Forgive Me

di GiuDirectioner9399
(/viewuser.php?uid=457221)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Principio ***
Capitolo 3: *** Cambiamenti ***
Capitolo 4: *** Atene ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                            Prologo.

"Tanto tempo fa, in una calda giornata d'estate, una fanciulla passeggiava tranquilla in una piccola cittadina chiamata Peeta. Nessuno era a conoscenza di questo luogo, solamente i pochi abitanti che ormai risiedevano da generazioni nelle loro case potevano far parte della popolazione dei Peeta.

Era un luogo magico, sede delle divinità,prima del monte Olimpo.

Questa fanciulla incontrò un ragazzo di cui se ne innamorò. Erano differenti: lei bassina, bionda con occhi marroni scuro,dolce e sensibile; lui alto,possente, con capelli neri riccioluti e occhi verde smeraldo.

Lei era figlia delle divinità Afrodite e Poseidone, lui invece di Ares e di un mortale. Inizialmente non si sopportavano proprio ma con il tempo impararono ad amarsi per poi coronare il loro amore dando alla nascita la prima figlia: Hazel.

E nonostante molti non approvassero la loro unione decisero di scappare insieme e dopo tante peripezie,aiutati anche dagli dei riuscirono finalmente ad essere felici, persempre."

I bambini finalmente si addormentarono.

Li ringraziai con un filo di voce lasciandogli un leggero bacio sulla fronte per non avermi chiesto i nomi dei personaggi della favola che amo raccontare o per non avermi fatto altre domande a riguardo.

Ogni volta la mia storia li colpisce molto e riesce sempre a farli sorridere donandogli un pizzico di gioia prima di andare a dormire.

Non c'è cosa che mi renda più felice.

La favola che racconto non è altro che la storia della mia vita. Non mi pento delle scelte che ho fatto e se dovessi tornare indietro non cancellerei niente.

La vita è bella perché è composta da gioie e cadute, delusioni e felicità.

È bella perché nonostante tutte le sofferenze l'amore riesce a superare tutto. Amore verso un amico, un genitore,un conoscente, verso la persona che ti accompagna per tutta la vita. Diversi modi di amare, diverse emozioni.

Nei miei ottantanove anni sono successe tante cose.

Credevo di amare ma ho capito solo con il tempo cosa significasse per davvero; credevo di essere felice finché non mi trovai di fronte alla scelta più difficile della mia vita; credevo di sapere chi fossi finché non mi resi conto di chi ero davvero.

Tutti affrontano queste fasi e ogni storia meriterebbe di essere narrata,in quanto unica a modo proprio. Se non credete al divino volere, al fato cercate di immedesimarvi in questa storia vedendola da un diverso punto di vista, dal vostro personale. Domandatevi il perché delle cose e provate a rispondervi, dando spazio al vostro singolo pensiero.

Io sinceramente, ancora oggi faccio fatica a darmi delle risposte sulle scelte che ho preso,ma mi piace pensare che se le ho fatte, una parte di me era convinta di ciò che voleva veramente fare.

Destino o no, io adesso sono qui a raccontare una storia, la mia storia e della persona che per quasi sessant'anni mi ha reso una delle donne più felici del Monte Olimpo.

E ovviamente della cittadina di Peeta.

 

************************************************************************************************************************************************************************

Salve a tutti questa è la mia prima FF :) Che dirvii? La storia è ambientata nella cittadina di Peeta (in Grecia) e sul monte Olimpo. Vi avverto che non sarà un racconto basato solo sull'amore tra i due protagonisti Alexandra e Harry,ma si affronteranno anche altre dinamiche attuali, ambientate però nel V secolo a.C. quindi con la mentalitá di allora.  L'Harry che sarà presente nella storia è completamente diverso da quello che conosciamo o  che viene descritto nelle FF attuali, tengo a precisare. ;)

Io mi chiamo Giulia e spero che chi leggerà la mia storia e deciderà di commentarla vorrei che esprimesse con tutta franchezza la propria opinione. :)

Prometto che lo spazio autrice in ogni capitolo sarà più corto e i capitoli  più lunghi ahahah :')

Alla prossima (molto presto) con il primo capitolo!

Giulia<3

                                              

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Principio ***


Se c'era una cosa che amavo particolarmente di Peeta era lo splendore dei raggi che ogni mattina, alle sei in punto Apollo portava con tanta gioia.

