Forbidden Path

di So_Simple
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vacanza insolita ***
Capitolo 2: *** Incontri a sorpresa ***
Capitolo 3: *** Notte Horror ***
Capitolo 4: *** Il tour del paese ***
Capitolo 5: *** Brittany ***
Capitolo 6: *** Sulle tracce dello psycho-fantasma ***
Capitolo 7: *** Il Bar ***
Capitolo 8: *** Nel bosco ***



Capitolo 1
*** Una vacanza insolita ***


Appena iscritta, solo perché volevo scrivere questa storia.
Allora, diciamo che la parte misteriosa è tratta da un libro che ho letto da bambina, "Vacanze al Cimitero" ma il resto è tutto mio. E comunque anche tutto il resto ha subito delle necessarie modifiche.
Spero che piaccia almeno un po'. Fatemi sapere che ne pensate se vi va, se dovrei continuarla :)
Alla prossima :)
 

Ero seduta sul mio letto, annoiata a morte.

Mi giravo i pollici da circa mezz’ora, mentre guardavo con attenzione una crepa sul soffitto immaginando che d’improvviso diventasse una voragine e piovessero su di me detriti di cemento e travi di legno che mi seppellissero.

Era già la seconda settimana dalla fine della scuola e io non ero uscita di casa neanche una volta, se non per fare due passi da sola o per andare a fare la spesa quando i miei genitori non potevano – devo dire che questo significa che tutto sommato uscivo piuttosto spesso. Insomma, un po’ perché di mio ero asociale, un po’ perché le due persone che conoscevo erano già partite per andare chissà dove, mi ero ritrovata a trascorrere una solitaria, infelice estate.

In quel ridente momento di noia e contemplazione, improvvisamente, il silenzio che regnava nella mia grande casa deserta, che era così perché non c’erano i miei genitori ad animarla con le loro urla isteriche – venne spezzato da un grido nervoso proveniente dal piano di sotto.

“Santana! Ci sei?!”

Mezzo secondo dopo, senza attendere risposta, mia mamma spalancò la porta di camera mia e entrò.

“Ah, eccoti! Non sei fuori neanche oggi?”

Le rivolsi uno sguardo irritato. “Se sono qui non sono fuori, mi sembra chiaro. Lo sai che sono sola al mondo.”

“Ma no, mija, non proprio così sola, hai ancora la tua fantastica mamma, che è riuscita a intavolare una conversazione civile con tuo padre per la prima volta dopo mesi e l’ha convinto a farti andare in vacanza da qualche parte.”

Mi misi a sedere, sorridendo “Davvero? Posso scegliere io la destinazione?”

“Ehmm, no.” Rispose lei, sfoggiando il sorriso da persona soddisfatta di sé stessa. “Ho già deciso anche quello. Era l’unico modo per convincere tuo padre a mandartici, sai, non hai esattamente brillato quest’anno a scuola, non ci sembrava giusto premiarti.”

“Oh, almeno su questo andate d’accordissimo eh?” ribattei.

Lei cambiò espressione, passò dal sorriso allo sguardo minaccioso. Quindi decisi di cambiare argomento.

“Beh, dove mi vorreste mandare quindi? Sai che in campeggio con Tina Cohen-Cosa non ci vado” Tina era la figlia asiatica dell’amica di mia mamma, con cui non andavo d’accordo nonostante le nostre genitrici avessero fatto sforzi immensi per farci diventare amiche.

“Non è che ti ci vorremmo mandare, noi ti ci manderemo e basta, non hai possibilità di replica.” Mi disse, severa. Poi continuò “Comunque no, non ti mandiamo al campeggio asiatico con Tina. Anche perché non sei asiatica. No, ho contattato tuo zio Carlos su Facebook. Sai, il fratello di tuo padre.”

“Chi?!” io sto zio non l’avevo mai sentito.

“L’hai… l’hai conosciuto da piccola, non so se te lo ricordi… elegante, vestito sempre di nero, piacente… vive in un luogo un po’, come dire, insolito.”

Ero confusa, devo ammetterlo. “Insolito tipo? Puoi smettere con gli indovinelli e parlare chiaro?” lei mi guardò, poi sospirò.

“Tuo zio Carlos vive in un paesino di pochi abitanti in Pennsylvania e fa… il becchino. È molto… sai, attaccato al suo lavoro. Per questo vive esattamente dentro al cimitero.”

Seguì un lungo momento di silenzio. Restammo lì a fissarci. Io cercavo di elaborare quanto mi era appena stato rivelato e assimilare le informazioni mentre lei, probabilmente, aspettava una risposta.

“Tu… tu mi stai mandando in vacanza in un cimitero, da un vecchio zio pazzo che vive in un mausoleo e cala morti dentro alle fosse per vivere, in un posto ancora più sfigato e insignificante di Lima?!”

“Beh, almeno tuo zio ha il wifi…”

“Ah, eh, se ho il wifi allora sono a posto!” saltai in piedi come un grillo nevrastenico “Ce l’ho anche qui il wifi – gridai – e non sono in un cimitero! Mi sembra molto meglio!”

Lei avanzò verso di me; sembrava furiosa. “Beh, Santana, c’è poco da discutere, ormai siamo d’accordo! Sono stufa di vederti sempre in casa a far niente!”

Io sbuffai “Come fai a vedermi se non ci sei mai.”

Lei sembrò calmarsi, e mi rispose “Altro motivo per mandartici. Se non altro tuo zio ti farà compagnia. E poi ci sarà silenzio, potrai fare i compiti
concentrandoti!”

Ormai avevo capito che dovevo rassegnarmi. Le rivolsi un sorriso tirato e finto.

“Ora devo tornare a lavoro. Tu comincia a pensare alla valigia, parti tra tre giorni!” disse in fretta, mentre tentava di uscire di casa ed evitava il mio
sguardo come la peste.

“Ma come..?!” cercai di fermarla, ma lei mi interruppe.

“Santana.” Il tono autoritario della sua voce, come al solito, mi dissuase dal dire altro. Così, annuii e la guardai uscire dalla stanza, poi aprii l’armadio e cominciai a scegliere i vestiti.
 


Alla fine, non era così male. Cioè, il posto sì, era la cosa più infelice del mondo. Quattro case, sterminata campagna, poche persone dall’aria stravagante in giro, il vecchio pazzo del villaggio che si aggirava strillando parole insensate lungo la strada. Il cimitero si trovava relativamente lontano dal centro cittadino, vicino a una simpatica villetta bianca e, sostanzialmente, era una lunga – ma neanche tanto – distesa di lapidi bianche e grigie e mausolei antichi e dall’aria misteriosa.

Lo zio Carlos, neanche lui era così male.

Elegante, di bell’aspetto, così come aveva detto mia madre, aveva anche un discreto – anche se macabro – senso dell’umorismo. Ogni sua battuta aveva a che vedere con tombe e morti, ma va beh, almeno ci scherzava su.

A quanto pare era convinto che io fossi qualche strano tipo di delinquente, o, più probabilmente, i miei genitori l’avevano convinto che lo fossi. Appena mi vide, dopo aver salutato i miei genitori, che mi avevano semplicemente salutato dalla macchina, senza prendersi il disturbo di scendere, mi disse
“Allora, non combinare disastri qui, eh? Siamo pochi, è facile riconoscerti!”

Rimasi perplessa, e fu così che, tra una domanda e l’altra, scoprii che i miei gli avevano detto di tenermi sempre d’occhio, di stare con me il più possibile, di portarmi fuori con lui a ogni occasione o di presentarmi qualche bravo ragazzo del paese – ammesso che ne esistessero – e di fare in modo che mi tenessi impegnata. Lui aveva immaginato che a casa frequentassi compagnie poco raccomandabili e dessi fuoco ai cassonetti nel tempo libero.

Feci in modo di abbattere subito quella strana idea che si era fatto di me.

Così, per sembrare una simpatica ragazza disponibile e affabile, quando lui mi propose di fare un giro del camposanto, tanto per conoscerlo meglio e famigliarizzare con esso, accettai di buon grado. Beh, almeno, accettai fingendomi entusiasta.

“Allora, come puoi vedere, qui ci sono i mausolei. Non ce ne sono molti, il più importante è quello dei Fabray. Pensa, la giovane Quinn ha già il suo posto prenotato nella bella tomba di famiglia.”

Guardai la grossa e maestosa costruzione con espressione sconvolta e perplessa mentre cercavo di immaginare la faccia di questa Quinn.
Probabilmente aveva l’aria della ragazza – o della bambina – con la puzza sotto al naso e qualche problema psicologico. D’altronde, al pensiero di avere già un posto prenotato al cimitero, io diventerei pazza. “Quanti anni ha questa Quinn?”

“Tu? So solo che fai il liceo, ma i tuoi non sono stati molto chiari.”

“17.” Gli risposi, continuando a camminare sui lucidi sassolini bianchi del vialetto e proseguendo la mia silenziosa meditazione sulla famiglia proprietaria del mausoleo. Chissà in che casa vivevano. Sicuramente mi sarebbe bastata un occhiata per capire quale fosse la loro, probabilmente assomigliava al mausoleo. Cercai di immaginarmi una casa con un grosso angelo sul tetto, come un inquietante Babbo Natale, e tre gradini di granito che portassero a una maestosa porta spessa e scura, con inciso il nome dei Fabray in un’elegante scrittura corsiva.

Era proprio mentre ammiravo il mausoleo e il suo angelo ad ali spiegate sopra, che notai, vicino ad esso, una strana figura, insolitamente umana, che sorrideva diabolica. Sembrava un ragazzo magro e alto, con brillanti occhi azzurri e un sorriso arrogante.
Lo fissai sorpresa; stavo per cercare di attirare l’attenzione dello zio Carlos, ma lui, continuando a sorridere, si portò un dito alla bocca, facendomi segno di stare in silenzio. Lo guardai a bocca spalancata e poi lo vidi sparire dietro alla statua.
Anche se io l’avevo visto a velocità ridotta, il fatto si era svolto in pochi secondi, mentre il sole caldo sfavillava sulla struttura impedendomi di distinguere tratti precisi o di individuare una direzione da cui il ragazzo fosse arrivato, o il punto da cui fosse andato via.

Poco dopo, Carlos richiamò di nuovo la mia attenzione.

“Ah, anche Quinn credo, più o meno. Magari te la faccio conoscere, io conosco tutti qui!” rise lui.

Io gli sorrisi e annuii. “Mi farebbe piacere”.

“Eh, storia difficile quella Quinn”

“Perché?”

“L’anno scorso ha partorito un figlio. Tutto il paese ovviamente lo sapeva. Non gode di una buona reputazione da allora, anche se lei è una brava ragazza. È rimasta molto segnata dal parto, anche se ora ha dato il bambino in adozione ed è felice di nuovo.”

Nel frattempo continuò a camminare, distrattamente e avanzando nel silenzio.

Lo seguii lungo il vialetto per diversi metri, finché non mi trovai davanti una serie di lapidi bianche, tutte piene di fiori e lumini, su cui spiccavano date di nascita e di morte troppo ravvicinate e fotografie di persone troppo giovani per essere lì.

Una di quelle in particolare attirò la mia attenzione. Sopra c’era scritto:
 
Sebastian Smythe 1990 – 2008
Giovane innocente, come ha potuto il destino strapparti all’amore della tua famiglia!

Osservai meglio la foto. Il sorriso arrogante, il bagliore degli occhi azzurro ghiaccio era già visibile in quella foto.

Non sembrava per niente innocente.

Ma somigliava in modo piuttosto netto al ragazzo che avevo visto in cima al mausoleo cinque minuti prima.

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Capitolo 2
*** Incontri a sorpresa ***


Grazie mille per le recensioni :)


Rimasi a fissare la lapide, il ragazzo e l’incisione sul marmo con espressione sconvolta. Sono piuttosto certa che i miei occhi fossero schizzati fuori dalle orbite, tanto che a un certo punto, mio zio, accortosi che non lo stavo più seguendo lungo il vialetto ma che ero invece ferma davanti a una certa tomba, tornò indietro, guardandomi preoccupato. “Lo conoscevi?”

Come aveva potuto pormi una domanda così stupida, davvero. “No, direi che non lo conoscevo affatto.”

“Sembra che tu abbia visto un fantasma…” buttò lì lui.

Avrei voluto rispondergli “Eh, zio, sì, più o meno è quello che credo di aver visto!” ma dato che non volevo passare per pazza e visionaria, gli dissi invece “No, è che… era molto giovane quando è successo, mi ha un po’ sconvolto.”

Lui annuì. “Sì, frequentava l’accademia Dalton, a non molti chilometri da qui. Erano in gita scolastica quando accadde. Il pullman uscì di strada e si schiantò mentre tornavano verso la scuola. Si salvò solo l’autista. Fu un brutto colpo per la comunità, se ne parlò per giorni. Anzi, per anni direi.” Sospirò alla fine del discorso, con aria triste.

“Immagino” commentai io, sinceramente colpita.

Andammo verso casa poco dopo. Carlos mi aiutò a portare la valigia – che fino a quel momento aveva portato lui – alla camera al piano di sopra, dove mi sarei dovuta sistemare.

Era una piccola stanza piuttosto accogliente, se si esclude il fatto che puzzava di chiuso e che si trovava in una casa dentro a un cimitero in cui il fantasma di un
diciottenne si aggirava minaccioso, tuttavia mi presi comunque il disturbo di ispezionarla per controllare che sotto il letto non ci fossero mostri, mummie o simili, e che nell’armadio non si nascondessero scheletri e/o altri fantasmi. Fortunatamente trovai ovunque solo polvere e, dentro all’armadietto del comodino un vaso da notte dall’aria antica, con un disegno scrostato sopra.

Le restanti ore del pomeriggio le passai in fibrillazione, intenta a meditare sul ragazzo fantasma. Non avevo mai creduto che tali entità esistessero, e anche in questo caso, neanche la visione poteva convincermi del contrario. Ci doveva essere qualcosa sotto.

Sebbene non avessi mai avuto delle aspirazioni da detective, decisi che ficcare il naso un po’ in giro e cercare di saperne di più non sarebbe stato così male. Alla fine sarebbe stato comunque un ottimo modo per passare il tempo in quel luogo altrimenti noioso. Avrei potuto fare la ghostbuster a tempo perso e magari, nel frattempo, andare a conoscere la ragazza del mausoleo.
 
 
Quello che non potevo di certo sospettare, era che la ragazza del mausoleo sarebbe venuta da me molto prima di quando pensassi.

Dopo cena, quella sera, zio Carlos si congedò, dicendo che non poteva permettersi di essere stanco morto – penso che la scelta di parole fosse stata oculatamente calcolata – e che l’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto. Disse che io sarei potuta rimanere sveglia ancora un po’ e avrei potuto fare ciò che desideravo – a parte dissotterrare i cadaveri.

Osservai la sua schiena allontanarsi lungo il corridoio e lasciarmi da sola in sala da pranzo. Uomo di compagnia, non c’è che dire.

Salii in camera mia poco dopo, pensando che non ci fosse niente di più terrificante dello scricchiolante salotto di casa, coi suoi quattro mobili antichi in legno rosicchiati dai tarli e le finestre dai vetri sottili che permettevano di vedere chiaramente il bagliore dei fuochi fatui all’esterno.

Guardai un attimo fuori dalla finestra per controllare che non ci fossero sul davanzale giovani fantasmi pronti ad assalirmi, e poi mi misi sul letto, dopo aver sostituito i jeans con dei pantaloni della tuta e la maglietta con una canottiera. Non volevo mettermi il pigiama perché se per qualche ragione fossi poi fuggita dalla casa e dal
cimitero, farlo con addosso il mio pigiamino rosa sarebbe stato imbarazzante. Insomma, capiamoci.

Sistemai il cellulare sul comodino e guardai l’ora. Erano da poco passate le dieci; mi sembrava presto per andare a dormire, ma almeno in quel modo avrei smesso di pensare a tutti gli orrori che mi passavano per la testa da tutto il giorno.

Chiusi gli occhi e mi sforzai di prendere sonno.

Stavo camminando lungo il vialetto del cimitero con tranquillità, quando una sagoma nera si parò davanti a me. Era contro luce e il sole le oscurava il volto, ma riuscivo comunque a distinguere a fatica il sorriso arrogante di Sebastian Smythe. Mi avvicinai per dirgli qualcosa, ma lui si voltò e fuggì, veloce. Io mi misi a correre, ma non riuscivo a raggiungerlo.

Improvvisamente sentii “Tac, tac, tac, tac” un suono costante, sempre più intenso, sembrava molto vicino a me…

Mi svegliai di soprassalto terrorizzata e, dopo il primo minuto di confusione, mi resi conto che il “Tac, tac” c’era davvero e sembrava provenire proprio da dentro la mia stanza. Mi guardai attorno sempre più in ansia, poi mi sembrò di scorgere del movimento dietro alla finestra. Rimasi un attimo immobile a osservare meglio, poi, come uno stupido e temerario personaggio dei film dell’orrore, mi alzai per avviarmi verso quella che, potenzialmente, poteva essere la mia rovina. Scostai le tende e mi trovai davanti, illuminata dai raggi lunari, una ragazza pallida, dagli occhi verdi e i capelli biondi, che mi faceva segno di aprirle la finestra.

Non so cosa mi impedì di strillare come un’aquila, ma riuscii a rimanere zitta e, col cuore in gola, le aprii la finestra. Se non altro questo sembrava un fantasma civile.

Appena aprii lei saltò dentro con uno scatto felino, mentre io mi spostai di lato continuando a stringere la tenda con una mano.

Rimanemmo a fissarci per un attimo, io zitta e immobile, angosciata. Lei con un sorriso sulle labbra e l’aria divertita.

“Tu saresti la nipote di Carlos, giusto?”

“Sì, Santana… come cavol-”

 “Curioso abbinamento di nomi tu e tuo zio, non trovi? Ahah” mi interruppe lei. Io ci misi un po’ a capire a cosa si stesse riferendo, poi, quando ci arrivai, le rivolsi un sorriso forzato.

“Allora, tu invece saresti il fantasma di chi?!” le chiesi poi, sperando che fosse disposta a rivelarmelo, ma lei mi guardo come se fossi pazza, poi scoppiò a ridere.

