Fly Away di ScissorHands (/viewuser.php?uid=48642)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Sea Wolfe ***
Capitolo 2: *** Il pirata onesto ***
Capitolo 3: *** Eagle. Il Capitano in seconda della Sea Wolfe. ***
Capitolo 4: *** Guerre, perdite e dolori. ***
Capitolo 5: *** Fine della corsa. ***
Capitolo 6: *** Nightmares ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** Addio. ***
Capitolo 9: *** Mannaggia. ***
Capitolo 10: *** Il Piano ***
Capitolo 11: *** La Bussola ***
Capitolo 1 *** La Sea Wolfe ***
Fly Away
Capitolo 1: La Sea
Wolfe
Aileen
guardava il mare,
quella distesa infinita che si fondeva con il cielo, li, da qualche
parte
all’orizzonte, quelle onde che passavano lisce e fluide sotto
il legno levigato
della nave, smussato dall’acqua e dalla salsedine che aveva
solcato per così
tanto tempo.
Indefinibile
e pieno, così
avrebbe definito il mare la giovanissima capitana in seconda della Sea
Wolfe,
una tra le navi più possenti e veloci ad aver mai navigato i
Sette Mari.
Eagle, con
il suo cognome
era conosciuta Aileen, praticamente chiunque aveva sentito parlare di
lei; poco
meno di venticinque anni, pelle olivastra, divenuta tale grazie alla
sua intera
vita passata in mare, sotto il sole caldo e focoso dei Carabi, capelli
lunghi,
lisci, corvini, e occhi blu, oceanici, del colore degli abissi, del
mare che
tanto amava, per ora una delle poche ragioni della sua vita.
«Capitano,
capitano!»
Aileen si
girò velocemente
verso la fonte della voce, cioè alle sue spalle.
Era Reeves,
che attendeva
una reazione da parte del Capitano in seconda, evidentemente per una
cosa
importante, poiché si rigirava nervosamente il cappello tra
le mani, sapendo
quanto la temibile ragazza odiasse essere interrotta in qualsiasi
circostanza.
E farla
arrabbiare era una
delle pochissime cose, o forse l’unica, che i mozzi della Sea
Wolfe temevano.
«I-…
Il capitano Harris vi
desidera nella sua cabina, Capitano.»
Lei si
limitò ad annuire con
decisione, per poi scendere dallo scalino in prua e avviarsi
velocemente verso
la cabina personale del suo capitano.
Diede due
colpi secchi alla
porta, attendendo una risposta di Harris.
«Avanti»
Aprì
poco la porta, tanto
per permetterle di passare, poi la chiuse alle sue spalle,
accomodandosi su una
sedia davanti allo scrittoio del capitano ad un suo cenno,
così da poterlo
vedere in viso.
«Aileen,
c’è una cosa che
voglio farti vedere. Avvicinati.»
Il Capitano Jason Harris
era un uomo
dai tratti giovanili eppure ben definiti, sulla trentina, pelle non
molto
scura, nonostante anche lui fosse un uomo di mare. Gli occhi smeraldini
erano
incorniciati da una folta zazzera arruffata di capelli castani e
leggermente
brizzolati. Era un uomo di grande dignità ed
onestà, nonostante fosse un pirata,
e Aileen era molto affezionata a lui, così come lui era
molto affezionato a
lei.
Le
mostrò una carta nautica,
che lei gli aveva già visto maneggiare di recente.
Conteneva
antiche scritture
probabilmente indecifrabili, con dei tasselli che si potevano far
scivolare uno
accanto all’altro, facendo comparire nuove frasi o territori.
«Vedi
qui?- Le indicò una
terra non troppo distante dagli atolli caraibici, e lei, facendo
scorrere lo
sguardo scorse…- L’aqua de Vida. E’ lei.
Ciò che stavamo cercando. E finalmente
abbiamo le mappe»
«Ma,
capitano… E’ così…
Impreciso. Non è possibile-»
«Non
è probabile. Tutto qui.
Ma a noi quella minima speranza è tutto ciò che
ci serve. Siamo o non siamo i
capitani della leggendaria Sea Wolfe? Cosa dici, Capitano Eagle?
»
«Aye,
Capitano! »
«Voglio
che tu tenga le
carte con te. Sei l’unica di cui mi fido veramente.
» Disse, sorridendo,
mettendogli le carte tra le mani. Lei lo guardò, incredula.
Harris
sorrise intrigato,
scuotendo impercettibilmente la testa.
Sapeva che l’Aqua de Vida era una meta
a
dire di molti irraggiungibile, ma era anche a conoscenza della tenacia
e
decisione di quella giovane bucaniera.
«Bene.
Vai a dire a Williams
di fare rotta per Tortuga. Ci fermeremo li a fare rifornimenti, poi
ripartiremo
il prima possibile. »
Aileen
annuì con la testa, e
si fiondò fuori dalla cabina.
«Williams!
Rotta per
Tortuga! »
«Aye,
Capitano! »
La voce
della ragazza poi
risuonò per tutta la nave.
«Muovetevi,
cani rognosi!
Tirate le vele! Stasera saremo a Tortuga, voglio tre uomini con me!
»
Al richiamo
duro e
improrogabile della Capitana, il viavai solito della nave
aumentò
ulteriormente, con uomini che correvano all’impazzata da una
parte all’altra
della nave, mugugnando un «Aye, aye, Capitano!» a
voce contrita.
Aileen si
avviò poi alla sua
cabina, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mentre si stendeva sul
suo
letto, in attesa dell’attracco a Tortuga.
Nascose
dietro alla cinta le
carte, così che nessuno le potesse trovare.
Poi,
calò leggermente il cappello a tricorno sugli occhi, mentre
si lasciava cullare
dal dolce richiamo delle onde, e dell’attesa.
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Capitolo 2 *** Il pirata onesto ***
Capitolo 2: Il Pirata
“onesto”
«Jack
Sparrow…»
Al richiamo
di quel
famigerato nome, un uomo dall’altrettanto famigerato aspetto
e viso alzò gli
occhi, facendo comparire un sorriso appena individuata la sorgente
della voce.
«Ah,
Hector! Da quanto
tempo! »
Jack
strinse a se le carte
nautiche, che entrambi sapevano fossero la rotta all’Aqua de
Vida, e che erano
state sapientemente nascoste all’interno del gilet del
capitano della Perla
Nera, coperto dal suo abituale cappotto.
Barbossa si
avvicinò
lentamente a Sparrow, sorridendo falsamente, allungando ulteriormente
la mano
sinistra verso Jack, a mano a mano che avanzava.
«Jack…-
Ripeté smielato, capendo
subito però che quella tecnica, già lungamente
testata, con lui non funzionava.
Tentò una nuova strategia.- Le carte nautiche. Dammele.
»
«No.
» Rispose Jack,
piccato.
Cosa gli
faceva credere che
avrebbe dato via le carte dopo che, oltre a tutto, gli aveva preso
anche la
Perla?
No, no .
Non esisteva.
«Tu
hai preso la mia Perla.»
«Tu
hai preso le mie carte
nautiche.»
«Non
sono tue. »
«Neanche
la Perla lo è
allora.»
«Si
invece. E’ mia si. E
dato che le carte non sono ne mie ne tue, dato che le ho io sono mie.
»
Barbossa
strabuzzò gli
occhi.
Quel
ragionamento non aveva
una benché minima logica, ma con Jack Sparrow cosa ne aveva?
«Le
mie carte per la “tua”
Perla»
«Le
mie carte per la mia
Perla»
«Allora…
Abbiamo un accordo?
» Chiese ghignando Barbosa, allungando la mano.
«Andata.
»
«Andata.
»
«Prima
la Perla. Poi le
carte. »
«Prima
le carte. Poi la
Perla »
Andando
avanti così per
minuti interi, alla fine i due furono zittiti dall’oste della
locanda, che li
costrinse ad andarsene. Jack e Barbossa si avviarono verso la Perla Nera,
attraccata
al molo di Tortuga.
I due
capitani tentavano di
superarsi l’un l’altro, anche mentre camminavano,
attirando lo sguardo di non
pochi passanti.
Una volta
alla Perla continuarono
la gara, correndo per arrivare prima al timone, poi, una volta li,
Barbossa si
fece avanti con aria saccente.
«Ecco
la Perla. Ora le
carte. »
«No.
Scendi dalla Perla, e
ti do le carte. »
«Perché
dovrei crederti? »
«Dei
due, io sono l’unico
che non ha commesso ammutinamento, perciò la mia parola
è quella a cui ci
affidiamo. »
Barbossa si
rassegnò,
sapendo che con Jack non c’era nulla da fare, avrebbe
continuato imperterrito a
sostenere e difendere il suo punto di vista o comunque, ciò
che voleva.
Scese
quindi dalla nave,
attendendo che Jack gli desse le carte nautiche.
Non era
ciò che avrebbe
fatto solitamente, ma non aveva scelta.
Messa mano
al timone, Jack
diede ordine alla ciurma di preparare la partenza, per poi girarsi
verso
Barbossa, sorridendogli.
