Terra Nascosta

di Summer38
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Prologo

 

Si narra di un tempo in cui il continente era composto da cinque grandi nazioni, tutte diverse e, allo stesso tempo, estremamente simili. Si parlava del rapporto pieno di contrasti tra i malkariani e gli irokiani, senza dimenticarsi dei compagni delle altre nazioni – quali yuliani e kareniani – che davano man forte prima all'uno e poi all'altro. Eppure, negli anni, nessuno aveva continuato a parlare della quinta nazione, quella nascosta. Loriate, infatti, era stata sempre un regno pacifico e silenzioso, di cui facilmente ci si scordava. I suoi abitanti non mostravano cenni di sentimenti negativi e tutti volevano un gran bene ai sovrani, sempre gentili e disponibili verso i loro sudditi.
Si narra, però, che qualcosa sconvolse quel paradiso in terra, qualcosa come una tremenda ed esplosiva catastrofe, e si racconta che fu proprio quella strana “apocalisse” che rese Loriate una terra nascosta e abitata da giganteschi e misteriosi alberi.

 

* * *

 

Nella foresta della terra ormai nascosta, una ragazza dai lunghissimi capelli albini si muoveva agile, piroettando sul terreno come una ballerina professionista. Indossava un semplice vestito bianco che le arriva poco sotto le ginocchia, senza maniche e con degli strani disegni che delineavano i magri fianchi della giovane. Ad una seconda occhiata, i disegni sembravano ricordare la forma di alcune foglie degli alberi che parevano aprirsi al suo passaggio. Sulle braccia scoperte, invece, spiccavano dei grandi simboli neri che apparivano come marchi sulla bianca pelle dell'albina. Questa, nel frattempo, aveva smesso di piroettare per muoversi, preferendo fermarsi per guardarsi meglio intorno. Era giunta in una grande radura di forma circolare, delimitata da alcuni degli alberi più alti dell'intera nazione, dove un tempo sorgevo molte delle case distrutte dalla catastrofe raccontatale dal grande sovrano. Al centro di questa, comunque, si vedeva chiaramente un altare di pietra costruito appositamente per permetterle di attuare la chiamata. Aveva aspettato per molti anni torturata dall'ansia ed ora, finalmente, la sua attesa si stava per concludere. Il vento soffiò improvviso e le fronde degli alberi scatenarono un rumore di sottofondo che le provocò un piccolo sussulto. Si avvicinò all'altare con falcate ampie e silenziose, strofinandosi le mani sulle braccia sempre più bianche e pallide, come se avesse freddo. Respirò profondamente e s'inginocchiò, posando i gomiti sulla lastra di pietra dell'altare e congiungendo le mani, come se dovesse pregare qualche dio. I suoi occhi, azzurri come un cielo senza nuvole, si chiusero. «Io, Anthea, il Fiore di Loriate, terra ormai dimenticata, chiamo a raccolta coloro che hanno ricevuto dalla Gemma, sacra pietra della nostra landa alberata, i poteri più forti. Come Fiore, la mia chiamata non verrà dimenticata. Che i prescelti arrivino!» la voce dell'albina rimbombò all'interno della radura, si inoltrò tra gli alberi e si diramò fuori dallo scudo alberato, raggiungendo anche gli angoli più nascosti e reconditi di quel continente che li aveva dimenticati. Anthea riaprì i grandi pozzi azzurri e respirò, stanca come non si sentiva da secoli. I marchi sulla sua pelle bruciavano intensamente e desiderava dormire con tutto il cuore, ma sapeva che il suo compito più importante era appena iniziato. Si rialzò barcollando e si appoggiò alla pietra, cercando di non cadere per terra. Respirò ancora una volta e lasciò che il silenzio entrasse dentro di lei, come per calmarla. Ora doveva solo accoglierli.

* * *

 

La sala del trono era grande e spaziosa, aveva una forma che ricordava vagamente un cerchio e aveva fin troppe finestre, nate dalla distruzione di alcune parti delle pareti costruite in pietra, da cui entrava l'aria fresca del giorno. Cassandra sedeva su uno dei due troni, guardando con i suoi occhi verdi la grande pietra che donava i poteri a poche persone prescelte sul continente. Essa galleggiava su un piedistallo posto al centro della sala, da dove poteva illuminare le pareti con i suoi colori più disparati. Sospirò amaramente e portò il suo sguardo sull'uomo che era appena giunto dalle sue spalle, silenzioso com'era sempre stato. Aveva i capelli rossi e gli occhi, colorati di un castano intenso, sembravano capaci di scrutare l'anima delle persone. «Riuscirai a restare umano fino all'arrivo dei prescelti?» domandò con voce ferma, guardandolo fisso negli occhi. Da quando aveva memoria, poche persone erano riuscite a sostenere e a ricambiare il suo sguardo smeraldino per così tanto tempo. Ma forse non doveva mostrarsi così sorpresa, Mahor era sempre un re e questo doveva essere una garanzia di fermezza e di forza di volontà. «Ovvio, mia cara Cassandra. Anthea ha appena attuato la chiamata, non dovremmo aspettare tanto per ricevere le prime visite dai prescelti. Una volta riuniti, tutto accadrà così velocemente che rimpiangerai di aver chiesto quella stessa velocità» rispose con voce altrettanto decisa il sovrano, avvicinandosi al trono dov'era seduta la donna albina. Cassandra era colei che aveva proclamato regina reggente durante i momenti – spesso anni, in realtà – in cui non era in forma umana e non si era mai lamentato della sue scelte, approvandole per la maggior parte delle volte. «Anthea è stata raccolta dai miei carissimi soldatini – calcò quella parola in modo particolare, sorridendo appena nel pronunciarla, come se fosse sinceramente divertita dal suo piccolo esercito personale – che hanno cercato di farla riposare. Era molto stanca, ma credo che si riprenderà piuttosto presto» continuò tranquilla com'era sempre stata, alzandosi in piedi per guardare meglio il sovrano ritrasformato. «Ti preferivo come albero, sai? Eri più carino» ridacchiò la donna, tagliando l'ansia che si stava creando con la sua risata frizzante e allegra. Mahor la guardò malissimo prima di lasciarsi andare in una risata.

* * *

 

Si narra di una fantomatica quinta terra, abitata dagli alberi e nascosta agli occhi dei comuni mortali. Si dice che l'origine di alcuni poteri sia da ricercare all'interno di una pietra, protetta dalla landa alberata. Nessuno avrebbe mai pensato che quella terra fosse abitata da qualcuno di diverso dagli alberi, come nessuno si aspettava che lì – all'interno della ormai dimenticata Loriate – qualcosa stesse cambiando.

La Terra Nascosta vi sta aspettando.

 

Angolo dell'Autrice

 

Qualche tempo fa – forse un anno o giù di lì – avevo detto che avrei ripreso in mano “Terra Nascosta” per ricontrollarla e sistemare tutti gli enormi errori che avevo fatto nella stesura. Purtroppo, però, la cosa non è andata molto bene, tanto che ho deciso di cancellare la storia con la speranza di riscriverla in un futuro migliore per la mia ispirazione. Quindi, dopo decine e decine di giorni, ho finalmente trovato la voglia e l'ispirazione per buttare giù la trama e gli avvenimenti – ovviamente non precisi, non avevo i personaggi – in modo da non dimenticare la linea base del racconto e, subito dopo questo, ho scritto il prologo. In realtà è pronto da settimane, ma ho voluto aspettare la mia carissima beta, Alle, che è stata così gentile da controllare il capitolo anche durante le sue vacanze. Quindi eccomi qua, la mia nuova long è appena partita e aspetto solo le vostre recensioni. Gli aggiornamenti non saranno molto frequenti, non all'inizio almeno. Probabilmente cercherò di scrivere almeno due capitoli alla volta, in modo da essere sempre più avanti e non dover perdere tempo in probabili blocchi dello scrittore – o scrittrice.

