Il Domatore di Uomini

di Lo Magno Scrittore
(/viewuser.php?uid=707352)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’odore frizzante che riempiva l’aria veniva in parte dalle vecchie gradinate di ferro, in parte dall’erba bagnata della mattina. Il sole era qualche metro sopra le colline dell’orizzonte quando Cryfis era entrato nel tendone. Ogni mattina il giovane uomo faceva la traversata del grande tendone fino a raggiungere il centro della pista. Camminava con passo sicuro e testa sollevata a guardare l’enorme telo di plastica, rosso e bianco, sorretto da un’impalcatura metallica ben fissata a terra. La struttura era solida ma lontana dalla perfezione, e questo creava problemi alla concentrazione di Cryfis. Due uomini stavano collaudando il trampolino dal quale si sarebbe lanciato il trapezista: Grande Capo trovava divertente l’idea di far saltare e penzolare nel vuoto un ciccione, il quale sarebbe potuto morire da un momento all’altro per quanto le sue arterie, già oppresse dal grasso esterno, venivano ogni giorno sempre più otturate dal cibo che gli facevano ingerire. Il circo vecchio stile non impressionava più nessuno, “Bisogna reinventarsi” diceva sempre Grande Capo. Reinventarsi… Cryfis sapeva bene che quei trucchetti erano in grado solamente di far sorridere la gente, il vero spettacolo era lui. Lui era la star, con la sua disciplina ferrea, il suo aspetto curato e soprattutto il suo numero mozzafiato. Non passava serata in cui il pubblico non restasse incantato e chiedesse il bis: erano lì, seduti, pretendendone ancora, e non c’era modo di mandarli via neanche liberando i leoni in pista, almeno non finché Cryfis ricompariva con la sua purpurea rosa in mano. Tutto quel successo richiedeva una rigida preparazione mentale, per questo Cryfis, ogni mattina, occupava da solo il tendone per almeno due ore. Inizialmente c’erano state lamentele, ma conscio del suo potere, come al solito Cryfis minacciava di andarsene per qualunque cosa, costringendo Grande Capo a concedergli tutto ciò che voleva. Si era fatto più nemici in due anni di circo che nei suoi trentotto anni di vita. Cryfis aveva lanciato una veloce occhiata ai due addetti al trampolino, che vedendo la sottile figura avanzare, con uno sguardo insofferente avevano cominciato a scendere verso terra. Un bambino stava giocando con delle clave in un angolo della pista. Cryfis si era avvicinato e gli aveva rivolto un secco «Vattene, Sammy». Il ragazzino, con gli occhi che brillavano, rispose in tono entusiasta: «Guarda, guarda Cryfis, ne riesco a far volteggiare quasi cinque! Presto Grande Capo mi farà esibire insieme agli altri!». Senza scomporsi, Cryfis aveva dato una manata a una delle clave volteggianti, facendola atterrare a qualche metro di distanza. Il ragazzino, sbarrando gli occhi, si era visto tutte le altre clave cadere a terra. Aveva lanciato uno sguardo pieno di odio a Cryfis, raccolto le sue clave e avviato verso l’uscita del tendone. Finalmente era solo. Seduto nell’esatto centro della polverosa pista, gambe incrociate e braccia sopra le ginocchia, era rimasto per qualche minuto in ascolto del mondo intorno a sé, gli occhi dolcemente chiusi. La spessa plastica del tendone era perfetta per isolarlo dal mondo esterno: nessuno schiamazzo di volgari clown, né barrito di elefante poteva arrivare lì. Raggiunta la calma interiore aveva fatto un respiro profondo e si era alzato in piedi, cominciando una serie di gesti e movimenti degli arti che potevano sembrare casuali, ma che per Cryfis erano una precisa danza, un rito. Aperti dopo qualche minuto gli occhi, per cominciare la fusione della sua interiorità con il mondo esterno, aveva fatto un altro lungo respiro e cominciato una giravolta verso destra. In quel momento una veloce ombra aveva attraversato la sua visuale: “Merda!”. Cryfis si era bloccato sul posto, scrutando tra le gradinate, ma non aveva visto nulla. Chiunque fosse si stava nascondendo bene. «Vedi di andartene immediatamente, o ci saranno gravi conseguenze, chiunque tu sia!». Cryfis era estremamente irritato, tutta la sua concentrazione era andata perduta, doveva cominciare tutto da capo. Nulla si muoveva in direzione delle gradinate, così si era avvicinato. Silenziosa e veloce come un lampo, un'ombra si era rotolata attraverso un invisibile strappo alla base del tendone, ed era fuggita all’esterno. Cryfis non aveva visto chi era, ma sperava non tornasse più. Posizionandosi di nuovo al centro dell’arena, seduto, aveva ricominciato il rito.