Sugar Pokè

di pikychan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una ragazza ostinata ***
Capitolo 2: *** Alla ricerca di Ash ***
Capitolo 3: *** Avanti tutta! È una missione!! ***
Capitolo 4: *** Nuovi emozionanti incontri ***
Capitolo 5: *** Disavventura a pochi passi dalla città ***
Capitolo 6: *** Buon compleanno più imbarazzo! ***
Capitolo 7: *** Un principino capriccioso ***
Capitolo 8: *** Niente mi fermerà ***
Capitolo 9: *** Attenzione alla salute! ***
Capitolo 10: *** Ornella, Lucario e la Torre Maestra! ***
Capitolo 11: *** Nuovi strani sentimenti... ***
Capitolo 12: *** Quarta medaglia? Stelle prima della battaglia! ***
Capitolo 13: *** Calem viaggia con i nostri eroi? ***
Capitolo 14: *** Sentimenti nascosti... ***
Capitolo 15: *** È strano se ti chiedo di ballare? ***



Capitolo 1
*** Una ragazza ostinata ***


~ Sugar Pokè ~

 

Una ragazza ostinata

 

“Sono orgogliosa di te Lucinda”

La ragazza dai capelli blu stava parlando con sua madre attraverso lo schermo di un Centro Pokèmon.

La madre le stava sorridendo, quindi la figlia sorrise di rimando un po' imbarazzata.

“Mamma, adesso non esagerare, non ho ancora vinto, sai bene com'è finita due anni fa...”

“Lucinda, non fare la modesta, non ti si addice!”

Le parole di Olga le sembravano un rimprovero e questo la face avampare, ma poi la madre riprense a sorridere.

“Comunque sono contenta, non devi darti troppe arie, vedrai che sarai bravissima”

“Grazie mamma!”

Non c'è nulla di cui preoccuparsi è così che dici sempre, no?”

“Non ti preoccupi di più se dico quella frase?” chiese facendo trasparire la sua perplessità.

“Sì, ma so che andrei bene, abbi fiducia”

“Lo farò! Non ti deluderò! Guardami in TV!”

Dopo di che si salutarono e la videochiamata finì.

Lucinda si diresse verso le sedie d'aspetto del centro, avrebbe dovuto aspettare che i suoi Pokèmon in cura dall'infermiera Joy si fossero rimessi in sesto.

Nonostante la prima parte del Gran Festival si fosse conclusa da poco si era già tolta il suo elegente abito giallo per rimettersi gli abiti abituali.

“Ehi Lulù, non ti alleni?” le domandò qualcuno alle sue spalle.

La ragazza sorpresa si voltò subito.

“Kenny! Sei ancora qui?”

“Certo, sono venuto a riprendere i miei Pokèmon”

“Mi spiace che tu abbia perso alla prima manche della gara” disse abbassando la testa chiaramente triste per l'amico.

“Non devi essere triste per me, Lulù, prima o poi riuscirò a batterti vedrai”

“Ma la smetti di chiamarmi in quel modo!? Mi da fastidio! Perchè sei così antipatico!?” si arrabbiò.

Seguirono alcuni secondi di silenzio durante i quali Kenny fece intravedere un mezzo sorriso, dall'aria un po' arrogante, facendo rimanere Lucinda spiazzata.

“Ti saluto Lulù, ci vediamo presto” salutò con la mano passando oltre.

“Kenny, ma hai sentito quello che ti ho detto!?”

 

La ragazza dai capelli blu si sedette su una sedia ad aspettare. Nell'attesa prese una rivista pogiata lì vicino e cominciò a sfogliarla.

Davanti al bancone di Joy c'erano tre ragazzine che arrivavano appena ad affacciarsi. Lucinda non le vedeva ma sapeva già che erano allenatrici o coordinatrici alle prime armi, proprio come lei solo due anni prima. Sentiva che le bambine chiedevano qualcosa all'infermiera con le loro piccole vocide e lei rispondeva loro con un grande sorriso. A un certo punto le ragazzine se ne andarono e la ragazza chiuse la rivista per osservarle meglio, forse per curiosità o forse per nostalgia dei vecchi tempi.

“Lucinda, i tuoi Pokèmon stanno bene, fra poco saranno pronti per affrontare nuove sfide” le sorrise l'infermiera dai capelli rosa.

“La ringrazio infermiera Joy” le sorrise in risposta.

“Non ci posso credere, Lucinda!”

La ragazza guardò confusa davanti a se. Sulla spalla sinistra un Pikachu. Una ragazzina, no, forse una ragazza. Avrà avuto un anno in meno di lei probabilmente. Undici, o forse dodici se consideriamo che Lucinda ne avrebbe compiuti tredici il mese successivo.

Aveva i capelli mori, non neri ma, di un castano piuttosto scuro. Non si può dire che fossero lunghi, erano legati in due piccoli codini laterali con elastici composti da due palline rosse.

I suoi occhi erano nocciola e indossava un corpetto giallo a cuore che lasciava intravedere la pancia piatta. Portava dei guanti gialli che le arrivavano quasi ai gomiti, una gonna gialla lunga quasi al ginocchio e una giallettiera gialla alla gamba destra. Ai piedi portava degli stivali neri.

La ragazza blu si illuminò. Era inconfondibile.

“Ah, tu sei Camilla vero?”

“Esatto, quella che ha perso al primissimo turno”

“Non dovresti dirlo con tanto entusiasmo...”

“Che ci posso fare? Per me è ancora presto, ho bisogno di racimolare esperienza” disse con aria saccente.

Lucinda rimase un po' sconcertata, ma poi decise di cambiare discorso.

“Non sapevo che avessi un Pikachu” indicò il Pokèmon sulla sua spalla “non l'hai usato durante la gara”

“Ah, intendi la mia piccola Kika-chin? Siamo inseparabili, pensa che ho scelto questo vestito ispirandomi a lei” disse strofinando la sua guancia contro quella di Kika.

Lei? Quindi è una femmina! Posso accarezzarla?!”

“Certo! Fa pure!”

Lucinda la accarezzò facendole i complimenti per il suo manto morbido, chiese anche a Camilla se le faceva qualcosa di speciale anche se lei rispose che oltre a pettinarla non faceva molto.

Notò che il Pokèmon giallo aveva una coda insolita per quanto ricordava.

“Ma la coda ha quasi la forma di un cuore, non ricordavo fosse così”

“Probabilmente è perchè non hai mai visto un Pikachu femmina, prova a controllare con il Pokèdex”

L'aspirante supercoordinatrice prese il Pokèdex e controllò, dopo poco sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.

“E' vero! La coda cambia da maschio a femmina!” emise sorpresa e ammirata guardando ancora l'oggetto rosa.

Poi si riprese, chiuse l'oggetto e lo mise via.

“I Pikachu sono fantastici, un mio amico ne ha uno”

“Davvero?!”

“Lo porta sulla spalla proprio come fai tu, non gli piace stare nella PokèBall” annuisce.

“Mi dici come si chiama? Ti prego, voglio sapere come si chiama!” congiunge le mani a preghiera.

“Eh? C-certo... si chiama Ash”

“Ash?” la ragazza si era fatta sorpresa, era davvero strano.

“Ash Ketchum” precisò allora lei.

“Ash Ketchum!?”

“Perchè urli?”

“Ma ne sei sicura? Non è che ho capito male?”

“Ho detto Ash, Ash Ketchum!” ripeté ancora un po' spazientita.

“Io conosco qualcuno con questo nome!”

“Davvero?” domandò sorpresa, ma nel suo tono e nel suo sguardo c'era una sorta di diffidenza. L'amico non le aveva mai parlato di una ragazza così, se lo ricorderebbe.

“Sì! Da piccoli giocavamo insieme!” spiegò sempre più entusiasta.

“Ah, allora siete amici d'infanzia” deduse stavolta totalmente convinta e rilassata.

“Esatto, non sono di Sinnoh, ma di Kanto, Pallet Town, quindi mi credi?”

“Se me lo dici con così tanto entusiasmo perchè no?” le sorrise.

“Grande! Ma adesso dov'è? È tornato a casa?”

“Conoscendolo sarà ripartito di sicuro per qualche regione” soffocò una risata, non si dovevano essere visti da un po' se non sapeva della sua fissa di diventare un Maestro Pokèmon.

“Oh no, e non sai quale?!”

“Ehm, no mi dispiace...” disse un po' mortificata anche se stranita, doveva ammettere che Camilla faceva proprio tenerezza.

“E' terribile! Devo ripartire subito!” corre via.

La blu rimase lì sconcertata finché non le si avvicinò un'altra persona che le si siede accanto.

“Zoey!” se ne accorse subito non lasciandole neanche il tempo di sedersi.

“Come va Lucinda?”

“Bene, ma tu cosa ci fai qui?” le chiese ancora stupita.

“Sono venuta a vedere la gara”

Allora la giovane coordinatrice pensò che fosse venuta per lei, dopo tutto erano amiche, ci restò un po' male quando le disse che era venuta per sua cugina.

“Ah, capisco...” emise a testa un po' bassa.

“Non fare quella faccia, sono venuta anche per te, a proposito, congratulazioni per essere in finale”

“Grazie Zoey!” riprese il suo entusiasmo “A proposito, com'è che si chiama tua cugina?”

“Camilla, non so se ci hai fatto caso, era una ragazza mora, un po' bassina...”

“Camilla!? Ma lo sai che lei e Ash sono amici?!” l'assaltò.

“Sì, lo sapevo” si difense mostrando i palmi.

“Davvero?” si calmò.

“Dopo tutto viene anche lei da Pallet”

“Allora conoscevi anche tu Ash!” deduce sgranando gli occhi.

“Sì, in estate andavo dagli zii e ci incontravamo spesso, sapevo però che Ash non si ricordava sicuramente, eravamo molto piccoli”

“Eppure tu ti ricordi...” sussurrò piuttosto ammirata “Ma perchè non me lo hai mai detto?”

“Andiamo Lucinda, cosa avrei potuto dirti?”

“Lo sai, mi ha detto che vuole raggiungerlo” prese coraggio dopo un po'.

“E' tipico di Camilla, sei preoccupata?”

“Sì, per una ragazzina così piccola, viaggiare da sola, in una regione sconosciuta...”

“Non esagerare, in fondo ha solo un anno in meno di te”

“Non è una cosa sicura, dovresti andare con lei”

“Perchè invece non ci vai tu?”

La ragazza dagli occhi blu spalancò gli occhi, andare con Camilla? Diceva sul serio?

“Eh? I-io?”

“Perchè no? Non ti piacerebbe rivedere Ash?”

Rivedere Ash. Ci aveva pensato tante volte. Raggiungerlo, viaggiare di nuovo con lui... alla fine non aveva mai potuto, o le mancava il coraggio? Dopo così tanto tempo … ricordava come si erano lasciati, lui e Brock erano partiti per mare mentre lei li salutava completamente in lacrime. Non riusciva a frenare quelle piccole gocce di pioggia calda, più ci provava più si sentiva amaro in gola. Un groppo. Un groppo amaro. Si sentiva mancare il respiro. Morire. Voleva scomparire. I giorni successivi aveva pensato molto. Con nostalgia. Affondato la testa nel cuscino. Non aveva toccato cibo per una settimana.

Poi l'anno prima aveva rincontrato Ash a Unima, con due nuovi amici. Un ragazzo e una ragazza molto strani. Si era mostrata amichevole e sempre allegra, ma c'era qualcosa che le faceva male, qualcosa che la faceva arrabbiare e la feriva. Era diventata molto più diffidente. Ash invece non era cambiato, si comportava con lei come si era sempre comportato. Proprio come se il tempo non fosse passato. Sembrava perfino più gentile. Allora che cos'è che la faceva così star male? Non lo sapeva e probabilmente non lo avrebbe mai saputo.

“Rivedere Ash...?”

“Ti piacerebbe?”

“Non lo so...”

Zoey si fece sempre più perplessa.

“E poi devo partecipare al Gran Festival, non posso andare via”

“Se è solo per questo dirò a Camilla di aspettare fino alla fine della finale” era già lì per lì ad alzarsi.

“Zoey?” la richiamò decisa “Solo se vincerò” i suoi occhi erano fissi ad un punto preciso, ma indistinguibile. Il suo tono era duro e secco che faceva nascere un po' di timore, ma lasciava trasparire il grande sforzo emotivo che aveva fatto a pronunciare quelle parole.

“D'accordo, solo se vincerai” sorrise con aria furbastra.

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Capitolo 2
*** Alla ricerca di Ash ***


Alla ricerca di Ash

 

Il Gran Festival era giunto al termine.

La finale era stata una lotta molto dura. Alla fine dei cinque minuti tutti e due gli sfidanti erano risultati in parità. Avevano dovuto concedergli un altro minuto. In tutta la storia delle Gare Pokèmon non era mai successo, il pubblico e i giurati erano rimasti senza fiato. Alla fine per pochi millimetri la vittoria era andata a una ragazza dai capelli blu e gli occhi azzurri. Quando lo annunciarono rimase a bocca completamente spalancata e occhi sgranati. Le sembrava di vivere in un sogno. Si aspettava che la sveglia suonasse all'improvviso, quasi assordendola.

Invece non fu così...

«...e i vincitori di quest'anno del Gran Festival sono Lucinda e Piplup!»

Sullo schermo erano apparsi lei e il suo inseparabile primo Pokèmon. Voleva pizzicarsi. Ma non ci riusciva, era paralizzata, non riusciva a muoversi. Il Pokèmon pinguino allora le saltò in braccio e con aria felice cominciò ad esultare. Non ci volle molto perchè anche la ragazza sorridesse soddisfatta. Il ragazzo che si era battuto con lei le si avvicinò, si strinsero la mano e le disse che era stata davvero brava. Lucinda lo ringraziò e gli disse che anche lui era stato bravo. «Se il tempo non fosse finito è molto probabile che mi avresti battuta». Gli disse proprio così, sempre sorridendo.

Una volta al centro Pokèmon la chiamò sua madre. Si congratulò anche lei, l'avrebbe abbracciata se fosse stata lì.

La figlia non diede più freno alle sue lacrime, la sua gioia era troppa. Finalmente ce l'aveva fatta. Il sogno di tutta una vita. Supercoordinatrice...

«Smettila subito di piangere!»

Olga la rimproverò e lei da figlia ubbidiente quale era smise subito. Non era la prima volta che sua madre usava quella frase. Tre anni prima quando Lucinda aveva perso alla sua prima gara a Giubilopoli aveva pianto una volta chiamata la madre. Questa volta le cose però erano diverse, era riuscita a vincere. Ormai era una Supercoordinatrice. Aveva raggiunto il suo obbiettivo. La sua più grande ambizione...

 

Lucinda era appoggiata con le braccia al corrimano della nave. Se avesse voluto avrebbe potuto osservare il cielo. Azzurro limpido. Senza neanche una nuvola. Avrebbe dovuto solo alzare lo sguardo. Invece, sembrava preferire la vista del mare che si agitava con i movimenti della nave. Aveva un'espressione seria e pensierosa. Aveva talmente tanti pensieri per la testa che neanche lei sapeva più quali erano.

Sentì dei passi alle sue spalle, ma non si voltò. Rimase immobile. Sapeva benissimo di chi si trattava.

“Lucinda eccoti! Mi hai piantata proprio in asso, eh?”

Camilla. E chi altri? L'aveva promesso a Zoey. Se avesse vinto avrebbe accompagnato sua cugina nel suo folle viaggio alla ricerca di Ash.

Anche se non la vedeva ricordava perfettamente come era vestita. Short azzurri molto corti, t-shirt gialla che lasciava intravedere un poco la pancia, con tre stelle sulla stessa linea, marcate solo da un contorno arancione, una felpa azzurra e una visiera arancio con il bordino rosso e una strana scritta in inglese bianca.

Lucinda non disse niente. Continuò a guardare l'acqua come se niente fosse.

Camilla le si avvicinò appoggiandosi alla stessa ringhiera. Il suo sguardo si fece più mogio. Come se fosse preoccupata.

“Lucinda, cosa ti prende? Come mai fai così?”

“Ah, no! Non ti preoccupare non ho niente! Non c'è nulla di cui preoccuparsi! Nullaaaa...!” disse raddrizzandosi e cominciando ad agitarsi.

“Sei strana... oh beh! Non importa! In che città credi che sarà Ash a quest'ora?” domandò tornando sorridente.

“Aspetta a far certe domande, non sappiamo neanche se è in questa regione” le ricorda l'ormai amica.

“Era solo per parlare, ho il vago presentimento di aver fatto centro... a te Ash piace?”

“Però...! Salti da uno Starly a un Bidoof...!” emise Lucinda presa alla sprovvista dalla domanda decisamente troppo diretta. Non l'aveva neanche recepita tanto bene.

“Allora Lucinda? Ti piace? Ti piace? Dimmi la verità!” incalzò con decisamente troppo entusiasmo.

La ragazza blu indietreggiò con le mani incollate al corrimano per non rischiar di cadere in mare o forse lo usò solo come appoggio per non rischiare che le gambe cedeserò, dal momento che stava cominciando un po' a tremare.

“Dipende cosa intendi per ti piace... se intendi per carattere... simpatia...” cominciò a farfugliare con il solo scopo di disperdere le sorti del discorso. La sua espressione era sorridente, ma non di quei sorrisi caldi e solari, tutt'altro, era un sorriso forzato e nervoso. Di chi non sa che pesci pigliare.

A quel punto Camilla non riuscì più a darsi un contegno. La sua bocca si arricciò in un sorriso e dopo pochi secondi iniziò a ridere senza freni.

“Eh?” emise stupita, non capiva perchè all'improvviso la ragazza di fronte a lei si fosse messa a ridere così su due piedi.

“Lucinda, sei proprio buffa, si vede che non mi conosci, tutti sanno che quando faccio una domanda non faccio mai troppo sul serio”

“Sarei buffa?” non era per niente contenta di quel termine e forse si sentiva anche un po' presa in giro.

“Non fare quella faccia, essere buffa non è un male, vuol dire che sei molto simpatica!”

“Davvero?”

“E io, Lucinda, ti sto simpatica?! Tu mi stai simpaticissima!”

“C-che domanda diretta...!” anche questa volta era riuscita a spiazzarla, forse quella ragazza era anche un po' troppo sfacciata.

“...Ho capito... non ti sono simpatica, dal tronde le persone invadenti come me non piacciono molto alla gente...” cambiò totalmente espressione e si voltò abbassando il capo.

“Ma no, ecco io...!” cercò di spiegarsi agitata.

La ragazza mora si rivoltò con un sorrisone stampato in faccia.

“Ci sei cascata, eh, Lucinda?”

“Oh, ma insomma! Comincio ad averne abbastanza dei tuoi sbalzi d'umore!” il tono della ragazza si fece più duro, era evidente la sua irritazione. Le sarebbe passata. Non si arrabbiava mai a tempo prolungato.

I signori passeggeri sono pregati di scendere, siamo arrivati a destinazione”

 

Le due erano scese dalla nave e ora si trovavano in un piccolo paesino verdeggiante. Le case erano pochissime, forse quanto le persone per strada. Non sapevano neanche dove si trovavano. Dovevano trovare Ash certo, ma dove lo avrebbero cercato? E se non si fosse nemmeno trovato in quella regione? Partire così era stato da incoscienti, avrebbe dovuto rifiutarsi.

Kalos. Era il nome della regione dove si trovavano. Camilla era quasi sicura che Ash fosse lì. Tuttavia Lucinda non ci credeva tanto, quando aveva detto a sua madre che partiva e per quale motivo lei non aveva fatto una piega. Aveva solo sorriso.

«Sapevo che un giorno sarebbe successo»

Le aveva detto così. L'aveva fatta restare di sasso. Tuttavia non era sicura di aver capito bene le parole della madre. Pensava che si riferisse al fatto che i figli prima o poi si staccano dai propri genitori per vivere nuove avventure, ma era già partita in passato e una volta anche per una regione lontana...

“Dove ci troviamo?” chiese Lucinda dopo essersi guardata in torno per un po'.

“Aspetta, fammi controllare...” l'altra iniziò ad aprire una cartina. Era decisamente grande. Non riusciva neanche a tenerla in mano per metà. E non aveva finito.

La blu allora con aria stranita tornò a guardarsi un po' intorno nella speranza di avvistare qualche cartello.

“Ah, siamo a Borgo Bozzolo” sentenziò alla fine soddisfatta.

“Borgo Bozzeto...” corresse Lucinda stranita ancora di più.

“E ora dove si va?”

“Hai tu la mappa, no?”

“Ah, già! Questa!” lo disse con entusiasmo alzandola al cielo. Non la teneva stretta saldamente perchè un colpo di vento se la portò via. Lei se ne accorse subito e la rincorse chiamandola come un Furfru ignorando i richiami dell'altra ragazza.

Il tempo stava cambiando. Dal cielo cadevano piccole, microscopiche, gocce d'acqua. In cielo stava per cominciare a piangere. Proprio come aveva fatto Lucinda il giorno prima, ma a differenza delle sue lacrime calde quelle sarebbero state fredde. E il vento non sarebbe stato tiepido e paonazzo come le sue guance, ma freddo e scuro.

“Ci mancava solo la pioggia!” corse via come un fulmine sperando di ripararsi.

 

Dopo poco tornò Camilla. Era bagnata dalla testa ai piedi.

“Non l'ho trovata, mi dispiace...” disse mortificata. Era piegata in due per il freddo ed aveva un'espressione tristissima.

“Camilla! Vieni sotto la tettoia sei bagnata fradicia!” la tirò a se senza alcuna premura, ma era solo perchè era veramente e sinceramente preoccupata.

La ragazza si tolse la cuffia e la mise sulla testa della ragazza con un'azione secca ma decisa “Tieni! Mettiti la mia cuffia!” poi fu la volta della sciarpa “E anche la mia sciarpa!” gliela mise attorno al collo senza esitare.

“Lucinda...!” l'amica aveva gli occhi languidi. Come se dovesse scoppiare a piangere dalla commozione.

“Ah, no...! Scusa non volevo essere così scortese!” le stava sistemando la sciarpa rosa, ma si fermò e tolse le mani quando vide l'amica mora. Aveva frainteso e ora pensava che fosse stato il suo comportamento troppo apprensivo a far quasi scoppiare a piangere Camilla.

“No, Lucinda, è che nessuno si è mai preoccupato così tanto per me...!”

“Va bene, va bene, calmati, non c'è nulla di cui preoccuparsi, proprio nulla...!” cercò di calmarla. Le sorrise e le mostrò i palmi delle mani. Forse era anche piuttosto imbarazzata.

Ormai la pioggia stava diminuendo. Il cielo si stava rischiarendo. Una donna dai capelli corti e mori si avvicinò a loro.

“Ragazze, ma cosa ci fate qui sotto? Dovreste tornare a casa con questo tempo”

La donna era chiaramente preoccupata per le due. Avrà avuto poco più di trent'anni. I suoi occhi erano azzurri, erano quasi dello stesso colore del cielo in quel momento.

“Ah, no ecco vede, noi non veniamo da qui, io vengo da Duefoglie a Sinnoh e lei da Pallet nella regione di Kanto” rispose con un sorriso un po' imbarazzato. Non era il massimo da dire. Chi sa cos'avrebbe pensato. Due ragazze provenienti da due regioni lontane tra loro e a loro volta anche dalla stessa Kalos. Se almeno fossero state tutte e due di Sinnoh... però magari avrebbe pensato che fossero amiche di penna.

“Capisco, siete in viaggio... e il vostro viaggio vi ha portate lontane da casa, eh?”

Camilla sgranò gli occhi mentre l'altra fece l'ennesimo sorriso imbarazzato.

“Sì esatto...” mentì. Non era esattamente la verità ma era troppo complicato da spiegare, quindi andava bene così.

“Allora venite a casa mia, almeno finché non finisce di piovere”

Lucinda però non sapeva se fidarsi. Negli ultimi tre anni era diventata un po' troppo diffidente, lo riconosceva, ma non credeva fosse un male.

“Lei è una signora gentilissima!” esclamò Camilla sorridendo.

“Sì, grazie, è gentile...” emise l'altra. Non era ancora convinta totalmente.

 

Una volta che furono a casa della signora la ragazza mora si buttò sul divano con aria euforica gridando qualcosa come Yuppi! o Urrà!

La casa era abbastanza modesta. Un camino, un televisore... le scale che portavano a un piano superiore. La ragazza blu era quasi convinta che quelle scale portassero alla camera di qualcuno. Un figlio o magari una figlia. Questo pensiero a essere sinceri un po' la terrorizzava. L'idea che potesse scendere qualcuno da un momento all'altro non le piaceva per niente.

Sta di fatto che Lucinda non ne voleva sapere di avanzare, anche solo di poco, dalla porta. Come se volesse scappare da un momento all'altro. Malediva quella pioggia che sembrava volersi fare beffa di lei. Era arrivata da poco più di una mezz'ora e odiava già Kalos. Dal profondo del cuore.

“Entra pure, non stare sulla porta”

“Ah, mi scusi...” disse presa alla sprovvista avanzando di poco.

“Scusarti? Non ce n'è bisogno, non hai fatto niente” le sorrise mentre andò ai fornelli della piccola cucina.

Alla vista di quel sorriso lo sguardo di Lucinda si rilassò completamente. Era lo sguardo di una donna che aveva cresciuto dei figli e che sapeva come trattarli. Con durezza quando serviva ma anche con dolcezza. Una persona del genere non poteva essere cattiva.

“Volete che vi prepari qualcosa?”

“Non si disturbi” intimò la ragazza blu.

“Si mangia!” sbucò dal divano l'altra. L'amica la guardo come a volerla fulminare.

La signora preparò della frittata con i funghi e la divise tra le due ragazze.

“Allora buon appetito!” esclamò la mora con in mano coltello e forchetta. Dopo di che si fiondò sulla frittata.

“La tua amica ha appetito, tu non mangi?” chiese invece a Lucinda che non aveva neanche accennato a mangiare.

“Non ho molta fame, la ringrazio”

“Capisco... ah, ora che ci penso non vi ho ancora chiesto come vi chiamate” sgranò gli occhi portandosi un dito sul mento.

“Io mi chiamo Lucinda”

“Igno ignvece sogno Camilgnla!” rispose l'altra a bocca piena.

“Uhm... Lucinda e Camilla, siete proprio due ragazze carine e poi avete dei bellissimi nomi”

“La ringrazio!” dissero insieme, anche se Camilla dato che era ancora a bocca piena in realtà disse qualcosa come Lgna ringnrazio!

“E sua figlia invece come si chiama? Anche lei è molto carina!” chiese una volta mandato giù il boccone. Mostrò una foto di una ragazza, che sembrava avere la loro età, con i capelli castano chiaro e gli occhi azzurri come il cielo quando è al massimo della sua chiarezza.

“Dove hai trovato quella foto?!” si all'armò l'amica sconcertata e stupita. Però non fece troppe domande perchè anche a lei interessava sapere il nome.

“Si chiama Serena, ve la farei conoscere, ma ora non è qui, è partita pochi giorni fa”

“Quindi anche lei è un'aspirante allenatrice?” osservò la ragazza dagli occhi blu.

“Non proprio, in realtà credo che sia partita solo per incontrare un ragazzo” si portò una mano sulla guancia, parlare di una cosa del genere non era esattamente il suo sogno.

Lucinda sgranò gli occhi e restò come paralizzata. Partire per un ragazzo? Quale ragazzo meritava di venire inseguito per tutta la regione?

“La capiamo bene, vero Lucinda?” Camilla, sempre sorridente, prese per le spalle l'amica blu che realizzò all'istante di non essere nelle condizioni di criticare nessuno. Anche lei stava rincorrendo, anche se alla cieca, un ragazzo. Certo, per motivazioni diverse di quelle di questa Serena, ma in pratica lo stava facendo.

“La ringraziamo di tutto, ma adesso è meglio che andiamo” Lucinda si alzò prima che la donna potesse dire qualcosa.

La signora disse che non dovevano ringraziarla. Lo aveva fatto con piacere. Disse loro che le avrebbe accompagnate alla porta.

Mentre lei le guidava le due ragazze erano più indietro.

“Pst! Lucinda...?!” le sussurrò Camilla.

“Che cosa c'è?” le chiese lei altrettanto piano.

“Mi spieghi come mai c'era una foto di Ash da piccolo in mezzo alle fessure del divano?” mostrò la foto che aveva recuperato.

“Questo è Ash?”

“Certo che è lui, lo conosco fin da piccola ricordi? Lo so riconoscere”

In un attimo il viso di Lucinda divenne pallidissimo. Ecco quello strano senso di terrore che aveva provato fin dall'inizio. Svelato. Si fermò di botto, senza pre avviso tanto che anche la sua amica si fermò guardandola confusa.

La donna che camminava davanti a loro si fermò percependo di non essere seguita. Si voltò.

“Va tutto bene?”

La ragazza blu era ancora pallidissima, tremava un po' e i suoi occhi guardavano basso.

“Lucinda stai bene? Sei pallida forse ti sta venendo la febbre”

“S-sto bene... d-dovrei solo usare il bagno...”

“Oh, è al piano di sopra”

Il piano di sopra... no, ne aveva abbastanza, voleva solo uscire da quella casa, trovare Ash e portarlo a Sinnoh con se. Là sarebbe stata tranquilla. È soprattutto lontano da Kalos.

“Se vuoi ti posso accompagnare”

“N-no, ci posso andare da sola...”

“L'accompagno io, non vorrei cadesse dalle scale con questa carnagione rassicurante” l'amica invece sembrava perfino divertita dalla cosa.

Salirono le scale. Si ritrovarono davanti a una porta decorata con dei cuoricini rosa.

“Allora? Guarda che l'ho capito sai? Vuoi arrivare alla camera di Serena per scoprire che cosa c'è sotto”

“S-sei fuori strada! Io voglio andarmene, non sapevo che il bagno fosse di sopra! In quale casa il bagno è di sopra!? Qui a Kalos niente a senso!”

Camilla ride, l'amica era proprio esplosa.

“Sempre più divertente!”

“Smettila, non è divertente!”

Aveva il terrore di aprire quella porta. Cosa ci avrebbe trovato? Cosa? Il solo pensiero la spaventava. Era curiosa sì, ma al tempo stesso troppo terrorizzata. Decise di mettere da parte i suoi timori. Di metterli da parte uno per uno. Mise la mano sulla maniglia, ma cominciò a tremare senza alcun risultato. Allora la mora decise di darle un'aiutino. Posò la mano su quella della ragazza e spinse in giù la maniglia.

A questo punto la porta si aprì quasi da sola. La stanza era nella norma. Forse troppo rosa persino per Lucinda che lo adorava. Le stava venendo una caria. Sentiva caldo alla guancia destra. Ma tutto sommato le piaceva lo stile di Serena. Era molto carino.

“D'accordo, l'abbiamo vista ora andiamo” disse con aria orgogliosa. Era felice di non aver trovato nulla di particolarmente strano. Anche se aveva piuttosto fretta di andar via. Per paura di trovare qualcosa che le avrebbe fatto cambiare idea. Si voltò per andarsene, ma Camilla la trattene.

“Eh no, non siamo neanche entrate!” la trascinò all'interno.

“M-ma non possiamo! È maleducazione entrare nella camera di altri senza autorizzazione!” cercava di fare resistenza. Di mantenere i piedi inchiodati a terra. Era tutto inutile. Camilla non desisteva, non la ascoltava neanche.

