La storia di Percy e Audrey

di violet_w90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La peggiore giornata di Audrey ***
Capitolo 2: *** La peggiore giornata di Percy ***
Capitolo 3: *** Un incontro surreale ***
Capitolo 4: *** La lettera ***
Capitolo 5: *** Una piacevole sorpresa ***
Capitolo 6: *** Brusco ritorno alla realtà dopo un attimo di fuoco ***
Capitolo 7: *** La perdita della scommessa ***
Capitolo 8: *** La tana, un nascondiglio sicuro ***



Capitolo 1
*** La peggiore giornata di Audrey ***


La peggiore giornata di Audrey.

Audrey Miller non era mai stata una ragazza particolarmente coraggiosa, motivo che probabilmente aveva spinto il Capello Parlante, a non smistarla nei Grifondoro. Né aveva mai posseduto quell’attitudine allo studio, tipica di qualsiasi Corvonero, nonostante i suoi due eccezionali, sia in Pozioni che in Erbologia, sue due materie preferite. Audrey però aveva sempre avuto buon cuore, requisito che le aveva permesso di essere smistata nella casa dei Tassorosso, anziché in quella dei Serpeverde e che le aveva fatto scegliere, di intraprendere la carriera di guaritrice. Audrey fu la seconda persona, proveniente dalla famiglia purosangue Burke, a non essere finita nella casa dei Serpeverde. La prima fu sua madre, che non solo fu smistata nei Tassorosso, ma si innamorò e sposò un Nato Babbano diventando ufficialmente il disonore della famiglia. Non un solo membro dei Burke prese parte al suo funerale.

“Perché l’hai fatto?” Lucy era piombata nella stanza del personale del terzo piano del San Mungo, dove la ragazza dai capelli castani, stava raccogliendo le sue cose.
“Tu hai una famiglia. Un bambino di appena 2 anni e un marito, a cui hanno appena dimezzato lo stipendio. Io sono più giovane e non ho…” La sua voce tremò appena. Sua madre ormai era deceduta anzi tempo, mentre suo padre era in fuga e non aveva la minima idea di dove potesse essere. Ed anche se la cosa la faceva star male, era meglio che non lo sapesse, perché avrebbero potuto benissimo estorcerglielo. Cosa che tra l'altro già avevano provato a fare una volta con il Verisaserum. “Io non ho più nessuno.”
“Ma non sei stata tu a prestare soccorso a quel Nato Babbano. Sono stata io.”
“Questa volta. Ma quante volte l’ho fatto io e tu mi hai coperto?” Lucy, più grande di lei di 8 anni e con molti più anni di esperienza lavorativa, aveva subito preso Audrey in simpatia, facendola diventare la sua protetta.

“Grazie.” Lucy la strinse a sé e la bruna non riuscì a trattenere un gemito di dolore. L'amica si staccò da lei e solo allora si accorse del suo viso pallido.
“Che cosa ti hanno fatto?”
“Non è niente davvero.” Cercò di minimizzare lei.
“Che cosa ti hanno fatto quei bastardi?” Urlò ancora Lucy.
Come già detto in precedenza, l’unica cosa che Audrey possedesse, o che almeno lei riteneva di possedere, era un gran cuore e fu proprio quello, che la portò ad essere licenziata. Ovviamente non prima di essere stata punita, per non aver attuato il decreto imposto dal nuovo Ministro della Magia Pius O'Tusoe, che vietava di prestare qualsiasi tipo di cura ai Nati Babbani o a qualsiasi altra persona, che non potesse dimostrare di avere almeno un mago nella propria discendenza.

Quando Audrey quella sera tornò nel suo bilocale, nel quartiere londinese di Bloomsbury, era molto tardi. Lucy aveva insistito affinché lei si curasse, prima di abbandonare l'ospedale. Come ogni volta che rientrava a casa, la ragazza accese la radio e puntando la bacchetta contro di essa disse:
“Prewett.” Audrey restò in attesa, ma non successe niente. Puntando di nuovo la bacchetta verso la radio ci riprovò.
“Malocchio.” Disse questa volta, ma ancora niente.
“Andiamo qual è la password.” Ieri non era riuscita a sintonizzarsi e non sapeva quale fosse la parola del giorno. Di solito era sempre un nome di qualcuno dell’Ordine. “Silente.” Disse con la bacchetta sempre alla mano, ma ancora una volta nulla accadde. Audrey era già arrivata al decimo tentativo e per la seconda volta nell'arco della giornata delle lacrime di dolore solcavano il suo viso, quando sentì suonare alla porta. Ricomponendosi un po’, la ragazza andò ad aprire trovandosi di fronte la vecchietta del primo piano.

“Signora Bellamy. Cosa posso fare per lei?”
“Voi una volta mi avete detto di essere una specie di medico no?”
“Si, ma…” Non quel tipo di medico che intendete voi Babbani.
“C’è il ragazzo che abita all’ultimo piano che è ferito.”
“Signora Bellamy, io non credo di poter essere in grado di aiutarlo.”
“Vi prego…ho cercato di convincerlo ad andare all’ospedale, ma non ha voluto.” Audrey sospirò. Forse avrebbe potuto giusto andare a dare un’occhiata. Magari si trattava di quel ragazzo Babbano carino, moro con gli occhi verdi.

Fu così che, dopo essersi tolta il trucco, ormai sbavato dalla faccia ed essersi resa un po’ più presentabile, la ragazza suonò il campanello dell’appartamento di un certo Percy Weasley. Quel cognome le diceva qualcosa. C’era due gemelli ad Hogwarts con quel cognome, quando lei si trovava nel suo ultimo anno. Lì ricordava perché i due si erano ritrovati con delle lunghe barbe da vecchio, per aver cercato di ingannare la linea del tempo del calice di fuoco. Weasley comunque era un cognome abbastanza comune in Inghilterra. Era sicura, che anche la ragazza portata nella camera dei segreti, si chiamasse Weasley. Non sentendo alcuna risposta, Audrey risuonò sperando con tutta se stessa, che si trattasse del ragazzo moro e non di quello spocchioso dai capelli rossi, che non salutava mai.

“Arrivo, arrivo!” Sentì sbraitare al di là della porta. Finalmente il ragazzo aprì e…Dannazione!
“Ecco lo sapevo. Sei quello spocchioso!” Avrebbe dovuto aspettarselo.
“Come hai detto scusa?” Audrey si morse la lingua. A quanto pare oggi non era proprio giornata. Com’è che faceva quel vecchio proverbio Babbano, che le diceva sempre sua nonna paterna? Ah…sì non c’è due senza tre. Fu allora che la ragazza si ricordò di un certo Percy Weasley, prefetto di Grifondoro che, nel suo quarto anno, l’aveva beccata a preparare un filtro d’amore. Audrey lo osservò meglio, non aveva mai notato che dietro quegli occhiali di corno, ci fossero due occhi azzurri. Il ragazzo era più vecchio e malconcio di come lo ricordava, ma si non c’erano dubbi: era lui.

Note: Questo capitolo è più un capitolo intoduttivo alla storia, per questo motivo non è molto lungo. I possimi lo saranno di più. Della famiglia di Audrey non si sà molto, quindi non ho idea se lei davvero provenga da una delle famiglie purosangue. I Burke comunque sono una famiglia di purosangue. Ho cercato il nome. Per quanto riguarda gli occhi di Percy, dato che nei libri non viene detto come sono, ho cercato in vari siti. In alcuni c'è scritto marroni, in altri azzurri, in altri ancora che non si sà. Alla fine ho optato per azzurri. Se la storia vi piace oppure no: Ogni commento è ben accetto. 
 

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Capitolo 2
*** La peggiore giornata di Percy ***


La peggiore giornata di Percy

Percy aveva sempre pensato che il Cappello Parlante, data la sua attitudine allo studio, lo avrebbe smistato nei Corvonero, ma il fatto che avesse mollato la sua unica ragazza, Penelope Clearwater, dopo più di tre anni che stavano insieme, perché mezzosangue e quindi un possibile intralcio alla sua carriera al Ministero, lo rendeva un perfetto Serpeverde.  Mai avrebbe pensato di finire nei Tassorosso. Ancora meno nei Grifondoro. Probabilmente era stato il cognome Weasley, ad ingannare il Capello Parlante, facendolo finire nella casa sbagliata. Perché Percy, non era mai stato uno molto coraggioso e non aveva mai compiuto gesti eroici. Fino a quel giorno, pensò lui, mentre si affrettava ad uscire dal ministero.
“Salve Percy.” Lo salutò un collega. Lui scosse appena il capo in risposta. Non c’era tempo per i convenevoli.