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Il Domatore di Uomini lo chiamavano. Benny ne era rimasto incantato, fin dalla prima sera di spettacolo. Da una settimana si presentava tutte le sere al tendone per lo spettacolo serale del nuovo circo, e ogni sera attendeva con impazienza il numero finale. Era incantevole, quell’uomo così magro e dai movimenti aggraziati, che entrava in scena con spettacolari effetti speciali e faceva ridere con le sue battute. Ogni sera il Domatore chiedeva un volontario dal pubblico per il suo numero. Nella prima serata aveva trovato decine di ragazzini disposti a prestarsi, ma quando avevano visto di cosa era capace, solo gli scettici si facevano avanti, non credendo che il Domatore fosse veramente in grado di controllare le azioni degli altri. «Sceglie persone del circo!», dicevano, ma dovevano sempre ricredersi quando il Domatore li lasciava tornare sugli spalti. Nella sua tuta rossa, anche quella sera il Domatore era entrato in pista, con una stupenda rosa color viola in mano. Sperava che prima o poi scegliesse lui, ma ormai il tempo scarseggiava e visti gli ultimi avvenimenti dubitava che sarebbe successo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per stargli di fronte mentre gli volteggiava la sua rosa davanti al viso, gli diceva parole con tono sicuro ma allo stesso tempo dolce. E lui avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse ordinato, lo avrebbe compiaciuto, sarebbe stato bravo.
Dal secondo giorno si era posizionato in prima fila, sperando di essere notato. Il terzo giorno aveva anche osato alzare la mano per proporsi volontario, ma il Domatore aveva scelto un altro, così, offeso e timoroso, non aveva più osato proporsi.
Aveva però fatto altro.
La terza sera aveva deciso di seguirlo dopo lo spettacolo. Era avido di informazioni, voleva capire come facesse ad essere così straordinario e aggraziato. Lo aveva seguito da lontano per qualche minuto, incespicando in secchi sparsi in giro ed evitando le gabbie degli animali, che se innervositi avrebbero fatto salire dei sospetti. Si era nascosto in ogni angolo buio possibile, tentando di passare inosservato anche agli altri artisti che vociavano e si riunivano in piccoli gruppi per ubriacarsi. Come pensava, il Domatore era diverso: non si fermava a vociare con nessuno di loro, anzi, ignorava qualunque bifolco gli facesse domande ironiche sul suo numero. Infine era entrato in una roulotte. Benny era rimasto a bocca aperta nel vedere quanta eleganza potesse esserci in un così piccolo alloggio mobile: bianco perla, due piani, delicate rose che dipartivano dagli angoli di ogni finestrino. La curiosità del ragazzo stava aumentando, voleva sapere cosa c’era all’interno di quel mezzo, voleva vedere come viveva quello splendido uomo. Aveva deciso di affacciarsi ai finestrini. Poiché erano troppo in alto, aveva raccolto lungo il viottolo infangato un secchio e si era avviato per posizionarlo alla base della roulotte, per poi salirci sopra. Mentre stava per alzare il piede e scalare il nuovo gradino che aveva costruito, aveva sentito una forza trascinarlo indietro. Dopo qualche secondo, nel quale rischiava di perdere l’equilibrio, era riuscito a girare il capo e vedere un grosso uomo vestito con una tutina gialla luccicante: “Merda!”. Uno degli equilibristi l’aveva scoperto e ora lo stava trascinando verso l’uscita.
«Cosa pensavi di fare, eh, ragazzo?»
«Io… io stavo solo...».
L’equilibrista non aveva aspettato la risposta, con uno strattone lo aveva fatto cadere nel fango, di fronte alla gabbia degli elefanti.
«Vattene!»
Benny, spaventato, era corso a casa.
Rientrato nella sua camera, con il fiatone, si era lasciato cadere a peso morto sul letto. I pensieri vagavano nella sua mente, finché un’idea non aveva prevalso. Con foga aveva cercato un foglio e dei colori: avrebbe fatto un ritratto del Domatore.
