Fly Away

di ScissorHands
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Sea Wolfe ***
Capitolo 2: *** Il pirata onesto ***
Capitolo 3: *** Eagle. Il Capitano in seconda della Sea Wolfe. ***
Capitolo 4: *** Guerre, perdite e dolori. ***
Capitolo 5: *** Fine della corsa. ***
Capitolo 6: *** Nightmares ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** Addio. ***
Capitolo 9: *** Mannaggia. ***
Capitolo 10: *** Il Piano ***
Capitolo 11: *** La Bussola ***



Capitolo 1
*** La Sea Wolfe ***





Fly Away






Capitolo 1: La Sea Wolfe
 
Aileen guardava il mare, quella distesa infinita che si fondeva con il cielo, li, da qualche parte all’orizzonte, quelle onde che passavano lisce e fluide sotto il legno levigato della nave, smussato dall’acqua e dalla salsedine che aveva solcato per così tanto tempo.
Indefinibile e pieno, così avrebbe definito il mare la giovanissima capitana in seconda della Sea Wolfe, una tra le navi più possenti e veloci ad aver mai navigato i Sette Mari.
Eagle, con il suo cognome era conosciuta Aileen, praticamente chiunque aveva sentito parlare di lei; poco meno di venticinque anni, pelle olivastra, divenuta tale grazie alla sua intera vita passata in mare, sotto il sole caldo e focoso dei Carabi, capelli lunghi, lisci, corvini, e occhi blu, oceanici, del colore degli abissi, del mare che tanto amava, per ora una delle poche ragioni della sua vita.
«Capitano, capitano!»
Aileen si girò velocemente verso la fonte della voce, cioè alle sue spalle.
Era Reeves, che attendeva una reazione da parte del Capitano in seconda, evidentemente per una cosa importante, poiché si rigirava nervosamente il cappello tra le mani, sapendo quanto la temibile ragazza odiasse essere interrotta in qualsiasi circostanza.
E farla arrabbiare era una delle pochissime cose, o forse l’unica, che i mozzi della Sea Wolfe temevano.
«I-… Il capitano Harris vi desidera nella sua cabina, Capitano.»
Lei si limitò ad annuire con decisione, per poi scendere dallo scalino in prua e avviarsi velocemente verso la cabina personale del suo capitano.
Diede due colpi secchi alla porta, attendendo una risposta di Harris.
«Avanti»
Aprì poco la porta, tanto per permetterle di passare, poi la chiuse alle sue spalle, accomodandosi su una sedia davanti allo scrittoio del capitano ad un suo cenno, così da poterlo vedere in viso.
«Aileen, c’è una cosa che voglio farti vedere. Avvicinati.»
Il Capitano Jason Harris era un uomo dai tratti giovanili eppure ben definiti, sulla trentina, pelle non molto scura, nonostante anche lui fosse un uomo di mare. Gli occhi smeraldini erano incorniciati da una folta zazzera arruffata di capelli castani e leggermente brizzolati. Era un uomo di grande dignità ed onestà, nonostante fosse un pirata, e Aileen era molto affezionata a lui, così come lui era molto affezionato a lei.
Le mostrò una carta nautica, che lei gli aveva già visto maneggiare di recente.
Conteneva antiche scritture probabilmente indecifrabili, con dei tasselli che si potevano far scivolare uno accanto all’altro, facendo comparire nuove frasi o territori.
«Vedi qui?- Le indicò una terra non troppo distante dagli atolli caraibici, e lei, facendo scorrere lo sguardo scorse…- L’aqua de Vida. E’ lei. Ciò che stavamo cercando. E finalmente abbiamo le mappe»
«Ma, capitano… E’ così… Impreciso. Non è possibile-»
«Non è probabile. Tutto qui. Ma a noi quella minima speranza è tutto ciò che ci serve. Siamo o non siamo i capitani della leggendaria Sea Wolfe? Cosa dici, Capitano Eagle? »
«Aye, Capitano! »
«Voglio che tu tenga le carte con te. Sei l’unica di cui mi fido veramente. » Disse, sorridendo, mettendogli le carte tra le mani. Lei lo guardò, incredula.
Harris sorrise intrigato, scuotendo impercettibilmente la testa. Sapeva che l’Aqua de Vida era una meta a dire di molti irraggiungibile, ma era anche a conoscenza della tenacia e decisione di quella giovane bucaniera.
«Bene. Vai a dire a Williams di fare rotta per Tortuga. Ci fermeremo li a fare rifornimenti, poi ripartiremo il prima possibile. »
Aileen annuì con la testa, e si fiondò fuori dalla cabina.
«Williams! Rotta per Tortuga! »
«Aye, Capitano! »
La voce della ragazza poi risuonò per tutta la nave.
«Muovetevi, cani rognosi! Tirate le vele! Stasera saremo a Tortuga, voglio tre uomini con me! »
Al richiamo duro e improrogabile della Capitana, il viavai solito della nave aumentò ulteriormente, con uomini che correvano all’impazzata da una parte all’altra della nave, mugugnando un «Aye, aye, Capitano!» a voce contrita.
Aileen si avviò poi alla sua cabina, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mentre si stendeva sul suo letto, in attesa dell’attracco a Tortuga.
Nascose dietro alla cinta le carte, così che nessuno le potesse trovare.
Poi, calò leggermente il cappello a tricorno sugli occhi, mentre si lasciava cullare dal dolce richiamo delle onde, e dell’attesa.

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Capitolo 2
*** Il pirata onesto ***


Capitolo 2: Il Pirata “onesto”
 
«Jack Sparrow…»
Al richiamo di quel famigerato nome, un uomo dall’altrettanto famigerato aspetto e viso alzò gli occhi, facendo comparire un sorriso appena individuata la sorgente della voce.
«Ah, Hector! Da quanto tempo! »
Jack strinse a se le carte nautiche, che entrambi sapevano fossero la rotta all’Aqua de Vida, e che erano state sapientemente nascoste all’interno del gilet del capitano della Perla Nera, coperto dal suo abituale cappotto.
Barbossa si avvicinò lentamente a Sparrow, sorridendo falsamente, allungando ulteriormente la mano sinistra verso Jack, a mano a mano che avanzava.
«Jack…- Ripeté smielato, capendo subito però che quella tecnica, già lungamente testata, con lui non funzionava. Tentò una nuova strategia.- Le carte nautiche. Dammele. »
«No. » Rispose Jack, piccato.
Cosa gli faceva credere che avrebbe dato via le carte dopo che, oltre a tutto, gli aveva preso anche la Perla?
No, no . Non esisteva.
«Tu hai preso la mia Perla.»
«Tu hai preso le mie carte nautiche.»
«Non sono tue. »
«Neanche la Perla lo è allora.»
«Si invece. E’ mia si. E dato che le carte non sono ne mie ne tue, dato che le ho io sono mie. »
Barbossa strabuzzò gli occhi.
Quel ragionamento non aveva una benché minima logica, ma con Jack Sparrow cosa ne aveva?
«Le mie carte per la “tua” Perla»
«Le mie carte per la mia Perla»
«Allora… Abbiamo un accordo? » Chiese ghignando Barbosa, allungando la mano.
«Andata. »
«Andata. »
«Prima la Perla. Poi le carte. »
«Prima le carte. Poi la Perla »
Andando avanti così per minuti interi, alla fine i due furono zittiti dall’oste della locanda, che li costrinse ad andarsene. Jack e Barbossa si avviarono verso la Perla Nera, attraccata al molo di Tortuga.
I due capitani tentavano di superarsi l’un l’altro, anche mentre camminavano, attirando lo sguardo di non pochi passanti.
Una volta alla Perla continuarono la gara, correndo per arrivare prima al timone, poi, una volta li, Barbossa si fece avanti con aria saccente.
«Ecco la Perla. Ora le carte. »
«No. Scendi dalla Perla, e ti do le carte. »
«Perché dovrei crederti? »
«Dei due, io sono l’unico che non ha commesso ammutinamento, perciò la mia parola è quella a cui ci affidiamo. »
Barbossa si rassegnò, sapendo che con Jack non c’era nulla da fare, avrebbe continuato imperterrito a sostenere e difendere il suo punto di vista o comunque, ciò che voleva.
Scese quindi dalla nave, attendendo che Jack gli desse le carte nautiche.
Non era ciò che avrebbe fatto solitamente, ma non aveva scelta.
Messa mano al timone, Jack diede ordine alla ciurma di preparare la partenza, per poi girarsi verso Barbossa, sorridendogli.
«Tieni, Hector. Divertiti. » Gli urlò, così che lo potesse sentire, sorridendo lestamente. Poi gli lanciò le carte per arrivare ai Confini del Mondo, mentre la barca lentamente scivolava via dal porto di Tortuga.
Jack sapeva di aver commesso un grosso errore dandogli le carte in un onesto baratto in cambio della Perla, odiava dover fare il Pirata “onesto”, ma era sicuro che prima o poi lo avrebbe rincontrato, e avrebbe riavuto le carte.
Dopotutto, era o non era il Capitano Jack Sparrow?
E, mentre pensava a questo, guidava la Perla verso un insenatura laterale al molo, di modo che restasse lontano da occhi indiscreti, e, soprattutto, da Barbossa.