Doveva avvisarli! Doveva informare i suoi genitori, prima che fosse troppo tardi. Doveva fargli sapere che il Ministero aveva scoperto, che Ron non aveva davvero la Spruzzolosi, dato era stato avvistato da alcuni Ghermidori (andati al censimento a far rapporto su un certo Stan Pichetto dai capelli rossi) e che di lì a poco, sarebbero andati ad arrestarli.
Non gli importava, quanto questo gli sarebbe costato. Lui doveva farlo. Questa volta, non poteva più starsene fermo a guardare. Uscendo dal ministero, Percy si infilò nel primo vicoletto a sinistra e controllando che nessuno lo stesse guardando, si smaterializzo. Direzione: La Tana. Quando il giovane atterò nei pressi della casa, si chiese come avrebbe fatto ad oltrepassare tutti gli incantesimi protettivi, che probabilmente i suoi genitori avevano messo sull’abitazione. Era così preoccupato all’idea, che quelli del Ministero potessero arrivare prima, che non aveva minimamente pensato, a come avrebbe potuto fare per entrare.

“Sapevo che saresti corso ad avvertirli. Per questo motivo, ti ho detto del loro imminente arresto. Speravo, che così facendo mi avresti condotto da loro, ma se sei venuto qui alla Tana, significa che nemmeno tu conosci il loro attuale nascondiglio.” Disse una voce alle sue spalle.
“Runcorn.” La paura nel scoprire di essere stato seguito, si mischiò a sollievo nell’apprendere, che la sua famiglia aveva abbandonato la Tana, per un luogo più sicuro.
“Sai al contrario del ministro. Io non ho creduto alla tua lealtà nemmeno per un istante.” Successe tutto in un attimo, ancora prima che Percy potesse estrarre la sua bacchetta, Runcorn aveva già levato la sua contro di lui. “Crucio!” Percy urlò cadendo al suolo, dove iniziò a contorcersi dal dolore. Le gambe gli si piegarono istintivamente e delle lacrime cominciarono a scendergli dagli occhi. Il suo corpo sobbalzò da una parte all’altra. Non aveva idea di quanto tempo passò, prima che l’uomo alzò la bacchetta e parlò di nuovo:

“Vorrei tanto poterti uccidere, ma come già detto, il Ministro ha molta fiducia in te. E io sono certo, che dopo oggi non commetterai mai più un simile errore.” Percy sentì a mal appena le sue parole. Le sue gambe erano di nuovo rilassate, ma il resto del corpo era ancora preda di un atroce dolore. “Ti terrò d’occhio Weasley.” Disse prima di sparire, lasciando Percy lì disteso, a singhiozzare. Alzarsi dal quel campo, fu la cosa più faticosa che avesse mai fatto, ma aveva incominciato a piovere e non poteva restarsene sdraiato a terra per sempre. Il fatto che lui quella sera riuscì a smaterializzarsi e tornare a casa fu un miracolo. Quando entrò dentro il portone di un palazzo in stile vittoriano, nel quartiere londinese di Bloomsbury, alla signora Bellamy del primo piano, intenta a controllare la sua casetta delle lettere, per poco non venne un colpo. In effetti non doveva avere un bell’aspetto.

“Mio dio, ma che cosa le è successo?” Esclamò la vecchietta.
“Non è niente.” Disse lui chiamando l’ascensore.
“Ma come non è niente. Vuole che le chiami un’ambulanza? Così la portano in ospedale?”
“No, non ce n’è bisogno.”
“Ma deve farsi vedere da un medico.” Insistette lei.
“Signora Bellamy la ringrazio per il suo interessamento, ma me la posso cavare da solo.” Entrando nell’ascensore, Percy premette il pulsante dell’ultimo piano, lasciandosi la signora Bellamy alle spalle.

La prima cosa che il ragazzo fece quando entrò in casa, fu quella di pretendere la radio e puntandoci la bacchetta contro pronunciò:
“Dorcas.” Fu un sollievo per lui quando, come ogni sera, sentì la voce dei gemelli Fred e George insieme a quella di Lee Jordan. Sono salvi! La sua famiglia era al sicuro e in salvo. Dubitava che i gemelli, sarebbero stati alla radio, se così non fosse stato. La trasmissione era quasi finita. Percy attese di sentire, quale fosse la nuova parola d’odine, poi spense la radio e andando a prendere dei vestiti puliti, si diresse verso il bagno. Fece scorrere l’acqua del lavandino e quando fu sufficientemente fresca, vi ci immerse la faccia. L’acqua fredda gli procurò un leggero sollievo. Il giovane stava finendo di rivestirsi, quando qualcuno suonò al campanello. Dannazione chi poteva essere adesso? Inforcando gli occhiali Percy si diede un’occhiata allo specchio. Aveva ancora un aspetto orribile. Il campanello suonò di nuovo.

“Arrivo, arrivo!” Sbraitò, dirigendosi verso la porta. Quando l’aprì si trovò di fronte una ragazza dai capelli castani, alta non più di 1 metro e 67. Era la brunetta che abitava al secondo piano.
“Ecco lo sapevo. Sei quello spocchioso!”
“Come hai detto scusa?” Domandò lui perplesso. A quanto pare quell’infernale giornata, non era ancora finita. Ora doveva pure sentirsi dare dello spocchioso, da una semi-sconosciuta. Anche se, era sicuro di averla già vista da qualche altra parte e non solo all’interno del palazzo.
“Scusami io…mi è scappato. E’ che speravo davvero, che ad aprimi fosse il ragazzo moro dagli occhi verdi.”

“Spiacente deluderti. Che vuoi comunque?”
“Ecco mi manda la signora Bellamy…”
“O per l’amor del cielo. Tu sei un medico vero? Credevo avesse capito che non mi serve nessun medico.” A quanto pare non era riuscito a convincere la vecchietta, come sperava. La ragazza lo squadrò di nuovo dalla testa ai piedi. Era da quando aveva aperto la porta, che quella lo fissava e se doveva essere sincero, la cosa lo metteva parecchio a disagio, specie considerato come fosse mal ridotto.
“Hai ragione non ti serve. Sicuramente è stata una maledizione a procurarti quelle ferite. Quello che ti serve è senz’altro un guaritore e non un semplice medico Babbano.”
“Tu sei una strega!”

“Se avessi detto una cosa del genere ad una Babbana, quella probabilmente ti avrebbe già tirato uno schiaffo! Ma visto che io sono effettivamente una strega, non lo farò.” Lei gli porse la mano. “Piacere Audrey Miller.”
“Percy Weasley.” Rispose lui stringendole la mano. I due rimasero per qualche minuto lì in ingresso, in silenzio.
“Allora hai intenzione di farmi entrare o vuoi passare qui tutta la notte? Sai si dia il caso, che io sia un’ottima guaritrice.” Percy si spostò per farla passare, chiedendosi se magari, non fosse stato ad Hogwarts dove l’avesse già incontrata. Gli sembrava strano però di non ricordarsi di una ragazza così carina, ma soprattutto così esuberante.

Note: Ecco il secondo capitolo della mia FF. Questa volta il capitolo è dal punto di vista di Percy. La storia di Stan è quella che racconta Ron, ad Harry e Hermione nel settimo libro e anche se credo che i Weasley si trasfeiscano dopo da Zia Muriel. Per la mia storia ho immaginato che le cose fossero andate così. 


 

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Capitolo 3
*** Un incontro surreale ***


Un incontro surreale

Audrey non era una che giudicava le persone, senza prima averle conosciute fino in fondo, ma con lui era stato diverso. La ragazza ricordava di essersi fatta un’idea ben precisa, di come fosse il prefetto Percy Weasley, già quel giorno in cui a scuola l’aveva sorpresa a violare le regole. Ricordava ancora molto bene, lo sguardo truce con cui l’aveva guardata. Ricordava anche la divisa perfettamente ordinata, con il distintivo in bella mostra, che luccicava. Vederlo adesso, con quell’aria stanca e così trasandato, le faceva quasi effetto. La casa però confermava la prima impressione, che aveva avuto di lui. Percy era un tipo pignolo. Non una sola cosa in quell’appartamento, sembrava fuori posto. I mobili erano essenziali, ma sistemati con cura, anche sé era evidente l’assenza di un tocco femminile.

“No, non ci posso credere.” Esclamò lei avvicinandosi alla libreria per vedere meglio. “Tu tieni i libri in odine alfabetico?”
“Lo fanno molte persone.” Cercò di giustificarsi lui, sistemandosi gli occhiali con fare stizzito. Ancora una volta Audrey notò, quanto fossero azzurre le iridi, che si nascondevano sotto quelle lenti.
“Davvero? E pensare che io la libreria la uso anche come scarpiera.” La sua scarpiera era troppo piccola, per tutte le scarpe che possedeva, così aveva finito per sgomberare qualche scafale della libreria e metterle lì. Percy nel sentire ciò fece una faccia così perplessa, che Audrey dovette soffocare una risata. Si lui era proprio come se l’era sempre immaginato. Un ragazzo del genere sarebbe stato capacissimo di piegare ordinatamente i vestiti sulla seggiola, anche mentre si spogliava per fare l’amore. Questa volta la risata della ragazza risuonò per tutta la stanza, ma appena si accorse, che Percy la stesse fissando, distolse lo sguardo imbarazzata.

