Hanabi-l'ora dei demoni

di Theresa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Tra ricordi e raltà ***
Capitolo 3: *** Famiglia Albarm ***
Capitolo 4: *** Nelle fauci del lupo ***
Capitolo 5: *** Strega angelo e Drago mietirore ***
Capitolo 6: *** Contrasti e sangue nero ***
Capitolo 7: *** Un altro Pendragon in città ***
Capitolo 8: *** La camelia ***
Capitolo 9: *** Corsa ***
Capitolo 10: *** Follia ***
Capitolo 11: *** Arthur ***
Capitolo 12: *** Riprenderò la mia camelia ***
Capitolo 13: *** Verso L'isola ***
Capitolo 14: *** Sarai nel posto giusto al momento giusto ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO
 
Hero se ne stava seduto al tavolo della cucina con un sorriso stampato in volto.
Il fatto che Hanabi fosse di nuovo a casa voleva dire che ce l’aveva fatta, che era riuscita a salvarla.
Probabilmente non era andata come aveva immaginato lui, anzi non era proprio successo come se lo era immaginato ma l’importante era che lei fosse di nuovo a casa anche se era grazie a lei che lui ci era tornato a casa.
-Smettila di sorridere come un’idiota.- Si lamentò lei.
-Non ci riesco.- Rispose il ragazzo.
-Almeno non fissarmi mentre cucino, è irritante.-
-Sei tu che hai voluto cucinare.-
-E’ il minimo che potessi fare dopo quello che hai fatto per me.-
-Non puoi venire fuori con queste frasi in un momento così, Hanabi!-
-E smettila di ripetere quel nome!-
-E’ il tuo nome.- ad Hero piaceva il suono di quel nome, gli piaceva conoscerlo.
-E’ un nome come un altro.- Fu la secca risposta della ragazza.
-Ora vedi di mangiare.-
Gli disse posandogli d’avanti il suo piatto di Ramen e poi sedendosi di fronte a lui con il suo.
Lei mangiò in fretta come sua abitudine e mentre aspettava che finisse anche lui si voltò a guardare il salotto attraverso l’apertura quadrata sul muro che fungeva da finestra tra le due stanze.
Sorrise divertita dello scenario che vedeva, il salotto era ancora come il giorno in cui se ne era andata da quella casa, solo il telo in plastica che copriva l’enorme apertura si era aggiunto al disordine di quella stanza.
Lui cominciò a fissarla cercando di capire cosa pensasse in quel momento ma non ci riuscì.
Prima che se ne andasse era un libro aperto per lui quella ragazza ma ora che aveva conosciuto il suo passato tutto in lei era diventato sfuggente e sbiadito, come se non volesse essere notata o vista se non dalle persone giuste.
-Smettila di fissarmi per favore.- Gli disse alzandosi e prendendo i due piatti ormai vuoi per metterli nella lavastoviglie.
Cominciò a spreparare il tavolo mentre Hero continuava a guardala ben sapendo che in pochi secondi si sarebbe arrabbiata e lo avrebbe rimproverato.
-Allora la smetti!-
Lui distolse lo sguardo sorridendo, i suo comportamenti in certe cose erano ancora simili a prima.
Si ritrovò a pensare che le persone erano più semplici quando non avevano un passato da ricordare e da portarsi dietro.
-Stai bene?- Gli chiese alla fine, ma non si aspettava una risposta, Hanabi non era tipo da fermarsi a parlare ci ciò che provava, neanche prima di tutta quella storia lo era.
-La tua curiosità mi irrita parecchio. Comunque si sto bene, sono addirittura felice. Spero ti basti perché non ne ho voglia di parlarne oggi.-
Lui lasciò cadere l’argomento, il fatto che non ne avesse voglia quel giorno non voleva dire che non l’avrebbe fatto in futuro e lui avrebbe aspettato e come si ripeteva da qualche giorno che diritto aveva lui di pretendere che lei gli raccontasse del suo passato quando lui non lo faceva? Nessuno era la risposta che continuava a darsi eppure voleva sapere.
Non voleva sapere per pura curiosità ma perché nessuno si poteva tenere dentro tutto e lui avrebbe solo voluto aiutarla e rassicurarla, dirgli che non avrebbe più passato periodi del genere o semplicemente starla a sentire.
Lei aprì il frigo probabilmente cercando una birra o un dolce ma a parte una bottiglia di latte le altre cose erano state usate per il ramen.
-Vado a fare la spesa, vieni?- Chiese.
-Certo.- Rispose prontamente lui alzandosi dalla sedia.
Hanabi aspettò che Hero prendesse la giacca e i soldi e poi uscirono.
Tonando  in dietro dal super mercato passarono davanti al campo da basket.
Lei si fermò a guardare chi stava giocando e fermò Hero tirandolo per la manica della giacca.
Per un motivo che non seppe spiegarsi la sua mente tornò al bacio che lei gli aveva dato prima di andarsene.
-Hei, Tsubaki!- Disse Hanabi salutando la ragazza dai capelli lunghi e corvini seduta sulla panchina che guardava sorridente il giocatore in campo.
-Ciao Ragazzi.- Disse con il suo solito tono dolce e cordiale.
-Lo ammiri da molto vero?- Chiese ad Hanabi riferendosi al giocatore.
-Non da molto.- Disse la ragazza arrossendo.
-Solo da quando lo conosci.- Hanabi rise mentre la ragazza arrossiva ancora di più.
-Hey, Black Star!- Gridò Hanabi per attirare l’attenzione del giocatore che si fermò per rispondere al saluto.
-Ciao Hanabi!- Lei corse verso di lui chiedendogli di farla giocare e lui accettò esultando.
-Sei in forma.- le disse stupito quando le fu arrivata più vicina e la poté vedere meglio.
-Anche tu. Non pensavo ne uscissi così bene contro Tash.- Disse riferendosi all’uovo di kishin che Black Star aveva sconfitto.
-Un po’ di gelatina non fermerà IL GRANDE BLACK STAR! IO SUPERERO’ GLI IDEI! YAHOOOOO!-
I due cominciarono a giocare mentre Hero si sedette di fianco a Tsubaki.
Appoggiò le borse per terra, Hanabi gliele aveva lasciate appena uscita dal supermercato.
-Mi dispiace per il poco tatto di Hanabi.- Disse a Tsubaki.
-Non ti preoccupare, in fondo si nota abbastanza.- Rispose lei continuando a guardare il suo master.
Anche Hero era tornato ad ammirare la sua arma e per qualche minuto i due rimasero in silenzio mentre i gli altri si contendevano la palla.
-Ma guarda quell’idiota. Gli hanno detto di non sforzarsi e lei cosa fa? Si mete a giocare a basket e con Black Star!-
-Nessuno dei due è fatto per stare fermo e non fare niente. Devono mettersi in movimento per mantenere la mente occupata, capisci?-
-Credo di si. – Rispose il ragazzo.-Tanto vale che disputino una partita vera.- Hero estrasse dalle tasche dei pantaloni il cellulare e mandò un messaggio agli altri.
Soul e Maka arrivarono per primi mentre Kid e le gemelle si fecero aspettare un po’ di più.
-Facciamo una scommessa!- Propose Black Star sempre pronto a rendere più interessante il gioco.
-Non voglio avere il cappello del capitano, Black Star!- Si lamentò Maka.
-Te lo cedo perché ti ho lasciato da sola contro quella specie di lancia petali.- le rispose lui.
-Allora le scommesse?- Chiese Soul riportando il dio alla realtà.
-Giusto! Se perde la squadra di Kid...-
-No, no, no. La squadra non è mia così non sposterete niente in casa. Hanabi fa il capitano.-
-Perché non sono io capitano!- Piagnucolò Black Star.
-Ti cedo il posto, Black.- Si affrettò a dire Maka ma il ragazzo stava già pensando ad altro e non la badò neppure.
-Allora, se perde Hanabi dovrà rispondere a qualsiasi nostra domanda. Se perdiamo noi, Maka dovrà trascorrere una giornata con suo padre e Hanabi.-
-Perché devo trascorrere una giornata con mio padre?-
-Perché io devo pagare pegno sia se vinco che se perdo?-
I ragazzi iniziarono a giocare. Alla fine il punteggio fu di 82 a 32 per la squadra della strega.
 
Hanabi e Hero erano rimasti gli unici al campo da basket, Maka e Soul se ne erano andati da pochi secondi.
Entrambi erano seduti sulla panchina al margine del campo.
Lei si stringeva le gambe con le braccia ma non sembrava avere freddo mentre lui se ne stava seduto tranquillamente mentre ammirava le stelle.
-La lettera?- Chiese Hanabi.
Lui non rispose subito, il lampione sopra di loro lampeggiò per qualche secondo prima di tornare a funzionare normalmente.
-La leggerò domani.- le rispose lui.
L’aveva ancora in tasca da quella mattina quando Spirit gliela aveva consegnata ma non aveva avuto il coraggio di leggerla, le cose stavano andando bene, con Hanabi fuori dal coma tutto era perfetto ma aprire quella busta significava ripiombare nella realtà.
-E’ già domani.- Gli fece notare lei.
Lui prese la busta della tasca, era nera chiusa con la cera oro dove era raffigurato lo stemma della famiglia Pendragon.
L’aprì cercando di non romperla e ne estrasse un foglio bianco.
Per un attimo si limitò a guardare la scrittura elegante di suo fratello, non pensava che l’avrebbe rivista, non pensava che avrebbe rivisto la sua famiglia in generale dopo il furto della spada. Ma se suo fratello gli scriveva doveva voler dire che era successo qualcosa.
 
caro Hero,
ho il doveroso compito di scriverti per informati che nostro padre è deceduto.
Ha avuto un infarto, sebbene abbia lottato, non è riuscito a superarlo ed è morto poche ore più tardi.
Ho chiesto al Sommo Shinigami di darti questa lettera dopo la ripresa di Kiara/Hanabi per non caricare troppo il peso che già portavi.
Tutti, o almeno io e Ben, ci terremmo a vederti alla cerimonia funebre, e porta pure i tuoi compagni o chiunque tu voglia, sono i ben venuti.
Il funerale si terrà nella residenza dello York Shire Mercoledì 20 Gennaio alle 3.00 p. m.
 
P.S : Siamo una famiglia e sebbene io me ne sia dimenticato per molto tempo vorrei tornassimo ad esserlo, o almeno che mi considerassi di nuovo come un fratello io cercherò di esser un buon fratello maggiore.
 
La lettera cadde dalle mani del ragazzo.
Continuava a guardare con gli occhi sbarrati ciò che aveva letto, non riusciva a capacitarsi che suo padre non ci fosse più.
Fin da piccolo non era mai riuscito ad immaginare che qualcosa potesse ferirlo o anche solo scalfirlo, quando pensava a lui a volte gli veniva in mente un’enorme scoglio, l’acqua del mare lo assaliva ma lui resisteva come se non venisse neanche scalfito ma alla fine l’acqua lo aveva portato via, suo fratello non avrebbe mai scritto una cosa del genere se non fosse stata vera.
Hanabi lo abbracciò mentre lui non riusciva a realizzare ciò che era successo.


Mi scuso per gli eventuali errori e ringrazio già chi abbia la voglia di leggerlo.
E così il capitolo che era apparentemente felice finisce in modo triste, capita.
Dai prossimi capitoli scriverò delle curiosità sui personaggi, soprattutto quelli che tratto e probabilmente ho stravolto, buona lettura (dovevo scriverlo all'inizio).

ps: aggiornerò ogni due settimane dato che sto portando avanti due storie contemporaneamente, cercherò di essere puntuale.

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Capitolo 2
*** Tra ricordi e raltà ***


TRA RICORDI E REALTà
 

Rivedere quel paesaggio così familiare , i cancelli in ferro battuto aprirsi lentamente sul viale dividendo lo stemma dorato della sua famiglia sotto un cielo plumbeo.
Respirò a pieni polmoni quell'aria umida tipica dello York Shire, odorava di casa.
Aveva pensato che non lo fosse più ma per quanto avesse cercato di mentire a se stesso quel posto rimaneva sempre casa anche se ormai sembrava che fosse abitata solo da spettri.
Hero si ritrovò a pensare che forse avrebbe piovuto come se l'universo comprendesse cosa stava succedendo, un pensiero assai stupido si disse.
La carrozza laccata di nero arrivò per accompagnarli fino alla tenuta, se non vi fosse stata Hanabi a strattonarlo leggermente per una manica della giacca nera non sarebbe nemmeno salito non avendola notata, i ricordi riaffioravano per ogni cosa su cui posava gli occhi e ne era talmente immerso che la ragazza sembrava essere il suo unico collegamento con la realtà che lo circondava.
Quasi non si accorse dello Shinigami e delle che salirono con lui e la rossa.
Il paesaggio passò sotto ai suoi occhi senza che lui se ne rendesse realmente conto troppo rapito dai suoi pensieri.
Quando la villa in mattoni chiari si stagliò davanti ai loro occhi sembrò troppo presto, non era ancora pronto per affrontare tutto quello ma scese comunque promettendosi di mantenere un contegno, come avrebbe voluto sua madre.
L'altra carrozzo era arrivata in concomitanza con la loro ed ora erano tutti fermi nel patio, probabilmente ad aspettare che lui li guidasse.
Joseph ed Adam arrivarono,Hero stava ancora racimolando le idea che suo fratello lo abbracciò mandando in frantumo quelle poche che era riuscito ad elaborare.
Lui rimase fermo,per qualche istante, non capendo cosa stava succedendo, ma poi ricambiò la stretta, come le aveva detto Evangeline la famiglia non lo avrebbe lasciato, sicuramente suo fratello non lo avrebbe più fatto.
-Seguite Adam, Io ho bisogno di parlare con Hero.- Disse il maggiore dopo essersi sciolto e con un sorriso gentile.
I ragazzi non se lo fecero ripetere e si affrettarono a seguire l'uomo ma il biondo trattenne Hanabi stringendole la mano e lei fece cenno agli altri di non fermarsi.
-Hero, e imp...-
-Lei resta.- Disse freddamente interrompendolo.
Jospeh sospirò, rassegnato ma con un mezzo sorriso, proprio come una volta Arthur, il loro fratello maggiore, faceva con loro. -Sono contento che tu sia qui.-
-Era questo che non potevi dire?- chiese sarcasticamente la strega non riuscendo a tenere a freno la lingua e beccandosi un'occhiataccia dal rampollo più giovane.
-Mi dispiace.- Disse senza lasciare che la rossa lo distraesse.
Hero si limitò a fissare il fratello che si scusava, qualcosa che non pensava fosse presente nel suo vocabolario, e sebbene avesse voluto sorridere per averlo finalmente ritrovato il senso di colpa in aumento glielo impedì.
-Comunque, c'è una cosa importante che devo dirti.- Aggiunse il maggiore vedendo che nessuno avrebbe continuato il discorso.
-Aspetta...non è nostra madre quella?- chiese il ragazzo trovando l'intervento della madre della madre del tutto inaspettato.
-E' proprio di lei che ti volevo parlare...- Non riuscì a finire la frase che la donna arrivò come una furia, sembrava un belva, un drago in rado di sputare fuoco e scoprì subito il perché dei quella rabbia manifestata così apertamente.
-Tu!- Disse con tutto il disprezzo che si potesse imprimere in sole due sillaba.-Chi ci fai tu qui!? Non permetterò ad una sudicia strega di mettere piede qui dentro, qui non è posto per mostri come te!-
-Madre.- cercò di calmarla Hero ma la collera di lei cambiò semplicemente bersaglio.
-E tu! Che razza di figlio sei! Tuo padre era preoccupato! Ti sei quasi ammazzato per cercare di salvare questa cosa! Sei la disgrazia della nostra famiglia, hai idea di quanto problemi ci hai causato? Di quanti ce ne causi la tua esistenza?-
-Signora Pendragon!- tuonò Hanabi lasciando la donna per un attimo sconcertata da quella ragazzina che aveva osato intromettersi, le puntò addosso uno sguardo di fuoco ma Hero fermò Hanabi prima che potesse dire altro, erano affari suoi, problemi suoi, la sua arma non dovevi intromettersi.
-Non pensare che potrai far parte della famiglia con un arma del genere! Ti avviso che non accetterò più i tuoi comportamenti assurdi. Devi scegliere!-
-Madre!- Questa volta era stato Joseph ad intervenire ed Hero non potè fare a meno di notare la somiglianza con suo padre, anche Josephine l'aveva notata ma non si fece prendere alla sprovvista per più di qualche istante.
-Non osare parlami così! Io sono il capi qui! E tu non avrei il comando fino a che non esalerò il mio ultimo respiro e ti assicuro che non sarà molto presto. Vi assicuro che nessuna strega varcherà quei cancelli fino a che io abbia la forza di cacciarla o ucciderla! Hero devi scegliere, o noi o lei.-
Hanabi cercò di non sembrava troppo inorridita dalla richiesta della donna e guardò di sottecchi Hero.
-Lei.- Aveva risposto subito, senza esitazione, senza fermarsi a riflettere.
-Hero, non ess...-
-E' la mia decisione, Hanabi.- la zittì, lei non centrava, lei non aveva voce in capitolo.
-Bene.- disse la donna ma il gelo nei suoi occhi era ancora peggio della rabbia che aveva manifestato fino a pochi attimo prima. -Puoi rimanere per la cerimonia ma non voglio più vederti dopo la funzione e portati via anche quel mostriciattolo a cui tieni tanto, non c'è più posto per te qui.-
-Hero!- Benjamin stava arrancando verso di loro sul selciato e alla fine si tuffò tra le braccia del fratello che lo strinsero a se.
Hero sapeva bene che poteva essere l'ultima volta che avrebbe potuto abbracciarlo, aveva fatto la sua scelta e lo strinse cercando di fargli capire che ci sarebbe sempre stato.
-Bengamin.- la voce della donna richiamò i due fratello alla realtà, Ben si staccò da Hero e si avvicinò alla madre.
-Ciao rossa.- disse mentre rivolgeva in sorriso ad Hanabi che lo ricambiò volentieri stranita dal fatto che quel bambino avesse una simpatia verso di lei.
La donna prese per mano Ben e lo trascinò via dietro di se senza dire niente che continuò a lanciare occhiate confuse nella loro direzione fino a che non scomparì dietro all'arco d'entrata della villa.
Joseph guardò Hero per qualche secondo, era impotente contro le scelte della madre, come aveva detto lei non avrebbe avuto il posto di suo padre e non aveva nessuna autorità.
-Hero, so calmerà.- disse ma entrambi sapevano che non sarebbe successo.
-E' tutto ok.- Rispose il biondo passandosi una mano fra i capelli.
-Hanabi, se vuoi partecipare puoi. Non credo che farà altre scenate, è una donna inglese dopotutto.-
Hanabi posò i suoi occhi sul giovane uomo.
-No. N un giorno come questo credo di dover rispettare il suo volere malgrado la mia voglia di prenderla a calci in culo.
Se mi parlerà ancora così scoprirà che non respirerà poi così a lungo.-
Disse mentre Adam ricompariva e gli faceva segno che era ora di iniziare la cerimonia funebre.
Mentre li guardava allontanarsi verso l’imboccatura del giardino la ragazza pensava a quanto era cambiata, pochi mesi prima non avrebbe mai detto una cosa del genere, forse non l’avrebbe neanche pensato, ma ora non gliene importava più di tanto, era solo ciò che pensava, quello significava essere una strega ed era ciò che aveva sempre voluto.
Non aveva mai avuto molto tatto ma ora era diverso, come se essere consapevole della propria natura la rendesse distante da quel mondo fatto di armi e maestri d'armi che avevano il compito di portare il bene, le non aveva idea di che coloro fosse il bene, era tutto grigio. Impossibile capire dov'era il limite e forse non le interessava più saperlo.
Nel giardino, dopo la fontana dei battesimi erano state schierate in diverse file un centinaio di sedie nere su cui erano sedute altrettante persone ma altre erano rimaste in piedi.
Una cosa accomunava tutta quella gente: il volto triste che rappresentava ciò che provavano.
Davanti ad esse c’era la bara in mogano lucente e semplice, di fianco, su di un cavalletto, era posto il ritratto di Dominic Pendregon rappresentato in tutta la sua fierezza di quando era un nobile cavaliere.
La famiglia Pendragon era schierata in prima fila insieme al Sommo Shinigami che non potendo muoversi da Death City era riflesso in uno specchio.
La cerimonia fu religiosa e solenne.
Il Sommo Shinigami fu il primo a porgere l’elogio funebre, ma in molto avrebbero voluto parlare, spendere qualche parola per ricordare quell’uomo.
Dominc Pendragon era stato per molto tempo l’esponente maggiore del clan Pendragon, aveva viaggiato in tutto il mondo, aveva buoni rapporti con la maggior parte dei capi di stato e aveva sempre aiutato quando gli era stato chiesto. Infine aveva sempre portato avanti i propositi della sua famiglia riuscendo a mantenere l’indipendenza dalla Shibusen a cui tutti i Pendragon tenevano particolarmente.
Era entrato nella vita di molti e vi aveva sempre lasciato qualcosa, un’eterna sfida o un germoglio di solidarietà.
Josephine Pendragon fu l’ultima a parlare.
Si alzò e raggiunse il leggio dove poco prima avevano parlato il Sommo Shinigami e Tom Heartfire, uno dei migliori amici del defunto.
Venne sorretta da Joseph per quel breve tratto.
-Vi ringrazio per essere venuti. Guardandovi vedo tutto ciò che ha fatto mio marito, rivedo tutte le avventure a cui abbiamo preso parte insieme. Era una persona molto carismatica, forte, gentile leale ma questo lo sapete, non sareste qua se non avesse lasciato qualcosa nei vostri cuori. Lasciandoci ci ha lasciato un vuoto immenso. Mi mancherà davvero molto... amavo il fatto che amasse la propria famiglia...- Dicendo questo guardò i suoi figli e non riuscendo a proseguire si nascose il viso tra le mani guantate.
Venne riaccompagnata al suo posto.
Alla fine della celebrazione gli invitati si spostarono dal cimitero, dove erano arrivati per accompagnare la salma e partecipare al rito di sepolture, alla veranda della casa dove era stato allestito un rinfresco.
Joseph si diresse quasi subito verso la veranda dopo aver sostato per qualche minuto davanti alla tomba di suo padre.
Aveva portato con se Ben che sembrava completamente privo di una qualsiasi forma di espressione o di possibilità di esprimere ciò che stava realizzando solo in quel momento.
Tra la folla il bimbo guardava atono i volti degli adulti che si avvicinavano a lui e a suo fratello per fare loro le condoglianze ma lui non sapeva cosa significasse quella parola.
Appena notò che tra la folla c’era Liz si sottrasse dalla presa poco salda del fratello distratto dai discorsi delle persona intorno a lui e si diresse correndo verso la ragazza.
Si tuffò su di lei premendo il volto sul suo ventre.
Lei ne fu molto sorpresa.
-Liz…- Disse tra i singhiozzi ma non riuscì a continuare perché ormai ciò che aveva realizzato non poteva più cancellarlo e non poteva più fermare ciò che stava provando.,
Lei gli mise una mano sulla testa con fare materno e poi con delicatezza si staccò dal suo abbracciò e si accovacciò per essere alla sua altezza.
-Ti assicuro che passerà.- Disse sorridendo –Tutta la tristezza che provo svanirà.-
-Ma...fa male...-
-Se terrai il ricordo di tuo padre sempre nel cuore sarà come se fosse sempre con te.-
-Ma io voglio che sia qua!-
-Devi capire che tutti muoiono prima o poi...è una cosa naturale che non si può impedire, quando succede si dice che si vede una forte luce e poi si va... in un posto bellissimo.-
-Voglio andarci anche io.-
-Non essere sciocco...tu devi vivere per le persone a cui vuoi bene, non vuoi vederle soffrire ancora di più. Tuo padre sarà sempre con te, nel tuo cuore, al tuo fianco.-
Lei lo strinse a sei mentre lui continuava a singhiozzare.
-Passerà tutto con il tempo.-
-Me lo prometti?- chiese Ben.
-Si.- Rispose dolcemente lei cercando di imprimere in quella parola tutto il conforto che voleva dargli.
In realtà lei non credeva alle parole che aveva detto al bambino,non pensava che un dolore così grande potesse sparire, ma ci sperava, o almeno sperava che per lui sarebbe stato così.
-Finalmente ti ho trovato, Ben.- Disse Joseph.
In un primo momento non si era accorto della scomparsa di suo fratello immerso com’era nei suoi pensieri ma appena aveva notato la sua assenza aveva cominciato a cercarlo.
Ben si staccò da Liz e suo fratello lo prese in braccio, il bambino continuò a piangere sulla spella del fratello che cercava di calmarlo accarezzandogli la testa.
-Mi dispiace molto per tuo padre. Ti sembrerò un’ipocrita dato che non mi conosci ed io lo conoscevo.- Disse Liz dopo essersi alzata.
-Non lo sembri.- Si affrettò a dire lui.
-Lei è Liz.- Si intromise Ben che sembrava essersi calmato tra le braccia del fratello.
-Elizabeth Thompson, o meglio Liz come ha detto tuo fratello.- Si presentò lei.
-Lo so. Mi sembra che tu abbia una sorella e che eri venuta al suo compleanno con lo shinigami.- Disse lui mettendo una nota di disprezzo nell’ultima parola.
-Uhm...si.- Rispose lei indecisa se dare peso al suo tono e no.
- Dov’è Hero?- Chiese Ben.
Hero aveva lasciato la tomba di suo padre quasi subito dopo lo sguardo gelido della madre che era avvenuto pochi secondi dopo la fine della cerimonia.
Non aveva idea di cosa i presenti avrebbero pensato, o se avessero notato lo sguardo della madre ma deciso che ormai, non facendo più parte della famiglia, non gli doveva interessare.
Aveva salutato qualcuno che lo aveva fermato per porgergli le condoglianze e poi se ne era andato, senza dare spiegazione perché quello sarebbe stato l’ultimo tempo che poteva passare in quel posto abitato dai fantasmi.
Si sedette su una panchina sotto un albero, si ricordava che suo padre aveva deciso di metterla un giorno che era passato sotto a quella quercia.
Hero non sapeva il motivo di quella decisione, quali ragionamenti il padre avesse fatto o se fosse stata solo una decisione improvvisa e senza senso, ma era l’unica panchina presente nel giardino inglese.
La nebbia si era pian piano diradata, la pioggia era cessata lasciandosi dietro l’umidità tanto frequente in Inghilterra ed il sole stava facendo capolino da dietro le nubi.
Le guardava passare attraverso i rami di quel maestoso albero mentre si perdeva tra i suoi ricordi, ricordi che faceva fatica a riportare alla mente.
-Vuoi rimanere solo?-
I rami della quercia continuavano a muoversi mossi dal vento con ritmo regolare, quasi ipnotico.
-Non saprei.- Rispose lui.
Hanabi si sedette di fianco al ragazzo, quando aveva notato che la cerimonia si spostava aveva iniziato a girovagare per il giardino per ammazzare il tempo.
-Stai davvero bene vestito così, non lo avrei mai detto ma quella cravatta ti rende...- Si fermò per qualche secondo.
-Comunque non avresti dovuto lasciare tutto questo, se lo hai fatto per me sei uno scemo.-
-Non mi interessa quello che pensi te. E’ la mi famiglia e tu non c’entri.- Rispose seccamente lui.
Lei non disse niente e buttò la testa indietro così da vedere i rami ondeggiare sopra di lei.
Ogni tanto delle gocce cadevano dai quei possenti rami.
-Scusa.-
-Non devi chiedermi scusa, lo so di non far parte della tua famiglia.- Gli rispose lei.
Il suo tono era tranquillo ma lui si sentì in colpa per quello che aveva detto poco prima, Hanabi era la sua famiglia.
Ma la ragazza sembrava non capire la sua importanza nella vita del ragazzo, sembrava che continuasse a considerarsi una passante.
-Non è che non ne fai parte...e poi non ho rinunciato a molto solo a qualche milione di sterline.- Cercò di ridere e poi fece una pausa, quella spaccature era nell'aria già da tempo forse lui aveva deciso di ignorare i segnali o, come molto spesso succedeva, non aveva messo in moto il cervello e non aveva capito cosa avrebe significato la morte di suo padre.
-Prima della morte di Arthur venivamo spesso qua a fare un pic-nic. Mi divertivo, allora eravamo davvero una famiglia, forse non la migliore che un bambino potesse desiderare ma era la mia famiglia. Mia madre non veniva spesso, quando c’era lei tutto diventava più freddo, a volte però sembrava la madre che avrei voluto e questo avveniva solo durante quei pic-nic. Credo che mi odiasse già allora, probabilmente meno di adesso. Tutto per colpa del mio battesimo, il “mezzo kishin” ha ucciso i miei nonni materni. Credo che all’inizio abbia cercato di superare la cosa ma dopo allora, dopo la morte di mio fratello, probabilmente ha ragione lei, non la posso di certo biasimare. Non credo che mi abbia mai voluto come figlio, ora sono un mostro ai suoi occhi. Mio padre non era così.- Fece una pausa, in cerca di qualche brandello di ricordo dell'uomo.
-Sapevo che mi voleva bene ma amava immensamente mia madre e dopo la morte di Arthur era difficile per lui vederla soffrire per la mia presenza. Non voleva che venissi alla shibusen, ha detto che avevo voltato le spalle alla famiglia ma alla fine mi aveva lasciato fare ciò che volevo. Non so se si aspettasse che tornassi o che semplicemente abbia pensato che volessi solo allontanarmi da questo posto. Quando ho quasi perso l’anno mi ha ritirato dalla scuola e non voleva lasciarmi tornare e poi...lo sai, c’eri anche te. Abbiamo litigato, io volevo solo stare lontano da questo posto, i pochi mesi in cui avevo assaggiato l’inferno da cui ero fuggito mi erano bastati per decidere di andarmene. L’ultima cosa che gli ho detto era che lo odiavo, avevo cercato di renderlo fiero senza riuscirci ma forse ero solo io che non capivo... O forse è adesso che non capisco e cerco di dipingerlo come un padre migliore...- Sorrise sarcastico, non sapeva più se il padre che ora si ricordava era lo stesso che odiava con tanta forza pochi anni prima, quell'era davvero suo padre non riusciva a capirlo.
Ora non riusciva a trovare nei gesti di suo padre quell'odio che pensava vi fosse, quel senso di delusione che vi aveva sempre trovato, tutto sembrava distorto e non riusciva a separare la realtà dal falso, non capiva ciò che era vero e ciò che non lo era.
-Tu non sei un mostro. Io non conoscevo tuo padre ma ti posso dire che mi trattava meglio di tua madre, e trattava meglio anche te. Non credo ti odiasse.- Rispose la ragazza.
-Dovresti dirmi qualcosa del tipo nessuno dei due ti odia.- Rispose lui.
-Io dico solo quello che penso, non riesco più a dire qualcosa di gentile facilmente. Sebbene sia brava a mentire non è per me essere gentile. Comunque non penso che nessuno ti possa considerare un mostro solo perché uno battezzato con la tua stessa acqua è stato così idiota da scegliere la via sbagliata.-
Hero quasi rise, “un'idiota”, nessuno aveva mai chiamato così quel mostro.
-Io posso essere considerata un mostro.- sussurrò lei, forse a se stessa e non direttamente a lui.
-Un mostro redento.- rispose prontamente lui.
Lei ridacchiò.
-Che frase stupida, un mostro non può redimersi.- Disse lei continuando a guardare il cielo.
-Dovresti dormire, non lo fai da giorni.- Aggiunse prima che lui potesse dire niente.
-Mi controlli?-
-Hai delle occhiaia gigantesche.- Rispose.
-Non credo che riuscirei a dormire seduto su una panchina, non sono come te.-
-In effetti io posso dormire dove voglio e quando ne ho voglia. Ma dato che oggi mi sento magnanima ti concedo di distenderti.- Rispose lei.
Lui si distese appoggiando la testa sulle sue cosce, come lei ora anche lui guardava i rami di quella imponente quercia.
I suoi occhi non riuscivano più a rimanere aperti, aveva ragione lei, doveva dormire.
Cercò di pensare a qualcosa da dirgli prima di addormentarsi.
Lei gli stava accarezzando i capelli senza pensarci gli occhi fissi sulle gocce che cadevano dalle foglie.
Alla fine non riuscì a dire e l’ultima cosa a cui pensò fu la frase della ragazza “Un mostro non può redimersi.”
Una frase a cui non voleva credere.