«Tieni,
Hector. Divertiti. »
Gli urlò, così che lo potesse sentire, sorridendo
lestamente. Poi gli lanciò le
carte per arrivare ai Confini del Mondo, mentre la barca lentamente
scivolava
via dal porto di Tortuga.
Jack sapeva
di aver commesso
un grosso errore dandogli le carte in un onesto baratto in cambio della
Perla,
odiava dover fare il Pirata “onesto”, ma era sicuro
che prima o poi lo avrebbe
rincontrato, e avrebbe riavuto le carte.
Dopotutto,
era o non era il
Capitano Jack Sparrow?
E,
mentre pensava a questo, guidava la Perla verso un insenatura laterale
al molo,
di modo che restasse lontano da occhi indiscreti, e, soprattutto, da
Barbossa.
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Capitolo 3 *** Eagle. Il Capitano in seconda della Sea Wolfe. ***
Capitolo 3: Eagle. Il capitano
in seconda della Sea Wolfe
Aileen
sorrise.
Aveva
vinto, per l’ennesima
volta.
Cominciò
a raccogliere i
frutti della sua vittoria, mentre gli altri giocatori, con aria
afflitta,
cercavano di capire dove fosse il trucco, lo scherzo, la fonte di
quelle
vittorie continue.
Ma
sapevano, in fondo in
fondo, che il trucco non c’era.
La bravura
di Eagle era nota
anche nel gioco del Poker, ed era risaputo che erano in pochi quelli
che
potevano vantare una vittoria giocando contro di lei.
«Un’altra
partita, dai.
Vogliamo la rivincita. »
Eagle si
stava alzando,
dando di spalle agli altri giocatori, e sentendo quella frase, le
labbra gli si
incresparono in un sorrisetto soddisfatto.
Si
girò quindi verso Gavin,
che aveva chiesto la rivincita.
«Rimangiati
quello che hai
detto. Non c’è gusto a batterti di nuovo. Per la
decima volta »
«Codarda.
Tirati indietro
allora. Tu e i tuoi sporchi trucchi»
Scoccando
un occhiataccia a
Gavin, Aileen si sedette, attendendo che cominciassero a dare le carte.
Poco
più tardi, quasi al
termine della partita, fecero irruzione all’interno della
locanda alcuni
pirati, che precedettero l’entrata del Capitano Jack Sparrow.
Parlò
sommessamente con i
suoi mozzi, per poi rivolgersi al bancone, richiedendo un rifornimento
di
viveri e soprattutto di rum.
Attese
qualche minuto, poi
si girò, adocchiando il gruppo di giocatori, tra cui una
figura femminile.
Sorrise,
curioso, mentre si
avvicinò, sedendosi a poca distanza dal tavolo, osservando
lo svolgersi già
lungamente avviato della partita.
Di
lì a poco, Aileen si
alzò, con aria contenta, mentre raccoglieva i ricavi di
quell’ennesima
vittoria.
«Sappi
bene Eagle, che un
giorno o l’altro sventeremo i tuoi trucchi! » Si
lamentò il vecchio Joe,
puntando minacciosamente il dito verso Aileen, una minaccia che sapeva
fin troppo
di sarcasmo, mentre Jack osservava intrigato quella ragazza
così....
Assomigliava
terribilmente a
lui.
Aileen
indossava un
camicione biancastro, che però non sminuiva la sua forma
longilinea e magra,
pantaloni neri, che terminavano dove il lembo superiore di un paio di
stivali
prendeva il loro posto.
Cappello a
tricorno, giacca
lunga e nera, e mille e uno bracciali lungo i polsi.
Tra i suoi
lunghi capelli
nero intenso, si poteva scorgere un’unica fila di perline
colorate, che erano messe
particolarmente in risalto dal contrasto con la sua chioma scura, tra
cui, in
mezzo, era possibile vedere una piccola “E” in
metallo.
Aileen si
girò, avendo
finito di raccogliere il suo compenso, allontanandosi
dal tavolo.
In un
attimo, vide Jack.
E Jack vide
lei.
Fu uno
scambio di occhiate.
Pochi secondi.
Lui
sorrise, lei tentò di
togliersi il ricordo insistente di quegli occhi color cioccolato, e
quei
brividi rimasti che proprio questi ultimi avevano provocato.
Non era da
lei.
Si
scrollò di dosso quella
sensazione, mentre avanzava verso l’uscita, consapevole di
avere ancora lo
sguardo di Sparrow ancorato sul suo corpo.
Una volta
uscita, Jack si
avvicinò al bancone, facendo accostare così
Barrie, l’oste della locanda, una
donnona di sua lunga conoscenza.
«Barrie,
di un po’, chi era
quella ragazza che è appena uscita?»
A quella
domanda, Barrie
sorrise, mentre si avvicinava ulteriormente a Jack, come se
già sapesse che ciò
che stava per dire avrebbe avuto un risvolto non indifferente su quella
ragazza.
«Quella,
Jack, è Eagle. Il
capitano in seconda della Sea Wolfe. »
Jack
dapprima corrucciò
appena le sopracciglia, spalancando gli occhi, poi piegò le
labbra in un
sorriso intrigato.
«Beh,
allora immagino che le
storie su quella ragazza non sono solo leggende.»
«Infatti.
Ma stai attento
Jackie, se hai intenzione di andare dietro alla Sea Wolfe. Da quello
che si
dice non è proprio l’ultima bagnarola dei Caraibi.
Così come i suoi due
capitani. »
Jack
annuì, mentre
continuava a fissare la porta dalla quale era uscita poco prima Aileen,
come se
potesse ricomparire da un momento all’altro.
Poi si
accorse che i suoi
mozzi lo stavano aspettando, avendo finito il rifornimento.
«Ripartiremo
domani mattina.
Portate le scorte alla nave, poi siete liberi fino alla partenza. Al
molo
domattina. »
Tutti
i pirati mormorarono un assenso appagato mentre cominciavano a portare
le
provviste alla Perla Nera.
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Capitolo 4 *** Guerre, perdite e dolori. ***
Capitolo
4: Guerre, perdite e dolori
Eagle era al timone, di
tanto in tanto dava ordini ai mozzi, mentre con lo sguardo scrutava
attenta
l’orizzonte.
«Capitano! Abbiamo avvistato
una nave! »
Gabriel era di vedetta, ed
evidentemente aveva scorto una nave non troppo lontana.
«Colori? »
«Neri, Capitano. Potrebbe
essere una nave pirata. »
Aileen fece mente locale. La
Perla non poteva essere, era rimastra attraccata a Tortuga, e non
poteva essere
altro che la…
«Marilyn! E’ la Marylin
Capitano! »
Eagle imprecò tra i denti,
mentre virava bruscamente.
«Preparate i cannoni! Non si
è mai sentita la Marylin venire in pace! »
I mozzi cominciarono a tirar
fuori dalla cambusa la polvere e le palle di cannone, mentre il
Capitano Harris
veniva fuori dalla cabina.
«Aileen! Che succede? »
«E’ la Marilyn, capitano.
Sta venendo verso di noi»
Il viso di
Harris si oscurò
improvvisamente.
La Marylin era una nave che
in pochissimo tempo si era guadagnata la fama di essere una delle
peggiori in
campo di arrembaggio e di cannoni.
In pochi erano sfuggiti ai
suoi attacchi, e i supersiti non raccontavano mai nulla di buono.
Di li a poco, le due navi
scivolarono una accanto all’altra.
Il capitano della Marylin, Smith,
osservava con un sorriso compiaciuto i marinai della Sea Wolfe.
«Bene, bene, bene… E’ la Sea
Wolfe questa, non è vero? »
«Lasciateci passare. Non
vogliamo attaccarvi.»
«No? Peccato. Perché io si.
Fuoco! »
«Rispondetegli per le rime!
Fuoco! All’arrembaggio! »
A quel comando, i mozzi di
entrambe le navi si fronteggiarono, attaccando l’una o
l’altra nave, mentre il
rombo dei cannoni risuonava rintronante nell’aria.
La
Sea Wolfe sembrava avere la meglio, ma, tra
pirati, i colpi
bassi sono consueti.
Nessuno seppe dire
esattamente cosa accadde, ma, alla fine, la Sea Wolfe si
ritrovò gran parte in
fiamme e completamente distrutta, mentre venivano fatti prigionieri
tutti i
sopravvissuti.
Eagle si ritrovò chiusa
nelle celle, assieme ad altri suoi compagni, mentre il capitano Harris
veniva
incatenato all’albero maestro, poi torturato sia moralmente
che fisicamente.
Aileen sapeva che la salute
del Capitano pirata della Sea Wolfe era molto precaria, e che
già molte volte
si era trovato in fin di vita.
Venne chiamata dopo poco da
uno dei mozzi, che la portò sul ponte.
«Ah, Eagle – La voce
smielata del Capitano della Marylin si rivolse ad Aileen, per poi
scoppiare in
una fragorosa risata – Finalmente ci incontriamo. Che
piacere…»
«Il piacere è tutto suo. »
Rispose secca Aileen, tenuta con le braccia legate da due uomini.
Sputò poi ai
piedi di
Smith,
che imprecò indignato.
