La mia vita dopo Gus.

di FraSilverlight99
(/viewuser.php?uid=748320)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ricordo di lui. ***
Capitolo 2: *** Il mio amico Isaac. ***
Capitolo 3: *** Fuori l'ospedale. ***
Capitolo 4: *** La lettera di Caroline. ***
Capitolo 5: *** Un incontro inatteso. ***
Capitolo 6: *** Jonathan Mathers. ***
Capitolo 7: *** Al cimitero. ***
Capitolo 8: *** Una sorpresa incredibile. ***
Capitolo 9: *** Al cimitero da Gus. ***
Capitolo 10: *** Maschio o femmina? ***
Capitolo 11: *** Sconvolta. ***
Capitolo 12: *** La fine. ***
Capitolo 13: *** Isaac. ***
Capitolo 14: *** Il mondo ha nuovamente un colore. ***



Capitolo 1
*** Il ricordo di lui. ***


Mi chiamo Hazel Grace Lancaster. Da una settimana il mio unico vero amore, Augustus Waters, è morto e io da allora non faccio altro che piangere nel mio letto mentre leggo il libro che ha creato il nostro amore: un imperiale afflizione. Mi tengo stretta alle sue lettere e al pensiero del suo sorriso che, nonostante la sua malattia, fino all'ultimo non mi ha lasciata. Poi mi tengo dentro di me ciò che davvero ci ha fatti conoscere: il cancro. Sembra stupido,vero? Eppure da quando lui è andato via questa mi sembra l'unica cosa che lo faccia essere davvero qui, accanto a me. Questa settimana sono andata in ospedale almeno quattro volte. I medici hanno detto ai miei genitori che devo reagire e che non devo permettere che il cancro mi uccida così. Papà si è messo a piangere. Io stavo per replicare:"Ma io non voglio morire..." ma poi mi sono resa conto che stavo per aggiungere:"Ma non voglio nemmeno vivere senza il mio Gus." Mi fa paura il mondo da quando lui non c'è. Mi sembra più scuro, con molti sorrisi in meno e molta più tristezza e io sono un viso che si dispera in mezzo ad altri mille visi disperati come me. Era lui che prima mi dava la forza di vivere. Mi ricordo che mi disse:"È una bella vita, Hazel Grace, okay?" E io avevo risposto:"Okay." Ma quella volta ci credevo davvero. Ora di tutto quello in cui credevo e speravo ne è rimasto solamente un pensiero sbiadito che andrà piano piano a scomparire. Anche lui è diventato un pensiero sbiadito. Continua a pavoneggiarsi nel mio cuore senza mai farsi trovare.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il mio amico Isaac. ***


Ho paura di quello che sta accadendo e l'unica persona che è capace di farmi ridere e farmi stare bene è Isaac, un mio carissimo amico e amico di Gus. Lo ammiro molto, perchè nonostante la sua cecità non si scoraggia ne si commisera, come invece a volte faccio io. Mi viene a trovare spesso, e insieme ci raccontiamo i momenti passati insieme prima dell'inatteso funerale. Fa male ricordare, ma entrambi ricordiamo Augustus come un ragazzo allegro e catastroficamente esilerante per cui ridiamo sempre anche se appena finiamo di parlare cominciamo a guardarci intorno (più che altro io) e con aria triste scrutiamo la stanza che ci circonda. I miei genitori persistono nel rimanere con me all'ospedale, anche se stanno quasi sempre o in sala d'attesa o in giardino a camminare e a me va bene così, perchè ogni volta che entrano non sappiamo mai di che parlare e così loro mi chiedono:"Come stai?" e io non sapendo cosa rispondere dico loro:"Sto." e cominciamo a parlare di me e del cancro e finiamo per piangere. Anzi, solo loro, io ormai mi sono abituata all'idea di essere malata, ma i miei a quanto pare no. Delle volte, anche se loro non lo sanno, li vedo mentre mi osservano con inguaribile preoccupazione ed ansia dal vetro della mia stanza, intenti a parlare, a parlare di me. Sono sinceramente dispiaciuta per loro, ma io ce la sto mettendo tutta e sono determinata a vivere, perchè nonostante tutto il dolore ho deciso di guarire e di sopravvivere, di sopravvivere per Gus. E anche se so che la mia situazione è precaria e che potrei morire da un momento all'altro, io ti giuro amore che combatterò e che passerò i giorni che mi restano ridendo e godendomi ciò che ho. Avevo intenzione di andare a trovare i genitori di Augustus, ma c'è stato un cambio di programma e sono loro che vengono a trovare me, in ospedale. Credo che vedendomi e standomi vicino abbiano la sensazione di avere vicino loro figlio, ma non è così, io non sono lui. Ma non glielo dirò, se pensano che in questo modo possano superare il lutto li lascerò fare. Anche perchè mi fa piacere vederli. Mi piace vedere in loro il mio Gus. Aveva lo stesso fisico del padre e gli stessi occhi della madre. Ma loro non sono lui e così quando me ne rendo conto mi salgono le lacrime agli occhi e tento disperatamente di ricacciarle indietro. Ti amo Gus, vorrei rivederti anche solo per qualche ora...e vorrei che quelle ore non finissero più.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fuori l'ospedale. ***


Col passare dei giorni migliorai e sono potuta tornare a casa con i miei genitori. Loro erano felicissimi, è sempre così quando mi dicono che temporaneamente sto bene e che posso tornare alla vita di sempre, c'è un profondo respiro di sollievo e poco dopo ritorna la preoccupazione per quando saremmo dovuti tornare. A me ormai non cambia nulla, stare a casa o in ospedale è uguale, anzi, da un certo punto di vista l'ospedale è persino meglio, almeno lì c'è parecchio via vai di gente e non hai il tempo di pensare perchè sei troppo impegnato a fingere di stare bene e a fare sorrisi falsi alle infermiere. Domani mi verrà a trovare Isaac a casa. Di solito giochiamo a Counterinsurgence 2: The Price of Dawn, un gioco che faceva impazzire Gus, ma da quando lui se ne è andato non ce la siamo sentiti, quindi probabilmente vedremo un film, oppure rimaremo a parlare come sempre. Gli avrei voluto proporre di partire e andare da qualche parte all'estero per distrarci, ma i miei me lo hanno severamente proibito visto le mie condizioni. Come se quando partii con Gus per Amsterdam stessi bene. Ma non voglio litigare, voglio stare tranquilla, solo che mi aspettavo una maggiore comprensione da parte loro, sarebbero potuti venire entrambi insieme a me e Isaac e se mi fosse successo qualcosa sarebbero intervenuti subito portandomi nell'ospedale più vicino della città. Ma a sentire loro sembra che non ci siano ospedali lì e che quindi con tutta probabilità morirei dopo il primo giorno di vacanza. Però era anche vero che non stavo propriamente bene, ed era stata un eccezione quella di farmi tornare a casa, infatti il medico mi aveva detto:"Ti prego di restare a casa, Hazel. Non farmi pentire di essere stato buono." Così devo rimanere confinata in queste mura che ora più che mai tengono "vivo" il pensiero di Gus. Ogni ogetto nella mia stanza sempra impregnato di un nostro momento passato insieme. Sto male senza di lui, lo vorrei qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La lettera di Caroline. ***


Mi fa sempre impressione entrare in camera di mia sorella, la rivedo sempre sulla sua scrivania mentre leggeva uno dei suoi soliti libri fantasy. Non mi sono ancora abituato all'idea della sua morte, eppure mi sono reso conto del tempo che è passato e che dovrei rassegnarmi all'idea che lei non è più qui vicina a me, che non sentirò più la sua voce fino a quando non la raggiungerò. Così mi sto facendo forza e ora sono nella sua stanza intento a capire cose di lei che fino ad ora avevo ignorato. Mi sento un ladro in casa mia, non mi piace rovistare tra i cassetti di Caroline. Ma vorrei conoscere ciò che viveva, a chi voleva bene e cosa provava durante quella che sarebbe dovuta essere la sua adolescenza. Tutto ciò che era in bella mostra era un groviglio di libri. Erano dappertutto, sulla sua scrivania, sul letto, e la libreria ne era piena. Caroline se ne cibava, a volte pensavo che tenesse di più ai libri che a me. Ma anche se fosse stato così, come avrei potuto biasimarla? Io per lei c'ero quasi mai, invece loro erano per sempre, loro la facevano distrarre dai suoi problemi, qualunque essi fossero, la facevano divertire e la facevano sognare. Viveva in un mondo tutto suo, un mondo in cui esistevano maghi, streghe, vampiri e lupi mannari. Era più con loro che con noi e spero che adesso, con la sua morte, li abbia raggiunti. Mi sentirei più tranquillo sapendola là nel posto magico nel quale si rifuggiava da sempre e nel quale avrebbe voluto disperatamente vivere. La cameretta è rimasta intoccata da quando Caroline non c'è più e quindi è nel disordine più totale. L'ordine non era mai stato il suo forte, lo so bene, io e lei eravamo persone completamente diverse, ma non me ne era mai importato, nonostante ci fosse tanta diversità e tanti litigi, Caroline rimaneva sempre mia sorella, alla quale volevo, anzi voglio, tutto il bene di questo mondo. Mi siedo sulla sedia e comincio a leggere alcuni fogli che trovo sulla scrivania. Sono appunti di scuola, di qualsiasi anno, anche delle elementari. Ci sono anche temi e verifiche, dove sopra sono scritti in rosso tutti 9/10. Era bravissima a scuola nonostante leggesse tantissimo. Sapeva che se avesse voluto un futuro doveva studiare e aveva preso la cosa abbastanza seriamente. I miei genitori erano e sono fieri di lei. Mi avvicino di più al fondo del tavolo e noto una busta. Una lettera. Era per August Waters. La leggo e corro in cucina dai miei. < MAMMA, PAPA' > Urlo mentre corro, loro si girano di colpo chiaramente preoccupati. L'unica volta in cui sentivano chiamarsi urlando era quando Caroline li chiamava di notte perchè si stava sentendo male, e loro ancora non si sono ripresi da quelle urla. Le sentono ancora. Una volta li vidi correre in camera di mia sorella e poi piangere dicendo < Mi sembrava di averla sentita chiamarmi. > < Cosa succede? > mi chiedono. Io porgo loro la lettera, la leggono con le lacrime agli occhi poi la richiudono e leggono cosa c'era scritto sul davanti: Vi prego, consegnatela al mio amore Augustus Waters. < Devo andarte a darla ad Augustus! > dico appena poggiano la lettera sul tavolo. < Non se ne parla, la consegneremo io e tuo padre quando finiremo di lavorare. > Stringo i pugni. Non avevo mai conosciuto Augustus, e ora voglio conoscere colui che aveva fatto battere così forte il cuore di mia sorella. < Sì, fra nove mesi, o quando sarà. Voglio parlare con lui, voglio parlare con Augustus. Caroline mi aveva fatto tantissimi favori, ora voglio fare io qualcosa per lei. > Loro abbassarono gli occhi. E' in questi momenti che rimpiango il trasferimento. Prima mi sarebbe bastato attraversare un quartiere per parlare con lui, ora dovrei attraversare l'oceano. < Okay, vai, ma sta attento. > Esco in fretta e furia dalla stanza a preparare la valigia. Non ci posso credere, mi hanno dato il permesso di partire. Tranquilla sorellina, consegnerò io la tua lettera ad Augustus. Ti voglio bene, e te ne vorrò per sempre. La distanza, perchè questo ci separa e non la morte, non è nulla, prima o poi diminuirà, fino a scomparire, e quel giorno potrò riabbracciarti. Fino a quel momento continuerò a prendermi cura di te da lontano.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Un incontro inatteso. ***