 
Grazie per chiunque abbia letto e mi scuso per gli eventuali errori, sono una frana a corregere ciò che scrivo.
Allora da oggi inizio l'angolo curiosità,probabilmente non interessa a nessuno ma va be, cercando di non fare spoiler.

curiositò sui Pendragon:

-Arthur Pendragon è un palese riferimento a re Artù.

-Il nome Joseph e Josephine sono tanto simili solo perchè non avevo fantasia in quel momento, i due personaggi non hanno niente in comune, apparte la parentela ovviamente.
Il fatto che Josephine odi tanto Hero è appunto per il "Mezzo kishin" che uccise i suoi genitori davanti ai suoi occhi quando aveva 13 anni, prima che venisse uccisa fu salvata dal padre di John (tizio fuori di testa verso la fine della sua vita) per questo, sebbene il demone che gli avesse rovinato la vita fosse un Pendragon, (fratello del nonno di Hero) non nutre rancori verso la famiglia.
John sposò Josephine per volere del padre, normalmente i Pendragon sposano discendenti della casa Heartfire, fornituri ufficiali di armi umane (come suona male), o altre da casate più importanti di quella di lei.
Dando la colpa all'acqua del battesimo del fatto che il Pendragon sia andato fuori di testa non riuscì mai a superare questo blocco nei confronti del figlio, l'unica volta che ci provò Arthur morì poco dopo.

-Ben è dominutivo di Benjamin, all'inizio il nome doveva essere solo Ben ma Josephine non è una che da nomi così banali e corti, il nome di Hero lo ha scelto suo padre.

Grazie e alla prossima
P.S: Riscritto, più o meno.
 

 
 

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Capitolo 3
*** Famiglia Albarm ***


2 FAMIGLIA ALBARN
 
-Lo zio era una falce della morte?- Chiese Maka mentre finiva il gelato che aveva preso.
Hanabi fece finta di non aver sentito niente anche se il suo sguardo era ostile.
Aveva già finito il suo gelato e di fianco a lei c’era un pacco di fogli ingialliti pieni note spese di anni prima che doveva controllare e sistemare per riavere il suo lavoro.
Non aveva nessuna voglia di passare il suo tempo con un padre e una figlia pieni di problemi ma si rallegrò pensando al fatto che avessero quasi finito.
-Si, lo è diventato poco prima di me ma se ne andato prima che gli venisse assegnato un posto. Se avesse avuto subito un incarico sarebbe rimasto, aveva un forte senso del dovere.-
Spirit si sentiva fortemente a disagio, era tra due fuochi e ancora si chiedeva perché lo avessero invitato.
-Migliore di te?- Chiese Maka.
-Come ho già detto aveva un forte senso del dovere, se fosse stato migliore di me sarebbe diventato la falce della morte del sommo shinigami e sarebbe rimasto.-
-Tu sei diventato falce della morte dopo di lui quindi non hai mai potuto mettere a confronto la tua forza con la sua.- Osservò Hanabi, non lo aveva fatto per difendere l’onore del padre, stava seguendo la conversazione con un certo distacco ma quell’osservazione le era venuta spontanea ed era uscita dalle sue labbra prima che potesse fermarla.
Spirit rimase in silenzio, una volta aveva intrapreso una lotta contro suo fratello.
Lui era l’arma della madre di Maka mentre Dookie aveva combattuto come arma della strega che aveva sposato.
Entrambi erano falci della morte, lo scontro era stato cruento, entrambi erano molto forti.
Spirit combatteva per ilo semplice fatto che Dookie, essendo un’arma così forte, non poteva essere lasciato nelle mani di una strega, la Shibusen aveva paura che potesse diventare un kishin nelle mani di una strega fin troppo potente, l’ultima della sua famiglia.
Alla fine sia la madre di Maka che Dora giacevano a terra prive di sensi mentre i due ancora si fronteggiavano.
Spirit aveva avuto la meglio, per un soffio, riusciva a malapena a reggersi in piedi mentre Dookie invece stava cercando di rialzarsi ma sembrava non riuscirci, in quel momento avrebbe potuto ucciderlo, un semplice gesto e la vita di suo fratello sarebbe finita.
Si era avvicinato, ripetendosi che era per il bene del mondo ma più se lo ripeteva e più gli sembrava una cosa stupida, non avrebbe mai ucciso suo fratello. ciò che rimaneva della sua famiglia.
Si ricordava che Dookie era riuscito a rialzarsi mentre lui cominciava a barcollare sempre di più.
Si erano guardatinegli occhi, entrambi erano tremendamente giovani, Spirit 21 e Dookie 18.
Si erano avvicinati l’un l’altro senza staccare gli occhi dai rispettivi movimenti, non sapendo se fidarsi o meno di ciò che pensavano di aver capito.
Alla fine fu suo fratello a fare la prima mossa, gli porse la mano e poi gli rivolse un sorriso tirato.
Lui gliela aveva stretta e poi lo aveva abbracciato.
Dopo di che avevano trascorso alcune ore insieme, anche Dora quando si svegliò passò del tempo con loro come se lo scontro quasi mortale avvenuto poco prima non contasse niente.
Spirit li aveva salutati prima che la donna della sua vita si risvegliasse, sapeva che lei non avrebbe capito.
Quello stesso giorno aveva chiesto al sommo Shinigami di non coinvolgerlo più in quella storia.
-Ha sposato una strega?- Chiese Maka rompendo il silenzio che si era creato, la sua curiosità per suo zio stava crescendo, non aveva mai saputo della sua esistenza fino a qualche mese prima e ora lo trovava una persona affascinante anche se ancora non capiva da che parte stava.
-Si, ha sposato una strega.-
-Come è morto?- Chiese Maka.
Spirit guardò Hanabi che sembrava completamente assente ma si sentiva comunque a disagio a rispondere alla figlia, non sapeva che Hanabi aveva saputo della morte del padre a 4 anni.
Ma non era solo per Hanabi il suo disagio, era anche per se stesso, la morte del fratello era qualcosa che lo aveva colpito nel profondo e non gli piaceva rievocarla.
-E’...è stato ucciso.- Disse mentre un senso di colpa cresceva dentro di lui, non voleva più parlare di suo fratello, lui avrebbe dovuto proteggerlo e non lo aveva fatto se ne era rimasto in disparte pensando che così tutto si sarebbe calmato, che non vi fosse nessuno in grado di sconfiggerlo.
-Dalle streghe?- Spirit abbassò lo sguardo e strinse i pugni. Non voleva rispondere, non voleva perché era troppo dura per lui.
-E’ stato ucciso da molte streghe, i dettagli te li risparmio. Ed ora hai intenzione di continuare per tanto?- Si intromise Hanabi.
-Scusa, non avevo pensato che...- Disse Maka.
-Non è per me ma se solo notassi come si sente tuo padre non faresti tutte queste domande.-
Il cellulare di Maka vibrò e sullo schermo apparve il nome di Soul.
Maka guardò i due per qualche secondo, avevano gli stessi capelli rossi.
-Devo andare.- Disse poi afferrando la borsa e la giacca.
-Chi è? Quell’albino?- Si infervorò il padre.
-Stai calmo Papà.- Disse rivolgendogli un sorriso comprensivo prima di andarsene.
Spirit guardò la figlia uscire e poi realizzò di essere rimasto solo con Hanabi e cominciò ad essere nervoso, quella ragazza lo metteva più in soggezione di sua figlia.
-Allora. Siamo rimasti noi due.- Disse per rompere il silenzio.
-Vado anche io.- Disse alzandosi e prendendo i fogli di fianco a lei.
Spirit si affrettò ad alzarsi e a proporsi di portare quella pila di carte.
Lei glie la porse senza tanti complimenti, poi uscirono dalla gelateria.
La ragazza camminava qualche passo davanti a lui, non sembrava aver voglia di parlare.
-Hanabi è un bel nome, non credi?- Cominciò lui portandosi al suo fianco.
-E’ solo un nome.-
-Lo sai che in giapponese vuol dire fuochi d’artificio.-
-Si, lo so, ho un sacco di nomi che vogliono dire qualcosa in giapponese. Yami che è oscurità e se conti il mio cognome, Doragon, ho anche drago nel mio nome completo.-
-Non dovresti avere il cognome della nostra famiglia?-
-Presumo che le streghe prendano il cognome della madre.-
-E’ bello comunque...che tu faccia parte della nostra famiglia.-
-Io non ho una famiglia o meglio, non faccio parte della vostra..- Rispose gelida lei.
-Ma io sono tuo zio.- A questa affermazione Hanabi si irritò.
-Sei un pervertito che conosco appena. Non sono i legami di sangue che formano una famiglia.-
-Potrei parlarti di tuo padre.-Si propose lui, sentiva che con lei avrebbe potuto in qualche modo rievocare quei giorni senza che fossero così dolorosi, riuscendo magari a considerare quei ricordi come vecchi amici ma questo le fece perdere del tutto la pazienza, prese i fogli dalle mani di Spirit.
-Perché dovrebbe interessarmi conoscere qualcosa che ho già perso? Stai fuori dalla mia vita.-
Così dicendo si diresse a passo svelto verso casa.
Spirit cercò di fermarla parlandole ma lei lo ignorò e quando arrivò a destinazione gli chiuse la porta in faccia.
Mentre posava i fogli all’entrata informò il suo coinquilino di essere arrivata.
-Siamo in salotto, se si può chiamare così.- Gli rispose lui.
Quando raggiunse il salotto vi trovò Hero e Liz che bevevano il tè come due amici di vecchia data che non si vedevano da anni.
-Sembri arrabbiata, è successo qualcosa?- Chiese il ragazzo.
-Odio le persone che pensano che io abbia bisogna di qualcuno che si prenda cura di me.- Disse.
Qualcuno cominciò a bussare forsennatamente alla porta.
 Hanabi roteo gli occhi indispettita e se ne andò in camera senza dare spiegazioni ai due amici.
Hero, suo malgrado, si dovette alzare e andò all’entrata.
Guardò dallo spioncino e vide Spirit.
Si affrettò ad aprire la porta.
-E’ successo qualcosa?- Chiese appena ebbe aperto la porta.
-No...- rispose Spirit un attimo spaesato nel trovarsi davanti il ragazzo.
Liz li raggiunse pochi istanti dopo e fece la stessa domanda che Hero aveva fatto.
-No. Dov’è Hanabi?- Chiese.
-Non le piacciono le persone assillanti.- Gli rispose Hero.
-Io una persona assillante? Ma non dire stronzate.-
-Allora non credo abbia voglia di vederti.- Gli disse Liz.
I ragazzi davano a Spirit la sensazione che fossero delle guardie del corpo che non gli avrebbero permesso di vedere sua nipote almeno che non fosse stata lei a dargli l’ordine di farlo passare.
Liz aveva era appoggiata alla parete e aveva assunto l’espressione di quando compiva le rapine a Brooklyn, Spirit rabbrividì.
-Tu e Hanabi vi dovete trasferire da me.- Disse rivolto ad Hero.
L’espressione della ragazza tornò quella di sempre come per dire che il pericolo che lui potesse fiondarsi nella camera di Hanabi per parlarle fosse passato, e così era.
-Che vuoi dire?- Chiese Hero.
-Quello che ho detto. Non potete vivere in una casa che cade a pezzi ed io ho parecchio posto. Non ti azzardare a toccare mia nipote.-
-Non credo voglia essere tua nipote.- Gli disse Hero.
-Uno zio lo sente!-
-Sente cosa?-
-Il legame che si sta formando! Comunque il Sommo Shinigami non può permettere che viviate qui. Quando Hanabi non c’era dormivi spesso da Kid e quindi non c’era problema, pure Blair si era più o meno trasferita là. La casa verrà riparata e fino ad allora verrete da me.-
-Ma non abbiamo i soldi per ripararla.-
-Salderete il conto con il sommo Shinigami quando li avrete. Avvisa mia nipote.-
-Non vuole essere tua nipote.-
-Uno zio lo sente! Idiota!-
 
La sera Hanabi ed Hero si presentarono davanti la casa di Spirt ma lui non c’era ancora.
La dimore della falce della morte era un edificio modesto ad un solo piano con un giardino incolto, lasciato al suo triste destino.
Entrarono nella casa con la chiave che l’uomo aveva lasciato loro ma si fermarono inorriditi appena ebbero acceso la luce dell’interruttore di fianco alla porta d’entrata.
Tutto era lasciato al suo triste destino, c’erano vestiti sporchi gettati per terra, resti di cene al microonde un po’ ovunque e uno strato di sporcizia che avrebbe fatto vomitare gli stomachi più deboli.
-Ragazzi!- Salutò la falce della morte in evidente imbarazzo.
-E’ un porcile.- Sentenziò Hanabi senza peli sulla lingua.
-Fa davvero schifo.- Aggiunse Hero.
-Entrate, vi faccio vedere le camere.-
Spirit non era un tipo che pensava poco all’igiene ma essendo la falce della morte del sommo Shinigami il tempo che passava a casa era limitato alle ore che gli servivano per dormire e, soprattutto, in quel periodo le chiamate di emergenza erano sempre di più così non aveva avuto tempo per pulire, in più quando si trovava del tempo libero tutte le sue buone intenzione di tenere in ordine la casa svanivano al pensiero dell’immenso lavoro che aveva davanti.
Le stanze dei ragazzi erano affiancate l’una all’altra, piccole e spoglie ma almeno pulite.
Avevano un letto e un armadio, in quella di Hanabi c’era pure uno specchio.
Il cercapersone di Spirit cominciò a suonare. Per qualche secondo dopo che la suoneria aveva smesso guardò il numero che era comparso.
-Ragazzi, io devo tornare del Sommo Shinigami, fate come a casa vostra ma non ti azzardare a toccare mia nipote.-
-Non voglio essere tua nipote.-
-Hanabi, non dirlo anche te!- Disse mentre usciva.
Hanabi restò per un po’ a fissare la porta chiusa senza un particolare motivo.
Quando si girò squadrò Hero da capo a piedi.
Lui si era tirato indietro i capelli con delle forcine, da una valigia aveva tirato fuori un grembiule blu e lo aveva indossato, aveva anche trovato dei guanti di gomma.
Poi si era armato di un sacco della spazzatura, di cui Hanabi non capiva la provenienza, una spugna e un detersivo.
Non fece domande e si limitò ad aspettare qualche secondo per poi osservare il ragazzo che cominciava a pulire il corridoio ad una velocità sorprendente.
Appena il passaggio delle camere alla cucina fu libero lei vi si diresse.
Aprì il frigorifero con l’intenzione di fare qualcosa di buono per il ragazzo che stava lavorando.
A differenza delle altre stanze la cucina era decisamente più pulita anche se aveva comunque bisogno di una passata di spugna.
Hanabi guardò atona le tre birre che c’erano nel frigo.
Lo chiuse e lo riaprì ma il contenuto dell’elettrodomestico non cambiò.
Tornò in camera e si infilò la felpa di Hero “punk is survive” e gridò ad Hero che andava a fare la spesa.
Non sentì la risposta del ragazzo a causa dell’aspirapolvere che lui aveva trovato in un ripostiglio.
Tornò dal negozio di alimentari un quarto d’ora più tardi.
La cucina era tirata a lucido e lui posò le buste sull’isola dove c’erano i fornelli ed il lavabo.
Spirit tornò a casa verso mezza notte, nell’ultima settimane gli attacchi delle streghe si era intensificati.
Era una cosa normale, succedeva che in dei periodi fossero quasi assenti ed in altri fossero maggiori del solito ma la cosa che preoccupava di più il Sommo Shinigami era il fatto che le streghe che stavano effettuando tutti quegli assalti sembravano una sezione a se, non sottostante alla strega suprema Mabaa.
Quando aprì la porta rimase meravigliato nel vedere un posto così pulito.
Si diresse in cucina con l’intenzione di guardare se nel frigo ci fosse qualcosa da mettere sotto i denti.
Sull’isola c’era un piatto incellofanato con del ramen e sopra un biglietto.
 
La tua cena.
Hero a pulito tutto, credo che abbia avuto il coraggio di pulire pure camera tua, quindi vedi di ringraziarlo domani.
Ho fatto la spesa e mi devi 180 $.
E’ rimasta una sola birra quindi vedi di comprarle domani.
Quando hai finito vedi di lavare il tuo piatto, non me ne frega niente dell’ora in cui arriverai a casa lo farai e basta.
Hanabi.
 
Spirit sorrise, quella ragazza aveva preso da suo padre, si preoccupava sempre per gli altri a e lui non poteva che avere un istinto protettivo nei suoi confronti.
Riscaldò il ramen e lo mangiò.
Era abbastanza deprimente vivere in una casa vuota e magiare sempre cibi precotti, probabilmente era per quello che cercava di trascorrervi meno tempo possibile.
Gli ricordava i bei tempi passati con la moglie prima che lui incasinasse tutto.
Ma stranamente quella sera, mentre mangiava il ramen preparato da sua nipote, si sentiva bene e non gli dispiaceva essere da solo, nell’altra stanza c’erano due ragazzi a cui avrebbe voluto volentieri dare l’esempio mettendo la testa apposto.
Si alzò e lavò il piatto come gli era stato ordinato di fare, poi stancamente si diresse verso la sua camera.
Mentre passava di fronte alle camere dei ragazzi sentì Hanabi ridere ma decise di non controllare, per quella volta.
 
Spirit era tornato a casa di nuovo verso mezza notte.
Hanabi ed Hero vivevano da lui da quasi due settimane ma non era riuscito a passare neanche un momento con loro e nemmeno con sua figlia.
Sospirò esausto, Maka sembrava ancora più fredda del solito e lui non ne capiva il motivo.
Mangiò quello che Hanabi gli aveva lasciato e se ne andò a dormire, era la terza sera di fila che rincasava a quell’ora e la mattina seguente avrebbe dovuto alzarsi alle sei.
Quando, verso le tre di notte, sentì qualcuno gridare pensò che fosse un sogno ma riconoscendo la voce di sua nipote si svegliò e si precipitò in camera della ragazza in preda al panico.
Hero era già là, al fianco della compagna.
Lei ormai era del tutto sveglia e sembrava alquanto agitata mentre si guardava intorno.
Gli aculei sulle nocche avevano tagliato lenzuolo e materasso.
Quando incontrò lo sguardo di Hero sembrò rilassarsi un po’ poi puntò i suoi occhi su Spirit.
-Lily è viva?- chiese a bruciapelo.
Spirit annuì, la battaglia che lui e Stein aveva intrapreso contro la strega non era andata a buon fine.
L’avevano ferita mortalmente ma lei era riuscita a scappare e con una strega di quel calibro non si poteva escludere che fosse sopravvissuta.
-Perché non me lo avete detto!- Si alzò di fretta ed infilò le scarpe.
-Non è stato voluto è che non trovavo il momento giusto.- Ma Hanabi non badò a ciò che lui aveva detto.
-Devo parlare con il master.-
Seguita da Hero e Spirit si diresse verso la Shibusen che si trovava di fronte alla casa della falce della morte.
Quasi correndo salì la scalinata e percorse i corridoi fino alla camera della morte senza sbagliare strada neanche una volta.
La sala era completamente buia ma lei non accennò a diminuire la sua andatura.
-Master! Si svegli! LE DEVO PARLARE!- Urlò Hanabi.
Lei luci si accesero ed il Sommo Shinigami apparve nello specchio al centro della stanza.
-Smettetela di fare tutto questo chiasso se non volete ricevere uno Shinigami-chop.-
-Mi scusi master. Ma voi non mi avevate detto che Lily era ancora viva ed io non vi ho detto alcune cosa importanti.-
-Pensavo che te lo avesse detto dato che sei sveglia da più di due settimane.-
Spirit cercò di farsi più piccolo possibile per non incorrere nelle ire dello Shinigami.
-Asky aveva un sigillo sull’anima.- Disse Hanabi decidendo di andare subito al dunque.
-Anche tu avevi un sigillo.- Gli disse il Sommo Shinigami.
-Il sigillo che avevo io era imposto e corporeo. Un sigillo del genere può essere infranto uscendo la corpo su cui è stato imposto. Un sigillo sull’anima non può essere aggirato non solo perché e sull’anima ma anche perché e consenziente e quindi sebbene tu abbia una grande forza di volontà non puoi mai spezzarlo. E’ già molto difficile spezzare un sigillo imposto sul corpo se è stato fatto da una strega più potente uno consenziente è come accettare delle catene. Lily è una negromante e questi tipi di sigilli sull’anima possono essere imposti solo da una come lei.-
-Quindi mi stai dicendo che a capo di tutto c’è Lily.- Riassunse il Sommo Shinigami.
-Esatto. Lily ha più o meno 120 anni o giù di lì. So’ che è stata maledetta da Mabaa-sama per le sue idee e per essersi messa contro Mabaa-sama. Lei è un’anarchica, molto diversa da Aracne Gorgon che era un’eretica. Molte streghe si sono unite a Lily e al suo desiderio di supremazia della razza e di vendetta ed ora vanta un’organizzazione abbastanza fornita.-
-La cosa è molto importante, sembra che ci sia una guerra alle porte se non riusciamo a catturare Lily.-
-C’è un’altra cosa, alle streghe anarchiche viene insegnata una poesia. Io ne so una parte e fa così:
Giaciamo sulla terra nuda
Distese tra corpi senza vita
 
Cerchiamo di emergere
Ma veniamo schiacciate
 
Nel buio, nell’ombra
Il nostro destino è segnato
La morte è ciò che conosciamo
 
Orfane e vedove
Senza figlie, senza casa
 
Il dolore ci cinge
La follia ci affoga
 
La china è troppo densa
Invischiate scorgiamo una mano
Ma questa ci afferra
Il metallo ci avvolge, ci affonda
Nel buio giaciamo
 
Inerte e doloranti aspettiamo
Attendiamo l’arrivo...
 
-Non so il suo significato ma so che manca una verso o forse più di uno ma non ho mai saputo la fine. Sebbene Asky si fosse alleata con Lily la sua lealtà andava a Mabaa-sama e quindi frequentavo la scuola che Lily aveva istituito come una palestra più che come un istituto scolastico. Non essendo diventata una strega anarchica non posso sapere la fine di questa poesia ma credo sia importante, lei sa cosa significa?-
Il Sommo Shinigami rimase in silenzio. A causa della maschera che indossava sempre non si poteva capire se stesse pensando a qualcosa o se semplicemente non avesse niente da dire.
-Dov’è questa scuola?-
-Ci arrivavo attraverso una runa di teletrasporto nella dimora di Asky. Lì vi si trova anche un laboratorio di Lily ed un’altra stanza dove le due trascorrevano molto tempo. Pensando che entrambe fossero morte non pensavo di nascondere informazioni importanti.-
Il Sommo Shinigami rimase nuovamente in silenzio.
-Chiama i ragazzi Spirit, manderemo loro dato che Sid è in missione. Hanabi avrà il controllo dell’operazione insieme a Kid. -  Spirit annuì.
-Che obbiettivi avranno?- Chiese.
-1 sopraluogo del laboratorio. 2 stanza segreta, portare qua tutto ciò che trovano, se trovano qualcosa. 3trovare runa del teletrasporto 4 perquisire la stanza di ogni strega 5 aspettare lì due giorni se la runa è funzionate e poi Stein guiderà un attacco alla scuola.-
-Un attacco alla scuola?!- Chiese scandalizzata Hanabi.
-Non possiamo lasciare che le streghe abbiano un posto dove esercitarsi per ucciderci.-
-E la shibusen per cosa è fatta scusi?- chiese sarcasticamente Hanabi.
-E non crederà mica che nella dimensione delle streghe non ci siano scuole? Siamo essere civilizzati.- Aggiunse poi.
-Comunque il 5° punto non cambia, abbiamo il dovere di salvaguardare i civili.-
Calò il silenzio per qualche secondo poi Hanabi chiese se poteva riprendersi le sue cose dopo che la sua stanza fosse stata perquisita ed il Sommo Shinigami gli diede il permesso.
-Tornate qui tra due ore.-
I ragazzi uscirono dalla stanza.
Anche Spirit si incamminò verso l’uscita poco dopo i ragazzi che ormai camminavano per i corridoi della scuola.
-Spirit.- La falce della morte si fermò e si girò verso lo Shinigami.
-So che ti stai affezionando a quella ragazza, devo sapere che sarai pronto ad ucciderla. Il potere rende le streghe pericolose.-
-Crede che il suo passato influenzerà la missione?-
-Noi non conosciamo il suo passato, non ha voluto dirci molte cose e io non voglio forzarla. Sarebbe comprensibile che interferisca con la missione ma non credo lo farà. Ho solo la certezza che la sua natura influenzerà la sua lealtà. Come hai sentito tu stesso io sono il master mentre lei è Mabaa-sama.-
-Farò ciò che è necessario ma finché potrò cercherò in tutti i modi di proteggerla.-



Non volevo che fosse un capitolo così lungo e noioso ma non sono riuscita a farci niente, mi dispiace.
Scusate per tutti gli errori che ci sono.
E ora le curiosità( che servono più a me che a voi):

Yami non è uno dei nomi di Hanabi, Asky se lo è palesemente inventato per dare un nome alla parte oscura della ragazza.

Dookie è il nome dell'album del 94 dei Green Day e glielo ho messo prima di scoprire cosa significasse, voi concentratevi sul fatto che è figo perchè viene da un loro album (di quelli vecchi).

Dora Doragon non è solo la conferma della mia poca fantasia in quel momento ma volevo anche che apparisse due volte le parole che significano drago in giapponese (scuse campate in aria ahaha).

Hanabi, ancora nei primi capitoli credo, si presenta nella scuola di Lily con il cognome Pendragon, non c'è nessun riferimento a quella famiglia perchè dovevo ancora creare la parte della storia alle spalle di Hero.