Che accidenti le era venuto in mente? Che ci faceva in quella casa? Perché gli aveva chiesto di farla entrare? Lei non aveva nemmeno con sé l’occorrente per curarlo e poi quello non era manco il suo campo.
“Sai ti devo confessare una cosa.”
“Quale?”
“Ecco in realtà io non sono molto esperta nel curare le Maledizioni o qualsiasi altro tipo di incantesimo.”
“Ma non avevi detto di essere una guaritrice?”
“Si lo sono, ma lavoro…o meglio lavoravo nel reparto avvelenamento da Pozioni e Piante Velenose. Per lo più mi occupo di avvelenamenti da Aconito, lesioni da Butubero o di curare gli effetti di alcune pozioni…”

“Tipo porre fine all’effetto di una pozione d’amore.” Continuò lui. "Anche se dubito che fosse per quello, che a scuola ne stessi preparando una.” Audrey sorrise e per la prima volta, vide un accenno di sorriso anche sul suo viso di Percy.
“Te lo sei ricordato, finalmente.”
“E’ stata la tua risata a farmelo ricordare. Ne avevi fatta una uguale anche dopo che ti avevo beccato.”
“Lo so scusami, io ho cercato di non ridere, ma il modo pomposo con cui mi avevi sgridato, era stato troppo divertente.” Quella battuta gli fece subito sparire il sorriso dalla faccia.
“No, per niente.” Disse secco. “E comunque che razza di ragazza sei per scegliere di lavorare in un reparto del genere!”
“Ehi, guarda che quello è un ottimo posto e per una portata sia in Pozioni che Erbologia come me è davvero ottimo.”
“Ok, Ok, ti credo sulla parola.” Nei muniti successivi i due rimasero in silenzio, poi Percy si ricordò di una cosa detta da Audrey. “Hai detto che lavoravi in quel reparto. Come mai non lo fai più?” Quella domanda fece riportare la mente di Audrey a qualche ora prima ed ella non poté non rabbuiarsi.
“Sono stata licenziata, ma ti prego non chiedere.” Disse lei volgendo lo sguardo verso la cucina. Non era pentita di ciò che aveva fatto, ma non le andava proprio di parlarne. Solo allora la ragazza notò l’unico oggetto fuori posto. Una radio appoggiata sul tavolo da pranzo. Che anche lui ascoltasse Radio Potter? Le possibilità erano davvero poche, ma se anche ce ne fosse stata una sola, non poteva lasciarsela scappare. Aveva davvero bisogno di sapere quale fosse la nuova parola d’ordine.
“Stavi ascoltando Radio Potter?”
“Conosci Radio Potter?”

“Si, io la sento praticamente tutte le sere per sapere se…” La ragazza non finì la frase, chiudendo gli occhi e facendo un enorme respiro. Non era davvero il caso di fargli sapere, che il motivo per cui l’ascoltava, era per sperare che tra le morti dei Nati Babbani, non citate dagli altri programmi radiofinici o giornali, perché non ritenute importanti, non spuntasse fuori il nome di suo padre. “Per sentire le notizie, che la Gazzetta del Profeta o Radio Strega Network si rifiutano di divulgare. Purtroppo ieri non sono riuscita a sintonizzarmi e così oggi, non sapevo quale fosse la password.” Concluse lei avvinandosi al tavolo e prendendo la radio.
“Era Dorcas. La prossima è Evans. Di solito usano un nome di qualche membro dell’Ordine deceduto. Sai per non fare scoprire quali siano quelli attuali.”
“La cosa ha senso, ma purtroppo credo che il Ministero cominci ad intuire, quali persone ne facciano parte.” La ragazza vide Percy assumere un’aria sconsolata.
“Purtroppo hai ragione. Il Ministro ha già una lista dei possibili membri.”

“E tu come fai a saperlo?” Solo una persona molto vicina a Pius O'Tusoe o che facesse parte del censimento, poteva sapere una cosa del genere. Il ragazzo alla domanda abbassò lo sguardo.
“Perché l’ho vista.”
“Tu sei uno del censimento?”
“No, non lo sono.”
“Però lavori per il Ministro, vero?” Chiese lei indignata.
“Si, ma è complicato io…” Audrey non gli fece finire la frase. Appoggiando la radio, la ragazza si diresse verso la porta. Doveva immaginarselo. Perché non ci era arrivata prima? Era così ovvio.

“E’ complicato, come no! Dimmi per quale motivo ascolti radio Potter? Voi scoprire i nomi dei membri dell’Ordine che ancora non sapete, così da poterli riferire al tuo capo e poter ottenere una promozione facile?” Audrey vide chiaramente il ragazzo sussultare a quelle parole e per un attimo l’espressione contrita sul suo viso, le fecero provare compassione per lui, ma solo per un attimo, perché la collera al momento aveva il sopravvento. Era come se la frustrazione per quell’orribile giornata, fosse venuta fuori tutta in una volta.
“Non è come credi Audrey. Io non lo farei mai.” Disse lui andandole dietro.
“Davvero? Perché quello è il classico tipo di cosa, che fa una persona così vicina al Ministro!”
“Non è così. Se solo tu mi lasciassi spiegare.” Ma lei non lo ascoltò.
“Non mi servono le tue spiegazioni. Dannata signora Bellamy! Questa è tutta colpa sua!” Uscendo da lì sbatté la porta con forza, prima di tornarsene nel suo appartamento.

Percy rimase in piedi ad osservare la porta chiusa incredulo. Quello che era appena successo con quella ragazza era stato così…surreale. Un attimo prima i due stavano quasi ridendo insieme, cosa che non gli capitava di fare da mesi e quello dopo… Quello dopo lei aveva scoperto chi lui fosse in realtà. Perché aveva dovuto dirle che lavoro faceva? Non poteva starsene zitto per una volta? No, non poteva. Perché era quella la verità.  Lui era uno dei principali collaboratori del Ministro. Avrebbe dovuto essere un onore e invece Percy già da un paio di settimane, non provava nient’altro che ribrezzo per il suo lavoro. Mai avrebbe pensato, che questo sarebbe potuto accadere. Eppure quella sera, quando aveva dovuto ammettere dove lavorasse, il ragazzo si era vergognato di se stesso.
Nei giorni seguenti a quell’incontro, Audrey prese ad evitarlo e lui decise di continuare a non salutarla. Era come se tra i due, tutto fosse tornato a come fosse il loro rapporto prima di quella sera, ma se prima a Percy la cosa non gli importava, adesso se ne dispiaceva


Note: Ecco il terzo capitolo. Ci ho messo un po' a scriverlo, perché non ero mai soddisfatta, ma alla fine sono contenta di come sia venuto.
 

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Capitolo 4
*** La lettera ***


La lettera

Era il 23 Dicembre. Era passata una settimana da quella sera e Audrey aveva deciso di ignorare Percy, ma far finta che il ragazzo dai capelli rossi e gli occhi azzurri non esistesse, non le faceva dimenticare quel loro incontro. L’aveva capito anche la sua amica Lucy, quando quel giorno era andata a trovarla.
“Ma in fondo cosa potevo aspettarmi da uno che tiene i libri in ordine alfabetico? Perché forse non te l’ho detto, ma tiene i libri in ordine alfabetico.”
“Me l’hai già detto almeno due volte. Ti rendi conto che è da quando sono arrivata qui, che non fai altro che parlarmi di questo Percy.” Disse Lucy sorseggiando un altro po’ di tè.

“No, non è vero.” Ribatté lei. Avevano parlato anche di molte altre cose, anche se al momento ad Audrey non gliene tornava in mente neanche una. Possibile che Lucy avesse ragione?
“Oh sì invece. Sai cosa penso, che ora che sono passati un po’ di giorni e ci hai potuto riflettere meglio, ti senti in colpa all’idea di essertene, andata senza nemmeno dargli la possibilità di spiegarsi.” Audrey la guardò sbigottita. La sua amica sembrava quasi difenderlo. Lei che aveva dovuto falsificare il suo albero genealogico, per evitare di essere perseguita, dava l'impressione di volersi schierare con uno che lavorava per l'attuale Ministro della Magia.
“Perché lo difendi? E comunque, ti stai sbagliando.”
“Io non lo sto difendendo. Sto solo esponendo i fatti. E i fatti sono che tu ti senti in colpa.”
“Ti sbagli.” Rispose fermamente, ricominciando a sorseggiare il suo te. Lucy finì il suo e si alzò.