Era un buon modo per svegliarsi: i raggi non emanavano molto calore, ma giusto quel piacevole tepore che provavo aprendo gli occhi, pronta per affrontare una nuova giornata.

Peeta era una cittadina a Nord di Atene ma solo chi ci abitava, sapeva della sua esistenza.

Il Monte Peeta era la prima sede delle divinità; lo fu fino al IV sec.

Zeus litigando,come sempre, con sua moglie Era, altra discussione dovuta ad un ennesimo tradimento, decise di 'allargare' le loro dimore per capriccio della sposa e di andare ad abitare sul monte Olimpo.

Peeta però rimase la città prescelta di Zeus tanto da farla rendere invisibile agli occhi di qualsiasi persona al di fuori degli abitanti, dalla maga Circe, proprio perché la sua magnificitá fosse riservata a pochi. Aiprescelti.

A quell'epoca tutto era completamente differente ad oggi.

Era l'inizio del V sec. e ricordo con molta gioia quegli anni. Ne avevo quasi diciassette.

Mi piaceva molto passeggiare con mia madre, sulle rive del fiume Nedda.

Nella storia che racconto ai miei nipotini, alcune cose le ho dovute cambiare come ad esempio i nomi dei miei genitori: Medea e Aristide.

Loro li conoscono perfettamente e per non dare nell'occhio ed evitare troppe domande cerco sempre di far sembrare la storia meno realistica.

Il fiume Nedda aveva,come ogni cosa a Peeta, un potere molto particolare. Specchiandosi al suo interno si poteva vedere quale parte di noi si sarebbe invecchiata per prima e a volte non erano affatto i capelli i primi a mostrare i sintomi della vecchiaia.

Gli uccellini cantavano soavemente ogni giorno con molta allegria, gli alberi da frutto e il cielo azzurro donavano un senso smisurato di armonia. Tutto sembrava così perfetto.

Per anni non mi ero mai chiesta perché tutto fosse semplice e felice, perché vedessi il mondo in una maniera sempre positiva, convinta che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a rovinare questo tipo di atmosfera.

Un bel giorno però mi dovetti ricredere.

Durante la festività per il mio diciassettesimo compleanno mia madre mi portò,come eravamo solite fare, a camminare lungo il fiume Nedda.

Che meravigliosa giornata era!

Il sole splendeva raggiante, gli alberi fruttavano rigorosamente e quanti canti vennero intonati.

Tutto sembrava ordinariamente felice, fino a quando mia madre non toccò un tasto dolente. Anzi il tasto dolente.

"Mia cara e dolce Alexandra, stai diventando grande tesoro mio. Credo proprio sia arrivato il momento di prendere marito.

Probabilmente non accetterai con buon cuore questa decisione mia e di tuo padre ma ascoltami ti prego: sei la nostra unica figlia, i soldi non ci basteranno per molto.

Tuo padre ha parlato con Nabu, il genitore di Zayn, te lo ricordi Zayn cara?"- mi disse con tono affettuoso ma che mi fece ribollire il sangue.

"Ma mamma-protestai- non sono greci!"

"Lo so tesoro, ma la somma di denaro che possiedono è superiore cinque volte tanto a quella di tuo padre! Suvvia cara, sono egiziani ma non significa che siano mostri. Sono solo stranieri."

"Barbari. Barbariripudianti, cattivieegocentrici!" - urlai ormai in preda ad una crisi di nervi.

Avevo sentito di come quellilì trattavano le loro donne. La morte a confronto sarebbe stata un privilegio, dicevano!

Continuammo un discorso botta e risposta all'incirca per cinque minuti.

Questo era il loro volere. E io dovevo ubbidire e sottomettermi non solo ad un uomo ma per giunta barbaro!

Scappai piangendo disperata e mi fermai in un luogo lontano e deserto.

Ricordo poco del tragitto che percorsi.

Non vedevo molto a causa delle lacrime, la testa mi scoppiava,le gambe mi dolevano. Mai mi sentii come in quel momento.

Distrutta e delusa.

Delusa dal mondo, dai miei genitori che mi costrinsero a scegliere la vita che portava inevitabilmente a morire lentamente o la morte stessa,immediata.

È stata la mia prima vera caduta. E mai avrei immaginato che qualcuno mi avrebbe aiutato a rialzarmi.

Ancora oggi non saprei identificare bene il luogo dove mi ritrovai quel giorno poiché solo in quell'occasione ebbi modo di trovarmici, per fortuna.

