Looker's New Adventures di NoceAlVento (/viewuser.php?uid=162092)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1x01 - Bellocchio chi? ***
Capitolo 2: *** 1x02 - La Dama Cremisi ***
Capitolo 3: *** 1x03 - L'ora di Karen ***
Capitolo 4: *** 1x04 - Nuvole ***
Capitolo 5: *** 1x05 - Veleno e fiamme ***
Capitolo 6: *** 1x06 - L.K. Noire ***
Capitolo 7: *** 1x07 - Ciao a tutti, mi presento ***
Capitolo 8: *** 1x08 - Natura umana ***
Capitolo 9: *** 1x09 - Istantanee ***
Capitolo 10: *** 1x10 - Reazioni collaterali ***
Capitolo 11: *** 1x11 - La lunga partita ***
Capitolo 12: *** 1x12 - L'ultima notte ***
Capitolo 13: *** 1x13 - Il burattinaio di Kalos ***
Capitolo 14: *** 1x14 - Il ladro di ombre ***
Capitolo 15: *** 1x15 - Cinque minuti di speranza ***
Capitolo 16: *** 1x16 - Evoluzione ***
Capitolo 17: *** 1x17 - Women's Day ***
Capitolo 18: *** Presentazioni & 1x18 - Le nebbie di Castel Vanità ***
Capitolo 19: *** 1x19 - Dietro la porta ***
Capitolo 20: *** 1x20 - L'orfano dell'universo ***
Capitolo 21: *** 1x21 - Ultimo piano ***
Capitolo 22: *** 1x22 - La suite di mezzanotte ***
Capitolo 23: *** 1x23 - Il colore dell'oro ***
Capitolo 24: *** 1x24 - Otto piccoli indiani ***
Capitolo 25: *** 1x25 - La stella di fuoco ***
Capitolo 26: *** Christmas Special 2014 - A Spaceman Came Travelling ***
Capitolo 27: *** M1x01 - Registered ***
Capitolo 28: *** 1x26 - F. L. A. R. E. ***
Capitolo 29: *** M1x02 - Tempo ***
Capitolo 30: *** 1x27 - Sabbie oscure ***
Capitolo 31: *** 1x28 - L'ultimo tramonto ***
Capitolo 32: *** 1x29 - Kalos brucia ***
Capitolo 33: *** 1x30 - Il nuovo sole ***
Capitolo 34: *** 1x31 - Il pianeta nero ***
Capitolo 35: *** 1x32 - Il teatro degli spettri ***
Capitolo 36: *** M1x03 - Postumi ***
Capitolo 37: *** 1x33 - Seconde opportunità ***
Capitolo 1 *** 1x01 - Bellocchio chi? ***
Untitled 1
Il
villaggio riposava placidamente nel tepore delle notti pre-primaverili. Sopra di
esso una spessa coltre di nubi spente precludeva alle stelle la possibilità di
rischiarare il cielo con la loro luce. Fino a quel momento l’unico suono
percepibile era stato il lieve soffiare del vento attraverso i cespugli
verdeggianti che accompagnava il valzer delle lucciole serali.
Fino a
quel momento.
Attenzione. Rilevata anomalia nei motori
centrali. Attenzione. Rilevata anomalia nei motori centrali. Attenzione.
Rilevata anomalia––
Digitò
rapidamente sulla spessa tastiera alcuni codici, osservando compiaciuto il
risultato sull’imponente schermo di fronte a lui. A seguito della successione di
caratteri verdognoli che comparivano in sfilata compatta ai suoi ordini, il
messaggio comunicato dall’altoparlante cambiò.
Attenzione. Il motore sinistro risulta fuori
uso. Prepararsi a un atterraggio di emergenza.
Un
rumore secco annunciò che la porta dal lato opposto della sala di controllo era
stata sfondata. « La cosa si fa intrigante » mormorò divertito mentre, composte
ma non inviate le ultime istruzioni, con un impulso delle sue gambe ruotò la
sedia girevole fino a posizionarsi faccia a faccia con il suo avversario. Un
uomo dai folti capelli rossi, attorniato da due o tre guardaspalle e diversi
Houndoom ringhianti, lo scrutò con sguardo grave.
« Ah,
Clipse! Che piacere rivederla! ».
« Non
ti muovere » gli intimò. Intorno a loro scintille sfavillavano a fiocchi dai
condotti metallici della stanza, aizzando ulteriormente i Pokémon intimoriti.
Incurante dell’imposizione appena ricevuta, l’uomo si alzò in piedi e con un
leggero calcio fece sdrucciolare la poltroncina su un lato, rimanendo affiancato
al prompt dei comandi « Su, su, siamo gentiluomini, non serve essere così
violenti! ».
«
Allontanati subito dalla tastiera, Bellocchio ».
« Ah,
beh, mi piacerebbe. Ma vede, devo insistere e restare qui, altrimenti mandereste
in fumo il mio lavoro ».
« Non
ti permetterò di distruggere anche l’altro motore ».
Il
giovane rise rumorosamente « Ah! Sia serio, Clipse, che vantaggio trarrei dal
fare cadere questo ferrovecchio? Ci rimarrei secco anche io! ». Detto ciò
accennò a un ghigno prima di calcare con un atto fulmineo il tasto di invio e
afferrare con l’altra mano il volante, ruotandolo di un angolo piatto. In
risposta l’aeronave si capovolse, cogliendo tutti meno che Bellocchio di
sorpresa e facendo perdere l’equilibrio ai presenti.
Quest’ultimo, appena ripresosi dalla manovra effettuata, premette un pulsante
dell’orologio che portava al polso, rivolgendo subito dopo gli occhi ai suoi
avversari: di essi il solo Clipse e un paio di Houndoom non avevano perso i
sensi. Contemporaneamente dal soffitto ora collocato sotto i loro piedi si aprì
uno sportello a scorrimento di ampie dimensioni, forse cinque metri quadri,
lasciando penetrare una brutale corrente indotta dalla differenza tra pressione
esterna e interna.
Bellocchio controllò nuovamente l’orologio e le nubi visibili attraverso
l’apertura. « Beh, a quanto pare ci dobbiamo salutare di nuovo, amico mio. Ah, a
proposito, i laboratori Delta e Omega sono già andati a fuoco, quindi non le
suggerisco di rischiare la vita per recuperarli. Buon atterraggio! ».
«
Lanciafiamme! » ruggì l’uomo,
indicando con le ultime forze residue l’uscita prodotta dal suo nemico perché
Houndoom sapesse dove mirare.
Una
Yanmega, apparsa da sotto le nuvole proprio durante il salto del giovane,
intercettò l’attacco subendolo personalmente, procedendo quindi nel suo
individuale viaggio aereo. La nave proseguì invece il proprio, superando il
paesello e inoltrandosi tra le imponenti catene montuose a sud.
Clipse
batté con violenza il pugno contro il rigido metallo sottostante, in preda
all’ennesimo sconforto. Aveva vinto Bellocchio. Aveva
di nuovo vinto Bellocchio.
Episodio 1x01
Bellocchio
chi?
Serena
aprì gli occhi. Un sobrio lampadario quadrangolare pendeva qualche metro sopra
di lei, spento come l’aveva lasciato poche ore prima quando aveva deciso di
provare a dormire. Oltre esso solo il soffitto scuro della sua camera da letto.
Si
drizzò seduta e appoggiò la schiena alla sua fidata coppia di cuscini. Rivolse
rapidamente lo sguardo a destra, posandolo su un bicchiere vuoto che aveva
accolto svariate dosi di latte e miele, fin da quando era piccola l’unico
toccasana che conosceva per l’insonnia. Sua madre lo preparava sempre, e sempre
aveva funzionato.
Fino ad
allora, quantomeno. Da due giorni persino la sua antica arma segreta aveva
cessato di avere la minima utilità, abbandonandola a una veglia snervante e
ininterrotta. Forse era lei a non saperlo preparare, si ritrovava a pensare; e
l’assenza della madre la rendeva ancora più intrattabile, sentendosi tradita
dalla persona a cui più era affezionata.
Dopo
aver lanciato un’occhiata rapida alla finestra scorrevole scese le scale,
arrivando in soggiorno e dirigendosi nel cucinotto. Aprì il frigorifero,
trovandovi però solo cibarie di varia natura e due cartoni di latte che non
voleva aprire visto che il loro gusto, a furia di assumere la bevanda in
illusori tentativi di riposare, aveva iniziato a darle la nausea.
In
preda a un’implacabile sete si accontentò di un bicchiere di liquame di
rubinetto. Liquame perché l’acqua lì
non era un granché, e infatti dopo un sorso la appoggiò sul ripiano disgustata.
Si incamminò quindi verso i gradini quando udì un rimbombo, un’esplosione
ovattata.
D’istinto si precipitò verso il cassetto della mensola più vicina, estraendone
una malandata torcia elettrica; successivamente accorse all’esterno, dove
tuttavia governava il silenzio più totale. A prima vista nessuno si era reso
conto di quel rumore, a parte lei.
D’un
tratto il cielo si illuminò per un breve istante, come se una singola freccia di
fuoco lo avesse perforato, per poi spegnersi nuovamente nell’oscurità notturna.
Serena rimase intontita per diversi minuti a osservare la volta in cerca di un
segno. Poi fece per rientrare, e un altro suono giunse alle sue orecchie.
Questa
volta era decisamente più vicino, e anzi riuscì a identificarne con precisione
la fonte: qualcosa era caduto nei cespugli del giardinetto di casa. La ragazza
si voltò stupita e in buona misura allarmata, dato che non aveva intravisto
nulla precipitare negli attimi precedenti.
«
S… ».
Quella
voce la fece sobbalzare mentre inconsapevolmente puntava il suo fascio di luce
portatile verso l’origine. « C-chi va là? ».
«
S… ».
«
Guarda c-che sono… » Serena squadrò lesta la torcia, poi proseguì senza molta
convinzione « … s-sono armata! Dimmi
chi sei! ». Nel frattempo, mosse lentamente qualche passo timoroso in avanti.
Dai
cespugli capitombolò fuori un corpo, accompagnato da un’esclamazione soffocata
della giovane che fece cadere la pila elettrica a terra.
«
Sete… ».
Serena
lo osservò attentamente: era un uomo tra i venticinque e i trent’anni, vestito
con una camicia celeste ridotta alquanto male e dei jeans celesti slavati.
Sembrava prossimo al trapasso, nonché per qualche poco intuibile ragione
affannato.
« Che
ti è successo? Aspetta, ti aiuto ad alzarti ».
« Sete…
Acqua, per favore… » ripeté lui, facendo segno con la mano di non avvicinarsi.
Solo allora i due si resero conto, con diverse reazioni interiori, che il dorso
stava sanguinando per una ferita superficiale.
Lo
spirito di cameratismo di Serena prese il sopravvento: scomparve per qualche
minuto all’interno della casa per poi tornare con un bicchiere ricolmo di quanto
aveva raccolto dal rubinetto. L’uomo lo afferrò e lo trangugiò d’un sorso, salvo
sputare tutto per terra con un volto al limite del ripugnato e una sorprendente
energia per uno che fino a un secondo prima era parso in fin di vita «
Bleah! Cos’è questo, veleno? ».
« È
acqua… Sì, non è granché, ma… ».
« Non
ti aspetterai che la beva! Non sono così
disperato! ».
Seccata
e sbalordita la giovane rientrò ed esaminò le alternative mentre rifletteva su
ciò che stava facendo. Chiunque fosse quell’uomo, bere non doveva essere il suo
problema primario: sarebbe stato più opportuno chiamare un’ambulanza, o meglio
ancora fornire ella stessa un primo soccorso. In seconda battuta, in effetti,
quell’individuo aveva rifiutato l’acqua che gli aveva offerto, quindi forse non
era messo tanto male. Probabilmente la scelta migliore era quella: fare ciò che
le chiedeva. Dopo? Beh, qualcosa le sarebbe venuto in mente.
Dopo un
po’ di rimuginare optò per il suo latte e miele, uscendo dunque con in mano il
drink fumante di forno. Titubante lo offrì al misterioso personaggio, che come
prima lo ingerì tutto d’un fiato, stavolta senza rigettare nulla.
Al
contrario con uno scatto fulmineo si alzò in piedi allegro e tonificato,
suscitando nell’astante un moto di sorpresa non indifferente. Era poco più alto
di lei, pur essendo sicuramente di età ben maggiore. «
Wow! Questo sì che è intrigante! Cos’è? ».
« Latte
e miele… Mi aiuta a dormire ».
« È
spettacolare! Posso averne dell’altro? ».
« Uhm…
S-sì, non vedo perché no… » balbettò Serena, rendendosi però conto di stare
parlando al vuoto: dopo il primo monosillabo pronunciato il nuovo arrivato si
era fiondato all’interno dell’abitazione senza proferire altro.
La
ragazza lo guardò pigramente sorseggiare il suo sesto bicchiere in appena dieci
minuti, anche se presumibilmente avrebbe impiegato anche meno se non fosse stato
limitato dai fisiologici tempi del microonde. Non sembrava più così moribondo, e
anche il taglio che aveva notato prima ora non stillava più sangue. Certo non era
il ritratto della salute, questo no: portava segni di escoriazioni su quasi ogni
lembo di pelle esposto, il suo vestiario era un mosaico di brandelli e grondava
sudore; però l’ambulanza sembrava non essere più necessaria.
Notò
che il bicchiere che aveva in mano in quel momento si stava svuotando più
lentamente degli altri, segno che forse poteva iniziare a intavolare un dialogo.
« Da quanto non bevevi? ».
Il
giovane interruppe per un secondo il rinfresco, sistemando la riga dei capelli a
destra « Oh, non è quello, ma vengo da un posto caldo ».
« Già,
da dove vieni? ».
«
Un’aeronave. Beh, un’aeronave in fiamme, in effetti. Bella esperienza, ma non la
rifarei ».
«
Aspetta, aspetta, che intendi? Eri su un’aeronave
adesso? ».
« Sì ».
« E sei
caduto? ».
« In
realtà mi sono buttato. È una lunga storia ».
La
ragazza ricordò la scia rosseggiante nella volta celeste, e immaginò che doveva
trattarsi proprio del velivolo nominato dal suo interlocutore. Ciò non
significava che la storia fosse credibile: punto primo, che un dirigibile o
qualcosa di simile si fosse trovato casualmente nel cielo sopra il villaggio era
fuori da ogni logica, visto che non vi erano rotte aeree in quel punto; punto
secondo, se davvero si era buttato come diceva ora non sarebbe stato più spesso
di un pancake. Decise comunque di concedergli il beneficio del dubbio. « E come
diamine hai fatto a sopravvivere? ».
« Oh,
mi ha trasportato–– » quello batté la mano sulla testa, come chi ha
improvvisamente rammentato una questione fondamentale «
Sheila! ». Senza nemmeno terminare il bicchiere si alzò e volò
all’esterno, scrutando poi i dintorni.
Serena
lo inseguì senza comprendere il motivo di un tale repentino cambiamento d’umore
« Sheila? ».
« Il
mio Yanmega, dannazione! È venuto giù con me! » strepitò mentre alzava l’indice
per individuare la direzione del vento. Stabilitala con sommaria esattezza tornò
a Serena « Okay, io vado a cercarlo. Tu aspettami qui e… Ah, tienimi in caldo il
latte, che quando torno lo finisco! ».
«
Aspetta, aspetta, aspetta! » esclamò
lei trattenendolo per la camicia « Stammi bene a sentire, tu non vieni in casa
mia a sbafare il
mio latte e miele e poi te ne vai a spasso così, senza criterio!
Quindi ora io
vengo con te! ».
« Sei
in pigiama! ».
« Non è
un pigiama, è una… » Serena si rivolse
uno sguardo approssimativo « … tuta ».
Seguì
un lungo silenzio imbarazzante.
« Okay,
è un pigiama ».
Estenuato, l’uomo si rassegnò « Va bene, va bene. Regole per andare in giro con
me: uno, niente domande stupide; due, niente iniziative; tre, fai tutto ciò che
ti dico. Intesi? ».
Dopodiché prese a incamminarsi con decisione verso un boschetto a sud della
dimora, con Serena al piccolo trotto dietro di lui.
« Ehi,
non mi hai detto come ti chiami! ».
«
Bellocchio ».
La
ragazza trattenne una risata. Che nome ridicolo, i suoi genitori un figlio
proprio non dovevano averlo voluto. « Bellocchio chi? ».
«
Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti
chiami davvero così? ».
« Ma
certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Lei
assunse un’espressione stranita. Ripassò a mente le ultime quattro o cinque
battute della conversazione, ma non riuscì a individuare un filo logico. Forse
avrebbe dovuto chiedere spiegazioni, ma il suo interlocutore stava accelerando
il passo e non aveva molto fiato da spendere. « … Beh, il mio nome è Serena ».
« Tanto
piacere, non vedo quanto sia di importanza ora ».
« Mia
mamma mi ha sempre detto che la prima cosa che bisogna fare è presentarsi ».
«
Giusto, tua mamma. Com’è che non l’abbiamo svegliata? ».
« Non è
qui. È a una gara di corsa con Rhyhorn a Luminopoli ».
Come ogni anno in questo periodo, soggiunse internamente Serena. I
suoi obblighi di campionessa plurima del Palio di Luminopoli le imponevano di
partecipare. Ogni tanto aveva la bizzarra idea di invitarla come spettatrice,
dimenticando le ragioni per cui lei non
poteva lasciare casa sua in tali giorni.
«
Frena, frena, frena. Corsa con Rhyhorn?
» domandò confuso Bellocchio.
« Sì…
La gente cavalca i Rhyhorn… e ci fa le corse. Cosa c’è di così assurdo? ».
« Dove
ci troviamo, Serena? ».
La
giovane rispose con orgoglio patriottico « Borgo Bozzetto ».
« Mai
sentito ».
«
Come sarebbe a dire mai–– ».
« Non
siamo a Sinnoh, vero? ».
Nel bel
mezzo della discussione i due entrarono nella boscaglia, dove anche le fioche
illuminazioni stradali del paese cessarono di aiutarli nel loro cammino. Serena
si pentì di non aver portato con sé la sua torcia. « Che cos’è Sinnoh? ».
« Una
regione. Non saprei dirti quanto lontana da qui, ma visto che non la conosci
direi parecchio ».
« Ora
sei nella regione di Kalos ».
«
Kalos… » borbottò Bellocchio tra sé e sé « Chissà dove mi ha portato quel pazzo
di Clipse… ».
Serena
stava finalmente per azzardarsi a chiedere chiarimenti, ma fu interrotta dal
lamentoso verso di un Pokémon lì vicino. Il suo compagno di viaggio lo riconobbe
immediatamente e si lanciò alla sua ricerca, fino a ritrovare l’oggetto
dell’indagine: una mostruosa libellula color verde scuro con un paio di occhi
rossi come il fuoco e lunga circa due metri.
Disgustata la ragazza si ritrasse mentre Bellocchio andava incontro all’ennesimo
mutamento caratteriale della notte: dopo essere passato dal moribondo al
concitato, il suo tono era adesso divenuto più dolce mentre sussurrava
all’orecchio del Pokémon. « Ehi, ehi, ehi… Sei ancora intera? ».
La
creatura esalò un verso a metà tra un guaito e un assenso, un responso che fu
accolto con piacere dal suo proprietario. « Come speravo. Non ti preoccupare, ti
porterò in un Centro il prima possibile ».
« Ecco,
sì, dovrei avvisarti che non ne abbiamo, qui a Borgo Bozzetto ».
« Beh,
io non sarò un esperto in notizie, però questa la classificherei tra le
non buone se sei d’accordo ».
Serena,
fino a quel momento in qualche modo distratta, domandò curiosa « Che le è
successo? ».
« Un
Lanciafiamme. Sull’aeronave hanno tentato di ostacolarmi con degli Houndoom, e
Sheila si è presa il colpo al posto mio ».
«
Sheila? ».
« È il
suo nome ».
« Tu
dai i nomi ai Pokémon? ».
« Tu
no? » ribatté il giovane « Dà loro un’identità. Il nome che abbiamo dice molto
di noi. E, se mi è concesso, tu hai un nome davvero bello, Serena ».
Lei
emise un risolino compiaciuto. Era andata sempre molto fiera del suo nome.
Comunque di certo non era il tipo a cui le adulazioni facevano dimenticare le
questioni rilevanti, ragion per cui riprese l’interrogatorio informale. « Ehi,
aspetta, perché mai ti avrebbero attaccato su un’aeronave? ».
«
Credimi: meno sai di me, meglio è ». Ogni ulteriore intervento fu troncato da
un’altra smorfia di Yanmega, cui corrispose un sorriso allietato di Bellocchio.
Serena notò che si era voltato, ma impiegò qualche istante a capire che si era
voltato verso di lei.
« Cosa
c’è? ».
« Vuole
che l’accarezzi » spiegò.
«
Come? ».
« Su,
un’Allenatrice come te non sarà spaventata da una Yanmega. Sarebbe
imperdonabile! ».
Serena,
punta nell’orgoglio, si avvicinò alla libellula riservatamente, protendendo la
mano destra. Fece quindi passare il suo palmo sulla verdastra pelle ruvida,
ottenendo in risposta un cenno di felicità frammisto all’espressione di un
pensiero che non era in grado di comprendere.
« Dice
che hai paura… » tradusse Bellocchio.
La
ragazza osservò il suo braccio, rendendosi conto che in effetti stava tremando.
Tentò quindi di giustificarsi « Ah, ma non è… Non è colpa sua… Non sono
abituata, ecco… ».
« … ma
non di lei » proseguì il suo interlocutore, al che il silenzio calò ex novo sul
bosco « Di qualcos’altro. Non è così? ».
Serena,
comprendendo di essere stata colta in flagrante, annuì e indicò con lo sguardo
una zona di Borgo Bozzetto non troppo lontana « Si vede anche da qui ».
« Che
cosa? ».
« La
Maison Darbois » chiarì « Una villa
abbandonata secoli fa. Non ci abita più nessuno, a quanto dicono. Eppure ogni
tanto mi capita di vedere una luce, al piano di sopra… Che si accende e poi si
spegne, tutto in pochissimo tempo ».
« E ti
fa paura? ».
Serena
assunse un’espressione molto più seria di quanto fosse abituata a fare « Non
dormo da due giorni perché si vede dalla finestra di camera mia. Mi terrorizza
».
« E
allora cosa aspettiamo? » esclamò eccitato Bellocchio saltando in piedi. Con
rinnovato dinamismo estrasse una Mega Ball turchina e richiamò Yanmega al suo
interno.
« A
fare cosa? ».
«
Regola numero uno » le rammentò « Cosa potrei mai voler fare? Andremo alla
Maison Darbois! ».
« Cosa?
Ti ho appena detto che mi terrorizza! ».
«
Appunto! Dove sarebbe il divertimento altrimenti? » Bellocchio s’avviò ad ampi
passi nella direzione individuata, voltandosi poi dopo poco « Anche se non mi
spiego come un’Allenatrice possa aver paura di una casa stregata. Ah, a
proposito, hai con te i Pokémon? Oh, senz’altro, nessuno sano di mente andrebbe
in giro la notte senza. Bene, in marcia!
Avec moi! ».
Serena
rimase per diversi istanti a esaminare quell’uomo, riflettendo ancora su come il
suo comportamento e la sua età sembrassero variare a seconda del momento con
avvicendamento impercettibile. Poi, accorgendosi di essere rimasta indietro, si
affrettò a rincorrerlo.
« Ehi,
aspetta! Io sono ancora in pigiama! ».
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Capitolo 2 *** 1x02 - La Dama Cremisi ***
Untitled 1
La Maison Darbois, o la
Vecchia Darbois come la chiamavano i
locali, era un’imponente villa dal gusto ottocentesco decorata da intarsi
vittoriani e colonne corinzie celate nella penombra. Oltre il cigolante
cancello, una filiera di stanghe ferree su cui campeggiava un malridotto
cartello che riportava un generico “non
sedersi o appoggiarsi alla recinzione”, si sviluppava uno spazioso giardino
abbandonato a se stesso e denso di rampicanti ed erbacce.
Bellocchio oltrepassò l’inferriata con noncuranza; altrettanto non si può dire
di Serena, che rimase immobile di fronte a essa scrutando con timore il
conturbante edificio. Fin da piccola l’aveva vissuto come un tabù inviolabile,
senza contare i recenti avvistamenti di cui era stata testimone; ciò senz’altro
non contribuiva a tranquillizzarla. Alzò lo sguardo al secondo piano, prima
finestra da sinistra sul lato frontale, e proprio in quel momento un lampo di
luce la rischiarò.
Agghiacciata corse oltre la cancellata e non si fermò finché non ebbe raggiunto
il suo protettore « Ehi, ehi! L-l’ha fatto di nuovo! ».
« Che
cosa? ».
« La
finestra… ha fatto… sai, wooosh » mimò
come poteva l’evento a cui aveva assistito, non riuscendo per la paura a trovare
le parole per esprimersi « Si è accesa e spenta, di n-nuovo ».
« Oh,
oh, oh! » Bellocchio rise e si strofinò le mani in segno di contentezza «
Finalmente! Iniziavo a temere che fossero tutte storie! ».
Episodio 1x02
La Dama
Cremisi
Se non
felice per essere entrata nell’incarnazione dei suoi incubi, eventualità
senz’altro non considerabile, Serena si sentì se non altro sollevata per
trovarsi finalmente in un ambiente che ricordasse almeno vagamente il tepore
casalingo che conosceva, dopo essere rimasta a mezzanotte al freddo in pigiama
nelle periferie di Borgo Bozzetto. Bellocchio si era allontanato quasi subito,
tornando con due candelabri a due bracci accesi per vie ignote.
Stavano
ora osservando l’atrio della Vecchia Darbois, costituito da due scaloni laterali
che si congiungevano al piano di sopra e da una via centrale che, passando sotto
a un arco a tutto sesto sulla cui chiave di volta era scolpito un massiccio
incrocio tra un dragone e un pipistrello, giungeva a un bivio che avvolgeva
l’intera struttura mediante un perimetro quadrato, una sorta di passeggiata che
circondava la sala centrale chiusa da un portone in legno.
«
Allora, la finestra qual era? ».
« È al
piano di sopra ».
Bellocchio annuì e dal suddetto ingresso a quella che intuiva essere la sala da
pranzo tornò sui suoi passi, inerpicandosi lungo la ripida scalinata di destra
che aveva notato poco prima. Saltuariamente cacciava colpi di tosse anche
violenti, dettati dall’alta quantità di pulviscolo presente nell’atmosfera «
Questo posto non è molto frequentato, vero? ».
« Non
entra mai nessuno qui. Gli abitanti del Borgo cercano di starne alla larga, per
la verità » l’attenzione di Serena fu attirata dalle eleganti cornici auree che
adornavano la parete. Quando mise a fuoco il contenuto dei quadri, tuttavia,
lanciò un urlo terrificante e dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo
per non lasciare cadere le sue candele sul tappeto.
« Ehi,
ehi, che succede? ».
« I-i
quadri! S-sono… ».
Bellocchio puntò il suo doppiere verso i ritratti, non nascondendo un impeto di
sorpresa: per quanto abiti e atteggiamenti rappresentati fossero sicuramente
regolari, tutti i protagonisti dipinti erano del tutto
privi di volto « Beh, questo è strano ».
«
O-ora noi ce ne andiamo! ».
« Non
se ne parla ».
« Ma io
ho paura! ».
« Siamo
qui proprio perché tu devi sconfiggere le tue paure » replicò con certezza il
giovane, proseguendo il cammino « Su, se vuoi possiamo parlare. Aiuta, sai? È
così che faccio io ».
« Siamo
nel bel mezzo di una casa infestata!
Non vedo molti argomenti di conversazione ».
« Tanto
per cominciare, perché è infestata? ».
«
Perché ci sono i fantasmi? ».
« Sono
sicuro che in un mondo in cui ci sono Gengar a piede libero ciò non sia una
situazione così poco comune ».
« Beh…
Le leggende dicono che ci abiti uno spettro umano, ecco. La Dama Cremisi, la
chiamano. Lo spettro di una ragazza che si innamorò di uno dei servi di suo
padre. Alla fine quello divenne così furioso per la faccenda che rinchiuse la
figlia tra le mura della Maison Darbois, mura che la Dama abiterebbe ancora.
Qualcuno giura di averla vista, ma pare che compaia sempre e solo al buio. Nel
momento in cui una qualsiasi luce si accende scompare, come se fosse fatta di
ombre ».
« Mi
ricorda una storia che gira nella regione da dove provengo io, Sinnoh. Laggiù
c’è una villa simile a questa, la chiamano Antico Château. Ci sono stato, e
purtroppo era tutto falso. È uno dei miei rammarichi ».
Frattanto i due erano giunti al secondo piano, per molti versi una copia carbone
di quanto avevano visto oltre le due scale di sotto: un altro portone ligneo che
delimitava il muro attorno a cui si sviluppavano incroci di corridoi bui. Questa
volta, però, l’ingresso alla sala era adornato anche da qualcos’altro: una
coppia di sarcofaghi d’oro con fregi in lapislazzuli ritti di fronte a esso.
Guardandosi attorno Serena adocchiò anche altre tombe di simile fattura
addossate contro le pareti più esterne.
« Ne
avevo sentito parlare… I sarcophages
di Darbois. Dicono fosse un appassionato di archeologia, in particolare degli
Antichi Egizi, così ne aveva fatti mettere un po’ in casa sua ».
« Un
bel gusto per l’orrido. Mi piace » Bellocchio avvicinò il candelabro alla lucida
superficie dei reperti, risultandone accecato dal riflesso al punto da abbassare
immediatamente la luce « Affascinante. Ma c’è qualcosa che mi sfugge ».
« Che
cosa? ».
« Non
lo so… È una sensazione. C’è qualcosa di importante che sto trascurando »
commentò pensieroso « Beh, lasciamo perdere! Quale finestra hai detto che si era
illuminata? ».
« Ah,
quella frontale. Quindi sta dall’altra parte ».
Il duo
fece dietrofront, oltrepassando anche la sommità delle gradinate fino a giungere
al lato anteriore della Maison, anch’esso abbellito dalle onnipresenti casse
sepolcrali. Bellocchio passò in rassegna gli infissi uno a uno, chiudendo
proprio con quello incriminato « Si accendeva solo questa? ».
« Sì.
Solo lei ».
« Molto
strano. L’ambiente è un tutt’uno. Se qualcuno avesse illuminato si sarebbe vista
luce anche dalle altre ».
« Sono
assolutamente certa che fosse solo
questa » ribadì Serena, sentendosi in qualche misura ferita dalla diffidenza del
suo accompagnatore.
Questi,
però, era tutt’altro che diffidente. Era piuttosto perplesso, confuso da
qualcosa che, ne era pienamente convinto, gli stava passando dritto sotto il
naso senza che lui se ne avvedesse. Un segnale, un avvertimento. Riesaminò
rapidamente gli indizi in suo possesso: la leggenda della Dama Cremisi, la
finestra… Tutto riconduceva alla luce.
La luce!
Il
cuore iniziò a battergli a mille, e per una volta non dall’eccitazione: si era
appena reso conto di aver commesso una tremenda svista « Serena, hai detto che
nessuno entra mai qua? ».
«
Esatto. Il cancello è sempre chiuso ».
«
Quindi nessuno passa per pulire ».
« Mi
pare ovvio ».
« E
allora com’è possibile che non ci sia
polvere sui sarcofaghi? ».
Un
sibilo echeggiò tra le pareti della villa. Bellocchio si voltò di scatto e puntò
il candelabro verso il corridoio adiacente alle scale, che si era illuminato di
decine di fiammelle ardenti.
«
Polvere? ».
«
Riflettevano perfettamente le candele. Erano pulitissimi. Come diamine ho fatto
a non accorgermene subito? ».
« Ma
non ha senso! Come avrebbero fatto i sarcofaghi a–– ».
«
Quelli non sono sarcofaghi » replicò glaciale il giovane « Sono Cofagrigus ».
Le luci
si accesero inaspettatamente, illuminando un esercito di bare semoventi che
avanzavano a braccia spiegate nella loro direzione. Su ciascuno di essi si era
dipinto un ghigno malevolo, mentre i loro occhi fulvi luccicavano
raccapriccianti.
Serena
si avvicinò al suo amico, stringendosi a lui nella paura « Sono c-che cosa? ».
«
Pokémon crudeli che risalgono ai tempi degli Egizi. Si fingono tombe e divorano
i razziatori che non li riconoscono. Alquanto pericolosi ».
« Non
dovremmo chiedere aiuto a qualcuno? ».
« Oh,
giusto! » Bellocchio le batté una pacca sulla testa « Perché in effetti è orario
di punta e ci sarà di sicuro qualcuno nei paraggi! ».
« Hai
idee migliori? ».
Con un
movimento istantaneo le afferrò la mano e la fissò negli occhi «
Scappiamo! ».
Insieme
balzarono per anticipare i loro inseguitori agli scaloni. Lì, tuttavia, fecero i
conti con una sconfortante scoperta: anche il pianterreno era in mano ai
Cofagrigus, probabilmente fuoriusciti dalla sala da pranzo. Con una manovra
evasiva si gettarono alla cieca nell’arco che introduceva al quadrato superiore;
giunti al bivio si trovarono tuttavia spalle al portone e completamente
accerchiati da ogni lato. Nonché, qualora servisse chiarirlo, senza una
plausibile via d’uscita.
« Va
bene, Serena, direi che questo è il momento opportuno per usare i tuoi Pokémon!
Certo, questi simpaticoni sono parecchi, ma dovremmo riuscire a cavarcela con un
po’ di fortuna ».
La
ragazza, al limite della sopportazione, lo afferrò per le spalle e lo fissò
dritto in viso « Mettitelo bene in testa, caro il mio senza-nome:
io non ho Pokémon con me! ».
« Tu…
Tu cosa… Quale razza di Allenatrice non porta i––».
«
Io.
Non. Sono. Una. Allenatrice! ».
Bellocchio rimase a dir poco confuso da quelle parole. Lanciò nuovamente uno
sguardo ai Cofagrigus che aumentavano in numero « Ah, ehm, scusate, ma avremmo
bisogno di una riunione tattica ». In contemporanea caricò il portone
retrostante con un calcio, sfondandolo e cadendo a terra dentro il buio salone
che proteggeva, una camera da letto in disuso a giudicare dai soprammobili
accatastati in disordine e da un baldacchino nascosto in un angolo.
Dopo
aver verificato sommariamente che fosse privo di nemici trascinò all’interno
Serena e, agguantata una sedia da una pila di fianco, la impiegò per sbarrare
per sommi capi l’ingresso. Dovette rimanere lui stesso a incassare gli assalti
dei Pokémon siti dall’altra parte, finché essi non si placarono concedendogli di
riprendere fiato.
« Si
sono fermati? ».
« Spero
di sì ».
« Sono
spettri, no? Perché non passano attraverso la porta? ».
« Non
possono attraversare il legno ».
«
Davvero? ».
« Ovvio
che possono! Santo cielo, devi smetterla di credere a tutto quello che dico! »
l’uomo si accasciò al suolo sfinito.
« E
perché non cercano di entrare? ».
« Ho
un’ipotesi » replicò lui « Spero solo di sbagliarmi. Per quanto riguarda un
argomento completamente diverso, quanti anni hai? ».
«
Diciannove. Perché? ».
«
Diciannove anni. Oltre due terzi dei miei, e non sei un’Allenatrice. Perché? ».
Lo
sguardo di Serena si fece sfuggente, come se stesse cercando di evitare il
contatto visivo mentre parlava « Da bambina volevo esserlo. Un Pokémon in
particolare mi piaceva, elegante e maestoso, era il mio preferito. Avrei dato di
tutto per averlo ».
« E poi
che è successo? ».
« Poi
sono cresciuta. È da bambini voler allenare i Pokémon, prima o poi devi fare i
conti con la realtà. Sono maturata ».
Bellocchio rabbrividì « Maturare… La cosa peggiore del mondo ».
« È
normale. Tutti maturiamo prima o poi.
Chi non lo fa è solo stupido ».
« Io,
dal mio canto, preferisco avventuroso
» proclamò alzandosi in piedi « Yawn.
Ma suppongo siano punti di vista. Ora, la cosa più importante è uscire di qui.
Siamo circondati da ogni lato, ma
abbiamo un vantaggio: l’effetto sorpresa! Non si aspetterebbero
mai che due individui senza uno
straccio di arma attacchino una milizia di Cofagrigus, perché saremmo… uccisi
all’istante. Quindi sarebbe una sorpresa molto breve. Facciamo una cosa,
dimentica quello che ho detto ». Un altro sbadiglio lo colse, un’occorrenza
davvero poco comune per lui.
«
Stanco? ».
« No,
no, io… » Bellocchio prese a barcollare « Oh, no ».
« Oh –
yawn – no che cos… Oh, no ».
Entrambi realizzarono che cosa stesse succedendo con pochi secondi in anticipo:
un’Ipnosi. Riuscirono a rimanere lucidi ancora per poco, dopodiché si
prostrarono al regno di Morfeo cadendo per terra come sacchi di sabbia sospinti
dal vento.
«
On the first day of Christmas my true love sent to me… ».
«
Svegliati ».
«
… a partridge in a pear tree… ».
«
Sveglia! ».
«
Fiiive golden riiings! » l’uomo si
drizzò seduto cantando a squarciagola. Poi si guardò attorno confuso,
massaggiandosi la nuca « Questa non è la festa di Natale a casa di nonna Gillan.
Proprio no ».
«
Bellocchio, concentrati ».
« Per
caso hai visto la mia pernice? ».
Serena
gli assestò uno schiaffo sulla guancia destra, facendogli sussultare il capo.
« Ah!
Giusto, giusto! Orda di Cofagrigus, casa infestata, Borgo Bozzotto. A rapporto
».
«
Bozzetto ».
« Fa lo
stesso. Dove sono andati i nostri amiconi? ».
La
ragazza si lasciò cadere all’indietro, accomodandosi sul freddo parquet della
stanza e facendosi più vicina possibile ai due candelabri, unici irroratori di
calore « Non lo so. Mi sono svegliata qualche minuto fa, ma non ci sono stati
rumori ».
Bellocchio si alzò in piedi e si accostò con l’orecchio al portone di legno «
Già. Silenzio… Questo vuol dire molto bene o molto male ».
« Quale
delle due? ».
« Non
lo so, non sono un veggente. Proporrei di uscire » prima che la sua compagna
potesse accennare una qualche protesta rimosse la seggiola e fece forza sulla
maniglia, trovandola però bloccata. Tentò diverse volte, dovendo infine
arrendersi all’evidenza « Siamo chiusi dentro ».
«
Chiusi dentro? E da chi? ».
« La
Dama Cremisi ».
« La
Dama Cremisi? Ma è una leggenda! ».
« Sì,
no, forse, sa Dio. Il punto è che attualmente è la sola nostra pista, e
incidentalmente l’unica via che abbiamo di scamparla. Per quanto abbiamo
dormito? Ah, già, ho un orologio… Sette ore! Ciclo di sonno perfetto, oserei
dire ».
« Come,
scusa? » Serena sbiancò « Sette ore?
».
«
Esattamente, il che vuol dire che se Clipse non mi ha portato in Nuova Zelanda
il sole sorgerà tra circa mezz’ora » osservò Bellocchio « Quindi, se ciò che
raccontano sulla Dama è vero, saremo salvi appena la luce solare sfiorerà questa
catapecchia! Problema risolto ».
« Ma…
ma io non posso aspettare così tanto!
».
«
Ovviamente no ».
Serena
fu sbalordita da questa replica. Si sarebbe attesa una domanda, del tipo
perché non potesse aspettare. Ma forse
lui si era dimostrato ancora più intelligente di quanto non avesse dato a vedere
in quelle poche ore. Forse lui aveva già capito.
« Ieri
era il 20 marzo, il che significa che a meno che non abbiamo dormito per più di
un giorno ora sono esattamente le ore 7:04 del mattino dell’equinozio di
primavera » proseguì il giovane « A Sinnoh, da dove vengo io, questo è un giorno
molto speciale per i nostri bambini. E a giudicare dalla tua espressione
attuale, lo è anche per te ». Con discrezione le si sedette vicino, mentre lei
provava in tutti i modi a evitare i suoi occhi indagatori « Oggi è il giorno in
cui sono distribuiti i Pokémon, vero? ».
In un
gemito che tentava di soffocare le lacrime, Serena si voltò verso di lui
rattristata. Ci aveva visto giusto, allora. L’aveva
davvero capito « Sì ».
« Però
non capisco. Se tu vuoi essere un’Allenatrice… Perché hai aspettato così tanto?
Nove anni… Un’eternità ».
« A
Kalos c’è una stretta politica per quanto riguarda gli Allenatori che ricevono
Pokémon. Ogni città ne riceve un numero ben limitato, per preservare la fauna
locale da eccessivi viaggiatori che intendono catturarne. Credo sia colpa delle
proteste degli ecologi, fatto sta che Borgo Bozzetto ne riceve tre ogni anno. E
ogni anno io vengo anticipata, ogni anno devo rimanere senza ».
« A che
ora inizia la distribuzione? ».
« Alle
sette e mezzo » rispose con avvilimento « Ma è inutile. Ci vorrebbe un miracolo
per uscire da qua dentro, e un altro per arrivare in tempo. Dopotutto posso
aspettare ancora un po’… Giusto? Anno più, anno meno… ».
La
ragazza si chiuse in un pianto sommesso. Bellocchio rimase attonito a
contemplare i candelabri che rischiaravano l’oscurità. L’unico barlume in tutta
la villa racchiuso in quelle minuscole lingue di fuoco giallastre inerpicate sui
loro alti steli di cera.
Un’intuizione lo perforò nuovamente. Era successo ancora. Aveva
ancora una volta tralasciato il dettaglio più importante.
« No »
esclamò a un tratto, alzandosi e dirigendosi verso i doppieri.
« Come?
».
Afferrati i due oggetti si accostò nuovamente alla sua amica, tanto che le loro
fronti si sfioravano « Hai aspettato abbastanza il tuo destino. Oggi ti prometto
che avrai il tuo primo Pokémon ».
« Cioè
hai trovato un modo per farci uscire di qua? » domandò lei emozionata. Si scoprì
sorpresa per non aver messo in dubbio che l’idea maturata da Bellocchio potesse
essere in qualche modo sbagliata. In un certo senso si fidava di lui.
«
Grossomodo. Ma vedremo subito gli effetti ».
« E il
tuo piano qual è? ».
«
Parleremo con il loro gran generale » spiegò eccitato, poi soffiò uno a uno sui
lumi ancora accesi nelle sue mani « Preparati a incontrare la Dama Cremisi ».
« Ma
come… Non credo tu possa semplicemente… Che cosa stai facendo? » estinta anche
l’ultima delle lucerne l’ambiente si fece scuro come il carbone. Serena perse
completamente la visuale su qualsiasi cosa prima ci fosse e si sentì smarrita;
poi, dal nulla, la sua mano venne stretta da un’altra.
«
Tieniti pronta » sussurrò una voce. Per alcuni interminabili secondi non avvenne
nulla; poi un fascio di energia luminosa biancastra esplose dai candelabri.
«
Che sta succedendo? » gli urlò,
tentando di sovrastare il rumore che si era diffuso.
« Non
ci eri arrivata, vero? Nemmeno io! La Dama Cremisi appare al buio, ma non perché
tema la luce! No, sarebbe sciocco. Appare al buio perché, se ci pensi, c’è solo
una cosa che può illuminare le camere qua dentro! ».
Il
flusso energetico si intensificò, iniziando ad assumere una colorazione più
tendente al rosso vivo.
«
Quella che voi chiamate Dama Cremisi è stata con noi tutto il tempo! Era lei a
farci luce, era lei che ordinava ai Cofagrigus come bloccarci ogni via d’uscita,
ed è stata lei a farci addormentare! In tutto questo tempo lei era dissimulata
sotto forma dei nostri candelieri!
Come avrebbero fatto altrimenti a essere esattamente uguali a come li avevamo
lasciati sette ore fa? La cera avrebbe dovuto consumarsi! Un errore grossolano,
non ti pare? ».
« Ma
come può essere? Li abbiamo toccati, quegli affari! Uno spettro non ha
consistenza! ».
« È qui
che viene il bello: la Dama Cremisi non è
uno spettro! » strepitò accalorato « Non uno tradizionale, per meglio dire!
Immaginati la scena. Darbois ha appena scoperto che tutti i suoi preziosi
reperti archeologici sono in realtà dei Cofagrigus pronti ad assalirlo, e il
loro leader è una creatura che non ha mai visto prima, un essere completamente
unico. Come avrebbe mai potuto chiamarlo? ».
« Ma
perché Dama Cremisi? Non ha senso! ».
«
Femme Cramoisie, ovvero la Donna
Cremisi, era ciò che fu divulgato ai tempi con ogni probabilità. Ma è sempre
stato un errore storico clamoroso! Il nome pronunciato da Darbois fu
Flamme Cramoisie! La Fiamma Cremisi!
Guarda! » Bellocchio puntò il dito verso il vortice d’aria che si era prodotto
al centro del salone, precisamente sopra i doppieri. Al suo interno si stava
delineando una silhouette dai connotati di un lampadario « Un Pokémon che vive
in questa villa da secoli, che ha terrorizzato generazioni di visitatori al
punto da rendere questo luogo ciò che è ora. Fatti avanti, Chandelure ».
