

“E' tutto il giorno che siamo in cucina! Penso che per quest'anno potrà bastare, non credi? Prima hai detto di aver contato una sessantina di omini pan di zenzero...” fece notare Rose Evans.

“Sì... hai ragione. E poi è già tardi...Adesso che la glassa è asciutta li sposto sul piatto.” Lily andò verso la credenza e prese un altro piatto da portata per trasferirvi i biscotti. Poi si toccò la tasca del grembiule in cui aveva infilato un sacchettino di cotone e sospirò sorridendo.

“Io esco. Vado a cena dai genitori di Vernon. Ci vediamo domani mattina.” Petunia passò dalla cucina a salutare la madre. Lily rimase immobile tra le due ante aperte. Desiderava urlare tutta la sua rabbia. Eppure restò zitta e si concentrò sul sacchettino di cotone che custodiva in tasca.

 

“Sono così contenta che siate venuti qui questa sera!” esclamò Lily, senza riuscire a trattenere l'entusiasmo.

“E' stata la Vigilia di Natale più bella!”aggiunse in fretta.

Lily adorava il Natale. Amava il mese di dicembre con la sua attesa del 25 Dicembre: le luci colorate che iniziavano ad illuminare le città fin dai primi del mese, le decorazioni, i biscotti, il pensiero dei regali, l'albero da decorare coi suoi genitori...

Per uno strano contrappeso, a Lily la Vigilia di Natale non piaceva: le sembrava una giornata inutile e le metteva addosso molta tristezza. L'attesa stava per finire e tutta la magia di quel mese se ne sarebbe andata entro poche ore.

“Odio la Vigilia di Natale. E' un giorno triste. E mi rende di pessimo umore normalmente. Questa no però! E' stata una delle Vigilie migliori della mia vita!” sorrideva, Lily, guardando ora James, offertosi di rimanere per aiutarla a mettere a posto, ora il camino dentro al quale erano spariti da poco Remus, Sirius e Peter, ora l'albero di Natale, ora le luci sul corrimano.

Era stata una serata meravigliosa, che le aveva scaldato il cuore. I suoi amici erano venuti a casa sua, avevano conosciuto i suoi genitori, aveva offerto loro i biscotti che soleva preparare insieme a sua madre.

Lily si sentiva piena, finalmente. Piena. Piena di se stessa.

“E' così bella la Vigilia!E' il coronamento del periodo! E finalmente si scartano i regali!” obbiettò James, tornando dalla cucina senza più il piatto che vi aveva portato.

Si sedette sul divano, allungando le gambe ed invitò Lily a fare altrettanto.

“Sai, quando ero piccolo i miei genitori mi permettevano sempre di aprire un regalo ed uno solo la Vigilia dopo mezzanotte; tutti gli altri al mattino... ma uno, uno quella sera! E potevo sceglierlo io!” rise James, di quella sua risata rumorosa e cristallina che faceva brillare non solo i suoi occhi, ma anche quelli delle persone che lo guardavano.

“Davvero? Ma non è bello così! Ti perdi tutta l'attesa.... tutta l'insonnia della notte, ti perdi lo svegliare i tuoi genitori al mattino prestissimo!Ti confesso che ancora adesso mi alzo all'alba la mattina di Natale!” esclamò Lily, gesticolando vigorosamente. Sentiva già che quella notte non avrebbe dormito. Le sembrava strano che qualcuno aprisse i regali la notte della Vigilia. Non le piaceva affatto, in realtà.

“Bè, ma dopo che aspetti per mesi, vuoi solo scartare qualcosa! E te li trovi tutti lì, sotto l'albero i pacchi... io sceglievo sempre quello più grosso: sapevo cosa conteneva. Era quello delle costruzioni. Mi ricordo che io e mio padre restavamo alzati ancora dopo, ad ordinare ai pezzi come disporsi per costruire il castello di Hogwarts o lo stadio del Puddlemere United.” rise ancora James, questa volta di una risata un po' più amara.

Lily non disse niente. Nessuna parola avrebbe potuto placare quell'inquietudine.