Accetterò solamente gli OC mandati via messaggio e manderò la scheda dopo aver ricevuto la recensione, in modo da non perdermi persone per strada (?). Ah, per evitare danni (ma cosa--) dico subito che, per quanto riguarda i ragazzi\e, accetterò solamente i personaggi di IE normale (quindi niente GO o Chrono Stone o Galaxy).

 

Ora vi saluto,

Summer.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I

 

Benvenuti a Terra Nascosta

 

Anri Kisaragi, fiera comandante dell'esercito di Cassandra, osservò attentamente il campo che avevano costruito il giorno prima, soffermandosi sulle tende ancora sigillate dove riposavano i suoi compagni. Nessuno di loro aveva dormito molto, preferendo girovagare e sorvegliare quella terra che li aveva riaccolti come se non fossero mai cambiati. D'altra parte, essendo lei una delle comandanti, aveva dovuto sorvegliare la loro ospite: Anthea, il “Fiore” di Loriate; era una ragazzina apparentemente più giovane di lei e ogni volta che la vedeva le veniva voglia di proteggerla, quasi come se fosse la sua sorellina.
Il sole stava lentamente salendo, iniziando ad illuminare le fronde degli alberi e lei rimise ad ammirare quello spettacolo dalla cima della collina, misteriosamente senza arbusti di alcun genere, da dove poteva guardare anche l'accampamento, costruito poco sotto. Si era svegliata nella sua tenda, una piuttosto grande ma solitaria rispetto alle altre, quando Anthea se ne era andata, pronta per i suoi compiti da “Fiore”. Il giorno prima, ricordava, l'avevano trovata affaticata e stesa sul terreno, il respiro spezzato come dopo ore di corsa veloce. L'avevano costretta ad un sonno lungo e ristoratore, sperando che si riprendesse e, neanche a dirlo, aveva dormito diverse ore di fila, salvo poi svegliarsi quasi prima dell'alba per andarsene alla ricerca dei prescelti che la sua chiamata aveva richiamato. Anri si chiese se quella situazione le andava bene e non riuscì nemmeno a rispondersi, tanto le sue stesse opinioni erano contrastanti tra di loro. Voleva davvero bene alla ragazzina albina ed odiava il fatto che dovesse stancarsi così tanto, ma d'altra parte sapeva che tutto quello era un ordine di Mahor e lei non poteva fare nulla, anche se le sarebbe piaciuto. Sapeva che quella chiamata e quelle persone che sarebbe arrivate dalle altre nazioni avrebbero aiutato la sua patria, ma non capiva il motivo di tanta fretta. Cassandra le aveva detto che l'intera nazione dimenticata – la loro Loriate – era in pericolo, ma ancora non sapeva perché e come mai nessuno aveva ancora fatto nulla. Sospirò amaramente e si alzò, muovendo i muscoli scattanti per risvegliarli dal torpore che li aveva presi durante quell'interminabile riflessione su ciò che era giusto e su ciò che non sapeva. Non amava perdersi in pensieri sconclusionati e tutta quella situazione l'aveva infastidita più del previsto. Decise che avrebbe fatto il primo giro di guardia, pronta per andarsene da quel luogo che l'aveva istupidita con tutte quelle riflessioni inutili. Corse all'accampamento e lasciò un breve messaggio - “io vado, non cercatemi – A.” -, per poi scappare prendendo uno dei tanti sentieri invisibili che negli anni aveva imparato ad utilizzare e a trovare. Non era una ragazza vanitosa, ma tra coloro che facevano parte del loro piccolo esercito lei era sicuramente la migliore in fatto di orientamento e velocità. Magari la sua difesa faceva schifo, ma nessuno la poteva battere in fatto di agilità. Con il sorriso sul volto, nato per quella improvvisa solitudine che aveva imparato ad apprezzare, Anri Kisaragi si inoltrò nella foresta che, quando si era risvegliata per la prima volta, l'aveva accolta come una vera e propria figlia.

 

* * *

 

L'ennesimo rumore la fece sobbalzare e innescò nella sua testa una decina di nuove scene, una più incredibile (ed improbabile) dell'altra. La giovane dagli occhi blu pervinca, conosciuta anche come Hiruri, si guardò intorno spaventata e s'immaginò un'altra fantasiosa scena che avrebbe avuto come finale la sua morte per mano di un assassino pluriomicida che l'aveva rapita, ovviamente nel sonno, per ucciderla in tutta tranquillità. Onestamente non sapeva davvero il motivo di tale omicidio, ma non aveva bisogno di motivazioni, per lei quello era il principale motivo della sua presenza in quella strana foresta dove si era ritrovata quando aveva aperto gli occhi. Ora, seduta su un masso trovato casualmente dopo aver creato veri e propri cerchi sul terreno dall'ansia, si mordicchiava ferocemente il labbro inferiore mentre faceva incontrare, senza neanche rendersene conto, le punta delle dita. “Probabilmente sono stata rapita dal sonno, non so il motivo ma probabilmente è per vendetta. Oddio, cosa faccio se lo incontro? Non voglio morire, non voglio! E poi questo mal di testa... probabilmente sono stata drogata, proprio così. Ma perché non uccidermi sul momento? Sarebbe stato tutto molto più semplice. Non esiste neanche un motivo per tenermi in vita, poteva ammazzarmi sul momento – no, ammazzarmi è brutta come definizione... forse è meglio uccidermi. Sì, ecco, non esiste neanche un motivo per tenermi in vita, poteva uccidermi senza tanti complimenti! Allora perché, perché, perché?!” la sua testa lavorava di fantasia come se non avesse fatto nient'altro nella vita e mancava poco che uscisse del vapore bianco dalle orecchie, tanto stava diventando rossa dalla paura. Uno scricchiolio la fece sobbalzare ancora una volta e scattò in avanti, crollando sulle ginocchia – lasciate scoperte dalla gonna blu e bianca che indossava – e scorticandosele abbastanza da farle pronunciare un sommesso “ahi”. Rimpianse di non aver portato con sé la piccola borraccia che utilizzava per controllare l'acqua, come le era stato insegnato durante gli anni all'Accademia. Ricordava chiaramente quegli anni, costellati di buffi sorrisi e dalla paura di essere scacciata, di venire ancora una volta lasciata sola. Era rimasta all'interno di quella scuola per anni, imparando tutte le basi di quel potere che era stata la prima causa delle sue paure. Fece toccare ancora e più forte le dita delle mani, cercando di concentrarsi e di non pensare alla solitudine e al silenzio che le si avvolgeva addosso e sembrava renderla sempre più pesante. “Andarmene o restare? Se resto potrei incontrare l'assassino e stenderlo, ma se me ne vado potrei incontrare qualcuno che non sia intenzionato ad uccidermi... Che faccio? Che faccio?!” si chiedeva sempre più velocemente, sapendo che ben presto sarebbe esplosa. Poi, però, il pensiero di rimanere ancora in quella maledetta solitudine la fece alzare dal terreno, pronta per trovare qualcuno. Che quel qualcuno potesse essere il suo probabile assassino, però, non ci aveva neanche pensato. E forse era un bene.