Era un lungo viale, deserto: il confine con il mondo reale; il che mi provocò uno strano effetto.

Era proibito oltrepassare i confini, se non volevi morire, ovvio.

"Cosa spinge una bella ragazzina come te a volersi suicidare oltrepassando il confine?"- disse una voce.

Mi girai di scatto e mi ritrovai un ragazzo proprio davanti.

Ricordo che mi meravigliai subito appena lo vidi.

Ma non per l'aspetto fisico, figuriamoci!

Si va bene era alto, magro e riccioluto ma sporco e trasandato, tutto tranne che un bel e affidabile ragazzo.

Forse la cosa che mi colpii particolarmente fu la voce: roca, intensa, profonda e molto persuasiva.

Pensai subito che quel timbro di voce e il modo di comportarsi non erano certo di un greco.

"Tesoro,lo so che è difficile resistere davanti a cotanta bellezza e che probabilmente con il mio incontro ti ho migliorato la giornata. Non c'è bisogno che mi ringrazi. Ma si può sapere che ci fai qui?"

Ma che insolente!

Chi si crede di essere adesso quest'altro barbaro?

Rimasi stupita dal suo comportamento.

Le lacrime si fermarono e diedero spazio allo stupore.

"Ma guarda tu! Sono affari miei e di certo non racconto ad un barbaro egocentrico come te le mie intenzioni, da donna greca quale sono." - Affermai con tono deciso.

"Ti conviene non alzare la voce con me e faresti meglio a non chiamarmi barbaro, tesoro."- detta questa frase con molta lentezza e tra denti stretti si avvicinò.

Pochissimi centimetri ci dividevano e solo in quel momento notai i suoi occhi: verde smeraldo.

Due diamanti splendenti luccicavano nei miei e potrei giurare che i nostri respiri erano tutt'uno.

Così vicini, così lontani.

"Mi chiamo Harry."- sussurò

"Mi chiamo Alexandra"-sussurai.

Notammo entrambi le strambe circostanze che si erano create e lui fu il primo ad indietreggiare.

Confusa e imbarazzata mi ritirai nelle difensive esclamando:

"Sono qui ripeto, per affari miei. Di certo non ti devono interessare straniero."

"Va bene, tesoro. Bel nome comunque."- e di nuovo quel ghigno si ripresentò sul suo volto.

"Tesoro non mi chiami e mi dispiace ma non potrei dire lo stesso del tuo. Non mi piace."- mentii spudoratamente.

"Da dove vieni?"- continuai curiosa.

"Da lontano. Molto lontano. E poi sono affari miei e non ti devono interessare."- disse cercando di imitare la mia voce, rendendola stridula e fastidiosa.

Bene, pure spiritoso!

Cosa accadde quel giorno non lo so dire con certezza.

Ma quella nostra conversazione non la dimenticherò mai e anche quando, dopo quella sua ultima esclamazione me ne andai indignata senza salutarlo, non posso negare che non ci fu un momento che non ripensai ai suoi occhi, alla sua voce e ai suoi dannati ricci.

HARRY'S POV

"Da dove vieni?"- mi chiese incuriosita.

"Da lontano. Molto lontano. E poi sono affari miei e non ti devono interessare."- cercai di imitare la sua voce con scarsi risultati.

Di certo non aveva una voce particolarmente stridula ma andiamo tutte le donne alla fin fine riescono ad alzare i decibel in quel modo.

Se ne andò indignata senza nemmeno salutare. Devo ammettere che a quel tempo, era davvero forastica, ma d'altronde che mi aspettavo? Era di stirpe Peeta.

Ammetto che ero uno straccio quel giorno, avevo appena concluso una gara di salto in lungo con il mio amico, Nayta.

Da quando eravamo piccoli una volta a settimana,senza farci scoprire, ci avvicinavamo ai confini e la pericolosità rendeva tutto così eccitante.

Non in quel senso,intendiamoci, ma l'adrenalina che si provava a saltare essendo consapevole di poter essere risucchiati da un vortice, bhè era esaltante, almeno per me.

Quando conobbi Alexandra avevo diciotto anni, ma non facevo parte dei Peeta.

A raccontarla è una lunga storia, soliti capricci tra dei, ma per farla breve oltre ai Peeta vi erano anche i Samaa.

Popolazione costituita da circa duecento abitanti, relativamente poco.