“Quinn Fabray, piacere di conoscerti Santana. Ah, no, non sono ancora morta però. Suppongo abbia fatto anche tu il tuo incontro con Sebastian, o non parleresti di fantasmi.”

“Sebastian… già. Aspetta, anche tu…?! Aspetta! Tu sei la ragazza del mausoleo! Piacere di conoscerti!” le porsi la mano con eccessivo entusiasmo, ma lei rispose con un sorriso, mentre mi stringeva la mano, poi andò avanti a parlare.

“Sì, anche io ho visto Sebastian.”

“E cosa ci fai qui a quest’ora?!”

“Lo stavo giusto inseguendo” spiegò lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Uscivo da casa di Brittany e lui era lì, in mezzo alla strada. L’ho visto e ho cominciato a inseguirlo, non mi sono neanche accorta di stare scavalcando il cancello del cimitero finché non sono inciampata su una tomba.” Io la guardai perplessa e ammirata al contempo. Questa ragazza aveva il coraggio di inseguire un fantasma in un cimitero nel cuore della notte; io al posto suo sarei svenuta.

“Chi è Brittany?”

“Anche lei ha conosciuto il granchio della Sirenetta?” una voce estranea alle mie spalle mi fece girare di scatto. “E tu chi cavolo sei?!” la ragazza, bionda e con luminosi
occhi azzurri e innocenti, in un solo movimento atletico saltò dentro alla stanza e si avvicinò a me “Brittany, piacere.” Sorrise.

“Eh, scusa, stavo per avvisarti del fatto che sarebbe arrivata Brittany. L’ho avvisata prima di arrampicarmi qui.” Intervenne Quinn, notando la mia espressione confusa.

“Scusate, voi abitualmente inseguite i fantasmi di notte? E poi… perché sei venuta qui?!”

Quinn sorrise, enigmatica. Scambiò con Brittany uno sguardo complice, poi rispose “Noi siamo amiche di Carlos e sapevamo che saresti venuta tu qui. Ho visto che la finestra, di solito con le imposte chiuse, oggi era aperta e ho dedotto che dovesse esserci qualcuno.”

Appena la bionda numero uno finì di parlare, la bionda numero due chiarì l’altro punto. “No, non inseguiamo abitualmente fantasmi. Anzi, non ce ne sono altri di fantasmi a parte lui. Noi lo inseguiamo perché siamo convinti che ci sia qualcosa di più sotto. E poi si sa che i fantasmi hanno dei conti in sospeso.”

“Probabilmente qualche brutto affare, conoscendo il tipo”

“Già. Era cattivo Sebastian, non come il granchio della Sirenetta” il volto di Brittany assunse un’espressione triste che, per qualche strana ragione, mi fece molta tenerezza. “Anche il suo fantasma lo è.”

Io non stavo capendo niente, ma ero già esaltata perché avevo scoperto che in quel paese non esisteva solo Quinn, ma anche quest’altra ragazza. Erano ben due le persone più o meno mie coetanee con cui avrei potuto socializzare. Anche se questo probabilmente mi avrebbe portata a inseguire fantasmi malvagi per tutto il cimitero nel cuore della notte.

“Siete solo voi due a inseguirlo?”

“Di solito ci sono anche Kurt e Rachel, ma oggi dovevano fare qualcosa”

“Sì, di solito ci sono altri due ragazzi.”

“Ah” ero sempre più entusiasta. A quanto pare avrei avuto più compagnia lì che standomene a casa, alla fine.

Improvvisamente, il volto di Quinn sbiancò. “Ragazze… fate silenzio..."

In lontananza giunse un grido sommesso, soffocato, ma straziante, di puro terrore.

"Britt... non sembra anche a te la voce di...?"

"Rachel?" concluse la frase la bionda in piedi di fianco a me.

Dopo di che, mi ritrovai, senza neanche pensarci, a inseguirle mentre scendevano le scale dirette alla porta d'ingresso, intenzionate a cercare la loro amica Rachel, che gridava in preda all'agonia nel mezzo di un cimitero.

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Capitolo 3
*** Notte Horror ***


CAPITOLO 3

Mentre seguivo Quinn e Brittany che correvano a perdifiato lungo le scale, rapide e silenziose come gatti, angosciate per le sorti della loro amica, mi domandavo quanto stessi facendo bene a dar retta a loro.

Erano due ragazze praticamente sconosciute che si erano intrufolate nel cuore della notte dentro il cimitero per inseguire il fantasma di un adolescente con un passato di delinquenza alle spalle e la loro amica misteriosa, che sarebbe dovuta essere chissà dove, ora si trovava dentro al cimitero e gridava come se il demonio in persona stesse minacciando la sua vita; insomma, cominciavano a darmi l’impressione di essere un gruppo di giovani psicotiche.

“Esattamente sappiamo dove stiamo andando?!” domandai mentre correvamo verso la nostra ignota meta seguendo il lontano suono della voce di Rachel. Avevamo appena spalancato la porta d’ingresso e ora il camposanto, tetro e inquietante, si stendeva davanti ai nostri occhi, nero e illuminato solo dalla tenue luce dei fuochi fatui.
Un brivido mi attraversò la schiena.

“Ehm… no!” rispose Quinn senza neanche guardarmi. Era molto concentrata.

Brittany invece trotterellava sui i sassolini senza sforzarsi molto, ora molto più tranquilla di prima. “Ehi Santana, spero che tuo zio abbia il sonno pesante” commentò, mentre avanzava, qualche metro più avanti di me, sul vialetto.

“Oh, lo spero anche io” dissi io, ricordandomi in quel momento della presenza dell’uomo. Oddio, ci avrebbe prese tutte per folli se si fosse accorto della nostra fuga notturna. Altro che vacanze in un cimitero, mi sarei ritrovata a passare le vacanze – e magari anche l’anno scolastico – in un ospedale psichiatrico.

Improvvisamente, Quinn si fermò e io, che ero persa nei miei pensieri e fissavo il terreno sotto i miei piedi, mi scontrai con la schiena di Brittany, poi, terrorizzata, la strinsi in un abbraccio isterico. “Ehi Santana! Che fai?! Ci stai provando?!”

Provando? Perché mai avrei dovuto provarci con una strana ragazza bionda che investiga sull’occulto nel tempo libero?! Una ragazza poi… bah. Scossi la testa distrattamente “No, più che altro me la sto facendo addosso!” le risposi nervosamente.

“State zitte voi due!” esplose Quinn, mentre si inginocchiava sulla fossa aperta davanti a lei, che, a quanto pare, conteneva la loro stupida, stupida amica.  “Rachel, come ci sei finita lì dentro?!” mi sporsi un po’ in avanti, mentre mi allontanavo da Brittany, e guardai dentro alla buca, in cui si trovava una piccola ragazza dai grandi occhi scuri che illuminava col cellulare la fitta oscurità attorno a sé.

“Mi ci ha buttato dentro lui Quinn!” rispose lei, sull’orlo delle lacrime.

Brittany e l’altra bionda si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi Quinn disse “Beh, ora pensiamo a tirarti fuori da qua, dopo ci racconterai cosa è successo.”

L’altra annuì furiosamente, mentre si tirava in piedi per afferrare le mani dell’altra ragazza, intenzionata ad aiutarla.

Un quarto d’ora e diversi tentativi dopo riuscimmo a tirare Rachel fuori dalla fossa. Servì l’aiuto di tutte e tre, e io non avevo così voglia di aiutare il terzo simpatico membro del club dei folli, ma alla fine la mia eccelsa presenza fu determinante.

“Allora Rachel, spiegaci cos’è successo.” Comandò allegramente Brittany dopo che una Rachel sporca di terra umida e fredda fu finalmente seduta in un posto tranquillo – o almeno, posto tranquillo secondo Quinn, dato che ci ritrovammo sedute sul gradino del suo mausoleo, in cerchio.
“Scusate, prima… lei è la nipote di Carlos?”

“Sì, Santana. Santana, lei è Rachel, come avrai intuito.”

“Davvero? Lui Carlos e tu Santana?!” rise la nanerottola dagli occhi scuri, che a quanto pare si era ripresa perfettamente dal trauma.

“Sì, aaahaaaah. Ora piantala di ridere o ti ci ributto io nella fossa.”

“Oh, dai, non prenderti male” rispose ridacchiando ancora. Fortunatamente venne interrotta da un’insistente Quinn.

“Dai, Rach, spiegaci che è successo.”

“Okay, okay. Stavo andando verso casa di Brittany, speravo di vedervi. Invece ho visto da lontano una figura che scavalcava il cancello del cimitero. Mi sembrava Brittany, ma non ne ero certa, così invece di chiamarla l’ho inseguita.”

Eccone un’altra che insegue gente a caso fin dentro al cimitero.

“Poi, mentre correvo lungo il vialetto ho sentito qualcuno alle mie spalle, così ho cambiato percorso. E poi, non so come, lui mi ha dato una spinta e io mi sono ritrovata lì dentro, mentre i suoi passi fruscianti si allontanavano da me e dalla fossa. Non so dove sia andato.”

Noi ci guardammo spaventate “Potrebbe essere ovunque ora…” non potei fare a meno di immaginarlo dentro alla sua tomba a riposarsi dopo una stressante giornata trascorsa a far spaventare giovani ragazze sprovvedute.
No, però lui non era un vampiro, non aveva una bara vuota in cui tornare a riposarsi.
“E tu, San, quando l’hai visto?!” mi chiese all’improvviso Quinn. Rachel spalancò la bocca “L’hai visto anche tu?!”

Io annuii rivolta verso Rachel, poi risposi alla domanda della bionda numero uno “Oggi, nel primo pomeriggio. Lo zio mi ha portata a un’appassionante tour del camposanto e mentre passavamo di qui, e ero intenta a guardare affascinata il tuo bel mausoleo, l’ho visto sul tetto, vicino all’enorme angelo di pessimo gusto che ci avete messo in cima.”

Vidi i volti indistinti delle altre tre fissarmi, pallidi “Qua sopra l’hai visto?!”

Io annuii, non trovandola una notizia tanto spaventosa. Probabilmente il buon vecchio Sebastian aveva camminato sulle ossa dei nonni o dei bisnonni di tutte loro, ammesso che i loro avi si trovassero lì, non era molto sconvolgente il fatto che si arrampicasse – o fluttuasse – fin sulle sommità dei mausolei.
  
Qualche minuto dopo, Quinn decise di tornare a casa con Rachel, prima che i suoi genitori e quelli della ragazza si accorgessero della loro assenza e chiamassero le forze dell’ordine.

Brittany invece, coraggiosa e temeraria, si offrì di riaccompagnarmi fino a casa.

E, col senno di poi, fui molto felice di questa decisione.

Aprimmo la porta di casa e lei mi seguì sulle scale, fino in camera mia. Appena aprii la porta, mi trovai davanti un’orrenda e inquietante visione.

Sebastian era lì, cadaverico e raccapricciante, in piedi nel mezzo della stanza. Sembrava sorpreso del nostro ritorno, ma non per questo meno inquietante. Ci guardò, sorrise diabolicamente, poi… poi io non capii più bene cosa stesse accadendo, perché un velo grigio cadde sui miei occhi. Nella bolla di terrore e angoscia in cui mi trovavo, vidi Brittany scattare in avanti verso il fantasma, e lui lanciarsi verso la finestra spalancata. Sparì nella notte e la ragazza non riuscì a fermarlo.

A quel punto le mie forze vennero meno. La mia bionda eroina corse verso di me e mi prese al volo pochi istanti prima che cadessi per terra come un sacco di patate e mi portò a letto. Ricordo che con le ultime forze che mi erano rimaste, poco prima di perdere i sensi, le chiesi di non andare a casa.

Poi svenni.
 

La mattina dopo mi svegliai con una presenza calda al mio fianco. Ci impiegai alcuni minuti, poi mi ricordai della notte appena trascorsa e del rientro traumatico. Avevo annebbiati ricordi di quello che era successo da lì in poi, ma sapevo che mentre svenivo desideravo ardentemente che Brittany non mi lasciasse sola quella notte, quindi non potei fare altro che essere felice vedendola lì accanto a me, coi suoi capelli biondi arruffati e un sorriso sereno sul volto.

Mi stupii di come, anche dopo quanto era successo poche ore prima, riuscisse a non sembrare minimamente turbata.

Mi alzai e mi diressi verso la cucina trascinando i piedi, ancora assonnata e confusa. Sul tavolo in sala da pranzo vidi un biglietto dello zio, così lo lessi mentre mi apprestavo a preparare la colazione.

Ho visto che hai già fatto amicizia con Brittany. Quella ragazza riuscirebbe a socializzare anche con i sassi. Dovrai spiegarmi come ha fatto a arrivare nel tuo letto, ma lo farai a pranzo. Ti aspetto al mausoleo degli Hudson per le 12. A più tardi

Zio Carlos”

Alzai gli occhi al cielo.

Mio zio aveva davvero intenzione di farmi pranzare dentro a un mausoleo?! Scossi la testa sconcertata, mentre facevo saltare due uova nella padella e tostavo del pane.

“Buongiorno”

Alzai la testa quando quella voce ancora impastata dal sonno richiamò la mia attenzione. Si sfregava un occhio mentre con l’altro mi scrutava attentamente. “Stai preparando la colazione?” chiese con un sorriso.

“Certo. Anche per te, se la vuoi” le risposi, sorridendo anche io “Grazie per essere rimasta con me questa notte. Non sarei mai riuscita a dormire in quella stanza da sola.”

Lei scrollò le spalle “Figurati, mi ha fatto piacere. Neanche io sarei riuscita a stare da sola lì dentro dopo che ci è entrato Sebastian…”

“Invece sembri così serena, nonostante questa storia”

Lei rise “Non lo sono! Ma insomma, se avesse voluto farci male, a noi almeno, l’avrebbe già fatto. L’abbiamo visto tante volte e non ci ha mai fatto niente.” poi sembrò realizzare qualcosa “Oh, a parte questa notte ovviamente. Non posso credere che abbia davvero avuto il coraggio di spingere Rachel in una fossa aperta.”

Io annuii, turbata. “E’ una brutta storia questa.” Poco dopo, mentre servivo uova e bacon alla mia nuova amica seduta al tavolo, esposi un dubbio che si stava facendo strada in quel momento nella mia testa. “Secondo te perché era dentro alla mia stanza?”

“Forse… per minacciarti? Per spaventarti?”

“Ma… non gli ho fatto niente! Voglio dire, almeno voi vi dilettate a inseguirlo!”

“Beh, ma tu… tu sei la nostra nuova amica. E abiti nel cimitero. E l’hai già visto. E stavi parlandone con noi. Eccetera. Potrebbe sentirsi minacciato comunque, non trovi?”

“Perché dovrebbe essere minacciato? Voglio dire… cosa fa un fantasma in un cimitero per cui debba minacciare gli esseri umani che lo vedono?”

Brittany scosse la testa, poi si alzò. “Vieni.”

“Dove?” non capivo.

Lei sorrise e indicò di sopra con un cenno della mano. “Nella tua stanza. Andiamo a vedere se ha fatto qualcosa lì dentro. Magari ha lasciato un messaggio, o ti ha rubato qualcosa. Non si può mai sapere.”

Io spalancai gli occhi, già spaventata. All’idea che Sebastian potesse aver deciso di prendermi di mira e lasciarmi simpatici messaggi dall’aldilà per scoraggiarmi a fare qualsiasi-cosa-lui-temesse-avrei-fatto, la tentazione di non tornare mai più nella mia stanzetta era molto, molto forte. Probabilmente avrei organizzato pigiama party tutte le notti per tutta l’estate per non dormire da sola.

Entrammo in camera circospette e cominciammo a guardarci attorno. “Dopo dovrò chiamare Quinn e informarla di quello che è successo stanotte quando siamo rientrate.” Disse Brittany, mentre apriva l’armadio e spostava vestiti. “Ma quante robe ti sei portata?!”

“Più o meno tutto l’armadio, non sapevo cosa scegliere.”

“Pensi davvero che questi tacchi vertiginosi ti serviranno in un cimitero, o in questa intera città?!” chiese lei. “Dovrai farli vedere a Kurt. Insieme a tutti i vestiti dell’armadio eh; potreste avere molto di cui parlare” il suono della sua risata generò uno strano sfarfallio nel mio stomaco. Era incredibile come riuscisse a essere serena anche nei momenti peggiori. Okay, quello era un momento peggiore solo per me, ma va beh.

“Nell’armadio non c’è niente di strano” disse, dopo che ne ebbe spostato e rimesso a posto tutto il contenuto.

“Neanche qui!” soggiunsi io, dopo aver finito di ispezionare sotto il letto.

“Ottimo, allora è tutto a posto” Brittany era tutta contenta. Io anche, ovviamente.

Poco dopo lei prese il telefono “Chiamo anche Quinn Rach e Kurt, che ne dici?” io provai una strana sensazione di fastidio, ma sorrisi e annuii.

Neanche un quarto d’ora dopo la sua chiamata, le due ragazze e un ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli castani, con addosso un adorabile cardigan lungo dal taglio esageratamente femminile erano davanti alla porta di camera mia. Guardai l’ora. Erano le dieci e mezza, quindi avevo ancora un po’ di tempo prima del dolce pranzo nella cripta.

“Allora, cos’è che dovete raccontarci di così importante?” chiese Quinn appena mise piede dentro al salotto.

“Sedetevi che vi spieghiamo subito!”

“Britt, hai dormito con lei stanotte?” chiese invece Kurt, uno strano sorriso enigmatico in volto mentre guardava negli occhi Brittany. Lei gli rivolse un’espressione indecifrabile e poi rispose “Sì, dopo quel che è successo stanotte, che tra poco vi racconteremo, non volevo lasciarla sola.” Evitò di raccontare del mio svenimento, del mio malessere e del fatto che gliel’avevo chiesto io di restare a dormire con me e gliene fui grata. Non potevo presentarmi subito come una fragile, timorosa ragazzina.
Mi aveva raccontato nei dettagli quanto era successo quella notte dal momento in cui io avevo cominciato a sentirmi male, pochi minuti prima che i tre ragazzi arrivassero, così che potessimo raccontarlo insieme.
“Oddio, è qualcosa di così terribile?!” Rachel cominciò ad allarmarsi.

