Cinderella
Once
Upon a Time... Cinderella
Tutte
le fiabe cominciano con... C'era una volta. Ebbene, questa non è una
vera e propria fiaba, non ci troviamo in un mondo magico, in uno
peggiore, meschino, infame e contorto. Il mondo reale. Ai nostri
tempi, nella verde e rigogliosa Inghilterra, dove ancora, nonostante
i tempi che corrono, la nobiltà ancora vive per le ville che
costeggiano le periferie delle grandi città, dove la carica di Re,
Regina e Principi, ancora vige. Ma la nostra protagonista non è
nulla di tutto ciò. Una semplice ragazza di ormai quasi diciotto
anni, carnagione come il latte, due occhi di un colore così simile
alle perle da far vergognare queste ultime. Le ciglia scure marcavano
incredibilmente facendo spiccare inevitabilmente quello sguardo dolce
e delicato. Le labbra rosee non mostravano mai un sorriso. Da quando
la madre era passata a miglior vita, la giovane Hinata, aveva perso
ciò che di più caro al mondo aveva. L'amore. Quando ancora la madre
era in vita, poteva ricordare come la sua famiglia fosse esattamente
ciò che ogni figlio potesse desiderare. Una madre amorevole che si
prendeva cura della casa, che non andava a lavorare per crescere le
figlie piccole e che dedicava tutta se stessa al marito. A volte si
domandava, come potesse essere possibile che una donna del genere,
che rispecchiava la perfezione, potesse realmente esistere. Purtroppo
quell'angelo caduto dal cielo durò poco sulla terra. Si vedeva che
il suo posto non era quello. La donna, molto cagionevole di salute
aveva riscontrato una malattia terminale e così, poco dopo tempo,
esalò l'ultimo respiro tra le braccia del marito, e la piccola
Hinata che stringeva a se un minuscolo fagottino di coperte che era
la sorellina ancora troppo piccina. Hinata aveva solo Otto anni
allora, ma fortunatamente crebbe seguendo gli insegnamenti che le
aveva lasciato spiegati l'amata madre, cosa che purtroppo non fu per
Hanabi. La bambina non conobbe mai la figura materna, e dalla sua
dipartita Hiashi non fu più lo stesso. La donna che fino a quel
momento aveva fatto da collante, di sciolse lasciando tutto a se
stesso. L'uomo crebbe la piccina come una vera principessa, iniziò a
viziarla a più non posso, donandole tutto ciò che più desiderava.
Licenziò la domestica nonché tata che aveva accudito Hinata dopo
quel tragico incidente. Chiunque esterno alla famiglia fu cacciato
brutalmente, e la giovane Hinata venne brutalmente rinnegata dal
padre che sembrava provare un odio spropositato verso i suoi
confronti. La incolpava di averla fatta stancare troppo durante il
periodo in cui li stava lasciando. La incolpava di tutte quelle volte
in cui le chiedeva di leggerle un libro nelle ore tarde, la incolpava
delle volte in cui le domandava di spazzolarle i capelli e cantarle
la ninna nanna prima di andare a dormire. Non riusciva a
metabolizzare l'accaduto, e l'unico modo che sembrava funzionare per
farlo stare meglio, era proprio trattare male la sua primogenita. Con
il passare degli anni aveva insegnato ad Hanabi a trattare la sorella
maggiore come uno zerbino. Qualche anno più avanti, anche il cugino
Neji entrò a far parte della famiglia, i suoi genitori rimasero
infortunati durante un'incidente stradale e purtroppo non ci fu alcun
modo per salvarli. Il ragazzo che aveva la medesima età della nostra
protagonista, aveva sempre stimato enormemente lo zio, quindi tutto
ciò che usciva dalle sue labbra, poteva essere paragonato a oro che
colava. Per questo motivo, anche lui attribuì tutte le colpe alla
ragazza senza conoscere davvero i fatti, senza conoscere cosa provava
dentro la giovane. I tre aguzzini della corvina, erano soliti
obbligarla a lunghe sessioni di pulizia che riguardavano l'intero
perimetro della villetta in periferia in cui vivevano. Solitamente
iniziava ripulendo il giardino: tagliava l'erba, lucidava i sassi
piatti del viottolo, ripuliva la staccionata e quando c'era bisogno
la riverniciava. Quando poi passava alla cucina, i bagni e la sala da
pranzo doveva spolverare, sgrassare, lucidare e passare la cera sul
pavimento. Le camere da letto erano le più pesanti da accudire, in