La sua voce gridava non possiamo, il suo cuore gridava non voglio.

A un certo punto l'amica mora smise di tirare sgranando gli occhi e fermandosi ad ammirare una parete. Il suo sguardo era come scioccato. Lucinda che stava tirando dalla parte opposta quando Camilla mollò la presa si ritrovò per terra.

“Ahi! Ma che ti è preso?” la ragazza spuntò massaggiandosi la testa, ma quando vide il muro la sua espressione si fece come quella dell'amica.

Ecco. Ora ne aveva la conferma. La sua paura più grande dell'ultima mezz'ora.

Sul prezzo di muro vi erano un sacco di foto di Ash sistemate a cuore. Il cuore era enorme, ripieno anch'esso di fotografie. Ma dove se le era procurate? Era normale una cosa del genere?

La ragazza blu aveva capito subito che non poteva essere semplice amore, era una cosa scioccante. Se appendi al muro le foto del tuo idolo ha senso, ma in genere le foto della persona amata le tieni in un quadretto. Su un comodino. E ce ne tieni una. La sua più bella. Magari con te e lui insieme... non che lei ne fosse esperta!

Diventò di nuovo pallida e non ebbe il coraggio di rialzarsi in piedi.

“Non è giusto! Perchè non c'ho pensato io!?” si lamentò la mora. Commento completamente fuori luogo.

“Guarda che non è una cosa sana!” la rimproverò l'altra tornando per un attimo alla realtà.

Stolker. In genere è questo il nome. Come quelle ragazze degli anime, soprattutto, horror che le fanno venire i brividi solo a pensarci. Avrebbe dovuto trovare Ash solo per assicurarsi che stesse bene. Di solito gli stolker non fanno mai del male alla persona che amano ma alle persone che gli vogliono bene. In questo senso era sollevata. Aspetta...! Sollevata un corno era terrorizzata! Super terrorizzata! Iper terrorizzata!

Chiuse gli occhi e simulò un mancamento, sperava fosse solo un brutto sogno.

 

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Capitolo 3
*** Avanti tutta! È una missione!! ***


Avanti tutta! È una missione!!

 

Lo scenario era scuro.

Sono così contento di rivederti” disse una voce di un ragazzo. I suoi capelli avevano una forma indescrivibile e i suoi occhi erano marroni scuro, quasi neri. Indossava un cappello rosso con in alto il disegno di una PokèBall azzurra. Il suo tono era allegro, ma allo stesso tempo piuttosto tranquillo.

Oh Ash, anch'io sono contenta di rivederti” disse un'altra. Una ragazza dai capelli blu e gli occhi dello stesso colore. Chinò la testa di lato nella speranza di non lasciare trasparire il suo imbarazzo. Le sue guance si colorarono di un debole rosso.

I due ragazzi si guardarono. Ash con sguardo fermo, mentre lei alzò la testa più timidamente.

A quel punto dall'alto cominciarono a cadere petali di rose rosse. Erano sotto una pioggia floreale che creava un'atmosfera unica. Tuttavia sembrava non importasse molto a nessuno dei due. Sarebbe potuto cadere un meteorite in quell'istante e loro non se ne sarebbero accorti.

Quei petali non cadevano dal cielo, ma un angelo bianco con delle piccole ali dall'alto li faceva cadere da un vaso dall'aria molto antica. L'angelo indossava una lunga tunica bianca e aveva i capelli mori che le arrivavano fino alle spalle. In realtà aveva un'aria piuttosto famigliare. Sorrideva. Un grande sorriso soddisfatto sul suo viso.

Partì una musica. Una dolce melodia che però a un certo punto si fermò bruscamente. Una ragazza arrivò di corsa da loro con una falce e...

 

Lucinda si svegliò cacciando un urlo.

“Ehi Lucinda, va tutto bene?” chiese la ragazza accanto a lei. Sembrava avere un'aria piuttosto preoccupata.

“Eh? Camilla? Ma allora tu...? Aah, meno male, era soltanto un sogno...” farfugliò mettendosi una mano sulla testa e lasciandosi ricadere indietro.

“Un sogno? Di cosa stai parlando? Non dirmi che stavi solo dormendo!” l'amica a sentire le sue parole si arrabbiò molto. Pensava fosse svenuta. Che avesse avuto un calo di zuccheri o qualcosa di simile.

La ragazza sorrise imbarazzata, non sapeva che dirle. Sì. Si era addormentata. Alla vista di quelle fotografie attaccate al muro, aveva desiderato di teletrasportarsi via. Un Ambra, ecco, avrebbe voluto esserlo con tutto il cuore. Ma siccome non poteva aveva simulato un mancamento. Poi, come spesso succede quando si chiude gli occhi per molto tempo, doveva essersi addormentata. Se ne vergognava e le dispiaceva avere fatto preoccupare Camilla e la signora che le aveva accolte. Ormai era fatta. Non poteva cambiare il passato.

Si guardò intorno. Il posto dove si trovavano era vagamente famigliare. Ora si sentiva tranquilla e al sicuro. Le pareti erano chiare, forse era per questo che le trasmettevano calma e serenità. Il pavimento di legno chiaro, il soffitto bianco.

“Dove ci troviamo?”

“Al Centro Pokèmon di questa città”

“Cioè mi hai portata in spalla fino qui...!?” domandò terrorizzata, ormai il suo senso di colpa si era fatto sentire, lei non avrebbe mai voluto una cosa del genere.

“Sei pazza? Non ci penso neanche a sollevarti, è stata la signora che è stata tanto gentile a chiamare l'infermiera Joy”

“Ah, capisco...” emise guardando altrove.

“Di la verità, ma ti ha così scoccata la vista di quelle fotografie a cuore?”

“Beh...”

“Ash è carino, non pensi che possa piacere alle ragazze?”

“C-certo...! Io non ho mai detto il contrario!” si difese agitandosi un po' per poi continuare con tono più pacato distogliendo lo sguardo “E' solo che mi ha spaventato, tutto qui”

“Ma Lucinda, tu ti spaventi per poco, sono sicura che ai frainteso” le sorride caldamente.

“Forse hai ragione...”

La blu non la vide perchè per un attimo di inquietudine guardò basso, ma la sua amica Camilla si era alzata in piedi. Le tendeva la mano.

“Allora? Vogliamo andare?”

Lucinda osservò il suo viso sinceramente sorridente e rassicurante. Solo dalla sua espressione si vedeva la convinzione e la determinazione. Sembrava una ragazza simpatica, tenera e un po' ingenua ma era molto più tenace di quanto sembrasse.

“Io non capisco tutta la tua ansia, però, se sei così preoccupata andiamo, troviamolo al più presto”

L'amica annuì e si alzò, ma non prese la mano dell'altra.

“Sì, troviamolo!” chiuse la mano a pugno con convinzione.

“Molto bene allora” sorrise ancora.

Camilla prese per mano Lucinda e cominciò a correre come un missile fuori dal Centro Pokèmon. Si può dire che la trascinasse. Letteralmente. Se la tirava dietro come una zavorra. Sorrideva spensierata. L'amica blu invece era proprio l'esatto opposto. Il ritratto umano della paura. Chiedeva disperatamente a Camilla di rallentare, ma lei neanche la ascoltava. Bisognava proprio ammettere che per la sua altezza modesta e per la sua corporatura minuta l'aveva un po' sottovalutata.

 

Alla fine erano arrivate in poco tempo in un altro paesino. Anch'esso piccolo, ma con diversi negozi e un bar che occupava quasi un quarto del paese.

“Siamo arrivate! Come si chiama questo posto?” emise la mora prima entusiasta poi perplessa. Controllò la mappa “... siamo a Rio Acquazzello” annunciò infine.

L'altra intanto era piegata in due dalla fatica. Respirava affannosamente. Non era più quella di un tempo. Anche se si parlava di soli tre anni fa. Non era più allenata per certe cose.

Alzò solo la testa per correggerla. Non sapeva neanche lei come, ma mentre la trascinava aveva intravisto un cartello con il nome del paese.

Rio Acquarello!” disse con aria arrabbiata. L'aveva quasi uccisa con quella corsa. Ma in effetti forse si era solo vendicata...

La ragazza dagli occhi blu si trascinò su una sedia del bar completamente distrutta. Con una faccia esasperata, come a volere invocare pietà.

“Lucinda cosa fai?! Non c'è tempo di riposarsi!”

“Per favore aspetta un attimo, con la corsa che mi hai fatto fare potrei vomitare la colazione!”

“Se vuoi trovare Ash dobbiamo muoverci!”

“Ma che fretta hai?”

Mentre discutevano l'attenzione di Camilla cadde su un cartello vicino al fiume che passava da quel paese. Senza pensarci due volte gli corse incontro entusiasta. L'altra ragazza confusa, ma al tempo stesso curiosa decise di seguirla.

“Lucinda guarda! Il cartello indica che questo è il posto ideale per farsi una foto!” cominciò a saltellare sul posto.

“Hai bisogno di un cartello che ti dica quando fare una foto?” commentò rassegnata. Non conosceva da molto Camilla, ma questo tempo le era bastato per capire che era un tipo fuori dal comune.

“Kika-chin, scelgo te!” lanciò la PokèBall per fare uscire il Pokèmon giallo, poi si rivolse all'amica “Lucinda fai uscire il tuo Piplup che ci facciamo una foto tutti insieme”

Alla ragazza non dispiaceva. Camilla questa volta aveva avuto proprio una buona idea. Adorava farsi delle foto. Erano ottime per immortalare i momenti di vita vissuta. E sapeva che anche a Piplup l'idea sarebbe andata a genio.

Fece uscire il Pokèmon dalla Sfera Pokè. L'unica cosa che adesso dovevano risolvere era come fare a scattare la fotografia. A questo ci pensò la mora. Fermò un passante. Un ragazzo di poco più grande di loro. Lui anche se stranito dalla richiesta prese la fotocamera.

Lucinda prese in braccio Piplup sorridendo a occhi chiusi, mentre invece Camilla fece salire Kika sulla spalla. Mise un braccio intorno alle spalle dell'amica e con l'altra mano fece il segno della vittoria. Sorrise e fece l'occhiolino.

Il ragazzo scattò. Poi restituì la fotocamera. La ragazza dagli occhi nocciola insistette anche per sdebitarsi, ma alla fine non trovando né monete né altro nel suo zaino decise di dargli un croccantino per Pokèmon e gli disse di accettare senza fare complimenti. Il ragazzo sempre più stranito le salutò e se ne andò.

“Allora? Ci rimettiamo in marcia?” chiese la blu retoricamente.

“Certo andiamo!” esclamò alzando un pugno al cielo.

Uscirono da Rio Acquarello e si ritrovarono a percorrere la via lungo un fiume. L'acqua era limpida, quasi quanto il cielo. Invogliava a tuffarsi. E chi sa. Magari se fosse stato per Camilla si sarebbe anche tuffata. Forse se non ci fosse stata Lucinda...

“Seguendo il corso del fiume arriveremo senz'altro alla città” commentò la mora.

Lucinda invece pareva pensosa, cosa che non passò inosservata all'amica.

“Luncida, cosa ti prende?”

“Ah...! No, niente!” rispose quasi subito persa alla sprovvista.

La ragazza con i codini fece subito una faccia perplessa, ma poi esplose in un sorriso.

“Guarda che l'ho capito, sai?” disse con aria furbastra disegnando un cuore, partendo dal fondo, con la punta delle dita.

Lucinda spalancò la bocca lasciando trasparire il suo stupore. Cosa stava facendo? Non aveva capito. Non ebbe il tempo nemmeno di chiedere spiegazioni perchè arrivarono davanti a un cartello.

Bosco di Novartopoli

C'era scritto così. Le due ragazze si guardarono ed entrarono. L'atmosfera del bosco non era proprio delle migliori. Si intravedevano solo spiragli di luce. Forse era per questo che l'erba sembrava tanto scura.

Quel posto era capace di mettere i brividi anche a Camilla che era sempre allegra e solare.

“Questo posto mi fa venire i brividi... torniamo a Rio Acquarello, dai...!” si era nascosta dietro all'amica. La teneva stretta saldamente per una spalla. Come se le potesse stappare via da un momento all'altro.

“Non se ne parla proprio” negò con tono un po' severo.

Attraversarono il bosco. La mora restò incollata alla blu almeno fino a quanto non incontrarono un branco di Pikachu. Ma questo incontro avvenne solo alla fine quando poco prima dell'uscita dei cespugli cominciarono a muoversi. Camilla aveva paura si potesse trattare di alcuni Pokèmon violenti. Potete immaginare la sua faccia quando invece scoprì che si trattava di un branco di morbidi Pikachu. Alla fine Lucinda l'aveva dovuta trascinare a forza. E non fu per niente una passeggiata.

Una volta fuori non ci volle molto per le due ad arrivare alla città. Il cartello si presentò da subito di fronte a loro, quindi non c'era bisogno che la nocciola controllasse sulla cartina.

“Novertopoli” lesse.

“Con la A... possibile che tu non legga mai bene i nomi?”

“Ah, quella sarebbe una A? Sembra una E...”

“E' una A...” Lucinda si era stranita completamente. In vita sua non aveva mai conosciuto una ragazza così. Le stava simpatica, ma a volte non sapeva proprio come comportarsi.

La blu si riprese completamente quando videro un negozio molto carino dall'aspetto giovanile. Non era tanto grande anzi, ma per qualche strano motivo ne sentì subito il richiamo.

“Io devo entrare assolutamente!” disse congiungendo le mani. Gli occhi le brillavano alla vista di quell'edificio.

“Sarà, allora io ti aspetto”

Camilla l'aveva lasciata andare. Un po' perplessa dal suo comportamento. Lei non aveva intenzione di entrare, ma alla ragazza blu non importava. Stava avanzando verso il negozio come se fosse posseduta.

Quando aprì la porta si ritrovò praticamente nel suo regno. Maglie, gonne, vestitini, cappelli... mai visto tanto splendore. Ora capiva come mai si fosse sentita tanto attratta da quel negozio.

Restò per un paio di secondi sulla porta con occhi sognanti, poi entrò. Si caricò di vestiti e andò nel camerino a provarseli. Erano tutti splendidi e le stavano molto bene. Però pensò anche che non poteva perdersi con lo shopping. E così, a mal in cuore, alla fine non comprò niente e uscì.

 

Quando tornò nello stesso punto dove aveva lasciato Camilla non la trovò più. Allarmata pensò subito al peggio. In effetti l'amica era una ragazza gracile e minuta. E se l'avessero rapita? No, non poteva neanche pensarci. La cuginetta della sua amica Zoey... come minimo non le avrebbe più rivolto la parola.

Decise di cercarla. La chiamò correndo per la città. Anche se non dovette cercare a lungo. La ragazza era seduta al bordo della fontana della città. Senza perdere altro tempo la raggiunse.

“Eccoti! Perchè non mi hai aspettato?” chiese con le mani sui fianchi. Poi guardò meglio cosa stava facendo l'amica mora. Il bagnetto a Kika... il bagnetto a Kika?! In quella fontana? Quella ragazza era davvero capace di stupirla “Ma cosa stai facendo...?” domandò solo non sapendo cosa dire.

“Faccio il bagnetto a Kika-chin, a lei piace, perchè non lo fai anche a Piplup?”

La sua totale ingenuità la spiazzava. Non è che magari faceva apposta?

“Lo sai che non puoi farlo, vero?” le chiese sperando che il suo fosse solo un atto di ribellione.

“PISTAAAA!” sfrecciò verso di loro una ragazza con i pattini ai piedi. Non riusciva più a fermarsi. Le sarebbe venuta addosso, ma la ragazza dagli occhi blu era paralizzata sul posto. Non riusciva a muoversi. Riusciva solo a vedere la ragazza che veniva verso di lei come anteprima dell'impatto...

SPLASH!

“Lo sapevo che sarebbe finita così...” emise bagnata fradicia. Era caduta come una pera dentro la fontana. Ormai non ne poteva più. Anche quando aveva dei dubbi la conferma arrivava. Lei odiava Kalos. La odiava dal profondo.

“Lucinda, non è giusto! Avevi detto che non si può!” si lamentò l'amica.

“Ti sembro contenta!?” le gridò esasperata.

“Allora perchè ci sei caduta, Lucinda?” domandò con espressione ingenua portandosi un dito alla bocca.

“Perchè ho perso l'equilibrio!”

Camilla si arricciò. Sorrise e il suo sorriso divenne presto una risata.

“Oh, Lucinda sei così buffa!” la ragazza ironizzò sul fatto che l'amica oltre che all'equilibrio aveva perso anche la pazienza. Lei non sapeva più che dire. Tramutò la sua espressione da arrabbiata a perplessa e confusa. Ora non era più arrabbiata. Odiava Kalos, ma gli era davvero grata per l'avventura che le stava permettendo di vivere. Sorrise. Rise di gusto. A questo punto trovava anche divertente essere finita nella fontana.

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Capitolo 4
*** Nuovi emozionanti incontri ***


Nuovi emozionanti incontri

 

Ho incontrato te, su questo grande pianeta

Un attimo e c'è, prezioso incontro di vita

 

Lucinda e Camilla erano arrivate in una grande città. Era piena di grandissimi e luminosissimi edifici. Si chiamava Luminopoli. O almeno era quello che le due avevano letto su un cartellone, anch'esso, illuminato.

Tuttavia la blu non era molto attratta da quel posto. Non che non le piacesse un po', ma era abituata alle piccole città, tralasciando il fatto che a Sinnoh non erano così grandi. Forse solo Rupepoli. No, a pensarci bene non ricopriva neanche un quarto di Luminopoli.

Dopo l'incidente della fontana si era cambiata. Era tornata al negozio di vestiti di Novartopoli. Aveva comprato una gonna rosa a tre strati, una canottiera bianca e una giacchetta nera da metterci sopra. L'unica cosa che non era variata era la cuffia. E non aveva rinunciato alla sciarpa, solo che dopo il tuffo nell'acqua si era un po' scolorita diventando di un rosa un po' più chiaro, ma sempre carino. Infine per completare il suo nuovo look aveva deciso di acquistare un paio di calze a righe che, alternate tra i due colori bianco e nero, le arrivavano appena sotto al ginocchio. In quanto a scarpe aveva preso degli stivali marroni, con i lacci, non più lunghi di cinque centimetri in tutto.

La mora invece sembrava al settimo cielo. Correva davanti all'amica con aria spensierata. A Lucinda sembrava un po' troppo esaltata, ma in fondo Camilla era così. Un uragano di energia e positività. Portava il sole dovunque andava. Avrebbe mentito se avesse detto che a volte non la sopportava. L'ammirava per essere sempre così. Allegra e positiva. A dirla tutta forse un po' la invidiava, lei non ci riusciva ad essere così, era sempre molto razionale anche se calda e gentile.

“Ehi Lucinda! Dai sbrigati!” la ragazza dai codini mori cominciò ad agitare il braccio in alto. Si era fermata. Lucinda era troppo lenta.

“Eccomi, arrivo!” spezzò la distanza correndole incontro. In genere non lo avrebbe fatto in una grande città, però con Camilla che si comportava in modo così naturale senza freni, le venne quasi spontaneo.

“Lucinda! Voglio visitare la città! La voglio vedere tutta!”

“Cosa? Non possiamo, dobbiamo continuare!” frenò il suo entusiasmo.

“Dai! Ti prego!”

“Uff... perchè sei così su di giri? ...” si chiese retorica rammaricandosi. La stava praticamente supplicando.

“Scusi, sa dirmi dov'è lo studio dei VideoClip?” la nocciola si era apprestata a chiedere a un signore in una macchina azzurra. Aveva sul tettuccio una targa con su scritto Taxi.

“Certo, vuoi che ti ci porti?”

“Sì! Grazie infinite!”

“Prego, è il mio lavoro”

“Scusami, ma non è che avevi progettato tutto fin dall'inizio?...!” si intromise l'altra ragazza sentendosi tradita. Ora era piuttosto in collera con Camilla.

“Che dici Lucinda...” disse con faccia imbarazzata. Era impossibile capire se avesse detto il vero o il falso. Forse nessuno dei due. Una mezza verità. Sì. Doveva essere così “...dove si trova la boutique Cool&Chic?” chiese poi al tizio in macchina.

“Hai detto boutique!” gli occhi di Lucinda si illuminarono all'istante all'idea di tutti quei vestiti che aspettavano solo lei per essere provati.

“E' proprio in questa via”

“Ehi un momento...!” la ragazza tornò a pensare lucidamente e realizzò di essere piuttosto in collera per quello che stava succedendo.

“Mi dispiace Lucinda, tornerò presto, perchè intanto non fai un giro alla boutique?” la salutò l'amica, con la mano, mentre entrava in auto. Sorrideva. Forse di un sorriso un po' imbarazzato. Lucinda si chiedeva, mentre la macchina partiva, se si sentisse un po' in colpa. Ormai non era tanto arrabbiata quanto stranita, la sua nuova amica non aveva la capacità di trattenere i suoi istinti. Se voleva qualcosa lo doveva avere a qualsiasi costo. Non come lei che invece al contrario era capace di trattenere i suoi impulsi. Questa riflessione le fece tornare in mente la partenza di Ash. Per settimane aveva pensato di prendere la nave e partire per Kanto. Bussare alla sua porta e urlare sono tornata, poi si sarebbero dati il cinque e magari sarebbero ripartiti insieme per una nuova regione. Però non lo fece. Cercava di rifugiarsi in scuse come mia madre non vorrebbe, ho troppo da fare, devo partecipare al Gran Festival... ma in cuor suo lo sapeva. Sapeva che aveva soltanto paura. Non sapeva di cosa però. Cosa molto strana. Però ci pensò bene e realizzò che a volte si piange per motivi che non si conoscono, perciò a volte la paura può essere anche ingiustificata. Anche se il motivo c'è, ma tu non lo capisci.

Camilla invece non era così. Era in grado di realizzare ogni suo più piccolo capriccio. Guarda solo che erano li perchè lei voleva rincontrare il suo vecchio amico Ash. Quando Lucinda le aveva detto che non sapeva in che regione fosse andato lei le aveva risposto solo devo ripartire subito poi era scappata. Adesso ripensandoci bene le veniva da pensare che in quel momento stesse già pensando per che regione ripartire. Non aveva usato scuse come non so in che regione sia o non voglio disturbarlo nel suo viaggio, aveva semplicemente detto che doveva ripartire e, dopo il Gran Festival, così era stato.

E lei? Perchè era ripartita? Solo perchè voleva accompagnare Camilla assicurandosi che non le succedesse niente, o c'era dell'altro?

Prima della finale del Gran Festival, Zoey le aveva chiesto se voleva rivedere Ash. Sì. Lo voleva. E anche tanto. Però le aveva risposto che sarebbe partita con sua cugina solo se avesse vinto. Perchè lo aveva fatto? Per limitare da sola le sue possibilità? Per darsi un'ultima prova? Non lo sapeva, non capiva. Ora che era tutto finito si tormentava. Se avesse perso avrebbe anche perso la possibilità di rivedere il suo amico. Oltre al danno anche la beffa, ma lo aveva voluto lei. Solo lei...

 

Entrò nella boutique. Un posto raffinato e di classe. Era diverso dal negozio di vestiti a Novartopoli, soprattutto per l'atmosfera elegante. Era veramente magnifico, Lucinda era incantata.

Prima che potesse mettere piede dentro, però, arrivò da lei una donna bionda. Era piuttosto giovane e anche lei vestita elegante. La blu pensò si potesse trattare di una commessa.

“Siamo spiacenti, ma qui... Oh, non ti ho mai vista da queste parti, ma sei stilosissima! Puoi entrare”

“Eh? Sono qui solo per dare uno sguardo, non posso entrare?” non capiva, c'erano forse restrizioni sulla clientela?

“Certo che puoi, perchè sei vestita in modo delizioso, sai, qui non possono entrare tutti” sorrise.

La ragazza fece quasi un salto. E quella strana regola da dove veniva? Roba da pazzi, Kalos era veramente una regione particolare...

“D-daccordo, allora faccio un giro per guardare cosa c'è...” sorrise imbarazzata passando oltre la commessa.

“Fai con comodo” invece la commessa restò accanto alla porta e continuò a sorridere sinceramente, forse anche un po' ingenuamente.

Lucinda adesso era nel suo regno. Abiti e abiti da provare. Tutti per lei. E state sicuri che li avrebbe provati tutti. Decise di cominciare dai cappelli. Si tolse la cuffia e cominciò a provarli uno a uno, facendo ogni volta un commento con una voce diversa. A un certo punto ne stava per provare uno grigio a cilindro, ma per qualche strano motivo voltò la testa di fianco. Rimanendo con il cappello leggermente alzato dalla testa. Quando si voltò vide una ragazza, castana chiara, stava per provarne uno molto simile al suo, ma marrone. Era nella sua stessa posizione. Con la differenza che forse la stava osservando da più tempo. Forse stupita dai commenti che faceva. Aveva pensato che fosse folle, non felice.

Era lei. La ragazza che aveva visto in foto. La ragazza che aveva un sacco di foto di Ash sistemate a cuore nella sua stanza... le prese un attacco di panico. Il cuore le cominciò a battere forte forte. Cominciò ad indietreggiare tremante puntandole il dito, anch'esso tremante.

“T-tu s-sei l-la... la s...!”

La ragazza dagli occhi azzurri la guardò incredula e stupefatta, ma sempre ferma.

La blu lasciò cadere il berretto che avrebbe dovuto provare e corse via urlando STOLKER ma nessuno dei presenti, tanto meno Serena, capì. Rimasero solo tutti increduli, mentre vedevano la ragazza sfrecciare via.

 

Intanto Camilla era stata buttata fuori dal Taxi. E il motivo era perchè non aveva soldi per pagare la corsa. Quando il conducente glielo aveva detto la ragazza aveva fatto una faccia... l'uomo aveva capito subito che non avrebbe ricevuto il compenso. L'aveva fatta scendere gridandole che non faceva il volontario o qualcosa di simile.

“Uffa! Quel signore è stato così cattivo con me! Eppure sembrava così gentile!” si lamentò mentre camminava, poi prese una sfera dalla tasca e si preparò a lanciarla “Kika-chin, consolami tu!”

Il Pikachu uscì e salì sulla spalla della ragazza che ormai si era fermata.

“Kika-chin, dobbiamo trovare Lucinda! Il problema è che non so dove sono...!”

Vide qualcuno davanti a se. Con almeno tre buste della spesa che gli o le coprivano la faccia. La mora subito si fece pensosa e poi realizzò di poter chiedere informazioni a quel tipo o quella tipa.

“Ehi scusa! Avrei bisogno di un'informazione!” scuote il braccio entusiasta convinta così di farsi vedere.

Gli cascarono a terra tutte le buste. Sì. Ora si è capito che è un ragazzo. Un ragazzo biondo, con gli occhiali. Dovevano essergli cadute le buste di carta marrone perchè qualcuno l'aveva chiamato. Ora anche tutti gli alimenti erano a terra. Per la maggior parte frutta e verdura. Molte mele, carote, rapanelli... una quantità industriale. Quanto mangia... aveva pensato Camilla, realizzando subito però che non fossero fatti suoi.

Dopo avere osservato le buste osservò lui. Notò cose che a primo impatto non aveva neanche notato. Ad esempio che dietro i suo occhiali si nascondevano dei bellissimi occhi azzurri. Che i capelli biondi avevano una forma indescrivibile... a lei erano sempre piaciuti i capelli biondi e gli occhi azzurri. E invece aveva capelli mori e occhi nocciola. Si riteneva sfortunata.

Il ragazzo per un po' la osservò per cortesia, dato che lei lo stava guardando. Pensò che volesse dirgli il motivo per cui lo aveva fermato. Voltò lo sguardo imbarazzato fingendo di grattarsi sotto il naso emettendo un debole ehm...

“Ah, scusa! Non volevo farti cadere tutto!” si chinò a raccogliere mortificata.

“Lascia stare, ci penso io” disse lui chinandosi a sua volta.

La ragazza si rialzò. Nonostante non fosse stato troppo scortese nei modi si sentiva come lo avesse fatto arrabbiare.

“T-ti ripagherò! Di tutto davvero!”

Il ragazzo la guardò stupito. Era molto concentrato a raccogliere gli alimenti, ma a quel punto la guardò. A un certo punto cominciò a ridere.

“Ripagarmi? Ma che dici, non ce n'è bisogno” a questo punto le sorrise. Gli stava già simpatica quella ragazza, anche se era un po' strana era davvero gentile. Ormai aveva lasciato gli ortaggi a se stessi e si era alzato.

“Ah! Meno male credevo fossi arrabbiato”

“Nono” disse lui sorridendo forse un po' imbarazzato e grattandosi la testa.

“Io sono Camilla e questa è Kika-chin”

“Piacere Kika” fece una carezza al Pokèmon prima di presentarsi a sua volta “Io sono Lem”

“Ah! Il Capopalestra?”

“C-come fai a saperlo?...!”

“L'ho letto da qualche parte qui in città” rispose portandosi un dito alla bocca cercando di ricordarsi dove “tu sai dove si trova la boutique Cool&Chic?” domandò cambiando discorso.

Lem sorrise imbarazzato. La capacità di cambiar discorso di Camilla aveva colpito ancora una volta.

“Si trova in Viale Primavera”

“Ah, grazie! E dove siamo adesso?”

“... è la prima volta che vieni a Luminopoli, vero?” il ragazzo sperò in una risposta positiva perchè l'ultima domanda di Camilla lo aveva chiaramente sconvolto. Se fosse davvero vissuta lì, l'idea che una ragazza così sprovveduta girasse da sola per la città lo inquietava.

“Sì, io e una mia amica siamo in missione per trovare un ragazzo!”

Missione per trovare un ragazzo? Aveva frainteso. Quasi quasi avrebbe preferito una risposta negativa a questo punto.

“Siamo in Corso Alto, ma sei sicura di riuscire ad arrivarci?”

“Sta tranquillo, la mia amica direbbe non c'è nulla di cui preoccuparsi, è tutto sotto controllo”

“Ma non è una frase che fa preoccupare le persone di più...?” emise retoricamente stranito. Forse si era sbagliato nel giudicare quella ragazza.

 

Lucinda aveva fatto una bella corsa. Era uscita di corsa senza preoccuparsi di niente che non fosse scappare. Ora si teneva le ginocchia respirando affannosamente.

“Che... corsa...”

Si guardò intorno terrorizzata. Non è che era andata troppo lontano? E Camilla? Come avrebbe fatto a ritrovarla? … fortunatamente no, non si era persa. Era solo a qualche metro dalla boutique. Pensò strano. In passato con una corsa del genere sarebbe arrivata in capo al mondo. Stessa considerazione della scorsa volta. Non era più abituata a correre.

Adesso doveva solo trovare la sua amica Camilla. Doveva ancora essere allo studio dei VideoClip. Magari si sarebbe fatta portare in Taxi. Uhm... no, dimenticava che aveva finito i soldi a Novardopoli per comprare i vestiti. Beh, avrebbe chiesto informazioni. Chiedere non costa nulla. Incontrò il taxista che aveva portato l'amica allo studio. O almeno pensava fosse lui. Sì, infatti l'uomo rivelò di essere il fratello gemello di quello che probabilmente aveva portato la ragazza mora. Poi le fece vedere la foto dove c'erano lui e i suoi fratelli. Tutti uguali. Capelli mori e occhi grigi. Saranno stati una decina. Disse che si chiamavano anche tutti John. Tutti Taxisti John. La blu ne approfittò ancora una volta per pensare che Kalos fosse strana, ma infondo anche le Agenti Jenny e le Infermiere Joy erano tutte uguali con lo stesso nome.