Nessuno però seppe mai dell'esistenza dell'altro fino a quel giorno.

Nessuno si sarebbe mai immaginato di trovare un vicino considerato anch'esso ilpresceltodiZeus.

E si sa, quando un popolo, di qualsiasi densità, è ostile all'altro la guerra magicamente diventa l'unica soluzione possibile,per affermare la propria supremazia.

"Ha, ma dove ti eri cacciato!"- esclamò Nayta, correndomi in contro. "Devi venire subito!"- si affrettò a dire per poi correre verso gli accampamenti.

"Si può sapere che succede? Corri come un ossessa!"- ero seriamente preoccupato.

"Tu corri e basta."- urlò allontanandosi, riuscivo a scorgere solo la sua sagoma in lontananza. Dovetti aspettare ben venti anni prima di rivederlo.



 

***********************************
 Ecco qui questo è il primo capitolo in cui qualcosina comincia a nascere...;)
 C'è anche il punto di vista di Harry che racconta la sua versione dei fatti e sarà molto frequente.
 Vorrei sapere la storia a primo impatto come vi sembra, io cercherò di aggiornare il più presto possibile.
 Giulia xx

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cambiamenti ***


ALEXANDRA'SPOV

Mentre percorrevo varie stradine per cercare di tornare a casa, non sapendo esattamente dove andare, intrapresi un piccolo vicolo sempre deserto.

Un altro, un altro ancora e subito dopo un altro.

Erano lunghi, inquietanti, isolati.

Passai tutta la giornata a cercare di trovare un punto di riferimento, qualcosa che mi ricordasse la via per Peeta. Niente.

Immaginatevi la mia preoccupazione.

Sola, indifesa, in un luogo sconosciuto: una preda perfetta.

Arrivato il buio, mi accasciai a terra, sfinita. Piangevo, ero nervosa, arrabbiata ancora con mia madre, con me per essermi allontanata e con quello straniero, Harry.

Non so bene il perché ma ciò che pensavo in quel momento era che se non lo avessi conosciuto, sarei stata a casa da un pezzo ormai.

Inveritàsenonloavessi incontrato probabilmente mi avrebbero ritrovato morta, maalloraerosolounaragazzina.

Finii con l'addormentarmi, stringendo forte la braccia al petto, facendomi più piccola che potevo.

E quella notte, solo gli dei sanno cosa accadde!

Fui svegliata da un botto. Era lontano ma talmente forte che sembrava fosse molto,ma molto vicino.

Sussultai.

In quel momento pensai che fosse giunta la mia fine. A ripensarci mi vengono i brividi.

Era ancora notte, nessuna luce.

Sembrava di esser avvolti nelle tenebre o magari di essere già arrivati nel mondo di Ade, nel regno dei morti. Era proprio questo ciò che non riuscivo a capire!

Dove mi trovavo?

Optai per l'opzione del regno dei morti.

Mi alzai, urlai come una pazza e cominciai a correre,non vedendo assolutamente nulla.

Qualcuno però scoppiò a ridere.

Pensai fosse una risata malefica, magari quella di Ade o di Caronte ma solo dopo qualche secondo mi accorsi che era umana!

Qualcuno mi seguiva.

Sentii i passi e mi bloccai.

"Tesoro, dovresti essere un po' meno agitata nelle situazione critiche sai?"- sussurrò una voce. No, non una voce qualsiasi, quellavoce.

"Ancora tu?!-urlai- senti non so che intenzioni hai, ma se devi approfittare di una povera ragazza in crisi al buio per fare lo straniero grande e potente, bhè..questo non ti reca onore e io..insomma stammi lontano!" -  Non avevo più voce.

"Ma se nemmeno mi vedi? Tesoro, non sarei mai capace di fare una cosa del genere anche se ti converrebbe. Poi non ti sto tanto vicino, la cosa che mi sorprende è come tu faccia a dormire e strillare come un'ossessa in tempo di guerra!'- concluse e giurai di aver sentito un po di incertezza nella sua voce.

"Tempo di guerra?? Ma dove siamo??"-

Stavolta rise in modo dolce,quasi infantile.

Aveva davvero una bellissima risata.

E poi  quando andavo nel panico ero davvero buffa.