Grazie

 

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Capitolo 4
*** Nelle fauci del lupo ***


NELLE FAUCI DEL LUPO
 
Due ora più tardi i ragazzi erano pronti a partire.
Viaggiarono con uno speciale mezzo a propulsione progettato dalla Shibusen che li portò quasi a destinazione.
Due giorni dopo il loro arrivo in Inghilterra si accamparono in una grotta sul versante di una montagna, aveva dovuto proseguire a piedi in quanto le basse temperature e le pendenza rallentavano di molto il furgone a propulsione che gli era stato dato.
Hanabi avvisò gli altri che giorno seguente sarebbero arrivati a destinazione verso mezzo giorno.
Poi si mise d’accordo con Kid per il fatto che lei sarebbe stata vicino all’apertura della grotta in quanto era quella che riusciva a sopportare meglio il freddo e che aveva il sonno più leggero.
Non aveva senso predisporre dei turni di guardia, quella montagna era praticamente disabitata e non c’erano animale feroci che potevano sorprenderli nel cuore della notte.
Il fatto che gli animale che vivevano sulle altre alture non si avvicinavano a quella era dovuto ad una particolare erba che cresceva sotto alla neve e che era caratterizzata da un odore acre simile a quello emesso dalla legna bruciato che metteva in fuga le belve.
Non si aspettavano nemmeno di essere attaccati, Maka e Kid non avevano percepito nessuna anima nelle vicinanze.
Decisero di mettersi a dormire il prima possibile così da essere riposati la mattina seguente.
In poco tempo tutti si addormentarono e rimasero svegli solo Hanabi ed Hero.
Lei era appoggiata all’imboccature della grotta, si teneva le ginocchia vicino al petto e continuava a guardare quei paesaggi familiari mentre il vento ogni tanto le spostava i capelli.
Il ragazzo, invece, era seduto nel suo sacco a pelo non lontano da lei ma abbastanza da far si che l’aria fredda non lo travolgesse.
-Se hai freddo dovresti entrare.- Gli disse la ragazza, sapeva che lui era riparato del vento gelido che si scagliava su di lei ma preferiva che lui non la guardasse come stava facendo in quel momento.
-Devo sorvegliarti.- Gli rispose lui abbozzando un sorriso.
Lei non rispose e nemmeno accennò a sorridere, si limitava a guardare il paesaggio mentre il vento le sferzava il viso.
Piccole nuvolette bianche uscivano regolari dalla sua bocca.
-Non ho avuto un passato semplice.- Disse con tono irritato dopo qualche minuto che nessuno dei due aveva accennato a cominciare un discorso.
-So di Andrè.- Disse lui, sentiva di doverglielo dire da tempo ma non c’è mai un momento buono per dire ad una persona di aver assistito per caso ad uno dei momenti più tristi della sua vita.
-Cosa?- Chiese lei senza dare segni di vera sorpresa o turbamento.
Lui gli fece vedere il piccolo acchiappa sogni che portava ancora al colo e gli spiegò cosa era successo.
-Presumo che il resto te lo debba raccontare io.-
Fece un profondo respiro.
Il suo sguardo era rivolto all’orizzonte, i suoi occhi sembrava persi in cose che lui non poteva vedere.
Cominciò il racconto con voce calma.
-Avrei voluto essere una strega normale, probabilmente adesso sarei semplicemente molto forte o morta. Non ho ancora deciso cosa sia meglio. Noi streghe non siamo cattive abbiamo solo un senso della giustizia diverso dal vostro e il potere molte volte ci rende crudeli. Non ricordo i miei genitori, sono scomparsi quando ero molto piccola, scoprii della loro morte dopo l’inizio del mio incubo, ne fui sollevata...non riuscivo a sopportare che mi avessero abbandonata. Vedi, quando i miei genitori sparirono credo che avessi più o meno 4 anni, mi ritrovai a casa da sola.
I miei genitori partivano spesso ma uno di loro era sempre rimasto in casa con me, non ero mai rimasta sola.
Quella mattina mi svegliai all’alba per un incubo che ora non ricordo. Stringevo Aristotele, un coniglio di pezza nera con gli occhi fatti con due bottoni, mentre mi aggiravo nella casa in cerca di loro. Poi venne un uomo...-
Continuò con la storia con voce ferma mentre i suoi pensieri vagavano e la portavano oltre l’orizzonte a giorni bui e a giorni felice.
La verità era che aveva bisogno di parlarne con qualcuno prima che tutto esplodesse nella sua testa e lei non riuscisse più a capire cosa era reale e cosa aveva creato lei per rendere la verità meno dolorosa.
Non voleva sfogarsi ma solo parlare, forse non c’era differenza tra le due cose ma non se ne fece un problema, Hero avrebbe capito.
Mentre parlava cercava di essere distaccata per non sembrare indifesa e debole ma per quanto si sforzasse non riusciva a contenere ciò ch sentiva ed i suoi occhi diventavano sempre più tristi, i ricordi indelebili nella sua mente era vividi e rievocarli era come riviverli.
Si trovava di nuovo catapultata in quella realtà ormai così lontana ma ancora troppo vera.
-Questo è tutto. Puoi dormire.- Concluse. I suoi occhi tornarono quelli di sempre, imperscrutabili per chiunque cercasse di trovarvi dei sentimenti o delle risposte su ciò che pensasse.
-Perché me lo hai detto?- Chiese lui.
Hanabi non si aspettava minimante una domanda del genere.
Gli aveva detto di andarsene a dormire per evitare che l’abbracciasse o che gli dicesse qualcosa del tipo che gli dispiaceva, ma non si aspettava quella domanda.
Rimase in silenzio qualche minuto per pensare alla risposta, ne aveva davvero una?
-Sei il mio master, il mio migliore amico, sei Hero. In più la tua curiosità era irritante.- Disse alla fine.
Si strinse nel sacco a pelo con l’intenzione di chiudere la conversazione e qualsiasi riferimento futuro al suo passato.
-Un giorno mi racconterai di tuo fratello, non c’è fretta. La mia curiosità non è irritante come la tua.- Aggiunse.
Per un attimo Hero penso di raccontarle i suoi demoni, lei aveva fatto uno sforzo enorme mentre lui non ci pensava neanche a farlo ma poi cambiò idea.
-Hai del rancore?- Chiese infine.
-Si. Verso le streghe, gli uomini e la Shibusen, soprattutto verso gli ultimi due. Credo sia normale. Non posso farci niente. Non li odio nel vero senso della parola, non mi hanno fatto qualcosa direttamente, non miro ad uccidere nessuno e non cerco vendetta, non per ora e credo che sarà sempre così. Adesso lasciami dormire.-
Dal tono della ragazza capì che non aveva intenzione di continuare a parlare così anche lui si sistemò meglio nel sacco a pelo e si mise a dormire.
Hanabi lo svegliò in malo modo la mattina seguente.
Si preparò insieme agli altri.
Ci vollero cinque ore per superare il valico ed arrivare all’entrata della proprietà di Asky.
Hanabi controllò che la barriera fosse disattivata, con la morta di Elle ed Asky non funzionava più.
Informò gli altri del fatto .
Percorsero il viale, Hanabi apriva il gruppo con passo veloce, gli altri non riuscirono a trattenere un brivido nel passare in mezzo a quelle belve di bronzo.
Liz era sicuramente la più spaventata del gruppo di ragazzi e cercava di guardare d’avanti a se per non incontrare gli sguardi degli animali.
Silenziosamente il metallo cominciò a sbriciolarsi liberando i cani assetati di sangue.
Lo scontro che seguì fu molto veloce.
I cani non era molto forti, indeboliti dalla scomparsa della loro creatrice erano solo un’ombra del potere che una volta possedevano.
-Qualche ferito?- Chiese Kid quando anche l’ultima bestia fu uccisa.
-Qualche graffio ma niente di che.- Rispose Maka.
-Maka, ma come fai ad avere qualche graffio?- La canzonò Black Star dato che nessuno oltre a lei si era fatto niente.
Kid si intromise subite ordinando tutti di andare e così evitò una lite.
Entrarono nella bocca del lupo, ancora una volta Hanabi apriva la strada al gruppo.
Sebbene Asky fosse morta il liquido simile al sangue continuava a scorrere lento sulle fauci del lupo come se avesse appena aggredito la sua preda e vi avesse appena affondato quei giganteschi denti.
Hanabi aprì i battenti del portone su un corridoio buio e freddo.
Le torce delle pareti non si accesero come avrebbero dovuto fare.
Seguirono la ragazza nell’oscurità.
Ci vollero alcuni minuti perché il loro occhi si abituassero al cambio di luce e cominciassero a distinguere ciò che li circondava chiaramente.
Arrivarono alla sua camera, appena vi entrarono lei andò ad aprire le tende, la magia stava abbandonando quel posto lentamente, il castello sembrava un’enorme belva che stava perdendo la vita, che non avesse più voglia di vivere.
Hanabi tolse lo scudo dell’anima e appoggiò la mano sulla porta, la sua camera apparve, le pareti pieni di spartiti e scritte, il basso elettrico vicino alla finestra, un coniglio di pezza buttato sul letto.
Tre nuove porte erano apparse.
C’erano fogli ovunque sul pavimento che provenivano da sotto il letto.
La scrivania e la sedia erano state rovesciate ma quello avevano potuto constatarlo prima che Hanabi appoggiasse la sua mano sulla porta.
I ragazzi tirarono fuori dalle tasche un piccolo stemma rotondo con raffigurata la maschera del sommo Shinigami e cominciarono a sondare la stanza.
Era sensori di magia che il Sommo Shinigami aveva consegnato loro per trovare oggetti magici.
Hanabi si andò a sedere per terra di fianco al letto, vicino alla finestra.
Pochi secondi dopo uno degli stemmi cominciò a suonare, sembra la sirena di un ambulanza.
Aveva cominciato a suonare dopo che Liz aveva aperto una delle porte, quella dell’armadio.
-C’è un incantesimo che mi permette di avere diversi armadi in uno per risparmiare spazio. Sono sette ma troverete pieno solo il primo, non mi serve così tanto posto.- Spiegò Hanabi.
Pochi minuti dopo i ragazzi uscirono dalla stanza della ragazza, ognuno era munito di una mappa e di una parte del castello da controllare.
Hanabi seguì pazientemente Hero nelle varie stanze che erano state assegnate a loro.
-Dove vai?- Gli chiese Hero dopo che lei si diresse nella direziona opposta al punto di ritrovo.
-A distruggere la runa del teletrasporto.- Disse semplicemente lei.
Lui la seguì senza tentare di fermarla ma continuando a dirle che non poteva farlo.
-Non mi sembra che tu ti stia impegnando a fermarmi.- Gli fece notare lei.
-Stai andando nella direzione sbagliata.- Nella mappa che Hero possedeva la runa era stata segnata in un posto completamente diverso a quello verso cui si stavano dirigendo.
Lei sorrise, quasi si mise a ridere.
-Hai falsificato la mappa!?-
-Ho spostato due stanze, ce ne sono talmente tante che potrebbe capitare a chiunque.- Rispose lei.
Hero la fermò prendendola per un polso, sembrava veramente arrabbiato.
-Non posso lasciartelo fare.-
-Non lascerò che la Shibusen guidi un attacco e distrugga la casa di Luck.- Gli rispose lei sottraendosi facilemte alla sua presa.
-Inoltre tu non puoi impedirmi di fare niente, non prendo più ordini da nessuno.-
Lei Entrò in una stanza spaziosa lasciando il ragazzo fuori.
 
-Perché l’hanno messa quaggiù? Dobbiamo passare ogni mattina per questi luridi corridoi.- Sbottò Andrè.
-Smettila, tu almeno dopo combatti, io dovrò fare anche teoria e poi cosa cambia qua o in giardino? Troveresti comunque qualcosa di cui lamentarti.- Gli disse Hanabi ormai stufa di sorbirsi ogni mattina la stessa solfa.
-Smettila di rimproverami, io sono più grande.-
-Non per quanto riguarda la materia grigia, non mentalmente.- Gli rispose lei ridendo.
-Sei propria idiota.-
-Senti chi parla.- Entrambi risero.
 
-Sembra...rotta?- Disse Hero distogliendola dai suoi ricordi, era entrato pochi secondi dopo di lei.
-Cosa?- Chiese lei che non aveva neanche guardato la runa fino a quel momento.
Notò l’enorme pietra circolare rotta di fronte a se, un’enorme crepa la divideva a metà.
-Ci staranno aspettando alla biblioteca.- gli disse lei uscendo, una piccola farfalla nera e oro volò nella stanza passando davanti alla ragazza prima che uscisse, lei era quasi sicura di averla vista emergere dalla crepa.
 
-Trovato qualcosa?- Chiese Kid quando arrivarono al punto di ritrovo, anche gli altri erano appena arrivati come loro.
-No, il laboratorio era completamente vuoto e nelle altre stanze non c’era niente.- Gli rispose Maka.
-Uguale.- Disse Tsubaki.
-Abbiamo trovato la runa del teletrasporto, era rotta.- Lo informò Hero.
Aprirono la porta della biblioteca a vi entrarono.
Le tende erano aperte contrariamente che nelle altre stanze.
Non c’era nessuno libro.
Era completamente vuota, dovevano esserci volute settimane per portare via tutti quei tomi.
Hanabi precedendo gli altri cercò di orientarsi, fu sicura della direzione quando vide il libro di favole di cui Elle gli aveva parlato.
Molto probabilmente lo avevano lasciato indietro credendolo unitile.
Si fermò davanti ad una libreria.
La fissò per qualche secondo, aveva pensato che ci fosse un meccanismo che implicava lo spostamento di un libro ma di libri non ce ne era neanche uno.
-Che palle!- sbraitò Black Star che non capiva ancor a la sua utilità in quella missione, lui non era il tipo adatto da mandare per una missione di ricerca, lui aveva bisogno dell’azione e del combattimento.
Ci fu ancora qualche secondo di silenzio poi il ragazzo dai capelli azzurri buttò giù la libreria riducendola a pezzi e sgombrando il passaggio su uno stretto cunicolo in pietra.
-Pezzo di idiota! Se c’era qualche trappola mortale come l’avrei spiegata la tua morte al master?!-
Sbraito Hanabi prima di entrare tranquillamente seguita da Hero.
Arrivarono in una piccola stanza circolare con un calderone al centro e le pareti pieni di scaffali vuoti anch’essi.
Su una scrivania c’era un diario nero.
Kid lo prese in mano, sulla copertina si accese un simbolo azzurro chiaro che cominciò a ruotare.
Hanabi glielo strappò dalle mani e lo rimise sul tavolo.
-Mi chiedo se usate il cervello. E’ il diario di una strega se non l’hanno portato via ci sarà un motivo.-
-Dobbiamo comunque portarlo alla Shibusen.- Ribatté Kid sebbene si sentisse stupido della sua ingenuità.
- Lo so. Avvisa tuo padre della runa io cercherò di capire come portarlo via.-
Il ragazzo uscì dalla stanza per telefonare mente lei cercava ricordi sui diversi meccanismi di difesa dei diari.
Il problema era che le streghe avevano tutte poteri diversi e nessuna aveva frequentata una scuola per questo non seguivano uno schema per fare degli incantesimi ma ognuna imparava a creare dei propri processi sviluppando i propri poteri in modo indipendente e unico.
-Come pensi di fare?- Gli chiese Maka.
Lei non gli rispose, cercava di ricordarsi se avesse mai imparato una cosa del genere ma non ricordava niente.
Toccò il libro e non successe niente, lo prese in mano e ancora niente.
-Maka, prova a toccarlo.-
-Non voglio essere la tua cavia!- Ribatté l’altra arrabbiata.
-Non ti succederà niente.- Disse Hanabi anche se in realtà sperava che succedesse qualcosa che confermasse ciò che pensava.
Maka esitò per qualche secondo, poi fece come gli era stato detto.
Di nuovo il simbolo azzurro apparve e iniziò a ruotare.
La luce nella stanza si affievolì mentre le ombre aumentavano formando lupi sempre più corporei.
La ragazza ritrasse la mano e tutto sparì.
-Perché?- Si chiese Hanabi.
Kid rientrò informandoli che da lì a qualche ora qualcuno sarebbe venuto a prenderli con un elicottero se il tempo non sarebbe peggiorato e dovevano aspettare sul piazzale.
Hanabi informò lo shinigami che ci avrebbe pensato lei a portare i diario alla scuola poi lasciò gli altri seguta da Hero che non voleva che rimanesse sola.
-Che vuoi fare?- Gli chiese il ragazzo mentre la seguiva.
-Prima di tutto voglio riprendere ciò che è mio.- Rispose lei.
Arrivarono alla sua camera e dopo essere entrata aprì l’armadio.
Vi estrasse la felpa di Hero ed il grembiule nero, poi afferrò il coniglio di pezza e li mise nello zaino.
-Cos’è questo posto?- Gli chiese il ragazzo facendogli vedere un disegno di una villa bianca in riva ad un lago, il foglio lo aveva raccolto da terra.
-E’...casa di Asky, la mia prima casa.- Rispose dando un’occhiata veloce a ciò che lui le mostrava.
Prese alcuni fogli che aveva già scelto e mise il basso nella custodia.
-Ti dispiace portarmelo?- chiese porgendo la custodia al ragazzo ed accennando un sorriso.
-Dammi qua.- Rispose lui mettendosela in spalla e rispondendogli con un sorriso più ampio.
Uscì dalla stanza sempre seguita da Hero che la guardava con curiosità.
Entrò nella stanza di Andrè, prese alcune pagine strappandole da alcuni quaderni e poi si arrampicò sull’amaca per prendere un cuscino.
Lui continuò a guardarla, sapeva quanto le persone potevano essere legate al proprio passato e lei non era da meno.
Voleva solo riavere ciò che era stato suo ma non potendolo riavere indietro voleva qualcosa che glielo ricordasse.
Si diresse verso la camera di Elle, era spoglia e piccola, non c’era niente di più che qualche libro ed un armadio.
Da li non prese niente ma vi restò parecchio in silenzio mentre il ragazzo rimase sulla porta.
Da li si diresse in un’altra stanza.
La porta era viola e vi era scritto con caratteri dorati il nome Dracu.
Vi entro e spostò un pannello dal pavimento dove vi estrasse alcuni libri.
-Non ti preoccupare sono studi sui sigilli e sulla mia magia.- Disse per rassicurare il ragazzo, ma lui non ne aveva bisogno, non aveva intenzione di fermarla.
Infine si diresse verso la camera di Asky.
Per qualche secondo non osò aprire la porta, non vi era mai entrata fino ad allora, nemmeno nell’altra casa.
Socchiuse l’uscio e vi scivolò dentro, vide qualcosa brillare sul comodino di fianco al letto a baldacchino, vi si diresse, era il ciondolo che portava prima della morte di Lud.
Lo mise in tasca ed uscì.
-Torniamo in biblioteca.-
-Non c’è più nessuno là.-
-Devo prendere un libro.-
-Che libro?-
-Un libro di favole, è rimasto là.- Rispose lei.
 
Quando si riunirono al gruppo erano passate quasi due ore, dopo aver preso il libro si erano persi e ci era voluto un po’ perché Hanabi riuscisse a capire dove arano finiti.
-Scusa, era l’ala delle uova di kishin, non mi è mai piaciuto stare con quelle cose.-
Aveva detto per giustificarsi.
Sebbene l’ambiente che li circondava fosse lugubre i ragazzi erano riusciti a renderlo chiassoso e divertente e vedendoli la strega, per un attimo, pensò che avrebbe davvero potuto vivere il resto della sua vita come arma ma notando i membri della Shibusen che erano venuti a prenderli non riuscì a reprimere l’antipatia e l’odio per la lro presenza, era come se riuscisse a sopportare solo coloro che aveva conosciuto prima della ricomparsa dei suoi ricordi.


OOOOOOK, spero di ever corretto tutto.
curiosità:

Lud stava "allevando" un uovo di kishin per questo era entrata nella lista di Shinigami-sama

Il castello ha 133 stanze tra camere, laboratori,palestre, salotti, sala da ballo ecc... ma anche quando Asky era viva era in gran parte inutilizzato.

non so più che scrivere senza fare spoiler.

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Capitolo 5
*** Strega angelo e Drago mietirore ***


STREGA ANGELO E DRAGO MIETITORE
 
Hanabi fu convocata dal Sommo Shinigami appena fu tornata.
Da sola andò alla sala della morte dove si presentarono anche Kid ed una ragazza dai capelli corti e rosa.
All’inizio le due si squadrarono con curiosità ma poi tutto sembrò diventare una gara di sguardi nella quale la sconosciuta perse miseramente.
-Kim Hanabi, Hanabi Kim.- Si intromise il Sommo Shinigami presentandole.
-La strega angelo, piacere.- Disse Hanabi.
-Il drago mietitore, piacere mio.- Rispose l’altra.
-Il drago mietitore?- Chiese Spirit scandalizzato ricordando tutto il tempo perso a dargli a la caccia e tutte le volte che gli era fuggito sotto al naso nei sei mesi prima della comparsa della ragazza.
-Mi hanno chiamata anche così, ho parecchi nomi.-  Spirit abbassò lo sguardo.
-Comunque siamo qui per il diario.- Sentenziò il Sommo Shinigami.
-Presumo che l’angelo sia qui perché non vi fidate di cosa tradurrei.- Nessuno rispose a questa sua affermazione.
Le due streghe si sedettero al tavolo che c’era al centro della stanza.
Hanabi vi posò il diario in cuoio nero chiuso da una fibbia del medesimo materiale.
Lo aprì sulla prima pagina dove impressa con inchiostro azzurro chiaro c’era la scrittura della sua maestra.
Kim si schiarì la voce ed incominciò leggere stando attenta a non toccarlo, nemmeno lei poteva.
-Oggi è morta mia figlia Ludmilla. Se non torno è perché avrò perso la vita cercando di uccidere quel bastardo, quella falce della morte immonda che ha tolto la vita a mia figlia. Riferisci questo agli altri, Hanabi. Dì a Dracu di non vendicarmi e che sarà libera del sigillo che la tiene al mio servizio.
Tutto è andato bene, sono tornata da poco. La vendetta no  me l’ha riportata e l’euforia per aver ucciso quel bastardo è svanita in fretta. Ho di nuovo voglia di uccidere. Ho voglia di Lud.-
-Ora conosco il modo per riavere mia figlia, Lily me lo ha rivelato ed io gli ho dato la mia anima, non me ne importa poi molto della mia anima.-
-Ora ho idee diverse, tutto quell’essere pacifista mi ha stufata e finalmente Dracu mi vedrà tornare ai vecchi tempi. Ho bisogni di sottoposti forti e per questo devo essere severa, è divertente.-
-Ammazzerei quella ragazza, ha lasciato scappare una bambina e sono stata costretta a fargli magiare la sua anima a forza. Non capisce che non dovrebbe farsi problemi, è una strega è questo che facciamo e lo sa bene eppure continua ad avere dubbi.-
-Portale vivente, è lei, può essere solo lei.-
-Hanabi si sta trascinando dietro Andrè, quello stupido ragazzo si è preso una cotta. Ma il portale è quasi pronto, non manca molto.-
-Hanabi è scappata, Dracu ed io abbiamo dovuto uccidere Andrè, l’avrebbe protetta a costo della vita. Quello stupido taverniere si è messo in mezzo e l’ha portata via quando pensavamo di averla. Mi serve il potere di quella dannata ragazza.-
-Dracu ha distrutto una delle taverne ma lei è stata salvata da un ragazzo dei Pendragon. Stupidi cacciatori di streghe. Penso che abbia perso la memoria se è così non la uccideranno perché non saprà togliere lo scudo dell’anima.-
-Elle è venuta da me, gli ho detto che Hanabi aveva perso la memoria, gli ho fatto capire che non sarebbe più tornata e rimasta con lei se continuava a stare in mezzo a loro. Quella ragazza è così ingenua che si è fatta mettere pure un sigillo per poter stare con Hanabi per sempre e così sarà, nella morte.
-Elle non ha visto Hanabi in quello stupido ballo ma ha sentito la sua anima, le sua percezione è sorprendente, riesce a localizzare un’anima in un intero continente i pochi minuti, mai visto niente di simile. Se Hanabi non dovesse morire la terrei con me, Elle, ma non è possibile. Troppo emotiva.-
-Elle si è fatta catturare, quanto è stupida. Dracu è andata a prendere Hanabi.-
-Hanabi è di nuovo qua, impertinente come sempre. Con Lily abbiamo decifrato l’incantesimo così potrò prendere i poteri del portale e diventarlo io stessa dopo di che riavrò Lud e Dracu. Hanabi è un tassello importante senza i suoi poteri il portale non si manifesterà, dopo di che la ucciderò, mi metterebbe i bastoni tra le ruote. Il sigillo è comunque pronto.-
-Sebbene Hanabi sia scappata ha già il sigillo e l’ostaggio non mi serve più. Credo che sia riuscita a leggere qualcosa nelle mente di Elle quando la ragazza a letto la sua.-
-Finalmente Hanabi è sotto il sigillo. Finalmente l’ora è giunta brinderemo con il sangue dei nostri nemici, l’ora è giunta. Perdonami mio piccolo drago mietitore sono solo una folle strega.-
Girarono nuovamente pagina e la trovarono vuota.
-Presumo che sia Hanabi il portale.- Disse Kid.
-Non ne sono sicura, insomma credo che lo saprei se fossi un portale.- Disse Hanabi.
-Comunque Hanabi viene distinta dal portale vivente.- Si intromise Kim.
-E poi dice senza i poteri da Hanabi il portale non si manifesterà.-
-Esatto, l’incantesimo che stavo facendo, per quanto non lo ricordi, potrebbe essere di avocazione. So per certo che ero un tramite nella magia ma non so dirvi altro. Probabilmente deve essere evocato ed io ho qualcosa che mi lega con il portale, non saprei.-
-Potete andare.- Disse il Sommo Shinigami.
Quando i ragazzi furono usciti Spirit chiese al Sommo Shinigami se nutrisse sospetti sulla ragazza, lui non ne aveva capito molto della faccenda sul portale.
-So com’è un portale vivente, ho avuto il piacere di incontrarne uno per quanto siano più rari delle negromanti, ma la sua anima, nelle settimane che è stata in convalescenza e che quindi non aveva nessuno scudo non lo era. I suoi poteri potrebbero essere così assopiti che pure io posso aver commesso uno sbaglio ma la strega diceva che il portale era pronto e che quindi si era manifestato in qualche modo. Eppure niente nell’anima di Hanabi ha manifestato qualche caratteristica di un portale. Solitamente i portali non riescono a contenere la propria energia e chi sta a contatto con loro per un periodo di tempo ne viene inondato in più sempre per lo stesso motivo intorno ai portali succedono spesso fatti insoliti, inspiegabili.-
 
Kim fermò Hanabi lasciando proseguire lo shinigami da solo.
Era proprio al centro della piazza d’entrata della scuola.
-So come ti senti.- Gli disse in modo diretto pensando di essere di sostegno alla ragazza.
-Come mi sento?- Chiese Hanabi con una nota di disprezzo. In quel momento l’unica cosa che voleva fare era tornarsene a casa, ma prima doveva andare al lavoro, ascoltare quella ragazza non era inclusa nella lista di cose che doveva o voleva fare.
-Sai, essere una strega alla Shibusen non è facile. Ci sono passata anche io ma dopo un po’ tutti tornano a guardarti come prima. Comunque se hai problemi ci sono.- Disse.
-Senti Kim, prima di tutto preferirei che gli studenti non vengano a sapere del fatto che io sia una strega. Secondo il tuo potere ha reso la tua anima buona e nessuno può dirti niente finché salvi vite e curi malati. Terzo non ho bisogno di una spalla su cui piangere e sinceramente non mi interessa se tu eri in una situazione simile, anche perché non è così. Aspettami Kid! Ti devo parlare!-
Concluse corredo verso il ragazzo e raggiungendolo.
La strega angelo rimase sola in mezzo al piazzale, probabilmente avevano avuto esperienze troppo diverse, lei era stata una vera strega mentre Kim non aveva mai fatto del male a nessuno se non come master quando uccideva le uova di kishin.
-Cosa vuoi?- Chiese il ragazzo ad Hanabi continuando a camminare.
-Preferirei che non parlassi con gli altri della faccenda del drago mietitore.- Gli disse con non curanza.
-Credo che almeno Hero dovrebbe sapere.- Rispose.
Lui non riusciva a mandare giù quella nuova notizia, non subito almeno, gli serviva del tempo ma sapeva che se lo avrebbe saputo Maka i litigi tra le due sarebbero aumentati rompendo il loro gruppo.
-Hero sa decisamente più di voi e credo di essere io a dover decidere cosa gli altri debbano sapere di me dato che è la mia vita.- Rispose lei con tono più duro, non aveva fatto apposta ad irritarsi ma era successo.
-Non dirò niente.- Gli rispose.
-Bene. Ora vado al lavoro.- Lo salutò più sollevata e gli sorrise sincera, quel semplice gesto, quella semplice espressione bastò perché il ragazzo accantonasse la faccenda del drago mietitore.
Era una cosa naturale accantonare qualsiasi cosa per quel sorriso la prima volta che lo vedevi.

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Capitolo 6
*** Contrasti e sangue nero ***


6.

CONTRASTI E SANGUE NERO
 
Hero bussò alla porta della camera di Hanabi ma lei non rispose eppure lui sapeva che era la.
Da quando erano tornati dal castello in mezzo alle montagne era cambiata ancora di più.
Era spesso di mal’umore e dopo la scuola si chiudeva in camera per delle ore, a volte ne usciva solo per andare al lavoro e magiare, a volte solo per andare al lavoro.
Il loro appartamento era stato messo a nuovo entro due settimane dopo il loro ritorno e ormai erano tornati a casa da una settimana.
Hero appoggiò la schiena contro la porta, la sentiva, anche lei era nella sua stessa posizione, erano schiena contro schiena.
Hanabi teneva gli occhi bassi, ignorando il disordine della sua camera, ignorando di essere al buio.
-Tanto lo so che sei lì, ti ho fatto costata, carne.-
Continuò ad esserci silenzio, si era chiusa nel mutismo e lui continuava a pensare che era più semplice quando non aveva un passato, ma è il passato, i ricordi e l’esperienze che formano una persona, era una cosa naturale che fosse diversa dopo aver ricordato.
Dall’altra parte della porta lei scivolò fino a sedersi per terra, non aveva fame e sebbene lui avesse fatto uno dei suoi piatti preferiti non voleva neanche provare a mangiare.
Era la prima volta che si sentiva completamente persa, persa in n mondo che non capiva.
Gli succedeva a momenti, come se avesse delle crisi, poteva succederle in qualsiasi momento.
Era tranquilla, non c’era niente che la turbava ed era come sempre sicura di ciò che pensava e di come agiva e poi improvvisamente vedeva qualcosa o ricordava qualcos’altro e non sapeva più chi era realmente, cosa doveva fare, da che parte stare, perché era là.
Lui decise di andare in camera sua, fino ad allora era sempre uscita per la cena quindi gli aveva lasciato il piatto davanti alla porta.
La mattina seguente si svegliò presto per uscire a correre, di solito veniva svegliato da Hanabi qualche minuto prima che suonasse la sua sveglia ma dato che non era successo decise di andare a vedere se la ragazza stava ancora dormendo.
Si diresse verso la camera della ragazza cercando di fare meno rumore possibile.
Il piatto era ancora davanti alla porta insieme alla costata, sembrava che non l’avesse neanche visto, come se lo avesse spostato con la porta per uscire ma poi non ci avesse fatto caso.
Si diresse verso il salotto, poteva essere lì o in cucina o se ne era andata da qualche parte.
La ragazza entrò dalla finestra del soggiorno e se lo trovò davanti.
-Ben svegliato.- Disse sorridendo smagliante –Pensavo di farmi una doccia prima del tuo risveglio.- Disse continuando a sorridere, si sentiva incredibilmente stupida sia per cosa aveva detto sia perché stava continuando a sorridere e questo cominciava a fargli male alle guance.
Stava aspettando che lui la lasciasse passare perché si era avvicinato tanto da impedirle di girargli intorno.
Dalla sua espressione sembrava sul punto di dirle qualcosa di importante ma qualcosa glielo impediva.
Allora lei gli fece notare, con voce che sembrò troppo gentile pure a lei, che non poteva passare ma il ragazzo non accennò a spostarsi di un solo millimetro.
Lei cominciava a spazientirsi così bloccata con le spalle alla finestra aperta, ebbe pure la tentazione di tornare da dove era venuta.
-Spostati! Se non lo fai chi ti preparerà la colazione? E’ il mio turno oggi.- Disse continuando con lo stesso tono gentile.
-Smettila.-
-Di fare cosa?- Chiese lei assumendo un’espressione curiosa ma lui sembrava veramente arrabbiato.
-Smettila di stamparti in faccia quel falso sorriso. Pensi davvero che il tuo comportamento sia normale? Oggi sei gentile e felice mentre ieri ti sei chiusa in camera tutto il giorno, Pensi davvero che io non mi preoccupi?-
Lei lo scansò senza tanti complimenti e si diresse verso il bagno ma lui si frappose tra lei e la sua meta.
-Che vuoi!?-
-Adesso sembri più te stessa. Va meglio.-
-Meglio cosa? Dovrei far preoccupare tutti? Piangere tutto il giorno venendo tratta con pietà? Io ti ho raccontato cosa mi è successo perché sei il mio master e voglio che ti fidi di nuovo di me anche se sono una strega e pensavo lo avessi capito. Il mio dolore è una cosa che devo affrontare da sola, a modo mio. Ho sempre scaricato tutto combattendo e non ho mai avuto un attimo di pausa per capire cosa provavo, mi facevo semplicemente travolgere dagli aventi. Adesso non ho nessuno con cui combattere fino a che non riesca più a rialzarmi, non c’è nessuna via di fuga alla confusione della mia testa. Sto cercando di non fuggire, non sono brava in queste cose sentimentali ma sto cercando di affrontare questa cosa. E ora lasciami passare, non sarò più gentile e tu sarai l’elemento principale dei miei lamenti se proprio ti va.-
-Io mi fido di te.-Disse lui, lo aveva sempre fatto e non pensava che lei ne potesse dubitare.
Anche dopo aver conosciuto il suo passato neanche per un attimo i suoi sentimenti ne suoi confronti era cambiati e nemmeno la sua fiducia.
-Tu pensi di farlo ma quando sarai in pericolo dubiterai di me.- Gli rispose lei, poi abbassò gli occhi e prime che Hero potesse dire qualcosa continuò.
-E come potresti fidarti? Io sono la prima che non si fiderebbe di me. Sono una strega, ho fatto cose che chiunque abbia un briciolo di coscienza non farebbe e da un momento all’altro le mie priorità potrebbero cambiare. Io cambio da un momento all’altro. Un giorno sono insopportabilmente me stessa e l’altro sono insopportabilmente falsa. Come puoi anche solo pensare di poterti fidare di me?-
Si passò una man tra i capelli, il pensiero che lui non si potesse fidare era insopportabile, lui che era l’unica cosa a cui non poteva rinunciare per un motivo che neanche lei sapeva.
-Io mi fido di te.-
-Non mi convincerai.- Rispose lei ridendo.
-Vai a prendere una missione alla Shibusen.- Disse prima di sparire nel bagno chiudendo la porta a chiave.
-Io mi fido di te e te lo ripeterò fino alla nausea e tu mi crederai!-
 
