The last bullet

di adler_kudo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

Ran aprì gli occhi di soprassalto. Si trovava in un letto ed accanto a lei c'era Sonoko che la guardava preoccupata. Balbettò disorientata prima di ricordare: erano in una gita di un paio di giorni con la classe, la stanza che le era stata assegnata era la stessa di Sonoko e quel giorno avevano scarpinato parecchio per vedere un tempio antico. Quello che notò in seguito era che aveva il pigiama madido di sudore e le coperte accartocciate a terra, senza contare che la camicia che indossava era sbottonata quasi tutta e la guance erano bagnate di lacrime salate, doveva aver fatto un incubo terribile, ma ora non se lo ricordava affatto, aveva solo un grande senso di inquietudine.

Sonoko dovette intuire il suo stato d'animo perché le disse accarezzandole i capelli -Tranquilla. Va tutto bene. Sei nel tuo letto, ci sono io e nessun altro.-

-Sto bene, Sonoko. Grazie. Ti ho svegliato? Scusami.-

-Non ti preoccupare. Hai avuto un bel incubo. Ti dimenavi come un'ossessa e poi ti sei messa a parlare... hai chiamato il tuo maritino!-

Ran la guardò sbuffando -Sonoko, non è mio marito.-

-Bhè, da come lo imploravi direi che non ti è indifferente... ah! Coraggio ammettilo!-

-Sono stanca, Sonoko. Voglio dormire.-

Andò in bagno e si cambiò mettendosi in fretta sotto le coperte per riprendere sonno, ma aveva una paura tremenda di avere di nuovo un incubo e di essere ancora in balia del buio. Restò, quindi, nel dormiveglia finché la stanchezza non ebbe il sopravvento e la trascinò nel mondo di Morfeo. Un altro brutto sogno la fece svegliare e a questo ne susseguirono altri che non la fecero dormire serenamente fino le tenebre non vennero rischiarate dalla luce dell'alba.

Appena alzate, Sonoko la guardò in faccia -Tesoro, che hai? Sembri uno zombie!-

Ran non la badò minimamente e incespicò fino al bagno ritornando poco dopo vestita, ma con un'espressione terribile in volto.

-Non hai dormito bene?- le chiese l'amica preoccupata.

La risposta fu un farfuglio vario di avverbi e pronomi senza senso e poi la karateka si sedette sul letto esausta.

-Senti, non puoi venire via in questo stato. Resta in camera per oggi. Ti copro io, poi ti vengo a chiamare quando è ora di tornare a casa, ok?-

Normalmente Ran non avrebbe mai acconsentito, ma era talmente stanca che non capì nemmeno il senso delle parole e annuì senza pensare. Si accovacciò sul materasso avendo appena la cura di togliersi la giacca e chiuse gli occhi abbandonandosi al tanto atteso sonno. Nessun incubo venne a disturbarla, ma alcune lacrime le scesero dalle guance e tra i vari lamenti sospirò -Shinichi.-

Si svegliò ad ormai pomeriggio fatto. Entro un ora i suoi compagni sarebbero tornati dall'escursione e sarebbero dovuti tornare a casa. Ne approfittò per fare i bagagli e così rifletté su ciò che era accaduto quella notte. Non aveva mai avuto incubi così persistenti, le sembravano quasi un presagio, ma si dette dalla stupida per averlo pensato; di certo non sarebbero mai potute accadere cose del genere razionalmente, ma in fondo aveva la sensazione che qualcosa sarebbe accaduto e non certo qualcosa di bello. Cercò con il cellulare su internet quale poteva essere la causa di questi e trovò tra le risposte il disturbo d'ansia generalizzato che consisteva nell'avere timore per l'incolumità propria o di qualcuno di caro, nel suo caso Shinichi. Era da così tanto tempo che non si sentivano che inconsciamente aveva iniziato a pensare che gli fosse successo qualcosa e questo si era ripercosso anche nei suoi sogni, ma non c'era nulla da temere. Stava cercando di auto-convincersi della cosa, ma non ci riusciva e la stanchezza certo non contribuiva; doveva essere sicura che stesse bene, voleva sentire la sua voce che la rassicurava, voleva la conferma che era stata la sua immaginazione. L'avrebbe chiamato il prima possibile.

 

Conan stava attendendo l'arrivo del pullman della classe davanti scuola. Kogoro non era potuto venire per “impegni televisivi” e aveva mandato lui a prenderla a piedi. Il sole era ormai quasi calato dietro gli alti palazzi e il cielo aveva iniziato a tingersi di quel colore rossastro che avvolgeva tutto incantevolmente. Quanto le era mancata in quei soli due giorni la sua piccola Ran; forse non lo avrebbe mai ammesso, ma adorava svegliarsi la mattina e sentire come prima cosa il buon odore della Sua colazione preparata con amore per lui, gli piaceva udire la Sua voce chiamarlo con dolcezza per farlo alzare e più di tutto amava sentire i Suoi capelli profumati che gli sfioravano la guancia e anticipavano la carezza di buongiorno sulla testa. Dovette ammettere però che quella sua assenza gli aveva dato campo libero per carpire qualche segreto da Amuro, alias Bourbon. Da quando aveva scoperto chi era veramente non si dava pace, non poteva tollerare che uno dei membri dell'organizzazione fosse così vicino a lui e soprattutto a Lei. Se avesse scoperto il suo segreto o se anche avesse sospettato qualcosa sarebbero stati tutti in pericolo perciò aveva eliminato completamente qualsiasi contatto di Shinichi con Ran tanto che ormai la ragazza aveva iniziato a credere che gli fosse successo qualcosa, gli dispiaceva trattarla così, ma era anche per il suo bene: Bourbon non avrebbe dovuto sapere nulla.

Vide i ragazzi arrivare sulla vettura e scendere schiamazzando qua e là, salutandosi ed abbracciandosi. Anche lui sarebbe voluto andare via con loro, ma negli ultimi tempi aveva rischiato abbastanza. Tra la mischia di quelli che una volta erano suoi amici e a cui ora gli arrivava al massimo sotto la vita, riuscì a scorgere Ran. Non era come se la sarebbe aspettata, cioè raggiante e piena di vita, era invece spenta e pensierosa con due grandi borse sotto gli occhi; incespicava ad ogni passo ed era sorretta dall'amica Sonoko che per il momento aveva smesso di starnazzare e si stava seriamente preoccupando per lei.

-Ran! Ciao, stai bene?- le chiese correndole incontro.

La karateka voltò leggermente la testa con sguardo assonnato e gli rivolse un cenno di saluto affaticato -Ciao. Tutto apposto. Dov'è papà?-

-È dovuto rimanere a casa. Ha mandato me.-

-Tipico di quel vecchio trombone!- sbottò Sonoko -Sarà a bere birra davanti alla televisione, invece di venire qui a prendere sua figlia! Mi sa che ti tocca fare tutta la strada a piedi con la valigia.-

Normalmente Ran si sarebbe offesa per il modo di parlare dell'amica, ma Conan notò che si limitò ad annuire e, una volta preso il bagaglio, iniziò ad incamminarsi per la strada salutando appena.

Lui le corse dietro preoccupato da quel comportamento e tentò di instaurare un dialogo per capire cosa fosse accaduto.

-Ehi, Ran? Vuoi dare a me la borsa?-

Lei scosse la testa muta come un pesce.

-È successo qualcosa che non va?-

Di nuovo silenzio e un cenno negativo del capo.

-Non mi sembra che vada tutto bene. Perché non parli?-

Stava facendo la parte del bambino assillante, chiaro, ma sperava che almeno così avrebbe ottenuto una risposta, invece niente oltre a un muto no.

Conan lasciò cadere il discorso e osservò di sottecchi il volto della ragazza, così stanco che pareva che non dormisse da giorni. Cosa le era successo per ridurla così? Qualcosa di brutto di sicuro.

 

Quando arrivarono a casa tutto era avvolto nel silenzio, solo il brusio della televisione a scariche elettrostatiche disturbava; quello e il russare di Kogoro addormentato sulla scrivania. Ran non lo badò neppure, salì in camera sua e, gettata la borsa in un angolo, si buttò a letto vestita crollando immediatamente. Conan si sedette sul bordo accanto a lei e le scostò i capelli dal collo vedendo con gioia che non aveva alcun segno di violenza; prese a giocherellare con una ciocca del suoi capelli e domandò al vento -Cosa ti è successo, Ran? Perché non parli?-

Stava per alzarsi ed andarsene quando la sentì muoversi e gemere dal dolore; una lacrima le solcava il viso e le labbra aperte sussurravano delle richieste di aiuto che pian piano si facevano più intense.

-Ran, svegliati! Svegliati! Che ti succede, Ran! Apri gli occhi! Sveglia!-

La ragazza ora stava proprio urlando e contorcendosi nel letto come se stesse facendo un terribile incubo dal quale era impossibile uscire. Il piccolo detective continuava a scuoterla in preda al panico fino a che lei non iniziò a gridare terrorizzata e si alzò di soprassalto respirando affannosamente con le mani tra i capelli e iniziò a piangere disperata.

-Va tutto bene, Ran. Era solo un sogno. Un brutto sogno.- Conan l'abbracciò cullandola in un modo un po' strano data la differenza di altezza, ma bastò per farla calmare. Ancora scossa, si guardò le mani come per controllare che fossero ancora al loro posto o chissà che altro, poi quando recuperò di nuovo lucidità si girò a destra e a manca per cercare e prese il cellulare che giaceva abbandonato sul pavimento.

-Devo chiamare Shinichi. Subito.- Iniziò a comporre il numero, ma Conan la fermò dolcemente.

-Magari è impegnato, meglio non disturbarlo.-

-È davvero urgente.-

-Forse ti posso aiutare io. Dimmi, per favore. Non mi piace vederti così.-

Le parole del bambino vennero accompagnate da quello sguardo blu sincero che pareva sempre rubato al più bello degli angeli e così la karateka cedette e richiuse il cellulare.

-Raccontami tutto.-

Ran fece un profondo respiro come se avesse dovuto raccontare qualcosa di sconcertante e iniziò a narrare dei suoi incubi. Gli parlò di quello che aveva sognato e di come si svegliava ogni volta urlando; la cosa strana era che le era capitato solo dalla sera prima. Aveva la sensazione che fosse un avvertimento, un presagio di qualcosa di orribile che stava per accadere.

Conan la guardò pensieroso e poi allargò la bocca in un largo sorriso -Non è nulla. Sono solo brutti sogni, nulla per qui valga la pena preoccuparsi. Andiamo Ran, chi sarebbe in grado di prevedere il futuro dormendo! Hai solo mangiato troppo pesante. Ora dormi e domattina starai meglio.-

Non aveva mai creduto in queste cose, anzi non aveva mai creduto a nulla di irrazionale, ma che la sua Ran facesse sogni del genere lo lasciava perplesso. Lasciò la camera di lei per dirigersi nella sua e prima di chiudere la porta sbirciò ancora la figura accovacciata sul letto, la sentì mormorare -Ho paura di addormentarmi. Shinichi, dove sei? Ho paura che ti sia successo qualcosa.-

Conan pensò “Sono qui, Ran. Non mi è successo nulla. Sono qui. Non avere paura. Non succederà nulla.” Mai una sua frase si rivelò più erronea.

 

Il giorno seguente era festa quindi le scuole erano chiuse con grande gioia di tutti. Ran si era alzata di pessimo umore, ma si sforzava di non sbraitare contro il primo che passava mentre camminavano per le strade di Beika. Tutti i negozi erano chiusi, ma Conan aveva insistito perché uscissero a fare una passeggiata convito che le avrebbe giovato. Si sbagliava, invece. La ragazza stava quasi facendo la marcia per tornare a casa il prima possibile; voleva chiamare a tutti i costi quel suo amico detective fanatico prima che si cacciasse nei guai come aveva sognato. La sera prima si era fatta quasi convincere dal suo quasi-fratellino a lasciar perdere, ma ci aveva rimuginato sopra tutta la notte non avendo chiuso occhio ed aveva concluso che almeno un tentativo avrebbe dovuto farlo.

Il bambino la scrutava di tanto in tanto cercando qualcosa da dire per distrarla quando notò una locandina appesa ad un muro con dei pesci colorati stampati sopra. Non fece in tempo a leggerla tutta, ma gliela indicò pensando che magari le sarebbe venuto in mente altro.

Ran lesse -Tropicaland... nuova attrazione.-

“Cosa?! Tropicaland?! Accidenti!”

La cosa non fece che peggiorare la situazione e accelerare il loro passo già veloce.

-Ran, aspetta. Ehm, ho un idea!-

-Dimmi.- rispose senza fermarsi.

-Giochiamo a calcio?-

-Magari dopo, eh?-

Ormai erano quasi sotto casa e nulla gli avrebbe impedito di fare, nelle vesti di Shinichi, la più grande figura da stupido insensibile della sua vita, ma non poteva certo rispondere dopo che aveva scoperto che Amuro intercettava le sue telefonate. Decise di giocarsi il tutto e per tutto sperando che nessuno che lo conoscesse fosse nei paraggi.

-Voglio il gelato!- esclamò tirandole la manica.

-Dopo...- lo liquidò lei concentrata su altro.

-Ma io lo voglio adesso!- strillò attirando l'attenzione di qualche passante e fortunatamente anche quella di Ran.

-Conan... io...-

-Gelato! Gelato! Gelato! Voglio il gelato!-

-Ma...-

-Se lo mangio più tardi mi verrà mal di pancia! Adesso è perfetto! Voglio il gelato! Ran, sorellona, il gelato!-

Si era messo a saltare e la stava tirando sempre più forte verso la gelateria più vicina.

-Ma dai, Conan! Non fare i capricci!-

-Sei cattiva se non mi compri il gelato!-

Ran sospirò e guardò implorante verso casa, ma acconsentì cercando di non sembrare spazientita.

-Che gusto vuoi?-

-Allora, stracciatella, pistacchio... no, pistacchio no, cioccolata... forse, limone... no, maraschino? No, no, è alcolico. Uhm, voglio il gelato... alla fragola, no anzi è da femmine, facciamo menta e cioccolato!-

Si presero entrambi un cono e si sedettero su una panchina prendendo a mangiarlo con gusto in silenzio. Il venticello sferzava tra i loro capelli scompigliandoglieli e smuoveva i rami con le gemme ormai sbocciate della primavera. In quel momento la ragazza parve dimenticarsi del malumore, chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dal vento. Come era bello sentire l'aria fresca sfiorarle il volto; le ricordava... la mano gelida che in uno dei suoi recenti incubi le afferrava la guancia. Sussultò a quel pensiero e si irrigidì aprendo gli occhi di scatto, si voltò verso Conan che pareva ancora assorto nel suo gelato e fu lieta di constatare che andava tutto bene. Magari aveva ragione lui, si stava preoccupando troppo: erano solo sogni dopo tutto.

Da lontano i due scorsero delle piccole figure allegre correrli incontro vivaci; i detective boys stavano saltando di qua e di là giocando a rincorrersi senza pensieri. Genta reggeva in mano un pallone da calcio e tentava di acchiappare Mistuiko che correva dietro ad Ayumi in tenuta sportiva. Erano seguiti da un'altra bambina con sguardo severo e svogliato, Ai, che indossava un capello dei Big Osaka calato sugli occhi che la incupiva ancora di più. Camminava a passo lento e regale con le braccia incrociate al petto e di tanto in tanto alzava la testa per sincerarsi che nessuno fosse sparito. Ai Haibara non si fermò nel piazzale con gli amici, si diresse verso la panchina sotto l'albero dove sedevano Conan e Ran e si accomodò accanto a loro senza degnarli di uno sguardo.

-'Giorno...- salutò trattenendo uno sbadiglio.

-Ciao.- mormorò il giovane detective finendo di mangiare il suo cono in modo infantile.

-Ciao, Ai. Come stai?- chiese Ran con la sua immancabile gentilezza.

-Bene, grazie.-

-Come mai non giochi anche tu?-

-Perché non ne ho voglia.- tagliò corto.

Conan pensò che fosse stata un po' maleducata a risponderle in quel modo e la squadrò male, ma la bambina si limitò ad alzare le spalle e fissare gli amici che ridevano.

Dopo un paio di minuti i giovani detective urlarono -Conan! Vieni a giocare a calcio con noi!-

-Arrivo!- esclamò alzandosi -A voi non dispiace, vero?-

Ai gli fece solo cenno di andarsene e Ran gli sorrise acconsentendo; rimasero così da sole.

Seguirono alcuni momenti di silenzio tra le due fino a che Ai non notò le occhiaie di Ran; sembrava non dormisse da parecchio e appariva piuttosto turbata anche se faceva del suo meglio per non darlo a vedere. La giovane scienziata allora chiese tanto per fare conversazione -Non hai dormito bene?-

-Non molto... ho avuto... degli incubi.- ammise la karateka sperando di non sembrare infantile agli occhi di quella bambina così adulta.

-Che genere di incubi?-

-Ecco... ho sognato varie cose, ma non è importante. Sono preoccupata che qualcuno sia in pericolo.-

-Qualcuno chi?-

Ran non rispose.

-Secondo me ti sei fatta suggestionare, ma se vuoi sentirti più sicura controlla che vada tutto bene.-

La ragazza la guardò grata e disse -Sì, farò così senz'altro. Grazie.- Si alzò e se ne andò di corsa a casa senza voltarsi indietro per vedere il gol che Conan aveva appena fatto con superba maestria.

Guardando la faccia felice e soddisfatta del giovane detective Ai non poté fare a meno di pensare “Stai tranquilla, il tuo Shinichi sta benone.”

 

 

-Ho eliminato l'impiccio, Gin. Hai altri ordini?- chiese con la sua voce stridula Chianti mentre lucidava amorevolmente la canna del suo fucile di precisione. L'uomo dai lunghi capelli platino si limitò ad annuire e le tese una busta bianca sigillata.