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Capitolo 3
*** Eagle. Il Capitano in seconda della Sea Wolfe. ***


Capitolo 3: Eagle. Il capitano in seconda della Sea Wolfe
 
Aileen sorrise.
Aveva vinto, per l’ennesima volta.
Cominciò a raccogliere i frutti della sua vittoria, mentre gli altri giocatori, con aria afflitta, cercavano di capire dove fosse il trucco, lo scherzo, la fonte di quelle vittorie continue.
Ma sapevano, in fondo in fondo, che il trucco non c’era.
La bravura di Eagle era nota anche nel gioco del Poker, ed era risaputo che erano in pochi quelli che potevano vantare una vittoria giocando contro di lei.
«Un’altra partita, dai. Vogliamo la rivincita. »
Eagle si stava alzando, dando di spalle agli altri giocatori, e sentendo quella frase, le labbra gli si incresparono in un sorrisetto soddisfatto.
Si girò quindi verso Gavin, che aveva chiesto la rivincita.
«Rimangiati quello che hai detto. Non c’è gusto a batterti di nuovo. Per la decima volta »
«Codarda. Tirati indietro allora. Tu e i tuoi sporchi trucchi»
Scoccando un occhiataccia a Gavin, Aileen si sedette, attendendo che cominciassero a dare le carte.
Poco più tardi, quasi al termine della partita, fecero irruzione all’interno della locanda alcuni pirati, che precedettero l’entrata del Capitano Jack Sparrow.
Parlò sommessamente con i suoi mozzi, per poi rivolgersi al bancone, richiedendo un rifornimento di viveri e soprattutto di rum.
Attese qualche minuto, poi si girò, adocchiando il gruppo di giocatori, tra cui una figura femminile.
Sorrise, curioso, mentre si avvicinò, sedendosi a poca distanza dal tavolo, osservando lo svolgersi già lungamente avviato della partita.
Di lì a poco, Aileen si alzò, con aria contenta, mentre raccoglieva i ricavi di quell’ennesima vittoria.
«Sappi bene Eagle, che un giorno o l’altro sventeremo i tuoi trucchi! » Si lamentò il vecchio Joe, puntando minacciosamente il dito verso Aileen, una minaccia che sapeva fin troppo di sarcasmo, mentre Jack osservava intrigato quella ragazza così....
Assomigliava terribilmente a lui.
Aileen indossava un camicione biancastro, che però non sminuiva la sua forma longilinea e magra, pantaloni neri, che terminavano dove il lembo superiore di un paio di stivali prendeva il loro posto.
Cappello a tricorno, giacca lunga e nera, e mille e uno bracciali lungo i polsi.
Tra i suoi lunghi capelli nero intenso, si poteva scorgere un’unica fila di perline colorate, che erano messe particolarmente in risalto dal contrasto con la sua chioma scura, tra cui, in mezzo, era possibile vedere una piccola “E” in metallo.
Aileen si girò, avendo finito di raccogliere il suo compenso, allontanandosi  dal tavolo.
In un attimo, vide Jack.
E Jack vide lei.
Fu uno scambio di occhiate. Pochi secondi.
Lui sorrise, lei tentò di togliersi il ricordo insistente di quegli occhi color cioccolato, e quei brividi rimasti che proprio questi ultimi avevano provocato.
Non era da lei.
Si scrollò di dosso quella sensazione, mentre avanzava verso l’uscita, consapevole di avere ancora lo sguardo di Sparrow ancorato sul suo corpo.
Una volta uscita, Jack si avvicinò al bancone, facendo accostare così Barrie, l’oste della locanda, una donnona di sua lunga conoscenza.
«Barrie, di un po’, chi era quella ragazza che è appena uscita?»
A quella domanda, Barrie sorrise, mentre si avvicinava ulteriormente a Jack, come se già sapesse che ciò che stava per dire avrebbe avuto un risvolto non indifferente su quella ragazza.
«Quella, Jack, è Eagle. Il capitano in seconda della Sea Wolfe. »
Jack dapprima corrucciò appena le sopracciglia, spalancando gli occhi, poi piegò le labbra in un sorriso intrigato.
«Beh, allora immagino che le storie su quella ragazza non sono solo leggende.»
«Infatti. Ma stai attento Jackie, se hai intenzione di andare dietro alla Sea Wolfe. Da quello che si dice non è proprio l’ultima bagnarola dei Caraibi. Così come i suoi due capitani. »
Jack annuì, mentre continuava a fissare la porta dalla quale era uscita poco prima Aileen, come se potesse ricomparire da un momento all’altro.
Poi si accorse che i suoi mozzi lo stavano aspettando, avendo finito il rifornimento.
«Ripartiremo domani mattina. Portate le scorte alla nave, poi siete liberi fino alla partenza. Al molo domattina. »
Tutti i pirati mormorarono un assenso appagato mentre cominciavano a portare le provviste alla Perla Nera.

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Capitolo 4
*** Guerre, perdite e dolori. ***


Capitolo 4: Guerre, perdite e dolori
 
Eagle era al timone, di tanto in tanto dava ordini ai mozzi, mentre con lo sguardo scrutava attenta l’orizzonte.
«Capitano! Abbiamo avvistato una nave! »
Gabriel era di vedetta, ed evidentemente aveva scorto una nave non troppo lontana.
«Colori? »
«Neri, Capitano. Potrebbe essere una nave pirata. »
Aileen fece mente locale. La Perla non poteva essere, era rimastra attraccata a Tortuga, e non poteva essere altro che la…
«Marilyn! E’ la Marylin Capitano! »
Eagle imprecò tra i denti, mentre virava bruscamente.
«Preparate i cannoni! Non si è mai sentita la Marylin venire in pace! »
I mozzi cominciarono a tirar fuori dalla cambusa la polvere e le palle di cannone, mentre il Capitano Harris veniva fuori dalla cabina.
«Aileen! Che succede? »
«E’ la Marilyn, capitano. Sta venendo verso di noi»
Il viso di Harris si oscurò improvvisamente.
La Marylin era una nave che in pochissimo tempo si era guadagnata la fama di essere una delle peggiori in campo di arrembaggio e di cannoni.
In pochi erano sfuggiti ai suoi attacchi, e i supersiti non raccontavano mai nulla di buono.
Di li a poco, le due navi scivolarono una accanto all’altra.
Il capitano della Marylin, Smith, osservava con un sorriso compiaciuto i marinai della Sea Wolfe.
«Bene, bene, bene… E’ la Sea Wolfe questa, non è vero? »
«Lasciateci passare. Non vogliamo attaccarvi.»
«No? Peccato. Perché io si. Fuoco! »
«Rispondetegli per le rime! Fuoco! All’arrembaggio! »
A quel comando, i mozzi di entrambe le navi si fronteggiarono, attaccando l’una o l’altra nave, mentre il rombo dei cannoni risuonava rintronante nell’aria.
La Sea Wolfe sembrava avere la meglio, ma, tra pirati, i colpi bassi sono consueti.
Nessuno seppe dire esattamente cosa accadde, ma, alla fine, la Sea Wolfe si ritrovò gran parte in fiamme e completamente distrutta, mentre venivano fatti prigionieri tutti i sopravvissuti.
Eagle si ritrovò chiusa nelle celle, assieme ad altri suoi compagni, mentre il capitano Harris veniva incatenato all’albero maestro, poi torturato sia moralmente che fisicamente.
Aileen sapeva che la salute del Capitano pirata della Sea Wolfe era molto precaria, e che già molte volte si era trovato in fin di vita.
Venne chiamata dopo poco da uno dei mozzi, che la portò sul ponte.
«Ah, Eagle – La voce smielata del Capitano della Marylin si rivolse ad Aileen, per poi scoppiare in una fragorosa risata – Finalmente ci incontriamo. Che piacere…»
«Il piacere è tutto suo. » Rispose secca Aileen, tenuta con le braccia legate da due uomini. Sputò poi ai piedi di Smith, che imprecò indignato.
«Bene, allora. Per questo la pagherai cara. » Fece poi un cenno al suo equipaggio, che cominciò a slegare Harris dall’albero maestro.
Smith si avvicinò a lei, ghignando.
«Tu starai a guardare. » Le sussurrò perfidamente in un orecchio.
Fecero inginocchiare Harris, che cercava con lo sguardo gli occhi di Aileen.
Sapeva cosa sarebbe successo di li a poco.
Lo sapeva benissimo.
Si fece forza e guardò di fronte a se, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva per affrontare quell’ultima, terribile, e temuta prova.
Smith si mise dietro di lui, sfoderando la sua spada, sorridendo compiaciuto.
«Di pure addio al tuo caro capitano, Eagle. O forse dovrei chiamarti… Aileen? »
Detto questo, accostò la lama alla gola, e con un taglio netto mise fine alla vita del Capitano Jason Harris.
«No! Jason! Nooo!!»
Aileen si liberò con uno strattone secco delle braccia che la tenevano ferma, andando verso il suo capitano, oramai totalmente privo di vita. Si inginocchiò vicino a lui, abbassando la testa, gli occhi velati di lacrime. Non riusciva a muoversi, tenendo la testa del suo capitano tra le sue braccia.
Poi, si rialzò di colpo, brandendo la spada, avanzando minacciosamente verso Smith, sentendo calde lacrime affacciarsi sulle iridi, ma le represse forzatamente.
«Lurido bastardo. Cosa hai fatto? COSA HAI FATTO?!? »
«Chiudetela nelle celle. Non voglio più sentirne parlare »
Di li a poco, decine di uomini le furono addosso, immobilizzandola e portandola velocemente verso le prigioni, sbattendola dentro.
Aileen non si diede per vinto, attaccandosi alle sbarre, scuotendole con rabbia.
«La pagherete cara per questo! LA PAGHERETE!! »
Dopo fin troppo tempo passato a lanciare minacce al vento, Eagle si lasciò andare, appoggiandosi al muro della cella, affogando nel suo dolore.