Una volta finito lo aveva appeso al soffitto, sopra al suo letto, e lo aveva fissato finché il sonno non aveva preso il sopravvento.

 
Image and video hosting by TinyPic

La mattina seguente Benny si era svegliato di buon umore e con tanta energia, aiutato dalla vista del ritratto appeso al muro. Aveva voglia di rivedere il Domatore, era ancora troppo assetato di informazioni, non poteva aspettare lo spettacolo serale. Così si era avviato a passo veloce verso il piazzale in cui si era stabilito il circo. Sgattaiolando senza essere visto, era riuscito ad arrivare fino al tendone. Il suo cuore si era riempito di gioia nel vedere che era stato così fortunato da trovare il Domatore, il quale stava entrando in quel momento nel tendone. Lentamente si era avviato anche lui verso l’entrata. Stava per spostare uno dei lembi che coprivano l’ingresso quando aveva sentito due voci bofonchianti avvicinarsi. Spaventato, Benny era scappato a nascondersi. Appena i due uomini grassocci si erano allontanati Benny si era riavvicinato al tendone, ma questa volta facendo il giro per trovare uno scorcio dal quale intrufolarsi: non avrebbe rischiato di nuovo passando per l’ingresso principale. Era stato fortunato, aveva trovato un piccolo strappo dal quale era riuscito a passare. Benny si era trovato direttamente dietro le gradinate, e ciò che aveva colpito i suoi occhi lo aveva lasciato senza fiato. Il Domatore, da solo al centro della pista, stava danzando a occhi chiusi. La sua grazia e lo svolazzare dei morbidi e fluenti capelli facevano provare a Benny l’impulso di corrergli incontro ma, troppo timoroso per farlo, si era accontentato del dolce piacere di osservarlo muoversi. Una cosa imprevista aveva però turbato quella pace: d’improvviso il Domatore aveva aperto gli occhi mentre stava facendo una piroetta e Benny aveva sentito il suo sguardo penetrante fin dentro il corpo. “Oddio, ora che faccio?”. Si era accucciato velocemente sotto la base delle gradinate: con un po’ di fortuna lo avrebbe ignorato. Inoltre non era proprio sicuro che lo avesse visto, in fondo stava girando su se stesso e la visuale non poteva essere buona. Si sbagliava. La voce del Domatore stava proferendo con tono sicuro qualche minaccia e, preso dal panico, Benny aveva deciso di scappare. Si era maledetto l’intera giornata per aver sprecato quell’occasione, ma si era anche ripromesso che l’indomani sarebbe stato più cauto.

Così fu. Il giorno seguente era riuscito a godersi l’intera danza del Domatore, nascosto bene sotto le gradinate. Lo aveva visto volteggiare, saltare, fare capriole e stare fermo in verticale per minuti. La sicurezza con la quale svolgeva ogni movimento era disarmante. Dopo due ore si era reso conto che avrebbe potuto guardarlo l’intera giornata, ma il Domatore aveva smesso di danzare e si era avviato verso l’uscita. Era il suo momento, poteva intercettarlo. Aveva portato con sé il suo disegno ed era deciso e lasciarglielo. Uscendo dallo squarcio sul tendone si era diretto di corsa verso l’ingresso principale. Il Domatore era già uscito e si stava incamminando verso la roulotte. Benny lo aveva rincorso, chiamandolo. Il Domatore lo stava ignorando, come sembrava fare con tutti, allora Benny aveva deciso di pararglisi davanti.
«Domatore, ho fatto questo per te, spero ti piaccia».
Il Domatore, aggrottando un sopracciglio, aveva preso il disegno, osservandolo con espressione neutra. Benny era molto ansioso di avere un responso: sperava con tutto se stesso che il disegno gli piacesse. Il Domatore invece aveva inclinato lateralmente il foglio, vi aveva appoggiato la seconda mano sopra e, afferrando il bordo superiore tra gli indici e i pollici, lo aveva strappato.
Benny era incredulo, perché lo stava facendo?
«Ragazzo, questo disegno fa pena». Poi aveva gettato le due parti del foglio in terra.
Benny le aveva osservate restando immobile.
«Insomma, vuoi toglierti dal passo?».