-Un nuovo incarico? Non me ne avevi mai assegnati due di seguito.- La sua voce tradiva una nota di sospetto, ma Gin fece finta di non accorgersene e le disse -Ascoltami, Chianti. Questo non è un compito come gli altri. Non sarà affatto facile per te, ma al momento non ho altri uomini disponibili. Verrai sollevata dall'incarico non appena Vermouth tornerà.-

Al solo nome della rivale l'assassina trasalì offesa.

-Posso farlo benissimo io, senza quella là.-

-No. Vermouth è l'unica che è in grado di darmi la garanzia della buona riuscita della cosa.- si accese una sigaretta -Il tuo compito è quello di eseguire alla lettera ciò che troverai scritto in quella busta e attendere il suo ritorno.-

Chianti annuì. Non le piaceva granché essere seconda a quella là, ma doveva eseguire gli incarichi che le venivano affidati e in tutta onestà era persino curiosa di sapere di cosa si trattava. Si caricò il fucile in spalla e aprì la busta scorrendone velocemente il contenuto.

-Ma... Gin! Non è il mio campo! E poi...-

-Gli ordini non si discutono. E poi non avevi detto che potevi farlo tu senza Vermouth?- la schernì espirando una nuvola di fumo grigio -Non voglio discussioni né errori. Dovrai prepararle il terreno come si deve.-

-Io non conosco nemmeno queste persone!-

-Esegui e basta. E tieni il fucile a portata di mano. Ne avrai bisogno.-

La donna annuì gelida guardando torva Gin che stava fumando sul sedile del passeggero della sua porche d'epoca.

-Bene. Ora va.- ordinò Gin.

Dopo che Chianti ebbe alzato i tacchi, Vodka si rivolse all'altro -Ehi, capo, avremo fatto bene a fidarci di lei? Non mi sembra una adatta per lo scopo. È troppo chiacchierona.-

-Non ti preoccupare. Ho tutto sotto controllo. Bourbon non se ne avrà a male se intervengo anche io. Questa storia sta andando troppo a rilento. Se tutto va come abbiamo previsto, e ci andrà, sono sicuro che metteremo la parola fine una volta per tutte al capitolo Sherry.- Gin espirò l'ultima boccata e spense il mozzicone; il suo sguardo di gelo non lasciava dubbi: avrebbe posto lui fine alla sua vita.

 

 

Ran era a casa sua con il telefono in mano da ormai più di mezz'ora. Era scappata via dai giardini pubblici lasciando Conan a giocare con gli amici per chiamarlo e ora non riusciva nemmeno a comporre il numero. Si sentiva già le sue battute di scherno nelle orecchie “come hai fatto a pensare una cosa simile! Sei proprio una credulona. I sogni solo rielaborazioni della realtà, niente di preveggente.” Sarebbe sembrata troppo invadente e probabilmente stupida, ma in fine dei conti non doveva per forza raccontargli i sogni che aveva fatto, gli sarebbe bastato sapere che stava bene e novanta su cento non avrebbe risposto perciò tanto valeva rischiare. Digitò il numero rapida e premette invio. Nessuna risposta. Riprovò per ben cinque volte fino a che qualcuno che non era Shinichi premette il tasto sbagliato perché partì la conversazione.

-Ehi, il tuo cellulare squilla!- disse una vocina femminile, ma subito venne interrotta e poco dopo si sentì Shinichi rispondere -Pronto?-

-Ciao Shinichi! Hai risposto!- non le pareva vero.

-Bhè, sì... certo, no?-

La karateka notò che la sua voce sembrava stanca ed affaticata e soprattutto dal tono urgente -Shinichi, tutto bene? Hai il fiatone?-

-Eh, no... non proprio. Ho corso perché... non trovavo il telefono.- in realtà aveva appena smesso di giocare a calcio e di far ammirare la sua bravura ad ogni passante.

-Ma se ha risposto un altro?-

-Quello? Ah, mi stava aiutando a cercare... non preoccuparti, è solo una bambina figlia di amici.-

-Ah, ok. Stai bene?-

-Certo perché dovrei stare male?-

-Bhè, ecco... io...-

-Ran, sono piuttosto impegnato.-

-Scusa... solo...-

-Dimmi.-

-No, no, niente.-

-Sicura?-

-Sì.-

-Bhè, ora devo andare. Ciao.-

-Ciao... ehm, Shinichi?-

-Sì?-

-Fa attenzione.-

Shinichi sorrise e sussurrò -Certo.-

Quando la chiamata si chiuse, Ran si sentì più leggera; forse aveva ragione Ai, era solo suggestione andava tutto bene, tutto bene. Rasserenata la ragazza si accasciò sul cuscino del suo letto e si addormentò immediatamente senza più la paura degli incubi.

 

Quando Conan chiuse la chiamata si guardò intorno per vedere se qualcuno l'aveva visto o sentito. Per fortuna si era allontanato in fretta, sperava solo che la chiamata fosse durata così poco che Bourbon non avesse fatto in tempo a rintracciarla, altrimenti sarebbe stato nei guai. Non aveva nemmeno detto ad Ai che un membro dell'organizzazione si era praticamente insediato a casa sua per non farla preoccupare, ma se fosse stato necessario era certo che si sarebbe preso dell'idiota seduta stante. Con questa consapevolezza si avviò verso casa pensieroso mentre il venticello primaverile scuoteva le calme fronde. La quiete prima della tempesta.

 

 

-Dunque quello è il soggetto?- domandò Chianti a Gin mentre scrutavano la zona semi-deserta.

-Sì, proprio lui. Fa quello che ti ho detto e non cambiare una virgola. Se falliremo sarà colpa tua.-

Appena Gin se ne andò la donna ne approfittò per schernirlo; chi si credeva di essere? Raccolse il suo piccolo bagaglio e si diresse a passo, a suo parere disinvolto, verso il Beika Hotel per eseguire gli ordini. Una volta nella sua camera d'albergo scrutò fuori dalla finestra il quartiere sottostante. Stava per entrare in scena con un nuovo ruolo e per quanto le riguardava avrebbe fatto del suo meglio per adempiere il suo compito. -Hai le ore contate, Sherry.-



Angolo Autrice:
Buonasera (o giorno dipende da quando leggete xD)
Chiedo scusa per essere stata tanto assente da efp in questo periodo, ma ero davvero sommersa di cose xD
Cmq ho letto tutto, eh, state tranquilli...
È da tempo che progetto questo ipotetico scontro finale e spero che non vi risulti noioso...
Questo è solo l'inizio di quel ragionamento che porterà il piccoletto a scontrarsi con gli M.I.B. e chi lo sà magari anche a tornare grande...
Spero vi piaccia!
Adler_kudo =)
P.S. A breve ci sarà anche l'aggiornamento per la raccolta di misteri... non temete non ho smesso di essere sadica xD anzi ho raccolto nuove nozioni MUHAHAHAH!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

Conan stava facendo colazione tranquillamente da solo. Kogoro era ancora a letto come al solito e Ran, ancora esausta, stava riposando in camera sua, o almeno così credeva.

-Conan! La scuola! Siamo in ritardo!- La karateka era uscita trafelata da camera sua vestita ancora come il giorno precedente. Ci mise un lampo a indossare la divisa scolastica e fiondarsi giù dalle scale, mentre ancora il bambino sonnecchiava sulla sua tazza di tè.

-Conan! Farai tardi!-

-Vengo.- sbuffò e scese giù con lei.

Arrivati in strada vennero accolti dal profumo della primavera che stava avanzando sempre di più. I ciliegi erano ormai quasi in fiore e le giacche pesanti erano solo un ricordo dei mesi più freddi. La gente formicolava in ogni parte della cittadina intenta alle proprie occupazioni più o meno oneste e le auto sfrecciavano lungo le strade pulite da poco.

Sonoko li stava aspettando sulla soglia nel posto che una volta Shinichi era solito occupare.

-Ehi! Pensavo non arrivaste più!-

-Scusaci, Sonoko!-

Corsero letteralmente alla scuola e si separarono: le due ragazze al liceo e il bambino alle elementari dove trovò i suoi amici.

Appena usciti da scuola Ai notò una berlina nera parcheggiata poco distante e la squadrò con sospetto. Insomma, non poteva certo temere ogni macchina nera che le si avvicinava, ma quella le dava una strana sensazione. Non era la porche nera di Gin, ma aveva un non so che familiare e preferì tenersene alla larga costringendo gli amici a fare un giro più lungo per evitarla. Si voltò per vedere gli uomini all'interno, ma i finestrini erano oscurati, l'unica cosa che riuscì a scorgere fu la sagoma di una donna dai capelli corti al volante la quale stava probabilmente conversando al telefono. Non ne parlò con Conan, ma era sicura che anche lui aveva notato la stessa cosa.

 

 

-Sei sicuro, Gin?- chiese Chianti alla ricetrasmittente.

-Quante volte ti ho detto che gli ordini non vanno discussi?- domandò l'uomo retoricamente -Ora entra in azione. Hai un'ora di tempo. Se andrà tutto bene potrai farli fuori. Buona fortuna, Chianti.- detto questo chiuse la conversazione e fissò il vuoto davanti a sé con un inquietante sorriso malato. Il suo piano sarebbe funzionato alla perfezione e Sherry sarebbe stata sua. Si accese una sigaretta, l'ennesima da quando aveva iniziato a intrecciare la sua rete di intrighi, era troppo nervoso e lo nascondeva male. Man mano che ogni tassello andava al suo posto e le maglie della rete cominciavano a diventare sempre più strette attorno alla sua preda diventava sempre più teso, con eccitazione crescente, per quello che sarebbe stato l'atto finale. Espirò una nuvola di fumo e disse -Ti farò pentire di essere nata, Sherry.- La sua voce tradiva una nota di piacere perverso che lasciava trasparire la gioia di quando avrebbe finalmente visto il sangue sgorgare dal corpo senza vita della donna che cercava.

 

 

Una volta fatto ritorno all'agenzia Conan si trovò di fronte non solo Ran e suo padre, ma anche una giovane donna dai capelli corti e rossicci. Indossava un paio di normalissimi jeans scuri e una maglia nera con la scritta bianca “Hard Rock Cafè- London”, sopra portava un leggero trench rosso scuro e ai piedi calzava un paio di scarpe dello stesso colore con alcuni centimetri di tacco. Vista così sembrava una ragazzina, ma dal suo volto si capiva che era più vecchia.

-Oh, ciao Conan!- lo salutò Ran -Questa è la nostra nuova vicina di casa. Si è trasferita proprio oggi.-

-Ciao piccolino, piacere, io sono Akiko.- La donna si abbassò alla sua altezza e gli tese la mano con un sorriso smielato palesemente falso, la voce era stridula e forzata per quella gentilezza. Conan la fissò negli occhi e notò che nel suo sguardo c'era qualcosa che non andava; qualcosa di sbagliato, di crudele che nemmeno le lenti a contatto colorate che portava riuscivano a mascherare. Quegli occhi penetranti verde scuro che lo scrutavano come un pezzo di carne per valutarne la qualità non gli piacevano per nulla.

Akiko si rialzò e si rivolse a Kogoro -La ringrazio per l'ospitalità, detective, ma ora devo proprio andare.-

Quando se ne fu andata, Conan iniziò a porre delle domande su di lei con curiosità infantile.

-Si chiama Akiko, giusto?-

-Sì.- rispose Ran mentre tagliava le verdure in cucina.

-E il cognome?-

-Fujimiko.-

-E come mai si è trasferita?-

-Per l'università.-

-E perché proprio qui?-

-Perché è stato l'unico appartamento che ha trovato, Conan.-

-Ma ce ne sono tanti altri in zona!-

-Le sarà piaciuto di più.-

Il detective parve pensieroso, ma ricominciò subito con l'interrogatorio.

-E cosa studia?-

-Fisica.-

-Oh, che bello! E come mai era qui?-

-Perché mentre stava portando dentro le sue valige è scivolata e papà è andata ad aiutarla. Ora lasciami preparare la cena, Conan.-

Conan annuì non completamente soddisfatto; non lo convinceva parecchio quella donna né il modo in cui era piombata nella loro vita, l'avrebbe tenuta d'occhio per un po' di tempo per assicurasi che non fosse dell'organizzazione o altro. Già un altro membro di quei loschi figuri aveva fatto irruzione della loro vita e gli era più vicino che mai, non voleva che si ripetesse la cosa.

 

 

Heiji Hattori passeggiava per il bel giardino di casa sua in attesa che la madre lo chiamasse per cena. Aveva risolto un caso piuttosto complesso ed aveva anche rimediato un ceffone da Kazuha per

averle involontariamente dato della stupida. Sbuffò leggermente infastidito e scrutò l'orizzonte con le mani dietro la nuca e gli occhi socchiusi appoggiato al muro della sua bella casa. Lo rilassava sempre sedersi sulla veranda a tardo pomeriggio; stava perfino per addormentarsi quando un gemito lo ridestò immediatamente. Un uomo che si teneva un fianco insanguinato era appena entrato dal suo cancello zoppicando e si era accasciato al suolo. Aveva vestiti neri sulle tonalità del nero e la pelle olivastra, indossava un cappello anch'esso nero da cui spuntava fuori qualche lunga ciocca ebano e portava a tracolla un borsone da viaggio non troppo grande in tinta con il resto.

Heiji si alzò di scatto e corse ad aiutarlo, ma lui scacciò via in malo modo la sua mano pronta a tamponargli la ferita con un fazzoletto e gli disse scorbutico -La ferita è solo marginale, nulla di importante, Heiji Hattori.-

Il ragazzo sgranò gli occhi. Come poteva conoscere il suo nome?

-Lei chi è?- chiese sospettoso. L'uomo fece un sorriso ironico e rispose reclinando il capo verso l'alto per guardarlo in faccia -Shuichi Akai, FBI.-

Il giovane detective dell'ovest si ritrasse immediatamente sconvolto -Lei è Shuichi Akai?! Ma non era morto?!-

L'agente rise mestamente -Era quello che tutti dovevano credere e lo avrebbero continuato a fare se...- si bloccò e si guardò attorno sospettoso.

-Venga, andiamo dentro.-

Cercando di evitare la madre, Heiji lo portò nello studio di suo padre che non era in casa e lo fece accomodare sulla poltrona da ufficio mentre gli medicava il piccolo taglio sul fianco probabilmente frutto di un coltello a lama corta.

-Allora?- lo incalzò.

-Allora cosa?-

-Cos'è successo?-

-È una lunga storia, ragazzino. Di sicuro il tuo amico ti avrà raccontato di come sono morto. Non sarà stato piacevole per gli altri, ma era necessario. Ho potuto lavorare in incognito e ho scoperto alcune cosse piuttosto interessanti. Mi sono recato ad Osaka appositamente per incontrare un informatore, ma mi sono imbattuto in un rapinatore che armato di coltello mi ha chiesto il portafoglio. C'è stata una lieve colluttazione e mi sono tagliato, nulla di grave.-

Heiji lo guardò di sottecchi, non era convinto appieno della cosa -Quindi è venuto da me?-

-So alcune cose sul tuo conto, Heiji Hattori. Sei l'uomo che fa per me. Non è ancora arrivato il momento del mio ritorno e forse non arriverà mai, ma occorre che qualcuno venga informato della mia inchiesta e quale persona migliore del detective dell'ovest, no?-

-Mi sta chiedendo di essere il suo agente?-

-Sì e no. Dovrai solo portare alcune informazioni a chi ti dirò io, senza rivelare la mia identità. Sono certo di potermi fidare di te, ragazzino, dopotutto hai mantenuto perfettamente celata la nuova identità di Shinichi Kudo.-

-E lei... come..?-

Akai rise -Non mi crederai così ingenuo, vero? Si è praticamente tradito da solo.-

-E quindi lei vuole che passi informazioni all'FBI?-

-No, voglio che le passi a Shinichi Kudo. È tuo amico e nessuno sospetterà di te, ma devi fare presto.- Shuichi gettò un fascicolo di carte sulla scrivania prendendolo dalla borsa -Questo è ciò che dovete sapere. Mi auguro che non ti farai beccare, ragazzino.-

-Non sono un pivellino. Saprò cosa fare.- rispose Heiji con fare sicuro raccogliendo le carte e nascondendole nella giacca.

Akai annuì, si alzò senza dire una parola ed uscì dalla finestra con un balzo felino, si avviò con le mani in tasca fuori dal cancello e scomparve tra le case. Il detective era rimasto solo con delle prove scottanti nella giacca e un compito arduo da portare a termine; contattare Shinichi per telefono, se erano vere le informazioni sul fascicolo, sarebbe stato un suicidio, l'unica opzione che rimaneva era recarsi là di persona e sperare che l'organizzazione non sospettasse di lui. Dopo aver letto le notizie, era certo di una cosa: se Shinichi le avesse usate bene avrebbe sgominato quella banda di criminali.

 

Il giorno successivo Heiji approfittò della distrazione dei genitori per lasciare un biglietto in camera sua nel quale spiegava che doveva recarsi a Tokyo per un caso urgente e per sgattaiolare via verso la stazione. Sapeva che non era il caso di allarmare i suoi genitori con chissà quali spiegazioni o scuse perciò si era limitato a stare sul vago nella lettera e dire loro che sarebbe tornato presto, in più aveva preferito non prendere un aereo nonostante sarebbe stato molto più rapido il viaggio per non destare sospetti sulla sua improvvisa partenza.

Era mattino presto, per le strade non c'era quasi anima viva e difficilmente avrebbe incontrato qualcuno che conosceva, ma proprio davanti alla biglietteria si scontrò con la sua graziosa amica Kazuha, sorpresa quanto lui di vederlo lì.

-Che ci fai qui?- strillò la ragazza sbigottita.

-Che ci fai tu qui, piuttosto? Tra poco iniziano le lezioni!- la rimproverò il detective sperando di cavarsela prima che il treno partisse.