 

* * *

 

Naoko si sfregò velocemente le mani, sperando di disperdere con il fuoco quel freddo che l'aveva invasa già dal suo risveglio. Si trovava chissà dove, in una terra piena di alberi e, nonostante quello, non si preoccupò minimamente di poter incendiare per sbaglio mezza foresta con quelle scintille di fuoco che le nascevano spontaneamente sulle mano. Se l'avevano portata lì, nonostante il suo potere e tutto il resto, un motivo ci doveva essere e se avevano anche ignorato la sua potenza distruttiva, doveva essere davvero importante. Osservò placidamente le lingue di fuoco che danzavano sulle mani e si chiese il motivo di quel freddo improvviso. All'Accademia aveva imparato che coloro che dominavano i poteri del fuoco avevano un controllo pressoché totale nei confronti del calore corporeo e una resistenza talmente elevata da non sentirlo neanche, il freddo. Eppure, seduta in mezzo agli alberi, il suo corpo gelido non aveva la minima intenzione di scaldarsi nonostante la presenza di fiamme rosse sulla pelle. Strofinò ancora una volta le mani e osservò il fuoco spegnersi, senza lasciare la minima traccia di cenere sul terreno e sulla sua pelle chiara. Sicuramente, se non fosse stato per il suo accento o per il suo potere, nessuno le avrebbe dato della irokiana. Sbuffò e si alzò in piedi, le gambe che scricchiolavano in modo quasi fastidioso e un labbro stretto tra i denti, morso convulsamente. Qualcuno doveva spiegarle il motivo della sua presenza lì, perché non aveva intenzione di saltare un altro giorno di lavoro – chi lo avrebbe sentito, poi, suo padre? Da quando era tornata dall'Accademia non aveva fatto altro che chiederle di lavorare con lui, utilizzando i suoi poteri per ravvivare il fuoco o plasmare chissà cosa. Un secondo sospiro fuoriuscì dalle labbra carnose della giovane che si risistemò meglio la fascia nera che portava tra i capelli, pronta per muoversi in quella terra piena d'alberi che la rendeva assai nervosa e che trasformava il suo corpo in un blocco di ghiaccio. Iniziò a camminare scegliendo relativamente a caso la direzione, sperando di aver indovinato il miglior sentiero – che sentiero non era – per trovare almeno una città. Non ricordava ci fossero così tanti alberi nella sua nazione e quel pensiero la fece subito pensare ad un improbabile scherzo da parte di qualche suo amico o connazionale. Digrignò i denti, preparò la sua migliore occhiataccia furiosa-e-arrabbiata (utilizzata spesso con suo fratello Jun) e riprese a camminare con più forza di prima. Della positività che aveva mostrato pochi minuti prima non era rimasto che un ricordo, ormai nel suo corpo viveva una strana emozione che assomigliava ad un misto tra la rabbia e il nervosismo e si disse, in un angolino nella sua testa, che chiunque l'avesse incontrata le avrebbe prese di santa ragione. Che quella persona fosse un vero nemico o un compagno di scherzi non le importava più. Ora era seriamente incacchiata e nessuno avrebbe potuto sfuggire alla sua furia.

 

* * *

 

Un rumore sordo di passi gli arrivò alle orecchie tramite il suo sviluppato senso del tatto, che ormai era diventato il suo senso dominante. I piedi, liberi da scarpe e sandali, saggiavano quella terra nuova e non vista, in modo da immaginare il luogo dove si trovava. Gli occhi aperti, che non lo aiutavano in alcuna maniera, erano immobili, fermi nella loro opacità. Aveva imparato negli anni come controllare quel potere che tutti avevano odiato e lo aveva sviluppato così tanto da permettergli di percepire il mondo che ormai non vedeva più, capace di crearlo con ciò che sentiva e che poteva immaginare. Sapeva che molti si chiedevano come facesse, lo indicavano affermando che era impossibile che camminasse così bene, senza aver bisogno di aiuto. Nessuno di loro aveva capito che quel buio con cui conviva non era altro che un paradiso, che lo teneva lontano da coloro che lo maledicevano e lo guardavano – lui lo percepiva – in modo crudele. Nessuno aveva percepito il lieve sollievo che lo avvolgeva quando si trovava nella sua solitudine, avvolto da un manto di buia oscurità, dove chi guardava vedeva molto peggio di lui. Perché lui, con i suoi poteri che tutti temevano, sentiva e vedeva abbastanza da sapere tutto quello che gli succedeva intorno. I suoi piedi, che un tempo erano coperti da scarpe, erano sempre lasciati liberi di toccare il terreno e con il tempo aveva imparato a capire. Tramite i suoi piedi sentiva che in quella terra tutto era ricoperto da alberi e percepiva i passi di persone diverse – quelli di chi è furioso, quelli di chi vuole scappare, quelli di chi vuole trovare – che si agitavano attorno a lui. Quel regno, che sembrava solitario e vuoto, parevaun sogno. Takehiko scivolò sul terreno, la schiena appoggiata al tronco di un albero e le ginocchia vicine al petto, in modo da avvertire tutto quanto. «Ehi!» una voce sottile ma decisa lo interruppe dai suoi pensieri e lo fece sobbalzare. La ragazza gli si avvicinò e percepì per la prima volta il suono dei suoi passi, così leggeri da sembrare quasi inudibili. Li analizzò e cercò di capire a chi appartenevano. «Io sono...» aveva detto la ragazza con voce più sicura, avvicinandosi ancora. Takehiko non l'aveva nemmeno ascoltata, troppo preso nell'analizzare quei movimenti leggiadri e silenziosi che mai aveva sentito. Finalmente riuscì ad avvertire distintamente il vero suono di quei passi. Il suono di chi cerca e, finalmente, trova.

 

* * *

 