Benny aveva continuato a guardare i fogli mentre aveva fatto un passo laterale permettendo al corpo del Domatore di allontanarsi da lui. Da quel giorno non lo aveva più seguito, si era limitato ad andare agli spettacoli serali. Un’idea aveva però ronzato nella sua mente per tutto il tempo, un’idea che era diventata sempre più reale.
Quella sera avrebbe chiesto a quello che chiamavano Grande Capo di unirsi al circo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Il ragazzino che si era unito a loro qualche settimana prima stava diventando sempre più invadente, sempre più una distrazione. All’inizio si limitava a dargli il buongiorno quando entrava nel tendone, poi aveva cominciato a insistere per vedere il suo rito mattutino. Nonostante lo avesse respinto in ogni modo possibile, lui tornava più carico di prima, finché una mattina se lo era ritrovato all’ingresso della roulotte, con uova e pancetta ben calde. «Cosa diavolo stai facendo, Pidocchio?»
«Ti ho portato la colazione».
«Vattene, io non mangio quelle schifezze».
Così dicendo si era allontanato velocemente. Ma il ragazzino era cocciuto e il giorno dopo era di nuovo davanti alla sua roulotte. Questa volta aveva in mano un cappuccino e un cornetto:
«Vattene, ti ho detto che non voglio quelle schifezze». La cosa era andata avanti giorni, con il ragazzo che portava ogni tipo di alimento immaginabile: yogurt, frutta, affettati, formaggi, perfino pasta. Alla fine, esasperato, aveva nominato gli unici elementi che ingeriva la mattina: una piccola tazza di latte zuccherato e quattro mandorle. Gli aveva inoltre detto che se voleva che le mangiasse doveva portargliele almeno un’ora prima del solito.
La mattina seguente gli aveva permesso di partecipare alla sua colazione, c’erano delle domande che voleva fargli.

«Come mai mi stai sempre addosso, Pidocchio?».
«Mi piace il tuo numero. È… diverso!»
«Certo che è diverso. Quelle baggianate che si ostinano a portar avanti da anni non impressionano più nessuno. Io invece ho scavato a fondo nell’animo umano, ho elaborato una tecnica infallibile, un connubio tra sensazioni e controllo. Sfrutto le più piccole debolezze di quegli zotici del pubblico per offrir loro la più grande esperienza che abbiano mai provato.»
«Wow, è davvero affascinante. Avrei voluto vederti nello studio della tua tecnica, sembra molto raffinata.»
«Certo che lo è. Banali trucchetti di magia non funzionano più con il pubblico. Ci vuole qualcosa che riesca a sorprenderli ancora. Non so come quei cretini dei pagliacci e dei giocolieri pensino che siano interessanti i loro antichi numeri. Il pubblico, per quanto composto da un insieme di nullità che assorbono passivamente tutto, riconosce il banale più sfruttato. Non si fermano alle sole apparenze, ciò che inizialmente li faceva ridere, sorprendere e applaudire, adesso li fa tutt'al più sorridere e applaudire per inerzia. Per questo sono stato costretto a trovare qualcosa di spettacolare e profondo. Senza di me, questo circo sarebbe morto nella sua putrefazione, come tanti altri stanno facendo.»
«Sai, dovresti essere meno severo nei confronti del prossimo, non ci sono solo idioti nel mondo».
«A me non sembra, in ogni caso si meritano di sentirsi dire che lo sono. Per quel che mi riguarda servono solo a mantenermi, e lo fanno anche con gioia.»
«Sii più attento con gli altri, ti prego. Ho sentito strane voci girare su di te, voci non amichevoli»
«Tsk, che parlino. Piuttosto, come ti chiami, Pidocchio?»
«Benny.»
«Che nome banale e privo di personalità.»
Il ragazzo si era per un attimo zittito, poi, suo malgrado, si era fatto nuova forza ed era tornato all’attacco.
«Qual è il tuo segreto? Non sembra vera magia.»
«Perché dovrei rivelare i miei segreti a un bimbetto come te?»
«Ti prego, voglio sapere. Non dirò nulla a nessuno!»