«Bene, allora. Per questo la
pagherai cara. » Fece poi un cenno al suo equipaggio, che
cominciò a slegare
Harris dall’albero maestro.
Smith si avvicinò a lei,
ghignando.
«Tu starai a guardare. » Le
sussurrò perfidamente in un orecchio.
Fecero inginocchiare Harris,
che cercava con lo sguardo gli occhi di Aileen.
Sapeva cosa sarebbe successo
di li a poco.
Lo sapeva benissimo.
Si fece forza e guardò di
fronte a se, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva per
affrontare
quell’ultima, terribile, e temuta prova.
Smith si mise dietro di lui,
sfoderando la sua spada, sorridendo compiaciuto.
«Di pure addio al tuo caro
capitano, Eagle. O forse dovrei chiamarti… Aileen?
»
Detto questo, accostò la
lama alla gola, e con un taglio netto mise fine alla vita del Capitano
Jason Harris.
«No! Jason! Nooo!!»
Aileen si liberò con uno
strattone secco delle braccia che la tenevano ferma, andando verso il
suo
capitano, oramai totalmente privo di vita. Si inginocchiò
vicino a lui,
abbassando la testa, gli occhi velati di lacrime. Non riusciva a
muoversi,
tenendo la testa del suo capitano tra le sue braccia.
Poi, si rialzò di colpo,
brandendo la spada, avanzando minacciosamente verso Smith, sentendo
calde
lacrime affacciarsi sulle iridi, ma le represse forzatamente.
«Lurido bastardo. Cosa hai
fatto? COSA HAI FATTO?!? »
«Chiudetela nelle celle. Non
voglio più sentirne parlare »
Di li a poco, decine di
uomini le furono addosso, immobilizzandola e portandola velocemente
verso le
prigioni, sbattendola dentro.
Aileen non si diede per
vinto, attaccandosi alle sbarre, scuotendole con rabbia.
«La pagherete cara per
questo! LA PAGHERETE!! »
Dopo fin troppo tempo
passato a lanciare minacce al vento, Eagle si lasciò andare,
appoggiandosi al
muro della cella, affogando nel suo dolore.
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Capitolo 5 *** Fine della corsa. ***
Capitolo
5: Fine della corsa.
Il sole era sorto da appena
qualche ora, e al molo di Tortuga c’era un gran viavai sulla
Perla.
Gli ultimi rifornimenti
venivano riposti nella cambusa, mentre si preparavano le vele per
salpare.
Jack era nel suo alloggio, e,
aiutandosi con delle vecchie carte che era riuscito ad estorcere la
sera precedente
da un vecchio marinaio, poco prima di essere andato a recuperare Gibbs,
cercava
di tracciare delle rotte, ma senza successo.
Continuava a pensare ad Eagle,
quella ragazza vista la sera prima alla locanda, riviveva
quell’attimo decine e
decine di volte, cercando di farsi una ragione per
quell’ossessione improvvisa e a
suo avviso completamente immotivata.
D’altronde non era da lui
andare dietro ad una donna, ma sentiva il bisogno, quella mattina, di
seguire la
Sea Wolfe, nonostante essa
avesse un discreto vantaggio, data l’intera notte passata
sulle acque.
Sperava solo di poter
intercettare la nave prima di sera.
Dopo poco più di una ventina
di minuti la nave salpò, allontanandosi dal porto di Tortuga.
Passò qualche ora, mentre la
nave scivolava tranquilla sulle acque.
Quattro colpi ovattati alla
porta.
«Jack! Abbiamo bisogno di te
al timone. » Gibbs lo
avvertì con voce concitata, evidentemente non aveva la
minima idea di dove
fossero diretti, dato che Sparrow era stato ben poco preciso riguardo
la meta
di quella partenza improvvisa.
Jack si alzò, avviandosi
verso l’uscita e quindi verso la poppa della nave, mentre
Gibbs lo seguiva,
facendogli la solita sfilza di commenti sommessi riguardo a quanto rum
avesse
preso e quanto invece ne richiedesse effettivamente la ciurma.
Mentre Gibbs continuava con
la sua spiegazione recessiva, Jack strinse appena gli occhi, aguzzando
la vista.
«Ssh. Guarda li. » Il
capitano lo zittì con un gesto della mano, poi indicando i
resti di una nave
distrutta che affioravano poco a poco all’orizzonte.
«E’ la Sea Wolfe! E’ stata
distrutta!»
Avvertito improvvisamente
dalla voce di Martin, Jack distolse la vista, rivolgendosi a Gibbs.
«Cercate superstiti. Mandate
tre uomini»
Furono mandati alcuni membri
dell’equipaggio a perlustrare tra le rimanenze della nave.
Nessun sopravvissuto.
Jack decise di proseguire, preoccupato,
cercando di capire quale fosse stata la causa, o meglio, la nave, ad
aver
causato tutto quello.
Era sicuro fosse successo da
relativamente poco, dato che il fumo ancora esalava da ciò
che ne era rimasto
della famigerata Sea Wolfe.
Di li a poco venne avvistata
una nave.
Jack anticipò Martin, questa
volta.
«E’ la Marylin. Ne sono
sicuro. Nessuno tranne quella nave ha le capacità di
disintegrare in questo
modo una nave come la Sea Wolfe. »
Gibbs si rivolse poi alla
ciurma, intuendo ciò che il capitano stava per ordinare.
«Caricate i cannoni! Uomini,
prepararsi all’arrembaggio! »
Un boato di urli si librò
dall’equipaggio, mentre c’era chi brandiva le spade
e chi si appostava ai
cannoni, pronto all’attacco.
Le due navi si accostarono,
mentre i mozzi da entrambi i galeoni si lanciavano occhiatacce e
grugniti
sommessi, pronti all’attacco quando glielo avrebbe ordinato
il capitano.
Bisognava solamente
attendere il momento opportuno.
Jack si guardò intorno,
cercando con lo sguardo Smith, che intravide dal lato opposto del ponte
della
Marylin.
Quando finalmente le due
navi furono vicine, Sparrow ordinò a Gibbs
di fare fuoco.
«Fuoco! »
«Fuoco! »
Allo stesso tempo, Smith
diede lo stesso ordine, e cominciò l’attesa battaglia di
cannoni,
mentre le due navi si fronteggiavano senza nessuna pietà.
«Uomini! All’arrembaggio! »
Da entrambe le navi, decine
di pirati si lanciavano verso la nave nemica, attaccando chiunque
capitasse
sotto tiro.
Jack immaginava che i mozzi
della Sea Wolfe fossero stati rinchiusi e, una volta arrivato sul ponte
della
Marylin, si fece abilmente largo tra le schiere nemiche, cercando
l’accesso
alle celle.
«Ah… Jack Sparrow, giusto? »
Smith si era accorto del suo
girovagare sulla nave, e ora era intenzionato a fronteggiarsi con lui,
estremamente convinto delle sue capacità.
Jack si girò verso di lui,
con un espressione a metà tra il teatrale e
l’offeso.
«E’ Capitan
Jack Sparrow »
«E sia. Capitan Jack
Sparrow. » Impugnò la sua spada, brandendola in
avanti verso il capitano della
Perla.
Jack, preso alla sprovvista,
sguainò la sua spada, mentre Smith si apprestava ad
attaccare.
Cominciò una vera e propria battaglia,
quasi
una danza, tra le spade dei due capitani.
Nessuno dei due sembrava
avere la meglio, anche perché in fatto di abilità
spadaccina e trucchi sporchi
erano ugualmente capaci.
Una cannonata della Perla
mise improvvisamente in difficoltà la Marylin, causando un
forte sussulto sul
ponte di quest’ultima.
Per un attimo, Smith guardò
altrove, distraendosi, dando il tempo a Jack di fare una delle sue
solite
fughe.
Si infilò dietro una porta,
notando poi che conduceva ad un breve corridoio in discesa.
Scese cautamente, trovandosi
poi davanti le celle, dove erano stati messi dentro a gruppi i mozzi
della Sea
Wolfe.
Cercò con lo sguardo e la
trovò.
Era da sola, nella cella in
fondo, raggomitolata in un angolo, dando di spalle alla porta della
cella.
La casacca bianca era ora un
cencio, strappata in più punti, mostrando la schiena,
massacrata e distrutta dalle
cicatrici, alcune risalenti evidentemente a molto tempo prima, altre
ancora
tagli aperti e tuttora sanguinanti.
Dovevano averla torturata.
Il sadismo del capitano
della Marylin verso i prigionieri era più che noto, e si
poteva ben immaginare
che trattamento particolare era stato riservato alla leggendaria Eagle.
Cercò con lo sguardo le
chiavi, che trovò attaccate ad un gancio.
Si rivolse quindi ai mozzi
della Sea Wolfe, osservandoli appena prima di porre loro una domanda.
«Siete della Sea Wolfe? –
Annuirono appena con la testa – Bene. Sono il Capitan Jack
Sparrow, della Perla
Nera. Siamo venuti a salvarvi,
però abbiamo bisogno di una mano li fuori. Ci potete
aiutare? » Gli disse, con
tono deciso. Sapeva che con la decisione e la sicurezza
avrebbe
convinto ancora di più i pirati.