«Non sono una bambina!» la voce squillante ed allegra della ragazza risuonò nell'aria per qualche secondo, prima ancora che quella aprisse seriamente gli occhi. Si guardò intorno con i suoi occhi che qualcuno definiva celeste sporco – un modo di descriverli davvero poco carino, così diceva lei - rendendosi conto che non si trovava in casa sua e, orrore e raccapriccio, non era nel suo letto. Qualcosa non andava, proprio no. Si guardò e notò che gli alberi che la circondavano erano davvero alti. Tanto alti, troppo per non farle comparire un sorrisetto molto poco calmo che tutti avevano imparato a temere. Si avvicinò lentamente all'albero che le sembrava più alto, analizzando la base del tronco che era così grande che non le bastava allargare il braccio per coprirla, pronta per fare quello che tutti odiavano. Iniziò così la sua vera e proprio arrampicata, senza alcuna imbracatura o altro, pronta per raggiungere la cima dell'albero. Più avanzava e più sentiva l'aria fresca farsi sempre più presente e il desiderio di sentire il vento in faccia si fece ancora più potente, tanto le sembrava opprimente restare sul terreno. Ci mise del tempo qd arrivare in cima, ma alla fine ci arrivò e lo spettacolo che le si presentò davanti fu così bello da lasciarla senza fiato. La foresta si estendeva così tanto da sembrare un vero e proprio lago di alberi, l'orizzonte si macchiava di verde e tutto sembrava perdersi tra le fronde degli alberi, tanto erano grandi e folte. Il sole illuminava le foglie, rendendole ancora più affascinanti e spirava un vento così dolce e fresco che la ragazza rimase incantata, dimenticandosi persino di dove si trovava e in quale situazione era capitata. Esaminò attentamente la foresta, notando che in alcune zone c'erano più o meno alberi – tra queste zone, c'era una collina la cui cima era senza alberi, sicuramente adatta per vedere le stelle -, pronta per tornare sul terreno per orientarsi ed uscire da quel mare di verde. Le piaceva la sensazione che provava là sopra, ma doveva uscire da quel luogo che non conosceva. Un sorrisetto furbo – quello che, alla fine, la caratterizzava di più – si affacciò sulle labbra sottili, mentre osservava il terreno. Era pericoloso, quello che stava per fare, e probabilmente i suoi genitori l'avrebbero sgridata fino alla morte ma... ne valeva sicuramente la pena. Riri si lasciò andare in una risata divertita e pazza nel momento esatto in cui si buttò, lasciando la presa sulla punta dell'albero, pronta per ricadere perfettamente intera sul terreno. Si avvolse in un turbine d'aria e con esso schivò ed evitò rami che avrebbero potuto romperle tranquillamente qualche osso, continuando la sua folle discesa sinceramente divertita. Quando raggiunse il terreno, cadendo in piedi come un vero e proprio gatto, i capelli quasi albini si erano trasformati in una sottospecie di cespuglio vivente e Riri non poté far altro che sogghignare. Quel posto, alla fine, non le dispiaceva poi così tanto. Magari, prima di andarsene, avrebbe potuto visitarlo...

* * *

«Sono arrivati» la voce della donna albina era fredda, ma nascondeva tante emozioni contrastanti e Mahor sapeva che anche lei era ansiosa e che temeva di non poter risolvere tutto quanto in tempo. Lanciò un'occhiata al regno che un tempo era stato abitato, chiedendosi dove erano capitati i primi arrivati. Anthea ne aveva già incontrato uno, probabilmente. Ormai il sole era abbastanza alto da permetterle di sfruttare adeguatamente i suoi poteri, anche se non in modo totale. Tornò a fissare la donna, che ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, prima di tornare ancora una volta sulla Gemma. Era una pietra così bella e così piena di ricordi che il re ne venne invaso e sentì il suo cuore incrinarsi, una sensazione che ormai riconosceva e che, tuttavia, ancora non poteva controllare. «Vedrai che tutto si risolverà, Mahor» mormorò con voce fievole Cassandra, passandosi una mano sul viso ovale, che non era invecchiato neanche di un singolo giorno. «Vedrai che loro ci aiuteranno» continuò poco più decisa, sigillando subito dopo le labbra. Mahor non disse nulla, ma entrambi sapevano che nutrivano la stessa medesima speranza.
 

Angolo dell'Autrice

 

Compare una Selena Selvatica!

 

Benvenuti, benvenuti.

Come avete potuto notare sono tornata! Infatti il nuovo capitolo è corretto e betato – Alle, I love you – e dotato persino di un banner – Rie, I love you (x2) – che personalmente adoro. Il banner nasconde con un piccolo indizio una (specie) di grande spoiler e mostra Anthea, interpretata benissimo da IA (una vocaloid). Sono contenta che Rie partecipi, non solo per il banner (che io considero come un regalo e la ringrazio mille e più volte per la bella sorpresa) che per l'OC stupendo. Questo capitolo è di passaggio – così come lo sarà il prossimo – e mi serviranno per presentare i vari personaggi e le loro interiazioni con quelli che sono già comparsi. Inoltre le varie scene non hanno molto distacco temporale tra di loro, diciamo che ci sono pochi minuti o sono nello stesso momento. Inoltre ho utilizzato la parte iniziale per mostrare uno dei Comandanti dell'esercito, che altro non è che la mia adorabile OC. Anche l'esercito avrà un ruolo importante, credo verrà mostrato nel prossimo capitolo. Comunque ecco la lista degli OC usati per il momento (ditemi se sono IC!):

 

> Anri Kisaragi (nazione: Loriate) – Summer38

> Naoko (nazione: Iroka) - S m i l e y S u n

> Hiruri Tange (nazione: Malkarios) – endorphin

> Riri Kuraudo (nazione: Yula) – Lullopola
> Takehiko Inumuta (nazione: Karent) – Yssis

 

Come avete notato i poteri ricordano molto quelli dei dominatori di La Leggenda di Aang, ma è una cosa normalissima. Infatti molti elementi sono ripresi da lì, lol. Ecco una serie di domandine per voi:

 

> Chi è la ragazza che Takehiko incontra? (devo ammetterlo, Takehiko mi ricorda moltissimo Toph – una dominatrice della terra de L'ultimo dominatore dell'Aria – e mi sono ispirata al suo personaggio durante il suo paragrafo. Infatti il suo “super senso” è il tatto perché percepisce cosa gli succede attorno grazie alla terra e alle percezione che avverte)

> Chi incontrerà Naoko? (oddio, non vedo l'ora di scrivere quella dannata scena. Rido al solo pensiero)

> Che ve ne pare di Anri? (solitamente creo OC diversi. Lei è molto istintiva, non le piace pensare troppo, è una Toph anche lei, in pratica)

> Che minaccia vedono Cassandra e Mahor? (coloro che hanno seguito la vecchia storia sanno qualcosina in più, ma non tutto).

 

Alla prossima,

Summer.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Avviso:

 

ho difficoltà nel ricordarmi tutti gli oc e i loro creatori,

quindi vi chiedo cortesemente di lasciare una recensione scrivendomi:

> il ragazzo scelto per fare da compagno alla vostra OC (in caso di “doppione” il ragazzo andrà alla prima che lo ha richiesto);

> il nome del vostro OC (tipo: “Anri Kisaragi è la OC di Summer38”)

Grazie per l'attenzione.

Capitolo II

 

Naoko si aggirava furiosa per la foresta, cercando di non perdere l'orientamento che aveva