Nonostante non trovassi più così tanta differenza fra casa mia e l’ospedale, uscire da quest’ultimo, era sempre un piacere, infondato, ma pur sempre un piacere. Sentire dopo tanto quell’odore famigliare era quasi confortante, come se la casa mi dicesse: < Visto? Anche questa volta ce l’hai fatta. > e oltretutto quell’odore di medicinali, era nauseante, sapeva di morte e ora che mi ero decisa a guarire volevo tutto tranne sentirlo. Isaac era venuto a trovarmi subito dopo il mio rientro. Era sempre così carino. Da quando Augustus ci aveva lasciati, entrambi eravamo diventati morbosamente gelosi e attaccati l’uno all’altro, come se entrambi scambiassimo l’altro per il fantasma della persona che ci mancava terribilmente.. ma naturalmente sapevo che lui era solamente Isaac e non Gus, e mi andava bene così, era un mio grande amico, uno dei migliori, anzi il migliore. Era diventato il mio migliore amico e non potevo sopportare di perdere anche lui, ecco la verità. Credo che per lui sia lo stesso, e ne sono felice, senza Isaac non so come avrei fatto, mi aveva reso quella terribile e insopportabile perdita meno insopportabile col passare del tempo. Avevamo deciso inoltre di andare a fare visita ai genitori di Gus, per ripagarli della cortesia di essermi stati così vicini durante il travaglio passato in quei giorni e per il semplice piacere di far loro visita. Così insieme a mia madre cominciamo a incamminarci verso la macchina, io con lo zaino in spalla e Isaac sottobraccio e mamma davanti mentre ci apriva lo sportello per farci entrare. < Grazie Hazel.> gli sorrido, gli passo una mano fra i capelli e dico:< Ma figurati. > Era adorabile nel suo modo di non commiserarsi, mi ringraziava sempre senza amarezza e dolore nella voce, ma con un tono che aveva il dolce suono della bella vita. < Puoi partire, mamma. > e mentre aspetto che il motore si accenda cerco di immaginarmi il tratto di strada da fare per arrivare a casa di Gus. Era un bel po’, ma con lui era tutta una risata e il tempo volava, tanto che i chilometri che separavano le nostre case sembravano essersi trasformati in metri. Mi piace viaggiare con la mamma, tranne quando lei tira fuori il discorso Cancro, ma adesso sono consapevole del fatto che sto andando a casa di Augustus senza lui e che quelli che erano diventati metri, ora sono ridiventati chilometri impercorribili, perché nessuna strada mi avrebbe mai più portata dal mio amore. Ricaccio indietro le lacrime e mi concentro sul paesaggio che sorvoliamo ad ogni metro. Arrivati a casa di Augustus aiuto Isaac a scendere e dico a mamma:< Ciao, a dopo. Ti chiamo io quando ce ne staremo per andare. > Annuisce con la testa e la guardo mentre si allontana per la strada. Suono al campanello e la madre di Gus ci apre. < Oh Hazel, che bello rivederti. > e mi abbraccia, fa lo stesso con Isaac. < Anche per me è sempre un piacere vedervi. > le dico con un sorriso, poi percorro il salotto e vado ad abbracciare il padre di Augustus. Infine, al solito: ci sediamo, la madre di Gus ci prepara tè e pasticcini e io e Isaac cominciamo a parlare imbarazzati, anche se non sappiamo ancora bene da cosa. E’ bello parlare con i genitori di Augustus, sono persone molto aperte e di grande ampiezza nelle idee, senza alcun pregiudizio. Passate due ore, mi sento opprimere dalla tentazione di andare di sotto, nel regno di Augustus ancora una volta. La mamma di Gus che probabilmente mi aveva vista osservare la scala che portava al piano di sotto mi dice:< Va pure se vuoi, Hazel. > sorrido e le dico solamente:< Grazie mille. > e scendo insieme ad Isaac. E’ tutto come la prima volta che scesi con Gus laggiù, solo con qualche trofeo in meno che erano stati spaccati da Isaac quando la sua ragazza Monica, lo aveva lasciato. L’ordine che Gus aveva è sorprendente, nemmeno io che sono una ragazza tengo così in ordine la mia stanza. Ma lui era Augustrus Waters, il ragazzo diciassettenne più diverso degli altri in questo mondo, e a volte me ne dimentico. Lo amavo e lo amo ancora, e mi piace rimanere con l’idea, anche se triste, che lo amerò per sempre, perché un amore così era eterno. < Non è cambiato nulla. > dico ad Isaac. Lo aiuto ad accomodarsi e cominciamo a ricordare episodi passati insieme. fino a quando non so come, presi dal sonno, ci addormentiamo. Vengo svegliata da un suono frastornante. Era il campanello. Stavo per alzarmi e per andare ad aprire, quando sento dei passi scendere velocemente verso la porta. Così mi rilasso nuovamente. < Salve > sento la madre di Gus parlare con qualcuno, credo sia il postino. a quel nome, mi alzo di scatto e corro su per le scale, mi fermo sulla soglia, guardo il ragazzo alla porta e dico con il viso rigato di lacrime: < Augustus Waters non c’è. E’ morto. >

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Jonathan Mathers. ***


< No, non è possibile. Non può essere morto. > Jonathan Mathers è ancora sulla porta, lo sguardo fisso su di me. < E perchè non potrebbe? >gli chiedo. < Bè, insomma, era così giovane! > mi risponde. < Ti posso assicurare che non sarà di certo la giovane età a fermare ciò che la morte vuole. > Sono cosciente di essere sull'orlo del cazziatone. < Parli della morte come fosse un niente, ma che ne sai tu? > sono arrabbiata come mai prima d'ora, ma facendo sbocciare un sorriso puramente falso gli rispondo: < La morte sta bussando alla mia porta da anni ormai. Siamo quasi migliori amiche. > "Prima di portarmi via Gus lo eravamo, almeno." Penso fra me. Mi fissa il viso. Probabilmente si è reso conto ora del mio zaino "portaossigeno", il mio secondo migliore amico da sempre. < Chi sei? > mi chiede. Mi aspettavo un sincero "scusami" oppure un fasullo "mi dispiace" come fanno tutti, ma da quanto ho capito la cordialità non fa per lui. È una di quelle persone che pensano di sapere tutto e invece sanno quel poco che gli permette di girare fra la gente che davvero sa qualcosa. < Sono la ragazza di Augustus. Tu piuttosto cosa vuoi? > Si gira verso la madre di Gus e dice < Questa è una lettera per Augustus da parte di Caroline. > e le porge una busta < La prenda. Io l'ho letta, e se non posso consegnarla ad Augustus preferisco che la teniate voi. > lei prende la busta e dice < Grazie. > < Mi dispiace signora per la vostra perdita. > le dice e questa volta sembra sincero. < A noi dispiace per voi. Caroline era speciale. > Lui abbassa lo sguardo. < Lo so, e sono sicuro che adesso stanno insieme. Ovunque siano. > Alzo lo sguardo di scatto e lo fisso. < Mi stai provocando? > lui mi guarda. < Dovrei? > < Scusa, ma mi è sembrato che lo stessi facendo. Sappi che ho pieno rispetto per Caroline, ma io ho amato molto Gus, più di quanto sia possibile amare qualcuno. > Sorride come se fossi una ragazzina che ha detto una cosa buffa e fuori dal mondo. < Questo è banale e comune amore. > Lo vorrei strangolare. < Come scusa? > < Il fatto di pensare di amare qualcuno così tanto non è unico, ma il semplice e comune amore, quello che provano tutti. Quello che anche mia sorella ha provato per Augustus. > La vena sulla tempia batte impazzita, come per ricordarmi:"Guarda che l'omicidio è reato quindi calmati." Vorrei tanto che avesse torto, ma visto che non è così dico: < Vaffanculo. > e me ne torno di sotto da Isaac. Lo sveglio solo dopo aver sentito la porta sbattere e essere sicura che quel verme se ne sia andato. Poi chiamo mamma e ce ne andiamo. Mi sveglio di soprassalto. Guardo la sveglia. Sono le 8.00. Mi alzo e vado a fare colazione. Mamma era già in piedi < Ciao mamma. > < Ciao amore. Non ti ho chiesto come è andata ieri. > Sbuffo. < Benissimo. > dico ironicamente , ma non le dico nulla di Jonathan Mathers non mi va di alterarmi. < Prima o poi migliorerà. > dice accarezzandomi i capelli. Apprezzo molto la sincerità di mia madre a volte; aveva detto "migliorerà" e non "passerà" perchè non poteva passare una ferita così. È come una cicatrice che non se ne sarebbe mai andata via. Mangio tutto e poi mi sdraio sul divano mentre vedo la tv, anche se non davano nulla di interessante. Sempre così. Vengo distratta dal dal suono del campanello. È Isaac. < Ciao Isaac. Come va? > gli chiede mia madre. < Tutto bene signora Lancaster, grazie. > Gli sorrido e gli vado incontro. < Hey, ciao. Vieni. > < Ciao Hazel, ti volevo chiedere se ti andava di andare a mangiare un panino con me al parco. > Guardo la mamma che annuisce con la testa. < Certo, volentieri, vado a... > Non faccio in tempo a finire la frase che mi sento lo stomaco rigirarsi. Corro al bagno e vomito nel wc. Mi sento come se stessi in una barca nel mezzo di una tempesta, solo che la barca era il mio stomaco, il mare il mio corpo e la tempesta pribabilmente qualcosa che mi aveva fatto male. < Tutto bene? > è la mamma. < Sì, probabilmente qualcosa che mi avrà fatto male. > Detto ciò mi alzo, mi vesto ed esco con Isaac. Il parco è deserto, a parte qualche bambino che gioca con il pallone. Ci sediamo e lui mi chiede: < Ma cosa è successo ieri? Eri furente! > abbasso lo sguardo sull'erba e comincio a giocarci. < Non mi va di parlarne, scusa. E poi ho fame. Mangiamo? > Senza ribattere lui cerca a tastoni lo zaino e prende due panini. Me ne porge uno. Stavo per addentarlo quando sento una voce chiamarmi: < Hazel Grace Lancaster? > alzo lo sguardo e vedo la figura di Jonathan Mathers sopra di me sorridente.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Al cimitero. ***