«Aye capitano! » Dissero
all’unisono, pronti di nuovo ad essere liberi, e ad essere
pirati.
«Bene. » Detto questo, Jack
aprì le celle dove erano stati rinchiusi, mentre tutti i
marinai liberati
correvano a riprendere le armi, su un tavolo li vicino, per poi correre
fuori
urlando.
Jack sapeva anche della
bravura di quei pirati nel combattimento, perciò era sicuro
che la
battaglia avrebbe avuto
un risvolto positivo.
Una sola cella era rimasta
chiusa.
Aileen non sembrava essersi
mossa minimamente, da quando Jack era entrato.
Sparrow si avvicinò
lentamente, aprendo la cella, lo scatto fece un eco sonoro nel
corridoio ormai
quasi vuoto.
«Ma bene…»
Jack si girò, trovandosi a
poche decine di metri di distanza da Smith, che sorrideva falsamente,
notando
il lavoretto che Sparrow aveva compiuto.
Si avvicinò a Smith, brandendo la spada.
«Vigliacco. Sei scappato. »
«Non è vero. Io ho solo
tenuto fede a quella che è una delle più vecchie
e nobili tradizioni dei
pirati…- »
«Zitto, codardo. » Lo
interruppe Smith, attaccando Sparrow con la spada.
Il combattimento interrotto
prima riprese con un vigoroso cozzare delle spade di entrambi.
Smith giocava in casa, e per
questo non ci volle molto tempo a mettere Jack in
difficoltà, poiché,
conoscendo, giustamente, la sua nave, utilizzò
l’ambiente a suo favore.
Lo mise spalle al muro,
facendogli volare via la spada, impedendogli di muoversi lateralmente.
«Fine della corsa, Sparrow.
»
Allungò il braccio con uno scatto,
così da poter finalmente uccidere quell’odioso e
fin troppo leggendario
capitano.
Ma quel colpo non arrivò a
segno.
«Fine della corsa, Smith »
Ringhiò Eagle, infilzando la sua spada nella schiena del
capitano della Marylin,
in corrispondenza del cuore.
La spada di
Smith, però, riuscì ad
arrivare alla spalla del Capitano della Perla Nera, strappandogli un
mugolio di
dolore tra i denti.
Smith cadde a terra, privo
di vita.
Aileen guardò su,
incontrando lo sguardo di Jack.
Questa volta non represse i
brividi, anzi, sorrise, mentre si lasciava andare al freddo abisso
dell’incoscienza.
«Capitano! »
Gibbs irruppe di colpo, con
un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
«Capitano! Abbiamo vint-…»
Il resto gli morì sulle labbra, vedendo a terra due persone,
di cui un il loro
nemico, e, facendo scorrere lo sguardo, notò un Jack Sparrow
con una spalla che
sanguinava abbondantemente.
«Dammi una mano, Gibbs. La
portiamo fino alla Perla. »
Gibbs annuì, mentre si
apprestava a portare in braccio Aileen, alla fine facendo il lavoro da
solo,
notando come le condizioni del Capitano non fossero indifferenti.
«Chi è questa ragazza? »
Jack sorrise, tenendo una
mano sulla spalla mentre avanzavano verso la sua cabina.
«Questa, Gibbs, è Eagle. Ex
Capitano in seconda della Sea Wolfe. »
|
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Capitolo 6 *** Nightmares ***
Salve a
tutti!
Dato che vi ostinate a
non commentare... T-T
Ho deciso di pubblicare
due capitoli alla volta se sono corti, così io sveltisco un
po' le cose e voi leggete di più in una volta.
Ok, quindi, ultimi
tentativi.
Non sono crudele o che,
sono solo un po' perplessa perchè su 5 capitoli avete
lasciato un solo commento. E devo dire che ci sto male
perchè mi è già successo.
Comunque, il capitolo 6 e 7 sono insieme, considerate i titoli in
grassetto dei... "titoletti". Sottocapitoli.
Buona
lettura! :D
Capitolo 6: Dormi bene, Eagle
Aileen riaprì
lentamente gli
occhi, sbattendo le palpebre ripetutamente per abituarsi alla luce.
Subito scorse una
finestra
alla sua sinistra, da cui si poteva vedere il cielo, che era
leggermente
tendente all’arancione, segno dell’imminente
tramonto. Bagliori di luce morente
filtravano dalla finestra, avvolgendola in un tiepido bagno di calore.
Cercò di
alzarsi, per
potersi guardare intorno, però subito la colpì
una fitta di dolore alla testa.
«Ehi, ehi.
Piano.»
Guardò alla
sua destra,
notando che la persona che le aveva appena parlato era intento e
fasciare la
spalla di un uomo di cui poteva vedere solo la schiena, essendo rivolto
nel
verso opposto.
Gibbs le sorrise
gentilmente.
«Dovrai stare
così per un
altro po’. Le medicazioni però dovrebbero
cominciare a migliorare la
situazione. »
Lei si rimise docilmente
a
letto, osservando mentre l’uomo che le aveva parlato finiva
di fasciare.
«Ecco. Tieni,
Jack. Puoi
andare. » Disse bonariamente, sorridendo, dando una leggera
pacca sulla spalla,
quasi volutamente, facendo imprecare tra i denti il ferito.
Poi, l’uomo si
girò.
Aileen sbattè
ancora le
palpebre, mettendo a fuoco quella figura.
Non le era nuova, era
sicura
di averla già vista ripetutamente.
«Ah, ti sei
svegliata
finalmente. » Disse, con una voce così calda e
seducente che Aileen faticava a
non reagire con imbarazzo.
La figura si
avvicinò a lei,
sedendosi sul bordo del letto.
Era alquanto singolare
come
apparenza.
Pelle abbronzata, occhi
scuri, color cioccolato, capelli raccolti in ciocche rasta, scure
anch’esse,
tra cui pendevano perline, pendagli e ciondoli di ogni genere.
Ai polsi aveva delle
fasce,
e una P decisamente in risalto sul dorso del polso destro.
Non aveva una maglietta
indosso, il che era giustificato dalla fasciatura sulla spalla, e
portava una
barba raccolta in due piccole treccine.
Era alquanto
affascinante,
ed era la prima volta che Aileen era costretta ad ammettere
sinceramente una
cosa del genere.
«Piacere.
Capitan Jack
Sparrow.- Disse con quella sua voce dannatamente inebriante, porgendo
la mano,
forse più un gesto obbligatorio che spontaneo. Infatti la
ritirò quasi subito.
– Benvenuta a bordo della Perla Nera. »
Gibbs si
avviò quindi verso
la porta, dette un’occhiata ai due, sorridendo, per poi
uscire e chiudersi la
porta alle spalle.
«Eagle. Io
sono Eagle.-
Aileen mormorò con voce mozzata, un po’ dal
dolore, un po’ dall’emozione – Chi
era? » Mormorò indicando con la testa
l’uomo che era appena uscito.
«Chi? Gibbs?
Il mio primo
ufficiale. Di lui ti puoi fidare, stai tranquilla»
Detto questo, Jack la
aiutò
a tirarsi su, con la schiena appoggiata sui cuscini, mentre lei serrava
gli
occhi per le continue fitte di dolore.
Jack si alzò
dal letto,
andando poi a cercare qualcosa in un armadio da li poco distante.
Aileen non poteva fare a
meno di tenere gli occhi incollati su di lui.
Ora poteva notare
qualcosa
di scritto sulla sua schiena, che prima, appena sveglia, non aveva
visto.
Jack si
avvicinò a lei, con
una bottiglia in mano.
«Tieni. Bevi,
ti sentirai
meglio. – Gli porse la bottiglia di rum, già
stappata, e lei buttò giù un lungo
sorso, sentendo subito il calore espandersi e alleviare per quanto
possibile le
fitte - Ecco. Meglio no?»
Jack riprese la
bottiglia,
inghiottendone qualche consistente sorso, per poi poggiare il fiasco
sul
comodino.
«Cosa…
- Sparrow cominciò a
parlare, però si dovette schiarire la gola, forse per colpa
del rum.- Cosa è
successo esattamente a bordo della Sea Wolfe? »
Aileen fu trafitta da
un’ondata di dolore, però a livello emotivo. Non
riusciva a non pensare a
Harris.
Cercò subito
di riprendere
un briciolo d’orgoglio.
«Siamo stati
attaccati dalla
Marylin. Sapevano che avevamo avuto problemi recentemente e ci hanno
attaccato
senza pietà. Questo è quanto. » Eagle
rispose con voce dura, fredda e
calcolatrice.
Non voleva lasciar
trasparire nulla del suo dolore.
Jack era sul punto di
chiedere qualcosa riguardo a Harris, però
Gibbs irruppe nella stanza, dicendogli di
lasciar riposare Eagle il più possibile. Ora più
di ogni altra cosa aveva
bisogno di riprendersi.
Jack si avviò
verso la
porta, però, prima di uscire, osservò qualche
attimo Aileen, mostrando uno dei
suoi soliti sorrisi intriganti e provocanti.
«Dormi bene,
Eagle. »
Mormorò a voce bassa, prima di chiudersi la porta alle
spalle.
Capitolo 7:
Nightmares.