quanto tutte avevano delle pesantissime tende scure, degli enormi
tappeti e mobili parecchio antichi che secondo il suo gusto, sarebbe
stato ora di cambiare. Non sarebbe stato troppo difficile se le
avessero lasciato modo di utilizzare le agevolazioni che i tempi che
correvano avevano da offrire come aspira polvere, vaporetto,
detersivi e quant'altro. No, il padre, credendo non sgobbasse
abbastanza la muniva di battipanni, scopettone, secchio con acqua
cenere e sapone, e tanta buona forza di volontà. I tre
(moschettieri) avevano preso l'abitudine di uscire spesso di casa
quando era giornata di grandi pulizie, così da lasciarle tutto lo
spazio a disposizione per ripulirla da cima a fondo. Purtroppo la
ragazza non riusciva mai a finire per tempo, e finiva con l'essere
costantemente punita. «Cosa devo fare con te, Hinata?! Sei
una buona a nulla! Ed ora torna in camera tua!» Anche quel
giorno purtroppo non era riuscita a finire in tempo tutti i suoi
doveri. Il castigo consisteva nell'andare a letto senza cena. E
quella settimana era già la terza volta ormai. Abbassò lo sguardo
silenziosamente senza rispondere, ormai aveva perso ogni speranza di
un cambiamento. Salire le scale della soffitta era sempre
incredibilmente doloroso dopo una giornata intera di lavori forzati.
I calli alle mani ed ai piedi erano più doloranti che mai, e quando
raggiunse finalmente la botola risalì a fatica e si distese a faccia
verso il soffitto, sul pavimento in assi di legno. Quella era la sua
stanza. La sua vecchia camera era stata ceduta al cugino e così ora,
lei era costretta a dormire in quel luogo intriso di umidità, ragni
e chi più ne ha più ne metta. Si trascinò alla finestra tonda,
l'unica presente nell'abitacolo. I capelli scuri, che sarebbero
dovuti essere lisci e luminosi erano sporchi e pieni di polvere, come
tutto il resto del corpo candido della giovane. Aderì con un fianco
alla parete osservando dall'alto della sua postazione l'intero
vicinato. Casette su casette, villini e ville. Un'enorme terreno si
stagliava all'orizzonte, quello che più l'attirava costantemente.
Era un'enorme villa circondata da un giardino immenso e delle
recinzioni molto alte. Si domandava a chi potesse appartenere
quell'abitazione così maestosa, si chiedeva come sarebbe stato
vivere in un luogo del genere, lontano da quelle angherie che doveva
subire ogni singolo giorno della sua vita.
Noioso.
Ecco come definire la sua vita. Secondogenito della famiglia più
prestigiosa dell'intera città. Il piccolo degli Uchiha si trovava
disteso sul suo sontuoso letto a baldacchino, all'interno di quella
camera così grande per una sola persona, in quella casa così
dannatamente grande per una famiglia. Il problema era che non si
trattava di una semplice famiglia, ma di una delle poche che nello
stato manteneva il titolo nobiliare. Quale? Nulla di più semplice.
Suo padre era il re. Come ci si sentisse a vivere una vita agiata,
piena di fronzoli, cose inutili e benefici di ogni genere? Può
piacere all'inizio, fin quando non inizi ad avvertire il vuoto che ti
circonda. «Dovresti uscire ogni tanto, lo sai Sas'ke?»
domandò il biondo improvvisamente mentre sbirciava fuori dalla
finestra scostando una tenda scura. Due guardie si voltarono
immediatamente verso di lui, fulminandolo con lo sguardo, e lui per
tutta risposta fece loro quello che si suol dire, il gesto
dell'ombrello. Il giovane principe che continuava ad osservare il
tendaggio del letto sospirò pesantemente per l'ennesima volta in
quella giornata di fine autunno. «Ti rendi conto della
stronzata che hai appena detto, testa quadra?» domandò
retoricamente rivolgendosi all'amico che per tutta risposta lo
osservò basito. L'erede si diede una sonora manata sulla fronte e si
mise a sedere grazie ad un colpo di reni repentino. «Chi
sono io?» gli chiese poggiando gli avambracci sulle
ginocchia. «Il principe!» rispose Naruto con
tono gioviale come se si fosse reso conto di conoscere qualcosa che
all'interrogazione precedente aveva dimenticato. «Quindi
secondo te, a rigor di logica... Mi farebbero mai uscire dalla villa
che so... per andare a fare una passeggiatina in città?»