"Si, il tuo popolo si è ribellato al mio. E tranquilla- disse toccandomi una spalla, con molta delicatezza-

Conosco questo posto come le tasche delle mie tuniche, fra circa 120 kilometri c'è il fiume Kasa. Da lì prendiamo una strada che ci dovrebbe portare ad Atene."-

Dire che ero confusa è veramente poco.

Mi trovavo con un narcisista di un  popolo che non conoscevo che mi parlava di fiumi sconociuti, in un luogo sperduto,al buio,in tempo di guerra!

Cominciai a fare ordine nella mia testa chiedendogli:

"Senti, nemmeno ti conosco, sei probabilmente un malintenzionato, ma devo fidarmi di te per poter riuscire a vedere un filo di luce e a ritornare a casa. E poi di che guerra parli??". Sbuffò scocciato ma riuscì comunque a darmi la risposta che mi fece capire che niente sarebbe stato come prima:

"Ascoltami principessa di Peeta, io sono del villaggio di Saama,al confine con il tuo. Non conoscerai di certo questo popolo perché ti hanno sempre insegnato che voi solo siete i prescelti di Zeus.Nonècosì.

Ieri la barriera che ci separava è stata tagliata da una delle divinità. Ciò significa che è il momento di decidere chi tra i due popoli debba essere il prescelto, il più forte.

Non ti voglio di certo molestare, ma cercare di trovare un posto dove possiamo rifugiarci. Se vuoi seguimi, altrimenti continua ad urlare che magari ti ritrovi una freccia nel petto."- parlò tutto d'un fiato, deciso, preoccupato.

Mi fidaii.

"Bene,d-dove si va?"- riuscì solo a dire questo,tremando di paura.

Non ero certo abituata a tanta franchezza. Mi accorsi in quel momento che tutti la mia vita era stata una menzogna.

Tutte le mie certezze vennero demolite, da un momento all'altro.

Tutte quelle cavolate sulla supremazia divina, poesie ridicole imparate a memoria, quell' orgoglio che gli esseri umani sin da piccoli imparavano ad avere, svanirono per mano di semplici ma efficaci parole di un uomo che non conoscevo per niente.

Non proferì parola per le  ore successive.

Mi prese quindi per mano, cercando di farmi smettere di tremare,per tranquillizzarmi e inciomiciò a camminare, camminare e camminare.

Non so con certezza per quante ore fummo in viaggio.

Mano nella mano.

Lo avrei sicuramente considerato un gesto carino se non fosse stato per il fatto che ero traumatizzata e paurosa che qualche soldato potesse spuntare da un momento all'altro.

Mi stringeva forte, in segno di protezione; sapeva che nonostante cercassi di dimostrarmi forte, morivo dalla voglia di abbandonarmi per terra a piangere. Capiva che mi stava cambiando la vita, e lo voleva fare in modo da rendermi felice. Lo apprezzai molto.

Man mano che proseguivamo,si cominciava a vedere qualcosa.

Un po grazie alla luce del sole che stava sorgendo, e un po grazie alle luci delle abitazioni, trovate dopo aver superato quei lunghi viali deserti, ci ritrovammo vicino al fiume Kasa.

Bevemmo un po' d'acqua, che a differenza del fiume Nedda non era per niente buona,e sfiniti riprendemmo il percorso.

O meglio, mi costrinse a continuare!

"Ti prego-lo implorai- sono stanca,camminiamo da ore, fermiamoci un attimo."

Anche lui era sfinito ma trovò la forza per rispondermi:

"Tesoro, dobbiamo continuare. Di giorno è pericoloso andare in giro. Fra qualche kilometro saremmo ad Atene, dove mio zio ha una casa. Possiamo stare lì."-

Sospirai e annuì guardandolo in cagnesco.

"Va bene,ma se mi richiami tesoro ti faccio perdere il senso di piacere che voi uomini provate nel guardarci senza velo."-

Sinceramente non so come ho potuto pensare una cosa del genere.

Harry si stupì molto della mia affermazione guardandomi preoccupato e scoppiando a ridere.

Era bello, molto bello quando sorrideva.

Spuntavano delle fossette adorabili sulla guancia sinistra.

Se non fosse stato per il carattere da narcisista, pensai che probabilmente mi sarebbe potuto piacere.
 

HARRY'SPOV

Ci avrei scommesso mille dracme che anche Alexandra avesse un lato pervertito.

Però era molto altezzosa, testarda e permalosa.

Un volto angelico, pronto però a difendersi a testa alta.

I capelli lunghi, lisci e biondi  le ricadevano perfettamente sulle docili spalle.