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Capitolo 5
*** Fine della corsa. ***


Capitolo 5: Fine della corsa.
 
Il sole era sorto da appena qualche ora, e al molo di Tortuga c’era un gran viavai sulla Perla.
Gli ultimi rifornimenti venivano riposti nella cambusa, mentre si preparavano le vele per salpare.
Jack era nel suo alloggio, e, aiutandosi con delle vecchie carte che era riuscito ad estorcere la sera precedente da un vecchio marinaio, poco prima di essere andato a recuperare Gibbs, cercava di tracciare delle rotte, ma senza successo.
Continuava a pensare ad Eagle, quella ragazza vista la sera prima alla locanda, riviveva quell’attimo decine e decine di volte, cercando di farsi una ragione per quell’ossessione improvvisa e a suo avviso completamente immotivata.
D’altronde non era da lui andare dietro ad una donna, ma sentiva il bisogno, quella mattina, di seguire la Sea Wolfe, nonostante essa avesse un discreto vantaggio, data l’intera notte passata sulle acque.
Sperava solo di poter intercettare la nave prima di sera.
Dopo poco più di una ventina di minuti la nave salpò, allontanandosi dal porto di Tortuga.
Passò qualche ora, mentre la nave scivolava tranquilla sulle acque.
Quattro colpi ovattati alla porta.
«Jack! Abbiamo bisogno di te al timone. » Gibbs lo avvertì con voce concitata, evidentemente non aveva la minima idea di dove fossero diretti, dato che Sparrow era stato ben poco preciso riguardo la meta di quella partenza improvvisa.
Jack si alzò, avviandosi verso l’uscita e quindi verso la poppa della nave, mentre Gibbs lo seguiva, facendogli la solita sfilza di commenti sommessi riguardo a quanto rum avesse preso e quanto invece ne richiedesse effettivamente la ciurma.
Mentre Gibbs continuava con la sua spiegazione recessiva, Jack strinse appena gli occhi, aguzzando la vista.
«Ssh. Guarda li. » Il capitano lo zittì con un gesto della mano, poi indicando i resti di una nave distrutta che affioravano poco a poco all’orizzonte.
«E’ la Sea Wolfe! E’ stata distrutta!»
Avvertito improvvisamente dalla voce di Martin, Jack distolse la vista, rivolgendosi a Gibbs.
«Cercate superstiti. Mandate tre uomini»
Furono mandati alcuni membri dell’equipaggio a perlustrare tra le rimanenze della nave.
Nessun sopravvissuto.
Jack decise di proseguire, preoccupato, cercando di capire quale fosse stata la causa, o meglio, la nave, ad aver causato tutto quello.
Era sicuro fosse successo da relativamente poco, dato che il fumo ancora esalava da ciò che ne era rimasto della famigerata Sea Wolfe.
Di li a poco venne avvistata una nave.
Jack anticipò Martin, questa volta.
«E’ la Marylin. Ne sono sicuro. Nessuno tranne quella nave ha le capacità di disintegrare in questo modo una nave come la Sea Wolfe. »
Gibbs si rivolse poi alla ciurma, intuendo ciò che il capitano stava per ordinare.
«Caricate i cannoni! Uomini, prepararsi all’arrembaggio! »
Un boato di urli si librò dall’equipaggio, mentre c’era chi brandiva le spade e chi si appostava ai cannoni, pronto all’attacco.
Le due navi si accostarono, mentre i mozzi da entrambi i galeoni si lanciavano occhiatacce e grugniti sommessi, pronti all’attacco quando glielo avrebbe ordinato il capitano.
Bisognava solamente attendere il momento opportuno.
Jack si guardò intorno, cercando con lo sguardo Smith, che intravide dal lato opposto del ponte della Marylin.
Quando finalmente le due navi furono vicine, Sparrow ordinò a Gibbs di fare fuoco.
«Fuoco! »
«Fuoco! »
Allo stesso tempo, Smith diede lo stesso ordine, e cominciò l’attesa battaglia di cannoni, mentre le due navi si fronteggiavano senza nessuna pietà.
«Uomini! All’arrembaggio! »
Da entrambe le navi, decine di pirati si lanciavano verso la nave nemica, attaccando chiunque capitasse sotto tiro.
Jack immaginava che i mozzi della Sea Wolfe fossero stati rinchiusi e, una volta arrivato sul ponte della Marylin, si fece abilmente largo tra le schiere nemiche, cercando l’accesso alle celle.
«Ah… Jack Sparrow, giusto? »
Smith si era accorto del suo girovagare sulla nave, e ora era intenzionato a fronteggiarsi con lui, estremamente convinto delle sue capacità.
Jack si girò verso di lui, con un espressione a metà tra il teatrale e l’offeso.
«E’ Capitan Jack Sparrow »
«E sia. Capitan Jack Sparrow. » Impugnò la sua spada, brandendola in avanti verso il capitano della Perla.
Jack, preso alla sprovvista, sguainò la sua spada, mentre Smith si apprestava ad attaccare.
Cominciò una vera e propria battaglia, quasi una danza, tra le spade dei due capitani.
Nessuno dei due sembrava avere la meglio, anche perché in fatto di abilità spadaccina e trucchi sporchi erano ugualmente capaci.
Una cannonata della Perla mise improvvisamente in difficoltà la Marylin, causando un forte sussulto sul ponte di quest’ultima.
Per un attimo, Smith guardò altrove, distraendosi, dando il tempo a Jack di fare una delle sue solite fughe.
Si infilò dietro una porta, notando poi che conduceva ad un breve corridoio in discesa.
Scese cautamente, trovandosi poi davanti le celle, dove erano stati messi dentro a gruppi i mozzi della Sea Wolfe.
Cercò con lo sguardo e la trovò.
Era da sola, nella cella in fondo, raggomitolata in un angolo, dando di spalle alla porta della cella.
La casacca bianca era ora un cencio, strappata in più punti, mostrando la schiena, massacrata e distrutta dalle cicatrici, alcune risalenti evidentemente a molto tempo prima, altre ancora tagli aperti e tuttora sanguinanti.
Dovevano averla torturata.
Il sadismo del capitano della Marylin verso i prigionieri era più che noto, e si poteva ben immaginare che trattamento particolare era stato riservato alla leggendaria Eagle.
Cercò con lo sguardo le chiavi, che trovò attaccate ad un gancio.
Si rivolse quindi ai mozzi della Sea Wolfe, osservandoli appena prima di porre loro una domanda.
«Siete della Sea Wolfe? – Annuirono appena con la testa – Bene. Sono il Capitan Jack Sparrow, della Perla Nera. Siamo venuti a salvarvi, però abbiamo bisogno di una mano li fuori. Ci potete aiutare? » Gli disse, con tono deciso. Sapeva che con la decisione e la sicurezza avrebbe convinto ancora di più i pirati.
«Aye capitano! » Dissero all’unisono, pronti di nuovo ad essere liberi, e ad essere pirati.
«Bene. » Detto questo, Jack aprì le celle dove erano stati rinchiusi, mentre tutti i marinai liberati correvano a riprendere le armi, su un tavolo li vicino, per poi correre fuori urlando.
Jack sapeva anche della bravura di quei pirati nel combattimento, perciò era sicuro che la battaglia avrebbe avuto un risvolto positivo.
Una sola cella era rimasta chiusa.
Aileen non sembrava essersi mossa minimamente, da quando Jack era entrato.
Sparrow si avvicinò lentamente, aprendo la cella, lo scatto fece un eco sonoro nel corridoio ormai quasi vuoto.
«Ma bene…»
Jack si girò, trovandosi a poche decine di metri di distanza da Smith, che sorrideva falsamente, notando il lavoretto che Sparrow aveva compiuto.
Si avvicinò a Smith, brandendo la spada.
«Vigliacco. Sei scappato. »
«Non è vero. Io ho solo tenuto fede a quella che è una delle più vecchie e nobili tradizioni dei pirati…- »
«Zitto, codardo. » Lo interruppe Smith, attaccando Sparrow con la spada.
Il combattimento interrotto prima riprese con un vigoroso cozzare delle spade di entrambi.
Smith giocava in casa, e per questo non ci volle molto tempo a mettere Jack in difficoltà, poiché, conoscendo, giustamente, la sua nave, utilizzò l’ambiente a suo favore.
Lo mise spalle al muro, facendogli volare via la spada, impedendogli di muoversi lateralmente.
«Fine della corsa, Sparrow. »
Allungò il braccio con uno scatto, così da poter finalmente uccidere quell’odioso e fin troppo leggendario capitano.
Ma quel colpo non arrivò a segno.
«Fine della corsa, Smith » Ringhiò Eagle, infilzando la sua spada nella schiena del capitano della Marylin, in corrispondenza del cuore.
La spada di Smith, però, riuscì ad arrivare alla spalla del Capitano della Perla Nera, strappandogli un mugolio di dolore tra i denti.
Smith cadde a terra, privo di vita.
Aileen guardò su, incontrando lo sguardo di Jack.
Questa volta non represse i brividi, anzi, sorrise, mentre si lasciava andare al freddo abisso dell’incoscienza.
«Capitano! »
Gibbs irruppe di colpo, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
«Capitano! Abbiamo vint-…» Il resto gli morì sulle labbra, vedendo a terra due persone, di cui un il loro nemico, e, facendo scorrere lo sguardo, notò un Jack Sparrow con una spalla che sanguinava abbondantemente.
«Dammi una mano, Gibbs. La portiamo fino alla Perla. »
Gibbs annuì, mentre si apprestava a portare in braccio Aileen, alla fine facendo il lavoro da solo, notando come le condizioni del Capitano non fossero indifferenti.
«Chi è questa ragazza? »
Jack sorrise, tenendo una mano sulla spalla mentre avanzavano verso la sua cabina.
«Questa, Gibbs, è Eagle. Ex Capitano in seconda della Sea Wolfe. »