Il
turbinio si acquietò. Quattro fiamme intense rischiararono l’ambiente, più una
quinta disposta poco sopra. Un paio di occhi fucsia luccicavano su una sfera di
apparente vetro, mentre bracci di metallo bruno completavano la figura.
Era
effettivamente un Chandelure, ma non uno qualunque: il colore delle vampate era
un più realistico chermes rispetto al convenzionale viola cadaverico. Era un
Chandelure cromatico. Bellocchio lasciò la mano di Serena per avvicinarglisi,
facendole segno di restare indietro « Terra a Fiamma Cremisi, Terra a Fiamma
Cremisi, mi ricevete? ».
«
Chi sei tu? » domandò. Il suo tono era
lugubre e sottile, ben diverso da quello sicuro di sé del suo interlocutore.
« Sono
sicuro che puoi arrivarci da solo ».
Il
Pokémon rimase inebetito, occupato nell’analizzare l’uomo che aveva di fronte.
Dopo qualche esitazione, ribatté con fare vago «
Tu non sei di questo posto ».
« Mi
aspettavo potessi fare di meglio, ma mi accontento. Mi ha tradito
l’abbigliamento? No, no, anzi, sicuramente l’accento. Quel mio maledetto accento
del nord ».
«
Che cosa ci fai qui? ».
«
Domanda noiosa. Eccone una migliore: che cosa ci fai
tu qui? » Bellocchio cominciò a passeggiargli intorno, ignorando
completamente Serena e rendendo il dialogo un effettivo confronto a due « Perché
è evidente che non sei arrivato qui da solo. Passino i Cofagrigus, ma Darbois
non avrebbe mai avuto ragione di portare delle candele speciali nella sua villa
».
«
Sono stato inviato ».
«
Questo era già stato stabilito. Il punto è: perché? ».
«
Per tenerla sotto controllo ».
« Che
cosa, Borgo Bozzetto? Un villaggio da dieci abitanti e mezzo? » mentre parlava
scorse l’espressione accigliata della ragazza, compiacendosene « Non me la dai a
bere ».
Chandelure scosse la testa, pur senza tradire alcuna emozione al di là di
questo.
«
Resterei qui a interrogarti per tutto il giorno, ma vedi, io e la mia amica qui
avremmo anche da fare. Quindi ecco il piano: tu apri le tue porte, ritiri i tuoi
Cofagrigus e insieme ve ne andate in vacanza in qualche posto, preferibilmente
molto lontano da qui. Come ti sembra? ».
«
Ho sentito i vostri discorsi. Siete
disarmati, non avete modo di costringermi a farlo ».
« Ah!
Ma ti sei sentito? Serena, l’hai sentito? » Bellocchio rise sonoramente « Io non
dovrò costringerti a fare nulla, perché lo farai
di tua spontanea volontà ».
«
Non capisco ».
« Tu
non sai chi sono io, vero? No, certamente. Altrimenti avresti già fatto i
bagagli e prenotato l’agenzia di viaggio ».
«
Il tuo nome è Bellocchio ».
« Oh,
andiamo! Lo so bene che chiunque ti abbia mandato mi conosce, diamine, mi
conoscono tutti! Avrò cambiato nome, ma non faccia! Ah, ho capito, devo fare
tutto io ». Con passo convinto si avvicinò al lampadario animato e gli sussurrò
qualcosa che Serena non riuscì a udire o intuire. L’unica cosa che poté
constatare è che, di qualsiasi natura fosse stata l’informazione, aveva mutato
radicalmente l’atteggiamento di Chandelure: da distaccato e superiore era
passato a trasudare terrore da ogni poro.
«
N-no… Non può essere! ».
« In
carne e ossa. Quindi, cara la mia Fiamma Cremisi, ti darò un suggerimento da
amico. Scappa ».
Il
portone si spalancò con un sonoro rimbombo e tutte le luci di Villa Darbois si
accesero nel medesimo istante. Il loro oppositore scomparve in una nuvola di
fumo e un ghigno si dipinse sul volto di Bellocchio. Tutto era tornato in una
frazione di secondo a un’irreale calma, un mutamento repentino e sconvolgente.
Serena, dal canto suo, era esterrefatta a voler minimizzare.
« Tu…
Come diamine hai… ».
Lui la
prese per le spalle e la scrutò negli occhi « Starei volentieri a esporti tutto
il mio acume, visto che mi piace farlo, ma non ho fatto tutta questa fatica per
lasciarti sprecare l’occasione. Corri e vai a prendere quel Pokémon ».
La
giovane, in preda a un’euforia che raramente aveva vissuto in tempi recenti,
annuì con un sorriso e si voltò, slanciandosi a perdifiato verso l’uscita.
A Borgo
Bozzetto c’è una collina particolare. Non ha un nome specifico, ma gli abitanti
spesso si riferiscono a essa come il Colle degli Inizi. Circondata da una
recinzione ferrea e abbellita da un solitario lampione che la sorveglia nelle
ore notturne, volge a nord e offre agli spettatori un panorama mozzafiato consto
di foreste, laghetti, nuvole e, molto in lontananza, i troneggianti grattacieli
di Luminopoli.
Tutti
gli Allenatori provenienti da questo villaggio sperduto nell’entroterra di Kalos
ricordano bene il giorno in cui salgono sul Colle degli Inizi: perché quel
giorno è anche il loro di inizio. L’inizio di una nuova avventura, di un viaggio
che li condurrà ai confini della conoscenza.
Serena
si stava dirigendo proprio lì. Correva senza fermarsi un secondo, temendo che
anche quella breve pausa per riprendere fiato potesse rivelarsi fatale per lei.
Non doveva fallire. Lo doveva a Bellocchio e a se stessa, per tutto quello che
aveva passato per essere lì. Era il suo destino.
Quando
le scale che scortavano al poggio comparvero di fronte a lei si sentì al settimo
cielo. Si guardò attorno: non c’era nessuno che potesse rubarle il primo posto
della fila. Il cielo limpido risplendeva nel fulgore mattutino di un sole non
ancora del tutto sorto. Un celeste sbiadito, quasi ancora avvolto nelle tinte
fosche del vespro. Serena inspirò profondamente e salì i gradini uno alla volta,
solennemente.
In
cima, dall’altro lato di uno spiazzo cementato, si trovava una ragazza. A occhio
e croce aveva circa sedici anni, anche se in effetti avrebbero potuto essere di
più, e indossava un abito turchino orlato di un blu scuro alle estremità delle
maniche, nonché un brioso copricapo rosato che copriva in parte una lunga chioma
castana sciolta sulle spalle. Era voltata verso il bordo della balaustra e si
godeva il paesaggio.
« Mi
scusi? ».
Quella
si girò, osservandola con due luminosi occhi azzurri « Sì? ».
« Ah,
salve… Lei è per caso l’inviata del professor Augustine Platan? ».
«
Proprio io ».
« Ah!
Piacere, il mio nome è Serena Williams ».
« Casey
Dawning. Ma ti prego, dammi del tu » le sorrise stringendole la mano « So che
non è affar mio, ma come mai giri in pigiama? ».
« Ah! »
Serena arrossì vistosamente e desiderò con intensità di avere il potere di
sparire a proprio piacimento. Era stata così terrorizzata dall’idea di non
arrivare in tempo che si era completamente scordata dell’abbigliamento « È una
lunga storia… ».
« Tu
vivi qui, immagino ».
« Sì,
ci sono nata ».
« Bel
posto, Borgo Bozzetto » Casey tornò ad ammirare la veduta dalla collina « Mi
ricorda la regione da cui vengo io. Sono qui in visita, sai, quando Platan è a
corto di personale convoca Allenatori da luoghi lontani per assisterlo ».
« Ah,
sì, a tal proposito… ».
« Sì,
sì, capisco. Dunque, vuoi che porti un messaggio particolare al professore? ».
« Oh,
ecco… » la ragazza era in preda a un imbarazzo senza precedenti « … In realtà io
sono qui per i Pokémon, sa–– volevo dire,
sai. Tu sei quella che li distribuisce, giusto? ».
« Ah…
Sì… Scusa, è solo che… Per l’età, ecco, non credevo che fossi qui per quello ».
« Non
importa, tranquilla… Quindi posso averli? ».
« Ecco…
» Casey le mise una mano sulla spalla, e Serena si sentì sprofondare. Aveva già
vissuto quella stessa sequenza di eventi tante, troppe volte. Nove anni. Non
poteva stare succedendo di nuovo « … Sono finiti. Altri ragazzi li hanno presi
prima di te. Mi dispiace davvero tanto… ».
Per un
po’ le parve che il tempo si fosse fermato. Quella volta ci aveva creduto, ci
aveva davvero creduto. Aveva
affrontato una casa infestata e ne era uscita in tempo, era convinta di avercela
fatta. E invece ancora una volta era stata beffata, ancora una volta era
arrivata troppo tardi.
Ringraziò Casey con tutta la gentilezza che riuscì a mostrare, poi tornò sui
suoi passi verso casa, cercando di imboccare le vie più solitarie che conosceva:
un po’ per la vergogna di essere ancora in camicia da notte, un po’ perché non
voleva incontrare più nessuno. Voleva solo sprofondare nel letto e lasciar
perdere. Non aveva più senso cercare di essere un’Allenatrice.
Giunta
al giardinetto della dimora le venne incontro Walt, il Rhyhorn di famiglia,
segno che sua madre era rientrata. Per l’appunto la trovò nell’angolo della
cucina, affaccendata a preparare un’abbondante prima colazione.
« Ciao,
mamma » la salutò stancamente « Andata bene la gara? ».
«
Serena! » la donna si staccò dai fornelli e l’abbracciò felicemente, con un
sorriso a trentadue denti stampato in viso « Dov’eri stanotte? Sono tornata
qualche ora fa e non ti ho trovata… Mi stavo preoccupando! ».
« Ah,
scusa… Mi ero accampata al Colle degli Inizi per riuscire ad avere un Pokémon,
almeno quest’anno… » improvvisò « Ma è stato tutto inutile ».
« Beh,
certo che lo è stato » commentò sua madre sorpresa « Te l’hanno portato qua ».
Serena
fu completamente colta di sorpresa e sgranò gli occhi «
Come, scusa? ».
« È
passato un giovanotto, circa un quarto d’ora fa… Ha detto di essere un inviato
del professor Platan, e di averti portato un Pokémon direttamente da parte sua
come regalo. In cambio ha chiesto solo dei vecchi vestiti di tuo padre, e lo
capisco, messo male com’era. Chissà che gli era capitato… Comunque l’ha lasciato
di sopra, in camera tua ».
«
Scusa… Per caso ha lasciato un nome? ».
Un
rumore di uova sbattute tornò a risuonare per il salotto « Sì… Belloccio, mi
pare. Penso fosse un nome in codice ».
La
ragazza esplose di felicità e incredulità mentre con rinnovata energia saliva le
scale per la sua stanza. E la trovò lì, appoggiata sopra un letto rifatto dalla
premurosa madre: una lucida Poké Ball rossa come la Fiamma Cremisi, ma cento
volte più piacevole da ammirare; al suo fianco una bizzarra pietra semiopaca
dalle tinte rosee, di cui non comprendeva però il senso – non che avesse
importanza, al momento. Serena prese in mano la sfera stringendola, notando con
stupore che non si trattava della stessa che aveva visto accogliere Sheila, e la
lanciò con le mani tremanti.
Il suo
ospite era una specie di fanciullina dalla lunga veste bianca la cui testa era
coperta da un casco verdognolo con un paio di antenne che le conferivano un
aspetto alieno. Era un Ralts.
Colta
da un’euforia incomparabile Serena iniziò a saltellare per tutta la stanza,
gridando a squarciagola la propria contentezza al mondo. Il suo amico, alla
fine, aveva mantenuto la promessa fatta. Dopo nove lunghissimi anni anche lei
aveva ottenuto il suo primo Pokémon.
Anche
lei era diventata un’Allenatrice.
Spirava
una piacevole brezza su Borgo Bozzetto. L’arco d’ingresso era alquanto
promettente verso i nuovi visitatori: “Una
città pronta a sbocciare”.
Un po’
gli dispiaceva, abbandonarla. Era stata una bella notte, dopotutto. Ma in fin
dei conti senza Pokémon e con nessuna conoscenza nella regione non aveva molta
scelta. Si diede un’occhiata compiaciuta: aveva preso in prestito un elegante
completo marrone e un cappotto del medesimo colore, ma più chiaro, che gli
arrivava alle ginocchia. Non il massimo della comodità, specie per la cravatta
amaranto che gli procurava prurito al collo, ma aveva sempre amato quell’aria da
signore distinto che conferiva quel tipo di abbigliamento.
« Ehi!
Ehi, Bellocchio! » gli urlò dietro una voce. Il giovane sorrise e si voltò,
osservando Serena che gli veniva incontro agitando la Poké Ball appena ricevuta.
Notò con piacere che si era cambiata: i suoi lunghi e biondi capelli fluenti
risaltavano ora contro il nero che caratterizzava il suo intero vestiario se si
escludevano minigonna e cappello, entrambi di uno sgargiante color scarlatto. Si
era anche portata dietro una borsa a completare il tutto, presumibilmente pronta
per partire per il suo tanto agognato viaggio.
« Te ne
vai senza salutare? ».
« Non
ho mai amato i saluti. Sono sempre così tristi ».
« Come
hai ottenuto la Ralts? Non l’avevi con te ».
Bellocchio si grattò la nuca, tentando di minimizzare « Quando sono tornato al
villaggio dopo che tu te n’eri già volata via, ho visto tre ragazzini che
parlavano dei loro nuovi Pokémon, e ho capito a cosa stavi andando incontro ».
« Sì,
ma… Non ci sono Ralts, qui vicino ».
« No?
Non conosco la zona. Ho incontrato un’Allenatrice vestita completamente di
bianco, nella piazza principale, non ricordo il nome. Sembrava una brava
persona, amorevole verso i suoi Pokémon… E molto interessata a Sheila ».
Serena
si mise una mano sulla bocca per lo sconvolgimento, intuendo ciò che sarebbe
seguito.
« Non
ti preoccupare » la rassicurò l’uomo « Anche lei era d’accordo. Sheila, intendo.
Ne avevamo vissute tante, insieme, ed era ora che ognuno andasse per la sua
strada. Entrambi ci ricorderemo sempre di quello che abbiamo passato, e lei
starà molto bene con quella donna. In cambio mi ha offerto i Pokémon più vari,
ma quando ho visto quella Ralts ho capito che era perfetta per te ».
La
ragazza era sul punto della commozione. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma sentì di
non avere ancora quel tipo di confidenza e cercò nel possibile di mantenere
un’aura di distacco simile alla sua « E la pietra? ».
« Già,
la pietra. Ha insistito perché l’avessi, ha detto che era molto importante.
Voleva saldare il debito, a suo dire era uno scambio impari. Alla fine l’ho
accettata per cortesia ».
« E
ora… Cosa farai? ».
«
Adesso immagino che mi recherò a Luminopoli come mi ha consigliato
quell’Allenatrice, e da lì prenderò un treno per tornare a Sinnoh. Tutto com’era
prima, almeno per me ».
« Ah…
Luminopoli… C’è una sola via rapida che porta là… Se vuoi potremmo… » Serena
arrossì « V-voglio dire, siccome magari non sai arrivarci… ».
« È una
linea retta, non sembra molto difficile ».
« Sì,
s-sì, ma… Sei senza Pokémon, e c’è erba alta sulla strada, quindi potresti… » si
fece forza « … venire con me? ».
Bellocchio assunse un’espressione divertita « Ma sì, perché no? A viaggiare da
soli non c’è mai molto gusto ».
Il
volto di Serena s’illuminò. Senza attenderlo iniziò a correre verso il Percorso
1, tagliando quell’arco che l’aveva confinata per diciannove lunghi anni. Il
giovane invece rimase fermo per un po’, meditando sul cielo le cui nuvole della
sera prima si erano dileguate.
Poi,
come un fulmine silenzioso, intuì. Le parole di Chandelure iniziarono a girare
in circolo nella sua testa, illuminate di un nuovo, pericoloso significato.
Per tenerla sotto controllo, aveva
detto, e lui aveva pensato che si fosse riferito a Borgo Bozzetto.
Com’era
stato stupido. No, non era la città il punto: si era riferito
a Serena.
Così,
mentre la guardava partire verso la sua nuova avventura piena d’insidie e di
gioie, di nuovi amici e nuovi nemici, avrebbe potuto dire tante cose. Ma essendo
Bellocchio, solo una fu la frase borbottata tra sé e sé, a metà tra un monito e
un augurio. Un tratto identificativo, se così si può dire.
« La
cosa si fa intrigante ».
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Capitolo 3 *** 1x03 - L'ora di Karen ***
Untitled 1
«
Ehi, ora che ci penso non ci siamo ancora presentati! Mi chiamo Serena Williams!
».
I due camminavano
spensieratamente lungo il Percorso 1, noto anche come Vicolo Bozzetto, che al
momento si presentava come una timida strada lastricata e diritta costeggiata da
alberi ad alto fusto. Non esattamente l’emblema dell’avventura, si può dire.
« Che nome da
professoressa ».
« Spiritoso. Il tuo è… ?
».
« Bellocchio. Non l’avevo
già detto? ».
« Ma hai detto anche che
non ti chiami veramente così. Perché non mi dici il tuo vero nome? ».
L’uomo si infilò le mani
nelle tasche dei pantaloni castani, assaporando la brezza primaverile « Hai dato
un nome a Ralts? ».
« Come? Ah, intendi… No,
non ancora ».
« Io non mi sentirei mica
felice a non avere un nome ».
« Beh, vediamo… » Serena
sfilò dalla borsa la Poké Ball e aggrottò la fronte pensierosa « Che ne dici di
Atena? La dea della saggezza ».
Bellocchio rubò la sfera
dalla mano della ragazza e la accarezzò con fare protettivo « Vuole darti un
nome da agenzia di assicurazioni… Oh, povera piccola! ».
« Ah, ha parlato il
giudice onomastico! » esclamò lei riprendendosi il Pokémon con vigore « Sentiamo
te, allora ».
« Eh, non funziona mica
così! Devi sceglierlo tu, non io ».
« Ma che senso ha se
quando lo scelgo poi tu mi dici che fa schifo? ».
« Rende le cose più
divertenti! ».
Serena sbuffò e tornò a
riflettere, chiudendosi in un riservato silenzio per qualche istante. Poi, come
illuminata, riprese « Beh, ci sarebbe… ».
« Oh! » proruppe
Bellocchio frenando l’andatura e impalandosi di fronte a lei « Mi piace quello
sguardo! Vuol dire che il nome che hai trovato significa qualcosa per te ».
« Eh, sì, diciamo di sì…
Pensavo a Karen ».
« Come mai? ».
« Era il nome di mia
nonna… Mia nonna paterna. Mio padre è scomparso quando avevo nove anni, ma lei
ci è sempre rimasta vicina, a me e alla mamma… Come ti sembra? ».
Il giovane annuì convinto
« Mi pare un nome perfetto ». Detto ciò si allontanò e, come morso da una
tarantola, riprese a parlare concitato « Bene! Adesso possiamo finalmente
dichiarare iniziata la nostra avventura! Direi di iniziare subito catturando
qualche Pokémon, qui, su questo percorso! ».
« Bellocchio… ».
« Sì, sì, lo so, siamo
senza Poké Ball, ma… se siamo carini
magari saranno loro a seguirci! L’ho letto sul libro di un tal Ketchum, uomo
affascinante ».
« Bellocchio ».
« Dunque! Si facciano
avanti le insidie! Pidgey, Sentret, Bidoof, chi ha più coraggio! Non vi temo!
Beh, in realtà sono disarmato, quindi magari vi temo un attimo… Ma non è un
problema! ».
«
Bellocchio! ».
« Sì? ».
Serena alzò il braccio a
indicare qualcosa dietro di lui « Siamo arrivati ».
Quello si girò a sua volta
e il suo sguardo incontrò un massiccio edificio a tre piani in bugnato rustico
in pietraforte abbellito da bifore marmoree. Nel suo esatto centro era stato
incavato un breve traforo sulla cui entrata campeggiava la scritta “Rio
Acquerello: la città che si rispecchia nelle acque”. La loro destinazione,
almeno per quel tratto.
« Beh, tutto ciò è stato
molto anticlimatico ».
Episodio 1x03
L’ora di
Karen
Una delle caratteristiche
salienti di Rio Acquerello, tra le molte che si possono citare, è senz’altro la
disposizione delle strade: pur essendo un centro abitato relativamente piccolo,
infatti, esso s'inerpica in salite e discese lungo cui sono asserragliati
edifici semidiroccati di stampo novecentesco. Perché si comprenda meglio,
l’ingresso da cui i nostri due protagonisti erano passati si trovava, se così si
può dire, al pianterreno, dove si sviluppava anche una piazza di notevoli
dimensioni che girava in circolo. Al centro di essa era collocata una sorta di
montagnola sopra cui erano disposte, attorno all’unica via spiroidale, le
abitazioni dei residenti.
Serena rimase inebetita al
cospetto di un labirinto di mura e cemento simile; Bellocchio, con poca
sorpresa, no. O meglio, come suo solito era distratto da altro.
« Ah! Una bacheca! Amo le
bacheche! » esclamò dirigendosi verso un riquadro rettangolare issato tra due
paletti in legno proprio al varco della città « Ci fanno sempre quelle battute
spiritose, tipo… “È pericoloso andare da
solo, prendi questo!”. L’apice della comicità ».
« Come avranno fatto a
costruire Rio così? La montagnola c’era già prima, oppure… ».
« Sai cosa si fa dalle mie
parti, in questi casi? Si… » la sua attenzione fu attirata da un annuncio
apposto nell’angolo in basso a destra dell’albo « … chiede ».
« Cosa c’è? ».
Bellocchio strappò il
foglio con forza, esaminandolo poi accuratamente. La sua amica gli si affiancò
per dare un’occhiata: il pezzo di carta il marchio del Comune di Rio Acquerello
e dell’Amministrazione di Kalos. Sopra una scritta a lettere cubitali: “Ricercato
uomo per rapimento”. In basso un indirizzo e un numero di telefono
cellulare, presumibilmente per allertare chi di dovere; ancor più sotto un
inquietante avvertimento: “Segnalare
eventuali sospetti”.
« R-rapimento? » domandò
Serena terrorizzata, guardandosi al contempo intorno per controllare che nessun
individuo ambiguo fosse nei paraggi « Qui? ».
« Beh, non sarei certo che
sia proprio qui. Avrebbero semplicemente messo in embargo questo posto.
Normalmente è la procedura standard, da dove vengo io ».
« Ma rapimento di chi? E
perché è ancora in giro? ».
« Più che altro non
capisco perché non via sia una sua fotografia allegata. Sarebbe la cosa migliore
per mettere in guardia la popolazione » replicò Bellocchio « Ma conto di
scoprirlo quanto prima ».
« Scoprirlo come? ».
« Seguirò l’indirizzo. Non
sembra complicato, vedo una piazza e una via. Mi orienterò ».
In quel momento urla
confuse si udirono dall’ingresso di Rio Acquerello. La coppia si voltò
preoccupata solo per notare un gruppo di tre ragazzini – due maschi e una
femmina – che correvano attraverso l’arco d’entrata del borgo. Il gruppo si
fermò per un attimo a riprendere fiato; quindi, accortisi di Serena, le corsero
incontro gridando a gran voce il suo nome in maniera caotica.
Uno era un giovanotto
alquanto tondetto dai capelli bruni agghindati in un’acconciatura ad ananas; il
secondo, leggermente più basso, sfoggiava invece una folta chioma a casco color
carota; infine c'era l’ultima, vestita di una maglietta rosa e dalla pettinatura
alquanto almanaccata per l’età.
I loro nomi erano Tierno,
Trovato e Shana, rispettivamente. Li conosceva bene.
« Serena! » esclamò il
primo vedendola « Cosa ci fai anche tu qui? ».
« Ho iniziato il mio
viaggio da allenatrice. Voi? ».
« Anche! Abbiamo avuto
oggi il nostro primo Pokémon! Io ho un bellissimo Froakie, l’ho chiamato
Ranocchio! ».
Serena intuì che dovevano
essere stati loro tre i menzionati da Bellocchio, coloro che l’avevano
anticipata al Colle degli Inizi mentre era bloccata alla Vecchia Darbois « Ne
sono felice! Quindi partiremo insieme! ».
« Oh, sì! » si inserì
Shana, energica come sempre « Magari potremmo attraversare con te Bosco
Novartopoli! ».
« Intendi quello a nord di
qua? Non vedo perché no! » rispose l’adolescente, e mentre quella festeggiava
parlottando con Tierno si rivolse all’ultimo dei tre « Tu, invece, come te la
passi? ».
Trovato iniziò a
farfugliare « Ah! Io, sì… Bene, diciamo, ho avuto il mio Chespin! ».
« E ora dove state
andando? ».
« Oh, a–– ».
Il verso di un Pokémon nei
cieli della cittadina ruppe la quiete generale. Tutti spostarono lo sguardo in
alto, osservando una sagoma stagliata contro un limpido azzurro che stava
atterrando: un grande volatile cavalcato da un giovane dell’età di Serena che
indossava una felpa blu e un berretto sportivo vermiglio. Il gruppo lo conosceva
alquanto bene: il suo nome era Calem, fratello maggiore di Shana e una sorta di
celebrità o poco meno a Borgo Bozzetto.
« Ah, tutta la
combriccola! » denotò una volta sceso dalla monta « Salve a tutti ».
« Ciao! » lo salutò in
anticipo su tutti gli altri la sorella « Cosa ci fai qui? ».
« Ero passato a salutare i
nuovi tre allenatori dell'anno » dopo la spiegazione, il ragazzo contò
rapidamente i presenti, rimanendone stupefatto « Però qui siete quattro. Dov'è
il trucco? ».
« Io, Tierno e Trovato
eravamo al Colle degli Inizi a prendere i nostri. Serena… Beh, a dire la verità
non l'abbiamo vista fino a qui. Non so dove abbia avuto il suo Pokémon ».
« Frena, frena, Serena
ha un Pokémon? Questo sì che è un grande avvenimento! » la canzonò Calem.
La diretta interessata non
controbatté, ma in cuor suo si sentiva ribollire. Come il lettore avrà intuito
non correva buon sangue tra i due, e per una ragione più che valida: nove anni
prima era stato proprio Calem a sottrarre a Serena la possibilità di ottenere il
suo primo Pokémon per tempo, anticipandola con poca lealtà al Colle. Da quel
momento la loro amicizia era stata rovinata, in parte anche perché il giovane nelle sue pur frequenti visite al Borgo non si era mai curato di passare da lei.
« Però aspetta un attimo…
Tu hai ottenuto un Pokémon, e va bene, ma come? ».
« Me l'ha dato un mio
amico, siamo partiti insieme » chiarì lei.
« E ora il tuo amico
dov'è? ».
« Come sarebbe a dire
dov'è? È proprio acca–– » Serena sobbalzò dopo aver controllato alla sua
destra: dovunque Bellocchio fosse, senz'altro non era lì.
« Ah, beh, non è un gran
modo di trattare gli elettori, Raymond! Si sogni che voterò per il suo datore di
lavoro alle prossime comunali! ».
L'uomo, in linea con il
trattamento a lui abitualmente riservato dagli enti pubblici, era stato quasi in
contemporanea cacciato dagli addetti alla sicurezza del Municipio di Rio
Acquerello, sito proprio in cima alla montagnola del paese. Alzatosi in piedi si
ripulì rapidamente il capotto al ritmo delle sghignazzate di un anziano signore
intento a sorseggiare un analcolico al tavolo di un bar adiacente.
« Devi aver proprio dato
loro sui nervi per costringerli a una terapia simile! » commentò divertito.
« Ho chiesto informazioni
sul rapitore che circola a Kalos, ma evidentemente oggi è una giornata no ».
« Sei nuovo di qui? ».
« Sono arrivato nella
regione con un'aeronave in fiamme ieri notte ».
« Questa è quasi meglio
delle storielle che racconto sul Conflitto Globale! » rise quello « Intendevo se
sei nuovo di Rio ».
« Beh, direi che è una
conseguenza. Perché? ».
« Perché non sai la regola
numero uno di Rio Acquerello! ».
« Niente domande stupide?
».
« Vale più il Bar di
Gant che mille municipi per tutte le informazioni e tutti i princìpi! Beh,
in realtà princìpi l'ho messo lì solo per fare rima, non c'entra molto
con il resto ».
« E dove posso trovare
questo bardigant? ».
« Ci sei davanti! »
esclamò con orgoglio il vecchio.
Bellocchio alzò lo sguardo
a incrociare una vistosa insegna con una tazza di caffè al neon che per ignoti
motivi gli era sfuggita fino ad allora « Ah! Bar-di-Gant! Ora ha molto
più senso ».
« Non sei molto sveglio,
vero, forestiero? ».
« Tendono a sfuggirmi le
cose semplici. Quindi immagino che lei sappia qualcosa. Come si chiama? ».
« Gant. Seriamente, ci sei
o ci fai, giovanotto? ».
« Bene, Gant, mi dica
quello che sa ».
L'anziano sospirò con
rassegnazione, poi cominciò « Nessuno sa il suo nome. Del rapitore, dico. Da
quello che si dice, però, è fuggito dal Carcere di Luminopoli, ed è stato uno
dei pochi a farlo. La parte più raccapricciante è che nessuno ha mai visto quel
volto prima dell'annuncio, come se non fosse esistito prima della fuga ».
« E lei che idea si è
fatto? ».
Gant sorrise e versò altro
analcolico da una bottiglietta sul tavolino « Che quel tizio non esiste. È una
storia inventata dall'Amministrazione di Kalos per tenerci sotto il giogo della
paura. Controllo psicologico, fa il paio con quello fisico-meteorologico delle
scie chimiche ».
Bellocchio pensò che
sarebbe stata una teoria alquanto interessante, non fosse stato per l'ultima
frase. D'altronde che il Comune di Rio non fornisse informazioni su un
pericoloso fuggitivo era quantomeno sospetto, quindi ogni ipotesi era
benaccetta. Salutò cordialmente Gant e si diresse dunque verso la base della
collinetta.
A metà strada si imbatté
in un folto drappello di abitanti, tutti dalla mezza età in su, accalcati sul
margine della stradicciola mentre osservavano la piazza sottostante.
Parlottavano intensamente tra di loro, al che Bellocchio si avvicinò per
chiedere spiegazioni.
Uno del gruppo parlò prima
degli altri, con il tono più eccitato che un sessantenne potesse sfoderare « Una
battaglia Pokémon! ».
« Una cosa? » il
giovane si fece strada a spintoni nella piccola folla fino a raggiungere la
ringhiera. Alcuni metri più in basso, Serena e una rappresentante dei ragazzini
che avevano intravisto all'ingresso del borghetto si trovavano faccia a faccia,
divise solo da erba radente il terreno; poco distante il resto della comitiva
osservava l'imminente scontro.
« Allora, Serena, sei
pronta? Ricordati che sei stata tu a sfidarmi, prenditela con te stessa quando
perderai! ».
« Fatti avanti, Shana! »
esclamò lei.
Le due avversarie
afferrarono all'unisono le uniche Poké Ball a loro disposizione e le lanciarono
al grido dei loro rispettivi compagni di viaggio: Karen e Fennekino. Un
soprannome decisamente poco originale, quest'ultimo, per un volpino di fuoco che
avrebbe potuto ispirarne ben di migliori.
« Ralts? Quale persona
sana di mente darebbe un Pokémon così debole a una principiante? » commentò uno
degli spettatori sopraelevati.
Un suo conoscente gli fece
eco « Una battaglia già decisa ».
« Coraggio, Karen! »
Serena prese l'iniziativa « Usa Fascino! ».
Un'aura rosea avvolse il
Pokémon, che la scaricò poi sul suo nemico senza che questi ne risultasse leso.
Quando essa si dissipò, tuttavia, il bersaglio parve in qualche modo più fiacco.
« Indebolisci gli attacchi
fisici… Mossa interessante, ma contro Fennekino è inutile. Usa Braciere! ».
L'attacco fu scansato per
un soffio da Ralts, che mostrò una notevole rapidità di riflessi. La padrona
ordinò quindi colpi identici in successione, l'ultimo dei quali riuscì
nell'impresa di centrare la creatura.
« E va bene, avete
attaccato abbastanza! Karen, usa Confusione! ».
Un flusso di energia
avvolse Fennekin in una sfera semitrasparente, collassando dopo pochi istanti
proprio sulla volpe ignea e generando una brusca onda d'urto che trascinò con sé
polvere dal suolo. Ritornata la visibilità, tuttavia, il Pokémon mostrò di non
aver subito alcun danno, avvolto com'era in una bolla violacea poco più grande
di lui.
« Cosa? » Serena
sgranò gli occhi « Cos'è quella? ».
« Schermoluce » spiegò
Shana orgogliosa « Io e Fennekino ci intendiamo alla perfezione. Per un po' di
tempo sarò ben protetta dai tuoi attacchi speciali ».
« Ma… Senza quelli Karen è
inerme! ».
« Precisamente. Forza,
Fennekino, riprendiamo con i Bracieri! ». La raffica di fiamme riprese più fitta
di prima, e sempre più tentativi andavano a segno di fronte al calo di velocità
di Ralts, la cui sofferenza cresceva rapidamente di fronte alle offensive
avversarie.
« È finita ».
« Con Schermoluce attivo
quella ragazza non ha più speranze ».
« Fennekin è più forte già
di suo. Ralts ha fatto il possibile, ma era una causa persa in partenza ».
Bellocchio, dal canto suo,
osservava la sfida con interesse. Serena era senz'altro in difficoltà, ma da lì
a dichiarare il match concluso ne passava di acqua sotto i ponti.
La ragazza, tuttavia, era
entrata nel panico. La sintesi dell'emozione per la sua prima battaglia e della
tensione per l’eventualità di una sconfitta l’avevano indotta in una sorta di
caos catalettico, un'incapacità di impartire ordini diversi dallo schivare.
Venne il punto in cui Karen rimase tanto esausta dai colpi da essere
impossibilitata a muoversi.
Shana colse l'occasione al
balzo « Ci siamo, Fennekino! Un ultimo Bra–– ». Si interruppe, gettando uno
sguardo ai suoi amici che osservavano la battaglia poco più in là. Come se
avesse d'improvviso realizzato qualcosa, il suo tono di voce mutò marcatamente «
Fennekin, Turbofuoco! ».
« Che cosa? ».
Le esclamazioni di
preoccupazione di ambedue le file di spettatori, Trovato sopra tutti,
accompagnarono la creazione di un turbinio infernale dalla bocca della volpe,
che arrivò ad avvilupparsi attorno a una Karen impossibilitata a difendersi: in
un barlume fu fatta preda del vorticare di fiamme, che lentamente la seviziava
fino alla sconfitta sotto l'espressione compiaciuta di Shana.
« Cosa accidenti combina?
» Gant, entrato da poco nell'assembramento degli abitanti di Rio, sobbalzò in un
impeto di apprensione « Rischia di fare seriamente male a Ralts in questo modo!
».
« Lo sta torturando. Che
le è preso? ».
Bellocchio, che fino ad
allora aveva tenuto gli occhi foschi fissi su Shana, gridò verso il campo di
scontro « Ehi, Serena! ».
La ragazza alzò la testa
di scatto, risvegliandosi dal torpore indotto « Eh? ».
« Cerca di guadagnare
tempo! ». Detto ciò uscì dall'adunanza e scattò verso la discesa della
montagnola più rapidamente possibile « Qualcuno deve fermare questa follia ».
« Shana, ma che diamine
stai facendo? » le urlò suo fratello mettendo mano alla cintura che teneva in
vita « Smettila subito! Turbofuoco infligge ustioni a ripetizioni, e Ralts non
può muoversi! ».
« Stai indietro, Calem!
» gli sbraitò contro con inaudita ferocia la ragazzina « Questa è la mia
battaglia e scelgo io come vincerla! ». Poi si rivolse a tutti i presenti
« Se qualcuno si avvicina intensificherò il Turbofuoco! ».
« Karen, Calmamente!
».
La voce di Serena spiccò
nell'allibito silenzio degli spettatori. Dall'interno del turbine una luce
iniziò a brillare, rischiarando le cupe fiamme che si innalzavano da terra.
Bellocchio, ancora impegnato a percorrere a ritroso l'unica via di Rio
Acquerello per giungere in soccorso della sua amica, sorrise. Non era ancora
finita, proprio come aveva predetto tra sé e sé.
« Coraggio, continua così!
Ancora Calmamente! ».
« Calmamente? ».
« È una tecnica che
migliora la resistenza agli attacchi speciali. Il tuo Turbofuoco ormai è poco
più di acqua calda, per Karen ». Esattamente come Shana anche il modo di parlare
di Serena era cambiato: anziché crudele, però, era divenuto più determinato e
sicuro di sé.
« E con ciò? Ralts, non
può muoversi, è ancora alla mia mercé » ribatté l'avversaria « Fennekin, usa
Fuocobomba! ».
« Teletrasporto! ».
L'intero pubblico sussultò
in coro. Il colpo infernale scagliato dalla volpe passò dritto attraverso il
Turbofuoco estinguendolo, ma di Karen non c'era alcuna traccia. Per alcuni
istanti ognuno si concentrò nella sua localizzazione, ma Serena di nuovo fu più
rapida di tutti « E ora finiamola! Usa Veicolaforza! ».
Ralts, teletrasportatosi
poco dietro Fennekin, fu avvolto da un brillio senza pari, preparandosi a
lanciare l'attacco decisivo.
« E che cosa sarebbe? Non
sei riuscita a colpirmi nemmeno una volta » osservò sprezzante Shana « Figurati
se un unico attacco basta ».
« La potenza di
Veicolaforza cresce esponenzialmente per ogni volta che una statistica del mio
Pokémon è migliorata grazie a una sua mossa. Tu hai contato quante volte Karen
ha usato Calmamente? Perché io sì: sei » la giovane sistemò il proprio
cappello in testa « Oh, e hai controllato che Schermoluce sia ancora attivo? ».
Una smorfia di terrore si
dipinse sul volto dell'allenatrice mentre il singolo raggio rosato generato da
Ralts colse in pieno Fennekin mandandolo al tappeto. Shana, come se fosse stata
privata tutta d'un colpo della sua energia, cadde a terra sfinita.
Un esercito di occhi
rimase impalato nella posizione in cui era. Nessuno si mosse eccetto due
persone: Serena, che richiamò Karen nella sfera, e Bellocchio che si precipitò
in aiuto della ragazzina appena svenuta.
Quest'ultima rinvenne
quasi subito, causando un sospiro di sollievo nel soccorritore. Si guardò
attorno spaesata e stanca « Che è successo? ».
Calem raggiunse quasi
subito i due, seguito a ruota da tutti coloro che si trovavano nella piazza a
seguire il combattimento « Ehi, ehi, Shana! Tutto bene? ».
« S-sì… Perché me lo
chiedi? » la bambina mise a fuoco la situazione « Come sono finita per terra? ».
« Ma scusa… Non ricordi
nulla? ».
« Di che cosa? ».
Bellocchio appoggiò
delicatamente il capo di Shana a terra e si alzò, allontanandosi a passi decisi
dal gruppo che si era affollato intorno a lei; quindi si incamminò verso al
collinetta di Rio Acquerello.
« Ehi! » Serena gli corse
dietro « Dove stai andando? ».
« Resta qui con gli altri
» le intimò « Devo fare una cosa ».
Gant versò un altro goccio
di analcolico nel bicchiere da liquore, portandolo poi vicino agli occhi per
ammirare le sfaccettature del cristallo. Amava quel contenitore: ingannava gli
avventori facendo loro credere che stesse sorseggiando whiskey di chissà quale
annata. Mentre era assorto nei suoi pensieri scorse attraverso il vetro una
figura che avanzava verso di lui.
« Ah! Chi poteva essere,
se non il mio forestiero di fiducia! Resti per pranzo? ».
Giunto di fronte a lui,
Bellocchio lo squadrò severo « Lei si è scordato di dirmi qualcosa ».
« Davvero? Alla mia età
può succedere, giovanotto ».
« Lei era con me e gli
altri quando Shana ha avuto quella crisi. Era sconvolto, senz'altro, ma non
sorpreso » spiegò l'uomo « O meglio, non come tutti gli altri. Come se a
posteriori se lo fosse aspettato. Quindi mi dica: cosa ha visto in questi giorni
di diverso dal normale? ».
« Del livello di una
ragazzina che sta per uccidere un Pokémon? Nulla ».
« Abbassiamo le pretese ».
Gant ingerì un assaggio di
aperitivo « Beedrill ».
« Beedrill? ».
« Nel Bosco Novartopoli.
Solitamente là dentro c'erano solo Weedle, forse uno o due Kakuna persi tra gli
alberi. Non avevano abbastanza energia per evolversi » il barista fece
ondeggiare il bicchiere e il liquido al suo interno « Invece stamane ho trovato
un Beedrill grosso così sull'insegna del mio locale, ti lascio immaginare lo
spavento. Poi, poco prima di vedere uno svitato buttato fuori dal Municipio, ne
è passato uno in volo a due centimetri dalla mia testa ».
« Bosco Novartopoli… È
dove vogliono andare Serena e gli altri » borbottò Bellocchio tra sé e sé,
facendo quindi dietrofront per tornare dai suoi amici.
« Ehi, forestiero! » lo
richiamò Gant « Tu sei qui da ieri notte, giusto? ».
L'uomo annuì fermandosi
sul posto, senza tuttavia degnare il suo interlocutore di uno sguardo.
« Hai mai pensato che
forse potresti essere tu? La causa di tutte queste stranezze, dico. Beedrill,
bimbe indemoniate… Non si sa mai, una volta che ne hai viste una certa… ».
Bellocchio rivolse con la
coda dell'occhio una sbirciata arcigna al banconiere; dopodiché riprese ad
andare per la sua strada, senza voltarsi indietro.
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Capitolo 4 *** 1x04 - Nuvole ***
Untitled 1
Pedalare.
Pedalare, pedalare,
pedalare.
Lo strofinio stridente
della gomma sullo sterrato, la polvere sollevata, la tiepida afa delle tre del
pomeriggio che stava facendo sudare Jesse da ogni poro. Staccò per un attimo il
braccio destro dal manubrio per asciugarsi la fronte, rischiando di perdere
l'equilibrio quasi immediatamente.
Mai pedalare a un braccio
in salita. Mai.
Alzò lo sguardo,
intravedendo finalmente il Municipio di Rio Acquerello. Con un sospiro di
sollievo tratto dalla poca aria che ancora serbava nei polmoni scese dal
sellino, lasciando che la bicicletta facesse il suo corso fino ad accasciarsi al
suolo, e si precipitò all'interno della struttura. Al bancone lo attendeva un
uomo intento a scartabellare alcuni documenti impilati sul bordo. All'altezza
del taschino della giacca era spillata una targhetta identificativa: Raymond
Darvill.
« Desidera? » domandò
stancamente.
Jesse, affannato, si
concesse qualche minuto per riprendere fiato. Finalmente, tra un ansito e
l’altro, sputò le parole « Il fuggitivo! ».
L'addetto al ricevimento
alzò gli occhi dalle carte e lo fissò negli occhi con apprensione « Con chi sto
parlando? ».
« Messaggero… per ordine
del… Grande Assessorato… di Luminopoli… ».
« Che cosa le hanno detto
di comunicare? ».
« Il fuggitivo… È stato
localizzato… ».
« Dove? ».
Dopo aver inspirato
profondamente, Jesse rispose « Novartopoli ».
I due si guardarono l'un
l'altro, incapaci di maturare una decisione sul da farsi. Raymond, visibilmente
scosso, si diresse poi verso la porta alle sue spalle, non incespicando sul
cammino per un nonnulla « Io avverto il sindaco ».
Episodio 1x04
Nuvole
« Uno splendido
pomeriggio, non trovate? ».
Shana era china sul
ruscello che scorreva lungo il Percorso 2, o Via Progresso, attraverso il quale
l'intera comitiva di allenatori si era inoltrata dopo aver smaltito il pranzo.
Ai canonici viaggiatori alle prese con le loro prime esperienze si era unito
anche Calem, preoccupato per la condizione della sorella dopo l'incidente di
Rio. Sia lui che Bellocchio l'avevano tenuta sotto stretta sorveglianza, temendo
altre ricadute. Il ragazzo aveva inoltre colto l'occasione per regalare al
gruppo due Poké Ball a testa, disfandosi così della decina in disavanzo che
aveva portato con sé per diverso tempo; un gesto del tutto inusuale,
considerando il suo carattere.
Proprio Bellocchio, quello
che meno era entrato in sintonia con l'aggregato, a un certo punto della
traversata sobbalzò e fece segno a Serena e gli altri di non muovere un passo «
Fermi! ».
« Che succede? ».
« Una mutazione genetica!
Proprio lì, la vedete? È uscita ora dall'erba! Voleva fingersi un Pokémon
comune! ».
La ragazza si sporse oltre
il suo braccio, osservando l'oggetto dell'allarme: un pettirosso dal colorito
fiammeggiante che cinguettava placidamente « Quello? ».
« Resta indietro, non ho
idea di come possa reagire al contatto umano ».
« Bellocchio… Quella è una
Fletchling ».
L'uomo le rivolse uno
sguardo interrogativo « Una cosa? ».
« Una Fletchling ».
« Tu conosci questa
mutazione? Serena, credo proprio che dovremmo rivedere il nostro concetto di
confidenza in termini di sicurezza comune ».