-Ero venuta a prendere mia zia, impiccione! E tu? Dove te ne vai con quel borsone da viaggio?-

-Devo fare una commissione per un amico, niente di più. Ora lasciami andare che devo fare il biglietto.- la scansò con una leggera spallata e si diresse allo sportello tornando poco dopo con il biglietto per Tokyo del primo treno disponibile. Fu rapido a nasconderlo in tasca, ma non abbastanza affinché Kazuha non lo notasse e iniziasse a chiedere -A Tokyo? Perché vai a Tokyo? È per un'indagine? Posso venire anche io?-

-Rispettivamente: sì, non sono affari tuoi, no e no.- Si avviò verso il binario, ma la giovane lo trattene per la manica.

-Heiji! Ti prego, dimmi cosa stai facendo! Non fare tutto di testa tua!-

In quel momento la voce all'altoparlante iniziò a dire -In arrivo al binario 7 il treno per Tokyo...- e Heiji colse la palla al balzo per scrollarsela di dosso anche se a malincuore e corse al binario, ma non aveva fatto i conti con la tenacia della ragazza, infatti se la ritrovò lì accanto proprio mentre il treno arrivava.

-Heiji, per favore! Mi fai preoccupare!-

-E va bene!- sbottò lui -Vado a Tokyo per un amico, contenta?-

-Un amico? Chi?-

-Un amico! E ora finiscila di fare i capricci e vai a casa!-

Kazuha abbassò la testa umiliata e sospirò cercando di trattenere delle lacrime che volevano a tutti i costi uscire; Heiji si accorse della cosa e cercò di scusarsi in tono gentile -Ehi, ehm, non volevo... insomma è urgente, non sarà là per molto e io devo raggiungerlo subito. Sai com'è fatto Sh... cioè, ora devo partire ciao.- le fece un breve cenno di saluto e saltò sul treno che iniziò a sfrecciare verso la capitale poco dopo. La ragazza rimase ferma a guardare il mezzo acquistare velocità e sparire all'orizzonte con la testa ormai piena di congetture. “Di quale amico stava parlando? Chi è così importante da farlo saltare su un treno così di getto? E cosa voleva dire con Sh? Forse... Shinichi! Ecco da chi sta andando! Dal suo amico investigatore! Scommetto che Ran non sa nemmeno che lui è a Tokyo! Ma questa volta non la passano liscia!” Prese il telefono e, mentre tornava all'ingresso per attendere sua zia, chiamò l'amica.

-Pronto?-

-Ran! Ciao!-

-Kazuha! Come stai? È un po' presto per sentirsi, no? Sono solo le sette e un quarto, è successo qualcosa?-

-In effetti, sì. Quel cretino di Heiji è appena saltato su un treno per Tokyo e non si sa che fine abbia fatto.-

-Cosa? Sta venendo qua? Strano, non ha avvisato nessuno... e tu non sei andata con lui?-

-Se non lo incontravo per caso non l'avrei mai saputo!-

-Oh, Kazuha, cosa starà venendo a fare?-

-Te lo dico io, mia cara Ran! Lui e il tuo bell'amichetto stanno indagando su qualcosa e non ci vogliono tra i piedi!-

-Intendi... Shinichi è a Tokyo?!-

-Certo! Dove vuoi che sia! Ha giocare con il suo stupido amico ai giovani investigatori! Ma questa volta non gliela faccio passare liscia!-

Ran si era ammutolita come interdetta e quindi l'altra proseguì indisturbata -Aspettami lì! Cercherò di arrivare il prima possibile tra un giorno al massimo! E poi vedranno! Ciao, Ran.- e chiuse la chiamata senza attendere risposta. Questa volta era davvero furiosa e Heiji non se la sarebbe cavata con poco.

 

 

“Shinichi... a Tokyo?!” La karateka era ancora allibita da quella rivelazione. Shinichi era lì in città e non si era degnato nemmeno di passare a salutarla. Forse non si sentiva ancora pronto a rivederla dopo che l'ultima volta le si era dichiarato a Londra, ma si erano sentiti al telefono due giorni prima e dunque perché almeno non dirle che era nei paraggi? E Heiji che lo raggiungeva in treno? Avrebbe fatto prima a prendere un aereo, e poi perché tutto questo mistero?

 

 

 

Amuro bussò alla porta della giovane studentessa trasferita da poco nel quartiere e non si stupì affatto quando ad aprirlo fu una donna in un corto abito gotico con un fucile di precisione sulle spalle. L'interno dell'appartamento era scuro, le tapparelle abbassate facevano filtrare a malapena la luce mattutina di quella splendida giornata; era un monolocale arredato in modo scarno con un letto disfatto, un tavolo ingombro di carte e munizioni e un cucinino adatto in particolare per i cibi precotti. Su un piccolo scaffale c'era una televisione vecchio stile ancora con le antenne e sul lato destro la porta che conduceva ad un piccolo bagno azzurro in cui la luce era accesa. Sul pavimento vi erano bottiglie e carte e candele come se l'inquilino vi abitasse da dei mesi. La donna che aveva aperto non si scompose minimamente e lo invitò ad entrare facendolo accomodare in una delle uniche due sedie del locale.

-È grazioso qui.- iniziò Amuro gettando un'occhiata attorno.

-Cosa vuoi, Bourbon?-

-Non ti agitare Chianti. A quanto vedo hai cambiato campo d'azione...-

-Non per mia scelta. Mi è stato imposto, ma tu come fai a saperlo?-

Si scrutarono negli occhi come due animali che si studiano prima di attaccarsi, poi Amuro rise -È il mio lavoro! Scoprire le cose prima degli altri.-

-Bhè non deve essere stato troppo ben fatto fin ora se Gin ritiene di dover usare me.-

-Dici?- l'ironia dell'espressione si percepiva con mano -Sarà. Ma ti avverto. Non osare mettermi i bastoni tra le ruote, Chianti. Gli ordini che ti ha dato Gin non dovranno interferire minimamente con il mio progetto o salta tutto. E tu non vuoi che il capo di a te la colpa, no?-

La donna strinse i denti con rabbia, ma non rispose.

-E poi- continuò lui -Il tuo compito è a breve durata, tra un po' arriverà qualcuno di più competente in questo campo, giusto?-

Chianti punto in un lampo la canna del fucile alla testa del collega che però non si scompose.

-Metti via quel giocattolino, non ti servirà almeno per ora.- Bourbon si alzò e fece per uscire, ma poi indugiò un secondo sulla soglia e disse -Attendi mie istruzioni... e scalda l'arma.-

Una volta di nuovo fuori alla luce del sole Amuro si guardò attorno constatando che nessuno l'aveva visto uscire da lì e si avviò per la strada. “Gin è sempre stato incapace di vedere più in là del suo naso. Non riesce a capire che non è Sherry il problema. I nostri problemi sono ben altri di una scienziata traditrice fuggita. Shuichi Akai dovrebbe essere morto, ma la storia non mi convince per quanto anche Vermouth abbia dichiarato capitolo chiuso sulla questione. E poi c'è quel detective liceale che Gin crede di aver eliminato... bazzecole, è ancora vivo e vegeto e la sua cara amica Ran lo sa bene. È stata toccante la loro conversazione al telefono l'altro ieri... peccato che gli sforzi di Kudo per tenerla il più corta possibile siano stati vani, sono riuscito a rintracciarlo comunque. È qui a Tokyo e so anche come fare uscire il pesce dal suo nascondiglio in modo che cada nella rete. Devo ammettere che forse l'intervento di Gin è stato provvidenziale; grazie a lui non mi dovrò neppure sporcare le mani ed eliminerò l'ultima resistenza all'organizzazione e per finire darò a Gin quel che vuole: la sua Sherry.”


Angolo Autrice:
Scusate il ritardo... 
Sperto vi piaccia il secondo capitolo =)
Ora scappo a guardare "Elementary"
Buon Weekend!

A_K

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

La mattina seguente Conan si vede piombare in casa Sera Masumi, la nuova compagna di classe di Ran, con una faccia stravolta dalla contentezza; sembrava che le fosse appena caduto un angelo dal cielo per il sorriso raggiante che aveva stampato in viso.

-Ran! Ran!- chiamò correndo su per le scale -Ran! Ho una notizia meravigliosa! Il mio fratellone mi ha chiesto di andare da lui per un po'!-

-Oh, sono davvero felice per te, Sera! Quando parti?-

-Tra poco. Ho già i bagagli sul taxi, ma prima volevo salutarti per avvisare.-

-Bhè, allora divertiti!- Si abbracciarono come commiato e poi la giovane corse fuori sgommando sulla vettura gialla che l'attendeva in strada.

Il bambino era rimasto ad osservare la scena per tutto il tempo con la convinzione che qualcosa non andasse. Sapeva che uno dei due fratelli maggiori di Sera, Shuichi Akai, era deceduto in una missione per conto dell'FBI e che l'altro faceva chissà quale lavoro in chissà quale posto e, a quanto ne sapeva lui, non l'aveva mai contattata da quando era arrivata a Beika; gli pareva strano che d'un tratto le chiedesse di andare a vivere con lui. E poi non aveva ancora scoperto chi era quella misteriosa bambina nella foto con Sera e questo lo insospettì ancora di più.

Immerso in questi ed altri pensieri nemmeno si accorse che Tooru Amuro si era presentato sulla soglia con un insolito pacchetto da corriere tra le mani e con il suo immancabilmente falso sorriso smielato.

Ran esclamò -Amuro, che sorpresa!-

“Cosa?! Bourbon?! Che ci fa qui?!” pensò Conan trasalendo.

-Ciao, ero passato in agenzia a portare una cosa per Kogoro, ma non c'era quindi ho pensato di darla a voi. Lascio qui?-

-Sì, grazie.- rispose Ran indicandogli un tavolino. Per Conan questa era un occasione d'oro. Con Bourbon dentro la sua casa sarebbe stato facile piazzargli una microspia addosso per tenerlo d'occhio; un po' come aveva fatto tempo addietro con Rena Mistunashi a suo tempo. Gli occorreva solo una scusa per avvicinarlo per qualche secondo. Dopotutto, era stato così attento a non destare sospetti che non poteva essere che l'avesse scoperto. Si alzò dalla poltrona su cui era e lo raggiunse per le scale fingendo di cadergli addosso.

-Ehi! Stai attento! Potevi farti male!-

-Ehm, sì, scusa.-

-Cosa c'è?-

-Ho dimenticato una cosa in agenzia.-

-Te la prendo io. Torna in casa.-

-No, grazie faccio da solo.-

-Insisto. Cosa cerchi?-

-Ah, che sbadato che sono! È in camera! Scusa, ciao!-

Conan corse su per le scale senza voltarsi un attimo. Era riuscito a piazzare la cimice, ma non ci scommetteva che non l'avrebbe trovata. Aveva però altri due problemi da risolvere: perché non voleva che entrasse all'agenzia e cosa conteneva quel pacco.

Appena mise piede sulla soglia vide Ran armeggiare proprio con quello e la bloccò immediatamente.

-Posso aprirlo io?- chiese recitando la sua piccola parte.

-Ma è di papà. Sai che si arrabbia se apriamo la sua posta.-

-Sì, ma deve essere qualcosa di poco conto. Non c'è nemmeno scritto fragile, non sono certo bottiglie di liquore! Allora, posso?-

La karateka sospirò e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio indecisa, poi glielo tese raccomandandogli di non rovinarlo. Conan lo afferrò e volò in camera sua, lontano da occhi indiscreti. Con cautela, quasi stesse maneggiando una bomba che tra l'altro era una delle possibili opzioni sul contenuto, aprì il cartone trovandoci dentro solo quattro pacchi di caffè sottovuoto. Li esaminò uno ad uno notando che nel terzo il livello di vuoto all'interno era minore di quello degli altri. Una buona marca di caffè come quella lì non avrebbe mai permesso una cosa del genere, quindi fece scorrere attentamente i polpastrelli sulla superficie fino a trovare ciò che immaginava ci fosse: una ricetrasmittente.

 

 

-Quel povero moccioso...- commentò Amuro prendendo la cimice dalla sua giacca nella cucina di casa -Pensava davvero che non me ne sarei accorto? Ingenuo. È per quello che si è fatto fregare da Gin. Tuttavia credo che la sua idea non sia troppo malvagia... credo che farò un bel regalino alla mia nuova vicina di casa.- Intascò la microspia e scese di sotto per andare al lavoro al caffè Poirot come ogni mattina.

 

 

-Stamattina facciamo colazione al bar.- dichiarò Kogoro dopo aver letteralmente gettato nella pattumiera il caffè portato da Amuro. Era tornato da poco dall'agenzia al piano di sotto dicendo di essersi addormentato la sera precedente là, ma il piccolo detective ricordava chiaramente i passi pesanti dell'uomo ubriaco che rientrava la notte prima.

-Papà, ma che ti salta in mente! Era un buon caffè!-

-Sì, sì, ma non è sofisticato! Devo prendere del vino! Quello sì che è da gran signori!-

-Tanto lo trangugi come se fosse acqua in ogni caso!- lo rimproverò la figlia con le mani sui fianchi e un espressione accigliata, a Conan ricordava tanto sua madre Eri quando lo sgridava per le marachelle che combinava con Ran da piccolo.

-Non contraddirmi signorina! Scendi e porta con te il moccioso, mi sento generoso oggi.- L'uomo aprì la porta e scese le scale con un comportamento euforico molto strano.

-Ma che cos'ha oggi?- chiese Ran sconsolata più a sé stessa che altro, però Conan si sentì lo stesso preso in causa e rispose -Ha vinto ai cavalli. Ho notato il biglietto sulla scrivania. Non te lo ha detto perché lo critichi sempre.-

La karateka sbuffò infastidita e lo spronò a scendere le scale.

La scelta per caffè Poirot non fece impazzire il bambino che piantò gli occhi su Bourbon per non perderlo di vista per tutto il tempo della colazione. Poco dopo il loro arrivo entrò nel negozio anche la donna che si era presentata a loro il giorno prima, Akiko Fujimiko, vestita più o meno nello stesso bizzarro modo. Amuro cercò di non farsi notare, ma le fece un cenno e lei lo seguì nel retrobottega; Conan si avvicinò a loro con la scusa di andare in bagno e si nascose dietro la porta per spiarli. La conversazione che sentì lo lasciò di stucco.

-Bourbon, cosa vuoi? È pericoloso farci vedere insieme.-

-Rilassati Chianti, nessuno saprà nulla. Ho un messaggio per Gin.-

-Ti sei deciso a collaborare alla fine, bene bene. Il capo ne sarà contento. Mi sembravi quasi un piantagrane. Allora, questo messaggio?-

-Riferisci a Gin che il detective è vivo. Saprà lui cosa fare.-

-Soltanto questo? E che razza di messaggio è?-

L'uomo rise -Ah, giusto. Non siete così perspicaci. Dagli questa foto e anche quest'altra capirà lui.-

Conan ebbe un tuffò al cuore: quelle due foto lo ritraevano sia da grande che da piccolo. Bourbon l'aveva scoperto.

-Come hai fatto a capirlo?-

-Ho intercettato giusto ieri una telefonata con una sua amica e ho fatto due più due.-

-Finalmente ti riveli utile. Le darò a Gin il prima possibile.-

Chianti fece per uscire, ma Amuro le posò la mano sulla spalla prima di farla andare via e le sorrise.

Il detective corse al suo posto sconvolto. Ormai era agli sgoccioli, la battaglia finale con l'organizzazione stava per iniziare, ma lui era davvero pronto? Aveva pochi elementi a sua disposizione e non sarebbe mai riuscito a ricavarne un piano decente e l'unica cosa che gli interessava davvero era che Bourbon ora conosceva il suo legame con Ran e lo avrebbe di sicuro sfruttato. In una situazione del genere sperava solo di imbattersi in qualche luogotenente degli uomini in nero per scoprire nuovi dettagli, ma non sapeva ancora che per una volta la fortuna sarebbe stata a suo favore.

 

Quella sera Conan era pensieroso. Non era riuscito a combinare nulla durante tutta la giornata e si era beccato una sgridata di proporzioni colossali da Ai dopo che le aveva rivelato ciò che aveva sentito. Era stata dunque una giornata nera per il piccolo detective, ora rinchiuso nella sua stanzetta di casa Mori, ma ad un tratto sullo schermo del computer prese a lampeggiare un messaggio d'avviso.

-Hai un nuovo messaggio chat. Premi ok per ascoltare.- lesse il bambino incuriosito, poi indossò le cuffie, mosse il cursore fino al tasto evidenziato e iniziò l'ascolto sbiancando.

Ho un messaggio di Bourbon per te, Gin.” la voce della donna con il nome in codice di Chianti risuonò nelle orecchie.

Di che si tratta?”

Questo ragazzo qui. Bourbon sostiene che è vivo e che si è rimpicciolito. Come se fosse possibile...”

Uhm, ho un vago ricordo di questo impiccione, ma gli ho personalmente somministrato del... veleno creato da Sherry! Maledetta figlia di buona donna! Quel veleno non era affatto letale!”

Quindi che si fa, Gin? Vuoi che lo elimini?”

No. Se è come credo, e lo è, Sherry è andata da lui. La conosco fin troppo bene. Non ucciderlo ci guiderà dritto da lei, ma per far sì che collabori magari è opportuno dargli una spintarella.”

Cosa devo fare?”

Chi sono le persone più vicine a lui?”

Il detective Kogoro Mori e sua figlia, vive con loro.”

La ragazza sarà una sua amica, quindi occupati di lei. Poi preparati per il cambio, tocca a Vermouth.”

Si sentì la donna ringhiare “Certo, Gin.”