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Capitolo 6
*** Nightmares ***


Salve a tutti!
Dato che vi ostinate a non commentare... T-T
Ho deciso di pubblicare due capitoli alla volta se sono corti, così io sveltisco un po' le cose e voi leggete di più in una volta.
Ok, quindi, ultimi tentativi.
Non sono crudele o che, sono solo un po' perplessa perchè su 5 capitoli avete lasciato un solo commento. E devo dire che ci sto male perchè mi è già successo.
Comunque, il capitolo 6 e 7 sono insieme, considerate i titoli in grassetto dei... "titoletti". Sottocapitoli.
Buona lettura! :D


Capitolo 6: Dormi bene, Eagle
 
Aileen riaprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre ripetutamente per abituarsi alla luce.
Subito scorse una finestra alla sua sinistra, da cui si poteva vedere il cielo, che era leggermente tendente all’arancione, segno dell’imminente tramonto. Bagliori di luce morente filtravano dalla finestra, avvolgendola in un tiepido bagno di calore.
Cercò di alzarsi, per potersi guardare intorno, però subito la colpì una fitta di dolore alla testa.
«Ehi, ehi. Piano.»
Guardò alla sua destra, notando che la persona che le aveva appena parlato era intento e fasciare la spalla di un uomo di cui poteva vedere solo la schiena, essendo rivolto nel verso opposto.
Gibbs le sorrise gentilmente.
«Dovrai stare così per un altro po’. Le medicazioni però dovrebbero cominciare a migliorare la situazione. »
Lei si rimise docilmente a letto, osservando mentre l’uomo che le aveva parlato finiva di fasciare.
«Ecco. Tieni, Jack. Puoi andare. » Disse bonariamente, sorridendo, dando una leggera pacca sulla spalla, quasi volutamente, facendo imprecare tra i denti il ferito.
Poi, l’uomo si girò.
Aileen sbattè ancora le palpebre, mettendo a fuoco quella figura.
Non le era nuova, era sicura di averla già vista ripetutamente.
«Ah, ti sei svegliata finalmente. » Disse, con una voce così calda e seducente che Aileen faticava a non reagire con imbarazzo.
La figura si avvicinò a lei, sedendosi sul bordo del letto.
Era alquanto singolare come apparenza.
Pelle abbronzata, occhi scuri, color cioccolato, capelli raccolti in ciocche rasta, scure anch’esse, tra cui pendevano perline, pendagli e ciondoli di ogni genere.
Ai polsi aveva delle fasce, e una P decisamente in risalto sul dorso del polso destro.
Non aveva una maglietta indosso, il che era giustificato dalla fasciatura sulla spalla, e portava una barba raccolta in due piccole treccine.
Era alquanto affascinante, ed era la prima volta che Aileen era costretta ad ammettere sinceramente una cosa del genere.
«Piacere. Capitan Jack Sparrow.- Disse con quella sua voce dannatamente inebriante, porgendo la mano, forse più un gesto obbligatorio che spontaneo. Infatti la ritirò quasi subito. – Benvenuta a bordo della Perla Nera. »
Gibbs si avviò quindi verso la porta, dette un’occhiata ai due, sorridendo, per poi uscire e chiudersi la porta alle spalle.
«Eagle. Io sono Eagle.- Aileen mormorò con voce mozzata, un po’ dal dolore, un po’ dall’emozione – Chi era? » Mormorò indicando con la testa l’uomo che era appena uscito.
«Chi? Gibbs? Il mio primo ufficiale. Di lui ti puoi fidare, stai tranquilla»
Detto questo, Jack la aiutò a tirarsi su, con la schiena appoggiata sui cuscini, mentre lei serrava gli occhi per le continue fitte di dolore.
Jack si alzò dal letto, andando poi a cercare qualcosa in un armadio da li poco distante.
Aileen non poteva fare a meno di tenere gli occhi incollati su di lui.
Ora poteva notare qualcosa di scritto sulla sua schiena, che prima, appena sveglia, non aveva visto.
Jack si avvicinò a lei, con una bottiglia in mano.
«Tieni. Bevi, ti sentirai meglio. – Gli porse la bottiglia di rum, già stappata, e lei buttò giù un lungo sorso, sentendo subito il calore espandersi e alleviare per quanto possibile le fitte - Ecco. Meglio no?»
Jack riprese la bottiglia, inghiottendone qualche consistente sorso, per poi poggiare il fiasco sul comodino.
«Cosa… - Sparrow cominciò a parlare, però si dovette schiarire la gola, forse per colpa del rum.- Cosa è successo esattamente a bordo della Sea Wolfe? »
Aileen fu trafitta da un’ondata di dolore, però a livello emotivo. Non riusciva a non pensare a Harris.
Cercò subito di riprendere un briciolo d’orgoglio.
«Siamo stati attaccati dalla Marylin. Sapevano che avevamo avuto problemi recentemente e ci hanno attaccato senza pietà. Questo è quanto. » Eagle rispose con voce dura, fredda e calcolatrice.
Non voleva lasciar trasparire nulla del suo dolore.
Jack era sul punto di chiedere qualcosa riguardo a Harris, però Gibbs irruppe nella stanza, dicendogli di lasciar riposare Eagle il più possibile. Ora più di ogni altra cosa aveva bisogno di riprendersi.
Jack si avviò verso la porta, però, prima di uscire, osservò qualche attimo Aileen, mostrando uno dei suoi soliti sorrisi intriganti e provocanti.
«Dormi bene, Eagle. » Mormorò a voce bassa, prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
 


Capitolo 7:
Nightmares.
 