« Non è una mutazione,
santo cielo! È un Pokémon! ».
« Un… Pokémon? »
l'espressione di Bellocchio si fece, se possibile, ancor più confusa.
« Mhm-mhm ».
« Ma… » le si avvicinò per
sussurrarle all'orecchio, come stesse rivelando un segreto « … Insomma, non ne
ho mai visto uno prima… ».
« Magari da dove vieni tu
non ci sono? ».
« Quindi a Kalos ci sono
Pokémon che non conosco? Questo rende il tutto molto più intrigante, senza
dubbio alcuno ».
Serena, desolata,
sprofondò il volto nel palmo della mano per nascondere il rossore « Che
imbarazzo… ».
« Quindi questa mutazione
non è pericolosa! Eccellente! » proseguì l'uomo sistemandosi il cappotto e il
completo sottostante « Va bene, è il momento di mettere in pratica gli
insegnamenti di Ketchum. Dunque! Ora mi avvicino… Signorina Fletchling,
le andrebbe di divenire nostra amica e unirsi a noi in questa entusiasmante
avventura a Kalos? ».
L'uccellino e Bellocchio
si scrutarono intensamente per diverso tempo, leggendo l'uno i pensieri
dell'altro. Poi il primo scosse la piuma della coda e aprì la bocca, lasciando
fuoriuscire uno sbuffo ardente che finì dritto in volto al suo allenatore
mancato. Quindi, mentre quest'ultimo barcollava all'indietro, il Pokémon volò
via in un guizzo di vitalità.
Serena retrocesse in preda
a una tremenda vergogna, neanche quel Braciere l'avesse subito lei; i tre
ragazzini erano rimasti attoniti a osservare quel supposto adulto responsabile
comportarsi peggio di loro; Calem, impietrito ancora più degli altri, fu l'unico
a trovare il coraggio di rompere il silenzio.
« Io ora entro nel
Bosco ».
« Per l'ultima volta, è
evidente che bisogna andare a sinistra! Guarda com'è battuto il sentiero da
questo lato! ».
« Senti, Trovato, ho
passato questo posto almeno una decina di volte, vuoi che non sappia dove
andare? ».
« Calem ha ragione, è
quello più esperto qui! Andiamo a destra, avanti ».
« Oh, giusto, Calem ha
sempre ragione, giusto? ».
« Serena, non essere così
acida! Mio fratello è l'unico che abbia mai visto prima il Bosco! ».
« Ma cos'è la destra…
Cos'è la sinistra… » canticchiava Bellocchio appoggiato all'albero della
contesa. Tutto il gruppo era fermo a quello snodo fondamentale del Bosco
Novartopoli: al primo dei classici bivi sulla via della grandezza, la loro
grande unità si era spaccata. Su un fianco si erano schierati Calem, Shana e
Tierno, che proponevano di proseguire a destra; Serena e Trovato, invece,
optavano per andare a sinistra.
« Ehi, Bellocchio, non hai
ancora preso posizione! ».
« Come? Oh, sì, sempre con
te, Serena, contami dalla tua parte » replicò distrattamente.
« Allora siamo in stallo,
a quanto pare » osservò Trovato « Tre e tre. A questo punto proporrei di
dividerci e fare una gara ».
« Che tipo di gara? ».
« Il gruppo che giunge per
primo al traguardo vince ».
« Vi rendete conto che è
una gara persa in partenza, vero? » sentenziò Calem « Conosco a memoria ogni
angolo di questa foresta, mentre chi è che guiderà voi? L'amico dei Fletchling?
».
« Non perdere tempo a
chiacchierare, fratellone! » lo richiamò Shana « Muoviamoci! ». Detto ciò il
trio iniziò a correre nella direzione prescelta, scomparendo dietro le chiome
verdeggianti degli alberi poco dopo. Gli altri si incamminarono a loro volta,
con non poche incertezze su come comportarsi a ogni diramazione.
« Ehi, Serena! ».
« Sì? ».
Trovato si chinò e rimosse
gli occhiali per osservare meglio da vicino « Questo non è un filo della tua
gonna? ».
La ragazza abbassò lo
sguardo, notando che effettivamente il suo capo d'abbigliamento era sfilettato
sull'orlo « Oh, diamine, era nuova! ».
« Non è quello il punto.
Se questo filo è tuo, dobbiamo per forza essere già passati di qui ».
« Di bene in meglio!
Quindi stiamo girando in tondo? » Serena si sedette stremata « Abbiamo davvero
scelto la strada sbagliata? Visto che Novartopoli si trova a nord-ovest di Rio
Acquerello sembrava la soluzione più logica ».
« È quello che pensavo
anche io, ma apparentemente non è così ».
« Ehi, tu! » gridò
rivolgendosi a Bellocchio « Non hai nulla da dire? Se ti fosse sfuggito ci siamo
persi! ».
« Ah-ha! » esclamò
il giovane accovacciandosi di scatto mentre frugava con le mani in un mucchietto
di foglie « Lo sapevo! Un enigma nascosto! ».
Sui volti dei suoi due
compagni si dipinse un'espressione a metà tra il confuso e l'impaurito.
« Oh… No, era solo un
ramoscello. Beh, in ogni caso non avevo abbastanza monete aiuto » commentò
sconsolato « Bene, qual è la situazione attuale? ».
« Oh, grazie per
esserti finalmente interessato! Secondo Trovato siamo già passati di qua ».
« Allora proporrei che sia
Trovato a guidarci fuori. Sono troppo disattento per occuparmene personalmente.
Oltretutto sono certo che Trovato troverà
la strada… Capite? Ah, ah! Trovato… troverà… Siete il peggior pubblico che
abbia mai avuto ».
Il ragazzo annuì,
ignorando come poteva l’ultimo pezzo, e analizzò la zona in cui stavano
sostando: si trattava di una radura attorniata da spessi tronchi bruni e
impenetrabili fronde che costituivano una sorta di cupola sopra di loro. Due
sole vie: una portava avanti, l'altra indietro. Nessun indizio su quale fosse
quale.
« Partiamo dal fatto che
in ogni caso restare bloccati in questo bosco mi pare impossibile. Troppo
diretto, e basta tornare indietro per di là per uscirne. Non corriamo pericoli
».
« Questo è rassicurante »
concordò Serena.
« Quindi vi esporrò il mio
piano d'azione per vincere la sfida » riprese Trovato indicando un punto della
selva « Quello è evidentemente il centro della foresta. Ci sono più alberi e c'è
molta meno luce. Se ricordo bene là è da dove siamo arrivati, quindi Calem e gli
altri si sono addentrati verso l'interno. Noi stiamo andando più verso il bordo,
diciamo ».
« Altra buona notizia…
Credo ».
« Credi molto bene. Se
riusciamo a raggiungerlo possiamo costeggiare una via laterale e anticiparli al
traguardo! » dichiarò con entusiasmo « Ma c'è un problema: andando per di là
siamo già tornati qua. Ci serve qualcosa che ci indichi se stiamo girando in
tondo, o potremmo rimanere qui per ore ».
« Questo non è un ostacolo
» si intromise Bellocchio rizzandosi sulle gambe « Io andrò per di là, voi
resterete qui a fare il mio totem ».
« Ehi, fermo! ».
« Per favore, Serena, dopo
aver affrontato la Fiamma Cremisi vuoi che mi preoccupi una gita in un
boschetto? ».
« La Fiamma Cremisi? ».
« Lunga storia » liquidò
la ragazza « Il punto è un altro: una volta che avrai trovato la via laterale
come ci avvertirai? ».
Bellocchio si portò
pensierosamente la mano al mento « Ottima osservazione ».
Trovato frugò nel suo
zaino dalle tinte smeraldine, sfilandone un oggetto dai lineamenti fortemente
tecnologici « Prendi ».
« Oh, uno
smartphone! Che gentile, non dovevi!
».
« È un PSS ».
« PSS? ».
« Player Search System. L’espansione
Holovox consente di comunicare con gli altri. Ha memorizzati tutti i nostri
numeri, li abbiamo registrati a Rio. Anche Serena ne ha uno, potrai avvertirci
tramite quello se ti perdi o se trovi la strada ».
« Sì, ma ce l'ha
l'interfaccia touch? » Bellocchio iniziò a incamminarsi verso lo sbocco frontale
della radura « Vedi te se mi tocca pure imparare a usarlo adesso… Scommetto che
non ha neppure il 3G ».
« Avrei giurato che ci
fossero più allenatori qui, l'ultima volta. Che fine hanno fatto tutti? ».
Calem passeggiava sul
sentiero battuto con tranquillità, ignorando i richiami della sorella e di
Tierno che lo invitavano con poca eleganza a un passo più spedito.
« Su, sbrigati, Snorlax!
».
« Tu mi chiami
Snorlax, Tierno? ».
Il ragazzino abbassò la
testa mentre Shana lo sbeffeggiava in tono derisorio « Woooooo! Speeento,
proprio! ».
« Via, via, Shana, più
garbata » Calem continuava a esaminare il Bosco Novartopoli con sospetto, in
particolare l'erba alta « Nessun Pokémon ci ha ancora attaccato. Com'è
possibile? ».
« Forse hanno appena
mangiato e dormono! » suggerì Tierno.
« Ma io voglio allenare i
miei Pokémon! Fennekino non ha ancora avuto una prima lotta ufficiale! ».
« Ma certo che l'ha avuta!
Contro Serena, non ricordi? ».
« Oh, per l'ultima volta:
se io non la ricordo vuol dire che non è successa! Fennekino sicuramente
confermerà ».
« Ah, sì? Allora ti sfido
io per una lotta! Anzi, tu e tuo fratello insieme! ».
« Non scherziamo. Alleno
Pokémon da nove anni, ti schiaccerei solo guardandoti ».
« Ah, sì? E se sei così
forte com'è che ancora non hai sconfitto la Capopalestra di Fluxopoli? ».
« Piccolo impertinente…
Shana, gliel'hai detto tu? ».
« E che vergogna c'è,
fratellone? Tanto nessuno di noi ha Medaglie, sei comunque il più forte! ».
« Ma non è quello, santo
cielo, è… Grrr » Calem si fermò di colpo, protendendo l'orecchio verso la
fila di alberi che costeggiavano il tracciato.
« Cosa c'è–– ».
« Sssh ».
« Co–– ».
« Sssh ».
« Non–– ».
« Ti ho detto di stare
zitto! » ordinò sottovoce a Tierno, tappandogli la bocca con una mano «
C'è qualcuno là dietro ».
I tre tacquero con il
fiato sospeso. Calem si fece avanti a piccoli passi, passando tra due ceppi di
legno e gettando uno sguardo oltre, pronto a lanciare una Poké Ball dalla
cintura. Il cuore gli balzò in gola quando vide un uomo che si stava aggirando
di spalle lì intorno. Non riuscì a scorgerlo in faccia, ma gli balzò subito
all'occhio un cappotto marroncino che gli arrivava alle ginocchia.
Tanto bastò: solo una
persona poteva indossare un cappotto simile. Faticò un attimo a ricordarne il
nome, tanto era assurdo, ma alla fine gli uscì.
« Bellocchio? ».
« Aaaaaaaaaaah! »
gridò il giovane voltandosi con uno scatto, le braccia in posizione difensiva.
Una volta riconosciuto lo afferrò per la giacca « Non farlo mai più! ».
« Ah! Che ci fai tu
qui? » lo interrogò con fare serioso Shana « Ci spiavi, vero? Ti hanno mandato
gli altri due per metterci i bastoni tra le ruote! ».
Tierno incrociò
criticamente le braccia « Che sleali! ».
« Che? Sono qui perché ho
costeggiato la via laterale del Bosco! Ho camminato per venti minuti o forse
più, e alla fine vi ho incontrati! Non solo, è stato Calem a trovarmi! Ecco, dal
mio punto di vista siete voi che avete messo i bastoni tra le ruote. Che sleali
».
« Questa conversazione sta
sfociando nel ridicolo. Dove sono gli altri due? ».
« Non lo so. Lontani
miglia, presumo ».
In quel momento un suono
di passi rapidi sull'erba accompagnò il respiro affannoso di qualcuno che si
trovava non distante dal gruppo. Di nuovo tutti si misero in allerta, finché dal
labirinto di fogliame sbucò un volto ben noto dalla densa capigliatura rossa.
« Trovato! » Bellocchio lo
sorresse mentre questi, stremato dalla corsa, cadeva tra le sue braccia « Non è
il momento di essere romantici! Come sei arrivato qui? ».
« Cor… Correndo… ».
« Sì ma… Devi essere
partito insieme a me per avermi mancato di così poco! Perché? ».
« Sono par… partito…
cinque minuti fa… » rispose indicando una direzione perpendicolare al sentiero
seguito dal team di Calem.
L'uomo non nascose un
imbarazzo per la figura, ma al contempo non se ne curò più di tanto, come spesso
faceva « Ti sei addentrato nella foresta? Per quale ragione? ».
Trovato inspirò ed espirò
per un po', tentando di riprendere fiato, e alla fine il colore paonazzo svanì
dalla faccia « Serena… è scomparsa ».
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Capitolo 5 *** 1x05 - Veleno e fiamme ***
Untitled 1
Previously on LKNA: Bellocchio e Serena, uniti al gruppo di neo-allenatori Trovato, Tierno
e Shana, nonché a Calem fratello di quest'ultima, decidono di addentrarsi nel
Bosco Novartopoli per raggiungere la città successiva. A causa una diatriba
decidono di prendere due strade diverse per raggiungere l'uscita.
Sfortunatamente il team formato da Bellocchio, Serena e Trovato si perde nei
meandri della foresta: il primo parte in avanscoperta per ritrovare la via,
ricongiungendosi infine con l'altra comitiva. Proprio allora viene raggiunto
però da Trovato che comunica un'agghiacciante notizia: Serena è scomparsa.
« Scomparsa? »
Bellocchio cambiò completamente carattere, apparendo visibilmente preoccupato «
Come fa qualcuno a scomparire quando vi ho espressamente detto di restare
dov'eravate? ».
Le condizioni di Trovato
sembrarono migliorare, dal momento che riuscì dopo qualche tentativo issarsi
sulle sue gambe « Lo so. È quello che le ho detto, ma lei si è intestardita ».
« Specifica ».
« Eri via da un po', un
quarto d'ora, o roba simile, e lei ha deciso di provare un altro percorso,
andando in mezzo agli alberi. Io ho cercato di spiegarle che si sarebbe persa,
che era più conveniente chiamarti via Holovox, ma non mi ha dato retta. Così le
sono corso dietro, e mentre provavo a raggiungerla ho sentito un urlo ».
« Ed era scomparsa ».
« Sì. Nessuna traccia.
Sono scappato sperando di trovarvi, e grazie a Dio ce l'ho fatta ».
« Potresti portarci dove
l'hai vista l'ultima volta? » domandò Calem.
Bellocchio replicò
sentenzioso « No. Troppo rischioso, al novanta percento ci perderemmo, e anche
con un senso dell'orientamento pazzesco sprecheremmo comunque una decina di
minuti ».
« E che cosa suggerisci di
fare? ».
L'uomo aprì il cappotto e
trasse da una delle tasche interiori un congegno metallico che risplendeva alla
luce che filtrava attraverso le fronde.
« Questo è il PSS di
Trovato. L'altro ce l'ha ancora Serena, dico bene? ».
« Sì, o almeno dovrebbe ».
« Perfetto, allora direi
di chiamarla ».
« Fermo » Calem coprì con
una mano l'interfaccia « Potrebbe essere stata rapita. Che facciamo se ci
risponde quello che l’ha presa? ».
« Allora sarà lui a dover
temere noi ».
Detto ciò manovrò alcuni
pulsanti che attivarono il proiettore frontale del PSS, l'applicazione che
riproduceva in ologrammi tridimensionali quanto riprendeva la telecamera del
corrispettivo ricevente.
Ciò che si presentò agli
occhi degli osservatori era un ambiente per gran parte buio. Una solitaria,
flebile luce di un colore non precisato – l'intera proiezione era bluastra –
rischiarava la zona dall'angolo in basso a sinistra. L'unico oggetto visibile
era una specie di sacca pallida, peraltro visibile solo parzialmente, che
appariva e svaniva come se ondeggiasse. Quanto al sonoro, si udiva soltanto un
rumore statico di fondo.
« Che cos'è? »
bisbigliò Tierno « Non si vede niente ».
« Non lo so »
rispose Bellocchio, poi alzò la voce « Serena? Sei lì? ».
« Serena, siamo noi » si
aggregò Calem « Se ci sei, rispondi ».
Senza preavviso l'immagine
mutò radicalmente. Una nuova figura occupò quasi interamente l'ologramma, un
mostruoso volto d'insetto che, i bulbi oculari grandi come pietre preziose,
fissava direttamente l'obiettivo dell’Holovox e di riflesso coloro che si
trovavano da questo capo del filo.
Tutti sobbalzarono
all'unisono e Trovato, che reggeva lo strumento, lo lasciò cadere a terra
provocandone lo spegnimento. I più piccoli ne rimasero a dir poco traumatizzati,
in particolare Shana che abbracciò suo fratello nel terrore « C-cos'era
q-quello? ».
Bellocchio, dal canto suo,
aveva le pupille ancora stralunate per lo sgomento; tuttavia trovò nella sua
eccezionale fibra morale la forza di rispondere « Era un Beedrill ».
Episodio 1x05
Veleno e
fiamme
« Beedrill? » Tierno,
portavoce dei tre bambini, domandò spiegazioni « Che cos'è un Beedrill? ».
« Creature terribili »
rispose Calem « Ne ho visto uno solo in vita mia, in mano a un Pigliamosche che
in qualche modo aveva fatto evolvere il suo Kakuna. Grazie al cielo non era
selvatico, o me la sarei vista brutta ».
« Qualcuno mi spiega che
cosa sono? ».
« Quando un Weedle
accumula una certa dose di energia è in grado di evolversi, un fenomeno che nel
suo caso avviene mediante la chiusura in un bozzolo » iniziò a illustrare
Bellocchio « Quello noi lo chiamiamo Kakuna. Non può muoversi, a stento riesce
ad attaccare, quindi possono passare anche anni prima dell'evoluzione
successiva. In linea di principio un Kakuna in ambiente selvatico vive tre,
quattro settimane al massimo, quindi non ha il tempo di raggiungere lo stadio
seguente. Ogni tanto, però, qualcuno ce la fa, e lì nascono i Beedrill ».
Il giovane si prese una
breve pausa, poi continuò « L'avete visto. Sono insetti alti un metro, dotati di
tre pungiglioni da circa venti centimetri l'uno. Violenti, molto violenti, a
Sinnoh sterminano nidi di Combee per nutrirsi del miele che producono. Sono in
grado di spruzzare un veleno che… Beh, forse è meglio che voi non lo sappiate.
Siete ancora piccoli ».
« Scioglie la pelle ».
Le parole pronunciate da
Calem, che ricevette un'occhiataccia di Bellocchio, furono accolte con sussulti
di terrore dagli altri presenti.
« Avrei preferito non
dirglielo ».
« Se vogliamo salvare
Serena dovremo affrontarli. È bene che sappiano tutto ».
« Ma dov'è il problema? »
questionò Shana « Voglio dire, hai detto che sono pochi, no? Non possiamo
batterli in combattimento? ».
« Il problema è che qui
non dovrebbero essercene » chiarì Calem « Nel Bosco non ci sono mai state
segnalazioni di Beedrill. Già uno è di troppo ».
« Esattamente. Ho parlato
con un barista di Rio Acquerello che mi ha detto di averne visti due, oggi ».
« Due? » Calem
sgranò gli occhi « Come diamine è possibile? ».
« Ci sto lavorando. La mia
teoria attuale è che da qualche parte qui in giro ci sia una fonte di energia
che ha alimentato uno o più Kakuna causandone la schiusa, ma è un'ipotesi »
Bellocchio si aggiustò la cravatta « Comunque non fa differenza. Come hai detto
tu, per salvare Serena dovremo necessariamente affrontarli ».
« Sei pazzo. Uno è
fattibile, ma due iniziano a diventare problematici, visto anche che sono
l’unico in grado di battermi alla pari con loro. Ci conviene andare a
Novartopoli e chiedere aiuto lì, è decisamente più sicuro per tutti ».
« Se hanno preso Serena
c'è una ragione, Calem, e preferirei non doverti spiegare quale potrebbe essere
di fronte ai bambini. Non abbiamo tutto il tempo del mondo » si impose rigido
Bellocchio « Procediamo un passo alla volta. Serena è da qualche parte in
compagnia di uno o più Beedrill qua nel Bosco, ma dove? ».
Shana e Tierno non
distolsero lo sguardo l'una dall'altro, cercando di farsi coraggio
reciprocamente per non cadere vittima della paura; Trovato, che sfoggiava ben
più determinazione, si intromise timidamente « Scusate, ma il PSS ha un sistema
di triangolazione di posizione ».
« Ce l'ha? » domandò
spaesato Calem, recuperando l'oggetto da terra.
« Solo i modelli recenti,
di questa generazione » il ragazzo, come colto da un improvviso spirito di
comando, strappò dalle mani del fratello di Shana il proprio strumento,
sorprendendosi poi di se stesso « … Scusa. Non… Non volevo ».
Calem sbuffò, facendogli
indolentemente segno con la mano di continuare. Se la sarebbe legata al dito in
un secondo momento, ma era meglio non ostacolare le ricerche per non fare
infuriare il gruppo. Non avrebbe decisamente giocato a suo favore.
« Vediamo, se faccio così…
Ecco! Il posto è quello! » esultò indicando un puntino lampeggiante su un lato
della mappa a griglia rappresentata sullo schermo.
Bzzzzzt.
« Questo ronzio mi dà sui
nervi » sussurrò Calem « Io ora vado ».
« No. Non sappiamo quanti
siano ».
I due erano addossati a un
solido tronco dalla corteccia profondamente intagliata, parte di una corona
vegetale che circondava un'isolata radura della foresta; i più piccoli erano
rimasti poco distante per evitare rischi inutili.
« Che Pokémon vuoi usare?
».
« Charmeleon. Tipo Fuoco,
li abbrustolirà anche in venti se sono abbastanza vicini ».
« Troppo lento » decretò
Bellocchio « Avrai un solo colpo a disposizione ».
« Un colpo mi basta »
rispose confidente Calem. Quindi si spostò di lato, lanciò una Poké Ball e
ordinò l'attacco « Charmeleon, Lanciafiamme! ».
Il flusso incendiario si
diresse verso un Beedrill solitario che stava pattugliando la zona, riducendolo
a nulla più di un corpo esausto incapace di arrecare altro danno.
« Ed è uno a zero per noi!
Troppo lento, ma mi faccia il piacere » tripudiò il ragazzo, facendo cenno a
coloro che erano rimasti indietro « Su, su, venite, il campo è libero! ».
« Ssssssssh! » gli
intimò Bellocchio uscendo allo scoperto, venendo poi raggiunto dagli altri. Si
trovavano in uno spiazzo d'erba sul quale crescevano sporadici fiori dal profumo
che permeava l'aria. In alto solo il cielo tinto d'arancione alla luce del
tramonto incipiente.
« Uno solo. Molto strano
».
« Già. Dov'è Serena? » si
interrogò Calem.
« Non avrai veramente
pensato che l'avresti trovata così, vero? » l'uomo si accovacciò a terra,
scostando cespi di steli color smeraldo con le mani « Il luogo ripreso
dall'Holovox era buio. Non si trova in superficie ».
« Non in superficie? Che
vorrebbe dire? ».
In risposta Bellocchio
alzò un braccio, facendo segno a tutti di riunirsi attorno a lui, e più
precisamente attorno a quanto aveva rinvenuto: un buco largo due metri celato da
un cespuglio che lo occultava nel suo fogliame.
« Che cos'è? ».
« Quello che cercavamo.
Serena è lì sotto ».
« Lì sotto? Cioè quello è…
? ».
« Il nido dei Beedrill.
Precisamente ».
Calem trasalì « Nido?
Vuoi dire tipo… Con dei Beedrill dentro? ».
« E dei Kakuna,
probabilmente » completò Bellocchio « Un Beedrill depone in media un Uovo al
mese, ma considerando che potrebbe esserci una sorgente di energia dobbiamo
rifare i calcoli ».
« E come dovremmo fare?
Non sappiamo nemmeno che sorgente potrebbe essere! ».
« Si può ipotizzare il
caso peggiore. Diciamo che abbiano un dispositivo con una quota di produzione
vicina a una centrale elettrica, che francamente mi sembra il caso limite a meno
che nessuno si sia accorto di un reattore nucleare finito per caso nel Bosco:
circa una decina di Kakuna sarebbero divenuti Beedrill. Visto il tasso di
deposizione conseguente ci sarebbero più o meno cinque Weedle circolanti laggiù,
o più facilmente cinque Kakuna in via di evoluzione ».
« Dieci Beedrill e cinque
Kakuna. Ben fuori dalle mie possibilità » commentò Calem.
« Beh, è il caso peggiore.
Inoltre hanno lasciato fuori uno di loro a sorvegliare questo buco e non si sono
nemmeno accorti della fine che ha fatto, il che significa che sono in fase di
riproduzione ».
« Quindi? ».
« Quindi potrebbe non
essere necessario un attacco » concluse Bellocchio « Se uno di noi è abbastanza
silenzioso dovrebbe poter recuperare Serena senza che se ne rendano conto ».
« Vado io » sancì con
autorevolezza Calem « Sono l'unico che può difendersi in caso di fallimento ».
« Una dote completamente
inutile, se quei Beedrill ti sentono non uscirai vivo di lì. Andrò io ».
« Perché tu? Non
hai nessun Pokémon. Sei il meno qualificato tra tutti ».
« Perché io ho
disinfestato meno di dodici ore fa la Maison Darbois completamente disarmato ».
Quella frase ebbe il
potere di zittire persino il presuntuoso allenatore. I bambini, Trovato in cima,
rimasero sbalorditi.
« Hai qualche obiezione?
».
« I-io… ? No ».
« In tal caso » Bellocchio
si tolse il cappotto e lo lanciò per terra, in modo da non esserne intralciato
nella discesa « la cosa si fa intrigante ».
La galleria verticale
doveva proseguire a occhio e croce per un'altra decina di metri, visto che
riusciva a scorgere un bagliore azzurrognolo sul fondo. La corda che Trovato
aveva miracolosamente rinvenuto nel suo zaino continuava lentamente a scendere,
con Bellocchio aggrappato saldamente a essa.
« Ehi, tutto bene per ora?
».
« Vai tranquillo, Trovato!
».
La discesa procedette
senza intoppi per qualche altro metro, quando si arrestò improvvisamente. La
fune penzolò per un poco, poi si stabilizzò perpendicolare a terra, con
l'estremità inferiore ancora ben distante dalla meta.
« Qui si è fermata! ».
Rispose la poco
rassicurante voce del ragazzino « È finita! Riesci a saltare da lì? ».
Bellocchio non era in
grado di stimare precisamente quale fosse l'entità del balzo che avrebbe dovuto
compiere. Ma dopotutto ne aveva fatti anche di peggiori: prese un respiro
profondo e lasciò la presa, atterrando scompostamente su un terriccio lurido e
buio. Immediatamente riprese conoscenza, pensando quindi di accertarsi di non
aver causato rumore sufficiente a destare i Beedrill: dopo un rapido sguardo,
tuttavia, stabilì che era il problema minore.
« Sei ancora intero? »
domandò Trovato « Abbiamo sentito un tonfo! ».
« Fate silenzio, santo
cielo! » li ammonì « Calem, hai presente quando mi hai detto di voler andare tu?
».
« Sì… ? ».
« Accetto volentieri la
proposta ».
Un barlume turchese verso
sinistra rischiarava l'ambiente, una caverna scavata nella roccia. O almeno era
presumibile lo fosse: l'intera estensione delle pareti era coperta da quelli che
potevano essere migliaia di Kakuna appesi o incollati ai sostegni più vari.
Quella grotta era un gigantesco nido nel senso proprio del termine.
Un imminente esercito di
Beedrill.
Bellocchio ingoiò un
groppo in gola che si era formato alla tremenda scoperta. Lentamente le sue
pupille si abituarono all'oscurità, dilatandosi di conseguenza, e l'unico lume
presente divenne sufficiente per analizzare meglio la situazione: pareva di
trovarsi all'interno di un organismo ciclopico, tanta era la sensazione che si
provava che quel luogo respirasse e vivesse. Avanzò a piccoli passi, avendo cura
di non urtare alcun guscio di quelli presenti. Dopo qualche tentativo, infine,
lo vide.
Era un bozzolo o qualcosa
del genere, una sacca filamentosa biancastra che pendeva dal soffitto in un
anfratto dell'antro. Si diresse verso di essa quanto più in fretta poté,
iniziando a scavare la corazza fibrosa fino a reperire ciò che sperava: un volto
pallido ma ancora pulsante, coperto da una matassa di capelli biondi.
« Serena! ».
La ragazza scosse
leggermente il capo; dopodiché, una volta che realizzò la sua condizione, il suo
urlo di terrore fu strozzato per un pelo dalla pronta mano di Bellocchio.
« Calma, calma… Se fai
rumore li sveglierai » le bisbigliò.
« Svegliare chi? ».
« I Beedrill ».
Serena sbatté le palpebre,
come chi si risveglia da un sonno poco rinfrancante e fatica ancora a ragionare
« Che cos'è un–– ».
« Tagliando corto, Pokémon
che non vorresti mai incontrare. E attualmente siamo nel loro nido ».
« Gli altri dove sono? ».
Bellocchio rammentò il
PSS, che fino a quel momento aveva rimosso dalla mente, e lo avvistò lì di
fianco. Senza indugio lo afferrò e, prima di ogni altra cosa, tamburellò
rapidamente alcuni bottoni fino a che il display non si spense.
« Che hai fatto ora? ».
« Ho disattivato la
retroilluminazione dello schermo. L'ultima cosa di cui questi Kakuna hanno
bisogno è accorgersi che io sono qui ».
Il giovane passò poi a
impartire altri comandi di cui non riusciva a constatare gli effetti ma che,
almeno apparentemente, doveva aver memorizzato, visto che la voce di Trovato
rispose alla chiamata dall'altro capo del filo « Ehi, tutto bene? ».
« Ho trovato Serena. Credo
sia ancora viva, il che per oggi è già un successo ».
Tiepidi festeggiamenti
corrisposero in superficie a quella notizia, rapidamente placati da Trovato che
aveva ormai preso il comando del suo plotone « Ora come volete uscire? Riuscite
a saltare per prendere la corda? Altrimenti penso che Calem abbia qualche
Pokémon utile ».
« Credo che uscire non sia
esattamente in cima alle nostre priorità ».
« E cosa ci sarebbe sopra?
».
« Non farci uccidere »
replicò Bellocchio « Vuoi prima la buona o la cattiva nuova? ».
« Ma ti sembra il momento
per questi giochetti? Pretendo di parlare con Serena » proruppe Calem
incollerito.
« La buona è che non vedo
Beedrill nei paraggi. La cattiva è che, beh, di primo acchito direi che siamo
circondati da un migliaio di Kakuna in procinto di evolversi ».
Dapprima nessuno fiatò
dall'altra parte. Poi riprese la parola Trovato « Un migliaio? ».
Calem gli andò sopra,
forse veramente impaurito per la prima volta in quella giornata. Mille erano
troppi anche solo per concepirli « Non è possibile. L'energia necessaria
sarebbe–– ».
« Troppa, lo so anche io »
assentì Bellocchio « Ma ti giuro che è esattamente quello che c'è qui ».
« Beh, è difficile
capirlo, non si vede niente ».
« Dammi qua, non lo stai
orientando bene ».
« Calem, lasciamelo, per
piace–– ».
« Dammi il PSS ».
Si udì un colpo secco e un
suono di foglie smosse. D'improvviso un allarme infernale perforò le orecchie
dei due che ancora si trovavano nella caverna, iterandosi diverse volte con
intensità crescente ed echeggiando tra le mura rocciose.
« Che diamine sta
succedendo? ».
« È il segnale di
localizzazione! » esclamò Serena nel panico « Devono averlo attivato per errore!
».
« Perché qualcuno
metterebbe qualcosa del genere nel PSS? ».
« Per trovarlo se
smarrito! Hai idea di quanto costino quegli affari? ».
Il segnale si arrestò
sotto impulso di Trovato nel Bosco, ma era troppo tardi: in ciascuno dei Kakuna
nella grotta si era aperta una fenditura luminosa. Mille fiammelle bianche, come
un cielo stellato, ma pronte a scatenare un pandemonio in Terra. Un poco
rassicurante ronzio iniziò a diffondersi nell'ambiente.
« No… No, dannazione »
Bellocchio prese il PSS in una mano e Serena ancora barcollante nell'altra,
cercando una disperata, ultima fuga che però si arrestò anticipatamente al
centro della spelonca.
« Che sta succedendo? ».
« Si stanno evolvendo ».
« Cosa? »
esclamarono all'unisono i quattro in superficie, lasciando poi parlare Calem «
Mando giù Charmeleon! ».
« No, è inutile. Volevo
arrivare alla corda, ma l'uscita è intasata ».
Serena trasalì « Che vuol
dire? ».
« Vuol dire che siamo al
capolinea. Non possiamo andarcene di qua » l'uomo si volse verso la ragazza
vicino, il cui respiro iniziava a farsi affannoso « Mi spiace di non essere
riuscito a salvarti ».
Un pezzo di corazza
giallognola rotolò ai piedi dei due. Poi un altro, e un altro ancora. Le prime
minacciose silhouette dei Beedrill si erano dispose in cerchio intorno a loro,
sbarrando ogni via di ripiegamento. Erano pronti all’assalto finale.
D'un tratto una lingua
luminosa brillò attraverso l’ammasso di insetti che si erano accalcati in
prossimità del tunnel verticale, irradiando un fulgore rosseggiante nell'antro.
La temperatura parve incrementarsi, quasi qualcuno avesse acceso una stufa.
Un attacco di tipo Fuoco.
« Ehi! Avevo detto di non
mandare Charmeleon qua! Ora saremo in tre a morire! » sbraitò Bellocchio con
inusuale ira al microfono.
« Ma veramente… Nessuno di
noi ha mandato nulla ».
Il giovane strabuzzò gli
occhi e alzò il capo incrociando le fiamme che infuriavano all'entrata. Non
poteva non trattarsi di una tecnica di un Pokémon, era impossibile.
« Non è un Charmeleon »
acclarò Serena scostando le ciocche di capelli dal volto per esserne ancor più
sicura « È un Fletchling ».
I loro sguardi osservarono
allibiti il piccolo pettirosso che si stava facendo strada tra i fatali aculei
dei Beedrill con agilità innata, abbrustolendo con vampe di fuoco ogni nemico
che gli si parava di fronte. Il suo agile corpicino scansava ogni offensiva
degli spuntoni acuminati, dominandoli con sorprendente abilità.
« È troppo veloce… Non
riescono a prenderlo ».
Serena si gettò a
capofitto sul PSS, gridando a squarciagola ai suoi amici «
Mandate giù Charmeleon, subito! E tutti i vostri Pokémon di Fuoco!
».
In poco più d'un batter di
ciglia nuove fiammate accompagnarono quelle scagliate da Fletchling e nel nido
esplose un incendio incandescente che bruciò ogni rimasuglio dei loro
assalitori. I due ragazzi si misero in salvo per il rotto della cuffia,
afferrando con sforzi congiunti il lembo penzolante della fune per essere
trascinati in cima, giusto pochi momenti prima che il fuoco raggiungesse anche
quell'angolo per condannare tutti gli infausti Beedrill rimasti sottoterra al
loro altrettanto infausto destino.
Dicono che la natura si
riprenda sempre ciò che è suo. Quella volta, senz’altro, era stato il Bosco a
distruggere il suo parassita.
Bellocchio e Serena
stavano camminando fianco a fianco su quello che, finalmente ne erano certi, era
l'ultimo sentiero che avrebbero percorso del Bosco Novartopoli. Gli altri si
erano affrettati per concludere quella tappa del loro viaggio, ma loro due si
erano attardati perché lui aveva voluto attendere che il tramonto si
concludesse, mentre consultava affaccendato un taccuino in pelle nera. Lei gli
aveva chiesto di leggerlo, racimolando come al solito una delle sue repliche
sibilline.
E dunque eccoli lì, ai
confini di quella foresta dove almeno uno di loro aveva vissuto, al momento,
l'avventura della sua vita. Al buio, soli.
Soli?
« Fletchliiii~! ».
Serena si voltò per prima,
gettando uno sguardo al cammino appena battuto: sopra di esso stazionava ora un
piccolo uccellino ben noto ormai alla coppia più che a chiunque altro.
« Credo che qualcuno
voglia vederti » commentò divertita.
Al secondo verso del
Pokémon corrispose anche la reazione di Bellocchio, che notatolo si accovacciò
di fronte a lui con un sorriso « Guarda chi si vede! La mia salvatrice! ».
Giocosamente le tese la
mano, e con sua meraviglia la creatura rispose facendosi stringere la zampetta «
Fletchling! ».
« Credo che voglia venire
con te ».
« So tutto sull'argomento,
per piacere, ho letto quel libro » replicò con finto sdegno il giovane,
procedendo poi a recitare quella che secondo lui doveva essere, per così dire,
l'etichetta « Signorina Fletchling, le andrebbe di divenire nostra amica e
unirsi a noi in questa entusiasmante avventura a Kalos? ».
La reazione del pettirosso
a questa iterazione della domanda fu priva di adito a dubbi e affermativa.
Bellocchio passò al setaccio le tasche, estraendo una delle due Poké Ball
ricevute da Calem quel giorno; lì però Fletchling arretrò leggermente.
In principio i due
pensarono che non volesse soggiornare nella sfera. Non era quella la ragione:
aveva semplicemente qualcosa da fare prima. Sotto gli occhi circospetti della
coppia, l'uccello fece rotolare una scintillante biglia bluastra fino ai piedi
di Bellocchio, che ne rimase a dir poco interdetto.
« Che cos'è? ».
L'uomo lo squadrò per un
istante, un singolo istante: tanto bastò perché comprendesse. Si chinò con un
guizzo, incitando Serena a fare lo stesso, e si rigirò tra le mani l'oggetto. Si
trattava di un frammento celeste che scatenava un carnevale di giochi di luce e,
cosa più interessante, ne produceva di propria.
« È uguale alla tua ».
La ragazza non riuscì a
interpretare il senso di quelle parole « La mia cosa? ».
« La pietra che ho
ricevuto insieme a Karen ».
« Quella? Ma… non brilla
da sé ».
Bellocchio la fissò negli
occhi « Tirala fuori ».
Lei ottemperò alla
richiesta, denotando che in effetti la gemma rotonda aveva iniziato a produrre
un vivido barlume rosato che rischiarava il paesaggio.
« Si illumina al buio ».
« Cioè è fosforescente? ».
« No, no. La luce è sua,
ma la crea solo… al buio » Bellocchio la esaminò con ancor maggiore
meticolosità, come assorbendone egli stesso la reale natura.
« Illumina meno della mia
» gli fece notare Serena.
« È solo un pezzo, una
briciola di quella originale. Ma al completo sarebbe esattamente come la tua, ne
sono certo ».
Bellocchio si alzò in
piedi, sempre con l'artefatto tra le mani, e con la Poké Ball che prima aveva
estratto catturò, anche se sarebbe più corretto il termine accolse,
Fletchling. La sua concentrazione, tuttavia, era ancora su altro « Però ancora
non capisco ».
« Che intendi? » domandò
Serena.
« Questa era dentro al
nido dei Beedrill. È stata lei a emanare l'energia che ha permesso loro di
evolversi e deporre, un'energia inimmaginabilmente più forte di qualsiasi cosa
che abbia mai visto in vita mia. Sono arsi vivi pur di difenderla ».
L'uomo strinse il pugno
con un'inquietudine maggiore di quanta ne avesse mostrata fino ad allora,
persino quando era prossimo alla morte. Perché lì, almeno, aveva l’intera
situazione ben chiara. Ma quella pietra non aveva il minimo senso. Perché lei?
Da dove veniva? Come poteva irradiare una simile energia?
E soprattutto
perché i Beedrill l’avevano protetta
fino alla morte?
Calem, Trovato, Shana e
Tierno avanzavano verso una folla accalcata al confine di Novartopoli. La
cittadina era inusualmente illuminata per il suo scarso numero di abitanti, e
pareva immersa in uno stato di fibrillazione incontenibile.
« Che succede? ».
« Non lo so » replicò il
più grande del gruppo « ma lo scoprirò ». Si diresse quindi verso uno di coloro
che dovevano essere gli addetti ai lavori, nonché i responsabili di
quell'inedito ingorgo. Quest'ultimo, vestito in uniforme color indaco e
attorniato da una ventina di cronisti che brandivano videocamere e microfoni, lo
bloccò all'ingresso con fare autoritario.
« Io e i miei amici
vorremmo entrare nella città ».
« Solo chi dispone di un
legittimo documento d'identità riconosciuto dall'Amministrazione di Kalos ha
diritto d'accesso ».
« Si dà il caso che ne sia
in possesso » replicò gelido Calem esponendo un tesserino provvisto di
fotografia e dati anagrafici. La guardia esaminò l'attestato, annuendo con una
smorfia.
« Anche i suoi amici
devono mostrarlo ».
« Lo faranno. Ma prima
deve dirmi la ragione ».
« Stiamo tenendo sotto
controllo chi entra ed esce da Novartopoli ».
« Perché? ».
L'agente si guardò
attorno, facendo attenzione a dire solo ciò che i giornalisti già sapevano « Il
fuggitivo di Luminopoli si trova qui ».
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Capitolo 6 *** 1x06 - L.K. Noire ***
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« Ehi, cos'è quella folla laggiù? Non mi avevi detto
che Novartopoli fosse così popolata ».
« Non lo è, infatti ».
L'uomo accelerò il passo, dirigendosi risoluto verso
il cuore dello sciame di persone; venne però trattenuto per un braccio appena
prima di raggiungere l'obiettivo.
« Inutile che vai, mi sono già informato ».
« Calem! » esclamò Serena raggiungendo i due e i
ragazzini che si erano loro aggregati. Solo a quel punto Bellocchio riconobbe
colui con cui aveva trascorso buona parte della giornata.
« Ah, il bimbolin ».
« Cos'è un bimbolin, ora? ».
« Sei tu » tagliò corto « Allora, che novità? ».
Calem li trasse fuori dall'assembramento,
conducendoli in uno spiazzo più tranquillo e privo del caos urbano che poco
aveva a che fare con il pauperistico villaggio che tutti, eccettuato Bellocchio
naturalmente, conoscevano.
« Sono giornalisti. Per la maggior parte, se non
altro ».
« Giornalisti a Novartopoli? Per che cosa? ».
« Non ne ho idea. Parlavano di un fuggitivo, o roba
simile ».
Serena e Bellocchio si scambiarono un'occhiata
preoccupata, rammentando quanto era avvenuto a Rio Acquerello parallelamente
allo scontro con Shana.
« Sapete qualcosa? » li interrogò Calem.
« A Rio abbiamo trovato un avviso sulla bacheca che
parlava di un ricercato per… rapimento, dico bene? ».
Bellocchio annuì « Sono andato al municipio per avere
qualche informazione, ma sembravano, come dire, restii a parlarne. Uno
del luogo mi ha detto che era scappato dal Carcere di Luminopoli ».
« Quel Carcere di Luminopoli? ».
« Ti sembro uno che ne sa qualcosa? Entriamo e
scopriamolo, no? ».
Calem non lo diede a vedere, ma gongolava
interiormente per la notizia che stava per comunicare. Avrebbe messo fuori gioco
quel presuntuoso estraneo per parecchio, e non avrebbe potuto desiderare di
meglio.
« Beh, vedi, c'è un problema: tu non puoi entrare ».
Episodio 1x06
L.K. Noire
Novartopoli, almeno all'interno delle benevole mura
cittadine, era rimasta il tradizionale paesello che tutti si erano attesi di
trovare fin dal primo istante: grilli notturni, silenzio etereo e ombre
rinfrescanti proiettate dai pini seminati lungo le vie principali, anche se in
effetti l'unica fonte di illuminazione, eccezion fatta per una pallida falce di
luna stagliata nel cielo, era fornita dai rarefatti lampioni sparsi qua e là
senza impegno, come se nessuno li avesse veramente desiderati.
Bellocchio, in quanto non in possesso di un valido
documento d'identità, era dovuto rimanere fuori dalla contrada, sotto lo sguardo
compiaciuto di Calem e quello irritato di Serena. Comunque aveva assicurato che,
in un modo o nell'altro, sarebbe riuscito a entrare; e se lo diceva lui c'era da
starne certi.
Accompagnati da Shana, Trovato e Tierno, che si erano
categoricamente rifiutati di rientrare a Borgo Bozzetto – erano in un'avventura
anche loro, dopotutto –, avevano dunque deciso di trascorrere la notte nel
locale Centro Pokémon, una rustica struttura poco distante dall'ingresso
meridionale della città. Il suo piano superiore, quantunque piccolo, era
comunque in grado di accoglierli tutti – seppur per un pelo, dal momento che su
sette posti letto disponibili ne erano stati occupati solo due.
« Beh, a quanto pare è una fortuna che il Dottor
Cravatta sia rimasto fuori da questa storia. Avrebbe dovuto dormire
all'addiaccio. Pensa cosa gli abbiamo risparmiato » commentò divertito Calem.