Cryfis trovava il modo di comportarsi del ragazzo molto strano. Non era schifato come tutti gli altri membri del circo, ma nemmeno un pazzo ammiratore del pubblico. C’era qualcosa di più profondo nella sua richiesta, per questo aveva deciso di accontentarlo in parte, senza svelare nessun particolare che avrebbe veramente potuto compromettere il mistero dietro al suo numero. Inoltre aveva visto nei giorni precedenti la sua tenacia, non voleva essere tormentato com'era accaduto per la colazione. Gli aveva raccontato di come ci fosse, infusa nella rosa che portava sempre in scena, un’essenza molto particolare, creata da lui stesso con ingredienti rari e con anni di studi e tentativi. L’essenza induceva la persona a lui di fronte in una specie di ipnosi conscia, nella quale, con i giusti movimenti del corpo, Cryfis riusciva a dare ordini al subconscio dell’ipnotizzato, il quale obbediva senza esitazioni alle più assurde richieste. Cryfis non aveva svelato che in realtà quell’essenza era una formula in parte molto antica, un infuso che nel medioevo le donne usavano per far innamorare di loro gli uomini, e per questo, secondo le leggende, erano accusate di stregoneria. Ovviamente il miscuglio di erbe e ingredienti non era così potente, Cryfis aveva dovuto perfezionarlo e integrarlo con i suoi movimenti, di modo che l’essenza inducesse realmente un’adorazione momentanea nella persona a lui di fronte. Studiare il subconscio umano e creare i comandi corporei era stata la parte più difficile, ma dopo molti anni aveva trovato il giusto equilibrio. Il ragazzo restava ad ascoltare affascinato, incredulo del fatto che potesse davvero funzionare. Poi, nonostante il volere contrario di Cryfis, Benny aveva di nuovo aperto la bocca: «Ti prego, prendimi come tuo apprendista, usami per migliorare il tuo numero!»
«Cosa?» Cryfis era sconvolto dalla richiesta e per un attimo aveva perso il suo abituale contegno.
«Sì, il tuo numero è meraviglioso, ma con una persona sulla quale esercitarsi pensa quanti nuovi comandi potresti sviluppare!».
«No! Ora vattene, è ora che io esca per i miei esercizi mattutini».

Il ragazzo aveva lasciato con uno strano sorriso la sua roulotte. Cryfis si sentiva turbato da quella presenza così asfissiante. Non si rendeva ancora conto che la maggior parte del turbamento proveniva dal fatto che la proposta del ragazzo era stata la cosa migliore che avesse raggiunto le sue orecchie negli ultimi mesi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


La vita nel circo non era facile, il Grande Capo lo aveva assegnato ai lavori più pesanti e spiacevoli. Ben odiava pulire gli escrementi degli animali ma, poiché nessuno voleva farlo, quella era stata la principale condizione di ingresso nel circo. Il momento migliore dei suoi doveri era il dar da mangiare alle scimmie, con loro riusciva sempre a giocare: portava quattro banane e le lasciava al cucciolo, poi restava a guardare come le altre reagissero per rubargliele, oppure entrava nella gabbia con un intero casco e cominciava a correre finché non riuscivano a raggiungerlo. Ultimamente erano diventate furbe, riuscivano a organizzarsi per tendergli trappole e bloccarlo. Le scimmie erano l’unica occupazione che svolgeva con piacere, le altre cercava sempre di sbrigarle il prima possibile, nonostante sembrassero non terminare mai. Per fortuna era riuscito a contrattare una mezz’ora libera di sera, così da godersi lo spettacolo di Cryfis. Stava diventando ogni giorno più magnifico e acclamato, il suo numero sempre più complesso. Visto il poco tempo libero, Benny aveva trovato molti ostacoli per farsi accettare dal Domatore come aiutante, ma alla fine ci era riuscito. Ritagliava ogni giorno un paio di ore nel pomeriggio, ore che recuperava di notte prima di andare a dormire. Era fiero dei risultati che stava facendo ottenere al Domatore: grazie a lui non solo stava scoprendo nuovi comandi, ma si era accorto che l’essenza cosparsa nella rosa non era sufficientemente potente.
Il primo pomeriggio come assistente era stato un disastro: Benny non riusciva a rispondere completamente ai comandi silenziosi di Cryfis. Sentiva degli impulsi ma la sua muscolatura non rispondeva come il Domatore si aspettava. Questo aveva messo in seria crisi Cryfis, il quale aveva costretto tutti gli altri artisti a privarsi delle loro prove giornaliere, necessitando dell’intero tendone per recuperare la serenità necessaria allo spettacolo serale. Il giorno seguente la scena si era ripetuta: Benny sospettava il motivo, ma non aveva mai avuto il coraggio di svelarglielo. Così gli aveva consigliato semplicemente di provare alcune varianti nella composizione dell’essenza. La cosa aveva funzionato, il ché confermava a Ben la motivazione dell’iniziale fallimento: lui già adorava in maniera profonda il Domatore, senza bisogno di un’essenza, e ciò faceva fallire tutte le sfumature di effetto che questa aveva.