(HERO)
 
Io ed Hanabi eravamo in missione.
Sul fronte Lily eravamo ad un punto morto, tutto era calmo e le streghe sembravano delle sante.
Stavamo camminando da un po’ nel Sahara alla ricerca di una stazione fantasma, tutti e due portavamo turbanti e ampi mantelli bianchi.
La sabbia si estendeva davanti a noi e sembrava un mare che continuava ad ondeggiare all’orizzonte.
Il sole picchiava ed il calore proveniva sia dalla terra sia dal cielo e si aveva la sensazione di soffocare, per me che ero abituato al clima inglese e aveva fatto fatica ad abituarmi al clima di Death City era insopportabile.
-Fermiamoci un attimo.- Dissi.
-Se ti fermi sei morto.- Mi disse spocchiosa lei, quel giorno sembrava di nuovo di cattivo umore.
Stein aveva accettato di mandarci in missione per far si che tornassimo come prima.
Forse ero io quello che dovevo cercare di cambiare, infondo lei mi aveva dato le basi per capirla nuovamente o forse dovevamo solo scaricare la tensione dovuta ai suoi ricordi.
Improvvisamente mi prese per un braccio, aveva sentito qualcosa che io non avevo notato.
Senza che me ne accorgesi mi aveva fatto spiccare un balzo all’indietro per schivare qualcosa emerso dalla sabbia.
Quando la polvere si fu dissipata potei vedere da cosa mi aveva salvato.
Una serpente gigantesco, titanico, ci sovrastava.
Era nero come la notte e sembrava fatto d’inchiostro, il perché si trovasse là non mi era dato saperlo ma a vederlo sembrava una creazione della strega Madusa, una delle sorelle Gorgon.
-A cosa cazzo stavi pensando!?- Mi rimproverò lei.
Notai che metà del suo mantello era stato strappato.
Cercai di concentrarmi, se quelle creatura era davvero opera di quella strega voleva dire che non era morta come si pensava, che Crona quella volta non era riuscito ad ucciderla.
Hanabi mi fissava spazientita aspettava un mio ordine, probabilmente se non avessi detto qualcosa mi avrebbe preso a calci di lì a pochi secondi e poi avrebbe fatto di testa sua.
-Trasformati.- Dissi e lei lo fece, come sempre ci bastava uno sguardo per capire cosa bisognava fare mentre combattevamo.
Impugnai la spada a due mani, cercai di valutare la situazione, era troppo grande per tagliarlo con un solo fendente ma probabilmente con più nello stesso punto ce l’avrei fatta.
L’animale se ne stava immobile, come se stesse attendendo un'ordine.
Poi si mosse fulmineo e fluido, la sua coda  mirò alla mia mano per disarmarmi io lo schivai e gliene tagliai un pezzo.
Cominciò a muoversi sempre più velocemente con mosse animalesche che non ero in grado di decifrare.
Il suo enorme corpo fu si di me, le mie gambe vennero schiacciate sotto la sua enorme mole e mi ritrovai bloccato, era stato tutto così veloce che ancora non capivo come ero arrivato a quella situazione.
Mollai Hanabi che tornò normale.
Non potevo sperare che potesse spostarlo e anche tagliarlo sarebbe stati difficile ma prima che potesse fare qualsiasi cosa il serpente cercò di morderla e lei lo schivò e dovette allontanarsi da me.
Per un po’ cercò di prenderla con movimenti sempre più rapidi ma mai spostandosi da me, poi cambiò obbiettivo all’improvviso, come se qualcuno gli avesse dato un ordine.
Si diresse verso di me e lei era troppo lontana per frapporsi per salvarmi ed io ebbi paura.
I secondi parvero rallentare e stavo paradossalmente gelando.
Cercavo disperatamente di salvarmi scavando sulla sabbia bruciandomi le mani senza nessun risultato.
Stavo per morire e non c’era nulla di eroico in quel momento, non era così che volevo che finisse, non poteva finire così.
L’adrenalina finiva proporzionalmente al mio terrore.
La lunghezza della mia anima si alzava e si abbassava alla velocità del battito del mio cuore.
Poi...
Poi il serpente cominciò a bruciare, velocemente si volatilizzava divorato dal fuoco.
Il muso cominciò a trasformarsi in serpenti sempre più piccoli in un’estrema corsa verso di me che ancora non riuscivo a muovermi.
Uno di quelli mi raggiunse prima che riuscissi a spostarmi.
Mi morse il polso prima di finire anch’esso bruciato lasciandomi il segno di quattro bruciature dove i suoi denti si erano conficcati.
Hanabi mi corse incontro.
-Ti ha morso?- chiese sconvolta e preoccupata.
Gli feci vedere il polso, mi sentivo in colpa per come ero rimasto indifeso.
Pensavo di essere migliorato ma ero ancora debole e troppo inesperto.
-Merda! Te la ho cicatrizzata! Come ho potuto essere così lenta? Se c’era del sangue nero entrerà in circolo!-
Calciò la sabbia con frustrazione e tirò fuori uno specchio nel quale apparve il volto del Sommo Shinigami.
-Allora come sta andando?- Chiese con il suo tono gioviale.
Io non avevo ancora realizzato cosa era successo.
Se il serpente aveva davvero del sangue nero questo voleva dire che ero destinato a cadere nella follia, che sarebbe stata sempre al mio fianco, sarei sempre stato sull’orlo di un burrone, mi ritrovai a pensare che la vita era piena di coincidenze.
Hanabi non avrebbe più potuto essere la mia arma, durante la risonanza potevo infettarla e anche se dopo di essa sarebbe tornata normale e nel suo corpo non vi sarebbe rimasta traccia del sangue nero farla impazzire non era una cosa su cui si potesse rischiare.
Il Sommo Shinigami non avrebbe di certo permesso che una cosa del genere succedesse ed io mi sarei ritrovato solo e senza di lei dopo tutta la fatica nel riportarla a casa, tutto era davvero ingiusto.
-Ci vengono a prendere.- Mi disse distogliendomi dai miei pensieri.
Continuava a guardarmi aspettando una mia reazione, probabilmente si sentiva in colpa, non capivo bene cosa stessa pensando ma mi sembrava in ansia.
-Non siamo sicuri, potrei stare bene e poi non è colpa tua.- Dissi nel tentativo di rassicurarla ma il suo sguardo si indurì e divenne ardente.
-E chi ha mai detto che è colpa mia!?- Mi chiese decisamente incazzata.
-Dobbiamo andare di là, ci fermeremo all’ombra di quella rocce laggiù.- Mi voltò le spalle  e cominciò a camminare mentre io mi affrettai a seguirla, avevo davvero travisato così tanto i suoi pensieri?
Ormai il suo mantello era inesistente, la sua tunica era rotta e sporca, il turbante invece era andato disperso, come il mio del resto.
Ci fermammo all’ombra delle rocce frastagliate che mi aveva indicato.
Faceva caldo ma sempre meglio che sotto al sole a cuocere come polli.
Giocherellavo con il lembo del mio mantello mentre la guardavo senza un particolare motivo, non era la prima volta che mi capitava di guardarla e basta, così senza un’apparente fine.
-Ho una pomata per le tue mani.- Disse, il suo tono non era cambiato e sembrava ancora irritata.
Le mie mani bruciavano ma cercavo di non farci caso, non volevo lamentarmi per una cosa del genre.
Prese le mie pani fra le sue e cominciò a spalmarci una crema verdastra, il barattolo che aveva estratto dal suo piccolo zaino era quello che si usava per le marmellate fatte in casa e ne dedussi che quell’impasto per le bruciature lo avesse fatto lei.
Dato il potere che possedeva il fatto di saper preparare un unguento del genere doveva essere una cosa normale.
Cominciai a fissare atono i suoi movimenti.
-.Ho avuto paura.- Dissi.
Lei rimase in silenzio per alcuni secondi per assimilare ciò che avevo detto, almeno così mi parve.
-Di cosa?- Mi chiese ormai calma, come se la mi ammissione l’avesse aiutata a trovare il buon umore.
-Di morire.-
Di nuovo lei non rispose subito ma fece trascorrere qualche attimo in silenzio.
-E’ normale. Non ti avrei lasciato morire.-
-Ero terrorizzato.- Continuai, non sapevo bene cosa mi aspettassi da lei in quel momento.
-Saresti uno stupido a non avere paura della morte.-
-Tu non sembri averne.-
-Io sono sempre stata un idiota autolesionista.- Disse sorridente ma era ovvio che non stava per niente scherzando.
Lasciò le mie mani e si appoggiò con la schiena alla roccia chiudendo gli occhi.
-Lo sapevo.- Disse con aria malinconica.
-Cosa?- Ma lei non era intenzionata a rispondermi così ripensai a ciò che mi aveva detto nei giorni precedenti e capii.
-Avevi torto. Non sapevo se avresti fatto in tempo ma ero sicuro che avresti cercato in tutti i modi di salvarmi come io ho fatto con te.-
Lei rise, sembrava sollevata, riaprì gli occhi e cominciò a guardare il cielo.
-Non ho mai visto un cielo così azzurro. E’ accecante.-
-Già, non c’è nemmeno una nuvola.- Risposi.
 
Quando fummo di nuovo a Death City mi trascinò subito verso la scuola, sembrava davvero preoccupata e sembrava prendere questa avvenimento come una questione di vita o di morte quale era, non come me che non riuscivo ad elaborare la notizia.
Mi portò fino all’infermeria dove trovammo il dt. Stein che già ci aspettava.
Il professore mi prese il braccio e lo guardò con sguardo critico e si girò la vita in testa diverse volte.
-Cicatrizzato.- Disse, non aveva un tono d’accusa verso Hanabi ma fu una semplice osservazione sul ciò che era accaduto ma la ragazza, quando lui alzò e la guardò, sfuggì al suo sguardo.
Stein prelevò tre fiale del mio sangue e mi disse di tornare il giorno seguente per un altro prelievo.
Io gli risposi che sarei passato prima delle lezioni.
Dopo di che io ed Hanabi andammo a casa.
Lei camminò velocemente tenendosi sempre davanti a me ma ogni tanto dava un’occhiata dietro di se come per assicurarci che ci fossi ancora.
Quando fummo a casa Hanabi si propose per preparare la cena ma io rifiutai, il mio stomaco era chiuso così entrambi andammo a dormire senza cena.
La mattina seguente lei mi accompagnò di nuovo dal dt. Stein, entrambi avevamo le occhiaia, io non ero riuscito a dormire.
La mia mente era rimasta vuota come adagiata in un immenso oceano nero ma non mi aveva lasciato comunque dormire.
Dopo essere passati dal professore andammo in classe, sarei dovuto tornare dopo la scuola per sapere i risultati.
Le prime ore furono tenute dal padre di Maka che cercava in tutti i modi di entrare nelle grazie di suo figlia come faceva ogni volta che si ritrovava come supplente in classe nostra.
In ricreazione trovai Soul seduto su una panchina da solo.
Un gruppetto di ragazze lo ammirava da lontano ma lui le ignorava o forse non se ne era accorto.
-Maka?- Chiesi mentre mi avvicinavo a lui, non volevo sedermi se stava aspettando la sua ragazza.
-Voleva parlare con Hanabi e dopo doveva andare in biblioteca.-
Mi sedetti di fianco a lui sicuramente Maka non l’avrebbe raggiunto prima della fine della ricreazione.
-Sono ancora là?- Chiese, non capendo di cosa stesse parlando non risposi.
-Mi chiedo perché mi seguano, ormai la mia ragazza è Maka.- Capii che si stava riferendo alle ragazze poco distanti.
-Qui a scuola si pensa che siano solo voci, in fondo vi comportate come sempre.- Risposi.
-In questa scuola la gente è sempre più stupida. Come stai?-
-Ho le gambe a pezzi ma credo sia normale se un serpente gigante di cade sopra.-
-Già. A quanto pare Medusa è viva.-
Vedi il suo sguardo diventare più cupo preoccupandosi per Maka.
La ragazza si era molto affezionata a Crona, il figlio di quella strega che ormai aveva tagliato tutti i legami con sua madre e frequentava la Shibusen, e ovviamente era molto preoccupata per lui ed odiava quella donna che aveva reso così difficile la vita di quel ragazzo.
-Sei stato infettato?- Mi chiese a bruciapelo Soul.
-Stein me lo dirà dopo la scuola.- Dissi, se i test fossero stati positivi mi sarei ritrovato nella stessa situazione dell’albino.
-Dimmelo quando te lo dirà, serve avere qualcuno per parlare di certe cose.-
Soul si toccò il petto dove una volta era stato colpito quasi a morte per salvare Maka, la causa del suo sangue nero.
Era successo ormai quasi due anni prima, quando Soul aveva quindici anni.
Lui e Maka stavano combattendo contro Crona che prendeva ancora ordini da Medusa.
Non erano abbastanza forti per sconfiggerlo così Maka si era ritrovata  bloccata con le spalle contro la porta della chiesa che si poteva aprire solo verso l’interno.
Quando Crona aveva calato la spada Soul era tornato in forma umana e si era messo in mezzo salvando la sua master e procurandosi un taglio profondo che gli percorreva tutto il petto dalla scapola destra all’anca sinistra.
Crona stava per calare di nuovo la spada quando venne colpito da una falce che lo aveva colpito all’addome.
La falce nera che aveva salvato Maka era Spirit che maneggiato da Stein aveva squarciato uno dei battenti e poi colpito il ragazzo.
Essendo Crona il primo portatore di sangue nero, un’invenzione della strega Medusa, il sangue della sua ferita era del colore della pece e cadendo si mischiò a quello della ferita di Soul che venne infettato.
Poi Crona dovette ritirarsi con la strega Medusa perché non era abbastanza forte per affrontare Stein e Spirit.
Soul fu sottoposto subito a delle operazioni per salvarlo dalla ferita mortale ma non riuscirono ad eliminare tutto il sangue nero dal suo organismo.
-Forse farebbe bene anche a me.-  Disse con fare malinconico l’albino.
La campanella suonò e noi ci dirigemmo in classe.
Le due ore di lezione passarono fin troppo velocemente.
Hanabi fu subito da me sorridendo rassicurante, quando una persona sorride con delle occhiaia profonde sembra quasi sempre stanca o psicopatico, lei sembrava entrambe ma riuscì a rassicurarmi comunque.
Farsi largo tra gli studenti che scalpitavano per uscire fu abbastanza semplice per lei, colpiva chiunque la intralciasse e intanto non mollava mai la mia mano.
In infermeria non trovammo nessuno ad aspettarci ma il dt. Stein aveva un biglietto in cui diceva di raggiungerlo nella camera della morte.
Mi ritrovai a pensare che non potevano essere buone notizie se me le voleva dare il Sommo Shinigami da solo,cominciai a sudare freddo e mi irrigidii.
Hanabi notò subito il mio cambiamento e mi sorrise come aveva fatto prima in classe ed io riuscii a rilassarmi.
Percorremmo i corridoi vuoti, gli studenti dovevano essere tutti sulla strada di casa.
Quando arrivammo in presidenza il Sommo Shinigami ci accolse con la sua solita allegria.
-Nelle prime analisi non c’era traccia di sangue nero.- Iniziò il dt. Stein - Ma in quella di sta mattina ne abbiamo trovato una piccola percentuale. Evidentemente si sta diffondendo lentamente nel tuo organismo e sostituirà il tuo sangue con l’andare del tempo come è successo a Soul. Abbiamo bisogno di monitorarti, se il tuo corpo lo rifiuta potrebbe collassare.-
-Quindi potrei...impazzire?- Chiesi.
-Il rischio più grande sarebbe la tua morte.- Disse Stein.
-Ma potrei impazzire.- Ripetei.
-I Pendragon hanno generalmente un’anima forte. Alcuni addirittura immune alla follia.-
- Ma c’è comunque questo rischio no?- Continuai, non capivo perché non volessi darmi una risposta.
-Certo che c’è questo rischio ma solo un Pendragon è caduto nella follia in tutta la vostra storia... con che acqua sei stato battezzato? I pendragon hanno tutti un’anima antidemone perché sei così preoccupato.-
Si intromise il sommo Shinigami.
-Con entrambe.- Risposi.
-Quindi dovresti essere soggetto alla follia.- Disse mentre la sua maschere assumeva un’espressione pensierosa.
-Dovrebbe essere così ma io fin’ora non l’ho mai sentita neanche quando si è risvegliato il kishin ma non ho comunque un’anima antidemone come la maggior parte dei miei parenti.- Risposi.
-Ho sempre considerato quei battesimi senza senso. Anche perché non ci ho mai capito nulla. E poi non è un battesimo cha cambia la tua anima.-
-Voi non capite il battesimo...è qualcosa d’importante per me.-
-C’è un’altra cosa. Data la natura di strega di Hanabi non voglio che sia ancora la tua arma. Possiamo trovartene un’altra ma non credo che ci siano molti che rischierebbero dato lo stato attuale del tuo sangue. So che hai ancora la spada della tua famiglia, potresti usare quella...- Disse il Sommo Shinigami.
-Aspetti! Non può dire semplicemente  che io non sono più la sua arma! Io non voglio un altro master!-
Sbraitò Hanabi con gli occhi fiammeggianti.
-Non riuscirei ad essere l’arma di un altro e poi non voglio!-
-Non possiamo permettere che una strega del tuo calibro perda la ragione, sai benissimo cosa succederebbe e allora sulla tue testa penderà una pena di morte impossibile da rievocare.-
-Non me ne frega niente! Io ed Hero siamo una squadra!-
-Te ne assegneremo uno noi.-
-Non me ne frega niente mi rifiuterò o con lui o continuerò da sola.-
-Sommo Shinigami anche se Hanabi non sarà più la mia arma potremmo comunque andare in missione insieme no? Io userò la spada della mia famiglia e così nessuno dei due sarà solo.-
-Per me va bene.- Disse il dio.
Uscimmo, c’era parecchio vento e mentre tornavamo a casa, Hanabi cercava di far si che i suoi capelli non gli andassero sul viso.
-Andrà tutto bene, lo sai?- Mi chiese sorridendo.
-Lo credi davvero?-
-Certo.-
-E tu lo sai di non essere sola?-
 
-Ecco!- Mi disse Hanabi posandomi una coppa di gelato al cioccolato d’avanti, sebbene fossero passati tre giorni le sue occhiaia non erano ancora sparite.
-Hei! Hanabi! Telofono!- Gli gridò una delle cameriere.
-E’ quel ragazzo carino, Luì!- Gli gridò ancora.
Hanabi sembrò preoccupata quando andò a rispondere, probabilmente si sentiva in colpa per Ren o semplicemente non sapeva cosa il ragazzo avrebbe detto a proposito di tutta quella storia.
Soul e Maka entrarono nel locale poco dopo, lei andò a cercare un tavolo mentre lui mi salutò e si diresse verso di me.
-Allora? Non mi hai detto niente.- Disse sedendosi di fianco a me.
-Pensavo sapeste già.- Dissi ma la verità era che avevo cercato di evitarlo, non ero pronto per parlare.
-Come ti senti?-
-Bene, insomma non è cambiato niente. Hanabi non potrà più essere la mia arma. Ma sto bene.-
Dissi mentre guardavo Hanabi che giocherellava con il filo del telefono e parlava animatamente con Luì.
Soul seguì il mio sguardo sogghignando.
-E lei?-
-Lei? Credo sia preoccupata per me, mi dispiace.- Dissi.
-Non era quello che intendevo.- Disse ridendo, non capii cosa voleva dire.
Hanabi tornò.
-Vuoi ordinare qualcosa Soul?-
-Si, ma ora torno da Maka e vi lascio soli.-
-Ci lasci soli? Io devo lavorare.- Soul rise e se ne andò mentre Hanabi si voltava verso di me.
-Hero? Che hai?- Mi chiese.
-Sono solo stanco.-
-HANABI! TORNA AL LAVORO!- Gli gridò il suo capo.
Mi svegliai  all’infermeria.
Hanabi era seduta di fianco a me, mi sembrò che stesse dormendo così cercai di alzarmi.
Improvvisamente mi sentii debole e ricaddi sul letto.
-Hai provato ad alzarti?- Mi chiese con un sorriso divertito appoggiando il libro delle favole sotto alla sedia su cui era seduta.
-Sembra che il tuo corpo stia cercando di rigettare il sangue nero ma se continui così il tuo corpo non reggerà molto.-
-Ti sembra divertente?-
-L’umorismo di una strega è diverso e contorto.- Disse cercando di non ridere.
-Comunque non ti devi preoccupare, troverò il modo di salvarti. Così saremo pari. Io e l’angelo ce ne stiamo già preoccupando, lei ti ha guarito nel senso messo a posto per ora. La smetti di fare quella faccia preoccupata o vuoi che ti prenda a calci. Comunque tuo fratello è in città, per non so quale motivo ha convinto tua madre che io debba essere controllata eccetera. Credo si volesse allontanare da quel posto, era qua fino a poco fa poi ha capito che non ti avrei ammazzato ed è andato a vedere il suo appartamento.-
Alzò gli occhi al cielo.
Per qualche motivo non sentivo il peso della mia imminente morte, forse perché la consideravo lontana, forse perché c’era lei con la sua determinazione e certezza.
Poi all’improvviso mi abbracciò, un abbraccio che riuscii a malapena a  ricambiare date le mie poche forze.
Si staccò.
-Scusa Hero, non so che mi è preso, Ora devo tornare al lavoro, qualcuno deve pur guadagnare uno stipendio se vogliamo magiare.- Mi sorrise.


E' lunghissimo, lo sò...e vi chiedo scusa per gli errori che troverete
 

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Capitolo 7
*** Un altro Pendragon in città ***


angolo autore:
Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto ma, lo ammetto, non avevo voglia di pubblicare e rileggere cosa avevo scritto.
Vi avviso che il capitolo è lungo, forse troppo...I'm sorry.
Spero vi piaccia e recensite, magari fa schifo ed io penso che rasenti la decenza.



7. UN ALTRO PENDRAGON IN CITTA’
 
(Liz)
 
Ero nel bar-gelateria per sostituire  Hanabi che me lo aveva chiesto così  da poter rimanere di fianco ad Hero finché non si sarebbe ripreso,anche lei sapeva essere dolce.
Patty era al telefono con Ren, si sentivano spesso da quando lui era stato riportato indietro e lei aveva capito che con Hero non poteva succedere niente.
Non so se c’era del tenero o erano solo amici ma non me ne preoccupavo, dovevo dare più libertà alla mia sorellina, non potevo monitorare ogni aspetto della sua vita.
Suonò la campanella della porta mentre un cliente entrava nel locale.
-Ben venuto.- Dissi sorridendo, quando il bar non era affollato Hanabi mi aveva spiegato che il suo capo voleva che i clienti venissero salutati appena entravano.
-Non avrei mai pensato di vederti lavorare onestamente.- Sogghignò Kid dopo avermi sorriso.
-Ha ha ha, non è poi così difficile.- Dissi mentre uscivo da dietro al bancone per passare un vassoio alla mia collega, mi ero ambientata in fretta.
-Comunque Hero si è appena svegliato.- Disse cambiando discorso.
Sorrisi raggiante e lo abbracciai.
-E’ stupendo.- Dissi appena lo lasciai, già stavo pensando a quanto Hanabi doveva essere sollevata da quella notizia.
-Quella gonna non è un po’ corta?- Mi chiese lui squadrandomi.
Divenni rossa e cercai di allungarla con le mani, fino ad allora nessuno me lo aveva fatto notare.
-E’ perché sono alta...Non ce ne erano di più lunghe.- bofonchiai in imbarazzo.
-Alta? Ormai siamo uguali.- Disse lui.
Un altro cliente entrò nel bar ed io gli diedi il buon giorno senza neanche pensarci.
Il cliente appena entrato era Joseph Pendragon, non sapevo che fosse in città.
-E...Elizabeth?- Disse sconcertato per non so quale motivo.
-Per favore chiamami Liz, per favore.- Non volevo che nessuno mi chiamasse con il mio nome per esteso.
La gente nel locale cominciava a girarsi curiosa.
Non era cosa di tutti i giorni vedere l’esponente più popolare della famiglia Pendragon in un semplice bar.
-Certo, Liz.- Disse sorridendo. Kid lo guardò male e per un attimo pensai che gli avrebbe tirato un pugno, non pensavo che la rivalità tra Shinigami e Pendragon fosse così alta.
-Non pensavo che lo shinigami ti facesse lavorare.-
-Certo che no. Sto solo coprendo il turno di Hanabi.- Mi affrettai a dire.
-Scusa? Ma tu sei Joseph Pendragon?- Una ragazza si era avvicinata con altre sue coetanee.
-Non dovresti intrometterti nelle conversazioni altrui.- Risposi abbastanza seccata che un’oca bionda si intromettesse.
Ormai tutti erano sicuri della sua identità e lui non la smentì.
In pochi secondi tutte le ragazze del locale circondarono Joseph e Kid ed io venni spina da parte tra spintoni e graffi.
Mi appoggiai al bancone guardando tutta quella gente coprire i due ragazzi di attenzione.
Non riuscivo a capacitarmi della popolarità di Kid.
Dovevo ammettere che era diventato un bel ragazzo ed era pur sempre il figlio del Sommo Shinigami ma non aveva mai avuto molte ammiratrici per colpa delle sue fissazioni, inoltre frequentavamo spesso quel bar, quasi ogni giorno, e non era mai successa una cosa simile.
Avevo voglia di prendere a calci ogni singola ragazza presente nel locale.
Sospirai mentre pensavo che mancavano 4 ore alla fine del mio turno.
Hanabi entrò poco dopo con la borsa dove teneva la sua divisa.
Appena aprì la porta si guardò introno perplessa poi mi raggiunse scansando, con pochi complimenti, tutte le persone che la intralciavano, lei era fatta così.
-Hei! Sen vuoi vedere Joseph Pendragon non spingere! Arriverà il tuo turno.- Disse una ragazza mentre veniva scansata in malo modo.
Hanabi la fulminò e la povera vipera ne rimase terrorizzata.
-Perché tanto interesse per Kid?- Mi chiese dopo che si fu cambiata.
-Non ne ho idea.- Dissi ancora imbronciata e lei rise.
-Che c’è che ho fatto?- Chiesi ma lei si limitò a rimettersi a ridere.
Mi andai a cambiare, fortunatamente potevo andarmene da quel posto.
Indossavo dei Jeans con dei sandali a lacci panna con tacco alto e una maglia con il simbolo del Sommo Shinigami in basso a destra.
Sebbene avessi cercato di metterci il più possibile a cambiarmi quelle ragazzine non se ne erano ancora andate anzi nel locale c’era sempre più gente, pure i ragazzi erano stati attratti dalla presenza di Joseph Pendragon.
-Allora, HANA IO VADO!- Gridai sopra tutti quegli stupide grida, mi dispiaceva lasciarla là.
-Ok ,e non storpiare il mio nome! Che palle, lui starà qua finché non me ne vado!- Mi gridò di rimando.
Patty se ne era già andata con Blair così uscii e cercai il portafoglio nella borsa.
Lo aprii e lo trovai vuoto, non potevo andare a fare shopping , così mi diressi verso casa stranamente a piedi.
-Liz!- Mi fermai per aspettare Kid che in qualche modo si era liberato.
-Successo, eh?- Gli dissi quando mi raggiunse.
-Successo? Non riesco a capire cosa sia preso a tutta quella gente!- Rispose.
 
(Narratore)
 
Se c’era una cosa che Hanabi odiava era vedere le persone sbavare e diventare delle scimmie senza cervello per la presenza di qualcuno di famoso che neanche conoscevano.
La gente continuava ad entrare ma nessuno più ordinava così diresse sul piccolo palco presente nel locale e prese il microfono dopo aver acceso l’impianto.
-Ascoltate.- Disse con tutta la calma che le era possibile ma nessuno le prestò attenzione.
-Ascoltate!- Nessuno fece caso a lei.
-STATE ZITTI!-Tutti ammutolirono.
-Chi non ordina qualcosa esca di qui, chi non prende da mangiare non avrà un tavolo se rimane tanta gente, se darete tante mance non vi staremo con fiato sul collo per farvi sloggiare. E un’ultima cosa,TORNATE AL LAVORO!-
La gente cominciò subito ad ordinare non volendo perdere la compagnia di Joseph.
Verso le 7 il negozio cominciò a svuotarsi grazie a sollecitamente di Joseph e a quello dello staff.
-Quando ha intenzione di andartene?- Chiese Hanabi al ragazzo.
-Sembri una brava ragazza.- Disse lui.
Lei decise di andarsi a cambiare.
Uscì dallo spogliatoio del personale con un maglioncino nero dismesso ed i pantaloncini della divisa scolastica.
-Nonnino! Ci vediamo.- Disse la ragazza mentre usciva rivolta al suo capo.
-Perché non mi può controllare Hero?- Chiese Hanabi mentre si dirigeva verso casa seguita da Joseph
-Perché tu lo batteresti e non sarebbe oggettivo.- Rispose prontamente il ragazzo.
-Pensi che non batterei anche te? Illuso.-
-E poi volevo allontanarmi un po’ da casa.- Aggiunse lui decidendo di non raccogliere il commento di sfida della ragazza.
-Tua madre?-
-Sta andando fuori di testa, comincia ad odiare anche me. Penso che se non glielo avessi proposto avrebbe trovato un modo per mandarmi via. Hei, perché ne sto parlando con te?-
-Spingo le persone a parlare senza problemi. Ammiri spesso Liz, l’ho notato.-
-Tu eri lì e ti dovevo tenere d’occhio.-
-Certo, certo.- Disse sarcastica.
 