Eagle venne fatta inginocchiare. Cercava con lo sguardo qualcuno, qualcosa che la potesse salvare.
Ma non c’era nessuno. Nessuno era stato costretto a vedere lei che moriva così miseramente, nessuno era disposto a salvarla.
Sapeva cosa sarebbe successo di li a poco.
Lo sapeva benissimo.
Si fece forza e guardò di fronte a se, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva per affrontare quell’ultima, terribile, e temuta prova.
Smith si piazzò bene dietro di lei, sfoderando la sua spada, sorridendo compiaciuto.
«Di pure addio alla tua vita, Eagle. O forse dovrei chiamarti… Aileen? »
Sorridendo sadicamente, Smith, accostò la lama alla gola, e con un taglio netto mise fine alla vita dell’Ex Capitano in Seconda Aileen Eagle.
 
 
«Aaah! »
Aileen lanciò un urlo disperato, mentre si buttava a sedere sul letto, gli occhi stravolti, spalancati, il respiro pesante ed irregolare, mentre fissava con le iridi nel vuoto, uno sguardo terrorizzato, perso e terrificato.
«Aileen! » Jack irruppe nella stanza, seguito a ruota da Gibbs.
Sparrow si avvicinò a lei, cingendole le spalle, mentre lei ancora respirava affannosamente.
«Ssh… Non ti preoccupare… E’ solo un incubo. Un brutto sogno. » Disse in un soffio, mentre cercava di infonderle sicurezza, tenendola stretta.
Cominciava a tranquillizzarsi, rendendosi conto di ciò che aveva effettivamente sognato, e poi del fatto che Jack la stava abbracciando.
Ma non voleva che si togliesse o che si allontanasse.
Si sentiva finalmente sicura tra le sue braccia.
Lentamente, Jack si allontanò da lei, sorridendole dolcemente.
«Va meglio? » Lei annuì, cercando di sorridere, poi notando una cosa.
«Come… Come sai il mio nome? » Chiese, con voce rotta.
«Beh… continuavi a ripeterlo nel sonno. »
A questo punto Gibbs intervenne.
«Succede spesso di avere incubi, è colpa della febbre che sta scendendo. Già domani starai meglio, dammi retta.» Disse, sorridendo bonariamente.
Jack la aiutò a rimettersi a letto, mentre lei cercava di mettersi nella posizione migliore per attutire le fitte alla schiena.
Gibbs farfugliò qualcosa sull’andare a cercare una pezzetta bagnata, che diceva probabilmente l’avrebbe aiutata a rinfrescarsi, dileguandosi dalla stanza.
Jack si stese accanto a lei, mettendo dietro alla nuca il braccio sano, sospirando appena.
Per un po’ di tempo stettero così, in silenzio, persi ognuno nei propri pensieri.
Fu Jack a rompere il silenzio.
«Va meglio con la schiena? – Chiese con aria neutrale - Perché le frustate so quanto fanno male. Ma di solito non ci mettono tanto a rimarginarsi »
«Beh… Si. Va decisamente meglio. –Sorrise ingenuamente, poi abbassando lo sguardo verso il proprio corpo, trovandone il busto completamente bendato. – Mi avete… fasciato?» Chiese perplessa, mentre osservava le bende, ammettendo che erano state ben messe. Jack annuì. Poi, Aileen notò che il suo tatuaggio era in gran parte scoperto.
Sorrise appena, osservandolo. Un’aquila con le ali spiegate, in un volo fiero, e, sullo sfondo, una semplice rappresentazione di un sole mezzo nascosto dietro alle onde.
Jack dovette notare che lei guardava il proprio tatuaggio, perché si mise ad osservarlo incuriosito.
«Un’aquila? » Chiese, non distogliendo lo sguardo.
«Si… beh, sono Eagle, no? Comunque anche perché sia penso l’animale che più mi rappresenta. »
Jack sorrise, notando quanto assomigliasse al proprio quel tatuaggio. Quindi, scoprì il braccio, coperto prima dalla manica, mostrando il suo. Era esattamente come quello di Aileen, solo che con un passero in volo.
Aileen sorrise, osservandone la somiglianza.
«Beh, Sparrow, no?» Mormorò lei, quasi come se lo dicesse ironicamente.
Jack prima la guardò corrucciato, poi sorrise appena, rimirando prima il suo tatuaggio poi quello di Aileen.
Lei si accorse di come le guardava il corpo e, quasi si offendesse, mise le coperte sopra le spalle, girandosi dalla parte opposta. Cominciava ad avere sonno.
Sparrow sorrise, divertito, mentre si allungò verso di lei, schioccandole un breve bacio sulla fronte, per poi alzarsi dal letto, uscendo dalla stanza.

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Capitolo 7
*** Decisioni ***


Un grazie immenso a cassandra 287 per i suoi commenti [per altro gli unici T-T].
Ho deciso di proseguire con la storia, recensioni o non, perchè se non piace come storia, allora pazienza.
Grazie a tutti coloro che leggono [anche se non commentano]

ScissorHands.




Capitolo 8:
E’ Capitan Jack Sparrow.
 
Aileen alzò gli occhi chiusi al cielo, mentre faceva passare il dorso del braccio sulla fronte.
Il sole dei Caraibi era particolarmente focoso oggi, e, lei lo sapeva, a stare ferma era ancora peggio.
Si alzò lentamente, dando un’occhiata intorno.
Si, aveva fatto un lavoro niente male, pulendo il ponte.
Lasciò l’occorrente che aveva utilizzato nello stanzino vicino alla prua, per poi avviarsi verso il timone, dove scorse Jack, che virava tranquillamente a babordo, utilizzando solamente il braccio sano, nonostante la spalla ferita fosse quasi del tutto rimarginata.
Gibbs infatti lo aveva ammonito, dicendogli di ridurre lo sforzo il più possibile.
«Jack…» Aileen salì lentamente le scale, facendo mente locale di cosa doveva dirgli.
«Ah, Aileen.- Sorrise, guardando poi oltre le spalle della ragazza, verso il ponte – Ottimo lavoro. Anche se continuo a non capire perché tu voglia affaticarti e per di più fare lavori del genere. » Disse inarcando un sopracciglio, facendo spallucce.
«Te l’ho detto, non voglio stare con le mani in mano. E poi ho sempre creduto che un bravo capitano dovrebbe essere in grado di fare qualsiasi lavoro a bordo di una nave, anche il più ingrato.» Affermò con voce seria, quasi subito rendendosi conto di aver usato il “tu”.
Era passata circa una settimana dalla sua convalescenza e, appena Gibbs le aveva detto che poteva cominciare a muoversi, le non aveva perso un attimo, girando per tutta la nave a dare una mano dove era possibile.
«Capitano, volevo chiederle se poteva lasciarci al porto più vicino. In questi giorni siete stato anche troppo gentile, e penso di dover togliere il disturbo il prima possibile. » Voce fredda, quasi meccanica, corpo rigido. Si era sempre imposta di essere distaccata quando non perdeva le staffe, il che, a dirla tutta, accadeva poche volte. Però si era imposta un comportamento estremamente rigido.
Jack la guardò corrucciato e perplesso, poi sospirò.
«Siamo di nuovo al “lei”? Nooo dai… - Sbuffò appena, contrariato. Odiava sentirsi dare del lei. Lo faceva sentire vecchio, e per altro odiava il galateo, le riverenze e tutta quella robaccia. A suo parere una grossa, grassa perdita di tempo – Saremo a Tortuga tra meno di una settimana, se tutto va bene, Miss Eagle» Sbottò piccato, sottolineando con il tono quel “Miss”.
«Va bene, Mister Sparrow, allora ci farà sapere quando saremo vicini a Tortuga, così almeno ci leveremo dalle scatole » Esplose Eagle, puntando gli occhi verso Jack, fulminandolo con lo sguardo.
«E’ Capitan Jack Sparrow. »
«I miei ossequi, Mister Sparrow. » Detto questo, Eagle si allontanò altezzosamente, dirigendosi verso la cabina del capitano.
 
 
Capitolo 9: Decisioni.
 