Eagle
venne fatta inginocchiare. Cercava con lo
sguardo qualcuno, qualcosa che la potesse salvare.
Ma
non c’era nessuno. Nessuno era stato costretto a
vedere lei che moriva così miseramente, nessuno era disposto
a salvarla.
Sapeva
cosa sarebbe successo di li a poco.
Lo
sapeva benissimo.
Si
fece forza e guardò di fronte a se, raccogliendo
tutto il coraggio di cui disponeva per affrontare
quell’ultima, terribile, e
temuta prova.
Smith
si piazzò bene dietro di lei, sfoderando la sua
spada, sorridendo compiaciuto.
«Di
pure addio alla tua vita, Eagle. O forse dovrei
chiamarti… Aileen? »
Sorridendo
sadicamente, Smith, accostò la lama alla
gola, e con un taglio netto mise fine alla vita dell’Ex
Capitano in Seconda
Aileen Eagle.
«Aaah! »
Aileen lanciò un
urlo disperato, mentre si buttava a sedere sul letto, gli occhi
stravolti, spalancati,
il respiro pesante ed irregolare, mentre fissava con le iridi nel
vuoto, uno
sguardo terrorizzato, perso e terrificato.
«Aileen!
» Jack irruppe
nella stanza, seguito a ruota da Gibbs.
Sparrow si
avvicinò a lei,
cingendole le spalle, mentre lei ancora respirava affannosamente.
«Ssh…
Non ti preoccupare… E’
solo un incubo. Un brutto sogno. » Disse in un soffio, mentre
cercava di
infonderle sicurezza, tenendola stretta.
Cominciava a
tranquillizzarsi, rendendosi conto di ciò che aveva
effettivamente sognato, e
poi del fatto che Jack la stava abbracciando.
Ma non voleva che si
togliesse o che si allontanasse.
Si sentiva finalmente
sicura
tra le sue braccia.
Lentamente, Jack si
allontanò da lei, sorridendole dolcemente.
«Va meglio?
» Lei annuì,
cercando di sorridere, poi notando una cosa.
«Come…
Come sai il mio nome?
» Chiese, con voce rotta.
«Beh…
continuavi a ripeterlo
nel sonno. »
A questo punto Gibbs
intervenne.
«Succede
spesso di avere
incubi, è colpa della febbre che sta scendendo.
Già domani starai meglio, dammi
retta.» Disse, sorridendo bonariamente.
Jack la aiutò
a rimettersi a
letto, mentre lei cercava di mettersi nella posizione migliore per
attutire le
fitte alla schiena.
Gibbs
farfugliò qualcosa
sull’andare a cercare una pezzetta bagnata, che diceva
probabilmente l’avrebbe
aiutata a rinfrescarsi, dileguandosi dalla stanza.
Jack si stese accanto a
lei,
mettendo dietro alla nuca il braccio sano, sospirando
appena.
Per un po’ di
tempo stettero
così, in silenzio, persi ognuno nei propri pensieri.
Fu Jack a rompere il
silenzio.
«Va meglio con
la schiena? –
Chiese con aria neutrale - Perché le frustate so quanto
fanno male. Ma di
solito non ci mettono tanto a rimarginarsi »
«Beh…
Si. Va decisamente
meglio. –Sorrise ingenuamente, poi abbassando lo sguardo
verso il proprio
corpo, trovandone il busto completamente bendato. – Mi
avete… fasciato?» Chiese
perplessa, mentre osservava le bende, ammettendo che erano state ben
messe. Jack
annuì. Poi, Aileen notò che il suo tatuaggio era
in gran parte scoperto.
Sorrise appena,
osservandolo. Un’aquila con le ali spiegate, in un volo
fiero, e, sullo sfondo,
una semplice rappresentazione di un sole mezzo nascosto dietro alle
onde.
Jack dovette notare che
lei
guardava il proprio tatuaggio, perché si mise ad osservarlo
incuriosito.
«Un’aquila?
» Chiese, non
distogliendo lo sguardo.
«Si…
beh, sono Eagle, no?
Comunque anche perché sia penso l’animale che
più mi rappresenta. »
Jack sorrise, notando
quanto
assomigliasse al proprio quel tatuaggio. Quindi, scoprì il braccio,
coperto prima
dalla manica, mostrando il suo. Era esattamente come quello di Aileen,
solo che
con un passero in volo.
Aileen sorrise,
osservandone
la somiglianza.
«Beh, Sparrow,
no?» Mormorò
lei, quasi come se lo dicesse ironicamente.
Jack prima la
guardò
corrucciato, poi sorrise appena, rimirando prima il suo tatuaggio poi
quello di
Aileen.
Lei si accorse di come
le
guardava il corpo e, quasi si offendesse, mise le coperte sopra le
spalle,
girandosi dalla parte opposta. Cominciava ad avere sonno.
Sparrow sorrise,
divertito,
mentre si allungò verso di lei, schioccandole un breve bacio
sulla fronte, per
poi alzarsi dal letto, uscendo dalla stanza.
|
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Capitolo 7 *** Decisioni ***
Un
grazie immenso a cassandra 287 per i suoi commenti [per altro
gli unici T-T].
Ho deciso di proseguire con la storia, recensioni o non,
perchè se non piace come storia, allora pazienza.
Grazie a tutti coloro che leggono [anche se non commentano]
ScissorHands.
Capitolo 8:
E’ Capitan
Jack Sparrow.
Aileen
alzò gli occhi chiusi
al cielo, mentre faceva passare il dorso del braccio
sulla
fronte.
Il
sole dei Caraibi era
particolarmente focoso oggi, e, lei lo sapeva, a stare ferma era ancora
peggio.
Si
alzò lentamente, dando
un’occhiata intorno.
Si,
aveva fatto un lavoro
niente male, pulendo il ponte.
Lasciò
l’occorrente che
aveva utilizzato nello stanzino vicino alla prua, per poi avviarsi
verso il
timone, dove scorse Jack, che virava tranquillamente a babordo,
utilizzando
solamente il
braccio
sano, nonostante la spalla ferita fosse quasi del tutto rimarginata.
Gibbs
infatti lo aveva
ammonito, dicendogli di ridurre lo sforzo il più possibile.
«Jack…»
Aileen salì
lentamente le scale, facendo mente locale di cosa doveva dirgli.
«Ah,
Aileen.- Sorrise,
guardando poi oltre le spalle della ragazza, verso il ponte –
Ottimo lavoro.
Anche se continuo a non capire perché tu voglia affaticarti
e per di più fare
lavori del genere. » Disse inarcando un sopracciglio, facendo
spallucce.
«Te
l’ho detto, non voglio
stare con le mani in mano. E poi ho sempre creduto che un bravo
capitano
dovrebbe essere in grado di fare qualsiasi lavoro a bordo di una nave,
anche il
più ingrato.» Affermò con voce seria,
quasi subito rendendosi conto di aver
usato il “tu”.
Era
passata circa una
settimana dalla sua convalescenza e, appena Gibbs le aveva detto che
poteva
cominciare a muoversi, le non aveva perso un attimo, girando per tutta
la nave
a dare una mano dove era possibile.
«Capitano,
volevo chiederle
se poteva lasciarci al porto più vicino. In questi giorni
siete stato anche
troppo gentile, e penso di dover togliere il disturbo il prima
possibile. »
Voce fredda, quasi meccanica, corpo rigido. Si era sempre imposta di
essere
distaccata quando non perdeva le staffe, il che, a dirla tutta,
accadeva poche
volte. Però si era imposta un comportamento estremamente
rigido.
Jack
la guardò corrucciato e
perplesso, poi sospirò.
«Siamo
di nuovo al “lei”?
Nooo dai… - Sbuffò appena, contrariato. Odiava
sentirsi dare del lei. Lo faceva
sentire vecchio, e per altro odiava il galateo, le riverenze e tutta
quella
robaccia. A suo parere una grossa, grassa perdita di tempo –
Saremo a Tortuga
tra meno di una settimana, se tutto va bene, Miss
Eagle» Sbottò piccato, sottolineando con il tono
quel “Miss”.
«Va
bene, Mister Sparrow,
allora ci farà sapere
quando saremo vicini a Tortuga, così almeno ci leveremo
dalle scatole » Esplose
Eagle, puntando gli occhi verso Jack, fulminandolo con lo sguardo.
«E’
Capitan Jack
Sparrow. »
«I
miei ossequi, Mister Sparrow. » Detto questo, Eagle si
allontanò altezzosamente,
dirigendosi verso la cabina del capitano.
Capitolo
9: Decisioni.
Aileen
guardava il mare,
ormai una distesa scura, le onde solo percettibili grazie allo scroscio
continuo di esse sul fondo della Perla.
Per
lei era sempre stato un
modo per curare alleviare o migliorare qualsiasi cosa, problema o
dolore.
Inspirava
lentamente la
salsedine, l’odore delle onde, appropriandosene
completamente, come fosse un piccolo
tesoro per se.
Jack
si avvicinò lentamente,
dalle ombre, andandosi ad appoggiare alla balaustra accanto a lei, a
poppa
della nave.