Serena fu per assestargli uno dei suoi schiaffi, ma
strinse i pugni e si contenne. Ringraziò cordialmente l'infermiera e si recò
alle scale mobili, attendendo pazientemente che il mezzo di trasporto facesse il
suo corso.
La stanza adibita al loro soggiorno temporaneo era
ampia e fredda, illuminata solamente da una lampada al neon sul soffitto: le
pareti erano di un anonimo grigino salvo per una solitaria finestra su un lato
nonché per un angolo dove, in corrispondenza dell'unico calorifero presente,
esse si erano annerite.
I letti erano, come relativamente da programma, sette
brande malmesse addobbate con pesanti coperte color topo: due di esse ospitavano
già effetti personali altrui, le altre erano libere. Tutti meno Calem, essendo
per nulla avvezzi a una simile confusione nelle proprie camere, ne rimasero
sconvolti: anche quest'ultimo, tuttavia, non aveva mai assistito a un tale
degrado nei comunemente molto puliti Centri Pokémon, non avendo per giunta mai
pernottato a Novartopoli.
Un suono di acqua corrente attirò la loro attenzione,
convogliando i loro sguardi verso una porta che non avevano notato prima, il
bagno. Una volta tornato il silenzio proprio questa si aprì cigolante e una
figura ben nota ai presenti, che però mai si sarebbero aspettati di incontrarla
lì, ne uscì. Serena, la più perplessa di tutti, arrossì per l'imbarazzo.
« M-mamma? ».
La donna, vestita in abiti mondani e inusuali per il
suo classico stile sportivo, realizzò con un secondo di ritardo la presenza di
sua figlia e dei suoi amici.
« Oh, tesoro! Che ci fai qui? Oh, e chi c'è
con te… Shana, Trovato e Tierno! » soggiunse.
« Cosa ci faccio io qui? » domandò spaesata
Serena « Cosa ci fai tu qui! Non mi hai nemmeno avvertita che te ne
saresti andata da Borgo Bozzetto! ».
« Signora Williams, come mai a Novartopoli? Non ci
sono gare di Rhyhorn qua, no? » intervenne Tierno con poco conscia diplomazia.
« Oh, mi piaceva la città… E poi con quel fuggitivo
in giro, non volevo che rischiaste di rimanere da soli qui! Dunque, che cosa
vogliamo fare per prima cosa? Se non sbaglio domani è giorno di mercato, anche
se non so se ci sarà ancora, con tutto quello che sta succedendo… ».
Calem si fece avanti, essendo l'unico a non essere
stato salutato nel primo giro « Buonasera, signora ».
« Buonasera anche a te, bimbolin ».
La comitiva sgranò gli occhi all'unisono. Con un
guizzo felino la donna afferrò un mantello scuro e se lo calò addosso fino a
esserne completamente ricoperta; quindi, trascorsi alcuni istanti, lo lanciò in
aria per rivelare ben diverse sembianze.
« T-tu? ».
« Non fare quella faccia sorpresa, su » lo schernì
Bellocchio « Ah, per la cronaca Dottor Cravatta non è nemmeno male, come nome.
Se ti chiedessi come l'ho sentito, le voci rimbombano un po' tra queste mura ».
Serena non sapeva bene come sentirsi: da un lato era
sollevata per il fatto che non si trattasse realmente di sua madre, dall'altro
l'idea che il suo amico ne avesse assunto le sembianze la inquietava non poco.
Optò per un generico stato di disorientamento « Come hai fatto a cambiarti così
in fretta? ».
« Regola numero uno, niente domande stupide! Molto
bene, il letto vicino alla finestra è mio» soggiunse con eccitazione l'uomo,
atterrando con un balzo su una delle brande « Posto perfetto per un fuggitivo,
non vi pare? Novartopoli… La chiamano la città dei black-out, perché
spesso manca l'elettricità e si resta tutti al buio. Uno direbbe che i criminali
se le pensino queste cose, anziché trovarsele già pronte ».
« Chi ti ha detto tutto ciò? » lo interrogò Serena
mentre, scelto il giaciglio accanto a quello di Bellocchio, vi deponeva il
contenuto della sua borsa.
« La gente sembra essere molto più propensa a
fornirti informazioni quando sei un'avvenente signora… Anche questa non l'ho mai
capita ».
« Già, già, com'è poi la storia di mia madre? Cioè,
ti sei travestito per entrare, ma non potevi avere anche la sua carta
d'identità… vero? ».
« Non ho avuto il tempo di falsificarla, ammetto di
essere stato colto un po' alla provvista » spiegò lui mentre dispiegava alcuni
dépliant esplicativi recuperati chissà quando e dove « Però ho pensato che come
Bellocchio sarei stato più sospetto che come mamma-di-Serena. Ora! Dove
potrò trovare a quest'ora una TV con il digitale terrestre? Non posso rischiare
di perdermi Breaking Bad proprio ora che Elliott e Gretchen–– ».
La porta principale della camera si aprì nuovamente,
catalizzando ancora l'attenzione di tutti. Questa volta entrò una ragazza di più
o meno sedici anni dai lunghi capelli rossi e ricci agghindati in una coda e
abbigliata con quella che a tutti gli effetti pareva un’uniforme scolastica
canonica, completa di giacchetta grigia abbottonata e minigonna scozzese
abbinata. Si trovò di fronte tre ragazzini, due che potevano essere suoi
coetanei e un ventisettenne in completo; eppure la sua reazione, con un sorriso
stampato in volto, fu la più comune possibile.
« Oh, coinquilini! ».
Seguì un silenzio surreale. Nessuno aveva il coraggio
di fiatare, temendo che la sua frase cadesse nel vuoto e accrescesse il disagio.
Poi Shana si comportò com'era abituata a fare e corse incontro alla nuova
arrivata « Ciao! Come ti chiami? ».
« Io… Ada. Voi? ».
« Ah, Ada. Bel nome ».
« Lascia stare, lo dice a tutti ».
« No, per una volta concordo con il Dottor Cravatta »
intervenne Calem « È un bel nome. Familiare ed esotico ».
« Sì, abbiamo capito » strinse Serena.
« Io mi chiamo Shana! Loro sono Tierno, Trovato, mio
fratello Calem, Serena e… ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio? » domandò con un risolino Ada « Sarebbe
un nome? ».
« A essere precisi è uno pseudonimo » puntualizzò il
portatore « Se preferisci puoi chiamarmi Dottor Cravatta, però per par condicio
il ragazzo laggiù diventa Bimbolin ».
« Sentimi bene, tu–– ».
« Oh, ignorali » la consigliò Serena avvicinandosi a
lei che, nel frattempo, si era riappropriata della sua branda, esattamente di
fronte a quella della ragazza, e aveva iniziato a mettere ordine « Noi siamo
allenatori in viaggio. Tu come mai sei qui? ».
« Oh, studio al Liceo per Allenatori ».
« Scusa, sarebbe… Il Liceo per Allenatori di
Novartopoli, giusto? Mia madre voleva mandarmi lì visto che non riuscivo ad
avere il mio primo Pokémon ».
« Proprio quello. Dovreste avere incrociato il campus
arrivando qua ».
« C'era folla, a dire il vero, quindi non abbiamo
visto molto della città ».
« Ah, io l'ho notato mentre mi intrufolavo dall'altra
parte » si inframmise Bellocchio, che aveva ancora il capo immerso nelle carte
raccattate lungo la via « Molto barocco. Come mai non dormi là? ».
« L'anno scorso uno di Chimica Sanitaria ha fatto
saltare in aria la sua camera mentre cercava di sintetizzare un Revitalizzante
Max. Indovina a chi è toccato alloggiare nel Centro per mancanza di fondi per le
riparazioni? ».
« Ah, che fortuna! ».
« Ma là che siete tutti dei cervelloni » l'ingerenza
era questa volta di Calem « sapete mica perché questo posto fa così schifo? ».
« Credo che i sovvenzionamenti del paese siano stati
dirottati tutti al Liceo, peraltro con scarso successo. Non avranno soldi per
pagare una donna delle pulizie ».
« Io sarei potuto essere una donna delle pulizie.
Sarei stato la Regina delle Pulizie. O Colei Che Ha Pulito. Pensa che vita »
parlottò tra sé e sé Bellocchio « Che mi dici dei black-out, invece? ».
« I black-out? ».
« Controllavo un opuscolo della Centrale del Percorso
13 che dettaglia la produzione di energia geotermica e la distribuzione a Kalos.
Secondo i miei calcoli a Novartopoli viene convogliata grossomodo due volte
l'energia necessaria per il suo fabbisogno ».
« Quale razza di opuscolo ti di–– ».
« E ciononostante » riprese l'uomo ignorando le
proteste di Serena « ogni tanto parte la tensione. Come ve lo spiegate al Liceo?
».
Ada rimase inebetita e per un attimo non rispose.
« Nessuno si è mai fatto questa domanda prima ».
Bellocchio alzò il braccio e consultò l'orologio da
polso attraverso la luce lunare che filtrava attraverso il vetro a parete:
undici e ventitré. I suoi compagni di stanza dormivano profondamente. Avendo
cura di non produrre alcun rumore molesto si alzò dal letto e recuperò il suo
fido cappotto marrone da un appendiabiti a parete in un angolo. Quindi aprì con
delicatezza i battenti della finestra, assaporando la frescura notturna della
primavera che lo investiva, il profumo identico a quello che si percepiva a
Sinnoh.
« Che stai andando a fare? ».
Il giovane si voltò: era stata Serena a parlare, in
uno stato di dormiveglia poco chiaro. Forse non era nemmeno lucida. La osservò
per un po', pensieroso.
« Vado a fare chiarezza su un paio di cose » le
sussurrò prima di spiccare un volo attraverso la fessura nel muro che lo vide
atterrare sul terriccio sottostante, nell'aiola che contornava il Centro
Pokémon.
Era una notte silenziosa in cui l'unico vociare
proveniva dai confini di Novartopoli, dove ancora la polizia sorvegliava
l'ingresso. Sorprendentemente non si notavano molte pattuglie nelle ore serali,
forse perché vista la scarsa illuminazione provvista dai lampioni era una causa
persa.
Bellocchio fu dunque in grado di incamminarsi con
decisione verso una meta che aveva individuato non molto tempo prima, mentre
eludeva i controlli di frontiera del paesello. Imboccò un paio di svolte,
passando di fianco ai vari dipartimenti universitari, finché non avvistò una
bettola dalle luci ancora accese, proprio come aveva sperato.
Alla
Jynx Nera, il suo nome.
Si avvicinò circospetto alla porta, un'asse di legno
che aveva visto certamente tempi migliori. Si assicurò rapidamente che non vi
fossero esponenti delle forze dell'ordine nei paraggi, quindi entrò attraverso
l'uscio stridulo.
L'interno era soffusamente illuminato da un paio di
gialle lampade ballerine, con alcuni uomini addormentati sui tavoli in abete o,
al più, intenti a consumare con calma il loro ultimo bicchiere di whiskey.
L'atmosfera era riscaldata da un duetto, sassofono e pianoforte, affaccendato
nell'esecuzione di un pezzo cool jazz.
Bellocchio si avvicinò al bancone, dove uno stanco
barista di mezza età stava sfregando uno straccio nella conca di un boccale
cristallino. Non somigliava molto a Gant: tanto per cominciare non stava
parlando.
« Buonasera ».
« 'sera » lo salutò stancamente « La spina di bionda
è rotta, quindi non la chieda ».
« A dire il vero non sono qui per bere ».
« Allora ti suggerisco di cercarti un'altra taverna
».
Bellocchio infilò la mano nella tasca esterna del
cappotto, estraendone il frammento blu che Fletchling gli aveva consegnato
quello stesso giorno.
« Sto cercando qualcuno che mi sappia dire il valore
di questa pietra. L'ho fregata a uno svitato a Rio, sembrava tenerci parecchio
».
L'oste mise da parte un attimo il suo gotto ed
esaminò la piccola gemma « Non ti darò un centesimo per questa roba ».
« Non mi interessa il tuo parere. Conosci qualcuno
che sappia farmi una perizia? ».
Quello ci pensò un po' su « Beh, sembra un lavoro per
Saul ».
I musicisti, frattanto, avevano cambiato melodia: il
più giovane aveva abbandonato il sassofono in favore di una chitarra acustica, e
ora il brano eseguito era più frivolo.
« Chi è questo Saul? ».
« Un esperto di pietre preziose e robe così. Non l'ho
mai incontrato, però ho sentito di alcuni e sembra bravo. Se quella cosa è buona
può anche darsi che te la compri ».
« E dove posso trovarlo? ».
Il taverniere si allontanò per un minuto,
ripresentandosi poi con un pezzo di carta con sopra scritto a calligrafia
sommaria una via e un numero civico. Bellocchio lo inquisì con meticolosità, per
poi rigettarglielo in faccia innervosito.
« Non prendermi in giro. Questo indirizzo non esiste,
Novartopoli è troppo piccola perché tu possa fregarmi ».
« Sei nuovo di qui, vero? » ghignò il barista.
« Sono arrivato oggi ».
« Vedi, io potrei anche dirti dove trovare questo
indirizzo. Ma se tu fossi uno sbirro non ne uscirei tanto bene, e la gente come
Saul sa essere pericolosa ».
« Io non sono uno sbirro ».
« E come faccio a saperlo? ».
« Perché se lo fossi adesso tu mi staresti già
portando da questo Saul scortato da quattro dei miei ».
L'uomo non rispose. Facendogli segno con la mano lo
invitò nel retrobottega, dove lo condusse fino a un quadro che ritraeva quello
che pareva un albero genealogico dalle migliaia di membri: qui sfiorò con
l'indice il ramo di uno dei suoi antenati – o che presumibilmente erano i suoi –
e proseguì il suo cammino fino a un piccolo ripostiglio alla fine di un breve
andito. All'interno di esso, nel mezzo dello stanzino, si era aperta una botola
rivelando una scaletta mezza arrugginita.
L'oste sospinse Bellocchio con una pacca sulla
schiena « Rimarrà aperta per venti secondi ancora. Muoviti, e quando devi
risalire batti tre colpi ».
« Dove porta? ».
« Quindici secondi ».
Il giovane afferrò l'antifona e iniziò a scendere i
pioli, cercando ove possibile di non tagliarsi per scansare crisi tetaniche.
L'apertura si richiuse con un tonfo sopra di lui, immergendolo nel buio, ma
continuò a calarsi giù fino a raggiungere un pavimento in cemento.
Lo percorse con cautela, temendo un agguato o
qualcosa di simile. Al suo termine, invece stava una delle opere più inquietanti
che avesse mai visto. Uno solo era il termine possibile per definirla: una città
sotterranea.
In realtà era più un quartiere viste le dimensioni,
ma per il resto era terribilmente fedele: il soffitto della struttura era consto
di un'orchestra di lanterne arancioni su un fondo color castagna, mentre gli
isolati veri e propri erano rischiarati da un'infinità di lampioni. I black-out
avevano una spiegazione, e lui l'aveva appena trovata.
Si avviò verso un incrocio laterale di vie, di modo
da entrare nella ragnatela stradale che stava contemplando. Un cartello appena
prima di esso portava inciso a grandi lettere:
IL NIDO
Bellocchio consultò il foglio fornitogli dal
taverniere, constatando che l'indirizzo ivi scritto combaciava con uno dei
vicoli che si dipartivano da lì. Seguì dunque le indicazioni fino a un'altra
osteria, questa volta più piccola e silenziosa di quella in superficie, ma anche
meglio curata – del resto probabilmente vi bazzicavano meno persone.
All'interno vi erano solo tre persone: due di esse
erano accasciate sui rispettivi ripiani rotondi, in una condizione a metà tra il
sonno e il coma etilico; il terzo, in giacca e cravatta e dall'aria distinta,
leggeva tacitamente un quotidiano. Bellocchio gli si sedette di fronte, al che
l'uomo abbassò il giornale a rivelare un volto distinto in qualche modo rovinato
da un unticcio riporto di capelli sulla testa.
« Lei è Saul? ».
« Così mi chiamano » rispose lui con un sorriso che
di allegro non aveva assolutamente nulla. Pareva un individuo dal timbro
imprenditoriale, una sorta di professionista del mestiere. L’enigmatico
frammento fosforescente ruzzolò sul tavolo, pronto per l’esame.
« Mi hanno detto che è un esperto di pietre. Volevo
sottoporle questa ».
« Mineralista, prego » Saul lo prese e se lo rigirò
tra le dita, annuendo e stringendo le palpebre di tanto in tanto « Dove l'ha
trovato? ».
Bellocchio comprese che mentire non sarebbe stato di
alcuna utilità « L'ho rinvenuto nel Bosco Novartopoli, a sud di qua. Ha fatto
impazzire dei Beedrill ».
« Non me ne sorprendo. Prima di comunicarle il mio
responso, tuttavia, devo avvertirla che i miei servigi sono tutt'altro che a
buon mercato ».
« L'uomo che finge di dormire lì all'angolo è un mio
sottoposto. Ha lui i soldi necessari, la pagherà quando sarò uscito ».
« Gradirei che me li consegnasse personalmente ».
« Sono un uomo di una certa levatura » replicò
Bellocchio glaciale « Preferirei che nessuno mi vedesse consegnare mezzo milione
in contanti a qualcuno qua sotto ».
Udita la cifra Saul si leccò le labbra e si ammansì «
Molto bene. Credo già sappia che questa pietra non è integra. È una briciola,
credo un quarto di quella originale ».
« Ho avuto modo di appurarlo ».
« Ho già avuto a che fare con questo materiale prima
d'ora. La funzione di questi reperti non mi è propriamente chiara, ma so per
certo che hanno a che fare con la Meridiana ».
« La Meridiana? ».
« Lei non è di Kalos, dunque » dedusse Saul facendo
scivolare la pietruzza sul ripiano di legno « Questo spiega perché non l'abbia
mai vista prima. Deve sapere che a Fluxopoli, a nordest di qui, c'è un
gigantesco orologio solare in cristallo giunto su questa Terra in modi ignoti.
Nessuno ha documenti che ne attestino la costruzione, e i popoli antichi la
chiamavano gigim xul, “colei che è
venuta” ».
Bellocchio rimase esterrefatto. Non tanto per il
concetto della Meridiana, che da dove veniva lui sarebbe stata in buona
compagnia; quanto per il fatto che tale concetto non gli era nuovo, come se da
qualche parte nel suo subconscio ne avesse già sentito parlare, o addirittura
avesse già visto una cosa simile.
« E che cosa c'entra questo con il frammento? ».
« Ho avuto in via eccezionale la possibilità di
entrare in possesso di una scheggia della Meridiana, e la sua composizione
mineralogica è del tutto affine a quella delle pietre di cui la sua fa parte ».
« E per quanto riguarda il fatto che si trovasse nel
Bosco Novartopoli? ».
Saul si appoggiò allo schienale e prese a
giocherellare con il suo giornale come fosse un antistress.
« Le dirò, in tutta franchezza non ne ho la minima
idea. Il reticolo di questi minerali è estremamente compatto, mi sorprendo
persino che si possa rompere. D'altronde » soggiunse con un ammicco « non è
l'unica cosa strana che è successa in questi giorni ».
A quelle parole Bellocchio si drizzò sulla sedia e
appoggiò i gomiti sul tavolo. Era troppo sveglio per non cogliere un riferimento
tanto ovvio « Parla del Fuggitivo? ».
« Questa è una sua supposizione ».
« Le mie supposizioni raramente si rivelano errate.
Che cosa sa lei del Fuggitivo? ».
« Che cosa sa lei? » replicò con astuzia Saul.
Il giovane incrociò le braccia, avvicinando al
contempo la mano destra alla sfera di Fletchling senza dare nell'occhio « So che
è evaso dal Carcere di Luminopoli. Ma a giudicare da come ne parla direi che lei
ne sa parecchio più di me, e non me lo vuol dire. Teme anche lei che sia un
agente in borghese, vero? ».
« Al contrario. È proprio perché so che lei non è dei
loro che non posso dirle nulla ».
Quella frase enigmatica risuonò nella mente di
Bellocchio come un puzzle arrogante che ostenta la sua insolubilità. Non aveva
il minimo senso, non detta da un criminale che trascorreva le notti nel Nido.
« Che vuole dire? Cosa sanno le forze dell'ordine? ».
« Più di quanto sappia io, forse ».
« Se le sa lei, non vedo perché non potrei saperle io
».
« Non è esatto. Vede, punto primo io so essere
estremamente discreto, e difficilmente mi avventurerei in un tentativo di
sostituire le autorità » rispose Saul « Ma ha ragione, io potrei dirle tutto
quello che so e nessuno mi torcerebbe un capello ».
« E allora il problema qual è? ».
« Che ci sarebbero delle… » l'uomo fece una pausa,
come se stesse ricercando la locuzione più appropriata « … reazioni
collaterali, ecco. Conseguenze su scale che non voglio accollarmi ».
Bellocchio si alzò in piedi, e altrettanto fece colui
che gli stava di fronte. Si scrutarono inflessibilmente per un minuto o forse
più, scandagliandosi l'un l'altro con accuratezza incomparabile.
« Mettiamo le cose in chiaro, Saul. Io avrò quelle
informazioni, con le buone o con le cattive ».
« Giusto perché non faccia sciocchezze, sappia che
sono armato ».
« Davvero? Io sono un allenatore ».
Lo sguardo di Saul fu attraversato da un fulmine di
incertezza, come se gli fosse ceduto il terreno sotto ai piedi. Poi scattò con
un balzo verso l'uscita della bettola, venendo prontamente inseguito da
Bellocchio.
I due percorsero una lunga venatura del Nido, a
quell'ora completamente deserto. La caccia si protrasse sottoterra per un paio
di minuti, il tempo di aggirare il perimetro del nascondiglio e trovarsi al
confine opposto rispetto alla scaletta arrugginita. A un certo punto Saul,
conscio di non essere in grado di superare in velocità il suo mastino personale,
imboccò uno svincolo che conduceva a un'alta gradinata a spirale.
La caccia proseguì dunque lungo l'impalcatura
verticale, al termine della quale una porticina conduceva in un lungo tubo
maleodorante in cui fluiva un fiume di liquame verdognolo: le fogne di
Novartopoli. Saul fuggì lottando contro il fiatone fino a un'ulteriore scala a
pioli, che questa volta attraversava un tombino per dare di nuovo su uno dei
viali di Novartopoli.
Una volta fuori prese un respiro profondo e sferrò un
calcio al coperchio per chiudere il passaggio, sfoderando poi una Desert Eagle
dalla tasca interna della giacca e puntandola contro di esso. A quel punto, dito
sul grilletto, la tenne pronta aspettando che il suo avversario commettesse
l'ultimo errore della sua vita.
« Fletchliiiii~! ».
Un colpo secco accompagnò una fitta alle mani e un
tonfo a terra della sua pistola. Con la coda dell'occhio scorse il volo
acrobatico del Fletchling che lo aveva disarmato; contemporaneamente il tappo
metallico saltò e l'inseguitore balzò fuori atterrandolo con uno sprazzo.
« Bravissima, Nephtys! » si congratulò Bellocchio «
Allora, Saul, ti sei deciso a parlare? ».
« Tu non hai idea! » gli sbraitò addosso « Se te lo
dico–– ».
« Non mi interessa ».
« Io… Io so solo… Dove… ».
« Che cosa? Parla! ».
« … dove si
nasconde! ».
I due rimasero per un istante a guardarsi, mentre
Bellocchio pareva intento a decidere il da farsi. Nel frattempo Nephtys era
atterrata e li osservava a sua volta dal basso.
« Beh, allora dillo ».
« Ci… ci sei… ».
« Dillo! ».
« … ci sei davanti… ».
L'uomo guardò a lato, incontrando un mastodontico
edificio che si sviluppava su svariati metri di larghezza, chiuso da un
ciclopico cancello metallico. All'interno ospitava un ampio giardino sviluppato
attorno a una elegante fontana in marmo.
« Ne sei assolutamente sicuro? ».
« Me l'ha detto… lui… Giuro su Dio! » esclamo Saul in
preda al terrore, del tutto dimentico della sua nonchalance da criminale di alta
classe « Ti prego, non uccidermi! Non mi vedrai più, te lo prometto! ».
Bellocchio allentò la presa, permettendo che il
codardo se la svignasse attraverso il tombino giù fino al Nido. Quindi si drizzò
sulle gambe, inspirò due o tre volte e, richiamato il suo Pokémon, si diresse
alla più prossima cabina telefonica pubblica. Digitò il numero 17 e attese che
una voce impostata rispondesse dall'altro capo del filo.
« Polizia Regionale di Kalos. Desidera? ».
« Vorrei denunciare la presenza di una struttura
sotterranea a Novartopoli. A quanto ho scoperto per ora è accessibile mediante
il sistema fognario e una taverna locale, la Jynx Nera ».
Senza attendere risposta, il giovane riattaccò la
cornetta con serenità e si allontanò, puntando il Centro Pokémon e lasciando
dietro di sé la pesante inferriata del Liceo per Allenatori.
Un ringraziamento speciale a
Nicola, in arte Roy, che detiene la proprietà intellettuale del termine
“bimbolin”.
Se c’è un vero bimbolin al mondo quello è lui.
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Capitolo 7 *** 1x07 - Ciao a tutti, mi presento ***
Untitled 1
Giovedì, ore 08.11
Craig cavò con cura la bustina ormai fradicia dalla
tazza e la depose su una pezzuola accanto, rimandando il momento in cui avrebbe
dovuto gettarla nel cestino. Setacciò poi tra le bustine di dolcificanti fino a
trovare un tubetto di zucchero di canna, spolverandolo gentilmente nel the caldo
appena preparato. Diventava sempre più raro trovare saccarosio puro in quel
magazzino di aspartame, specie da quando il Liceo aveva deciso di tagliare i
fondi per la ristorazione.
« Hai finito con quel microonde? Anche ad altri
serve ».
« Solo un attimo ».
Prestando attenzione a non scottarsi, l’uomo
traslocò il suo spuntino mattutino sul tavolo centrale dell’Aula Professori,
vagando poi con la mano destra in cerca di qualcosa che con disappunto non
trovò.
« Silvia, hai per caso visto i miei Pan di Stelle?
».
« Dovrei? » domandò con un sorriso una donna sulla
trentina d’anni dalla chioma bionda e gli abiti che parevano prelevati dal
guardaroba di una di almeno il doppio della sua età. Questo in qualche modo non
guastava la sua immagine, anzi la valorizzava in un certo senso. Craig non se
l’era mai spiegato.
La osservò, rimanendo per un istante estasiato; poi
riprese il controllo di sé e si diresse verso il suo comparto personale nella
cassettiera. Per sua fortuna teneva sempre un pacchetto di biscotti di riserva,
nel caso qualche ingordo come Donovan o Seacombe trafugasse i suoi.
« Ne vuoi un po’? » chiese protendendo la confezione
sul palmo dopo averla aperta.
« No, grazie, lo sai che non amo il cioccolato ».
Già, vero. Ogni tanto fingeva di dimenticarsene:
così, per avere un appiglio di conversazione. Altre volte le chiedeva che classe
avesse all’ora successiva anche se aveva memorizzato il suo orario a menadito
per sfruttare gli incroci in corridoio; altre volte ancora provava a discutere
dei rendimenti dei suoi alunni nelle verifiche. Lei tagliava corto, tagliava
sempre corto.
Avrebbe desiderato almeno un aggancio per poterle
presentare la proposta. Ma d’altronde, di quali agganci si ha veramente bisogno
per invitare qualcuno a un ballo scolastico che si terrà a giorni? No, doveva
essere lui a vincere il blocco.
« Silvia, mi chiedevo se–– ».
Toc toc toc.
« Bussano? » commentò la professoressa « Qualcuno
ancora non ricorda che hanno messo la serratura ».
Dopo il sospetto furto di compiti in classe,
d’altronde, che scelta avevano? A Craig non poteva interessare di meno. Gli
importava solo che per l’ennesima volta era stato abbattuto a un passo dal
traguardo.
« Questo è Jem di sicuro » borbottò avviandosi alla
porta per aprire al ritardatario. Con un ampio gesto ruotò l’asse sui cardini,
scaricando in faccia al malcapitato tutta la sua frustrazione « Senti, quante
volte te lo devo dire che se ti danno una chiave c’è una ragione e non puoi
sempre sperare che qualcuno si trattenga qua? ».
« Buongiorno anche a lei ».
Craig sussultò. Non era Jem, il pacioccone in carne
che conosceva. All’uscio dell’Aula si era affacciato un uomo ben più giovane,
vestito in completo elegante e con un vistoso cappotto marrone sulle spalle.
Troppo anziano per essere uno studente, ma conosceva ogni singolo docente del
Liceo e non l’aveva mai incontrato prima.
« Mi scusi, io, io credevo fosse… Che cosa sta
facendo? ».
Il giovane di fronte a lui aveva estratto da una
tasca una lente d’ingrandimento e gli stava ora esaminando il volto,
soffermandosi sul suo imbarazzante naso adunco.
« Nulla. Oh, dei Pan di Stelle! » esclamò infilando
la mano nel sacchetto e prendendone un biscotto « Di norma preferisco le
Gocciole, ma anche questi non sono male. Non si preoccupi, la perdono per il
pessimo primo saluto. Posso entrare? ».
Senza attendere un lasciapassare lo scostò e si
introdusse nella stanza, esaminandola con un’occhiata e ignorando completamente
Silvia a due passi mentre masticava il frollino « Toh, un microonde! Per caso
avete anche un fornello o due? Preparo un ottimo risotto con le erbette ».
« Scusi, ma lei non può entrare qui senza dire
nulla! Tanto per cominciare, qual è il suo nome? ».
« Oh, negli ultimi tempi me ne hanno dati tanti.
Dottor Cravatta, forestiero, “lei”…
Io, personalmente, amo chiamarmi Bellocchio. Ma sono aperto a suggerimenti! Oh,
e che abbiamo qui, una signorina? Mi perdoni per non averla salutata, mi
distraggo molto facilmente ».
Craig, innervosito, fece appello a tutto il suo
autocontrollo « Questa è un’aula per soli professori ».
« Ah, che sbadato! Vede che mi distraggo? »
Bellocchio si tolse il giaccone e lo lanciò sull’appendiabiti, centrandolo con
una mira da cecchino « Io sono il vostro nuovo supplente! ».
Episodio 1x07
Ciao a tutti, mi presento
Giovedì, ore 08.13
« Mi scusi, ma che è
successo a Jem? ».
I due passeggiavano lungo
un ampio corridoio costeggiato da armadietti verdognoli di metallo alternati
alle porte delle aule. In fondo era sita una finestra da cui penetravano i raggi
mattutini che, riflettendosi sul pavimento, si univano all’illuminazione al neon
in un concerto di luci e di ombre.
« Ah, il professor Wall?
Indigestione di cozze al cinnamomo ».
«
Cozze al cinnamomo? Esistono? ».
« Oh, certo che esistono »
replicò Bellocchio « Esistono eccome. Non le dico cosa succede in caso di
allergia, ma è davvero un brutto spettacolo ».
Craig annuì poco convinto
« Come ha detto di chiamarsi? ».
« Bellocchio ».
« Cioè vuole presentarsi
come Bellocchio agli studenti? ».
« Sì. Che c’è di male? ».
« Beh, è… » il professore
incespicò sulle parole da impiegare, cercando di essere quanto più delicato
possibile « Voglio dire… Non pensa che si metterebbero a ridere? ».
« Perché mai? ».
« Perché… Insomma, non le
conviene usare un soprannome? ».
« Bellocchio è già un
soprannome. Perché dovrei volerne un altro? Sarebbe il soprannome di un
soprannome. Soprannomeception »
ribatté come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Poi si soffermò a
riflettere. Dopotutto era in missione segreta, non poteva rischiare di dar via
la propria copertura in questo modo. Un nome fittizio era la scelta migliore. Di
più: un nome in codice.
« Che ne dice di
Heisenberg? ».
« Sono sicuro che più di
uno studente segue Breaking Bad ».
« Davvero? Pensa
potrebbero svelarmi qualche spoiler? Perché vorrei evitare ».
« Le spiace concentrarsi?
» lo implorò Craig stizzito.
« D’accordo, d’accordo…
Che ne dice di… Professor Warren Peace? ».
« Beh… Credo possa andare
» convenne l’uomo. Si fermarono di fronte a una soglia da cui proveniva un
vociare persistente di alunni indisciplinati.
« Questa è la sua aula. È
sicuro di ricordarsi tutto ciò che le ho detto? ».
« Supplente di chimica,
un’ora, cozze al cinnamomo. Ricevuto ».
« Storia ».
« Come? ».
« Supplente di storia » lo
corresse Craig sconsolato « Oh, santo cielo, ma chi diamine l’ha assunta? ».
Giovedì, ore 07.15
« Ehi! C’è nessuno? ».
Serena bussò con maggior
vigore al portone della Palestra, senza ottenere però alcuna risposta. Tierno,
Trovato e Shana, che l’avevano accompagnata per assistere alla sua prima sfida
ufficiale, attendevano trepidamente che qualcuno aprisse; Calem, trascinato
controvoglia da sua sorella, palleggiava con una piccola pietra un metro o due
più in là.
« Credo sia vuoto »
constatò a un tratto il ragazzo.
« Grazie, Capitan Ovvio.
Ma perché dovrebbe esserlo? ».
« Per il Fuggitivo ».
I cinque si voltarono: a
parlare era stato un giovane di una trentina d’anni, dai capelli castani lunghi
fino alle spalle e gli occhi di un arancio innaturale. Portava sulle spalle un
pesante zaino giallo limone colmo fino all’orlo, ma non ne pareva per nulla
affaticato.
« Il Fuggitivo? ».
« Esattamente. La
Capopalestra Violetta è impegnata a rassicurare i cittadini, quindi non può
affrontare nessuno al momento ».
Serena reagì in un misto
di sconforto e irritazione « E quando tornerà? ».
« Quando lo avranno preso,
immagino. Sfortunatamente la polizia pare sia impegnata a setacciare una specie
di covo sotterraneo che si trova proprio sotto i nostri piedi » soggiunse l’uomo
battendo il tacco al suolo « Il Nido, lo chiamano. Pare ci siano dei malviventi
al suo interno ».
« Come? » intervenne Calem
sorpreso « Intende una specie di base segreta? ».
« Esattamente. Pare che il
black-out qui a Novartopoli fossero a causa dell’energia usata dalle luci di
quel posto, che essendo nascosto la prendeva abusivamente dalla quota della
città. L’ha denunciato un tizio, dicono che vada in giro elegante e che in
questo periodo stia qua in zona. Uno strambo, pare ».
« Mph… Ancora il Dottor
Cravatta… ».
L’avventuriero si avvicinò
a Calem, gli appoggiò alla mano sulla spalla e gli rivolse uno sguardo
ammiccante. « In realtà » gli mormorò « il nome è Bellocchio ».
« Oh, no ».
« Non due volte in due
giorni… ».
« Su, non pretenderete di
viaggiare con me se non riuscite nemmeno a riconoscermi nei miei travestimenti!
» esclamò Bellocchio con il suo regolare tono di voce.
« Io veramente non voglio
viaggiare con te ».
« Quello zaino, poi, da
dove viene? » Serena si fermò e anticipò il suo amico « Ah, già,
regola numero uno. Che noia ».
« Non è noia, è prassi!
Ora, discutiamo di cose più serie–– santo cielo, questo coso è pesante! »
commentò deponendo l’ingombrante carico sul terreno « Il Fuggitivo sta al Liceo
per Allenatori ».
«
Cosa? E tu come l’hai scoperto? ».
« Fonti certe provenienti
dal Nido. Adesso, siccome la polizia è convogliata là sotto nessuno si metterà a
setacciare la scuola, ma finché quel tizio non viene riacciuffato qui siamo in
grosse rogne ».
« E quindi cosa
proporresti? ».
« È molto semplice »
replicò Bellocchio con un mezzo ghigno « Entreremo di straforo nel Liceo ».
Calem si grattò i capelli,
calciando via il ciottolo con cui si stava svagando « Questa è l’idea più
assurda che abbia mai sentito ».
« Solo perché non mi hai
visto alla Maison Darbois. In realtà è un piano molto semplice: ci fingeremo voi
studenti e io un professore e ci infiltreremo per indagare in cerca del
Fuggitivo ».
« Come conti di
infiltrarti? ».
« Trovato! ».
« Trovato cosa? ».
« Trovato. Il vostro
amico, hai presente? ».
Il quattordicenne si
ritrovò così cinque paia di occhi puntati addosso. Si guardò attorno, come a
dire “io?”; poi, accertatosi che
parlavano proprio di lui, domandò « Che cosa c’entro ora? ».
« Indossi una polo, hai
una massa indistinta di capelli in testa e sei basso. Il che, se tutto ciò che
ho imparato dai Disney Channel Original Movies è vero, significa che sei anche
bravo con la tecnologia ».
«
Bellocchio! ».
Trovato ignorò l’abbozzato
tentativo di difesa di Serena, pur apprezzandolo « Beh, diciamo di sì, ma–– ».
« Problema risolto,
signore e signori e… bambini! Il nostro e vostro amico Trovato ci inserirà nel
database del Liceo come studenti all’estero e supplente temporaneo! Credi di
essere in grado di farlo? ».
« Io… Sì, credo di sì ».
« Eccellente! » esclamò
Bellocchio prendendo per mano Trovato e iniziando a trainarlo dietro di sé a
forza « Non c’è tempo da perdere! Al PC del Centro Pokémon! E vediamo di non
rilasciare Jay Leno, stavolta! ».
Giovedì, ore 8.10
« Ragazzi, buongiorno.
Prima di iniziare volevo presentarvi due vostri nuovi compagni arrivati oggi al
Liceo ».
La professoressa, donna
tonda e impacciata, li stava introducendo alla loro classe da dietro la
cattedra, seduta su un’angusta seggiola bluastra. Calem avrebbe detto che era
incastrata, a giudicare dallo scarso movimento che faceva in quella posizione.
Gli ricordava uno Snorlax. O Tierno, che nella fattispecie era un po’ la stessa
cosa. Parlava in modo forbito e compassato, quindi doveva insegnare con ogni
probabilità latino. Quantomeno pareva affabile, anche se ogni tanto staccava e
riattaccava il tappo alla penna con la violenza di chi sta immaginando di far
calare una ghigliottina sulla testa dei propri studenti.
« Provengono da molto
lontano, più precisamente dalla Bimbolin High School di Sinnoh, quindi siate
comprensivi, mi raccomando! ».
Un risolino si levò dal
fondo della classe. Serena sprofondò nel palmo della sua mano, mentre Calem
strinse il pugno e le sussurrò « Io lo
ammazzo il Dottor Cravatta, lo ammazzo ».
«
Stai calmo, ricorda che dobbiamo comportarci in modo da non destare
sospetti ».
«
Fottesega proprio ».
« Ora, se volete prendere
i vostri posti, così possiamo cominciare la lezione… ».
La mansueta voce della
professoressa li riportò all’ordine. Solo due erano i banchi liberi: uno in
fondo a destra, addossato a un calorifero dall’aspetto per nulla comodo; l’altro
in seconda fila, colonna interna, sotto il pieno controllo dell’insegnante.
Serena fece un paio di calcoli e, seguendo il suo istinto, si diresse verso
quest’ultimo. Era sempre stata portata per l’onestà, una di quelle che non
imbrogliavano mai in un compito, anche a costo di un votaccio.
« No, no, no » Calem la
trattenne per un braccio, spostandola a forza per appropriarsi del posto
prescelto.
« Come? Vuoi andare tu
davanti? ».
« Quella non me la
toglierai certo tu ». Con uno sguardo poco rassicurante accennò alla ragazza che
sedeva di fianco al punto vuoto, una diciassettenne dal prominente ciuffo
platinato che sormontava due occhi dal trucco pesante. Serena si espresse in una
smorfia di repulsione e accettò di buon grado di allontanarsi verso il fondo.
Calem quindi si incuneò al
meglio sulla seggiola in legno, l’unica di quel tipo e presumibilmente
raccattata all’ultimo momento per offrirgli un posto. Mentre sfilava dallo zaino
alcuni quaderni reperiti da Bellocchio sa Dio dove, la professoressa iniziò a
sproloquiare su qualcosa come la coniugazione perifrastica passiva. Troppi
–bus e –ant per i suoi gusti, così si rivolse alla sua compagna.
« Una noia, vero?
Scommetto che nessuno la ascolta mai, tanto a che mi serve il latino nella vita?
Quando mai mi sarà utile sapere la terza declinazione? ».
« Sì, come dici tu… ».
Il ragazzo sbirciò il
sottobanco della vicina, dove questa stava tenendo fissi gli occhi. Era
concentrata su qualcosa, anche se Calem non riusciva a scorgere cosa.
Probabilmente l’ultima applicazione per il PSS.
« Ehi, quello è Angry
Birds? » azzardò.
« Veramente è
Il ventaglio di Lady Windermere di
Wilde ».
« Lady Windermere? Non era
quella dell’isol–– ».
Il giovane tacque,
riflettendo su quello che aveva appena detto e convenendo non aveva il minimo
senso. Aveva parlato completamente a caso. Il suo peggior incubo si stava
avverando: era entrato in modalità Dottor Cravatta.
La sua mente cercò
rapidamente di distogliersi da un’eventualità simile « Ah, non mi sono
presentato. Piacere, mi chiamo Calem ».
« Elesabeth ».
« Non intendi Elizabeth?
».
« No. Perché? » gli
rispose lei con lo sguardo più innocente del mondo.
Calem la osservò stranito.
Quel dialogo stava sfociando senza dubbio nel nonsenso più totale. Per un
istante ipotizzò di provare a riportarlo su binari razionali, poi ritornò a ciò
che aveva concluso poco prima: ora era in modalità Dottor Cravatta. Ciò che
pensava aveva senso solo per lui. Quindi probabilmente Elesabeth era un nome
normale, e quella conversazione da un punto di vista neutro era perfettamente
logica. Meglio non guastare tutto.
Dall’altra parte dell’aula
Serena era alle prese con un grattacapo di non minore complessità. A differenza
di Calem non aveva ancora spiccicato parola verso il suo compagno di banco. Era
rimasta a squadrarlo per lunghi minuti, cercando di metterne a fuoco il volto.
L’aveva già visto, non c’era alcun dubbio. Per ignote ragioni dentro di lei si
insinuava un senso di avversione all’idea di stargli così vicino, ma poteva
anche semplicemente trattarsi dell’espressione da finto duro che ostentava.
« Scusa, come ti chiami? »
gli domandò sottovoce, verificando di non essere vista.
Quegli replicò con tono
indisponente « Justin Bieber ».
Serena rimase inebetita,
lo sguardo perso nel vuoto di fronte; quindi intrecciò le braccia, le appoggiò
sul banco e vi crollò dentro. Finalmente era successo. Era entrata in una fan
fiction.
Giovedì, ore 8.14
« Professor… Warren…
Peace… » scandì Bellocchio ad alta voce, sottolineando più volte con il gesso le
parole alla lavagna. Più che altro per lui: di sicuro con un vademecum così
evidente non si sarebbe scordato il suo pseudonimo nel mezzo della lezione. Gli
studenti in aula, plotone di quattordicenni in uniforme, annuirono con poca
attenzione.
« Vediamo… » proseguì
togliendosi il cappotto e grattandosi il mento « Normalmente cosa si fa in una
lezione? ».
Un ragazzo dai capelli
arruffati in terza fila alzò svogliatamente la mano.
« Sì! Tu, con gli occhiali
di mio nonno! Come ti chiami? ».
« George ».
« Parla pure ».
« Lei è sicuro di essere
un professore? ».
« Sono sicuro che troverai
che sono un professore di astronomia pienamente qualificato ».
« Veramente adesso ci
dovrebbe essere storia ».
« Giusto! » esclamò
Bellocchio tra sé e sé, battendosi la mano sulla fronte « Storia… Bene, che ne
dite se ci raccontiamo qualche aneddoto? Cioè, se io li racconto a voi. Per
esempio sapevate che la regina Elisabetta I Tudor una volta lanciò una ciabatta
al Primo Ministro inglese per farlo stare zitto? ».
« Veramente… ».
« O magari siete più
orientati alla storia americana? Ne ho una carina a riguardo: sapevate che
Martin Luther King partorì le sue novantacinque tesi sul suo gabinetto a causa
di una costipazione cronica? Lo hanno ritrovato una decina di anni fa a… No,
aspetta, Wittenberg non stava negli Stati Uniti però… ».
Un gruppetto ammucchiato
agli ultimi banchi sghignazzò sottovoce mentre il George di prima, visibilmente
imbarazzato, continuava a chiedere l’attenzione del docente.
« Ah, ci sono! Il
presidente Churchill, interrogato da Paul Johnson sul segreto del successo,
rispose che esso era moderare lo sforzo! Non solo: aggiunse che la prima regola
è non restare mai in piedi quando si può essere seduti! Il che mi rammenta… ».
Bellocchio rivolse uno
sguardo alla sedia posta dietro la cattedra e con un guizzo vi si appollaiò
sopra, tornando poi a osservare la classe « È finita l’ora di lezione? ».
« In realtà… ».
« In quest’aula si alza la
mano prima di parlare. A parte me, io parlo quando voglio ».
L’alunno sbuffò irritato,
ma alla fine obbedì.
« Ora sì che si ragiona.
Come ti chiami? ».
« Sono sempre George ».
« Giusto! Quello con gli
occhiali. Dimmi ».