Liz salutò Maka e Soul, Patty fece lo stesso.
Avevano passato il pomeriggio con loro e con Black Star e Tsubaki.
Kid era stato convocato da suo padre per parlare del suo fidanzamento e Patty aveva proposto di uscire con gli altri per tirare la sorella su di morale.
-Non mi piace Kid. Trovo solamente ingiusto che debbano decidere una cosa così importante per lui.-
Aveva detto più volte Liz durante l’andata.
-Sorellona, Kid sarà a casa?- Chiese Patty mentre saltellava intorno alla sorella.
-Non ne ho idea.- Disse mentre tornava di pessimo umore.
-Perché non vai da Hanabi?- Chiese l’altra cercando di distrarre la sorella.
-Sta lavorando.-
-Vai da Hero.-
-Anche lui lavora.-
Patty smise di saltellare mentre cercava una soluzione all’umore della sorella.
Si fermò davanti a lei costringendola a fermarsi di colpo e poi l’abbracciò affondando il viso nel suo seno.
Liz contraccambiò l’abbraccio automaticamente sorpresa da quel gesto improvviso.
-Non decideranno niente.- Disse Patty.
-Ma di cosa stai parlando?- Chiese Liz ma Patty non gli rispose.
-Ok, andrò da Hanabi così tu potrai telefonare a Ren tranquillamente.-
Patty alzò lo sguardo e vide la sorella sorridere, allora si staccò, ricambiò il sorriso e con una piccola giravolta su un piede si voltò e si diresse verso casa saltellando.
L’altra, invece, si diresse verso il bar doveva lavorava Hanabi.
Quando arrivò il bar era pieno a causa della presenza di Joseph.
Decise di entrare solo per salutare l’amica e poi andarsene, così si fece strada tra la calca dei clienti ed arrivò al bancone.
Appena Hanabi la notò fu subito da lei.
-Che ci fai qua?-
-Avevo pensato di farti compagnia ma questo posto è davvero pieno.- Rispose.
-E’ colpa del mio sorvegliante.- Disse la rossa roteando gli occhi e poi indicandolo al bancone seduto poco distante da loro.
Il 20enne era seduto con una birra in mano e stava parlando con tre ragazze che continuavano a sorridere e a ridere ad ogni sua parola.
-La sua popolarità non sembra diminuita.-
-Dopo una settimana sarebbe anche ora.- Sbuffò Hanabi.
Il lavoro era aumentato nel locale per la continua presenza di una celebrità.
Ma non era quello che infastidiva la strega, lei non sopportava la continua presenza di Joseph nel locale o semplicemente il suo fare da segugio nei suoi confronti.
l’accompagnava a scuola e la tornava a prendere e poi restava alle sue costole fino alle 10 di sera.
Lo aveva già mandato a quel paese ormai 5 volte solo quel giorno.
-Senti, non puoi portarlo a fare un giro?-
-Fare un giro? Non è mica un cane!-
Lo sguardo di Hanabi si raffreddò per un attimo nell’udire quell’ultima parola, il ricordo di Asky era troppo vivo sulla sua pelle.
-Almeno vacci a parlare e metti una buona parola per me, magari mi allenta il collare.-
-Si dice guinzaglio.-
-I detti non sono il mio forte, bionda. Forza vai a parlare con lui così non avrò il suo sguardo addosso tutto il tempo come adesso.- Sospirò la rossa.
Uscì da dietro al bancone e spinse l’amica verso il rampollo Pendragon.
Le tre ragazze che ridevano con lui se ne andarono inviperite ma allo stesso tempo terrorizzate  dallo sguardo della strega.
-Ciao Elizabeth.- Disse il ragazzo sorridendo.
-Chiamala Liz. Vi conoscete già, no?-  Gli disse Hanabi sapendo quanto dolore provocasse all’amica il suono di quel nome.
-Chiamami Liz.- Concordò la ragazza.
-Io tornò a lavorare.- Annunciò Hanabi e si allontanò in fretta sollevata che Joseph non la seguisse più con lo sguardo perché completamente preso dall’amica.
-Hanabi è una brava ragazza.- Si affrettò a dire Liz trovandosi improvvisamente senza niente da dire.
-E io che pensavo fossi venuta a salutarmi di tua spontanea volontà.- Sospirò Joseph mentre appoggiava la birra ormai vuota sul bancone.
Subito una cameriera glie ne portò un’altra in gran fretta.
-Servito e riverito.- Commentò Liz.
-Ti stupiresti di quante cose gratis si offrano alle persone ricche.- Gli rispose lui.
Liz si diede un occhiata intorno, non sapeva cosa dire così sperava che fosse lui a iniziare un qualsiasi discorso.
Non gli era mai capitato di sentirsi così in imbarazzo perché non riusciva a parlare, anzi da quanto ricordava non gli era mai successo di non avere niente da dire.
Gli sembrava che ogni volta che vedeva quel ragazzo la sua testa si svuotasse completamente lasciandola al buio.
Joseph, al contrario di lei, non mostrava imbarazzo per quel silenzio prolungato.
-Hanabi è una brava ragazza, comunque.- Disse di nuovo lei interrompendo il silenzio.
-Te lo ha chiesto lei di dirmelo?-
-Ma cosa vai a pensare? Non gliene frega niente di cosa pensi di lei.-
-A no?-
- Ti sembra una a cui freghi qualcosa?-
Joseph rimase per un attimo in silenzio continuando a guardare Liz negli occhi.
-Non credo.- Disse infine.
-Vuoi qualcosa da bere? Pago io.-
Liz annuì ed ordinò un tè freddo.
Stanca di stare in piedi si sedette di fronte a Joseph su uno sgabello.
Nei pochi secondi mentre aspettavano la sua ordinazione non dissero niente.
-Fino a che ora rimani?- Chiese lui dopo che il tè fu arrivato alla ragazza.
-Non lo so e tu?-
-Fino a che Hanabi non finisce.-
-Non ti sembra di essere uno stolker?-
-No, sto svolgendo il mio compito.-
-Hanabi non ha bisogno di un sorvegliante. Ha dimostrato la sua leatà. Perchè voi non le credete?-
-E’ una strega e questo la rende...-
-Pericolosa?-
Lui sospirò come rassegnato.
-Imprevedibile. E’ come una bomba ad orologeria ma non conosciamo il tempo che abbiamo prima che esploda. Potrebbe avvenire in questo momento, tra un’ora, dei giorni, mesi, anni o potrebbe non avvenire ma non lo sappiamo. Ne la mia famiglia ne la Shibusen hanno mai avuto le streghe come alleate, le conosciamo solamente con il ruolo di nemiche e abbiamo imparato a calcolare i loro comportamenti in quell’ambito. Non abbiamo idea se loro possono collaborare con noi senza tramare qualcosa o come si comporterebbero e questo rende Hanabi imprevedibile e quindi probabilmente pericolosa.-
Il ragionamento che il ragazzo aveva esposto non era stupido.
Probabilmente anche Liz avrebbe considerato Hanabi una minaccia se non l’avesse conosciuta prima di sapere la sua vera identità.
Armi e maestri d’armi avevano forti pregiudizi contro le streghe come loro li avevano sulla Shibusen ed i Pendragon.
Secoli di “cacce” avevano aperto una crepa, una voragine, che non si poteva richiudere con una parola gentile ed una stretta di mano, anzi parole gentili e strette di mano erano un traguardo fin troppo arduo da raggiungere.
-Grazie per il tè.- Disse la ragazza alzandosi.
-Ho detto qualcosa di male? Non lo hai nemmeno bevuto.- Anche lui si alzò.
-Non hai detto nulla di male ma qua dentro mi manca l’aria.- Disse lei sinceramente.
-In effetti è un po’ affollato.-
-Ci vediamo.- Disse la ragazza sorridendo.
-Aspetta. Ti accompagno a casa.-
-Non ho bisogno di un cavaliere al mio fianco.-
-Non fa mai male averne uno.- Rispose lui facendola ridere.
-Guarda che io non sono una povera principessa impaurita dalle strade buie.-
-Lo so. Ma penso che dato che sei stata così maleducata da non bere il tè mi devi concedere di accompagnarti a casa.-
-Se è per il tè non lo hai neanche pagato alla fine. Ma se proprio vuoi va bene. Infondo che vuoi che sia fare una passeggiata insieme?-
Uscirono dal locale e si diressero verso il centro della città.
Il sole stava tramontando ed i lampioni si sarebbero accesi di li a poco.
Con passo lento camminavano l’uno di fianco all’altra.
-Mi sembri un po’ giù, oggi.- Gli disse il ragazzo Pendragon.
Lei non rispose subito, come indecisa se dare una risposta diretta o cambiare argomento.
-Cosa ne pensi dei matrimoni combinati?- Chiese.
I rami degli alberi ormai con i primi boccioli cominciarono a muoversi a causa della brezza fredda che colpì anche i capelli della ragazza.
-Non ho un opinione a riguardo.-
Mentì lui, ma lei non poteva sapere cosa in realtà pensasse.
-Nella vostra famiglia ci sono?-
-Certo, in alcuni rami della famiglia.-
Non volendo continuare il discorso lui decise di cambiare argomento.
-Ho sempre pensato che questo sole sia molto brutto.-Disse.
Il grande sole giallo che risplendeva, sembrava fatto di terra cotta, i suoi occhi erano sul punto di chiudersi mentre la sua bocca era aperta in un perenne sbadiglio che mostrava i denti bianchi su in baratro nero.
-Io l’ho sempre trovato tremendamente buffo, soprattutto in queste ore.-
Andando avanti la conversazione divenne sempre più semplice da continuare, entrambi erano più sciolti e sollevati nel trovare argomenti comuni ci cui parlare e discutere.
Gli imbarazzi iniziali erano quasi completamente spariti e per Liz parlare divenne molto più semplice come se fosse con un amico e non solo un conoscente.
Si salutarono ai cancelli della villa dello shinigami.
Kid stava arrivando proprio in quel momento e vendendola gli andò incontro con un grande sorriso stampato in volto, la salutò con entusiasmo.
Poi, improvvisamente, sembrò accorgersi della presenza di Joseph ed il suo atteggiamento cambiò radicalmente.Tutto il suo entusiasmo si spense mentre rivolgeva uno sguardo ostile all’altro ragazzo che ricambiò nello stesso modo.
-Stai uscendo?- Chiese poi rivolto a Liz.
-No, stavo entrando.- Rispose lei sorpresa dal suo tono.
-Allora entriamo, qua fuori si congela.-
La prese per mano e le fece fare qualche passo nella direzione del cancello aperto.
Joseph l’afferrò per l’altra mano e lei si ritrovò tra i due che si guardavano in cagnesco.
Liz ebbe la terribile sensazione che avrebbero cominciato a tirarla da entrambe le direzioni ma non lo fecero.
-Aspetta un attimo.- Disse Joseph guardando Liz ma in realtà si riferiva allo shinigami che gli stava portando via la ragazza.
-Sabato sera ti va di uscire? Hanabi se la può cavare per una sera.- Sorrise nel tentativo di invogliare la ragazza ad accettare.
Lo shinigami invece passava i suoi occhi color dell’oro fuso sulla schiena della ragazza che se ne stava rivolta verso l’altro.
-Come? Cioè credo di si...se a Kid va bene.- Lei si voltò in preda al panico verso di lui come per avere una conferma.
Lui le lasciò la mano.
-Puoi fare quello che vuoi.-
Disse con tono freddo e distaccato prima di entrare nel cortile della villa e percorrere velocemente il cortile.
-Allora passo sabato sera.- Gli disse Joseph lasciandogli la mano e andandosene.
Lei rimase ferma per qualche secondo poi corse dietro a Kid chiamandolo ma lui non si fermò e per poco non gli chiuse la porta in faccia.
-Che ti prende!?- Chiese mentre chiudeva la porta dietro di se.
-Niente.-
Lei sbuffò sonoramente.
-Pensi che non ti conosca, shinigami viziato? Perché prima eri così felice e adesso sei così?-
-Divertiti sabato.-Iniziò a fare le scale verso la sua camera.
-Non dirmi che sei geloso!?-
Lui si fermò di colpo ma decise di non girarsi per non fargli vedere il suo volto che stava andando in fiamme.
-Certo che no. Ma è un Pendragon.-
-Anche Hero lo è e non hai mai avuto tutti questi problemi con lui! Neanche quando stava con me!-
-Tu non hai idea...- Kid si fermò di colpo senza concludere la frase che aleggiò per qualche secondo in aria.
-Non ho idea di cosa?- Chiese titubante lei.
-Niente.- Rispose lui e salì le scale senza più ascoltare le domande della ragazza.

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Capitolo 8
*** La camelia ***


 LA CAMELIA E LA ROSA

 
Black Star Tsubaki, Hanabi e Joseph erano su un treno diretto al luogo dove si sarebbe tenuta la loro missione.
Hero non aveva potuto partecipare perché aveva perso un’altra volta i sensi qualche giorno prima ma la strega aveva insistito comunque per potervi andare in quanto aveva bisogno di combattere per distendere i nervi.
Joseph l’aveva seguita in quanto era la prima volta che l’avrebbe vista in azione e voleva riportare ciò che sarebbe successo al meglio.
Black Star e Tsubaki se erano aggregati perché anche la loro missione si svolgeva nello stesso luogo.
-Yahooo! La prima classe è uno sballo!- Gridò il ragazzo dai capelli azzurri.
Il ragazzo che si credeva un dio si unì ad Hanabi nel mangiare l’immenso buffè che era stato predisposto nel vagone adibito per il loro viaggio ma vi era una netta differenza tra i due, anche se entrambi sembravano due buchi senza fondo, nel loro atteggiamento, nel loro modo di porsi anche solo per ingurgitare enormi quantità di cibo.
-Scusali entrambi, sono dei bravi ragazzi.- Si scusò Tsubaki per loro.
Il suo nome significava camelia e proprio come quel fiore era una ragazza gentile ma forte.
Proveniva dalla famiglia Nakatsukasa, una delle famiglie di armi più forte esistenti che erano stata creata, in origine 800 anni prima, dalla strega Aracne Gorgon.
Anche se non era la primogenita il potere della trasformazione in diversi tipi di armi era stata ereditata da lei invece che da suo fratello.
-L’importante è che non distruggano tutto.- Disse Joseph che era seduto di fronte a lei.
Lei rise nervosamente, conosceva bene il suo partner per sapere che difficilmente non avrebbe trovato un modo per distruggere tutto.
-Tranquilla Tsubaki, questa roba è stata messa qui per essere mangiata e comunque non siamo così maneschi da metterci a combattere dentro ad un treno.- La rassicurò Hanabi.
-Ti sfido!- Iniziò Black Star puntando il dito contro Joseph.
-Io sono l’uomo che supererà gli idei!- Gridò già eccitato per la sfida che aveva appena lanciato.
-Siamo in un treno.- Fu la risposta del rampollo Pendragon.
-Siamo quasi arrivati.- Disse Tsubaki prima che il suo master facesse qualche casino, ma questo non bastò a calmarlo, troppo cocciuto per potersi farsi distrarre da un pretesto così noioso per lui.
Black Star era un ragazzo molto ambizioso e proveniva dal clan della stella.
Un clan di aspiranti kishin che era stato sterminato dal Sommo Shinigami, essendo ancora in fasce quando il fatto era avvenuto venne accolto dalla Shibusen senza pregiudizi e lui si era sempre adoperato per diventare il migliore.
Non portava rancori verso la scuola di maestri d’armi e armi, sapeva che ciò che i suoi genitori, il suo clan, stavano facendo era sbagliato, avevano ucciso molte persone per soldi, si diceva che avrebbero commesso qualsiasi crimine per soldi, inseguendo il potere.
Indipendentemente dalle sue origini lui era un bravo ragazzo con forti principi ed un obbiettivo ben preciso : superare gli idei, il Sommo Shinigami.
Con ferma determinazione si era sottoposto tanto rigidi da consentirgli di eguagliare le capacità di Kid.
Black Star aveva preso dal suo clan, oltre alla stella tatuata sulla spalla, una spiccata dote per il combattimento, una facilità nel combattere che pochi avevano combinando vari stili di lotta.
-Per me hai solo paura!- Disse al ragazzo Pendragon.
-Quando torniamo non avrò problemi ad accettare questa sfida, ma ora che siamo su un treno non credi che distruggeremo tutto?- Gli fece notare Joseph.
Black Star sembrò valutare la situazione per qualche secondo prima di dare ragione al rampollo.
 
-Non è stupenda Roma, Black Star?- Esclamò Tsubaki con gli occhi luccicanti mentre ammirava il Colosseo, sebbene lei e Black Star avessero intrapreso diverse missioni contro una famiglia mafiosa di uova di kishin in Italia non erano mai stati a Roma.
Dopo questa esclamazione Black Star e Tsubaki lasciarono soli i due ragazzi per adempiere alla loro missione.
-Ehy,tu!- Disse la strega rivolta a Joseph -Com’è possibile che siamo arrivati in treno?-
- I Pendragon hanno costruito questo treno sull’oceano secoli fa, è un nostro mezzo personale che la Shibusen non è mai riuscita ad eguagliare, tecnologia troppo complessa.-
-Smettila di vantarti!-
Lui si sedette in una panchina di fianco a lei, dovevano aspettare l’arma di Joseph che sarebbe arrivata con un altro treno, avevano una buona mezz’ora davanti da passare insieme.
Il ragazzo pensava di sfruttare quel tempo parlando con la ragazza e così conoscerla e capire cosa pensava, anche se le altre volte che ci aveva provato non era riuscito ad arrivare a nessuna conclusione.
-Senti.- Iniziò, ma la ragazza non rispose.
Si voltò per guardarla, lei aveva gli occhi chiusi, la testa abbandonata di lato, stava dormendo.
Lui rimase sorpreso dal suo comportamento, Hero gli aveva detto che Hanabi aveva la capacità di potersi addormentare dovunque e in qualsiasi momento.
La chiamò cercando di svegliarla ma lei restò nel limbo del sonno.
Hanabi si destò una mezz’ora più tardi quando le campane del campanile risuonarono.
-Finalmente.- Gli disse Joseph irritato.
-Ti sei annoiato ad aspettare da solo?- Gli chiese lei sarcasticamente.
Il ragazzo si limitò a fulminarla mentre lei tratteneva una risata.
-Ll’anima delle persone cambia davvero a seconda di quel battesimo?-
-Cosa?- Chiese preso alla sprovvista.- Volevo dire no. Diciamo che è una specie di preveggenza che fin’ora non ha mai fallito. Acqua bianca possibilità di avere un’anima forte antidemone, acqua nera possibilità di maneggiare la katana, acqua normale anima normale ed entrambe le acque follia. E’ come uno sguardo nel futuro e dato che il futuro è imprevedibile potrebbe anche non succedere.-
-Hero non aveva traccia di follia fino ad ora.-
-Ma adesso è sua compagna, come era stato previsto. E’ strano vedere una strega preoccupata per qualcuno.- Cambiò argomento lui.
-Noi non siamo dei mostri senza cuore, posso lasciarti dire che siamo assetate di potere e di sapere ma abbiamo dei sentimenti, la maggior parte. E poi, anche se tu continui a non credermi, ci tengo ad Hero ed agli altri ragazzi. A te no, ma non ti posso lasciar morire o il master ammazzerebbe me.- Alla fine non aveva svelato niente di se, come sempre.
-Lasciarmi morire?- Chiese lui incredulo ma la strega non lo stava più ascoltando.
Hanabi stava guardando una sagoma che stava venendo verso di loro.
Era una bambina, doveva avere al massimo 11 anni, bionda, occhi scuri e magra.
Prima di arrivare da loro inciampò sul niente e cadde distesa a terra.
Hanabi scoppiò a ridere mentre la piccola si alzava rossa per l’imbarazzo e con le lacrime agli occhi probabilmente per il colpo che ave preso e ferita dal comportamento della strega.
-Devi stare più attenta Angelline.- Gli disse Joseph.
lei annuì diventando ancora più rossa, asciugandosi le lacrime.
-Io sono Hanabi.- Si presentò la rossa.
-Lei è Angelina Heartfire, membro di una casata sotto i Pendragon. Sebbene abbia solo 12 anni è un’ottima arma.- La presentò Joseph con orgoglio.
-Non ho chiesto a te come si chiamava. Sei un’arma da fuoco giusto?-
-Come fai a saperlo?-
-La tua famiglia è famosa per le armi da fuoco e lui, a sentire Maka, ha un’anima potente ed un catalizzatore è l’arma migliore per tipi come lui.-
-Sono qui per sostituire mia sorella, lei è molto più forte di me ma sta male.-
Hanabi si alzò di scatto.
-Sento l’anima di una strega.- disse Angeline in preda al panico.
Hanabi si diresse subito verso il Colosseo da dove aveva sentito i colpi di un combattimento.
Black  stava già combattendo contro tre avversari contemporaneamente, quello scontro non era previsto dalla missione che aveva già portato a termine.Subito si unirono a lui.
Hanabi riuscì a catturare l’attenzione dell’unica donna presente nel gruppo avversario e finirono fuori dal Colosseo mentre altre due uova di kishin si univano al combattimento contro Joseph e Black Star.
Le due si fermarono a due metri di distanza.
L’arma di lei diventò un buffo cane scodinzolante.
-Da quando hai tu il ragazzo cane?- Gli chiese Hanabi mentre un piccolo ghigno si formava sul suo volto.
-Da quando me lo sono presa.- Rispose pulendosi i vestiti dalla polvere la donna.
-Perché li hai attaccati?-
-Seguo degli ordini.-
Si squadrarono per qualche secondo senza dire una parola..
-Presumo che tu non possa dirmi che ti ha dato questi ordini.- Hanabi non riusciva a capire che intenzioni avesse la donna ma decise che non dovevano interessargli finché non interferivano con i suoi piani.
-No.- Rispose lei semplicemente.
-Dove?-
-Alla villa bianca, sono tre. 1 una bara, 2 una pianta blu, 3 nel camino rosso.-
Il cane si avvicinò alla ragazza che gli legò una moneta d’oro al collare.
Si separarono ed Hanabi tornò dagli altri dicendo che la strega era riuscita a scappare.
Pure le uova di kishin si erano ritirate ed ora erano rimasti soli.
Angeline era la centro del Colosseo che ruotava su se stessa mentre loro discutevano dell’accaduto.
-Hei Joseph! Sono gladiatore!- Disse ridendo, sembrava davvero una bambina innocente, una che non aveva mai visto il campo di battaglia.
Tutti avevano abbassato la guardia e nessuno si mosse quando Angeline venne bloccata da qualcuno che doveva essere morto.
-Mi dispiace rossa ma sei stata troppo lenta.- Disse ad Hanabi che era a pochi passi da lui mentre gli altri erano molto più lontani, lei era riuscita a vedere la comparsa dell’individuo prima degli altri ma comunque troppo tardi, troppo lenta.
-Ora mi darete ciò che voglio.- Angeline urlò per il terrore ed il dolore, i suoi occhi erano pieni di paura e cominciavano a riempirsi di lacrime.
-Lasciala!- gridò Hanabi me non muovendosi.
-Quando mi darete ciò che voglio. Io voglio la ragazza dai capelli neri.-
-Cosa? Tsubaki è la mia arma, se la vuoi dovrai battersi con me!- grido Black Star che già cominciava a non poterne più di starsene fermò.
Fece un passo in direzione del nemico ed Angeline gridò di nuovo per il dolore.
-Perché vuoi Tsubaki? Prendi me, a Lily servo più io, cosa c'entra lei?- chiese Hanabi con voce gentile come quando si parla a un bambino.
-Tu sarai nel posto giusto al momento giusto...così dice lei. Ora datemi la camelia.-
Angeline gridò e impallidì sul l' orlo dello svenimento, ormai non riusciva più a trattenere le lacrime ed era pallida, Hanabi non aveva mai visto nessuno esserlo così tanto.
-Pensaci bene, io sono più utile. Prendi me, non cercherò di scappare.-
-Pensi che mi convincerai? Io voglio lei e se non verrà questa insulsa 12enne morirà qui. La sua anima scoppierà.-
Angelina urlò di nuovo, un urlò che gli morì in gola mentre brividi continuavano a percorrerla e respirava sempre più affannosamente.
-Non ti lascerò Tsubaki!- Gridò Black Star ma la ragazza dai capelli neri gli fece cenno di smettere.
-Se verrò mi ucciderai?- Lui scosse la testa.
-Non puoi prendere in considerazione una cosa del genere.- disse Hanabi avvicinandosi a lei.
-Non ti preoccupare, Black Star verrà a prendermi.- sussurrò.
-Verrò con te!- sorrise con le lacrime agli occhi al suo carceriere.
-TSUBAKI! FERMATI! FERMATI!TORNA DA ME!-
Lei si mise a correre mentre il ragazzo dai capelli azzurri cercava di raggiungerla e portarla indietro.
Angeline urlò e cominciò a contorcersi e lui dovette fermarsi.
Appena colui che doveva essere morto lasciò la ragazzina e afferrò l'altra Black Star impugnò Hanabi ed insieme a Joseph partirono alla carica ma al terreno si aprì sotto i loro piedi e mentre delle mani di pietra cercavano di afferrarli gli altri due vennero inghiottiti e portati via.
Black Star dovette lasciare Hanabi, maneggiarla gli aveva procurato delle scottature nei palmi delle mani, le bande che li ricoprivano erano bruciate in un istante.

Stavano camminando verso la stazione Pendragon.
Joseph portava Angeline sulle spalle con fare fraterno, si vedeva che si sentiva in colpa per averla esposta ad un rischio del genere, ma nessuno pensava potesse succedere una cosa del genere.
-Mi dispiace Black Star.- Disse Hanabi al master.
Si trovavano alcuni metri più indietro del rampollo.
Black Star non disse niente.
-La riporteremo io indietro.- disse Hanabi e poi aggiunse sotto voce avvicinandosi a lui per precauzione.
 -Userò i mie contatti tra le streghe, in poco più di una settimana sapremo dov'è. Lei mi ha detto che tu l'avresti salvata, per questo non ha esitato.-
-È coraggiosa, non avrebbe mai esitato. Ora capisco come si sentiva Hero. Stai certa che la salverò e ti terrò lontano quello così che tu possa fare tutto più veloce.-Disse dando un’occhiata a Joseph.
-Mi avevano sempre detto che eri stupido ma non è così. Però prima ho un'altra cosa.-
-Un' altra cosa!- lei gli tirò una colpo sulla testa tanto forte da farlo quasi cadere.
-Ora ti spiego e forse riuscirò ad avere le informazioni per la camelia ancora più velocemente. Ci servirà l'aiuto dell' Angelo.-
-L’angelo? Chi è l’angelo?- Chiese Black Star confuso.
-Giusto, non puoi capire. E’ Kim, veniva chiamata la strega angelo per i suoi poteri di guarigione.-
-E a cosa ci serve?- Chiese il ragazzo ancora più confuso.
-Per l’altra cosa, ma ti spiegherò un’altra volta un’altra bionda sta arrivando.- Gli disse la strega.
La ragazza bionda doveva avere la stessa età di Joseph, cioè 22 anni.
Aveva lunghi capelli color del grano e ondulati, grandi occhi color del caramello e forme sinuose.
Quando la ragazza bionda arrivò da loro notarono subito che aveva l’influenza dagli occhi lucidi e dal suo pallore quasi cadaverico.
-Come sta?- Chiese a Joseph riferendosi ad Angeline.
-E sola svenuta, ho collegato la mia anima alla sua così da stabilizzarla come mi hai detto te.-
-Ok.- Si volse verso Black Star e Hanabi e li aspettò dato che erano più indietro.
-Angeline è mia sorella. Io sono Evangeline  Heartfire. Vi sono grata per averla salvata. Ho saputo che una ragazza in particolare è stata a salvarla e per questo è stata rapita.  Sono a vostra disposizione per qualsiasi cosa vi serva per andarla a salvare. Voglio ringraziarla di persona, grazie a lei non ho perso un’altra sorella. Potete contare anche su Joseph ovviamente.-
-Non so quanto mi possa fidare di lui.- Gli disse Hanabi.
-Ci tiene alla famiglia, è preoccupato per Hero, non escluderlo.-
-Evangeline smettila di fraternizzare con la strega.- Gli disse Joseph.
-IO non fraternizzo, faccio amicizia.- Rispose lei rivolgendogli un’occhiataccia.
-Come mai non hai la tua divisa?- Gli chiese il Pendragon.
-Sono in malattia, posso fare a meno di indossarla e poi sarei così scoperta che riuscirei a prendermi una polmonite se la mettessi.- Gli rispose prima di un attacco di tosse che sembrò quasi ucciderla.
 
La povera camelia era sdraiata su un letto scomodo sopra a delle coperte sudice.
Tsubaki non aveva osato chiudere occhio così si era limitata a rannicchiarsi ed ad aspettare.
All’altro capo della stanza c’era un fuoco scoppiettante ma lei continuava ad avere freddo.
Così si alzò e si avvinò al piccolo focolare nel tentativo di riscaldarsi.
Esausta si sedette davanti, non si sentiva bene, era priva di forze.
La porta si aprì cigolando in quella stanza lugubre.
-Ti ho portati il pranzo.- Disse il ragazzo, il suo rapitore.-Ecco, te lo lascio qua.-
-Aspetta. Perché...Perchè mi avete portati qui? Hanabi si era offerta.- Chiese, non avrebbe mai voluto che Hanabi venisse rapita al posto suo ma non c’era logica in ciò che aveva fatto il ragazzo.
-Mai fidarsi di una strega. Lei avrebbe creato troppi problemi, avrebbe bruciato tutto e sarebbe scappata. Ma non ti preoccupare, farò in modo che non ti accada niente.-
Gli occhi della ragazza diventarono lucidi e cominciò a piangere, affondò il suo viso arrossato nelle mani.
Continuò a piangere, era già angosciata nel dover dare così tanti pensieri a Black Star.
-Non piangere, che ti prende?- Chiese lui in imbarazzo, un’altra cosa illogica.
-Io speravo che mi avreste obbligato ad unirmi a voi, io speravo di non essere un’esca, io speravo di servirvi a qualcosa, a qualche sconosciuto motivo.-
-Non morirai.-
-E mi dovrei sentire sollevata?  Io non volevo essere un’esca. Non potrei mai vivere con un peso del genere. Nessuno dovrebbe morire, per questo sono venuta, per salvare quella ragazza di cui non so’ il nome. Hanabi e Black sono brave persone, rischiano la vita per chiunque ed io non voglio essere da meno.-
Si alzò mentre il suo viso impallidiva.
La sua mano si trasformò in un piccone molto affilato e lucido, cercò di colpire il ragazzo.
Lui gli afferrò il braccio e lei lo colpì con un calcio ma lui non fece un passo indietro e le forze della ragazza vennero meno.
-Perché ti ostini a combattere se non hai vie di scampo, oltretutto sei pure malata.-
-Io preferisco morire che provocare la morte di qualcuno.-
-Sei davvero strana.- La prese in braccio e la portò un’altra stanza, di fianco alla sua.
La fece distendere sul letto e lei si addormento in mezzo a lenzuola di seta e cuscini di piuma d’oca.
Quando lei si svegliò il giorno seguente rimase sorpresa dalla magnificenza della stanza dove stava dormendo e quando vide il ragazzo appisolato su una poltrona ne fu ancora più sconcertata, non capiva cosa era successo, cosa stava succedendo.
Lui aprì gli occhi appena lei cercò di mettersi seduta destato dal suo movimento
-Sei stato gentile. Grazie.- Gli disse, la sua anima gentile prevaleva sempre in qualche modo, anche con il suo rapitore.
-Ti ho rapita e reso un’esca ed ancora mi ringrazi?- Chiese lui completamente sconcertato dal comportamento di quella ragazza.
-Non capisco perché tu lo abbia fatto ma ti sei preso cura di me.-
-Ti avevo detto che non ti sarebbe successo niente.-
-Ma perché lo fai?-
-Non mi sono mai interessato a niente, ho sempre pensato solo alla mia vita. Ma c’è qualcosa in te che ha risvegliato il mio cuore, il mio interesse e non dovrebbe succedere. Voglio vedere cosa può capitarmi standoti vicino.- Fu la sua risposta.
- Come ti chiami?-
-Joshua.-
-Tsubaki.-
Lui uscì per andare a prendere la colazione
Lei stava già pensando ai suoi amici e a un modo per scappare.
Non capiva perché fosse un’esca dato che Hanabi si era proposta di andare con loro.
Non capiva perché era trattata così bene, tutto quello che stava succedendo non aveva nessuna logica.