“Che cosa hai intenzione di fare la vigilia di Natale?” La ragazza si rabbuiò a quella domanda.
“Non lo so. Non è che mi vada tanto festeggiare.” Mancavano appena un giorno a quella sera e lei nemmeno aveva fatto l’albero.
“Ascolta so bene, che questo sarà il primo Natale in cui sei completamente sola. Per questo motivo pensavo che potresti venire da me.” Si, quello sarebbe stato il primo Natale senza suo padre, senza la sua migliore amica dai tempi di Hogwarts, che ormai viveva a Dublino da un anno. Era per questo, che non le andava di festeggiarlo. L’unica persona che le era rimasta era proprio Lucy. “L’ho chiesto anche a Ben e ha detto che per lui non c’è alcun problema.” Audrey sorrise a quella frase. Per Ben non c’erano mai problemi, perché era un marito perfetto. Audrey aveva avuto solo due storie importanti, se si escludeva la sua cotta infantile per Cedric Diggory, e nessuno dei due era mai stato paragonabile a Ben.
“Grazie. Io ci penserò.” L’amica prese la giacca, dirigendosi verso la porta.
“Ok pensaci, ma fammi sapere se vieni entro domani mattina.” Lei annuì mentre l’amica usciva.

Se Audrey non fosse molto contenta dell’arrivo delle feste, Percy invece lo era. Non per le feste in sé, che negli ultimi due anni aveva passato da solo, ma per poter staccare dal quel lavoro, che ormai odiava. Sua sorella Ginny, l’estate in cui lui lavorava per il signor Crouch, gli aveva chiesto, come andassero le cose tra lui e Penny, preoccupata all’idea, che Crouch potesse diventare il suo nuovo cognato. All’epoca non aveva riso, ma ora ripensandosi quella battuta, gli sembrava davvero divertente. Purtroppo non poteva sapere, quale commento la sorella o qualsiasi altro fratello avrebbero fatto, nel sapere che detestava anche solo l’idea di svegliarsi la mattina presto, per andare al Ministero ed era tutto per colpa sua. Il ragazzo bussò alla porta dell’ufficio di Runcorn, che lo invitò ad entrare.
“Mi manda la Umbridge, mi ha chiesto di mandarti a chiamare prima di andar via. E’ nel suo ufficio.”

“Ci vado subito. Ah e Percy già che sei qui, perché non dai una sistemata alle lettere intercettate, che ci sono sulla mia scrivania.” Lui diede un occhiata al tavolo, dove si trovava una catasta ammucchiata di buste. Quelli del censimento intercettavano le lettere, nella speranza di ottenere informazioni sui Nati Babbani in fuga.
“Non vedo perché dovrei.”
“Perché non vuoi che io faccia sapere al Ministro, che hai cercato di avvisare la tua famiglia.” Disse lui prima di andarsene. Percy si avvicinò al tavolo e estraendo la bacchetta si mise a riordinare le lettere, pur sapendo che fosse una perdita di tempo. Le buste erano ancora tutte chiuse ed era chiaro, che Runcon, non ne avesse ancora controllato il contenuto. Fu mentre queste si impilavano, che gli cadde l’occhio, sull’intestatario di una di esse. La busta era destinata ad Audrey Miller, la esuberante e impulsiva brunetta, che per quanto ci provasse, non riusciva più a togliersi dalla testa.

Era passata una settimana da quella fatidica sera, in cui lei era uscita di casa sua sbattendo la porta e i due non si erano più parlati. Una volta si erano incontrati in quell’inquietante, ma doveva ammettere molto funzionale, trabiccolo Babbano chiamato ascensore. Audrey aveva fatto finta di non vederlo, mettendosi a parlare con il ragazzo moro dagli occhi verdi, anch’egli dentro quell’aggeggio. I due erano usciti entrambi al secondo piano, continuando a chiacchierare. La cosa l’aveva infastidito più di quanto avesse potuto immaginare. Inoltre Percy era sicuro, che quel ragazzo Babbano, non abitasse nemmeno nello stesso piano di Audrey.
Percy prese la lettera e la osservò, non aveva mai rubato niente in tutta la sua vita, eppure una parte di lui voleva che lei l’avesse. La porta si aprì, e istintivamente lui mise la busta nella tasca della giacca, prima che Runcorn potesse vederlo.
“Non hai ancora finito? Lascia stare ci penso io.” Quando Percy tornò a casa, decise di andare subito a consegnare la lettera. Prima si toglieva quel peso e meglio era. Suonando al suo campanello, attese che lei aprisse.

“Ciao Audrey.” Lei non lo salutò, anzi data la sua espressione, Percy fu già contento di non ricevere un’altra porta in faccia.
“Che ti serve?”
“Ascolta so che sono l’ultima persona che vorresti vedere, però io ho una lettera indirizzata a te.”
“Una lettera?”
“Si io…era tra le lettere intercettate dal Ministero.”
“Mi stai dicendo che l’hai rubata?” Percy in risposta annuì soltanto. La sua espressione subito cambiò. Il suo sguardo si spostava da lui alla lettera. “Io non capisco. Perché l’hai fatto?”

“Non lo so. Io ho solo pensato che volessi averla.” Disse porgendogliela. Audrey la prese e Percy fu sicuro di vederla sussultare, mentre leggeva meglio l’intestazione.
“Grazie.”
“Figurati.” Rispose lui prima di voltarsi e lasciarla da sola.
Audrey tremava mentre apriva la lettera. Aveva riconosciuto subito la scrittura sottile di suo padre. La voce quasi gli moriva in gola mentre la leggeva:

Mia cara Audrey,
Spero davvero che tu riesca a ricevere questa mia lettera. Non posso dirti dove mi trovo, per ovvi motivi di sicurezza, ma volevo comunque che tu sapessi che sto bene. Sono riuscito a scappare e attualmente sono in un luogo sicuro. Spero che anche tu stia bene e che tutto possa tornare il più presto alla normalità, per poterti finalmente riabbracciare.
Con affetto Papà.

Era al sicuro. Lacrime di gioia le rigavano il viso. Suo padre stava bene e si trovava al sicuro. Questo era il regalo anticipato di Natale, più bello che potesse mai ricevere e lo doveva tutto a Percy. Senza pensarci due volte, Audrey andò all’ultimo piano e suonò ripetutamente al campanello. Lui aprì la porta.
“Sono pronta ad ascoltarti.”
“Come?”
“L’altra sera hai detto che potevi spiegarmi come stavano le cose, ma io non ti ho dato retta.”
“Si l’ho detto, ma non credo di volerlo più fare.”
“Perché?”

“Perché ci ho pensato e non credo che la verità sia migliore dell’idea che ti sei fatta su di me.”
“Tu raccontamela ugualmente e lascia che sia io a decidere se è peggiore.”
“A patto che tu mi prometta di non scappare sbattendomi di nuovo la porta in faccia.” Audrey non poté non accennare un piccolo sorriso.
“Andata.” Dopo quello che oggi lui aveva fatto per lei, poteva fargli questo piccolo favore. Percy le raccontò tutto: La lite con suo padre, l’abbandono della famiglia per il lavoro al Ministero, il primo Natele da solo, dove aveva cacciato sua madre venuta a trovarlo, il pentimento per ciò che aveva fatto, fino al giorno in cui si erano incontrati, in cui era stato torturato, mentre tentava di avvisare i suoi genitori del loro arresto. Audrey rimase ad ascoltarlo in silenzio. Ogni tanto avrebbe voluto commentare, ma lui non l’aveva mai lasciata parlare, fino a che non avesse terminato.

“E adesso la tua famiglia è al sicuro?”
“Si, per fortuna erano già scappati. Non ho idea di dove possano essere, ma è meglio così.”
“Quello che hai fatto alla tua famiglia è orribile.”
“Si lo so.”
“Ma il fatto che tu te ne sia reso conto è già qualcosa.” Percy accennò un sorriso.
“Grazie per avermi ascoltato senza scappare.”
“Ehi ti avevo fatto una promessa ricordi?”
“Si e l’hai mantenuta.”

“Se non sai dove la tua famiglia si trova suppongo, che domani passerai di nuovo la vigilia da solo.”
“Si suppongo, ma sinceramente non mi interessa.” Mentì lui. Quando Audrey tornò a casa usò il camino per avvisare Lucy, che doveva declinare il suo invito per domani.
“D’accordo, ma sappi che se poi scopro che l’hai passata da sola mi arrabbierò moltissimo.”
“Oh…tranquilla non ho intenzione di passarla da sola.”

Note: Ecco il quarto capitolo di questa mia storia. Un po' più lungo degli altri. Il periodo della storia segue quello del settimo libro, e dato che Ron viene beccato dai Ghermidori prima di Natale, dovevo inserici le feste. Spero che vi piaccia. 