lentamente acquistato stando in mezzo agli alberi per quelle che le sembravano ore. Il freddo gelido che l'aveva accolta appena sveglia sembrava essere scomparso e il calore aveva ripreso il suo corso, rendendo il suo corpo una vera e propria fornace. Ricordava chiaramente cosa avevano detto quelli dell'Accademia: la resistenza al calore non è altro che il fuoco stesso che circola nel vostro corpo, capace di rendervi insensibili allo stesso elemento che controllate. Ed era sempre per quello, per le fiammeggianti lingue rosse che dominava, che tutti avevano iniziato ad allontanarsi da lei. Alcuni, i suoi più cari amici, erano rimasti al suo fianco, ma anche loro non potevano nulla contro quello strano potere. Lei era diversa e, per quanto si sforzasse di apparire come tutti gli altri, nessuno avrebbe mai capito seriamente che cosa provava. Certo, anche il suo carattere aveva allontano le persone, ma la scoperta dei poteri era stato il vero e proprio colpo di grazia. Se si trovava in quel posto, si diceva, ci doveva essere un motivo. E se quello era il frutto di un banale scherzo, tutti quanti l'avrebbero pagata. Stranamente, la rabbia non era ancora sbollita e la rendeva ancora più energica, capace di sprigionare un vero incendio. Decise, però, di non rivelare completamente la sua posizione bruciando tutto quanto, anche perché non le sarebbe piaciuta l'idea di cercare un corso d'acqua per spegnere le fiamme. Non soffriva il calore e non si scottava, ma il fuoco poteva essere pericoloso persino per una che lo controllava.
Superò l'ennesimo albero e spalancò gli occhi, completamente sorpresa dallo spettacolo che aveva davanti. Poco lontano da lei c'era un fiume largo e abbastanza profondo per nuotarci con tutta tranquillità; l'acqua limpida e probabilmente fresca gorgheggiava sui sassi, intonando una strana melodia che la faceva rabbrividire, riportandole alla mente ricordi che aveva sperato di dimenticare negli anni. Cercò di spostare gli occhi e con sollievo ci riuscì, cercando di trovare una via di fuga. Ci doveva essere un sentiero che collegava quel posto alla collina che intravedeva, se lo trovava poteva utilizzarlo per vedere dove si trovava esattamente. Si fece forza e decise, anche se controvoglia, di costeggiare il fiume. Fu allora che dalla folta vegetazione dall'altra parte del fiume comparve una ragazza. I lunghi capelli corvini dai riflessi verdastri erano lasciati sciolti e ricadevano morbidi fino ai fianchi, una frangetta asimmetrica ma carina cercava inutilmente di coprire gli occhi verde bosco e per evitare che altre ciocche ricadessero sul volto ovale portava anche una sottospecie di tiara verde. I vestiti erano strani e ne aveva visti davvero pochi di simili. Indossava infatti uno cheongsam verde ricoperto da un'armatura di legno in stile samurai e dei pantaloncini dello stesso colore del cheogsam. Dal suo aspetto e da come era vestita sempre in tutto e per tutto una karentiana, ma qualcosa gli diceva che non veniva nemmeno da quella nazione. «Oh, ti sei risvegliata! Cassandra ne sarà davvero felice» esclamò allegra la ragazza e una vocina, nella testa di Naoko, le suggerì che quello non era l'accento dei karentiani. Le sue parole, però, avevano risvegliato la rabbia che era stato scacciata dalla paura di ritrovarsi vicino a quel corso d'acqua e invano cercò di ragionare. Al momento la sua testa ragionava solamente tramite la furia che era nata dal ritrovarsi in un luogo differente da quello in cui si era assopita ed era stata nutrita da quell'improvvisa e apparentemente ovvia idea di uno scherzo. Cassandra, chiunque ella fosse, sarebbe stata la seconda che avrebbe trovato ed era pronta per dirle più di due paroline. Fece sfregare tra di loro le mani e subito il freddo gelido tornò, come se il fuoco fosse un nemico che persino il suo corpo cercava di schiacciare. Sì, quel posto proprio non le piaceva. La ragazza appena giunta da chissà quale luogo la fissò incredula, distogliendo subito dopo lo sguardo dalle fiamme per concentrarsi sugli occhi grigio tempesta di Naoko. Questa, infine, intese quell'incrocio di occhi come la conferma di partecipazione alla rissa che stava per scatenare. Intensificò le fiamme per schiacciare il freddo che l'aveva attanagliata e finalmente riuscì ad avvertire, seppur in lontananza, il caldo tepore che le nasceva spontaneo ogni qualvolta che sprigionava “scintille”. Il suo corpo prese sfumature rossastre come se stesse per venire inghiottito da un vero incendio e Naoko si rese conto che avrebbe dovuto mettere KO quella sconosciuta prima di terminare le energie. Si buttò in avanti e raggiunse in poche falcate il fiume, scacciando via la paura che l'aveva assalita un'altra volta. Doveva attraversalo, sentiva il bisogno di vincere quella sfida tra lei e la sconosciuta, incapace di capire il motivo di quella rivalità. Ad occhio e croce, aveva pensato, dovevano avere la stessa età. Ma lei sembrava in qualche modo estranea alle persone che aveva conosciuto durante gli anni della sua vita. All'Accademia aveva potuto incontrare persone di tutte le altre nazioni, ma lei – anche se assomigliava innegabilmente ad una karentiana – non era come quelle altre. Qualcosa la rendeva diversa. Quel pensiero la rese ancora più concentrata e, ardendo di combattività, spiccò un salto pronta per atterrare dall'altra parte. In situazioni normali non ci sarebbe mai riuscita, il fiume era troppo largo per un singolo salto ma spingendosi con i suoi poteri riuscì ad atterrare in piedi, muovendosi subito dopo per riprendere una posizione di guardia. Alzò gli occhi tempestosi e la squadrò, studiandola ancora un poco. Se indossava quella specie di tunica-armatura ci doveva essere un motivo e quello non doveva essere la moda o qualcosa di simile. Dal portamento fiero sembrava capace di fare di tutto e di più, ma qualcosa le diceva che dalla sua aveva il dominio. Quella ragazza non aveva alcun tipo di potere e quella era la sua carta vincente. Fece fluire una buona parte del suo calore corporeo – sentendo subito le prime fitte di freddo – alle braccia, fino ad arrivare ai pugni stretti. L'acqua proprio non le piaceva, ragionò, ma in lei viveva la pericolosità del fuoco e come dominatrice di quell'elemento imprevedibili e feroce, lei doveva combattere e voleva vincere. Un sorriso si disegnò sulle labbra carnose mentre si lanciava contro la rivale, la camicia rossa che svolazzava nell'aria per la velocità con cui si muoveva. “Con un solo colpo” pensò decisa mentre caricava agile e potente, pronta per vincere l'ennesima sfida che si era proposta quasi da sola. Il suo pugno sembrava inarrestabile e consumava i centimetri che lo separavano dall'altro viso con velocità, agognando il momento in cui si sarebbe mosso in alto per segnalare la sua vittoria. Ma qualcosa andò storto. La nuova arrivata, giunta da chissà dove e amica di una certa Cassandra, si accucciò improvvisamente su sé stessa, facendola sbilanciare e non perse tempo. Con una velocità dettata solamente dall'allenamento la corvina toccò le sue braccia e subito dopo le sue gambe, ricercando e toccando con forza i punti di pressione, così tranquilla da apparire inquietante agli occhi di Naoko. Il suo corpo s'irrigidì e poi sembrò rilassarsi, come se le articolazioni si fossero trasformate improvvisamente in cera fusa. Sentì il gelo tornare ad abitare nel suo corpo, il fuoco che se ne andava anche se non volontariamente e infine avvertì una sorta di dondolio, che era nato sicuramente dal suo corpo. “Il 'chi' controlla le nostre capacità, quando questo flusso viene bloccato, il corpo reagisce perdendo istantaneamente la capacità di dominio e\o di attaccare. I maestri di questa speciale disciplina sono pericolosi, infatti sono capaci di bloccare le capacità di attacco e di difesa di tutti coloro che si mettono sulla loro strada. Per utilizzare questa tecnica ci vuole una grande precisione – un tocco sbagliato e si potrebbe compromettere tutto il corpo – e una velocità senza parti. Per voi, che avete ricevuto in dono i poteri, sono ancora più pericolosi. State lontano da coloro che hanno queste capacità, è per il vostro bene” quelle poche e brevi frasi uscirono dal limbo dei suoi ricordi e lei si ricordò di quanto fosse pericoloso quella tecnica. Aprì la bocca per tentare di dire qualcosa ma le uscì solamente un vero strozzato che sembrava sia di disappunto che di orgoglio ferito, poi il suo corpo perse tutte le energie rimaste e si ritrovò ad indietreggiare ancora, dondolando. La vista le si annebbiò e crollò all'indietro, svenendo subito dopo aver toccato terra. Riuscì ad avvertire, però, l'acqua che le scorreva intorno e si chiese perché, tra tutti i posti possibili, fosse appena caduta nel fiume. Ma non trovò risposta e non avvertì nemmeno le imprecazioni della corvina che la riportava sulla riva e che invoca furiosamente il suo esercito, chiedendo aiuto.
 