Aileen guardava il mare, ormai una distesa scura, le onde solo percettibili grazie allo scroscio continuo di esse sul fondo della Perla.
Per lei era sempre stato un modo per curare alleviare o migliorare qualsiasi cosa, problema o dolore.
Inspirava lentamente la salsedine, l’odore delle onde, appropriandosene completamente, come fosse un piccolo tesoro per se.
Jack si avvicinò lentamente, dalle ombre, andandosi ad appoggiare alla balaustra accanto a lei, a poppa della nave.
Lei era riuscita in gran parte a sbollire la rabbia di quella mattina, e ora attendeva in silenzio.
«Sei sicura di volertene andare quando arriveremo a Tortuga? »
Lei annuì leggermente, e Jack abbassò lo sguardo, verso le onde che scorrevano sotto di loro.
«Cosa farai lì? Insomma… troverete una nave? Dubito che vogliate restare a terra per molto tempo.»
«Si, infatti… dovrei riuscire a trovarne una, sfruttando alcuni favori. In effetti c’è qualcosa che mi interessa oltre queste acque, ed ho bisogno ovviamente di una nave. »
Jack la guardò con aria interessata, invitandola a continuare.
Lei fece segno di lasciar stare. Non aveva voglia di parlarne.
Stettero in silenzio per un po’, semplicemente osservando il mare e il cielo, ormai cosa unica.
«Senti, Jack… - Lui si girò verso di lei – Ascolta. Quello che volevo dirti prima era che… Beh, hai già fatto troppo per noi… e, non avendo modo di ripagarti, vogliamo poter creare meno problemi possibili.»
Jack rise appena, girandosi completamente verso di lei.
«Ascolta, darling. La tua ciurma è tra le migliori che io abbia mai visto. In meno di una settimana la Perla è in una situazione migliore di come non me la ricordavo da tempo. Non è un fatto di ripagare nulla, perché state già ripagando benissimo con tutto il vostro lavoro. L’unica cosa che ti posso proporre è se vuoi unirti a noi. Tu e la tua ciurma. Ho bisogno di uomini, e voi di una nave. Comprendi?»
Aileen fu presa alla sprovvista. Puntò gli occhi su Jack, come per vedere se stava facendo solo una solita messa in scena delle sue o meno. Durante la settimana precedente avevano litigato non poche volte per questo suo modo di fare eccentrico e per il suo egoismo.
«Jack… io… non so cosa dire. » Cercava le parole, senza trovarle, sapendo quanto potesse costare a Jack. Abbassò lo sguardo.
Lui sorrise, avvicinandosi a lei.
«Dì di si.» Mormorò appena.
Lei alzò lo sguardo, ed il viso con esso, trovandosi Jack a pochi centimetri dal viso.
Lui sorrise, avvicinandosi ulteriormente.
Aileen poteva sentire il suo respiro caldo sulle sue labbra, un odore di rum e di mare sulla pelle.
Lui avvicinò le labbra alle sue.
Lei, però, si irrigidì.
Voltò il viso, mormorando uno “scusa” tra le labbra, poi correndo verso la cabina del capitano.
Jack rimase li, con un palmo di naso, frastornato, perplesso, con un desiderio ora vacante.
Piegò la testa appena, fissando ancora il vuoto.
Non riusciva a capire le donne, specialmente Eagle, e sapeva che mai, probabilmente, l’avrebbe capita.

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Capitolo 8
*** Addio. ***


Ancora una volta un grazie enormissimo a cassandra 287 *-* meno male che ci sei tu! :D
Ah, comunque non ti preoccupare, le cose si faranno interessanti tra non molto ;]
E ora... il capitolo 10 e 11!

Capitolo 10:
L’addio.
 
Jack richiuse il binocolo, senza staccare lo sguardo dalla terra che aveva scorto, che avrebbero raggiunto entro un oretta circa.
Erano di nuovo a Tortuga.
Sapeva che era uno dei pochi posti dove Eagle non avrebbe avuto problemi di alcun genere.
Sbuffò appena, lasciando il comando del timone a Cotton, avviandosi verso il ponte, dove prima aveva visto Aileen trafficare con delle cime. Probabilmente era ancora li.
Eagle notò, con la coda dell’occhio, che l’andatura ondeggiante del capitano si dirigeva proprio verso di lei.
Sospirò. Il muro che si era andato a creare tra loro due diventava ogni minuto più alto ed invalicabile. O almeno, così le sembrava.
Da quando era scappata via come una codarda da Jack e dalla sua ammaliante proposta aveva cercato di evitarlo in tutti i modi, e sapeva che Jack avrebbe mantenuto fede alla sua parola, portandola a Tortuga.
«Miss Eagle, tra meno di un ora saremo a Tortuga. Potete avvertire i vostri marinai. »
La voce questa volta distaccata di Sparrow la risvegliò dai suoi pensieri, facendole alzare lo sguardo, incontrando quello di Jack.
«Va bene, Capitano. Glielo dirò personalmente. » Aileen fece un cenno con la testa, poi avviandosi verso la prua.
Jack, appena lei si girò, fece una faccia a metà tra l’infastidito e lo schifato, poi andando verso la sua cabina.
Circa una mezzora dopo, Jack alzò per qualche attimo gli occhi dalle carte, notando che Aileen aveva fatto capolino dalla porta.
Lei venne avanti ad un suo cenno, mentre Jack aveva già riabbassato lo sguardo.
«Ho riferito. Ora stanno preparando le cose e finendo gli ultimi lavori. »
Jack accennò un consenso, poi avvicinò la mancina alla testa, sospirando.
«Sei proprio sicura di volertene andare? Insomma… ecco… Lo sai come la penso. Ti sto dando un opportunità. » Mormorò Jack, alzando le iridi, incrociandole con quelle di Eagle.
«Jack… io… » Aileen, ancora una volta, non sapeva come rispondere.
Considerava incredibile il fatto che quell’uomo riuscisse continuamente a metterla in difficoltà, anche senza volerlo.
I suoi occhi si persero nei suoi, per qualche attimo, fino a che Jack fu costretto a rassegnarsi, sapendo benissimo che cosa Aileen avesse intenzione di fare.
Si alzò, con sguardo serio, andando verso la porta.
«Tra poco saremo a Tortuga. Prepara le tue cose. »
Eagle cercò di fermarlo, prendendolo per il braccio.
Lui si girò, rivolgendole uno sguardo serio, quasi nascondesse un orgoglio ferito.
«No, Aileen. Le tue scelte le hai fatte. Spero di rincontrarti un giorno. »
Detto questo, Jack uscì dalla cabina, lasciando Eagle sola con se stessa, i suoi sensi di colpa e i suoi sbagli.

 
Capitolo 11: Le Carte Nautiche.
 
Barbossa alzò lo sguardo dal tavolo, dove stava trafficando con le carte nautiche che sperava lo avrebbero condotto all’Aqua de Vida.
Ricordava come, poco tempo addietro, lui e il giovane Will Turner, ora costretto a capitanare la famigerata Olandese Volante, avessero decifrato ed utilizzato quella carta per arrivare ai Confini del Mondo, a salvare quel pezzo di buono a nulla di Jack Sparrow.
E’ Capitan Jack Sparrow”
Sbuffò appena, cercando di scacciare quell’odiosa voce che ogni due per tre ricompariva a tradimento tra i suoi pensieri, infilando qualche frase che gli ricordasse qualcosa o qualcuno che aveva omesso nei suoi discorsi.
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando ancora, seccato, tornando alle carte.
Le sue unghie grattavano appena la carta usurata di quelle mappe, mentre ne ruotava annoiato e distratto le fasce mobili che la componevano.
Poi, si bloccò, portando il suo sguardo su un punto preciso, notando delle scritture accavallate tra due bande.
Aguzzò la vista, cercando di leggere.
“Ciò che incontra l’occhio non è ciò che incrocia la mente”.
Capitan Barbossa lesse ancora e ancora quelle righe enigmatiche, inarcando progressivamente un sopracciglio, e arricciando il naso dopo non essere arrivato a nessuna conclusione, nonostante la lettura ripetuta della stessa frase.
Sbuffò appena, alzando lo sguardo da quella mappa, che stava cominciando ad odiare.
Allungò una mano ossuta verso il piatto al centro del tavolo, afferrando una mela, portandola quindi alle labbra.
Dopo poco, appagato, tornò alle carte, facendo ricomparire di tanto in tanto frasi che già conosceva, e di cui già sapeva il significato.
O così, almeno credeva.
Riesplorò ogni possibile significato di ogni singola frase, collegandone i contenuti o le parole, ma senza nessun particolare successo.
In fine, proprio quando stava per alzarsi e lasciare la locanda, sfinito da troppi tentativi non andati a segno, un giovane ragazzo con i capelli rossi, dall’aria non troppo lucida, irruppe dentro.
«Gente! Ascoltate! Sembra proprio che al molo stia attraccando la Perla Nera! »
Il giovane fulvo sembrava essere uscito di senno, e continuava a saltellare ad ogni passo, sul punto di perdere l’equilibrio da un momento all’altro.
L’attenzione di tutti, Barbossa compreso, fu subito catturata da questa notizia, più che altro perché non sembrava nulla di eclatante.
L’oste alzò lo sguardo da un boccale lurido, che era comunque intento a pulire con il minimo interesse possibile. Era un omone calvo e dalla mala fama, essendo un personaggio tipico dei retroscena di Tortuga, e sulla sua bettola, “La gatta ubriaca”, giravano ogni tipo di superstizioni.
«Di un po’, ragazzo. Quale sarebbe la particolarità di questa tua notizia? » L’oste lo fissava, esasperato, il tono della voce saccente e sarcastico.
Il giovane, preso alla sprovvista da questa reazione inattesa di tutti, si calmò, apparentemente.
«Beh… Si dice in giro che la Sea Wolfe sia stata distrutta. Così come la Marylin. Infatti, la ciurma, o quello che ne rimane, della Sea Wolfe sta scendendo a porto. Del capitano Harris però non c’è traccia. »
L’oste ruppe in una fragorosa risata.
«E tu pensi di darcela a bere, ragazzino? Le due navi di cui ci hai parlato sono tra le migliori mai esistite. »
«Ma no… io… - Il giovane non sapeva più che dire. Poteva anche rischiare di essere malmenato, solo per aver divulgato notizie poco credibili, sapendo come i pirati non si facessero tanti problemi a maltrattare qualcuno. – E’ stata vista Eagle! Si dice sia in cerca di una nave. » Tentò un ultima volta, poi, vista la situazione, se la diede a gambe.
Nel momento in cui la porta si chiuse, tutti i pirati scoppiarono in una fragorosa risata, e nell’aria brilla riecheggiavano frasi impastate, tra cui si poteva distinguere alcuni “Da bere per tutti!” e altre dicerie poco distinguibili.
Barbossa si fece largo tra la folla, cercando di raggiungere l’uscita.
Si diresse poi verso il porto, riesaminando nella sua mente ciò che aveva detto il ragazzo.
Lui era a conoscenza da poco del fatto che esistevano solo due carte nautiche che conducevano ai Confini del Mondo. Una di queste era in suo possesso, e si diceva che l’altra copia la tenesse con se il capitano Harris.
Ora che sapeva quasi con certezza che Harris era morto, non poteva averle passate a nessuno, se non alla sua fida Eagle.
Con quelle carte, poteva avere una maggiore possibilità di trovare l’Aqua de Vida, rendendo complementare ciò che indicava la carta di Harris con ciò che già sapeva.
Continuando i suoi ragionamenti, Barbossa ridacchiò a labbra serrate, già sapendo come riuscire ad estorcere le mappe alla giovane pirata.