Io e Brittany ci scambiammo uno sguardo, poi io cominciai a spiegare “Sebastian è stato qui stanotte. Quando siamo entrate in camera mia, lui era lì, in mezzo alla stanza. Sembrava sorpreso, ma non ha fatto una piega. Brittany gli è corsa incontro e lui non si è preoccupato, si è limitato a fare un passo e a saltare giù dalla finestra.
Si è dileguato nella notte senza che noi potessimo far nulla.”

“Ma la stanza sembra tutta a posto. Venite a vedere anche voi” concluse Brittany.

Tutti e cinque ci avviammo verso la camera da letto.

Rachel e Quinn si sistemarono sul letto a gambe incrociate, mentre Kurt si sedette per terra e continuò a guardarsi intorno “Me l’aspettavo più cupa, sembra quasi una casa normale, nonostante sia nel mezzo del cimitero” commentò allegro.

La nanerottola mora annuì “Sono d’accordo con te Kurt”

“Bene.” Io e Brittany ci sistemammo sulla poltrona in un angolo della stanza, il tessuto era liso e rovinato dal tempo, ma era piuttosto comoda. Lasciai che Brittany si sedesse sul cuscino mentre io mi sistemai sul bracciolo sinistro. Era comodo anche lui.

“Beh, sembra a posto no?” chiesi, come a cercare da loro un qualche incoraggiamento.

Kurt aggrottò le sopracciglia. “Questo significa che è normale che ci sia un teschio sdentato sul tuo comodino?”

“Scusa?!” domandai, in preda al panico.

Quinn mi guardò negli occhi mentre prendeva in mano qualcosa che si trovava sul comò e che noi fino a quel momento – chissà come – non avevamo notato. “Guarda tu stessa” rispose.

Mi ritrovai a fissare le vuote orbite di un teschio, col cuore in gola e la netta sensazione che quella storia sarebbe diventata sempre più tetra ogni istante che passava.
  
 
“Come diavolo abbiamo fatto a non accorgercene?!” strillai, sfogando i miei nervi.

Brittany e gli altri mi fissavano camminare avanti e indietro per la stanza stringendo in mano l’inquietante souvenir. “Beh, noi eravamo così impegnate a controllare se avesse nascosto qualcosa che non abbiamo guardato nei posti più in vista” disse con tono ovvio.

Aveva senso quello che stava dicendo, ma io ormai avevo perso la testa “Non potete starvene lì impalati! Un fantasma psicopatico mi ha messo sul comodino un teschio rubato da una tomba! Capite?! Io devo dormire tutte le notti in un cimitero in cui uno spettro malvagio si aggira dissotterrando cadaveri per spaventarmi con le loro ossa!”

“Cosa dovremmo fare Santana?!” mi rispose gridando Quinn. “E’ un sacco di tempo che vediamo Sebastian aggirarsi tra le tombe! Anche per la città alle volte! Veniamo trattati come dei poveri pazzi dagli adulti e non sappiamo che cosa fare! Quando in città succede qualcosa di strano noi sappiamo benissimo che è tutta colpa di Sebastian, ma non possiamo dargli la colpa, o ci prenderanno per pazzi e ci diranno che ci divertiamo a infangare la memoria di un povero ragazzo defunto!”

Io ammutolii non tanto per il discorso, quanto perché Quinn arrabbiata era davvero spaventosa, quasi più del giovane e fantasmagorico innocente.

“Dai Santana, ora troveremo una soluzione, stai calma…” Brittany cercò di farmi rilassare, mentre Kurt per tutto il tempo non aveva fatto altro che fissare il teschio tra le mie mani con aria affascinata.

“Santana, me lo puoi passare?” io lo guardai interrogativa. “Ehm… dai, passamelo!” insistette lui. Alla fine glielo misi in mano, mentre tornavo ad accasciarmi sulla poltrona. Brittany mi passò una mano sulla schiena delicatamente.

“Britt…” la chiamò Kurt.

“Cosa?!” gli chiese lei, con tono piatto.

“Niente, pensavo, pranziamo insieme? Ti serviva una mano coi compiti di geometria, no? Possiamo mangiare insieme e parlarne un po’”

Lei annuì, mentre serrava le labbra nervosamente.

Quinn e Rachel borbottavano tra di loro misteriosamente.

Io, nel frattempo, ero persa nei miei pensieri. Ripensando alla domanda che mi stavo ponendo la notte precedente, se avessi fatto bene a mettermi a inseguire Quinn e Brittany nel mezzo del cimitero; al momento ero piuttosto certa di no.
 

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Capitolo 4
*** Il tour del paese ***


Grazie a chi segue e preferisce e recensisce! :3
Questo capitolo è un po' privo di azione ma mi serve, ovviamente, per altre ragioni.



CAPITOLO 4

Li mandai via per mezzogiorno, dato che mi attendeva il pranzo nella cripta.

Quinn se ne andò chiedendomi di farmi sentire più tardi, che mi avrebbero portata a fare un giro per la città, tanto per conoscerla meglio e allontanarmi dal cimitero e dalla sua atmosfera mortifera e io, per quanto cominciassi a provare il desiderio di fuggire da quei pazzi che mi avevano reso perseguitata da un fantasma, accettai di buon grado. Qualsiasi scusa per uscire da quel luogo era gradita.

Arrivai al mausoleo degli Hudson – una torretta dall’aria alquanto modesta rispetto all’enorme dimora eterna della famiglia Fabray – e trovai mio zio a braccia incrociate appoggiato alla porta aperta.

Mi invitò a entrare con un cenno e, non appena mi fui messa comoda su uno sgabello sgangherato di fronte a un tavolino di plastica già apparecchiato – aveva sopra due piatti che contenevano due panini a testa – mi disse, con tono autoritario “Allora, spiegami cosa ci faceva la nostra vicina nel tuo letto”.

Io alzai lo sguardo dal nostro sontuoso banchetto con aria confusa “La nostra vicinaa… di cripta?”

Lui sollevò un sopracciglio. “Molto divertente, Santana. Brittany abita nella villetta bianca di fronte a casa nostra, quindi direi che è la nostra vicina. Come mai era nel tuo letto stanotte? Non pensavo che la conoscessi.”

“Infatti non la conosco” spiegai “Ieri sera lei e Quinn sono… passate a salutare. Sai, sapevano del mio arrivo, volevano conoscermi. Ho chiesto a Brittany di restare perché avevo paura di dormire da sola dentro a un cimitero.”

Lui non sembrava molto convinto “Avevi paura… o volevi provarci?” chiese, con un mezzo sorriso divertito.

Eccoli di nuovo. Per la seconda volta in meno di dodici ore qualcuno insinuava che io volessi provarci con una ragazza.

“A me non piacciono le ragazze zio.” Gli risposi, guardandolo con aria irritata. “Per niente”

Lui annuì “Stavo solo scherzando dai. Ha a che fare con quello che hai visto ieri?”

“Cosa ho visto ieri?!” ero spiazzata.

“Lo sai benissimo cosa hai visto ieri, sul mausoleo dei Fabray.” Insistette, chiarendo l’argomento di conversazione.

“L’hai visto anche tu?!”

Lui mi guardò con aria colpevole. “Sì, l’ho visto anche io.”

“Perché hai fatto finta di niente?! Perché?!”

“Perché so che non c’è niente che si possa fare. Lui si aggira per il cimitero, non so cosa faccia. Mi spaventa, ma dopo un po’ impari a conviverci.” Disse lui, scuotendo la testa.

Io cominciai a mangiare meditando su quello che aveva detto. Se fosse stato vero quello che aveva detto saresti stata d’accordo con lui. Se non avessi saputo che Sebastian aveva spinto Rachel dentro a una fossa e che mi aveva lasciato un teschio sul comodino, diciamo che avrei potuto seguire la filosofia dello zio.

“Più tardi vedrai di nuovo Britt?” mi domandò, cambiando argomento, stavolta con un bagliore di curiosità negli occhi.

“Vedrò tutto il gruppo in verità”

“Quindi hai conosciuto anche Rachel e Kurt?”

“Sì, sono venuti stamattina insieme a Quinn”

Lui annuì. “Mi fa piacere che tu ti faccia degli amici. Soprattutto loro, sono dei bravi ragazzi, davvero”

Io gli sorrisi in risposta.

“Allora, come ci sei finito a lavorare qui?!” gli domandai di punto in bianco. Mi sembrava una domanda legittima e un ottimo argomento di conversazione.

Lui in risposta alzò le spalle “Sai, non avevo voglia di studiare… e mi piace il silenzio.” Spiegò lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Sono arrivato qui per sbaglio, avevo deciso di cimentarmi in un epico viaggio negli stati d’America. Questo posto mi ha conquistato. Sai, silenzioso, tranquillo. Poca gente. Mi ci sono stabilito, e poi ho ereditato il lavoro quando quello che lavorava qui prima di me è morto”

Un racconto avvincente, non c’è che dire. Rimasi in silenzio alcuni minuti prima di parlare di nuovo. “Li vedi spesso i fantasmi?”

La sua espressione si fece pensierosa “No, non direi. Ho visto qualche ombra strana forse, qualche rumore bizzarro, ma non li ho mai attribuiti a fantasmi, più a… legno scricchiolante, pipistrelli e magari strani giochi di luci. No, direi che Sebastian Smythe è il primo vero fantasma che vedo.”

“Da quanto lo vedi?” lo incalzai subito io, desiderosa di saperle di più. “Sei sicuro che sia morto?” mi era venuto questo dubbio, che magari lui fosse vivo. Anche se questo creava problemi a identificare chi ci fosse nella tomba del ragazzo.

“Lo vedo da molto tempo.” rispose “E… sì, sono assolutamente sicuro che sia lui. Blazer della Dalton, orologio costoso. L’altezza e la conformazione fisica corrispondevano. Nonostante il visto fosse sfigurato e bruciato, non c’erano dubbi. La famiglia non ne ha avuti.” Lo vidi chiaramente rabbrividire alla fine del discorso.
“Perché tutto questo interesse per lui? Non avrai in mente qualcosa! Santana, non metterti nei guai.” Il suo tono autoritario mi scatenò un moto di ilarità che cercai di camuffare con qualche colpo di tosse.

“Okay, okay. Era solo curiosità!” gli dissi scusandomi.

Quando finalmente finì il pranzo me ne andai dal mausoleo e mi diressi verso la casa.

“Ciao Santana, ci vediamo stasera. Senti, che ne dici, domani, di invitare i tuoi nuovi amici a cena?” mi propose, con un grande sorriso sul volto.

Gli risposi gentilmente, piacevolmente colpita “Sì, va bene”
 

Quinn parcheggiò davanti al cimitero verso le tre. “Salta in macchina Santana!” gridò, tirando la testa fuori dal finestrino della macchina.

Entrai in auto e mi ritrovai di fianco a Brittany, che mi sorrideva allegramente. Dall’altro lato della bionda c’era Kurt, ancora intento a osservare con aria catturata il teschio sdentato che avevamo ritrovato quella mattina. Ero assolutamente schifata, mentre lui, ignorandomi, se lo girava tra le mani e lo guardava come se fosse stata la cosa più bella del mondo.

“Ehi San!” mi salutò Rachel gioviale dal sedile davanti a me. “Come è andato il pranzo?”

“Bene” risposi “Lo zio vi ha invitati tutti a cena domani” annunciai. Loro sfoggiarono tanti bei sorrisi entusiasti – stavolta anche Kurt – e annuirono, assicurando che ci sarebbero stati perché – a quanto pare – adoravano la cucina di Carlos. Io non avevo mangiato ancora nulla di eccezionale, ma decisi di fidarmi di loro.

“Non pensi che quello dovresti ridarlo a mio zio?”

“Tuo zio? Perché? A me sembra che lui ce l’abbia ancora il cranio” rispose lui, con tono sorpreso.

Alzai un sopracciglio mentre le altre gli lanciavano occhiate altrettanto perplesse. “Kurt, suppongo che Sebastian abbia rubato quel pezzo di morto da qualche cadavere sepolto nel cimitero, non credi?”

“Oh” mormorò lui “Oh, giusto, tuo zio, il cimitero. Giusto.” Si fermò un attimo, guardando nelle orbite vuote del teschio. “Tienilo allora!” e me lo tirò addosso, facendogli sorvolare la testa di Brittany.

Ovviamente non riuscii ad afferrarlo e mi scivolò di mano, cadendo sotto il sedile di Rachel. “Merda!”

“Cos’è successo?” domandò la bionda alla guida.

Brittany ridacchiò tutta contenta prima di esclamare “Santana ha perso la testa!”

Io le lanciai un’occhiataccia, mentre mi abbassavo per recuperare il pezzo di morto prima che venisse seriamente danneggiato.

“Vuoi dire che il teschio sta rotolando sotto il sedile di Rachel in questo momento?” Quinn era aggrappata al volante con entrambe le mani e un’espressione inorridita in volto.

“Va beh dai, che c’è di male” commentò Kurt, difendendo il suo adorato teschio.

Alla fine Quinn accostò, io recuperai il teschio e poi scendemmo dalla macchina. Ovviamente, il primo posto in cui avevano deciso di portarmi, era il “Passaggio Proibito” che era il punto della strada in cui era avvenuto l’incidente col pullman.

“Ecco, così per il resto del giorno non dovremo pensare a Sebastian” disse Rachel.

“Scusa?”

“Sì, ne parliamo ora e poi non ci pensiamo più!” spiegò Brittany, il solito sorriso felice sul viso.

Camminammo sull’erba verde che costeggiava la strada ormai inutilizzata da anni e ci avvicinammo, con aria quasi imbarazzata, alla carcassa nera e distrutta dell’automezzo che giaceva inerme come un grande cadavere.

Era scivolato giù dalla scarpata in un giorno di pioggia, dopo essere uscito di strada e era esploso.

Quella storia metteva i brividi e l’idea che il fantasma di uno di quei ragazzi si aggirasse ancora fra le tombe di molti dei suoi compagni era inquietante, come se quell’incidente terribile non sarebbe mai potuto essere davvero lasciato alle spalle, come se Sebastian fosse il ricordo intramontabile dell’orrore che aveva sconvolto la comunità.

“Mette i brividi” Quinn si strinse in un abbraccio solitario dando voce ai miei stessi pensieri.

Nonostante il sole caldo, il cielo senza nuvole e il vento che accarezzava delicatamente l’erba e faceva frusciare le foglie sugli alberi, lo scheletro bruciato di un passato troppo recente per poter essere dimenticato era lì che ci osservava donando a quel posto altrimenti idilliaco un’aura angosciante, un’enorme, intollerabile sensazione di vuoto. In quel momento, davanti al pullman, mi resi conto di quanto fosse incerta e fragile la vita, quanto fosse insormontabile e eterna la morte; e per quanto fossero le tre e mezza di un pomeriggio d’estate, il freddo che sentii nelle mie ossa era paragonabile a quello che si prova in una rigida notte d’inverno, quanto le ombre delle cose sembrano i volti di creature misteriose, di un altro mondo, che ti osservano nel silenzio.

“Ecco, così ora l’hai visto.” Disse Quinn, mentre mi appoggiava una mano sulla spalla, camminando stavolta per il piccolo centro del paese.

“Sì. E hai visto quanto è inquietante.” Aggiunse Kurt.

Io annuii, assorta nei miei pensieri. In quel momento ci accorgemmo di una figura trasandata e bizzarra che correva fuori dal piccolo supermercato poco distante, che correva in modo scoordinato lungo il marciapiede.

“Che problema ha quello?”

“Oh, quello!” risero gli altri membri della mia compagnia “E’ Sandy Ryerson, il pazzo del paese.” Spiegò con semplicità Kurt. “Nessuno gli dà retta, soprattutto da un po’ di tempo a questa parte, è più svalvolato del solito.”

“Già, si aggira per il paese cercando di rubare sigarette ai passanti, oppure strilla cose senza senso”

“Quello l’ha sempre fatto” commentò Quinn interrompendo Rachel, ma quella le rispose “Sì, ma ora sono ancora più senza senso”

“E che avrà fatto adesso?” domandai io, curiosa di saperne di più anche di quello strano individuo.

“Bah, probabilmente avrà cercato di rubare di nuovo sigarette dal supermercato. O un panino. O qualche bevanda strana. Boh, molti ipotizzano che sia un po’ cleptomane il buon vecchio Sandy. Non è cattivo, poverino, è solo pazzo”

“Qualche anno fa scorrazzava con un mantello rosa addosso strillando di chiamarsi Pugnale Rosa e di sconfiggere le forze del male” ricordò Brittany. “Già, era
abbastanza equivoco” disse Kurt, guardando Sandy continuare a correre e poi sparire in lontananza.

“Dove sarà andato adesso?”

“Boh, nessuno sa dove abita”

Un altro esemplare interessante. Quel posto per essere così piccolo e insignificante ne aveva di personaggi. Più mi ambientavo nel paese più stare lì mi piaceva.
Cominciai a essere grata a mia madre per la grande idea che aveva avuto.
Anche stare insieme agli altri ragazzi, quando non c’era il pensiero di un fantasma malefico nei paraggi e non pensavo che avevo un teschio nascosto nella borsa, era una cosa molto piacevole. Mi facevano sentire a casa, sia Quinn e Rachel con le loro discussioni insensate, sia Kurt, col suo modo di fare affabile e il suo smodato interesse per la moda e soprattutto Brittany, che quel pomeriggio mi offrì il gelato dicendomi che gliel’aveva detto Lord Tubbington di farlo e che si sarebbe arrabbiato molto se non l’avessi accettato; io non capii assolutamente di cosa stesse parlando ma non feci domande e acconsentii.

Alla fine della giornata ritornammo al cimitero e scendemmo tutti dalla macchina. In quel momento mi suonò il cellulare e lessi il messaggio sorridendo.

“Chi è?!” mi chiese Quinn curiosa.

PUCK: Ehi tesoro, come va al cimitero? Scommetto che c’è più vita che a Lima. Mi dispiace di averti abbandonato in Ohio da sola e averti messa nelle condizioni di dover andare in quel posto, ma lo sai, dovevo seguire mia madre e mia sorella in vacanza, per forza.

Decisi che gli avrei risposto più tardi. “Un mio amico... ma gli risponderò più tardi” spiegai, poi continuai a camminare insieme alla ragazza bionda e a Rachel. A poca distanza ci seguivano Brittany e Kurt.