Così rimase zitta. Gli strinse la mano ed appoggiò la testa sulla sua spalla.

Rimasero così sino a quando James non si alzò.

“James... devi andare anche tu?” Lily lo disse piano, con gli occhi rivolti verso l'albero di Natale illuminato.

“Posso restare ancora un attimo se vuoi...” le rispose James. Voleva lasciarsi alle spalle la sensazione che gli aveva lasciato la conversazione di prima.

Guardò Lily negli occhi e all'improvviso si sentì percorso da una strana adrenalina.

“No, no... E' tardi, se devi andare. Solo.. volevo darti una cosa.” bisbigliò Lily in fretta, gesticolando ed alzandosi di scatto dal divano.

James si mise le mani tra i capelli, imbarazzato.

Lily voleva dargli qualcosa.

“Oh..ecco, ma non dovevi...” lui non aveva pensato ad un regalo regalo.

“E' un regalo per te. Ma non è un regalo regalo. E' solo un regalo. Ma non regalo regalo. Un pensiero. Capisci cosa intendo dire?” Lily era nervosa, faceva confusione con le parole ed i suoi occhi non riuscivano a soffermarsi su quelli di James. Si allontanò improvvisamente da lui, spostandosi in cucina, dove aprì uno dei dei cassetti del tavolo.

Tornò in salotto e gli porse in mano il sacchettino di cotone. James sentendolo sul palmo riuscì ad intuirne il contenuto. Omini pan di zenzero.

I più belli che Lily era riuscita a decorare.

“Grazie, Lily. Sono bellissimi.” non sapeva esattamente come rispondere, James. Era un ringraziamento semplice, ma che lui sentiva pienamente.

Immediatamente sfiorò quello che aveva capito subito essere il suo preferito tra i tre: non aveva dei pantaloni disegnati col cioccolato fuso, era pelato, senza cravattino.

Aveva solo due occhi di glassa bianca ed un gran sorriso disegnato.

E tre bottoni in fila indiana sulla pancia.

Guardò Lily, in piedi trepidante di fronte a lui.

Le sorrise incrociando i suoi grandi occhi verdi.

Quel biscotto aveva in sé qualcosa di lei. Quel biscotto sapeva di Lily.

“Oh sai che gli omini pan di zenzero vogliono conquistare il mondo... Run run run as fast as you can, you can't catch me! I'm the gingerbread man!” bofonchiò Lily in qualche modo.

James rise, più forte ora. Lily intanto continuava a guardarlo.

“Allora facciamo in modo che non nuoccia a nessuno!” propose James, staccandogli il piede sinistro ed ingoiandolo in un sol boccone.

“Buono.”sussurrò. “Grazie!” aggiunse.

“Oh bè... non è un regalo regalo...” si giustificò ancora Lily, questa volta avvampando d'imbarazzo.

Abbassò ed alzò la testa.

Adesso i suoi occhi incontravano perfettamente quelli di James, senza essere in grado di spostarsi.

Erano vicini. Sempre più vicini. Lily si avvicinò ancora di più, senza saperne il motivo.

James la guardava fisso.

Ci aveva pensato spesso, negli ultimi tempi. E adesso che l'aveva lì davanti non sapeva cosa fare. Le cinse la vita con un braccio e Lily fece altrettanto.

Si appoggò per un attimo al suo petto, percependone il respiro.

Non era mai stata così vicina a qualcuno.

James si chinò verso di lei, ma fu Lily a compiere il passo più grande lasciandosi finalmente andare, senza opporre più resistenza alcuna.

 

 

 

 

Sono tornata. Spero per restare, ma ormai non mi lancio più in proclami.

Spero che questo capitolo interamente dedicato a Lily e James vi piaccia. Questi sono la mia Lily ed il mio James e diversamente da così non avrebbe potuto andare.