Ora era più potente, Ben riusciva a farsi comandare e la sensazione lo inebriava. Non aveva mai provato un tale coinvolgimento di sensazioni: non era più un adorare da lontano, era un muoversi in sincronia con Cryfis, era un appartenergli, un fondersi a lui. Sotto comando riusciva a fare le piroette più inaspettate, scalare i posti più alti nel tendone, fare numeri di giocoleria mai provati prima. Le cose stavano andando talmente bene che presto aveva fatto il passo successivo: richiedere di essere il suo assistente personale, senza più dover essere obbligato agli altri lavori da garzone.
Con ansia si era avvicinato al Grande Capo, e mai si era sentito così libero da un peso come quando egli aveva acconsentito.
Benny era sempre più avido di Cryfis, e il fatto che tutto stesse andando alla perfezione lo faceva sentire appagato.
Ci mise qualche giorno per accorgersi che la vita di Cryfis non era altrettanto facile: ogni persona all’interno del gruppo lo trattava con disprezzo. Alcuni si fermavano alle occhiate torve, altri agli insulti, alcuni ogni tanto lo bloccavano minacciandolo e occasionalmente sferrandogli un qualche pugno di sfogo. Cryfis continuava a ignorarli con eleganza, disprezzandoli e facendoli sentire inferiori.
Doveva però evitargli più sofferenza possibile, aveva quindi cominciato a spiare i clown e i trapezisti, le persone che sembravano più pericolose. Ci mise qualche giorno prima di imbattersi in un discorso compromettente. Non poteva avvicinarsi troppo ai loro focolari senza farsi vedere, aveva quindi udito solo sprazzi di discorso: «Sì, lo blocchiamo dentro il boschetto», «..porto io i coltelli», «Sei sicuro che la pedana non lo insospettirà?». Agguati, coltelli, pedane… quel discorso non era per niente piaciuto a Ben, il quale era corso subito dal Domatore. Più volte gli aveva raccomandato di trattare gli altri con maggior riguardo ma, dopo aver sentito il discorso di pochi minuti prima, lo aveva fatto con particolare enfasi. La risposta di Cryfis, con grande turbamento di Ben, era sempre la stessa: «È il mio spettacolo a dargli il cibo per sopravvivere, qui nessuno mi farà del male».
Non poteva sbagliarsi di più.
Qualche giorno dopo arrivò La Notte.


 
Salve a tutti! Intanto vi ringrazio per la lettura, questo capitolo è stato un po' più corto e meno descrittivo, ma purtroppo ero arrivato alle strette con la scadenza del concorso :) 
Ringrazio enormemente tutti coloro che mi hanno dato un loro parere, per me significa molto, sono contento che la storia vi stia piacendo! A presto con il prossimo capitolo, l'ultimo prima dell'epilogo.


Ossequi dallo Magno Scrottore :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Non sapeva bene come tutto fosse successo, gli eventi erano stati troppo veloci. Ogni sera, dopo lo spettacolo, Cryfis si recava lontano dall’accampamento per fare una passeggiata riflessiva. Nella sua mente passava al dettaglio ogni singolo minuto dello spettacolo, ogni singolo movimento, alla ricerca di cosa avesse funzionato bene e di cosa non era stato poi così spettacolare. La sua mente era nel bel mezzo di una piroetta quando una forza lo aveva trascinato indietro. Pochi istanti aveva impiegato per capire che quattro uomini lo avevano afferrato e lo stavano sbattendo contro un albero.