Lei
era riuscita in gran
parte a sbollire la rabbia di quella mattina, e ora attendeva in
silenzio.
«Sei
sicura di volertene
andare quando arriveremo a Tortuga? »
Lei
annuì leggermente, e
Jack abbassò lo sguardo, verso le onde che scorrevano sotto
di loro.
«Cosa
farai lì? Insomma…
troverete una nave? Dubito che vogliate restare a terra per molto
tempo.»
«Si,
infatti… dovrei
riuscire a trovarne una, sfruttando alcuni favori. In effetti
c’è qualcosa che
mi interessa oltre queste acque, ed ho bisogno ovviamente di una nave.
»
Jack
la guardò con aria
interessata, invitandola a continuare.
Lei
fece segno di lasciar
stare. Non aveva voglia di parlarne.
Stettero
in silenzio per un
po’, semplicemente osservando il mare e il cielo, ormai cosa
unica.
«Senti,
Jack… - Lui si girò
verso di lei – Ascolta. Quello che volevo dirti prima era
che… Beh, hai già
fatto troppo per noi… e, non avendo modo di ripagarti,
vogliamo poter creare
meno problemi possibili.»
Jack
rise appena, girandosi
completamente verso di lei.
«Ascolta,
darling. La tua
ciurma è tra le migliori che io abbia mai visto. In
meno di
una settimana la
Perla
è in una situazione
migliore di come non me la ricordavo da tempo. Non è un
fatto di ripagare
nulla, perché state già ripagando benissimo con
tutto il vostro lavoro. L’unica
cosa che ti posso proporre è se vuoi unirti a noi. Tu e la
tua ciurma. Ho
bisogno di uomini, e voi di una nave. Comprendi?»
Aileen
fu presa alla
sprovvista. Puntò gli occhi su Jack, come per vedere se
stava facendo solo una
solita messa in scena delle sue o meno. Durante la settimana precedente
avevano
litigato non poche volte per questo suo modo di fare eccentrico e per
il suo
egoismo.
«Jack…
io… non so cosa dire.
» Cercava le parole, senza trovarle, sapendo quanto potesse
costare a Jack.
Abbassò lo sguardo.
Lui
sorrise, avvicinandosi a
lei.
«Dì
di si.» Mormorò appena.
Lei
alzò lo sguardo, ed il
viso con esso, trovandosi Jack a pochi centimetri dal viso.
Lui
sorrise, avvicinandosi
ulteriormente.
Aileen
poteva sentire il suo
respiro caldo sulle sue labbra, un odore di rum e di mare sulla pelle.
Lui
avvicinò le labbra alle
sue.
Lei,
però, si irrigidì.
Voltò
il viso, mormorando
uno “scusa” tra le labbra, poi correndo verso la
cabina del capitano.
Jack
rimase li, con un palmo
di naso, frastornato, perplesso, con un desiderio ora vacante.
Piegò
la testa appena,
fissando ancora il vuoto.
Non
riusciva a capire le
donne, specialmente Eagle, e sapeva che mai, probabilmente,
l’avrebbe capita.
|
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Capitolo 8 *** Addio. ***
Ancora una volta
un grazie
enormissimo a cassandra 287 *-* meno male che ci sei tu! :D
Ah, comunque non ti preoccupare, le cose si faranno interessanti tra
non molto ;]
E ora... il capitolo 10 e 11!
Capitolo 10:
L’addio.
Jack richiuse il
binocolo,
senza staccare lo sguardo dalla terra che aveva scorto, che avrebbero
raggiunto
entro un oretta circa.
Erano di nuovo a Tortuga.
Sapeva che era uno dei
pochi
posti dove Eagle non avrebbe avuto problemi di alcun genere.
Sbuffò
appena, lasciando il
comando del timone a Cotton, avviandosi verso il ponte, dove prima
aveva visto
Aileen trafficare con delle cime. Probabilmente era ancora li.
Eagle notò,
con la coda
dell’occhio, che l’andatura ondeggiante del
capitano si dirigeva proprio verso
di lei.
Sospirò. Il
muro che si era
andato a creare tra loro due diventava ogni minuto più alto
ed invalicabile. O
almeno, così le sembrava.
Da quando era scappata
via
come una codarda da Jack e dalla sua ammaliante proposta aveva cercato
di
evitarlo in tutti i modi, e sapeva che Jack avrebbe mantenuto fede alla
sua
parola, portandola a Tortuga.
«Miss Eagle,
tra meno di un
ora saremo a Tortuga. Potete avvertire i vostri marinai. »
La voce questa volta
distaccata di Sparrow la risvegliò dai suoi pensieri,
facendole alzare lo
sguardo, incontrando quello di Jack.
«Va bene,
Capitano. Glielo
dirò personalmente. » Aileen fece un cenno con la
testa, poi avviandosi verso
la prua.
Jack, appena lei si
girò,
fece una faccia a metà tra l’infastidito e lo
schifato, poi andando verso la
sua cabina.
Circa una mezzora dopo,
Jack
alzò per qualche attimo gli occhi dalle carte, notando che
Aileen aveva fatto
capolino dalla porta.
Lei venne avanti ad un
suo
cenno, mentre Jack aveva già riabbassato lo sguardo.
«Ho riferito.
Ora stanno
preparando le cose e finendo gli ultimi lavori. »
Jack accennò
un consenso,
poi avvicinò la mancina alla testa, sospirando.
«Sei proprio
sicura di
volertene andare? Insomma… ecco… Lo sai come la penso. Ti
sto dando un
opportunità. » Mormorò Jack, alzando le
iridi, incrociandole con quelle di
Eagle.
«Jack…
io… » Aileen, ancora
una volta, non sapeva come rispondere.
Considerava incredibile
il
fatto che quell’uomo riuscisse continuamente a metterla in
difficoltà, anche
senza volerlo.
I suoi occhi si persero
nei
suoi, per qualche attimo, fino a che Jack fu costretto a rassegnarsi,
sapendo
benissimo che cosa Aileen avesse intenzione di fare.
Si alzò, con
sguardo serio,
andando verso la porta.
«Tra poco
saremo a Tortuga.
Prepara le tue cose. »
Eagle cercò
di fermarlo,
prendendolo per il braccio.
Lui si girò,
rivolgendole
uno sguardo serio, quasi nascondesse un orgoglio ferito.
«No, Aileen.
Le tue scelte
le hai fatte. Spero di rincontrarti un giorno. »
Detto
questo, Jack uscì dalla cabina, lasciando Eagle sola con se
stessa, i suoi
sensi di colpa e i suoi sbagli.
Capitolo
11:
Le Carte Nautiche.
Barbossa alzò
lo sguardo dal
tavolo, dove stava trafficando con le carte nautiche che sperava lo
avrebbero
condotto all’Aqua de Vida.
Ricordava come, poco
tempo
addietro, lui e il giovane Will Turner, ora costretto a capitanare la
famigerata Olandese Volante,
avessero decifrato ed utilizzato quella carta per
arrivare ai Confini del Mondo, a salvare quel pezzo di buono a nulla di
Jack
Sparrow.
“E’
Capitan Jack Sparrow”
Sbuffò
appena, cercando di
scacciare quell’odiosa voce che ogni due per tre ricompariva
a tradimento tra i
suoi pensieri, infilando qualche frase che gli ricordasse qualcosa o
qualcuno
che aveva omesso nei suoi discorsi.
Alzò gli
occhi al cielo,
sbuffando ancora, seccato, tornando alle carte.
Le sue unghie grattavano
appena la carta usurata di quelle mappe, mentre ne ruotava annoiato e
distratto
le fasce mobili che la componevano.
Poi, si
bloccò, portando il
suo sguardo su un punto preciso, notando delle scritture accavallate
tra due
bande.
Aguzzò la
vista, cercando di
leggere.
“Ciò
che incontra l’occhio
non è ciò che incrocia la mente”.
Capitan Barbossa lesse
ancora e ancora quelle righe enigmatiche, inarcando progressivamente un
sopracciglio, e arricciando il naso dopo non essere arrivato a nessuna
conclusione, nonostante la lettura ripetuta della stessa frase.
Sbuffò
appena, alzando lo
sguardo da quella mappa, che stava cominciando ad odiare.
Allungò una
mano ossuta
verso il piatto al centro del tavolo, afferrando una mela, portandola
quindi
alle labbra.
Dopo poco, appagato,
tornò
alle carte, facendo ricomparire di tanto in tanto frasi che
già conosceva, e di
cui già sapeva il significato.
O così,
almeno credeva.
Riesplorò
ogni possibile
significato di ogni singola frase, collegandone i contenuti o le
parole, ma
senza nessun particolare successo.
In fine, proprio quando
stava per alzarsi e lasciare la locanda, sfinito da troppi tentativi
non andati
a segno, un giovane ragazzo con i capelli rossi, dall’aria
non troppo lucida,
irruppe dentro.
«Gente!
Ascoltate! Sembra
proprio che al molo stia attraccando la Perla Nera!
»
Il giovane fulvo
sembrava
essere uscito di senno, e continuava a saltellare ad ogni passo, sul
punto di
perdere l’equilibrio da un momento all’altro.