La registrazione si interruppe come ovattata da qualcosa e lasciò Conan con la bocca spalancata, questa volta era davvero nei guai. Cercò di riprendere un certo contegno e iniziò a ragionare con ordine. In un lampo gli apparve nella mente l'immagine di Amuro che afferrava sorridente la spalla di Chianti: ecco come la sua microspia era giunta da quella donna. Bourbon se ne era accorto e l'aveva posizionata addosso alla sua collega in quel frangente. Questo significava che lui voleva che il detective sapesse questa cosa, era tutto un piano per costringerlo ad uscire allo scoperto consapevole della sconfitta. Shinichi era obbligato a mettersi in gioco perché quei criminali non avrebbero certo risparmiato la sua Ran e loro non dovevano toccarla assolutamente. Quella sera Conan non andò a dormire certo a cuor leggero.

 

 

Gin aveva congedato Chianti da appena pochi secondi e già la sua mente diabolica stava elaborando le informazioni ricevute quella sera. Dunque quel veleno, l'apotoxina, non era affatto letale come Sherry aveva sempre sostenuto, faceva ringiovanire! La cosa aveva un che di fantascientifico, ma non era sorprendente se si considerava il fatto che fosse stata proprio lei a crearlo, lei che era per così dire “figlia d'arte”. Se di una cosa Gin era certo, era che la ragazza si fosse rifugiata proprio da quel detective adolescente magari rimpicciolendo a sua volta ed era proprio quello il motivo per cui non erano ancora riusciti a trovarla. Ora che avevano, grazie a Bourbon, quel tassello così importante poco mancava loro per individuarla e finalmente porre il suo nome nella lista dei necrologi. La cosa buffa era che il piano iniziale era solo quello di inserirsi nella cerchia del detective Kogoro per carpire informazioni ed ora tutto si era trasformato in quella che poteva essere definita finalmente resa dei conti.

 

 

La mattina appena alzata, Ran si era recata in strada per portare la spazzatura nei bidoni del vicolo accanto come al solito. L'arietta era fresca e frizzante e il cielo prometteva una buona giornata. La karateka aveva appena sollevato il coperchio del bidone quando un brivido freddo le corse giù per la schiena e un proiettile sfiorò la sua testa conficcandosi sul muro poco distante da lei. Si voltò lentamente pallida dalla paura e vide con terrore una donna, la sua nuova vicina di casa, correre verso di lei con un fucile di precisione imbracciato mentre borbottava frasi contro un uccello che doveva averla distratta dal lavoro. La ragazza era immobile, paralizzata dallo shock, e non oppose resistenza quando la donna le arrivò accanto e le prese il polso facendole male.

-Bene, bene, piccolo pulcino. Ora cambiamo piano.- la schernì, poi alzò il calcio del fucile e glielo calò sulla nuca facendola crollare al suolo. Ran non era del tutto svenuta sul colpo, vedeva ancora in modo sfocato il cielo azzurro, gli alberi verdi, gli occhi glaciali, i capelli rossi, il sorriso spietato, il freddo fucile; qualcosa di scuro le calò sul viso e non vide più nulla.

 

 

Conan si era alzato rapido pronto per una buona colazione adatta alla sua intensa giornata. Il suo programma prevedeva un inteso pedinamento dei due uomini in nero infiltrati nel suo quartiere. Appena arrivato nella cucina trovò solo Kogoro intento a leggere il giornale con calma, davanti a lui solo una tazza di caffè ormai vuota.

-Ciao moccioso.- lo salutò cordialmente senza staccare gli occhi dal quotidiano.

-Ciao Kogoro. Ran non c'è?-

-È andata a buttare l'immondizia.-

-C..come?- Il bambino non pensò nemmeno di mettersi una giacca o delle scarpe e si fiondò in strada così come si era alzato senza neppure gli occhiali. Come aveva potuto dimenticare quest'occasione d'oro per Chianti! Sarebbe stato uno scherzo per un cecchino esperto come lei premere un grilletto a così poca distanza in una via così poco trafficata.

Cercò Ran nel posto dove avrebbe dovuto essere, ma non la trovò: era arrivato troppo tardi. Prese a correre per il quartiere attirando l'attenzione di molti passanti straniti e frugò ogni singolo vicolo, passaggio, magazzino, qualunque posto dove poteva sperare di trovarla ancora viva, ma conoscendo l'organizzazione era piuttosto utopistica come visione. Gin aveva dato chiari ordini a Chianti, ossia fare fuori Ran, e lei non avrebbe certo disertato. Dopo aver corso per tutta la zona e anche nei dintorni, sfinito sia nel corpo che nello spirito, urlò frustrato, arrabbiato con sé stesso per aver sottovalutato gli uomini in nero e per aver permesso che Ran finisse nelle loro grinfie. Aveva tanto lavorato e sofferto affinché lei restasse incolume e ora, per stupido egocentrismo, gliel'aveva consegnata su un piatto d'argento. Se quei luridi bastardi le avevano torto anche un solo capello l'avrebbero pagata cara.

Stava rientrando a testa bassa, pronto a sorbirsi chissà quali storie da parte di Kogoro che non aveva ancora visto tornare la figlia; era pronto anche a sbottargli contro qualsiasi cosa gli fosse passato per la testa in quel momento, a correre a vestirsi in camera sua e andare a cercare quel Bourbon tanto per fare una chiacchierata da uomo a uomo, dopotutto ormai lo sapeva chi era in realtà e se anche così non fosse stato non gli sarebbe importato minimamente.

Come da previsione Kogoro iniziò con i suoi soliti urli ai quali il detective non prestò per nulla attenzione, si cambiò in rapidità e un attimo prima di chiudersi la porta di casa alle spalle sbraitò contro l'uomo che tentava di fermarlo -Non dirmi quello che devo o non devo fare! Se vuoi tua figlia ancora viva dovrai lasciarmi fare!-

Scese le scale come una furia, con uno sguardo omicida che non gli apparteneva. Sentiva in cuor suo che lei era ancora viva da qualche parte, ma doveva fare di tutto per trovarla e avrebbe superato qualsiasi ostacolo per farlo. Man mano che camminava a grandi passi per la strada la sua frustrazione si affievoliva e lasciava il posto alla viva preoccupazione, quand'ecco che lo vide: Bourbon che rideva con la sua collega.

Respirò a fondo per darsi un contegno e con tono perentorio lo fece condusse nel retrobottega. Data la differenza di altezza, si sistemò sopra ad alcune casse guardandolo fisso e impassibile e poi chiese grave scandendo bene le parole -Dov'è Ran?-

Lui rise -Cosa vuoi che ne sappia io!-

A quel punto Shinichi non ci vide più e gli afferrò il bavero della camicia ripetendo la domanda.

-Ehi, Conan... ci siamo alzati con il piede sbagliato oggi?-

-A che gioco stai giocando, Bourbon? Lo sai che non è così che mi chiamo. Chiamami con il mio vero nome.-

-D'accordo Shinichi Kudo, mi hai beccato.- il giovane biondo sembrava divertito più che altro.

-Senti, non ho momentaneamente tempo per te. So di stare facendo esattamente il vostro gioco, ma voglio sapere dove diavolo tu e i tuoi dannati compari avete portato Ran!-

-L'emotività per un detective è deleteria, lo sapevi?-

-Rispondimi!-

-Non lo so. Ma posso immaginare quale sia stato l'ordine di Gin... tu no?-

Il giovane investigatore mollò Amuro che rideva come un pazzo e saltò giù dal suo piedistallo corredo fuori dal negozio con una lacrima che gli solcava il viso. Non potevano davvero averla uccisa, non potevano davvero averlo fatto, se così fosse stato li avrebbe smontati pezzo per pezzo e rinchiusi a marcire nei loro peggiori incubi.

I suoi pensieri vennero interrotti dallo scontro con qualcuno lungo il marciapiede. Shinichi cadde a terrà e alzò la testa pronto a scusarsi quando vide allibito -Vermouth!-

La donna rise e gli tese una mano aiutandolo a rimettersi in piedi. Portava un capello a larga tesa e un paio di occhiali da sole alla John Lennon, ma i suoi capelli biondo platino e il suo sorriso indecifrabile erano riconoscibili tra mille per chiunque l'avesse vista anche solo una volta.

-Sei sovrappensiero, silver bullet? Non guardarmi con quella faccia da cucciolo ferito, faccio solo il mio lavoro.-

-Troppo tardi, ti hanno già rubato l'incarico.- rispose melanconicamente il detective senza guardarla in faccia.

-Cosa intendi dire?- chiese di rimando l'assassina incuriosita.

-Se il tuo incarico era quello di eliminare Ran sei arrivata tardi.-

La donna inorridì per un secondo per poi riprendere contegno e domandare -Angel è morta?-

Conan annuì mesto e aggiunse -Non so nemmeno dove sia.-

-Vai a casa, piccolo detective.- gli disse la donna, poi sussurrò -I'll do all the possible for you, my dear angel.- e si allontanò tra la folla.

Shinichi non poté fare a meno di ghignare soddisfatto riempito di nuova speranza. Quell'incontro si era rivelato alquanto fortuito, in qualche modo Vermouth aveva una propria venerazione per Ran e avrebbe fatto di tutto per ritrovarla in segreto, ancora viva si sperava.


Angolo Autrice:
brevissimo saluto e ringraziamento a tutti!
Scappo per impegni letterari!
:*
Bacio a tutti! Spero vi sia piaciuto!
A_K

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

Conan stava rincasando apparentemente tranquillo solo che la casa in cui stava andando non era certo quella del detective Kogoro, si stava infatti recando alla dimora del dottor Agasa dove viveva anche Ai, la giovane scienziata ex-membro dell'organizzazione. Il detective non sapeva ancora di preciso il perché stava andando là, ma nel tumulto di pensieri che gli affollavano la testa quella sembrava una delle mosse migliori. Suonò il campanello a lungo e un vecchietto tutto trafelato corse ad aprire esclamando per la sorpresa di vederlo lì a quell'ora.

-Non dovresti essere a scuola?-

-Per favore dottore, sa bene che non mi occorre. Ho bisogno di Ai, subito.-

-Ai è a scuola. Dovrai attendere che torni. È successo qualcosa, Shinichi?-

L'uomo dal camice bianco un po' annerito da una recente piccola esplosione chimica lo invitò ad entrare e gli offrì del tè che il bambino rifiutò serio.

-L'organizzazione ha fatto qualcosa a Ran.-

-Cosa?! Ne sei sicuro?-

Così gli raccontò tutto e durante la narrazione strinse più volte la stoffa del divano trattenendo un moto di rabbia e frustrazione, non verso lacrime però, si rifiutava di credere che l'avessero uccisa, era un'eventualità che non voleva nemmeno prendere in considerazione. Fu il dottor Agasa a farglielo notare.

-Ma non credi che la possano aver...?-

-Non lo dica, dottore. NON lo dica nemmeno. Non è così.-

-Gin ha dato ordini precisi a quella donna. Credi che si sia tirata indietro?-

-IO so che non è così! Non può essere così, non deve.- Qualche lacrima iniziava a farsi strada tra i suoi occhi blu, ma lui la ricacciò dentro sforzandosi di apparire forte.

-Shinichi...- il vecchietto gli posò una mano sulla spalla per consolarlo e gliela strinse, ma in quel momento il detective venne attraversato da un pensiero fulmineo e scattò in piedi.

-Non le possono aver sparato, non c'era sangue sul muro!-

Agasa lo guardò stranito -Come dici?-

-E per terra... devo andare dottore. Dica ad Ai di stare allerta!- esclamò e si fiondò fuori dalla porta correndo al vicolo dietro l'agenzia. Scansò passanti su passanti e, ansimante si gettò a terra in quello sporco viottolo alla ricerca di qualcosa. Frugò tra le scatole ammonticchiate di rifiuti e trovò quello che cercava: la scarpa di Ran! Significava che non era lontana perché non sarebbe stato affatto facile per una donna trasportarne un'altra priva di sensi e senza scarpa in un luogo più sicuro senza farsi notare per strada. Due addetti alla nettezza urbana arrivarono per svuotare i bidoni e lo rimproverarono dato che il posto non era certo adatto ad un bambino. Iniziarono a vuotare i contenitori nella tritatutto del camion quando il detective gridò loro di fermarsi.

-Aprite quel bidone, presto!-

I due obbedirono stupiti dal tono perentorio della richiesta e urlarono quando si trovarono di fronte il corpo di una ragazza stesa su dei sacchi neri.

-Ran!- la riconobbe Conan e la fece tirare fuori e chiamare un ambulanza. L'abbracciò stretto e le dette dei piccoli colpetti sulla guancia per cercare di farla riprendere. Fu un sollievo sentire la sua bocca emettere qualche suono strozzato e riprendere a respirare con regolarità.

-Ran, stai bene.-

-Shinichi?-

Solo in quel momento il detective parve realizzare di aver lasciato a casa gli occhiali e si affrettò a risponderle sorridente -No, no, sono Conan.- Aveva già perso la sua copertura con l'organizzazione, non aveva certo intenzione in quel momento di dirle tutta la verità dato che di problemi ne aveva già abbastanza.

Dopo i classici esami clinici di routine, i due tornarono a casa mano nella mano e trovarono Kogoro che stava parlando dispoticamente con un agente di polizia dandogli dell'incompetente perché non aveva ancora trovato sua figlia.

-Papà, sto bene!-

-Bambina mia, dove sei stata!-

-È una storia lunga. Se non ti spiace prima vorrei farmi una doccia.-

L'incombenza di raccontare l'accaduto a Kogoro passò quindi nelle mani di Conan che a dire il vero non ne fu molto lieto. Si inventò che mentre era uscita aveva trovato un'amica e si era fermata a parlare, poi mentre rincasava si era sentita male e si era fatta accompagnare in ospedale da un taxi, aveva il cellulare scarico e quindi non era riuscita ad avvisare. Conan l'aveva trovata prima mentre parlava e poi l'aveva portata dal medico. Fortunatamente l'uomo abboccò e non ne riparlò più.

 

 

Vermouth stava fumando con calma una sigaretta seduta nel piccolo appartamento lasciatole da Chianti. Il piano di Gin era cambiato dopo le ultime notizie, ma lei era riuscita a limitare i danni con abilità. Nelle pareti della stanza riecheggiavano ancora le urla di poco prima, quando lei e Chianti avevano avuto una discussione piuttosto accesa.

-Allora sei arrivata... dov'è che è stata la cocca del capo?-

-Avevo degli affari da sbrigare che non ti riguardano.-

-E immagino che nemmeno Gin sappia di questi affari.-

-Non ti riguarda, rossa. Il tuo lavoro lo hai fatto. Male, ma lo hai fatto.-

-Cosa hai detto?!-

-Sei sorda, rossa?-

-Figlia di buona donna! Come ti permetti!-

-Andiamo, non sai recitare. È una grazia che non ti sia fatta scoprire, ma ora tocca a me.-

-Dov'è il mio fucile? Ti uccido!-

-Indendi questo?-

-Ridammelo, bastarda!-

-Modera i termini!-

-Appena lo prendo ti faccio fuori!-

-Non vorrai far saltare il piano di Gin, sai quanto ci tiene.-

-Credo dovrà fare a meno di te!-

-Non fare la bambina. A proposito, so che i piani sono cambiati.-

-Già, e credo proprio che Gin sarà soddisfatto del mio operato, a differenza del tuo.-

-Hai giocato al piccolo cecchino pazzo?-

-Grrr, non osare offendermi! Ho buttato quella stupida ragazza dove si meritava, nella spazzatura!-

-Prendi il tuo stupido fucile e esci! Non mi piacciono i lavori di questo tipo.-

-Rilassati Vermouth! Che ti prende?-

-Sparisci da questa casa! E non impicciarti più di questa cosa!-

Chianti aveva preso il suo fucile e se ne era andata dandole della pazza. Lei si era alzata ed aveva guardato alla finestra lo stradino dove fortunatamente c'era il piccolo detective che stringeva tra le braccia la ragazza che per fortuna si muoveva. Aveva maledetto Chianti per la sua mancanza di finezza e si era versata uno scotch per rilassarsi, accomodandosi sulla sedia al centro dello spoglio monolocale.

 

 

Ran, dopo che l'acqua calda prese a scrosciarle addosso, si abbandonò ad un lungo pianto silenzioso. Le lacrime si confondevano con la pioggia tiepida della doccia, nessuno avrebbe mai detto che stesse davvero piangendo se non fosse stato per gli occhi arrossati. Le piaceva piangere sotto la doccia perché le sue lacrime così sembravano un nulla. Si appoggiò alla parete fredda sussultando al gelido contatto e scivolò giù accucciandosi piccola sul piatto della doccia. Sentiva l'acqua calda scorrerle addosso, inzupparle i capelli, entrarle negli occhi già bagnati e scenderle attorno, percepiva il fastidioso freddo del muro di ceramica lungo la schiena provocarle dei brividi dai quali non si sottraeva, per mancanza di forza o volontà. Si abbandonò ad un solo gemito quando si decise ad alzarsi e mormorò tra sé e sé -Perché te ne sei andato? Da quando non sei più con me succede di tutto.- Non si era chiesta il motivo dell'aggressione di quella mattina, ormai aveva smesso di chiedersi il perché di tante cose che le accadevano da quando era rimasta senza il suo migliore amico, che poi era anche di più, voleva solo che tutto tornasse come prima ed avrebbe lottato per questo.

 

 

-Allora che cosa volevi?- chiese Ai per telefono al suo solito modo “molto cortese”.

-Bhè, non so se hai notato, ma abbiamo visite.- rispose Conan sottovoce per non farsi sentire dai suoi coinquilini.