* * *

 

Aprì gli occhi e, almeno nella sua testa, imprecò. Si trovava in una terra piena di alberi ma questo non le importava: il problema, al momento, era quello di trovare un libro da leggere. Perché Yuriko aveva appena trovato un luogo perfetto – silenzioso, solitario e tranquillo – ma non aveva in mano il passatempo perfetto. E per quello si maledì, chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritare una tale sfortuna. Poi ragionò – tanto, forse troppo – e decise di muoversi. Se i libri non andavano da Yuriko, Yuriko sarebbe andata dai libri. E quindi si alzò, i vestiti che frusciavano ai suoi momenti e l'idea di trovare un'ipotetica biblioteca in mezzo agli alberi. Non era molto probabile ma, ehi, aveva vissuto per qualche tempo all'interno di una gigantesca casa divisa in quattro parti -una più pericolosa dell'altra, tra l'altro. Ricordava bene come fosse quasi impossibile vagare per la casa senza beccarsi una fiammata o un sasso in faccia, talvolta si veniva anche spinti da una folata di vento imprevista o bagnati che neanche dopo una doccia si trasudava così tanta acqua-, una biblioteca nel nulla non era nemmeno l'idea più stramba passatagli per la mente durante gli anni. La kareniana sbuffò e si guardò meglio intorno, attingendo all'energia della terra per sondare il terreno. Non era la migliore con quel “radar”, ma aveva ben presto capito come avvertire i passi delle altre persone. Ed effettivamente avvertiva qualcosa, non molto lontano da lei. Passi tremanti e strascicati, che si sforzavano di essere silenziosi ma che non ci riuscivano. Sicuramente, si disse, non appartenevano alla sua nazione o a quella della aria – la voltafaccia, la lunatica Yula. Restavano due opzioni, l'una peggiore dell'altra. Sperò almeno di incontrare una coetanea di Iroka, la nazione che più le stava simpatica dopo la sua. Per quanto potesse starle simpatica una persona, ovviamente. Da quando aveva memoria Yuriko non aveva mai amato molto le persone, preferiva rimanere nel suo mondo di carta e inchiostro, immaginando mondi dove non doveva lavorare incessantemente per far vedere che lei era lei, con o senza poteri. Ma adesso non era il momento di perdersi in pensieri leggermente misantropi, doveva conoscere quello sconosciuto e... tutte le sue buone intenzioni si frantumarono quando avvertì i passi farsi più vicini e ancora più rumorosi. Yuriko immaginò la sua situazione in un libro: una giovane protagonista che, senza più libri, si ritrova con una vena pulsante di fastidio sulla tempia pronta per esplodere. Rabbrividì pensando che non era proprio una bella scena, ma il pensiero scappò così veloce da farla sentire una yuliana – brividi, tanti brividi s'inerpicarono su per la sua colonna vertebrale causandole brividi. La mancanza del suo passatempo – il termine droga le sembrava più appropriato, però – le stava causando più danni di quanto pensava. Il nervosismo fu tale da provocarle il bisogno estremo di graffiarsi leggermente le mani, un tic che aveva sin da bambina. Poi si tolse dagli occhi verdi e grigi una ciocca di capelli rossi – i kareniani si che avevano la più vasta tonalità di colori, altro che le altre nazioni! - e si preparò ad un possibile e non evitabile combattimento con Passi-pesanti. Chiuse gli occhi, concentrandosi per richiamare le rocce dal terreno e dopo qualche secondo avvertì la terra tremare, pronta per far saltare in aria i nemici. Respirò profondamente e attorno a lei si creò un piccolo cerchio di rocce, appuntite e pericolose come non mai. Ricordò quanto ci fosse voluto, all'Accademia, per imparare un trucchetto del genere. Era stata una delle allieve più brava, ma nonostante tutto quel trucchetto le riusciva ancora difficile. Passi-pesanti si avvicinò ancora e l'avvertì entrare nel suo raggio d'azione, conquistando il primo posto per venire infilzata da un masso volante – le ricordava la fine di un personaggio in un libro e il ricordo le provocò un sorriso malcelato –. Poi il nemico inciampò e crollò per terra, urlando in modo molto femminile e famigliare allo stesso tempo. «Tu...?» mormorò fissando la ragazza che era caduta, riconoscendola dai grandi occhi color pervinca che la fissavano, spaventati. Sembrava un animale in trappola. «Non mi uccidere! Non ti ho fatto nulla di male, cosa vuoi da me? Perché mi hai portato qui?! Non ho soldi, non ho nulla!» urlava intanto lei, spaventandosi ancora di più quando Yuriko le si avvicinò, tranquilla e fredda come un sasso nella corrente. Le appoggiò le mani sulle spalle e la tenne ferma quando l'altra cercò di sfuggirle, fissandola e studiandola come se fosse uno dei suoi libri. «Hiruri, smettila. Sono io, sono Yuriko» disse dopo qualche secondo, stufa delle idee balzane che la conoscente le sparava addosso. La nuova arrivata sembrò calmarsi al richiamo e gli occhi, ormai pieni di lacrime, sembrarono riprendersi. «Y-yuriko? Che ci f-fai qui?» balbettò incerta, cercando di ritornare in piedi. La rossa notò che aveva le ginocchia sbucciate e pensò che probabilmente era caduta almeno una decina di volte. «Non lo so, sono nella tua stessa situazione. Ma, dannazione, calmati» le disse e l'altra sembrò tornare quella che conosceva: una fastidiosa e finta allegra che aveva conquistato, seppur duramente, la sua attenzione – tutto per colpa di un libro raro, Yuriko non sapeva se odiarla o ringraziarla per averle osato parlare. Hiruri le spiegò la sua situazione, narrandole che si era svegliata improvvisamente in quel posto e che aveva camminato per – troppo – tempo alla ricerca di qualcuno che l'aiutasse. La rossa si perse nei suoi ragionamenti verso la fine, congratulandosi di aver resistito da abbandonare la sua conoscente (e forse amica) già dai primi minuti del racconto. Quando si erano incontrate la prima volta, all'Accademia, non si erano considerate e Hiruri si era dimostrata una ragazza allegra e amante delle chiacchiere. In poche parole il suo contrario, visto che lei preferiva restare in silenzio e non essere interpellata. Nessuno avrebbe scommesso mezzo soldo bucato su loro due come compagne e semi-amiche, ma in qualche modo avevano trovato piacevole la reciproca compagnia. Yuriko aveva accettato la strana natura dell'altra ragazza e Hiruri, dal canto suo, era stata felice di non essere più sola. Erano opposti, i loro elementi non collaboravano neanche tanto ma era una compagnia piacevole, seppur più raramente di quanto lei stessa volesse. E se qualcuno – chissà chi – le aveva trascinate entrambe in quella foresta – acqua e terra assieme, a che diamine servono? - doveva avere uno schema ben in mente. «Andiamo» disse decisa, interrompendo il flusso di paranoie dell'altra. «Abbiamo qualcuno da scovare» la sua stessa frase, più tardi, le diede i brividi. Ora non aveva tempo per la lettura.