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Capitolo 9
*** Mannaggia. ***


Salve a tutti!
Dopo un po' di tempo che non aggiorno, eccomi con altri due capitoli, questa volta un pochettino più lunghi (evviva! :DD Me orgogliosah *-*)
Ringrazio giu91 per aver commentato, sono contentissima che ti piaccia, e sappi che anche io adoro i nomi particolari, e una volta tanto questo qui l'ho praticamente inventato io, di sana pianta. XD
Vi lascio al capitolo, commentate in tanti!


Capitolo 12: Mannaggia.
 
Aileen alzò appena lo sguardo, coprendo le sopracciglia con la mano, combattendo contro il sole che le sferzava fastidiosamente il viso.
Storse appena la bocca, stringendo gli occhi, poi girandosi verso l’uomo dietro di lei.
«Ma sei sicuro che è questa la nave? – Chiese, con la stessa espressione di prima, poi facendo spallucce e tornando ad osservare il veliero davanti a se, che aveva tutta l’aria di essere una nave pirata un po’… fuori forma – Questa è la Revenge? (NdA: Vendetta, in inglese) »
Certo, quella nave aveva una fama inverosimile in tutti i Caraibi, si diceva fosse un veliero formidabile, e non solo, ma quella fama… beh, risaliva al tempo del Capitano John Gow, ed era stato parecchio tempo addietro.
La nave ne era la dimostrazione.
«Non che sembri granché, a dirla tutta…» Mormorò appena Aileen, girandosi e facendo qualche passo indietro, così da essere all’altezza della ciurma.
«Neanche tu, se è per questo…- Sibilò Barbossa, poi avanzando verso la Revenge. – Bene, branco di incapaci, cominciate a rimettere in sesto la nave, voglio essere a largo prima di stasera! »
Tutti i mozzi si precipitarono sul ponte del veliero, cominciando a gruppi a trasportare viveri e rum e a dare qualche colpo di mazza dove ce ne fosse bisogno.
Aileen si stava avviando verso un gruppo che trasportava delle casse, quando fu bloccata improvvisamente da una lunga mano ossuta del longevo capitano, che le stringeva la spalla da dietro, costringendola ad arretrare di qualche passo per non cadere in avanti.
Barbossa sorrise appena, falsamente, lasciando la mano sulla spalla della ragazza ancora qualche attimo, facendo ticchettare le dita sulla sua camicia, per poi ritrarla lentamente.
«Tu vieni con me, signorina. » Mormorò melenso, poi lanciando un occhiata alla sua ciurma, per controllare.
Si diresse quindi verso la cabina principale, ovvero quella del capitano, portando con se la giovane pirata, che lo seguiva con poca convinzione.
«Allora… - Cominciò, flemmatico. – Vogliamo vederle, queste carte? » Allungò la mano ossuta verso di lei, ghignando.
Lei lo esaminò per qualche attimo, dopodiché tirò fuori con estrema cautela le carte nautiche che le erano state date da Harris, che era stata riluttante a mostrare a chiunque da quando le aveva ricevute.
A dire il vero, era stata riluttante dal primo momento in cui Barbossa le aveva proposto di fare “coppia”.
Gli aveva propinato incredibili sogni e visioni oniriche in cui loro due, collaborando insieme d’amore e d’accordo, potessero trovare la fantomatica Aqua de Vida, e con essa l’immortalità tanto ambita da tutti i bucanieri dei Caraibi.
Per un attimo, in un attimo di follia e malinconia, aveva accettato, e ora era legata, volente o nolente, a quel folle pirata con le manie di grandezza.
Ora lo ascoltava, di nuovo seduta davanti ad una scrivania, con qualcun’altro a impartirle ordini, solo che stavolta… beh, ci era cascata da sola in quel simpatico labirinto di alleanze, e con tutte le scarpe, e da sola doveva uscirne.
«…Bene, Eagle! – Disse il capitano, sorridendo ancora, nonostante tutto – Hai capito tutto? »
Lei sembrò riprendersi dallo stato di trance catalettico in cui era poco prima, durante la riflessione.
«Uh.. Si, si! » Mormorò, visibilmente poco convinta, perché Barbossa sorrise magnetico, per poi sfilare le carte nautiche dalle mani della ragazza, e uscire tranquillamente dalla stanza.
«Oh, mannaggia. » Mormorò in un soffio Aileen, inclinando appena la testa, le iridi fisse su un punto indefinito del muro, mentre cercava con la mente una qualche soluzione allo
spinoso problema che le attanagliava la mente.
 
 
Capitolo 13: Bevuta Comune
 
«… Ma vi assicuro che non sarà una delusione. »
Jack camminava ciondolando da un lato all’altro, sulla passerella del molo, stavolta facendo appiglio, si potrebbe dire, su due donne di apparenza poco raccomandabile.
«E’ quella? » Domandò una delle due, con un groviglio di capelli biondastri e ricci che le pendevano sulla parte posteriore della testa, al che ci si chiedesse se effettivamente la donna stessa potesse reggerne il peso.
«…La Perla Nera? » Chiese l’altra, corrucciando le sopracciglia e arricciando appena il naso. Portava anche lei un ginepraio di capelli ramati appollaiati sulla testa, anche più voluminosi di quelli dell’altra donna, ma stavolta adornati da un misero fiocchetto color canarino, come se questo potesse risolvere la triste situazione che si era stabilita perpetuamente sulla sommità della testa di quella donna dai gusti indicibili.
«Non che sia meglio dell’ultima volta, diciamocelo. » Lagnò la bionda, sfilando il braccio sinistro da dietro la schiena di Sparrow, per poi appoggiarlo sul fianco, imitando il movimento con il destro.
«Cara, quella è una festa. Una sbronza di gruppo. Una… bevuta comune di rum!» Affermò fiero Jack, infervorando il tono mentre arrivava alla parola “rum”.
Detto questo, lasciò a passo di carica le due “donne”, avviandosi verso la Perla Nera, che era ridondante dei canti lagnati dei pirati, già ubriachi anche se il sole aveva lasciato il cielo da appena qualche ora.
Il motivo di questa festa era ancora ignoto al suo capitano, ma i pirati non hanno bisogno di un motivo per bere rum senza limiti. Lo fanno anche senza i festeggiamenti.
Comunque per il Capitano andava benissimo, se c’era rum per tutti, perché non unirsi?
D’altronde, non poteva andare sprecato tutto quel ben di dio, e i pirati, a quanto sembrava, si stavano dando parecchio da fare.
Jack rimediò una bottiglia tre quarti piena di quell’alcolico ambrato, poi avvicinandosi a Gibbs, rintanato in un angolo a cantare spudoratamente canzoni rinvenute da chissà quale zona recondita delle sue memorie.
 