< Cosa vuoi? > chiedo a Jonathan Mathers con ben poca impazienza. < Nulla, solo chiederti scusa. > dice con un sorriso da trentadue denti. < Ma tu chi sei? > Isaac gira lo sguardo senza sapere dove guardare. Lui sorride e gli prende la mano. < Sono Jonathan Mathers, fratello di Caroline, l'ex ragazza di Augustus. > ha detto "ex" , forse è vera la motivazione della sua visita. < Piacere,sono Isaac, amico di Hazel e Gus e il cieco del trio, infatti trovo la mia cecità un'ingiustizia! Minchia, anche io voglio avere un cancro terminale ai polmoni, così forse la smetterei di sentirmi il terzo incomodo del gruppo! > scoppio a ridere, mi tengo la pancia e mi asciugo le lacrime.Guardo Jonathan pensando che stia nelle mie stesse condizioni: accasciato a terra per le risate, lui invece ci sta guardando disorientato, probabilmente si aspettava che io mi arrabbiassi, così dissi: < E' tutto okay, facciamo sempre simili battute. > non dice nulla, annuisce e basta. Poi capisco perchè: Caroline. < Scusaci. Per noi è normale scherzare sul nostro schifo. > Scuote la testa. < Tranquilli. > mi guarda. < Posso unirmi a voi? > Ha un modo di fare pena a dir poco sensazionale, così annuisco e acconsento < Okay. > sorride e si siede accanto a me. Parliamo per un pò, poi lui mi chiede: < Ti posso chiedere un favore? > io lo guardo torvo < AH-AH lo sapevo che volevi qualcosa! Non sei qui per semplice cortesia o per scusarti! > lui sbuffa. > Sono venuto qui per entrambe le cose in realtà. Mi so rendere conto dei miei limiti nel linguaggio quando li supero, e con te li ho decisamente superati. Non dovevo parlarti in quel modo. > abbassa lo sguardo e la rabbia che mi ero portata con me fino a poco prima svanisce, venendo sostituita da un profondo dispiacere nei suoi confronti. < Ad ogni modo, se a te va bene, vorrei andare a fare visita alla tomba di Augustus. Vorrei leggergli la lettera di Caroline e dargli il primo e ultimo saluto, quello che avrei dovuto fargli molto tempo prima se non lo avessi ignorato. > mi spavento. Dopo che Gus era morto non ero mai andata a fargli visita sulla sua "Nuova casa di riposo" se la si può chiamare così, preferivo ricordarlo accanto a me mentre dondolava sull'altalena di casa mia pittosto che tre mentri sotto terra, ma avevo timore a dirgli di no, infondo voleva solo esprimere l'ultimo desiderio di sua sorella. < Okay, ti accompagno. Quando ci vorresti andare? > < Adesso! > < Adesso non si può, non hai nemmeno la lettera, ricordi? Ce l'ha la madre di Gus. > lui mette una mano in tasca e ne pesca una busta sventolandomela poi sotto il naso. < Sono andato a casa di Augustus poche ore fa e l'ho recuperata, come avrei fatto a trovarvi se non l'avessi chiesto a loro? > "Non fa una piega" penso. < Okay, allora riaccompagnamo Isaac a casa e poi andiamo. > lui si gira di scatto e mi guarda, anche se nella direzione sbagliata. gli metto una mano sulla spalla < Okay, okay, sta tranquillo, verrai con noi. > Così raccattiamo le nostre cose e ci avviamo verso l'uscita del parco. < Come arriviamo al cimitero? > chiede Jonathan < Per forza in taxi > rispondo < Io e Isaac non abbiamo soldi però. > < Tranquilli, pago io ovviamente. > il taxi arriva poco dopo, saliamo, diciamo al taxista la destinazione e aspettiamo. Il cimitero è vuoto. Non c'è nessuno. cominciamo a camminare verso la tomba di Gus. Quando la vedo mi fermo e cerco di respirare profondamente. "Devo stare calma" mi dico e avanzo. Poggio i fiori comprati poco prima nel vaso affiancato vicino alla foto sulla sua lapide, anzi, gli compriva metà volto, così con una spinta lo faccio capere e accarezzo la foto di Augustus. Dovevano vedere tutti quale meraviglia il mondo aveva perso. Non dovevo rimpiangerlo solo io doveva rimpiangerlo anche la terra che con monotonia veniva calpestata dalle sue scarpe tutti i giorni, doveva piangerlo la gente in generale, la morte di Gus doveva essere motivo di tristezza per tutti. E anche se è un pensiero egoista, non posso fare a meno di pensare che sia giusto. < Tieni. > Jonathan aveva raccolto il vaso da terra e me lo stava porgendo. Lo rimetto a posto, lontano dalla foto, con i fiori adagiati dentro. Poi Jonathan si avvicina alla tomba e comincia a dire: < Ciao Augustus. So che non mi conosci e che forse saprai che ti ho anche giudicato male quando ancora Caroline era viva, e so anche che pensarai che adesso sia un pò troppo tardi per le presentazioni, ma non ho trovato altro tempo, diciamo. Sono Jonathan, fratello gemello di Caroline, e forse lo avrai capito, se mi stai vedendo, dalla nostra innaturale somiglianza. Lo so, abbiamo gli stessi capelli biondo cenere,gli stessi occhi verdi-marroni e gli stessi tratti del viso... ce lo dicevano in molti. Ad ogni modo, oggi sono venuto da te non solo per parlarti di me e di mia sorella, ma per leggerti una lettera scritta da lei e indirizzata a te, vorrei che la ascoltassi... ovunque tu sia. > detto ciò apre la lettera e incomincia a leggere. < Amore mio, so che ti farà male leggere queste parole, ma come ben saprai mi resta così poco da vivere che ritengo assolutamente indispensabile scrivertele. Con te ho passato momenti meravigliosi, mi hai fatto rinascere la speranza, non so come avrei fatto senza di te. Mi hai sempre sostenuta durante la mia malattia senza mai lasciarmi. Lo so, adesso ti starai chiedendo: "E allora perchè tu stai lasciando me adesso?" bè posso solo dirti che non vorrei farlo, perchè dirti che lotterò e che mi salverò sarebbe una bugia. Per noi la vita si interrompe a metà quando raggiungiamo "Il punto di non ritorno" e io adesso lo sto per attraversare e l'unica cosa in cui sto disperatamente cercando di credere è che tu non mi segua. So che prima o poi passeranno tutti per quella via, ma non voglio che tu l'attraversi stando a metà di un'eterna vita. Perchè tu sei eterno per tutti noi Gus. Tutti quelli che ti conosceranno ti porteranno nel cuore e quel cuore non cesserà di battere nemmeno dopo la morte se ha incontrato prima uno dei tuoi meravigliosi sorrisi. Ti prego anche (per l'ennesima volta) di vivere apertamente anche dopo che io me ne sarò andata. Trova di nuovo qualcuno da amare, e non smettere mai di farlo. Grazie ancora. Ti amo, Augustus. > Ripiega la lettera, tutti e tre piangiamo e non sapendo cosa dire salutiamo Gus e ce ne andiamo. Restiamo zitti fino a quando non arriva il taxi, saliamo e poi sono io a rompere il silenzio, con un urlo. Isaac e Jonathan si girano verso di me allarmati, il taxista accosta bruscamente l'auto e si gira a guardarmi. Sento solamente Jonathan urlare: < HAZEL!> poi perdo i sensi.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Una sorpresa incredibile. ***