Proprio mentre la cercava, l'oggetto della ricerca la trovò.

“Non eri allo studio dei VideoClip?! Io stavo per venire lì!” esplose.

“Lucinda, ma la tua cuffietta?” si mostrò da subito spaventata, ma poi perplessa.

“Non cambiare...! Eh? La mia cuffia! Dev'essere rimasta nella boutique!” si tastò la testa nel panico.

“Sei proprio sbadata” la mora soffocò la risata con la mano.

“Non è vero! Non sai cos'è successo!”

Camilla sgranò gli occhi.

“Ho incontrato la stolker...” sussurrò. Forse non si ricordava che prima lo aveva urlato ai quattro venti.

“Non mi dire! S...!” esclamò, ma la blu le tappo la bocca impedendole di completare la parola che tanto poi completò lo stesso erena. La ragazza blu tirò un sospiro di sollievo. Pensava volesse dire stolker.

 

Tornarono tutte e due nella boutique. Magari se ne avesse parlato con la commessa di prima avrebbe capito. Si vergognava un po' a dirla tutta, ma se rivoleva la sua cuffia doveva affrontarla. E poi era così gentile. Avrebbe capito senz'altro.

“Come?!” emise la ragazza blu. La commessa le aveva appena detto che non poteva entrare. Alla faccia della gentilezza.

“Non sei bene accetta in questa boutique, dopo la scenata che hai fatto per giunta...”

“Eh? No, aspetti, senta...! Ho lasciato la mia cuffia per sbaglio e...!”

“Non potete impedire alla mia amica di riprendere una cosa che le appartiene! Potremmo chiamare l'Agente Jenny!”

“Camilla, ma che dici...!?” la rimproverò abbassando la voce.

“Potrei chiamare io l'Agente Jenny se non ve ne andate!”

“No! Ci scusi, ora che ne andiamo...” sorrise imbarazzata cercando di trascinare via Camilla.

“No, aspetta! … Lasci che la prendi io, ci metterò solo un secondo, io non ho fatto niente, ho tutto il diritto di entrare” disse decisa con stupore di Lucinda.

“Tu non fai tasto, non sei per niente stilosa”

“Come ti permetti!” si arrabbiò a tal punto che l'amica dovette trattenerla “Dovremmo chiamare l'Agente Jenny solo per le vostre restrizioni sui clienti!”

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Capitolo 5
*** Disavventura a pochi passi dalla città ***


Disavventura a pochi passi dalla città

 

 

Miracolo è già, d'eterna immensità

Trovo te, trovi me, ha dell'incredibile!

 

Erano uscite da Luminopoli.

Le nostre due ragazze ora si trovavano in un bosco appena fuori dalla città. Stranamente Camilla non era molto allegra. O almeno non lo sembrava. Osservava l'amica che camminava un po' più davanti a lei. La mora aveva un'espressione preoccupata e allo stesso tempo sorpresa stampata in viso. Non pensava che se la sarebbe presa così tanto a cuore. Di solito lei era una ragazza piuttosto dispersiva, che non ricordava le cose per molto. Si focalizzava più sul presente e futuro piuttosto che sul passato... mah! Forse non la conosceva ancora così bene dopotutto.

Lucinda camminava quasi totalmente piegata in due. Le braccia erano completamente abbandonate a loro stesse. La sua espressione talmente amara che avrebbe fatto sembrare dolce un caffè.

“Dai Lucinda, non essere triste... il mondo è pieno di cuffie...” disse cercando di rincuorarla. Le pareva però una frase un po' stupida da dire, perfino per lei... no, era divertente. Quella strana situazione le aveva dato una spinta in più per le sue gag comiche.

La blu si fermò serrando i pugni. Si voltò stringendo i denti. La mora aveva paura potesse saltarle addosso da un momento all'altro. Scattò in allarme e indietreggiò di poco.

“Ma quella... era speciale! Me l'aveva regalata mio papà...!” mostrò invece due occhi languidi languidi in procinto di mettersi ad aprire i rubinetti.

“Ah! Lucinda non piangere per favore! Ti prometto che quando arriviamo alla prossima città ti compro una cuffietta molto più bella!” scosse le mani agitata dimenticandosi di non aver soldi con se.

“Sei un'amica...” emise spazzandosi via quelle lacrime amare con un braccio “Ma non c'è nulla di cui preoccuparsi!” aggiunse ricominciando a piangere come una fontana dietro lo stesso braccio.

“Oh no, Lucinda...” sussurrò l'amica mora mettendo le mani sui fianchi. Era stranita e intenerita allo stesso tempo. La sua amica aveva proprio la lacrima facile. Più di quanto potesse immaginare... o forse era solo il giorno?

Era il ventuno marzo, il giorno di primavera. Il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Lucinda. Avrebbe compiuto tredici anni. Camilla ricordava che solo il giorno prima glielo aveva detto con aria entusiasta. Invece ora era così triste... la cuffia era il meno con tutte quelle che le erano capitate. E la nocciola riconosceva che gran parte della colpa era sua e del suo carattere mutevole.

Fu in quel momento che lo decise. Avrebbe fatto in modo che si ricongiungesse con Ash. Quello stesso giorno. Non importava come, ci sarebbe riuscita. Doveva riuscirci. Non c'era tempo per le incertezze e i ripensamenti, glielo doveva. Quella ragazza era sempre così gentile con lei. A volte pensava persino di doverla difendere come una sorella maggiore. Camilla invece sentiva di non essere mai stata utile. Sentiva che si concentrava solo su se stessa e questo non era certo un comportamento ammirevole. Doveva riuscire a fare qualcosa che fosse in grado di strappare un sorriso all'amica. E Ash le sembrava perfetto. Era convintissima che la blu provasse qualcosa di molto profondo per l'amico. Qualcosa di talmente fondo che non se ne accorgeva neppure. Si chiedeva se Ash invece se ne fosse accorto. Da piccolo era un tale ingenuo... quasi uno sprovveduto. Chi sa se con gli anni era cambiato...

“Dai Lucinda, non piangere, andiamo ok?” la prese per un braccio. Lei emise solo un debole sì. In quel momento le sembrava una bambina. Una bimba piccola che smette di piangere a comando anche se ha voglia di continuare. A cui rimane quell'espressione amara in volto finché non succede qualcosa di bello che le fa dimenticare la tristezza.

Sì, devo trovare Ash a tutti i costi!

La sua espressione era convinta e ferma. Completamente proiettata in avanti anche se era impossibile capire dove stesse guardando. Era impossibile perchè era come se stesse guardando i suoi pensieri.

All'improvviso sentì un botto e subito dopo tirare il braccio da cui teneva l'amica blu. Perplessa fece qualche passo indietro. Non ci volle molto a capire che, troppo presa ancora una volta da se stessa, avesse fatto sbattere la ragazza contro un albero. Era incredibile. Anche quando progettava di fare la cosa giusta sbagliava. Lei in realtà pensava agli altri, però era come se lo facesse per darsi sollievo. Si sentiva tranquilla se gli altri erano felici o contenti. La rasserenava. Era forse questo essere egoisti?

“Mi dispiace! Lucinda ti sei fatta male!?” le aveva lasciato la mano. Lucinda vedeva le stelle, ma cercava comunque di rassicurare l'amica dicendo cose come «Non è niente» o «Sto bene».

A un certo punto una bambina bionda apparve davanti a loro. La bimba aveva degli occhi azzurri che a Camilla sembravano famigliari. Forse un po' troppo... ma aveva già visto quella bambina? E se sì, dove?

Anche la blu, da terra, la osservò. Era una bimba che sarebbe andata come massimo all'ultimo anno della scuola materna. Non era molto alta. Portava i capelli in modo molto originale. Difficilissimi da descrivere.

Anche la bimba in questione le osservò. In particolare osservò Lucinda. Dai suoi occhi traspariva anche il suo stupore.

“Una bimba così piccola nel bosco da sola...” commentò Camilla attirando l'attenzione su di se “Lo sai che è pericoloso? Non dovresti, ci sono i Pokèmon selvatici” continuò sempre più preoccupata. Non vorrai fare la fine di “Cappuccetto Giallo”? avrebbe voluto aggiungere, ma aveva paura di essere troppo squallida agli occhi innocenti di quella bimba.

“Io mi sono persa, mi chiamo Clem” disse un po' timidamente.

“Piacere Clem, noi siamo Lucinda e Camilla, ora non hai nulla da temere, ci pensiamo noi a riportarti dai tuoi genitori” si rialzò. La piccola la osservò ancora. Con aria incuriosita e sorpresa. La ragazza proprio non capiva perchè. Non distolse lo sguardo, ma cominciò a sentirsi un po' a disagio.

“Sei della città di Luminopoli?” chiese ancora la mora.

“Eh? Sì, esatto, però non ho perso la strada di casa, ero con mio fratello e i suoi amici, ma poi li ho persi di vista” chiarì un po' imbarazzata. Lei ricordava bene la strada di casa.

La ragazza dagli occhi blu ricordò ancora una volta che non c'era nulla di cui preoccuparsi. «Li ritroveremo presto» aggiunse per essere più convincente, ma l'amica frenò il suo entusiasmo dicendo che una frase del genere faceva solo preoccupare di più una bimba così piccola. Lucinda protestò sostenendo che Clem si sarebbe sentita rassicurata se non fosse stato per il suo commento «Fuori luogo».

La biondina le osservava, in particolare sempre Lucinda. Ormai il suo sguardo era sempre più arricciato il un sorriso furbo e contento allo stesso tempo. Un sorriso enigmatico come solo quelli dei bambini sanno essere.

 

Le due ragazze e Clem si erano messe in marcia.

Camilla aveva mostrato alla bambina, della quale invidiava tanto gli occhi, la sua Kika e lei le aveva presentato il suo Dedenne. E quando le aveva chiesto se non fosse troppo piccola per allenare i Pokèmon, lei le aveva risposto che in realtà quel Pokèmon lo aveva catturato suo fratello e che lei se ne occupava solo.

«Tuo fratello dev'essere proprio un bravo ragazzo»

Clem aveva confermato con un cenno della testa. Aveva detto che l'avrebbe sorpresa.

Stavano camminando ormai da molto tempo. Si sarebbero fermate volentieri a riprendere fiato, ma Lucinda aveva troppa paura di non riuscire a raggiungerli in tempo.

«E se escono dal bosco senza Clem? Dopo che facciamo?»

La mora aveva assicurato che non sarebbe successo, però la piccola Clem si era terrorizzata a quelle parole. Alla fine avevano deciso di non far soste. Era meglio così. E prima avrebbero ritrovato quei ragazzi, prima si sarebbero levate quel peso dalla coscienza e quella strana inquietudine.

A un certo punto videro qualcosa nell'aria. Una molgonfiera. Una molgonfiera a forma di Meowth con il cesto verde. Non c'erano dubbi. La ragazza dai capelli e occhi blu sapeva bene a chi apparteneva. Ai soli che poteva appartenere. E nonostante non riuscisse a vederli bene ne era assolutamente certa. Le tre si fermarono.

Preparatevi a passare dei guai!” recitò una voce femminile.

Dei guai grossi!” disse un'altra maschile.

Proteggeremo il mondo dalla devastazione...

Uniremo tutti i popoli nella nostra nazione...

Denunceremo i mali della verità e dell'amore...!

Estenderemo il nostro potere fino alle stelle...!

Jessie!

E James!

Team Rocket, pronti a partire alla velocità della luce

Arrendetevi subito o preparatevi a combattere

“Miao, proprio così!” si aggiunse una terza voce.

“Penso che sia impossibile essere più stolker di voi tre” commentò la blu con aria annoiata.

“Cooosa?! Ma lei...! Oh no! È la bamboccia di Sinnoh!” si affacciò alla molgonfiera la ragazza dai lunghi capelli con aria arrabbiatissima.

“Qualcosa è andato storto...” disse il ragazzo con un sorriso mortificato.

“Chi è che ha modificato la trama?” domandò retorico il Pokèmon nelle stesse condizioni dell'amico. Allargò le zampe.

“Che ci fai qui!? Tu non sei di questa serie!” continuò Jessie.

“Ma cosa state boffonchiando? Piuttosto non vi vergognate? Seguire sempre Ash per sottrargli Pikachu non vi fa onore!”

“Non fare la moralista! Ci pensiamo noi a rispedirti a casa dalla mamma! Pumpkaboo!” gridò acida lanciando la PokèBall dalla molgonfiera.

“Ah, è così allora? Piplup, scelgo te!” lanciò a sua volta la sfera.

La vista del Pokèmon pinguino fece scoppiare a ridere Jessie, ma si vedeva che in realtà era una risata forzata.

“Non farmi ridere, ti sei portata dietro quel coso!? È così antiquato!”

“Ehi! Piplup non ha niente che non va!”

“Jessie, guarda sulla spalle di quella ragazzina” le disse James riferendosi a Camilla.

“Sì, non è il Pikachu del bamboccio, ma potremmo sempre acciuffarlo” il Pokèmon parlante saltò sul cesto.

“Non avrete mai la mia Kika-chin!” urlò la ragazza proteggendo il Pokèmon giallo.

“Camilla, Clem, scappate, il più lontano possibile” le due si fecero perplesse “so come affrontarli, andate” la blu sembrava davvero convinta. L'amica non se lo fece ripetere due volte, al contrario della bimba...

“Stai attenta...”

“Sta tranquilla, non c'è nulla di cui preoccuparsi” si voltò sorridendole.

Allora Clem andò, ma si fermò dietro a un albero non troppo lontano. Osservò tutta la battaglia. Fu lunga e stancante. Nonostante tutto però la blu continuava a comandare a Piplup nuovi attacchi. Schivate, avvitamenti, bolleraggio, mulinelli... di continuo. Era venuto su un bel putiferio. La piccolina si sentiva davvero in colpa...

 

[…]

Ash, raccontami ancora di quella tua amica di Sinnoh!”

Beh, lei... è molto coraggiosa”

Coraggiosa? Intendi come te?”

Uhm... non proprio, si può dire che lei abbia qualcosa in più”

Qualcosa in più?”

Vedi, lei sarebbe capace di sacrificarsi per qualsiasi persona in difficoltà senza pensarci un attimo”

[…]

 

In quel momento la bambina aveva preso la sua decisione. Uscire allo scoperto e correre ad aiutarla. Non sarebbe tornata indietro da questo e il suo sguardo ne era la prova.

La piccola si mise in mezzo proprio quando Jessie stava per sferrare un attacco. Fu un attimo. Clem si accasciò a terra priva di sensi. Lucinda cacciò un urlo e andò a vedere come stava. La chiamò invano. Niente. Non rispondeva. Allora non sapendo più che fare permise alle lacrime d'impossersarsi dei suoi occhi. La blu sentiva che un attacco l'avrebbe colpita da un momento all'altro, ma non gliene importava. Non gliene importava niente...

Però l'attacco non arrivò mai a lei. La ragazza rialzò la testa solo per vedere cos'era successo. Perchè l'attacco non l'aveva colpita?

Ecco la risposta. Un lampo giallo colpì la molgonfiera di netto. Un lampo talmente vicino che avrebbe potuto toccarlo. Generato da un chuuuuu! … La ragazza spostò i grandi occhioni blu e sorse un Pikachu. No. Non quello di Camilla. La forma della coda non era a cuore. I suoi battiti cominciarono a farsi sentire sempre di più. Sempre più veloci... finché non lo vide. Capelli corvini, occhi marroni... lui. Ash.

La molgonfiera del Team Rocket volò via saltando per aria. Facendo ripartire loro per l'ennesima volta alla velocità della luce.

 

Poi era seguito un grande momento di panico.

Alla fine era stato grazie a Camilla se Ash era arrivato in tempo. O forse quasi. La blu si sentiva tremendamente in colpa. Non avrebbe mai voluto che Clem si facesse male per proteggerla. Non capiva perchè quella bimba così piccola l'avesse presa così tanto in simpatia da fare una cosa del genere.

Lucinda e Camilla erano andate al Centro Pokèmon. Non scordiamoci del Piplup di Lucinda. Anche lui aveva subito diversi danni. Mentre Ash e gli altri avevano portato all'ospedale Clem.

La blu se ne stava seduta a testa bassa. Era andato tutto per il peggio.

L'amica bruna tentò di risollevarle il morale, ma come volevasi dimostrare non servì. A un centro punto la ragazza disse che voleva prendere una boccata d'aria. Uscì lentamente. Ormai l'aria del Centro Pokèmon le sembrava soffocante e calda da scottarle le guance. Fuori però la situazione non migliorò. Forse in quanto ad aria, ma continuò a pensare a ciò che era successo e questo continuo pensiero la distrusse psicologicamente. Si mise le mani sugli occhi abbassandosi quasi alle ginocchia. Ormai non le uscivano più lacrime. Piangeva dentro. Anzì, moriva.

“Lucinda...” una voce distante di appena qualche metro la chiamò. Era una voce bassa bassa. Quasi un sussurro. La ragazza rialzò la testa per guardare e vide ancora una volta lui. Pikachu non c'era. Si chiedeva dove potesse essere, ma questo non era di certo il momento. Rimise le mani sugli occhi e pianse. Sì. Alla vista di Ash le lacrime erano tornate. Difficile spiegare il perchè.

Il ragazzo si sedette nella banchina di fianco a lei, con aria abbattuta. Le dispiaceva vedere l'amica così. Eccome se gli dispiaceva.

“Sai, vorrei ci fossimo riincontrati in circostanze migliori... ero così felice all'idea che questo giorno potesse arrivare”

A quelle parole la ragazza dagli occhi blu lì sgranò e tolse appena le mani.

“Tu sei l'unica persona capace di farmi sentire la sua assenza nei momenti peggiori, sfide, lotte in palestra... mi rendo conto che non è il massimo, ma il solo non sapere che non c'eri mi rendeva nervoso, non riuscivo a concentrarmi come avrei dovuto”

All'incirca dopo la frase di Ash. La pioggia cominciò a cadere. Da subito piano, ma fu un attimo perchè cominciasse davvero a farsi sentire. Fu una pioggia rumorosa quanto lunga. Non avrebbe smesso per ore. Si capì fin dall'inizio.

“Lucinda, piove a dirotto, è meglio rientrare”

“Tu va pure”

Il ragazzo però non andò. Restò lì. Sulla panchina accanto a lei. Non è che la sua posa fosse cambiata di molto, ma ora aveva lasciato le braccia ricadere sulle gambe.

“Ci prenderemo un bel malanno, sai?”

“Insomma Ash, ti ho detto che tu...!” la ragazza si stava irritando.

Ash cominciò a ridere moderatamente.

“Finalmente mostri segni di umanità”

Lucinda si stupì. Adesso si sentiva un po' più leggera. Incredibile.

L'amico si alzò e si mise di fronte a lei. Le tese la mano. Sorrise. La blu osservò che era bagnato da capo a piede. Poteva rientrare. Lasciarla là sola sotto la pioggia. A deprimersi. A offendersi. Ad autodistruggersi. Invece lui era lì... per lei.

«A volte Ash è davvero dolce»

Lo diceva a volte mentre si spazzolava i capelli la mattina. Non per un motivo in particolare. Semplicemente trovava dolcissimi alcuni suoi comportamenti, come quando si agitava per via di qualcosa che voleva dire, ma che non riusciva a spiegare bene. Anche ora lo avrebbe detto. O almeno le sarebbe piaciuto. In realtà se Ash lo avesse saputo avrebbe pensato lo pensasse un dolce.

“Allora, torniamo dentro?”

La ragazza fece cenno di sì con la testa. Prese la sua mano. In poco tempo si ritrovò contro di lui. L'abbracciava. Un po' timorosamente e timidamente. Quando aveva accettato la sua mano lui l'aveva tirata a se. Ora aveva capito quale fosse il vero coraggio. Fare qualcosa senza dare troppe spiegazioni. Altro che battersi contro il Team Rocket. Altro che salvare la terra. Ciò nonostante lei era rimasta inerte alla situazione. Paralizzata. Un pezzo di legno. Occhi sgranati... fece caso solo a un piccolo particolare. Ash era diventato davvero più alto di lei. Almeno due o tre centimetri.

“Lucinda, non sentirti in colpa, non è colpa tua...” 

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Capitolo 6
*** Buon compleanno più imbarazzo! ***


Buon compleanno più imbarazzo!

 

Il giorno dopo l'atmosfera era completamente diversa.

Si erano tutti fermati al Centro Pokèmon nei pressi del Castel Vanità. Ormai Lucinda e Camilla si erano aggregate all'allegra compagnia formata da Ash&Amici. Clem si era ripresa, nonostante sembrasse che l'attaccò di Pumpkaboo l'avesse presa in pieno il dottore poté assicurare che non era così. L'aveva presa solo di striscio. Era plausibile per i Pokèmon del Team Rocket. Sbagliare la mira anche quando il tuo bersaglio è davanti a te. Loro erano solo dei ladri, non erano in grado di allenare un Pokèmon al meglio.

Erano le nove e mezza. Lucinda si era svegliata più o meno a quell'ora. Lei e Camilla avevano la camera insieme. Ciò nonostante la mora non si vedeva in giro. La ragazza dagli occhi blu pensò che fosse già scesa, ma lei non era decisamente pronta. Era ancora in camicia da notte. La sua camicia da notte rosa. L'aveva ormai da più di tre anni. Era cresciuta. Almeno in quanto ad altezza. Le era diventata più corta. Non di molto, ma di qualche centimetro sì.

Prese la spazzola e andò davanti allo specchio. Vide la sua immagine riflessa. Sono proprio stravolta pensò. Cominciò a pettinarli. Piccoli tratti un po' secchi che cominciavano dalla testa e finivano sulle punte blu. Inclinò appena il capo. Senza rendersene troppo conto cominciò a canticchiare. A bocca chiusa. Quasi in un sussurro. Guardano anche la sua immagine riflessa notò che sorrideva. Gli zigomi delle sue guance erano tirati. Appena. Non capiva bene perchè, sta di fatto che lo erano. Forse un ricordo felice dal passato che inconsciamente ritornava. Non avrebbe mai saputo nemmeno questo. Non si conosceva ancora abbastanza bene da poter azzardare un'analisi.

Una faccia sorridente le arrivò da dietro le spalle, ma lei non se ne accorse subito.

“Auguri Lucinda!”

La blu fece quasi un salto. La sua faccia era mutata in meno di cinque secondi. Dalla sorpresa allo spavento. Poi si era voltata.

Era Camilla, eccola finalmente. Era tornata. Si chiedeva dove era andata e cosa aveva fatto, ma realizzò che con tutte le probabilità del mondo non centrava niente con lei. Questo implicitamente le faceva tirare un sospiro di sollievo. La sua amica nonostante le apparenze era una persona discreta che non ficcava troppo il naso nei fatti degli altri. Per questo le stava tanto simpatica.

“Sei tu, che paura...” sospirò sollevata.

“Chi credevi che fosse? Ash forse?”

“Eh? No, io...!” stava già per agitarsi.

“Lucinda, cominci già?” soffocò una risata.

“Ah, io comincio?...!” domandò retorica con aria offesa. Ormai era all'ordine del giorno. Camilla faceva un commento fuori luogo, Lucinda si agitava, Camilla rideva e Lucinda si arrabbiava. Normalissimo per loro. A detta della ragazza dai codini anche un po' divertente, per la blu un'abitudine. Ma non poteva negare che in fondo in fondo anche lei lo trovasse un po' divertente.

“Comunque Lucinda, tua madre ti ha mandato un regalino” l'amica prese la parola mostrandole un abitino. Rosa confetto. Molto, ma molto, delicato. Era fatto a tubino, ma la gonna era più ampia. Al petto vi era disegnata la parte superiore di un cuore e fuori da esso il colore era di un rosa molto più scuro. Lucinda non poteva credere che sua mamma l'avesse comprato per lei e ancora meno all'ipotesi che l'avesse cucito. Era bellissimo... veramente perfetto!

“Un po' troppo rosa per i miei gusti, ma per te è perfetto” commentò dato che l'amica osservava il vestito incantata. Camilla pensò che tutto quel rosa l'avesse ipnotizzata. Poi pensò di ever fatto una considerazione davvero divertente.

“Pronto? Lucinda?” adesso però era un po' troppo. Va bene l'eccesso di contentezza che si manifesta con uno strano stato di trans, ma adesso era troppo. Il suo amore per i vestiti era decisamente fuori da ogni logica. Non poteva restare a fissare quel rosa confetto, con aria sognante, per tutto il giorno.

“Quindi adesso te lo metti” sorrise.

La ragazza blu tornò cosciente. Frenate tutti, che aveva detto? Se lo doveva mettere? Quel vestito era un'incanto. Se lo sarebbe messo di certo per un'occasione speciale. Una festa. Un ballo... però non poteva metterselo ora. L'idea di indossare un abito così elegante in mezzo a persone vestite in maniera comune... non riusciva neanche ad immaginarsi. Non esisteva. Non esisteva nella maniera più assoluta.

“Che cosa? … No, non posso mettermelo!”

“Certo che puoi, basta che te lo infili” scherzò lei.

“Intendo che non voglio, non mi costringerai a farlo!”

“Ah, va bene, allora mettiti pure i tuoi soliti vestiti...” disse con aria di sufficienza voltandosi e incrociando le braccia.

Lucinda andò a prendere i vestiti. Appoggiati sulla sedia della camera. Li aveva messi lei lì, dove potevano essere se no? … lanciò quasi un urlo quando invece non li vide. Però non disse niente. Non una parola. Non un sibilo.

Cosa poteva essere successo? I ladri? E avrebbero rubato proprio i vestiti? E anche se fosse stato, per quanto assurdo, perchè non prendere anche quelli di Camilla? … la spiegazione era molto più semplice. Si voltò a scatti. La faccia cupissima. Quasi assassina.

“Camilla!” scoppiò infine.

“Ahahah, sei troppo divertente! Mi dispiace Lucinda, ma per oggi dovrai indossare questo”

Poi glielo posò sul letto e scappò fuori. Chiuse la porta.

“Aspetta Cam...!” le gridò però ormai lei era già fuggita. La ragazza dai capelli blu tirò un sospiro di esasperazione. Quella ragazza era l'unica persona al mondo in grado di costringerla a fare cose che non voleva. Non si spiegava come, ma faceva in modo di renderla indifesa. Impotente. Forse era un po' prepotente.

 

La mora scese le scale. I suoi passi saltellati facevano ricordare una nuvola felice. Che si è scaricata da tutta l'acqua ed è candida come la neve. Arrivata in fondò incontrò Clem e tutti gli altri.

“Camilla! Dov'è Lucinda, dorme ancora?” le chiese la piccola.

“No si sta vestendo, allora tenetevi pronti, quando scenderà cantiamo tanti auguri a te, ok?” disse lei abbassando la voce.

“Vuoi dire che oggi è il suo compleanno?” emise Clem con occhi sognanti.

Camilla fece cenno di sì sorridendo e la bimba bionda esultò felice. Ne era veramente entusiasta. Non vedeva l'ora che la ragazza interessata scendesse.

Passarono diversi minuti. Tre, quattro, cinque... di solito il tempo che ci metteva per prepararsi era in media di dieci. Camilla decise che avrebbero continuato ad aspettare fino allo scadere di quei minuti. Anche se era impaziente quanto Clem.

I minuti continuarono a passare. Ormai avevano superato alla grande i dieci. Anzi forse anche i venti. Era decisamente troppo. La ragazza decise di risalire a controllare che andasse tutto bene. Le avrebbe messo il vestito con le sue mani se fosse stato necessario. Disse agli altri di tenersi pronti a cantare e salì le scale.

Aprì la porta. Vide subito l'amica davanti allo specchio. Non faceva più tante storie, ma c'era un piccolo particolare del vestito che le era sfuggito. Il fiocco. Un enorme fiocco rosa confetto da mettersi in testa. Non riusciva proprio a capire come metterlo. Ci provava e riprovava da circa mezz'ora. Ecco perchè non scendeva.

La mora decise di andare ad aiutarla. La blu non si era neanche accorta di lei da quanto era presa.

“Ah, Camilla, non riesco a mettere il fiocco in testa”

“Ora ci penso io” disse prendendo in mano la situazione e il fiocco.

In pochissimo tempo fece. Lucinda si piaceva davvero tanto così, però non era sicura di voler scendere. L'attenzione si sarebbe concentrata su di lei. E questo non era un bene. Voleva spiccare sul palcoscenico come coordinatrice, ma in circostanze normali voleva solo vivere la sua vita in pace senza finir troppo sotto i riflettori. Le chiese se era davvero necessario e l'amica mora le rispose affermativamente. Le ricordò anche che doveva ancora indossare i guanti e gli stivali, ma l'altra le disse che piuttosto avrebbe preferito indossare un costume da Slowpoke facendola ridere. Così almeno quei piccoli particolari riuscì ad evitarli... quando però fu il momento di andare Camilla dovette tirarla mentre lei si aggrappava alla porta e continuava ad affermare di non volere. Alla fine ce l'aveva fatta. Teneva sempre l'amica per paura che scappasse, ma ormai era riuscita a trascinarla sulle scale. Mentre scendevano la blu era totalmente imbarazzata. Guardava basso e il suo volto era arrossato. Invece Camilla al contrario era sorridente ed entusiasta. Non vedeva l'ora che gli altri vedessero Lucinda per cantarle la canzone. Scesero di qualche altro gradino e le voci si cominciarono a sentire. Più potenti e spensierate quelle di Ash e Clem, meno quelle di Lem e Serena.

Si fermarono. La ragazza ormai tredicenne abbandonò per un attimo l'imbarazzo lasciando posto allo stupore. Anche l'amica nocciola si unì al coro battendo le mani a ritmo. Era quasi commossa. Allora non era per deriderla o per altro? Allora era tutto studiato per lei, per farle gli auguri... sì, ma il vestito? A questo non c'era spiegazione, ma se proprio c'era l'amica gliel'aveva imposto solo perchè era curiosa di vedere come stava.

Quando finirono di cantare le due scesero totalmente le scale. Lucinda ringraziò tutti. Si sentiva così grata che fece anche un'inchino.

“Ora che ci penso, c'è ancora una cosa che devo fare” emise Camilla. Aveva un'aria ingenua e perplessa. Si era davvero dimenticata con tutto quello che era successo. Ma ora ricordava perfettamente.

“Aaaaaaaash!” esclamò saltando ad abbracciarlo. Lui restò rigido come un paletto non capendo cosa stesse succedendo. Sgranò gli occhi.

“Non ci credo, quindi la tua è una dichiarazione d'amore...?” chiese la piccola biondina. Erano rimasti tutti sorpresi compresa la ragazza blu nonostante sapesse che Camilla avesse un debole per Ash.

“Certo che no! Blah! Siamo amici d'infanzia, è come un fratello per me!” si ritrasse arrabbiata.

A questo punto tutti tranne Lucinda erano confusi. Ash era stato friendzonato all'istante, anzi in questo caso era meglio dire familyzonato. E da una ragazza che solo pochi secondi prima lo aveva assaltato... aspetta, cosa aveva detto? Amici d'infanzia? Quindi si conoscevano da molto prima?

Anche lo stesso Ash continuava a mantenere gli occhi sgranati. Era confuso quanto gli altri.