 

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Capitolo 5
*** Una piacevole sorpresa ***


Una piacevole sorpresa

Le prime feste da dopo che aveva abbandonato la famiglia, nonostante le avesse passato da solo, Percy non si era sentito così. Quelle feste avrebbe dovuto trascorrerle insieme alla sua ragazza Penelope, ma lui aveva posto fine alla loro relazione, prima che questo potesse accadere. Era stato in quell’occasione, che sua madre era passata a portargli il maglione e lui le aveva chiuso la porta in faccia. Molly gli aveva comunque lasciato il maglione davanti alla porta e lui non contento glielo aveva rispedito. All’epoca era fermamente convinto di aver fatto la scelta giusta. Mai avrebbe pensato, che col tempo avrebbe rimpianto quel suo gesto. L’anno successivo, ancora troppo restio ad ammettere il suo errore, aveva finito col fare quella patetica visita alla Tana insieme al Ministro, per poi passare il restante delle vacanze in solitudine, senza però riuscire a scacciare dalla mente, gli sguardi di disprezzo, con cui i suoi fratelli l’avevano guardato.
Quelle di quest’anno sarebbero state le terze feste che passava da solo, ma a differenza delle volte precedenti, qualcosa era cambiato. Per la prima volta, Percy era dispiaciuto di doverle trascorrere nuovamente in solitudine. Aspettando che la pizza si cuocesse, Percy prese la radio e puntando la bacchetta pronunciò il nome “Alice”.

“Buona sera cari ascoltatori e buona Vigilia di Natale a tutti. Questa sarà la nostra ultima trasmissione, prima di andare in pausa per qualche giorno. Purtroppo come ogni volta, anche quest’oggi vi dobbiamo annunciare della morte di due Nati Babbani: Pomona Flatcher e Eloise Jones e di un gruppo di Babbani apparentemente colpevoli solo di aver scelto in luogo sbagliato in cui fare campeggio…”

Percy aveva smesso di ascoltare già dopo aver sentito il nome di Pomona. Conosceva quella donna: era la moglie di Perkins, collega di suo padre al Ministero. Cercando di concentrarsi, il ragazzo rimase in attesa, finché non sentì la voce dei gemelli. Ormai ascoltava le loro voci tutte le sere, ma sentirle alla Vigilia di Natale, gli procurò un sollievo maggiore. Quando il campanello suonò, Percy era così intento ad ascoltare, che ci mise un po’ prima di andare ad aprire.
“Adurey ciao. Che cosa ci fai qui?” La ragazza indossava una semplice camicetta smanicata e dei jeans, ma non era quella la prima cosa che notavi, bensì l’enorme tegame, che cercava di tenere con una mano, perché nell'altra teneva una teglia.

“Beh…ieri hai detto che avresti passato la viglia da solo, così ho pensato che magari potevamo passarla insieme. Ho fatto la quaglia.” Disse lei porgendogli il tegame.
“La quaglia?” Chiese lui osservandola perplesso.
“Si, sai io in realtà so fare bene solo i dolci, ma ho seguito la ricetta del libro Banchetti in un minuto: questa sì che è magia! Che è un libro molto valido. E comunque ho fatto pure una crostata di pere.”
“Grazie, ma non dovevi.” Disse lui, posando il tegame sul tavolo.

“Immaginavo che anche tu stessi ascoltando Radio Potter.”
“Si sai ieri non te l’ho detto, ma due dei conduttori sono due miei fratelli. Per questo motivo l’ascolto sempre. Sentire le loro voci, mi permette di sapere che ameno due di loro stanno bene.”
“Oh…Percy questo è…”
“Patetico lo so.”
“No, ti sbagli non lo è per niente.” Nessuno dei due se ne accorse, ma istintivamente le loro mani appoggiate sul tavolo si sfiorarono. Sarebbe stato un momento perfetto, non fosse per quello strano odore, proveniente dalla cucina. “Lo senti anche tu questo odore di bruciato?”

“Accidenti! Mi sono scordato della pizza!” Disse Percy correndo a toglierla dal fuoco.
“Stavi per mangiarti una pizza alla Viglia di Natale? Allora è un bene che sia arrivata io a salvarti.”
“Si, sai io non so cucinare.” E a quanto pare neanche lei sapeva farlo, pensò Percy, una volta aperto il tegame che Audrey aveva portato. Quella povera quaglia aveva decisamente un aspetto orribile. “E’ normale che sia così bruciacchiata?”
“Si lo so l’aspetto non sembra un gran che, ma sono sicura che dentro sarà buonissima. Dove li tieni i piatti?”
“Nella credenza in alto.” Il ragazzo prese un coltello e iniziò a tagliare la carne.

“Ehm...che ne dici se invece di questa quaglia, non vediamo se la mia pizza è ancora recuperabile.”
“Perché? Che cos’ha che non va la mia quaglia?” Percy la guardò incerto. Chissà quanto tempo la ragazza aveva impiegato per prepararla, però non poteva non dirglielo.
“Oh…niente a parte il fatto che fuori è bruciata e dentro è ancora cruda.” Lei lo guardò incredulo. Ok, forse la prossima volta avrebbe potuto usare un po' più di tatto, prima di dirgli una cosa del genere.
“Come? No, non può essere.” Audrey si avvicinò per controllare e dopo essersi accorta che lui avesse ragione, abbassò lo sguardo mortificata. “Mi dispiace.”
“Non importa. Ci hai provato e non è andata. Sono sicuro che la crostata sarà ottima.” O almeno lo sperava. Non gli andava di procurarle un altro dispiacere.
“Volevo farti una sorpresa e invece…”

“Audrey fa lo stesso davvero. Andrà meglio la prossima volta, anche se devo confessarti che io odio le sorprese.” Lei a quelle parole sbuffò.
“Chissà perché la cosa non mi stupisce affatto.” Percy scosse la testa. Più passava del tempo con quella ragazza e più si convinceva, che loro due avessero ben poco in comune. Se si escludeva il fatto che entrambi non sapessero cucinare. Ciò nonostante ad ogni incontro, sentiva di volerla conoscere meglio. “Allora dove l’hai messa quella pizza?” Un’ora dopo con la radio ancora accesa, che trasmetteva le solite canzoncine natalizie, una pizza e due lattine di burrobirra in meno, i due stavano chiacchierando animatamente sul divano, mentre mangiavano la torta preparata da Audrey.
“Hai ragione sulle torte. Questa ti è venuta proprio bene.”
“Perché avevi dei dubbi?”
“No, certo che no.” Si affrettò a dire lui.
“Sai Percy sei un pessimo bugiardo.”

“Vero. Posso farti una domanda?” Audrey annuì. “Beh…io ti ho detto per quale motivo ascolto Radio Potter, ma mi chiedevo per quale motivo lo facessi tu.”
“E’ per mio padre. Sai è dovuto scappare perché Nato Babbano e Radio Potter è l’unica radio, che parla anche delle morti dei Nati Babbani.”
“E non pensi a quale potrebbe essere la tua reazione se un giorno ascoltandola sentissi il suo nome tra quelle persone?”
“E tu? Ti sei mai chiesto quale sarebbe la tua se un giorno non sentissi più la voce dei tuo fratelli?” Percy rabbrividì anche al solo pensiero. L’idea di non sentire più la voce di Fred o quella di George, di non sentire più la loro risata… “Comunque grazie alla lettera che tu hai rubato almeno per ora so che è al sicuro.”
“Mi fa piacere sentirlo. E tua madre?”
"Apparteneva alla famiglia purosangue dei Burke, anche se c'entrava poco o niente con loro. E' morta che avevo 10 anni.
"Mi dispiace non dovevo chiedertelo."
“No, non importa davvero è passato tanto di quel tempo. Però adesso basta parlare di cose tristi. Ora voglio fartela io una domanda.”

“Sentiamo.”
“Perché indossi quel maglione con una P ricamata sul davanti?” Percy rise alla domanda.
“Scommetto che è da quando sei arrivata che non vedevi l’ora di chiedermelo.”
“Indovinato.” Rispose lei, sorridendo a sua volta. Percy adorava quel suo sorriso. Perché non era mai forzato, era sempre sincero.
“E’ una tradizione di famiglia. Ogni Natale mamma ci regalava sempre qualcosa fatto a maglia da lei.” I due continuarono a parlare, mentre il tempo passava veloce. Dalla radio partì la canzone "Un calderone pieno di forte amor bollente"

“Ho sempre odiato Celestina Warbeck. Lei non ha una brutta voce, ma le sue canzoni sono tutte troppo smielate. Non è proprio il mio genere.” Disse Audrey.
“Davvero? Anche a me non è mai piaciuta.” Ecco un’altra cosa che avevano in comune, pensò Percy. Anche se il ragazzo ormai aveva capito da tempo, che non gli interessava affatto quante cose loro avessero in comune o meno, perché Audrey gli sarebbe piaciuta in ogni caso e il fatto di non aver passato di nuovo le feste da solo, era stata una sorpresa piuttosto piacevole.

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Capitolo 6
*** Brusco ritorno alla realtà dopo un attimo di fuoco ***


Brusco ritorno alla realtà dopo un attimo di fuoco

Audrey era appena tornata da casa di Lucy e stava per rientrare nel suo appartamento, quando lei e Percy si erano incontrati sul pianerottolo. I due non si vedevano da quando avevano passato la Vigilia di Natale insieme. Quella serata era andata così bene, ad esclusione del suo fallimentare tentativo con la quaglia, che la ragazza aveva deciso, che fosse meglio far calmare le acque per un po’. Le sembrava che le cose tra di loro stessero andando un po’ troppo velocemente, così come i suoi sentimenti nei suoi confronti.
“Ehi Audrey. E’ un po’ che non ci si vede.”
“Già.” Disse lei cercando le chiavi. “Come stai Percy?”
“Direi relativamente bene. E tu?”
“Relativamente bene anch’io.”