“Ehm… ragazzi, io devo andare, ci vediamo… domani.” Gli occhi e la voce di Brittany erano insolitamente spenti mentre ci salutava all’improvviso e faceva retro-front per tornare a casa.

“Kurt, cosa le hai fatto?!” gli chiese Rachel in tono accusatorio.

Lui alzò le mani e le rispose “Assolutamente niente, è sol-”

Venne interrotto dalla voce profonda di Carlos che gridava a squarciagola “DOVE DIAVOLO E’ FINITO?”
 
Ci scambiammo tutti e quattro uno sguardo atterrito e poi corremmo verso la voce dello zio, mentre io avevo una specie di deja-vu. Mi domandai perché in quel posto dovessi sempre correre per raggiungere qualcuno che urlava da qualche parte. Sperai che almeno lo zio non fosse stato seppellito da Sebastian.

“Cosa cerchi zio?!” gli chiesi appena lo vidi a distanza, inginocchiato davanti a qualcosa, vicino all’ossario.

“Il cadavere di Sebastian?” gli domandò Kurt.

Tutti lo guardammo e lui alzò le spalle. “Era un’idea”

“No, questo… questo corpo! Dovevo metterlo nell’ossario ma manca il teschio! Chi potrebbe avere rubato un teschio?!”

Noi quattro lo guardammo. “Oh, ti aiutiamo a cercarlo. Guarderemo un po’ in giro per il cimitero!” affermai.

“Perché non puoi darglielo e basta?” mi chiese Rachel.

“Oh sì, è una grande idea! Zio tieni! Me l’ha messo in camera Sebastian stanotte mentre io mi aggiravo per il cimitero a salvare la mia nuova amica Rachel che era caduta in una tomba! Direi che non posso farlo” le risposi mormorando mentre fingevo di guardare nella terra smossa se ci fosse nascosto un teschio sdentato.

“E non intendi darglielo?” mi domandò ancora la ragazza più bassa. La guardai. Aveva ragione, avrei dovuto ridarglielo comunque. Così lo feci cadere, feci in modo che si sporcasse di terra e poi lo raccolsi.

“Trovato zio!”

Lui sorrise radioso e prese l’oggetto tra le mani come fosse stato merce preziosa. “Dove l’hai trovato?!”

“A terra laggiù” indicai il punto in cui l’avevo buttato.

Lui si girò il cranio tra le mani tutto felice, poi disse “Ma… non ha i denti! Lui ce li aveva i denti, li aveva d’oro!”

“Vuoi… vuoi dire che glieli hanno tolti?!”

Perché, perché non potevamo mai stare tranquilli?!
 
“Ehi! Ehi San!” quella notte, mentre stavo sdraiata a pancia in su sul letto, a fissare il soffitto terrorizzata all’idea di chiudere gli occhi, sentii una voce chiamarmi. Una voce che di sicuro non era quella del mio spettro preferito. Mi misi a sedere e guardai verso la finestra aperta. Una testa bionda e un paio di occhi sorridenti spuntavano da dietro il davanzale.

“Britt!” la salutai, facendole cenno di entrare.

Lei saltò dentro e camminò verso il mio letto, su cui si sedette.

“Che ci fai qui?” le chiesi.

“Non avevo sonno.” Disse, scrollando le spalle. “Ho pensato che magari non ci riuscivi neanche tu e che volessi compagnia”

“Ma, i tuoi non si accorgono che non ci sei?”

“Me ne andrò presto” rispose. Era strana, non la solita Brittany, anche se i suoi occhi avevano ritrovato un po’ di luce. O forse erano i raggi di luna che li accendevano di un bagliore surreale.

“Dai, sdraiati qui se ti va” le proposi, scostando le lenzuola.
Lei sembrava incerta “Sei sicura?”

Io annuii con fervore. Lei mi sorrise contenta e si tolse le scarpe e le calze. “Non è che mi presti un pigiama?”

La guardai cambiarsi e stendersi nel mio letto senza parlare.
Il mio cellulare in quel momento vibrò per il messaggio della buonanotte da parte di Puck. Lo lessi e gli risposi. Rimasi a fissare il soffitto ancora un po’, prima che il calore del respiro di Brittany che si infrangeva sulla mia spalla mi distraesse dai miei pensieri angosciati e mi accompagnasse dolcemente nel mondo dei sogni.

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Capitolo 5
*** Brittany ***


CAPITOLO 5 – Brittany

Quella mattina, appena gli uccellini iniziarono a cinguettare, la ragazza bionda che aveva passato la notte nel letto della sua nuova amica Santana era scivolata via silenziosamente, calandosi dalla finestra, e era tornata a casa, nel proprio letto.

Si era distesa silenziosamente, avvolta nei propri vestiti – quelli di Santana li aveva ripiegati accuratamente e lasciati sulla vecchia poltrona che si trovava nell’angolo della camera – e era rimasta lì immobile a pensare.

Nella sua mente vorticavano pensieri contrastanti. Tutte le cose che le aveva detto Kurt si mescolavano nella sua testa confondendola.

*flashback*

“E’ etero, Britt!” aveva esclamato dopo che avevano trovato il teschio, quando avevano pranzato insieme. Brittany l’aveva capito subito, quando Kurt le aveva detto dell’aiuto in geometria, che era solo una scusa. Lui era un acuto osservatore, nonché l’unico tra i suoi amici a cui la ragazza avesse confidato il suo “segreto”.
Brittany comunque ci aveva provato a fare la finta tonta, come faceva sempre. “Chi è etero? Lord Tubbington? Lo so benissimo, non volevo davvero che si accoppiasse con quel coniglio gay!” Kurt le aveva rivolto un’occhiata perplessa, poi, guardandola con compassione, le aveva detto “Non cominciare a correrle dietro, tra due mesi non la rivedrai più, non vorrà nemmeno tornare qui”

“Chi te lo dice?” gli occhi le si stavano già riempiendo di lacrime. Da quando Brittany aveva capito quella cosa di sé stessa due anni prima, quando si era presa un’allucinante sbandata per Quinn, si era sentita molto, molto sola. Non solo perché, a parte Kurt ovviamente, non c’era nessuno con cui parlarne, ma anche perché… beh, perché in quel paese invisibile di ragazze come lei non ce n’erano. Pensava che non sarebbe mai riuscita ad avere una vita sentimentale fino a che non avesse cominciato il college. Il problema era che lei non era neanche troppo sicura di riuscire ad andare al college.

Sospirò forte, sia nel suo flashback sia mentre fissava il soffitto intensamente, con gli occhi spalancati, meditando sulla faccenda.

Kurt l’aveva guardata come se la domanda che gli aveva rivolto fosse stata molto stupida. “Britt, l’hai vista. Quella ragazza è l’Eterosessualità. Quando io devo pensare a una ragazza eterosessuale penso a-”

Brittany a quel punto aveva cominciato a stufarsi del modo di fare saccente di Kurt e del tentativo del suo amico di arrestare l’irrefrenabile spinta che avvertiva verso la ragazza ispanica che aveva appena conosciuto. “Due anni fa pensavi a Quinn, Kurt. Smettila, non sei mia mamma, non devi farmi da baby sitter.” Gli aveva risposto in malo modo.

“Io mi preoccupo per te Britt, non voglio che tu ci stia male” le rispose lui, mantenendo la calma, consapevole che quel discorso fosse una cosa difficile da digerire e da sopportare.

La bionda aveva scosso la testa, con un sorriso triste sul volto “Lo so, ma io sono stanca, Kurt. Ci devo provare. Appena l’ho vista io… mi piace tanto Kurt, davvero. Non la conosciamo, magari…” si interruppe, lasciando che Kurt concludesse da solo la frase.

Lui la guardò, comprensivo. “Okay, allora facciamo che ti lascio in pace. Puoi provarci, ma non in modo troppo palese, o prima o poi se ne accorgeranno tutti. Non guardarla come se fosse l’unica cosa bella che c’è al mondo, ce ne sono anche tante altre!” esclamò “E non intendo Quinn” aggiunse poi.

Brittany rise. “L’ho passata la cosa per Quinn, lo sai”

Kurt rispose con un sorriso “Non si sa mai. Comunque, puoi provarci. Ma al primo segnale negativo, che ne so, un commento su un ragazzo, un messaggio da o a un fidanzato… comincia a prendere le distanze, okay?!” le disse.

Brittany fece sporgere in avanti le labbra con aria triste. “Okay…” abbassò lo sguardo. “Esiste anche la bisessualità, lo sai?” buttò lì poi.

Kurt la guardò male “E se fosse? Non ti metterai in mezzo a una relazione stabile”

“Siamo adolescenti Kurt, esistono le relazioni stabili alla nostra età?” gli chiese lei ridendo.

Kurt le rivolse un'altra occhiata scocciata “Certo che esistono.”

“Tipo tu e Blaine?” lo provocò lei.

Lui la guardò con aria ben poco divertita. “Esatto. Lui anche se è in vacanza a divertirsi non mi tradirà”

Brittany lo guardò sorridendo ironicamente. “Stai cercando di convincere me o te stesso?”

“Smettila Britt! Io e Blaine siamo anime gemelle!” strillò Kurt.

Brittany rise della sua reazione e poi gli disse “Ehi dai, calmati. Lo sappiamo tutti che Blaine non ti tradirebbe mai”

*fine flashback*

La ragazza sospirò. Ci sperava ancora che Santana potesse essere attratta da lei, che quello che le aveva scritto il messaggio fosse davvero solo un suo amico. Ma le aveva scritto “Ciao tesoro”; Brittany l’aveva visto, anche se di sfuggita. E le aveva anche inviato la buonanotte… doveva essere un amico molto intimo.

Ripensò allo sguardò dispiaciuto che Kurt le aveva lanciato prima di avvicinarsi e dirle “Te l’avevo detto”.

Le salirono le lacrime agli occhi.

Ancora una volta doveva affrettarsi a dimenticare.

Non poteva più vedere Santana, non poteva permettersi di innamorarsi di una ragazza che non avrebbe più rivisto, con cui non aveva mezza possibilità e probabilmente già impegnata.

Sentì una lacrima scorrerle lungo lo zigomo e poi caderle tra i capelli. Non si prese il disturbo di asciugarla, o di asciugare tutte quelle che la seguirono.

Lasciò libero sfogo alle lacrime, sperando che si portassero via, nella loro caduta, anche tutti quei sentimenti che stavano nascendo in lei e che lei assolutamente doveva dimenticare prima che diventassero un ostacolo troppo grosso da superare.
 
 
Quinn, Kurt e Rachel camminavano verso casa di Brittany, preoccupati perché la ragazza quel giorno non si era ancora fatta sentire. Quando arrivarono davanti alla porta e suonarono il campanello, si aspettavano almeno un minimo segno di vita, dato che sapevano che la ragazza non sarebbe andata da nessuna parte, che se i suoi genitori non c’erano era solo perché erano al lavoro e non perché se l’erano portata a fare qualche misteriosa gita.

“Che fine avrà fatto?” domandò Rachel ad alta voce, perplessa.

Kurt e Quinn si scambiarono uno sguardo, mentre la mora si girava verso di loro dopo aver indugiato ancora un po’ alla porta.

“Non saprei” mormorò Quinn, che si stava preoccupando. Il cellulare della loro amica era spento.

Kurt fece un sospiro. “Proviamo a vedere se è nel giardino.” Propose, correndo velocemente verso il giardino sul retro, ampio e spazioso, ricco di alberi frondosi e imponenti in mezzo ai quali Brittany amava rifugiarsi quando qualcosa non andava o quando, da piccoli, giocavano a nascondino.

“Britt!” cominciarono a chiamare, camminando con circospezione. Sapevano che la ragazza amava arrampicarsi sugli alberi, per rendersi introvabile.

“Britt, ci sei?”

Alla fine, proprio mentre stavano cominciando ad arrendersi, una voce richiamò la loro attenzione verso un albero dai rami larghi, col tronco pieno di muschio. “Ehi” disse.

“E’ lei vero?” sussurrò Rachel agli altri due, che si limitarono ad annuire mentre camminavano verso l’albero. Quando arrivarono sotto di esso, alzando lo sguardo, videro gli occhi della loro amica, lucidi e spenti, osservarli.

“Ciao ragazzi”

“Britt, perché sei sparita?” Kurt glielo chiese, anche se sapeva già la risposta.

Brittany si limitò a scuotere la testa. Dopo che alcuni silenziosi minuti di contemplazione furono trascorsi disse “Non posso venire stasera ragazzi, avvisate Santana che non ci sarò.”

“Perché?” le chiese Rachel, mentre Kurt insistette “Dai, scendi! Quando ti ho detto prendi le distanze non intendevo in questo modo, non puoi restare nascosta qui per tutta l’estate Britt!”

“Perché no?”

“Perché è deprimente! E perché non puoi non rivederla più solo perché hai paura che quel Puck sia il suo ragazzo! Lei l’ha definito amico, perché avrebbe dovuto mentire?!” strillò Quinn, gesticolando istericamente.

Kurt Brittany e Rachel si scambiarono sguardi perplessi. “Tu come fai a saperlo?!” le chiese poi Kurt, sorpreso.

Quinn arrossì “L’ho capito.”

“Che cosa?!” domandò Rachel, confusa.

“A Brittany piace Santana.” Si limitò a spiegare l’altra bionda, fissando ancora negli occhi la ragazza sull’albero. “Muovi il culo e torna quaggiù Brittany, abbiamo grandi progetti per stasera!”

“Quali?” Rachel continuava a sentirsi esclusa.

Quinn le rivolse un sorriso enigmatico. “Dobbiamo recuperare dei denti, ricordi?”

Gli altri due annuirono mentre Brittany, non potendo resistere al richiamo dell’avventura, scese dall’albero in fretta.

“Non direte niente a Santana, vero?” chiese supplicante.

“Figurati!” la ragazza mora saltellò, cominciando a camminare, poi guardò Quinn, che si trovava al suo fianco, con un’espressione furba. “Ci occuperemo anche di quello, vero Quinn?”

La bionda le sorrise complice.
 
 
Alle sette di sera eravamo tutti seduti a tavola insieme a zio Carlos, tutto felice. Sembrava un vecchio padre di famiglia con tanti bei bambini adottivi. Kurt batteva le mani con aria eccitata guardando ogni portata con profonda esaltazione. Mi chiesi che cosa mangiasse a casa sua, dato che una pasta lo esaltava come se fosse stata la cosa migliore del mondo.

“Ehi Santana, allora, questo Puck chi è?” mi chiese a un certo punto Quinn con un sorriso malizioso.

“Puck? Che nome è?” domandò lo zio, piovendo dalle nuvole.

“Puck sta per Puckerman, il nome è Noah, zio. È il mio migliore amico.” Spiegai.

Quinn e Rachel si scambiarono un cenno d’intesa che non potei fare a meno di notare. “Cosa sono quelle facce?! E’ davvero il mio migliore amico!” sbraitai. Non è che mi disturbasse l’idea che pensassero che stessi insieme a Noah, è solo che… non ci stavo insieme.

“Okay, okay, non fare così”

“Brittany, resti qui a dormire anche stasera?” mio zio sorrise enigmatico alla bionda dall’altra parte del tavolo, che lo guardò a bocca spalancata boccheggiando e arrossendo. “Perché me lo chiedi?”

“Perché credo che Santana abbia ancora paura del cimitero” spiegò lui, ridendo. Di me o di Brittany? Non lo so. Anche Kurt Rachel e Quinn stavano scompisciandosi dalle risate. Io non capivo nemmeno cosa ci fosse di tanto divertente.

“Dovresti restare, Britt.” Annuì Quinn.

“Già”

“Assolutamente, non vorremmo mai che Santana scappasse da cimitero nella notte inseguita da qualche fantasma.” Tutti cogliemmo il riferimento e sul tavolo scese il silenzio.

Brittany era rigida come un cadavere – tanto per stare in tema – e fissava Quinn con espressione indecifrabile. “Non possiamo rimanere tutti?” propose poi.

Gli altri si scambiarono sguardi strani. “Dove dormiamo?”

Lo zio alzò le spalle con indifferenza. “Dove vi pare, anche nella vasca da bagno per quel che mi riguarda”

“Ah… okay” Rachel era perplessa ma annuì, affrettandosi a prendere il telefono per chiamare i suoi e avvisarli che non sarebbe tornata. E così fecero tutti gli altri.

Qualche ora dopo eravamo tutti in camera mia, appollaiati in diversi punti della stanza. Kurt stava seduto su un materasso che lo zio aveva tirato fuori non sapevo bene da dove e su cui avrebbero dormito Rachel e Quinn, mentre lui si sarebbe preso la vecchia e comoda poltrona.

Comunque, avevo la vaga sensazione che non avremmo dormito molto.

“Allora, pensate che lui abbia rubato i denti?” disse Rachel, con aria concitata.

Io inclinai la testa di lato, sfiorando leggermente la spalla di Brittany, che era seduta a fianco a me, silenziosa e apparentemente immersa nei suoi pensieri. “E chi se no? Non è possibile che il teschio li abbia persi da solo.”

“Cosa se ne fa un fantasma di quattro molari d’oro?”

“Erano più di quattro!”

“Non importa quanti fossero, la domanda rimane.”

“Magari deve pagare il pedaggio per entrare all’inferno.” Brittany si era risvegliata dal coma, illuminandoci con una memorabile uscita. “Okay, magari no, scusate.” Con un cenno della mano tornò a eclissarsi, evitando di guardare le nostre espressioni confuse.

Quinn scosse la testa e fece una smorfia. “Magari è solo una coincidenza.”

“Okay, facciamo finta che lo sia” rispose Kurt, per nulla convinto. Tuttavia non era realmente credibile che un fantasma rubasse dei denti d’oro.

Mi chiusi in me stessa esattamente come Brittany, intenta a rimettere a posto i pezzi sconnessi del puzzle che ci trovavamo davanti. Non avevamo molti dati su cui lavorare però, né, per quel che mi riguardava, l’ardire di indagare oltre.

Ma sapevo bene che Quinn l’aveva, e lei era abbastanza coinvolgente da infondere coraggio anche nelle anime più pavide – tipo la mia.

“Ragazzi, dobbiamo andare a fondo alla vicenda ormai” intervenne la nostra bionda leader quasi intercettando i miei pensieri. “Poniamo che abbia davvero rubato dei denti, ha anche sicuramente fatto irruzione in questa stanza e buttato Rachel in una tomba, io la considero una dichiarazione di guerra.”