A volte osservandola, sembrava la personificazione di una bellissima scultura in marmo.

Durante il tragitto per arrivare al fiume era molto preoccupata: tremava, non proferiva parola e giurerei a volte di non averla sentita respirare.

La luce chiarì tutto.

Appena la vidi dopo ore di buio totali, mi rivolse uno sguardo rassicurante.

Accennava un lieve sorriso prima di dissetarsi.

Fummo costretti però a proseguire; era l'alba e non potevamo girare di giorno.

Dopo pochi kilometri arrivammo ad Atene, finalmente.

Ci aspettava però il disastro totale.

Gli Ateniesi morivano di fame, anche la classe più abbiente.

Mio zio, Karikaris, mi conosceva sin da piccolo e speravo mi avrebbe aiutato.

Attraversammo le strade più povere della polìs greca, considerata un tempo lo splendore del Peloponneso, prima di arrivare all'abitazione.

Che scene raccapriccianti.

La maggior parte degli uomini cercava di convincere gli altri a comprare la merce o a barattare qualche alimento.

Le donne allattavano i bambini negli angoli meno affollati o pregavano gli dei affinché potessero avere una vita meno sofferente.

I ragazzi non giocavano come una volta, se ne stavano seduti a scambiarsi qualche cenno, morendo dal caldo.

Piazze affollate di gente, piene di caos, urla, pianti e schiamazzi.

Per non parlare degli ubriachi.

Un tizio cercò anche di parlare con Alexandra ma dovette rinunciare dopo aver visto la mia espressione alquanto minacciosa.

Non negai che la strinsi parecchio in quei momenti.

Per il semplice fatto che volevo proteggerla. Non era abituata a tutto quello; io si.

Cominciai a considerarla più di una conoscente.

Mi sentii in dovere di aiutarla, anche se ero incerto che lei me lo avrebbe permesso più di tanto.

Provai una grande simpatia per questa giovane donna che fece nascere in me un gran senso di amicizia nei suoi confronti.

Si, solo amicizia.

Dopo aver finalmente attraversato tutte le stradine e piazze varie, arrivammo a casa di mio zio.

E lì, cominciò la nostra avventura.

 

*********************************

Buongiorno a tutti :)

Bhè questo è il secondo capitolo, spero vi piaccia.

Dal terzo in poi, come potevate capire, inizia la "loro avventura". In cosa consisterà secondo voi? Non è una domanda scontata ^.^ Mi scuso per eventuali errori e spero mi direte cosa ne pensate e se vale la pena continuare!

Baci,

Giulia <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Atene ***


Karikaris, lo zio di Harry, era un uomo molto gentile.

Possedeva una casa modesta, Atene era circondata da disastri su disastri ed era veramente difficile riuscire a pagare le tasse e a mantenersi.

Comunque all'interno vi erano in tutto cinque sale: la cucina, due camere da letto, il lavatoio e l'ingresso.

Tutto era pulito e sistemato quasi in modo ossessivo; quei pochi mobili che rendevano l'abitazione accogliente erano distribuiti in modo equo per tutta la casa.

In un mobile di marmo,l'unico, situato nel salotto mi ricordo vi era appoggiata una piccola scultura di bronzo.

Pensai subito che fosse stata fatta da Karikaris, perché quasi perfetta ma c'era qualcosa, qualche tratto forse che sembrava delineato da un mano piccola, di un bambino.

Quel particolare di certo la manona di Karikaris non poteva averlo fatto.

Rappresentava una donna, presa ad allattare il suo bimbo e un uomo che le cingeva una spalla con il braccio, guardando il bambino.

Dire che era stupenda sarebbe poco.

Dovetti aspettare ancora un po' di anni per scoprire la verità su quella piccola scultura.

Karikaris ci accolse con grande stupore e con molta dedizione ci tenne a presentarsi come si vede facendomi fare un giro della casa e della città.

Arrivammo a casa sua verso le sei e mezza di mattina.

"Harry! Nipote mio che ci fai qui? E questa bella ragazza?! Per tutti gli dei guardate come siete ridotti, su entrate!"- disse tutto d' un fiato.

Era un uomo sulla cinquantina, alto, magro, capelli grigi e un dolce sorriso era circondato da alcune piccole rughette.

Harry mi presentò come una sua amica dicendo che eravamo riusciti a scappare dalla guerra in corso tra le nostre popolazioni.