L’attenzione
di tutti,
Barbossa compreso, fu subito catturata da questa notizia,
più che altro perché
non sembrava nulla di eclatante.
L’oste
alzò lo sguardo da un
boccale lurido, che era comunque intento a pulire con il minimo
interesse
possibile. Era un omone calvo e dalla mala fama, essendo un personaggio
tipico
dei retroscena di Tortuga, e sulla sua bettola, “La gatta
ubriaca”, giravano
ogni tipo di superstizioni.
«Di un
po’, ragazzo. Quale
sarebbe la particolarità di questa tua notizia? »
L’oste lo fissava, esasperato,
il tono della voce saccente e sarcastico.
Il giovane, preso alla
sprovvista
da questa reazione inattesa di tutti, si calmò,
apparentemente.
«Beh…
Si dice in giro che la Sea Wolfe sia stata
distrutta. Così come la Marylin.
Infatti, la ciurma, o quello che ne rimane,
della
Sea Wolfe sta scendendo a porto. Del capitano Harris però
non c’è traccia. »
L’oste ruppe
in una
fragorosa risata.
«E tu pensi di
darcela a
bere, ragazzino? Le due navi di cui ci hai parlato sono tra le migliori
mai
esistite. »
«Ma
no… io… - Il giovane non
sapeva più che dire. Poteva anche rischiare di essere
malmenato, solo per aver
divulgato notizie poco credibili, sapendo come i pirati non si
facessero tanti
problemi a maltrattare qualcuno. – E’ stata vista
Eagle! Si dice sia in cerca
di una nave. » Tentò un ultima volta, poi, vista
la situazione, se la diede a
gambe.
Nel momento in cui la
porta
si chiuse, tutti i pirati scoppiarono in una fragorosa risata, e
nell’aria
brilla riecheggiavano frasi impastate, tra cui si poteva distinguere
alcuni “Da
bere per tutti!” e altre dicerie poco distinguibili.
Barbossa si fece largo
tra
la folla, cercando di raggiungere l’uscita.
Si diresse poi verso il
porto, riesaminando nella sua mente ciò che aveva detto il
ragazzo.
Lui era a conoscenza da
poco
del fatto che esistevano solo due carte nautiche che conducevano ai
Confini del
Mondo. Una di queste era in suo possesso, e si diceva che
l’altra copia la
tenesse con se il capitano Harris.
Ora che sapeva quasi con
certezza che Harris era morto, non poteva averle passate a nessuno, se
non alla
sua fida Eagle.
Con quelle carte, poteva
avere una maggiore possibilità di trovare l’Aqua
de Vida, rendendo complementare
ciò che indicava la carta di Harris con ciò che
già sapeva.
Continuando
i suoi
ragionamenti, Barbossa ridacchiò a labbra serrate,
già sapendo come riuscire ad
estorcere le mappe alla giovane pirata.
|
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Capitolo 9 *** Mannaggia. ***
Salve
a tutti!
Dopo un po' di tempo che non aggiorno, eccomi con altri due capitoli,
questa volta un pochettino più lunghi (evviva! :DD Me
orgogliosah *-*)
Ringrazio giu91 per aver commentato, sono contentissima che ti piaccia,
e sappi che anche io adoro i nomi particolari, e una volta tanto questo
qui l'ho praticamente inventato io, di sana pianta. XD
Vi lascio al capitolo, commentate in tanti!
Capitolo
12:
Mannaggia.
Aileen
alzò appena lo
sguardo, coprendo le sopracciglia con la mano, combattendo contro il
sole che
le sferzava fastidiosamente il viso.
Storse
appena la bocca,
stringendo gli occhi, poi girandosi verso l’uomo dietro di
lei.
«Ma
sei sicuro che è questa
la nave? – Chiese, con la stessa espressione di prima, poi
facendo spallucce e
tornando ad osservare il veliero davanti a se, che aveva tutta
l’aria di essere
una nave pirata un po’… fuori forma –
Questa è la Revenge? (NdA: Vendetta,
in inglese) »
Certo,
quella nave aveva una
fama inverosimile in tutti i Caraibi, si diceva fosse un veliero
formidabile, e
non solo, ma quella fama… beh, risaliva al tempo del
Capitano John Gow, ed era
stato parecchio tempo addietro.
La
nave ne era la
dimostrazione.
«Non
che sembri granché, a
dirla tutta…» Mormorò appena Aileen,
girandosi e facendo qualche passo
indietro, così da essere all’altezza della ciurma.
«Neanche
tu, se è per
questo…- Sibilò Barbossa, poi avanzando verso la Revenge.
– Bene, branco
di incapaci, cominciate a rimettere in sesto la nave, voglio essere a
largo
prima di stasera! »
Tutti
i mozzi si
precipitarono sul ponte del veliero, cominciando a gruppi a trasportare
viveri
e rum e a dare qualche colpo di mazza dove ce ne fosse bisogno.
Aileen
si stava avviando
verso un gruppo che trasportava delle casse, quando fu bloccata
improvvisamente
da una lunga mano ossuta del longevo capitano, che le stringeva la
spalla da
dietro, costringendola ad arretrare di qualche passo per non cadere in
avanti.
Barbossa
sorrise appena,
falsamente, lasciando la mano sulla spalla della ragazza ancora qualche
attimo,
facendo ticchettare le dita sulla sua camicia, per poi ritrarla
lentamente.
«Tu
vieni con me, signorina.
» Mormorò melenso, poi lanciando un occhiata alla
sua ciurma, per controllare.
Si
diresse quindi verso la
cabina principale, ovvero quella del capitano, portando con se la
giovane
pirata, che lo seguiva con poca convinzione.
«Allora…
- Cominciò,
flemmatico. – Vogliamo vederle, queste carte? »
Allungò la mano ossuta verso di
lei, ghignando.
Lei
lo esaminò per qualche
attimo, dopodiché tirò fuori con estrema cautela
le carte nautiche che le erano
state date da Harris, che era stata riluttante a mostrare a chiunque da
quando
le aveva ricevute.
A
dire il vero, era stata
riluttante dal primo momento in cui Barbossa le aveva proposto di fare
“coppia”.
Gli
aveva propinato
incredibili sogni e visioni oniriche in cui loro due, collaborando
insieme
d’amore e d’accordo, potessero trovare la
fantomatica Aqua de Vida, e con essa
l’immortalità tanto ambita da tutti i bucanieri
dei Caraibi.
Per
un attimo, in un attimo
di follia e malinconia, aveva accettato, e ora era legata, volente o
nolente, a
quel folle pirata con le manie di grandezza.
Ora
lo ascoltava, di nuovo
seduta davanti ad una scrivania, con qualcun’altro a
impartirle ordini, solo
che stavolta… beh, ci era cascata da sola in quel simpatico
labirinto di
alleanze, e con tutte le scarpe, e da sola doveva uscirne.
«…Bene,
Eagle! – Disse il
capitano, sorridendo ancora, nonostante tutto – Hai capito
tutto? »
Lei
sembrò riprendersi dallo
stato di trance catalettico in cui era poco prima, durante la
riflessione.
«Uh..
Si, si! » Mormorò, visibilmente
poco convinta, perché Barbossa sorrise magnetico, per poi
sfilare le carte
nautiche dalle mani della ragazza, e uscire tranquillamente dalla
stanza.
«Oh,
mannaggia. » Mormorò in un soffio Aileen,
inclinando appena la testa, le iridi
fisse su un punto indefinito del muro, mentre cercava con la mente una
qualche
soluzione allo
spinoso
problema che le attanagliava la mente.
Capitolo
13:
Bevuta Comune
«…
Ma vi assicuro che non
sarà una delusione. »
Jack
camminava ciondolando
da un lato all’altro, sulla passerella del molo, stavolta
facendo appiglio, si
potrebbe dire, su due donne di apparenza poco raccomandabile.
«E’
quella? » Domandò una
delle due, con un groviglio di capelli biondastri e ricci che le
pendevano
sulla parte posteriore della testa, al che ci si chiedesse se
effettivamente la
donna stessa potesse reggerne il peso.
«…La Perla Nera?
» Chiese
l’altra, corrucciando le sopracciglia e arricciando appena il
naso. Portava
anche lei un ginepraio di capelli ramati appollaiati sulla testa, anche
più
voluminosi di quelli dell’altra donna, ma stavolta adornati
da un misero
fiocchetto color canarino, come se questo potesse risolvere la triste
situazione che si era stabilita perpetuamente sulla sommità
della testa di
quella donna dai gusti indicibili.
«Non
che sia meglio
dell’ultima volta, diciamocelo. » Lagnò
la bionda, sfilando il braccio sinistro
da dietro la schiena di Sparrow, per poi appoggiarlo sul fianco,
imitando il
movimento con il destro.
«Cara,
quella è una festa.
Una sbronza di gruppo. Una… bevuta comune di rum!»
Affermò fiero Jack, infervorando il tono mentre arrivava
alla
parola “rum”.
Detto
questo, lasciò a passo
di carica le due “donne”, avviandosi verso la Perla
Nera, che era ridondante dei canti
lagnati dei pirati, già ubriachi anche se il sole aveva
lasciato il cielo da
appena qualche ora.