Mi risveglio in ospedale. Qualcuno mi stava tenendo la mano: mamma. < Ciao mamma. > lei mi guarda con un sorriso pieno di un piacevole e rassicurante sollievo. < Ciao amore, come stai? > scruto il mio corpo da capo a piedi, poi la guardo come per dire "Secondo te?" < Okay, potresti stare meglio, ma potresti anche stare peggio. > mi dice ridendo. < Oh, certo, hai ragione, potrei stare tre metri sotto terra. > le rispondo scherzando, ma lei non ride, anzi si rattrista, è sempre così quando scherzo in questo modo, a volte dimenticavo che lei non era Isaac e che non poteva capire, così svio il discorso < Allora, cosa ho avuto? > lei mi guarda di nuovo < Non lo so, non me l'hanno voluto dire, sono stati molto vaghi, mi hanno solo detto che hai avuto un mancamento. Vogliono parlare con te. > la guardo perplessa e annuisco. < Okay, falli entrare. > lei esce e si richiude la porta alle spalle. Cosa vorranno dirmi i medici? Temevo che il giorno in cui mi avrebbero detto che non ci sarebbe stato più nulla da fare sarebbe stato come ora, che loro non avrebbero detto nulla ai miei ma avrebbero parlato a tu per tu direttamente con me. Passano i minuti, ma loro non si fanno vedere. Dopo trenta minuti buoni, un medico si degna di entrare. < Ciao Hazel. > io alzo la mano in segno di saluto < Salve. Mia madre mi ha detto che volevate parlarmi. Di cosa? > lui si appoggia sul mio lettino e comincia a giocherellare con le mani. < Senta, se deve dirmi una cosa brutta, lo faccia e basta, non ci giri troppo intorno, sono abituata a ricevere brutte notizie, ormai entro in ospedale con l'idea di non uscirne. Ormai niente mi fa più paura. Nemmeno la morte. > lui sorride appena e mi guarda in faccia per un millesimo di secondo, dopo rigira lo sguardo sulle sue scarpe. < Quello di cui ti vorrei parlare è l'esatto contrario della morte in un certo senso. > lo guardo confusa < Cosa mi sta cercando di dire? > ridacchia sotto i baffi, lo si vede fin troppo bene. < Bè, l'incidente che hai avuto non ha niente a che vedere con il tuo cancro... tu dentro di te ora non porti più solo il tuo male, ma porti anche qualcos'altro... tu sei incinta. Aspetti un bambino, Hazel. > il cuore mancò un battito, il respiro già irregolare sembrò interrompersi, e tutto intorno a me sembrò cambiare. Come è possibile...? E' possibile,vero! Quando avevo fatto l'amore con Augustus... non ci posso credere, sembra tutto così surreale. < Come ha detto scusi? > adesso non nasconde più il sorriso e ride davanti a me < Sei incinta, hai sentito bene, per questo abbiamo preferito parlare prima con te che con tua madre, Hazel. > Mia madre. Come farò a dirlo a lei? Mi ammazzerà come minimo, altro che cancro! Ero destinata a morire, ma non avrei mai pensato che sarei morta per mano di mia madre! < Oddio, sono così confusa, come, come sta il piccolo o la piccola allora? > lui mi prende la mano < Sta bene, Hazel, sta bene, non ha subìto danni. > sorrido. < Bene, l'importante è questo... > < Hazel... tu stai molto male ancora, e lo sai... il tuo bambino non riuscirà a sopravvivere dentro di te a lungo. Devi abituarti all'idea di perderlo. Mi dispiace dirtelo in questo modo, ma il tuo male è grande e lui è così piccolo... le possibilità che lui ce la faccia a vivere il tempo necessario per uscire è remoto. Inoltre ti prenderà moltissime forse che a te servono per vivere. Quello di ieri sera sarebbe dovuto essere una semplice nausea, invece si è trasformata in qualcosa di più grande... tu eri sull'orlo di abortire, è stato un miracolo se siamo riusciti a salvare il piccolo. > mi sento girare la testa, avevo appena ricevuto la notizia di una vita dentro di me, e adesso mi dovrei abituare all'idea di perderla? ma come avrei fatto? Io già lo amo. E' il piccolo mio e di Gus, il nostro bambino. < Lui non morirà. Ce la posso fare. Io lo amo, lui vivrà! Non mi importa della mia vita, tanto sarebbe già dovuta andare a puttane tanto tempo fa... ma lui no, lui è mio figlio e starà bene. > il medico mi mette una mano sulla spalla e se ne va senza aggiungere altro. Passano nemmeno cinque minuti e mia madre entra nella camera e corre verso di me preoccupata. < Amore, cosa ti hanno detto? > non so da cosa cominciare, dalla notte passata con Augustus ad Amsterdam o dal fatto che sono incinta? hmm, è complicato. < Mamma, io... > lei mi stringe la mano e scuote la testa < Amore, qualsiasi cosa sia la affronteremo insieme, ma dimmi tutto. > io abbasso lo sguardo. < Hanno trovato qualcosa di nuovo in me > mamma si porta una mano alla bocca e le si intravedono le lacrime gonfiarsi negli occhi, così mi affretto ad aggiungere < Ma non è una cosa brutta, anzi. è stupenda. > lei mi guarda esaurita < Ma cosa stai dicendo? > prendo un gran respiro, più per prendere tempo che per altro e dico: < Aspetto un bambino, mamma, > mamma si scopre il viso e mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite. < Cosa? E' uno scherzo? > faccio segno di no con l'indice della mano destra. Lei sussulta. < Di Augustus? > annuisco. < Non so cosa dire... sono contenta che tu stia bene ma cavolo! Mia figlia è incinta! Non ci posso credere. > Mio padre che era dietro la porta entra e gli cascano dalle mani diversi sacchetti < Sei i-i-incinta? > chiede balbettando. Annuisco anche questa volta. Poi racconto loro tutto, tralasciando la parte che diceva il prezzo che mi sarebbe costato per tenere il bambino. Loro alla fine mi dissero: < Tranquilla, ce la faremo, tesoro. > sorrido loro e li abbraccio < Grazie. > Torno a casa oggi e mi sento in anzia; dovrò raccontare tutto ad Isaac. Chissà cosa dirà!? Lo aspetto nel pomeriggio a casa per parlare e raccontargli cosa mi era successo. Mi metto sul divano mentre leggo ad alta voce Un imperiale afflizione per farlo sentire anche al piccolo o alla piccola. Dopo gli avrei raccontato anche della storia d'amore fra me e Gus. La deve ascoltare da me e da nessun altro. Suona il campanello e metto via il libro ormai sgualcito per le troppe volte che era stato letto. Apro e vedo Isaac dietro la porta sotto braccio alla madre. < Ciao Isaac, vieni. > saluto la mamma di Isaac e lo conduco sul divano. < Come va? > Gli chiedo. < Bene, tranquillo. > Lui sorride ironico < Cos ti è successo? > lo guardo e vedo la preoccupazione nei suoi occhi anche attraverso le lenti degli occhiali. < Io... ho un problema. > gli dico tutto e finito di parlare lui assume un espressione indecifrabile. < Un bambino? Ma è stupendo! > < Già > gli rispondo, non dirò mai a nessuno di cosa mi sarebbe successo portando dentro mio figlio, mi avrebbero impedito di tenerlo, e io non voglio questo. < E dove sta il problema allora? > < Non esiste > dico ridendo < Sono una stupida. > detto ciò ci vediamo un film mentre lui mette una mano sulla mia pancia e dice < Ciao amore, sono zio Isaac. >

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Al cimitero da Gus. ***


< Tesoro, ti serve qualcosa? > sbuffo e guardo il soffitto < No mamma, grazie. Potresti smettermela di chiedermelo per favore? E' la centesima volta in un minuto che mi fai la stessa domanda! > sbuffa anche lei < Scusa se sono apprensiva perchè mi preoccupo. > < Ti posso capure, ma nemmeno quando avevo il cancro mi trattavi così. > mi osservano ridendo, ma non per la battuta, è più un sorriso, poi capisco: ho parlato del cancro al passato, come se non ce lo avessi più. Mi accarezzo la pancia e dico: < Mi ha fatto dimenticare ogni paura. E' come se quello schifo non ci fosse più, ma non è così, è passato solamente al secondo posto per importanza. > mamma mi accarezza la nuca e mi dice: z E' giusto che sia così, del tuo male ce ne occupiamo noi. > < Grazie mille, solo che non dovrei comunque dimenticare di stare ancora male. > mi bacia sulla fronte e mi dice < Adesso devi rimanere spensierata come eri fino a cinque minuti fa, fa bene a lui...o a lei. Piuttosto, già hai in mente qualche nome? > abbasso lo sguardo per non far vedere che sto per piangere < No... vorrei chiamarlo con un nome che sarebbe piaciuto a Gus, ma non ho idea di quale potrebbe essere. > nessuno aggiunge altro, e sapendo come sono fatta è stato meglio così, mi sarei sicuramente messa a piangere se avessimo continuato a parlare di Gus. Dopo poco mamma annuncia che il pranzo è pronto, e mi sento ancora più sollevata, perchè così sarei stata troppo impegnata a mangiare per concentrarmi su altro. Mi alzo e mi avvcino alla tavola. Adesso mi sembra di essere completamente instabile, perchè con una mano tengo lo zaino e con l'altra mi tengo costantemente la pancia, ho paura che qualcuno o qualcosa possa portarmi via il mio piccolo. La cosa che mi devasta è che anche proteggendolo tenendomi il ventre nulla cambierà, perchè ciò che davvero può prendermelo è il cancro e lui è dentro di me...imprendibile e invincibile. Con questo pensiero comincio a mangiare. Non vengo distratta nemmeno quando il campanello suona; rimango impassibile a guardare il tavolo mentre papà va ad aprire e Jonathan Mathers entra in casa. < Buonasera a tutti. > poi guarda il tavolo e dice con un sussulto < Oddio, perdonatemi, non pensavvo stesse mangiando. > mamma ingoia il boccone e risponde < Non preoccuparti, anzi, vuoi unirti a noi? > scuote la testa < No, grazie, signora Lancaster, ma io in realtà ero solo passato per vedere come stesse Hazel, ma vedo che sta bene, quindi se per voi va bene passerei domani... > mamma annuisce < Certo, vieni pure quando vuoi! > lui fa per uscire ma lo fermo alzandomi di scatto < Aspetta! Mi puoi accompagnare da una parte? > si ferma sulla porta e si gira di scatto < Certo. > vado verso di lui ma mio padre mi prende per un braccio < Ma dove devi andare a quest'ora, Hazel? > io mi scrollo via il suo braccio sul mio e ribatto < Dove sarei dovuta andare appena ho saputo di essere incinta. > detto ciò prendo il mio giacchetto ed esco seguita da Jonathan. Fuori si gela, mi stringo maggiormente dentro la giacca e mi avvio verso la sua macchina. < Insomma dove dobbiamo andare? > mi chiede mentre apre la macchina, io apro lo sportello dell'auto, entro e dico d'un fiato < Al cimitero. Da lui. > lui annuisce e basta, mette in moto e parte. Mi guardo indietro mentre vedo la mia casa farsi sempre più piccola, e vedo i miei genitori affacciarsi, salutarmi con la mano e richiudere le tende. < Grazie. > era stato gentile nonostante i nostri disguidi. < Figurati. E' il minimo. Posso farti una domanda? > annuisco. < Cosa ti è successo quel pomeriggio? > guardando sempre dritto davanti a me gli rispondo: < Lo saprai fra poco, non ti preoccupare. > Il cimitero è deserto, e ad essere sinceri mette anche un pò di ansia. Non è giusto: Augustus non deve stare qui, questo posto non è la sua casa, lui è ancora vivo a modo suo. Non sarebbe mai stato morto, sarebbe rimasto infinito nella sua non indifferente infinità. Mi avvio verso la sua tomba e senza troppa difficoltà nonostante il buoio la trovo. < Ciao Gus, come va? > faccio una pausa come se lui mi stia rispondendo, poi riprendo < Io tutto bene, probabilmente ti starai chiedendo perchè sono qui da te a quest'ora, ebbene non so se hai saputo che mi sono sentita male all'incirca cinque giorni fa... bè no, non è stato il cancro. Lo so, strano eh! Eppure quella volta lui non ha fatto nulla. E' da un pò che rimane tranquillo dentro di me, è come avere uno tsunami, prima è tutto calmo, poi arriva l'onda, e infatti come tu sai quando le cose vanno troppo bene ho sempre paura, perchè tutto è destinato a finire soprattutto lo stare bene, e io sto bene da troppo tempo. Ma non va bene perchè il cancro non si fa sentire, ma perchè... ho trovato di nuovo qualcuno per cui sorridere...aspetto un bambino, Gus...aspetto tuo figlio. > mi asciugo le lacrime che mi rigano il viso e mi fanno bruciare gli occhi. < Adesso lo so che ti starai tempestando di domande, ma ancora non so nulla. Non so se è maschio o femmina, non so quale nome dargli, non so come farò a crescerlo dato che potrei vederlo crescere anche solo fino ai suoi tre anni o forse anche meno... okay, adesso la finisco, lo so, sono noiosa con le mie stupide superstizioni di morte. > Sento una mano accarezzarmi una spalla. E' Jonathan. Anche se vorrei piangere e restare da sola gli stringo la mano e continuo < Okay amore, ora è tardi, io vado ma ci rivedremo presto. Promesso. > accarezzo la sua foto sulla tomba e penso al suo viso talmente perfetto da pensare egoisticamente da poterlo osservare solo io. Poi mi alzo e sostenuta da Jonathan ritorno alla macchina. Salgo e non sento nemmeno accendere il motore che mi addormento.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Maschio o femmina? ***