“E tu Ash non fare quella faccia da non capisco cosa stai dicendo, non ti ricordi chi sono?”

“Certo che lo so, tu sei Camilla”

“Non è per il nome”

Il ragazzo la osservò per un po'. Capelli mori, occhi nocciola... ehi aspetta! Guardandola bene il suo viso gli era vagamente famigliare! … ora ricordava perfettamente, lei era quella bambina con cui giocava sempre al parco. Ricordava perfino che in estate veniva la cugina della ragazza. Le raccontò tutto ciò che ricordava e Camilla ne fu immensamente felice. Dal profondo del cuore.

“Allora anch'io comincerò a considerarti come una sorella minore!” finì deciso.

“Sono felice! Ti posso chiamare onee-chan?!” saltò di nuovo ad abbracciarlo.

“Eh? Ma non sarà un po' eccessivo?”

Lucinda era impressa ad ascoltare la discussione tra Camilla e Ash. Era contenta che si fossero ritrovati. Lei e l'amica ne avevano passate davvero tante da quando erano arrivate. Alla fine l'amicizia aveva trionfato ancora.

Non si accorse nemmeno di chi le si stava avvicinando, ma quando ne sentì la voce avvertì una strana sensazione. Come se il suo cuore si fosse buttato nel vuoto. La voce l'aveva chiamata e lei aveva risposto balbettando un .

“Ti faccio i miei complimenti, stai davvero bene vestita così” le sorrise la ragazza.

“G-grazie...”

“Quando ti avevo vista alla boutique di Luminopoli avevo capito subito che eri quel tipo di ragazza che sta bene con qualsiasi cosa, ti invidio per questo”

Serena sorrideva, ma la blu tremava come una foglia. Non riusciva quasi a dire niente.

“Ecco” la ragazza castana aveva estratto dalla sua borsa a tracolla una cuffia. Assomigliava molto... no, era la sua! Non riusciva neanche a crederci. Osservò la cuffia per un po' e non trovava niente che la portasse a dire il contrario.

Ash aveva parlato di una ragazza di Sinnoh con i capelli blu come l'oceano e gli occhi dello stesso colore. La ragazza dagli occhi azzurri le raccontò che quando l'aveva vista alla boutique era rimasta davvero sorpresa. Pensava davvero potesse essere lei la Lucinda di cui parlava l'amico. E ne aveva avuto la conferma quando per sbaglio aveva dimenticato la cuffia. Il ragazzo dagli occhi mori l'aveva detto subito che quella cuffia non poteva appartenere ad altri che a Lucinda. Era così sorpreso e felice...

“Bene! Propongo di uscire!” alzò la mano Camilla.

“Mi sembra un'ottima idea!” commentò Ash.

“Ehm... mi sono ricordata che ho dei vestiti nello zaino... vado a cambiarmi ci metto poco...” disse la ragazza blu. Per lei avere indossato un abito così al Centro Pokèmon era già troppo. Non sarebbe uscita con quel vestito. Avrebbe attirato l'attenzione di tutti. Non voleva mettersi in mostra in quel modo. Odiava gli esibizionisti fuori dal palcoscenico e ora si sarebbe abbassata al loro livello? Neanche tra un milione di anni.

“Cosa dici Lucinda, tu esci così” la prese sotto braccio l'amica. Sorrideva. In suo sorriso risultava sempre sincero e rassicurante. Dopo tutto lo sapeva. Camilla non l'avrebbe lasciata cambiare. Almeno ci provò. Provò a supplicarla e scongiurarla, ma lei era irremovibile. Allora decise di lasciar perdere. Si lasciò trascinare fuori dal Centro. A tutta velocità.

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Capitolo 7
*** Un principino capriccioso ***


Un principino capriccioso

 

Camilla aveva trascinato fuori Lucinda. In poco tempo erano uscite e si erano allontanate dal Centro Pokèmon. La ragazza blu implorava l'amica di andare più piano. In passato lo aveva già fatto, ma in certi casi era un bene ripetersi. Soprattutto se il tuo ascoltatore è una certa ragazza mora con gli occhi color nocciola. Ma tanto la ragazza dai capelli blu sapeva che per quante volte glielo avesse detto non l'avrebbe mai ascoltata. Non per antipatia, ma l'amica era di natura mutevole e dispersiva. Anche se voleva fare qualcosa, se non la desiderava dal profondo, non riusciva a portarla a termine.

Gli altri invece camminavano dietro di loro. A passo normale. Non troppo lento. Erano quasi tutti inteneriti dalla, ancora giovane, amicizia tra le due ragazze. Clem invece ne era entusiasta. Le ammirava moltissimo. Tutte e due. Da grande avrebbe voluto essere come loro.

Erano arrivati a destinazione. Camilla aveva fatto strada. Era stata lei a prendere l'iniziativa, fin dall'inizio. Tutto il gruppo si chiedeva come lei di Kanto sapesse con certezza la strada. Lucinda pensò che si fosse informata la mattina, mentre lei dormiva ancora. Ora erano davanti a un cancello chiuso. Un cancello molto grande che si chiudeva davanti a un grande edificio. Un castello. Un castello antico.

“Perchè siamo venuti qui?” chiese Ash continuando a guardare il cancello confuso. Cosa aveva in mente? Nessuno dei presenti lo immaginava.

“Perchè è il compleanno di Lucinda!” rispose entusiasta. Questo però servì solo per confonderli ancora di più. Allora la ragazza dai codini spiegò, un po' spazientita, che il castello si poteva visitare.

«Sarà divertente!»

Poi però si lamentò perchè erano tutti più stupiti che contenti. Era ingiusto. Lei si era impegnata per organizzare tutto. Si era alzata alle sei per perlustrare tutta la zona in cerca di un posto divertente per festeggiare... beh, insomma, un castello non era certo la sua idea di divertimento. Ma era l'unico posto, diciamo, un po' particolare.

Non dovettero aspettare molto perchè il cancello si aprisse. Pensarono che era davvero strano. Si lanciarono tutti un'occhiata. Ad eccezione della piccola Clem e della ragazza mora che a passo balzato fecero strada a tutti.

Entrarono nelle fauci del castello. Incredibile a dirsi, ma anche la porta di ingresso era aperta. L'interno non era per niente male. Si vedeva che era arredato con mobili antichi. La cosa che attirò l'attenzione di Ash erano proprio le statue dei Pokèmon. Ce ne saranno state una decina solo in quella stanza. Le statue erano in puro oro massiccio... oppure erano colorate? Comunque sia al ragazzo non sembrava interessare per niente questo piccolo particolare.

Ad un tratto sentirono delle voci poco più distanti da loro. Un bambino e un adulto. Doveva essere per forza così...

«No, io non voglio conoscerla!»

«Signorino, non può rifiutarsi...»

...il bimbo sembrava fare i capricci. Tuttavia il signore che parlava con lui non sembrava suo padre. E il fatto che lo chiamasse signorino era indice del fatto che avessero ragione.

Guardarono incuriositi cercando di scorgere i due che parlavano. Ma non dovettero attendere molto perchè il più grande si accorgesse di loro. Li raggiunse a passo lento senza far trasparire nessuna particolare emozione. Era un signore anziano. Con i capelli grigi.

“Benvenuti al Castello Vanità, voi dovete essere dei visitatori, mi scuso per il disagio, ma oggi in castello è chiuso al pubblico” si inchinò.

“Oh no! Che peccato...” si fece stappare Camilla. Si era intristita di colpo.

“Eh? Che ha detto...?” domandò Ash infine. Era un po' lento e non capiva molto il linguaggio formale.

“Vuol dire che non possiamo visitare il castello, Ash” gli sussurrò Lucinda in risposta.

Intanto il bambino di prima senza dare troppo nell'occhio era passato dietro al signore e ora li osservava con sguardo fermo e critico.

“Lei è il proprietario di questo castello?” chiese Lem curioso.

“Oh no, io lavoro qui ormai da diverse generazioni, sono il loro maggiordomo di fiducia”

Per la prima volta il bambino accanto al maggiordomo decise di prendere la parola. Disse che era il figlio del proprietario del castello. Il suo nome era Augusto Cornelius I. Un nome piuttosto singolare da dare a un bambino così piccolo. Ma dal tronde anche i re del passato non erano nati grandi.

Avrà avuto poco più di undici anni. Era bassino. Aveva i capelli rossi pel di carota e gli occhi marroni.

“Tu sembri proprio una principessa” commentò con tono rigido puntando il dito contro la blu. Come se la stesse rimproverando. Certo. Indossava ancora il vestito rosa confetto della madre. In effetti poteva ricordare un po' una principessa.

“G-grazie” ringraziò lei un po' imbarazzata. Lo sapeva che prima o poi qualcuno le avrebbe detto qualcosa. Anche se non aveva capito come mai avesse usato un tono così brusco. Sembrava la stesse accusando. Forse era solo il suo modo di fare. Comunque non sapeva cosa dire quindi grazie andava bene.

“Non hai capito, non è un complimento, odio le ragazzine come te che credono di poter fare le principessine solo perchè sono carine”

La ragazza dagli occhi blu ci restò malissimo. Il ragazzino non aveva proprio peli sulla lingua. Perchè era stato così scortese con lei. Era sconcertata e irritata, come poteva essere un nobile?

Cornelius disse loro che ci avrebbe pensato lui a fare da guida.

«Seguitemi...»

Mentre se ne andava il maggiordomo, che ora mostrava agitazione, gli diceva che non poteva. Che i suoi genitori si sarebbero arrabbiati. Lui lo ignorò completamente e proseguì dritto per la sua strada.

 

Una volta in giardino i ragazzi cominciarono a guardarsi intorno meravigliati. Incredibile, dietro al castello c'era un enorme fiume. Per attraversarlo avevano costruito un ponte. Chi l'avrebbe mai detto. Il ragazzino invece guardava sempre davanti a se. Aria critica. Portamento serio. Sembrava un vecchietto. Un noioso vecchietto di undici anni. La blu si augurava solo che fosse in grado di spiegare ciò che vedevano. Anche se aveva dei dubbi. Pregiudizio. Ma quel bambino non le stava per niente simpatico. Era sgarbato e poi aveva trattato malissimo quel povero maggiordomo. Però dovette ricredersi. Spiegava tutto perfettamente e nei minimi particolari. Era spaventoso. Quando arrivarono in fondo al giardino trovarono una statua di un Pokèmon nero con le ali.

“Questo è Zekrom, uno dei Pokèmon leggendari di Unima...” cominciò a spiegare, ma venne interrotto.

“Io una volta ho visto Zekrom!” disse Ash alzando la mano, cosa che avrebbe anche potuto evitare dal momento che non aveva aspettato il permesso di parlare.

“Davvero? Non me l'hai mai detto!” commentò Lucinda ammirata.

“Eccome, e l'ho anche cavalcato” aggiunse sentendosi importante. Mise i pugni sui fianchi e chiuse gli occhi.

“Tu sei troppo fortunato”

Cornelius però si irritò abbastanza nel sentire quei due che parlavano tra loro come se niente fosse.

“Potreste evitare di fare commenti? Io stavo spiegando” disse. Le sue parole erano come coltelli affilati. Nonostante non avesse detto parole sgradevoli il suo comportamento era pessimo. Intollerabile.

“Scusami tanto, ma a volta potresti anche rilassarti un po'! Ash non stava dicendo niente di sconveniente!” Lucinda scoppiò. Non riusciva più a stare zitta.

“Come se un tipo del genere avesse incontrato davvero Zekrom...” incrociò le braccia con aria da sufficienza.

“Ehi!” si lamentò il diretto interessato.

“Ash non dice le bugie, io gli credo!” lo difese, poi si rivolse all'amico “Scommetto che sai anche la leggenda legata a lui!”

“Beh...” no. La cosa lo imbarazzava, ma non se la ricordava. Dopo tutto era passato quasi più di un anno. Si grattò le testa sorridendo mortificato, ma la ragazza non capì.

“Dai, racconta!” incoraggiò.

Nonostante il ragazzo non se la ricordasse cominciò a raccontare. Forse aggiunse qualche ehm e uhm di troppo, però tutto sommato andò bene. Non fece la figuraccia che pensava. Alla fine gli amici gli applaudirono anche, avevano notato la fatica che aveva fatto per ricordare la storia. Non lo stavano prendendo in giro. Erano solamente contenti in generale. Ash era veramente diverso da quel ragazzino. Più simpatico. Questo era poco ma sicuro.

Il gruppo non se ne era accorto, ma Cornelius se ne era andato. Più o meno da quando avevano iniziato ad applaudire. Se n'era andato su una panchina. Stava leggendo un libro. Era circa a metà.

“Che cosa legge di bello?!” domandò una ragazza entusiasta sfilandogli il libro dalle mani. Lo guardò per un po' fingendosi interessata.

“Ehi, ridammelo!” si lamentò lui muovendo le mani. Cercava di riprenderlo, ma anche se si era alzato la ragazza era molto più alta di lui. La ragazza dagli occhi nocciola lo fermò mettendogli una mano sulla testa.

I vari modi in cui si può verificare un'evoluzione Pokèmon?” lesse dal titolo. Era interrogativa perchè non ci poteva credere che un ragazzino così piccolo facesse certe letture. Insomma, neanche lei che aveva dodici anni si interessava a libri del genere. Alla sua età l'unico libro che aveva letto parlava di un Pikachu che girava per il mondo alla ricerca di amici con cui condividere nuove avventure.

“Sì! Ora ridammelo! Mi hai interrotto nel momento migliore! Si stava facendo appassionante!” alzò le braccia.

“Appassionante? Mi sa che abbiamo un concetto diverso di passione” controbatte lei sempre più stranita. Però lasciò che il bambino pel di carota si riprendesse il suo amato libro.

“Sei impazzita?! È logico che una ragazzina svampita come te non riesca a capire un genere letterario così sofisticato!” prese il libro e se lo strinse al petto. Era veramente furioso. Quella ragazza non capiva niente. Doveva stare lontana da lui.

Camilla adesso si stava arrabbiando. C'è, praticamente le aveva dato dell'oca? Ci si credeva di essere quel bambino? Solo perchè aveva due nomi seguiti da un numero romano? Anche se era più piccolo e andava contro i principì solidi della ragazza, ora basta. Era troppo da sopportare. Non si sarebbe fatta maltrattare. Gli pestò il piede. Un pestone secco e preciso. Poi se ne andò, mentre lui saltellava tenendosi il piede per il dolore.

Qualcosa attirò la sua attenzione. In lontananza. Erano... la ragazza che sembrava una principessa. Indossando il suo bel abito rosa confetto. E il ragazzo che sosteneva di avere conosciuto Zekrom. Quel ragazzo non lo poteva sopportare. Era davvero irritante. Troppo allegro. E per giunta tutti gli volevano bene. Soprattutto lei. Proprio quella ragazza bellissima dai capelli blu. Dal primo momento l'aveva incantato. Eppure era stato così scortese per lei. Perchè si era comportato così? Non lo sapeva. Gli veniva naturale. Poi era logico che stesse antipatico a tutti.

Lucinda e Ash erano seduti su una panchina. Nonostante fossero vicini ognuno faceva i fatti suoi. Il ragazzo controllava il Pokèdex, mentre la ragazza stava lavorando alla costruzione di una coroncina di margherite.

La blu aveva finito. Emise un debole fatto osservandola per un paio di minuti. Poi decise. Guardo Ash e la coroncina, ancora Ash e poi la coroncina. Gli avrebbe fatto un bello scherzetto. E lui non se ne sarebbe neanche accorto da quanto era impresso. Gli tolse i cappello e con uno scatto veloce lo scambiò con la corona di margherite. Lui se ne accorse e confuso emise qualcosa come cosa? Guardò l'amica. Vedeva che rideva. Una risata silenziosa. A bocca chiusa. Con una mano sulla bocca. Non riusciva a capire. Sentiva che c'era qualcosa di diverso, ma non capiva cosa. Poi vide il suo cappello. Lucinda lo teneva in mano. Ma com'era possibile? Sentiva che aveva qualcosa in testa... se la tastò e riuscì a capire. Perse la coroncina e se la tolse. L'amica gliel'aveva fatta. C'era cascato. Sorrise.

“Molto divertente” commentò un po' ironico.

“Te l'ho fatta” emise l'altra sentendosi importante.

La ragazza gli restituì il berretto. Cominciò a slacciarsi il fiocco dalla testa. Ash la guardò. Sapeva già quello che voleva fare. Provare la coroncina. Così sarebbe stata una principessa completa.

Una volta slacciato il fiocco lo mise da parte. Si portò la coroncina incorno alla testa e la lasciò andare. Sorrise. In quel momento si ricordò di quando da piccola faceva la stessa cosa con sua madre e Liona. Si voltò verso l'amico.

“Allora, come sto?”

Il ragazzo subito non disse niente. La guardava intenerito. Forse giocare con le margherite era sottovalutato. Come guardare anime e leggere manga. Solo per bambini, dicevano tutti. Ma a lei non importava. Si sentiva felice ed era questo che importava. Vedere il suo viso contento non aveva prezzo.

“Non dici niente?” chiese dopo un po' lei perplessa e un po' delusa. Poi un'idea le passò per la testa facendola terrorizzare “S-sto così male?...!” la sua espressione ricordava molto quella dell'Urlo di Munk. In quel momento se avesse voluto avrebbe indietreggiato.

Il ragazzo dagli occhi marroni se la rise per un po'. Facendo crescere la perplessità della blu.

“Lucinda sei davvero divertente”

“Uffa, non è mia intenzione fare il pagliaccio...” mise su il broncio.

“Non te la prendere, non l'ho detto!” disse in sua difesa.

“Ma tra le righe sì!” insistette lei.

“Comunque non è vero che stai male, anzi, ti dona, sei molto più carina” aggiunse con tono allegro. Ridente.

Lucinda arrossì. Pian piano. Però non distolse lo sguardo. Lo abbassò solo un po'. Cosa stava succedendo? Perchè arrossiva? Perchè sentiva il cuore battere all'impazzata? Stava male? Aveva la febbre? Eppure solo pochi secondi fa stava bene... cosa le stava capitando?

Intanto Cornelius da lontano aveva osservato tutto. Non era riuscito ad ascoltare i dialoghi, ma non cenera bisogno. Aveva una buonissima vista. E una buona vista compensa uno scarso udito.

“Cosa guardi?” sbucò qualcuno alle sue spalle.

Il ragazzino si voltò subito. Aveva preso quasi un colpo. Adesso osservava il suo interlocutore confuso. Era quel ragazzo. Ash. Solo pochi secondi fa era là e ora era lì da lui. Troppo strano. Buttò di nuovo l'occhio dove credeva che fossero lui e Lucinda. E vide che ora anzi che il ragazzo c'era una ragazza sulla panchina. Coi capelli castano chiaro. Parlava con Lucinda. Non sapeva che Serena aveva chiesto ad Ash di lasciarla da sola con la blu.

“Fatti gli affari tuoi!” disse sulla difensiva.

“Mamma mia quanto sei irascibile, me ne vado, scusa i disturbo” si mostrò un po' offeso. Iniziò ad andarsene.

“Aspetta un attimo!” lo richiamò. Il ragazzo si fermò stupito. Cosa voleva? Forse scusarsi? No, sapeva non lo avrebbe mai fatto. Si voltò. Vide chiaramente che Cornelius aveva abbassato la testa e aveva fatto un grande sforzo a richiamarlo.

“Lotta con me!”

“Eh? Una lotta Pokèmon?”

“Sì, e chi perderà dovrà rinunciare a Lucinda...”

“Eh? Lucinda?...!” che centrava adesso Lucinda? Di cosa stava parlando?

“Che c'è? Hai paura di perdere?” chiese. Con tono arrogante. Adesso non faceva più tanta fatica a parlare.

“No, non ho paura! Ma non gioco i miei amici come se fossero dei trofei!”

“Ma Lucinda non è tua amica...” il ragazzino pel di carota ormai stava davvero esagerando. Dire che lui e Lucinda non erano amici? Come si permetteva? Che ne sapeva lui? Delle avventure che avevano passato, di quelle che stavano vivendo, di quelle che avrebbero vissuto in futuro... Ash aveva frainteso. Cornelius non voleva dire quello.

“Hai voglia di scherzare? Che ne sai tu?! E va bene, accetto la tua sfida, lo farò per Lucinda e vincerò anche!” ormai non ci vedeva. La rabbia gli aveva uffuscato la ragione.

 

Andarono in un punto del giardino riservato alle lotte Pokèmon. Clem e Camilla erano sedute su una panchina. Lem invece era nel punto centrale pronto ad arbitrare. Poi Ash e Cornelius. Uno di fronte all'altro. Ognuno dei due aveva un'aria di sfida che inquietava timore.

Lucinda e Serena arrivarono poco prima la lotta. Guardarono il campo con aria perplessa.

“Ehm... ma che sta succedendo qui?” chiese la blu.

La ragazza mora e la bimba le spiegarono che Ash e Cornelius stavano per lottare. E che pareva che il motivo della loro decisione fosse proprio lei. La ragazza sgranò gli occhi. Perchè fare una cosa del genere? Non cenera motivo. Si precipito a bordo campo. Aveva le braccia allargate e era un po' piegata.

“Fermi! Ma che vi salta in mente!?”

“Vattene, non ti riguarda” disse il ragazzino con tono secco.

“Non trattarla così! Lucinda lascia che gli dia una lezione!”

“Ora smettetela, chiaro!?” la blu urlò talmente forte che nessuno dei due aveva più il coraggio di parlare. A dire la verità si erano un po' intimoriti. Finalmente la ragazza ce l'aveva fatto. Quindi tornò a sorridere “Ora va meglio, allora, posso sapere cosa è successo?”

I due raccontarono a turno la storia. Anche se non era lunga ognuno esponeva il suo punto di vista in modo pacifico. Certo, non volevano che la ragazza blu si riarrabbiasse. Lei era così contenta, si sentiva come un giudice in aula. E non aveva neanche il martelletto. Non ascoltò con molta attenzione. Forse se l'avesse fatto avrebbe scoperto qualcosa in più...

 

Più tardi il gruppo dei nostri ragazzi lasciò il Castel Vanità. Avevano salutato tutti ed erano pronti a tornare al Centro Pokèmon per la notte. Il giorno dopo sarebbero ripartiti.

Alla fine Ash e Cornelius avevano fatto davvero l'incontrò. Uno contro uno. Alla fine vinse Ash. Forse era scontato, ma gli aveva fatto piacere lottare con quel ragazzino.

“Eh Lucinda...” emise Camilla senza preavviso. Il solo scopo della ragazza era di attirare l'attenzione dell'amica. E ci riuscì bene “dovunque via semini cuori infranti... persino il principino si è preso una cotta per te”

Lucinda diventò di botto paonazza per la vergogna. Era proprio quello che la mora voleva. Si mise a ridere, mentre l'amica con le guance ancora rosse rosse le gridava di smetterla.

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Capitolo 8
*** Niente mi fermerà ***


Niente mi fermerà

 

Tre ragazzi e un porto. Due ragazzi, una ragazza. C'era già il tramonto. I due ragazzi si stavano per imbarcare. Non si vedevano le loro facce. Erano voltati. Uno indossava un cappello, i capelli avevano una forma strana e un colore insolito. L'altro capelli marroni appuntiti. Era più alto.

La ragazza invece aveva capelli blu e occhi dello stesso colore. Aveva un'espressione seria. Forse si stava trattenendo. Le lacrime. Perchè se avesse parlato le lacrime calde le sarebbero scese sulle guance, come una sorgente di acqua termale da una montagna.

I due non dissero niente ed a un certo punto cominciarono ad avanzare.

«Aspetta Ash! Non andare!»

I ragazzi però come se non la sentissero non si fermarono. Non esitarono neppure. La ragazza dal canto suo era bloccata. Completamente immobile. Paralizzata. Le tremavano le gambe. Le faceva male la faccia. Troppa fatica trattenersi. Da toglierle il respiro. Si stupiva di essere riuscita a gridare quella frase senza collare.

«Io...!»

 

Lucinda fece uno strano scatto. Si sturlò contro una mensola. Indossava la sua camicia da notte rosa. Era nel letto del Centro Pokèmon. Ormai erano le undici passate. Tutti dormivano. Le luci erano tutte spente. Perfino l'Infermiera Joy stava dormendo. Si godeva il meritato riposo dopo una lunga giornata di lavoro.

La blu si era fatta proprio male. L'impatto l'aveva fatta urlare. O forse era il continuo del grido in sogno? Non lo sapeva bene, ma quello che sapeva era che non avrebbero dovuto attaccare una mensola sul letto. Ora per colpa loro le sarebbe venuto un bel bernoccolo!

“Lucinda... perchè urli? ...mi hai svegliata...” emise piano Camilla. Aveva appena alzato la testa e si sfregava gli occhi.

“Ah, t-ti chiedo scusa! Il fatto è che ho avuto un incubo e...!” la ragazza si era agitata. Quando parlava con la mora era quasi sempre così. Anche se stavolta la colpa non era di Camilla. La blu era solo agitata che potesse intuire, per quanto possibile, quello che aveva sognato.

“Lucinda...?” la richiamò lei come uno zombi. Si sfregava ancora un occhio. Le due nocciole erano socchiuse.

“Eh... sì?!” si era ancora più agitata. Ora ne era certa. Aveva capito tutto...

“Stai ancora urlando...” disse invece con grande sorpresa dell'amica. Sgranò gli occhi. Meno male. La ragazza nocciola sembrava più stanca che curiosa. Anzi la sua curiosità risultava proprio inesistente in quel momento.

Lucinda si scusò. Sussurrò quasi. La mora non se ne accorse neanche e subito crollò di nuovo. Testa sul cuscino. Russava debolmente. Quasi non si sentiva. I suoi capelli ormai erano sciolti. La ragazza la osservò ancora. Allerta. Tanto per assicurarsi che non saltasse su da un momento all'altro. Esclamando qualcosa e sorridendo. Ne sarebbe capace... pensò. Ma poi si lasciò cadere indietro. La sua faccia lasciava intuire una profonda perplessità. Perchè un sogno del genere? Perchè proprio ora? Le ricordava di quando Ash e Brock stavano partendo. Quando dopo la Lega di Sinnoh Ash aveva deciso di tornare a casa e Brock che avrebbe cominciato a studiare come Medico Pokèmon.

Una cosa, in particolare, non capiva. Una cosa che le premeva. L'unica cosa che si ricordava è che aveva gridato ad Ash, ma lui non si era fermato.

Io...

Che cosa voleva dirgli? Che cosa gli avrebbe detto se non avesse sbattuto contro quel maledetto scaffale?

Immagino si abbia solo una sola occasione nella vita...

 

Il giorno era tornato. Oggi era anche più bello del precedente. Lucinda si era svegliata per prima. Ora aveva davvero pochissimi ricordi di quello che era successo la sera stessa. Aveva fatto un sogno. C'erano lei, Ash e Brock. Ma non ricordava neanche cosa fosse successo. Dove fossero. Sapeva solo che a un certo punto aveva tirato una bella zuccata svegliando anche Camilla.

Aveva trovato i suoi vestiti in un posto che non avrebbe mai immaginato. C'era un piccolo frigo rotto. Li aveva buttati li dentro... no, buttati proprio no. C'era da dire che aveva avuto la premura di piegarli. E il frigorifero era pulito. Ciò non toglie che non avrebbe dovuto. E tutto per farle indossare un vestito rosa confetto inadatto alla vita quotidiana. Il giorno prima ce l'aveva fatta, ma oggi no. Avrebbe indossato gli abiti abituali. Almeno si sarebbe sentita a suo agio.

La ragazza dagli occhi blu andò vicino alla finestra. Le tendine erano rosa. Forse tendevano un po' al viola. Senza preoccuparsi per Camilla che dormiva le aprì. La luce entrò violentemente. La mora arricciò gli occhi e la bocca. Sempre tenendoli chiusi. Non avrebbe rinunciato facilmente a quell'oscurità che la rassicurava.

“Sveglia pigrona, è ora di alzarsi!” esclamò sorridente.

La ragazza nocciola allora lentamente si tirò a sedere. Si sfregò l'intera faccia. Con le due mani. Quando le tolse i suoi occhi si erano aperti. Aveva ancora un'espressione un po' ebete. Il suo sguardo si fece pian piano perplesso. Sbatté gli occhi due volte prima di aprirli definitivamente.

“Com'è che sei già sveglia?”

“Sorpresa, eh? Ho detto a Piplup di chiamarmi quando si svegliava, così mi sarei svegliata prima di te e mi sarei potuta alzare con calma” sorrise. Era stata proprio intelligente. Sapeva che Piplup, come tutti gli altri Pokèmon, si svegliava sempre presto. Così gli aveva detto di chiamarla usandogli bolleraggio sulla faccia. A pensarci bene era stato un risveglio un po' brusco, ma nessun piano è perfetto.

“Mah, secondo me hai solo voglia di vedere Ash” commenta. A fine frase si stiracchiò premendosi ancora una volta le mani sulla faccia.

Lucinda era perplessa. Cosa centrava Ash? No, non ci stava certo pensando. Perchè l'aveva menzionato? Lei non... era uno scherzo. Una battuta buttata lì. Di certo si aspettava si agitasse. Sì, era quello. Doveva rimanere calma. Calma e sangue freddo. Il cuore aveva cominciato ad accelerare, ma non poteva darlo a vedere... ma perchè il cuore aveva accelerato? Perchè si sentiva così agitata? Di certo non era arrabbiata. Forse un tantino spaventata. Un po' umiliata. Ma no, non era per quello. O almeno così le diceva il suo istinto...

“Perchè hai quell'espressione ebete? Sei buffa” disse ridendo debolmente.

A quel punto la strana agitazione della blu era passata. Se ne era andata improvvisamente così come era arrivata. Era come se avesse scampato un pericolo per un pelo. Ora si che si sentiva arrabbiata. L'amica l'aveva presa in giro ancora. Si lamentò dicendole che qualunque cosa facesse la facesse ridere e come si poteva prevedere Camilla rise ancora più forte e di gusto. Sapeva che non se l'era presa veramente. E aveva ragione.

 

Quando scesero trovarono tutti gli altri ad aspettarle. Serena e Clem erano sedute sul divanetto davanti alla TV. Trasmettevano un anime molto popolare tra le ragazze. Si chiamava Love of Music. Parlava di tre ragazze con la passione per la musica che sognano di diventare musiciste professioniste. Era appena cominciato. Si sentiva la sigla. Gli occhi della piccola brillavano. Anche a Lucinda piaceva molto quell'anime. Si chiedeva se piacesse anche a Camilla, ma forse non era il suo genere. La vedeva più per anime di maghette. Dove c'è da sconfiggere in ogni puntata il cattivo e poi solo alla fine si rivela quello finale.

La ragazza dai capelli castani invece stava leggendo una rivista. Non sembrava la sfogliasse solo, perchè rimaneva su una pagina per un bel po'. La rivista si chiamava Pokè&Chic. La blu se ne intendeva. L'avrebbe riconosciuta a distanza di kilometri.

Ash invece era impegnato a strofinare con uno straccio azzurro la sua unica medaglia. La Medaglia Insetto. Per ora l'unica, ma presto avrebbe conquistato anche la seconda. La Medaglia Rupe. Il giorno stesso se fosse stato possibile. E perchè no?