« Noi siamo abituati a
studiare solo la storia di Kalos ».
« Beh, questo è un bel
problema » denotò Bellocchio « Non so nulla della vostra regione. Non avreste
mica un libro di testo? ».
« Sì, credo che il
professor Wall lo tenga nel cassetto ».
In effetti era proprio lì:
si trattava di un volume inusitatamente spesso, dalle tonalità arancioni e con
un dipinto alquanto anonimo in copertina. Il titolo non era per la verità molto
più invitante: Tratteggi storici, vol. 1 –
Dalla preistoria alla civiltà ardeca. Bellocchio lo scaraventò sul ripiano
orizzontale di legno di fronte a lui, provocando uno scroscio di rumori secchi
causati dagli studenti che facevano lo stesso.
« Pagina 243 » si affrettò
a comunicargli George.
L’insegnante improvvisato
sfogliò il tomo giungendo a un grande titolo scritto in carattere sgargiante:
una scelta stilistica a dir poco peculiare, dato ciò che esprimeva. L’uomo
aggrottò la fronte.
«
L’Ultima Grande Guerra di Kalos? ».
« Sì, professore. Abbiamo
quasi terminato l’argomento ».
« Quale argomento? ».
« Le Guerre di Kalos ».
Guerre di Kalos.
Era scritto in alto a destra, doveva essere il nome del capitolo.
Guerre. Quindi dovevano essere state
più d’una. Bellocchio scorse rapidamente il testo, individuando la datazione
dell’Ultima: tremila anni prima, suppergiù. Molto, molto tempo addietro. Non ne
aveva mai sentito parlare, eppure…
George si intromise
sbriciolando il silenzio che si era generato « Non intende spiegarci… Insomma…
».
« Come? Ah, sì… Sì, inizia
a leggere tu ».
L’allievo si schiarì la
voce e incominciò « Intorno all’inizio del
primo millennio a.C. scoppiò la quinta e ultima guerra di Kalos, spesso citata
come la Grande Guerra poiché fu la più sanguinosa. Come nel caso delle altre
quattro, le cause scatenanti del conflitto sono tuttora ignote: racconti
trasmessi oralmente nei secoli successivi fanno risalire però l’origine a cause
interne alla famiglia reale che al tempo governava il Regime Monarchico delle
Tribù di Kalos, e più particolarmente al fratello del Re. La guerra si protrasse
per sette dei più terribili anni che la regione di Kalos abbia mai conosciuto,
risultando in oltre sedici milioni di vittime tra umani e Pokémon e impattando
profondamente la… ».
Il ragazzo andava avanti
imperterrito, recitando a pappagallo ciò che leggeva dal libro. Bellocchio, lui
aveva cessato di ascoltare da poco dopo l’inizio, arrovellato nei suoi pensieri.
L’Ultima Grande Guerra di Kalos… Perché la sola idea lo turbava a quel modo?
Giovedì, ore 13:33
La mensa scolastica,
stando alle laconiche informazioni fornite da Elesabeth, non era mai stata
granché. Sotto vari punti di vista: era caotica e gremita di studenti, il cibo
era di qualità discutibile e l’aspetto lasciava a desiderare in quanto ad
allegria. Sulle prime due Calem poteva senza dubbio concordare; ma esteticamente
era forse il miglior refettorio che avesse mai visto.
I colori erano vividi e
caldi – dominava il rosso –, e soprattutto la disposizione dei tavoli era
ottimizzata: il locale, cinto da ampie vetrate luminose, si sviluppava su tre
ponti non sovrapposti, quasi a formare la faccia di una piramide, lungo i quali
erano disseminate tavolate rotonde di varie dimensioni. C’era dunque il lato
appena descritto che cresceva in altezza e percorso da gradinate laterali;
dall’altro era disposto invece un ampio bancone che accoglieva inservienti poco
disponibili impegnate a distribuire brodame e insipidi hamburger senza un
criterio, come andava a loro.
« E allora la prof. mi ha
detto che non potevo lottare in classe con il mio Fennekino, ci rendiamo conto?
E io cosa ci vengo a fare al Liceo per Allenatori? ».
Tierno, Shana e Trovato
stavano discutendo animatamente da ormai un quarto d’ora del loro primo giorno
di scuola. Non c’era un filo conduttore: a turno si lamentavano di qualcosa,
qualsiasi cosa. In effetti era più un gioco a chi per primo finiva i motivi per
protestare. Per di più, a causa dell’elevato rumore nella sala, le loro voci si
alzavano di conseguenza, assordando Calem che per sua sfortuna si trovava tanto
vicino.
« Per l’ultima volta, sei
stata messa nell’indirizzo dedicato al Pokémon Musical. Le lotte non sono
previste ».
« Allora voglio cambiarlo!
Sei stato tu a mettermi lì, Trovato, no? Quindi puoi anche spostarmi! ».
« Non siamo qua per
divertirci, Shana, siamo qua per indagare sul fuggitivo » provò a spiegare il
ragazzo « Se cambiassi sezione di punto in bianco desteremmo sospetti ».
« Più di quanti ne abbiamo
già destati? » si intromise Serena, che fino ad allora non aveva parlato. Pareva
più incupita del solito « Avete scoperto qualcosa? ».
« Il Dottor Cravatta ha
trascurato il fondamentale fatto che a scuola non ti lasciano andare in giro
durante le lezioni » commentò Calem.
« Io non ho trascurato
proprio niente ».
Un prorompente tintinnio
di vetri interruppe la conversazione. Bellocchio aveva appoggiato con energia
sul tavolo il suo vassoio, zeppo di una quindicina di bicchieri colmi di una
bevanda biancastra, e solo di essi.
« Quello è per caso… ».
« … latte e miele,
precisamente! » l’uomo si sedette con il suo solito sorriso irreale, indicando
Serena come a complimentarsi per l’ipotesi corretta « Non trovate che ci sia
poca musica? L’ultima volta che sono stato in una mensa scolastica cantavano
tutti ».
« Non riesci mai a essere
serio per un secondo? ».
« Io
sono serio, bimbolin » replicò Bellocchio stizzito appena
prima di trangugiare a un sorso una delle porzioni « Dunque, che avete scoperto?
».
« Nulla, geniaccio. Come ho detto non possiamo
girovagare per il Liceo come te, quindi non possiamo scoprire niente ».
« Tutte scuse. Fortunatamente io invece mi sono dato
da fare, e ho trovato una cosa davvero intrigante… ».
Tutti attesero per qualche secondo un proseguimento,
che però non arrivò. Il giovane fissava il vuoto, in un punto non precisato, e
sebbene Serena fosse stata la prima a seguirne lo sguardo non aveva incrociato
nulla di interessante. Calem, dopo un inquietante silenzio, riuscì infine a
intromettersi.
« E allora? ».
« Come? Scusate, ero convinto che sarebbe partito il
flashback » Bellocchio sorseggiò un altro bicchiere e procedette « Oggi ho
conosciuto il professor Craig Vesely, di Tecnologie Applicate. Uomo simpatico,
ma un po’ timido. Però mi ha offerto un Pan di Stelle, quindi è mio amico in
automatico ».
« Questa storia va a parare da qualche parte? ».
« Stai buono, bimbolin, certo che sì. Dopo aver
assaggiato il mio formidabile risotto alle erbette si è sciolto e mi ha
raccontato che qualcuno ha trafugato un oggetto ieri notte da uno dei laboratori
».
« Un oggetto? » domandò incuriosito Trovato « Di che
tipo? ».
« Non si sa, non me l’ha voluto dire. So solo che lo
chiamavano il Prototipo, e che era il
progetto delle alte sfere dell’indirizzo per quest’anno. Uno strumento
estremamente complesso, da quello che ho capito ».
« E non possiamo chiedere semplicemente a qualcuno
che segue il corso di studi? ».
« Non è così facile » obiettò Serena « Non è che
puoi andare da uno sconosciuto e dirgli: “senti,
non è che mi diresti qualcosa sul vostro progetto supersegreto?” ».
« Hai colto nuovamente nel segno » si congratulò
Bellocchio « Fortunatamente, come direbbe uno di mia conoscenza, la fortuna è
una dea benevola ».
Sfilò quindi dall’onnipresente cappotto un fascicolo
pinzato su cui era stampata una lunga tabella a svariate colonne. La scrittura
era foltissima, sarebbero potute essere anche centinaia di voci in quelle poche
pagine: una in particolare era stata sottolineata con un marker giallo
brillante.
« Cosa dovrebbe essere? ».
« L’elenco degli studenti iscritti a Tecnologie
Applicate ».
« Non dirmi che… ».
« Esatto » annuì l’uomo gongolante.
« Hai conosciuto qualcun altro di quell’indirizzo?
Quali sono le probabilità statistiche? ».
« Non solo io » puntualizzò indicando
l’identificativo evidenziato, dono della buona sorte ai nostri protagonisti.
Nella meraviglia generale, esattamente alla cinquantesima posizione era impresso
il nome di Ada Delaware.
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Capitolo 8 *** 1x08 - Natura umana ***
Untitled 1
Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud,
venendo però incastrato a Novartopoli da un embargo escogitato dalla polizia di
Kalos per catturarlo. Gli agenti sono tuttavia rapidamente distratti dalla
rivelazione del Nido, quartiere sotterraneo a uso e consumo della malavita
regionale; il nostro gruppo di protagonisti, che conta attualmente Bellocchio,
Serena, Calem, Shana, Tierno e Trovato, decide quindi di infiltrarsi nel Liceo
per Allenatori di Novartopoli, dove hanno scoperto si nasconde il fuggitivo, e
indagare. I risultati sono interessanti: un progetto che circolava sotto il nome
in codice di Prototipo è stato trafugato dai laboratori di Tecnologie Applicate.
Che fortuna, proprio l’indirizzo di studi seguito dalla loro compagna di stanza
Ada!
Giovedì, ore 13:52
« Mi spiace, ma non hai
dimostrato una preparazione adeguata. Sono costretta a darti un quattro e mezzo
».
Non stava ascoltando. Le
labbra della docente di fisica si muovevano avanti e indietro, vaneggiando sulle
sue lacune nella dinamica e su quanto essa fosse importante per lo studio dei
meccanismi connaturati delle Poké Ball. Nell’interrogazione in classe le aveva
chiesto qualcosa sul momento torcente; non aveva risposto, e da lì era stato
tutto in salita. Poi aveva infierito su di lei anche dopo la fine dell’ora,
facendole girare la testa a forza di esercizi sulle rototraslazioni. Cosa poteva
importarle, delle rototraslazioni? Non era quello che voleva fare nella vita.
Non era…
« Ada? ».
La ragazza chinò il capo
da un lato a far capire che era presente. La professoressa Barrett sembrava
attendere qualcosa da lei, segno che probabilmente le aveva posto una domanda.
« Scusi, mi ero distratta
».
« Dicevo, magari è perché
nel Centro Pokémon non riesci a studiare bene? Posso provare a fare domanda
per–– ».
« No, no, si figuri, non è
per quello ».
« E allora cosa c’è? Mi
spiace vederti così afflitta ».
« È solo… » si interruppe.
Avrebbe voluto dire tutto all’insegnante, che considerava un po’ una seconda
madre dopo che si era trasferita da Temperopoli a Novartopoli. Era palese che
voleva fare qualcosa per lei, ma Ada era ben oltre le sue possibilità di aiuto.
« … Non mi aspettavo
l’interrogazione, ecco. È stata colpa mia ».
La donna sospirò « Va
bene, dai, c’è tempo per recuperare da qui alla fine dell’anno. Cerca solo di
non buttarlo via così, mi raccomando. Ora vai a mangiare, sono desolata di
averti trattenuto così a lungo ».
Ada e la Barrett si
salutarono con un sorriso di cortesia mentre la giovane usciva dalla cigolante
porta in legno. Appena fuori, nemmeno il tempo di mettere a fuoco in che ala del
Liceo fosse stata condotta, una mano le coprì la bocca con forza impedendole di
urlare. Un’altra la afferrò per l’uniforme e, con vigore accentuato dalla sua
incapacità di opporre qualsiasi tipo di resistenza psicologica in quel momento,
la trascinò dentro la classe adiacente.
Lì fu lasciata andare,
consentendole di difendersi come poteva a braccia alzate. Identificati tuttavia
i suoi rapitori, tutto ciò che fu in grado di dire fu uno spaesato «
Voi? ».
« Bimbolin, chiudi a
chiave la porta ».
« Con i miei poteri
magici? ».
« Con il passe-partout che
ti ho dato nell’atrio ».
« Senti, ma era davvero
necessario che la portassi qui come se fossi un killer? Dov’è il vantaggio? ».
« Nessuno, Serena, però è
stato divertente ».
Ada osservò la scena con
uno sguardo misto di preoccupazione e leggero
divertissement. Non aveva idea di che cosa stesse accadendo; ma dopo
il pessimo risultato in fisica non poteva farle che bene distrarsi.
« Ecco, chiusa. Nemmeno un
Tauros potrebbe sfondarla ora ».
« Che cos’è un Tauros? ».
« Non ora, Shana » la
zittì Calem « Dottor Cravatta, vuoi cominciare o aspetti il mio cinquantesimo
compleanno? ».
« Io a differenza tua sono
un gentiluomo, bimbolin » replicò Bellocchio con tono superiore « Un gentiluomo
cede sempre il passo a una signora. E credo che Ada abbia parecchio da chiedere
».
Chiedere era un
termine vagamente riduttivo: non aveva minimamente compreso quanto era appena
successo. Come spesso in simili situazioni, la sua scelta ricadde sulla
questione meno rilevante « Voi… Voi siete quelli del Centro. Cosa ci fate qui?
».
« In soldoni, siamo qui
per catturare il Fuggitivo ».
« Il
che cosa? Quello di Novartopoli? ».
« Lui. Un informatore mi
ha detto che si nasconde qua ».
« Sì, a tal proposito, ci
vuoi dire come fai a esserne certo? » polemizzò Calem « Potrebbe anche averti
mentito ».
« Credimi, so essere
alquanto persuasivo » Bellocchio si asciugò la fronte e si tolse il cappotto,
accompagnando il gesto con un commento sulla temperatura inconsuetamente alta «
Immagino la prossima domanda sarà qualcosa sulla linea di:
perché hai mandato Serena a prelevarmi? ». Ada annuì.
« Beh, la spiegazione è
rapida: da uno dei laboratori di Tecnologie Applicate è stato trafugato un
progetto che i professori del luogo chiamano Prototipo ».
« Prototipo?
Quel Prototipo? ».
« Ne sai qualcosa? ».
« All’incirca » rispose la
giovane « Non era un lavoro per quelli del mio anno, troppo complesso. Però so
dove si trova… Cioè, si trovava ».
« E puoi portarci lì? ».
« Volendo ho la chiave, ma
non è proprio regolamentare che gente
di altri corsi vada là dentro ».
« Non avevo dubbi, infatti
pianificavo di andarci stanotte ».
«
Stanotte? » sobbalzò Serena « Ma sei pazzo! Ci saranno allarmi di
ogni tipo, come pensi di fare? ».
Bellocchio la ignorò «
Ada, ho bisogno di sapere se hai la chiave del laboratorio che ospitava il
Prototipo ».
« Sì, ce l’ho. È il
Laboratorio D, terzo piano dell’ala est, che poi è questa qui. Dovreste
riconoscerlo, è una porta in fondo a un lungo corridoio. Però vengo anche io »
aggiunse.
« Non se ne parla, troppo
rischioso ».
« Sono io che ho la
chiave, quindi non puoi porre condizioni » si impose con autorità Ada « E ora
scusate, ma vado a mangiare. Ci vediamo questo pomeriggio ». Detto ciò si voltò,
strappò il passe-partout dalle mani di Calem e uscì dalla classe, richiudendo la
porta con decisione. Era convinta che la questione fosse chiusa.
E aveva ragione. Per un
attimo regnò il silenzio, spezzato poi da un sospiro rassegnato di Bellocchio «
E va bene, io mi occuperò di disattivare gli allarmi dell’ala est. Serena,
accompagna i ragazzi al Centro e riposati, che stasera avrò bisogno di te ».
« Vuoi dire della mia
bella presenza? ».
« Esattamente. Trovato, tu
vedi di trovarmi un inventario del Laboratorio D, ho bisogno di sapere che
cos’altro esattamente è stato rubato ».
« Vado anche io » annunciò
Calem « Sono parecchio stanco, e conto di essere con voi al Liceo stanotte. Non
posso certo lasciare Ada in mano al Dottor Cravatta ».
«
Ta-ta-ta, bimbolin, tu non vai da nessuna parte ».
« Che cosa vuoi ancora? Se
è per dissuadermi sognalo ».
Bellocchio scosse la testa
e afferrò il cappotto per andarsene dall’aula « Dobbiamo parlare di calcio ».
Episodio 1x08
Natura umana
Giovedì, ore 15:01
Fiiiiiiiii~
« Forza, ancora un giro di
campo per tutti! » gridò Bellocchio sputando il fischietto che, legato a mo’ di
collana attorno al collo, gli ricadde davanti penzolante.
Calem era in seconda o
terza posizione e poté riposarsi prima di diversi altri: il prezzo era un
fiatone persistente e la completa incapacità di reggersi in piedi, il che lo
portò ad prostrarsi sul pavimento per nulla pulito della palestra del Liceo.
Mano a mano tutti i giocatori presenti terminarono l’esercizio fisico e si
sedettero intorno all’uomo che li stava coordinando, vestito per l’occasione in
pantaloni neri e camicia bianca aperta al collo.
« Molto bene, ragazzi, vi
siete comportati bene. A parte te, numero 10, tu non ti sei minimamente
impegnato. Fuori di qui ».
«
Come? Sono il migliore di questa squadra! Non penserai seriamente
di–– ».
« Non obbligarmi a
insegnarti come si tirano i calci. Fuori ».
Il ragazzo si alzò con
fare sdegnato e, sistematosi la vistosa cresta corvina che troneggiava sul capo
rasato, se ne andò con passo nervoso.
« Perfetto. Voialtri siete
tutti confermati » proseguì Bellocchio, notando poi una mano alzata « Sì, numero
8? ».
« Che cosa ci fai qui tu?
» domandò un giovane basso e tarchiato dai capelli scompigliati in testa. La sua
voce aveva un che di ringhiante, ma doveva essere il suo tono normale.
« Ottimo punto. Il vostro
allenatore, il professor Wall, è attualmente indisposto per un’indigestione
fulminante. Dal momento che dubita di poter essere presente per la finale della
Coppa degli Istituti di Kalos in programma dopodomani allo Stade de Neuvartault,
stamane si è tenuto un consiglio straordinario per decidere il vostro nuovo
allenatore ad interim » con la mano destra si indicò come a presentarsi «
Professor Warren Peace, laureato in sociologia e, per l’occasione, vostro nuovo
mister. Sì, 45? ».
Questa volta a parlare fu
un ragazzo alto e scuro di carnagione dall’accento trascinato « Senti, ma… tu ne
sai di calcio? ».
« Mpff, per favore » rise
Bellocchio « Nella mia regione ero noto come il nuovo Allegri, che penso fosse
un complimento. Dunque, prima di tutto c’è qualche questione da affrontare: dato
che il crestato se n’è andato, il suo ruolo di 10 e fantasista della squadra
sarà preso dal qui presente Bimbolin ».
Calem trasalì e protestò «
Chi, io? Ma sei fuori, io il 10? Sono
arrivato oggi nella squadra, e solo perché mi ci hai portato
tu con la forza! ». Lo affiancarono
lamentele da parte di vari elementi del gruppo.
« Silenzio, qui il mister
sono io e
io prendo le decisioni. Bando alle ciance, passiamo ad argomenti più
pratici » l’uomo iniziò a passeggiare in circolo attorno ai giocatori « La
tattica. Come sapete molti allenatori tendono a impiegare moduli come il 4-2-3-1
o il 3-5-2, che francamente ritengo molto limitanti. Voglio dire, perché
limitarsi a un solo sistema di progressione con la palla? Così ho pensato a un
modulo di mia invenzione: il 4-3-1-4! Si tratta di una sorta di combinazione tra
la logica dello sfruttamento delle fasce del 4-4-2 e il classico gioco palla al
piede per vie centrali tipico del 4-3-1-2! Con questo saremo imprevedibili, e
inoltre sarà necessaria molta meno fatica per la densità e l’equilibrio dei
reparti! Cosa ne dite? ».
Dapprima vi fu solo un
vociare indistinto; poi alzò la mano il 21, un ragazzo quieto e dall’espressione
spenta « Sono più di dieci giocatori, mister ».
« So perfettamente contare
» replicò quello con voce supponente.
« Le regole impongono
dieci giocatori e un portiere ».
« Oh! » Bellocchio tacque,
enumerando sulle dita delle mani più volte « Beh, questo spiega molte cose. Va
bene, se tolgo uno da qui e ne sposto uno qui… 21, dalle registrazioni che ho
visionato tu sei molto bravo nelle palle in profondità, giusto? ».
Il diretto interessato
fece spallucce, ma alcuni compagni ai suoi lati annuirono concordanti: Andrea
era davvero uno specialista, forse il migliore di Kalos in quello che faceva.
« Perfetto! Allora sentite
questa, un 4-1-2-3! » controllò un’ultima volta, assicurandosi che la somma dei
reparti fosse effettivamente dieci « I tre in attacco saranno il fulcro
dell’azione, perché al momento giusto dovranno scattare oltre i difensori
avversari e posizionarsi isolati in fondo. Quindi toccherà al nostro mediano
centrale, il caro 21, che metterà le sue palle miglior––
niente battute prego, dicevo,
effettuerà uno dei suoi brillanti passaggi verso qualunque delle punte. A questo
punto sarete in tre contro il solo portiere, dovrebbe essere relativamente
facile metterla dentro ».
Di nuovo Andrea chiese la
parola « Scusi mister, ma così non rischiamo di incorrere nel fuorigioco? ».
« E che cos’è il
fuorigioco? ».
Giovedì, ore 16.23
«
Tu sei un pesce palla… Pensaci: piccolo di dimensioni, non svelto, non
molto astuto, facile vittima dei predatori. Ma il pesce palla ha un'arma
segreta, no, lo sai… Cosa fa il pesce palla, Jesse? ».
«
La ciudad se llama Duke… Nuevo Mexico, el estadoooo~ » canticchiava
Bellocchio chino sul PSS di Serena. Con qualche modifica al software era
riuscito a impiegare la sua antenna per captare le frequenze del digitale
terrestre, riuscendo così a seguire
Breaking Bad. Un peccato che stessero trasmettendo solo repliche a
quell’ora, ma meglio di niente.
La porta della stanza si
aprì rinfrescando l’aria e lasciando che Ada vi entrasse. Una volta richiusa, la
ragazza si guardò attorno prima di dirigersi verso il suo letto « Dove sono
tutti? ».
« Al Liceo, se ho ben
capito studiano un piano d’azione per stasera ».
« Quindi siete ancora
convinti di andarci? ».
« Direi di sì » rispose
Bellocchio spegnendo il suo televisore portatile « Peraltro sei stata tu a voler
venire con noi, giusto? ».
« Sì, beh… Non ero molto
in me, diciamo. Ero nervosa e arrabbiata ».
« Come mai? ».
Ada, seduta
trasversalmente al letto e ricurva su se stessa, sospirò « Io non volevo fare
Tecnologie Applicate. Mio padre è Antoine Delaware, qui lo conoscono un po’
tutti. È uno dei saggisti più famosi di Kalos, ha scritto diversi trattati e
anche alcuni libri di testo. Sono sicura che persino qualche professore al Liceo
usa uno dei suoi ».
« Antoine Delaware… Mi
pare di averlo già sentito anche io. Saggi di che tipo? ».
« Leggende. Lui è laureato
in Storia Antica, quindi i suoi testi scolastici parlano principalmente di
quello, però la mitologia è la sua vera passione » spiegò la ragazza « Io volevo
essere come lui, io… Io voglio essere
come lui ».
« E cosa te lo impedisce?
».
«
Tutto! ».
Ada scoppiò in un pianto
isterico. Aveva vomitato fuori quelle parole con una veemenza, con una furia
repressa che nemmeno lei si era attesa. Il cuore le batteva all’impazzata nel
petto, principalmente per l’emozione nell’essersi finalmente confessata.
« Voglio dire, mio padre
dice che quel mondo non fa per me, che è pieno di squali, di gente pronta ad
accaparrarsi senza scrupolo il frutto delle tue ricerche… Così mi ha mandata qua
a studiare Tecnologie Applicate, ed è tutto l’anno che vado male. Io non voglio
passare la mia vita su queste cose, io voglio… » volse lo sguardo al suo
interlocutore, ancora immerso in un devoto silenzio « Ti rendi conto di quanto
mi è andata male? Sono completamente inadatta alla cosa che più amo fare al
mondo… ».
Il volto di Ada sprofondò
tra i suoi palmi. Bellocchio la osservò singhiozzare, incerto su come reagire:
in qualche modo si sentiva partecipe del suo dolore. Non importava che lui
stesso avesse passato ben di peggio: in quel momento c’era solo una ragazza in
difficoltà, e ciò trascendeva ogni ragionamento logico. Il paese delle lacrime è
così misterioso, aveva detto qualcuno.
L’uomo si alzò per
appostarsi vicino a lei e cingerle le spalle con un braccio. La sedicenne a sua
volta si strinse a lui, inumidendogli la lana della giacca. Bellocchio avvertì
un’empatia spontanea, come se avesse conosciuto quella persona per tutta la
vita. Doveva essere quello che si provava a essere padre.
O un pesce palla.
« Qui da voi ci sono i
Magikarp? ».
Ada rimase perplessa per
la domanda « Sì… ».
« Il Pokémon più inutile
del mondo, vero? Incapace di nuotare, finisce per essere trascinato dalla
corrente. Debole, lento, non sembra per nulla nato per essere in mare. Eppure…
Eppure basta solo un po’ di tempo perché si evolva nel Re degli Oceani, il
Pokémon Atroce, Gyarados. All’inizio il suo Allenatore è sorpreso, non se
l’aspettava… Ma un giorno, molto lontano o molto vicino, chi lo sa, guarderà
quel suo amico fidato e compagno di battaglie e si chiederà come poteva pensare
che Magikarp non avesse valore. E la sai la cosa migliore? ».
La ragazza scosse il capo.
« Che il più patetico tra
i pesci diventerà un giorno la più feroce tra le creature marine. Altro che
squali » soggiunse con un sorriso ricambiato da Ada che frenò le lacrime. I due
rimasero per qualche minuto così, a riflettere ciascuno sulle proprie questioni
interiori. Poi il primo si alzò e si indirizzò verso l’uscita.
« Vado a recuperare gli
altri. Te la senti di venire con noi stasera, quindi? ».
La ragazza annuì
asciugandosi gli occhi. Bellocchio aprì la porta, urtando qualcosa che c’era
dietro. Si udì il rumore di qualcosa che rotolava giù per le scale mobili, e
poco altro. Sporgendosi oltre l’uscio e chiudendolo dietro di sé scorse una
sagoma più simile a un grande pallone che a un essere umano che si stava
rimettendo in piedi.
« Tierno? Che ci facevi
qua dietro? ».
« Io? Ah, io… » il
giovanotto si stabilizzò nuovamente sulle gambe e, con il ritmo che riusciva a
sostenere, gli corse incontro in un gesto intimidatorio « Sentimi bene, coso,
stavo origliando ».
« Diciamo che l’avevo
supposto ».
« Sappi che non mi importa
se sei più grosso di me, io… Non mi porterai via Ada, ecco! ».
La convinzione con cui
aveva pronunciato quelle parole colse di sorpresa Bellocchio « Sei un pesce
palla in tutto e per tutto ».
« Cosa? ».
« Nulla. Sentimi bene tu,
Tierno: ha sedici anni. Per quanto mi riguarda puoi avere tranquillamente
l’esclusiva ».
« Sì, certo » sbuffò con
tono derisorio « E allora cosa volevi fare solo nella stanza con lei? ».
« La stavo
consolando ».
« Molto realistico. Prima
cerchi di barare nel Bosco Novartopoli e ora… Non capisco come faccia Serena a
fidarsi di te ».
« Non mi credi? Ora Ada è
di là tutta sola. Vai e fai quello che credi, non ho nulla in contrario. Anzi,
avrò più tempo per concentrarmi su come beccare il Fuggitivo ».
« Oh, puoi scommetterci! »
confermò Tierno minaccioso, per quanto minaccioso potesse mostrarsi un Tierno «
Ora andrò di là e le chiederò di venire con me al ballo! ».
Bellocchio, che si stava
avviando al pianterreno, si fermò e lo squadrò « Quale ballo? ».
Giovedì, ore 16.44
«
Quale ballo? ».
« Oh, che meraviglia, non
sono l’unico disinformato della squadra! Grazie, Serena, sai sempre come tirarmi
su di morale ».
Seduto a braccia conserte
su una sedia dell’aula, Bellocchio osservava la ragazza seduta alla sua sinistra
agitarsi inopinatamente nel furore del momento. Dall’altro lato dei due banchi
uniti che avevano accostato per parlare più agevolmente, Calem accanto a Trovato
sorrideva beffardamente « Dai, è un classico. Sul serio non lo sapevi? ».
« Perché, tu sì? ».
« Ovviamente » ribatté
sornione « Elesabeth potrà essere una di poche parole, ma quando parla sa essere
molto chiara. È una tradizione annuale del Liceo, cade sempre la sera della
finale della Coppa di Kalos ».
« E quando contavi di
dircelo? ».
« Onestamente credevo lo
sapeste già. Non è colpa mia se non avete attività sociale al di fuori di “ehi,
chissà se quello là è il Fuggitivo!” ».
Serena alzò le spalle con
disinteresse « Beh, non fa molta differenza, tanto non ci andrò ».
« Hah, contaci! » il
ragazzo alzò l’indice destro e lo mosse da un lato all’altro a mimare un
evidente cenno di diniego « Non se ne parla. Dobbiamo andarci tutti, è tassativo
».
« Ah, davvero? E perché?
».
« Immaginati la scena: tu
non vai al ballo di primavera. Il giorno dopo arriva il caro Justin Bieber a
chiederti perché non sei andata, magari a prenderti in giro per quello,
attirando su di te l’attenzione della classe ».
« Sai che mi importa ».
« Oh, adesso dici così.
Devo ricordarti quanto è regolare la nostra iscrizione a questa scuola? Siamo
talpe che hanno avuto almeno per ora la fortuna di lavorare sottotraccia e non
essere beccate. Non possiamo rischiare di mancare un evento a cui parteciperà
tutto il Liceo, l’ultima cosa che
vogliamo sono altri occhi puntati addosso ».
« Ma, ma… » Serena mugugnò
qualche parola, girandosi poi di scatto verso Bellocchio « E tu non dici niente?
Noi dovremmo… ».
« Mi spiace dirlo ma
stavolta il bimbolin ha ragione. Troppo rischioso non andare ».
« Io, io… Uff » sbuffò
lei, tornando a parlare con Calem « Cos’è questa insistenza, eh? Vuoi
convincermi ad andarci con te per potermelo poi rinfacciare a vita natural
durante? ».
« Con
te? » il giovane scoppiò in una sonora
risata « Ma per piacere, piuttosto inviterei Tierno, sarebbe meno duro da
sopportare e decisamente meno imbarazzante. E comunque perché dovrei quando ho
già l’escamotage perfetto? ».
« Cioè? ».
« Andrò con Shana. Non è
ovvio? ».
Bellocchio inarcò un
sopracciglio « Lo sai che cosa penseranno tutti, giusto? ».
« Sai quanto m’importa.
Agli atti scolastici Shana ha quattordici anni, io diciassette e non siamo
imparentati. Mi sembra un pieno intervallo di compatibilità ».
« Quindi se il pericolo
Calem è scampato… Bellocchio, io… » si interruppe esitante « Che ne dici se
andiamo insieme? ».
« Negativo » rispose
categorico « Sono un professore e tu un’alunna, rischierei di non uscire vivo da
quella sala da ballo. Già me li vedo, i commenti come “Warren Peace, you sick fuck”. Peraltro ai professori è concesso se
lo desiderano di andare da soli, per fare da sorveglianza ».
Serena incrociò le dita e
si mise a tamburellarle sui dorsi delle mani « Allora… Beh, suppongo che potrei
sempre chiedere a Tierno ».
« No, mi spiace. L’ultima
volta che l’ho visto stava andando a chiedere ad Ada di essere la sua
accompagnatrice ».
« Ah, beh, perfetto! ».
La ragazza si chiuse in un
silenzio meditabondo; poi, dal nulla, esclamò «
Trovato! ».
« Trovato cosa? ».
« Io ti ammazzo! Io ti
ammazzo! » Calem balzò verso Bellocchio rovesciando la sua sedia e atterrandolo
« Quella battuta non fa ridere, lo vuoi
capire? Eh? Lo vuoi capire? ».
I due cominciarono ad
azzuffarsi con dubbio impegno. Serena non se ne curò, interpellando il ragazzino
che era rimasto per l’intera conversazione taciturno.
« Tu hai già trovato
qualcuna per il ballo? ».
« Ehm… A dire il vero no…
».
« Allora è perfetto! »
esultò raggiante « Ti andrebbe di andarci con me? ».
« Sì… Sì, non vedo perché
no… » Trovato puntò gli occhi altrove, cercando di evitare il suo sguardo.
Serena emise un risolino
soddisfatto, quindi si ricordò degli altri due ancora impegnati a terra « Ehi,
avete finito? ».
« E comunque… Questa
cravatta… È ridicola! ».
Venerdì, ore 00.52
«
Rilevatore termico, articolo #BD52579783 » commentò Serena
tracciando una linea, l’ennesima, sul catalogo fornito da Trovato « Devo proprio
farlo questo lavoro? ».
« Certamente, è
fondamentale » rispose Bellocchio « Qui vedo una specie di PSS, solo che sembra
diverso dal vostro ».
« Ce l’ho…
Archetipo PSS 5S, #XY24234668. Segnato
».
« Chissà per cosa sta la
S. Forse per Sasso. Oppure per Cinque… ».
L’uomo fece roteare la
luce della torcia in giro per il laboratorio, lungo gli scaffali straripanti di
ampolle e le sudicie scrivanie grigie. La quantità di merce destinata a marcire
in quella fucina futuristica era sconcertante, chi ci lavorava la sfruttava
forse al dieci percento del suo potenziale.
« Che avete trovato voi? »
domandò a un tratto agli altri due topi d’appartamento che li avevano
accompagnati nell’incursione notturna.
« Qui ho trovato una
specie di megafono. Credo sia il #RC83011931, ma potrei sbagliarmi » comunicò
Calem « E poi ci sarebbe una specie di cerchio, non so dire bene cosa sia… ».
« Credo sia quello che
sull’inventario è chiamato Anello,
#XY15786431 » suggerì Ada « Serena, quanto manca? ».
« Un attimo… Dunque,
segnati questi ed escludendo il Prototipo disperso, ci sono tre articoli che
rimangono liberi. I loro nomi sono Dows.
MCHN, Xtransceiver e
Upgrade ».
« Vado a dare un’occhiata
nella prima sala, può essere che ci sia sfuggito qualcosa ».
« Buona idea, Ada… Ehi,
questo cos’è? » l’attenzione di Bellocchio fu attirata da uno spesso plico di
fogli seminascosto dietro una catasta di fiale opache. Serena si avvicinò a sua
volta puntando la pila elettrica su di esso. La prima pagina, quasi
completamente bianca, portava sopra solo una scritta in un font sobrio.
#PT44987708
« L’hai già schedato, per
caso? ».
« Non è il suo
identificativo » replicò la ragazza « #PT44987708 è il codice del Prototipo ».
« Tutti questi numeri mi
ricordano quella volta che ho hackerato il sistema del Centro Pokémon per
scovare sopravvissuti dopo il Lampo. Ah, giorni felici! » preso dalla curiosità
iniziò a sfogliare il fascicolo, srotolando pagine e pagine di calcoli fisici e
ipotesi di funzionamento.
« Sembra… un progetto
dettagliato. Forse lo usavano per lavorare al Prototipo ».
« Questo non ci starà mai
nel mio taccuino » commentò Bellocchio « Il tuo PSS ha una fotocamera decente?
».
« L’idea mi piace »
concordò Serena sfilandolo dalla tasca « Vuoi fotografare le pagine e inviarle a
Trovato ».
« Veramente volevo farmi
un selfie con il dossier, ma anche il tuo piano va bene ».
Una filiera di flash
sgargianti accompagnarono la documentazione di quelle pagine, forse il più
grande successo ottenuto quella notte. In cuor suo ci sperava, di trovare
qualcosa del genere. Rischiare di essere presi per una scorreria senza scopo non
era proprio da lui, che pure amava mettersi in situazioni del genere. Ma se
doveva farlo preferiva avere una ragione: e quella volta, eccezionalmente,
l’aveva trovata.
Crash!
Un fragoroso rumore di
vetro rotto invase la stanza. Tutti si voltarono di scatto verso l’uscita del
Laboratorio D, sita nell’ambiente adiacente. « Resta qui e continua a
fotografare » intimò Bellocchio a Serena prima di correre verso la sorgente del
suono.
Il pavimento davanti alla
porta era disseminato di cocci. Una provetta doveva essere caduta dal banco di
fronte e diverse altre erano sparpagliate su di esso, segno evidente di una
colluttazione. Si precipitò all’esterno, ritrovandosi in un andito oscuro
costellato da laboratori su ambo i lati. In lontananza, nella luce lunare
penetrante attraverso un piccolo corridoio dalle pareti in vetro, avvistò una
figura che correva nella direzione opposta alla sua.
Partì come un razzo al suo
inseguimento, rincorrendola per le corsie labirintiche del Liceo. A un certo
punto, giunto a uno degli infiniti snodi del piano, si scontrò con qualcun altro
proveniente dalla sua sinistra. I due caddero in terra frastornati; appena
ripresosi puntò la torcia che aveva portato con sé sul volto che l’aveva
intralciato, mettendo a fuoco una matassa di ricci fulvi.
« Ada! » sobbalzò
Bellocchio « Dove diamine eri? ».
La ragazza respirava
affannosamente, cercando di riprendersi dalla lunga corsa « Lui mi ha… Mi ha
preso… ».
« L’hai visto in faccia?
».
« Io… Mi spiace,
Bellocchio, era buio… Sono riuscita a malapena a fuggire… ».
« No… Non fa niente,
tranquilla » la consolò « Tu stai bene? ».
« Sì, direi di sì ».
L’uomo alzò gli occhi al
soffitto e sospirò. Era stato tanto preso dalla sua immotivata foga nel
catturare il Fuggitivo che aveva dimenticato qual era il suo vero scopo:
salvarli da lui. Anche avesse effettivamente preso il criminale quella notte, a
nulla sarebbe valso se persino uno solo dei suoi amici… No, meglio non pensarci.
Un veloce rintocco di
passi echeggiò negli androni, facendosi sempre più intenso nel giro di pochi
secondi. Bellocchio si voltò istintivamente illuminando la zona dietro di lui
appena in tempo per scorgere una silhouette ricoperta da un grembiule color
indaco che passava rapidamente lungo l’intersezione colonnata per uscire
attraverso una porta sita sul fianco opposto. Il volto non fu identificato dalla
luce irradiata, ma sicuramente si trattava di un uomo tra i quaranta e i
cinquanta, vista l’andatura goffa.
« Ehi, inseguiamolo! »
esclamò Ada, che tuttavia si fermò di fronte a un gesto evidente dell’uomo a
qualche metro da lei.
« Lascia perdere. Il
nostro amico ha appena commesso un grave errore ».
« Come? ».
« Quel passaggio conduce
all’ala nord, di cui non ho disattivato l’allarme. Si è cacciato in una… Oh, no
».
La realizzazione colpì
Bellocchio proprio quando pensava di aver vinto. Il Fuggitivo non era caduto in
nessuna trappola: si era solo garantito una via di fuga sicura. Perché lui non
era l’unica persona che quella notte non avrebbe dovuto trovarsi lì.
Un assordante allarme
bombardò le loro orecchie. Ada rimase stordita, perdendo completamente il
contatto con la realtà. Non esisteva nulla, solo quel suono assordante che
rivelava la loro posizione. Quando rinvenne dalla catalessi temporanea,
Bellocchio la stava trascinando a forza lungo uno dei corridoi già percorsi,
imbattendosi quindi in Serena e Calem che venivano verso di loro.
« Ah, state bene! »
esclamò l’uomo sollevato.
« Che succede? Credevo
avessi spento gli allarmi! » gli gridò in faccia la ragazza, cercando di
sovrastare il segnale acustico.
« Non tutti. Il nostro
amico lo sapeva e ne ha fatto scattare uno per farci fuggire » spiegò Bellocchio
riprendendo la propria corsa verso le scale. Poi si fermò, scrutò le mani dei
due provenienti dal Laboratorio e constatò « Non avete preso il manuale del
Prototipo. Perfetto, tornerò qui domani sera a finire il lavoro ».
« È inutile » lo gelò
Calem « Il manuale è scomparso ».
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Capitolo 9 *** 1x09 - Istantanee ***
Untitled 1
Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud,
venendo incastrato da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di Kalos
per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si infiltrano
nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia nascosto, in
un tentativo di catturarlo. Qui scoprono che un misterioso oggetto dal nome in
codice di Prototipo è stato sottratto, ragionevolmente dal criminale stesso, e
programmano una visita notturna al laboratorio che lo ospitava. Bellocchio,
Serena, Calem e la loro nuova amica e compagna di stanza Ada penetrano dunque
nel Liceo dove trovano un progetto dettagliato del Prototipo. Non c’è tempo per
riflettere: una misteriosa figura rapisce Ada, che viene poi salvata da
Bellocchio, e attiva gli allarmi costringendoli alla ritirata. Le brutte notizie
non finiscono qui: i documenti, di cui solo una parte è stata inviata a Trovato
per le analisi, sono scomparsi.
Venerdì, ore
08:01
«
I ladri tornano nel Liceo per Allenatori
di Novartopoli, ma questa volta non lasciano segni del loro passaggio.
Fortunatamente, infatti, gli individui che si sono introdotti nella scorsa notte
all'interno del plesso scolastico non hanno sottratto nulla, né hanno compiuto
atti vandalici di alcuna sorta. Questo hanno accertato ieri mattina le autorità
chiamate da alcuni abitanti limitrofi allertati da un allarme: uno o più ignoti
si sono introdotti nell’ala nord, bla, bla, bla…
Le ipotesi che riguarderebbero l’evaso del
Carcere di Luminopoli, ancora a piede libero, si sprecano, bla, bla… Niente,
non parlano di noi » commentò Bellocchio sdraiato sul letto, mentre sorseggiava
del latte e miele da un bicchiere appoggiato su un comodino in abete lì accanto
« Che delusione. Per voi, voglio dire, non sarebbe la prima volta che io finisco
in prima pagina » Detto ciò posò la sua copia de
L’Eco di Novartopoli sul ripiano e
tornò al PSS, intento a seguire le repliche mattutine di
Breaking Bad.
« Già.
Immagino che tu avessi una vita molto avventurosa prima di arrivare qua dal
cielo ».
Bellocchio non rispose, lasciando Serena in una meditazione solitaria mentre
Calem, l’unico altro inquilino della stanza al momento, stava occupando il
bagno.
Si era
chiesta diverse volte cosa facesse il suo amico prima di Kalos. Da quando era
entrato nella sua, di vita, aveva visto nell’ordine una villa infestata, una
bambina posseduta, dei Beedrill che l’avevano quasi uccisa e un rapitore evaso
che si nascondeva in una scuola. Non poteva fare a meno di chiedersi se tutto
ciò fosse nuovo, se in qualche modo lo stupisse. Che per lui fosse divertente
era fuor di dubbio: eppure, pur non annoiandosi, affrontava quelle situazioni
con la sicurezza di chi ha visto di peggio. Di chi ne è esperto. Chissà cosa
sarebbe stato del suo viaggio, una volta che lui fosse tornato alla sua regione
natale.
Un
Calem vestito con l’usuale giacca color indaco varcò la soglia della toilette,
guardandosi attorno sorpreso « Dove sono gli altri? ».
« A
scuola, presumo. Sai, la copertura » rispose Bellocchio sovrappensiero. Il cuore
di Serena saltò un battito.
« A
scuola? Che ore sono? ».
« Le
otto e qualcosa ».
« E
perché tu sei ancora qui? ».
« Che
domande, perché non ho la prima ora oggi. Jem si era concesso il venerdì per
dormire di più » l’uomo alzò lo sguardo, fulminato dalla tempestiva
realizzazione « Ah, aspetta, ma voi… ».
Episodio 1x09
Istantanee
Venerdì, ore
11:15
Driiiiiiiiiiin~
« Una
verifica! A chi è arrivato ieri! Quali
sono le politiche di questo Liceo? ».
«
Dimentichi che siamo in una fan fiction, Calem. Mi sono sorpresa che non ci
fosse ieri, di solito è così ». I corridoi della scuola iniziavano a riempirsi
per l’intervallo quotidiano, affollandosi di studenti esausti.
« Parli
come il Dottor Cravatta ».
Serena
fece spallucce « Beh, qualcuno dovrà pur fare battute senza senso quando non c’è
lui, giusto? ». Detto ciò entrò nell’aula in cui il giorno precedente avevano
portato Ada, vuota come se l’aspettava dal momento che era libera per usi
straordinari come interrogazioni fuori orario: al suo interno c’erano Trovato e
Shana, con il primo curvo sul suo PSS che studiava le poche fotografie che era
riuscita a inviare dal laboratorio.