continuò con il suo repertorio di domande con tanto di tono
particolarmente infastidito. Il giovane dagli occhi cerulei sembrò
riflettere sulla risposta che doveva dare all'amico. Si osservò in
giro, fino a raggiungere le tende con lo sguardo, dove poco prima
aveva visto le guardie. «No...» mugugnò
abbassando di qualche tono la voce. «Ecco. Quindi fammi il
favore, se devi sparare una cazzata, la prossima volta, ti prego di
essere più originale.» esordì gettandosi ancora una
volta sul materasso sontuoso senza aspettarsi una risposta da parte
del ragazzo. L'Uzumaki ovviamente ci restò di sasso. Era di routine
che il corvaccio gli bocciasse ogni singola proposta, ma cominciava a
stufarsi. Avevano ormai quasi vent'anni, e non sopportava più di
vederlo rinchiuso tra quelle quattro mura manco fosse in una gabbia.
Come un fulmine a ciel sereno, sembrò coglierlo in pieno qualcosa di
simile ad un'illuminazione. «Hai detto che i tuoi genitori
ti stanno stressando con la storia di presentarti delle ragazze da
poter prendere in moglie giusto? Bene, credo che volendo, possiamo
utilizzare tutto ciò a nostro favore caro mio!» esordì
il giovane riacquistando il normale tono di voce squillante che aveva
prima. Il moro aprì gli occhi neri come la pece quasi di scatto a
quelle parole, quasi lo avessero risvegliato da uno stato di trance
apparente. Si rimise seduto molto lentamente, senza scatto di reni
questa volta. «Ti ascolto.»
Le
giornate volavano. Tra la mattinata a scuola e le faccende di casa
durante il pomeriggio, era costantemente impegnata e non si era
neanche resa conto del fatto che fosse giunto l'inizio dell'inverno.
Di ritorno dalla scuola, la corvina stringendosi nella sciarpa si
avvicinò alla cassetta postale davanti la loro villetta e prese la
posta. Entrando in casa si annunciò come era solita fare
educatamente «S-sono tornata!» anche se sapeva
che nessuno sarebbe andato a salutarla. Poggiò la borsa su una delle
sedie in cucina seguita dalla busta della spesa che conteneva gli
ingredienti per il pasto che avrebbe preparato per il pranzo. Tra le
varie pubblicità, una di quelle attirò maggiormente la sua
attenzione. Su un foglio di un elegante color crema stampavano delle
lettere in una calligrafia corsiva molto sottile e curvilinea.
-Principessa per un giorno.-
Quella
dicitura la fece rabbrividire repentinamente, mentre sgranava gli
occhi occhioni perlacei. Si riprese velocemente e lesse il contenuto
dell'opuscolo. Si trattava di una semplice competizione tra ragazze,
dove le medesime avrebbero dovuto sostenere delle prove per vincere
un premio. Passare un'intera giornata in compagnia del principe
ereditario della città. Rimase un po' delusa dal contenuto. Non
sapeva neanche lei cosa aspettarsi in realtà, eppure quel volantino
da prima così interessante, passò immediatamente alla pila di
quelli che sarebbero dovuti finire nella pattumiera. Fece per
stracciarli, quando la voce squillante della sorella minore raggiunse
le sue orecchie facendola sussultare. «Hina! Cosa stai
facendo a quel volantino?! Sai da quanto lo stavo aspettando?!»
proclamò la ragazza avventandosi su di lei per riprendere il
volantino. «L...lo aspettavi..? E...perché?»