Lem invece avvitava con un cacciavite. Uno strano aggeggio. Un quadrato di ferro che stava in una mano. Sicuramente era una delle sue invenzioni. Impossibile dire a cosa servisse.

“Ciao a tutti!” salutò la mora.

“Ciao ragazze! Pronte per partire?” il ragazzo dagli occhi marroni si alzò. Stamattina le faceva uno strano effetto. A Lucinda. Da una parte sarebbe voluta scappare. Dall'altra abbracciarlo. Non sapeva il motivo. Era felice e imbarazzata. Si sentiva a disagio. Che le prendeva? Si sentì caldo. Aveva paura che le guance le fossero diventate rosse. Che l'avesse notato. Questa volta se le avesse chiesto cos'aveva non avrebbe saputo formulare strane ipotesi come invece aveva fatto tre anni prima.

«Ti è forse finita della polvere negli occhi?»

Per quanto si sbagliasse la ragazza aveva risposto di sì. Quell'ipotesi da parte dell'amico le aveva fatto passare tutta la tristezza. Si sentiva davvero stupida. Non c'è nulla di cui preoccuparsi, lo diceva eppure non ci credeva. Per lei era solo un modo di dire. Invece per Ash era uno stile di vita.

“Scusami Ash, oggi non sono riuscita a farle indossare l'abito rosa confetto” disse a un certo punto la mora. In quei casi l'amica l'avrebbe fulminata all'istante. Perchè dire una cosa del genere? Sembrava quasi che... no, non si attentò neanche a pensarlo per paura di aver ragione.

Il ragazzo fece una faccia molto confusa. Non capiva neanche fino in fondo che avesse detto. Perchè gli chiedeva scusa? Non gli aveva fatto niente di male.

“Clem, staccati dalla TV, è ora di andare” l'avvertì il fratello.

“Oh, è quella puntata dove Ran e Miki decidono di preparare i cioccolatini per Toma e Shiro, vero? Anche se poi il cioccolato si brucia e loro devono rifare tutto da capo” si avvicina la ragazza dai codini. Ecco svelato il mistero. Anche Camilla lo guardava. E sembrava anche ne fosse un'esperta.

La biondina la guardò con gli occhi languidi. La ragazza allora si scusò un po' agitandosi. Non voleva anticiparle l'episodio. Le era venuto spontaneo. Tentò di rimediare, ma ogni volta che ci provava finiva sempre per rivelarle qualche particolare in più. Su quella puntata e su quelle successive.

 

Dopo che Lem ebbe preso la sorellina con una delle sue invenzioni, i nostri eroi potettero procedere. L'invenzione del ragazzo era un robot tondeggiante che al posto della testa aveva un braccio meccanico. Questo finiva con un guantone rosso. Che teneva Clem. Dalla maglietta.

“Uffa fratellone, adesso potresti anche dire al tuo robot di lasciarmi andare” bofonchiò lei imbronciata.

“Prendila come una punizione per aver fatto i capricci” controbatté lui. Non si era scomposto di una virgola. Il suo tono era risultato serio, ma non severo. In effetti la bimba aveva fatto davvero i capricci. Non voleva scollarsi dalla televisione. Adesso erano un po' in ritardo secondo i tempi stabiliti.

I due fratelli fecero scappare una risata a Camilla. La prima volta che aveva incontrato Lem le era sembrato così timido e impacciato. Non avrebbe proprio mai detto che si sarebbe rivelato un abile inventore e responsabile fratello maggiore. Ridendo le tornò in mente qualcosa. Sgranò un po' gli occhi. Si voltò verso il ragazzo con gli occhiali. Era più indietro rispetto a lei. Quindi fece un mezzo giro su se stessa continuando a comminare all'indietro.

“A proposito, Lem non te l'ho ancora detto, ma sono felice di riaverti incontrato, sai dal primo momento la tua sorellina mi è sembrata famigliare, vi somigliate molto”

Lem prese un po' colore. Non si aspettava che così all'improvviso quella ragazza gli avrebbe parlato. E quello che gli aveva detto per giunta. «...sono felice di riaverti incontrato...», solo il pensiero di quelle parole lo imbarazzava. Era veramente un ragazzo timido e impacciato. Poteva veramente piacere a una persona come Camilla? Le stava simpatico?

L'espressione di Clem si fece entusiasta. Facendo un salto riuscì a liberarsi dalla morsa del robot. Corse incontro alla mora che si fermò confusa.

“Camilla, sei perfetta!” cantò, poi si inginocchiò “Ti prego, prenditi cura del mio fratellone!”

La ragazza si fece ancora più confusa. Prima che potesse dire qualsiasi cosa però prese parola Lem. Si era fatto rosso rosso in faccia. La sua espressione era abbastanza arrabbiata. Agitato e imbarazzato.

“Clem ma cosa dici!” la rimproverò.

“Ho capito, sembra divertente, ci sto” sorrise la ragazza cacciando via ogni traccia di perplessità dal suo viso.

Il ragazzo rimase a bocca aperta. Non sapeva se la cosa più strana fosse che sua sorella cercasse sempre di proporlo alle ragazze come un peluche, o se fosse Camilla che aveva accettato.

La bambina era entusiasta. I suoi occhi si illuminarono ancora di più. Cominciò a saltellare sul posto e in avanti. Era veramente felice. Camilla era veramente la ragazza perfetta per il suo fratellone.

 

Arrivarono ad Altoripoli. Era una città dall'aria sportiva. Non era molto grande, ma una cosa che colpì gli amici era la lunga strada che si estendeva davanti a loro. Grigia, asfaltata. A un certo punto sfrecciarono anche davanti ai loro occhi un gruppo di bici. Gialle e verdi.

Ash insistette subito che voleva andare alla palestra. Lucinda invece vide un negozio dove vendevano vestiti. Non poteva non entrare. Chiese agli altri se potevano precederla. Serena le chiese se poteva andare con lei. Aveva una vera fissa per abiti e accessori. Non come la blu. Riusciva a contenersi, ma se si presentava l'occasione non diceva mai di no.

Si separarono davanti al negozio, dove Lucinda e Serena entrarono. Mentre, Ash e gli altri proseguirono in cerca della palestra.

Non appena le due ragazze entrarono non sapettero più dove guardare. La vista di tutti quei vestiti le confondeva. Faceva perdere la lucidità. A un certo punto la castana distolse lo sguardo per guardare l'amica. Aveva gli occhi che le scintillavano. I vestiti erano proprio la sua passione. Sapeva già che avrebbe provato tutto.

E infatti poco dopo la ragazza dai capelli blu, dopo essersi caricata di vestiti, entrò in un camerino. Ci rimase per un bel po' di tempo. L'altra intanto l'aspettava a braccia conserte. Con l'aria annoiata. Sì, ci stava mettendo troppo.

“Come sto?” chiese finalmente uscendo dal camerino. Indossava un paio di pantaloncini di jeans, una canottiera blu, che lasciava vedere la pancia, con sopra una giacchetta gialla, e un cappello rosa e bianco con la visiera.

“Stai veramente bene, l'avevo detto io che stai bene con tutto” sorrise.

“Esagerata...” emise lei imbarazzata grattandosi la testa “e tu non provi niente?”

“No, io devo risparmiare, i soldi mi potrebbero servire”

“Ah beh, neanch'io il compro, sono al verde... però provare non costa nulla” il suo imbarazzo pian piano si sfumò in un sorriso.

“Dici davvero? Anche se sai che non comprerai niente li provi lo stesso?” Serena sgrana gli occhi. Lei non lo aveva mia fatto. Non l'aveva neanche lontanamente sfiorato l'idea.

“Certo, perchè no?”

Con questo Lucinda continuò a provare vestiti su vestiti. Adesso anche l'ormai amica si era convinta. Aveva preso qualche vestito, cappello e scarpe ed era entrata in un camerino. Quando avevano finito uscivano e si chiedevano a vicenda «come sto?», e poi se lo scambiavano. Volavano solo commenti carini e complimenti. Non una volta che una delle due avesse detto anche solo non mi convince... o non mi piace. Non si sarebbero mai offese. Neanche se l'abito di una non fosse stato bene all'altra. A parte il fatto che erano due belle ragazze e le stava bene qualsiasi vestito di quel negozio.

Quando uscirono trovarono gli amici ad aspettarle. Dissero loro che il Capopalestra sarebbe stato molto impegnato e che quindi se Ash non lo sfidava ora avrebbe dovuto aspettare come minimo una settimana. Decisero che sarebbero andati subito, anche perchè erano d'accordo con Lino, lo stesso Capopalestra. Lucinda disse che doveva andare al Centro Pokèmon. Disse che Piplup aveva un po' di mal di pancia. Mentì. Però lo fece per una buona causa. Una cosa che le stava a cuore... insistette nel dire che intanto loro dovevano andare. Si agitò.

«Vi raggiungo dopo, non c'è nulla di cui preoccuparsi!»

Allora gli altri fecero come aveva detto lei. Confusi. Non capivano perchè facesse così. Si avviarono, mentre lei tirò un sospiro di sollievo.

Entrò nel Centro Pokèmon. Non ci mise molto. Lo trovò al primo colpo. Senza perdere tempo entrò nel camerino del Centro. Si tolse lo zaino dalle spalle. Lo aprì e cominciò a cercare qualcosa.

Passati una manciata di minuti era ancora lì. Voltata verso lo specchio. A pettinarsi.

“Sono pronta!” esclamò dopo aver dato le ultime spazzolate finali “Finalmente posso rimettermi questo vestito, che nostalgia” aggiunse. Ora era vestita da Cheerlader. Lo stesso vestito che si metteva a Sinnoh. Per le lotte in palestra di Ash. Prese anche i due pon-pon rosa dalla borsa. Si ricordava bene la fatica che aveva fatto per comprimerli dentro. Ne è valsa la pena... pensò adesso. Rimise via la spazzola.

Corse fuori dal camerino. Non si fermò prima di arrivare alla porta. Si arrestò subito. No. Non poteva essere vero. Non poteva assolutamente esserlo... fuori pioveva. A di rotto. A ritmo regolare. Non troppo forte. Non troppo piano. Pensò che era davvero sfortunata. Non avrebbe assistito all'incontro del suo amico. Non era possibile. Eppure poco fa era bello! Lassù c'era qualcuno che le voleva male. Ma perchè? Che cosa gli aveva fatto?

Restò inerte a guardare la pioggia che scendeva. Per cinque. No, forse dieci minuti. Di sicuro si stavano tutti chiedendo dove fosse, perchè non arrivava... era bloccata. Non aveva il coraggio né di avanzare né di arretrare. Bloccata. Come in quei giorni le era capitato spesso. Troppo spesso. Tre anni fa avrebbe preso una decisione senza troppe storie. Tre anni fa la vista di quella pioggia non l'avrebbe fermata...

«Lucinda, ricordati sempre di seguire i tuoi sogni»

...basta esitare. Aveva deciso. Corse fuori sotto lo sguardo stupito e incredulo di tutti. Quella ragazza. Che non aveva neanche l'ombrello. A correre sotto la pioggia coprendosi la testa con i soli pon-pon. Ai loro occhi pareva folle. Ma loro non avrebbero mai immaginato la realtà dei fatti.

 

Era passata già una mezz'ora da quando Lucinda era partita. Alla palestra l'incontro tra Ash e Lino si era quasi concluso. Un'altra mossa e uno dei due Pokèmon sarebbe finito KO. Era l'ultimo round. Da questo sarebbe dipesa la vincita o la sconfitta del ragazzo.

Camilla guardò la finestra. Pioveva davvero tanto. Era una pioggia talmente lineare che sarebbe potuta continuare ancora per un'ora al minimo. Pensava all'amica. Non credeva potesse essere uscita con quell'acquazzone. Piuttosto aveva paura che si potesse essere trovata in mezzo alla tempesta. Sarebbe stato da folli uscire con quelle condizioni atmosferiche. O comunque una cosa che una come Lucinda non sarebbe riuscita a fare. Ormai credeva di conoscerla. Non cercava complicazioni. Le ripudiava dal profondo. Cercava sempre la via più facile per fuggire da ogni complicazione.

Sentirono la porta aprirsi. Camilla, Lem, Clem e Serena. Non poterono credere ai loro occhi.

«Lucinda!?»

La ragazza era bagnata fradicia. Da capo a piede. Sorrideva imbarazzata. Sapeva che gli amici stavano pensando a cose come dev'essere impazzita.

Dal campo di battaglia si sentì un urlo. Ash stava gridando a Pikachu di non arrendersi. Di lottare fino alla fine. Ce la poteva fare. Il Pokèmon giallo aveva subito diversi attacchi. E ora era pieno di graffi e stringeva i denti.

La blu non ci pensò un attimo. Corse in centro alla tribuna.

«Ash! Pikachu! So che ce la potete fare! L'importante è crederci dal profondo del cuore!»

Il ragazzo dagli occhi marroni si girò. Aveva capito subito di chi si trattava. Non credeva però potesse essere vero. No, lei doveva essere ancora al Centro Pokèmon. Non si sarebbe mossa con quella pioggia. Forse neanche lui al suo posto l'avrebbe fatto. Gli dispiaceva. Certo. Ma capiva... invece eccola lì. La ragazza che lo aveva accompagnato per tutto il suo viaggio a Sinnoh. Lucinda. Da subito gli venne quasi da gridare il suo nome per lo stupore. Poi però non lo fece. Ordinò invece un attacco a Pikachu. Ormai il topino era in piedi. Gli urlò di colpire con tutta la potenza che aveva. L'avversario cadde a terra finendo KO. Pikachu fece un saltino all'indietro. Respirò affannosamente per poi cadere anche lui. Era finita. L'arbitro dichiarò la vittoria dello sfidante. Lui ci rimase di sasso. Non poteva credere di aver veramente vinto. Era stato tutto così veloce, non riusciva neanche a ricordare i particolari. Il Capopalestra ritirò il suo Pokèmon con la PokèBall, mentre Ash corse dal suo. Si era ripreso. Lo abbracciò per festeggiare la vittoria.

Lucinda era felice. Sorrideva compiaciuta. Il suo amico aveva vinto. Ce l'aveva fatta. Pensò che ne fosse valsa veramente la pena. Uscire fuori con la pioggia per vedere Ash vincere. Lo avrebbe rifatto. Non era un problema se lo poteva vedere così contento. Le dispiaceva solo per i suoi capelli. Ci aveva messo tanto a pettinarli. Chi sa ora com'erano. Le veni da starnutire.

“Lucinda!” l'amico corvino l'aveva sorpresa alle spalle. Aveva le mani sui fianchi. L'aveva chiamata come per rimproverarla.

“Ash! Congratulazioni per la vittoria!” esclamò sorridendo. Non aveva colto neanche lontanamente.

“Perchè sei venuta? Non vedi che piove?” continuò lui demoralizzando un po' il tono. L'amica gli aveva fatto tenerezza. Non riusciva a sgridarla così. Poi lui era solo preoccupato.

“Certo che lo vedo e non è stato facile”

“Saresti dovuta restare al Centro Pokèmon... guardati, sei tutta bagnata...”

“Non c'è nulla di cui preoccuparsi, tranquillo” ricordò in tono saccente.

Lucinda lo diceva anche troppo spesso. Ormai lo faceva per moda. Prettamente a caso. Si chiedeva se lo pensasse veramente o se lo dicesse solo per non farlo preoccupare. Impossibile dirlo. Non ci capiva proprio niente. Le ragazze per lui erano un mistero. E forse lui era un mistero per le ragazze. C'erano tante. Tantissime cose che non capiva. Sapeva solo che era felice. Felice che l'amica fosse arrivata. Anche se sapeva che questo pensiero lo rendeva egoista.

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Capitolo 9
*** Attenzione alla salute! ***


Attenzione alla salute!

 

Ash e Lucinda erano seduti su una panchina. Una panchina del Castel Vanità. La ragazza aveva ancora la coroncina di margherite in testa. Era ancora un po' rossa. Per l'imbarazzo...

«...anzi, sei molto più carina...»

… le aveva detto esattamente così. Sentiva il cuore che le batteva forte forte. Perchè? Anche nei giorni passati le era capitato, ma il perchè non lo capiva. Così all'improvviso poi.

A un certo punto venne verso di loro una ragazza. Occhi azzurri, capelli castani... Serena.

“Ash, ti dispiace se parlo da sola con Lucinda?” chiese lei in modo educato. Sorridendo.

“Ma certo! Non c'è problema!” esclamò in risposta alzandosi e preparandosi ad andare “Vi saluto, ci vediamo dopo ragazze!” salutò con la mano allontanandosi.

Serena, dopo essersi seduta, ricambiò il saluto. Sempre sorridendo. Invece Lucinda era terrorizzata. Tremava. Si era spostata il più possibile. Si era ridotta ad un angolo della panchina. Nei suoi occhi la paura più totale. Che cosa voleva da lei quella ragazza? Di che cosa voleva parlarle? … Ti consiglio di stare lontana da Ash se non vuoi che ti accada qualcosa di brutto... era l'unica cosa che pensava. In quel momento sarebbe voluta scappare. Andare lontano. Lontanissimo. Da non farsi più trovare da nessuno. Le sue gambe, però, avrebbero tenuto? In quel momento era troppo instabile per correre. E anche se avesse potuto non l'avrebbe fatto. Era già scappata una volta. Ora doveva comportarsi da Supercoordinatrice. Non doveva avere paura di Serena.

“Io non ti sto molto simpatica, vero?” disse sempre con lo sguardo proiettato in avanti. Il suo tono era allegro, però a Lucinda parve di cogliere un qualcosa di triste. Si voltò a guardarla “E' un vero peccato, tu mi stai molto simpatica”

La blu era impietrita. Forse era troppo ingenua, ma quella ragazza le sembrava sincera. I suoi occhi azzurri, il suo sorriso... se mentiva era davvero un genio del male! In vita sua non aveva mai visto qualcuno sorridere così spensieratamente.

“Tu hai un bel carattere, sei proprio una ragazza perfetta, che non parla tanto, ma non è timida” tornò a guardare in avanti “insomma, che dice sempre le cose giuste al momento giusto”

“G-grazie...” riuscì solo a balbettare. O la stava intortando per bene o l'aveva giudicata male. Ora si sentiva davvero un verme a ripensare a quello che aveva pensato. Quella ragazza era semplicemente innamorata. Magari aveva conosciuto Ash e lui non glielo aveva detto... aspetta, ma quindi forse anche Ash era innamorato di lei?! … no, aspetta, ma alla ragazza blu non importava. L'amico poteva fare quello che voleva. A lei proprio non sfiorava... va bene, un po' sì. A questi pensieri il cuore riprese a battere forte. Era umiliante.

“Suppongo che non mi dirai mai perchè non ti vado a genio, eh?”

Lucinda per l'ennesima volta non sapeva che dire. Adesso era di poco più rilassata. Anche il cuore aveva ripreso il suo battito normale. Però era spiazzata. A una domanda del genere come avrebbe potuto rispondere?

“Allora facciamo un gioco, obbligo o verità” le fece l'occhiolino “dico verità, chiedimi quello che vuoi”

la ragazza dagli occhi blu sapeva bene cosa avrebbe voluto chiederle. Per quanto però lo sapesse non poteva. Troppo strano. Dal momento, poi, che aveva realizzato che Serena molto probabilmente era una ragazza normalissima. Poi, si ricordò di quello che aveva detto la madre della ragazza a lei e Camilla, quando le aveva ospitate.

«...in realtà credo che sia partita solo per incontrare un ragazzo»

Ora sapeva cosa chiederle. Non perse altro tempo.

“Perchè... hai deciso di partire?” domandò subito un po' tentennante. In realtà sapeva la risposta. Voleva vedere però se era vero. Se mentiva aveva davvero qualcosa da nascondere.

“Va bene, allora te lo dirò, non lo sa nessuno, ma ho promesso di dire la verità, sono partita perchè so che sta viaggiando in questa regione anche un ragazzo di mia vecchia conoscenza” sorrise. Era un'impressione della ragazza blu o un po' era arrossita? Allora era solo una ragazza innamorata. Ormai era ufficiale. Che sollievo. Però non aveva detto che quel ragazzo era Ash. Forse quella ragazza era più timida di quello che sembrava. Provava dei sentimenti profondi e segreti. Non lì avrebbe mai rivelati per paura. Timore di qualcosa. Forse neanche lei sapeva cosa.

“Ora tocca a te, Lucinda”

La ragazza sobbalzò. Ma certo. L'obbiettivo principale di Serena era di farle dire quello che voleva sapere. Non avrebbe detto verità. Sapeva cosa le voleva chiedere … Perchè non ti sto simpatica? ... le sembrava già di sentirglielo dire. No. Non poteva assolutamente. E non poteva neanche mentire. Odiava le bugie. E anche se non le avesse odiate cosa poteva inventarsi?

“O-obbligo” disse. Nonostante balbettasse era decisa.

“Davvero?” emise l'altra tristemente. C'era rimasta male. Si portò un dito alla bocca e pensò a cosa le potesse far fare, dopo un po' puntò il dito entusiasta “Ci sono! Devi fare dieci giri del giardino di corsa!”

“Dieci? Ma sono tanti...” emise demoralizzata “non possiamo fare cinque?”

“Spiacente, ma se vuoi ti concedo di cambiare, di scegliere verità”

“No... grazie dell'offerta...” sorrise imbarazzata. Non gliel'avrebbe data vinta. Niente di personale, ma non se lo poteva permettere.

Cominciò a correre. Fu una corsa lunga e faticosa. Ci mise un sacco. Ora che era anche fuori allenamento massimo ci mise il doppio.

Alla fine tornò da Serena. Era piegata in due dalla fatica. Respirava affannosamente. Le mancava quasi il fiato. Alla castana faceva tenerezza, un po' pena a dirla tutta.

“Va bene, direi che la finiamo qui”

Lucinda rialzò la testa appena. Era incredula. Quindi non voleva più farle dire la verità ad ogni costo?

“Non ha senso continuare, saresti disposta ad autodistruggerti per non dirmi la verità, è una delle cose che mi piace di te, la tenacia, io non ne sono in grado” sorrise. Si alzò.

A quel punto la blu, che aveva recuperato, si sentiva in dovere di dire qualcosa. Non era giusto che una ragazza come Serena facesse così tanti complimenti. Così gratuiti. E si sminuiva anche. Non era proprio giusto.

“Anche tu hai delle qualità, Serena! Per esempio sei gentile e...”

“Credimi, non sono sempre così gentile, sei una persona che mi ispira fiducia”

“Anche tu a me!”

La ragazza dagli occhi azzurri si mostrò per la prima volta confusa. Ci aveva sentito bene? Lucinda che diceva che le ispirava fiducia? Eppure stando a come si comportava era tutto il contrario.

“S-senti, ti ho giudicata male, ma dopo averti parlato ho capito, possiamo metterci una pietra sopra? Ricominciare da capo?” finalmente ora riuscì a spiegarsi. Aveva catturato la sua attenzione. Adesso doveva aspettare solo la risposta.

“Certo” sorrise solo in risposta.

 

Lucinda starnutì. Lo starnuto la fece quasi alzare a sedere. Era sdraiata. Poco prima stava schiacciando un pisolino, ma ora era sveglia. Il suo stesso starnuto l'aveva svegliata. Eppure pensava non si potesse starnutire mentre si dormiva. Beh, ora sapeva che non era così. Si ricordò anche del sogno che aveva appena fatto. Incredibile, era riuscita a finirlo tutto. Cosa mai successa. Però si domandò perchè in quei giorni sognasse sempre cose strane o successe... prima non le capitava mai! Impossibile dire i complicati meccanismi del cervello.

Qualcuno entrò nella stanza. Una ragazza poco più bassa di lei. La sua amica Camilla. Aveva in mano qualcosa. Una ciotola.

“Buongiorno! Non stavi ancora dormendo?”

“Mi sono svegliata ora”

“Ah, ok...” emise appoggiandole la ciotola vicino “meglio così, perchè, ti ho portato la zuppa!”

“Eh?”

“L'ha preparata Lem, lui sa cucinare, ha detto che fa bene mangiare cose calde quando si è raffreddati”

“Ma abbiamo appena fatto colazione...!” si lamentò. Non aveva proprio fame. Neanche un po'.

L'amica la guardò perplessa.

“Cosa dici, Lucinda? Sono già passate quattro ore”

“Ho dormito per così tanto?!...” fece un balzo all'indietro per quanto possibile. La sua faccia era inquietata. Si ricordava della colazione della mattina stessa. Un po' di latte e biscotti. Poi aveva starnutito una serie di volte. Clem e Camilla avevano insistito così tanto che tornasse a letto che nella smania l'avevano fatta cadere di faccia. Era andata KO. Così ne avevano approfittato per farla sdraiare.

“Lucinda, sei divertente come al soliti! Però dovresti riposarti ogni tanto, la comicità consuma energie” rise un po'.

“Uffa... ma io non lo faccio apposta...” mise il broncio. Guardò la scodella. Camilla si aspettava mangiasse. Certo. Però lei non aveva per niente fame. Le veniva il voltastomaco. Pensò che gli amici erano preoccupati per lei e che quindi non dovesse dare ulteriori preoccupazioni. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ora non gli avrebbe veramente dato più nulla di cui preoccuparsi. Avrebbe fatto la cosa giusta. E cioè mangiare a costo che il cibo le fosse uscito dalle orecchie. Quando arrivò a metà tuttavia cominciò a sentirsi scoppiare. Basta, non poteva continuare.

“Basta così, non riesco a finirla tutta” disse riappoggiando la ciotola.

“Nono Lucinda, non va bene, la devi finire tutta, fino infondo” disapprovò lei a braccia conserte.

“Non posso! Sto per scoppiare!” si spazientì.

“E va bene, allora so io che devo fare...” uscì dalla stanza. Era avvolta da una strana aura misteriosa. Che aveva in mente stavolta? La blu non riusciva a farsi una minima idea. Camilla era imprevedibile. Almeno questo lo sapeva. Però era veramente poco.

Dopo due minuti neanche la ragazza tornò. Informò dell'arrivo degli esperti e si fece un po' da parte. Entrarono. Ash e Clem. La ragazza era confusa. Gli esperti? Loro? Di cosa? Cosa dovevano fare?

“Ash... Clem...” era disorientata. Non ci capiva più niente.

“Lucinda, non vuoi proprio mangiare la zuppa?” le chiese il ragazzo.

“Non è che non voglia, non è colpa mia se non ho più posto nella pancia” chiarì ancora una volta incrociando le braccia.

“Ho capito, ci abbiamo provato...” commentò lui un po' imbarazzato.

“Si passa al piano B!” esclamò la biondina.

Rimase perplessa. Piano B? E l'A? Vuoi dire che consisteva solo nel chiedere?

Ash si sedette sul letto. Prese un cucchiaio di zuppa. Lo tese verso l'amica.

“Attenta Lucinda, arriva un carico pieno di...” le stava dicendo come a una bimba. La voce era quella di un papà. Era sconcertata. Stavolta Camilla aveva superato se stessa.

“Sarebbe questo il vostro piano...?”

“Ho paura non funzioni” emise Ash stupito. Lui era convinto funzionasse “allora ci tocca passare al piano C...”

“Davvero? Ne avete un'altro?” la ragazza era stupita. Anche un po' curiosa a dirla tutta.

“Lucinda, guarda che facce buffe” Clem cominciò a esibire una serie di boccacce ed espressioni. Lasciò la blu incredula. Sgranò gli occhi e aprì un po' la bocca. Era questo il loro piano? Cercare di farla ridere per farle aprire la bocca? Piuttosto banale.

Il ragazzo ne approfittò per imboccarla. Lucinda da subito stupita mandò giù il boccone. Ci era cascata. Alla fine avevano vinto loro.

«Ha funzionato!»

Esultarono tutti e due.

“E' stato un caso, non funzionerà un'altra volta” chiarì lei.

“Beh, c'è sempre il piano D, però non è molto bello...” cominciò la piccola. L'ultimo piano prevedeva che Clem tenesse la bocca aperta la Lucinda mentre Ash la imboccava. A quel punto la blu si arrese e accettò di mangiare la zuppa.

 

La ragazza blu era sprofondata. Per far andare via gli amici si era costretta a dormire. In verità faceva solo finta. Teneva gli occhi chiusi ed emetteva deboli respiri. Allora loro non pensando minimamente fingesse, uscirono. Quando Lucinda sentì sbattere la porta si tirò su subito. A sedere. Tirò un sospiro di sollievo. Finalmente se ne erano andati. Voleva molto bene ad ognuno di loro. Ad ognuno in maniera un po' diversa, però adesso voleva stare sola. Non sopportava la trattassero come una bambina. Devi riposarti, se no la febbre sale! tecnicamente non lo avevano detto, ma tra le righe era questo il messaggio che passava. Come delle mammine troppo apprensive. Finché avrebbe avuto qualche linea di febbre voleva restare sola. La solitudine non le faceva paura dato che aveva l'ultimo numero di Dimon-kè. La rivista per ragazze che adorava. Sua madre gliel'aveva spedita qualche giorno fa. Non aveva ancora avuto l'occasione di sfogliarla. E questa era l'occasione giusta.

La prese dallo zaino. L'aprì a metà lasciandosi ricadere sul cuscino. Tenne le gambe a triangolo. In poco tempo era talmente impressa nella lettura che nulla al mondo l'avrebbe fermata. Stava leggendo un'intervista fatta alla Campionessa. Camilla. Della regione di Sinnoh. Nonostante si chiamasse come la sua giovane amica era completamente diversa.

Quelle interviste a Lucinda non interessavano gran che, ma dato che l'intervistata era proprio Camilla fece un'eccezione...

 

...

Intervistatore: Camilla, cosa ci dici delle ultime lotte che hai sostenuto?

Camilla: Sono state appassionanti, vedevo negli occhi dei miei sfidanti la voglia di vincere e questo mi ha toccato. Tutti i ragazzi che ho sfidato erano giovani alle prime armi, spero che continueranno su questa strada.

I: Essere così giovani e affrontare la campionessa? Non saranno un po' presuntuosi?

C: Io li definirei ambiziosi. Il loro sogno li porta a lottare e anche se perdono non gli importa. Sì, all'inizio ci rimarranno un po' male. È naturale. Però l'importante è credere sempre in se stessi e nei propri Pokèmon.

I: Come mai affermi questo con così tanta sicurezza?

C: Sono stata giovane anch'io...

I: C'è qualcosa che vorresti dire ai giovani allenatori e coordinatori che stanno leggendo questo articolo?

C: Quando una vita incontra un'altra vita, nasce sempre qualcosa.

 

Si ricordava di quella frase. L'aveva già detta in passato, ma non aveva mai capito veramente cosa significasse. Oggi forse l'avrebbe scoperto. Continuò a leggere e vide che l'intervistatore le aveva proprio chiesto spiegazioni riguardo a quella frase.

 

C: Può significare molte cose in realtà. Il legame che nasce tra Pokèmon e allenatori, l'amicizia... insomma, non c'è un vero e proprio significato. Ognuno deve riuscire a interpretare la frase come meglio crede.

 

...come meglio crede...

Aveva capito che neanche stavolta avrebbe ricevuto risposta. Eppure ci doveva essere un significato. Escludeva, o almeno si sforzava di farlo, che si trattasse di una frase buttata lì. Campata per aria. Era sicura che la Camponessa lo sapesse. Che non lo volesse dire. Capiva il suo punto di vista, le cose è bello scoprirle da sola. È una sensazione indescrivibile. Ti senti come se potessi conquistare il mondo. Forse Camilla non voleva privarli di quella sensazione. Forse il suo era puro e semplice altruismo.