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Capitolo 9
*** Corsa ***


CORSA

 

-Stai spesso con Black Stra.- Gli fece notare Hero con una punta di gelosia che lei non notò o decise di ignorare volontariamente.
-Su su, tornate a letto. Stein ha detto che stai migliorando, ma devi dormire un po’.- Gli disse lei sorridendogli con una piccola nota di derisine del tutto involontaria.
-Fanculo!- Disse sbattendo la porta della sua camera.
-Fottiti, una cerca di essere gentile.- borbottò lei mentre usciva.
Incontrò Black fuori di casa. Si diedero il cinque per salutarsi, una sorta di rituale che aveva sviluppato negli ultimi tempi.

-Shinigami ha detto che non puoi andare in missione, continui ad incontrare streghe ogni volta.- -Stupido dio. Dobbiamo andare, Hero non sta migliorando e anche se gli dicessi che c’è una possibilità per salvarlo e mi viene data da una strega direbbe che è una trappola. Forza, andiamo da Kim.- sospirò lei.
I due incontrarono l’altra strega al bar dove lavorava Hanabi.
Iniziò un’animata discussione tra l’angelo ed il maestro d’armi poi Hanabi si intromise e Kim accettò la loro proposta ed uscirono dal locale, convincere la strega aveva richiesto più tempo del previsto.
-Sta arrivando.- Disse Hanabi a Black Star riferendosi al maggiore dei rampolli Pendragon che si stava dirigendo nella loro direzione a passo lento.
-Liz l’ha tenuto impegnato per un po’.- Commentò Black Star con una nota di malizia inopportuna ma che fece sorridere la strega.-Andiamo ad allenarci?- chiese poi ad Hanabi.
-No, ho un brutto presentimento, torno a casa.- Gli rispose lei.
Si salutarono.
Lei cominciò a camminare sempre più velocemente verso casa con una morsa allo stomaco, quella brutta sensazione stava crescendo.

Joseph la raggiunse.
-Volevi seminarvi.- Gli chiese scontroso.
-Ho un brutto presentimento riguardo tuo fratello.- Gli rispose lei.
-Pensi che stia male?- Ora tutti e due stavano correndo, quando si trattava di Hero nessuno dei due aveva tempo per battibecchi ed antipatie.
-Non lo so. Io non mi fido di te. Ma al momento giusto Evangelinne ti spiegherà una cosa.-
-Di che parli?- Chiese lui confuso.
Hanabi spalancò la porta dell’appartamento senza dare risposta.
Hero si voltò distogliendo il suo sguardo da un quaderno che aveva in mano.
 -Perché hai quella faccia.- Gli chiese alzandosi dal divano preoccupato.
-Pensavo...per fortuna...Hero!-
Il ragazzo cominciò a tremare ed ad impallidire.
Il quaderno cadde a terra mentre lui perdeva la forza di reggersi in piedi.
Cadde in ginocchio e cominciò a tossire, tossire sangue, sangue nero.
Hanabi gli si avvicinò appena ebbe mandato un messaggio.
Joseph entrò in quel momento, era rimasto indietro la ragazza era veloce lui era inciampato in una buca, cosa molto strana perché l’aveva vista solo all’ultimo e avrebbe potuto giurare che qualche istante prima non c’era.
-Che è successo?!- Chiese preoccupato per il fratello.
-Sbrigati a chiamare qualcuno!- Lui annuì e corse fuori andando a sbattere contro una ragazza.
-Elizabeth...-
-Chiamami Liz. Che succede?- Chiese la ragazza perfettamente immedesimata nella sua recita.
-Hero sta male, sto andando a chiamare aiuto.-
-Allora vai, non fermarti a parlare con me.-
-Certo.- Disse ma per un secondo non si mosse.
-Smettila di guardarmi come se ti stessi innamorando di me, vai!-
-Io non posso innamorarmi.- Disse Joseph mentre correva via.
Lei si girò per vedere Kid avvicinarsi.
-Io...- iniziò a dire, sperando solo che non l’avesse sentita.
-Andiamo?- Si intromise Black che era appena arrivato con Kim.
-Si, dobbiamo sbrigarci.- Disse Hanabi mentre usciva cercando di tenere Hero sulle spalle.
Quando Soul e Maka arrivarono con il furgone tutti vi salirono ed uscirono dalla città velocemente dato che erano già in periferia. Liz era al volante, metteva a frutto le sue abilità nella guida che aveva esercitato principalmente in auto rubate e spesso in fuga dalla polizia.
-Attivazione propulsori.-
-Fatto sorellona.-
Così partirono verso la villa bianca per salvare Hero e Tsubaki.
Ci vollero tre giorni per arrivare in Inghilterra.
Liz, Hanabi e Soul si erano dati il cambio parecchie volte quando la strega fermò il furgone in mezzo ad un bosco.
Lei li condusse attraverso la boscaglia a piedi, il furgone era troppo ingombrante per poter farsi largo su quel terreno.
Poco dopo si trovarono alle sponde di un lago nero e placido alla destra del quale, in lontananza, si vedeva una villa bianca, un bianco acceso che quasi feriva gli occhi, un punto di luce rispetto al paesaggio tetro che lo circondava.
-Cos’è? E’ tutto così triste e cupo.- Disse Maka riferendosi alla cupa distesa d’acqua.
-E’ una tomba.- Rispose Hanabi mentre riprendeva il cammino, si era fermata solo un attimo per guardare in lontananza quella che era stata la sua casa.
Man mano che si avvicinavano alla costruzione notarono che era in uno stato di decadenza.
Ma non si poteva dire una cosa simile per il giardino e il giardino inglese inglese che erano perfettamente curati come se qualcuno si prendesse cura di loro.
Entrarono nella villa dalla veranda ed Black Star e Kid sistemarono Hero su un divano ormai logoro e pieno di polvere..
-Io andrò al lago, voi cercate le ortensie, dovrebbero essere dall’altra parte della villa, ed il camino rosso.- Iniziò Hanabi prendendo in mano la situazione, non c’era tempo da perdere.
-Black , Patty, voi dovete cercare un foglio di pergamena, potrebbe essere tra i fiori e nei camini ma non nel lago, ma potrebbe essere ovunque.- Si divisero e se ne andarono, Hanabi fu l’ultima a lasciare Hero nelle mani dell’angelo.
-Hanabi!- La chiamò Kim prima di veder sparire la ragazza oltre la porta a vetri.
-Non so per quanto resisterà, dovete fare in fretta.-
-Non ti preoccupare. Questa volta tocca a me salvarlo e non fallirò.-Disse, poi si diresse verso il lago.
Arrivò su quelle scure sponde con una stretta al cuore, non sapeva perché aveva deciso di farsi quello o meglio lo sapeva perfettamente.
Quella era la tomba di molte streghe, i loro corpi  potevano non essere materialmente lì ma non per questo quel luogo era meno carico di significato per lei, e per gli spiriti che vi avevano trovato pace.
Non poteva permettere agli altri di profana qualcosa che apparteneva solo alle streghe, era il loro posto dove riposare in pace.
Il pensiero di entrare in quelle acque l’atterriva.
Si tolse le scarpe ed i vestiti e si tuffò cercando di non pensarci più di tanto.
L’acqua era gelata quanto quella dell’oceano.
Cominciò a nuotare il più rapidamente possibile verso il punto dove una volta aveva visto affondare la bara di Lud.
Quando vi arrivò prese un profondo respiro e si immerse.
Pochi secondi dopo si fermò di colpo, qualcosa si era mosso e aveva spostato un immensa quantità d’acqua.
Cercò di aguzzare la vista ma l’acqua era così scura che riusciva a mala pena a vedere ad un metro da lei.
Ricominciò a nuotare, non poteva fare altro.
Di nuovo l’acqua si mosse impedendola di proseguire poi qualcosa di grande e viscido la colpì alle spalle facendole perdere tutta l’aria che aveva nei polmoni ma, fortunatamente, scaraventandola in superficie, fuori dall’acqua.
Mentre ricadeva nel lago cercò di vedere cosa l’aveva colpita ma non riuscì ad individuare niente, la superficie era piatta e calma come quando vi era entrata la prima volta.
Notò che la creatura invisibile l’aveva mandata nella direzione sbaglia.
L’impatto dell’acqua fu violento ma subito ricominciò a nuotare questa volta tenendosi a filo sull’acqua così da poter essere sicura della direzione.
Quando fu sicura di essere nel punto dove le bare si immergevano prese un profondo respiro.
Si diresse velocemente verso il fondo sempre più oscuro.
Si immerse nelle tenebre calme e fredde, sempre più scure man mano che scendeva.
Cominciava a dubitare di arrivare alle bare senza sbatterci contro in più non voleva aprirle, erano pur sempre l’ultima casa di quelle povere anime.
Non vi avrebbe trovato scheletri o altro ma solo oggetti preziosi, cimeli pieni storia e importanti per quelle streghe che non c’erano più.
Uno scintillio attirò la sua attenzione mentre cominciava a sentire il peso della pressione dell’acqua.
I movimenti si facevano più difficili, i suoi arti pesavano più del dovuto.
Avvicinandosi notò che era una farfalla dorata della stessa consistenza dell’acqua che volava in cerchio sopra una bara lasciando dietro di se una scintillio che si dileguava in pochi secondi.
La bara sembrava nuova, come se fosse stata fatta affondare pochi giorni prima.
L’aprì e la fiala dorata che gli serviva galleggiò fuori, lei l’afferrò, era stato più semplice di quanto avesse sperato.
Cominciò a risalire cercando di non farlo troppo in fretta, questa volta vide cosa la colpì insieme allo spostamento d’acqua. Era una pinna immensa, squamosa e verde, qualcosa viveva in quel lago.
Si scontrò con le bare e qualcuna si aprì facendo fuoriuscire il suo contenuto che si diresse verso il fondale.
Ricominciò a nuotare, non aveva abbastanza fiato per potersi trattenere tra quelle acque per più di qualche secondo ancora.
Riemerse ansimando e ricominciò a nuotare, non poteva perdere tempo combattendo contro una bestia preistorica e molto probabilmente non ne aveva nemmeno la forza.

-Sei arrivata... che ti è successo?- Chiese Kim quando la ebbe vista.
-Ho la fiala. Gli altri?- Si sbrigò a dire lei avvicinandosi alla compagna, Hero giaceva in quel divano bianco diventato ormai marroncini per colpa del tempo e della poca cura.
Le tarme avevano mangiato parte dl tessuto in vari punti facendo fuori uscire le piume che lo componevano.
-Le hanno portate pochi minuti fa’. Ora stanno aiutando Black Star.- Rispose la ragazza spostandosi una ciocca di capelli rosa del volto.
-Sono l’ultima, allora. Bene. Comincia, per favore.-
La ragazza annuì liberando la sua anima da strega, solitamente tenuta nasconsta.
Impose la mani su Hero mentre Hanabi apriva le fiale.
Il liquido oro uscì dai contenitori e si posò sul corpo del ragazzo formando ghirigori intricati.
Poi tutto sparì, assorbito dal ragazzo.
Kim si accasciò a terra esausta, quel breve incantesimo era uno dei più potenti che avesse mai provato a fare e gli aveva consumato molte energie.
Per un attimo tutto fu calmo, il tremito del ragazzo diminuiva, la sua espressione di dolore si rilassava.
Hanabi aiutò l’altra strega a sedersi su una poltrona prima di avvicinarsi ad Hero.
Soul e Maka entrarono proprio nel momento in cui Hanabi appoggiava la mano sulla fronte del ragazzo per controllare se la temperatura si stesse abbassando, erano tornati sui loro passi per aiutare Kim se ne avesse avuto bisogno.
Lui aprì gli occhi.



Cosa succerà adesso che Hero si è svegliato? Starà davvero bene o è stata davvero una trappola?

Questo capitolo non mi piace per niente, l'ho scritto prorpio da schifo ma non ho la forza per pensare a qualcosa di meglio

Curiosità:
Lud, da buona strega quale era, aveva il desiderio di creare un piccolo esercito personale di uova di kishin da comandare a suo piacimento e per questo motivo era entrata nella lista del Sommo Shinigami

Il padre di Lud era cantautore che girava il mondo con la sua chitarra sulle spalle, sua madre se ne innamorò perdutamente e per lui lasciò tutti i suoi piano di conquista e potere ma lui morì di cancro poco dopo la nascita della figlia.

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Capitolo 10
*** Follia ***


FOLLIA

 

(Hero)

 

La voce nella mia testa continuava ad assillarmi.

L’ultima cosa che avevo visto prima di cadere nel buio era lei, Hanabi, che mi veniva in contro dopo aver scritto un messaggio, perché cavolo scriveva un messaggio?

Non sembrava preoccupata, non sembrava provare niente, semplicemente mi guardava mentre cadevo eppure...

Dopo di che mi sembrò di essere immerso in un mare nero e denso, come un gabbiano invischiato in una chiazza di petrolio sul mare, mi sentivo in trappola, ero sicuro che prima o poi sarei annegato.

Non capivo se stavo affondando o ero fermo, ma respiravo contro ogni mia previsione.

Dopo un tempo che sembrò durare secoli cominciai a nuotare verso quello che credevo fosse la superficie di quel mare, non sembrava esserci un dritto o un rovescio, un alto o un basso ma mi sembrava giusto provare ad uscirne, prima di annegare, prima che le leggi della fisica tornassero ad uccidermi.

Ma mano che salivo il buio si diradava.

Poi non riuscii più a salire, un’enorme pressione mi stava facendo affondare.

Cominciai ad annaspare nel disperato tentativo di non essere trascinato nel fondo.

-Hai paura?- chiese una voce roca che proveniva da quel mare d’inchiostro, era quella voce, la voce che da mesi non mi abbandonava mai e che mi poneva sempre la stessa domanda.

-Chi sei?- Pensai che stavo sognano, sentivo spesso quella voce ,sempre stessa domanda a cui davo sempre la stessa risposta. Ma poi tutto finiva ed io mi svegliavo.

-Si, hai paura, non puoi mentire e me. La puzza della tua paura mi disgusta.-

-Chi sei?- Chiesi nuovamente.

-Paura di morire?- Mi chiese di nuovo.

-Fatti vedere!-Gridai.

-Sai che morirai. Lo hai sentito con le tue orecchie: Un altro collasso ed il tuo corpo non reggerà per più di tre giorni. Ne sono passati quasi tre, qualche minuto e finirà anche il terzo giorno. Polvere eri e polvere ritornerai, è così che si dice no?- brividi mi percorsero mentre deglutivo.

-Tutti devono morire.- Fu la mia risposta.

-Frasi fatte. Tu    hai    paura.-

-Sarei un’idiota se non avessi paura.- Dissi più a me stesso che alla voce, anche Hanabi me lo aveva detto.

-E tu la pensi così?- Disse beffardo.

-Che gloria c’è nel morire nel dolore perché il tuo corpo non è abbastanza forte per reggere un po’ di sangue nero?- Continuò con lo stesso tono.

-Tu non volevi diventare un valoroso cavaliere? Stupida e fiabesca idea.- la voce sghignazzò.

-Non prendere per il culo ciò che voglio diventare.-

-Sappiamo entrambi perché lo fai. Ricordi? Vuoi prendere il posto di tuo fratello.-

-Tu non sai proprio niente!- Gridai.

-Cominci di già a scaldarti? Tic-toc tic-toc.- Cominciai a tremare.

Davanti a me apparve un gigantesco orologio, al posto del dodici non vi era niente, aveva una sola lancetta nera con scritto il mio nome, fatta di sangue nero.

Poco tempo e la lancetta sarebbe arrivata alla fine, poco tempo ed il mio tempo sarebbe arrivato alla fine.

L’oceano nero dove ero immerso era sparito, ora fluttuavo in mezzo ad un cielo grigio e deprimente.

L’orologio assorbiva tutta la mia attenzione.

I secondi erano scanditi da una lancetta inesistente, era assordante, nella mia testa non c’era spazio per altro.

-Io posso fermare la lancetta.- La voce entrò nella mia testa superando quel frastuono nitida ed invitante.

-Posso renderti abbastanza forte per farti diventare ciò che vuoi essere e far dimenticare a tutti quella storia.-

La lancetta, la lancetta si stava muovendo, era questione di pochi secondi perché arrivasse alla fine.

La mia vita se ne stava andando, stavo davvero morendo? Come poteva succedere così?

-Allora, hai paura di morire?- Io avevo gli occhi spalancati per il terrore, se ci fosse stato un pavimento probabilmente mi sarei accasciato a terra per lo sconforto.

-Io non volevo finire così.- riuscii a sussurrare.

-Io non voglio morire!- Urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni, aveva ancora tanto, tanto da farmi perdonare, una lunga strada per redimermi dai miei peccati.

Qualcosa gocciolò sulla mia fronte.

Alzai la testa convinto che la mia ora era arrivata,che altro poteva essere?

Tutto il mio corpo mi faceva male.

Il liquido nero mi inondò, una cascata di sangue nero mi stava affogando

Cominciai a ridere senza motivo, ridevo e non riuscivo a smettere.

Sentii una mano sulla mia fronte e venni catapultato nel modo reale in preda alla follia.

 

(Narratore)

 

Hero aprì gli occhi due occhi verdi chiaro che riuscivano a trapassare qualsiasi cosa.

Soul cadde in ginocchio tenendosi il petto, la ferita procurategli da Crona bruciava.

-Che succede?- chiese Hanabi.

Hero cominciò a ridere sommessamente mentre si sedeva.

-Sono onde di follia dovute al sangue nero, devo portare via Soul.- Gli rispose Maka.

-Dove pensate di andare?- Chiese Hero fermando per un attimo la sua sinistra risata e puntando uno sguardo interrogativo verso di loro.

-Kim, alzati. Andate, io lo distraggo.-  Disse Hanabi mentre si lanciava sul ragazzo scaraventandolo fuori dalla finestra, rotolarono nel prato e finirono a diversi metri di distanza l’uno dall’altro.

Lui si rialzò subito.

I graffi che i cocci della finestra gli avevano provocato si rimarginarono grazie al sangue nero.

-Hero, torna in te o dovrò ucciderti.- Disse Hanabi, anche lei alzandosi ma con tutta calma.

-Uccidermi? Sono forte ora, niente può battermi.-

Lei sorrise inclinando la testa.

-Nessun è invincibile, idiota.- Liberò la sua anima da strega.

Le onde di follia che partivano dal ragazzo cominciarono ad intensificarsi, si avventò sulla ragazza che schivò tutti i suoi colpi per poi allontanarsi da lui con un balzo.

-Hero, dico seriamente, torna in te.-

-Guarda la mia anima, non puoi battermi.-

Maka stava guardando da lontano l’incontro e grazie alla sua percezione delle anime riusciva a vedere quella del ragazzo.

L’anima era bianca e nera, stava crescendo e man mano che succedeva diventava sempre più scura.

Maka guardò la sua arma e gli strinse la mano più forte, così facendo le loro anime erano in sintonia e lei poteva passargli la sua onda antidemone così che non impazzisse per colpa del sangue nero che Soul possedeva.

La ragazza tornò a guardare lo scontro.

I due stavano in piedi, uno di fronte all’altro.

L’anima del ragazzo aveva smesso di crescere ma era molto grande.

-Se è la potenza dell’anima che vuol mettere a confronto per me va bene.- Disse Hanabi con un piccolo ghigno.

Anche la sua anima iniziò a crescere, con tale potenza che distruggeva qualsiasi cosa toccasse.

Alle sue caviglia apparvero delle piccole ali di fuoco. Si fermò un attimo quando raggiunse la potenza del ragazzo poi ricominciò a crescere.

I suoi capelli continuavano a muoversi mossi da un vento inesistente.

Sorrise con una strana luce negli occhi.

Dalle sue spalle apparvero due grandi ali nere e gigantesche che si unirono alla forma della sua anima.

Maka si girò verso Soul.

-Andiamocene. -Disse, Soul annuì, non avrebbe resistito ancora per molto.

L’anima della ragazza era spaventosa e aveva superato di molto quella del ragazzo,

Lui aveva gli occhi spalancati ed una espressione folle, si mise la mani fra i capelli.

-Allora Hero, capisci la differenza tra noi?-

Lui cominciò a borbottare qualcosa sempre più forsennatamente mentre la sua anima cresceva e si riempiva di crepe e le onde di follia si intensificarono.

Hanabi si diresse verso il ragazzo che ormai era trasfigurato mentre le loro anime si equivalevano.

Le onde di follia la respingevano come se si trovasse in mezzo ad una bufera.

Maka e Soul stavano cercando di allontanarsi il più possibile e raggiungere gli altri.

Kim se ne era già andata per avvisare gli altri del perché della presenza di tutta quella follia.

Hanabi ritrasse le ali perché non avrebbe resistito in quel baratro di follia se avesse continuato a mantenerle.

-Devo essere più forte. Non sono più debole. Devo ucciderla così sarò più forte.-

Hanabi andò verso il ragazzo che ormai era trasfigurato.

Le onde di follia la facevano avanzare a fatica.

La sua mente era meno lucida man mano che si avvicinava al ragazzo.

La voglia uccidere, di avere il potere, di conoscenza, i desideri più forti di una strega stavo emergendo insistentemente, erano difficili da tenere a bada.

Cercò di scacciare quei pensieri.

-Io sono destinato. Io diventerà un kishin. Io...io le devo uccidere o lei ucciderà me.-

Lui cadde in ginocchio ridendo sommessamente.

Lei si inginocchiò e lo abbracciò mentre lui continuava a ridere.

Tutti i vetri della casa si ruppero per l’ultima ondata di follia che trasmise il ragazzo.

Quando lei lo lasciò andare lui la guardò per qualche secondo prima di abbassare lo sguardo.

-Mi dispiace...avevo paura di morire.- Disse con un sussurro sentendo tutto il peso e la colpa di essersi arreso così facilmente al sangue nero.

Lei gli tirò uno schiaffo guardandolo furiosa.

-Come pensi di poter diventare più forte se non cerchi neanche di battere la follia? Capisco che tu abbia paura di morire ma avere paura di morire in un modo che non sia glorioso è una cosa stupida. Ma la cosa che mi da più fastidio è che avevo ragione, non ti sei fidato di me. Alla fine hai pensato che io ti avrei lasciato morire.-

Abbassò gli occhi ma poi sorridendo si rivolse di nuovo al ragazzo.

-Sono contenta che tu sia tornato in te, comunque.-

Si alzò e gli porse una mano.

-Andiamo.-

-Aspetta, credo che ormai dovrei dirti di mio fratello.-

-Non devi.- Rispose lei.

-Ma voglio farlo, l’ho sempre tenuto dentro ed è ciò che mi ha fatto affondare in quel pozzo di follia. Se continuassi così scoppierei.-
 

Spero vi piaccia,ero un po' indecisa se riscrevere da capo tutto o lasciarlo com'era così è venuta fuori questa cosa...
Finalmente si scoprirà qualcosa anche su Hero, Hanabi ormai è un libro aperto.
Chissà cosa è successo al fratello,non vi lascerò sulle spine,tranquilli ;)
recensiteeeeeeeeeee
ps:scusate gli errori

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Capitolo 11
*** Arthur ***





 
ARTHUR

Quando Nacque Hero era il terzo figlio, dopo due fratelli considerati quasi perfetti.
Il maggiore, Arthur, aveva 10 anni ed era stato battezzato con l’acqua nera e per questo tutti avevano grandi aspettative in lui come successore del padre.
Già all’età di 6 anni le sue doti erano promettenti e sarebbe migliorato con il tempo.
Il secondo, Joseph, aveva 6 anni e anche lui era stato battezzato con una delle due acque sacre, quella bianca: segno che la sua anima sarebbe diventata forte e priva di follia.
Dopo due battesimi così importanti tutti se ne aspettavano un altro ma la maggior parte delle volte le cose non vanno mai come si pensa o spera.
Il battesimo avvenne una settimana dopo la nascita di Hero.
Come era tradizione solo i membri delle grandi famiglia Pendragon potevano parteciparvi il che voleva dire un centinaio di persone al massimo.
Sempre seguendo la tradizione il suo nome, un nome fin troppo carico di aspettative, venne scritto su un foglio di pergamena da suo padre.
Il sacerdote celebrò il battesimo con fare solenne, alla fine dei vari riti religiosi gettò la pergamena nella fontana, il momento di massima tensione era arrivato, si poteva percepire la curiosità dei presenti.
Tutti guardavano le acque con trepidazione, tutti allungavano il collo per poter essere i primi a vedere cosa sarebbe successo.
Tutti aspettavano in silenzio mentre la tensione saliva, mentre non succedeva niente.
Quando fu chiaro che le acque sarebbero rimaste separate il silenzio cedette il posto a mormorii di sconcerto.
Come poteva essere successo una cosa simile nessuno riusciva a spiegarselo.
Quel bambino sarebbe davvero diventato un portatore di sventura? Sarebbe davvero stato quello il suo destino?
Il sacerdote, dopo qualche attimo di titubanza continuò la cerimonia e nella sala calò nuovamente il silenzio, gli spettatori non potevano dirsi delusi, avevano visto un altro battesimo “importante”.
Ora era George Pendragon a tenere in braccio Hero, nessuno dei presenti, tranne il marito, aveva notato lo sconcerto ed il terrore che per qualche secondo aveva fatto trasparire Josephine.
Appena la donna aveva realizzato che il figlio doveva essere battezzato con entrambe le acque il suo volto aveva assunto una espressione di pura paura e quasi aveva lasciato cadere Hero.
Suo marito aveva subito capito ciò che lei provava e quando la moglie gli aveva messo il bambino in braccio esibendo il suo sorriso di circostanza lo aveva preso senza dire una parola.
Hero venne battezzato con entrambe le acque.
Fu quel fatto ad impedire ad Hero di godere dell’amore della madre.
Fu come se lui avesse scelto la parte sbagliata, intenzionalmente, come se davvero lui avesse potuto fare una scelta.
Se avesse potuto decidere lui avrebbe voluto essere battezzato con semplice acqua cristallina, nessuna aspettativa in particolare era ciò che avrebbe voluto, ma non aveva potuto.
Da quel giorno Josephine Pendragon aveva provato odio per suo figlio che con l’andare del tempo si era trasformato in apatia e poi quasi simpatia e amore per ritornare odio puro dopo la tragedia.
In fatto che sua madre l’odiasse feriva Hero come un fatto del genere avrebbe ferito qualunque figlio.
Hero aveva imparato a rinchiudere quel sentimento dentro di se ed a colmare quel vuoto con l’amore dei fratelli, del padre e del resto della famiglia.
Ammirava moltissimo i suoi fratelli.
Quando non aveva ancora l’età per iniziare ad allenarsi assisteva ai loro di allenamenti, prestando la massima attenzione perché la sua massima aspirazione era assomigliare a loro più che poteva.
Quando cominciò ad allenarsi si notò fin da subito la differenza che c’era tra lui ed i suoi fratelli e questo lo spinse ad impegnarsi ancora di più per non essere lasciato indietro.
Arthur, Joseph ed Hero non erano fratelli solo per il sangue che scorreva nelle loro vene ma anche per il legame che erano riusciti a creare.
Arthur era il collante che li teneva uniti ed Hero e Joseph era i perenne competizione per entrare nelle grazie del maggiore.
Avevano una profonda ammirazione per Arthur, non solo perché era il più grande.
Lui era un ragazzo alto, dal fisico allenato ed il portamento regale che si addiceva il futuro capo dei Pendragon.
I capelli li portava leggermente lunghi ed erano marroni mentre gli occhi erano verdi.
Quegli occhi erano la prova della sua grandezza e della sua determinazione più delle cicatrici che portava sul corpo.
Erano occhi temerari, pieni di ottimismo, erano lo specchio della sua anima, chiunque incontrasse il suo sguardo capiva quanto lui fosse forte, quanto forse determinato e che niente lo avrebbe fermato.
Si era sempre distinto per il suo attaccamento alla famiglia e per il suo coraggio.
Era per quest’ultimo suo aspetto che i suoi fratelli lo vedevano come un eroe.
La parola scappare non sembrava appartenere al suo vocabolario e mai avrebbe abbandonato un compagno.
Era sempre riuscito a salvare Joseph ed Hero quando si mettevano nei guai, cosa che capitava più spesso di quanto conveniva a due rampolli di una famiglia così importante.
I tre fratelli aveva trascorso mille avventure insieme, in alcune avevano corso pericoli mortali ma fortunatamente era riusciti ad uscirne solo con qualche graffio o al massimo un braccio lussato.
Hero avrebbe dato qualsiasi cosa per assomigliare almeno in parte ad Arthur ma aveva imparato a sue spese e anche grazie a Joseph che l’unico modo possibile per riuscirci era impegnarsi al massimo e cercare sempre di dare il meglio di sè.
Spesso i tre fratelli uscivano col padre per capeggi ed escursioni ma non succedeva molto spesso dato i continui impegni che aveva, anche se cercava sempre di avere del tempo per loro.
Il fatto che la madre non riuscisse a stare con Hero l’aveva allontanata anche dagli atri due figli.
All’età di 7 anni, Hero, nel giorno nel giorno del compleanno della madre, gli portò una torta.
Ci aveva lavorato parecchio, aveva fatto diverse prove aiutato dal cuoco della tenuta per riuscire a renderla perfetta.
Nella sua ingenuità pensava che così avrebbe potuto finalmente ricevere quell’amore che desiderava così tanto.
Pieno di ottimismo aveva bussato alla porta del piccolo salotto dove di solito sua madre trascorreva il tempo libero.
Da fuori si sentiva la dolce melodia del piano che la donna stava suonando.
-Chi è?- Chiese lei senza smettere di suonare.
-Sono Hero.- Rispose il bambino con voce insicura.
All’inizio pensò che sua madre non l’avrebbe neanche fatto entrare ma poi la musica del piano si fermò, di colpo, come se la decisione fosse stata presa improvvisamente e la donna si fosse alzata di colpo per un impegno che aveva dimenticato.
Per un tempo che al bambino  parve lunghissimo non successe niente, poi sua madre gli disse di entrare.
-Cos’è quella?- Chiese fredda la donna mentre Hero appoggiava la sua torta sul il tavolo.
Non si fece intimidire dal tono della madre,era il solito tono con il quale si rivolgeva a lui e ormai ci aveva fatto l’abitudine.
-E’ il mio regalo per te. Ci ho messo molto impegno per farla, il cuoco mi ha aiutato.- Gli rispose raggiante il figlio.
La donna si avvicinò alla torta, era piccola circolare e bianca.
Era decorata con due margherite rosa, i suoi fiori preferiti, e c’era la scritta “Happy Birthday” in una scrittura infantile e ancora un po’ incerta.
La donna sembrava turbata da ciò che vedeva.
-Perché!?- Urlò.
Hero si spaventò, era sempre stata fredda ma non aveva mai urlato contro di lui, anche quando sbagliava qualcosa lei non aveva mai alzato la voce nei suoi confronti e di questo le era sempre stato grato.
Non capiva cosa aveva potuto fare di così sbagliato per indurla a gridare.
-Tu sei stato battezzato con le due acque! Tu dovresti diventare un kishin! Perché!?-
Hero era terrorizzato e fece qualche passo indietro.
-Madre?- Sussurrò.
Lo sguardo di lei si posò sul bambino, non era freddo e distaccato come quello che gli aveva sempre rivolto, era rabbioso.
Hero pensò che quella rabbia fosse rivolta verso di lui così corse via prima che sua madre potesse afferrarlo e fermarlo.
Non la vide mai cadere in ginocchio con il volto tra le mani e le lacrime che continuavano a scorrere sul suo viso.
Non seppe mai che quella rabbia non era rivolta verso di lui ma era verso di lei che in quel momento si odiò, si sentì in colpa, ebbe paura di guardarsi allo specchio perché non riusciva a mettere da parte il suo rancore verso il primo kishin che l’avevano privata dei suoi genitori.
Hero si rintanò in camera sua, non capiva che colpa aveva, non capiva il motivo della reazione di sua madre.
Se ne rimase in camera tutto il giorno senza aprire a nessuno, Joseph andò a chiamarlo più volte ma lui aveva chiuso la porta a chiave e aveva rifiutato di uscire.
Verso sera anche suo fratello Arthur andò da lui.
-Se non mi apri verrà nostro padre.-
Gli aveva detto ma Hero gli avrebbe aperto comunque, era pur sempre il suo eroe.
Hero era seduto sul letto e guardava i suoi piedi dondolare avanti indietro sfiorando il pavimento.
-Come vanno gli allenamenti?- Chiese Arthur.
-Non sono al livello di Jos quando aveva la mia età.- Rispose imbronciato il bambino.
Poi ricominciò a pensare alla reazione di sa madre e a quello che la donna aveva detto.
-Arthur...io diventerò un kishin?- Chiese, aveva molto paura di quella possibilità, non sapeva cosa voleva dire di preciso quella parola ma sapeva che non voleva diventare un mostro.
-Chi ti ha messo una cosa del genere in testa?- Gli chiese suo fratello.
-La mamma ha detto...-
-Non diventerai un kishin.-
-Ma lei...-
-Ti ho detto che non diventerai un kishin. Ti fidi di me, no?
-Si. Arthur...nostra madre mi odia, vero?-
Arthur soppesò le sue parole prima di rispondere.
Amava sua madre ma allo stesso tempo non riusciva a sopportare come trattava sua fratello minore ed era la stessa cosa che provava Joseph.
Per quanto sua madre avesse dei motivi per attenuare il suo comportamento Arthur gliene faceva una colpa, una madre non avrebbe mai dovuto privare in figlio del proprio amore.
Arthur sapeva che Hero si sentiva in colpa ed era convinto che fosse stato lui a fare qualcosa di male e che  meritava quel comportamento da parte della madre.
-Hero, lei non ti odia. Vedi, nostra madre ha subito un grave lutto quando aveva la mia età per colpa di quello che viene chiamata il “mezzo-kishin Pendragon” .-
Fece una pausa. Come poteva spiegare che il suo unico sbaglio era dovuto a qualcosa che non avrebbe mai potuto cambiare in quanto non era colpa sua?
-Io sono stato battezzato con le due acque come lui?-
 Chiese Hero che aveva l’ingenua speranza di ricevere una risposta negativa.
-Si, ma questo non vuol dire niente e non ti dovrà mai influenzare. Sono le tue scelte che ti porteranno a diventare un grande uomo.-
-Come fai a saperlo?- Gli chiese il fratello minore continuando a guardare per terra.
-Perché io posso vedere la tua anima.-
Hero alzò lo sguardo, gli occhi erano arrossati e ancora dubbiosi ma si rasserenarono nel vedere il suo eroe sorridere.
-E ora che abbiamo messo le cose in chiaro posso dirti la seconda cosa per cui ero venuto. Domani mattina parto, starò via per un po’.-
-Dove vai?-
-Nostro padre ma ha affidato una missione, devo recuperare una cosa importante.-
-Andrai con Angelica?-
-Si.- Arthur arrossì leggermente.
-Quando ti allenerai con me?- Chiese il bimbo.
-Se avrò tempo, quando tornerò.-
-Ma ti alleni sempre con Jos e mai con me!-
Protestò Hero imbronciandosi.
Arthur si avvicinò al fratello e gli appoggiò una mano sulla testa continuando a sorridere, raramente quel sorriso scompariva dal suo volto.
-Lo sai che non è vero, mi alleno con Jos tanto quanto mi alleno con te. Ricordati che siamo una famiglia e niente è più importante della famiglia.-
-Lo so, lo dice anche papà.-
Arthur scompigliò i capelli al fratello e poi uscì, Hero sorrideva nuovamente.
Ammirava moltissimo suo fratello, avrebbe voluto avere la sua sicurezza.
 