Grazie a chi è rimasto ed a chi si è aggiunto

 

Jomarch

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Capitolo 37
*** Trentacinquesimo Capitolo ***


CAPITOLO TRENTACINQUESIMO


I held the stars to light where you are
When your unfeigned heart called to me through the dark
Soaked in the sound that rose from the ground
There I could feel
I felt, I felt you near *

 

- To Be With You, The Honey Trees-

 


Mi sono aggrappato alle stelle per fare luce su dove sei tu

Quando il tuo cuore sincero mi ha chiamato attraverso le tenebre

Imbevuto da un suono che si è alzato dalla terra

Allora ho potuto sentire

Ho sentito, ti ho sentito vicino
 

 

Gennaio 1978

HOGWARTS

 

 

Il nuovo anno era arrivato, così come la fine delle vacanze ed il rientro a scuola.

In quell'inverno appena iniziato, i corridoi del castello erano vuoti. Alcuni studenti non erano tornati ad Hogwarts dopo le feste. Qualcuno per paura aveva tenuto i figli a casa, qualcun altro, i più facoltosi, era fuggito all'estero con tutta la famiglia.

Qualcun altro ancora, come Nigel Hinchinghooke o Olive Gordon si era trovato semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ancora non si sapeva niente dei figli del Ministro Lufikin: parevano svaniti nel nulla ed il nucleo operativo di Auror altamente specializzati creato appositamente dal Ministero non era ancora riuscito a riportarli a casa.

Il Ministro Lufkin aveva lasciato la carica e si era ritirato nella sua residenza privata, incapace di reggere la pressione di quel ruolo davanti ad una tragedia privata così grande.

Attualmente, a presidiare il Governo, rimaneva il Vice- Ministro di Lufikin, ma sembrava profilarsi una crisi governativa. Il principale partito d'opposizione, guidato da Bartemius Crouch, premeva perchè il Governo si dimettesse e vi fossero nuove elezioni, che portassero ad un esecutivo in grado di prendere le misure necessarie contro Lord Voldemort ed i suoi seguaci.

In quei giorni, però, Lily e James venivano solo sfiorati da quelle notizie.

Pareva loro di camminare sulle nuvole, di essere altrove, di vivere quasi la vita di qualcun altro. Solo per un attimo, però, perché il sorriso di prima mattina, le mani intrecciate ed un bacio rubato nei corridoi erano quanto di più naturale ci fosse per entrambi.

Era naturale per Lily aspettarlo in fondo alle scale ogni mattina, quasi dimentica di essere scesa a fare colazione con il solo Sirius per mesi.

Ogni mattina Lily si alzava presto e , sorridendo, aspettava il suo James in Sala Comune. Lui scendeva le scale sempre dieci minuti dopo. Si passava una mano tra i capelli, mentre col piede sinistro toccava l’ultimo gradino e poi scoccava un bacio delicato sulla guancia di Lily.

Era naturale per James portarla via da tutti gli altri per un'oretta la sera, per poter stare soli, farla nascondere sotto a quel Mantello che per anni aveva ospitato Remus o Peter o Sirius.

James camminava con Lily per mano per i corridoi della scuola e lei, ogni due passi, si voltava verso di lui per sorridergli, radiosa.

Incontrare la mano, il braccio, il corpo, gli occhi, il naso, la bocca di James era quanto di più naturale ci fosse e Lily si ritrovò a chiedersi più volte come avesse potuto sopravvivere fino a quel momento.

James non riusciva a stare fermo: la guardava con gli occhi, la sfiorava con la mano, la cercava se era lontana. Era così bello farlo davanti a tutti, senza aspettare il momento giusto, senza che il mondo smettesse di esistere.

Era naturale e basta.

“Eccoti! Buongiorno!” esclamava Lily, vedendolo scendere con i capelli in piedi e cieco come una talpa per aver scordato gli occhiali sul comodino.

“Muah!” James le scoccava un bacio volutamente rumoroso sulla guancia, la prendeva sottobraccio e si faceva condurre in Sala Grande, aspettando Remus con gli occhiali.

Vissero per un mese in un mondo solo loro, dimentichi di tutto il resto, felici di aver trovato un posto in cui essere pienamente se stessi.