Lo avevano pestato e insultato, poi legato a una tavola conficcata in verticale nel terreno. Cryfis aveva guardato i loro sguardi iniettati di odio e colmi di follia e violenza, tutto attraverso una patina rossa e appiccicosa che probabilmente era il suo sangue, sgorgante da qualche ferita nel volto. Tutto era confuso, la sua vista era annebbiata e i suoni ovattati, probabilmente per i troppi urti ricevuti alla testa. Tutto quello che la sua mente riusciva a decifrare era il fatto che i quattro uomini erano ora sghignazzanti di fronte a lui, con in mano degli affilati coltelli. Uno di questi, probabilmente un clown, si era avvicinato lentamente con una lama alzata, gliel’aveva appoggiata sulla guancia sinistra e aveva detto: «Vediamo ora se troverai il numero di Arryn una baggianata». Il disgusto che gli stava provocando quella voce roca venne raddoppiato dal significato delle parole. Cryfis si era sempre beffato apertamente di Arryn, il lanciatore di coltelli. Ora presagiva il peggio per se stesso. La lama che il sudicio clown gli aveva appoggiato sulla guancia stava ora aprendo un varco nella sua pelle, e Cryfis poteva sentire un forte bruciore invadergli la faccia. L’uomo era poi tornato indietro, vicino a quello che doveva essere Arryn, consegnandogli il coltello con la lama insanguinata.
«Si dice che una lama insanguinata porti fortuna: avendo già richiesto il suo prezzo di sangue non colpirà ancora la carne». Così dicendo, Arryn aveva fatto volteggiare il coltello insanguinato in aria, lo aveva velocemente ripreso per il manico e, senza esitazioni, lo aveva lanciato verso Cryfis. La lama sembrava metterci un’eternità ad avvicinarsi: a ogni centimetro Cryfis sentiva la paura crescere. Poi un forte dolore si era diffuso lungo la sua coscia sinistra.
«Ops. A quanto pare i vecchi detti non sempre hanno ragione. Vediamo se sarai fortunato con una lama ancora pura». Un secondo coltello era partito verso di lui. Pochi istanti dopo Cryfis stava urlando di dolore, la nuova lama conficcata nel braccio destro. Questa lenta tortura non gli permetteva di pensare, tutto ciò che sperava era che finisse presto, ma gli occhi luccicanti dei suoi aguzzini suggerivano che non sarebbe durata poco. Arryn era di nuovo in posizione di tiro: «Vediamo… Hai bisogno delle orecchie per il tuo Spettacolare numero?». Cryfis era entrato ancora di più nel panico, i suoi aguzzini volevano brutalmente mutilarlo. Non capiva il perché di tanta stupidità e violenza, non potevano sperare di cavarsela. Un pensiero più oscuro era affiorato alla sua mente: la sua vita era in grave pericolo, non si sarebbero fermati! Con la voce incrinata da un pianto imminente, la bocca di Cryfis stava provando ad aprirsi: «N- no… vi prego… s… smettetela». Un terzo uomo aveva allora preso la parola: «Aaah, non fai più lo spocchioso ora? Leccaci il culo, donnetta!»
Cryfis cominciava a singhiozzare. Dopo un breve scambio di battute gli uomini avevano bofonchiato qualcosa: «Dai, Arryn, rendiamo la cosa più divertente, è ora di aumentare la difficoltà del numero».
Cryfis non riusciva più neanche a pensare. Poi qualcosa di inaspettato era avvenuto: aveva sentito lentamente la pressione nei suoi polsi, dovuta alle corde che lo tenevano inchiodato alla tavola, allentarsi. Aveva provato a muovere un piede e si era accorto che era libero dal vincolo della corda. Qualcuno era corso in suo aiuto, probabilmente attirato dalle sue urla, e nascosto dietro la tavola lo stava slegando. Aveva sentito il braccio sinistro libero dalla corda: ancora un attimo e sarebbe potuto fuggire…
Arryn, bendato dagli altri uomini, si era girato di scatto, urlando: «Dì addio alle tue palle, Fenomeno!». Un urlo era allora riecheggiato nell’aria, un semplice ma potente “NOOOOOO!”. Cryfis aveva visto una chioma arancione saltargli davanti alla faccia e intercettare la lama, che si stava andando a conficcare nell’addome di quel corpo volante. Gridando a sua volta un secco “Noo!” Cryfis aveva fatto per protendersi in avanti e aiutare il ragazzo che si era lanciato di fronte a lui, ma il braccio destro era ancora debolmente vincolato alla corda, non permettendogli di muoversi bene. Gli aguzzini stavano assistendo alla scena, imprecando. Cryfis aveva voltato lo sguardo verso il braccio destro, sanguinante. Muovendo velocemente il polso, e aiutandosi con la mano sinistra, era riuscito a liberarsi. Si era poi voltato velocemente verso il suo salvatore, che ora tentava di fargli da scudo con il suo corpo. In un secondo gli aguzzini gli erano quasi addosso. Il ragazzo, Benny, aveva estratto la lama dal suo addome e ora la tendeva minacciosamente in avanti, verso gli uomini che gli stavano venendo incontro.