-Ti spiace smetterla di parlare per enigmi?-

-I tuoi vecchi amici. Sono qui.-

-Ah! Allora avevo visto giusto.-

-Cosa intendi dire?-

-Quella berlina nera all'ingresso della scuola ieri... era sospetta.-

-Era di Chianti.-

-Chianti?! Mi ha trovato?!-

-Non esattamente...- Il detective le raccontò tutto. Per fortuna il dottor Agasa aveva avuto la creanza di non dire nulla e lasciare a lui l'onere della spiegazione, così Ai, preoccupata com'era, non ebbe il tempo di assimilare troppo bene l'informazione che sapevano della doppia identità di Shinichi. Fu solo dopo qualche secondo che esclamò -Ma ti hanno scoperto! Hai visto quello che stavano per fare alla signorina dell'agenzia oggi! Ci è mancato un soffio. Deve ritenersi molto fortunata se è ancora viva. Non so cosa sia successo, ma se l'ordine era di morte non escludo che ci riproveranno, e non solo con lei! Shinichi, fa come ti dico, vieni via da quella casa!-

All'altro capo ci fu un sospiro -Non posso. Abbandonarla è fuori questione. Sorveglierò meglio la situazione da qui.-

-Fa come vuoi.- la scienziata chiuse la chiamata con un tonfo secco.

 

Conan aveva appena risposto il cellulare nella tasca quando sentì il campanello della porta e andò ad aprire trovandosi sulla soglia con sua enorme sorpresa nientemeno che Heiji Hattori.

-Ciao moccioso. Posso entrare?-

-Heiji...- sbuffò il bambino -Non chiamarmi così! Piuttosto che ci fai qui?-

Il ragazzo del Kansai fece per parlare, ma notò la presenza di Kogoro e dopo averlo cordialmente salutato chiese sottovoce -C'è un posto dove possiamo parlare tranquilli?-

-Vieni.- lo esortò Conan portandolo in quella che da un po' era diventata camera sua. Chiuse accuratamente la porta e si accomodò sul letto facendo segno all'altro di fare lo stesso.

-Cosa c'è?- domandò sulle spine per tanta segretezza.

-Ho delle novità. Alcune buone, alcune cattive. Quali vuoi per prime?-

-Di cattive ne ho avute a sufficienza per oggi, dammi le buone.-

Heiji assunse un aria professionale e disse -Tieni- gettandogli in grembo un plico di fogli un po' stropicciato. Conan lo lesse in breve tempo e disse -Te lo ha dato Shuichi Akai, non è vero?-

-E tu come...?-

-Lo immaginavo.- Shinichi si godé l'espressione incredula sul volto dell'amico e aggiunse -Immaginavo che uno furbo come lui avesse avuto un piano, è rimasto in incognito e ha potuto lavorare in pace. Un po' come me. Quando te lo ha dato?-

-Uff, si è presentato a casa mia e...- gli narrò del loro scambio di battute.

-Ora è tutto chiaro. Grazie Heiji per essere venuto subito da me. Allora, vediamo un po', Bourbon che è Tooru Amuro lo sapevo già, Chianti infiltrata... appena scoperto e se ne pentirà, possibile intervento di Vermouth... già incontrata... e scusa Heiji, ma quali sarebbero le buone notizie?-

Il detective dell'ovest rise dicendo che erano quelle che aveva appena letto e lo spronò a continuare.

-Uhm, Gin. Lo sospettavo. E ora sa tutto.-

-Che intendi dire?- Heiji iniziò a giocherellare con un cubo di Rubik abbandonato sulle coperte e ascoltò il racconto dell'amico su quanto accaduto negli ultimi due giorni.

-Ti hanno scoperto?! Accidenti, Kudo! E io che pensavo fossi furbo!-

-Hattori, non è il caso di irritarmi. E poi...- Sentirono bussare alla porta e Conan andò ad aprire trovandosi di fronte Ran ancora con l'asciugamano in testa -Conan, papà mi ha detto che c'è Heiji. È qui con te?-

Heiji intervenne da dietro il bambino -Sì, sono qui! Ciao, Ran!-

-Heiji! Quanto tempo, come stai?- I due si scambiarono i soliti convenevoli e poi la ragazza se ne andò invitando a restare per cena l'amico che accettò di buon grado. Heiji e Shinichi trascorsero l'ora successiva chiusi in stanza a pianificare un possibile scontro, ma con così pochi dettagli effettivi era impossibile dedurre accuratamente quali fossero le intenzioni di Gin. Vennero interrotti dal suono del campanello e si trovarono in casa una Kazuha che a stento conteneva la rabbia, ma che tuttavia ebbe la buona educazione di salutare e non fare una scenata davanti a tutti.

-Kazuha! Che ci fai qui?- la salutò felice Ran -Pensavo che fossi rimasta a casa. Heiji ha detto che...-

-Ran, io e te dobbiamo parlare.- la ragazza prese il braccio dell'amica e la portò in cucina chiudendo bene la porta sotto lo sguardo sbigottito dei due ragazzi.

-Che succede, Kazuha?- domandò Ran tra il divertito e il curioso.

-Sai perché Heiji è qui? Non si tratta di una visita di piacere o di un breve caso sennò mi avrebbe chiesto di venire con lui, è qui per un'altra cosa. È qui per Shinichi!-

-Cosa?! Ma no, è impossibile!-

Kazuha scosse la testa con vigore e iniziò ad esporre le sue ragioni -Quando eravamo alla stazione stava per dire un nome, ma poi si è bloccato. Stava dicendo “Sh”, quante persone di Tokyo conosce che abbiano un nome che inizia così e sono detective?-

-Ma Kazuha...-

-Se fossi in te, io chiederei spiegazioni e anche tante.-

Ran non rispose e cambiò direzione dello sguardo spostandolo dal lavello al fornello pensierosa. I sogni che aveva fatto qualche giorno prima le riaffiorarono nella mente e si chiese se Heiji non fosse venuto a Tokyo proprio per aiutarlo perché era in difficoltà. I suoi pensieri vennero interrotti dall'amica che le piazzò il cellulare in mano e le ordinò, ma lei scosse la testa e uscì dalla stanza rivolgendosi a tutti i presenti sorridente come se niente fosse -Cosa volete per cena stasera? Dato che siete tutti qui, saremmo onorati se rimaneste per la notte. Non è vero, papà?-

Kogoro alzò gli occhi dalla televisione e annuì con poco interesse -Fai del riso al curry.-

-Sì- confermò Conan dato che quello era il suo piatto preferito.

Le due ragazze quindi ritornarono in cucina e al loro discorso precedente, mentre i ragazzi si guardarono straniti e tornarono ai loro progetti.

-Dunque, l'organizzazione ha mandato Chianti qui in incognito, ma non è certo brava a nascondersi. Di sicuro stavano prendendo tempo per l'arrivo di Vermouth. Gin dev'essere piuttosto impaziente di finire il suo piano se non è riuscito ad aspettare.-

-Tieni conto che grazie e quella lì hanno scoperto chi sei.-

-Sì, ma il merito va tutto a Bourbon, purtroppo.-

-Quale sarà la prossima mossa dell'organizzazione, secondo te?- chiese Heiji osservando i vari dati sulle carte sparpagliate sul letto.

-La prossima mossa?- Shinichi ci pensò su e concluse con fredda logica -Attirarmi nella loro rete allo scoperto.-

 

 

Gin fumava nella sua porche nera con il finestrino abbassato e ascoltava Chianti spiegargli le ragioni per cui non era riuscita a uccidere quella ragazzina come da ordini. Le sue parole rapide rimbombavano tra le pareti dello scuro magazzino dove si erano nascosti dalla luce della luna che era sorta al posto di quella calda del sole da poco.

-Chianti...- la interruppe infastidito dal continuo parlare -Basta. Hai fallito, non mi interessa se un uccello ti ha distratto o cos'altro, era una stupida ragazzina e tu dovevi farla fuori, non lo hai fatto, hai fallito. Ora piantala di scusarti e va a casa. Avrai notizie.-

La donna si irrigidì e sfrecciò via con la sua berlina nera presa in affitto maledendo il suo capo mentalmente. Gin spense il mozzicone e sospirò al suo fedele compare Vodka -Mi sa che dovremmo fare noi.-

Vodka sorrise sadico e avviò il motore.

 

 

Ai era nel suo letto, ma i mille e mille pensieri gli impedivano di dormire serenamente. Aveva lasciato la finestra aperta per permettere all'arietta primaverile notturna di entrare e farla rilassare anche se a poco era servito. Aveva la brutta sensazione che qualcosa stesse per accadere, ma si ripromise di fare in modo che, qualsiasi cosa fosse, ne sarebbe uscita da sola. Aveva già messo troppe persone nei guai per la sua codardia, per non aver voluto affrontare a viso aperto quei criminali; Shinichi aveva pagato per il suo errore di aver scelto la parte sbagliata e era stato costretto a vivere come un altro, ma non si era mai rassegnato e aveva continuato a combattere. Lei si era solo nascosta ed aveva atteso che qualcuno lavorasse per lei, che rischiasse per lei, però dopo quello che era successo quel giorno non poteva più permetterlo. Sua sorella era morta per il suo tradimento, tanti altri avevano pagato per lei, Ran quella mattina aveva rischiato tanto per causa sua, non sarebbe più dovuto essere così, si sarebbe presa le sue responsabilità.

Sentì alcuni rumori dal basso, probabilmente un gatto, ma si irrigidì non appena vide un fumo violetto entrare dalla finestra. Cercò di proteggersi il volto con un fazzoletto, ma il sonnifero ebbe la meglio e si accasciò sul pavimento. Avrebbe dovuto chiamare aiuto, avrebbe potuto chiamare aiuto, ma così facendo avrebbe svegliato il dottore che dormiva tanto bene nel suo letto. Si abbandonò quindi al suo destino non rassegnata, ma pronta a combattere da sola.



Angolo autrice:
Buonasera a tutti! :)
Vi comunico che sono in partenza per una piccola vacanza quindi aggiornerò un po' più tardi la prossima volta. 
intanto spero vi godiate la quarta parte dello "scontro finale"
Grazie a tutti quanti
un bacio :*

A_K

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

Ai si risvegliò sul bianco pavimento lucido di una grande casa deliziosamente arredata. Davanti a sé aveva una scrivania in mogano ordinata con molte carte sopra e un portapenne in oro, girata verso il muro c'era un'elegante poltrona in pelle nera. La scienziata si guardò attorno confusa, non era mai stata in un posto del genere prima d'ora e non aveva idea di dove l'avessero portata, anche se era più che certa che si trattasse dell'organizzazione. Si alzò in piedi e si sistemò i vestiti rendendosi conto che era ancora in pigiama, si ravvivò i capelli e attese. Sentì un cigolio provenire dalla poltrona e improvvisamente una voce profonda, di sicuro modificata, iniziò a parlare -Shiho Miyano, quanto tempo.-

La giovane si irrigidì. Era al cospetto del capo dell'organizzazione degli uomini in nero, un volto che aveva preferito mandare nell'oblio della sua mente e che non voleva assolutamente far riaffiorare.

 

 

Il dottor Agasa aveva chiamato Conan alle undici e un quarto di sera disperato e gli aveva ordinato di venire subito da lui. Il bambino allora, svegliato l'amico, corse alla dimora dell'anziano che gli aprì dopo un quarto d'ora abbondante.

-Ai è scomparsa!- gli disse con il fiatone per averla cercata probabilmente in ogni angolo della casa.

Il detective non aveva perso tempo ed era corso alla sua camera nella speranza di trovare qualche indizio su dove fosse, ma tutto quello che trovò non fece che portarlo a pensare ancora in modo più grave. C'erano dei residui di impronte di scarpe da uomo sul davanzale della finestra aperta e ancora peggio c'era una bomboletta di sonnifero all'interno della stanza. Ai era stata rapita dall'organizzazione.

-No, non possono averla presa!- esclamò Shinichi -Ero convinto che non fossero già arrivati a lei!-

Heiji si appoggiò allo stipite ed osservò la scena dicendo -Magari ritengono solo che sia una persona a te vicina, non sanno chi è in realtà.-

-L'avrebbero già fatta fuori, qui e senza indugio. No, devono aver capito chi è.-

-Non hai pensato che magari è facile arrivare a lei conoscendo te?-

-Non c'è alcun legame precedente tra Shiho Miyano e me, ma immagino che Bourbon non sia uno sprovveduto...-

-Che intendi fare ora?-

Una voce che suonava pari a quella di un fantasma riecheggiò per il corridoio -Affidarvi a degli esperti.-

-Subaru Okya?- chiese Shinichi vedendo l'uomo entrare nella stanza dalla penombra.

-Esattamente, piccolo detective. Ho visto ieri notte cos'è successo qui e ti dico che prima ne informerai l'FBI, prima riuscirai a fare quel che vuoi.-

-Che intende dire?-

-Tu hai il cervello, dote molto rara, ma debole senza mezzi. L'FBI ha questi mezzi, che senza il cervello sono inutili.-

Shinichi annuì e ordinò ad Heiji -Vai a chiamare l'FBI, fatti passare solo e ripeto solo Jodie Starling, chiedile di venire qui il prima possibile, poi vai a casa di Kogoro e per nessun motivo al mondo fai schiodare le ragazze dall'appartamento. Ti informerò io sul resto.-

Heiji scattò all'istante e sparì giù per le scale.

-Sarebbe un ottimo agente di polizia.- considerò Subaru finendo di esaminare il telaio della finestra.

Conan annuì e lo osservò di sottecchi mentre sollevava il busto mettendosi una mano al fianco con fatica.

-Signor Subaru, che cosa ha visto ieri notte?-

-Un uomo biondo, pelle abbronzata è salito qui ed è tornato giù con un fagotto, nel quale immagino ci fosse la bambina. È salito su una berlina nera e è andato via.-

-In campagna, a quanto posso notare dal terriccio lasciato dalle sue scarpe.- dedusse Conan.

L'uomo annuì e gli tese un foglietto -Mi sono insospettito e fortunatamente senza essere visto ho letto la destinazione sul navigatore satellitare.-

Il detective intascò il pezzo di carta -Grazie, signor Subaru. Però forse non dovrei chiamarla così, non è vero, Shuichi Akai?-

L'uomo ridacchiò per nulla sorpreso -Immaginavo che lo avessi scoperto, ma cosa mi ha tradito se posso chiedere?-

Il giovane sorrise -Sospettavo da tempo che lei non fosse chi diceva di essere. È stato illuminante il suo modo di alzarsi poco fa. Heiji mi ha raccontato che lei era stato ferito ad un fianco e io non credo alle coincidenze, in più si vede una leggera sporgenza da sotto la sua maglia, la fasciatura.-

-Bravo, sei sempre stato parecchio dotato per queste cose. Hai un vero talento naturale.-

-In realtà immaginavo che si fosse nascosto da qualche parte per simulare la sua morte, dopotutto è quello che ho fatto anche io. Le ho già detto una volta che io e lei siamo molto simili.-

-Me lo ricordo. Ora però è meglio che vada, non è ancora arrivato il momento del ritorno di Shuichi Akai.-

L'agente si avviò per le scale, ma Conan lo fermò un attimo -È per questo che ha fatto andare via sua sorella?-

L'uomo si bloccò e si girò lentamente a fissarlo negli occhi -Mia sorella sa più cose di quelle che dovrebbe. Non era opportuno tenerla qui. L'ho mandata dal mio altro fratello.-

-E quella bambina?-

Akai sembrò leggermente in difficoltà, ma poi disse -Ci sono cose che è meglio non sapere.- quindi se ne andò lasciando solo il piccolo investigatore.

 

 

Ai era immobile sbiancata dall'essere di fronte a lui, al capo dell'organizzazione.

-Benvenuta nella mia umile dimora.-

“Umile” era a dir poco un eufemismo a giudicare dai preziosi arredi, ma la giovane scienziata non ebbe il tempo di pensarci, a dire il vero non riusciva a pensare nulla.

-Che c'è? Non parli più, Sherry? Ho sempre gradito la tua voce...-

La bambina deglutì silenziosamente e riprese a respirare più per necessità che altro.

-Considerati come a casa tua.- disse il capo facendo un cenno con la mano guantata di nero a lato della poltrona. Subito dal fondo della stanza si mosse un ragazzo, Amuro, che le prese il braccio e la condusse verso una porta scura senza fiatare. Lei era come in balia di quegli uomini, non si opponeva a qualsiasi loro decisione, troppo scioccata per fare qualcosa, come sempre del resto; partiva sempre con le migliori intenzioni, ma alla fine scopriva per l'ennesima volta di non essere brava con gli inganni, di non saper sostenere gli sguardi, di non aver la risposta pronta, di essere vulnerabile. Bourbon la condusse giù per una breve rampa di scale scure e le mise una manetta al polso legandola ad un palo e confinandola sul fondo di quella che doveva essere la cantina, si voltò e fece per andarsene quando si interruppe un attimo e le comunicò -Non abituarti troppo a questa comodità, a breve avremo ospiti. Gin e Vodka stanno per arrivare. Buon soggiorno, Sherry.-

A quei due nomi, Ai sussultò e guardò torva il criminale salire le scale ridacchiando tra sé e sé, che cosa ci trovasse da ridere poi quello era un mistero.

 

 

La casa del dottor Agasa si era trasformata in un quartier generale. In poco tempo l'agente Jodie si era presentata lì e aveva ascoltato concitata il racconto di tutto, ovviamente Shinichi aveva omesso la parte che riguardava Akai e si era limitato a citare il nome del vicino di casa. Una volta al corrente dei fatti, l'agente del bureau aveva convocato il suo capo James Black, André Camel, che aveva già avuto a che fare con l'organizzazione, e altri dieci agenti fidati e avevano iniziato a pianificare il blitz per salvare Ai e incastrare i criminali. Con sorpresa di molti, fu Conan a condurre la riunione con le sue deduzioni dell'ultimo minuto.

-Abbiamo l'indirizzo. Ho già controllato. È una villa in campagna un po' fuori dalle strade più trafficate. Immagino sia la dimora del capo.-

A quell'affermazione tutti i presenti iniziarono ad agitarsi sulle loro sedie.