domandò incerta la maggiore osservando stranita la sorellina che ora
leggeva il volantino con un sorriso a trentadue denti stampato in
viso. «Per partecipare all'evento! Ovvio! Per cosa
altrimenti?» domandò lei a sua volta come se fosse la
cosa più ovvia di quel mondo, e quella strana che non capiva (tanto
per cambiare) era Hinata. Mentre la ragazzina le raccontava di quanto
potesse essere figo ed affascinante il principe (nessuno conosceva in
realtà il suo volto), lei ascoltò silenziosamente le sue parole
mentre preparava il pranzo. Poco dopo arrivò il padre, accompagnato
da Neji, che si svestirono dai cappotti ed entrarono in cucina
salutando la piccola. Quest'ultima saltò al collo del padre
iniziando a spiegargli per filo e per segno in cosa consistesse quel
volantino che aspettava da giorni. L'uomo sedutosi a tavola, dopo
aver terminato il suo pasto decise di proferire parola a riguardo. «Mi dispiace deluderti tesoro, ma in quei giorni io e Neji
saremo molto impegnati. Non potrò accompagnarti. Sono costretto a
dirti di no. » spiegò alla figlia con tono evidentemente
dispiaciuto. Ma quest'ultima balzò in piedi come se si aspettasse
una risposta del genere. Raggiunse di corsa la sorella che stava
lavando i piatti e le diede due sonore pacche sulla schiena. «E
che problema c'è? Mi ci porterà Hina-Cenerina!» proclamò
lei senza attendere il consenso della maggiore che quasi fece cadere
il piatto di ceramica in terra. Sussultò e voltandosi verso l'uomo
cercò di dire che preferiva stare in casa. «E...ecco io..
v-veramente...» mormorò balbettando a mezza voce come suo
solito venendo bellamente ignorata dall'uomo che non aveva occhi che
per la piccola. « E' ciò che desideri tesoro?»
domandò a quest'ultima che annuì vigorosamente. «E così
sia.»
L'evento
arrivò in un batter d'occhi, e la nostra povera Hinata fu costretta
senza aver modo di ribellarsi, a presentarsi sul luogo insieme ad
Hanabi. La gara si sarebbe tenuta all'interno della villa dove
alloggiava la famiglia nobiliare. Le numerose ragazze furono scortate
nel salone principale dove una giovane dai capelli castani raccolti
in due buffi e graziosi codini alti raggomitolati su loro stessi,
stava prendendo i nominativi delle varie partecipanti. «Ragazze!
Vi do il benvenuto alla competizione principesca per passare
un'intera giornata in compagnia del nostro principe.» un
sonoro eco di urla acute delle varie ragazze riempì la sala, ed
Hinata fu costretta a tapparsi le orecchia.«Io sono
TenTen, e vi seguirò nelle varie prove spiegandovi come e cosa fare.
Perciò, non abbiate alcun timore a farmi qualche domanda. Bene, ora,
ognuna di voi mi raggiunga ordinatamente e vanga qui a scrivere il
loro nome.» incitò la ragazza muovendo animatamente un
braccio sopra la testa. Inutile dire che la fila, era incredibilmente
lunga e quando arrivò il turno di Hanabi di firmare erano ormai le
ultime. La castana osservò accigliata la corvina che si stava
allontanando insieme alla sorellina. «Scusami, ma non
firmi? Mi servono i tuoi dati per inserirti tra le partecipanti.»
spiegò tranquillamente la ragazza. «Oh, no! I-io non
partecipo. S-sono v-venuta solo per accompagnare l-la mia
sorellina!» cercò di spiegarsi Hinata nel modo migliore,
agitando velocemente la mani davanti a se. «Mi spiace, ma
l'unico modo per restare qui in villa è quello di partecipare.
Quindi se non ti iscrivi, sarai costretta ad andartene.»
spiegò lei con un lieve tono dispiaciuto. Hanabi non perse tempo a
fulminare con lo sguardo la povera sorella. «Avanti
Hina-cenerina, fingi di partecipare, tanto non supererai neanche la
prima prova. Vincerò prima io, così non sarai costretta a
partecipare.» la rassicurò Hanabi in un modo tutto suo,
allontanandosi. La maggiore sospirò e firmò velocemente sotto il
nome di sua sorella e fece per seguirla. TenTen la osservava con un
gran sorriso difficile da decifrare. «Secondo me invece,
hai buona possibilità. In bocca al lupo!»