“I pirati ballano sul ponte delle navi
E le casse scassano 
Se perdono le chiavi!

 
Gira, gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre
all'erta notte e dì
Pirata sei così.

 
Dopo la vittoria, in alto la bandiera!
Sul pennone sventola
Quella bianca e nera

 
Gira, gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre
all'erta notte e dì
Pirata sei così.”

 
Il buon vecchio nostromo continuò a cantare, accompagnato da qualche altro membro della ciurma, infischiandosene placidamente del Capitano, che, dal canto suo, aspettava che si accorgesse della sua presenza.
 
“I barili svuotano 
Bevendo a più non posso
Quando si ubriacano,
Finiscono nel fosso!

 
Gira, gira per il mar
Corri e non fermarti mai
Sempre
all'erta notte e dì
Pirata sei così!”

 
Quando finalmente la canzone sembrò essere finita, Gibbs alzò gli occhi, balzando in piedi appena notata la figura del Capitano, che era riuscito incredibilmente a rimanere discretamente sobrio per tutto quel tempo.
«Ah, Capitano! » Gibbs, cercò goffamente di portare la mano sulla fronte nel gesto di saluto ufficiale, ma perse l’equilibrio e cadde pesantemente su una delle casse, che, inverosimilmente, resse il suo peso.
«Mastro Gibbs, posso sapere quando abbiamo intenzione di partire? » Chiese sardonico il Capitano, avvicinandosi con il viso a quello del suo Primo Ufficiale.
«Uhm.. Uh… Domani, Capitano! Avremo un mal di testa che il diavolo ci farà pagare a caro prezzo, però partiremo domani! » Affermò con parlata brilla, mentre cercava di tirar fuori dal suo repertorio un sorriso ebete abbastanza da convincere il buon vecchio Jack ad unirsi alla ciurma, scatenando un’ovazione quando egli si unì ai canti strascicati che sferzavano la notte buia e nebbiosa.

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Capitolo 10
*** Il Piano ***


Salve salvino a tutti! :D
Ho cambiato scrittura, spero si noti. XD
Cooomunque, ho deciso che ritornerò al buon vecchio capitolo unico, non mi interessa se è molto breve, vi dovrete accontentare.
Dato che però i capitoli sono più corti, aggiornerò più spesso (spero).
Bene, come al solito un enormissimo grazie a giu91, che è una (l'unica) commentatrice fantastica! :DD
[Cassandraaaaaa (287) ma dove sie finitaaa?!?]

Buona lettura!

Scissorhands.



Capitolo 14: Il Piano
 

«… E restaci, maledetta puttana! » Le ordinò con un ghigno il mozzo, lanciandola letteralmente dentro alla cella, a marcire insieme a topi e ragni, che evidentemente avevano messo su casa, per quanto era vecchio quel veliero.
«Maledetto Barbossa e tutti voi! La pagherete cara! » Urlò lei, aggrappandosi alle sbarre, sbattendo le spranghe di ferro con ferocia, nonostante non accennassero a cedere neanche un po’.
Osservò l’ombra del pirata dissolversi dietro al corridoio, portandosi dietro la luce, lasciandola sola con una luna di mezzanotte alta nel cielo.
Aileen sospirò profondamente, lasciandosi cadere lungo il muro muschiato della cella, e nel blu liquido e profondo dei suoi occhi si rispecchiava la luce della luna.
Nella sua mente c’era il caos più completo. Malediceva ogni momento se stessa e la sua maledetta curiosità, malediceva il momento in cui aveva accettato la proposta fiabesca di Barbossa, e malediceva il momento in cui quella viscida carogna era riuscita a rubarle la mappa all’Aqua de Vida.
Poi, in un attimo, osservò la luna più a fondo, quasi la collegasse a qualche ricordo.
I suoi pensieri, involontariamente, si diressero a Jack. Si chiese dove potesse essere, che cosa stesse facendo, e si domandò se lui la ricordasse ancora…
Scrollò le spalle, mettendo da parte quei pensieri che non facevano altro che peggiorare la situazione.
Ora, l’unica cosa da fare era pensare a come uscire di li.
L’unica persona di cui era sicura che l’avrebbe potuta aiutare era nientemeno che Jack, e lei non aveva la minima idea di dove fosse in quel momento.
La Revenge aveva lasciato il porto di Tortuga già da quella mattina, all’alba, ed erano riusciti a lasciare dietro di loro parecchie leghe.
In breve tempo riuscì, grazie alla sua mente affilata, a pensare ad un buon piano per evadere.
Ora l’unica cosa da fare era aspettare l’una di notte, dove, per appena dieci minuti, il timone sarebbe rimasto in mano al vecchio Neil, in attesa che il capitano stesso venisse a togliere il comando del veliero a quella talpa con ormai scarse abilità combattive.
Aileen sorrise.
La sua mano destra si infilò dentro alla camicia, sfilandone poi qualcosa di piccolo e nero, la cui punta affilata scintillò nella luce soffusa della notte.

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Capitolo 11
*** La Bussola ***


Ciao a tutti!
Allora... intanto perdonatemi per questo ridardo assurdo, ma purtroppo sono stata a studiare freneticamente, queste ultime 2-3 settimane, tra interrogazioni, verifiche e versioni, i prof ultimamente sono assatanati.
Mefistofelici, anzi. (Che bella parooooola. XD)
Intanto, un grazie immenso a giu91 e a Summerbest (nuova fan, siiiii *-* XD) per aver commentato.
E... un grazie enorme anche a _Diane, per aver messo la mia fic tra i preferiti.
Bene, ora vi lascio al nuovo capitolo, bacioni!

ScissorHands

Capitolo 15: La bussola
 
Il Capitan Jack Sparrow fece scorrere appena le dita sul legno smussato del timone, per poi alzare lo sguardo verso, l’altro, dove scorse qualche disparato membro della ciurma a preparare la partenza, controllando le vele.
«Cazzate la dritta! – Urlò, indirizzando la voce verso il ponte della nave, facendo scorrere lo sguardo quasi a scatti su ogni membro della ciurma che si trovasse all’esterno - Mollate l'imbando, mano ai pennoni! » Aggiunse a gran voce, prima di avviarsi verso Gibbs, che era impegnato con alcune cime assieme ad altri due mozzi dall’aria non troppo sveglia.
«Mastro Gibbs? »
Il nostromo si tirò su di scatto e sorrise, cosa che subito dopo pagò a caro prezzo. Per colpa della sbronza della sera prima.
A causa di di quell’alzata brusca, la mano che doveva andare alla fronte per il saluto si addossò invece su un occhio e parte della fronte, a segnalare la vampata di mal di testa che si era scatenata per un nonnulla.
«Uhh… Capitano! » Gibbs cercò di rispondere con tutto l’entusiasmo di cui era capace, sfoggiando un mezzo sorriso tirato.
«Gibbs, cosa accidenti ci fai qui? Mano al timone, forza! Dopo ieri sera non ti posso lasciare solo per un minuto! » Jack si lamentò esasperato, avviandosi verso la poppa, spingendo da dietro il povero Primo Ufficiale, che dal canto suo cercava di dare spiegazioni per il suo comportamento, di cui però si potevano udire solo brevi brontolii sommessi e confusi.
Una volta sistemato anche il “Problema Gibbs”, Jack si ritirò nella sua stanza, sedendosi subito alla scrivania, cercando di tracciare una rotta, dato che erano chiaramente partiti senza un preciso obiettivo.
Le sue dita picchiettarono nervose sulla cornice della bussola, per farla stabilire, mentre cercava di fissare una meta precisa per il loro viaggio.
La verità era che stava succedendo una cosa alquanto singolare.
Fino ad allora, il Capitan Jack Sparrow aveva sempre saputo cosa voleva, dove doveva andare, quali avventure intraprendere, eppure la sua bussola vagava in cerchio senza fermarsi.
Ora, che invece non aveva la minima idea di dove dirigersi, la bussola indicava un punto preciso.
Lanciando un’occhiata stranita e perplessa alla bussola, la richiuse, riponendola al suo fianco dove era sempre stata, poi concedendosi un buon riposo, lontano dalla realtà e dai pensieri.

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