“Che ne sai, magari il teschio era un pegno di pace” la mora accovacciata accanto a lei la interruppe bruscamente.

Quinn alzò gli occhi al cielo, irritata. “Certo Rachel, magari era un regalo di benvenuto per Santana e in realtà ti stava solo dando una pacca amichevole sulla spalla mentre tu vagando a tentoni nel buio stavi già inciampando come un’idiota nell’unica fossa aperta presente al momento.”

La nanerottola sbuffò scuotendo la testa “Calmati Quinn, non c’è bisogno di essere così scontrosa.”

“Ragazze, io ho sonno, potremmo dormire un po’?” Propose Brittany all’improvviso. Tutti, ancora una volta la guardammo, perplessi.

“Britt, stai bene?” le domandai, avvicinandomi a lei leggermente. Forse troppo, perché si allontanò bruscamente da me.

“Sto benissimo, perché ho l’aria di una che non sta bene?!” si scostò ancora un po’, finendo sul bordo del letto.

Sollevai un sopracciglio senza comprendere la ragione di quella reazione. “Scusa, mi preoccupavo per te e basta” francamente ero un po’ ferita.

“Ragazzi, se voi foste un fantasma, dove nascondereste dei denti rubati?!” Esplose Quinn, incapace di contenere il suo istinto da Sherlock in continua attività.

“Nella tomba?”

“Nella cripta.”

“Nella pancia della balena!”

“A casa”

Le quattro risposte lasciarono Quinn più pensierosa di prima – beh, magari non quella di Brittany. Temevo che stesse per proporre una nuova esplorazione notturna del camposanto in cerca dei denti d’oro e del misterioso rifugio di Sebastian. Un rifugio che, per quel che mi riguardava, poteva anche non esistere. Da quando i fantasmi hanno bisogno di case o luoghi in cui rifugiarsi? Non penso che dormano o cose simili.

Fortunatamente Quinn non aveva intenzione di partire alla ricerca dei denti. Non ancora almeno.

“Domani, mentre tre di noi andranno nella città sulle tracce di Sebastian, gli altri due andranno nel cimitero in cerca delle informazioni che cerchiamo. Un qualche segnale che il nostro amico nasconda delle cose nel cimitero, che abbia un rifugio segreto… qualcosa del genere.”

Nessuno di noi era convinto. Ci augurammo la buonanotte pochi minuti dopo e ognuno di noi cercò di addormentarsi. Tuttavia eravamo tutti molto catturati dalla vicenda di Sebastian e riuscivo a sentire il respiro pesante di Kurt, già in ansia per quello che avremmo dovuto fare domani, il fruscio delle lenzuola sotto cui dormivano Quinn e Rachel, che mormoravano qualcosa di indecifrabile con un tono di voce incredibilmente basso, e i sospiri di Brittany, i cui occhi chiari erano spalancati nell’oscurità e riflettevano la luce della luna che entrava dalla finestra. Il suo profilo mi affascinava.
Mi addormentai con un sorriso, per sprofondare poi in un sogno tormentato.

Il nostro riposo non durò a lungo. A un certo punto nella notte, uno strano rumore sul tetto svegliò tutta la casa.

Ci precipitammo nel salotto di casa quando uno strano verso lacerò i timpani di tutti e ci fece accapponare la pelle.

Quando arrivammo nella stanza, vedemmo lo zio già in pole position, in procinto di inginocchiarsi davanti al camino, per osservare meglio la grossa creatura nera che rabbiosa faceva versi impressionanti. Prima che qualcuno di noi potesse fare qualcosa, tuttavia, l’essere si alzò in piedi e, dimenando furiosamente una grossa coda pelosa, schizzò via in direzione della finestra, regalandoci, seduto sul davanzale, uno sguardo aggressivo coi suoi minacciosi occhi fosforescenti prima di correre via nella notte.
 

“E’ stato lui! Io lo so che è stato lui!” cominciò a esclamare Quinn una volta che fummo rientrati in camera.

Kurt e io sbuffammo “Per l’ennesima volta Quinn, no! Era uno stupido gatto che camminando sul tetto è accidentalmente caduto nel camino!”

“Come diavolo fa un gatto a cadere in un camino?!”

“Lui l’ha fatto! Punto!” cominciavo a perdere la pazienza “Perché ogni cosa strana che succede la deve aver provocata dal maledetto spettro?!” strillai poi.

“FATE SILENZIO!” la voce tonante di zio Carlos ci zittì tutti. Rimanemmo alcuni attimi a fissarci prima di riprendere a parlare a voce bassa.

“Perché ci odia! Ci odia e ci vuole terrorizzare perché non vuole che noi scopriamo qualcosa che lui ha fatto prima di morire!” insistette la bionda.

A un certo punto Rachel emise un verso soffocato e indicò la finestra. Io e Quinn, troppo prese a discutere, ci voltammo irritate verso di lei, ma gli occhi della ragazza, così come quelli degli altri due, erano puntati alla finestra. Quando ci girammo e vedemmo quello che li altri stavano fissando in quel modo attonito, io mi buttai addosso a Brittany supplicando il Signore di salvarci, mentre Quinn si mise a correre verso la finestra cercando di aprirla. Sebastian era lì, pallido, con un ghigno impresso sul volto e gli occhi azzurri scintillanti. Ci fissava divertito.

“Non riesco ad aprire la finestra!” Quinn continuava a insistere nel tentativo di aprirla. In quel momento saltò la luce e la finestra si spalancò, udii un rumori di vetri infranti e la mia amica bionda gridare, mentre io mi buttavo a terra trascinando con me una Brittany sconvolta e Kurt e Rachel si gettavano chissà dove, per ripararsi da quella che aveva tutta l’aria di un’aggressione.

 


Ecco un'altro capitolo! Povera Quinn, s'è fatta male alla fine del capitolo >.<.
Ho voluto fare conoscere un po' Brittany, far capire quello che pensa. Vorrebbe un po' scappare via e evitare Santana... la quale ovviamente non sospetta nulla, ma per quanto ancora non si renderà conto? E lo zio, sa di Brittany? E com'è possibile che lo sappia?
Troveranno i famosi denti, o anche solo qualche informazione in più sul nostro amico Sebastian?
Queste e altre cose le scopriremo nella prossima puntata u.u xD

Grazie a tutti quelli che recensiscono, seguono, preferiscono eccetera! :3

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Capitolo 6
*** Sulle tracce dello psycho-fantasma ***


CAPITOLO 6

Il cuore mi batteva all’impazzata. Ero accovacciata a terra, stretta tra le braccia di Brittany, con la testa affondata nell’incavo del suo collo. Respiravo il suo profumo e cercavo di non pensare alla visione raccapricciante, a Quinn che presumibilmente aveva avuto un violento incontro ravvicinato con la finestra, a Kurt e Rachel poco distanti, anche loro a terra in un angolo nel tentativo di salvarsi dalla minaccia incombente.

Per qualche strada ragione lo zio non si svegliò e ci ritrovammo da soli, a cercare di raccogliere il coraggio di alzarci e guardare cosa fosse successo.
Sentivamo Quinn mormorare parolacce sconclusionate con rabbia, segno che come minimo era viva, e non riuscivamo a vedere nulla perché la stanza era sprofondata in un buio che, in quella situazione angosciante, era denso e opprimente.

Kurt fu il primo a rialzarsi. Uscì dalla porta cercando di mantenere la calma, col respiro affannoso come se avesse corso per chilometri. Lo osservai di nascosto scostandomi leggermente dal collo di Brittany. Giocò un paio di volte con l’interruttore della luce, ma la lampadina era saltata.

“Cos’è, un suo potere paranormale da fantasma far saltare le lampadine?” domandò poi il ragazzo, la voce irritata, mentre trafficava col cellulare. Poco dopo il flash del telefono illuminò la stanza. Vidi Rachel buttata a terra di pancia come se Sebastian fosse entrato nella stanza sparando colpi a raffica con una mitragliatrice e la osservai perplessa mentre si toglieva le mani dagli occhi per guardare finalmente la stanza, assolutamente priva di entità malefiche.

Mi alzai in piedi allontanandomi dalla mia amica bionda, inginocchiata a terra e immobile, con lo sguardo perso nel vuoto e guardai nella direzione verso cui Kurt puntava il fascio di luce.

Quinn era seduta a terra, in mezzo ai pezzi di vetro della finestra; sembrava che sanguinasse da qualche parte, ma in quella poca luce non era possibile capire dove. Io e il ragazzo ci scambiammo uno sguardo poi camminammo verso di lei.

I suoi mormorii riempivano la stanza. Continuava a insultare Sebastian mentre si guardava le mani.

“Ehi Quinn, alzati da lì, vieni sul letto.” La invitai io gentilmente.

Lei si voltò verso di me e io venni scossa da un brivido di orrore. Il suo volto era sporco di sangue, sembrava una maschera. Non potevo capire da che punto del viso
venisse e questo non aiutò a dissipare la mia preoccupazione.

“Cazzo Quinn, dobbiamo correre in bagno” esclamò Kurt a bassa voce.

“Sveglia tuo zio, Santana” la voce di Rachel giunse alle nostre spalle. Io e Kurt ci scambiammo uno sguardo, poi lui scosse la testa.

“No, è meglio di no, dovremmo dirgli di Sebastian” affermò.

“Ah, e la finestra rotta come la spieghiamo eh? Potremmo dire che Quinn non l’ha vista al buio e ci è andata contro!” la ragazza non aveva tutti i torti tutto sommato.

“Glielo diremo domani mattina. Ora portiamo lei in bagno – indicai la bionda a terra, ancora intenta a fissarsi le mani, supposi sporche di sangue – e guardiamo cosa si è
fatta, la sistemiamo e torniamo a dormire.” Conclusi la discussione, mentre mi avvicinavo a Quinn per farla alzare in piedi.

Lei, anche se con scarso entusiasmo si alzò, e venne con me e gli altri in bagno. Brittany ci seguiva con le mani in tasca e l’aria assorta. Sembrava molto scossa, quasi
più di noi.

Quando ci chiudemmo in bagno e Rachel finalmente guardò in faccia Quinn, dovemmo lanciarci addosso a lei per impedirle di urlare.

In realtà sul bel viso della ragazza c’era un unico taglio, sulla fronte, che faceva colare il sangue lungo tutto il volto. Anche se le mani erano ferite, perché erano protese in avanti al momento dell’impatto. Fortunatamente, oserei dire.

La facemmo sciacquare e calmare, poi la riaccompagnammo in camera. Lei sembrava un’anima in pena però.

Rachel sembrava convinta che Quinn sarebbe potuta morire da un momento all’altro, e continuava a camminare per la stanza incapace di darsi pace, lanciando sguardi preoccupati all’altra, che stava sdraiata sul vecchio materasso e fissava il soffitto.

Brittany era stesa al mio fianco e anche lei, come l’altra bionda, sembrava immersa nell’attenta contemplazione del soffitto. Non aveva proferito parola da quando era apparso Sebastian e la sua voce cominciava a mancarmi, soprattutto perché ero costretta a sentire solamente i mormorii preoccupati della nanerottola che ogni dieci
minuti chiedeva “Sai bene Quinn?” o “Va tutto bene?” “Oddio, e se ritorna?” avrei voluto zittirla malamente ma mi mancavano le forze per farlo.

Mi limitai a chiudere gli occhi e a sprofondare di nuovo tra le braccia di Morfeo, sperando di potermi svegliare tardi il giorno dopo.
 
 
Quando aprii gli occhi, mi trovai davanti due luminosissimi fanali azzurri che mi osservavano dolcemente. La mano di Brittany era appoggiata alla mia spalla e mi scuoteva delicatamente.

“Ehi San, Quinn mi ha detto di svegliarti. È giù a preparare la colazione” mi disse.

Io non potei fare a meno di alzare gli occhi al cielo e sbuffare. “Oddio, ma è possibile che anche dopo essere rimasta sfigurata non sia in grado di darsi una calmata?” domandai, innervosita.

Brittany si alzò dal letto scrollando le spalle “Lei è fatta così” poi mi sorrise, tendendomi la mano “Dai, vieni, che altrimenti viene a prenderti lei e ti assicuro che è molto peggio di me.”

“Su questo non ho dubbi” le risposi, rivolgendole anche io un sorriso. Mi alzai dal letto, le presi la mano e la seguii giù per le scale, osservando con ammirazione
l’eleganza e la leggerezza dei suoi movimenti.

Non feci in tempo a entrare in cucina, che la voce determinata di Quinn raggiunse le mie orecchie. “Quindi, per oggi come ci organizziamo?!” era lì, con in mano un
cucchiaio di legno, una tazza di caffè appoggiata davanti e una luce folle negli occhi.

“Quella è la tua nuova arma per combattere Sebastian?” le domandai ironicamente, accennando al cucchiaio. Lei lo appoggiò sbuffando.

“Stavo dicendo, come ci organizziamo?”

Io e gli altri quattro ci scambiammo sguardi spaventati. Tutti pensavamo la stessa cosa ma nessuno aveva il coraggio di dirla alla bionda lì presente.

“Ehm… - azzardò alla fine Rachel – Quinn, dovremmo prenderci almeno un giorno di pausa…”

“Ne abbiamo già presi troppi, Rachel. E guarda dove ci hanno portato!” si indicò la fronte, isterica.

“Okay, allora… tu dovresti stare qui al cimitero a cercare i denti…” propose Kurt, con voce tremante.

“IO?! E voi senza di me?! Sapreste dove cercare, eh? Lo sapreste?!” ogni minuto che passava la sua furia cresceva. Cominciava a irritare anche il mio alter ego malefico
Snixx quel suo modo di fare.

“Senti, Quinn. Ti sei presa una finestra in faccia solo qualche ora fa proprio a causa di queste tue manie di protagonismo, quindi adesso ti siedi da brava e ti calmi.
Rachel Kurt e Brittany oggi seguiranno le tracce di Sebastian, mentre noi due rimarremo qui e ispezioneremo ogni singolo centimetro del cimitero, che ti piaccia o no.
Non costringermi a scatenarti contro l’ira di Snixx.” Sperai di essere stata abbastanza minacciosa.

Probabilmente fu l’eccesiva calma con cui pronunciai quelle parole a sortire l’effetto giusto, perché Quinn si sedette sulla sedia, quasi ammutolita.

“Okay. Proviamo. Ma voi tre – indicò i suoi tre amici di vecchia data – farete esattamente quello che vi dico io.”

Loro annuirono.

“Sebastian frequentava due posti in particolare, oltre alla Dalton. La sala giochi e il bar gay a diverse città di distanza. Lì proveremo ad andare stasera, tutti insieme. Andate alla sala giochi e chiedete di Dave, è il figlio del proprietario, e pare fosse un suo… grande amico. Cercate di scoprire qualcosa di interessante lì, sperando che ci sia qualcosa di interessante da scoprire.” Concluse, sospirando e passandosi una mano tra i capelli.

“Come fai a sapere queste cose?!” Brittany era confusa.

La bionda le sorrise enigmatica. “Britt, io so sempre tutto quello che devo sapere.”

Devo ammettere che quest’ultima affermazione mi inquietò alquanto, ma lasciai perdere. “Allora, quando si comincia?”

Kurt lanciò un’occhiata all’orologio da polso e poi rispose “Sono le undici ora, ci troviamo qui per le tre?”

Io acconsentii con un cenno del capo.

“Io rimango qui se non ti dispiace” guardai ancora Quinn, che aveva parlato. Sembrava strana.

“Va bene”

Gli altri si avviarono verso l’uscita e se ne andarono.

“Andiamo a cercare tuo zio e spieghiamogli della finestra” disse poi, quando restammo sole.

“Andiamo…”

Ci avviammo lungo il vialetto di sassolini bianchi in cerca della sagoma imponente di Carlos, intento a marciare tra le tombe con la vanga in spalla.

“Ehi zio!”

“Santana” mi rispose lui, poi notò anche la presenza di Quinn. “Cosa ti sei fatta alla testa tu?!”

“E’ di questo che ti volevamo parlare, zio” cominciai io. “Stanotte, dopo la cosa del gatto e del camino… siamo tornati su, Quinn stava camminando e non ha visto la
finestra aperta e ci ha sbattuto contro. Fortunatamente s’è fatta solo quello” la mia amica bionda accanto a me annuì con convinzione.

“Sì, solo questo taglio sulla fronte… e la finestra rotta. Quindi andrà sostituito il vetro, immagino” disse.

Carlos aggrottò la fronte “Non hai… visto la finestra?”

“No, perché era buio perché la lampadina era saltata” cercai di spiegare io. Lui non sembrò del tutto convinto, ma decise di lasciar perdere. “Avete almeno tolto i vetri dal pavimento?”

“Ah già, i vetri… ci pensiamo subito!”

“Brave, verrò a valutare i danni tra un po’, a dopo.”

“A dopo.” ce ne andammo senza aggiungere altro, temendo che lo zio potesse decidere di farci qualche altra domanda sgradita.
 
 
Togliemmo i vetri dal pavimento e mangiammo qualcosa in attesa delle tre.

“Allora Santana, parlami un po’ di te, non sappiamo molto…” cominciò Quinn mentre eravamo sedute in salotto a temporeggiare.

“Che cosa dovrei dire?”

“Non lo so, come sono i tuoi amici in Ohio, se il tuo amico Puck è carino, cosa ti piace…”

Io restai pensierosa un attimo. “Il mio amico in Ohio è Puck e… sì, è carino. Tu saresti decisamente il suo tipo” risi, immaginando Puck e Quinn insieme. “Mi piace… dormire. Sì, mi piace tanto. Sono cheerleader nella mia scuola, mi piace anche quello…”

“Oh, anche io e Brittany siamo cheerleader. Io sono la capo cheerleader.” Gonfiò un po’ il petto mentre affermava ciò. Io capii improvvisamente perché avesse quella tendenza a comandare e ringraziai di non andare a scuola insieme a lei. “Non hai il ragazzo?” chiese, curiosa.

“No, no, eww, non ho tempo per un ragazzo, preferisco divertirmi” le risposi. “Tu?”

“Stavo con Finn Hudson, sai, il quarterback. Eravamo un bel cliché, stavamo bene insieme. Ma dopo la storia della gravidanza ci siamo lasciati e… beh, no, non mi vuole più nessuno. Non so neanche come ho fatto a farmi riprendere nella squadra.” Sospirò, poi mi sorrise.