Erano
ormai passate diverse ore dall'inizio dell'evento e fino a quel
momento, nessuna delle partecipanti era riuscita a rispondere in modo
soddisfacente ai quesiti che aveva preparato precedentemente. Non gli
restava che far entrare l'ultima ragazza, che aveva notato avere lo
stesso cognome della precedente. «Due sorelle che si
battono per conquistare l'ambito premio di uscire con me?
Divertente.» scosse la testa il moro, mentre con le spalle
al muro faceva cenno ad un servitore di aprire le porte per far
entrare l'ultima candidata. Ad entrare non fu un'eccentrica dama come
quelle che aveva visto durante tutta la giornata. Completamente
diversa da quelle tre ragazze così eccentriche, chiassose e rozze
che avevano tentato di saltargli addosso. Impossibile dimenticarle,
da quel momento in poi avrebbe fatto attenzione a stare lontano da
ragazze con i capelli rossi, biondi o rosa confetto, quello era
certo. La ragazza in questione aveva i capelli scuri raccolti in
modo non troppo composto sul retro, due ciuffi ondulati le
contornavano il viso non troppo sottile, una frangetta scura le
sfiorava gli occhi delineati da un sottilissimo, quasi impercettibile
filo di trucco, e l'abito che aveva scelto era incredibilmente sobrio
rispetto a tutti quelli pomposi che avevano scelto le altre
concorrenti. Il suo era di un piacevole color crema, con rifiniture
dorate. «Tu devi essere Hinata! Piacere di conoscerti! Sono
il principe Naruto.» si presentò l'amico del ragazzo
alzandosi ed allungando una mano verso la ragazza per stringerla. Il
vero principe di fianco a lui gli pestò un piede ricordandogli che
non era quello il modo in cui avrebbe dovuto salutarla. Il biondo
urlò lanciandogli un'occhiataccia, mentre la povera Hinata, colta
alla sprovvista sussultò visibilmente. L'Uzumaki si ricompose e
prese la mano della ragazza con la sua, per poi portare le labbra sul
dorso ed eseguire un baciamano non troppo perfetto, ma che bastò a
far arrossire violentemente la corvina. Una volta preso posto
iniziarono le domande personali. La giovane rispondeva balbettando,
ed in modo molto semplice, senza mai eccedere o finire con il
cambiare discorso. Inscenarono anche una cena, dove la ragazza si
dimostrò assolutamente capace ad utilizzare le posate giuste con la
pietanza giusta, a differenza di Naruto che creò soltanto numerosi
disguidi ai camerieri che osservavano la scena sconcertati. Oltre la
musica soffusa che si poteva sentire echeggiare per le pareti, a
farle compagnia si poteva udire il suono cristallino delle risate
della ragazza, provocate dalle battute del biondo, che tutto riusciva
ad essere fuor chè un principe. Dopo un veloce dibattito riguardo
l'attualità in cui la giovane fu in grado di battere su tutti i
fronti il ragazzo, giunse l'ultima prova, ovvero quella di ballo. «Bene, siamo giunti alla fine, per ultimo ti chiedo di
danzare con il mio accompagnatore.» disse in fretta il
giovane asciugandosi il sudore dalla fronte. Hinata dopo aver
deglutito a fatica per lo stupore della richiesta, si avvicinò al
moro con delicati passi leggeri che non si sentirono neanche. Fece
una riverenza piegando gli angoli dell'abito sollevandolo appena e
rialzò titubante lo sguardo su di lui. «T..ti chiedo
perdono per la possibilità che io ti pesti i piedi... sono
negata...» disse quasi in un sussurro non sapendo dove
guardare, quegli occhi così profondi e bui la mettevano in
soggezione. Iniziarono a danzare, ed effettivamente i piedini della
giovane che pestavano i suoi non tardarono ad arrivare. Gli venne
seriamente da ridere, ma riuscì a trattenersi e mantenersi
assolutamente apatico a quella scena. Teneva costantemente gli occhi
sul suo viso, ne studiava la fisionomia, cercava il modo di perdersi
in quelle perle per una frazione più lunga di quelle che la giovane
impacciata gli concedeva. Fece scivolare una mano sul suo volto,
costringendola a fermare il viso verso il suo così da poterla
finalmente osservare come si deve. Serrò le labbra e sentì un
brivido di dubbia entità quando soffermò le iridi scure come la
notte, su quelle così chiare quasi trasparenti che rendevano gli
occhi della giovane così strani e magnetici. Erano lievemente
lucidi, le labbra della ragazza tremavano ed il colorito della sua
carnagione era di un innaturale rosso pomodoro. Sentì l'istinto di
dover fare qualcosa. Sentì il dovere di dover dar fine a quel
tremore di labbra. «Fantastica! Non ho mai visto nessuna
ragazza pestare così tante volte i piedi di Sas'ke in vita mia!»