In queste riflessioni si era persa. Erano passate ore. Qualcuno bussò alla porta. La ragazza svelta svelta rimise via la rivista. Si stese completamente. Disse che poteva entrare.

“Lucinda, scusami se ti disturbo, stavi dormendo?”

“Ash! Non c'è da preoccuparsi, ero già sveglia” sorrise lei orgogliosamente. Si tirò su. Era riuscita a mascherare bene la situazione.

“Capisco... stavi leggendo?” indicò lo zaino. L'amica non ci poteva credere. Dalla fretta aveva lasciato che la rivista si vedesse. Adesso l'avrebbe sgridata. Anche se il tono del ragazzo era ancora pacato sapeva che lo poteva mutare da un momento ad un'altro.

“No ecco...! Fammi spiegare...!” iniziò a muovere le mani agitata.

“Non preoccuparti, ti capisco, ti starai annoiando molto”

“Non immagini quanto...” tirò un mezzo sospiro. Era contenta che Ash non si fosse arrabbiato, ma era stufa di star rinchiusa lì dentro.

Senza che lei se ne accorgesse l'amico le si avvicinò e le appoggiò una mano sulla fronte. Lucinda lo guardò confusa. Che cosa stava facendo? O meglio, perchè? Sgranò appena gli occhi. Era una situazione insolita.

“Secondo me non hai più la febbre” sentenziò togliendo la mano.

“Dirlo a Camilla...”

“Guarda che lei è solo preoccupata per te”

“Non dovrebbe, io lo dico sempre che non c'è di che preoccuparsi!” esclamò ancora. Spiazzarla era quasi impossibile, aveva sempre la battuta pronta.

“Ma se dici così gli altri si preoccupano di più!” esclamò lui a sua volta. Anche Ash era difficile da spiazzare.

Passarono pochi secondi. I due si guardarono e cominciarono a ridere. Una risata dal profondo del cuore. Sincera.

“Beh, direi che se vuoi ora puoi uscire”

“Davvero?”

“Sì, ma non sforzarti troppo” aggiunse in tono saccente. Come se si sentisse importante.

L'amica sorrise, ma si mise una mano per non dare troppo a vederlo.

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Capitolo 10
*** Ornella, Lucario e la Torre Maestra! ***


Ornella, Lucario e la Torre Maestra! 

I nostri eroi erano diretti a Yantaropoli. Avevano camminato a lungo e ora erano arrivati a un paesino. Piuttosto piccolo. Tanto che neanche compariva sulla mappa. Stavano sono facendo una pausa. Sarebbero ripartiti a momenti.

Erano nei pressi di una fontana. Clem giocava con l'acqua. Incitava Dedenne che camminava sul bordo. Suo fratello la rimproverava dicendole di non fare troppo baccano, ma niente da fare. Ash era più distante che si allenava. Mentre Camilla non si capiva bene dove fosse finita.

Intanto le due ragazze, Lucinda e Serena, erano sedute a una panchina. Ognuna aveva in mano un quadernino. Si leggevano a turno qualcosa. Il quaderno della blu era rosa e quello della castana nero.

“Grazie Serena, sto imparando un mucchio di cose grazie a te” sorrise.

“Di nulla e io sto imparando tante cose di Sinnoh” le sorrise in risposta.

Dietro di loro si sentì una ventata d'aria. Le amiche non ci fecero neanche caso. Non sapevano però che quel vento era stato alzato da qualcuno.

“Lucinda, Serena! Guardate un po' che bacca strana!” era Camilla. Aveva da subito messo sotto gli occhi delle ragazze una bacca raccolta da un albero. La forma e il colore erano insolite ai suoi e agli occhi della blu. Serena levò ogni dubbio spiegando che si trattava di una Baccamodoro. Ecco, ora forse ricordava. Una volta pensava di averla vista, ma era stato decisamente troppo tempo fa.

“Cosa leggete?” domandò curiosa. Si sporse a osservare il quaderno dell'amica blu.

Le due le spiegavano che erano ricette. Appunti che avevano scritto. Le loro mamme glieli avevano dati, o almeno oralmente. Loro li avevano solo segnati. E ora se li scambiavano. Era divertente. Così avrebbero potuto cucinare tante cose diverse.

La mora le guardò stupita e ammirata. Lei non sapeva cucinare. Era maldestra. Non si attentava. Le sarebbe piaciuto un po', ma non lo desiderava così tanto. Preferiva di gran lunga mangiare. Adorava i dolci.

Erano tutte e tre impresse. Una parlava e le altre ascoltavano. A turno. Forse quella che parlava meno era la ragazza mora. Se lo faceva era solo per fare domande. Era davvero interessata. Tutto quel parlare di dolci le metteva addosso troppa curiosità.

“Per favore e quelle me le chiamate ricette?” era apparsa davanti a loro una ragazza con l'aria sarcastica. Le guardava con un sorrisetto furbo. Capelli blu fino alle spalle, occhi rossi...

Le tre ragazze la guardarono stupite. Da dove spuntava quella ragazza? Serena in poco tempo divenne rossa di rabbia e il suo sguardo si irrigidì. Le dava già sui nervi.

La blu sempre più confusa le chiese chi fosse e lei le rispose dopo un po' voltandosi di spalle.

«Meringa...»

Nonostante non l'avessero vista sapevano già che aveva sorriso. Di un sorriso per niente rassicurante. Di quelli che ti faceva immediatamente pensare al peggio. Si chiamava Meringa. Le meringhe erano dolci, ma quella ragazza non sembrava proprio esserlo.

“Io adoro le meringhe!” commentò Camilla. Gli occhi nocciola scintillavano. Almeno non si poteva dire non centrasse. Una battuta del genere se la dovevano aspettare. La blu si voltò verso di lei. La guardò esasperata. Perchè faceva sempre così? Pensava di essere simpatica? Beh, un po' lo era però alcuni potevano anche non gradire la sua ironia.

Lucinda si alzò. Andò verso la nuova venuta. Le tese la mano sorridendole.

“Io mi chiamo Lucinda, piacere di conoscerti”

Meringa però si voltò di nuovo. Con aria da superiore. «Certo che è un piacere conoscermi». La ragazza c'era rimasta di sasso. L'aveva completamente spiazzata. Non sapeva più né cosa dire né cosa fare. Restava immobile come un baccalà. Aveva solo riabbassato il braccio. Tecnicamente le era solo ricaduto dallo stupore.

Accorse in suo aiuto la ragazza dagli occhi azzurri. Era veramente arrabbiata. Le gridò che era una maleducata. Lucinda voleva solo essere gentile! le disse qualcosa del genere.

Meringa allargò il suo sorriso falso e si voltò ancora di più. Le disse, in tutta risposta, che neanche lei era molto educata ad urlare in quel modo.

Serena non ci vedeva più. Era troppo arrabbiata. Diventò ancora più rossa. Se le leggi della fisica lo avessero permesso avrebbe fatto fuoco e fiamme. L'altra invece era semplicemente impietrita. Una ragazza che si comportava così... perchè? Senza alcuna ragione per giunta. Cosa aveva fatto di sbagliato? Aveva conquistato la sua antipatia così. Gratuitamente. Perchè? Perchè non diceva niente? Avrebbe dovuto dirgliene quattro. Anche cinque. Era stata davvero scortese. Eppure era così inerte. Sembrava così vulnerabile. Non riusciva a muoversi.

Camilla invece non si era mossa. Le guardava. Il suo sguardo era critico. Quella ragazza non le piaceva. Quella situazione non le piaceva. Le guardava come se potesse prevedere un disastro. Un disastro imminente. Molto imminente nel futuro.

Clem corse verso di loro. Anche lei rimase molto stupita nel vedere la nuova ragazza. La guardò per un attimo. La incuriosiva...

Lem la raggiunse correndo. Nonostante la corsa fosse durata pochissimo era già stanco. Aveva un po' il fiatone. Non era proprio portato per lo sport. Quando vide la nuova ragazza si stupì.

Ash aveva finito di allenarsi. Stava tornando dagli amici. Pensava che fosse il momento giusto di rimettersi in viaggio verso Yantaropoli. Non doveva mancare molto. Tuttavia rimase molto perplesso quando vide la nuova venuta. Chiese chi era. La sua faccia proprio non gli diceva niente.

Meringa li salutò dicendo che doveva andare. Li salutò con la mano e con fare sarcastico. Poi si voltò appena verso Ash e gli fece l'occhiolino.

Il ragazzo si era stranito ancora di più. Perchè tutto ciò? Si chiedeva. Invece l'amica blu aveva provato piuttosto irritazione nel vedere quel gesto. Non sapeva perchè, cioè... non sapeva a che pensare! Che significava poi? Mah, forse l'avrebbe scoperto più avanti. Ora come ora non lo sapeva...

“Mi dà sui nervi!” disse Serena senza farsi troppi problemi.

“Anche a me... tu però Lucinda potevi anche far meno la figura del baccalà!” la rimprovera Camilla.

“Ehi! Mi aveva colto alla sprovvista, non me lo aspettavo!”

Poco dopo decisero di ripartire. Alla volta di Yantaropoli. Dove Ash avrebbe ottenuto la sua terza medaglia. Si rimisero in marcia. Attraversarono tutto il bosco. Un bosco pieno di Pokèmon. Assolutamente adorabili, come li definiva Lucinda nei suoi pensieri. Non si può dire che la camminata nel bosco fosse breve, comunque come ogni cosa giunse al termine. Finalmente i sei avevano raggiunto la città.

“Ce l'abbiamo fatta! Andiamo subito dal Capopalestra!”

Ash era entusiasta. Sembravano secoli da quando aveva sostenuto la sua ultima lotta Pokèmon.

“DalLa Capopalestra, in questa città la Capopalestra è Ornella, la nipote del maestro della megaevoluzione” precisò Lem.

Megaevoluzione... ne aveva già sentito parlare. Però non sapeva bene in cosa consistesse. Men meno ne aveva mai vista una dal vivo. Era proprio curioso.

Raggiunsero la palestra. Ormai la distanza per Ash alla terza medaglia si accorciava sempre più. Rimase invece immensamente deluso nel sapere che la Capopalestra non c'era.

“Dai Ash, non fare così...” gli disse Lucinda non sapendo neanche lei bene che cosa fare. Anche in passato era capitato spesso. Non capiva come mai certi Capopalestra lasciassero la loro palestra pur sapendo che gli allenatori viaggiano per tutta la regione con lo scopo di sfidarli. È davvero da egoisti.

“Sì, Lucinda ha ragione, ci saranno altre occasioni” aggiunse Serena.

“Ehi! Quando siamo venuti qui ho visto una torre altissima! Facciamoci un salto dai!” esclamò la mora alzando il braccio.

“Una torre altissima... ah, ti riferisci alla Torre Maestra” precisò ancora una volta il ragazzo biondo.

“Esatto, allora ci state?”

“Io non ho voglia... andateci pure voi...”

Ash era ancora depresso. A testa bassa. Non guardava niente e nessuno. Emanava un'aura 100% negativa.

“No Ash, anche tu devi venire!” parlò per la prima volta la piccola Clem.

“Certo che vieni, che cosa dici?” lo rimprovera l'amica dagli occhi blu. Il suo tono era serio e deciso.

Il ragazzo non rispose niente. Tuttavia non si poteva proprio dire fosse il caso di dire silenzio/assenso.

“Beh, chi tace acconsente, su” prese a camminare a passo deciso.

Tutti gli altri cominciarono a camminare ad eccezione di Ash. Rialzò la testa solo dopo che si allontanò di qualche metro. Lui era convinto che si sarebbe fermata prima, ma si era sbagliato di grosso.

“Ehi! Non è leale!”

“Eccome se è leale, su muoviti!”

Lucinda era un po' diversa da come Ash ricordava. Forse gli ultimi tre anni l'avevano un po' cambiata. Il cambiamento è inevitabile. Erano amici. Lo sarebbero rimasti. A lui non interessava se cambiava o no. Quando si vuole bene lo si vuole punto.

Ora erano al cospetto della Torre Maestra. La guardarono ammirati e la commentarono per un po'. Decisero di entrare. La stanza non era molto arredata. Semplice. Un'aria antica. I ragazzi si guardarono un po' in torno. La cosa che attirò la loro attenzione era una ragazza. Una ragazza bionda con gli occhi azzurri. Il suo vestito ricordava un po' quelli da cheerleader e indossava un casco. Parlava con un uomo anziano. Erano lontani. I sei non li sentirono bene. Dopo poco l'uomo anziano se ne andò in un'altra stanza. La ragazza invece rimase li. Si accorse per la prima volta della loro presenza. Andò da loro. Gli chiese chi fossero. Loro si presentarono uno a uno. Poi a loro volta le chiesero il suo nome. Quando la ragazza rivelo di essere un'allenatrice di Pokèmon Ash fece quasi i salti di gioia. Le disse che anche lui era un allenatore di Pokèmon. Le disse anche che era passato per la palestra ma che la Capopalestra non c'era. Infine le domandò se le andava di lottare contro di lui.

“Mi spiace, ma ora non posso, non posso distrarmi, devo trovare qualcuno che si prenda cura di Lucario”

Tutti rimasero basiti. Di fronte a una frase del genere non sapevano come comportarsi. Avrebbero potuto chiedere un sacco di cose. Il problema era come.

“Ma Lucario non è uno dei tuoi Pokèmon?” ruppe il silenzio Lucinda.

“No, ho trovato questo Lucario con tanto di Megacerchio e Megapietra di fronte alla mia pal... alla mia casa!”

Megacerchio e Megapietra... dai nomi sembravano centrare con la così detta megaevoluzione... Lucinda non era sicura di saper bene in cosa consistesse. Sapeva che era una caratteristica di sole poche specie di Pokèmon. Non sapeva molto altro. Non sapeva bene cosa avesse la megaevoluzione di diverso dall'evoluzione.

“Se è così io ti voglio aiutare, cercheremo un padrone per Lucario insieme!” disse Ash deciso.

La ragazza lo guardò con sguardo serio. In qualche modo lo stava scrutando. Mettendo alla prova... il giovane allenatore neanche se ne accorse.

“E va bene, salite sulla torre, c'è uno spazio riservato alle lotte” disse infine lei.

Gli altri non capivano. Soprattutto Ash. Perchè ora parlava di lotte Pokèmon? Non aveva detto che... chiese che stava succedendo.

“Ho cambiato idea, ti sfido sempre che tu te la senta ancora” spiegò. Stava già salendo le scale. Si era solo fermata un momento.

“Certo che me la sento!” rispose. Corse come un fulmine per raggiungere le scale.

La blu ne era felice. Il suo amico che non voleva venire ora era di nuovo entusiasta. Alla fine si era rivelato un bene per tutti venire alla torre.

Tutti gli amici cominciarono a salire le scale. I gradini erano tantissimi. Impiegarono una vita per raggiungere la metà. Le gambe di Lucinda cominciavano a far male. A sentirsi pesanti. Rallentandola. Finché non si fermò completamente. La fatica si era fatta sentire. Respirava affannosamente. Ecco cosa succede a star fermi per tre anni. Fuori allenamento massimo. Non era possibile, passi la corsa i gradini no.

Quando il respiro e il cuore si fecero più regolari guardò avanti. I suo amici erano spariti. E questo succede a rimanere indietro... probabilmente non se ne erano nemmeno accorti...

Mentre la ragazza pensava che non aveva più la forza di continuare, qualcosa la urtò. Normalmente per un urto del genere non si sarebbe neanche sognata di cadere, tuttavia quella volta cadé. A terra. Aveva preso una bella botta. Per il dolore si era riattivata. In quello stesso momento aveva realizzato che doveva continuare. Andare avanti. Non poteva ancora fermarsi.

“Scusami, ti sei fatta male?”

Sentì. Era un ragazzo. Lui l'aveva urtata per errore. Ora capiva tutto, quel ragazzo veniva dalla direzione opposta. Stava scendendo.

Certo che bisognava proprio dire fosse un ragazzo carino. Capelli mori. Occhi grigi scuro... cosa? Lucinda si obbligò a tornare immediatamente lucida. A cosa stava pensando? Davvero lo aveva pensato? Che vergogna...

La ragazza diventò immediatamente rossa. Sia per i suoi pensieri che per ciò che aveva detto il ragazzo. La sua voce era calma e dolce. Un principe moderno... cioè davvero?! Ma cosa le saltava in mente di dire! O meglio di pensare...

“Non preoccuparti” rispose. Era ancora un po' a disagio, ma si era obbligata a riprendersi e rispondere. Aveva solo scrollato un po' la testa e si era ripresa. Perchè i ragazzi carini le facevano questo effetto?

Aggiunse anche un sto bene. Tanto per cercare di sembrare più naturale. In realtà provava molto imbarazzo.

“D-devo andare!” disse scappando di corsa su per le scale.

Lucinda salì le scale velocemente pensando a quanto si fosse sentita in imbarazzo. Quando però raggiunse la cima rimase stupita nel vedere che Ash e Ornella stringersi la mano. La ragazza si complimentava per la lotta appena disputata e l'amico ringraziava.

Lucinda si dispiaceva solo di non essere arrivata in tempo. Le sarebbe piaciuto vedere l'incontro di Ash. Se solo non si fosse scontrata con quel ragazzo...

“Lucinda! Dov'eri finita?” l'attaccò Camilla.

La ragazza non sapeva bene cosa risponderle. Si limitò a farle un mezzo sorriso imbarazzato.

Quando l'allenatore si accorse della presenza dell'amica si voltò. La chiamò agitando il braccio come se fosse lontana km. Lucinda rispose al saluto ancora sorridendo imbarazzata. Il saluto di Ash le appariva come un modo di dire finalmente sei arrivata!

La ragazza bionda guardò per un po' la scena. Forse era un po' incuriosita. Forse un pelino intenerita. Aveva lo sguardo di una che sa di saperla lunga eppure non giudica.

“Ash, spero che in futuro vorrai darmi la rivincita”

Ash riabbassò il braccio e la guardò confuso. Darle la rivincita? Quando? Era così certa che si sarebbero visti ancora?

“Ecco, tieni, la PokèBall di Lucario” sentenziò mettendogli la sfera in mano.

Il ragazzo la osservò per un attimo, poi la guardò. Faticava a crederci. Anzi, proprio non ci credeva. Perchè lo dava proprio a lui?

“Ma me lo dai veramente?”

“Penso che Lucario starà molto bene con te, l'ho capito subito, quindi prenditi cura di lui per favore”

“Lo farò” disse facendo un cenno con la testa.

Ornella cominciò a camminare. Proprio quando ormai era arrivata davanti alla porta Ash la richiamò.

“Aspetta Ornella! Cosa volevi dire quando prima hai detto che volevi che ti concedessi la rivincita?”

Ornella non si scosse. Restò ferma sul posto. Al contrario di Lem che invece folgorato da chissà quale presagio cominciò a sfogliare la guida. Era proprio lei. Ornella, la Capopalestra di Yantaropoli. Quando lo disse agli amici loro rimasero a bocca aperta.

“Esatto, sono proprio io e questo vuol dire che ci incontreremo ancora ragazzi” chiarì voltandosi verso Ash forse con aria un po' di sfida. Il ragazzo contraccambiò lo sguardo. Lui non si sarebbe fatto sconfiggere tanto facilmente.
 

 

Sono tornata!!!!!(?)!!!!!

Ciao a tutti ^^
E' passato decisamente TROPPO tempo dall'ultima volta...
Buah, che brutto diventare grandi! >^<
Premesso che questo capitolo è stato scritto a blocconi distanti tra loro per tempo, voglia e idee non so davvero come si metterà con gli altri capitoli...
Comunque sono intenzionata a finire Sugar Pokè perchè c'è qualcuno a cui piace molto e poi perchè io per prima sono orgogliosa della mia creatura e voglio darle un finale come si merita <3
Va bene allora, grazie a tutti voi che mi seguite, mi impegnerò al massimo per sbloccare la mia vena creativa! <3

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Capitolo 11
*** Nuovi strani sentimenti... ***


Nuovi strani sentimenti...

Si erano svegliati in tutta fretta. La mattina Ash, Lucinda, Camilla, Lem, Clem e Serena si erano subito messi in marcia verso la palestra della città. Ash era al settimo cielo, come sempre del resto. Se si parla di lotte Pokèmon lui può essere solo felice. Solo ieri aveva affrontato e sconfitto la Capopalestra in una battaglia uno contro uno, non sapendo neanche tra l'altro che Ornella era a capo della palestra della città. La domanda che tutti si ponevano era: ora che lo sa non è che si farà prendere dal panico? Oppure non è che avendola già sconfitta la sottovaluterà? Saprà reggere il confronto anche con tutti gli altri suoi Pokèmon? E quali saranno?

Erano queste le domande che tormentavano gli amici. In particola la ragazza dai capelli blu. Guardò per un attimo Ash. Era davanti a loro che procedeva a passo sicuro. Lucinda riabbassò lo sguardo. Il giorno prima si era persa il suo combattimento con Ornella. Le sarebbe così piaciuto vederlo. Chissà se aveva utilizzato la famosa Megaevoluzione...

Comunque oggi avrebbe visto la lotta a ogni costo. Dall'inizio alla fine. Facendo l'adeguato tifo. Purtroppo oggi non aveva avuto il tempo di mettersi il vestito da cheerleader, ma non era un grosso problema. Era da escludere che l'amico avrebbe perso per questa pura formalità.

“Che hai Lucinda?” le chiese l'amica mora.

Lucinda presa alla sprovvista sobbalzò. Balbettò un nulla, tuttavia Camilla continuò a guardarla con la coda dell'occhio sospettosa. Impossibile dire a cosa pensasse in quel momento.

Serena si intromise e chiese a Lucinda se era preoccupata. L'amica allora avvampò, così fu il turno della piccola Clem che disse che non c'era da preoccuparsi e che Ash avrebbe vinto di sicuro.

Lucinda in quel momento tirò un sospiro di sollievo. Era contenta che le amiche non avessero capito. Lei stessa non si capiva in certi momenti e quello non faceva eccezione. Si sentiva però molto in colpa. Egoista a dirla tutta. Non era solamente preoccupata per Ash. I suoi sentimenti non erano così puri e innocenti, anche se non sapeva trovare il modo di interpretarli.

Finalmente erano arrivati di fronte alla palestra. Ash corse subito dentro. Gli amici lo seguirono a ruota un po' affannati. Il portone era chiuso e aveva l'aria di essere pesante, tuttavia con una spinta il ragazzo lo aprì senza fatica.

I ragazzi restarono incantati. La palestra era qualcosa di mai visto. Il colore dominante era decisamente il viola e c'era una grandissima pista di pattinaggio. Anche il giallo non mancava a dire il vero.

Subito un uomo di mezza età venne loro incontro. Diceva: solo uno sfidante per volta. Allora i ragazzi si sbrigarono a spiegare l'equivoco.

“Non sappiamo come funziona nelle altre palestre, ma qui può entrare solo lo sfidante, amici e parenti devono aspettare fuori” spiegò l'omone. Aveva una voce lenta e piuttosto antipatica. O almeno fu quello che pensò Camilla perchè lo guardò male facendolo avvampare.

“Ash...” disse Lucinda d'impulso. Probabilmente si aspettava qualche parola o frase di conforto. Aveva l'aria abbattuta. Che peccato! Lei voleva davvero vedere il suo incontro...

“Tranquilla, voi aspettatemi fuori non ci metterò molto, andrà tutto bene!” sorrise raggiante.

La ragazza però non si sentì per niente sollevata, anzi. Quelle parole l'avevano mortificata ancora di più. Se l'aspettava, tuttavia averle sentite le faceva male...

L'omaccione disse hai ragazzi ancora una volta di uscire. Era davvero insistente, Camilla non lo sopportava proprio. Lo fulminò ancora con lo sguardo facendolo avvampare di nuovo. Fece un sorriso totalmente imbarazzato e spiegò che in realtà era per la loro sicurezza. A quanto pareva la pista di pattinaggio non era chiusa e se per caso qualcuno si fosse fatto male sarebbe finito nei guai lui.

Camilla però lo guardò ancora più male. Peggio ancora, trattava la gente come degli idioti. Come si permetteva!

Lem guardò lo sguardo fisso dell'amica mora sull'uomo. Cercò di richiamarla decisamente imbarazzato. Poi chiese solennemente scusa e diede il via agli altri di uscire. Solo che dato che la mora non dava cennò di muoversi la guidò verso l'uscita poggiandole le mani sulle spalle.

Quando furono fuori Camilla ancora furente mise su il broncio. Lem era disperato perchè non sapeva cosa fare. L'aura negativa di Camilla era troppo potente. La bimba tentò di dare una mano al fratello e così finalmente almeno la ragazza rilassò le braccia conserte. Cominciò la lamentarsi di quell'uomo e della loro libertà limitata dalle sue strane leggi.

Intanto Lucinda e Serena si erano sedute sulla panchina di fronte alla palestra. Serena guardava preoccupata l'amica che aveva il viso abbassato e gli occhi persi.

“Lucinda, stai bene?” le chiese.

“Sì, perchè me lo chiedi...” rispose a testa bassa.

La castana non sapeva che fare. Non aveva neanche dato intonazione alla frase. Non sapeva come comportarsi. Lucinda era sempre allegra e spensierata, poi a volte cadeva in uno stato di depressione tale da confondere perfino se stessa.

“Ti posso dire una cosa un po' egoista?” ruppè il silenzio a un certo punto.

Serena subito confusa non capì, ma poi le disse di sì e la rassicurò che con lei poteva parlare liberamente.

“Io... non sono preoccupata, so che Ash saprà tenere brillantemente testa a Ornella e solo che vorrei essere lì...”

L'amica ancora non capiva. E che cosa c'era di male? Anche lei se avesse potuto avrebbe voluto essere lì, non ci vedeva nulla di strano.

“prima quando Ash mi ha detto di aspettare tranquillamente fuori mi sono addirittura sentita un po' arrabbiata, so che era il suo momento e non ne avevo diritto, però forse avrei voluto che almeno un po' fosse dispiaciuto...” continuò la blu.

La ragazza dagli occhi azzurri era sorpresa. Aveva capito cosa intendeva l'amica, tuttavia lei non ci aveva nemmeno pensato. Forse era un po' superficiale. Il ragionamento di Lucinda aveva senso in effetti, però le sembrava un po' contorto. Era convinta che non fosse egoismo, anzi aveva anche capito cos'era... però non voleva ammetterlo. Sì, ammetterlo avrebbe segnato la sua sconfitta definitiva. La prova che non poteva competere...

Tuttavia da buona amica cercò di spiegarle che non era per niente egoista. Era normale. Con i sentimenti non si discute, li si prova e basta.

Lucinda però alla fine non era per niente convinta. Forse era addirittura più a terra di prima.

Serena a quel punto le propose una cosa che mai nella vita avrebbe rifiutato...

“Ho un'idea, che dici se andiamo a fare un giro al negozio di vestiti della città?”

La ragazza alzò la testa di scatto e si voltò con gli occhi scintillanti.

“Mancherà ancora un bel po' prima della fine dell'incontro, che dici?” continuò ora consapevole del fatto di aver attirato l'attenzione dell'amica.

“E' una grande idea!” esclamò la ragazza con gli occhi ancora brillanti, poi tornò alla realtà e disse che prima dovevano avvertire Camilla e gli altri.

“Io non credo ci faranno molto caso” disse un po' ironica facendo notare all'amica che Lem lavorava a una strana invenzione mentre Clem e Camilla lo guardavano curiose.

Così le due ragazze cominciarono a incamminarsi. A Yantapoli c'era anche una grandissima pista di pattinaggio. Per qualche motivo la grande passione di tutti gli abitanti della città era il pattinaggio.

Serena e Lucinda si trovavano ora davanti al negozio. Lucinda si era incantata con le mani strette sul cuore. Serena non disse niente, sorrise. Era felice che finalmente l'amica avesse recuperato un po' di entusiasmo.

“Guarda chi si vede” disse qualcuno uscendo dal negozio.

“Ancora tu?!” sbotté subito la castana.

“Serena, dai andiamo via...” sussurrò quasi Lucinda. Perchè aveva detto così? Quasi rassegnata per giunta. Che le prendeva quel giorno? Non capiva, era tutto così confuso. Dentro di lei almeno questa reazione era chiara, ma fuori sembrava così confusa...

La ragazza castana era ancora una volta confusa. Perchè diceva così? Che le prendeva oggi? La guardò solo con aria confusa, non sapeva che altro fare.

“Non preoccupatevi, me ne stavo andando” annunciò passando oltre. Aveva un sacco di sporte, doveva aver fatto diversi acquisti.

“ah, comunque non credo proprio questo negozio si adatti al vostro stile, beh, ciao” concluse non fermandosi un attimo.

Serena ribolliva di rabbia. Lucinda al contrario era semplicemente a terra, ma non per Meringa. Continuava a non capire perchè... ormai era diventata angosciate perfino per se stessa...

“Lucinda, torniamocene alla palestra!” esclamò l'amica. Meringa le aveva già rovinato il resto della giornata, dimenticava però la blu. Ormai era sempre più mortificata, troppo a terra... ci mancava solo Meringa!

“Lucinda, andiamo ti riporto da Ash” disse prendendola per mano e trascinandola.

Lucinda solo ora si era un po' riattivata. Aveva fatto arrabbiare Serena? Oh no, era l'ultima cosa che voleva! Un attimo, cosa aveva detto? Ti riporto da Ash? Aveva detto così? Era quasi come se lei avesse capito che la causa era Ash. E lo aveva capito prima di lei stessa... no, ma questo lo aveva capito perfino lei. Forse il problema era solo che non lo voleva ammettere.

Tornarono alla palestra. Ash non era ancora uscito, in compenso nessuno degli altri tre si era accorto dell'assenza di Lucinda e Serena.

L'allenatore uscì dalla palestra pochi minuti dopo. Non ebbe neanche il tempo di uscire completamente che l'amica dai capelli blu gli corse incontro abbracciandolo con sua grandissima sorpresa.

Serena guardò la scena. Il suo sguardo era un po' malinconico, tuttavia si costrinse a sorridere. Domandò all'amico come era andata e lui rispose che tutto era andato liscio come l'olio.

“Lucinda, però adesso non potresti staccarti? Non sono mica andato in guerra”

La blu però non sembrava averlo ascoltato. Sembrava anche aver chiuso gli occhi.

“Ma tu guarda...” disse rassegnato non sapendo che fare. Non sembrava neanche lei quel giorno. Sembrava quasi si fosse addormentata... nah, ma chi si sarebbe mai addormentato in piedi? Era ridicolo.

Camilla era distratta a guardare l'invenzione di Lem è vero. Tuttavia sentendo uno strano presentimento si voltò e vide la schema. Ash, Lucinda e Serena... Aveva già capito tutto. Le nuove emozioni e sensazioni che pian piano sbocciavano erano molto chiare. La situazione stava decisamente prendendo una piega interessante.

 

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Capitolo 12
*** Quarta medaglia? Stelle prima della battaglia! ***


Quarta medaglia? Stelle prima della battaglia!

Lucinda si svegliò quando sentì qualcosa di morbido sul viso. Qualcosa che glielo accarezzava. Aveva gli occhi chiusi e quindi non vedeva. Però era qualcosa che non si faceva per niente sentire.