Arthur tornò quattro mesi più tardi.
I rapporti tra Hero e la madre non erano cambiati, lui continuava ad esserne terrorizzato sebbene lei non avesse più urlato e aveva aggiunto una nota di tenerezza quando si rivolgeva a lui, ma non riusciva ancora a fare più di così in merito al loro rapporto.
Quando Arthur arrivò fu accolto da tutti, l’unico mancate era Hero che era uscito a caccia qualche ora prima e sarebbe tornato di lì a poco.
Arthur decise che sarebbe passato del fratello più tardi.
Con lui c’era anche Angelica, la maggiore delle tre sorelle Heartfire.
La famiglia Heartfire era una casata di armi molto potente e sotto i Pendragon.
Angelica era la sorella maggiore, aveva la medesima età di Arthur ed era diventata la sua arma quando aveva 10 anni.
Lei era bionda, i capelli li portava legati in una voluminosa coda laterale, le punte della quale erano nere.
Aveva grandi occhi color nocciola, molto luminosi e solari, in essi ardeva un fuoco che non si poteva spegnere facilmente.
Era più bassa di Arthur e questo le dava alquanto fastidio soprattutto quando il ragazzo le faceva notare che gli arrivava solo alla spalla.
Quel giorno indossava la sua divisa che aveva il dovere di portare quando andava in missione.
Lunghi stivali neri con risvolti alla coscia, voluminosi pantaloncini formati da tre strati di tessuto (nero, verde, nero) ed un corpetto nero che le lasciava quasi tutta la schiena scoperta.
Non sembrava soffrire il freddo sebbene il clima inglese non era il migliore per un abbigliamento del genere.
Era una ragazza solare e molto sfrontata ma aveva un grande senso del dovere anche se non aveva problemi a tenere testa ad Arthur nei loro battibecchi.
Quando arrivò alla villa con Arthur aveva salutato tutti con calore e aveva chiesto dov’era Hero.
-E’ andato a caccia quel piccolo dannato.- Aveva risposto George Pendragon con affetto e dopo che si era fatto una grande risata.
George era molto fiero dell’impegno che sua figlio minore metteva in qualunque cosa facesse ma non era solo quello che lo rendeva particolarmente felice, aveva da poco appreso la notizia che sua moglie aspettava un altro bambino e che voleva impegnarsi per accorciare la distanza che aveva messo tra se ed Hero.
Dopo l’arrivo dei due ragazzi l’intera famiglia Pendragon si ritirò nel giardino, Hero l’unico mancante.
L’anfora che Arthur e Angelica avevano portato con se venne adagiata dietro ad un albero poco lontano.
La cosa che conteneva aveva un udito fin troppo fine ed era meglio che captasse meno informazioni possibili del posto dove si trovava e quello dove sarebbe andato dopo la loro riunione familiare.
Stavano parlando da una decina di minuti, ormai avevano deciso che non se la potevano cavare da soli e che una magia così potente doveva essere sigillata dal Sommo Shinigami in persona.
Hero li raggiunse in quel momento, aveva visto suo fratello dalla finestra della propria camera e senza neanche cambiarsi, con ancora l’arco in spalla, si era fiondato in giardino.
Suo fratello era tornato e sebbene ci fosse sua madre niente lo avrebbe tenuto lontano da lui.
-Arthur!-
Tutti si voltarono verso il bambino che stava correndo verso il fratello, vi si fiondò e lo abbracciò.
-Bella considerazione che mi dai.- Disse Angelica quando Arthur lo rimise a terra.
-Ciao Angelica!- Disse Hero sfoderando un sorriso a 32 denti.
-Per questa volta ti perdono.- Rispose la ragazza ricambiando il sorriso e facendo arrossire il bambino.
-Hero.- lo chiamo suo padre.
-Mi dispiace ma ci devi lasciare soli per un po’.-  continuò l’uomo con gentilezza.
-Ma Jos è qua!-
-Lui è abbastanza grande.- Disse sua madre.
Hero non osò replicare, troppo terrorizzato di poter fare qualcosa di sbagliato e scatenare la sua ira.
Arthur gli scompigliò i capelli.
-Quando sarai più grande parteciperai e non fare storie.-
Hero si guardò intorno, guardò Angelica per trovare sostegno ma non lo trovò.
Mise il broncio e stranamente il suo sguardo si posò sulla madre che lo evitò, i suoi occhi verde chiaro e freddi non si rivolsero verso di lui.
Corse via senza dire niente prima che vedessero i suoi occhi inumidirsi e poi sgorgare calde lacrime che gli corsero lungo le guance arrossate.
Si fermò all’improvviso, c’era una voce che aveva parlato.
Si asciugò le lacrime e tirò sul col naso, era un Pendragon, non poteva far vedere che aveva pianto.
-Ragazzo.- Si girò ma non c’era nessuno.
La voce lo chiamò di nuovo, era dolce e gentile, zelante.
La seguì fino alla sua fonte.
Proveniva da un’anfora nera ed ero vicino ad un albero.
-Ragazzo.-
Hero si accovacciò vicino all’anfora incuriosito.
-Chi sei?- Chiese titubante, non era sicuro che parlare con quella voce dolce e malinconica fosse la cosa giusta.
-Uno spirito, sono rimasto intrappolato molto tempo fa.-
-Come è successo?-
-Fu un errore, io venni intrappolato perché pensavano che fossi un mostro, ero nato in un giorno infausto secondi gli egizi e quindi sarei diventato un mostro.-
-Mi dispiace.- Disse Hero rispecchiandosi in parte nella voce ma cominciando ad avere paura.
-Non sai cosa vuol dire quando la propria madre non riesce ad amarti. So qual è il dolore che un bambino prova quando la propria madre non riesce più a guardarlo.-
-Lo so.-  Sussurrò Hero mentre le lacrime ricominciavano a sgorgare di nuovo dai suoi occhi.
-Potresti aprire l’anfora?-
-Non so se dovrei farlo.- Disse Hero quasi cadendo all’indietro nel tentativo di allontanarsi da quella cosa.
-Solo un po’. Mi manca moltissimo vedere il sole, io non sono un mostro.-
-Il sole sta tramontando.- Rispose lui.
-Mi piace il tramonto e poi ci saranno le stelle. Io non sono un mostro, sono come te.-
Hero cominciò ad avere paura della voce, non voleva aprire l’anfora.
-Solo uno spiraglio e non ti chiederò nient’altro.-
La voce cominciò a singhiozzare e questo fece rammaricare Hero, aveva il cuore tenero e non riusciva a sopportare di sentire qualcuno piangere.
-Tu non sei un mostro?- disse, ma ancora non era sicuro che aprirla fosse la cosa giusta.
-Non lo sono, sono come te.-
-Io non sono un mostro.- disse per convincersi.
-No, non lo sei.-
La voce continuava a piangere, si insinuava nella sua testa, riusciva a sentire solo quel pianto, la paura aumentava ma era come se quella voce lo attirasse e lui non riuscisse a risistere.
-Solo uno spiraglio.- Disse il bambino più a se stesso che alla voce per convincersi che stava facendo la cosa giusta.
Svitò piano il tappo, bastò allentarlo perché un fumo nero ne uscisse e lo avvolgesse prendendo possesso del suo corpo.
Il bambino urlò dalla paura pochi attimi prima di essere sostituito da quell’essere.
Divenne uno spettatore, impossibilitato a fare qualsiasi cosa, relegato in un luogo buio e freddo e costretto a vedere ciò che succedeva senza poter chiudere gli occhi e far finta che non stesse succedendo niente, senza poter non essere partecipe ad un atto atroce che lo segnò per tutta la sua vita.
Joseph aiutò la madre ad entrare nel palazzo seguendo gli ordini di suo padre mentre lui, Arthur e Angelica coprivano la loro fuga.
Dei rovi nero bloccarono George Pendragon mentre Arthur riuscì a non farsi prendere grazie alla sua arma, Angelica si era prontamente trasformata in una alabarda, un’arma formata da una lunga sbarra di legno con una punta in ferro tagliente su due lati, uno dei quali presentava una lama a forma di scure.
-Metti via quell’arma. Non puoi attaccare tuo fratello, dico bene?-
Arthur si limitò a fissarlo con sguardo truce mentre pensava a come poteva sconfiggere quel demone che si era impossessato di Hero.
-Voi umani siete troppo attaccati alla famiglia.-
La voce di Hero, distorta dal demone, era tagliente e glaciale.
Dentro la sua testa lui gridava, cercava con tutte le forze di farsi sentire, ma non vi riusciva.
La lama dell’alabarda luccicò sinistramente, Arthur cominciò a correre.
La battaglia continuava a senso unico, Arthur si difendeva dagli attacchi con Angelica mentre continuava a correre.
-Pensi che io, il dio Anubi, ti lascerò scappare!?-
Apparvero delle frecce nere che, servendosi dell’arco di Hero, il demone scagliò contro il ragazzo ferendolo ad una spalla ed a una gamba.
Il giovane uomo cadde ma si rimise subito in piedi e ricominciò a correre mentre il demone continuava a scagliare frecce su di lui.
Cadde stremato vicino alla fontana dei battesimi, respirava affannosamente e la sua vista cominciava ad offuscarsi per colpa del sangue che aveva perso.
Anche Angelica era ferita, non si era lamentata per il dolore che provava nel parare quei colpi, non un singolo lamento era uscito dalle sue labbra serrate perché sapeva che Arthur non l’avrebbe più usata e avrebbe peggiorato la sua situazione piuttosto che metterla in pericolo.
Angelica tornò in forma normale, pronta a proteggere il suo master, non riusciva più a muovere un braccio ma sebbene la situazione era critica il suo volto era fiero come quello di Arthur, non era ancora finita.
Il demone arrivò ed un vento impetuoso cominciò a soffiare, Angelica faceva fatica a restare in piedi e continuava ad essere spinta verso la fontana.
Arthur si stava tenendo ad una roccia con tutte le sue forze per non essere scaraventato lontano e quando Angelica scivolò a terra lui fu proto a prenderla e a non lasciarla andare.
Il vento continuava ad aumentare, per Angelica l’unico appiglio era la mano del ragazzo a cui vi si aggrappava con tutta la sua forza ma gli stava scivolando.
Più frecce la colpirono alla spalla costringendola a mollare la presa.
La mano di lei scivolò via da quella di Arthur che cercò di trattenerla ma non vi riuscì, Angelica finì nella fontana, nell’acqua nera.
Il vento cesso all’improvviso, gli occhi di Arthur erano furenti.
Il demone si avvicinò a lui sicuro di avere la vittoria in pugno.
Arthur fu veloce, scaraventò il demone nella fontana, nell’acqua nera con un sforzo immane.
Il demone ne uscì urlando, Hero sentì un bruciore fortissimo mentre dalla sua bocca usciva il fumo nero che aveva preso possesso di lui.
Quando il bambino tornò in possesso del suo corpo si sentì un peso morto, incapace di stare in piedi cadde in ginocchio.
Il fumo si condensò in un cono che partì troppo velocemente perché Hero lo potesse vedere, non vide nemmeno suo fratello alzarsi e fiondarsi davanti di lui.
Il cono si conficcò nello stomaco di Arthur prima di dissolversi, niente sopravviveva all’acqua nera.
L’ultimo attacco del demone provocò ad Arthur una ferita mortale.
Il giovane uomo giaceva davanti ad Hero, il viso pieno di terrore e di lacrime del bambino si sovrapponeva a quello pieno di sangue e sereno del ragazzo.
-E’ stata colpa mia...io non volevo, non volevo...-
Cominciò a balbettare Hero fra i singhiozzi, perché non aveva dato ascolto alla paura che provava? Perché non era riuscito a fermarsi?
Angelica stava cercando di uscire dalla fontana, anche lei era serena, sorrideva, sebbene di li a poco sarebbe morta.
La ragazza non riuscì più a muoversi dopo essere riuscita ad uscire per metà così che le sue gambe rimasero immerse nell’acqua.
-Arthur, Angelica...io non sapevo...io non volevo che succedesse!-
-Lo sappiamo che non è stata colpa tua.-
Disse Arthur, la sua voce era ormai così flebile che i sensi di colpa che attagliavano il bambino aumentarono.
-E’ colpa mia, io...-
-Calmati Hero, tutti muoiono...voglio che tu e Joseph ricordiate una cosa...- Arthur si dovette fermare per riprendere fiato.
Posò una mano sulla testa del fratello.
-Noi siamo una famiglia e sempre lo saremo.-
Sorrise mentre i suoi occhi si chiudevano, Hero guardò Angelica in cerca di un disperato aiuto ma anche lei gli sorrise, una mano allungata verso il ragazzo che amava, e i suoi occhi si chiusero mentre il fuoco che li aveva sempre caratterizzati si spegnava.
La mano di Arthur scivolò a terra, sbattendo pesantemente, senza vita.
Hero cominciò ad urlare chiedendo aiuto.
 
Non gli fu permesso di partecipare ai funerali.
Tutto diventò un inferno.
Sua madre non riuscì più a guardarlo, a sopportare la sua presenza, Joseph cominciò ad odialo e suo padre a criticare ogni singola cosa che faceva paragonandolo ai suoi due fratelli.
Il suo senso di colpa aumentava man mano che cresceva a prendeva sempre più consapevolezza di ciò che aveva fatto
 


Spero vi sia piaciuto, mi dispaice che sia così lungo ma ho cercato di condensare il più possibile.
Ormai ci si sta avvicinando alla fine.
Siete sempre più vicino al punto dove mi sono fermata l'anno scorso,non so come farò a riprendere in mano tutto ahahaha (risata isterica)

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Capitolo 12
*** Riprenderò la mia camelia ***


Riprenderò la mia Camelia

 

-Black Star!Mollami!- L'urlo quasi isterico di Patty risuonò agghiacciante nel silenzio più totale.
Fino a pochi secondi prima stavano correndo, poi era arrivata quell'onda di follia e qualcosa era scattato nel ragazzo della stella.
Liz gli assestò un pugno in pieno volto e lui sembrò tornare in sé lasciando andare l'arma che tornò in forma umana.
La maggiore delle sorelle fece una piccola smorfia, le sembrava di aver colpito un muro di mattoni.
-Scusami Patty, l'onda di follia mi ha un po' scombussolato.- disse il ragazzo grattandosi la testa.

Patty rise, andava tutto bene.
-Speriamo che Kid e Maka siano riusciti a portare Soul abbastanza lontano.- Sospirò la maggiore con aria apprensiva mentre controllava di poter stringere tranquillamente le dita della mano.
-Forza, andiamo dagli altri, dopo tutto era questo che stavamo facendo prima che tu andassi fuori di testa.-
Ricominciarono a correre e pochi minuti dopo arrivarono da Hanabi ed Hero.
-Hanabi, che ti è successo?- Chiese Black Star squadrandola quasi preoccupato.
-E' solo qualche graffio.- Rispose lei non curante, poi guardò Hero, avrebbe voluto dirgli qualcosa riguardo quello che le aveva appena raccontato ma gli altri erano arrivati prima che lei potesse fare alcun commento.
-Intendevo ai piedi.- Disse il ragazzo dai capelli azzurri continuando a fissarli.
-A quanto pare c'è un mostro nel lago e mi ha scaraventato fuori, cercare di fermarmi sul terreno boscoso e correrci non gli ha fatto gran che bene.- Rispose non curante e agitando la mano per sottolineare la poca importanza dell'accaduto.
-Un mostro nel lago! Lo voglio battere!- Urlò il ragazzo con gli occhi luccicanti già pregustando l'adrenalina di uno scontro del genere.
Liz lo colpì in testa prima che si mettesse a sbavare a quell'idea assurda.
-La smetti di colpirmi!- Protestò lui.
-Continui a fare l'idiota!- Gli rispose lei contrariata.
-Zitella!-
-Come mi hai chiamata, pesce borioso!- Liz si era in tutta la sua altezza per fronteggiarlo.
-A chi hai dato del pesce? Pensi di essere intelligente solo perché usi parole che non conosco?- Disse lui guardandola in cagnesco.
-Se sei stupido non è colpa mia.- incrociò le braccia lei con sguardo di sfida.
-A me non servono paroloni per farmi capire, la mia grandiosità è una lingua universale!-
-La tua stupidità, vorrai dire. Patty stava seguendo quel battibecco ridendo mentre Hero era alquanto confuso, i due non erano mai andati d'amore e d'accordo, questo era certo, e non era poi così raro vederli discutere ma solitamente la ragazza non sembrava così agguerrita.
-Mi è venuto in mente dove potrebbe essere il biglietto.- Disse Hanabi interrompendoli mentre si alzava e si ripuliva alla meglio con alcuni movimenti secchi.
Black Star e Liz si fecero seri e la seguirono in casa insieme a Hero che non sapeva di cosa stessa parlando la strega, non sapeva neanche dove fosse in effetti.
Entrarono nella stanza dove precedentemente era giaciuto il ragazzo.
Con decisione la strega si avvicinò al camino della stanza, una volta quel camino era rosso ma poi Asky aveva deciso che lo preferiva bianco come il resto della stanza e lei ed Andrè lo avevano pitturato, si impose di non perdersi in quel ricordo piacevole e che sembrava così lontana, appartenete ad un'altra vita.
Non sapeva come Kassidy potesse sapere una cosa del genere, non sapeva come potesse conoscere Asky da così tanto tempo o così bene.
Si infilò nel camino mentre le sue dita scorrevano i mattoni ruvidi alla ricerca di una fessura dove si potesse depositare un biglietto o qualcosa di simile.
Pochi secondi dopo ne uscì piena di fuliggine e tossendo con il biglietto stretto in mano come se fosse un trofeo.
Nello stesso momento arrivarono gli altri, stavano tutti bene.
Kim era andata subito ad avvisare i ragazzi che stavano combattendo contro alcune creature risvegliate dalla follia.
Gli aveva spiegato cos'era successo e lo shinigami si era distaccato dal gruppo per andare da Maka e Soul.
Li aveva trovati pochi minuti dopo che si stavano dirigendo nella direzione opposta alla sua, li aveva fatti salire entrambi sullo skate e li aveva portati il più lontano possibile dalla sorgente della follia.
Kim invece era subito corsa nel punto in cui il figlio del Sommo Shinigami avrebbe dovuto portare la master e l'arma per curare Soul se fosse stato necessario.
Solo quando il ragazza si era sentito meglio erano tornati dagli altri.
Ora che erano tutti insieme la mancanza di Tsubaki era così concreta che rese l'aria pesante, una cappa di preoccupazione si era appena formato sopra ai ragazzi.
-Forza, leggi.- La esortò Black mentre Hanabi cercava di ripulirsi il viso senza molto successo.
-Leggere cosa?- Chiese Maka, non l'aveva informata di tutti i particolari del loro piano perché sapevano che avrebbe avuto qualcosa da ridire e che ne avrebbe sicuramente parlato con il Sommo Shinigami, ciò che avevano fatto non era molto ortodosso.
-Non capisco, eravamo qui per Hero, no?- Chiese nuovamente la master allarmata dagli sguardi elusivi dei compagni.
-Tutti gli specchi sul tavolo.- Ordinò Hanabi.
Ognuno mise lo specchio con il quale comunicava con il Sommo Shinigami sul tavolo al centro della stanza.
-Perché dovrei farlo?- chiese Maka che ora si sentiva ferita, per qualche motivo non si erano fidati di lei e continuavano a non farlo.
Black Star bloccò la ragazzi e la strega le sfilò lo specchio dalla tasca mettendolo con gli altri.
-Nessuno qui ha voglia di perdere tempo.- Disse Hanabi mentre la master rimaneva sconcertata da tale affermazione non capendo cosa stava succedendo.
La rossa dispiegò il biglietto lanciando uno sguardo a Black prima di leggere.
- L'arma della Shibusen si trova sull'isola di Hokkaido, precisamente nella parte nord a circa 110 km Nord-est da Toshio River nel bel mezzo delle montagne. Un mese e probabilmente non ci sarà più niente di lei. Kassidy 2settimane 3g 12h 15min e...qualche secondo.-
Mente assimilavano la notizia nessuno aprì bocca.
-Dobbiamo avvisare subito la shibusen!- Gridò Maka che fece per fiondarsi sugli specchio ma venne bloccata da Hanabi.
Nessuno rimase sorpreso dalla reazione della ragazza, era proprio per quello che non l'avevano avvisata di tutto il piano e che di Hero le avevano detto tutto all'ultimo.
-Kid!- Gridò la ragazza in cerca di aiuto, di qualcuno che sostenesse la sua causa.
-E cosa dovremmo dire a mio padre, Maka? Una strega ci ha detto dove si trova Tsubaki e ci ha dato il modo di salvare Hero in cambio di due monete? Alla fine Hero è impazzito comunque e non ci è dato sapere se quella cosa ha fatto effetto o è stato tutto merito di Hanabi. Direbbe che è una trappola e mi troverebbe d'accordo.- le rispose lui non cogliendo la sua richiesta.
-Ma se li avvisiamo potremmo andare con una squadra.- continuò la ragazza mentre Hanabi continuava a tenerla ferma.
-Maka, non è questione di trappola o meno, vedi...noi siamo gli unici che lo possono fare in questo momento.-
-Che stai dicendo, Hanabi? Lo so che non ti fidi di Shinigami-sama ma...-
-Mio padre mi ha avvisato sta mattina.- disse Kid e lo sguardo interrogativo della ragazza si posò su di lui.
-Di cosa? Non capisco?- Era davvero confusa, perché tutti era convinti di dover fare tutto da soli?
-Le streghe hanno attaccato, Lily in persona è sul campo di battaglia. Per quanto mi dispiaccia ammetterlo non ha uomini per salvare Tsubaki, sono tutti impegnato nella protezione dei civili.- Continuò con aria truce mentre pensava al giorno in cui anche lui sarebbe stato costretto a fare una scelta del genere.
-Ma...-cercò di protestare Maka debolmente.
-Tutti saranno impegnati nel fronte streghe, le falci della morte saranno in prima linea. Questa faccenda non è chiara, ma nessuno la salverà se non noi. Se incontreremo Lily io devo esserci, è un ordine di mio padre.-
-Quindi tuo padre sapeva?- Chiese Hanabi non molto sorpresa dopo tutto e andando a sedere sulla poltrona lasciando Maka finalmente libera.
-Gli ho detto tutto questa mattina, dopo che mi ha detto degli attacchi.- ammise -ma credo che sospettasse già qualcosa.-
-Non so se è una trappola o meno ma me ne fotto. Non la lascerò marcire in quel lurido posto dove la hanno portata! Voi potete venire oppure no.- Che era stato ad ascoltare i loro discorso fino a quel momento.
-Soul, andiamocene.-
-Che vuoi dire con questo, Maka?- chiese l'albino decisamente sconcertato dal comportamento della sua master, non si era mai tirata indietro se si doveva salvare un amica, non capiva cosa le potesse essere passato per la testa.
-Se andiamo la follia potrebbe essere immensa ed io non riuscirei a proteggerti. Io sono debole, vengo salvata in continuazione e non sopporterei di perderti.- la ragazza strinse i pugni non riuscendo a guardare nessuno negli occhi.
-Sei un idiota, una deficiente debole e senza fegato. Mi vergogno di poter essere tua parente ed in questo momento ho molta più stima di tua padre, non meriti neanche di essere considerata sua figlia.- Gli disse Hanabi fredda, si alzò dalla poltrona in cui era stata seduta pochi secondo e si avvicinò alla master trattenendosi dal non colpirla.
-Io non sono come te, io non posso contare sulla forza di una strega!- Gli rispose la ragazza imprimendo tutto il suo disgusto nell'ultima parola.
Ma Hanabi non si fece intimorire ne scalfire dal disgusto che la ragazza sembra provare per lei.
-Ammettiamolo, non combatti poi così bene e ti affidi sempre a Soul e al suo sangue nero, dovrebbe essere lui a prendere le decisioni. Durante il combattimento non pensi mai di potercela fare e gli altri devono rischiare la vita prima che tu riesca a tirare fuori quel tuo famigerato coraggio che hai usato contro il kishin, ma sanno tutti che se non fosse arrivato il master tu saresti morta miseramente. Continui a dire di voler diventare più forte come tua madre, ma tu sei già come lei. Continui a scappare quando non sei sicura.- Sputandole in faccia tutto ciò che non aveva mai sopportato di lei, e si, forse stava esagerando ma non se ne diede pena.
-Non dire niente contro mia madre!- ringhiò Maka come un animale ferito.
-Perchè no? Se ne è andata e ogni tanto ti manda una cartolina per dirti che è ancora viva, non è così? Ma non è di questo che ti volevo parlare. Per diventare più forti bisogna rischiare, essere forti vuol dire proteggere ciò che si ama. E non venirmi a dire che sei debole o non al nostro livello perché è una bugia, sei solo stupida, troppo stupida. Tsubaki è la tua migliore amica, no? Ora rispondimi. Riusciresti a vivere con il peso, se lei morisse, di non aver neanche provato a salvarla? Ci riusciresti?-
Maka strinse i pugni non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
-Non ci riuscirei.- ammise con voce tremante, non ci sarebbe mai riuscita a vivere con un peso del genere, lo sapeva bene ma come avrebbe potuto vivere se succedeva qualcosa a Soul?
Nessuno disse più niente per qualche secondo.
-Scusate, io non sono forte come tutti voi, vorrei esserlo ma non è così...- Hanabi roteo gli occhi esasperata incapace di capire le sue paure.
-Io non so se torneremo vivi e non ho idea di cosa ti blocchi, ma io andrò e tornerò con lei non perché sono l'uomo che trascenderà gli idea ma perché lei e la mia arma ed io mi riprenderò la mia camelia!-
Maka alzò lo sguardo sul ragazzo.
-Lo farò, stanne certa. Non è di certo la tua presenza che farà la differenza. I la rivoglio.- la determinazione nei suoi occhi era così forte da far rabbrividire chi li incrociasse.
-Maka, io andrò con loro, non mi perdonerei mai di essere rimasto con le mani in mano.-
Guardò la sua arma, cominciò a chiedersi come poteva mettere in conto di non salvare la sua migliore amica, come poteva considerarla un'ipotesi valida, sapeva perfettamente qual'era la scelta giusta ma sembrava così difficile da prendere.
-Io...io non so che mi è preso, vi aiuterò.- riuscì a dire,aveva fatto la sua scelta.
-Sei prorpio scema, sarebbe da darti uno dei tuoi maka-chop.- Gli disse Soul con un mezzo sorriso.
--Forse hai...- non riuscì a finire la frase perché Hanabi l'aveva tirato un pugno he l'aveva fatta cadere.
-Non sai da quanto volevo farlo.- disse con un ghigno soddisfatto.
-E comunque Lily è una strega, non un kishin. Non emettiamo onde di follia. E ora che abbiamo finito questa cosa andiamocene di qui.-

 

-Sommo Shinigami! Non possiamo permetterlo! La voce della donna era impaniata, un evento raro.
-Azusa,calmati. Ho detto io a Kid di farlo e non li avremo fermati comunque, sono molto forti e tenaci. Loro sono la nostra speranza e se mio figlio riuscisse a risvegliare i suoi poteri potrebbe distruggere Lily prima che diventi troppo forte. Non possiamo di certo andare dietro a loro mentre siamo in una situazione del genere, i civili sono la cosa più impostante.- Gli aveva risposto per l'ennesima volta il Sommo Shinigami.
-Ma la strega, sta andando anche lei, e se li tradisse?- Questa era la sua preoccupazione maggiore, non riusciva, non poteva e forse non voleva, fidarsi di una di loro.
-Lily le ha distrutto la vita, che senso avrebbe stare dalla sua parte? Inoltre l'ho già detto, tutto è nelle mani di Kid.- Gli rispose pacato.
-Ma se risvegliasse i poteri e le tre linee di sozu si unissero lei...- Venne zittita da un'occhiata di Spirit che era rimasto affianco al Sommo Shinigami come su arma.
Gli attacchi delle streghe li stavano bloccando e non potevano fare ciò che volevano, non avevano sotto controllo la situazione e questo la innervosiva, lei era abituata ad avere sempre in mano la situazione, non riusciva a sopportare che le cose sfuggissero.
-Anche se Hanabi è una mina vagante noi dobbiamo sperare che tornino a casa sani e salvi.- affermò Spirti e per la prima volta lei si trovò ad ammirarlo, ammirare il suo contegno ed il suo senso del dovere mentre la figlia era immischiata in una missione così pericolosa.
-Sommo Shinigami, credo sia ora di esporvi le strategie che ho elaborato.- Disse riprendendo il controllo di sè.
-Inizia pure Azusa. La donna si sistemò gli occhiali ed iniziò, aveva perso troppo tempo dietro a qualcosa su cui non poteva intervenire, ora doveva concentrasi sul presente, sul suo lavoro.