Quella sera James, ben oltre l'ora del coprifuoco, l'aveva portata nelle cucine, per farla strafogare con i muffin al mirtillo che gli Elfi di Hogwarts preparavano ogni due settimane per la colazione del sabato.

Lily ne aveva mangiati due e altrettanti ne aveva voluti portare via, incurante delle rassicurazioni degli Elfi che gliene avevano garantita la presenza l'indomani mattina a colazione.

James, invece, ne aveva ottenuti alcuni al cioccolato realizzati appositamente per lui: i mirtilli erano inutili vitamine e, secondo lui, quando si mangiava un dolce, bisognava farlo bene.

“Grazie, grazie di tutto! Siete stati così gentili con noi!” Lily abbracciò forte Wiston, l'Elfo cui, in virtù della sua anzianità, era stato dato il compito di dirigere la cucina.

“Torna a trovarci, signorina Lily. Gli amici del signorino James sono amici di Wiston e di tutti noi!”proclamò serio l'Elfo, vestito della giacca di una sottospecie di frac cosa che, ai suoi occhi, lo rendeva degno di una gran considerazione. L'anziano Preside Dippet gliela aveva donata più di quindici anni prima, pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni per dedicarsi alla pensione dopo molti anni dedicati all'istruzione di giovani maghi e streghe.

Ciò nonostante, proprio in segno di rispetto verso il vecchio Preside, Wiston non aveva abbandonato le cucine di Hogwarts, anzi aveva cominciato a dirigerle impegnandosi con tutto se stesso per dimostrare di essere degno dell'indumento avuto in dono.

Lily annuì, dedicando un ultimo sguardo alla piccola folla di Elfi Domestici che li circondava mentre loro stavano cercando di accomiatarsi.

“Signorino James, non dimenticare di portare qualcosa ai tuoi amici! Mi raccomando, venite presto a trovarci!” Nonna Fee, la cuoca più brava che avesse mai messo piede ad Hogwarts, si aggrappò alla caviglia di James, riempiendolo di raccomandazioni.

Lui annuì sempre gentilmente, le sorrise, scherzò con lei e, finalmente, riuscì a rimettere il Mantello dell'Invisibilità addosso a sé ed a Lily.

“Ti adorano.” bisbigliò Lily, quando, uscendo dal quadro, si ritrovarono nuovamente nel corridoio dei sotterranei.

“Sono anni che vengo qui.” James scrollò le spalle.

“Se sei gentile con loro, loro ti danno l'anima.” sorrise, cingendole la vita.

“Voi avete Elfi a casa?” domandò Lily. Sapeva che nelle famiglie di Purosangue, soprattutto se molto benestanti come nel caso dei Potter, era una consuetudine averne.

“Quando ero piccolo avevamo Greta, era dei miei nonni paterni. Quando anche mia nonna è morta, è venuta a stare da noi. Dopo di lei non abbiamo più avuto nessuno. A mia madre non piace l'idea di avere una creatura, nel senso... un essere vivente che ti obbedisce nella maniera in cui ti obbediscono gli Elfi Domestici.” spiegò James, conducendola verso destra, una volta arrivati al bivio.

Lily annuì. Ancora non aveva le idee molto chiare sulla dipendenza degli Elfi Domestici da una famiglia: sapeva che si occupavano della gestione della casa, che giuravano di essere fedeli alla famiglia fino alla loro morte, che l'obbedienza mostrata aveva a che fare col sangue ma non aveva mai avuto modo di approfondire l'argomento con qualcuno che ne avesse avuto uno.

Quella sera James le aveva fatto conoscere gli Elfi Domestici della scuola e, nonostante la loro grande gentilezza e l'estrema disponibilità, Lily non aveva potuto non notare come queste risultassero soffocanti, a momenti.

“Nel senso... Un Elfo ti è fedele fino alla morte. E' fedele a te ed ai membri della famiglia: gli basta che nel tuo sangue scorra parte del sangue del suo padrone ed è costretto ad obbedirti. E' una cosa sinistra, se ci pensi. Quasi perversa. Non credi?” proseguì James.

“Gli Elfi prima sono stati davvero gentili con noi. Con te poi... ti adorano!” disse Lily, cogliendo solo in parte quanto James le stava spiegando.