elargì Naruto raggiungendo i due poggiando le braccia sulle spalle
dell'uno e dell'altra. Quest'ultima sussultò per poi scansarsi
velocemente dal moro indietreggiando. «C...con permesso!
E'... s..stato un v-vero piacere!» balbettò in pieno
imbarazzo allontanandosi a gran passi dalla sala. Una volta richiusa
la porta Naruto iniziò a svestirsi sospirando. «Certo
però, che quella tipetta con i capelli rosa tutto pepe, non era
affatto male! Pensi che se chiedo a TenTen mi farà avere i suoi
dati?» domandò speranzoso con un sorrisone convinto. Il
moro era rimasto immobile in quella posizione a guardare fisso la
porta che ormai era stata chiusa da diversi minuti. «Naruto,
sei proprio un coglione.» elargì infastidito all'idea di
quel momento così... strano, che aveva vissuto in quel momento.
Abbassò lo sguardo sul pavimento quando si accorse della presenza di
qualcosa che luccicava. Si avvicinò e raccolse un braccialetto. Era
una catenina argentata con dei pendenti. Una zucca, un topolino, un
cavallo bianco e una scarpetta che dalla trasparenza avrebbe potuto
essere di cristallo. Lo strinse sul palmo della mano e rivolgendosi
all'amico iniziò ad avviarsi in camera sua. «Ho scelto
quale sarà la vincitrice.»
Erano
passate due settimane da quel fatidico pomeriggio in cui si era
ritrovata costretta a partecipare a una gara che a lei non
interessava minimamente. Era anche vero però che aveva riscontrato
quanto fosse realmente affascinante il principe dai capelli color del
sole. Arrossì al solo pensiero del baciamano. Era stata una giornata
particolarmente strana. Per non parlare di quando aveva dovuto
danzare con il compagno del principe, quel moro così strano, che le
faceva venire i brividi. Poteva distintamente avvertire su tutto il
corpo i brividi dovuti al contatto dei loro corpi durante la danza,
dovuti a quel momento in cui la costrinse a guardarlo dritto negli
occhi. Poteva sentire quello sguardo penetrante su di lei, come se
solo con quelle iridi al pari della pece, potesse spogliarla di tutto
ciò che possedeva. Una settimana dopo l'evento era arrivata una
lettera dove le avevano fatto sapere, che la vincitrice era proprio
lei. Ricordava di come il cuore aveva iniziato a battere così forte
nel petto da farle quasi male, purtroppo però il padre riuscì ad
appropriarsene e stracciò l'invito che le dava appuntamento ad
uscire con il principe,come da premio accordato. Questo non venne mai
a saperlo Hanabi, lei sapeva solo che era stata un'altra ragazza a
vincere. Un sabato mattina, mentre si avviava a fare la spesa, si
sentì inspiegabilmente irrequieta. Pochi passi più avanti, dopo che
aveva accellerato il passo in una marcia sostenuta, una figura scura
uscì da dietro un angolo. «Se stai cercando di passare
inosservata, non ti sta riuscendo un gran che.» una voce
stranamente famigliare la riportò alla realtà con una potenza tale
da sentire quasi le ginocchia cedere. «S...Sas'ke.. ecco..
i-io.» iniziò inspiegabilmente a farfugliare. Il ragazzo
poggiò prontamente il dito indice sulle labbra della corvina che
sgranò gli occhi perlacei a quel contatto. «Non trovi che
non dare più tue notizie al principe sa stato incredibilmente
sgarbato da parte tua?» la giovane abbassò lo sguardo
dispiaciuta e spiegò vagamente il motivo per cui non aveva potuto
accettare. «non importa, ora andiamo.» disse lui
velocemente facendo scendere una mano a prendere una delle sue. «n...no! D..devo tornare a casa o...o mio p...padre...»
cercò di ribellarsi la corvina non osando immaginare come avrebbe
potuto reagire l'uomo a una sua uscita prolungata. «Non
preoccuparti di questo, ci ho già pensato io.»