 

 

 

Credo sia il primo capitolo che riprendo in mano seriamente e spero che non sia una schifezza.
Probabilmente noterete il mio odio verso Maka, ma nell'anime davvero non la ho mai sopportata, vi assicuro che ero stata più cattiva prima, adesso che l'ho riscritto ho cercato anche di dare una giustificazione al suo comportamento e mi dispiace per chi l'adora se gli ho fatto fare la parte dell'idiota.
Ormai non manca tanto e sono terrorizzata dal dover continuare a scrivere da dove mi ero fermata.

p.s.: riguarderò i capitoli e li riscriverò perché mi fa davvero schifo come sono scritti e spero che continuiate ma mi rendo conto che forse neanche io ne avrei voglia.
Ditemi che ne pensate.

 

 

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Capitolo 13
*** Verso L'isola ***


VERSO L'ISOLA

Kid era al volante, guidava ormai da un po' ma non era ancora stanco, infondo si era riposato nelle ore in cui la strega era stata alla guida di quel furgoncino.
Ora Hanabi se ne stava sul tetto del furgone e Kim, con qualche difficoltà, la raggiunse maledicendola per aver scelto un posto del genere dove riposare.
-Che vuoi?- chiese la rossa sgarbata e senza voltarsi a guardarla, se ne stava seduta a gambe incrociate, il viso ancora sporco fuliggine pulito alla meglio ed i capelli che volavano in tutte le direzioni.
-Sono qui per i tuoi piedi, ho medicato ogni singolo taglio agli altri ma tu stavi guidando e poi te ne sei andata prima che potessi fare qualcosa.- rispose lei con lo stesso tono, si sentiva un po' instabile sopra al tetto del veicolo, il vento la investiva e doveva tenersi forte agli spoiler per non cadere, la rossa non sembrava avere il suo stesso problema.
-Non ne ho bisogno, so bene.- Hanabi la fissò e Kim dovette distogliere lo sguardo, odiava il suo comportamento, era come se l'accusasse di non essere una vera strega.
-Potrai essere anche una strega ma smettila di aver quel carattere di merda.-
-Hai mai pensato al tuo?- sbottò.-La tua mania per i soldi è incontrollata.- ricominciò a guardare il paesaggio con poco interesse mentre le riportava le voci che aveva sentito in giro sul suo conto.
-Sono migliorata. E,poi, non preoccuparti, quando tornerete mi pagherete tutto quello che mi dovete per essere venuta a salvare Hero.-
-Tu non vieni?- chiese Hanabi puntando lo sguardo nuovamente si Kim.
-Non ho un arma con me ed il mio potere è quello di guarire, non sarei di nessuna utilità. Preferisco incontrare Jacqueline e tornare alla Shibusen, aiutare fin che posso.-
Hanabi non rispose, continuava a guardare la strega che aveva davanti a se ma non la vedeva davvero, il ricordo del giorno che aveva incontrato Elle era riaffiorata insistente.
-Che c'è?- chiese la rosa irritata.
-Il tuo potere sarebbe stato utile ad una ragazza che conoscevo, tutto qua.- fu la risposta sbrigativa.
Il giorno seguente, arrivati in vista dell'oceano accesero i propulsori per poterlo attraversare e quattro giorni più tardi erano in vista del Messico dove Kim avrebbe trovato la sua arma ad aspettarla.
Si fermarono in un piccolo villaggio, era probabilmente stato lasciato in fretta e furia dagli abitanti sotto la minaccia di un attacco che però non era mai avvenuto.
-Sono riuscita a fare un incantesimo contro la follia su queste fasce, in realtà non so se funzioni realmente. Ve ne ho aggiunto uno di guarigione, non è molto potente ma aiuterà. Quando tornerete mi pagherete.- Spiegò Kim mentre distribuiva della fasce nere ai ragazzi che erano scesi per salutarla.
-Quante volte vi devo dire che noi non emaniamo follia?- chiese esasperata Hanabi ma accettando di buon grado la fascia legandosela a mo' di cerchietto perché non aveva niente per tenere fermi i capelli.
-E' bello avere qualcosa che ci accomuna tutti.- disse Maka beccandosi un'occhiataccia dalla rossa mentre Soul l'aiutava a sistemarla sul braccio destro come stavano facendo tutti tranne Hero che preferì avvolgerla intorno alla mano, quella con la quale impugnava la spada, come una fasciatura.
-Ne ho fatto uno anche per Tsubaki.- ci fu un attimo di silenzio.
-Dallo pure a me.- disse Balck Star prendendo la fascia nera.
Quella notte Hero stava guidando mentre gli altro dormivano stretti come sardine nel retro furgone.
Soul venne svegliato da un calcio di Black Star in pieno volto e dopo essersi sciolto dall'abbraccio di Maka si diresse verso il posto del passeggero di fianco all'altro ragazzo.
-Dov'è Hanabi?- chiese guardando sul retro e non vedendola,non ricorda quando Hero le avesse dato il cambio turno.
-Sul tetto, in teoria sta dormendo.- Gli rispose con noncuranza talmente abituato alle stranezze della compagna.
-Allora, come stai?- chiese Soul cercando di ignorare il fatto che la ragazza stesse dormendo sopra la sua testa rischiando di cadere ad ogni sbandamento.
-Ne vuoi parlare adesso?- chiese l'altro non staccando gli occhi dalla strada.
-Perchè no?- chiese -Sei appena impazzito, stiamo per affrontare una strega potentissima e tutti dormono.- Disse Soul, forse sentendosi lui stesso bisognoso di affrontare la questione con qualcuno che lo potesse  realmente capire.
-Non saprei cosa dire.- fu la risposta, il ragazzo stava ancora pensando alle parole di Maka, se lei non si sentiva all'altezza dei suoi compagni che doveva dire lui? Avrebbe mai raggiunto il loro livello? Non ne era sicuro.
Passarono qualche momento nel più completo silenzio, gli occhi dell'albino lo scrutarono indagatore, poi ritornarono sulla strada.
-Io vede una specie di demonietto.- disse e fece una risata tesa, era talmente strano dirlo ad alta voce che gli sembravano le parole di un pazzo, chiunque lo avrebbe pensato.
-E' rosso, ha delle stupide corna e indossa un abito gessato.- Il paesaggio notturno passava sotto ai loro occhi veloce, troppo veloce perché potessero cogliere qualche dettaglio che di distraesse dal discorso.
-Io non vedo un demone.- disse Hero -Ma ho sentito una voce.- strinse convulsamente le mani introno al volante, sentiva quella presenza ancora in fondo alla sua mente dove l'aveva rilegata, erano passai anni e non aveva imparato niente.
-C'era un enorme orologio che scandiva il tempo che mi restava da vivere.- si passo una mano fra i capelli biondi.
-Continuava a ripetere che sarei morto e così...-
-Hai accettato.- concluse Soul che capiva perfettamente l'amico.
-Quella voce...mi ha fatto dubitare che potessi sopravvivere.-
-E' così che funziona. Si aggrappa ad ogni segno di debolezza, ci conosce meglio di noi e attacca quando stiamo cedendo.-
Hero si strinse nelle spalle.
-Hanabi, una volta, mi ha detto che è da idioti non avere paure della morte, ma è proprio questa paure il mio punto debole- Vorrei non averla, ma sono un fifone.-
-Tutti abbiamo paure della morte, siamo essere umani.- rispose Soul capendo però cosa volesse dire l'amico.
-Tu non hai visto Hanabi combattere. Lei...non so come dire, ma sembra che non gliene freghi niente della sua vita.-
-E' solo brava a nasconderlo.- rispose ma non troppo convinto.
-Nessuno è così bravo...- disse il Pendragon quasi con rabbia ma poi si fermò. -Hai ragione, lei riesce a essere fredda quando combatte.- mentì spudoratamente.
-Non mi hai detto come stai.- Soul riportò la conversazione sull'argomento principale.
-Bene, sul piano fisico, ma mi sembra di essere sempre su punto di cedere.- Hero sospirò, Soul sembrava capirlo perfettamente ed il fatto di poterne parlare con lui lo rasserenava.
-E' sempre lì, infondo alla tua mente. E' opprimente, ma a volte sparisce.- fece una pausa -E' strano parlarne con qualcuno che può capire.-
-Crona?- chiese Hero -Non ha anche lui il sangue nero?-
-Non puoi fare discorsi con lui, ha un'esperienza diversa. Per lui il sangue nero è qualcosa che può usare a piacimento, con follia o meno po' fare quello che vuole. In poche parole noi siamo nella merda.-
Rise e Hero fece lo stesso, entrambi tesi.
Soul guardò il compagno, forse forse non erano mai stati amcii di quelli che la sera escono a fare festa o si telefonano ogni giorno e probabilmente non sarebbero mai stati, ma d'ora in avanti ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altro, condividevano lo stesso fardello ma insieme sarebbe stato più leggero.
Una settimana più tardi approdarono nell'isola di Hokkaido.
Arrivarono nel villaggio indicato da Kassidy verso le sei del pomeriggio e, malgrado le proteste di Back Star, decisero di fermarsi lì e riposarsi qualche ora in modo da poter arrivare nel luogo dove era tenuta Tsubaki con almeno il vantaggio delle tenebre.
Il viaggio era stato stancate, avevano fatto poche pause, si erano dati il cambio alla guida ma la maggior parte del tempo si erano ritrovati schiacciati in un luogo ristretto a condividere uno spazio troppo piccolo per tutti loro.
Si alzarono verso l'una di notte e si misero in cammino senza dire una parola mentre mangiavano qualche boccone di pane e carne fredda.
Entrarono nel bosco, i rami non erano molto fitti e la luna risplendeva particolarmente, il cammino non era difficoltoso in quanto rischiarato dai suoi raggi, ben presto si misero a correre.
Ad aprire il gruppo vi erano Maka e Soul così che lei potesse percepire le eventuali anime dei nemici nella zona circostante.
Black Star insieme a Patty venivano subito dopo, il ragazzo aveva dovuto prendere la minore della sorelle Thompson per sostituire la sua arma, Hanabi si era inizialmente proposta ma i due non riuscivano a sintonizzare le anime perciò Kid aveva dovuto rinunciare alla biondina.
Dopo venivano Hero, con la spada senz'anima, e Hanabi.
A chiudere la fila, poco più indietro degli altri, vi erano Liz e Kid che, grazie alla percezione dell'anima del ragazzo, controllavano che nessuno li seguisse.
-Sei pensieroso.- gli disse la sua arma ma lui non rispose.
-Hai paura?- chiese con una punta di ironia Liz nel tentativo i alleggerire la tensione.
-Io sono un frammento costruito con tutte le aure di mio padre, non posso provare la paura.- Fu la risposta del ragazzo.
-Allora perché quella faccia?- insistette lei.
-Penso che dovrei essere in prima linee ad affrontare le streghe ma mio padre dice che vi sono possibilità di trovare Lily. Dice che potrei sconfiggerla se riuscissi a collegare la mie linee di Sozu così da diventare un vero shinigami ma io credo che alla fine...alla fine non dovrei essere qua. Mi ha sempre insegnato che i civili sono la cosa più importante che dobbiamo proteggere.-
-Te lo ha mai detto nessuno che sei un idiota?-
-Tu, parecchie volte.- rispose lui quasi sorridendo.
-Perchè ho ragione. Sai perfettamente che se fossi lì vorresti essere qui.- Disse l'arma esasperata.
-Lo so.- rispose lui finalmente con un sorriso. -Ma non sarò simmetrico senza Patty!- piagnucolò.
-Non saresti simmetrico comunque con quelle tre strisce in testa!-
-Oh mio dio! Sono un essere patetico, come ho potuto continuare a vivere in questo mondo?-
-CI STANNO LASCIANDO INDIETRO!- Gridò la ragazza reprimendo una risata per la stupidità del ragazzo che continuava ad essere disturbato come la prima volta che lo aveva incontrato.
-Giusto. Andiamo.-
Ci vollero due ore per arrivare ai confini della proprietà della negromante che era delimitata da una striscia bianca sul terreno, da lì la barriera che la proteggeva iniziava e rifletteva il bosco come uno specchio ma non loro.
Si fermarono, ne Kid ne Maka riuscivano a sentire alcun ché.
.Non è che non ci sia davvero nessuno?- chiese Maka.
Ma Hanabi le disse di concentrarsi un po' di più, la master entrò in risonanza con la sua arma e per qualche minuto nessuno fiatò.
-Sento qualcosa!- disse corrugando la fronte -Credo sia Tsubaki ma c'è anche qualcun altro.-
La sua fronte iniziava ad imperlarsi di sudore. -Più di questo non riesco a sentire.-
-Come entriamo?- chiese Black Star trattenendosi dal cominciare a colpire la barriera a pugni.
-Ci dovrebbe essere una porta. Se questa è davvero la dimore di Lily vi sono diverse streghe che vanno e vengono per fare rapporto eccetera. Modificare una barriera per far passare persone nuove richiede tempo ed nergie e di certo lei non darà il libero accesso a tutte. Le possibilità sono due, trovare l'entrata o forzare la barriera.- spiegò la strega.
-Se apri una breccia se ne accorgerebbero ma passando per la porta dovremo mettere fuori gioco le guardie. Ci metterebbero di più ad individuarci in mezzo al bosco che alla porta d'entrata.- dise Kid prendendo in mano la situazione. -Tu apri una breccia. Maka, apri sarai la prima a passare, appena entrata individua l'anima di Tsubaki.-
Hanabi liberò la sua anima, si sedette a gambe incrociate ed poggio le mani sul terreno, le dita che sfioravano la barriere.
Lentamente la barriera smise di riflettere il bosco, il suo colore cominciò a cambiare, partendo dal terreno, virando verso il rosso.
Lo squarcio cominciò ad aprirsi sempre più velocemente, sembrava che stesse bruciando.
In pochi minuti vi fu abbastanza spazio da far passare una persona e tutti passarono il più velocemente possibile.
Infine fu il turno di Hanabi, appena staccò le mani dal terreno la lacerazione iniziò a richiudersi e lei vi si tuffò dentro rotolando sulla sterpaglia.
La barriera tornò velocemente a riflettere il bosco, la linea del confine divenne del medesimo colore della selva e non più visibile a coloro che l'avrebbero cercata durante la notte.



Non avevo visto che non aggiornavo da così tanto!
Sinceramente non so nemmeno se qualcuno sta ancora leggendo :(
Mi farò perdonare e aggiornerò spesso, appena possibile, adesso che mi sono rimessa a leggere Soul Eater mi è tornata la voglia di scrivere.

E anche di disegnare in quello stile, se viene qualcosa di carino lo metterò ^-^

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Capitolo 14
*** Sarai nel posto giusto al momento giusto ***


SARAI NEL POSTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO

Maka si guardò attorno per pochi istanti, poi si assicurò che tutti fossero arrivati e si rimise in testa al gruppo.
Arrivati alla fine della boscaglia dovette fermarsi, inorridita si voltò verso gli altri e cercò lo sguardo di Kid.
-E' sparita.- disse in un soffio e gli occhi lucidi. -L'anima di Tsubaki è sparita all'improvviso, come inghiottita.-
-Come sparita!?- Urlò Black Star guardando la compagna supplichevole.
-Concentrati di più!- si infervorì Hanabi.
-Tutte le anime sono scomparse.-
Tutti si voltarono verso Kid che sembrava leggermente preoccupato, tutto puzzava di trappola e loro vi stavo finendo dentro come mosche in una ragnatela.
-Hanno attivato il Soul protect.- Hanabi sembrò calmarsi mentre lo diceva.
-Andiamo dove hai sentito l'ultima volta la sua anima.- sentenziò lo shinigami e Maka annuì ricacciando indietro le lacrime di frustrazione.
Appena uscita dalla boscaglia videro stagliarsi non molto lontano da loro una immensa struttura gotica, piena di guglie e gargouille e grandi vetrate, vicino vi erano altre due piccole costruzioni nello stesso stile ma sembravano goffe e grasse in confronto alla figura slanciata della cattedrale.
Quella doveva essere la dimora della negromante ma non ebbero il tempo di pensarci troppo perché a pochi metri dall'inizio della loro corsa vennero attaccati, il suo esercito di pietra arrivò veloce, i soldati nascevano dalla terra, spuntavano come funghi e fendevano l'aria con i loro spadoni.
-Ci pensiamo noi!- Gridò Hanabi riferendosi anche ad Hero.
-Anche io e Liz, andate avanti, vi raggiungiamo!-
I quattro ragazzi liberarono il passaggio agli altri quattro che oltrepassarono i nemici il più velocemente possibile, si ritrovarono soli contro un esercito.
La pietra si frantumava sotto i loro colpi, i soldati cadevano a terra alzando nuvole di sabbia rendendo difficile respirare e mescolandosi al sangue delle ferite.
-Avvinatevi a me!- gridò Hanabi mentre conficcava gli artigli del suo pugno chiuso in pieno volto ad un soldato.
Le obbedirono, spalla a spalla si difendevano.
-Kid, pensi di poter usare il Death Cannon solo con Liz!?- Urlò Hanabi sopra il clangore, il soldato vicino a lei venne tranciato di netto da un fendente di Hero, lei appuntò le gambe con la spada dentata a quello davanti a se.
-Copritemi solo per qualche secondo!- rispose lo shinigami.
-Sicuro?- Chiese Liz, più che altro preoccupata di non riuscire a gestire tutto quel potere da sola.
-Mi sono rassegnato a non essere simmetrico, non ricordarmelo che mi viene da vomitare al solo pensiero.-
-Vediamo di dargli più tempo possibile!- gridò Hero sopra il fragore della roccia che andava in pezzi.
Kid respirò a fondo mentre la prima linea di sozu sui suoi capelli si univa e la sua anima cominciava a crescere.
Liz cambiò forma avvolgendosi attorno al braccio del ragazzo.
-Soglia del rumore 0.03. Puoi sparare, Kid!- ma poteva davvero farlo o la sua arma sarebbe andata in pezzi?
Il ragazzo fece fuoco varie volte, la sua distruzione si abbatté su quei corpi senza anima fino a che non ne rimase più nessuno.
-Wow!- esclamò Hanabi -La potenza di uno shinigami non è poi così male!- sorrise entusiasta.
-Che ti aspettavi?- chiese Liz tornando in forma di pistola, sopportare da sola la sua anima non era stato facile ma meno faticoso di quanto pensasse, ora però le serviva qualche minuto per riprendere fiato prima di poterlo fare di nuovo.
-Sono un maiale.- mugugnò Kid cadendo a terra -Combattere non simmetricamente, come ho potuto...-
-Forza chi,non ti preoccupare. Hai dovuto farlo, sei stato costretto. Non sei mica un maiale, i maiali sono brutti.- Cercò di risollevarlo Liz.
-E lui non è brutto ma bellissimo?- chiese Hanabi con ironia.
Liz arrossì e fulminò la migliore amica che avrebbe smesso di ridere se solo l'avesse vista ma in forma di pistola non riusciva a trasmetterle tutta la sua stizza.
-Non vorrei disturbare.- si intromise Hero che non sapeva come trattare lo shinigami durante le sue crisi -Ma dovremmo raggiungere gli altri.-
Aveva perso le loro anime troppo lontane, era una fortuna che Kid fosse rimasto con loro.
Kid si ricompose, come spesso succedeva quando gli veniva fatto presente che aveva un compito da portare a termine.
Non fecero, però, tempo ad andarsene che delle mani di pietra afferrarono Hanabi per le caviglie, rapide era spuntate dalla terra e si avvinghiarono a lei come edera, vi si aggrapparono arrampicandosi lungo il suo corpo non permettendole più di muoversi.
Hero rimase pietrificato incapace di usare la spada per paura di colpirla, Kid per un attimo sembrò esitare.
-Spara, idiota!Spa- non poté finire la frase, una mano le tappò la bocca, il sapore asciutto della terra le entrò in bocca, le altre la stavo costringendo in ginocchio ma i suoi occhi pieni di rabbia colpirono Hero.
Kid sparò e Hero cominciò a tagliare le altre mani che stavo cercando di raggiungere le loro simili.
Una voragine si aprì sotto di lei, le mani la trascinarono lungo la galleria che si era appena creata, Hero e Kid le stavano dietro, la terra dietro di loro cominciò a richiudersi e riuscivano a seguirla solo grazie alla luce dei colpi dello shinigami che ancora cercava di colpire le braccia.
Improvvisamente le mani trascinarono Hanabi verso l'altro ed i due si arrampicarono in fretta e furia riuscendo ad uscire dal cubicolo un istante prima che ritornasse pietra.
Si ritrovarono all'interno della cattedrale, i banchi per i fedeli non c'erano e nemmeno l'altare ma l'aria che si respirava lì dentro era ancora impregnata dal culto che vi veniva compito.
Le immense vetrate erano illuminate dai raggi della luna che veniva distorti attraverso i disegni creati con il vetro, il rosone era la maggior fonte di luce presente perché i vetri di cui era composto erano i più chiari.
I raggi però non riuscivano ad illuminare abbastanza, il soffitto rimaneva immerso nel buio e vi erano zone in cui le tenebra era troppo dense per essere dissipate.
La ragazza rimase senza fiato mentre ammirava le vetrate, vi era una storia che iniziava con il caos ma lei sapeva come andava a finire, lo aveva sognato.
Il silenzio fu rotto da uno sbuffo annoiato di una bambina.
-Te le ricordi, Hanabi, te le ricordi le vetrate?- chiese Lily, ma la ragazza non rispose ancora imbavagliata e tenuta stretta dalle mani.
Dal nulla apparve un gigante di pietra e si fiondò sui due ragazzi.
-Ma sicuro che te li ricordi.- continuò lei, la sua voce sembrava poter superare il clamore dei colpi con facilità. -Ricordi pure la poesia dopo tutto. Allora, come avevo predetto sei nel posto giusto al momento giusto.- rise, la voce della bambina distorta in qualcosa di agghiacciante.

-Forza Maka!Sbrigati!- le gridò il ragazzo che procedeva davanti a lei ad una andatura più spedita.
-Rallenta.- protestò lei incapace di tenere il passo -Dovresti seguire me!-
Ma lui non la stava ascoltando così con uno sforzo riuscì ad avvicinarsi e agguantare la sa sciarpa nera costringendolo a fermarsi.
-Che cazzo vuoi!- gridò lui infuriato mentre sputacchiava per il fatto di essere appena stato strozzato.
-Ti ho detto che mi devi seguire.- rispose autoritaria lei battendo la falce contro il terreno per sottolineare ciò che stava dicendo.- Inoltre stai andando nella direzione sbagliata quindi cerca di attardati io andrò il più veloce possibile.-
Black Star le riversò uno sguardo di fuoco, sentiva che non c'era più tempo da perdere e che aveva aspettato abbastanza, se ne era stato da parte senza creare problemi, aveva collaborato ma ora non riusciva più a farlo.
Stava per ribattere ma Soul si affrettò a calmare il suo migliore amico, non avrebbe giovato a nessuno andare nella direzione sbagliata meno che meno a Tsubaki.
Il ragazzo dai capelli azzurri si rassegnò cominciando a seguire la master verso le due piccole strutture gotiche che sembrano dei tozzi troll in confronto alla cattedrale.
Arrivati alla struttura Black Star sfondò la porta gridando a squarciagola il nome di Tsubaki, come un ruggito la sua voce sbatté contro le pareti in pietra e sembrò oltrepassarle.
Ma non fu la voce dolce della sua arma a rispondergli bensì quella più acuta della sua compagna.
-Se è tenuta in ostaggio non può risponderti, Black Star! Shinigami solo sa cosa avrei attirato facendo tut-
Il ragazzo riuscì a prenderla appena in tempo per un braccio per toglierla dal raggio di azione di un ammasso gelatinoso che era piombato dal soffitto.
Lei lo ringraziò ma poi la sua attenzione si spostò su ciò che avevano ora davanti e non solo perché era un nemico da sconfiggere.
-Ma non lo avevi ucciso?- fu l'unica cosa che riuscì a dire al ricordi di quel corpo ridotto in pezzi dall'onda dell'anima del master.
-Ragazzo dai capelli blu!- quello del mostro che avevano davanti non fu davvero una frase, la voce era distorta e rauca come se vi fosse qualcosa che gli stringesse la gola impedendogli di parlare ma l'ira che trasmise fece fremere la pietra e tutto il suo corpo.
-Io sono il grande Black Star!- gridò di rimando il ragazzo pronto a combattere ma Maka si frappose.
-Vai da Tsubaki.- disse -Sempre dritto per quel corridoio.-
Black Star le riservò solo una fugace occhiata -Lo lasciò a te.-
-Lo sistemeremo con il Majugori.- rispose Soul, Maka annuì c'era di nuovo quella determinazione nei suoi occhi, quella con la quale aveva affrontato il kishin da sola, senza un arma, solo con i pugni e la sua forza di volontà.
-TI MANGERO'! MANGERO' LA TUA ANIMA RAGAZZO!- gridò l'uovo di kishin con la sua voce graffiata, si fiondò sul ragazzo ma lui lo schivò con facilità, come se stesse semplicemente saltando uno ostacolo.
Infilò il corridoio che aveva indicato la ragazza senza più guardarsi indietro, sapeva che poteva fidarsi di lei quando finalmente riusciva a trovare tutto il suo coraggio ed ora l'unica cosa che gli poteva interessare era Tsubaki.
Con Patty stretta in un pugno corse, quando trovava un muro si limitava a buttarlo giù, non prendeva le svolte, continuava dritto con l'unico obbiettivo di trovarla ed intanto stringeva la pistola, un arma estranea nelle sue mani ma anche un anima che cui riusciva a legare.
Continuò così distruggendo pietra su pietra fino a che quello che si trovò davanti fu una parete che invece di cadere sotto il suo colpo lo risucchiò in un baratro senza fondo, cadde nel buio senza trovare appigli.
-Black Star, che ci fai qui?- la voce di Tsubaki era dolce come sempre, le era mancata solo ora riusciva a realizzarlo davvero, ma vi era una nota di preoccupazione.
Si rimise in piedi, sentì un rivolo di sangue caldo scorrergli lungo il collo, doveva aver sbattuto fortemente la testa e forse aveva addirittura perso conoscenza.
Si guardò intorno in cerca della ragazza dai capelli corvini mentre sentiva sotto la stretta delle sue dita il metallo freddo dell'arma.
Si trovava in una stanza interamente di pietra, la individuò facilmente, l'unica fonte di luce proveniva da un punto imprecisato vicino a lei.
Tsubaki aveva le mani bloccate nella parete, come se vi fossero state cementate, gemette quando un pezzo del suo piede venne prece dal muro con voracità.
Il ragazzo gridò il suo nome e senza nemmeno pensarci le corse incontro ma un giovane si frappose.
Sapeva di averlo già visto, la rosa nera lo fissava senza espressione.
-Joshua, per favore...- lo pregò Tsubaki con le lacrime agli occhi ma consapevole che niente poteva raggiungere il cuore del ragazzo, la sua anima era stata fatta a pezzi e rimessa insieme ed ora non era più niente, niente che si potesse definire umano.
-Che le stai facendo!- gridò il master cercando di colpirlo con un pugno, la sua mano passò attraverso il voltò del ragazzo senza colpirlo.
La rosa si spostò velocemente riuscendo a prendere la sprovvista il dio, gli bloccò la mano armata dietro la schiena e lo tenne fermo.
-Joshua! Lascialo!- lui non accennò di averla sentita.
Black Star fece leva sulla gambe e lo prese con la mano libera per il bavero della camicia.
Lo sbatté a terra davanti a lui e gli puntò la pistola contro.
-Lei è mia.- disse, gli occhi spalancati, premette il grilletto.

 

Ecco un altro capitolo, un po' corto perchè...non so...o corto o kilometrico.
Spero non sia così male.
Mmmmmmmmmmmmmmmmmmm

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