Oramai tutte le volte che vado a farmi la doccia o che mi spoglio per dormire, non riesco a non far cadere l'occhio sul mio enorme pancione. Dio, se prima ero orrenda adesso cosa sono? Ma a sentire gli altri sono stupenda e io sono l'unica a credermi brutta. Riuscirei a credere solo ad un complimento di Gus in questo momento, lui sì che riusciva a farmi sentire veramente stupenda! I miei genitori e i miei amici non contano, loro in un certo senso sono costretti a farmi dei complimenti e anche se li adoro infatti non credo ad una singola parola detta da loro per rilassarmi. Anche perchè solo io so la verità...solo io so che probabilmente morirò dopo il parto e che l'unica impronta del passaggio mio e di Gus su questa terra sarà solamente il nostro piccolo bambino...o bambina. Già, non so ancora se è maschio o femmina, anche se avrei potuto saperlo da un pezzo, dato che sono sette lunghi mesi che non faccio altro al di fuori di: vomitare, piangere e dormire. Non sono ancora pronta, ma naturalmente non rischierò di arrivare a partorire per saperlo...perchè allora vorrà dire che non lo saprò mai più. < Amore, ci sono i signori Waters per te! > mi risveglio dai miei pensieri e cerco inutilmente di alzarmi. < MAMMA NON RIESCO AD ALZARMI! > sento i zoccoli della mamma affrettarsi su per le scale per venire ad aiutarmi. < Oh, scusami tesoro, l'avevo dimenticato. > una volta in piedi scendo le scale da sola reggendomi alla ringhiera e vado a salutare i genitori di Augustus. < Ciao Hazel, come state? > un'altra cosa che non sopporto è che da adesso la gente mi chiede sempre "Come state'" al posto di "Come stai" Dio santo, io ho sempre un cancro che mi sta uccidendo, non sono guarita! Il mio bimbo non ha sostituito il cancro, è solo una creatura in più nel mio (se permettete) innocente corpo. Ma ogni volta sorvolo con malavoglia su questo dettaglio e rispondo a mia volta < Noi stiamo bene, voi? > e loro rispondono accarezzandomi la pancia: < Bene anche noi, grazie. > ecco, un'altra cosa, (anche se so di odiare metà delle cose che fa la gente) è che non sopporto il modo in cui fissano la mia pancia! Mi verrebbe da dire loro "Ehilà, io sono quassù eh!"... mi stanno letteralmente consumando il ventre solamente guardandolo, prima o poi me ne uscirò con:" Hey, non mi fissate troppo a lungo, mi consumate il bimbo!" e giuro che prima o poi lo farò, sta diventando tutto troppo insopportabile! Amo il mio bambino, non fraintendetemi, odio solamente la troppa premura dei famigliari...e sinceramente; chi non li odierebbe? < Mamma potresti andare a fare il tè? Ho voglia di qualcosa di caldo. > < Certo, ritorno subito. > mi siedo al tavolo con i genitori di Augustus e come al solito senza sapere cosa dire, comincio ad armeggiare con la tovaglia a fiori. Sono loro a rompere il silenzio. < Allora Hazel, come vanno le nausee mattutine? > rido. < Lo sapete, io non sono umana, e le nausee infatti le ho di sera, poco prima di andare a dormire. > mi sorridono e la madre di Gus mi accarezza la mano < Ma dai, falla finita. Sei normalissima. > < Sì certo, sono normalissima come una ragazza incinta e con un cancro terminale. > rido ancora di più, ma loro che come al solito non hanno capito la mia battuta e abbassano lo sguardo. Menomale che c'è Isaac, con loro non so mai come comportarmi, sono così fragili! E pensare che dovrei essere io quella trieste...insomma, sono io quella che sta per morire, non loro; sono io quella che da ormai dieci anni combatte contro il cancro, non loro...ma queste cose non venivano mai prese in considerazione. < Vi volevo chiedere una cosa. > ricominciano a guardarmi. < Io ancora non so se è maschio o femmina, ma vorrei sapere quale nome sarebbe piaciuto a Gus da dare a suo figlio. > si guardano perplessi, chiaro che non si aspettavano la domanda. < Lui ci diceva sempre che se fosse stato maschio l'avrebbe chiamato David o Robert, come due dei protagonisti di Countequalcosa...> < Counterinsurgent the price of dawn > completo io per loro. < Sì, quello...se invece fosse stata femmina ci ha ossessionati sempre col dirci che l'avrebbe chiamata come la sua mamma, senza discutere. > cominciano a salirmi le lacrime agli occhi, le sento. Cazzo, odio piangere davanti agli altri, ma come si può non farlo? Lui riesce sempre a farmi salire una lacrima non importa se di gioia o se di triste commozzione, lui riesce dove in motli falliscono, e parlo al presente perchè ci riesce ancora...nonostante tutto. < Grazie mille per l'informazione, ho intenzione di realizzare il suo desiderio...sappiatelo. > non riescono mai ad essere a loro agio con me, glielo si legge negli occhi, e mi dispiace, ma io non riesco a fingere che non mi importi di queste piccole cose. Ma comunque mi dicono < Grazie. > Il pomeriggio alla fine passò piacevolmente anche se lento come tutti i pomeriggi da sette mesi a questa parte. Passo la serata ossessionata dall'idea di un piccolo David o da una piccola Hazel e devo ammettere che fantastico fra me e me con un senso di gioia che mi invade tutto il corpo e mi pizzica piacevolmente il pancione, per la serie: "Io e le mie strane funzioni motorie e celebrali." Sono le 21.10 quando non ce la faccio più e chiamo Jonathan al telefono. Io: Hey. Lui: Hey. Io: Sto pensando ossessivamente ad una cosa. Lui: A cosa? Io: Voglio sapere se è maschio o femmina. Lui: Questa sarà la decima volta che lo dici in un mese, ma ogni volta che andiamo dalla genecologa ti tiri sempre indietro...non ci casco più! Io: Dai, non fare l'idiota, puoi venire a prendermi? Lui: A quest'ora? Sei pazza? Io: No, la dottoressa mi ha sempre detto che il giovedì fa il turno di notte e che potevo andarla a disturbare quando volevo! Lui: Poi mi spiegherai cosa fa a fare una genecologa il turno di notte, per ora ti chedo solamente di farti trovare pronta fra mezz'ora. Io: Perfetto, grazie mille. Sono le 22,10 quando suona il campanello e urlo dalla mia camera < E' JONATHAN PER ME! > la mamma apre la porta e viene su per aiutarmi ad alzare < Come per te? E dove dovreste andare a quest'ora? > le metto una mano sulla spalla < E' una sorpresa, a dopo. > detto ciò la saluto,salgo nell'auto e dopo due minuti stiamo già sfrecciando lungo la strada. < Tu sei tutta matta, hai aspettato per tre mesi...potevi aspettare almeno fino a domani mattina! > faccio la mia solita faccia da So-tutto-io e rispondo: < Lo so, ho la grande capacità di far stupire la gente grazie alla mia pazzia. > sorride < Ti ammiro anche per questo. > Arriviamo in ospedale dopo poco anunciati da un gran fracasso, dovevamo per forza farci riconoscere! < JONATHAN! Non puoi fare più piano? > < Scusami. > mi dice sussurrando. L'ospedale di notte mi fa paura, è lugubre e terribilmente spettrale, da film horror...ma per me è un film horror anche di giorno, quindi non conta. Vedo una porta in fondo al corridoio aprirsi e la dottoressa uscire. < Ragazzi, ma che ci fate qui a quest'ora? > le stringo la mano, < Mi scusi dottoressa, ma mi sono decisa, voglio sapere di che sesso è. > sgrana gli occhi. < Hazel tu non finisci mai di stupirmi. Seguimi. > entriamo nel suo ufficio. < Sdraiati che ti faccio vedere. > guardo il lettino e scuoto la testa debolmente < No, non ho abbastanza soldi da potermi permettere altre lastre! Ne ho fatta una da poco. E poi lei già lo sa. > < Hai pagato solo metà delle tue lastre, molte te ne ho fatte gratuitamente e anche questa lo è. > mi scende una lacrima. Incredibile pensare alla bontà di alcune persone e alla malignità di altre, ti viene da chiederti come due persone così diverse possano vivere sotto un cielo così uguale. < Grazie. > mormoro, poi mi sdraio e penso anche al fatto che in un altro momento non mi sarei di certo commossa per questo gesto anche molto generoso...adesso ho capito cosa intendeva mia madre quando mi diceva della sua grande capacità involontaria di commuoversi durante la maternità. < Aspetta, hai bevuto almeno un pò la sera come ti avevo consigliato? > annuisco < In effetti me la sto facendo sotto. > Chiudo gli occhi come faccio sempre e li riapro solo quando sento qualcosa battere: il cuore del mio bambino. Batte fortissimo, lo amo. < Guarda lì. > mi dice indicandomi quella parte che riconosco come la prima parte delle cosce. < Non c'è nulla, vedi? > mi si blocca il respiro. < A-a-allora è una... > Annuisce con il capo: < E' una splendida bambina. >