Mi meravigliai sapendo che lo zio conosceva la nostra terra.

"Devi sapere, tesoro, che anche io faccio parte dei Saama ma mi sono trasferito qualche anno fa qui, ah quanto me ne pento! Una volta andati non si può più tornare indietro- dopo questa affermazioni fissai Harry in un misto di rabbia e panico, non potevamo più tornare indietro?!- Ma io non so ancora il tuo nome! Qual'è tesoro?- concluse lo zio.

Ero ancora scioccata dal viaggio e dal fatto che probabilmente non potevo più tornare a Peeta dalla mia famiglia e sorpresa perché pensavo fosse una moda chiamare tutti 'tesoro' in quella famiglia. La cosa mi disgustò non poco.

"Alexandra. Ma non si può proprio ritornare nella città..em..nelle città 'divine'?- chiesi con un pizzico, ma solo poco, di agitazione.

"Solo se avrete il consenso di Zeus." rispose con molta sicurezza.

Perché certo uno il consenso di una divinità lo trova schioccando le dita!

Harry vedendo che ero impallidita e rimasta a bocca aperta mi spiegò meglio:

"Bisogna scendere nel Regno dei Morti, da Ade, pregare loro di tenere un colloquio con Zeus, superando qualche prova."-

Bene,si era chiarito tutto dopo quella affermazione.

Continuammo a parlare, o meglio loro discutevano della politica e filosofia,mentre io facevo finta di ascoltarli annuendo e sorridendo.

Finalmente dopo un po' lo zio ci fece vedere la camera dove dovevamo dormire.

Una camera modesta e carina, mi sarebbe piaciuta se i letti fossero stati singoli.

Dovevamo dormire su una specie di  enorme divano imbottito di cuscini.

Ci trovammo da soli nella camera e evidentemente imbarazzati fissavamo il letto, dove dopo qualche ora i nostri corpi avrebbero riposato.
 

HARRY'SPOV

Fu Alexandra a rompere il silenzio.

Fissavamo il letto e i dintorni molto  imbarazzati.

"Tu lo sapevi vero?!- urlò quasi in preda ad una crisi isterica.

Sapevo già che intendeva ma feci il finto tonto e cominciai a prendere delle vesti di mio zio che si trovano su un mobile vicino al letto.

"Tu sapevi che non possiamo più tornare a Peeta! Perché non me lo hai detto?!- si scaldava sempre di più.

Mi avvicinai stringendole le spalle e ammirando i suoi meravigliosi occhi marroni risposi:

"Senti, devi stare calma. Ti avrebbero ucciso se fossi rimasta lì e non mi dire che non è vero perchè lo sai perfettamente"- la mia voce forse era stata troppo dura, fatto sta che se ne andò quasi in lacrime da mio zio, chiedendogli di andare a fare un giro  in città.

La cosa non mi fece per niente piacere, non doveva girare ad Atene senza qualcuno che potesse difenderla.

Andiamo, mio zio per quanto coraggioso era tutto fuorché muscoloso.

Decisi di seguirli stando attento a non farmi scoprire.

Fui un completo disastro.

Passarono per molte piazzette e inevitabilmente andai a sbattere contro molte persone.

Ma non solo, per cercare di seguirli tra la folla, urtai chissà quante baracche.

Alla fine della giornata ero tutto un dolore.

Karikaris le fece vedere il Partenone, L'Agorà, l'acropoli e il tempio dedicato ad Apollo.

Anche se di sfuggita, riuscivo a vedere il sorriso stampato perennemente sul volto di Alexandra mentre ascoltava e contemplava quelle meraviglie.

Era felice e per la prima volta dopo tanto credo di esserlo stato pure io, nonostante le botte ricevute.

Nessuno ebbe strane idee o cercò di approfittarsi del mio vecchio e della mia bambina.

Quando ritornarono a casa,entrai zoppicando dieci minuti dopo.

"Dove sei stato e che cosa hai fatto?! Sei pieno di lividi!"- mi chiese Karikaris allarmato.

"Ma no zio,tranquillo, sono stato solo un po' sbadato..."-risposi non molto convincente.

"Si certo, non cambierai mai. Continuando a fare a botte non concluderai niente!"

"Ma io.."- non mi fece finire.

"Senti non ti voglio proprio sentire. Sei come tuo padre.-poi si rivolse ad Alexandra- Tesoro, puoi preparare la cena?Io devo uscire,trovi tutto sul mobile in cucina."