«Scappa!»
Era un ragazzino, non poteva lasciarlo lì. D’altra parte era disarmato, intontito e ferito, non poteva fare molto.
Un rapido sguardo agli occhi dei quattro uomini e la decisione era presa. Sguardi vogliosi di battaglia, di sangue, sguardi pieni di adrenalina: era lo sguardo degli uomini di guerra, uomini che sanno di vincere e che adorano macellare. Anche il più innocente degli uomini avrebbe commesso le peggiori atrocità, quando impossessato da quello sguardo.
«Scappa!»
Cryfis aveva cominciato a correre: un uomo era scattato nella sua direzione. Continuando a correre Cryfis aveva voltato lo sguardo. Aveva visto Arryn lanciare un coltello verso la gola di Ben, che era stata facilmente trapassata. Ben aveva voltato la testa verso Cryfis: lo guardava. Il suo sguardo era così intenso che non lo avrebbe mai più scordato. Poi il ragazzo era caduto in ginocchio, quindi Cryfis si era voltato per correre più velocemente. L’uomo che lo stava seguendo era quasi arrivato ad afferrarlo quando il Domatore estrasse una fialetta da una tasca della tuta. Un vecchio trucchetto che aveva imparato da bambino era contenuto al suo interno: Cryfis aveva scagliato la boccetta a terra e una fitta nebbia aveva cominciato a diramarsi dietro di lui. Quale mago non sapeva sparire nel nulla? Continuando a correre con la gamba sanguinante, e con in mente la voce di Ben che gli ripeteva “Dovresti trattare meglio la gente, sai?”, Cryfis era riuscito a seminarli.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Epilogo ***


Da quando il circo era fallito, un paio di mesi prima, Maria era alla ricerca di un nuovo lavoro. Le sue guance scavate facevano paura a ogni negoziante, il quale puntualmente gli negava un impiego. Così girava di città in città, facendo dei trucchetti con le clave lasciatele dal Grande Capo e raccattando spiccioli appena sufficienti per comprarsi un pezzo di pane.
“Magnanimo a lasciarmi le clave” aveva pensato con ironia il giorno che il Grande Capo l’aveva liquidata, “in fondo per anni si è intascato solo tutti i soldi che gli abbiamo fatto guadagnare”.
Era appena arrivata in una nuova città e girando tra i vicoli, in cerca di lavoro, si aspettava di trovare di tutto.
Tutto, tranne Quella persona.
Guardando distrattamente tra le finestre spaziose di una casa, aveva visto un uomo somigliante a Cryfis, il quale sorrideva e parlava ad altre due persone. Intorno, tanti bambini saltellanti lo chiamavano e gli gridavano cose, entusiasti. Maria si era fermata a osservare. Un bambino biondo aveva afferrato per la manica la maglia Cryfis e, strattonandola, gli aveva detto qualcosa. Cryfis aveva abbassato lo sguardo verso di lui e ancora più sorridente aveva afferrato il bambino e lo aveva fatto roteare in aria. Maria, aggrottando le sopracciglia, aveva distolto lo sguardo e deciso di proseguire. Probabilmente si era sbagliata. Dopo la sua fuga e il ritrovamento del ragazzo morto, molti avevano accusato Cryfis di omicidio. Maria lo disprezzava, ma sapeva che era l’odio a far parlare coloro che lo accusavano.
Qualunque fosse stato il vero motivo della fuga, senza il suo numero le persone che andavano a vedere lo spettacolo serale erano calate drasticamente, e in breve il Grande Capo era stato costretto a chiudere il tendone e lasciarli andare. Maria malediceva Cryfis ogni giorno per la sua fuga.
In ogni caso, quell’uomo così altezzoso e impertinente non poteva avere nulla a che fare con la radiosa e cordiale persona vista attraverso la finestra, qualche istante prima. Neanche un Domatore di Uomini più bravo di lui sarebbe riuscito a trasformarlo tanto. Oppure sì?


 
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati in fondo alla storia e ringrazio anche tutti coloro che mi hanno dato e mi daranno un parere, il vostro feedback estremamente positivo mi ha fatto davvero piacere! Alla prossima storia.
Ossequi dallo Magno Scrittore :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2801207