« Dov’è
Tierno? » domandò la ragazza.
« Che
domande, sarà a fare la fila alle macchinette ».
«
Gentile come al solito, Calem. Che state facendo? ».
Trovato
alzò la testa « Scopriamo a cosa serve il Prototipo, non è ovvio? ».
«
Adesso? » chiese Serena perplessa « Non avete lezione dopo l’intervallo? ».
« No ».
« Che
coincidenza! Anche noi abbiamo un’ora vuota adesso ».
« Non è
una coincidenza » replicò Trovato « È fatto apposta. Le classi in cui ho
inserito tutti hanno le pause sincronizzate, così possiamo parlare meglio ».
« Oh,
brillante! » esclamò lei, causando nel ragazzino un moto d’orgoglio « Che cosa
aspettiamo, allora? ».
« Beh,
aspettiamo Capo Rosso ».
« E chi
sarebbe? ».
La
porta dell’aula si spalancò e Bellocchio entrò di corsa con un bicchiere
traboccante della solita bevanda « Scusate per il ritardo, il microonde era
preso da Craig e dal suo infame the ».
Calem
sghignazzò « Capo Rosso? ».
«
Poverino, non apprezza le citazioni a Guerre Stellari » lo compatì l’uomo con
una pacca sulla spalla « Povero davvero. Allora! Siamo pronti per cominciare? ».
« Beh,
manca Tierno, ma direi che non è una scusa accettabile » convenne Trovato « Ho
esaminato le poche pagine che mi avete inviato, e sono riuscito a ottenere
qualche informazione interessante ».
«
Ovvero? ».
« Beh,
ecco, guardate un attimo sullo schermo… Questa sezione è molto simile a un
oggetto che ho trovato negli archivi, lo chiamano Devonscopio. Nulla di segreto
questa volta, ma pur con qualche ritocco è sicuramente il suo processore quello
che vedo qua ».
«
Devonscopio » ripeté Serena, battendo l’indice sulla tempia « Mi sembra di
averlo già sentito. Cosa fa? ».
Bellocchio anticipò Trovato « Rileva i Pokémon invisibili, un altro modo per
dire Kecleon. Non è uno strumento molto interessante, principalmente perché i
Kecleon sono molto rari ».
« In
effetti non li ho mai sentiti ».
« Pff,
sai che novità ».
«
Ah, ah, molto spiritoso, Calem. C’è
altro? ».
«
Parecchio. Questa sezione qua, per esempio, è presa pari pari da un modello
particolare di Spettrosonda, la 1.8.10. A quanto pare è stata prodotta in una
regione, Kanto, dove i Pokémon di tipo Spettro si sono evoluti in modo tale da
rendersi irriconoscibili agli occhi umani, e la Spettrosonda serve proprio a
identificarli. Notate un trend? ».
«
Riconoscimento di Pokémon che si camuffano » intuì Calem.
Trovato
annuì « Esattamente. Il che è fondamentale per capire ciò che costituisce il
terzo pezzo del Prototipo: un sollecitatore cellulare. A dire il vero non avevo
mai visto nulla del genere in vita mia, ma nelle tue foto era chiamato così.
Trattandosi solo delle prime pagine nessuna delle tre componenti è approfondita,
questo per farvi capire che le mie sono supposizioni ».
«
Arriva al sodo ».
« Le
cellule nei nostri tessuti, e in generale di qualunque essere vivente, sono
tenute insieme da sostanze intercellulari che consentono loro di essere più o
meno stabili. Ciò che fa questo sollecitatore è stimolare proprio le
associazioni di cellule stesse, inducendole a smembrarsi ».
Serena
trasalì, soffocando al contempo i conati di vomito. Trovato le fece segno di
tranquillizzarsi.
« Non
fa quello che pensi, non scioglie le persone. Il tipo di sollecitazione fornita
è estremamente debole, poco più di un solletico per organismi saldi. C’è un caso
però in cui ciò non è verificato: quando un Pokémon usa Trasformazione ».
La
stanza precipitò in un silenzio tombale. Calem, a essere sinceri, aveva intuito
che doveva trattarsi di quello, visti i principi seguiti dal Prototipo; ma
l’idea che un Ditto trasformato potesse essere identificato era comunque
rivoluzionaria « Nel qual caso cosa succede? ».
« Le
cellule ricollocatesi da poco vengono spinte a riprendere la loro conformazione
iniziale. Ditto torna Ditto » Trovato abbassò di nuovo la testa sul PSS,
riprendendo a studiare « Questo è quello che ho scoperto. Sul perché un evaso
dovrebbe volerlo, buio totale ».
« Per
venderlo ».
Tutti
gli occhi furono puntati su Bellocchio, fino a quel momento rimasto taciturno a
braccia congiunte « Mi stavo chiedendo da ieri che senso avesse per un criminale
nascondersi in una scuola anziché, non so, in una casa, magari minacciando i
proprietari ». Inspirò ed espirò, allentando la cravatta che iniziava a
procurargli un fastidioso prurito al collo « Ecco la risposta. Non si sta
nascondendo, si sta pagando il nascondiglio. La sua missione è stata fin da
subito rubare il Prototipo e riuscire a portarlo all’uomo che in cambio gli
fornirà protezione dalle autorità. Qualcuno cerca di identificare Pokémon, ed è
disposto a tutto per farlo ».
Trovato
si batté la mano sulla fronte « Ma certo! ».
« Ehi,
ehi, aspetta un attimo » intervenne Shana « Questo vuol dire che non è più nella
scuola? ».
Bellocchio non rispose, mantenendo lo sguardo meditabondo fisso nel vuoto. Poi
fece dietrofront e uscì dall’aula, sempre senza dire una parola. Troppi pensieri
per la mente, troppi problemi che si affollavano chiedendo ciascuno di essere
esaminato per primo. Era talmente assorto che quasi non si accorse del fatto che
qualcuno di sua conoscenza lo stava attendendo appena fuori. Quasi.
« Ah,
eccoti! Ti ho cercato per tutto l’intervallo! ».
« Oh,
ciao Ada. Dovevi dirmi qualcosa? ».
«
Possiamo dire così » sorrise « Però è meglio parlarne fuori ».
Venerdì, ore
11.21
Tierno
gironzolava ciondolante per il corridoio, un Twix nella mano e una bottiglia di
the alla pesca nell’altra. Stava masticando silenziosamente l’ultima delle
merende che si era accaparrato alle macchinette durante la ricreazione, passando
la lingua sui denti per togliere il caramello che vi si appiccicava sopra.
D’altronde non aveva fatto colazione, ne aveva il pieno diritto.
Giunto
nell’ampio atrio del primo piano si diresse dal lato opposto, dove si trovava
una rampa di scale che percorreva l’intero edificio attraverso ogni piano, a
differenza di alcune che sostavano a livelli alterni.
«
Ah, professor Seacombe! Non si preoccupi,
sarò qui ancora per poco, devo solo controllare lo scheda–– ».
Un
violento rumore, come se qualcosa avesse urtato contro un muro, fece sobbalzare
Tierno. Proveniva da una porta socchiusa dietro di lui che aveva appena
imboccato gli scalini. Si voltò, notando la targhetta apposta su di essa:
Aula professori.
«
Che cos’hai in mente? » domandò una
voce ringhiante dall’interno. Il ragazzo si avvicinò alla stanza, accostandosi
per sbirciare attraverso lo spiraglio di luce. Dentro due individui, uno alto e
slanciato in abiti eleganti e un inserviente più basso in sopravveste blu,
stavano avendo un diverbio. Il primo aveva preso il secondo per il colletto
della maglia e lo stava premendo contro un mobile a cassettoni addossato alla
parete.
« Non…
Io non capisco cosa–– ».
« Credi
che qui siamo tutti stupidi? Che non ci accorgiamo di cosa stai facendo? ».
«
Professore, davvero, io–– ».
Seacombe non lo lasciò finire, sbraitandogli contro « Dal Laboratorio D è
scomparso anche il dossier del Prototipo. Sia questo che il primo furto sono
successi quando tu avevi in custodia
l’ala est. Quanto ci credi deficienti, bastardo? ».
Tierno
avvertì un groppo alla gola quando la voce del bidello, da spaventata e
tremolante, divenne cupa e minacciosa «
Lasciami andare ».
Quindi
afferrò i polsi del suo aggressore e senza battere ciglio li spostò come fossero
di cartapesta. Seacombe, sorpreso e con il respiro pesante, si prese qualche
istante per rendersi conto della situazione. Poi riprese « Stammi bene a
sentire, sappi che staserà ci sarò io stesso. Quindi vedi di non fare scherzi, o
è la volta buona che te ne esci di qui con qualche dente di meno. Non me ne
frega nulla se la polizia ti sta cercando ».
L’altro
uomo, sempre inflessibile, aggiustò il proprio camice e fissò dritto negli occhi
il docente « Con chi credi di stare parlando? ».
Seguì
un breve ma teso silenzio. « Se pensi davvero che io abbia rubato il Prototipo
del laboratorio… E che io sia colui a cui le autorità stanno dando la caccia in
questo preciso momento… » gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio « Forse
la tua prossima mossa dovrebbe essere muoverti con cautela ».
Sibilate quelle parole si avviò verso l’uscita, e i suoi occhi incrociarono per
un istante quelli di Tierno. Il ragazzo scappò giù per le scale con il cuore che
gli rimbalzava nel petto, sperando con tutto se stesso che quell’individuo fosse
stato troppo distratto per accorgersi che li stava spiando. Sempre terrorizzato
e con le mani sudate raggiunse più velocemente che poteva il secondo piano, dove
si trovava l’aula designata per il raduno. Spalancò la porta in preda al panico,
trovandosi di fronte Trovato e Shana seduti mentre parlavano.
« Ma
scusa, allora che differenza c’è tra Ditto e Zoroark se entrambi si trasformano?
Come li distingui? ».
Tierno
rimase ritto davanti a loro aspettandosi di essere quantomeno notato; invece i
due continuavano imperterriti il loro animato dialogo.
« Beh,
Zoroark tende a diventare di più la maschera, diciamo, imita ogni aspetto
dell’oggetto in cui si trasforma ».
« Ah,
capisco… ».
«
Ahem! » si schiarì la voce.
« Oh,
ciao! » esclamò Shana « Perché ci hai messo così tanto? ».
Il
ragazzo prese una sedia e si appostò dal lato opposto della coppia di banchi che
stavano utilizzando « So chi è il fuggitivo ».
A
quelle parole Trovato si fece sfuggire di mano il PSS che cadde sul tavolo con
un tonfo « Come? Nel senso che l’hai visto? ».
«
Esatto. Era nella sala dei professori e stava litigando con qualcuno che
sospettava di lui. Gli ha detto di fare attenzione, o una cosa simile ».
« Wow,
io non… E chi è? ».
« È il
bidello che ha in carica il primo e il terzo piano dell’ala est » proseguì « Non
so se ce l’avete presente, quello bassino col riporto ».
«
Lui? » Trovato sobbalzò, con la sua
amica al seguito, all’annuncio. Poi, come se avesse realizzato qualcosa, annuì «
Ricordo, l’ho visto un paio di volte. Cavolo, avrei dovuto pensarci, era lui ad
avere sotto controllo il laboratorio dove siete stati voi ».
«
Scusate, ma ora che facciamo? » intervenne Shana con una leggera inflessione
ansiosa dettata dall’idea di trovarsi a qualche gradino da un criminale « Lo
diciamo a mio fratello e agli altri? ».
«
Quello è il passo successivo, ma nel frattempo dobbiamo iniziare a pensare a
come comportarci. Se quello che ha detto Bellocchio è vero, se era qui solo per
rubare il Prototipo… potrebbe anche essere l’ultima volta che lo vediamo ».
«
Quindi? ».
«
Quindi serve qualcosa per seguire i suoi spostamenti. Se dovesse riuscire a
sfuggire alla polizia riprenderlo sarebbe un’impresa tanto quanto trovarlo la
prima volta » Trovato fissò il suo PSS, come se dovesse suggerirgli la soluzione
« Denunciarlo ora sulla base della nostra testimonianza sarebbe rischioso
considerando le sue possibili ritorsioni, senza contare che noi non dovremmo
nemmeno essere qui. Dobbiamo agire senza uscire allo scoperto, come ha fatto lui
».
Shana
annuì, poi ebbe un’intuizione « Perché non una cimice? ».
« Una
cimice? ».
« Sì,
una cimice. Sai, come quelle nei film, quelle che segnalano la posizione ».
« Un
segnale triangolare » comprese Trovato « Sì, ma come dovremmo ottenerla? Non
possiamo aspettare e pregare che in un laboratorio che ne sia una ».
« Non
puoi costruirla tu? ».
Il
ragazzo sorrise con una punta di amarezza « Sono un novellino, non so nulla di
ricetrasmittenti. Non saprei nemmeno da dove iniziare ».
« Tu no
» Tierno gli fece eco risoluto. Poi si guardò attorno a braccia conserte « Ma so
chi può farlo. Dov’è Ada? ».
Venerdì, ore
11.16
Dall’interno la fontana del campus del Liceo appariva ben meno imponente di
quando l’aveva adocchiata in quella fatidica notte, quando aveva inseguito Saul
per tutta Novartopoli e ritorno. Il sole mattutino che in quella limpida
giornata vi si rifletteva produceva comunque giochi di luce affascinanti, tanto
che non si sarebbe nemmeno detto che era appena iniziata la primavera. La
campana era appena suonata riportando gli studenti alle loro classi, tuttavia
Ada proseguiva imperterrita la sua marcia sul sentiero di mattoni.
« Non
hai lezione, ora? ».
« La
Barrett ritarda sempre, non è un problema ».
Ponendo
più attenzione mentre seguiva i suoi passi, Bellocchio aveva notato che teneva
sottobraccio un volume con un’etichetta della biblioteca scolastica,
probabilmente preso in prestito per l’occasione. Non ne aveva scorto il titolo,
però.
I due
raggiunsero un muretto di mattoni alto sì e no mezzo metro che circondava i
gorgoglianti giochi d’acqua. Ada vi si sedette sopra, invitando il suo amico a
fare lo stesso, e aprì il tomo sulle sue ginocchia. Erano soli nel giardino
antistante l’edificio e regnava una calma quasi paradisiaca. Bellocchio gettò
uno sguardo sulla pagina aperta, pressoché bianca e occupata da una breve
citazione.
Interrogare il presente non serve a niente. È
al passato che bisogna fare le domande. Senza passato, il presente è solo
disordine.
« Che
cos’è? ».
« L’ho
trovato la scorsa ora. Mi hanno mandata a cercare un libro al quarto piano ed
era vicino a questo ».
Spirava
una fresca brezza campagnola. « E perché l’hai preso? ».
« È una
raccolta di fotografie del secolo scorso » spiegò Ada « Si chiama
1000, perché dentro ce ne sono mille
appunto, raccolte meticolosamente in tutta Kalos ».
« Beh,
affascinante, ma perché mi hai fatto venire qui? ».
La
ragazza iniziò a sfogliare le pagine, fermandosi alla 64: essa era interamente
occupata da un ritratto di coppia a scale di grigi, come diversi se ne erano
scorti nelle istantanee precedenti. Sotto di essa compariva una lunga
didascalia: Foto di matrimonio di Mary
MacIntyre e William Grundy. Flusselles, 6 giugno 1908.
«
Chiamami pazzo, ma continuo a non capire ».
«
Guardali bene ».
Bellocchio si sforzò di concentrarsi sui particolari. Lo sposo, dalla fronte
alta e i baffi a manubrio, indossava sopra la camicia bianca un panciotto
corredato con orologio da taschino, insieme a giacca in cotone e pantaloni di
tela propri del periodo. La sposa, dal tradizionale abito nuziale a collo alto
ornato da una quantità industriale di pizzi e merletti, aveva raccolto i capelli
smossi in una corona sormontata da un fiocco scuro. Nulla di speciale. L’uomo
alzò le spalle, come a dire che proprio non ci arrivava.
« Non
sembriamo noi due? ».
« Come?
».
« Ecco,
guarda lui ad esempio » Ada coprì parte del volto con un indice e medio « Ha il
tuo stesso sguardo ».
Non
guardandosi spesso allo specchio Bellocchio non poté né confermare né smentire.
Tuttavia concordò su una cosa « Effettivamente lei ti assomiglia in un certo
senso. Per l’attaccatura dei capelli, e anche la bocca ha un che di tuo ».
La
ragazza sorrise « Tu pensi che siamo stati imparentati? Del tipo cugini di
chissà quale grado ».
« Beh,
non vedo perché no » ribatté lui condiscendente. 1908, praticamente tre
generazioni, tutto poteva essere. Dovevano essere state delle belle
ramificazioni, però, se lui era finito a Sinnoh. Ciò che era più importante,
però, era che ciò che aveva intuito durante il dialogo con Saul era vero:
serbava qualcosa di Kalos dentro di sé.
Buttò
nuovamente un’occhiata alla fotografia, cogliendo questa volta i dettagli dello
sfondo: oltre le due figure umane si riusciva a intravedere, per quanto sfocata,
una sorta di enorme gemma preziosa stagliata su una scogliera.
« Che
cos’è quella? » domandò indicandola.
Ada
avvicinò la foto agli occhi per osservarla meglio, quindi rispose sicura « La
Meridiana di Fluxopoli ».
Venerdì, ore
17:59
Dom si
deterse il sudore della fronte con uno straccio, rendendosi poi conto che era lo
stesso con cui aveva appena finito di ripulire la lavagna. Lo gettò a terra con
un sobbalzo, rammentando bene la sua allergia al gesso, e il panno ricadde nel
secchio d’acqua sporca ai suoi piedi. Con uno sbuffo si chinò a recuperarlo,
lasciandolo gocciolare sulle scarpe con uno sguardo rassegnato. Chi gliel’aveva
fatto fare, poi.
« Mi
scusi, signore ».
Colto
da un mezzo attacco di cuore, l’inserviente si voltò di scatto trovandosi di
fronte un ragazzino paffuto che lo fissava insistentemente con un paio di occhi
persi. Sospirò sollevato.
« Cosa
c’è? Sto pulendo, non vedi? ».
« Sì,
lo so, volevo ridarle questo ».
Tierno
sfilò la mano da dietro la schiena porgendo all’uomo un drappo di tessuto
violaceo in apparenza alquanto logoro. Dom lo squadrò perplesso, non capendo.
« E
cosa dovrei farmene? ».
« Beh,
usarlo per pulire, no? ».
« Ma se
è più sporco dei banchi ».
« Come?
No! » esclamò Tierno burrascoso « Lo sembra e basta, in realtà è pulitissimo!
Quello è il suo colore naturale! ».
«
Questo piano è la cosa più stupida che abbia mai sentito » bofonchiò Calem con
il naso premuto contro la finestra. Bellocchio, accanto a lui e Trovato nella
stanza, sorvegliava attraverso il vetro ciò che accadeva dal lato opposto
dell’edificio con un binocolo.
« E
abbi un po’ di fede, bimbolin, so quello che faccio ».
«
D’accordo, ripassiamo un attimo, tu vuoi? » lo interrogò polemico « Hai alzato
il riscaldamento della sala in cui si trova il bidello sperando che si
asciugasse la faccia con il suo unico
straccio usato per la lavagna e che quindi per l’allergia lo bagnasse
rendendolo inutilizzabile ».
« Ed è
successo tutto, mi pare. Di che ti lamenti? ».
« Ma è
solo fortuna! Santo cielo, ti rendi conto che non potevi sapere che proprio oggi
sarebbe rimasto senza, vero? ».
Bellocchio rise di gusto « La fortuna non c’entra ».
Proprio
in quell’istante la porta dell’aula si spalancò lasciando entrare un’esausta
Serena. La ragazza, tra un annaspo e l’altro, trascinava dietro di sé un pesante
carrello di plastica ricolmo fino all’orlo di strofinacci dei più svariati
colori. Ebbe a malapena la forza di richiudere l’anta prima di stramazzare al
suolo.
«
Senti… » cominciò trattenendo il fiatone « C’è una ragione particolare…
anf… per cui i lavori pesanti…
anf… devo sempre farli io? ».
Dom,
dopo aver immerso per la quinta volta un lembo dello straccio nel secchio
d’acqua, convenne che era violaceo di natura.
« Va
bene » bofonchiò seccato « Ora puoi lasciarmi in pace? Dovrei lavorare ».
« Okay,
però domani me lo deve restituire… ».
« Io…
Sì, d’accordo, come ti chiami? ».
« Genta
Kojima, della 1C ».
« Gen…
Gem… » il bidello si strofinò i capelli, innervosito dalla calura e dal tono di
voce del ragazzino « Non me lo ricorderò mai ».
« Genta
Kojima! ».
« Genna
Ko… Non me lo ricordo, ho detto! Non puoi venire a riprendertelo tu? ».
« No! »
esclamò Tierno con irriverenza « Ah, aspetti ». Quindi infilò la mano nella
tasca posteriore, estraendone un tesserino plastificato con una sua fototessera
appiccicata sopra « Prenda questo ».
Sull’orlo dell’esaurimento Dom gli strappò dalle mani la carta, esaminandola.
Era il badge riconoscitivo del Liceo « Ma non ti serve? ».
« Tanto
me lo può ridare domattina ».
In
altri casi avrebbe detto di no. Assumersi una responsabilità simile, lui! Se
quei badge andavano perduti si rischiava l’espulsione. Figuriamoci. Ma quel
giorno sembravano tutti coalizzati per mandarlo in esaurimento, quindi accettò.
« Ora
vattene ».
« Ha
messo via la tessera! E andiamo! » Bellocchio lanciò in aria il binocolo,
afferrandolo al volo. Quindi si rivolse a Calem, ancora imbronciato contro la
parete « Qual è il piano stupido, ora? Eh? ».
« Oh,
ma per piacere! Hai solo messo insieme un mucchio di variabili fuori dal tuo
controllo e pregato che ti andasse tutto bene! È stato solo un caso che ti sia
riuscito, lo sai anche tu! ».
« Il
caso non esiste » chiosò il giovane voltando il capo verso Trovato « Allora? ».
Quello,
occhi chini sul suo PSS, osservava soddisfatto un puntino rosso che lampeggiava
sullo schermo « Funziona! Il GPS nel badge sta passando il segnale! Il nostro
fuggitivo non può sfuggirci ».
«
Scusate, fatemi capire bene » intervenne Serena smorzando l’entusiasmo « La
tessera contiene il chip per tracciarlo, giusto? ».
« Sì ».
« E il
nome è falso ».
« Sì ».
« E
allora cosa gli impedirà di buttarla quando avrà capito che lo studente
associato non esiste? ».
Bellocchio sorrise beffardo, inarcando un sopracciglio « Non siamo così
sprovveduti. Abbiamo inserito il nome di Genta Kojima nel database,
nell’archivio degli studenti passati ».
«
Risulta immatricolato dieci anni fa » soggiunse Trovato con orgoglio « Sembrerà
che uno degli addetti abbia sbagliato una cifra all’iscrizione, e dovranno
andare a verificare aula per aula se Genta esiste. La parte migliore è che
nessuno controlla mai quegli archivi, quindi non si accorgeranno dell’intrusione
».
« E
questa parte del piano è dello stesso psicopatico che contava su uno straccio
bagnato per spiare un evaso? » commentò Calem «
Bogo gredibile. Ora cosa dovremmo fare? Voglio dire, dovremo fare
dei turni per evitare che lasci la città, no? ».
« Ada
ci ha già pensato » replicò Bellocchio « Se il nostro amico esce dai confini un
allarme ci avverte. Hai presente quello che a momenti faceva secchi me e Serena
nel nido dei Beedrill? Ecco ».
« Beh,
allora siamo a posto. Credo che andrò a prendere un panino al chiosco qui
vicino, tutti questi sotterfugi mi hanno messo fame ».
«
Ta-ta-ta, bimbolin, tu non vai da
nessuna parte » lo fermò simbolicamente alzando il braccio « Non rischierò che
il mio numero 10 stia male alla vigilia della finale. Ora dritto nel Centro
Pokémon a riposarti, ti voglio carico per domani ».
Venerdì, ore
18:30
Il sole
tramontava indisturbato abbassandosi oltre la linea dei bassi edifici di
Novartopoli, scurendone le silhouette in controluce e ponendo in risalto la
slanciata sagoma del campanile cittadino. Dom era giunto alla fine di un vicolo
cieco stretto fra tre mura. Abbassò lo sguardo osservando un tombino arrugginito
a otto fenditure incastrato nel terreno.
Sfilò
dalla tasca interna della giacca un paio guanti di gomma, corredo dell’arsenale
in dotazione ai bidelli scolastici, e sollevò il pesante coperchio avendo cura
di non produrre rumore. Iniziò a discendere la scaletta sottostante, accendendo
al contempo una piccola torcia. Percorse la lunga galleria in mattoni delle
fognature fino a giungere a una porticina seminascosta.
Dietro
di essa gli si spalancò di fronte il Nido. Dom gettò un’occhiata d’insieme al
quartiere sotterraneo, senza scorgere nessun poliziotto. Mentre percorreva verso
il basso l’impalcatura metallica a chiocciola si accertò dell’ora corrente:
ancora un quarto d’ora al cambio di turno, quando le forze dell’ordine sarebbero
tornate là sotto per l’usuale pattugliamento. Ringraziava ogni minuto che la
burocrazia di Kalos fosse così fallimentare da non riuscire a chiudere baracca e
burattini là sotto di fronte all’evidenza: così aveva tutto il tempo di
nascondersi.
Percorrendo le strade arrivò a una piccola casetta illuminata dai bagliori
giallognoli dei lampioni. Vi entrò circospetto e, una volta barricatosi dentro,
emise un sospiro di sollievo. Affaticato, si tolse la giacca e la posò su un
appendiabiti a muro. Colse il momento per fissarvi anche lo straccio che aveva
ricevuto in prestito, così da ricordarsene.
«
Bentornato » sibilò una voce da un angolo buio del soggiorno.
Dom
sbuffò seccato « Si sta facendo dura ».
« Spero
non ti aspettassi rose e fiori ».
« Oggi
quello scimmione di Seacombe mi ha preso e sbattuto al muro. Sospetta di me ».
« E non
solo lui ».
L’uomo
non rispose, reclinando il capo in segno di confusione. La figura si alzò in
piedi e procedette ciondolante fino a sfiorarlo con una mano. Introdusse
quest’ultima nella tasca posteriore dei pantaloni, estraendone un badge
scolastico in plastica. Quindi alzò l’altra mano, che reggeva un congegno simile
a una pistola segnaprezzi; passò lo strumento sopra l’oggetto due o tre volte
porgendolo poi a Dom.
Questi
esaminò il piccolo schermo sobbalzando: il rilevatore termico aveva evidenziato
una calda macchia arancione sotto l’angolo dedicato alla fototessera. Una spia.
L’inserviente strinse i pugni, sentendo il sangue pulsare nelle sue vene « Quel
bastardo di un ragazzino… Scommetto che l’ha mandato il cavernicolo… ».
« Non è
stato lui ».
« E tu
come lo sai? ».
« Ti
tenevo d’occhio » la figura gli rivolse uno sguardo minaccioso « E non è stato
lui ».
« Oh,
perfetto, quindi qualcun altro lo sa? Come se uno non fosse abbastanza… » Dom si
grattò la testa, prossimo a dare in escandescenza « No, no, no, io non posso più
andare avanti in questo modo. Avrò un giorno, due al massimo, ma prima o poi
avranno le prove, e allora sì che sarò nella… ».
« Non
dovrai aspettare tanto ».
« Come?
». L’uomo avvertì un tuffo al cuore e insieme uno scatto d’ira interno « Che
cosa vorresti dire? ».
« Porta
pazienza, caro il mio codardo, ci avviciniamo alla conclusione » replicò la
sagoma leccandosi le labbra « Presto sarà tutto finito ».
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Capitolo 10 *** 1x10 - Reazioni collaterali ***
Untitled 1
Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud,
venendo incastrato però da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di
Kalos per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si
infiltrano nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia
nascosto, in un tentativo di catturarlo. Nella medesima scuola si aggira anche
Ada, studentessa di Tecnologie Applicate e compagna di stanza del gruppo;
insieme organizzano un'indagine notturna sul furto del Prototipo, misterioso
progetto in grado di riconoscere Pokémon camuffati, e avvistano per un breve
istante il criminale. Il giorno seguente le cose migliorano: Tierno riconosce
nel bidello Dom il loro uomo e i sette riescono a fargli portare con sé un
localizzatore per evitare che fugga. Piccolo problema: anche Dom lo sa. E non è
da solo.
Venerdì, ore
23:32
La
stanza era scura, solo fiocamente illuminata da piccoli faretti incastonati nel
soffitto a specchio. Il sobrio arredamento comprendeva: un lungo tavolo in
mogano cinto in una cornice nera come la pece e protetto da un ripiano di vetro
senza l'ombra di un graffio; cinque sedie in pelle per lato più due ai capi; uno
schermo televisivo pervaso da un filtro azzurrino inquadrato nel muro e
sintonizzato su una frequenza statica; un solitario quadro del tardo ottocento
accantonato in un angolo, per non importunare con la sua grazia un luogo così
tetro.
«
Buonasera, signorina Bryonia ».
«
Buonasera, signor D. ».
L'uomo
si collocò sulla poltrona in preda al nervosismo più invadente. Si trovava al
limitare sinistro del ripiano, invischiato in un incontro cui non avrebbe voluto
partecipare. Di fronte a lui sedeva una procace fanciulla di circa trent'anni
dai corti capelli corvini, vestita come lui in giacca e cravatta per
l'occasione. Per quanto la sua figura lo mettesse in soggezione cercò di
concentrarsi su di lei per non dover pensare al terzo invitato, rigidamente
appollaiato trasversalmente ai due a capo del tavolo.
« Mi
scusi per l'ora tarda, ma si tratta di una questione di massima rilevanza. Ha
portato ciò che le ho chiesto? ».
«
C-certamente » balbettò il signor D., rovesciando sul piano una cascata di
documenti densi di grafici a dispersione e linee di tendenza « Tutto il
necessario. Se non risulto inopportuno, potrei chiedere… perché ne ha bisogno
ora? ».
« Sarò
molto schietto con lei » chiarì Bryonia « Sono sorti alcuni intoppi di natura
aleatoria nel nostro esperimento. Avevamo assoluta emergenza di valutare i
risultati correnti ».
«
Capisco, senz'altro. Se ne avesse necessità possiamo organizzare un secondo
incontro, per spiegarle con maggiore precisione la mia relazione di quanto l'ora
attuale ci consenta… ».
« No,
forse non mi sono spiegata, signor D. » la giovane sospinse via i fogli sul
tavolo con noncuranza « Noi abbiamo bisogno di un responso ora ».
« Ah… »
l'uomo si sentì pugnalato allo stomaco. Aveva perso il sonno e trascurato la
propria famiglia per consegnare quei file in tempo, e ora venivano liquidati
come semplice burocrazia « Beh, un responso di che genere? ».
« La
Cavia ci ha informati oggi che alcuni civili indipendenti stanno indagando sulle
sue azioni ».
Il
signor D. sobbalzò sulla sedia in pelle, avvertendo il proprio cuore aumentare i
battiti « Ciò può essere estremamente pericoloso ».
Bryonia
annuì; ma era un cenno privo di approvazione, una condiscendenza asettica «
Quindi? ».
« Il
mio più caldo suggerimento è terminare subito l'esperimento. Se un incidente
simile dovesse ripetersi o ispirare emulazioni di sorta, manderebbe un fumo sia
questa fase che le successive ».
«
Questo lo sappiamo bene, ma il mio assistito voleva esporle dei dubbi in
proposito ».
«
Lei può garantire di aver raccolto dati adeguati agli scopi che si era prefisso?
».
La voce
cruda e tagliente del terzo invitato perforò le orecchie del signor D. come un
coltello rigirato dritto nei suoi timpani. Per tutto il meeting aveva cercato di
non incontrarne la sagoma ossuta, ma dopo essere stato da lui interrogato non
poteva più esimersi. Gli rivolse uno sguardo timoroso, incontrandone la faccia.
Non gli occhi, non sarebbe stato possibile.
« Io…
Io… Sì, non ho più bisogno della Cavia. Gli esiti sono stati molto… Lasciano
ottime speranze per il futuro della vostra missione ».
« La
nostra missione » lo corresse l'uomo senza volto, lasciando intendere con un
cenno del capo che anche lo studioso era incluso nella sua modifica della frase
« Molto bene, allora. Signorina Bryonia, proceda come crede ».
Episodio 1x10
Reazioni
collaterali
Sabato, ore
20:14
«
Zefane… Attenzione! Campo aperto! Può
andare Gamy che è velocissimo… Gamy… In area di rigore… Gamy… Gamy… PALO! Non è
finita… Mendes… Doppio passo… Mendes la mette in mezzo… E qui forse c'era fallo
di mano di Medimo…! ».
« Per
tutti i sacchi! » imprecò Bellocchio gettando a terra il suo taccuino in preda a
un attacco d'ira. D'istinto si voltò verso il suo vice che, chiuso in giacca e
cravatta, osservava pensieroso la situazione scuotendo la testa. « Che poi chi è
Gamy? » gli domandò.
« Il
numero 19 » rispose Craig.
«
Ehi, 19! La prossima volta che sbagli il golden gol in questo modo ti spedisco
alle cave di Mineropoli a spalare carbone per tutta la vita, mi hai sentito?
» inveì Bellocchio, rivolgendosi poi al resto dei giocatori in campo « Su, su,
niente panico! Dai, dai, dai! Facciamola girare! ».
Lo
Stade de Neuvartault era gremito fino all'orlo e cori assordanti si levavano
dalle due curve: una, trionfante di colori rossoneri, accoglieva i tifosi del
Liceo di Novartopoli, mentre dall'altra parte vi era la massa bianconera in
trasferta da Luminopoli. I due schieramenti erano inchiodati al finire del primo
supplementare sull'1-1 fin dal trentottesimo minuto del secondo tempo, quando un
rigore dubbio finalizzato da Gommi aveva pareggiato i conti aperti al
quattordicesimo da Martin su tiro dalla distanza deviato.
« Ehi,
tu! » gridò a un tratto Bellocchio all'indirizzo della panchina avversaria e del
loro coordinatore « Mi spieghi a che gioco stai giocando? Non è consentito
tenere più di due difensori come centrali, lo sanno tutti! ».
« Ma
ghe gosa sdai digendo! Ma sei agghiaggiande!
».
« E
parla la nostra lingua, che non si capisce niente! » commentò esasperato prima
che il quarto uomo lo riportasse all'ordine. Gettò uno sguardo distratto al
campo di gioco, dove il loro Andrea Béria era pressato troppo stretto per
costruire un'azione produttiva.
« Alla
fine l'hai invitata Silvia al ballo? ».
« Non
credo che questo sia il momento migliore per parlarne, non crede? » denotò Craig
« E poi come fa a sapere che volevo invitarla? Lei mi ha interrotto proprio
quando stavo per chiederglielo ».
«
Niente domande stupide ».
Il
professore sospirò rassegnato « In ogni caso sì, io–– ».
«
Ehi, ehi, arbitro! Quello è rigore! Non fare l'infame, santo cielo, ho già i
miei stessi giocatori a rovinarmi! » lo interruppe Bellocchio inveendo
contro il direttore di gara, che in risposta fischiò una punizione dal limite in
favore del Novartopoli. L'allenatore strapazzò Craig in preda a convulsioni,
riprendendo poi a urlare verso i suoi giocatori « Ehi, ehi! La tira il 21, mi
sono spiegato? Chi prova a prendergli la battuta lo chiudo negli spogliatoi
appena fischia la fine! ».
«
Potrebbe essere l'ultima occasione di questo primo supplementare… I minuti di
recupero sono finiti ora, ma pare che l'arbitro lascerà battere la punizione… Si
prepara Béria, potrebbe provare la maledetta… Ecco il fischio, parte Béria…
Incredibile Vercoutre! ».
« Ma
porco Grumpig! ».
« La
palla resta lì… Rete! Rete! Incredibile! Proprio lui! Non sbaglia! Darvill ha
segnato sulla ribattuta! 2-1 per Novartopoli, e per il golden gol finisce la
partita! Il Liceo di Novartopoli ha vinto la Coppa di Kalos, un trofeo che non
arrivava da… ».
La
sezione di casa dello Stade eruttò in un'esultanza assordante, trascinando con
sé anche giocatori e staff tecnico. Lo speaker dell'impianto imbracciò il
microfono con intensità inusitata « Ha segnato per noi, con il numero 10,
Calem… ».
« …
Darvill! ».
Bellocchio prese a saltare per tutta la panchina, abbracciando il suo allenatore
in seconda; solo dopo, nel mezzo della celebrazione generale, gli venne in mente
di chiedere « Ma poi, chi è questo Darvill? ».
« Il
numero 10! Come fa a non ricordarselo, l'ha messo lei in squadra! ».
L'uomo
assunse un'espressione ancora più confusa, al che Craig rammentò come usava
chiamarlo.
« … Il
bimbolin ».
« Ah! E
dille prima le cose! ».
Sabato, ore 20:28
«
Grandissimi, ragazzi! Ottima partita da parte di tutti! Grande punizione, 21! »
accennò Bellocchio mentre in smoking nero e papillon abbinato passeggiava lungo
il perimetro dello spogliatoio, battendo il cinque con chi capitava e
assaporando il gusto della vittoria mentre fuori risuonavano le fanfare. Finito
il giro di routine alzò la mano in segno di saluto « Ci vediamo al ballo, come
sapete la premiazione si terrà là! ».
Quindi
uscì dalla porta. Non appena iniziò a salire le scale per giungere al corridoio
principale, tuttavia, si scontrò con qualcuno in abito da cocktail che correva
nella sua direzione con la foga di chi fugge per salvarsi la pelle.
« Ah!
Dritto in faccia! ».
«
Bellocchio! » esclamò Serena sollevata « Per fortuna ti ho trovato fuori, avevo
paura di dover entrare ».
« Avrei
avuto paura anche io. Hai seguito la partita? ».
« Sì,
sì, molto bravo, ma abbiamo problemi più incombenti ».
L'uomo
sporse la testa oltre la sagoma della ragazza, controllando chi avesse al
seguito « Non vedo gli altri ».
« Sono
già al ballo per conto loro » si affrettò a spiegare Serena « Non sanno che sono
qui ».
«
Brutto segno ».
«
Pessimo. Il notiziario online del PSS dice che ci sono elicotteri partiti in
serata da Luminopoli ».
Bellocchio rielaborò mentalmente l'informazione « Elicotteri… Devono essere per
il Fuggitivo. Ma per quale ragione? ».
« Non
ne ho idea, hanno abbastanza forze di polizia già a Novartopoli. Forse hanno
paura che fugga » ipotizzò la giovane « Per questo credo dovremmo accertarci che
non lo faccia. Dopotutto possiamo localizzarlo ».
« Dov'è
ora? ».
«
Trovato mi ha prestato il suo PSS, ecco… Vedi, qui c'è il nostro amicone »
proseguì indicando un puntino lampeggiante sulla mappa.
« Non
sembra molto lontano dal Liceo, in linea teorica dovremmo riuscire a
raggiungerlo in tempo » osservò Bellocchio. Quasi nell'istante in cui
pronunciava quelle ultime parole la porta dello spogliatoio si spalancò
nuovamente, aprendo strada a una sfilata di ragazzi in abito elegante che si
dirigevano sul campo per lasciare lo stadio. Tra di essi l'uomo ne individuò uno
in camicia bianca e cravatta che stava tentando in tutti i modi di passare
inosservato.
« Come
siamo eleganti oggi! ».
« Sta
zitto, Dottor… » Calem osservò il suo aguzzino « … Cravattino ».
«
Congratulazioni, sei stato veloce. Purtroppo questo non ti eviterà una corsa
insieme a noi all'inseguimento del fuggitivo ».
A
quelle parole il ragazzo mutò espressione in una più seria « Come? Che sta
succedendo? ».
Sabato, ore 20.44
Era uno
spiazzo, nulla più e nulla meno. Nessun'anima viva in giro, poiché chi aveva
abbandonato lo Stade de Neuvartault si era recato al ballo e non in un largo
isolato della cittadina. Nei paraggi non si notavano nemmeno volanti della
polizia. Serena non si fidava: controllò il PSS quattro, cinque, sei volte, ma
il segnale puntava dritto lì.
« Io…
Io non capisco » balbettò confusa « Dovremmo starlo calpestando proprio ora ».
Bellocchio diede un'occhiata allo schermo: l'indicatore del localizzatore e
quello del loro strumento effettivamente combaciavano alla perfezione. Il posto
era quello.
« Lo
siamo ».
« Che
vorrebbe dire? » domandò Calem.
« Siamo
sopra il nostro amico. Il PSS non sta sbagliando nulla ».
« Ma
davvero? Perché io non vedo nessun criminale in fuga in questo momento ».
« Devi
ampliare gli orizzonti » replicò Bellocchio battendo i tacchi per terra « Chi
stiamo cercando si nasconde sottoterra, nel Nido ».
I due
compagni si batterono la testa quasi all'unisono, sorpresi di non esserci
arrivati. Era ovvio, troppo ovvio, e avevano trascurato l'ipotesi come bambini
inesperti.
Bellocchio non perse tempo e prese da parte Serena, fissandola negli occhi «
Ascoltami bene, devi tornare ora al Liceo ».
« Come?
Adesso? » la ragazza lo scrutò offesa « Credi che sarei d'intralcio? Vuoi
portare lui anziché me? ».
« Il
tuo compito è molto più importante. Guarda l'indicatore, Serena ».
« Non
capisco ».
« È
fermo » evidenziò l'uomo « Quegli elicotteri sono andati sul notiziario, non è
possibile che non ne sia a conoscenza. Perché non sta scappando? ».
« Pensi
che abbia scoperto la spia? ».
«
Anche. Ma penso soprattutto che nessuno resta fermo ad attendere la propria
sorte. Se tu fossi un criminale e fossi a minuti dalla tua cattura certa, che
cosa faresti? ».
« Io…
Io non lo so, forse prenderei… ». Serena afferrò, in un lampo, ciò che il suo
amico aveva già elaborato « … un ostaggio. Sono tutti nella hall, nessuno si
accorgerebbe se un estraneo entrasse! ».
Non vi
fu necessità di altre parole: la ragazza fece inversione di marcia e si
precipitò a perdifiato verso la scuola.
« Ha
cinque minuti » commentò Bellocchio voltandosi verso Calem « Seguimi ».
I due
raggiunsero il tombino più vicino, calandosi nel sistema fognario di Novartopoli
e rintracciando l'accesso più vicino per il quartiere sotterraneo. Con loro
sbigottimento l'intera area era deserta, laddove si sarebbero attesi un
dispiegamento delle forze di polizia allertate per un imminente arresto.
Seguirono il segnale attraverso il labirinto fino a una piccola casupola
apparentemente disabitata, se non per il particolare che era stata barricata
dall'interno.
« Sai
cosa fare, spero ». Il tono di Bellocchio era molto più gutturale del solito, se
ne poteva percepire la gravità.
«
Nessun problema, Dottor Cravattino » replicò Calem con una punta di sarcasmo «
Charmeleon, Nitrocarica! ».
Una
corona di fuoco avvolse la sagoma del Pokémon, che spiccò uno scatto in avanti
sfondando la porta. I due fecero immediata irruzione all'interno dell'abitazione
che, ora fumosa, li mise in stato d'allerta. Una volta che la visuale tornò
ottimale individuarono un uomo imbavagliato e legato a una sedia. Se non era
morto, poco mancava, visto che era sudato e smunto.
Bellocchio gli si avvicinò e gli sfilò la banda che aveva premuta contro la
bocca, consentendo sia la facoltà di parola sia una migliore possibilità di
identificarlo. Era il bidello incriminato, sì. Ma era anche qualcun altro.
«
Saul? » sobbalzò strabuzzando gli occhi.
Il
mineralista si destò in stato confusionario fino a che non riconobbe in chi gli
stava davanti la stessa persona che l'aveva perseguitato tre giorni prima: a
quel punto la paura ebbe la meglio, facendogli produrre un balzo all'indietro e
ribaltando su un lato la sedia cui rimaneva ancorato.
« Come?
» lo interrogò Calem « Credevo si chiamasse Dom ».
« Lo
credevo anche io, non mi ero accorto della somiglianza. Evidentemente era sotto
copertura esattamente come noi » commentò Bellocchio « Allora, come preferisci
che ti chiamiamo? ».
L'uomo,
ansimante, sputò a terra prima di rispondere « Dom è solo uno pseudonimo ».
« Vada
per Saul, allora ».
« Non
capisco, l'hai già incontrato? » domandò il ragazzo.
« Alla
mia prima visita al Nido. È lui che mi ha detto dove si nascondeva il Fuggitivo,
e a quanto pare è stato onesto come proclamava. Si è solo scordato di dirmi che
chi cercavo era lui ».
« Sai
essere davvero ottuso per uno che è pure riuscito a estorcermi qualcosa »
ringhiò l’uomo a terra, contorcendosi tra le corde.
Bellocchio si chinò fino a squadrarlo dritto nelle pupille, senza battere ciglio
« Parole grosse per uno che fino a poche ore fa implorava pietà come un
agnellino. Forse vuoi che ti ricordi perché lo facevi? ».