“Senti mi chiedevo…hai dei programmi per stasera?”
“Beh in realtà sì vedi Jamie…” Percy sbuffò nel sentire quel nome.
“Parli del ragazzo moro?” Chiese a denti stretti.
“Si, fa una festa a casa sua per Capodanno e mi ha invitato.”
“E tu ci vai?”
“Si pensavo di andare, ma puoi venire anche tu se vuoi. Mi ha detto che potevo portare chi volevo.”
“No, io passo grazie.” Audrey alzò gli occhi al cielo. Doveva aspettarsela una risposta del genere.

“Sai Percy sei proprio una persona noiosa!” Lui la guardò con quello sguardo stizzito, che già gli aveva visto fare.
“Io non sono noioso.” Al massimo sono uno che non ama rinunciare alla sua tranquilla routine, pensò il ragazzo, non vedendoci niente di male.
“Oh sì invece.” Disse lei aprendo la porta.
“Solo perché preferisco starmene a casa, piuttosto che andare ad una festa di un Babbano che manco conosco, non significa che io sia uno noioso.” Puntualizzò lui.
“Noioso, noioso, noioso!” Ripeté lei e senza aspettare risposta, la ragazza entrò in casa chiudendo la porta. Un enorme sorriso le apparve sul viso al pensiero di avergli chiuso ancora una volta la porta in faccia.

Quando quella sera Audrey si recò alla festa, dopo un’ora avrebbe già voluto essere da tutt’altra parte, figuriamoci dopo che si trovava lì da quasi 4 ore. Il problema non erano le persone presenti, che sembravano tutte simpatiche. Nemmeno la roba strana che c’era da bere, ma il fatto di non sapere come rispondere a certe domande che le ponevano. Come poteva spiegare a quella gente di non aver mai visto una serie tv o qualsiasi altro programma televisivo? L’unica cosa che avesse mai guardato era stato qualche film romantico da quattro soldi.
“Sono un’infermiera.” Disse lei alla sesta persona, che le chiedeva che lavoro svolgesse.
“Un’infermiera, ma non avevi detto di essere un medico?” Domandò una ragazza intromettendosi nella discussione.
“Medico o infermiera. Chiamami come vuoi.”

“Beh…non sono proprio la stessa cosa.” Davvero? Era convinta di sì. Pensare che aveva preso pure Oltre ogni previsione in Babbanologia, oltre al fatto, che gli unici due nonni che avesse mai frequentato, erano entrambi Babbani. I nonni materni sapeva a mal appena che faccia avessero, avendoli visti solo in alcune vecchie foto conservate da sua madre. Senza contare, che spesso e volentieri non si degnavano nemmeno di apparire.
“In che Università hai studiato?”
“Ecco io…ho studiato in Scozia in un…” In un fantastico castello pieno di torri, fantasmi, quadri che parlano, scale che si muovono e soffitti, che cambiano aspetto in base al tempo che c’è fuori. Inoltre non sono né un medico né un’infermiera, ma una guaritrice. “In un’università privata.” Come facevano i maghi sposati ai Babbani ad essere sinceri con loro?

“Ragazzi ci siamo quasi, manca pochissimo alla mezzanotte.” Audrey tirò un sospiro di sollievo. Salvata dall’anno nuovo in arrivo. Il campanello della porta suonò e qualcuno andò ad aprire.
“Audrey c’è un ragazzo da capelli rossi che chiede di te.” La ragazza si diresse verso l’ingresso, mentre il tempo passava.
“10, 9, 8…”
“Percy, hai cambiato idea?” Lui la prese per un braccio e la trascinò fuori chiudendo la porta.
“Pensi davvero che io sia noioso?”
“4, 3, 2…”

“Oh ti prego. Non mi dire che sei stato tutto il giorno a ripensare a quello che ti ho detto oggi perché…” Percy non le fece finire la frase e spingendola contro il muro la baciò. Le loro bocche si trovarono in un bacio interminabile. La passione esplose violenta e incontrollata in Audrey, mentre le loro lingue si cercavano e si toccavano, dando il via ad una piacevolissima lotta. Il bacio dapprima lento e dolce si fece irruento, mentre lei affondava una mano fra i suoi capelli. I loro corpi si strinsero, come se volessero diventare un tutt’uno. Audrey sperò che Percy non si accorgesse dei suoi seni già turgidi al di là del cardigan. Quando finalmente si staccarono i loro respiri erano irregolari e affannosi.
“Buon anno Audrey.” Disse lui ancora col fiato corto, mentre si levava gli occhiali appannati e se ne andava lasciandola lì, a riprendere fiato con le labbra ancora gonfie. La ragazza non tornò nemmeno alla festa decidendo di andarsene a casa.

Quando la mattina dopo Audrey si svegliò, per un momento non poté fare a meno di chiedersi se non si fosse immaginata tutto. Perché non era possibile che Percy il prefetto, quello pignolo, che non amava le sorprese, l’avesse baciata in quel modo, ma il fatto che non riuscisse ancora a dimenticare le sensazioni che aveva provato, dimostrava che era stato tutto vero. Il problema era che cosa sarebbe successo adesso? Anche Percy aveva provato le stesse cose che aveva provato lei? Alzandosi dal letto, Audrey decise di andare a far colazione. Sperando che mangiare le avrebbe schiarito le idee. La ragazza stava sparecchiando, quando suonarono al citofono. Andando ad aprire, fu sorpresa di trovarsi davanti Lucy. Lo sguardo dell’amica era pallido ed i suoi occhi erano spenti.
“Lucy cos’è successo?”
“Il Ministero è venuto a cercarmi questa mattina. Hanno scoperto che ho falsificato il mio albero genealogico.” Lei rimase pietrificata a quelle parole. “Sono venuta a salutarti, ma tranquilla mi sono assicurata che non mi seguissero.”

“A salutarmi ma…” Audrey sapeva benissimo cosa questo significasse, ma una parte di lei si rifiutava di accettarlo, perché non poteva perdere l’unica amica che le fosse rimasta. Non poteva aggiungere, un altro nome alla lista delle persone, che sperava di non dover mai sentire tra le morti annunciate a Radio Potter.
“Devo scappare Audrey.”
“Ma Ben e tuo figlio.” La ragazza sembra quasi voler temporeggiare, come se sapesse che una volta che Lucy se ne fosse andata, sarebbe davvero rimasta da sola.
“Mio figlio starà con lui. Ben è un purosangue non gli faranno niente.” Suo figlio aveva appena due anni, pensò Audrey. Era per non abbandonare lui, che Lucy aveva falsificato il suo albero genealogico. Quand’è che questa guerra sarebbe finita?
“Ti prego stai attenta.” Disse lei mentre l’abbracciava. Dopo che Lucy se ne fu andata, ancora in vestaglia e con le lacrime, trattenute per l’amica, ma che ora scendevano a fiotti, Audrey suonò all’unica persona vicina, che ormai le fosse rimasta. Percy aprì e lei singhiozzando si gettò contro il suo petto, mentre lui senza dire niente la strinse fra le sua braccia.

Note: Questo capitolo si è scritto pratecamente da solo, per questo motivo ho aggiurnato così in fretta. Come sempre ogni commento è ben accetto.

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Capitolo 7
*** La perdita della scommessa ***


La perdita della scommessa

Se c’era una cosa che Percy odiava, era quella di entrare al Ministero della Magia attraverso lo scarico del water di un bagno pubblico. Purtroppo però, quello era rimasto uno degli unici modi, con cui ti facevano accedere all’interno. Quando quella mattina del 2 Dicembre, Percy attendeva in coda di entrare in uno dei bagni, ancora non riusciva a smettere di pensare alla povera Lucy e a ciò che Audrey le avesse raccontato. Non era la prima volta, che sentiva di qualcuno che falsificava il proprio albero genealogico, così da non dover scappare e purtroppo non era nemmeno la prima volta, che veniva a sapere che la cosa non aveva funzionato. Molti altri Nati Babbani ci avevano provato ed erano stati quasi tutti scoperti dal Censimento.

“Hai intenzione di muoverti o no?” Chiese una voce spazientita alle sue spalle.
“Come scusa?”
“Il bagno si è liberato già da un bel po’.” Disse ancora l’uomo che, se Percy non ricordava male, lavorava nell’ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.
“Oh si scusa.” Entrando mise i piedi dentro il gabinetto e tirò la catena. La sensazione che ogni volta avvertiva, era davvero terribile. Percy ancora non sapeva, che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe provata. Quando il ragazzo arrivò nel suo ufficio, fu sorpreso di vedere la Umbridge seduta alla sua scrivania.

