Capelli neri. Occhi dorati. Pelle pallida. Sono un vampiro.

di Lady_Mira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alnair ***
Capitolo 2: *** Iscrizione ***



Capitolo 1
*** Alnair ***


Quando Eric conobbe Artemisia capì subito che era la donna della sua vita. Non ci fu bisogno nemmeno di parlarle, lo capì e basta, semplicemente guardandola. Così si avvicinò e le disse: -Piacere, Eric.- e da lì ebbe inizio la loro storia. Da conoscenti divennero presto amici, e da amici fidanzati. Non ci volle molto perché lui le chiedesse di sposarlo, e lei accettò senza esitazioni. Erano giovani, e pieni di voglia di vivere. Un giorno Artemisia disse: -Che ne dici, facciamo un figlio?- e quel figlio nacque nove mesi dopo. Inesperti, decisero che il loro figlioletto doveva essere il più felice del mondo. -Lo accontenteremo sempre e comunque, sarà il nostro unico figlio, la luce dei nostri occhi.

Quando Alnair venne al mondo capirono subito che era una bambina speciale: occhi dorati, carnagione pallida, capelli neri come la pece. Nessuna neonata era così, eppure i genitori decisero di non farci troppo caso. Quella bambina era la luce dei loro occhi, la chiamarono Alnair, “luminosa”, proprio come l'omonima stella, la trentunesima più brillante del cielo notturno. Alnair si dimostrò subito diversa dalle altre bambine: a due anni il suo gioco preferito era il cubo di Rubik, a cinque i libri di Tolstoj e le poesie di Leopardi, a nove quelli di matematica avanzata. Era ovvio che una bambina così era destinata a grandi cose, eppure Alnair si rifiutava di andare all'università o cose simili. Anziché iscriversi a scuola, preferiva studiare da sola nella sua cameretta, e chiudersi lì dentro per ore, a volte settimane, fuori dal mondo. Non usciva mai di casa, non ne aveva motivo. “Perché la gente ci tiene tanto ad uscire e a divertirsi quando può  ampliare la mente leggendo e studiando?” Pensava Alnair mentre li osservava dalla finestra della sua stanza. Aveva deciso di dedicare la sua vita a scoprire i misteri del mondo e dell'universo. La notte, prima di addormentarsi, osservava il cielo notturno. Secondo lei non c'era niente più bello della notte, con il suo buio, la luna e le stelle. Si era fatta comprare un telescopio, così, prima di coricarsi, guardava e studiava il cielo. L'occhio le cadeva sempre su Al Nair, la sua stella preferita, quella da cui deriva il suo nome. La vedeva nella costellazione della gru, ed era bellissimo guardarla, e sognare di poterla vedere da più vicino, e di toccarla.

Passarono gli anni, e la ragazza crebbe pallida e minuta, senza vedere mai la luce del sole. Non aveva mai conosciuto suoi coetanei, né ci teneva a conoscerli. Fu quando Alnair ebbe tredici anni che i genitori iniziarono a preoccuparsi seriamente per lei. -Dove abbiamo sbagliato?- si chiedevano -le abbiamo sempre dato tutto per essere felice, eppure non ha nemmeno un amico.- Non capivano che Alnair era felice così, e che studiare era per lei motivo di contentezza. Decisero di intervenire. Erano le quattro del pomeriggio, e Alnair era in uno dei suoi momenti “Non disturbate, genio al lavoro”, quando Artemisia ed Eric entrarono nella sua stanza senza nemmeno bussare. -Dobbiamo parlarti- dissero, e Alnair annuì senza nemmeno protestare, capendo che tanto le avrebbero parlato comunque. -Siamo preoccupati per te, tesoro.- sospirò Artemisia -Non esci mai, non hai amici... pensavamo che col tempo ti sarebbe passata, ma ora hai tredici anni, e se le cose non cambiano adesso, dubito cambieranno in futuro.
-Ha ragione- intervenne il padre -ed è per questo che abbiamo deciso di iscriverti a scuola.