 

* * *

 

«Mi dici come diamine hai fatto?!» il giovane dai capelli rossi continuava ad urlarle contro domande di vario genere e Anri si chiese se tirargli un calcio al basso ventre fosse una buona risposta. L'altra ragazza, cui occhi verdi cercavano di farla sentire in colpa, afferrò il ragazzo e lo portò a distanza di sicurezza, avvertendo chiaramente che le cose non sarebbe finite bene. La mora sbuffò e si alzò in piedi, togliendosi la polvere dai vestiti verdi. «Hiroto, ti pare giusto farmi una sfuriata? Sono o non sono la comandante? Dovrei licenziarti sul momento! E Rushe, almeno tu, compagna d'esercito e di stanza, non togliermi l'unica soddisfazione che questa lavoro ancora mi porta!» esclamò in risposta Anri e tutti i presenti sospirarono, ormai abituati alle manie violente della loro comandante. Rushe si sistemò meglio i capelli biondi e la fissò, provocandole dei brividi lungo la schiena. Quando si era risvegliata, i suoi occhi erano stati così opachi e vuoti che aveva sognato per giorni di diventare cieca, spaventandosi ogni volta che la compagna le parlava. Un giorno la bionda le aveva detto che da piccola aveva visto tutto e che quello le era bastato, ma Anri aveva sempre percepito una grandissima malinconia nelle sue parole e non aveva trattenuto la sua gioia quando Cassandra aveva deciso di donare nuovamente la vista alla giovane Rushe. «Sai benissimo che non sei l'unica Comandante, Anri. E ora, da brava, spiegaci cosa diamine è successo» disse tranquilla la ragazza dagli occhi smeraldini, irritandola e spaventandola allo stesso tempo. Ricordava vagamente l'ultima volta che Rushe si era arrabbiata e non ci teneva nuovamente a vedere lo spettacolo, non contro di lei almeno. Decise quindi di rispondere e osservò attentamente la ragazza che aveva accanto. I capelli castani sembravano prendere un po' di sfumature rossicce e la pelle era poco abbronzata, nonostante fosse nata nella nazione del calore. Al momento, poi, era ancora più pallida per colpa dei colpi che aveva disseminato in buona parte del suo corpo, che avevano bloccato il flusso di potere e d'energia, piegandola senza alcuna fatica. Essere sottovalutata, si disse, certe volte era proprio un bene. «Questa mattina mi sono svegliata poco dopo Anthea e ho deciso di andare sulla collina, per osservare l'alba e tutte quelle cose lì» si guardò intorno come se sfidasse qualcuno a ribattere. «Poi ho deciso di voler fare il primo giro di ronda e vi ho lasciato un bigliettino – indicò con un gesto del capo il foglio –. Sono partita e ho preso il sentiero che porta al fiume – uno di quelli più visibili, quello che si intravede poco dagli alberi ma tanto dalla collina – dove ho incontrato la ragazza. Sembrava terrorizzata dall'acqua o almeno così mi è sembrato, perché appena mi ha visto e ha sentito le mie parole si è mostrata subito furiosa» prese fiato e si guardò intorno, rendendosi conto di aver catalizzato tutta l'attenzione. Si sentì un poco in imbarazzo ma continuò. «Si è strofinata le mani – mimò il gesto con naturalezza – e si è acceso il fuoco, da questo deduco che sia di Iroka, nonostante l'aspetto atipico. L'intensità delle fiamme è aumentata e ho pensato che fosse per il gelo, sappiamo tutti quanti quanto gli alberi siano sensibili al calore eccessivo. Ma questo non le è bastato, infatti si buttata verso di me. Sappiamo tutti quanti che in velocità e agilità sono la migliore – cori di “sì, sì” e “viva la modestia” la raggiunsero ma li ignorò – quindi ho aspettato l'ultimo momento, mi sono accucciata per terra e ho fatto la mia mossa speciale. Sai, Hiroto, quella che ti blocca il dominio e ti fa dondolare avanti indietro, per poi farti svenire – quella tocco le braccia e tocco le gambe e poi BUM!, presente?» la spiegazione non era romanzata ma sembrava improbabile e Anri se ne rese conto appena terminata la frase. Ma fece spallucce e cercò di riprendere il filo del discorso. «La ragazza qui presente è scivolata all'indietro ed è caduta per metà dentro al fiume, il suo corpo si è irrigidito subito quindi penso fosse ancora sveglia. Poi è svenuta e sono corsa in fretta da lei, tirandola fuori. Poi sono venuta qua e... la storia la sapete, suvvia» finì con un leggero sospiro, come se tutto quello fosse completamente inutile. Lei e l'altra erano lì, che diamine importava il perché e il per come? Ma gli altri non sembravano della sua stessa idea. O meglio, Hiroto e Rushe si agitavano preoccupati, Shirou fissava attentamente la nuova arrivata come se fosse una mappa e gli altri guardavano Anri come se fosse un strana forma umanoide venuta dallo spazio. Poi tutti quanti si bloccarono avvertendo la morsa gelida che avvolgeva coloro che portavano il fuoco o che lo creavano, una sensazione che faceva venire i brividi e che era nata, molto probabilmente, dagli alberi. «Oh, è appena terminato l'effetto» sibilò piano Anri, mentre gli altri fissavano sgomenti la ragazza svenuta raddrizzarsi e aprire gli occhi, scrutando tutti quanti con i suoi grandi occhi grigi. «Io sono sveglia e vorrei capire cosa diamine sta succedendo» affermò passando dalla sorpresa di trovarsi quasi accerchiata alla curiosità. Poi si accorse di Anri e i suoi occhi si fecero taglienti e scuri, trasformandosi in una tempesta in miniatura. Disse: «E tra noi, mia cara, non è ancora finita», facendo affiorare un sorriso divertito alla giovane. Le cose si stavano facendo divertenti.

 

* * *

 