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sconvolta. ***


Il giorno dopo la grande scoperta riesco ad alzarmi dal letto da sola e comincio a correre giù per le scale; salto l'ultimo gradino e grido: < E' UNA BAMBINA! > i miei genitori si girano di scatto a guardarmi; non dicono nulla, così, preoccupata, dico < Hey, tutto bene? ci siete? > sbattono ripetutamente le sopracciglia senza dire nulla. < SANTO CIELO, DITE QUALCOSA!! > a quanto pare il messaggio deve essere arrivato perchè scattano entrambi per venire ad abbracciarmi. < Oddio Hazel, è una stupenda notizia! Non mi fraintendere, un maschietto anche sarebbe stato stupendo.. solo che... oddio sono così fiera di te. > rido. < Mamma stai calma e guarda che non dipende da me eh. > mi da una spintarella sulla testa. < Quanto sei stupida! Lo so perfettamente. Dobbiamo dare a tutti la notiziona! E poi dobbiamo festeggiare. > scuoto la testa e le mani contemporaneamente < No no, scusate ma esco con Jonathan, ci vediamo questo pomeriggio. > mi guardano allibbiti < Ma come esci con Jonathan? Dobbiamo festeggiare! > scrollo le spalle < Lo so, ma infondo è grazie a lui che sapete che è femmina, mi sembra il minimo passare del tempo con lui dopo averlo disturbato ieri notte. > scrollano anche loro le spalle < E va bene, va pure. > prendo il cappotto lentamente e poi con uno scatto da felino esco dalla porta prima che possano ripensarci. Jonathan è già fuori appoggiato alla sua auto ad aspettarmi. Lo abbraccio tutta contenta e entro nell'auto. < Prego signorina, dove la porto? > mi porto un dito alla bocca in segno di riflessione e dico < Che ne dici di fare colazione al bar? > lui annuisce e mette in moto. Incredibile che in nemmeno sei mesi siamo riusciti a diventare così tanto amici! E pensare che la prima impressione che ho avuto di lui è stata "E' uno stronzo! Se continua a parlare lo sgozzo." Certo, Isaac è Isaac, ed è insostituibile, riesce a capirmi sempre, e ride alle mie battute idiote sul cancro e io alle sue, ci capiamo come nessun altro saprebbe fare, come se fossimo in due corpi ma con lo stesso cervello. Arrivati al bar riusciamo ad ordinare quasi subito; io la mia solita aranciata per tenermi leggera e lui un tè. < Allora, i tuoi come l'hanno presa la tua permanenza nella mia "umile" città > chiedo. < Non bene a dire il vero, ma li ho rassicurati dicendogli che ho sia un alloggio sia un lavoro temporaneo. > < Infatti è così no? > < Sì, lo è, solo che questa non è più la mia città, ormai ho tutto lì, questa dovrebbe essere solo una situazione temporanea. > < E non lo è? > < No... o almeno non credo di poter tornare. > < Perchè no? > < E' complicato? > Rido quasi accasciandomi a terra. < E cosa è così complicato da non poterne nemmeno parlare con me? In caso non te ne fossi accorto io non ho mai passato nemmeno un anno della mia vita in modo normale. > < Ma non riguarda quello, è un'altra cosa, di cui non ti devi preoccupare. > Avvicino la mia sedia alla sua e gli prendo la mano. < Io mi preoccupo. Dimmi cosa non va..se ti posso aiutare lo farò volentieri. Tu hai fatto così tanto per me in questi mesi... > Mi guarda e poi fa una cosa che non mi sarei mai aspettata: mi prende con delicatezza il viso e lo attira a sè poggiando le sue labbra sulle mie. Penso un attimo a quello che sta succedendo e poi mi ritraggo. < No. Perdonami ma non posso. > si stacca immediatamente da me. < Lo so, per questo non volevo dirti nulla. > mi accorgo che le nostre mani sono ancora strette fra di loro, così le ritraggo. < Io...io sono ancora innamorata di Augustus, non ce la faccio, sarebbe un tradimento da parte mia. > scuote la testa < Io stimo Augustus, solo che non capisco... come fa ad essere un tradimento? Dovresti dire le cose come stanno alla gente, dovresti dire chiaro e tondo che non ti piaccio, perchè sappiamo entrambi che è di questo che si tratta. > questa volta sono io a scuotere il capo < Ti direi una bugia. Tu sei bello, davvero... e sei anche un caro amico, ma io amo lui..è stato il mio primo grande amore. Dovresti capirmi...un amore così non si dimentica. E' infinito. > < Sono stato innamorato una volta...durò un anno e poi smisi di amarla, non ho mai avuto questo infinito di cui parli...forse lo sto avendo ora con te però. > < Scusami Jon, ma non posso. > detto questo rimango zitta mentre inizio una lunga ispezione alle mie scarpe. < Okay, messaggio ricevuto. Finisci la tua spremuta, io intanto vado a pagare. > la finisco tutta d'un sorso, quella conversazione mi aveva lasciata all'asciutto. Quando ritorna non so cosa dire, sono arrabbiata con me stessa, ma infondo lo sono anche con lui...ha rovinato tutto, e lo so che non lo può controllare e che l'amore viene e basta, ma perchè proprio con me? Non sono nulla di speciale, so essere a stento una brava amica, figuriamoci una brava fidanzata..la verità è che sono un disastro. Su tutto. Entro in macchina e mi allaccio a fatica la cintura. Poi partiamo. < Senti Jon, mi dispiace, ma ti prego non roviniamo tutto... > < Ormai è già rovinato tutto. Non posso nemmeno guardarti senza che mi sbrilluccichino gli occhi! Mi viene l'affanno solo a sapere che tu mi stai chiamando...insomma, è impossibile, > < Non mi importa di queste cose. Io voglio solamente che il nostro rapporto resti uguale a prima. > < Sai che non può essere così, ma se a te non da peso il fatto che io ti ami, ti resterò per sempre accanto..anche se solamemte come amico. < Graz... > non faccio nemmeno in tempo a finire la frase che lui scatta < Ma sinceramente io non ti capisco, Hazel...a me dispiace per Gus, ma vuoi rimanere zitella a vita o cosa? Con questo non ti voglio costringere a metterti con me, solo che vorrei capire se ti metteresti con qualcun altro o se vuoi rimanere per sempre legata a lui. > < Per ora voglio rimanere con lui. > < Okay. > dice solamente. Poi tutto accade d'improvviso: sento un dolore acuto alla pancia, mi contraggo su me stessa e lancio un grido. < HAZEL! > sento gridare e poi niente altro se non dolore. Mi risveglio sul solito lettino d'ospedale con la mano di Jonathan che tiene la mia. < Oi, cosa è successo? > lui sussulta sentendomi < Hey, finalmente sveglia. > annuisco e gli ripongo la domanda < Cosa è successo? > < Forse è meglio che parli con un dottore...ti saprà spiegare meglio. > ho paura di quell'espressione e chiedo < E' stato il cancro vero? > spero con tutta me stessa che mi dica di sì, ma so che non sarà così e infatti dopo poco scuote il capo, così mi affretto a chiedere: < Come sta la piccola? > < Non mi hanno detto nulla ancora, i tuoi non sono ancora arrivati e quindi la situazione è un'incognita. Vado a chiamare un medico. > esce dalla stanza e rimango da sola. Mi tocco la pancia < Hey piccola! Lo so che ci sei ancora, tu sei forte, resisti amore mio, hai combattuto per sette mesi... non mollare così...ti prego, senza di te non ce la posso fare. La mamma ha bisogno di te. > Poco dopo entrano Jonathan e un medico nella stanza, così smetto di parlare, ma mi tengo comunque la pancia aspettando nervosamente la notizia. < Hazel, come ti senti? > < Come sta la bambina? > < Hazel...la bambina...ha subito un grave incidente, è successo un danno enorme dentro di te in un attimo, non sappiamo come, ma crediamo che il cancro ti stia ancora dando dei seri problemi... > < Non mi importa nulla di questo fottutissimo cancro! Come sta la mia bambina? > < E' viva per ora. Ma non sappiamo se il danno le può aver provocato danni celebrali... > Ero sollevata e distrutta allo stesso tempo, felice perchè era viva e triste perchè sarebbe potuta vivere male per il resto della sua vita. < Quindi..? > < Quindi se non hai abortito oggi potresti farlo perfettamente domani, il cancro noo scherza questa volta, Hazel... lui...non vuole la bambina, è come se le fosse di troppo, lo ostacola...lui... > < ...Vuole uccidermi, lo so, lo ha sempre voluto, ma cosa c'entra lei adesso? > < C'entra, perchè lei glielo sta impedendo, ti sta proteggendo in un qualche modo, solo che quando uscirà da te...non sopporterai il danno che ha accumulato il cancro in questi sette mesi...lo sai vero? > Annuisco, lo sapevo perfettamente. Ma Jonathan no e così esclama: < COSA? > il dottore si gira a guardarlo. < Hazel, ormai è troppo tardi, anche se togliessimo la bambina adesso, moriresti ugualmente. > < IO NON VOGLIO QUESTO! PREFERISCO MORIRE PIUTTOSTO CHE LASCIARLA! > < Hazel, ma ti rendi conto di quello che dici? Tu...Tu sapevi tutto e non mi hai detto niente! Non CI hai detto niente! Perchè presumo che i tuoi genitori non sappiano nulla, vero? > < OVVIO, NON MI AVRESTE PERMESSO DI TENERLA! IO SONO MORTA COMUNQUE IN OGNI CASO, COSA IMPORTA SE DUE GIORNI PRIMA O DUE GIORNI DOPO?! > < LO SAI PERFETTAMENTE CHE NON E' DI DUE GIORNI CHE STIAMO PARLANDO! > < AH SI'? E CHE NE SAI TU? SAREI DOVUTA MORIRE A UNDICI ANNI! MA NON SI SA COME SONO RIUSCITA A CAVARMELA, IL CANCRO E' SEMPRE IMPREVEDIBILE, NON METTE ATTACCATO ALLA TUA VITA UN'ETICHETTA CON SCRITTO SOPRA LA PRECISA DATA DI SCADENZA! > Detto questo esce sbattendosi la porta rumorosamente alle spalle. Mi dispiace per lui, ma la mia piccola Hazel resta con me.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** La fine. ***