Io risposi al suo sorriso e le dissi “Beh, mi sembra che tu ti sia ripresa alla grande.”

“Eh, noi Fabray siamo così”

Alla fine uscimmo di casa per raggiungere gli altri, pronte a proseguire la nostra avventura horror.

“Ragazze, come va?”

“Bene, ci stavamo raccontando un po’ di cose”

“Oh, wow, tipo?” si interessò Kurt. Mi sembravano tutti molto molto interessati alla mia vita sentimentale.

“Mah nulla, tipo che Santana è single e non ha tempo per i ragazzi” disse Quinn con uno sguardo divertito. Kurt rispose a quell’affermazione con una risata mentre Rachel, con un’espressione sorpresa disse “Oh, e per le ragazze ce l’hai?”

“Perché siete tutti convinti che io sia lesbica?!” chiesi alla fine, esplodendo.
“Già, dovresti cominciare a chiedertelo!” mi zio apparve alle mie spalle in quel momento.

“Farò sistemare la finestra in giornata, non vorrei mai che la mia nipotina prendesse freddo.” Disse poi sorridendoci. “Quinn stai attenta a quella ferita, mi raccomando”

Lei annuì con aria educata. “Stai tranquillo Carlos”

Quando lo zio fu sparito nuovamente tra le tombe, noi ci scambiammo cenni d’assenso. “Pronti? La missione “Sulle tracce del fantasma maniaco” è cominciata.”

Ci separammo di nuovo, promettendo di contattarci subito nel caso in cui fosse successo qualcosa di importante.
 
 
“Ce la possiamo fare, no? Anche senza Quinn” Rachel stringeva nervosamente i pugni e continuava a parlare, facendo impazzire i poveri ragazzi in macchina insieme a lei.

“Abbiamo anche noi dei cervelli funzionanti Rachel, siamo in grado di farlo.” cercò di rassicurarla Kurt. Dobbiamo solo andare lì, chiedere di Dave, parlargli, chiedergli delle cose su Sebastian…”

“Come faremo a chiedergli delle cose su Sebastian senza destare sospetti?!” gli rispose Rachel, sempre più in preda al panico.

Kurt si morse il labbro inferiore. “Ehm… penseremo a qualcosa.”

Due minuti dopo il ragazzo parcheggiò esattamente davanti alla sala giochi, un edificio grigiastro con un’insegna luminosa e una porta oscurata. Entrarono e si fecero strada sulla moquette blu, avviandosi al bancone, dietro al quale stava un ragazzo piuttosto grosso, dall’aria piuttosto rude, intento a osservare il monitor di un computer.

“Ehm, ciao, cerchiamo Dave” provò Kurt, rivolgendosi al tipo. Questo gli lanciò un’occhiata di sfuggita, troppo preso da quello che stava facendo, e gli disse “Sì, in cosa posso esservi utile?” domandò in tono annoiato

“Ah sei tu?” squittì allegra Rachel.

“Sì, ho detto così” le rispose lui, spostando lo sguardo stavolta per fissare Rachel in modo intimidatorio.

“Ehmmm, bene, no niente, noi volevamo sapere…” cominciò Kurt, senza sapere bene cosa dire.

Brittany gli diede una spinta e si mise davanti al bancone. “Mio fratello mi ha parlato di un gioco molto figo che faceva sempre insieme a Sebastian, prima che… sai no? Solo che non so qual è, me lo puoi mostrare?”

Dave sembrava confuso “Tuo fratello era amico di Sebastian? Non mi risulta che lo fosse.”

“Ehm, lo è stato, per un breve periodo. Dai, non puoi mostrarmi quale gioco piaceva a Sebastian e basta?”

L’altro le sorrise in modo malizioso “I giochi che piacevano a Sebastian non posso mostrarteli, dolcezza” Rachel fece una smorfia schifata da dietro le spalle della bionda, mentre Kurt si limitò a rivolgergli un sorriso imbarazzato.

“Non intendo quei giochi, bleah, no.” Brittany scosse la testa “C’era qualche gioco in particolare che gli piaceva?”

“Io non parlerò di Sebastian con te, ragazzina. Né con qualcun altro tra voi.” Le rispose il ragazzo, che cominciava a innervosirsi.

“Ehm…”

“Fuori.” Concluse lui.

Loro si scambiarono sguardi sconfitti e uscirono. Rimasero un attimo sul marciapiede a domandarsi cosa avrebbero detto a Quinn di quel loro fallimento, finché non sentirono la porta aprirsi alle loro spalle. “A Sebastian piaceva… entrare nel cimitero!” esclamò la voce concitata di Sandy Ryerson. “A Sebastian piaceva, venire a giocare con Dave, lui… lui giocava.” Annuì come per voler dare maggiore credibilità alle sue parole. “Era… era cattivo. Cantava come un angelo, ma era cattivo” continuò ad annuire.

“Che cosa… stai dicendo Sandy?!” Kurt sperava che ci fosse un barlume di lucidità nell’uomo, ma era evidente che stava sopravvalutandolo enormemente.

“Lui era sempre in giro! Sempre, ovunque! Non andava bene, non andava bene… E’ stata una fortuna che sia morto!” con quell’ultima frase urlata, corse via.

I ragazzi si scambiarono sguardi perplessi, mentre lo guardavano sparire in lontananza. Prima che voltasse l’angolo e sparisse, una cosa gli cadde dalla tasca. Brittany andò a vedere cosa fosse, incuriosita. Quando la prese in mano, rimase a fissarla a bocca spalancata.

“Ragazzi, guardate.” Disse, tornando indietro, stringendo l’oggetto tra le dita.

Gli altri due si avvicinarono ulteriormente e lo guardarono trattenendo il fiato, assolutamente stupiti.
 
 
Il mio pomeriggio al cimitero si preannunciava lento e monotono. Io e Quinn camminavamo tra le tombe, cercando di non insospettire lo zio, che non era nemmeno in vista, e setacciando centimetro per centimetro ogni angolo, ogni lapide, ogni vaso di fiori nel tentativo di individuare un posto in cui Sebastian potesse aver nascosto i suoi oggetti.

“Quinn, tu vedi qualcosa di interessante?”

“Direi di no, e sto morendo di caldo”

Cercai di proporre una pausa “Torniamo in casa, riposiamoci un attimo”

“Santana, abbiamo cominciato da neanche un quarto d’ora”

“Ma è stato un quarto d’ora molto intenso” mi giustificai io. Lei mi guardò male, continuando ad avanzare con la schiena piegata fra le lapidi.

“Ehi Quinn, guarda! La porta del tuo mausoleo è aperta! Probabilmente lo zio è lì” dissi.

Lei si guardò attorno. “E quello laggiù all’ossario allora chi è?!”

Mi voltai nella direzione da lei indicata e vidi chiaramente mio zio intento a fare qualcosa di non molto chiaro.

“Chi potrebbe averlo aperto allora?” domandai io.

Quinn alzò gli occhi al cielo “Me lo stai davvero chiedendo?!” esclamò, per poi correre verso la struttura in marmo.

Ci ritrovammo davanti alla porta. Quinn senza un secondo di esitazione entrò. Io avrei preferito evitare ma visto che lei ormai era lanciata, decisi di seguirla comunque, nonostante una voce nella mia testa mi stesse dicendo che avrei fatto molto meglio stando fuori a aspettarla.
Appena fummo all’interno, avvolte dall’odore di umidità e da circa un milione di ragnatele, cominciammo a guardarci attorno nella penombra.

“Quinn, sei mai stata qui dentro?!”

“Certo, un paio di volte” rispose lei.

“Ah, allora sono tranquilla” le mie parole grondavano di sarcasmo.

Giustamente, in quel momento drammatico in cui mio zio era intento a trafficare con pezzi di morti e i nostri amici erano impegnati in altro e totalmente ignari di ciò che stava succedendo al cimitero, una folata di vento improvvisa e molto sospetta chiuse la porta del mausoleo, facendoci sprofondare nella più completa oscurità e mandandomi nel panico più totale.

Tirai fuori il cellulare cercando di fare luce, mentre Quinn afferrava il suo e scorreva nella rubrica in cerca del numero di Brittany. Io mi guardavo attorno terrorizzata.

Era incredibile come nessuna delle due avesse ancora urlato.

“Britt, Britta- no non ho tempo di sapere le – no, fammi parlare, siamo… io e Santana siamo chiuse nel mausoleo, nel mio… sì, dovete correre e trovare il modo di tirarci fuori di qui, sì… per favore, muovetevi, ciao”

Mise giù la chiamata.

“Perché avrebbe dovuto rinchiuderci qua dentro?! Lo sa che qualcuno ci avrebbe tirato fuori” cercai di ragionare io.

Quinn si appoggiò a una parete polverosa e disse “Sì, ma ci ha spaventate comunque, no?”

“Magari è qui dentro e ora apparirà come Bloody Mary e ci ammazzerà” mi sentii improvvisamente molto simile a Rachel, per cui tentai di calmarmi.

“Smettila”

“Sì, hai ragione.”

Mi sedetti per terra vincendo lo schifo e aspettai, sperando che qualcuno venisse ad aprire.

Passò almeno un’ora, anche se non posso esserne certa perché probabilmente mi addormentai un paio di volte, ma alla fine Brittany e Kurt vennero a aprirci. Avevano rubato le chiavi del mausoleo da casa di Carlos mentre Rachel lo distraeva.

“Ragazze, come state?”

“Ora che respiriamo aria vera bene” risposi io, abbracciando Brittany in segno di gratitudine.

“Allora trovato qualcosa?” ci domandò Kurt.

Io e Quinn scuotemmo la testa “Decisamente no, voi?”

Kurt si mise una mano in tasca mentre sorrideva enigmatico. “Beh, Dave non ha voluto dirci niente…”

“Ma Sandy Ryerson sì” concluse la frase Brittany.

“Sandy… il pazzo?!”

Loro annuirono. “E inoltre ha fatto cadere per terra questo mentre correva via” Kurt tirò fuori dalla tasca la mano e ci mostrò il contenuto, che teneva appoggiato sul palmo della mano.

Io e Quinn fissammo il dente d’oro con aria spiazzata, chiedendoci cosa sarebbe successo ancora di inspiegabile.

 
 
Ecco un altro capitolo! Ancora una volta grazie mille per le recensioni e a tutti quelli che hanno anche solo letto questa storia fino a adesso :3
Qui di interazioni tra Santana e Brittany non ce ne sono praticamente, ma dal prossimo capitolo comincerò a lavorarci su, ho spianato la strada fin ora... v.v

 

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Capitolo 7
*** Il Bar ***


CAPITOLO 7

Quella sera ci recammo al locale che Sebastian a quanto pare frequentava assiduamente. Era molto distante dal paese, ci mettemmo circa due ore e quando arrivammo ci ritrovammo davanti a una catapecchia in legno dall’aria non molto ben tenuta, con qualche tavolo sgangherato in veranda, sul quale stavano seduti attempati uomini dall’aria ubriaca, che appena ci videro arrivare cominciarono a ridere sguaiatamente e a sprecarsi in commenti inappropriati. Eravamo sul punto di andarcene, ma la determinazione di Quinn ci convinse a proseguire sul nostro cammino.

Appena entrammo ci stupimmo di come un posto dall’aria così fatiscente all’esterno potesse essere accogliente e ospitale all’interno.

La luce era tenue, vicino alle finestre si trovavano una serie di divanetti rossi dall’aria comoda, su cui non avevamo intenzione di sederci – Quinn aveva ordinato così – e di tavoli bassi e rotondi. Molte persone erano in piedi e parlavano tra loro, altre stavano sedute attorno ai tavoli sorseggiando i loro drink. Fondamentalmente quel posto racchiudeva tutte le persone con una vita sociale dei dintorni, che si fiondavano lì chi con la propria metà chi col proprio gruppo di amici a cercare di spezzare la monotonia lacerante delle loro tranquille cittadine in quelle sere d’estate.

Una donna sulla quarantina, con addosso un cappello da cowboy, stava in piedi su uno sgabello posto sopra a un palchetto non molto grande e biascicando invitava i clienti a cimentarsi in esibizioni canore, strillando in modo eccitato nel tentativo di invogliare la gente a offrirsi come vittima sacrificale.

“A quanto pare abbiamo beccato la serata karaoke” commentai.

“Già” disse Quinn. Notai come il suo sguardo indugiò preoccupato su Rachel, che aveva cominciato a battere le mani emozionata.

Senza neanche guardarci, non appena l’alcolizzata sullo sgabello lanciò l’ennesimo invito a far sentire la propria voce, Rachel schizzò in avanti verso il palco strillando “Io io io io io!” seguita a ruota da un entusiasta e quasi commosso Kurt.

“Bene.” Io e Quinn incrociammo le braccia con aria sconfortata, mentre inseguite da una silenziosa Brittany che si guardava intorno curiosa, andammo a sederci al bancone per prendere qualcosa da bere sfoderando dei documenti falsi che Quinn aveva fatto magicamente comparire nel tardo pomeriggio.

La barista arrivò sorridente, con i suoi lunghi capelli blu al vento, e con un largo sorriso ci chiese cosa potesse portarci da bere.

Una volta che ci fu portato ciò che avevamo chiesto, io e Quinn ci ritrovammo, rassegnate, ad ascoltare Rachel cantare sul palchetto, sperando che finisse presto. Dopo cinque minuti, in cui la nana non aveva fatto altro che sgolarsi mostrando a tutti il suo inequivocabile talento, cercai di ritornare a discutere della vera ragione per cui eravamo andati fin lì.

“Cosa facciamo ora che siamo qui, Quinn?” chiesi alla mia amica bionda, che fissava le bottiglie dietro al bancone con aria persa.

“Aspettiamo, Santana”

“Che cosa esattamente?”

“Un segnale”

Incredula rivolsi a Quinn uno sguardo perplesso. “Sei seria?”

“No” scosse la testa. Mi domandai perché non mi avesse ancora rivelato cosa le frullasse per la mente. Qualcosa aveva pensato di certo, non ci avrebbe fatto viaggiare
per due ore per non arrivare a capo di nulla.

Fu allora che una risata squillante attirò la mia attenzione. Guardando oltre Quinn vidi Brittany ad alcuni sgabelli di distanza, impegnata a parlare con la puffo-barista di prima. Arrossiva e balbettava qualche parola, mentre la tipa che non aveva nulla di meglio da fare le rivolgeva occhiate ammalianti dall’altra parte del bancone.

Mi stupii di come avessimo fatto a non accorgerci della sua assenza fino a quel momento.

“Quinn, ma… la barista ci sta provando con Britt!” esclamai, sperando che la voce potente – incredibilmente potente in effetti – di Rachel sovrastasse le mie parole rendendole udibili soltanto a Quinn. Lei si girò con aria disinteressata e guardando oltre la sua spalla vide il viso leggermente rosso dell’altra bionda, il suo sorriso timido e nervoso e le sue dita che ogni tanto si muovevano, quando la ragazza cercava di sfiorargliele distrattamente con la mano, in un movimento evidentemente programmato.

“Vado a recuperarla.” Affermai alla fine, mentre una rabbia irrazionale si impadroniva di me. Quinn senza rispondermi si limitò a guardarmi mentre mi alzavo dal mio sedile e mi avviavo a passo determinato verso Brittany.

“Ehi, lei non è interessata ed è fuori con me stasera, perché non la lasci in pace?!” esclamai appena arrivai lì, appoggiandomi al bancone e appoggiando una mano sulla schiena della bionda.

La tipa mi fissò con aria contrariata e mi rispose “Ah, è fuori con te eh? Peccato che poco fa mi abbia detto di non essere impegnata.”

Rivolsi a Brittany un’occhiata interrogativa, poi mi voltai di nuovo verso l’indisponente barista per replicare “Senti, non costringermi a venire da quel lato del bancone, potresti pentirtene”

“Ahssì? Perché non ci provi?!”

“A vuoi? Vuoi davvero che l’ira di Snixx si abbatta su di te?! Oppure posso limitarmi a informare il tuo capo del fatto che invece di lavorare ti metti a sedurre le clienti.”

“Vorresti eh? Dai, provaci” fece un cenno verso la donna bionda col cappello da cowboy che nel frattempo era collassata su un tavolo lasciando il karaoke in balia di Kurt e Rachel, che stavano infiammando l’entusiasmo della folla con un duetto mozzafiato.

“Brittany, tu vuoi continuare a parlare con me, vero?” continuò la ragazza, guardando Brittany questa volta, di nuovo con quel sorriso stampato in faccia. Serrai la mascella e afferrai la mano della mia amica, stringendola. La bionda guardò prima me poi l’altra con aria confusa, poi si cercò mi guardò di nuovo e abbassando la testa disse “Santana, voglio parlare con lei” mi sentii offesa, ma la guardai annuendo e tornai da Quinn, sentendomi leggermente sconfitta.

“Santana?” Quinn mi stava osservando da cinque minuti, ma io, tornata allo sgabello, ero ancora intenta a fissare Brittany parlare con la tipa coi capelli colorati, che sembrava ascoltarla comprensiva. Ogni tanto la vedevo lanciarmi un’occhiata di sottecchi, sfoggiando un sorrisino. Avrei voluto schiaffeggiarla ma mi sforzai di ignorarla.

“Santana?!” ripeté Quinn. Stavolta tornai alla realtà e le domandai, titubante “Quinn… Brittany…?”

“Sì” si limitò a dirmi lei.

“Ah, okay” annuii io. Le rivolsi un’ultima occhiata, prima che la voce di Rachel mi trapanasse il timpano sinistro.

“Ah, vedo che Brittany ha trovato compagnia!” esclamò “Anche Kurt” indicò un punto alle sue spalle in cui Kurt, ancora col microfono in mano, cantava camminando davanti ai tavoli e attirando le attenzioni di un ragazzo dai capelli castani e il volto sorridente, che lo osservava con aria divertita.

“E Blaine?” domandò Quinn, finalmente raggiante.

Rachel strinse gli occhi e osservò di nuovo Kurt, attentamente. “Eh, il nostro Kurt, che ragazzo intraprendente!” esclamò, velenosa.

“E quella?!” fece un cenno verso Brittany con la tipa.

“Già, si diverte anche la nostra Britt!”