“Ah Percy finalmente ti stavo aspettando.”
“E’ successo qualcosa? Hanno spostato gli orari delle udienze?”
“No, nessun orario è stato cambiato. Vorrei solo che tu mi togliessi qualche dubbio.”
“Quale dubbio?” La Umbridge si alzò dalla seggiola della scrivania, porgendogli un foglio di pergamena.
“Vorrei che tu dessi un’occhiata alla lista aggiornata dei membri dell’ordine.”  Percy la osservò e improvvisamente il sangue gli si gelò in corpo. Il primo nome della lista era quello di sua madre, seguito da quello di suo padre e dei suoi fratelli. C’erano praticamente tutti: Fred, George, Bill persino quello di Ron. Davvero sua madre aveva permesso a Ron di farne parte? Senza contare il nome della sua nuova cognata Fleur Delacour. Mancavano solo due nomi all’appello. Uno ovviamente era quello di sua sorella Ginny e l’altro era quello di suo fratello Charlie.

“Come vedi c’è gran parte della tua famiglia, ma non siamo sicuri se tuo fratello Charlie ne faccia parte o meno. Tu che ne dici?” Percy non rispose continuando a guardare la lista. Fu in quel momento, che capì di non poter più lavorare per il Ministero. Le parole pronunciate da Audrey la sera che si erano conosciuti, gli tornarono in mente, facendogli male.

“E’ complicato, come no! Dimmi per quale motivo ascolti Radio Potter? Voi scoprire i nomi dei membri dell’Ordine che ancora non sapete, così da poterli riferire al tuo capo e poter ottenere una promozione facile?”

Doveva andarsene o avrebbe finito per condannare gran parte dell’ordine, che includeva l’intera sua famiglia, tra cui Charlie. Percy era sicuro, che anche se il fratello abitasse lontano, ne facesse parte.
“Io non ne ho idea. Sai bene che non ho più avuto alcun tipo di contatto con loro. Tutto quello che so è che lavora ancora in Romania, quindi dubito che possa essere stato coinvolto nella faccenda.” Mentì lui. Era bello sapere che la Umbridge fosse una pessima legilimens e quindi non potesse entrargli nella testa.
“Anche lui è un traditore della propria famiglia come te.” Commentò lei. Charlie un traditore? La sola idea lo faceva ridere. Suo fratello non avrebbe mai abbandonato la sua famiglia. Solo lui l’aveva fatto e adesso ne pagava le conseguenze. Doveva proprio andarsene. Non c’era altra soluzione possibile.

“Ti serve altro? Avrei da fare.” Qualche minuto dopo che la Umbridge fosse uscita dal suo ufficio, Percy fece altrettanto. Così come aveva fatto quella volta, che aveva tentato di avvertire i suoi genitori del loro arresto, il ragazzo uscì in fretta dal Ministero. Questa volta però, non prima di essersi assicurato per bene, che nessuno lo stesse seguendo. Fu mentre usciva, che a Percy tornò in mente dell’unica scommessa fatta con i gemelli. Fred e George amavano scommettere e nel corso degli anni, ne avevano fatte parecchie. Bill si era fatto fregare due volte, Charlie tre e Ron…talmente tante di quelle volte, che non ricordava nemmeno il numero preciso. Anche Ginny si era fatta convincere una volta, scommettendo con loro il suo matrimonio con Harry Potter. Sua sorella da bambina aveva davvero una fervida immaginazione. Percy aveva cercato sempre di non farsi coinvolgere, ma quando Fred aveva scommesso, che un giorno anche lui si sarebbe stufato di lavorare al Ministero, il ragazzo non aveva potuto non accettare. Aveva appena perso 5 Galeoni.

Audrey era ritornata a casa dopo essere passata a trovare Ben e il figlio di Lucy, quando Percy bussò alla sua porta.
“Ho mollato il lavoro al Ministero.” Disse lui non appena lei aprì.
“Tu che cosa?” Non era sicura di aver sentito bene.
“Mi hai sentito, ho appena lasciato il lavoro al Ministero e non ho alcuna intenzione di metterci più piede, ma per far questo non posso più restare qui. Il Ministero sa dove abito e verrebbero a cercarmi. Devo andare via.” Quelle parole per Audrey furono come un déjà-vu. “Per questo motivo sono qui. So che è una cosa terribilmente egoista e che non dovrei chiedertelo, ma anche tu sei sola e io ho pensato che magari tu vorresti..si ecco venire con me.”

“Si lo voglio.” Rispose subito lei, senza nemmeno pensarci. Percy voleva che andasse con lui. Voleva che scappassero insieme. Allora quel bacio aveva significato qualcosa anche per lui?
“Sei sicura? Dovremmo sempre stare in allerta e c’è il rischio che…”
“Si sono sicura. Quando volevi andartene?”
“Adesso. Quelli del Ministero non ci metteranno molto ad accorgersi che sono sparito. Prendi ciò che ti serve, io vado a liberare Hermes e torno.” Audrey prese una borsa e vi punto conto la bacchetta.

“Adduco Maxima.” Poi prendendo dei vestiti a casaccio dall’armadio lì butto al suo interno, così come la radio portatile, qualche boccetta di pozioni curative che teneva nel mobiletto del bagno, una foto di sua madre e infine la lettera di suo padre. Per attimo Audrey si chiese che cosa avesse detto il padre nel sapere, che anche lei avesse deciso di scappare. Sicuramente non sarebbe stato d’accordo, ma la ragazza non poteva rimanere lì da sola. Non avrebbe sopportato di veder andar via anche Percy, l’unica persona vicina, che ormai le fosse rimasta. Per questo motivo, gli aveva detto subito di sì.
Cinque minuti dopo i due erano in strada. Fu allora che Audrey lo vide: suo zio Herbert Jr Burke, seguito da un altro uomo che invece non conosceva. La ragazza aveva incontrato suo zio una sola volta ed era stato quando quelli del Censimento, erano venuti a cercare suo padre. Era stato proprio lui a far sapere a quelli del Ministero, che egli fosse un Nato Babbano.

“Dobbiamo muoverci. Mio zio Herbert Jr è qui insieme ad un altro tizio che non conosco.” Disse lei estraendo la bacchetta.
“Li ho visti anch’io. Lavorano tutti e due al Ministero e sono entrambi due Mangiamorte.” Audrey non fu sorpresa di scoprire, che la notizia che suo zio fosse diventato pure un Mangiamorte, non le faceva né caldo né freddo. Percy accelerò il passo, conducendola in un vicoletto buio e stretto.
“Hai pensato a dove andare?” Chiese lei.
“Ho in mente un posto, che il Ministero ha già controllato. Lì staremo al sicuro per un po’. Aggrappati a me.” Audrey obbedì e i due si smaterializzarono direzione: La Tana. Col tempo certamente stare lì sarebbe stato un rischio, ma per il momento non aveva un'idea migliore.

Note: Ecco il nuovo capitolo. Spero che vi piaccia. Per quanto riguarda il prossimo, io sabato parto e vado due settimane in Scozia ad Edimburgo. Ora vedo se riesco a pubblicarlo prima bene, se no è probabile che lo farò al mio ritorno.

 

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Capitolo 8
*** La tana, un nascondiglio sicuro ***


La Tana, un nascondiglio sicuro

La prima cosa che Audrey sentì, quando loro atterrarono, fu il rumore delle sue scarpe contro l’acqua, seguito dal gracidio di qualche rana. Alcuni schizzi le inzupparono i Jeans, altri invece le entrarono dentro i calzini bagnandole i piedi. Percy era così preoccupato, all'idea che quelli del Ministero potessero averli visti, che aveva sbagliato il luogo in cui voleva apparire.
“Oh accidenti. Scusa non volevo atterrare proprio nello stagno.” Si scusò lui uscendo nervosamente dall’acqua e aiutandola a fare altrettanto.

Audrey si guardò intorno, davanti a lei c’era una casa in pietra fatta a più piani. Era la casa, sempre se così si potesse definire, più strana che avesse mai visto. Era evidente che varie stanze, fossero state aggiunte col tempo e che la struttura si reggesse in piedi grazie solo ad un incantesimo. Ben cinque comignoli spuntavano dal tetto rosso. Sulla sinistra, c’erano dei resti di legno di quello che probabilmente doveva essere stato un vecchio capanno. C’era un’insegna sbilenca, anch’essa mezza distrutta, nel giardino frontale, ma la scritta era ancora ben visibile e diceva: La Tana. Nome appropriato pensò lei.
“Che posto è questo?”
“Qui è dove sono cresciuto con i miei fratelli. E’ la casa dei miei genitori. Al momento è disabitata i miei l’hanno abbandonata dopo che è stato divulgato il loro arresto. Quelli del Ministero l’hanno già controllata, quindi per un po’ qui staremo al sicuro.” Entrambi sussultarono nel sentire un grido acuto e squillante alle loro spalle. Percy estrasse subito la bacchetta.