Sentiva anche un leggero venticello che le accarezzava i capelli. Gli occhi però non li voleva aprire. Non voleva rinunciare a quel senso di calma e di estraneamento dalla realtà.

Passarono un altro paio di minuti. Il vento ora era aumentato. Ormai la ragazza non sapeva dire se era tutto un sogno o stava accadendo realmente. A un tratto sentì qualcosa precipitarle sul naso. Era bagnato, sembrava proprio si trattasse di una goccia.

La ragazza blu riaprì gli occhi di scatto. Era sdraiata su un prato a faccia in su verso il cielo. Come c'era finita lì?

Vide qualcuno sfrecciate vicino a lei. Allora alzò il busto per vedere meglio. Era Ash, si riparava la testa con un giornale. Correva a tutta velocità... ma che diamine stava succedendo?!

“Presto Lucinda! Sta per piovere!” esclamò sbrigativo non fermandosi.

La blu rimase per un po' basita. Non capiva. Non ricordava. Che cavolo stava succedendo? Non è che era tutto un sogno?

Finalmente si scantò dai suoi pensieri e comprese che intanto Ash si stava allontanando sempre di più. Si alzò in piedi e lo rincorse gridandogli un po' offesa di aspettare.

L'amico era entrato in una tenda e dentro alla tenda c'erano Camilla, Lem, Clem e Serena. Lucinda era sempre più confusa. Quella tenda da dove veniva?

“Ash! Lucinda!” esclamò Serena non appena li vide.

“Meno male, avete fatto in tempo?” emise la piccola Clem.

“Per un pelo, fortuna che Lucinda si è svegliata” disse lui sedendosi.

“Ash, mi serve una mano per la cena” si alzò Lem andando vicino a lui.

“Adesso? Ma sta piovendo!” si lamento Ash.

A quel punto gli occhiali del ragazzo scintillarono. Lem disse esattamente: oggi trionfa la scienza, il futuro è qui! Tirò fuori uno strano oggettino sferico. Spiegò che si trattava dello SmettitoreDiPioggia300. Bastava lanciarlo in aria e lui avrebbe fatto il resto. Il ragazzo biondo in realtà diede una lunga ed esauriente spiegazione, ma nessuno degli amici capì gran che. Ash a fine spiegazione guardò l'oggetto ammirato. Gli occhi gli scintillavano.

“La scienza è davvero incredibile!” disse, poi però tornò coi piedi per terra.

“Quando lo lanciamo?” chiese.

Lem sogghigno. A dire la verità quando faceva così inquietava un certo timore.

Fuori pioveva già abbastanza. Gli amici erano usciti di pochi passi dalla tenda mentre Lem era uscito molto di più e protendeva l'oggetto verso il cielo.

“Vai, SmettitoreDiPioggia300!” urlò lanciandolo in alto.

La pioggia si era bloccata all'istante. In modo del tutto innaturale, senza preavviso... altrettanto senza preavviso fu la lavata di capo che tutti i ragazzi ricevettero un attimo dopo. Infine la pioggia riprese a scorrere col suo ritmo regolare.

Dopo una mezz'ora smise di piovere. Lem aveva preparato la cena e Ash l'aveva aiutato ad apparecchiare. Tutti avevano finito di mangiare abbastanza velocemente. Non erano ancora completamente asciutti. Lucinda fu la prima ad alzarsi da tavola. Diceva che doveva assolutamente andare ad asciugarsi i capelli, altrimenti il giorno dopo sarebbero stati orrendi.

Il ragazzo biondo era ancora atterrito. Letteralmente. Perchè la sua invenzione non aveva funzionato?

Clem gli si avvicinò. Gli dispiaceva un sacco vedere il suo fratellone ridotto così.

“Suvvia fratellone, non è la prima volta che una tua invenzione non funzione, non abbatterti così” gli disse, ma in realtà realizzò subito che nonostante quella fosse la verità non lo aiutava di certo a dire così.

“Clem, dimmi la verità... pensi che io sia un fallito?” domandò con la faccia stampata contro al tavolo.

“No che non lo penso! Sono convinta che l'invenzione a cui stai lavorando funzionerà!”

“Grazie sorellina, ma non ne sarei tanto sicuro” rialzò la testa lui facendo un sorriso un po' sforzato.

Intanto Lucinda si stava seccando i capelli con il phoon dento la tenda. Aveva quasi finito quando entrò Camilla.

“Bella mossa Lucinda!” le disse andando di fronte a lei sedendosi a gambe incrociate.

L'amica proprio non capiva. A cosa si riferiva? Spense il phoon, tanto ormai aveva finito.

“Cosa intendi?”

“Come cosa? Ti sei addormenta in piedi e proprio tra le braccia di Ash, è stata una mossa vincente, degna di te, brava!” disse cominciando a dondolarsi a destra e a sinistra.

La blu avvampò. Come si era addormentata? … COME SI ERA ADDORMENTATA!?

“Vuoi dire che ho dormito in piedi?!”

L'amica mora scoppiò a ridere. Lucinda era veramente forte quando faceva così. Quando si agitava, la trovava veramente buffa.

Commentò l'unicità dell'amica. Naturalmente la blu si arrabbiò chiedendo come al solito cosa c'era di tanto divertente.

“Lucinda non te ne accorgi? Sei così sincera che se non ti conoscessi direi che è tutta una falsa” disse tra un riso e un altro.

Lucinda la guardò sorpresa. Che voleva dire? Come sarebbe che tutto sembrerebbe una falsa se non la conoscesse? O meglio, lo capiva ma... lei si era sempre reputata una persona che... una persona! Una ragazza, si comportava come le veniva. Sul momento, non pensava assolutamente a come pilotare il suo comportamento. Più che non riuscirci proprio non ci pensava. Perchè avrebbe dovuto comportarsi in modo diverso? O meglio, perchè di solito la gente lo fa?

Il giorno seguente ripresero il viaggio verso Temperopoli. Ash avrebbe vinto la sua quarta medaglia senza troppi intoppi. Ormai era diventato davvero forte negli incontri. Perfino il suo Fletching ormai aveva raggiunto l'ultimo stadio evolutivo, orma era un Talonflame.

Il tragitto per i nostri eroi fu tranquillo. Lucinda si guardava da tutte le parti ammirata, poi a un certo punto il suo sguardo si soffermò su Ash e non si staccò più. Il suo cuore aveva cominciato a battere forte. Perchè succedeva? La ragazza non capiva, a volte era addirittura terrorizzata. Aveva anche avanzato l'ipotesi di aver contratto qualche strana malattia e questo la spaventava ancora di più.

L'amico vedendola con la coda dell'occhio osservarlo fece un mezzo sorriso, poi guardandola apertamente esclamò il suo nome. La ragazza dai capelli blu titubò goffamente. Non se lo aspettava, perchè a volte Ash se ne usciva così?!

“Sì!?” chiese lei indecisa se essere stupita o terrorizzata. In realtà si chiedeva perchè terrorizzata, lei non aveva fatto niente. Eppure in quel momento si sentiva un po' in colpa.

“Come va? Ieri eri decisamente stanca, ti sei riposata abbastanza ieri notte?”

La ragazza era contenta che glielo avesse chiesto. Non poteva negarlo, il suo interessamento era prezioso. Era così: A volte Ash è davvero dolce. Così quello che poteva sembrare un modo di dire in realtà era pura verità. Perchè Ash poteva essere testardo, cocciuto, impulsivo e qualche volta anche un po' sfacciato, ma la sua dolcezza era innegabile. Certo, molte volte era smentita da una battuta sarcastica come in quel caso: Non avevo mai visto nessuno addormentarsi in piedi, sei da guinness dei primati!

Lucinda non poteva negare di essersi un po' offesa, ma in fondo lo sapeva. Ash non si sarebbe mai dimostrato troppo dolce e gentile. Forse si vergognava, in fondo anche questa poteva essere una forma di timidezza. C'è chi scappa e chi si atteggia. E Ash sicuramente era uno che si atteggiava. Beh, scappava anche a dirla tutta, ma poi prometteva di ritornare quindi non è timidezza. Chi scappa da timido non ritorna. Per questo la blu si prometteva che mai nella vita sarebbe scappata. Perchè se scappi è dura tornare...

“Eddai Lem! Non vuoi proprio dirmi cosa fa la tua ultima invenzione?!” Camilla tartassava di domande il povero Lem. Era curiosa, voleva sapere di più su quel quadrato meccanico a cui l'amico lavorava con tanta passione. Il ragazzo biondo però le disse che era top secret e che l'avrebbe rivelato solo più avanti. Tuttavia la resistenza di Lem non bastò perchè la mora smettesse di incalzare, anche perchè dopo si aggiunse la piccola Clem e anche se il ragazzo non vuotò il sacco lo avevano ridotto allo stremo. Lem aveva perfino sbattuto contro un albero dalla confusione che aveva in testa.

“Camilla, credo che non dovresti insistere...” le aveva sussurrato all'orecchio Lucinda.

Allora la ragazza mora si era sentita un po' in colpa e non aveva più aperto bocca.

Verso sera erano arrivati a Temperopoli e si erano messi subito alla ricerca di un Centro Pokèmon. Arrivarono che saranno stata poco più delle sette.

Ash fece controllare tutti i suoi Pokèmon in vista della lotta del giorno successivo.

Alle dieci tutte le luci si spensero. Era l'ora del così detto copri fuoco.

Tutti stavano già dormendo. Non si sentiva uno spiffero.

Lucinda si girava e rigirava nel letto. Quella sera non riusciva proprio a dormire. C'era troppo caldo. Ormai da diversi giorni era così, ma ora eravamo arrivati proprio al culmine.

Invece Camilla, Serena e Clem dormivano beatamente. La ragazza pensò che erano proprio fortunate.

Si sedette con l'intenzione di alzarsi. Prendere un picchiere d'acqua, era questo l'obbiettivo. Cercò di uscire senza fare rumore. Tanto nessuna di loro se ne accorse.

La ragazza blu scese le scale e si diresse verso il distributore di picchieri e acqua. Prese però un grande spavento quando ancora lontana vide la sagoma di qualcuno venire verso di lei. Stava per gridare, davvero... fortunatamente la sagoma si avvicinava sempre più e solo un intante prima la ragazza realizzo che... era Ash!

Si era messo un dito sulla bocca e la implorava di non urlare. La blu si rese conto in tre secondi di tutto. In tutta sincerità la prima reazione sarebbe stata quella di tirare uno schiaffo a cinque dita ad Ash. Che spavento le aveva fatto prendere...

“Ash! Che ci fai qui!?”

“Era più o meno la stessa cosa... ehm, mi stati seguendo?”

“Cos...? N-no! Cosa dici!?” Lucinda ci mise un po' per elaborare, ma smentì subito. Come poteva pensare una cosa simile? E poi non aveva risposto, ragion per cui decise di insistere. In realtà sapeva bene il perchè anche senza che il ragazzo le dicesse niente. Il suo amico era solito essere molto impaziente, ragion per cui non riusciva mai a dormire prima di un evento importante... beh, in effetti come lei.

Ad un tratto Lucinda vide muoversi velocemente un cosa scintillante in cielo. Corse euforica verso la finestra lasciando Ash di stucco e la indicò.

“Una stella cadente!” esclamò indicandola con il dito sorridente.

L'amico le venne vicino e costatò che aveva ragione. Poi disse qualcosa a proposito degli astri e le costellazioni. Si domandava se ci fosse un Pokèmon a capo di esse.

“Sarebbe bello uscire a vederle meglio...” commentò la ragazza ancora ammirata.

Ash la guardò stupito. Quando si dice che una ragazza adora le stelle non mentono. Non capisce bene perchè, ma sembra che quei blocchi luccicanti in cielo faccia scattare qualcosa in loro. Sogni, speranze, desideri... a lui non fa quell'effetto, anzi non gli fa nessun effetto. Né caldo né freddo. Come guardare le nuvole sperando che non piova. Beh, forse non proprio, ma più o meno è la stessa cosa...

“Lucinda, credo di avere un'idea” disse un po' sorridendo. Si domandava proprio come si sarebbe comportata l'amica una volta spiegato.

Lucinda lo guardò perplessa, ma al tempo stesso confusa. Impossibile dire cosa avesse in mente. O meglio forse non impossibile... forse non voleva solo illudersi con varie ipotesi... chissà...

Ash le aveva rivelato che al piano di sopra nascosta dietro le scale aveva scovato una parte di corridoio provvista di una portafinestra. I due non aspettarono un attimo. Salirono le scale e andarono verso la portafinestra. Lucinda l'aprì, mentre l'amico recuperava un paio di sedie nella sala d'aspetto. Infine si sederono.

Lucinda continuava a guardare gli astri meravigliata. Le stelle si fondevano nei suoi occhi con una combinazione eccezionale di colori.

Ash inizialmente guardò solo lei. Dallo sguardo dell'amica cercava di cogliere quell'entusiasmo che la caratterizzava. Lui era molto diverso da lei, almeno in quel senso. Non capiva l'importanza della meraviglia. Di meravigliarsi per le piccole cose. Lui, sempre a caccia di nuove avventure non riusciva a fermarsi a pensare. Non si osservava molto attorno, forse se lo avesse fatto avrebbe capito. Alla fine non c'è bisogno di andare a caccia di chissà quali avventure, basta solo essere felici.

“Grazie Ash” disse lei non staccando gli occhi dal cielo.

Il ragazzo la guardò stupito. Di cosa lo ringraziava esattamente?

“le stelle sono bellissime...” continuò guardando sempre più in alto.

In quel momento l'amico avvertì qualcosa nel petto. Non si può dire gli facesse male. Era strano, sembrava come un formicolio... un tuffo all'incontrario... non capiva, eppure qualcosa gli diceva che non era un male. Andava tutto bene e il fatto di non capirlo lo rendeva più tranquilla.

Ash guardò per la prima volta le stelle. Ora forse coglieva un po' di quella bellezza che Lucinda trovava in loro.   

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Capitolo 13
*** Calem viaggia con i nostri eroi? ***


Calem viaggia con i nostri eroi?

 

“Ma scusate, voi pensate di poter sparire così come se niente fosse?” li rimproverava Camilla con le braccia sui fianchi e aria critica.

La mattina gli altri si erano spaventati non vedendoli. Allora grazie all'inespresso senso calmo, scrupoloso e investigativo della ragazza mora avevano setacciato tutto il Centro Pokèmon. Così avevano trovato i due amici addormentati. Erano seduti su quelle stesse sedie che avevano sfruttato per vedere le stelle. Poi alla fine non avevano visto nessun'altra stella cadente e senza troppe spiegazioni devono essersi addormentati.

“Mi sa che ci hanno beccati, eh Lucinda?” emette Ash mortificato. Si sfrega la fronte, intento l'amica però continua a dormire. È appoggiata alla spalla del ragazzo, non sembra proprio dar cennò di svegliarsi.

“Siete incredibili, tu Ash oggi hai anche l'incontro! Chi sa come siete stati scomodi a dormire seduti!”

Non era proprio nelle intenzioni di Camilla, ma le sue urla svegliarono la blu. Subito aprì gli occhi piano e pigramente, ma mano a mano che vedeva sempre più chiaramente l'amica mora fece quasi un salto e aprì gli occhi di scatto. Si mise a balbettare dicendo che poteva spigarle tutto e che era stata solo sua l'idea.

La ragazza mora si mise a ridere dicendo quanto fosse buffa l'amica. Dopo una reazione così non ce la faccio ad arrabbiarmi. Lucinda non sapeva se esserne contenta o meno.

Serena guardò lei e Ash. Sorrideva, ma a stento. Più che altro il suo sguardo risultava rassegnato. Ammetteva la sconfitta? Ma no! Sconfitta di cosa poi? Qui non stava gareggiando nessuno... o almeno è quello che Lucinda e Ash pensavano. Pensare che i due neanche si erano accorti dell'amica che li guardava...

Dopo colazione si diressero alla palestra. La lotta non durò moltissimo. Come previsto Ash riuscì a vincere con facilità, ma non perchè il Capopalestra fosse debole. L'allenatore stava affinando sempre più la sua tecnica. E poi aveva molto spesso il vantaggio del tipo e non era una cosa da sottovalutare.

Al pomeriggio erano già ripartiti. La prossima tappa era Luminopoli. Ash avrebbe dovuto sfidare Lem nella sua palestra. In effetti l'idea di sostenere una battaglia con il proprio compagno di viaggio per ottenere una medaglia gli sembrava strano, ma avrebbe dovuto pensarlo fin dall'inizio quindi non era così importante. In fondo non era poi così strano.

Il tragitto da compiere era lungo. Molto lungo. Non avevano pensato di portare con loro scorte extra di acqua e faceva molto caldo. La piccola Clem sudava un sacco. Diceva di aver sete, proprio non ce la faceva a proseguire. Il fratellone le disse di portare pazienza ancora un po', ma quando disse così la bambina gli urlò che aveva sete e male ai piedi e il ragazzo sobbalzò per la sorpresa. Se la sorella iniziava a lamentarsi dopo che era arrivata allo stremo non sentiva ragioni.

Si erano fermati tutti. Lucinda era preoccupata. Già era difficile per loro, immagina per una bambina come Clem... almeno ci sarebbe voluta un po' di acqua, ma nei paraggi non c'era un fiume...

“Tieni” disse qualcuno tendendo una bottiglietta d'acqua. La bimba guardò perplessa prima la bottiglietta e poi lui.

La biondina non fu l'unica a rimanere sorpresa. Anche gli altri si fecero perplessi. Era un ragazzo. Carino, come pensarono le ragazze...

Sì, era proprio lui! A Lucinda era venuto un colpo... il ragazzo della Torre della Megaevoluzione...

Serena sorrise. Impossibile dire perchè.

“Calem!” esclamò poi la ragazza castana.

“Lo conosci?” chiese Camilla curiosa.

“Sì, è il mio vicino di casa” rispose all'amica. Poi si rivolse a lui e gli disse che non sapeva si fosse messo in viaggio. Lui le rispose che ormai viaggiava da due mesi e che aveva già quattro medaglie, ora stava andando a Luminopoli.

“Grazie” sorrise la piccola prendendo la bottiglia.

“Prego” sorrise a sua volta il ragazzo. Si rivolse agli altri e si scusò per essersi intromesso, ma rivelò di avere una sorellina e per questo non riusciva a rimanere impassibile davanti a una bambina in difficoltà.

Lucinda era arrossita. Era molto imbarazzata, quel ragazzo era veramente gentile. Non era stato solo un caso. La blu si augurava davvero che nessuno si fosse accorto delle sue guance... la ragazza si era messa senza accorgersene a guardare Calem. Esattamente come la prima volta che si erano incontrati. Non se ne accorgeva, al contrario di lui che se ne accorse. E le sorrise. A quel sorriso Lucinda sorrise impacciata cercando di essere gentile, ma in realtà stava morendo di vergogna e arrossendo sempre di più. Che si ricordasse di lei? No, si erano sono incontrati... anzi scontrati. Eppure lei si ricordava di lui. È anche vero però che se fosse stato un altro forse non se ne sarebbe neanche accorta. Quel ragazzo era così gentile. Un principe moderno... argh! Di nuovo!

Ash li guardò. Un po' di irritazione... sì, traspariva. Il suo sguardo si era un po' spento. Era logico pensare il nuovo ragazzo non gli stesse tanto simpatico. Serena lo notò e gli chiese se andava tutto bene. A quel punto l'amico si riprese e disse sorridendo che stava benone.

“Calem, visto che anche anche tu vai a Luminopoli che ne dici se ci andiamo tutti inseme?” propose Ash.

Tutti erano stupiti. Conoscevano Ash e lui non era decisamente il tipo da fare questo genere di proposte. Camilla lo guardò senza farsi notare. Il suo sguardo era serio. Lei aveva capito subito che qualcosa lo turbava. Qualcosa che neanche lui sapeva. Tuttavia l'amico era decisamente unico nel suo genere, molti scappano quando percepiscono il pericolo. Lui è ostinato ad andare fino in fondo. Non sarà un po' masochista come cosa?

Riuscirono a convincere Calem. Ripresero il viaggio verso Luminopoli. Calem aveva appena scoperto che Lem era il proprio il Capopalestra della città. Disse che se l'avesse saputo sua sorella sarebbe stata gelosa. A quanto pare era una grande fan di Lem e dei suoi Pokèmon.

“Lo sai Calem, non ho mai incontrato tua sorella nonostante il fatto che siamo vicini di casa” disse Serena cogliendo l'occasione per parlare della misteriosa sorella del ragazzo.

“Questo perchè i nostri genitori sono separati, lei vive a Luminopoli coi nostro padre” rispose lui.

Lucinda ascoltò interessata. Incredibile come le cose siano complicate. A un primo sguardo non si direbbe mai, neanche al secondo se è per questo. Riprese a guardare in avanti. Forse tendente al basso. Era pensierosa. Chi sa come poteva essere la sorella di Calem. Non se la immaginava proprio. Tanto per cominciare aveva la loro età? Era più grande o più piccola? Beh, forse più piccola considerando che poco prima aveva detto che Clem le ricordava la sorella...

“Sei pensierosa” l'affianco l'amica mora.

“Per niente” la guardò con la coda dell'occhio la blu. Possibile che Camilla capisse sempre ogni cosa? Eppure non si direbbe né alla prima, né alla seconda, né alla terza volta. Invece l'amica era decisamente un tipo attento e intuitivo.

“Sai Lucinda, mi dispiace molto, noi non parliamo più sinceramente come una volta” continuò incrociando le mani dietro la testa.

L'amica davvero non capiva perchè così all'improvviso avesse detto una cosa del genere. Però in effetti era vero, da quando erano con Ash e gli altri si confrontavano poco.

“ricordi quando sei caduta nella fontana? Oppure quella volta che la madre di Serena ci ha ospitato a casa sua? Bei tempi...” continuò.

L'amica castana era stata sempre all'oscuro del fatto. Domandò a Lucinda se era vero, anche se non dubitava delle parole di Camilla. Così le tre cominciarono a parlare del passato ricordando anche quando erano state a Luminopoli. La mora ricordò anche che era stato lì che aveva incontrato Lem per la prima volta, facendolo arrossire. Non se lo aspettava.

La castana invece affermò di aver incontrato per la prima volta Lucinda all'interno della Boutique-Chic-à-Porter e la blu fece un sorriso imbarazzato al ricordo di quello che era successo.

“A proposito Lucinda, dopo ci facciamo un salto?” le chiese Serena.

“Non penso proprio ci potrò rimettere piede...” rispose lei ancora sorridendo imbarazzata.

Serena non capiva bene, comunque non fece ulteriori domande. Si ricordava che in quell'occasione Lucinda era scappata urlando qualcosa e che dalla foga aveva dimenticato la cuffia. Tuttavia non ricordava cosa avesse effettivamente urlato...

I ragazzi erano finalmente arrivati in città. Avevano impiegato ore. Erano tutti stanchi e il sole era sempre più cocente. Ash voleva davvero combattere? Dopo tutto sarebbe stata la sua seconda lotta della giornata. Magari avrebbero potuto aspettare il giorno successivo e passare la notte al Centro Pokèmon.

“Finalmente! Dai Lem, andiamo alla palestra!” disse tendendo le braccia al cielo.

“Aspetta un attimo Ash, è impensabile con questo caldo, le palestre non hanno neppure l'aria condizionata” spiegò Camilla.

L'allenatore fece una faccia mezza offesa e riabbassò le braccia. Non era giusto, il caldo aveva rovinato tutto.

Lem disse che c'erano vari bar a Luminopoli e che quindi potevano andare a uno di quelli. Tirò fuori dallo zaino una guida. I ragazzi restarono sorpresi nello scoprire quanti posti ci fossero nella città. Scelse Camilla, tra tutti i caffè fece mentalmente la conta e poi scelse. Andiamo qui! Disse. Al Caffè Elisio.

“Ah, qui non ci sono mai stato...” commentò il ragazzo biondo. Non era proprio convinto, non sapeva se prezzo, servizio e cibo erano buoni.

“Dai fratellone! Meglio così, no?! Così vediamo com'è!” esclamò Clem.

I ragazzi si diressero verso quel bar. Non fu per niente difficile raggiungerlo, con la guida di Lem si mossero brillantemente per le varie via della città. Lucinda ricordava come fosse stata dura la prima volta. Aveva dovuto girare un sacco e chiedere indicazioni. Camilla non era nemmeno riuscita a raggiungere lo studio dei videochip, chi sa se avrebbe chiesto di andarci.

Arrivati al caffè in piazza Rosa si stupirono di vedere che l'intero edificio era dominato dal colore rosso. Perchè non costruirlo in piazza Rossa a questo punto? O meglio, se proprio dovevano farlo tutto di un colore perchè non farlo rosa? Almeno sarebbe stato in pan-dan con tutta la via.

Nei tavoli all'aperto c'erano sedute due o tre persone per tavolo. Naturalmente anche sedie e tavolini erano rigorosamente rosse. I ragazzi rimasero quasi a bocca aperta. L'amico con gli occhiali aveva dichiarato di non conoscere quel posto, ma a guardarlo così si direbbe fosse molto popolare.

Decisero di entrare. All'interno, un bancone rosso, altre sedie rosse e muri rossi... che originalità... altro rosso! Il proprietario doveva amare quel colore.

“Posso esservi utile?” disse qualcuno parandosi davanti a loro. Era un uomo. I suoi occhi trasparivano un odio glaciale. Aveva una barba lunga e folta di colore rosso pel di carota, anche i capelli erano dello stesso colore.

“Vorremmo ordinare a questo bar se è possibile” disse Calem con i suoi soliti modi gentili.

“Sono spiacente, ma il bar sta per chiudere” disse ancora l'uomo. Ma chi era? Non aveva l'aria di essere un cameriere... e poi come il bar stava per chiudere? C'erano ancora un sacco di persone...

“Scusi, ma lei chi è?” chiese la piccola Clem curiosa.

“Sono Elisio, il proprietario di questo caffè” si presentò.

Ecco svelato il mistero. Elisio, proprietario del Caffè Elisio, rigorosamente rosso come la sua barba e i suoi capelli. Che originalità!

Arrivò una ragazza. Mora, capelli corti, vestito decisamente inusuale. I suoi occhi erano azzurri come quelli di Elisio, ma al contrario suo non sembravano giudicare o sprezzare niente e nessuno.

Si chiamava Diantha. Non approfondi la sua presentazione, però dalla discussione era emerso che sia Ash che Calem erano allenatori di Pokèmon.

“Forse un giorno capiterà l'occasione di sfidarci” concluse facendo un occhiolino a tutti e due. Lucinda stavolta non provò alcun tipo di irritazione. Questa volta era diverso, intanto la ragazza era molto più grande, poi il suo occhiolino sembrava quasi un lancio amichevole di sfida. Nessun interesse nascosto. Nonostante la blu l'avesse capito i due si stupirono molto, soprattutto Ash.

Alla fine la ragazza misteriosa se ne era andata e i ragazzi uscirono a mani vuote. Al caldo. Troppo caldo, sudavano già. La bimba bionda chiese dove sarebbero andate ora e Camilla propose di andare allo studio dei videochip. Ash non ne parve però molto contento. Sappiamo bene a cosa puntava lui.

Lucinda era molto irritata dal comportamento dell'amico. Cos'era quell'atteggiamento? Era angosciante, anche perchè per buona parte del tragitto Ash camminò a testa bassa. E se la blu non avesse detto qualcosa non avrebbe neanche smesso.

“Ash ho un'idea, perchè non vai ad aspettare davanti alla porta della palestra che qualcuno ti apra?” disse in tono severo. Vederlo così le scocciava un sacco. Loro erano sempre in viaggio per lui, se qualche volta volevano divertirsi non gli era concesso?!

Il ragazzo alzò la testa confuso. Ci mise un po' per capire cosa effettivamente avesse detto l'amica. E quando l'ebbe capito si offese all'istante. Dall'altra parte Lucinda non aveva detto nulla di carino. Era arrabbiata. Giustamente, ma non si può negare fosse arrabbiata.

“Guarda che io non ho chiesto un tuo parere Lucinda!”

Il ragazzo biondo che camminava un po' più indietro lì implorò di non litigare, ma loro non lo ascoltarono neanche. La mora invece che camminava più avanti si fermò e si voltò. Ma cosa stava succedendo?

Tutti ormai si erano fermati. I due si guardavano in cagnesco. Qualsiasi proposta di pace non sarebbe stata accolta.

“Sai che ti dico? Ci vado davvero davanti alla palestra, sempre meglio che doverti sopportare!” disse voltandosi e camminando via.

“Bravo! Così non ci dobbiamo portare dietro uno che tiene un muso lungo come la proboscide di un elefante!” gli urlò la ragazza amplificandosi la voce con le mani.

“Non ti sento!” concluse il ragazzo sarcastico facendo un cennò della mano mentre si allontanava sempre più.

“Antipatico!” disse lei facendogli la linguaccia, anche se ormai era ben lontano.

“Lucinda...” le arrivò Serena di fianco. Le avrebbe volto chiedere se voleva seguire Ash, anche se in realtà non avrebbe voluto. Quello che avrebbe voluto ricevere era una risposta negativa da parte dell'amica. Tuttavia non ebbe in coraggio di chiederglielo.

Quando sentì il richiamo Lucinda si rizzò in piedi. Fece trasparire il suo stupore. Forse l'amica credeva che fosse stata troppo dura. Forse voleva consigliarle di far pace... davvero era stata così dura?

Si intromise Camilla dicendo raggiante di andare. Aveva detto che gli sarebbe passata presto. Così invogliati dal sorriso raggiante della ragazza procedettero.

 

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Capitolo 14
*** Sentimenti nascosti... ***



Sentimenti nascosti...
 

I ragazzi erano ancora in marcia verso lo studio dei videochip.

Lucinda non si sentiva in colpa. No, perchè avrebbe dovuto? Era Ash che non si sapeva comportare. Non può sempre fare di testa sua. È ora di crescere. Quando era andata a Unima e si erano visti per un breve periodo era peggiorato, a Sinnoh per lei era come un maestro! Era regredito, in tutto, anche le sue lotte Pokèmon non risultavano più tanto particolari. Solo ora notava che stava tornando come l'Ash di sempre. Tuttavia c'erano quelle volte che gli avrebbe tirato volentieri una sberla. Era infantile. Non si trattava neanche tanto di comportarsi come meglio credeva. Seguire l'istinto non centrava niente. L'amico non era così, era più entusiasta delle cose. Ci doveva essere qualcosa che lo turbava...

Una volta arrivati entrarono. Camilla parlò con la commessa dietro al bancone. Lei le indicò una stanza dove si poteva preparare prima di girare in video. La ragazza ringrazio e si diresse verso la stanza. Mentre correva disse a Clem di andare con lei e la bimba corse.

Lucinda, Calem, Lem e Serena invece si sedettero nella sala d'aspetto. Il ragazzo biondo ne approfittò per lavorare ancora un po' alla sua invenzione. Calem si tolse il cappello e la ragazza prese una rivista appoggiata sul tavolino. Video&Photo, lesse il titolo. Non conosceva quella rivista. La riappoggiò e sospirò.

Camilla uscì dal camerino. Indossava un abito rosa e scarpe dello stesso colore. Alla vita aveva una cintura di stoffa azzurra mentre i codini erano legati da due fiocchetti rosa rigati.

La biondina arrivò poco dopo di lei.

“Allora? Andiamo?”