-Calma, gente!- li esortò Jodie facendo gesti con le mani -Conan non ha ancora finito.-

-Grazie. Allora, so per certo che i due membri che si erano insediati a Beika stasera non sono qui. Conoscendo il rischio di aver portato l'ostaggio nella dimora privata del loro capo hanno preferito radunare la maggior parte della gente là.-

-Ma perché portarla là? Non era più sicuro da qualche altra parte?- chiese un omone appoggiato al tavolo.

Il detective si schiarì la voce e disse -Sarebbe stato scontato radunare le proprie forze in un magazzino privo di utilità. Volevano depistarci e costringerci a impiegare le nostre forze per la ricerca, ma per fortuna il signor Subaru Okya è riuscito a leggere l'indirizzo. E comunque primo, non credo che sia la sede ufficiale dell'organizzazione, e secondo, se l'hanno scelta significa che avranno delle difese opportune.-

James Black sospirò ironico -Ci sarà da divertirsi.-

Fu Camel, però, ad organizzare gli spostamenti, evidentemente istruito da Akai -Allora, ci si muoverà in due per ogni auto. Due coppie andranno là ora e si metteranno di supporto nascosti, tre bloccheranno le strade d'accesso isolando la casa. Io, Jodie, James e il piccoletto arriveremo dieci minuti dopo l'inizio dell'operazione.-

-Tenete a disposizione le ricetrasmittenti, nel caso serva il vostro intervento.- aggiunge il capo Black -E ora andate.-

Gli uomini iniziarono subito a mettersi all'opera e in meno di due minuti se ne erano già andati tutti. Shinichi, come promesso, mandò un messaggio ad Heiji con i dettagli del piano e aggiunse quello che era facilmente interpretabile come un addio. Ripose il telefono nella tasca e si avviò deciso verso la porta salutando con un breve cenno il dottore.

 

 

Heiji era nervoso, continuava a cambiare lo sguardo da un posto all'altro battendo il piede. Non gli era mai piaciuto attendere e men che meno starsene in disparte, ma Shinichi gli aveva chiesto aspettare sue notizie e lui aveva dovuto obbedire, dopotutto quello era il suo caso.

Le ragazze erano ancora sveglie nonostante l'ora perché stavano attendendo il ritorno di Kogoro e di Conan che a detta di Heiji non si era sentito bene ed era rimasto per un po' dal dottor Agasa; chiacchieravano sedute sul divano e sembravano in vena di cospirazioni a giudicare dai loro bisbigli, ma erano ignare di tutto, ignare dello scontro che stava per consumarsi, ma ben presto se ne sarebbero rese conto purtroppo.

Il detective dell'ovest sentì il telefono vibragli in tasca e lesse il messaggio lasciatogli dall'amico. Il piano che avevano strutturato era a dir poco suicida, ma non avevano altra scelta per salvare Ai se non entravano nello stabile. Ciò che però colpì di più il ragazzo furono le ultime righe: Non so se stasera andrà tutto bene, amico mio. Per quanto mi riguarda farò di tutto affinché l'organizzazione sia debellata. Se qualcosa andasse storto agisci come meglio credi e so che andrà bene. Di a Ran quanto la amo e ricordale: “Se potessi liberare il mondo dalla tua presenza e farla finita con te sappi che accetterei volentieri anche la morte per il bene della comunità.” Shinichi.

-Stupido!- disse ad alta voce in tono triste -Lui e la sua teatralità!-

Le due giovani vennero attirate da queste parole e gli chiesero a chi si stesse riferendo.

-Nessuno, ragazze, nessuno!- tentò di deviarle, ma Kazuha non gli credette e riuscì, facendogli il solletico, a sottrargli il cellulare ancora aperto sulle ultime righe del messaggio di Shinichi e lo lesse allibita.

-Oh, mio Dio!- esclamò con una mano sulla bocca dallo stupore e passò il telefono all'amica che mormorò a metà via tra l'imbarazzato e il preoccupato -Che significa, Heiji?-

Il ragazzo fissò prima Kazuha, che lo guardava accigliata, e poi Ran, che invece era sbiancata, fece per parlare, ma un'elegante voce femminile lo fermò prima prendendo parola.

-Significa che è ora di conoscere la verità, my dear angel.- Vermouth caricò la pistola e la puntò contro Ran che lasciò cadere a terra il telefono di Heiji; questo volò ai piedi della donna che senza distogliere lo sguardo dai ragazzi si abbassò per raccoglierlo e lesse anche lei le ultime righe.

-Oh, ma che romantico.- commentò, poi lanciò il cellulare al suo proprietario e ordinò -In macchina. Tutti e subito. Nessuno provi a fiatare o fare scherzi. Ho il grilletto facile stasera. Heiji Hattori, hai mai guidato?-

-Una volta, il mese scorso.-

-Allora sali al volante e segui il navigatore. Veloci, non ho tempo da perdere.-

La criminale li portò ad un'auto grigia parcheggiata appena sotto l'agenzia e li obbligò a montare su e lei si accomodò sul sedile del passeggero continuando a puntare la pistola contro Ran.

Heiji mise in moto e partì seguendo le indicazioni della voce artificiale del cruscotto, ma in realtà stava più che altro pensando a come uscire da quella situazione... se solo Kogoro fosse stato in casa... ma lui era a giocare a carte con gli amici e non poteva certo aiutarli. In più non poté far a meno di considerare che Vermouth aveva proprio azzeccato l'ostaggio; se le fosse successo qualcosa Shinichi non glielo avrebbe mai perdonato e quindi non avrebbe potuto tentare niente per liberarsi.

In poco tempo furono su una strada di campagna buia, ma la donna intravedendo qualcosa di luminoso in fondo disse -Non qui. Gira a destra.- e spense il navigatore iniziando a dare lei le indicazioni.

 

 

Tutti gli agenti erano ben disposti e Conan, Jodie, James e André erano pronti all'azione. Si erano accordati affinché fosse Conan, il più piccolo a entrare nella siepe ed arrampicarsi sulla cancellata entrando dalla veranda che pareva non sorvegliata. La grande villa era in stile occidentale con un porticato che ricordava quello della Casa Bianca, evidentemente fatto appositamente per protezione da sparatorie eventuali. Le finestre erano poche e quasi tutte buie, ma la veranda dava direttamente sul salone ed era relativamente facile arrivarci se si stava attenti alle telecamere a rotazione che riprendevano il giardino ben curato e immenso. Non c'era altro modo di entrare se non quello aprire dall'interno e Conan era l'unico in grado di entrare senza essere visto.

Il bambino prese un respiro profondo e fece penetrò dentro la siepe intricata dando il via all'operazione. Arrivò al muro che culminava con alte punte aguzze e vi si arrampicò gettandosi all'interno del giardino; cadde sulla soffice erbetta trapiantata a zolle, corse verso i punti ciechi della zona e in breve tempo riuscì a raggiungere la veranda. Sospirò deciso, dette un ultimo sguardo al cielo notturno immaginandosi tra le stelle il volto splendido della sua Ran, girò lentamente la maniglia della porta ed entrò chiudendosi il mondo esterno alle spalle. Strisciò cauto attraverso il salone aspettandosi chissà quale trappola da un minuto all'altro, diede un rapido sguardo all'ambiente elegante e proseguì nel corridoio. Non aveva bene idea di dove andare, ma si fece guidare dall'istinto. Aprì una prima porta, ma si ritrovò in una cucina estremamente professionale e richiuse subito; poi superò qualche altra stanza ed entrò nello sgabuzzino. Lì si accorse immediatamente di non essere nel posto giusto, ma venne attirato da una scritta su un piccolo armadietto metallico: antidoti. Forzò leggermente la serratura e all'interno trovò ogni sorta di farmaco, liquido, compressa esistente al mondo contro ogni tipo di veleno; c'erano antidoti contro serpenti, arsenico, cicuta, persino un composto preventivo al cianuro, ed ecco che infondo allo scaffalino c'era un piccolo blister di capsule bianche e rosse con una piccola incisione sopra: antidoto APTX.

-Non ci credo!- esclamò sottovoce Conan prendendo in mano le compresse e osservandole come se fossero un tesoro -Dopo tutto questo tempo, ne avevano qui sei belle e pronte?! Se Ai lo sapesse...-

Non fece in tempo a concludere la frase perché un urlo femminile lo interruppe: era la giovane scienziata rinchiusa chissà dove che veniva torturata. Sussultò e pensò rapidamente “Se prendessi una di queste avrei molte più possibilità contro di loro, tanto sanno già chi sono. Ho visto dei vestiti che dovrebbero andarmi bene qua vicino”. Prese due delle pasticche, una la intascò e l'altra la ingerì preparandosi a stringere i denti. Non si trattò di un agonia molto lunga o per lo meno un nuovo grido di aiuto non gli diede il tempo di pensarci; una volta vestito si fiondò in direzione delle grida e finalmente aprì la porta giusta trovandosi in un ambiente dal candore abbagliante in fondo al quale sedeva voltato il capo degli uomini in nero con accanto Bourbon.

-Benvenuto, Sherlock Holmes. Io sono Moriaty.- si presentò teatralmente la persona nascosta dalla poltrona con voce modificata.

Il giovane investigatore guardò torvo Amuro che gli sorrideva sadicamente e poi si rivolse al capo mentre c'erano alcune nuove urla di sottofondo.

-Dov'è Ai?- ringhiò.

Fu però Bourbon a rispondere -Lieto di conoscerti nei tuoi veri panni, Shinichi Kudo. Non è più d'uso bussare?-

Intervenne il capo con un cenno della mano -Via Bourbon, è solo un ragazzino. Stai cercando Ai? Non conosco nessuno con tale nome.-

Un nuovo grido squarciò l'aria e Shinichi strinse i pugni -Dov'è Shiho Miyano? Dov'è Sherry?-

-Sta pagando per il suo tradimento.- rispose la voce -Non preoccuparti. La raggiungerai presto. Un attimo e Gin e Vodka saranno da te. Poi toccherà ai tuoi amici a cominciare da... come si chiama?-

-Ran.- suggerì Bourbon guadagnandosi un'occhiataccia da parte del detective.

-Oh, giusto. Lei.-

Shinichi ridacchiò -Lei mi sottovaluta. Non sono uno sprovveduto.-

-Lo so, Shinichi Kudo. So molte cose di te. Hai un livello intellettivo a dir poco stupefacente. Le tue capacità deduttive sono fuori dal comune. Non sei molto diverso da me.-

-Si sbaglia. Io credo nella giustizia, lei è solo un pazzo.-

-Eppure entrambi siamo molto capaci...- un urlo lo interruppe e così il capo spazientito fece un cenno ad Amuro che corse a una porta laterale e la spalancò gridando -Il capo vuole silenzio. Venite su.-

Si sentirono vari passi e i due uomini in nero, Gin e Vodka, entrarono nella stanza con un sorriso malvagio stampato in volto.

-Oh, Shinichi Kudo. Duro a morire quanto la tua amichetta, eh?- commentò Gin anche se non si capiva a chi si riferisse tra Ai e Ran.

Il ragazzo si squadrò a fondo i nuovi arrivati notando alcune tracce ematiche su mani e vestiti: la stavano torturando davvero laggiù.

-Stavo dicendo- riprese il capo -che io e te siamo allo stesso livello. Entrambi vediamo le cose in grande, vogliamo la gloria, amiamo dare ordini, i nostri piani sono articolati con un livello superiore. Mi auguro che non crederai che i miei dipendenti facciano tutto con la loro testa.-

Shinichi comprese finalmente tutto in un lampo, ma non lo diede a vedere e ridacchiò con fare sicuro -Immaginavo che dietro a tutto ci fosse lei. Anche quella volta al Tropical Land si è trattato tutto di un suo piano. Sapeva che potevo rovinarle i piani da un momento all'altro e ha fatto mettere su quella recita per eliminarmi in gran segreto.-

-Stupefacente.- commentò il capo senza vero interesse.

-Ma sapeva anche che quel veleno non era letale, o sbaglio?-

-Di per sé no. Tu eri il primo test umano e qualsiasi cosa ti fosse successa mi sarebbe andata bene. Sherry non aveva informato nessuno del suo effetto, ne di quello dell'antidoto da lei creato. Speravo solo ti eliminasse del tutto, ma tutto sommato non sono affatto dispiaciuto che tu sia vivo. Unisciti a me e insieme faremo grandi cose. Il mondo sarà ai nostri piedi. La giustizia trionfa solo nei cartoni animati, ma io e te potremo diventare la vera giustizia. Pensaci! Due menti come le nostre unite potrebbero carpire i segreti più recogniti di tutto il mondo e dominarlo!-

-Lei è psicopatico. Dovrebbe sapere che non farò mai una cosa del genere!-

-Bhè, non so quanta scelta tu abbia. Non so se hai capito, ma è l'unico modo che hai per salvare... come posso dire... capra e cavoli.-

Il detective si irrigidì. Era questo allora il piano! Fare in modo che non avesse alcuna scelta se non quella che diventare uno di loro. Era l'unico modo per far sì che i suoi amici non fossero toccati perché fino a che lui era vivo anche loro lo erano.

-E così non avrei alcuna scelta?- cercò di prendere tempo per pensare. Heiji doveva tenere sotto controllo la situazione a casa, ma se non ci fosse riuscito?


Angolo Autrice:
Buonasera! Vi sono mancata? (affatto n.d.tutti)
Beh, la mia vacanza si è conclusa (sad!) e quindi come promesso ecco l'aggiornamento che spero sia di vostro gradimento 
Mercì e Bye bye!
A_K

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

-E così non avrei alcuna scelta?- chiese Shinichi tentando di prendere tempo per pensare. L'unica cosa che gli serviva era un segnale dall'esterno, qualcosa che gli facesse capire che tutti erano pronti e che stavano per intervenire così lui avrebbe potuto tirare fuori Ai da quella cantina e completare il suo piano senza alcun rischio per i suoi amici a casa. La fortuna però non doveva essere affatto dalla sua parte. In un attimo la porta dietro a lui si spalancò ed entrarono dentro Heiji, Kazuha e Ran; quest'ultima era trattenuta per i capelli da Vermouth che le stava puntando la pistola al sottogola.

-Shinichi...- mormorò stupita la ragazza dimenticando per un attimo la situazione. Aveva solo una gran voglia di corrergli incontro, ma una fredda sensazione alla gola la frenava da qualunque movimento.

-Ran! Lasciala andare immediatamente!- ordinò il ragazzo con voce minacciosa.

-E perché dovrei farlo? Perché così tu possa per scappare con calma? No, affatto. Ora ti unirai a noi e la lascerò andare, anzi lì lascerò andare tutti quanti, ma solo se sarai tu a rimanere.- rispose calma la donna.

Heiji gridò -Non farlo!- ma Vodka, il quale lo aveva bloccato per le braccia, lo strattonò.

-Heiji... io...-

Anche Kazuha intervenne, nonostante fosse trattenuta da Gin, -Shinichi, io non so cosa stia succedendo, ma non pensarci nemmeno ad unirti a dei criminali!-

Shinichi era come in un incubo. Ovunque si girasse c'era bisogno di lui. Ciascuno dei suoi amici era a pochi centimetri da una arma mortale, la sua giovane amica e protetta Ai rinchiusa in una cantina per le torture e il capo dell'organizzazione ancora senza volto lo stava esortando a scegliere se condannare a morte sé stesso e tutti i suoi amici o se condannare solo sé stesso a un esistenza riprovevole. Gli girava la testa, vedeva tutto sfocato, colpa anche della compressa di sostanze chimiche che aveva ingerito; non aveva dubbi su cosa fare. Aveva scelto di sacrificare sé stesso per il bene di tutti molto tempo prima, aveva perso la sua vera vita per quasi due anni, aveva visto tanti dimenticarlo, andare avanti come se non fosse mai esistito, era rimasto nell'ombra lottando con tutto sé stesso per evitare di rivelarsi al mondo, tutto per amore. Anche la scelta di quella sera era dettata dall'amore; la sua utopia di tornare a vivere felice era appunto sempre stata solo un'utopia e lo sarebbe rimasta. La sua scelta dopotutto era già stata scritta.

Fece un respiro profondo, ma la voce di Ran lo interruppe -Non farlo Shinichi. Per una volta, ascoltami. Ci ucciderebbero lo stesso. Io sono felice anche così.- tossì un paio di volte e riprese -Non fare come Holmes. Tu non sei Holmes, tu sei diecimila volte meglio di lui. Ed io...- tossì di nuovo e concluse con voce rauca -... ti amo per questo.-

Shinichi si voltò verso di lei che non stava piangendo stranamente. Era commossa, ma non piangeva e lo guardava come orgogliosa nonostante la pistola. Il detective sorrise triste e poi guardò anche i suoi due amici -Voi siete con me?-

Kazuha annuì con gli occhi lucidi e Heiji rispose -Fino alla morte.-

Da dietro la porta della cantina si sentì dire -Anche io, Shinichi. Fino alla morte.-

A quelle parole il ragazzo ridacchiò sommessamente e disse -Allora no. Mi avete sentito tutti quanti? No. Io non diventerò mai un criminale. Ho raccolto prove a sufficienza contro di voi perché altri finiscano il lavoro per me. Potete pure uccidermi, ma verrete lo stesso sconfitti perché alla fine è sempre la giustizia a trionfare. Ho raccolto prove a sufficienza perché altri continuino il mio lavoro e piuttosto di essere uno di voi preferisco la morte.-

Il capo sospirò con disappunto -Sacrificheresti persino i tuoi amici?-

-Loro hanno scelto.-

-Speravo di averti convinto, invece... Bourbon, uccidili.-

I ragazzi vennero gettati al centro della stanza impotenti contro dei killer professionisti armati fino ai denti e si strinsero assieme in ginocchio sul pavimento. Shinichi afferrò Ran che si reggeva a malapena in piedi e constatò che aveva la febbre alta; la attirò a sé e le mormorò all'orecchio -Non succederà nulla. Ti giuro che farò quanto in mio potere per tirarti fuori di qui.-

-Va bene così, Shinichi. Almeno siamo insieme.-

Heiji abbracciò Kazuha e, non smettendo di fissare la mitragliatrice che Amuro stava imbracciando, sussurrò -Immagino non sia il momento per dirti che io...-

-Sta zitto. Anche io.- tagliò corto la ragazza. Aveva avuto una vita intera di occasioni per dirglielo ed era rimasto sempre in silenzio, non voleva che il suo ultimo pensiero fosse la certezza di aver sprecato il suo tempo, preferiva averne solo la vaga sensazione.