Anthea sospirò, rendendosi conto che le cose non sarebbe state facili. Affianco a lei camminava Takehiko, che si era lasciato convincere dalle sue parole solamente dopo diversi minuti di spiegazioni e domande. Aveva dovuto spiegare chi era Mahor, chi era Cassandra, chi era lei e perché aveva quegli stranissimi segni sul corpo. Poi gli aveva dovuto dire perché lui si trovava lì, immerso in un luogo che per un cieco non era proprio ottimale – Anthea ricordò di essersi arrampicata sugli specchi per quella domanda, per poi uscirsene con un sommesso “ma se ti muovi meglio te” che aveva fatto riempire di malcelato orgoglio il ragazzo permettendole di fargli fare alcuni metri in direzione del castello e, quindi, del re. Si era subito resa conto che quel ragazzo, seppur apparentemente banale e freddo, nascondeva un grande orgoglio e un immenso amore per gli apprezzamenti. Non ci aveva messo molto per capire che lui era uno dei due dominatori della terra e che l'altro – o l'altra – doveva essere nei paraggi. Aveva letto qualcosa sugli abitanti di Karent, ma non aveva nemmeno tentato di inquadrare quel ragazzo con le basi fornite dai vari libri. Takehiko sembrava troppo diverso per essere catalogato e si disse che quello non era che un pregio. «Avverti qualcosa?» gli chiese tranquilla, camminando leggera come sempre e in modo da farla sembrare un “yuliano”, come le aveva detto Takehiko al loro incontro. Al momento, quella definizione le aveva ricordato un vero e proprio insulto. L'altro si strofinò le mani e annuì, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio. Anthea si era quasi abituata agli occhi spenti di Takehiko ma non poteva non farsi venire i brividi ogni volta che vedeva le iridi vuote, che le ricordavano tantissimo Rushe. Solo che, al contrario del primo, la ragazza dai capelli biondi aveva ritrovato la vista. «Molto lontano da qui percepisco dei passi pesanti e dei passi più strascicati, come se qualcuno venisse trascinato via dall'altro. Ci sono altre due persone – passi frettolosi e passi... sembrano stanchi – molto poco lontano da qua. Ci siamo noi due e poi...» un rumore dietro di loro lo fece fermare dal suo discorso e Anthea vide il suo corpo irrigidirsi, come se avesse sentito qualcosa di brutto. Lei, d'altra parte, non sentiva nulla. I suoi poteri non avevano la modalità “radar” incorporata e si sentì un po' inutile. Poi si voltò e incontrò due occhi grigio-azzurri incastonati in un viso quadrato e incorniciato da lunghi capelli quasi albini, che la facevano sembrare un fantasma abbinati alla pelle pallidissima. Il Fiore e la ragazza si assomigliavano, ma Takehiko non poteva saperlo. D'altra parte, però, percepì la provenienza della giovane. «Tu sei di Yula» mormorò al suo posto Anthea, facendo scorrere il suo sguardo sul vestito elegante e sui guanti che la yuliana indossava. L'altra annuì e chissà come Takehiko lo intuì, facendosi ancora più ombroso. «Sono Hisoka Nobunaga e vorrei sapere il motivo della mia presenza qui» disse e la sua voce suonò malinconica, come il suono di uno strumento ormai spezzato che cerca di ricordare come fosse essere ancora intero. Anthea si preparò per ripetere il discorso che aveva fatto a Takehiko ma qualcosa la interruppe. «Gradiremmo sapere anche noi che cosa diamine succede, grazie» una seconda voce, anche questa femminile, sopraggiunse da un albero poco lontano da lì. Poi due ragazze – una con i capelli rossi e l'altra castana e assolutamente normale – si avvicinarono veloci e silenziose e si unirono al gruppetto appena creato. Il “Fiore” sospirò, pensando che le cose non potevano peggiorare.

 

* * *

 

Riri non era mai stata al centro dell'attenzione e quella era stata la causa principale di tutti i suoi guai. Più disastri causava più persone le giravano intorno, ma ogni volta che la novità finiva si ritrovava ancora una volta senza nulla in mano. Era stato l'inizio di un circolo vizioso: lei faceva un danno e le persone arrivavano, poi ne faceva un altro molto più dannoso e via dicendo. Ora, seduta su un ramo, si guardava intorno alla ricerca di qualcosa di veramente bello da fare. Niente attirava la sua attenzione e quello la preoccupava, perché era come se avesse finito tutte le novità. E quello non le piaceva. Si schermò gli occhi con una mano e ammirò il paesaggio che vedeva dalla sua posizione. Si era arrampicata diverse volte per vedere la sua posizione ed ora era vicina alla collina senza alberi, anche se non sapeva se era un bene o un male. Si alzò e dondolò avanti e indietro sul ramo grande abbastanza per sostenerla ma non così largo da tenerla mentre si muoveva, dimostrando un grandissimo equilibrio che le permetteva di non mettere mai male un piede. “Potrei scappare con il circo” pensò “magari questo attirerà l'attenzione”. Ma per superare un avvenimento così grande avrebbe dovuto distruggere o uccidere qualcuno e non ci teneva molto. Sospirò e decise di giocare un poco. Al posto di buttarsi, però, preferì spiccare un portentoso salto che, con l'aiuto dei suoi poteri, le permise di arrivare sopra all'albero stesso. Era sopra il mare verde e poteva quasi nuotarci, tanto questo era vasto e le foglie numerose. Ma poi si disse che non era il momento di nuotare e che doveva raggiungere la collina. Quindi si mise – metaforicamente – le gambe in spalla e iniziò ad attirare le correnti aeree per spostarsi. Non era propriamente volare ma non era neanche una camminata fatta tanto per. Stava galleggiando e la cosa le andava più che bene, ecco.
Quando, infine, arrivò alla base della collina, si stupì di trovare altre persone – tutte più o meno pazze quanto lei – che si urlavano addosso tirandosi... delle tazzine da tè? Riri si strofinò gli occhi. Che cosa si era persa?
 

Angolino dell'Autrice

 

Benvenuti, benvenuti.

È passato più di un mese dall'ultimo capitolo postato e come potete vedere alla fine sono ritornata qua nel fandom. Il problema non era nella scrittura – i capitoli già scritti sono abbastanza – ma piuttosto si è dimostrata fatale la fase di betaggio – una sfida ardua per la mia adorata mogliettina Alle, che è stata sfinita dalla scuola e dalle mie sei pagine di capitolo. Tuttavia alla fine sono arrivata e vi ho potuto mostrare il mio capitolo preferito, dove succede di tutto e di più. Ma tralasciando questi dettagli... Come sta andando? Vi ho lasciato che ancora la scuola non era iniziata e sono curiosa di sapere come sta andando! Qui tutto bene, il liceo mi piace e ho abbastanza tempo libero, quindi sono molto felice. Inoltre ho iniziato Psycho-Pass (di cui guardo la seconda stagione ancora in corso), Teen Wolf (di cui aspetto la nuova stagione), sono sempre più ansiosa per Shadowhunter, guardo RWBY e sono felice di leggere l'ultimo libro di Percy Jackson. Oh, come dimenticare il videogioco che adoro che uscirà in Giappone verso Natale? Insomma, sono sempre più felice. Spero che lo siate anche voi, miei cari.

 

I personaggi usati in questo capitolo (oltre al mio OC e i personaggi di IE) sono:

 

Hisoka Nobunaga (nazione: Yula) – nutellah

Yuriko Ikeda (nazione: Karent) – Ice Angel

 

Inoltre l'aspetto di Anri e Cassandra è questo:

> Anri: http://i62.tinypic.com/9h53wj.jpg

> Cassandra: http://i60.tinypic.com/el48iw.jpg

 

Infine ecco le ultime domande:


> Che ne pensate dell'abilità di Anri? (più o meno tutti i componenti dell'esercito hanno quest'abilità, anche se alcuni sono più bravi di altri. Anche questo – come l'aspetto della mia OC – è preso da “La Leggenda di Aang”, anche se in questo caso ci sono elementi di Korra).

> Che ne pensate dei nuovi personaggi?

> Sono l'unica che ama il rapporto d'odio tra Anri e Naoko nato per nulla? (io le adoro, aw).

> Chi sarà il personaggio della frase di Rushe (Sai benissimo che non sei l'unica Comandante, Anri.)?

Al prossimo capitolo,

vostra Summer38.

 

PS: visto che TN è nata come storia originale purtroppo sarà piuttosto breve e gli avvenimenti saranno molto veloci. Vorrei trasformarla in una storia separata e totalmente mia, quindi si può dire che questa è una bozza estesa del racconto che ho in testa. Quindi chiedo scusa se già nei prossimi capitoli vedrete degli avvenimenti accadere in modo fin troppo veloce.

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