Quando Lem sentì la voce della ragazza alzò il viso e... divenne talmente rosso che dovette riabbassare subito lo sguardo. Nonostante fosse palese nessuno se ne accorse e Camilla trascinò via il ragazzo dicendo che aveva bisogno anche del suo aiuto. Quando fu un po' più distante chiese anche a Serena di venire. Disse invece agli altri due di aspettare. Non voleva che vedessero il video in fase di elaborazione, era una sorpresa.

L'amica castana alzò le spalle sorridendo ai due amici, poi si voltò e cominciò a correre.

Anche Calem alzò le spalle sorridendo. Forse quella situazione lo divertiva, o semplicemente lo mortificava.

Lucinda lo guardò un po'. Dovevano davvero aspettare lì? Fuori, proprio di fianco aveva visto una gelateria. Magari avrebbero potuto prendere un gelato, con quel caldo...

“Lucinda, ti va se andiamo a prendere un gelato?” le chiese.

La ragazza era meravigliata. Era incredibile esistessero persone con una tale empatia da dar parola esattamente ai pensieri della gente. Ash non l'avrebbe mai fatto, quell'unica volta che avevano preso un gelato insieme l'aveva proposto lei. Lo sapeva già da tempo: Ash, empatia 0.

Uscirono fuori. La gelateria era proprio a due passi. Il ragazzo le aveva chiesto il gusto del gelato e poi le aveva detto di aspettare. Si era messo il fila, c'era un po' di gente davanti a lui. Lucinda arrossì, Calem era proprio gentile. Però non si doveva scomodare così. La sua era tutta strategia o gli veniva naturale? Ma no, che stava dicendo?! Come poteva dubitare della sincerità di un così bravo ragazzo?!!

Quando ebbe ottenuto i coni tornò da lei. A passo regolare. Senza affrettarsi o andare troppo piano. Il suo portamento era semplicemente elegante come quello di un principe...

“Scusa se ci ho messo tanto” disse porgendole il cono.

“No, scusa tu, avrei dovuto aiutarti” le disse lei sorridendo un po' imbarazzata.

“Tranquilla, te l'ho detto io di aspettare” sorrise lui.

La ragazza arrossì... no! Voleva credere fosse solo il caldo! Notò il cono di Calem. Era al cioccolato. Le veniva in mente che quella volta Ash aveva preso il cono alla vaniglia. Come lei. I loro gusti erano sempre molto simili. Forse troppo... senza preavviso le venne una fitta. Poco sopra il cuore, più sotto la gola. Si portò la mano sulla parte interessata. Fortunatamente la brutta sensazione se ne andò quasi subito.

Il ragazzo lo notò e preoccupato le domandò se stava bene. La ragazza gli disse di non preoccuparsi, era tutto apposto anche se avvertiva una sensazione di strana inquietudine.

Ash si era perso. Continuava a camminare, ma non sapeva esattamente dove stava andando. Non riusciva a distinguere i vicoli. Gli sembravano tutti uguali, non sapeva neanche dire se li aveva già passati o meno.

“Che ci fai qui tutto solo?” domandò qualcuno a qualche metro da lui.

Il ragazzo rizzò lo sguardo sorpreso. Dove aveva già visto quella ragazza? Occhi rossi, capelli blu... le ricordava qualcuno, ma non sapeva dire chi.

“Ciao, ci conosciamo?” chiese a sua volta confuso.

“Come, non ti ricordi di me?” domandò facendo la finta offesa.

“No, scusa... io sono Ash, tu chi sei?”

“Va beh, non importa, mi chiamo Meringa, strano, pensavo che andassi in giro con la tua amichetta”

“Intendi Lucinda? No, è una seccatrice, deve sempre lamentarsi” rispose il ragazzo con finta aria annoiata.

E così era Lucinda? Lei non aveva specificato di quale amichetta parlava eppure Ash a quella parola aveva capito subito cosa intendeva. Era chiaro che per Ash era lei quella speciale e Meringa gli aveva fatto vuotare il sacco. Le pensava davvero tutte, quella ragazza che appena conosceva...

“Beh, ora devo andare, ma ci rivedremmo presto” concluse facendo ruotare l'ombrello azzurrino che utilizzava per ripararsi dal sole.

“Lucinda, ora è tutto apposto?” le chiese Calem.

“Te l'ho già detto Calem, non è niente, non preoccuparti” gli sorrise.

“Scusami, il fatto è che sono sempre un po' preoccupato”

Stavano camminando. Anche se fuori faceva un sacco caldo non potevano tornare dentro con i gelati. Chiunque li avesse visti avrebbe pensato a un primo appuntamento e questo terrorizzava la ragazza. Quando ci pensava avrebbe voluto scomparire...

“Scusa se te lo chiedo così all'improvviso, ma...” si fermò e abbassò il capo.

La ragazza fece lo stesso, ma non abbassò il capo. Lo guardò. Non capiva. Doveva chiedergli qualcosa di così importante?

“tu mi piaci molto, vorresti continuare il tuo viaggio insieme a me?”

Alla ragazza cadé la pallina di gelato alla vaniglia. Oddio, davvero stava succedendo? La sua prima dichiarazione... non pensava che Calem l'avesse così in simpatia. Ora non si muoveva più. Era completamente immobile, non sapeva che fare. Cosa si dice in questi casi? Forse doveva mostrare un po' più di entusiasmo. E lei? Cosa provava? Forse contraccambiava, dopo tutto l'aveva detto lei che era carino. Se era carino ne era innamorata, no? L'amore era questo, no? Oddio, era confusa. Ora non ne era più tanto sicura. Tutte le sue convinzioni... come mai ora che Calem le aveva detto che gli piaceva era solo spaventata? Era normale?

Ash... come mai le veniva in mente Ash? In un momento così... non aveva senso. Quando Kenny le aveva chiesto di ripartire con lui aveva sfidato Ash. Anche se Ash aveva perso Lucinda non era partita con Kenny... lei... voleva bene ad Ash... insomma, erano amici! Perchè doveva ripartire con un altro? Anche se forse aveva una piccola cotta per Calem gli amici prima di tutto! Era così, no? Comunque forse per la ragazza pensare così era la scelta migliore...

“Mi dispiace Calem, ma io... sono lusingata però non posso lasciare i miei amici” sorrise Lucinda un po' imbarazzata. Gli dispiaceva doverlo respingere. Calem era un ragazzo dolcissimo.

Il ragazzo le disse di non preoccuparsi e sorrise un po' impacciatamente. Continuarono a camminare. L'aria si era tesa di un bel po'. La blu si sentiva pressata. Un bel po' pressata. Non avrebbe voluto dare una delusione così al nuovo amico. Non sapeva più che fare. Che dire... poi doveva dire qualcosa? Forse non aveva neanche il diritto di dire niente.

In quel momento più di ogni altra cosa avrebbe voluto vedere Ash e gli altri sbucare da chissà dove...

“Ash?” emise fermandosi.

L'amico era davanti a lei di qualche metro. Non si era accorto di loro perchè era voltato di spalle, ma poi si volto sentendo il richiamo. Quando però vide Lucinda si rivoltò e cominciò a correre come un ladro.

Lucinda irrigidì lo sguardo e gli disse di fermarsi. Lasciò cadere il cono a terra e si buttò all'inseguimento. Anche se era fuori allenamento non le importava. Era arrabbiata, non ci pensò su due volte. Piuttosto sembrava Ash quello fuori allenamento, non correva molto veloce. In effetti lui aveva camminato per tutta la città. Sotto il sole cocente. Doveva essere allo stremo delle forze.

La ragazza lo stava per raggiungere. Ormai mancava poco, ma proprio in quel momento l'amico si piegò in due dalla fatica. Allora la blu rinunciò all'inseguimento. Rallentò e camminò fino ad arrivare davanti a lui. Mise le mani sui fianchi e aspettò con aria critica che recuperasse fiato.

“Allora?” gli disse quando si rizzò.

“Ma sei matta!? Mi hai fatto venire un colpo! Perchè mi hai inseguito così?!” esclamò lui. Non aveva ancora recuperato del tutto.

“Tu sei matto, scommetto che hai camminato tutto il giorno per la città con questo sole!”

“Perchè tu scusa!? Ti ho vista sai, stavi mangiando il gelato e neanche mi hai chiesto se lo volevo anch'io!”

“Ma cosa stai dicendo?! Tu eri andato via, come avrei potuto fare!”

I due stavano di nuovo litigando. Ormai era così. Nessuno dei due avrebbe fatto il primo passo. Troppo orgogliosi. Troppo testardi.

I due si voltarono l'uno dalla parte opposta con le braccia incrociate. L'espressione dei due era semplicemente identica, tutti e due imbronciati con gli occhi chiusi.

Però al contrario dell'amico Lucinda si rilassò prima. In fondo era contenta di averlo visto. Le aveva tolto inconsapevolmente un peso enorme. E poi si era accorta che il sole era sceso. Non era ancora notte però. Era il tramonto. Rilassò le braccia e aprì gli occhi. Quello che vide fu la conferma di quello che pensava. Le piaceva il tramonto. Peccato che l'amico se lo perdesse solo perchè era arrabbiato con lui. Si voltò verso di lui.

“Guarda Ash, il tramonto!” esclamò guardando il cielo a metà frase per indicarlo.

Il ragazzo la guardò stupito. Non era più arrabbiata? Come faceva? Lui proprio non riusciva ad ignorare il suo broncio. Forse era troppo permaloso. Però non ci poteva far niente, questo era davvero lui. L'amica lo sapeva, era per questo che riusciva a passarci sopra. Il lato permaloso di Ash era una parte di lui e ogni parte di lui le piaceva.

Ash la guardò guardare il tramonto. Ancora una volta voleva sapere come facesse a essere così sinceramente felice. Guardò avanti e sorrise appena.

Sentirono qualcuno chiamarli da dietro. Si voltarono. Erano Camilla, Lem, Clem e Serena che avanzavano verso di loro.

“Dove eravate finiti? Ah, ci sei anche tu Ash” commentò la ragazza mora guardando prima l'uno poi l'altro.

Lucinda inventò qualcosa su il momento. Stava guardando il tramonto e per caso aveva incontrato l'amico. La mora la guardò sospettosa, allora lei distolse un po' lo sguardo. Era davvero difficile ingannare Camilla.

“Vedo che avete fatto pace” sorrise Serena, ma in realtà le era costato fatica dire quella frase. Si sentiva cattiva, eppure non poteva negare di essere triste di questo fatto.

Ash e Lucinda si guardarono confusi. Davvero? Loro non si erano né detti scusa né niente, anzi avevano litigato prima di fermarsi a guardare il tramonto.

Forse fu la blu prima per una frazione di secondi, sta di fatto che i due incrociarono le braccia quasi contemporaneamente.

“Chi? Io con lui/lei?!” gridarono contemporaneamente voltandosi verso gli amici per poi rivoltarsi.

Tutti rimasero perplessi e di sasso, mentre l'amica mora si mise la mano davanti alla bocca per soffocare una risata. Se l'avessero sentita avrebbero detto in coro: cosa c'è da ridere?! La sola idea la divertiva. Conosceva bene i suoi polli.

Il giorno seguente alla Torre Prisma si tennero ben due lotte. La prima fu quella di Calem contro Lem e la seconda quella di Lem contro Ash. Tutti e due riuscirono a vincere ed a ottenere la Medaglia Voltaggio. Alla fine erano andati alla stessa gelateria del giorno prima. Ash qualche volta aveva guardato Lucinda, ma non appena lei se ne accorgeva rivoltava lo sguardo. Alla fine i due non avevano parlato per l'intera giornata. Camilla non lo reputava un grosso problema. Facevano solo gli offesi. Niente di cui preoccuparsi.

A fine giornata si salutarono. Era il momento per Calem di andare. Si doveva dirigere a Frescovilla per qualche commissione prima di continuare il suo viaggio.

“Allora ci salutiamo” introdusse Lem.

“In bocca al lupo per le tue prossime lotte in palestra!” esclamò Ash.

“Grazie Ash, anche a te” sorrise lui, poi si voltò di parte cominciando ad andare e alzando il braccio in cenno di saluto salutò le tre ragazze. Per una frazione di secondi lo sguardo del ragazzo rimase fermo su Lucinda. Sorrideva. Sembrava doverle dire qualcosa. Il suo sguardo traspariva consapevolezza, non c'era nessuna traccia di delusione o rancore. La ragazza arrossì ancora una volta, ma questa volta non era come le altre. Calem era un ragazzo di grandissimo carisma e dotato di molta intelligenza. Non poteva contraccambiare i suoi sentimenti, tuttavia apprezzava tantissimo la sua gentilezza e la sua dolcezza. Sapeva che forse era egoista, però era così che andava.

Ash la guardò, ma lei non se ne accorse. Al contrario il suo sguardo era rigido. Si capiva provasse una certa irritazione. Non lo capiva... che cos'era? Perchè si sentiva così?

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Capitolo 15
*** È strano se ti chiedo di ballare? ***


È strano se ti chiedo di ballare?


La mattina seguente Ash si era alzato presto... e già questo faceva intuire che ci fosse qualcosa di strano. Lui era un gran dormiglione, non si sarebbe mai svegliato così presto se non avesse avuto un incontro importante.

Ma quel giorno non aveva un incontro, no, semplicemente, era turbato. Non aveva ancora fatto pace con Lucinda. Mai era passato tanto tempo senza che avessero fatto pace. 

L'allenatore non aveva intenzione di scusarsi... più che non averne intenzione non aveva idea di come fare. Chiedere scusa lo imbarazzava... tra l'altro non si ricordava nemmeno perché avessero litigato. 

Era per via di Calem. Ash era geloso di vedere Lucinda tanto vicina a quel ragazzo. Tuttavia, non capiva perché e la cosa lo faceva infuriare. Avrebbe voluto che Lucinda non fosse amica di Calem? Ma no, infondo Lucinda era amica di tanti persone... però quel Calem... che cosa pensava Lucinda di Calem? Più che pensare che cosa provava.

Il ragazzo si stupì da solo dei suoi pensieri e, mentre era seduto, lì, a testa bassa, davanti ad una fontana della città, sgranò gli occhi rendendosi conto per la prima volta che Lucinda per lui era molto diversa dalle altre sue amiche. Lei era speciale, ma non riusciva a spiegarsene il motivo tentando di utilizzare la logica.

«Buongiorno Ash.» lo salutò Meringa di fronte a lui.

Lui alzò lo sguardo confuso.

«Meringa?!» esclamò sorpreso. «Ciao, scusami, non ti avevo vista.» aggiunse sorridendo, forzatamente, un po' in imbarazzo.

«L'ho notato, hai una faccia.» disse per poi avvicinarsi ancora e sedersi di fianco a lui. «C'è forse qualcosa che ti turba?»

«M-ma no!» esclamò preso alla sprovvista voltandosi davanti a sé con lo sguardo tendente in basso. «Mi sono alzato presto oggi, tutto qui.»

La ragazza, senza il minimo preavviso, lo baciò sulla guancia. Ash fece un'espressione confusa, poi si voltò quando lei si allontanò di nuovo.

«Senti, c'è una cosa che vorrei chiederti.» disse lei guardandolo negli occhi con un sorriso malizioso. «Ci sarà una festa da ballo stasera qui a Luminopoli, ti va di essere il mio accompagnatore?»

L'allenatore, sempre più colto alla sprovvista, continuò a fissarla confuso per diversi secondi.

 

Lucinda, Lem, Clem e Serena si erano alzati da poco e stavano facendo colazione seduti ad un tavolo del Centro Pokémon.

«Complimenti Lem, è tutto buonissimo.» disse Serena sorridendo.

«BUONGIORNO!» esclamò Camilla entrando saltellando nella stanza.

«Ciao Camilla!» la salutò la piccola Clem entusiasta.

«Quant'è mattiniera.» commentò Lucinda sorridendo un po' stranita.

«Ehi, ma dov'è andato a finire Ash?» domandò la mora guardandosi intorno confusa. «Sta ancora dormendo? È proprio da lui.» aggiunse avvicinandosi.

«No, non era in stanza quando mi sono svegliato, sarà andato ad allenarsi.» rispose il biondo.

«Ah, capisco... wow, hai preparato tutto tu?!» esclamò Camilla guardando la tavola con entusiasmo.

«Già, un uomo da sposare, vero Camilla?» le domandò, retoricamente, la bambina sorridendo.

«Altroché!» esclamò la ragazza mora in tutta risposta.

«CLEM!» esclamò il fratello rossissimo in volto e nervosissimo.

«Siete tutti molto in forma vedo.» disse Meringa entrando insieme ad Ash proprio in quel momento.

Quando i due si fermarono di fronte a loro notarono che la ragazza lo teneva a braccetto.

«Ciao ragazzi...» li salutò Ash sorridendo imbarazzato.

«Ciao Meringa, che coincidenza che anche tu sia qui.» disse Lem anche se un po' distrattamente per via della confusione.

Se i due fratelli erano confusi, la ragazza dagli occhi azzurri, invece, era molto irritata alla vista di quei due vicini che si tenevano a braccetto. Ancora diversa era la reazione della coordinatrice che abbassò gli occhi, sul tavolo, con aria triste.

«Scusami Meringa, ma perché tieni Ash a braccetto?» chiese, spontaneamente, la piccola Clem.

«Ash sarà il mio accompagnatore alla festa da ballo di stasera.» disse sorridendo ad occhi chiusi. «Venite anche voi, vero?» aggiunse continuando a sorridere tranquilla mentre Ash si sforzava di sorridere, ma si vedeva quanto si sentisse a disagio.

 «Una festa da ballo?» ripeté il ragazzi con gli occhiali confuso.

«Sembra divertente, ci andiamo insieme??» gli domandò Camilla sorridendo.

«V-va bene!» rispose lui agitato arrossendo terribilmente.

«Una festa da ballo... ma devo trovare un accompagnatore, a chi potrei chiedere?» si domandò Serena pensosa.

In quel momento alle sue spalle comparve qualcuno.

«Ciao a tutti ragazzi, ci incontriamo ancora vedo.» li salutò Calem sorridendo cordiale come al solito.

«Ciao Calem!» esclamò la bionda voltandosi entusiasta. «Cosa ci fai ancora qui? Pensavo che fossi ripartito ieri.»

«Infatti, ero partito, ma poi ho saputo della festa da ballo e devo ammettere che sono piuttosto curioso.»

«Senti Calem, ti andrebbe di essere il mio accompagnatore?»

«Volentieri.» rispose lui sorridendole.

Lo sguardo di Calem presto si posò su Lucinda, che stava ancora guardando davanti a sé a testa bassa, e le sorrise ad occhi chiusi. Quando lei se ne accorse rialzò lo sguardo e si sforzò di sorridere... anche se risultò, leggermente, rossa per l'imbarazzo del momento. Purtroppo si sentiva di non riuscire a mascherare bene il fatto di essere giù. Ora, tra l'altro, Ash si metteva anche a fare il cascamorto con quella ragazza.

«Ciao Calem.» lo salutò continuando a sforzarsi di sorridere.

L'allenatore di Biancavilla nel vedere la coordinatrice sorridere a Calem provò una forte irritazione. Si vedeva dal suo sguardo, ma non disse niente.

 

La festa da ballo era cominciata e la maggior parte delle coppie presenti in sala stava ballando.

«Sicura che ti vada bene così Lucinda?» domandò Clem a Lucinda davanti al tavolo del ponce.

«Certo, va bene così.» rispose sforzandosi di sorridere.

«Davvero non ti piacerebbe ballare con qualcuno? È un peccato...»

«Non importa, a me va bene così, non preoccuparti.» 

A quel punto Calem si avvicinò a loro, così lo guardarono sorprese.

«Lucinda, vuoi concedermi l'onore di questo ballo?» chiese facendo un inchino.

La ragazza arrossì colta alla sprovvista.

«M-ma la tua accompagnatrice è Serena e...»

«Serena è d'accordo, me lo ha detto lei stessa.» disse tornando a guardarla con un mezzo sorriso.

«B-beh e-ecco...»

«Anche se non ricambi i miei sentimenti ciò non significa che non possiamo essere amici, giusto?» 

«S-sì, giusto...» disse poco convinta ma sforzandosi ugualmente di sorridere.

Entrambi sorridevano in maniera abbastanza differente. Calem era tranquillo, Lucinda no, ma si sforzava, con scarsi risultati, di sembrarlo. La piccola Clem nel vederli rimase, piuttosto, perplessa. Avvertiva un po' di tensione nell'aria da parte di Lucinda... inoltre Calem aveva appena detto di provare sentimenti romantici per lei non ricambiati... quindi era chiaro quale fosse il motivo.

 

La nuova coppia, formata da Calem e Lucinda, era scesa in pista. Ash li aveva notati quasi subito e non era per niente felice di quello che vedeva... continuava a ballare con Meringa solo perché lo teneva stretto, ma, se avesse potuto, sarebbe scappato all'istante.

«Allora Clem, pensi anche tu che quei due siano carini?» domandò Serena avvicinandosi a Clem guardando, però, davanti a sé.

«Eh? Ma a Lucinda non piace Calem.» disse guardandola perplessa.

«Dici davvero?» le chiese la ragazza spostando lo sguardo su di lei.

«Sì, lo ha anche detto prima.»

«Dici davvero?»

Mentre tutti stavano continuando a ballare qualcuno degli organizzatori suonò un bicchiere con un cucchiaino per richiamare l'attenzione di tutti. La musica si interruppe in quell'esatto istante.

I presenti smisero di ballare e guardarono in cima alle scale dove vi era un uomo vestito da nobile.

«Scambio di coppie, ogni cavaliere balli con la dama che si trova alla sua destra e ogni dama con il cavaliere che si trova alla sua sinistra.»

Così la musica ripartì e le coppie vennero cambiate.

«Cambio!» esclamò lo stesso uomo di prima.

Le coppie vennero, di nuovo, cambiate e continuarono ad essere effettuati dei cambi ogni volta che l'uomo parlava.

«Cambio!»

Ash, stavolta, si trovava alla sinistra di Lucinda, quindi tutti e due si guardarono sorpresi. Tuttavia, dopo un po', abbassarono entrambi lo sguardo. Alla fine, però, l'allenatore rialzò lo sguardo con aria seria.

«Tranquilla, ho capito perfettamente.» disse per poi girarsi e cominciare ad andarsene.

La ragazza dai capelli blu restò a guardare in basso, ma nel sentire le sue parole i suoi occhi si riempirono di lacrime. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vederlo attraversare la folla e andarsene.

Quella visione la fece stare troppo male e anche se per un po' cercò di trattenere le lacrime, dopo un po' corse via mentre le lacrime le rigavano il viso.

 

Ash stava camminando per raggiungere l'uscita vicino al tavolo del ponce. Aveva un'espressione davvero dura, sembrava arrabbiato, tuttavia si sentiva solo, profondamente, ferito.

«Ash, ma dove vai?» gli chiese Serena preoccupata.

Lui la ignorò completamente e continuò a camminare.

«Ash, non è come credi tu!» esclamò Clem, allarmata, vicino all'amica.

L'allenatore, tuttavia, ignorò completamente anche lei. Aveva quasi raggiunto la porta e continuò a camminare senza esitazione.

«Cavolo...» commentò la bambina, triste, guardandolo andare via. «Ma come fa a non capirlo?»

«A non capire cosa?» le domandò la ragazza dagli occhi azzurri qualche passo dietro di lei.

«Che a Lucinda piace... è chiaro come il sole.»

A quel punto gli occhi di Serena si sgranarono. Non poteva dire che un po' non lo avesse intuito, anzi, lo aveva capito benissimo... però, sentirselo dire così su due piedi...

«E anche ad Ash piace Lucinda, è palese, è gelosissimo quando Calem si avvicina a Lucinda, chiunque se ne accorgerebbe.»

La bionda non l'ascoltava con particolare attenzione. Continuava a guardare davanti a sé con gli occhi sgranati. Ormai la figura di Ash era sparita, ormai aveva capito perfettamente. Era tutto così palese da farle male. Un male cane. Ma doveva accettarlo. I sentimenti di Ash e Lucinda si incontravano, loro due erano davvero fatti l'uno per l'altra.

 

Lucinda era uscita dalla porta secondaria e dopo aver corso per diversi metri si fermò a piangere disperatamente. Pianse e pianse per un tempo che sembrò essere infinito, poi, finalmente, riuscì a calmarsi un po'. 

Aveva appena deciso di rientrare e raggiungere i bagni, quando, poco più distante, aveva visto Ash seduto su una panchina. Stava guardando fisso il terreno davanti a sé con espressione seria.

Una parte di lei avrebbe voluto andarsene, mentre l'altra sperava di essere vista... ma era impossibile dal momento che lui guardava in basso... non sapeva neanche lei perché, semplicemente, non lasciava perdere e se ne andava... sapeva solo che il cuore le stava battendo davvero forte.

L'allenatore, senza un particolare motivo, alzò lo sguardo e la notò. Lei sobbalzò e si strinse una mano vicino al cuore. Non se ne voleva andare, ma anche se avesse voluto si sentiva i piedi di piombo.

Ash la guardò per un po' con aria enigmatica, poi si alzò in piedi e le andò incontro. Camminava a passo lento, senza fretta, quasi come se sapesse che tanto sarebbe rimasta comunque ad aspettarlo.

Quando si ritrovarono vicini, l'uno di fronte all'altra, si guardarono per un po'. Lucinda notò che Ash era davvero serio... sembrava anche un po' infastidito da qualcosa... presto si ritrovò costretta ad abbassare lo sguardo arrossendo un po'.

Anche lui distolse lo sguardo di parte arrossendo a sua volta un po'. Si trovava davvero in difficoltà. Perché provava un simile sentimento? Non aveva un minimo di senso. Si sentiva turbato, ma non sapeva esattamente perché... o forse lo sapeva e, semplicemente, non voleva ammetterlo?

- Lucinda, cosa ci fai qui? - le chiese sforzandosi di tornare a guardarla.

- Cosa vuoi sapere Ash? - disse lei ancora con la testa bassa. - Stavo facendo solo un giro, tutto qui. -

- Non dovresti tornare da Calem? -

- Calem è l'accompagnatore di Serena, abbiamo fatto solo un ballo. -

Dopo quella frase tutto tacque... almeno per un po'.

- Beh, anche tu dovresti tornare da Meringa, dopotutto sei il suo accompagnatore... -

- Hai ragione. - disse con tono duro, tantoché le fece rialzare lo sguardo. - Sai cosa c'è? Chissà perché mi da tanto fastidio averti vista ballare con Calem, mi faccio rabbia da solo, è meglio se lasciamo perdere! - aggiunse arrabbiato voltandosi e iniziando ad andarsene.

La ragazza sgranò gli occhi, ma poi li riabbassò sul terreno in difficoltà.

Ad Ash dava fastidio averla vista con Calem? Era arrabbiato con lei per quel motivo? Forse aveva commesso un errore... tuttavia presto rialzò lo sguardo con aria decisa e irritata.

- MA SEI SCEMO!? ASH KETCHUM, SEI UN CRETINO! TU PUOI BALLARE CON CHI VUOI E IO NO!!? CHE DIRITTO HAI DI TRATTARMI IN QUESTO MODO, SENTIAMO!?? -

Nel sentirla il ragazzo si fermò e si voltò.

Lei, improvvisamente, aveva perso tutta la grinta di poco prima e fece un'espressione disorientata.

- Magari sono uno stupido, sì, dopotutto mi da fastidio vedere te e Calem ballare, ma sono l'accompagnatore di un'altra ragazza! Magari a te piace Calem e io sono uno scemo a pensare che dicendoti che mi da fastidio le cose possano cambiare!! Magari sono un cretino perché tendo a dare per scontato la tua presenza nella mia vita!! -

- Che cosa stai dicendo Ash!? - esclamò Lucinda iniziando a piangere dal nervoso. 

Ash senza dire più niente tornò, velocemente, verso di lei.

Forse aveva esagerato e se ne rese meglio conto vedendola da vicino. Si stava, disperatamente, spazzando via le lacrime che, comunque, continuavano a scenderle dagli occhi.

- Tu non hai capito niente Ash! - esclamò lei tra le lacrime a testa bassa. - Tempo fa Calem mi aveva detto che gli piaccio, ma io sono innamorata di te! Sei scemo perché non lo capisci!! -

Quelle parole erano state una gelata d'acqua fredda improvvisa. Il ragazzo non riusciva a dire una parola... non riusciva neanche a muoversi... lo shock era stato forte.

Che cosa provava lui per Lucinda? Amicizia? La cosa certa era che le voleva bene... e il fatto che gli desse fastidio quando stava, particolarmente, vicina a Calem, Kenny o qualsiasi altro ragazzo che significato aveva??

- Lucinda, dai, non piangere... - mormorò lui solo, poco convinto, con la tristezza dipinta in volto.

Lei continuava a piangere, ma meno rispetto a prima. Continuava a sfregarsi gli occhi e per fortuna le lacrime erano molto diminuite.

- Torno dentro... - mormorò lei lasciando ricadere le braccia sui fianchi con gli occhi lucidi.

Si era già voltata e aveva fatto il primo passo, quando il ragazzo la prese per mano. Lei, sorpresa, arrossì un po', poi si girò subito appena se ne rese conto. 

- Ehm... - si lasciò scappare lui arrossendo, lievemente, e abbassando gli occhi.

Si stava anche sforzando di sorridere, ma non gli stava riuscendo granché bene. Il suo nervosismo era lampante.

- E-ecco... sì beh, insomma... - farfugliò rinunciando a cercar di dire qualcosa di senso compiuto.

La coordinatrice abbassò gli occhi sulle loro mani. Arrossì un po' nel vederle, mentre un'intensa sensazione di calore la invadeva completamente... ma non era solo dovuta alle loro mani. Ash l'aveva baciata sulla guancia e... e prima ancora che lei se ne fosse accorta si era tirato indietro. Però la teneva ancora per mano.

- Ecco Lucinda, quello che volevo dirti è... - disse non riuscendo tuttavia a concludere subito la frase.

Se non altro, ora, era più rilassato, sempre rosso sulle guance, ma sorrideva in maniera spontanea.

- Che anch'io sono innamorato di te! -

Lucinda nel sentirlo sgranò gli occhi diventando ancora una volta rossa. Senza perdere un secondo di più si gettò tra le sue braccia.

Ash, ovviamente, ricambiò l'abbraccio e per un po' rimasero così. Senza dirsi nulla, lasciarono che fossero i loro cuori a comunicare. A dirsi da quanto tempo erano innamorati l'uno dell'altra. A dirsi che quando si ama davvero le parole non sanno come esprimersi.

♥♥♥

Oggi è un grande giorno! Finalmente sono riuscita a scrivere l'ultimo capitolo di questa fanfiction!! Mi dispiace solo per la gente che seguiva questa storia che, probabilmente, ha aspettato questo aggiornamento per quasi un anno, poi si è detta che a questo punto non ha più senso aspettare.

Comunque per me era importante finirla. Quando si inizia una cosa la devi anche finire, non sapete per quanti anni ho pensato a questa e ad altre fanfiction che ho in cantiere mai finite ^^"

Comunque, sì, anche se ci vorranno, letteralmente, anni è importante finire ciò che si inizia. Però è ancora più importante finire le cose con la giusta convinzione (avevo provato in passato a finire la fanfiction solo perché "è giusto", ma non ero riuscita a trovare un'idea vincente... e questa, signori, è la convinzione di fare le cose :) ).

 

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