“Ma io credevo che lei volesse provarci con Sa-” venne interrotta da un pugno in pieno stomaco da parte di Quinn. Fu più o meno allora che Rachel si accorse della mia presenza e, sfoderando un sorriso a trentadue denti, esclamò “Con Sam! – concluse, poi aggiunse – Ehi! Santana!” come se niente fosse.

“Ancora tu in giro?!” alzammo tutte e tre lo sguardo e vedemmo un tipo con l’aria da gorilla arrabbiato che scrutava Rachel in cagnesco.

“Oh, Dave Karofsky giusto?” Quinn lo salutò porgendogli la mano. “Quinn Fabray, piacere”

Lui aggrottò la fronte. “So benissimo chi sei Fabray.”

“Già”

“Non pensavo che voi frequentaste questi posti” disse poi, prima di voltarsi verso Kurt, ancora intento a dedicare serenate al misterioso ragazzo in divisa “Ah, avete accompagnato l’amichetto?” rise.

“No, anche l’amichetta” esclamai io con una nota di amarezza nella voce, facendo un cenno verso Brittany. “Tu, Dave Karofsky, che ci fai qui?”

Lui alzò le sopracciglia e mi guardò in modo aggressivo “Tu chi diavolo sei eh?! Da dove sei uscita?! Non parlarmi così sai, non permetterti di parlarmi così!”

“Perché se no? Picchieresti una donna?” lo sfidai io. Lui fece una smorfia e sciolse i pugni che aveva serrato.

Cominciò a guardarsi attorno, cercando di evitarci “Sentite, io non ne so nulla di Sebastian, okay?! È apparso anche a me, mi ha fatto quasi morire di infarto, ma non mi ha detto nulla e io non so niente. Non ho mai saputo niente di lui, è sempre stato un tipo riservato...” vide l’espressione ironica di Quinn “Okay, forse riservato non è la definizione migliore, ma… capite quello che intendo”

“Che tu sappia, aveva qualche legame particolare con Sandy Ryerson?”

Dave rivolse a Rachel, che aveva posto la domanda, un’occhiata perplessa. “Sebastian? Ti sembra il tipo? Si divertiva a prenderlo in giro, nulla di più. Non penso che gli abbia mai detto in faccia qualcosa che non fosse una presa in giro sprezzante”

“Quindi non hai idea di come mai sia ancora tra noi?”

Karofsky scosse la testa “Non voglio neanche saperlo” detto questo, senza salutare, ci superò e se ne andò in mezzo alla folla.

“E ora?” non sapevo che cosa dire a quel punto, rassegnata al fatto che fossimo andati fino a lì per niente. Oh, a parte che per trovare la ragazza a Brittany ovviamente.

“Ehi Santana!”

“Che c’è?” abbaiai io, rendendomi conto mentre mi voltavo, che la persona che mi aveva chiamato era proprio la barista.

“Conoscete Karofsky?”

“Perché?”

“No niente, ha lavorato qui un paio di mesi un po’ di tempo fa, ma poi è stato licenziato. Pare che April l’abbia trovato dentro il locale oltre l’orario di chiusura, ma io non so niente.” affermò lei, sorridendomi complice, e io mi chiesi come il suo modo di fare potesse essersi trasformato. Era diventata gentile e affabile anche con me. Stupita la ringraziai dell’informazione e mi chiesi come mai avesse voluto riferirmela. “Perché mi dici questo? E perché non sei con Brittany?”

“Non so, ma ho pensato che vi sarebbe interessato. Perché è in bagno, comunque ora ve la lascio, ha detto che voleva tornare dalle sue amiche” detto questo, sempre sorridendo, mi allungò due bicchieri e mi concluse “Uno dallo a Britt, offre la casa” e con una strizzata d’occhio si allontanò. Rimasi lì a fissare perplessa tra lei e i bicchieri finché non vidi Brittany ricadere pesantemente sullo sgabello su cui prima sedeva Quinn, che lei l’aveva liberato per andare con Rachel a parlare con April, la proprietaria bionda, che in quel momento probabilmente sarebbe stata in grado a malapena di dire il proprio nome, visto la quantità di alcool che aveva ingerito.

“Ehi San, scusa per prima”

“Figurati, non lo sapevo, se l’avessi saputo non…-”

Lei mi interruppe “No, tranquilla davvero, siamo uscite tra noi, non vi avrei dovute lasciare sole” poi si interruppe e fissò i bicchieri “Li hai presi per noi questi?”

“Ehm… li ha offerti lei… però sì, sono nostri”

“Ah, ottimo” mi sorrise dolcemente, e io finalmente mi sentii contenta di parlare con lei, dopo averla osservata per un’ora conversare con un’altra.

Fu più o meno in quel momento che cominciai a domandarmi perché pensassi quelle cose, come se io avessi avuto il benché minimo diritto di arrabbiarmi per quello, o in che senso definissi la barista “un’altra”. Un’altra rispetto a chi? A noi ragazze? A me?

Guardai le sue labbra avvolgere la cannuccia e sorseggiare il cocktail e improvvisamente cominciai a sentire caldo. “Ehi Britt, ti va di uscire? Ho tipo caldo” le proposi, non volendo lasciarla sola per nessuna ragione al mondo. Lei mi rivolse un’occhiata, poi si alzò annuendo “Okay, andiamo” mi sorrise. Io mi levai dallo sgabello e aprii la strada tra le persone, seguita a ruota da lei. Alle mie spalle sentii la voce della barista esclamare un “Buona serata!” ma la ignorai, convinta che non stesse parlando con
noi.

Arrivate fuori mi appoggiai al muro. Non capivo perché da un secondo all’altro il mio modo di vedere la ragazza bionda si fosse trasformato. Le gettai uno sguardo di sfuggita e rabbrividii. Mi era bastato scorgere una sola scintilla di quei lucenti occhi blu per sentirmi arrossire ferocemente.

“Ehm, San… c’è qualche problema?”

Avevo tenuto gli occhi chiusi per cinque minuti, cercando di ricominciare a ragionare in modo normale, ma ormai ero partita per la tangente. Riaprii gli occhi per guardare Brittany in faccia mentre le rispondevo e alla fine per replicare mi limitai a scuotere la testa, incapace di proferire parola.

Lei inclinò la testa da un lato, confusa. “Sicura?”

Io non sapevo cosa risponderle, così mi limitai a annuire, sperando di avere un’aria convincente.

“Se c’è qualche problema per prima, o perché… insomma se ti dà fastidio qualcosa basta che lo dici, mi dispiace, io…” cominciò a blaterare parole che neanche mi interessava sentire. Cercando di frenare l’istinto di abbracciarla, io la interruppi e le risposi “Britt, Britt, è tutto a posto, davvero, stai tranquilla. Sei mia amica, va tutto bene” le sorrisi, e dentro di me sentii il mio stomaco erompere in un’esplosione di farfalle colorate quando lei mi rispose con un adorabile sorriso sereno.

Le presi una mano e intrecciai le dita alle sue mentre la invitavo a rientrare nel locale per raggiungere gli altri.
 

 
Eravamo tutti dentro alla macchina per scambiarci i nostri pareri sulla serata e cercare di capire se avessimo scoperto qualcosa di buono.

Ma April Rhodes non era stata una fonte utile, il nuovo amico di Kurt aveva solo detto che Sebastian era una leggenda alla Dalton, ma non era molto apprezzato per il suo atteggiamento arrogante e a volte perfido – cose che si sapevano già, insomma – e che Dave era stato licenziato perché aveva fatto qualcosa di oscuro dopo l’orario di chiusura nel bar, non sapevamo nient’altro.

Insomma, un buco nell’acqua.

L’ultima nostra speranza era Sandy Ryerson, praticamente. E ammetterete anche voi che riporre le proprie speranze in un folle che si fa chiamare Il Pugnale Rosa non è esattamente ciò che si dice essere messi bene. Anzi, direi che navigavamo in un oceano di domande apparentemente insormontabili.
Io, dal canto mio, ne avevo una in più degli altri, e più o meno era questa: Brittany mi piace solo come amica, vero?

E fu questa, più che le mille domande su Sebastian, quella che mi accompagnò per tutto il tragitto fino a casa di Kurt, che si scusò ma aveva un coprifuoco molto severo quando era in giro con l’auto e non poteva trasgredire. La parcheggiò e avvisò suo padre di essere tornato, poi propose di fare un giro per la città, visto che era ancora
presto.

Beh, presto per i nostri standard di quei giorni si intende.

“Ragazzi, cosa ne pensate?”

“Di cosa?”

“Di tutto quanto! C’è qualcosa che ci sfugge” la frustrazione di Quinn era evidente, quasi quanto la mia mezza sbornia. Barcollavo con le lacrime agli occhi al fianco di Rachel, che mi gettava occhiate preoccupate. Sembrava l’unica a essersi accorta del mio stato alterato, e anche l’unica a essersi accorta che da un certo punto della serata in poi – più o meno quando addirittura la determinata e ottimista Quinn sembrava aver gettato la spugna nella sua ricerca matta e disperatissima di risposte – mi ero attaccata al bicchiere che l’allegra tipa dai capelli blu continuava a riempirmi. Avevo bisogno anche io di risposte, e dovevo cercarle da qualche parte.

Continuavo a domandarmi come fosse possibile che dopo diciassette anni di vita serena e senza scossoni esagerati, mi fossi ritrovata in un paese invisibile, a indagare su un ragazzo fantasma e apparentemente attratta da una ragazza.

Come fosse possibile accorgersi di trovare attraente una ragazza dopo una semplice serata fuori, mentre le altre sere, quando aveva addirittura dormito con me, non mi aveva fatto né caldo né freddo averla accanto.

Era vero, poi?

La mia mente cominciò a ripercorrere tutti i momenti in cui la vicinanza di Brittany mi aveva fatta sentire al sicuro, calda e al mio agio. Ripensai alla sera precedente e al modo in cui mi ero appesa al collo di Brittany come se lei fosse il mio unico appiglio, alla seconda notte trascorsa al cimitero, quando le chiesi di dormire con me… al modo in cui la sua presenza mi faceva sentire.

Non me ne accorsi neanche quando cominciai a piangere come una pazza isterica in mezzo alla strada deserta, appendendomi alla spalla di Rachel e mormorando parole a caso.

Poi sentii un paio di braccia stringermi forte, il calore di qualcuno avvolgermi, e una voce gentile – la Sua – mormorarmi qualcosa all’orecchio. Non capii, ma lasciai che mi accompagnasse dove desiderava, qualsiasi luogo fosse.
 

"Fermati Brittany!" strillò Quinn. La sua voce arrivò con la forza di un proiettile nelle mie stanche orecchie e mi voltai anche io, gli occhi gonfi e i capelli spettinati. Ero sicura di sembrare una strega raccapricciante.

"Scusa, perché Quinn?" Brittany sembrava aggressiva.

"Perché dobbiamo ragionare su cosa fare!"

A quel punto riacquisii le forze e risposi io al nostro grande capo. "Te lo dico io cosa faremo! Andremo a cercare Sandy Ryerson, cercheremo di capire se nelle sue farneticazioni ci siano cose sensate e di scoprire dove ha trovato i denti! Poi partiremo da lì! Secondo me non li ha presi Sebastian quei benedetti denti, se è morto! Se li ha presi lui significa che non è morto, e che si nasconde da qualche parte. E se si nasconde da qualche parte, trovando i denti potremmo trovare il suo nascondiglio, o almeno qualcosa di interessante!" Mi stupii della mia razionalità.
Dopo di che mi divincolai dalla presa di Brittany e mi avventurai stancamente, barcollando, verso il cimitero, nonostante sentissi gli sguardi perplessi dei miei amici che mi seguivano da lontano.

 

Capitolo un po' più corto! Ho avuto meno tempo e qualche problema con la chiavetta su cui tengo i file, mi si sono cancellati da soli - ebbene sì - quindi ho dovuto rifarli e non ero particolarmente ispirata. Ho miseramente fallito, ma va bene comunque, riparerò allo schifo di questo capitolo col prossimo. u.u :')

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Capitolo 8
*** Nel bosco ***


CAPITOLO 8

La mattina successiva a quella tragica serata, mi svegliai con un mal di testa senza precedenti. Le pareti della stanza vorticavano su loro stesse e io mi sentivo da schifo.
Avevo tuttavia un nitido ricordo di ciò che era accaduto ore prima, il karaoke, Brittany, Karofsky, Brittany, la tipa coi capelli blu, Brittany, le lamentele di Quinn… Brittany.

Decisi che avevo bisogno di un caffè e di rimettermi in sesto.

Scesi dal letto stancamente e mi avviai verso la cucina, percorrendo lentamente i gradini. Abituata com’ero a essere sempre in compagnia di qualcuno – e a trovare sgradite, raccapriccianti sorprese in casa – avevo qualche difficoltà a aggirarmi per le stanze senza sembrare la protagonista di un film dell’orrore mentre ero lì dentro da sola.

Ero sola, poi?

“Zio?” chiamai, nel dubbio. Sperai fortemente in una risposta di Carlos, ma non arrivò.

Così, rassegnata, entrai in cucina a piedi scalzi, trascinandomi. Mi lasciai cadere sulla prima sedia che trovai, che cigolò sotto al mio peso in caduta libera. “Si può sapere cos’avevi ieri sera?”

Ecco, mi sembrava impossibile che non ci fosse davvero nessuno.

“Di cosa stai parlando Quinn?” non mi presi neanche il disturbo di voltarmi per risponderle, avevo riconosciuto la sua voce irritata fin dal primo istante.

Sentivo il suo sguardo penetrante sulla mia schiena mentre stavo lì seduta con i gomiti appoggiati al tavolo e la testa fra le mani, cercando di fermare la parete davanti che continuava a spostarsi.

“Santana, ieri sera sembravi impazzita a un certo punto!”

“No, ero solo ubriaca” le risposi, impassibile. “Vuoi anche tu del caffè?” a quel punto mi girai, mentre mi alzavo dalla sedia, e la guardai. Aveva gli occhi arrossati, la
carnagione era più pallida del solito e sembrava sul punto di vomitare.

“Quinn… stai bene?”

Lei scosse la testa. “No, ho bevuto troppo anche io ieri sera.” Spiegò. “Davvero però, che problema c’era ieri?”

Misi su il caffè e mi voltai verso di lei, incerta su cosa dirle. Il suo sguardo stanco era fisso su di me, l’espressione era sinceramente preoccupata, tanto che per qualche
secondo contemplai la possibilità di dirle la verità. Poi decisi di evitare.

“Sono solo tesa. Un fantasma entra in casa mia, eccetera… sai, dovrei essere in vacanza e invece sono in un paese pieno di pazzi che rincorrono fantasmi o, perché no,
sono loro stessi fantasmi!”

“Mi stai dando della pazza?!” il suo tono era divertito ma la sua espressione contratta in una smorfia. “Devo vomitare”

Ah, ecco perché quella smorfia.

La inseguii mentre correva verso il bagno per sostenerla in quei difficili momenti.
 

 
Come al solito, passai la mattina e il pranzo con qualcuno, Quinn, in questo caso. Poi, come al solito, al pomeriggio ci raggiunsero gli altri, per discutere del nostro argomento preferito.

“Cosa dovremmo fare ora?”

Io sospirai. Ero stanca di sentire quella domanda, e anche di sentire Quinn rispondere cose tipo “Dobbiamo darci da fare!” o “Dobbiamo continuare a indagare!”, così, prima che anche stavolta cominciasse a fare la giovane discepola di Miss Marple, mi affrettai a rispondere io.

“Non faremo niente! Basta! Sono stanca. Dovremmo essere in vacanza e invece guardateci, tutti i giorni non facciamo altro che pensare a Sebastian e alle sue malefatte! Perché dovremmo continuare? Basta!” avevo gridato, e lo sapevo bene. Ma non riuscivo più a trattenermi. Era stato divertente indagare fino a quel momento – beh, era stato anche terrificante – ma stavamo esagerando. Non eravamo ancora arrivati a capo di nulla, e questo doveva pur significare qualcosa.
Quinn mi guardò come se avesse voluto staccarmi la testa a morsi “Davvero Santana? Spero che Sebastian ti assalga nella notte guarda! Come puoi dire una cosa simile?”

Io scossi la testa. Non volevo dare ragione a Quinn e non avevo intenzione di lasciare che lei cominciasse a fare la leader carismatica che convince tutti gli altri su quale sia la cosa giusta da fare. “Che palle Quinn! Guardaci! Stiamo buttando via le nostre giornate!”

“RACHEL E’ STATA BUTTATA IN UNA FOSSA APERTA SANTANA!”

“E QUINDI?! TU TI SEI PRESA UNA FINESTRA IN FACCIA!”

“APPUNTO!”

“APPUNTO COSA?!”

“BASTA!” l’acutissima, straziata voce di Brittany echeggiò tra le lapidi. Aveva sovrastato le nostre voci isteriche. Io e Quinn ci scambiammo uno sguardo scioccato prima di voltarci verso l’altra ragazza, che ci fissava con i suoi luminosi occhi azzurri in quel momento appannati di lacrime. “Smettetela, perché dovete litigare? Quinn… Santana ha ragione, parliamo solo di questo, pensiamo solo a questo… e continuiamo a fare buchi nell’acqua. Però, San… almeno per oggi proviamo ancora… se poi non troveremo nulla potrai anche abbandonarci e passare le giornate in un altro modo”

“Ecco” Quinn sembrava soddisfatta. Probabilmente anche lei, come me, sapeva che piuttosto che rimanermene sola a casa sarei uscita con loro anche se avessero proposto di fare un viaggio agli inferi.

“Okay… allora, cosa dovremmo fare?” domandai.

“Andiamo a cercare Sandy Ryerson!” propose Rachel.

“Sì, e poi cosa gli diciamo? Scusa Sandy, non è che per caso tu sai dove si nasconde Sebastian?”

“Lui cos’è che ha detto Kurt, ‘è una fortuna che sia morto’ o qualcosa del genere, no? Quindi anche lui pensa che sia morto.”

“Andiamo a cercarlo intanto.” Dissi, avviandomi verso il cancello del cimitero.

“Ehm, ragazzi… volevo dirvi un’altra cosa… è sparito Lord Tubbington…” Un’imbronciata Brittany ci fece voltare tutti. “Chi è Lord Tubbington?” chiesi io, cadendo dalle
nuvole.