Quella
giornata fu una delle migliori che la giovane aveva mai passato in
vita sua. Il moro l'aveva portata in luoghi che neanche si sognava
potessero esistere, o meglio, luoghi in cui non si sarebbe mai
sognata di raggiungere. Andarono al cinema, al Luna Park, e, sebbene
il ragazzo non fosse poi così loquace, fu incredibilmente piacevole
passare la giornata in sua compagnia. Si erano raccontati qualcosa
che li riguardava, lei incredibilmente gli aveva raccontato della
situazione famigliare in cui si trovava, si era aperta verso di lui,
forse perchè non sopportava più l'idea di tenersi tutto dentro,
forse perchè aveva realmente bisogno di sentire quella mano che ora
le stava scostando i capelli dal viso. «Devo confessarti
una cosa. Naruto non è il vero principe. Sono io.» la
corvina sgranò gli occhi incredula allontanandosi istintivamente «v...voi!?» fece annaspando aria, boccheggiando. «Ed ora non farmi ridere. Continua a darmi del tu come hai
fatto fino ad ora.» disse lui seccato mentre la ragazza
continuava a mantenere un'espressione da ebete. «Avanti
cosa ti cambia se il principe sono io o Naruto? La mia carica ti
spaventa?» chiese lievemente stizzito rivolto al suo modo
di guardarlo. «N...no ecco... è solo che... c...con tutte
le ragazze c..che hanno partecipato... p...perchè p..proprio io?
Perchè h..hai deciso d..di fare tutto questo?» chiese la
corvina che intanto era riuscita a prendere controllo di se riuscendo
ad esprimersi come meglio poteva. «Sei diversa dalle altre
ragazze che ho messo alla prova. Mi hai trattato come un ragazzo
qualsiasi, ti sei interessata a me anche senza conoscere il mio stato
di sangue. Per quanto riguarda la seconda domanda invece... Ho solo
bisogno di libertà.» disse portando una mano alla fronte,
portando all'indietro diverse ciocche di capelli che fino a poco
prima gli ricadevano sul viso. La giovane lo osservò attentamente,
cercando di leggere più a fondo quello che poteva nascondere il
ragazzo in quel momento. «C'è qualcosa che desideri?»
le chiese lui improvvisamente avvicinandosi di diversi passi. La
ragazza sussultò nel vederlo ancora una volta così vicino, ma non
si allontanò. Non questa volta. «Mi piacerebbe poter
tornare a vivere con la mia vecchia tata. Vorrei non dover più
essere costretta a fare da schiava in quella che un giorno era casa
mia.» deglutì a fatica sentendo un fastidioso grumo
all'altezza della gola, bruciarle fastidiosamente. Gli occhi
pizzicavano e le guance andavano in fiamme. «Sarà fatto.»
disse solamente il principe, prendendole delicatamente il viso tra le
mani, mentre abbassava lentamente il viso verso il suo. Inspirò a
fondo il profumo che proveniva dalla sua pelle, sapeva di buono.
Inclinò il capo di poco e poggiò le labbra su quelle rosee della
ragazza ormai inumidite dalle lacrime calde che le facevano vibrare
incessantemente.
Un'altra
settimana era passata da quello splendido pomeriggio. Non aveva più
rivisto il principe, ma era stato di parola. Con una convocazione,
aveva fatto si, che Hinata andasse a vivere in una casetta vicina al
centro, insieme alla sua tata d'infanzia. Non era più sola, non era
più costretta a fare la schiava. Stava bene. Le capitava spesso di
ripensare a quel bacio, così triste, salato, ma caldo ed intenso
allo stesso tempo. Un bacio da favola si potrebbe dire. Dato da un
principe. Eppure per lei, non era un principe, ma qualcuno che si
avvicinava ad essere un angelo caduto, proprio come la madre. Stava
rientrando in casa dopo la classica giornata di scuola, pensando a
quale pretesto avrebbe potuto escogitare per rivedere il ragazzo. «Sono tornata!» si annunciò come era solita
fare, ma stranamente, la tata non le andò incontro. Si accorse solo
in quel momento che l'ingresso era pieno di valige scure. Raggiunse a
grandi passi il soggiorno dove, sentiva il chiacchiericcio continuo
della donna che parlava con qualcuno. «Ma cos...»