“Sì, ma è diverso. Voglio dire, noi siamo andati lì e con gentilezza abbiamo chiesto se avevano qualcosa da darci. Ma avremmo anche potuto ordinarglielo. O picchiarli e intanto chiederglielo. E loro avrebbero dovuto per forza obbedirci. Non trovi che sia terribile?” la voce di James si era incrinata mentre parlava. Quasi che fosse spaventato da quella legge magica.

“Sì. E' veramente tremendo. E' crudele. Voglio dire... avere questo potere sulla vita di qualcun altro...” annuì Lily, con ancora in testa i visi degli Elfi Domestici che avevano lasciato in cucina.

“Prova a dirlo a Sirius. Kreacher non lo sopportava, non faceva che insultarlo per aver sporcato il nome dei Black e tuttavia era costretto ad obbedirgli.” James rise amaramente.

“E' grottesco. Non ho altri termini.” sussurrò Lily, orripilata. Sirius le aveva parlato dell' Elfo domestico dei suoi genitori e tutto ciò le dava letteralmente il voltastomaco.

“Dai, Lily... Adesso non pensiamoci. Non è una cosa che possiamo cambiare, purtroppo. Facciamo un salto nella Stanza delle Necessità. Non ho voglia di andare a letto ora. Ti va?” James cambiò argomento. Sollevò la testa dal mantello per accertarsi che non vi fosse nessuno nei paraggi e sparì dietro l'angolo con Lily.

Dai sotterranei, risalirono sino al settimo piano ed arrivarono all'arazzo di Barnaba il Babbeo.

Lily seguiva James che, agile e svelto come quando voleva in sella alla sua scopa, si muoveva per i corridoi del castello illuminati soltanto dalle torce.

Non era mai uscita di notte prima di allora. Non aveva mai visto la scuola così buia, non aveva mai pensato a come potesse apparire. Sentiva l'adrenalina scorrerle dentro, le veniva da ridere e stava quasi per comunicarlo a James, quando oltrepassarono il muro che li condusse al loro rifugio.

James tolse il Mantello dell' Invisibilità dalle loro spalle, ripiegò la Mappa del Malandrino e se la mise in tasca.

“Non pensavo che l'avrei mai fatto, sai James?” Lily fece un passo in avanti e poi si voltò di nuovo verso di lui.

La faceva sentire eccitata essere lì, con lui, in quel momento.

La Stanza si era arredata da sé, riproponendo la medesima forma ogni volta che qualcuno di loro cinque ci metteva piede. C'era il pianoforte a coda di Sirius in fondo a sinistra, la poltrona di Remus ed i suoi libri lì di fianco, la pila di fumetti che leggeva Peter, una pluffa ed un boccino erano chiusi in un baule per James, un divano di velluto rosso era comparso per Lily.

James sorrise.

“Andare in giro di notte, dici? Allora dovremo recuperare!” ammiccò James, con quel suo sorriso sghembo. Lily rise a sua volta, di quella sua risata un po' sguaiata che la faceva camminare storta.

“Come quel pomeriggio al Lago Nero la primavera scorsa” pensò James, trovandola, tuttavia, bellissima così.

La guardava mentre prendeva posto sul divano, fissandolo come a dirgli “Ehi, ma non mi raggiungi?”. La mente di James vagava verso dei ricordi.

Pensava a quando Lily gli chiedeva di lasciarlo in pace, dicendo che non c'erano motivi per cui si interessasse a lei. Pensava a quando la vedeva arrancare con una tracolla troppo pesante.

Pensava a quando il buon Remus era l'unico ad avere la delicatezza necessaria per tamponare quelle ferite che sanguinavano troppo.

Pensava alla prima volta che l'aveva vista ridere.

Si avvicinò al divano, dove lei era seduta con i suoi capelli rossi che ancora le coprivano il viso.

“Dovresti raccoglierli, Lily. Devono vedere tutti come sei bella quando sorridi.” le disse, senza quasi rendersi conto di aver parlato. Senza riuscire ad avere un controllo sulle sue parole. Aveva detto quello che stava pensando, senza nemmeno provare a contare fino a dieci.