Saul fu
percorso da un brivido lungo la schiena e, scuotendo la testa come poteva,
abbassò decisamente i toni « No, no, senti, cerchiamo di rimanere civili, dai.
Hai preso il pesce sbagliato, tutto qui, non sono evaso da nessun carcere ».
Calem
scoppiò in una breve risata, avvicinandosi a sua volta al prigioniero « E
immagino che la polizia ti abbia messo la sedia all'angolo perché sei stato un
cattivo bambino, giusto? ».
« La
polizia? Ma di che diamine parlate? È stato il vostro amato fuggitivo a farmi
questo! Sto così da un giorno ormai, mi ha mollato qui con il vostro
trasmettitore del–– ».
Bellocchio inarcò un sopracciglio « Aspetta, vuoi dire che tu conosci quello
vero? ».
« Certo
che lo conosco, santo cielo. Perché credi che mi trovassi nella scuola? Ero il
suo proxy per evitargli di esporsi ».
« E
dov'è ora? ».
« Quale
parte di “sto qui da un giorno” non ti è chiara? » Saul si agitò ancora di più,
in un tentativo di liberarsi, ma constatò che non ne era minimamente in grado.
« È al
ballo, è sicuro » affermò Calem.
« Lo
penso anche io. Ora stammi bene a sentire, Saul, rispondi alla prossima domanda
e ti lascio andare » Bellocchio reclinò il capo, incrociando diagonalmente lo
sguardo dell'interrogato « Chi è il Fuggitivo? ».
« Ma
cosa ne so, io non… ».
« Santo
cielo, dimmi che aspetto ha! Devo trovare il modo di riconoscerlo, non credi? ».
«
Ma secondo te che ne so io dopo un giorno
di tempo che forma ha ora? ».
Sabato, ore 20.46
« Earth angel,
earth angel, will you be mine? My
darling dear… ».
Il
refettorio del Liceo era stato addobbato a festa mediante l'installazione di
filamenti di luci bianche lungo tutto il soffitto, nonché di gruppi di
riflettori multicolore agli angoli. Voci dell'ultimo minuto avevano parlato di
una sfera specchiata, ma si erano rivelate infondate; del resto, l'ambiente era
già così sufficientemente somigliante a una discoteca.
« Oh,
un lento! » esclamò Trovato non appena udì i primi accordi di Earth Angel.
La banda della serata, arroccata in cima alla piramide a gradoni contro la
parete, doveva aver diramato precise direttive agli studenti, perché la pista da
ballo si riempì istantaneamente di decine e decine di coppie.
« I fell for
you, and I knew the vision of your loveliness… ».
Tierno
si asciugò il sudore dalla fronte con la manica della giacca. Bellocchio aveva
impiegato ore a cercare nel suo fantomatico armadio segreto un abito che gli
andasse bene e alla fine l'opzione era caduta su un frac bianco. Sembrava un
Abomasnow, salvo il fatto che stava soccombendo dal caldo.
« Su,
su, su, Tiernooo~ » lo stuzzicò Shana alle spalle « Ada è laggiù sola soletta…
».
« Ma
smettetela! Insomma, vi rendete conto che sarei ridicolo? Non so nemmeno
ballare! ».
«
Guarda il lato positivo » gli fece notare Trovato « Stanno per prendere il
Fuggitivo. Questa gente non la vedrai mai più in vita tua dopo stanotte ».
« Eh,
già… Facile per voi parlare, Serena e Calem vi hanno dato buca ».
« Oh,
ehi, ma chi è quello? Bellocchio… ? Perché sta andando dritto verso Ada? ».
« Cosa?
» Tierno trasalì e, senza pensarci due volte, balzò verso la sua accompagnata
come un felino che insegue la sua preda, rendendosi conto soltanto dopo di
essere stato raggirato. Shana, soddisfatta, ghignò beffarda.
« Oh,
avanti, è molto sleale da parte tua » la riprese Trovato.
« I'm just a
fool, a fool in love with you… ».
Il
ragazzo la raggiunse con il cuore che batteva a mille. Si guardò attorno,
rendendosi conto che se mai c'era stato un Bellocchio in quella stanza si era
dileguato prima di essere a una distanza ragionevole da lei. Strinse il pugno,
sul punto di tornare indietro.
« Ciao,
Tierno! ».
Il
saluto lo colse completamente di sorpresa. Ricambiò incerto, incontrando
l'espressione gentile di Ada. Era un poco più alta di lui, eppure non lo
scrutava con aria di superiorità come sarebbe stato naturale. Ora o mai più.
« Ti
andrebbe di ballare? ».
«
Volentieri! » rispose lei con un risolino. Tierno le offrì la mano, portandola
poi con sé fino alla densa pista ballo, dentro la quale riuscì a fatica a
ritagliarsi uno spazio per loro due.
I primi
passi furono strani. Lui non era in grado di tenere il ritmo, e in più ci si era
messo un fastidioso tremolio alla gamba sinistra. Dopo un po' si era reso conto
che si trattava del suo PSS, ma chi lo chiamava ora, nel momento più importante
della sua vita? Alzò gli occhi incrociando quelli celesti di Ada, e nel terrore
gli parve di scorgervi una traccia di noia.
« Ti
vergogni di me, vero? ».
La sua
cadenza rallentò in risposta al timore, ma non quella di lei. Lei proseguì
imperterrita, rivolgendogli il suo solito, affabile sorriso.
« Se mi
fossi vergognata di te non avrei accettato il tuo invito ».
La
chiamata in arrivo terminò in quell'istante. Tierno lo interpretò come un
segnale, anche se non era ancora certo di cosa; il suo passo si fece più sicuro
di prima, e intorno a sé avvertì ogni altra coppia scomparire: dapprima solo
quelle più vicine, poi lentamente tutta la stanza si era fatta vuota all'interno
della sua mente. C'erano solamente loro due, illuminati da un faro di luce
intensa, che danzavano una canzone doo-wop degli anni '50 senza domandarsi
nemmeno se i loro movimenti fossero giusti o sbagliati, mentre fuori di lì
turbinava l'inferno del mondo.
Un
fragoroso rumore di elicotteri tramutò d'un tratto l'etereo silenzio in un
vociare persistente e angoscioso. La musica si interruppe, così come i balli, e
tutti alzarono il capo al soffitto, come se ciò potesse aiutarli a capire
meglio. Tierno aggrottò la fronte prima di cercare con lo sguardo i suoi amici
mentre il suono proseguiva.
« Ti
chiedo perdono ».
Il
ragazzo si voltò verso Ada, che si era allontanata da lui isolandosi. « Come? ».
Fece
per avvicinarsi a lei, ma ricercando i suoi occhi rassicuranti notò che in essi
si era accesa una luce diversa, più sinistra. La ragazza si piegò ed emise un
urlo, anche se di un urlo aveva ben poco: era un verso animalesco, dalle
tonalità selvagge. Tierno osservò terrorizzato ciò che ne seguì: da ogni punto
della sua pelle iniziò a crescere una peluria scura mentre il volto veniva
orribilmente sfigurato e le orecchie stirate. In neanche un minuto la graziosa
giovane con cui aveva ballato era divenuta una demoniaca volpe bipede.
Trovato
accorse verso Tierno per soccorrerlo, ma quello lo fermò a metà strada. Nel
silenzio generale tese la mano tremante verso la creatura. Non poteva essere,
non dopo ciò che avevano appena trascorso insieme. « A-Ada? » domandò
balbuziente.
«
Zooooooorrrrr~! » ruggì in risposta, questa volta con anche maggiore
violenza. Nel refettorio tuonarono grida di terrore mentre il ballo di primavera
si trasformava in un caos informe. Trovato trascinò indietro Tierno, entrato in
uno stato di catalessi indotta.
« Io…
Io non capisco… ».
« Stai
indietro! » esclamò il primo lanciando la Poké Ball contenente Chespin « Quello
è uno Zoroark, non è più Ada ».
Shana
imitò il suo compagno di viaggio, chiamando in causa Fennekino. I due Pokémon si
schierarono l'uno accanto all'altro, pronti ad attaccare; in risposta Zoroark li
allontanò con i suoi artigli, tenendoli a debita distanza.
«
Presto, usa Braciere! ».
L'attacco andò a segno, scalfendo però a malapena la Mutevolpe. Le sue falangi,
in risposta, furono avvolte da un alone oscuro, preparandosi a scagliare un
Nottesferza. La tecnica si infranse tuttavia contro una barriera invisibile
eretta appena prima.
« Vi
lascio soli un attimo e combinate questo? » esclamò Serena accorrendo in difesa
dei tre ragazzini. La Protezione di Ralts, teletrasportatosi in mezzo tra
Zoroark e la coppia Fennekin-Chespin, andò in frantumi sotto la brutalità del
colpo, ma riuscì comunque ad assorbirlo.
«
Serena! Dove diamine eri finita? ».
« È una
lunga storia. Questo coso da dove salta fuori? ».
Trovato
faticò a trovare le parole adatte « Quella è Ada ».
La
ragazza non ebbe modo di domandare spiegazioni: il suo PSS annunciò una chiamata
in entrata e sul display comparve il nome di Calem. Rispose in preda al
nervosismo e portò lo strumento all'orecchio.
«
Senti, non è per dire, ma hai scelto davvero il momento sbagliato ».
«
Non c'è tempo da perdere, Serena, abbiamo scoperto una cosa fondamentale! ».
«
Riguarda per caso uno Zoroark? ».
Un
ruggito assordò per un attimo i presenti; quindi il Pokémon, un secondo prima
apparso sul punto di attaccare, si dileguò in direzione delle scale che
conducevano ai piani superiori.
« No,
no, no! » inveì Serena, il PSS sempre stretto tra mano e testa, mentre partiva
al suo inseguimento « Karen, con me! ».
«
Ehi, sei sempre lì? Hai parlato di
Zoroark? ».
« Ce
n'è uno, anzi, una che sta andando in giro per il Liceo a fare casino ».
«
Devo dedurre che il Fuggitivo si è
palesato? ».
«
Come? Mi stai dicendo che
Zoroark è il Fuggitivo? ».
«
Parole del Dottor Cravatta, non mie. Ha
detto che sarebbe andato verso il tetto, è vero? ».
Serena,
per quanto a corto di fiato, trovò la forza di analizzare i movimenti di chi le
stava davanti: in effetti saltava lungo la rampa principale, la cui destinazione
finale era proprio quella.
« Dov'è
Bellocchio ora? ».
«
Non ne ho idea, ha detto che stava andando al Laboratorio D! ».
« Il
giorno in cui agirà secondo uno schema logico sarà il giorno della sua morte! ».
La ragazza scorse la targa del piano corrente: terzo. C'erano quasi.
«
Senti, ma toglimi una curiosità, chi era
alla fine il Fuggitivo? Cioè, che forma aveva Zoroark? ».
Quelle
parole le pesarono più di ogni altra cosa in quella serata « Era Ada ».
«
Cosa? ».
Serena
alzò la testa appena in tempo per scorgere la volpe che con un Urtoscuro aveva
divelto l'architrave della porta per il tetto subito dopo averla varcata. La
giovane, in un tentativo di frenare, inciampò in uno dei gradini, finendo con il
ginocchio contro lo spigolo e lasciando inavvertitamente cadere il PSS ancora
acceso giù per la tromba delle scale appena percorse.
Attraverso il minuscolo spiraglio lasciato dalle macerie riuscì a guardare
oltre: il tetto era illuminato da luci a terreno e Zoroark si era fermata
esattamente nel centro, mentre sopra di lei si stavano affollando almeno mezza
dozzina di elicotteri con i fari a loro volta puntati sul Pokémon.
Il
primo pensiero della ragazza fu che avevano vinto. Ma a ripensarci, il loro
obiettivo sapeva che l’avevano ormai rintracciata. Perché si era esposta in quel
modo?
«
Wolf 5, bersaglio agganciato ».
« Qui
Wolf 1, ricevuto » scandì il militare nel microfono della comunicazione interna.
Si sporse oltre i sedili posteriori per parlare al pilota « Prepara il flusso di
contenimento ».
Quello
annuì senza replicare, iniziando a manovrare pulsanti sulla console di comando.
Le eliche del velivolo giravano meccanicamente mantenendoli ad alta quota; il
giovane gettò uno sguardo al radar per tenere sotto controllo gli altri
elicotteri in movimento.
«
Flusso pronto all’uso » annunciò l’aviatore « Appena abbiamo l’autorizzazione
procedo ».
Il
secondo passeggero ghignò mentre prendeva nuovamente in mano il ricevitore «
Wolf 1 alla Base, richiediamo l’autorizzazione per l’impiego del flusso di
contenimento. Il bersaglio è già agganciato ».
Attese
trepidante la replica, ma questa tardava ad arrivare. « Allora? » lo incalzò il
pilota.
« Non
rispondono. Wolf 1 alla Base, ripeto, è richiesta l’autorizzazione per il
resbeam ».
Di
nuovo dall’altro capo del filo si udì solo un rumore statico, come
un’interferenza.
« Come
sarebbe a dire non rispondono? ».
« Anche
il radar è impazzito! È come se qualcosa stesse mandando in tilt la
strumentazione! Il sistema di guida automatica è attivo? ».
« Sto
usando il manuale. Dannazione, questo complica le cose ».
« Ma
scusa, che ti importa dell’autorizzazione? » proruppe irritato il militare «
Usalo e basta, credi che non ce la darebbero? ».
« Non
se ne parla, ci sono procedure da–– che
cosa diamine è quello? ».
Il
giovane si gettò contro il sedile anteriore del velivolo per vedere di persona
dal vetro frontale. Sgranò gli occhi per lo sbigottimento: un’immensa nuvola di
smog nero si stava addensando con velocità e connotati innaturali fino a
chiudere l’intero Liceo sotto una cappa impenetrabile. Una voce amplificata
risuonò per buona parte di Novartopoli, beffarda e determinata.
«
Buonasera a tutti! ».
Quando
quel suono giunse alle sue orecchie, Serena andò d’istinto in giubilo. L’aveva
atteso per molto, forse troppo in quella nottata infernale, ma alla fine era
arrivato. Con rinnovata fiducia premette la guancia contro i frantumi della
porta, individuando una figura che si stava facendo strada sul tetto con
qualcosa in mano.
«
Coraggio, avanti con quel Muro di Fumo! » gridò Bellocchio all’indirizzo di una
sagoma che svolazzava ininterrottamente sopra l’edificio: uno Swellow che stava
trasportando un Charmeleon sul suo dorso, gentile concessione di Calem. Quindi
avvicinò nuovamente la bocca al megafono, rivolgendosi agli elicotteri
fluttuanti « Spero stiate trascorrendo una
piacevole serata! Non vi preoccupate, non è nulla di tossico, ma non vi
suggerirei di andarci dentro: il Supersuono ha messo fuori uso i vostri sistemi
di rilevamento, e non vorrei finire schiacciato dai relitti di un paio di
velivoli poco avveduti! ».
«
Bellocchio! » lo chiamò Serena dall’interno « Che diamine stai facendo? ».
« Il
solito, improvviso! » rispose sorridente «
Voglio solo fare due chiacchiere con Zoroark, se non vi spiace! Vi prometto che
poi potrete averla tutta per voi! ».
« Sei
andato anche oltre le mie aspettative. Congratulazioni ».
Bellocchio si voltò: alla sua sinistra un’affusolata sagoma volpina lo stava
scrutando a qualche metro di distanza. Il suo torace a stento si gonfiava al
ritmo del suo respiro: segno che tante cose poteva essere in quel momento, ma
non nervosa.
«
Quelli sono elicotteri governativi, per caso? » domandò alzando lo sguardo al
cielo.
«
Proprio così ».
« Sarà
divertente vedere che mi faranno dopo ». L’uomo tornò a guardare Zoroark e il
suo consueto sorriso scomparve completamente dal volto. Serena non l’aveva mai
visto così serio, forse nemmeno nel nido dei Beedrill.
« Sai,
devo dire che non ci ero arrivato. Credevo davvero che avessi rubato il
Prototipo per venderlo, magari su commissione. Ma a pensarci bene un mutaforma
non avrebbe potuto agire diversamente ».
Il suo
tono di voce si era fatto notevolmente più grave e la sua espressione più truce.
Non sembrava furia, però; pareva più consapevolezza della situazione. In alto i
velivoli volteggiavano al di là della nuvola nera, costantemente rigenerata da
Charmeleon in groppa a Swellow.
«
Volevi nasconderti nella scuola, e uno strumento in grado di identificarti era
il tuo più grande pericolo. Perché prendere anche il progetto, però? ».
« Per
te ».
« Per
me? ».
Zoroark
annuì « Ho sempre saputo che saresti stato tu a smascherarmi per primo. Nel
progetto si parlava spesso della nostra capacità di trasformarci in esseri
umani. Temevo avrebbe acceso un campanello d'allarme, che avresti capito che il
fuggitivo era un mutaforma ».
Il
ritmo che Bellocchio teneva con le parole era lento ma serrato, senza concedere
una tregua al silenzio « Quel carcere è un carcere per umani. Che cosa ci facevi
là dentro? ».
« L’hai
già intuito, no? Non sono mai stata in quel carcere ».
« E
allora spiegami, perché non capisco. Quanto della storia del fuggitivo è vera?
Perché il governo ha sparso questa voce? ».
« Credi
che ne sappia qualcosa? ».
Bellocchio la scrutò negli occhi e la sua bocca si distorse per un breve attimo
in una smorfia nervosa che ricordava un ghigno bieco e senza emozione.
« Sì ».
« Ehi,
è vero quello che dice? ».
« Sì! »
esclamò esasperato il militare « Troppe interferenze, non vedo gli altri
elicotteri! Se entriamo in quella nuvola rischiamo di non uscirne vivi! ».
« Ma
porca miseria, non riesci a riparare quel radar? » lo esortò il pilota «
Sappiamo che usa le frequenze del Supersuono, dovresti poterle isolare, no? ».
« È
quello che sto facendo, genio, ma non è roba da poco! Questi scanner non sono
esattamente una lavagnetta magnetica, eh! ».
«
Quanto ti ci vuole? ».
« E che
ne so? Ti sembra una cosa che faccio tutti i giorni? » lo attaccò l’uomo mentre
cercava di far stare ferme le mani tremanti « Un minuto, forse qualcosa di più.
È il minimo che posso garantire ».
L’aviatore batté i pugni sulla console dei comandi, furibondo. Bryonia questa
volta l’avrebbe ammazzato di sicuro.
« Ci
sono così tante cose che non sai, Bellocchio. Così tanti dubbi che tieni
nascosti » Zoroark pareva quasi compatirlo con sincerità, senza deriderlo «
Dipende da te, sai? ».
«
Che cosa dipende da me ».
« Il
ritorno delle Guerre di Kalos ».
Il
giovane sussultò « Le Guerre di Kalos sono finite millenni fa ».
Il
Pokémon in risposta gli rivolse uno sguardo ambiguo, una specie di cenno
d’assenso. Bellocchio non riuscì a interpretarlo.
« Sono
stati loro a mandarti, vero? » la interrogò indicando con un braccio gli
elicotteri sopra il Liceo « La polizia non ha messo il minimo impegno nella
cattura, e hai dovuto bloccare personalmente Saul là sotto perché evitasse di
farsi troppe domande. Non vogliono catturarti, o per meglio dire non volevano ».
« Sei
molto perspicace. Avevo ragione a temerti » convenne la volpe « Ma ormai nulla
ha più importanza. Siamo all’epilogo, almeno per me ».
« Dimmi
perché, Zoroark. Perché sei stata mandata qui? ».
« Per
seminare in vista della mietitura. Hanno grandi piani, sai. Verrà il giorno in
cui li scoprirai, e quello » il
Pokémon interruppe per un istante la risposta, ponendo un accento particolare
sulla parola « sarà il giorno in cui tutto cambierà ».
«
Zoroark, non muovere un passo e alza le
mani! Chiunque sia stato a fermarci, allontanati dal fuggitivo e non ti sarà
fatto nulla di male! » gridò qualcuno attraverso un altoparlante. Bellocchio
alzò lo sguardo con un guizzo per guardare fissamente un esercito di velivoli
che si erano fatti strada attraverso il Muro ormai diradato, patchando il
sistema radiorilevatore che aveva provvisoriamente mandato in palla poco prima.
Un faro
luminoso si accese su uno di essi, puntando dritto il Pokémon di fronte a lui.
Mosse qualche passo indietro cercando di assecondarli mentre Zoroark veniva
avvolta in una bolla di contenimento. Riuscì per un ultimo istante a incontrare
i suoi occhi, celesti come quelli di Ada.
«
Addio, Bellocchio » gli disse lei « È stato un onore incontrarti di nuovo ».
Alle
ultime due parole l’uomo sgranò gli occhi in un’espressione di sorpresa mentre
la sfera e il suo prigioniero scomparivano in un lampo di luce. Gli elicotteri,
tanto vicini da fare svolazzare il suo cappotto con gli spostamenti d’aria
causati dalle pale, ripresero quota e si allontanarono in gruppo verso
Luminopoli. Presto tornò la quiete, salvo per i discorsi ovattati degli abitanti
di Novartopoli ai piedi della scuola.
Lassù,
invece, c’era solo Bellocchio, i suoi dubbi e le sue domande; e l’unica creatura
che avrebbe potuto rispondervi si era appena dissolta davanti a lui.
Domenica, ore
10.01
Il
Liceo quella mattina aveva un che di diverso, di più malinconico. Forse era
perché di domenica gli studenti non lo frequentano, lasciandolo alla mercé di
stanchi professori in giacca di tweed. Però c’era dell’altro, qualcosa che
andava al di là della giornata di sole, al di là degli uccellini cinguettanti.
Un malumore di sottofondo, come un disco incastrato su un suono statico appena
percettibile.
Craig
osservò quello strano uomo pervaso da sentimenti contrastanti. Era bizzarro,
intrattabile a volte, difficile stabilire cosa gli passasse per la mente; ma era
trasparente, sincero.
«
Sicuro di non voler restare? Ci farebbe comodo qualcuno per la Supercoppa ».
« La
ringrazio, ma ho fatto il mio tempo qui. E poi il professor Wall non sarebbe
felice di sapere che qualcuno l’ha rimpiazzato ».
« Molto
bene. Allora arrivederci » lo salutò l’uomo con un sorriso e una stretta di
mano. Bellocchio ricambiò la seconda, ma le sue labbra erano inerti. Craig non
lasciò la presa, trattenendolo per un braccio.
« Ehi…
Tutto bene? ».
Il
giovane annuì « Io sto sempre bene ». Quindi si incamminò verso il giardino
della scuola, al centro del quale troneggiava la fontana sfavillante nel
chiarore mattutino. Si attardò, sedendosi infine sul muretto in mattoni
circostante, proprio dove quarantott’ore prima aveva parlato con Ada di
quell’enigmatica raccolta di istantanee d’epoca.
Non era
tanto l’idea che se ne fosse andata a farlo stare male, e nemmeno la
consapevolezza di non sapere perché fosse stata inviata. Niente di tutto ciò:
era il fatto che una vera Ada Delaware non era mai neanche esistita. La ragazza
oppressa dal padre che sognava di diventare una saggista mitologica era solo una
copertura, un’invenzione. L’empatia che provava verso di lei, allora, quella che
cos’era? Un’invenzione anche quella? Era parte dello spettacolo?
Bellocchio alzò lo sguardo stanco per notare una sagoma che veniva verso di lui
in controluce. Anche in quella situazione, comunque, non faticò a riconoscerla:
era Tierno, e sembrava anche più afflitto di lui.
Dapprima non lo guardò in faccia, aspettandosi che a sua volta lo ignorasse;
invece gli si sedette accanto e insieme fissarono gli occhi sull’orizzonte
celato dagli alberi della campagna. Vi furono minuti di silenzio contemplativo,
almeno finché il ragazzino non li interruppe porgendogli un panno logoro. Anche
la sua voce appariva molto più spezzata del solito, meno allegra.
«
Prendi ».
Lo
esaminò: era uno straccio violaceo consumato dall’uso prolungato. « Cos’è? ».
« È
quello che abbiamo usato quando dovevamo spiare il bidello. Tienilo tu, così ti
ricorderai di quel giorno ».
Il
giovane ringraziò con una mezza smorfia e lo ripose nella tasca interna del suo
cappotto. Avrebbe preferito non ricordare, per la verità.
« Ieri
io e Ada abbiamo ballato ».
Bellocchio si sorprese che la chiamasse ancora con il suo nome. Ma comprese che
non era il caso di puntualizzare, anche perché personalmente detestava farlo.
Non osava concepire di essere stato per tutto quel tempo l’oggetto di un
raggiro.
« Com’è
stato? ».
Tierno
sospirò « Non avevo mai ballato prima. Non avevo mai provato nulla di simile
prima ».
L’uomo
espresse un cenno di assenso, senza però dire nulla, anche perché non avrebbe
avuto nulla da dire persino volendo.
«
Secondo te è stato vero? ».
Già,
chissà. Proprio la domanda che si stava facendo lui. Ma la sua risposta era
troppo amara per poterla riferire a un dodicenne speranzoso. Ogni tanto la
verità va sacrificata.
« Mi
chiamo Bellocchio. Ho ventisette anni. Ho viaggiato in lungo e in largo per
regioni sconosciute, e ho incontrato migliaia di persone. E tre giorni fa,
mentre tu origliavi dalla porta della camera il nostro dialogo, mi sono sentito
per la prima volta veramente attaccato a qualcuno ». Alzò la testa al sole per
poi rivolgersi direttamente a Tierno « Come poteva non essere vero? ».
« Lo
penso anche io » concordò lui « Trovato ha detto che Zoroark…
diventa la maschera, mi pare. Credo
voglia dire che imita il personaggio fino a comportarsi come farebbe lui ». Si
interruppe, girandosi a sua volta verso l’interlocutore « Secondo te esiste una
vera Ada, da qualche parte? ».
Bellocchio sorrise all’idea « Magari sì. Da qualche parte, chissà, esiste una
ragazza di nome Ada Delaware che vuole diventare una scrittrice contro la
volontà del padre. È un bel pensiero. Magari un giorno… ».
Si
fermò di colpo. Un campanello era risuonato nella sua mente, flebile eppure
distinto. Un’incongruenza che aveva nascosto. Fin da subito quel nome gli era
sembrato familiare, senza capire per quale ragione.
Anzi,
no, non fin da subito. Non aveva annotato nulla la prima sera, lì Ada era una
ragazza qualunque. La pulce gli era saltata addosso dopo. Dopo…
«
Aspettami qui » ordinò a Tierno prima di correre a perdifiato dentro
all’edificio. Non si prese nemmeno un istante per riposare, temendo che la
soluzione potesse sfuggirgli di mano per l’ennesima volta, come sabbia nel
deserto. Non poteva permetterlo.
Ci sono
giorni speciali. Giorni da ricordare, in cui tutto va come deve andare. E anche
se all’inizio sembra che sia ancora notte fonda, arriva sempre l’istante in cui
un raggio sfiora la pelle dal confine tra cielo e terra rivelando la più
brillante delle aurore. Giorni in cui ci si sente in fiamme, perché ogni cosa
acquista un senso.
Ala
nord, secondo piano, in fondo al corridoio. Bellocchio quasi sfondò la porta
dell’aula vuota per la foga, gettandosi tra i cassetti della scrivania in cerca
di un libro. Infine lo trovò, sfilandolo con la gioia di un bambino ed
esaminandolo attentamente due, tre, dieci volte, per esserne sicuro, prima che
un sorriso si riaccendesse sul suo volto. Perché certi giorni sono tanto
meravigliosi da risultare incredibili finché non ti capaciti della loro
esistenza.
In
certi giorni a tutti è data l’opportunità di sorridere, alla fine.
TRATTEGGI STORICI, VOL. 1
DALLA PREISTORIA ALLA CIVILTÀ ARDECA
di Antoine Delaware
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Capitolo 11 *** 1x11 - La lunga partita ***
Untitled 1
Il quartiere del Centro Pokémon in quella mattina
domenicale era brulicante di credenti che rientravano dopo la messa alle loro
abitazioni. Fortuna voleva che la chiesa locale fosse sita poco distante,
vivacizzando il villaggio normalmente quieto. A ciò contribuivano inoltre
sporadici agenti di polizia intenti a interrogare i cittadini riguardo gli
avvenimenti della notte passata, asciugandosi di tanto in tanto il sudore e
osservando il cielo tinto di un azzurro intenso.
«
D’accordo, ecco, guardate bene la mappa. I giardini qua sopra, li vedete?
Dobbiamo passare di lì per arrivare a Novartopoli » spiegò Trovato tracciando un
cammino con l’indice sulla carta « Li chiamano Jardins Parterre ».
« Bene!
Che stiamo aspettando? Andiamoci, forza! » esclamò Shana eccitata.
« No,
no, no, non se ne parla! ».
I due
si voltarono verso Tierno, che aveva attirato anche l’attenzione di Calem
sdraiato pigramente sul suo letto.
« E
perché no? ».
« È
tutto qui, nella guida turistica J’adore
Kalos!, ovviamente! » sentenziò esibendo un libro spesso cinque centimetri
dalla vivace copertina violacea.
« E
quella dove l’hai presa? » indagò Trovato.
« Me
l’ha data Bellocchio ».
« Io
l’ho già finita » fece capolino la voce del giovane appena menzionato, anch’egli
sul suo letto e intento a scorrere schede del PSS di Serena.
« Per
l’amor del cielo, non esiste che tu l’abbia già letta tutta se l’hai presa
arrivando a Novartopoli » commentò Calem.
« Sono
molto veloce a leggere » replicò Bellocchio lapidario « E ora scusate, pare che
mentre tenevo il mio show al Liceo abbiano trasmesso il finale di
Breaking Bad. Alla fine si scopre che
la timeline parallela era una specie di purgatorio, pare… ».
« E
perché non possiamo andare ai giardini? » riprese Shana « C’è il sole! ».
«
Esatto! Stando al capitolo-due-paragrafo-ventidue della guida, “i
Jardins Parterre offrono un mirabile spettacolo nelle ore notturne, quando la
suggestiva fontana centrale si accende di mille colori attraverso luci sul fondo”
» recitò Tierno tutto d’un fiato.
« Cioè
dovremmo andarci quando fa buio? E in tutto questo tempo che facciamo? ».
«
Visitiamo la città! Stando alla guida in Boulevard St. Jacques c’è il mercato,
oggi! Potremmo comprare… ».
Bellocchio, terminata la lettura della sintesi degli episodi, si alzò in piedi
ignorando le discussioni dei tre e, afferrato il cappotto, scese le scale per
uscire dal Centro Pokémon. Appena fuori, appoggiata a un albero che le faceva
ombra, una ragazza in gonna rossa osservava il paesaggio comunale con occhi
persi. Le si avvicinò, avendo cura di non produrre eccessivo rumore.
« Tutto
bene? ».
Serena
alzò il capo all’orologio del campanile, che segnava le undici in punto. Sotto
la chioma fiorente della pianta il refrigerio trovato era davvero un toccasana «
Tutto bene ».
«
Nervosa? ».
« Un
po’ » annuì « È la mia prima volta ».
Bellocchio sorrise e le cinse le spalle con un braccio, provando a rassicurarla
con la propria calma.
« Ma
sono pronta » aggiunse lei scuotendo la testa in assenso. Inspirò ed espirò
profondamente « Possiamo andare alla Palestra ».
Episodio 1x11
La lunga
partita
La
Palestra di Novartopoli era un raffinato edificio verdeggiante circondato da
alberi di ogni tipo. Sopra un vestibolo architravato campeggiava il logo della
Lega Pokémon di Kalos inciso sul frontone, una variazione di una Poké Ball che
le dava un tocco più dinamico. A differenza di pochi giorni prima ora le porte
erano aperte al pubblico, anche se non si vedeva nessuno nei paraggi.
« Certo
che è proprio… » Serena si fermò, cercando invano un termine migliore « … grande
».
« Ci si
fa l’abitudine, non preoccuparti » commentò Calem « Ah, mi ricordo di quando ho
affrontato questa Palestra. Nove anni fa spaccati, giorno più, giorno meno. Tipo
Normale, non particolarmente difficile ».
Shana
si fece avanti per incoraggiare la sfidante « Coraggio, ce la farai! ».
«
Infatti! » fece eco Trovato « Facciamo il tifo per te! ».
«
Grazie, ragazzi! Siete proprio–– ».
« Su,
su, basta dialoghi filler, sto già dormendo! » Bellocchio, rimasto indietro fra
i suoi pensieri, sorpassò tutti con passo affrettato « Ah, quindi questa è la
Palestra… Beh, da dove vengo io sono un po’ meno megalomani, però… Ehi, e questo
cos’è? ».
La sua
attenzione fu attirata da un colorito manifesto apposto sulla parete frontale
della struttura. Il suo titolo era semplice ma essenziale:
Regolamento. A guardare un attimo più in basso, però, la cosa si
faceva decisamente meno epigrafica: Linee
guida per la partecipazione alla Lega Pokémon di Kalos.
« Sono
le regole » spiegò Calem « Le avrete anche voi a Cravattonia, immagino ».
« Sì,
ma… » Bellocchio scorse i punti del documento come se percepisse qualcosa di
anomalo con un sesto senso tutto suo. Poi sgranò gli occhi e, strappando il
foglio dal muro, esclamò « Ehi! ».
« Ehm…
Non sono sicura che potessi staccarlo… ».
« Ieri
ho ostacolato gli elicotteri governativi, sono già partito con il piede
sbagliato. Leggi qua: “Hanno diritto a
partecipare al biennale Esame della Lega Pokémon di Kalos solo e soltanto i
possessori di almeno sette delle otto medaglie delle Palestre convenzionate
della regione. Di seguito le città…”, eccetera, eccetera ».
Bellocchio osservò gli altri come se si attendesse una reazione. L’unico a
parlare fu però Calem « … e? ».
«
Perché soltanto sette? Da me sono obbligatorie tutte e otto ».
« Beh,
una volta è consentito sbagliare » intervenne Shana « Voglio dire, può capitare
che tu non sconfigga una Palestra ».
« Ma
che senso ha? Tanto si possono affrontare di nuovo. Se sei qualificato vincerai,
no? ».
Di
nuovo un silenzio tombale, di nuovo rotto dal solo Calem « Le Palestre si
affrontano una volta sola ».
«
Come? ».
« Che
vuol dire come? È la normalità ».
« Ma è
una barbarie! » inveì Bellocchio « La maggior parte degli Allenatori sono
ragazzini! Perché dovresti metter loro altra pressione addosso? ».
«
Senti, Dottor Cravatta, la questione è semplice: se non sei portato per
allenare, fai altro » replicò crudamente il ragazzo « Oppure aspetti due anni e
riprovi. Partecipare all’Esame non è cosa da tutti, e nemmeno allenare se è per
questo ».
« È
vero » confermò Trovato « Io per esempio so già di non essere all’altezza delle
Palestre, quindi mi dedicherò a completare il Pokédex ».
Bellocchio fu talmente colpito da quella pratica che per un istante rimase senza
parole. Gli tornò alla mente la reazione di Saul quando aveva scoperto che lui
era un Allenatore, una reazione che adesso acquistava un senso tutto nuovo. A
Kalos allenare era un privilegio, non un diritto. Magari Trovato avrebbe voluto
diventare un Maestro di Pokémon, ma per via di precetti inculcatigli da bambino
si era rassegnato all’impossibilità di ciò. Doveva correggersi: non era una
barbarie, era di più. Era controllo.
« Se
avete finito di litigare io entrerei » li richiamò all’ordine Serena; quindi
varcò la soglia, facendo appello a tutta la sua fibra morale.
L’interno della Palestra somigliava in effetti più a una serra: il soffitto in
vetro lasciava che i raggi del sole nutrissero le piante che vi crescevano, e la
temperatura era considerevolmente più alta di quella primaverile che
caratterizzava Novartopoli in quei giorni. L’unica tangibile differenza era un
ampio campo di battaglia in terra battuta, arena degli scontri che vi si
tenevano.
«
Deduco che abbiamo degli sfidanti? ».
La voce
era rimbalzata da un angolo all'altro della sala, ma Bellocchio e Serena avevano
individuato immediatamente l'origine; l'uno per abitudine, l'altra per
l'acutizzazione dei sensi provocata dal nervosismo del momento. Una sinuosa
silhouette femminile risplendeva nella luce mattutina, una ragazza dai biondi
capelli agghindati a caschetto e una macchina fotografica Reflex appesa al
collo.
« Sì »
scandì Serena, incoraggiata dal suo amico « Vorrei sfidare la Palestra ».
La
Capopalestra si diresse verso di loro con passo cadenzato, quasi stesse
danzando, ma mantenendo un'aura di distacco nei confronti dei presenti.
Bellocchio ebbe l'impressione che si stesse gloriando della sua posizione.
« Molto
piacere, il mio nome è Violetta. Dovrò chiederti di vedere un documento
identificativo » spiegò con un tono che ricordava quello dei controllori degli
autobus. La ragazza lo porse tremante perché lo esaminasse.
«
Serena Williams da Borgo Bozzetto » ripeté leggendo la Capopalestra, alzando e
abbassando gli occhi « Questa è la tua prima Palestra? ».
« Sì ».
«
Allora sarà necessario qualche procedimento burocratico per validare la tua
partecipazione » spiegò Violetta con un sorriso « Seguimi ».
Le due
si allontanarono verso il lato opposto del campo. Bellocchio, che le aveva
tenute sotto il suo attento sguardo fino a quel momento, si girò notando che nel
frattempo gli altri del gruppo si erano riuniti a cerchio tagliandolo fuori.
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« Ehi, scusate… »
disse tentando di aprire un varco nella barriera umana che lo precludeva
« Permesso… ».
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« Ve lo sto
dicendo, non è quella che ho affrontato io in tutti gli anni passati
».
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« Che vuoi dire?
».
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« Scusate… ».
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« Io me la sono
vista con un cinquantenne imbottito di analcolici che ha perso più tempo
a parlare di complotti che a combattere. Di certo non era questa
Violetta ».
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« Potrei
partecipare… ».
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« Quindi i
Capipalestra cambiano? ».
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« Mi pare ovvio,
Shana, non sono eterni ».
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« Mi stai dicendo
che Serena sta facendo un salto nel buio? ».
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La
faccia di Bellocchio sbucò da sotto le loro dopo essersi miracolosamente
infiltrata « Ah-ha! Eccomi! Dicevamo? ».
«
Molto bene! » annunciò Violetta ritornando con Serena dal retrobottega. Il
circolo di amici si smembrò così com'era nato, lasciando Bellocchio nel
disappunto di un trionfo futile.
La
Capopalestra proseguì « Poiché questa è una sfida ufficiale, dovrò chiedervi di
allontanarvi dal campo. Come potete notare la Palestra è sviluppata su due
piani, quindi vi invito a recarvi al corridoio superiore se volete seguire il
combattimento ». Dunque si rivolse a Serena, silenziosa come per tutto il tempo
« Prendi pure posto da quel lato. La battaglia sta per cominciare ».
La
giovane iniziò a camminare lentamente verso la sua destinazione, un rettangolo
contornato da segni bianchi come il latte, cercando di mantenere il controllo
sulla sua respirazione. Avvertiva una fitta persistente al palmo della mano
sinistra, una peculiarità che aveva fin da bambina e che si manifestava ogni
volta che era davvero tesa. Quella volta, però, probabilmente le batteva tutte.
Più di ogni altra volta, un mantra le martellava la testa:
vincere.
« Sei
pronta? ».
La voce
di Violetta echeggiò irrealmente nella sua mente, come se non fosse diretta a
lei ma a qualcuno di lontano. E invece era il suo momento, era la sua ora.
Serena Williams, Allenatrice di Pokémon. Quante notti aveva sognato quelle
parole così accostate, e finalmente era realtà. Gettò uno sguardo al medagliere
appena ricevuto. Vincere.
« Sì! »
esclamò con un sorriso determinato.
« Così
mi piaci! » le gridò di rimando la Capopalestra « Visto che è la tua prima volta
ti sarà concesso un handicap: due Pokémon te, uno io ».
Handicap. Favoritismo. Una parola che
suonava malissimo. Anche avesse potuto, non avrebbe accettato. Ma non poteva. «
Ho un solo Pokémon » replicò Serena stringendo tra le mani la Poké Ball di
Karen.
Violetta, pur sorpresa, accettò e adattò le regole « Uno contro uno secco,
allora. Al mio tre. Uno, due… ».
Le due
allenatrici lanciarono le proprie sfere. Dal lato di Serena si materializzò
Ralts come al solito, mentre dall'altro fu schierata una farfalla celeste dalle
lunghe antenne e alta circa un metro.
« Ehi,
e quello cos'è? » sobbalzò Bellocchio « Un'altra mutazione! ».
«
Vivillon » replicò Calem, appoggiato con il gomito al corrimano del matroneo «
Nulla di speciale, l'unica particolarità è che cambia il colore delle ali a
seconda della zona in cui vive ».
Trovato
e Tierno non distoglievano gli occhi dal terreno di scontro. Shana si concesse
invece una pausa « Quindi ora è una Palestra di tipo Coleottero? ».
« Pare
di sì ».
«
Ralts? » domandò Violetta con un cenno di arroganza « Potenzialmente molto forte
in futuro, ma non è rischioso usarlo a questo stadio per una lotta in Palestra?
».
«
Questa l'ho già sentita » liquidò Serena « Vedrai che vincerò anche con lei! E
ora fai la tua mossa! ».
« Sei
una orgogliosa, vero? » rise la donna incrociando le braccia « Una di quelle che
vogliono vincere a prescindere dall'avversario. L'ho visto da come tieni a
questa partita ».
« E
cosa c'è di male? È lo scopo di un'Allenatrice! ».
« Solo
quello? ».
« La
smettiamo di perdere tempo? Fai la tua mossa! ».
« L'ho
già fatta ».
Serena,
e per estensione gli spettatori, sgranarono gli occhi spiazzati. Non aveva
ordinato nessun attacco, e Vivillon non si era mosso. Aveva passato il tempo a
volteggiare per aria, sbattendo le sue ali e attendendo un comando.
Oppure
non lo stava attendendo? Forse lo stava eseguendo?
«
Lezione numero uno della tua prima sfida in Palestra » scandì Violetta piena di
sé « Mai distogliere gli occhi dall'avversario ».
« Che
mossa ha usato? ».
«
Eledanza. Migliora le tecniche speciali offensive e difensive, nonché la
velocità del mio Pokémon ».
Tecniche speciali offensive e difensive, il che corrispondeva al Calmamente di
Karen. Ma la velocità, quella lei non la poteva superare. Non poteva perdere
altro tempo. « Vai, usa Confusione! ».
Vivillon provò a evitare l'attacco con uno scatto in rapidità verso l'alto, ma
il flusso violaceo di energia collassò sul bersaglio come stabilito. La farfalla
però non ne risentì, incassando senza problemi.
Serena
ricordò della sfida contro Shana di qualche giorno prima, a Rio Acquerello:
anche in quella occasione i suoi attacchi contro Fennekin si erano rivelati
inefficaci. Ma quello era Schermoluce, destinato a svanire; in questo caso
l'effetto dell'Eledanza era permanente. Doveva variare la tattica.
Gli
occhi di Karen da sotto il casco incrociarono per un istante quelli di Serena, e
il suo corpo fu avvolto da un alone rosa.
«
Confusione di nuovo, avanti! Non diamogli tregua! ».
Bellocchio e Calem erano concentrati al massimo sulla sfida, molto meno
intuitiva di quanto si sarebbero attesi. Si erano parlati sporadicamente, i
cinque del gruppo, e loro due in particolare; ma tutti concordavano su un fatto:
quella non era una battaglia da esordiente. Violetta aveva altro in mente, o non
avrebbe iniziato con una delle tecniche più micidiali possibili.
Tuttavia, Shana a parte, ricordavano bene l'exploit di Serena contro Fennekino.
Se la Capopalestra voleva giocare duro aveva scelto la sfidante giusta per
farlo.
«
Abbiamo subito abbastanza, Vivillon. Usa Entomoblocco! ».
Il
Pokémon partì verso Ralts a tutta velocità, avvolto da una sfera color erba, e
la tramortì facendola ruzzolare all'indietro senza nemmeno fare contatto, tanta
era l'energia che aveva scatenato. Karen si rimise in piedi a fatica, apparendo
notevolmente fiaccata.
Serena
strinse i denti. Tutte le sue Confusioni erano andate a segno, ma Vivillon aveva
retto senza problemi, e sospettava che Violetta avesse fatto ricorso a qualche
Eledanza ulteriore. Non poteva cedere ora.
« Sei
ancora convinta che un Ralts sia sufficiente per vincere? » domandò la
Capopalestra. Non c'era tanto cattiveria nella sua voce quanto volontà di fare
crescere la sua avversaria. Non era un professoressa arrogante, bensì una
maestra severa. Serena non rispose.
« Molto
bene » annuì Violetta « Possiamo chiuderla qui, direi. Vivillon, usa ancora
Entomoblocco! ».
Nuovamente il suo Pokémon produsse la sfera energetica necessaria. Quell'attacco
sarebbe con ogni probabilità stato l'ultimo se Serena non avesse reagito. Ma non
bastava reagire, non in uno scontro in Palestra. Non doveva semplicemente
salvare l'onore: doveva vincere. Per fortuna, lei aveva un'idea chiara in testa.
« Non è
presuntuoso da parte tua credere di aver vinto? » le gridò con un sorriso
ritrovato « Karen, usa Doppioteam! ».