Bourbon si posizionò di fronte a loro e caricò l'arma. In quel momento la poltrona del capo si voltò rivelando un fisico maschile il cui volto però era coperto da una maschera e con un cenno della mano lui dette l'ordine di esecuzione. Amuro si apprestò a puntare proprio sulla testa di Ran, preparò il grilletto, ma poi urlò sorpreso. Un proiettile era passato a gran velocità sfiorandogli la mano e ferendolo di poco.

-Ma cosa...?- tutti erano intenti a capire cosa fosse successo quando comparve sulla soglia Shuichi Akai con il suo fucile di precisione in mano pronto a sparare.

-Akai!- esclamò Gin -Ma non era morto?!-

-Sono un fantasma, Gin. Venuto per la vendetta.-

Il nuovo arrivato fece appena in tempo a fare l'occhiolino a Shinichi quando anche l'FBI intervenne e il tutto si trasformò in un terribile scontro a fuoco.

Bourbon e Shuichi ingaggiarono una lotta tra di loro e nella confusione generale gli altri di misero a difendere la villa. Il capo stava tentando di scappare da un uscita secondaria, ma Shinichi ed Heiji riuscirono a bloccarlo e iniziarono a lottare contro di lui nel tentativo di strappargli la maschera. Ran e Kazuha riuscirono ad atterrare Vodka con alcuni colpi di arti marziali, ma ad un tratto la casa prese fuoco e scoppiò il pandemonio. Gli agenti dell'FBI stavano avanzando sempre di più e alcuni erano riusciti a penetrare scontrandosi direttamente con gli abili criminali. Nella confusione nessuno si accorse che Vermouth, davvero poco interessata alla cosa, era scivolata nella silenziosamente nella cantina da Ai.

Il fuoco divampava ormai e sia gli agenti che i criminali stavano uscendo fuori per mettersi al riparo. Heiji prese la mano di Kazuha e le gridò -Vieni! Dobbiamo andarcene immediatamente! La struttura sta per cedere! Shinichi seguimi!-

-Arrivo!- rispose il detective che stava ancora combattendo contro il capo aiutato da Ran. Lei gli assestò un buon colpo sulla testa e poi tutti e quattro presero a correre verso l'uscita evitando travi in fiamme e calcinacci al rogo. Un improvviso crollo li separò. I due del Kansai erano sulla soglia in salvo, gli altri ancora nell'inferno divampante.

-Ran!- urlò Kazuha disperata -Ran!-

-Shinichi!- Heiji si unì a lei, ma un nuovo cedimento li fece indietreggiare verso il cancello. Tutta l'ala a destra della villa era caduta e in preda alle fiamme, la speranza che fossero ancora vivi era vana.

 

Tra le fiamme Shinichi prese tra le braccia Ran che era molto affaticata e tornò nello studio. Tra le fiamme il capo era intento a cercare di sollevare una piastrella, un probabile passaggio sotterraneo, ma il detective fu più rapido di lui e lo spinse lontano dall'unica via di fuga oltre alla finestra. Voleva ad ogni costo assicurarlo alla giustizia e per farlo doveva far si che uscisse dove l'FBI poteva prenderlo. L'uomo indietreggiò a carponi alla vista avvolta dal fuoco del ragazzo che avanzava minaccioso verso di lui, tanto intelligente e scaltro da poter distruggere la sua organizzazione così potente; sembrava una figura divina, gli occhi blu rilucevano di bagliore rosso incandescente e l'uomo spaventato da gran codardo scappò dalla finestra un attimo prima che il soffitto cedesse intrappolando Shinichi e Ran all'interno della villa.

-Shinichi!- chiamò la ragazza accucciata a terra per non farsi raggiungere dal fumo.

-Ran! Svelta vieni qui!-

Il detective ansimava in cerca d'aria pura, pensava alla velocità della luce, cercava una via d'uscita.

Odore di gas nell'aria oltre a quello del fumo, calore ora più forte, aria più rarefatta, una sola scintilla, una grande esplosione. Della villa rimanevano solo ceneri.

 

Le grida fuori dall'edificio si fecero più intense quando un enorme botto dalla potente onda d'urto riecheggiò per vari chilometri. I criminali ormai assicurati alla giustizia erano sgomenti per la fine che la loro organizzazione aveva fatto. Il capo era stato trasportato d'urgenza all'ospedale per le ustioni che aveva riportato con degli agenti a controllarlo. Solo uno di loro mancava all'appello: Vermouth. Nessuno pensò che fosse morta nell'esplosione, se ne doveva essere andata prima e con sé doveva aver portato anche Ai, altra dispersa.

Nella confusione generale un urlo disperato si levò da Kazuha; si era accorta che i suoi amici non erano usciti dalla villa. Heiji, accanto a lei, si era appena reso conto di ciò che era successo e stentava a crederci. Aveva perso il suo migliore amico, quello che era il fratello che non aveva mai avuto, aveva perso il suo rivale, quello che rendeva la vita meno monotona. Senza pensarci il ragazzo abbracciò Kazuha e si abbandonò al pianto, era buio e nessuno lo avrebbe visto.

Fu Kazuha la prima a parlare. -Heiji, secondo te... sono...?-

Il ragazzo non rispose e la strinse a sé ancora più forte. La sua razionalità gli imponeva una risposta che non voleva neanche prendere in esame anche se molto probabilmente era la triste verità.

Sopraggiunse Jodie con un espressione preoccupata -Dov'è cool guy? Dov'è Conan?-

Heiji sospirò: era arrivato per tutti il momento della verità e sarebbe toccato a lui dire tutto.

-Vi dirò tutto, ma non qui. Fate quello che dovete fare con quei criminali e poi radunatevi tutti nella vostra sede. Là saprete la verità.-

-Signorina! Ci sono Shinichi e Ran là dentro!- intervenne Kazuha.

-Chi? Ran e... Shinichi?- l'agente guardò Heiji per delle spiegazioni, ma lui fece cenno di dopo.

 

Il sole iniziava già a farsi vedere quanto tutta la squadra si radunò nella sede per le spiegazioni di Heiji. L'organizzazione aveva perso il suo capo e ciò significava che la malavita aveva perso il suo maggior mandante. Era l'alba di un nuovo giorno, un glorioso giorno che Shinichi avrebbe tanto voluto vedere, era il suo giorno dopotutto. Il ragazzo non poté fare a meno di paragonarlo a Sherlock Holmes e al suo scontro con Moriarty. Era successo il contrario: il detective aveva perso la vita e il cattivo era sopravvissuto. Non sarebbe dovuta andare così.

Kazuha era ancora sotto shock. Riviveva l'esplosione e non si capacitava di ciò che era successo; la sua unica ancora era Heiji, lo era sempre stato. Di tutta quella storia c'erano tante cose che non comprendeva, ma si fidava di lui ed era pronta ad ascoltarlo.

Il giovane detective dell'ovest prese posto di fronte alla piccola platea della sala conferenze e iniziò con la voce un po' tremante a raccontare.

-Agenti, grazie per esservi fidati ed aver atteso questo momento. Ciò che devo dirvi è importante ed è un compito ingrato. Intanto Conan Edogawa non è mai esistito.-

Un brusio si levò dalla folla che commentava.

-Era Shinichi Kudo, il detective dell'est, e se non fosse rimasto coinvolto in quell'esplosione questa bella pappardella di racconto ve la farebbe lui e io me ne starei comodo, ringrazio perciò Shinichi per non essere qui e avermi lasciato la patata bollente.- tentò di sdrammatizzare, ma nessuno, nemmeno lui, aveva voglia di scherzare. Sospirò triste e prese a narrare tutto quanto ciò che sapeva. L'intera assemblea ascoltava con il fiato sospeso come la trama di un romanzo; la prima a parlare fu Jodie che con le lacrime agli occhi annunciò -Non importa come è andata a finire. Quel ragazzo ci ha permesso di risolvere un caso a cui stavamo lavorando da anni. Sui giornali apparirà la sua foto e tutto il merito dell'operazione verrà attribuito a lui.-

Tutti annuirono concordi e tra il mormorio generale la riunione venne conclusa.

Heiji andò da Kazuha che dopo quelle rivelazioni era rimasta immobile. Appena le si avvicinò lei alzò la mano e gli lasciò tutte le cinque dita sulla guancia.

-Perché non me lo hai detto?-

-Perché saresti corsa a dirlo a Ran e poi non si sa cosa sarebbe successo.-

La ragazza singhiozzò e si buttò tra le braccia del detective -Oh, Heiji! Ho perso la mia migliore amica!-

-Ci sono io con te e lo sarò per sempre.- rispose lui per consolarla e le posò senza pensare un bacio sulla fronte. A quel gesto entrambi arrossirono, ma non era il momento, né loro erano dell'umore giusto per certe cose.

-Dobbiamo dirlo ai genitori di Ran.- commentò Kazuha tirando su con il naso.

Il detective dell'ovest guardò verso il soffitto per nascondere gli occhi lucidi e si schiarì la voce prima di parlare in modo tristemente ironico -Shinichi, a te onori e a me oneri, eh?-

 

Né Heiji né Kazuha dormivano dal giorno precedente, ma tutta l'emozione che avevano in corpo sarebbe bastata a tenerli svegli per una settimana e poi non potevano certo permettersi di dormire: dovevano avvisare le famiglie di Shinichi e Ran, c'erano due funerali da organizzare e due corpi da trovare. L'FBI aveva richiamato in Giappone i genitori di Shinichi che erano arrivati nel pomeriggio quando ormai gli agenti avevano comunicato che qualsiasi corpo ci fosse stato in quella villa si doveva essere carbonizzato con l'esplosione. Heiji e Kazuha erano quindi sicuri che i loro amici non c'erano più e, una volta riuniti nel salotto del dottor Agasa con Kogoro, Eri, Yusaku, Yukiko e ovviamente il dottore, dettero la notizia. Fu Kazuha a parlare, Heiji aveva già detto abbastanza ore prima agli agenti.

-Signori... sui giornali la notizia uscirà domani. Sono addolorata, dico davvero, io...-

Kogoro la interruppe irritato -Insomma mi vuoi dire dov'è sparita mia figlia con quello sfaccendato?-

-Sono morti.- disse laconico Heiji.

Tutti impallidirono e si irrigidirono

-Come... morti?- chiese Yukiko -È uno scherzo, vero?-, ma le facce dei ragazzi parlavano da sole così la donna si abbandonò ad un pianto tremante seguita ovviamente da Eri.

-Cos'è successo?- domandò Yusaku con gli occhi lucidi.

Heiji spiegò tutto di nuovo senza riuscire a staccare gli occhi dal pavimento; non poteva guardarli in faccia sapendo che forse avrebbe potuto fare qualcosa per salvare i loro figli.

Kogoro era rimasto immobile come se fosse morto anche lui in quel momento; sua figlia non c'era più. Neanche l'altro c'era più. Erano morti insieme per un'indagine, da questo Kogoro non si sarebbe mai ripreso.

-L'avevo detto a mia figlia di stare lontana dai detective privati.- sussurrò Eri tra le lacrime.

-Si amavano, Eri. Non potevano stare lontani.- le rispose l'amica anch'essa disperata.

Seguì un momento di silenzio assoluto, l'unica cosa che si udiva era il tremore delle membra scosse da convulsi attacchi di pianto, fino a che il dottor Agasa, rimasto zitto a lungo, chiese -E Ai?-

I due scossero la testa: di lei non si sapeva nulla, ma a sentire da ciò che dicevano i criminali interrogati era possibile che Vermouth, unica mancante all'appello, l'avesse portata con sé per completare l'opera.

L'anziano sospirò triste e disse -Sarete esausti ragazzi. Venite.-

Li condusse in una stanza con un grande letto candido a due piazze e glielo offrì per riposare; non poterono fare a meno di accettare e una volta sul materasso caddero addormentati abbracciati. Una sola lacrima rigava il volto di entrambi. Il loro dolore era ancora vivo, solo nei loro incubi.

 

Il giorno seguente le personalità più in vista della polizia del Giappone, i parenti, gli amici, i compagni di classe, tutti erano intervenuti alla cerimonia funeraria di Shinichi Kudo e Ran Mori. Molti intervennero con dei discorsi costruiti sull'eccezionale bravura di Shinichi nel risolvere casi e sulla straordinaria dolcezza di Ran in tutto ciò che faceva, ma Sonoko fece uno splendido intervento che commosse l'intera platea dicendo quanto si erano amati ed avevano sofferto in silenzio. Parlò anche Yusaku che lesse un passo di uno dei suoi libri dedicato al figlio e uno dedicato a Ran e aggiunse -Poiché mi hanno incaricato di questo, parlerò a nome anche di Kogoro ed Eri Mori, oltre che mio e di mia moglie. Sono sempre stato fiero di mio figlio. Ha sempre avuto un talento per i guai e ne era sempre uscito bene grazie a una splendida compagna, la sua amica Ran. Io devo molto a quella ragazza, senza di lei mio figlio sarebbe stato molto diverso. Lo ha reso un uomo. Insieme sono nati, cresciuti e ora potranno continuare ad esserci l'uno per l'altra in eterno.-

Prese parola anche Heiji -Hai iniziato ad essere il mio rivale e sei diventato mio fratello. Abbiamo sempre gareggiato su quanti casi riuscivamo a risolvere, ma devo ammettere che hai vinto tu. Non riuscirò mai a superare Sherlock Holmes, e tu sei lo Sherlock Holmes del terzo millennio.-

Kazuha invece dedicò il suo discorso a Ran nonostante avesse le lacrime che le scendevano -Ran era una forte combattente, la migliore che avessi mai visto, sia sul tatami che soprattutto nella vita. Io non so se sarei riuscita ed essere come lei. Sono orgogliosa di averla conosciuta.-

Appena ebbe concluso una nuvola bianca spuntò sopra i due cuscini di fiori e uno stormo di candide colombe volò fuori dal nulla. Kaito Kid era comparso come sospeso nel cielo e aveva posato due rose rosse sulle tombe ornate di rose bianche.

-Per la ragazza più coraggiosa del mondo... per il detective più bravo del secolo. Sei stato un grande rivale, il migliore.-

Sparì prima che qualcuno potesse dire nulla e lasciò la sua ultima refurtiva sulla tomba di Ran: una coroncina con un diamante incastonato al centro, ultimo pegno del ladro del cielo d'argento.

Ormai tutti avevano detto la loro, ma una voce si levò da in fondo alla folla -Vi spiace se dico qualcosa anche io?- Tutti si scostarono sconcertati.  



Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti!
È una vita che non aggiorno qui, chiedo venia. 
Dovrei anche pubblicare l'ultimo capitolo della raccolta di indagini... Dovrò lavorare un bel po'...
Sono stata piuttosto impegnata di questi tempi, perdonate.
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento e che non ci siano errori. Confesso di aver riletto un po' frettolosamente, perdono.
Grazie a tutti.
Baci
A_K 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

-Che cos'è successo?- mormorò con voce rauca la ragazza sbattendo le palpebre disorientata. Si trovava in un cunicolo buio e stretto e percepiva un corpo vicino a sé. Il tutto le ricordava qualcosa come un dejavu.

-Ran.- rantolò il corpo accanto a lei -Ran, dove sei?-

-Shinichi!-

I due si mossero piano sentendo tutte le ossa scricchiolare e si abbracciarono allo scuro, felici di essere sani e salvi e di essere insieme.

-Siamo vivi!- esclamò Ran.

-Avevi dubbi? Per fortuna siamo entrati nella botola segreta che cercava il capo dell'organizzazione un attimo prima che saltasse tutto in aria.-

-Ma ora che facciamo? Come usciamo?-

-Basta seguire il cunicolo, no? Porterà da qualche parte.-

Ancora un po' tremanti si alzarono e presero a camminare sorreggendosi l'un l'altro. Nessuno dei due aveva il telefono con sé e quindi dovettero procedere a tentoni.

-Shinichi? Chi erano quei tizi?-

Il ragazzo sospirò incerto sul da farsi. Pareva logico fosse arrivato il momento della verità, ma l'idea di farlo non gli andava granché a genio soprattutto perché temeva la reazione di Ran; e se non lo avesse perdonato?

-Beh, erano appartenenti ad un organizzazione criminale. I peggiori tra l'altro. Stavo indagando su di loro da tempo... beh, più o meno da...-

-Da quando sei sparito, non è così?- domandò con dolcezza la ragazza.

-Sì, ecco... a proposito di quello, io...-

Ma Ran lo interruppe fingendo di non aver sentito. Non voleva ancora sapere la verità, non voleva arrabbiarsi con lui in quella situazione e restare sola; preferiva aspettare che tutto fosse concluso, non era il momento adatto.

-Mi sono molto spaventata quando ci stavano per uccidere. Non avrei mai immaginato che Amuro...-

Il detective la guardò stranito per un po', stupito dell'interruzione, ma poi si riprese subito sorridendo sornione -Credi che potessi rischiare così tanto? No, mia cara, ero certo che ci saremmo salvati, avevo intravisto Akai pronto con il fucile e così ho solo assecondato il loro gioco.-

-Akai?-

-Un agente dell'FBI.-

-Oh, quindi stavi lavorando con l'FBI?-

-Più o meno, in realtà io...-

-Non saresti mai diventato uno di loro, vero?- lo interruppe nuovamente la ragazza.