Le giornate all'ospedale sono terribilmente noiose, non so mai cosa fare e di guardare la tv non ne ho voglia. Mi faccio portare ogni giorno un libro nuovo perchè quelli precedenti li leggo in qualche ora. Ormai è un mese che sto chiusa qui dentro, i medici hanno detto che devo essere controllata 24 ore su 24 perchè potrei avere un altro attacco ad ogni momento. Ogni cinque minuti vedo passare davanti alla mia stanza un medico che puntualmente si affaccia e mi domanda se sto bene. Che rottura di palle oh! Certo, non posso dire di stare totalmente tranquilla, ho paura. Ho paura di morire per la prima volta nella mia vita; in un certo ne sono sollevata, vuol dire che non sono completamente sovrumana e che qualcosa di normale come la paura ce l'ho. Cazzo se ho paura! Non sono mai stata così spaventata in vita mia... La porta della mia camera si apre ed entra Isaac. Vorrei alzarmi per aiutarlo, ma mi era stato severamente vietato di farlo. < Hey. > < Hey, come stai? > Sbuffo, mentre lui cerca di avvicinarsi con il suo bastone. < Ti prego, mi fanno questa domanda almeno cinquanta volte al giorno, non ne posso più. > < Okay, ma non sono io a fartele, quindi rispondimi. > dice ridendo. < Come vuoi che sto? Sono una morta che respira..su un lettino d'ospedale. > Abbassa lo sguardo. Prima rideva a queste battute, adesso invece sbuffa per farmi capire di aver capito la battuta, ma che non la apprezza. Ho un disperato bisogno di qualcuno che rida insieme a me, e non di uno che pianga per come sto, finirò per morire per overdose di tristezza. < Che fai di solito? E' un posto così noioso l'ospedale. > < Lo so, infatti mi annoio...costantemente. > < Pensavo di darti noia venendoti a trovare, ma se mi dici così verrò più spesso. > < Sì, mi faresti un gran piacere, ma cerca di ridere di più, non mi serve piangere ancora. > < Ancora? Come se l'avessi mai fatto! > lo guardo male, anche se ho capito cosa intendeva dire, ma io ho già pianto, e quella volta mi è bastata per sempre. < A parte quando Gus è morto...certo. > incrocio le braccia. < Ho pianto anche prima sai?! Ma ero piccola e ad un certo punto mi sono detta che stavo sprecando anche quel poco di vita che mi era stata concessa, così da quel momento non ho pianto più...fino a quel fottuto giorno.. > Silenzio. Così per un bel pò...poi ci addormentiamo, io sul mio letto e lui appoggiato a me. Mi sveglio con un dolore lancinante alla pancia. La stanza gira tutto intorno a me e non ne vuole sapere di fermarsi, cerco a tastoni il braccio di Isaac, ma non lo trovo, non c'è. Così urlo e sento dei passi correre verso la mia stanza, è mia madre, seguita da due medici, mi prendono e mi mettono su una sedia a rotelle, fatto ciò corrono via. Non sento nemmeno il mio corpo sollevarsi per mettersi su un lettino per quanto dolore provo. < Che cazzo sta succedendo? > chiedo lentamente. Parlare è difficilissimo. < Ti si sono rotte le acque, tesoro, è il momento... > dice una voce femminile, ma non alzo la testa per capire chi sia, non ce la faccio. Cerco solo di respirare profondamente come fanno le donne incinta nei film. < Okay Hazel, sai come si fa no?! Respira piano e spingi. > e così cerco di fare, ma è quesi inutile, fa male, troppo male. < Hazel, non così, non così! Più piano e spingi più forte! > < NON CE LA FACCIO. > < Hazel, ascoltami, fallo per lei! Il parto naturale la aiuterebbe tanto, si eviterebbe l'ennesimo trauma. > In quel momento tutto cambia, il dolore c'è certo, ma è differente, è come se lo provasse lei. Mi metto a piangere ma inizio a respirare e a spingere, sempre più forte, tutto il resto non conta, conta solo lei e il dolore che sta provando e che non deve provare. Ma non spingo abbastanza, così smetto anche di piangere, capendo che era quello che mi blocca. Infatti riesco a fare tutto meglio, respiro meglio e spingo di più. < Brava Hazel, vedo la testa, dai dai dai. > A quelle parole gemo, prendo un respiro profondo e ricomincio. Urlo. Poi sento il grido innocente di qualcun'altro, so per certo che non sono io perchè le lacrime non scendono più e io mi sono rilassata dopo mezz'ora d'agonia. Alzo lo sguardo e vedo l'nfermiera tenere in braccio un minuscolo e splendido essere, la vedo per pochissimo perchè lei scappa via, cerco di seguirla con lo sguardo ma non ce la faccio, sono troppo stanca, il dolore è stato troppo, così mi sento mancare e poco dopo già sognavo. Nel sogno sono con "la piccola" Hazel in macchina, stiamo tornando a casa. Apro la porta e vedo qualcuno seduto sul divano del nostro soggiorno: Augustus. Corre verso Hazel e la abbraccia, poi saluta anche me. < Ciao amore. > e mi da un bacio. E' bellissimo, in questo momento più che mai, con quel suo sorriso che mai avrei pensato di vedere nel viso di qualcuno, tantomeno sul viso dell'uomo che è il mio ragazzo e padre di mia figlia, quel sorriso che messo sul suo viso perfetto mi dava un immagine surreale del paradiso. Poi però la scena cambia e mi ritrovo con Gus in mezzo ad un cimitero, lui mi tiene ancora la mano e guarda a terra, guardo anche io e vedo una lapide con sopra scritto "Augustus Waters". Sussulto. < Cosa significa? > chiedo. < Che devo andare, sono venuto solo per dirti che è bellissima. > < Chi è bellissima? > domando, ma lui era già scomparso. Poi capisco: si riferiva ad Hazel. Mi sveglio con le lacrime agli occhi e con il respiro affannato, i polmoni mi facevano malissimo, sembravano schiacciati da qualcosa, e sapevo anche da cosa. Maledetto cancro. Mi guardo intorno, non c'è nessuno, vedo solo vicino a me nell'incubatrice una bambina, la mia bambina, sopra c'è scritto: Hazel Anna Waters. Mamma si è ricordata del secondo nome...probabilmente ha firmato lei per il nome della piccola. Piango e la guardo, è bellissima! Giurerei che assomigli a Gus...ma ovviamente non è così, non posso vederlo adesso. Cerco di muovermi per vederla meglio, ma mi accorgo di avere flebo dappertutto, non mi posso muovere. Sono tutto un dolore e capisco cosa sta per accadere a insaputa di tutti: sto morendo. < Gus, l'hai vista? Hai visto che bella? Sei finalmente padre eh! Mi dispiace così tanto che tu non possa essere qui con me a tenermi la mano... Scusami se all'inizio mi ero lasciata andare, volevo morire, sì, è vero, ma poi ho capito grazie a te che questa vita vale la pena di essere vissuta, anche se male, anche soffrendo, non è mai uno spreco. Scusa se l'ho capito solo ora e scusami perchè nonostante tutto non ho ancora paura di morire, scusami perchè adesso penso solo che fra pochissimo ci rivedremo, e questo mi rende felice. Io ci ho provato, ce l'ho messa tutta, io voglio vivere, ma se ciò non è possibile non mi strapperò i capelli e non mi accascierò a terra piangendo, perchè è vero, io voglio vivere, ma io voglio anche te! Mi manchi tantissimo Gus, mi manchi come non mi è mai mancato nessuno. Tranquillo per Hazel, ci penseranno Isaac e i nostri genitori, starà benissimo, non le mancherà nulla. Ti amo, e non essere triste per me,okay? > Poi non so se per delirio o se per dolore, ma sento la voce di Augustus sussurrarmi all'orecchio: < Okay. > Sorrido e poi il buio mi avvolge, chiudo gli occhi, ma questa volta per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Isaac. ***