Vivillon si arrestò. Di fronte ai suoi neri occhi compositi la piccola creatura
si moltiplicò fino a riempire l'intero campo di sue copie che fluttuavano nella
stanza. Quasi a sbeffeggiare il nemico, ognuna delle illusioni produceva
l'esatto verso dell'originale, saturando l'aria di un coro leggiadro di voci
infantili e producendo una sorta di parodia grottesca dell'Eledanza.
« Oh!
Così si fa! » esclamò Shana agitando la mano all'indirizzo
dell'Allenatrice « Vai, Serena! ».
« Ralts
potrà pure essere debole, ma lo sta sfruttando al massimo » convenne Trovato «
Per me ora la vince ».
I due
si voltarono verso Bellocchio, che si grattava pensierosamente il mento come se
avesse notato una falla.
«
Qualcosa non va? ».
«
Apparentemente no » replicò lui « Ma non capisco perché Violetta stia sorridendo
».
«
Allora? Che cosa hai intenzione di fare? » la provocò Serena.
La
Capopalestra cercava di nascondere quel ghigno poco professionale « Ti è
familiare il concetto di Abilità? ».
« Che
cosa sarebbe? ».
«
Un'Abilità è una caratteristica di un particolare Pokémon, una sorta di potere
speciale. È parte delle informazioni trasportate dai suoi geni, una combinazione
particolare di filamenti di DNA » spiegò « Ogni Pokémon generalmente presenta
un'Abilità da un parco di due o tre, e ciò gli conferisce poteri speciali ».
« Non
voglio la lezione, grazie, vai al punto » la interruppe seccamente Serena, che
quando combatteva assumeva un'impazienza non sua.
« Il
mio Vivillon possiede il gene Insettocchi, il che significa che la sua vista è
perfetta » proseguì Violetta « Se non ci fossi già arrivata, questo vuol dire
che sa esattamente qual è il vero Ralts. Vai, usa Entomoblocco! ».
A
Serena si mozzò il fiato, e come a lei anche agli spettatori, mentre la farfalla
si illuminava nuovamente per dirigersi verso una delle copie: l'originale, come
Violetta aveva annunciato. Non c'era tempo da perdere, era il momento del Piano
B.
«
Karen, Ondasana! ».
Attorno
al Pokémon si produsse una bolla rosea un istante prima dell'assalto di
Vivillon. Nella collisione tutti i cloni si dissolsero e Ralts fu sbalzato
all'indietro, resistendo però per un soffio all'attacco avversario. Ansimava, ma
quantomeno era ancora in grado di combattere.
Calem
si sorprese per la prima volta nel match « Non ci credo! Non ci avrei scommesso
nulla! ».
«
Evvai! » esclamò Tierno battendo i pugni contro il muro « Che poi, cos'è
Ondasana? ».
« Una
tecnica curativa » spiegò Bellocchio « Curioso però, teoricamente non sarebbe
dovuta bastare. È come se l'Entomoblocco si fosse indebolito ».
« Molto
ben giocata, congratulazioni. Ma non puoi puntare a resistere in eterno, e
sappiamo entrambe che Entomoblocco indebolisce le mosse speciali di Ralts » Violetta
incrociò le braccia « Hai intenzione di fare qualcosa? ».
« Chi
ha detto che non l'abbia già fatta? ».
La
Capopalestra sussultò a quelle parole « Come? ».
Serena
sorrise con soddisfazione « So imparare dal mio avversario, sai? O credevi di
essere l'unica capace di usare potenziamenti sottotraccia? ».
« Vuoi
dire che… ? ».
«
Calmamente » la anticipò la ragazza «
Karen l'ha impiegato per tutto questo tempo. Il che non solo significa che è
messa molto meglio di quanto credevi, ma che ora può passare al contrattacco ».
Violetta batté le mani « Davvero niente male per un'esordiente. Questo non vuol
dire comunque che ti lascerò vincere ».
«
Voglio vedere come mi fermerai. Karen non ha sbagliato un colpo, e ti garantisco
che non fallirà questo » proruppe la sfidante con decisione « Vai, usa
Veicolaforza! ».
Ralts
fu circondato da una fascia luccicante che a poco a poco si accumulò in una
singola sfera che fluttuava tra le sue mani, carica di tutti i Calmamente
prodotti nel corso dello scontro. Concentrandosi al massimo, si preparò a
scagliarla.
«
Vivillon, Doppioteam! ».
Le mani
di Serena caddero lungo i fianchi nello sconforto. Aveva vagliato molte ipotesi,
ma aveva scordato quella più ovvia: così come lei aveva preso in prestito la
tattica di Viola, ora quest'ultima la stava ripagando con la sua stessa moneta.
Sotto i suoi occhi centinaia di lepidotteri celesti avevano infestato la
Palestra e ora svolazzavano senza sosta nell'aria.
Provò a
calcolare le probabilità di scegliere quello giusto, ma erano infinitesime. Quel
che era peggio era che non avrebbe avuto una seconda possibilità: nell'istante
in cui Veicolaforza fosse partito verso una delle illusioni, il vero Vivillon
avrebbe attaccato a sua volta annichilendo quel che restava di Karen. Si voltò,
incontrando gli sguardi tesi di Calem e Bellocchio e quelli ansiosi dei tre
bambini, ancora immobili sul matroneo. Nemmeno loro ci credevano, e come
biasimarli.
La
prima Palestra, e già si stava per giocare la sua unica sconfitta concessa.
Forse non era nata per essere un'Allenatrice. Aveva atteso inutilmente.
Ma non
poteva darsi per vinta, questo no. La probabilità era bassa, ma doveva provare.
Si concentrò sulle farfalle che aleggiavano, provando a individuare quella vera.
Beh, quella là, che gironzolava attorno a una chioma d’albero, quella le
sembrava diversa, più naturale. Forse era la sua immaginazione, ma era l'ultima
speranza che le restava. Si fece coraggio.
«
Karen, attacc–– ».
« Mi
arrendo » dichiarò Violetta.
Quelle
due parole la colpirono gelide come una stalattite che cade dal soffitto. Il
cuore saltò un battito, il fiato fu mozzato e la bocca rimase socchiusa in un
ordine interrotto. Mi arrendo.
Le
copie di Vivillon si dissolsero, compresa quella che Serena era precedentemente
intenzionata ad attaccare. L'originale era da tutt'altra parte, mimetizzato alla
perfezione, e la osservava con i suoi occhi di ghiaccio. Avrebbe perso. Aveva
perso.
«
Congratulazioni, ti sei guadagnata la Medaglia Insetto » si complimentò Violetta
venendole incontro. Frattanto la raggiunsero anche i suoi sostenitori, a parte
Bellocchio che era rimasto immobile e meditabondo sul posto, un po' come lei. La
Capopalestra le porse uno stemma, ma lei lo allontanò con una mano.
«
Perché ti sei arresa? Avevi vinto ».
« Sei
riuscita a mettermi in difficoltà con un Pokémon nettamente svantaggiato »
spiegò « Parte del nostro lavoro è anche valutare le potenzialità di un
Allenatore, specie se questo Allenatore è un esordiente ».
« Ma
io… ». Serena faticava ad esprimere le sue sensazioni, perché non era certa di
comprenderle nemmeno lei. Sapeva solo che non voleva accettare quel premio « Io
stavo attaccando il Vivillon sbagliato. Io ho perso ».
« A
volte vincere non è l'unica cosa che conta. A volte crescere è più importante »
Violetta le regalò un sorriso accennato che scomparve subito dal suo volto «
Adesso accetta la Medaglia, ci sono altri sfidanti che potrebbero necessitare la
mia presenza ».
La
ragazza le mise di forza in mano il piccolo frammento di metallo per poi
allontanarsi verso il computer a cui l'aveva condotta prima, accompagnando il
tutto con un eloquente gesto che la invitava ad andarsene.
Sempre
lo stesso albero, quello di fronte al Centro Pokémon. Otto ore prima o giù di lì
era un'Allenatrice nervosa per la sua prima lotta ufficiale in Palestra; ora di
lei era rimasta solo una ragazza sconsolata e pallida, perseguitata da una
Medaglia conquistata immeritatamente.
Se la
stava rigirando tra le mani proprio in quel momento, ammirandone i riflessi
scatenati dalla luce arancione del tramonto incipiente, quando intravide i suoi
amici che tornavano dal mercato di Boulevard St. Jacques. Lei non aveva voluto
accompagnarli ed era rimasta nel Centro per il resto della giornata uscendo solo
pochi minuti prima per una boccata d'aria. Bellocchio le aveva tenuto compagnia,
per modo di dire, mentre seguiva in differita il tanto decantato finale di serie
di Breaking Bad.
Trovato
si staccò dal gruppo, lasciando al già carico Tierno i suoi sacchetti, per
recarsi a parlarle. Non esordì, per la verità, nel migliore dei modi « Tra poco
andiamo ai Jardins Parterre. Appena tramonta il sole ». Serena annuì distratta.
« Sei
ancora triste per la Palestra? » le domandò, pur conoscendo già la risposta «
Guarda che Violetta ha ragione, te la sei meritata ».
« Non è
quello » si affrettò a rispondere lei, in un tono per la verità poco convincente
« È che… Insomma, non voglio avere favoritismi. Sono stanca di gente che pensa
che non ce la possa fare da sola ».
« Beh,
se permetti, a me sembra che tu ce l'abbia fatta eccome! » le fece notare
Trovato « Insomma, l'hai sentita, no? Ralts è più debole rispetto a Vivillon,
eppure è riuscita a batterti per il rotto della cuffia! Chi ha colmato la
differenza, se non tu? ».
Serena
sorrise a metà, ma non accettava scusanti « Questa sarà la Palestra Zero. D'ora
in poi basta bonus. Ho imparato la lezione, Ralts da solo non basta. Devo
ampliare la mia squadra se voglio essere una grande Allenatrice ».
« E
quindi che hai intenzione di fare? ».
« Beh,
il Capopalestra corrente di Luminopoli è Lem, tipo Elettro, almeno se Bellocchio
ha detto la verità » pensò a voce alta la giovane « Proverò a catturare qualcuno
che sia avvantaggiato nei Jardins ».
«
Quindi vuoi affrontare Lem? » la interrogò con una punta di ironia una nota voce
non molto distante. Dalla siepe che circondava l'edificio spuntò fuori Calem,
assente ingiustificato da appena dopo la Palestra.
« È il
più vicino, non vedo perché no ».
Il
ragazzo emise una risata sommessa « Buona fortuna, è ritenuto uno dei
Capipalestra più abili di tutta Kalos. Personalmente non l'ho ancora affrontato,
ho deciso di tenerlo per ultimo ».
Serena
non fiatò, mugugnando mentalmente insulti più o meno pesanti rivolti a colui che
le stava di fronte. Se prima aveva parlato di persone che la sminuivano, lui era
senz'altro in cima alla lista.
« Ma
sai » proseguì senza degnarla di uno sguardo « Forse potresti persino farcela.
Te la sei cavata bene contro Violetta ».
Senza
sorridere rientrò nel Centro. Probabilmente non lo considerava un complimento,
un termine che significa esaltare le capacità di qualcuno. Era più una
constatazione, una sottolineatura della realtà; e Calem non si poneva problemi a
farne, anche verso chi considerava suo rivale.
Violetta infilò la chiave nella toppa sotto il quadro elettronico che regolava
le porte scorrevoli della Palestra e la ruotò verso destra, serrando lo stabile.
Era stata una giornata poco impegnativa, solo tre sfidanti. Alzò lo sguardo al
sole che si apprestava a chiudere il suo viaggio attraverso Novartopoli, poi lo
diresse verso sinistra in corrispondenza di un rumore di passi. Non molto
distante, un uomo stava avanzando verso di lei.
« Mi
spiace, l'orario per gli incontri è terminato. Dovrai ripassare domani ».
« Non
voglio sfidare nessuno » replicò lui divertito.
Come si
fece più vicino, a Violetta parve di riconoscerlo « Ci siamo già incontrati? ».
« Non
mi aspettavo si ricordasse di me. Ero tra gli spettatori di Serena Williams,
stamane ».
« No,
no, non per quello… Ah, il Liceo! » rammentò d'improvviso « Lei era quello sul
tetto, giusto? Un paio di filmati amatoriali l'hanno inquadrata ».
« Anche
» confermò Bellocchio.
« E
perché si trova qui? ».
« Dopo
lo scontro di oggi, quello con Serena, sono rimasto confuso. Sentivo che c'era
qualcosa che non mi tornava, qualcosa di molto atipico nel modo in cui si era
svolto » l'uomo infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, sotto il cappotto «
Poi ho capito. Vivillon è un Pokémon estremamente veloce, se la può giocare con
chiunque. A volte faticavo personalmente a seguirne i movimenti. Eppure mai una
volta, nemmeno una, un colpo di Ralts ha mancato il bersaglio. Sono andati
tutti a segno ».
« Può
capitare » commentò Violetta alzando le spalle « Statisticamente improbabile, ma
non certo impossibile ».
« Oh,
certamente. Ma vede, io ho una teoria migliore » riprese Bellocchio « Lei ha
familiarità con l'abilità Traccia? ».
La
Capopalestra si irrigidì, come colta da un brivido. Un sogghigno percorse il
volto di Bellocchio: aveva fatto centro.
« Un
Pokémon con il gene di Traccia si adatta al suo avversario, copiandone
l'Abilità. Ralts in quel momento aveva imitato il gene di Insettocchi, che
aumenta la precisione dell'utilizzatore. Per questo non ha mai fallito,
esattamente com'è stato per Vivillon ».
« È un
punto di vista interessante, devo dargliene atto. Non ci avevo pensato ».
« Ah,
invece io credo che ci avesse pensato eccome » la corresse Bellocchio « Ed è per
questa ragione che si è arresa, non per gentilezza. Perché esattamente come
Vivillon sapeva qual era il vero Ralts, così Ralts sapeva qual era il vero
Vivillon. Se Serena avesse dichiarato l'attacco lei avrebbe perso ».
Violetta sorrise, colta con le mani nel sacco « Molto ben arguito. Dovrebbe
intraprendere la carriera di detective, farebbe faville ».
« Ho i
miei momenti » rispose gelido « Però non ho risolto tutti i miei dubbi. Perché
ha deciso di arrendersi? ».
«
Perché Serena è un'esordiente. Se non si imparano certe cose adesso, si rischia
di non impararle più ».
« Quali
cose? ».
« Che
abituarsi alla vittoria è pericoloso. Si rischia di perdere confidenza con la
sconfitta, e di non sapere come affrontarla veramente » spiegò la Capopalestra
con la calma più totale « Ora mi scusi, il mio fidanzato mi aspetta a casa ».
La
ragazza si incamminò lungo la stradicciola sterrata che conduceva al centro di
Novartopoli con una tracolla nera in spalla. Bellocchio ne squadrò l'andatura,
lenta e spensierata.
« Io so
come affrontare una sconfitta » le disse. Non seppe nemmeno capire per quale
ragione, gli era uscito spontaneo.
Violetta si fermò senza girarsi, ma il giovane presunse che dietro la nuca
stesse celando un'ingenua espressione di perplessità. « Perché ha pensato che mi
riferissi a lei? » gli domandò prima di scomparire dietro l'angolo.
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Capitolo 12 *** 1x12 - L'ultima notte ***
Untitled 1
« No, no, dannazione! » esclamò Desmond come il primo
flash della sirena rosso fuoco che pendeva dal soffitto comparve annunciandone
lo scatto. Gettò il suo camice bianco sulla sedia girevole e si precipitò fuori
dal laboratorio, finendo dritto sopra un labirinto di scalette e ponteggi
metallici che tremavano al passaggio. Guardò in alto, dove la struttura
metallica si ergeva per metri e metri fornendo l'accesso a decine di uffici
privati. Quasi tutti i suoi colleghi stavano percorrendo l'impalcatura verso il
basso; ma Desmond era alla Piattaforma Alfa, quindi toccava a lui.
Senza
pensarci due volte imboccò i gradini più vicini fino a giungere alla Base, una
mastodontica sala circolare che costituiva, neanche a dirlo, il pianterreno del
Terzo Dipartimento. Nelle pareti erano state incavate solo due porte, di cui una
conduceva all'esterno; Desmond entrò nell'altra, trovandosi di fronte solo un
balconcino ferreo e un uomo che stava febbrilmente premendo pulsanti e tirando
leve – a giudicare dal suo modo di fare, senza grande successo.
«
Dottor Lopez, Piattaforma Alfa ».
« Non
stia lì a guardare, mi aiuti a stabilizzare gli orbitali! I covalenti stanno per
saltare! ».
Desmond
inspirò profondamente: nel suo ufficio, probabilmente il più importante come
posizione strategica, aveva dovuto sopportare ogni minuto la vista di un
accecante poster plastificato che recitava il da farsi in queste situazioni. Si
diresse alla parte del quadro comandi non coperta dal ricercatore già presente
e, manovrando con lui la strumentazione, riuscì infine a innescare lo
spegnimento dell'allarme.
Il suo
compagno, il volto completamente fradicio di sudore, si lasciò andare sulla sua
poltroncina a rotelle sfiancato. Desmond avrebbe fatto lo stesso se in quel
pianale avessero previsto spazio per più di una persona. Provò a gettare uno
sguardo oltre il terrazzino: il Baratro, secondo quanto aveva sentito una volta
alle macchinette del caffè, era profondo oltre cinquanta metri. Ma non era
illuminato, quindi il suo tentativo di sbirciata andò a vuoto; e, in ogni caso,
un po’ tutti là dentro cercavano di non pensare a cosa ci fosse là sotto.
« Da
quanto sei alla Piattaforma Alfa? » gli domandò l'uomo sulla sedia. Lo vide in
volto per la prima volta: era più vecchio di quanto avrebbe detto dai suoi
movimenti, ma poteva anche essere che portasse la sua età molto male.
« Due
giorni ».
«
Consolati, il resto del mese non dovrebbero esserci altri incidenti » lo
rassicurò con un sorriso tirato tra un affanno e l'altro « Piacere, Foster Tate
».
«
Desmond Lopez ». Si udì uno squillo di telefono, e gli occhi di entrambi caddero
su uno schermo a cristalli liquidi di una decina di pollici incastonato tra un
oscilloscopio e un voltmetro.
« Il
Tablafono » spiegò Foster con un gesto pigro della mano « Sistema di
comunicazione interno. Rispondi pure ».
Desmond
annuì e abbassò un interruttore. Sul monitor impolverato si materializzò una
donna dai folti capelli rossicci. « Qui Secondo Dipartimento, qual è la
situazione? ».
L'uomo
si girò ancora verso Tate, la cui espressione chiariva meglio di ogni parola lo
stato delle cose.
«
Qui Secondo Dipartimento, parla la dottoress–– ».
« La
situazione è sotto controllo » comunicò frettolosamente con tono professionale.
Si mangiucchiò l'interno della guancia per calmare i nervi, poi soggiunse « Però
ormai è successo. Prepariamoci a restare di nuovo al buio ».
Episodio 1x12
L'ultima
notte
« Lo
vedi? ».
Shana
si riposizionò cambiando il ginocchio di appoggio, che iniziava a farsi
dolorante « Sì. Non credo ci abbia notate ».
« Un
solo tentativo » Serena si rigirò per le mani la sua ultima Poké Ball, rilucente
del bagliore irradiato dai lampioni « O la va o la spacca ».
«
Pronta? »
«
Pronta » la ragazza si alzò in piedi con uno scatto e lanciò la sfera
all'indirizzo di un Budew che passeggiava placidamente tra le siepi della
sezione dei Jardins Parterre. La piccola creatura si scansò all'ultimo istante,
lasciando che l'oggetto si scontrasse con il suolo con un tonfo.
«
Dannazione, mancata! ».
Shana
si gettò all'inseguimento del Pokémon, facendo cenno all'amica di seguirla « La
Ball non si è aperta! Prendila, possiamo ancora farcela! ».
La
giovane annuì e la recuperò per poi pedinare la piccola pianta in fuga: compito
non certo facile, visto che non l'intera superficie del Percorso 4 era
completamente illuminata in quella notte, il che risultava in tristi e frequenti
scivoloni. L'inseguimento si protrasse nel labirinto di foglie per mezzo minuto
o forse più, al termine del quale Budew si ritrovò all'interno di un corridoio
longilineo cinto dalla vegetazione geometrica del parco e ostruito per ambo i
lati dalle due ragazze.
« Vai,
tirala ora! ».
«
Contaci! » gridò Serena scagliando nuovamente la Poké Ball, che stavolta centrò
il bersaglio in pieno. Budew scomparve in un lucido lampo candido all'interno
dello strumento, che cadde a terra inerte. Il centro della sfera brillò di un
rosso acceso.
Dai,
coraggio, non stavolta, non di nuovo, lo
implorò mentalmente la potenziale padrona avvicinandosi cautamente.
Uno.
Tre
secondi di instabilità particellare, tre secondi per uscire. Doveva farcela, o
non avrebbe avuto altre possibilità.
Due.
« Mi
sembra più calma delle altre » osservò Shana dall'altra parte « Potrebbe essere
la volta buona ».
« Lo
spero ».
Tre.
Non
ora, non così vicino. Non poteva farle questo.
Budeeeeew~!
E
invece sì. La Poké Ball si aprì in un guizzo lasciando che Budew si riformasse
dall'amorfa sagoma fuoriuscita. Il Pokémon spiccò un balzo, sospinto dalla
carica energetica rilasciata, per oltrepassare la siepe e fuggire verso un
angolo d'ombra del parco per scomparire tra gli alberi. Serena sferrò un pugno
rabbioso al suolo. Niente più sfere, niente più catture. E lei aveva fallito il
suo obiettivo per quel Percorso.
« Tutto
ciò sarebbe stato molto più fattibile se non ci avessero tolto i Pokémon »
osservò Shana accostandosi a lei.
La
giovane non poteva che concordare: pur essendo d'accordo con la politica di
preservazione della fauna e flora locale, togliere le squadre agli Allenatori
all'ingresso dei Jardins Parterre sortiva un effetto paragonabile a rimuovere
gli estintori dalle pareti di un museo del legno.
Non che
si fosse pentita di aver fatto tappa notturna in quella riserva: le lanterne
ingiallite e il profumo primaverile di primule in fioritura rendevano
l'ambientazione assai romantica, adatta a una serata tiepida come quella. Però
il suo obiettivo primario era prepararsi per la sfida contro Lem, e lei l'aveva
fallito totalmente.
« Io
vado a cercare gli altri » le annunciò Shana.
Serena
annuì, come concedendole il permesso, e la vide allontanarsi verso un sentiero
che tagliava un prato verdeggiante. Si guardò attorno: era in uno spiazzo privo
di punti di riferimento e, cosa più importante, completamente sola. Iniziò a
gironzolare, danzando tra i pali dei lampioni e i cartelli di orientamento,
cercando con gli occhi lo skyline di Luminopoli senza trovarlo. Era come isolata
dal mondo, in un universo bolla a parte, senza influenze esterne. C'erano solo
lei, le piante e le luci.
Poi,
senza preavviso, le luci si spensero.
« Che
succede? » si domandò Calem. Stava camminando in tutta tranquillità lungo un
tracciato suggerito dalla pro loco di Novartopoli, attorniato da graminacee e
pini silvestri, quando si era fatto buio.
« Sarà
saltata la corrente ».
Il
ragazzo per poco non fu colto da un infarto. Si voltò, ma a causa dell'oscurità
non scorse nulla e nessuno; essendo anche notte di luna nuova, l'unica flebile
luce era adesso fornita dalle stelle sparse nella volta celeste, nonché dal
chiarore della Via Lattea che appariva più visibile del solito.
« Chi
va là? ».
« Come
sarebbe a dire? Sono Tierno! ».
«
Tierno? » si sorprese Calem « Come diamine mi hai trovato? ».
«
Veramente ti stavo seguendo da un po'. Non ti eri accorto di me? ».
In
effetti era un'occorrenza singolare: Tierno non era proprio un maestro nel
passare inosservato. Calem trasalì, pensando a cosa poteva aver detto tra sé e
sé convinto di essere da solo. Nulla di compromettente, sperava.
« Da
quanto mi segui? ».
« Da
abbastanza per sentire del tuo orsacchiotto! ».
Dannata
la sua abitudine di pensare ad alta voce. Il giovane strinse i denti cercando di
contenersi, poi provò a sviare l'argomento di conversazione « La corrente, hai
detto? ».
« Penso
di sì. Avranno problemi, magari con quella cosa che ha detto Bellocchio, il Nido
».
« Oh,
già, giusto, giusto » Calem si sedette per terra, trovando appoggio in un tronco
di legno che si affacciava sul sentiero in pietra « C'entra sempre il Dottor
Cravatta, vero? ».
« Ma
perché ce l'hai così tanto con lui? » lo interrogò Tierno « Voglio dire, anche
io non sono partito col piede buono, ma mi sembra uno a posto ».
«
Perché è ingiusto. L'hai visto, di recente? È un buffone, sempre a ridere di
tutto quello che succede. Al Liceo c'è mancato poco che qualcuno si ferisse, e
lui era costantemente rilassato ».
« Ma
che problema c'è? È il suo modo di essere ».
« E
invece il problema c'è eccome » sentenziò Calem « Perché alla fine, anche
ridendo tutto il tempo e senza mai prendere nulla sul serio, è stato in grado di
bloccare gli elicotteri. Capisci? Uno come il Dottor Cravatta che tiene testa al
governo ».
«
Quindi sei invidioso ».
« No,
non è invidia, è… Insomma, perché lui sì e io no? ».
Tierno
ridacchiò « Ma quella è la definizione di invidia ».
Calem
guardò fisso di fronte a sé, dritto del buio, con l'espressione vuota di chi è
stato colto in flagrante. Poi inspirò profondamente, cercando di mantenere
l'autocontrollo « Non fare l'intelligente, non sei credibile. Io sono quello
intelligente, tu sei quello paffuto ».
In
altri momenti il ragazzino si sarebbe risentito di una simile affermazione; ma
in quel momento capiva benissimo di essere in vantaggio, quindi non vi diede
peso.
« E il
fatto che sia amico di Serena non c'entra niente? ».
Calem
rise genuinamente, pur con una punta di sarcasmo « Ti sei dimenticato chi
le ha impedito nove anni fa di iniziare il suo viaggio? Pensi che m'importi
qualcosa? ».
« Dopo
oggi penso di sì » rispose Tierno « Perché hai visto che potrebbe raggiungerti
».
« Beh,
ti sbagli ».
I due
rimasero in silenzio nelle tenebre, una quiete innaturale e perlopiù forzata
dalla resistenza al dialogo di Calem. Lo specifico argomento doveva pizzicare
corde molto distanti della sua memoria. Di nuovo Tierno lo incalzò « Non ho
ancora capito com'è successo, in quell'ultima notte in cui siete stati amici.
Come hai fatto a impedirle di andare al Colle? ».
Il
ragazzo si passò una mano dalla fronte alla guancia, tirandola per la
stanchezza; forse fu proprio in ragione di quest'ultima che parlò « Nove anni fa
a Borgo Bozzetto c'erano due allenatrici molto promettenti. Una si chiamava
Rosa, l'altra Valérie. E con promettenti intendo molto più di me ».
« Tu
sei famoso a Borgo Bozzetto. Perché di loro non ho mai sentito parlare? ».
«
Perché non sono mai tornate a casa per fare visita » tagliò corto Calem.
Naturalmente era una bugia, o almeno una parziale bugia: in realtà il motivo era
che lui si era vantato molto di più dei suoi successi, presentandosi vittorioso
al Borgo dopo ogni Medaglia conquistata. Ma era troppo orgoglioso per ammetterlo
a se stesso, figurarsi a Tierno.
« Sua
madre è sempre via nel periodo della consegna dei Pokémon, quindi Serena mi
ospitò a casa sua. Contavamo di svegliarci presto per anticiparle al Colle, ma
era una sua illusione e solo sua. Io sapevo che mentre noi ci infilavamo sotto
le coperte loro probabilmente erano già là. Così l'ho chiusa in camera sua e
sono andato solo io, di prima mattina, a prendere il mio Pokémon ».
Il
giovane aveva liquidato così in fretta l'ultima parte che Tierno intuì che era
meglio non indagare oltre. Avrebbe potuto chiedergli la ragione, ma in fondo già
la sapeva: allenare non è per tutti. Serena era troppo condiscendente, troppo
poco egoista per avere un futuro nel mestiere. Serena non avrebbe mai chiuso
nessuno nella sua stanza per poter partire, nemmeno dopo nove anni di attesa.
Certe volte le persone sanno essere davvero orribili.
Alzò lo
sguardo al cielo, notando con la coda dell'occhio una fugace stella cadente che
squarciò il cielo in una falce luminosa, e sorrise.
I rami
secchi scricchiolavano sotto i piedi di Trovato, inoltratosi nelle aiole
normalmente vietate al pubblico per sfuggire a qualcosa. Cosa non lo sapeva
nemmeno lui: al blackout nel parco era rimasto immobile per non rischiare di
perdersi, finché non aveva sentito un rumore simile a quello che produce la
pioggia, persistente e martellante, senza che nemmeno una goccia lo sfiorasse. A
quel punto aveva deciso che forse restare fermo in una situazione simile non era
la migliore delle opzioni, e aveva iniziato una corsa forsennata finita solo da
poco. Ancora ansimava, il che implicitamente segnalava la sua posizione.
«
Trovato? ».
Dapprima sobbalzò alla menzione del suo nome; poi riconobbe la voce e tirò un
sospiro di sollievo « Sei tu, Shana? ».
« Oh,
grazie al cielo ho trovato qualcuno! ».
Il
cuore di Trovato fu piacevolmente sollevato. Restare da soli al buio non è mai
un'esperienza apprezzabile; paradossalmente, invece, in due acquista un
significato opposto. Non aveva Pokémon con sé, men che meno Pokémon in grado di
fare luce; ma anche li avesse avuti, probabilmente non li avrebbe chiamati in
causa.
Alla
fine le sue mani incontrarono le spalle di Shana e, localizzatisi a vicenda, la
coppia si sedette per terra a guardare gli astri che disegnavano costellazioni
sopra le loro teste. Il silenzio del parco era rotto solo dal fruscio delle
foglie sospinte da una lieve brezza e, saltuariamente, da versi di Pokémon.
Trovato non poté fare a meno di domandarsi se fossero entrati solo loro là
dentro.
« Certo
che non avrei voluto passare proprio così la mia ultima notte con voi » disse a
un tratto.
Non
riuscì a scorgere l'esito nell'oscurità, ma era quasi certo che Shana si fosse
voltata per osservarlo « Che significa ultima notte? ».
« Poco
prima che uscissimo dal Centro per andare qui mi ha chiamato mia madre. Mi ha
detto che presto ce ne andremo da Kalos ».
La
ragazza trattenne il fiato alla notizia. Era arrivata così, dal nulla, senza
alcuna preparazione, cogliendola completamente alla sprovvista « Ve ne andate
già domani? ».
« No,
no. Però mi ha detto di smettere di andare in giro, perché tanto non potrei
concludere nulla. Mi porterò con me Chespin e inizierò un'avventura là » spiegò
Trovato « Il resto del tempo lo passerò dai miei nonni a Luminopoli. Nel momento
in cui entrerò nella città finirà il mio viaggio ».
Si
fermò, cercando di celare dentro di sé la malinconia per mostrarsi forte almeno
un'ultima volta « Non l'ho ancora detto agli altri. È il mio segreto ».
Shana
si rifiutò di rassegnarsi « Ma perché? Di punto in bianco andate via? ».
« Non
me l'ha detto, ma penso c'entri mio papà. Non l'ha menzionato per tutta la
telefonata, quindi ho paura che non verrà con noi ».
« Come
mai? ».
« Beh,
ultimamente torna a casa molto tardi, anzi, a volte non torna proprio »
raccontare fatti tanto privati era per Trovato una sofferenza che si aggiungeva
a quella della fine imminente « È sempre chiuso nel suo ufficio, a lavorare al
computer per qualcosa. La mamma se ne lamenta spesso, per questo penso che abbia
deciso di lasciarlo ».
Il
giovane si coprì il volto con le mani stropicciandosi gli occhi. Shana, pur non
potendo vederlo, cercava di essergli il più vicino possibile. Poi decise di
parlare a sua volta « Posso dirti io un segreto? ».
« Dimmi
».
« Ho
detto a tutti che non so nulla della mia battaglia a Rio Acquerello, ma non è
vero. Ricordo tutto »
Trovato
emise un sussulto. Ricordava bene quello scontro, la paura che aveva avuto per
Serena e le fiamme infernali che avvolgevano il suo Ralts e lo tormentavano
senza tregua. Aveva ancora i brividi al solo pensiero.
« E
cosa ricordi? ».
« Il
battito del mio cuore. Riuscivo a sentirlo distintamente, mi martellava le
orecchie » il respiro di Shana si fece pesante e ritmico, come se stesse
rivivendo quelle sensazioni « E nel momento in cui ho visto mio fratello, il
fuoco… Mi sono sentita leggera, potevo fare tutto. Ma pensavo che se avessi
smesso, se avessi fatto la mossa sbagliata… il battito sarebbe ritornato ».
Tu-tun, tu-tun, tu-tun, tu-tun.
« Ehi,
ehi, tutto bene? » Trovato le appoggiò una mano sulla spalla per
tranquillizzarla.
« Io…
Sì, sì, tranquillo. Per fortuna è tutto finito ».
« Già…
» annuì il ragazzo « Dimenticatene, secondo Bellocchio era quella pietra a farti
questo effetto. Adesso ce l'ha sotto controllo lui, è innocua ». In realtà non
credeva molto a ciò che egli stesso stava affermando: ma non poteva certo
confessare alla sua autocoscienza che pochi secondi prima, nella quiete
notturna, quel battito l'aveva sentito anche lui.
Serena
aveva camminato per chilometri, o almeno tanti le erano sembrati visto che
potenzialmente poteva aver girato in tondo per tutto quel tempo. Il blackout
perdurava ormai da almeno mezz'ora senza dare cenni di miglioramento: non un
singolo lampione si era mostrato prossimo alla riaccensione, e anzi tanto più i
Jardins si inoltravano nella notte tanto più la luce irrorata dalle stelle
calava filtrata da impalpabili nuvole, come se quest’ultime volessero
partecipare alla disfatta locale del genere umano.
A un
tratto le sue ginocchia si scontrarono con una lastra in pietra levigata,
facendola sprofondare in avanti; le sue mani d'istinto cercarono di attutire la
caduta finendo dritte in una pozza d'acqua e schizzandole il viso. Serena
comprese nel modo meno ortodosso dove si trovava: era appena incespicata nella
fontana del parco, il che significava che si trovava nel suo centro esatto.
« Ah,
Serena! Guarda chi si vede! No, aspetta, pessima scelta di parole ».
La
ragazza aggrottò la fronte, non trattenendo tuttavia un sorriso: la voce
proveniente dal capo opposto dell'abbeveratoio era quella che più avrebbe voluto
sentire se si fosse persa in un luogo sconosciuto.
« Come
sapevi che ero io? ».
« Dal
suono delle tue scarpe ».
« Sai
pure riconoscere le persone dal suono che fanno quando camminano » rise
sciacquandosi la faccia per rinfrescarsi « C'è qualcosa che non sai fare? ».
«
Toccarmi il naso con la lingua. Ma ci sto lavorando » rispose Bellocchio
avvicinandosi a lei. O almeno così supponeva dal rumore che produceva, visto che
non riusciva a scorgerne nemmeno la silhouette « Bella serata, vero? ».
«
Insomma, avevo piani migliori che rimanere al buio ».
« Non
posso dire di no. Ma sai, forse il buio è proprio quello che ci serve. Tempo per
riflettere, dopo questi giorni così frenetici » l'uomo si sedette sul fontanile
« C'è un posto, da dove vengo io, si chiama Flemminia. Un villaggio rurale nel
cuore della campagna, dove puoi rilassarti e pensare ai fatti tuoi cullato dal
vento ».
Serena
si avvicinò a lui come poteva, ovvero senza avere una precisa idea di dove fosse
« Parli sempre di questo posto. Si chiama Sinnoh, giusto? Com'è? ».
« Ah,
dovresti vederla. Un'isola solitaria nel mare avvolta da un cielo terso.
Accogliente e amena, ma anche gelida e ostile. E c'è una vetta, il Monte Corona,
che si staglia imperiosa visibile da ogni città, lucida e tagliente, sormontata
da antiche rovine di marmo. E una città, Giubilopoli, moderna e tradizionale al
tempo stesso… » Bellocchio chinò il capo « Un gran bel posto ».
« Ci
tornerai domani, vero? » gli domandò Serena con occhi tristi « Prenderai il
treno dalla Stazione di Luminopoli per raggiungere il Porto di Temperopoli ».
« Sì…
Sì, domani » il giovane rammentò ciò che in quei giorni si era quasi
completamente scordato « Questa è la nostra ultima notte ».
« Pare
di sì. Beh, sarai felice però. Tornerai dalla tua famiglia, dai tuoi amici…
Saranno stati in pensiero ».
La
bocca di Bellocchio si contorse in una smorfia di accettazione « Non credo. Non
ho nessuno là ».
Serena
socchiuse le labbra nella sorpresa « Come sarebbe nessuno? È casa tua…
Avrai almeno i tuoi genitori ».
« Io…
Io non sono nemmeno certo che sia casa mia… È complicato da spiegare ».
« E
allora come mai senti di dover tornare là? ».
« È
complicato da spiegare anche questo » chiosò Bellocchio con un sorriso « Forse
un giorno potrò farti capire. Alcuni, come Calem, come Craig, sono fatti per
stare insieme alle persone. Altri, come me… sono semplicemente diversi ».
« E io?
» gli domandò Serena « Secondo te cosa sono? ».
« È
dalla prima volta che ti ho vista che lo penso. I capelli biondi, gli occhi
azzurri… Sembri uscita da una fiaba. Serena Williams, la Ragazza delle Fiabe »
l'uomo sogghignò « Suona bene, non trovi? ».
« Sì,
magari… Ho mancato per nove anni la distribuzione dei Pokémon, e l'anno che
finalmente arriva uno gentile come te a regalarmi Karen fallisco la prima
Palestra… Sono tutt'altro che perfetta ».
« Oh,
ma le ragazze delle fiabe non sono perfette. Anzi, ognuna di loro ha un difetto
caratterizzante » ribatté Bellocchio « La
peculiarità delle fiabe è un'altra ».
«
Ovvero? ».
«
Finiscono tutte bene ».
Una
luce rosata si accese dietro di loro, facendoli voltare. Non era un lampione a
irradiare quei raggi luminosi, bensì un evento molto più speciale: una coppia di
Ralts parzialmente immersi nell’acqua le cui mani alzate si stavano sfiorando.
Proprio da quell'unico punto di contatto scaturiva il flebile chiarore che
avviluppava il circondario della fontana.
Serena
ammirò lo spettacolo tacitamente, le pupille che brillavano per lo stupore « Che
cos’è? ».
«
Qualcosa di davvero singolare. Producono luce mediante il loro stesso campo
telepatico ».
« Non
suona molto poetico » fece notare lei « Non ti sembra invece che siano
innamorati? ».
Bellocchio sorrise, scoprendo in quei Ralts un nuovo risvolto che prima non
aveva notato. « Che ti avevo detto? Ragazza delle fiabe » soggiunse, causando un
risolino da parte sua.
Poi,
d’un tratto, la giovane fece cenno di restare in silenzio.
« Ehi,
cos’è questo rumore? ».
Calem
alzò il capo alle stelle, protendendo le orecchie: una melodia dalle tonalità
gioiose si stava insinuando tra le chiome degli alberi, scortata da una lieve
brezza refrigerante fino alle sue orecchie. Si girò verso Tierno, il quale aveva
come lui percepito il canto e lo stava ora assaporando a occhi chiusi.
« Che
strano… Sembrano bambini » commentò. In effetti non tanto bambini quanto
bambino, al singolare, un’unica voce
modulata che spargeva la sua armonia come un violino solista che si esibiva su
un palco all’aperto.
« Ehi,
ho trovato una pianta di Baccastagne! » esclamò Trovato, che aveva speso gli
ultimi minuti a tastare il terreno per sopperire alla cecità momentanea. Sfregò
i polpastrelli sui tre frutti appesi per valutarne la consistenza e stabilire se
fossero maturi o meno: alla fine uno del gruppo fu lasciato dov’era, mentre gli
altri due furono colti delicatamente dall’arboscello. In quel momento il ragazzo
avvertì una dolce musica che pervadeva l’ambiente.
« Che
cos’è? » domandò rivolto a Shana, che si trovava da qualche parte dietro di lui
« Sono impazzito? ».
Serrò
le palpebre per concentrarsi, stabilendo che non solo udiva le note ma anche la
loro provenienza: non era pazzo, ed effettivamente una qualche sorgente stava
producendo quell’aria.
« Ehi,
se anche gli altri la stanno sentendo magari la seguiranno! Potremmo riuscire a
ritrovarci! » esclamò comprendendo che quella poteva essere la loro salvezza.
Solo a quel punto si rese conto che non aveva ancora ricevuto risposta dalla sua
amica; si voltò, trovandola china sulle ginocchia e con le mani sulle orecchie,
tremante.
« Ehi,
ehi, che ti succede? » le domandò correndole incontro per accertarsi della sua
condizione « Va tutto bene? ». Più le si faceva vicino, più si rendeva conto che
la sua compagna di viaggio era in lacrime.
«
Falla… Falla smettere, ti prego… ».
«
Shana, cos’hai? ».
«
Portami via… » lo implorò singhiozzante « Così triste… ».
Trovato
non comprese. Nel balbettio confuso della ragazza gli era parso di capire che il
canto le causasse una tristezza senza pari, nonostante fosse gioioso come pochi
ne aveva sentiti in vita sua. Ma di una cosa era assolutamente certo: ora lei
era una sua responsabilità.
«
Ascoltami bene, Shana » le sussurrò prendendole il capo tra le mani e alzandolo
per guardarla negli occhi « Dobbiamo andare. Dobbiamo ritrovare Serena e gli
altri ».
I due
Ralts, ancora affiancati a scrutarsi intensamente negli occhi, avevano iniziato
a produrre una melodia. La loro voce sembrava diretta al cuore di Serena, più
che alle sue orecchie, tanto era meravigliosa e intrisa di energia.
« È… È
bellissima… » farfugliò asciugandosi una lacrima di commozione « Che cos’è? ».
«
Musica psichica. Non stanno realmente cantando, comunicano direttamente con la
tua mente ».
« Ma
sembra… Sembra vera… ».
« Tu
non le senti? ».
La
ragazza si voltò verso Bellocchio spaesata « Sì che la sento. È stupenda ».
« No,
non la musica » replicò lui aggrottando la fronte « Le parole ».
Le
parole? Serena non comprese: tutto ciò che sentiva erano note e armonia. Provò a
concentrarsi di più, ma nessuna sillaba fuoriusciva da quell’oceano di suoni.
« Non
sento nessuna parola ».
«
La breccia sarà aperta » scandì
Bellocchio pensieroso. Nella sua testa i due Ralts non facevano altro che
ripetere quella frase, ininterrottamente, come se la loro vita dipendesse da
ciò. Mai una variazione di tono, mai un aumento di volume. Una nenia triste e
priva di senso, reiterata alla nausea.
« Che
cosa dovrebbe voler dire? ».
« Io…
non ne ho idea ».
Serena
ridacchiò « Questa sì che è nuova! ».
« Se…
Se io potessi… ».
Di
colpo tornò il silenzio e l’oscurità. I Ralts dovevano essersi staccati l’uno
dall’altro, dal momento che sia le luce che la musica erano svanite nel nulla.
Bellocchio d’istinto si gettò nel punto della fontana prima occupato dalla
coppia, trovando però solo acqua. Batté il pugno sul fondo della conca,
esasperato dalla sua ignoranza.
L’ombra
non durò a lungo: appena un istante dopo si riaccesero i lampioni, inondando i
Jardins Parterre dell’illuminazione venuta meno non molto tempo prima.
Bellocchio e Serena si guardarono attorno stupiti, rendendosi conto che in
quella frazione notturna avevano quasi dimenticato che aspetto avesse il mondo –
complice il melodico contributo dei Pokémon ora scomparsi.
«
Serena! Bellocchio! ».
Un’esclamazione proveniente da sud catalizzò la loro attenzione: da un’aiola li
avevano avvistati Trovato e Shana. Pressoché contemporaneamente dal lato opposto
qualcun altro aveva invocato i loro nomi: Calem e Tierno, spuntati da un vicolo
seminascosto. Il gruppo si riunì tra abbracci sentiti come se fosse uscito da un
pericolo mortale.
Serena
fu sollevata che il peggio fosse passato, anche se non se l’era mai vista
particolarmente brutta. Ma a rifletterci sopra, non era così per tutti. Per
alcuni la vera paura non è affrontare Beedrill o criminali; per alcuni la vera
paura è rimanere soli e spersi.
Si
rivolse a Bellocchio, che a parte qualche sorriso di cortesia sembrava assorto
in altro, tenendo lo sguardo fisso verso una direzione non precisata. Fu solo
seguendolo che la ragazza intese: nel resto del parco non era visibile. Ma da
lì, nella piazza centrale libera da alberi, Luminopoli, la Ville Lumière,
troneggiava scintillante come non mai.
La loro
prossima tappa. Per alcuni, l’ultima.
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