Lily alzò la testa e lo guardò fisso. Sgranò i suoi grandi occhi verdi. Ebbe l'impulso di togliergli gli occhiali, per poter incontrare meglio gli occhi di James.

Gli occhi di James erano così trasparenti. James era trasparente: non sapeva mentire, non sapeva fingere. Guardandolo Lily rivisse tutto l'ultimo anno. Ricordi ed immagini le passarono davanti.

“E' come se ti avessi aspettato per tutta la vita, James.” la voce di Lily era poco più di un sussurro.

Sarebbe stata impercepibile se solo, in quel momento, James avesse mosso un piede.

James scosse la testa. “Non dire così: non è vero.”

“Mi sembra che tu ci sia sempre stato. In un certo senso.” proseguì Lily. Da quella Vigilia di Natale, Lily era accompagnata dalla sensazione di averlo sempre avuto vicino, anche prima. Anche quando lui non c'era, quasi che fosse troppo terribile immaginare una vita in cui James non fosse presente.

“Voglio avere cura di te, James. Così come tu ne hai di me, così come ne hai avuta di me nel corso di quest'anno, senza chiedere nulla in cambio.”

“Anche tu hai avuto cura di me, Lily. Hai curato ferite che nemmeno sapevo di avere.” ammise James, vagando con la mente a tutte le volte in cui una parola di Lily riusciva a mettere le cose a posto. A dare un senso a quanto era successo quella primavera. A non farlo sentire colpevole.

“Responsabilità. Re- spondeo.” la voce bassa di Lily pronunciò quelle parole, senza quasi averci pensato. Si chiese se lui ne conosceva il significato.

“Io prometto.” completò James per lei, sfiorandole delicatamente la guancia chiara, così diafana da fare quasi a pugni col rosso sanguigno dei suoi capelli. Rosso Tiziano, l'aveva definito Lily una volta portandolo a conoscenza dell'esistenza di un nome anche per il colore dei capelli.

“Sono così felice, Lily. Così felice...” poco più di un bisbiglio, uscito da un sorriso luminoso che faceva brillare tutto il volto di James: gli occhi, le guance, gli zigomi contratti, la bocca, che non riusciva più a tenere chiusa.

Lo adorava quando rideva, Lily. Perchè lui rideva tutto, non soltanto con le labbra.

Anche lei era felice. Così felice. Come non lo era mai stata prima. Dentro le si era annidata una sensazione di pace e serenità. Come se fosse tutto a posto. Tutto a posto per la prima volta.

“Si può essere più felici di così, James?” gli chiese, stringendo le spalle e incastrandosi nel suo abbraccio.

“Penso di sì, sai Lily?” e nel dirlo le sfiorò la fronte con un bacio. “Non dovrebbe mai esserci limite alla felicità.” proseguì.

“Però, in realtà, potrei morire adesso, tanto sono felice. Potrei morire adesso e avrei avuto tutto quello per cui vale la pena di vivere.” James la strinse. Pensava davvero quello che aveva appena detto, anche se forse non ne aveva ben chiara la portata.

Lily si aggrappò alle sue spalle e baciò James con trasporto, senza sapere che il ragazzo aveva lasciato il posto all'uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci qui, di nuovo. Spero che questo capito un po' sdolcinato vi sia piaciuto. Ho pensato che era il caso di dedicare un po' di tempo in più a James ed a Lily, per capire un po' come stanno. I prossimi capitoli saranno più avvincenti e con un po' più di azione, pertanto non penso che ci sarà tempo per loro due. Spero che, in ogni caso, vi abbia fatto piacere leggere di loro.

Sul significato di Re- Spondeo, vedasi il significato latino del verbo: Io prometto. Quindi, la responsabilità è la promessa di aver cura, nessuna frase, a mio parere, poteva essere migliore di questa messa in bocca a Lily e James.

Come al solito, vi ringrazio tutti, uno ad uno.

A presto.

Jomarch

 

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