"Ma certo"- rispose sorridendo dolcemente.

Non saprei dire cosa provavo ogni qual volta che mi paragonavano a mio padre.

Andavo fuori di me, e preso dall'ira funesta anche quel giorno non feci niente per fermarla.

Uscii dalla casa correndo, andando a sbattere da per tutto e mi rifugiai in una specie di vicolo buio.

I nervi quasi mi scoppiavano, ero furioso con me stesso e con mio padre.

Non dovrei nemmeno chiamarlo padre.

Un essere, ecco chi era.

Mi vennero in mente tutti i ricordi peggiori, le notti insonni, le urla di mia madre, le suppliche di mia sorella e come un lampo ripensai a quel giorno.

Il giorno più brutto di tutta la mia vita.

#FLASHBACK

"Papa,ti prego fermati!"-  urlò disperata Alessya, mia sorella.

"Non vi preoccupate, ragazzi miei va tutto bene"- ci rassicurò mamma.

Nostra madre.

Quanto era bella.

Veniva considerata una delle donne più belle di Saama.

Capelli biondi, occhi blu notte, carnagione chiara, un viso molto delicato.

Ci amava davvero.

Era l'unica che ci amava veramente per chi eravamo, io e Alessya.

Riusciva ad infonderci sicurezza anche quando quell'essere la torturava in nostra presenza.

Sorrideva, non voleva mostrarsi debole o urlare dal dolore,ma lacrime le rigavano il dolce viso e tutt'ora ho questa immagine impressa nella mia mente.

Quel giorno però quel mostro la uccise.

Ricordo il suo ultimo sospiro e le sue ultime parole:

"Vi voglio bene."

Si spense così, continuando ad avere un lieve sorriso accennato sul viso.

Da quel momento tutto per me è cambiato.

#FINE FLASHBACK

Ero diventato tutto rosso, continuavo a dare pugni ai muri, mi accorsi che mi scendeva anche qualche lacrima.

Sentii dei passi dietro le mie spalle e una mano toccarmi la spalla.

Pensai fosse Karikaris così mi girai e diedi uno schiaffo forte sul volto della povera Alexandra.

Mi scusai immediatamente e ricominciai a riprendere coscienza di chi ero, che facevo lì e di che sciocchezza avevo appena compiuto.

La sollevai da terra, era talmente tanto scioccata dal mio gesto che a malapena si reggeva in piedi.

"Scusami tes..Alexandra, davvero pensavo fossi mio zio..perdonami"-tentai di dire con seria difficoltá e con mia grande sorpresa mi abbracciò.

Erano anni che qualcuno non mi abbracciava in quel modo.

Mi stringeva forte, quasi avesse paura di perdermi e  sussurrò dolcemente:

"Torniamo a casa, è ora di andare a dormire,tuo zio sarà ormai pensiero."

Si allontanò da me con un sorriso stampato in faccia..insieme allo schiaffo.

"Ma quanto tempo è passato?" - chiesi incredulo rendendomi conto del fattore tempo!

"Qualche ora. Non volevo disturbati, ti stavi sfogando, avevi tutto il diritto di farlo. Ma ora andiamo forza, ti devo medicare, sei tutto un dolore immagino.

Certo oggi potevi evitare di seguirci, quello che ci ha rimesso sei proprio tu!"- disse fingendo di essere arrabbiata o indignata per il mio gesto folle di stamattina.

L'unica cosa che riuscì a fare fu sorridere, sorridere a questa ragazza tanto strana quanto bella.

E solo cinque anni dopo seppi che per tutto il tempo che urlavo imprecando contro mio padre per le cose che aveva fatto a me, a mia sorella e a mia madre, lei stava lì ad ascoltarmi in silenzio.

Quella comunque sarebbe stata la nostra prima e ultima notte ad Atene.

 

***********************************

Buonasera a tuttiii :)

Allora, questo capitolo ci ho messo un po' a farlo e mi scuso ma adesso so esattamente cosa far fare a questi due poveri disgraziati ahahaha :')

Il prossimo capitolo prometto sarà più movimentato ma questo è importante perché succede un fatto che cambierà la loro vita eheheh ;)

Non mi dileguo troppo spero che vi piaccia e vorrei sapere le vostre opinioni, per vedere se continuare o no. Commentateee :D

Baciii

Giulia <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2800673