Il detective sospiro e si fermò cercando con lo sguardo il punto dove ci sarebbero stati gli occhi di lei -Se non ci fosse stata altra via per salvarti sì, avrei accettato. Tu non devi mai essere in pericolo.-

-Shinichi... io...-

-Sbrighiamoci, vedo una luce più in là.-

Proseguirono per quello che poteva essere qualche centinaio di metri o anche qualche chilometro e uscirono in aperta campagna sotto una pioggia battente che continuava a cadere sempre più intensa. La notte scura era illuminata a sprazzi solo da lampi posticipati da tuoni rombanti che rendevano l'atmosfera ancora più lugubre. Erano a piedi, senza un'idea di dove andare e senza nemmeno un soldo. Erano bagnati fradici e stavano vagando per le risaie deserte tra il fango.

-Cerchiamo un posto per ripararci.- suggerì Ran sotto lo scroscio d'acqua gelata.

-Guarda!- esclamò il detective indicando una casupola ai margini della strada.

-Che ci abiti qualcuno?-

Corsero in mezzo al pantano e arrivarono alla soglia, la trovarono aperta. La casa era diroccata, ma il tetto reggeva ancora e nella sala principale c'erano un caminetto, una sedia a dondolo, una poltrona senza schienale e alcune stuoie. Per fortuna erano rimasti alcuni ceppi di legna e il detective si mise ad armeggiare con alcune pietre e legnetti per produrre il fuoco con scarso successo.

-Ho freddo, Shinichi.- si lamentò Ran stringendosi negli abiti fradici.

-Ho quasi fatto, un secondo.-

Dopo vari tentativi una piccola scintilla riuscì ad accendere il focolare e i due poterono rilassarsi al caldo. Shinichi si tolse la camicia bagnata e la stese sopra il camino per farla asciugare e Ran fece lo stesso con la sua maglia rimanendo in canottiera. Stava per accomodarsi vicino al fuoco quando un forte giramento di testa la fece accasciare al suolo.

-Ran, cos'hai? Ran!- la chiamò il ragazzo nel panico.

-Shinichi...- riuscì a dire prima di chiudere gli occhi e svenire.

-Ran, no, no, no, no! Non fare certe cose, svegliati!-

La ragazza riuscì ad aprire gli occhi per un poco e si vide adagiare sulla sedia a dondolo avvolta nella coperta che avevano trovato per terra.

-Scotti! Hai la febbre alta, Ran! Vado a cercare qualcosa per te!-

-No! Ti prego. Non lasciarmi da sola. Aspettiamo domattina. Starò meglio e andremo insieme. Devi promettermelo. Promettimi che non ti allontanerai!- intrecciò le loro mani in una bollente stretta febbricitante e lo guardò negli occhi blu.

-Non lo farò. Non ti lascerò sola.-

-Grazie.- una lacrima solcò il volto della karateka prima che chiudesse le palpebre e si lasciasse andare al sonno. Shinichi vegliò tutta la notte su di lei con il vento che continuava a sbattere la porta e il fisico che gli implorava un indumento asciutto.

Si risvegliarono quando ormai del fuoco del caminetto erano rimaste solo le grige ceneri fredde. La pioggia aveva smesso di cadere, ma il cielo rimaneva ancora funesto.

-Buongiorno, Ran. Come stai?-

-Meglio, grazie. Ma sei nudo?- chiese imbarazzata.

-Dovevo far asciugare la camicia.-

-Non hai freddo?- domandò togliendosi la coperta e porgendogliela.

Il ragazzo si rimise l'indumento ormai asciutto e scosse la testa; non voleva certo che lei prendesse freddo per colpa sua.

-Ce la fai a camminare?-

Ran si alzò lentamente e si stiracchiò, la febbre non era ancora scesa, ma di sicuro stava meglio della sera precedente.

-Come facciamo a raggiungere Tokyo? Siamo a piedi.- osservò la karateka mentre si rivestiva.

-Troveremo qualcosa.-

Presero a camminare per la campagna zuppa d'acqua con i piedi che affondavano sempre di più ad ogni passo; si sostenevano a vicenda per evitare di cadere, ma avevano l'aspetto di due che si erano appena rotolati nel fango. Proseguirono per alcuni chilometri fino a quando il detective non scorse di lontano un contadino intento a passare con il suo carretto.

-Ehi, signore! Signore!- lo richiamò Shinichi sbracciandosi per ottenere la sua attenzione. Quando il vecchio si voltò per poco non cadde dalla seggiola sconvolto per quella visione -Misericordia! Due shinigami!-

-No, no signore. Si calmi, non siamo shinigami. Siamo solo sporchi di fango.- lo tranquillizzò Ran avvicinandosi con cautela e mostrandosi con le braccia larghe per far capire che era inoffensiva.

-Dobbiamo arrivare a Tokyo. Ci può portare?- chiese Shinichi speranzoso.

L'uomo li squadrò da cima a fondo e poi annuì -Saltate su, ragazzi. Ma si può sapere cosa diavolo vi è successo? Sembrate due demoni dell'altro mondo così conciati!-

Iniziarono così il loro viaggio verso Tokyo, che era piuttosto distante; passarono con il carretto le sconfinate e poetiche campagne giapponesi zeppe di campi di riso allagati per farlo crescere meglio, superarono varie fattorie e casolari antichi e incontrarono i resti carbonizzati di una villa.

-Che cos'è successo lì?- chiese Ran.

-Due notti fa è esplosa una conduttura del gas ed è saltato in aria tutto. L'esplosione si è sentita in tutta la campagna.-

Shinichi fece due più due e capì che quella era la villa della sera precedente “Un momento! Precedente?!”

-Signore, scusi che giorno è oggi?- domandò con foga all'improvviso.

-Beh, è l'otto aprile, perché?-

-L'otto aprile! Ma noi siamo andati là quando era il sei!- esclamò il detective rivolto a Ran che comprese immediatamente.

-Vuol dire che siamo rimasti svenuti un giorno intero?!-

-Sì! C'era qualcosa che non quadrava infatti!-

L'uomo li stava ascoltando stranito per quegli strani dialoghi, ma continuò imperterrito per Tokyo. Dopo molto tempo arrivarono in città e si fecero mettere giù a casa di Ran, ringraziarono il signore e salirono le scale non trovando anima viva, ne approfittarono quindi per sistemarsi e rendersi presentabili, ma c'era qualcosa non quadrava.

-Ehi, Ran. Dov'è tuo padre?- domandò Shinichi dubbioso di non vedere nessuno; avrebbero dovuto essere preoccupati per loro.

-Non lo so e anzi... ora che ci penso non so neanche dove sia Conan! Oh, poverini! Saranno in pensiero!-

-Beh, ora li andremo a cercare. So che Conan è dovuto partire con i suoi genitori.-

La ragazza si rabbuiò -E non mi ha nemmeno salutato?-

-È stato improvviso.- mentì Shinichi. Si sentiva uno stupido egoista a non raccontarle la verità, ma non era il momento, c'erano alcune cose da sistemare prima di questo come sapere se Ai stava bene ed era ancora viva. Sovrappensiero il detective accese la televisione mentre attendeva Ran e rimase sconcertato dalla notizia che il telegiornale stava trasmettendo.

-...La morte di Shinichi Kudo è stata di sicuro una grande perdita per tutto il Giappone, con le sue capacità deduttive avrebbe potuto rendere molti servizi e onori al Paese. Era un ragazzo molto intelligente e coraggioso. Negli ultimi tempi si era occupato di un grosso caso al quale stava lavorando l'FBI e grazie a lui, ieri notte, i criminali sono stati arrestati. Purtroppo nello scontro il giovane detective ha perso la vita e con lui anche la sua amica d'infanzia, Ran Mori. Il funerali solenni si stanno svolgendo in questo momento al cimitero di Beika...-

Shinichi spense il video e si voltò verso Ran anche lei sconcertata. La ragazza mormorò -Pensano... che siamo morti?-

-Vieni Ran, dobbiamo correre se vogliamo evitare che ci seppelliscano anzitempo!-

Mentre sfrecciavano per la città vedevano i telegiornali sui maxi-schermi far vedere varie immagini dei funerali, le foto dei due “deceduti” e i dettagli delle indagini.

-Oh, no! Mio padre sarà a pezzi!- esclamò Ran portandosi una mano alla bocca.

Shinichi non disse nulla e la condusse velocemente al luogo dove si stava svolgendo la cerimonia; doveva arrivare prima che si concludesse, era già scomparso una volta agli occhi del mondo e non ci teneva ad esserlo di nuovo.

Arrivarono giusto in tempo per la conclusione. La folla era tutt'attorno ai due grandi volti incorniciati da fiori bianchi e stava guardando attonita Kaito Kid dedicare una rosa rossa a ciascuno dei defunti.

-Per la ragazza più coraggiosa del mondo... per il detective più bravo del secolo. Sei stato un grande rivale, il migliore.-

Shinichi commentò sottovoce -Non mi aspettavo che fosse così sentimentale.- poi, quando il ladro candido sparì, alzò la voce e gridò a tutti -Vi spiace se dico qualcosa anche io?-

L'intera folla si voltò sconcertata a guardarli come due fantasmi; tutto taceva, persino i grilli, non una mosca volava. Le loro famiglie si alzarono in piedi allo stesso tempo e Yukiko, velata di nero, un colore che stonava con la sua personalità, chiese attonita con gli occhi arrossati per le lacrime -Sei tu, figlio mio?-

-Sì, mamma. Sono proprio io. Siamo vivi e stiamo entrambi bene.- rispose il ragazzo avanzando lungo il corridoio aperto tra le gente e seguito da Ran -Ma quanta gente...- commentò elegantemente -Vi ringrazio per essere intervenuti così in tanti al nostro funerale, per nostra fortuna però ci sarà tra molto molto tempo, si spera.-

Eri corse ad abbracciare sua figlia e si sciolse in lacrime -Oh, bambina mia! Dov'eri finita!-

-Kudo!- intervenne Heiji sconcertato e felice allo stesso tempo -Sei vivo!- lo abbracciò stretto e lo butto quasi a terra per la foga.

-Ehi! Non ci si libera facilmente di me, Hattori, dovresti saperlo... in ogni caso siamo vivi. Ci siamo salvati per miracolo, ma siamo indenni.-

L'espressione funerea di tutti si tramutò in un grido di gioia per il ritorno dei due che vennero festeggiati come non mai, ma Shinichi stava cercando Ai, voleva sapere se era viva.

Fece un cenno ad Heiji e si appartarono per dialogare in pace.

-Il capo è stato catturato?-

-Sì, tutti tranne Vermouth. L'FBI ormai ha quasi preso anche tutti gli altri pesci piccoli, hai vinto Kudo.-

-Non ancora... chi è il capo?-

-Purtroppo lui è in ospedale. A seguito dell'incendio la maschera di plastica che indossava gli si è fusa in volto e i medici dubitano che potrà tornare come un tempo. Non aveva alcun documento con sé e tutto è andato bruciato nella villa quindi...-

-Stai cercando di dirmi che non abbiamo la minima idea di chi sia?!-

Heiji annuì dispiaciuto, ma l'amico sbuffò irritato senza badarlo e proseguì -Dov'è Ai?-

-Non lo sappiamo, la stiamo ancora cercando. Da quello che siamo riusciti a ricostruire l'ha portata via Vermouth nella confusione.-

Il detective dell'est impallidì -No! La ucciderà!-

-Dove credi che sia?-

Shinichi ci pensò su: Vermouth era una donna spietata, ma aveva avuto più volte pietà di loro soprattutto di Ran; aveva sempre parlato ad Ai come se la conoscesse da tempo; ora nessuno la ostacolava quindi aveva tutto il tempo di preparare un esecuzione teatrale e melodrammatica, dopotutto era un'attrice, e quale luogo migliore per questo se non...

-Il cimitero!-

-Siamo noi al cimitero!-

-No, non questo, ma quello dove sono sepolti i suoi parenti! Aspetta qui, Heiji, torno subito!- detto questo si fiondò di corsa alla meta sfrecciando tra la gente e i parenti.

-Shinichi dove corri?- gli gridò dietro Ran.

-Torno subito!-

“Torno subito” dove l'aveva già sentita questa frase... aveva la stessa sensazione dell'ultima volta, ma ora non lo avrebbe lasciato andare tanto facilmente, lei era stata paziente e lo aveva atteso, ma ora basta. Si lanciò all'inseguimento del ragazzo nonostante tutti cercassero di trattenerla. Corse a perdifiato fino a spomparsi, ma non si fermò e continuò imperterrita a seguire il ragazzo che grazie al calcio correva come il vento.

 

Shinichi era ormai quasi arrivato, ma sapeva che non gli restava molto tempo. Conoscendola, Vermouth avrebbe atteso la fine della cerimonia prima di uccidere Ai ed ora che si era scoperto che erano ancora vivi nulla la tratteneva dallo spararle. Sperava solo di arrivare in tempo.

 

 

 

-Sherry, mia cara... hai sentito? I tuoi amichetti sono vivi! Quale gioia, vero?- domandò la donna mentre reggeva con una mano la pistola e con l'altra spegneva la radio. La bambina ringhiò bassa e si asciugò una lacrima che tentava di uscire dagli occhi; erano vivi, stavano bene, lui era tornato non si sa come alla sua vecchia vita e tutto si era concluso per il meglio per loro, poteva anche morire felice ora.

-Dai, che sennò facciamo tardi.-

La donna le prese il braccio e la trascinò giù dall'auto portandola dentro il cimitero e conducendola a strattoni a una bianca tomba sulla quale la gettò.

-A... Akemi M...Miyano?- balbettò la scienziata scoprendosi sopra la bianca tomba della sorella.

-Che tocco di classe, vero? Morire sulla tomba di tua sorella!- la criminale si lasciò andare ad una lieve risata soddisfatta -In piedi! E guardami in faccia mentre ti faccio fuori!- ordinò perentoria.

Sherry deglutì ad occhi chiusi e si sollevò reggendosi sulle sue gambe a fatica, si posizionò perfettamente di fronte al nome della sorella e spalancò le palpebre guardando per l'ultima volta il volto della sua assassina -Fallo!-

La donna rise e caricò la pistola puntandogliela alla testa. Passarono lenti i secondi prima dello sparo. Il proiettile partì, ma non le fece nulla, nemmeno la sfiorò. Ai si ritrovò tra le braccia il corpo di Ran che ansimava reggendosi l'addome ferito e grondante di sangue. In torno a lei c'era solo silenzio; persino la criminale era rimasta sconvolta da ciò che era accaduto e respirava affannosamente immobile. Solo un urlo disperato squarciò l'aria, l'urlo di un giovane uomo innamorato.

-Ran!- Shinichi corse ad abbracciarla incurante di tutto il resto.

Ai era rimasta scioccata. La ragazza si era messa in mezzo tra lei e il proiettile, le aveva salvato di nuovo la vita e stava per perdere la sua sulla tomba di sua sorella: tutto per colpa sua.

Il detective si voltò verso l'assassina con sguardo omicida e abbaiò -Perché l'hai fatto? Dimmelo!-

-S...si è messa... in m..mezzo!- balbettò la donna per la prima volta preoccupata e in seria difficoltà in vita sua.

-Coraggio, sparaci! Dai, tanto! Che ti importa! Finisci il lavoro!- gridò il ragazzo con le lacrime agli occhi che non dovevano uscire per nulla al mondo.

-Io...io...- Vermouth sbuffò e corse alla macchina scappando; dietro di lei Shinichi urlò -Codarda!-

poi il ragazzo rivolse la sua attenzione di nuovo alla sua Ran che stava diventando sempre più pallida.

-Fa qualcosa, Ai!-

La bambina era immobile.

-Aiutala, ti prego!-

Ai deglutì senza aprire bocca.

-AI!-

-Io... non...- scoppiò in lacrime e gridò -Mi dispiace! È colpa mia! Sarei dovuta morire io! Io sarei dovuta morire tanto tempo fa! Prima di rovinare la tua vita, la sua, quella di tutti! Non sarei mai dovuta venire al mondo! Mai!-

Entrambi si abbandonarono alle lacrime, quando Ran intervenne in un flebile suono -N..non... è colpa tua... Ai... no... non... bisogna mai dire quello... quello che hai... detto.-

-Ran, non parlare o starai peggio.- si intromise Shinichi accarezzandole la guancia bianca -Ora ti porto via, in ospedale... ti...- gli si strozzò in gola la parola e singhiozzò.

La ragazza sorrise piano -Da... da quand'è che... piangi in pubblico? Anche da... da piccolo... ti nascondevi sempre... non volevi mai... che qualcuno ti... vedesse.-

-Da quando mi sono innamorato.- gli sussurrò lui a fior di labbra.

-Io... invece... ho smesso... hai visto? N...non piango... più. Non da... da quando sei... con... me.-

le loro labbra si toccarono per brevi istanti poi arrivò l'oblio.

 

 

 

 

 

Bip... Bip

-Ce la farà?-

Bip... Bip

-È forte.-

Bip... Bip

-È colpa mia... Scusami.-

Bip... Bip

-Svegliati tesoro, ti prego.-

Bip... Bip

-Apri gli occhi. Fallo per me.-

Bip... Bip

-... Dove sono?-

Due forti braccia abbracciarono delicatamente la ragazza bruna stesa sul letto d'ospedale. I macchinari medici continuavano il loro pulsare sonoro rivelando la ripresa di tutte le funzioni vitali.

-È finita?- domandò la giovane con un mezzo sorriso.

Il detective le rivolse un breve cenno del capo accompagnato da un gran sorriso.

Shinichi non era mai stato più contento di vedere quei meravigliosi occhi color indaco della sua Ran.



Angolo Autrice:
Eccoci alla fine della storia! YE! 
Spero vi sia piaciuta.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato o anche solo letto ;)
Bye, alla prossima. ^^
A_K

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