“Sembra che qualcuno ci abbia seguito.” Disse Audrey alzando gli occhi al cielo e scorgendo una civetta.
“Hermes. Gli avevo detto di non farlo.”
“Dev’essere una civetta molto affeziona a te. Ma come faceva a sapere che saresti venuto proprio qui?” Domandò lei.
“Ah…non ne ho proprio idea.”
“Percy che non sa darsi una risposta. Scommetto che è la tua prima volta!” Hermes volò intorno a Percy per un po’, per poi poggiarsi sul cartello sbilenco della Tana. Il ragazzo puntò la sua bacchetta per aria, incominciò a lanciare alcuni incantesimi di protezione.
“Davvero divertente. Meglio proteggerci prima che ci trovi qualcun altro che non sia una civetta. Protego Totalum, Salvio Hexia, Repello Babbanum…” Audrey si avviò verso la porta in legno e l’aprì. La casa era completamente sottosopra. Vari mobili erano rovesciati a terra, segno che quelli del Ministero, avessero cercato di trovare qualche indizio su dove i famigliari di Percy potessero essersi nascosti. Anche la ragazza levò la bacchetta e la puntò contro la stanza.

“Homens Revelio.” Niente accadde. La casa era completamente deserta. Puntando nuovamente la bacchetta verso la stanza questa volta pronunciò un incantesimo per riordinare. I mobili e tutti gli oggetti sparsi per terra si spostarono per tornare al loro posto originario.
“Non sono mai stato bravo negli incantesimi domestici.” Disse Percy comparendo improvvisamente alle sue spalle. “Non entro qui dentro dallo scorso Natale. E di certo non è stata una visita di piacere.” Lo sguardo del ragazzo si fece nostalgico. Quanti ricordi affiorarono nella sua mente… Percy diede un’occhiata alla parete dove si era sempre trovato l’orologio, che indicava dove ogni membro della famiglia si trovasse, ma esso non c’era. Sua madre doveva aver deciso di portarlo con sé.
“E’ una casa decisamente strana. Mi piace.” Il ragazzo sorrise al commento.
“Non avevo dubbi. E comunque piace anche a me.” Era la verità. Nonostante gli scontri degli ultimi anni con i suoi famigliari, Percy aveva sempre pensato, che quello fosse stato un ottimo posto in cui crescere. Audrey posò la borsa sul tavolo e andò verso le scale.

“Sono sempre state così instabili queste scale?” Chiese lei. Le sembra di sentire un cigolio ad ogni scalino che faceva.
“Fin da quando me ne ricordo, ma puoi stare tranquilla. Hanno retto a ben sette figli, due dei quali si chiamavano Fred e George.”
“Sai io mi ricordo di loro. Quand’ero all’ultimo anno hanno cercato di imbrogliare il calice di fuoco con una pozione invecchiante.”
“Tipico di loro e poi com’è finita?” Anche se il ragazzo già se lo poteva immaginare.
“Si sono ritrovati con due lunghe barbe da vecchio.” Percy non riuscì a trattenere una risata.
“Questo è il bagno.” Disse lui aprendo una porta al secondo piano. “Tutte le altre invece sono le stanze dove dormivamo noi. Posso farti una domanda?"
“Si, certo.”

“Con chi sei andata al Ballo del Ceppo?”
“Con il mio ragazzo, Owen Stevens, ma non è stata una gran serata.” Owen Stevens quel nome l’aveva già sentito.
“Come mai? Sempre se posso chiedere.”
“Oh…Piton ci ha sorpreso mentre ci imboscavamo in un cespuglio di rose e ci ha tolto dei punti e messo in punizione. Non è stato piacevole considerando anche il fatto che eravamo entrambi mezzi svestiti e stavamo per…”
“Si ho capito grazie.” Disse freddamente Percy, sbattendo con troppa forza la porta del bagno. I due continuarono a perlustrare le stanze. Arrivarono fino a quella dell’ultimo piano, dove Audrey fu sicura di sentire degli strani rumori al di là delle pareti. L’intera soffitta era tappezzata di poster e carta da parati arancioni. Anche quella camera era sottosopra, segno che quelli del Ministero avessero cercato qualcosa anche lì.

“Aspetta Owen Stevens non è uno dei due battitori che gioca nei Puddlemere United?”
“Si è proprio lui, ma tranquillo è più di un anno che non stiamo più insieme." Era stata lei a lasciarlo dopo aver scoperto che lui la stesse tradendo con una delle sue tante ammiratrici. "Credo che dormirò nella stanza al secondo piano, quella con il poster di Gwenog Jones. Perché fai quella faccia?”
“Perché hai scelto l’unica stanza in cui non ci dormiva un ragazzo. Quella era la stanza di mia sorella Ginny.”
“Quindi anche tua sorella è tifosa delle Holyhead Harpies?”
“Anche? E io che pensavo che tu tifassi per i Puddlemere United.” Commentò lui seccamente.
“Oddio non ci posso credere sei davvero geloso di uno che non vedo da più di un anno?”
“Io non sono geloso! Forza sarà il caso di andare a cercare qualcosa da mangiare.”

“Fermo, credo che dovrei farlo io. Tu vivevi qui, la gente potrebbe riconoscerti.”
“No scordatelo è troppo rischioso.”
“No, non lo è. Lo sarebbe molto di più se ci andassi tu. Io non sono mai stata da queste parti, darò meno nell’occhio nel caso qualcuno mi vedesse.” Disse lei prendendo la borsa e dirigendosi verso l’uscita. “Tornerò il prima possibile.” Percy non fece in tempo a protestare ancora, che Audrey se ne era già andata. Riuscì solo a gridarle di stare attenta. Hermes entrò dentro casa e si posò sul tavolo.
"Mi dispiace Hermes, ma non ho portato con me la tua gabbietta." Disse lui all'uccello. Guardandosi intorno, il ragazzo notò una vecchia fotografia poggiata sopra il camino. La foto mostrava lui e i suoi fratelli quando erano piccoli. Ginny nella foto avrà avuto non più di due anni. Il ragazzo non poté far a meno di chiedersi dove potessero essersi nascosti, magari a casa di qualche membro dell’ordine, oppure da qualche vecchio amico, o forse a Villa Conchiglia.

E se fossero proprio in quel luogo? Villa Conchiglia era un Cottage di proprietà dei Weasley, situata in Cornovaglia. I suoi genitori ci aveva pure vissuto per un periodo insieme a Bill e Charlie. Per quel che ne sapevano quelli del Ministero, la casa era deserta e in rovina da anni, quindi poteva anche essere, che avessero deciso di andare lì. Percy guardò fuori dalla finestra. Audrey ci avrebbe messo un po’ prima di tornare e lui voleva scoprire se avesse ragione.
Quando il giovane si smaterializzò su una spiaggia della Cornovaglia, il ragazzo era sicuro che quello fosse il posto giusto, ma del Cottage non c’era ombra. Poteva esserci solo una spiegazione possibile: qualcuno aveva usato un Incanto Fidelius. Questo significava che i suoi famigliari si trovassero in quel posto. Percy attese nella speranza di vedere qualcuno, ma dopo venti minuti che attendeva seduto sulla spiaggia, si arrese decidendo di tornare indietro. Se solo avesse aspettato qualche minuto in più…

“Bill che cosa sussede?” Chiese Fleur andando vicino al marito, che osservava la spiaggia deserta.
“Non lo so. Per un attimo mi è sembrato di vedere…” Mio fratello Percy, ma non poteva essere vero. Eppure quei capelli rossi, quegli occhiali… sembrava proprio lui. “Niente. L’avrò solo immaginato.”
“Ma di chi stai parlando?”
“Mi è sembrato di vedere mio fratello Percy, ma è impossibile, insomma perché mai dovrebbe farsi vedere, quando non si è nemmeno presentato al nostro matrimonio.”
“Oh…Bill sono sicuro che ci sarà una spiegazione per quello.”
“Si…forse.” Ma era evidente, che il ragazzo ne dubitasse. Fleur abbracciò il marito e i due rimasero lì fuori per un po' a guardare le onde del mare infrangersi contro la costa, mentre Percy già se ne era ritornato alla Tana.

“Ho preso tutto quello che ci serve. E’ tutto qui dentro.” Disse Audrey mostrando la borsa a Percy e poggiandola sul tavolo. “Stai bene? Hai un’aria strana.”
“Si è solo che se penso che questa mattina mi trovavo al Ministero e adesso sono qui con te.” Disse lui, decidendo di raccontarle solo una parte di ciò che lo tormentava.
“Vedrai andrà tutto bene.” Disse lei perdendogli istintivamente la mano. Percy annuì stringendogliela forte. Intanto quelli del Ministero, facevo rapporto sulla sparizione del ragazzo, dopo aver messo a soqquadro il suo appartamento, senza però aver trovato niente di utile.

Note: Ecco finalmente il nuovo capitolo della mia storia. Scusate se ci ho messo tanto, ma come già scritto sono stata in scozia (posto davvero magico) e non ho avuto occasione di scrivere.


 

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