“E’ il gatto di Britt”

“Ah, okay!”

“Facciamo così!” esclamò Rachel, tutta contenta di avere finalmente un’idea anche lei. “Brittany e Santana cercando Lord Tubbington, mentre noi andiamo a cercare
Sandy!”

“Come facciamo a cercare il gatto?”

“Beh, Lord Tubbington è… sovrappeso. Non penso che riuscirebbe a andare lontano”

Brittany annuì con convinzione, Rachel mi sorrise. C’era uno strano bagliore nei suoi occhi, qualcosa che non avevo mai visto prima. Ma decisi di ignorarlo e acconsentire a quest’idea, anche perché il broncio di Brittany mi turbava tantissimo, avrei di gran lunga preferito vederla sorridere. “Okay, andiamo”
 

 
“Rachel? Ci spieghi perché hai deciso di mandare loro a inseguire quello stupido gatto obeso?” domandò Quinn quando finalmente si furono allontanati da Brittany e Santana.

“Ma come, non ci sei arrivata? E’ un modo come un altro per lasciarle sole… non pensi anche tu che ieri Santana fosse strana…?” le chiese Rachel, sorridendo, sempre con quella strana luce negli occhi.

“In che momento, precisamente?”

“Quando Brittany parlava con la tizia! E anche dopo, quando ha cominciato a piangere e poi se n’è andata a casa… da sola” spiegò la ragazza più bassa, guardando Quinn negli occhi. Kurt sembrava preso nei suoi pensieri.

“Ah… dici che fosse gelosa? Io ho pensato che fosse infastidita perché tutti se ne fregavano delle indagini e preferivano divertirsi” rispose Quinn acida. “Ma in effetti
anche la gelosia ha senso.”

“Yay!” strillò Rachel tutta contenta per l’ammissione della bionda.

“Ehm, dove intendiamo andare a cercare Sandy?” intervenne Kurt in quel momento. Rachel e Quinn assunsero espressioni serie.

“Proviamo al McKinley o in quella zona… prima in centro anzi, mi sembra meglio. Proviamo ovunque!”
 
“Perché non a Lenzuolandia allora, non ci ha lavorato?”

“O anche al bar all’angolo, in cui prendeva il caffè!”

“Ehm, ragazze? Avete finito di discutere come una vecchia coppia di sposi? Possiamo procedere?” Kurt sembrava nervoso. Alla fine andarono a prendere la macchina di Quinn, per cominciare la loro ricerca.

Arrivarono al liceo McKinley, la loro scuola durante l’anno scolastico, e ne ammirarono la quasi imponente struttura – tutto sommato era solo un liceo di provincia frequentato da tutti i ragazzi dei dintorni – e si avviarono verso il cancello. Sapevano che capitava che Sandy bazzicasse in quella zona, alle volte era addirittura entrato all’interno del cortile e si era nascosto sotto gli spalti, per ricordare i bei vecchi tempi – a detta di tutti.

“Ci catturerà, ci schiaccerà come formiche… lui sa tutto, tutto sa! Non ci darà tregua”

“Ehm, ragazze? O Smeagol del signore degli anelli si è trasferito qui oppure Sandy è vicino!” esclamò a bassa voce Kurt mentre si guardava attorno cercando di trovare il padrone della voce.

“Ti sei lasciato coinvolgere, ora non puoi, non possiamo più scappare… lui ci troverebbe comunque, non si sfugge!” esclamò ancora, concitato. Poi lo videro uscire dal folto di una siepe. Si guardò attorno per controllare che non ci fosse nessuno e quando vide i tre ragazzi perplessi che lo osservavano con un saltello e uno strillo nervoso si lanciò in una corsa scoordinata nella direzione opposta a quella in cui si trovavano i ragazzi, rimasti senza parole.

“Ehi! Sandy! Aspetta, fermati un momento dai!”

Cominciarono a inseguirlo, ma quando lo videro correre nella fitta boscaglia a lato della strada, capirono subito che non ce l’avrebbero fatta. Sandy conosceva quei boschi come le sue tasche, lo si vedeva da sempre camminare tra gli alberi… si spostava silenzioso nella vegetazione e percorreva chilometri; non possedendo una macchina, invece di utilizzare strade o sentieri conosciuti egli vagava lì in mezzo e arrivava ovunque.

“Fantastico, come al solito.”

“No, ragazzi, stavolta lo fermeremo.” Esclamò isterica Quinn, lo sguardo severo e il passo determinato.

“Vuoi entrare là dentro?” Kurt sembrava incredulo e per nulla convinto. “No, perché io non ho la minima intenzione di accompagnarti! Non ora almeno! Possiamo organizzare una spedizione un altro giorno, io non ho intenzione di fare un passo in più oggi.”

La bionda si voltò verso di lui con aria minacciosa, come solo lei sapeva fare. “Kurt? Cammina verso la macchina allora. Anche tu Rachel. Torniamo indietro, ragazzi, torniamo. Ma non è finita qui. Non mi fermerò finché non avrò portato a Santana una prova di quanto ho ragione.” Salì sull’auto sbattendo violentemente la portiera e mise in moto, mentre gli ingranaggi nella sua testa lavoravano disperatamente per organizzare il piano perfetto.

 
 
“Come ha fatto il tuo gatto a perdersi?”

“Non lo so San… lui… va sempre verso di là.” Brittany indicò con aria vaga il folto del bosco dietro a casa sua. “Però è sempre tornato” disse, con un’alzata di spalle, un sorriso teso a tentare di nascondere la preoccupazione per la sorte del suo gatto.

“Lo troveremo Britt” le battei una mano su una spalla, cercando di ignorare la sensazione strana che si propagò lungo il mio corpo. Dio santo, era solo una spalla e fino a ventiquattro ore prima non mi aveva mai provocato nessuno strano effetto, com’era che ora mi sentivo in quel modo?

Alzai gli occhi al cielo senza farmi notare da Brittany e le diedi le spalle, cominciando a guardarmi attorno. “Britt, non pensi che dovremmo andare in giro a chiedere a qualcuno se l’ha visto?” le domandai, mentre mi voltavo ancora verso di lei, incerta. Lei mi rivolse uno sguardo e mi sorrise, costringendo un sorriso a farsi strada sul mio
viso.

“Qui tutti conoscono Lord Tubbington, Santana. Se qualcuno l’avesse visto me l’avrebbe riportato” affermò con convinzione, avvicinandosi a me. Il mio cervello improvvisamente cominciò a strillare che sarebbe stato il caso che io mi spostassi e mi allontanassi prima che la distanza fra noi diventasse intollerabile, ma i miei piedi rimasero inchiodati a terra nel punto esatto in cui mi trovavo fino a quando il suo corpo fu a pochi centimetri dal mio. Un sorriso felino si allungò sulle sue labbra – un altro, meraviglioso sorriso, che mi fece morire di desiderio – e lei mi guardò con quegli occhi azzurri che, ne sono quasi certa, arrivarono a toccare gli anfratti più bui della mia anima, riempiendoli di luce. E io compresi improvvisamente perché quella ragazza mi faceva un effetto che nessun altra persona al mondo mia aveva mai fatto.

Perché, semplicemente, non c’era nessun altro come lei.

Sentii un altro brivido percorrere la mia schiena e mi sforzai di staccarmi da quegli occhi magnetici, per concentrarmi sulla ricerca del gatto. Tuttavia mi risultava impossibile.

Qualcun altro ci pensò per me, però, perché, improvvisamente, sentimmo un miagolio nervoso e uno strano fruscio in un cespuglio poco lontano da noi. Brittany, che sembrava sul punto di dirmi qualcosa, si interruppe e si voltò in quella direzione, chiamando, con poca convinzione, il nome del suo gatto.

Mentre si inginocchiava a controllare nel cespuglio quale fosse l’inquilino misterioso, una sagoma bianca si lanciò contro di lei, soffiando e quasi quasi ringhiando come una fiera scagliata all’attacco.

Feci in tempo a mettermi in mezzo facendomi graffiare un braccio e impedendo che l’estraneo cavasse un occhio a Brittany con il suo comportamento aggressivo.

“E quello di chi diavolo era?!” strillai isterica, preoccupata per Brittany e per i suoi occhi mozzafiato. Il felino intanto era di nuovo sparito dalla nostra vista, scappando verso il davanti della casa e, presumibilmente, verso la strada.

“Gr-grazie” la mia amica bionda sembrava parecchio sconvolta per quell’avvenimento strano.

La guardai e le sussurrai “Figurati”, imbarazzata come se avessi appena rischiato la vita per salvarla. Lei mi prese il braccio tra le mani e con calma mi invitò a entrare in casa a disinfettare la ferita. Io annuii, ipnotizzata dal suo tono di voce premuroso e dolce e dalla sensazione di calore che mi provocava la sua mano sulla pelle.

Avrei tanto voluto percorrere il suo braccio con le mie dita come lei stava facendo con me in quel momento, avrei voluto fissarla con tutta quell’intensità e avrei voluto baciarla, per un secondo, per scoprire come fossero le labbra sottili di Brittany e che consistenza avrebbero avuto sulle mie.

A quel punto, vergognandomi dei miei stessi pensieri, sentendo il mignolo di Brittany stretto attorno al mio, mi lasciai guidare fin dentro casa sua, sperando di essere abbastanza brava da non cercare di realizzare quei nuovi, inaspettati desideri. 
 
 
Quinn scese dalla macchina dopo aver parcheggiato davanti alla villetta di Brittany, seguita dagli altri due, un Kurt dall’aria stanca e una Rachel che, travolta dall’entusiasmo della sua migliore amica, la guardava con espressione tra l’esasperato e l’adorante e osservava attentamente ogni sua mossa per cercare di capire prima quali fossero le sue intenzioni.

Non pensava che la bionda sarebbe corsa a chiamare anche Brittany e Santana, ma evidentemente per quello che aveva in mente la loro presenza era importante.

“Brittany!” Gridò, battendo il pugno contro la porta. Avrebbe potuto limitarsi a suonare il campanello, ma non era una tendenza della ragazza quella di comportarsi in modo civile quando era travolta dai sentimenti in maniera così intensa.

Ci vollero un paio di minuti perché Brittany aprisse, ma alla fine arrivò alla porta, con le guance arrossate, un sorriso sognante sul volto e Santana alle spalle, con lo stesso sorriso e gli occhi luccicanti.

“Che è successo?!” chiese Quinn, guardandole bene.

“Niente, un gatto psicopatico ha cercato di accecare Britt-Britt e allora io l’ho eroicamente salvata mettendomi in mezzo.”

“Sì, le sto… le… sto disinfettando il taglio” spiegò l’altra, una mano intrecciata a quella di Santana e l’altra appoggiata alla porta. “Avete scoperto qualcosa?” chiese, curiosa di capire per quale ragione fossero lì.

“Sì, abbiamo trovato Sandy che parlava da solo, ma poi è scappato nei boschi.”

Santana capì subito quale sarebbe stata la seconda frase di Quinn, ed era già pronta a rifiutarsi di andare.

“Quindi?” domandò, con un tono di sfida che in una situazione normale avrebbe molto infastidito la bionda in piedi sullo zerbino, ma che in quel momento non provocò in Quinn nessuna reazione ostile a parte un sospiro.

“Non fateci perdere tempo, uscite e andiamo a vedere dov’è Sandy.” Ordinò. Le altre due, una all’insaputa dell’altra, fecero due smorfie deluse, poi uscirono dall’abitazione. “No, aspetta. Britt prendi una torcia, o più di una… facciamo pure tutte quelle che hai in casa, e un taglierino, o qualcosa del genere.”

La ragazza si voltò, rientrò e si mise a cercare quello che Quinn le aveva appena chiesto.

Quando uscì stringeva un sacchetto di plastica tra le mani, con dentro tutto quello che le era stato detto di prendere.

“Ora?”

“Ora… Andiamo sul retro del giardino di Britt!”

Il sole era ancora alto nel cielo, ma il pomeriggio volgeva al termine. Quinn sapeva che decidere di immergersi nel folto del bosco a quell’ora poteva essere una scelta infelice, ma non voleva più aspettare, non voleva rinunciare all’opportunità di scoprire qualcosa in più, e magari – perché no – risolvere il caso più in fretta del previsto.

Bene, aveva cominciato a definire le loro indagini “il caso”. Era ormai posseduta dallo spirito di Sherlock Holmes. Guardò i suoi amici attorno, e sorrise all’unica che ancora non l’aveva accusata di essere ossessionata, insopportabile o qualsiasi altra cosa del genere. Rachel poteva essere il suo fido Watson. Glielo avrebbe detto più tardi, perché no.

Venne interrotta nelle sue riflessioni da una nervosa Santana, che le chiese ora che erano tutti là, che cosa avesse intenzione di fare. Lei la guardò come se non fosse stato sufficientemente chiaro e si avviò dentro alla boscaglia, mentre si metteva in tasca una delle torce che aveva prelevato dal sacchetto di Brittany e invitava Rachel ad accompagnarla. “Voi, dividetevi, non dividetevi, fate come vi pare. Cercate qualcosa. Cercate Sandy. Io sono sicura che arriveremo da qualche parte. Col coltellino di Brittany, fate un segno sugli alberi, in modo da ritrovare il percorso e da non ritrovarvi a girare in circolo. Britt, il giardino è chiuso?”

L’altra bionda sembrò restare un attimo a pensarci, poi rispose “Sì, dovrebbe esserci un muretto o qualcosa del genere da qualche parte. Ma mio fratello lo ha sempre scavalcato facilmente.”

Quinn annuì. Dentro di lei l’emozione per quello che avrebbero fatto stava crescendo. Sentiva, non sapeva come, ma sentiva che avrebbero trovato qualcosa.

“Andiamo tutti insieme fino al confine allora, poi ci separeremo.”

Gli altri fecero cenni di assenso e cominciarono a seguire lei e Brittany, che facevano strada. Quando finalmente arrivarono davanti a un muretto di mattoni, non molto alto, si scambiarono sguardi preoccupati. “Quindi, ora lo scavalchiamo…”

“Esatto!”

In quel punto gli alberi erano alti e il fogliame fitto, il sole passava a fatica attraverso la distesa d’alberi. Si salutarono e poi si avviarono in due direzioni opposte, promettendosi di tenersi in contatto con i cellulari. Ovviamente questo prima di rendersi conto che, in quel punto, i cellulari non funzionavano.

Quinn e Rachel proseguirono dritto davanti a loro, camminando silenziose nella vegetazione. Ogni scricchiolio, ogni cinguettio o fruscio era motivo di preoccupazione. Non sapevano se avrebbero trovato qualcosa, non sapevano nemmeno dove guardare. Rachel graffiava con una chiave gli alberi che incontravano, cercando di segnare
il percorso.

Non sapevano esattamente per quanto tempo avessero camminato, sapevano solo che la luce stava diventando più arancione e tenue e che i loro occhi si stavano abituando a quella penombra tetra e misteriosa. Di lì a poco avrebbero acceso la torcia per orientarsi meglio. Ma Quinn avrebbe voluto evitare, perché non voleva correre il rischio di segnalare la propria presenza a un guardingo e fuggitivo Sandy.

“Quinn, non è che lo stai sopravvalutando un po’?”

“Scusa?!”

“Non penso che si aspetti davvero che noi possiamo inseguirlo… che motivo dovremmo avere?”

“Rachel, stai zitta e concentrati. Lo senti questo suono?” si sentiva, da non molto lontano, una melodia. Sembrava musica classica, qualcosa di normale e tranquillo.

Quinn si calmò un po’. Se non altro, sentire la musica avrebbe calmato Rachel.

Accelerarono il passo, consapevoli del fatto che lì ci dovesse essere qualcosa, di sicuro.

Arrivarono a una radura, priva di alberi ma ugualmente buia, perché le chiome tutt’attorno formavano una tettoia impenetrabile.

Lì in mezzo, stava una catapecchia fatiscente in legno, un edificio che si sarebbe potuto definire abbandonato, se non fosse stato per la musica che proveniva da lì e per una sottile scia di fumo che usciva dal camino.

“Quinn?!”

“Rachel…”

Si erano acquattate nel cespuglio per osservare meglio la situazione; Rachel temeva che Quinn potesse fare qualche sciocchezza, Quinn stava programmando il suo piano di azione, che consisteva esattamente in quello che Rachel nella sua testa stava definendo “qualche sciocchezza”; due secondi dopo, sotto lo sguardo di un’attonita e preoccupata Rachel, la bionda si catapultò fuori dal suo nascondiglio gridando “Sandy! Sandy Ryerson! Fatti vedere! Esci!”

Improvvisamente, dopo che Quinn aveva fatto sì e no cinque passi, la porta si spalancò, ma chi uscì non era Sandy, bensì una creatura vestita di nero, con un capello a larghe tese calato sul volto, un lungo cappotto nero che le arrivava fino ai piedi. La ragazza fece qualche passo in avanti, ma la creatura cominciò a ridere in modo raccapricciante, correndole incontro brandendo un coltellaccio da cucina. Quel poco di viso che Quinn riuscì a scorgere bastò a farle perdere il controllo.

Corse di nuovo verso il cespuglio di Rachel, lo scavalcò con un salto, prese l’amica per un braccio e la trascinò con sé via, lontano dalla casa. Non avevano il tempo di controllare dove si trovassero o cosa stessero facendo, quindi si limitarono a correre verso una direzione casuale che, teoricamente, sarebbe potuta essere giusta. Si scontrarono con gli altri durante la loro folle corsa, la ragazza più bassa si scontrò con Brittany e entrambe volarono per terra, ma nessuna delle due ci fece caso, si rialzarono e proseguirono allo stesso passo. Arrivarono al limitare del bosco senza nemmeno accorgersene e continuarono a correre finché non furono oltre il cancello del cimitero, “al sicuro”.

Si appoggiarono tutti e cinque al muro tirando un sospiro di sollievo, finalmente salvi, almeno per il momento.
 

Da-daaaan! In questo capitolo mi sono scostata dal punto di vista di Santana per concentrarmi anche sugli altri. Nei prossimi capitoli ci sarà più spazio per la Brittana, sempre di più, e per una Santana un po' in crisi e confusa.
Grazie mille a tutti quelli che seguono questa storia, spero che anche questo capitolo possa essere apprezzato, alla prossima! :) 
 

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