Il
motivo di questa festa
era ancora ignoto al suo capitano, ma i pirati non hanno bisogno di un
motivo
per bere rum senza limiti. Lo fanno anche senza i festeggiamenti.
Comunque
per il Capitano
andava benissimo, se c’era rum per tutti, perché
non unirsi?
D’altronde,
non poteva
andare sprecato tutto quel ben di dio, e i pirati, a quanto sembrava,
si
stavano dando parecchio da fare.
Jack
rimediò una bottiglia
tre quarti piena di quell’alcolico ambrato, poi avvicinandosi
a Gibbs, rintanato
in un angolo a cantare spudoratamente canzoni rinvenute da
chissà quale zona
recondita delle sue memorie.
“I
pirati ballano sul ponte
delle navi
E le casse scassano
Se perdono le chiavi!
Gira,
gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre all'erta notte e dì
Pirata sei così.
Dopo
la vittoria, in alto la
bandiera!
Sul pennone sventola
Quella bianca e nera
Gira,
gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre all'erta notte e dì
Pirata sei così.”
Il
buon vecchio nostromo
continuò a cantare, accompagnato da qualche altro membro
della ciurma,
infischiandosene placidamente del Capitano, che, dal canto suo,
aspettava che
si accorgesse della sua presenza.
“I
barili svuotano
Bevendo a più non posso
Quando si ubriacano,
Finiscono nel fosso!
Gira,
gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre all'erta notte e dì
Pirata sei così!”
Quando
finalmente la canzone
sembrò essere finita, Gibbs alzò gli occhi,
balzando in piedi appena notata la
figura del Capitano, che era riuscito incredibilmente a rimanere
discretamente
sobrio per tutto quel tempo.
«Ah,
Capitano! » Gibbs,
cercò goffamente di portare la mano sulla fronte nel gesto
di saluto ufficiale,
ma perse l’equilibrio e cadde pesantemente su una delle
casse, che,
inverosimilmente, resse il suo peso.
«Mastro
Gibbs, posso sapere
quando abbiamo intenzione di partire? » Chiese sardonico il
Capitano,
avvicinandosi con il viso a quello del suo Primo Ufficiale.
«Uhm..
Uh… Domani, Capitano! Avremo un mal di testa che il diavolo
ci farà pagare a
caro prezzo, però partiremo domani! »
Affermò con parlata brilla, mentre
cercava di tirar fuori dal suo repertorio un sorriso ebete abbastanza
da
convincere il buon vecchio Jack ad unirsi alla ciurma, scatenando
un’ovazione
quando egli si unì ai canti strascicati che sferzavano la
notte buia e
nebbiosa.
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Capitolo 10 *** Il Piano ***
Salve
salvino a tutti! :D
Ho cambiato
scrittura, spero si noti. XD
Cooomunque,
ho deciso che ritornerò al buon vecchio capitolo unico, non
mi interessa se è molto breve, vi dovrete accontentare.
Dato che
però i capitoli sono più corti,
aggiornerò più spesso (spero).
Bene, come
al solito un enormissimo grazie a giu91, che è una (l'unica)
commentatrice fantastica! :DD
[Cassandraaaaaa
(287) ma dove sie finitaaa?!?]
Buona
lettura!
Scissorhands.
Capitolo
14: Il Piano
«… E restaci, maledetta
puttana! » Le ordinò con un ghigno il mozzo,
lanciandola letteralmente dentro
alla cella, a marcire insieme a topi e ragni, che evidentemente avevano
messo
su casa, per quanto era vecchio quel veliero.
«Maledetto Barbossa e tutti
voi! La pagherete cara! » Urlò lei, aggrappandosi
alle sbarre, sbattendo le
spranghe di ferro con ferocia, nonostante non accennassero a cedere
neanche un
po’.
Osservò l’ombra del pirata
dissolversi dietro al corridoio, portandosi dietro la luce, lasciandola
sola
con una luna di mezzanotte alta nel cielo.
Aileen sospirò
profondamente, lasciandosi cadere lungo il muro muschiato della cella,
e nel
blu liquido e profondo dei suoi occhi si rispecchiava la luce della
luna.
Nella sua mente c’era il
caos più completo. Malediceva ogni momento se stessa e la
sua maledetta
curiosità, malediceva il momento in cui aveva accettato la
proposta fiabesca di
Barbossa, e malediceva il momento in cui quella viscida carogna era
riuscita a
rubarle la mappa all’Aqua de Vida.
Poi, in un attimo, osservò
la luna più a fondo, quasi la collegasse a qualche ricordo.
I suoi pensieri,
involontariamente, si diressero a Jack. Si chiese dove potesse essere,
che cosa
stesse facendo, e si domandò se lui la ricordasse
ancora…
Scrollò le spalle, mettendo
da parte quei pensieri che non facevano altro che peggiorare la
situazione.
Ora, l’unica cosa da fare
era pensare a come uscire di li.
L’unica persona di cui era
sicura che l’avrebbe potuta aiutare era nientemeno che Jack,
e lei non aveva la
minima idea di dove fosse in quel momento.
La
Revenge aveva lasciato il porto di Tortuga
già da quella
mattina, all’alba, ed erano riusciti a lasciare dietro di
loro parecchie leghe.
In breve tempo riuscì, grazie
alla sua mente affilata, a pensare ad un buon piano per evadere.
Ora l’unica cosa da fare era
aspettare l’una di notte, dove, per appena dieci minuti, il
timone sarebbe
rimasto in mano al vecchio Neil, in attesa che il capitano stesso
venisse a
togliere il comando del veliero a quella talpa con ormai scarse
abilità
combattive.
Aileen sorrise.
La sua mano destra si infilò
dentro alla camicia, sfilandone poi qualcosa di piccolo e nero, la cui
punta
affilata scintillò nella luce soffusa della notte.
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Capitolo 11 *** La Bussola ***
Ciao a tutti!
Allora... intanto
perdonatemi per questo ridardo assurdo, ma purtroppo sono stata a
studiare freneticamente, queste ultime 2-3 settimane, tra
interrogazioni, verifiche e versioni, i prof ultimamente sono
assatanati.
Mefistofelici, anzi.
(Che bella parooooola. XD)
Intanto, un grazie
immenso a giu91 e a Summerbest (nuova fan, siiiii *-* XD) per
aver commentato.
E... un grazie enorme
anche a _Diane, per aver messo la mia fic tra i
preferiti.
Bene, ora vi lascio al
nuovo capitolo, bacioni!
ScissorHands
Capitolo 15: La bussola
Il Capitan Jack Sparrow
fece
scorrere appena le dita sul legno smussato del timone, per poi alzare
lo
sguardo verso, l’altro, dove scorse qualche disparato membro
della ciurma a
preparare la partenza, controllando le vele.
«Cazzate la
dritta! – Urlò,
indirizzando la voce verso il ponte della nave, facendo scorrere lo
sguardo
quasi a scatti su ogni membro della ciurma che si trovasse
all’esterno - Mollate
l'imbando, mano ai pennoni! » Aggiunse a gran voce, prima di
avviarsi verso
Gibbs, che era impegnato con alcune cime assieme ad altri due mozzi
dall’aria
non troppo sveglia.
«Mastro Gibbs?
»
Il nostromo si
tirò su di
scatto e sorrise, cosa che subito dopo pagò a caro prezzo.
Per colpa della
sbronza della sera prima.
A causa di di
quell’alzata
brusca, la mano che doveva andare alla fronte per il saluto si
addossò invece
su un occhio e parte della fronte, a segnalare la vampata di mal di
testa che
si era scatenata per un nonnulla.
«Uhh…
Capitano! » Gibbs
cercò di rispondere con tutto l’entusiasmo di cui
era capace, sfoggiando un
mezzo sorriso tirato.
«Gibbs, cosa
accidenti ci
fai qui? Mano al timone, forza! Dopo ieri sera non ti posso lasciare
solo per
un minuto! » Jack si lamentò esasperato,
avviandosi verso la poppa, spingendo
da dietro il povero Primo Ufficiale, che dal canto suo cercava di dare
spiegazioni per il suo comportamento, di cui però si
potevano udire solo brevi
brontolii sommessi e confusi.
Una volta sistemato
anche il
“Problema Gibbs”, Jack si ritirò nella
sua stanza, sedendosi subito alla
scrivania, cercando di tracciare una rotta, dato che erano chiaramente
partiti
senza un preciso obiettivo.
Le sue dita
picchiettarono
nervose sulla cornice della bussola, per farla stabilire, mentre
cercava di fissare
una meta precisa per il loro viaggio.
La verità era
che stava
succedendo una cosa alquanto singolare.
Fino ad allora, il
Capitan
Jack Sparrow aveva sempre saputo cosa voleva, dove doveva andare, quali
avventure intraprendere, eppure la sua bussola vagava in cerchio senza
fermarsi.
Ora, che invece non
aveva la
minima idea di dove dirigersi, la bussola indicava un punto preciso.
Lanciando
un’occhiata
stranita e perplessa alla bussola, la richiuse, riponendola al suo
fianco dove
era sempre stata, poi concedendosi un buon riposo, lontano dalla
realtà e dai pensieri.
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