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Capitolo 2
*** Iscrizione ***


Alnair non era molto d'accordo. Non era affatto d'accordo. Provò a dire la sua: -Ma papà, mamma, che senso ha iscrivermi a scuola? Io so già tutto quel che una della mia età deve sapere, e anche di più.- Sapeva bene che la iscrivevano a scuola non per studiare, bensì per avere amici, ma magari riusciva a far cambiar loro idea comunque. -Tesoro, non importa- disse sua madre -è ora che esci da questa casa.- Valutò le opzioni. Poteva buttarsi sul pavimento, sbattere i pugni per terra e iniziare a piangere a dirotto. Così, sicuramente, non l'avrebbero più iscritta a scuola, poiché conosceva bene i suoi genitori, e sapeva che l'ultima cosa che volevano era vederla piangere. Ma era una questione di orgoglio, lei non avrebbe mai fatto una cosa simile. Oppure poteva continuare a discuterne. Guardò i suoi genitori negli occhi, e capì che non avrebbero mai cambiato idea se non con una scenata. Non le restava che dire: -E va bene. Andrò a scuola.-

Era novembre, e la scuola iniziava a settembre. Sarebbe stata nuova in una classe già formata. "Di male in peggio" pensò, mentre si sfogava con una pallina di gomma che stritolava tra le dita ossute. I suoi genitori erano usciti già da un po' per fare l'iscrizione. Guardò il calendario: era martedì. Chissà quando avrebbe iniziato. Dal calendario si spostò verso la finestra, dove c'era il solito viavai di persone. Tra poco anche lei sarebbe stata una di quelle. Che sensazione si provava a camminare insieme ad altra gente per quelle strade asfaltate? A sentire il vento sulla faccia, e il sole sopra la testa? Che sensazione si provava, a sfilare in quel grande scenario che era il mondo? Non lo sapeva, ma presto lo avrebbe scoperto. Il suono delle chiavi nella serratura, il cigolio della vecchia porta che si apriva, il rumore di passi e di voci. I suoi genitori erano tornati. -Tesoro! Cominci domani!- le urlò sua madre dalla finestra. Lei annuì, anche se non poteva vederla. "Domani. Domani. Domani." si ripetè dentro la testa per assimilare quell'informazione, un po' come quando si metteva a studiare matematica, ripetendosi a mente le varie formule per memorizzarle. La sveglia sul suo comodino segnava le sei. "Quattordici ore" pensò "Tra quattordici ore sarò a scuola"

La notte trascorse piuttosto movimentata. Per qualche strana ragione, non riusciva a dormire. Così decise di farla finita di continuare a girarsi e rigirarsi in quel letto come un'anima in pena, si alzò e andò verso il telescopio già puntato verso il cielo. Guardò Al Nair, splendente come al solito. Tolse l'occhio dal telescopio e si mise semplicemente a guardare il cielo e a riconoscere le costellazioni. Affianco alla Gru, l'Indiano. Scendendo, l'Ottante, il Camaleonte, e poco più in là la Mensa. Quant'era bello quel cielo! Avrebbe passato la vita intera a osservarlo. Guardò Sirio, la stella più brillante del cielo notturno. Quella sì che era bella... così splendente, luminosa... Si prese una sedia e restò davanti a quella finestra per ore, finché le palpebre non si appesantirono, e si addormentò.

Quando la sveglia suonò lei era ancora sulla sedia. Sobbalzò per la sorpresa, poi andò a spegnere quel fracasso infernale. Si preparò per la scuola e, quando giunse davanti all'armadio, si bloccò. Che mettersi? Alnair non era mai uscita di casa, e di conseguenza non si era mai posta il problema. Decise di chiamare in causa sua madre. -Mamma?- fece bussando alla porta della camera da letto dei genitori. -Sì?- Sua madre era davanti alla toletta che si truccava. -Non so che mettermi- disse Alnair, e la madre si voltò a guardarla. -Oh tesoro! Aspettavo da tanto questo giorno!- esclamò quasi commossa -Questo giorno?- Alnair era confusa. -Sì! Il giorno in cui mi avresti chiesto aiuto nel vestire!- spiegò Artemisia. Si diressero verso l'armadio di Alnair, che era abbastanza vuoto: un paio di jeans, due pantaloni neri, una lunga gonna marrone, tre camiciette bianche, due maglie nere, e altre cinque con disegnini. -Ecco, mettiti questi- fece la madre prendendo il jeans e la camicia dall'armadio. -E abbinaci il tuo unico paio di stivali- aggiunse, precedendo la domanda della figlia. Alle sette e quaranta Alnair era pronta per andare a scuola.

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