Le vecchie abitudini si abbandonano difficilmente e infatti come al solito sono l'ultimo ad arrivare al gruppo di sostegno, così affretto il passo e costringo a far accellerare anche Emily. Lei annaspa cercando di recuperare il ritmo, lo sento dal rumore delle sue scarpe. < Hey > mi dice. < Vai piano! > < Scusa, sono un pò nervoso, e poi siamo in ritardo! > < Siamo in ritardo per colpa tua! > Sorrido. E' bellissima quando si arrabbia o si irrita, diventa in qualche modo più piccola e innocente, e in questi momenti vorrei davvero stringerla a me per farla sentire protetta, ma come può sentirsi al sicuro con me? Ogni volta che usciamo deve trattenermi per la manica del giubbotto al fine di evitare che io sia investito! Non so proteggere me stesso figuriamoci lei, che alla fine di tutta questa protezione non ne ha bisogno. < Hai ragione, scusa. > mi fermo di scatto e la trattengo, poi le cingo la vita con le mani mentre con uno scatto felino la bacio sulle labbra. E' così rassicurante, e anche se sono ceco riesco comunque a vederla, è come se fosse l'eccezzione alla mia cecità, ogni volta che la bacio sento tutto di lei, la vedo con i miei pensieri e non con gli occhi ma questo mi basta. < Dovevo farlo, ero nervoso. > ora ride lei. < E ora non lo sei più? > le sorrido maliziosamente e poi la bacio di nuovo. < Okay Isaac, ora muoviamoci, non devi fare tardi! So quanto infondo tu ci tenga. > detto ciò mi prende la mano come fa sempre e con passo deciso mi porta dove da sempre ho sognato di essere: con lei. Arriviamo dopo poco, sento tantissime le voci intente a parlare. < Chi c'è? > chiedo ad Emily. < Tutti, proprio tutti, e anche qualcuno di più. > la sento tremare. < Amore, che c'è? > < Niente, solo... sono fiera di te. Farò una foto alla sala, così potrai vedere quanta gente c'è. > la sento singhiozzare, probabilmente sta piangendo. Mi lascia la mano per asciugarsi le lacrime, così cerco di afferrarla per fermarla, ci riesco! Poi l'abbraccio e le asciugo tutto quel fiume di emozioni che stava provando per me, probabilmente avrei pianto io se avessi avuto gli occhi adatti per farlo. < ISAAC! > sento una voce familiare chiamarmi: era Patrick il capo del gruppo di sostegno. Mi abbraccia. < Come va vecchio mio? > < Tutto bene, grazie, tu? > < Tutto bene. > annuisce < E chi è questa bellissima ragazza? > < Emily. Patrick, Emily. Emily, patrick. > li presento. < Piacere. > dicono insieme. < Isaac, vieni, ti presento il reporter per la tua intervista. > < Okay. > lo seguo tenendo sempre per mano Emily. Percorriamo tutta la sala e ci fermiamo. Potrei camminare per tutta la stanza senza mai cadere, la conosco meglio di casa mia. < Signore e signori ecco a voi il nostro Isaac! > Sento tutte le voci zittirsi e anche senza vederli, riesco comunque a percepire un'ondata di occhi girarsi verso di me per guardarmi. Poco dopo: l'inferno; tutti si precipitano verso di me per stringermi la mano, mentre io disorientato cercavo di non mancare la stretta di nessuno. Dopo aver toccato una ventina di persone diverse riesco a sedermi. < Che ne dici Isaac? Tutti loro sono qui solo per te! > < Se riuscissi a vederli potrei stupirmi anche io. > dico ridendo. Poi sento dei passi avvicinarsi a me, si ferma e si siede. < Buongiorno, volevo dirle... > la interrompo subito agitando le mani come per chiedere aiuto. < Non si azzardi a darmi del lei! Io sono solo e semplicemente Isaac! > ride poggiandomi una mano sulla spalla. < Scusami Isaac. > < Molto meglio. > < Vorrei informarti di come si sarebbe svolta l'intervista. Sono Jennifer, la reporter incaricata di intervistarti. > < Non ce ne è bisogno, Jennifer, tu fai le domande e io rispondo, vorrei che fosse più naturale possibile. > < O-okay, va benissimo. Cominciamo allora. > si alza dalla sedia e richiama il silenzio in sala con un microfono. < Buongiorno a tutti, sta per incominciare l'intervista allo scrittore. > Silenzio tombale, poi sento solo il rumore delle sedie che vengono leggermente spostate dalla gente per poi sedervici sopra. Solo Jennifer adesso è in piedi e sta avanzando verso di me. Emily seduta sulla sedia accanto alla mia singhiozza. Lo considero uno dei più grandi atti d'amore, quello di essere così innamorati da provare ciò che l'altro prova, da piangere quando l'altro piange e di sorridere quando l'altro sorride. < Allora Isaac, vorremmo farti qualche domanda sulla tua vita e sulla tua storia che anche se in parte ancora non è finita ti ha portato a scrivere il tuo bellissimo romanzo, che ha fatto emozionare il mondo intero; noi speriamo che la scelta del posto per chiederti ciò sia di tuo gradimento. > Prendo un respiro profondo e comincio: < In effetti sì, lo apprezzo, mi aiuterà molto e anche se non lo posso vedere riesco comunque a respirare lo stesso odore e la stessa aria di tristezza che aleggia intorno alle pareti... Ricostruirò tutto meglio così...ma prima di tutto volevo precisare che il libro non parla della mia storia, io sono solo una pedina incastrata nelle pagine, la regina e il re di tutti i capitoli sono Hazel Grace Lancaster e Augustus Waters. Il loro amore è stato d'ispirazione, per me, ma anche per molti altri, e' stato, a mio parere, un insegnamento universale. > < Raccontaci un pò di loro, sul libro non ci sono tuoi commenti, e dicci anche perchè hai deciso di scrivere il libro in prima persona con Hazel come protagonista... credo siano tutti curiosi di saperlo. > < Bhe, credevo e credo che solo Hazel sia in grado di parlare in modo conciso e perfetto anche se triste della morte di Gus, quel giorno ero troppo afflitto per pensare anche solo alla più piccola e stupida cosa, continuavo a fissare "la casa di riposo" chiamiamola così, di Augustus, però quelle poche volte che alzavo lo sguardo guardavo solo lei, Hazel Grace, e pensavo alla morte, pensavo a come ha sempre cercato di uccidere Hazel senza mai riuscirci e pensavo invece a come in quel momento aveva vinto. Diceva di essersi abituata al fatto di morire giovane, con una vita incompiuta e probabilmente mai iniziata, ma io non ci credo, è la stessa cosa che dicevo, e che dico tutt'ora io, della cecità, ma in realtà ancora adesso a ventisette anni non mi capacito di non poter vedere, figuriamoci se loro si potessero capacitare di una cosa così brutta come la morte! Erano coraggiosi, è vero, ma non sciocchi. > < Credo che tu abbia ragione Isaac, alla morte non ci si abitua mai... Raccontaci del tuo rapporto con ognuno di loro. > < Augustus era ed è il mio migliore amico, quell'amico che sa tutto di te, quell'amico che ti protegge, quell'amico che per te c'è sempre, e lui per me c'è sempre stato, anche ora lui è con me e sta tenendo stretta la mano che Emily ha lasciato libera. Non ci crederete, ma mi sta sorridendo adesso... ed è anche commosso anche se non lo ammetterà mai. > dico con un sorriso mentre sbatto le ciglia e una lacrima comincia a percorrere i tratti del mio viso fino a cadere a terra. < Ed Hazel? > < Hazel, Hazel, Hazel...lei inizialmente era la ragazza del mio migliore amico, anzi, prima ancora era la "Solo Amica" del mio migliore amico (anche se a questa versione ci credeva solo lei) . Poi è diventata la mia migliore amica e la ragazza del mio migliore amico, che intreccio eh?! Era diventata l'indispensabile, stavamo sempre insieme, e non perchè enrambi cercavamo di sostituire Gus, ma perchè semplicemente avevamo scoperto la felicità nella compagnia dell'altro. Erano la mia vista nel buoio che vedevo anche ad occhi aperti. > Dopo questa frase sento qualche pacchetto di fazzoletti essere aperto e qualche naso che viene soffiato. < E come mai il titolo che hai voluto dare al libro è stato: "Colpa delle stelle"? > < Perchè mi sono ricordato di come Hazel aveva definito Gus in un discorso...l'aveva chiamato "L'amore avversato dalle stelle della sua vita" e mi è piaciuta tanto come frase, anche perchè è assolutamente così, se entrambi avessero avuto più giorni, avrebbero avuto un infinito più grande di quello che già avevano... da qui mi sono ricondotto alla loro frase "Alcuni infiniti sono più grandi di altri infiniti." e credo che il loro infinito anche se finito, sia stato uno dei più grandi, poche persone sanno amare come loro. > < Un'ultima domanda: mi è giunta voce che proprio domani sarai operato... e hai un buon 90% di possibilità di tornare a vedere...come ti senti a proposito? > < Vorrei dirtelo, davvero, ma non so proprio come. E' quasi impossibile anche solo da provare una sensazione del genere, e magari se non avessi avuto Emily non l'avrei nemmeno potuta sentire lontanamente; ma lei è qui, è qui e mi sta tenendo la mano, e io sto bene. Dopodomani, quando mi toglieranno le bende non vorrò vedere nessuna luce al di fuori di lei, sarà la prima cosa che vedrò dopo anni di buio. Grazie a lei ho anche potuto avere in affidamento la piccola Hazel, la amiamo così tanto... Hazel aveva ragione, assomiglia moltissimo ad Augustus, naturalmente mi baso sulla testimonianza di Emily, ma dato che lei adesso è i miei occhi, mi fido cecamente. > ridono tutti alla battuta. < Come sarà vedere la piccola Hazel Anna? > < Sarà tristemente felice, la guarderò e credo che potrò solamente pensare a cosa la vita mi stava impedendo di vedere...ma non posso mentire sul fatto che penserò anche a loro, che da lassù in questo momento ci stanno guardando e che probabilmente stanno piangendo abbracciati. > < A nome di tutti i presenti ti ringrazio, Isaac, ci hai regalato la speranza di un mondo pieno di amore come quello di Hazel e Gus, che non è poco... > Finito di parlare parte prima un battito di mani, poi un altro, poi un altro, poi un altro ancora, e in fine la sala è piena e invasa dallo scontrarsi di mani che più che felicità, in questo momento mi da malinconia. Non parlo volentieri di questa triste storia, e per oggi ne ho discusso fin troppo, così ci limitiamo a fare l'appello di tutti i caduti del corso (fra cui Hazel e Gus) e poi mi lasciano andare.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il mondo ha nuovamente un colore. ***


Ho paura, l'idea che i medici smaneggino con i miei occhi non mi fa impazzire, ma se questo è ciò che serve per tornare a vederci di nuovo, che così sia. Emily è vicino a me e tiene la sua mano intrecciata alla mia. Mi sussurra all'orecchio parole di conforto, ma per quanto io la possa amare, ho comunque paura; non so esattamente di cosa, l'intervento ha un buon 85% di riuscita, quindi le mie paure sono ignote. < Tranquillo, andrà tutto bene, non preoccuparti. > mi dice massaggiandomi la schiena. < Ho sempre insegnato ad Hazel ad avere coraggio e ora guardami, sono una gazzella impaurita che aspetta di essere mangiata dal leone. > < Hazel è coraggiosa come te. In queste occasioni è normale provare timore, come puoi pretendere di essere completamente indifferente di fronte all'intervento che ti cambierà la vita? > < Non lo so, ma vorrei esserlo. > Poi un medico mi si avvicina e con un presunto sguardo dolce mi dice: < E' il momento di andare. > Io espiro violentemente e, con un determinante misto di stanchezza e felicità, lo "seguo". Sento il medico trascinarmi da una parte all'altra dell'ospedale mentre parla con dei colleghi, io per distrazione mi rilasso sul lettino e cerco di dormire; ma ovviamente non ci riesco. Poco dopo entro in sala operatoria, lo sento dalle macchine e dalle voci dei medici che avendo le maschere adagiate sulle labbra, arrivano a me roche e disturbate. < Sei pronto Isaac? > Mi chiede un voce femminile che riconosco come quella della mia infermiera preferita. E' sempre carina con me, non mi compatisce, semplicemente mi aiuta, e di questo ho realmente bisogno. < Sì. Sono pronto. > < Okay. Addormentatelo. > Tremo. Quasi perdo coscienza di quello che sta accadendo, poi mi calano una mascherina sul volto e tutto quello che prima provavo, svanisce. Sento delle voci... < Isaac! Isaac! > è la voce di Emily. Apro gli occhi piano piano... e vedo due bellissimi occhi verdi, e una bellissima chioma rossa che li coprono ondeggiando davanti a loro. Cerco di alzare la mano per scanzarli. Lei mi prende la mano e mi ferma. < Amore! Amore, ci vedi?! > < S-sì.> balbetto e cerco di alzarmi, ho bisogno di stirarmi e di vederle, di vedere Hazel ed Emily. < Aiutami ad alzarmi. > Mi prende sotto braccio e mi fa stendere leggermente più su di prima. < Scusa amore, ma più di così non si può. > Mi calmo e respiro lentamente cercando di farmi schiarire la vista. Una volta riuscito nel miointento guardo meglio la donna che mi ha affiancato in questa lunga lotta. E' così bella! E' esattamente come la credevo, solo che immaginarmela e basta cominciava a non bastarmi più, la voglio come immagine nel mezzo del quadro disastrato che sono i miei occhi. < S-sei bellissima. > sta piangendo, le lacrime le scorrono sulle lentiggini e le bagnano il volto. < Non piangere, amore. Dov'è Hazel? > chiedo. < Eccola. > e gira lo sguardo sull'uscio della porta. Guardo nella sua stessa direzione e vedo una bambina minuta e magra, con dei bellissimi capelli biondo-castano e due occhi marroni chiaro che alla luce del sole sono di una sfumatura verde smeraldo. E' identica ad Hazel e Gus! Sembra quasi di averli qui, e il pensiero mi da tristezza, perchè so che così non è. < Amore mio, vieni qui! > spalanco le braccia per farla venire da me, lei corre felicissima e mi salta addosso. La stringo mentre piango quelle lacrime di felicità che da una vita volevo versare, quel pianto non sarebbe mai stato sprecato, è una di quelle cose che ritenevo indispensabile nella mia vita ceca. < Quanto sei bella vita mia. > le dico baciandole la fronte. Poi anche Emily si unisce al nostro abbraccio e per la prima volta nella mia vita vedo un senso in quello che prima era solo uno schifosissimo oblio nero.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2800310