rimase a bocca aperta nel vedersi sotto gli occhi un Sas'ke
incredibilmente annoiato, seduto in modo scomposto su una poltrona. «C...cosa ci f...fai qui?» domandò la corvina
lasciando che la borsa cadesse in terra rumorosamente, mentre sentiva
il viso andare lentamente sempre più a fuoco. La tata fece un
sorriso strano, e dopo aver dato una carezza alla ragazza sparì in
cucina. «Caspita, che accoglienza.» si lamentò
brusco il moro che chiuse gli occhi e poggiò il collo sullo
schienale mentre incrociava le braccia al petto con espressione rude. «E'.. solo c...che...» cercò di riprendersi
alla meno peggio la Hyuuga che presa di coraggio si era fatta avanti
di qualche passo. Era finalmente li, in casa sua, in carne ed ossa.
Non era il solito sogno ad occhi aperti che faceva prima di
addormentarsi. Era lì, a pochi centimetri di distanza. «Ho
ottenuto la mia libertà. Quella libertà che ha il tuo nome.»
la voce del ragazzo risuonò come ovattata alle orecchie della
corvina che sgranò gli occhi nel ritrovarsi un documento davanti gli
occhi. Iniziò a leggere velocemente, riga dopo riga, parola dopo
parola. Sentiva il sangue affluire sempre più per il volto, mentre
la pelle d'oca le cospargeva l'intero corpo sotto gli abiti. Aveva
ricevuto il permesso, per restare li e continuare la sua formazione
scolastica nella scuola li vicino. Collegò così le valigie
all'ingresso. Avrebbero vissuto insieme. Sentì gli occhi riempirsi
di lacrime, le labbra ripresero a tremare mentre il foglio le cascò
di mano. Portò le mani a tappare la bocca, nel tentativo di non
lasciare che i singhiozzi raggiunsero le orecchie del ragazzo. Il
moro per tutta risposta sbadigliò grattandosi con l'indice la punta
dell'orecchio destro. «Dimenticavo di dirti una cosa.»
Disse aprendo un solo occhio. La sua espressione era sempre apatica,
il tono caldo, eppure, avrebbe potuto azzardare l'ipotesi che
quell'angolo delle labbra lievemente inclinato verso l'alto, fosse un
sorriso.
«Ben
tornata.»
Fine.
Signori
e signore! Ragazzi e ragazze! Eccomi qui con la prima delle
rivisitazioni delle Fiabe in chiave Hinatesca! Spero davvero che sia
di vostro gradimento, si perchè ho appena finito di scrivere e sono
le 4:10 parliamone. La cosa più brutta di tutte, era che mentre ero
arrivata alla quarta pagina di Word, il pc mi aveva chiesto di
riavviare per l'aggiornamento dell'antivirus, e io come una cogliona
invece di posticipare il riavvio, ho messo -riavvia subito- vi lascio
immaginare la mia depressione,... visto che non avevo salvato il
file. Invece non so per quale grazia divina, mi ha dato la
possibilità di recuperare il lavoro! Ora sono la persona più felice
del mondo! Quindi, dopo aver scritto addirittura quasi nove pagine
piene, (spero di non avervi annoiato troppo) vi lascio alla lettura e
spero vivamente che questo capitolo possa essere di vostro
piacimento! Mi farebbe un sacco piacere avere dei vostri commenti a
riguardo! Fatemi sapere cosa ne pensate. E come promesso, vi lascio
con un'anticipazione per la prossima Fiaba che ho intenzione di
trattare.
Legno!
Baci
baci...
ARM
Editing: Chiedo venia per
l'errore di mettere i discorsi tra i segni sbagliati. Ho sistemato il
problema, ed ora i dialoghi sono disponibili. Scusatemi!
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